Per una volta il problema non è lei di Checie (/viewuser.php?uid=41858)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Occhiblu
Elettra si chiede spesso se sia vero che tutto scorre. La sua vita le
sembra così pazzescamente statica, un’unica cosa informe e
molle che si trascina da oltre diciassette anni, una serie di
avvenimenti inutili, insignificanti, di sentimenti plastificati, di
persone non vere. Elettra osserva. Ha sempre osservato molto, anche se
non è sicura di aver capito altrettanto. Vedere migliaia di
persone l’ha sempre fatta sentire molto sola e stasera, alla
stazione della metro, la situazione non è diversa: non conosce
nessuno, ma in città è così, e nessuno la
interessa, niente cattura il suo sguardo vigile, nella massa incolore
nulla si distingue. Sale sul treno, apre la borsa, tira fuori una
rivista, comincia a sfogliarla distrattamente senza soffermarsi senza
soffermarsi su nulla in particolare, la mente vaga. Quando arriva si
guarda intorno visibilmente annoiata e risale sul marciapiede,
avviandosi verso casa.
Livio è teso. Claudia è in ritardo di oltre
mezz’ora. Sapeva che lei non moriva dalla voglia di uscire con
lui, ma nemmeno snobbarlo così! Cerca con gli occhi quei suoi
capelli corvini, la figura alta ed esile, il passo cadenzato e
finalmente li vede. Dall’angolo sbuca Claudia, è proprio
lei, con la sua coda di cavallo e i jeans larghi, non può essere
altrimenti. Livio si sbraccia, sorride a Claudia, ma lei si guarda
intorno a disagio, cercando di capire se si sta rivolgendo proprio a
lei. Avanza con passo incerto. Livio è disorientato:
perché fa finta di non riconoscerlo? Perché fa
così? Mentre Claudia si avvicina dubbiosa, però, riesce
finalmente a darsi una risposta.
Elettra è leggermente sconcertata. C’è un biondo in
giacca che si agita sul marciapiede e sorride verso di lei. Elettra si
guarda alla spalle, ma non c’è nessun’altro: quel
pazzo ce l’ha con lei. Lentamente avanza verso di lui con passo
incerto e più si avvicina più il sorriso del biondo si
congela e si spegne, quando se lo trova di fronte ha
un’espressione delusissima e abbattuta. Elettra non ha cuore di
ignorarlo
-C’è qualcosa che non va?- chiede con dolcezza
Il biondo non risponde e si accascia su una buca delle lettere. Fa segno di no con la testa
-Io non credo- fa Elettra
-Tu non sei Claudia-
-No, però sono Elettra! Può andare lo stesso?-
Il tipo sorride appena e con gesti lenti tira fuori un sacchettino di tela ed estrae un ciondolo di vetro dipinto
-Non saprei. Questo ti può interessare?-
Elettra sgrana gli occhi: è bellissimo, coloro malva con delle striature azzurro cielo ed un raffinato bordo argentato
-Dove l’hai preso?-
-Li fa mia madre-
-Suppongo fosse per Claudia-
-Era per Claudia-
-Ma lei non è venuta-
-No-
- E’ per questo che me lo stai offrendo? Perché lei non è venuta?-
-Credo di sì-
Elettra lo accetta, se lo rigira fra le mani osservandolo in ogni sua
parte. Sorride al ragazzo che le sta di fronte. Ad un certo punto,
persa nel suo stesso sorriso, si accorge che non sa nemmeno come si
chiama.
Che figura di merda. Una figura di merda in pieno stile. Scambiare
Claudia per un’altra ragazza. Fosse bella poi. Capelli scuri,
grandi occhi blu, altissima e un po’ allampanata. No, decisamente
non è bella. Claudia invece…mora, slanciata, aggraziata,
una dea. Però Livio deve ammettere che oltre il fisico non
c’è molto altro fra loro: dal punto di vista umano insieme
non ce ne azzeccano una. È per questo che lei non muore mai
dalla voglia di uscire. Maledetta Claudia. Quella tipa, Elettra o come
si chiama, sembra felice di avere quel ciondolo. Lui se ne vergognava
così tanto, ma adesso che ce l’ha lei gli sembra quasi
più bello. Anche il sorriso della ragazza è carino, mette
in risalto quei pozzo che sono i suoi occhi. Improvvisamente si ricorda
che non si è ancora presentato
-Livio-
-Chi è?-
-Io-
-Ah, ok…-
La ragazza resta un attimo a fissarlo
-Senti, io vado, aspetto una telefonata…-
-Abiti lontano?- chiede lui
-Due case più in là-
-Ti accompagno-
-Perché non sali? Ti offro qualcosa, se vuoi. Intanto aspettiamo Claudia, magari arriva-
Livio annuisce grato e segue Elettra dentro al portone, su per le scale
fino ad entrare in un salotto spazioso, con un tavolo di marmo al
centro della stanza ed un lampadario vecchio stile. C’è un
caldo leggermente afoso che a Livio ricorda una località
egiziana. Da una porta esce un bel ragazzo sulla ventina con una
pila di biancheria in mano
-Ciao Ele!- fa –Lui è…-
Elettra sorride al fratello
-Livio. Stava sotto casa- poi si gira verso Livio –Lui è mio fratello Andrea-
I due si scambiano un veloce sguardo che non dice nulla. Livio si
avvicina alla finestra e continua a guardare fuori, irrequieto, mentre
Elettra come un trottola disfa la borsa, piega la biancheria, si prende
un bicchier d’acqua.
Ad un tratto Livio ha un sussulto: intravede sul marciapiede la figura
di Claudia, appena sopraggiunta, che si guarda intorno alla ricerca di
Livio. Il ragazzo salta in piedi all’istante, afferra il
giubbotto e fa per avviarsi fuori dalla porta, poi però indugia
sulla soglia
-Ehm…grazie Elettra. È arrivata Claudia, io…io scendo-
Elettra si ferma con una canottiera da piegare in mano e fa un piccolo cenno con la testa
-Ok-
Livio esce, si fionda giù per le scale con il cuore gonfio di aspettativa, ma a metà la voce di Elettra lo blocca
-Dalle questo- dice, lanciandogli il sacchettino con il ciondolo
Livio la squadra divertito e le ripassa il sacchetto
-Quello l’ho regalato a te-
E scompare oltre la porta, concentrandosi su colei che sta per
incontrare, senza più degnare nemmeno di un pensiero quella
strana ragazza che ha lasciato sul pianerottolo con il ciondolo ancora
in mano.
SPAZIO DELL’AUTRICE:
Primo capitolo fatto (adesso che pubblico su EFP continuo a postare fic
come un’invasata!XD)...spero che vi piaccia!!!! È una fic
che praticamente scrivo a scuola, perché l’ispirazione mi
viene là, poi a casa me la trascrivo su
computer…c’è un grosso riferimento alla vita reale,
soprattutto nei personaggio *Livioooooooo*…
Mi raccomando, LEGGETE E RECENSITEEEEEEE!!!!!!!
Bacioni, Checie
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Occhiblu2
Livio apre il portone con foga, pregustando già la
bellezza assurda di Claudia, la sua ristata sonora, ma quando la vede non è ciò
che si aspetta. Cioè, lei toglie il fiato come sempre, ma il suo sguardo è
annoiato e indifferente
-Livio, francamente non so che ci faccio qui-
Il cuore di lui si congela in un nanosecondo. È fatto
così lui, si accende e si spegne nel giro di pochi istanti. Volubile è un
eufemismo.
-Puoi tornare a casa allora-
-Carino da parte tua invitarmi a uscire e poi rispedirmi
a casa-
-Sei tu che non sai che ci fai qui, non io-
-Non sai che fartene della mia compagnia-
-Perché tu sì, invece? Arrivare in ritardo di un’ora è
il tuo modo per dirmi che sai come vado gestito?-
-Arrivare in ritardo di un’ora è il mio modo per dirti
che faccio quello che mi pare-
-La prossima volta non disturbarti ad accettare il mio
invito, se ti irrita così tanto-
Questa conversazione fa male a tutti e due. Chi
abbasserà le difese per primo? Chi dirà davvero ciò che sente e smetterà di
fingere di non essere coinvolto?
-Buonanotte Livio. Cresci-
-Buonanotte Claudia. Io per te non esisto-
Nessuno dei due, come al solito. Ma stavolta Livio non
ce la fa. La blocca
-Dai, Claudia…-
Anche Claudia cede. In fondo le piace. Non si rimane mai
del tutto indifferenti a Livio, non si può. Abbozza un sorriso
-Scusa, mi sono lasciata prendere un po’ la mano…-
All’istante è perdonata. Non serve altro. Livio si
illumina e la stringe a sé, pensando che se avesse ancora il ciondolo potrebbe
darglielo ora e fare un figurone, ma ce l’ha Elettra. Cavolo. Perché l’ha
lasciato a quella? Nella sua mente va già creandosi una serie infinita di
insulti per la ragazza, ma si ferma. Non gli dispiace davvero che ora l’abbia
lei, sembrava così felice di averlo. Non può essere un male, anche se, certo,
darlo a Claudia forse avrebbe cambiato le cose. Boh. Livio accarezza dolcemente
i capelli di lei e sente un leggero brivido. Ciondolo o non ciondolo lei è lì
per lui. Che importa del resto?
Elettra finisce di piegare tutta la biancheria, poi la
passa al fratello con un gesto preciso
-Che ne dici di metterla via?-
Andrea afferra la pila di malavoglia
-Se devo…-
-Sì, devi- lo rimbecca la sorella –Niente scuse.
Intesi?-
Andrea scompare oltre la porta della sua stanza ed
Elettra si stende sul divano, inspirando a fondo. Non sa bene cosa pensa. In
realtà non lo sa mai, ma stasera si annoia troppo persino per cercare di
indovinarlo. È leggermente apatica, ma comunque vigile. Elettra non perde mai
il controllo, è una delle sue doti migliori: è 100% conscia di quello che fa,
non esita mai. Ogni tanto si fa schifo da sola, ma piuttosto che vivere nel
tormento, come quel Livio…si chiedeva costantemente: Verrà o non verrà? Mi ha
dato buca? E adesso? Non sono domande che fanno per lei, a lei piacciono le
cose definite, chiare. Il dubbio non le si addice, anche se ogni tanto non può
fare a meno di chiedersi come sarebbe abbandonarsi ai sentimenti, lasciarsi
trasportare da quello che non capisce e rilassarsi un po’. Come Livio.
Aspettare il suo “Claudio” e non vederlo arrivare. O magari, invece,
incontrarlo e pensare solo che lui è lì per lei. Che importerebbe del resto?
Il giorno dopo Livio è indeciso su come sentirsi. Bene è
riduttivo, molto bene è banale, un benissimo non lo vuole rischiare. Non è
nemmeno del tutto a posto con se stesso, ma quando mai lo è? Con Claudia sta
bene, ma…è davvero quello che vuole? Insomma, se si mettono a parlare discutono
su tutto, da come si spreme il tubetto del dentifricio ai problemi del mondo.
Non ce la fanno proprio. Però sono indiscutibilmente attratti l’uno dall’altra.
È un disastro. Si stiracchia pian piano, si toglie il pigiama e si mette dei
bei pantaloni scuri e un pullover semplice ma molto fine. Scuote la chioma
color grano e si fa la barba. Nonostante il tormento interiore resta sempre un
ragazzo curatissimo. Esce dal bagno, saluta velocemente i genitori, prende la
cartella e vola giù per le scale. È in ritardo, come sempre. Forse se si
curasse un po’ meno riuscirebbe a ridurre i tempi, chi lo sa. Ha perso la
metro, niente di nuovo. Si siede su una seggiolina, in attesa del treno
successivo, quando alle sue spalle un -Oh, cazzo! Come ho fatto a perderla?- lo
fa sobbalzare.
Elettra non ci può credere. Lei ha perso la metro. Lei.
In diciassette anni di vita non l’ha mai mancata nemmeno di striscio, tutt’al
più era in anticipo. In largo anticipo. Non in ritardo. Merda. Si lascia
scappare un –Oh, cazzo! Come ho fatto a perderla?- disperato e improvvisamente
si rende conto che l’unica persona in stazione, seduta tranquillamente su una
sedia, è Livio. Le esce un mezzo sorriso
-Anche tu qui?-
-Io sono un habituè- ghigna Livio
-Io no, uffa…-
-Non è poi così male, sai? Hai cinque minuti di assoluto
fancazzismo. È carino come regalo di inizio giornata-
Elettra non sembra molto convinta
-Ma io dovrei essere già a scuola, ho un milione di cose
da fare! Non posso perdere la metro…è fuori da ogni logica!-
-È fuori dalla tua, di logica- breve pausa –Non è che
per caso te ne intendi di disegno tecnico?- e fa per tirare fuori un blocco da
disegno
-No, non direi, faccio il linguistico. Se vuoi ti
illumino sulla Relativsatz*, ma non vado oltre-
Livio ride
-Sembra interessante, come funziona?-
-Eh, niente…prendi l’articolo che ti fa da pronome col
genere del nome a cui si riferisce, ma al caso che ha nella relativa. Poi ti
incasini e tiri a caso. A volte ci si azzecca anche-
-Traducimi: Elettra, che è in ritardo, è molto nervosa-
Lei sbuffa
-Elettra, die spät ist, ist
sehr nervös-
-Carina…non ho capito niente, ma non suonava male-
-Comunque era giusta-
Livio mette le mani avanti, come a volersi proteggere da
Elettra
-Non sia mai che lei sbagli! Non avrei mai osato dire
che avesse commesso un errore!-
-Ecco bravo, non osare- gli fa una linguaccia
-Senti, genio d’Alemagna, sta arrivando il treno…che facciamo,
saliamo?-
-Mi sa di sì-
-Oggi mi interroga quella di latino, perciò non posso
mancare, però se vuoi un altro giorno bruciamo [facciamo sega, facciamo
focaccia, mariniamo…insomma: non andiamo a scuola! NdA] insieme-
Elettra cerca di capire se scherza o no. Non scherza.
Bruciare? Non se ne parla. Però, in effetti, potrebbe piacerle. Perché no? Con
suo sommo stupore decide di accettare
-Molto volentieri. Il prossimo treno che perdo non lo
riprendo più-
-Ottimo. Dai, Sali, che non voglio dover aspettare
quello dopo ancora-
E senza tante cerimonie la spinge dentro il vagone,
ridendo di cuore di quella ragazza un po’ goffa con gli occhioni blu.
*spero che a nessuno di voi tocchi l’assurda tortura
dello studio del tedesco, comunque è la frase relativa, una simpatica
costruzione secondaria fatta apposta per quei contorti dei tedeschi (chiedo
perdono se per caso qui qualcuno ha origini tedesche o ama la lingua).
SPAZIO DELL’AUTRICE: ci siamo anche col secondo
capitolo, fatemi sapere se vi piace…la seconda parte mi convince poco, ma
quello che mi interessa è quello che pensate voi, non io! Ringrazio
infinitamente tutte le persone che hanno letto, ma soprattutto quelle che hanno
recensito…
DICEMBRE: grazie mille, mi fa piacere che una più grande
e più abile di me apprezzi quello che faccio…se ci sono cose che non ti
piacciono, dille con sincerità, sono avida di consigli!!!! E grazie ancora per
la stima!XD
DIOMACHE: un megamilione di grazie per tutti i
complimenti! Abbi fede, Livio non resterà indifferente ad Elettra, anche se non
è un tipo facile…l’unico interrogativo a cui non ho ancora dato risposta è: si
lascerà conquistare? Credo che deciderò strada facendo…comunque mi fa piacere
che Elettra ti piaccia, è ispirata a me medesima, quindi probabilmente ti
starei abbastanza simpatica!XDXDXD
Grazie ancora a tutti,
Checie
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
Occhiblu3
La fermata di Elettra è prima di quella di Livio. La ragazza si
mette lo zaino in spalla e, salutando il suo accompagnatore con la
mano, scende di corsa e sempre correndo si avvia fuori dalla stazione,
facendo sbatacchiare la cartella e inciampando di tanto in tanto.
“Com’è buffa” pensa Livio “È
così facile stare con lei”. Si rilassa. Quella ragazzina
un po’ nevrotica ha sciolto i nodi del suo cervello. Per cinque
minuti è riuscito a non pensare assolutamente a niente. Non si
è tormentato per Claudia, non si è preoccupato per la sua
famiglia, ha semplicemente scherzato. Si sente piuttosto bene. Quando
la metro arriva scende con la sua proverbiale flemma e cerca con lo
sguardo Giacomo, detto Numa, il suo migliore amico. Numa è
appoggiato al cancello della scuola e si guarda in giro con fare
spavaldo, pronto ad entrare alla seconda ora, come spesso capita.
Appena vede Livio salta in piedi
-Oi! Solito anticipo…-
-Rompi poco, eh? Ho perso la metro-
-Cazzo! Grande novità…hai mai pensato di provare il
brivido del nuovo arrivando, che so?, in orario? Non dico sempre, ma
magari una volta, senza impegno…-
-Numa! Non c’ho voglia di ascoltarti, tappati la fogna-
Livio tira fuori il libretto, si firma la giustificazione ed entra in
classe. La Moranti, quella di latino, lo aspetta con
un’espressione spazientita sulla faccia
-Farnese, credevo non si presentasse più…-
-E invece sono qui…vede com’è bella la vita?-
-Prima mi parli di Plauto e poi decidiamo se la vita è davvero così bella come la dipinge lei-
Livio si sottopone con calma all’interrogazione insieme a
Daniele, onnisapiente, e a Numa, che non sa assolutamente nulla. Lui si
prende un sette tirato, Daniele il solito nove e mezzo e Numa un
altrettanto solito dal tre al quattro. Nessuna novità. La
novità è che la Moranti, poliedrica coordinatrice di
classe, l’ha scelto per andare a presentare la sua scuola di
fronte ai ragazzini delle medie, cercando di convincere qualcuno a
iscriversi
-Farnese, non creda che l’abbia scelta per il suo irresistibile charme-
-Ah, no?- un paio di ragazze ridacchiano. Che sia bello non è certo un mistero.
-No. Direi di no. Cerchi di prepararsi un discorso sensato-
-Sul genere: venite allo scientifico, sono tutti dei geniacci come me?-
-Allora meglio siamo messi male- fa Numa –senza offesa-
-Potevo mandare anche lei alle medie, Delle Grazie, così
l’anno prossimo restavamo senza iscritti e invece che fare
lezione andavamo a farci le lampade tutti insieme-
-Grande prof! Se vuole entro subito in azione…-
-Se non si zittisce subito, Delle Grazie, entro in azione io. Posso
procurarle un biglietto di sola andata per la presidenza. Pensa che le
possa interessare?-
Ricreazione. Elettra è appollaiata sul termoconvettore con le
M&M’s, alias Mara e Manuela, le sue circa-migliori amiche.
Mara ha addosso una specie di camicione floreale e da due giorni ha una
frangetta con delle assurde meches color carota che non si intonano per
nulla ai suoi capelli castano scuro, mentre Manuela indossa un paio di
psichedelici pantaloni della tuta giallo evidenziatore e una maglietta
aderente che sponsorizza una scuola di danza. Come sempre Manu
pontifica sul suo fidanzato JonB, un sudamericano invasato
dell’hip-hop, ma stavolta a metà del discorso Mara la
blocca
-Credo di essermi innamorata-
Elettra si soffoca col cappuccino e Manu, per una volta, sta zitta
-L’ho visto una settimana fa sotto la torre Velasca. È una
meraviglia! Altro, slanciato, biondo, di classe. È bello da
togliere il fiato-
Elettra scoppia a ridere
-E naturalmente non sai nemmeno come si chiama- Mara è quel
genere di ragazza che vede uno carino per la strada e crede di esserne
perdutamente innamorata, salvo poi cambiare soggetto nel giro di
qualche giorno.
-Lo scoprirò, non ne dubitare!-
Manu le lancia un’occhiata dubbiosa
-Ne sei certa?-
-Faremo ricerche-
-Intanto comincia col cercare cosa dire ai bambini delle medie oggi pomeriggio. Che palle…- fa Elettra
-Garbato, nella vita bisogna soffrire- sentenzia la Ariani, la prof di scienze, entrando in classe
-Sì, e devo soffrire pure io- si lamenta Mara
-Credo che sopravvivrete entrambe. E poi è una bella occasione per mettere in buona luce la scuola, no?-
-Una bella occasione per mentire, insomma-
Mara ed Elettra varcano la soglia della scuola media leggermente
a disagio. Una donna corpulenta si avvicina a loro e le fa accomodare
in un’aula dove ci sono altri tre ragazzi
-Adesso stanno parlando i rappresentanti degli Istituti Tecnici, a voi toccherà fra breve- spiega la donna uscendo.
Quando ha richiuso la porta Mara ed Elettra si guardano in giro: un
ragazzo e una ragazza di fronte a loro parlano fitto fitto, mentre il
terzo è di spalle, leggermente in disparte. Elettra non ci bada
più di tanto, ma Mara si illumina
-È lui! È lui!- le sussurra concitata –Il ragazzo che ti dicevo!-
Elettra lo guarda. Le sembra di riconoscerlo, ma non saprebbe dire chi è.
-Se sei davvero così persa per quello, salutalo e presentati!-
-Nononononono…puoi parlargli tu???-
Elettra annuisce un po’ contrariata e si avvicina al ragazzo.
Quel giubbotto l’ha già visto…ma dove? Batte
leggermente sulla spalla del tipo e lui si gira. Ah, ecco dove
l’ha visto quel giubbotto.
-Livio…-sussurra
-Elettra!- grida lui –Come stai?-
-Insomma…cioè- afferra Mara per il gomito –lei è la mia amica Mara-
Livio la guarda senza capire
-Ciao Mara- balbetta
Mara si scioglie e resta a fissarlo senza replicare. I secondi passano
e nessuno parla. Da quando lui è senza parole? Da quando Elettra
non sa cosa dire? I due continuano a fissarsi, si stanno perdendo. Mara
cerca di sorridere.
-Vi conoscete?-
Elettra esibisce un’espressione di costruita calma serafica
-Diciamo di sì-
Livio si rilassa e da la mano a Mara
-Livio Farnese- sfodera il suo miglior sorriso vincente
-Eeeeeeeeh…Mara Andreotti…-
Si gira verso Elettra in cerca di aiuto, ma l’amica scoppia a
ridere e fa segno di no con la testa. Mara respira rumorosamente,
biascicando qualche suono indistinto. Poi si accascia sulla sedia, si
abbandona totalmente e fa
-Per oggi ho dato abbastanza, adesso parlate voi-
SPAZIO DELL’AUTRICE:
perdonate questo terzo capitolo piuttosto bruttino e insignificante, ma
mi serviva per preparare l’ambiente e i personaggi al capitolo
successivo (già scritto, devo solo postarlo…), che
sarà decisamente migliore e piuttosto importante per la
vicenda…
Ringrazio con tutto il cuore le 90 persone (quante! O_O) che hanno
letto, KIBY che mi ha messo fra i preferiti, ma soprattutto NARUTO89,
che ha recensito: graziegraziegrazie per la miriade di complimenti (mi
fai arrossire!)…non sai quanto piacere mi faccia che un ragazzo,
non amante del romantico, legga la mia storia e che riesca non solo ad
apprezzarla, ma anche a lodarla…non temere, Andrea non
avrà un ruolo marginale, pian piano si farà valere come
buon fratello (nonostante la pigrizia congenita!)…
Bacioni a tutti,
Checie
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
Occhiblu4
Livio sta pontificando su quanto il laboratorio di informatica sia
tecnologicamente all’avanguardia, servendosi di termini desueti,
paroloni incomprensibili che impressionano gli ascoltatori. Osserva la
stanza: sulla destra un gruppetto di ragazzette truccatissime
sussurrano commenti su di lui, dei maschi annoiati si passano una
pallina di carta stagnola e una bambina minuscola lo fissa apertamente
con gli occhi sgranati. Livio le sorride. Avverte al suo fianco la
presenza dei due rappresentanti del Classico e, alla sua sinistra,
quella di Elettra, attenta e vivace, e di Mara, persa a pensarlo.
Quando ha finito di parlare si risiede e passa il microfono ad Elettra,
che si erge in tutta la sua altezza e comincia a parlare con voce
squillante dell’importanza dello studio delle lingue straniere.
Livio si ritrova ad osservarla con interesse, apprezzando i suoi gesti
ampi, il suo dondolarsi mentre parla, gli occhi che guizzano da una
parte all’altra della stanza, attratti da particolari sempre
nuovi. Elettra è da sempre una grande oratrice, parla con
convinzione e determinazione, trasuda sicurezza da ogni poro, fissa i
suoi ascoltatori uno per uno come se volesse perforarli. Mara non
spiccica quasi parola, si inserisce nel discorso solo per fare piccole
precisazioni. La sua amica è come un fiume in piena: parla di
argomenti tutto sommato poco interessanti, ma in qualche modo
affascina. A Livio non sono mai piaciute le ragazze che parlano tanto,
potrebbero essere più argute di lui e non vuole rischiare di
essere in svantaggio. Ecco perché con Claudia è stato
spesso un disastro, perché lei è acuta, decisa e non ha
paura di dire ciò che pensa. Oltre ad essere bella è
anche straordinariamente intelligente, e Livio è disorientato da
tutto ciò. Più vede Elettra, più si convince che
anche lei abbia un cervello assurdamente capace e questo lo fa
sorridere. È vero, le ragazze stupide sono facili di trattare e
lo fanno sentire superiore, ma non c’è possibilità
di scambio, non c’è confronto. E il confronto lo attira e
lo spaventa in egual misura. Quando Elettra tace anche i suoi pensieri
si fermano. Lei fa un piccolo inchino con la testa e passa la parola ad
un ragazzo altissimo e brufoloso che mastica un chewing-gum. Si accorge
che Livio la sta guardando e arrossisce un po’. Sprofonda nel suo
maglione blu e si mordicchia il colletto, pensierosa. I suoi occhi
fissano il ragazzo che sta parlando, ma in realtà la sua mente
non potrebbe essere più lontana.
Elettra non è abituata ad essere guardata. Non è il tipo
che attira gli sguardi, crede lei, anche se la verità è
leggermente diversa. Gli occhi blu-verdi di Livio la trapassano da
parte a parte, la scavano dentro e lei si sente bene. Un po’
intimidita, lo deve ammettere, ma felice. Afferra un bicchiere di
plastica e una bottiglia d’acqua dal tavolo di fronte a lei.
Manda giù la caramella all’orzo che ha in bocca e beve tre
bicchieri d’acqua di fila, senza capire se lo fa perché ha
blaterato per mezz’ora o perché è nervosa e ha
bisogno di darsi uno scopo, di una scusa per muoversi un po’.
Poco dopo il tipo smette di parlare, una professoressa li ringrazia e
loro escono in cortile. Ferma davanti al portone c’è una
ragazza con due meravigliosi occhi color nocciola da cerbiatta, i
lunghi capelli mossi raccolti in un morbido nodo alla base della
testa. Elettra non ha dubbi: quella è Claudia. Scorge il
viso di Livio illuminarsi mentre si avvicina a lei. I due si scambiano
un bacio veloce. Claudia fa per andare, ma Livio la ferma dicendo
-Credo che dovresti conoscere Elettra-
La ragazza in questione impietrisce, mentre Mara la guarda incuriosita.
Claudia alza gli occhi su Elettra e le rivolge un ampio sorriso. Livio
fa le presentazioni del caso, senza smettere di guardare la sua
ragazza, completamente rapito da lei. Elettra, involontariamente,
stringe in mano il ciondolo che tiene sempre in tasca, sentendosi
fastidiosamente sconfortata. Ma che ci fa lei lì? Che legame ha
con loro? Perché mai a Claudia dovrebbe interessare di lei? Si
rende conto che sta lentamente retrocedendo. Quello che non vede
è che il suo viso sta assumendo un’espressione sofferente
piuttosto palese. Con una scusa banale Livio e Claudia si allontanano,
anche se lui continua a lanciare ad Elettra sguardi confusi e dubbiosi.
Mara sale in macchina con suo padre ed Elettra si ritrova completamente
sola. È un tema piuttosto ricorrente nella sua vita. È
sempre stata leggermente agorafobica, spietata con i difetti suoi ed
altrui, a tratti intollerante. Misantropa. Va al cinema da sola, alle
feste da sola, al ristorante da sola, a fare spese da sola. Mara e
Manuela sono un simpatico diversivo, ma non le hanno mai dato quello di
cui ha davvero bisogno. Quello che le serve sta negli occhi di Livio, o
almeno questo le è sembrato, e per una volta non sente la
solitudine come una mancanza, ma come uno stato in cui lei, vile, ha
scelto di vivere per non dover soffrire troppo. Così,
però, si sta perdendo tutto. Tutto quanto. Decide che non ne
può più. Così, d’impulso, abbandona tutto e
comincia a correre lungo la strada, oltre la scuola. Brucia uno stop,
manca due semafori e inciampa su un quadretto di porfido divelto, ma
non si ferma. Lascia che le gambe vadano, lei non le fermerà di
certo. In mezzo alle macchine, fra i passanti, Elettra corre. Corre
come se non sapesse fare altro. Corre perché quello è il
suo scopo. Corre per non sentire il rumore del suo cuore. Corre
perché non è sicura di voler amare. Corre perché,
però, stavolta si è innamorata. Non di Livio, no, ma di
sé stessa. Quella sé stessa che teneva nascosta con cura
perigliosa. Correndo si è liberata. Con la corsa ha compiuto un
miracolo. Un piccolo miracolo personale. L’unico che sentiva
davvero suo.
Claudia parla, parla, parla. Ecco perché non gli piacciono le
ragazze che aprono troppo la bocca. Dopo un quarto d’ora è
già stufo, va oltre la sua sopportazione. Claudia non sta zitta
un attimo, gli fa milioni di domande su Elettra, sul perché si
è comportata così. Come se Livio lo sapesse. Continua a
pensarci, a pensarla, e non trova una risposta. Vorrebbe chiamarla, ma
non sa il suo numero. L’unica cosa che sa è il suo
indirizzo. Liquida Claudia il più rapidamente possibile,
irritandola all’inverosimile, sale su un tram ed arriva sotto
casa di Elettra. Ci sono tre campanelli e Livio non sa quale suonare,
così decide di provarli tutti. Al primo non risponde nessuno, al
secondo una voce conosciuta fa
-Chi è?-
-Ciao Andrea, sono Livio…sai, quello che tua sorella ha fatto
salire un paio di giorni fa…c’è Elettra?-
-Sì, vieni-
Livio corre per le scale. Quando Andrea gli apre la porta comincia a
sentirsi un tantino nervoso. In salotto c’è una signora
sulla cinquantina che compila dei moduli con aria svagata, la stessa
della figlia. La donna non si accorge nemmeno che Livio è
entrato ed Andrea non fa piega. Attraversano un lungo corridoio, il
fratello apre l’ultima porta in fondo senza bussare e se ne va
subito. Livio entra. Lei è seduta dentro la cabina armadio che
smista i vestiti. Lo saluta con la mano e gli fa vedere una gonna
gialla di seta lucida
-La tengo questa?- e poi aggiunge senza aspettare risposta –No,
è proprio brutta…saresti così gentile da passarmi
quel sacchetto blu?-
Livio esegue l’ordine leggermente sconcertato.
-Volevo accertarmi che tu stessi bene. Stamattina, insomma…-
Elettra appoggia delicatamente il sacchetto per terra
-Mi sentivo un po’ a disagio- ammette con sincerità
-Per Claudia?-
Elettra cerca lo sguardo di Livio
-Non era un posto per me-
Lui non risponde, al che lei gli fa segno di sedersi al suo fianco.
Livio toglie di mezzo una pila di magliette e prende posto. Elettra gli
da un timido bacio sulla guancia
-Non è poi così male il mondo, se sei dentro una cabina armadio-
SPAZIO MIO:
posto alla velocità della luce questo capitolo, devo uscire e
non ho assolutamente il tempo di ringraziarvi tutti, ma consideratelo
fatto!
Bacioni,
Checie
|
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Capitolo 5 *** Capitolo V ***
Occhiblu5
Elettra cerca di fare mente locale. È stata quasi mezz’ora
nella cabina armadio con Livio. Scoppia a ridere. Nella cabina armadio.
Si fa la treccia ed indossa un cerchietto verde scuro. Si guarda allo
specchio sorpresa: gli occhi brillano di luce abbagliante e sorride
davvero. La ragazza oltre lo specchio non è lei. O forse
sì. Scende in cucina, agguanta velocemente un sacchetto di
biscotti e vola fuori dalla porta. Sono le 7:45 e, appoggiato al
muretto, in anticipo per la prima volta nella sua vita,
c’è Livio. Elettra si illumina
-Non sapevo se avresti perso la metro anche stamattina- comincia lui
La ragazza gli passa il sacchetto di biscotti
-Vuoi?-
Lui divora metà del contenuto in un secondo
-Buoni, comunque…-
Elettra scoppia a ridere e non riesce più a fermarsi. Stringe a
sé quel ragazzo che le piace così tanto e lui risponde
alla sua stretta. Livio è abbastanza confuso, oltre che felice
oltre misura, ma di questo non si rende conto. Ci sono così
tante cose di cui non si rende conto, chissà se ha voglia di
sentirsele dire da Elettra. La sua mente corre a Claudia. Per stare con
lei serve così tanta concentrazione, deve sempre sforzarsi di
mostrare il lato migliore di sé, si sente costantemente
esaminato, ha paura di esser felice. Elettra è…non lo sa
nemmeno lui cos’è, è completamente diversa da
qualunque altra persona nella sua vita. Sta troppo bene. Troppo.
Elettra cammina con passo spedito, brilla, fatta di mille gocce di
diamante. Finisce tutto il sacchetto di biscotti e regala
l’involto ad un Livio divertito e costernato. Canticchia
sottovoce una canzone “Nacque così,un giorno, tra noi
l’amore…apri la porta se lo sentirai bussare”. Livio
non afferra le parole, ma crede di capirle lo stesso.
Arrivano davanti alla scuola di Elettra. Si separano, Livio
d’impulso stampa un bacio all’angolo della bocca di Elettra
e se ne va, rigirandosi fra le mani il sacchetto vuoto.
Elettra resta interdetta, immobile per qualche secondo, poi il suo
cervello comincia a stralavorare, va a 200 all’ora e lei non
riesce a fermarlo. Pensa troppo, con ancora in corpo la sensazione di
quel casto bacio. Si scuote, tira un sospiro. Sorride con aria
convincente. Ecco, è di nuovo padrona di se stessa. Aaaah. Oh
no, merda. Padrona un cavolo. Oddio. Sta perdendo il controllo. Sta
pensando a Livio. Si sta innamorando. No. No. Assolutamente no.
Perché mai? È solo una ragazzina esaltata, imbottita di
strane illusioni. È la giornata, ha dormito poco. È
l’umore. È la sindrome premestruale. Qualcosa
dev’essere. Non può essere amore. Si rifiuta
categoricamente di accettarlo. Si avvia con passo deciso verso il
portone, lo apre con un gesto controllatissimo, sorride serena,
compunta e cordiale a professori e bidelli. Cerca di comportarsi come
si comporta di solito. Simula. Le sembra di svenire, ma mette a tacere
il suo cuore e passa le successive sei ore a cercare di convincersi che
è tutto come sempre e che non è cambiato niente. Come no.
Ma come gli è saltato in testa di fare lo scemo con Elettra?
Andarla a prendere a casa, baciarla? Si è bevuto il cervello.
Tutto, fino all’ultimo goccio. Dio, che imbecille che è.
Cerca di concentrarsi su altro. Su Italo Svevo, per esempio. Che dice?
Non se lo ricorda più. Che ha fatto nella vita? Scriveva, no?
Numa lo riscuote
-Livio, che hai stamattina?-
-Niente-
-A proposito, com’è che sei in orario?-
-Così-
-Senti, stasera c’è un non-so-bene-cosa non-so-bene-dove…vieni?-
-Forse-
-Quando ti svegli mi mandi una fax, ok? Io vado a vivere la mia vita-
Livio non fa una piega, è come sotto ipnosi. A dirla tutta gli
viene leggermente vomitare, ma cerca di non pensarci. Più in
generale, cerca di non pensare. È il massimo che può
chiedere a se stesso.
All’uscita Elettra si è messa in pace con se stessa. Lei
ama Livio. Fine della storia. Non suona male, se la mette così.
Livio sta con Claudia. Ecco, quello la tormenta un po’ di
più. Però è felice. Un po’ stupidamente,
forse, ma non le importa. Non stavolta. Vuole andare
all’autolavaggio. Le piacciono quei macchinari, le spazzole
giganti e colorate, l’acqua ovunque. Seleziona il miglior
programma del distributore automatico, dodici euro con bonus di cera e
detergente chimico, e si infila lei nel tunnel. La macchina non ce
l’ha. Si fa lavare, risciacquare ed asciugare, completamente
vestita, alle due di un ventoso pomeriggio di marzo. Non è
pazza. Non lo è assolutamente. Non lo è mai stata.
È solo innamorata e questo la rende del tutto imprevedibile.
Mentre Elettra si riprende passa Claudia. Non la riconosce subito, ma
poi si rende conto che quella ragazza fradicia non può essere
altri che Elettra. Si trattiene dal ridere
-Va tutto bene?-
Elettra non risponde, le passa di fianco con passo spedito, ancora grondante d’acqua
-Scusa Claudia- “Per essermi innamorata del tuo ragazzo” aggiunge mentalmente
Claudia sgrana gli occhi. Non vuole sapere altro, così si avvia
nella direzione opposta, come fa sempre quando c’è
qualcosa che non capisce o a cui finge di non essere interessata.
Quando Andrea apre la porta alla sorella fa un mezzo colpo
-Elettra! Che ti è successo?-
-Sono andata all’autolavaggio-
-Msì…-
Andrea spinge delicatamente Elettra fin nella sua stanza, la iuta ad
asciugarsi, a cambiarsi, come farebbe con una bambina piccola e un
po’ maldestra.
-Ele, che ti prende?-
-Mi sono innamorata-
-Di un benzinaio? Del lavamacchine?-
-Di Livio-
-Il biondo?-
-Sì-
-Ma lui non sta con un’altra?-
-Già. È meglio se me o levo dalla testa. È da pazzi.-
-Cercavi di lavare via l’amore per lui?-
-Non si può lavare via l’amore, Elettra. Nemmeno con l’autolavaggio-
A Livio no piacerebbero le cose confuse, in sospeso, se non fosse
troppo vigliacco per sistemarle. In teoria si dovrebbe star divertendo
come un matto, la realtà è leggermente diversa: ha
accettato di andare al non-so-bene-cosa non-so-bene-dove (una festa di
compleanno dalle parti di corso Magenta) e ci ha pure portato Claudia.
La musica di pessimo gusto lo irrita oltremodo, così lascia
Claudia e va in terrazzo, cercando di allontanarsi dalla folla e dal
rumore. Si siede su una poltroncina di vimini, stende le gambe e
sospira. Guarda a destra e a sinistra. Il suo sguardo indugia su una
ragazza avvolta in una nube di fumo, appollaiaa sul balcone. Poi la
osserva con più attenzione e capisce che è Elettra.
Istintivamente la chiama e le sorride, maledicendosi un secondo dopo.
Ha preso la sua decisione riguardo a lei. Lei salta giù dal
balcone e lo raggiunge a passo svelto, con aria sognante. Dopo qualche
convenevole di rito, Elettra si avvicina a Livio e fa per prendergli la
mano con tenerezza. Lui si scosta
-Non so cosa puoi pensare, però no. Io sto bene così, tu
stai bene così e basta. Non c’è altro. Meglio se
entro-
Esita un attimo, come se dovesse aggiungere qualcosa, poi però
lascia perdere. Elettra lancia la sigaretta giù dal balcone,
pensando che in fin dei conti potrebbe anche andare a farle compagnia.
Non farebbe poi tutta sta gran differenza. Sbircia dentro e vede Livio
ballare con Claudia, annoiato, distratto e bellissimo. Lei proprio non
lo capisce. Non dovrebbe essere felice? Ha liquidato la cretina di
turno e può tornare a godersi la vita. Dov’è il
problema? Dubita che lui si stia dispiacendo del male che le ha fatto,
probabilmente nemmeno si è accorto di averla ferita. Uno che
prima si comporta in un modo e poi lo rinnega tanto sensibile non
può esserlo. Sfiora con leggerezza il corrimano del balcone, poi
lo stringe con più forza. Le verrebbe da piangere, ma non lo fa,
cerca di auto conservarsi. Lo ha sempre fatto, sempre lo farà.
Misura a grandi passi il pavimento, cerca di perdersi nel complesso
decoro geometrico delle piastrelle. Non ci riesce. Si appoggia alla
parte e scruta il cielo, rimpiangendo di non avere mai studiato le
costellazioni. Livio esce di nuovo r si mette a guardarla. Elettra
continua a fissare il cielo con ostinazione. Livio segue il suo sguardo
ed osserva pensieroso la stessa stella. Elettra si apre in un sorriso
dolorosissimo
-In una notte bella come questa ricordami di spiegarti perché mi sono innamorata di te-
Livio si irrigidisce all’istante, spaventato da quello che potrebbe sentire. Imbocca la porta con decisione
-Non sono sicuro di volerlo sapere-
SPAZIO MIO:
Lo so, pensavate che avessi abbandonato del tutto questa storia e
invece….con un po’ più di tempo a disposizione sono
tornata, con dei risvolti piuttosto corposi…cosa ne pensate?
Fatemi sapere….Mi scuso per non poter ringraziare tutti
singolarmente ma non ho davvero il tempo, sappiate che mi fate un
piacere immenso, tutti quanti…GRAZIE!
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Capitolo 6 *** Capitolo VI ***
Occhiblu6
Elettra inspira. Espira. Aria. Vita. Non sono sicuro di volerlo sapere.
Si mette a sedere sul balcone, poi si alza, si risiede, cammina, guarda
lontano, osserva il suo riflesso nella portafinestra cromata. Non
c’è più gioia, ne il lucore dei suoi occhi, il suo
viso sembra alabastro, marmo finissimo, duro e senza vita. Pesante. Non
sono sicuro di volerlo sapere.
Si infila nella sala ancora gremita di gente, lei non la vede, con la
musica a palla, lei non la sente, Livio che la osserva gelido, lei non
lo sfiora. Non si ricorda più se il mondo è fatto di
qualcosa, la cosa non la riguarda. Non più. Non sono sicuro di
volerlo sapere.
Cerca una qualunque valvola di sfogo, prova a correre per la strada, a
guardarsi intorno, cerca un appiglio qualunque, ma non riesce a pensare
a nulla. Cammina piano, muovendosi per inerzia, dimenticando di poter
controllare i suoi arti. Le servirebbe qualcuno. Andrea. Deve trovare
la forza di andare a casa. Forse ce la può fare. Chissà.
Non sono sicuro di volerlo sapere.
Una volta giunta nella sua stanza abbandona ogni minima forma di decoro
e scoppia a piangere. Piange senza bloccare i singhiozzi, senza
trattenere nulla, senza preoccuparsi del rumore fa, indifferente e
legatissima, incatenata al fumo, in compagnia del nulla, intrappolata
in una nebbia durissima. Andrea non può ignorare il pianto della
sorella e la raggiunge. Si siede al suo fianco e le accarezza
leggermente la testa, piano, con amore e pazienza. Lentamente Elettra
si placa, fino a calmarsi del tutto. Andrea la stringe a sé
dolcemente, la culla per un po’, incurante del tempo che passa. A
poco a poco la ragazza comincia a sentire una stanchezza pesantissima
che la avvolge, una sonnolenza irresistibile che la prende, e cade
addormentata fra le braccia del fratello. Andrea non si sposta di un
centimetro per tutta la notte, veglia su di lei pur non sapendo cosa le
passa per la testa, la osserva a lungo, così bella nel suo
vestito azzurrino stretto in vita da un fiocco bianco, delicato e
leggero ma allo stesso tempo appariscente, proprio come lei. Verso
mattina Elettra apre gli occhi e per un istante brevissimo sembra
quella di qualche giorno prima, ma basta un momento e tutto le torna in
mente, vividissimo e doloroso. Si stupisce di trovare Andrea ancora
lì con lei e cerca di sorridergli, riuscendo solo a stiracchiare
la bocca in una smorfia grottesca
-Un giorno, non so ne come ne quando, ma smetterai di stare male. Finirà-
-Ma se non ti ho nemmeno detto cos’è che ho…-
-Non c’è bisogno di una domanda per dare una risposta-
Dopo è semplicemente dopo. Non è triste, non è
felice. È un nulla assoluto. Fa quello cha fa di solito, va a
scuola, sta con le sue amiche, va alle feste, va al cinema, fa spese,
aiuta sua madre nelle faccende domestiche, parla con suo padre. Solo
Andrea riesce a vedere oltre la serie di gesti meccanici che sua
sorella compie quotidianamente, apparentemente di ottimo umore. Come
già detto, è una gran simulatrice e non smetterà
di esserlo nemmeno in questo caso.
Livio lascia Claudia. Mette una pietra sopra a lei, per poi lanciarsi
in un’altra storia lampo che non dura nemmeno un mese. Cerca
un’alternativa a qualcosa che non riesce ad identificare, si
concentra su altro, scappa da se stesso. Non frequenta più Numa
ne nessun altro dei suoi soliti amici, le poche volte che esce in
compagnia si isola e parla poco, sempre di pessimo umore. Lui ed
Elettra si incrociano ogni tanto, ma hanno talmente tanto da dirsi che
non aprono bocca e si limitano a fingere di non conoscersi. Gli occhi
di Livio si sono ghiacciati, cristallizzati nella loro insensata
freddezza e non riescono più a riflettere il mare di emozioni
che affollano la mente ed il cuore del ragazzo. Elettra erige un muro
invalicabile, cercando di proteggere il suo dolore dalle minacce
esterne, racconta a tutti di essersi fidanzata con un suo amico che
abita lontano ed inventa mille momenti felici con lui, bugie su bugie
che la fanno stare sempre più male, che la straziano e la
rendono squallida ai suoi stessi occhi. Ognuno cementato nel suo
dolore, nei suoi errori, cocciuto e testardo come non mai, incapace di
intendere e di volere, vigliacco.
La verità è che Livio non vuole sapere nulla
dell’amore di Elettra, lui non apre la porta ai veri sentimenti,
non li capisce e li disprezza, pur non volendolo. Non ha mai amato e
fugge da ogni occasione di aprire il suo cuore a qualcosa di vero.
Niente fa eccezione. Ogni tanto si prende una sbandata, una cotta, ma
non si innamora mai. Come potrebbe sostenere Elettra, che è
sempre innamorata, che si immerge con violenza nei suoi sentimenti e
non si chiede mai se sono giusti? Da che parte si incontrano due
persone, una che non sa amare ma finge di farlo continuamente, ed una
che ama disperatamente ma non smette di nasconderlo? Da nessuna parte,
ecco la risposta. Mai. In nessun luogo. Per nessun motivo. Ecco come si
sono persi Livio ed Elettra. Ma lei non ha rinunciato, non ha spento
ciò che prova, lo tiene in serbo per il futuro, non importa
quanto lontano sia, o quanto Livio si opponga. Andrea può dire
quello che vuole, ma il giorno in cui smetterà di sentirsi
straziata al solo sentire pronunciare il suo nome è molto, molto
lontano. La data è scritta sul dorso di un foglio che non vuole
girare, sul fondo di una cassa che non vuole aprire, nelle fibre del
suo cuore che non vuole spezzare. Sta lacerando il suo cervello alla
ricerca di una soluzione, ben sapendo che in realtà non la vuole
trovare. Cerca di rimandare il momento in cui dovrà accettare
che tutto quello che desiderava l’ha calpestata e che non
c’è altro modo di star bene che dimenticare. Non vuole
dirlo, ne tantomeno sentirselo dire. Rifiuta la verità
perché sa, e in questo ha ragione, che non è ancora detta
l’ultima parola. E questo dipende solo da lei.
SPAZIO MIO:
capitolo lampo sul post-discussione sul terrazzo. Un po’ di sano
dolore senza scampo, che però non ha sepolto possibili svolte
nella storia…aspetto recensioni, sia favorevoli che
non…fatevi sentire!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo VII ***
occhiblu7
Ogni tanto Elettra si prende dei momenti per sé. Piccole pause
in cui lascia correre i suoi pensieri, alla ricerca di chissà
quale verità, li seziona e li sventra con la perfezione
scientifica che le si addice. Sono passati mesi dall’ultima volta
che ha davvero visto Livio, che ha parlato con lui. Naturalmente
continua ad essere informata su quello che fa, sulla piega squallida
che sta dando ai suoi sentimenti, sulla sua impossibilità di
costruire rapporti seri e reali. In un certo senso crede di essersi
salvata, salvata dalla menzogna, salvata dalla sua stessa chiusura.
Quello che sa è che da quando Livio non c’è
più lei è di nuovo se stessa. In pace, con un sorriso
dolce, ogni tanto riesce persino ad abbandonarsi, anche se non è
proprio sicura di avere voglia di innamorarsi, a breve. Ha combinato
qualche piccolo pasticcio nella sua routine quotidiana, non si è
scontrata ancora con nulla della portata di Livio. Ogni tanto si
concede lo sfizio di pensare che la sua condizione migliore sia la
solitudine, ma poi capisce che non è quello che fa per lei,
anche se al momento è l’unico stato in cui riesce ad
essere felice. È tentata di cercare Livio, di dirgli cosa le
passa davvero per la testa, di spogliare la sua anima davanti ai suoi
occhi verdi, però sa che il ragazzo che si troverebbe di fronte
non sarebbe la sua idea di Livio, ma il vero Livio, quello che
l’ha rifiutata, dimenticata e, in un senso molto lato e sottile,
insultata. Sa di non aver nulla da perdere di fronte a lui, sa
perfettamente di essersi rafforzata e di essere in evidente vantaggio
– chissà quale – rispetto a lui, ma qualcosa la
frena. Sente che sarebbe inutile. Ha ragione.
Andrea sta guardando la televisione, accesa su una rete pubblica, che
trasmette uno scadente varietà del sabato sera. Si stiracchia,
sbadiglia, si alza. Va in cucina e si versa un bicchiere di latte, ci
mette dentro i cereali di sua sorella e rimesta nel latte con un
cucchiaino da te. Senso orario, antiorario, di nuovo orario. Elettra
non è l’unica metodica della famiglia. Apre la porta della
terrazza ed esce, indugiando un attimo sulla soglia. Il cielo è
di un blu intensissimo, stelle purtroppo pochissime, cancellate
dall’illuminazione elettrica. Ricorda una sera, al mare, in cui
Venere era grande come una capocchia di spillo e brillava in maniera
sorprendente. Ora nemmeno si vede. Ne sa qualcosa di luci oscurate
dall’ingegno umano. Il riassunto di una vita passata
nell’ombra di innumerevoli persone, dei suoi amici,
dell’unica ragazza che abbia mai amato, della sua famiglia.
Andrea è un ragazzo brillante, ma è atipico. Diverso.
Diverso in un senso talmente bello che spesso spaventa. Sospira. Non
gli importa la popolarità, il consenso di tutti, l’amore
universale. Si accontenta di poco. Un ragazzo sentimentale deve
abituarsi ad abbassare le pretese. Si appoggia stancamente alla
ringhiera. Non è mai stato un granché come maschio: poco
calcio, lotta zero, tante parole e grandi emozioni che affioravano di
continuo, impetuose ed impietose. Quel poco che sa di sua sorella
l’ha sempre indotto a pensare che lei, con il suo freddo
raziocino,sarebbe stata un ragazzo molto migliore di lui, così
poco padrone di se stesso. Si stira il collo, muove le gambe avvolte
nella tuta grigia, allunga tutti quei muscoli che lo rendono atletico
senza un reale motivo. Quando si gira vede dietro di sé,
appoggiata allo stipite della porta, la figura smilza di Elettra. Lei
lo guarda per un attimo, poi gli prende il bicchiere dalla mano e beve
un lungo sorso
-Sei triste- esordisce con sicurezza
-Non più del solito-
-Ma abbastanza da rifugiarti sul balcone, bere del latte e dirti che non hai niente-
- È vero che non ho niente- cerca di difendersi blandamente
-Andrea, è da quando ho ricordi di te che hai qualcosa. Sempre-
Il ragazzo si riprende il bicchiere e finisce di bere quel che è
rimasto. L’ha sempre stupito il fatto che sua sorella non faccia
quasi mai domande, ma si limiti per lo più ad affermare idee e
concetti. Lui di domande se ne fa fin troppe, e tutte dannose,
terribilmente dolorose.
-Qui dentro l’uomo sei tu-
-Io? Andrea, io non posso esserlo. Io ho il cervello annodato, la mente
che vaga e non riesco a prendere davvero delle decisioni…sono
tutto tranne che un uomo-
-Sicuramente lo sei più di me-
-Tu sei un uomo. Sei sensibile, dolce e sempre nuvoloso. Ma sei un
uomo. Ci sono ragazze manesche ed indelicate, e ci sono ragazzi
poetici. Non è necessariamente un problema-
Andrea non replica. Sua sorella non è lui e non lo è mai
stata. Come farle capire tutto questo? Non pensa che sia davvero
importante. Gli piace il suo formulare sentenze irrevocabili e
confortanti, decide di crederci. Che male c’è? Le si
avvicina e con dolcezza la abbraccia. La avvolge nelle sue larghe
spalle da uomo e versa sui suoi capelli una lacrima da ragazzino. Lui e
sua sorella hanno gli stessi occhi profondissimi, lui neri, lei blu,
sempre tempestosi ed inquieti. Non sa da dove vengono; il viso di sua
madre è inespressivo, quello di suo padre è bonario e
gentile. Non ci sono altri strati, doppie letture, possibilità
nascoste. Niente di niente. Gli manca per un attimo il respiro ed
Elettra si accorge che forse suo fratello sta peggio di quello che
vuole dare a vedere. Si gira verso di lui e gli accarezza piano il
viso, con le mani sente cose che non aveva mai visto prima: la mascella
squadrata e forte, il mento pronunciato ma non eccessivo, il naso
diritto e severo, la fronte spaziosa e liscia. Segue con delicatezza i
contorni del viso del fratello, gli sfiora le orecchie e sente sotto le
sue dita l’accenno della barba che comincia a crescere, delle
basette regolate con cura. Quello che tocca è il viso di un
uomo, di un uomo fatto, e questo un po’ la sorprende. Ha sempre
considerato Andrea dal punto di vista caratteriale, mai da quello
fisico, però è anche vero che ha quasi vent’anni e
il suo corpo è cambiato nel tempo. Sono lontani quei pomeriggi
in cui si rotolavano sul letto e si davano i bacini, mentre la loro
madre gli spiegava che i fratelli non si baciano, ma si abbracciano.
Lei proprio non lo voleva accettare di non poter baciare Andrea, gli
voleva bene più che a chiunque altro e quindi perché non
mostrargli il suo affetto? Le viene un po’ da ridere a ripensare
a cose accadute tempo prima, ma mentre osserva le labbra piene del
fratello il desiderio infantile di dargli un bacio ritorna in lei.
Scoppia a ridere. Andrea la squadra, perplesso
-Che hai?-
-Ti ricordi quando ci volevamo baciare e la mamma ci diceva che non
dovevamo? Tu l’hai sempre ascoltata, ma a me rimaneva la voglia
di trasgredire alla sua regola-
-Tu avevi sei anni, io nove. Era normale-
-Lo so, ma ricordando quei momenti mi era venuta l’ispirazione di baciarti adesso. Non so perché-
Andrea la squadra
-Adesso?-
-Sì, adesso. Ma non so perché mi sia venuta in mente un’idea del genere- ride ancora
Il fratello si sporge verso di lei e le stampa un bacio sulla guancia
-Questo è consentito-
Elettra sospira. È così ligio al dovere, in questo proprio non le assomiglia
-Un giorno o l’altro ti imbroglierò e ti bacerò sul
serio, contro il tuo volere- sorride ironicamente –Adesso
però torno a letto. Cerca di dormire anche tu, non vale la pena
stare male così per se stessi. Aspetta di avere un problema
concreto prima di perdere il sonno-
Scompare oltre la porta. Andrea rimane immobile un secondo, immaginando
la sorella ancora lì con lui. Gli piace pensare alla simbiosi
che hanno l’uno con l’altra, lui l’ha sempre
consigliata ed appoggiata, ma ora che è lui il debole lei non ha
rinunciato a dargli una mano. Vorrebbe poterla avere al suo fianco per
sempre, ma vede la vita di sua sorella molto più grande della
sua, lontana da un uomo statico e pensieroso. Si lascia scappare un
risolino: si vede già, vecchio scapolo sempre imbronciato,
andare a trovare la famiglia di Elettra, piena di figli e nipoti
chiassosi. La verità nelle sue mani è solo parziale. Se
sapesse come la sorella vede se stessa, se potesse davvero contare
tutte le spine che ci sono dentro di lei, forse cambierebbe idea. Se
Elettra sapesse tutta la verità su suo fratello avrebbe
immediatamente sfogato il suo desiderio di un bacio fraterno, seppure
incestuoso. Se ognuno di loro stendesse i suoi segreti su una tovaglia
potrebbero banchettare per mesi, anni, e mordere i loro dispiaceri,
inghiottendoli una volta per tutte. Quella sera è stato il
momento per insinuare il dubbio in ognuno di loro, per far venir loro
voglia di andare oltre, di scoprire qualcosa di più. È
stata la sera del non detto. Ma si dirà, si dirà tutto
quanto, prima o poi. Forse poi. Magari prima. Un giorno. Di sicuro.
Tutto.
SPAZIO MIO:
Dunque dunque…che dire? Stavolta ho sorprendentemente (nel senso
che il capitolo mi è venuto di getto in una sera in cui non mi
aspettavo assolutamente nulla) lasciato un attimo da parte il conflitto
interiore di Elettra per approfondire un po’ il personaggio di
Andrea, che io ho sempre amato in modo particolare. Devo ammettere che
la spinta è parzialmente venuta da un commento di Naruto89 che
mi disse che Andrea sarebbe fruttato molto, così ho deciso di
farlo sbocciare (e, come il fratello che lui stesso ha citato,
l’ho reso anche velatamente incestuoso). Questa è la mia
inconsapevole (per i motivi sopra detti) visione di Andrea, di un
ragazzo che però non è propriamente tale,
“nuvoloso”, come già scritto, attaccato alla sorella
in un modo particolarissimo. Questo “punto di vista Andrea”
mi è servito inoltre per mostrare come Elettra, vista da occhi
altrui, sia un persona completamente diversa, che riesce apparentemente
a rivestire il ruolo di “soggetto forte”, se messa a
confronto con i problemi del fratello, cosa che spero le dia
profondità ed ulteriori sfaccettature.
Ringrazio di cuore tutti coloro che leggono e che
recensiscono…lasciate commenti, mi raccomando, anche critiche,
mi aiuteranno a migliorarmi!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
Occhiblu8
Livio apre gli occhi di scatto. Ha fatto un brutto sogno, un sogno in
cui cercava di afferrare un capello dorato troppo sottile perfino per
essere visto. Non sa bene perché quel sogno ha inquietato,
comunque non si sente bene. Non a posto. Ancora più incasinato
del solito, se possibile. Si alza, va a sciacquarsi il viso e scende in
sala. Suo padre sta fissando con insistenza un punto imprecisato della
parete, a metà fra una brutta riproduzione di un Mirò e
il diploma di sua madre alla scuola per estetiste. Si torce le mani
febbrilmente, mentre il resto del corpo è irrealmente immobile,
congelato in una posizione apparentemente normalissima. No, non
è fuori di testa, non è pazzo, ne altro. È solo
tormentato dal senso di colpa, una colpa che non hai mai confessato e
che Livio non riesce ad immaginare. Una colpa abbastanza forte da
impedirgli di dormire la notte e costringerlo al tremore, solo
parziale. Non è la prima volta che lo vede così, anzi.
È una tacita abitudine. Livio non chiede, suo padre non
risponde. Tutto sommato la cosa funziona.
-Livio?-
-Dimmi papà-
-Come stai?-
-In che senso?-
-Ti senti bene?-
-Non lo so papà, ma che razza di domanda è?-
-Mi interessa la risposta-
-Beh sto bene-
-Non ci credo-
-…-
-Si vede che c’è qualcosa che ti tormenta, Livio. Si vede da lontano, si vede in tutto-
-Papà…-
-Io ti vedo Livio. Anche se non sembra, ti guardo. E non sono d’accordo con quello che fai, ti stai perdendo-
-Forse a me va bene così-
Suo padre nemmeno risponde, si limita a ricominciare a fissare il muro,
ma stavolta non trema più. Pensa a suo figlio, quel suo figlio
così ombroso, così nascosto, così indecifrabile e
solo, così simile a lui. Spera che non diventerà mai
padre, se gli somiglia davvero così tanto non ne sarà
capace. Che palle. Gli dispiace per Livio, non lo vorrebbe così,
ma in fondo, visto da dove proviene,non si sarebbe aspettato
nient’altro. Proprio niente di diverso.
-Numa secondo te sto male?-
-Beh, oddio ‘sti pantaloni fanno un po’ cagare, però
vabbé…la maglia non è proprio tanto brutta-
-Intendevo psicologicamente-
-Da quando in qua tu hai una psiche?-
-Lascia stare-
-Ma che ti sei incazzato?-
-No, Numa, no. Sul serio-
Da quando in qua tu hai una psiche? A questo punto anche Livio comincia
a chiederselo. Ha un’interiorità, una sfera emotiva che
vada oltre ai quattro sentimenti standard del resto delle persone?
Insomma, il suo cervello va da qualche parte? Non riesce a darsi una
risposta…non ci riesce proprio. Pensa. Pensa pensa.
Pensapensapensapensapensa. Chi può saperlo? Ah, giusto. Lei.
-Ciao. Sono Livio-
Lungo silenzio
-Livio- cinque lettere assaporate una ad una, come un torta magnifica
che non sapevi fosse lì per te, come un libro ritrovato che non
ricordavi fosse così bello.
-Sì…cioè…secondo te sto male?-
-Non saprei, è tanto che non ti vedo-
-Ma come mi trovavi di solito?-
-Criptico-
-Quindi per te io soffro…-
-Credo di sì, ma non deve essere poi così tremendo se nemmeno te ne accorgi-
-Magari sono assuefatto-
-Magari-
Lungo, estenuante silenzio. Entrambi respirano lentamente, contenendo l’emozione
-Senti, perché mi hai chiamata così, dal niente?-
-Non lo so, Elettra-
La sua voce non era sempre stata così musicale. Le sue parole
non erano mai state così misurate. Non era possibile che fosse
ancora lui, ancora Livio - chioma di grano - occhi blu verdi. Le
persone non cambiano voce in sei mesi. Sei mesi. Così tanto
tempo senza di lui. Così tanto tempo a dirsi che l’aveva
dimenticato. Scema, illusa e stupida. Se potesse si fionderebbe fuori
dalla porta a rincorrere il suo sogno, quello abbandonato su una
terrazza un paio di stagioni prima. Va in camera e rovista fra gli
abiti, con impazienza. Alla fine trova il suo vestito azzurrino, quello
della festa. Quanto tempo sprecato per cercare di essere più
bella. E quel bacio così puro, davanti al cancello della scuola.
E il suo sorriso alla fermata della metro. E tutto il resto. E Claudia?
Dov’è lei ora? Elettra si accascia sul letto. Dio, quanto
lo vorrebbe lì con lei. In un momento decide che se lo
andrà a prendere, chissenefrega di dov’è e di cosa
vuole. Ha abbastanza volontà per due. Compone in un attimo il
suo numero di telefono e si fa spiegare dove abita. Salta sul primo
tram e si precipita sotto casa sua. Appena allunga il dito per suonare
il campanello, la porta si apre e ne esce un ragazzo che Elettra non
può dimenticare di avere amato. È proprio lui,
invecchiato come solo un diciottenne con troppi sentimenti e troppe
poche parole può essere, forse un po’ più
trasandato. Ancora più bello di quello che si ricordava. Ma
capisce cosa intendeva quando le aveva chiesto se secondo lei lui stava
male. È vero che non va tutto bene. C’è
un’ombra poco rassicurante nei suoi occhi. Si fissano e si
rifissano, senza smettere un secondo, annegando l’uno
nell’altra, ripescandosi, poi perdendosi di nuovo, ritrovandosi
per l’ennesima volta. Non una sillaba, non un movimento. Zero.
C’è una tale tensione tale fra loro che potrebbe
incenerire chiunque si trovasse a passare tra loro. Poi Elettra cede e
lo abbraccia con tutta la forza di cui è capace, tutta quella
che ha in corpo e anche dell’altra che non sa dove ha trovato.
Lui non la respinge e ricambia con trasporto. Scoppia a piangere
incontrollabilmente. Si sgonfia e scoppia e singhiozza come i bimbi
piccoli, come i deboli e i vili. Senza ritegno. Elettra crede di non
poterlo amare più di così, nemmeno se sapesse di essere
ricambiata. Semplicemente il suo sentimento va oltre lei.
Così lo bacia.
Lui non la manda via.
Continuano.
Lei dovrebbe andare.
Continuano.
Fuori fa un freddo cane.
Continuano.
I loro genitori non sanno che sono lì.
Continuano.
Forse lui non la ama.
Continuano.
Forse non si possono amare più di così.
Continuano.
MIO SPAZIO:
scusate la brevità, ma allungarlo mi sembrava come appesantirlo…spero che ve lo godiate lo stesso!!!!
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