Più del dicibile.

di invisiblelife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 capitolo ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** 1 capitolo ***


Nessuno riesce a sentirmi, il mio corpo è steso su quel bianco e triste letto di una sala operatoria, tutto sembra fermo. I medici continuano imperterriti a fissarmi come se sperassero che qualcosa in me potesse muoversi da un momento all'altro. Ma io niente, resto li, inerme. Respiro ancora, sono viva o almeno per ora. Nessuno riesce a vedermi, ma io sono qui accanto ai loro corpi in attesa, non sanno della mia esistenza, sono solo un fantasma se cosi posso dire, la mia anima vaga in giro per la stanza ma il mio corpo è li immobile.
“coma indeterminato” I medici sussurrano la notizia ad Harry, come se avessero paura che io lo sapessi.
Harry sembra quasi spaventato, e lo è in effetti, ha paura ed io riesco a sentirlo. Lui è più del mio ragazzo, lui è l’unica persona che mi ha sempre accettato per quello che sono, per le mie stranezze, per i miei difetti che a lui sono sempre piaciuti, è sempre piaciuto quando mi strofino il naso, quando dormiamo ed io mi prendo tutta la sua metà del letto, quando mangio e mi pulisco con il dorso della mano e quando ho bisogno d lui per calmare i miei insistenti attacchi di panico. Perché si, io soffro di attacchi di panico e non lo augurerei a nessuno di provarne anche solo uno, ti senti persa, spaesata, fuori luogo e tutto questo misto a sintomi fisici che non ti lasciano respirare. Ma lui, lui mi è sempre stato accanto anche in questi momenti e solo lui è capace di calmarmi.
Scoppia in uno di quei pianti disperati, isterici ma la parola che credo più adatta sia: consapevoli. Sa che potrei non risvegliarmi mai più da quel coma, sa che potrebbe non stringere più la mia mano e sa che non potremmo più ridere insieme e divertirci come facevamo una volta.
I medici gli permettono di starmi un altro po’ accanto, suggerendogli però di non farmi stancare troppo.
Lui è li che mi fissa, con quello sguardo protettivo che lo caratterizza, mi prende la mano e già teme il momento in cui dovrà lasciarla. È sempre stato un uomo di poche parole e anche io, perciò in uno sguardo erano raccolte tutte quelle parole che non riuscivamo a dirci per via del nostro carattere. Ma questa volta non era possibile, i miei occhi non riusciva a vederli e cosi mi parlò e io riuscii a sentirlo, quelle parole non le dimenticherò mai.
““ti ricordi la prima volta che uscimmo insieme? tu eri cosi timida ed anche io lo ero, non riuscivamo neanche a guardarci negli occhi. Scherzavamo e ridevamo ma nulla di più, poi in un momento i nostri sguardi si sono incrociati, le nostre verdi iridi non si staccavano e tu mi hai sorriso e mi hai detto “è normale guardarti e volerti con me per il resto della mia vita?” non sapevi neanche tu come eri riuscita a dire quelle parole, ma ce l’hai fatta. Ed io sorridendo ti ho guardato ed ho risposto “no, non è normale ed è per questo che ti amo e ti amerò per il resto della mia vita”. Ad alcuni poteva sembrare strano che due ragazzi al primo appuntamento parlino in questo modo, ma noi ne eravamo sicuri, saremmo rimasti insieme per sempre e sarà cosi.””
Quel giorno pianse più di quanto avesse mai fatto nella sua vita, ma non era un pianto di liberazione, perché dopo tutte quelle lacrime Harry si sentì ancora più inutile di quanto potesse sentirsi prima senza di me. Ma non era cosi, lui ha sempre fatto cosi tanto per me e non riuscirò mai a smettere di ringraziarlo.
 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


“I’m sorry if i say i need you, but i don’t care, I’m not scared of love…” mi sussurrò queste parole, proprio come ogni volta in cui gli attacchi di ansia prendevano il sopravvento su di me, solo con la sua voce riusciva a calmarmi. Harry ha trascorso qui tutta la notte e non è mai crollato, I suoi occhi non hanno smesso neanche per un istante di osservarmi in tutte le mie imperfezioni, resistendo a tutte le persuasioni dei medici che imperterriti cercavano di convincerlo a tornarsene a casa per ritornare poi il giorno dopo più riposato, ma a lui questo non importava, era come chiuso in una bolla che nessuno poteva rompere. È mattina molto presto, ma ormai il tempo per entrambi non ha più alcun senso. Io sono sul letto, sempre nella solita posizione, occhi chiusi e bocca serrata, ed anche il mio ragazzo lo è. Seduto sulla sedia accanto a me che mi stringe la mano. Non mangia, non dorme, ma questo sembra non avere alcuna conseguenza su di lui. Non sta bene, e questo è anche inutile pensarlo, tutti sono convinti che sia una persona talmente forte da sopportare questo dolore, ma lui a me si è sempre mostrato per chi è davvero, e so che non lo è affatto. È una persona molto sensibile e fragile, potrebbe crollare da un momento all’ altro, ed ho paura, anche lui ne ha molta, così forse mi sento meno sola. […] È passata esattamente una settimana dal quel fatidico giorno in cui ero sulla strada del ritorno a casa, dove Harry aveva preparato una delle sue deliziose cene. È passata esattamente una settimana da quel fatidico giorno in cui gli abbaglianti fari di un grosso camion mi si puntarono negli occhi. Da quel momento non vidi più nulla. È passata esattamente una settimana da quel fatidico giorno in cui mi ritrovai su questo maledetto letto di un ospedale di cui neanche so il nome. Ed Harry è ancora qui, immobile, senza mai essersi lamentato. Solo due giorni fa i medici sono riusciti a convincerlo a sgranocchiare qualcosa, è magro, molto magro ed io sono preoccupata per lui, lui mi ama e so che sta facendo tutto questo per me e cosi mi sento ancora più in colpa. Voglio solo che stia bene. Le sue dita sono ancora incrociate con le mie, strette cosi forte che se fossi cosciente probabilmente gliele avrei strette ancora di più scherzosamente, facendo a gara per chi avesse resistito di più nella potente morsa dell’altro e lui mi avrebbe lasciato vincere, come sempre, convincendomi che era una vittoria meritata, proprio come si fa con i bambini, ed io ho sempre amato questo suo comportamento. Ma per un attimo, un solo millesimo di secondo, la stretta sembra da me ricambiata, poteva pensare che fosse stata una delle tante allucinazioni di questo genere che ha avuto in questa lunga settimana, ma no, lui sapeva che stavolta non era accaduto solo nella sua mente. I medici entrano correndo nella mia stanza e cominciano subito ad intervenire. Harry è cosi spaventato e ansioso, comincia a tremare e a diventare bianco in volto, un’infermiera lo accompagna fuori dalla sala. - “ Stia tranquillo signor Styles, andrà tutto bene.” - “ Sarò tranquillo solo quando lei sarà qui con me.”

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Harry è chinato su quella grigia sedia isolata dalle altre, accanto alla porta della sala in cui mi trovo. Non si muove. I suoi occhi guardano fisso quelle piastrelle azzurro pastello che più passa il tempo più si bagnano delle lacrime che il ragazzo non riesce a trattenere. - “Harry!” si sentì chiamare da una voce squillante. Alla fine del lungo corridoio Harry scorse Evanna, la mia migliore amica. Si voltò e le fece un cenno con la mano sorridendole debolmente. - “come sta? Che dicono i medici? L’hai vista?” Probabilmente Harry non ascoltò nessuna delle parole che Evanna disse in quel momento, non aveva voglia, voleva restare da solo, ma lui è sempre riuscito a capire le persone in ogni momento. Cosi si sforzò di risponderle. - “non lo so, i medici dovrebbero uscire a momenti” Pochi minuti dopo in cui i due erano rimasti in silenzio, la porta si aprì lentamente e sulla soglia era presente uno dei tanti medici che erano nella mia stanza per quelle poche ore. L’uomo con il camicie bianco non fece neanche in tempo a pronunciare ed a spiegare la mia condizione, che Harry si precipitò dentro la stanza. C’ero io seduta su quel letto bianco e c’era lui in piedi davanti a me, ci eravamo persi solo a guardarci. Ci abbracciammo, è stato l’abbraccio più lungo di tutta la mia vita, ma io appartenevo alle sue braccia ed era proprio cosi che mi faceva dimenticare tutti i miei problemi. -“ mi sono sentito perso senza di te, Michelle.” Lui non era a conoscenza, i medici non gli avevano comunicato nulla. Io gli sorrisi e con tutta la calma possibile, guardai la lavagnetta che i medici mi avevano regalato e poggiato sul comodino. Vidi il suo sguardo con la coda dell’occhio, era confuso. La presi delicatamente nelle mani e iniziai a scrivere, almeno questo riuscivo ancora a farlo. -“ Se sei perso puoi essere ritrovato, Harold.” Solo io potevo chiamarlo Harold, era una cosa tra me e lui. Lui lesse quelle parole scritte su quel pezzo di plastica bianco, come tutto il resto. I suoi occhi si colmarono di lacrime ed io lo seguii, aveva capito. -“affronteremo anche questo, abbiamo tutta la vita davanti per imparare no?.” Alzai gli occhi, con lo sguardo stanco, deluso, le mani tremanti, guardai Harry e mi rassicurò, sorrisi, fu un sorriso di sollievo come la fine di una violenta tempesta, potevamo essere ancora felici come una volta, insieme. SPAZIO AUTRICE Salve a tutti, prima di tutto spero che la mia storia vi stia appassionando o anche incuriosendo un po'. per ora ci sono tre capitoli e come avete visto ne pubblico uno ogni cinque giorni circa. Ci tenevo semplicemente a dirvi che anche io, come voi, non so come andrà a finire questa storia, me la invento di volta in volta, dando sfogo alla mia fantasia, niente è preimpostato. Spero davvero che vi piaccia, perchè ci sto mettendo tutta me stessa, tutto ciò che leggete sono io, le parole vengono dal mio cuore, amo scrivere e penso che pubblicherò anche altre storie. Detto ciò, grazie a tutti <3 i love u to the moon and back.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


-“ ha subito un forte shock, signor Styles.” Disse uno dei tanti infermieri che nel corso di questa settimana mi aveva assistito. -“ ma si riprenderà? Riuscirà a parlare di nuovo?” chiese Harry alquanto ansioso. -“ mi dispiace, ma nessuno può dirlo, dobbiamo solo aspettare. Potrà tornare a parlare a breve o in alcuni mesi, come potrà non farlo mai.” Passai i due giorni seguenti a ricevere le varie visite dei miei pochi amici e colleghi di lavoro, è stato molto gentile da parte loro e mi ha fatto davvero piacere, ma mi hanno trattata come se non fossi più in grado di compiere alcuna azione e non voglio che succeda, ma capisco che si sentano intimoriti da tutto ciò. […] Camminammo nel pomeriggio di quella piovosa Londra che tanto amavo, fin dalla mia infanzia ho sempre voluto viverci o perlomeno visitarla, come anche altre città, e finalmente uno dei miei sogni si era realizzato, adesso avevo 20 anni e possedevo insieme al mio ragazzo un tipico appartamento londinese nel centro di questa grande capitale. A pochi metri da noi intravedemmo la nera macchina di Harry, parcheggiata tra un centinaio di altre nel grande parcheggio davanti l’ospedale. La macchina era li ferma da 9 giorni esatti. Durante il tragitto ci fu uno strano silenzio, che personalmente, non avevo mai provato, mi capitava spesso di non riuscire a socializzare e per cui calava l’imbarazzo, ma questo, questo era diverso, era un silenzio ostinato e crudele, non potevo accettarlo proprio con lui. Poi finalmente trovò il coraggio di rompere il ghiaccio e lo fece nella maniera che più avrei preferito. -“ sai è da tanto che non entriamo in casa, chi sa cosa potremo trovarci!” accennò una leggera risata ed io lo seguii, ma quello che emisi sembrava più il singhiozzare di un neonato, era orribile. Harry ha sempre amato la mia risata, ma adesso? Non mi resta più nulla. Il mio ragazzo mi aprì lo sportello e salimmo velocemente in macchina. Dopo pochi minuti in cui Harry mi raccontò questi nove giorni nel grigio edificio, sentimmo alla radio la nostra canzone, quella che avevo come suoneria del cellulare e che suonò nell’esatto momento del nostro primo bacio: “Thousand years” di Christina Perri, meglio conosciuta come Birdy. -“darling don’t be afraid, I have loved you for a thousand years, I’ll love you for a thousand more…” Harry cominciò a cantarla e l’unica cosa che desideravo era cantarla insieme a lui. Ma appena cercai di emettere un suono, una parola, non ci riuscì. In quel momento mi sentii morire, le lacrime cominciarono a rigarmi il viso, le mie labbra si fecero sempre più rosse e i miei occhi sempre più lucidi. l’alto ragazzo seduto accanto a me se ne accorse e immediatamente accostò la macchina. -“Michelle, Non so se riusciremo a sopportarlo, non posso prometterti nulla, ma proviamoci, l’unica certezza che abbiamo adesso è che qualsiasi cosa accada noi saremo sempre qui, l’uno per l’altra.” Dopo queste parole mi abbracciò, sentii le sue braccia che stringono la mia vita, la mia vita nelle sue mani. Lo guardai e i miei dubbi improvvisamente svanirono. Da quel momento la nostra vita sarebbe stata diversa, e lo sapevamo bene, avremmo dovuto affrontare giorni molto duri e dolorosi, ma li avremmo affrontati in due.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Varcammo la soglia del nostro modesto appartamento, tutto era esattamente come lo avevamo lasciato. La cena che Harry aveva preparato era ancora li sulla tavola e la casa in se emanava un odore stantio, le finestre erano chiuse, ma Harry provvedè immediatamente e in un attimo la casa si illuminò di quella fioca luce caratteristica di questo clima. -“ho fatto la scelta giusta a non tornare a casa, sarebbe stata noiosa senza di te.” Gli sorrisi, fu uno di quei sorrisi che non spesso capitano, ero davvero felice. Poggiò il suo cappotto sul divano e restò in piedi davanti a me, quell’alta figura mi scrutò dalla testa ai piedi con uno sguardo sollevato. A questa vista, spontaneamente gli mimai con le labbra: -“hai visto? Sono ancora qui.” Lentamente annuì con la testa e sussurrò al mio orecchio: -“ non ne ho mai dubitato.” Harry pronunciò questa frase con una così grande sicurezza che sembrava davvero esserne convinto, ma io sapevo che non era così, ha passato nove giorni nel terrore che i miei occhi non si sarebbero mai più aperti. Il mio ragazzo stava preparando la cena e nel frattempo io mi rilassavo con una calda doccia. Mi cambiai e velocemente scesi le scale per sederci al tavolo e mangiare. Trascorremmo la cena a discutere di argomenti abitudinari che precedentemente il mio tempo in ospedale affrontavamo, tutto era esattamente come era prima, o quasi. Tutto quello che ero in grado di fare era ascoltarlo parlare e raccontare e mi piaceva. Forse questa è una delle tante difficoltà che mi aiuterà a migliorare in quegli aspetti di me che sono più carenti. […] -“domani mattina verrà la psicologa dall’ospedale, ma niente di impegnativo tranquilla, sarà solo una chiacchierata, solo per capire come sei, la tua personalità, cose così.” Harry mi parlò in tono leggero, i medici gli avevano accuratamente detto che doveva affrontare questo argomento in modo delicato e non pesante, senza stressarmi o farmi percepire dentro di me che, questo con la psicologa, sarebbe stato un percorso duro e complicato. Ma per me non c’era niente di male o di strano a parlare con una persona dei tuoi problemi, lo facevo con Harry, ma con lui era diverso. Ci vedemmo un film d’azione e nel frattempo il mio ragazzo mi preparò una camomilla. Lo osservavo accendere i fornelli e metter su l’acqua, ovviamente non era nulla di complicato, ma mi ha sempre interessato vederlo muoversi per la cucina. Ogni qual volta preparasse un pasto lo osservavo standomene seduta di fronte, si destreggiava tra quegli utensili con cosi tanta facilità, probabilmente non era poi nulla di così complicato, ma io non ho mai imparato a cucinare al di fuori di scaldare una semplice pasta e per cui tutto ciò che faceva mi sembrava così affascinante che mi meravigliava il fatto che non evesse mai avuto l’ambizione di fare lo Chef. Comunque il suo lavoro da cameriere lo ha sempre soddisfatto. Ed è proprio così che l’ho conosciuto. Facevo la stagista in uno dei tanti giornali londinesi, fin da quando ero piccola ho sempre voluto fare la giornalista ed ora uno dei miei sogni si stava realizzando. Passai la mia pausa pranzo, come al solito, tra computer e vari fogli di carta, sfruttando anch’essa per avvantaggiarmi con il lavoro, così decisi di rilassarmi in una non affollata tavola calda continuando però a lavorare. Camminai a passo svelto ed impacciato per la lunga strada dove era situato il “mio” giornale, vidi un locale molto tranquillo, dove solo poche volte avevo avuto il piacere di entrare. Mi sedetti e cominciai a battere delicatamente le dita sulla tastiera del mio computer, quando si avvicinò un ragazzo con la divisa da cameriere che mi disse: -“le posso portare qualcosa? Una spremuta e un panino forse?” alzai lo sguardo, davanti a me c’era un riccio ragazzo dagli occhi verdi che mi fissava con uno sguardo divertito e con la faccia marcata da quelle dolci fossette che mi sarebbe piaciuto immediatamente esplorare. Io, imbranata com’ero e sono tutt’ora, rifiutai gentilmente, seppure stavo morendo dalla fame. Tentai di riprendermi farfugliando qualche parola a caso e lo richiamai con un timido: -“ scusi!” -“si? Prego mi dica.” Andai nuovamente nel pallone nel decidere cosa prendere, per cui lui si sedette di fronte a me ed esclamò con un mezzo sorriso: -“ faccia con calma, nel frattempo io mi siedo qui.” Ormai la mia solita figura l’avevo fatta, ma cercai comunque almeno di migliorarla. -“Mi dispiace, non volevo rubarle del tempo. Prendo un hot dog e una lattina di coca cola.” -“mi sta cacciando quindi?” rise. -“ no ma si figuri, può rimanere a guardarmi lavorare quanto più desidera.” Balbettai queste parole, cercando di contenermi. Ed infatti fu così, resto li di fronte a me. Da quel momento la nostra conoscenza ebbe inizio e io ne fui sconcertata. Io ero la solita imbranata ragazza, avevo i biondi capelli legati in una coda, trucco leggero e vestiti modesti, in più molto tranquilla e pacata. Lui sembrava avere così tanta confidenza con la gente, e lo intuì anche dal tipo di lavoro che svolgeva, ma poi si rivelò tutt’altro, ed io lo preferivo così. Si girò scherzosamente infastidito lamentandosi del fatto che lo stessi fissando, gli cercai di spiegare che stavo pensando proprio al primo giorno in cui ci incontrammo e lui giocosamente affermò: -“mi sono seduto li cosicchè potessi farmi ridere ancora di più!” Feci una faccia imbronciata e poi ci ritrovammo in un disordinato abbraccio mentre entrambi ridevamo rumorosamente del nostro per me imbarazzante primo incontro, ma di cui però non mi sarei mai più dovuta vergognare. SPAZIO AUTRICE hi everyone, allora in primo luogo mi scuso per la mia breve assenza, avrei dovuto pubblicare circa due gioni fa, ma per cause scolastiche mi ritrovo a pubblicare solo ora. Comunque eccomi qui e per farmi perdonare ho scelto di rendere questo capitolo più lungo de precedenti. in questa parte ho voluto far conoscere più a fondo il passato di questi due ragazzi, che scopriremo sempre di più man mano che la storia procede. Detto ciò, grazie a tutti coloro che stanno leggendo la storia e si stanno appassionando e che spargono la voce della sua esistenza. i love u to the moon and back.

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