A place out of this world

di Zaylena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fallen dreams ***
Capitolo 2: *** A new day has come ***
Capitolo 3: *** Alone together ***



Capitolo 1
*** Fallen dreams ***


When your dreams all fail
Viveva la sua vita come se stesse percorrendo un lungo tunnel, talmente buio da non vederne la fine, questo le aveva portato il cancro: incertezze e oscurità. Ogni volta che si guardava allo specchio, non vedeva riflessa una quattordicenne ma una crudele malattia che le sorrideva, conscia di essere riuscita nel suo scopo: togliere la linfa vitale da quella giovane rosa perché era questo che era, un fiore privato dei suoi bei petali rossi, senza spine che la potessero proteggere. Indifesa. Innocua. Si guardava e vedeva i capelli corti quasi inesistenti che le incorniciavano lo smunto viso e ogni volta si chiedeva  “Vale la pena vivere una vita che si prende gioco di te, minuto per minuto, ora per ora?".
E nel frattempo tutti i sogni falliscono e le persone che salutiamo sono le peggiori fra tutte e scorre vecchio sangue. Dentro di te c'è il buono. E' dove i tuoi demoni si nascondono. Ma la cosa più tremenda che potesse farle il cancro era stato portare alla luce verità che Wendy non conosceva o preferiva ignorare, perché noi persone siamo tutte uguali, celiamo dure realtà dietro bellissime menzogne. Siamo così maledettamente prevedibili, non è forse vero?
Siamo bugiardi per bisogno.
E Wendy era una di quelle. I genitori troppo presi dalle loro priorità l'avevano sempre lasciata nelle mani di domestiche e baby sitter e con l'arrivo della malattia usavano il denaro come tappabuchi per le loro assenze. Ma un nuovo telefono o una moltitudine di libri non riempiva i vuoti che aveva nel cuore la giovane. E le amiche vi chiederete? Semplice, l'avevano lasciata alla fermata "difficoltà" perché erano solo ragazzine e di certo non potevano affrontare simili pene, a detta loro e dei genitori. E lei rimaneva con persone che provavano solo compassione nei suoi confronti. Vedeva chiaramente le occhiate che le venivano offerte quando camminava per strada, con la sua bomboletta dell'ossigeno e i due piccoli tubi nel naso ma lei aveva la musica che rendeva sordi i pettegolezzi che la vedevano come protagonista fin troppo spesso. E poi c'erano tutti quegli occhi che la scrutavano, sempre e insistentemente. Dicevano tutti la stessa cosa: Povera bambina! Odiava questa situazione e odiava tutti. Avrebbe voluto morire perché era stufa di tutto quello che aveva accanto, vedeva solo tanta ipocrisia. A volte si sentiva così egoista e drammatica perché sapeva che nel mondo milioni di persone stavano lottando e stringevano i denti giorno per giorno. Ma aveva solo 14 anni e nonostante si mostrasse sorridente tutto in lei crollava. Diamine non era pronta. Chi lo sarebbe stato? Chi lo era? Se solo si fosse mostrata debole sarebbe stata mangiata viva e quindi mostrava il sole anche se dentro aveva la tempesta. Preferiva non confidarsi con nessuno a parte per l'ora settimanale con una psicologa a cui era costretta a partecipare.

La dottoressa Anderson era una brava donna ma c'era solo un piccola problema: non aveva il cancro e si sa finché il male non ti colpisce non sai quanto possa essere il dolore che esso genera. Le venivano poste monotone domande a cui lei rispondeva per lo più con monosillabi e breve risposte. Allora nei momenti di malinconia si rifugiava in mansarda vicino al camino, si sdraiava sul tappeto, tanto costato ai suoi e  leggeva, con gli auricolari nelle orecchie. Faceva partire la playlist e appena sfiorava le pagine di un libro, tutto si annullava, diventava diverso e sì più bello. Un giorno era un'eroina, un'altro una principessa e quello dopo uno dei personaggi della Austen. Si costruiva un' universo parallelo dove non c'era nessuno, solo lei, non c'era dolore o affetto non corrisposto.
Non c'era il cancro.

Così Wendy trascorreva la maggior parte delle sue giornate. Aveva deciso sotto insistenza dei genitori di lasciare la scuola perché era troppo debole e nonostante non sopportasse quell'aggettivo che la etichettava come oggetto fragile, a lei andava bene così poiché non sopportava i soffocanti sguardi che le venivano rivolti. Ogni giorno un istitutore le faceva lezione. Il signor George era un anziano signore sulla settantina dalla barba bianca, gli occhiali da vista a mezzaluna e una pancia prominente e Wendy lo adorava forse perché le ricordava Albus Silente o forse perché la trattava da comune persona e non da malata. Era l'unico che le offrisse un sincero sorriso e non di circostanza. Era in pensione ma amava ancora molto il suo vecchio lavoro da insegnante. Era magnifico il modo in cui i due potessero parlare di filosofia, letteratura e poesia. Il signor George insegnò molto a Wendy, dalla biologia al francese ma sopratutto le trasmise l'amore per la scrittura. In un giorno uggioso come l'umore della stessa ragazzina, l'anziano uomo le disse, vedendola particolarmente distratta:
" Ti voglio svelare un segreto" e questo bastò ad avere la sua totale attenzione.
" Quando ci sentiamo tristi o la nostra vita non ci soddisfa c'è un modo per evadere dalla realtà, scriverne una finta perché bimba mia noi uomini siamo bisognosi di scappatoie e le migliori le inventiamo noi stessi.

Forse non è maturo scrivere qualcosa che vorremmo ma che non abbiamo ma è il giusto rimedio per farci sentire bene. Quando avrai finito di scrivere qualcosa non avrai riempito solo la pagina di idee ma anche il tuo cuore di speranza,quella è l'unica cosa per cui dobbiamo lottare quotidianamente".
Nonostante i suoi sforzi e la sua grande passione finì all'ospedale a causa di una grave ricaduta. Non vedeva quasi nessuno perché nessuno la veniva a vedere tranne il signor George. Lui veniva ogni giorno e insieme facevano quello che tanto amavano prima. Quando ebbe 16 anni e mezzo la malattia la abbandonò, venne trovato un donatore sano e un miracolo fu compiuto nella sua vita. Ma il cancro non fu l'unica cosa ad abbandonarla. Dopo due settimane dal suo rilascio il signor George morì: arresto cardiaco. Quando lo seppe pianse calde lacrime tutta la notte e così fece per diverso tempo. Arrivò a pensare che lei era guarita perché il signor George aveva offerto la sua vita in cambio della sua guarigione, si incolpava senza vere ragioni e si trovava ancora circondata dall'alone di morte che ormai la perseguitava da due anni e mezzo. Partecipò al funerale e notò con piacere quanto la piccola chiesa fosse gremita di persone che amavano l'anziano. Toccanti parole furono dette da tutti e a stento Wendy riuscì a fare il proprio discorso.

" Ho sempre creduto che gli angeli custodi non esistessero ma quando conobbi il signor George capii che mi sbagliavo di grosso. Forse il mio sarà un elogio funebre un pò scontato ma è vero ed è questo che importa. Il signor George fu il mio angelo quando ero malata, fu il solo che mi aiutò e mi diede la vita. Mi ha trasmesso l'amore per la scrittura e per questo non lo ringrazierò mai a sufficienza, mi ha insegnato che vale la pena lottare, sempre, nonostante la guerra sia difficile e la potenza del nostro avversario grande. Grazie perché mi hai fatto credere in un futuro e in una vita che vale la pena vivere. Grazie per tutte le visite all'ospedale, le risate, i libri consigliati e grazie per i rimproveri... Mi mancano tanto anche quelli. Dicevi che da grande sarei diventata una grande scrittrice e ti giuro che lo diventerò, te l'ho devo, l'ho devo ad entrambi. Infine grazie per tutte le volte che mi hai detto di mantenere viva la speranza. Grazie perché inconsciamente sei sempre stato tu la mia speranza. Grazie. "
La lapide citava queste parole:
George Orwell, magnifico uomo, egregio insegnante,
amorevole marito e angelo custode
portatore di speranza, veglia su di noi
come hai sempre fatto.
Wendy nel frattempo aveva ripreso qualche chilo e i suoi capelli diventarono lunghi come una volta ma ci furono cose che non cambiarono. La giovane comprese che lei sola poteva essere l'artefice del proprio presente e futuro. Lasciò la sua città natale conscia di non abbandonare niente se non una famiglia disinteressata e dolorosi ricordi. Decise di aspettare il compimento dei suoi 17 anni e contattò una sua zia che abitava a Bradford, dopo aver ottenuto il permesso dai suoi. Tutto questo voleva dire una nuova città, una nuova vita dove nessuno l'avrebbe riconosciuta come Wendy Collins, la ragazza malata di cancro ai polmoni. Voleva ricominciare a scrivere il suo libro, la sua esistenza come gli aveva insegnato il suo mentore, solo che sta volta avrebbe realizzato ciò che voleva. Lo avrebbe ottenuto.
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** A new day has come ***


" Lascia che la pioggia cada e porti via le mie lacrime, lascia che riempa la mia anima e anneghi le mie paure, lascia che frantumi le pareti per un nuovo sole. Un nuovo giorno è giunto."
Wendy si era occupata di tutto nei minimi dettagli, aveva prenotato il volo, fatto la valigia e aveva mandato la propria iscrizione alla West High School. I genitori avevano approvato il cambiamento di città con indifferenza, si erano comportati come se non vedessero allontanarsi la loro figlia e le avevano comprato un biglietto in prima classe .
Sperava in cuor suo che l'imminente partenza provocasse qualcosa nei suoi ma in cambio aveva ottenuto una carta di credito piena di soldi e un freddo saluto. Non che non le facesse comodo una bella somma da mettere via magari per una futura università ma il dolce animo di Wendy avrebbe preferito uno di quelli abbracci calorosi che ti facevano un pò soffocare, avrebbe tanto voluto essere soffocata dall'amore. Sognava una di quelle scene che si svolgevano nelle commedie, dove il protagonista in procinto di partire, salutava la sua perfetta famiglia numerosa all'aeroporto. Vi erano saluti, abbracci, ringraziamenti, mille raccomandazioni e promesse.
L'ipotetica madre si sarebbe avvicinata al figlio con le lacrime che le rigavano il volto, facendole colare il poco trucco, lo avrebbe accarezzato, lo avrebbe stretto a sé come una volta, trasmettendogli il proprio affetto e gli avrebbe detto di chiamare appena arrivato e che se non gli sarebbe piaciuto il posto avrebbe potuto tornare a casa sua quando avrebbe voluto. Veniva poi il turno del padre che avrebbe dato al proprio primogenito una scompigliata di capelli e lo avrebbe stritolato nelle proprie possenti braccia. Infine i nonni avrebbero continuato dicendogli di mangiare abbastanza sennò non "sarebbe cresciuto" e i fratelli e le sorelle lo avrebbero abbracciato tutti insieme. Ma questo non era un film era la vita e cose simili a lei non capitavano, lo aveva accettato da tempo e questo l'aveva resa diffidente nei confronti degli altri nonostante conservasse un' infinita dolcezza. Terminate le sue riflessioni si sedette al suo posto osservando il panorama che le offriva l'oblò.
Rimaneva affascinata da esso e da come città, persone e monumenti diventassero minuscoli sotto i suoi occhi. Il cielo azzurrissimo dei primi di settembre era costituito da soffici nuvolette bianche che Wendy avrebbe tanto voluto toccare. L'azzurro si colorò dei caldi colori pomeridiani e venne sostituito da una gamma di rossi e arancioni che Wendy immortalò con la propria Canon. Dopo qualche scatto la ripose nel proprio zainetto e tirò fuori il proprio libro preferito: Colpa delle stelle. Forse non era molto sano leggere un libro che parlava di una ragazzina che come lei aveva avuto il cancro ai polmoni ma ne era rimasta totalmente innamorata e si identificava in Hazel Grace come mai avrebbe pensato. Non era stata la malattia ad unirle ma il dolore, con l’unica differenza che Hazel aveva trovato Augustus ad aiutarla e amarla. Quanto avrebbe voluto trovare il suo Augustus. Si chiedeva se esistessero ragazzi di quel genere o se John Green si fosse semplicemente divertito, ad offrire a noi adolescenti un personaggio letterario che nella realtà non avremmo mai incontrato.
Nel secondo caso sarebbe andata di persona alla ricerca dello stesso scrittore e gli avrebbe reso la vita un inferno. Sicuramente avrebbe trovato altre milioni di ragazzine con la sua stessa idea e soprattutto innamorate perse di Augustus Waters alias l'uomo dei sogni. Era giunta nella parte dove Hazel diceva che la gente si abitua sempre alla bellezza e dove Augustus le rispondeva con queste esatte parole: "Io non mi sono abituato a te, non ancora". Si stava crogiolando in tale dolcezza quando la squillante voce di un hostess informò i passeggeri di essere giunti a destinazione. Prese la propria valigia e si diresse all'uscita prendendo, finalmente un pò d'aria.
Era arrivata nella popolata Bradford pronta per ricominciare. La zia al telefono le aveva detto con grande dispiacere che non sarebbe potuta andare a prenderla poiché lavorava. Era uno dei dottori del grande ospedale della città e i suoi turni erano lunghi ma l'idea di poter aiutare molte persone bastava ad Ella per sentirsi felice e gratificata. Wendy scese dal taxi pagando il grassoccio uomo. Si trovava ai confini della periferia circondata da case, alti palazzi e in lontananza si potevano ammirare i verdi parchi presenti.
Sì, le piaceva Bradford. Era grande e sarebbe stata la sua città, ne era certa. La piccolezza della contea di Hunterdon nel New Jersey le aveva legato mani e piedi costringendola a convivere con abitanti che conoscevano i nonni dei loro nonni e così via.
Bussò due volte alla porta della zia e ad accoglierla ci fu il suo famigliare viso: i grandi occhi blu, i capelli color cioccolato come i suoi e le labbra increspate in un sorriso di benvenuto.
- Wendy, tesoro benvenuta, mi spiace non esserti venuta a prendere all'aeroporto ma a malapena sono riuscita a tornare a casa a quest'ora - disse abbracciandola.
- Non importa zia - rispose Wendy.
- Oh quanto volte ho chiamato a casa per sentire come stavi, ho anche provato a venire nel New Jersey ma tua madre mi aveva pregato di lasciarti tranquilla. Mi stupisco che ti abbia lasciato venire qui.
- Cosa? Io credevo che tu fossi troppo occupata per me. Sei stata la prima persona che ho chiamato perché pensavo che se tu non potessi venire da me sarei potuta venire io da te - disse abbassando il capo.
- Oh no Wendy non sai quanto tu mi sia mancata - rispose Ella riabbracciandola. Strinse fra le proprie braccia quel corpo ancora troppo magro e nonostante la giovane contraccambiò quel gesto la zia non poté non notare la freddezza che c'era di esso. Non poteva biasimarla, sua sorella Barbara l'aveva cresciuta a modo suo e si stupiva che nonostante il comportamento poco genitoriale della madre e la malattia, Wendy riuscisse ad essere così, fece finta di niente e staccandosi le disse
- Recupereremo il tempo piccoletta - e Wendy non poté non sorridere a sentire pronunciare il suo vecchio nomignolo.
- Ora vieni ti mosto la casa, non che ci sia molto da mostrare.
- Ho sempre preferito le case piccole, sono più accoglienti e meno dispersive rispetto a grandi ville- gesticolò Wendy. La casa si ergeva su' due piani, il piano terra e la mansarda, nel primo c’era una piccola cucina in acero con un tavolo con sopra un vaso di rose rosse. Le preferite di Wendy. La stanza era pervasa dall'odore di fiori e di torta al cioccolato e le gialle tende facevano entrare la luce del tardo pomeriggio rendendo l'ambiente ancora più caldo visivamente. Vi era poi un bagno con una vasca e mobili antichi e la camera della zia in fondo al corridoio. Il salotto costituiva la parte più grande della casa con un divano bordeaux, una grossa poltrona, un basso tavolino in legno lo affiancava e sotto di esso vi era un tappeto persiano dove dormiva beato il cucciolo di Labrador della zia. Infine vi era un camino in pietra e una televisione con accanto una porta finestra che conduceva al minuscola giardino. Ella condusse Wendy in mansarda dove avrebbe dormito. Quest'ultima non poté fare a meno di sorridere alla vista che le si presentò davanti. Un letto matrimoniale troneggiava nella stanza adorno di un copriletto azzurro con molti cuscini, vi era poi un armadio intarsiato, un baule ai piedi del letto, una libreria, una scrivania e un pouf celeste. L'inclinazione delle travi rendeva l'ambiente rassicurante e la finestrella sopra il letto offriva un ottima vista dell'intera città. Ella decise di dare il tempo alla giovane di sistemarsi e Wendy posizionò con cura i suoi libri negli scaffali e i vestiti nei cassetti. Concluso il tutto cenò con la zia con cui parlò fino alle 22.00 perché doveva ritornare all'ospedale per il proprio turno notturno. Continuò la lettura del suo libro quando la stanchezza ebbe la meglio su di lei e si addormentò in un sonno profondo e per una volta sereno. Quella notte sognò di incontrare il suo Augustus Waters che le chiedeva con meravigliose e poetiche parole la mano. La mattina si alzò verso le nove con un accenno di saliva all'angolo della bocca che le ricordò di farsi passare la sua fissa per i personaggi letterari. Come le era passata la cotta(più o meno) per Mr Darcy così sarebbe passata questa si ripromise. O almeno lo sperava.
 

 
                                                                          
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Alone together ***


P.o.v Wendy
Una volta alzata mi diressi in cucina per fare colazione dove trovai un biglietto di mia zia che diceva:
" Wendy nel frigo trovi un po’ di latte e c'è ancora un pezzo di torta avanzata da ieri. Ti spiace fare la spesa tesoro? Stasera rientro tardi, con amore zia Ella xoxo"
Vicino ad esso c'era una banconota da 30 £ e le chiavi di casa così mangiucchiai qualcosa e dopo una doccia mi diressi alla ricerca di un supermercato. Zia Ella era una donna intelligente ma spesso svampita tanto da dimenticarsi che io non conoscevo per niente quest'enorme città.

Armata del mio ipod e del GPS del telefono cominciai la mia ricerca ma ben presto scoprii che il più vicino supermercato distava circa 2 km da casa così trovata la fermata degli autobus mi misi tranquillamente ad aspettare il suo arrivo. Dopo neanche dieci minuti il malmesso mezzo giunse davanti a me e io mi sedetti nel primo posto libero che trovai. Impacciata alzai il capo verso la pianta delle fermate cercando di capire dove dovessi scendere esattamente. Mancavano cinque fermate così mi misi ancora ancor più comoda sul sedile ad ascoltare i Fall Out Boy guardandomi intorno.

Fin da piccola ero stata una bambina curiosa e crescendo avevo sviluppato molto la mia osservazione verso il Mondo, mi piaceva guardare le persone e cercare di scoprire quale felicità o amarezza raccontasse la loro storia. I miei occhi vagarono lentamente da una parte all'altra scorgendo visi allegri, falsi sorrisi e occhi cupi. Mi voltai alla mia destra accorgendomi solo in quel momento di avere accanto uno slanciato ragazzo probabilmente sui  18 anni, che mi scrutava quasi con avidità con i suoi abissali occhi color caramello.
Volsi immediatamente il capo dalla parte opposta, non abituata ad essere studiata dalle persone con tale accuratezza. Buttai una fugace occhiata allo specchietto retrovisore per vedere se l'ambiguo moro mi stesse ancora guardando e sì era ancora con gli occhi puntati verso di me. Ma non c'era una sottospecie di regola fra le persone che stabiliva la durata di uno sguardo, evitando sgradevoli situazioni?
Ma a quanto pare non ero l'unica che amava far vagare lo sguardo perché ben presto il giovane puntò la sua attenzione verso lo stesso specchietto, incontrando i miei occhi e lanciandomi un'occhiata indecifrabile. Forza Wendy solo tre fermate e sarai libera da questa presenza opprimente, mi ripetevo mentalmente quando il mezzo si fermò facendo entrare nuovi passeggeri.

E fu in quel momento che notai una vecchietta che con una pesante borsa della spesa e un'espressione stanca cercava un posto da sedere così prontamente mi alzai e le dissi: - Signora se vuole si può sedere qui tanto io sono quasi arrivata.
- Oh ma sei proprio un tesoro, sai non se ne trovano tanti di giovani come te in circolazione. Vuoi una caramella cara? - disse dandomi un forte pizzicotto alla guancia e mi parse di sentire il moro ridacchiare della scenetta che gli si era presentata davanti. Grandioso.
- No, si figuri -le risposi cortesemente. Giunta alla mia destinazione uscii dall'autobus con la voce dell'anziana donna che mi urlava se fossi sicura di non volere almeno un cioccolatino.
- Finalmente un po’ d'aria - sospirai perché nonostante la superata malattia avevo ancora seri problemi respiratori e stare compressa in luoghi affollati, dove il proprio spazio vitale si annullava, mi mandava ancora in crisi. Facilmente trovai il grande market ed entrando e prendendo solo qualche articolo mi diressi alla cassa, quando notai dietro le spalle della cassiera una barretta di cioccolato fondente, il mio preferito e involontariamente mi feci sfuggire: Uh cioccolato!
- Hahah si lo vuoi? -mi chiese cordiale la ragazza.
- Sì grazie – arrossii, per la mia stupida reazione.
- Non ti preoccupare io sono peggio di te quando vedo il cioccolato - mi informò lei notando il mio purpureo colorito.
- Io sono Nina comunque.
- Wendy - mi presentai.
- La Wendy nipote della dottoressa Ella? - mi chiese lei.
- Sì esatto.
-Mi ha parlato di te, benvenuta a Bradford piccoletta! Come ti trovi per ora? -esclamò euforica.
- Bhè sono arrivata solo ieri e non sono andata da nessuna apparte qui e alla fermata dei pullman.
- Se vuoi ti mostro io un po’ il post, adoro tua zia e mi ha parlato di te fino allo strazio quindi è come se già ci conoscessimo. Andiamo se vuoi tanto adesso stacco.
- Davvero ti andrebbe? - chiesi stupita abituata alla riservatezza del mio paesino e a stare comunque per la maggior parte del tempo da sola.
- Certo perché?.
- Sono abituata a stare da sola tutto qui.
-Possiamo sempre stare sole insieme insieme- mi rispose facendomi l'occhiolino. Sorrise e prestai maggiore attenzione all'aspetto di Nina: aveva lunghi capelli castani, due occhioni da cerbiatto e un sorriso che trasmetteva allegria solo a guardarlo. Le mie "vecchie amiche" non erano per niente come lei ma vedendo come si erano comportate mi rallegrai di questa differenza. Dopo essersi tolta la divisa da lavoro ci dirigemmo fuori e ci fermammo davanti ad una vespa rossa, Nina mi lanciò un casco.
- Forza sali piccoletta! - mi incitò.
- Ho sempre voluto una vespa, ma dove metto la spesa?
- Davvero? E' bellissima non è vero? Comunque tranquilla non è tanta e ci sta nel bauletto, dammi qui- disse prendendomela dalle mani e sistemandola.
- Ci sei mai salita sopra? Sembra che tu non ne abbia mai vista una da vicino - mi domandò notando la mia eccitazione ed io negai con il capo.
- Allora benvenuta a bordo signorina Wendy, prego si allacci la cintura che in questo caso è la pilota stessa.
Risi di gusto del suo modo spigliato di fare ed era da talmente tanto che non sentivo il suono della mia risata da non riconoscerla neanche. Nina partì urlando:"STIAMO DA SOLI INSIEME POTREMMO ESSERE GIOVANI PER SEMPRE, URLALO CON TUTTO IL FIATO CHE HAIII".
- Ti piacciono i Fall Out Boy? - chiesi intanto che sfrecciavamo per le viuzze.
- Ovviamente e a quanto pare anche a te, saresti la prima amica che li ascolta - urlò per farsi sentire e nel frattempo io sorrisi alla parola amica. Nina mi portò ovunque e mi mostrò: il Lister park, la cattedrale della città, il St. George Hall, la Red House e infine il museo delle sorelle Bronte, le mie eroine e infine il centro della città e la scuola con la promessa da parte sua di accompagnarmi il giorno dopo in motorino. Non ci accorgemmo neanche di aver saltato il pranzo così prendemmo un gelato alle quattro e mezza passate del pomeriggio iniziando a chiacchierare.
- Allora Wendy raccontami qualcosa di te.
- Sono americana, vengo da una contea del New Jersey, un posto minuscolo in confronto a  Bradford.
- Tranquilla molte città in confronto sembrano piccole. Come mai ti sei trasferita?
Ahi e ora che le dico: Oh niente ho avuto un cancro ma tranquilla adesso non l'ho più, genitori scarsi nelle dimostrazioni d'affetto e un lutto? No okkey sembrava deprimente così ma magari potevo distorcere giusto un po’ la realtà per non spaventarla.
- Studi, la scuola inglese offre una preparazione nettamente migliore, nel paesino dove abitavo la massima aspirazione consiste nel saper fare la calza maglia e poi volevo stare un po’ con mia zia, era da moltissimo che non la vedevo.
Ottimo Wendy mi auto congratulai, buona versione.
- Caspita e ai tuoi va bene che tu sia così lontana da loro?
- Sì certo loro lavorano parecchio e gli spiace lasciarmi sempre da sola così hanno pensato di mandarmi da mia zia Ella. Sono entrambi avvocati a d Atlantic City ma spesso vanno a New York e Chicago quindi non ci sono quasi mai a casa. Tu invece che mi dici?
- Sono bulgara da parte di mio padre e britannica dalla parte materna, sono del capricorno, adoro i film in bianco e nero, adoro il teatro e ho una fissazione da quando avevo undici anni per Orlando Bloom.
- Un attrice, wow quando sarai famosa ricordati della ragazza del New Jersey.
- Magari, ma per ora recito solo a scuola e in qualche commedia di una piccola compagnia con Ian il mio ragazzo, sogniamo di sfondare a Broadway!
- Avete le idee chiare, come vi siete conosciuti?
- Ci siamo conosciuti quando io ero in seconda e lui in quinta, lo conobbi al corso di recitazione e mi piacque subito e credo che la cosa fosse reciproca. Un giorno stavamo facendo le prove per la recita di Natale, quell'anno inscenammo il Canto di Natale e durante la pausa Ian mi si avvicinò presentandosi e iniziando a fare squallide battute, come ti sei fatta male cadendo dal Paradiso e frasi simili, io scoppiai a ridere e lui cadde nello scatolone dei brillantini portandomi con sé. Quindi diciamo un grosso grazie a quella grossa scatola che mette insieme giovani dal 1978.
Finito di mangiare portai Nina a casa mia e scoprii che la sua distava di un solo isolato. Poco dopo Nina mi chiese: - Wendy visto che è l'ultima sera prima dell'inizio della scuola che ne dici di uscire stasera, ti presento il famoso Ian e i miei amici. Sai giocare a bowling?
- Sì me la cavo, aspetta chiamo un attimo mia zia per avvertirla - dissi scendendo giù da basso. Terminata la chiamata tornai di sopra dove trovai Nina che mi guardava con uno sguardo preoccupato dicendomi: Houston abbiamo un problema, nel tuo armadio non ho trovato neanche un vestito o una gonna, qualcosa di sexy. Nada. Staresti bene con qualcosa di più femminile.. Aspetta prova questa canotta con il cardigan e i jeans - mi disse frugando nelle profondità del mio armadio e pescando un paio di vestiti che mi lanciò. Dieci minuti dopo arrivammo al bowling dove mi presentò il suo fidanzato, un tipo alto, evidentemente più grande di noi di qualche anno, con i capelli corvini e due agghiaccianti occhi azzurri.
- Ian, lei è la mia nuova amica Wendy, è nuova -mi presentò Nina dopo averlo baciato
- Piacere e mi spiace che la tua prima amica sia questa pazza qui.
- Uhm- uhm io sono qui e la cosiddetta pazza è la tua ragazza.
- Ma certo amore lo so!
- Meglio per te, ma dove sono gli altri?
- Dunque Harry e Lou sono voluti restare a casa per una delle loro serate di coppia, Sammy è in visita dai suoi nonni, Nate ha la febbre, e Dylan dovrebbe arrivare a momenti - concluse Ian tenendo il conto con le dita.
- Ma quanto ci mette, è peggio di una ragazza. Oh Signore!
- Sa che stasera ci sarà anche Taylor e credo voglia farsi … come dire bello!
- Ma se è lì che se la fa con Luke e company, come le fa a piacerle proprio non so.
Intanto io li guardai interdetta e Nina sembrò notarlo perché prendendomi a braccetto e facendomi sedere mi disse: -Ora ti spiego, dunque: Harry e Lou sono i nostri amici che stanno insieme, Sammy la biondina fissata con i libri di Nicholas Sparks e Nate.. Bhe' Nate è un tipo tutto da vedere per giudicarlo, infine c'è' Dylan cotto della bionda, pelle ossa sulle gambe di quel biondo che è Luke,il moro è Liam, l'altro biondo Niall e l'ultimo con lo sguardo truce è Zayn - concluse. Un solo viso riconobbi fra quelli che Nina mi presentò, con tanto disprezzo nella voce, il moro dallo " sguardo truce" che avevo incontrato quella mattina sull'autobus. La mia visuale fu però oscurata dall'arrivo di un ragazzo, probabilmente Dylan che ci raggiunse con il fiatone e una vampata di dopobarba.
- Era ora O'Brien, ti sei riempito ancora di dopobarba e non hai visto che eri in ritardo ma bando alle scuse che mi affibbieresti, lei è Wendy.
- Piacere Wendy, io sono Dylan! Ragazzi ma lei è già arrivata?.
- Chi la troia, oh si se parli di lei è laggiù!
- Non chiamarla così!!!
- Preferisci prostituta, battona.. oh, oh donna di facili costumi. Sì non è male, mi piace.
- Non lo è per niente e se fa così avrà un motivo - rispose sulla difensiva Dylan.
- Magari ha ragione lui, chi lo sa forse ha un brutto passato alle spalle o genitori che le hanno dato un cattivo esempio - proposi.
- Grazie a Dio qualcuno che mi sostiene, grazie Wendy per il tuo beneficio del dubbio. Mi sei diventata simpatica in soli due minuti.
- Ma non vale Wendy è troppo gentile e basta! - ribatté Nina.
- Shh, vieni Wendy lasciamo questi malvagi al ritiro delle scarpe per giocare, per me un 44!
- Wendy? - mi chiese Ian.
- Un 38 grazie.
- Come sto? -mi chiese Dylan dato che ci stavamo avvicinando al fatidico gruppo per giocare nella pista accanto.
- Bene direi, ma perché non provi a parlarci?.
- Non sono il suo tipo, il suo genere è quello -disse indicando quei ragazzi e quindi Zayn.
- Questo non puoi saperlo - gli risposi mettendogli una mano sulla spalla. Eravamo talmente intenti a discutere che entrambi non ci accorgemmo dell'arrivo di Luke e del suo gruppo.
- O'Brien ti sei fatto la ragazza? Carina, forse un po’ troppo per te, bambolina fai sempre in tempo ad unirti a noi - mi disse il biondo Luke ammiccando nella mia direzione.
- Sto benissimo qui. Con lui.
- Tesoro sei nuova? Io sono Taylor, hai anche un bel fisico potresti fare la cheerleader, ne stiamo proprio cercando una - mi propose Taylor con aria svampita.
 - Uhm si sono arrivata ieri. Comunque grazie ma non credo di essere adatta.
- Oh eccome invece -disse Zayn in un sussurro appena udibile che sentii solo io dato che mi era affianco.
- Ci sono problemi? - chiese arrivando Ian con Nina e le nostre scarpe in mano.
- Somerhalder stavamo solo facendo amicizia ma sembra che questa bambolina come la tua ragazza preferisca la compagnia di sfigati alla nostra, non è vero O'Brien? - lo canzonò nuovamente Luke. Quest'ultimo stufo, stava partendo per andare addosso al biondo ma lo fermai subito per un braccio e guardandolo negli occhi gli dissi: - Dylan non ne vale la pena ma sopratutto loro non ne valgono la pena.
- Meglio che l'ascolti, non ti conviene sfidarmi - lo avverti Luke. Con un ultima occhiata da parte di Zayn e un - Peccato, sembrava carina, volevo una nuova amica - da parte di Taylor cambiammo corsia. L'ultima frase che sentii fu quella pronunciata la Luke che rispondendo alla bionda le disse
- E' lo sarà!
 
 

 
 
 
 
 

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