Existence

di monychan
(/viewuser.php?uid=588315)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione: Caos ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1: Fine ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2: Amico ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3: Laboratori ***



Capitolo 1
*** Introduzione: Caos ***


INTRODUZIONE: CAOS
Calore. È la prima parola che ho in mente appena apro gli occhi. Riesco a percepire voci che urlano e impartiscono caotici ordini anche se sono parecchio lontane dalla mia stanza. Shorai non è qui. Decido di alzarmi. Devo alzarmi. È ancora presto e non ho ancora il controllo totale delle mie gambe e tirandomi frettolosamente in piedi devo aggrapparmi al letto per non cadere. Devo uscire da qui. Esito, c’è un rumore che non mi fa muovere. Sono passi, sempre più veloci, sempre più vicini, sopra di me nel condotto di areazione. Alzo d’istinto la testa e mi accorgo che i passi non li sento più. Al loro posto, dietro a una grata del soffitto ci sono due occhi verdi, penetranti. Che mi fissano. E io fisso loro.
La porta della mia stanza si apre.
Simile. È l’ultima parola che ho in mente appena chiudo gli occhi per scivolare nel buio del sonno.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 1: Fine ***


Azzurro, calmo. Decido di aprire gli occhi.
Oggi è giorno di ricognizione, la cosa che amo più fare: il mio compito sarebbe quello di uscire da questo schifo di posto e monitorare la vita di tutti i giorni. Ora starete pensando “ma che problemi ha questa?” ma dovete sapere che la mia di vita di tutti i giorni non è così bella come molti pensano, e non sapete cosa darei per poter passeggiare, scherzare, uscire, vivere. Io posso solo limitarmi a esistere, combattere, sopravvivere e uccidere, è così che mi hanno detto di fare, è così il mio destino. Io sono programmata. In gran parte almeno, un po’ di spazio per me stessa me lo hanno lasciato!
Sospiro e mi alzo dal letto. Sono felice e piena di energia ma per uscire da qua ci vorranno ancora parecchie ore; dovrò passare sotto esame, essere studiata e controllata per accertarsi  che non sia pericolosa per la popolazione e passare parecchi e stupidi test. È un’attività odiosa e stressante e non aiuta perché sotto stress si sbaglia. Se sbaglio, posso dire addio a questo santo giorno!
Shorai non c’è. In questi ultimi tempi non la vedo mai, chi lo sa dov’è andata a cacciarsi. Ma chissenefrega, non sono affari miei. In questo momento devo pensare a vestirmi e a USCIRE, dannazione. Mi dirigo verso l’armadio e lo apro, tirando fuori una maglia con su scritto il mio nome e il mio numero di riconoscimento: SUE, 07. In una lingua che ora non esiste più il mio nome significa “Fine”. Ci hanno abbastanza azzeccato, credo; dopo il mio primo giorno di Esistenza non ci sono più stati … “esseri” come me. Shorai e io siamo le uniche che esistono, lei è il numero 02. Tutti gli altri, fino a me, sono stati buchi nell’acqua anche se non so per quale motivo.
Oltre alla maglia indosso un paio di pantaloni, ma nel mettermeli inciampo nella mia lunga e ingombrante coda. Se non mi servisse a nulla me la taglierei immediatamente! Shorai non ce l’ha. Imprecando ritorno all’armadio e faccio per chiuderlo ma prima decido di guardarmi allo specchio, appeso a una delle ante; quella che mi studia nel riflesso è una ragazza dall’aspetto giovane e seccato con capelli lunghi e castani e occhi felini verde acqua, di cui sono colorate così anche la X sulla schiena dove ho concentrato tutto il mio potere e la punta della coda. Chiudo l’armadio ed esco dalla stanza.
Sarà una lunga giornata.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 2: Amico ***


---------------------------
*rullo di tamburi* NON SONO MORTA!
Ciao a tutti quelli che stanno seguendo questa storia, mi scuso per ovvi motivi (ho lasciato questa storia in una cartella remota del mio pc e mi ero anche quasi dimenticata  di proseguire :C)
I capitoli sono corti ma più andrò avanti più cercherò di stenderli ^^" Le cose che voglio dire sono ancora tante (anche se molto spesso non so come scriverle e quindi mi metto a disegnarle ewokewdmkefpniefp)
Anyway, volevo solo salutare, avvertire che sono ancora viva e Vegeta (*dragonball intensifies*) e augurarvi buona lettura! :D
---------------------------

Azzurro, sono calma. Appena esco dalla mia stanza, un uomo si avvicina sorridendomi.
“Buongiorno Sue! Dormito bene?” È Rod, la persona che mi ha aiutato a costruire me stessa come sono ora: È un uomo sulla quarantina che in questo momento ha i capelli brizzolati spettinati, la barba incolta e gli occhi colore del ghiaccio rossi e stropicciati. Anche il camice che indossa è sciupato. Capisco che ha passato la notte qui. Ha un’indole gentile, scherzosa e allegra ma allo stesso tempo forte e severa; ha preso spunto da se stesso per costruire la mia personalità. Devo davvero molto a lui, non avrei avuto pace se avessi avuto lo stesso carattere freddo e insensibile come Shorai. Con nostalgia con i ricordi ritorno ai miei primi giorni; tutto era così grigio, così neutro. Potevo solamente obbedire agli ordini che mi venivano assegnati, monotoni e noiosi. Poi, come un raggio di sole in mezzo alle nuvole, Rod è arrivato improvvisamente da me durante un allenamento e mi ha parlato come se ci conoscessimo da tanto tempo, rideva e scherzava come se fossi sua amica d’infanzia e questo di lui mi è sempre piaciuto. È l’unico a cui interessava qualcosa di me all’infuori di Shorai anche se lei dimostra di volermi bene in modi molto diversi.
È l’unica persona che posso considerare un amico.
Ritorno al presente e ricambio il sorriso, mostrando i lunghi canini da cui lui non è spaventato. “Ciao Rod, Come stai?”
“Qui la vera domanda è come stai tu! Pronta per andare?”. Annuisco. Noto che ha una cartella in mano. “Vieni allora, ti accompagno ai Laboratori.”. Dicendo così, si incammina per il lungo corridoio. Lo seguo. Cercando di non farmelo notare, sulla cartella che ha in mano, di fianco a una scritta che dice DISCORSO: FRASI DI SENSO COMPIUTO, segna una piccola spunta. E siamo solo all’inizio. So che lo fa solo perché gli è stato ordinato, ma per tutto il tragitto fino ai Laboratori gli tengo il  broncio. Dopo aver percorso infiniti corridoi e preso un ascensore che ci ha portato ancora più in profondità di quanto già eravamo, siamo davanti a una porta di vetro opaco con sopra scritto CENTRO ESAMI, con sottotitolo ENTRARE SOLO SE AUTORIZZATI.
“Eccoci qui”, parla improvvisamente Rod. “Io oggi non posso accompagnarti, ma ormai sai già cosa devi fare no?”. Vorrei chiedergli come mai non entra con me, ma lo lascio parlare. “Fai la brava e vedrai che sarai fuori in un batter d’occhio.” Mi sorride, ma non è uno dei suoi soliti sorrisi; sembra molto teso. All’improvviso abbassa la voce “Sue, ascoltami. Tu sei forte, molto di più di Shorai. Ben presto dovrai fare uso della tua forza per proteggerti. Fai attenzione, sii prudente, ricordati tutto quello che ti ho insegnato.”
Non capisco. “Aspetta! Cosa vuoi dirmi? Cosa sta succedendo?” Sento dei passi dietro di noi, a meno di 500 metri. Il tempo stringe e voglio finire al più presto questa conversazione. Rod è chiaramente agitato.
“Sue, il tempo non ci è amico. Arrivo al sodo: tu e Shorai non siete più al sicuro. Proteggi lei e te stessa. Promettimelo Sue!” il mio nome quasi lo urla. Faccio per rispondergli ma taccio sentendo i passi molto più vicini di prima. Mi limito ad annuire.
“Brava.” Mi accarezza la testa. La porta dietro di noi si apre ed entrano due guardie. “ è  già ora di andare? Accidenti! Lasciatemela salutare un attimo!” Per poco Rod sembra quello di prima. Mi guarda fisso negli occhi, dopodiché aggiunge: “Sei solo all’inizio, buona fortuna.” e se ne va, accompagnato dalle guardie.
Credo di odiare il mio nome adesso.
Entro nei Laboratori.
   

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 3: Laboratori ***


Appena varco la porta, un odore simile a candeggina mi riempie le narici. Socchiudo gli occhi per l’ elevata luminosità della stanza in cui mi trovo: viene chiamata “ I Laboratori”, ma in realtà è solamente un’ampia sala completamente bianca riempita da alcuni tavoli lucidi di acciaio e persone in camice bianco simili a fantasmi; alla fine di questo stanzone si trova una porticina che porta alla Palestra, dove mi alleno gran parte della mia giornata.
Sospiro e avanzo al primo tavolo, dove mi aspetta una ragazza piccola e sottile con gli occhi grandi e sporgenti e i lunghi capelli biondo sporco raccolti in uno chignon. La vedo ogni mese ma non ho mai avuto il coraggio di chiederle come si chiama, né lei me lo ha mai detto. Non parla molto perché sembra timida, per questo non le dico che la chiamo Topolina per la sua somiglianza con l’animale, scommetto che diventerebbe rossa come un peperone!
“Buongiorno Sue, siediti sul tavolo per favore. Questa mattina ti controllerò i movimenti e i riflessi” mi dice con un filo di voce. Me lo ripete ogni santa visita, le stesse identiche parole con lo stesso tono di voce.
Poi dicono a me che sono un robot.
Comincia a studiarmi gli occhi puntandoci una luce sopra,  mi dice di alzarmi, poi di sedermi di nuovo, muovi il braccio destro, muovi quello sinistro … La stessa tiritera ogni volta. Sbuffo.
Sembra che a Topolina non sia piaciuta questa smorfia, infatti mi trattiene altri 10 minuti a farmi ripetere gli stessi esercizi. Dopo un quarto d’ora circa la vedo scribacchiare su una cartellina uguale a quella di Rod.
Rod. Che cavolo mi stava dicendo prima?! Decido di pensarci più tardi perché Topolina mi spedisce da un altro fantasma che mi fa camminare con gli occhi chiusi e rimanere in equilibrio su un piccolo piedistallo. Compito facile, con una coda che mi aiuta! Sono a metà delle visite, l’ultima è la più stressante di tutti dove l’uomo con più esperienza mi..
“..Controllerò le tue mani e il tuo dorso. Dopodiché come già sai andrai in Palestra per circa 30 minuti.”
Sembra che debba dare solo una controllatina ma le mie mani e la mia schiena sono i punti dove scaturisce e si concentra il mio potere, che cerco di usare il meno possibile. Mi sottometto al tocco delle mani che tastano il mio corpo provando un senso di fastidio e cerco ancora di pensare a Rod. Sono preoccupata per lui.
Dopo interminabili minuti un cenno di assenso da parte dell’uomo mi fa capire che devo entrare in Palestra. Quasi correndo passo la soglia che si chiude di scatto lasciandomi dietro tutti quei fantasmi.
La Palestra: una grande stanza vuota. Il bianco accecante sembra obbligatorio in questo posto. Un’unica cosa stona in questa luce: un bersaglio rosso. Che mi guarda. E io guardo lui. Che cerca di colpirmi.
Ma i miei riflessi sono più veloci. Schivo, stendo il braccio, miro, un flash azzurro. Tutto questo in meno di un secondo. Del puntino rosso di prima non c’è più traccia, ma al suo posto ne sono comparsi due al lato opposto della stanza. Stessa storia: schivare, mirare, colpire. Di nuovo. Di nuovo. Di nuovo. I movimenti diventano automatici col passare del tempo. Puntini rossi sparsi per tutta la stanza sparano colpi a vuoto. Sono troppo veloce per loro, troppo forte. Dopo 30 minuti sto cominciando a prenderci gusto ma un segnale acustico mi fa intendere che il mio allenamento è finito. La porta si riapre permettendomi di uscire e ritrovo i fantasmi negli stessi punti di prima, solo le facce sono diverse e dicono tutte la stessa cosa: paura. Ho fatto troppo rumore e li ho spaventati. Ogni volta mi riprometto di fare meno casino ma va a finire sempre nello stesso modo, nessuno oltre a Rod accetterà cosa sono veramente. Voglio che tutte quelle facce spariscano. Perché non capiscono che non gli farò del male? Vorrei rassicurarli ma finisco per ignorare lo spazio che mi circonda e marciare fino alla porta da cui sono entrata qualche ora fa. Quasi spero di vedere Rod dove lo avevo lasciato, ma non c’è. Ripromettendomi di andarlo a cercare dopo, comincio a camminare verso l’ascensore che mi permetterà di salire in superficie.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2869600