SouMako Week

di Princess Kurenai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1 - Fluff | Popsicle ***
Capitolo 2: *** Day 2 - Alternative Universe | Fairytale ***
Capitolo 3: *** Day 3 - Post Graduation | Scared ***
Capitolo 4: *** Day 4 - Families | Family ***
Capitolo 5: *** Day 5 - Established Relationship | Hospital ***
Capitolo 6: *** Day 6 - Touch | Train ***
Capitolo 7: *** Day 7 - Free Prompt! | Worries ***



Capitolo 1
*** Day 1 - Fluff | Popsicle ***


Titolo: Popsicle
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki, Rin Matsuoka
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Pre-Shonen ai
Conteggio Parole: 1750
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. Non betata .w. *lancia cuori* scusatemi!




« Woah! Complimenti Yamazaki-kun!»

Sousuke non si trattiene dal gonfiare quasi il petto con orgoglio nel sentire quella voce carica di ammirazione. Aveva vinto nella sua categoria e aveva anche registrato un nuovo record personale, quindi sì: era davvero fiero di sé e sapeva di meritarsi quei complimenti. Tuttavia, quando di voltò, tutta la sua sicurezza parve quasi scomparire nell'incontrare il viso di uno dei nuovi compagni di squadra di Rin.

Makoto - avrebbe scoperto il suo nome solo qualche momento dopo - aveva le guance arrossate per l'emozione mentre gli parlava, ed i suoi occhi grandi e verdi sembravano quasi brillare carichi d'ammirazione.

« Sei stato grandioso!», proseguì questo, lasciando che ad ogni parola le sue labbra si piegassero verso l'alto, prendendo la forma di un ampio e dolce sorriso sincero che riuscì incredibilmente a far mancare l'aria a Sousuke.

Aveva appena finito la sua gara e aveva il fiatone, era più che normale, ma in un certo qual modo sapeva che non era per la stanchezza che stava boccheggiando.

« Grazie», borbottò infatti, cercando di dare alla sua voce un tono ovvio e fiero. Allontanandosi poi rapidamente dal bordo piscina per raggiungere Rin e quel suo familiare sorriso affilato ma allegro, nella speranza di ritrovare un po' di controllo e di capire perché quel ragazzino dell'Iwatobi fosse riuscito a farlo sentire in quel modo così strano.

L'altro lo seguì inizialmente con lo sguardo - Sousuke sentiva perfettamente i suoi occhi verdi sulla schiena -, ma quando Nanase si mise in posizione per iniziare la sua gara, le attenzioni di questo si riversarono tutte sul suo compagno di squadra, e solo in quel momento Sousuke si permise di osservarlo. Si sentiva decisamente più al sicuro vicino al suo migliore amico, ma quello non gli impedì di piegare le labbra in un piccolo broncio.

« Chi è quello, Rin?», chiese.

« Chi? Makoto o Haru?», ritorse Matsuoka, stupito dalla domanda del suo amico.

« So chi è Nanase», ribatté secco Yamazaki.

« Pensavo vi foste presentati!», continuò Rin, puntando lo sguardo su Haruka e sul suo tuffo perfetto.

Sì, si erano presentati, tuttavia Sousuke si ricordava solo di Nanase - Rin ne parlava così tanto che era impossibile non ricordarsi di lui -, e inoltre era cosi felice di poter rivedere il suo migliore amico che era stato quasi naturale ignorare i suoi nuovi compagni.

« Si chiama Makoto Tachibana», spiegò Rin, osservando Sousuke muovere il capo affermativamente senza distogliere lo sguardo dall'altro ragazzino, intento a fare tifo per il suo amico, « Non è che ti piace?», insinuò a quel punto con la sua naturale malizia che fece trasalire Yamazaki.

In un'altra situazione, Sousuke avrebbe anche avuto una risposta pronta, o si sarebbe limitato a scrollare le spalle certo che Rin conoscesse già la risposta - era il suo migliore amico e si conoscevano meglio di chiunque altro -, ma non in quel caso.

Perché non si poteva chiedere a qualcuno se 'gli piaceva' una persona appena conosciuta. Piacere 'come' poi?

Piacere come gli piacevano i ghiaccioli? O come gli piaceva Rin? O come tempo prima gli piaceva quella bambina a cui aveva regalato un pennarello colorato all'asilo?

Come doveva piacergli Makoto?

Inoltre, cosa ancor più strana, stava anche già dando per scontato che Tachibana gli piacesse.

Sì, gli piaceva... anche se non riusciva a trovare una motivazione. Gli era bastato uno sguardo per capirlo - come quando sceglieva i gusti dei gelati: pur non avendoli assaggiati tutti sapeva che la cioccolata era la sua preferita.

« Credo... di sì», mugugnò con tono duro, guardando Rin nella speranza che questo cogliesse la sua confusione e l'imbarazzo.

Il suo migliore amico, tuttavia, continuò a sorridere - sorrideva sempre troppo con quei suoi denti appuntiti, ma Sousuke sapeva benissimo che non si trattava di scherno: era semplicemente fatto così.

« È simpatico! Piace anche a me», dichiarò con naturalezza, ricevendo un’occhiataccia seria da parte di Sousuke - si sentiva sul punto di difendere la sua posizione con un pizzico di gelosia che riuscì addirittura a stupirlo.

" Ti piace come? Ti piace o ti ‘piace piace’?", gli avrebbe voluto dire, ma non riuscì ad aprir bocca. Nanase aveva appena finito la sua gara - vincendo - e Makoto era il ritratto della felicità e dell'orgoglio. Era palesemente fiero del risultato del suo migliore amico, il quale, scrollando le spalle, sembrò ignorare ogni complimento che l'altro gli stava rivolgendo... cosa che fece sbuffare sonoramente Sousuke.

« Haru è fantastico non è vero?», esclamò Rin, con gli occhi che brillavano.

« Passabile», borbottò Yamazaki, incrociando le braccia al petto - stringendo forte nel pugno la cuffietta e gli occhialini.

Cercò di guardare altrove e mostrarsi offeso e superiore, ma il suo sguardo continuò a venire richiamato da Makoto e da tutte le attenzioni che rivolgeva a Nanase. Lo aveva aiutato ad uscire dalla piscina, gli aveva dato l'asciugamano e lo guardava come se non potesse esistere un'altra persona migliore di lui al mondo. E lo stomaco di Sousuke iniziò quasi a contorcersi, costringendolo a cambiare il peso da un piede all'altro.

« Stai bene, Sousuke?», domandò Matsuoka, notando subito il nervosismo del suo amico.

« Mh... sì, va tutto bene», ribatté cupo, massaggiandosi distrattamente la pancia come se quello potesse servire a far passare quelle strane sensazioni. Ma Rin, ovviamente, non sembrò convinto da quella risposta.

« Hai fame?», insistette preoccupato, lanciando un'occhiata alla mano dell'amico e ai lenti movimenti circolari che compiva sullo stomaco.

« Probabile», rispose Sousuke dopo qualche momento. Sembrava la spiegazione più logica di tutte, altrimenti non poteva proprio spiegarsi il perché di quel fastidio.

« Allora andiamo a farci la doccia e mangiamo qualcosa! Voglio un ghiacciolo!», esclamò Rin correndo poi verso i suoi nuovi compagni di squadra, « Haru! Makoto! Io e Sousuke andiamo a farci la doccia e a mangiare i ghiaccioli! Venite anche voi?»

« Anche io? Posso venire anche io? Ti prego, RinRin!», esclamò subito il più piccolo del gruppo - un ragazzino dai capelli biondi che Sousuke aveva visto fare rana se non ricordava male -, afferrando il braccio di Matsuoka e strattonandolo un poco.

« Sì, ma non chiamarmi in quel modo, Nagisa! Per te sono solo 'Capitano'!», sbottò Rin, con le guance arrossate per l'imbarazzo.

« Vi raggiungiamo subito», rispose con più calma Makoto, facendo scorrere lo sguardo dal suo compagno di squadra fino a Sousuke, il quale si ritrovò ad arrossire fino alla punta delle orecchie quando i suoi occhi incrociarono quelli dolci dell'altro.

Il suo stomaco sembrò improvvisamente più leggero ma non per questo meno 'strano', e stringendo le labbra in una smorfia confusa ed imbarazzata, non riuscì a trattenersi dallo scappare con passo rapido verso gli spogliatoi.

« Ohiii! Sousuke! Aspettami!», sentì la voce di Rin alle sue spalle, ma neanche quello riuscì a fermarlo.

Si sentiva un idiota, ma era stato più forte di lui: sentiva di dover scappare. Cercò di ragionare e di calmarsi, ma non riusciva proprio a capire il perché di tutta quell'agitazione, anche se era certo fosse tutta colpa di Tachibana e Nanase.

-----


Sousuke, nonostante tutta la sua buona volontà, non riuscì neanche per un istante a rilassarsi. Soprattutto quando i membri dell'Iwatobi raggiunsero lui e Rin per dirigersi verso il punto ristoro del Palazzetto dello Sport che ospitava le gare di nuoto.

Tachibana gli aveva rivolto un breve sguardo di saluto quando si erano trovati faccia a faccia per poi rivolgersi di nuovo verso Nanase, e Sousuke provò ancora quella fastidiosa sensazione di gelosia che lo aveva colpito poco prima in piscina.

Non sopportava quel tipo, e di quello, Sousuke, ne era certo. Era per Nanase che Rin se ne era andato e non sembrava neanche curarsi di tutte le attenzioni che Makoto gli rivolgeva. Era stupido e… ingrato, ecco!

Strinse le labbra, cercando di concentrarsi sui corridoi che stavano percorrendo e poi, una volta arrivati a destinazione, sui ghiaccioli esposti. Allungò subito la mano per afferrare il familiare incarto del suo ghiacciolo preferito, scontrandosi però con quella di Rin.

Ad entrambi bastò uno sguardo per comprendere la situazione, e chiudendo i pugni si prepararono alla battaglia. Alla fine però, Sousuke neanche si stupì quando Rin riuscì a sconfiggerlo per l'ennesima volta a Jan-ken-pon, aggiudicandosi il ghiacciolo che entrambi preferivano.

Quello tuttavia gli impedì di gonfiare un poco le guance imbarazzato per la sconfitta - soprattutto quando il suo migliore amico iniziò ad esultare per la vittoria proprio davanti agli altri membri dell'Iwatobi... in particolare dinnanzi a Makoto.

« Haru-chan! Haru-chan! Dividiamo il ghiacciolo?!», esclamò Nagisa, attirando in quel modo lo sguardo di tutti ed agitando davanti a Nanase metà del suo ghiacciolo.

« Non chiamarmi 'Haru-chan'», ribatté questo, accettando però il ghiacciolo - cosa che fece ridere rumorosamente il più piccolo -, rendendosi conto solo in quel momento che anche Makoto, come se fosse la cosa più naturale del mondo, aveva diviso lo stesso ghiacciolo per offrirlo al suo migliore amico.

Tachibana sorrise tranquillo in risposta allo sguardo di Nanase, ma Sousuke fu certo di aver intravisto un lampo di delusione attraversargli il viso - sentiva di odiare quel tipo ancor di più dopo aver notato quell’espressione sul volto di Makoto.

« Lo hai preso anche tu, Mako-chan?», notò Nagisa, ficcandosi in bocca il suo ghiacciolo per poi iniziare a leccarlo con gusto, « Perché non lo dividi con Sou-chan? Lui non ha ancora preso niente!», propose allegramente il più piccolo, spostando gli occhi su Yamazaki, il quale, nel sentirsi chiamato in causa, scattò quasi sull'attenti.

« Oh», Tachibana si rivolse subito verso Sousuke con uno sguardo confuso che si trasformò lentamente in uno più dolce e gentile, « Vuoi dividerlo con me, Yamazaki-kun?», domandò porgendogli il ghiacciolo con naturalezza.

« Io...», Sousuke esitò, e ancor prima di riuscire a rispondere il suo corpo si mosse da solo, costringendolo ad allungare la mano per afferrare il ghiacciolo, « Grazie», borbottò imbarazzato, staccandone subito un pezzo con un morso.

Non era il gusto preferito da Sousuke, eppure non riuscì ad impedirsi dal piegare le labbra in un sorriso - non voleva farlo, ma era per davvero più forte di lui. Era davvero buono, più buono di quello che era solito prendere, e il suo stomaco, ancora sotto sopra, sembrò quasi farsi più leggero.

Proprio non riusciva a capire che cosa gli stesse accadendo ma decise di non preoccuparsi. Perché quel ghiacciolo continuava ad essere il migliore tra tutti quelli che aveva assaggiato, tant'è che quando giunse il momento di buttare la stecchetta di legno, gli venne quasi spontaneo nasconderla in una delle tasche della tuta.

Era pienamente consapevole che conservare quell'insignificante ed appiccicaticcio pezzo di legno era da stupidi, ma in quel momento - e poi anche a casa, nel ritrovarlo in tasca - sentiva che non gli importava granché apparire come un idiota.

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Capitolo 2
*** Day 2 - Alternative Universe | Fairytale ***


Titolo: Fairytale
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Yaoi, Alternative Universe, Merman!AU
Conteggio Parole: 4400
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. Non so come definire l’ambientazione, ma non siamo nell’epoca moderna XD
3. La dedico tutta al mio amore che mi ha aiutato tantissimo ç///ç grazie mille!
4. Non betata .w. *lancia cuori* scusatemi!


C'erano tante dicerie sulle sirene. Come quelle che riguardavano il loro canto, in grado di incantare anche il più stoico dei marinai, o quelle sulle loro lacrime che diventavano delle perle e addirittura altre che parlavano dei poteri curativi delle squame delle loro code. Racconti e leggende senza alcun riscontro nella realtà - era in dubbio anche la sola esistenza delle sirene -, ma che da sempre avevano affascinato e alimentato le fantasie dei navigatori e dei cantastorie.

In molti erano partiti alla ricerca di quegli esseri, nella speranza di arricchirsi, ma nessuno era mai riuscito nell'intento di catturare - o anche solo vedere - una sirena. Tutti erano tornati a mani vuote ma con la testa piena di nuovi racconti che non facevano altro che accrescere il mistero e la curiosità attorno alla figura delle sirene.

Sousuke stesso, che sin da bambino aveva ascoltato quelle storie, aveva sempre sognato di poterne incontrare una - parlavano di esseri dalla bellezza fuori dall'ordinario, dotati di poteri al di là della sua immaginazione -, ma crescendo aveva accantonato quel desiderio, iniziando lentamente a considerare il 'mito delle sirene' solo come una favoletta.

Non esistevano prove e lui, che si era ritrovato suo malgrado a dover gestire gli affari di famiglia, non aveva tempo per seguire un qualcosa di irreale... come invece aveva fatto suo padre qualche anno prima.

Lo aveva visto scappare su una nave, inseguendo un sogno e promettendo alla sua famiglia ricchezze inimmaginabili. Credeva davvero nel suo viaggio, ma Sousuke aveva visto quel gesto solo come una fuga dalle proprie responsabilità che erano ricadute su di lui con il peso di un macigno.

Da quel giorno la sua famiglia aveva iniziato a dipendere da lui, e non poteva fare altro se non stringere i denti nel sollevare la cassa che era appena stata scaricata dalla nave, ignorando il dolore che dalla spalla iniziò ad espandersi fino al braccio, lasciandolo senza fiato alla fine del breve tragitto dal porto al carro che avrebbe condotto quelle casse al magazzino.

Si massaggio distrattamente la spalla, asciugandosi poi il sudore con l'avambraccio prima di rivolgere uno sguardo all'orizzonte e all'immensa distesa d'acqua.

Il vento era cambiato in quelle ultime ore, ed il mare aveva lentamente iniziato ad agitarsi.

« Sta arrivando una tempesta», commentò un uomo accanto a lui, dando voce ai suoi pensieri.

Sousuke annuì, e senza però aggiungere altro a quell'affermazione, si mosse rapidamente per tornare a lavoro, intenzionato a finire di caricare quelle casse sul carro prima che il tempo peggiorasse.

Lentamente le nubi iniziarono ad accalcarsi in cielo sospinte dal vento sempre più forte, e quando finalmente Sousuke riuscì a caricare l'ultima cassa, una leggera pioggerellina aveva già iniziato a creare un velo bagnato sulle strade sterrate del piccolo porto.

Salutò gli altri uomini che, a loro volta, stavano finendo di lavorare e si avviò verso la propria dimora. Da una parte, doveva essere sincero, poteva dirsi sollevato all'idea di non doversi caricare altre casse in spalla - il dolore stava già diventando troppo forte -, ma il perdere un'intera giornata lavorativa in quel modo lo rendeva inquieto.

Ovviamente perdere quel denaro lo innervosiva non poco, ma preferiva di gran lunga restare al sicuro a casa che in pericolo vicino al molo... cosa che avrebbe fatto più che volentieri se non avesse notato le imbarcazioni più piccole venire sballottate dalle onde che, lentamente, si facevano sempre più alte.

Le osservò per qualche istante poi, aumentando il passo, abbandonò la strada di casa per andare verso la spiaggia ed un piccolo attracco naturale creato dalle rocce dove trovò una delle sue poche proprietà: una piccola barca.

L'acqua era già salita di livello, e anche se Sousuke era certo di aver fatto dei nodi forti e resistenti, si disse che la sicurezza non era mai troppa - perdere quell'imbarcazione avrebbe privato la sua famiglia dei guadagni della pesca - e che quindi doveva assicurarsi che la barca sarebbe rimasta lì al termine di quella tempesta.

Entrò in acqua senza pensarci due volte, e ignorando le onde e la pioggia sempre più fitta, cercò di stringere il più possibile i nodi.

Barcollò sospinto dal mare agitato, traendo poi un sospiro di sollievo nel riuscire nel suo intento. Tuttavia quella vaga sensazione di vittoria durò ben poco quando un'onda più forte delle altre lo investì mandandolo per qualche istante sott'acqua.

Riemerse subito, tossendo, ma un'altra onda gli fece mancare il terreno sotto i piedi. Cercò di rimettersi in piedi, di afferrare la barca o uno degli scogli li vicini, ma la forza del mare non gli diede un attimo di tregua.

Sousuke non ebbe neanche il tempo di pensare a quanto fosse stato stupido ed incosciente. Era già senza fiato e le sue forze erano vane contro la tempesta... e quasi senza rendersene conto, il suo mondo si fece improvvisamente nero.

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« T-ti prego...»

A Sousuke sembrava quasi di galleggiare sospinto dalle onde. Si sentiva come alla fine di una giornata passata in barca, ma in un certo qual modo sapeva di non trovarsi sul suo letto.

« Ti prego... apri g-gli occhi»

La spalla gli faceva male e la sua schiena, altrettanto dolorante, non posava sul materasso in paglia del suo giaciglio ma bensì su una superficie più dura ed umida.

« T-ti scongiuro... svegliati»

Cercò di aprir bocca per di rispondere a quella voce, preoccupata e dolce, che si stava insinuando nelle sue orecchie - voleva riposare, era stanco e tutto il suo corpo gli faceva male -, ma gli mancò subito il fiato come se la sua bocca fosse stata riempita d'acqua.

Si agitò per quell'improvvisa sensazione e, spaventato, gli venne quasi spontaneo tossire nel tentativo di respirare iniziando a sputare l'acqua sul pavimento roccioso ed annaspando per riempire i polmoni d'aria.

La realtà lo colpì subito dura insieme ai suoi ultimi ricordi. La tempesta e la barca... e lui che affondava catturato dalle onde.

Era vivo? Come era possibile?

Tossì ancora, la gola gli faceva male ed il cuore sembrava quasi battergli in testa.

« Siano r-ringraziati gli Dei», esalò ancora quella voce che lo aveva risvegliato, strappando a Sousuke un sussulto stupito.

Si voltò quasi di scatto, incrociando due iridi di un verde quasi irreale cariche di lacrime su un viso altrettanto stupendo.

Tentò di nuovo di parlare - era stato quel ragazzo a salvarlo? - ma ancor prima di riuscire a formulare una frase di senso compiuto, le sue labbra di mossero da sole nel far scorrere lo sguardo sul corpo di quel... beh, di quell'essere.

« Tu... cosa sei?»

Era una domanda incredibilmente stupida, forse, anche inadeguata ma al tempo stesso così naturale che Sousuke non era riuscito a trattenersi. Perché oltre il viso spaventato - che già l'aveva colpito per la sua bellezza -, il suo 'salvatore' possedeva un fisico muscoloso tanto quanto il suo e che all'altezza della vita iniziava a mutare lentamente assumendo un colorito sempre più scuro fino a diventare nero e liscio.

Una coda.

La parola 'sirena' balenò nella sua testa all'improvviso facendogli mancare ancora il fiato, ma quell'essere non somigliava minimamente a quello dei racconti. Perché la sua coda non aveva delle squame - nel guardarla meglio poteva anche notare il 'ventre' bianco, se così poteva definirsi, spiccare nel nero -, e le lacrime che scorrevano su quel volto dagli occhi di smeraldo non si stavano trasformando in perle o in altri gioielli preziosi.

Eppure, quando lo senti ridacchiare, Sousuke si convinse che la sua voce sarebbe stata in grado di incantare chiunque.

« Non è gentile d-definirmi una c-cosa», rispose gentile questo, con tono dolce e sollevato, « Stai bene? H-ho avuto paura... che non ti r-risvegliassi più», svelò poi sincero.

« Sono... sono stato meglio», ribatté Sousuke massaggiandosi distrattamente la testa, abbassando di nuovo lo sguardo sulla coda semi immersa nell'acqua.

Era... davvero una coda. Non era stata la sua immaginazione e anche se in un'altra occasione avrebbe pensato ad un sogno, il dolore che si stava riaffacciando su tutto il suo corpo era un avvertimento fin troppo chiaro sulla realtà di quella situazione.

Forse, si disse, sarebbe stata una reazione naturale dare di matto ed agitarsi, ma in quel momento si sentiva troppo stanco e provato da quello che gli era accaduto per sprecare energie in quel modo.

« Mi... mi hai s-salvato?», domandò lentamente, cercando di capire esattamente la dinamica del suo incidente e di non fissare la coda troppo insistentemente. Infatti tentò di guardare altrove - si trovavano dentro una grotta che li riparava dalle intemperie che, come notò solo in quel momento, continuavano a far agitare il mare -, fino a rivolgersi di nuovo sul viso dell'altro quando lo sentì parlare.

« Mi ero... p-perso», ammise grattandosi nervosamente la nuca, « E mentre cercavo l-la strada di c-casa... t-ti ho visto... n-non sapevo che fare... ma n-non potevo neanche lasciarti morire», concluse piegando le labbra in un sorriso timido che costrinse Sousuke a spostare ancora lo sguardo.

« Grazie...», borbottò imbarazzato dopo un momento di silenzio, ed i suoi occhi caddero suo malgrado di nuovo sulla coda.

Non poteva farne a meno - e, sicuramente, era anche una reazione normale non avendo mai visto una cosa simile. Era così diversa da quella dei racconti, ma non per questo meno affascinante.

« Io... p-perdonami», balbettò a quel punto 'la sirena', facendo leva con le braccia per scivolare dentro l'acqua come per nascondersi, « Ti... d-disgusta?», domandò con le orecchie improvvisamente rosse ed un'espressione che variava dall'imbarazzo al dispiacere.

« Co-cosa? No!», si affrettò a rispondere Sousuke, emettendo poi un lamento per la foga della sua esclamazione. La testa gli faceva così male che non faticò a comprendere di aver preso qualche botta sugli scogli dopo aver perso i sensi.

L'altro, spaventato da quel verso, riemerse subito per soccorrerlo e farlo distendere con delicatezza, posando le sue mani morbide e gentili sulle spalle del giovane uomo.

« Stai bene?», chiese ancora preoccupato, e Sousuke si lasciò semplicemente sfuggire un mugugno in risposta, chiudendo gli occhi come per concentrarsi su qualcosa che non fosse il dolore - o sul fatto che quello che lo stava assistendo fosse una 'sirena'.

Cercò di prendere dei profondi respiri, riuscendo lentamente a calmarsi almeno un po'. Il dolore era ancora ben presente ma se non si agitava poteva sopportarlo.

« Se sto così... va meglio», mormorò piano, sentendo distintamente un sospiro sollevato provenire dalle labbra dell'altro, « E non credo che la tua coda mi disgusti...», aggiunse poi.

« Davvero?»

« Non ho mai... visto niente di simile. Ero solo curioso, non disgustato», si giustificò.

« Neanche io avevo mai visto un umano prima d'ora», ammise 'la sirena' con una piccola risata, « Avete due strane code».

« Sono gambe», ribatté, accennando un piccolo sorriso per quell'affermazione così ingenua, « Sousuke», esordì poi dopo qualche momento di silenzio.

« Mh? È il nome delle vostre... gambe?»

« No. È il mio nome», riprese riaprendo gli occhi per guardare quelli verdi del suo salvatore, « Mi chiamo Sousuke».

Le labbra 'della sirena' si piegarono istintivamente verso l'alto in un sorriso dolce che, come poco prima, riuscì a far arrossire Sousuke.

« Makoto».

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Era diventato quasi un appuntamento fisso per Sousuke il raggiungere una piccola grotta nascosta tra gli scogli alla fine del suo turno lavorativo. Dopo la disavventura che lo aveva visto protagonista qualche mese prima, ogni giorno si ritrovava a percorrere quella strada, certo che li ad aspettarlo ci sarebbe stato Makoto, con il quale aveva stretto una sorta di amicizia - riuscendo pian piano ad abituarsi alla sua strana ma affascinante figura.

E così come Makoto aveva imparato molte più cose sugli esseri umani, anche Sousuke stando con lui aveva scoperto quanto fossero ben lontane dalla verità le leggende che riguardavano le sirene. Le lacrime, ad esempio, non si trasformavano in perle e le loro voci non erano in grado di incantare nessuno. Mentre le code, prive di squame, caratterizzavano semplicemente la loro specie e non avevano alcun potere curativo.

« Io sono un'Orca», gli aveva infatti spiegato un giorno, « Quando troverò una compagna, il mio corpo muterà in quello di un'Orca vera».

Le vere sirene, aveva poi aggiunto per giustificare alcune dicerie, non esistevano più da secoli, perché si erano lentamente evolute per lasciare spazio alla nuova specie, e somigliano più a dei pesci dalla pelle verde e squamosa e dalla voce stridula - « O almeno così dicevano i miei nonni», aveva precisato.

Sousuke aveva di conseguenza iniziato ad amare sempre di più il tempo passato in sua compagnia, e a sentirne addirittura la mancanza quando era costretto a riprendere la strada di casa. E non c'era un momento in cui non si soffermasse a pensare a Makoto, alle sue storie e alla curiosità che gli faceva brillare gli occhi, la voce dolce e quella gentilezza così irreale da far quasi rabbia - ovviamente non provava alcun fastidio legato al carattere del suo amico, ma per il fatto che sulla terra ferma chiunque avrebbe provato ad approfittarsi di Makoto e quello lo irritava facendo nascere in lui la necessità di proteggerlo da ogni cosa.

In quei mesi aveva pensato a tanto a quello scherzo del destino che lo aveva condotto tra le braccia dell'altro, e suo malgrado dovette accettare di aver iniziato a provare dei sentimenti che andavano ben al di là dell'amicizia. Aveva cercato di negare quelle sensazioni, di convincersi che si trattava solo di un'infatuazione dovuta al fatto che Makoto era una sirena - o un'Orca, come preferiva definirsi -, ma alla fine si era dovuto arrendere all'evidenza, anche se ovviamente aveva deciso di tenere quella rivelazione solo ed esclusivamente per sé.

Tuttavia, per quanto quei momenti fossero preziosi e rilassanti, Sousuke continuava ad essere pienamente consapevole della situazione precaria della sua famiglia, soprattutto quando durante il lavoro sentì la sua spalla cedere al peso della cassa che stava trasportando.

Cercò di nascondere il dolore e di non versare neanche una lacrima, assicurando i suoi compagni di lavoro che non si trattava di niente di grave e che anzi: il giorno dopo sarebbe tornato al porto per svolgere le sue mansioni.

Credeva davvero alle sue parole - voleva crederci perché in caso contrario sarebbe stata la fine -, ma ad ogni minimo movimento sentiva quel pungente dolore alla spalla, così forte da desiderare quasi di urlare.

Era finita.

Quelle due parole si insinuarono nella sua testa costringendolo a mordersi le labbra quasi a sangue, e tutto ciò che riuscì a fare in quell'istante fu andare difilato alla spiaggia, cercando conforto e sicurezza nella gentilezza di Makoto.

Solo a lui aveva parlato di quel problema, ed infatti quando questo lo vide arrivare con la mano stretta sulla spalla - sperava di lenire un po' il dolore in quel modo -, sembrò capire cosa gli fosse successo e assunse un'espressione preoccupata che fece quasi sentire in colpa Sousuke.

« Come stai? Cosa ti è successo?», domandò subito Makoto, nuotando rapidamente verso gli scogli dove si era fermato.

« La spalla è andata», rispose semplicemente Sousuke, evitando di guardarlo in viso. Aveva sbagliato ad andare da lui, si disse, non voleva farlo preoccupare in quel modo, né voleva apparire debole ai suoi occhi... ma non aveva nessun'altro con il quale confidarsi.

« C-come? T-ti passerà domani, g-giusto?», chiese ingenuamente l'altro, facendo leva sulle braccia per sedersi sulla roccia e stare il più possibile vicino a Sousuke.

« Vorrei che fosse così...», mormorò, abbassandosi leggermente per potersi a sua volta sedere con le gambe immerse nell'acqua, « Ma credo che questa volta... sia davvero la fine», ammise poi.

« Non dire così... s-sono certo che guarirai!», ribatté Makoto, ma Sousuke scosse di nuovo la testa con una calma quasi innaturale.

Perché una volta superato quel primo momento di disperazione - grazie anche all'espressione spaventata del suo amico -, non gli rimase altro che la rassegnazione e la frustrazione più che la rabbia. Si era già 'preparato' a quell'eventualità, e anche se sperava che accadesse il più lontano possibile.

« Non potrò più lavorare e... e non ho nessun'altra dote per poter provvedere alla mia famiglia», spiegò.

« Ti prego...»

« Makoto non sto esagerando, sapevo che prima o poi sarebbe successo», ammise con un sorriso amaro sulle labbra.

« Non dire così!», esclamò prontamente l'altro, « Non è finita! N-non puoi arrenderti così! Deve esserci una soluzione! N-non... io mi r-rifiuto di crederci!»

Stupito dalla reazione di Makoto, Sousuke lo guardò per la prima volta da quando era giunto in quella piccola grotta - il suo cuore si strinse in una morsa quando vide gli occhi verdi del suo amico carichi di lacrime.

« Non piangere», borbottò senza però riuscire a trovare una reale parola di conforto - ne aveva bisogno anche lui, era quella la verità.

« Io... io ti ho dovuto mentire», annunciò a quel punto Makoto.

« Cosa?»

« Riguardo... i poteri della nostra specie», spiegò piano, evitando in ogni modo gli occhi stupiti dell'altro, « Non è un vero e proprio potere... credo possa chiamarsi 'dono'».

« Perché mi stai dicendo questo, Makoto?», chiese a quel punto Sousuke, faticando a comprendere il motivo di quella rivelazione.

« Perché voglio aiutarti», rispose sincero, « Voglio aiutarti e non farti più provare questo dolore», aggiunse, trovando il coraggio di carezzare delicatamente la spalla di Sousuke - stringendo le labbra quando questo di irrigidì inconsciamente per il dolore.

« Makoto...»

« Lasciami parlare...», riprese subito, impedendogli di aprire bocca, « Posso curare la tua spalla e farti vivere il resto della tua vita senza quel dolore».

Sousuke per un istante fu quasi tentato dal sorridere, forse si sarebbe messo anche ad esultare, ma si trattenne. Makoto non gli stava dicendo tutto.

« A quale prezzo?», domandò infatti, guardandolo serio.

« Ehhh?! Ma non voglio niente in cambio», esclamò in risposta.

« Non mentire, Makoto! Non mi stai dicendo tutto», dichiarò con sicurezza Sousuke costringendo l'altro ad abbassare ancora il capo, incapace di sostenere il suo sguardo.

« È... è solo un bacio», pigolò dopo qualche momento di silenzio, « D-dovrei... baciarti e... dovresti guarire», spiegò imbarazzato.

« Un bacio», ripeté Sousuke stupito, osservando l'altro annuire con il viso rosso per l'imbarazzo, « Lo hai già fatto?»

« Cosa? ! N-no! Certo che no! Si tratta di una cosa che si fa una sola volta nella vita!»

In un'altra occasione, Sousuke si sarebbe lasciato sfuggire una risata ed uno sguardo malizioso prima di iniziare a stuzzicarlo - « Quindi è il tuo primo bacio?» - nel tentativo di nascondere il desiderio di baciarlo per davvero, ma la situazione ed i suoi sentimenti lo costrinsero a stare in silenzio per qualche istante.

« No», dichiarò poi scuotendo il capo, « Non posso accettare».

« Non... non vuoi guarire ed aiutare la tua famiglia?», chiese Makoto, azzardandosi ad alzare di nuovo lo sguardo per cercare una risposta anche negli occhi di Sousuke.

« Voglio, ma non posso accettare», ripeté.

« Ma… io desidero aiutarti, Sousuke», mormorò dispiaciuto e, forse, anche deluso, « Non posso fare altro per curarti, posso solo fare questo».

« Non puoi», rifiutò ancor con più decisione, intenzionato a mettere la parola fine a quella discussione.

Perché sì: voleva baciare Makoto, ma non voleva farlo per una cosa simile. Voleva che lo desiderasse tanto quanto lui e non perché era così gentile da volergli fare quel dono. Si sentiva quasi stupido nel pensare quelle cose così romantiche, ma non poteva farne a meno.

« È perché… non vuoi baciarmi?», chiese a quel punto Makoto con un’espressione talmente triste ed imbarazzata che fece tentennare Sousuke.

Tentò di trattenersi, di essere forte e fermo nella sua decisione… ma non riuscì ad ignorare il bisogno che aveva di cancellare quell’espressione dal suo volto.

Makoto era fatto per sorridere e per ridere non per quella tristezza, ma soprattutto non voleva esserne lui la causa.

« No! Non è per questo!», dichiarò quindi, tentando al tempo stesso di non sembrare troppo coinvolto ed imbarazzato, « Non devi farlo perché sei… così stupidamente gentile da volermi aiutare ad ogni costo».

« Non mi stai costringendo», rispose Makoto, « È una mia scelta… n-non te lo avrei mai proposto altrimenti».

Sousuke rimase in silenzio, rivolgendo poi uno sguardo sul volto dell’altro, soffermandosi ad osservare le labbra socchiuse, piegate in un leggero broncio preoccupato e triste.

« Makoto… non posso chiederti una cosa simile. Neanche per la mia spalla», ammise, « Dovresti conservarlo per una persona speciale», aggiunse poi con tono quasi cupo.

« E-era quello che stavo facendo», mormorò Makoto, iniziando poi ad incespicare un poco sulle parole, « So che… che una volta fatto non lo riavrò più indietro... e so a cosa vado incontro, l'ho sempre saputo. Ma voglio farlo. P-perché sei importante… e voglio che tu abbia una vita migliore».

Sousuke, sinceramente, avrebbe preferito non arrossire come una ragazzina, ma non riuscì ad evitarlo. Sentì il suo volto andare quasi a fuoco tanto quanto quello del suo amico e, distogliendo insieme a lui lo sguardo, si concessero un altro lungo momento di silenzio.

Sapeva benissimo che Makoto non stava mentendo e che lo considerava per davvero importante - in cuor suo sperava di essere 'più che importante' -, ma voleva davvero dargli il suo primo bacio?

Si massaggiò distrattamente la spalla - non aveva smesso neanche per un istante di far male -, riempiendosi di domande senza una risposta che svanirono quando si concesse un sospiro, rivolgendosi poi a Makoto con un sorrisetto.

« Sono un egoista», rispose, « E non posso permettere a qualcun'altro di avere il tuo primo bacio».

Le orecchie di Makoto sembrarono quasi bruciare per quella sua affermazione, tanto che per nascondersi non resistette al tuffarsi di nuovo in acqua, riemergendo poi qualche momento dopo davanti a Sousuke, fissandolo con non poca aspettativa.

« Mi... mi bacerai davvero?», domandò, leccandosi istintivamente le labbra umide.

« Così ho detto», esalò Sousuke, sperando che il suo cuore smettesse di martellargli in petto così forte, « Ma prima... devi sapere una cosa», aggiunse poi.

« Cosa?», Makoto nuotò fin davanti a lui, guardandolo senza nascondere la propria emozione e la curiosità.

« Voglio farlo... ma non per la spalla», borbottò, « Questo non devi dimenticarlo, d'accordo?»

Makoto si sollevò tra le gambe immerse di Sousuke per poterlo guardare in viso, piegando le labbra in un sorriso dolce reso ancor più luminoso dal rossore che colorava le sue guance.

« Questo lo sapevo... e volevo... cioè... desideravo sentirtelo d-dire», balbettò imbarazzato, cercando poi i suoi occhi con un pizzico di incertezza, « Vuoi... vorresti essere il mio compagno?», chiese.

Sousuke sorrise a sua volta e, allungando la mano per prendergli il viso tra le mani, posò la fronte contro la sua.

« Desideravo sentirtelo dire», dichiarò prima di piegarsi un po' di più per far unire le loro labbra.

Tremò per quel contatto poi, lasciandosi andare a quelle emozioni che lo travolsero come un'onda, socchiuse la bocca per iniziare a muoverla contro quella di Makoto, strappandogli un basso gemito di piacere.

Le sue labbra erano salate ma erano anche morbide e delicate come Sousuke aveva sempre immaginato e, incoraggiato da quella sensazione, cercò poi di approfondire quel contatto spingendo la lingua verso la bocca di Makoto, iniziando a carezzarla lentamente per poi invaderla quando questo la socchiuse per emettere un altro mugolio.

Lo abbracciò quasi senza rendersene conto, carezzandogli la schiena umida ed insinuando le dita tra i suoi capelli altrettanto bagnati, concedendosi poi a sua volta un verso di piacere quando anche il suo compagno cercò di imitarlo, muovendo la lingua contro la sua.

Tremavano entrambi per quelle sensazioni ma nessuno dei due voleva per davvero allontanarsi dall'altro, almeno fino a quando Makoto, improvvisamente senza fiato e forze per quel lungo bacio, non perse l'equilibrio e si aggrappò al corpo del suo compagno che lo sostenne prontamente per non farlo cadere in acqua.

Rimasero in silenzio per qualche istante, Makoto con la testa appoggiata contro il petto di Sousuke nel quale rimbombava feroce il battito del suo cuore, cercando di riprendersi da quelle sensazioni così intense.

« Non è che... potresti darmi una mano a... salire sulla roccia?», lo pregò dopo qualche attimo Makoto stringendo le dita sulle braccia di Sousuke che ancora lo sostenevano, come se non avesse più la forza per spingersi fuori dall'acqua.

« V-va tutto bene?», chiese subito il giovane uomo, stupito da quella domanda senza però esitare ad aiutarlo.

« Credo... di sì», ridacchiò imbarazzato Makoto, e dopo essere riuscito a sedersi finalmente accanto all'altro non si trattenne dall'abbassare lo sguardo sulla sua coda, emettendo un gridolino estasiato che fece spaventare Sousuke.

« Che succede?!»

« Quindi è... è così avere delle gambe!?», esclamò felice e stupito, muovendo con incertezza le gambe che avevano preso il posto della sua coda... cosa che riuscì a lasciare Sousuke senza fiato e senza parole, « Le sento... strane ma non è una... cioè... non è una stranezza negativa! Formicolano! Ma è divertente!»

« Ma che diamine?! Che cosa significa?», sbottò Sousuke ritrovando improvvisamente la propria voce, fissando quelle lunghe gambe alla ricerca del familiare nero e bianco che caratterizzava la coda del suo compagno, diventando poi ancor più rosso nel notare la sua nudità - cosa che, ovviamene, Makoto non poteva comprendere.

« E la spalla? Va meglio?», chiese subito l'altro, allungando la mano per sfiorare la spalla di Sousuke che, se ne rese conto solo in quel momento, non gli faceva più male.

Del dolore che fino a qualche istante prima era costante non era rimasto niente, neanche un leggero fastidio... e finalmente iniziò a capire.

« La tua coda...»

« Quando.. troviamo un compagno», iniziò Makoto, muovendo ancora le gambe con un po' più di decisione - era come se lentamente il suo corpo iniziasse ad abituarsi a quella nuova forma -, « Il nostro corpo muta. Sarei dovuto diventare un'orca ma... ma scegliendo di donarti il mio primo bacio ho scelto anche di rinunciare alla mia coda e a tutto quello che mi rendeva... quel che ero?», concluse con più incertezza ed il viso di nuovo rosso per l'imbarazzo.

« Hai... rinunciato a tutto per me?», mormorò stupito.

« Sì», Makoto lo guardò sottecchi, stringendo le labbra come se temesse di aver fatto un qualcosa di sbagliato, « P-perché... s-sei il mio compagno, g-giusto?»

Sousuke non riuscì a trattenersi dal sorridere, il cuore riprese a martellargli il petto ma in quell'istante non gli stava dando fastidio. Si sentiva bene come non mai, e allungando la mano afferrò l'altro per la nuca costringendolo più vicino a sé.

« Sono il tuo compagno», rispose, posando di nuovo le labbra sulle sue per coinvolgerlo in un altro bacio.

C'erano tante dicerie sulle sirene. Come quelle che riguardavano il loro canto, le lacrime e i poteri curativi delle squame delle loro code. Racconti e leggende che alimentavano le fantasie dei navigatori e dei cantastorie e che Sousuke stesso aveva ascoltato quando era solo un bambino.

Crescendo aveva messo da parte quei sogni infantili, ed era anche arrivato in un certo qual modo a detestare il 'mito delle sirene' e a considerarlo una favoletta per i più stupidi... favoletta nella quale era suo malgrado caduto in un giorno di tempesta e che aveva cambiato la sua vita.



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Capitolo 3
*** Day 3 - Post Graduation | Scared ***


Titolo: Scared
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Pre Shonen-ai
Conteggio Parole: 2545
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. Fluffosa e stupida XD
3. La dedico tutta al mio amore che mi ha aiutato tantissimo ç///ç grazie mille!


Sulle prime Makoto aveva pensato ad uno scherzo di pessimo gusto di uno dei suoi compagni - dopo il black-out in facoltà, tutti erano venuti a conoscenza di quanto lui fosse facilmente impressionabile -, ma quando la sensazione di essere seguito ed osservato continuò anche nei giorni successivi, persino mentre si trovava nei pressi del suo appartamento, iniziò seriamente a preoccuparsi.

Aveva cercato di convincersi che fosse solo una sua impressione - sapeva essere molto paranoico, e il più delle volte era consapevole di essere in grado di esagerare e rendere spaventose anche le cose più piccole -, aveva tentato di minimizzare e di darsi dello stupido per la sua debolezza, ma quella sensazione era rimasta lì ben presente e l’assenza di Haru - in Australia per delle gare - contribuì a far accrescere non poco la sua agitazione che si trasformò poi in vero e proprio terrore quando gli parve di vedere un’ombra sulla finestra del suo appartamento.

Lì per lì non riuscì a pensare a niente, e rischiando anche di inciampare sull’ingresso mentre afferrava le scarpe, si diede alla fuga chiudendo la porta alle sue spalle.

Poteva essersi sognato quell’ombra, poteva essere stata la sua impressione, ma mentre affondava nella poltroncina di una delle tavole calde del quartiere - si sentiva al sicuro circondato da altre persone -, si disse che non sarebbe mai più riuscito a tornare a casa… perché era certo, certissimo!, che fosse infestata dai fantasmi.

Poteva sembrare una cosa stupida - e sicuramente lo era - ma Makoto non aveva trovato nessun’altra spiegazione a causa dell’agitazione. Si sentiva seguito ma non era mai riuscito a vedere chi fosse il suo inseguitore, e di tanto in tanto gli era addirittura sembrato di sentire dei rumori - come dei graffi - mentre era dentro il suo appartamento… di conseguenza, doveva per forza essere un fantasma e lui non sapeva assolutamente come comportarsi.

Nascose il volto tra le mani, prendendo un profondo respiro.

« Cosa posso fare?», mormorò tra sé e sé.

« Ohi, Tachibana»

Makoto strappato ai suoi pensieri, trasalì e per poco non scattò in piedi sulla sedia nel sentire il suo nome. Alzò lo sguardo verso la persona che si era fermata accanto a lui, rimanendo stupito nel riconoscerne il volto.

« Y-Yamazaki-kun?»

Sousuke annuì guardandolo dall’alto in basso con l’espressione tra il curioso ed il seccato che lo distingueva.

« Sembra che tu abbia visto un fantasma», commentò, asciugandosi le mani nel grembiule che indossava.

« N-no! No, va tutto bene», mentì prontamente Makoto, cercando di sorridere e di sembrare il più convincente possibile, « Tu... come mai da queste parti?»

« Lavoro», rispose Sousuke, scrutandolo sospettoso, « Il locale è di mio padre».

« O-oh... non lo sapevo», commentò, guardandosi attorno come per assicurarsi di essere entrato nella stessa tavola calda che era solito frequentare.

« Ho iniziato da poco», tagliò corto Yamazaki, intuendo i pensieri dell’altro, « Non vorrei farmi i fatti tuoi, ma sembra davvero che tu sia in fuga. Non è che hai ucciso qualcuno e cerchi rifugio? No, perché non voglio problemi durante il mio turno».

Makoto sembrò quasi spaventato all'idea di aver ucciso qualcuno, e anche se si trattava di una battuta iniziò subito a balbettare delle scuse che riuscirono solamente ad annoiare Sousuke.

« Scherzavo», sbottò infatti, « Ma sembri davvero sul punto di esplodere».

Non voleva per davvero farsi gli affari suoi, ma quando l’aveva visto entrare pallido come un fantasma non aveva potuto fare a meno di lasciare il bancone per avvicinarsi all’ex membro dell’Iwatobi.

« Mi d-dispiace...», mormorò Makoto con una risatina tesa ed imbarazzata.

« Lascia perdere», sospirò Sousuke, « Cosa ti porto?»

Tachibana sembrò quasi pensarci un po' su prima di rispondere - nella fretta di uscire non aveva preso né la giacca né il borsellino, e in tasca aveva soltanto qualche spicciolo.

« Un bicchiere d'acqua credo che vada bene», rispose con le orecchie che iniziarono sin da subito a colorarsi di rosso - che divenne rapidamente più acceso dinnanzi all'occhiata stupita e scettica dell'altro.

« Come vuoi», borbottò Yamazaki e, tornando al suo posto di lavoro, fece arrivare qualche attimo dopo il bicchiere d'acqua che voleva Makoto.

Sousuke si sarebbe anche voluto concentrare sul suo lavoro, come stava facendo prima dell'ingresso di Tachibana, ma suo malgrado finì più volte per fissarlo. Makoto si stava comportando in un modo decisamente strano, ad esempio, sussultava ad ogni rumore troppo forte, guardandosi attorno come se temesse di veder spuntare chissà quale mostro, ed inoltre sembrava quasi centellinare l'acqua, ne beveva un piccolissimo sorso poi riappoggiava il bicchiere sul tavolino.

In un'altra occasione, Sousuke si sarebbe decisamente fatto i fatti suoi, ma quel comportamento era davvero troppo sospetto per ignorarlo. Non conosceva Tachibana - si erano scambiati sì e no cinque frasi quando si incontravano alle varie gare di nuoto -, e tutto quello che sapeva sulla sua persona riguardava i racconti di Rin.

Tramite il suo migliore amico sapeva che Makoto era una brava persona, un ragazzo gentile e a tratti ingenuo, che 'ci sapeva fare con i gatti', e alla luce di quelle conoscenze l'idea che potesse esserci qualcuno, o qualcosa, in grado di farlo reagire in quel modo così spaventato riuscì addirittura ad infastidirlo.

Per quel motivo, approfittando di un momento di quiete tra il continuo via vai di clienti, tornò al tavolo dell'altro.

« Ehi», lo chiamò, osservandolo sussultare e rivolgergli poi un sorriso tirato.

« Sì?»

« Vuoi qualcos'altro oltre l'acqua?», chiese, lanciando un'occhiata al bicchiere mezzo pieno.

« No no! Sono a posto così», dichiarò Makoto rapidamente.

« D'accordo e... devo parlarti», sbottò a quel punto Sousuke, guardando altrove per celare l'imbarazzo, « Aspettami qui dopo la chiusura, non scappare», aggiunse dandosi poi alla fuga, lasciando Tachibana con il viso rosso e senza neanche attendere una risposta.

Makoto, ovviamente, era stupito da quella strana richiesta ma visto quello che sicuramente lo aspettava a casa, l'idea di restare in quel posto ancora per un po' lo rassicurava, e continuando a dosare l'acqua - e poi anche le patatine fritte con la coca-cola che, a detta della cameriera, gli erano state offerte dalla casa -, attese che il locale si svuotasse e che Sousuke lo raggiungesse sedendosi proprio davanti a lui.

« Grazie per essere rimasto», borbottò mettendosi comodo.

« G-grazie a te... per le patatine intendo», spiegò Makoto, teso e un poco nervoso, ma anche abbastanza curioso.

« Come ti ho detto, non voglio farmi gli affari tuoi, ma anche un bambino si sarebbe reso conto che sei terrorizzato», spiegò Yamazaki andando diretto al punto.

« C-cosa?»

« Per tutta la serata sembravi sul punto di nasconderti sotto il tavolo», proseguì, aggiungendo poi un: « Se ne sarebbe reso conto chiunque», per nascondere il fatto che non avesse fatto altro che fissarlo da quando era entrato nel locale.

Tachibana, con le guance leggermente arrossate, sembrò quasi cercare una risposta ma era stato preso in contropiede e non sapeva proprio come comportarsi.

« C'è qualcuno che ti sta stressando?», insistette di conseguenza Sousuke, continuando a guardarlo negli occhi con decisione - sembrava quasi pronto a mettersi davanti a lui come uno scudo e quello fece diventare il volto di Makoto ancor più rosso.

« No no! Non c'è nessuno!», si affrettò quindi a rispondere, ed effettivamente era pure vero: un fantasma non era propriamente un 'qualcuno'.

« Mi accorgo quando una persona mente», ribatté Yamazaki, e per quanto Makoto si vergognasse della sua debolezza - e della stupida convinzione che a casa sua ci fosse un fantasma -, non poté far altro che crollare.

« C-credo che... ci sia qualcuno a casa mia», svelò, osservando poi il volto di Sousuke farsi più serio.

« Qualcuno?», ripeté come per assicurarsi di aver capito bene.

« S-sì... m-ma non ridere...»

« Non potrei mai», lo rassicurò Sousuke.

« Ecco credo sia un... fantasma», ammise Tachibana, nascondendosi poi dietro le proprie mani - dirlo ad alta voce era ancor più imbarazzante del previsto.

Yamazaki rimase in silenzio, incerto su come rispondere a quell'affermazione.

« D'accordo», pronunciò senza però riuscire suo malgrado a nascondere un tono vagamente divertito.

« Mi stai prendendo in giro!», si lamentò Makoto, e Sousuke non poté far altro che trattenere una risatina - perché... andiamo: un fantasma?!

« Non esistono», dichiarò infatti.

« A-allora come spieghi il fatto che... c-che è tutta la settimana che mi sento osservato e seguito?», lo incalzò Tachibana, « N-non solo mentre sono fuori casa ma anche quando sono lì. A volte sento addirittura dei rumori e... e prima ho visto un'ombra alla finestra. Non me lo sono sognato!», continuò cercando di difendersi, e dinnanzi a quelle parole il volto di Sousuke tornò a farsi serio.

Non credeva che ci potesse essere per davvero un fantasma nell'appartamento di Makoto - non esistevano, e Tachibana era davvero un credulone -, ma l'idea che potesse esserci seriamente una persona dietro quello che stava succedendo all'altro lo costrinse a dimenticare la voglia che sentiva di prenderlo ancora in giro.

« Hai detto che è così da tutta la settimana?», chiese.

« Sì...»

« E non hai visto nessuno di sospetto?», continuò ad interrogarlo e quando Makoto scosse la testa non gli restò altro che alzarsi in piedi con un'espressione seria ma preoccupata, « Ti accompagno io a casa, così darò un'occhiata e nel caso chiamiamo la polizia. D'accordo?»

« N-non voglio... crearti problemi», rispose subito Tachibana, stupito da quell'interessamento e dalla gentilezza dell'altro.

« Non è un problema. Queste cose non vanno prese alla leggera», ribatté Sousuke, « Allora, ti alzi sì o no?»

Makoto sussultò e balzò subito in piedi, tenendo però lo sguardo basso per l'imbarazzo. Non aggiunse altro e, dopo aver atteso che Yamazaki chiudesse il locale ormai vuoto, iniziò a fargli strada verso il suo appartamento.

Camminarono fianco a fianco e Makoto poté davvero sentirsi sollevato nel rendersi conto di non avvertire più quella strana sensazione... quello, tuttavia, non cambiava la realtà dei fatti.

« Non credi che sia un fantasma, vero?», domandò di fatti qualche momento dopo.

« No», rispose Sousuke, « Per questo ti accompagno», aggiunse.

« G-grazie...»

Yamazaki gli lanciò un'occhiata, scorgendo negli occhi di Makoto non poca paura - era più che naturale, gli aveva fatto praticamente capire che temeva che ci fosse un malintenzionato ad attenderlo lì da qualche parte.

Si diede dello stupido. Doveva rassicurarlo e non spaventarlo in quel modo.

« Ecco... studi qui?», chiese a quel punto, cercando di far distrarre l'altro.

« Sì», rispose piano Tachibana, « Voglio diventare un istruttore», spiegò, anticipando in quel modo la seconda domanda di Sousuke.

« Quindi hai rinunciato al nuoto professionistico?»

« Non fa per me», ammise Makoto, « Non sono come Haru o Rin... ma... t-tu piuttosto! La tua spalla?», si affrettò subito a chiedere, guardandogli la spalla che venne istintivamente coperta dalla mano. Distolse lo sguardo, bloccandosi però quando sul viso di Sousuke non vide una smorfia ma un piccolo sorriso.

« Sto cercando di guadagnare qualcosa per un'operazione», svelò, nascondendo dietro quell'affermazione il sollievo nel vedere Tachibana finalmente distratto.

« D-davvero?»

Sousuke annuì.

« Mio padre vuole che metta una pietra sopra al nuoto, ma non voglio smettere di crederci e provarci. Non fino a quando ci sono delle possibilità», spiegò.

« Spero che vada tutto bene», rispose sincero Makoto, regalandogli un sorriso che riuscì a far mancare un battito al cuore di Yamazaki.

Avrebbe anche cercato di interrogarsi sulla strana reazione che aveva avuto il suo corpo, tuttavia Tachibana riuscì di nuovo a distrarlo e a riportarlo alla realtà, annunciando di essere arrivato davanti al suo appartamento.

La voce del giovane si era fatta subito tesa, così come tutto il suo corpo, e Sousuke cercò di prendere subito in mano la situazione.

La porta non sembrava forzata ed era chiusa a chiave, di conseguenza eliminò subito l'opzione di un effrazione domestica dall'elenco.

« Chi altro ha le chiavi?», domandò tendendo la mano in attesa del mazzo che stringeva in mano Makoto.

« S-solo Haru», rispose, lasciando cadere sul palmo di Sousuke le chiavi, « Ma è in Australia»

« Lo sospettavo», assentì Yamazaki, cercando a quel punto di aprire la porta... bloccandosi quando alle sue orecchie giunse un rumore proveniente proprio dal legno dell'uscio. Sembrava che ci fosse qualcosa all'interno della casa e quel qualcosa stava graffiando la porta.

Ovviamente quel rumore venne percepito anche da Makoto che, spaventato, non esitò a nascondersi dietro la schiena di Sousuke emettendo un gridolino.

Yamazaki cercò ovviamente di non farsi prendere dall'agitazione come l'altro e, abbassando la maniglia, aprì lentamente la porta. L'ingresso era lievemente illuminato dalla luce dei lampioni ma sembrava non esserci nessuno.

Trattenne il fiato, facendo scorrere gli occhi fin dove poteva senza però attraversare quel confine... ritrovandosi poi a sussultare quando sentì un qualcosa sfiorargli le scarpe e tirargli leggermente l'orlo dei pantaloni.

Abbassò subito lo sguardo, incrociando dei grandi occhi gialli di un gattino che cercava di arrampicarsi sui suoi pantaloni. Rimase per un istante senza parole poi, abbassandosi, prese quella piccola palla di pelo per la collottola - ignorando Makoto che per quel suo movimento si lasciò sfuggire un: « C-che succede!?», terrorizzato.

Sollevò allora il gattino fino all'altezza della sua spalla, dietro la quale si nascondeva Tachibana.

« Credo sia questo il tuo fantasma», dichiarò, lasciando che le sue labbra si piegassero lentamente in un sorriso.

« C-cosa?», esalò Makoto, ed il gattino, nel riconoscere quella voce, emise un miagolio quasi estasiato che fece sparire la paura dal volto del giovane. Tachibana infatti non esitò a prenderlo subito in braccio carezzandolo con il volto in fiamme per l'imbarazzo.

« Hai un gatto?», chiede a quel punto Sousuke.

« N-no! Ma... credo di conoscerlo», ammise, « Do spesso da mangiare ai randagi».

« Quindi si è affezionato a te e ti ha seguito, probabilmente deve essere entrato dalla finestra e ti ha aspettato», sospirò Yamazaki, « Ma sono sollevato», dichiarò poi sincero. Era meglio un gatto che un ladro o peggio.

Makoto si concesse una risata nervosa, grattando la testolina del gattino che emetteva delle fusa felice tra le sue braccia.

« Crederai che io sia uno stupido, vero?»

« Non necessariamente», rispose l'altro, « Credo... sia normale spaventarsi se ci si sente osservati o seguiti. Anche se un fantasma, quello era davvero troppo», ghignò, ritenendosi soddisfatto nel vedere le guance dell'altro diventare ancor più rosse.

« Non prendermi in giro! Sono già abbastanza imbarazzato!», si lamentò facendo sghignazzare Sousuke.

« Ora però va tutto bene?», chiese poi, guardando Makoto con un po' più di serietà.

« Sì», assentì con un piccolo sorriso - e Sousuke si sentì esattamente come poco prima, cosa che lo fece agitare non poco anche se cercò di non darlo a vedere.

« Perfetto, allora... io posso anche andare a casa», dichiarò infatti, massaggiandosi la spalla e la nuca.

« I-io... grazie per avermi aiutato», mormorò guardandolo con sincera gratitudine, « Posso offrirti qualcosa? Vuoi entrare a casa?», aggiunse poi.

« No. Va bene così», rifiutò Sousuke, smorzando le successive domande di Makoto con un: « Ci vediamo, Tachibana», prima di allontanarsi con un cenno del capo.

Forse era stato un po' maleducato da parte sua, ma era stato più che naturale per lui scappare davanti a quelle strane sensazioni.

« Y-Yamazaki-kun! Aspetta!»

Sousuke sussultò e si fermò subito nel sentire la voce di Makoto alle sue spalle, e quando si voltò lo vide correre e fermarsi rosso in volto a pochi passi da lui.

« L-lavori anche domani?», chiese rapidamente, rivolgendogli uno sguardo speranzoso - respirava affannosamente e Sousuke cercò di non fissargli troppo la bocca... dandosi poi dello stupido per quel pensiero.

« Sì», rispose Yamazaki aggrottando le sopracciglia per la confusione e lo stupore.

« Perfetto! Allora... ci vediamo domani», dichiarò, piegando di nuovo le labbra in quel sorriso che, come i precedenti, aveva fatto agitare il cuore di Sousuke.

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Capitolo 4
*** Day 4 - Families | Family ***


Titolo: Family
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Shonen-ai, Alternative Universe - Modern Setting
Conteggio Parole: 3600
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. La fic… non mi piace XD la fine non l’ho gestita come volevo perché dovevo finirla entro la mezzanotte quindi sono stata un po’ veloce… comunque bohXD eccola XD
3. La dedico tutta al mio amore che mi ha aiutato tantissimo ç///ç grazie mille!


Quando da bambino Sousuke si immaginava adulto, si vedeva come il più forte campione di nuoto mai esistito e con così tanti soldi da potersi comprare tutti i ghiaccioli che desiderava. Poi ovviamente, come spesso accadeva, la realtà si rivelava essere ben diversa dai desideri infantili. Perché a trentadue anni del suo sogno di diventare un nuotatore professionista rimanevano soltanto tanti rimpianti, le coppe di quando era un bambino ed una spalla che, anche a distanza di anni, continuava a creargli dei fastidi al cambio stagione.

Si era ritrovato a lavorare nel locale di suo padre - cercando di far conciliare lo studio all’università con quell’impegno -, a sposarsi per convenienza con una ragazza che gli aveva presentato proprio la sua famiglia - per ‘proteggere le apparenze’ dicevano, perché in una città piccola come Iwatobi le voci correvano -, e in seguito ad allevare una figlia da solo quando sua moglie aveva deciso che vivere in quel ‘paesello’ non faceva per lei. Aveva abbandonato la famiglia da un giorno all’altro, facendogli recapitare i documenti per il divorzio ed il totale affidamento di Suzume tramite un avvocato e dando all’esistenza di Sousuke quel tocco di crudele ed ironica assurdità tipico dei film e dei manga.

Odiava la sua vita? Alle volte sì, e alcuni giorni sentiva di aver sbagliato tutto, di essere lui stesso ‘sbagliato’. Perché si sarebbe dovuto riguardare meglio e salvare la sua carriera sportiva, non avrebbe mai dovuto lasciarsi condizionare dalla sua famiglia e non vergognarsi di quel che era, ma suo malgrado era in quegli stessi momenti di rabbia e tristezza che gli bastava guardare il sorriso di Suzume per dimenticare ogni rimpianto e dispiacere, tentando con tutto se stesso di darle una vita migliore.

Suzume era il suo tesoro: l’unica cosa positiva della sua vita e per lei avrebbe fatto di tutto… infatti quando la sua bambina lo pregò di portarla a scuola di nuoto - perché anche il suo papà nuotava e lei voleva diventare come ‘il suo eroe’ - non riuscì proprio a negarglielo.

In futuro forse avrebbe anche preso in considerazione la possibilità di ringraziarla per quello, ma in quel momento ancora non sapeva che la sua vita stesse per cambiare… neanche quando, per la prima volta, incrociò gli occhi verdi di Makoto Tachibana.

Fu proprio l’istruttore di nuoto ad accoglierli una volta varcata la porta d’ingresso, con un dolce sorriso sulle labbra e la voce calda e gentile che riuscì incredibilmente a far sentire Sousuke a suo agio.

« Salve, posso aiutarla?», domandò tendendogli la mano.

« Volevo iscrivere mia figlia», rispose semplicemente tendendo poi la mano che gli venne subito stretta, « Io sono Yamazaki Sousuke, mentre lei è Suzume», aggiunse.

« Io sono Tachibana Makoto, l’istruttore», si presentò questo, chinandosi poi per trovarsi fino all’altezza di Suzume, « E sono felice di conoscervi», concluse con gentilezza, sorridendo poi quando la bambina, per imbarazzo, si nascose prontamente dietro le gambe del padre.

« È la prima volta che viene in piscina?», chiese alzando lo sguardo verso Sousuke.

« Sì», assentì questo carezzando lentamente i capelli scuri di Suzume che sembrò subito rilassarsi per quella carezza.

« Oh, capisco… e quanti anni hai, Suzume?», domandò Makoto, rivolgendosi direttamente alla bambina ed attendendo pazientemente la timida risposta che provenì da dietro le gambe dell’uomo.

« … sei anni...»

« E vuoi imparare a nuotare?»

« Sì, perché il mio papà è bravissimo! Voglio diventare bravissima come lui!», esclamò Suzume a quel punto, trovando un po’ di sicurezza ed uscendo finalmente dal suo nascondiglio.

Makoto le sorrise ed allungò a sua volta la mano per carezzarle la testa.

« Sono certo che ci riuscirai», rispose infatti, alzando poi lo sguardo verso Sousuke, « Se vuole può farle fare una settimana di prova, abbiamo altri bambini tra i principianti e sono certo che si divertirà tantissimo», spiegò rimettendosi in piedi.

Sousuke assentì, ed in men che non si dica si trovò seduto sulle gradinate della piscina, ad osservare il piccolo gruppetto di bambini seduti a bordo vasca, con le tavolette posate sulle gambe ed i braccioli, intenti ad ascoltare Makoto ed i suoi insegnamenti.

Li tenne d’occhio con attenzione, riuscendo a tacere quel vago sentimento di nostalgia e rabbia legato al nuoto solo quando vide la sua Suzume compiere i suoi primi esercizi, sempre affiancata dall’istruttore. Ed alla fine gli venne quasi spontaneo sorridere e rilassarsi del tutto nel vederla ridere ed esultare, giocare con gli altri suoi compagni ed iniziare ad abituarsi non solo all’acqua ma anche alla compagnia degli altri bambini.

Era sempre stata una bambina timida nei confronti degli estranei - forse anche a causa di Sousuke e della sua iperprotettività -, ed il crescere senza una madre aveva di certo contribuito a farla chiudere ulteriormente in se stessa, di conseguenza era davvero stupendo il vederla finalmente divertirsi in quel modo con dei coetanei.

Infatti non si trattenne dal regalarle un piccolo sorriso quando, alla fine della lezione, la bambina gli saltò letteralmente al collo.

« Mi piace nuotare! Posso venire ancora a nuotare? Posso papà? Ti prego!», lo pregò, guardandolo con quelle sue grandi iridi ambrate alle quali Sousuke difficilmente riusciva a dire di no.

« D’accordo», acconsentì, ricevendo come ringraziamento dei numerosi baci sulle guance e dei gridolini estasiati.

Ridacchiò carezzandole la testa e cercando poi di darsi un contegno quando notò lo sguardo intenerito dell’istruttore di sua figlia. Si scambiarono un semplice cenno con il capo in segno di saluto, e mentre Suzume salutava Makoto con un allegro: « Ciao Coach Tachibana!», Sousuke si apprestò ad abbandonare con lei la piscina, certo che ci avrebbe rimesso piede tante altre volte.

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Suzume lasciò subito la mano di Sousuke per correre dentro la piscina e salutare allegramente Makoto che, come ogni giorno, attendeva i genitori ed i bambini al bancone d’ingresso.

« Coach Tachibana!»

« Suzume-chan!», la salutò a sua volta l’uomo, « Come va? Sei pronta per l’allenamento?»

« Sì! Oggi ci insegni ad nuotare a rana? Vero?», domandò allegra.

« Prima dobbiamo vedere se avete fatto dei progressi a dorso», rispose tranquillo Makoto, rivolgendo poi un sorriso in saluto anche a Sousuke che finalmente li aveva raggiunti.

Suzume annuì con convinzione prima di correre all’inseguimento di Riho, un’altra delle bambine del corso che la stava chiamando a gran voce - ovviamente solo dopo aver salutato suo padre con un bacio sulla guancia.

« A dopo», mormorò Sousuke osservandola sparire dentro gli spogliatoi, dove una delle istruttrici della piscina si sarebbe occupata di prepararle per la lezione.

« In questi mesi Suzume-chan è davvero migliorata! È molto portata per il nuoto», dichiarò Makoto, rivolgendosi all’altro uomo con le labbra piegate leggermente verso l’alto in un’espressione dolce e rilassata.

« Non pensavo potesse piacerle così tanto», rivelò Sousuke, mettendosi le mani in tasca, « Ma… sono felice di essermi sbagliato».

« Lo fa perché lei è il suo eroe, Yamazaki-san», svelò l’istruttore, « Se Suzume-chan è così appassionata al nuoto è perché vuole diventare come lei».

Sousuke lo guardò subito, stupito da quelle parole. Sapeva quanto sua figlia fosse interessata al suo passato sportivo - aveva guardato più volte i filmini delle sue gare e si era fatta raccontare per filo e per segno la storia di ogni coppa e medaglia -, ma non pensava che la sua adorazione potesse essere così grande.

« Q-quindi… volevo cogliere quest’occasione per invitarla al festival che si terrà a fine mese», aggiunse Makoto, spostandosi sulla scrivania per prendere un volantino, « Faremo le staffette con i genitori per fare una sorpresa ai bambini, e ovviamente lei è invitato», ridacchiò imbarazzato, porgendo a Sousuke quel pezzo di carta colorato con il programma del festival.

Lo lesse attentamente, immaginandosi sin da subito la felicità negli occhi di sua figlia nel poter nuotare finalmente con lui.

« Credo di poterci essere», rispose quindi, trattenendo un ghigno divertito nel vedere Makoto fare un piccolo gesto esultante.

« Oh… ecco», si ricompose subito l’istruttore con una risatina nervosa, « G-grazie per la disponibilità».

« Sarà un piacere, Tachibana-san», dichiarò, abbandonando l’altro uomo per accomodarsi sugli spalti come ormai era abituato a fare.

A dirla tutta, Sousuke, stava già pregustando sin da quel momento il suo ingresso in piscina dopo tutti quegli anni. Aveva rinunciato del tutto al nuoto, concedendosi solamente qualche tuffo al mare quando vi portava sua figlia… e di conseguenza non poté negare di sentirsi un po’ emozionato.

Sperava davvero di fare una bella figura, stupendosi quando si rese conto di voler apparire in forma non solo per sua figlia ma anche per Makoto. In quei mesi aveva avuto modo più volte di scambiare qualche parola con l’istruttore - avevano sempre e solo parlato di Suzume -, e l’aveva spesso e volentieri osservato alle prese con tutti quei bambini che lo adoravano - la sua stessa figlia era pazza di lui.

Gli piaceva e, suo malgrado, non poteva negarlo: Makoto era un uomo molto affascinante, con un carattere dolce e gentile; la tipica persona che si vorrebbe avere accanto per tutta la vita. Inizialmente Sousuke aveva cercato di non pensarci troppo - aveva cose ben più importanti per la testa -, ma più il tempo passava, più sentiva complicato l’ignorare quel che provava.

Perché sin dalla sua adolescenza aveva accettato la propria sessualità, ed anche se con il matrimonio, la nascita di Suzume ed il divorzio, era stato costretto a nascondersi e reprimersi, lui era quel che era. Non poteva cambiare. Anche se il fatto che si sentisse così interessato all’istruttore di sua figlia non gli sembrava poi un’idea tanto grandiosa.

Si passò una mano sul volto come per allontanare quei pensieri, tentando poi di concentrarsi sugli esercizi di dorso di sua figlia e degli altri bambini, e non su quanto Makoto fosse ‘adorabile’ con i suoi allievi - dandosi ovviamente dello stupido per aver appena definito l’istruttore, un uomo adulto, ‘adorabile’.

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Il Festival organizzato dal gruppo sportivo era ormai alle porte, e così come Suzume, anche Sousuke iniziò ben presto a sentire l'emozione e l'impazienza aumentare. Ovviamente la sua bambina era totalmente all'oscuro della sua partecipazione nella staffetta Gentitori-Figli, e la necessità di fare una bella figura - mista alla sua naturale competitività -, costrinsero l'uomo ad interrogarsi sulla sua forma fisica.

Fu in quel momento che la sua vita prese una svolta del tutto inaspettata.

Sapeva di aver perso parte del suo tono muscolare in quegli anni di inattività - si teneva in forma, ma era ben diverso dagli allenamenti fatti quando puntava all'eccellenza nel nuoto -, e l'idea di fare una figuraccia dinnanzi agli occhi di Suzume lo inorridiva e preoccupava al tempo stesso.

Per quel motivo, ad una settimana dall'evento, si ritrovò a chiedere a Makoto l'autorizzazione di utilizzare la piscina - si era informato sugli orari e sul costo del nuoto libero per gli adulti.

L'istruttore lo guardò inizialmente stupito per quella richiesta, ma non faticò neanche ad afferrare il reale motivo di quella domanda.

« Credo si possa fare», rispose infatti con un sorriso dolce, « Se lei lo preferisce, posso farla nuotare alla fine dei turni, la sera», propose stupendo non poco Sousuke.

« Come?», aggrottò le sopracciglia.

« Vuole prepararsi per la staffetta, giusto?», chiese Makoto, grattandosi una guancia.

« Esatto», ammise l'altro, nascondendo le mani improvvisamente sudate dentro le tasche.

« Quindi... c-credo che... non credo di riuscire a spiegarmi», rise nervosamente l'istruttore, « Forse è per darle più tempo e libertà di movimento... io... t-tengo davvero tanto a questo evento e vorrei che Suzume-chan sia felice», balbettò imbarazzato, costringendo anche Sousuke a distogliere lo sguardo.

« Capisco...», mormorò in risposta, « Quindi... non ci sarà nessun'altro...»

« A parte me», concluse Makoto, e senza neanche pensarci troppo Sousuke accettò quella proposta. Infatti solo il giorno successivo affidò Suzume ai nonni al termine del suo turno al locale - la bambina era davvero felice di poter passare del tempo con i suoi parenti -, e dopo aver recuperato uno dei suoi vecchi costumi raggiunse Tachibana alla piscina - e come promesso dall'altro uomo, a parte loro due, non c'era nessun altro.

Durante tutta la giornata non aveva fatto altro che pensare al quello che lo avrebbe atteso quella sera - cercando di convincersi che quella dell'istruttore fosse solo ed esclusivamente una gentilezza che avrebbe rivolto a tutti... anche se la cosa gli faceva sentire lo stupido tarlo della gelosia nelle vene.

Si sarebbe ritrovato da solo con Makoto e, come un adolescente al suo primo appuntamento, Sousuke faticava a trattenere il proprio nervosismo. A dirla tutta, pur essendo certo della sua sessualità, a parte Rin - il suo primo ragazzo - non aveva mai avuto nessun'altra esperienza... e quindi provare quell'attrazione per Tachibana era una cosa del tutto nuova per lui.

« Yamazaki-san!», lo accolse subito Makoto con un sorriso.

« Tachibana-san...», Sousuke lo salutò a sua volta cercando di mostrarsi tranquillo, ed anche non eccessivamente agitato quando iniziarono a percorrere fianco a fianco il corridoio che li avrebbe portati agli spogliatoi.

« Ecco... grazie», borbottò a quel punto, « Per tutto questo, non sei costretto a farlo».

« È un piacere, Yamazaki-san», rispose subito Makoto, aprendo gli spogliatoi ed invitandolo ad entrare, « Se posso essere sincero… d-desideravo vederla nuotare da tanto e…»

« Davvero?»

Tachibana assentì, concedendosi una risatina.

« Suzume-chan mi ha parlato così tanto di lei… ed ero curioso», ammise.

Sousuke lasciò la borsa su una delle panche, incerto sul da farsi. Non sapeva proprio come reagire a quelle parole, o addirittura come interpretarle, di conseguenza cercò di mantenere il più possibile la calma senza farsi inutili filmini mentali.

« Quindi… questa è l’occasione giusta», commentò infatti dopo qualche momento, togliendosi i pantaloni e cercando al tempo stesso di non pensare a cose inadeguate, come il trovarsi nudo e solo con Makoto. « Ma ti avverto… sono fuori forma», aggiunse poi.

Tachibana sembrò quasi sul punto di dire qualcosa ma, arrossendo, scosse il capo.

« Vado… ad accendere le luci in piscina», dichiarò dandosi alla fuga e permettendo a Sousuke di cambiarsi senza l’imbarazzo di farsi vedere nudo da lui e di raggiungerlo qualche minuto dopo.

La piscina, come promesso da Makoto, era illuminata e quest’ultimo - cosa che stupì non poco Yamazaki - era già dentro di essa. Non si aspettava di certo di dover dividere con lui quello spazio, ma ovviamente non era poi un problema così grande.

Lo osservò infatti per qualche momento, studiandone la bracciata ed il movimento delle gambe nello stile dorso. Era la prima volta che lo vedeva nuotare per davvero - non lo faceva mai con i bambini - e poteva dirsi davvero stupito. Il suo stile infatti era un po’ rozzo, ma non per questo meno efficace.

Toccato il muro alla fine della vasca, Makoto si sollevò gli occhialini e si guardò attorno con il fiato corto, rivolgendo poi a Sousuke un sorriso senza però parlare, e a questo non restò altro che accettare quel muto invito e tuffarsi a sua volta dopo essersi riscaldato… rendendosi conto soprattutto in quel momento quanto gli fosse mancata la sensazione dell’acqua attorno a sé.

-----

« Domani è il gran giorno», commentò piano Makoto, sedendosi a bordo piscina accanto a Sousuke, offrendogli gentilmente un asciugamano.

L’uomo assentì pensieroso. Tachibana aveva ragione. Quella settimana, durante la quale lui e l’istruttore di Suzume si erano allenati insieme, era ormai giunta al termine e insieme a quello anche l’opportunità di Sousuke di passare altro tempo in compagnia dell’altro uomo.

Certo, poteva ritenersi soddisfatto perché durante quei giorni aveva imparato a conoscere un po’ di più Makoto - aveva vent’otto anni, amava i bambini e nuotava a dorso perché aveva sempre avuto timore dell’acqua e quello stile gli permetteva di vedere il cielo -, ma non poteva neanche negare che quei momenti gli sarebbero mancati.

« Già», mormorò poi, asciugandosi i capelli con l’asciugamano che gli aveva dato l’altro.

« Sono certo che Suzume-chan sarà felicissima», dichiarò piano Makoto, con un sorriso sincero sulle labbra.

« Lo spero», annuì Sousuke lanciandogli poi un’occhiata, « E spero che anche tu sia felice e al contrario non deluso dalla mia performance», aggiunse con un ghigno, godendosi uno spettacolo che in quei giorni aveva imparato ad apprezzare.

Makoto arrossiva spesso, soprattutto quando veniva stuzzicato… e lui non riusciva proprio a farne a meno.

« C-certo! Che domande sono?», cercò subito di riprendersi Tachibana, « Suzume-chan aveva ragione… riguardo alla bravura, intendo».

Sousuke sorrise per poi rivolgere uno sguardo verso la piscina.

« Non sai quanto mi mancasse nuotare», ammise, portando istintivamente una mano sulla spalla. Non gli aveva creato grandi fastidi, ma non aveva neanche potuto nuotare alla sua solita velocità… tuttavia poteva dirsi ugualmente soddisfatto.

« Se posso essere indiscreto… perché ha lasciato il nuoto?», chiese Makoto, assumendo poi un’espressione quasi pentita per quella domanda.

« Perché sono stato un idiota», si affrettò a rispondere Sousuke, bloccando sul nascere le scuse dell’altro, « Ho chiesto troppo al mio corpo e l’ho rovinato».

« La spalla…», assentì Tachibana consapevole.

« Poi se vogliamo dirla tutta, mio padre non vedeva di buon occhio il nuoto professionale né le mie amicizie», aggiunse, ricevendo un’occhiata interrogativa da parte di Makoto, che ovviamente si trattenne dal rivolgergli una domanda più specifica.

Sousuke non era certo di voler dire certe cose all’altro uomo - soprattutto quando per ‘amicizie’ lui intendeva Rin, il suo primo ragazzo -, ma in quel momento si sentiva così a suo agio che gli sembrò quasi naturale iniziare a parlare.

Non era un tipo da grandi discorsi, preferiva che fossero i gesti a parlare per lui, ma con Makoto era davvero facile aprirsi.

« Quando il problema alla spalla è peggiorato, mio padre mi ha costretto ad iniziare a lavorare nel suo locale. Per qualche anno ho studiato e lavorato ed alla fine, mi sono ritrovato in un matrimonio di convenienza per ‘salvare le apparenze’ con una moglie che se ne è andata via alla prima occasione, lasciandomi con Suzume», dichiarò senza troppi giri di parole.

« Io… mi dispiace…»

« Non devi dispiacerti», rispose Sousuke, « Suzume è la cosa più bella che mi sia capitata».

Makoto sorrise subito nel sentire quell’affermazione.

« Lei è… un bravo padre e una bravissima persona, Yamazaki-san», mormorò con un pizzico di emozione nella voce.

« Comunque è Sousuke, Makoto», mormorò in risposta questo, voltandosi verso l’altro uomo che sussultò visibilmente, « Puoi chiamarmi per nome ormai», proseguì, osservando le guance di Tachibana colorarsi di rosso.

« E-eh… d’accordo», rispose Makoto stupito, « S-sousuke-kun».

Yamazaki sorrise nel sentire il suo nome sulle labbra dell’altro, continuando poi a far scorrere lo sguardo sull’acqua calma della piscina.

« Grazie…», mormorò poi.

« Non ho fatto niente», ribatté Tachibana, iniziando a muoversi irrequieto accanto a lui per poi iniziare ad inciampare sulle sue stesse parole, « E se vuole… cioè, se vuoi… puoi continuare a… venire qui a nuotare la sera… io… io ci sarò».

Sousuke lo guardo dapprima stupito poi gli venne quasi spontaneo ghignare per nascondere il crescente imbarazzo che gli avrebbe fatto bruciare il viso.

« Non pensavo ti piacesse tanto la mia compagnia, Makoto», rispose.

« P-più di quanto credi, Sousuke-kun».

-----

Sousuke non si era quasi reso conto di come lentamente Makoto fosse entrato a far parte della sua famiglia.

Il giorno dopo il Festival lo aveva invitato a cena - e Suzume era così felice all’idea di avere il suo insegnante a casa che non riuscì a stare zitta neanche per un minuto - e solo la settimana successiva era stato lo stesso Makoto a ricambiare quel gesto, facendo diventare la cena - o il pranzo - a casa di uno dei due quasi un appuntamento fisso.

La presenza l’uno dell’altro nella rispettiva vita divenne quasi una piacevole routine che non si spezzò neanche quando una sera, Tachibana si sentì in obbligo di confessare una cosa all’altro uomo.

« S-sono gay».

Sousuke non si mostrò stupito - dopo tutto quel tempo entrambi avevano intuito le inclinazioni sessuali dell’altro -, e sapeva che quell’affermazione era più che altro un modo per mettere le carte in tavola senza più segreti.

« Anche io», rispose infatti senza darvi troppo peso, « La pizza la preferisci ai funghi o al prosciutto?»

Per la prima volta nella sua vita, Sousuke si sentiva felice e non avrebbe permesso a nessuno di rovinare quel momento.

Inoltre, anche Suzume aveva accettato di buon grado la presenza di Makoto a casa sua, soprattutto da quando suo padre aveva iniziato ad invitarlo a restare anche per la notte - il suo istruttore le raccontava delle favole e faceva le voci per tutti i personaggi, era bello averlo in casa.

E quando Sousuke, forse un po’ per saggiare il terreno, le aveva chiesto se sarebbe stata felice nel vivere insieme a Makoto - se voleva 'farlo entrare a far parte della famiglia' -, lei, dimostrando una maturità che neanche suo padre si aspettava di incontrare, rispose semplicemente con un: « Se il papà è felice sono felice anche io! E Mako-chan mi racconta sempre le favole!».

Ovviamente l’uomo prese quella risposta con non poco sollievo, ma anche come il permesso per cercare di far mutare quella relazione. Infatti una sera, mentre lavavano i piatti - avevano appena messo Suzume a letto -, non si trattenne dallo sporgersi improvvisamente verso il viso di Makoto e rubargli un rapido bacio sulle labbra.

Tachibana rimase interdetto per quel gesto, con il viso rosso ed il cuore che improvvisamente gli era balzato in gola.

« C-Cosa… p-perché…?», balbettò confuso, concedendosi subito un sorriso quando iniziò a capire la risposta. Sapeva benissimo che Sousuke preferiva i gesti alle parole, e in un certo qual modo era anche questione di tempo prima che uno dei due facesse il primo passo - si comportavano già come un'allegra famigliola, a dirla tutta.

« Devo… dedurre che io ti piaccio?», domandò infatti Makoto.

« Esattamente», sbottò Yamazaki.

« Mi piaci anche tu», ribatté concedendosi una risata sollevata e felice, appoggiando la fronte contro quella di Sousuke.

« Sai… questa ‘cosa’ fa tanto shoujo manga», mormorò in risposta l’altro uomo, piegando a sua volta le labbra in un sorriso divertito.

« Significa solo che le cose belle succedono», ribatté dolcemente Makoto smettendo di ridere per poi piegarsi verso di lui per poterlo baciare di nuovo.



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Capitolo 5
*** Day 5 - Established Relationship | Hospital ***


Titolo: Hospital
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki, Rin Matsuoka
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Shonen-ai, Future Fish!AU
Conteggio Parole: 600
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. La stupiditàXD
3. La dedico tutta al mio amore che mi ha aiutato tantissimo ç///ç grazie mille!


" Sousuke è all'ospedale".

A Makoto erano bastate quelle poche parole, scritte in un messaggio di Rin, per lasciare la caserma dei Vigili del Fuoco e correre all'ospedale, pallido come un fantasma.

Era da quando Sousuke era entrato all'Accademia qualche anno prima che viveva nel terrore che potesse succedergli qualcosa, e in quel momento era come se tutti i suoi peggiori incubi si fossero realizzati. Infatti, quando vide Rin nel corridoio non riuscì a trattenersi dall'assalirlo pieno di domande e preoccupazioni.

« Dov'è? Come sta? Cosa è successo?»

Matsuoka tuttavia si limitò a ghignare - cosa che Makoto non riuscì proprio a spiegarsi - e ad indicare una camera. Ovviamente Tachibana smise letteralmente di farsi delle domande e si fiondò subito dentro la stanza senza pensarci due volte.

Nel lettino, disteso prono, c'era Sousuke. Senza pantaloni e con delle garze insanguinate sulla natica destra.

« Il tuo fidanzato si è beccato una pallottola ad aria compressa nel sedere durante l'addestramento», dichiarò Rin, facendo sussultare non solo Makoto ma anche Sousuke, che si era reso conto in quel preciso istante di quella visita inaspettata, « Non è ironico?»

« Rin! Ti ammazzo!», sbottò Yamazaki, incapace di nascondere il rossore che andò a colorargli il viso, « Questa me la paghi!»

« Volevi davvero privare Makoto di questa... cosa?!», ridacchiò ancora Rin che, ormai era palese, trovava quella situazione alquanto comica. Anche se non lo stava dando a vedere, quando Sousuke era stato colpito si era spaventato a morte - aveva pianto, ma non lo avrebbe mai ammesso -, tuttavia in quel momento era anche sicuro che il suo migliore amico si sarebbe ripreso, quindi si sentiva decisamente più calmo.

Solo Tachibana non era ancora certo di come voleva classificare tutto quello, ma sapeva di sentirsi sollevato nel vedere Sousuke litigare con Rin. Cercò quindi di riprendersi dallo stupore e dallo spavento, facendo qualche passo verso il suo compagno, senza però riuscire a cancellare del tutto la preoccupazione dal suo viso.

« Come stai?», domandò, mettendo fine allo scambio di insulti tra gli altri due.

« Come uno che ha preso una pallottola nel sedere», rispose Sousuke imbarazzato, riuscendo a strappare un piccolo sorriso anche a Makoto.

« Sono... così felice che tu... cioè... stia bene», mormorò sincero Tachibana, sentendo tutta la tensione accumulata in quell'ultimo quarto d'ora scivolate via, costringendolo a mordersi le labbra per non iniziare a singhiozzare - ovviamente non riuscì ad impedire alle lacrime di iniziare a scorrergli lungo le guance.

Sousuke, che si aspettava quella reazione, si sforzò subito di sorridergli nel tentativo di rassicurarlo.

« Ehi...», lo chiamò, allungando la mano per cercare quella del suo fidanzato - lanciando al tempo stesso un'occhiataccia a Rin che, capita la situazione, uscì dalla camera chiudendo la porta alle sue spalle.

Makoto gli strinse subito la mano, tirando su con il naso e tentando con l'altro braccio di asciugarsi gli occhi.

« H-ho avuto... paura».

« Rin è un idiota, ti ha fatto preoccupare inutilmente. Sono dolorante ma sto bene», rispose Sousuke, muovendo il pollice per carezzare la mano che Makoto gli stringeva.

« S-sì...», annuì Tachibana, stringendo le labbra in un piccolo broncio.

« Ha pianto anche Rin se questo ti aiuta», aggiunse, riuscendo di nuovo a far ridacchiare Makoto.

« Quando ti dimettono?», domando sentendosi un poco più calmo.

« Devono finire la medicazione».

« E... t-ti fa tanto male?»

« Sono senza pantaloni e tu mi stai chiedendo se mi fa male il sedere», gli fece presente Sousuke, godendosi l'accesso rossore che andò a colorare il volto di Makoto.

« E-evidentemente stai bene!», esclamò imbarazzato, ma anche molto più tranquillo.

Yamazaki sorrise a sua volta, e stringendogli la mano con più sicurezza, reclamò un bacio che Makoto, ovviamente, non gli negò.



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Capitolo 6
*** Day 6 - Touch | Train ***


Titolo: Train
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo, Fluff
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Shonen-ai, Established Relationship
Conteggio Parole: 745
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. Se il capitolo scorso era stupido… questo supera ogni limite XD ma perdonatemi: volevo mettere per iscritto un mio kink X°D
3. Non betata ç____ç


Una volta Makoto aveva visto un pezzo di un anime hentai a casa di Nagisa, nel quale una ragazza veniva molestata sul treno. Non aveva mai avuto interesse per quel genere di anime - anche volendo, vivendo con due fratellini piccoli che non conoscevano la parola 'privacy', era davvero complicato - e, dinnanzi a quelle scene via via sempre più spinte, che il padrone di casa si rifiutava di togliere, lui si era imbarazzato a morte.

La sua reazione aveva ovviamente fatto ridere Nagisa, mentre Rei - che era riuscito miracolosamente a spegnere il computer - si lanciò sin sa subito in delle lunghe spiegazioni su quanto potesse essere assurda la situazione descritta in quell'anime... tuttavia, quando sentì una mano sul suo sedere niente di tutto quello gli sembrava irreale.

Di assurdo c'era il fatto che lui era un ragazzo e non una studentessa con la gonna eccessivamente corta e dall'aspetto invitante. Lui era un maschio e... e quelle cose non accadeva ai ragazzi! Ma la mano sul suo sedere continuava ad essere decisamente reale.

Poteva essere un errore, si disse cercando di mantenere la calma, o poteva anche essere la sua fantasia che galoppava troppo - magari non era un 'molestatore'. Di conseguenza cercò di allontanare ogni dubbio e di fare qualche passo in avanti nella speranza di superare gli altri passeggeri che si accalcavano tra ingressi ed uscite, tirando poi un sospiro di sollievo nell'arrivare vicino alle porte.

Tuttavia, la mano tornò subito sulle sue natiche, stringendone una con forza fino a farlo sussultare. Sentì il viso andare a fuoco - abbassò addirittura il capo nella speranza di nascondersi - portando poi il braccio dietro la schiena per cercare di afferrare il polso del suo molestatore ed allontanarlo. Di voltarsi non se ne parlava proprio: sarebbe morto per l'imbarazzo e per la paura.

Il suo polso però venne afferrato con sicurezza dall'altra mano dell'uomo alle sue spalle - non aveva dubbi sul fatto che fosse un uomo -, strappandogli un verso spaventato.

« Fermo», sussurrò una voce direttamente nel suo orecchio, facendolo trasalire.

« N-no», si oppose cercando di non far tremare troppo la voce.

Sentiva le ginocchia deboli per l'imbarazzo e la paura, ma non per quello si sarebbe lasciato molestare dal primo sconosciuto. Sentì una risata carezzargli le orecchie, rubandogli dei brividi vagamente familiari lungo tutta la colonna vertebrale.

Fu quella strana sensazione di familiarità a spingerlo a cercare in tasca il suo cellulare. Scrisse alla cieca solo poche parole, sperando ovviamente che il suo ragazzo rispondesse velocemente al telefono.

Non sapeva esattamente cosa avrebbe potuto fare Sousuke, che si trovava dall’altra parte della città, ma non aveva avuto idee migliori.

Cercò in ogni caso di allontanarlo e di liberare il suo polso dalla ferrea presa dell’uomo alle sue spalle, ma quel suo tentativo si concluse come il precedente e si ritrovò di conseguenza schiacciato contro la porta, con il corpo dell’altro contro il suo.

« Makoto…», il suo nome, sussurrato lentamente sulla pelle sensibile vicino all’orecchio, lo fece sussultare, e ancor prima di chiedersi come il suo molestatore fosse a conoscenza del suo nome - e neanche perché quel tono fosse così familiare -, avvertì un qualcosa vibrargli contro le natiche.

Emise un altro gridolino nel sentire quella vibrazione, seguita poi da una suoneria che, cosa che lo stupì non poco, conosceva fin troppo bene… ed infatti, con una risata, l’uomo alle sue spalle lo liberò, costringendolo poi a voltarsi.

Si sarebbe voluto ribellare - era ancora terrorizzato nonostante tutto -, ma quando incrociò gli occhi chiari del suo ragazzo, tutte quelle piccole cose che poco prima lo avevano confuso nella paura, sembravano finalmente tornare al loro posto.

« T-tu…», mormorò con il viso rosso.

« Yo», lo salutò con un ghigno compiaciuto Sousuke, prendendo il cellulare dalla tasca per poter leggere il messaggio che Makoto gli aveva inviato poco prima, « Eccomi qui ad aiutarti», dichiarò.

« S-sei un idiota!», borbottò Tachibana, nascondendo il volto tra le mani, « Ero terrorizzato!»

« Non avrei fatto niente», lo rassicurò prontamente Sousuke, « Volevo solo vedere come reagivi».

« N-non dovevi essere… a s-scuola?», domandò l’altro, abbassando le mani e cercando di cambiare discorso nel tentativo di calmarsi e di dimenticare l’agitazione di poco prima.

« … sorpresa!»

« … ti ho già detto che sei un idiota?», mugugnò Makoto, sussultando quando Sousuke gli mise di nuovo una mano sulle natiche, rubandogli poi un veloce bacio sulle labbra.

« Se vuoi, puoi continuare a darmi dell’idiota», ribatté questo, stringendo le dita sul sedere dell'altro, « Perché credo di averci preso gusto, sai?»

« I-idiota!»

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Capitolo 7
*** Day 7 - Free Prompt! | Worries ***


Titolo: Worries
Fandom: Free!
Personaggi: Makoto Tachibana, Sousuke Yamazaki
Pairing: SouMako
Genere: Introspettivo
Rating: SAFE
Avvertimenti: OneShot, Pre-Shonen-ai, What if? (E se…), Canon Divercence, Hurt/Comfort
Conteggio Parole: 1130
Note: 1. Scritta per la SouMako Week
2. Avevo iniziato questa fic subito dopo una certa puntata e… l’ho finita oggi XD quindi eccola come settimo ed ultimo giorno della SouMako Week. Io boh… vorrei che continuasse all’infinito çAç
3. Non betata ç____ç


Era stato il rumore dell'acqua proveniente dallo spogliatoio a costringere Makoto a bloccarsi nel bel mezzo del corridoio deserto.

La luce era spenta, e Tachibana non poté ovviamente nascondere a se stesso di aver sentito un brivido percorrergli la schiena quando rivolse lo sguardo verso quella normalissima porta, dietro la quale proveniva un costante - e a suo parare sinistro - rumore d'acqua.

Rimase per qualche istante in ascolto, poi raccogliendo tutto il coraggio che possedeva si costrinse ad aprire la porta per timore che qualcuno si fosse sentito male sotto la doccia.

« C... c'è q-qualcuno?», pigolò infilando la testa dentro lo spogliatoio e guardandosi attorno timidamente. La luce proveniente dal corridoio riuscì in quel modo ad illuminare la stanza e le panche, permettendogli di scorgere una borsa scura abbandonata vicino ad un'armadietto socchiuso, segno che effettivamente gli spogliatoi non erano vuoti.

Makoto deglutì, e facendosi ancor più coraggio fece un passo all'interno della stanza, cercando con la mano l'interruttore sul muro. La luce spazzò rapidamente via tutti i suoi ultimi timori - grande e grosso com'era aveva paura del buio, ed era una cosa davvero imbarazzante -, lasciandolo però in preda alla preoccupazione riguardante il malore di qualche atleta.

Poteva essere un guasto, si disse distrattamente, ma la borsa sulle panche era per lui una prova che avvalorava la sua tesi. Quindi, cercando anche l’interruttore delle docce, percorse il resto dello spogliatoio con il cuore in gola... rimanendo poi quasi paralizzato quando i suoi occhi si scontrarono con quelli famigliari di Sousuke che gli rivolgevano un’occhiata dolorante e stupita.

Makoto, riprendendosi da quel momento di incertezza, senti la preoccupazione aumentare ulteriormente e si costrinse ad eliminare la distanza che li separava ancor più rapidamente.

« Yamazaki-kun! Stai bene? È la spalla?», domandò subito spaventato, inginocchiandosi davanti all'atleta della Samezuka, seduto per terra nella doccia, ed ignorando l'acqua che iniziò sin da subito a colpirlo e a bagnarlo.

Sousuke fece una smorfia, alzando il braccio come per allontanarlo.

« Vuoi una mano?», insistette Tachibana, venendo però freddato da un'occhiataccia cupa dell'altro - Sousuke aveva gli occhi arrossati, ma Makoto cercò di far finta di non essersene reso conto.

« Vuoi dell'Iwatobi siete proprio dei ficcanaso», borbottò Yamazaki, cercando di dare alla sua voce un tono duro.

Makoto, che ovviamente aveva percepito l'orgoglio e la vergogna in quella frase - anche se non sapeva effettivamente a chi si stesse riferendo con quell'affermazione -, piegò le labbra in un piccolo sorriso.

« Forse è perché è così che ci si comporta tra amici», rispose tranquillo, tendendo ancora la mano verso Sousuke per invitarlo a sollevarsi.

« Amici? Siamo mai stati amici?», ribatté Yamazaki, arrendendosi ed accettando quell'offerta.

Tachibana lo tirò su, posando lo sguardo sulla spalla arrossata e leggermente gonfia dell’altro atleta.

« So cosa stai per chiedere», sbottò duramente Sousuke, bloccando sul nascere Makoto, « E non sono affari che ti riguardano».

« No ma…»

« Non dire niente a Rin», riprese l’altro, allontanandosi verso gli spogliatoi.

« Ma deve saperlo!», esclamò Tachibana, chiudendo la manopola dell’acqua della doccia ed inseguendo Sousuke.

« No. Non deve».

« Rischi di compromettere la tua carr-», quelle parole sembrarono avere il potere di far reagire Sousuke, ed in un attimo Makoto si ritrovò con la schiena contro l’armadietto e l’atleta della Samezuka dinnanzi a sé con un’espressione seria e rabbiosa.

« Non parlare della mia carriera. Tu non sai niente», sibilò.

« H-hai ragione… ma… n-non posso fare a meno di p-preoccuparmi per te...», ammise Makoto, cercando di schiacciarsi il più possibile contro l’armadietto.

« Perché?»

« N-non lo so…», ammise Tachibana.

Non sapeva esattamente perché si stesse preoccupando così tanto per Sousuke. Se si fosse trattato di Mikoshiba, o di un altro membro della Samezuka, sarebbe subito andato da Rin a spiegargli la situazione... ma non era stato in grado di farlo anche per Yamazaki.

« Non sono… andato da Rin quando Kisumi mi ha detto d-di averti visto all’ospedale… e n-non andrò ora», lo rassicurò a quel punto, « R-rispetterò il tuo volere ma… p-permettimi di fare qualcosa per a-aiutarti…»

« Non puoi fare niente», rispose Sousuke, allontanandosi per potersi asciugare e passare poi sulla spalla una delle pomate antidolorifiche che ormai si era abituato a prendere.

« Posso aiutarti con quella», propose Makoto, notando per l’appunto il tubetto abbandonato accanto alla borsa.

Yamazaki lo guardò stupito ed incerto poi ghignò, cercando di assumere un’espressione maliziosa.

« Se volevi cosi tanto toccarmi, ti bastava solo chiedere», dichiarò, godendosi il volto di Makoto prendere letteralmente fuoco.

« N-non ti stai tirando indietro all’idea di… di farti toccare d-da me», ribatté a quel punto, cercando di non sembrare troppo imbarazzato - voleva sotterrarsi ma non voleva neanche farsi sottomettere in quel modo da Sousuke.

« Allora? Che aspetti?», rispose Yamazaki, e Makoto si affrettò a prendere il tubetto e a spremere un po' del suo contenuto sulle mani. Le sfregò un po' cercando di riscaldare il gel, poi le posò delicatamente sulla spalla infortunata di Sousuke.

Iniziò a massaggiarlo, sentendo i muscoli tesi dell'atleta fremere e rilassarsi leggermente sotto il suo attento tocco.

« Ci sai fare con le mani», commentò ancora con malizia Yamazaki.

« Se fossi in te, non farei q-queste battute mentre ho le mani sulla tua spalla», borbottò Makoto, cercando di darsi un contegno.

« Non le farei se avessi le tue mani altrove».

« Yamazaki-kun!», lo ammonì imbarazzato, allontanando le mani e strappando una risata a Sousuke, « Q-questo però n-non cambia il fatto che sono preoccupato!», riprese, tentando di dare alla sua voce un tono deciso e sicuro.

« Sei testardo», mormorò l'altro afferrando la propria maglietta - che gli venne presa dalle mani da Makoto, intenzionato ad aiutarlo in tutto e per tutto.

« Lo so», mugugnò con il viso rosso Tachibana, « Ma... s-sono fatto così», concluse, riuscendo con non poca difficoltà a fargli indossare la maglietta.

« Voglio solo nuotare con Rin», dichiarò a quel punto Sousuke, « Voglio nuotare un'ultima volta con lui. Ho fatto la mia scelta e né tu e né tanto meno Nanase riuscirete a farmi cambiare idea».

Makoto restò stupito da quelle parole e, stranamente, non riuscì a controbattere. In un certo qual modo lo capiva, e anche se era preoccupato non voleva mettersi contro i suoi desideri.

« D'accordo», mormorò infatti, abbassando il capo sconfitto.

« E se mai avrò bisogno di un'infermierina, prometto che ti manderò a chiamare», aggiunse Sousuke, ghignando nel vedere di nuovo il volto di Tachibana prendere fuoco.

« Non è divertente, Yamazaki-kun!»

« Sono punti di vista», concluse prendendo la borsa e caricandosela poi sulla spalla sana. Lo guardò per qualche istante da capo a piedi e viceversa, incerto se riaprire bocca o meno, ma Makoto lo anticipò.

« Ma... ma se hai bisogno d'aiuto... p-puoi davvero chiamarmi», dichiarò Tachibana torcendosi le dita per il nervosismo... che riuscì incredibilmente a trasmettere anche a Sousuke, costringendolo a distogliere lo sguardo.

« Mh... lo farò», borbottò, aggiungendo poi un: « Grazie», così basso ed imbarazzato che Makoto pensò di essersi sognato.

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