Sono un Soldato del Signore. Castiel.

di Atticus 182
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La vera essenza. ***
Capitolo 2: *** Appartenenza a due mondi. ***
Capitolo 3: *** Il cimitero degli angeli caduti. ***
Capitolo 4: *** Inferno e Paradiso. ***
Capitolo 5: *** Ricerca della redenzione. ***
Capitolo 6: *** Meditazione. ***



Capitolo 1
*** La vera essenza. ***


« Io sono quello che esce dall'ombra, strafigo e arrogante con soprabito e sigaretta, pronto ad affrontare la follia. Ah, penso io a tutto. Posso salvarvi. Dovesse anche costarvi fino all'ultima goccia del vostro sangue, scaccerò i vostri demoni. Li prenderò a calci nei coglioni. Sputerò loro addosso mentre sono a terra e poi sparirò di nuovo nell'ombra, lasciandomi dietro solo un cenno, una strizzata d'occhio e una battuta sagace. Cammino da solo... Chi mai vorrebbe camminare con me? »
John Constantine  – Abitudini pericolose

Il giorno in cui fui mandato sulla Terra fu una rivelazione e una condanna per me. Una rivelazione perché il mondo terrestre nasconde profondi misteri macchiati di sangue e avidità, ma anche di piacere e sentimento che noi Angeli non siamo ancora in grado di comprendere. Una condanna perché essere un soldato di Dio comporta sacrifici e azioni che gli umani non sono ancora in grado di comprendere.
Jimmy Novak, un uomo sulla trentina, accettò di donarmi il suo corpo una notte di settembre, divenne il mio involucro personale e sentivo che iniziava ad aderire alla mia luce celeste. Indossava  un trench beige, un vestito scuro, una camicia bianca e una cravatta e quello fu il mio marchio d’identità per ogni angelo che venisse dal cielo. Non capivo gli ingranaggi del mondo terrestre, all’inizio, camminavo per le strade e osservavo le persone condurre le proprie vite, che ai miei occhi erano semplici individui tutti uguali mossi dalla mente del nostro Capo Supremo, qui chiamato Dio. Lui aveva creato un disegno per ogni piccolo essere ingrato che giaceva sulla Terra, io ne conoscevo le azioni e i punti deboli e il mio compito era semplicemente adempire la missione del Soldato del Signore.
I miei fratelli portavano a termine i loro compiti con piu’ facilità rispetto a me. Non mi ritenevo il piu’ esperto nell’arte dell’uccidere o punire, ma Nostro Padre mi aveva regalato una Grazia speciale, mia e piu’ potente delle altre, diceva che io ero il piu’ importante e che un giorno sarei potuto tornare da lui e sedermi al suo fianco per godere della sua luce. Così intrapresi il mio percorso, ma piu’ corpi colpivo, piu’ il senso di colpa accresceva. Eppure i Soldati del Signore non provano niente, se non amore verso Dio. Io mi sentivo semplicemente piu’ pesante e volare sulle mie ali rappresentava una sfida continua, prima di poggiare la mia mano sulla testa degli irriconoscenti, guardavo velocemente i loro occhi pieni di terrore e li studiavo per capirne il significato. Variavano dall’ azzurro ghiaccio al castano mogano, a volte potevo riconoscere una punta di sfida nei loro sguardi e il mio lavoro veniva semplificato, altre volte l’innocenza e la purezza delle loro anime risplendeva con così ardore da accecarmi, piu’ di quanto non facesse la mia essenza e mi trovavo a brancolare nel buio delle loro pupille in cerca di una risposta al mio quesito. Perché noi Angeli facciamo questo ?
Ma Dio poteva scrutare nelle nostre menti e fu scosso da quel pensiero, distaccò la mia essenza dal corpo per la frazione di un minuto e mi trascinò in un posto in cui tutto si azzera, persino la mia luce. «Figlio mio, perché ti poni queste domande ? » Mi aveva chiesto. Erano davvero poche le volte in cui si mostrava a noi,  anche solo parlando e la sua voce ebbe un effetto statico su di me, come se ogni piccolo dilemma fosse stato risolto e anche i nodi piu’ complessi sciolti per sempre. Non sentivo piu’ i  muscoli del corpo rispondere agli stimoli, riuscivo solo ad osservare il mio involucro che giaceva immobile a terra, come svuotato della vita. «A volte non riesco a comprendere il senso della nostra missione, Padre. » Lui conosceva già le risposte, ma voleva uno scambio di battute, voleva essere totalmente sicuro di ciò che mi turbava, sentendolo uscire dalle mie labbra. La sensazione che provai mi stava scomoda, il corpo da umano aveva dei vantaggi, come quello di sentire i muscoli e le ossa , cose concrete, materiali, poter avere non solo il controllo dell’anima, ma anche del corpo. Ogni Angelo del paradiso era limitato ad una luce celeste che fluttuava nell’aria e non possedeva né un cuore né un cervello, pur avendo ricevuto il nostro involucro svuotato da ogni organo, potevo sentire dentro di me l’appartenenza a due mondi, il Paradiso e la Terra, per quanto gli esseri che la popolano possano essere, per la maggior parte dei casi, sprezzanti e superficiali, io possedevo un’educazione alla vita e alla sua importanza e stavo apprendendo le nozioni principali da umano.
«Vi ho mandati sulla Terra per uno scopo preciso, e tu conosci le ragioni piu’ di tutti. Non deludermi, adempi la tua missione. » Con quelle parole la sua voce scomparve e con essa il mio malessere. Tornai al mio corpo che doveva di nuovo riabituarsi a contenermi. Ma ormai avevamo creato una sintonia e le braccia si muovevano in armonia con il mio essere. Nonostante conoscessi tutti i segreti del Mondo continuai a vagare per le terre straniere senza preoccupazioni, senza il timore che gli umani potessero contagiarmi con la loro immoralità e impurezza. Eppure avrei dovuto prestare piu’ attenzione, stavo nuotando in un mare contagiato, ogni sorta di animale marino guizzava intorno a me e sfiorava la mia anima e ne bramava la purezza e io ignaro proseguivo il mio percorso. Il mio essere Angelo mi donava potere e compensava ogni vuoto del corpo da umano, non avevo bisogno di dormire e nutrirmi non rientrava tra le mie priorità. Piu’ andavo avanti piu’ dentro di me si insinuava qualcosa, qualcosa di freddo e oscuro, piu’ gelido delle azioni che compivo. Che fosse la pietà o la compassione, di questo non ne ero certo, ma un Angelo ha bisogno anche di quello. E nonostante i miei sforzi per reprimere questi nuovi sensi, la fermezza e la determinazione del Soldato del Signore stavano scemando e si indebolivano schiacciate dal peso delle vite che avevo spezzato. Ma nella mente mi si disegnavano quelle parole, piu’ potenti di ogni miracolo, facevano di me ciò che ora ho perso e indirizzandomi verso strade da cui sarebbe stato difficile tornare indietro.
Il disegno del Signore comprendeva, quindi, l’eliminazione degli  esseri impuri, non riconoscenti e soprattutto senza fede. Il nostro lavoro era lontano dal termine, ma piu’ angeli venivano mandati a riscattarsi piu’ umani ritrovavano la giusta via. Gli individui piu’ temuti e odiati da noi Soldati del Signore, erano i Demoni. Esseri senza ritegno e pudore, con un velo nero ad aleggiare sulle loro teste e occhi neri e penetranti. Sono il male puro, venuti direttamente dall’Inferno per creare nuove creature e mietere anime da torturare nelle fiamme del sottosuolo. Si nascondevano bene, perché fino a questo momento non ne avevo incontrati molti sul mio cammino. Sfuggivano ai nostri occhi onniscienti, nascondendosi nelle tenebre e profanando corpi innocenti, divorandone la psiche.
Potrebbe valere lo stesso discorso per noi Angeli, ma la differenza tra noi e quegli esseri immondi è che lasciamo scelta al nostro contenitore, loro semplicemente strappano via la vita e se ne impossessano senza pensare alle conseguenze. In alcuni casi prendono possesso di corpi ancora vivi, li marchiano a fuoco con la loro malvagità dall’interno e li lasciano liberi, liberi di vivere una vita che gli ricorda di aver commesso barbarie ogni giorno e con un profondo trauma che crea solchi di sofferenza nelle loro anime.
Il nostro modo di uccidere si incentrava principalmente sull’incenerire gli occhi delle vittime e trafiggergli il cuore in un unico preciso movimento. Nessun ripensamento, né titubanza nell’uccidere un ingrato, bisognava concludere un lavoro pulito e deciso.
«Sei un Angelo giusto ? » Sentivo il calore del suo corpo sotto il mio palmo e i battiti accelerati del suo cuore.  «Si, sono un Angelo, un Soldato del Signore. » Avevo risposto a quella donna che con una certa spigliatezza mi aveva rivolto la parola. «E allora perché lo fai ? » Tenevo ancora la mano saldata sulla sua testa e la guardai confuso, non capivo il significato delle sue parole. Era un demone, e dovevo ucciderla, anche se questo comportava uccidere anche l’involucro. I sacrifici venivano visti bene tra noi Angeli, una vita senza sacrificio non sarebbe stata degna di essere vissuta. «Tu sei il male, devo eliminarti. » Tagliai a corto, strinsi meglio le dita e chiusi gli occhi per raccogliere energia. «Io pensavo che gli Angeli fossero buoni e proteggessero le nostre anime. » Le palpebre mi si sollevarono da sole e un sentimento a me estraneo mi colpì dritto al petto.  Con quale presunzione osava parlarmi così ? Eppure quelle parole avevano un senso, ma io, io ero un Soldato del Signore, la mia caratteristica non era la compassione, ma la determinazione. Portare avanti scelte sagge e salde e diffondere il messaggio di Dio. Ma quella donna, con quel suo tono, mi stava distaccando dal mio lato Angelico per parlare con il lato umano. In realtà il Demone stava facendo parlare il suo involucro per tentarmi, per dissuadermi dall’ucciderla. Io conoscevo i loro giochetti, ma pensai comunque che se potesse esistere un modo per liberare quei corpi dalle anime corrose dal male dei Demoni senza spezzare la loro vita io l’avrei adottato. Non trovai risposta. La guardai in viso come per scusarmi della mia azione avventata, forse sbagliata, che non le diede tempo per capire il mio vero essere. Un luce bianca invase l’incavo dei suoi occhi e della sua bocca spalancata in un urlo. Si accasciò a terra emanando un ultimo sbuffo di vita. Rimasi a guardarla per svariati minuti, perdendomi nel senso di quell’atto. La morte. Così muta, eppure  rumorosa nel silenzio che la segue. L’appartamento si affacciava sui palazzi e sulla strada vuota, era uno squallido motel al centro della città. I ratti si muovevamo freneticamente nelle tubature e pezzi di intonaco giacevano accanto alla branda appoggiata alla parete. Una bottiglia di liquore, un coltello e delle candele erano riposte sul tavolino scheggiato al centro della stanza. Io ero seduto sul materasso, piegato sotto il mio peso,  e scuotevo piano la testa. Dovevo prendermi qualche secondo per ripercorrere l’accaduto, per spiegare a me stesso ciò che era appena successo e farmene una ragione. Avevo ucciso una donna che sapeva di essere innocente e aveva una concezione di  noi Angeli molto differente da com’è in realtà. Qui gli umani ci vedono come Creature Angeliche che proteggono le loro vite e stanno in constante perlustrazione intorno alle loro anime per difenderle da ogni pericolo. Noi portiamo giustizia, portiamo purezza, combattiamo per amore di Dio e del suo creato. Eppure non riuscivo a comprendere cosa davvero ci legava al Signore, Nostro Padre. Era amore o qualcosa di diverso ? Come il sangue, la consapevolezza che se non avessimo adempito al nostro compito saremmo potuti finire nelle celle del Paradiso, o saremmo potuti rimanere per sempre sulla Terra, senza grazia, come umani, in balia delle necessità del corpo e della società.
Rivolsi di nuovo lo sguardo a quel corpo, era davvero possibile che gli umani avessero capito prima di me la vera natura del disegno di Dio ? Una mano gelida e invisibile mi sfiorò la guancia e tornai nella sudicia stanza del Demone.  Proprio il Demone che aveva risucchiato via la vita da quella donna, e ad un tratto capii il senso di tutto. Il senso di ogni cosa. Tutti i miei dubbi furono scacciati via e le mie perplessità cancellate. La mia missione era ripulire il mondo dalle oscenità del male, dell’Inferno, della Terra e mi sentivo pronto a rendere orgoglioso di me Mio Padre. 
 

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Capitolo 2
*** Appartenenza a due mondi. ***


“A volte, mi viene concesso il grande privilegio di vedere le anime degli esseri umani. L’anima, che dimora dentro il corpo, riempiendone l’intera sagoma, si protende verso l’esterno. Quasi tutte le anime rimangono all’interno del corpo fisico durante il sonno, ed è raro che fuoriescano, anche solo leggermente, dal loro involucro in carne e ossa. L’anima, così come mi viene mostrata, presenta una certa somiglianza con l’individuo, pur non essendo identica e pur non avendo le stesse caratteristiche e gli stessi tratti somatici. Per certi versi, è lecito affermare che l’individuo appare fisicamente perfetto. Ogni volta che mi viene concesso di vedere un’anima, significa che è in atto un evento di matrice spirituale, anche se la persona potrebbe non esserne consapevole. Quando avviene questo fenomeno, mi sento pervadere da un’immensa sensazione di gioia e serenità, nella certezza che Dio si sta occupando di tutto.”
Ronda Byrne - Una scala per il cielo
 
Le profonde incisioni che avevo inflitto a quel corpo non erano abbastanza. Passai la lama affilata della mia arma ancora una volta sull’avambraccio di quello sconosciuto, lentamente, in modo da procurare un dolore fastidioso . Il sangue e le urla riempirono il capanno in cui stavo torturando quel Demone, ma la mia voce rabbiosa sovrastava ogni cosa. La carne rossa e vivida fuoriusciva leggermente dalle ferite, una poltiglia di tessuto muscoloso e frammetti di ossa si faceva spazio penetrando attraverso la pelle, lacerando e strappando gli ultimi strati di epidermide. Avevo intriso il coltello nell’ acqua benedetta per cui le ferite emanavano fumi densi e al contatto della lama con la carne potevo sentire come il suono e l’odore della pelle viva bruciata dal fuoco dell’Inferno. «Dove si trova Crowley ? » Gli urlai in faccia, ripercorrendo il ricordo del mio compagno squarciato e lasciato a marcire in un vicolo. Mi guardò ridendo, con i denti impregnati di sangue e gocce rosse che colavano lungo il mento. «Va all’Inferno, brutto angelo schifoso. » Infilzai violentemente il coltello nella spalla e girai e rigirai la lama in profondità, la carne si squartava e lacerava e dalle sue labbra, i denti stretti, spruzzi di sangue dovuti ai suoi respiri, mi sporcarono il trench. Tirai fuori il coltello e lo pulii sulla sua giacca nera. Mi fissava con aria del tutto tranquilla e soddisfatta, nonostante i miei tentativi di spezzarlo. Era stato addestrato bene, ma io ero un Soldato del Signore, loro ci temevano, e dietro quell’espressione compiaciuta riuscivo a intravedere tutto il terrore nascosto tra gli strati di pelle del suo involucro. «Parla, o ti pentirai di essere mai uscito dall’Inferno. » Pensai che minacciarlo non sarebbe servito a niente, ma qualcosa nei suoi occhi mi lasciò intendere che avrebbe parlato. Non mi piaceva adottare l’arte della tortura, nemmeno per i Demoni, per quanto fossero nemici naturali degli Angeli, non era nella mia indole procurare dolore al prossimo.  Ma era la mia missione, la sacra strada da intraprendere, l’atto angelico da compiere. Così passai un intero pomeriggio a massacrare quel Demone, a ripassare tutti i simboli sacri sulle porte per non fare entrare i suoi alleati e urlare e giurare vendetta alla sua persona.
Haziel era  uno degli Angeli piu’ generosi del Paradiso,  possedeva moralità e nobiltà d’animo e un senso di protezione verso i suoi compagni che non era molto diffuso tra  noi Soldati.  Avevamo fatto coppia in seguito al nostro incontro di fronte al motel dove uccisi quella donna. Noi Angeli siamo in grado di riconoscere i nostri fratelli grazie alla luce che emaniamo dal corpo. Nonostante i nostri contenitori assumano una forma del tutto normale, tra di noi riusciamo a distinguere gli Angeli dai Demoni e dagli umani. Infatti grazie ai nostri occhi possiamo vedere la vera natura fisica di ogni essere sovrannaturale. 
Trascorremmo pochi giorni insieme, uccidemmo due demoni, ma uno ci sfuggì, così gli demmo la caccia, ma non bastò. Doveva essere molto potente, uno tra i piu’ micidiali. Il suo nome era Crowley. Seguimmo ogni suo spostamento, ma tutte le indicazioni erano un buco nell’acqua, e si sa, noi Angeli siamo duri a mollare. Una sera ci appostammo di fronte ad un bar per camionisti, uno di quelli disgustosi e sudici, che puzzano d’alcool e sudore e di panini unti. Uno di quegli uomini era un demone, potevamo scorgere la sua anima nera e avvolta da una nube scura, al suo fianco un uomo vestito di tutto punto, in nero e con pochi capelli.  Era lui che stavamo cercando, il nostro demone, Crowley. Aspettammo che uscisse e si dirigesse in un vicolo cieco. Lo colpimmo alle spalle, io lo imprigionai e Haziel avrebbe dovuto infilzarlo. Il suo errore fu distrarsi per un secondo e quello che successe dopo supera l’inimmaginabile. Mi colpì in faccia con la testa e svenni a terra.
A svegliarmi fu l’odore di un corpo già in decomposizione misto al sangue. Haziel non fu solo ucciso, fu torturato, aperto, squarciato, bruciato, si era divertito ad annodare le sue budella quando ancora era vivo, a giocare con il suo contenitore, finche non gli strappò il cuore con i denti e lo buttò a terra accanto al suo corpo. Ciò che rimaneva di Haziel giaceva in una pozza di sangue e fango, sangue che si era incrostato al suolo e aveva preso il colore del pavimento del vicolo. Non provai niente, non gli diedi nemmeno una degna sepoltura. Cercai solo con le mani di raccogliere i pezzi per rendere la scena meno lugubre per i passanti, o chiunque avesse ritrovato quel corpo. In fin dei conti eravamo stati una squadra, ma gli Angeli non si abbandonano a certe emozioni. Semplicemente lasciai Haziel lì e mi diressi verso un’altra missione. Non diedi la caccia a quel demone, non piu’ ormai. Fino a quel giorno.
Ero in volo, nell’Iowa. Mi ero recato lì per conto di Iezalel, un angelo che mi aveva rintracciato ritenendosi in pericolo. Mi diressi in suo aiuto, ma trovai ben altro. L’avevo localizzato, la sua Grazia illuminava un vecchio palazzo sulla U.S. Highway 65 e venni attirato dalla sua luce. Quando comparvi nell’ufficio malconcio in cui si trovava, vidi qualcosa che non mi sarei di certo aspettato. Crowley seduto su una sedia cigolante con in mano la testa di uno dei miei fratelli. Il sangue sgorgava dai brandelli di carne ancora attaccati alla pelle e un sorriso a trentadue denti colorava il suo viso. «Castiel, mio caro, ci ritroviamo. » Non capivo il motivo delle sua azioni, noi Angeli agiamo in base a delle precise missioni, veniamo indirizzati da Dio o da i nostri superiori e tutto ciò che facciamo è portare del bene dove prima non c’era altro che perfidia e perversità.
Fuori l’aria era umida e il cielo carico di pioggia, potevo sentire ogni rumore e profumo esterno, come  l’odore del metallo rovente delle rotaie della ferrovia o il suono di dieci martelli battuti sul ferro da operai in cima ad un palazzo. Erano suoni e odori così vividi, sentivo tutto amplificato, per dieci, cinquanta, cento volte. Come se quei martelli stessero picchiettando il mio cranio e l’odore del metallo provenisse dalla mia pelle scottata. La rabbia stava calpestando ogni pezzo di me con un po’ di moralità e giudizio, stava distruggendo ogni cosa costruita dalla mano di Dio dentro il mio corpo e la mia anima, rubava silenziosamente frammenti della mia indifferenza facendo spazio all’odio, un sentimento, ciò che mi rendeva immune alle debolezze degli umani. Sentimenti, sensazioni contrastanti avevano preso il sopravvento sul mio lato angelico, anche se ero immobile, pietrificato e con lo sguardo assente sulla testa mozzata dell’angelo che mi aveva chiesto aiuto, dentro di me stava succedendo qualcosa. Qualcosa di estraneo, di sconosciuto, di così estremo e liberatorio, come catene spezzate e il loro stridere sul pavimento. Qualunque cosa stesse facendo muovere i miei muscoli mi faceva sentire nuovo e autonomo, rinnovato, me stesso.
Lanciai velocemente il mio coltello in direzione del suo petto, fissandolo alla sedia. Non se lo aspettava così ebbi il tempo di avvicinarmi a lui e colpirlo in viso con un pugno, e poi un altro, stavolta allo stomaco e sotto il mento, al torace, alla mandibola, sul setto nasale, dove il sangue sgorgava copioso e bluastro. «Non ridi piu’ adesso, ah? » I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, uno spruzzo di saliva mi colpisce il viso, mi aveva sputato in faccia e un altro gancio destro lo stese a terra. Continuai a colpirlo con dei calci al petto, aveva ucciso Haziel e adesso Iezalel, non meritava una morte indolore. Il mio corpo era invaso da mille scariche elettriche, l’aria calda fuoriusciva violenta dalle mie narici e della labbra, bruciava quasi, ma continuai a colpirlo, sempre piu’ violentemente. Il corpo non reagiva piu’, sembrava inerme e giaceva in una pozza di sangue limpido e piu’ scuro rispetto al normale, ripresi fiato e lo guardai, estraendo il pugnale. Mi sentivo bene, come rinsavito, piu’ forte e micidiale. Accanto al corpo un pezzo lucente dello specchio prima appeso al muro, rifletteva il mio involucro. Avevo la fronte corrucciata, ma la mia espressione indifferente era dura e pallida come sempre,  una macchia di sangue mi sporcava la guancia e con la manica del trench mi pulii il viso. Poi la mia figura scomparve dal pezzo di vetro e diresse l’attenzione al demone, che si era letteralmente volatilizzato. Delle dita aderirono al mio capo e un colpo violento mi fece torcere il collo in un movimento netto e preciso, caddi a terra perdendo i sensi.
Eppure ci avevano insegnato che il lato umano non poteva influenzare il nostro animo angelico, che i Soldati del Signore non provavano che devozione verso loro Padre e senso di unione verso i loro fratelli. Avevo davvero lasciato prevalere le debolezze umane al mio profondo concetto di fermezza e decisione ? E così la mia anima era debole e appassita, consumata dall’umanità e dai suoi vizi. Immune ai pericoli della vita, ma non ai sentimenti. Come, un demone di quel calibro era riuscito ad accendere in me tali ardori ? La carica con cui lo colpii, la dimostrazione di potere e l’errore di lasciarmi andare al lato umano avevano creato divergenze e questioni irrisolte nel mio essere. Non potevo convivere con due coscienze, con due cervelli pensanti e distinti tra loro. Avrei dovuto scegliere il mio vero luogo di appartenenza, il mio vero corpo e soprattutto la mia vera anima. Mi ero chiesto svariate volte quale fosse il reale scopo della nostra missione, e svariate volte Dio mi aveva risposto, senza chiarire del tutto i miei dubbi e le mie preoccupazioni. Sentivo di appartenere a due mondi, ma ciò non era del tutto possibile. Era fattibile dal punto di vista di Dio, catapultare i suoi figli in un’altra realtà, tenendoli comunque legati al loro vero luogo di nascita. Ma come sarei riuscito a far sì che la Terra non mettesse radici dentro di me e non contagiasse i pensieri puri e giusti della mia persona ? Troppe volte ero caduto nel peccato umano, ascoltando la donna che con leggerezza d’animo aveva creato tumulti nella mia testa e raccogliendo i brandelli del mio compagno caduto in battaglia, per ripulire la scena o forse in realtà per cercare di salvarlo e riportarlo da me a riempire il vuoto che provavo. Non mi ritenevo piu’ un essere totalmente devoto al suo creatore, quei momenti di lucidità della mente avevano giovato all’individuo che ritenevo essere smarrito e perso, e che in realtà cercava solo di trovare un posto sicuro e che davvero gli appartenesse. Giorno dopo giorno avevo chiesto a me stesso se fosse la strada giusta da intraprendere, ma giorno dopo giorno rimandavo a domani e di notte mi pentivo di essere così codardo. Avevo paura della sua reazione ai miei pensieri, impuri, nascosti, impertinenti. Non mi sentivo legato a nessuna figura celeste superiore, non mi ero mai sentito davvero legato a lui, come se dalla nascita della mia luce qualcosa mi aveva segnato e posto su un cammino diverso da quello che Dio voleva intraprendessi.
Per quanto stolto e malvagio, quel Demone mi aveva rivelato il mio vero essere, quell’angelo da cui non sarei dovuto fuggire, al contrario che avrei dovuto abbracciare e lasciar entrare. Involontariamente aveva fatto sì che capissi il vero significato della mia esistenza, di ciò che sono e sarò e inconsapevolmente il mio involucro aveva contribuito a dare un senso alle mille sfaccettature del mio caso. E così non ero piu’ l’Angelo del Signore che corrisponde ai criteri celestiali di ogni essere angelico, che combacia perfettamente con l’esempio del Soldato portatore di pace e giustizia, ero solo Castiel, un angelo libero e buono, che vestiva i panni di un uomo giusto e casto e compiva azioni conformi alle leggi del Paradiso. Rimasi con Dio, dopotutto, rimasi con i miei fratelli a combattere le loro guerre, a prestare servizio e oppormi al male. Un solo uomo poteva cambiarmi definitivamente, l’avevo visto nei miei sogni e nella fonte di speranza che mi si riversava quotidianamente dentro, ma il giorno del nostro incontro era ancora lontano e le mie mani si sarebbero dovute macchiare di altro sangue, i miei occhi avrebbero visto ancora altre valli e città e le mie ali avrebbero dovuto ancora sfiorare molti cieli prima di quel momento.

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Capitolo 3
*** Il cimitero degli angeli caduti. ***


Io sono una selva e una notte di alberi scuri, ma chi non ha paura delle mie tenebre troverà anche pendii di rose sotto i miei cipressi.
Friedrich Wilhelm Nietzsche


Il cipresso al centro delle lapidi faceva ombra sul terreno scoperto, lasciando che pochi raggi lunari sfiorassero il marmo freddo. Un leggero manto di nebbia si scontrava con l’aria serale e avvolgeva le foglie secche cadute a terra. Altri alberi alti e sottili erano distribuiti lungo il perimetro e riempivano il vuoto della morte. Una statua bianca e marmorea pareva guardarmi, il volto era senza tempo e gli occhi puntati al suolo sembravano arresi e persi. Onde livide e ben scolpite di capelli le coprivano la schiena, liscia e irta, le pieghe della gonna lunga potevano essere reali tanto erano state ben modellate. Il vestito le calzava morbido e delicato, cinto in vita e lasciato cadere dolcemente dal ventre fino alle caviglie. Era riposta su due gradini, anch’essi di marmo, che la rendevano piu’ alta e imponente, anche se l’espressione del corpo mi trasmetteva debolezza e fragilità. Dalla scapola sinistra iniziava il braccio che terminava al gomito, mentre l’arto destro era totalmente mancante. Probabilmente qualche insano ragazzino senza pudore aveva profanato la statua di quella donna e nella notte le sue risate si erano disperse come granelli di sabbia nel vento. Accarezzai piano il piede latteo che spuntava dalla parte finale del vestito, e il gelido tocco appena compiuto mi fece tremare la spina dorsale percorsa da un brivido acuto. Nei miei occhi chiari si rifletteva ogni dettaglio del cimitero, dalle lastre di marmo conficcate nel suolo, all’erba giallastra, cornice dei sepolcri, alle piante rampicanti intrecciate su colonne di pietra grigie e smorte, alla terra umida di dolore e cosparsa dell’essenza delle lacrime dei vivi.
Tutto sembrava trasudare di antichi spettri ed eleganti profumi. In alcuni piccoli santuari i fiori non erano del tutto appassiti ed emanavano ancora odori forti e purificanti, rimasi qualche secondo a bearmi di quella dolce sensazione di freschezza sulla pelle, immaginando lisci petali di giacinto accarezzarmi le guance e le palpebre. Con le narici ancora impregnate della profonda fragranza floreale, scorsi lo sguardo sulle lapidi grigiastre alla mia sinistra. Annabelle Wetmore, il nome risaltò ai miei occhi, le ossa si pietrificarono  all’istante e rimasi come bloccato a contemplare quelle incisioni.
“Guarda troppo lontano la ragazza d’oro.
Tre passi indietro
due occhi la osservano
e con lei vorrebbero volare..”

Lessi la dedica sottovoce e in modo impercettibile a qualunque orecchio umano. Sapevo che quelle brevi parole erano stato scelte da mio padre, estratte da una poesia italiana di cui non conoscevo l’autore. Mio padre, Nithael, fu l’uomo che in Paradiso mi prese sotto la sua ala e accolse un piccolo angelo indisciplinato nella sua dimora. Tra noi Angeli non erano diffuse le famiglie, soprattutto quelle composte da angeli maschi e femmine, ne esistevano di poche, e dovevano stare a delle regole precise. Fin dalla mia nascita e quindi mia iniziale estraneità verso il mondo celeste, avevo creato scompiglio nei piani del Paradiso, non ascoltavo le preghiere dei miei superiori e tendevo ad avere un mio personale giudizio riguardo ogni cosa. Grazie alla guida di quell’Angelo, alla crescita del mio pensiero e della mia devozione verso Dio, capii il mio vero essere, fino al giorno in cui fui mandato sulla Terra. Nithael ed Annabelle erano i miei genitori, i miei tutori, le persone che amavo piu’ di ogni altra cosa, persino piu’ di Dio e questo fu un disonore, un peccato universale, una condizione inaccettabile, motivo di furore tra gli Arcangeli e di dispiacere per il Signore, nostro Padre. A pagarne le conseguenze non fui io, ma loro, i miei due pilastri, gli individui che tenevano insieme i pezzi della mia essenza e avevano donato vigore alla mia Grazia. Furono esiliati dal Paradiso, mandati sulla Terra come Angeli Caduti, se ne sbarazzarono come gli scarti di un pranzo e cercarono persino di mascherare la loro ‘morte’. Intrappolato in quel mondo bianco e lucente, mi chiedevo il perché del loro abbandono, della loro fuga. Pensai che ero stato io a causare quella perdita insostituibile, quella voragine dolorosa e sanguinante. Trascorsero giorni, anni, secoli, e il loro ricordo continuava a bruciare come ferite aperte in continuo laceramento. Il giorno in cui scoprii la verità, la mia  rabbia si abbatté  contro i miei superiori, che indignati placarono i miei spiriti e sedarono ogni sentimento, rendendomi riluttante verso la vita altrui e indifferente a qualunque impulso del mio animo.
Ma in quel momento osservare la lapide di mia madre, mi procurava un dolore al petto vuoto e arido, e pungenti lacrime piene di risentimento. I miei poteri si annullarono e mi accasciai, lentamente, in ginocchio ai piedi della lastra, sporcando di fango i pantaloni e accarezzando la terra umida con la punta delle dita. Sotto le unghie strati scuri di terriccio mi sporcavano la pelle, ma in quegli istanti nulla aveva importanza. Pregai a lungo per lei, cercai la redenzione per le loro azioni, l’indulgenza di Dio verso due angeli che non meritavano quella tremenda fine. Divenire angeli caduti per qualunque crimine commesso era paragonato quasi al furto della Grazia di un altro Angelo. Vennero quindi visti come impuri e senza anima e i loro nomi rimasero appesi a brandelli di Paradiso che precipitarono con loro nella caduta.
Il cimitero Whitmore Bridge conteneva i corpi di molti esseri umani, ma tra le lapidi incise e consumate dal peso degli anni, giacevano anche i corpi dei nostri Soldati del Signore. Avevamo deciso di seppellire i corpi dei nostri fratelli caduti in cimiteri normali per confonderli tra i morti e avere sempre un posto in cui ritrovarli. In Paradiso era stato semplicemente irto un muro di pietra in cui vennero incisi i nomi degli Angeli morti, migliaia e migliaia di nomi, persi e confusi tra loro, messi lì a ricordare qualcuno che verrà poi dimenticato e sovrastato da nuovi nomi. Ritenevo strano e incomprensibile il modo in cui rendevano onore alle anime perse, andate per sempre, ma non ne feci parola con nessuno, per non destare clamore e provocare un altro dolore a nostro Padre. Ogni pensiero immorale che andasse contro il Paradiso e gli esseri che lo popolavano fu riposto negli angoli piu’ nascosti del mio contenitore, in posti in cui la polvere oscurava i vetri e non faceva scorgere la minima ombra dei miei pensieri, in cui le domande appese, irrisolte, senza risposta, venivano represse con forza, ma non del tutto, nella speranza che un giorno, potessero vedere la luce del sole ed essere dissetate da risposte concrete e reali.
Costrinsi me stesso a riprendere possesso del corpo che mi portavo dietro, rialzandomi velocemente, reprimendo ogni sentimento che potesse essere scorto dai miei fratelli e da Dio, quel Dio che in realtà conosceva già tutto di me. Eppure lasciava che continuassi ad intraprendere la sua missione, senza muovere un dito, eliminarmi o punirmi. Sapeva della mia visita alla donna che avevo amato con così tanto ardore e che mi era stata strappata via, sapeva di una mia futura ed eventuale ribellione al Paradiso, ma si limitava ad osservare. Sperava forse che i miei poteri potessero curare ogni ferita e dare senso ad ogni dubbio, pensava forse che non avessi abbastanza audacia per dar voce ai miei istinti, restava il fatto che continuava a proteggermi e amarmi proprio come un buon Padre, e io mi chiedevo insistentemente il perché.
Ripercorsi ogni movimento, dalla tomba di Annabelle al cipresso, alla statua e l’odore di vecchio e stantio che aleggiava nell’aria impregnò i miei vestiti, donando un senso di perso e antico al mio trench. Forse io ero proprio così, perso e antico, un’anima che vaga nei meandri della terra e non trova il senso delle cose. La melodia di un’arpa mi strappò da quelle strane congetture e una piccola figura seduta prese forma nella notte, alla luce delle stelle. Un bambina bionda e pallida suonava il suo strumento sul ciglio di una lapide larga e nera, era fatta di uno strano marmo scuro e particolarmente lucente. Suonava così bene, le dita si muovevano delicate sulle corde e il tocco era quasi impercettibile, un grande abito bianco le copriva il corpo fin sotto le ginocchia e lunghi capelli dorati le incorniciavano il viso. Non avevo ancora incontrato i suoi occhi, ma fu breve il tempo in cui avvicinandomi continuò a suonare. Mosse la testa nella mia direzione, guardandomi da capo a piedi. L’espressione del suo viso rilassato e limpido mi trasmise una punta di tristezza che non so bene come definire. Poche e leggere lacrime le bagnavano il volto e i suoi piccoli occhi neri mi fissarono a lungo penetrandomi l’anima. John Winchester era il nome inciso sulla lastra, doveva essere suo padre probabilmente, ma in realtà mi chiedevo piu’ per quale motivo una bambina così piccola si trovasse da sola nel cimitero durante la notte. «Cosa ci fai qui ? » Le chiesi dolcemente, per non spaventarla. «La casa, le fiamme, i bambini. La donna. » Mi rispose, fredda e impassibile. Non capii le sua parole, che adesso mi sembrano molto chiare. Perplesso cercai di sfiorarle una guancia, ma si ritrasse e si strinse nelle spalle, premendo le ginocchia sulle labbra. «La donna, i bambini. E’ morta. » Sussurrò piano.
Un violento frusciò dietro le mie spalle mi fece contrarre i muscoli e girai la testa per vedere indietro, ma tutto era immobile e il vento non mostrava segni della sua presenza. Non sentii nemmeno i passi della bambina allontanarsi o toccare il suolo, la sua figura era scomparsa, ma l’arpa riposta a terra continuava a suonare. Senza delle mani che la sorreggessero e dita che la suonassero, continuò, incurante di ogni cosa. Mi aveva lasciato in una profonda solitudine  e la luna fu offuscata dalle nuvole in un cielo prima del tutto sgombro. La patina di nebbia si stava lentamente ritirando e la Terra aveva ripreso a girare, immobilizzata dalle strane parole della bambina.
Il 2 novembre 1982 fu un giorno intenso e doloroso e fu avvolto da un sottile velo di mistero. Gli occhi della bambina marchiarono a fuoco le ferite della mia anima e il nome di quell’uomo rimase sospeso nell’aria e nei miei pensieri. Come se fosse vagamente familiare e potesse ricollegarsi a qualcosa o qualcuno che a sua volta si sarebbe legato a me. Non ero ancora a conoscenza della sua storia e delle sue gesta, dei nomi dei suoi bambini e di sua moglie. La presenza della bambina che ricollegai ad uno spettro morto due anni prima, era un fatto davvero strano, ma  ancora piu’ bizzarra fu la mancanza di quella lapide il giorno dopo. La lapide con su scritto il nome dell’uomo non c’era piu’. Volevo indagare sulla sua morte, ma sembrava scomparsa nel nulla, come se si fosse volatilizzata insieme alla bambina. Non cercai mai piu’ John Winchester, o i suoi figli, non sapevo che però un giorno loro si sarebbero presentati a me, e le nostre strade si sarebbero inevitabilmente incrociate, contraddicendo ogni legge che riportasse la teoria delle rette che camminano parallelamente ma sono destinate a non incontrarsi mai. 

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Capitolo 4
*** Inferno e Paradiso. ***


“Il braccio di un angelo non potrà strapparmi alla tomba, ma legioni d'angeli non potranno confinarmici. “
Edward Young.
 
Rami di betulle solitarie si stagliavano sulle montagne fluttuando dolcemente nell’aria, il vento le abbracciava così delicatamente che i movimenti erano impercettibili all’occhio umano. L’odore del mattino fresco e piovoso imporporava le punte delle valli e onde di nubi bianche e morbide coprivano i  raggi del Sole. Guardavo il mondo scorrere lento e potevo sentire in lontananza le note di un pianoforte suonato da dita esperte e veloci, la melodia penetrava le finestre di una grande casa a specchi, contornata da alte siepi che non lasciavano intravedere niente se non due piccole statuette ai margini della verde vegetazione che fungevano da entrata, erano poste dinanzi al varco che portava al portone principale su due colonne in marmo bianco. La fauna era ancora assopita dall’autunno che stava volgendo al termine, piccoli fiori color magenta fiorivano lungo le piante rampicanti delle colonne e la rugiada donava lucidità ai petali ormai aperti e pieni di vita. Piccole pozze d’acqua piovana erano raccolte ai piedi delle siepi e una manciata di petali galleggiava piano in superficie, creando mosaici instabili di colori riflessi nell’acqua e modificati dalla fioca luce del sole.
Mi ero concesso una mattinata lontano dai miei fratelli e dal mondo per poter osservare tutto da lontano e cercare pace e silenzio. Lì su quella collinetta ombrosa i miei occhi vagavano nel nulla per trovare la stabilità della mia anima e cautamente il sangue incollato alla mia pelle stava scivolando via come per darmi redenzione o perdonarmi delle azioni compiute. L’aria entrava piano nei polmoni per fuoriuscire calda e rilassata, sentii il corpo alleggerirsi un attimo e la scena di una foglia cullata dal vento mi inarcò leggermente le labbra, in una smorfia di serenità. Uno sbuffo di vita mi era entrato sottopelle e stava percorrendo tutto lo strato superficiale delle braccia per arrivarmi al cuore, un cuore morto e fasciato da scie di malvagità. Non volevo quella vita, quella missione. Uccidere non era una capacità, quasi una qualità, era un atto che ti marchiava a vita e tutto ciò che potei fare fu conviverci fino a quel giorno.
I piani erano cambiati, forti preoccupazioni affliggevano il Paradiso, confusione e panico avevano invaso quel posto lontano e sempre ordinario e io capii che le cose stavano precipitando. Mille Angeli spaventati sbattevano freneticamente le loro ali nel cielo del Nord America e il tonfo delle piume svolazzanti cadute a terra creavano ronzii fastidiosi nella mia testa. Rimasi a fissare le valli, cercando di insonorizzare tutti i rumori e le voci dei miei fratelli, che a gran voce, chiamavano il mio nome, l’unico mancante all’appello. Posai le mani sulle orecchie e leggermente con le labbra serrate tentai ti riprodurre la melodia estasiante di quel piano che aveva smesso di suonare. Le palpebre si muovevano lentamente e i miei occhi azzurri avevano raccolto ogni colore per assumere una tonalità di verde molto accesa. Le guance erano pallide e lucide, diressi lo sguardo al cielo immaginando cosa potesse spingere i miei fratelli e miei superiori a correre disperatamente al riparo. La luce celeste del mattino mi fece girare la testa colpendomi le iridi con forza. Le voci stavano scemando e il flebile tono di un unico Angelo rimase a far da eco agli altri che ormai avevano raggiunto già il Paradiso.
Uno sbattere d’ali dietro di me mi ricompose e la mano gelida di quell’Angelo sfiorò la mia spalla. «Dobbiamo andare, Castiel. Ci stanno aspettando. » Avrei voluto dirgli di andare al diavolo, di stare tutti alla larga da me, cercavo solo di essere assolto dalle mie colpe, perdendomi nei meandri delle piccole montagne che circondavano Forks. Invece sarei dovuto tornare in Paradiso a fare da burattino ai nostri superiori, continuando ad uccidere innocenti. Eppure combattevo con la parte di me che mi diceva che tutto ciò era giusto, che io ero nato per quello e che il mio destino era di essere un Soldato del Signore. La mia parte razionale veniva sovrastata da quella fredda e incapace di provare sentimenti quando dovevo compiere atti di cui non vado fiero, ma poi riaffiorava piu’ vivida di prima divorandomi l’anima con i sensi di colpa e lasciando che la parte che mi consolava si nascondesse nel buio. Non sapevo a quale mondo appartenere, a quale fosse giusto appartenere. Il mio lato Angelico mi donava forza e potere e un’anima indifferente e obbediente, ma il mio lato umano mi dava non solo fede e amore, ma la forza di volontà per negare la mia missione e vivere in pace sulla Terra. 
Annuii lentamente, non capii se avesse inteso il mio gesto ma poi si volatilizzò e pensai che non tutti gli Angeli sono spietati e indifferenti a certi pensieri. Che alcuni dei miei fratelli  magari potevano pensarla come me. Mi limitai però a sospirare e inspirare piu’ aria possibile, spiccando il volo.
Tornammo dagli Arcangeli che ci spiegarono la situazione. Lilith, uno dei demoni piu’ terrificanti della storia, aveva presso possesso di gran parte della Terra e stava portando il caos in ogni città. I suoi movimenti erano ben studiati e precisi, diretti verso un solo scopo: far uscire Lucifero dal regno degli Inferi e portarlo tra i terrestri, per dare inizio all’Apocalisse. Era una follia, un’azione insensata, ma noi avremmo dovuto impedirlo. Prima di portare a termine il suo piano aveva bisogno di rompere i 66 sigilli che avrebbero poi liberato il Diavolo. Dio sapeva cosa fare, sapeva cosa avremmo dovuto fare, e scelse me per portare a termine il compito piu’ arduo.
Percorsi un migliaio di corridoi per arrivare ai Piani Alti e avere un incontro diretto con Dio, probabilmente per incontro diretto si intendeva sentire la sua voce mentre il mio corpo giaceva immobile su una sedia reclinabile e la mia luce sprigionava tutta la sua forza in quelle quattro mura bianche.
Ogni Piano del Paradiso aveva un suo profumo e un suo simbolo di identificazione. Diciamo che i Piani non potevano essere numerabili, ma io fino a quel momento ne avevo visitati solo cinque e per la prima volta quel giorno avrei visitato il centesimo, il piu’ vicino alla dimora di Dio. Gli odori variavano dall’incenso alla lavanda, dalla fragranza di rose rosse all’essenza di camomilla, dal profumo di erbe fresche a quello dell’iris. Conoscevo delle storie su quel fiore, si diceva che avesse il potere di donare l’immortalità a chiunque avrebbe bevuto il fluido dei suoi petali. Varcare quel piano fu piu’ complicato degli altri, dato che l’odore era così forte, dolce e ipnotizzante.
Il centesimo Piano era caratterizzato dall’odore di cenere, mi pizzicava il naso insistentemente e respirare mi veniva un po’ difficile, sentivo come se piccoli granelli di polvere e carbone si stessero depositando sul fondo dei miei polmoni e man mano stessero riempiendo le due cavità vuote. Ma quella sensazione sparì non appena una donna con indosso una tunica bianca che le sfiorava le dita dei piedi nudi e gli occhi completamente limpidi e bianchi senza pupille, mi diresse sulla soglia di una porta anch’essa bianca, sopra vi era inciso il Nodo dell’Amante, un simbolo pagano molto particolare e significativo per noi Angeli, sapevo rappresentasse l’eternità, la fedeltà e l’unità. Era composto da un disegno interno che presentava quattro trifogli a simboleggiare le quattro stagioni. Il trifoglio rappresentava le tre forze della natura: terra, aria e acqua e intorno ad essi a chiudere il simbolo un cerchio perfetto che rappresentava a sua volta il sole. Su altre entrate dei Piani precedenti avevo scorto simboli simili, e avevo riconosciuto le incisioni. Al trentesimo vi era il Nodo di Iona, rappresentazione della pace interiore; al quarantatrèesimo la Croce di Afsling, che rappresentava il cambiamento e la crescita, mi sentii attratto da quel simbolo così affascinante, sprigionava ciò che ero, un Angelo cambiato dal mondo, messo in discussione, mi sentivo parte di esso, ma una forza piu’ potente mi trascinò al piano successivo e la luce nei miei occhi si spense. Il Nodo dell’Amante era quindi utilizzato tra noi creature celesti per indicare la triplicità sacra e a quanto pare l’incisione sul legno di quella porta doveva significare che attraversandola avremmo incontrato nostro Padre, sacro e intoccabile, onnisciente e onnipresente, puro e santo e incarnato in tre individui. Esitai un istante fissando l’incisione intagliata perfettamente, poi entrai. Delle alte pareti bianche erano illuminate da una lampadina sospesa in aria e appesa al nulla, il cielo della stanza era altissimo, iniziando dalle mura della stanza e disperdendosi a perdita d’occhio, sempre piu’ su. Non c’era nulla che occupasse spazio, solo una sedia reclinabile, come previsto, ad attendermi. Mi distesi e lasciai che Dio estraesse la mia essenza dall’involucro per toccarci e unirci in un unico essere. Mi parlò, tastò i miei piu’ profondi pensieri, toccò la parte piu’ nascosta della mia anima, alimentò la mia Grazia e donò splendore alla mia luce che si stava affievolendo e io ne conoscevo il motivo.
Dean Winchester, era il nome del cacciatore che avrei dovuto salvare dalle fiamme degli Inferi. Mi aveva spiegato la sua storia, i suoi tormenti, tutto ciò che lo riguardasse. A quanto pare aveva sacrificato la sua stessa vita per suo fratello Sam, un gesto davvero nobile, ma inutile. Sam stava intraprendendo una strada pericolosa e molti dei miei superiori non gradivano questa situazione. Lui era l’unico in grado di fermare Lilith, Dio mi spiegò ogni passo da compiere e io ero pronto a farlo. Mi sembrava l’unica azione buona e autentica della mia esistenza, l’unica utile alla nostra causa e un bene per la Terra. Combaciava perfettamente con i due mondi e per un attimo mi ero sentito diverso, in vita, un semplice Angelo Custode, che avrebbe comunque continuato a combattere come Soldato del Signore, ma che per un secondo poteva mettere da parte Dio e il Paradiso per dedicarsi alla sua missione personale, salvare quest’uomo e donargli consapevolezza e fede, che non era esattamente tra le sue priorità. Il piano di salvataggio comprendeva che Dean venisse posseduto da Michele, l’unico Angelo in grado di sconfiggere Lucifero, una volta nostro fratello. I danni alla sua persona erano stati messi in conto, ma erano inevitabili e necessari, così non me ne curai molto, questo prima di conoscerlo.
Avrei dovuto intrufolarmi nell’Inferno, strappare il ragazzo alle fiamme e riportarlo in vita. Non era un gioco da ragazzi, ma nelle mie possibilità. Ero in grado di farlo, Dio mi aveva rinforzato per questa missione speciale e ne avevo tutto le capacità.
Così iniziai a progettare un buon piano per entrare dentro l’Inferno senza farmi scorgere dai demoni, cercare Dean e uscire allo stesso modo di come ero entrato. Dio mi aveva donato la conoscenza di ogni stanza, corridoio e cella di quel posto, conoscevo tutto a memoria e aggirare le prime guardie all’entrata fu semplice. Le uccisi con il palmo della mano e i loro sorrisi compiaciuti si trasformarono in smorfie di dolore prima di accasciarsi a terra senza vita. La porta nera con il pomello in oro si aprì all’istante e un fuoco caldo e avvolgente invase ogni strato della mia pelle. Immune al bruciore e quindi alle scottature feci un passo e un altro e osservai ogni dettaglio, le mura in pietra trasudavano calore e una luce rossastra proveniente dal basso rifletteva su tutta l’atmosfera, creando ombre di lingue di fuoco sulle pareti. Alcune aste di legno infuocate sulla punta erano poste ai lati delle mura e riscaldavano ancora di piu’ il luogo arido e asciutto. Strizzai leggermente gli occhi, che lacrimavano per via del fumo denso che aleggiava nell’aria, in lontananza un leggero ronzio mi fece voltare dal lato opposto in cui tenevo fisso lo sguardo. File di celle si prostravano ai miei occhi, camminando lungo di esse lamenti, pianti e urla di dolore mi colpivano violentemente i timpani e questo mi infastidì molto. Un mano martoriata agguantò la parte finale del mio trench, troppo vicino alle sbarre di una cella, mi sentii tirare piano e un mugugno attirò la mia totale attenzione  «Aiutami. » Sussurrò a bassissima voce, quasi fosse una folata di vento. Poi il volto che prima era nella penombra venne avanti e la luce delle torce infuocate le illuminò il viso. Una donna calva e ossuta era accasciata a terra, la pelle le penzolava dal corpo nudo e la palpebra inferiore dell’occhio sinistro pendeva verso il basso, lasciando intravedere i nervi del bulbo oculare. Anche la bocca era leggermente storta e pendente in giù, i molari le avevano bucato la guancia e tutta l’arcata sinistra si intravedeva benissimo alla luce del fuoco scintillante. Strattonai la mano che cadde a terra priva di sensi, notai infine che lungo la gola un taglio netto e preciso le aveva tagliato e strappato via le corde vocali e capii quindi il motivo della sua voce impercettibile. La guardai attentamente senza emozioni, le lacrime secche che le rigarono il viso non mi fecero nessun effetto e con un ultimo rapido sguardo truce scrutai i suoi occhi grigi per poi voltarmi e infiltrarmi in quel posto sempre piu’ oscuro. Altri corpi sofferenti mi urlarono contro e invocarono aiuto, tendendo le loro mani sanguinanti e lacerate, alcuni erano ancora avvolti da strati di pelle, altri avevano una gamba o un braccio mancanti che pian piano e dolorosamente ricrescevano dalle ossa della scapola o del bacino, altri, i piu’ consumati, erano stati spogliati di ogni cosa e leggere nubi tossiche e scure fluttuavano nelle celle senza pace, lamentandosi e pronunciando suoni indistinti, nelle nubi tre cerchi frastagliati indicavano l’incavo degli occhi e della bocca, bocche aperte e lunghe. Le anime tormentate si crogiolavano nei loro vizi amplificati e piu’ feroci, resi dolorosi dai demoni che intrattenevano il loro tempo torturandole una ad una. Tutto il dolore e lo strazio dell’Inferno era concentrato in quel piano, che io oltrepassai con noncuranza e disprezzo. C’erano sicuramente dei motivi per cui erano finiti in quel posto e io non avrei potuto e voluto fare niente per aiutarli. Non tentai nemmeno di pensare ad un modo per far uscire qualcun altro oltre Dean, lui era la mia unica anima tormentata da salvare.
Oltrepassai una decina di corridoi, uccidendo tutti i demoni che intralciavano il mio cammino. Mi stupivo nel vedere con quanta stupidità quegli esseri insignificanti sfidavano le mie capacità e pensavano davvero di vincere contro un Angelo. Non lasciavo trapelare la mia totale consapevolezza della loro imminente morte, lasciavo semplicemente che mi infliggessero qualche colpo ben assestato alle costole o al torace e poi immobile li intrappolavo nella mia stretta e li eliminavo con facilità.
Seguivo uno schema preciso, Dean si trovava nella cella piu’ in basso, la piu’ sorvegliata alla fine del corridoio piu’ buio. Era un pezzo importante lì sotto, il Cacciatore piu’ ricercato dai Demoni, non osavo nemmeno immaginare con quali barbarie e torture avevano  intrattenuto il suo corpo e mi sentii ancora piu’ motivato ad arrivare da lui il prima possibile. Con lo sguardo duro e il passo regolare mi diressi in direzione della cella buia, a prima impatto il corridoio era vuoto, poi piu’ riuscivo ad avvicinarmi piu’ Demoni comparivano e piu’ ne uccidevo. Non fermai il mio cammino nemmeno per un secondo, li uccisi semplicemente alzando il braccio destro e esorcizzando i loro corpi, che cadevano a terra inermi uno ad uno.
Lasciando una scia di cadaveri dietro di me, sradicai dalle fondamenta le sbarre della cella. Inizialmente nel buio e nel rossore di quel luogo non riuscii a intravedere niente, strizzai gli occhi che si stavano abituando all’oscurità, una pozza di sangue e un pezzo di pelle si trovavano in un angolo, nell’altro un corpo magro ma sempre muscoloso era accasciato con la schiena al muro e le gambe incrociate. Dean, svenuto, probabilmente era stato torturato da poco per l’ennesima volta dato che le ferite stavano rimarginando e sulla guancia un pezzo di pelle si stava ricomponendo velocemente.  Gli occhi erano però spalancati e iniettati di sangue, due pietre verde smeraldo fissavano il vuoto, sulla spalla un pezzo di pelle dilatato e martoriato pendeva in avanti. In mano stringeva un gancio, strappatosi dalla spalla in cui l’epidermide era sporca di ruggine e  quasi del tutto mancante. Sul petto una grossa bruciatura si espandeva fino lungo i fianchi e giù verso la zona pubica, coperta da uno straccio di jeans, probabilmente ciò che rimaneva dei suoi pantaloni.
Posai due dita sulla sua fronte e ogni piccola ferita e tumefazione svanì dal suo corpo, ritornato bianco e levigato e piu’ gonfio e nutrito. La procedura comprendeva infine di posizionare la mia mano sulla sua spalla sinistra e trasportarlo nella tomba dov’era stato seppellito il corpo. Quando sfiorai la pelle di Dean la mia mano marchiò il muscolo della spalla e lasciò una chiara bruciatura. Sentii una scossa penetrarmi sottopelle e toccarmi l’anima accompagnata da una strana sensazione, come una connessione, un legame con quell’individuo che stava unendo le nostre essenze per poterci ritrovare sempre. Leggere punte di elettricità percorse ogni fibra del mio corpo e percepivo la mia Grazia che si liberava dello strato di pelle per combaciare perfettamente con l’anima di Dean.  Oltrepassai il terreno e lasciai cadere la sua anima nel suo involucro, mentre il mio, passando attraverso il terreno, saldava i piedi a terra. Guardai per un secondo la misera croce di legno sulla sepoltura e piegai la testa da un lato, Sam non aveva badato a spese per seppellire suo fratello a quanto pare. Il ritorno di Dean non fu però così sereno, nel frattempo che la sua essenza aderiva alla pelle per ridonare vita al corpo, il terreno si smosse e violenti fremiti fecero tremare ogni cosa, un vortice d’aria turbinò intorno alla mia energia lasciandomi senza vista, il vento soffiava sbattendo contro il mio trench che faticava a rimanere aderente al corpo. Di colpo tutto smise di muoversi e reagire alla potenza  di quel atto angelico. Solo leggeri tremolii colpivano le mie scarpe e guardandomi intorno centinai di pali bianchi e appuntiti si erano rivolti verso la tomba, sradicati dal suolo, e puntavano la croce. Sentii la terra smuoversi sotto le suole e mi librai in aria scomparendo da quel posto.
Una mano percorsa da vene violacee spuntò dal terreno e Dean si fece largo tra l’erba secca per fuoriuscire dalla sua tomba. Vedevo il suo volto contratto e l’incredulità prendere il posto dell’espressione interrogativa. Tossiva e ansimava, e aveva il corpo ricoperto dal terriccio. Aveva superato 40 anni nell’Inferno, lo ritenevo un uomo forte e determinato e pensai che Dio scegliesse con molta cura gli individui a cui affidare una missione. Aveva riposto tutta la sua fiducia in me per portare a termine questo piano e vedere Dean respirare mi fece sentire sollevato. Non capiva com’era finito lì, chi lo aveva riportato in vita, perché era tornato. Raggiunse una pompa di benzina non molto lontana dal luogo della sua ‘resurrezione’ e iniziò ad arraffare qualunque cosa. Prima di mostrarmi a lui, cercai di comunicargli la mia presenza attraverso degli apparecchi presenti nel piccolo negozio, così riversai la mia energia su un televisore arrugginito che sbuffò due o tre volte prima di accendersi e mostrare uno schermo grigio e frammentato a Dean e una radio che trasmetteva una musica orientale. La fissava senza capire, mormorai alcune parole, ma a quanto pare non era ancora in grado di sentirle e comprenderle. Iniziò a riversare del sale lungo le finestre, ma il suono della mia energia gli procurò un ronzio nelle orecchie e velocemente portò le mani a coprire le orecchie. Iniziai a frantumare tutte le vetrate del negozio per fargli avvertire la mia presenza, ma evidentemente pensava ancora fossi un demone. Vari pezzi ferirono minimamente Dean che coprì il viso e si fiondò a terra. Pensai che potesse bastare, che mi sarei mostrato a lui piu’ avanti,  inoltre una voce mi richiamò in Paradiso e spiegando le mie ali nere spiccai il volo verso la mia casa, lasciando Dean perplesso e senza una guida.


AUTRICE:
Salve a tutti! Vorrei come prima cosa ringraziare chiunque è arrivato a questo punto e continua a far aumentare il contatore delle visite. Grazie di cuore davvero! Ringrazio chi ha recensito e chi recensirà. E spero che questa mia piccola storia possa essere davvero apprezzata, dato che la sto scrivendo con tutta me stessa. Amo Castiel e amo Supernatural e mi sembrava d'obbligo scrivere una FF sulla mia serie tv preferita. Questo personaggio mi ha colpito al primo impatto, come tutti sappiamo è un tipo davvero particolare e all'apparenza freddo e spietato, data la sua prima comparsa nella Quarta Stagione, ma con il passare del tempo riesce ad entrare nel cuore dei nostri due Cacciatori. Io beh spero di essere stata in grado di mettere per iscritto i suoi pensieri al meglio, soprattutto essendo un personaggio molto contrastante e in conflitto con se stesso e il Paradiso. Apprezzerei consigli e anche critiche, per riuscire a comporre capitoli sempre migliori. Buona lettura e a presto!

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Capitolo 5
*** Ricerca della redenzione. ***


“Redenzione: particolare dottrina che costituisce uno dei misteri fondamentali della nostra santa religione; chi ha fede in essa non perirà mai e avrà una vitaeterna per cercare di capirla.” 
 
Ambrose Gwinnett Bierce
 
Ali piumate, nuvole bianche, un cielo limpido senza nubi, cancelli d’oro e vesti brillanti, bei visi sorridenti. E’ così che gli umani immaginano il nostro mondo, il Paradiso e noi, gli Angeli Custodi. Pensano davvero che dopo la morte ad attenderli ci sia un luogo magico e sereno, dove i mali non possono raggiungere i loro cuori e la loro anima. Non sanno quanto si sbagliano, non hanno la minima idea di cosa sia il mio luogo di nascita.
Una goccia di sangue colpì il cancello arrugginito e scorticato dal tempo, il pavimento a scacchi rifletteva il suo viso chiaramente sofferente, le lacrime erano sopraffate dal liquido denso che fuoriusciva dai suoi occhi, sangue freddo e scivoloso gli bagnava le guance e il mento per ricadere su una mattonella scheggiata. Io rimasi immobile, freddato da non so quale forza superiore, probabilmente la mia faccia era talmente inespressiva che la lacrima che mi rigò il viso un secondo dopo la sua morte venne osservata con stupore. Una siepe scura circondava quel luogo per finire ai piedi di un alto cancello dal colore slavato, un cielo grigio si stagliava nel nulla per riflettersi nel bianco spento degli occhi di nostro fratello. Giaceva inerme ripiegato in se stesso su una mattonella nera, le palpebre spalancate si stavano indebolendo e chiudendo a metà occhio. Zaccaria estrasse un fazzoletto bianco dalla tasca interna della giacca e pulì con eleganza il pugnale angelico sporco di sangue. Poi un sorriso beffardo si fece largo tra le sue labbra e l’arma argentea riflesse la figura del suo volto disgustoso.  Il mio involucro era ancora bloccato e senza forze, fermo nel punto in cui aveva osservato tutto da spettatore. Alcune volte mi fermavo a pensare ai miei fratelli e credevo davvero di conoscerli, tutti, uno ad uno. Conoscere le loro storie, il loro passato, ciò che erano, ma poi assistevo ad alcuni mutamenti dell’anima, a radicali occultamenti del cuore, a soggiogamenti del proprio essere e mi ricredevo su tutto, su ogni pensiero sprecato a sperare in una mia somiglianza con almeno uno di loro, su ogni piccola parola in riferimento alla purezza dei loro animi, sulla mia stupida credenza in un salvataggio per il Paradiso, perché vedere un Angelo uccidere un altro Angelo riuscì a modificare qualunque speranza accesa in me di redenzione per ognuno di loro.
 
POV Mikael.
Sono ormai giorni che osservo gli umani defluire ininterrottamente lungo le strade di questa cittadina. Ho vagato per la Terra per molto tempo senza mai tornare in Paradiso, Dio diceva di continuo che la mia missione non poteva concludersi immediatamente, che aveva un progetto, dei piani per me, così aspettai. La mia Grazia iniziò ad aderire perfettamente al mio contenitore, fino a farne totalmente parte. Due individui in un solo corpo era una grande cosa da gestire, ma soprattutto da sopportare. Continuavo a sentire lo scorrere dei suoi pensieri pur lui essendo un devoto figlio di Dio, potevo ancora udire ogni minima parola e preghiera. Fino a quando la sua voce non si è affievolita, schiacciata dall’imponenza della mia essenza e soffocata dall’unione delle nostre anime. Ma le mie ali, le mie ali nere continuavano a sbattere leggere per portarmi ovunque volessi. Il contatto con i miei fratelli si spezzò, e con esso quello con Dio. Ma continuavo a portare con me il peso dell’oscurità delle mie ali, che mi legavano ancora al Paradiso.
Le mani mi tremano insistentemente e le forbici arrugginite riflettono la flebile luce del sole che sfiora le tende della finestra. Mi trovo in questo motel da ore ormai, fisso le mie mani che dovranno a breve compiere un atto di vera fede, non in Dio, né nei miei simili, ma nel Mondo. Spiego le ali che sfiorano il soffitto, sono nere come il carbone e le piume lisce e ordinate come la schiena di un corvo. Le osservo per un po’, giusto il tempo necessario per dire addio ad ogni cosa che mi leghi ancora davvero a quel mondo. Mi concedo di toccare leggermente con la punta delle dita l’attaccatura alla schiena, le scapole rosee inarcate sfociano in un fiume nero di piume e proprio quando l’ultimo dito ha sfiorato la zona, agguanto un’ala e contorcendomi porto le due lame affilate al centro di ogni mio turbamento, pronto a sferrare il primo taglio.
Il dolore che sto provando non è paragonabile a nessun’altra sofferenza, se non ad un cuore strappato dal petto, alla vita pulsante stritolata tra le dita. Non cerco di urlare o dimenarmi, semplicemente stringo i denti e mi lascio sfuggire un sospiro di dolore, insieme alla saliva che mi scivola lungo il labbro inferiore. Lungo il volto sento una striscia di pelle bruciare e mi rendo conto troppo tardi di avere il viso ricoperto di lacrime calde. La voglia di libertà da tutto questo mi spinge a continuare, e continuare, nonostante il sangue sgorghi copioso dalla mia schiena, una scarica elettrica bruciante mi stia colpendo dalla vita in su e tutto il corpo sia indolenzito e straziato e colpito come da mille frustrate tutte insieme. Sento le ossa spezzarsi al contatto con la lama, deboli e sottili si incurvano e si spezzano facilmente. Il dolore percorre ancora e ancora ogni fibra e centimetro della mia pelle e del mio essere, come se anche la mia anima priva di carne e ossa potesse sentire tutto lo strazio di questo momento. Vorrei poterle strappare con le mani, ma mi provocherebbe un dolore ancora piu’ acuto, così mi limito a continuare con il mio piano originale. Mi stupisco della mia forza di volontà nonostante il mio corpo stia implorando di smettere con questa tortura, ogni vena mi pulsa con piu’ violenza e il sangue inizia a scorrere piu’ velocemente per non farmi cedere, per tenere il cuore in vita.
Un leggero scricchiolio del pavimento mi fa sussultare e voltare in direzione della porta. Una schiera di cinque Arcangeli vestiti di tutto punto e in bianco mi sta fissando, mento alto e petto in fuori, le mani poste dietro la schiena e lo sguardo duro. Mi sento un verme lurido e strisciante, come un criminale scoperto a rubare, non riesco a guardargli negli occhi, perché facendolo potrei cedere e smettere con il mio arduo compito, ma devo farlo, devo liberarmi, devo scrollarmi di dosso ogni cosa che li riguardi. Ma quando cerco di portare le forbici in direzione della mia ala sinistra appesa leggermente alla carne e grondante di sangue una forza mi blocca spingendomi contro il muro e staccando definitivamente ciò che rimaneva di quel cumulo di penne. Lo strappo è violento e veloce, al contrario del dolore che sembra lento e straziante e mi fa vorticare a terra. La testa è cerchiata da una strana e fitta sensazione di malessere, posso avvertire lo squarcio pulsante che ho nella schiena, ma un peso in meno sul cuore. Per quanto questo dolore possa sembrare così insopportabile devo superarlo e concludere il mio piano di redenzione e liberazione.
Uno degli Arcangeli alza il braccio in mia direzione e pone la mano come se volesse strangolarmi. In realtà lo fa, ma da lontano, dal posto in cui si trova, sento le dita avvolgersi al mio collo e stringere, mi rialza e fracassandomi le spalle al muro, fa strisciare la schiena fino al soffitto provocandomi altri dolori lancinanti e urla insonorizzate dagli altri. Nessuno può venire in mio aiuto, e probabilmente nessuno sarebbe venuto. Sono l’Angelo traditore, quell’Angelo che ha rinnegato tutto, persino Suo Padre, che ha preferito giorni da umano e non da creatura celeste, che ha rinunciato a tutto pur di essere un comune essere insignificante. Ma nessuno, nessuno sa com’è sentirsi comune e libero, senza responsabilità e missioni da compiere, senza alcuna voce nella testa che con fare autoritario fa muovere ogni muscolo del tuo corpo. Volevo una vita normale, senza ali, senza poteri, senza Dio e il Paradiso, con progetti per il futuro e una famiglia, magari con un cane e un lavoro. Ma nascere in quel luogo ha un prezzo, la schiavitù e il legame inevitabile con il Signore, e una vita che non ha né pregi né difetti, una vita piatta e senza senso, indifferente e capace di tutto, tranne di amare.
Le loro labbra sono serrate e le mascelle contratte, ma non pronunciano niente, semplicemente mi portano lì, in Paradiso, l’unico posto in cui avrei preferito non morire. Ci troviamo nel Giardino della Morte, una specie di luogo oscuro in cui vengono condannati gli Angeli traditori. Mi hanno strappato anche l’altra ala e l’hanno polverizzata per farmi sentire altro dolore e per sottomettermi alla loro autorità, non hanno compreso invece che mi hanno reso libero e felice di morire da umano, come Angelo Caduto. Il pavimento a scacchi è freddo e duro, sono in ginocchio di fronte a un plotone di esecuzione che mi fissa incurante e indifferente. Gruppi di angeli circondano le altre aree, ma uno sguardo mi rapisce. E’ Castiel, con il suo trench e i suoi occhi profondi, sembra spaventato, vorrei dirgli che va tutto bene, che non deve provare dispiacere per un uomo come me, ma a quanto pare è pietrificato. Rivolgo poi lo sguardo al cielo nero sopra di me, in lontananza qualche sfumatura blu notte inghiottisce l’oscurità e mi sento a casa, sulla Terra, avvolto dal calore delle stelle e inebriato dal profumo di limoni. Non sono triste per la mia imminente fine, sono pieno e vivo, con due solchi nella schiena a testimoniare la mia libertà.
Un solo unico colpo al cuore mi fa perdere il respiro, poi Castiel scompare dalla mia vista per venire risucchiato da un manto bianco di risoluti sogni celesti.
POV Castiel.
Dean è tornato da Bobby, il suo tutore, insieme sono andati a cercare Sam che con stupore ha riaccolto tra le sue braccia il fratello morto quattro mesi fa. Stanno indagando sul suo ritorno, e mi stanno infastidendo molto. Non è ancora giunto il momento di far sapere la verità a Dean, ma a quanto pare non demordono. Mi stanno invocando, una donna mi chiama a gran voce cercando di creare un legame tra di noi, ma non voglio che mi veda, non voglio che mi scopra prima del mio protetto. Le consiglio di non farlo, di non cercare di vedermi, ma il suono della sua voce insistente mi manda scariche elettriche lungo il torace fino alle punte dei capelli. Poi l’ultima parola risuona nella mia testa e impercettibilmente schiocco le dita per infuocarle le cavità oculari, i suoi occhi vanno a fuoco e si inceneriscono subito dopo. La procedura viene fermata e lei si accascia a terra disperata, pronunciando il mio nome.
Vago per un po’ nei cieli tristi dell’Illinois, mi fermo in un parco deserto per distaccarmi dai pensieri dei miei fratelli e prendermi un po’ di tempo per respirare a fondo. Osservo questo posto, solo, in mezzo a file di palazzi alti e imponenti, lo commisero; il verde si sta trasformando pian piano in terra arida e spenta, l’altalena e le panchine arrugginite non vengono spostate da tempo e l’erba tutt’intorno alta e incolta lo circonda e lo nasconde agli occhi della gente. Mi sento un po’ come questo posto, presente eppure nascosto dall’erba alta, vivo eppure smorto e arrugginito. Lascio rilassare le braccia lungo il trench per posarsi sulla panchina fredda. Passo un dito sulla giacca che sento ancora morbida sulle spalle, mi fermo un attimo a lisciare la cravatta perdendo lo sguardo tra fili d’erba che intralciano la vista. Probabilmente Dean mi invocherà prima o poi e dovrò spiegargli tutto, in modo lento e pacato, scandendo bene ogni parola e donandogli fede e consapevolezza e dovrò adempire al mio compito conducendolo sulla giusta via. Sarò davvero in grado di farlo ? Di portare a termina la missione ? Di salvare tutti ? Anche il Paradiso ?
Qualche ora prima avevo trovato Dean disteso sul letto di un motel a rimuginare su tutto, i suoi pensieri sono diventati così chiassosi persino per me che ho cercato di farmi sentire, ma come previsto la televisione ha solo prodotto suoni sgradevoli e ha mostrato a Dean uno schermo grigio e frammentato. La stanza si è smossa e tutto è andato in frantumi come il vetro delle finestre.
Adesso una strana forza sta cercando di attirarmi a sé, sento che non è Dio, né un Arcangelo, è qualcosa di meno potente, come un incantesimo. Mi alzo lentamente dalla panchina, sento solo il fruscio del vento, ma intorno si è fermato tutto, persino il ticchettio dell’orologio che ho al polso, guardo un po’ in giro per cercare di scoprire la causa di questa mia sensazione. Ad un tratto mi sento risucchiato da una luce e persino le mie ali non possono niente contro il vortice che mi sta conducendo in un posto sconosciuto.
Mi trovo dinanzi ad un capannone, un vento gelido e violento soffia sul tetto della piccola struttura, appena sento la voce di Dean, so esattamente cosa fare. Cammino incontro la porta che si apre senza fatica sotto il potere del mio sguardo, la mia ombra segue i miei passi e tre lampade scintillano con violenza, provocando un rumore stridulo. Ogni passo rimbomba nella stanza, le pareti e il pavimento sono ricoperti di simboli che conosco bene. Quando Dean e Bobby intravedono la mia figura sotto le scintille delle lampade iniziano a spararmi contro, provocandomi un leggero fastidio dovuto agli strappi sul trench. Continuo a camminare incurante della loro stupidità, Dean si avvicina ad un tavolo pieno di armi e impugna un coltello. Mi avvicino a lui ignorando l’uomo strambo. Con voce rabbiosa mi chiede «Chi sei tu? » Io per tutta risposta affermo «Sono quello che ti ha afferrato e salvato dalla perdizione. » Mi guarda con rabbia e so già cos’ha in mente di fare. «Ah si? Ti ringrazio tanto! » Esclama, prima di infilzarmi il coltello nel cuore, a denti stretti. Sorrido leggermente, osservando fisso la sua reazione, guardo il pugnale e lo estraggo dalla mia pelle, buttandolo a terra. Tengo lo sguardo fisso su di lui, che adesso sta guardando Bobby come per dargli il via. Sento il peso di un’arma che si libra in aria, alzo il braccio e la blocco prima che mi trafigga, porto Bobby ad un palmo dal mio viso e con due dita sulla fronte lo tramortisco a terra.  Seguo il suo movimento e tendo la testa da un lato. «Dobbiamo parlare Dean. » Mi rivolgo di nuovo al ragazzo. Lui fissa il corpo di Bobby e poi me. «Da soli. » Esclamo, per rendere meglio l’idea. Passano alcuni minuti, poi Dean controlla che Bobby respiri, io inizio a curiosare tra i libri e le candele e tutte le cianfrusaglie poste sul tavolino, sfoglio due o tre pagine, poi vedo che Dean è ancora inginocchiato di fianco all’uomo «Il tuo amico è vivo. » Rivolge uno sguardo disgustato su di me e dice «Chi sei tu? » Sfoglio un’altra pagina. «Castiel. » Rispondo. «Si, questo l’avevo capito, ma che cosa sei ? » Mi chiede ancora una volta spazientito. Quando mi sento chiedere chi fossi in realtà, prendo fiato e in tutta calma rispondo freddo: «Sono un Angelo del Signore » Ci guardiamo a lungo, poi lui si rialza lentamente e con disprezzo pronuncia «Ma sta zitto. Chi credi di prendere in giro? » Mi sposto un po’ piu’ al centro della stanza, lo guardo e un piccolo sorriso mi spunta sul viso. «E’ questo il problema Dean, tu non hai fede. » Vado al nocciolo della questione e spero che con queste poche parole possa riuscire a ragionare. Ma sento ancora il suo sguardo interrogativo e indifferente puntato addosso, così continuando a guardarlo negli occhi, spiego le ali nere che si riflettono sulle assi di legno del capanno in seguito ad una pioggia di luce e scariche elettriche. Respiro a fondo e cerco qualcosa, qualunque cosa, stupore, incredulità, meraviglia, nel suo sguardo, quello che vedo è solo disprezzo. «Sei davvero un bell’angelo. Hai bruciato gli occhi di quella povera donna! »Mi accusa. Guardo in terra e sospiro. «Io l’avevo avvertita di non cercare di vedermi. E’ sconvolgente per voi comuni mortali, come udire la mia voce, ma tu questo già lo sai. » Faccio riferimento alle altre volte in cui ho cercato di farmi ascoltare da lui. «Alla stazione di servizio e al motel. Eri tu allora. La prossima volta non esagerare così. » Mi dice. «Lo so è stato un errore. Alcune persone molto speciali possono vedermi, pensavo che tu fossi  una di loro. Ma mi sbagliavo. » Pronuncio. «E quello sarebbe il tuo vero aspetto, quello di un esattore delle tasse ? » Parla del mio aspetto, del mio falso aspetto. «Ti riferisci a questo ? » Mi sistemo il trench e dico «E’ solo un contenitore. » Mi fissa stupito. «Ti sei impossessato di un povero disgraziato ? »  «E’ un uomo devoto, è stato lui ad offrirsi. » Cerco di spiegargli. «Smettila di raccontarmi stronzate. Chi sei realmente ? » Continua a negarmi, inarco le sopracciglia e penso che non ci sia niente da fare con questo misero umano. Muovo leggermente la testa verso destra ed esclamo «Te l’ho detto. » Mi risponde con voce roca e ancora piu’ disgustata. «E perché un Angelo mi avrebbe salvato dall’Inferno? » Mi avvicino a lui per spiegargli tutto, per cercare un po’ di fede nell’animo di questo ragazzo. «Accadono delle cose belle, Dean. » «Non nella mia esperienza. » Risponde con scetticismo. E’ come spento e senza speranza, come se ogni cosa accaduta nella sua vita avesse una velo nero di negatività che gli alleggia intorno. «Che cosa ti succede? » Poi una punta di consapevolezza si fa strada nel mio cuore. «Credi di non meritare di essere salvato. » Affermo, sussurrando. «Perché l’hai fatto ? » Mi chiede. So esattamente cosa rispondere, cosa devo dire in questo preciso istante. «Perché è Dio che me l’ha ordinato. Abbiamo del lavoro per te. » Sono le ultime parole che ci scambiamo, poi mi smaterializzo dalla sua vista e torno in Paradiso per comunicare il mio incontro con Dean a Dio.

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Capitolo 6
*** Meditazione. ***


Nella luce del silenzio tutti i problemi si dissolvono. Questa luce non nasce dall’antico movimento del pensiero. E non nasce neppure dalla conoscenza autorilevante. Non è accesa dal tempo o da un’azione della volontà. Sorge nella meditazione. La meditazione non è un affare privato, non è una ricerca personale del piacere; il piacere tende sempre a separare e dividere. Nella meditazione la linea divisoria tra te e me scompare; in essa la luce del silenzio distrugge la conoscenza del me. Il me può essere studiato all’infinito perché varia di giorno in giorno ma il suo raggio è sempre limitato, per quanto esteso sia ritenuto. Il silenzio è libertà, e la libertà viene con la finalità dell’ordine assoluto.
La mente meditativa è silenziosa. Non è il silenzio concepibile dal pensiero; non è il silenzio di una sera tranquilla; è il silenzio che sorge quando il pensiero – con tutte le sue immagini, le sue parole e le sue percezioni – è interamente cessato. Questa mente meditativa è la mente religiosa – la religione senza chiese, senza templi senza canti. La mente religiosa è l’esplosione dell’amore. E’ questo amore che non conosce separazione. Per lui il lontano è vicino. Non è l’uno o i molti, ma piuttosto quello stato d’amore in cui ogni divisione cessa.
J. Krishnamurti

La meditazione ha sempre contribuito a donarmi quel senso di calma che un tempo non mi apparteneva. La mia espressione rilassata e quasi severa del volto è il risultato di anni e anni di ponderazione e riflessione. Essere un Angelo del Signore è una questione delicata. Questa mia essenza è sempre stata un’opportunità per riflettere su ogni cosa, su ogni grande evento e particolare situazione. Interi secoli trascorsi a vagare tra i pensieri più remoti, più profondi, più insani dell’umanità e di me stesso. Ciò che sono lo devo al mondo, a ciò che è stato creato sul suolo dissestato di duemila anni fa, ciò che mani inesperte hanno realizzato e a cui hanno dato vita, mi perdo tra le antiche reminiscenze del vecchio mondo, quello povero, ma ricco dal punto di vista umano, dal punto di vista del cuore. Anime ascoltate dalla società, prese in considerazione dall’uomo divino e supremo, amate e venerate, e produttrici di beni volti alla cura dell’anima e della spirituralità, che una volta era il punto fermo di ogni cosa. Ora i vizi e le perversioni hanno occultato le anime dei vivi e percosso quelle dei morti, hanno occupato le sale lontane e oscure di un vecchio monolocale, sono penetrati nelle menti, portando ira in Paradiso e scompiglio tra i superiori. Siamo stati creati per riportare l’ordine in un luogo che ha smarrito la strada, che ospita mostri e creature del male, che rende un fiore avvelenato e un viso candido e roseo una mela marcia. Mi sento in dovere di pronunciare parole di difesa verso il mondo corrotto di oggi, che nasconde in profondità le radici di una base solida e caritatevole di chi contribuiva a costruire cose belle e pace. Siamo animali dalle ali piumate che liberati dalla loro gabbia di carne non sono altro che simili agli uomini, ma svuotati dalle loro frivole debolezze. Ho vissuto abbastanza a lungo da poter affermare che gli angeli sono individui corruttibili, e possono smarrirsi anch’essi sulla strada del piacere e del potere, o della semplicità e dell’umiltà, della piccolezza. Io sono una di quelle creature che si sente in dovere di rimanere aggrappata alle sue origini pur essendo quest’ultime corrose da un veleno potente e paralizzante, che vorrebbe urtare il sistema e compromettere le sue ali, ma le parole del suo Dio sono così importanti e capaci di dissuaderlo dal compiere tali pazzie, che la resa sembra la migliore possibile strada da intraprendere. Trascorro fin troppo tempo a meditare, su ogni cosa, persino sul prossimo passo da compiere, sulla prossima vittima da spegnere e sulla prossima parola da pronunciare. Ma la meditazione in sé è l’assoluto vuoto mentale che solo la profonda respirazione e conoscenza della verità può darmi, e in realtà ciò che faccio quando medito è pensare alla vita e la morte e la liberazione unite in un unico grande disegno celeste. E penso che quello che compio è più un’ autodistruzione che una meditazione vera e propria, che mi porta a rimanere nel mio punto fermo e nel mondo che non mi appartiene. 
So però che la vita come la morte è sorprendente, e può donarti pace e saggezza, può catapultare ogni propria verità in un universo un po’ migliore e rendere più semplice la sopravvivenza. Io sento che quest’ uomo sta facendo questo effetto su di me, e posso captare che al mio lato angelico ciò non piace, provare dei sentimenti, provare amore verso l’umanità, impulsi impellenti da soddisfare. Dio ha considerato la nostra infelice chiacchierata nel capannone come ‘un inizio’, un piccolo passo verso il compimento della sua missione, e andava bene. Ma perdere la via per il Paradiso è un atto impensabile e io ho il dovere di condurre Dean nella giusta direzione, e cioè fargli pronunciare quel dannato sì e far entrate Michele nel suo corpo. E’ un ardua impresa, conosco quel ragazzo da così poco, ma posso percepire da lontano quella sua aura negativa che non lascia trapelare nessuna devozione o fede in Dio. Eppure non posso biasimarlo, conosco quella sensazione. La perdita di fiducia nel Dio che sarebbe dovuto essere presente e saggio nella scelta delle sue anime da mietere. 
Il Paradiso è in subbuglio, sono tutti terrorizzati da quel demone, Lilith, hanno il timore che in qualche modo le barriere angeliche del Paradiso non possano reggere a tutta quella potenza e possano spezzarsi facilmente per permettere l’entrata dell’oscurità. Non riesco ad immaginare un luogo così ‘puro’ e coperto di luce bianca sporcato dalla macchia nera dell’Inferno. Eppure se questi timori esistono, vuol dire che un’imminente invasione è possibile e che dobbiamo stare in guardia. Intanto la famiglia unita che eravamo una volta inizia a disgregarsi, dei piccoli gruppi di angeli iniziano a lavorare e combattere per conto proprio, alcuni possono essere definiti Angeli Caduti, perché traditori dell’unico Dio che non sono stati più in grado di seguire. Sembra come se piccoli frammenti di cielo si stiano distaccando dalla Terra Madre, ogni giorno più grandi, ogni giorno più motivati, ogni giorno più decisi, interi schieramenti di Angeli portano avanti le loro guerre personali, tanto da scontrarsi essi stessi tra di loro. Io mi limito ad osservare tutto da lontano, ad origliare piccole conversazioni dei nostri Superiori, tra cui l’ansia accresce copiosa. Sono stato chiamato a far parte di due o forse tre fazioni, ma mi sono sentito in dovere verso Dean, verso la sua causa, e ho messo da parte la mia, per aiutarlo ad intraprendere il giusto cammino. In realtà io stesso non comprendo la vera natura di ciò che accade ora in Paradiso, i miei fratelli stanno mettendo in atto veri e propri bagni di sangue, crude carneficine e stermini di massa. Sono sconvolto dalla loro audacia e fermezza nel compiere certi atti, mi stupisco di come un fratello ne possa uccidere un altro, ma con l’andare del tempo l’abitudine mi fa semplicemente voltare lo sguardo verso un altro caso, il più importante.  
Oggi Dean, Sam e Bobby sono alle prese con i fantasmi del passato, quelle anime che non sono riusciti a difendere, quei corpi posseduti o massacrati dai demoni che tornano a riaprire le loro ferite e marcare il loro senso di colpa. Bobby viene perseguitato da due bambine, Sam da un agente che è esploso nella sua centrale e che Lilith ha ucciso e Dean da Meg, una ragazza posseduta da un demone che descrive di aver vissuto tutto ciò che faceva la creatura quando era nel suo corpo. Sto osservando la situazione evolversi, sembrano cavarsela bene, per cui non intervengo. Quando scorgo Il Marchio del Testimone marchiato a fuoco sulla mano di Meg, il terrore mi invade e non ho altro posto in cui andare se non in Paradiso. Mi dirigo velocemente da Zaccaria, informandolo dell’accaduto. Ho già visto quel simbolo in passato, e ogni cosa gli riguardasse conduceva a Lucifero, in realtà è esattamente uno dei 66 sigilli da spezzare, un passo in più verso l‘Apocalisse. Lilith a quanto pare sta portando avanti la sua missione e anche piuttosto bene, è già in viaggio verso i prossimi Sigilli e ogni creatura della terra sembra così impotente dinanzi la sua forza. Persino noi Angeli temiamo la sua persona, sarà per questo che ha impossessato il semplice corpo di una bambina di 8 anni. Vuole forse dimostrarci quanta potenza può nascondersi in un corpo così piccolo. 
In realtà io non la temo, temo Lucifero, il Diavolo, temo la sua venuta, ciò che può derivarne, la disgregazione della Terra e del disegno celeste che Dio ha in progetto per ogni individuo umano e angelico. La sua ascesa potrebbe davvero rendere tutto un inferno e nemmeno il Paradiso sarà più un posto sicuro.
A quanto pare il rituale che Bobby ha recitato dinanzi agli spiriti marchiati ha funzionato. Sono scomparsi e con loro ogni urla e pianto e senso di colpa. Ho ascoltato attentamente ogni parola che Meg ha pronunciato a Dean e non ho potuto ignorare la reazione de ragazzo. I suoi occhi erano asciutti e il viso contratto, ma dentro, intorno al suo cuore stretto e fasciato da catene di fuoco, si aggirava un dolore acuto, estremo, distruttore. Riuscivo a sentire ogni cosa lo riguardasse, ogni sua sensazione ed emozione, e ogni sofferenza, è stato straziante sentire i suoi pensieri, il modo in cui si malediceva e si odiava per non averla salvata. Si sente così in dovere di proteggere qualunque essere umano che ormai ha dimenticato di dover proteggere se stesso e stava quasi per morire, con quella donna. Lei era così vicina pronta a strappargli il cuore dal petto e lui così preso a commiserarsi nelle profondità della sua anima. Mi sono sentito quasi male per la sua strana colpevolezza, non un dolore astratto, un dolore fisico, alle tempie, come un'emicrania. Ho sentito un senso di impotenza e tristezza di fronte la pelle pallida e morta del fantasma. Eppure lui ha stretto la sua arma e l'ha colpita, l'ha sconfitto. Il suo senso di colpa, la sua autodistruzione interiore. 
Conosco ormai a memoria il vero dolore di Dean, ciò che è come un grave peso da trascinare con sè. La morte di sua madre. Aveva solo quattro anni quando ha visto bruciare la casa con dentro l'unica donna che avesse mai amato e nonostante la mia abominevole natura da apatico cronico, posso constatare la grave sofferenza che deve aver subito. Per Sam le cose sono diverse, non metto in dubbio la sua evidente perdita, ma non ha avuto l'opportunità di conoscere sua madre e ciò che era davvero e non ha subito lo stesso trauma di suo fratello. 
Il suo dolore mal celato sul fondo della sua anima mi coglieva spesso di sprovvista, mentre dormiva o beveva della birra o guidava la sua Impala, si riaccendeva come una fiammella ardente e incustodita bruciava ogni cosa intorno ad essa. Ormai la mia missione di salvataggio mi stava rendendo più umano del previsto e legava la mia essenza alla sua. Dean continuava ad allontanarsi, a rinnegarmi, a non credere. I miei mezzi scarseggiavano e mi sembrava di combattere contro un muro solido di odio e razionalità, e scetticismo. Con questo ragazzo cocciuto e determinato, che aveva attraversato le fiamme dell'Inferno senza cadere nella tentazione di arrendersi e proclamarsi sconfitto. Aveva trascorso giorni di morte e di vita e di mostruosità e il suo modo di continuare a tenere duro e combattere, quasi con spavalderia, mi affascinava e tendeva ad avvicinarmi sempre di più agli umani, per studiarli e analizzarli più da vicino. Le creature più semplici e perfette dell'universo, prive di gabbie di carne e di ali, ma con pesi non meno gravi sulle spalle. Governate da un Dio, ma da un Dio mote volte inesistente e privo di essenza, un Dio che non sono costretti ad amare, e venerare come un Padre Divino. 
La situazione non tende a migliorare in Paradiso, tantomeno qui sulla Terra. Tentiamo di combattere i Demoni e di placare gli animi degli Angeli più ribelli, gli angeli che portano avanti e loro guerre. Sono giorni duri, e il Paradiso è afflitto da gravi perdite. La grande pietra monumentale su cui sono scritti i nomi degli angeli morti ha aggiunto sei fratelli alla lista e non ho potuto far a meno che pregare per le loro anime, che possano trovarsi in un posto migliore di questo. I Demoni sembrano più audaci del solito, nonostante la grandezza della nostra natura ci sfidano e spesso ci abbattono, come hanno fatto con i sei angeli morti durante un normale giro di routine di perlustrazione in Canada. Assalgono in branco, in gruppo. Noi mandiamo pochi Angeli a perlustrare il territorio a caccia di Lilith, così per mantenere un basso profilo ed evitare grandi spargimenti di sangue. Inoltre i nostri schieramenti scarseggiano, a causa del distaccamento di una grande quantità di Angeli. Molti preferiscono essere Angeli Caduti, che Angeli di Dio, preferiscono la vita umana, come Mikael, uno dei miei fratelli, il più coraggioso, colui che tentò di strapparsi le ali per liberarsi dalla prigione celeste del Paradiso e di Dio, e per questo fu punito con la morte. Ma oggi, nella nuova prospettiva, sono troppe numerose le fazioni per attuare una strage di massa e punire ogni angelo. Continuano ad attuare faide e battaglie che spesso persino gli Arcangeli non riescono a vincere. Il mio lato angelico mi dice di combattere al fianco di Dio, dei miei superiori, il lato umano mi porta da Dean, e alle volte mi trovo a lottare per amor del Signore contro i miei fratelli, i Caduti, altre volte scendo sulla Terra per far chiarezza nella mente di quel ragazzo. 
Sono nella cucina di Bobby e sto fissando ciò che qui chiamano 'Frigorifero', dicono che contiene il paradiso del cibo freddo, ma vorrei correggerli dicendo che è meglio non conoscere il paradiso di qualcosa. E' leggermente rischiarato dalla luce della luna, che alta nel cielo illumina le pupille dell'uomo che mi contiene, in modo da riflettere la mia anima al mondo. Dovrò fare un discorso a Dean, uno di quei discorsi sulla vita e sull'Apocalisse imminente, sulla giusta strada da intraprendere e sulla rottura dei sigilli e l'eventuale distruzione della terra. Rifletto sulle parole adatte per qualche secondo, dovrei essere saggio e gentile nella scelta del grande discorso rivelatore che riverserò nella mente di quel ragazzo. Il mio tocco non è sensibile, ma per cercare di rendere tutto meno spaventoso, provo a svegliarlo cautamente, raffigurandomi nei suoi sogni. 
E' in piedi di fronte a me e mi sta scrutando con stupore e una punta di disapprovazione. Ho sistemato le mani su lavello, appoggiandomi ad esso per sorreggermi da Dean, dal suo sguardo, per mostrarmi sicuro di me e felicemente senza preoccupazioni. «Avete fatto un ottimo lavoro con i Testimoni» Esclamo, rompendo il silenzio e la strana calma formatasi tra di noi. «Quindi sapevi tutto» Il suo visto si contrae per un secondo e poi torna a riempirsi di odio. «Si, mi avevano messo al corrente. » Pronuncio disinteressato e quasi annoiato da quel suo tono grave nella voce. «Beh, grazie tante per l'angelica assistenza. Mi hanno quasi strappato il cuore dal petto.» Ha urlato piano, come a rinfacciarmi il fatto di non essere stato presente. «Ma non è successo» Rispondo in modo calmo e pacato. «Io credevo che gli angeli fossero dei guardiani, ali soffici, aureole, tipo Autostop per il cielo. Non degli stronzi.» Tendo la bocca in un mezzo sorriso, le mie labbra livide cercano di obbedirmi e il mio viso si contrae. Gli umani, così perfetti eppure così tanto stupidi. Dean è il tipico arrogante cacciatore, che potrebbe ragionare meglio di così. «Leggi la Bibbia, gli Angeli sono Guerrieri di Dio. Io sono un Soldato.» Per la prima volta dopo tanto tempo, riesco a pronunciare il mio reale essere senza indugio e senza incertezza. Perchè il mio ruolo è divino ed ha un valore che si è perso, ma che rimane sempre immutabile e irremovibilmente sacro. «E perchè non hai combattuto?» Mi chiede con aria di sfida. «Perchè non sono qui per stare appollaiato sulla tua spalla.C'erano problemi più gravi.» Rispondo alla sua accusa di mancata presenza 'angelica'. Tralasciando la costante e rilevante prova che i Winchester riescono ad uscire vittoriosi da ogni battaglia soprannaturale, non mi ritengo l'Angelo Custode di Dean, l'Angelo che ha il dovere di seguirlo e preservarlo da ogni male. «Più gravi ? C'erano persone fatte a pezzi, quaggiù. E a proposito, mentre succedeva tutto questo, dov'era il tuo Capo? Ah ? Se esiste un Dio.» Continuo a guardarlo imprecare contro Nostro Padre, sottolineando il suo scetticismo riguardo la sua esistenza e non posso fare a meno di pensare che c'è un fondo di verità nella sue parole. Ma mi limito a prestare il servizio che devo e a combattere per il mio Signore. «C'è un Dio.» «Non ne sono convinto» Sputa con rabbia sopra le mie parole. «Perchè se esiste davvero, non capisco che sta aspettando, un genocidio? Mostri che invadono la terra ? Oppure che so, l'Apocalisse ? A che punto muoverà un maledettissimo dito e aiuterà noi poveri bastardi ?» Pronuncia invaso dall'ira. «Il Signore agisce..» Non mi da modo di terminare la mia frase. «Se dici per vie misteriose giuro che ti prendo a calci in culo» Quasi ogni mia speranza riposta in questo grande discorso sta svanendo, mi sento irrimediabilmente stanco e disgustato dalle sue parole, dal modo con cui le pronuncia, dal tono che usa nei miei confronti. Nei confronti dell'uomo che lo ha salvato dalla perdizione, dalla condanna a giorni di fuoco e massacro. Alzo le mani in segno di resa, in segno di totale perdita di fiducia. Sospira piano e cerca di riprendere il controllo di se stesso, di riprendersi lui stesso dalle sue parole. Lo guardo lentamente e trovo solo questa situazione esilarante. Una creatura così potente messa a tacere da un semplice uomo. «Quindi Bobby aveva ragione. A proposito dei Testimoni, è stato una specie di segno dell'Apocalisse ? » «Siamo qui perchè ci sono cose grosse in ballo» In questo momento sento di poter ragionare con Dean e spiegargli la situazione. «Cose che vorrei sapere ? » Mi dice. «Non so se sia utile. Comunque te le dirò.» E' la cosa giusta da fare, dico a me stesso. «L'ascesa dei Testimoni è uno dei famosi 66 sigilli.» Esclamo a gran voce. «E non credo che sia uno spettacolo del Sea World» Ironizza, Dean. Io continuo con il mio racconto. «C'è qualcuno che li sta spezzando. Parlo di Lilith.» Mi guarda colpito da una dura consapevolezza.  «Quindi i Testimoni li ha fatti ritornare lei?» Annuisco. «E non solo qui, altri venti cacciatori sono morti.» Fissa le assi di legno, poi parla. «Ha scelto vittime che i Cacciatori non potevano salvare per scatenarle direttamente contro di noi» Risponde. «Ha un discreto senso dell'umorismo» Dico. «Comunque abbiamo ridato pace a quegli spiriti» Dice, cercando di dare un senso a ciò che hanno fatto quest'oggi. «Non importa, il sigillo è spezzato.» «Si ma perchè spezzarlo?» «I Sigilli sono come serrature di una porta » Esclamo. «Okay, una volta aperta l'ultima? » Mi chiede, tranquillo. «Lucifero verrà liberato» Spavento, o forse altro scetticismo attraversano il viso di Dean. «Lucifero ? Ero convinto che fosse solo una storia che raccontano al Catechismo per Demoni. Non esiste dai. » Cerca di auto convincersi di una cosa che non è sotto il suo controllo, così io con un piccolo sorriso beffardo in volto, dico  «Tre giorni fa credevi non esistesse uno come me, perchè pensi che siamo qui in mezzo a voi per la prima volta in duemila anni ?» C'erano state altre comparse nel corso della storia, io ero già sceso sulla Terra, ma si è sempre trattato di brevi attimi che nel Paradiso sono come millesimi di secondo, ma sulla Terra si contano come giorni. Queste sono le nostre prime apparizioni terresti, ed hanno un semplice e preciso scopo. «Per fermare Lucifero» Dean mi precede e la sua voce è quasi un sospiro. Annuisco «E' per questo che siamo venuti.» «Beh, un lavoro eccellente finora» Mi colpisce con le sue parole affilate. «Un lavoro favoloso con i Testimoni, davvero.» Tenta di accusarci di nuovo con le sue amare battute sottili.  «Ci abbiamo provato. Ci sono altre battaglie. Altri sigilli. Alcune le vinceremo, altre le perderemo. Questa l'abbiamo persa.» Fa un verso di disapprovazione, come uno sbuffo di superiorità. Questo mi innervosisce e mi altera. Mi avvicino e gli parlo con freddezza, blu contro verde. «Le nostre schiere non sono illimitate, sei dei miei fratelli sono morti sul campo, questa settimana, pensi che le schiere del Paradiso dovrebbero soltanto seguire te? C'è molto di più in gioco. Dovresti portarmi un pò di rispetto, ti ho trascinato fuori dall'Inferno, ti ci posso anche rispedire» Scandisco bene ogni parola, ogni singola lettera, così che possa assimilare la realtà delle cose, e la crudeltà della situazione, e capire magari chi ha davvero il potere tra i due. Si limita a guardarmi, io non rimango un altro secondo in più, semplicemente sparisco avvolto da una totale nebbia di rabbia che mi offusca la vista.

AUTRICE:
Chiedo venia per l’enorme ritardo, mi scuso con tutti i miei lettori, ma è iniziata la scuola, ebbene si purtroppo ho molto meno tempo da dedicare alla scrittura, ma questo non mi ha fermata ed ecco qui il sesto capitolo! E’ abbastanza breve, ma ricco di continui tormenti e pensieri di Castiel, il nostro Angelo del Signore. Spero che la storia vi continui a piacere, che il vostro interesse non sia calato e che mi scriviate qualche recensione, sempre ben accette! :) 
P.S. AVVISO IMPORTANTE: Tutti discorsi diretti scritti fino ad ora sono presi direttamente dalla Serie Tv e non sono mie produzioni, ci tengo a precisare :) Beh a presto e ditemi cosa ne pensate! :)

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