Family Come Always First.

di Winchester_Flame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue | Come tutto ebbe inizio- ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 | Ho bisogno del tuo Aiuto ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 | Abbiamo cambiato il destino? ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 | Il mio Dean ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 | Risposte Temute ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 | Paure, Ansie e Relax ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 | Istantanee ed Assurde Verità ***



Capitolo 1
*** Prologue | Come tutto ebbe inizio- ***


Family Come Always First
Prologue | Come tutto ebbe inizio.
 
 
Dean Winchester cercò disperatamente di trascinarsi sul quel maledetto pavimento di cemento per raggiungere il fratello. Non che importasse molto: Sam era già morto.
Da una decina di minuti il suo respiro si era spezzato ed era passato a miglior vita. E Dean era sulla buona strada per unirsi a lui. Ma nonostante tutto, continuava a ripetersi che se proprio doveva morire così, doveva almeno rivedere il fratello per l’ultima volta.
Era davvero chiedere troppo? Probabilmente sì, dato che non sembrava esserci modo di raggiungerlo. La sua schiena era stata letteralmente spezzata, quando uno dei demoni lo aveva gettato su quel sudicio muro e, di conseguenza, non poteva muovere le gambe. Per non parlare di come quel bastardo gli aveva rotto il braccio sinistro in modo irreparabile, facendolo ruotare su se stesso. Eppure, Dean continuava strenuamente ad usare il braccio destro per trascinarsi, centimetro dopo centimetro, più vicino a Sam.

Il cacciatore, già gravemente ferito, dovette arrestarsi quando sentì un terribile dolore al petto. Emise un gemito basso, che si trasformò ben presto in un accesso di tosse. Quando finalmente riebbe il controllo sul suo respiro, si accorse che vi era una grande quantità di sangue, sia sulla sua mano sia sul pavimento sottostante.
Sputò schifato quel terribile liquido dal sapore metallico che gli riempiva la bocca, e cercò nuovamente di strisciare in avanti, non curandosi di sporcarsi con il sangue appena versato. Ecco, mancavano solo un paio di metri. Stava per raggiungere Sammy; chissà, forse poteva davvero farcela.

Ma improvvisamente un paio di scarpe nere dall’aria lucida e ben curata, apparvero di fronte a lui. Dean alzò lo sguardo per vedere un uomo calvo, all’incirca sui quarant’anni, che lo osservava dall’alto. Gli occhi erano neri come la pece.

«Dove credi di andare?»

«Disneyland» ansimò Dean «Perché.. non sai q.. quando ho.. bisogno di una vacanza»
«Vuoi davvero che siano queste le tue ultime parole?»

«V-vi farò sapere.. Se mi.. Viene in m..mente altro». Ogni sillaba sussurrata era un tormento; ogni parola, un dolore atroce. E anche pronunciando quelle due semplice frasi, Dean si sentì peggio: un rivolo di sangue cominciò ad uscire dalla sua bocca, la vista si annebbiò appena.

Il demone sorrise, arrogante come solo la sua razza poteva essere. «Non credo di avere il tempo di aspettare i tuoi comodi»

Un respiro smorzato, e Dean si preparò per ciò che chiaramente stava per avvenire: stava per concludersi tutto. Quella era la Fine. Stava finalmente per riunirsi a tutti gli altri.
Sua madre. Suo padre. Ellen e Jo. Bobby. Garth. Benny. Sammy. Erano tutti morti troppo presto, tutti morti prima di lui. Lo avevano schifosamente lasciato solo. Ma ora stava per tornare da loro.
E ben presto il mondo intero lo avrebbe seguito. Perché avevano fallito.
Lui aveva fallito.

Proprio in quel momento, una luce incandescente sembrò riversarsi dal demone, che si accasciò a terra dopo una manciata di secondi. Dean sbatté le palpebre e guardò Castiel che stava dietro il cadavere.
«Era ora che arrivassi» mormorò il cacciatore.

«Dean»

«Cas» borbottò in risposta, e si concesse il lusso di chiudere per un attimo gli occhi, mentre dentro di sé si accendeva quella piccola speranza che era sempre accompagnata da un nome: Castiel.

«Mi dispiace. Per questo. Per tutto»

«Risolvi il problema allora» Il suo voleva essere un ordine, preciso e giusto un po’ ironico, ma la sua voce si incrinò rendendo il suono più simile a un gemito.
«Non posso. Almeno non nel modo che intendi tu» fu la risposta calma dell’angelo.

«Che..»
Castiel si inginocchiò accanto a Dean. «Non posso guarirti. Né posso riportare indietro Sam»

«Dovevi essere qui. Con noi.»

«Non sarebbe cambiato nulla. Forse saresti sopravvissuto oggi, ma avresti perso in poco tempo. Non possiamo vincere questa guerra Dean»

«Bella merda, Cas. Un buon modo per rimanere positivo»

«E’ la verità, Dean» disse, accompagnando la frase ad un lieve sospiro.

«E allora? Ti sei arreso?» Non voleva spendere i suoi ultimi respiri per litigare con l'angelo; ma era così furioso con il suo cosiddetto ‘amico’ che li aveva abbandonati lì, e che ora sembrava volersi arrendere..

«No. Ma ho trovato un altro modo per vincere. L'unico modo per fermare tutto questo, è quello di rimediare ai nostri errori fin dall'inizio»

«Inizio? Io non..» Il corpo di Dean fu sconquassato da un altro attacco di tosse. Quando riprese fiato, il cacciatore capì che gli restava poco tempo: stava inesorabilmente morendo.
«Non capisco..cosa significa. C-che inizio?»

«Il momento in cui tutto questo è stato messo in moto. La notte del 2 novembre 1983. La notte in cui tua madre è morta e Sam è stato infettato con il sangue di Azazel» Perché doveva parlare così lentamente? Dannato angelo.
«Avevi detto.. non poteva essere fermato. Per il destino.. e tutto quello schifo»
«Avevo torto, un modo esiste. Ma devi acconsentire ad alcune limitazioni perchè senza il tuo permesso non posso agire»

«Limitazioni?» Quanto avrebbe voluto che Cas arrivasse subito al punto. Almeno prima che dovessero continuare quella conversazione nell'aldilà. Sentiva che ormai era questione di pochi minuti: il dolore stava peggiorando, e lui si stava indebolendo rapidamente.

«Posso riportarti indietro, ma dovrai necessariamente vivere Iì. Dovrai di nuovo crescere. Ed è necessario che tu continui a cacciare: coloro che sono stati salvati, devono essere nuovamente salvati. Alcune cose verranno cambiate, altre dovranno restare invariate»

Dean stava davvero cercando di capire cosa intendesse Cas, ma la perdita di sangue stava rendendo difficile anche quel banale compito. Inoltre, l'angelo era un po’ troppo criptico per i suoi gusti.
«Sammy.. e i miei genitori vivranno?» chiese, per sicurezza.

«Dipende da ciò che farai. Ma sì, avrai la possibilità di risparmiare a tutti loro gli eventi che Azazel ha messo in moto. Ma non avrai la possibilità di tornare ad essere come allora»

«Non capisco..» sbottò, ormai stufo di quelle frasi complicate e troppo filosofiche. Con un gemito si lasciò andare, adagiando il capo e la testa al pavimento, sentendo un immediato sollievo e stordimento assieme.

«Non potrai fuggire da te stesso Dean. Porterai per sempre con te i ricordi, anche se si modificano gli eventi che li hanno provocati» Cas guardò tristemente l’amico morente prima di aggiungere:
«Non sei obbligato ad accettare, ovviamente. E se lo desideri porrò subito fine alle tue sofferenze. Potrai finalmente conoscere la Pace che ti spetta»

Dean era consapevole che qualcosa gli stava sfuggendo di mano: non riusciva a comprendere appieno ciò che l'angelo stava cercando di dirgli. Ma aveva capito quel che bastava. Le cose non sarebbero state tutte ‘rose e fiori’ se avesse accettato quello strano accordo. Ma se aveva davvero la possibilità di salvare i suoi genitori e il suo fratellino, non gli importava di sacrificare il suo destino. Infondo aveva sempre messo prima la famiglia.
E avrebbe continuato a farlo.

«Lo faccio, Cas» ansimò il giovane.
«Dean..»
«Amico, ho detto di sì» ringiò Dean in risposta.

Cas annuì ed allungò la mano che posò delicatamente sulla testa dell'uomo ferito.
Il dolore sparì immediatamente.
Così come il resto del mondo.



∞∞∞



Gli occhi di Dean si aprirono di scatto e non poté impedirsi di emettere un basso rantolo. La camera in cui si trovava era illuminata da una tiepida luce azzurrognola, e sembrava vagamente familiare. Era disteso in un comodo letto sotto delle calde e soffici coperte. Con stupore si accorse che poteva nuovamente muovere le gambe, così come notò che nessun’altra parte di sé era in agonia; perfino respirare era diventato facile!
Ancora incredulo -e soprattutto confuso- Dean alzò in alto il braccio sinistro, per controllare se il danno era guarito ma.. ‘Che cazzo..!’ pensò, rendendosi conto che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato.

Il suo braccio non era più rotto e frantumato, la pelle non era lacerata. In più, tutte le dita erano ancora una volta attaccate. Ma quello non era comunque il suo braccio. Non poteva esserlo date le dimensioni tanto piccole da ricordare quelle di un bambino. Arrotolò velocemente la manica di flanella del pigiama e pizzicò la pelle.
Ouch. Sì, quello era sicuramente il suo braccio.
‘Ma che diavolo?’ Prese freneticamente a calci le coperte, e vide che tutto il suo corpo era troppo piccolo per essere suo. Si passò le dita tra i capelli, sentendoli più lunghi del solito, e poi le spostò più in basso, verso il suo piccolo viso. Oh sì, c'era qualcosa di profondamente sbagliato.

Scattò come un fulmine fuori dal letto, e si guardò attorno.
Nella stanza c’era un armadio, una scrivania con sedia -dalle dimensioni di un bambino-, una libreria, una scatola di giocattoli, e il letto in cui stava fino a poco prima. Il pavimento era ingombro di giocattoli, e in un angolo troneggiava un grande puzzle parzialmente completato. Dean fissò sconvolto l’arredamento e capì dove si trovava.
La sua camera da letto.
La sua vecchia camera da letto, quella a Lawrence, in Kansas.
Abbassò nuovamente lo sguardo sul suo corpo. Era un bambino. Era un bambino, in una stanza da bambini.
‘Ma quindi Cas intendeva..’ pensò, sbalordito e un poco indignato.

«Credo che ti sia dimenticato di dirmi un piccolo dettaglio, Cas» mormorò con una voce molto più giovane e infantile di quella che avrebbe dovuto essere.
«Come diavolo farò a fermare la merda che sta incombendo su di noi, se sono un fottuto bambino di quattro anni!»

Sentiva la paura, la rabbia, l'ansia, e circa un milione di altre emozioni che zampillavano dentro di lui, tutte assieme. Le lacrime bruciavano dietro i suoi occhi. Frustrato, le asciugò via.
Perché diavolo stava piangendo ora?

Accidenti, quella era la peggior situazione in cui si fosse mai ritrovato. E il suo impellente bisogno di piangere non faceva che farlo sentire peggio. Certo, ora era un semplice bambino di pochi anni, con le emozioni ancora sottosopra. Ma aveva tutti i suoi ricordi da adulti, quindi non avrebbe dovuto reagire in quel modo!
E non doveva perché non poteva permetterselo. Doveva pensare ad una sorta di piano per fermare i prossimi -catastrofici- eventi. A quel proposito, Dean si avvicinò alla parete, per guardare il calendario che faceva bella mostra di sè. Doveva sapere quanto tempo gli rimaneva per prepararsi; sperava fosse almeno una settimana o giù di lì.
Più tempo avesse avuto, meglio sarebbe meglio. Non sarebbe stato facile raccattare il materiale con cui uccidere Azazel, data la sua piccola età.

Il ragazzo allungò la mano verso l'interruttore della luce, e la accese socchiudendo gli occhi non appena una luce brillante illuminò la sua camera da letto.
E così vide che il calendario –con una terrificante immagine di un orso sorridente– era già rivolto al mese di Novembre. Novembre 1983.
E secondo gli adesivi che eliminavano i giorni passati, il 2 Novembre era già passato.

Gli occhi di Dean si spalancarono, e non poté far altro che scuotere la testa, terrorizzato e, ancora una volta, sconvolto. Non aveva né giorni né settimane per prepararsi. Anzi, gli restavano solo pochi minuti, al massimo poche ore, prima che la tragedia si abbattesse nuovamente sulla sua famiglia.

 


 
I don’t own anything of this story: the characters are not mine.
 
 

Nota dell'Autrice:
Saaalve ragazzi!
Non sono molto brava con le parole, quindi perdonatemi se non scrivo infinite righe in cui vi chiedo come state, o dove vi avviso che sono nuova e non sono per niente brava a scrivere ed esprimermi [quest’ultime cose -tra l’altro- sono vere Lol]
Quindi, mi limito a dire che spero che la mia idea per questa storia vi piaccia. Gran parte della ‘trama’ la ho ben presente in mente, ma accetto qualsiasi consiglio vogliate darmi c:
Ci tengo anche a dire che SO PERFETTAMENTE che come Prologo non è chiarissimo: e se avete mille domande che vi frullano in testa… Allora sono riuscita nel mio intendo! Ahaha
Comunque, ho già pronto il secondo capitolo che pubblicherò sabato o domenica prossima.. Ma dato che sono una ragazza molto indecisa, non credo pubblicherò il continuo se non sono certa che -almeno a qualcuno- la storia possa interessare.
Quindi se avete un attimo lasciate una piccola recensione, anche critica, per dirmi cosa ne pensate!
A presto, Winchester_Flame.

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Capitolo 2
*** Chapter 1 | Ho bisogno del tuo Aiuto ***


Family Come Always First
Chapter 1 | Ho bisogno del tuo Aiuto.
 


Dean combatté contro il panico che minacciava di tramortirlo. Il suo cuore stava cercando di battere a ritmo regolare mentre osservava freneticamente la stanza attorno a lui, nella speranza di notare qualcosa che potesse usare per fermare quel maledetto Occhigialli. 
E -stranamente- le sue preghiere furono esaudite. Lì, sotto il letto da cui si era appena svegliato, c'era un vecchio borsone dall'aria familiare.

Si inginocchiò e posò le mani sul freddo pavimento di legno per afferrarla. E così ne ebbe la conferma: era il borsone che aveva usato per buona parte della sua vita. Ma non aveva senso, quella borsa non poteva esistere nel 1983.
Certo lui non era quello che si poteva definire "esperto di viaggi temporali".

Il ragazzo aprì la borsa per guardare ciò che conteneva, ed un sorriso gli illuminò il volto mentre tirava fuori le armi.

«Ah, fantastico Cas! Amico, ovunque tu sia, sappi che ritiro ogni cosa brutta detta su di te» mormorò per poi pensare a ciò che aveva detto. Alzò vagamente le spalle: «Beh, almeno la maggior parte».

Tornò quindi a guardare nel borsone, e prese il coltello ammazza-demoni, che posò sul pavimento assieme ad altre armi. Successivamente estrasse il diario di suo padre -che posò a sua volta con cura- per poi continuare quel strano sopralluogo: trovò altre tre pistole, recipienti pieni di sale, ferro, argento e munizioni varie, ed una bottiglia di acqua santa. Sembrava che Cas avesse finalmente imparato il mestiere. Infine, vide nella parte inferiore della sacca una grossa busta sigillata.
Le piccole mani di Dean presero con curiosità l'oggetto e, strappata la parte superiore, la aprì. Al suo interno trovò un semplice foglio di carta ripiegato dove vi erano poche parole, scritte in perfetta calligrafia:

Dean,
Non so quando riuscirò a raggiungerti. Non ho mai fatto nulla di simile prima, ma credo che queste armi vi saranno d'aiuto. Il vostro compito non sarà facile, ma sono certo avrai successo: non hai mai abbandonato la famiglia nel momento del bisogno. 

Ho aggiunto alcuni dei vostri effetti personali, nel caso li volessi con te per ricordo. 
Buona fortuna Dean.

—Castiel


Dean lesse la lettera e, curioso come poche volte, svuotò con un gesto veloce la busta: non capiva cosa potessero essere quegli 'effetti personali' di cui parlava l'angelo. 
Alcune foto caddero sulle sue gambe, seguite poi da un piccolo oggetto che, rimbalzando, finì con un leggero tonfo sul pavimento.
Il ragazzo lo fissò per un attimo prima di raccoglierlo: non lo vedeva da tempo immemore. Ma gli era sempre stato caro, sebbene anni prima l’avesse lasciato cadere nel bidone dell'ennesimo motel.

Fece un nodo per accorciarlo un po', poi se lo infilò posandoselo nuovamente sul petto, come era stato per tanti anni. Non aveva idea di come Cas l'avesse trovata, ma era contento di riavere la collana di Sammy. E in quel momento si ripromise di non perderla ne gettarla ancora. 
Il giovane cacciatore si concesse ancora qualche attimo per risistemare le armi nella borsa, poi afferrò saldamente la Colt, e si alzò, risoluto.
Da un momento all'altro sarebbe arrivato Azazel, e Dean doveva assicurarsi che quel bastardo di occhi-gialli non rovinasse nuovamente la sua famiglia. Quel figlio di puttana non doveva nemmeno avvicinarsi al piccolo Sammy. E Mary Winchester non doveva assolutamente morire. 

Ma Dean aveva bisogno di aiuto. Un bambino di quattro anni non poteva sparare: molto probabilmente il suo fragile braccio si sarebbe rotto per il contraccolpo. E come se non bastasse, il suo piccolo corpo non aveva la forza di affondare il coltello ammazza-demoni in Azazel. ‘Ah giusto, non dimentichiamoci del problema di avvicinarsi a quel mostro’ pensò.
Con la mente in subbuglio lasciò la sua camera e si avviò lungo il corridoio. Esitò quando raggiunse la stanza dei suoi genitori: che diavolo avrebbe povuto dire?
Dai racconti di John, sapeva che lo stesso era al piano inferiore, addormentato sulla poltrona davanti alla tv mentre la madre si trovava a letto. Dean non prese nemmeno in considerazione l'idea di andare dal padre: non sapeva ancora nulla del soprannaturale e non poteva contare su di lui in quell’occasione. Ma Mary era stata un cacciatrice, e aveva incontrato Azazel dieci anni prima.
E per quanto Dean volesse tenerla fuori da quella lotta, avrebbe potuto essere di grande aiuto. Almeno, quella era la speranza di Dean.

Il ragazzo entrò nella stanza e si portò velocemente sul lato della madre. La fissò per un attimo: l'aveva vista una volta sola dopo la sua morte, sotto forma di fantasma, ma neanche allora aveva sentito il suo cuore gonfiarsi di così tanto amore. Dio, se fosse riuscito a compiere la sua missione, non l'avrebbe più persa!

Dean allungò una mano e dolcemente scosse la donna addormentata.

«Mama.. Mama, per favore svegliati. Ho bisogno del tuo aiuto»

«Dean?» Sua madre aprì lentamente gli occhi e sbatté le palpebre assonnata «Tesoro, che c'è che non va?»
«Ho bisogno che mi ascolti, mama. È importante»

A quel punto la donna sembrò svegliarsi immediatamente. Dean sapeva che il motivo doveva essere lui; probabilmente la sua voce aveva un tono un po' troppo acuto e preoccupato per passare inosservato. Ma non aveva certo il tempo di essere sottile.

«Dean? Che succede?»

«Mama, Sammy è in pericolo. Sta per arrivare un demone, e dobbiamo impedirgli di fargli del male» disse, maledicendosi per il poco tatto che aveva avuto. Ma infondo le parole non erano mai state il suo forte.

«Cosa.. Dean di cosa stai parlando?» chiese la madre, la voce appena udibile e il respiro spezzato: sentiva un leggero senso di nausea salire. Come faceva suo figlio a sapere certe cose?

«Il demone dagli occhi gialli, mama. Lo stesso che ha ucciso i tuoi genitori. Sta venendo per Sammy ma dobbiamo fermarlo, ora» continuò il giovane cacciatore, estraendo da dietro la schiena la Colt, e consegnandola alla madre, che a quella vista spalancò gli occhi, orripilata: come poteva il suo bambino avere una pistola?
Senza nemmeno pensarci gliela strappò dalle mani, controllando che la sicura fosse inserita.

«Perché avevi una pistola, chi te l’ha data? E cosa sai del demone?» chiese, la voce più alta di qualche ottava.
«Oh ti prego mama! Dobbiamo salvare Sammy prima che sia troppo tardi, non c’è tempo per le spiegazioni! Ascolta, ho un piano e devi sol..»

Mentre Dean parlava, Mary si sedette sul letto, posando con attenzione la Colt ed aprendo il cassetto del comodino. Dean, nel bel mezzo della sua filippica, si sporse di poco in avanti per capire le intenzioni della madre.. Quando un freddo getto di acqua lo colpì in viso.
Sputò la poca acqua ingerita, mentre faceva un piccolo salto indietro.

«MAMA! Sul serio, acqua santa!?» disse sconvolto ed irritato al tempo stesso
«Che cosa sei? Che hai fatto a mio figlio?» chiese Mary con un ringhio.
«Insomma mama, sono io! Ti ripeto che non abbiamo tempo per le spiegazioni, ma più tardi risponderò a qualsiasi tua domanda. Fidati di me.. Oppure guardami negli occhi e dimmi che non riconosci tuo figlio»

Lei fece come chiesto, ma tutto ciò che riuscì a fare, fu il ricambiare lo sguardo risoluto del figlio con uno confuso.
«No. Io non.. non lo so»

«Sammy è in pericolo! Ti prego, almeno vieni di là» Dean sapeva il perché sua madre fosse scettica: da brava cacciatrice, era preoccupata di essere condotta in una trappola. Ma alla fine vinse il suo istinto materno e si alzò con cautela dirigendosi verso la stanza del secondogenito.
Dean afferrò la Colt prima di seguirla.

«Avremo bisogno di questa» mormorò mostrandola alla madre, che continuava ad osservarlo con preoccupazione ed angoscia.
«Le pistole non uccidono i demoni» commentò seccamente senza però impedirsi dal prenderla dalle mani del figlio troppo giovane.
«Beh, questa è diversa. E’ la famosa Colt, in grado di uccidere qualsiasi cosa»
 
«Come hai fatto ad averla, Dean?» chiese Mary dopo svariati secondi: chi era quel bambino con le fattezze del suo dolce Dean?
 
«Un angelo l’ha lasciata nella mia camera» si limitò a dire il ragazzo, con una veloce alzata di spalle.
 
Mary si fermò solo un attimo, temendo davvero di impazzire prima dell’arrivo del giorno nuovo; ma alla fine continuò per la sua strada, raggiungendo la camera di Sammy ed ignorando volutamente la risposta del primogenito.
Entrò nella piccola cameretta seguita da Dean, il quale, notando come tutto fosse tranquillo, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: Sammy dormiva indisturbato, e non c'erano luci tremolanti. Sembrava che avessero ancora del tempo a disposizione.
 
«Allora, dov’è?» chiese Mary, aggrottando le ciglia ed ispezionando con lo sguardo ogni angolo buio della stanza. 
«Beh, evidentemente non qui. Ed è un ottima notizia, almeno abbiamo del tempo per organizzarci e preparare una trappola» mormorò Dean, sentendosi per la prima volta pieno di speranza.
 «Non c'è nessun ‘noi’, Dean. Tu ora torni in camera e verrò a prenderti quando sarà tutto finito. Allora parleremo»
 
«No!» gridò Dean, senza poterselo impedire. Il solo pensiero di sua madre, sola, che affrontava il demone e finiva sul soffitto della stanza avvolta dalle fiamme, lo uccideva.
Insomma, non poteva succedere ancora! Sentì i suoi occhi inumidirsi a quei pensieri.
Diavolo, cosa c’era di sbagliato in lui? Non aveva alcun controllo sulle sue emozioni! «Ti ucciderà, mama! Hai bisogno del mio aiuto o finirà tutto per il peggio»
 
«No. Mi dispiace, ma fatico a credere che tu sia il dolce bambino a cui ho letto una fiaba due ore fa. Non mi fido abbastanza da averti qui con me» disse la madre, osservandolo attentamente per notare qualsiasi cambiamento di atteggiamento. Ma non smise di parlare: «Se invece sei davvero mio figlio.. Beh, questo è un motivo in più per tenerti lontano dai mostri. Non ti voglio in mezzo al pericolo, Dean»
 
«Ma.. Mama non puoi. Non puoi affrontarlo da sola, o morirai! E poi Sammy verrà infettato con il suo sangue, e passerà tutta la vita a sentirsi diverso, sbagliato. Papà diventerà un cacciatore il cui unico scopo sarà quello di vendicarti.. E costringerà me e Sammy a fare altrettanto…»
Non poteva. Dean sapeva che non poteva far sapere tutte quelle cose alla madre, ma gli era impossibile tenerle per sé. La sola idea della sua morte, lo spaventa a tal punto da farlo piangere. «Non posso lasciare che succeda mama. Non posso» Concluse, mormorando. Ora le lacrime cadevano copiose dai suoi occhi, arrossandoli e facendo sentire Dean uno stupido, oltre che un frignone. Quanto odiava quella situazione!
Ma finchè sua madre lo ascoltava, non gli importava della pessima figura. 
Mary infatti non rise né spinse via il figlio: al contrario, sentì il proprio cuore sciogliersi. Quale madre poteva guardare il proprio figlio piangere e implorare aiuto, e non reagire? Si inginocchiò senza alcun pensiero, e strinse il suo piccolo e caldo corpo fra le braccia.
 
«Tesoro, è evidente che tu sai più cose del dovuto. E questa cosa mi spaventa, non so cosa pensare o come agire. Ma mi fido di te. Promettimi solo che più tardi parleremo, che mi spiegherai » disse, mentre con la dolcezza che solo una madre può mostrare, accarezzava dolcemente i morbidi capelli di Dean.
 
«Se riusciremo ad arrivare a domani, ti dirò tutto ciò che desideri mama» La rassicurò Dean, asciugandosi il naso con la manica di flanella. Poi si strinse maggiormente nell’abbraccio materno, affondando il viso nei biondi capelli della madre, ed inspirando il loro dolce profumo: sì, più passavano i secondi, più ne era convinto. Quella non sarebbe stata l’ultima volta che sentiva il dolce e fragrante profumo di sua mamma.
«Ora ascolta il mio piano mama...»
 
 
∞∞∞

 
La cameretta di Sammy era avvolta in una calda e piacevole tranquillità, spezzata solo da un lieve “tic-tac” proveniente dall’orologio a parete che minacciava di far uscire di senno Dean. Era seduto in un angolo buio della stanza, da solo, e guardava il suo fratellino dormire placidamente mentre pensava a come la sua vita fosse cambiata nel giro di una sola ora. Non riusciva a credere di essere nuovamente  e con la possibilità di cambiare le cose.
Certo, sarebbe stato molto più facile se non fosse stato un fottuto bambino quattro anni; era tutto estremamente sbagliato, soprattutto per la mente da trentenne che si ritrovava. Ma era certo che Cas avesse avuto le sue ragioni per agire e portarlo ad essere così.
Ma era comunque una situazione strana e poco piacevole: il suo piccolo corpicino era in costante balia di emozioni su cui non aveva potere e controllo. Era un vero inferno!
Per non parlare di quello che stava per passare: non voleva nemmeno pensare a come avrebbero reagito i suoi genitori, non appena avessero saputo cosa gli era successo. Ovviamente non gli avrebbe racconto ogni dettaglio macabro e raccapricciante, ma sicuramente doveva spiegare perché il loro dolce figliolo fosse diventato così aggressivo, sicuro di sé.. E perché sapesse tante cose.
Dean era certo che non gli avrebbero creduto. In realtà era sorpreso che la madre lo avesse ascoltato finora, anche se sapeva che era -giustamente- confusa e sospettosa.
 
Proprio in quel momento, l'infernale ticchettìo dell’orologio si fermò, e la calda luce gialla emanata dalla abat-jour
 cominciò a tremolare.
Lo spettacolo stava per iniziare.
 
Dean si alzò e si appiattì il più possibile contro l’armadio, osservando la culla in cui dormiva il fratello. Pochi secondi, ed ecco che una figura apparve proprio davanti alla finestra. Anche al buio non poteva nascondere quei suoi ripugnanti e crudeli occhi gialli.
 
Azazel si aprì in un lento e soddisfatto sorriso mentre osservava il neonato, e si avvicinò al letto del bambino senza avvertire la presenza di Dean che, respirando a fondo, aspettava il momento opportuno per uscire allo scoperto.
Quando il demone cominciò a chinarsi su Sammy, Dean non riuscì ad aspettare oltre, ed uscì dal suo rifugio per affrontarlo.
«Stai lontano da mio fratello, bastardo» ringhiò Dean mentre si preparava allo scontro.

 
 
I don’t own anything of this story: the characters are not mine.
 
 


 
Note dell’Autrice:
Saaaalve! Come promesso, eccomi tornata con il primo vero capitolo della storia c:
Ammetto che quando ho pubblicato il Prologo ero molto nervosa, non sapevo che reazioni aspettarmi, ma.. Devo dire che sono sorpresa e davvero felice di quello che ho visto: tre recensioni e ben dieci persone che l’hanno inserita nelle seguite!
Davvero ragazzi, grazie di cuore.. Non sapete come sono felice che la mia idea vi piaccia! [Ed ora spero di non deludere nessuno con l’avanzare degli eventi!]
 
Uhm, torniamo a parlare del capitolo: in origine questo capitolo contava di 15 pagine di Word, ma ho deciso di dividerlo in due. Posso dirvi che in futuro inserirò senza problemi capitoli di quella lunghezza –anche perché la storia sarà abbastanza lunga– ma ho pensato che lasciarvi con un poco di suspence non fosse poi così sbagliato.
Il capitolo “Azazel” infatti durerà poco, per questo ho voluto lasciare il tutto in sospeso: così -magari- posso sapere delle vostre idee o suggerimenti!
 
Comunque.. Finalmente è arrivata Mary!
Non sono certa che la reazione della madre sia quella più opportuna, ma personalmente non ho avuto difficoltà ad immaginarmela; anche perchè non accetta propriamente tutto, non è una credulona. Beh, insomma, spero di non aver fatto un casino.
In ogni caso, ci sentiremo il prossimo week-end con il terzo capitolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate: se vi ho deluso o vi piace, e perché no, come pensate finirà con Azazel!
A presto, Winchester_Flame.

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Capitolo 3
*** Chapter 2 | Abbiamo cambiato il destino? ***


Family Come Always First
Chapter 2 | Abbiamo cambiato il destino?

 
 
Azazel concentrò tutta la sua attenzione sul ragazzino che lo stava coraggiosamente sfidando e affrontando. O quantomeno, Dean sperava di apparire coraggioso, dato che dentro sé sentiva solo puro e cocente terrore.
Non aveva alcuna possibilità contro Occhigialli, ed entrambi lo sapevano.

«Torna a letto, moccioso. È solo un brutto sogno»

«Non prendermi per idiota, so che non lo è» ribatté il giovane cacciatore.

L'uomo usato da Azazel come mero contenitore inclinò la testa, incuriosito e sorpreso dalla reazione del bambino: certamente non era ciò che si aspettava da un infante di soli quattro anni.
«C'è qualcosa in te..»

«Ci siamo già incontrati» lo anticipò Dean con tono sicuro e un pizzico strafottente. «Pensaci bene, forse puoi farcela a ricordare»

Azazel lo studiò con attenzione, ma non riusciva a individuarlo fra le sue infinite conoscenze.

Dean sorrise di fronte alla sua evidente difficoltà. «In effetti sono cambiato parecchio, ma ci siamo conosciuti dieci anni fa. Non ricordi? Hai posseduto mio nonno e lo hai ucciso assieme a sua moglie. E per finire, hai ucciso mio padre con l'unico scopo di stringere un patto con Mary affinché lo riportasse indietro. Ti suona familiare?»

«Certo che lo è. Ma come puoi t..»

«Ho amici hai piani alti, ricordi? "Un angelo veglia su di te", credo che tu abbia detto così»
«È impossibile, non puoi essere sopravvissuto a ciò che accadrà in futuro!»

«Ah! Saresti sorpreso di sapere la merda che ho affrontato e sconfitto» rivelò Dean con un sorriso compiaciuto in volto: forse non aveva possibilità di vittoria, ma la soddisfazione di vederlo spalancare gli occhi, preoccupato se non addirittura allarmato, l'aveva avuta. 
«Ovviamente ho vissuto anche momenti belli. Come il cancellare dalla faccia dell'universo quel tuo schifoso culo demoniaco. Ed ora sto per farlo di nuovo. Questa volta, prima della fine della mia famiglia»

Le ultime parole, purtroppo, non sortirono l'effetto sperato: infatti, invece di guardarlo con soggezione e timore, Azazel si aprì in un sorriso alquanto inquietante. Sarcastico e malevolo, per la precisione.
«Non so come fai a conoscere il futuro, ma non mi importa. Sei solo un bambino, non hai speranze contro di me»

Dean aprì la bocca per continuare quello strano -per lui- scontro verbale, quando si ritrovò, in un battito di ciglia, contro il muro. Il ragazzo si ritrovò schiacciato contro la dura superficie da una forza invisibile, i piedi sospesi a qualche centimetro da terra. 
Non riusciva a muoversi. Cercò di combattere contro il schiacciante terrore che sentiva scorrere nelle vene, ma il meglio che poteva fare era evitare di perdere il controllo della sua vescica. Quelle maledette emozioni infantili minacciavano di annegarlo mentre Azazel attraversava la stanza fino a trovarsi ad una spanna dal suo volto. 
Guardandola positivamente, il demone aveva perso ogni interesse per Sammy; e Dean doveva mantenere questo status delle cose..

«Certo che sei proprio un grande, grosso e cattivo demone. Prendersela con un bambino di quattro anni. È patetico sai?» disse, deglutendo il magone che improvvisamente gli ostruiva la gola.
«Vogliamo scoprire chi di noi è davvero patetico, Dean-o? Perché penso che lo sia colui che sta per decorare il pavimento con le propria interna. E saranno le tue, ovviamente»

Dopo quelle parole, Dean sentì il suo piccolo corpo scivolare più in alto, sempre a stretto contatto con il muro: Dio, quanto sperava che non fosse diretto al soffitto! Per questo emise un sospiro di sollievo quando smise di muoversi; ma poi il suo sospiro divenne un grido di dolore. Un grido direttamente proporzionale al dolore acuto che avvertì allo stomaco. Abbassò lo sguardo per vedere un enorme quantità di sangue penetrare la giacchetta del pigiama, appena sopra la pancia. Lacrime amare rigavano il suo volto, e pregò che quella non fosse la fine.


 
∞∞∞
 

Mary Winchester si trovava al di fuori della cameretta del secondogenito, aspettando con ansia di sentire la parola in codice stabilita con il figlio. E fu difficile trattenersi quando sentii una voce maschile parlare con Dean; ma il suo istinto le diceva di fidarsi del suo giudizio. In qualche modo sapeva cose preziose. Cose che ovviamente non doveva sapere, ma che potevano aiutarla a sconfiggere quel demone che minacciava l'intera famiglia Winchester. 

E l’arrivo di Occhigialli era solo colpa sua. Quella maledetta minaccia demoniaca era colpa sua: era stata proprio lei a dare a quel bastardo un invito per entrare in casa, e per questo viveva nel terrore da dieci lunghi anni.
Oh, ovviamente non era sempre stato nei suoi pensieri; essere una casalinga e una madre non era semplice come si poteva pensare. E poi quel terribile peso -dato dalla consapevolezza e dal terrore- svanì non appena si ritrovò in ospedale per dare alla luce il piccolo Sammy. 
Quando era stata dimessa aveva controllato ogni più piccolo anfratto della casa, ma non trovando tracce di attività demoniaca, si permise di abbassare la guardia. 
Che sciocca era stata!
Ma qualcosa non tornava: perché Azazel aveva atteso ulteriori sei mesi prima di arrivare? Perché quel giorno era più importante dei quelli precedenti? 

Poi ricordò. Ricordò le parole pronunciate dieci anni prima da un altro Dean. Il cacciatore l'aveva supplicata di non alzarsi dal letto il 2 novembre 1983, ma ora lei si trovava proprio lì. Cosa significava? Possibile che suo figlio fosse posseduto e l'avesse condotta in una trappola?
No. Aveva usato l'acqua santa, e l'unico risultato era stato quello di infastidirlo. 
Inoltre, l'uomo nella stanza non sembrava contento di suo figlio; senza dubbio non lavoravano assieme.

Ma la conversazione che stava ascoltando aveva dell'assurdo e dell'impossibile. Sentiva perfettamente la voce di Dean, ed era lampante che a parlare fosse un bambino. Ma le parole che uscivano dalla sua bocca non lo erano di certo. 
Prima aveva parlato della morte dei suoi genitori e di John, qualcosa di cui non avrebbe dovuto sapere nulla. Poi aveva accennato ad un angelo, e non le sfuggì come quella fosse la seconda volta che accennava a tale creatura. Ma la cosa più sconcertante era il linguaggio con cui parlava. Fino a poche ore prima, Dean era un bambino pacato ed educato, sia nei modi che nel parlare. Non aveva mai usato certi termini.

Improvvisamente, sentì provenire dalla stanza un forte rumore: qualcuno era caduto o aveva sbattuto su qualche superficie. Stava diventando sempre più difficile restare ferma: desiderava così tanto entrare! Ma Dean era stato irremovibile e non le rimaneva che seguire il suo piano. Sì, perché nonostante non si fidasse pienamente di lui, una parte di lei -probabilmente la parte materna- si fidava ciecamente.

E per complicare maggiormente le cose, sentì quella sconosciuta voce maschile minacciare il primogenito.
“Stai calma. Hai dato la tua parola ed ora devi fidarti. Andrà tutto bene.” si ripetè Mary, come fosse un mantra. Ma quando sentì la voce infantile di Dean lanciare un grido, abbandonò l'idea di aspettare oltre e si precipitò nella stanza.

Un gemito le uscì dalla labbra, ed inorridì nel vedere il figlio inchiodato al muro. La camicia del pigiama era intrisa di sangue, che colava fino a formare una piccola pozzanghera sul pavimento, e copiose lacrime gli rigavano il volto. Mary sollevò l'arma datale dal bambino.

«Fermati, lascia stare mio figlio!»

L'uomo si voltò e l'ex-cacciatrice vide i suoi occhi. Erano gialli.
Dean l’aveva avvertita su chi stesse per infiltrarsi in casa, ma era comunque uno shock vederlo di nuovo.. E a quella vista, Mary sentì una rabbia cieca crescerle nel petto. Quel bastardo aveva ucciso i suoi genitori, era venuto per intossicare il suo bambino e ora stava ferendo il maggiore. Doveva assolutamente pagarla, morire.

«Mary. Felice di vederti di nuovo» disse il demone con un sorriso in volto.

«Lascialo andare»
«Sai, non penso lo farò. Si sta vantando un po’ troppo di riuscire ad uccidermi per -assurdo solo da pensare- la seconda volta. Ma sai qual è la cosa bella? Che nel dubbio, mi posso divertire cavandogli gli intestini» commentò con tono leggero e fintamente impressionato.

«Dean!» Mary sentì chiaramente la voce del marito, accompagnata dal rumore di passi che salivano le scale. Dannazione. Si era scordata di lui, ma era ovvio sarebbe venuto: non poteva non aver sentito le urla del figlio. Ma in quel momento la porta si chiuse con uno schianto.

«Penso che ci sia abbastanza gente a questo party. Non trovate anche voi?» commentò sarcastico Azazel.
 
Mary fu sollevata: l’unica cosa che John avrebbe ottenuto da quell'incontro, sarebbe stata quella di farsi uccidere. Un attimo dopo la maniglia della porta si mosse freneticamente, ma la porta rimase rigorosamente chiusa. E ciò portò il marito a sbattere ripetutamente contro quella sottile porzione di legno che fungeva da ora separé.
 
«Cosa sta succedendo qua dentro? Dean, stai bene? Mary, sei lì?»
 
«Sì sono qui, John» disse la donna con un tono appena sufficiente da farsi sentire.
 
«Sì, siamo tutti qui, John» aggiunse Azazel con un sorriso sadico in volto.
 
«Mary, chi c’è lì dentro? Ora chiamo la polizia. Chiunque tu sia, non azzardarti a toccare la mia famiglia!»
 
«No John! Non chiamare la polizia! Ti prego, ti prego resta lì» L'ultima cosa di cui avevano bisogno era l’intervento di civili ottusi e scettici. Inoltre non voleva spiegare come avesse ottenuto la pistola e perché avesse ucciso un uomo. Perché quel demone stava sicuramente per morire. Aveva solo bisogno di una distrazione tale da permetterle di colpirlo senza che lui scomparisse o deviasse il proiettile.
 
«Ah, scommetto che non desideri la morte dei tuoi uomini, vero?» disse Occhigialli, aprendosi poi in una sonora risata «Che ne dici di abbassare quella pistola? Forse potremmo trovare un accordo che soddisfi entrambi. Dopo tutto, sappiamo che i proiettili non hanno effetto»
Nonostante le sue parole, stava guardando la Colt con apprensione.
 
«E noi..  noi tutti sappiamo..  che quelli i-in quella pistola possono» Dean parlò con tono debole e pieno di dolore.
 
Ma l’effetto fu comunque quello desiderato: Azazel si voltò verso il ragazzo e ciò permise a Mary di fare la sua mossa. Puntò con più precisione la Colt e sparò. Il proiettile lasciò l'arma ad alta velocità, e si conficcò nel cranio del demone.
Incredulo, fece per girarsi e guardare la donna, ma vacillò mentre un debole fulmine lampeggiò dentro il suo corpo. Mary sentì John urlare e lo rassicurò senza mai staccare gli occhi della scena, osservando apprensiva l’uomo di fronte a lei.
 
Poi il demone cadde a terra, così come fece il figlio. Dean colpì il pavimento con un tonfo e Mary corse in avanti. Sam si era svegliato non appena era stato premuto il grilletto, ed ora piangeva a pieni polmoni; ma non aveva il tempo di consolarlo. Perché mentre il bambino era -ovviamente- spaventato, era fisicamente in salute; e non poteva dire lo stesso del figlio maggiore.
 
Cadde in ginocchio davanti al ragazzo e delicatamente lo fece girare sulla schiena. Gli occhi di Dean erano carichi di dolore, ma riuscì ad aprirsi in un debole sorriso.
 
«Ce l’hai fatta Mama. Hai cambiato.. tutto»
 
La madre non aveva idea di che cosa stesse parlando, ma le domande avrebbero dovuto aspettare. La camicetta del pigiama era intrisa di sangue, e lui cominciò improvvisamente a tremare, con forti e frequenti scatti. Mary, preoccupata, sollevò la piccola camicia di flanella e vide un profondo taglio troneggiare sul suo petto. Avevano un disperato bisogno di portarlo l'ospedale, ma la donna era certa che Dean non sarebbe vissuto abbastanza a lungo per arrivarci.
 
«Oh Dio. No.. No. Dean, tesoro, mi dispiace. Mi dispiace così tanto. Io..»
Le lacrime scorrevano lungo il suo viso, quando sentì la porta dietro di sé aprirsi.
 
«Che diavolo è successo? Mary che è..  DEAN!» urlò John non appena riconobbe quel piccolo corpo fra le braccia della moglie.
 
Si chinò su entrambi nel momento esatto in cui Mary si accorse della situazione: quando aveva preso in braccio il figlio? Non che le importasse davvero, ma doveva ammettere che sentire il corpo di Dean a stretto contatto con il suo, era confortante.
 
«Non piangere, Mama» mormorò il bambino, la voce che lentamente andava affievolendosi  «E'.. finita m-meglio.. di quanto potessi.. s-sperare»
 
«No. No, tesoro. Non dire così. Non farlo» disse, mentre lacrime di puro dolore le solcavano il viso.
Cominciò ad accarezzare freneticamente i capelli del figlio, ed in quel momento si accorse che non le importava delle stranezze mostrate fino allora. Tutto ciò che importava era che stava morendo tra le sue braccia. Ed era sbagliato, tremendamente sbagliato. «Non parlare tesoro, non devi stancarti»
 
«Chiamo un'ambulanza» si offrì John; lo shock e lo sconcerto lo avevano tanto debilitato da renderlo incapace di agire fino a quel momento. Ma ora capiva appieno in che situazione critica si trovassero, e non poteva non far niente.
 
«Faremo più in fretta se lo portiamo noi» Disse Mary, fermando il marito che stava già dirigendosi al piano inferiore.
«Troppo tardi» mormorò con voce quasi inudibile Dean. «Vi voglio bene» sospirò.
 
Poi, il piccolo Dean Winchester chiuse gli occhi.
E spirò.

 
 
 
 I don't own anything of this story: the characters are not mine.




 
Note dell’Autrice:
Ciao a tutti! c:
Eccomi tornata con il secondo capitolo della storia; sono un poco in ritardo ma sono arrivata. Meglio tardi che mai..
Che dire sul capitolo; so bene che è piuttosto corto ma direi che è colmo di azione, o quantomeno di colpi di scena. Probabilmente alcuni di voi penseranno che l’intera vicenda di Azazel sia stata trattata in maniera superficiale, troppo velocemente.. Ma ci tengo a rimarcare che tutto questo accade in pochi minuti: non ore, non giorni.
Inoltre, ora che Azazel è stato sconfitto, quali e quante conseguenze dovranno affrontare i nostri beniamini?
 
Vi dico questo solo per non farvi preoccupare: la storia è ancora molto molto lunga, Azazel era solo il punto di inizio, un piccolo tassello. Forse il minore.
Spero comunque di non aver affrontato il tutto nella maniera sbagliata: non è facile immedesimarsi appieno nei cacciatori, quindi su questo vi lascio la parola.
Come sempre vi prego di lasciare una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate.
E devo chiedervelo: secondo voi Dean tornerà in vita? O tornerà come fantasma? Oppure andrà in Paradiso/Inferno?
 
Prima di lasciarvi volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo: siete stati davvero gentili, anzi fantastici! Non sapete che stimolo incredibile mi date!
Ringrazio anche coloro che hanno inserito la storia fra le seguite e le preferite, grazie di cuore ragazzi.
Alla prossima settimana, [forse il capitolo arriverà con qualche giorno di ritardo dato che sarò fuori casa!]
Winchester_Flame.

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Capitolo 4
*** Chapter 3 | Il mio Dean ***


Family Come Always First
Chapter 3| Il mio Dean
 
 
John Winchester si inginocchiò accanto alla moglie, e allungò la mano per accarezzare i capelli del figlio. I capelli del figlio morto; perché John era certo che la vita avesse abbandonato quel piccolo corpo che tanto amava.
Ma come diavolo era successo?
 
Pochi minuti prima era stato svegliato dalle sue grida, e si vergognava ad ammettere di aver esitato prima di alzarsi dalla poltrona. In un primo momento aveva ipotizzato che il ragazzo avesse avuto un incubo; e confortare i bambini dopo un brutto sogno era la specialità di Mary, non la sua. Ma qualcosa, nell’urlo del figlio, non sembrava giusto. Gli ricordava le grida di dolore sentite dai suoi compagni Marines, più che quelle di un bambino spaventato da un incubo. E fu quel pensiero a farlo alzare e agire.
Ma lo fece troppo tardi.
Non appena raggiunse il piano superiore, la porta della stanza di Sam sbatté, chiudendosi a chiave, e udì la voce di un uomo provenire dall’interno.
Tutti i suoi tentativi di sfondare quella maledetta porta si rivelarono inutili, e si decise a chiamare la polizia.. Quando Mary lo supplicò di non farlo. Pensò che l’uomo l’avesse minacciata di uccidere i bambini se fosse arrivata la pattuglia, così obbedì docilmente all’ordine della moglie.
Ma questo non significava che avrebbe accettato di restare lì, con le mani in mano, mentre la sua famiglia era in pericolo. No. Avrebbe trovato un modo per entrare nella stanza e salvare i suoi cari. Ma un colpo di pistola cancellò tutti i pensieri di salvataggio.
Terrorizzato dai migliaia di scenari possibili, cominciò ad urlare, colpendo ripetutamente la porta, finchè la stessa non si aprì.
Non era certo di come fosse successo, dato che la moglie si trovava dall’altra parte della stanza, ma non c'era tempo per riflettere: lo scenario che gli si presentò davanti era quanto di più agghiacciante avesse mai potuto temere.  
 
Un uomo giaceva sul pavimento, morto per un colpo alla tempia. Ma guardò a malapena l’uomo. Al contrario, i suoi occhi vennero catturati dalla figura del figlio, steso a terra. Mary stava febbrilmente cullando il suo piccolo corpo mentre una grossa quantità di sangue usciva dal suo petto.
 
John fu al loro fianco in un istante. E quando fu vicino, si accorse che il primogenito stava parlando: come poteva un bambino di quattro anni, dire cose tanto orribili?
Il padre si offrì immediatamente di chiamare un ambulanza, ma fu fermato da Mary che voleva portare personalmente il figlio in ospedale. Giusto. Giusto, perché non ci ho pensato? si chiese un ancora sconvolto John.
Ma ogni tentativo di aiuto venne spazzato via dalle parole di Dean: dopo averli informati che li amava, morì.
E quando gli occhi del ragazzo si chiusero, John pensò che sarebbe a sua volta morto.
 
«No.. Dean, tesoro. Forza, apri gli occhi»
Lacrime di puro e cocente dolore rigavano il suo volto. Sì, un forte ed impassibile ex-marine come John Winchester singhiozzava come un poppante: ma come ci si poteva trattenere davanti alla fine prematura del proprio figlio?
«Per favore. Per favore, Dean, torna da noi»
 
«No.. Oh tesoro, no» continuava a ripetere Mary, la voce rotta e gli occhi già arrosati dalle molte lacrime.
«Spostatevi per favore. Lo aiuterò io»
 
Il viso di John scattò verso l’alto, fino a vedere un uomo con addosso un vecchio trench beige. L'uomo stava fissando il corpo di Dean, negli occhi un espressione di enorme tristezza; peccato che il padre non si fidava di quell’uomo venuto dal nulla. Che intenzioni aveva? Come era entrato in casa? E, cosa più importante, chi era?
 
«Chi diavolo sei?» chiese John con tono più alto del normale.
 
«Mi chiamo Castiel e sono un angelo del Signore. Se permettete, posso guarire vostro figlio»
 
«No. No, non ho la minima idea di chi tu sia, ma starai alla larga da mio figlio!»
 
«John! Dean è morto..» lo interruppe Mary «Quest'uomo non può fargli altro male. E se lui è un angelo..»
 
«Cosa.. L’hai detto anche tu Mary, Dean è morto! E’ ovvio che non esistono angeli che si preoccupano per lui! E poi.. Andiamo, angeli!?» John era sbalordito, non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Ma non fu difficile immaginare come per Mary quella piccola e fragile speranza fosse in realtà un ancora di salvezza; poco importava quanto fosse ridicola e vestita di un logoro trench. Perché il cuore di Mary si era spezzato quando quello di Dean aveva smesso di battere.
 
«Mi scuso per non essere venuto prima, e prometto di spiegarvi l’intera situazione. Dopo. Ora ho bisogno di guarire Dean»
«Va bene» accettò docilmente Mary.
«No!» insistette John mentre Castiel (se questo era il vero nome dell’uomo) si fece avanti fino a posare una mano sul petto del bambino.
 
John stava per spingere l'uomo lontano dal figlio, quando una luce sembrò irradiarsi da dove teneva la mano. Ed assieme a quella, gli occhi di Castiel si accesero di un intenso e sfolgorante azzurro, per poi cambiare radicalmente e diventare verdi, di un colore caldo e brillante.
Dopodiché, Dean cominciò a muoversi a piccoli scatti. Quando gli occhi del giovane si aprirono, il padre dimenticò lo strano uomo in trench.
 
«Dean? Tesoro mi senti?» si sporse nuovamente verso il figlio, tornando a posare la mano sui suoi soffici capelli biondi.
 
«Papà?»
Sbatté le palpebre un paio di volte, sentendosi estremamente confuso, per poi posare lo sguardo su Mary.
«Mama? Cosa.. Ah!» Un sentimento -che può essere descritto solo come sorpresa e felicità- si impadronì del suo delicato viso; finchè non mise a fuoco la figura dello sconosciuto «Cas, amico, era ora che arrivassi»
 
John aprì la bocca, ma non riuscì a proferire parola. Non capiva come la voce del figlio potesse risultare tanto atona, per niente traumatizzata dall’idea di essere morto e di essere poi tornato. Senza contare che sembrava conoscere quello strano personaggio comparso dal nulla.
 
«Mi dispiace. Non potevo intervenire nello scontro con Azazel senza attirare l'attenzione degli angeli, e sai bene che mi avrebbero ostacolato. Inoltre non ero certo di quanto il mio tramite avrebbe risentito del viaggio. Temevo di restare incosciente per molto tempo»
 
«Di che diavolo state parlando?» li interruppe John. «Chi sei?»
Stava disperatamente cercando di capire cosa fosse successo in quei pochi minuti. Inoltre, come aveva fatto quel Castiel a guarire il figlio morto?
Diavolo, non aveva nemmeno capito come fosse stato ucciso!
 
«Come ti ho già det..»
 
«Sì, beh, lo dirai ai poliziotti non appena li avrò chiamati» John si alzò, deciso a scendere e chiamare il 911, quando due voci lo bloccarono.
 
«NO!» Dean e Mary gridarono contemporaneamente.
 
«Cosa? E perché mai non dovrei farlo?»
 
«John, so che è difficile da accettare, ma non possiamo coinvolgere la polizia»
 
«Ha ragione Mama. Per favore papà, non chiamare la polizia. Ti giuro che possiamo spiegarti tutto, ma il loro intervento manderebbe tutto a puttane!»
 
John non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. «Dean!»
 
Il ragazzo si strinse nelle spalle. La mano di Mary tremò leggermente mentre asciugava il sangue dalla pancia del bambino, e scostava la camicetta di flanella. Niente. La pelle del bambino era liscia e perfetta come sempre. I due coniugi si guardarono, sorpresi e spaventati assieme: era logico pensare che la ferita si fosse rimarginata -altrimenti come poteva essere vivo?-, ma era comunque uno shock verificarlo.
Ecco che, come poco prima, sentì il forte impulso di gridare aiuto; come poteva fingere che fosse tutto normale, che fosse tutto sotto controllo? Non esisteva una spiegazione razionale, e avvertiva l’arrivo di una forte emicrania.
 
«Padre, puoi prendere Sammy? Sta piangendo da troppo tempo, rischia di sentirsi male. Ci penso io» Dean si mise a sedere in braccio alla madre, ma John si limitò a fissare il figlio, senza fare ciò che gli aveva chiesto.
Il suo innocente e gentile bambino gli aveva appena dato un ordine. E da quando lo chiamava padre, e non semplicemente ‘pà’?
 
«Papà! Andiamo, ha bisogno di me»
 
«Dean, non puoi..»
 
«Ecco»
 
John si voltò e vide Castiel tenere fra le braccia il bambino, che non sembrava voler smettere di piangere.
 
«Tu! Metti IMMEDIATAMENTE giù mio figlio!» ringhiò John.
 
Si sentii pervadere da una rabbia cieca quando l’uomo del trench lo ignorò.
Al contrario, Castiel camminò attorno a Mary, fino a inginocchiarsi davanti a lei e Dean, che allungò le piccole braccia e sollevò il fratellino, facendolo adagiare contro il proprio petto.
 
«Sta tranquillo, Sammy. Andra tutto bene adesso. Sei al sicuro, ti terrò io al sicuro»
 
Il piccolo Winchester allungò una mano e la posò sul viso di Dean, mentre il pianto si tramutò lentamente in rari e lievi singhiozzi.
 
«Dean, dobbiamo parlare di ciò che accadrà d’ora in poi» mormorò Castiel.
 
«TU! Tu devi parlare con me, non con il bambino» insistette John.
 
«Certo, ma prima devo aiutare Sammy ad addormentarsi. Parleremo poi, Cas» rispose Dean, ignorando il commento del padre.
 
«Voglio sapere cosa ti sta succedendo» disse a quel punto Mary, risvegliandosi da quello stato di incredulità che l’aveva avvinta.
 
«Sì Mama, ti ho promesso delle spiegazioni, ma prima desidero che Sammy torni a dormire»
 
«Ma siete tutti impazziti?» quasi gridò John. «Abbiamo un cadavere in casa, uno sconosciuto che dichiara di essere un angelo, Dean quasi morto.. E volete sedervi sul divano a parlare?!»
 
«Parla piano, papà!» sibilò Dean. «Stai spaventando Sammy»
Ed infatti il bambino cominciò nuovamente a piangere.
 
«Non dirmi cosa fare, Dean. Si può sapere cosa non va in te?»
  
«Per favore John, stia calmo» disse con tono tranquillo l’angelo.
 
«E sicuramente non sarai TU a dirmi cosa fare!»
 
«John, ti prego, non stai aiutando» s’intromise Mary.
E quella fu l'ultima goccia.
Il mondo doveva essere impazzito e, mentre John stava cercando di dare un senso a tutto ciò, veniva respinto da tutti: da sua moglie, dal figlio di soli quattro anni.. Perfino dallo strano uomo introdottosi in casa! Mancava solo che il ragazzo morto iniziasse a sua volta a discutere.
 
«Beh, sapete cosa aiuterà la situazione? Io che chiamo la polizia»
 
«No» protestarono nuovamente Mary e Dean.
 
«Abbiamo un cadavere in casa. Dobbiamo segnalarlo!»
 
«No John, non possiamo spiegarglielo»
 
John si voltò verso la moglie. «E stata legittima difesa, Mary. Capiranno»
 
«No papà, sei tu che non capisci. Prenderanno la Colt e non possiamo permettere che accada» insistette Dean.
 
«Mary.. Dove hai preso la pistola?» disse allora John, ricordandosi di quel particolare grazie alle parole del figlio.
«Devi chiederlo a Dean»
 
«Sono stato io a consegnargliela» ammise Castiel.
 
«Tu.. Cosa?!»
 
Sammy cominciò nuovamente a piangere.
 
«Cazzo, andate tutti all’Inferno!» gridò spazientito il giovane. «Riuscite a parlare normalmente? Lo state sconvolgendo» Poi rivolse la sua attenzione al bambino che teneva tra le braccia e abbassò la voce. «Shh, andrà tutto bene, Sammy. Shh. Mi prendo io cura di te, tranquillo»
 
John afferrò con un pugno il trench di Castiel. «Hai dato a mio figlio una pistola?»
«E’ stato necessario affinché proteggesse questa famiglia»
 
«IO proteggo questa famiglia. Non un bambino di quattro anni, non mio figlio!»
 
«Mi dispiace ma la prima volta hai fallito. Di conseguenza è diventato il compito di Dean»
 
«Prima volta? Di che diavolo stai parlando? Non ho mai fallito nel proteggere la mia famiglia!» disse John, incredulo e oltremodo furioso. «Non ho idea di chi tu sia, ma da adesso dovrai vedertela con la polizia. E non me lo impedirete questa volta: sempre che non ci abbiano pensato i vicini ad avvisarli»
 
«Ho fatto in modo che nessuno sentisse gli spari» mormorò Castiel.
 
John lo ignorò e si mosse verso l’uscita della camera, quando l’uomo col trench gli bloccò la strada.
 
«Non puoi farlo John Winchester»
 
«Spostati. O ti farò spostare io» lo minacciò John: diavolo, lui era un ex-marine, si sarebbe sbarazzato di quell’idiota senza versare una sola goccia di sudore. Infondo, quell’uomo poteva aver guarito suo figlio, ma aveva anche armato la mano di un bambino! Era un pazzo, e come tale lo avrebbe affrontato senza scrupoli.
 
«No. Si calmi John, o dovrò pensarci io»
 
«Mi piacerebbe vederti provare» disse il capofamiglia, lasciandosi sfuggire una risata sarcastica e forzatamente divertita.
 
«Non fargli del male, Cas»
 
«Assolutamente, Dean. Ma sta oltrepassando ogni limite»
 
John afferrò l'uomo per le spalle, con l’intenzione di sospingerlo fuori dalla stanza, quando Castiel allungò una mano e sfiorò la sua fronte. A quel punto, tutto divenne buio.
 
∞∞∞
 
«John!» gridò Mary, non appena il marito cadde pesantemente al suolo. Avrebbe voluto correre da lui, ma Dean si trovava ancora sul suo grembo e non si sentiva psicologicamente pronta a interrompere quel contatto fisico con il figlio redivivo.
 
«Cosa hai fatto?» chiese allora al presunto angelo.
 
«Sta bene, Mama. Cas l’ha semplicemente addormentato» la rassicurò il bambino, per poi rivolgersi a Castiel. «Amico, avresti potuto prenderlo, sai?»
 
L'uomo guardò John con un espressione sorpresa.
«Sì, in effetti avrei potuto. Non ci avevo pensato»
 
Dean scosse la testa con un’espressione divertita in viso.
 
Mary abbassò lo sguardo per vedere che Sam era nuovamente -e profondamente- addormentato. «Dean, sistemiamo Sammy a letto. Dopodiché, scendiamo a parlare»
 
Il ragazzo annuì e si alzò, tenendo il bambino stretto al petto. Mary prese il secondogenito dalle braccia di suo figlio e lo depose nella culla; poi si avvicinò e si inginocchiò accanto al marito. Non era granché preoccupata -dato che Dean sembrava piuttosto tranquillo- ma dopo un rapido controllo rilassò anche gli ultimi nervi tesi: John stava bene, ed effettivamente dormiva beato, producendo anche un lieve ronfio.
 
«Potresti portarlo a letto?» chiese allora a Castiel.
 
L’angelo annuì e allungò una mano per toccare l'uomo ai suoi piedi. E così, John sparì dalla sua vista.
 
∞∞∞
 
«Sta riposando nel suo letto. Probabilmente dormirà fino a mezzogiorno di domani. E con un po’ di fortuna, si sveglierà rinfrescato e più calmo»
 
Dean sbuffò. «Sì, certo. Sarà incazzato come non mai»
 
Mary non poté che essere a d’accordo con lui, anche se si sorprese nuovamente del suo linguaggio: non si sarebbe mai abituata a quei termini tanto forti.
«Ci penso io al corpo» si offrì Castiel indicando il cadavere dell’uomo posseduto.
 
«Grazie, Cas»
 
Mary sentiva di dover dire qualcosa, ma tutto quello che era successo le rimbombava in testa e le impediva di comporre un pensiero coerente. Provò allora a far mente locale.
Partiamo dall’inizio: un demone, lo stesso bastardo che mi costrinse a fare un patto, è entrato in casa per Sammy. Ha ucciso Dean, ed io l’ho a mia volta ucciso. Stava forse impazzendo? Era davvero successo tutto ciò? Fino a un ora prima non credeva nemmeno si potesse uccidere un demone!
E non è tutto, è comparso un angelo che ha riportato in vita Dean..
Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi avvertendo il principio di una terribile emicrania.
Non c'era da meravigliarsi se il marito aveva perso la testa. E a proposito di questo, avrebbe dovuto rivelare tutto a John, se voleva proteggere la vita e la famiglia.
La sola idea la spaventava più del dover affrontare un orda di demoni.
 
Un passo alla volta, pensò.
«Mentre lui pensa al corpo, tu ed io andiamo di sotto a parlare» ordinò in direzione del figlio.
        
Dean si morse il labbro inferiore e, nonostante avesse un aria particolarmente nervosa, annuì. Mary lo prese in braccio e lo tenne stretto a se mentre usciva della piccola camera; era riluttante a lasciare il figlio minore incustodito, ma non sembrando esserci ulteriori minacce, non voleva disturbare il suo sonno.
 
Mentre scendeva al piano inferiore, Dean appoggiò la testa sulla sua spalla e si aggrappò al suo collo, come se non volesse lasciarla andare: a quel gesto tanto dolce quanto disperato, Mary si chiese se il suo piccolo ometto fosse traumatizzato, nonostante l’aria sicura e quasi sfrontata usata fino a quel momento.
 
Quando entrò nel salotto, si sedette sul divano e si sistemò Dean in grembo. Una parte di lei voleva essere più severa con il bambino, voleva che Dean si sedesse di fronte a lei e la guardasse negli occhi mentre spiegava cosa stava succedendo. Ma il ricordo ancora vivido della sua morte, le impediva di lasciarlo andare.
Decise allora di non farci caso, e si limitò a porre la sua domanda:
 
«Cosa sta succedendo, Dean?»
 
«Uh.. Non so da dove cominciare» mormorò il figlio.
E vedendo i suoi occhi, colmi di una tristezza ed un dolore che un bambino di quattro anni non dovrebbe neanche immaginare, Mary sentì il cuore andarle in pezzi.
 
«Ecco, io.. io vengo dal futuro. Più o meno»
        
«Cosa?» chiese la madre, cercando di capire se stesse scherzando: perché era difficile non ridere di una simile affermazione.
 
«Per favore, lasciarmi finire» mormorò Dean, sovrappensiero. Come poteva descrivere la sua situazione senza far spaventare la madre? Non sarà una passeggiata, pensò.
Fece un profondo respiro prima di continuare.
 
«Il punto è questo: anni fa, in questo preciso istante, eri morta. Sei stata uccisa da Azazel dopo che lo stesso ha infettato Sammy con sangue demoniaco. La polizia archiviò la tua morte come un “incidente domestico” ma papà era convinto che si trattasse di omicidio, così iniziò a fare ricerche. E scoprì dell’esistenza del soprannaturale. Diventò un cacciatore e da quel momento portò me e Sammy in giro per l’America, in cerca di casi e di Azazel. Io restavo spesso indietro con Sammy, avevo il compito di proteggerlo; infatti mi addestrò per diventare un cacciatore. Poi Sammy scoprì la verità, ed entrò anche lui negli ‘affari di famiglia’. Per anni abbiamo cacciato assieme. Fin quando papà non rintracciò Azazel, che però lo uccise. Un anno dopo, ho ammazzato io stesso quel figlio di puttana. Poi sono successe un sacco di schifezze che hanno portato il mondo sul punto di non ritorno.. Così Cas mi ha proposto di tornare indietro nel tempo per impedire che tutta quella merda accadesse nuovamente. E.. Beh, questo è tutto»
 
Mary, al termine del discorso, si limitò a fissare il figlio, pregando di vederlo sorridere o -addirittura- ridere; perché quello doveva essere uno scherzo, non la realtà. Ma infondo sapeva, sentiva che stava dicendo la verità. Una madre sa sempre quando il bambino mente. Ma ancora..
 
«No. No, è impossibile» mormorò.
 
«Sta dicendo la verità»
 
Mary si girò e guardò sotto shock Castiel, in piedi e a pochi metri di distanza.
«Ma come..»
 
«Ci sono diversi motivi per cui non ho potuto lasciare Dean nel suo corpo adulto. Diciamo che doveva essere così»
 
Mary guardò sconvolta il bambino, e cercò di assimilare il fatto che non era chi sembrava. Ma come poteva farlo? Infondo sembrava il suo Dean, il suo dolce bambino.. Tranne, naturalmente, per gli occhi. Suo figlio non aveva mai avuto quello sguardo.
 
«Va bene, ma quel futuro è stato cambiato, giusto?» disse Mary.
«Si» confermò Castiel.
 
«Allora perché Dean è.. ancora così?»
 
«Perché è quello che è»
 
«No, Dean è un bambino dolce ed innocente»
 
«Mama..» cercò di dire il figlio.
 
Mary scosse la testa mentre si alzava; la persona che sembrava il figlio, cadde pesantemente sul divano, di schiena.
«No. Io rivoglio mio figlio» disse, con un tono che non ammetteva repliche.
«Sono io tuo figlio» sussurrò Dean, improvvisamente spaventato dall’inaspettata piega del discorso.
 
«No» Mary scosse di nuovo la testa.
Possibile che quell’angelo non potesse fare niente? Non le sembrava di chiedere molto: rivoleva solo il suo bambino, e non quel ragazzino che era in realtà un uomo e sembrava essere sopravvissuto a parecchie guerre, senza però uscirne davvero. Suo figlio non avrebbe mai dovuto vivere così!
 
«Mama, ti prego» la voce di Dean era incrinata, e le lacrime a malapena trattenute nei grandi occhi verdi.
 
Mary scoprì di non poter guardare quegli occhi; non per più di qualche secondo, non senza perdere la propria sanità mentale.
«No, mio figlio è un bambino innocente» ripeté. «Questo.. questo non può essere vero..» si allontanò dal divano per affrontare Castiel.
 
«Riportami mio figlio. Rivoglio subito il mio Dean!»
 
«Mama, sono io il tuo Dean» E la piccola vocina era troppo rotta per appartenere ad un bambino di soli quattro anni.
 
E nonostante ciò le provocasse un dolore sordo al petto, Mary non riuscì a guardarlo in faccia.
«No, non lo sei. Non puoi esserlo» Perché non ho mai voluto che il mio Dean conoscesse questo genere di dolore, aggiunse mentalmente, ma senza riuscire a dirlo ad alta voce: la troppa paura -mista alla disperazione-  le impedivano di parlare ancora.
        
Ma non appena sentì dei passi si voltò, vedendo Dean correre al piano superiore, il piccolo viso stretto fra le mani.
Ottimo. Senza volerlo, lo aveva ferito maggiormente! Ma non aveva sufficiente forza di volontà per seguirlo; non voleva vedere la persona devastata che era diventato. Perché era certa che anche lei si sarebbe spezzata.
Spezzata per i sensi di colpa.
 
∞∞∞
 
Dean corse nella sua camera da letto, cercando di trattenere i singhiozzi che minacciavano di sopraffarlo. Chiuse frettolosamente -e con qualche difficoltà data la sua piccola altezza- la porta, poi si lanciò sul letto. E lì, raggomitolato su se stesso, sentì il suo corpo tremare violentemente, mentre calde lacrime di pura disperazione gli sconquassavano il petto. Sapeva che la colpa di quel rilascio di emozioni era da imputare al suo corpo infantile, ancora troppo piccolo per saper trattenere le lacrime.
Odiava quella situazione. La odiava perchè lui, abituato da sempre a trattenersi, era costretto ad affrontare le emozioni di un fottuto bambino. E non poteva farlo: non era mai stato a bravo a convivere con quelle di un adulto, preferendo di gran lunga seppellirle e ignorarle, figurarsi quelle infantili!
 
Rivoglio il mio Dean. Mama, sono io il tuo Dean. No, non lo sei.
 
Lo aveva rifiutato. Sua madre lo aveva respinto.
Nel corso degli anni, Dean era stato abbandonato dal padre più volte di quante potesse contarne – senza dimenticare che non aveva mai ottenuto la sua piena approvazione. Dopodiché anche Sam l’aveva lasciato, ovviamente deluso dal patetico fratello maggiore.
L'unica persona che non l'aveva mai cacciato era stata la madre. Ma ora sapeva la verità: Mary non l’aveva fatto perché morta prima di poter vedere il figlio adulto. Prima di poter vedere che razza di schifo era diventato.
 
Rivoglio mio figlio.
 
Possibile che fosse un tale fallimento? Possibile che la sua stessa madre non riuscisse a chiamarlo “figlio”? Beh, probabilmente era così. Infondo era lì, rannicchiato sul suo letto a piangere, e non fra le braccia morbide di Mary.
Ma ora cosa sarebbe successo? Che cosa sarebbe successo se l'avesse mandato via? Sarebbe rimasto solo. No. No, perché dovrebbe farlo? Una madre non lo farebbe mai..
 
Rivoglio il mio Dean.
 
Era ovvio che lei non lo voleva.
In più, John l’aveva respinto la prima volta; perché avrebbe dovuto volerlo ora? Senza contare il piccolo Sammy: ora aveva sia la mamma sia il papà. Che bisogno aveva di un fratello patetico come lui?
Quindi sì, era destinato ad essere abbandonato e dimenticato. Ma almeno, il resto della sua famiglia avrebbe avuto una nuova e bella vita. E contava solo questo, per Dean, anche se non poteva non provare compassione per se stesso: lui non avrebbe mai avuto ciò che più desiderava. Perché ancora una volta, era stato respinto.
 
Rivoglio il mio Dean. Mama, sono io il tuo Dean. No, non lo sei.
 
Con le parole che ancora vorticavano nella sua mente, e soffocando il senso di felicità che aveva provato con la morte di Azazel, Dean tirò la coperta fino e oltre il suo corpo, improvvisamente ghiacciato. Poi, sconvolto, chiuse gli occhi cadendo in un sonno agitato.

 
 
 
I don't own anything of this story: the characters are not mine.
 
 
 
Note dell’Autrice:
Ciao a tutti! c:
Per prima cosa, voglio scusarmi con coloro che seguono questa storia per l’IMMENSO ritardo. E’ imperdonabile, lo so. E ne sono davvero dispiaciuta, non è mai stata mia intenzione abbandonarla per mesi interi, senza nemmeno un avviso; purtroppo, cause di forza maggiore mi hanno impedito di proseguirla.. Ma ora sono tornata, e vi prometto che sarò regolare come un orologio svizzero ;)
 
Bene, dopo queste piccole scuse parliamo un po’ del capitolo: Dean è vivo! Gioite pure quanto volete, ma devo avvisarvi: non pensate che sia tornato dalla morte in maniera scontata. Fra molto molto molto tempo si scoprirà un piccolo aneddoto su questa sua “risurrezione” all’apparenza normale. C’è un piccolo indizio a riguardo, vediamo chi lo trova!
Che altro dire.. Il capitolo non è particolarmente movimentato, ne sono consapevole. Come so che è un poco confuso, soprattutto nell’inizio: la colpa di questo risultato è sia della mia poca capacità di scrittura, ma soprattutto per mio desiderio: volevo far capire la confusione che provano Mary e soprattutto John, di fronte agli avvenimenti. Spero comunque di non aver incasinato troppo le cose.
Ah, e ci tengo a ribadire: io ADORO il personaggio di Dean. Tutti i pensieri terribili che trovate, sono propri del personaggio, non dell’autrice!
 
Bene, dette queste cose, non mi dilungo oltre o rischio di scrivere un capitolo di sole note.. Vi avviso però che i prossimi capitoli saranno relativamente tranquilli: prima di vedere un po’ d’azione, devono calmarsi le acque in casa Winchester: ma altri personaggi arriveranno presto!
 
Bene, spero di ricevere qualche recensione! Fatemi sapere cosa ne pensate, se ho affrontato le cose –diciamo le reazioni- nel modo giusto, e se la lunghezza del capitolo (più lunga dei precedenti) annoia o funziona.
A presto,
Winchester_Flame.

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Capitolo 5
*** Chapter 4 | Risposte Temute ***


Family Come Always First
Chapter 4 | Risposte Temute
 

 
Castiel guardò Dean fuggire dalla stanza, e si domandò cosa potesse fare.
Il suo primo istinto era quello di seguire l'amico, magari consolarlo; perché l'angelo sapeva che la reazione del giovane era dovuta dalla giovane età di quel corpo, in cui ormoni ed emozioni si stavano ancora stabilizzando. Insomma, Dean aveva bisogno di aiuto per affrontare tutti quegli avvenimenti. A maggior ragione dopo lo 'scontro' con la madre. 
Ma, allo stesso tempo, non era certo che Dean avrebbe accettato un simile aiuto.
 
Al contrario, Mary Winchester sembrava averne bisogno; in fin dei conti, tutte quelle informazioni erano davvero ardue da accettare. Ma se Castiel fosse riuscito ad aiutarla, forse le cose si sarebbero sistemate anche per Dean.
Bene.
Una volta presa la decisione, l’angelo si avvicinò alla madre, ancora sconvolta e nuovamente seduta sul divano.
 
«Mary, Dean è tuo figlio. So che è difficile da accettare, ma devi fidarti di me: Dean è un uomo buono e giusto. Una persona di cui essere orgogliosi»
 
Mary lo guardò «Non è questo il punto.. Lui non dovrebbe essere un uomo. Dovrebbe essere un bambino. Non avresti dovuto lasciargli i ricordi del sé adulto, Castiel. Non è giusto»
In pochi secondi, era passata dall’essere triste a tremendamente arrabbiata, e la sua rabbia era unicamente diretta a lui.
 
Castiel inclinò la testa di lato «Capisco. Pensi che io abbia forzato la mente di Dean, inserendo ricordi del lui futuro ed adulto. Non è così, Mary. Ho semplicemente preso l'anima di tuo figlio trentenne, e l’ho riportata indietro nel tempo, nel corpo del se stesso di quattro anni»
 
«E quale sarebbe la differenza? Ha comunque perso la sua infanzia»
 
«No, non è così. Dean ha avuto la propria infanzia. Poi è cresciuto. Il Dean che tu conosci non è stato distrutto, ha solo vissuto trent’anni in più. Quando gli ho offerto la possibilità di tornare a questa notte -per prevenire la tua morte-, ha accettato. Ma non posso toglierli quegli anni di conoscenza per avere una seconda infanzia.. Anche se entrambi pensiamo la meriti»
 
«Perché no?»
 
«Perché il futuro risulterebbe peggiore di quanto non era. Le persone salvate da voi Winchester, devono nuovamente essere salvate. Alcuni eventi non possono essere cambiati»
 
«Può farlo qualcun’altro» insistette Mary. E Castiel capì da chi l’amico avesse ereditato la propria testardaggine.
 
«Se fosse così facile, io stesso avrei preso tale onere da tuo figlio..» mormorò Castiel, abbassando la testa; non voleva vedere l’espressione di pura e cocente delusione della donna. Ma poteva capirla: lui stesso desiderava esistesse un altro modo.. Ma questa era l’unica opzione a loro concessa.
«..Ma deve essere lui a compiere determinate azioni. Inoltre, sia gli angeli che i demoni hanno piani che, grazie a Dean, sono stati sventati stasera. Ma nessuno di loro rinuncerà ai propri scopi. Cercheranno vendetta. E senza la sua esperienza, Dean soccomberebbe in pochissimo tempo. Non sarà facile per lui, ma questa volta avrà un poco di supporto»
 
«Supporto? Cosa intendi? Non aveva supporto prima?»
 
«No. Con te morta, e tuo marito ossessionato con la caccia, Dean è rimasto solo. Ha badato e cresciuto sé stesso e suo fratello. Confido che questa volta sarà diverso» Castiel sapeva che le sue parole suonavano come un ordine velato di minaccia, ma voleva accertarsi che Dean fosse trattato bene. Non poteva incolpare Mary per la sua iniziale reazione alla scoperta dell’unicità della situazione del figlio, ma non le avrebbe permesso di continuare a ferirlo. Dean meritava il meglio.
 
«Ma ormai è cresciuto così. Cosa diavolo posso fare ora?»
 
Castiel pensò a un modo semplice e pratico per spiegarle la situazione.
«Sono certo che hai visto la sua reazione emotiva, poco fa» disse, e non appena Mary annuì, continuò: «Prima che lo portassi qui, Dean non avrebbe mai reagito in quel modo. Sarebbe rimasto sconvolto, certo, ma avrebbe nascosto i propri sentimenti a tutti. Devi capire che nonostante i suoi ricordi di adulto, è un bambino di soli quattro anni. Le emozioni che gli vedi affrontare non sono quelle del sé trentenne. Lo negherà e cercherà di comportarsi come un adulto, ma avrà più che mai bisogno di te»

«Me?»
«Dean ha sentito molto la tua mancanza. Riaverti con sé sarà una gioia»
 
Castiel notò come Mary stesse pensando e rivalutando il tutto. Sapeva che nonostante il dolore dell’aver perso il proprio bambino dolce e spensierato, amava ancora Dean.
 
∞∞∞
 

Mary cercò di comprendere quello che Castiel le aveva appena detto. Ma non sapeva come sentirsi a riguardo.
 
Una parte di lei era triste all’idea di aver perso il proprio Dean, ma il bambino che era appena corso al piano superiore era il suo Dean.
 
Si prese la testa fra le mani, cercando di riordinare i propri pensieri. E le proprie emozioni.
Da una parte, era ancora arrabbiata con Castiel per avergli dato i ricordi di un adulto ad un età così giovane. Anche se, a sentire l’angelo, non era esattamente così. E mentre cercava di comprendere cosa significasse tutto ciò per Dean,  Mary capì che Castiel era davvero affezionato al figlio.
Oltre a ciò, era ancora spaventata per gli avvenimenti della serata: da cominciare dall’attacco del demone, per finire con Castiel, che sosteneva che la strada fosse ancora lunga.
 
Dio, com’era confusa. Ed era certa che niente potesse rispondere a tutte le domande che le frullavano in mente, cosa che la infastidì parecchio. Ma forse Castiel poteva rispondere ad alcune.
 
«Perché Dean? Perché deve affrontare tutto questo?»
«Perché così deve essere. Tempo fa gli ho detto che il destino non può essere cambiato, ed avevo ragione. Ma ho poi scoperto che solo alcuni eventi possono essere alterati, mentre altri devono necessariamente avvenire. E Dean deve cacciare. Deve salvare il mondo»
 
Mary lo fissò «Il mondo? Mi sembra un bel fardello da addossargli»
 
«Lo è» ammise Castiel «Ma noi possiamo aiutarlo lungo la strada»
 
Mary cercò di digerire anche quest’ultima notizia: il suo piccolo ometto [che infondo tanto piccolo non era] doveva salvare l’intero pianeta. Ora si sentiva un illusa nello sperare di dargli una vita facile e felice.
 
«Resterai al suo fianco?»
 
Castiel sembrò pensarci prima di rispondere: «Avevo considerato l’idea di tornare al mio tempo, anche se ciò significherebbe smettere di esistere dal momento che ciò che sono ora, lo devo ad avvenimenti che non avverranno più. Ma ho la sensazione che Dean necessiti di me»
 
«Certo che ne ha!» esclamò Mary, con un impeto che colse entrambi di sorpresa «Sei l’unico che lo conosca davvero. Avrà bisogno di te»
Quant’era difficile ammettere che un perfetto sconosciuto conoscesse il figlio meglio della madre stessa!
 
«Allora resterò con lui»
 
Mary guardò l’angelo negli occhi. Cominciava a piacergli. Si vedeva quanto ci tenesse a Dean, ed anche se Mary non fosse stata presente nella vita futura del figlio, qualcuno per lui c’era.
 
«Da quanto conosci Dean? Come vi siete incontrati?»
 
«L’ho incontrato alcuni anni fa» rispose l’angelo.
 
Bene, questo significava tutto e niente. Ma grazie a questa risposta, Mary capì che le stava nascondendo qualcosa: la sua voce era troppo nervosa, i lineamenti del viso troppo tesi. E se prima l’angelo era stato tanto disponibile a condividere certe informazioni shock, i due non dovevano essersi incontrati in un bel modo.
 
«Cosa gli è successo?» chiese la madre «Mi hai già detto che ha dovuto crescere sé stesso e Sam. E’ stato costretto a diventare un cacciatore e -parole sue- sono successe molte ‘schifezze’. Ma cosa gli è successo alcuni anni fa? Perché un angelo si è preso il disturbo di incontrarlo?»
 
Castiel cambiò ripetutamente l’appoggio dei piedi, prima di alzare lo sguardo sul suo «Ho strappato Dean dall’Inferno»
 
«Inferno? Intendi.. Intendi una brutta situazione, giusto?» chiese la donna, dopo alcuni secondi di silenzio.
«No. Intendo proprio l’Inferno. La sua anima è stata mandata laggiù e torturata. Ed io sono stato incaricato di farlo evadere. Così l’ho afferrato e ho riportato l’anima nel suo corpo»
 
Mary era grata di essere seduta, perché in quel preciso momento si sentiva debole.
L’Inferno. Il suo bambino era stato all’Inferno. Un luogo di eterno dolore e tormento.. No. Tutto questo era.. No.
 
«Ma.. Come? Perché? Avevi detto.. che è cresciuto come un uomo buono e giusto. E se è vero, perché si trovava all’Inferno?»
 
«Dean vendette l’anima per riportare in vita Sam, dopo che un soldato di Azazel l’ha pugnalato alle spalle. Gli fu dato un anno, e quando il tempo si esaurì, fu portato laggiù»
 
 «E tu hai permesso che gli succedesse tutto questo?»
 
«A quel tempo non lo conoscevo. Non era mio compito badare a lui»
 
«E chi si preoccupava di lui, huh? Gli ho sempre detto che gli angeli vegliavano su di lui, mentre invece ve ne stavate tutti seduti sulle nuvole a rilassarvi.. E il mio bambino è stato costretto a vendere la propria anima agli Inferi!» Poi, un pensiero le attraversò la mente, e un brivido di gelido terrore le attraversò la schiena «Oddio.. Ti prego dimmi che i mastini infernali non sono venuti per lui»
Il silenzio dell’angelo, fu una risposta più che eloquente. Poche ed amare lacrime scesero sul viso della donna «Mio Dio.. Non posso credere che Dean.. No. Per quanto tempo? Quanto tempo è passato prima che lo salvassi?»
 
«Pochi mesi quassù, ma molti anni laggiù. Mi dispiace di essere arrivato così tardi. Nemmeno per un angelo è facile assediare l’Inferno»
 
«Quanto è.. stato brutto per lui?» chiese Mary, nonostante il timore della risposta, e il senso di stupidità che quella domanda posta le provocava.
 
«Brutto. Ma tuo figlio è forte. Il più forte umano che io abbia mai conosciuto. E’ sopravvissuto»
 
«Non avrebbe dovuto farlo»
«No, non avrebbe dovuto» ammise Castiel.
 
Mary rimase così per diversi minuti, seduta ed in silenzio, cercando di digerire tutte le novità. Aveva sempre immaginato che Dean crescesse in una famiglia piena di amore, che eccellesse a scuola (dato che già mostrava di essere un bambino intelligente e molto creativo), trovasse un buon lavoro, ed infine trovasse e sposasse una brava ragazza. Era il sogno di ogni madre infondo, vedere i propri figli felici mentre si costruivano una propria famiglia da amare.
Ma ovviamente era tutto troppo bello per essere vero. Perché il suo Dean era cresciuto senza nessuno al suo fianco, aveva imparato ad uccidere creature mostruose invece che frequentare la scuola, era diventato un cacciatore a tempo pieno e, per completare l’opera, era stato ucciso dai mastini infernali per essere trascinato all’Inferno.
Era tutto così dannatamente lontano da ciò che desiderava per lui!
 
«E com’è? Come è cresciuto?»
 
«Dean è coraggioso, leale e molto forte. Non si tira mai indietro nei momenti di difficoltà e questo l’ha aiutato a diventare un esperto cacciatore. Sa essere compassionevole. Ha uno strano senso dell’umorismo e nasconde i suoi sentimenti dietro una facciata di indifferenza»
 
«Almeno c’è felicità nella sua vita?» chiese ancora la madre, ansiosa di sapere.
 
«Beh, è soddisfatto quando conclude una caccia» rispose criptico.
 
«No, intendo se è felice. Se qualcosa lo rende davvero felice»
 
«Guidare l’Impala gli da gioia. Ed è felice quando riesce a rendere felice Sam. Gli piacciono i cibi grassi e le torte. Oh, e sembra molto felice quando indugia in alcool e donne»
 
A quelle ultime parole, Mary alzò d’istinto una mano per stroncare la discussione «Basta così. Non voglio sapere queste cose»
 
L’espressione di Castiel mostrò tutta la sorpresa e la confusione per quella brusca interruzione «Ma hai appena chiesto..»
 
«Certo, ma nessuna madre vuole sapere certe cose dei propri figli adulti»
 
L’angelo annuì, nonostante sembrasse spaesato da quelle parole.
Ma la sua risposta aveva reso Mary ancora più triste: non solo aveva vissuto momenti terribili, ma non conosceva neppure  un poco di felicità. E il senso di colpa crebbe a dismisura a quella nuova consapevolezza; perché lei aveva aggiunto un ulteriore elemento alla sua eterna lista di dolore:
Rivoglio il mio Dean. Mama, sono io il tuo Dean. No, non lo sei.
 
Sapeva che doveva rimediare il prima possibile a quell’errore.
E per questo si decise a salire nella sua stanza.
Dovevano parlare e lei doveva spiegargli che lo amava ancora. Che lo avrebbe sempre amato.
 
Ma proprio in quel momento, un urlo di straziante e puro dolore invase il silenzio della notte.
«DEAN!»

 



 
I don't own anything of this story: the characters are not mine.
 
 
 
Note dell’Autrice:
Bentrovati ragazzi! Spero abbiate passato un bel fine settimana c:
Allora, parliamo subito del capitolo: innanzitutto devo dire che sì, il capitolo è più corto del precedente. Non sto diventando una scansafatiche [tranquilli!], ho solo pensato a questo pezzo, come ad una chiarificazione di ciò che è accaduto al nostro Dean: così potrete avere le idee più chiare, anche se avrete ancora mille domande!
Inoltre volevo incentrami un poco su Mary, amo il suo personaggio ma non sappiamo poi molto di lei.
 
So anche che non contiene molta azione, ma –come ho detto nel capitolo precedente- prima di vedere dell’angst, devono sistemarsi le cose in casa Winchester: quindi vi avviso che nel prossimo capitolo ci saranno momenti di incredibile dolcezza, di divertimento.. Oh, e anche di paura! Infondo Dean è.. Beh, diciamo che il suo urlo è molto strano.
Secondo voi cosa è successo? Do il via alle scommesse, forza!
 
In ultimam, ringrazio tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo [siete fantastici!] e spero di ricevere qualche recensione per questo capitoletto.. Grazie anche a chi si limita a leggere!
A domenica prossima ragazzi!
Winchester_Flame.

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Capitolo 6
*** Chapter 5 | Paure, Ansie e Relax ***


Family Come Always First
Chapter 5 | Paure, Ansie e Relax
 
 
Dean strinse i denti per il forte dolore che gli sconquassava le membra. Era sospeso nel vuoto da.. beh, non aveva ancora idea di cosa gli lacerasse le carni, ma di certo non era niente di positivo. Erano catene. E queste erano collegate a dei grossi e arrugginiti uncini conficcati in lui.
Ed ogni suo minimo movimento faceva muovere quegli uncini, che gli strappavano la carne e i muscoli.. ma infondo era impossibile stare perfettamente immobili. Senza contare che il peso del suo corpo lo spingeva in basso, contro un sottile lastra di metallo incandescente. Oh, e faceva così caldo. Così mortalmente caldo che il sudare scorreva incontrollato dall’intero corpo.
La gola bruciava dal tanto urlare quell’aiuto che mai sarebbe giunto. Sperava disperatamente che il tutto durasse poco, ma sapeva che non sarebbe finito tanto presto. E non poteva nemmeno sperare che la morte portasse fine alle sue sofferenze, dal momento che era già morto. Morto e all’Inferno. Il suo eterno tormento era appena iniziato, e già era allo stremo.
 
All’improvviso sentì le catene muoversi: tiravano brutalmente verso l’esterno, ma gli uncini rimanevano ben conficcati in lui. Dean ritrovò improvvisamente la forza di gridare, e si lasciò andare ad un urlo straziante ed agonizzante mentre la carne si apriva, e lui cadeva nel vuoto sottostante.
 
Ma questa non durò molto, e si fermò su di una fitta ragnatela di catene già sanguinanti. Tremò per l’intenso dolore ed emise dei gemiti soffocati mentre cercava di muoversi.  Del sangue scorreva libero dalla ferita sulla spalla ormai aperta, e il fianco era nelle stesse pietose condizioni. Beh, in realtà quasi ogni parte del suo corpo era messo così. Cercò di mettersi in ginocchio per capire cosa fare, ma prima di poter pensare ad un qualsiasi piano, decine di uncini sbucarono dal nulla e la maggior parte delle catene sparì. Avvertì perfettamente la famigliare sensazione della carne squarciata, e comprese che era ricominciato tutto da capo.
 
Dean cercò di urlare per il dolore, ma dalle sue labbra non uscirono che fiotti di sangue: quella volta, un uncino gli aveva perforato la gola, trapassandola da parte a parte. Lacrime amare scorrevano sul suo volto devastato, mentre cercava una posizione in cui provare un poco di sollievo. Ma non esisteva tregua all’Inferno. Esistevano solo dolore, disperazione  e tormenti.
 
Il cacciatore non aveva idea di quanto tempo passò prima di avvertire le catene muoversi e spingere nuovamente fuori da lui. Questa volta non emise nessun suono, mentre pezzi della sua carne venivano staccati dal corpo e cadevano nel vuoto. Finché Dean stesso non cadde nuovamente, per finire su una nuova fitta trama di catene.
 
Ma non aspettò di veder ripetersi quella tortura. Rotolò faticosamente all’estremità della rete, e cadde ancora. E ancora. Dean pensò che continuando a cadere, sarebbe infine giunto alla fine di quel supplizio ideato per lui. Forse avrebbe trovato quel momento di agognato sollievo. Ma all’improvviso, all’ennesima spinta, si ritrovò catapultato in una caduta libera.
 
Il volo durò un’eternità, e l’impatto fu qualcosa di particolarmente orrendo. Il giovane avvertì le ossa dell’intero corpo rompersi, le interna ridursi in poltiglia. Sfortunatamente per lui però, era ancora cosciente quando ciò che restava del suo corpo prese fuoco, dapprima bruciando in modo leggero, per poi concludersi con fiamme vive. 
E mentre la pelle si anneriva e colava sul sudicio pavimento, non riuscì né a muoversi né a urlare. Le sue interna si attorcigliarono mentre arrostivano e si annerivano, e quel dolore.. Oh, quel dolore era peggio di qualunque cosa avesse mai pensato!
E nonostante sapesse di non poter urlare, la sua bocca si aprì in un urlo di muto orrore e dolore.
 
«Ahhh!» Dean non aveva ancora compreso che il suo grido era più che udibile. No, lui voleva solo scappare da quel supplizio. Ma sapeva che non sarebbe mai riuscito a soddisfare quel suo desiderio, così continuava ad urlare. Poi, delle braccia lo circondarono ed una nuova stilettata di paura lo percosse, mentre si chiedeva chi poteva essere. E soprattutto, cosa voleva da lui.
«No! Basta! Lasciami andare, ti prego! Ti prego!» Era consapevole di star supplicando, ma non poteva impedirselo. Tutto ciò che stava vivendo era semplicemente troppo per lui. Si aspettò di sentire il suo carceriere ridere sprezzante, deridendolo… Mentre a parlare fu una voce calma e molto dolce, che gli sussurrava con tenerezza che andava tutto bene. Che era al salvo.
 
«Dean, tesoro, svegliati. Va tutto bene. Nessuno ti farà del male, piccolo mio. Sei al sicuro. Va tutto bene, Dean. Tutto bene»
 
Dean aprì gli occhi per ritrovarsi non all’Inferno, ma a ciò che lui considerava alla stregua del Paradiso. Sua madre lo stringeva con fermezza a sé, massaggiandogli la schiena e parlando con tono rassicurante e dolce.
Mai come in quel momento, il giovane si sentì amato e al sicuro. Tremante, si allungò sulla madre per stringerle le braccia al collo. E pianse.
 
 
∞∞∞
 
 
Mary irruppe nella camera di Dean, aspettandosi di vedere un demone che tentava nuovamente di uccidere il figlio. Invece lo vide costretto fra le lenzuola -irrimediabilmente attorcigliate sul suo esile corpicino- che emetteva versi di fastidio e disagio.
Corse subito al suo fianco, e si sedette con cautela sul letto.
 
«Dean, tesoro, svegliati»
 
Ma il figlio non si svegliò. Al contrario, gemette rumorosamente e tremò nel sonno. E Mary, a quella vista, non poté impedirsi di ricordarsi di una vecchia caccia fatta con il padre. Erano sulle tracce di un lupo mannaro e, sfortunatamente, lo avevano rintracciato troppo tardi: aveva già colpito la sua nuova vittima. E quel giovane uomo emetteva dei suoni talmente agonizzanti che, quando morì, fu un sollievo.
Quel ricordo le fece venire la pelle d’oca, e sapere che il figlio esalava gli stessi identici suoni, le infranse il cuore.
 
«Dean?»
 
A quel punto, un ulteriore grido di panico e dolore riempì la stanza. Senza ulteriori indugi, Mary sollevò il figlio e lo liberò delle coperte stringendolo al proprio petto. Ma lui cominciò a ribellarsi a quella stretta, e contemporaneamente la pregò -no, la supplicò- di lasciarlo andare. Cosa stava succedendo al suo bambino?
Non capiva, ma era certa che Dean non fosse ancora cosciente di ciò che lo circondava; così lo strinse maggiormente a sé e cominciò a massaggiargli dolcemente la schiena.
 
«Dean, tesoro, svegliati. Va tutto bene. Nessuno ti farà del male, piccolo mio. Sei al sicuro. Va tutto bene, Dean. Tutto bene» mormorò, senza smettere di cullarlo.
 
Gli occhi di Dean si aprirono e smise all’istante di combatterla. Poi, gli stessi si riempirono di lacrime mentre la stringeva con disperazione: e la madre si sentì invadere da una profonda tristezza nel vedere il figlio piangere e tremare così violentemente.
 
Continuò comunque a cullare il figlio, e non poté impedirsi di sollevare gli occhi verso Castiel, lanciandogli uno sguardo interrogativo. Si chiedeva se quell’ipotetico incubo fosse il risultato della sera appena passata, o qualcos’altro. Ma l’angelo non la stava guardando: al contrario, osservava Dean con tanta paura che Mary capì che il figlio non stava sognando del semplice incontro di un demone.
 
Passò una mano fra i morbidi capelli di Dean, mentre questo si tranquillizzava.
 
«Ehy, tesoro. Cosa è successo?»
 
Il bambino alzò le spalle. «Niente. Un brutto sogno»
 
«Vuoi raccontarmelo?»
 
«Nah, va tutto bene.  Starò bene» mormorò cercando di rassicurare la madre, nonostante le lacrime che scorrevano indisturbate sul suo volto.
 
«Dean.. Sai che puoi parlarmi liberamente, vero?»
 
«Non c’è nessun problema, davvero» e detto ciò, si spostò lasciandosi cadere sul materasso. Mary notò solo allora cosa indossava: il pigiama strappato ed ancora insanguinato.
 
«Sarebbe meglio darti una pulita»
 
Dean abbassò lo sguardo su sé stesso, sorpreso di vedersi ancora ricoperto di sangue.
 
«Uh, già.. Vado subito a lavarmi»
 
«Ti preparo l’acqua non appena prendo dei vestiti puliti» si offrì Mary, avvicinandosi all’armadio ed aprendolo.
 
«Lo faccio io» ribatté subito Dean.
 
«Dean, lascia che ti aiuti»
 
«SMETTILA!» urlò il giovane cacciatore, sorprendendo la madre che si voltò sorpresa. Il suo tono era addolorato mentre lo diceva, gli occhi lucidi di lacrime a fatica represse.
 
«Smetterla di fare cosa?» chiese Mary, temendo di vederlo arrabbiarsi per come lo trattava: infondo non era più un bambino, e Castiel stesso l’aveva avvisata che sarebbe successo.
 
«Smettila di fingere che ti interessi! Non so perché lo fai, ma smettila!»
 
«Dean, non sto fingendo. Sono tua madre, ti voglio un bene dell’anima: è normale che mi interessi di te»
 
«Ma… no. Hai detto che non sono tuo figlio. Tu non mi vuoi. Non mi vuoi come parte di questa famiglia, quindi non dire che ti importa!»
 
Ora era Mary a dover combattere contro le lacrime «No, tesoro. No. Hai frainteso le mie parole, non intendevo quello che pensi. Solo.. è doloroso sapere che il proprio figlio ha dovuto sopportare tanti avvenimenti e perdite. Ma io ti voglio ancora. Ti amo ancora come una madre ama il proprio adorato figlio. E sarà così per sempre»
 
Dean la guardava con un misto di speranza e incertezza sul gioviale volto «Quindi.. Non ti ho deluso?»
 
«Mai» rispose la madre, abbandonando il pigiama nell’armadio e riavvicinandosi a lui per stringerlo fra le braccia.
 
Dopo alcuni secondi, sentì Dean ricambiare l’abbraccio. Lo strinse forte prima di sistemarlo nuovamente fra le coperte. E lì, lui sorrise. Mary capì subito che era ancora incerto, ma con il tempo sapeva di poter metter fine a quei dubbi totalmente assurdi.
 
«Allora vado a preparare l’occorrente, va bene?»
 
«Ok, mamma» acconsentì Dean.
 
Mary si voltò verso Castiel, rimasto in silenzio per tutto il tempo «Lo terrai d’occhio mentre sono di là?»
 
«Ovviamente»
 
«Ragazzi, sono ancora qui» commentò il giovane, seccato che parlassero di lui come se non sentisse.
 
«Torno subito» ribadì Mary, uscendo dalla stanza.
 
 
∞∞∞
 
 
Dean osservò sua madre uscire dalla stanza. Non era sicuro di cosa pensare.. o cosa provare: desiderava disperatamente che le rassicurazioni appena fatte fossero reali e sincere, ma era difficile crederci. Nella sua esperienza, era stato voluto per alcuni aiuti e sostegni nelle caccie; ed appena queste finivano, veniva abbandonato in quanto inutile.
Ma lei aveva detto di volerlo, sempre. E di amarlo. Quindi forse significava non lo avrebbe abbandonato. Forse..
 
A quel punto, Dean si voltò verso Castiel, imbarazzato all’idea che l’angelo l’avesse visto piangere come un poppante.
«Amico, che diavolo sta succedendo? Ho appena avuto il peggior flashblack della mia vita! E intendo una vera merda: nemmeno dopo che hai tirato il mio culo fuori di lì, erano così!»
 
«Credo sia un effetto collaterale della tua nuova età: la mente di un bambino non è equipaggiata per sostenere certi ricordi»
 
«Uh, quindi? Continueranno a tornare?»
 
«Non lo so»
 
«Come non lo sai? Sei stato tu ad avermi fatto questo!» esclamò stizzito, indicando il proprio minuscolo corpicino.
 
«Sì, ed è la prima volta che lo faccio. Ne so quanto te, Dean»
 
«Fantastico» commentò sarcastico il cacciatore. Ma internamente era terrorizzato all’idea di rivivere quegli incubi così vividi.
 
Con un colpo di reni, il piccolo Winchester scese dal letto e si diresse alla scrivania. Prese la sedia e l’avvicinò all’armadio; vi salì in piedi e, dopo aver aperto le ante con alcune difficoltà, ne estrasse un pigiama blu. Sul petto vi erano disegnate delle fiamme rosse ma, nonostante non fossero nel suo stile, se lo fece piacere: meglio delle sciocche fiamme che il pigiama rosso cremisi.
A quel punto richiuse l’armadio e scese dalla sedia con un piccolo balzo.
 
«Potevo prendertelo io» commentò Cas.
 
«Beh, puoi renderti utile mettendo via la sedia» fu la risposta accompagnata da un sorriso sardonico.
 
Castiel fece come richiesto, nonostante Dean scherzasse. Ma infondo sapeva che a causa della sua piccola taglia, avrebbe necessitato di un aiuto quasi continuo, anche per semplici azioni quotidiane. Ma che fosse dannato (di nuovo) se avesse permesso a chiunque di fare tutto per lui. Anche se una parte di sé -quella piccola traditrice- pensava fosse carino sentirsi importante e amato così.
 
Senza guardarsi indietro, Dean entrò nel bagno per lavarsi dal suo stesso sangue ormai secco, e, possibilmente, dagli orrori di quella notte apparentemente eterna.
 
 
∞∞∞
 
 
Non appena entrò nel bagno, si fermò, quasi pietrificato dalla scena che gli si presentava dinnanzi: sua madre era chinata sulla vasca, una mano sotto il getto dell’acqua per controllare la temperatura. Gli aveva preparato una vasca. Una vasca piena d’acqua e di bolle.
 
«Sul serio? Un bagno con le bolle?» chiese Dean con tono divertito.
 
Mary si voltò a guardarlo, un espressione sorpresa ed imbarazzata sul viso «Scusa, io.. Mi sono dimenticata che non sei davvero un bambino. Uhm, però.. Hai sempre adorato fare il bagno con le bollicine e volevo.. Mi dispiace»
 
Il balbettio della madre fece ridere Dean, che si portò una mano davanti agli occhi «Non preoccuparti Mama. Va benissimo»
 
Ora che Dean ci pensava, era da tanto che non si concedeva un rilassante bagno. I servizi dei motel a cui era abituato non erano forniti di vasca, di conseguenza aveva sempre dovuto accontentarsi di docce con una terribile pressione dell’acqua. E faceva queste docce dall’età di quattro anni, impazzendo per fare i bagnetti a Sammy (principalmente lo lavava nei rubinetti delle altrettanto scadenti cucine). Quindi in cuor suo -non che lo avrebbe mai ammesso- era felice che mamma glielo avesse preparato.
 
Mentre Mary spegneva l’acqua, Dean cominciò a sbottonarsi la camicia del pigiama. La tolse facendo attenzione a non sporcarsi ulteriormente di sangue, poi la lasciò cadere sul pavimento. Intanto sua madre preparò due asciugamani, con cui asciugare Dean a bagno finito: non appena lo fece, si voltò verso il figlio. Ed entrambi rimasero per qualche secondo in silenzio, studiandosi.
 
«Uh, Mama.. Puoi andare adesso»
 
«No, non posso Dean» rispose sicura.
 
«Ehy, non mi spoglierò di fronte a te!»
 
«Non è niente che non abbia già visto. Non ti lascio qua da solo, potresti annegare»
 
«Come hai detto tu, non sono un bambino» fu la secca risposta di Dean.
 
«Certo, ma ne hai le sembianze, e stanotte non hai dormito. Non voglio rischiare per uno stupido colpo di sonno. Inoltre la vasca è troppo alta per te»
 
«Userei la sedia» insistette Dean, indicando uno sgabello blu e grigio che era solito usare per arrivare al lavandino.
 
«Così cadresti e ti romperesti l’osso del collo. Non voglio che Castiel ti riporti di nuovo in vita»
 
Il giovane sapeva che la madre aveva ragione, ma era difficile da accettare: era da veri poppanti necessitare aiuto per una cosa semplice come il bagno!
 
«Va bene» concesse alla fine digrignando i denti
«Ma non guarderai» continuò fissando la madre con uno sguardo estremamente serio.
 
«Come vuoi» disse Mary, cercando di nascondere un sorriso, e si voltò verso la parete opposta.
 
A quel punto Dean si tolse anche le braghe del pigiama, e le piccole mutande grigie. Osservò per alcuni momenti quei vestiti, scioccato dall’idea che indumenti tanto piccoli gli calzassero. Poi si avvicinò piano alla vasca e guardò all’interno: aveva davvero ragione sua mamma. Non aveva nessuna possibilità di entrarci senza danni.
 
«Okay, sono pronto»
 
Mary tornò a guardarlo e lo sollevò senza sforzi cercando di posare il meno possibile lo sguardo sul suo corpo. E per questo, Dean la amò ancora di più.
 
Una volta sistemato nella vasca, si lasciò scivolare fino alle spalle nell’acqua calda e profumata, e rilasciò un sospiro. Era meraviglioso.
 
«Vedo che ti piacciono ancora i bagni»
 
«Uh, sono piacevoli» ammise Dean. Trattenne poi il fiato e andò sott’acqua per bagnarsi i capelli. Quando riemerse, prese lo shampoo e ne versò una piccola quantità sulla mano, che portò subito sulla testa per lavarsi i capelli decisamente troppo lunghi. Dopo averli velocemente risciacquati, prese il bagnoschiuma e si lavò scrupolosamente ma con velocità, stando sempre attento a restare coperto dalle bolle.
Fatto ciò, si concesse il lusso di rimanere nell’acqua, rilassandosi.
«Potrei abituarmici»
 
«Ne sono felice»
 
Dean guardò la madre, e si sorprese nel vederla triste. Rabbrividì al pensiero che forse si stava già stancando di lui, che l’avrebbe lasciato nuovamente. Con voce rotta (dannate emozioni infantili!) chiese: «Cosa succede Mama?»
 
«Niente tesoro. Però.. è bello vederti felice. Dopo tutto ciò che hai passato, meriti un poco di riposo»
 
«Non è stato poi così brutto» commentò Dean, con un alzata di spalle «E poi abbiamo ucciso quel bastardo, quindi non succederanno più quelle schifezze a cui accennavo»
 
Mary sembrò riflettere sulle sue parole, ed alla fine scosse sconsolata la testa «Vorrei solo che tu non fossi morto stanotte. Dev’essere stato orribile» mormorò osservando le proprie mani intrecciate e posate sulle gambe. Poi sollevò lo sguardo verso il figlio «E non mi riferivo a quello che è successo oggi. Intendevo il modo in cui sei stato costretto a crescere, le caccie e.. beh, tutto il tempo che hai passato all’Inferno»
 
Mentre parlava, Dean era intento a giocare con la bottiglietta dello shampoo; ma a quell’affermazione, il suo sguardò scattò verso la madre.
«Cosa? Inferno? Perché credi.. Come sai..»
 
«Castiel mi ha informata che hai venduto l’anima per salvare Sam. Ha detto che sei rimasto lì per molto tempo»
 
A quelle parole, Dean percepì un ondata di puro panico montare dentro di sé.
«Dannazione Cas!» urlò arrabbiato, mentre combatteva con le lacrime che spingevano per uscire.
 
«Cosa succede Dean?»
 
Il giovane spostò lo sguardo verso il centro della stanza, da dove l’angelo lo osservava curioso; istintivamente allargò le braccia recuperando quante più bolle possibili e stringendosele addosso. Dio, che situazione! Si sentiva il viso in fiamme.
 
«Amico, che cazzo..!? Sono nella fottuta vasca, Cas! Non puoi stare qua!»
 
«Ma mi hai chiamato»
 
«No! Ho urlato il tuo nome perché sono incazzato con te. Non era un invito ad entrare!»
 
«Oh. Beh, visto che sono qui, puoi dirmi qual è il problema?»
 
«Il “problema” è che hai detto a mia madre che sono stato all’Inferno. Perché diavolo l’hai fatto?»
 
«Mi ha chiesto come ci siamo conosciuti»
 
«E dovevi dirle la verità?»
 
«Non sono bravo a mentire»
 
«No, davvero?» commentò sarcastico Dean «Non l’avrei mai detto»
 
«Dean, ha fatto bene a dirmelo» li interruppe Mary.
 
«No, Mama. No. Non avresti mai dovuto saperlo»
 
«Voglio sapere tutto della tua vita, Dean. Sembra che mi sia persa più di trent’anni.. E voglio sapere chi è diventato il mio bambino»
 
Ed era proprio quello il problema. Perché se lei avesse saputo l’intera verità sul figlio, l’avrebbe sicuramente abbandonato. Ma non poteva dirle nemmeno questo. «Sì, beh.. Stai attenta a ciò che vuoi sapere. Ti garantisco che non vuoi conoscere tutto»
 
«Lascia decidere a me»
 
Dean alzò le spalle, spossato. Voleva ancora urlare contro Cas, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Il danno era fatto.
La stanza si riempì di un silenzio quasi irreale, fin quando Castiel non ruppe il momento.
 
«Dean, credo che tu abbia usato troppo sapone. Sembra che le bolle vogliano inghiottirti»
 
«FUORI!» urlò il giovane indicando la porta.
 
 
∞∞∞
 
 
Dean si sentì stanco come non mai mentre la madre lo portava in camera. Normalmente avrebbe protestato all’idea di essere preso in braccio, ma quella non era una situazione normale. Senza contare che sembrava non stancarsi mai degli abbracci materni.
Poco dopo essersi asciugato e vestito, chiese alla madre di tagliargli i capelli. Non gli piaceva portare i capelli così lunghi: quella era una caratteristica di Sammy, non sua. Inoltre, con i capelli nuovamente corti, si sarebbe sentito più sé stesso.
Ovviamente la madre accettò e, dopo aver finito con quel compito, capirono di dover entrambi dormire: il sole sarebbe sorto in una manciata di ore, e Dean era certo che il giorno successivo sarebbe stato tutto fuorché semplice. Dovevano ancora discutere su cosa dire a John, e quella sarebbe stata una discussione davvero furiosa. Sanguinosa, forse.
In ogni caso, quando la madre lo adagiò sul letto, il bambino era riluttante a dormire. Anche dopo il bagno, i ricordi dell’incubo erano ben impressi nella sua mente. E non voleva assolutamente riviverli.
 
Dean appoggiò la testa sul cuscino mentre la madre lo copriva con le lenzuola. Ma non appena i suoi occhi si chiusero, il cuore iniziò a battere furiosamente. Sentì gli uncini piantati nella carne e nei muscoli, il dolore dell’essere arso vivo.. Si alzò velocemente a sedere, e prontamente la madre posò una mano sulla sua guancia, in una dolce le lenta carezza.
 
«Devi dormire Dean»
 
«Non.. Non voglio dormire ora»
 
«Il tuo corpo è stanco, hai bisogno di farlo riposare» disse Castiel, dall’angolo della camera.
 
«Sto bene. Ho già dormito»
 
«Non abbastanza» rispose la madre.
 
«Sei spaventato all’idea di rivivere quell’incubo? Quei flashback dell’Inferno?» chiese Cas.
 
Dean digrignò i denti per il modo in cui Cas aveva spifferato le sue parole ad alta voce. Più sua madre restava all’oscuro di cosa era successo laggiù, meglio era.
 
«Hai sognato quello, prima?» chiese Mary. Dean, ritrovandosi ormai con le spalle al muro, annuì. Ma non commentò.
 
«Oh, tesoro. Posso capire quanto sia terribile per te, ma hai davvero bisogno di dormire. Ti ammalerai se non lo fai»
 
«..Proverò» mormorò Dean, con tono sconfitto e stanco. Avevano ragione, ovviamente; già sentiva il corpo tremare per la stanchezza.  Si costrinse allora a stendersi e chiudere gli occhi, concentrandosi su pensieri  positivi.
 
Sentì la mano della madre passare fra i suoi capelli ora corti e spettinati, ed aprì gli occhi per rivolgerle un timido sorriso.
 
«Buonanotte, piccolo mio» mormorò dolcemente.
 
«Veglierò io su di te. Puoi stare tranquillo» disse Cas, avanzando verso il letto e sedendosi vicino le gambe di Dean.
 
«Uh» fu l’unica risposta del cacciatore, che osservò a lungo l’angelo. Non era la prima volta che Castiel gli diceva quelle parole. Normalmente lo riprendeva, spiegandogli che era alquanto raccapricciante come cosa; ma quella notte non se la sentiva di dirglielo. Anzi, sentiva di aver bisogno del suo supporto.
Non che l’avrebbe mai ammesso, comunque.
 
Così, conclusi tutti i possibili discorsi, Mary uscì silenziosamente dalla camera e Dean, nonostante la paura, si assopì in pochi minuti.
 
 

 
I don't own anything of this story: the characters are not mine.
 
 

 
 
 
 
 

Note dell’Autrice:
Saaaaalve a tutti! Chiedo subito scusa per il ritardo.. Lo so, continuo a dire che sarò precisa ed alla fine pubblico con una lentezza estrema. Scusate davvero.. Prima o poi imparerò! ç_ç
 
Allora, parliamo del capitoletto! Spero che vi sia piaciuto: non è niente di troppo pesante, c’è poca azione.. Ma non sottovalutate i sogni di Dean, li avrà per moooolto tempo e porteranno un bel po’ di problemi.
 
In ogni caso, voglio rassicuravi: so che con i miei ritardi, sembra che la storia non proceda più (infondo in 6 capitoli, siamo ancora bloccati sulla prima notte) ma non è così! Ho bisogno di tempo per far accettare ai Winchester i cambiamenti, dopodichè avrete tutta l’azione che vorrete!
E, ve lo prometto, sarà davvero tanta! Senza contare i personaggi che incontreremo man mano! A questo proposito: nel prossimo capitolo entrerà un nuovo personaggio! Secondo voi chi sarà? Sarà un amico o un nemico? Do ufficialmente il via al televoto(?) ahah.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, così come spero di ricevere qualche recensione. Mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate.
Quindi, grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo, chi ha inserito la storia fra seguite/preferite/ricordate, e grazie anche a chi legge silenziosamente. Siete fantastici, come sempre!
 
A domenica prossima (ho già il capitolo pronto, non tarderò stavolta!),
Winchester_Flame.

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Capitolo 7
*** Chapter 6 | Istantanee ed Assurde Verità ***


Family Come Always First
Chapter 6 | Istantanee ed Assurde Verità
 

Mary si svegliò con la luce del sole ad illuminarle e scaldarle il viso. Sospirò -ancora terribilmente stanca- e si voltò dall’altra parte, vedendo il marito ancora profondamente addormentato, ed osservando poi il piccolo orologio. Erano da poco passate le dieci. Non dovrebbe essere a lavoro? pensò confusa. E perché il piccolo Sammy non l’aveva svegliata con i suoi pianti?
Non appena formulò quelle due domande, i ricordi della sera precedente la assalirono.
 
Con un respiro smorzato si sollevò a sedere. Si guardò attorno, aspettandosi di vedere qualcosa fuori posto, qualcosa che le mostrasse come il suo mondo fosse cambiato irrimediabilmente. Ma era tutto perfettamente normale. Forse era tutto un incubo.. pensò vagamente speranzosa. Ma essendo una ex-cacciatrice, sapeva quanto fosse pericoloso rinnegare la verità.
 
Si alzò allora dal letto, e vide la prova che le serviva: la sua vestaglia da notte, solitamente bianco candido, era macchiata del sangue del figlio e stava posata scompostamente sul pavimento. Sapeva che avrebbe dovuto buttarla. Sarebbe stato impossibile pulirla perfettamente, anche se l’avesse lavata per decine di volte.
 
Indossò allora una leggera vestaglia blu, giusto un segno per coprire il pigiama che aveva indosso, ed uscì dalla stanza. Ma invece di scendere le scale, percorse il piccolo corridoio fino alla camera del primogenito. Aprì piano la porta, certa di vedere Dean addormentato, e quello strano angelo con l’impermeabile a vegliarlo.. Ma il letto era immacolato, e la stanza vuota.
Forse stanno facendo colazione, si disse, voltandosi per uscire.
Quando, con la coda dell’occhio, vide un dettaglio che la bloccò sul posto.
 
Una vecchia e sporca borsa faceva bella mostra di sé sul pavimento della stanza; tre pistole appoggiate lì vicino. Ricordava di averle viste la sera precedente, ma era stata troppo occupata a tranquillizzare Dean per controllare. E poi, sapendo che il figlio era cresciuto tra le armi, confidava nel fatto sapesse come maneggiarle.
 
Non potendoselo impedire, si avvicinò alla sacca e si inginocchiò di fronte ad essa. Sistemò le pistole -e le rispettive munizioni- dentro la borsa, assieme all’acqua santa e ad un coltello dall’aria particolarmente demoniaca. Poi afferrò un foglietto di carta bianca, e lo voltò con curiosità: stonava molto con tutte quelle armi.
Si accorse subito che si trattava di un biglietto: la calligrafia era molto curata ed elegante. Non posso leggere. Non posso, sono cose private, sono di Dean! Si ripeté come fosse un mantra. Ma si sa, la curiosità è donna; prima di poterselo impedire, lesse con avidità quelle poche parole, e rimase sorpresa nel constatare fosse un messaggio di Castiel per Dean. L’angelo augurava al figlio buona fortuna, e gli faceva sapere cosa contenesse la borsa.
Abbassò lo sguardo verso gli oggetti ancora presenti sul pavimento, desiderosa di sapere cosa fossero quegli effetti personali menzionati. Vicino al suo ginocchio, vi era un vecchio diario dall’aria vissuta, e poco lontano delle fotografie. Dopo un attimo di esitazione le prese.
 
Riconobbe subito la prima. Era una foto di lei, John e i ragazzi fatta poche settimane prima. Ma quella copia aveva un aria consunta, vecchia.
Passò alla seconda foto. In piedi e di fronte l’Impala stava John, con un fucile fra le mani e un bambino di circa sette anni (riconobbe subito Dean in lui) al suo fianco. Al contrario della prima, nessuno dei due sorrideva. Si chiese chi avesse fatto la foto.
Quella successiva mostrava due ragazzini seduti su un terreno arido, intenti a giocare con dei piccoli soldatini verdi. Il bambino più grande (un Dean di circa dieci anni) stava sdraiato a pancia in giù, mentre il più giovane (possibile fosse Sammy a sei anni?) sedeva a gambe incrociate. La quarta foto sembrava essere una vera e proprio foto ricordo, fatta su di una piccola barca: un adolescente -con biondi capelli irti e gli occhi verdi di Dean- osservava l’obiettivo contrariato, mentre un bambino, con una cascata di capelli castani davanti agli occhi, sorrideva. Mary capì subito che doveva essere un idea di Sam, poco apprezzata dal fratello.
Notò che il maggiore aveva al collo lo stesso ciondolo che la sera prima indossava il suo Dean; nelle foto precedenti non c’era, ne era certa. Qual era la sua storia? Perché l’aveva sicuramente, Dean sembrava affezionato a quella collana. Si ripromise di indagare mentre passata alla foto successiva.
 
Ma non appena la vide lasciò la presa, come scottata: due uomini erano davanti l’Impala, e all’apparenza nessuno dei due sapeva di quella foto scattata all’improvviso. Il più alto aveva lunghi capelli scuri ad incorniciarli il bel viso. In quel momento erano umidi, e stava sorridendo all’obiettivo mentre con una mano cercava di afferrare una bottiglia di acqua mezza vuota. Non fu difficile capire le dinamiche antecedenti lo scatto: l’uomo più alto si era ritrovato quell’acqua mancante sulla testa, ed ora cercava una sana e pura vendetta. Ma era l’uomo più basso ad aver attirato l’attenzione di Mary. Perché lui non doveva essere lì, non poteva. Perché lui era il cacciatore che si era palesato dieci anni prima quando il demone, Azazel, uccise i suoi genitori. Lo stesso che le aveva detto di non alzarsi la notte del 2 Novembre. Lo stesso che disse di chiamarsi Dean.
Mio Dio, non poteva essere suo figlio adulto! Mary comprese che già allora aveva viaggiato nel tempo.. Oh, era difficile accettare quell’idea.
Nella foto sorrideva divertito mentre cercava di impedire a Sam di prendere la bottiglia.
Era surreale vedere come i propri figli sarebbero diventati nel giro di trent’anni. Quantomeno sembravano felici assieme.
Facendosi coraggio, Mary passò alla foto dopo. Riconobbe nuovamente i suoi figli, stavolta in compagnia di un uomo dall’aspetto burbero, con un berretto sudicio in testa. Sorridevano tutti all’obiettivo. Ed infine, l’ultima foto mostrava Dean e Castiel seduti ad un tavolo di motel. L’angelo aveva un’aria particolarmente spaesata -dovuta probabilmente dal flash della fotocamera- mentre il figlio mostrava impassibile il dito medio.
Mary non poté trattenersi oltre, e si lasciò andare ad una piccola risata.
 
Si alzò finalmente in piedi e raccolse le foto, il biglietto e il diario. Era tentata di aprire anche quello, ma non voleva invadere la privacy di Dean. Beh, non più di quanto avesse già fatto. Posò il tutto sul comodino, dopodiché spinse la borsa sotto il letto ed uscì dalla camera.
 
Non appena scese al pianoterra, sentì il profumo inequivocabile di uova e bacon. John però era ancora a letto, quindi doveva essere stato Castiel a preparare la colazione. Lo avrebbe ringraziato. Anche se, ad essere onesti, era strano pensare ad un angelo che cucina per te; poco importava che Dean trattasse il suddetto angelo come un amico, invece che come un soldato di Dio.
 
Entrata in cucina, la prima cosa che vide fu Dean che, inginocchiato su una sedia, parlava ad un Sammy che giocava con il cibo. Osservò il primogenito prendere un cucchiaio di cereali per bambini, e imboccarlo subito dopo.
Era strepitoso vedere come il piccolo non si lamentasse. Anzi, sorrideva e collaborava!
 
«Buongiorno» disse, palesando la sua presenza.
 
«’Giorno» rispose Dean, voltandosi verso di lei.
 
«Dovevi svegliarmi, Dean. Ci avrei pensato io a lui»
 
Il bambino scrollò le spalle con indifferenza. «Non è un problema Mama. Mi sono preso cura di lui per tutta la vita»
 
«Beh, ora non serve» insistette Mary.
 
«Uh, immagino che le vecchie abitudini siano dure a morire. E poi non mi importa. E’ bello rivederlo piccolo»
 
«Allora possiamo farlo insieme..» disse la madre dopo alcuni secondi di indecisione. Voleva togliergli il compito di crescere il fratello, ma si rendeva conto che non sarebbe stata una cosa tanto facile.
In quel momento vide Castiel uscire dalla cucina.
«Grazie per aver preparato la colazione» gli disse.
 
«Oddio ‘ma. Fidati, Cas non cucina. Se lo facesse, ci avvelenerebbe tutti!» disse con una risata Dean.
 
«Non ho bisogno di mangiare, quindi non mi è mai importato saperlo preparare» rispose Cas; ed il modo in cui lo mormorò, fece pensare ad un tentativo di difendersi da accuse gravi ed ingiuste.
 
«Come no» sghignazzò Dean.
 
«Ma allora chi..» disse Mary, con l’intenzione di chiedere chi avesse preparato la colazione. Ma dal momento che John dormiva, Sammy era troppo piccolo e Castiel non sapeva cucinare, la risposta poteva essere solo una: «Dean? Hai cucinato tu?»
 
«Già, uova e bacon. Volevo preparare dei pancakes, ma manca la farina»
 
Mary si spostò quel tanto da permetterle di osservare l’interno della cucina, e vide lo sgabello che Dean era solito usare, di fronte ai fornelli.
«Non dovresti usare i fornelli, Dean! Potevi bruciarti!» lo riprese ad alta voce.
 
«Mama, li uso da quando ero poco più grande di adesso. So quello che faccio»
 
«Da quando eri.. Perché? Non ci pensava papà a cucinare?»
 
«E da quando papà cucina?»
 
«Beh, se uno di voi doveva imparare a farlo, doveva essere lui»
 
Dean roteò gli occhi, annoiato «Come se fosse stato abbastanza presente da provarci» mormorò.
 
Ora Mary non era più così certa di voler sapere come erano cresciuti i suoi figli. Ogni piccola informazione che le davano, sembrava spezzarle sempre più il cuore. Così, fece l’unica cosa in suo potere: cambiare argomento.
«Siediti composto, la porto per entrambi»
 
Poco dopo, mentre entrambi sedevano e mangiavano la deliziosa colazione, Mary si prese del tempo per studiarlo. Era diverso con i capelli così corti. Ma dalle foto viste poco prima, confermò il pensiero avuto la sera: Dean era abituato a portare i capelli corti. Chissà come si era sentito fuori luogo con i capelli lunghi. Diamine, l’intera situazione doveva essergli assurda! Per questo motivo non aveva negato al figlio la possibilità di tagliarseli; e ad essere sinceri, lo aveva lasciato fare anche per aiutare se stessa a ricordare che Dean non era più un semplice bambino di quattro anni.
Ma oltre ai capelli, c’erano altre cose a renderlo diverso. Come gli occhi. I suoi splendenti occhi verdi, erano colmi di una conoscenza e di una sofferenza fuori dal comune; come se avesse visto e vissuto troppo. Per non parlare del modo di atteggiarsi! Sedeva con la schiena leggermente curva, ma le spalle rimanevano il più possibile dritte, fiere. Anche il sorriso era cambiato. Non era più quello solare e spensierato, tipico di ogni bambino.
Ma proprio mentre lo osservava, notò un particolare che la rallegrò.
 
«Non avrei mai pensato indossassi quella maglietta»
 
Dean abbasso lo sguardo verso la stampa di un orso sorridente con la scritta “I Wuv Hugs”.
«Uh, ci sono affezionato direi»
 
«Mi è sempre piaciuto vederla addosso»
 
«Lo so. Me l’hai regalata tu»
 
E con quella frase colma di sottintesi, calò il silenzio. Durò per parecchi minuti, divenendo man mano sempre più opprimente, fin quando Mary non si voltò verso Castiel.
«Ora cosa si fa?»
 
«Non appena John Winchester si sveglia, gli diremo la verità e ci prepareremo per le battaglie a venire»
 
«Amico, questo piano fa cagare» lo interruppe Dean.
 
«DEAN!» lo riprese Mary, alzando la voce di parecchie ottave. Sentiva quel terribile linguaggio dalla sera precedente, e mentre prima cercava di ignorarlo, ora risultava davvero volgare.
 
«Beh, è vero»
 
«Parli sempre così?»
 
«Sì, lo fa. A volte usa espressioni molto più colorite» s’intromise Castiel. E Mary dovette mordersi il labbro inferiore per non sorridere all’idea del figlio che parlava ad un angelo come uno scaricatore di porto.
Per il momento era meglio evitare quell’argomento. Sembra che non faccia altro, ultimamente, pensò frustrata.
 
«Comunque.. Dean ha ragione. Per prima cosa, non penso che dire a John la verità sia una buona idea. E poi, quali battaglie? So che ci sono cose che Dean deve fare, ma pensavo fossero in un futuro.. lontano, ecco»
 
«No, non lo è. John ha iniziato a cacciare quando Dean era ancora bambino, e quegli eventi devono ancora succedere. Dobbiamo farli succedere. Inoltre, dubito che i demoni lasceranno la tua famiglia in pace» disse Castiel, senza alcuna inflessione nella voce. Come poteva stare così calmo, mettendo un tale peso sulle spalle del suo bambino?
«Per quanto riguarda John, non dimenticherà mai gli eventi di ieri sera»
 
«Bene. Abbiamo un piano» mugolò Dean, contrariato a quell’ultima idea: sapeva che -a volte- parlare a John era come parlare ad un muro.
 
«Ma non dobbiamo dirgli la verità su Dean, vero?» chiese Mary, speranzosa. Non voleva dirglielo, perché –sinceramente- come diamine l’avrebbe spiegato? “Tesoro, sappi che se io fossi morta, tu avresti rovinato la vita dei nostri figli”. Dio, che terribile discussione. E doveva raccontargli di tutto il soprannaturale che si nascondeva nell’ombra, in costante agguato. Un'altra cosa non aveva mai voluto scoprisse.
 
Castiel piegò di lato la testa, osservando Mary con curiosità e confusione assieme.
«Credi davvero non si accorga che Dean è diverso?»
 
Mary tornò a guardare il figlio e si accorse che l’angelo aveva ragione. Anche se fossero riusciti a spiegare gli eventi della sera prima, non c’era speranza non si accorgesse dei cambiamenti di Dean. E non era giusto chiedergli di comportarsi come un normale bambino di quattro anni, ogni volta che John era nelle vicinanze.
Sospirò.
 
«Hai ragione.. Ma.. Non ho mai voluto che John lo scoprisse»
 
«Non hai mai voluto che scoprissi cosa
 
Tutti in quella stanza, incluso il piccolo Sam, si voltarono per vedere John Winchester scendere le scale. Il viso una maschera di confusione e rabbia.
 
 
∞∞∞
 
 
 
John si svegliò di soprassalto, la testa che martellava con immagini della sera precedente, e il cuore che batteva all’impazzata. Spostò malamente le coperte e si trascinò fino al bordo al letto, dove raggelò. Per terra, vi era la camicia da notte della moglie, quella che lui stesso le aveva regalato in viaggio di nozze. Ed era sporca di sangue. Con la paura che scorreva nelle vene, John si precipitò nella cameretta di Sammy.
Era vuota.
Era dannatamente vuota. Com’era possibile? Scandagliò con lo sguardo ogni dettaglio della stanza, ma non trovò niente fuori posto. Nessun corpo. Nessuna goccia di sangue, né dell’uomo morto né di Dean. Sembrava che niente di male fosse successo. Ma la camicia da notte di Mary e i suoi ricordi, raccontavano un'altra storia.
 
Decise allora di scendere al piano inferiore, certo di trovarvi la moglie e Sam. Appena arrivò alle scale però, sentì delle voci e si fermò, ascoltando. Pochi passi, e riuscì a distinguere le voci: riconobbe Dean, Mary, e lo strano uomo in trench. Perché diavolo era ancora lì, quello? A John non piaceva. Certo aveva guarito Dean, ma dal momento che reputava impossibile una guarigione così improvvisa, non si fidava. Senza contare che si definiva un angelo; o era un pazzo maniacale o soffriva di qualche rara malattia cerebrale. Ed aggiungendo il fatto che aveva messo fuori combattimento John, un ex-marine tutto d’un pezzo, ecco che risultava un antipatia micidiale.
Ascoltando le sue parole poi, John sentì le mani prudere. Aveva così tanta confidenza con il suo Dean, che si chiese se non fosse un qualche pedofilo pervertito. Se era davvero così, lo avrebbe volentieri ucciso.
 
Scese lentamente le scale, e sentì distintamente la moglie affermare che non voleva lui sapesse.
 
«Non hai mai voluto che io scoprissi cosa? E cosa diavolo ci fa lui qui?» esordì il marito, indicando l’uomo sconosciuto che stava di fianco a Dean. E parlando di Dean, da quando aveva i capelli così corti?
 
«Papà, va tutto bene. Cas è apposto. E’ un angelo, ricordi?»
 
«Sta lontano da mio figlio. Cosa sei, un qualche tipo di pervertito?»
 
«No. Le ho già detto che sono un angelo del Signore»
 
«Sì, certo. Ovviamente» ringhiò John, avvicinandosi.
 
«John, ti prego. Castiel è qui per aiutare» s’intromise Mary, camminando velocemente fino a raggiungere il marito; probabilmente per impedirgli di arrivare allo sconosciuto.
 
«Mary, non puoi davvero credere che sia un angelo!»
 
«Allora come spieghi il fatto che Dean sia tornato in vita? Nostro figlio era morto John. Hai visto anche tu. Castiel l’ha guarito, l’ha riportato da noi. Se non è un angelo, sai dirmi cosa è successo?»
 
Ed eccola lì, quella dannata domanda a cui John non sapeva rispondere.
«Non lo so, ma..»
 
«Per favore John, devi ascoltarmi. Ci sono molte cose che non sai e che ora devi conoscere»
 
«Di cosa stai parlando?»
 
«Se ci lasci un attimo, ti spiegheremo tutto» s’intromise Dean.
 
John si voltò verso di lui, ricordandosi solo allora di come il figlio si era comportato la sera precedente. Era stata una situazione decisamente strana, per non dire assurda. E se prima pensava ad un eventuale shock dovuto agli avvenimenti, ora era certo di sbagliarsi: il bambino era fin troppo calmo e sicuro di sé, come se morire e resuscitare poco dopo fosse il suo pane quotidiano.
 
«Cosa non va in Dean? Non sembra nemmeno lui» disse -rivolgendosi alla moglie- per poi guardare negli occhi il figlio, che rispose con un semplice sorriso divertito e sarcastico «Non mi piace né il tuo tono né il tuo atteggiamento»
 
«Ti spiegheremo anche questo» promise Mary velocemente; sapeva che la frase del marito equivaleva all’inizio della strage che si sarebbe comunque compiuta in pochi minuti. «Solo, lasciami parlare e non interrompermi.
Per prima cosa, devi sapere che i miei genitori non sono morti per attacco di cuore. Voglio dire, sarebbe stato fantastico se fossero davvero morti entrambi, la stessa notte, per cause naturali ma..» si interruppe un attimo, con un sospiro. Riprese subito dopo, a voce bassa, quasi parlasse con se stessa. «Sono sorpresa che tu ci abbia davvero creduto. Non che avessi motivo per non farlo.. Ma sono stati uccisi da un demone»
 
John aprì immediatamente la bocca a quella frase, voleva dirle che i demoni non esistono e che non doveva dire certe cose di fronte a Dean.. Ma si limitò a richiuderla senza proferir suono: avrebbe aspettato la fine della storia per dirle di essere impazzita.
Ovviamente non poteva sostenere che la morte dei suoceri non fosse stata strana; era la stessa notte in cui lei lo supplicò di fuggire assieme, completamente terrorizzata. E sapeva di avere una sorta di blackout su alcune ore, non ricordava come fosse finito in quel posto sperduto con il suocero morto a pochi passi.. e lui ricoperto di sangue. Mary però, aveva spiegato che era caduto su una sporgenza tagliente, prima di perdere i sensi, e lui non aveva posto ulteriori quesiti.
In effetti, è possibile che la storia sia più particolare di quella che conosco.. si ritrovò a pensare John.
 
«E sì, i demoni esistono. E così anche i fantasmi, gli zombi, i lupi mannari, e un mucchio di creature che solitamente si crede essere miti o leggende. Lo so perché mio padre li cacciava. Era il suo lavoro, e mi ha cresciuta così, sapendo cosa aspettarmi e come difendermi. Ma io non volevo quella vita: volevo una vita felice e serena con te. Per questo ti ho chiesto di fuggire. Volevo sbarazzarmi di tutte quelle mostruosità.. Ma, evidentemente, il destino non vuole lasciarmi» il discorso di Mary procedeva spedito, la voce sicura come fosse un discorso imparato a memoria e recitato con eccellente maestria.
 
La donna chiuse gli occhi per alcuni attimi, poi, con un respiro particolarmente profondo, li riaprì e continuò: «Il demone che ieri ha ucciso Dean, è lo stesso dei miei genitori. Era venuto per Sammy, ma Dean ha cercato.. No, l’ha protetto. Quando sono entrata nella stanza, ho sparato al demone con una pistola particolare, ma Dean era già ferito. Poi, come già sai, è arrivato Castiel e ha riportato Dean in vita.
Amore, so che è molto da accettare, ma è tutto vero»
 
A favore di John, bisogna dire che cercò davvero di comprendere tutto ciò che gli venne detto. Ma era ridicolo. Da completi pazzi. Ma se così era, perché Mary lo guardava tanto seriamente, supplicandolo con lo sguardo di fidarsi? Dannazione, per un attimo sperò di riuscire davvero a credere.
 
«No. No, quello che hai detto è pazzesco. Non dovresti nemmeno dirle queste cose, non di fronte a Dean»
 
«Ma per favore papà! Conosco questa merda molto più di lei» borbottò Dean, con voce appena udibile.
 
«Dean Winchester, attento a come parli!» lo sgridò il padre.
 
«Ho imparato da te» commentò con sufficienza e una scrollata di spalle Dean.
 
John tornò a voltarsi verso la moglie, cercando disperatamente di non perdere il controllo con il figlio. «Ok, allora spiegami cosa non va in nostro figlio!»
 
«Uh.. Questo è più complicato da spiegare»
 
«Più difficile di presunti demoni e angeli?»
 
«Purtroppo sì» sussurrò Mary, guardandosi le mani.
 
«Ci penso io, Mama» disse Dean, guardando il padre, il quale non se lo fece ripetere due volte. Si avvicinò al tavolo e si sedette di fronte al figlio. «Cosa ti sta succedendo, Dean?»
 
Dean si schiarì brevemente la voce ed iniziò a raccontare la sua storia. Era strano raccontare la propria orrida vita, alle due persone che più amava e che gli erano state tolte tanto brutalmente; si sentiva combattuto mentre parlava, non voleva impensierirli o farsi compatire. Ma sapeva che doveva farlo, dato che qualcuno avrebbe comunque spifferato il suo passato, magari con delle aggiunte indesiderate.
Per questo motivo disse subito-a differenza di quanto fatto con la madre- di essere stato all’Inferno. E la cosa sorprese molto Mary.
 
«Dean..» Mary iniziò a parlare, ma Dean la interruppe sul nascere con un sorriso stanco, così in contrasto con il suo viso infantile.
 
«Hey, se non glielo dico io, ci penserà Cas»
 
«Tuo padre merita di saperlo tanto quanto tua madre» disse Castiel.
 
«Visto?» commentò sarcastico ed allusivo il bambino. Detto ciò, continuò e finì il discorso.
«Per finire questo emozionante racconto, dopo che Castiel mi ha trascinato fuori dall’Inferno è iniziata l’apocalisse. Uno schifo totale, credimi, e dopo numerose esperienze da non ripetere, il mondo stava per essere annientato. Chiunque io conoscessi, e che non indossasse una trench, era morto. E stavo morendo anch’io»
Mary si lascò sfuggire un respiro scioccato a quella notizia, e John capì che nemmeno lei sapeva quel dettaglio. «Così Cas mi ha offerto la possibilità di tornare qui per impedire a tutti quegli eventi di ripetersi, fermando la causa iniziale. Ma ovviamente si è scordato di avvertirmi sarei stato prigioniero del mio corpo bambino!» l’ultima frase era evidentemente rivolta a Castiel, il quale rispose senza particolari inflessioni.
 
«Avevo detto che saresti dovuto crescere nuovamente»
 
«Ehy, stavo morendo dissanguato! Scusami tanto se non ho afferrato il tuo cavolo di linguaggio angelico criptato»
 
«Non ho parlato in maniera criptica, Dean» ribatté l’angelo.
 
«Basta così!» li interruppe John. Aveva la sensazione che quei due potessero continuare a bisticciare all’infinito.
 
Uno strano silenzio piombò nella stanza, mentre John pensava a tutto ciò che gli avevano detto. E nonostante suonasse ripetitivo, era una cosa da pazzi. Ma -ancora una volta- se così non era, come poteva suo figlio essere tornato in vita? Per non parlare di come si comportava; non lo si poteva certo definire un bambino, anzi.. no. No. Cosa diavolo non andava in lui? Perché stava davvero considerando quelle pazzie?
Osservò la moglie, che lo guardò con una particolare espressione di tristezza. Spostò allora lo sguardo sul figlio, che lo ricambiò con uno di sfida. E John voleva farlo, voleva controbattere ed accettare quella sfida. Ma non perché non credesse all’esistenza del soprannaturale (anche se diciamolo, era assurdo) ma perché non poteva accettare la realtà di quel futuro. Non poteva accettare ciò che lui aveva fatto. O che farà, ancora non lo capiva bene. Ma era certo che sia Mary che Dean stavano mentendo.
 
«Hanno detto la verità» disse Castiel, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
 
«Cos’è, leggi la mente ora?»
 
«No. Ma è evidente che sei in conflitto con te stesso»
 
«So che è molto da elaborare» insistette Mary, con voce dolce e gentile «Ma devi crederci»
 
John percepì la proprio tesa muoversi ripetutamente in segno di diniego. E nonostante la sua mente si rifiutasse di accogliere quelle parole, una parte di lui desiderava solo condividere quella pazzia che aveva catturato la moglie.
 
«Forse hai bisogno di tempo per..» iniziò a dire Castiel. Ma fu interrotto da un John particolarmente furioso.
 
«Tu non sei un angelo, né ti ho invitato in questa casa.. Quindi vedi di stare zitto, dannazione!»
 
Le sue urla rimbombarono per alcuni secondi fra le mura di casa, ma John non si sentì in colpa. Non sapeva cosa dire, fare, pensare. E quando si trovava in simili situazioni, la frustrazione aveva la meglio su di lui. E spesso, troppo spesso, diveniva rabbia.
 
«Non osare mai più parlare a Cas in quel modo» la voce di Dean sembrava provenire dagli inferi stessi, tanto era roca e minacciosa. Era un qualcosa di spavento, un qualcosa che i genitori non avevano mai sentito nel loro bambino.
 
«Stai davvero controbattendo?» ribattè il padre, con la stessa tonalità di voce.
 
«Sai cosa? Per una volta nella mia vita, non accetto il tuo comportamento. Quindi, sissignore, controbatto»
 
La mascella di John si indurì in un attimo. Non avrebbe mai picchiato il figlio, ma ogni muscolo del corpo gli implorava di colpire qualcosa. Qualsiasi cosa.
 
«Attento a come parli, sono sempre tuo padre»
 
«Sì, hai ragione. Ma devi capire che è tutto vero. So che non vuoi accettarlo. So che sei incazzato perché tutta questa merda è fuori dal tuo controllo, e ti ritrovi ad essere un idiota qualunque. Ma devi smetterla papà. Sei una persona intelligente, quindi pensaci. E mentre lo fai, esci di qui»
 
John aveva la sensazione che la realtà si fosse improvvisamente trasformata in qualcosa di orrendamente simile ad un incubo. Non riusciva nemmeno a trovare le parole per rispondere a Dean! Ma, proprio in quel momento, venne interrotto-salvato dal campanello.
 
Mentre lasciava la stanza, diretto all’ingresso, udì Dean mormorare «Beh, è andata bene»
 
Ignorò bellamente il commento, e aprì la porta d’ingresso con uno scatto repentino: la rabbia che covava dentro di sé non era ancora sparita. Fuori casa, una giovane donna -probabilmente ventenne- gli sorrise con timidezza. Indossava dei pantaloni di pelle nera, una giacca viola (fin troppo grande per lei) e degli stivali. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda di cavallo.
 
«Posso aiutarla?» chiese John.
 
«Uh, dipende. Questa è casa Winchester?»
 
«Sì, perché? Non siamo interessati a comprare niente. Né a cambiare religione, se è qui per questo»
 
«Oh, no. Diciamo che ho degli affari da sbrigare con la tua famiglia»
 
John sentì suonare dei campanelli d’allarme nella sua testa. Ma la giovane donna era magra, piuttosto bassa.. Non una vera minaccia per lui. «Che tipo di affari?» chiese.
 
«Vendetta»
 
«Come?»
 
«Vedi, mio padre è stato ucciso qui, l’altra sera. Quindi ora, tutta la tua famiglia morirà. Lentamente. Dolorosamente»
 
John stava per avvertirla che avrebbe chiamato la polizia se non se ne fosse andata, ma si ritrovò inspiegabilmente a terra. Ed era strano, era certo che la donna non avesse alzato un solo dito su di lui!  John osservò la donna entrare in casa: non sembrava più imbarazzata. Al contrario, osservava l’interno con superiorità.. E con gli occhi totalmente neri.

 
 
 
 
 
I don't own anything of this story: the characters are not mine.





 






 
Angolino Autrice:
Ma saaalve cari lettori!
Lo so, lo so dovevo pubblicare ieri. E lo stavo per fare, lo giuro.. Ma non appena ho riletto il capitolo ho pensato: perché non inserire una parte carina e sentimentale  con delle foto dei nostri beniamini? Così ho aggiunto un nuovo pezzo, togliendone un altro alla fine, per non renderlo troppo lungo.
Quindi chiedo perdono per aver pubblicato ora!
 
In ogni caso.. Tadààààà ecco a voi il nuovo personaggio: l’amata/odiata Meg Master! Sembra che azione e guai non siano poi così lontani. Cosa ne pensate, avreste mai pensato fosse lei? E secondo voi cosa succederà ora?
Comunque, se devo essere sincera, non mi convince molto come capitolo: ho cercato di mantenere il carattere originale di John (quindi molto rigido nelle sue convinzioni e negli atteggiamenti) ma.. Non so, la parte delle spiegazioni mi sembra scadente. Voi che ne pensate? ç_ç
 
Bene, ora lascio lo spazio ai ringraziamenti: voglio ringraziare di cuore gragnola68, phoenix84, sophi33 e ciuffettina per aver recensito lo scorso capitolo! siete fantastiche ragazze, davvero *-* Spero di sentirvi anche stavolta!
 
Che altro dire.. Niente direi che vi lascio così: recensite, recensite, recensite! Altrimenti ci rimetteranno i Winchester, sappiatelo! (Arrivo pure alle minacce ora Lol).
 
A domenica prossima,
Winchester_Flame.

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