Odi et amo

di Laylath
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pioggia ***
Capitolo 2: *** Dormire ***
Capitolo 3: *** Pallette di carta ***
Capitolo 4: *** Dolci. ***
Capitolo 5: *** Parenti ***
Capitolo 6: *** Festa della donna ***



Capitolo 1
*** Pioggia ***


Pioggia


 “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. 
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Catullo. Carme 85



La piccola Riza amava la pioggia.
A costo di buscarsi un raffreddore, spesso usciva in cortile e stava immobile sotto quelle insistenti gocce, il viso rivolto verso il cielo. Assumeva quella posizione in modo che l’acqua potesse poi scorrere lungo i capelli ed il collo, in piccoli fiumi che si infilavano dentro il colletto dei vestiti e raggiungevano tutto il suo giovane corpo.
La pioggia le piaceva perché le regalava la sensazione di essere pulita. Lavava via l’infelicità di una vita familiare fatta di silenzi e lutti, dove si sentiva marchiata di una colpa che non era in grado di capire.
La pioggia le piaceva perché era fresca, al contrario degli occhi azzurri di suo padre che bruciavano.
 
Il tenente Hawkeye odia la pioggia.
La odia perché ha scoperto che non ha più la capacità di farla sentire pulita.
Le gocce che le cadono sul viso non riescono a cancellare il vento secco e rovente di Ishval, il rumore intenso accompagnato da tuoni e fulmini non riesce a sovrastare quello dei gli spari e delle urla, l’odore di bagnato non occulta quello della morte.
La pioggia non riesce più a purificare la sua anima segnata dal peccato.
Sentire eventuali rivoli d’acqua che le colano sulla schiena le dà un profondo fastidio.
 
***
 
Il colonnello Mustang è inutile sotto la pioggia.
Nonostante sia stato dimostrato decine e decine di volte, il suo ego è così smisurato da dimenticare un simile dettaglio. Proprio non vuole accettare l’idea che i suoi guanti non riescono a produrre la scintilla per scatenare l’alchimia del fuoco.
Ogni volta deve essere tirato fuori dai guai.
Riza in queste occasioni fa pace con la pioggia perché le dà occasione di salvare la persona che ama.
Questo la fa sentire meno sporca di quanto lo era prima.
 




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Nda
perché invece di pensare al mostro che sto producendo e che richiederebbe la mia attenzione completa mi butto su queste idee? -.-''
e nell'anteprima manco lo specifica che è una raccolta di flash-fic, spero sia solo un problema temporaneo.
Ci sono anche accenni di Royai, lo ammetto, ma non andrò troppo nello specifico u.u

 

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Capitolo 2
*** Dormire ***


Dormire


 “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. 
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Catullo. Carme 85



Al contrario degli altri bambini che vogliono restare alzati, Riza amava andare a dormire.
Quando era viva sua madre andare a letto voleva sempre dire un bacio della buonanotte, le coperte rimboccate con amore, una ninnananna sussurrata dolcemente. E anche dopo che se ne era andata, quei ricordi erano ancora così vividi che nell’andare a dormire le pareva di essere accompagnata da uno spirito gentile, recante con se gli echi di quelle vecchie canzoncine.
I sogni erano sempre dolci e meravigliosi, una realtà alternativa dove potersi rifugiare dopo i silenzi tormentati della giornata. E se prima c’era solo sua madre a farle compagnia, spesso in quei prati carichi di fiori, dove non mancava mai un’altalena o un dondolo, c’era anche un nuovo amico dai capelli neri come la notte e gli occhi che non mancavano mai di sorriderle.
E lui continuava ad esserci anche quando si svegliava.
 
Il tenente Hawkeye odia dormire.
Quando si mette a letto preferisce di gran lunga restare a leggere, magari con una tazza di camomilla bollente accanto. Dipendesse da lei preferirebbe restare desta ventiquattro ore su ventiquattro, con il corpo che recupera energie in qualche altro modo.
Odia dormire perché i suoi sogni non sono più felici e colorati come quelli dell’infanzia. Spesso richiamano la guerra e la morte e, quando si sveglia, sente sempre la gola bruciante come se Ishval fosse ancora una realtà. Ma anche quando sono normali, privi di orrore, la figura di sua madre è ormai sparita e lei non riesce più a ritrovare quei prati luminosi dove veniva spinta sull’altalena.
 
***
 
 
A volte a Riza capita di far molto tardi al poligono di tiro. Quando succede, dopo essersi cambiata, non manca mai di passare in ufficio a controllare che sia tutto in ordine.
In alcune occasioni trova il sergente Fury profondamente addormentato sulla scrivania, la radio ancora accesa e decine di piccoli pezzi elettronici sparsi attorno a lui. Allora con gentilezza gli leva le cuffie e gli sistema sulle spalle la giacca della divisa, sempre posata sullo schienale della sedia. E poi si siede accanto a lui, restando a contemplare quel viso così giovane ed innocente, dove la bellezza e serenità di quello che sta sognando sono incredibilmente palesi. A Riza pare quasi di vederlo correre felice con Hayate in campi fioriti, dove spesso c’è un’altalena o un dondolo.
Questo la fa sentire serena, come se sapesse che i suoi vecchi sogni non sono irrimediabilmente perduti, ma custoditi da una persona fidata.

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Capitolo 3
*** Pallette di carta ***


Pallette di carta


 “Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. 
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Catullo. Carme 85



C’era una cosa che piccola Riza amava fare la sera, subito dopo cena.
Con aria timida si affacciava nella biblioteca di casa che era stata adibita a sala studio per il giovane allievo di suo padre: a fine giornata, attorno al tavolo, c’erano sempre decine e decine di fogli di carta appallottolati. Qualche volta aveva provato a svolgerne qualcuno e aveva visto che c’erano sempre strani cerchi, spesso cancellati, ma la cosa non le importava. Li raccoglieva tutti quanti, magari aiutandosi con la maglietta o la gonna, ed andava in un angolino della stanza, a circa cinque metri di distanza da un cestino che, in teoria, sarebbe stato dovuto usare dal quel ragazzo che, però, sembrava non andare molto d’accordo con l’ordine. E allora, uno ad uno, iniziava a lanciarli, contando quante volte faceva canestro e sorridendo orgogliosa quando la sua mira si dimostrava migliore del previsto.
Forse era la parte delle pulizie di casa che preferiva, anche perché pensava alla faccia sorpresa che avrebbe fatto lui il giorno dopo quando, per magia, avrebbe trovato il pavimento sgombro.
 
Il tenente Hawkeye odia profondamente le pallette di carta in giro per l’ufficio.
Si presume che le persone adulte che ci lavorano dimostrino, appunto, la loro età ed utilizzino quindi i cestini per la carta proprio per la funzione per cui sono stati creati. Tuttavia, per quanto riguarda due membri in particolare del suo team, sembra proprio che questo normale concetto di ordine non voglia entrare in testa. Ogni sera, prima di andare via, trova inevitabilmente delle pallette accartocciate finite negli angoli più impossibili dell’ufficio. Ed è meglio non svolgerle, perché spesso piuttosto che brutte di lavoro o simili, trova disegnini idioti ed infantili che sarebbe opportuno evitare, almeno una volta superati i dieci anni.
 
 ***

A Riza Hawkeye qualche volta capita di andare a casa del colonnello Mustang.
Per lo più per motivi di lavoro, ma qualche volta per offrirgli assistenza durante qualche influenza particolarmente violenta, ma anche per evitare che sia solo una scusa per non presentarsi in ufficio.
Rimettendo un po’ in ordine, mentre il malato dorme, spesso trova delle pallette di carta sparse in giro per la casa e con un sospiro le raccoglie e le butta via, rassegnata al fatto che certe brutte abitudini sono dure a morire.
Non dirà mai al colonnello che ha tenuto quella, aperta quasi per caso, dove c’è disegnata una bambina dai corti capelli che, seduta per terra, lancia pallette di carta verso un cestino

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Capitolo 4
*** Dolci. ***


Dolci

 

 
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Catullo. Carme 85
 

 
 
Al contrario di tutti i suoi coetanei, Riza odiava i dolci.
Ogni volta che ne mangiava uno gli zuccheri le davano la nausea, sentiva le dita appiccicate così come le labbra e tutto il suo corpo era attraversato da un brivido. Sentiva che quelle glasse e quel sapore, che in un’altra vita forse avrebbe apprezzato, non facevano altro che prenderla in giro, ricordandole quanto invece fosse amara la sua esistenza.
Anche quando, dopo la morte di sua madre, si cimentò ai fornelli, evitò accuratamente di cucinare torte ed affini: lei e la pasticceria erano due mondi destinati a non incontrarsi mai.
 
Il tenente Hewkeye ama i dolci.
Ha imparato ad apprezzarli in Accademia, quando Rebecca diverse volte alla settimana la invitava alle merende notturne fatte di pettegolezzi, risate sommesse e dolci portati clandestinamente in dormitorio.
In quel caso gli zuccheri e le creme sapevano sempre di complicità ed amicizia, aggiungendo un qualcosa in più al brivido di fare qualcosa di proibito. Persino ad Ishval, nel cuore della notte, il ricordo di quel cioccolato a volte riusciva a farla sorridere.

***
 
Avendo in squadra il sottotenente Breda, Riza ha a che fare con i dolci quasi quotidianamente.
In particolare adora quando il rosso soldato porta la scatola delle ciambelle con le glasse colorate a seconda del sapore. Molto spesso, come una bambina (sebbene mantenga un’espressione di rimprovere perché, in fondo si sta comunque lavorando) le piace disporle sul vassoio di cartone assegnando a ciascuno la propria.
A Falman quella con la glassa bianca della crema, a Fury quella marron del cioccolato al latte, ad Havoc quella gialla dello zabaione, a Breda quella rossa al lampone e al colonnello quella nera del cioccolato fondente. E quella con la glassa rosa, che non manca mai, quasi un tributo al suo essere la donna di tutti quei soldati, la tiene per se e la dispone al centro.



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Capitolo 5
*** Parenti ***


Parenti

 

 
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Catullo. Carme 85
 

 
 
Da bambina Riza detestava il termine parenti.
Ogni volta che a scuola la maestra chiedeva di parlare della propria famiglia lei si sentiva profondamente imbarazzata. Ma l’imbarazzo divenne odio quando alla morte di sua madre non venne nessuno al funerale e lei si ritrovò a fissare quella lapide da sola, con suo padre che era già tornato a chiudersi nel suo studio, come se seppellire la moglie fosse stata solo una seccatura che l’aveva interrotto per qualche ora.
Nessuno era venuto, ma lei sapeva che ci dovevano essere altre persone: i suoi genitori non potevano venire dal nulla.
Con le lacrime agli occhi si ripromise che non li avrebbe mai perdonati per quel silenzio, per quell’abbandono… per quel sentirsi tremendamente sola.
 
Il tenente Riza Hawkeye ama profondamente suo nonno materno.
E’ una persona irriverente, maliziosa, a volte poco seria, specie per la carica che ricopre… a pensarci bene è  completamente diverso da lei e ci sarebbe da dubitare sulla loro parentela. A dire il vero i loro rapporti sono ridotti a poche e limitate occasioni e per lei è stata una vera e propria sorpresa scoprire, ormai adulta, di avere quel parente così stretto.
Ci sarebbero state così tante cose da dire, durante quel loro primo incontro nell’ufficio di lui, tante domande, recriminazioni, accuse… ma gli occhi spesso parlano più delle parole e delle mani tenute strette per dieci secondi sono capaci di ridare ad una bimba sperduta un senso di calore incredibile.
 
***
 
“Zia Riza! Zia Riza!”
Quando sente queste parole Riza sente il cuore scoppiarle di gioia e non può far a meno di inginocchiarsi e accogliere tra le braccia quei bambini così impazienti di salutarla e di darle un bacio. Sa benissimo che non si potrebbe, ma non trova mai il coraggio di dire alla squadra di non portare i propri pargoli in ufficio. Ma niente la rende più felice che prendere quei piccoli per mano e accompagnarli a fare merenda tutti assieme: perché lei è la zia putativa di tutti loro e nessuno le potrà mai levare quel ruolo così importante.
Li conosce da quando sono nati e per loro è sempre stato naturale chiederle di venir presi in braccio.
Lo farebbe ancora, ad essere sincera… ma ultimamente col pancione è troppo difficile.

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Capitolo 6
*** Festa della donna ***


Festa della donna

 

 
“Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Catullo. Carme 85
 

 
La giovane Riza amava la festa della donna.
Vivendo da sola con il proprio silenzioso padre le faceva davvero piacere quando a scuola, in quest’occasione, i compagni facevano gli auguri a tutte, persino a lei. In qualche modo sembrava che il mondo si accorgesse della sua presenza per qualcosa di bello; e non importava se si rivolgevano a lei solo in quanto femmina: era già un bel cambiamento rispetto a suo padre che non la considerava nemmeno come figlia.
 
Il tenente Riza Hawkeye odia la festa della donna.
Ci vede tutta l’ipocrisia di un mondo dove non sempre la donna è considerata come dovrebbe. Nella sua vita di soldato le è spesso capitato di vedere abusi, violenze, sevizie patite da persone colpevoli solo di essere di sesso femminile. Occhi rossi, castani, azzurri… pelle scura, chiara… capelli biondi, neri, castani, bianchi… non c’è distinzione di razza davanti alla perversione umana.
Forse è per questo che poche soldatesse ricevono in dono mimose.
Per lei, poi, non c’è niente da festeggiare a maggior ragione: avendo visto sua madre morire nell’indifferenza di suo padre ed essendo stata usata come mero supporto per custodire la sua alchimia, quelle mimose le sembrerebbero quasi una presa in giro.
 

***
 
Riza è dovuta venire a patti con la festa della donna.
Per quanto odiasse il tradizionale regalo di mimose, era rimasta interdetta quell’8 marzo del 1912 quando il soldato semplice Fury l’aveva rincorsa quando stava ormai tornando a casa e gliene aveva offerto un rametto.
Non l’aveva fatto durante l’orario di lavoro perché non voleva creare imbarazzo.
“Lo regalo ogni anno a mia madre per ricordarle quanto sia speciale per me e perché adora le mimose... spero che lo stesso sia per lei – le aveva sorriso con timidezza – e ci tenevo a regalarglielo, signora. Per ringraziarla di essere sempre così gentile e buona… e per ricordarle che può sempre fare affidamento su di me, per qualunque cosa.”
E Riza si era sentita stranamente felice nel accettare quel rametto giallo: non c’era ipocrisia in un simile dono considerata la persona che l’aveva appena fatto
Stranamente felice in quanto donna, ma soprattutto in quanto Riza Hawkeye.

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