La storia del Principe

di HuskyGentile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Stamberga Strillante ***
Capitolo 2: *** Al San Mungo ***
Capitolo 3: *** Preside di Hogwarts ***
Capitolo 4: *** Potion Master ***
Capitolo 5: *** Grifondoro ***
Capitolo 6: *** Amico ***
Capitolo 7: *** Fedele, fidato ***
Capitolo 8: *** Convalescenza ***
Capitolo 9: *** Casa ***
Capitolo 10: *** Colorato ***
Capitolo 11: *** Hogwarts ***
Capitolo 12: *** Mangiamorte ***
Capitolo 13: *** Libri ***
Capitolo 14: *** Il Cappello Parlante ***
Capitolo 15: *** Potter ***
Capitolo 16: *** Foto ***
Capitolo 17: *** Patronus ***
Capitolo 18: *** Halloween ***
Capitolo 19: *** Il duello ***
Capitolo 20: *** Lezioni di Volo ***



Capitolo 1
*** La Stamberga Strillante ***



I personaggi di questa storia non mi appartengono, sono di proprietà di JKRowling. La storia non è a scopo di lucro.


Cari lettori, una breve intro alla fic che state per leggere.

Contesto: da epilogo alternativo (What if).

È una Snape Repayment: don't like, don't read!

Ho tentato di mantenere i personaggi più IC possibile, ma la storia verrà narrata in terza persona con il PoV di Snape quindi non assicuro niente: fondamentalmente, si avrà accesso ai suoi pensieri, e questo potrebbe sconfinare in possibili OOC. Sarei lieta di avere le vostre impressioni in proposito.

I primi capitoli (5-6) saranno incentrati sul rapporto Snape-Harry, Snape-Hermione, Snape-McGonagall alla luce della riabilitazione della figura di Snape. Successivamente salto avanti nel tempo e possibile rapporto Snape-Lily Luna. Ma ci vorrà del tempo, quindi potrei anche dividerla in due storie... Si vedrà.

Sono molto apprezzati i commenti, recensioni, critiche...


Ps: ho lasciato alcuni nomi nell'originale inglese perché... mi piacciono di più! Non credo avrete problemi, comunque metterò i disclaimer se necessario (McGonagall=McGranitt, Dumbledore=Silente...)!




Cap 1. La Stamberga Strilante

 

La gabbia magica che rinchiudeva Nagini gli avvolse il volto e le spalle. Snape spalancò gli occhi per l’orrore, ma non c’era niente che potesse fare. Il serpente lo colpì ripetutamente al collo e sentì fiotti caldi di sangue uscire dal suo corpo.

Cadde a terra, mentre vagamente intuiva che Voldemort stava lasciando la stanza.

Snape era spaventato come mai lo era stato in vita sua. Stava morendo, sapeva che stava morendo senza alcuna possibilità di salvezza, ma non era questo che lo spaventava. Dopo anni di orrori e di guerra, di tradimenti e di segreti da portare, avrebbe accolto la Morte con sollievo, sapendo di aver finalmente portato a termine il suo compito.

Ma non era così: lui non aveva portato a termine il suo compito, ed era questo che lo spaventava, più della consapevolezza che la sua vita si stava spegnendo. Tentò inutilmente di tamponarsi le ferite, mentre malediceva se stesso per non essere stato in grado di fare quello che doveva.

“Potter!” invocò nella sua mente ormai non troppo lucida “Potter, MALEDIZIONE, ho bisogno di te, ORA!”

Quasi in risposta alla sua muta preghiera, Harry si materializzò nella stanza e gli si inginocchiò accanto. “Possibile?” pensò Snape “Dev’essere una creazione della mia mente… o forse no?”

Con uno sforzo sovrumano afferrò il ragazzo per il bavero, mentre tentava di raccogliere i suoi pensieri. “Devi capire” pensò, “devi sapere”.

–Prendi- disse con voce roca, mentre con la poca forza che gli era rimasta estraeva tutte le memorie più importanti legate a Lily e a Dumbledore, portando così a termine l’ultima missione che gli era stata affidata dal Preside, quella di avvertire il ragazzo di quale sarebbe stato il suo compito finale.

Harry spinse i pensieri di Snape dentro la boccetta vuota che aveva in mano.

“Ce l’ho fatta” pensò Snape “Ci sono riuscito. Lily, perdonami!”

-Guar…da…mi- pronunciò a fatica Snape. I loro sguardi s’incontrarono, il verde degli occhi di Lily lo avvolse. E si abbandonò.



Note dell'autrice: mini capitolo introduttivo per riallacciarmi a HPDH. Spero in queste poche righe di essere riuscita ad esprimere in maniera verosimile i pensieri di Snape. Voi cosa ne dite? Come pensate che continuerà la storia? A prestissimo!

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Capitolo 2
*** Al San Mungo ***


Visto il primo capitolo piccino picciò, ho deciso di riaggiornare subito... Però non vi ci abituate, aggiorno circa una volta la settimana solitamente!


Cap 2. Al San Mungo

 

 
Si sentiva caldo e debole, ma non stanco. “Così è questa la Morte?” pensò “Un’eternità di pace e riposo. Non sembra male…”
Eppure c’era qualcosa che non andava, che stonava. Si rese conto confusamente che aveva ancora sensazioni e percezioni, come se attorno a lui ci fosse ancora un mondo materiale. Con cautela, aprì gli occhi.
Di nuovo il verde riempì il suo mondo.
-Lily!- esclamò, e si stupì di poter udire la sua stessa voce, mentre una sensazione simile a quella di un cuore che batte furiosamente s’impossessava del suo corpo. “Che sciocchezza” pensò di sfuggita “sono morto, non ho un corpo; eppure la mia mente sembra convinta del contrario…”
-Mi dispiace deludere le aspettative- disse una voce a Snape fin troppo familiare e sgradita.
Il cuore di Snape parve fermarsi, mentre dalla nebbia della sua mente confusa si formava ora distintamente l’immagine del viso Harry Potter, che lo osservava preoccupato a venti centimetri dal suo naso.
“Devo essere all’inferno. L’eternità a farmi disturbare da Potter. Gran bel contrappasso…”
-Potter- sputò fuori con disprezzo –l’Aldilà non è abbastanza grande per te? Vai a giocare da un’altra parte e lasciami in pace. Sei stato il mio tormento per tutta la vita, vorrei non mi guastassi anche la morte…-
Harry sorrise –Devo deluderla di nuovo, Snape. Non siamo morti- disse mentre allontanava il viso da quello del suo ex Potion Master, consentendogli di avere una visuale più ampia del luogo in cui si trovavano.
Snape era sotto shock. Il posto che vedeva attorno a sé era molto simile ad una stanza del San Mungo. Stanza priva di altri pazienti se non lui, particolare piuttosto inusuale questo, ma per il resto assolutamente identica.
-Anche se non nego- aggiunse Harry con gentilezza, quasi non volesse dimostrare poco tatto –che le sofferenze da lei passate debbano essere state terribili-*
Snape era ancora senza parole. Si rendeva conto solo in quel momento di essere disteso su un letto, avvolto in un lenzuolo leggero.
Decise all’istante che qualunque strana situazione fosse quella, l’avrebbe affrontata come sempre faceva. –Potter- disse, e benché la sua voce fosse arrochita si compiacque nel sentire che il suo tono risultava comunque minaccioso –spiegati-
Harry sbuffò divertito. Se riusciva a tenere quel cipiglio arrabbiato, significa che stava davvero meglio.
-Hermione- disse Harry, semplicemente –È sempre stata la migliore… Dittamo, pozione Rimpolpasangue e incantesimi Invertiflusso. È riuscita a tenerla in vita, benché incosciente, finché i Medimaghi non si sono occupati di lei. Beh, non è stato facile, ma se davvero era lei ad essere il possessore della Bacchetta di Sambuco, volevo rimanesse in vita il più a lungo possibile, non volevo dare armi in più al mio nemico. Questo- si schiarì la voce con imbarazzo –ovviamente prima che vedessi quei ricordi…-
La stanza cadde nel silenzio. “È un incubo” pensò Snape con orrore “non sono morto e il ragazzo ha visto tutti i miei ricordi su sua madre. Non è possibile…”
-Bene- disse Snape, con tutta l’aria di pensare il contrario –Sono vivo. Ma ancora non capisco come faccia ad esserlo tu, visto l’ultimo compito che avevo il dovere di affidarti…-
Harry sbuffò, ma sorrideva –Mi raccomando, non sembri troppo dispiaciuto eh! È complicato da spiegare…- cercò di glissare Harry.
Snape alzò un sopracciglio, minaccioso, ed Harry pensò rapidamente che, dopo tutti quei segreti, forse una spiegazione gli era dovuta.
-Mi sono presentato disarmato, non volevo avere la tentazione di combattere. Ha scagliato l’Avada Kedavra e… diciamo che si è colpito da solo. Una parte della sua anima viveva in me, e colpendomi l’ha distrutta. Io sono riuscito a sopravvivere grazie ancora una volta al sacrificio di mia madre, sacrificio mantenuto vivo dal sangue che mi aveva preso per risorgere, che ancora scorreva nelle vene di Voldemort…-
-Non-pronunciare-quel-nome!- disse Snape con rabbia.
-Oh, ma Voldemort è morto- aggiunse Harry, ricordandosi solo ora di un così PICCOLO particolare.
La rabbia svanì dal viso di Snape, che lo guardò per la prima volta senza tentare di nascondere le sue emozioni. Lo stupore era davvero troppo per poterlo mascherare –Hai sconfitto il Signore Oscuro?- non c’era traccia di sarcasmo nella sua voce –Come?- sussurrò.
Harry alzò le spalle –Non era lui il vero possessore della Bacchetta di Sambuco. Ma non lo era nemmeno lei- disse, all’indirizzo di Snape. –Il vero padrone della bacchetta era Draco Malfoy, che aveva disarmato Dumbledore contro il suo volere. Ma Draco stesso era stato a sua volta disarmato, da me, giusto qualche settimana prima. Glielo dissi, gli dissi che non era lui il Padrone della Bacchetta perché aveva cercato di assassinare l’uomo sbagliato, perché lei era stato dalla parte di Dumbledore da quando lui aveva cercato di uccidere mia madre, e…-
Pur invaso dalla curiosità, Snape lo interruppe, rabbioso –Tu! Gli hai detto queste cose? Immagino non fosse un colloquio privato…-
-Ehm- disse Harry, capendo troppo tardi il guaio in cui si era cacciato –no ecco, il nostro duello si è svolto dentro Hogwarts, gli altri combattenti si erano fermati a guardarci…-
-Potter- sibilò Snape con tutto l’odio di cui era capace –mi stai dicendo che tutta la scuola è al corrente della mia storia personale?-
“Dannato ragazzino, maledetto stupido ragazzino! Con tutto quello che ho passato per nascondere la verità, lui la spiattella a tutto il mondo magico...”
-Io… ecco… non immaginavo, non sapevo neanche se si sarebbe mai risvegliato… Non ho proprio pensato, mi dispiace!-
-COME TUTTI I POTTER!- si mise ad urlare Snape –TU NON PENSI, SEMPLICEMENTE!- fece per estrarre la bacchetta dalla veste, ma si accorse di essere in pigiama.
-La prego si calmi, le ferite non si sono ancora richiuse del tutto, rischia un’emorragia!- fece Harry, più preoccupato per la salute del suo ex professore che della propria.
-ME NE FREGO!- continuò Snape senza ritegno, guardandosi attorno alla ricerca della bacchetta. La trovò dentro un cassetto accanto al suo letto, ma non fece in tempo a prenderla: qualcuno lo aveva Schiantato.
 

Riaprì gli occhi per ritrovarsi nella stessa stanza, Potter seduto su una sedia davanti a lui, che lo guardava serio. Snape gli lanciò un’occhiata penetrante. Le sue narici fremevano di rabbia, ma a parte questo sembrava aver ripreso il suo abituale autocontrollo.
-Mi dispiace- esordì Harry, con un’autentica nota di dispiacere nella voce –ma anche se non avessi raccontato la verità in quel momento, avrei dovuto dare delle spiegazioni in seguito, o lei sarebbe stato accusato della morte di Dumbledore-
C’era del vero in quelle parole, Snape se ne rendeva conto. Tuttavia non gli avrebbe dato la soddisfazione di ammetterlo. –Non ne avevi il diritto- disse invece.
Contro ogni logica Harry si dimostrò d’accordo –Ha ragione- disse, conciliante –Mi rendo conto che le ho procurato fin troppo disturbo. La lascio riposare, ne ha bisogno…-
Qualcosa nel tono delle sue parole gli fece capire che non si riferiva solo alle ferite fisiche. Da sotto la maschera da duro ex-Mangiamorte, Snape guardò Harry con curiosità. Era diverso da come se lo ricordava: sembrava più sereno, più riflessivo…
“D’altronde, dev’essere un bel sollievo sapere che il tuo più acerrimo nemico non tenterà più di assassinarti un giorno sì e l’altro pure.” Solo in quel momento si rese conto davvero della portata della notizia.
“Il Signore Oscuro…” nemmeno nei suoi pensieri riusciva a chiamare per nome l’incubo che gli aveva cambiato così drasticamente la vita “Morto. Possibile? È davvero finita..?”
-Sì- disse Harry, intuendo i suoi pensieri –Voldemort non c’è più. È finita sul serio-
Snape si riscosse, accorgendosi che si stava inconsciamente tenendo il braccio sinistro. Trattenendo il fiato, con un gesto improvviso si tirò su la manica. Non c’era più! Il Marchio Nero non c’era più!
Era di nuovo libero, padrone della propria vita e delle proprie decisioni come non era stato da ormai più di vent’anni.
Improvvisamente ebbe una gran voglia di dormire. Senza più Voldemort, o Dumbledore, non doveva più rispondere di niente a nessuno. Aveva vegliato su Harry in memoria di sua madre, era riuscito in qualche modo ad aiutarlo nella sua missione; era ormai libero anche da quel voto.
Quasi sorrise. Quasi. Poi si ricordò che quello stupido marmocchio lo stava osservando con la faccia di uno che la sa più lunga di lui, ed assunse un’espressione minacciosa.
-Potter, ho estinto i miei debiti verso la memoria di tua madre. Vattene da qui o ti affatturo.-
Harry sospirò poco convinto.
“Maledizione” pensò Snape “ci vorranno anni per rifarmi una reputazione. Neanche Potter ha più paura di me…”
-Vuole che le procuri qualcosa da leggere?- disse Harry alzandosi -Si sentirà un po’ solo qui, ma ho dovuto assicurarmi che avesse una stanza privata: sono passati solo alcuni giorni dalla battaglia di Hogwarts, gli animi non si sono ancora calmati, stanno cambiando tante cose e… Ecco sì, le farò avere qualche copia della Gazzetta del Profeta, così si potrà tenere aggiornato sulle novità-
-Per vederci tutti i giorni la tua faccia stampata sopra?- ribatté Snape con una smorfia di disgusto –No grazie-
-Anche se, adesso che mi ci fai pensare, Potter- aggiunse dopo un attimo –tu hai ancora un libro di mia proprietà. Lo rivorrei-
-Purtroppo è andato distrutto nell’incendio della Stanza delle Necessità- Harry abbassò la testa, ancora imbarazzato da come aveva usato il Sectumsempra contro Malfoy l’anno prima –Mi dispiace molto-
-Lo credo bene- disse Snape infastidito –è stato scritto da una mente assolutamente geniale. Ma meglio distrutto che nelle mani di un incosciente che va in giro a provare incantesimi senza sapere il loro effetto…-
-Gliel’hanno mai detto che ha un orrendo senso dell’umorismo?-
Snape in tutta risposta alzò un sopracciglio.
Harry sospirò e si diresse verso la porta -Comunque… Grazie-
-Non l’ho fatto per te- rispose Snape, sprezzante.
-Non ha importanza. Mi ha salvato la vita, più di una volta suppongo…- era già con una mano sulla maniglia quando aggiunse -…e poi, sono sicuro che mia madre la ringrazierebbe-
La porta si chiuse piano dietro di lui.
 
Fu solo dopo alcuni minuti, quando ormai Snape era sicuro che Harry se ne fosse andato, che si lasciò sfuggire un breve sorriso. –Prego, Lily- disse al silenzio della stanza.



*avete riconosciuto la citazione? Molto Dumbledoresca ;)

Cosa pensate del primo incontro Harry/Snape? Visto come Harry parla di Snape alla fine di HPDH, ho pensato che forse dopo quello che aveva scoperto il suo odio nei confronti del suo ex professore si fosse radicalmente ridotto. D'altra parte sappiamo che Harry è uno che si arrabbia facilmente ma che altrettanto facilmente perdona (vedasi il rapporto con Dudley o quallo con Draco; perdonati per un SOLO SINGOLO GESTO).
Non credo si possa dire altrettanto di Snape. Insomma, Snape è uno che porta rancore, almeno questa è l'idea che mi sono fatta di lui nel corso dei libri... Si pensi al rapporto con Lupin o a quello con Sirius.
Però... Però c'è un però, come si dice. Intanto Harry lo ha liberato dalla sua condizione di schiavo permanente di Voldemort/Dumbledore/dai suoi sensi di colpa stessi nei confronti di Lily. Insomma, ho pensato che anche un bastar...ehm, simpaticone ex Mangiamorte come Snape potesse un po' allentare il disprezzo verso Harry, visto le premesse.
Altro piccolo particolare: nei ricordi di Snape scopriamo che forse era capace anche di essere un buon amico, tutto sommato. Perché allora tiene a distanza tutto e tutti nei successivi anni? Perché sembra non avere neanche un amico a parte Dumbledore? La spiegazione che mi sono data è che non può farlo. È la sua una copertura totale, un lavoro di spia finemente studiato, che non lascia scampo a niente che non sia attentamente costruito. Solo ora che la guerra è finita, Snape può permettersi di allentare un po' la presa, e tornare ad essere un po' più se stesso. Questo non vuol dire che sbandiererà al vento i propri sentimenti, ma che può essere di nuovo un amico fedele. Tutto a tempo debito!
Approposito di Snape che dà di matto e urla contro Harry: mi rendo conto che potrebbe risultare vagamente OOC, ma se rileggete il finale di HP3, noterete che era già successo qualcosa di molto simile. Spero di aver reso anche la sfuriata in maniera realistica...
Cosa ne pensate di queste premesse? Sono state abbastanza rispecchiate in questo capitolo? Qualcosa in particolare che vi ha colpito (nel bene o nel male)?
A presto con il prossimo aggiornamento!

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Capitolo 3
*** Preside di Hogwarts ***


Cap 3. Preside di Hogwarts
 

 
Nelle ore successive ricevette via gufo i giornali che Potter gli aveva promesso, benché lui si fosse mostrato in completo disaccordo. Tuttavia si mise a leggerli: almeno sarebbe stato informato dei fatti senza dover chiedere qualcosa a Potter, pensiero che lo disgustava ancora di più del dover vedere la sua faccia stampata su tutti i giornali.

Apprese così che Potter aveva completamente riabilitato la sua persona, e di essere considerato lui stesso un eroe. I giornali riportavano anche la notizia della sua convalescenza e assicuravano i lettori che avrebbero intervistato il Preside (Snape alzò il sopracciglio: non aveva mai sentito sua quella carica) di Hogwarts il prima possibile, magari in un’intervista doppia con il Prescelto.
“Fantastico,” pensò “ci mancava solo questa…”
Le notizie non erano finite qui: sempre grazie alla testimonianza di Potter, Draco Malfoy e sua madre Narcissa erano stati assolti da tutte le accuse. Anche a Lucius Malfoy sarebbe stato probabilmente concesso uno sconto di pena, dal momento che non aveva partecipato a nessuna azione dei Mangiamorte nell’ultimo anno di guerra.

Da lì in poi, un lungo elenco di necrologi. Snape si sorprese del proprio sollievo nel constatare che nessuno dei professori di Hogwarts era nell’elenco. “D’altro canto, solo i maghi e le streghe più dotati accedono alla carica” pensò con orgoglio malcelato.
Incontrò invece una lunga lista di Mangiamorte morti nella battaglia: la cosa non gli fece né caldo né freddo. Non li aveva mai considerati propri pari, men che mai amici o compagni. Accolse, anzi, alcuni nomi con grande liberazione: quelli dei coniugi Lestrange per esempio, la cui pazzia omicida non avrebbe mai più fatto vittime.
Purtroppo i Mangiamorte non erano gli unici nomi in elenco: numerosi appartenenti all’Ordine erano caduti quella notte.

Non lui però. Odiato e temuto da entrambe le parti, era sopravvissuto, la profonda ferita al collo come unica testimonianza della battaglia. I Medimaghi che l’avevano in cura continuavano a somministrargli pozioni Rimpolpasangue e a cambiargli le bende (il veleno ancora teneva aperta la ferita, ma non era troppo dolorosa), tuttavia gli avevano assicurato che in breve tempo avrebbero potuto dimetterlo. D’altronde avevano già curato Arthur Weasley in modo simile, non sarebbe stato molto diverso nel suo caso: le ore più cruciali per la sua sopravvivenza erano state quelle precedenti al suo ricovero e quelle subito successive, ora poteva considerarsi fuori pericolo.

Perché era rimasto vivo, lui che non aveva più alcun motivo per vivere, mentre uomini come Lupin erano stati spazzati via dalla gelida furia del nemico? Lupin, che aveva appena avuto un figlio. Lupin e Tonks, che si erano finalmente sposati e che avrebbero potuto essere felici, insieme… Non amava Lupin, non avrebbe mai potuto: troppi ricordi dolorosi erano legati a lui. Credeva per la verità di odiarlo, ma che senso aveva, ormai, odiare un morto?

Continuò a scorrere quella lista senza senso.
E poi…
“Fred Weasley” Snape sgranò gli occhi. I gemelli Weasley, che erano l’uno la continuazione dell’altro, che si concludevano le frasi a vicenda, che irrimediabilmente finivano in punizione sempre insieme. Com’era stato possibile che uno dei due si separasse dalla vita prima dell’altro?
Una tristezza che non credeva di provare lo avvolse: la guerra era finita, ma nulla sarebbe stato più come prima. Ad ogni studente di cui leggeva il nome, provava una fitta dolorosa: erano giovani, così giovani… Poco più che maggiorenni, o a volte neanche quello.
“Sciocchi ragazzini” pensò rabbiosamente. Troppo giovani per arruolarsi in una guerra più grande di loro; giovani e sciocchi come lo era stato lui quando aveva deciso, a soli 16 anni, di unirsi al Signore Oscuro. Avevano tutti pagato un prezzo troppo grande per la loro stoltezza: loro avevano perso la loro vita, lui la propria anima.

I suoi studenti… Tanto durante le lezioni di Pozioni li aveva disprezzati e maltrattati, sfogando su di loro le proprie frustrazioni per non poter insegnare la materia che desiderava, tanto in quell’ultimo anno da Preside aveva involontariamente imparato ad apprezzarli. Aveva dovuto vegliare su di loro costantemente, conscio che solo il suo ruolo avrebbe potuto proteggerli dai Carrow, e a volte nemmeno quello era stato in grado di fare. Non gli era mai successo prima di interessarsi di studenti che non appartenessero alla sua Casa; ma d’altronde, essere Preside comportava proprio questo…
Eppure non era riuscito a salvarli.
 
Rimase a lungo con lo sguardo fisso nel vuoto, poi la stanchezza prese il sopravvento e sprofondò in un sonno agitato.



Note: questo capitolo non è stato facile da scrivere. Sappiamo tutti quanto può essere sgradevole Snape come insegnante, ma poco sappiamo del suo modus operandi come Preside. Sappiamo però che la parola d'ordine del suo studio è Dumbledore, che manda Neville Luna e Ginny nella Foresta Proibita come punizione evitando loro le Cruciatus dei Carrow, che riprende Phineas Nigellus quando chiama Hermione "Mudblood", che non si fa vedere quasi mai insieme agli altri insegnanti e che promette a Dumbledore di fare il possibile per proteggere gli studenti se la scuola cadrà in mano a Voldemort...
Ebbene, per tutti questi motivi mi sono convinta che il suo incarico lo abbia reso più responsabile, più preoccupato della sicurezza degli studenti di quanto non sia mai stato in vita sua: se prima come professore non si faceva problemi a strapazzarli, ora come Preside sa che c'è una guerra in corso, e che la cosa peggiore che può capitare loro non è di finire in punizione a pulire i cessi... Al tempo stesso, penso che non si senta adatto al ruolo, che sfugga le occhiate degli altri insegnanti anche per questo, non solo per non vedere l'odio nei loro volti.
Da tutte queste considerazioni è nato questo capitolo. Cosa ne pensate? Siete d'accordo con me o avete idee diverse in proposito? E, se siete d'accordo, vi sembra plausibile il modo in cui ho reso queste mie convinzioni?
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 4
*** Potion Master ***


Cap 4. Potion Master
 
 
Un tenue bussare alla porta disturbò la sua lettura.
“Che Potter abbia finalmente imparato le buone maniere?” si chiese Snape.
-Avanti-
-Professore!- salutò Hermione con calore, entrando nella stanza.
-Granger- ribatté Snape con poca enfasi –devo ricordarle che non sono più un suo professore?-
Hermione non rispose e si fece da parte per far entrare i due giovani che erano con lei.
-Snape- salutò Harry con un accenno di sorriso.
“Già, invece Potter è ben felice di non dovermi più chiamare professore. Non che l’abbia fatto spesso, comunque…” pensò Snape con un moto di stizza.
Ron si limitò a un cenno del capo; aveva la faccia di uno che era stato costretto a venire e che aveva tutta l’intenzione di andarsene il prima possibile.
“…mentre Weasley preferirebbe fossi morto, a quel che vedo” concluse Snape seguendo il filo dei propri pensieri.
-Il Golden Trio al completo. A cosa devo l’onore?- chiese, sarcastico.
-Ecco, volevamo sapere come stava…- disse gentilmente Hermione.
-Vivo. E desideroso di essere lasciato in pace- rispose Snape in tono freddo.
-Potrebbe almeno ringraziarla- disse Ron, irritato.
-Grazie Signorina Sotutto Granger per essersi messa in mostra ancora una volta quando non le era stato richiesto- ribatté Snape, mellifluo.
Hermione arrossì un poco, ma non si scompose.
-Imbecille!- esplose Ron -Senta, se proprio la sua vita le fa così schifo, può anche gettarsi nel Tamigi per quanto mi riguarda, ma non osi mai più mancare di rispetto a Hermione- allungò un braccio verso la spalla della strega con fare protettivo.
-Ron, piantala, ne abbiamo già parlato… Ti ricordo inoltre che non ho più 12 anni e che posso benissimo difendermi da sola- tentò di calmarlo lei, pur accettando il suo abbraccio.
“E così quei due si sono messi insieme. È proprio vero che l’amore è cieco. Povera Granger…”
-Meraviglioso- fece Snape, con un ghigno sarcastico –A quando le nozze?-
Hermione arrossì di nuovo, ma stavolta maliziosamente. Ridacchiò prima di rispondere –Le manderemo un invito-
-Ma prima deve venire al matrimonio mio e di Ginny- disse Harry, non potendo perdere l’occasione per stuzzicare il mago.
L’espressione di Snape gli si congelò in volto. Non fece in tempo a ribattere che Ron lo precedette.
-Vi siete bevuti il cervello, tutti quanti?!- urlò Ron –Avete presente con chi state parlando? Severus Snape, il più odioso ed odiato insegnante che Hogwarts abbia mai avuto! Le sue lezioni sono sempre state un inferno, per non parlare delle punizioni… Cos’altro, lo vogliamo invitare alla Tana per Natale adesso?!-
“Per Salazar! Assolutamente no” pensò Snape con orrore.
-Finalmente non abbiamo più motivo di frequentarlo, lasciamolo qua e che possiamo non rivederlo mai più- concluse Ron.
-Un punto a Grifondoro per l'acume...- intervenne finalmente Snape.
Il Golden Trio lo guardò, stupito, mentre Snape continuava -...e meno 150 per i modi. Noto comunque che almeno qualcuno è ancora sano di mente. Non avrei mai detto che, per una volta, il cervello di Weasley superasse il suo, miss Granger…-
Ron sbuffò per la rabbia.
-Le nostre piacevoli frequentazioni sono concluse: non sono più un vostro insegnante, non voglio più avervi fra i piedi. Ora, se volete scusarmi, credo che l’orario delle visite sia finito- terminò con uno sguardo che non ammetteva repliche.
Ron non se lo fece ripetere due volte e uscì dalla stanza a grandi passi, mentre Harry gli corse dietro con il chiaro intento di calmarlo.
Hermione rimase un momento immobile, indecisa su cosa fare. Poi scrollò le spalle e sorrise. Aprì la sua borsetta di perline e ci ficcò la bacchetta dentro per appellare qualcosa. Tirò fuori il tomo e lo depose delicatamente sul letto accanto a Snape.
-Spero che possa farla sentire più a casa in questi giorni di convalescenza, professore- disse tranquilla prima di uscire.
Snape posò lo sguardo sul titolo: Storia di Hogwarts.





Note: per preparare questo capitolo ho riletto svariati pezzi dei primi libri... Spero di aver riprodotto abbastanza fedelmente Snape, e ci terrei anche ad avere un parere su Hermione e Ron. Se per Snape ho tentato di farlo diventare un po' più simile ai primi libri (in cui è veramente odioso, mentre si stempera un po' quando riprende il suo ruolo di spia doppiogiochista), per Hermione e Ron ho cercato di produrre un'evoluzione. E quindi la prima da diligente e timida diventa diligente e sicura di sé nei confronti dell'insegnante, mentre il secondo da irriverente e intimorito diventa irriverente e sfacciato. Insomma, lei più adulta e lui più "maschio" (non nel senso positivo del termine).
Cosa ne pensate? Al prossimo aggiornamento (si accettano scommesse sul prossimo personaggio)!

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Capitolo 5
*** Grifondoro ***


Cap 5. Grifondoro
 

In piedi di fianco al letto, la vestaglia aperta sul petto, osservava il proprio corpo: una lunga serie di cicatrici gli solcavano il torso. Una volta tolte le bende dal collo, un’altra si sarebbe aggiunta all’elenco, obbligandolo a indossare vestiti sempre più coprenti per nasconderle. A differenza dei Grifondoro, che portano le proprie cicatrici con onore, i Serveperde non hanno bisogno di mettersi in mostra in questo modo.

Rumori nel corridoio distrassero la sua attenzione. Allacciò velocemente la vestaglia, si rimise a letto e afferrò distrattamente un giornale: se la visita fosse stata per lui, voleva scoraggiare al massimo chiacchiere inopportune.
Passi sostenuti e un bussare deciso. Decisamente non si trattava della Granger, stavolta. La porta si aprì prima che avesse il tempo di dire “Avanti”, e si ritrovò a fissare Minerva McGonagall che si stagliava sulla soglia.
-Minerva- salutò Snape con un cenno svogliato, abbassando appena il giornale. Rivedere le persone del suo passato era esattamente ciò che non voleva al momento. Dopotutto, l’ultima volta che si erano visti la strega aveva combattuto per ucciderlo.
-Severus- ricambiò lei con un gesto imperioso del capo. Avanzò verso di lui, e senza dargli il tempo di dire o fare nulla, gli diede uno schiaffo al volto.
Dopo qualche interminabile secondo di silenzio, Snape disse, il tono della voce basso e pericoloso -Gentile da parte tua farmi visita-
-Siamo colleghi da vent’anni Severus, da vent’anni! Sono stata la tua insegnante, ti ho messo io il Cappello Parlante in testa quando avevi 11 anni. E per tutto questo tempo non hai fatto altro che mentirci, a me e agli altri insegnanti! Avevamo il diritto di sapere…- la voce della McGonagall fremeva di rabbia e di commozione.
-Le mie vicende personali non sono affare tuo- scandì Snape irato, gettando via il giornale per fronteggiarla.
La McGonagall abbassò lo sguardo sul petto del mago; il gesto secco aveva fatto riaprire la vestaglia chiusa maldestramente, rivelando le cicatrici.
Snape la richiuse immediatamente, ma ormai il danno era fatto.
La McGonagall trattenne il fiato per l’orrore, mentre Snape, interpretando i pensieri della strega, arrossì di rabbia e disse –Non ho bisogno della tua pietà-
Minerva continuava a guardarlo, sconcertata.
-Cosa credevi- disse Snape, riprendendo il suo solito autocontrollo –che fare il doppiogioco fosse un lavoro divertente? Che mi avrebbe lasciato impunito nel momento in cui fossi tornato da Lui? Ho dovuto sottopormi ad una discreta dose di dolore per rimanere nelle grazie del Signore Oscuro, Minerva-
La McGonagall riprese finalmente la parola: –Sei un testardo e un orgoglioso. Se solo avessimo saputo del fardello che dovevi portare, avremmo potuto esserti vicino e…-
-E in che modo questo avrebbe potuto aiutarmi?- la interruppe Snape in tono freddo -Raccontare a qualcun altro la verità avrebbe reso me più vulnerabile e avrebbe esposto voi agli stessi pericoli cui andavo incontro. E io avevo già abbastanza morti sulla coscienza…-
-Oh Severus- sospirò lei, sedendosi sul suo letto e guardandolo con tristezza. Poi sussurrò, come colta da un pensiero improvviso: -Severus, avremmo potuto essere amici-
–Avremmo potuto- disse Snape con voce incolore.
E poi Minerva McGonagall fece il secondo gesto inaspettato della giornata. Gli circondò le spalle con le braccia e l’attirò a sé.
"Possiamo ancora” era il tacito implicito di quell’abbraccio.
-Severus,- sussurrò poi la McGonagall -puoi perdonare questa vecchia Grifondoro così offuscata dal dolore dal non saper più riconoscere la lealtà e il coraggio?-

Il viso di Snape era impassibile, ma il suo cuore era in tumulto. Erano state davvero poche le volte che, in vita sua, aveva ricevuto delle lodi: improvvisamente tornò ad essere il bambino di 11 anni che chiedeva solo di essere amato.
Dentro di sé, una tempesta stava infuriando: poteva, poteva davvero gettare via la maschera che aveva tenuto così tanto tempo? Poteva davvero lasciarsi andare e smettere di fingere? Se non con tutto il mondo magico, almeno con un’amica..?

Il silenzio si protraeva tra i due e la McGonagall aveva ormai perso la speranza di una risposta positiva. Con un sospiro di tristezza, fece per staccarsi da Snape, ma non ci riuscì: lentamente, stupendosi di se stesso, Snape si ritrovò a circondarle la schiena con un braccio.
Quell’inaspettato gesto di dolcezza quasi commosse Minerva. Sorrise e rimase in silenzio; poi Snape si riprese e cercò di dibattersi, a disagio, ma stavolta la McGonagall non aveva intenzione di lasciarlo andare.
–Minerva, non credo sia il caso, sai le ferite…- disse lui evasivo.
-Puoi dire quello che ti pare Severus- abbaiò la McGonagall, più simile a se stessa di quanto non fosse stata fino a quel momento, –Non ho alcuna intenzione di lasciarti finché non ti avrò detto quello che devo!-. Poi aggiunse, in un soffio: -Ho perso così tanti studenti in questi anni, in questa guerra… Lasciami salutare uno di loro che credevo di aver smarrito per sempre-
Per tutta risposta, Snape intensificò la stretta, ricambiando finalmente l’abbraccio.
Restarono qualche momento così, ad ascoltare l’uno il respiro dell’altra, a promettersi con i gesti un’amicizia che non avrebbero mai saputo confessarsi con le parole. Poi la stretta di Snape si affievolì, ed entrambi sciolsero l’abbraccio.
-Sei consapevole, mi auguro, che se ne farai parola con qualcuno- disse Snape con il suo classico tono acido, e tuttavia incapace di nascondere il brillio negli occhi –ci saranno delle spiacevoli conseguenze, non è vero, Minerva?-
-Sei in pensiero per la tua reputazione? Mi spiace dirti, Severus, che la tua fama di cattivo è irrimediabilmente compromessa: Harry non fa che decantare le tue lodi a tutto il mondo magico. Non credo ci sia proprio niente che tu possa fare ormai per riguadagnartela…-
–Ne sei proprio sicura..?- Snape ghignò -Meno 50 punti a Grifondoro!-



Questo aggiornamento, pur nella sua cortezza, mi ha preso tantissimo tempo. Ho riscritto la scena molte volte, prima di essere soddisfatta...
Un po' di spiegazioni sui personaggi e sulle loro interazioni. Minerva McGonagall è una Grifondoro, con tutto l'orgoglio e l'audacia che contraddistingue questa Casa. E tuttavia è una donna adulta, e decisamente "british". Partendo da queste considerazioni, mi sono chiesta se fosse OOC lo schiaffo che dà a Snape. Mi sono risposta di no, ed ecco perché: Minerva conosce Severus da quando è entrato ad Hogwarts, sebbene non fosse la sua direttrice di Casa. Questo vuol dire che per 7 anni è stata la sua insegnante, per poi vederlo tornare pochi anni dopo come collega a Hogwarts e come spia nell'Ordine. Possiamo dunque dire che si conoscono molto bene. Come vi sentireste voi al posto di Minerva McGonagall, se dopo tutti questi pregressi vedeste Severus Snape uccidere uno dei vostri più grandi amici (Dumbledore era molto vicino a Minerva, come si può ben vedere nei libri ma anche come ben spiega JKR in Pottermore)? Una rabbia, un disprezzo ed un dolore incontenibili secondo me, sentimenti esacerbati dal vedere l'assassino prendere il posto della propria vittima nella conduzione della Scuola. Ora immaginate di covare questi sentimenti per un anno intero, per poi scoprire che vi siete sbagliati, che siete stati ingannati dalla stessa persona che credevate essere un traditore e che invece è sempre stata dalla vostra parte. Non riesco proprio a figurarmi come tutta quell'energia accumulata possa semplicemente sparire così, in un battito di ciglia. In più, avete rischiato di vederlo morire senza potergli chiedere perdono per tutto l'odio che gli avete portato ingiustamente... Ecco, in
 quello schiaffo c'è tutto questo: è il condensato di un odi et amo durato un ventennio... Può essere plausibile anche secondo voi?
Passiamo all'abbraccio: anche questo è un gesto affatto british, ma dopo la lotta ci vuole la riconciliazione... Ho ragionato molto sul rapporto Snape-McGonagall ad Hogwarts. Dalle interazioni che hanno, oltre ad un'ovvia rivalità di Case, si percepisce però anche un rispetto reciproco. Snape è sollevato di vedere Minerva tornare dal San Mungo alla fine del quinto libro, Minerva più volte riconosce le grandi capacità del mago e si evince che lo stima per questo. La mia idea è che effettivamente avrebbero potuto essere amici oltre che colleghi, se solo Snape avesse accettato di instaurare un rapporto con il prossimo dopo la morte di Lily. L'unico con cui Snape parla, con cui si confida, sembra essere Dumbledore. Perché?, mi sono chiesta. La spiegazione è quella che dà Severus stesso a Minerva: non vuole mettere in pericolo altri, il compito che ha è già abbastanza difficile. Inoltre, a mio parere, tiene tutti a distanza anche perché non ritiene di meritare l'affetto di nessuno, essendo stato la causa indiretta dell'unica persona che gli avesse davvero voluto bene (e più avanti succederà lo stesso con Dumbledore).
Ma adesso che Snape è libero dai pesi della coscienza (non del tutto ma quasi) e dai vincoli della missione, cosa farà? Lascerà ad un'altra Grifondoro avvicinarsi ed instaurerà con lei un'amicizia come già aveva fatto con Lily? Per ora la mia risposta è sì!
Come al solito, chiedo un parere ai lettori per quanto riguarda la psicologia dei personaggi: cosa vi piace? Cosa non vi piace? Avreste cambiato qualcosa?

A presto!


 

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Capitolo 6
*** Amico ***


Cap 6. Amico
 

Da quel giorno Minerva era tornata a trovarlo tutti i giorni. Ogni tanto gli dava notizie confidenziali e non ancora riportate sulla Gazzetta, ogni tanto discutevano sul futuro, meno spesso sul passato, troppo doloroso per entrambi. La maggior parte delle volte però, rimanevano in silenzio, ognuno assorto nelle proprie letture, godendo della reciproca compagnia e di quella tranquillità che solo chi ha combattuto ed è sopravvissuto ad una guerra può veramente apprezzate.
Nelle ore che passavano insieme, Minerva non lasciava mai il suo posto accanto al letto, neanche quando Snape riceveva visite. Sembrava aver deciso di sostituire Dumbledore nel ruolo di protettore dell’arcigno ex Potion Master…
Snape dal canto suo non sembrava dispiaciuto, ma nemmeno dava particolari segni di gioia o manifestazioni d’affetto. Continuava ad essere il solito scostante e burbero Severus Snape, ma in cuor suo era profondamente commosso dalla vicinanza che Minerva gli stava dedicando.
 
La situazione stava mettendo in discussione la sua intera vita: fin da quando era bambino, il suo comportamento era stato quello tipico delle persone insicure, il cui senso di vulnerabilità aveva fatto nascere il desiderio di potere; così brutto, piccolo e indifeso, chi l’avrebbe voluto sennò? Diventare il bullo sembrava l’unica scelta possibile per non subire più a sua volta le violenze altrui.
Il suo desiderio d’essere accettato dai più grandi e dai più potenti l’aveva però tradito, portandogli via l’affetto sincero del suo unico grande amore. Se solo avesse capito prima quanto si era sbagliato…
Era passato dalla parte di Dumbledore, ma persino perdere tutto non gli era stato sufficiente ad addolcirgli il carattere: persino allora aveva continuato a nutrire stupide invidie e a sfogare la sua frustrazione su chi non aveva colpe. Nemmeno la fiducia di Dumbledore bastava a farlo sentire importante, a renderlo più sicuro di sé.
 
C’era voluta Minerva per farglielo capire: per quanto sincero potesse essere l’affetto che Dumbledore aveva nutrito per lui, il loro rapporto non poteva essere paritario. Snape si sarebbe sempre sentito una pedina nelle sue mani, benché ci si fosse messo di sua spontanea volontà in quella posizione; d’altronde, anche nelle grinfie di Voldemort ci era finito di sua spontanea volontà… Agli occhi di Snape, questo rendeva Dumbledore un padrone tanto quanto lo era stato Voldemort, e poco importava che il vecchio mago gli avesse voluto bene e avesse tentato di proteggerlo in tutti i modi. Cosa sarebbe successo se Snape non si fosse più dimostrato utile? Dumbledore lo avrebbe dimenticato? Questi erano i tarli che lo tormentavano l’anno prima, quando si sentiva geloso della sempre maggiore confidenza che il Preside dava a Potter, mentre a lui toccavano solo compiti spiacevoli. Tutti quei segreti… Segreti e bugie, di questo era stato costellato il suo rapporto con Dumbledore.
Ma con Minerva… con Minerva era diverso. In quel momento lei non aveva nulla da guadagnare standogli accanto; lei, che aveva visto chi era e di cosa era capace, che conosceva i suoi crimini passati e il suo terribile caratteraccio, e che nonostante tutto gli stava rimanendo accanto.
“Perché” si chiedeva allora a volte “perché è qui al mio fianco?”
Fu mentre leggeva un libro di un poeta babbano, che trovò la risposta: “Amico è con chi puoi stare in silenzio.”
Nella penombra della sera, Snape sorrise. Minerva fece finta di non averlo visto, e non disse niente.
 


Aggiornamento breve, ma molto significativo psicologicamente. Le elucubrazioni di Snape sono in parte frutto delle interviste post HPDH a JKR (l'insicurezza, la ricerca del potere e del senso di appartenenza), in parte sono miei ragionamenti sul personaggio (il conflittuale rapporto con Dumbledore, la gelosia nei confronti di Potter) a partire dagli eventi dell'ultimo libro. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Suvvia, lettori invisibili: non siate timidi! Lasciate una recensioncina, sono l'unica ricompensa di un autore :)
PS: se arriviamo almeno a tre recensioni aggiorno prestissimo! Altrimenti ci metto una settimana :P
PPS: sembra uno sporco ricatto, ma in realtà è semplicemente che le recensioni mi danno la carica per scrivere :)

 

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Capitolo 7
*** Fedele, fidato ***


Ringrazio HellenBach (che mi recensisce sempre), miss Gold_394 e Austen95 (che invece erano alla loro prima recensione alla storia) per aver accettato la sfida "recensisci e vinci un capitolo". Mantengo la promessa, ed aggiorno!




Cap 7. Fedele, fidato
 

 
Un giorno Minerva non si presentò da sola, a quelli che ormai erano i loro appuntamenti quotidiani: i suoi colleghi erano di nuovo tutti lì, di fronte a lui. Nell’ultimo anno da preside, ne aveva evitato gli sguardi: non voleva vedere l’odio nei loro occhi. Ora, finalmente, poteva rimanere di fronte a loro a testa alta.
-Grazie-
-Ci dispiace-
-Scusaci-
-Siamo stati degli stolti…-
Nella fretta di recuperare il tempo perduto, si stavano parlando l’uno sull’altro, Snape riusciva a carpire solo qualche frase.
Fu la McGonagall, capo indiscusso della comitiva, a riportare il silenzio prendendo la parola. –Severus- disse, -siamo tutti qui in veste ufficiale per chiederti una cosa molto importante. Vorremmo che, una volta dimesso, riprendessi il tuo incarico di Preside-
Snape alzò il sopracciglio. Non se l’era di certo aspettato! Aveva dato per scontato che Minerva stessa gli sarebbe succeduta, e per quanto riguardava se stesso… Forse avrebbe fatto domanda per rientrare nel corpo insegnanti, ma non ne era davvero sicuro.
Quando parlò, lo fece con deliberata lentezza, soppesando le parole: -Sono diventato Preside per imposizione del Signore Oscuro e per volere di Albus, precedentemente sono stato professore per lo stesso motivo. Vorrei poter decidere della mia vita, finalmente.-
Minerva annuì: -Certo, Severus. La decisione sarà tua e tua soltanto. Volevamo solo dirti che hai il nostro voto, se vorrai accettarlo.- Borbottii di assenso tutto intorno a lei. -Crediamo che tu sia il più adatto a ricoprire questa carica- concluse semplicemente.
-Il più adatto?- c’era una punta di ostilità nella voce di Snape –Io sarei il più adatto?-
La McGonagall non si fece intimorire: -Ma certo che lo sei! Nonostante la tua giovanissima età hai un sapere magico ed un’esperienza invidiabile. Inoltre, in quest’anno hai dimostrato di avere a cuore gli interessi della scuola e degli studenti, e hai messo a repentaglio la tua stessa vita per proteggerli.-
Snape scosse la testa. –Non vi ho difeso- disse in tono duro.
-Però non hai ribattuto al fuoco quando abbiamo combattuto, ti sei limitato a parare i miei colpi- gli ricordò Minerva.
-E lo scorso giugno quando ti ho avvertito che i Mangiamorte erano nel castello mi hai schiantato e lasciato al sicuro nel tuo studio- rincarò Filius.
-Oppure…-
-Basta!- disse Snape, lo sguardo improvvisamente feroce –Io ho ucciso Albus, ve lo siete dimenticati? Ho ucciso il Preside, e voi vorreste che prendessi il suo posto..?-
-Stava già morendo, gli hai fatto un favore- disse Pomona con dolcezza.
-Hai salvato Draco da un peso insopportabile- continuò Horace.
-Hai eseguito i suoi ordini. Gli sei sempre stato fedele. Sempre. Nessuno di noi- la voce di Hagrid tremò, i suoi occhi erano pieni di lacrime –nessuno di noi ci sarebbe riuscito a farlo…- disse con voce rotta dall’emozione.
Il mezzogigante aveva catalizzato l’attenzione di tutti nella stanza, anche se sembrava non essersene accorto. Snape non poteva saperlo, ma erano le prime parole che diceva sull’argomento: nella discussione del giorno prima, in risposta alla domanda degli altri insegnanti se fosse d’accordo a proporre a Snape la carica di Preside, si era infatti limitato ad annuire senza esprimere ulteriormente le proprie idee.
-Io credo che a lui ci sarebbe piaciuto che lei fosse rimasto. Credo che il posto di Preside spetta a chi è stato il più fidato- concluse Hagrid.
Snape non si capacitava: il mondo intero sembrava impazzito! Prima Potter, poi Minerva, adesso Hagrid… Come diavolo potevano perdonarlo quando lui stesso non ne era capace? Stava per rispondere in modo tagliente come suo solito, ma poi si bloccò: gli era venuto in mente che quella non era la prima volta che aveva sentito Hagrid difenderlo…

Era stato un paio d’anni fa, ad una riunione dell’Ordine: stava per fare il suo ingresso nella sala, quando aveva sentito il proprio nome pronunciato da una voce ben nota ed odiata. Approfittando dell’assenza di Dumbledore alla riunione, Black era tornato sul suo argomento preferito: “Siamo sicuri che Snape è davvero dalla nostra parte?”. Mentre Snape stava pensando se spalancare la porta con la bacchetta in mano e liberare Black dai suoi dubbi per sempre, una voce si era alzata in sua difesa: -Dumbledore si fida di Snape. E se fosse qui ti direbbe che non vuole sentire una sola parola contro di lui, Sirius- aveva concluso Hagrid, vagamente minaccioso.
Sapeva che era la devozione che Hagrid provava nei confronti di Dumbledore che l’aveva fatto parlare quella volta. Mentre ora, cos’era che lo faceva parlare? Si rese conto di quanto doveva essere stato difficile per Hagrid venire a patti con quello che era successo, e per una volta frenò la lingua e il suo pungente sarcasmo.

-Ci penserò- disse quindi, senza tradire alcuna emozione. Gli occhi neri di Hagrid incontrarono i suoi, cercando qualcosa che rilevasse il suo stato d’animo. Non trovò niente: Snape e i suoi occhi d’ossidiana erano impenetrabili, come sempre.
Occhi neri negli occhi neri, eppure così diversi!
Poiché nessun appiglio gli fu offerto da Snape, il mezzogigante si arrese: fece un accenno di assenso ed uscì dalla stanza, seguito dagli altri professori. A Snape sembrò un po’ triste, con un’espressione quasi rassegnata. Non aveva idea davvero la minima idea di quanto le sue parole avessero scosso Snape; un piccolo sospiro sfuggì dalle labbra del mago: sarebbe mai stato capace di infondere un po’ di calore ai suoi occhi neri?


Come sempre, il parere a voi gentili lettori! Mi sono permessa la libertà di inventare di sana pianta la scena "Hagrid che sgrida Sirius" (anche se mi sono ispirata a contesti simili, in particolare Lupin/Sirius o Lupin/Harry o Hagrid/Harry, sempre sulla fedeltà di Snape)... Cosa ne pensate? E del resto della storia?
Ci vediamo all'inizio della prossima settimana per il prossimo aggiornamento (a meno che un'impennata di recensioni non mi faccia trovare l'ispirazione per aggiornare nel weekend... Non prometto nulla, ma chissà!).
Ps: naturalmente Hagrid che parla in maniera un po' sgrammaticata ricalca la versione tradotta del libro... È stato più difficile da scrivere di quanto immaginassi, peraltro!

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Capitolo 8
*** Convalescenza ***


Cap 8. Convalescenza
 

 
Nel bel mezzo della notte, Severus Snape si aggirava per i reparti del San Mungo. Senza farsi notare, riuscì a sgattaiolare ai piani superiori.
Severus Snape era un uomo dai molti segreti, ma ce n’era uno in particolare di cui nessuno era a conoscenza, nemmeno Dumbledore. Era stato attento affinché la sua visita precedente non fosse notata da nessuno di sua conoscenza, così come non lo sarebbe stata questa…
Esitò un attimo sulla soglia, poi con un sospiro aprì la porta ed entrò nella stanza dove erano ricoverati i coniugi Longbottom.
 
Frank giaceva nel letto più lontano, immobile, gli occhi spalancati sul nulla in un’espressione di terrore; non dava segni di aver visto il visitatore entrare. Alice invece volse il viso verso Snape mentre questi avanzava: aveva lo sguardo all’erta di un bambino che non vuole dormire per paura degli incubi che arriveranno.
L’orrore della loro condizione travolse Snape come la prima ed unica volta che era andato a visitarli. La verità non era nota ai più, ma lui aveva il discutibile privilegio di conoscerla.
Alice e Frank Longbottom non erano stati torturati perché Auror, ma perché si rifiutavano di confessare un segreto: il nascondiglio del loro bambino.
I Mangiamorte ovviamente sapevano quanto della profezia Snape aveva origliato, ed erano dunque a conoscenza del fatto che ci fosse un altro giovane mago che potesse essere il soggetto della stessa. In un estremo tentativo di servire il loro Padrone scomparso, avevano quindi deciso di fare piazza pulita di chiunque potesse essere un suo nemico, ora o in futuro.
Ma i Longbottom non si erano piegati: avrebbero preferito morire piuttosto che pronunciare il nome del luogo che nascondeva il loro unico figlio, protetto dall’Incanto Fidelius e dall’irriducibile nonna. Erano stati astuti e avevano preferito non abbassare la guardia troppo presto, mantenendo Neville al sicuro: dopotutto, erano Auror. Avevano pagato un prezzo ben più alto della loro stessa vita, ma erano riusciti nello scopo ultimo di ogni genitore: far sopravvivere la propria creatura.
 
–Signora Longbottom- disse Snape sedendosi vicino ad Alice, che nel frattempo aveva distolto lo sguardo.
–Signora Longbottom- ripeté Snape, cercando di catturare l’attenzione della donna; non che ci contasse veramente… Snape sospirò tristemente e le sfiorò la mano con la sua. Alice si girò di scatto verso di lui, cercando sul suo viso qualcosa di famigliare. Snape tentò di mettere insieme un’espressione rassicurante, senza riuscirci. Nonostante ciò, Alice lo guardava con interesse, quasi con fiducia.
–Signora Longbottom,- riprese lui, cercando di ignorare la straordinaria somiglianza con il figlio Neville, –Bellatrix e Rodolphus Lestrange sono morti-
Nessuna reazione da parte della donna, che continuava a guardarlo con gli occhioni sgranati. Snape allora tirò fuori un vecchio giornale che riportava le foto dei fu coniugi Lestrange, e glielo mostrò.
Alice Longbottom inspirò bruscamente, coprendosi la bocca con le mani quasi a voler trattenere un urlo, mentre gli occhi si riempivano di lacrime.
–Alice, Alice ascoltami- disse Snape con urgenza, mandando a benedire per un momento le formalità –Non ci sono più, sono morti, capisci?-
Ma Alice Longbottom non capiva, e le lacrime cominciarono a caderle lente dagli occhi.
“Sono un maledetto idiota!” si insultava intanto mentalmente Snape “Un maledetto maledettissimo idiota. Ma che m’è saltato in testa!”
–Aspetta, guarda- e così dicendo fece prendere fuoco al giornale –Sono andati, non ci sono più!-
Uno spiraglio di comprensione si faceva largo sul viso di Alice; le lacrime avevano smesso di cadere, ma l’espressione era ancora spaventata e fissa sui volti dei suoi aguzzini.
“Al diavolo” pensò Snape, maledendo la sua freddezza “Di cosa ho paura, che lo racconti a qualcuno?”
Sospirò prima di aprire le mani in un gesto tipicamente infantile e sussurrare –Puff-
Questo parve convincere Alice, che guardava con meraviglia ora il giornale caduto in terra e ormai bruciato, ora il mago di fronte a lei. Aprì anche lei le mani imitandolo, i suoi occhioni imploravano una tacita conferma a Snape, che annuì con un gesto del capo e ripeté –Puff- con maggiore convinzione.
Stavolta Alice aveva capito: sorrise e batté le mani dalla gioia. Anche Snape abbozzò un sorriso. Almeno credeva di aver sorriso: non ne era proprio sicuro, di solito le sue espressioni facciali non andavano oltre al ghigno…
Ma ad Alice doveva essere bastato, perché aveva allungato una mano verso Snape e gli aveva porto qualcosa: era una gomma da masticare, una Bolla Bollente. Snape fece un cenno di ringraziamento e se la mise in tasca; ma ora Alice lo guardava come una bambina alla quale era appena stato detto che il Natale è stato annullato.
Snape intuì che qualcosa non andava, tirò di nuovo fuori la gomma da masticare e perplesso fece cenno di rendergliela. Alice scosse la testa, ed indicò ora lui, ora la gomma con espressione incoraggiante.
“Oh no, non credo proprio!” pensò Snape con stizza, capendo finalmente qual era la muta richiesta. Ci pensò lo sguardo ingenuo di Alice a fargli cambiare idea.
“Al diavolo!” pensò di nuovo; Snape le odiava quelle gomme, ma non sapeva in che altro modo uscire da quel ginepraio. Scartò la gomma e se la ficcò in bocca; per fortuna poteva farla evanescere con la bacchetta senza farsi notare: era davvero troppo dolce quella roba. Impugnò la bacchetta da sopra la veste e recitò l’incantesimo non verbale.
“Molto meglio” pensò, mentre infilava distrattamente in tasca la cartina con l’intento di buttarla quanto prima. Di nuovo lo sguardo di Alice lo bloccò.
“Oh no! Che c’è ancora?” pensò Snape alzando il sopracciglio: la sua pazienza si stava esaurendo.
Alice aveva gli occhi terrorizzati e indicava ora la tasca di Snape ora se stessa; di nuovo Snape si infilò la mano in tasca, estraendo la cartina con sguardo interrogativo. Alice la indicò con forza, finché lui non capì e gliela rese.
Di nuovo Alice sorrise contenta: prese la cartina multicolore che Snape le porgeva, la stirò per bene e si mise a contemplarla con stupore infantile. La avvicinava al volto e poi la allontanava, chiudeva prima un occhio poi un altro, la osservava al diritto e al rovescio… E sottovoce rideva. Rideva, rideva, rideva.
Una risata cristallina e soffice, che si irradiava nel buio della notte.
Poi sospirò di felicità e la sistemò con cura nel cassetto del comodino accanto al letto, quasi fosse un tesoro; mentre lo faceva però si fermò, come indecisa. Non sorrideva più, sembrava pensierosa. Volse lo sguardo verso Snape e lo guardò: guardò i suoi occhi neri, i suoi capelli neri, la sua vestaglia nera sulla camicia da notte grigia; poi guardò di nuovo l’incarto della gomma poggiato sul fondo del cassetto.
L’espressione tornò serena: la decisione era stata presa. Ripescò la cartina e la tese verso Snape, sorridendo.
Snape l’afferrò senza dire una parola, ma sorrise in risposta al dono.
–Vostro figlio è diventato molto coraggioso, un mago eccellente- sussurrò piano Snape mentre si alzava e si dirigeva verso la porta.
–Sareste fieri di lui- concluse, lasciandosi l’espressione contenta di Alice Longbottom alle spalle e uscendo dalla stanza.
 
Nessuno avrebbe mai immaginato che dietro ai soprusi che il professore infliggeva a Neville ci fosse uno sconfinato senso di colpa: involontariamente, aveva causato la distruzione di un’altra famiglia, aveva lasciato Neville senza l’affetto di una madre, senza gli insegnamenti di un padre.
Non poteva rimpiazzarli, questo era ovvio, eppure nel suo modo rude aveva tentato di spronare Neville a conquistare una maggiore sicurezza, a diventare l’uomo che era suo padre. Così come aveva fatto con Potter, si era reso anche più odioso del solito pur di spronare il ragazzo a migliorare: sapeva quanto i Grifondoro fossero notoriamente orgogliosi, contava sul fatto che quanto più acido fosse stato lui come nemico, tanto più forte sarebbe stata la reazione.
Ma Neville Longbottom era un Grifondoro inusuale: così timido, così poco sicuro di sé… Snape si era chiesto spesso se il Cappello Parlante non si fosse sbagliato: andiamo, un ragazzo il cui Molliccio era un insegnante? Come poteva essere un Grifondoro?
Scoprire di essere la più grande paura di Neville l’aveva lasciato perplesso: certo, voleva che i suoi studenti lo temessero, ma addirittura essere la più grande paura di qualcuno, quando il mondo era pieno di maghi oscuri e Mangiamorte, gli sembrava eccessivo. Non che questo l’avesse fermato dall’essere dispotico con Neville, tutt’altro: consapevole della cosa aveva preso a strapazzarlo più che mai, nella speranza che reagisse, che trovasse il coraggio di rivelare il vero se stesso.
Quando se l’era trovato davanti nell’ufficio del Preside qualche mese prima, aveva saputo di esserci riuscito: Neville stava davanti a lui con lo sguardo fiero, senza paura delle ferite che avrebbero segnato ulteriormente il suo viso ed il suo corpo. Non c’era più traccia dell’impacciato tontolone che faceva esplodere il laboratorio di pozioni un giorno sì e l’altro pure. Neville aveva sconfitto la sua più grande paura, non c’era più niente che potesse fermarlo…
 
In una stanza del reparto Lesioni Permanenti del San Mungo, una moglie prendeva per mano il marito e lo ninnava con parole incomprensibili fino a fargli chiudere gli occhi sereno.
In una stanza del reparto Lesioni Permanenti del San Mungo, un marito si lasciava prendere per mano dalla moglie e chiudeva gli occhi cercando la pace nel mormorio incomprensibile di lei.
In una stanza del reparto Lesioni da Creature del San Mungo, un uomo solo si girava tra le dita un incarto di caramella, cercando un sogno colorato in cui rifugiarsi.
 
Solo ora iniziava la vera convalescenza.


Bentrovati! Mi spiace di averci messo tanto ad aggiornare, ma sono stata molto impegnata e il capitolo è stato davvero difficile da mettere insieme. Chiedo umilmente le vostre recensioni! Stavolta è stata una faticaccia caratterizzare un personaggio così semplice e al tempo stesso difficile come Alice Longbottom, quindi mi piacerebbe sapere se ci sono riuscita... Anche mantenere Snape IC non è stato affatto facile: urgesi feedback please!!!
Due considerazioni: JKR dice -nel quarto libro, tramite Dumbledore- che Alice e Frank sono stati torturati perché Auror e quindi forse in possesso di informazioni circa la scomparsa di Voldemort. Potrebbe essere, come potrebbe non essere, solo quello il motivo per cui sono stati attaccati. Io mi sono inventata la mia spiegazione, forte del fatto che effettivamente la profezia viene pronunciata un anno prima della nascita sia di Harry che di Neville, e di conseguenza ha ben due anni di tempo per circolare prima che uno dei due bambini venga designato e l'attacco di Voldemort venga sferrato. Ho immaginato che i Mangiamorte, soprattutto i fedelissimi, fossero ossessionato quanto Voldemort dalla cosa, e che fosse meno di un caso che avessero scelto proprio i coniugi Longbottom. Curiosa coincidenza, Neville non si trovava con i genitori la notte dell'attacco; è quindi possibile che fosse sotto protezione..?
Insomma, questa è una mia libera interpretazione. Fate sapere un po' cosa ne pensate!
Continuo con le mie considerazioni intanto: che Snape ha un modo inusuale di insegnare è un dato di fatto (cfr con gli ultimi avvertimenti a Potter alla fine del sesto libro, quando lo punzecchia dicendogli che deve tenere la bocca chiusa e la mente bloccata; o, ancora, quando tenta di spronarlo ad imparare l'occlumanzia nel quinto...). Visto i precedenti con Potter, potrebbe essere che vuole che Neville tiri fuori gli attributi? Anche questa, mia liberissima interpretazione.
Due parole anche sulle gomme e gli incarti di Alice: JKR ha ammesso di essersi ispirata ad un fatto ero, ad una signora malata d'Alzheimer che riceveva con gioia i dolci da parte del figlio, benché non lo riconoscesse se non come "l'uomo dei dolci". Ricamando un po' su questa tristissima vicenda, JKR ci dice che il gesto di Alice ha un preciso significato: Neville le dà quello che vuole, e lei vorrebbe dargli qualcosa in cambio ma tutto quella che ha sono incarti vuoti "senza valore". Ma il valore delle cose è nei gesti, non nel contenuto, e quindi è questo il messaggio di JKR.
Io mi sono un po' discostata, nel senso che ho voluto dare un motivo in più ad Alice per amare quelle cartine; spero che la mia trovata vi piaccia! Ah, tra l'altro nella traduzione italiana sono gomme Bolle Bollenti, mentre nell'originale inglese sono Drooble's Best Blowing Gum (famose per non perdere il gusto, non per sprigionare calore) che però non ha traduzione italiana. Niente, una piccola nota alla lettura, visto che ho deciso di mantenere i nomi dei personaggi in inglese ma non quelli generali...

Il prossimo capitolo è già a buon punto di lavorazione! Mi permettete di "ricattarvi" amabilmente un'altra volta? Almeno 5 recensioni e arriva entro 48 ore ;)
Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente (di solito lo faccio nelle risposte) chi mi lascia recensioni: grazie di cuore, è davvero importante per me, la mia unica gratificazione! Quindi forza lettori invisibili, buttatevi ;)

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Capitolo 9
*** Casa ***


Devo assolutamente ringraziare HellenBach, Austen95, Eileen Prince, Pyxis_Minor, Giulia40174 e miss Gold_394: grazie a chi ha recensito ancora una volta, grazie a chi ha recensito per la prima volta, grazie a tutti per aver vinto la sfida recensioniXcapitolo. È stato davvero uno sprone a mettermici sotto nonostante gli orari tremendi che ho fatto al lavoro questi due giorni. Spero che il risultato vi appassionerà quanto lo è stato per me crearlo... Buona lettura!



Cap 9. Casa
 

 
–Mi dimettono domani-
–Sono contenta di saperlo. Hai bisogno di aiuto?- chiese lei, alludendo agli effetti personali che gli aveva portato un po’ alla volta durante quei giorni.
–No Minerva, ti ringrazio. Per precauzione prenderò il Nottetempo per andare a casa, ma mi sento sufficientemente in forma da Materializzarmi senza problemi, all’occorrenza-
–Ti vedremo ad Hogwarts?- si informò lei.
Lui annuì. –Passerò presto- confermò.
Minerva lo guardò con sguardo severo –Sai cosa intendo, Severus.-
–Non lo so- ammise lui –Vorrei rifletterci ancora un po’-
Lei non insisté.
 
 
Era mattina inoltrata quando raggiunse Spinner’s End. La sua ultima visita all’appartamento risaliva ad una decina di mesi prima, dal momento che passava sempre tutte le festività al castello; si rimboccò le maniche e si mise dunque a fare quello che sempre faceva all’inizio delle vacanze estive: pulire la casa da cima a fondo.
Gli ci volle l’intero pomeriggio per far prendere aria alle stanze e togliere la polvere che formava uno strato pressoché uniforme ovunque. Fortuna che la casa era piccola e poteva contare sulla sua magia!
 
Quando finalmente si lasciò cadere sulla poltrona era stremato. Appellò vino elfico e un bicchiere, e si guardò intorno distrattamente. Era tutto pulito e ordinato, ma c’era qualcosa che non lo convinceva: un senso d’imperfezione, come un quadro storto o un particolare fuori posto; si alzò e prese a camminare per l’appartamento, misurando i ricordi al ritmo dei suoi passi.
 
Il salotto era piccolo e malamente illuminato; a prima vista sembrava una stanza piuttosto squallida e anonima, con il suo divano liso, una vecchia poltrona e un tavolo traballante posti al centro. In realtà, conteneva l’unico particolare degno di nota di tutta la casa: le pareti, infatti, erano interamente foderate di libri.
Snape passò le dita affusolate sulle vecchie coste con la stessa delicatezza con cui uno sposo accarezza la pelle della propria sposa, lo sguardo pieno di reverenza e quasi di amore. I polpastrelli riconoscevano ogni minima imperfezione, ogni scanalatura; in quel gesto di dolcezza, dita e copertine si salutavano reciprocamente come fossero vecchi amici.
Quei libri erano stati la sua passione sin da quando era piccolo, poteva passare ore chino su di loro a leggere; un particolare che non era cambiato negli anni…
La numerosa raccolta era in parte opera di sua madre, in parte opera sua: collezionare libri antichi e potenti era stato il suo unico hobby, l’unico segno ancora tangibile della sua antica brama di potere.
Non era solo un lettore attento e vorace, era anche passionale nella lettura: leggere un libro per lui era paragonabile al possesso carnale, desiderava talmente tanto la magia in essi contenuta che avrebbe voluto mangiarseli, cibarsene. Di fatto, sfogava su di loro –oggetti inanimati- i sentimenti che non osava esprimere con le persone in carne ed ossa, spesso lasciandosi andare a ragionamenti che immancabilmente finiva per vergare sulle pagine con l’inchiostro. Si tratteneva solo di fronte ai libri che erano più unici che rari, verso i quali si sentiva in dovere di preservarne l’integrità.
I suoi amici di pagine ed inchiostro erano tutti al loro posto, non era quello il particolare che lo impensieriva…
 
Aprì una porta nascosta nel muro e diede una rapida occhiata alla spoglia cucina, poi tornò in salotto e varcò una seconda porta nascosta, prendendo a salire la stretta scala che lo condusse al piano superiore.
Il bagno, allo stesso modo della cucina, era antiquato e disadorno, come se questi locali non fossero abitati spesso. O come se l’inquilino non si fosse mai dato pena di rimodernarli perché erano particolari poco interessanti, perché l’aspetto esteriore delle cose non era qualcosa d’importante agli occhi del padrone di casa. O forse, per entrambi i motivi.
Comunque no, anche nel desolante bagno niente da vedere.
 
Continuò aprendo la porta della propria stanza; quando stava a Spinner’s End dormiva ancora nella camera di quando era bambino, in gran parte immutata: la scrivania sotto la finestra e l’armadio in legno scuro erano infatti gli stessi mobili della sua infanzia. Il letto invece era cambiato: ora un letto a baldacchino con pesanti tende verdi faceva bella mostra di sé al centro della camera. Sopra le lenzuola, la valigia non ancora disfatta che aveva riportato indietro dal San Mungo. Niente di stonato neanche lì.
 
Rimaneva la camera dei suoi genitori, ma anche quella si rilevò avere il suo solito aspetto: ogni oggetto era esattamente nello stesso identico posto in cui l’aveva lasciato l’anno prima e quello prima ancora.
In un angolo, il baule pieno di ricordi di sua madre, che non osava aprire; all’angolo opposto alcune delle vecchie cose di suo padre, piene di rimpianti, che non osava buttare. Richiuse la porta: si era ripromesso di non aprire quella stanza e di rievocare quelle memorie per nessuno. Avrebbe rotto la promessa, ma sarebbero dovuti passare ancora venticinque anni.
 
Tornò in salotto con l’espressione torva, crucciato per non aver risolto il mistero; poi improvvisamente la ruga che sempre si delineava tra le sue sopracciglia quando era pensieroso si distese mentre un lampo di comprensione gli attraversava lo sguardo: era lui il particolare fuori posto.
Nonostante ci fosse nato e cresciuto, quell'appartamento gli era tutto sommato estraneo; così era stato per trentotto anni, così sarebbe probabilmente stato sempre. No, non era lì che voleva stare, non era quello il suo posto.
Spazientito del suo stesso umore altalenante (ma cosa gli prendeva? Come se quella fosse la prima volta che tornava a Spinner’s End…), uscì nella tiepida notte estiva. Camminò apparentemente senza meta, ma i suoi passi sembravano conoscere percorsi ben precisi, e senza volerlo si ritrovò nel vecchio parco giochi in cui tanti anni fa aveva parlato per la prima volta con una ragazzina dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del prato. Era stato lui a dirle che era una strega, era stato lui a parlarle di Hogwarts; insieme erano partiti per quel mondo che era il loro, così diverso dalla realtà da cui provenivano…
 
E improvvisamente seppe dove voleva andare. Tornò all’appartamento in Spinner’s End, aggiunse altre due cose alla valigia e si Smaterializzò.
Era apparso oltre i confini ovviamente, ma il profilo dell’antico castello si stagliava netto all’orizzonte. Si mise in marcia verso di esso, mentre una splendente luna ne illuminava i contorni, che divenivano più definiti a mano a mano che avanzava.
Vederlo così ridotto, a pezzi, vecchio, distrutto, lo faceva stare male.
Lo avrebbe ricostruito, avrebbe lavorato fino alla riapertura della Scuola per riportarlo agli antichi splendori.
Non sarebbe stato da solo: Minerva gli aveva detto che in tanti erano venuti –volontari- ad aiutare; per molti Hogwarts era non solo un luogo magico, ma un posto in cui erano stati felici.
Fu mentre varcava la soglia che decise: sarebbe rimasto. Come professore, preside o spazzino non aveva importanza. Sarebbe rimasto perché quello era il luogo a cui apparteneva, quello era il luogo in cui si sentiva a casa.



Santo cielo è stato un parto! Non credevo, ma mentre scrivevo continuavo a tornare indietro e a scrivere particolari... Quindi perdonate che ho sforato di un paio d'ore (è già sabato), però sappiate che sono state ben spese e ci sono almeno due paragrafi in più del previsto! La verità è che sono una miss Perfettina stile Granger: contate solo che ho aperto un calendario lunare del 1998 per vedere che fase lunare c'era quando Snape risaliva verso il castello, calcolando il tempo di degenza comparato con quello di Arthur Weasley... Sì, sono matta...
NOTA IMPORTANTE: il percorso del mio Snape implica una serie di domande-chiave fondamentali. La prima, a cui trova una risposta in questo capitolo, riguarda il DOVE. Posso anticiparvi che nella prossima decina di capitoli nascerà, si svilupperà e troverà risposta una nuova domanda, riguardante il CHI. L'ultima domanda fondamentale, rigurdante il COSA/PERCHÈ troverà risposta alla fine della storia.
Altre note varie sul capitolo: ho riletto (ovviamente) HP6 per descrivere l'appartamento in Spinner's End, quindi il mobilio del salotto e le porte nascoste che danno su scale e cucina dovreste averle riconosciute (
minuscolo salotto, oscura cella imbottita, pareti foderate di libri in gran parte in vecchia pelle nera o marrone, divano liso vecchia poltrona e un tavolo traballante riuniti in una pozza di luce tenue, lampadario a candele, aria trascurata come se di solito non fosse abitato, porta nascosta alle spalle della poltrona, stretta scala, seconda porta segreta
). Speravo che JKR nell'aggiornamento a Pottermore di oggi (31 ottobre) pubblicasse anche qualche info in più su Snape, e invece ciccia... Quindi sono stata volutamente poco specifica per ciò che concerne l'infanzia di Snape (quali sono/erano i sentimenti di Severus per i genitori? Qual era il rapporto tra i genitori, a parte il padre iracondo -violento?- che detestava la magia? Se Snape possiede Spinner's End, vuol dire che sono morti? Il padre l'ha abbandonato? ecc ecc). Spero di essermela sfangata a sufficienza con questo alone di mistero... Integrerò quando avrò più informazioni in proposito, per ora non voglio lanciarmi in voli pindarici.
Sicuramente NON frutto di voli pindarici è però la passione di Snape per i libri (a parte per come tratta il suo manuale di pozioni, ma poi uno che c'ha casa foderata di libri... insomma dai!) come il fatto che si senta a casa ad Hogwarts (e questo lo dice JKR per bocca di Harry alla fine di HP7, quando dice che lui, Voldemort e Snape sono i bambini abbandonati che hanno trovato rifugio a Hogwarts).

Per apprezzamenti, suggerimenti o critiche... Recensite! Alla prossima settimana per il seguito :)

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Capitolo 10
*** Colorato ***


Cap 10. Colorato
 
 
–Ragazzo mio, che piacere rivederti! Questo vuol dire che ci incontreremo più spesso? Tornerai in veste di Preside?- disse il quadro di Dumbledore ridacchiando, mentre Snape varcava la soglia della presidenza con valigia al seguito.
–È uno dei motivi per cui sto pensando di rifiutare- replicò rapido Snape.
–Suvvia Severus, non mi porterai ancora rancore per quello che ti ho chiesto di fare? Sai benissimo che era la mia volontà, e che con o senza di te sarei morto lo stesso-
–Taci- disse Snape lanciandogli un’occhiata velenosa –sei solo un ritratto-
–Altrimenti?- sghignazzò Dumbledore senza ritegno –Mi hai già ucciso una volta, non puoi farlo di nuovo!-
–Posso sempre buttarti dentro il camino…- minacciò Snape a denti stretti.
–…il che implicherebbe accenderlo, e sappiamo bene entrambi che non sei un amante del fuoco e del calore. Peccato- aggiunse Dumbledore, ammiccando –un po’ di calore ti farebbe bene. E anche un po’ di colore, già che ci siamo: sempre quella tenebrosa casacca, non sarebbe il caso di mettersi qualcosa di più colorato ogni tanto? Guarda che meraviglioso completo viola che ho io!- s’indicò con orgoglio la tunica.
–Per Salazar!- imprecò Snape –Che devo fare per farti stare zitto?!-
–Lo sai…- disse il ritratto, strizzandogli l’occhio –I quadri dei defunti Presidi di Hogwarts rispondono ad una persona sola, e cioè…- lasciò la frase deliberatamente in sospeso.
–Al Preside in carica- terminò Snape seccamente.
Rimasero qualche secondo a guardarsi, Snape con l’espressione irritata, il ritratto di Dumbledore apparentemente divertito, prima che Snape aggiungesse –Carica che non ho intenzione di accettare-
–Andiamo Severus, altrimenti, perché saresti qui?-
–Sono qui perché Minerva- sottolineò il nome della Vicepreside con cura –ha insistito per farmi dormire qui, poiché buona parte delle mie cose si trova ancora nella stanza del Preside-
Sapeva benissimo anche lui che era una scusa: la notte prima, quando era tornato al castello, si era trovato una stanza piccola e in disuso, e vi aveva evocato quanto bastava per farne una camera temporanea; quando e se ne avesse avuto bisogno -se avesse ripreso ad insegnare, per esempio- avrebbe cercato una stanza più accogliente con ufficio annesso, adatto alla carica che avrebbe ricoperto. Minerva tuttavia, da brava Grifondoro ficcanaso, non aveva approvato, e quella mattina stessa aveva insistito per farlo tornare nella camera e nello studio che aveva occupato l’anno precedente; lo scopo era chiaramente quello di convincerlo a rimanere come Preside, e lui si era ovviamente ribellato, ma purtroppo Minerva era Vicepreside in quel momento, e in quanto tale era l’unica ad avere il diritto di disporre a proprio piacimento delle stanze del castello. Così Snape si era rassegnato e, lanciando a Minerva sguardi di astio, aveva fatto i bagagli e aveva traslocato nuovamente in presidenza.
–Ma non è stata Minerva ad obbligarti a tornare al castello, dico bene?-
–Sono tornato perché desidero rimanere a Hogwarts, d’accordo vecchio impiccione?- rispose di malavoglia Snape.
–Come insegnante?-
Le domande incalzanti di quell’irritante riproduzione di Dumbledore lo costringevano a pensare al suo futuro più di quanto avesse fatto in quei giorni. Non era completamente sicuro, ma non avrebbe dato a un quadro la soddisfazione di zittirlo.
–Sì- rispose con voce molto più calma di quanto non fosse il suo animo –Voglio riprendere a insegnare-
–Pozioni?- s’informò gentilmente Dumbledore.
–Sai benissimo che non mi è mai piaciuto insegnare Pozioni, Albus- sbottò Snape –Lo sapevi e me l’hai imposto per tenermi lontano dal posto che veramente desideravo, e non riuscirai a farlo anche adesso che sei morto!-
–Mio caro ragazzo- rispose il quadro con sguardo paterno –tentavo solo di tenerti lontano dalla maledizione di Voldemort. Ma comunque, perché vuoi tornare a insegnare? Non mi è mai parso che avessi un particolare desiderio di divulgare la conoscenza alle giovani menti-
“No” pensò Snape “in effetti l’idea di fronteggiare una classe, soprattutto ora che il mio passato è stato sbandierato ai quattro venti, non mi esalta. Quelle zucche vuote sono già normalmente abbastanza difficili da gestire… Per uno studente dotato ce ne sono almeno altri dieci che sono solo dei piantagrane! D’altra parte” aggiunse tra sé e sé, soppesando le possibilità “far parte del corpo insegnante di Hogwarts è un privilegio immenso: bisogna essere maghi talentuosi per esserne degni…”
Una scintilla di ambizione si accese negli occhi di Snape; quasi leggendo nei pensieri del mago, il ritratto riprese –Se è la tua bramosia a guidarti, allora quale ruolo migliore di quello di Preside, soprattutto ora che questa carica ti è offerta dai tuoi stessi colleghi per merito, e non per costrizione dal volere di Voldemort?-
C’era della logica nelle parole del quadro, e per un attimo Snape fantasticò su se stesso in vesti di Preside alla guida di Hogwarts, libero di condurla a suo piacimento e senza più padroni da servire. L’immagine lo esaltava e lo lusingava, ma Snape non lo diede a vedere: il suo viso era tornato impassibile e riuscì a trattenere le emozioni nella sua voce quando parlò –Come può un assassino occupare il ruolo che è stato della sua vittima?-
Si era accorto di desiderare quel posto più di quello d’insegnante già parecchio tempo prima, ma non era riuscito ad ammetterlo neanche a se stesso per quanto spaventoso fosse il pensiero: benché avesse agito su esplicita richiesta di Dumbledore, ucciderlo era un atto che non si era ancora perdonato.
–Severus- disse la voce di Dumbledore dall’alto del suo quadro, che rispecchiava così fedelmente l’originale da riuscire a riprodurre il consueto brillio negli occhi azzurri dell’ex-Preside mentre rispondeva –Ti sei punito per vent’anni per un tradimento involontario. Non passare il resto della tua vita a punirti per qualcosa di cui non hai alcuna colpa-
Una smorfia di disgusto si dipinse sul viso di Snape. Uscì dalla presidenza sbattendosi la porta alle spalle.
 
Attraversò i corridoi con ampie falcate, il mantello nero che gli svolazzava dietro la schiena; alcuni degli inquilini del castello lo salutarono vedendolo passare, lui rispose distrattamente con cenni del capo continuando la sua avanzata. Voleva stare solo, aveva bisogno di schiarirsi le idee. Arrivato nel parco, si diresse verso una macchia bianca che spiccava nel verde; non aveva mai visitato la tomba di Dumbledore, temeva di perdere il controllo e peggio ancora di essere sorpreso: non sapeva se avrebbe avuto il sangue freddo per mentire in un’occasione del genere, e mentire era stato più che mai cruciale in quell’ultimo anno.
Arrivato di fronte alla lastra di marmo bianco, si accorse di avere il respiro accelerato, e non era sicuro che fosse per la corsa. Avrebbe voluto essere capace di inginocchiarsi e piangere per la disperazione di aver perso l’unica persona che si fosse sempre fidata di lui, e per la rabbia di essere stato costretto a scagliare lui stesso la maledizione che gli aveva spezzato la vita. Ma lui era Severus Snape, non Harry Potter, o Minerva McGonagall, o Rubeus Hagrid, o quanti altri avevano amato Dumbledore e probabilmente proprio in quel punto ne avevano pianto la scomparsa. La riflessione gli fece ricordare tutte le parole gentili che aveva ricevuto in quei giorni da quelle stesse persone, e un pensiero si fece largo nella sua mente: forse, se le persone che più avevano amato Dumbledore lo avevano perdonato, forse poteva darsi lui stesso il perdono..?
La battaglia silenziosa tra i suoi pensieri e la tomba bianca andò avanti per diversi minuti, finché un sorriso triste inarcò le labbra di Snape, il volto segnato da emozioni che non riusciva a esprimere.
–Albus- le sue parole erano poco più di un sussurro –mi manchi vecchio stupido Grifondoro-
Si accorse di stare finalmente piangendo; non ricordava nemmeno quand’era l’ultima volta che l’aveva fatto.
Rimase lì in piedi, ombra nera di fronte alla tomba bianca.
Non frenò le lacrime, e lasciò che vent’anni e più di dolore gli uscissero dal cuore sanguinante.
 
Minerva lo incrociò sulle scale mentre stava tornando nella sua stanza.
–Sever…- iniziò lei.
Lui la interruppe brusco: –Accetto-
Poi senza degnarla di un altro sguardo proseguì per la sua strada, lasciandola paralizzata dalla sorpresa a metà dei gradini, incapace di seguirlo o continuare a scendere le scale.
 
–Sai Severus- lo incalzò Dumbledore mentre entrava nell’ufficio, come se il loro discorso non fosse stato affatto interrotto –stavo pensando che staresti proprio bene con la mia tunica lillà, perché non te la provi e mi fai vedere come stai?-
Snape lo fulminò con lo sguardo, prima di puntare la bacchetta contro il quadro ed esclamare –Nigreus!-
–Oh, ma andiamo!- fece accorato il ritratto di Dumbledore, la cui veste era appena diventata interamente di colore nero.
La bocca sottile di Snape si arricciò in un sorriso vagamente beffardo, mentre varcava la porta che dall’ufficio dava nella camera; lì l’immagine di Dumbledore non poteva seguirlo, né tantomeno poteva vedere l’incarto colorato di caramelle che Snape riponeva nel cassetto.









Eccomi qua! A sto giro ho poche riflessioni da offrirvi, la relazione Albus/Severus è già abbastanza palese nei libri, io ho solo "dato un tocco di colore" (tanto per rimanere in tema ;) )...
Cosa ne pensate del capitolo? Cosa vi è piaciuto e cosa no? Vi piace il dumbledoresco ritratto? Siete d'accordo con la decisione di Snape di accettare la carica? Gliel'avreste fatto fare? O avreste fatto diversamente?
Snape piange di fronte alla tomba di Dumbledore. Non lo vediamo mai piangere nei libri se non da piccolo (nei ricordi d'infanzia), e quando trova la foto di Lily in camera di Sirius (ancora, nei suoi ricordi, stavolta quelli che consegna ad Harry). Non piange invece alla notizia della morte di Lily (grida come un maiale sgozzato, il viso segnato da cent'anni di dolore ecc ecc, ma niente lacrime). Snape in lacrime è OC? Me lo sono chiesto. Ho deciso di no per un semplice fatto: perché è la somma di tutto il dolore che ha vissuto, finalmente può mollare un po' la maschera. Siete d'accordo? Non siete d'accordo? Fatemelo sapere con una recensione!
Comunque, per darvi un'idea di come mi immagino Snape davanti alla tomba bianca, ho messo la fanart di Snapesnogger a fine capitolo: rispecchia a pieno la situazione che mi sono figurata e che ho tentato di descrivere. Niente lacrime invece nella gif, ma la trovo estremamente significativa!
Previsioni per il prossimo capitolo: avevo detto che ci sarebbe stata una scena con Hermione e una con Harry e una con Minerva... Ci saranno, ma sono posticipate di qualche capitolo! Nel frattempo ho deciso che la storia mi intriga e che voglio approfondire le dinamiche scolastiche e con gli altri professori... Inoltre devo introdurre qualche nuovo personaggio, e ho deciso di lanciarvi una sfida (un'altra?? che barba... :P )! Se lasciate una recensione potete scriverlo lì, altrimenti se preferite fatelo con un messaggio privato: un nome e cognome -possibilmente che inizino con la stessa lettera, ma non necessariamente se il nome è bello- in stile con i nomi Hogwartsiani (Severus Snape, Minerva McGonagall, Filius Flitwick...). Sia maschili che femminili! Io ne ho in testa un paio, ma cerco ispirazione in voi!
A presto con il prossimo aggiornamento che sarà... direi sabato se mi recensite in tanti (7-8? ce la famo? finora siete stati fantastici, avete vinto sempre!). Sennò con l'inizio della settimana prossima, non temete che il capitolo è già in lavorazione ;) Ps: quasi dimenticavo... Ovviamente l'incantesimo "Nigreus" è di mia invenzione... Ho preso spunto da "Obscuro" che usa Hermione contro il ritratto di Phineas Nigellus per coprirgli gli occhi con una benda...

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Capitolo 11
*** Hogwarts ***


First of all... Grazie a Austen95 (e menzione speciale per l'ispirazione dei nomi!), a HellenBach, a Queen of Snape and Joker, a Tonks98 e a Giulia40174 per le recensioni!

Grazie anche a AmyFay, Francyna99, profitterol96, Seregavi, fenice cremesi, misseli, sofiamaltinti, Alelely, ambretta peperina, ASOIAFan, Azzu___, BlackandLupin, coccinella75, devina, ehykirafacolaaaaaa, francesca88, Fra_Black, Garfield, ile223, Kuroichan, Lelouch VI, marepotter, MirzamLupin, pixel2, Pyxis_Minor, Selene Potter93, per aver PREFERITO, RICORDATO o SEGUITO la storia!
Scusate se lo scrivo solo ora, ma... non ci avevo proprio guardato prima! A maggior ragione vi dico: se avete tempo, lasciatemi un commentino ogni tanto per farmi sapere cosa della storia vi sta piacendo, se avete consigli o suggerimenti ecc... Grazie ancora :)




Cap 11. Hogwarts
 
 
Il consiglio aveva accettato la candidatura senza remore: era vero che Snape era molto giovane e dal passato ambiguo, ma era pur sempre un eroe di guerra; oltretutto non si poteva ignorare un voto unanime del corpo insegnante, e così ora Severus Snape era il nuovo Preside di Hogwarts.
Gli insegnanti gli avevano regalato un lussuoso foulard di seta argentato per festeggiarlo, presente che Snape aveva accettato con piacere, essendo un accessorio di una certa classe e consentendogli inoltre di nascondere la brutta cicatrice sul collo lasciatagli da Nagini. Sapeva che doveva esserci lo zampino di Minerva in quella scelta così azzeccata… Ovviamente il quadro di Dumbledore aveva avuto da ridire, affermando che la sua veste lillà gli sarebbe stata sicuramente meglio, ma Snape gli aveva ordinato di tacere e -con sua somma soddisfazione- stavolta il quadro era stato obbligato a obbedire.
 
Il fermento a Hogwarts era notevole e avevano lavorato tutti senza sosta in quelle settimane: c’era il castello da ripulire, i muri da ricostruire, le statue e i quadri da restaurare; c’era da organizzare l’anno scolastico, che sarebbe stato più pieno di studenti del solito, poiché chi aveva ascendenze babbane non aveva potuto frequentare Hogwarts l’anno precedente; c’era da assumere un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure e di Babbanologia; c’erano i M.A.G.O. e i G.U.F.O. da programmare, visto che non si erano potuti svolgere come al solito in giugno (i normali esami di fine anno erano invece stati aboliti come regalo della Scuola, ovviamente prima che Snape tornasse in carica, altrimenti non l’avrebbe mai permesso)…
Fortunatamente i Capi Casa avevano preso in mano la situazione già qualche giorno dopo quella che ormai tutto il mondo magico conosceva come “la Battaglia di Hogwarts”.
Per quanto riguarda la ristrutturazione del castello, la McGonagall aveva già fatto una pianificazione egregia, e i lavori, diretti da lei e da Filch, erano a buon punto: sarebbe stato tutto pronto molto prima del primo di settembre. Della gestione del parco, della Foresta Proibita e del lago si era ovviamente occupata la Sprout, affiancata da Hagrid per quanto riguardava le Creature Magiche.
Aiutato da Flitwick, Snape aveva valutato il modo migliore di far svolgere i G.U.F.O. e i M.A.G.O., dopodiché aveva preso contatto con gli esaminatori per verificare la loro disponibilità nelle date selezionate. La nuova organizzazione prevedeva che gli studenti fossero convocati al castello ai primi di agosto, in modo da seguire un mese di ripasso intensivo di tutti gli insegnamenti prima di affrontare gli esami, che si sarebbero svolti durante la prima settimana di settembre, in concomitanza con la normale apertura dell’anno accademico.
Il primo ministro Shacklebolt aveva fatto visita personalmente al neoconfermato Preside, e in quell’occasione si era discusso dei registri dei Nati Babbani; Snape aveva avuto rassicurazioni circa il fatto che l’elenco degli undicenni “scartati” l’anno prima sarebbe stato pronto al più presto.
Slughorn nel frattempo gli aveva preparato una lista di possibili aspiranti insegnanti per i posti vacanti, e fu con immenso piacere che Snape si occupò personalmente della valutazione.
 
La selezione dell’insegnante di Difesa era stata breve: nonostante fosse stato reso noto che la maledizione sulla cattedra era morta insieme a Voldemort, pochi si erano fatti avanti per chiedere di essere assunti. Snape era convinto tuttavia di aver fatto la scelta giusta: il mago che aveva selezionato era un giovane ex-allievo di Hogwarts di cui lui stesso era stato insegnante; aveva guadagnato ottimi voti (anche in Pozioni) ai M.A.G.O. di dieci anni prima, e soprattutto aveva superato brillantemente la prova cui Snape l’aveva sottoposto.
–Bene signor Woolframe, vedo che sulla teoria è sufficientemente preparato- gli aveva infatti detto Snape dopo un lungo interrogatorio –Ma come se la cava con la pratica?-
Gli occhi di Snape avevano mandato un bagliore sinistro, mentre si alzava dalla scrivania ed estraeva la bacchetta dalla veste.
William Woolframe era parso un momento intimorito, ma poi aveva imitato il Preside, alzandosi anche lui dalla sedia e sfoderando la bacchetta, in attesa.
–Quando vuole, signor Woolframe- aveva sussurrato Snape.
Non era stato un vero e proprio duello: Snape si era limitato a parare i colpi, lasciando all’avversario il compito di mettere in mostra le proprie capacità. Quando aveva giudicato di essere sufficientemente consapevole delle abilità del giovane, Snape aveva alzato la mano in segno di resa. Compiaciuto, William aveva sorriso e abbassato la bacchetta, ed era stato in quel momento che Snape lo aveva colpito.
–Mai abbassare la guardia…- aveva sogghignato Snape, perfido, mentre un curioso formicolio s’impadroniva del suo braccio destro.
“Dì che non vuoi più fare l’insegnante, dì che non vuoi più fare l’insegnante…” aveva comandato la mente di Snape a quella di Woolframe, legata ora a lui dalla Maledizione Imperio.
–Non…voglio…- le parole erano uscite a fatica dalla bocca di Woolframe, il volto contratto nel tentativo di resistere alla Maledizione.
“Forza, è così semplice, dì che non vuoi più fare l’insegnante” aveva continuato a comandare Snape.
–…più…fare…un colloquio di lavoro come questo!- aveva ruggito William, uscendo dal controllo mentale di Snape. Il volto del giovane era apparso provato; aveva guardato irato Snape, il petto che si alzava e abbassava velocemente per lo sforzo appena compiuto.
Di contro, il Preside era apparso straordinariamente impassibile e calmo.
–Posso chiederle, signor Woolframe, come mai vuole fare l’insegnante e non l’Auror?-
A quelle parole, l’ira era svanita di colpo da William.
–Io- si era schiarito la gola, vagamente imbarazzato –io ho sempre desiderato insegnare- aveva quindi concluso con maggiore determinazione.
–È assunto- aveva detto Snape mettendo via la bacchetta e tendendogli la mano. Gli aveva quindi consegnato un ricco fascicolo fitto di appunti sull’organizzazione delle lezioni e sui programmi scolastici previsti per le diverse classi e lo aveva congedato.
Lo avrebbe ovviamente controllato da vicino in quel primo anno d’insegnamento, pronto a intervenire se la gestione delle lezioni non fosse stata adeguata (era ora che Hogwarts avesse un insegnante di Difesa serio, per Merlino!), ma era sicuro che Woolframe non lo avrebbe deluso.
 
Il colloquio terminato con l’assunzione della nuova insegnante di Babbanologia era stato ancora diverso: si era trattato, infatti, di una prova “su strada”, nella fattispecie un pomeriggio a fingersi Babbani in un centro commerciale.
Contrariamente a quanto si poteva pensare, Snape era in grado di vestirsi da Babbano in maniera impeccabile: il fatto che non amasse farlo per via delle ascendenze paterne era tutto un altro paio di maniche… Ma questo era un particolare poco noto, e fu quindi con una certa sorpresa che gli abitanti del castello lo videro -abbandonato il mantello e la veste da mago- attraversare i corridoi in soprabito, maglione a collo alto e pantaloni scuri, per raggiungere i confini della Scuola e potersi Smaterializzare verso il punto d’incontro con gli aspiranti insegnanti.
La selezione lo aveva lasciato soddisfatto: entrava con uno di loro a turno in un diverso negozio, fingendo di essere interessati a degli acquisti. Quando il commesso veniva verso di loro a chiedere se avevano bisogno di assistenza, Snape diceva di sì e poi passava la palla al candidato. A parte qualche errore grossolano (“Per Salazar, elettricità, non ecletticità!”), molti si erano comportati in modo irreprensibile, e tuttavia solo l’ultima candidata aveva superato la prova.
Stavano uscendo dal negozio, quando lei gli aveva sussurrato all’orecchio: –L’ho notato. E so anche che è un test. Un errore poteva essere comprensibile, ma due! Troppi per uno che è sopravvissuto a due guerre facendo la spia…-
Uno sbuffo divertito era uscito dalle labbra di Snape, un lato della bocca stirato in un sorriso sbilenco; nessuno degli altri candidati aveva detto niente riguardo all’orologio femminile che aveva al polso, per di più indossato al contrario. Che fosse perché non volevano indisporlo o semplicemente perché non l’avevano notato, non aveva importanza: Snape voleva gente sveglia e coraggiosa nella propria Scuola (“La mia Scuola… Preside Snape… Continua a suonare maledettamente bene” pensava a volte con orgoglio malcelato).
Inoltre, come aveva giustamente osservato Kathleen Greenwood, un doppio indizio era davvero troppo per essere semplice sbadataggine, avrebbero dovuto capire che era un test.
–Congratulazioni signorina Greenwood, il posto è suo- disse, stringendole la mano brevemente.
–SÌÌÌÌ!- esclamò lei alzando le braccia al cielo in un gesto vittorioso, attirando l’attenzione dei passanti.
Lui le scoccò uno sguardo di rimprovero –Non mi faccia subito pentire della mia scelta- sibilò, velenoso.
Lei roteò gli occhi al cielo –Il lupo perde il pelo…- sospirò –Non è cambiato molto dagli anni di scuola, non è vero Snape?-
Preside Snape- la corresse, piccato –E non ricordo di aver avuto il piacere di conoscerla- aggiunse poi, squadrandola.
–No, beh, è difficile che un Serpeverde al settimo anno noti una Tassorosso al terzo, giusto? Ma noi tutti sapevamo quali erano i soggetti pericolosi da evitare per non incorrere in problemi…- gli lanciò un’occhiata a metà tra esasperata e divertita –Quando poi è tornato al castello per insegnare Pozioni io avevo già superato i G.U.F.O. e mollato la materia, quindi non abbiamo più avuto modo di incontrarci-
–Che sfortuna- disse Snape, con un ghigno sarcastico.
–…decisamente non perde il vizio- borbottò lei tra i denti. –Bene Preside- sottolineò con cura la parola, –devo ammettere che sono piuttosto colpita dai suoi abiti così inusuali. Mi permette una domanda prima di lasciarla?-
Prima che Snape avesse il tempo di dire di no, Kathleen aveva già ripreso la parola, incurante della sua risposta.
–Lei è Mezzosangue?-
Snape alzò il sopracciglio.
–Sì- disse seccamente. Non amava domande sulla propria parentela. Lei parve capire, perché non approfondì l’argomento.
Tuttavia sembrò vagamente stupita e aggiunse –Credevo che i Serpeverde fossero tutti dei bastardi purosangue senza cuore… Evidentemente mi sbagliavo-
–E per curiosità, su cosa si sbagliava? Sui “purosangue” o sui “bastardi senza cuore”?-
–Su tutti e due- disse prima di ridacchiare.
–Evidentemente non mi conosce abbastanza- ribatté Snape, infastidito dalla crescente confidenza della Greenwood.
Andiamo, lo so che sotto quella scorza dura…- iniziò lei con fare accattivante. Snape le lanciò un’occhiata talmente penetrante da farla fermare.
–Non mi sfidi, signorina Greenwood: non sono abituato a perdere…- sibilò Snape.
 
 
–Non c’era bisogno di essere così gelido, Severus! Sono i tuoi futuri colleghi in fondo…- lo rimproverò amorevolmente Dumbledore dalla sua cornice quando Snape ebbe finito di raccontargli com’era andata la selezione della nuova insegnante.
–Errore: sono il loro capo, non il loro compagno di merende. Devo incutere loro timore, se voglio assicurarmi il loro rispetto e la loro fedeltà- disse Snape con un’aura di autorità nella voce.
Il quadro di Dumbledore sospirò.
–Severus, temo che il tuo concetto di rispetto e fedeltà sia inquinato dal ricordo di Lord Voldemort. Ti assicuro che si può essere rispettati anche senza che le persone abbiano paura di te-
–Mia la Scuola, mie le regole- fece Snape con un ghigno. Era ora che qualcuno riportasse la disciplina in quel posto…
–D’accordo, d’accordo- fece il ritratto di Dumbledore, conciliante –Ma era proprio necessario lanciare una Maledizione Senza Perdono al giovane Woolframe?-
Snape inarcò il sopracciglio.
–Come minimo…- sibilò –Va ad occupare il posto che ho desiderato per anni, non avevo intenzione di renderglielo troppo semplice.-
Dalla sua cornice, Dumbledore scosse la testa –Non c’è davvero bisogno di essere sempre così severo e vendicativo…-
–Albus?- lo interruppe Snape, con voce di seta.
–Dimmi, Severus- gli rispose il quadro con un sorriso.
–Taci- terminò Snape con lo stesso tono soave.
Un lampo di compiacimento attraversò lo sguardo: oh sì, essere al potere aveva i suoi vantaggi, dopotutto…


Questa è la bellissima fanart di Makani, tratta da HPHBP project. Rende abbastanza l'idea di come mi immagino io Snape (e anche di come può apparire in vestiti babbani)
Bellissima fanart di Makani per HPHBP project; rende bene l'idea di come mi immagino io Snape e di come può apparire senza vesti da mago...


E rieccoci qua! Cosa mi dite, si respira un po' di più aria di Hogwarts? Vi piace questo Snape? È un po' più Serpeverde? Cattivello e ambizioso? Fatemi sapere cosa ne pensate. Io mi sono divertita tantissimo a raccontarlo (in particolare mi è piaciuto inventare le prove di assunzione... come le avete trovate?), spero altrettanto voi a leggerlo!
La Maledizione Imperius usata su Woolframe è ovviamente una citazione da HP4 (Moody vs Harry), mentre 
ecletticità al posto di elettricità è un omaggio a quel genio di Arthur Weasley. Potevo inventarmi un altro gioco di parole, ma preferivo così...
Cosa mi dite dei nuovi personaggi? Non li svilupperò tantissimo, ma mi servivano assolutamente visto che volevo mostrare un po' di più dell'organizzazione scolastica... Nei prossimi capitoli 5-6 capitoli avranno modo di tornare, qualcuno di più qualcuno di meno. Intanto ancora un grazie a Austen95 che è stata un aiuto prezioso per i nomi! Io ho già abbastanza in mente il loro background, il loro aspetto ecc, però se per caso avete delle idee fate sapere! Potrei utilizzarle come già fatto per i suggerimenti sui nomi ;)

Il prossimo aggiornamento arriva venerdì se superate le 5 recensioni. Altrimenti arriva venerdì uguale :P
PS: appena ho tempo, inserirò qualche immagine anche nei capitoli vecchi! Spero vi possa piacere come idea :)

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Capitolo 12
*** Mangiamorte ***


Grazie ancora a tutti per le recensioni! E senza altri indugi, via con l'aggiornamento!



Cap 12. Mangiamorte
 
 
Ore 17, Sala Insegnanti.
Convocazione generale, the e biscotti per tutti e aggiornamento della situazione scolastica.
Primo punto all’ordine del giorno: l’introduzione ufficiale dei nuovi insegnanti al resto del corpo docente.
 
– Ho il piacere di presentarvi il signor William Woolframe, che speriamo rimanga in carica più a lungo di un anno - risatine degli altri inseganti accolsero le parole di Snape – e la signorina Kathleen Greenwood, che prenderà il posto della nostra collega scomparsa Charity Burbage, una delle sfortunate vittime di questa guerra - mormorii tristi in risposta.
Una voce si alzò.
– Ma siamo sicuri siano stati i Mangiamorte? Insomma… In fondo il corpo non è mai stato trovato… - pigolò la professoressa Vector, con una flebile speranza nella voce. L’insegnante di Aritmanzia non si era lasciata convincere facilmente della scomparsa della sua amica, e anche ora, che sapeva che non c’era possibilità che fosse ancora viva, sperava tuttavia che non fosse stata vittima di un brutale omicidio.
Un silenzio tetro era sceso in sala insegnanti, molti tenevano gli occhi bassi e nessuno osava fiatare.
– Non sono stati i Mangiamorte - disse Snape lentamente – È stato il Signore Oscuro.
– Ero presente - aggiunse poi in risposta allo sguardo di stupore della Vector.
– Tu..! Tu c’eri? - il disgusto si sostituì alla sorpresa sul viso della professoressa Vector.
Ora tutti gli sguardi erano puntati su di lui.
– Come..? Quando..? - le parole si affastellavano per l'agitazione.
– Poco più di un anno fa. Con l’Avada Kedavra - tagliò corto Snape tentando di liquidare la faccenda, e tacendo il particolare macabro del serpente. Non aveva mai elucidato i dettagli della morte di Charity Burbage ai colleghi, che avevano comunque dedotto da tempo che fosse rimasta uccisa. Quando, a guerra finita, gli era stata chiesta conferma dei loro sospetti, si era limitato ad assentire senza entrare in dettagli.
– Ora - continuò Snape con tono perentorio, rompendo il silenzio che si era creato – se potessimo tornare ad occuparci di questioni più importanti…
– Più importanti? Come osi! - la Vector aveva ritrovato le parole e si era alzata in piedi – Eri lì, e non hai fatto niente… Codardo! -
Snape la guardò con odio. Si era trattenuto fin troppo.
– Septimia - intervenne la voce di Minerva – Ti prego Septimia, calmati, non sai quel che dici.
– No, Minerva - fece Snape risoluto, alzandosi a sua volta. Tremava leggermente, la sua ira era ora ben visibile sul suo volto. Stavolta non era disposto a lasciar intervenire la McGonagall in sua difesa.
– Lascia che la nostra collega vada avanti - tentò di incurvare le labbra in un sogghigno beffardo, ma gli tremavano per la rabbia – Prego professoressa Vector, ci illustri come secondo lei avrei potuto dissuadere il Signore Oscuro. Avrei potuto magari dirgli che prendesse me al suo posto, non è vero? La mia vita vale meno di quella di chiunque altro, non è così?- senza neanche rendersene conto, cominciò ad avanzare verso la collega.
– Poi chi ci avrebbe pensato a fermarlo? Chi avrebbe guidato Potter? Chi avrebbe portato a termine gli ordini di Dumbledore? - ormai le stava di fronte, lo sguardo feroce piantato in quello ora impaurito di lei.
– Severus - stavolta la voce della McGonagall si era levata per ammonire lui. Si accorse che la professoressa Vector era sull’orlo delle lacrime, e che tutte le sue colleghe ad eccezione della McGonagall lo guardavano spaventate. Gli uomini parevano meno intimoriti, ma ugualmente innervositi dalla situazione e all’erta. Se lo sarebbe dovuto aspettare: a parte chi era nell’Ordine, tutti gli altri lo ricordavano come collega prima e come Mangiamorte poi. E per quanto l’omicidio di Dumbledore ormai fosse stato accettato e superato come qualcosa d’inevitabile di cui lui non aveva colpa, si poteva forse dire lo stesso delle sue azioni del passato, quando ancora era un Mangiamorte convinto e non una spia dell’Ordine?
Questo vedevano in lui, un Mangiamorte.
Che avesse sacrificato la sua vita a causa di quella scelta sbagliata aveva poca importanza… Ci sono macchie che non andavano via…
– Severus - fece eco un’altra voce a riscuoterlo dai pensieri, quella acuta del piccolo Flitwick – sappiamo qual è stato il tuo ruolo e il tuo coraggio in questa guerra. Sei stato essenziale più di tutti noi, e per questo ti rispettiamo. Non ti avremmo chiesto di essere Preside se non fosse stato così. Non lasciamo che parole dettate dal dolore ci separino.
L’insegnante d’incantesimi non appariva affatto spaventato: forse perché lo aveva conosciuto quando era ancora studente, non sembrava guardarlo come se in lui vedesse un Mangiamorte. Lo aveva già notato quando insieme avevano pianificato gli esami: anche in quell’occasione aveva pensato che la compagnia del suo ex-professore gli piaceva.
Inoltre, grazie al cielo, non aveva quell’aria preoccupata che aveva invece Minerva, cosa di cui gli era sinceramente grato: non era un bambino, poteva difendersi da solo. Snape in quel momento lo apprezzò ancora di più per aver riportato una sorta di normalità a quella situazione così elettrizzante; d’altra parte, in quanto Capo Casa dei Corvonero, Filius era sempre stato saggio e logico nei suoi ragionamenti.
– Dimentichiamo questo spiacevole episodio e torniamo al nostro lavoro - li spronò Flitwick con un sorriso.
La professoressa Vector annuì e si sedette, soffocando un singhiozzo. I suoi occhi erano lucidi ma sembrava essere tornata padrona di sé.
– Molto bene - disse allora Snape, riprendendo lentamente il suo posto; l’espressione sul suo volto era indecifrabile.
La riunione riprese con tranquillità un po’ forzata ma senza intoppi, e Snape fu il primo a lasciare l’aula Insegnanti, il mantello svolazzante alle sue spalle che tentava di mantenere il passo con le sue ampie falcate.
 
 
– Non esserne stupito Severus. Quanti uomini e donne hai visto morire?
– Di recente, solo quelli che non sono riuscito a salvare.
 
– Severus, aiutami!
 
– NOOO! - gridò Snape, spalancando gli occhi nel buio.
Si era svegliato di soprassalto, la veste da notte sudata, il letto disfatto. Un altro incubo. Nonostante, come tutte le sere, avesse calmato la mente fino a renderla piatta prima di addormentarsi, stavolta non era servito. La riunione di quel pomeriggio e i ricordi che avevano evocato l’avevano scosso più di quanto osasse ammettere.
Si sfilò il pigiama e si diresse verso il bagno adiacente alla camera; un bagno caldo l’avrebbe aiutato a rilassarsi.
 
Se la ritrovò davanti senza preavviso, mentre, avvolto nell’asciugamano, frugava nell’armadio alla ricerca di qualcosa da mettere: la sua veste da Mangiamorte, corredata di maschera e pugnale d’ordinanza. Era ancora lì dall’anno scorso, come poteva essersene dimenticato? Tirò fuori con cautela quelle vestigia del suo orrendo passato, come in trance. Si guardò l’avanbraccio sinistro: la cicatrice sarebbe rimasta per sempre a ricordargli che cosa era stato, anche se il Marchio Nero era scomparso.
– Io non sono un Mangiamorte - sussurrò a sé stesso nel buio della camera, lo sguardo e i lineamenti induriti dall’odio.
Si vestì in fretta e lasciò la stanza.
 
Era notte inoltrata e non incontrò nessuno lungo il suo cammino verso la Torre. Gli parve a un certo punto di intravedere con la coda dell’occhio il profilo di un gatto, ma quando si girò per vedere meglio era sparito, forse alla ricerca di Mastro Filch.
– Sono il Preside stupido gatto, ho il diritto di stare nei corridoi di notte - borbottò Snape, continuando a salire le scale.
Giunto che fu in cima alla Torre di Astronomia, gettò sul pavimento di pietra la veste nera da Mangiamorte, la maschera e il pugnale. Li guardò nuovamente con odio, poi alzò la bacchetta ed evocò un fuoco magico. Rimase a osservare finché le fiamme non ebbero consumato fino all’ultimo ogni cosa; persino il metallo si era dovuto arrendere alla potenza dell’incantesimo.
“Io non sono un Mangiamorte” continuava a ripetersi nella testa come un mantra, anche dopo che le fiamme ebbero smesso di bruciare.
La porta alle sue spalle si aprì e una voce amica parlò.
– Si può sapere cosa stai facendo qui sopra a quest’ora della notte? Pensavo volessi prendere una boccata d’aria ma poi non tornavi più indietro; stavo per chiedermi se non ti eri buttato di sotto… - chiese Minerva, accigliata.
– Come sapevi dov’ero? - Snape era stupito.
– Ti stavo tenendo d’occhio Severus, non ti sei neanche fatto vedere a cena. Non è questo un comportamento da Preside - rispose lei, mascherando da fastidio la sua preoccupazione.
Snape fece un gesto stizzito, come per scacciare via una mosca molesta. Ora che non era più solo desiderava solamente lasciare quel luogo il più velocemente possibile, ma era anche curioso. Minerva lo aveva sorvegliato fino a quel momento? E com’era possibile che non si fosse accorto di essere seguito?
– Non ti ho vista nei corridoi…
La McGonagall fece un sorrisetto compiaciuto. Un lampo di comprensione nello sguardo di Snape.
– Non era Mrs Norris il gatto che ho visto - era un’affermazione la sua, non una domanda.
– Stai invecchiando Severus, dov’è finita la tua abilità da spia se riesci a farti seguire da una vecchia strega come me?
Per tutta risposta Snape guardò il punto dove fino a qualche minuto prima avevano bruciato i suoi possedimenti di quand’era un servitore tra le fila dell’Oscuro.
– Io non sono una spia. Io non sono un Mangiamorte - alzò gli occhi verso Minerva – Sono il Preside, come giustamente hai osservato tu: ho tutto il diritto di stare ovunque mi pare nella mia Scuola e non gradisco che insegnanti petulanti vengano a farmi la ramanzina - si allontanò da lei e raggiunse il bastione dove Dumbledore aveva vissuto i suoi ultimi istanti, lo sguardo puntato verso l’orizzonte.
– Né tantomeno desidero la loro compagnia in questo momento - concluse, gelido.
– Come desideri, Preside - rispose Minerva con lo stesso tono tagliente di lui. I passi di lei si persero tra le scale.
Snape rimase immobile, gli occhi neri persi nell’oscurità della notte, a meditare sul suo passato. Malgrado quello che continuava a ripetersi, non poteva cancellare chi era stato. Avrebbe mai smesso veramente di essere un Mangiamorte?
Immerso nei suoi pensieri, non si accorse dei passi felpati alle sue spalle, e fece un salto di mezzo metro quando si vide comparire un’ombra scura a fianco. Un gatto era appena salito sul bastione con un balzo, i segni squadrati intorno agli occhi ne tradivano l’identità.
– Minerva! - l’apostrofò Snape dopo essersi ripreso dallo spavento – Ti ho già detto che non desidero…
Gli occhi da gatta della McGonagall lo guardavano come facendosi beffe di lui, nella tipica espressione che solo i gatti sono capaci di assumere.
– …che non desidero la compagnia di insegnati petulanti - concluse Snape in un soffio, capendo la strategia della strega.
– Meow - fece Minerva.
Snape sbottò in una risata. Non riuscì proprio a trattenersi, era la prima volta che sentiva miagolare Minerva McGonagall! Non poteva credere alle proprie orecchie (e dallo sguardo che fece il gatto, nemmeno lei poteva credere alle sue).
Si riprese a fatica, l’ombra della risata ancora accesa sul volto.
Con un sospiro, tornò ad appoggiarsi ai bastioni, lo sguardo perso in lontananza. Minerva gli mise una zampa sulla mano. Quel piccolo contatto peloso lo rincuorò: in un’altra occasione, Minerva non gli avrebbe mai preso la mano, né lui se la sarebbe lasciata prendere. La trasformazione di Minerva rendeva l’evento quasi un sogno, qualcosa che avrebbero potuto ignorare la mattina seguente, che non avrebbe loro reso difficile guardarsi in faccia la volta successiva.
A volte non tutto è ciò che appare, a volte c’è dell’altro dietro. Nessuno avrebbe mai potuto pensare che dietro la severa insegnante di Trasfigurazione ci potesse essere un gatto affettuoso, come nessuno avrebbe mai potuto pensare che dietro l’odioso Severus Snape potesse nascondersi un uomo tormentato e sensibile.
Rimasero per un po’ a guardare l’orizzonte insieme, poi Snape si voltò verso di lei, ancora elegantemente seduta sulle zampe posteriori.
Non erano state molte le occasioni che aveva avuto per vedere Minerva trasformata, e ne approfittò per studiarne l’aspetto: la striatura nera a forma di M sul muso, i segni squadrati degli occhiali, il pelo lucido…
– Sai Minerva, questo aspetto ti dona.
Non sapeva perché lo stava dicendo. Il vecchio Severus non l’avrebbe mai fatto. Ma forse lui non voleva più essere il “vecchio Severus”…
Minerva girò la testa verso di lui; l’espressione felina pareva lusingata.
Gli erano sempre piaciuti i gatti: avevano quell’aria da “come se m’interessasse la tua opinione” che aveva sempre invidiato loro.
Fu con estrema difficoltà che Snape si costrinse a ricordarsi che quel gatto non era un gatto, ma l’Animagus Minerva, e che quindi non poteva accarezzarne il pelo a proprio piacimento. La McGongall sembrò capire che si stava trattenendo: piegò la testa e la fece cozzare delicatamente contro la mano di lui, dandogli l’implicita autorizzazione.
Snape tese il palmo aperto verso il gatto, aspettando una sua mossa. Per tutta risposta, quello prese a fare le fusa sonoramente e a strusciare la testa e il collo verso le dita tese di Severus, che sorrise e chiuse gli occhi. Era rilassante stare lì, nel buio della notte, ad ascoltare le fusa di un gatto; sentiva che la tensione della giornata lo stava finalmente abbandonando, stemperandosi in quelle fusa come né il bagno caldo né il bruciare l’effige del passato erano riusciti a fare.
 
La stanchezza stava sopraggiungendo, e Snape decise che poteva tornare a dormire senza pericolo che gli incubi tornassero. Per quella sera, era riuscito ad allontanarli.
– Andiamo a dormire? - propose quindi al gatto.
– Meow - fece quello in tutta risposta. Allungò le zampe verso il braccio di Snape e gli si arrampicò sulla spalla, appollaiandosi lì in attesa.
– Parlane con qualcuno e dirò a tutti che graziosa gattina che sei - minacciò Snape, ma il tono della voce era divertito.
La coda di lei gli frustò il viso in atteggiamento sdegnoso.
– Sì sì, ho capito ho capito - sbuffò lui, prendendo a scendere le scale. Si chiuse la porta alle spalle, senza capire che stava lasciando sulla Torre molto di più che i suoi vestiti bruciati.



Solite note/osservazioni: tra insegnanti secondo me ci si dà sempre del tu e ci si chiama per nome (almeno quasi sempre, vedi "Severus" vs "Lupin"). Il fatto che Snape a un certo punto dia del lei alla professoressa Vector è quindi ovviamente ironico.
Per quanto riguarda la morte della Burbage, nel settimo Lupin dice che non crede che si sia dimessa, e questo è tutto quello che sappiamo; mi sembra improbabile che la voce non si sia sparsa, specie con i Carrow ad Hogwarts, ma a parte dire che quella babbanofila ha fatto la fine che meritava potrebbero non aver detto altro.
Parentesi Flitwick-Snape: come avrete notato, Albus ha due bracci destri, Minerva e Severus. Mi pareva interessante rievocare il dualismo, e quindi prevedo che Flitwick farà la sua parte, più avanti nella storia. Vi piace come idea? Da un certo punto di vista, secondo me tra i due può esserci del feeling... Vedremo!
Cosa ne pensate del confronto in sala insegnanti? E di Snape che brucia i vestiti? Io ho pensato che entrambe le cose fossero inevitabili: anche se l'hanno votato come Preside non significa che Severus sia improvvisamente diventato simpatico, mentre per quanto riguarda le vesti doveva averle con sé ovunque andasse suppongo, quindi erano ancora lì da qualche parte ad aspettare l'occasione buona...
E arriviamo al punto che mi interessa di più: il soriano Minerva McGonagall! È una parte che ho riscritto diverse volte prima di essere soddisfatta: volevo un avvicinamento, ma anche questo doveva essere dettato da circostanze "inusuali" per non essere OC (e spero di non esserlo stata). Certo, mi rendo conto che ADESSO Severus e Minerva sono diversi dai i personaggi di JKR, ma spero che -come avevo premesso all'inizio della storia- la trasformazione sia stata abbastanza graduale; insomma, i miei personaggi si stanno evolvendo in maniera comprensibile? Questo punto in particolare mi preme molto, quindi non siate timidi e fatemi sapere!!
Ps: non so se avete mai visto un soriano, ma la M sulla fronte è una caratteristica della razza... Googleatevi "gatto soriano" per sapere di cosa sto parlando!
Ps 2: ovviamente le scene che Snape ricorda in sogno sono il dialogo con Dumbledore e le parole che Charity gli rivolge prima di morire. Ho sempre immaginato che Severus pensasse a quell'occasione, quando Dumbledore gli rivolge quelle parole. Voi no?

Vi saluto con un abbraccio; purtroppo per le prossime due settimane sarò straimpegnata, quindi non prometto aggiornamenti... Se avrò qualcosa pronto per venerdì prossimo sarò felice di postarlo, altrimenti vi farò attendere un po'... Scusatemi ma è proprio un periodaccio.

   

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Capitolo 13
*** Libri ***


Cap 13. Libri
 
 
Era alla finestra del suo studio, da dove, una decina di minuti prima, aveva visto una ben nota figura risalire la strada per il castello.
– Albus - chiamò Snape senza neanche voltarsi.
– Sì, Severus? - rispose lui, docile.
– Ti proibisco di dire anche una sola parola in presenza della Granger, ci siamo capiti? – girò lo sguardo verso il quadro, l’espressione ferma e autoritaria.
Dumbledore ridacchiò.
– E perché mai dovrei? Lo sai che sono un tipo discreto – concluse, strizzandogli l’occhio.
Snape sospirò, infastidito. Da quando il ritratto aveva saputo che Hermione Granger sarebbe venuta al castello a fare visita a Snape, non perdeva occasione per ricordargli quanto quella sarebbe stata l’opportunità perfetta per ringraziare la Grifondoro di avergli salvato la vita, un paio di mesi prima. E Snape, anche se sentiva il bisogno di staccarsi dal passato, di lasciarsi alle spalle il “vecchio Severus”, non era sicuro di essere pronto a una simile conversazione: sulla Torre si era detto che voleva togliersi la maschera, ma al tempo stesso aveva paura di rimanere senza quella che per tanti anni era stata una protezione preziosa…
Avevano appena finito di parlare che Hermione bussò alla porta dello studio.
Snape lanciò un’ultima occhiata ammonitrice al quadro, poi disse – Avanti – mentre occupava il suo posto sulla poltrona del Preside.
La testa riccioluta di Hermione fece capolino dalla porta di quercia.
– Buongiorno Preside Snape, è un piacere vederla – salutò Hermione.
– Buongiorno signorina Granger – replicò lui pigramente.
– Le porto i saluti di Harry, professore. Avrebbe voluto venire ma è sempre molto impegnato, tra il Ministero e il Wizengamot…
Snape sfoggiò il suo classico sguardo malevolo.
– Potter che si gode la celebrità. Quale sorpresa… - disse mellifluo.
Hermione lo ignorò e continuò.
– Dal momento che ha accettato di tornare come Preside, sono venuta a chiederle di poter essere ammessa al settimo anno - disse.
Snape inarcò il sopracciglio. Perché venire fino al castello per una richiesta per cui bastava un gufo? Gufo che tra l’altro gli aveva mandato proprio per chiedergli quell’appuntamento. Doveva esserci dell’altro…
– Credevo che al Golden Trio tutte le porte fossero aperte.
Hermione scrollò le spalle.
– Non mi sembrerebbe giusto. Non rimprovero Ron ed Harry per approfittare dell’opportunità…
“Peccato, avrei potuto finalmente espellerli alla prima occasione…” pensò Snape.
– …in fondo se lo sono meritato! – continuò Hermione, ignara dei suoi pensieri – Però io preferirei riprendere gli studi. Ho il suo permesso?
– Temo proprio di non poterglielo negare – disse Snape a denti stretti, apparentemente scocciato.
La realtà era ben diversa però: Hermione Granger era il tipo di studente che preferiva. Se non fosse stato per quel piccolo particolare di girare con quei due decerebrati di Potter e Weasley, avrebbero potuto anche andare d’accordo.
A Hermione piaceva studiare, le piaceva davvero. Non bramava semplicemente i buoni voti, lei voleva conoscere, apprendere; Snape non l’avrebbe stimata se non fosse stato così. E sebbene non perdesse occasione per pungolarla in classe (riteneva che stuzzicare il suo orgoglio fosse il modo migliore per farla migliorare) e si trattenesse dal lodarla (era pur sempre il Capocasa dei Serpeverde), non mancava di darle il giudizio che meritava nei compiti e negli esami.
Hermione questo lo sapeva benissimo, e benché non si amassero particolarmente, la stima tra insegnante e studente era reciproca.
L’unico difetto che Snape le recriminava era la sua cieca fiducia nei libri, la certezza granitica che seguire le istruzioni del libro di testo fosse il modo migliore, se non addirittura l’unico, di fare le cose.
Questo poteva essere un grosso difetto, almeno per quanto riguardava il campo delle Pozioni: seguire diligentemente il libro ti porterà sempre ad un buon risultato, ma se vuoi migliorare è ovvio che devi spingerti oltre, non puoi ricalcare le orme altrui.
– Allora… Ci rivediamo il primo di settembre, direi.
La voce di Hermione lo riscosse dai pensieri. Fece un cenno distratto di assenso.
Nonostante l’approvazione, Hermione sembrava sulle spine, indecisa sul da farsi. Era il momento per darle una spintarella.
– E qual è il vero motivo che la porta qui, signorina Granger?
Lei lo guardò per una frazione di secondo come se fosse al tempo stesso grata e spaventata che lui avesse posto quella domanda. Snape le lasciò il tempo necessario per rispondere.
– Sono venuta a portarle questi – disse infine. Infilò la mano nella borsetta di perline che aveva con sé e prese a tirare fuori una serie di libri dall’apparenza sinistra, impilandoli poi uno sull’altro sulla scrivania di Snape.
– Ahhh – fece Dumbledore dal suo quadro, con sguardo interessato.
Hermione sembrava sentirsi in colpa. Spiegò brevemente cos’erano quei libri e come ne era entrata in possesso. (*)
Snape si mise a sfogliarli velocemente, con sguardo famelico: la malvagità trasudava da ogni pagina, ma anche la conoscenza…
Erano libri che non aveva mai letto ad Hogwarts da ragazzo: Dumbledore li aveva tenuti ben nascosti; né li aveva trovati nella sua vita da adulto, nonostante le sue letture fossero state notevolmente espanse dalla biblioteca che Lucius Malfoy gli aveva messo a disposizione nel corso degli anni, senza contare poi l’impegno personale che metteva nella ricerca di volumi rari e preziosi. E tuttavia, alcuni di quei tomi gli erano completamente sconosciuti!
Un’antica bramosia si faceva strada nel suo cuore e nella sua mente, tanto che si era quasi dimenticato che Hermione era lì. Ma se ne ricordò presto: mentre apriva uno dei libri per iniziare a leggerlo, la voce della giovane strega si fece sentire ancora.
– Non li legga!
Dopo che l’ebbe detto lo guardò imbarazzata, come se sapesse di essersi spinta oltre. Lui la fulminò con lo sguardo, irritato di come si era intromessa tra lui e un libro, quasi fosse stato sorpreso in atteggiamento intimo con la propria amante.
– Prego? Non dovrei leggere un libro che mi appartiene? E perché non dovrei leggere un libro che mi appartiene, signorina Granger? – fece, tagliente.
Nonostante l’imbarazzo, per Hermione l’abitudine di rispondere alle domande degli insegnanti era troppo forte, anche quando la domanda era retorica.
– Quei libri sono perversi. Sono una lettura… sconveniente!
– E che cosa dovrei dire invece di un furto dall’ufficio del Preside? – sputò fuori Snape con cattiveria.
Questo la zittì, ma solo per un secondo.
– La prego, mi dia ascolto. Ho letto quei libri, ho dovuto farlo perché era l’unico modo per sapere come sconfiggere gli Horcrux, quindi so di cosa parlo. Sono libri malvagi e pericolosi, e contengono una conoscenza che sarebbe meglio distruggere per evitare che altri ripercorrano le stesse orme di Voldemort - sospirò – Infatti questo il volere di Harry: bruciarli.
Snape inorridì al pensiero di vedere un libro bruciato, e curiosamente la sua espressione si rifletté in quella della Grifondoro.
– Non potevo permetterglielo: è vero, questi libri sono stati il mezzo per Voldemort per raggiungere il potere, ma sono anche stati il sapere che ci ha permesso di toglierglielo…
Un sospiro di ribrezzo proruppe dalla giovane. Erano stati dunque una lettura così sconvolgente?
– Non si può mai sapere quali minacce ci aspettano in futuro, meglio essere preparati a ogni evenienza; questi libri vanno preservati e conservati lontani da occhi indiscreti, ecco perché li ho riportati qui, dov’è giusto che stiano – concluse Hermione, più risoluta.
– Bene signorina Granger, non dubiti che saranno tenuti al sicuro. Può andare – disse Snape, desideroso di togliersela dai piedi il prima possibile e di iniziare a leggere.
Ma la Grifondoro era testarda.
– Prima mi dica che non li leggerà.
– Non spetta a te decidere cosa posso o non posso leggere – sibilò Snape, passando al tu senza rendersene conto. Stava perdendo la pazienza, nonostante i notevoli progressi che aveva fatto negli ultimi giorni per diventare più gentile.
– No, ma so quali sono le tentazioni umane, e conosco il suo punto debole.
– Davvero? – chiese Snape con voce soave – Avanti signorina Granger, m’illumini…
– Ambizione. Sete di conoscenza – rispose lei semplicemente.
Snape assunse un’espressione corrucciata.
– Mi faccia capire: lei ha in mano dei libri pericolosi che non vuole che nessuno legga e nessuno è a conoscenza della cosa, e invece che nasconderli da qualche parte li affida a me, che considera ambizioso e assetato di conoscenze? I Grifondoro non brillano certo d’intelligenza, ma da lei mi aspettavo un pochino di più, devo ammetterlo… – disse, mentre la sua bocca sottile si arricciava in un sorriso vagamente beffardo.
– Questi libri appartengono al Preside di Hogwarts, è giusto che rimangano qui. E poi, io mi fido di lei – gli occhi castani di lei sostennero fieri lo sguardo indagatore di lui.
Snape inarcò il sopracciglio.
– Non mi conosce.
– Certo che no, però so che sta cambiando.
Snape la fulminò.
– Come prego?
Da quando tutti si prendevano la briga di credere di sapere su di lui più cose che lui stesso? Questa confidenza quasi gli faceva rimpiangere i suoi giorni da Mangiamorte…
Hermione si lasciò andare a un risolino.
– Il professore che conoscevo mi avrebbe già sbattuta fuori dal suo ufficio da un pezzo…
– Non dubiti che lo farò molto presto – ribatté piccato.
– Ma ancora non l’ha fatto – lo pungolò lei.
– Non creda di potersi prendere certe libertà solo perché mi ha salvato la vita – tuonò lui.
“Dannazione!”
Lo aveva ammesso, lo aveva detto ad alta voce a un altro essere umano. Cosa diavolo gli era venuto in mente? Questa faccenda dell’essere più gentile gli stava sfuggendo di mano, concentrava troppe energie e perdeva il controllo su altri aspetti. Togliersi la maschera era più difficile di quanto immaginasse…
Hermione lo guardò sorpresa. Era evidente che non se l’era aspettato neanche lei, e che si chiedeva come continuare il loro colloquio a questo punto.
Snape stava per stornare la conversazione su un altro argomento, quando…
Cough cough
…il tossicchiare riconoscibilissimo di Albus alle sue spalle gli fece alzare gli occhi al cielo. Sospirò innervosito.
Hermione lo guardava curiosa. Snape si fece forza.
– Signorina Granger, a proposito di questo - disse - devo ammettere che tutto sommato non mi dispiace troppo che lei mi abbia salvato la vita.
Hermione sorrise. Non suonava esattamente come un “Grazie”, ma aveva capito lo stesso.
– Sono contenta di averlo fatto – rispose lei, stupendo Snape.
– Signorina Granger? – l’interpellò di nuovo lui.
– Sì?
– Una parola con Potter o Weasley e sarò spietato, siamo intesi?
– Può fidarsi di me. Ed io posso fidarmi di lei? – chiese, lo sguardo che volava ai libri ancora appoggiati sulla scrivania.
– Farò quello che è necessario – rispose Snape in tono perentorio.
Non le aveva fatto promesse, non le aveva dato certezze, ma a Hermione questo parve bastare. Si avviò verso la porta, quando Snape la fermò.
– Parlando di libri – riprese lui – credo che questo sia suo.
Ciò detto Appellò la copia di “Storia di Hogwarts” che Hermione gli aveva dato al San Mungo, e fece per rendergliela.
– Lo tenga, mi fa piacere – sorrise lei dalla soglia – È il mio libro preferito.
Snape si dovette mordere la lingua per non ammettere quanto anche lui amasse quel libro.
D’altronde, Hogwarts era l’unico posto in cui si fosse mai sentito a casa.
– Visto Severus, non ho detto una parola! – intervenne Dumbledore giulivo quando la porta dello studio si fu chiusa alle spalle di Hermione.
– Magnifico – rispose lui, funereo.
– E ora dimmi, che cosa intendi fare con quei libri, Severus?
– Perché? Vuoi farmi la predica anche tu? – ribatté lui, sulla difensiva.
– Voglio soltanto tenerti lontano dalle tentazioni…
– Di grazia, posso sapere perché ti ostini a tormentarmi anche da morto? Perché non fai come gli altri ex Presidi appesi qui, che danno consigli e fanno complimenti? – gli chiese Snape, irritato.
– Severus, i quadri magici rispecchiano la personalità del vivente che ritraggono… Posso solo dirti che Albus Dumbledore ha avuto davvero a cuore la tua persona. E così faccio io.
Quel sorriso e quel brillio negli occhi erano veramente troppo per lui quel giorno. Puntò la bacchetta verso il mucchio di libri e uno per volta li Esiliò verso lo scaffale vuoto più alto che vide.
Ne era rimasto solo uno sulla scrivania. Lo prese e si diresse verso la camera.
 
Un’altra giornata stressante era passata.
Snape era coricato sul letto, il libro in una mano e la bacchetta nell’altra, a illuminare le pagine della sua lettura serale.
“Proprio il libro di cui avevo bisogno” pensò soddisfatto mentre chiudeva “Storia di Hogwarts” e lo poggiava sul comodino, prima di spegnere la bacchetta e addormentarsi.



(*) ovviamente sono i libri che ruba dallo studio di Dumbledore prima del suo funerale, come dice lei stessa a Harry e Ron all'inizio del settimo libro.


GRAZIE DI CUORE  per tutte le recensioni! Sono state due settimane stressanti e i vostri commenti mi hanno tenuto piacevolmente compagnia :) Spero che questo capitolo vi piaccia!
Qualche considerazione (as usual :P) sui personaggi...
Per quanto riguarda Snape, come avrete notato sto continuando a farlo evolvere; nel capitolo scorso ha iniziato a prendere le distanze dal suo passato, la decisione di ammornidire un po' anche il carattere è solo una ovvia conseguenza. Tuttavia non è così facile (almeno nella mia ipotesi): è sempre stato abituato a schermare tutto, deve aver pensato che lasciarsi andare un po' di più non sarebbe stato così difficile. E invece scopre a sue spese che non è così: la maschera (metafora ampiamente usata ed abusata nei suoi confronti, ma che trovo perfettamente calzante) che si è creato negli anni non è una cosa da cui può far uscire a piacimento "solo un po'" di sé stesso. Una volta che viene infranta, è perduta. Ecco dunque, io me lo immagino così Snape in questo momento: sperduto di fronte a qualcosa che non sa bene come gestire. A tal proposito mi viene in mente la scena con Lily (nei suoi ricordi) quando le dice in maniera sconclusionata e impacciata che lei piace a James Potter: ecco, emozionalmente parlando lui secondo me è ancora un adolescente impacciato. Non ha mai esercitato quella parte di sé, quindi tanto gli viene facile nascondere le emozioni dietro una facciata, tanto gli riesce difficile far uscire le emozioni poco alla volta... È ragionevole quello che dico? Approvate?
Passiamo a Hermione: sto seguendo quello che ho buttato giù nel capitolo Potion Master per quanto riguarda lei... Rispettosa nei confronti di Snape, ma anche un po' più sfacciata di com'era a scuola. La trovate IC?
Ah, che Hermione torna a scuola (mentre Ron ed Harry no, come pure Neville) è un dato di fatto, l'ha detto JKR in un'intervista. Che ridia indietro i libri è secondo me scontato, anche se non è scritto da nessuna parte...
Ultima considerazione su Dumbledore: quello che dice alla fine a Snape è molto importante, e glielo faccio dire per un motivo ben preciso, e cioè per sottolineare che i quadri NON sono le persone che ritraggono. JKR dà spiegazioni in proposito, e io le ho condensate nelle due righe che Dumbledore rivolge a Snape. Quindi, anche se in futuro Dumbledore dal suo quadro parlerà ancora, che sia chiaro (a me, a voi) che Snape sa benissimo che quello non è il vero Dumbledore, anche se l'imitazione è talmente perfetta da fare un certo effetto :) Come dice il nostro amato Albus, non esiste un incantesimo per risvegliare i morti...

Ps: sono morta dalle risate da sola a rileggere lo scambio di battute "visto severus, non ho detto una parola! magnifico". Lo so, non sono normale... A voi piace questo Albus? :D

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Capitolo 14
*** Il Cappello Parlante ***


Cap 14. Il Cappello Parlante
 

 
– Complimenti Severus, il discorso d’inizio anno più noioso di sempre - lo apostrofò Minerva, mentre il Preside prendeva posto accanto a lei e il banchetto cominciava, accompagnato dal solito allegro chiacchiericcio degli studenti.
Flitwick, alla sua sinistra, ridacchiò.
Snape si rivolse a entrambi.
– Ho reputato opportuno ribadire alcuni concetti fondamentali sulla disciplina che certe Case in particolare – il suo sguardo si soffermò sul tavolo dei Grifondoro – tendono a dimenticare…
La McGonagall lo guardò un po’ scettica.
– Vedi tu piuttosto di non scordare che non sei più il Capocasa dei Serpeverde: in quanto Preside dovresti essere imparziale… - detto ciò scoccò un’occhiata significativa alla veste che portava: per l’occasione non indossava la solita casacca nera, ma una di colore verde, che spesso metteva alle partite di Quidditch. Insieme al foulard argento che gli insegnanti gli avevano regalato, e che ormai portava quasi sempre, i colori di Serpeverde erano completi.
Snape alzò il sopracciglio, per nulla a disagio sotto l’occhiataccia della McGonagall.
– Vuoi dire come Dumbledore, che a fine anno regalava punti a Grifondoro per fargli vincere la Coppa delle Case?
Flitwick sghignazzò più forte. Evidentemente anche lui ricordava bene la mossa assolutamente immotivata dell’ex Preside, quando sei anni prima aveva ribaltato la situazione a favore di Grifondoro assegnando centosettanta punti in un colpo solo.
– Minerva, devi ammettere che Severus ha ragione. Personalmente ritengo che più di una volta Albus sia stato poco obiettivo nei confronti dei suoi amati Grifondoro – fece l’occhiolino a Snape, che rispose con un impercettibile sorriso.
Minerva sbuffò, un po’ risentita.
– D’accordo, mi arrendo. Forse ogni tanto Albus si è lasciato prendere la mano… Ma comunque, Severus, vedi di non spadroneggiare troppo: non sei il re del castello.
– Davvero? Curioso, credevo di essere io il capo qui dentro – rispose Snape rivolgendole un’occhiata sarcastica.
Ancora una volta fu Flitwick a rispondergli.
– Eh no caro Severus, stavolta devo correggerti! Sei un princeps, se vogliamo, ma non un re – lo rimproverò giocoso.
– Non fare quella faccia, Minerva – continuò Flitwick rivolto alla McGonagall, che sembrava disapprovare – Princeps, o principe, ovvero primus inter pares.
“Già, Minerva” pensò Snape con un guizzo di autocompiacimento “Non fare quella faccia: Principe va benissimo dopotutto…
Finite le amichevoli schermaglie con i suoi colleghi, Snape prese a concentrarsi sul cibo, lasciando vagare i pensieri sugli avvenimenti della serata.
Era una sua impressione o quell’anno il Cappello Parlante era stato assai più reverente nei confronti della Casa Serpeverde? Gli parve persino che nel declamare una strofa della sua annuale canzone parlasse proprio di lui… Qualcosa a proposito del superare le vecchie divergenze tra Case e di saper vedere oltre le apparenze, perché la nobiltà d’animo non risiedeva solo in coloro che lottavano in prima fila a volto scoperto, ma anche a chi nel buio rischiava la propria vita senza chiedere in cambio nessun riconoscimento…
Mentre ripensava alle parole del Cappello, Snape si compiacque di aver ridato lustro e decenza alla propria Casa. Dopotutto era il più giovane Preside che Hogwarts avesse mai avuto, il primo Serpeverde dal poco amato Phineas Nigellus Black… Qualcosa doveva pur contare questo!
Aveva sempre avuto grandi aspirazioni: Mangiamorte braccio destro di Voldemort prima, insegnante preferito di Dumbledore poi… E ora era il Preside, Principe di Hogwarts!
Sì, Hermione Granger aveva ragione: l’ambizione era il suo punto debole.
L’associazione d’idee lo portò a ripensare a quello che la giovane strega gli aveva detto qualche settimana prima. Se quel giorno, nella sua insistenza, gli aveva dato l’impressione di essere un poco sfacciata, quella sera, quando l’aveva rivista seduta al tavolo dei Grifondoro, gli era invece sembrata remissiva e rispettosa del suo ruolo. Non si era persa una parola del suo –a se stesso poteva ammetterlo- noioso discorso, ed era stata la prima ad applaudire dal tavolo dei Grifondoro. I suoi compagni di Casa avevano seguito l’esempio con un po’ meno calore: Snape incuteva ancora timore agli eredi di Godric. Stessa sorte gli era stata riservata dai Serpeverde, ma per motivi opposti: alcuni di loro si sentivano traditi dal loro ex Capocasa, altri invece erano semplicemente confusi dal cambio di atteggiamento del Preside.
Tuttavia il comportamento di queste Case se l’era aspettato. Non si era figurato invece l’accoglienza che gli avrebbero riservato le altre due.
Dal tavolo dei Corvonero, una Luna Lovegood insolitamente attenta si era persino alzata in piedi per applaudire entusiasticamente, ma era stata l’unica: gli altri Corvonero gli avevano riservato applausi dignitosi ma distaccati. Prevedibile.
La vera sorpresa gliel’aveva riservato il tavolo dei Tassorosso. Curiosamente, proprio la Casa che disprezzava di più era quella che aveva accolto le sue parole con più calore: i Tassorosso, infatti, avevano quasi tutti applaudito sinceramente. Forse era anche per lui ora di ricredersi su questi vecchi pregiudizi: la capacità dei Tassorosso di perdonare velocemente veniva spesso presa per debolezza o per stoltezza, mentre invece era qualcosa che andava stimata, era la vera forza della Casa, l’elemento che dava unità all’intera Hogwarts.
Il suo rimuginare non durò a lungo: il cicaleccio dei suoi colleghi venne ad interrompere i suoi pensieri, e si lasciò andare anche lui all’atmosfera festosa del banchetto.
 
Stava riponendo il vecchio Cappello sulla mensola, quando le parole di Dumbledore gli risuonarono nella mente.
Sai, a volte penso che lo Smistamento avvenga troppo presto.
Più di una volta aveva ripensato a quella frase, e adesso aveva forse l’occasione che aveva aspettato, se avesse avuto il coraggio di coglierla…
Indugiò un secondo, poi s’infilò il Cappello Parlante sulla testa.
– Pulce nell’orecchio, Snape? – risuonò una vocina.
“Mi chiedevo…” iniziò lui.
– Se ti ho messo nella Casa giusta - terminò per lui il Cappello, con tono stanco. Aveva l’aria di aver sentito altre volte quella stessa domanda, anche se Snape si chiese distrattamente com’era possibile, vivendo sempre chiuso nell’ufficio del Preside.
– Era quello che volevi, no? - disse il Cappello.
“Sì” pensò Snape con rammarico “era quello che volevo, ma ancora non avevo idea di cosa avrebbe comportato il sentiero che stavo scegliendo. La strada non era chiara per me…”
– Come per chiunque altro - concluse il Cappello, definitivo.
Era diventato quello che tutti, incluso se stesso, si aspettavano che diventasse: un Serpeverde. Ambizioso, sprezzante delle regole, amante della segretezza.
Eppure aveva anche qualità che ben si addicevano ai Corvonero, come l’ingegno e l’amore per la conoscenza, anche se non ne condivideva la spocchia. Oppure ai Grifondoro, come il coraggio, benché questo risplendesse in lui come una corazza dorata nascosta sotto anonimi stracci, e non fosse sbandierata ai quattro venti. Aveva anche –e qui lo pensò con una certa disapprovazione- caratteristiche Tassorosso, come la lealtà e l’amore per il duro lavoro.
Eppure era diventato un Serpeverde. Sì, perché era quello che voleva.
Ma ora non più.
Si tolse il Cappello di dosso: il tempo della scuola per lui era finito, e lui era lui, non la Casa cui era appartenuto.
Il passato era passato, ma il futuro era suo, e dipendeva dalle scelte che avrebbe fatto nel presente. Perché in fondo, sono le scelte che facciamo che determinano chi siamo, molto più delle nostre capacità.
 



Note alla lettura: la veste verde che Snape indossa al banchetto è la stessa che indossa in HP1 durante una partita di Quidditch. Non lo vediamo quasi mai mettere qualcosa di diverso dalla veste nera, ma ritengo che ogni tanto possa essere capitato senza che la cosa desti particolare stupore... Tranquilli, non vestirà mai di improbabili colori come Lockhart!
Sempre da HP1 è il riferimento ai centosettanta punti che Dumbledore assegna in un colpo solo (quindi sei anni e tre mesi prima).
Che princeps significa primus inter pares, invece, è ovviamente latino; mi sembrava doppiamente appropriata, poiché stabilisce il rapporto che c'è a Hogwarts tra preside e insegnanti (è "solamente" il primo tra loro, non è loro superiore), e perché richiama il soprannome che Snape stesso si diede da studente.
Veniamo al discorso del Cappello: da HP4 scopriamo che la canzone del Cappello cambia ogni anno, e particolarmente significative sono le canzoni che declama prima e dopo il ritorno di Voldemort. Viene ipotizzato che, vivendo nello studio del Preside, debba essere a conoscenza di un sacco di cose. Non l'ho ritenuto improbabile quindi, che prendesse spunto dalla personalità del nuovo Preside per spiegare ancora una volta che le rivalità tra Case non hanno motivo di esistere, e che giudicare dall'apparenza può ingannare...
Di nuovo Snape fa riferimento alle sue aspirazioni: l'avevo detto che avrebbe ritirato fuori un po' del suo carattere Serpeverde! La cosa buffa è che è riuscito in entrambe le imprese: Mangiamorte preferito di Voldemort lo era sicuramente nel settimo, quando gli viene riservato un posto a tavola alla destra del Signore Oscuro, e braccio destro di Dumbledore... beh, mi pare evidente che solo lui possa esserlo!
Particolarmente importante è la riflessione sulle Case e sul diverso comportamento delle stesse. Spero di aver reso il tutto efficace! Luna Lovegood me la sono troppo immaginata in questa scena, vorrei trovare la scusa per farla reincontrare con Snape! Menzione di merito a Tassorosso, che secondo me è la Casa più sottovalutata di Hogwarts. Nonostante io sia Grifondoro (JKR dixit), penso veramente quello che ho scritto, e cioè che Tassorosso sia l'elemento aggregante della Scuola, benché nessuno lo capisca veramente. Ci tenevo a sottolineare questo mio pensiero perché il nuovo Trio (Snape Flitwick McGonagall) non comprende questa Casa, e quindi volevo avere l'occasione di omaggiarla un po', che se lo merita!
La frase di Dumbledore che Snape ricorda e che viene svelata al lettore dai ricordi di Snape nel settimo, gli viene in realtà rivolta nel quarto libro, in risposta al discorso sul fatto che Snape non intende scappare come Karkaroff se il Marchio Nero si accende, non è così codardo. Albus ne approfitta per sottolineare che lui è molto più coraggioso di Karkaroff, e a tradimento ci infila sta frase sullo Smistamento che lascia Snape di stucco. Io ho AMATO questa cosa che Albus gli dice, così come la sua reazione. Mi sono immaginata Snape preso in contropiede, che si chiede se le cose non sarebbero potute andare diversamente, che si chiede se davvero sia un Serpeverde... Non può trattenersi dal verificare, una volta che la cosa gli torna in mente e ha il Cappello a portata!
Le frasi iniziali che il Cappello gli rivolge e che lui rivolge al Cappello sono le stesse di Harry in HP2. Volutamente, of course! Omaggio a Sua Maestà JKR! Così come pure la frase di chiusura del capitolo, una delle migliori che Dumbledore abbia mai pronunciato (alla fine di HP2).

Stavolta note lunghissime, potrei fare un nuovo capitolo solo con le note praticamente...
Due considerazioni anche su Snape come personaggio: avevo detto che ci eravamo addentrati nei capitoli riguardanti la ricerca della sua identità... Un mito che affronta e sfata, è quindi il suo essere Serpeverde: certo, ne ha le caratteristiche, ma averne alcune non significa averle tutte e non significa che allora sei destinato per farza ad essere cattivo. Snape è Snape, punto. Non si può incasellare le persone con le etichette. Finalmente si rende conto che non vuole essere "un Serpeverde", ma semplicemente se stesso: non deve adeguarsi a nessuno standard e a nessuna aspettativa.
Non è più un Mangiamorte, non è più una spia, non è più un Serpeverde... È ancora un Principe però, ha ancora la sua scaltrezza, la sua ambizione, il suo sarcasmo. Ma via le etichette, è di questo che si sta spogliando a poco a poco.

Ai lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare fino a qui: GRAZIE! Se ne avete voglia lasciatemi un commento, fatemi sapere cosa vi piace e cosa no. Cosa ne pensate del nuovo Trio? Io li adoro! E li farò tornare, sia singolarmente che insieme... Vi può piacere come idea?
Le riflessioni di Snape sulle Case vi sono interessati? E il suo piccolo diverbio con il Cappello Parlante?

Vi lascio con questa deliziosa fanart Snape vs McGonagall!
Alla prossima settimana con un nuovo capitolo (e il ritorno di un certo personaggio...)!

Rivalità Minerva vs Severus

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Capitolo 15
*** Potter ***


Cap 15. Potter
 
 

Snape era seduto alla sua scrivania, intento a leggere un periodico di pozioni. O almeno, a provarci. La verità era che l’irritante pensiero di quanto sarebbe accaduto a breve continuava a distrarlo.
Sbuffò innervosito. Era la terza volta nel giro di un minuto.
– Come mai così di cattivo umore, Severus? – chiese una voce gentile.
– Potter – mugugnò Snape in risposta.
– Come ti avrebbe infastidito, stavolta? – lo redarguì Dumbledore – Non è neanche qui!
– Ma lo sarà presto, come sai bene. Cosa diavolo vuole ancora da me?! – chiese con stizza Snape, più a se stesso che a Dumbledore.
– Lo sai bene cosa vuole… - disse Dumbledore con dolcezza.
Snape non rispose. Sì, lo sapeva, ma non aveva intenzione di lasciarsi convincere ancora una volta dalle parole di un quadro.
– Quel povero ragazzo non ha mai conosciuto i suoi genitori, fagli quest’ultimo regalo – insisté Dumbledore.
“Basta! Basta regali a Potter, si è già preso quello che restava della mia vita…” pensò Snape irritato.
– Fallo per lei – continuò il quadro, incurante dei pensieri di Snape.
Ahia. Tirarla in ballo lo faceva ancora tentennare sulle sue posizioni.
Non ebbe modo di ribattere: il ritratto di Everard annunciò proprio in quel momento che Harry Potter si apprestava ad usare la Metropolvere.
Pochi attimi dopo, il camino si riempì di fiamme verdi, e il (non più tanto) Bambino Che È Sopravvissuto fece la sua apparizione nell’ufficio del Preside.
– Buongiorno, Snape – lo salutò il giovane.
– Lo era prima che arrivassi tu, Potter – sibilò Snape con malacreanza.
Harry sospirò.
– Ma sarà sempre così?
– Perché, prevedi di spuntarmi dal camino di nuovo? Ti avverto, potrei decidere di farlo murare… - ribatté Snape, serissimo.
Harry gli rivolse uno sguardo un po’ più duro.
– E pensare che il motivo della mia visita era quello di farle un favore… Quasi rimpiango di essere venuto.
“Figurati io” pensò Snape.
– Potter, la mia pazienza ha un limite, ed è un limite di per sé già molto risicato. Specialmente nei tuoi confronti – gli occhi di Snape per un attimo mandarono bagliori eloquenti.
– Vieni al punto – intimò.
Harry parve per un attimo combattuto, ma alla fine si decise. Infilò la mano nella veste ed estrasse quelle che all’apparenza sembravano essere vecchie foto; da come le teneva, però, Snape non poteva distinguere cosa vi fosse ritratto.
– Qualche giorno fa ho chiesto a mia zia Petunia di poter dare un’occhiata nella vecchia casa dei miei nonni materni, e mi sono imbattute in queste. Sono sicuro che le farebbe piacere averle e così pensavo di dargliele… -
Snape tese la mano verso le foto.
– …se - disse Harry, ritraendo immediatamente la sua e tenendole fuori portata – accetterà di raccontarmi qualcosa in più su mia madre - concluse, con un sorrisetto beffardo.
Snape lo fulminò con lo sguardo, la mascella contratta. Come previsto, Harry Potter era venuto a ficcare ancora un po’ il naso nei suoi affari.
– Potter, non credere di poter giocare con me solo per il fatto che hai visto alcuni dei miei ricordi - gli disse nel suo tono più acido.
– Anzi, - aggiunse mellifluo – se vuoi continuare a mantenere pura l’immagine di tua madre, ti consiglio di non venire a chiedermi certe cose… Sai - e qui le sue labbra si arricciarono in un ghigno – non ti ho mostrato tutti i ricordi che ho di tua madre…
Si godette lo spettacolo di vedere il sorriso di Potter congelarsi, il volto impallidire.
Tese il palmo della mano aperto verso il Prescelto, reclamando con lo sguardo ciò che l’altro si era illuso di poter barattare con un ricatto.
Harry era indeciso: non voleva cedere così in fretta la sua carta vincente.
– La prego – disse infine, con occhi imploranti. Quegli occhi.
Lo sguardo che Harry gli lanciò colpì Snape come uno schiaffo. Quand’era stata l’ultima volta che quegli occhi lo avevano guardato così? Mai in quegli ultimi anni aveva visto altro che sospetto, disprezzo e talvolta odio. Ma dopotutto, di chi era la colpa, se non sua? Aveva trovato impossibile superare la somiglianza fisica di Harry con James, e così facendo aveva dimenticato, quindi, quanto invece in comune aveva con sua madre. No, non l’aveva dimenticato, l’aveva ignorato deliberatamente: faceva troppo male vedere il riflesso di Lily in suo figlio.
Ora, per la prima volta da quando conosceva il ragazzo, quegli occhi gli domandavano felicità. E lui non aveva mai saputo dire di no a quello sguardo implorante…
“D’accordo, Albus” pensò “Ma questa è l’ultima volta. Per lei”
– Tua madre - disse Snape con tono più dolce di quanto ci si potesse aspettare da lui – era una donna coraggiosa. Una persona premurosa, solare, gentile. Era in grado di capire le persone, molto empatica. Deduttiva, intelligente. Era testarda, – sbuffò quasi divertito Snape – quasi quanto me. E permalosa, decisamente più di me.
Per qualche secondo aveva abbandonato la sua solita aura di gelo, e qualcosa di simile ad un’emozione gli era comparsa sul volto mentre ricordava Lily Evans. Ma solo per qualche secondo: prima ancora che Harry se ne accorgesse, aveva ripreso l’espressione dell’arcigno professore di Pozioni.
– Ora, se non ti dispiace…
Lo guardò in modo esaustivo. Harry gli allungò le foto e Snape ci chiuse la mano sopra con presa di falco, come se temesse di vederle scivolare via. Non osava però ancora guardarle: voleva aspettare di rimanere da solo prima di farlo.
Diede un’altra occhiata a Harry.
– Ancora qui, Potter? Abbiamo altro da dirci? – disse Snape con voce bassa e pericolosa, cercando di mantenere le distanze per evitare che al giovane venisse di nuovo la tentazione di venirlo a trovare.
– Harry – lo corresse lui.
Snape inarcò il sopracciglio.
– Prego?
– Mi chiami Harry, non Potter: Potter era mio padre.
Quel voler sottolineare la differenza tra sé e il suo adorato padre lo colpì, benché non mostrò esteriormente nulla di più del solito ghigno sarcastico.
– È proprio questo il significato dei cognomi – fece Snape, sbeffeggiandolo – si tramandano di padre in figlio.
– So cos’è un cognome, Snape – ribatté Harry – ma lei dimentica troppo spesso che io non sono mio padre.
– Eppure hai la sua arrogan-
– Adesso BASTA! – lo interruppe Harry alzando la voce, e per un attimo a Snape parve un avversario temibile, e si chiese cosa dovesse aver pensato il Signore Oscuro prima di essere sconfitto dal giovane mago. Gli occhi di Harry erano pieni di dolore e di coraggio. Come lo erano stati gli occhi di Lily Evans in un assolato pomeriggio di tanti anni prima…
– So cosa si prova ad essere presi in giro e mi dispiace che anche lei abbia dovuto subire lo stesso trattamento, per di più ad opera di mio padre. Sì, ha capito bene: non cerco scuse per quello che lui le ha fatto. Si tenga pure il suo odio per lui, se la cosa le fa tanto piacere, ma non osi più insultarlo di fronte a me. E poi, mi pare che si sia vendicato abbastanza con me in questi ultimi anni, non crede che sia il caso di smetterla? – concluse Harry, arrabbiato.
– Senti un po’, ragazzo che è sopravvissuto per diventare il mio peggiore incubo, osa di nuovo alzare la voce con me nel mio studio e ti caccio fuori insieme con tutti i punti contenuti nella clessidra di Grifondoro, ci siamo intesi? – sputò fuori Snape con disprezzo.
Nonostante la minaccia, la rabbia di Harry scemò: non l’aveva chiamato “Potter”.
– Già, come se lei avesse bisogno di una scusa per levare punti a Grifondoro… Mi dica, Snape, quanti ne ha tolti dall’inizio dell’anno scolastico? – chiese, con una punta di sarcasmo.
– Tutti quelli che ho ritenuto necessari – rispose gelido lui.
Harry fece un sorrisetto, cosa che irritò ancora di più Snape.
– E ora sparisci dalla mia vista, – gli intimò – prima che decida di metterti in punizione…
– Sì, signore – disse Harry, canzonatorio. Prese in tutta fretta una manciata di Polvere Volante dalla mensola sopra il caminetto e se ne tornò al Ministero.
– Dì anche una sola parola, Albus, e ti uso come legna da ardere – fu il commento a denti stretti che Snape si lasciò alle spalle, mentre usciva dall’ufficio per dirigersi in camera.
Il quadro avrebbe potuto ribattere che un incantesimo di adesione permanente lo teneva ben ancorato alla parete, ma decise di non mettere alla prova la pazienza del giovane preside, almeno per questa volta. Quello che aveva fatto doveva essergliene costata già un bel po’…



http://yukipon.deviantart.com/art/Rain-145340499
http://yukipon.deviantart.com/art/Angry-Snape-129433534





Tadà! Eccolo, il nostro Prescelto back in action :)
E come promesso, in questo capitolo si parla un po' anche di Lily, e si parlerà di lei anche nei prossimi due...
Piccole precisazioni: il ritratto di Everard è quello presente anche al ministero, che Dumbledore usa più volte per fare da messaggero tra la scuola e il ministro stesso. In linea di massima vediamo che anche il Ministro della Magia non fa il suo ingresso a scuola usando il camino del Preside, ma arriva presumibilmente ad Hogsmeade e poi a piedi fino alla scuola, ma in questo caso ho pensato che per Harry Potter si potesse fare un'eccezione. Inoltre sappiamo che i camini di Hogwarts possono essere connessi con la Metropolvere (vedi Sirius che appare in Sala Comune, oppure Harry che usa quello della Umbridge, o quando per tornare a scuola usano quello della McGonagall), quindi nessun particolare problema (fortunatamente non c'è più la rospa a sorvergliarli).
Anche se mi sono sempre chiesta perché allora semplicemente Voldemort non usa il camino per arrivare alla Torre di Grifondoro e quindi ad Harry, ma vabbé XD...
Detto ciò, cosa ne pensate del capitolo? Della rivalità Snape-Harry? Ho lasciato un piccolissimo momento di dolcezza a Sev... Sono consapevole che sarebbe OOC per JKR, come al solito spero però che il suo agire sia comprensibile vista la sua evoluzione finora.
Argomento Lily sfiorato: cosa mi dite? Non voglio cadere troppo nello sdolcinato, ma penso di avere lasciato chiari segnali di quali siano i sentimenti di Snape per lei, persino ora...
Fatemi felice e lasciatemi tanti commenti!!!

Piccolo spoiler: il prossimo capitolo si intitolerà... Foto!
PS: se vi piace come idea, scrivere a fine capitolo il titolo di quello successivo posso farlo tutte le volte. Così vi sbizzarrite con le teorie! Fatemi sapere cosa ne pensate ;)
PS 2: volevo inserire delle fanart a fine capitolo, ma sono riuscita solo a metterne una (che adoro per la faccia che fa Snape, ma che non è molto atinente in realtà)... Per ora ho messo i link; riprovo domani, stay tuned!

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Capitolo 16
*** Foto ***


Nota n°1: scusate il ritardo nel postare, giorni pienissimi...
Nota n°2: cliffhanger finale! Se riesco posto il seguito giovedì, come regalo di Natale :) ...





Cap 16. Foto
 
 
Con Potter appena scomparso nel camino e Dumbledore inchiodato al suo quadro, Snape poté finalmente gettare un’occhiata alle foto che teneva in mano. Le guardò rapito, incredulo della fortuna che aveva.
Erano foto babbane, lo si capiva dall’immobilità dei soggetti ritratti, e tuttavia non erano meno belle. In effetti, ne fu sorpreso: ricordava vagamente di aver saputo che il padre di Lily era un appassionato di fotografia, ma doveva essere più bravo di quello che pensasse, perché lui non si era mai accorto di essere stato immortalato.
Sì, perché le foto ritraevano lui e Lily, insieme.
Erano solamente tre, ma era più di quanto avesse mai avuto: le guardava freneticamente e con tanta febbrilità che non riusciva a mantenere lo sguardo fisso su una sola.
Erano scatti spontanei ed equilibrati, un piacere per gli occhi, una composizione eccellente; e tuttavia, era innegabile che quello che catturava più l’attenzione di Snape erano i soggetti ritratti.
A poco a poco riacquistò la calma, e prese ad esaminarle scrupolosamente una per una.
Prese la più vecchia, che a giudicare dalla data annotata dietro risaliva all’estate del 1972: avevano dodici anni e avevano appena terminato il loro primo anno a Hogwarts.
La foto ritraeva due ragazzini in altalena. I capelli rosso scuro di lei scintillavano al sole, mossi dal vento.
Lily sorrideva, radiosa nel suo bel vestitino blu pervinca; lui invece indossava i soliti abiti troppo grandi di cui si era sempre vergognato, e tuttavia anche sul suo viso era ben visibile un sorriso.
Snape ripensò con rimpianto che c’era stato un tempo in cui sapeva sorridere, in cui sapeva essere felice, in cui la sua vita non era avvelenata dal rancore verso tutti, specialmente verso se stesso.
Appoggiò la foto sul comodino, mentre una pallida imitazione del sorriso di quel bambino di ventisei anni fa gli compariva in volto, e rimase a guardarla ancora un momento: una macchia nera ed una rossa, sullo sfondo blu del cielo estivo.
 
La seconda era stata scattata in casa Evans, ed era dell’estate successiva. I genitori di Lily erano sempre stati molto accomodanti nei confronti della figlia, con la conseguenza che il suo migliore amico era invitato da loro praticamente tutti i giorni durante l’estate. Ma il giovane Severus era sempre stato restio ad accettare: preferiva incontrare Lily al di fuori delle mura domestiche, o si sarebbe prima o poi sentito in dovere di ricambiare l’ospitalità, e Spinner’s End non era il posto in cui avrebbe mai voluto invitare Lily: tutto in quella casa, incluso i suoi abitanti, erano inadatti ad accogliere una creatura meravigliosa come Lily Evans.
 
Di tanto in tanto comunque, Severus accettava gli inviti, godendosi (e a tratti invidiando) per un pomeriggio intero l’atmosfera famigliare che regnava in casa Evans.
La foto li ritraeva in cucina mentre stavano facendo merenda. Più precisamente, lo scatto aveva immortalato l’espressione rapita che Lily stava lanciando alla montagna di pancake che la madre aveva preparato, e che giaceva in un piatto davanti ai due ragazzi.
Anche il viso di Snape esprimeva desiderio, ma il suo sguardo era rivolto verso Lily: sembrava volerla mangiare con gli occhi.
“La golosità può giocare brutti scherzi…” pensò Snape mentre poggiava anche la seconda foto sul comodino, non sapendo neanche lui se si stava riferendo alle indigestioni di quella ingorda sconsiderata di Lily, o a qualcos’altro.
 
La terza foto era del 1974: la loro ultima estate insieme…
Ricordava che gli Evans lo avevano invitato ad un picnic da qualche parte, ed era sicuramente in quell’occasione che la foto era stata scattata. All’ombra di un vecchio faggio, Snape giaceva sdraiato sulla schiena, presumibilmente addormentato, il viso disteso; s’intravedeva persino una traccia di sorriso.
Si meravigliò di vedersi così rilassato e in pace, ma d’altronde, all’epoca ancora nessun Marchio era stato impresso sulla sua carne, a bruciargli l’anima e a rubargli il sonno…
Lily invece era sveglia, sdraiata su un fianco accanto a lui con la testa puntellata sul gomito, che lo vegliava sorridente. Snape non avrebbe mai sospettato che Lily avesse potuto guardarlo così… Quasi innamorata…
Mentre poggiava anche la terza foto sul comodino, ripensò a cos’era successo qualche mese prima che quell’ultima foto fosse scattata.
Avevano quindici anni, ed erano alla fine del quarto anno ad Hogwarts, ma benché fossero passati più di vent’anni da allora, ricordava quel giorno come fosse ieri…
 
– Sev! – c’era una punta di panico nella voce di Lily, mentre gli correva incontro al tavolo dei Serpeverde.
Snape la guardò preoccupato: cos’era successo per costringerla a raggiungerlo al tavolo, quando ben sapeva di non essere molto apprezzata dai suoi compagni di Casa? Non ebbe bisogno di chiederle spiegazioni: la ragazza gli raccontò tutto come un fiume in piena.
– Sev, ti prego devi aiutarmi: domani dovrò baciare Potter!
– COSA? – sbottò Snape – Come..? Perché..? – era così sconvolto che non riusciva ad articolare una frase compiuta.
– È tutta colpa mia… – disse Lily, coprendosi il viso tra le mani.
Snape riacquistò quel tanto che bastava del suo autocontrollo per capire che quello non era il posto più adatto a parlare della cosa: sghignazzamenti provenivano dal tavolo Serpeverde e occhiate sospettose gli erano rivolte da quello opposto dei Grifondoro. Prese Lily per un gomito e la scortò fuori dalla Sala Grande senza dire una parola. Si infilarono nella prima aula vuota che trovarono, e solo allora Snape riprese a parlare.
 
– Lily, spiegami – disse con tono urgente.
– È successo oggi a pranzo… Potter non la smetteva di blaterare, chiedendomi di baciarlo – una vena sulla tempia di Snape prese a pulsare furiosamente, ma non disse nulla e aspettò che la ragazza finisse di parlare.
– ed io… Oh, sono stata così stupida! Non ce la facevo più e così per zittirlo ho sbottato dicendo: “Certo Potter, non farmi sentire la tua voce per le prossime ventiquattrore e ti bacerò”. Ovviamente ero sarcastica, ma lui ha preso la cosa seriamente ed è da allora che non apre bocca. Non so cosa fare, domani a mezzogiorno e mezza scadono le ventiquattrore!
– Ma… – balbettò Snape, incapace di comprendere il problema – ma… basta che tu non lo faccia, no? Voglio dire, non hai mica stretto un Voto Infrangibile!
– Sev! – Lily lo guardò indignata – Non posso… È come se glielo avessi promesso, c’erano tutti i miei compagni di Casa come testimoni, non posso semplicemente rifiutarmi. E poi… beh fanno tutti il tifo per lui, lo sai. È popolare, rischio di inimicarmi metà della mia Casa. Oltretutto per soddisfare la sfida Potter non ha risposto neanche alle domande e ai richiami degli insegnanti a lezione, si è fatto togliere punti e ha preso anche una punizione. Nessun Grifondoro ha detto niente a riguardo, sanno ormai tutti della scommessa che è in atto. Se mi rifiutassi a questo punto… Tutta la colpa ricadrebbe su di me! Ti prego Sev, aiutami! Non voglio dare il mio primo bacio a quel borioso d’un Potter… – prese a singhiozzare e si strinse alla veste dell’amico.
“Maledetta lealtà Grifondoro” pensò Snape digrignando i denti. Poi un’idea si fece strada nella sua mente: forse…
– Potresti baciare me – disse tutto d’un fiato, con la voce che gli tremava leggermente. Lily si staccò da lui e lo guardò confusa.
Snape non le diede il tempo di dire nulla e aggiunse – Insomma… come amico – deglutì nella speranza di non sembrare troppo stupido.
– Neanch’io voglio che il ricordo del tuo primo bacio sia legato a quell’idiota – cercò di giustificarsi con fare quasi fraterno.
Contrariamente a quanto si era aspettato, l’espressione confusa sul viso di Lily lasciò il posto ad una vaga sorpresa ed ad un discreto imbarazzo.
– Dici davvero? – disse Lily – Lo… lo faresti? Pensi che sia una buona idea?
Snape annuì, incapace di parlare. Non riusciva davvero a credere a quello che sentiva: stava funzionando!
– Adesso? – chiese Lily, arrossendo.
Snape boccheggiò, il cuore minacciava di esplodergli in petto. Infine trovò la forza di dirle –Domani mattina – poi ebbe un guizzò di romanticismo e propose – all’alba, alla torre di Astronomia.
Lily sorrise e strinse la mano di lui nella sua.
– Grazie Sev, sei un amico – disse, prima di dargli le spalle e tornare nella Sala Grande.







Tadà!!! Spero che vi sia piaciuto questo tuffo nel passato... Ovviamente non è finita qua: vi aspetto il 25 per il seguito! Fatemi un regalo anche voi se vi va, e lasciatemi tante recensioni.
Spunti/cosa che mi piacerebbe sapere da voi: è plausibile l'amicizia Sev/Lily come l'ho descritta? Cosa ne dite della parte introspettiva iniziale? E di quella rievocativa? Quale vi è piaciuta di più? Come dite che finirà?
A presto!

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Capitolo 17
*** Patronus ***


Buon Natale miei cari lettori/lettrici!
Un breve avviso prima di iniziare a leggere: il seguente capitolo contiene molto di autobiografico, quindi anche se ho scritto cose all'apparenza poco probabili, vi assicuro che invece sono possibilissime! Per ulteriori informazioni, cfr note a fine capitolo.
Buona lettura!




Cap 17. Patronus
 
 

Snape passò la notte insonne, troppo teso ed emozionato per dormire. Finalmente giunse l’ora di incamminarsi: si preparò velocemente e intraprese la scalata verso la torre di Astronomia. Tenne gli occhi aperti e le orecchie tese, e riuscì a scivolare silenziosamente tra i corridoi della Scuola senza essere visto. Dumbledore era sempre stato scarso riguardo al controllo notturno dei corridoi… Se fosse stato lui il preside, o quanto meno un insegnante, non avrebbe affidato la guardia al solo Filch… Ma non era quello il momento di pensare a certe cose: una volta tanto non aveva nulla in contrario alla scarsa severità della disciplina ad Hogwarts.
Raggiunse la torre di Astronomia e la trovò vuota: Lily non era ancora arrivata. Si appoggiò ai bastioni, respirando a pieni polmoni l’aria fredda della notte, lo sguardo rivolto a est, dove una pallida luce stava già colorando l’orizzonte. Generalmente preferiva i sotterranei e i luoghi bui, ma la torre più alta della Scuola offriva uno spettacolo davvero mozzafiato; era sicuro che a Lily sarebbe piaciuto di più di un cupo sotterraneo.
Lei arrivò qualche minuto dopo, mormorando un timido – Ciao – e avvicinandosi a lui. Meno male, perché Snape era paralizzato e non sarebbe riuscito a muovere un passo verso di lei.
– È proprio bello qui, Severus.
Ahi. Quando lo chiamava col suo nome per intero, non era mai un buon segno.
– Ci hai ripensato? – chiese lui, sperando che la voce non tradisse la sua paura.
– No – disse lei con convinzione, guardandolo dritto negli occhi.
– Però ti devo chiedere una cosa.
– Dimmi – disse lui, curioso.
– È la prima volta anche per te, vero? – chiese, mentre si attorcigliava una ciocca di capelli con un dito; lo faceva sempre quando era nervosa.
– Sì – confermò lui – è la prima volta anche per me.
– E non vorresti che qui ci fosse un’altra persona, vero? – continuò Lily con sguardo indagatore, non ancora appagata dalla risposta di lui.
Snape sgranò gli occhi per lo stupore. Possibile che fosse gelosa di lui?
– Certo che no – disse, sincero.
L’espressione di Lily si fece più rilassata, gli occhi verdi si accesero di entusiasmo. Sospirò di sollievo e gli sorrise.
– Sai, – disse – sono contenta che sia tu. Sei il migliore amico che ho, la persona di cui mi fido di più…
Era il momento. Snape raccolse tutto il suo coraggio e le sussurrò – Allora chiudi gli occhi.
Lei obbedì, senza smettere di sorridere.
Lui le prese dolcemente il viso tra le mani, le dita tra i suoi capelli, perdendosi un momento in contemplazione della sua bellezza… Poi il sole sbucò improvviso all’orizzonte, ed i suoi capelli rosso scuri si accesero dei riflessi dell’oro. Snape non poteva più aspettare: smise di pensare, e poggiò lieve le labbra su quelle di lei.
Lily rispose immediatamente, allacciandogli le braccia intorno al corpo, attirandolo di più a sé.
Il bacio divenne più intenso, più passionale: difficile dire chi aveva preso l’iniziativa, ma le labbra di entrambi si erano improvvisamente schiuse, le lingue intrecciate.
Il tempo sembrava essersi cristallizzato in quel momento.
Il bacio finì com’era iniziato, con dolcezza e lentezza. Snape teneva gli occhi chiusi, la fronte appoggiata a quella di Lily, le dita ancora nei suoi capelli, osando a malapena respirare. Quando riaprì gli occhi, la vide sorridente davanti a sé, le gote imporporate dall’emozione e dalla luce del nuovo giorno. Poi Lily girò lo sguardo verso l’orizzonte, continuando a tenerlo abbracciato.
– Siamo sempre amici, vero? – chiese in un sussurro.
– Sempre – disse Snape cingendole la spalla con il braccio.
– È meglio andare ora – disse Lily dopo qualche istante – Ci rivediamo a colazione. Ancora non so come farò a sopportare di dover baciare quell’arrogante di Potter, ma almeno non ha rovinato il mio primo bacio… Grazie Sev!
A sorpresa, gli scoccò un altro rapido bacio sulla bocca, prima di scivolargli via dalle braccia e iniziare la discesa verso il dormitorio.
Snape dovette aspettare qualche minuto prima di seguirla: era pervaso da una felicità tale che doveva in qualche modo sfogarla. Prese a saltellare di gioia per la torre, la bacchetta in pugno che sprizzava scintille incontrollabili in giro, quando fu colto da un pensiero improvviso. Era stato un incantesimo sempre difficile per lui quello, chissà che invece ora…
Ripensò con tutte le sue forze alla morbidezza delle labbra di Lily, mentre puntava la bacchetta davanti a sé e recitava l’incantesimo.
Expecto Patronum!
E per la prima volta, dalla punta della sua bacchetta non uscì un informe fumo argentato, bensì un Patronus corporeo.
– Lily… – sussurrò Snape, mentre la cerva d’argento gli svolazzava intorno, prima di sparire nello splendore dell’alba.
 
Le lezioni della mattina erano finite da qualche minuto, gli studenti stavano arrivando in Sala Grande per il pranzo. Dal suo tavolo, Snape vide James Potter avvicinarsi pericolosamente a Lily con un ghigno beffardo: gli mancava meno di un quarto d’ora per vincere la sfida.
“Non credo proprio” pensò Snape “non oggi, Potter. Levicorpus!”
– Aaahhhh!
Il grido di James aveva il sapore della vittoria per Snape. Appeso per la caviglia a qualche metro d’altezza, il Grifondoro tentava in tutti i modi di liberarsi dall’invisibile stretta.
Liberacorpus!” pensò Snape. Per quella volta poteva bastare, e poi si trovavano in Sala Grande, non voleva attirare troppo l’attenzione.
Mentre James atterrava sul pavimento con un tonfo, Lily intercettò l’occhiata di Snape e capì che era stato lui a salvarla. Sorridendo, volse lo sguardo sul Grifondoro, ancora disteso a terra.
– Che peccato – disse in tono sarcastico – ce l’avevi quasi fatta a non emettere suono per ventiquattrore…
– NO! – ruggì James, rendendosi conto del danno.
“Povero Potter” pensò Snape esaltato “non saprai mai il favore mi hai fatto…”
 
 
Uno stupido sorriso aleggiava sulle labbra di Snape mentre finiva di rievocare il suo miglior ricordo. Ma il sorriso si incrinò presto: Lily non c’era più, tranne che in qualche immagine e nella sua memoria.
Ripose le foto dentro un cassetto, dove ad aspettarle c’era una foto strappata e poche righe su una pergamena… Non erano molte le cose che aveva di Lily, tuttavia non aveva importanza, perché quelle più fondamentali le portava con sé ovunque andasse, come il ricordo di quell’unico bacio.
Expecto Patronum – sussurrò Snape.
La cerva d’argento fece, come ogni volta, la sua apparizione; danzò intorno a Snape, salutandolo come un vecchio amico, per poi dissolversi nella penombra dalla stanza.
Lily viveva ancora dentro di lui.
 
Sempre











Note alla lettura: come ho scritto all'inizio, questo (breve, sigh sob) capitolo contiene molto di autobiografico. Mi è effettivamente successo qualcosa di molto simile con il mio migliore amico, trasformatosi poi in un "nulla di fatto"... Altro spunto interessante: Emma Watson, commentando la scena del ballo con Daniel in HP7 parte 1, dice che secondo lei in un'amicizia c'è sempre un momento in cui ti chiedi se non potrebbe esserci qualcosa di più. Il mio ragionamento segue la stessa ottica.
Tutto questo per dire che anche se ovviamente JKR inorridirebbe al vedere così forzata la sua storia, in realtà per gli elementi che abbiamo noi potrebbe non essere poi così forzata: lei stessa dice che Lily avrebbe potuto ricambiare i sentimenti di Snape, se solo Snape avesse rinunciato alle Arti Oscure. Il dramma di Snape è proprio questo: non aver capito in tempo che assecondare le sue inclinazioni gli sarebbe costato l'affetto di Lily.
Potreste chiedervi cosa è successo tra il quarto e il quinto anno tra Sev e Lily, perché questo bacio non si è concretizzato in niente; la mia opinione è che si perdona più facilmente ad un amico che ad un amante, e più Lily si avvicinava a Severus meno riusciva a perdonargli di essere in una gang di quasi-Mangiamorte.
Per quanto riguarda il Patronus, sempre dalle informazioni di JKR sappiamo che spesso il Patronus (o il suo cambiamento di forma) ha a che fare con l'oggetto del nostro amore perché lo è anche il ricordo che usiamo per evocarlo. Ne segue logicamente che Snape pensa a Lily quando lo evoca. E quindi, visto che conosciamo già il suo peggior ricordo, ho deciso che era il caso che conoscessimo anche il suo miglior ricordo...

Affilate le penne miei cari, aspetto trepidante le vostre opinioni in proposito!

Ps: nelle prossime due settimane temo non riuscirò ad aggiornare... C'è anche la remota possibilità che ce ne metta addirittura tre di settimane per postare un nuovo capitolo. Ma voi non disperate, tornerò as soon as possible; next chapter: Hallowe'en!

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Capitolo 18
*** Halloween ***


Grazie a tutti delle recensioni, di aver inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite e di continuare a leggere questa storia! Con un po' più di ritardo di quanto previsto, ecco il capitolo! Buona lettura :)


Cap 18. Halloween

 
 

Severus Snape si aggirava circospetto nel castello, la qual cosa era alquanto bizzarra. Non tanto per l’incedere furtivo dell’uomo, un comportamento che lo caratterizzava da anni almeno quanto l’essere impiccione aveva caratterizzato Dumbledore, quanto perché dopotutto quella era la sua scuola, e quindi non c’era ragione di tanta segretezza.
Se non fosse che, quella sera, Snape non voleva essere seguito né disturbato, né tantomeno voleva comunicare la meta del suo viaggio. Aveva addirittura finto di non sentirsi bene, per essere sicuro che nessuno lo venisse a cercare nei suoi appartamenti quando la sua assenza a cena fosse stata notata.
Avrebbe potuto fare finta di niente e defilarsi, ma già si immaginava la scena:
“Vai da qualche parte, Severus?” sarebbe stato immediatamente apostrofato.
“Solo quattro passi fuori dal castello, Minerva.”
“Ma come, non vieni al banchetto?” avrebbe insistito lei.
“Non questa volta, preferisco una passeggiata e un bicchiere ai Tre Manici di Scopa.”
“Capisco…” avrebbe infine concluso lei, facendo intendere con lo sguardo che non l’aveva bevuta, e che sapeva benissimo dove sarebbe invece andato quella sera.
No, era fuori discussione. Sicuramente qualcuno avrebbe sospettato qualcosa per la sua misteriosa sparizione proprio quel giorno, ma con un po’ di fortuna il putiferio che di solito si scatenava in Sala Grande per Halloween avrebbe tenuto tutti gli insegnanti occupati.
Ecco quindi spiegato il comportamento di Snape quella sera; non che ce ne fosse davvero così bisogno: il chiasso che proveniva dalla Sala Grande avrebbe coperto anche il rumore di un troll ubriaco che vagava nel castello. E tuttavia Snape si sentì al sicuro solo una volta che ebbe superato i cancelli di Hogwarts, da dove si smaterializzò verso Godric’s Hollow.
 
Le strade del paese erano piene di bambini vocianti travestivi da maghi e streghe, mostri e fantasmi. Snape si ritrovò a pensare che era buffo come i Babbani celebrassero con tanto gaudio un mondo in cui non credevano e di cui anzi avrebbero probabilmente avuto paura se ne fossero venuti a conoscenza.
– Bel costume, signore! – gli disse una bambina da sotto un cappello a punta.
L’aveva previsto: quella sera ogni camuffamento babbano era superfluo. Alto ed emaciato, con una lunga veste nera e un mantello svolazzante alle spalle… Così com’era, era alquanto più credibile: probabilmente la bambina l’aveva preso per un vampiro.
Snape rispose con un cenno ed un breve sorriso, e si incamminò verso la sua destinazione. Mentre camminava tra le villette a schiera che facevano bella mostra di sé lungo la strada, una in particolare attirò la sua attenzione: era in stato di abbandono, e il fianco destro del primo piano sembrava essere letteralmente esploso…
Era forse lì che..?
Snape fece due passi in direzione del cancello, mentre la sua presenza magica faceva scattare gli incantesimi posti a protezione del luogo: scritte di ammirazione e di sostegno al Prescelto apparvero sull’ingresso della villetta. Snape distolse lo sguardo con disprezzo e passò oltre, senza indugiare ancora nella visione di casa Potter.
Non sapeva esattamente dov’era, quindi zigzagò un po’ a caso tra i passanti in direzione di quella che riteneva essere il centro della cittadina, finché non si trovò nella piazza principale, su cui si affacciava una chiesa e, dietro di essa, un cimitero.
Ma mentre attraversava la piazza per raggiungerlo, il monumento ai caduti posto al centro della piazza cambiò: ora mostrava due figure abbracciate e un bambino piccolo in braccio ad una delle due. Invidia, gelosia ed infine dolore attraversarono come fitte il cuore del mago, che veloce se lo lasciò alle spalle.
Raggiunse il cimitero ed entrò, il cuore martellante nel petto, mentre nervoso errava tra le lapidi senza quasi leggerne i nomi, improvvisamente impaziente di trovare quella giusta e al tempo stesso spaventato da quello che si sarebbe trovato di fronte.
Quando infine eccola, la tomba di Lily Potter, luogo dell’eterno riposo delle sue spoglie mortali, su cui lui veniva finalmente a piangere e a chiedere perdono, nel diciassettesimo anniversario della sua morte.
A quella vista, le ginocchia gli cedettero, mentre il peso della colpa e del dolore lo schiacciava letteralmente a terra.
Non era mai venuto in quel luogo, benché fossero anni che desiderava farlo: la paura di venire scoperto lo aveva sempre frenato. Era troppo importante che lui mantenesse la maschera e l’aura di mistero che si era faticosamente creato, in quegli anni in cui il Signore Oscuro era ancora da qualche parte in attesa del momento buono, come Dumbledore giustamente sospettava; non poteva rischiare di mandare a monte la sua copertura… E così aveva sempre rimandato la visita fino a quel momento.
Tuttavia, anche se era finalmente libero di sfogare il dolore che si portava dentro da quasi vent’anni, qualcosa lo tratteneva: per quanto si concentrasse sul nome davanti a sé e solo su quello, non poteva ignorare quello che vedeva con la coda dell’occhio.
James Potter.
Sempre tra i piedi, anche da morto.
L’immagine di Potter Senior era rilegata nella sua mente come un particolare secondario di minore importanza: non voleva ricordare che era stato lo sposo di Lily, non voleva ricordare che aveva avuto una famiglia con lei, non voleva ricordare che aveva avuto tutto quello che lui stesso aveva desiderato avere con lei.
Era tutta la sera che tentava di ignorare quel particolare, ed era tutta la sera che gli veniva ricordato: la casa, la statua, e ora la tomba stessa.
Girò il capo, scoccando uno sguardo di fuoco all’altro nome inciso sulla lapide.
Era tutta colpa di James Potter! Se non l’avesse sposata, se non avessero avuto quello stupido bambino, ora lei sarebbe ancora viva… Era lui, Severus Snape, che avrebbe dovuto sposare Lily, lui che avrebbe dovuto essere il padre dei suoi figli, lui che avrebbe dovuto essere sepolto insieme con lei, perché neanche la morte potesse mai separarli.
Se solo quell’imbecille di James Potter non si fosse messo in mezzo…
Sì, era colpa sua, sua e della Trelawney: non è capace di prevedere neanche il meteo del pomeriggio, proprio in quel momento doveva fare quella maledetta profezia?!
Ah, e di Sirius Black ovviamente! Non era stato forse quell’idiota a suggerire di affidare il compito di Custode Segreto a Wormtail? Un’idea troppo insensata persino per un cane rognoso come lui.
I suoi occhi, per una volta non più gelidi e vuoti, ma pieni di rabbia, commozione, dolore, tornarono a fissarsi al nome davanti a sé.
Lily Potter. Persino il suo nome sarebbe stato per sempre legato a James, sancendone il possesso: non riusciva a sopportarlo!
Se solo Lily avesse scelto lui, invece che James Potter…
Batté un pugno sul terreno, astioso.
Ma cosa stava dicendo? Era lui che aveva origliato la profezia, lui che l’aveva riferita al Signore Oscuro, lui che aveva allontanato Lily da sé con le sue scelte…
Ed ora era di fronte alla sua tomba, quando l’unica cosa che desiderava era essere al suo posto.
Un rumore di foglie secche alle sue spalle lo fece sobbalzare; in un attimo era in piedi, la bacchetta sfoderata.
– Tu!
– Io – fece Harry, tranquillo.
– Cosa ci fai qui? – chiese Snape rabbioso, come sempre quando veniva preso alla sprovvista, specialmente quando colto in flagrante mentre esternava i propri sentimenti.
– Non so se gliel’hanno detto, professore, ma quelle sono le tombe dei miei genitori…
Caspita, Harry Potter aveva imparato il sarcasmo. E da quando in qua lo chiamava “professore”?
Snape abbassò la bacchetta, di nuovo padrone di sé, di nuovo nascosto dietro una maschera di gelo e indifferenza.
– Non arrivarmi mai più alle spalle. Ho appena rischiato di finire sul Profeta per aver assassinato il Prescelto… – disse Snape in tono tetro, glissando sull’ultima frase di Harry.
Aveva dominato l’impulso di dirgli di andarsene appena in tempo e si apprestò a fare l’unica cosa giusta: allontanarsi dal cimitero.
– Resti – lo fermò Harry – non se ne vada per colpa mia.
Snape gli scrutò il volto, alla ricerca di una qualche traccia di sarcasmo, ma senza riuscirvi. Era serio?
– Non so se te l’hanno detto, ragazzo – ribatté, imitando i toni di Harry – ma quelle tombe sono lì per causa mia.
– Non è così – lo contraddisse Harry.
Una vena prese a pulsare sulla tempia di Snape.
– Certo che è così! Sono stato io, IO ho riferito la profezia al Signore Oscuro, IO l’ho messo sulle tue tracce, IO e Peter Pettigrew l’abbiamo condotto fino alla famiglia Potter!
Lo aveva detto a un tono di voce insolitamente alto, carico di tutto il disprezzo che provava verso se stesso: voleva sfogarsi, voleva che sapesse la verità e che lo detestasse come meritava.
– Non creda che non lo sappia – fece inaspettatamente Harry, lo sguardo duro, ma senza traccia di odio nella voce.
– L’ho scoperto la notte che è morto Dumbledore, poco prima che partissimo per cercare e distruggere l’Horcrux che aveva appena individuato.
– Dì pure le cose come stanno: la notte in cui io l’ho assassinato – lo interruppe bruscamente Snape. Non voleva nessuna pietosa bugia, soprattutto da parte di Potter.
– Bene – disse Harry, con un pelo di esasperazione nella voce – dirò le cose come stanno: la notte in cui lei ha ucciso Dumbledore, obbedendo all’ordine che le aveva dato. La notte in cui gli ha risparmiato di essere sbeffeggiato, magari persino torturato da altri Mangiamorte. La notte che ha posto fine alla sua vita che stava già irrimediabilmente finendo. La notte che è stato obbligato ad uccidere l’unica persona che aveva piena fiducia in lei e che conosceva davvero la sua storia. La notte che è diventato per tutti un codardo traditore, pur di salvare Draco da un orribile destino. Ho scordato qualcosa o posso continuare?
Snape non rispose, lo sguardo freddo e impenetrabile.
Harry riprese.
– Prima che io e Dumbledore lasciassimo il castello, l’ho affrontato dicendogli quello che avevo scoperto. Non mi capacitavo che potesse lasciarla insegnare dopo quello che aveva fatto… Neanche allora ha tradito il suo segreto.
Fece un piccolo sorriso.
– Si dia pace, professore: mia madre non è morta per colpa sua.
Snape lo guardava incapace di rispondere. Voleva con tutto il cuore credere a quello che l’altro gli stava dicendo, ma non vedeva come fosse possibile.
– No, – continuò Harry – mia madre è morta per sua scelta. Poteva salvarsi, poteva lasciarmi a Voldemort e sopravvivere, ma ha deciso di sacrificarsi per me. Quindi, vede, la sua morte non è colpa sua. Anzi, chiedendo a Voldemort di risparmiarla, lei gli ha dato la possibilità di sacrificare la sua vita per la mia, fornendomi la protezione che ha permesso, alla fine, di sconfiggere Voldemort stesso.
Snape non si capacitava di come tutti l’avessero perdonato. Il perdono era qualcosa a lui misterioso, lui era sempre stato abituato a portare rancore a tutti, compreso a se stesso. Lui non era riuscito a perdonarsi di aver ucciso Dumbledore; Hagrid invece sì. Lui non era riuscito a perdonarsi di aver condannato Lily a morte; Harry invece sì.
– Aveva ragione Dumbledore: è sempre stato l’amore a salvarmi. L’amore di mia madre nei miei confronti, il suo amore per mia madre, il mio per i miei amici che mi ha spinto ad offrirmi spontaneamente a Voldemort…
C’era della logica in quello che Harry stava dicendo, Snape doveva ammetterlo; ma era tutto così complicato, così doloroso…
Incurante dei pensieri di Snape, Harry continuò.
– Sia dia pace – disse nuovamente, con un filo di voce, quasi parlasse con se stesso – Dopotutto, è per me che i miei genitori sono morti.
I suoi occhi verdi ora erano pieni di tristezza.
A quanto pare Snape non era il solo a vivere con il peso della colpa…
Come sempre quando cercava di insegnare qualcosa a quella testa dura, sfoderò il suo tono più sprezzante per rivolgersi ad Harry.
– Ti rendi conto, vero, delle assurdità che stai dicendo? Non posso accettare simili sciocchezze, nemmeno dal Prescelto – lo schernì Snape con un ghigno. Harry lo guardò smarrito.
– Capisco che la nuova fama ti abbia dato definitivamente alla testa, ma sei davvero così egocentrico da pensare che tutto giri attorno a te? – lo canzonò Snape – Le scelte di Lily Evans… – Evans, non Potter. Lui non la chiamava mai Potter.
– Le scelte di Lily Evans sono sempre state fuori dalla portata di chiunque: una volta che decideva una cosa era quella, punto e basta. Anche se non fossi stato solo un infante, non saresti mai riuscito a far cambiare idea a quella cocciuta di tua madre. Cresci, bambino che è sopravvissuto, e smettila di crogiolarti in questa autocommiserazione così tipica dei Grifondoro…
Invece che dare in escandescenze come Snape si aspettava, Harry rimase un momento in silenzio, pensieroso.
– Bene, – disse quindi – io rinuncerò alla mia autocommiserazione se lei rinuncerà alla sua.
“Ma cosa sei, l’erede di Albus?” pensò Snape con avversione, alzando il sopracciglio in un'espressione di sdegno.
– Buona serata professore. Si prenda il tempo che le serve, io tornerò domani.
E con un’ultima occhiata alle tombe dei suoi genitori, Harry girò i tacchi e si incamminò verso l’uscita, prima che Snape potesse dire qualcosa per fermarlo e andarsene a sua volta.
Quando fu sicuro di essere rimasto solo, Snape tornò a rivolgersi alla lapide di fronte a sé.
Il dolore era rimasto, ma la colpa si era un po’ alleggerita.
Poggiò un ginocchio a terra, e sfiorò con i polpastrelli il nome inciso sulla pietra.
– Perdonami – sussurrò.
Quando si alzò da lì si sentì più leggero di quanto non si fosse mai sentito negli ultimi vent’anni; e tuttavia ancora non aveva capito che l’unico perdono di cui aveva bisogno doveva essere lui stesso a darselo.




Un po' di angst in questo aggiornamento, ma mi serve come completamento di una serie di capitoli incentrati su Lily. Vi piace questo Harry un po' più maturo? Di Snape invece che mi dite? Non si commuove come davanti alla tomba di Dumbledore, ma spero che anche senza lacrime si evinca tutto il dolore che lo opprime e il fastidio che prova a vedere sempre interporsi James tra lui e Lily. Mi sono un po' ispirata a quando ritrova la foto in casa Black... Spero di aver reso bene il suo astio e il suo rancore!
Il capitolo è pieno di volute citazioni: chissà se le avete riconosciute tutte? Sicuramente sì :) come sempre, consideratelo un omaggio alla nostra JKR! Mi piaceva soprattutto mettere a confronto la differenza di comportamento tra Harry e Sev (oltre ad un piccolissimo richiamo anche a Lord Voldemort).
Fatemi sapere cosa ne pensate, cosa vi è piaciuto e cosa no...

Tranquilli che dal prossimo capitolo si torna ad un po' più di leggerezza. Spero di riuscire ad aggiornare entro una settimana... Intanto vi lascio il titolo: il duello. Indovinate chi possono essere i protagonisti?

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Capitolo 19
*** Il duello ***


Cap 19. Il duello
 
 
Nell’ufficio del Preside, i due uomini parlavano tranquilli.
Flitwick aveva appena finito il suo rapporto mensile per quanto riguardava la didattica e l’andamento degli studenti, e Snape si apprestava a congedarlo.
– Bene Filius, se non c’è altro puoi andare – disse quindi.
– In effetti, c’è ancora una cosa di cui vorrei discutere, Severus – rispose l’altro pacato.
– Ti ascolto – replicò Snape.
– Non ti pare di stare un po’ esagerando con tutte queste riunioni e turni di guardia?
Snape inarcò il sopracciglio: non gli piaceva che il suo lavoro fosse messo in discussione. Era vero che la sua agenda mensile era discretamente piena, ma d’altra parte gli piaceva tenere tutto sotto controllo; e quale modo migliore, se non con un incontro al mese con ogni insegnante singolarmente, una riunione con il corpo docente riunito, una con i soli Capocasa e una con il resto del personale? Neanche le Creature magiche erano risparmiate: sebbene con meno regolarità, nelle poche sere di libertà che aveva, si accertava anche della situazione degli Elfi Domestici nelle cucine, della comunità dei Centauri e delle Sirene; persino fantasmi e quadri erano controllati! All’appello (per ovvi motivi) mancavano solo le Acromantule che vivevano nella foresta…
Non voleva ammetterlo apertamente, ma forse Flitwick non aveva tutti i torti. Intrecciò le dita davanti a sé, soppesando con lo sguardo il collega.
– Cosa suggerisci? – disse con voce atona, senza sbilanciarsi.
– Per quanto riguarda le ronde notturne…
– No, – lo fermò subito Snape – è fuori discussione: i turni di notte restano. Per come la vedo io, sono anche troppo blandi.
– Bene, e ronda sia. Allora rendi gli incontri singoli con gli insegnanti facoltativi, almeno; ormai insegniamo pressoché tutti da tanti anni, e anche i due nuovi assunti se la stanno cavando bene. Queste riunioni sono spesso eccessive, non trovi? – disse Flitwick sorridendo.
Snape si passò un dito sulle labbra, pensosamente.
– È un’idea…
Effettivamente di alcuni incontri avrebbe fatto volentieri a meno, come quelli con il noioso professor Binns, per non parlare di quella squinternata della professoressa Trelawney! Aveva imposto un controllo così rigido più per dimostrare che era il capo, che perché ci tenesse davvero. Comunque, oramai il primo anno di presidenza era passato, forse poteva allentare un po’ la presa in effetti.
– Come mai questa richiesta, comunque? Non ho mai avuto l’impressione che ti seccasse questo incontro mensile.
Flitwick scrollò le spalle.
– Come ti ho detto, lo ritengo semplicemente superfluo, ma non è certo un peso per me. Anche se ho notato una certa indisposizione di Minerva a riguardo…
Snape sbuffò, contrariato.
– Come se non me ne fossi accorto: non perde occasione per rammentarmi che insegna da più di quarant’anni e che dovrei ricordarmelo bene, visto che sono stato un suo studente – concluse a denti stretti.
– Minerva non è mai stata abituata a prendere ordini, lo sai bene. – disse Flitwick, indulgente – È una fiera Grifondoro, e con Albus aveva sempre avuto un rapporto un po’ privilegiato…
– Beh, mi spiace tanto per lei, ma il Preside sono io adesso. Sono io che faccio le regole, piaccia o non piaccia! – ribatté Snape con forza.
Non ce l’aveva davvero con la McGonagall, ma detestava che si mettesse in discussione la sua autorità, ora che finalmente ne aveva una. Anche il fatto che lei fosse stata una sua insegnante e che non mancasse di rimarcarlo tutte le volte che poteva lo metteva a disagio: si sentiva di nuovo un bambino insicuro, e di contro tentava di imporsi più duramente per dimostrare di non essere più un adolescente impaurito.
L’insegnante di Incantesimi non sembrò notare il nervosismo del Preside, e continuò con la solita composta pacatezza.
– Principe, non re: credevo fossi d’accordo – lo canzonò quindi allegramente, richiamando le parole che gli aveva rivolto al banchetto di inizio anno.
– Non mi pare di averlo mai detto – ribatté Snape, gelido.
Flitwick ammiccò.
– Sicuro?
Snape gli lanciò un’occhiata allusiva. Voleva dire quello che pensava..?
– Principe… Non è un soprannome nuovo, o sbaglio? – lo incalzò Flitwick.
Come lo sapeva? A Snape bastò un secondo per valutare e scartare tutte le possibili ipotesi, finché sul piatto rimase l’unica plausibile: Miss So-Tutto-Io Granger.
– Grazie alla bravata della signorina Granger, sento che Grifondoro sta per perdere tutti i punti contenuti nella sua clessidra – mormorò quindi, indispettito.
– Suvvia Severus, e con quale accusa vorresti punirla? Non è certo un crimine parlare con un insegnante – ridacchiò Flitwick.
Maledetti Grifondoro ficcanaso. Lo aveva già detto quanto li odiava?
– E poi abbiamo tutti i nostri soprannomi, non c’è di che vergognarsene! Quando ero campione di duelli, il mio era Colibrì – concluse Flitwick.
– Colibrì? – chiese Snape, sprezzante.
– Piccolo ma veloce, colpisce quando meno te lo aspetti – ribatté Flitwick affatto offeso dal tono di Snape.
– Vuoi vedere quanto posso essere veloce? – continuò l’insegnante di Incantesimi, con un brillio di furbizia negli occhi.
– Non credere di intimorirmi, Colibrì – rispose Snape con altrettanta fierezza.
– Stasera a mezzanotte? Nel corridoio del terzo piano? Se non sbaglio dovrebbe essere libero… – gli occhi di Flitwick erano animati da una strana luce.
– Contaci – concluse Snape, con la stessa eccitazione nello sguardo.
 
 
– Bene Principe, pronto a soccombere agli attacchi del Colibrì? – lo punzecchiò Flitwick sardonico vedendolo arrivare.
– È chiaro che non ti rammenti della mia… precedente occupazione – disse Snape con un ghigno.
– E tu dimentichi che l’ultimo combattimento cui ho partecipato è stato contro Lord Voldemort in persona – continuò l’altro.
Snape represse un piccolo brivido al sentire pronunciare quel nome: era scomparso da quasi un anno, ma certe abitudini sono dure a morire… Meglio cambiare argomento.
– E per questo credi di essermi superiore? Io ho battuto a duello il cinque volte vincitore del sorriso più ebete indetto dal Settimanale delle Streghe… – rispose quindi, con il suo solito sarcasmo.
La risata del piccolo insegnante echeggiò un attimo nel corridoio.
Senza altri indugi, Snape sfoderò la bacchetta.
– Al primo sangue, suppongo – disse, riprendendo un’espressione seria e concentrata.
– Direi di sì – rispose Flitwick, imitandolo.
I due si misero l’uno davanti all’altro, inchinandosi prima di arretrare verso le proprie postazioni e prendere la posizione di attacco, le bacchette estratte come fossero spade.
Fu Flitwick ad iniziare, evocando lingue di fuoco che come spire di serpente tentarono di accerchiare Snape, il quale, per difendersi, fece apparire un muro d’acqua protettivo, contro il quale le fiamme si spensero.
Veloce come il fulmine, Flitwick attaccò ancora, costringendo di nuovo Snape alla difesa piuttosto che all’attacco. Sebbene il Preside parasse con abilità e non mostrasse alcuna incertezza, era molto impressionato dall’abilità dell’insegnante: era davvero veloce come un Colibrì! Snape non si perse d’animo e si limitò a parare studiando la tecnica del rivale.
Al quinto attacco di Flitwick che non lasciava tempo per l’offensiva all’avversario, Snape animò le armature e ne diresse una verso di sé, a parare l’incantesimo; poi, senza concedere il tempo di una nuova mossa a Flitwick, contrattaccò con un incantesimo di attacco molto potente, diretto dritto contro il suo petto. Non voleva colpirlo veramente, bensì costringerlo a ripararsi dietro un “Protego”; questo gli avrebbe concesso un po’ di tempo per rallentare lo scontro, poiché anche Flitwick avrebbe dovuto aspettare che terminasse l’effetto dell’Incantesimo di Protezione per attaccare ancora. A quel punto, un doppio attacco avrebbe colpito Flitwick: da una parte Snape, dall’altra una delle armature che aveva appena animato.
Lo stratagemma sarebbe probabilmente andato a segno, se il piccolo insegnante non avesse fatto una cosa assolutamente insensata per un duello: scartare velocemente di lato, evitando l’incantesimo fisicamente invece che con la magia.
Snape continuò con il doppio attacco che aveva programmato, ma l’incantesimo partì leggermente in ritardo a causa della sorpresa, e lo stratagemma fallì.
Ed ecco quindi svelato il secondo punto di forza di Flitwick: da una parte la rapidità dell’attacco, dall’altra la velocità della difesa. L’insegnante d’incantesimi aveva fatto della sua minuscola statura un vantaggio: leggero e veloce, scartava in una frazione di secondo ed era pronto ad un’altra offensiva, senza dover perdere tempo con un incantesimo di difesa.
Era giunto il momento anche per Snape di svelare un po’ delle sue carte: il suo punto forte, oltre alla potenza dei suoi incantesimi, era sicuramente l’inventiva, che risultava sempre di più mano a mano che il duello proseguiva.
Flitwick era bravo, ma i suoi incantesimi erano abbastanza standard; nonostante la velocità dell’attacco, Snape sapeva sempre come pararli.
Gli incantesimi del Principe invece erano più elaborati, spesso di sua invenzione, e questo non dava modo all’avversario di sapere come difendersi da essi; tuttavia Flitwick non ne aveva bisogno, perché gli bastava abbassarsi e scartare per evitare di essere colpito.
L’intensità dello scontro crebbe, gli incantesimi diventarono sempre più forti.
Snape decise che era il momento per un incantesimo di tale portata che non avrebbe consentito a Flitwick di fuggire; tutte le spade e le asce volarono via dalle armature vicine, e stavano per essere lanciate contro il piccolo insegnante ed ogni cosa intorno a lui nel raggio di due metri quando Snape vide con orrore un lampo verde sfiorargli la guancia.
“Non è possibile!” pensò, mentre sgranava gli occhi per la sorpresa. La confusione lo lasciò immobile per una frazione di secondo di troppo, quel tanto che bastava a Flitwick per spedirgli contro un secondo incantesimo. Con sgomento, Snape vide il raggio di luce verde colpirlo in pieno petto, scaraventandolo al suolo.
La risata frenetica del Principe riempì il corridoio.
Finite Incantatem – disse Flitwick. Aveva colpito l’avversario, il duello era finito.
Snape si tirò in piedi a fatica. Non si capacitava: il rictusempra era argento, non verde…
– Una semplice modifica di mia invenzione – gli venne in aiuto Flitwick – in grado di cambiare l’aspetto delle fatture. Ovviamente funziona solo su quelle più semplici… ma è sufficiente a spiazzare l’avversario.
Una modifica agli incantesimi tale da cambiare il loro colore?
Gli occhi di Snape brillarono di desiderio.
“Lo voglio” pensò.
Flitwick non aveva bisogno di parole da parte del collega.
– Sarei molto felice di renderti partecipe di queste mie piccole invenzioni… Se tu volessi darmi qualcosa in cambio.
Snape alzò il sopracciglio, sospettoso.
– E cioè? – chiese.
– Ma è ovvio, no? – disse Flitwick con un sorriso – Lezioni di volo!




Flitwick by MakaniSnape by Makani


Eccoci qua! Cosa mi dite, ve lo immaginavate che lo scontro fosse tra loro due? E dell'esito finale che ne pensate? Ebbene sì, Snape perde il duello, e con un trucco davvero subdolo! Ho pensato molto a chi far vincere in questa contesa... In linea di massima direi che come "potenza di fuoco" Snape è più forte, ma Flitwick è comunque l'insegnante di Incantesimi ed è stato campione di duelli da giovane (stando a ciò che dice Hermione in HP2). Quindi ho deciso che sarebbe stato lui a vincere, ma sfruttando l'effetto sorpresa, senza il quale sarebbe stato Severus a prevalere, alla fine.
Spero di aver caratterizzato abbastanza Flitwick: non è un personaggio che esce fuori molto dalle storie, quindi ci sto andando cauta. Cosa ve ne pare del soprannome Colibrì? Mi sono divertita molto ad "imporglielo", anche se penso che Filius sia abbastanza dotato di senso dell'umorismo da accettare di buon grado...
Aspetto di sapere le vostre impressioni (vi piace l'agenda di Snape? E il modo in cui si sta comportando e sta portando avanti Hogwarts?)!

Come avete notato aggiorno con un po' di ritardo rispetto al solito. Purtroppo queste ultime settimane sono state davvero piene e lo saranno anche le prossime sei... Il prossimo capitolo si intitola "Lezioni di volo", ma è ancora molto indietro nell'elaborazione e non so proprio se riuscirò a postarlo entro la prossima settimana... Alla peggio slitterà a quella dopo.
Continuate a seguirmi come sempre e a lasciarmi le vostre impressioni sui capitolo, sono il motore che mi danno la forza di scrivere :)

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Capitolo 20
*** Lezioni di Volo ***



Cap 20. Lezioni di Volo



Snape era in piedi al centro della Sala Grande; aveva fatto sparire i tavoli delle Case, mentre sul pavimento erano apparsi un certo numero di cuscini. Flitwick sarebbe arrivato a momenti.
Uno scalpiccio poco distante attirò l’attenzione del Preside.
“Oh no!” pensò il mago, quando vide mezza dozzina di insegnanti varcare la soglia: Minerva McGonagall apriva la fila con Filius, seguiti da vicino da William Woolframe e Kathleen Greenwood, immersi in un intenso cicaleccio; Madama Hooch e Horace Slughorn chiudevano il gruppo.
– Filius – disse Snape, con voce che tradiva il nervosismo – ti spiace spiegarmi?
– Severus, pensi davvero di voler tenere per te tutti questi segreti? Suvvia, siamo colleghi, cosa ti costa dare lezioni di volo anche a noi? – rispose la voce di Minerva McGonagall, piccata.
Snape spostò lentamente lo sguardo su di lei, fulminandola.
– Io e Filius abbiamo un accordo, e l’insegnare ad altri che non a lui non rientra nel patto. Quindi, se vuoi scusarci…
– Siamo stati i tuoi insegnanti per sette anni, davvero non vuoi ricambiare il favore? – ribatté Minerva, con una nota di sarcasmo.
Le narici di Snape fremettero un attimo.
“Bene” pensò “se è questo quello che vuoi, Minerva, sta sicura che ti darò proprio una bella lezione”
Scandagliò per un attimo i volti degli altri insegnanti, prima di chiedere:
– La vostra scusa invece, qual è?
– Interesse professionale, mi sembra ovvio – rispose Madama Hooch con voce squillante.
Snape diede un piccolo cenno di assenso.
– Interesse professionale anche il tuo, Horace? – chiese Snape rivolgendosi all’insegnante di pozioni.
– Dovresti saperlo che sono sempre interessato alle nuove esperienze…
“Ma se non ricordo male, solo se c’è da guadagnarci qualcosa” pensò Snape, malevolo.
– …anche se credo che per una volta rimarrò, come si dice, in panchina. Non preoccuparti per me, non disturberò il maestro all’opera – concluse Slughorn, ridacchiando sotto i baffi cespugliosi.
Snape gli lanciò una breve occhiata di sospetto ma non indagò oltre.
– Non mi sembra di aver nessun debito con voi, né che abbiate alcun interesse in questo campo, William e Kathleen, quindi se non vi disp-
Non fece in tempo a finire, Kathleen lo interruppe.
– Dai Severus! Non puoi mica mandarci a dormire come se fossimo degli studenti!
– Sono sicuro di averti già menzionato quanto odio essere interrotto, vero Kathleen? – disse lui, lanciandole un’occhiata che avrebbe fatto rabbrividire un orso polare.
Kathleen si imporporò un poco sotto quello sguardo, ma sembrava ben determinata a portare avanti la sua richiesta.
– Preside, – prese la parola William, dimostrando molto più tatto – siamo interessati quanto gli altri insegnanti e sono sicuro saremo ottimi allievi. Permettici di imparare direttamente da te: sei indubbiamente il più adatto a farci da maestro.
Snape guardò un momento il giovane mago. William Woolframe era l’unico che continuasse a rivolgersi a lui con il grado di “Preside” anche quando non erano alla presenza di studenti; probabilmente l’essere stato suo professore per sette anni aveva inciso discretamente sulla riverenza…
Oh, quel ragazzo sapeva lusingarlo, eccome!
Le labbra di Snape si arricciarono in un quasi impercettibile sorriso; non si prese la briga di rispondere, e William interpretò correttamente quel silenzio come un assenso: proprio come durante le sue lezioni di pozioni, l’assenza di commenti dimostrava che il professore non trovava niente da ridire, e ciò era il massimo grado di apprezzamento che ci si potesse aspettare da lui. A meno di non essere nella sua Casa, ovvio.
Quando la “scolaresca” fu pronta e attenta, Snape iniziò a spiegare.
– La tecnica del volo si compone di due parti: la prima è la levitazione del corpo, che serve per determinare l’altezza del volo e la direzione, la seconda riguarda la propulsione e consente di regolare la velocità. Come prima cosa ci eserciteremo nella levitazione…
William e Kathleen apparivano entusiasti ed eccitati, Minerva e Rolanda concentrate e attente, Filius notevolmente divertito. Horace aveva evocato una poltrona e sedeva poco distante con sguardo interessato. Non appena ebbero sistemato i cuscini attorno a loro per attutire eventuali cadute, iniziarono l’addestramento.
Sollevarsi in aria fluttuando si dimostrò semplice per tutti: bastava lanciare l’incantesimo sui piedi, facendo attenzione all’intensità e a far sì che fosse direzionato in maniera bilanciata su entrambi, per non creare squilibri.
Il passo successivo fu provare a fluttuare in orizzontale; Snape fece sedere (o sdraiare) tutti sui cuscini, prima di far loro ripetere l’incantesimo, stavolta direzionandolo su schiena e gambe anziché sui piedi.
Anche questo passaggio fu padroneggiato immediatamente senza difficoltà.
– Professore, quando passiamo alla parte divertente? – lo canzonò Kathleen mimando uno sbadiglio, mentre levitava in orizzontale a due metri d’altezza. Risatine accompagnarono la sua battuta.
Gli occhi di Snape mandarono pericolosi bagliori. Si alzò in volo anche lui, avvicinando il volto a quello della strega.
– Visto che si annoia, signorina Greenwood, sarà così gentile da mostrarci il prossimo passo, ovvero passare dalla levitazione verticale a quella orizzontale e viceversa – la sfidò il Preside.
– Nessun problema – trillò Kathleen, impaziente.
Snape alzò gli occhi al cielo. Non fece in tempo a fare altro, perché in una frazione di secondo accaddero molte cose: Kathleen, presa dall’entusiasmo, aveva spostato troppo velocemente l’incantesimo dal tronco ai piedi, con conseguente perdita completa dell’equilibrio e della concentrazione, il che comportò, come diretta conseguenza, la cessazione dell’incantesimo di levitazione. Per frenare la caduta, a Kathleen non rimase altra scelta che aggrapparsi a Snape, ottenendo, come unico risultato, quello di farlo precipitare insieme con lei.
Ma a Snape occorse qualche attimo per capire esattamente cosa accidenti era successo. Al momento sapeva solo di trovarsi schiacciato a terra dal corpo della strega, che gli era piombata addosso non si sapeva bene come. Per fortuna i cuscini erano posizionati bene, e oltre ad un lieve stordimento non sentiva male da nessuna parte.
– Cielo, Severus, stai bene? – gli chiese Kathleen, le labbra vicinissime alle sue.
Arrossirono entrambi per la posa equivoca in cui per caso si erano trovati.
– Starò bene quando ti leverai di dosso – sibilò lui in risposta.
Lei si alzò velocemente, sorretta da William che galantemente era accorso ad aiutarla. Tese una mano per alzarsi anche a Snape, ma quest’ultimo l’ignorò e si alzò da solo.
La McGonagall gli poggiò una mano sulla spalla.
– Stai bene? – si assicurò con premura.
Snape non si girò verso di lei e lanciò un’occhiata malevola a Kathleen.
– Questo è quello che succede quando non si tiene la bocca chiusa e la mente concentrata. Tanto valeva ammettere anche Longbottom alla lezione, a questo punto… – concluse freddamente.
Kathleen dal canto suo era imbarazzata. Pigolò un flebile – Scusa – e abbassò lo sguardo.
– Come la signorina Greenwood ci ha gentilmente dimostrato, cambiare posizione non è semplice e va fatto gradatamente. Ora, se volete provare, mi auguro avrete l’accortezza di farlo lentamente e di non creare danni, specialmente non a me.
Gli insegnanti non parvero particolarmente impensieriti dal tono di Snape, tranne William, che lo guardò male. Sembrava persino un po’ arrabbiato.
Nonostante il rovinoso primo tentativo di Kathleen, tutti riuscirono presto nel nuovo esercizio. Flitwick in particolare dimostrò subito grande abilità, seguito da Madama Hooch e dalla McGonagall, che pure si muovevano in maniera abbastanza sciolta.
Qualche difficoltà in più l’ebbe Kathleen, probabilmente ancora un po’ nervosa dopo la caduta. William impiegò ancora più tempo: dopo l’incidente sembrava quello meno concentrato; fu l’ultimo a padroneggiare i cambi di posizione, ma alla fine anche lui riguadagnò sicurezza nei movimenti.
– E ora – disse Snape con un ghigno – la parte divertente: unire la levitazione alla propulsione.
Spiegò l’incantesimo: bastava Esiliare l’aria nella direzione voluta, creando una sorta di vuoto che consentiva alla persona di essere attratta in quella direzione.
In teoria la questione non era troppo complicata, in pratica serviva una concentrazione assoluta per controllare a pieno entrambi gli incantesimi; si verificarono quindi una serie di scorrettezze, come voli a zigzag e scatti improvvisi .
– Filius, devi esiliare l’aria, non te stesso – rimproverò Snape all’insegnante di incantesimi, mentre questi svolazzava su e giù per la Sala Grande come un palloncino che si sgonfiava.
– Ma Severus – ribatté lui, ridendo come un matto – così è molto più divententeeeee..!
La sua risata contagiò tutti gli altri insegnanti; Kathleen dovette addirittura fermare il proprio esercizio per evitare di cadere un’altra volta. Si reggeva la pancia tentando di riprendersi dalle risate, mentre i singhiozzi la squassavano. Anche Minerva non riusciva a mantenere dritta la direzione dal gran ridere.
Riprovarono per un’altra decina di minuti, poi Snape li richiamò all’ordine.
– Lezione finita – disse – Domani sera a quest’ora faremo qualche altro tentativo per affinare la tecnica.
Gli altri annuirono e si allontanarono baldanzosi dalla Sala Grande, esaltati dagli ultimi memorabili voli. Snape voltò le spalle e si mise a mettere in ordine: fece sparire i cuscini e riportò i tavoli delle Case al proprio posto.
Quando varcò la soglia, scoprì Minerva ferma sulle scale, con il chiaro intento di intercettarlo.
– Ancora in piedi a quest’ora, professoressa McGonagall? Non vorrà mica costringermi a metterla in punizione… – le disse quindi, mellifluo, mentre saliva le scale ad ampie falcate verso i suoi appartamenti.
Lei ignorò la battuta.
– Allora, – disse invece con sguardo sardonico, mantenendo l’andatura con lui – è stato davvero così terribile?
– Buonanotte, Minerva – troncò la conversazione lui, andandosene in volo e lasciandola indietro.
La risata di lei lo inseguì per i corridoi.



Chiedo scusa tantissimo per questo ritardo nell'aggiornamento: come temevo questi mesi sono e saranno frenetici, quindi non riuscirò più ad aggiornare prima di altre 4-5 settimane... E anche questo capitolo è ridotto di più della metà rispetto a come l'avevo pensato! Tranquilli, con pazienza arriverà tutto. Adesso mi premeva postare almeno qualche pagina e rassicurarvi sul fatto che non sono sparita!
Se vi va, lasciatemi un commento sul nuovo capitolo :) benché ridotto, mi sono divertita molto a scriverlo!
Piccola precisazione: Madama (Rolanda) Hooch è ovviamente Madama Bump. Non è noto né dai libri né dalle interviste quale sia il suo nome di battesimo, ma in un gioco a tema HP le è assegnato il nome "Rolanda", e quindi questo ho tenuto. Non ho idea se il nome sia stato scelto/supervisionato da JKR, ma per ora me lo tengo... Nel prossimo aggiornamento sul volo (sarà un po' la continuazione di questo) mi sbizzarrirrò un po' con lei! E anche con Minerva e Filius e Horace... Ne vedremo delle belle! Abbiate fede! E grazie di cuore come sempre per seguirmi e incoraggiarmi ;)

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