Severus

di Shurq Elalle
(/viewuser.php?uid=722554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sguardo ***
Capitolo 2: *** Estasi ***
Capitolo 3: *** Vano ***
Capitolo 4: *** Empatia ***
Capitolo 5: *** Rabbia ***
Capitolo 6: *** Unica ***
Capitolo 7: *** Silenzio ***



Capitolo 1
*** Sguardo ***


Sguardo
 
«L'amore guarda non con gli occhi ma con l'anima.»
(W. Shakespeare)


Sentì il dolore colpirlo, lancinante, terribile, dilaniante.
Sentì il sangue scorrere, sentì... sentì... perché riusciva ancora a sentire quel grande ed immenso dolore? Perché riusciva a sentirlo nonostante stesse per cadere morto in quel pavimento sporco, in quel pavimento umido nella rimessa delle barche?
Nagini lo aveva colpito al collo. Nagini lo aveva ucciso. Allora perché era ancora lì, cosciente?
No, no stava per morire, se lo sentiva. Soffriva, soffriva nello spirito e nella carne, ma sentiva che stava per morire. Tra un po' tutto sarebbe giunto alla sua inevitabile conclusione. La sua dipartita era ormai imminente.
Sentiva il sangue solleticarli le clavicole, mentre le sue forze venivano meno e lui si accasciava a terra.
Stava morendo. E ne era felice. Stava morendo e avrebbe rivisto quei suoi bei grandi occhi verdi. I suoi capelli rossi.
Lily...
Chiuse gli occhi per un attimo, poi li riaprì e davanti a lui vide quel ragazzo, quel ragazzo per cui aveva dato la vita.
Capelli scuri disordinati.
Il figlio di Potter.
Occhi verdi, luminosi.
Il figlio di Lily.
Lily, la sua dolce Lily.
Chiamò il ragazzo. Doveva dargli la parte più importante di sé, doveva dargli i suoi ricordi. Doveva... stava...
«Guardami» sussurrò alla fine.
Lily Evans lo fissava. Gli occhi verdi di Lily lo guardavano per un'ultima volta.
E lui morì con l'ultimo sguardo della ragazzina dai capelli rossi cucito nel cuore. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Estasi ***


Estasi

«L'amore vero si dispera o va in estasi
per un guanto perduto o per un fazzoletto trovato,
e ha bisogno dell'eternità per la sua devozione e le sue speranze.
Si compone insieme dell'infinitamente grande
e dell'infinitamente piccolo»
(Victor Hugo)

 

«Evans e Piton» li richiamò Lumacorno quel giorno a Pozioni.
I due erano talmente impegnati e super eccitati per la riuscita della loro pozione che si erano completamente scordati di non essere soli nel sotterraneo.
«Ci scusi» mormorò Lily con un leggero imbarazzo.
«Non dovevi scusarti» mormorò Severus, mentre Lumacorno superava il loro banco.
«Non puoi avercela con lui solamente perché i punteggio finale verrà dimezzato fra le nostre Case» replicò lei mentre aggiungeva Mosche di Crisopa alla pozione.
Severus sentì l'irritazione dentro di sé. «Non è per quello» sussurrò mentre mescolava e lei voltava la pagina del manuale «È solo che lui ti guarda in modo... strano».
«Oh smettila e mescola» lo intimò con un sorriso «È carino da parte tua essere protettivo con me, ma non c'è bisogno di recitare la parte del fidanzatino geloso, Sev, davvero so badare a me stessa».
Una fiammata investì il collo del ragazzo: fu talmente calda e forte che all'inizio pensò che il fuoco sotto il calderone lo avesse raggiunto, poi si rese conto che erano state solamente le parole fidanzatino geloso a provocargli quell'effetto.
La osservò mentre si legava i capelli.
La osservò mentre mescolava con una grazia assolutamente umana, quasi divina, come avrebbero affermato i Babbani.
La osservò mentre gli sorrideva e gli chiedeva se era tutto apposto.
La osservò e continuò a fissarla, nonostante lei gli avesse detto che la metteva in soggezione.
Era così bella che non poteva evitare di guardarla. Era così bella che l'avrebbe amata per tutta la vita.
Si riprese quando lei gli sfiorò una mano.
«Sev, ci sei?»
Annuì mentre si toccava il punto dove Lily aveva posato la sua mano.
Non avrebbe mai dimenticato quell'istante.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Vano ***


Vano




«È preferibile l'aver amato e aver perduto
l'amore, al non aver amato affatto.»
(L. Tennyson)



Vide Lily seduta vicino al lago. I suoi capelli rossi danzavano al vento come la fiammella di una candela. Si portava, di tanto in tanto, una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre era china su un libro.
Gli faceva male, terribilmente male averla persa, persa per sempre.
«Non ho bisogno del tuo aiuto, sporca mezzosangue
Quelle parole, quelle terribili parole gli riecheggiavano nella mente. Come aveva potuto, come aveva potuto dirle... a lei.
Lei, sua unica ragione di vita.
Lei, suo unico amore.
Lei, sua unica amica.
Lei, Lily Evans.
Avrebbe potuto avvicinarsi a lei e chiederle perdono. Ma la conosceva, sapeva com'era fatta, sapeva come lei avrebbe reagito. E aveva ragione, ogni ragione, ma l'amava lo stesso.
Ma se lei avesse dimenticato quella piccola parola, se lei avesse lasciato perdere in nome della loro amicizia, se lei fosse ancora sua amica... lui, lui non avrebbe sofferto così. Non avrebbe più sentito il dolore atroce, immenso, profondo del suo cuore lacerato, le sue membra attraversate da una miriade di spilli, le ferite della sua anima avrebbero smesso di sanguinare. Lui sarebbe rinato. Se Lily avesse lasciato perdere, scordato, dimenticato, ui sarebbe ritornato a nuova vita. Sarebbe stato un nuovo Severus.
L'avrebbe amata con maggiore trasporto, con maggiore passione.
Lily sarebbe stata sua.
Il lago splendeva sotto il sole di mezzogiorno, mentre Lily rideva insieme alla sua amica Mary. Si sarebbe avvicinato, avrebbe detto quello che la ragazza avrebbe voluto sentirsi dire e tutto sarebbe stato come se nulla fosse successo.
Era a soli pochi metri da lei, quando udì Mary dire:«Quel tuo amico è qui»
Lily si voltò, lo fissò come se fosse trasparente e dichiarò in maniera molto fredda:«Io non vedo nessuno, Mary. Che ne dici troviamo un posto più all'ombra?»
Le due si alzarono e passarono davanti a lui senza degnarlo di uno sguardo.
Fu allora che Severus si sentì davvero morire.
Fu allora che capì che tutto era finito.
Tutto era finito, ma il suo amore sarebbe durato per sempre.  

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Empatia ***


Empatia

 

Se ciò che io dico risuona in te,
è semplicemente perché siamo entrambi rami
di uno stesso albero.”
(William Butler Yeats)

 

 

Eccolo lì, accucciato dietro un cespuglio ad osservarla compiere quelle che tutti quanti, nel mondo magico, avrebbero concordato nell'affermare che fossero delle assolute meraviglie.
Quella bambina aveva un talento assoluto per la magia: era straordinariamente brava e talentuosa ed era un piacere per gli occhi guardarla durante le sue prodezze magiche.
E non solo,
I suoi capelli rossi, così belli, lunghi e lucenti danzavano ogni volta che lei saltava meravigliata di ciò che sapeva fare. I petali dei fiori danzavano quando lei glielo ordinava. I cespugli fiorivano quando lei li toccava. L'erba diveniva verde intenso quando lei la calpestava. Sembrava la dea greca babbana Persefone.
Dopotutto, si chiama Lily e chiunque portasse il nome di un fiore, poteva compiere tali miracoli sulla natura.
Le aveva parlato solo qualche settimana prima. Le aveva parlato e rivelato la sua natura di strega, ma la reazione della bambina non era quella che lui si era aspettato. Lily si era offesa, terribilmente offesa, ed ora si trovava lì, ad osservarla di nuovo, sperando che quella fosse la buona occasione per stringere amicizia con lei.
Era la prima strega, oltre sua madre, che incrociava in quel letamaio babbano; era un colpo di fortuna.
Lui aveva imparato a sfruttare i colpi di fortuna quando essi arrivavano. Poi, era straordinariamente bella per i suoi sette anni o poco più. Severus non riusciva a toglierle gli occhi di dosso ogni volta che lei veniva a giocare in quel parchetto insieme alla sua babbana sorella molesta, la quale, quel pomeriggio pigro d'estate, non c'era.
Ora o mai più, pensò lui.
Uscì fuori dal suo nascondiglio. Lily, appena lo vide, sobbalzò e un velo di rabbia le comparì in viso.
«Senti...» esordì lui col nervosismo che cresceva «Io... io, l'altro giorno, non volevo offenderti... ti volevo solo, solo spiegare perché sei così speciale... ecco, vedi anch'io sono come te. Io... io sono un mago».
A quelle parole, la rabbia sembrò svanire lentamente dal dolcissimo volto della bambina, la quale dichiarò:«Dimostramelo... scusa, come ti chiami?»
«Severus» rispose prontamente e altrettanto leso levò teatralmente una mano in aria e, con uno schiocco di dita, i suoi capelli neri divennero blu elettrico. Il gridolino entusiasta di Lily gli fece capire che la magia era andata a buon fine.
«Avevi ragione» gridò «Sei proprio come me. Tu mi capisci, quindi, tu sai cosa vuol dire...»
«Sapere qualcosa che non sai spiegarti perché accade?» completò lui. Non era proprio vero: lui sapeva molte cose grazie a sua madre.
«Sì» disse lei con gli occhi verdi, di un verde che Severus non avrebbe mai scordato, che si illuminarono «Io... io sono l'unica così e non... non capisco...» ammutolì e poi riprese:«Scusami per come mi sono comportata l'altro giorno, Sev, davvero. Non so cosa mi sia preso... ah, io sono Lily».
Lo so, stava per dire ma riuscì a tacere appena in tempo.
«Ora non sei più sola» disse, invece «Ora ci sono qua io per te. Ci sarò io che ti capirò. Ci sarò io a spiegarti tutto. Mia madre è una strega, ha poteri proprio come noi, madre io padre no e... e lui non capisce».
«Ti vede come se fossi un mostro» sussurrò Lily.
«Sì». Non avrebbe usato altre parole che quelle della bambina per descrivere come si sentiva ogni volta che il padre posava lo sguardo su di lui.
«Ci capiamo, Lily, ci capiamo» mormorò.
Ed era vero: in quei pochi istanti si erano capiti come poche altre persone avevano compreso loro in sette anni di vita. La loro empatia aveva raggiunto un tale livello che poteva essere indissolubile, immutata nel tempo.
Severus sapeva che la magia gli aveva uniti e gli avrebbe tenuti uniti per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Rabbia ***


Rabbia
 

Era uno sguardo d'amore
la spada è nel cuore e ci resterà
sei bella in questo momento
più bella adesso che il vento

ti allontana da me.
(La spada nel cuore; Battisti-Mogol)

 

Rovistando nella sua memoria vi era un ricordo che gli donava rabbia e dolore lancinante ogni volta che aveva il masochistico coraggio di rispolverarlo.
Era il settimo anno, due anni dopo il terribile fattaccio che aveva frantumato per sempre l'amicizia fra lui e Lily, e i corridoi di Hogwarts gli sembrano sempre più straordinariamente bui e cupi, nonché sempre meno accoglienti di quando gli aveva attraversati per la prima volta. In quei giorni vi erano dei capelli rossi ad illuminarli, ora solo i suoi neri che spegnevano il tutto.
Mentre pensava alla lezione successiva, era Pozioni lo ricordava ancora, vide una scena che sperò essersi immaginato.
Vide quei indimenticabili occhi verdi, quello sguardo acceso e febbrile che tante volte aveva visto comparire sul volto di Lily Evans su qualunque cosa che a ella piaceva e che forse estraneo alla sua persona, rivolti a... rivolti a quello. Lui.
Lui. James Potter. Colui che doveva la sua fama al Quidditch. Colui a cui bastava saper acchiappare una stupida pallina dorata per avere successo e gloria. Colui a cui bastava sapere acchiappare una inutile, sciocca, pallina dorata per avere successo, gloria e Lily Evans.
Lily. La sua Lily. La ragazzina dai capelli rossi. Colei che amava più di ogni altra cosa. Colei che lui aveva chiamato “mezzosangue”. Colei che aveva perso.
L'aveva persa. È inutile che continuava a mentire a se stesso per due anni: l'aveva persa e quello sguardo d'amore rivolto a Potter era la prova lampante.
E il suo cuore cadeva a pezzi, in milioni di piccoli pezzi, frammenti, polvere che si disperdeva nel suo corpo lasciando che il suo dolore di diffondesse per tutto il corpo, lasciando che il dolore li provocasse bruciore, tormento, disperazione.
Si sentiva come se la spada di Grifondoro lo avesse perforato nel petto.
Si sentiva come se il Basilisco gli avesse pietrificato il cuore, la mente, lo stomaco.
Si sentiva come... disperato, confuso, arrabbiato. Sì, terribilmente arrabbiato.
Arrabbiato con Lily Evans perché lei gli aveva sempre giurato che lei James Potter lo odiava. Lo odiava talmente tanto che non aveva paura di aggredirlo per proteggerlo, in quel giorno dei G.U.F.O. di due anni fa.
Ma le cose, evidentemente, erano cambiate.
Loro non erano più amici.
E Lily Evans era innamorata di Potter.
Crollò a terra, in ginocchio, disperato. Crollò a terra pensando che era la fine della sua vecchia vita. Crollò a terra pensando che la sua vita sarebbe rinata diventando un Mangiamorte.
Un Mangiamorte eternamente innamorato della mezzosangue Grifondoro dai capelli rossi.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Unica ***


Unica

 

L’amore richiede sempre del coraggio
e comporta un rischio: il rischio della perdita.”
(M. Scott Peck)

 

 

Una luna straordinariamente brillante squarciava il cielo in due con uno dei suoi raggi. Sarebbe stata una notte buia, se la luna fosse stata assente. Sarebbe stata buia come ormai lo era il suo cuore.
Era apparso al cospetto di Lord Voldemort appena aveva sentito la chiamata bruciargli sul braccio sinistro. Obbediente come un cane fedele, si era inchinato al cospetto del suo padrone.
«Severus sei stato molto prezioso» aveva detto lui.
«Per cosa, mio signore?»
«Per avermi riferito della Profezia» aveva risposto «La tua presenza laggiù è stata davvero preziosa e la tua tempistica nell'avvisarmi davvero eccellente.»
«Se posso permettermi di chiedere» aveva azzardato «Qual è il vostro piano al riguardo?»
Nel mentre si era chiesto che ci faceva Peter Minus rannicchiato in un angolo, tremante.
«Ho capito chi potrebbe essere il bambino» aveva mormorato «Conosco soltanto due coppie che mi son sfuggite tre volte e che entrambe hanno i figli nati alla fine di luglio. Ma solo una delle due è quella che mi minaccia.»
Severus aveva sentito il terrore crescerli nel petto. Non lei, non lei... non Lily, ti prego non lei...
«Sono i Potter, i Potter e il loro figlio.»
«Capisco.» aveva detto solamente. Aveva già in testa un piano per salvarla.

E si era smaterializzato lì, sotto quella luna. Col terrore che gli invadeva il petto. E arrivò anche Silente. Gli chiese quello che voleva, di proteggere Lily, avrebbe fatto qualunque cosa affinché lei fosse protetta...
Lei era unica, unica per davvero. Era unica anche se ormai la loro amicizia si era rotta. Unica perché non aveva mai visto nessuno come lei. E il pensiero di perderla più di quanto l'avesse già persa, era totalmente devastante.
Morta. Lily, morta era un pensiero devastante. Sconvolgente. Impensabile.
Silente l'avrebbe protetta.
Silente l'avrebbe salvata.
Lily sarebbe stata ancora in vita.
Unica, grande Lily.
Sarebbe sopravvissuta.
Silente glielo aveva promesso. Avevo promesso in cambio qualunque cosa affinché lei fosse sopravvissuta. E a nessuno aveva promesso qualunque cosa.
Lily sarebbe stata ancora viva.
Lily, suo unico grande amore, Lily unica ed insostituibile.
Per un attimo gli sembrò vedere un lampo del suo sguardo verde. E quell'immagine, sebbene fosse frutto della sua immaginazione, lo conservò nel cuore.
Lily sarebbe sopravvissuta.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Silenzio ***


Silenzio

 

«Il mistero dell'amore è più grande del mistero della morte.»
(O. Wilde)

«Il resto è silenzio.»
(Amleto; W. Shakespeare)

 

Severus sapeva che non sarebbe stato capace di dire nulla, ora.
Lily era morta e nessun'altra parola avrebbe fatto capolino dalla sua bocca. Non avrebbe più avuto la forza di proferir qualche altra parola, almeno non ora o nell'immediato futuro. Il dolore era talmente grande e straziante che sentiva non sentiva più neppure il suo cuore, le sue membra, nulla. Si sentiva come circondato da una nube infinita di ovattato silenzio.
Nulla aveva più importanza ora, nulla aveva più importanza.
Guardò il cielo, ma non lo vide. Sembrava aver perso anche la vista, oltre che...
Non riusciva neppure a pensarlo. Non riusciva neppure a concepire l'idea nella sua testa. Era troppo davvero troppo
Si sentiva come uno di quei relitti babbani che rimanevano ancorati ad uno scoglio finché la loro vita non cessava; lui non era tanto dissimile: era un relitto umano senza Lily, un relitto umano ormai alla deriva nel mare della vita. Un relitto umano che ormai veniva trascinato dalla corrente senza un'ancora che lo trattenesse.
Era alla deriva ormai e sentiva soltanto il rumore del dolore dentro di sé.
Si accasciò per terra, talmente era grande il peso della sua sofferenza e si osservò le dita tremanti, pensando che non avrebbe più sperato di rivedere i suoi capelli rossi, o i suoi meravigliosi occhi verdi e mai, mai più avrebbe risentito il suono della sua voce.
Lily Evans si era spenta, estinta come il fuoco di una candela al soffio di vento. I suoi capelli fiammanti non avrebbero più brillato al sole.,
Lily Evans si era spenta come il verde acceso dell'erba durante un eclissi solare. I suoi occhi non avrebbero più brillato complici verso di lui.
Lily Evans si era venuta a mancare come una canzone interrotta a metà. La sua voce non l'avrebbe più chiamato Sev. Non avrebbe mai più sperato di poterla udire quella sua bellissima voce.
Sarebbe stato silenzio solo silenzio.
Silenzio nel suo cuore.
Silenzio nella sua anima.
Silenzio nelle sue orecchie.
Lily Evans era morta. Morta per sempre.
Ed è silenzio. Solo silenzio.

---------------------------------------
Con questa ultima flashfic, concludo la mia raccolta.
Non sarà l'ultima volta in cui scriverò di Severus: ho davvero tantissime storie nella mia testa e sento che potrei dire ancora la mia su questo affascinante personaggio.
Grazie di cuore per aver letto fino a qui e arrivederci alle prossime fanfiction su Severus.
Shurq

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2844332