Gabrielle

di Minako_86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1° ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2° ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3° ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4° ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5° ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6° ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7° ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8° ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9° ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10° ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11° ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12° ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13° ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14° ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15° ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16° ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17° ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18° ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19° ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20° ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21° ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22° ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23° ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24° ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25° ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26° ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27° ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28° ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29° ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30° ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31° ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32° ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


- Prologo -

Prima che vi tuffiate nella lettura, lasciate che vi dica un paio di cose:

 

- Primo: Gabrielle-Coco è una mia creatura, MA non sono io. In effetti c'è qualcosa di me in lei, ma solo a livello di passioni ed età anagrafica. Il suo nome è un omaggio a quella grande donna che era Mademoiselle Chanel. Studiando io da stilista ed amandola molto, non ho potuto farne a meno!x3 Comunque trattatemela bene, perchè tengo molto a lei.

 

- Secondo: I miei Jonas non vogliono essere un ritratto fedele degli originali, per quanto spero che ci somiglino il più possibile... Io non sono una fan *sfegatata* di questi tre, quindi molte cose ce le aggiungerò di mio pugno, mi scusassero le fedelissime!xP

 

- Terzo: Essendo io leggermente maniacale, nella creazione di nuovi personaggi, ho cercato un volto per la mia Coco e, sfruttando la mia passione per la grafica, l'ho photoshoppata insieme ai Jonas.

 

Copiincollate nella barra dell'indirizzo web questo link:

 

http://img368.imageshack.us/my.php?image=bannerjonasstoryaa1.png

 

Mi fa piacere sapere che ne pensate, anche vistosi il lavoro che c'è dietro.x3

 

- Ultimo, ma non meno importante: dedico la fic a Tempe (alias Temperance_booth) perchè fondamentalmente è anche parecchio merito/colpa sua se mi sono irrimediabilmente affezionata ai tre Jonas!<3

 

Ora smetto di tediarvi, avviso solo che la fic è ancora in corso di elaborazione, perciò gli aggiornamenti saranno potenzialmente di attesa lunghetta!=P

 

PS. Il testo in corsivo tra le parentesi graffe corrisponde ai pensieri in prima persona dei personaggi. In blu invece, le eventuali citazioni.

 

 

 

 

- Prologo -

 

 

 

{ Credo che ci sia qualcosa chiuso a chiave

e che ogni verità può fare bene o fare male. }
Sono Qui Per l'Amore - Ligabue

 

 

 

 

Coco

 

 

 

 

 

- Coco! S'il vous plaìt... -

 

Si fece strada tra la folla di ragazzine urlanti, nel tentativo di raggiungere la sorella che era rimasta bloccata dalla parte opposta dell'ingresso. Monique, accasciata contro un'elegantissima parete in marmo rosa, era esausta ancor prima che la serata cominciasse. Dondolava stancamente un braccio sopra la testa, mentre con l'altro reggeva malamente sua figlia Luciàne. Un adorabile angioletto biondo di quattro anni e mezzo. Gabrielle la raggiunse, somministrando qualche spintone a destra e a manca, e prese in braccio la nipotina.

 

- Continuo a pensare che non sia stata una grande idea... - Sbuffò, osservando il teatro che andava riempiendosi. Lo spettacolo non sarebbe iniziato prima di qualche ora buona, eppure la marea umana continuava ad affluire senza sosta. - Questo posto è fatto per ascoltare buona musica. La sua acustica è studiata per rieccheggiare note importanti... non le canzoncine commerciali di tre bambocci americani qualunque.

 

- Parli come se l'Emeraude fosse tuo. - Ridacchiò Monique di rimando. - Ma noi qui ci limitiamo a pulire e a servire cioccolatini durante l'intervallo, ricordatelo. - Gabrielle si incupì improvvisamente e senza dire nulla, adagiò la bimba sul pavimento, stringendole appena la manina paffuta. Le dava fastidio che le si ricordasse la sua squallida situazione. Si sentiva una sguattera. Costretta a lavare un pavimento per poter ascoltare anche solo qualche brano delle Opere che tanto amava.

 

- Infatti. Se fosse mio, certi abomini non verrebbero permessi. - Ringhiò, indicando un manifesto cartonato alto una volta e mezzo lei. Quei tre avevano il potere di mandarla in bestia anche tramite fotografia.

 

Beethoven, Mozart, Chopin... Quella era vera musica. La sola che valesse la pena di essere ascoltata, per quanto la riguardava. Quella era emozione.

 

- Certo, certo. Adesso però piantati in faccia un'espressione che sembri almeno umanamente cordiale e vai al banco dei gadget. Io devo pensare al guardaroba, i biglietti e il resto. Non riesco a badare a tutto, con la gente che c'è... Sento che stasera se ne venderanno a vagonate di quegli affari. Quei ragazzi sono un vero fenomeno generazionale... - Le spostò una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio, ma lei agitò immediatamente la testa per farla tornare al suo posto. - Ti prego, Coco. Ho già abbastanza grane, senza che ti ci metta anche tu.

 

- D'accordo, Monmon. - Sospirò, spingendo delicatamente Lulù verso la sorella, prima di lasciarla andare. Mise su un finto sorriso che scomparve non appena ebbe voltato le spalle a Monique.

 

- Eccoci qua, coraggio. - Bisbigliò, infilandosi dentro al mini-shop con una smorfia. Poi alzò lo sguardo e si rivolse alla prima di una lunga fila di fans assatanate che si snodava fino in fondo alla sala. - Dimmi pure, tesoro.

 

{Fenomeno generazionale.}

 

Riflettè, mentre incartava con aria scocciata un grosso poster autografato.

 

{Ma se io non sapevo nemmeno che esistessero, questi Jonas Brothers.}

 

 

 

 

Kevin

 

 

 

 

 

L'auditorium era completamente vuoto. Un silenzio del tutto innaturale serpeggiava tra gli stessi sedili di velluto rosso che, pochi attimi prima, avevano visto almeno diecimila persone urlare, cantare e ballare come fossero un tutt'uno, mentre tre ragazzi si agitavano sorridendo sul palcoscenico.

 

Kevin Jonas si guardò intorno con aria stranamente mesta, per uno che era appena stato partecipe di un autentico trionfo. Fuori da lì, oltre gli ampi vetri che illuminavano l'estremità superiore delle pareti, Parigi si preparava ad un'altra notte, esattamente identica a tante che c'erano e ci sarebbero state.

 

{Come. Sempre. Tutto. Identico.}

 

Proprio come per lui.

 

Si sedette sul bordo del palco, abbandonandosi come la sua adorata chitarra sul pavimento, contro l'asta del sipario. Un ciuffo ribelle gli scivolò davanti agli occhi, lo spostò con uno sbuffo scocciato. Scocciato, sì.

Quella situazione lo aveva veramente scocciato. Essere sempre considerato l'ultima ruota del carro, quello di cui si sarebbe potuto fare a meno... All'inizio aveva pensato ad un problema di età. Troppo grande per certe cose o, per lo meno, troppo in là dall'essere teen-ager.

Il novanta per cento delle loro fans non superava i quindici anni.

Poi era passato all'ipotesi di non essere abbastanza carino. E comunque non quanto Joe o Nick. Cosa di cui non avrebbe mai potuto e tantomeno voluto fare una colpa ai suoi fratelli, però... Però.

Il fatto che ai concerti fosse tutto un turbinare di "Ti amo Nick!" e "Joe sei bellissimo!", che di cartelloni per lui ce ne fossero sempre pochi, in proporzione, gli dava fastidio. Era un piccolo, sordo bruciore all'altezza dello stomaco che, da qualche mese a quella parte, gli impediva di sentirsi totalmente felice. Perfino dopo un successo straordinario come quello ottenuto col pubblico europeo. Lo faceva star male tanto quanto l'idea di avere qualcosa da nascondere alle due persone a cui più teneva in assoluto...

Dondolò nervosamente le gambe e fece per saltare in platea, ma si bloccò quando la porta in fondo alla sala si aprì, accompagnata dallo scatto della maniglia antipanico.

 

- Guarda che schifezza! Incivili... - Bofonchiò l'ombra che era entrata, trascinandosi dietro un secchio e uno scopettone. Mosse qualche passo in avanti e, una volta che ebbe raggiunto il cono di luce della prima finestra, Kevin potè constatare che si trattava di una ragazza. Lei, chiunque fosse, non lo degnò della minima attenzione. Portò il secchio fino alla prima fila di sedili e prese a raccogliere le cartacce dal pavimento.

 

Come poteva non averlo notato, quando lo dividevano da lei appena tre metri scarsi? Non che la cosa lo infastidisse particolarmente, era sicuramente preferibile alla tipica reazione isterica che avrebbe avuto qualunque altro essere di sesso femminile di età compresa fra i dodici e i diciott'anni, vedendoselo davanti. La osservò incuriosito ancora per qualche attimo, cercando di capire cosa stesse borbottando, anche se l'unica cosa che riusciva a dedurne era che al liceo avrebbe dovuto applicarsi di più, durante le lezioni di francese.

 

Sorrise fra sè e sè e tentò di nuovo di alzarsi, ma nello stesso istante alla ragazza sfuggì di mano lo scopettone. Mentre quello rotolava ticchettando sul laminato di marmo, senza un motivo apparente, lei si voltò nella direzione opposta ed incrociò lo sguardo spaesato di Kevin che era rimasto bloccato in un'assurda posizione, in bilico sullo spigolo del palco.

 

- Cosa stai facendo, scusa? - Domandò, senza smettere di guardarlo negli occhi. Lui, lì per lì, riuscì unicamente a notare quanto chiara fosse la pelle di quella stranissima ragazza. E quanto scuri fossero i suoi capelli. Soltanto dopo qualche attimo di silenziò metabolizzò finalmente che aveva capito perfettamente ciò che gli aveva detto... E non perchè si fosse improvvisamente ricordato di come si parla il francese parigino.

 

- Sei americana? - Le rispose, ignorando deliberatamente la sua richiesta di chiarificazione. Lei sgranò impercettibilmente gli occhi, mentre l'ombra di un sorriso le sfiorava le labbra.

 

- No. Sì. Cioè, per metà. Mio padre lo era. E ogni tanto mi scappa di parlare... - Si bloccò di colpo, squadrandolo con attenzione da capo a piedi. Leggermente imbarazzato, Kevin saltò giù dal palco e riuscì finalmente a toccare terra, assumendo una posizione più dignitosa. - Oddio.

 

- Oddio? - Ripetè meccanicamente, cercando di capire qualcosa di quella conversazione surreale.

 

- Tu. Tu sei uno di quei tre... cosi. - Gli puntò un dito contro, indietreggiando velocemente. Nel panico non si accorse del secchio dietro di lei che, urtato malamente dal suo piede, si ribaltò, inzuppando una buona porzione di pavimento, della pigna di cartacce che aveva radunato ed un paio di sedili. - Oh, cavolo...! - Si chinò, rivolgendogli seccamente le spalle e prese a trafficare per recuperare il danno fatto. Senza chiedere nulla, Kevin si avvicinò e le diede una mano a raccogliere qualche manciata di biglietti accartocciati e gocciolanti.

 

- Sei diverso. Voglio dire, il manifesto... o forse è quell'altro che è riccio? - Gli prese la carta dalle mani ed abbassò lo sguardo, continuando ad armeggiare e a riflettere ad alta voce tra sè e sè. - Cioè, i capelli... ti stanno anche bene così... oh, ma cosa diavolo sto dicendo?! - Agitò nervosamente la testa e, quando tornò a guardarlo, lui sorrideva.

 

- Grazie. - Che ragazza assurda... Ormai aveva rinunciato definitivamente all'idea di trovare un senso a quello che si stavano dicendo. E, assurdo per assurdo, poteva dare voce a tutto quello che gli passava per la testa. Tra le altre cose, non aveva nemmeno nulla da perderci... Dopo quella notte, chi l'avrebbe più incontrata? - Mi trovi carino? - Continuò, senza rifletterci troppo.

 

- Non sei il mio tipo, se è questo che vuoi sapere. - Si irrigidì lei. Lo squadrò di nuovo, questa volta inarcando un sopracciglio con aria visibilmente scettica. - Comunque sì, sei carino. - Concluse, sorridendogli. In effetti, quello era oggettivamente innegabile.

 

Mentre lui la osservava in silenzio, raccolse il secchio e si voltò, avviandosi verso l'uscita della sala. Aveva bisogno di altra acqua... Arrivò fino alla porta e ci si fermò davanti, accarezzando la maniglia con aria meditabonda. - Ah! - Disse Gabrielle, voltando solo la testa nella sua direzione. - Quelle basette, però, mi fanno orrore! - E uscì di scena, scrollando le spalle. Sparita così come era apparsa, tanto incredibilmente che lui si sarebbe chiesto, per lo meno per tutta la notte, se fosse reale o soltanto una proiezione della sua mente bacata.

 

Appoggiato ad un sedile ancora umido, Kevin si lasciò andare ad una sonora risata liberatoria.

 

 

 

 

Nick

    

 

    

 

 

Nick entrò frettolosamente nell'elegante bagno degli uomini, spargendo un mix di strani aggeggi e blister di pastiglie mezzi vuoti sul piano di granito. Non gli riusciva proprio di ricordarsi quale medicina dovesse prendere quella sera. Si sfregò le tempie, cercando di fare mente locale. Niente, buio.

 

{Eccheppalle.}

 

Scelse uno degli assurdi strumenti, lo sistemò a contatto con il polso e cominciò a misurare. Rimase immobile per qualche minuto, osservando svogliatamente il display luminoso e scribacchiando numeri incomprensibili su un foglietto di carta. Glicemia, ferro, globuli bianchi... Risultato: tre pastiglie rotonde. Una bianca, due gialle. Se le rigirò sul palmo della mano, fissandole come se avesse potuto farle sparire con la sola imposizione dello sguardo. Per quanto ancora avrebbe dovuto andare avanti ad imbottirsi di quella roba?

 

{A little bit longer... Ancora un po'. Un "ancora" che tende a perpetrarsi all'infinito.}

 

Per tutti lui era quello forte. Quello che non si lasciava abbattere da niente... E in effetti, in parte, ci si sentiva così. Quando stava sul palco insieme ai suoi fratelli, con le urla delle fan che gli rimbombavano nelle orecchie. Quando Joe e Kevin lo guardavano negli occhi, con quell'espressione particolare. Quella che, in sordina, sussurrava "siamo qui, saremo sempre qui per te". Si lasciò scivolare con la schiena contro il banco dei lavandini, fino a trovarsi seduto per terra, le pasticche sempre strette in mano. Purtroppo era nei momenti di solitudine, negli attimi in cui si trovava faccia a faccia con sè stesso e nessun altro, che la debolezza lo assaliva.

In fondo, molto in fondo, aveva una paura dannata di dover passare una vita intera a dover dipendere da un pugno di farmaci. Lo sentiva come un peso all'altezza della gola che gli impediva di respirare bene... Soprattutto perche non riusciva assolutamente a trovare il coraggio di parlarne con quei due. Si portò le ginocchia al petto e le strinse con un braccio, mentre teneva continuamente la mano destra aperta davanti a sè.

D'improvviso la doppia porta d'entrata sì aprì, facendo guizzare il riflesso delle luci sulla sua superficie lucida. Qualcuno con un grosso secchio azzurro in mano entrò nella stanza.

Ciò che più colpì il giovane Jonas, oltre all'improbabile colore dell'oggetto, fu che chi lo stringeva era una ragazza.

 

E quello non era un bagno misto.

Come lo vide, arrossì di botto. Ma non per il motivo che credeva lui.

 

- Excuse moi...! - Esclamò. Poi cominciò a farfugliare una serie velocissima di parole in francese e Nick perse definitivamente il filo del discorso. La fissò con aria smarrita fino a che non ebbe finito di parlare.

 

- Scusa? - Balbettò timidamente, senza preoccuparsi di essere ancora seduto per terra. - Non... non credo di aver capito.

 

- Oh. - Riprese lei, sorridendogli e cominciando magicamente a parlare nella sua lingua. - Un altro straniero? Dev'essere serata. - Poi afferrò il secchio e lo posizionò con cautela sotto il getto del rubinetto. - Dicevo... - Alzò il volume della voce per coprire il rumore dell'acqua che batteva sul fondo di plastica. - Mi serve solo un po' d'acqua e nel bagno delle signore non ce n'è più. Dev'essersi rotta la tubatura...

 

Parlava senza nemmeno guardarlo, del tutto intenta in ciò che stava facendo. Nick cominciò a chiedersi come fosse possibile e dopo alcuni minuti di concitata riflessione arrivò ad un'unica soluzione, che era anche la cosa più paradossale che gli fosse venuta in mente... Possibile che non lo avesse riconosciuto? Che magari non sapesse nemmeno chi era?!

 

La misteriosa ragazza finì di riempire il suo secchio e si voltò per riportarlo a livello pavimento. Doveva essere molto pesante, perchè, minuta com'era, traballava al minimo movimento. Quando Nick fece per alzarsi ad aiutarla, lei si accorse delle tre pastiglie.

 

- Non ti va di prenderle, eh? - Gli domandò con fare materno, appoggiando il secchio a terra. - Anche io, quando ero bambina, non ne avevo mai voglia. Ma mia sorella mi ha insegnato un trucco ottimo per le medicine... Aspetta qui! - Detto questo, mollò il suo carico ai piedi di un Nick totalmente e profondamente basito e schizzò fuori dalla porta.

 

Fu di ritorno un buon quarto d'ora dopo e trovo il giovane Jonas ancora seduto nel suo angolo, in mesta contemplazione delle sue pillole. Gli si avvicinò e gli piantò in mano una bottiglietta di Lait au Chocolate.

 

{Latte al cioccolato?}

 

Si domandò lui, osservando l'etichetta con aria dubbiosa. Una mucca pezzata gli sorrideva dal piccolo pezzo di carta patinata.

 

- Con quello vanno giù che è una meraviglia. Ed è molto meglio dell'acqua... Non te ne accorgerai nemmeno. - Gli passò amorevolmente una mano tra i capelli e, dopo essersi caricata del suo secchio d'acqua, barcollò di nuovo fuori dal bagno. Nick guardò alternativamente la bottiglia e la porta ormai chiusa per un paio di volte.

Poi stappò, si infilò le pastiglie in bocca e prese un sorso abbondante.

 

Però, riflettè leccandosi le labbra, aveva veramente un ottimo sapore.

Decine di domande gli frullavano nella testa in quel momento: chi era quella ragazza? Da dove veniva e perchè parlava con disinvoltura due lingue? Era forse una visione? O era reale? L'avrebbe mai rivista?

 

L'unica cosa di cui era certo era che, per quanto quel latte fosse dolce, lo zucchero, stavolta, non gli avrebbe fatto altro che bene.

 

Nel frattempo, Gabrielle aveva quasi raggiunto la sala del teatro. Soffermandosi solo per un istante davanti all'enorme cartellone che stava vicino all'ingresso di quest'ultima, lo osservò con curiosa attenzione...

 

Se non era lui, si disse incrociando l'espressione seria del Jonas più giovane, gli somigliava comunque molto.

 

 

 

 

Joe

 

 

 

 

 

Si frugò nervosamente nelle tasche, alla disperata ricerca di qualche spicciolo. Possibile che non si trovassero mai monete quando servivano e che saltassero fuori solo ed esclusivamente nei momenti meno indicati? Guardò anche nelle giacche che i suoi fratelli avevano lasciato sulle sedie. Niente. Zero. E aveva una sete dannata. Era veramente frustrante...

 

{Oddio, di questi tempi, qualunque cosa mi sembra frustrante.}

 

Joe Jonas scagliò un calcio risentito al tavolino che aveva di fronte, incapace di prendersela con qualcuno che non fosse lui stesso. Non servì a fargli sbollire la rabbia, ma, in compenso, una piccola pioggia di monetine sbucata da chissà dove si riversò ticchettando sul pavimento. Ringraziando mentalmente chiunque le avesse dimenticate in giro, ne raccolse un paio e si fiondò al distributore che aveva intravisto in corridoio. Non si  preoccupò nemmeno di fermare la porta del camerino, lasciando che si chiudesse con un sonoro schianto.

 

Ben altro tipo di schianto lo stava invece aspettando fuori da quella stessa porta. Una ragazza incredibilmente forte, per quanto era minuta, stava prendendo a calci la macchinetta delle bibite, inveendole contro in una lingua che sembrava francese, ma aveva un suono stranamente sibilante.

Le si avvicinò, con il suo solito fare da adorabile mascalzone. Era qualcosa che gli veniva automatico, quando si trovava ad aver a che fare con le ragazze. Perfino quando era perfettamente consapevole che, alla fine, se ne sarebbe pentito. E poi aveva fatto esperienza con i più svariati tipi di fan, ormai.

 

- Excuse moi... - Sorrise sornione. Lei non lo calcolò minimamente e continuò a colpire il distributore. Sempre più sicuro che se ne sarebbe pentito e comunque sempre meno deciso a lasciar perdere, Joe le posò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. La ragazza si volto finalmente nella sua direzione e lo guardò con aria interrogativa.

Sorrise di nuovo e cominciò a gesticolare per cercare di farle capire che ci avrebbe pensato lui, a recuperarle i soldi. Va bene l'exploit di cominciare a parlarle in francese, ma la sua conoscenza della lingua non andava molto oltre all' "excuse moi".

 

- Oh... Mercì. - Si illuminò lei, appena riuscì a comprendere cosa voleva dirle e si fece da parte perchè potesse agire indisturbato. Joe picchiettò con sicurezza la mano sopra alla fessura in cui andavano inserite le monete, poi assestò un sonoro pugno al lato della macchina e, come per magia, i cinquanta centesimi della ragazza scivolarono nella finestrella del resto.

 

- Et voilà! - Sogghignò, raccogliendoli e porgendoglieli. Funzionava sempre.

 

- Très gentil. - Era bassina, ma aveva un qualcosa di adorabile. Soprattutto quando sorrideva... Si soffermò ad osservarla, trovandosi improvvisamente ipnotizzato dal modo delizioso in cui arricciava il naso. Seguì i suoi movimenti mentre rimetteva i soldi nell'apertura e riusciva finalmente a prendere la sua bottiglietta di latte al cioccolato.

 

Latte al cioccolato? Ma cosa mettevano i francesi nei distributori? Abbassò lo sguardo, ridacchiando tra sè e sè. Quando tornò a guardarla, si trovò improvvisamente occhi negli occhi con lei.

Dall'espressione che aveva, sembrava lo stesse scannerizzando dalla testa ai piedi. Il momento che tanto temeva stava per arrivare...

 

Era questione di secondi e l'avrebbe riconosciuto. A quel punto per lei sarebbe stato soltanto Joe Jonas. Joe e il suo bel faccino. Come per tutte le altre. Poco importava che fosse stato gentile con lei, o dolce nell'aiutarla. Interruppe bruscamente il contatto visivo, sorpassandola e fingendo di osservare il contenuto del distributore.

 

Lo mandava veramente in bestia essere considerato solo per il suo aspetto fisico. E il fatto era che il morbo si stava diffondendo a macchia d'olio: alle fan autentiche, che amavano di lui anche l'anima, la voce, il talento, se ne stavano aggiungendo sempre più del tipo peggiore: sciocche e superficiali... Talmente tante e talmente "forti" che probabilmente, alla fine, sarebbero riuscite a soffocare tutto. Compreso il suo grande amore per la musica.

Se diventare più famoso, comportava il doversi ridurre solo ad un "bell'involucro vuoto", beh, non era poi così sicuro di volerlo. Guardò i soldi che aveva in mano, cercando di capire come arrivare alla somma che gli sarebbe servita per prendersi una lattina di coca-cola. Maledetti euro. Per quante volte Kevin si fosse impegnato a spiegargli come funzionava il cambio, non riusciva mai a ricordarsene.

 

Un tocco leggero si insinuò nel corso dei suoi pensieri, frenandolo dolcemente. La ragazza prese due delle monete più piccole e le inserì nella macchina. Schiacciò uno dei tasti e gli allungò la lattina, dopo che questa fu atterrata nell'apposito spazio con un tonfo sordo.

 

Era coca-cola. La guardò, decisamente stupito... Come diavolo aveva fatto, senza che lui dicesse niente? Per tutta risposta lei abbassò timidamente lo sguardo, reprimendo a fatica una risata.

 

- Sei americano. - Gli spiegò, cambiando improvvisamente lingua. - Cos'altro avresti potuto volere, Joe Jonas? - Non sapeva se sentirsi più scioccato per il fatto che parlava con la pronuncia di una madrelingua o perchè l'aveva riconosciuto sul serio... - E poi sei carino... - Ecco. Carino... Di nuovo. Non gentile, non simpatico, carino.

A quel punto si era quasi convinto che lei fosse come tutte le altre.

 

{Che nervi.}

 

E invece sbagliava, eccome se sbagliava.

 

- Cioè... Lo sei stato con me. Molto, molto gentile. Mercì beaocoup. - Detto questo, si voltò e scappò via, prima di poter vedere l'espressione di tenero stupore che era comparsa sul volto di lui.

 

Alla fine non si era pentito affatto di aver seguito il suo istinto "canagliesco".

 

Com'era possibile, pensava intanto Gabrielle, camminando verso il bagno degli uomini con in mano la sua bottiglietta di latte, che si fosse ricordata il suo nome? L'aveva letto si e no mezza volta su qualcuna delle stupide locandine che tappezzavano il teatro da qualche settimana a quella parte...

Smise di rimuginare soltanto quando arrivò davanti alla porta delle toilettes e la aprì, incrociando lo sguardo del ragazzo che stava seduto appena dentro, sul pavimento.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1° ***


- Capitolo 1° -

- Capitolo 1° -

 

 

 

 

Gabrielle si affrettò su per le scale, cercando di bilanciare il peso delle due enormi buste di plastica che teneva in mano. Ancora si chiedeva perchè Monique l'avesse chiamata nel bel mezzo del turno, costringendola a tornare immediatamente a casa. La proprietaria dell'atelièr in cui lavorava non l'aveva presa bene...

Rischiare di essere licenziata per la solita spesa settimanale non le sembrava affatto una buona prospettiva. Arrivò sbuffando all'ultimo piano ed entrò nel primo appartamento sulla sinistra.

 

- Monmon, sono qui! - Urlò, abbandonando i sacchetti sul pavimento. Nessuna risposta. Il salotto era vuoto, ma un fitto vociare proveniva da un punto imprecisato al di là della parete. Attraversò la stanza e si infilò a passo di marcia in corridoio. - Insomma, mi vuoi spiegare perchè... - La sua accorata protesta fu bloccata sul nascere dalle robuste spalle di Geràrd.

 

Geràrd, o Gerry, come veniva affettuosamente chiamato dalla piccola Lulù, era l'innamoratissimo fidanzato di Monique. Si era preso cura di lei da quando, a soli diciannove anni, era rimasta incinta di un "coraggiosissimo" uomo che era scappato a gambe levate appena appresa la notizia.

 

- Attenta, stellina. Non vorrai farti male? - Le sorrise, afferrandola al volo prima che cadesse rovinosamente sul pavimento.

 

- Grazie. - Si rimise in piedi, continuando a guardarsi intorno alla ricerca della sorella.

 

- Oh, Coco, sei qui! - Cinguettò quest'ultima, sbucando dalla porta della cucina.

 

- Alla buon'ora! Senti, io non ho tempo... Devo tornare al lavoro, o Madame Delaounì mi sbatterà fuori prima di mezzogiorno. - La aggredì. - Perciò, per favore, spiegami che c'è di tanto urgente. E fallo in fretta.

 

- Ma non gliel'hai ancora detto? - Ridacchiò Gerry, abbracciando amorevolmente le spalle della fidanzata. Gli occhi di Monique brillarono di una luce quasi sinistra. Coco mosse un intimorito passo indietro, ma venne prontamente raggiunta dalle mani della sorella che si posarono sulle sue spalle.

 

- Tieniti forte. - Gongolò. - Ho una notizia bomba! - Paura. Un brivido di pura inquietudine scivolò lungo la schiena di Gabrielle. - Ti ricordi i tre ragazzi che hanno suonato all'Emeraude quindici giorni fa? Quelli americani.

 

- Sì... - Purtroppo. Se li ricordava fin troppo bene.

 

- Hanno deciso di girare un documentario a più puntate, proprio qui, a Parigi! -

 

- E questo cosa ha a che fare con noi? - Continuava a non arrivarci.

 

- Gli ci vorrà quasi un anno, tra ciak, montaggio e il resto. Vista l'occasione, la produzione francese ha deciso di fornire ai Jonas Brothers una allocazione in città... e, per farlo, ha contattato l'agenzia di Gerry. - Odiava Monique quando si sovraeccitava in quel modo. - Ma non capisci? - No, che non capiva. Ma cominciava ad avere un'enorme sospetto.

 

Era quasi certa che tutti e quattro gli alloggi a disposizione dell'agenzia fossero già occupati, in quel periodo...

 

- Non capirà mai, se non lasci parlare me. - Intervenne Geràrd, ridendo sotto i baffi. - Ascolta, stella. Questo affare era troppo importante per me, non potevo farmelo scappare... E tua sorella ha voluto darmi una mano. - Quel tono affettuoso non fece altro che aggravare l'entità dei suoi dubbi. - Monmon ha accettato di trasferirsi da me insieme a Lulù, per lasciare libero questo appartamento. I Jonas verranno a stare qui.

 

Trasferirsi. Jonas. Questo appartamento.

 

Le ci vollero cinque minuti buoni di totale, pietrificante silenzio per metabolizzare ed assimilare tutte le informazioni appena ricevute.     

 

- STATE SCHERZANDO?! - Esplose. - E, sentiamo, dove dovrei andare io? Vi siete forse scordati che questa è anche casa mia? - Aveva le lacrime agli occhi. Monique si fece avanti di nuovo e la abbracciò, cercando di placarla.

 

- Tesoro, tu non dovrai andare da nessuna parte. Gerry ha pensato anche a questo! - Le strinse dolcemente le mani e la fece voltare verso il giovane.

 

- L'uomo con cui ho parlato, mi ha chiesto se potevo procurargli anche un'interprete per i ragazzi che, da buoni adolescenti americani, col francese non se la cavano proprio molto bene. E anche qualcuno che li controllasse costantemente, per assicurarsi che tutto fili liscio. - Sorrise. - E qui entri in gioco tu, stellina. Parli perfettamente americano, sai gestire praticamente qualunque situazione... sei perfetta! E io ho ottenuto che tu potessi rimanere a vivere qui, in cambio della disponibilità ad occuparti di quei tre.

 

- Eh? - Si sentì improvvisamente mancare il fiato, come se qualcuno le stesse strizzando lo stomaco.

 

- Te la caverai, ne sono sicuro. - Concluse, assestandole un'affettuosa pacca sulla spalla.

 

- E poi ti pagheranno benissimo. - Aggiunse Monique, con un sorriso milledenti che voleva essere altamente persuasivo. Come se ne avesse avuto bisogno. Non sarebbe mai stata capace di dirle di no, ne tantomeno di rovinare a Gerry l'affare di una vita.

 

- Bella consolazione. - Sbuffò, inarcando un sopracciglio e si lasciò scappare un mezzo sorriso, nel vedere i loro volti illuminarsi. La abbracciarono entrambi, mentre lei già cominciava a sentire che presto si sarebbe pentita di aver accettato così in fretta. - Ehi, piano, o finirete per soffocarmi! E la spesa che mi hai mandato a fare? - Domandò a Monique, che scattò sull'attenti come se l'avesse punta uno spillo.

 

- Oh, giusto! - Cinguettò. - Aiutami a mettere tutto a posto. Dobbiamo fare in fretta, i nostri ospiti arriveranno fra appena un paio d'ore!

 

- Due ore... Perfetto. - Rispose Gabrielle in tono ferale. Aiutò la sorella a trasportare le borse in cucina, mentre Geràrd raccoglieva un paio di grosse valigie.

 

- Io scappo a portare queste a casa, poi vado a prendere Lulù all'asilo e la porto al corso di danza. - Si fermò solo per catturare le labbra di Monique in un rapido bacio. - Ci vediamo più tardi. - Si richiuse la porta alle spalle, lasciando le due ragazze già immerse in una "piacevolissima" full-immersion di pulizie.

 

 

***

 

 

 - Eccoli, eccoli! Sono arrivati! - Monique prese a saltellare velocemente, appoggiata alla ringhiera del balcone. Parecchi metri più sotto, una grossa macchina nera si era fermata proprio davanti allo stabile. Dalla portiera posteriore scesero i ragazzi e una donna sui quaranta con un assurdo tailleur rosa confetto. Gabrielle, che si era affacciata insieme alla sorella, osservò con apprensione crescente le tre sagome scaricare altrettante valigie e scomparire rapidamente sotto il portico dell' ingresso.

 

- Calmati, Monmon. Mi sembra che tu abbia passato da un pezzo l'età in cui è lecito sbavare per una boyband... - La prese in giro per scaricare un po' di tensione. - Sei una madre, dopotutto.

 

- Oh, dai. Ho ventiquattro anni, non sono poi così vecchia. Piuttosto sei tu, che, a ventidue appena compiuti, ti comporti come se ne avessi ottanta! - Sua sorella era decisamente troppo esaltata. Continuava a zompettare su e giù per il balcone in modo orrendamente privo di dignità.

 

D'un tratto si sentì afferrare per la mano e venne trascinata in casa senza il minimo preavviso. Con orrore notò che la porta di ingresso si stava aprendo... si irrigidì immediatamente, piantando i piedi nel punto esatto in cui si trovava, a metà strada tra il terrazzo e l'ingresso.

 

- Lasciati andare. Rilassati. - Le sussurrò Monique all'orecchio, prima di mollare la presa. Poi si affrettò verso i nuovi arrivati e strinse con fare cordiale la mano dell'agghiacciante donna-confetto.

 

- Ben arrivati. Spero che non ci siano stati problemi a trovare la strada. - In meno di una manciata di minuti Monique era passata dall'emettere urletti degni della più sbroccata sedicenne, all'essere una perfetta e professionalissima padrona di casa.

 

- No, nessun problema. - Alle spalle della donna, i tre famosi Jonas Brothers si stavano guardando intorno con aria incuriosita. Gabrielle seguì per qualche secondo i loro movimenti, prendendo distrattamente una mentina dalla ciotola sul mobile dietro di lei. Se la infilò in bocca e quasi ci si strozzò quando, qualche attimo dopo, si ricordò improvvisamente di quello che era successo la sera del concerto.

 

{Fa' che non mi riconoscano.}

 

Supplicò, cercando di sopravvivere al convulso attacco di tosse grazie al quale era riuscita ad attirare su di lei l'attenzione di tutti i presenti, inclusi i tre sopraccitati. Perfino il più piccolo dei tre, quello che allora non aveva riconosciuto, era lui, in realtà... Tre su tre. Aveva fatto l'ampleìn. Si congratulò mentalmente con se stessa per non aver applicato almeno un minimo di controllo a ciò che aveva fatto o detto quella maledetta sera.

 

- Coco, tesoro, tutto bene? - Monique interruppe immediatamente il complicatissimo discorso che stava facendo per correrle a fianco. Gabrielle, continuando a tossire, si chinò leggermente in avanti e cercò di nascondere il viso tra i capelli che le ricadevano sulla fronte.

 

- Sì... E' la caramella... - Gracchiò con voce soffocata.

 

- Dai, tirati su, prendi un po' d'aria. - Non fece in tempo nemmeno a pensare di rispondere "no", che senti le mani della sorella arpionarle le spalle e strattonarla verso l'alto.

Si trovò improvvisamente occhi negli occhi con quello che doveva essere il più grande dei tre.

 

- Ma sei tu! - Sorrise lui. - La ragazza del teatro.

 

Oh, fantastico. Mister Basette, a quanto sembrava, si ricordava perfettamente ogni cosa.

 

- Vi conoscete già? - Domandò perplessa Monique, lasciando correre lo sguardo da Gabrielle a Kevin e viceversa. Lei stava per provare ad imbastire una risposta sufficientemente evasiva a quella scomoda domanda, quando il confetto interruppe la discussione sul nascere.

 

- Sentite, io non ho tempo di assistere a tutti questi convenevoli. - Coco, per la prima volta da quando era entrata nella stanza, le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. - Vorrei accertarmi solamente di un'ultima cosa, prima di lasciarvi alle presentazioni e... tutto il resto. Posso conoscere la persona che il signor Cezouìlle ci ha indicato come assistente-interprete? Ho qui una serie di documenti che... - La gratitudine svanì immediatamente, mentre sentiva Monique darle un colpetto sulla schiena come a dirle di muoversi.

 

- Sono io. - Si presentò, tendendole la mano. - Mi chiamo Gabrielle. - La donna la fissò, inarcando un sopracciglio con aria scettica.

 

- Tu!? Ma non sei un po', come dire... piccola? Quanti anni hai, tesoro, quindici? - Le picchiettò con fare condiscendente una mano sulla spalla. Prese un profondo respiro per evitare di risponderle a male parole e sfoggiò un sorriso fintissimamente cordiale.

 

- No. Ne ho ventidue. - Prese la cartellina che la donna le stava porgendo con aria per nulla sicura e se la infilò sotto il braccio, con tutta l'intenzione di sbarazzarsene non appena il confetto avesse portato le rosee membra fuori dalla porta. - Stia tranquilla, me la caverò. - Sentì distintamente tre diverse risatine soffocate provenire da dietro le spalle della donna.

 

- Bene. - Concluse gelidamente. - Non voglio saperne più nulla, basta che mi telefoniate una volta ogni due giorni. Arrivederci, ragazzi. - Detto questo, si fece strada tra i due Jonas più giovani ed uscì definitivamente di scena. In un gesto quasi automatico, Coco lanciò la cartellina sul divano più vicino, sospirando di sollievo.           

 

- Allora... - Riprese Monique, come se si fosse improvvisamente riavviata. - Mi piacerebbe molto restare a chiaccherare un po', ma c'è Lulù che mi aspetta. - Accarezzò le spalle di Coco e raccolse cappotto e borsa dall'attaccapanni vicino all'ingresso. - Spero che vi troviate bene qui, ragazzi. Vi lascio alle cure di mia sorella, siete in ottime mani. - Se ne andava di già? Gabrielle boccheggiò, cercando di non smettere di respirare.

 

- Certo, grazie. - Rispose il maggiore a nome di tutti e tre. Salutarono Monique, che sparì oltre l'uscio, fermandosi solamente per strizzare l'occhio a Coco e farle cenno di telefonare il prima possibile.

 

Ancora doveva realizzare di essere rimasta sola, in quella che una volta era casa sua, insieme a tre semi-sconosciuti. Oh, beh, tre carinissimi semi-sconosciuti, ma questo non aiutava affatto.

 

- Tu sei la ragazza del teatro. - Per un secondo le sembrò che qualcuno avesse premuto il tasto rewind. Quella scena l'aveva già vissuta... peccato che, stavolta, comprendesse anche un finale del tutto diverso.

 

- Sì. - Rispose, sorridendogli a sua volta.

 

- Aspetta! - Si intromise uno degli altri due. - Anche io ti conosco. Sei quella che voleva disfare il distributore a calci! - Detta così sembrava una cosa ancora più stupida.

 

- Sì... di nuovo. - Sospirò imbarazzata.

 

- Se è per questo, la conosco anche io. - Ecco, mancava giusto il più piccolo dei tre. Che poi altri non era, se non il ragazzo delle pastiglie... Non che ne fosse stupita, le erano venuti dei dubbi appena dopo averlo lasciato sul pavimento del bagno. I fratelli lo fissarono stupiti, prima che tutte e tre le paia d'occhi si fissassero su Coco. Lei, dal canto suo, sperava ardentemente che si aprisse una voragine sotto i suoi piedi per farla sparire.

 

- Ssssì. - Soffiò. - Neanche a volerlo, ho incappato in tutti e tre quella sera. E questo va al di là di ogni possibile legge statistica, comunque... - Sollevò una mano e la tese verso di loro. Magari accelerando i tempi di presentazione, si sarebbero fatti un'idea di lei diversa da quella che avevano ora. Un'idea più sana, possibilmente.

 

- Gabrielle. Ma chiamatemi pure Coco. - Sorrise, stringendo la mano di Kevin, poi quella di Joe ed infine di Nick. In fondo, sembravano dei bravi ragazzi... - Venite, vi faccio vedere la camera e dove potete mettere la vostra roba. - Si infilò in corridoio con i Jonas che le trotterellavano dietro come tre splendidi cagnolini.

 

Era quasi paradossale.

In ventidue anni di vita il suo contatto con l'universo maschile era stato pressochè inesistente. Non aveva mai nemmeno avuto un vero amico maschio, figuriamoci un fidanzato...

 

E adesso, una principiante come lei si trovava a dover passare un anno intero di strettissima convivenza con ben tre ragazzi. Tre. In una volta sola.

 

Sentì il cuore schizzarle in gola.

Le ci sarebbe voluto parecchio tempo per abituarsi alla presenza dei suoi nuovi, affascinanti coinquilini.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2° ***


{Ok, scrivere questa fic non mi fa bene

{Ok, scrivere questa fic non mi fa bene. Sono due notti che mi sogno i Jonas. E me li sogno in casa mia, con mia madre che non vuole farli andare via, io che presto il caricabatterie del cellulare a Kev e mi spupazzo Joe seduto sul mio divano. La notte dopo, invece, mi abbraccio Kevin per benino. No, non mi fa bene!XD}

 

Alloooora, innanzitutto grazie a tutte coloro che mi tengono o tengono la storia fra i preferiti. Sono moltomoltomolto onorata di ciò!<3

 

Ringrazio anche tutte voi che avete commentato, siete fantastiche: fefy88, jollina la verde, beautiful_disaster, sbrodolina.<3 Sono felice che la mia Coco vi piaccia. E i miei Jonas e l'ambientazione... e tutto. Vi adoro!<3<3<3

 

In questo capitolo facciamo un bel salto temporale e già le cose si smuovono, penso che ne avrete da commentare!x3 Ma non voglio trattenervi oltre, si va.

 

 

 

 

- Capitolo 2° -

 

 

 

{ E quello che tu non le hai detto già risuona.
Nel suo futuro, perché non è tempo ancora... }
Già Ti Guarda Alice - Tiziano Ferro

 

 

 

 

Contrariamente a qualunque previsione, ad un mese esatto dal loro arrivo, a Coco già sembrava che i tre ragazzi avessero sempre abitato in quella casa. In maniera del tutto sorprendente, almeno per quanto si fosse aspettata lei, erano entrati in contatto l'una con gli altri con incredibile spontaneità. A poco a poco avevano smontato alle basi qualunque preconcetto o pregiudizio si fosse anche solo pallidamente presentato alle loro menti ed avevano stretto un legame di reciproco, profondo affetto. Mai stanca di ascoltarli, Gabrielle aveva scoperto cose che non si sarebbe mai nemmeno immaginata: le avevano parlato della grande famiglia Jonas, di quanto fosse fondamentale per loro e per quello che facevano, di Frankie, il quarto adorabile fratellino... E poi, naturalmente, la lunga, dolorosa storia della malattia di Nick.

 

Il suo piccolo Nick.

 

Avendo ben sei anni in più, Coco aveva sviluppato verso di lui un particolare istinto di protezione... E Nick, dal canto suo, aveva accettato ben volentieri le coccole e le dolci attenzioni che lei gli rivolgeva. Gabrielle era un po' la sorella maggiore che non aveva mai avuto. Avevano creato uno strano sistema di dipendenza reciproca che, alle volte, sfociava anche in una formidabile ed utilissima alleanza durante le discussioni con gli altri due fratelli.

 

Kevin e Joe, invece, ricoprivano perfettamente il ruolo dell'amico ideale. Entrambi. In modo decisamente diverso l'uno dall'altro, ma entrambi. Non avrebbe mai saputo nè voluto scegliere quale dei due preferiva.

 

Avvicinarsi a loro era stato spaventosamente facile, naturale.

 

Se le avessero spiegato prima quanto dannatamente più semplice fosse rapportarsi con un ragazzo, in termini di amicizia, piuttosto che con una ragazza, probabilmente avrebbe passato gli anni del liceo circondata da soli maschi.

 

Certo, forse non erano i compagni ideali per un pomeriggio di shopping, ma, per loro, in un rapporto serio non esistevano nè stupidi rancori, nè malevole frecciatine dietro le spalle. Era solo ed esclusivamente una questione di sincerità.

E questo le interessava molto di più. Le piaceva molto e la faceva sentire bene.

 

Saper scegliere una borsetta non era poi un gran pregio, al confronto.

 

 

***

 

 

Quel particolare venerdì, i tre Jonas, alle nove e mezza del mattino, ancora dormivano. Circostanza più unica che rara, dato che Debra, alias Mrs.Confetto, esigeva la loro presenza sul set del documentario con minimo un'ora di anticipo rispetto all'appuntamento fissato dal regista... cosa che implicava lo svegliarsi alle sei, praticamente tutte le mattine.

 

Ma non quel venerdì.

 

Grazie probabilmente a qualche mistica presenza superiore che aveva guardato giù, il montaggio della prima puntata del documentario si era protratto per qualche ora in più del previsto. Tanto da far slittare il montaggio dei nuovi set e di conseguenza le riprese, di un paio di giorni.

Ed ecco come i ragazzi si erano inaspettatamente ritrovati davanti ben quarantotto ore di totale libertà.

 

Circondata dal piacevolissimo silenzio della casa ancora addormentata, Gabrielle era totalmente immersa nella lettura di uno dei suoi libri preferiti. Era appena arrivata ad una scena clou, quella in cui Mr.Darcy dichiara per la prima volta il suo amore alla signorina Bennet, quando qualcosa di decisamente pesante piombò senza troppa grazia sul divano letto, accanto a lei. Joe Jonas, ancora mezzo addormentato, si era "morbidamente" lasciato cadere sulla mezza piazza di materasso che Coco, con la sua piccola corporatura, non riusciva ad occupare. Si infilò grugnendo sotto le coperte, mentre lei si faceva leggermente da parte per fargli più spazio.

 

- Buongiorno anche a te. - Ridacchiò, inarcando un sopracciglio. Poi si riaccomodò contro il cuscino e fece per riprendere a leggere da dove era stata interrotta. Doveva immaginarlo che sarebbe stato impossibile, con lui lì accanto... Una mano impertinente si posò sulla pagina aperta del libro, impedendole di vedere alcunchè. - Piantala. - Gli intimò, senza ottenere alcun risultato.

 

- Cos'è? - Domandò, piegando leggermente la copertina per sbirciare il titolo. - Deve essere veramente un gran bel romanzo, se, pur avendo il sottoscritto sdraiato nel tuo stesso letto, l'unica cosa che ti viene in mente di fare è leggere.  - Si appoggiò sul cuscino, così vicino a lei, che il suo respiro le scompigliava i lunghi capelli neri.

Coco chiuse il libro di scatto, alzando gli occhi al cielo.

 

- Joseph Jonas. - Esclamò. - Non sono certa che tu si ancora tanto assonnato, da indurmi a giustificare un'uscita di così pessimo gusto! - Incrociò le braccia, lasciando scivolare "Orgoglio e Pregiudizio" sotto il lenzuolo. - Ragazzino, io non sono certo il tipo che va in giro a sedurre uomini più giovani. - Joe fece per risponderle a tono, ma fu interrotto dall'arrivo di Nick che entrò in salotto, stiracchiando le braccia sopra la testa. Appena lo vide, Coco scattò in piedi e gli corse incontro.

 

- Piccolo! Auguri! - Sorrise, gettandogli le braccia al collo. Nick l'abbracciò, lanciando uno sguardo al calendario appeso al muro. Sedici settembre. Un'altro compleanno... Che per lui era, prima di tutto, un altro anno passato senza che nulla, o quasi, fosse cambiato. Non poteva non chiedersi quando, finalmente, avrebbe potuto festeggiare con una torta e senza alcun pensiero, come tutti gli altri.

Ma questo a lei non poteva e non voleva dirlo...

 

- Grazie... - Le posò un bacio sui capelli e, abbassando lo sguardo, si accorse di Joe che li stava guardando, ancora sdraiato sotto le coperte. - Cosa ci fa mio fratello nel tuo letto? - Domandò, allontanandosi da Gabrielle, senza lasciarla andare. - No, aspetta. - Continuò, reprimendo a fatica una risata. - Non sono sicuro di volerlo sapere...!

 

- Spiritoso! - Lo rimbeccò lei, spingendolo all'indietro. - Joe stava solo facendo ciò che gli riesce meglio. Rompermi le scatole. -

 

- La tua ironia non mi tocca, baby. - Rispose il diretto interessato, alzandosi e raggiungendoli. Poi agguantò Nick e gli scompigliò affettuosamente i capelli. - Auguri, fratellino. - Coco sorrise apertamente, nel vedere gli occhi di Joe riempirsi improvvisamente di dolcezza. 

 

- Sì,sì, va bene. Grazie, Jo. - Ridacchiò il Jonas più giovane, dando un affettuoso pugno sul braccio del fratello.

 

- Colazione? - Chiese la ragazza, aprendo la porta a vetri della cucina. - Tu, piccolo, siediti, oggi è la tua giornata e non dovrai fare nulla. - Spinse Nick verso il tavolo e lo fece accomodare sulla sedia più vicina. - Ti servo io. - Poi aprì un armadietto e cominciò ad armeggiare con le stoviglie, mentre Joe infilava una cialda nella macchinetta del caffè.

 

- Buongiorno! - Li raggiunse la voce squillante di Kevin, prima che quest'ultimo entrasse nella stanza. Si fermò a metà strada per schioccare un bacio sulla guancia a Coco, che stava riempiendo due grossi bicchieri con il succo d'arancia.

 

- Buongiorno, Kev. - Gli sorrise, mentre lui si avvicinava al fratello più piccolo.

 

- Buon compleanno, vecchietto! - Dopo averlo abbracciato, si sedette sulla sedia vicina alla sua.

 

- E a me niente? - Brontolò Joe, fingendo di essersi offeso.

 

- Posso abbracciarti, se vuoi. Mi auguro solo che tu non mi stia chiedendo di baciarti! - Sogghignò Kevin, alzando le mani in segno di resa.

 

- Ragazzi, certe cose fatele in privato, se è possibile... - Commentò Nick, accasciandosi sul tavolo, in preda ad un attacco convulso di risate. Gli altri due spalancarono contemporaneamente la bocca, in un'espressione di divertitissimo stupore, prima di scoppiare a ridere.          

 

{Eccoli là.}

 

Riflettè Gabrielle, sorridendo, mentre apparecchiava la tavola.

 

{I famosi Jonas Brothers...}

 

Che scherzavano e facevano discorsi sciocchi, come tutti i ragazzi della loro età. Era una cosa che la stupiva ogni volta, come quei tre rimanessero sempre e solo loro stessi, a prescindere da tutto e da tutti.

Della fulminea celebrità che si erano guadagnati nel giro di pochi mesi si liberavano appena scesi dal palco. Così come smettevano i panni delle "rockstar a tutti i costi".

Guardando la fotografia sul poster appeso in teatro, soltanto un mese e mezzo prima, avrebbe potuto giurare che fossero tre ragazzini montati qualunque... Senza sapere quanto profondamente stesse sbagliando.

 

E quanto incredibilmente sarebbe stata felice di quell'errore.

 

- Ho bisogno un aiuto per fare la spesa. - Esordì improvvisamente Coco, riemergendo dai suoi pensieri e sedendosi al tavolo in fianco a Kevin. Il biscotto al cioccolato che stringeva fra le labbra oscillava in maniera del tutto ridicola, ogni volta che apriva bocca. - Si cercano volontari, ad esclusione del festeggiato, ovviamente. - Lanciò un'occhiata divertita ai due Jonas più grandi.

 

- Non ne usciremmo vivi. - Si oppose Joe, scuotendo la testa. - Sai bene che non possiamo muovere un passo, senza essere accerchiati dalle fans. - Aggiunse, guardandola con l'espressione sorniona di uno che credeva di aver egregiamente schivato qualcosa di estremamente fastidioso. Coco lo fissò di rimando, intenzionata a smontarlo immediatamente.

 

- Per questo basteranno un cappello ed un paio di occhiali da sole. - Gli rispose, in tutta tranquillità. - A quest'ora le ragazzine dovrebbero essere tutte a scuola. Dubito che qualunque pensionato si metterebbe a strillare per aver incontrato Joe Jonas al supermercato. - Scrollò le spalle, con aria trionfante.

 

- Lascia perdere, Coco. - Ridacchiò l'altro interpellato, davanti ad uno sconsolatissimo Joe. Quest'ultimo sollevo la testa di scatto, guardandolo con aria abbastanza stupita. - Con questa zucca vuota è una battaglia persa in partenza. Ci vengo io con te. - Gabrielle, con un gran sorriso, si alzò e saltellò dietro Kevin, circondandogli le spalle con le braccia.

 

- Sei sempre un tesoro. - Si appoggiò a lui ed alzò di scatto lo sguardo verso il Jonas di mezzo. - Tu. Non credere di essertela cavata così. - Lo apostrofò. - Mi aiuterai dopo. - Joe non le rispose.

 

Si limitò a sbuffare, troppo impegnato ad osservare la mano del fratello maggiore che era salita immediatamente a stringere con dolcezza quella di lei.

 

 

***

 

 

- Come mai hai voluto darla vinta a Joe così in fretta? - Domandò Coco, mezz'ora più tardi, mentre Kevin la aiutava a scegliere la giusta qualità di farina.

 

- Così. - Rispose lui con noncuranza. Si sfilò la coppola di velluto che aveva in testa, facendosi un po' d'aria prima di appoggiarla sul seggiolino del carrello. Il mini-market era praticamente deserto e non c'era ragione alcuna per lasciarsi morire di caldo. Gli occhiali da sole sarebbero stati sufficienti a mascherarlo.

 

- Così. - Ripetè lei, scettica. - Così non mi convinci per niente, caro mio. - Gli prese il pacco di farina dalle mani e lo risistemò sullo scaffale. - Quella. - Continuò, indicandogli distrattamente una marca diversa.

 

- Ma sì. - Continuò Kevin, scrollando le spalle. - Hai visto come è fatto lui, no? Primadonna Joe ama fare i capricci, ogni tanto. -

 

- Questo lo so. Ma so anche che tu non lasci correre quasi mai. - Gli lanciò un'occhiata furtiva che lui schivò prontamente, fingendo di osservare la lista che aveva in mano.

 

- Abbiamo preso lo yogurt? - Provò a cambiare  discorso, ma lei rispose alla sua finta tentando di aggirarlo in un altro modo.

 

- Non dirmi che sei un fanatico della spesa, perchè non ci credo nemmeno se lo vedo. - Lo prese in giro, strappandogli un sorriso.

 

- Ma ti pare? - Esclamò, inarcando le sopracciglia. Coco si lasciò sfuggire una risatina.

 

- E allora, Kevin? - Domandò poi, tornando improvvisamente seria. - Perchè ti sei offerto immediatamente e non hai costretto Joe a scollarsi da quella sedia? - Senza aspettare la sua risposta, si voltò e spinse il carrello qualche passo più avanti. Poi si fermò per prendere qualcosa sull'ultimo scaffale, ma era decisamente troppo bassa per arrivarci. Senza il minimo preavviso, lui sollevò il braccio ed afferrò la confezione di biscotti che Coco stava puntando, intrappolandole la mano tra la sua e la plastica dell'involucro.

Era vicinissimo. Pur dandogli le spalle, Gabrielle sapeva che la distanza fra loro era millimetrica, tanto che non osava muoversi per paura di urtarlo. Rimase immobile, voltando solo la testa per riuscire a guardarlo. Incrociò i suoi occhi, incredibilmente seri, dietro le lenti scure.

 

- Diciamo che potrei aver avuto voglia di stare con te. - Pur avendo lui parlato relativamente piano, ad entrambi sembrò che le sue parole avessero tagliato il silenzio come un'affilatissima lama. - E di non cedere a Joe questa opportunità. - Detto questo, Kevin abbassò il braccio e, dopo che la mano di Coco fu scivolata via da sotto la sua, lasciò cadere i biscotti insieme al resto della spesa.

 

Nel tempo che lei impiegò per voltarsi completamente, era già sparito. Gabrielle fissò il corridoio vuoto, mentre la risposta che voleva dargli le moriva sulle labbra.

 

- Ma se stiamo insieme tutti e quattro, tutti i giorni...? - Bisbigliò, rivolta ormai solo a sè stessa.

 

Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse finito. Mancava giusto che se la fosse presa... per qualcosa che lei ancora non riusciva a capire. Passò velocemente un paio di corsie, senza riuscire a vederlo da nessuna parte. Stava cominciando ad andare in panico, non poteva certo andarsene senza di lui e mollarlo lì da solo, quando qualcuno le picchiettò gentilmente sulla spalla.

Si girò di scatto e se lo trovò davanti, con il suo solito sorriso stampato in faccia.

 

- Dov'eri finito? - Sbottò, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. - Mi stavo già agitando. -

 

- Lo yogurt. - Rispose lui, in tutta tranquillità, porgendogliene due vasetti. - Prima non mi hai risposto, ho pensato che avrei fatto prima ad andare a prenderlo io. - Coco guardò alternativamente lui e i vasetti, per un paio di volte. Poi scoppiò a ridere. Ce ne sarebbe voluto di tempo, prima che riuscisse a comprendere davvero anche quei suoi piccoli momenti di "follia".

 

- Tu sei unico, Kevin, veramente. - Continuò, scuotendo leggermente la testa. Lui le sorrise, con fare un po' enigmatico.

 

- Lo so. - Si infilò la mano in tasca, mentre con l'altra le cingeva un fianco, e cominciò a camminarle accanto, in direzione delle casse.

 

 

***

 

 

Quando Coco e Kevin erano tornati a casa, Joe si era fatto trovare strategicamente addormentato sul divano del salotto. Con quell'espressione adorabile che sapeva benissimo essere il punto debole di Gabrielle. Lei era fermamente convinta che fosse tutto premeditato per farle sbollire la voglia di vendetta...

Joe sapeva benissimo che non avrebbe mai avuto il coraggio di svegliarlo, vedendogli quel sorriso angelico sul viso. Ecco come lei si era ritrovata ad armeggiare, da sola nella grande cucina vuota, per preparare la torta che aveva in mente per Nick.

 

Lanciò un'altra occhiata alla ricetta che si era appuntata e la confrontò con la lista pro-memoria che lo stesso Nick aveva attaccato al frigorifero, per controllare che tutti gli ingredienti andassero bene. Voleva fare una sorpresa al suo piccolino e tutto doveva essere perfetto. Aveva anche costretto Kevin a tenere il fratello chiuso nella loro camera, in modo che non si accorgesse di nulla. L'aveva letteralmente segregato, piazzando il maggiore davanti alla porta, come una guardia giurata.

 

Ridacchiò fra sè e sè, versando del latte nella ciotola di cacao amaro che aveva preparato in precedenza. Poi ci infilo un grosso cucchiaio di legno e prese a mescolare energicamente.

In quel momento Joe entrò sbadigliando in cucina.

 

- Oh, il bello addormentato! - Lo salutò, senza voltarsi. La ciotola che stringeva era enorme e, ad ogni girata di mestolo, oscillava paurosamente.

 

- Ehi. - Si passò una mano fra i capelli, avvicinandosi per sbirciare cosa stesse facendo. Allungò una mano ed intinse due dita nella pastella scura. - Mmmmh...  buono. - Mugugnò, leccandole. Lei scattò immediatamente.

 

- Fermo lì. - Esclamò, puntandogli contro il cucchiaio. - Credevo fossi venuto qui per aiutarmi, non per mangiarmi tutto l'impasto crudo.

 

- Scusa, scusa. - Sorrise, agitando le mani sporche di cacao. - Facciamo così... - Si avvicinò e, dopo averla fatta voltare di nuovo verso il piano di lavoro, si sistemò esattamente dietro di lei. Passò le braccia sotto le sue, poi afferrò il bordo della ciotola e il manico del mestolo, poggiando le mani su quelle di Coco. Lei si voltò leggermente per guardarlo, ottenendo in cambio un sorriso. - Ti aiuto. Mescoliamo insieme. - Le era perfino più vicino di quanto non fosse stato Kevin quella mattina. Lo sentiva, leggermente appoggiato contro la schiena.

 

- Ma che avete tutti oggi? C'era qualcosa nel caffè, a colazione? - Chiese, un po' imbarazzata e un po' divertita, mentre lui cominciava a mescolare.

 

- Tutti chi? - Ribattè Joe, avvicinandosi un pochino di più. Tanto che il suo respiro le solleticava la guancia.

 

- Mah, anche Kevin... - Abbassò lo sguardo, tornando per un attimo a rimuginare su quello che era successo al supermercato.

 

- Kevin? - Joe la riportò alla realtà, dando involontariamente uno strattone troppo forte al mestolo. La ciotola oscillò un po' più velocemente.

 

- Lasciamo perdere, va'. - Sorrise Coco, afferrandola al volo, prima che cadesse rovinosamente a terra. Anche se non poteva vederlo, Joe aveva, però, un'espressione ancora corrucciata. - Guardaaa... - Si lamentò improvvisamente  lei. - Mi hai sporcato tutte le mani! - Gli mostrò i palmi striati di scuro.

 

- Oh... - Finse di stupirsi. Allungò una mano verso destra e, senza farsi notare, la intinse nella crema di cacao. - Scusami! - Esclamò. Poi, con un movimento fulmineo, le passò le dita sulla guancia.

 

Quando lei si girò, con la bocca spalancata e due strisce gocciolanti di cioccolato sotto l'occhio destro, sul volto di lui era tornata a campeggiare la solita maschera da adorabile canaglia.

 

- Tu... sei... - Joe già stava ridendo. Ed era chiaramente in posizione da combattimento... Nel giro di due secondi, si scatenò la battaglia. All'ultimo sangue. Per pietà verso l'impasto, utilizzarono come arma la polvere di cacao.

 

Dopo un quarto d'ora ne erano entrambi coperti dalla testa ai piedi. E ridevano ancora a crepapelle, seduti l'una accanto all'altro sul pavimento di cotto, che aveva visto sicuramente giorni migliori.

 

- Dio mio. - Singhiozzò Coco, cercando di calmare l'eccesso di risate. - Guarda che disastro! E devo ancora finire il dolce... - Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lasciando una scia bianca sulla pelle del viso.

 

- Stavo pensando che, per il secondo round, potremmo provare con la farina... - Rispose Joe, ignorando completamente le sue parole. Per tutta risposta, Gabrielle gli diede un sonoro scappellotto sul braccio.

 

- Sparisci, Jonas, mi hai già fatto perdere abbastanza tempo. - Lo rimbrottò. - Ti abbuono anche l'aiuto che ti avevo chiesto. Però vai. - Lui sorrise e si alzò, aiutandola poi a fare altrettanto.

 

- D'accordo. - Prima di andare, si chinò leggermente verso di lei e le depositò un bacio leggero all'angolo della bocca.

 

Sapeva di buono.

 

E non era solo per il cacao.

 

{Ma che diavolo gli prende?}

 

Si domandò Coco, mentre la porta a vetri si richiudeva alle spalle di Joe.

 

 

***

 

 

Era tutto pronto. La torta, perfettamente dorata e guarnita spiccava al centro del tavolo apparecchiato. Gabrielle trotterellò allegra per il corridoio, fermandosi davanti alla porta della camera dei ragazzi.

 

- Puoi farlo uscire, Kev! - Urlò, per sovrastare il chiacchericcio che arrivava dall'interno. Le tre voci si tacitarono immediatamente e si senti qualcuno correre nella sua direzione.

 

- Finalmente! - Esclamò Nick, aprendo la porta. - Ma che hai combinato? - Domando poi, notando le macchie di cacao sulla pelle e i vestiti di lei.

 

- Lascia perdere! - Sorrise Coco. Non aveva voluto nemmeno aspettare di cambiarsi. Voleva assolutamente fargli vedere la sorpresa il prima possibile... Si sarebbe sistemata più tardi. - Vieni con me! - Lo prese per mano e lo trascinò verso la cucina, mentre gli altri due Jonas li seguivano.

 

- C'entra quell'idiota, vero? - Continuò, voltandosi indietro per lanciare un'occhiataccia a Joe, che invece era già perfettamente lindo e pulito.

 

- Ti ho detto di lasciar perdere. Dai, vieni! - Si fermò, per spingerlo oltre la porta a vetri. Nick si inchiodò sul posto, totalmente incredulo e piuttosto scioccato davanti allo splendido dolce che c'era sul tavolo. Si voltò, abbassando lo sguardo verso Gabrielle, che ancora lo teneva per mano.

 

- E'... - Cominciò, ma le parole gli morirono in gola prima che potesse formulare un pensiero coerente. Lei annui, sorridendogli dolcemente.

 

- E' per te. Ed è perfettamente "in regola". - Disegnò delle immaginarie virgolette nell'aria davanti a sè, con l'unica mano libera. - Sai cosa intendo. Goditela e, per una sera, non pensare... Buon compleanno, piccolo. - Sentiva le lacrime spingere per uscire allo scoperto. Nick le strinse la mano un po' più forte e deglutì, mentre gli occhi gli diventavano irrimediabilmente lucidi. Poi, senza dire nulla, la attirò a sè e la abbracciò con una forza di cui Coco non credeva fosse capace. - Ehi, sono un disastro... Ti sporcherai tutto. - La voce le usci leggermente soffocata. Lui non rispose, semplicemente la strinse un po' più forte.

 

- Grazie... Io... Grazie. - E a quel punto non riuscì a non piangere. Lo abbracciò, passandogli una mano tra i riccioli scuri, mentre lui nascondeva il viso contro la sua spalla.

 

Nel frattempo i due Jonas maggiori si dibattevano per uno stesso, identico dubbio.

Seguirono gli altri due nella cucina e si sedettero al tavolo, mentre Nick cominciava ad aprire i suoi regali e Gabrielle distribuiva le fette di torta.

 

{Forse...}

 

Cominciò a riflettere Joe, picchiettando la glassa con la punta del cucchiaino, mentre il suo sguardo correva dal fratello minore a Coco...

 

{E' ancora presto.}

 

Concluse Kevin, quasi contemporaneamente.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3° ***


Allora, prima di lasciarvi al nuovo capitolo, in cui Coco scoprirà che stare vicino ai Jonas non è proprio tutto rose e fiori, rispondiamo alle recensioni:

Allora, prima di lasciarvi al nuovo capitolo, in cui Coco scoprirà che stare vicino ai Jonas non è proprio tutto rose e fiori, rispondiamo alle recensioni:

 

Jollina: Chi sceglierà Coco? Eeeeh, ti dirò, fino a poco tempo fa avevo le idee sommariamente chiare, ma con l'evolversi della storia mi stanno venendo mille e uno ripensamenti. Quindi, ne vedremo delle belle!X)

 

Tempe: Aaaaaawwww!x3 Sono contenterrima che la fic ti piaccia e... Scrivere insieme, io e te? Ommamma, ne sarei onoratissima, contentissima, mi piacerebbe tantissimo... aaaaaaawww di nuovo, quando vuoi, anche subito!** Anche se potrei ingelosirmi... quanto era "moooooolto bello" quel sogno con Kevin? Prima me lo fai adorare e poi me lo rubi sotto il naso, non si fa!x3 Ho anche aggiornato il più in fretta possibile, onde evitare ripercussioni "fisiche"!=3

 

Beautiful_disaster: Oddio, vuoi dire che ora avrò sulla coscienza anche il tuo rendimento scolastico?x3 Kevin o Joe? Beh, sarei mooooolto indecisa anche io e infatti, come dicevo prima, sto avendo milioni di ripensamenti anche per Coco, quindi per ora posso dire onestamente che non lo so!

 

fefy88 & sbrodolina: tengo moltissimo al rapporto fra Nick e Coco perchè in effetti è quello più particolare e sono contenta che si riesca a percepire tutta la dolcezza che ho voluto infondergli!x3 Io, sarà che è il più piccolo, Nick me lo vedo molto "cucciolo indifeso bisognoso di coccole".<3

 

Ithil_Elendil: Oh, una nuova lettrice! Bellobellobello!** Ti dico solo che i due fratelloni avranno il loro bel da fare, sarò particolarmente cattivella con Kevin e Joe!x3

 

In generale, grazie a tutte per i complimenti, siete dolcissime!x3 Alle prossime recensioni. Un bacio.=* 

 

 

PS. Occhio che in questo capitolo comincio a dare sfogo alla mia vena sentimentale!=P

 

 

 

 

- Capitolo 3° -

 

 

 

{ I feel like I'm knockin' on heaven's door... }
Bob Dylan - Knockin' on heaven's door

 

 

 

 

Tutto era tornato alla normalità.

Debra aveva ripreso il controllo delle loro vite, riconducendole direttamente al set per l'inizio delle riprese della nuova puntata del documentario. Infatti Nick, Kevin e Joe stavano girando... da circa tre ore. Sempre la stessa scena. Era qualcosa di fondamentalmente semplice, dovevano camminare intorno alla grossa fontana dei giardini Du Luxembourg e fermarsi a giocare con una di quelle vecchie barchette di legno che affittavano solo lì. Niente di trascendentale.

Solo, la pioggia torrenziale complicava un minimo le cose. Diluviava a scrosci alterni, tra i quali dovevano infilare i vari ciack, senza nemmeno dare loro il tempo di asciugarsi.

Il regista aveva letteralmente un diavolo per capello. Sbraitava ordini a destra e a manca, spruzzettando tutti quelli che gli stavano attorno ad ogni scuotimento di testa. Con l'eccezione della pragmatica Mrs.Confetto che aveva estratto dalla sua borsetta un ombrellino. Rosa, manco a dirlo.

 

Gabrielle li raggiunse solamente nel primo pomeriggio, una volta terminato il suo turno all'atelièr di Sonia Delaounì. Nonostante la paga che le avevano promesso per il lavoro che stava facendo con i Jonas Brothers, aveva deciso di non lasciare i suoi vecchi impieghi.

 

Anche perchè sapeva che, in fondo, non sarebbe mai stata capace di accettare dei soldi per il tempo che passava con Joe, Kevin e Nick... Erano già loro tre, la sua ricompensa. E niente avrebbe potuto avere lo stesso valore.

 

Li raggiunse proprio mentre il cielo aveva deciso di innaffiare Parigi con lo scroscio d'acqua più violento della giornata. Con il cappuccio calato sulla testa, dopo che il suo ombrello era andato perso in un non ben imprecisato momento durante l'attraversamento del muro umano che le fans avevano formato tutt'intorno all'area chiusa.

Anche i ragazzi erano zuppi come pulcini, seduti in un angolo, sotto un albero con un telone attaccato alla bella e meglio fra i rami. Attraversò di corsa il breve tratto ghiaioso che la separava da loro e si accucciò accanto a Joe.

 

- Bella giornatina... - Si abbassò il cappuccio e cominciò a passarsi le dita fra i capelli zuppi, scuotendoli leggermente.

 

- Di acqua ne avrei avuta abbastanza, per oggi. - Sbuffò Joe, sollevando le mani per ripararsi dalle goccioline che schizzavano tutt'intorno. Lei lo squadrò in silenzio, inarcando un sopracciglio, prima di scoppiare a ridere.

 

- Non accetto questo genere di rimproveri da uno che sembra se la sia fatta, fin qui, a nuoto nella Senna. - Gli scompigliò la frangia fradicia, in un gesto eloquente. Per tutta risposta, lui le passò un braccio intorno alle spalle e, dopo averla bloccata, le restituì il "favore", spettinandola completamente e senza troppa grazia.

 

Erano troppo impegnati nella loro affettuosa zuffa personale, per accorgersi che un massiccio gruppo di ragazze aveva cominciato a rumoreggiare, al di là delle transenne.

 

- Ragazzi, ha smesso di nuovo. - Li interruppe Debra, correndo nella loro direzione con tre copioni in mano. - Sbrigatevi, si ripete la scena. - Joe la lasciò andare di malavoglia e si alzò sbuffando insieme ai fratelli.

 

- Cheppalle. - Mormorò, ben attento che la donna non lo sentisse. Coco si lasciò sfuggire una risatina, tuffando subito dopo il viso nel collo alto del maglione.

 

- Brrrr. - Soffiò Nick, sfregandosi velocemente le braccia. - Sono tutto ghiacciato. - Cosa che scatenò immediatamente l'istinto protettivo di Gabrielle. Sgusciò velocemente fra i due fratelli maggiori e si fermò di fronte a lui.

 

- Vuoi che vada a prenderti qualcosa di caldo, piccolo? - Chiese, sfiorandogli la mano gelata.

 

- Ecco, questa è un'idea. - Intervenne Kevin, mentre Joe annuiva con un gran sorriso. - Io prendo un the, assolutamente bollentissimo. -

 

- Io veramente stavo parlando con Nick. - Ribattè lei, anche se sapeva già che li avrebbe accontentati di nuovo.

 

- Tutti o nessuno. - Concluse Joe, ficcandosi le mani in tasca. - Non si accettano preferenze... -

 

- Viziati. - Sorrise. - The per tutti? - Speranzosa di non doversi anche appuntare mille richieste diverse.

 

- Grazie, Coco. - Si separarono mentre lei cominciava a camminare in direzione dell'uscita e i Jonas tornavano al bordo della fontana.

 

Arrivò vicino a due delle transenne più piccole e scivolò fra l'una e l'altra, trovandosi di nuovo davanti l'infinito mare di volti femminili che si assiepavano in ogni centimetro di parco che non fosse stato riservato alla troupe. Aspettò che qualcuna si spostasse per farla passare, ma nessuna di loro accennò a muovere un solo passo.

 

- Scusate... - Si rivolse alla ragazza che le stava più vicina. Nonostante fosse chiaro dai lineamenti che era molto più piccola di lei, la sovrastava in altezza di almeno dieci centimetri... così come la maggior parte delle altre presenti. Coco si sentì improvvisamente minuscola. - Dovrei passare. - Continuò, un po' più timidamente. Sorrise, ma ottenne in risposta soltanto una schiera di sguardi ostili. Poi, lentamente e con fare decisamente infastidito, un paio di ragazze si spostarono. Gabrielle si mosse rapidamente e cominciò a fendere la folla con piglio deciso. Più andava avanti e meno spazio aveva per camminare... Stava per inciampare, quando qualcuno le diede un violento spintone, scaraventandola letteralmente al di là dell'ultima fila di persone. Si girò, per capire chi l'avesse urtata, ma incontrò solamente una fila di schiene serrate e lunghi capelli biondi.

 

Decise di non approfondire, anche perchè non aveva nessuna voglia di perdere tempo, ed uscì di corsa dal grosso cancello.

 

Quando tornò, teneva in bilico su un vassoio di cartone quattro grossi bicchieri da asporto colmi di the caldo. Arrivò per l'ennesima volta in prossimità della folla, ma questa volta non fece nemmeno in tempo a pensare di chiedere permesso, che la ragazza bionda della prima fila la raggiunse a grandi falcate, seguita da una decina di quelle che parevano essere sue amiche. Coco venne rapidamente accerchiata da quella mini-gang improvvisata e costretta ad indietreggiare fino ad un grosso albero lì accanto.

 

- Scusate... - Non riuscì quasi a cominciare la frase, perchè la biondina-boss la afferrò per un braccio e la spinse violentemente contro il tronco nodoso. Il vassoio dondolò pericolosamente, ma Gabrielle riuscì a mantenere tutto miracolosamente in bilico.

 

- Stagli lontana. - La apostrofò la ragazza, dall'alto dei suoi otto centimetri di tacchi.

 

- Prego? - Chiese, non capendo minimamente di cosa la stessero accusando.

 

- Non fare la finta tonta... Sai benissimo di cosa parlo. - Quando quella mosse un passo in avanti, subito imitata da tutte le altre, Coco cominciò seriamente a preoccuparsi.

 

- Guarda che io non capisco davvero. - Senza il minimo preavviso, la biondina alzò un braccio di scatto e fece finire uno dei quattro bicchieri a terra, qualche centimetro in là dai suoi stivaletti di camoscio.

 

- Joe. - Ringhiò. - Kevin. Nick. Tu devi stare lontana da loro. - Le afferrò il maglione, strattonandola e un altro bicchiere finì a far compagnia al primo. Stavolta Coco dovette sollevare il piede, per evitarlo. - Ti abbiamo vista tutte, prima, fare la gattamorta. Con tutti e tre. - Aggiunse una delle "amichette", scoccandole un'occhiata di puro disgusto.

 

- Faccio semplicemente parte dello "staff" che è stato assegnato loro, qui a Parigi. - Rispose Gabrielle, cominciando ad innervosirsi. L'ultima cosa che si sentiva in dovere di fare era di dare delle spiegazioni sul suo rapporto con i Jonas... a delle illustri sconosciute.

 

- Non solo sciacquetta, pure maledettamente bugiarda! - Riprese parola ed autorità la bionda. Poi prese uno dei due bicchieri rimasti e, con tutta l'intenzione possibile, le rovesciò addosso il the ancora fumante. Coco si portò automaticamente le braccia davanti al viso, lasciando cadere il vassoio e l'ultimo bicchiere ed ottenendo che solo un paio di schizzi le raggiungessero la guancia.

 

Ma il polso destro fu preso in pieno dal liquido ustionante. La pelle lasciata scoperta dalla manica del maglione prese a pizzicarle dolorosamente.

 

- Stai. Lontana. Da. Loro. - Sillabò sprezzante la ragazza. - Non so chi tu creda di essere, ma è bene che torni sulla terra. Non sei nemmeno lontanamente alla loro altezza. Joe, Kevin e Nick sono un altro pianeta per te... Guardali. E Guardati. - Gabrielle era ammutolita. Percepiva il dolore fisico del braccio scottato, ma anche quello molto, molto più intenso che le stava montando dentro. - Loro hanno la fama, il talento. E tu? Te lo dico io, sciacquetta! Tu non hai niente. Proprio un bel niente. Sei una come tante... Anzi, probabilmente anche peggio delle tante. Non sei degna di stare con loro, non lo saresti nemmeno di guardarli da lontano. Niente. Non vali niente. - Finito di sputarle addosso tutto il suo livore, il boss in gonnella girò i tacchi e tornò al suo posto in prima fila, accompagnata dallo stuolo delle sue compari.

 

Coco rimase immobile, con la schiena contro il tronco dell'albero e gli occhi pieni di lacrime che si ostinava caparbiamente a non lasciare uscire. Le parole di quella biondina senza nome le rimbombavano in ogni cellula del corpo e della mente...

 

"Non hai niente."

 

"Non vali niente."

 

"Non sei alla loro altezza."

 

Avrebbe dovuto alzare la testa, rispondere a tono. Eppure non era riuscita a fare altro che ascoltare, tacere e, in fondo, trovarsi d'accordo con la sua accusatrice. Perchè . Le parole di quella ragazza le avevano aperto dentro una vera e propria voragine e, contemporaneamente, le avevano scaricato sulle spalle il peso di una realtà che, fino a quel momento, aveva bellamente ignorato: tra lei e i Jonas Brothers correva come minimo un universo di distanza.

E non ci poteva fare niente. Appunto.

 

Il polso le faceva un male cane. Era rosso e si stava gonfiando... Sospirò profondamente e trattenne a stento un singhiozzo. Voleva solo tornarsene a casa, da sola, senza vedere o parlare con nessuno.

 

Però doveva avvertire almeno Debra...

 

Si fece forza e, tenendosi il braccio con la mano sana, camminò per un po' alle spalle della muraglia umana, fino a che non riuscì a trovare un tratto meno affollato per passare e tornare al set.        

 

- Coco, finalmente! - La voce squillante di Joe la raggiunse, non appena ebbe mosso il primo passo oltre le transenne.

 

{Nonononono.}

 

Non voleva vederlo. Non voleva parlargli. Nè a lui, nè a Kevin, nè a Nick. Poteva solo farla star peggio.

 

{Lasciami stare.}

 

- Si può sapere dove ti eri cacciata...? - Si bloccò, notando lo sguardo sconvolto di lei e il modo sospetto in cui si era portata le mani dietro la schiena. - Cos'è successo? - Si incupì improvvisamente.

 

- Niente... - Rispose lei, nel tono meno convincente del mondo.

 

- Cos'è successo, Gabrielle? - Involontariamente, alzò lo sguardo di scatto, nel sentirgli pronunciare il suo nome. Non la chiamava mai così.

 

- Lasciami... Lasciami stare, Joe! - Sbottò. Nel frattempo anche Kevin e Nick li avevano raggiunti. E la guardavano con espressione non meno ansiosa e preoccupata di quella del fratello. Lui, per tutta risposta, le appoggiò le mani sulle spalle. Appena avvertì il contatto, Coco schizzò all'indietro e lanciò uno sguardo terrorizzato alle ragazze poco distanti, che avevano cominciato a protestare di nuovo. Poi guardò i tre ragazzi, con la stessa faccia angosciata, senza riuscire a spicciccare parola.

 

- Sono state loro? - Continuò imperterrito Joe. Spostando lo sguardo da lei alla folla, ripetutamente. - Ti hanno detto qualcosa!? - Si stava arrabbiando. Parecchio.

 

- Scusatemi, io... vado a casa, ragazzi. - Sussurrò, abbassando lo sguardo.

 

- Aspetta. - Questa volta fu Kevin, a tentare di trattenerla, afferrandole il polso scottato. Di nuovo, lei sgusciò via immediatamente, lasciandosi sfuggire un gemito ed una smorfia di dolore. Davanti allo sguardo scioccato di lui, si affrettò a nascondere la scottatura sotto la manica del maglione.

 

- Io le uccido! - Sibilò Joe, facendo per partire alla carica.

 

- NO! - Lo fermò Coco, facendolo voltare di scatto. - Non è il caso. E' tutto a posto, davvero... - Sorrise, cercando questa volta di essere più credibile. - Sono solo un po' stanca. - Lui fece per ribattere qualcosa, di nuovo, ma, davanti al suo sguardo supplicante si arrese, sbuffando.

 

- Vuoi almeno che chiediamo a Debra di farti riaccompagnare a casa con la macchina? - Domandò Nick che, fino a quel momento era rimasto in un angolo, assorbito in un meditabondo silenzio. Sebbene fosse più riservato dei fratelli e meno incline ad esprimere i suoi sentimenti, anche lui era profondamente preoccupato e Coco gli leggeva negli occhi tutta quella maledetta ansia.

 

- Grazie. - Gli sorrise, trattenendosi a stento dall'accarezzargli la guancia. Avrebbe voluto abbracciarlo e rassicurarlo... ma ora capiva di non averne il diritto. Di non averlo mai avuto... - Ma va bene così. Prenderò il metrò. - Detto questo si voltò e scappò per andare a cercare Debra.

 

E per impedirsi di scoppiare a piangere davanti a loro.

 

 

***

 

 

Quella sera, nel lasciare il set, i tre fratelli furono molto meno espansivi del solito, nei confronti delle fans. Joe soprattutto, che camminava due o tre passi avanti ai fratelli con le mani in tasca e lo sguardo piantato a terra. Kevin e Nick, invece, parlottavano a bassa voce fra loro, rimanendo a tratti in silenzio, quando il maggiore spostava la sua attenzione su qualche punto imprecisato al di là della folla.

 

- Maledizione! - Sbottò Joe, quando tutti e tre furono seduti sui sedili posteriori della solita, lunga auto nera. - Io lo so che le hanno fatto qualcosa! Non... non le sopporto... - Sferrò un pugno al finestrino oscurato.

 

- Smettila, Joe! - Alzò gli occhi, incrociando lo sguardo serio di Kevin. Poche volte aveva visto il fratello maggiore arrabbiarsi. Tantomeno con lui. - Non puoi fare il bambino. Quelle sono le nostre fans, il nostro supporto e le artefici di gran parte del nostro successo... - Non sembrava però poi tanto contento di ciò che stava dicendo. - ... che ti piaccia o no. -

 

- Se è così, io non lo voglio affatto questo successo. - Continuò, incrociando le braccia. - Quelle non sono il tipo di persone per cui io canto. -

 

- Nemmeno quelle per cui io suono, ma sono comunque parte del tutto. Bisogna accettarlo. - Concluse Kevin, serrando i pugni. Sì. Anche se sentiva una morsa allo stomaco, nel ripensare all'espressione terrorizzata di Gabrielle. Eppure non poteva lasciarsi sopraffare dai sentimenti, per quanto legittimi. Doveva, ancora una volta, comportarsi da fratello maggiore e dare l'esempio. Non gli era concesso di fare l'eroe.

 

Quel ruolo era e sarebbe probabilmente sempre spettato a Joe...

 

Joe che non gli rispose, lasciando cadere lo sguardo sulla città che correva al di là del vetro.

 

Joe che non sarebbe mai riuscito a farsi una ragione di cose del genere...

Quello, per lui, era soltanto un altro modo che le fans più superficiali potevano adottare per portarlo all'esasperazione.

 

 

***

 

 

Coco sospirò, tamburellando le dita sulla pietra fredda al ritmo lento della musica che le risuonava nelle orecchie. Si sentiva esattamente come una di quelle sofferenti eroine da opera che amava tanto ascoltare... Lanciò uno sguardo alla città ormai quasi buia, che si andava punteggiando di luci.  

I contorni le apparivano sfocati, da dietro il muro di lacrime che continuava ad affiorare. Le sentiva scorrere lungo le guance arrossate e, più cercava di asciugarle, più quelle prepotentemente tornavano, tornavano e tornavano. Faceva perfino fatica a concentrarsi sullo schermo luminoso del pc che teneva in bilico sulle gambe.

Aveva tentato tutto pur di distrarsi... Si era sistemata in un angolo della terrazza, con l'i-pod nelle orecchie e il suo computer portatile, tutta Parigi ai suoi piedi.

Eppure non era stata capace di non pensarci. Singhiozzò e il mouse le sfuggì per l'ennesima volta dalle mani.

 

Chiuse stizzosamente lo schermo del notebook e lo appoggiò per terra, senza curarsi di spegnerlo. Poi si passò una mano fra i capelli e si accucciò contro il muro, stringendosi le ginocchia al petto.

 

Nello stesso istante la raggiunse il tonfo soffocato della porta d'ingresso che si apriva e poi chiudeva. Erano tornati.

 

Le si mozzò improvvisamente il respiro, si sentiva come se le stessero puntando una pistola alla tempia.

Tese l'orecchio, cercando di capire cosa stessero per dire o fare, ma era difficile, con il cuore che le batteva tanto forte, da rimbombarle ovunque.

 

- Ehi. - Alzò lo sguardo e si trovò davanti Kevin, appoggiato allo stipite della porta-finestra. Tornò a nascondere il viso tra le braccia, sperando di dissuaderlo ad andarsene, ma ottenne esattamente l'effetto opposto. - Posso accomodarmi? - Chiese, sedendosi davanti a lei.

 

- Vattene, Kevin. - La voce le uscì soffocata e tremolante. Strinse i pugni, cercando di non fargli capire che stava piangendo. Lui non si mosse, semplicemente si limitò ad accarezzarle la testa, scostandole i capelli dal viso.

 

- Ho impedito a quella testa calda di Joe di venire qui a fare una delle sue sparate, se torno sui miei passi, sono morto. - Cercò di strapparle un sorriso e, in effetti, quasi ci riuscì. - Scherzi a parte, lui e Nick sono preoccupati da morire, così come lo sono io. Sono seduti là dentro e non si muoveranno fino a che non saranno certi che stai bene. - A quelle parole, Gabrielle si decise finalmente ad alzare lo sguardo. Puntò gli occhi in quelli di lui, mentre l'ennesima lacrima le scivolava via.

 

- Perchè siete così dolci con me? Io... non me lo merito. - Si sfilò le cuffiette dell'I-pod, arrotolandosele nervosamente intorno alle dita.  

 

- Come ti viene in mente una cosa del genere? - Coco tentò di nascondersi di nuovo, ma Kevin le sollevò dolcemente il mento, costringendola a guardarlo. - Te l'hanno detto quelle ragazze? -

 

- Sì. - Annuì, inspirando profondamente. - Ma non è questo il problema. Il problema è che avevano perfettamente ragione. Che diritto ho io, di stare con tre ragazzi speciali come voi? - Sollevò una mano e la poggiò sulla spalla di Kevin che la guardava, completamente ammutolito. - Voi avete il vostro incredibile talento... e l'anima. Un anima meravigliosamente grande. Tu, Joe ed il piccolo Nick... siete... siete... - Sorrise, scuotendo appena la testa. Non riusciva nemmeno a trovare le parole adatte. - Il vostro mondo non è il mio. Non potrà mai esserlo, per quanto lo vorrei... Io non ho niente. Niente che possa fare di me qualcosa di diverso da "una delle tante". Siete troppo... lontani da me. - Si mordicchiò il labbro, tornando a guardare il pavimento, prima che le lacrime avessero di nuovo la meglio. Senza dire nulla, Kevin le passò le braccia intorno alle spalle, attirandola verso di sè. Gabrielle si trovò improvvisamente prigioniera della sua stretta, il viso nascosto contro la sua spalla e la sua mano fra i capelli. Sentì il cuore schizzarle letteralmente in gola.

 

- Ascoltami bene. - Cominciò, a bassa voce. - Non hai voluto raccontarci molto di te, ma quel poco che so e la passione che ti leggo negli occhi, mi bastano per giurarti e spergiurarti che non hai niente in meno di noi... Che sei speciale anche tu, Gabrielle. - Coco, chiuse gli occhi di scatto e, mentre i singhiozzi le scuotevano le spalle, lo ricambiò, abbracciandolo a sua volta.

 

- No. - Bisbigliò. - Io mi sento come se fossi rimasta chiusa fuori... Come se stessi bussando disperatamente alla porta del paradiso, per chiedere di entrare, anche se so che non avrei alcun diritto di farlo. - Strinse i pugni, tanto che rischiò di strappare la stoffa leggera della camicia di lui. - Io... non ho proprio niente di speciale... - Concluse, rieccheggiando le parole della ormai famosa biondina.

 

- Smettila, Coco, ti prego. - Esclamò Kevin, indurendo tutto ad un tratto il tono di voce. - Smettila. Tu hai tutto. Tutto quello che mancava alle cretine che ti hanno messo in testa questa stupidaggine... -

 

- Non dirlo, Kevin. - Si mosse leggermente, ma non si staccò da lui. Non ci riusciva. Continuò a parlare con il viso nascosto nell'incavo della sua spalla. - Erano solo delle ragazzine e quello che hanno fatto, l'hanno fatto unicamente per voi... Sono loro il sostegno dei Jonas Brothers. Da sempre... Io, invece, vi conosco da poco più di un mese  e non so nemmeno una parola delle vostre canzoni. - Sospirò.

 

- Non so quanto possa contare, ma, per me, questo mese è stato quasi una vita. - Riprese lui, tornando a parlarle più dolcemente. - Tanto che mi è difficile tornare indietro a com'era, prima di conoscerti. E non me ne frega niente, se non hai mai ascoltato le nostre canzoni... Mi piace molto di più sentirti canticchiare Mozart o Chopin, perchè fa più parte di te. - Si allontanò leggermente da lei, senza smettere di cingerle delicatamente le spalle. - Adesso, smettila davvero... apri gli occhi e renditi conto di quanto vali. Di cosa sei diventata per me... e per i miei fratelli. Perchè sono certo che anche Joe e Nick ti avrebbero detto esattamente le stesse cose che ho detto io... E che sono disposto a ripeterti allo sfinimento, fino a che non te ne convincerai anche tu. -

 

- Kev, io... - Finalmente sulle labbra di Coco tornò ad affiorare un piccolo sorriso. - Grazie. - Si appoggiò nuovamente a lui, lasciandosi stringere. Decise, per una volta nella vita, di agire un pochino egoisticamente... Pur sapendo che una parte di lei era ancora fermamente convinta di non meritarsi affatto una simile fortuna, lasciò che le parole di Kevin si insinuassero nel suo cuore, alleviando parte del dolore. Anche se era decisamente troppo facile, lasciar finire tutto così. Rimandando a data da destinarsi...

 

Kevin rimase in silenzio per un attimo, sorridendo mentre l'abbracciava. Poi si ricordò di un'altro particolare, che ancora non gli si era chiarito.

 

- Solo un'ultima cosa. - Le afferrò il polso destro, che lei aveva accuratamente fasciato e nascosto sotto il maglione. Sollevò la manica, rivelando la benda candida. - Questo chi te l'ha fatto? -

 

- Nessuno... Ho fatto tutto da sola. - Mentì, rimettendo la manica al suo posto.

 

- Coco, ti prego. - Ovviamente lui non si era fatto convincere nemmeno un po'. Gabrielle sbuffò, particolarmente infastidita da ciò che stava per dire.

 

- Non è niente, è stata solo una bambinata. - Scrollò le spalle, mentre Kevin la guardava con espressione sempre più scettica. - Una di quelle ragazzine mi ha vista parlare insieme a voi, oggi, e probabilmente si è un po' ingelosita... Lanciarmi addosso il the che vi stavo portando le sarà sembrata la vendetta più rapida, tutto qui. - Concluse, come se niente fosse.

 

- Tutto qui? Quel the era bollente... Se ti avesse preso in faccia... - Rabbrividì, immaginando le possibili conseguenze.

 

- Ma non è successo. - Continuò lei. - Dai, è normale che possano essere gelose dei loro idoli. Quella era cotta di Joe, si capiva benissimo... E mi ha visto scherzare con lui, mezza abbracciata a lui. Avrei dovuto aspettarmi che volesse il mio scalpo. - Ridacchiò, cercando di alleggerire la cosa. - Aspetta. - Riprese, tornando improvvisamente seria. - Non lo dirai a Joe, vero? Ti prego, Kevin... - Conoscendo Joe, si sarebbe sentito in colpa a vita e sarebbe stato capace di non rivolgere più la parla a nessuna delle sue fans. Lei non voleva assolutamente essere l'artefice di una situazione del genere, che niente di buono avrebbe portato al successo dei Jonas Brothers.

 

- Rientriamo? Comincia a fare freschino... - Chiese, glissando elegantemente sulla richiesta che Coco gli aveva appena fatto. Si scambiarono un'occhiata eloquente, poi lui si alzò e prese a spolverarsi i pantaloni.

 

- Tu vai. Sistemo qui e poi ti raggiungo. - Recuperò il portatile e l'I-pod, cominciando ad armeggiare per spegnere tutto. Kevin annuì sorridendo, prima di sparire oltre la soglia della porta-finestra.

 

Impiegò un buon quarto d'ora per chiudere tutti i programmi e salvare il lavoro che stava facendo.

 

Quando rientrò in casa, la luce in salotto era spenta. Un bagliore giallo filtrava dalla cucina, al cui interno si mescolavano le voci dei ragazzi che stavano chiaccherando sommessamente tra loro. Senza fare rumore, Gabrielle raggiunse il mobile accanto al divano letto e ci appoggiò le sue cose, talmente occupata a muoversi silenziosamente, da non accorgersi che qualcuno era entrato nella stanza ed ora le voci al di là della parete erano solamente due.

Si sfilò il maglione, lasciandolo cadere distrattamente a terra.

 

Quando si voltò e si trovò occhi negli occhi con Joe, che stava richiudendo la porta scorrevole, le fu improvvisamente chiaro... Le era bastato osservare l'espressione contrita di lui e l'ombra di rabbioso dolore che gli correva sul viso.

 

- Te l'ha detto, vero? - Sussurrò, torcendosi nervosamente le mani.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4° ***


Innanzitutto, scusate per il ritardo nell'aggiornamento, ma ho avuto parecchio da fare per l'università

Innanzitutto, scusate per il ritardo nell'aggiornamento, ma ho avuto parecchio da fare per l'università!=p Eccovi finalmente il nuovo capitolo, forse un po' di transizione, in cui si scopre qualcosa in più sulla nostra Coco e, dopo Kevin che è stato quasi-protagonista la scorsa volta, abbiamo una sovraddose di Joe!x3

 

Un grazie grande alle mie affezionate lettrici, vi adoro!<3

 

Tempe: Joe forse frivolo lo è un po', ma più che altro io lo vedo come quello più impulsivo, istintivo. Per me lui è il Jonas più passionale e che quindi si lascia più trasportare dai sentimenti, la testa calda, insomma. Kevin invece è il maggiore e per forza di cose, deve essere più controllato e razionale, quindi anche un po' più sensibile... E sono adorabili entrambi!<3

 

agatha: sono sempre felicissima dell'arrivo di nuove lettrici. Felicissima che la fic ti piaccia tanto e ancor più di sapere che si riescono a percepire i sentimenti che io "nascondo" nelle parole scritte. E' fondamentale per me.^^

 

Potterina: Come sopra!x3 Benvenuta nel club delle lettrici, spero ci resterai mooolto a lungo!

 

sbrodolina: Eh sì, povera Coco, brutta esperienza... Ma in un certo senso le sarà utile per avvicinarsi di più ai nostri tre Jonas, come vedrai! E Joe, beh... leggi, leggi!=P

 

Jollina: storia letta&commentata! Per quanto riguarda Gabrielle e Kevin... eeeeh, chi lo sa? Ne devono succedere ancora di cose!x3

 

beautiful_disaster: adoro le tue recensioni, mi danno la carica e mi riempiono sempre di voglia di scrivere ancora!<3 E per quanto sia una cosa che si sente spesso, mi fa sempre contenta sapere che il mio modo di scrivere riesce a coinvolgere i lettori in questo modo!x3 La ragazza del fotomontaggio è un'attrice (magari fossi io!=P), si chiama Amber Tamblyn!=)

 

fefy88: altra mia adorata fedelissima!x3 Per fortuna Coco sta bene e se Kevin ha fatto la sua parte... vedrai Joe!x3

 

dollyvally: quanti nuovi arrivi! *me felice* Spero che anche tu diventi mia fissa lettrice&commentatrice. Kev... Kev per me è la quintessenza della dolcezza. Lo adoro e... chi non vorrebbe essere al posto di Coco?!<3

 

Sempre più gente, mamma mia!*_* Adesso non vi trattengo oltre, vi lascio al capitolo. Ah, ovviamente, la canzone che canta Joe è "Gotta Find You" dei nostri Jonas.

 

  

 

 

 

- Capitolo 4° -

 

 

 

{ This time. This place.
Misused. Mistakes. }
Far Away - Nickelback

 

 

 

 

- In difesa di Kevin posso dire che sono stato io a costringerlo. Ho dovuto tirarglielo fuori con la forza, lui non voleva... - Rispose Joe, senza sorridere. - Però avrei preferito saperlo da te. - Lo sguardo gli cadde inevitabilmente sul polso che lei si stringeva al petto, in un gesto probabilmente inconsapevole.

 

- Io invece avrei preferito che tu non lo sapessi affatto, Joe. Per non doverti vedere così. - Sospirò Coco, sedendosi sul divano, senza pensare di accendere la luce. Lo vide avvicinarsi nella penombra e fermarsi in piedi di fronte a lei.

 

- Ma perchè non me lo hai detto? - Si fissarono negli occhi per qualche secondo, abbastanza perchè Gabrielle si rendesse conto che non sarebbe tornato sui suoi passi, prima di aver ottenuto una risposta convincente.

 

- L'ho già spiegato a tuo fratello. A questo punto, ero convinta che ti avesse raccontato proprio tutto. - Sbuffò. - E' stata una bambinata, niente di più. - Per quante volte ancora sarebbe stata costretta a ripeterlo?

 

- Una bambinata? - Ripetè lui, sillabando l'ultima parola. - Coco, potevi farti male sul serio... A causa mia. -

 

- NO. - Sbottò lei. - Non voglio sentirtelo dire. - Poi chinò la testa, piantando lo sguardo sul pavimento. Joe si avvicinò ancora e le si inginocchiò davanti, così, quando Gabrielle alzò gli occhi, rimase incastrata in quelli di lui, pericolosamente vicini.

 

- Ascolta... - Lo fermò immediatamente, scuotendo leggermente la testa.

 

- Ti ho detto che non voglio. - Sussurrò, senza smettere di guardarlo. Lui sospirò e si appoggiò ai cuscini del divano, tenendo le mani ai lati delle gambe di Coco. - Sono testarda, lo sai. - Si lasciò scappare un sorriso,

 

- Non ti sopporto. - Sorrise anche lui, abbracciandola stretta. Nascose la testa contro la spalla di lei, mentre le cingeva i fianchi.

 

Rimasero abbracciati in silenzio per dei secondi che sembravano interminabili. L'ombra di quell'unico sorriso svanì in fretta, così come era venuta. Entrambi sapevano bene che non sarebbero riusciti a far desistere l'altro tanto facilmente. Per lui era il senso di colpa, per lei una profonda preoccupazione. E niente che potesse far pendere l'ago della bilancia in favore di uno dei due.

Gabrielle sospirò profondamente, prima di allontanarsi.

 

- Joe. - La sua voce sottile squarciò il silenzio che si era creato. - Non è colpa tua. - Era dannatamente seria. E lo guardava con quella dannata espressione.

 

- Coco... - Tentò nuovamente di ribattere qualcosa, ma a quegli occhi non sarebbe mai riuscito a resistere.

 

- Non devi nemmeno pensare di sentirti responsabile per quello che è successo. - Joe non provò più nemmeno a risponderle. Sospirò, distogliendo lo sguardo dal viso di lei, nella speranza di non sentirsi più con le spalle al muro. Si sentiva stupido e probabilmente avrebbe finito per sembrare solo un ragazzino cocciuto agli occhi di Gabrielle, eppure non ci riusciva.

 

Maledetto quel suo carattere impulsivo. Se fosse stato semplicemente un po' più simile a Kevin, che sapeva sempre fare la cosa giusta, forse avrebbe avuto vita più facile.

 

Lasciò scivolare le mani lungo i fianchi, lasciandola andare, ma Coco gli impedì di allontanarsi.

 

- Non mi piace quell'aria da cane bastonato. - Gli passò una mano fra i capelli e, prima che potesse tirarsi indietro, fu il turno di Joe di trattenerla. Sembrava avessero intavolato una strana sorta di "tira e molla". Le accarezzò il polso fasciato, rimanendo a testa bassa, senza guardarla negli occhi.

 

- Coco... - Ricominciò e questa volta del tutto deciso ad arrivare fino in fondo. - E' perchè ti voglio davvero, davvero bene. E mi manda in bestia pensare a cosa sono potute arrivare delle stupide ragazzine, solo per gelosia nei miei confronti. Solo perchè ti ho abbracciata... Adesso considererai anche me un ragazzino, se ti dico che ora mi sento come se ti lanciassi in pasto a gente come quella, ogni volta che ti sfioro, al di fuori di queste quattro mura... - Sollevò lo sguardo, piantando gli occhi nell'azzurro di quelli di lei.

 

- Razza di stupido... - Gabrielle si alzò di scatto dal divano, gettandogli le braccia al collo. Cera così poco spazio fra loro, che Joe quasi rischiò di cadere, quando le ginocchia di lei si scontrarono con le sue.

 

- Stupido e basta? - Domandò, con una punta di sollievo. - Quindi non mi consideri un ragazzino? Un diciottenne sbarbatello dalla testa calda? - Si rilassò, sedendosi sul pavimento, mentre lei gli si accucciava fra le braccia e di nuovo un sorriso si fece strada sulle sue labbra.

 

- Sbarbatello sempre... - Rispose Coco, con voce leggermente soffocata. - Ma non riesco ad essere più cattiva di così. Perchè ti voglio bene anche io, scemo. E te ne voglio troppo... Considerando il soggetto che sei. Joe... Non posso vederti così. - Si allontano da lui quanto bastava per riuscire a guardarlo negli occhi, lasciando le braccia saldamente ancorate intorno al suo collo. -  E non voglio che nè tu, Kevin e Nick, nè tantomeno io viviamo nel terrore costante di chi ci sta intorno. Questa volta è successo, la prossima volta potrebbe essere diverso. Quindi, non arrabbiarti, ti prego, smettiamola qui. Accantoniamo questa storia una volta per tutte. - Joe sorrise e si avvicinò di nuovo, posandole un bacio leggero sulla fronte. - Altrimenti dovrò seguire il suggerimento che mi hanno dato le vostre fans... e stare molto, moooolto lontana da voi. - Concluse lei, in tono divertito.

 

- Neanche per sogno. - La strinse con fare scherzosamente possessivo. - Tu non vai da nessuna parte! -

 

Non si capacitava nemmeno lui, di quanto l'avesse sollevato sapere che Gabrielle non lo considerava un ragazzino. Nonostante quei maledetti quattro anni che lo dividevano da lei. Forse il motivo di tanto sollievo era lo stesso per cui, quando la vedeva insieme a Kevin, non riusciva a non guardarli con una punta di invidia... Loro due avevano praticamente la stessa età. Con suo fratello Coco gli sembrava diversa. Si comportava e parlava in modo diverso...

 

Come con un suo pari. Lui invece si sentiva sempre, in un certo qual modo, piccolo.

Inferiore...

 

O, forse, erano solo stupide paranoie...

 

Strinse Coco un po' più forte, nascondendo il viso nei suoi lunghi capelli scuri. Poi accostò la schiena al tavolino basso che gli stava alle spalle, permettendole di appoggiarsi completamente a lui. Avrebbe voluto parlarle chiaro e tondo, ma, proprio quando credeva di aver trovato il coraggio ed il momento giusto per farlo, la porta della cucina si aprì e la luce si accese improvvisamente.

 

Appena si accorse di Nick e Kevin, sulla soglia della stanza, Gabrielle si scostò, scivolando fuori dal suo abbraccio, per correre verso il fratello minore.

 

- E passata? - Domandò semplicemente lui, guardandola con fare indagatore. Coco non gli rispose, ma a Nick fu sufficiente il suo sorriso luminoso. La abbracciò, così come avevano fatto i suoi fratelli, sancendo che tutto era tornato a posto. - Allora non ti chiedo più niente. -

 

- Io invece voglio chiaccherare di una cosa importante, con tutti e tre. - Riprese lei, prendendo per mano anche Kevin e trascinando lui e Nick fino al divano, davanti a cui era ancora seduto Joe, poi si sistemò in mezzo a loro. - Parlando con Kevin, prima, mi sono resa conto che, per quanto tempo abbiamo passato insieme, da un mese a questa parte, voi sapete pochissimo di me... Di quello che ero prima di incontrarvi. - Abbassò lo sguardo, prendendo a giocherellare nervosamente con una ciocca di capelli. - Me l'ha detto lui, in realtà - Continuò, cercando di arginare il batticuore. Era sempre stato difficile per lei, parlare di sè... Aveva paura di mettersi in gioco. Una paura piuttosto insensata, a dire il vero... ma al contempo quasi soffocante. Paura di lasciarsi andare troppo e poi venire ferita. Ed era solo per quell'incredibile legame che aveva sviluppato con loro, che adesso si stava facendo violenza per raccontare la sua storia. - E mi sono resa conto di quanto fosse vero... e ingiusto. Voi mi avete permesso di conoscere un sacco di cose della vostra vita, della vostra famiglia e del vostro straordinario mondo... E' ora che anche io faccia altrettanto. - Si rannicchiò contro lo schienale, stringendosi le ginocchia al petto e prendendo un respiro profondo, iniziò a raccontare.

 

Dall'inizio... Da quando sua madre, una promettente musicista francese, aveva deciso di scappare al di là dell'oceano... A soli vent'anni aveva lasciato Parigi per New York e lì, oltre che un posto in una delle orchestre più importanti della città, aveva trovato Michael, un'affascinante primo violino con dei meravigliosi occhi azzurri.

 

Lui era più vecchio di lei. Di anni ne aveva poco meno di quaranta, ma si sa, l'amore non ha età.

 

Monique era nata tre anni dopo, quando il successo per la neo-mamma era ancora agli inizi. Annabelle e Michael avevano cresciuto la bimba con tutto l'affetto possibile e per un po' le cose erano filate lisce, così come era sempre stato.

Fino al giorno in cui la giovane pianista aveva scoperto di essere rimasta nuovamente incinta, proprio quando la prima orchestra di Parigi, le aveva proposto un contratto per tre intere stagioni all'Operà... Era un'occasione troppo, troppo preziosa e l'ambizione della donna aveva avuto facilmente la meglio... perfino sull'amore materno.

Annabelle aveva firmato immediatamente il contratto e, dopo aver partorito la piccola Gabrielle, aveva preso armi e bagagli ed era tornata in Francia, portandosi dietro solamente la figlia più grande.

Forse avventata, sicuramente troppo giovane per rendersi conto di quello che una scelta del genere poteva comportare.

 

Coco era rimasta con suo padre, che, nonostante il dolore per quello che la musica gli aveva portato via, aveva continuato a suonare. Ecco come lei aveva imparato ad amare le sinfonie classiche e le grandi opere. Era cresciuta in teatro, seguendo suo padre in tutti i suoi tour in giro per gli Stati Uniti, fino all'età di sedici anni.

Poi Michael aveva definitivamente dimenticato la sua giovane Annabelle, rapito dagli occhi verdi di una giovane donna di Seattle. Si era risposato e, nel giro di pochi mesi, si era creato una nuova famiglia ed una nuova vita... di cui la piccola Gabrielle sentiva che non avrebbe mai fatto parte.

L'ultima cosa che suo padre aveva fatto per lei era stata metterla sul primo aereo per Parigi, con una grossa valigia ed una lettera per Annabelle.

 

Lettera che la diretta interessata non avrebbe mai letto e che giaceva tutt'ora in un cassetto della vecchia scrivania bianca che stava in un angolo di quella stanza.

 

Sì, perchè, una volta arrivata a Parigi, all'indirizzo che Michael le aveva dato, Gabrielle aveva trovato solamente quella sorella che non aveva mai saputo di avere e che si sarebbe pressa cura di lei, da lì in poi.     

 

Annabelle? Lei aveva ricevuto un'altra, succosissima offerta ed era scappata di nuovo, lasciando indietro anche Monique, alla fine. Scrollandosi di dosso quell'unica, microscopica parte della famiglia a cui ancora era legata.

 

Nessuna delle due ragazze avrebbe più avuto notizie dei genitori. Così dannatamente sole entrambe. sarebbero semplicemente diventate l'una la famiglia dell'altra...  

 

Monique, appena diciottenne, avrebbe presto conosciuto il fantomatico padre di Lulù e, solo qualche mese dopo, il suo Geràrd.

 

- Che poi è l'uomo che vi ha fatti arrivare qui. - Concluse Coco, con un piccolo sorriso che si spense quasi subito. I tre Jonas la guardavano in silenzio, mentre ancora cercavano di metabolizzare tutta la storia. Quando Kevin allungò la mano per stringere quella di lei, si accorse che Gabrielle stava tremando.

 

- Ehi... - Le sorrise e quando lei si voltò per guardarlo, una lacrima le scese lungo la guancia.

 

- Scusa... - Si asciugò frettolosamente gli occhi, cercando di nascondere quell'attimo di debolezza. - E' che raccontare questa storia... mi fa un brutto effetto. - Altre lacrime seguirono la prima, senza che lei potesse fare nulla per frenarle. - Accidenti...! - Soffiò, sfregandosi nervosamente gli occhi. E dire che si era imposta di non piangere più per certe cose. - Volevo che voi lo sapeste... ma... non avevo intenzione di finire in questo modo pietoso! - L'ultima, ultimissima cosa che voleva era suscitare compassione.

 

- Sai... - Cominciò Nick, accarezzandole una spalla. - Se quello che hai passato è servito a farti diventare quella che sei, Coco, non è solamente un male. E, credimi, io di storie pietose me ne intendo. - Gabrielle sgranò impercettibilmente gli occhi, rendendosene improvvisamente conto... Con che diritto poteva lamentarsi in quei termini, davanti a lui?

 

- Dio, Nick, scusami... Io... - Lui sorrise, scuotendo lievemente la testa.

 

- Oh no, non ricominciare. - Allungò un braccio e le cinse i fianchi, facendola sbilanciare nella sua direzione. - Zitta. No, zitta. - Ridacchiò e le tappò la bocca con una mano, impedendole di scusarsi di nuovo. Non l'avrebbe lasciata fino a che non  avesse smesso di agitarsi. Coco, sconfitta, gettò la spugna e sollevò lo sguardo, sorridendogli da dietro le dita serrate contro le sue labbra. - Ecco, brava. -

 

- Ora sapete qualche cosa in più. - Sorrise di nuovo, rivolgendosi anche agli altri due fratelli. - Sapete perchè parlo anche americano e perchè dormo su un divano letto in casa di mia sorella... Perchè amo con tutta me stessa la musica classica e perchè, nonostante ne abbia uno bellissimo, non suono il pianoforte da quando avevo sedici anni. - Lasciò indugiare lo sguardo sul meraviglioso piano di legno sbiancato addossato alla parete davanti a lei. - Quello era di mia madre. -

 

- Peccato. Mi sarebbe piaciuto fare qualcosa a quattro mani con te. - Sorrise Joe, continuando ad osservare lo strumento. - Sei sicura di non voler ricominciare? - Questa volta i suoi occhi erano saldamente fissi in quelli di lei. Gabrielle scosse lentamente la testa, distogliendo lo sguardo.

 

- Per ora no, Joe. Magari col tempo... - Si sistemò i capelli dietro le orecchie, cercando di ignorare il groppo che si sentiva in gola. - Intanto, adesso è tardi e sarà il caso di andare a letto... - Sorrise, cercando di fare finta di nulla, ma i tre ragazzi l'avevano capita perfettamente. Si alzarono e, a turno, si avvicinarono per augurarle la buonanotte, rispettosi del suo naturale desiderio di stare un po' da sola. - Voi, comunque, potete suonare quando volete. - Aggiunse, mentre abbracciava Kevin, poi Nick ed infine Joe.    

 

Quest'ultimo le sfiorò la guancia con un bacio, prima di sparire oltre la porta, insieme ai suoi fratelli.

 

Mentre spostava i cuscini ed apriva il vecchio meccanismo del divano letto, lottando contro il velo di lacrime che rendeva tutto dannatamente sfocato, Gabrielle già sapeva che avrebbe faticato ad addormentarsi.

 

E, nella migliore delle ipotesi, avrebbe avuto solo incubi.

 

 

***

 

 

Quando Coco aprì gli occhi, per la terza volta in due ore, il display del suo cellulare segnava le tre e un quarto di notte.

Sbuffò, lasciando cadere il telefono a terra... Aveva dormito continuativamente si e no un'ora. E sicuramente non sarebbe riuscita a farlo più a lungo.

 

Non quella notte.

 

La sua disastrata famiglia riusciva a tormentarla perfino in sogno.

Quando era piccola aveva guardato in fotografia il viso di Annabelle, così simile al suo, per tante di quelle volte, che ne aveva memorizzato ogni microscopico particolare pur non avendola mai incontrata di persona... Ed ora quello stesso viso era protagonista dei suoi sogni peggiori.

 

Si ritrovava di nuovo bambina... e di nuovo sola, nel disperato tentativo di inseguire sua madre.

 

Sbuffò, scostando le coperte con un gesto scocciato, prima di scattare in piedi. Sapeva che non sarebbe riuscita a rilassarsi abbastanza da riprendere sonno, senza liberarsi di quell'opprimente senso d'angoscia.

Tanto per cominciare, una delle sue tisane avrebbe potuto aiutarla a distendersi... Si infilò una felpa sopra il pigiama e scivolò oltre la porta a vetri, cercando di fare il minimo rumore possibile.

 

Prese a frugare in uno dei cassetti sotto al bancone, senza accendere la luce per paura di svegliare i ragazzi. Tirò fuori tre o quattro scatole colorate, prima di riuscire a trovare quella che cercava. Menta e zucchero di canna, il suo infuso preferito... Stava per sfilare una bustina, quando sentì qualcuno posarle improvvisamente una mano sulla spalla. Si voltò di scatto, lasciando cadere a terra l'intero contenuto della scatola, con il cuore che le batteva furiosamente.

 

- Ehi, calma, sono solo io. -

 

- Joe! - Sibilò, riconoscendolo. - Mi hai fatto prendere un colpo... - Si portò una mano al petto, aspettando che il suo battito cardiaco tornasse normale.

 

- Ops. - Sollevò entrambe le mani in segno di resa, facendole una tenera linguaccia. Coco gli rispose con un affettuoso scappellotto sul braccio.

 

- Piantala, scemo. -  Ridacchiò. - Piuttosto, ne vuoi anche tu? - Raccolse le bustine che si erano sparpagliate sul pavimento e riempì d'acqua un piccolo bollitore.

 

Joe annuì e si sedette al tavolo, mentre lei armeggiava con un vassoio ed il vasetto del miele. La osservò in silenzio per i pochi minuti che impiegò a riempire le tazze e mettere in infusione le bustine.

 

- Cos'è? - Domandò, afferrando il manico della ciotola che lei gli stava porgendo.

 

- Una tisana. - Gabrielle lo imitò e si sedette al tavolo, sulla sedia più vicina a quella occupata da lui.

 

- Non riesci a dormire? - Il tono di Joe si era fatto improvvisamente serio. Rimase in silenziosa attesa di una risposta, bevendo un lungo sorso.

 

- Brutti sogni... - Si mantenne sul vago, abbassando lo sguardo sul liquido ambrato che stava metodicamente mescolando da qualche minuto. - E tu? -

 

- Un po' d'ansia, forse... - Altrettanto confuso.

 

- Non sarà ancora la storia del the? Guarda che... - Cominciò Coco, ma lui la fermò immediatamente.

 

- No, tranquilla. E' per... qualcos'altro. - Bevve un altro po' di tisana, nascondendosi dietro la tazza.

 

- Bene, perchè, se così non fosse, ti uccido. - Scrollò il cucchiaino, prima di appoggiarlo sul tavolo. - Ma... non vuoi provare a dirmi che cosa ti preoccupa? -

 

- Solo se tu mi spieghi di questi tuoi... "brutti sogni". - Sorrise malizioso, inarcando un sopracciglio. Lei sospirò profondamente e prese a picchiettare con le dita sul bordo del tavolo.

 

- E' un unico incubo, in realtà... - Cominciò a maneggiare nervosamente la sua tazza. - Io da bambina... e mia madre che mi lascia in qualche luogo imprecisato. Tento di correrle dietro, grido per richiamare la sua attenzione, ma  sembra non accorgersi nemmeno di me... E questo fino a che lei non scompare definitivamente. E io mi sveglio. - Si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia. - Patetica, eh? - Si alzò di scatto, prima che Joe potesse avvicinarsi, usando la scusa di dover appoggiare la tazza vuota nel lavandino. Senza dire nulla, lui la seguì e l'abbracciò, rimanendo alle sue spalle.

 

- E tu? - Sorrise, ringraziandolo silenziosamente con lo sguardo.

 

- Lasciamo perdere... - Sempre più evasivo.

 

- No, che non lasciamo perdere. - Si voltò verso di lui, piantandogli addosso uno sguardo profondamente indagatore. Joe sospirò, lasciandola andare per tentare di fuggire in salotto.

 

- Joe!- Lo rincorse, fermandolo quasi al centro della stanza.

 

- E va bene. - Si avvicinò, guardandola intensamente negli occhi. - Rispondimi sinceramente, Coco... Mi consideri troppo piccolo, per te? -

 

- Eh? - Si accigliò lei, senza capire.

 

- Quando stai con Kevin sei diversa. Non parli con me... come parli con lui. Hai un atteggiamento diverso... E' perchè io sono più piccolo? - Coco lo fissò, sgranando gli occhi.

 

- Tu... E' questo che ti preoccupa? - Si lasciò sfuggire una mezza risata. - Ma ti sei bevuto il cervello, per caso? - Gli prese il viso fra le mani, costringendolo a fissarla. - Guardami. - Cominciò, improvvisamente seria. - Non me ne frega un beneamato cavolo, se hai quattro anni in meno di me. Sono diversa, perchè tu e tuo fratello siete diversi. Lui è lui... e tu sei tu. E' solo per questo... Dio. - Lo lasciò andare, mulinando nervosamente le braccia nell'aria. - Sei mio amico, Joe e questa è l'unica cosa che conta... Dell'età, sinceramente, proprio non mi interessa. Davvero eri in ansia per questo? - Domandò, a metà tra il divertito e l'esasperato. Lui annuì impercettibilmente. - Ma sai che sei veramente un cretino, a volte? - Ridacchiò, dandogli una sonora spinta. Joe le afferrò le mani al volo, trascinandola con sè nella rovinosa caduta sul divano letto. Atterrarono ridendo sul materasso, con un tonfo sordo.

 

- Quindi mi consideri al pari di Kevin? Siamo tutti e due tuoi amici e gli anni non sono un problema. - Ripetè, guardandola negli occhi. Lei annuì, sollevandosi su un gomito. - E se fossimo qualcosa in più che amici... quattro anni non sarebbero comunque un problema? - Le parole gli sfuggirono letteralmente di bocca, tanto che si pentì di averle pronunciate, ancora prima di terminare la domanda. Ammutolirono entrambi, guardandosi in silenzio per un lunghissimo secondo. - Ah, lascia perdere. - Si alzò di scatto, rimettendosi velocemente in piedi.

 

- Penso sia ora che torni a letto... - Si passò nervosamente una mano fra i capelli e fece per andarsene. Mosse qualche passo verso il corridoio, prima di bloccarsi e voltarsi nuovamente verso di lei. Incrociò immediatamente lo sguardo di Coco, che si era girata nello stesso momento.

 

- Sai, non credo proprio di riuscire ad addormentarmi così... - Bisbigliò lei, con aria innocente, mentre già sentiva l'angoscia tornare a serrarle la gola. Joe si lasciò scappare un sorriso e tornò indietro.

 

- D'accordo. - Spostò le coperte e recuperò un cuscino dal pavimento, prima di sdraiarsi sul lato sinistro del letto. - Ma possiamo evitare di dirlo a Nick e Kevin? -

 

- Tanto, domani mattina lo scopriranno lo stesso. - Ridacchiò Gabrielle, saltellando sul materasso per tornare al suo posto. Si sistemò sotto le coperte, accoccolandosi contro di lui.

 

- Mi alzerò per primo. - Ribattè Joe, passandole un braccio intorno alle spalle.

 

- Sì, certo. Comincia a pensare ad una scusa plausibile... -

 

- Spiritosa. Sei un po' più tranquilla, adesso? - Chiese, accarezzandole i capelli. Coco respirò profondamente. In effetti, sì. La sola presenza di Joe riusciva a calmarla in una maniera impressionante... Nonostante tutti i pensieri che le frullavano in testa. La sua vicinanza riusciva a sciogliere perfino la morsa che il terrore di quel dannato incubo aveva su di lei. Sorrise e Joe sentì le spalle e le braccia di lei rilassarsi, sotto il tocco leggero delle sue mani.

 

- Joe... - Sussurrò, con voce già quasi assonnata. - Mi canti una delle vostre canzoni? -

 

- Eh...? - Gli si avvicinò un po' di più, ridacchiando sommessamente.

 

- Perfavore... Fingiamo che sia una ninna nanna. - Lui sorrise e si mosse lentamente, puntellandosi su un braccio.

 

- Va bene, va bene. - Prese un respiro profondo e cominciò a cantare sommessamente, mentre lei chiudeva gli occhi.

 

"... You're the voice I hear inside my head, the reason that I'm singing.
I need to find you,
I gotta find you.
You're the missing piece I need, the song inside of me.
I need to find you.
I gotta find you..."

 

Cantava piano, rallentando continuamente il ritmo, quasi volesse sondare le parole una per una, nonostante le conoscesse perfettamente a memoria.

Coco respirava lentamente, seguendo l'andare della mano di lui che non aveva smesso di passarle dolcemente le dita fra i capelli.

 

"Been feeling lost, can't find the words to say...
Spending all my time stuck in yesterday.
"

 

Non sapeva nemmeno spiegarsi perchè, tra tante canzoni, avesse scelto per lei proprio quella. Aveva semplicemente iniziato a cantare, così, nel modo più naturale del mondo...

Osservò l'espressione completamente rilassata e il respiro regolare di Gabrielle. Si era già addormentata, un sorriso appena accennato le increspava le labbra.

 

"Where you are is where I want to be.

Next to you...

And you next to me."
                

Concluse, quasi in un soffio. Poi si abbassò per sfiorarle la fronte con un bacio e chiuse gli occhi, sistemandosi contro il cuscino.

 

Vicino a lei.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5° ***


Eccoci, finalmente

 

Eccoci, finalmente!=3 Anche questa volta ho ritardato con l'aggiornamento, ma per causa di forza maggiore. Sono stata per due giorni a Lucca ed ero senza pc (ma l'ho già detto nell'introduzione al secondo capitolo di Giorni, questo!=P). Cosa che mi ha costretta a scrivermi a mano il nuovo capitolo, per poi ricopiarlo una volta tornata a casa. Ho cercato di fare il più in fretta possibile!X3 Non voglio trattenervi oltre, perciò passo ai ringraziamenti e poi vi lascio al capitolo:

 

Tempe: facciamo cambio... il mio Joe per il tuo Kevin!<3 So che la storia tragica di Coco potrebbe fare tanto clichè, però c'è più di un ottimo motivo se ho deciso di impostarla così. Ma non voglio anticipare nulla...!x3 Capirai in futuro... (adesso comincio anche io a lanciarti gli indizi curiosssi a tradimento, come fai tu con i tuoi sms malvagi!XD Muahmuahmuah...)

 

beautiful_disaster: che mega-recensione. Lunga-lunga proprio come piacciono a me!** Non posso far altro che essere assolutissimamente felice e grata per tutte le bellissime cose che mi hai scritto, per la fic che mi hai dedicato e per il sapere che è anche un po' merito mio se è "nata".x3 Per quanto riguarda Joe... Io me lo vedo così, appassionato e romantico come quando canta le sue adorate canzoni sul palcoscenico. E proprio per questo lui è il mio "uomo delle seghe mentali", nel senso che mi viene naturale attribuirgli la maggior parte della dose di paranoie che devono essere presenti in una fic romantica che si rispetti!XD Comunque vedrai bene che anche Kev non ne è esente!=P

 

agatha: già cominciano a formarsi le due fazioni, pro-Kev e pro-Joe?XD Su questo però non posso proprio anticipare nulla, anche perchè sarebbe complicato da spiegare. Per il resto ti ringrazio infinitamente... Mi fa sempre un piacere immenso sapere quanto vi piace leggere la mia storia.<3

 

fefy88: guarda, anche io urlo sempre come una cretina quando leggo delle fic che mi prendono! E' più forte di me! x3 Ne approfitto per dirti che, anche se non ho ancora trovato il tempo di commentartele, ho letto entrambe le tue belle fic. Quella di Mandy la seguo da un bel po' e sono in fremente attesa che lei e Joe si decidano a dirsi che si amano!x3  

 

Jollina: come sopra... Sul triangolo kev-Coco-Joe non posso anticipare nulla.x3 Dovrete pazientare per scoprire... Intanto, in questo capitolo, si scoprono finalmente le carte in tavola. E poi chissà...

 

aya-chan: una nuova lettrice e per di più nella mia fascia d'età!** Benvenutissima. Innanzitutto ti ringrazio infinitissimamente per tutti i bei complimenti.^///^ Ecco che dopo una pro-Kev abbiamo una pro-Joe... chissà chissà come finirà.X3 Se mi dicono che sono troppo cresciuta? Continuamente, ma io me ne infischio allegramente. Non si è mai, mai, mai troppo grandi per sognare.<3

 

sbrodolina: guarda, ti ho pensata mentre scrivevo, perchè in questo capitolo Nick sarà parecchio presente, per la tua gioia.x3 E credo che qualunque ragazza vorrebbe essere al posto di Coco, compresa la sottoscritta!=)

 

Ecco, grazie a tutte voi che commentate con regolarità, a chi mi tiene tra i preferiti e anche a chi legge soltanto. Buona lettura!x3

 

 

 

 

- Capitolo 5° -

 

 

 

{ Ma è davvero così imperdonabile, se ti amo già? }
E Ti Amo - Marco Masini

 

 

 

L'alba era passata soltanto da una manciata di minuti.

 

Nick entrò nella cucina fiocamente illuminata, sbadigliando rumorosamente. Ci trovò Joe, eccezionalmente già in piedi, con in mano una tazza di caffè fumante.

 

- Ehi. - Salutò questo, con un cenno del capo.

 

Il Jonas più piccolo lanciò uno sguardo eloquente al fratello. Sguardo che quest'ultimo evitò accuratamente, aprendo lo sportello del frigorifero e nascondendocisi prontamente dietro...

Per essere almeno un minimo credibile, finse di cercare qualcosa di non ben definito sul ripiano più basso.

 

- Ti sei alzato presto, stamattina. - Buttò lì Nick, appoggiandosi al bancone. Fin dalle prime battute era chiaro che quella conversazione avrebbe grondato di sottointesi e di "non detti".

 

- Ogni tanto capita anche a me. - Rispose Joe, cercando di mantenersi sullo stesso tono fintamente noncurante usato dal fratello.

 

- Già. - Annuì questo, sbirciando oltre l'anta aperta per cercare di intercettare il suo sguardo. - Quindi io dovrei fingere di non aver visto... quello che ho visto. - Joe sollevò la testa di scatto, cozzando contro la mensolina delle verdure.

 

- Ahio! - Sbottò, massaggiandosi il punto in cui sarebbe presto spuntato un bel bernoccolo. Poi si rialzò e piantò gli occhi in quelli di Nick, così tremendamente simili ai suoi. Il fratello minore gli scoccò un'altra rapida occhiata, prima di voltarsi verso la porta a vetri semiaperta. Vi si intravedeva giusto la sponda del divano letto su cui Coco stava ancora dormendo profondamente. - Non capisco cosa vuoi dire. - Joe lasciò cadere entrambe le braccia lungo i fianchi, tentando di rimanere impassibile.

 

- Oh, perfavore. - Esclamò Nick, scuotendo la testa riccioluta. - Sono più piccolo di te, non più stupido. -

 

- Continuo a non capire. - Lo sfidò, rimanendo fermo sulla sua posizione.

 

- E' sdraiata su un lato del letto... E dall'altro le coperte sono scomposte. Ribaltate, anzi, come se qualcuno le avesse spostate per alzarsi. - Incrociò le braccia, aspettando che il fratello maggiore riuscisse a mettere insieme una  spiegazione coerente.

 

- Si muove nel sonno...? - Una specie di domanda come risposta... Segno tangibile che si stava innervosendo.

 

- E' un'affermazione o cosa? - Inarcò un sopracciglio, sfoggiando un sorrisino malizioso, utile solamente ad irritare Joe ancora di più.

 

- Smettila di insinuare! Che nervi, dio mio... - Spinse energicamente lo sportello del frigorifero, che si chiuse con uno schiocco. - Abbiamo dormito insieme, va bene? - Sul volto di Nick si allargò un sorriso vittorioso.

 

- E' già un passo che tu l'abbia tirato fuori da solo. - Ridacchiò. Joe cominciava a sentirsi seriamente preso in giro.

 

- Cos'è che ti diverte tanto, posso saperlo? - Afferrò il barattolo dei biscotti, litigando col coperchio per aprirlo. 

 

- La parte comica è che l'hai detto col tono di uno che voleva nascondere un segreto di stato... Quando, in realtà, non era poi nulla di trascendentale. - Cominciò Nick. - La parte seria, invece, riguarda ciò che c'è dietro quel gesto. Le intenzioni. - Il sorriso svanì rapidamente dalle sue labbra, che si strinsero in una smorfia preoccupata.

 

- Intenzioni? - Ripetè meccanicamente.

 

- Sì, Joe. Intenzioni... Le tue nei confronti di Coco, soprattutto. Ma anche viceversa. - Guardò nuovamente in direzione del salotto, come a voler sottolineare il concetto. Joe tamburellò nervosamente un piede a terra ed ingoiò l'ennesimo frollino al cacao, prima di prendere un profondo respiro.

 

- Che resti fra noi, però. Soprattutto non voglio che lo sappia Kevin. - Nick annuì, senza fare domande. Evidentemente i due fratelli condividevano la stessa "strana" impressione riguardo al più grande. - Diciamo che potrei avere un certo "interesse" per lei... - Si passò una mano fra i capelli, cercando di dissimulare tutto il suo imbarazzo.

 

Si sedettero entrambi al tavolo, come si fa per le discussioni importanti. Nick scelse semplicemente la sedia che gli stava più vicina, mentre Joe, di riflesso, preferì rifugiarsi al di là del tavolo e gli si sedette di fronte.

 

- Sei innamorato? - Chiese il più piccolo, versandosi a sua volta un'abbondante dose di caffè. Joe si agitò nervosamente sulla sedia, come se qualcosa lo stesse pungendo sul vivo...

 

- Non so se è una cosa seria... - Abbozzò, cercando di non sbilanciarsi troppo. L'espressione del fratello si fece improvvisamente più tesa.

 

- Cosa vuol dire che non lo sai? - Appoggiò seccamente il bricco sul tavolo, spargendo qualche goccia scura sul piano di legno laminato. Joe alzò gli occhi di scatto.

 

- Che non lo so. Cosa volevi sentirti dire, Nick? - Sbottò, evidentemente infastidito dalla sua reazione. - Sono confuso... Mi piace stare con lei, mi piace abbracciarla e mi piace sentirla vicina... al punto che, ogni volta che entra in una stanza, la prima cosa che vorrei fare è correrle incontro, stringerle la mano e non lasciarla più andare. Penso che tu sappia perfettamente quanto è dannatamente adorabile, quanto è stato facile affezionarsi a lei... Dio solo sa quanto bene le voglio, ma non riesco a dirti se questo "bene" è diventato qualcosa di veramente serio, o si è unito solamente ad una naturale attrazione fisica. - Sospirò desiderando ardentemente di avere la risposta giusta per cancellare quello sguardo ansioso dal volto che aveva davanti.

 

Nick si schiarì la gola, come se stesse per tirar fuori qualcosa di molto poco piacevole.

 

- Quello che mi interessa veramente non è se è sì o no. La cosa fondamentale è che tu sia assolutamente sicuro di ciò che vorrai o non vorrai fare. - Si fissarono per l'ennesima volta. Nick era assolutamente serio, mentre l'altro spaziava dall'incredulo allo spaventato, nel leggergli negli occhi tanta determinazione. - Joe, tu sei mio fratello e, per quanto alle volte mi fai imbestialire, ovviamente ti voglio bene... Ma voglio molto, molto bene anche a Coco. E' come una sorella, se non di più, per me... Non voglio che soffra a causa delle tue fregole. - Abbassò gli occhi, sfiorando distrattamente il bordo della sua tazza. - Quindi, prima di sconvolgere l'equilibrio che si è creato in questo mese e mezzo, cerca di riflettere. Devi essere più che certo che ne valga la pena... Perchè, quando coinvolgerai anche Gabrielle, non sarà più possibile tornare indietro a "come era prima". -

 

- Nemmeno io voglio farla soffrire. - Bofonchiò, quasi offeso al pensiero che Nick lo considerasse tanto stupido.

 

- Questo lo so. Però so anche che sei dannatamente impulsivo. E incosciente... Soprattutto quando si tratta di "sentimenti". - Ed era dannatamente vero. - Ti lasci trasportare... Stavolta, ti prego, riflettici bene. -

 

- D'accordo, d'accordo. Ma solo se tu la smetti di farmi la paternale! Che cos'è, sei stato per caso posseduto dallo spirito saccente di Kevin? - Troncò la conversazione, alzandosi in piedi.

 

- Stavate, per caso, parlando di me? - Mugugnò il diretto interessato, con la voce ancora impastata dal sonno. Poi si sedette al tavolo.

 

Nick fece un mezzo balzo sulla sedia, accorgendosi improvvisamente della presenza del fratello maggiore. Lui e Joe si scambiarono un'occhiata parecchio eloquente.

 

- Io parlavo male di te. Come al solito. - Concluse noncurante quest'ultimo.

 

- Ah-ah. Divertente, davvero. - Sorrise laconico Kevin, aprendo un vasetto di marmellata di fragole. Ci tuffò un cucchiaino e, dopo averlo brandito a mo' di catapulta, scagliò una dose di gelatina rossa in direzione di Joe. - Toh! - Esclamò, mentre il "proiettile" lo colpiva direttamente in faccia. - Magari ti addolcisci un po'! - Concluse sogghignando, mentre leccava quel che rimaneva sul cucchiaio.

 

Joe sgranò gli occhi, tastandosi la guancia appicicaticcia.

 

- Io ti uccido! - Esclamò, prima di scaraventarsi al di là del tavolo. Serrò le braccia intorno al collo di Kevin, cercando di bloccarlo. - Non sarà un problema per i Jonas Brothers, bastiamo io e Nick. Al massimo ti sostituiremo con Frankie! - La voce gli uscì mezza soffocata, nello sforzo di annullare i tentativi del fratello di liberarsi di lui.

 

Quando Coco entrò nella stanza, ancora lottavano, ridendo come due matti, sotto lo sguardo divertito di Nick.

 

- Ma come siete carini, stamattina! - Sorrise lei, schioccando ad ognuno un dolce bacio sulla guancia. Poi si versò un bicchiere di latte freddo e si intrufolò sulla sedia tra Kevin e Nick.

 

Mentre inzuppava il suo primo biscotto nella tazza, Joe lasciò andare il fratello e le si sedette di fronte. La osservò di sottecchi, mentre le parole di Nick gli rimbombavano nelle orecchie. Non sapeva se sarebbe mai riuscito ad essere sicuro dei suoi sentimenti. Cavolo. Lui, Joe Jonas, sempre così sicuro di sè in tutto, nella vita... e sul palco soprattutto. Lui, che riusciva a gestire con una scioltezza invidiabile milioni di persone in delirio, si era fatto mettere in difficoltà da una ragazza... qualunque? No. Definirla così sarebbe stato solamente un meschino tentativo di mentire a sè stesso.

 

Perchè lei non era una ragazza qualsiasi.

 

Lei era la ragazza. La sua Coco.

 

La sola che fosse riuscita ad entrargli dentro in quel modo.

 

 

***

 

 

L'anonima auto nera si fermò davanti ai giardini, poco distante dal cancello principale che era stato preso d'assedio dal solito mare di ragazzine. Appena le portiere posteriori si aprirono, un coro di urla investì i quattro ragazzi ancora all'interno dell'abitacolo. Kevin scese per primo, seguito da Nick ed infine da Joe, come al solito. All'apparire di quest'ultimo, le grida raddoppiarono. Coco indugiò per un attimo, restando seduta in macchina.

 

Erano rare le occasioni in cui arrivava sul set insieme ai Jonas. Quel giorno era semplicemente perchè l'atelier era rimasto chiuso... Ma non pensava comunque fosse il caso di entrare con loro.

 

Osservò dal finestrino i tre ragazzi avvicinarsi alle prime fans e poi scese, facendo per avviarsi verso un altro ingresso.

 

Joe, che era rimasto qualche passo indietro rispetto ai fratelli, si voltò di scatto e tornò nella sua direzione. Gabrielle non si accorse di lui, fino a che non la fermò, prendendole la mano.

 

- Vieni. - Disse semplicemente, tirandosela dietro.

 

Raggiunsero correndo Kevin e Nick e si fermarono alle loro spalle. Quando lei si rese conto di dove si trovava, piantò i piedi nel punto esatto in cui era, fissandolo con aria spaventata. Joe le sorrise rassicurante, mentre il tipico mormorio andava diffondendosi intorno a loro.

 

- Sei impazzito? - Sussurrò, guardando le transenne che segnavano il corridoio di passaggio come se stessero per scomparire da un momento all'altro, inghiottite da centinaia di coppie di piedi. Si sentiva come se stesse invadendo quel mini-red carpet che avrebbe dovuto spettare solo ai Jonas.

 

- No. Tu devi stare qui... - Rispose, attirandola un po' più vicino. - Questo è il tuo posto e non ho la minima intenzione di lasciarti indietro. - Coco lanciò un'occhiata sfuggente alle ragazze in prima fila, senza riuscire ad impedirsi di tremare. - Se ne dovranno fare una ragione anche loro. - Le bisbigliò all'orecchio, prima di voltarsi verso la folla, sorridendo tranquillamente. Lei serrò gli occhi, appoggiandosi al braccio di Joe, mentre cercava di trovare la forza per credergli.

 

Si mosse soltanto quando avvertì un'altra persona avvicinarsi. Aprì gli occhi, trovandosi davanti Kevin ed il sorriso più dolce che avesse mai visto.

 

- Una volta tanto, questo idiota ha ragione... - Lanciò uno sguardo al fratello che eccezionalmente preferì non controbattere e si limitò a scuotere la testa. Coco rimase zitta... Lo guardò negli occhi, con la stessa espressione spaesata di poco prima, fino a che non fu lui ad interrompere li contatto, per avvicinarsi e prenderle l'altra mano. Il mormorio era aumentato, ma, stranamente, si era fatto anche meno concitato.

 

Ricominciarono a camminare e, come per magia, i suoi piedi si staccarono dal selciato, con un impeto che avrebbe potuto provocare un violento schiocco, se fossero stati incollati davvero. Si lasciò guidare da Kevin e Joe, che nel frattempo salutavano e si rivolgevano alle ragazze come avevano sempre fatto.

 

Con un'improvvisa ed intensa sensazione di sollievo, Gabrielle si rese conto che la sua presenza non era più una cosa così eclatante. Al contrario, sembrava quasi che non si accorgessero di lei. Nessuno pareva consapevole che fosse lì...

 

Nessuno, ad esclusione dei due ragazzi che le stringevano la mani, con la stessa dolce e delicata devozione con cui avrebbero maneggiato un fragile ma bellissimo cristallo.

 

 

***

 

 

Kevin si guardò per l'ennesima volta nella specchiera che era stata sapientemente montata nell'angolo riservato al trucco. Sbuffò, osservando il groviglio umido di riccioli con cui la parrucchiera l'aveva lasciato per andare a cercare nella sua auto chissà quale strano tipo di spazzola... Quello era il momento che più detestava in tutta la giornata. Ore bloccato su quella sedia, solo per una stupida messa in piega. Inclinò il capo, appoggiandosi su un braccio.

Nick era seduto poco distante da lui, nelle sue stesse condizioni, mentre di Joe vedeva solamente il riflesso...

Poco distante da loro, il fratello di mezzo scherzava allegramente insieme a Coco.

 

Le orecchie di Kevin furono raggiunte dall'eco della sua risata cristallina, mentre le due figure nello specchio si confondevano in un abbraccio.

 

Sospirò, senza riuscire a distogliere lo sguardo.

 

In fondo era normale... Joe era quello affascinante, passionale. L'eroe. Sì, l'aveva già detto...

 

E gli eroi, alla fine, riescono ad avere sempre tutto... Soprattutto la bella principessa.

 

- Kev... - La voce di Nick, che aveva assistito a tutta la scena, lo riportò alla realtà. Scrollò le spalle, voltandosi verso il fratello che lo guardava con aria preoccupata. - Posso... farti una domanda? - Chiese, con tono incerto, scostandosi un riccio ribelle dagli occhi. Kevin sorrise, voltandosi nella sua direzione.

 

- Vuoi sapere se sono innamorato di lei? - Si stiracchiò, stendendo le braccia sopra la testa. Si guardarono in silenzio  per qualche secondo, prima che Kevin rispondesse alla sua stessa domanda. - La risposta è sì. Purtroppo, sì. -

 

Nick lo fissò, sgranando gli occhi. Tombola.

 

- Non fare quella faccia. Non ho la minima intenzione di dirglielo... - Continuò, mentre il suo sorriso si tingeva di amarezza.

 

- E questo perchè, scusa? - Rispose il minore, scordandosi momentaneamente di Joe e del fatto che anche lui fosse lì lì per ammettere a sè stesso di provare qualcosa per Coco.

 

- Perchè non voglio condizionarla. Non farò nulla, prima che sia stata lei a scegliere. - Un tuono risuonò in lontananza, riempiendo quell'attimo di contrito silenzio. Poi Nick scattò in piedi, quasi fosse stato caricato a molla.

 

- Scegliere? - Sentì distintamente una goccia di acqua gelata scivolargli dai capelli, lungo il collo.

 

- Non che mi aspetti di poter avere qualche possibilità... - Sollevò entrambe le mani, scuotendole in segno di resa. - In queste cose, tanto per cambiare, l'ha sempre vinta Joe. - Nick lo fissò per l'ennesima volta, indeciso se essere più scioccato dal fatto che Kevin si era reso conto della situazione del fratello, perfino prima dello stesso Joe, o da quello che aveva appena ammesso. Non immaginava potesse sentirsi così.

 

- Come fai ad essere così sicuro che Gabrielle sceglierà Joe? - Mosse un passo verso di lui, senza smettere di guardarlo negli occhi.

 

- Non so nemmeno se sceglierà. - Soffiò, lasciandosi andare contro la spalliera della sedia. - In realtà, potrebbe benissimo lasciarci perdere entrambi... - Inarcò la schiena, gettando la testa all'indietro. Prese un paio di respiri profondi, prima di rimettersi dritto, con un leggero scatto. - Ma, se dovesse volere uno di noi... credimi, Nick, quello sarebbe Joe. -

 

- Ma perchè? - Sbottò lui, appoggiandosi stancamente al ripiano della specchiera.

 

- Perchè sì. Perchè, pensaci, lui è quello bello. Quello che sta in prima linea, cantando le dolci parole d'amore che fanno battere il cuore a milioni di ragazze in tutto il mondo. Io, invece, sono solo quello che sta dietro... E la voce della mia chitarra si perde insieme a mille altre tutte uguali. - Strinse i braccioli foderati, facendone scricchiolare la pelle consumata. - Siamo già 100 a 0 in partenza. - Poi abbassò lo sguardo, fissando il terreno ghiaioso.

 

Nick lo guardava, incapace di proferire parola. Lui non aveva mai provato quello schiacciante senso di inferiorità nei confronti del fratello... ma, in effetti, la sua situazione era diversa. Giocava con Joe a quasi parità di carte.

 

Solamente gli era difficile, anche alla luce della stima che aveva sempre avuto per lui, concepire come Kevin potesse ritenersi così da meno.

 

- Kevin... - Tentò, ma il suo intervento venne bloccato sul nascere.

 

- Ehi, tranquillo. Non c'è problema. - Sorrise, cercando di sembrare sereno. - Per quanto mi riguarda, non cambierà poi molto, in ogni caso. Coco non immagina minimamente... nulla, di tutto ciò. E non credo potrà mai, visto che io per primo non glielo dirò.  -

 

- Sì, ma... - Kevin lo fermò di nuovo e, per quanto irritato, lui dovette azzittirsi.

 

- Va bene così. Solo, magari, non dirlo a Joe... - Aggiunse, continuando a guardare per terra. - Se non altro, perchè non ho voglia di discuterne o di litigare con lui. E' un problema mio. -

 

Davanti alla sua ferrea determinazione, Nick non potè fare altro che annuire, anche se non avrebbe voluto lasciar cadere la conversazione in quel modo. Gli passò in fianco per tornare a sedersi, soffermandosi appena per poggiargli una mano sulla spalla.

 

- Non... sottovalutarti troppo. - Disse solamente, prima di lasciarsi cadere sulla sedia vuota. Chiedendosi  tacitamente come diavolo era possibile che si fosse cacciato in una situazione così spinosa nell'arco di una sola giornata.

 

Custode involontario di due identici segreti.

 

Kevin sorrise appena, mentre la pioggia riprendeva a  cadere, ticchettando ritmicamente sul telo che era stato teso sopra le loro teste.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6° ***


Ed ecco il nuovo capitolo

Ed ecco il nuovo capitolo... Forse leggermente più breve del solito, ma decisamente intenso!x3 No, no, non voglio anticiparvi nulla! Questo aggiornamento voglio che ve lo gustiate proprio. Quindi vi occupo proprio giusto il tempo dei ringraziamenti e non oltre:

 

Tempe: cara la mia socia!x3 Ottimo ritratto psicologico del capitolo precedente, ci hai preso in pieno. Ma adesso? Che mi dici dopo aver letto questo capitolo? Nuove strade si aprono all'orizzonte e chissà... Non è mica finita, ne devono succedere ancora!x3 Sì, sono il male, lo so. Però, per lo meno, ora hai qualche risposta sui miei criptici accenni ed sms. Mi aspetto un'altra mega-recensione. Mi raccomando, eh!X3

 

beautiful_disaster: ebbene sì, frequento proprio il "poli" in quel della bovisa, mi hai scoperta!=P Oddio, adesso ti influenzo anche i sogni?XD D'altronde, chi non vorrebbe essere Coco? Con due pretendenti così... <3 Ed ecco che, oltretutto, in questo capitolo le cose si ingarbugliano ulteriormente e di sicuro non si fanno più chiare sul fronte della scelta... Dovrete aspettare per ottenere le vostre risposte, affezionate lettrici mie!^^

 

Jollina: mia cara, ce ne vorrà di tempo perchè Coco si decida a svelare cosa pensa dei suoi due pretendenti! Ma non temere, scommetto che lo scombussolamento provocato da questo capitolo catalizzerà a sufficienza la tua attenzione e quella delle altre, avrete di che riflettere e commentare, garantisco!XP

 

Aya: I sogni sono il motore della vita. Non si può e non si deve mai farne a meno.x3 Kevin lo adoro anche io, però mi tocca di doverlo martoriare un po' per il buon andamento della fic. E vedrai che anche in questo capitolo (e nei prossimi) dovrò un po' infierire su di lui... Ma, chissà, magari in futuro arriveranno tempi migliori.   

 

fefy88: oh sì, urlo eccome. Non è bello a dirsi, ma è così.=P Per chi propende Coco? Eeeeh... intanto cominciamo a vedere come si muovono i nostri Jonas!

 

Sbrodolina: non sia mai che io lasci sterminare una mia fedele lettrice, perciò eccoti l'aggiornamento!x3 Leggi, leggi...

 

Ecco, è tutto. Sempre grazie anche a chi mi tiene tra i preferiti... E voi fantasmini che leggete solo, fate un'opera buona e lasciatemi un commento ogni tanto!x3  

  

 

 

 

- Capitolo 6° -

 

 

 

{ Chiudi gli occhi e cadi dentro a un guaio...
Baci che si rubano e la pioggia su di noi.
}
Baci Che Si Rubano - Laura Pausini

 

 

 

 

Altri venti giorni scivolarono via in fretta, trasformando l'uno in due. Due mesi dal loro arrivo... Coco si chiedeva sempre cosa la spingesse a tenere quel suo personale conto mentale.

Forse era perchè si sentiva come se il giorno in cui Kevin, Joe e Nick avevano messo piede nel suo appartamento, avesse segnato l'inizio di qualcosa.

 

Qualcosa come la nascita di una nuova Gabrielle? Forse... O forse, semplicemente, di un cambiamento importante.

 

Esattamente come quello che avrebbe dovuto avvenire quel giorno. Pioveva. Era una fredda mattina di inizio novembre e pioveva... Era come se Parigi avesse deciso che ogni punto di svolta delle loro vite, ogni momento importante, dovesse essere incorniciato dalle lacrime del cielo.

 

Gabrielle lasciò cadere con un sospiro i fogli del calendario, prima di tornare al suo posto, dietro il bancone. In tre ore e mezza erano entrate nel negozio solamente due clienti. Con quel tempo nessuno dotato di sufficiente buon senso sarebbe uscito di casa per qualcosa di meno impellente del lavoro... Figurarsi per fare shopping.

 

- Coco, mon trèsor, aiutami a portare questi scatoloni sul retro. - Tubò madame Delalounì, sistemando gli ultimi due maglioni di cachemire in vetrina. Non era una cattiva persona, ma quel suo fare così tremendamente snob la rendeva un po' indigesta. Le sorrise, cominciando ad armeggiare con i contenitori vuoti.

 

Magari, mostrandosi servizievole e ben disposta, avrebbe strappato il permesso di uscire qualche minuto in anticipo.

I ragazzi erano andati in sala di registrazione per la messa a punto di alcune tracce audio del documentario e, eccezionalmente, avrebbero potuto tornare a casa già per pranzo... E lei ci teneva ad arrivare in tempo per preparare. Per sicurezza, fece altre due volte il giro dal magazzino al negozio, prima di provare ad accennare la sua richiesta.

 

- Ehm... Madame? - Cominciò, timidamente. La donna si voltò nella sua direzione, aggiustandosi gli occhialetti sul naso.

 

- Si, cara? - Se c'era una cosa che Sonia Delaounì non sopportava, erano le persone che non rispettavano il loro dovere. Coco respirò profondamente, cercando nella sua mente di strutturare la domanda nel modo giusto.

 

- Mi chiedevo, visto che oggi sembra essere una giornata relativamente tranquilla e che... - Si interruppe, cercando di capire perchè Sonia stesse già annuendo, con un sorrisino sghembo sulle labbra laccate.

 

- Certo, certo... - Riprese, lanciando un'occhiata rassegnata oltre la porta dell'atelièr, alle spalle della ragazza. Gabrielle la imito e, con suo gran disappunto, vide una sagoma familiare al di là del vetro rigato d'acqua.

 

Nascosto dietro due enormi lenti scure e sotto un anonimo cappello di lana blu, Joe Jonas stava facendo cenni di saluto ad un uomo alla guida di un'auto nera. Poi l'auto ripartì rombando e lui si girò nella loro direzione.

 

- Bonjour. - Salutò cortesemente, mentre il campanello sopra la porta, ora aperta, trillava allegramente. - Ciao, Coco. - Continuò poi, avvicinandosi a lei, che lo fissava ad occhi sgranati.

 

- Ti ha dato di volta il cervello? - Sibilò, appena Joe fu abbastanza vicino per captare i suoi sussurri. - Cosa ci fai qui? - Si era momentaneamente dimenticata dell'esistenza di madame Delaounì, che li interruppe, chiedendo attenzione con un leggero colpo di tosse.

 

- Credo di aver intuito dove volevi arrivare, gioia. - Il tono querulo fece letteralmente rabbrividire Coco, che riportò lentamente la sua attenzione sulla donna, senza lasciar andare il braccio di Joe che aveva arpionato. - Per questa volta, visto che il tuo fidanzatino è stato così galante da venirti a prendere, ti lascerò andare via prima. -

 

- Lui non è... - Tentò di ribattere, ma non le fu permesso di infiltrarsi nel discorso.

 

- Ma che rimanga un'eccezione e non divenga la regola, d'accordo? - Detto questo, raddrizzò per l'ennesima volta la montatura viola e poi sparì nel retro del negozio, senza lasciare a Gabrielle la minima possibilità di ribattere... o esprimere riconoscenza.

 

Sospirò rassegnata, mentre Joe le sorrideva soddisfatto.

 

- Togliti quell'espressione ebete dalla faccia, Jonas. - Lo rimbeccò, mentre scriveva due parole di ringraziamento su un post-it giallo e lo attaccava in bella mostra sul registratore di cassa. - Mi hai fatto fare una figura del cavolo, te ne rendi conto? - Lui non rispose, si limitò a sfilare giacca e sciarpa dall'attaccapanni all'ingresso, prima di porgerglieli.

 

- In ogni caso aveva ragione, sono venuto a prenderti... Andiamo? - Ridacchiò, facendole alzare gli occhi al cielo. Uscirono dal negozio, fermandosi fianco a fianco sullo zerbino.

 

- Ce l'hai un ombrello? - Si guardarono con la medesima espressione colpevole, prima che il rombo di un tuono parecchio potente facesse alzare ad entrambi gli occhi verso il cielo. L'acqua prese a scrosciare con sempre maggiore impeto, picchiettando insistentemente sul pergolato sopra le loro teste... Joe si sfilò gli ingombranti occhiali da sole e li ripose in una tasca, prima di afferrarle la mano.

 

- La fermata è quella, vero? - Chiese, indicando la struttura di ferro battuto verde che si ergeva in lontananza, dall'altro lato del doppio viale alberato. Gabrielle annuì debolmente, continuando ad osservare la pioggia con crescente apprensione. - Ok, sei pronta? - La attirò un po' più vicina e, prima che lei potesse rispondergli, con uno scatto saltò sul marciapiede e cominciò a correre sotto l'acqua battente, trascinandosela dietro.

 

- JOE!!! - Urlò lei, mentre gli schizzi gelati prendevano ad innaffiarle il viso. Di nuovo, lui non rispose. Aumentò il passo, costringendola a serrare la presa sulla sua mano calda, già resa scivolosa dalla pioggia. Continuarono a correre a  scavezzacollo, fino a che non raggiunsero la pensilina del metrò. Lì scesero in fretta la prima rampa di scale e si accasciarono ridendo come due cretini contro il primo muro al coperto che trovarono. Coco sentiva male allo stomaco, da tanto intenso era il miscuglio di sensazioni tra le risate chiassose che le scuotevano le spalle e il fiato corto per lo sforzo fatto.

 

Anche Joe era senza fiato. Pur avendo il capo chino e gli occhi chiusi, lo sentiva respirare affannosamente, tra una risata e l'altra, accanto a lei.

 

- Tu sei... Sei matto! - Disse, quando finalmente fu in grado di articolare nuovamente una frase, aprendo gli occhi per guardarlo.

 

- Pensa se ci fossero stati anche Kevin e Nick... - Soffiò, con la voce che ancora leggermente gli tremava.

 

- Dove sono i ragazzi, a proposito? - Domandò, mentre con incredibile naturalezza si avvicinava ed allungava una mano per sistemargli il cappello. Joe si bloccò, sgranando impercettibilmente gli occhi. Per un secondo l'unica cosa che riuscì a percepire fu l'inconfondibile profumo dello shampoo di Coco...

 

Prima che il metrò arrivasse e lei scivolasse via per correre verso il binario.

 

- Sono tornati direttamente a casa, perchè Nick aveva bisogno l'insulina e Kevin si rifiuta di lasciarlo solo, quando deve prenderla. - Spiegò, seguendola oltre l'ultima porta.

 

Il vagone era stipato di gente ed era tutto piuttosto umido, a causa della condensa che la pioggia aveva formato, evaporando dai vestiti dei passeggieri. Erano entrambi in piedi. Gabrielle appoggiata ad uno dei tubi di ferro accanto alla fila di sedili e Joe, di fronte a lei, che si reggeva in equilibrio solo sulle sue gambe... Cercava di tenere il più possibile lo sguardo basso, per evitare di attirare l'attenzione. Non c'era come comportarsi con estrema naturalezza, per sviare ogni curiosità.

 

Anche così, senza enormi occhiali da sole, solo con quel normalissimo cappello blu, Joe Jonas poteva tranquillamente apparire come un ragazzo qualunque. Ad esempio, di tutte le persone stipate su quel metrò, nessuna sembrava prestargli attenzione... Non più di quella che avrebbe riservato ad un comune diciottenne.

 

Sorrise fra sè e sè, assaporando l'insolito, delizioso gusto della normalità.

 

E passò il resto del viaggio ad osservare Gabrielle che, in silenzio, lasciava correre lo sguardo sulla gente che mano a mano scendeva o saliva...

Studiò perfino la posizione delle sue mani pallide... e delle braccia, troppo minute per arrivare ad afferrare gli appigli che correvano sopra le loro teste. C'era anche una ciocca di capelli umidi...

 

Un riccio scuro, sfuggito da quelli che erano sapientemente incastrati dietro l'orecchio, dondolava lentamente al ritmo dei leggeri scossoni che spingevano il treno lungo i binari.

 

Aveva appena cominciato a pensare di allungare la mano per sistemarglielo, che il metrò si fermò e la porta accanto a loro si aprì con un sibilo. Coco alzò lo sguardo e sorrise quando intercettò il suo, prima di sollevarsi.

 

- Siamo arrivati. - Disse, richiudendosi la zip della giacca. - Ma da qui a casa sono dieci minuti buoni a piedi... -

 

- Scommetto che, correndo, ce ne vogliono la metà. - Sogghignò lui, cominciando a salire le scale che li avrebbero portati in superficie. Senza dire nulla, Gabrielle allungò la mano, intrecciando saldamente le dita con le sue per evitare che le scivolasse la presa.

 

Appena misero piede sull'ultimo gradino e le prime gocce di pioggia cominciarono a posarsi su di loro, scattarono all'unisono. I loro piedi calpestavano l'asfalto fradicio, schizzando l'acqua delle pozzanghere un po' ovunque, ma, nonostante fossero zuppi già fino alle ginocchia, non smisero di ridere un attimo.

 

All'ultimo angolo prima della via giusta, un furgoncino li superò a tutta velocità, sollevando dalla strada un autentico muro d'acqua che si riversò quasi completamente su di loro. Degno coronamento di tanta giornata.

 

Ma mancava la cosiddetta ciliegina sulla torta...

 

Si scaraventarono nell'atrio del palazzo e si infilarono in ascensore, slittando sul pavimento liscio, poi raggiunsero l'interno della cabina con un po' troppo impeto.

Impeto che venne frenato soltanto dalla presenza delle pareti circostanti e della sottile sbarra d'ottone che vi correva tutto intorno.

 

Tra una risata e l'altra, uno dei due riuscì a schiacciare il pulsante dell'ultimo piano e le porte si richiusero velocemente.

 

Mentre l'ascensore cominciava la sua salita con uno scatto deciso, Joe aprì gli occhi ed alzò leggermente la testa nel tentativo di riprendere fiato...

 

Inefficace tentativo. Perchè il respiro gli morì immediatamente in gola...

 

Coco era letteralmente schiacciata tra il suo corpo ed il muro. Le mani di lei aggrappate alla sbarra per sostenersi, quelle di lui, una appoggiata alla parete e l'altra che stringeva il cappello fradicio appena sfilato.

 

Joe rimase immobile, incapace di distogliere lo sguardo dal suo viso... I ciuffi di capelli bagnati le si arricciavano sulla fronte, lasciando scivolare le gocce d'acqua che avevano catturato lungo l'arco morbido del naso e delle guance nivee.

 

Seguì con gli occhi il loro percorso. Giù fino alle labbra sottili, appena incurvate in un sorriso.

Arrivato a quel punto, Joe si ritrovò ipnotizzato e completamente incapace di resistere...

 

Si chinò impercettibilmente in avanti e premette la bocca su quella di lei, totalmente indisturbato nella loro completa solitudine.

 

Niente suoni o movimenti che potessero interromperli. Solo il ticchettio irregolare delle gocce che cadevano sul pavimento.

 

Gabrielle, per cui tutto era avvenuto in poco più di un battito di ciglia, sgranò gli occhi al contatto con le labbra fredde e umide di lui. Rimase immobile, completamente impreparata, congelata in quella posizione, fino a quando Joe non si allontanò.

 

Nel momento stesso in cui i loro sguardi si incrociarono, le porte dell'ascensore si spalancarono di scatto. Gabrielle aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non riuscì ad emettere alcun suono...

Chinò la testa e sgusciando fuori da quell'insolito abbraccio, schizzò sul pianerottolo.

 

- Coco... ASPETTA! - Urlò Joe, quando riuscì a riacquisire il controllo della voce e del suo corpo, ancora inchiodato alla parete della cabina.      

 

Saltò fuori dall'ascensore, ma lei già era sparita. Vide giusto la porta dell'appartamento richiudersi violentemente.

 

 

***

 

 

Appena sentì lo schianto della porta, Kevin si alzò dal divano con l'intenzione di accogliere Gabrielle.

 

- Ehi. - Cominciò, quando vide apparire la familiare sagoma nell'ingresso. Lei non lo degnò della minima attenzione, non si fermò nemmeno per salutarlo. - Cos'è successo? - Continuò allora, rabbuiandosi improvvisamente.

 

Di nuovo nessuna risposta. Coco continuò a correre attraverso la stanza, schivò per un pelo Nick, che era appena uscito dalla cucina ed imboccò il corridoio. Lui fece giusto in tempo a muovere un passo, prima di sentire un altro schianto e poi il familiare scatto dei giri di una serratura.

 

- Si è chiusa in bagno? - Domandò il fratello minore, visibilmente spaesato. Lui e Kevin si scambiarono un'occhiata interrogativa, prima che quest'ultimo scuotesse il capo in segno di resa.

 

Poi l'ennesimo botto e Joe entrò nella stanza a passo di carica.

 

- COCO! - Chiamò, senza ottenere alcuna risposta. - Io... Lei... dov'è? - Continuò, rivolto ai fratelli e senza preoccuparsi di dare una spiegazione.

 

- Si può sapere che cos'è successo? - Ritentò Kevin, questa volta un po' più bruscamente. Joe lo ignorò deliberatamente.

 

- Dov'è? E' di là? - Continuò imperterrito, sollevando un braccio in direzione del corridoio. Quando Nick accennò un sì, fece per andarsene, ma venne letteralmente placcato dal fratello maggiore che gli si piazzò davanti.

 

- Joe. Che. Cosa. E'. Successo? - Scandì, fissandolo dritto negli occhi.

 

- Niente che ti riguardi, Kevin. Spostati. - Rispose seccamente, spintonandolo per farsi largo. Lui contraccambiò, ricacciandolo con decisione verso il soggiorno.

 

- Non prima che tu mi abbia dato una spiegazione. - Si appoggiò con una spalla allo stipite ed incrociò le braccia, senza smettere di fissarlo. Cosa che contribuì ad innervosire ulteriormente Joe, già incredibilmente teso.

 

- Ho detto che non ti riguarda, sei sordo per caso?! - Detto questo gli si buttò addosso di peso e lo scavalcò. - COCO! - Chiamò di nuovo, quando riuscì finalmente a guadagnare il corridoio. - COCO, DOVE SEI?! -

 

Il suo tono si andava tingendo di crescente dolore e frustrazione.

Si guardò attorno con aria spaesata, prima di avvertire un flebile singhiozzo provenire dall' interno del bagno. Raggiunse la porta a grandi falcate ed agguantò la maniglia, nella più che vana speranza di trovarla aperta.

 

- Coco, ti prego, fammi entrare! - Implorò, scuotendola inutilmente. Il meccanismo scattava a vuoto e la porta rimaneva spietatamente chiusa. - Coco... - Ripetè, con voce spezzata, appoggiando la fronte contro il legno freddo. Dall'interno non giunse alcuna risposta...

 

Solo, quello che prima era appena un flebile gemito, sfociò in un pianto senza freni.

 

Improvvisamente Kevin, che l'aveva raggiunto, agguantò il braccio di Joe e lo costrinse a girarsi.

Era già profondamente irritato a causa del suo atteggiamento evasivo ed arrogante, ma, quando si accorse di come Coco stava piangendo disperatamente oltre la parete, scagliò al fratello un'occhiata decisamente infuriata.

 

- Sei stato tu? - Sibilò, con un tono che perfino lui stesso si era sentito usare raramente. - Ce cosa le hai fatto, Joe?! - Serrò la stretta sul suo polso, tenendolo fermo.

 

- NON SONO AFFARI TUOI!!! - Sbottò quello, divincolandosi con un gesto stizzito. Si guardarono in cagnesco per qualche attimo, prima che Kevin gli rispondesse, rinunciando incredibilmente a smorzare i toni.

 

- VOGLIO SAPERE CHE COSA LE HAI FATTO, DANNAZIONE! - Urlò, spingendolo per l'ennesima volta contro il muro alle sue spalle. Joe e Nick ammutolirono, guardando il fratello con aria profondamente scioccata.

 

Non era da Kevin, il dolce, sensibile Kevin, perdere il controllo a quel modo.

 

- Sentite... - Si intromise il più piccolo, appena ritrovò la forza di parlare. - Non penso che sentirvi urlare l'uno con l'altro aiuterà Coco a calmarsi. - Si spostò di lato, lasciando libero il passaggio verso il soggiorno. - Spostiamoci di là, perfavore. -

 

I due fratelli annuirono flebilmente e senza guardarsi, si incamminarono simultaneamente verso l'altra stanza. Joe lanciò un'ultima, disperata occhiata alla porta chiusa, prima di voltarsi. In realtà, fosse stato per lui, sarebbe rimasto lì fermo a supplicare, fino a che Gabrielle non fosse uscita.

 

Kevin tornò alla carica, appena si furono seduti sul divano. Lui, seduto, per modo di dire...

Perchè saltò immediatamente in piedi, rivolgendogli l'ennesimo sguardo furente.

 

- Avanti. Cosa le hai fatto? - Ripetè. Joe abbassò lo sguardo, passandosi nervosamente le mani fra i capelli ancora fradici. Poi sospirò, rivolgendosi mentalmente una lunga, colorita sequela di insulti.

 

- L'ho baciata. -

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Capitolo 8
*** Capitolo 7° ***


Vi ho sconvolte, ammettetelo

Vi ho sconvolte, ammettetelo!x3 Sapevo che non ve lo sareste mai aspettato, ma, ricordatevelo, io sono il male e posso tutto!XD Altro capitolo della lunghezza più o meno del precedente. So che siete abituate a dosi più "corpose", ma con tutto quello che sta succedendo, non voglio correre il rischio di strafare. Come si dice: il troppo stroppia!x3

 

Quindi ora vado ai ringraziamenti e poi via con il capitolo!=)

 

Tempe: ecco, ecco, ho aggiornato abbastanza in fretta? x3 Non uccidermi, ti prego, almeno in nome dell'affetto che provi per me. Kev... eeeh, l'uomo della mia vita sta per tirare fuori una parte molto nascosta di lui. Voglio riuscire a fargli compiere una sorta di trasformazione... Voglio farlo uscire dal solito personaggio per poi farcelo rientrare, con qualcosina in più!x3 Vedrai, vedrai...

 

agatha: wow, ben 2 recensioni.** Ora puoi smettere di scervellarti, almeno in parte. Qualche risposta qui cominciamo ad averla. Soprattutto sulla reazione di Coco... scommetto che tu e le altre non vi aspettavate una cosa del genere, eh? *risata malvagia* Comunque mi fa sempre un piacere immenso, sapere quanto riesco a coinvolgervi con la magia delle parole.<3

 

beautiful_disaster: mail letta e "risposta"!XD Credo-credo che questo capitolo possa darti alcune delle risposte alle elucubrazioni folli che ti hanno tenuta impegnata... Di certo qualcosa è cambiato e qualcos'altro è desinato a cambiare in futuro... Chi vivrà (e leggerà), vedrà!x3

 

fefy88: volevi conoscere la reazione di Kev? Eccoti accontentata... Non ti spaventare troppo, però. Non voglio perdere una delle mie fedelissime!x3

 

jollina: ecco, ho aggiornato più in fretta che potevo!XD Joe è un testone, che vogliamo fare... Nick ci ha provato ad avvertirlo... E Coco? Leggi e saprai!x3

 

sbrodolina: non mi dire così che mi preoccupo! Ecco l'aggiornamento, ora puoi dormire un po' più tranquilla!XD Forse...

 

aya_chan: Kevin è l'uomo della mia vita, non potrei mai torturarlo più del dovuto (forse...)!x3 Quindi non preoccuparti e goditi l'aggiornamento, sperando non ti venga un infarto con tutti quei salti e capriole di cuore!x3 (Abbiamo una certa età, noi fan attempate, certi sforzi possono esserci fatali!XD)

 

Razu_91: ** Non sai quanto mi fa piacere il tuo commento. Mi fa sempre felice l'arrivo di nuove lettrici e soprattutto che hai deciso di "perdere" un pochino di tempo per recensirmi.=) Coco è una specie di diminutivo di Gabrielle, un soprannome diciamo. Come avevo spiegato nell'introduzione alla storia è un omaggio alla mitica Gabrielle"Coco" Chanel!x3

 

Siete meravigliose, tutte, dalla prima all'ultima, per come mi avete accolto in questo fandom... Non credevo che questa fic avrebbe avuto tanto successo.x3

 

Grazie davvero!=3

 

 

 

 

- Capitolo 7° -

 

 

 

{ It's a good advice that you just didn't take...
And who would've thought, it figures.
}
Ironic - Alannise Morisette

 

 

 

 

Coco si portò entrambe le mani alle orecchie, cercando di attutire il rumore delle urla che provenivano dal corridoio. Le lacrime scendevano impietose lungo le sue guance già bagnate di pioggia, offuscandole la vista...

 

Joe l'aveva baciata. Baciata...

 

Se poi si poteva definire un bacio quello... Lei non credeva di saperlo. Era stato semplicemente uno sfiorarsi di labbra.

 

Ma le aveva letteralmente bloccato il cuore.

 

Si sentiva una stupida, all'età che aveva, a reagire in quel modo. Per qualunque sua coetanea, sarebbe stata una cosa magari non normale, ma quasi. Invece per Gabrielle era la prima volta. La prima esperienza.

 

Il primo bacio. Quello che, nei classici film americani, le protagoniste ricevono a sedici anni dal loro principe azzurro.

 

Non a ventidue, da un amico di quattro più piccolo...

 

Il suo primissimo bacio.

 

Si mordicchiò il labbro, soffocando un singhiozzo.

 

Perchè era dovuto succedere così? Proprio a lei, poi, così maledettamente inesperta! Lei che non era mai stata con nessuno e non aveva nemmeno idea di come si facesse, a... a fare tutto quel genere di cose.

E Joe? Come l'aveva presa Joe, cosa poteva aver pensato?

 

Si domandò con che coraggio avrebbe potuto guardarlo di nuovo negli occhi, dopo essere scappata così.

 

Ma, soprattutto, in che modo poteva cercare di fargli capire il perchè di quella reazione inconsulta... L'aveva sentita singhiozzare come una bambina, per un semplice bacio. Che razza di idea poteva essersi fatto?

 

{Mi crederà una pazza... O una sfigata di prim'ordine...}

 

Venne colta dall'ennesimo moto di disperazione... Sentì una morsa allo stomaco, tanto dolorosa che quasi le tolse il respiro. Non riusciva a smettere di piangere, nonostante cominciassero a bruciarle gli occhi...

 

La sola cosa che riuscì a pensare di fare, tra un attacco di panico e l'altro, fu di chiamare lei.

 

Frugò nella borsa fradicia, che aveva ancora a tracolla, cercando  a tastoni la familiare sagoma tondeggiante del suo cellulare. Compose il numero, con le mani che tremavano come due fuscelli ed ascoltò gli squilli a vuoto, con un nodo in gola...

 

- Pronto? -

 

Appena sentì la voce di Monique, si lasciò sfuggire un violento singhiozzo. La sorella cominciò immediatamente ad agitarsi, all'altro capo del cavo.

 

- Coco, sei tu? Che cosa succede? -

 

- Monmon... - La voce le uscì in un sussurro quasi impercettibile, rotta dal pianto.

 

- Mio dio, Coco, che cos'hai? -

 

- Ti prego, Monmon, vieni qui... - Ormai piangeva senza controllo. Si lasciò scivolare a terra, strusciando la schiena contro il muro. La stoffa bagnata dei pantaloni era fredda e ruvida contro la pelle... Ma lei non se ne accorse nemmeno. Continuò a guardare davanti a sè, senza vedere davvero qualcosa.

 

I contorni degli oggetti le apparivano ancora totalmente distorti e sfocati, tra una lacrima e l'altra.

 

- Coco... Coco, ascoltami, dimmi dove sei. Sei a casa? -

 

- Ho bisogno di te, ti prego, Monique! - Quasi urlò, stringendo convulsamente l'incolpevole telefonino. Non era nemmeno disposta ad ascoltare, sapeva solo di volere la presenza rassicurante di sua sorella, lì, subito.

 

Monique sperò che valesse la comune regola del "chi tace acconsente" e che quello fosse un sì.

Sarebbe stata all'appartamento in un quarto d'ora. Correndo, dieci minuti...

 

- D'accordo. Arrivo, ma tu calmati... ok? -

 

- Fai presto... - Riuscì solo a sussurrare, prima di chiudere il cellulare. Lo lasciò cadere a terra e serrò gli occhi, stringendosi le ginocchia al petto.

 

Pregò solamente che sua sorella arrivasse il prima possibile... e che l'aiutasse a risvegliarsi da quell'incubo.

 

 

***

 

 

L'ho baciata.

 

Kevin sbiancò, facendosi forza per rimanere in equilibrio sui due piedi.

Joe abbassò lo sguardo sul pavimento, sentendosi schifosamente colpevole, mentre Nick gli lanciava un'occhiata fulminante.

 

- Tu... hai fatto cosa? - Soffiò il maggiore, stringendo i pugni tanto che le sue nocche impallidirono vistosamente.

 

- Sono un emerito idiota, va bene?! - Sbottò Joe, fissandolo con astio. Era già abbastanza incazzato con sè stesso, senza bisogno di accusatori supplementari.

 

- Questo è poco, ma sicuro. - Ringhiò di rimando Kevin. - Non c'è nemmeno da chiedersi se lei lo volesse, perchè la risposta mi pare evidente... - Mosse un passo in direzione del fratello, ma poi parve ripensarci e tornò indietro. - Come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere!? - Joe esitò, torcendosi le mani. Cadde un silenzio tesissimo, mentre gli altri due aspettavano una risposta. Nick non parlava, si limitava a fissarlo con l'espressione più scura che gli fosse mai passata sul viso. - COME, JOE?!? - Lo richiamò Kevin, vinto dall'impazienza.

 

Scattò immediatamente, come una corda di violino tirata al limite, nel momento in cui si spezza.

 

- NON ESISTE UN COME O UN PERCHE' PER CERTE COSE! - Esplose, lanciando con violenza un cuscino attraverso la stanza. Sollevò lo sguardo, piantandolo con sprezzo in faccia al maggiore. - E' successo, dannazione... E' successo e basta. - L'espressione quasi schifata di Kevin era dura da digerire... Lo faceva letteralmente infuriare.

 

E lo feriva. Perchè sapeva di meritarla appieno.

 

Si era comportato da totale imbecille. Aveva agito egoisticamente, ignorando qualunque possibile conseguenza. Eppure Nick gliel'aveva anche detto... Riflettere, dio mio, riflettere prima di fare qualunque cosa!

 

Non era difficile. Ma lui no! Lui doveva riuscire a dimostrare la sua totale superficialità ancora una volta.

E ci era riuscito benissimo.

 

{Complimenti, Joe Jonas, complimenti vivissimi.}

 

- Ormai è quasi un mese che mi trascino dietro questo dubbio insolvibile... Ora ho la risposta. - Continuò, sorridendo amaramente. Poi si voltò di scatto verso il fratello minore, che era ancora seduto al suo posto, con le mani serrate ai braccioli della poltrona. - Volevi sapere se sono innamorato di Coco?! EBBENE SI'. - Sbottò, allargando le braccia con fare teatrale. - Lo sono, Nick. Cosi maledettamente che, appena mi si è avvicinata oltre il limite consentibile, non sono riuscito a fermarmi. - Si inumidì le labbra, cercando di non pensare al brivido che aveva sentito nel momento in cui le aveva poggiate su quelle di Gabrielle.

 

Si rimproverò di poter anche solo pensare una cosa del genere, ma l'avrebbe rifatto volentieri...

Per ben più che una volta sola.

 

- Sei veramente un egoista, lo sai? - Kevin era ancora in piedi, fermo nel medesimo punto e con il medesimo sguardo di biasimo. - Non ti è passato nemmeno per un attimo, nell'anticamera del cervello, che lei potesse non prenderla bene come te, vero? - Joe incrociò le braccia, affondando la schiena nel cuscino.

 

- Tu non capisci, non eri lì... Non te la sei trovata davanti, con quello sguardo, come è successo a me! - Sospirò, ripensando all'espressione di lei. Rivide quelle maledette gocce scivolare fino alla "zona proibita" e la sua bocca, piegata in un sorriso irresistibile. - Era... - Agitò le mani, cercando una parola adatta, ma si arrese quasi subito, limitandosi a sorridere tra sè e sè. - Avrei voluto vederti, al mio posto. -

 

- Sfortunatamente, invece, al tuo posto c'eri tu. - Sorrise Kevin ironico, infilandosi le mani in tasca. - Tu e i tuoi ormoni. - Quella era cattiva. Veramente cattiva. Joe sgranò gli occhi, chiedendosi se quello che aveva davanti era suo fratello maggiore o soltanto uno che gli somigliava molto.

 

Tipo un clone creato dagli alieni... una cosa così.

 

- Scusa? - Sillabò, desiderando ardentemente di aver capito male.

 

- Non sei riuscito a "trattenerti", no? - Ribattè tranquillo, come se quello potesse spiegare tutto.

 

- Ah... - Cominciò Joe, mentre un sorriso incredulo gli si allargava sulle labbra. - Aspetta, aspetta, aspetta... non sarai geloso? - Entrambi sentirono un minuscolo campanello d'allarme trillare in un angolo della mente.

 

- Non cercare di cambiare discorso. - Scattò Kevin, sulla difensiva.

 

Un po' troppo sulla difensiva.

 

- Non ci credo... - Joe era ancora senza fiato. Certo, aveva captato qualcosa. Ma non immaginava fosse solo la punta dell'iceberg.

 

- Non provare nemmeno a pensare di esprimerti, in proposito. - Gli rispose, in tono perentorio.

 

A quel punto, Nick, che era rimasto ad assistere in silenzio alla discussione, decise di intervenire. Memore della conversazione avuta con Kevin e consapevole del male che Joe, seppur involontariamente, poteva fargli... come se baciare Coco non fosse già stato abbastanza... bloccò il fratello, posandogli una mano sulla spalla.

 

- Dammi retta, non è il caso. - Sussurrò, guardandolo con espressione contrita.

 

Ci fu un fulmineo scambio di occhiate, dall'uno all'altro, prima che Joe si decidesse a "mollare il colpo" e Kevin riprendesse parola.

 

- Non sto parlando per me o di me... Sto parlando di Gabrielle. E del fatto che tu hai avuto rispetto zero per lei e per i suoi sentimenti. -

 

- Io... Non era quello che volevo! - Sbottò lui, punto sul vivo. Sapeva di averla ferita ed era una verità che bruciava.

 

Non sarebbe mai riuscito a perdonarselo.

 

- Tu, tu, tu. Smettila di pensare a te stesso. - Kevin girò lentamente intorno al tavolino che aveva davanti, fermandosi esattamente di fronte ai due fratelli. - Tu non volevi, tu non sei riuscito a trattenerti, tu l'hai baciata. Bene. Non sei riuscito ad anteporre quello che è meglio per lei a quello che era meglio per te in quel momento. Sempre tu. E tu, di nuovo, non sei stato capace di guardarla negli occhi... e tirarti indietro. -

 

Per la prima volta dall'inizio di quella conversazione, il tono di Kevin si tinse di una sfumatura malinconica.

 

- In effetti, tirarti indietro non è da te. - Continuò poi. - Non ti è mai riuscito molto bene, sei sempre stato quello al centro della scena... E' decisamente più facile buttarsi senza pensare e prendersi tutto ciò che si vuole, invece di fermarsi e decidere di rinunciare per il bene di qualcun'altro, no? - Nick che, al contrario di Joe, aveva tutti i mezzi necessari per capire anche i "non detti" nascosti fra quelle parole, osservò suo fratello Kevin abbassare lo sguardo con un gran peso all'altezza dello stomaco...

 

Capiva perfettamente quanto dovesse pesare a lui, che si era fatto tanta violenza nell'impedirsi di confessare a Coco ciò che provava... che aveva rinunciato a lei per non farla star male inutilmente, sapere che Joe l'aveva ferita a quel modo, senza nemmeno riflettere su ciò che stava facendo.

 

Fosse stato al posto del fratello, probabilmente sarebbe esploso in maniera molto più plateale... E avrebbe, come minimo, staccato la testa a quell'incosciente.

 

- Kev... - Gli si avvicinò, cercando di intercettare il suo sguardo. Ma lui era già scattato in direzione di Joe, che sembrava avere ancora qualcosa da dire.

 

- Mi dispiace... Non... non è nel mio carattere rinunciare. - Nick sgranò gli occhi. Ma quanto, dannazione, quanto poteva essere ottuso? Spostò lentamente l'attenzione su Kevin che, dopo una frase del genere, sarebbe stato giustificato fin quasi all'omicidio.

 

Lui non si mosse. Non sferrò il colpo che chiunque si sarebbe aspettato. Fissò semplicemente Joe, dritto negli occhi.

 

- Tu con me hai chiuso. - Sentenziò lapidario. Poi girò sui tacchi e si diresse a passo rapido verso la camera.

 

Nick, senza fiato, rimase imbambolato a fissare l'imboccatura del corridoio oltre la quale il fratello era sparito.

 

- Sei un cretino. - Sibilò all'altro rimasto nella stanza. - Te l'avevo anche detto... -

 

- STA' ZITTO. - Ululò Joe che, per quanto si odiava e odiava il resto del mondo in quel momento, tratteneva a stento le lacrime.

 

Lo sapeva fin troppo bene.

Aveva perso la fiducia di due delle persone più importanti della sua vita nel giro di un'ora... più cretino di così, si muore. In fondo, dentro di sè, sapeva perfettamente che Kevin aveva ragione.

Ma questo non gli impediva di non sentirsi del tutto dalla parte del torto... Perchè suo fratello non li aveva visti, quegli occhi. Non aveva sentito le gambe di Gabrielle premute contro le sue e tantomeno il suo profumo, così vicino ed intenso da mozzare il respiro...

 

Si lasciò cadere sdraiato sul divano, incurante degli abiti ancora bagnati, e tuffò la testa in un cuscino.

 

Non era una questione di ormoni, o di mero desiderio fisico...

 

La questione era solo lei. Coco.

 

La questione era che aveva fatto giusto in tempo a capire di essere innamorato, prima di giocarsi la sua unica possibilità.

 

 

 

Nick si guardò intorno con aria sconsolata, prima di sprofondare con un sospiro nella solita poltrona.

 

Joe e Kevin non si erano mai litigati nulla, nemmeno da bambini. Ma Gabrielle era una sola.

Non era una chitarra o un modello di occhiali...

Non avrebbero mai potuto averne "una per ciascuno".

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Capitolo 9
*** Capitolo 8° ***


E' stato sudato, è stato tanto atteso e tanto, tanto, tanto richiesto

E' stato sudato, è stato tanto atteso e tanto, tanto, tanto richiesto... Eccolo qui, l'aggiornamento di "Gabrielle".x3 

Sì sì, le ho scovate tutte le vostre richieste nascoste nei commenti di "Giorni Infiniti".

 

Questa volta non ho tempo di ringraziarvi ad una ad una, ma sappiate comunque che vi sono immensamente grata, non immaginate quanto, per l'assiduità e la passione con cui mi seguite, leggete e commentate questa fiction!x3 Non c'è incentivo migliore di questo per andare avanti a scrivere. Grazie a tutte, sul serio. Vi adoro, dalla prima all'ultima!=*

 

Grazie anche a chi mi tiene tra i preferiti, come fic e come autrice. Adoro anche voi!** E solito appello ai lettori"fantasmini", lasciatemi un commentino anche voi!x3

 

 

 

 

- Capitolo 8° -

 

 

{ The feeling that I'm losing her forever...
and without really entering her world.
I'm glad whenever I can share her laughter.
That funny, little girl...
}
Slipping Through My Fingers - Abba

 

 

 

 

Monique arrivò all'appartamento in un quarto d'ora. Spalancò la porta di ingresso che si richiuse alle sue spalle con un violento schianto, per l'ennesima volta quel giorno.

 

- Dov'è Gabrielle? - Chiese ad un Nick piuttosto sconcertato dalla sua apparizione.

 

Joe riemerse momentaneamente dalla sua personale seduta di autocommiserazione, per cercare di inquadrare la proprietaria dell'insolita voce squillante che si era insinuata nel silenzio circostante.

 

Monmon e i Jonas Brothers si erano incontrati un'unica volta, il giorno dell'arrivo di questi ultimi a Parigi. Si augurò che la riconoscessero e non tentassero di sbatterla fuori da quella che, a tutti gli effetti, era casa sua. Anche perchè non era decisamente la circostanza migliore per approfondire la reciproca conoscenza.

Sorrise alle due paia di occhi scuri che la fissavano, aspettando una risposta.

 

- Si è chiusa in bagno... - Accennò Nick, mentre il fratello ripiombava in stato di semi-coma.

 

- Dio... Grazie e scusatemi. - Sospirò, prima di correre verso il corridoio.

 

Arrivò fino alla porta chiusa e diede un paio di colpetti leggeri.

 

- Coco... Sono io. - La serratura scattò velocemente e lei si trovò davanti la sorella con gli occhi arrossati e gli abiti fradici. - Tesoro, che cosa hai combinato? -

 

- Monmon... - Singhiozzò, nascondendosi fra le sue braccia. La strinse, accarezzandole i capelli aggrovigliati in una massa umida.

 

- Calma, calma. - Le sfilò il cappotto fradicio, cercando di districarsi tra i manici della borsa e le mani che Coco teneva saldamente serrate intorno alle sue spalle. - Innanzitutto, devi metterti qualcosa di asciutto. - Detto questo la condusse fuori dal bagno, fino alla stanza in fianco a quella in cui dormivano i ragazzi.

 

Stanza la cui porta era sempre rimasta chiusa a chiave, dal momento che Monique era andata a stare da Geràrd... Ma, nemmeno prima di allora, Gabrielle aveva avuto l'occasione di entrarci molte altre volte. Quella era la camera di sua sorella, fin dai tempi in cui sua madre viveva ancora in quella casa...

E, forse proprio per il legame con la donna, Coco aveva sempre avvertito una sorta di tabù nei confronti di ciò che quella porta bianca nascondeva dietro di sè.

 

In fondo, lei era rientrata nella vita di Annabelle quasi come un'estranea...

 

Monmon frugò nella sua pochette di strass e ne estrasse una corta chiave brunita con un assurdo fiocco rosa in cima.

 

Gabrielle entrò nella stanza per prima e si sedette sul bordo del grosso baldacchino addossato alla parete.

Di diverso da ciò che ricordava di aver visto, l'ultima volta che aveva messo piede in quel "piccolo mondo", notò solo una foto di Lulù sopra il comodino e un orsacchiotto di pezza sul lato sinistro del letto.

 

- Mettiti questi. Dovrebbero andar bene... - Sospirò la sorella, lanciandole un vecchio paio di fuseaux neri e una felpa. - Non sono all'ultima moda, ma è tutto quello che offre il mio povero armadio. -

 

Coco si cambiò in silenzio, poi si risedette nello stesso punto in cui stava prima, non osando occupare più del minimo spazio necessario, e non proferì parola fino a che non fu Monique ad intavolare il discorso.

 

- Ora che non rischi più l'ipotermia, puoi raccontarmi che cosa ti è successo? - Si sistemò dietro di lei e prese a pettinarle con delicatezza i capelli umidi ancora annodati.

 

Mentre le abili mani di Monique scioglievano i ciuffi scuri, lei prese un respiro profondo e cominciò a raccontare, nel tentativo di districare anche i nodi che si sentiva dentro. Le parlò di Joe, della loro folle, meravigliosa corsa sotto la pioggia... E del bacio. Di quell'innocente sfiorarsi di labbra che aveva scatenato il delirio e aveva sconvolto in un attimo tutto il loro mondo. Monique ascoltò in religioso silenzio, fino a che non fu sicura che anche l'ultima sillaba fosse uscita dalla sua bocca... Aspettò pazientemente che Gabrielle trovasse le parole giuste, tra un interminabile silenzio e l'altro.

 

Poi appoggiò la spazzola sul letto e circondò le spalle della sorella, abbracciandola teneramente. Coco si lasciò andare, fino a che non avvertì il suo rassicurante calore contro la schiena.

 

- Cosa devo fare adesso, secondo te? - Chiese, in tono sconsolato. 

 

Monmon sorrise, cullandola lentamente.

La sua piccola Coco...

In quel momento, cosi fragile e spaventata dalla più grande e misteriosa incognita della vita... L'amore...  Sembrava quasi la bambina diventata grande troppo in fretta, che aveva suonato alla sua porta sei anni prima.

Alla sua età, ancora così incredibilmente ingenua...

 

Tanto a volte la vedeva già adulta, lontana... Quanto ora era vicina, accoccolata contro di lei, indifesa e vulnerabile.

 

- Parlagli. - Le sussurrò, scostandole i capelli dal viso. - Se non vuoi perderlo... Parlagli. Ascolta quello che ha da dirti, ma non credergli quando ti dirà che non voleva farlo. - Continuò. - Se l'ha fatto è perchè lo voleva... Perchè... Perchè tu quel perchè glielo devi tirare fuori. -

 

Si guardarono fermamente negli occhi per un'interminabile manciata di secondi, prima che Monique spezzasse nuovamente il silenzio che si era creato.

 

- Tu ci tieni a lui, Coco? - Chiese, nel tono più serio che lei stessa si fosse mai sentita usare.

 

- Tanto. - Rispose Gabrielle, cercando di soffocare le lacrime che spingevano per tornare allo scoperto. - Davvero tanto... -

 

Per un attimo, Monmon pensò di andare oltre. Di chiederle se quel "tenerci", quell'affetto, in realtà volesse dire qualcos'altro... Ma poi riflettè anche che Coco non sarebbe mai riuscita a darle quella risposta così, a bruciapelo.

 

Avrebbe dovuto lasciarle il suo tempo, tutto il suo tempo.

 

- E allora non lasciarlo andare per nessun motivo. - Concluse, stringendola un'ultima volta.

 

 

***

 

 

Dopo almeno un milione di rassicurazioni e raccomandazioni diverse, Gabrielle accettò di separarsi da Monique. L'accompagnò, entrando nel salotto quasi in apnea, per l'ansia che si sentiva addosso.

Con sua enorme sorpresa, ci trovò solamente Nick che, appena la vide, si alzò con un balzo e le corse incontro, abbracciandola con una tale foga che quasi la sollevò dal pavimento.

 

- Coco... - Sospirò, tuffando il viso fra i suoi capelli umidi. - Dimmi che, nonostante quel deficiente di mio fratello, stai bene ed è tutto a posto, ora. - Gabrielle annuì contro la sua spalla, cercando di ignorare il tuffo al cuore che le aveva provocato anche il solo sentir parlare di Joe.

 

- E' tutto a posto. - Sussurrò, accarezzandogli la schiena.

 

- Bene. Emergenza rientrata, direi. - Sussurrò Monmon, osservando intenerita con quanta dolcezza Nick stringeva sua sorella. Si allontanò senza far rumore e, dopo aver lasciato una busta su quello che era il comodino di Coco, sgattaiolò in silenzio fuori dalla porta... Decisamente più sollevata di quando era arrivata.

 

In fondo aveva potuto vedere con i suoi occhi che quei ragazzi, tutti e tre, avevano già fatto per Gabrielle più di quanto chiunque si fosse immaginato.

 

- Mi dispiace di averti fatto preoccupare... - Sospirò Coco, ancora accoccolata fra le braccia di Nick. - Non volevo che mi sentissi piangere. -

 

- Sono io che dovrei dispiacermi. - Ribattè lui, allontanandosi leggermente e invitandola a sederglisi accanto ,sul divano. - Per quello che Joe ti ha fatto. E' veramente un'idiota e hai tutte le ragioni per non volerlo più vedere. - Abbassò lo sguardo, pregando silenziosamente che quel momento... Quello in cui lei avrebbe posto la fatidica domanda, arrivasse il più tardi possibile.

 

- In realtà, no. - Riprese lei, scuotendo leggermente le spalle minute. -  Io... voglio parlare con Joe. Dov'è? - Sollevò gli occhi, puntandoli in quelli di lui che fremevano già di ansia. L'ultima cosa al mondo che Nick avrebbe voluto, in quel momento, era doverle dare una risposta... Le prese una mano fra le sue, stringendola dolcemente.

 

- Joe e Kevin hanno litigato. - Cominciò, aumentando involontariamente la stretta, quasi già sapesse che lei avrebbe tentato di scappare.

 

- Per... quello che è successo? - Soffiò Gabrielle, sentendo improvvisamente il respiro morirle in gola. - Le urla... erano loro? - Un'espressione terrorizzata le si dipinse sul volto... Lui non potè fare altro che annuire flebilmente.

 

- Kevin era fuori di sè. Si è chiuso in camera e di Joe non ne vuol più sapere... Ti giuro che non l'avevo mai visto così. - A quelle parole, Coco scattò in piedi. Nick le lasciò andare la mano che ancora stringeva, con fare riluttante.

 

- Dio... Kev... - Sussurrò, guardando verso il corridoio. - Ed è tutta colpa mia. - Si passò le mani fra i capelli, respirando profondamente, prima di trovare la forza di muovere il primo passo in direzione della stanza dei ragazzi.

 

Nick avrebbe voluto fermarla, sapeva che avrebbe dovuto farlo, ma si lasciò vincere dal sollievo, grato che Coco si fosse momentaneamente dimenticata di Joe e della sua misteriosa assenza... Perchè, se dirle la verità su Kevin era già risultato dannatamente difficile, mentire spudoratamente per coprire l'altro fratello sarebbe stato anche peggio.

 

Sarebbe stata una bugia bella grossa, dirle che Joe era semplicemente andato a fare un giro per schiarirsi le idee... Che sarebbe tornato presto.

 

Infilò una mano nella tasca dei pantaloni e strizzò convulsamente il pezzo di carta su cui il fratello gli aveva lasciato un ultimo messaggio, prima di sparire. Poche indicazioni, un numero di telefono e la promessa strappata di non dire niente a nessuno...

 

Maledizione a lui e al suo caratteraccio.

 

Come poteva pensare che funzionasse? Che Coco non ne avrebbe sofferto? Scappare non è mai la soluzione. Mai...

 

 

***

 

 

Kevin era seduto sul davanzale interno della finestra, con le cuffiette del suo lettore mp3 nelle orecchie e la musica sparata a tutto volume. A far da barriera tra lui e il mondo...

Tamburellava con aria assente sullo stipite di legno, al ritmo dell'indiavolato assolo di chitarra che gli risuonava nella mente. Non si accorse dei colpi leggeri provenienti da oltre la porta...

 

Porta che non si era nemmeno curato di chiudere a chiave. Nella foga del momento, l'aveva semplicemente sbattuta con violenza, scaricando almeno un po' della sua rabbia su qualcosa che fosse incapace di reagire. Coco aspettò silenziosamente  e a lungo una risposta che non arrivò, prima di decidersi ad entrare comunque.

 

- Posso? - Sussurrò, scivolando nella stanza con fare titubante.

 

Sebbene non avesse sentito il suono della sua voce, per qualche inspiegabile ragione, forse istintivamente, lui si voltò comunque nella sua direzione. Gabrielle rimase ferma sulla soglia, in piedi contro la porta chiusa.

 

- Posso, allora? - Ripetè, questa volta guardandolo negli occhi. Si fissarono in silenzio per dei secondi interminabili, poi Kevin annuì, sfilandosi gli auricolari e lanciando l'i-pod su uno dei letti.

 

Non fece in tempo ad aggiungere altro perchè lei, a quel segnale di assenso, si mosse di scatto e gli corse incontro. Si gettò letteralmente su di lui e lo abbracciò, aggrappandosi alle sue spalle.

 

- Cosa vuol dire che hai chiuso con Joe? - Chiese, col viso nascosto nella sua felpa. Kevin rispose all'abbraccio, senza parlare, stringendola come se fosse la sua unica ancora di salvezza.

 

Ci volle almeno un intero minuto, prima che riuscisse a trovare la forza di risponderle.

 

- Te l'ha detto Nick? - Domandò, cercando di concentrarsi solamente su di lei e di ignorare il moto di collera che gli aveva scatenato il suono del nome del fratello. Coco annui, passandogli un braccio dietro al collo. Si era gettato in quell'abbraccio con tanta disperazione, che sembrava essere lui ad aver bisogno di conforto...

 

- Ma... Perchè? - Riprovò, nel vano tentativo di tirargli fuori una qualche spiegazione.

 

- Non voglio nemmeno sentir parlare di quello stronzo, va bene? - Gabrielle sussultò, sgranando gli occhi chiari. Non aveva mai nemmeno immaginato di sentirlo parlare in quei termini di qualcun'altro... figuriamoci di suo fratello.

 

- Kevin! - Sbottò, cercando di divincolarsi, ma lui la teneva così stretta che faticava a muoversi... Sospirò, lasciando scivolare la mano lungo il suo braccio. - Kev... Cosa ti sta succedendo? - Chiese, abbassando improvvisamente il tono di voce. Di nuovo non le rispose. Lo sentì chinare leggermente la testa e poi avvertì la punta del suo naso sfiorarle il collo... Era come se stesse tentando di nascondersi nella stretta di lei.

 

Lui, dal canto suo, era forse più confuso di Coco...

Era furioso con Joe. Lo disprezzava per quello che aveva fatto, ma, doveva ammetterlo almeno a sè stesso, probabilmente ne era anche velatamente geloso... Di quel suo stupido fratello egoista, che si era preso ciò che anche lui avrebbe voluto altrettanto disperatamente.

 

E poi c'era lei. Croce, delizia e centro unico dei suoi pensieri... Era perfettamente conscio che abbracciarla a quel modo era l'ultima, ultimissima cosa che avrebbe potuto aiutarlo a sentirsi meglio, a lungo termine... ma, in quel preciso istante, il contatto con Gabrielle, le piccole mani fredde ed il respiro irregolare che si mischiava con il suo, era il solo toccasana per la ferita che si sentiva dentro.

 

Infine, in un angolo nemmeno troppo nascosto della sua mente, si battevano ferocemente dolore e senso di colpa. Perchè, nonostante la rabbia, il rancore e qualunque altra barriera, lui, senza uno qualunque dei suoi fratelli, avrebbe sofferto davvero.  

 

- Questa volta ha esagerato. - Disse risoluto, come a volerlo ribadire anche a sè stesso. - E' riuscito fare una cosa per cui non posso dargliela vinta... -

 

Gabrielle si allontanò leggermente da lui e gli prese il viso tra le mani, costringendolo a guardarla negli occhi.

 

- Io lo so che l'hai fatto... e lo fai per me. - Cominciò. - Ma non ce n'è bisogno. -

 

- Invece sì. - Replicò Kevin. - E te lo dico seriamente. - Coco sospirò, scuotendo lentamente la testa.

 

- Sono seria anche io. - Mosse un passo indietro, sottraendosi alla sua stretta. - Non ha senso che tu abbia litigato fino a questo punto con Joe... per me. - Kevin si sedette pesantemente sul letto, senza smettere di guardarla negli occhi.

 

- Invece sì, ti dico. - Continuò, come un disco rotto.

 

- E' tuo fratello, Kevin, per l'amor del cielo! - Sbottò Gabrielle, scattando nella sua direzione. - Non puoi antepormi a lui! - Gli si fermò davanti, tanto vicina che, probabilmente, Kevin non sarebbe riuscito ad alzarsi, senza scontrarsi con lei. Alzò gli occhi, rimanendo intrappolato nell'azzurro dei suoi.

 

- Credi che quello che provo per te sia così... poco importante? - Le chiese, serrando le mani sul bordo del letto.

 

- E secondo te, lo è, invece, così tanto da giustificare quello che è successo? - Rispose Coco, lottando per soffocare il nodo che le si era formato in gola. - Da spingerti a rompere con Joe? Con il fratello con cui finora hai condiviso tutto? - Le tremava la voce, consapevole della durezza delle sue parole. Kevin continuò a guardarla senza dire nulla.

 

Gli occhi scuri così simili a quelli di Joe, l'immaginario terzo incomodo di quella discussione, si erano tinti di un velo di amarezza.

 

- Lo è...? - Ripetè lei, con un filo di voce. Per l'ennesima volta i loro sguardi si fusero... Coco avvertì un leggero brivido lungo la schiena. Kevin non l'aveva mai guardata in quel modo.

 

Sapeva che stava per dire qualcosa... che, forse, stava per dirlo.

 

Per un secondo, un singolo, brevissimo, secondo, sentì la stessa fitta di calore all'altezza del cuore, che aveva provato nell'attimo in cui le labbra di Joe si erano posate sulle sue.

Si portò involontariamente una mano al petto, stringendo la stoffa morbida della felpa come se avesse potuto darle sollievo... Il suo respiro si era fatto improvvisamente più veloce.

 

Nel momento stesso in cui Kevin fece l'atto di alzarsi, la porta della stanza si aprì di scatto e Nick entrò quasi di corsa, brandendo un cellulare.

 

- Scusatemi... - Soffiò. Poi si avvicinò a Coco, porgendole il telefonino. - E' tuo... E... Joe ha detto di dartelo. - Glielo spinse tra le mani, cercando il coraggio per andare avanti. - Ma, prima che tu faccia qualunque cosa, devi lasciarmi spiegare. - Lei annuì, rimanendo immobile. - Ti era caduto in bagno e lui... l'ha trovato. Credo ti abbia lasciato un messaggio... o qualcosa. -  

 

- Idiota. - Ringhiò il maggiore, ormai in piedi alle spalle di lei. Nick sbuffò, scoccandogli un'occhiata di fuoco. Gabrielle spostò lo sguardo dall'uno all'altro, sempre più confusa.

 

- Questo lo dico ad entrambi, anche se credo che Kevin l'abbia già capito... In fondo lo conosci tanto quanto me. - Aggiunse, rivolto solo al fratello. Poi si fermò, per prendere fiato un'ultima volta. - Mi aveva chiesto di coprirlo, ma io non posso non dirvelo, soprattutto a te, Coco... - Mentre cercava di decifrare l' aria colpevole con cui Nick li stava fissando, Gabrielle avvertì le  mani di Kevin serrarsi intorno alle sue braccia... - Joe se ne è andato. -

 

E fu un bene, perchè, se non ci fosse stato lui a sorreggerla, probabilmente non sarebbe riuscita a rimanere ritta sui due piedi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9° ***


Stavolta sono stata brava

Stavolta sono stata brava!x3 Ho aggiornato in fretta... Capitolo più soft dei precedenti, giusto per distendersi un po'... ma con bomba finale. No, no, non dico niente. Voglio che vi gustiate la sorpresa!XD Ci tengo solo a dire che non è una fine, come sembra, bensì un inizio e che le cose hanno appena cominciato a girare e cambieranno corso ancora molte volte!x3

 

Socia: come ti ho già detto, Monmon avrà modo più avanti di tirare fuori la Denise che è in lei, per ora va bene così... Kev e Kev, sì. E io continuo a fargli una carognata dopo l'altra. Quella di questo capitolo, poi, è forse la più carognata di tutte!=P

 

beautiful_disaster: credo e dico credo, che questo capitolo ti schiarirà un po' le idee, ma, attenta che non è tutto come può sembrare!x3

 

aya: non ti voglio morta, ti voglio viva, vegeta e commentante!x3 Dai, che questo capitolo, almeno all'inizio, è più soft. Per il consiglio sulla shottina... contattami pure via mail al profilo, di idee sui Jonas non me ne mancano!=)

 

sbrodolina: un'altra che mi muore! Non fate così, un bel respiro profondo. Che con quello che ho intenzione di fare più avanti, non mi arrivate intere alla fine della fic!

 

Jollina: volevi sapere dove è andato Joe? In questo capitolo avrai la tua risposta... E anche quella sul cellulare. Per la busta di Monmon, invece, c'è da aspettare il prossimo capitolo! Anche tu, non mi morire, per carità!x3 E salutami Potterina! Un bacio anche a lei.=*

 

fefy88: eeeeh... l'amour, l'amour. Vedrai, o mia fedelissima, che già in questo capitolo qualcuno smetterà di soffrire... a scapito di qualcun altro. E mi fa sempre piacere sapere che la mia fic ti piace, anche ripetuto mille volte!**

 

Razu_91: sei diventata commentatrice fissa... aaaaaaw!X3 Come sono contenta! Fai il tifo anche per entrambi se vuoi... intanto in questo capitolo abbiamo una svolta. Meno definitiva di quel che appare.

 

Appello: Agatha? Agatha l'abbiamo momentaneamente persa, ma conoscendola e conoscendo i suoi tempi mi aspetto di vederla arrivare con calma!x3

 

Sapeste quanto sono curiosa di leggere le vostre recensioni a questo capitolo... Soprattutto sul finale. *risatina malvagia* Sì, sono proprio il male!x3

 

 

 

 

- Capitolo 9° -

 

 

 

{ Perché voglio liberarmi dall’idea che non mi vuoi.
(...)
E va bene anche se ho perso e chi ha vinto non si sa.
Ora strappo le radici di un’assurda gelosia,
perché è chiaro che mi piaci, maledetta amica mia.
Che non ti accorgi di me... Di me. }
Maledetta Amica Mia - Marco Masini

 

 

 

 

Un raggio di sole pallido filtrava dalle persiane ancora chiuse, solleticandole gli occhi ancora velati di sonno.

 

Coco si alzò, stiracchiandosi lentamente. Si infilò un maglione e stringendosi le braccia al petto, si avvicinò alla parete che aveva di fronte. Sollevò i fogli del calendario, ricontando per l'ennesima volta.

 

Quattro giorni.

 

Erano passati quattro giorni, da quando Joe se ne era andato. O scappato di casa, per meglio dire.

Sia Nick, sia i responsabili della produzione sapevano benissimo dove si trovava il "fuggitivo".

Non era andato poi tanto lontano e, momentaneamente, tutti avevano preso questa sua defezione come la classica crisi da capricciosa star americana. Aspettavano fiduciosamente che tornasse sui suoi passi... o che scattasse il tempo limite di una settimana, per mandare un esercito di bodyguard nell'albergo in cui si era rifugiato, allo scopo di "persuaderlo" a ripensarci.

 

Gli unici due rimasti quasi all'oscuro di tutto erano Kevin e Coco.

Il primo per sua scelta e rancoroso disinteresse, l'altra per decisione di Nick e dello stesso Joe...

 

Joe che su quel cellulare aveva aperto la schermata degli sms e le aveva lasciato solo tre laconiche parole a spiegazione del suo gesto... quantomeno inconsulto.

 

"Scusami. Non cercarmi."

 

Non aveva nemmeno avuto tempo di cercare un pezzo di carta e buttar giù qualcosa di più convincente... o almeno più lungo. Forse non aveva voluto farlo.

 

E lei aveva tenuto fede a quel messaggio.

 

Fece scorrere di nuovo il dito sulle caselline bianche. Uno, due, tre, quattro... e cinque. Cinque novembre. Una scritta rossa fatta a mano recitava "Compleanno Kev! Auguri vecchione!!!" nell'inconfondibile calligrafia un po' disordinata di Joe... Aveva imbrattato il calendario di scritte, messaggini stupidi e faccine sorridenti.

Tanto per lasciarle qualcos'altro che le ricordasse costantemente che lui non c'era.

 

Non credeva che la sua assenza le sarebbe pesata così tanto. Sentiva la sua mancanza ogni volta che apparecchiava il tavolo e tirava fuori solo tre bicchieri dalla credenza, quando Nick e Kevin rientravano a casa e tra loro cadevano quei lunghi, insopportabili silenzi imbarazzati. Quando faticava ad addormentarsi, la notte e si sedeva a bere la sua tisana nella cucina orrendamente vuota...

 

E in mille, ancora mille altri momenti...

 

- Buongiorno... - Lasciò cadere le pagine del calendario, sussultando come se fosse stata colta con le mani nel sacco. Kevin le camminò incontro, passandosi una mano fra i riccioli scuri.

Dalla luce che aveva negli occhi, era chiaro che si aspettava qualcosa. Gabrielle si sciolse in un piccolo sorriso e dopo esserglisi avvicinata, si sollevò sulla punta dei piedi e gli depositò un bacio leggero sulla guancia.

 

- Auguri, Kevin. - Sussurrò poi, soffermandosi con la mano sulla sua spalla, mentre lui la abbracciava, accarezzandole la schiena. - Scusami, se sono un po' così, ma... -

 

- Non preoccuparti. Nemmeno io posso dire di essere dell'umore giusto. - Sospirò, facendo correre lo sguardo fuori dalla finestra aperta. Anche Parigi si stava svegliando...

 

La lasciò andare, camminando fino a raggiungere il davanzale a cui si appoggiò, affacciandosi sulla via. Osservò i palazzi dall'altro lato della strada, sdraiati lungo la Senna e non riuscì a fare a meno di chiedersi dove potesse essere andato quell'incosciente di Joe... Che era in città lo sapeva. Nick era troppo tranquillo per essere uno che aveva un fratello disperso nelle campagne francesi o addirittura oltreoceano.

 

Ma anche Parigi da sola, era abbastanza grande.

 

- Non ti manca mai? - La voce di Coco si insinuò fra i suoi pensieri, frenandone il corso. - Perchè a me sì. Tanto... - Concluse, appoggiandosi allo stipite.

 

Come aveva fatto a capire che stava pensando a Joe, sarebbe rimasto un mistero. Voltò leggermente la testa, sollevando lo sguardo sul suo viso.

 

- Sì. - Ammise. - Manca anche a me... Anche se è meno di una settimana che è sparito. - Ed era maledettamente vero. Provava ancora un forte istinto omicida nei suoi confronti, ma Joe gli mancava. Troppo in più di quanto meritasse.

 

Rimasero in silenzio per un bel po', ognuno perso nei suoi pensieri.

 

- Ma non riusciresti comunque a perdonarlo, ho indovinato? - Riprese lei, dopo un momento di stallo che parve interminabile.

 

- No, infatti. - Sbuffò, rialzandosi e richiudendo la finestra con un gesto deciso.

 

- Scusa. - Gabrielle si discostò dal muro e gli si avvicinò, lasciando scivolare le braccia sotto le sue per stringerlo. - Che razza di discorsi, proprio il giorno del tuo compleanno... - Chiuse gli occhi, accoccolandosi contro di lui.

 

Kevin si rilassò, appoggiando la guancia contro la fronte di lei e prese a cullarla lentamente.  

Era una tortura per lui. Una terribile, dolcissima, tortura...

 

Anche perchè, dopo aver visto come stava Coco senza Joe, era quasi certo che lei sarebbe corsa fra le braccia del fratello, non appena questo si fosse deciso a smetterla di fare il bambino e a tornare indietro.

 

- Senti... Approfittando del fatto che Nick dorme ancora... - Cominciò Coco, interrompendo un'altra volta il suo monologo immaginario. - E' brutto se per oggi ti faccio bigiare le riprese e ce ne andiamo un po' in giro, io e te? - Si allontanò, appoggiandosi al divano che le stava alle spalle. Lui scosse lentamente la testa ricciuta.

 

- Mi lascio rapire volentieri... - Sorrise, chinandosi e scostandole un ciuffo di capelli per darle un velocissimo bacio sulla tempia. - A patto che tu mi conceda di non uscire in pigiama! - Detto questo, tornò verso il corridoio, lasciandola col sorriso sulle labbra.

 

 

***

 

 

Le strade di Parigi, al mattino presto, profumavano di croissant e risuonavano delle chiacchere della gente. Coco uscì di corsa da una boulangerie, una piccola panetteria, stringendo un sacchetto caldo e fumante.

 

- Non ci credo che non ne avevi mai provata una, dopo due mesi che sei qui. - Ridacchiò, porgendo a Kevin una brioche avvolta in un tovagliolo.

 

Dopo aver estratto anche la sua e due grossi bicchieri di carta pieni di cafè au lait dalla busta, si fermarono a far colazione sul lungo Senna. Gabrielle scelse una panchina mezza in ombra e ci si sedette, incrociando le gambe, come faceva da bambina su quelle di Central Park. Kevin le si sistemò accanto, piuttosto concentrato sulle chiacchere della gente che camminava sulla strada, sopra le loro teste.

 

I francesi erano rumorosi, sì, ma in un modo stranamente elegante e piacevole. Perfino il traffico sembrava meno chiassoso, nell'aria fresca e limpida di quella mattina.

 

- Allora? Che te ne pare? - Domandò lei, osservandolo con aria divertita, mentre lottava con la marmellata che voleva a tutti i costi uscire dalla pasta.

 

- Ammetto che non ha nulla a che vedere con quelle che fanno da noi, in America. - Le concesse.

 

Coco annuì, piluccando il suo croissant con aria soddisfatta. Rimasero in silenzio per un po', osservando il lento scorrere del fiume e della gente che passava davanti ai loro occhi distratti.

 

Una bambina bionda si fermò a pochi passi da loro, per guardare un grosso battello che stava transitando sotto il Pònt d'Iena, sullo sfondo della Tour Eiffel.

 

Quando la piccola fu raggiunta da quello che poteva essere più il fratello che il padre, Coco ebbe un lieve sussulto.

Era un ragazzo abbastanza giovane, mediamente alto, con i capelli scuri e lisci.

 

In effetti, di spalle, poteva tranquillamente sembrare Joe.

 

Kevin se ne accorse immediatamente. E si accorse anche di come lei riprese a respirare regolarmente soltanto quando riuscì a vederlo in viso e fu quindi certa che non era chi credeva che fosse.

 

- Coco... - Cominciò lui, quando i due se ne furono andati, spariti su per la stretta scala che riportava al livello della strada. - Posso farti una domanda importante, seria? - Gabrielle annuì, prendendo un sorso di caffelatte. - Rispondimi sinceramente, però... - Tra di loro cadde un silenzio teso. Lei abbandonò per un attimo la brioche, avvolgendola nel tovagliolo e riponendosela in grembo. - Sei innamorata di Joe? -

 

Quelle quattro semplici parole arrivarono dirette come una secchiata d'acqua gelida.

 

Guardò Kevin, cercando di ignorare la luce disperata che gli leggeva negli occhi, poi lasciò correre l'attenzione di nuovo sull'acqua scura davanti a lei.

 

- E se ti dicessi che non lo so? - Sbuffò. - La accetteresti come risposta? -

 

- Solo se non sapessi che assomiglia più ad una bugia di copertura... Che a una risposta. - Continuò, giocherellando nervosamente con il coperchio di plastica del bicchiere che aveva in mano.

 

- Possiamo parlarne... strada facendo? - Si alzò, indicandogli con un braccio la via verso il Trocadero.

 

- D'accordo. - Rispose lui, cominciando a camminare, senza aspettarla. Coco gli si fece vicina e, senza dire nulla, lo prese sottobraccio.

 

- Sarò sincera... - Cominciò improvvisamente. Erano già quasi a metà strada in direzione del grande spiazzo. - In questi giorni ho pensato a questa cosa. Ci ho pensato tanto... - Abbassò gli occhi, già imbarazzata per quello che stava per dire. - La mia prima reazione a... quello che è successo, è stata dettata dal panico. Però io ho sentito qualcosa, quando Joe mi ha baciata. -

 

Kevin mosse un altro passo in avanti, ma lei si bloccò, piantando i piedi esattamente nel punto in cui si trovava.

 

- Ed era un qualcosa dannatamente piacevole. - Concluse, in un soffio. Poi arrossì violentemente, sforzandosi di non distogliere nuovamente lo sguardo da lui.

 

- E allora penso che tu abbia la risposta. - Ribattè Kevin, in tono neutro. La mano che teneva nascosta nella tasca del cappotto si serrò intorno a una incolpevole moneta, strizzandola convulsamente.

 

- No...! - Sbottò Gabrielle, bloccandosi improvvisamente. No... perchè quello stesso qualcosa, seppure in maniera più lieve e veloce, l'aveva provato anche quando lui l'aveva guardata negli occhi. Prima che Nick gli impedisse di risponderle... Ma questo non poteva dirglielo. - Io... sono maledettamente confusa. -

 

Ripresero a camminare in silenzio ed arrivarono fino al Trocadero senza proferire nemmeno una sillaba. Si fermarono in cima allo spiazzo, lasciando spaziare lo sguardo fino al grande parapetto di pietra e più avanti, lungo la fila di fontane, verso la maestosa torre di ferro battuto.

 

Era gremito di turisti, che si spostavano, da soli o a gruppi, facendo scattare febbrilmente i flash delle loro macchinette fotografiche. Per la prima volta da quando erano usciti di casa, Kevin realizzò che nessuno l'aveva ancora riconosciuto o fermato per fargli assurde domande... quando, invece, per come si sentiva, avrebbe quasi pagato qualcuno perchè lo distraesse da tutti i pensieri che lo assillavano in quel momento.

 

- Se ti do una risposta abbastanza soddisfacente, poi la smettiamo di parlare di lui? - Sbuffò Coco, cercando di tirare le fila di quell'assurda conversazione a scatti. Lui annuì, senza staccare gli occhi dall'orizzonte. - Bene. - Sospirò, prendendo un respiro profondo. - Potrei essere innamorata di Joe. - Sentenziò.

 

{E lo sarei per la prima volta in tutta la mia vita. Di un cantante americano strafamoso che ha quattro anni meno di me.}

 

Kevin chiuse gli occhi di scatto, respirando a fondo per parare il colpo.

 

{100 a 0 per te, Joe. Congratulazioni.}

{E grazie per il regalo. Buon compleanno a me...}

 

Li riaprì di scatto solo quando avvertì Gabrielle, al suo fianco, trattenere violentemente il respiro. La trovò con gli occhi spalancati, fissi su un punto imprecisato parecchi metri avanti...

La imitò, cercando fra la folla con aria interrogativa e poi, improvvisamente, lo vide.

 

Dall'altra parte dello spiazzo, appoggiato al parapetto, con l'inconfondibile cappello di lana blu calato sulla testa ed un paio di occhiali da sole con la montatura di vistosa plastica bianca...

 

Joe. E, stavolta, non c'erano dubbi che fosse effettivamente lui.

 

Però non sembrava essersi accorto di loro. Erano parecchio lontani e venivano coperti ad intermittenza dal flusso di persone in continuo movimento.

 

Gabrielle mosse un rapido passo in avanti, per poi bloccarsi altrettanto velocemente. Si voltò nella sua direzione, assumendo un'aria profondamente colpevole.

 

- Kev... oggi è la tua giornata... Io... avevamo appena deciso che non... - Balbettò, cercando di ignorare l'impulso di girarsi e correre il più velocemente possibile verso l'altro l'altro lato della piazza.

 

Lui raccolse tutta la volontà che aveva in corpo e la concentrò in quell'unico sorriso comprensivo. Le poggiò una mano sulla spalla, spingendola dolcemente all'indietro.

 

- Vai. - Disse semplicemente. Coco gli gettò le braccia al collo, trattenendo a stento le lacrime.

 

- Grazie, Kevin. - Gli sussurrò. - Tu sei... Grazie. - Gli depositò un bacio leggero all'angolo della bocca, prima di filare via.

 

Attraversò la piazza a rotta di collo, con il cuore in gola, pregando solo che Joe non decidesse di andarsene proprio in quel momento...  

    

 

***

 

 

 

 

{ There's gotta be a million reasons why it's true...
When you look me in the eyes, and tell me that you love me. }
When You Look Me In The Eyes - Jonas Brothers

 

 

 

 

 

Si fermò a pochi passi da lui, con il cuore che le martellava nel petto a ritmi vertiginosi.

 

Non aveva il coraggio di chiamarlo... Aveva una paura folle che, nel momento in cui si fosse accorto di lei, sarebbe scappato di nuovo. Mosse un altro paio di passi leggeri, arrivandogli a meno di un metro...

 

- Joe... - La voce le uscì leggermente strozzata, ma capì immediatamente che l'aveva sentita. E riconosciuta.

 

Irrigidì le spalle e, lentamente, si voltò nella sua direzione, sfilandosi quegli assurdi occhiali da sole. I loro sguardi si fusero immediatamente... Erano come fuoco vivo. Si guardarono intensamente per qualche secondo, poi Joe mosse un passo verso Coco, dimezzando la già scarsa distanza fra loro.

 

- Cosa ci fai qui? Ti avevo detto di non cercarmi... - Azzardò un tono scocciato, ma quello che ne uscì fu decisamente poco convincente.

 

- Perchè mi hai baciata? - Ribattè lei con voce tremante, ignorandolo deliberatamente e andando diretta al punto. Senza nessun inutile preambolo...

 

Per quanto forte fu l'impatto, lui rimase immobile esattamente dov'era.

 

- Io... Non volevo farlo. - Eccolo. Come li conosceva bene gli uomini, Monique... Creature assurdamente prevedibili in certe situazioni... In altre molto meno. Chissà se anche lui già sapeva che non gli avrebbe creduto affatto...

 

- Perchè, Joe? - Ripetè, stringendo i pugni. - Dimmi la verità. Penso di averne il diritto.

 

- Non credo che tu voglia saperlo davvero. - Sussurrò di rimando. Gabrielle si lasciò sfuggire una risatina amara, prima di fare a sua volta un passo in avanti. Ormai erano così vicini, che le punte delle loro scarpe quasi si toccavano.

 

- Io, invece, credo di sì. - Piegò leggermente la testa, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. - E credo anche che tu voglia sapere questo... - Poi, invece di lasciar ricadere il braccio lungo il fianco, appoggiò la mano al petto di lui, stringendogli appena il bavero della giacca. - Mi hai mollata senza una spiegazione plausibile, dopo avermi praticamente sconvolto la vita con quel bacio... Sei scappato. E io, invece di avercela con te, ho sentito semplicemente la tua mancanza. - Sollevò anche l'altra mano, portandola vicino alla prima. - Mi sei mancato da morire, in questi maledetti quattro giorni, Joe Jonas. - Sapeva di avere gli occhi lucidi, lo sentiva... Ma continuò comunque a tenerli fermamente piantati in quelli di lui. - Da morire, è chiaro? - Ormai faceva fatica a tenere saldo il tono di voce.

 

Joe, che era rimasto zitto fino a quel momento, gli occhi scuri illuminati di genuino stupore, lasciò che un pallido sorriso affiorasse alle sua labbra.

 

- Mi sei mancata anche tu... - Bisbigliò, poggiando le sue mani su quelle serrate di lei che, a quel tocco morbido, rilassò un po' la presa. - Esattamente allo stesso modo. - Si chinò leggermente, lasciando che i loro nasi quasi si sfiorassero. Sapevano entrambi di essere troppo vicini, per riuscire a separarsi senza che succedesse nulla.

 

Coco sospirò profondamente, cercando di trovare dentro di sè tutta la forza necessaria per fare quello che aveva intenzione di fare... Buttarsi era la cosa giusta. Si sforzò di ignorare il fastidioso campanello d'allarme che le risuonava in un angolo lontano della mente, ripetendosi che così facendo l'avrebbe definitivamente messo a tacere.

 

- Voglio solo che tu sappia un'unica altra cosa. - Disse, schiarendosi la gola. - Sei il primo. -

 

- Eh...? - Non gli lasciò nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni. Rafforzò la presa sulla sua giacca e lo attirò verso di sè, stampandogli un bacio sulla bocca. Joe rimase più che interdetto da quel gesto, piovutogli letteralmente tra capo e collo... Quando lei si staccò, la fissava ancora con gli occhi sgranati.  

 

- Non sono mai stata con nessuno... - Gli confessò a fior di labbra, senza allontanarsi troppo. E sorrise timidamente, quando finalmente l'espressione di lui si illuminò di comprensione.

 

Si guardarono in silenzio, mentre un migliaio di emozioni diverse correvano nello sguardo di entrambi...

Poi anche Joe si sciolse nel più dolce, solare dei sorrisi e dopo averle circondato i fianchi con un braccio, le sollevò delicatamente il viso e la baciò, premendo dolcemente le labbra sulle sue.

 

La paura inconscia che scappasse di nuovo svanì come neve al sole, quando sentì le mani di lei salire lentamente lungo le sue braccia, fino alle spalle. Sorrise di nuovo e la strinse di più, senza allontanarsi di un millimetro.

 

Si scambiarono una serie quasi infinita di baci, in quella cornice da cartolina. Con la Tour Eiffel alle loro spalle che sembrava quasi vegliarli dall'alto...

 

E, nella totale incoscienza di quel momento, non si resero conto delle centinaia di macchine fotografiche che avrebbero potuto catturare quell'innocente sentimento appena sbocciato e trasformarlo in una bomba pronta a scoppiare. 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10° ***


Mai aggiornamento fu tanto sudato

Mai aggiornamento fu tanto sudato!x3 Capitolo lunghetto questa volta, perchè è di transizione prima di tutta un'altra serie di scossoni che verranno a turbare il già precario equilibrio del nostro ormai ufficiale triangolo.

L'altra volta vi ho sconvolte col colpo di scena del bacio, eh? E il meglio deve ancora venire!*risata malvagia*

Sì, lo so, non ditemelo, sono il Male!XD

 

Passiamo ai ringraziamenti, veloci, così poi vi lascio al nuovo capitolo!x3

 

Socia: Guarda, l'ultima parte del capitolo è dedicata a te, non mi morire però!x3

 

beautiful_disaster: Io non mi lascio requisire Kev così facilmente. Lui è mio, è l'uomo della mia vita, ohè!XD Ti prometto che non sarò sempre così cattiva con lui... Ma ci vorrà del tempo. Così come per la storia del piano e per molte altre risposte.

 

aya: se Joe è quello giusto? Mah, vedremo. Di sicuro il "e vissero felici e contenti" è molto, molto lontano. Per tutti loro.x3 E, sì, io amo Parigi con tutto il cuore. Ci sono già stata tre volte e ho tutta l'intenzione di tornarci. Mi ha fatto un piacere infinito sapere che attraverso le mie descrizioni riesco ad esprimere il mio amore per questa meravigliosa città.

 

agatha: Eccola, la mia commentatrice ritardataria!x3 Ok, si sta ufficialmente formando un comitato pro-Kev. L'ho massacrato a tal punto... Comunque, non smettete di fare il tifo per lui. Come ho detto nell'introduzione allo scorso capitolo: non è mica finita così!x3

 

sbrodolina: guarda, ti dico solo che molto presto, il tuo Nick avrà il suo momento "di gloria". Aspetta e vedrai!x3

 

Jollina: se Kevin li ha visti? Se Joe torna a casa? In questo capitolo avrai le tue risposte, mia cara. Un bacio a te e a Potterina!=*

 

Razu_91: respira, respira!x3 Come sopra detto, non finisce mica qui la fan fiction, ce ne sono ancora di cose che devono succedere, anche per Kevin e chissà se avrà ancora bisogno di essere consolato...x3

 

dollyvally: bentornata!** Sono felice di rivederti tra le recensitrici!=) Come ho ripetuto allo sfinimento, ormai, non è mica detto che Kevin sia già fuori gioco. Devono succedere ancora parecchie cose...

 

Come al solito, a voi mie fedelissime va la mia infinita riconoscenza!=*

E voi lettrici anonime, lo so che ci siete e siete tante, grazie anche a voi. Aspetto sempre i vostri commenti. =3 

 

 

 

- Capitolo 10° -

 

 

 

{ Quando tira un po' di vento che ci si rialza un po'
e la vita è un po' più forte del tuo dirle: "Grazie, no."...
}
Il Giorno Di Dolore Che Uno Ha - Ligabue

 

 

 

 

Arrivarono a casa che mezzogiorno era passato da un pezzo. Il sole stava già quasi tramontando, nascondendosi dietro la collina di Montmartre. Si fermarono davanti al portone, guardando contemporaneamente all'insù, verso le finestre illuminate dell'ultimo piano.

 

Gabrielle cominciò a frugarsi nelle tasche, alla ricerca delle chiavi, ma non fece quasi tempo ad estrarle, che Joe la fermò, circondandole i fianchi con le braccia.

 

- Beh? - Chiese lei, squadrandolo con aria divertita. 

 

- Dimmelo ancora... - Le sussurrò a fior di labbra, dopo l'ennesimo bacio. Coco sorrise, alzando gli occhi al cielo con fare teatralmente esasperato.

 

- Ancora? L'avrò ripetuto almeno un milione di volte... - Per tutta risposta, Joe si esibì nello sguardo più tenero del suo repertorio, ad alto tasso persuasivo. Lei inclinò leggermente la testa, avvicinandoglisi, se possibile, ancora di più. - Mi sei mancato da morire. - Gli bisbigliò all'orecchio, sobbalzando leggermente quando avvertì il respiro di lui sfiorarle il collo. - E a proposito di questo... - Continuò, allontanandosi prima che Joe potesse fare qualunque altra cosa. - Sali con me? -

 

Lui rimase leggermente interdetto dal suo rifiuto, ma non ebbe nemmeno il tempo di concentrarcisi troppo. La domanda di Coco gli piombò letteralmente tra capo e collo...

 

Sapeva  benissimo che quelle parole, in realtà, implicavano una richiesta ben più grande che non rimanere un'unica sera... Gabrielle voleva un'altra risposta.

 

E Joe voleva stare con lei. Lo voleva più di ogni altra cosa, ma l'idea di affrontare Kevin, dopo quello che era successo, lo infastidiva... Lo spaventava, anche.

 

- Non lo so. - Abbassò lo sguardo, sfilandosi il cappello e passandosi una mano fra i ciuffi piastrati per rimetterli in ordine.

 

- Joe... - Cominciò lei, avvicinandosi di nuovo.

 

- Non lo so, Coco... - Ripetè, costringendosi a guardarla negli occhi e a soffocare l'impulso di scappare di nuovo... Anche se la prospettiva di separarsi da Gabrielle, per tornare nella sua anonima camera d'albergo, lo faceva star male. Ricomparire e trovarsi davanti lo sguardo accusatore dei fratelli... Peggio.

 

- Ti prego. - Mormorò, stringendogli una mano. - Torna a casa... -

 

Rimase in silenzio per qualche secondo, nel tentativo di non lasciarsi annegare dall'azzurro degli occhi di lei, che lo guardava con un'espressione dolcemente implorante...

 

Era sleale così, però. Sospirò, poggiando delicatamente la fronte contro quella di Coco. Il suo dibattito interiore aveva avuto vita piuttosto breve...

 

- Va bene. - Acconsentì. - Ma non costringermi ad aver a che fare con... lui. Io lo faccio solo per te. -

 

- Per ora mi basta... - Gli posò un bacio leggero sulle labbra, prima di far girare le chiavi nella toppa.

 

 

***

 

Entrarono in casa lasciando sbattere la porta di ingresso, troppo impegnati... anche per notare l'espressione di Nick che, attirato dal rumore, si era alzato con l'idea, o più che altro l'aspettativa, di trovarsi davanti solo Coco.

 

- Ehi...! - Esclamò quando, invece, scoprì lei e Joe appiccicati in atteggiamento piuttosto inequivocabile.

 

Si allontanarono, al suono della sua voce, voltandosi lentamente nella sua direzione. Gabrielle abbassò lo sguardo, fissando il pavimento con aria piuttosto imbarazzata, mentre Joe le circondava le spalle con fare protettivo.

 

- Nick. - Rispose, facendogli un cenno quasi impercettibile con la mano libera. I due fratelli si fissarono in silenzio per qualche tesissimo momento, prima che il minore riuscisse a metabolizzare la sorpresa e quindi a ritrovare la facoltà di articolare frasi di senso compiuto.

 

- Quando...? - Cominciò, passandosi una mano dietro il collo, visibilmente incapace di pensare alle parole giuste. - Oggi? - Concluse, mentre l'altro annuiva un'unica volta. - Immagino fosse il solo modo di riportarti qui... - Scherzò, cercando di stemperare un po' l'atmosfera.

 

Poi, improvvisamente, si ricordò di Kevin e dell'aria contrita che aveva in viso quando era rientrato, un tre o quattro ore prima, da solo.

Come se avesse finalmente trovato il bandolo della matassa, tutti i piccoli segnali e gli strani atteggiamenti del fratello maggiore si dipanarono e si disposero ordinatamente nella sua mente come le tessere di un puzzle.  

Si voltò verso di lui, che era rimasto seduto sul divano, profondamente concentrato sulla rivista che aveva in mano e apparentemente disinteressato al resto del mondo.

 

In particolare a quella parte di "resto del mondo" che aveva a che fare con Joe.

 

Sfogliò rumorosamente un paio di pagine, prima di alzare, con fare visibilmente infastidito, lo sguardo verso Nick. Il  minore dei Jonas lo fissava insistentemente, con un'aria compassionevole che contribuiva solamente ad innervosirlo più del dovuto.

 

"Perchè non me l'hai detto?" Sillabò, senza emettere suoni. Kevin non rispose, si limitò a scuotere leggermente la testa ricciuta. Fu Coco a parlare per lui.

 

- Nemmeno lui lo sapeva... - In un certo senso mentì sapendo di mentire. Perchè, anche se non se ne era accertata, se lo sentiva dentro, che Kevin l'aveva vista baciare Joe.

 

Si schiarì la gola, cercando di ignorare la dolorosa fitta al cuore che quel pensiero le aveva provocato. Alzò nuovamente lo sguardo, sentendosi quasi morire quando incontrò gli occhi verdi di lui.

 

Si sentiva dannatamente in colpa, nei suoi confronti.

E il bello era che non riusciva a spiegarsene la ragione... A parte il fatto di averlo mollato in giro per una città che non conosceva, da solo, per buttarsi fra le braccia del fratello che non voleva più vedere.

 

{Si, Coco. Ripensandoci, non hai proprio nessun motivo per sentirti in colpa...}

 

Si disse, odiandosi profondamente.

 

Sospirò, cercando di concentrarsi sulla mano di Joe che si muoveva lentamente lungo la sua schiena. Lo guardò, cercando nel suo sguardo la conferma che quella che aveva fatto era la scelta giusta.

Leggendole quella tacita richiesta negli occhi, lui si chinò e le posò un bacio leggero sulla fronte, soffermandosi un momento in più col viso nascosto fra i capelli di lei.

 

- E Joe è tornato per restare. - Continuò timidamente, pregando in silenzio che andasse tutto bene e nessuno avesse reazioni inconsulte. - Ditemi che non ci sono problemi, vi prego. - Sbirciò con la coda dell'occhio verso Kevin...

Che abbassò lo sguardo in un modo che Gabrielle intuì essere una sorta di "via libera".

 

Nick semplicemente sorrise, facendosi da parte per farli passare.

 

- Grazie... - Era rivolta ad entrambi, ma, mentre passando potè soffermarsi ad accarezzare il braccio di Nick, Joe le

impedì di avvicinarsi al fratello maggiore, trattenendola delicatamente.

Si voltò verso di lui, ma non riuscì ad incontrare il suo sguardo. Fisso su un punto imprecisato a metà fra la porta della cucina ed il corridoio.

 

Kevin si era improvvisamente rituffato nel suo giornale, riprendendo a voltare le pagine con estenuante lentezza.

 

Solo in quel momento Coco si rese conto che, in tutta la discussione, i due ragazzi non si erano scambiati una sola occhiata o una parola... Nemmeno per sbaglio.

 

 

***

 

 

Erano tutti e quattro zitti, gli occhi puntati al televisore acceso, eppure nessuno di loro avrebbe saputo dire di cosa parlasse il film che scorreva sullo schermo bluastro.

Ciascuno per motivi diversi, aveva la mente decisamente altrove...

 

Nick era mezzo sdraiato accanto a Kevin, sprofondato nei grossi cuscini bianchi e guardava di sottecchi ora lui  ora Joe, che, seduto sull'altro divano con lei, stringeva dolcemente la mano di Gabrielle.

 

Non si erano più praticamente sfiorati, da quando erano rientrati in casa. E lui credeva di sapere perchè, o comunque da chi dipendesse quella situazione di stallo. Tutte le volte che Joe provava ad avvicinarsi, Coco, imbarazzata, si tirava indietro o lo allontanava...

 

E tutte le volte, anche se lui rimaneva apparentemente immobile, negli occhi di Kevin correva una scintilla rabbiosa.

 

L'atmosfera era talmente tesa, che si sarebbe potuta tagliare con il coltello.

Era una sorta di assurdo tira e molla, non ci sarebbe voluto molto perchè uno dei due esplodesse...

 

E, infatti, arrivarono giusto alla fine del film. Quando partirono i titoli di coda e Joe si avvicinò a Coco per l'ennesima volta, Kevin saltò in piedi come se fosse stato punto da qualcosa di particolarmente acuminato.

 

- Nick. - Ringhiò al fratello minore. - Andiamo a dormire, che qui c'è qualcuno che non riesce proprio più a trattenersi... -

 

A quelle parole Joe si staccò da Gabrielle, guardandolo negli occhi per la prima volta, quella sera. Uno sguardo maledettamente arrabbiato. Fece per alzarsi anche lui, ma Coco lo anticipò.

 

Scattò, lanciandosi contro Kevin.

 

- Vieni con me. - Soffiò, spingendolo all'indietro verso il corridoio. - Dobbiamo parlare. - Sparirono oltre la porta d'entrata, abbandonando Nick e Joe, che si lasciò cadere sbuffando contro lo schienale del divano, soli a guardarsi negli occhi.

 

- Comincio a non sopportarvi più. - Sospirò il minore, spegnendo il televisore e guadagnandosi un'occhiataccia dal fratello.

 

Nel frattempo, Coco aveva sospinto Kevin nella camera dei ragazzi e si stava richiudendo velocemente la porta alle spalle. Si appoggiò con la schiena al legno lucido, puntando gli occhi in quelli di lui, che stava in piedi al centro della stanza.

 

- Era proprio necessario lasciarsi andare ad una frecciatina del genere, vero? - Sbottò lei, scostandosi una ciocca di capelli dal viso con fare bellicoso.

 

- Scusa. - Rispose lui. - Ma, andiamo, non ha smesso un attimo per tutta la sera...! -

 

- E non ti è venuto in mente che possa essere più... - Esitò, cercando di trovare una definizione adatta. - ... naturale il suo atteggiamento, che il mio? - Si strinse nelle spalle, sfregandosi lentamente le braccia.

 

- Ma allora perchè...? - Cominciò e venne bloccato prima di poter terminare la frase.

 

- NO. - Esclamò Gabrielle. - Non chiedermelo, Kevin. Non è questo il punto... - Mosse qualche passo avanti, spingendolo ad indietreggiare verso il letto. - Il punto è che ora io e Joe... - Si fermò e lo guardò negli occhi, cercando di dimostrarsi risoluta, nonostante lo sguardo di lui le tagliasse letteralmente le gambe. - Dovrai farci l'abitudine. -

 

- Io... - Di nuovo lei non lo volle ascoltare.

 

- Mi dispiace che le cose abbiano dovuto arrivare a questo punto. Vedervi così freddi, a volte anche consapevolmente cattivi l'uno con l'altro... mi fa star male... che non ne avete un'idea. Nè tu nè lui. Perchè io capisco entrambi e vorrei che tornaste a capirvi anche voi due. - Sospirò.

 

Lui si passò una mano fra i capelli, cercando di assumere l'atteggiamento di uno che voleva almeno provare a capire.

 

 - E poi... pensa anche a Nick. - Continuò, pur sapendo che quello sarebbe stato un mezzo colpo basso. - Sai come è fatto, non si espone mai. E men che meno verrebbe a farlo ora, con il rischio di appesantire ancora di più la situazione, ma come credi che si senta!? Lui non può scegliere tra te e Joe... E guai a voi, se anche solo pensate di chiedergli di farlo! -

 

- Questo mai... - Sussurrò Kevin di rimando.

 

- E su questo mi fido completamente di te. - Sorrise lei. - Spero solo che tutto torni a posto, per quanto tempo ci vorrà... - Sospirò. - Ah, e poi, Kev... Mi dispiace da morire anche per oggi. Sul serio. -

 

- Non preoccuparti. - Si sedette stancamente sul letto, stropicciando l'angolo del copripiumone.

 

- E invece sì, mi preoccupo! Mi sono comportata malissimo nei tuoi confronti. Dovresti avercela a morte con me, ora... - Lui sorrise, scrollando via un riccio ribelle da davanti agli occhi.

 

- Non sono capace. - Rispose semplicemente. Coco ricambiò il sorriso scuotendo lentamente la testa, prima di correre fuori dalla stanza.

 

- Aspetta un attimo...! - Esclamò, che era già a metà del corridoio.

 

Tornò pochi secondi dopo, con in mano un pacchettino con un grosso fiocco rosso. Si sedette accanto a lui, porgendoglielo.

 

- Almeno questo avrei voluto dartelo in modo diverso... Con le cose fatte un po' meglio, come per Nick. Magari una torta... - Sospirò, scuotendo le spalle. - Invece sono un disastro e dovrai accontentarti che sia ancora il giorno giusto. - Indicò l'orologio al polso di Kevin che segnava dieci minuti alla mezzanotte.

 

- Va bene così. Ci sono io, c'è il regalo... e ci sei tu. A me basta questo. - La rassicurò, cominciando a sfilare il nastro.

 

Dalla carta spuntò una bella kefiah bianca e nera che lui sfilò dal pacco, osservandola con sguardo quasi adorante. Dopo le chitarre, sciarpe e occhiali erano ciò che più preferiva comprarsi. Si poteva quasi dire che li collezionasse, tanto grande era quella sua particolare fissazione.

Era una sorta di mania, qualcosa che faceva parte di lui e Coco, con quel suo modo di osservare tutto di tutti, se ne era accorta subito...

 

- Ho notato che usi spessissimo le sciarpe... - Mormorò, aspettando che lui dicesse qualcosa.

 

- E infatti... mi piace, davvero. - Rispose a bassa voce, guardandola intensamente negli occhi. Lei sorrise sollevata, senza distogliere lo sguardo.

 

Di nuovo, si fissarono in silenzio. In attesa di qualcosa che entrambi sapevano che doveva essere detto.

 

- Coco. - Cominciò Kevin, in tono serio. - Sarai felice con lui? - Senza preamboli, come se non avessero mai smesso di parlare di Joe.

 

Gabrielle deglutì, inumidendosi le labbra mentre riprendeva fiato.

Sembrava una domanda facile, eppure non sapeva che risposta dargli. C'era sempre quel piccolo, fastidioso, insistente campanellino che trillava senza sosta. Come a volerla avvertire di qualcosa.

 

Qualcosa che Coco si ostinava a non capire...

 

- Penso proprio di sì. - Concluse, cercando di mettere a tacere ogni dubbio. Solo che, senza la sicurezza degli occhi innamorati di Joe in cui rifugiarsi era veramente, veramente difficile.

 

- Va bene. - Disse lui, appoggiandosi la sciarpa sulle spalle. E in quelle due, semplici parole c'era tutto l'amore che provava per Gabrielle. Se Joe era quello che lei voleva, era pronto ad accettarlo. O a fare un tentativo, almeno.

 

Coco sorrise e dopo aver afferrato i due estremi della kefiah, gli diede un leggero strattone, attirandolo verso di sè.

Gli si avvicinò e per un breve, intensissimo secondo, Kevin credette che l'avrebbe baciato... prima che, all'ultimissimo momento, lei piegasse leggermente il capo, poggiando le labbra all'angolo delle sue.

 

Fu comunque quanto di più vicino ad un bacio vero potessero scambiarsi.

 

- Grazie... Di nuovo. - Bisbigliò, ancora così vicina da solleticargli la guancia con il suo respiro. Si scambiarono un ultimo sguardo, poi lei si alzò ed usci dalla stanza, senza voltarsi.

 

 

***

 

 

Quando tornò in salotto, trovò soltanto Joe che l'aspettava ancora seduto sul divano, con uno sguardo imbronciato.

 

- Nick è andato... - Coco lo bloccò, chinandosi su di lui per posargli un bacio sulle labbra ancora dischiuse.

 

- Non mi interessa. - Sussurrò. - Adesso siamo solo io e te... -

 

- Ah, è per questo che prima non volevi...? Per loro? - Domandò lui, circondandole i fianchi con le braccia per attirarla nella sua stretta.

 

- Anche. Per essere sincera, io lo sguardo di Kevin non riesco a sopportarlo in quei momenti... Non ti arrabbiare. - Continuò, nascondendo il viso contro la spalla di lui. - Ma io mi sento tremendamente in colpa, nei suoi confronti. -

 

- Non ti starò lontano, solo perchè a lui do fastidio! - Sbottò Joe, stringendola con fare possessivo. - Quando siamo in casa, lui c'è sempre... Vorrebbe dire che non potrei sforarti... praticamente mai! Io non ce la faccio, Coco. -

 

Non poteva chiedergli una cosa del genere. Che, in ogni caso, sarebbe stata difficile anche per lei... Era stretta tra due fuochi. Da un lato la paura di ferire, dall'altro un innegabile desiderio.

 

Poi, improvvisamente, le sovvenne che la soluzione l'aveva a portata di mano, in senso letterale. Allungò il braccio verso il mobile che le faceva da comodino ed afferrò la busta bianca che Monique ci aveva lasciato sopra, cinque giorni prima. Si alzò in piedi ed invitò Joe a seguirla, prendendogli la mano.

 

- Vieni con me... - Disse, guidandolo verso il corridoio, fino alla stanza della sorella. Estrasse dalla busta la chiave con il fiocco rosa che ci aveva trovato dentro, lasciando invece il foglietto che la accompagnava al suo posto.

 

"Sono sicura che anche la mamma sarebbe d'accordo."

 

Che, vergato nella familiare scrittura tondeggiante di Monmon, era il modo più diretto per dirle che doveva smetterla di sentirsi un'estranea per quella parte di famiglia, di vita. Che in quella camera poteva entrarci quando voleva.

 

E Coco non l'aveva ancora fatto. Aveva fatto scattare quella serratura almeno una decina di volte, negli ultimi due giorni, ma non era mai riuscita ad entrare... Era sempre rimasta ferma, in piedi davanti alla porta chiusa.

 

Fece girare la chiave nella toppa e dopo l'ultimo scatto, si fermò. Si voltò a guardare Joe, tenendo entrambe le mani sulla maniglia di ottone.

 

- Sappi solo che questa stanza rappresenta qualcosa di molto importante per me... - Bisbigliò. - Entrarci significa riprendermi una parte di vita. Finora, da sola, non avevo mai avuto la forza di farlo. Adesso, invece, sono sicura di riuscirci. - Fece scattare il pomello e mosse un passo all'indietro, oltre la soglia. - Perchè questa sarà solo nostra... Qui dentro non ci sarà nessun altro, saremo solo io e te. Ogni singola, dannatissima volta in cui avrai voglia di... me, ti autorizzo a trascinarmi oltre questa porta e a chiudere fuori il mondo. Purchè tu rispetti la mia condizione: mai, mai davanti a Kevin. Lo facciamo questo patto? - Joe sorrise, chiudendosi la porta alle spalle.

 

- Ci sto... - Le mormorò a fior di labbra, prima di baciarla.

 

 

 

 

{ Muoia sotto un tram più o meno tutto il mondo...
Esplodano le stelle, esploda tutto questo.
Muoia quello che è altro da noi due,

almeno per un poco... Almeno per errore. }
Bruci La Città - Irene Grandi

 

 

 

Mosse un paio di passi in avanti, spingendola dolcemente sul letto.

 

- Solo una cosa... - Soffiò, staccandosi da lei per riprendere fiato. - Perchè stamattina ti sei tirata indietro? Eravamo solo noi. - Gabrielle lo guardò dritto negli occhi.

 

- Perchè questa è la prima volta... di tutto, per me. Voglio procedere senza fretta, per godermi ogni singolo istante. Ogni sensazione. - Rispose, mordendosi il labbro in un modo che lui trovò assolutamente irresistibile. Poi si sistemò i capelli dietro le orecchie e fece per togliersi il maglione. Joe la bloccò, sostituendo le sue mani a quelle di lei.

 

Sorridendole cominciò a sfilarlo con calcolata lentezza, mentre lei sollevava docilmente le braccia per aiutarlo. Nel momento stesso in cui quello toccava terra, le labbra di Joe sfioravano il collo di Coco, lasciato pericolosamente scoperto dalla cannottiera che indossava.

 

- Non ti preoccupare, allora... - Bisbigliò. - Fidati di me... - Lei questa volta non scappò e non rispose, emise solamente un sospiro soddisfatto, tuffando la mano nei capelli di lui.

 

Joe la spinse dolcemente all'indietro, facendola sdraiare completamente sul materasso, prima di lasciarsi condurre dalla scia di baci di nuovo alle sue labbra...

 

Il suono ovattato dei loro respiri rimbombava nel silenzio circostante. Erano soli, nel loro personalissimo angolo di mondo.

 

Gabrielle strinse le braccia intorno al collo di lui, inarcando leggermente la schiena quando avvertì la mano di Joe accarezzarla, attraverso la stoffa leggera... Sentiva come se le sue dita e la sua bocca le stessero lasciando una scia di piacevolissimo calore sulla pelle, ovunque andassero a sfiorarla.

 

Chiuse gli occhi, concentrandosi unicamente sul tocco morbido delle labbra di Joe che scesero di nuovo lungo il suo collo, fin quasi alla spalla... Inclinò leggermente la testa, per lasciarlo libero di muoversi più agilmente, ma, per una volta, fu lui a fermarsi.

 

- Coco... - Cominciò, sospirando. - Io... ho fatto un voto. Ho promesso di rimanere vergine fino al matrimonio. - E, onestamente, in quel momento gli sfuggiva quale fosse stata l'esatta motivazione di quel gesto. Si costrinse a distogliere lo sguardo dalla spallina della cannottiera di lei che aveva cominciato a scendere pericolosamente oltre il limite consentito... E da quel piccolo neo scuro che occhieggiava dalla sua scollatura.

 

- Ehi. - Sorrise, sollevandosi su un gomito per posargli un rassicurante bacio sulla guancia. - Ho una sorella che è rimasta incinta  a diciannove anni... Quanta fretta credi che possa avere, in questo senso? -

 

Lui si alzò, leggermente sollevato, anche se per la prima volta in vita sua, sentiva quella fedina d'argento pesargli attorno al dito come fosse stata fatta di un chilo di piombo, invece che di pochi grammi di metallo.

Poi si lasciò cadere a pancia in su, fissando il soffitto con aria contrita.

 

Gabrielle gli si fece vicina, accoccolandosi contro di lui e gli diede un altro bacio leggero sul collo. Joe chiuse gli occhi e le passò una mano fra i capelli, lasciandosi sfuggire un mugolio soddisfatto, prima di voltarsi su un fianco per abbracciarla. Le passò un braccio intorno alle spalle e lasciò che appoggiasse la schiena contro di lui...

 

Di due cose era assolutamente certo: era veramente innamorato e convincersi che non voleva avere rapporti fisici con lei sarebbe stato perfettamente inutile...

 

 

Nel frattempo, il suo cellulare squillava insistentemente e tristemente inascoltato... Il display contava già un'infinità di chiamate che non avevano avuto risposta. Tutte da parte di Debra, la loro manager.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11° ***


E rieccoci

E rieccoci!x3 Come qualcuno già sa, questo sarà un capitolo un po' distruttivo, ma la vera bomba arriverà nel prossimo... Penso di dovermi preparare ad essere linciata sulla pubblica piazza. *mi avvierò al patibolo con il mio adorato portatile sottobraccio ed il ricordo delle vostre belle recensioni nel cuore* XD

 

Socia: tu hai già letto il capitolo, ma vabbeh!XD Felice che tu abbia apprezzato la parte "piccantella" dello scorso. Immaginavo avrebbe avuto un certo effetto su di te!x3 Ora aspetto il tuo commento anche sull'ultima parte di capitolo e sul fotomontaggio! Ti adoro, lo sai!<3

 

beautiful_disaster: eeeeh, io ci tengo un sacco alle tue recensioni e ti voglio puntuale!x3 Joe è Joe, ha il suo fascino, bisogna ammetterlo (e qui Tempe mi uccide per aver osato certi commenti sull'uomo della sua vita!XD). Anche tu pro-Kev? Ma siete una marea!X°D L'uomo della mia vita sta riscuotendo un successo paura... Voi continuate a sostenerlo, che gli fa bene e intanto vedremo come si comporterà la nostra Coco!x3

 

Aya: per la questione mail, direi che ci siamo chiarite!x3 Per quanto riguarda la questione Joe/Coco/Kev, non temere che i nostri Jonas pian piano riusciranno a riavvicinarsi. Ecco, magari non in questo capitolo...xD Su quale sia la coppia "giusta", beh, in amore è davvero difficile stabilire dove stia il "giusto" e lo "sbagliato". Vedremo!=3

 

Agatha: come mi piacciono le tue recensioni!** Sono perfette. Puntigliosissime analisi dei personaggi e di questo ormai accertato triangolo. Non sei sola nella battaglia pro-Kevin e chissà... Voi continuate a leggere e a fare il tifo per lui!=D

 

fefy88: come ho detto nella risposta alla recensione di "Giorni", sono contentissima di rivederti fra le recensitrici!x3 Credevo ti fossi persa... E io come faccio senza la mia fedelissima? Per quanto riguarda Kev, già detto nell'introduzione allo scorso capitolo, non è mica finita qui la fic...

 

sbrodolina: come hai detto tu, la fic non è finita, quindi chissà... Kev avrà i suoi momenti di gloria. Oh, del voto lo sapevo bene e infatti, ho fatto fermare Joe appena in tempo! Povero lui...x3

 

Razu_91: peccaminoso?x3 Credo che la mia scoia avrebbe da ridire... Comunque, se ti preoccupavano le chiamate di Debra, avrai di che "divertirti" in questo capitolo!x3

 

Jollina: la stanza è il primo collegamento con il passato di Coco che, forse, in futuro, tornerà a farle visita sotto forma di... no, non lo dico!x3 Vedrai, vedrai!

 

Potterina: calma, respira!XD Joe come vedi, non ha ancora rotto il suo voto. E non è detto che sarà il primo a farlo... Ma chi leggerà, vedrà.x3 Per il ritardo sei perdonatissima, mi fa tanto tanto contenta ritrovarti tra le recensitrici. Al prossimo commento, un bacio!=*

 

PaleMagnolia: *__* Una nuova lettrice, bellobellobello. Mi ha fatto molto piacere quello che hai scritto, davvero. In effetti non è facile scrivere su personaggi famosi, però, non so, con i Jonas mi sono trovata subito a mio agio!x3 Spero che continuerai a leggere e recensire!=)

 

E stavolta, non finisce qui!x3 Prima di lasciarvi al capitolo, eccovi una chicca:

 

Oggi ho trovato una foto che mi aggradava dell'attrice che ho usato per fare l'altro fotomontaggio (giuro che è la stessa, anche se non sembra!XD E' multiforme 'sta donna!) e ho fatto un altro lavoretto. Ecco a voi l'ormai più famoso triangolo di tutto efp. Della serie: Lui-lei-l'altro... Chi sceglierà la bella?XD

 

Voglio pareri, che ci ho lavorato un sacco... Non sapete la fatica per fondere decentemente le foto di Joe e Kev!=_=

 

http://img175.imageshack.us/my.php?image=trianglenw1.png

 

Al solito, copiincollate l'indirizzo nella barra in alto!x3

 

Un bacio a tutte, vi adoro!<3

 

 

 

 

- Capitolo 11° -

 

 

 

{ Abbiamo troppa fantasia e se diciamo una bugia,
è una mancata verità che prima o poi succederà...
}

Quello Che Le Donne Non Dicono - Fiorella Mannoia

 

 

 

 

Il suono sgraziato del citofono squarciò il placido silenzio che regnava in casa. Nick abbandonò a malincuore la sua tazza ti caffè ed il catalogo di chitarre che stava sfogliando, per andare ad aprire.

 

A chiunque avesse deciso di turbare uno dei suoi, ormai rarissimi, momenti di quiete...

 

La presenza di Kevin era segnalata soltanto dal suono scrosciante della doccia che giungeva ovattato da dietro la porta del bagno. Joe e Coco, invece, dormivano ancora.

 

Tornando alla cucina, Nick lanciò uno sguardo al divano letto che, evidentemente, la sera precedente non era nemmeno stato aperto. E non gli era difficile immaginarne il perchè... Nè tantomeno dove potessero essere suo fratello e Gabrielle, in quel momento.

 

Lui quella porta non l'aveva aperta, più che altro per non intromettersi in qualcosa che non lo riguardava. E che non voleva lo riguardasse. Ma non poteva giurare che Kevin non l'avrebbe fatto, una volta che si fosse accorto di come stavano le cose.

 

Tremò al solo pensiero della scena che si sarebbe trovato davanti e simultaneamente pregò che Joe non avesse buttato dalla finestra diciotto anni di solida educazione cristiana in un'unica notte.

 

{Se ha rotto il voto, giuro che io rompo lui.}

 

Pensò, strizzando la foto patinata dell'ultimo, tecnologico modello di basso elettrico in commercio.

 

- DOV'E'!? Dov'è quel disgraziato!? - Debra si scaraventò nell'appartamento, il solito, impeccabile chignon sostituito da una disordinata coda di cavallo, con in mano un pacco di giornali e giornaletti. Entrò nella cucina, sbattendo i rotocalchi sul tavolo con così tanta veemenza, che Nick dovette sollevare la sua tazza al volo per impedire che si rovesciasse. - Dov'è tuo fratello maggiore? - Ripetè la donna con la voce vibrante di rabbia.

 

- Kevin? Si sta facendo la doccia... - Talmente intimorito che quasi balbettava.

 

- No, non lui. - Rispose Debra gelidamente. - L'altro. -

 

 

***

 

 

Joe emise un mugolio scocciato, allontanando con un gesto secco la mano che gli scuoteva la spalla. Rituffò il viso nel cuscino, stringendo Gabrielle che dormiva beatamente fra le sue braccia. Eppure, chiunque fosse, il proprietario di quella mano non demordeva. Riprese a scrollarlo con insistenza e senza troppa grazia.

 

- Joe! - Sibilò Nick, arpionando la maglia a righe del fratello. - TI VUOI SVEGLIARE!? - A quell'urlo infastidito fu, invece, Coco a rispondere.

 

- Piccolo... - Sbadigliò, ruotando la schiena per voltarsi nella sua direzione. - Cosa succede? - Nick sospirò, distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri di lei, ancora velati di sonno. Non sapeva assolutamente come dirglielo, quali potessero essere le parole giuste. Perchè, se per Joe poteva non essere un novità... Gabrielle non aveva mai affrontato una cosa del genere.

 

- C'è... un problema. - Cominciò. Lei si alzò, sciogliendo la dolce stretta di Joe che, ancora con gli occhi chiusi, stava silenziosamente ascoltando quella conversazione.

 

- Un problema? Nick... parla, cosa succede? - Lo incalzò, piuttosto preoccupata dall'espressione cupa di lui.

 

- Di là c'è Debra. E non è esattamente di buon umore. - Coco sgranò gli occhi e, prima che Nick potesse aggiungere altro, si voltò e scesa dal letto con un balzo leggero, si affrettò verso il salotto.

 

- NO! Aspetta...! - La richiamò inutilmente. A quel punto Joe si girò, puntando gli occhi ormai svegli in quelli del fratello minore. Non ebbe bisogno di parlare, per farsi capire.

 

- E' un casino... - Sussurrò lui, tuffandosi entrambe le mani nei capelli. - Fossi in te mi alzerei. E in fretta. -

 

 

Gabrielle entrò nella cucina, rabbrividendo all'aria ghiacciata che soffiava dalla finestra semiaperta. Debra era seduta al tavolo e stretta nella sua giacca di tailleur color pervinca, fumava una sottile sigaretta bianca.

 

- Buongiorno... - Salutò, cercando di sondare il reale stato d'animo della donna.

 

- No, non direi che sia un buon giorno. - Soffiò una piccola nuvola di fumo grigio, prima di lanciarle un giornale attraverso il tavolo. Quando Coco lo sollevò e potè vederne chiaramente la copertina, sentì il terreno mancarle sotto ai piedi. - Sì. - Disse semplicemente Debra, quando alzò gli occhi azzurri su di lei.

 

In cima alla pagina patinata che stringeva tra le mani tremanti spiccava una fotografia di lei e Joe che si baciavano. Sullo sfondo l'inconfondibile sagoma della Tour Eiffel... Si fece forza per cercare di ignorare i titoli colorati, stampati a caratteri cubitali.

 

- Vorrei sapere cosa avevate nella testa! - La aggredì la donna, sbattendo un pugno sul tavolo.

 

- Noi... - Cominciò Gabrielle, ma venne bloccata sul nascere. Debra si alzò di scatto dalla sedia, brandendo quel che restava della sua camel light come un'arma.

 

- Voi siete DUE INCOSCIENTI! Ecco cosa... - Ringhiò. - Il Trocadero, dio mio, il Trocadero! E' uno dei luoghi turistici più famosi della città... Chiunque passi di lì ha almeno una macchina fotografica! - Coco si sentì improvvisamente stupida e sprovveduta come una bambina. Abbassò di nuovo lo sguardo sulla rivista, aprendola in cerca dell'intero articolo. C'erano quattro pagine di fotografie terribilmente sgranate, costellate di didascalie sibilline che riuscivano ad insinuare tutto e niente contemporaneamente, su quello che era stato solo un bacio.

 

- Non stavamo facendo nulla di male... - Sospirò, rivolta più a sè stessa che alla sua interlocutrice.

 

- Non ti rendi proprio conto, vero? Lui è Joe Jonas. Non può permettersi di pomiciare in strada come un ragazzino qualunque. - Il suo naso si arricciò alla parola "pomiciare". Non era esattamente così che avrebbe definito ciò che c'era stato fra loro... Si strinse nelle braccia, lasciando cadere il giornale sul pavimento lucido. - Quelle foto scattate per puro caso, hanno fatto il giro del paese... e molto probabilmente, del mondo in meno di quarantotto ore. E non è di certo un bene, questo lo capisci almeno? - Esalò, spegnendo la sigaretta e gettandola nella tazza vuota che Nick aveva lasciato sul tavolo. Poi Debra afferrò un altro dei giornali e lo aprì più o meno a metà, mostrandole una foto a doppia pagina, incorniciata da un articolo molto, molto simile a quello che aveva visto poco prima. - E puoi provare ad immaginare cosa succederebbe, se si sapesse che abitate sotto lo stesso tetto e... Gesù... - Si fermò, appoggiandosi al piano di marmo per prendere fiato. - ...che sei quattro anni più grande di lui. Ma, dio, come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere!? - Gabrielle si sentì mancare il fiato.

 

- Mi scusi... - Abbozzò. - Ma cosa c'entra la differenza d'età? - Debra scosse velocemente la testa, emettendo una sorta di risolino isterico.

 

- C'entra che ci sono migliaia di ragazzine in tutto il mondo che seguono i Jonas Brothers e che sono, in un modo o nell'altro, "innamorate" di Joe. Ragazzine che spesso non hanno più di quindici o sedici anni... Ragazzine che devono poter continuare a sognare di essere quelle giuste per lui, che ne ha solo 18. Se viene fuori che sta con una ventiduenne, si sentiranno immediatamente "piccole", escluse, tagliate fuori... E smetteranno di essere fans! Questo, tesoro, non ce lo possiamo permettere. -

 

- Sì, ha ragione. - Sussurrò Gabrielle, chinando il capo. Il peso di quei quattro anni le piombò addosso improvvisamente, mozzandole il  respiro in gola.

 

- E' ovvio che ho ragione. - Esclamò, lisciandosi la manica del tailleur. - E lo è altrettanto che la tua collaborazione con il nostro staff deve finire qui. Tu sei una ragazza qualunque che ha sbattuto contro qualcosa di più grande di lei... e non ha saputo gestirlo. Per questo devi stare lontana da Joe, d'ora in poi... - Serrò gli occhi, deglutendo con decisione. Fu come se qualcuno le avesse sferrato un pugno in pieno stomaco, privandola ti ogni forza. Si morse un labbro, concentrandosi nel tenere i piedi solidamente piantati a terra... - Troveremo il modo di mettere a tacere questa storia con una serie di dichiarazioni studiate a tavolino. Ma funzionerà solo se tu sparisci, intendiamoci. -

 

- Non ci intendiamo per niente, invece. - Intervenne Joe, entrando nella cucina. Si avvicinò a lei e le passò un braccio dietro la schiena, attirandola nella sua stretta. - Che cos'è questa storia? Coco resta dov'è. - Puntò gli occhi scuri in quelli di Debra, guardandola con evidente astio.

 

Gabrielle si strinse a lui, nascondendo il viso contro la sua spalla. Desiderò immensamente di possedere la capacità di fregarsene, un po' di egoismo... Per riuscire a convincersi che la cosa giusta era pensare a sè stessa e lasciarsi proteggere dall'abbraccio di Joe, quando invece la sua mente le stava gridando a chiare lettere che obbedire a Debra era la miglior soluzione. Almeno per il bene dei Jonas Brothers.

 

- Per l'amor del cielo, Joseph. Risparmiami queste scenate! - Tuonò la manager, alzandosi per muovere un passo imperioso verso di loro.

 

- GABRIELLE E' LA MIA RAGAZZA. - Sentì la mano di lui serrarsi intorno al suo braccio, decisa ma non tanto da rischiare di farle male.

 

"La mia ragazza". Aveva un bellissimo suono, detto da Joe. Peccato che sarebbe stata la prima e l'ultima volta.

 

- Tu e la tua... ragazza, siete finiti sui giornali scandalistici di mezzo mondo. - Sibilò, impugnando una delle riviste e sbattendogliela davanti al naso. Joe sgranò impercettibilmente gli occhi, nel leggere i titoli.

 

- Non mi interessa. - Un lampo di pura furia passò negli occhi di Debra. Lanciò il giornale a terra con una tale violenza che avrebbe potuto perforare le piastrelle.

 

- Ascoltami bene, ragazzino! Tu sei Joseph Adam Jonas e questo comporta delle conseguenze. - Gli puntò contro un'unghia perfettamente curata, laccata di bianco perlaceo. - Tra cui il rimanere perennemente single. Almeno per le fans. Il che significa per la stampa. -

 

- Non la lascerò per salvaguardare le inutili fantasie di qualche ragazzina! - A quel punto, Coco capì di dover intervenire nella discussione. Chiuse gli occhi, cercando di imprimersi a fuoco nella memoria la sensazione meravigliosa che le dava stare fra le sue braccia... Poi prese un respiro profondo e si discostò da Joe quel tanto che bastava per potergli parlare.

 

- Debra ha ragione. - Abbassò lo sguardo verso di lei, spalancando gli occhi.

 

- Cosa?! -

 

- Ha ragione, Joe. - Ribadì. - Abbiamo combinato un casino e la cosa migliore, ora, è che io me ne vada. -

 

- No... Io... NO! - Balbettò lui, indietreggiando bruscamente. - Non puoi dirmi una cosa del genere! - Gabrielle strinse i pugni, imponendosi di resistere.

 

- Cerca di capire! - Sbottò.

 

- Io capisco solo che mi stai dicendo che vuoi lasciarmi. Mentre io stavo per dire che... ti amo. - Quella fu una vera e propria mazzata. Cercò di convincersi che le ultime due parole non fossero mai uscite dalle sue labbra.

 

- Non sto dicendo che voglio lasciarti! -

 

- Ah no!? E cosa, allora? Perdonami, eh, ma non ci arrivo proprio. - Il suo tono si fece improvvisamente più nervoso.

 

- Che devo. E che tu ci creda o no, lo sto facendo per te. - Ed era l'unica nota positiva in tutta quella storia.

 

- Oh, sì, certo. Dicono tutti così! Ti spezzo il cuore, ma lo faccio per te... - Coco fece per allungare una mano verso di lui, ma Joe si scostò con malcelato fastidio.

 

- Non fare così... -

 

- Così? - Ripetè meccanicamente.

 

- Sì, così. Come un bambino capriccioso! Mi sembra di sbattere continuamente contro un muro cieco e, invece, vorrei che tu capissi! - Lasciò cadere il braccio lungo il fianco, lottando contro la maledetta voglia che aveva di piangere.

 

- Smettila. - Ringhiò lui. - Non c'è niente da capire... Al di là del fatto che, evidentemente, credere che una che a ventidue anni non è mai stata con nessuno potesse essere capace di amare, è stato un grosso errore. - Le puntò addosso uno sguardo che la fece rabbrividire. - Non ne sei capace affatto. Sarà per questo che sei sempre stata sola. -

 

- Questo... Questo non dovevi dirlo. - Mosse un passo indietro, guardandolo con occhi quasi terrorizzati, mentre Joe già si pentiva di essersi lasciato scappare una frase del genere. - No. - Lo bloccò, ancor prima che potesse aprire bocca. - Non aggiungere altro, mi sembra già abbastanza. - Detto questo, si voltò e dopo aver afferrato al volo il suo cappotto rosso dall'attaccapanni all'ingresso, uscì dalla porta.

 

Accompagnata da uno schianto violento, proprio mentre la prima lacrima le rotolava lungo la guancia.   

 

- E allora fa' come ti ha detto lei, SPARISCI! - Urlò di rimando all'uscio ormai chiuso. - Al diavolo...! - Sibilò poi, tirando un calcio risentito alla sedia che gli stava più vicina.

 

Debra, che aveva assistito in silenzio a tutta la discussione, gli si avvicinò in silenzio e si fermò a pochi passi da lui.

 

- Sembra che, in un modo o nell'altro, tu sia riuscito a risolvere il problema, Joseph. - Sospirò, raccogliendo i rotocalchi che erano sparsi a terra. - Adesso dobbiamo solo organizzarti un incontro con i giornalisti, in modo che tu possa dire le cose giuste e chiudere definitivamente questa faccenda. -

 

- Io non dirò niente. Non ne ho la minima intenzione. - Soffiò.

 

- Poco male. Hai tempo fino a domattina per abituarti all'idea. Adesso, se non ti dispiace, vorrei che ti andassi a cambiare. Tu e i tuoi fratelli dovete essere sul set fra mezz'ora. - Concluse la donna, sistemandosi con un leggero strattone l'orlo della giacca.

 

Joe, dal canto suo, rimaneva fermamente convinto che non avrebbe aperto bocca, a costo di rimanere fermo e zitto davanti a microfoni e telecamere per tutta la durata dell'intervista...

 

... e che non avrebbe lasciato Gabrielle. Per nessun motivo.

 

 

***

 

 

Quando, quella sera, al ritorno dalle riprese, Joe trovò la porta dell'appartamento ancora chiusa a chiave, senti un grande vuoto. E una dolorosa morsa allo stomaco.

 

Coco non era tornata.

 

Rimase fermo sulla soglia, con lo sguardo perso nella penombra del salotto, fino a che Nick e Kevin non lo raggiunsero e lo sorpassarono, dandogli una leggera spinta che lo fece tornare bruscamente alla realtà.

 

Il fratello maggiore, l'unico ancora all'oscuro di quanto era successo, premette sull'interruttore, illuminando la stanza e le espressioni contrite degli altri due.

 

- Perchè Gabrielle non c'è? Sapete qualcosa che io non so...? - Domandò, fulminandoli con lo sguardo.

 

Poi si diede un'altra veloce occhiata intorno e la sua attenzione fu catturata da qualcosa che quella mattina, nella fretta di uscire, non aveva visto. Agguantò la rivista che era stata lasciata, aperta, sul tavolino e dopo aver osservato la fotografia che occupava l'intera pagina, si rivolse nuovamente a Joe, ponendogli una tacita domanda... alla quale si capiva, esigeva una risposta immediata.

 

- Se ne è andata. - Rispose quello laconico, ma con una sfumatura di determinazione nella voce. - E, a questo punto, non credo tornerà... -

 

Kevin strizzò il giornale, riducendolo ad un informe cilindro di carta spiegazzata.

 

A quel punto, Nick, anche solo per evitare che gli altri due si ammazzassero a vicenda, si intrufolò nella discussione e spiegò brevemente l'accaduto... Riducendo l'ultima parte ad uno sbrigativo e abbastanza neutro "Joe e Coco hanno litigato". E poi lei era uscita sbattendo la porta.

 

Si avvicinò al fratello maggiore, poggiandogli una mano sul braccio ancora teso nello sforzo di stritolare il malcapitato rotocalco. Questo si voltò verso di lui, facendosi forza per cercare di ignorare Joe e la sua espressione di malcelata strafottenza.

 

- Perchè non me l'avete detto subito? - Esalò.

 

- Credevamo che sarebbe tornata. - Rispose il Jonas di mezzo per entrambi.

 

- Tu zitto! - Gli puntò contro il giornale arrotolato. - Che sono praticamente certo che hai combinato qualcosa. Per come conosco te e Nick, ci metterei una mano sul fuoco che ti sta coprendo. - Detto questo, agguantò cellulare, chiavi di casa e un cappello e li ficcò i malagrazia nelle tasche del cappotto che non si era ancora tolto.

 

Poi mosse un paio di passi verso la porta, rimasta aperta.

 

- Dove vai, Kevin? - Mormorò Nick, con aria preoccupata.

 

- A cercare Coco. - Si voltò, bloccando sul nascere la replica di Joe. - Ci vado io. -

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Capitolo 13
*** Capitolo 12° ***


Ecco, ora mi preparo, perchè non so davvero quali potranno essere le vostre reazioni alla "bomba emotiva" di questo capitolo

Ecco, ora mi preparo, perchè non so davvero quali potranno essere le vostre reazioni alla "bomba emotiva" di questo capitolo... Penso che, principalmente, vorrete linciarmi.XD A parte una certa socia che è riuscita a cavarmi con malefici ricatti dei succulenti spoiler, beh, dubito seriamente che qualcuno si aspettasse una cosa del genere...

Seriamente, non uccidetemi... Anche perchè non crediate che i colpi di scena siano finiti qui!x3

 

Ora passiamo ai ringraziamenti, che vi devo perchè come dico sempre, siete voi il vero motore della mia fantasia e non smetterò mai di esservi grata per la passione con cui seguite la mia storia!<3

 

Socia: tu, come al solito, già sai. Perciò quella fantomatica pulce dovresti essertela tolta come minimo da ieri!x3 Joe è innamorato, sì, come lo è Kevin. Hai detto bene, entrambi la vogliono e... entrambi in un certo senso sono riusciti a prendere qualcosa da lei...

 

beautiful_disaster: ti perdono, ti perdono. Ma questa volta, visto anche che popò di capitolo è, voglio una recensione-papiro come quelle che mi piacciono tanto!x3

 

Aya: guarda, questo capitolo è assolutissimamente all'insegna di Kevin. E Debra, beh. Debra e la sua scenata esagerata mi servivano come causa scatenante per arrivare a ciò che è successo/succederà. E non è una cosuccia proprio da nulla...

 

Agatha: oh sì, io adoro le recensioni chilometriche. Più sono lunghe e più mi piacciono.** Immagino che questo capitolo ti offrirà parecchio materiale su cui "lavorare". Non vedo l'ora (ma ho anche un po' paura, ad essere onesta) di leggere cosa ne pensi!**

 

Jollina: come al solito, sei la donna dalle mille domande!xD Leggi e avrai le tue risposte... As usually, manda i miei saluti anche a Potterina e dille che aspetto anche la sua recensione. Io ci tengo a sapere cosa pensate tutte voi!**

 

sbrodolina: ecco l'aggiornamento, anche se non so se sarà tanto più salubre per te leggerlo, di quanto non lo sia stata l'attesa!x3 E, fra poco, sarà anche il momento del tuo Nick. Ho qualcosa in serbo anche per lui...

 

Razu_91: ecco, ora sai come è andata avanti e immagino quanti "oddio" ci saranno nella tua recensione a questo capitolo... xD

 

Maybe: ti ho lasciata apposta per ultima, perchè devo ringraziarti come si deve!** Al di là del fatto che mi fa sempre felicissima trovare recensioni di nuove lettrici, la tua mi ha veramente colpita. L'ho apprezzata non sai quanto e per molti motivi. Tra cui anche il sapere che sei mia coetanea, perchè per me è davvero "speciale" pensare che la mia fic riesca a piacere anche a lettrici un po' più attempate che di solito snobbano certi fandom (e lo facevo anche io, prima di incocciare nei Jonas!=P). Mi hai resa veramente orgogliosa di questa storia, della mia Coco e del mio modo di scrivere.x3 Per cui un grazie enorme, davvero. E sono più che felice che continuerai a seguirmi.** Un bacio anche per questo!=* (La faccenda degli anni, me ne ero accorta anche io a dire il vero, ma finora era passato inosservato e quindi ho procrastinato il momento di correggere l'errore!XD *me pigra* Lo farò ora e avviserò le lettrici!^^)

 

Avviso: ho sbagliato un conto: Coco è dell'86, Joe dell'89 quindi sono tre gli anni di differenza fra loro e non quattro, come avevo scritto!x3 Andrò a correggere. Distrazione mia, sorry!=P

 

Vi lascio al capitolo, gioie. E vi prego solo di una cosa: quando avrete letto... Abbiate pietà di me. Non uccidetemi!x3

 

 

 

 

- Capitolo 12° -

 

 

 

{ Desiderio che adesso pretende di te...

Come un fuoco che si accende da sè. }

Stanotte Stai Con Me - Laura Pausini

 

 

 

 

Kevin alzò lo sguardo sull'insegna luminosa dell'ennesimo locale, sospirando profondamente.

Erano ormai due ore e passa che girava senza sosta alla ricerca di Coco. Aveva chiamato Monique, come prima cosa, ma quando lei gli aveva risposto che non sapeva dove fosse la sorella, aveva avuto il buon senso, o buon gusto, di non allarmarla. Glissando elegantemente, per quanto gli riuscisse nello stato in cui versava.

 

Si sfilò il cappello, scuotendolo per liberarlo dai fiocchi di neve che avevano cominciato a cadere impietosi dal cielo. Il fiato gli uscì dalle labbra in una nuvoletta calda che si perse rapidamente nel buio della notte, mentre si faceva forza e spingeva la grossa maniglia della porta d'ingresso. Era stanco, il freddo gli tagliava le gambe e le birre che aveva bevuto in alcuni dei pub in cui aveva già cercato, seppure non fossero poi molte, cominciavano a farsi sentire.

Entrò nel piccolo caffè, facendosi strada fra i tavolini stipati di bicchieri.

 

L'aria odorava intensamente di anice e arancia, esattamente come il liquore che i baristi usavano per correggere il the. E di the bollente se ne beveva a fiumi, in quelle gelide serate di inizio inverno...

 

Si guardò intorno con aria preoccupata e dopo qualche minuto, con un infinito senso di sollievo, la vide. Coco era seduta ad un tavolo microscopico, in un angolo della sala. Stringeva fra le mani una grossa tazza di ceramica blu ed il suo sguardo era fisso davanti a sè, perso in chissà quali pensieri.

 

Pagò velocemente una bionda media, allo scopo, almeno, di risparmiarsi le occhiatacce che l'uomo dietro il bancone continuava a lanciargli da quando era entrato.

 

Si sedette sulla sedia di fronte a quella di lei, sollevando un debole sbuffo di aria ghiacciata.

Gabrielle rabbrividì, ma oltre a quello non diede altro segno di essersi accorta della sua presenza.

 

- Coco... - Mormorò, incerto su come comportarsi. Lei sbattè le ciglia un paio di volte e poi fissò lo sguardo su di lui, con un'espressione stupita. Come se lo vedesse in quel momento per la prima volta.

 

- Ke... vin. - Singhiozzò, la voce impastata, mentre una lacrima quasi invisibile le rotolava lungo la guancia arrossata. - Cosa... - Si interruppe di nuovo, lasciando quasi cadere la tazza semivuota sul piano di legno scuro e si passò una mano sulla fronte.  Poi si aggrappò al bordo del tavolo, come se si trovasse in equilibrio precario, piuttosto che saldamente seduta su una sedia.

 

E a quel punto, Kevin cominciò a capire. Lanciò uno sguardo sbieco al poco liquido ambrato accoccolato sul fondo della tazza, che sapeva inconfondibilmente di anice... e arancia.

 

- Ascoltami, Coco, forse dovremmo tornare... - Lei si alzò di scatto, mandando la sedia a sbattere contro il muro con uno schianto che, nel silenzio del pub quasi vuoto, rieccheggiò come un rombo di tuono.

 

- NO...! Io... non... - Biascicò, cercando di reggersi sulle gambe tremanti, mentre con le mani si scostava un ciuffo scuro dagli occhi spenti. Fece per muovere un passo, ma venne colta dall'ennesimo, violento giramento di testa...

 

E sarebbe finita molto probabilmente lunga e distesa sul pavimento, se Kevin non si fosse alzato a sua volta, allungando le mani verso di lei per prenderla al volo. Gabrielle gli piombò addosso, con un tonfo leggero e si rannicchiò fra le sue braccia.

 

In quel momento sembrava incredibilmente piccola, minuta più di quanto non fosse di solito, fragile.

 

- Non voglio... Joe... - Sussurrò, il viso pallido nascosto contro la spalla di lui. - Non voglio... -

 

- Quanto the hai bevuto...? - Domandò, accarezzandole amorevolmente i capelli.

 

Cercò di ignorare il fatto che, delle tre parole che lei era riuscita miracolosamente a mettere insieme, nonostante fosse ubriaca quasi al limite dell'incoscienza, una era il nome di quell'idiota di suo fratello.

 

- Io... Mi gira la testa. - Fu l'unica risposta che riuscì ad ottenere. Strinse la presa intorno alle spalle di Gabrielle, un po' per paura che gli scivolasse via dalle mani, di nuovo... E un po' per il guizzo di rabbia che aveva lampeggiato anche nei suoi occhi verdi, al pensiero di ciò che Joe poteva averle fatto, per indurla a scappare e a ridursi così.

 

Mentre, ancora perso nei suoi pensieri, rimaneva fermo sui due piedi in mezzo al locale, il barista poggiò lo strofinaccio che aveva in mano e gli si avvicinò.

 

- Scusami. - Lo chiamò, poggiandogli una mano sulla spalla. - Credo che la tua amica, qui, abbia bisogno di stendersi nel suo caldo lettuccio, ora. E domani mattina ne avrà di un antidolorifico. Era seduta lì da ore e ha ordinato almeno tre tazze di quel the corretto... Ti assicuro, io che lo preparo, che è parecchio forte. - Kevin annuì, domandandosi in silenzio come fosse possibile che il solo pagargli una birra avesse potuto ben disporre quel tipo nei suoi confronti.

 

- La mia intenzione era proprio quella di portarla a casa... - Gli assicurò, cercando di aiutarla a rimanere in bilico sulle sue gambe.

 

- No... No! - Ripetè Coco, tentando inutilmente di fare resistenza al senso di torpore che la stava avvolgendo. - A casa no. Ti prego... - Singhiozzò, con lo sguardo puntato a terra mentre si artigliava alle spalle di lui..

 

Kevin tornò a rivolgersi all'uomo con uno sguardo eloquente. Cosa poteva fare? Di certo non trascinarla conto la sua volontà, in quello stato fino a casa, sotto la neve.

 

- Chiaro... - Sospirò quello, passandosi una mano fra i corti capelli rossicci. - Ascoltami, l'albergo qui a fianco è più o meno gemellato al mio bar... I loro clienti vengono a fare colazione qui e viceversa. Se prendi una stanza per stanotte, io ti tengo d'occhio lei mentre vai a farti dare le chiavi e poi vi faccio passare da qui per arrivare alla camera... Dal retro è un attimo. - Soppesò mentalmente la possibilità, cercando di calmare Gabrielle che ancora piangeva.

 

Probabilmente era l'unica cosa sensata da fare... o l'unica alternativa al rimanere lì così, tutta la notte.

 

- Ok. - Acconsentì. Poi fece sedere Coco sulla sedia più vicina e le si inginocchiò davanti. - Torno subito... - Mormorò, accarezzandole il viso. Raccolse con la punta delle dita una lacrima, spazzandola via.

 

Svuotò l'ultima metà della lattina di Jenlain Blonde che aveva comprato, mentre usciva dalla porta a passo sostenuto.

 

 

***

 

 

Si chiuse la porta della camera alle spalle, facendo girare due volte la chiave nella toppa.

 

Era una stanza piuttosto piccola ed arredata con mobili decisamente vecchio stile, ma per quello che serviva a lui, non aveva niente in meno di una reggia.

 

Lanciò uno sguardo alla finestra, nascosta dalle spesse tende di pizzo macramè e pregò che non ci fossero fotografi nel giro di almeno dieci chilometri da lì. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era di finire sui giornali... come aveva fatto Joe.

Tese l'orecchio, ma la strada gli rimandava solamente il silenzio attutito della neve che continuava a scendere.

 

Sospirò, leggermente sollevato, prima di alzare Coco quasi di peso dal pavimento. La strinse fra le braccia, sorprendendosi quasi che fosse tanto leggera...

 

Si avvicinò al grosso letto a baldacchino, con l'intenzione di sdraiarla sulle coperte ancora perfettamente in ordine. Ma non aveva fatto i conti con Gabrielle, con le sue piccole mani agitate...

 

... E sicuramente non con il destino, il caso o chi per essi.

 

Successe tutto in modo assurdamente improvviso e veloce. In un secondo.

Il più breve ed insieme lungo secondo dei suoi primi ventuno anni di vita...

 

Mentre la lasciava andare, Coco gli afferrò il bavero del cappotto... convinta, nell'inconsapevolezza, forse, di stare per cadere. Con uno strattone involontario lo attirò insieme a lei.

 

Finirono entrambi sul materasso, sgocciolando fiocchi di neve ormai sciolta dai loro cappotti ancora indossati.

 

E Kevin si trovò improvvisamente ingabbiato.

 

Gli occhi fissi in quelli lucidi di lei, che lo guardava immobile, indifesa. Maledettamente indifesa...

 

Nella sua mente, già duramente provata dalla stanchezza e dall'alcool, presero a susseguirsi una serie di    pensieri contrastanti.

 

Gabrielle era ubriaca, molto probabilmente non si rendeva nemmeno conto di ciò che stava succedendo.

Gabrielle era fidanzata. Nonostante tutto, era ancora la ragazza di Joe.

Gabrielle era incredibilmente bella, anche con le guance rosse di lacrime ed i capelli resi un po' crespi dall'umidità della notte parigina.

 

E non aveva mai voluto nulla così profondamente, intensamente, disperatamente come voleva lei in quel momento... 

 

Si elencò mentalmente tutti i "contro", tralasciando volutamente i pochissimi "pro". Tutti.

Fino ad arrivare al fantomatico voto.

 

A quella fedina che luccicava, occhieggiando sinistramente, saldamente infilata al suo dito.

 

Rimorso, senso di colpa e perfino un velo di paura...

 

Tutte cose che svanirono, scoppiando come una fragile bolla di sapone, quando si chinò a poggiare la bocca su quella di lei. Coco sussultò leggermente, emettendo un piccolo sospiro, prima di socchiudere le labbra sotto quella dolce pressione.

 

In quel preciso momento, mentre i loro respiri si mischiavano e la mano di Gabrielle affondava nei ricci scuri di lui, entrambi avvertirono la loro parte razionale, già quasi completamente annullata dalla birra e dal liquore, scollegarsi definitivamente.

 

I cappotti finirono velocemente sul pavimento, mentre le dita di Kevin si insinuavano lentamente oltre l'orlo della maglia di lei. Tuffò il viso fra i suoi capelli, solleticandole il collo con il suo caldo respiro, prima di poggiarci le labbra.

 

Sorrise, nel sentire le mani di lei scendere sulle sue spalle per sfilargli la kefiah bianca e nera.

E poi la baciò, catturando di nuovo le sue labbra, mentre Coco prendeva a sbottonargli il maglione e poi la camicia, con una rapidità che non avrebbe mai avuto, se le mani fossero state sotto il suo diretto controllo...

 

Entrambi gli indumenti andarono a far compagnia a quelli già sparsi in giro, seguiti ben presto da due paia di jeans ed il dolcevita di Gabrielle... che si strinse a lui, rabbrividendo leggermente. Gli passò le braccia intorno al collo, sospirando, nel sentire che le sue scendevano a cingerle i fianchi con fare dolcemente possessivo.

 

Incastrati perfettamente l'uno nell'altra, come le tessere di un puzzle che aspettava solo di essere ricomposto...   

 

Erano praticamente pelle contro pelle e la sua, secondo Kevin, aveva qualcosa di irresistibile. Le accarezzò la schiena, soffermandosi con le dita premute contro il gancio del reggiseno... Il respiro decisamente irregolare e la fonte appoggiata a quella di lei.   

 

Come per aspettare un suo segno, prima di varcare la vera linea proibita.

 

Quando Coco gli prese il viso fra le mani, depositandogli un rapido bacio sulle labbra, l'ultimo, microscopico brandello di  ragionevolezza che gli era rimasto andò letteralmente a farsi benedire, insieme al senso del limite.

 

 

***

 

 

 

{ Ma è vero che sta tremando il tuo respiro?
Ma sì, che è proprio vero...
Come mai i tuoi occhi ora stanno piangendo?
Dimmi che era un sogno e ci stiamo svegliando. }

Dammi Solo Un Minuto - Pooh

 

 

 

 

Alle sei meno un quarto esatte, il primo, pallido raggio di luce si intrufolò nella stanza, illuminando il pavimento cosparso di vestiti arruffati alla bella e meglio.

 

Gabrielle emise un gemito lamentoso, cercando di ignorare il lancinante mal di testa che aveva deciso di darle la sveglia, quella mattina.

Si sentiva esausta, quasi come se le fosse passato sopra un treno, o chissà cosa... Le braccia deboli e pesanti si muovevano lentamente e con estrema fatica e gli occhi non volevano saperne di aprirsi sulla realtà. Si girò su un fianco, avvertendo il morbido tepore della trapunta accarezzarle la pelle...

 

Pelle?! Si alzò di scatto, lottando contro il senso di nausea che la stordiva e dischiuse lentamente gli occhi, stropicciandoseli per alleviarne il bruciore.

 

Sussultò, quando il lenzuolo scivolò via, accoccolandosi intorno ai suoi fianchi e l'aria fredda si scontrò con la pancia scoperta. Abbassò lo sguardo sul suo corpo e un profondo senso di panico la avvolse, quando si accorse di essere completamente nuda.

 

Sbiancò, guardando l'armadio di legno scuro alla destra del letto e realizzando di non riconoscerlo affatto...

Non riusciva a capire, sentiva che le mancavano dei pezzi... C'era un grande buco nero nella sua memoria che comprendeva come minimo le ultime dodici ore. Ricordava perfettamente gli avvenimenti del mattino precedente.

 

Un singhiozzo sussultò a metà strada fra il suo stomaco e la gola, al pensiero del litigio con Joe.

 

Scosse la testa, ricacciando indietro le lacrime... E si costrinse a concentrarsi sulla meccanica ricostruzione degli avvenimenti che aveva appena intavolato.

 

Era rimasta fuori per quasi tutto il giorno, gironzolando per le pittoresche viette del quartiere latino. Piluccando una brioche salata, mentre cercava di distrarsi...

 

Anche se il viso di Joe la tormentava, riflesso in ogni singola vetrina davanti alla quale provava a soffermarsi.

 

Si era rifugiata in un piccolo caffè, solamente quando aveva cominciato a fare buio.

Aveva ordinato una tazza di the bollente, quello lo ricordava chiaramente, ma poi... nebbia. Nebbia assoluta...

 

Solo qualche immagine indistinta, ma non poteva giurare di essere sicura di quello che aveva visto. C'erano state lacrime, questo lo sapeva. Si sfregò le tempie doloranti, cercando di sforzarsi... Niente di niente.    

 

L'illuminazione arrivò improvvisa e violenta come un pugno nello stomaco: abbassando lo sguardo, la sua attenzione fu come calamitata da una macchia chiara sul pavimento.

Appena riuscì a mettere a fuoco la familiare kefiah bianca e nera, un flash breve ma nitido le lampeggiò davanti agli occhi, come una fotografia rubata...

 

Le sue mani che sfilavano quella stessa sciarpa e la lasciavano cadere a terra di malagrazia...

 

E poi... tutto il resto.

Sgranò gli occhi, nel momento stesso in cui giungeva all'inevitabile conclusione di quel ragionamento. Le sue labbra si socchiusero in un grido muto, mentre con le mani tremanti come fuscelli raccoglieva le coperte, tirandosele fin sopra il seno. Non poteva essere successo davvero...

 

Purtroppo per lei, un mugolio soffocato arrivò dalla sua sinistra, come agghiacciante conferma, accompagnato dal fruscio delle lenzuola. Si voltò con una lentezza estenuante, terrorizzata da ciò che avrebbe potuto vedere.

 

Quando incrociò gli occhi verdi di Kevin, socchiusi, ancora impastati di sonno e vide chiaramente le sue spalle nude, si sentì morire dentro.

 

Una unica lacrima le sfuggì, rotolando sulla guancia pallida, prima di tuffarsi nel groviglio scuro dei suoi capelli.

 

- Ti prego... - Pigolò, stringendosi convulsamente addosso il piumino d'oca. - Dimmi che è stato solo un sogno... -

 

L'unica cosa che ottenne da lui fu un lungo, tremendo silenzio.

Ma, accompagnato da quello sguardo, risultò la più eloquente delle risposte.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13° ***


Che fatica

Che fatica. Sissignore. Una fatica immane, questo capitolo... Credo sia stato il più difficile finora da scrivere... E mi ha preso talmente tanto tempo, che questa volta non posso ringraziarvi una per una. E questa cosa mi dispiace immensamente, perchè invece ve lo meritereste.

 

Per il supporto e la voglia di scrivere che le vostre meravigliose recensioni mi infondono. Love you all.<3

Prometto che la prossima volta tornerò con i ringraziamenti ad personam. Promettoprometto.

 

Però ce l'ho un modo per farmi perdonare, sissì.

 

Vi lascio una sorpresina, anzi due, in fondo al capitolo... Ditemi poi se vi sono piaciuti. Alla prossima, gioie.

 

 

 

 

- Capitolo 13° -

 

 

 

{ Non puoi dimenticarla
una bugia, quando parla.
E sbaglierà le parole,
ma ti dirà ciò che vuole...
}

La Paura Che - Tiziano Ferro

 

 

 

 

- No...! - Singhiozzò Gabrielle, scuotendo lentamente la testa. Ancora non riusciva a convincersi che fosse successo davvero.

 

Aveva fatto sesso per la prima volta, praticamente subito dopo aver dato il primo bacio.

L'aveva fatto con il fratello del ragazzo di cui era innamorata.

 

Ma, soprattutto, l'aveva fatto con un amico.

Probabilmente il più dolce e caro amico che avesse mai avuto...

E quando quel tipo di sentimento va "oltre", ci si può aspettare tutto il bene... o tutto il male possibile. Questo era chiaro perfino a lei che, con l'amore, mai come in quel momento si era sentita alle prime armi. Si strinse nelle spalle, sfregandosi le braccia nude e infreddolite con le mani.    

 

- Coco, ascoltami. - Cominciò Kevin, alzandosi e allungandosi verso il pavimento per recuperare i suoi vestiti. - E' successo tutto per sbaglio. -

 

Lei che, imbarazzata, aveva distolto lo sguardo, tornò improvvisamente a puntarglielo addosso.

 

- Era la prima volta, per me. - Mormorò, asciugandosi la guancia con il dorso della mano. - Non l'avevo mai... - La voce le si spezzò in gola. Sospirò, reprimendo a fatica un'altro singhiozzo.

 

Si fissarono in silenzio per un brevissimo istante, prima che lui chinasse il capo, passandosi una mano fra i ricci con aria sconsolata. Vederle quell'espressione disperata sul viso lo uccideva.

 

- Scusami. - Soffiò. - E' tutta colpa mia. Tu... Non capivi nemmeno cosa stava succedendo. -

 

- Come... Perchè? - Quella conversazione stava assumendo un tono del tutto surreale.

 

- Eri ubriaca persa, Coco. Non potevi sapere quello che stavi facendo. - Le spiegò.

 

- Ubriaca? - Ripetè meccanicamente. E improvvisamente l'aroma pungente di anice stellata tornò a fare capolino fra i suoi ricordi, mentre il suo stomaco si contraeva al solo pensiero dell'esorbitante quantità di the e alcool ingeriti.

 

Non credeva di poter essere arrivata a tanto. Bere fino a perdere il controllo...

Questo spiegava anche perchè fisicamente si sentiva peggio che se l'avessero picchiata. E perchè le sue certezze su quello che era successo durante la notte si aggrappavano solamente ad una serie di immagini sfocate... Oltre che agli occhi maledettamente verdi e colpevoli di Kevin.

 

Lui annuì, stringendosi le coperte intorno alla vita. Era assurdo come entrambi si sentissero così profondamente in imbarazzo, pur avendo appena passato la notte insieme.

 

- E tu? - Esclamò improvvisamente Coco. - Tu non lo eri, Kevin? -

 

Sgranò impercettibilmente gli occhi, intuendo le sfumature nascoste in quella domanda. E rimase zitto, alla disperata ricerca di una risposta che riuscisse a non far male a nessuno.

 

- NO. - Lo incalzò lei. - Qualcosa doveva esserci di diverso... Perchè io non crederò mai, mai, che tu abbia potuto approfittarti volontariamente di me. - Concluse, piantando di nuovo gli occhi in quelli di lui.

 

- Non quanto te. E non voglio giustificarmi, nascondendomi dietro quelle tre o quattro birre che ho bevuto. - Rispose, cercando di ritrovare un po' di determinazione. - Se vuoi dare la colpa a me, Gabrielle, fallo. Ne hai ogni, sacrosanto, diritto. Però, ti giuro che non ho mai avuto l'intenzione di ferirti o... approfittarmi di te. - Sputò fuori le ultime tre parole come fossero avvelenate. Gli faceva male solo pensare di dire una cosa del genere.

 

- E' stato un errore, sì. - Sussurrò di rimando, allungando una mano per sfiorare quella di lui, ancora nervosamente serrata intorno all'orlo del piumone. - Ma non solo tuo, Kevin. Bisogna essere in due per fare... Quello che abbiamo fatto. -

 

- Coco... - Tentò lui, rilassando leggermente la presa per intrecciare le dita alle sue. Azzardandosi a toccarla per la prima volta, da quando si erano svegliati.

 

- Non voglio più sentirti dire che è stata colpa tua. - Sussurrò, lo sguardo di nuovo basso e i capelli arricciati sulle guance a nascondere due lacrime fuggitive.

 

- Ma era la tua prima volta ed io te l'ho rubata. Avresti dovuto poter scegliere tu quando, dove... e con chi farlo. Avrebbe dovuto essere un'esperienza... unica. - Gabrielle inclinò leggermente il capo, fissando l'attenzione sulla mano che stringeva la sua. Sul piccolo anello d'argento così simile a quello che aveva già visto... al dito di Joe.

 

Alzò gli occhi di scatto, realizzando repentinamente un'altro particolare.

 

- Anche per te... - Esalò. - Kevin, tu hai fatto lo stesso voto di Joe? Era la prima volta anche per te? -

 

- Ti ha parlato del voto? -

 

- Sì. Ha dovuto farlo per spiegarmi... - Si interruppe, troppo imbarazzata per dirgli che era arrivata molto vicina a fare l'amore anche con Joe.

 

- Perchè lui, al contrario di me, si è fermato prima. - Concluse per lei, in tono amareggiato.

 

- Non è questo il punto. Ma è un altro buon motivo per non dirgli nulla... -

 

- Non... - Riprese, scuotendo leggermente la testa.

 

- No. Lo ferirebbe a morte... E per uno sbaglio non ne vale la pena. Non posso fargli questo. - Si avvolse con cura il lenzuolo attorno ai fianchi e scese dal letto, stringendoselo al petto. - So che ti chiedo tanto, ma, ti prego, lasciamo che questa notte rimanga un segreto fra me e te... - Kevin rimase immobile, tralasciando volutamente di risponderle.

 

- E tu... Non ti ferisce l'idea di raccontargli una bugia così grande? - Le chiese, invece, leggendole l'angoscia negli occhi.

 

- La sola idea mi uccide. - Mormorò, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. - Ma, almeno, sarò io a portare il peso di questo errore... non lui. - Detto questo, raccolse i suoi vestiti e sparì oltre la porta del bagno.

 

 

***

 

 

Quando Coco uscì, stringendo il lenzuolo piegato fra le mani, anche Kevin si era rivestito, riportando un senso di irreale normalità. Rimasero in religioso silenzio, mentre lei si raccoglieva i capelli in una coda bassa, spettinata e lui fingeva di osservare la neve sui tetti, fuori dalla finestra.

 

- Non dirò niente a Joe, se me lo chiedi tu. - Sebbene quello di lui fosse stato poco più che un sussurro, spezzò il silenzio come uno schiocco.

 

Gabrielle si voltò nella sua direzione, incontrando le sue spalle contratte. Continuava a fissare ostinatamente un punto indefinito oltre il vetro umido.

 

- E' l'ultima cosa che vorrei fare, chiederti una cosa del genere, però, in questo caso, è il minore dei mali. - Rispose,  mentre ricadeva il silenzio. Pesante come una cortina di velluto scuro. Poi si chinò per raccogliere il suo cappotto, che stava ancora a terra.

 

Nel sollevarlo, si accorse che non era il solo indumento rimasto sul pavimento. Poco distante, la kefiah di Kevin spuntava per metà da sotto il letto... La raccolse, titubante e la scrollò dalla polvere, ripiegandola con cura. Non voleva nemmeno domandarsi se c'era un qualche significato nel fatto che lui avesse dimenticato quella sciarpa.

Quella sciarpa, regalatagli da lei...  

 

Girò di nuovo su sè stessa e, stringendola in mano, gli si avvicinò. Si fermò alle sue spalle, esitando nel poggiare la mano sul suo braccio teso.

- Vorrei poter almeno ricordare le sensazioni... - Mormorò. - Mi piacerebbe poterti dire, nonostante tutto... Che è stato bello. - Suonava parecchio come un tentativo mal riuscito di scuse, eppure era la verità.

 

Nonostante tutto... Lo avrebbe voluto davvero. Anche solo per il bene che voleva a Kevin. Per cancellare dai suoi occhi tutto quel maledetto senso di colpa...

 

Lui distolse per un attimo lo sguardo dalla finestra, puntandolo su Coco. E sul pezzo di stoffa che teneva fra le mani... Le accarezzò una guancia e le sollevò appena il viso, senza smettere di fissarla negli occhi.

 

- Ti giuro che è stato molto, molto di più. - Ribattè, scendendo con l'altra mano a sciogliere la sciarpa dalla stretta di lei. Poi la tese e se la sistemò intorno al collo, mentre le labbra di Gabrielle si tendevano in un piccolo sorriso.

 

Si mossero contemporaneamente, quasi avessero previsto l'uno le intenzioni dell'altro. Coco gli si avvicinò, poggiando la testa contro la sua spalla, mentre lui le passava le braccia intorno ai fianchi.

 

Sentì un brivido correrle lungo la schiena ed il suo corpo si mosse quasi da solo, come se avesse riconosciuto e volesse rispondere al tocco leggero delle mani di Kevin. Fece scivolare le braccia sopra quelle di lui, fermandosi con le mani sulle sue spalle.

 

- Scusami, Coco. - Sospirò, di nuovo, affondando il viso fra i capelli di lei. - Non avrebbe mai dovuto succedere... -

 

- Smettila di scusarti. E fai quello che devi fare... - Si allontanò leggermente, senza sciogliere l'abbraccio di lui. - Riportami a casa. - Concluse, mordicchiandosi nervosamente le labbra.

 

Scappare così era già stato abbastanza stupido, ma pensare di poter sfuggire per sempre al confronto con Joe rasentava la follia...

 

Per l'ennesima volta, Kevin non rispose. Annuì in silenzio, chinandosi per poggiarle un bacio sulla fronte.

 

 

 

***

 

 

 

{ Building up the strength just to say... "I'm Sorry". }

Sorry - Jonas Brothers

 

 

 

 

 - Finalmente! - Esclamò Nick, quasi saltando su dal divano, quando li vide rientrare. - Sono le sette del mattino, vi rendete conto? -

 

- Scusa, Nick. Avrei dovuto telefonare, ma mi è proprio uscito di mente. - Per non dire che era slittato decisamente in fondo alla lista delle cose a cui avrebbe potuto pensare, quella notte.

 

- Per lo meno siete tornati tutti interi. - Sbuffò, mentre Coco si allontanava in silenzio per riporre il cappotto sull'attaccapanni. - E' un casino inenarrabile qui, lo sai? - Continuò, rivolgendosi solamente al fratello. - Mentre tu non c'eri, Debra ha chiamato di nuovo e ha fatto un altro cazziatone a Joe, per la storia dell'intervista saltata... E di Coco. Quella vuole farla andare via. - Abbassò improvvisamente il tono di voce e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, serrando i pugni.

 

Stringendoli tanto che le sue nocche impallidirono.

Cosa che a Kevin non sfuggì...

 

- E lui? - Domandò, poggiandogli una mano sulla spalla con fare comprensivo.

 

- Joe è chiuso in camera da ieri sera. E non ha intenzione di ripresentarsi davanti alle telecamere... Nemmeno per girare il documentario. Non vuole sentire ragioni. -

 

- Il solito immaturo... - Ringhiò.

 

- Beh... Questa volta non me la sento di biasimarlo completamente. La storia di Coco l'ha ucciso... Dovevi vederlo, dopo che te ne sei andato. Lui credeva davvero che sarebbe tornata indietro. -

 

- E invece gliel'ho dovuta riportare io. - Sospirò.

 

- Sai, sono convinto che questa volta faccia sul serio. - Ribattè Nick, spostandosi un riccio ribelle da davanti agli occhi. Kevin lo fissò in silenzio, ma evitò volutamente di continuare il discorso. 

 

- Adesso passami il telefono, devo parlare con Debra. - Gli disse, invece. - Perchè nostro fratello resta un emerito idiota, ma su una cosa, adesso, sono d'accordo con lui: Gabrielle non va da nessuna parte. -

 

 

Gabrielle, invece, in un certo senso aveva deciso di andarsene. Uscì silenziosamente dal salotto, cercando una scusa per convincere sè stessa che non stava scappando di nuovo. Si avvicinò alla porta della camera di Monique e, quando vi fu davanti, involontariamente si fermò per lanciare un'occhiata a quella della stanza a lato.

 

Fino a quel momento, altrettanto rigidamente serrata.

 

E probabilmente era destino, perchè, poco prima che lei decidesse di distogliere lo sguardo, la maniglia scattò e Coco si ritrovò occhi negli occhi con Joe.

Lui si bloccò, con le dita ancora strette intorno al pomello d'ottone e la voce bloccata in un punto imprecisato a metà fra lo stomaco e la gola.

 

Si scambiarono uno sguardo tanto intenso e bruciante da sembrare quasi fuoco vivo... Prima che Gabrielle interrompesse il contatto, spalancando la porta per rifugiarsi nella camera della sorella. Si mosse velocemente e all'improvviso, ma Joe fu più pronto di lei. Si ritrovarono entrambi all'interno ancor prima che il meccanismo di chiusura scattasse di nuovo.

 

Coco si voltò bruscamente, girandogli le spalle.

 

Passarono dei secondi interminabili, mentre entrambi rimanevano immobili, annegati in un silenzio denso e pesante.

 

Poi, improvvisamente, Joe mosse un paio di passi in avanti facendo scricchiolare il vecchio parquet di ciliegio e la sua voce le arrivò alle orecchie da un posto molto, molto meno lontano di quello in cui lei si aspettava che fosse.

 

Le si fermò alle spalle, alla distanza minima che gli permettesse di non toccarla, ma comunque così vicino da solleticarle il collo con il suo respiro.

 

- Scusami... - Mormorò, prima che un leggero singhiozzo gli frenasse le parole.

 

Gabrielle sobbalzò, avvertendo chiaramente il ritmo sussultorio con cui il fiato gli sfuggiva dalle labbra. Si girò proprio nel momento in cui la prima lacrima scendeva dalle ciglia scure.

 

Lo guardò ancora per un attimo negli occhi, ormai lucidi, poi lo abbracciò senza dire nulla e nascose il viso nell'incavo del suo collo, mentre Joe la stringeva come se avesse paura che potesse fuggire da un momento all'altro.

 

Gli accarezzò dolcemente la schiena e le braccia, mentre lui continuava a ripeterle all'infinito quell'unica parola, "scusami", con la voce incrinata dal pianto. Era letteralmente aggrappato a lei, come fosse il suo unico punto fermo.

 

Fece scorrere le sue piccole mani fino alle spalle tremanti di Joe, fermandosi solo per scostarlo quel tanto che bastava a guardarlo negli occhi.

 

- Scusami... - Bisbigliò un'ultima volta, prima che Coco lo zittisse, poggiando le labbra sulle sue.

 

Calde e salate di lacrime, contro quelle asciutte e fredde di lei.

 

Si allontanò dopo qualche secondo, ma lui quasi non le lasciò riprendere fiato. Affondò una mano fra i suoi capelli, attirandola nuovamente verso di sè.

 

I loro respiri si mescolarono completamente in quel bacio, che era il migliore dei compromessi.

 

E Gabrielle dovette faticare molto per impedirsi di pensare che, molto probabilmente, solo qualche ora prima, aveva baciato Kevin con lo stesso, totale, disarmante abbandono con cui stava baciando Joe.

 

{NO.}

 

Si disse, staccandosi improvvisamente da lui.

 

{Joe, non Kevin. Joe. Joe, Joe, Joe.}

 

Rimase immobile, con gli occhi chiusi e il respiro reso leggermente affannoso dalla mancanza di fiato.

 

Era certa che il ricordo frammentario di quella notte sarebbe tornato a torturarla continuamente, ma non immaginava che l'avrebbe fatto in quel modo...

 

 

 

 

[***]

 

 

 

Copiaeincolla nella barra, as usually, stavolta ci tengo da matti a sapere che ne pensate!x3

 

 

http://img523.imageshack.us/my.php?image=jocotf1.png

 

 

http://img523.imageshack.us/my.php?image=kocoul9.png

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Capitolo 15
*** Capitolo 14° ***


Mammassaura, che fatica

Mammassaura, che fatica. Questo capitolo proprio non voleva saperne di finire. Stavolta vi beccate praticamente doppia razione di "Gabrielle"! Eh sì, perchè originariamente avrebbero dovuto essere due capitoli distinti, ma a causa del Natale (qui mi capisco solo io) e di ciò che comporta, ho dovuto fare un immenso tutt'uno!x3 E per una volta tanto, Nick è il perno della questione... Ohohoh.

 

Ma ora ringraziamenti e stavolta sono tantissimi!**

 

LaSocia: come ti ho già ripetuto allo sfinimento, ho adorato questa recensione.** Se poi tu mi dici che Joe l'ho inquadrato bene e l'ho reso perfettamente, mi sento molto fiera. Chi meglio della sua donna può sapere certe cose? Per quanto riguarda la "Koco", per ora il loro momento di gloria l'hanno avuto. In futuro chissà...

 

Aya: la scena della sciarpa piace tanto anche a me. E quella kefiah non ha finito del tutto il suo lavoro... ma c'è tempo!x3 Così come il capitolo *sesso* non si chiude qui, dato che il ricordo di quella notte tormenterà la nostra Coco ancora a lungo. Per la tua fic, detto tutto nel commento credo! Ti ringrazio ancora!Bacio!=*  

 

beautiful_disaster: Joe un po' se lo meritava di venire maltrattato, comunque è durata poco, perchè in questo capitolo il bistrattato in un certo senso torna ad essere il povero Kevin!x3 Per la scena della sciarpa, vedi sopra!=)

 

Agatha: te l'ho già detto che amo i tuoi chilometrici commenti, sì?x3 Analizzi tutto con una precisione e un'accuratezza che quasi sospetto tu conosca i miei personaggi meglio di me! Quella di non dire niente a Joe è una decisione pesante, ma anche l'unica che potessero prendere. Comunque, come dicevo prima, la cosa non è finita qui, quindi chissà che Joe non venga a sapere qualcosa...

 

Jollina+Potterina: calma, calma, niente allarmismi!xD Questo posso dirvelo fin d'ora: Coco non è incinta. Non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello. Sarebbe esagerato, per non dire che mi complicherebbe tutto a morte! (E poi Monmon ucciderebbe la sorella, temo!).xD Invece non è detto che Joe rimanga all'oscuro della cosa per sempre... Quindi Jollina, non fasciarti la testa prima del tempo e continua a leggere! Bacio a entrambe.  

 

Maybe: E' assolutamente malsana come cosa, per questo glielo faccio fare!xD No, a parte tutto, deve essere così. Joe è tremendamente immaturo. E innamorato. Miscela esplosiva che il suo bel numero di danni li ha già fatti... Su Coco e i suoi sentimenti per Kevin: no comment!X3 Leggi e vedrai...

 

Razu_91: felicissima che la mia Coco ti piaccia. E di essere riuscita a comunicare le emozioni dei personaggi... Per me è molto importante... E il povero Joe, tanto povero non è dato che già in questo capitolo si riscatta in un certo senso...

 

Sweet_S: trovare commenti di nuove lettrici mi fa sempre felicissima!** Che poi tu l'abbia apprezzata così tanto da leggerla tutta d'un fiato, beh, aw!x3 Me molto onorata. Mi auguro che continuerai a recensirmi, che più pareri ho, più mi sento stimolata a continuare!=)

 

Fefy88: la mia fedelissima in lotta con l'adsl!XD Non ti arrendere e vedrai che ce la farai! Intanto sono molto molto contenta di trovare la tua recensione nonostante tutto!=3 Prometto che dal prossimo capitolo, per un pochino, non soffriranno più!^^

 

Rossy_Toffee: altra new entry, come sopra! Me felice!*O* Ammetto che hai beccato decisamente un capitolo shock!xD Aspetto di sapere cosa pensi anche degli altri 13. E di quelli che verranno!

 

katerina_21: quanta gente nuova, meraviglioso!x3 più siete e più io mi sento incentivata a scrivere e condividere un po' delle mie bacate fantasie con voi. Ogni volta che sento qualcuno dire che legge la mia fic tutta d'un fiato mi inorgoglisco un sacco. E mi sento fiera del mio modo di scrivere, perchè vuol dire che qualcosa allora riesco a trasmettere. Tutto questo per dire che apprezzo moltissimo il tuo commento (e spero sarà il primo di una lunga serie!^^). La tua fic... letta e recensita!x3 Un bacio.

 

Infine un grazie infinito anche alle 26 e dico 26 persone che tengono questa storia tra i preferiti, comprese le lettrici fantasmine di cui io spero sempre di ricevere una recensione, prima o poi!=3

 

 

 

 

- Capitolo 14° -

 

 

 

{ E se ti chiamo amore, tu non ridere...

Se ti chiamo amore. }

E Poi - Giorgia

 

 

 

 

- Ho bisogno di te. - Mormorò Joe, passando un braccio intorno ai fianchi di Coco per attirarla più vicina. Lei si accoccolò meglio contro la sua spalla, nascondendosi quasi nel suo abbraccio.

 

Erano seduti sul letto, la schiena appoggiata alla testata e Joe non l'aveva lasciata andare nemmeno per un secondo, da quando era stata lei ad abbracciarlo.

 

- Tu lo sai... - Gli rispose, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso quando lui cominciò a passarle le dita fra i capelli con calcolata dolcezza. Li liberò dalla stretta dell'elastico, lasciando che le ricadessero sulle spalle, leggermente arricciati dall'umidità della neve che aveva preso. - ... che, fino a poco più di una settimana fa, io non sapevo nemmeno cosa volesse dire innamorarsi di qualcuno? Invece, adesso... - Si sollevò leggermente, lanciandogli uno sguardo imbarazzato, mentre le sue guance si tingevano di un delicato color pomodoro.

 

- Adesso? - La invitò a continuare, soffermandosi con la mano sulla sua guancia, dopo averle fermato un ciuffo scuro dietro l'orecchio.

 

- Adesso... Dipendo completamente da te. E da questo... amore. - Sussurrò, fermandosi ogni tanto come per prendere fiato.

 

{Forse non proprio "completamente"...}

 

Le suggerì una vocina sfacciata, da un angolo nemmeno troppo nascosto della sua mente.  

 

Rimase un attimo interdetta, ma non ebbe quasi il tempo fisico di dare un seguito a quei pensieri.

Joe le si avvicinò e senza dire nulla, le posò un bacio leggero sulla bocca, prima di lasciarsi andare ad una risatina sommessa.

 

- Ehi, stai ridendo di me? - Esclamò, arrossendo di nuovo. - Joe! - Si allontanò di scatto, fissandolo con divertito stupore. Lui, per tutta risposta, si sciolse in un altro radioso sorriso e la baciò di nuovo, con slancio, attirandola  in una morbida caduta sul materasso.

 

- E' solo che... Lo sai che effetto mi fa, sentirmi dire una cosa del genere? Da te...? - Senza smettere di guardarla, le prese la mano e se la portò all'altezza del cuore.

 

Gabrielle rimase immobile, il respiro improvvisamente bloccato a metà strada tra i polmoni e la gola.

Vedeva solo gli occhi scuri di Joe fissi nei suoi e sentiva il battito del suo cuore martellarle contro il palmo della mano...

 

Ma non era niente di tutto questo ad averle spezzato il fiato. Non solo, almeno... Quello che le premeva alla bocca dello stomaco, come un pugno di ferro, era il senso di colpa. Era arrivato tutto d'un botto, senza sintomi o preavvisi, altrimenti sarebbe stato troppo facile.

 

Senso di colpa puro e semplice. Perchè all'improvviso non riusciva a pensare ad altro che a quello che era successo con Kevin... A quello che Joe ignorava completamente.

 

Lo guardò in silenzio ancora per qualche secondo, cercando di ignorare come la sensazione di calore che provava nell'averlo praticamente sdraiato addosso si mischiasse ad un'altra sensazione, simile, ma molto meno nitida...

 

- Joe... - Mormorò, con un filo di voce.

 

{"Sono stata a letto con tuo fratello."}

 

Per sbaglio. L'avrebbe ucciso comunque saperlo.

 

Ma, per un attimo, un singolo, velocissimo attimo, pensò che avrebbe potuto dirglielo. Che sarebbe stato meglio dirglielo.

 

Per un attimo, prima che gli occhi di Joe diventassero improvvisamente di un altro colore. Coco chiuse i suoi, di scatto, per scacciare quell'immagine e gli gettò le braccia al collo.

Con così tanta foga, che lui dovette girarsi su un fianco e poi lasciarsi cadere con la schiena sul materasso per non farle male.

 

- Ehi... -

 

- Abbracciami. - Bisbigliò, quasi supplicandolo.

 

Joe non rispose. Si alzò lentamente, senza lasciarla andare e quando ebbe raggiunto una posizione di equilibrio, le passò le braccia intorno alle spalle, stringendola un po' più forte.

 

- Tutto bene? - Chiese, chinandosi a sfiorarle il collo con un bacio. Gabrielle sospirò, cercando di ricordare almeno a sè stessa come e perchè avesse deciso di non dirgli niente.

 

{Per non farlo soffrire. Perchè anche se gli dessi uno schiaffo con tutta la forza che ho, probabilmente gli farei meno male di così...}

 

Ripetè mentalmente, cercando di calmarsi. Si allontanò leggermente, senza sciogliere il suo abbraccio.

 

- Sì... Ma dobbiamo parlare, io e te. - Continuò. Anche lasciando forzatamente da parte la questione sesso, rabbrividiva solo a pensarci in quei termini, c'era ancora il problema di Debra e dei giornali.

 

- Non voglio litigare di nuovo per quella. - Si irrigidì lui, intuendo immediatamente dove volesse andare a parare.

 

- Nemmeno io. Però tu devi rilasciare l'intervista... E lo sai. - Joe sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo viso con fare stizzito.

 

- Io non ti lascio. - Sussurrò.

 

- Per quanto piacerebbe anche a me, non possiamo fregarcene di tutto e di tutti. - Esitò, sapendo che andando avanti sarebbe andata a toccare un tasto doloroso. - Ti ricordi cosa mi hanno fatto... solo perchè ti abbracciavo e scherzavo insieme a te? - Rabbrividì involontariamente, al ricordo di quel the bollente. - So che le fan non sono tutte così, ma ci sono. Cosa credi succederebbe, se ti vedessero baciarmi? -

 

Le strinse la mano, scendendo poi con le dita ad accarezzarle il polso.

 

- Le ucciderei, se solo si azzardassero a sfiorarti di nuovo. - Rispose, deciso.

 

- Ed è proprio quello, che io non voglio che tu faccia. Sarebbe deleterio per i Jonas Brothers, te ne rendi conto? -

 

- Quindi vorresti che io ti lasciassi? - Ribattè, svicolando deliberatamente la sua domanda. Coco rimase un attimo interdetta poi, sospirando, scosse lentamente la testa.

 

- No. - Mormorò, prima che calasse un altro, pesante silenzio fra di loro.

 

- Non ce ne sarà bisogno. - Fu la voce estranea di Kevin ad insinuarsi nell'aria immobile, spezzandolo improvvisamente. Si voltarono entrambi, trovandolo sulla soglia della stanza, appoggiato allo stipite con in mano ancora la cornetta del cordless.

 

Gabrielle, istintivamente, fece per allontanarsi da Joe che, però, non glielo permise, serrando la stretta sui suoi fianchi. Chinò leggermente il capo, arrossendo lievemente, mentre sentiva che Kevin la stava guardando.

 

Ora, ancor più di prima, la imbarazzava tremendamente che Kevin li vedesse in certi "atteggiamenti". Dopo quello che era successo, lo sentiva come qualcosa di ancora più ingiusto...

 

- Ho appena finito di parlare con Debra e siamo riusciti a trovare un... chiamiamolo compromesso. - Continuò lui. - Gabrielle può rimanere e voi potrete continuare a stare insieme, ma, tu, Joe, quell'intervista dovrai rilasciarla. Dicendo esattamente quello che ti imporranno di dire. E al di fuori di queste quattro mura, dovrai starle lontano. Tassativamente e senza eccezioni. - Per una frazione di secondo, i suoi occhi verdi scivolarono dal viso del fratello a quello di Coco, incastrandosi nell'azzurro di quelli di lei, prima che entrambi distogliessero lo sguardo. Velocemente, come se si fossero scottati.

 

- Va bene... - Soffiò Joe, dopo qualche attimo di tacita riflessione, sollevando delicatamente il viso di lei per guardarla negli occhi e ignorando il fratello maggiore con tutta l'intenzione di questo mondo. - Sì... Va bene. -

 

Prima che Gabrielle potesse dire qualunque cosa per fermarlo, lui si sporse leggermente e le catturò le labbra nell'ennesimo bacio.

 

{No! Kevin è ancora qui...!}

 

Pensò, con un sussulto.

In realtà lui era già per metà fuori dalla porta. Ostinatamente voltato dall'altra parte.

 

- Questa è l'ultima cosa che faccio per te, Joe. - Concluse, uscendo definitivamente dalla stanza.

 

 

***

 

 

- Gliel'hai detto? - Domandò Nick, quando vide il fratello maggiore tornare a passo di carica dal corridoio. Kevin annuì, reincastrando di malagrazia il cordless nel suo supporto.

 

- Tuo fratello è un maledetto ingrato! - Ringhiò. Sedendosi pesantemente sul divano.

 

- Ti aspettavi davvero che ti ringraziasse? -

 

- Lo speravo. - Sospirò il maggiore, improvvisamente più calmo. - Dopo che gli ho servito su un piatto d'argento la possibilità di stare con Coco, nonostante tutto... E con quello che è successo. - Continuò.

 

- Perchè, cosa è successo? - Domandò Nick, messo improvvisamente sul chi vive dal tono del fratello. - C'è qualcosa che io non so? - Gli si sedette accanto, inclinando leggermente il viso per riuscire a guardarlo negli occhi.

 

- No... - Mormorò Kevin, passandosi una mano dietro il collo. - Tu sai già fin troppo, Nicky Nicky. -

 

- Non chiamarmi così. - Borbottò, accigliandosi. - E comunque io so solamente che, a te, la sbandata per Coco non è passata affatto... Anzi, non credo si possa nemmeno più definire "sbandata". Tu sei seriamente innamorato, lo sai? -

 

Kevin si voltò nella sua direzione, sorridendo amaramente.

 

- No. - Rispose in tono rassegnato. - Io la amo, Nick. La amo e non posso farci proprio nulla. Potrei disinnamorarmi facilmente, ma smettere di amare... - Scosse la testa in un eloquente gesto di diniego.

 

Nick sospirò e senza aggiungere altro, si lasciò cadere contro di lui, appoggiando la testa alla sua spalla.

 

- Mi dispiace... - Mormorò. - Ma, se, all'inverso, ci fosse Joe al posto tuo, sarebbe la stessa cosa... - Kevin sorrise di nuovo e gli scompigliò affettuosamente i riccioli.

 

- Te l'ho detto che sai troppo, tu. - Gli passò un braccio intorno al collo, fingendo di strozzarlo per poi lasciarsi andare ad una sorta di abbraccio affettuoso. - Ma non devi farti tutti questi problemi per noi,ok? Ti giuro che io e Joe, prima o poi, troveremo il modo di rimettere tutto a posto. - Aggiunse, mentre lo liberava da quella stretta giocosa.

 

- Ci credo poco, in ogni caso... - Mormorò. - Senti, Kev, con tutto questo casino, mi sono accorto di aver completamente dimenticato il tuo compleanno. Sono decisamente abominevole, come fratello... -

 

- Direi che, in questa famiglia, c'è di peggio...! - Rispose il maggiore, strappandogli un sorrisino.

 

- Questa è cattiva! - Ridacchiò. - Comunque, ti va se adesso io e te andiamo a farci un giro? Ho visto un negozio dove ti voglio assolutamente portare! Così, magari, ti scegli anche un regalo. -

 

- Ok, dai. - Sorrise Kevin, intuendo anche come Nick stesse cercando di evitargli il più possibile di vedere Joe e Coco, insieme.

 

- Bene. - Rispose allegramente, saltando in piedi. - Allora prendo le mie medicine e poi usciamo. -

 

 

***

 

 

 

{ E poi... E poi sarà come morire.
Una notte che, che non passa mai...
E poi sarà... E poi sarà come impazzire
in un vuoto che abbandona. }

E Poi - Giorgia

 

 

 

 

Gabrielle uscì dalla stanza con tutta l'intenzione, nonostante Joe non fosse esattamente d'accordo, di parlare con Kevin. Voleva ringraziarlo per aver parlato con Debra, ma, soprattutto, voleva parlargli del comportamento assurdamente irritante di Joe... Era insensato pensare di chiedere scusa per lui, però poteva forse far capire a Kevin che in quel modi di fare c'era più rabbia che intenzione... Mosse un paio di passi completamente immersa nei suoi pensieri, prima che qualcosa di insolito attirasse la sua attenzione, spingendola a cambiare repentinamente direzione.

Invece di girare in salotto, continuò a camminare dritta verso la porta semichiusa del bagno, attraverso cui filtrava uno spicchio di luce gialla. Si sentiva il rumore scrosciante e ininterrotto dell'acqua corrente. Come se qualcuno avesse dimenticato il rubinetto aperto.

 

Si avvicinò titubante e, dopo aver afferrato la maniglia, aprì un po' di più la porta.

 

- Ehi, c'è nessu-...! - La voce le morì in gola, quando, dopo che il suo piede destro aveva urtato qualcosa, abbassò lo sguardo sul pavimento per vedere che cosa fosse.

 

Una siringa vuota rotolava a qualche centimetro dalla punta della sua scarpa, mentre, poco più in là, Nick giaceva a terra palesemente privo di sensi, come nello scenario del peggiore degli incubi.

Sentì il cuore fermarsi improvvisamente, prima che prendesse a martellarle furiosamente contro il petto. Non era nemmeno sicura di stare respirando. Le sue labbra si dischiusero in un urlo muto, mentre si inginocchiava, facendo schizzare qua e là il contenuto di una bustina che probabilmente Nick aveva involontariamente trascinato con sè nella caduta.

 

- Dio...! - Mormorò, allungando la mano per tastargli la guancia. Aveva la pelle ghiacciata e inquietantemente pallida. - Nick... NICK! - Le sfuggì, quando la voce cominciò a tornarle. Lo scosse leggermente per la spalla, ma non ottenne alcuna risposta. - Nick... Oh, perfavore... PERFAVORE... NO! - Singhiozzò, asciugandosi le prime lacrime che le offuscavano la vista con fare stizzito. Avrebbe dovuto alzarsi e andare a chiamare qualcuno, lo sapeva, ma sapeva altrettanto bene che non sarebbe riuscita ad alzarsi sulle sue gambe che tremavano già quasi così.

 

Aveva una paura maledetta. Quasi violenta per il modo in cui le smorzava il fiato e le strizzava lo stomaco.

Si sentiva il cuore rimbombare fin nel cervello.

 

- Cosa succede? Ti hp sentita urlare... - La voce di Kevin ebbe l'effetto di un soffio caldo che sciolse, almeno in parte, il blocco che la inchiodava a terra. Si voltò di scatto, con lo sguardo annebbiato dal panico. Joe arrivò quasi subito, affiancandosi al fratello ed entrambi, appena videro Nick riverso sul pavimento, sbiancarono ed il loro occhi si riempirono di paura al medesimo modo.

 

- Cazzo... - Sibilò Joe, inginocchiandosi accanto a Gabrielle e sollevando con delicatezza la testa del fratello. Kevin gli fu vicino in un attimo. Si scambiarono uno sguardo, per la prima volta da giorni, privo di qualunque astio.

 

Era stato completamente sostituito dal terrore più puro.

 

- Coco. - La chiamò Kevin con voce incredibilmente flebile. - Vai a chiamare un'ambulanza. E chiama anche tua sorella. Serve qualcuno che guidi... - No, sicuramente lui non ce l'avrebbe fatta. Non in quello stato.

 

Involontariamente lo sguardo di lei si posò sul viso cereo di Nick. Non riusciva a pensare di allontanarsi, lasciandolo così.

 

- Fai come ti ha detto Kevin... - Aggiunse Joe, posando una mano su quella di lei, che ancora stringeva la spalla del fratello minore. - Stiamo noi qui con lui. -

 

Annuì, si alzò lentamente e appena ebbe trovato un minimo di equilibrio sulle gambe, che si sentiva come fossero di gelatina, uscì di corsa dal bagno.

 

Sollevò la cornetta e compose il numero, cercando inutilmente di frenare i singhiozzi che avevano preso a scuoterle le spalle...

 

... e tutte le orribili visioni che la sua mente proiettava su Nick e quello che avrebbe potuto succedergli.

 

 

***

 

 

Un quarto d'ora dopo, l'ambulanza sfrecciava sulle avenue innevate ed affollate di automobili, mentre la twingo color acquamarina di Monique cercava di starle dietro. Geràrd, che era al volante, schizzava attraverso il traffico mattutino, prendendo le curve a velocità forse un po' troppo sostenuta... e bruciando anche qualche semaforo, ogni tanto, ma, nonostante tutto, i tre passeggeri stipati sul sedile posteriore non avevano emesso un suono, da quando erano partiti.

 

Coco era seduta fra Kevin e Joe, che le aveva passato un braccio intorno alle spalle e la stringeva come se fosse la sua unica ancora di salvezza... Sentiva la sua guancia fredda contro la fronte ed il suo respiro flebile scompigliarle i capelli. Lo sguardo di entrambi era fisso su un punto indefinito al di fuori del finestrino. Su qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai guardato veramente.

 

La forza ostinata con cui l'abbracciava era una disperata richiesta d'aiuto e questo lei lo sapeva... La sua mano sinistra, però, era scivolata oltre il braccio di Joe per andare a stringere quella di Kevin.

 

Le loro dita erano intrecciate saldamente. Tanto che non sapeva se sarebbero riusciti a scioglierle... E in quel momento, non le importava affatto. Voleva solamente che lui la "sentisse".

Che avvertisse il contatto fra di loro perchè, anche se era seduto a non più che qualche centimetro da lei, lo vedeva paurosamente lontano, non solo per lo sguardo perso oltre il vetro appannato. E, in un momento del genere, tutto aveva bisogno fuorchè essere lasciato solo.

 

Rimasero zitti e fermi in quella posizione, aggrappati l'uno all'altro, fino a che la macchina non si fermò nel parcheggio dell'ospedale.

 

Appena scesero, un giovane infermiere con una massa incredibile di dreadlocks lunghi fino alle spalle li fece accomodare in una specie di piccolo atrio dove avrebbero potuto aspettare, mentre Nick veniva trasportato velocemente alla sala rianimazione.

 

- No, è meglio che non entriate. - Spiegò cordialmente, bloccando Kevin e Joe nell'atto di seguire il gruppo di paramedici che spingevano la barella. - Vi avvertiremo, appena sapremo che cos'ha. - Aggiunse, posando una mano sulla spalla di Kevin con fare comprensivo. Lui annuì, mentre il fratello si lasciava cadere su una delle poltroncine, grugnendo in disapprovazione.    

 

Monique arrivò proprio in quel momento, attraversando di corsa la doppia porta che segnava l'ingresso del reparto con aria trafelata e la piccola Luciàne semiaddormentata tra le braccia.

 

- Sono venuta prima che ho potuto. - Mormorò, avvicinandosi a Gabrielle che stava in piedi di fronte ad una grossa finestra. Le passò il braccio libero intorno alle spalle, prima di posarle un piccolo bacio sui capelli. - Come sta? -

 

Coco agitò lentamente la testa, senza proferire parola, mentre l'ennesimo singhiozzo le sfuggiva dalle labbra tese. Monmon sospirò, accarezzandole la guancia.

 

- Mi piacerebbe dirti che andrà tutto bene, ma non posso... però io sono qui, lo sai. -

 

- Dammi la bambina, dai... - Si riscosse lei, asciugandosi le lacrime prima di tendere le braccia alla sorella. Monique depositò delicatamente la figlia nell'abbraccio di Gabrielle e poi si lasciò cadere sul sedile accanto a quello di Geràrd che le sfiorò la fronte con un bacio, prima di prendere a parlare sommessamente con lei.

 

Coco si sedette poco più in là, quasi di fronte a Joe, sistemandosi con dolcezza la testa della nipotina contro la spalla. Poi prese ad accarezzarle i lunghi capelli biondi, distrattamente, mentre il suo sguardo rimaneva fisso sul corridoio d'entrata, dove Kevin si era spostato per armeggiare con il suo cellulare.

Parlava mestamente con la madre, lanciando ogni tanto uno sguardo speranzoso alla porta ostinatamente chiusa, oltre cui Nick era sparito. Si domandò come potesse essere la madre di tre ragazzi tanto diversi e tanto speciali, a loro modo e si trovò ad immaginare, con un piccolo sorriso, una donna forte, con il carattere indomabile di Joe, una massa di ricci ribelli come quelli di Kevin ed i profondi occhi indagatori... di Nick.

Sentì una fitta allo stomaco, nel rivederlo steso sul pavimento di quel bagno.

 

- Ehi. - Dopo qualche momento, la voce di Kevin si insinuò nel corso sei suoi pensieri, frenandolo repentinamente. - Chi è questa meraviglia bionda? - Accennò un sorriso, sedendosi accanto a lei.

 

- E' la figlia di Monique. - Rispose, osservando l'espressione così invidiabilmente serena della bimba che le dormiva fra le braccia. - Non poteva lasciarla a casa da sola... - Lui annuì distrattamente, giocherellando con un boccolo dorato. - Si vedeva qualcosa, dentro la sala? -

 

- No. E' tutto maledettamente chiuso... - Mormorò, sospirando profondamente.

 

Una risatina scocciata calamitò la loro attenzione.

 

- Certo, se ti fossi fatto valere con quell'infermiere e fossimo dentro... - Sibilò improvvisamente Joe, stringendo convulsamente il bracciolo della sua poltroncina.

 

- Cosa volevi che facessi? - Sbottò Kevin in risposta. - Che lo obbligassi a farci entrare? No, ancora meglio! Che lo stendessi con un pugno, come in uno squallido film di serie b? - Scattò in piedi, muovendo un passo verso il fratello.

 

- Sarebbe stato sufficiente non annuire come un automa... -

 

- Smettetela! - Esclamò Monique, troncando la discussione sul nascere. Entrambi i fratelli si voltarono nella sua direzione, osservandola con malcelato stupore procedere a grandi passi verso di loro. - Vostro fratello è là dentro e scannarvi in questo modo non lo aiuterà a venirne fuori più facilmente. - Puntò un dito verso la sala rianimazione, facendo scorrere lo sguardo dal viso di Kevin che le stava davanti, ancora in piedi, a quello di Joe, ancorato alla sua poltrona. - In un momento del genere dovreste farvi forza l'uno con l'altro, restare uniti... Non bisticciare come due bambini dell'asilo! - Detto questo girò i tacchi e, dopo essersi ripresa la piccola Lulù, che si era quasi svegliata a causa dell'alzarsi dei toni, li lasciò entrambi con un palmo di naso.

 

Dopo qualche secondo di smarrito silenzio, Joe scattò come avesse avuto le molle ai piedi e sotto lo sguardo basito di Kevin, schizzò lungo il corridoio, verso l'uscita.

 

- Seguilo... - Bisbigliò Gabrielle, alzandosi e passandogli a fianco per raggiungere la sorella. Lui prese un respiro profondo, scuotendo la testa con fare rassegnato, prima di avviarsi.

 

Lo trovò appena fuori la doppia porta, seduto a terra con la schiena contro il muro freddo e la testa fra le mani.

 

- Scappare non è una buona soluzione, te l'hanno mai detto? - Cominciò, inginocchiandosi davanti al fratello. Joe alzò lo sguardo di scatto, rivelando due occhi terrorizzati, lucidi di lacrime. Kevin sussultò, colto totalmente alla sprovvista.

 

Erano anni che non vedeva Joe piangere davvero.

 

- Ho paura, va bene? - Ringhiò. - Ho una paura fottuta che Nick non esca più, da quella sala. Da quando tutti noi conviviamo con la sua malattia, ho preso ad odiare gli ospedali con tutto me stesso. Ogni volta che ci entriamo, che lui sparisce dietro una porta... Ho il terrore di vederne uscire un dottore con quell'espressione rassegnata. Quella di chi sta per dirmi: "Ci dispiace, abbiamo fatto tutto il possibile". - Continuò, sputando fuori le parole come fossero avvelenate. - E adesso...

 

- No. - Esclamò Kevin con decisione. Poi gli si avvicinò e gli passò un braccio intorno alle spalle, abbracciandolo stretto. - "E adesso" niente. Razza di idiota, non devi pensarlo nemmeno! Nick uscirà da lì e starà bene, ficcatelo in testa. - Joe rimase totalmente spiazzato. Immobile per una manciata di interminabili secondi, prima di riuscire a metabolizzare e ricambiare il gesto. Si aggrappò alle spalle del fratello, nascondendo il viso contro la sua spalla, proprio come quando erano piccoli e lo costringeva a guardare con lui i film dell'orrore, pur sapendo di esserne terrorizzato.

 

- Scusami... - Mormorò, sorprendendo perfino sè stesso.

 

- Anche io ho paura, cosa credi? - Rispose Kevin, sorridendo fra sè e sè. - Solo, preferisco tenermela dentro, piuttosto che aggredire quelli che mi capitano davanti. -

 

- No...! - Ribattè Joe, dandogli una leggera botta sul braccio. - Non per quello... Per Coco, per tutto... -

 

Se quelle maledette scuse fossero arrivate con ventiquattro ore d'anticipo, sarebbe stato perfetto. Invece, alla luce di quanto era successo, cambiava tutto. Per una sola notte. Tutto. Non sembrava più così giusto...

Tutti gli sbagli di Joe erano, in un certo senso, stati ridimensionati dall'unico, grosso sbaglio di Kevin.

 

{Mannaggia a te e al tuo tempismo, Joe! Non posso accettarle, le tue scuse, adesso...}

 

- Non serve... - Bisbigliò il maggiore in tono incerto.

 

- E invece sì. - Ribattè Joe, allontanandolo per riuscire a guardarlo in faccia. - Mi sono comportato da idiota... da stronzo idiota, anzi. E me ne rendo conto. Però Gabrielle la amo veramente. - Kevin si alzò, senza che lui gli staccasse gli occhi di dosso. - Non te la cedo. - Concluse, con uno sguardo eloquente.

 

- Non voglio che tu lo faccia. Lei ama te. - Allungò una mano, aspettando che la afferrasse, prima di aiutarlo ad alzarsi. E con quello il discorso, più o meno, si chiudeva.

 

Proprio in quel momento, l'infermiere coi dreadlocks si sporse oltre la porta, sventolando una cartella clinica.

 

- Ragazzi, sono felice di annunciarvi che vostro fratello sta bene. L'abbiamo portato in corsia. - Sorrise. - E' ancora privo di sensi, ma, se volete, potete entrare e aspettare che si svegli. -

 

- Che ti avevo detto? - Sussurrò Kevin all'orecchio di Joe, mentre sul volto di entrambi si allargava un'espressione di pura gioia. Seguirono il giovane, ripercorrendo il corridoio. Appena li vide, Coco corse loro incontro con l'espressione ancora preoccupata.

 

"Sta bene" le sillabò Joe da lontano. I suoi occhi azzurri si illuminarono, mentre si avvicinavano e le labbra tese si scioglievano in un sorriso sollevato.

 

- Solo i familiari, mi dispiace. - Cominciò l'infermiere, posandole una mano sulla spalla e spingendola un passo indietro.

 

- Ah, ok. - Mormorò, rassegnata.

 

- Lei è più che un familiare per mio fratello. - Intervenne prontamente Kevin.

 

- Ma no, non importa...! - Cominciò Gabrielle, agitando le mani. - Mi basta sapere che sta bene. -

 

- Io penso che Nick voglia vedere anche te, sai? - Aggiunse Joe, sorridendole. - Scommetto quello che vuoi che, se non entri con noi, "dov'è Coco?" sarà una delle prime tre domande che farà. -

 

 

***

 

 

- Mmmh... - Mugugnò Nick, aprendo gli occhi. - Che diavolo...? - Tentò di alzarsi, ma si bloccò quando avvertì il leggero strattone dei tubicini di plastica che gli avevano sistemato qua e là. L'infermiere si avvicinò al letto e glieli staccò con premurosa delicatezza, lasciandogli solamente quello per la flebo.

 

- Ecco. Riesci a respirare bene? - Annuì, sollevandosi lentamente. Kevin e Joe si avvicinarono al bordo del letto, mentre Coco rimase qualche passo indietro. Si sentiva un po' estranea a quel momento... di famiglia.

 

- Cos'è successo? - Domandò ai fratelli, schermandosi gli occhi per cercare di abituarli alla luce bianca delle lampade al neon. - Perchè sono in ospedale? -

 

- Posso dire, quasi con assoluta certezza, che hai sbagliato a dosare l'insulina. - Intervenne l'infermiere, in tono spiccio. - Sei arrivato a tanto così dal coma, lo sai? Quella che avevi in circolo avrebbe steso un cavallo, come si usa dire. -

 

- Beh... - Mormorò, passandosi una mano fra i capelli. - Dopo anni di terapia per il diabete... tanta idiozia è quasi ammirevole! - Abbozzò un sorrisino, tentando di stemperare l'atmosfera.

 

- Ci hai quasi lasciato la pelle, razza di scemo! - Esclamò Joe. Si guardarono in silenzio per una frazione di secondo, prima che il maggiore si sedesse pesantemente sul bordo del materasso, gettandogli le braccia al collo. - Non farlo mai più...! - Sussurrò, stringendolo.

 

- Scusami... - Rispose Nick, dandogli un'affettuosa pacca sulla palla. - Scusatemi. - Continuò, alzando lo sguardo sul viso di Kevin che era rimasto fermo ai piedi del letto. - Non volevo farvi spaventare. -

 

- Non l'hai mica fatto apposta. - Sorrise lui, scuotendo la testa ed avvicinandosi per scompigliargli giocosamente i riccioli scuri. - L'importante è che sia finita bene... Poi, quella che si è presa lo spavento più grande... - Si guardò intorno, alla ricerca di Gabrielle che si era fermata poco oltre la porta e se ne stava ferma, in silenzio. - Coco. - La chiamò, facendole cenno di avvicinarsi.

 

- Giusto! - Esclamò Nick, allontanandosi da Joe. - Dov'è Coco? -

 

- Io te l'avevo detto! - Ridacchiò il Jonas di mezzo, mentre si alzava per lasciarle spazio. Lei si avvicinò titubante, cercando di trattenere le lacrime che sentiva bruciare all'angolo degli occhi.

 

- E' lei che ti ha trovato per prima... Privo di sensi, sul pavimento del bagno. - Aggiunse Kevin, lanciando al fratello minore uno sguardo eloquente.

 

Sguardo che Nick ricambiò, prima di voltarsi verso Gabrielle con gli occhi colmi di rimorso. Senza dire nulla, allungò una mano per stringere quella di lei. Intrecciò le dita con le sue, tirandola leggermente in avanti. Coco si lasciò guidare, senza opporre resistenza, sedendosi sul letto prima di abbracciarlo, stringendolo forte. Si lasciò sfuggire un debole singhiozzo, mentre lui le accarezzava la schiena con dolcezza, prima di tuffare la mano fra i suoi capelli.

 

- Scusami, Coco, non... - Soffiò, cercando le parole adatte, anche se non ce ne erano poi molte.

 

- Piantala di scusarti...! - Sbottò lei, con la voce incrinata dal pianto. - E' solo che... Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Credevo di non riuscire nemmeno a respirare. - Singhiozzò.

 

Nick rafforzò la presa, appoggiando la guancia alla fronte di lei.

 

- Sto bene. - Le mormorò per tranquillizzarla. - Adesso sto bene... -

 

- Potremmo ucciderti noi, in due, per averla fatta piangere, lo sai? - Sogghignò Joe, ficcando le mani nelle tasche della giacca. - Vero? - Aggiunse poi, rivolgendosi a Kevin.

 

- Sicuro. - Annuì questo con decisione. Nick sgranò impercettibilmente gli occhi, lasciando correre lo sguardo dall'uno all'altro con crescente stupore.

 

- Ma voi... - Cominciò. - E' successo qualcosa? -

 

- Qualcosa. - Confermò Joe, in tono enigmatico.

 

- Ah. E dovevo finire io con un piede nella fossa... per farvi ragionare? Sono quasi morto per farvi fare pace, non so se rendo l'idea! - Esclamò, suscitando lo scoppio di una fragorosa risata negli altri due.

 

- Scusate se vi interrompo... - Intervenne l'infermiere, affacciandosi oltre la porta. - Ma il signorino ha bisogno di riposo e di una buona quantità di analisi. Uno di voi può restare a fargli compagnia, se volete, ma gli altri devono andarsene... Vi lascio altri dieci minuti. - Concluse, uscendo di scena.

 

Kevin e Joe annuirono, prima di scambiarsi un'occhiata complice.

 

- Coco, rimani tu. - Sorrise Joe. Lei si voltò leggermente, senza sciogliere l'abbraccio di Nick.

 

- Ma... - Sussurrò.

 

- Sono certo che anche per Nick sia la soluzione migliore. - Aggiunse Kevin, osservando il fratello.

 

- Rimani tu... - Le bisbigliò Nick, bloccandole una ciocca dietro l'orecchio, prima di soffermarsi con la mano fra i suoi capelli. - Perfavore. -

 

 

***

 

 

- Hai fatto cosa? - Esalò Nick, bloccandosi con la mano sulla spalla di lei.

 

Coco sospirò, stringendo involontariamente la presa sulla sua maglia.

Erano sdraiati vicini, nella stanza semibuia. Da quando Kevin e Joe se ne erano andati, dopo che Nick aveva fatto le sue analisi, erano rimasti soli e lui non aveva fatto altro che coccolarla. Con dolcezza infinita, per farsi perdonare di qualcosa che nemmeno lei aveva mai pensato di attribuirgli.

 

E lì Gabrielle aveva deciso di parlargli. Dopo che aveva rischiato di vederlo morire, senza che lei potesse dirgli che gli aveva mentito... Si era sentita troppo, troppo male. Non voleva avere segreti con lui.

 

- E' stato uno sbaglio... - Mormorò, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. - E Joe non lo sa... Non voglio che lo sappia.

 

- Pure! Dillo che vuoi riuscire dove il diabete non ce l'ha fatta! - Esclamò.

 

- Eravamo ubriachi. Tutti e due... E, ti giuro, non so cosa è successo... - Nick rimuginò un po' fra sè e sè, pensando che forse lui un'idea ce l'aveva.

 

- E io che ero preoccupato che Joe rompesse il voto... Ma Kev, non pensavo... Hai fatto l'amore con Kevin...! - Ripetè, quasi più per sè stesso.

 

- Ho fatto sesso. E non mi ricordo niente... - Annuì lei.

 

- Tu con Kevin hai fatto l'amore, non "sesso". Te lo dico io. - Ribadì.

 

Coco sgranò impercettibilmente gli occhi, sentendo un intenso fiotto di calore all'altezza del cuore. Si passò una mano sul petto, avvertendo il proprio battito assurdamente regolare. Di nuovo provava un'emozione di cui non sapeva spiegarsi l'origine.

 

Lui sospirò profondamente, perso in chissà quale riflessione.

 

Nessuno dei due disse più nulla. Rimasero entrambi in silenzio, gli occhi chiusi e i pensieri decisamente altrove... Gabrielle si strinse un po' di più a lui, mentre Nick riprendeva ad accarezzarle il braccio con calcolata lentezza. 

 

Non ci era voluto poi molto.

 

Era una cosa di cui avrebbero potuto discutere per ore, invece erano bastati una manciata di minuti... Più una buona dose di consapevolezze varie e non per forza condivise, da una parte e dall'altra.

 

E si erano ritrovati complici silenziosi di un abbraccio e di un enorme segreto.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15° ***


- Capitolo 15° -

Bene, ecco finalmente qui il capitolo di Natale!!x3 Ho dovuto lottare ferocemente per riuscire a finirlo. Tra l'arrivo di mio cugino "dal lago con ammmooore" che mi ha costretta a passare i 3/4 del week-end fuori casa, le varie cene con le amiche per scambiare i regali e la malattia (sì, perchè mio padre è tornato settimana scorsa da un viaggio di lavoro con un maledetto virus che ha impestato tutta la famiglia! Ho fatto 3 giorni con il mal di gola e ora me ne sto qui con un meraviglioso raffreddore in piena esplosione e naso che gocciola ogni tre secondi!U.U), il tempo a disposizione si è ridotto all'osso!

 

Però ce l'ho fatta e ho mantenuto ciò che mi ero prefissa nella tabella di marcia: postare prima di Natale!x3

 

Con tutto questo e soprattutto mia madre che chiama dall'altra stanza con voce imperiosa perchè l'aiuti con i pacchetti-regalo, non ho fatto in tempo per i ringraziamenti ad personam. E mi dispiace molto, perchè io ci tengo sempre un sacco a farveli. Lo sapete bene, oramai, è il mio modo per farvi capire quanto tengo alle vostre recensioni e quanta forza e voglia di fare mi danno!x3 Vi adoro tutte, una per una. *lovva infinitamente*

 

Giurin giuretta che la prossima volta tornerò a farli. Ora vi lascio al capitolo e ci sentiamo dopo Natale a questo punto.x3

 

Merry Christmas to you all!<3

 

 

 

 

- Capitolo 15° -

 

 

 

{ It's cold outside, my boots are full of snow.
I'm just hoping for some misteltoe... }

Girl Of My Dreams - Jonas Brothers

 

 

 

 

Un mese esatto a quella parte, le loro vite erano tornate incredibilmente "entro i binari". Come se un colpo di spugna avesse cancellato tutto quello che era successo.

 

Beh, quasi tutto.

 

Anche se perfino il cielo aveva riversato su Parigi un'intensa pioggia dispettosa, per sciogliere la neve che era caduta agli inizi di novembre, come volesse repentinamente riparare ad un palese errore, c'erano cose, sentimenti, che non potevano essere dimenticate così, come oggetti vecchi che non servono più.

 

Quel giorno Coco rientrò dal lavoro un po' più presto del solito, brandendo un enorme scatola di cartone e un sacchettino di plastica pieno di profumati rametti di vischio... Era solo il cinque dicembre, ma era stata presa da una sorta di frenesia per cui aveva una voglia matta di decorare l'appartamento.

 

Non aveva mai amato tanto il Natale, come quell'anno.

 

- Sono a casa...! - Esclamò, entrando con passo incerto.  Si impegnò a mantenere in equilibrio lo scatolone, mentre tentava disperatamente di richiudersi la porta alle spalle con un calcio ben assestato.

 

- Bentornata, tesoro! - Cinguettò Joe, andandole incontro. Le posò un bacio sulle labbra, prima di far scattare il meccanismo della maniglia.

 

- Che scemo sei...! - Ridacchiò Gabrielle, sorridendo contro la bocca di lui. Gli rubò un altro rapido bacio, poi si allontanò, lasciandogli la scatola di addobbi.

 

Si sfilò il cappotto, osservando con aria soddisfatta l'albero ancora spoglio che Kevin e Nick avevano già sistemato vicino al divano e la ghirlanda di agrifoglio che correva sopra la finestra. Ridacchiò, ripensando al volo che Joe aveva fatto, nel primo, goffo tentativo di fissarla... Era piombato addosso a Kevin con tutta la decorazione e una Stella di Natale di stoffa rossa morbidamente incastrata fra i capelli.

Adorabile con quell'espressione da cucciolo bastonato.

Quella di quando sapeva benissimo di aver combinato un disastro.

 

Quella a cui sapeva che lei non avrebbe mai, mai resistito.

 

- Cosa c'è qui dentro? E' appiccicoso...! - Brontolò l'oggetto dei suoi pensieri, riportandola alla realtà. Lo guardò divertita mentre frugava nel sacchetto, impiastricciandosi le dita con la resina.

 

- Vischio. - Sorrise. Poi, mossa a compassione, gli sfilò la busta dalle mani prima che potesse invischiarsi, appunto, fino alla punta dei suoi preziosissimi capelli. - Me lo sono fatta dare dalla fioraia all'angolo... Volevo appenderlo sopra la porta. Che ne dici? -

 

Lui annuì, mentre Coco richiudeva il sacchetto e lo appoggiava in un angolo.

 

- Ma, prima, l'albero! - Continuò, battendo le mani, felice.

 

Joe sorrise, avvicinandosi a lei e abbracciandola alle spalle. Le scostò i capelli con calcolata dolcezza, prima di abbassarsi a sfiorarle il collo con le labbra.

 

- Va bene, va bene... - Mormorò, mentre il suo respiro lento e regolare le accarezzava la pelle. - Vediamo di accontentare la mia bambina. - Soffiò, con voce suadente, facendole correre un fin troppo gradevole brivido lungo la schiena.

 

Poi, senza aggiungere altro, ricominciò con quella sua maledettamente piacevole tortura.

 

- Joe... - Sospirò Gabrielle, stringendogli involontariamente il braccio man mano che i suoi baci leggeri si avvicinavano, in un crescendo premeditatissimo di intensità, al punto più sensibile. Socchiuse gli occhi, mentre il fiato le moriva in gola.

 

Lui non rispose, lasciandosi semplicemente sfuggire un sorrisino soddisfatto.

 

- Ragazzi...? - La voce di Kev la raggiunse da un luogo non ben definito, ma troppo, troppo vicino, nel momento stesso in cui le labbra di Joe le sfioravano l'orecchio.

 

Si staccò da lui ad una velocità assurda, cercando di far riprendere al suo respiro un ritmo regolare.

 

- Volevo solo sapere se era arrivata Coco con gli addobbi. Ho sentito rumore... - Si giustificò, scrollando le spalle, mentre Joe gli lanciava un'occhiata assassina.

 

- Sono in quella scatola. E nelle altre che avevo già preso stamattina. - Rispose lei, schiarendosi la gola. - Facciamo l'albero? - Continuò, rilassandosi leggermente nell'avvertire la sua temperatura corporea abbassarsi di nuovo ad un livello controllato.

 

Prese un respiro profondo, mentre si inginocchiava davanti agli scatoloni chiusi e si passò una mano sul collo, cercando disperatamente di rinchiudere in un angolo remoto della sua mente, la sensazione vivida della bocca di Joe che vi si posava con irresistibile dolcezza.

 

Alle sue spalle, i due fratelli si scrutavano in cagnesco, con una strana, divertita luce negli occhi.

 

Cominciò a frugare qua e là, alla ricerca delle catene di luci, mentre Kevin e Joe inscenavano un duello all'arma bianca, brandendo due puntali di plastica colorata a mo' di spade.

 

- Me la pagherai! En gàrde! - Ululò Joe, saltando in piedi sul divano, prima di vibrare un fendente in direzione del fratello.

 

Kevin lo schivò per un pelo, abbassandosi di scatto e rotolando sul tappeto, per poi rialzarsi con un balzo teatrale.

 

- Ossignore...! - Esalò Nick, arrivando dalla cucina proprio nel momento in cui il maggiore dei suoi fratelli si lanciava dietro il divano in un tuffo sgraziato. - Non ci voglio credere. -

 

- Credici. - Ridacchiò Gabrielle, avvicinandoglisi. - Ed è comunque meglio di quando non si parlavano, no? -

 

Lui annuì, scuotendo lentamente la testa ricciuta.

 

- Sì. Solo, alle volte, mi è difficile credere che sono io, il più piccolo dei tre...! -

 

 

***

 

 

Coco appese una pallina di vetro bianco sul ramo che aveva davanti, intonando mentalmente una vecchia canzoncina natalizia che credeva di aver dimenticato da anni. Mentre stringeva il fiocco di raso rosso, due mani fin troppo familiari si accostarono alle sue, legando un angioletto di cartapesta poco più in alto.

 

Sentì la sua voce avvolgente, quasi prima di avvertire il suo calore contro la schiena.

 

- ...'Cause all I want for Christmas, is the girl of my dreams. - Canticchiò Joe, con tono bassissimo, caldo e sensuale, tanto vicino che lei poteva avvertire ogni singolo movimento delle sue labbra contro l'orecchio.

 

- Piantala...! - Mormorò, senza troppa convinzione, mentre lui abbassava le braccia, lasciando scivolare piano le mani sul busto e i fianchi di lei. - Ci sono i ragazzi! - Sibilò, afferrandogli i polsi ed allontanandolo giusto nel momento in cui le sue dita si avventavano sullo scampolo di pelle lasciato scoperto dalla maglia un po' troppo corta.

 

Joe sospirò rassegnato, lasciandola andare. Del tutto controvoglia.

Più il tempo passava, più il peso di quella maledetta fedina d'argento si faceva sentire. Forte, insistente, fastidioso.

Ma mai abbastanza per frenare la sue mani, che sembravano agire di testa propria ogni qual volta si trovavano a contatto con il corpo di Gabrielle.

 

La voleva. Punto.

Voleva Coco e la voleva in un modo che, all'inizio, aveva imbarazzato perfino lui stesso... In diciannove anni di vita e almeno quattro di assiduo contatto con l'universo femminile, non aveva mai provato un desiderio tanto intenso e destabilizzante. Mai.

 

Gabrielle, dal canto suo, rifiutava anche solo di ammettere a sè stessa che le attenzioni di Joe erano tutt'altro che un fastidio, perchè sapeva che, non appena si fosse lasciata andare, la sua mente le avrebbe ricordato altre carezze, altre mani, altre labbra. Altre attenzioni, che temeva non sarebbe più riuscita a eliminare dalla memoria.

 

Rovistò sul fondo della scatola ormai quasi vuota, raccogliendo le ultime decorazioni da appendere all'albero, concentrandosi anche più del necessario sulla loro disposizione. Qualunque cosa, pur di non pensare.

 

Cercò di fissarsi sull'unica, vera distrazione a sua disposizione.

- Quest'anno sarà un Natale meraviglioso... - Mormorò, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso. - Insieme a voi. -

 

Nick, che era inginocchiato a terra nel tentativo di districare i fili delle catene luminose fra le varie prese di corrente, alzò la testa di scatto, cercando suo fratello con lo sguardo.

 

- Non gliel'hai detto? - Soffiò, fissando Joe dritto negli occhi. Questo si passò una mano fra i capelli, inspirando nervosamente. Scosse lentamente la testa, con gli occhi che gli brillavano di rimorso. Coco spostò l'attenzione dall'uno al'altro un paio di volte, prima che qualcuno trovasse il coraggio di parlare. Perfino Kevin si era improvvisamente azzittito e la osservava con aria mesta, strizzando un incolpevole filo d'argento fra le mani.   

 

- Noi torniamo a casa, per Natale. - Mormorò Nick, infrangendo lo spettrale silenzio che si era creato. Gabrielle si irrigidì e un "ah" appena udibile fu tutto quello che riuscì a pronunciare, poi la goccia di cristallo che stringeva fra le mani si schiantò sul pavimento con un agghiacciante rumore di vetri infranti.

 

- Oddio... - Esclamò, scattando come se si fosse risvegliata da una strana sorta di ipnosi. Si inginocchiò, prendendo a raccogliere i cocci sparsi sul parquet lucido.

 

- Coco... mi dispiace. - Continuò lui, mentre i fratelli maggiori restavano zitti, quasi fossero preoccupati di poter spezzare lei com'era successo per quella piccola, fragile decorazione.

 

- No... - Cercò di sorridere lei, con scarsissimi esiti. - Non è niente... Ah! - Una scheggia particolarmente affilata le scivolò fra le dita, procurandole un bel taglio che cominciò a sanguinare abbondantemente. - Scusatemi... - Si alzò, lasciando cadere i vetri che aveva raccolto e schizzò in cucina, stringendosi la mano al petto. Quasi sollevata dia vere una scusa per scappare.

 

Aprì il rubinetto con un gesto nervoso, infilando le dita sotto il getto proprio mentre due lacrime impudenti le inumidivano le ciglia, annebbiandole la vista. Respirò profondamente, imponendosi di ricacciarle esattamente da dove erano venute.

L'acqua gelata alleviava il bruciore del taglio, ma Gabrielle si domandava cosa avrebbe potuto lenire quello che si sentiva all'altezza del cuore.    

 

Si sentiva una stupida a non esserci arrivata da sola. Il Natale si trascorre in famiglia. E' normale... per chi una famiglia ce l'ha. Una degna di questo nome, almeno. E Joe, Kevin e Nick, al contrario di lei, rientravano in quella categoria di persone. Avevano una casa che li aspettava, dall'altra parte dell'oceano.

 

- Idiota...! - Ringhiò, tirando un calcio stizzito all'armadietto sotto il lavandino. E quell'odiosissimo groppo alla gola non voleva proprio saperne di andarsene... Si scostò i capelli dal viso, bloccandoli dietro l'orecchio, prima di chiudere l'acqua.

 

- Non volevo che venissi a saperlo così. - Sollevò lo sguardo, incrociando quello colpevole di Joe, che si era affacciato oltre la porta a vetri. - Avrei dovuto dirtelo, sono un cretino... - Continuò, raggiungendola. - Scusami. -

 

- Ma no... - Ribattè lei, cercando qualcosa che potesse usare per tamponare le dita umide. Senza lasciarle il tempo di muoversi, le afferrò la mano, stringendola dolcemente, prima di portarsela alle labbra. Coco sussultò, quando avvertì la bocca di lui dischiudersi per permettere alla sua lingua di raccogliere la goccia di sangue rimasta sulla pelle arrossata.

 

Le guance le si tinsero di un delicato color vermiglio, mentre lui la lasciava andare e si chinava per catturarle le labbra con le sue.

 

- La verità... - Bisbigliò Joe contro la bocca di lei, tra un bacio e l'altro. - E' che non ho avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, nemmeno a me stesso. Se ci penso, mi manchi già... - Soffiò, strappandole un mugolìo soddisfatto quando la sua lingua le accarezzò le labbra come aveva fatto con le sue dita poco prima.

 

- Quando partite? - Domandò Gabrielle, allontanandosi per riprendere fiato. - Quanto...? - Si bloccò, incapace di formulare tutta la domanda.

 

- Finiamo di girare il quindici. - Intervenne Nick, entrando nella stanza, seguito a ruota da Kevin. - E penso che non potremo tornare prima di un mese. - Coco si voltò, appoggiandosi al piano di marmo, mentre anche gli altri due le si avvicinavano.

 

- Un mese, quindi... - Ripetè, mentre tentava di ignorare la consapevolezza di quanto potevano essere terribilmente lunghi trenta giorni.

 

- Ci hanno fissato un concerto per capodanno... E qualche apparizione per promuovere il documentario che stiamo girando. - Le spiegò Kevin. - Non potevamo dire di no. -

 

- Ma scherzi? - Scrollò leggermente la testa. - Per me!? -

 

- Perchè lo dici sempre con quel tono... Non realizzerai mai quanto sei importante per noi, eh? - Sorrise lui, scompigliandole affettuosamente i capelli.     

 

- Probabilmente nemmeno un decimo di quanto lo siete voi per me. - Rispose lei, tornando ad arrossire. - Ammetto che mi sarebbe piaciuto da morire, passare il Natale con voi, però... - Inspirò profondamente, cercando di lottare contro le lacrime che sentiva affiorare di nuovo. - Ora come ora mi rendo conto di quanto fosse ingenuo, pensare che poteste restare... avevo completamente dimenticato che non fate veramente parte di questa realtà. La mia realtà. - Mormorò, lanciando un'occhiata fuori dalla finestra. Sentì le guance umide ancor prima di rendersi conto che stava piangendo.

 

Sospirò, scrollando nervosamente le spalle.

 

- No, cavolo! - Esclamò. - Perchè devo sempre finire per fare la figura della bambina? Io... Uff! - Sbuffò, cercando inutilmente di asciugarsi le lacrime.

 

- Ehi... - Sorrise Joe, scostandole le mani dal viso. - Non c'è niente di male. Anche io odio questa cosa... Avrei voluto portarti a casa con me, per Natale. - Coco sussultò leggermente, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso.

 

- Davvero? - Bisbigliò.

 

- L'avremmo voluto tutti. - Continuò lui, cercando conferma nello sguardo dei suoi fratelli che annuirono. Kevin allungò la mano, accarezzandole il braccio. - Sarebbe stato bellissimo. Farti conoscere mamma, papà... -

 

- E Frankie! - Aggiunse Nick, ridacchiando. - Quella piccola peste... Ti adorerebbe, ne sono sicuro. Ma.. -

 

- Ma nemmeno io posso venire con voi. - Concluse Gabrielle. - Per quel poco di famiglia che mi è rimasta, devo restare qui. Vi aspetterò... E mi mancherete da morire, lo sapete? Tutti e tre. - Concluse, sorridendo apertamente, prima di attirarli in un affettuoso, aggrovigliato abbraccio di gruppo.


Tutti e tre.

 

***

 

 

- E se ti dicessi che, prima di andarmene, mi piacerebbe fare l'amore con te? - Domandò improvvisamente Joe, depositando un bacio leggero sulla spalla scoperta di Coco, che stava quasi per addormentarsi, accoccolata fra le sue braccia.

 

- Cosa...? - Mormorò lei, riscuotendosi dallo stato di dormiveglia.

 

Si voltò su un fianco, in modo da riuscire a guardarlo negli occhi.

Erano sdraiati vicini, sotto le soffici coperte del divano-letto che, da tre settimane a quella parte, condividevano tutte le notti. Per Gabrielle era diventata un'abitudine dormire sul lato destro del materasso, cosi come a Joe sarebbe, ormai, sembrato strano muoversi sotto le lenzuola senza incocciare, prima o poi, nelle gambe di lei.

 

- Hai detto qualcosa? - Si stropicciò gli occhi, sbattendoli un paio di volte per abituarli alla penombra del salotto, spezzata solo dalle luci soffuse dell'albero di Natale, ora perfettamente addobbato. Lui si chinò, sfiorandole la punta del naso con la propria, prima di rubarle un bacio leggerissimo.

 

- Voglio fare l'amore con te, Coco. - Le sussurrò, gli occhi incatenati all'azzurro dei suoi. Lei sussultò bruscamente, rischiando di sbattere la fronte contro la sua per la foga con cui si alzò, puntellandosi su un gomito.

 

- Non puoi...! - Esalò, mentre la maledetta vocina nella sua mente prendeva a ripetere il nome di Kevin ad un ritmo terribilmente martellante e la memoria le permetteva di ricordare solo i suoi occhi verdissimi.

 

- Perchè? - Rispose lui, preso in contropiede da quella strana reazione.

 

{Perchè l'ho già fatto con tuo fratello.}

 

Le suggerì la stessa voce di poco prima, ma quella non poteva essere considerata una risposta accettabile.

 

- Il voto... - Bisbigliò lei, mordendosi il labbro. In effetti, era un'ottima questione. L'aveva già fatto spezzare a Kevin, era abbastanza.

 

- Non me ne frega niente del voto. - Replicò con decisione. - Per te lo romperei anche mille volte... - Fece scivolare la mano lungo il fianco di lei, prima di spingersi con le dita oltre l'orlo della sua cannottiera. Senza smettere di guardarla negli occhi fino a che gli fu possibile, scostò le coperte e si abbassò a depositarle una serie di baci delicati sulla pancia scoperta, all'altezza dell'ombelico.

 

Sorrise, nel sentirla rabbrividire e avvertì la sua pelle d'oca nel risalire lungo la scia lasciata dalla cannottiera che le stava sollevando, quasi fino al seno.

 

- Joe... - Mugolò, affondando una mano fra i suoi capelli. - Joe, ti prego... Smettila... - Raccogliendo il briciolo di volontà che le era rimasta, dopo quello spietato attacco ai suoi freni inibitori, lo fermò, facendolo rialzare. - Adesso non... - Sussurrò, cercando di tornare a respirare regolarmente. Sentiva ancora la pelle scottare nel punto in cui, fino a qualche attimo prima, erano posate le labbra di lui.

 

- Ti giuro che non è per capriccio. Io voglio farlo davvero... - Sospirò lui, tornando a sdraiarsi al suo posto. - Io... - Esitò, mentre le sue guance si tingevano di un adorabile color peperone. - ... ti voglio. -

 

- Lo so. - Rispose, sollevandosi di nuovo su un braccio per sporgersi leggermente sopra di lui. - Ma non voglio che tu agisca di nuovo d'impulso facendo qualcosa di cui poi, potresti pentirti... - Gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte, accarezzandogliela piano, prima di posarci un bacio leggero. - Perchè anche io, in questo momento, non sono abbastanza sicura. Ma ti giuro che ci penserò... - Con un mugugno rassegnato, Joe si voltò sul fianco, stringendola a sè con fare dolcemente possessivo.

 

- D'accordo... - Soffiò, col viso nascosto nell'incavo del collo di lei. - Però, stanotte, voglio che mi abbracci... E che non mi lasci andare fino a domattina. - Gabrielle sorrise silenziosamente, sistemandosi meglio contro di lui ed azzerando la distanza fra i loro corpi.

 

- Sì. - Mormorò, accarezzandogli i capelli e poi le spalle, strappandogli un sospiro soddisfatto. - Tutto quello che vuoi... -

 

 

***

 

 

Quando Coco si risvegliò, però, non era affatto "domattina". L'orologio digitale del videoregistratore lampeggiava nel buio, segnando appena le due e mezza di notte. Sbuffò e cercando di muoversi piano per non svegliare Joe, profondamente addormentato con la testa sulla sua spalla, si alzò e scivolò fuori dalle coperte. Rabbrividì quando l'aria fresca della notte assaltò le sue spalle nude. Afferrò alla cieca qualcosa di morbido e caldo dal bracciolo del divano e se lo infilò alla bella e meglio.

 

Quando arrivò in cucina, si stupì di trovarci Kevin, ancora sveglio, che rimestava con aria assente un bicchiere di analgesico. Non si accorse di lei, fino a che Gabrielle non gli fu abbastanza vicina da rivolgergli la parola senza dover parlare troppo ad alta voce.

 

- Non stai bene, Kev? - Domandò, appoggiandosi al tavolo. Sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi di lei.

 

- Solo un po' di mal di testa... E qualche pensiero che non mi fa dormire. - Spiegò, svuotando il bicchiere in un sorso, prima di alzarsi. - E così siamo già arrivati ad "un mese dopo". - Sospirò, senza smettere di fissarla.

 

- Eh...? - Mormorò Coco, torturandosi nervosamente un ciuffo di capelli che le ricadeva arricciato all'attaccatura del collo.

 

- Sai che giorno è oggi? - Chiese, solleticando lentamente il bordo di vetro con le dita.

 

- Sì, lo so. - Ribadì lei, improvvisamente tesa. - Sono passati esattamente trenta giorni. Vogliamo intavolare un bel discorso da "un mese dopo", come hai detto tu? - Sbuffò, piuttosto infastidita. - Dai, parliamone pure, tanto stasera siamo già in argomento... -

 

- Scusa? - Kevin mollò il bicchiere sul tavolo dove era, movendo un passo verso di lei con espressione piuttosto sconcertata.

 

Gabrielle inspirò profondamente, torcendosi le mani.

 

- Due ore fa, Joe mi ha chiesto di fare... Di farlo, con lui. - Incrociò le braccia, stringendosele al petto, prima di tornare a puntare gli occhi nei suoi. - E io gli ho detto di no. - Concluse, lapidaria nel tentativo di mascherare la voce tremante.

 

- Gli hai detto di no? - Ripetè meccanicamente. - Perchè? -

 

Eccola, la domanda che tanto temeva, forse persino più da parte sua. Perchè era stato relativamente facile, con Joe che non sapeva niente, mascherarsi dietro la scusa del voto... Ma con Kevin...

 

La verità rischiava prepotentemente di venire allo scoperto.

 

- Perchè? Perchè, se lo facessimo, come credi potrei spiegargli che non... - Arrossì, sfregandosi le braccia infreddolite. - ... sono più vergine? - Kevin abbassò lo sguardo, visibilmente imbarazzato e forse anche più di lei.

 

- Non se ne accorgerebbe neanche, secondo me. - Mormorò, tenendo gli occhi ostinatamente puntati sul pavimento.

 

- E comunque con è solo per quello... - Continuò lei, rinsaldando un minimo il tono di voce.

 

Già, c'erano almeno altri due motivi.

 

- C'è il voto... So che riguarderebbe solo lui, teoricamente, ma, in pratica invece, è un peso anche per me la responsabilità di infrangerlo. Non è la promessa che ha fatto a mamma o papà... E' un giuramento a Dio. E a sè stesso. Romperlo vuol dire gettar via un sacco di cose. - Lentamente, Kevin tornò a guardarla.

 

Aveva capito perfettamente che non stava parlando di Joe. Non solo almeno. Si fissarono negli occhi per dei secondi interminabili, prima che Coco trovasse il coraggio di andare oltre. Mosse un passo in avanti arrivandogli a meno di una spanna di distanza. Molto meno.

 

- No. - La anticipò lui, scuotendo la testa. - Ti assicuro che io non ho buttato via proprio niente... - Prese fiato, cercando di mantenere salda la voce tremante. - Fare l'amore con te è stato... era il modo migliore che avessi per rompere quel voto. - Mormorò, lo sguardo ancora fuso in quello di lei che aveva praticamente smesso di respirare.

 

E l'ultima ragione, l'altra cosa per cui non era riuscita a dire sì a Joe era...

 

{E'...}

 

La sua parte razionale si rifiutò di concludere la frase, annegando completamente nel verde vivo e bruciante degli occhi di Kevin. Gabrielle distolse lo sguardo per una frazione di secondo, puntandolo verso il soffitto, prima di affondare una mano fra i ricci scuri di lui. Lo attirò leggermente in avanti, catturando le sue labbra in un bacio a stampo che si protrasse leggermente più a lungo di quanto avrebbe dovuto.

 

Kevin sussultò, sgranando improvvisamente gli occhi scuri, prima di richiuderli con un sospiro soddisfatto. Non fece nemmeno in tempo a pensare di poterle appoggiare le mani sui fianchi, che la sentì staccarsi.

 

- Vischio. - Bisbigliò lei, poco dopo essersi allontanata.

 

Indicò il soffitto e solo quando alzò gli occhi, come aveva fatto Coco poco prima, lui si accorse con una punta di delusione, del rametto appeso, con un bel fiocco rosso, al lampadario sopra le loro teste.

 

Quando tornò a guardare davanti a sè, incontrò solo le piastrelle azzurrine della parete che aveva di fronte.

Coco era scappata.

 

E non avevano nemmeno concluso il discorso che avevano cominciato.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16° ***


Rieccoci qui

Rieccoci qui.x3 Macciao a tutte! Passate bene le feste?x3 Anno nuovo, capitolo nuovo... Anche se per i nostri eroi il capodanno arriverà solo nel prossimo capitolo... Questo è un po' di transizione, ma contiene due e dico due discorsi molto importanti ai fini della storia...

Ma non vi anticipo altro e passo subito ai ringraziamenti ad personam che, ancora una volta, sono tanti e la cosa non può che farmi un immenso piacere:

 

Ladonnazabaionata: ok, tu questo capitolo lo leggerai forse in ritardo, ma va bene lo stesso.x3 Chissà perchè prevedo che tutto questo porterà il tuo campanilismo pro-Kevin a dei livelli mai visti... Comunque sappi che ho ancora parecchi assi nella manica, quindi nulla è sicuro. Per ora...x3

 

LaSocia: ma guarda che cosa insolita, tu hai già letto il capitolo.x3 Ciò non toglie che io voglia un esaurientissimo commento da parte tua. Anyway... Che tra Coco e Kev c'è *tensione* di un certo tipo, beh, è palese. Il problema è vedere dove questa tensione li porterà. Se si spegnerà a poco a poco o arriverà ad un punto di non ritorno, esplodendo definitivamente. Per entrambe le opzioni, c'è comunque ancora tempo... Per ora la situazione non si sblocca. Forse solo un pochinoino...

 

Agatha: gongola, gongola finchè puoi!x3 In quello che hai scritto, come al solito, c'è molto di vero (me ama i tuoi commenti sempre più!x3), però non è proprio tutto così semplice. Lo sarebbe, se Coco non fosse veramente innamorata di Joe. Eheh... *risatina malvagia*. Per quanto riguarda il Natale, beh, io lo amo alla follia quindi mi è venuto naturale infondere un po' di questo amore nella storia. E ho dovuto far tornare i Jonas a casa... Come hai detto tu non sarebbe stato realistico farli restare!x3 Che poi è una specie di allenamento per tutti, perchè arriverà anche il momento in cui l'anno di riprese terminerà e loro dovranno fare i bagagli definitivamente...

 

Selphie: felice di averti involontariamente dato buoni suggerimenti *musicali*. Per quanto riguarda il capitolo, beh, Kev è il "cute, romantic one" mica per nulla!x3 Poi io me lo vedo proprio a dire queste cose dolci-dolci. E' il mio uomo delle romanticherie, lui!x3

 

fefy88: chissà se ti sbagli o se hai ragione... Comunque sono io la prima a pensare che Coco meriti stima infinita per la volontà ferrea dimostrata nel dire di no al caro Joseph (io penso che gli avrei detto qualcosa tipo: fai di me quello che vuoi!x3). Certo è che il nostro Danger non demorderà così facilmente perchè, come hai detto tu, la vuole proprio...

 

Sweet_S: spero tu sia sopravvissuta e non abbia finito per diventare pazza/maniaca/serialkiller!xD Ecco l'aggiornamento...x3 Sappi che è il mio scopo confondere voi lettrici, almeno fino al momento in cui anche le idee di Coco non si chiariranno (fra un bel tot di capitoli...).x3 E vedrai che questo momentaneo allontanamento porterà qualcosa di più o meno buono per tutti. E poi i Jonas torneranno presto dalla loro Gabrielle!x3 Oh... e sono proprio felice che le mie fic ti piacciano tanto.<3

 

Jollina: come faccio? Boh, misteri... Sarà l'influsso benefico dei Jonas e di voi lettrici che mi date tanto supporto!<3 Il vischio è birichino, non sceglie e questa volta è toccato a Kevin e Coco. Magari, nonostante sia stato un bacio non prettamente *tradizionale*, non porterà conseguenze... o magari sì?x3

 

Potterina: Eh sì, Joe vuole la sua Coco. Io ho un rapporto poco amichevole con quel voto, che vi devo dire?xD Comunque, per ora non è successo nulla. In futuro chissà... Sul terzo motivo per cui Coco non ha voluto farlo, behbehbeh... io non mi pronunciò!x3 Chi leggerà, vedrà e tu vedrai de hai ben intuito!x3

 

beautiful_disaster: uhuhuh... Sull'evolversi dei sentimenti di Kev per Coco, lascio che sia il capitolo a risponderti!;3 Per il resto, beh... Ammetto che mi piace un sacco descrivere i momenti *intimi* fra Coco e Joe. Mi diverte immaginarli mentre, come dici tu, si fanno le coccole. E poi Joe si presta molto... Che tu fossi schierata con Kev penso di averlo intuito tempo fa, sai? E vai ad unirti ad una nutrita schiera di lettrici che il povero Joe non lo filano di pezza!x°D Ma chissà che poi non sia lui ad avere la meglio...?*risatina malvagia*

 

E, infine, le new entry!**

 

Pretty_Odd: aaaaaw!x3 Non ti dico quanto apprezzato il tuo commento. Sappi solo che ero su msn con Tempe e ho cominciato a scriverle a ripetizione: ho una nuova lettrice! Ho una nuova lettrice!x3 Non puoi capire quanto mi renda orgogliosa pensare che addirittura sei stata alzata fino alle 3 per leggere la mia fic, cioè...<3 Poi sono felice che ti piaccia la mia Coco, i *miei* Jonas, i miei lavori photoshopposi... Sono felice di tutto, insomma!x3 Joe, sì, forse è partito un po' facendo lo stronzetto di turno, ma si sta pian piano rivalutando. Kev è l'uomo della mia vita, lo amo alla follia nonostante gli combini così tante carognate e Nick, beh, Nick è l'ago della bilancia. Se non ci fosse stato lui, probabilmente sarebbero tutti impazziti da tempo!x°D Bene io spero ardentissimamente (ma esiste?xD) che tu continui a recensirmi, perchè ci tengo davvero molto!** Ancora un milione di grazie. Bacio!=* 

 

Rachelle: Idem come sopra. Mi fa sempre felicissima trovare commenti di nuove lettrici!** Soprattutto commenti così gratificanti. Mi ha reso molto, molto felice soprattutto sentirmi dire che la mia storia è *profonda* perchè vuol dire che, in qualche modo, riesco a trasmettere delle emozioni a che mi legge. E per un'autrice questa cosa è fondamentale!<3 Beh, il nuovo capitolo è qui e io mi aspetto di ritrovare il tuo nome tra le recensitrici, ne sarei molto felice!x3

 

Infine, prima di lasciarvi al capitolo, appello alle mie due recensitrici-abituèè assenti: Aya, Razu_91 dove siete finite? So che appena leggerete il mio accorato richiamo, accorrerete quindi vi ringrazio già in anticipo. E aspetto i vostri commenti con ansia!x3

 

E' tutto, gioie. A voi la linea!x3

 

 

 

 

- Capitolo 16° -

 

 

 

{ Mi manchi. Posso far finta di star bene, ma mi manchi...
Ora capisco che vuol dire, averti accanto prima di dormire. }

Mi Manchi - Fausto Leali

 

 

 

 

- Era tutto squisito, Monmon, davvero. - Sorrise Gabrielle, accomodandosi sul tappeto del salotto e afferrando la bambola che Lulù le stava porgendo, ancora mezza legata al fondo di cartone fucsia della scatola.

 

- Ziaaaa... - Pigolò la bimba, avvicinandosi con gli occhi azzurrissimi spalancati in una tacita richiesta. Dietro di lei, un'enorme scatola rosa conteneva la probabilmente più grossa casa di Barbie che fosse mai stata messa in commercio. Coco sorrise di nuovo, riconsegnandole la principessa dai lunghi capelli d'oro finalmente libera della sua confezione.

 

- Sì sì, adesso la montiamo... Mamma, com'è grande! Babbo Natale si è proprio lanciato quest'anno, eh? - Aggiunse, in un soffio, lanciando un'occhiata eloquente alla sorella maggiore e a Gerry, ancora impegnati a sparecchiare il tavolo dai resti del pranzo di Natale. Monique ridacchiò, sollevando le mani come a sottolineare la propria innocenza. E, in effetti, era molto più realistico pensare che fosse stato Geràrd l'artefice.

 

Afferrò la scatola e scuotendo la testa, la aprì insieme alla nipotina cominciando ad estrarre mobili roccocò in pura plastica viola.

 

- Zia, zia! Come si mette questo? - Trillò Lulù, brandendo un tavolino e la parete di un armadio.

 

- No, aspetta... Non così, ti faccio vedere! - Le si avvicinò, sedendosi alle sue spalle e circondandola con le braccia per riuscire ad aiutarla. Proprio mentre cercava di incastrare le due metà del suddetto armadio vittoriano, sentì la tasca dei suoi pantaloni vibrare leggermente. - Scusami un secondo, zucchero. - Sussurrò, mentre sulle sue labbra già si allargava un sorriso. Posò un bacio sui boccoli biondi della sua nipotina, prima di alzarsi e recuperare il suo cellulare che si agitava sempre più freneticamente.

 

- Pronto? - Mormorò, allontanandosi abbastanza dal rumore del salotto. Si infilò nella camera di Monique e nel suo invitante, inviolato silenzio.

 

- Mi manchi da morire, non ce la faccio più... - La sua voce morbida le arrivò all'orecchio come una carezza. Sorrise, abbandonando la schiena contro il muro, prima di lasciarsi scivolare fino al pavimento con un sorriso luminoso che le sfiorava le labbra.

 

- Ciao, Joe. - Soffiò. - Buon Natale anche a te. -

 

- Buon Natale, amore. - Continuò lui, cercando di sovrastare con la sua il rumore di altre due voci che si mischiavano, sempre più vicine.

 

- Amore? - Ripetè, mentre le sue guance si tingevano involontariamente di un delicato color porpora.

 

- Ti dispiace? - Ridacchiò lui, come se l'avesse davanti agli occhi.

 

- No, anzi... E' solo che... Ho passato anni e anni di scuola a sentire le mie compagne venire chiamate così dai loro fidanzati. O Monmon con Gerry. E mi sono sempre chiesta se qualcuno l'avrebbe mai detto a me... - Rispose, arrossendo se possibile ancora di più. - Cosa avrei provato. -

 

- E...? - La incalzò.

 

- Ed è una sensazione meravigliosa... - Concluse. - Manchi anche a me, lo sai, vero? - Sospirò poi, arrotolandosi una ciocca di capelli scuri attorno alle dita.

 

- E tu sai che, da quando sono partito faccio sempre, sempre fatica ad addormentarmi, perchè il mio letto è maledettamente vuoto...? Ho il mio cuscino, le mie coperte... Eppure non servono a niente. - Bisbigliò, mentre lei quasi tratteneva il respiro. - Non ci sei tu. -

 

- Smettila di dirmi queste cose, o non li tiro altri venti giorni! - Ridacchiò lei, cercando di far riprendere al suo cuore un ritmo regolare. - E comunque anche io dormo male, da sola. -

 

Sorrise, aspettandosi da Joe un'altra risposta zuccherosa, ma, al contrario, quello che il ricevitore del telefono le trasmise fu un gran miscuglio di rumori e un sonoro schianto, prima che una voce familiare riemergesse da quel caos.

 

- Joe...! L'hai fatto cadere, guarda! Oh, smettila di tubare e fai parlare anche noi! - Un clic e poi il suono divenne improvvisamente amplificato.

 

- Piccolo? - Domandò, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere. - Cosa succede? -

 

- Coco! Buon Natale! - La sua voce e quella di Kevin si mescolarono al leggero rumore di sottofondo. - Sei in vivavoce. - Aggiunse.

 

- Anche a voi, ragazzi, come state? - Un leggero tuffo al cuore, nel sentirli chiacchierare e battibeccare come facevano sempre, la informò, dolorosamente, di quanto avrebbe voluto poter essere con loro. Joe le mancava da togliere il fiato, d'accordo, ma anche Nick e quelle loro lunghe chiacchierate riflessive, o Kevin...

 

Kevin che, nel bene o nel male, dopo quello che era successo, non aveva mai smesso di tormentarla neppure nei sogni. Con i suoi occhi, le sue mani... le sue labbra.

Il ricordo di quell'insolito bacio sotto il vischio era ancora fastidiosamente vivido. Come se non bastasse tutto il resto...

 

- Ci manchi. - Nemmeno a farlo apposta, fu proprio la voce del Jonas maggiore a riportarla alla realtà. - E non solo perchè Joe ci esaspera, ricordandoci ogni tre minuti che non ci sei. - Aggiunse. E anche se non poteva vederlo, Coco avrebbe giurato che, in quel momento, sfoderava il sorriso dolcissimo che era così dannatamente suo e che la faceva sciogliere tutte le volte.

 

{E queste sono cose che io non dovrei nemmeno pensare, cacchio.}

 

Ringhiò a se stessa, cercando di concentrarsi su quello che stava succedendo all'altro capo del cavo dove, presumibilmente, Joe stava facendo pagare a suo fratello maggiore gli interessi sull'ultima battutina.

 

- Vi prego, tornate in fretta. -

 

Quando Nick riprese possesso del cordless e riuscì a disinserire il vivavoce, abbandonando gli altri due al loro tafferuglio, quella fu l'unica cosa che riuscì a dirgli.

 

 

***

 

 

Quando Monmon, dopo una buona ventina di minuti, si intrufolò nella stanza per vedere cosa stesse facendo trovò Coco ancora seduta sul pavimento nello stesso punto. Il cellulare ormai spento e la testa nascosta fra le braccia, appoggiate alle ginocchia.

 

- Ehi, tutto bene? - Le domandò, accucciandosi al suo fianco, prima di accarezzarle premurosamente i capelli. Gabrielle non rispose, emise uno strano suono a metà tra un sospiro e un ruggito, persa nei suoi pensieri. - Coco...? Davvero, non... -

 

- Sì, Kev... - Sospirò, senza nemmeno essere troppo sicura di aver sentito la domanda. La sorella maggiore strabuzzò leggermente gli occhi, prima di schiarirsi la gola in un gesto eloquente.

 

- "Kev"? - Ripetè, inarcando il sopracciglio con fare scettico. - Che non sta per Kevin, vero? - Domanda retorica. Parecchio retorica. Coco alzò la testa di scatto, incrociando lo sguardo di Monique proprio nel momento in cui sul suo viso andava allargandosi un sorrisino malizioso.

 

- Eh? - Mormorò, in un fil di voce.

 

- Mi hai appena chiamato "Kev", non te ne sei accorta? - Riprese, sedendosi più comodamente accanto a lei e dando una spinta decisa alla porta perchè si chiudesse. - Tesoro, io credo che dobbiamo parlare... -

 

- Ti ho davvero chiamata...? - Esalò, portandosi una mano alle labbra. Quando Monmon annuì, sbuffò con fare sconsolato. - Dio...! - Ringhiò.

 

Si passò la mano fra i capelli, cercando di reprimere tutta la voglia che aveva di mettersi ad urlare.

 

- Bene. Da cosa vuoi che cominci? - Soffiò, in tono leggermente stizzito. - Da quando ho baciato Kevin sotto il vischio, in un modo che di tradizionale non aveva niente? O no, meglio! Da quando sono andata a letto con lui, pur essendo fidanzata con suo fratello. - Concluse, trattenendo a stento un singhiozzo.

 

- Ok. - Riprese la sorella, non appena riuscì a ritrovare la facoltà di esprimersi in maniera coerente. - Penso che abbiamo un problema... E che dovresti andare con ordine. Sei stata a letto con Kevin?!? - Quasi urlò.

 

Gabrielle prese un respiro profondo, guardando per qualche istante dritto davanti a sè, anche se i suoi occhi chiari stavano visualizzando tutt'altro che la specchiera retrò di Monique.

 

- In realtà non c'è poi molto da dire... E' stato quasi due mesi fa, ormai. - Cominciò. - Ho litigato con Joe, sono scappata e quando Kevin è venuto a cercarmi e mi ha trovata ero... - Esitò, allungando le gambe sottili sul pavimento. - Ubriaca. -

 

- Scusa...? - Si fissarono in silenzio, poi Coco distolse lo sguardo, riprendendo il suo breve racconto.

 

- Sì. Non riuscivo quasi a reggermi in piedi, ci credi? - Sorrise amaramente. - Ed era la prima volta in vita mia che bevevo... Se si può definire "bere", poi. Due tazze di the corretto... credo. -

 

- No, aspetta. Due mesi... E' stato per la storia dei giornali!? E poi... Ubriaca? Ubriaca, Gabrielle?!? - Monmon era livida. Lei annuì flebilmente, catturando i capelli scuri dietro l'orecchio.

 

- Non è stato bello nemmeno per me scoprirlo, credimi. Sta di fatto che di quel pomeriggio e quella notte non ricordo quasi nulla... So solo che la mattina dopo mi sono svegliata, completamente nuda, nel letto di una camera d'albergo. E Kevin era con me. - Singhiozzò.

 

- Io lo uccido, quello. - Sibilò la sorella, strizzando entrambi i pugni.

 

- NO! - La bloccò. - Kevin non... non si sognerebbe nemmeno di farmi qualcosa contro la mia volontà. Questo sono pronta a giurartelo perfino su me stessa. - Arrossì. - Se siamo arrivati fino a quel punto, devo averlo in qualche modo... voluto anche io. -

 

- Qualche modo!? - Monique sembrava un automa, continuava a ripetere le parole di Coco. - Ma ti rendi conto di quello che hai fatto!? Stai parlando di sesso, non di una passeggiata mano nella mano! - Abbaiò, mentre le sue guance pallide si accendevano improvvisamente. - E in quello stato di incoscienza, poi... Senza precauzioni... potevi rimanere incinta, l'hai realizzato questo, almeno? - Coco avvertì una fastidiosa fitta allo stomaco e un brivido freddo lungo la schiena, realizzando in quel momento che all'eventualità di un figlio non aveva nemmeno pensato.

 

- Non... - Bisbigliò. - E' tutto normale. -

 

- No, lo so. - Sospirò Monmon. - A quest'ora te ne saresti già accorta. Io... Ho avuto Luciane a diciannove anni e per quanto l'ami più della mia stessa vita, è un'esperienza che non auguro a nessuno. Un bambino non è un gioco... Un bambino ti sconvolge l'esistenza, nel bene e nel male. Soprattutto se sei sola. - Le poggiò una mano sulla spalla, stringendola appena.

 

- Se fosse successo... Non lo sarei stata. - Si strinse nelle braccia, soffocando l'ennesimo singhiozzo. - So che sembra una cazzata, detta così per dire... Però io credo che Kevin non mi avrebbe mai permesso di affrontare una cosa del genere da sola. - Si portò involontariamente una mano al ventre, mentre con gli occhi cercava lo sguardo della sorella.

 

- Tu credi... Ma gli uomini, davanti alle responsabilità, sono spesso molto più schifosamente codardi di quel che appaiono. Sei davvero tanto sicura che il tuo Kevin non sarebbe scappato a gambe levate? - Ribattè Monique, poco convinta.

 

- Non è il "mio" Kevin. E' Kevin e basta... E' un amico. E comunque no. Lui non sarebbe scappato. Io lo so. -

 

Monmon rimase in silenzio per qualche secondo, osservando Coco di sottecchi, come a voler soppesare qualcosa.

 

- Chiariscimi solo un'ultima cosa... - Sussurrò poi. - Se questo Kevin è così speciale, dolce e responsabile... E tu hai fiducia in lui al punto che, inconsciamente, gli hai permesso di baciarti, di toccarti come non aveva mai fatto nessuno prima... Perchè stai con un altro? -

 

 

***

 

 

 

{ E stringere le mani per fermare
qualcosa che e' dentro me,
ma nella mente tua non c'è.
Capire tu non puoi.

Tu chiamale, se vuoi, emozioni... }

Emozioni - Lucio Battisti

 

 

 

 

Nello stesso momento, dall'altra parte dell'oceano, in un'altra casa, un' altra famiglia e lo stesso discorso che stava per essere intavolato.

 

Kevin appoggiò il cordless nero nel suo supporto sospirando profondamente, prima di sedersi al tavolo della cucina ancora ingombro dei resti del meraviglioso pranzo di Natale che Denise aveva preparato per la sua famiglia. La donna rientrò nella stanza poco dopo, scuotendo la testa riccioluta mentre cercava di non rovesciare il grosso vassoio di vetro che aveva in mano.

 

- Cucciolo, cos'è quel faccino? - Chiese, sistemando tutto nel lavandino già pieno di stoviglie, prima di accomodarsi sullo sgabello accanto a quello del figlio.

 

- No, niente, mamma. - Mugugnò lui, senza nemmeno guardarla. Sbuffò, incrociando le braccia sul tavolo per nasconderci il viso.

 

- Paul Kevin Jonas II. - Esalò Denise, puntellando un braccio sul fianco, mentre con l'altro circondava premurosamente le spalle del figlio. - Credi davvero di poterla dare a bere a tua madre così facilmente? - Kevin sollevò leggermente la testa, esibendosi in uno sguardo cucciolo degno delle migliori performance di Joe. - Non sei mai stato bravo a dire le bugie, tesoro. - Concluse la donna, sorridendo amorevolmente.

 

- Ti assicuro che sto imparando. Molto in fretta. - Mugugnò, lanciando un'occhiata sfuggente in direzione del salotto, dove Joe e Frankie testavano la nuova pista di macchinine che Babbo Natale aveva regalato al piccolo di casa. E arrendendosi all'evidenza che non sarebbe riuscito a nasconderle niente. Non a sua madre. - Joe ti ha parlato di... - Esitò, passandosi una mano fra i riccioli scuri. - ...Gabrielle? -

 

Denise inarcò un sopracciglio, lasciandosi sfuggire un risolino a metà tra il rassegnato ed il divertito.

 

- Non più di qualche miliardo di volte, da quando siete tornati da Parigi. - Sospirò. - Deve avere qualcosa di veramente speciale, questa francesina, perchè tuo fratello è proprio partito per la tangente... -

 

- Cosa ti ha detto di lei? - Chiese, mentre un piccolo sorriso si allargava sulle sue labbra.

 

- Mah... - Cominciò la donna, giocherellando con uno degli anelli che aveva alle dita. - Mi sarei aspettata che mi decantasse tutta una serie di attributi "fisici", definiamoli così. Sai... Quanto è bella, affascinante, attraente... Cose del genere. Normali. - Agitò graziosamente la mano nell'aria, facendo tintinnare i braccialetti che le cingevano il polso. - E invece... - Esitò, lanciando involontariamente una stoccata dolorosissima al cuore di Kevin che mancò un battito. - ...Invece no. Dovevi vederlo, Kev! Aveva una luce negli occhi, mentre parlava di lei... dei suoi modi di fare, del suo carattere. - Amore di mamma.

 

Kevin prese a torturare un inerme tovagliolo di carta che come unica colpa aveva quella di essere stato lasciato sulla sua strada. Cominciò a strapparne gli angoli con sistematica precisione, mentre ascoltava sua madre.

 

- L'ultima volta che ho visto Joe con quell'espressione è stato quando ha preso in mano un microfono per la prima volta. E' come se sorridesse con ogni fibra del suo essere... - Mormorò. Poi fece scivolare una mano sul piano del tavolo, andando a cercare quella di lui che smise per un attimo di straziare il povero pezzo di carta. - Ma tu... Tu che l'hai vista, dimmi, è davvero così... - Si fermò, cercando di trovare un'espressione adatta.

 

- ...Meravigliosa? - Concluse Kevin per lei, abbassando lo sguardo nel vano tentativo di non tradirsi. - Sì, mamma. Sì. Lei è perfino di più. - Esalò, strizzando definitivamente il tovagliolo.

 

Nonostante fosse voltato quasi completamente dall'altra parte, sentì distintamente gli occhi di sua madre puntati su di lui come se volessero radiografarlo.

 

- Kevin... - Cominciò Denise, con una strana sfumatura nella voce. - Guardami. - Si alzò, sporgendosi leggermente verso il figlio che, però, rimaneva fermo sulla sua posizione. - Kevin. - Ripetè, stringendo la presa sulla sua spalla. - Guardami negli occhi e dimmi che non è come penso che sia. -

 

- Mamma... - Tentò. Ma lo sguardo di lei uccise sul nascere qualunque tentativo di svicolare.

 

- Kevin? - Continuò, imperterrita.

 

- Va bene, allora: sono innamorato della ragazza di mio fratello. Anzi, ti dirò di più. Io la amo... La amo con tutto me stesso. - Soffiò. - Ti fa sentire meglio saperlo? - Non troppo, da come le sue guance rosate divennero improvvisamente pallide come un lenzuolo.

 

- Cosa...? - Boccheggiò, tornando a sedersi per avere un solido sostegno.

 

- Lo so che è sbagliato...! Dannazione, lo so! - Ringhiò lui, battendo un pugno sul tavolo. - Ho provato a farmene una ragione, a cercare di dimenticarla... Di essere felice per loro. Ma non ci riesco, mamma! Non... - Si bloccò, nascondendo nuovamente la testa fra le braccia, nel tentativo di soffocare il singhiozzo che era già salito a scuotergli le spalle.

 

- Amore... - Bisbigliò Denise, passandogli dolcemente una mano fra i capelli.

 

- Lasciami stare...! - Abbaiò, scostandosi con un gesto rabbioso.

 

- Non parlarmi con quel tono, signorino! - Sbottò la donna, arpionandogli un braccio. - Per quanti e quali problemi tu possa avere, non sei autorizzato a trattarmi così! Sono tua madre, non una tua amica. L'incazzatura smaltiscitela con qualcun'altro. -

 

- TU NON CAPISCI. - Esclamò. - Se potessi eliminare il nodo che mi sento dentro come si fa con una semplice arrabbiatura, non avrei problemi. E invece quel maledetto se ne sta lì, insopportabilmente doloroso... E a volte, stringe tanto che fatico a respirare. Perchè mi ricorda che lei non potrà mai essere mia... Che lo è stata una volta, per sbaglio e mai più. - Aggiunse poi, stringendo i pugni.

 

- Smettila di alzare la voce con me, Kevin. Ti avverto che stai per passare il limite...! - Sibilò Denise, puntandogli un dito contro. - E comunque io capisco più di quanto tu creda. Ho il doppio dei tuoi anni che, ti assicuro, sono più che sufficienti per... capire, come dici tu. E in ogni caso, io sono qui per te, ma se non vuoi il mio aiuto non hai che da dirlo. - Puntò gli occhi in quelli del figlio, in attesa di una risposta.

 

Kevin sostenne lo sguardo con altrettanta determinazione, chiuso in un ostinato, eloquente silenzio.

 

- Bene. - Riprese. - In questo caso, spiegami l'unico particolare che non mi è troppo chiaro: cosa vuol dire che  è "stata tua"? - Domandò, con la voce che tremava leggermente.

 

Forse il suo subconscio la stava mettendo in guardia... Forse voleva prepararla al colpo che avrebbe subito di lì a qualche secondo. Forse...

Kevin prese un respiro profondo, cercando negli occhi scuri della madre qualcosa che suggerisse la possibilità, anche minima, che Denise potesse... prenderla bene.

 

- Che ho fatto l'amore con lei, mamma. -

 

Nessuna risposta, ma il bruciore sordo alla guancia sinistra arrivò improvviso, doloroso e violento come una secchiata d'acqua gelata, prima che il contraccolpo lo facesse indietreggiare al bordo dello sgabello. Si portò una mano al viso, voltandosi lentamente verso Denise che era ancora immobile, il braccio alzato nell'atto di sferrare un altro schiaffo.

 

Di quelle possibilità, non ce n'era nemmeno mezza.

 

- Non scherzare su queste cose. - Tornò a sibilare la donna. - Non ti permettere...! - Si inumidì le labbra tese, sottili come diventavano solo quando si arrabbiava davvero.

 

- Non sto scherzando. L'ho fatto davvero. - Ribadì lui. - Ma... - La bloccò, sollevando entrambe le mani. - Ascoltami, ti prego: non è stato nè per gioco, nè per sfida o chissà che altro. - Denise sembrò esitare un attimo. Appoggiò la mano al bordo del tavolo, inclinando impercettibilmente il capo per riuscire a guardarlo dritto negli occhi.

 

E Kevin rimase fermo, ricambiando quello sguardo indagatore in modo che potesse trovare tutte le risposte che cercava.

 

- Mi conosci, mamma. Sai che io non agisco mai meramente per istinto... - Bisbigliò.

 

- No... - Rispose la donna in un fil di voce. - Tu non sei Joe. -

 

- Non lo sono. - Annuì, prima di schiarirsi la gola per rinsaldare il tono di voce. - Ho fatto l'amore con Gabrielle perchè la amo. Semplicemente per questo... Perchè, per la prima volta in vita mia, ho sentito il mio corpo, il mio cuore e la mia mente chiedere un'unica, stessa cosa. Ogni singola, microscopica parte di me... la voleva. - Concluse, stringendo a pugno la mano che teneva appoggiata sul tavolo. Denise scrutò ancora per un attimo negli occhi verdi, ormai lucidi del figlio, prima di gettargli le braccia al collo.

 

- Spero almeno che sia stato bello... - Mormorò con voce acquosa, accarezzandogli amorevolmente i capelli e le spalle, mentre lui la stringeva. Kevin annuì, sfiorando la guancia umida della madre con la propria.

 

- Anche di più. - Rispose. - ...Non lo dirai a papà, vero? Io l'anello non l'ho tolto... per Joe, ma anche per lui. Non voglio... - Denise lo fermò, allontanandosi quel tanto che bastava per tornare a guardarlo in faccia.

 

- Non preoccuparti di questo. Sarai tu a dirglielo... quando ti sentirai pronto. - Gli posò un bacio leggero sulla fronte, mentre sulle sue labbra tornava a distendersi il solito sorriso luminoso. - Non posso dirti che ti capirà. Non subito, almeno. Ma io sarò lì per sostenerti. -

 

Senza dire nulla, Kevin le prese una mano e se la portò alle labbra. Poi posò un bacio leggero al centro del dorso, stringendola appena.

 

- Grazie, mamma. - Sorrise, abbracciandola di nuovo. - Ti voglio bene. -

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Capitolo 18
*** Capitolo 17° ***


- Capitolo 17°-

Sì, no, non ditemelo!xD Sono in ritardo-paura questa volta. Ma ho ben due scusanti a mia discolpa!

Primo: un esame teorico+consegna di tavole che mi attendeva in agguato al rientro in università post-feste e secondo: l'ultimo capitolo di "Giorni Infiniti" che qualcuno - nonfacciamonomiElisaLaSociaTempe - mi ha sfranto perchè scrivessi...U.U

Ecco come si scopre che non è colpa miaH, questo ritardo e soprattutto, l'impossibilità di fare i ringraziamenti ad-personam ancora una volta. Uffa.ç_ç

 

Mi manda in bestia non potervi ringraziare una per una, perchè ve lo meritate ad ogni capitolo di più!x3 Comunque vi lovvo immensamente tutte, sappiatelo! *lovva*<3

 

Spero di farmi perdonare con questo capitolo che è fluff puro, come vedrete!x3

E' interamente dedicato al compleanno della nostra Coco che, per esigenze di copione è nata il 31 dicembre, anche se avrei voluto farla nascere il 17 settembre come la sottoscritta...

Ma c'erano tutta una serie di impedimenti, primo fra i tanti Nicky Nicky che è nato il giorno prima. Insomma, così è. Lasciamo perdere le mie elucubrazioni!x3

 

Vi lascio al capitolo e, temo, ad una massiccia dose di "aaaaawww"!x3 *lovva di nuovo*

 

 

 

 

- Capitolo 17° -

 

 

 

{ Ed arrivi di corsa, con quel naso in su.
Sembra un po' il primo giorno... Ti ricordi, tu? }

Sembra il Primo Giorno - Claudio Baglioni

 

 

 

 

Coco si strinse nel cappotto, mentre una nuvoletta di fiato caldo usciva dalle sue labbra semichiuse. Faceva un freddo cane ed era piuttosto normale, considerato che erano le undici di sera del trentuno dicembre.

Accelerò il passo, cercando di tenere dietro a Monique, che quasi correva sul marciapiede ghiacciato.

 

- Monmon, aspetta! Si può sapere... - La sorella la bloccò, fermandosi di botto per voltarsi verso di lei.

 

- Te l'ho già detto, Coco, all'Emeraude. - Sospirò, strofinandosi le mani congelate. - E prima che tu mi chieda perché, oggi ho perso uno dei miei orecchini d'argento. Credo mi sia caduto mentre lavoravo... - Gabrielle sbuffò, scuotendo la testa.

 

- E dovevamo venire a cercarlo stasera...? Dovremmo essere a casa a brindare. Manca solo un'ora ormai...  E per di più è il mio compleanno e tu non mi hai ancora dato il tuo regalo! - Brontolò, nascondendo il viso nella morbida sciarpa di lana che si era avvolta intorno al collo. Monique si lasciò sfuggire un sorrisino divertito.

 

- Dai, lo sai che ci tengo... Sono un regalo di Gerry! - Rispose, sfregandosi le mani congelate. - E comunque non ci vorrà molto. Sono praticamente certa di averlo lasciato in teatro, quell'orecchino... Poi avrai il tuo regalo, ok? -

 

Un grugnito molto poco femminile sfuggì alle labbra di Gabrielle, che riprese a percorrere il marciapiede a passo di carica. Svoltarono un ultimo angolo, prima di ritrovarsi sotto la maestosa facciata in marmo chiaro. Monmon si fermò davanti all'ampia entrata e prese a frugare nella sua borsetta di velluto blu, estraendo un enorme mazzo di chiavi.

 

- E' per questo che, prima di uscire di casa, sei stata al telefono per mezz'ora? - Ribattè Coco, accarezzando distrattamente la familiare maniglia intarsiata, laccata d'oro.

 

Erano mesi che non metteva piede all'Emeraude.

Più precisamente da quando la sua vita aveva preso a procedere a ritmi vertiginosi. Paurosamente...

 

Da quando erano arrivati i Jonas. Perchè, per stare vicino a loro, aveva dovuto lasciare quel lavoro... e il suo teatro le mancava. Molto. Troppo, probabilmente.

 

- Eh...? - Balbettò Monmon, leggermente presa in contropiede. - Ah... Sì. Ho dovuto rintracciare il guardiano notturno e chiedergli la sua copia delle chiavi, per aprire. Stanotte non lavora nessuno qui, nemmeno lui, sai. - Abbozzò, affrettandosi ad entrare.

 

Gabrielle la seguì all'interno dell'edificio, avvertendo il piacevole, seppur minimo, aumento di temperatura. Respirò a fondo l'aria un po' ferma dell'ambiente, in cui si mescolavano l'odore caldo del legno e quello freddo della pietra liscia. L'enorme ingresso aveva un'aria quasi spettrale, vuoto ed illuminato solamente dalla luce dei lampioni che filtrava pallida dalla strada...

Eppure lei si sentiva sicura e protetta, come se fosse appena tornata a casa.

Sfiorò con lo sguardo il lungo bancone di marmo lucido e le sue colonnine decisamente roccocò, scivolando lentamente sullo scalone che portava ai palchetti di galleria per arrivare, infine, alla doppia porta d'entrata in platea.

 

- Coco. - La chiamò la sorella, poggiandole una mano sulla spalla. - Fammi un favore. Tu cerca in sala mentre io guardo qui e nello spogliatoio... Così ci sbrighiamo prima. Hai presente l'orecchino... quello piccolo con il turchese, sì? - Spiegò.

 

- Sì, sì. - Annuì. - Vado... - Spinta da qualche strano impulso inconscio, aspettò che Monique sparisse in fondo al corridoio. Rimasta completamente sola, si sfilò il lungo cappotto color porpora e lo appoggiò su una delle  sedie finto-antiche disposte contro il muro, prima di avvicinarsi alla doppia porta.

Appoggiò le mani alla superficie di legno lucido, spingendo leggermente ed accorgendosi involontariamente che non era stata chiusa a chiave... e una piccola busta azzurra era stata infilata nella fessura tra i due maniglioni antipanico. Le cadde svolazzando davanti ai piedi, con un fruscio quasi impercettibile.

 

La raccolse, rigirandosela fra le mani e il suo cuore mancò un battito, quando si accorse che era indirizzata a lei...

Il suo nome spiccava sulla carta chiara, vergato da una familiare scrittura tondeggiante. 

 

- Monmon... cosa...? - Soffiò, aprendola ed estraendone un foglietto piegato in due.

 

"Buon compleanno, Cuore. Ho pensato a lungo a quale potesse essere il regalo più bello. E, a questo punto, la risposta credo possa essere una sola... Ti voglio bene."

 

E poi il nome della sorella, nell'angolo in basso a destra, che finiva con un morbido svolazzo, come al solito.

Coco si trovò a dover rileggere il biglietto altre due volte, prima di decidersi ad entrare in sala.

 

Mosse i primi passi con il cuore bloccato all'altezza della gola, le spalle rigide e l'inconsapevole certezza che, se avesse sollevato lo sguardo dal pavimento, avrebbe trovato... qualcosa. Qualcosa di meravigliosamente inaspettato.

 

Camminava a piccoli movimenti incerti, tenendo lo sguardo ostinatamente basso ed il naso ancora leggermente arrossato dal freddo, seminascosto nella lana colorata della sciarpa.

Notò con la coda dell'occhio le luci di servizio in parte accese, puntate sulle poltrone di velluto rosso e la sua mano si strinse involontariamente attorno alla busta di Monique, che si era infilata in tasca.

 

Alzò la testa ad una lentezza esasperante, bloccandosi di colpo quando riuscì a vedere interamente il palcoscenico... Si fermò sul posto, trattenendo il respiro con un singhiozzo talmente improvviso e rumoroso, che probabilmente avrebbe rimbombato fin dietro le quinte.

 

La rosa bianca che aveva fra le mani dondolava, dolcemente sospinta dalle dita affusolate, mentre lui le sorrideva, senza smettere di guardarla negli occhi.

 

Kevin era seduto ad una estremità del palco, sul bordo, la schiena appoggiata all'asta del sipario in una posizione che a Gabrielle non era per niente nuova. Si scambiarono un lungo sguardo e le labbra di lei si piegarono in un piccolo sorriso, mentre una lacrima si faceva largo tra le ciglia scure. Sentì i piedi staccarsi da terra, quasi senza controllo e sospingerla velocemente in avanti.

Una camminata rapida, febbrile che agli ultimi metri si trasformò in corsa smaniosa... Gli gettò le braccia al collo nel momento esatto in cui lui scendeva in platea con un breve salto, dopo aver appoggiato la rosa sul legno lucido del palco. Le circondò i fianchi con le braccia e stringendola con dolcezza, la sollevò leggermente da terra, facendo un mezzo giro su se stesso. Le loro risate leggere si mescolarono in una naturale armonia di suoni.

 

- Ciao, Coco... - Le sussurrò all'orecchio, quando i piedi di lei ebbero toccato nuovamente il pavimento. - Buon Compleanno. -

 

- Kevin... - Mormorò, in un modo che riuscì immediatamente a fargli correre un leggero brivido lungo la schiena. La strinse, azzerando la già minima distanza fra di loro e Gabrielle si mosse lentamente, senza sciogliere il suo abbraccio, sfiorandogli involontariamente il collo con la punta del naso.

 

- Ehi. - Ridacchiò lui, allontanandosi con un piccolo scatto. - Lo sai che sei ghiacciata...? -

 

- Scusa... - Soffiò, coprendosi il viso. - Fa un freddo cane, fuori. -

 

- Sì? E scaldiamoci, allora...  - Sorrise. Le scosto le mani e le posò un minuscolo bacio sulla punta del naso, prima di sollevarle scherzosamente la sciarpa fino a coprirglielo.    

  

- Kevin... - Ripetè lei, arrossendo vistosamente. - Cosa... ci fai qui? -

 

Senza smettere di sorridere, lui raccolse la rosa e gliela allungò con negli occhi l'espressione più dolce... e più innamorata del mondo, se solo lei si fosse azzardata a provare ad accorgersene. Cosa che, però, era ancora molto, molto lontana dal riuscire a fare...

 

- Credevi davvero che ti avremmo lasciata sola... il giorno del tuo compleanno? - Coco strinse il fiore tra le dita sottili, prima di allungarsi a sfiorargli la guancia con un bacio, soffermandosi un secondo in più del previsto col viso contro il suo.

 

- Grazie... - Bisbigliò, prima di allontanarsi. - Ma... "avremmo"? - Domandò, mentre il suo cuore riprendeva spietatamente a fare i mille all'ora.

 

- Dimmi che questa situazione non ti ricorda nulla...! - Cominciò lui, con una strana luce negli occhi.

 

- "Tu sei uno di quei tre... cosi." - Declamò Gabrielle, sfiorando la rosa con le labbra, prima di lasciarsi sfuggire una breve risata. - Devo esserti sembrata una pazza furiosa... o solo una cretina. - Sbuffò in tono divertito.

 

{Se è per quello, credo di aver cominciato ad amarti già allora...}

 

Riflettè silenziosamente Kevin, passandosi una mano fra i capelli. Sospirò, tornando ad alzare lo sguardo su di lei che lo fissava, in avida attesa di una spiegazione.

 

- Eri semplicemente... tu. - Soffiò, invece. - E sei la più bella pazza che io abbia mai visto, lo ammetto. - Sorrise. - Ma, pensaci bene... Ricordi esattamente come è andata quella sera? Che cos'è successo, precisamente, dopo che mi hai incontrato qui...? -

 

Coco abbassò lo sguardo sulle sue scarpe per rialzarlo, di scatto, una manciata di secondi dopo. Le labbra dischiuse e gli occhi chiari spalancati in un'espressione di improvvisa comprensione.

 

- Vuoi dire... che... - Balbettò, lanciando un'occhiata alla porta ancora aperta. Kevin annuì in silenzio, continuando a sorriderle con dolcezza.

 

- Andiamo? - Disse poi, prendendole una mano e guidandola lungo il corridoio centrale.

 

 

***

 

 

Nick era appoggiato alla parete di marmo, appena fuori la porta della toilette. Stringeva tra le mani una rosa Tea, scrutandone attentamente i petali gialli striati di porpora... Come per accertarsi che fossero tutti ugualmente perfetti. Sbuffò, scrollando le spalle con fare impaziente.

Aveva sempre odiato aspettare...

 

L'attesa gli stringeva lo stomaco e gli provocava una strana sensazione di inquietudine, come se essere forzato a fermarsi lo costringesse a pensare a tutto quello che poteva andare storto.

Lanciò l'ennesima occhiata all'imboccatura del corridoio, ancora inesorabilmente vuota.

 

Sbuffo, rapido movimento delle spalle, sbuffo. Per almeno la centesima volta...

 

Poi, scoraggiato, tornò alla sua rosa con l'intenzione di analizzarla ancora.

Ma, proprio mentre si portava il fiore all'altezza dei penetranti occhi scuri, un suono familiare lo spinse ad alzare lo sguardo.

 

- Piccolo! - La voce squillante di lei risuonò limpida lungo le pareti, fino alle sue orecchie.

 

Coco lasciò la mano di Kevin e gli corse incontro, fermandosi a poco meno di una spanna da lui. Lo guardò negli occhi con aria furba, aspettando che fosse lui ad avvicinarsi e ad abbracciarla. Nick sorrise e allungò una mano verso di lei. Le circondò le spalle con un braccio, stando bene attento a non rovinare la rosa e la attirò verso di sè, ritrovandosi praticamente bloccato tra il leggero peso di Gabrielle e il muro alle sue spalle.

 

- Buon compleanno, stella. - Sorrise, posandole un bacio sulla guancia. - Ti sei fatta aspettare abbastanza, eh? - Ridacchiò, facendola allontanare quel poco che bastava per porgerle il fiore. - Per te... -

 

- Grazie... Io... - Mormorò, appoggiando la testa alla spalla di lui. - Io ancora non ci credo, che siete qua davvero... Dovreste essere dall'altra parte dell'oceano. Ho paura di svegliarmi da questo sogno, da un momento all'altro. -

 

- No... Apri gli occhi, bella addormentata, perchè noi siamo qui per te. - Sorrise Kevin, raggiungendoli.

 

Lei sciolse l'abbraccio di Nick, stringendosi al petto le sue due rose con un'espressione di pura gioia dipinta sul volto.

 

Le brillavano gli occhi...

 

- Tu lo sai, vero, che c'è qualcun'altro che ti sta aspettando... Probabilmente molto più di quanto non abbia fatto io? - Aggiunse lui, senza riuscire ad impedirsi di lanciare un'occhiata sfuggente al fratello maggiore.

Kevin rispose abbassando lo sguardo ed infilandosi le mani in tasca in un gesto eloquente.

 

Coco alzò la testa di scatto, voltandosi automaticamente verso l'estremità più lontana del corridoio, che svoltava in un angolo stretto e dietro cui si nascondeva il vecchio distributore automatico.

 

Nick annuì lentamente, lasciando che un riccio ribelle gli scivolasse davanti agli occhi.

 

- Dovresti sbrigarti, sai, o sarà lui a correre qui... E ci rovinerà tutta questa bella scena che abbiamo costruito. Come suo solito! - Ridacchiò. - Conoscendolo, sarà là dietro che freme, credimi. Va' da lui, Coco... Vai e stringilo forte, perchè, veramente, so che non resisterebbe un secondo di più, lontano da te. - Si allontanò dalla parete, avvicinandosi a Kevin. Gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola leggermente. Lui sollevò il viso, sorridendogli appena.

 

Coco si lasciò sfuggire un sorrisino, mentre sulle sue guance si allargava un adorabile rossore. Prima di andarsene, fece correre rapidamente lo sguardo dall'uno all'altro in una tacita domanda.

 

- Noi... ti raggiungeremo. - La rassicurò il maggiore, inclinando impercettibilmente il capo nell'atto di dirle "vai".

 

 

***

 

 

Si portò il dito alle labbra, sbuffando sull'ennesimo graffio che era riuscito a procurarsi stringendo nervosamente la meravigliosa rosa rossa che aveva scelto per lei e tamburellò i piedi a terra, saltellando concitatamente sul posto, prima di ricominciare a fare avanti e indietro.

Percorse sistematicamente i pochi metri di pavimento che lo separavano dal distributore almeno una mezza dozzina di volte, avanzando velocemente e voltandosi di scatto ogni tre o quattro passi.

 

- E allora...! - Borbottò, fermandosi a metà strada per fissare la porta chiusa dello spogliatoio da cui era uscito, mesi prima, per andare inconsapevolmente incontro... all'amore della sua vita.

 

Sì. Perche, ora come ora, per quanto stupido e immaturo potesse sembrare, non riusciva a pensare a Gabrielle in termini diversi da quelli.

 

Sorrise fra sè e sè, passandosi una mano fra i capelli insolitamente mossi.

 

Poi la sua attenzione venne come calamitata da un leggero rumore... Avvertì distintamente qualcuno o qualcosa fermarsi alle sue spalle.

 

- Non mi guardi? - Joe si bloccò, stringendo la rosa rossa al punto di infilarsi quasi completamente una spina del dito.  E in ogni caso, in quel momento, l'impulso del dolore era decisamente l'ultimo in ordine di importanza. - Eppure credevo che mi stessi aspettando...! - Continuò lei, in tono scherzoso.

 

Era come se fosse improvvisamente scivolata fuori dai suoi pensieri, materializzandosi nella realtà.

 

Si voltò di scatto e senza lasciarle il tempo di dire nulla, le passò velocemente le braccia intorno ai fianchi e si chinò a catturarle le labbra in un lungo bacio. Coco si aggrappò alle sue spalle e nell'impeto, si ritrovò bloccata tra il corpo di lui e la macchinetta delle bibite, che emise un suono stridulo e per niente promettente quando la sua schiena si appoggiò, senza troppa grazia, alla pulsantiera illuminata.

 

Incuranti di qualsiasi cosa al di fuori di loro due, si scambiarono un altro bacio. Lentamente. Poi un altro e un altro ancora. All'ennesimo fischio disperato del povero distributore, Joe ridacchiò e si staccò da lei il minimo che gli permetteva di respirare. Lasciando la mano che stringeva la rosa lungo  il fianco, salì con l'altra a scostarle un ciuffo di capelli dagli occhi.

 

- Sai che rischiamo di mandarla in tilt...? - Bisbigliò, posandole un bacio sulla fronte, poi uno sul naso per scendere di nuovo con calcolata dolcezza alle sue labbra dischiuse. - Solo che non riesco a smettere di baciarti... Non mi ricordavo che avessi un così buon sapore... - Le strappò un sospiro, sfiorandole di sfuggita con la lingua.

 

- Ciao Joe... - Soffiò lei, sorridendo contro la sua bocca e cercando inutilmente di riprendere fiato. - Mi sei mancato anche tu. - Gli passò un braccio intorno al collo, attirandolo in avanti per dargli un altro bacio. - Molto... Troppo. - Gli mormorò a fior di labbra.

 

Joe si concesse un ultimo bacio e la abbracciò, sfiorandole l'orecchio con la punta del naso, prima di allontanarsi davvero. Mosse un passo indietro, permettendole di scostarsi dalla macchinetta.

 

- Basta, o impazzisco...! - Esclamò, facendola arrossire di nuovo. - Non ti ho ancora nemmeno fatto gli auguri... -

 

- Non nel senso tradizionale della cosa... - Sussurrò Gabrielle in tono malizioso, stupendo perfino sè stessa.

 

Joe sorrise, porgendole la rosa. La osservò con occhi adoranti, mentre se la avvicinava al viso per sentirne il profumo, prima di accostarla a quelle che le avevano dato i suoi fratelli.

 

- E poi di devo dare il mio regalo. E anche Kev e Nicky, immagino... - Borbottò.

 

- Ma... Il regalo? Un altro? Siete già voi il mio regalo...! - Tentò di opporsi lei, ma Joe non aveva alcuna intenzione di starla a sentire.

 

Le prese una mano e la trascinò lungo il corridoio, nella direzione da cui era arrivata.

 

- Vieni con me. -

 

 

***

 

 

Seguì Joe in silenzio, chiedendosi cosa avesse in mente e stupendosi parecchio, quando si ritrovarono nuovamente davanti alle doppie porte della sala spettacoli. Lo osservò socchiuderne una e sbirciare all'interno...

Sempre senza parlare.

 

- Ma cosa...? - Accennò, quando lui si fu voltato nuovamente nella sua direzione.

 

- Sssht. - Soffiò Joe, poggiandole un dito sulle labbra semichiuse. - Non dire niente. Vieni... - Spinse sulla maniglia antipanico e la fece entrare.

 

La sala era completamente buia, ad esclusione dei pallidi raggi lunari misti alla luce dei lampioni che filtravano dalle ampie finestre. Gabrielle arrivò a poco più di metà della platea, prima di sentire la mano di Joe scivolare via dalla sua. Quando si girò per cercarlo, lui era sparito.

 

- Joe...? - Chiamò, sforzandosi di riconoscere le ombre dei sedili nella semi-oscurità. - Joe! Dove sei...? -

 

La sua voce rimbalzò nel silenzio circostante come su un tappeto elastico. Poi, lentamente, un altro suono si insinuò nell'aria immobile. Un accordo, poi un altro e un altro ancora... che sfumò ben presto nell'intro di una canzone.

 

"Hello, beautiful.
How's it going?
"

Sul palcoscenico alle sue spalle, un riflettore bianco illuminava Joe, in piedi al centro della scena, con in mano un microfono senza fili. Attorno al sottile cono di luce era ancora tutto avvolto nel buio.

Coco si voltò lentamente, arrivando ad incrociare il suo sguardo alla fine della prima frase. Lui sorrise, muovendo un passo in avanti e continuando a cantare.

 

"I hear its wonderful in California...

I've been missing you,
it's true.
"

 

Senza distogliere lo sguardo, scese dal palco con un salto e cominciò a camminare verso di lei, che stava ancora ferma immobile, come inchiodata al pavimento, al centro della sala. La mano che stringeva le tre rose abbandonata lungo il fianco, l'altra ferocemente serrata allo schienale del sedile più vicino.

 

Avvertì il cambio di ritmo che portava al ritornello come qualcosa di molto lontano e indistinto, mentre lui le si fermava di fronte e le prendeva la mano, sciogliendo dolcemente la sua presa nervosa sull'incolpevole velluto rosso, che emise un leggero stridio, quando lo lasciò andare.

Sentì le dita di Joe intrecciarsi alle sue e stringerle delicatamente. Si lasciò attirare in avanti, senza nemmeno provare ad opporsi... totalmente ipnotizzata dalla luce che gli leggeva negli occhi scuri.


"But tonight I'm gonna fly.

Yeah, tonight I'm gonna fly...

Cause I could go across the world, see everything and never be satisfied,

if I couldn't see... those eyes."

L'ultima parola uscì dalle labbra di Joe come poco più di un soffio. Mormorata quasi sulla bocca di lei... 

 

- Tu sei pazzo... - Esalò Coco, riaprendo gli occhi chiari quando lo sentì allontanarsi di colpo. Lui si limitò a sorriderle con aria furba, riattaccando la seconda strofa.

 

"Hello, beautiful.
It's been a long time,
since my phone rung
and you've been on that line...
I've been missing you,
it's true.
"

Le girò intorno, continuando a guardarla e attirandola in una specie di giravolta... come se lei fosse la sua marionetta, incatenata a lui, e la stesse manovrando con un filo.

 

- Sì, sei pazzo...! - Ridacchiò, con le guance rosse, bollenti di imbarazzo. Bloccò una ciocca scura che le era sfuggita dalla treccia dietro l'orecchio, indietreggiando lentamente quando riprese ad avvicinarsi.

 

"But tonight I'm gonna fly.
Yeah, tonight I'm gonna fly...
"

Joe la bloccò, aumentando la stretta sulle sue dita. La tirò dolcemente in avanti e la lasciò andare per la manciata di secondi necessari a stringerla a sè. Le passò un braccio intorno ai fianchi, azzerando la distanza fra loro.

 

"Cause I could go across the world, see everything and never be satisfied,

if I couldn't see... those eyes."

 

Terminò in un sospiro. Poi abbassò il microfono, fissandola intensamente negli occhi.

 

Passarono attimi di totale silenzio, prima che riuscisse a ritrovare la facoltà di articolare una frase.

 

- Joe... Io... - Cominciò, ma una microscopica lacrima, assolutamente non richiesta, rotolò sulla sua guancia arrossata. Abbassò lo sguardo di scatto e nascose il viso contro la sua spalla, lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio.

 

- Ehi, piangi anche, adesso? - La canzonò lui, accarezzandole piano la schiena tremante.

 

- Razza di cretino...! - Singhiozzò, sbattendogli un pugno molto poco convinto sul braccio. - Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me. E'... - Sospirò, strizzando la stoffa morbida del suo maglione tra le dita.

 

- Ok, ok. Capito. - Sorrise Joe, prendendole il viso fra le mani per raccogliere le sue lacrime. - Ed è solo la metà del mio regalo. -

 

- Oh, io non so se resisto ad un'altra cosa del genere...! - Esalò Gabrielle, avvicinandosi per posargli un piccolo bacio a stampo sulle labbra.

 

Poi sciolse l'abbraccio e corse verso il palco, ormai totalmente illuminato, dove Nick e Kevin si stavano sfilando le chitarre, occupandosi di poggiarle nelle loro custodie. Abbracciò entrambi, mormorando un "grazie" a mezza voce e regalando un bacio a ciascuno, perchè il suono dei loro accordi era arrivato limpido e intenso al suo cuore, tanto quanto quello della voce di Joe.

 

E quando proprio Joe risalì sul palco, unendosi a loro, lei scivolò velocemente via dalla stretta di Kevin che l'aveva trattenuta leggermente più a lungo del previsto.

 

- E, adesso, gli altri regali! - Esclamò il fratello di mezzo, affrettandosi a stringere la mano di Coco, prima di invitarla a sedersi per terra accanto a lui. Nick e Kevin gli si fecero rapidamente vicini.

 

- Scusalo. - Disse quest'ultimo, con fare rassegnato. - Ma, per una volta, non è del tutto colpa sua. Dobbiamo fare abbastanza in fretta, per forza... Fra una manciata di ore dobbiamo ripartire. -

 

- Ah. - Soffiò lei, sentendo un microscopico vuoto tra un battito del cuore e quello successivo. Strinse inconsciamente le tre rose, graffiandosi il palmo della mano.

 

- Domani è il primo dell'anno. Abbiamo un concerto fissato a New York... e forse un altro per il giorno dopo. - Spiegò Nick, enumerando poi tutta un'altra serie di impegni. - La data definitiva per il nostro ritorno rimane sempre per metà gennaio. -

 

- Va bene. Siete venuti per me, stasera e questo è già... tanto. Troppo. - Lo rassicurò lei, accarezzandogli il braccio. Avrebbe aspettato. Altri quindici giorni non potevano poi essere più lunghi di quelli che aveva già passato. Rabbrividì e cercò di scacciare il più lontano possibile dalla sua mente il pensiero che, di lì a meno di sei mesi, le riprese del documentario sarebbero terminate e loro avrebbero dovuto fare i bagagli... definitivamente.

 

- Allora, via con il primo regalo, dai! - Riprese Nick, riportandola alla realtà. Le allungò un pacchettino azzurro con un nastro blu scuro, che lei prese immediatamente a scartare con febbrile curiosità. - Quello, perchè ci tenevo che tu lo sapessi... - Le spiegò lui, poco dopo, indicando il piccolo triangolo smussato di bachelite scura che dondolava davanti al suo naso, montato su un cordino di caucciù. - ... è il mio primo plettro. Nonchè il mio preferito e il solo che abbia usato in tutti i concerti più importanti. Ce ne è voluto di tempo per riuscire a forarlo nel modo adatto, sai? - Aggiunse, con un sorriso.

 

- Nick... - Rispose, quasi senza fiato, stringendo il ciondolo fra le mani. - Ma... -

 

- Sì. - La anticipò. - Sono assolutamente sicuro di volerlo dare a te. E non provare a convincermi a riprenderlo, perchè non lo voglio indietro! - Concluse, sollevando entrambe le mani. Gabrielle lo fissò, strizzando impercettibilmente gli occhi per frenare le lacrime.

 

- Sei... Sei meraviglioso, lo sai? - Gli circondò le spalle con le braccia, abbracciandolo stretto. - Grazie, Piccolo. - Gli accarezzò i riccioli scuri, mentre lui ricambiava il suo gesto, stringendola appena. Dopo qualche secondo, Joe simulò un leggero colpo di tosse che li spinse a separarsi.

 

- Sì, sì. - Sospirò Nick in tono rassegnato. - E' solo tua. Mamma mia, come siamo possessivi... - Aggiunse in un soffio, strappando a Gabrielle un luminoso sorriso clandestino.

 

- Vuoi darmi il tuo regalo, amore? - Lo prese in giro lei, mentre si sfilava la sciarpa per indossare il ciondolo. Joe sussultò, colto totalmente alla sprovvista, tossicchiando di nuovo... In modo molto più imbarazzato di prima.

 

- Se Kevin non... - Soffiò lui, arrossendo leggermente e rivolgendosi al fratello maggiore, che scosse appena la testa.

 

- Per il mio regalo, credo che Coco dovrà aspettare il nostro ritorno... - Sorrise con fare misterioso. - Ti dispiace? - Agitò impercettibilmente il capo, arricciando il naso in quel modo adorabile che riusciva solo a lei.

 

- Non c'è problema, Kev. L'ho già detto prima: per me il solo e semplice fatto che siete qui, tutti e tre... E' il più bel regalo che potessi ricevere. - Si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli morbidamente mentre gli occhi verdi di lui la intrappolavano in uno scambio di sguardi incredibilmente vivo e bruciante.

 

Per un millesimo di secondo provò la netta sensazione che il resto del mondo, Joe compreso, non esistesse più... E che la distanza tra loro, separati in realtà dagli altri due fratelli, si fosse completamente annullata...

 

- Bene. - Intervenne per la seconda volta Joe, costringendola ad interrompere il contatto. -  Ora tocca a me... Chiudi gli occhi e apri la mano. -

 

- Eh?! - Balbettò, incerta e ancora leggermente scossa dai precedenti pensieri.

 

- Chiudi gli occhi. E apri la mano. - Ripetè lui, sorridendole.

Titubante, Gabrielle stese il braccio nella sua direzione, socchiudendo le ciglia scure. Dopo qualche secondo di attesa inquieta, qualcosa di leggero, piccolo e freddo si scontrò con il suo palmo teso.

 

Quando riaprì gli occhi, una piccola fedina cesellata d'argento brunito, con un grosso fiocco rosso legato sopra, faceva bella mostra di sè, scura a contrasto con la sua pelle lattea.

Il respiro le si bloccò in un punto imprecisato tra il cuore e la gola.

 

Joe le aveva appena regalato un anello.

 

Un. Anello. A lei.

 

- E'... - Abbozzò, senza riuscire ad andare oltre.

 

- Sì. - Rispose lui. - Non è una proposta formale, però... E' un modo come un altro per dirti che voglio ufficializzare il nostro legame. Tu sei la mia fidanzata, Gabrielle. Sei mia. E voglio che tutti lo sappiano. Per quanto la stampa mi concede... - Concluse con un sorrisino sarcastico.

 

Lei era ancora ferma immobile e quel "sei mia" pronunciato dalla voce calda di Joe le rimbombava in ogni angolo della mente. Avvertì distintamente gli sguardi di Nick e Kevin vertere altrove, uno leggermente imbarazzato... L'altro quasi disturbato.

 

Non sapeva assolutamente cosa dire e fu molto, molto grata a Monique che entrò nella sala proprio in quel momento, accompagnata dallo scoppio di una gragnola di fuochi d'artificio nel cielo sopra il teatro.

 

- Non avrei voluto disturbarvi, ma è mezzanotte, ragazzi. Buon anno nuovo! - Esclamò, raggiungendoli sul palco.

 

- TU! - Urlò Coco, gettandole le braccia al collo.

 

- Non credo ci sia bisogno di dire che non ho perso proprio niente, oggi...! - Ridacchiò Monmon, abbracciando la sorella.

 

- Malefica! Era con loro che stavi parlando al telefono! Sei... Ma come? Perchè? - Balbettò, troppo sconvolta per formulare un discorso di senso compiuto.

 

- Perchè, per quanto potessi scervellarmi, non avrei trovato nient'altro che potesse tirarti fuori questo sorriso. - Rispose, accarezzandole la guancia. - Non c'era un regalo migliore di questo... - Allargò un braccio ad indicare i tre Jonas che annuirono, sorridendo in silenzio.

 

- No... - Mormorò lei, asciugandosi l'ennesima lacrima ribelle. - Non ho mai avuto un compleanno più bello. Io... - Si sfregò la guancia arrossata, cercando inutilmente di non mettersi a piangere. - Ti voglio bene... Vi voglio bene. Grazie... - Un singhiozzò le spezzò in voce in gola, mentre gli altri le si avvicinavano le braccia di Joe le circondavano le spalle con fare protettivo.

 

Gli sorrise e si lasciò stringere, appoggiandosi a lui con la schiena.

I botti di luce colorata illuminavano la notte, lampeggiando al di fuori dei vetri e sembravano premere sui tetti di Parigi con inosservata insistenza.

 

Proprio come la piccola fedina stretta nella sua mano destra, contro la sua pelle.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18° ***


E finalmente ci siamo

E finalmente ci siamo!x3 Alzi la mano chi di voi non vedeva l'ora di scoprire quale fosse il fantomatico regalo di Kevin... (a parte quel paio di eccezioni di chi già sa, come al solito...). Bene, in questo capitolo avrete la vostra dettagliata risposta.

Sperando, nel mio piccolo, di essere riuscita a spiegare decentemente e non aver fatto rivoltare messer Puccini nella tomba!xD

 

Non spaventatevi, leggendo capirete. O almeno me lo auguro...x3

 

Prima di lasciarvi al capitolo, però, devo ringraziarvi ad una ad una perchè i commenti allo scorso capitolo, oltre ad essere ben 19 (e non ne avevo mai avuti tanti!*__*) erano tra i più belli che avessi mai ricevuto!<3 Vi lovvo immensamente, una per una...

 

sbrodolina: essì, credo proprio che in quest'ultimo capitolo i Jonas abbiano battuto ogni record di dolcezza e adorabilità!x3 E ce ne è ancora uno strascico in questo, con il *misterioso* regalo di Kev. Poi sarà di nuovo tempo di sconvolgere le cose. Eheheh...

 

Aya: i Settembrini? Lol!xD Bisogna vedere se Nick è d'accordo... L'idea del plettro mi è venuta una mattina che ero in università, ti dirò... Per caso e mi è piaciuta subito!** L'anello di Joe che ha fatto tanto scalpore, beh, ha un suo perchè che si vedrà presto...

 

Selphie: ho cercato di essere più rapida, questa volta!x3 Come chi mi conosce bene sa, io non resisto senza torturare i miei personaggi per troppo tempo, quindi... *risatina malvagia* E per quell'anello, arriverà il momento di riparlarne.

 

Potterina: ecco, recensioni come questa sono esattamente ciò che, oltre al bisogno di dare sfogo alla mia fantasia, mi spinge a scrivere ancora.x3 Come ho detto tante volte, trasmettere emozioni con le parole è una cosa fondamentale per me... E se questo capitolo ci è riuscito così bene, beh, non posso che esserne felice.<3 E, sì, in effetti è MIO. Perchè mio è il cuore che ci ho messo nello scriverlo e mie sono un po' le emozioni dei personaggi... Prometto, nel limite del possibile, niente più attese così lunghe!x3

 

millape: una new entry!*__* Benvenuta. Spero tu sia arrivata per restare!x3 Beh, sono molto molto onorata di ciò che hai scritto... Non so se sono il talento che dici o se sono davvero così brava, però, fintantochè riesco a fare questo effetto alla gente stai tranquilla che non smetterò di scrivere!x3 Se poi diventerò una scrittrice, beh, non poniamo limiti alla divina provvidenza!x3

 

Pretty_Odd: *___* Aaaaaaw. Che signor commento. Me ama... Per Nick e il suo plettro ti rimando a qualche commento più su. Certe idee nascono così e si rivelano essere le migliori. Per quanto riguarda la fedina di Joe che tanto ha fatto parlare di sè, beh... Nemmeno io sarei tipo da certe cose, ma per il Joe di questa storia, ci stava. Ci voleva. E ci voleva adesso. Perchè non è finita così, oh no!x3

 

Jollina: addirittura non hai aggiornato per il mio capitolo? Quale onore... Cioè, mai avrei immaginato di poter fare certi effetti!x3 E ormai ho perso il conto di tutte quelle che si sono professate pro-Kevin/Coco!xD

 

Labestiaccia: no, cara mia, meraviglia è quella recensione!*___* Me la ama visceralmente... E per quanto riguarda il resto, te l'ho già detto: anche io ho pensato a Kev che, là dietro, nascosto dal buio, suonava per il regalo di Joe... Per tutto il tempo che ho scritto quella scena. E' dooolce lui... D'altronde, esisteva forse una prova di amore più grande?<3

 

Maybe: altro commento con i controfiocchi!x3 Con quella sana dose di campanilismo che basta, eh?xD Ti dico che c'è del vero, in quello che hai scritto. Che Joe l'hai inquadrato bene: innamorato da star male, possessivo e, purtroppo per lui, tanto immaturo!x3 Per la fedina ti rimando ai commenti più su... Ci stava e doveva essere adesso. Perchè è da Joe non voler aspettare. Sisì!x3

 

beautiful_disaster: anche qui, commentone super!x3 Beh beh beh, ammetto che ho dato sfogo a tutta la dolciosità in quel capitolo, anche perchè avevo intenzione dall'inizio di *fare* qualcosa di speciale per il compleanno di Coco.x3 Per quanto riguarda plettro&anello, ti rimando a più sopra. Mi sono già espressa in proposito. Guarda, ti posso dire solo che quell'anello non ha finito di far parlare di sè, non è poi nulla di così definitivo...*risatina malvagia*

 

Sweet_S: "Hello Beautiful" è una delle tre/quattro canzoni dei Jonas che posso dire mi piacciano davvero (sono una fan atipica, lo so!xD). E appena l'ho sentita, mi sono immaginata Joe che la cantava a Coco in questa occasione. Le parole sono perfette, poi!x3 Per il resto, come sopra, mi sono già espressa avrai già le tue risposte... Il regalo di Kev? leggi e vedrai...

 

dollyvally: uh, sei tornata!*_* Me sempre felice di vedere ritorni fra i nomi delle recensitrici. Come sopra, se davvero ti ho emozionata tanto... Non posso che esserne felice, davvero!x3

 

carly4e: altra new entry!*_* Me contenta. Anche perchè, a quanto capisco, è un po' merito tuo se anche Razu è fra le commentatrici!x3 Mi auguro di continuare a trovarvi entrambe fra i commenti, più pareri ho e meglio è!<3

 

Agatha: la donna dei commenti meravigliosi!<3 Quanto li lovvo e TI lovvo. Sul regalo di Kev direi che ora ti sei tolta innumerevoli dubbi, eh?x3 Privilegi msn-implicati... Il colore delle rose, cosa sui cui nessuna, a parte te e Tempe, si è soffermata (io amo come sai cogliere tutti i particolari!<3), è stato assolutamente studiato per rappresentare anche il carattere dei tre Jonas e il loro rapporto con Coco. E infatti i fiori sono tutti diversi. Come diversi sono Joe, Kevin e Nick... e diverso è il legame con la nostra protagonista. Per plettro&fedina di Joe, come sopra!x3*indica su*

 

Razu_91: e chi non lo vorrebbe un compleanno così?*ç* Cioè, sfido qualunque ragazza sana di mente a dire il contrario... Sul regalo di Kev lascio che sia questo capitolo a risponderti.

 

Stargirl312: ma, ehi, benvenuta!*___* Non devi affatto sentirti insignificante, nonono. Perchè, è vero, io amo le recensioni lunghe... ma quello che conta è il loro contenuto. E la tua era una signora recensione!<3 Già il solo sapere che hai letto 17 capitoli di fila, che ti sei emozionata e perfino commossa... beh, è una delle cose più belle che potessi sentirmi dire!<3 Perciò mi auguro vivamente di ritrovarti nell'elenco delle recensitrici, perche i tuoi commenti già mi piacciono un sacco!x3

 

Uff, finito. Quante siete!*__* E quanto siete fantastiche!x3 Mai mi sarei sognata di arrivare a 170 e passa recensioni per una mia fic di nemmeno 20 capitoli. E' stupefacente... E'... aw!x3

 

Amo questo fandom (e i Jonas) sempre di più!<3

 

E ora il capitolo, più breve del previsto perchè ho deciso di dividerlo in due... E di rimandare la mazzata al prossimo!xD Buona lettura, gioie!x3

 

 

 

 

- Capitolo 18° -

 

 

 

{ Potrei perdermi, guardandoti

mentre stai dormendo. }

Nient'altro Che Noi - Max Pezzali

 

 

 

 

Il piccolo appartamento era completamente immerso nel silenzio e nella luce soffusa del tramonto, quando Kevin fece scattare la maniglia della porta d'entrata. Si sfilò l'ingombrante custodia da chitarra, appoggiandola contro il muro, poco oltre l'ingresso. Poi tolse la sua copia delle chiavi dalla toppa e si premurò di lasciare la porta aperta per gli altri che ancora erano sparpagliati lungo le rampe di scale con le valigie.

La voce imperiosa di Debra che impartiva ordini a destra e a manca lo raggiunse direttamente dal piano sottostante.

 

Sorrise fra sè e sè, oltrepassando la soglia del salotto.

 

- Coco...? - Chiamò ad alta voce, lanciando uno sguardo distratto tutt'intorno alla stanza.

 

Gli rispose un mugolio leggero e il tipico rumore di stoffa stropicciata. Gabrielle si era mossa leggermente nel sonno, lasciando scivolare un braccio dal divano su cui era sdraiata... Kevin abbassò lo sguardo, incontrando la figura sottile di lei, appena intuibile sotto il morbido plaid in cui era avvolta.

Il movimento regolare delle spalle minute era quasi impercettibile, rivelato solo dai ricci scuri che scivolavano lentamente, nascondendosi nell'incavo del collo.

 

- Scusa... - Sussurrò lui, sorridendo.

 

Come sotto l'impulso di un riflesso incondizionato, si avvicinò in silenzio, sedendosi sul tappeto, accanto al divano. Appoggiò un braccio al cuscino bianco della seduta, sorreggendosi il capo, leggermente inclinato nell'atto di guardare Coco un po' più da vicino, per una volta...  

 

E si incantò sull'espressione indifesa, prima di seguire l'ombra morbida che le ciglia scure disegnavano sulle sue guance... scendendo lentamente lungo la curva dolce del piccolo naso, per arrivare alle labbra leggermente piegate in un accenno di sorriso.

 

- Lo sai che sei bellissima, quando dormi...? - Soffiò, perfettamente consapevole che lei non poteva sentirlo. Le sfiorò la mano che teneva sospesa a qualche centimetro dal pavimento, solleticandole dolcemente la punta delle dita.

 

Gabrielle sorrise inconsapevolmente e si girò di nuovo, appoggiando la schiena al cuscino con un sospiro.  Nel compiersi del movimento, una ciocca di capelli sfuggì a quelle fermate dietro l'orecchio, scivolandole sulla fronte. Ancor prima che potesse rendersi conto di quello che faceva, Kevin allungò una mano e gliela scostò dal viso con un gesto delicato, accarezzandole appena la guancia.

 

- Mmmh... - Mormorò, socchiudendo gli occhi chiari e trovandosi irrimediabilmente incastrata in quelli di lui.

 

- Ciao, bella addormentata. - La salutò Kevin, regalandole il più dolce dei sorrisi.

 

- Kev... - Soffiò Coco, con la voce ancora teneramente impastata di sonno. Allungò la mano, facendola scivolare sotto quella di lui, ancora appoggiata al divano e intrecciò le dita con le sue.

 

Poi stese in un gesto morbido il braccio libero verso il soffitto e inarcò leggermente la schiena, gettando con un sospiro la testa appena un po' all'indietro.

 

Inconsapevole, forse, che lui la osservava... ipnotizzato dalla cascata di boccoli scuri che le accarezzava morbidamente le spalle. E a voler essere sinceri, anche da quello spicchio di pelle candida che il maglione blu, arricciandosi poco sopra il suo ombelico, aveva scoperto.

Per una frazione di secondo, prima che lei si rilassasse e quello scendesse di nuovo a nascondere tutto.  

 

- Sei qui da tanto? - Continuò, stringendogli un po' di più la mano e tirandolo leggermente in avanti. Poi si sollevò quanto bastava per arrivare a passargli un braccio intorno alle spalle. - E gli altri...? -

 

- Dieci minuti. - Rispose lui, posandole un bacio leggero sulla guancia. - Nick sta salendo e Joe... - Si interruppe, lasciandosi sfuggire una rapida risata. - Immagino che a quest'ora sarà insieme al nuovo tirapiedi di Debra, in qualche ufficio polveroso all'aereoporto. Gli hanno perso una valigia. - Aggiunse, in risposta all'espressione confusa di lei.

 

- Povero... - Ridacchiò, lasciandolo andare per mettersi seduta. Distese nuovamente le braccia, accompagnando il gesto con un ultimo sospiro. Nello stesso momento Nick entrò nell'appartamento, carico dei suoi bagagli e rischiò per due volte consecutive di inciampare in quelli che Kevin aveva lasciato in giro.

 

- No, davvero Kev, non ho bisogno di aiuto. Non scomodarti...! - Borbottò, lanciando un'occhiata eloquente al fratello che stava ancora seduto sul tappeto ai piedi di Gabrielle, lo sguardo fisso su di lei.   

 

- Ciao, Piccolo. - Sorrise Coco, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi. Nick lasciò cadere le valigie sul pavimento con un sospiro rassegnato e richiuse la porta d'entrata, prima di raggiungerla e sporgersi oltre il bracciolo del divano per abbracciarla. - Salutami come si deve e lascia perdere questo scansafatiche. - Continuò lei, schioccandogli un bacio sulla guancia.

 

- In effetti, lui non merita attenzione! - Concordò. Si allontanò leggermente, dopo averle accarezzato la schiena e si soffermò a giocherellare con uno dei boccoli che le ricadevano sulla spalla. - Bella collana...! - Sorrise, osservando il suo plettro dondolare dolcemente al collo di lei. Gabrielle rispose al sorriso, inclinando leggermente la testa e accarezzando il ciondolo con le dita.

 

- Ehi! - Intervenne Kevin in tono fintamente offeso, strappando una risata giocosa agli altri due. - Io sono qui, vi sento! - Si indicò, agitando le mani a mezz'aria. - E comunque, sono salito in fretta per un motivo ben preciso: ho finalmente il mio regalo per Coco. - Concluse, con espressione soddisfatta.

 

Lei tornò a fissarlo negli occhi, con una luce diversa nello sguardo.

 

- Ok, capito, sono di troppo. Tolgo il disturbo... - Sorrise maliziosamente Nick, beccandosi per tutta risposta un'occhiataccia dal fratello.   

 

- Piantala! - Sibilò. - Non sai nemmeno cosa sia...! - Un rossore quasi impercettibile colorò le guance di Kevin, mentre l'altro inarcava le sopracciglia in maniera eloquente.

 

- Vero. Ma so che sono di troppo. Ed è più che sufficiente! - Ribadì, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni. Poi si alzò e recuperate due valigie, sparì nel corridoio.

 

- Scemo...! - Sbuffò Kevin, scuotendo appena la testa ricciuta.

 

Poi fissò di nuovo gli occhi in quelli di Gabrielle, tornando a sorriderle mentre estraeva qualcosa dalla tasca del cappotto che ancora non si era tolto. Si sollevò sulle ginocchia, allungandole una busta con sopra solo il suo nome.

 

- E'... Ho pensato ad una cosa un po' diversa. - Sorrise, mentre Coco cominciava a strapparne delicatamente la parte superiore. Per qualche attimo scese il silenzio, spezzato solo dallo scrocchiare della carta, prima che un tonfo sordo proveniente dalla camera attirasse l'attenzione di entrambi. 

 

Kevin lanciò un'occhiata oltre la porta del corridoio, cercando di capire cosa fosse successo, mentre lei si fermava con la busta mezza aperta tra le dita. Si sentì chiaramente qualcosa cadere a terra e rotolare sul parquet, prima che Nick si lasciasse andare ad un'espressione di disappunto non molto elegante.

 

- Ma cosa sta combinando? - Borbottò lui, ignorando l'impulso irrefrenabile di strangolare il fratello per il perfetto tempismo appena dimostrato. Si alzò, sbuffando silenziosamente. - Torno subito... - Mormorò, sfiorandole il braccio prima di allontanarsi.

 

Gabrielle si scostò i capelli dalla spalla con un gesto morbido e finì di aprire la busta, mentre Kevin era già scomparso nel corridoio. Sfilò per primo un foglietto di carta di riso su cui lui aveva tracciato un'unica frase.

 

"Una favola meravigliosa, a te che sei la mia.

Con amore. Kevin."

 

Con il cuore che rischiava seriamente di scoppiarle, per quanto forte batteva, rilesse il biglietto un altro paio di volte riuscendo a concentrarsi solamente su dettagli inutili come il colore dell'inchiostro o la somiglianza della scrittura di Kevin a quella di Joe... lunga e disordinata. Qualunque altro pensiero era inibito dal piacevolissimo calore che si sentiva dentro. E dal modo assurdo in cui le sue mani avevano cominciato a tremare. 

 

Appoggiò il cartoncino in bilico sulle sue gambe, prima di estrarre il vero contenuto della busta.

Quando i due biglietti di leggera carta patinata scivolarono fra le sue dita tese, ringraziò il cielo di essere seduta, perchè, al di là di un solido sostegno, niente avrebbe potuto impedirle di crollare sul pavimento... Una stampa in arzigogolati caratteri d'oro recitava "Théâtre de l'Opèra", sopra una microscopica illustrazione stilizzata dell'edificio.

Più sotto, insieme ad una serie di numeri che potevano indicare solamente fila e posti a sedere, un'altra stampa: "Giacomo Puccini - Turandot". E una data, quella della sera seguente.

 

Coco strizzò uno dei foglietti tra le dita, stropicciandone leggermente un angolo come a volersi accertare che fosse reale. E lo era, tanto che il bordo tagliente le pizzicò la pelle. Ma lei non se ne accorse nemmeno, presa com'era a cercare di ricordare quando era stata l'ultima volta che aveva visto un'opera per intero, seduta da spettatrice e non tra un passaggio di strofinaccio sul pavimento e l'altro... O a tentare di fare un'assurda proporzione tra le dimensioni dell'Emeraude e quelle dell'Operà...

 

Quando, dopo aver riletto per l'ennesima volta le cifre impresse a inchiostro scuro sulla superficie lucida, si accorse che i posti erano nelle primissime file e che lo spettacolo era quasi una prima, sentì il fiato morirle in gola.

Scattò come avesse avuto una molla sotto di sè e si alzò dal divano con un ampio slancio, percorrendo il corridoio quasi di corsa. Arrivò davanti alla stanza dei ragazzi proprio nel momento in cui Kevin ne stava uscendo. Si fermarono entrambi sulla soglia, mentre lei lo fissava con gli occhi lucidi e le guance arrossate.

 

- Sei... Sei impazzito? - Mormorò, stringendosi quel che rimaneva della busta e il resto al petto. Lui sorrise, notando che Gabrielle teneva i biglietti in mano.

 

- Per quel che mi ricordavo, l'opera italiana ti piace particolarmente... o no? - Rispose, passandosi una mano tra i ricci scuri.

 

- Questa... è la mia preferita. - Sussurrò lei, di rimando. - Ma, Kev, l'Opèra...! E' quasi una prima... voglio dire, io... so quanto costa... Non posso accettare che tu abbia speso una cifra del genere per me...! -     

 

- E' il tuo regalo, Coco... volevo che fosse perfetto. - Continuò, accarezzandole la guancia.

 

- Ma Kevin...! - Le dita di lui scivolarono sulle sue labbra, bloccando la protesta sul nascere.

E facendo sì che un delicato rossore si allargasse sul viso di Gabrielle.

 

- Rispondi solo a questo: ci vuoi venire a teatro insieme a me, domani sera? - Le domandò semplicemente, guardandola negli occhi. Annuì silenziosamente, muovendo un piccolo passo in avanti e azzerando quasi completamente la distanza fra loro. La mano di lui si allontanò, liberandole la bocca e strappandole un piccolo sospiro.

Coco inclinò impercettibilmente la testa, senza smettere di fissarlo. Incatenata al verde dei suoi occhi che si avvicinavano sempre di più, mentre si chinava leggermente verso di lei. Rimase immobile fino all'ultimo, sbloccandosi solamente quando il respiro caldo di Kevin le solleticò le labbra socchiuse.

 

Si tirò indietro, con un movimento delicato, nascondendo il viso contro la spalla di lui.

 

- Kevin... - Mormorò. Ed entrambi sapevano che quell'unica parola poteva voler dire almeno altre tre cose diverse.

 

Voleva dire scusami. Voleva dire non si può... E per lui, voleva dire anche Joe. Joe che, anche quando non era presente, stava lì. Sempre.

 

Le passò un braccio intorno ai fianchi, accarezzandole la schiena in modo dolcemente rassicurante.

 

Mentre la mano di Kevin si tuffava nel groviglio scuro dei capelli di lei, Nick riemerse dalla camera, lanciando sul letto alle sue spalle la scatola della piastra di Joe, che pochi minuti prima era letteralmente saltata fuori dalla sua valigia rischiando di distruggergli un piede, con un gesto scocciato.

 

- Kev, devi dire a tuo fratello Joe che, la prossima volta che infila qualcosa di suo nella mia valigia senza dirlo... quel qualcosa sparisce seduta stante...! - Esclamò, bloccandosi quando lo trovò teneramente abbracciato a Coco.

 

Si avvicinò sorridendo, cercando di sbirciare le scritte sui pezzi di carta che lei stringeva tra il palmo della sua mano e la schiena del fratello.

 

- Biglietti per l'opera... E' per questo che hai passato le ultime tre sere a smanettare su internet? - Domandò, infilando le mani nelle strette tasche dei jeans chiari.           

 

Kevin sollevò lo sguardo verso di lui e annuì, arrossendo leggermente, mentre le labbra di Gabrielle si stendevano in un piccolo sorriso.

 

- Sei incredibile, Kev. - Sussurrò lei, soffocando una risatina contro la sua spalla. - Grazie... -

 

 

***

 

 

- Ecco. - Esclamò Gabrielle, tornando verso il divano sui cui Kevin era già seduto. Gli si accoccolò accanto, addossando le gambe alle sue, mentre apriva il libretto della Turandot con espressione soddisfatta. Lui sussultò impercettibilmente, sentendo la spalla di Coco appoggiarsi nell'incavo formato dal suo braccio teso, appoggiato allo schienale. Era come se sentisse per la prima volta in quel momento che la pelle di lei era calda e i suoi capelli soffici e leggermente gonfi.

 

Le circondò le spalle, stringendola involontariamente mentre avvicinava le mani alle sue per sfogliare le pagine del libretto. Lei si sistemò meglio nel suo abbraccio, sorridendogli appena mentre prendeva a raccontargli la trama dell'opera. Trama che lui conosceva già perfettamente...

Ma non le disse nulla, rimanendo in riservato silenzio. Osservando con dolce devozione i piccoli gesti che le sue mani disegnavano nell'aria, la luce che si era accesa negli occhi azzurri.

 

La ascoltò parlare di una bellissima, travagliata storia d'amore. Spiegare di Turandot, appunto, la bella e spietata principessa che dava il titolo alla storia, di Calaf, affascinante principe d'oriente, perdutamente innamorato di lei... e silenziosamente ma altrettanto intensamente amato dalla sua serva, Liù.

 

- Un triangolo, insomma. - Sorrise Gabrielle, scostandosi una lunga ciocca di capelli dalla fronte, prima di voltare un altro paio di pagine. - Lei ama lui... e lui ama l'altra. -

 

{Chissà come mai questa cosa mi suona così familiare...}

 

Quella della Turandot, in effetti, non era stata poi una scelta così casuale. Le dita di Coco sfiorarono le sue, scorrendo le parole di un'aria in cima alla pagina, provocandogli un leggero brivido che lo riportò alla realtà.

 

Le sorrise di nuovo, come ad invitarla a proseguire.

La storia continuava con una doppia scommessa, degli indovinelli... Un prezzo da pagare per avere il freddo cuore di Turandot. E, all'inverso, un nome da indovinare per poter sfuggire ad un matrimonio imposto.

 

- Il principe ha risolto i tre quesiti di Turandot e ora lei deve sposarlo... - Riprese lei. - Ma non vuole. E lui è talmente innamorato, che le concede una via di fuga... Se riuscirà a indovinare il suo nome, prima dell'alba, Calaf la libererà dalla promessa di matrimonio. - Si fermò, prendendo un respiro profondo.

 

- Che cos'hai? - Le domandò Kevin, leggermente sul chi vive.

 

- No, niente... - Ridacchiò. - E che adesso viene la mia parte preferita. Solo che... è... triste. Mi fa sempre commuovere: per riuscire a scoprire il nome del principe, Turandot fa rapire la sua serva, Liù e... la fa torturare. - Esitò di nuovo, sfregandosi la guancia arrossata, appena sotto le ciglia già umide. - Ma lei ama Calaf di un amore talmente forte, puro e incondizionato... - Una lacrima ribelle sfuggì al suo controllo, rotolando e nascondendosi all'angolo delle sue labbra.

 

- Ehi... - Kevin si chinò a posarle un leggerissimo bacio sulla tempia, strappandole un sorriso. - Piangi, anima romantica? -

 

- E'... Cioè, lei si uccide, Kev. - Esclamò. - Si uccide...! Pur di non svelare il segreto di Calaf, di concedergli l'opportunità di vivere felice con un'altra... quell'altra di cui lui è innamorato, sceglie la morte. Lo ama al punto che... -

 

- Che è disposta a dare veramente tutto, per lui. Qualsiasi cosa... - Concluse per lei.    

 

- Tutto. Un amore del genere è tanto meraviglioso da essere disarmante. - Gli fece eco, appoggiando la testa alla spalla di lui. - E c'è un'aria splendida, qui... -

 

Rimasero in silenzio, mentre Coco girava le ultime pagine del libro e Kevin le accarezzava il braccio, osservando le parole stampate senza leggerle davvero.

Perfino i loro respiri si erano fatti tesi e silenziosi, armonizzandosi all'atmosfera di improvvisa quiete che si era creata.

 

Atmosfera che si spezzò improvvisamente qualche secondo dopo, quando la voce di Nick riportò entrambi alla realtà.

 

- Coco...!? - Chiamò, sporgendosi oltre l'entrata della stanza. Lei e Kevin si voltarono simultaneamente nella sua direzione, come se fossero riemersi da uno stato di ipnosi. - Ops...! - Abbozzò lui, lasciandosi sfuggire un sorrisino malizioso. - Ho interrotto qualcosa? Non volevo... No, no, continuate pure. State comodi... Fate come se non ci fossi...! - Agitò le mani nell'aria davanti a sè.

 

- NICK! - Tuonò Gabrielle, le guance color peperone. Sgusciò fuori dalla stretta di Kevin, afferrando un cuscino e scagliandoglielo contro. Lui si abbassò con uno scatto fulmineo, evitando il morbido proiettile, prima di sparire nuovamente oltre la porta con una linguaccia. - Cretino...! - Soffiò, cercando di far riprendere al suo viso un colorito naturale.

 

Rimase ferma, in ginocchio quasi sul bracciolo, gli occhi fissi sulla soglia ormai sgombra...

 

- Come finisce? - La voce di Kevin la raggiunse dalle sue spalle, fendendo il silenzio che era pesantemente ripiombato nella stanza come una coltellata. Tornò a voltarsi verso di lui, restando questa volta a distanza di sicurezza. - L'opera... Come finisce? - Ripetè.

 

Gabrielle fissò intensamente i suoi occhi verdi per una manciata di interminabili secondi, strizzando fra le mani il libretto ormai chiuso.

 

- Come vuoi che finisca... Turandot ha sempre amato Calaf. Loro... vivono per sempre felici e contenti. - Concluse, in tono incolore.

 

Lo guardò un'ultima volta e lasciò cadere il libro sul divano, prima di alzarsi ed andarsene. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19° ***


Ok, questa volta ho battuto ogni possibile record sull'attesa di aggiornamento

Ok, questa volta ho battuto ogni possibile record sull'attesa di aggiornamento. Mi autopunisco e chiedo perdono!x3

 

C'è anche da dire che questo capitolo è stato un vero e proprio parto, specialmente l'ultima parte ed è stato durissimo da scrivere... *si asciuga il sudore*

 

E poi è bello lunghetto... Non ai livelli di quello su Nick, ma quasi. Perciò almeno questo potrà ripagare la pazienza con cui avete atteso questo aggiornamento.

 

Detto questo mi tocca per l'ennesima volta autoflagellarmi perchè non ho tempo di ringraziarvi una ad una per i vostri bellissimi, lunghissimi, esaurientissimi commenti. Io vi lovvo tutte immensamente, sappiatelo!<3

 

E' una soddisfazione inimmaginabile per me, trovare i vostri papiri e leggere le vostre minuziose analisi ed elucubrazioni sui miei personaggi... Sapere che vi emozionate, leggendo quello che scrivo.

 

E' l'incentivo migliore che si possa avere. Quindi grazie, grazie e per la milionesima volta grazie!x3

 

Bom, bando alle ciance e vi lascio al questo capitolo... dove entrerà in scena un più o meno nuovo personaggio che sconvolgerà non poco la situazione...

 

*ridacchia malvagiamente*

 

Buona lettura, gioie! Aspetto commenti... in particolare da due cognate di mia conoscenza. *lovva le cognate*

 

Uh, dimenticavo un'importantissima nota di servizio: settimana prossima la sottoscritta sarà in montagna e quindi tristemente priva di accesso internet. Mi auguro vivamente di avere pronto il capitolo 20 per il mio ritorno, in modo che abbiate da aspettare proprio solo gli otto giorni in cui sarò via.<3 

 

 

 

 

- Capitolo 19° -

 

 

 

{ I feel it in the air, as I'm doing my hair
preparing for another date.
A kiss upon my cheek, as he, reluctantly,
asks if I'm gonna be out late... }

Unfaithful - Rihanna

 

 

 

 

Gabrielle sbottonò la maglia che si era appena infilata, gettandola con un gesto scocciato sul letto in mezzo alle altre mille che aveva già provato e riprovato. Sbuffò nervosamente, lanciando un'occhiata alla sveglia digitale che stava sopra il comodino e sul cui display campeggiava l'ora spaventosamente tarda.

Entro dieci minuti avrebbe dovuto essere fuori con Kevin... e ancora non era pronta. Per niente.

 

Si mordicchiò le labbra, tornando a cercare tra gli abiti già visti, sparsi un po' ovunque e ripescò una ampia camicia di seta bianca che, alla fine, non sarebbe stata male con i pantaloni neri che le fasciavano le gambe sottili.

 

- No. - La voce di Joe si insinuò nell'aria silenziosa della stanza, frenando il corso dei suoi pensieri e facendola sobbalzare leggermente. - Tu quella non la metti, stasera. - Le si avvicinò, afferrando un lembo dell'indumento prima di sfilarglielo dalle mani.

 

- Oh, ti prego... - Esalò Coco, passandosi la mano fra i capelli spettinati. - Non ti ci mettere anche tu...! -

 

Lui le si avvicinò, rincorrendo con le dita la spallina di raso lucido della sua cannottiera, che nell'impeto dell'ultimo movimento, era maliziosamente scivolata verso il basso. La riportò al suo posto, accarezzandole la pelle morbida con calcolata, esasperante dolcezza.

 

- Ti sta troppo bene... - Soffiò, avvicinandosi e chinandosi a posarle un bacio alla base del collo. - Non voglio che tu sia così bella... per un altro. -

 

- Scemo...! - Sorrise Gabrielle, abbandonandosi al suo abbraccio giocoso. Un brivido leggero le corse lungo la schiena, premuta contro il corpo di lui, quando le sue braccia la avvolsero completamente e lei potè avvertire chiaramente il suo calore attraverso la stoffa impalpabile della maglia. - E' Kevin... non un altro. - Ridacchiò, appoggiando le mani su quelle di lui. - E poi... bella... Sii realista: la cosa più simile ad un cosmetico che c'è in questa casa è il mio burrocacao, il mio armadio non ha mai visto l'ombra di una gonna... Cioè, guardami! - Concluse, indicando con lo sguardo il suo riflesso nella specchiera che avevano di fronte.

 

Joe sorrise, baciandole dolcemente una guancia, prima di tornare ad incrociare i suoi occhi chiari attraverso lo specchio.

 

- Amore mio, il fatto che tu non ti renda conto di... cosa sei, agli occhi di un uomo... qualunque uomo, anche Kevin, è perfino più pericoloso. - Coco trattenne il respiro con un piccolo singhiozzo, mentre le sue guance si tingevano di un intenso color pomodoro maturo.

 

- Senti, Joe... - Pigolò, bloccandosi di colpo quando avvertì la sua mano accarezzarle il fianco, sotto la cannottiera. Lo guardò con aria quasi spaventata, poco prima che anche lui si fermasse, il viso colorato di ogni possibile sfumatura di rosso.

 

Si allontanò leggermente, sfilando la mano che era arrivata a sfiorare la pelle morbida, appena sotto il seno... rivelandogli che, oltre alla maglia di raso lucido, lei non portava nulla.

 

- Perchè non me l'hai detto che... che...! - Abbozzò, mentre Gabrielle soffocava una risata e afferrava a caso uno dei vestiti che stavano sul letto.

 

- Ma insomma...! - Ridacchiò, lanciandoglielo contro. - Mi sto ancora preparando, è normale... Piuttosto, non è normale ritrovarmi le tue mani ovunque! - Continuò, recuperando gli abiti che aveva veramente intenzione di indossare.

 

- Non farmi passare per un maniaco, adesso! - Brontolò Joe, sedendosi pesantemente sul bordo del letto. - Se ho tanto bisogno di contatto fisico... è solo perchè ti amo da morire e non riesco a fare a meno di te. - Concluse, sbattendo le ciglia con un fare che voleva essere profondamente ammaliante. Coco si morse la lingua nel disperato tentativo di non scoppiare a ridere, mentre gli si avvicinava in silenzio.

 

- Amore... - Gli sussurrò, chinandosi sulle ginocchia alla sua altezza e avvicinandosi fino a sfiorare la punta del naso di lui con la propria. Sul viso di Joe si allargò un sorrisino vittorioso.

 

- ...Sì? - Soffiò, socchiudendo gli occhi.

 

- Devi girarti dall'altra parte, o io non posso cambiarmi, se tu mi guardi...! - Esclamò, lasciandolo letteralmente con un palmo di naso e facendolo, suo malgrado, arrossire violentemente un'altra volta. Si rialzò, mentre l'eco di una risata le scuoteva le spalle.

 

Joe sollevò le gambe, ruotando su se stesso e incrociandole sul piumone azzurro. Sbuffando rumorosamente si sistemò in modo da dare completamente le spalle a Gabrielle, che gli sorrise, anche se lui non poteva vederla.

Mentre un leggerissimo rossore le colorava le guance, si voltò anche lei, forse per inconscio pudore e si sfilò la cannottiera, lasciandola cadere sul pavimento con un movimento morbido.

 

Il suono leggero della stoffa che scivolava via solleticò non poco l'immaginazione di Joe che, con un sospiro, cercò di soffocare la voglia di girarsi e sbirciare. Prese a giocherellare con la sua maledetta fedina, picchiettandoci nervosamente sopra con le dita... come se, così facendo, potesse farla sparire per magia.

Eppure quella era lì, sfacciatamente luccicante.

 

Luminosa. Come poteva e doveva essere la virtù che simboleggiava... Ma che lui si sentiva sempre meno capace di sostenere. Si passò una mano fra i capelli, soffocando un sospiro quando avvertì l'inconfondibile, dolce peso di lei contro la schiena.

 

- Finito. - Sussurrò Coco, passandogli le braccia intorno alle spalle, prima di allungarsi a posargli un leggerissimo bacio sul collo. - Grazie... amore. - Ripetè, questa volta senza la minima traccia di presa in giro.

Joe sorrise e senza dire nulla, abbandonò per qualche attimo i suoi contorti pensieri, accarezzandole le mani, prima di soffermarsi ad allacciarle premurosamente i piccoli bottoni perlati che fermavano i polsini.

 

Poi si accorse della spazzola colorata che stringeva e gliela sfilò delicatamente dalle dita.

 

- Posso? - Chiese semplicemente, voltandosi appena nella sua direzione. Gabrielle annuì, lasciando che si girasse completamente, prima di sistemarsi comodamente tra le sue gambe.

 

- Fai piano... - Mormorò, mentre Joe cominciava a spazzolarle i lunghi capelli con delicatezza, passandoci prima in mezzo le dita per sciogliere i nodi più dolorosi.

 

Per qualche attimo il rumore della spazzola divenne l'unico suono udibile nella stanza. Rimasero in silenzio, mentre lui le scioglieva le ciocche con tutta la cura e la devozione possibile, lasciandole ricadere sulle spalle minute.

 

- Sono cresciuti... - Sorrise, fermando le punte arricciate fra le dita. - ... parecchio, dalla prima volta che ti ho vista. Quanto tempo è che ci conosciamo? - Coco sorrise a sua volta, arrossendo lievemente.

 

- Per me è quasi una vita. - Mormorò. - La stessa che avete stravolto completamente. Tu, Nick... e Kevin. -

 

Sentendole quell'esitazione sulle labbra, al nome del fratello, si irrigidì impercettibilmente, lasciando andare i ciuffi che aveva intrappolato.

 

- Farete tardi? - Domandò poi, inaspettatamente, abbandonando entrambe le braccia lungo i fianchi.

 

- Beh... - Cominciò Gabrielle, cercando di calcolare a spanne la lunghezza dell'opera. - Non credo... Dipende da quanto dura... -

 

- No. - La bloccò Joe, abbracciandola con fare improvvisamente possessivo. - Quello che io voglio sapere è se... farete tardi? - Ripetè, in tono leggermente diverso. E a quel punto Coco capì, o fu costretta a capire, i non detti che si celavano dietro quell'apparentemente semplice domanda.

 

Si voltò di scatto, fissandolo dritto negli occhi.

 

- Torneremo appena sarà finita l'opera. - Soffiò, avvicinandoglisi. - Te lo prometto. - Gli schioccò un veloce bacio a stampo sulle labbra che lui approfondì immediatamente, carezzando morbidamente con la lingua quelle di Gabrielle.

 

- Giuramelo. - Rispose, contro la sua bocca, senza allontanarsi di un millimetro.

 

Le strappò un sospiro soddisfatto, stringendole le braccia intorno ai fianchi e azzerando la distanza tra loro.

 

- Joe... - Mugolò, fermandolo con delicatezza. - Te lo giuro... anche mille volte, se vuoi. Ma adesso lasciami, devo andare. -

 

Si alzò, sorridendogli, mentre Joe accettava con riluttanza di separarsi da lei. Poi prese un bastoncino di legno scuro da un barattolo poggiato sulla cassettiera e fermò i capelli in uno chignon non troppo ordinato.

 

Lui saltò in piedi con un gesto deciso e si soffermò soltanto un secondo a posarle un per nulla casuale bacio sul collo, quando le passò accanto. Si richiuse la porta alle spalle mentre Coco saltellava su un piede alla disperata ricerca dell'altro stivaletto di velluto nero che proprio non voleva saperne di venire fuori.

 

 

***

 

 

L'Opèra non le era mai sembrata tanto grande... nè tanto bella.

 

Si strinse contro il braccio di Kevin, azzardandosi a sollevare il naso dalla sciarpa di lana per osservare i grandi angeli dorati che sormontavano la facciata illuminata a giorno. Era passata mille volte da lì, ma era come se vedesse tutto per la prima volta... Compreso l'incredibile color indaco del cielo di notte, sopra Parigi.

 

Mosse un paio di passi senza guardare dove andava, riuscendo immediatamente ad incespicare nel bordo del marciapiede e sarebbe finita lunga e distesa per terra, se Kevin non le avesse premurosamente cinto i fianchi per sostenerla.

 

- Con calma, principessa, siamo quasi in anticipo... - Ridacchiò lui, aiutandola a rimettersi dritta ed esitando con la mano appena sopra la cintura del suo cappotto rosso. Coco lo ringraziò con un sorriso, lasciandosi poi accompagnare davanti all'entrata del teatro dove andava già incolonnandosi un folto gruppo di persone.

 

Si sistemarono dietro una coppia piuttosto giovane che, già da qualche minuto, aveva cominciato un intenso scambio di effusioni. Kevin sentì improvvisamente un gran calore all'altezza dello stomaco, poco sotto il punto in cui la mano di Gabrielle stava delicatamente poggiata.

Abbassò involontariamente lo sguardo verso di lei, incontrando i suoi occhi chiari che si fissarono velocemente su qualcosa di apparentemente interessantissimo, al di là della strada. Le guance di entrambi tinte del medesimo color rosso vivo.

 

Nel frattempo, il ragazzo davanti a loro aveva preso a giocherellare con un riccio ribelle, sfuggito al basco di maglia bianca della sua fidanzata. Le si avvicinò, passandole un braccio intorno alla vita e stringendola dolcemente a sè, nel medesimo modo in cui Kevin aveva fatto con Coco. Poi scostò con grazia la lunga coda bionda per sussurrarle qualcosa che riuscì probabilmente a sentire solo lei, strappandole una risatina maliziosa.

 

Quando, infine, si chinò a rubarle l'ennesimo, lungo bacio alle labbra rosee, lo stesso Kevin cominciò a prendere in seria considerazione l'idea di separarli con la forza...

Si sentiva il viso in fiamme e avvertiva chiaramente la tensione di Gabrielle, ancora ostinatamente voltata dall'altra parte, ma comunque abbracciata a lui.

 

Rimasero immobili, in silenzio, pregando all'unisono che quell'atmosfera tesa si spezzasse il prima possibile.

 

Fortunatamente, una manciata di interminabili secondi dopo, la fila prese a scorrere all'interno del teatro, costringendo i fidanzatini di Francia a staccarsi definitivamente.

 

- Ci siamo. - Sorrise Kevin, con estremo sollievo, estraendo i loro biglietti dalla tasca del lungo cappotto scuro. Ne allungò uno a Coco che lo strinse, lanciando uno sguardo all'immenso atrio illuminato che occhieggiava, al di là delle grandi porte a vetri.

 

- Ancora non mi sembra vero... - Mormorò, seguendolo dentro l'edificio.

 

Consegnò il suo biglietto alla maschera, riponendo poi con cura la metà che le venne restituita nella tasca dei pantaloni e quasi trattenne il fiato, quando Kevin la condusse per mano oltre l'entrata della sala e poi lungo il corridoio centrale, fino alla terza fila, dove li aspettavano i loro posti.

 

Il salone dell'Opèra era, secondo Gabrielle, qualcosa in grado di incantare al punto che perfino respirare diventava assolutamente secondario rispetto all'osservare, memorizzare ed assorbire ogni singolo dettaglio di quella meraviglia architettonica.

 

- E' veramente una favola... - Sussurrò, fermandosi davanti alla sua poltroncina e lasciandovi cadere sopra il cappotto con aria distratta, mentre i suoi occhi accarezzavano, quasi con timore, l'enorme lampadario di cristallo appeso al centro del soffitto circolare perfettamente affrescato. Sentì Kevin avvicinarsi, alle sue spalle e lasciò che le allacciasse un braccio intorno alla vita e la attirasse leggermente all'indietro, facendola appoggiare con la schiena contro di lui.

 

- Bello, eh? - Sorrise, senza guardarla, gli occhi verdi puntati appena sotto il soffitto, all'ultima serie di palchetti, per la maggior parte ancora chiusi dalle pesanti tende di velluto.

 

- Bello? Dio, Kevin, è... - Soffiò, incapace di trovare le parole adatte. Sconfitta, lasciò annegare la frase in un sospiro e fece correre il braccio sopra il suo, appoggiando la mano su quella che lui le teneva ferma appena sopra il fianco.

 

- Sì... - Mormorò lui a voce quasi inudibile. - Hai ragione. - Sorrise di nuovo, stringendola un po' di più. 

 

Rimasero fermi in quella posizione, in piedi ed in silenziosa ammirazione, incuranti di tutta la gente che girava loro attorno e del brusio di voci che si mescolavano nell'aria, alla continua ricerca di indicazioni su file e posti a sedere... Almeno fino a quando, qualche lunghissimo attimo dopo, una anziana signora impellicciata li richiamò con qualche arcigno, fintissimo colpo di tosse per chiedere loro di lasciarla passare.

 

Kevin sciolse a malincuore la presa sul corpo di lei, sedendosi al suo posto e arrossendo, per l'ennesima volta quella sera, fino alla punta delle orecchie, quando avvertì la donna bofonchiare qualcosa che suonava come un seccato rimprovero alla "gioventù d'oggi, priva di qualunque senso del pudore e del rispetto, che si ritrovava ad amoreggiare ovunque...".

 

{E non sa quanto vorrei fosse vero, signora...!}

 

Riflettè, lanciando un'occhiata di sfuggita a Gabrielle che, seduta accanto a lui, era già impegnata a sfogliare il libretto dell'opera. Appoggiò il gomito al bracciolo che li divideva, sorreggendosi il viso mentre la guardava scostarsi sistematicamente un ciuffo di capelli dagli occhi, con il solo risultato di farli tornare al loro posto mezzo secondo dopo...

 

- Sai, Kev... - Cominciò ad un tratto, chiudendo il libretto e stirando le braccia con un sospiro soddisfatto. Inclinò leggermente il capo, guardandolo con aria divertita. - Non credo finirò mai di ringraziarti, per questo. -

 

- Esagerata...! Tu... - Si bloccò, avvertendo la mano di Coco poggiarsi sulla sua spalla, poco prima che lei si alzasse quasi in ginocchio sul sedile, per posargli un leggerissimo bacio sulla fronte. Rimase immobile, assaporando la breve carezza del suo fiato caldo contro la pelle e la leggera pressione delle dita sottili alla base del collo.  

 

- Grazie. - Bisbigliò poi, riabbassandosi al suo posto.

 

- No... - Ribattè Kevin, sorridendole e chinando leggermente il capo per nascondere l'impalpabile rossore che gli aveva colorato le guancie. - Grazie a te. -

 

 

***

 

 

 

{ E incominciai a diventare anche gelosa
perché eri grande, irraggiungibile e più bella...
[...]
E persi la memoria, mancando di coraggio
perché mi vergognavo di essere tua figlia. }

Mi Dispiace - Laura Pausini

 

 

 

 

Le note del "Nessun Dorma" riempirono l'aria silenziosa fino all'ultimo, recondito anfratto. Coco si mosse lentamente sul sedile, sfregandosi le braccia attraverso la stoffa leggera della camicia. Sillabava con le labbra le parole senza però azzardarsi ad emettere suoni per paura di rovinare tutto.

Gli occhi fissi sul palcoscenico seguivano attentamente i protagonisti, seguendone ogni singolo movimento. Ogni fruscio di stoffa dei meravigliosi costumi...

 

Prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro, man mano che le scene si susseguivano e avvertiva che il suo momento si stava avvicinando. Era praticamente certa che sarebbe scoppiata a piangere, non appena Liù avesse rimesso piede in scena, però un tentativo, anche perfettamente inefficace, sarebbe valsa la pena farlo... Prese un respiro profondo, rilassando le spalle contro lo schienale quando Kevin, che la osservava di soppiatto e aveva capito tutto, allungò una mano, cercando quella di lei.

 

Gabrielle sussultò leggermente, quando le loro dita si intrecciarono saldamente.

 

- Se non ti lasci andare, non te la godrai fino in fondo. - Le sussurrò, senza staccare gli occhi dalle mani del primo violino che agitavano l'archetto tanto armonicamente da farlo sembrare vivo. I lunghi capelli scuri le si arricciavano sulle spalle, tenuti accuratamente indietro da una minuscola molletta di brillanti. Per quanto suonasse ben altro tipo di strumento, da musicista a musicista, poteva certamente affermare che era uno dei migliori elementi dell'orchestra.

 

Sicuramente fra gli archi... E quella sua bella espressione concentrata era stranamente familiare.

 

Il suo silenzioso ragionamento venne interrotto dal flebile singhiozzo di Coco che, al risuonare del primo accordo dell'aria di Liù, aveva iniziato a sfregarsi gli occhi umidi.

 

Le strinse la mano un po' più saldamente, fissando nuovamente l'attenzione sul palco, dove due enormi guardie strizzavano le braccia del soprano che interpretava la sfortunata serva del principe.

 

"Tanto amore segreto e inconfessato,

grande così che questi strazi

son dolcezze per me

perchè ne faccio dono al mio Signore...

Perchè, tacendo, io gli do...

gli do il tuo amore.

Te gli do, Principessa,

E perdo tutto. E perdo tutto!

Persino l'impossibile speranza...

[...]

Come offerta suprema del mio amore!"

 

Con uno scatto, la donna afferrò una sottile lama argentata e finse di pugnalarsi a morte. 

Mentre Liù si accasciava teatralmente a terra e le battute seguenti si alternavano sulle labbra degli altri personaggi...

 

Forse per via della passione con cui erano state intonate, forse per la meravigliosa tensione con cui Gabrielle aveva seguito la scena, lasciando correre le lacrime sulle guance arrossate... o forse semplicemente perchè quelle parole le sentiva sulla pelle come fossero sue...

 

... si ritrovò a strizzare gli occhi lucidi per riuscire a rimettere a fuoco la scena.

 

Respirò profondamente, passandosi una mano fra i capelli e tornò a guardare Coco solo quando lasciò andare la sua mano per asciugarsi le ultime lacrime.

 

- Meno male che non mi trucco... - Ridacchiò lei, sfregandosi le ciglia scure. - Sembrerei una specie di panda. - 

 

- No. - Rispose Kevin, approfittando del momentaneo cambio di scena per alzare un pochino il tono di voce. - Sembreresti solamente quello che sei: una ragazza con il cuore tanto grande, da commuoversi davanti all'amore mostrato per quello che è.

 

- Forse. - Gli concesse, leggermente imbarazzata. - Ma io sono più propensa per il panda...! - La sua risata sottile venne inghiottita dalle note trionfali di una delle ultime arie dell'opera.

 

Sul palco Turandot si stava rendendo conto di essere veramente innamorata, mentre il dramma di Liù veniva velocemente dimenticato. Gabrielle sorrise amaramente, domandandosi come fosse possibile che, dopo tanti anni, una microscopica parte di lei sperasse in un finale diverso.

 

Eppure sapeva benissimo che sarebbero stati il principe e la principessa a vivere "per sempre felici e contenti". Come da copione, in una fiaba che si rispetti.

 

Quando le ultime note del coro conclusivo si spensero contro il soffitto e il sipario si chiuse sulla corte imperiale in festa, un rumoroso applauso scrosciò nella sala. Prima ancora che gli orchestrali si alzassero e che i cantanti tornassero in scena per raccogliere il tributo del pubblico, una delle maschere si fece largo tra i sedili e sorprese Coco, ficcandole tra le mani un biglietto piegato ed intimandole di leggerlo.

 

- Che succede? Chi era quello? - Domandò Kevin, osservando l'espressione preoccupata di lei, quando l'uomo fu sparito.

 

- Non ne ho idea... - Rispose, confusa, aprendo il cartoncino bianco per scoprirne il contenuto.

 

Nel frattempo, nella sezione archi dell'orchestra si era formato un buco all'altezza del primo violino...

 

Gabrielle lesse le poche parole vergate sulla carta in una calligrafia sottile ed accurata... Impallidì, sgranando gli occhi chiari, quando vide la firma. Avvertì un istantaneo vuoto alla bocca dello stomaco e tutto quello che le stava intorno scomparve improvvisamente per lasciare spazio ad un unico, martellante pensiero.

 

... Annabelle.

 

Si sentì come se le avessero improvvisamente tolto la capacità di respirare. Sentì vecchie paure, letteralmente fantasmi di un passato che credeva di aver superato per sempre, tornare indietro e riafferrarla alla gola.

 

- Coco, che cosa... - Kevin non fece nemmeno in tempo a finire di formulare la frase, che lei era già scattata in piedi e aveva scavalcato con foga le sue gambe, schizzando nel corridoio centrale, verso l'uscita. - COCO!!! - Urlò, ma venne completamente sommerso dalle altrettanto forti grida di giubilo che accompagnarono l'inchino del primo tenore.

 

Uscì correndo dalla sala, incurante delle occhiatacce che si era attirato facendo sbattere le pesanti doppie porte di legno rossiccio e superò due maschere piuttosto allibite, rischiando di travolgerle mentre correva verso l'ampio ingresso alla disperata ricerca di Gabrielle. Ignorò i richiami concitati che lo inseguirono lungo il percorso, tanto più che non capiva nemmeno cosa gli stessero gridando dietro... Il francese urlato non era mai stato il suo forte.

 

I suoi passi concitati rimbombavano, sul marmo lucido del pavimento, all'unisono con i battiti furiosi del cuore contro il petto. In giro non c'era un'anima, erano ancora tutti all'interno della sala. Solo un'annoiata addetta alla reception, che aveva l'aria di stare per addormentarsi da un momento all'altro, stava seduta dietro al bancone con il naso affondato in una rivista di moda.

 

E infatti non gli prestò la minima attenzione, nel momento in cui le schizzò davanti a tutta velocità.  

 

Si fermò solamente quando finalmente riconobbe l'inconfondibile figura minuta di Coco, appoggiata ad una delle immense colonne nell'atrio deserto. Il capo chino e lo sguardo tipico di chi si chiedeva se valesse veramente la pena scappare alla cieca.

 

Si avvicinò silenziosamente, osando attirare la sua attenzione appena la distanza fra loro fu sufficientemente ridotta da permettergli di parlare quasi a bassa voce. Allungò una mano, stringendo appena quella di lei che allentò la presa sul biglietto ormai stropicciato.

 

- Gabrielle... - Si bloccò quasi prima di cominciare, perchè un'altra voce si era sovrapposta e mescolata alla sua nel pronunciare quell'unica parola.

 

E poi perchè la stessa Gabrielle aveva alzato la testa di scatto, ma il suo sguardo non era fisso su di lui.

 

Gli occhi chiari, spalancati e atterriti come non li aveva mai visti, puntavano verso un punto non precisato alle sue spalle. Si voltò lentamente, senza lasciare la presa sulle sue dita tremanti e si ritrovò faccia a faccia con la donna che aveva osservato suonare pochi attimi prima.

 

Il primo violino dell'orchestra dell'Opèra... Si illuminò. A quel punto, riformulando il concetto in quel modo, era tutto molto più chiaro. Ogni pezzo andava al suo posto...

 

Compresa la straordinaria familiarità dei lineamenti, delle espressioni. I lunghi capelli scuri...

 

- Maman... - La voce tremante e terrorizzata con cui Coco pronunciò quelle cinque lettere, lo sforzo che le costò farlo e che lui avvertì chiaramente nel sussulto che ebbe ogni singola fibra del suo corpo, furono come una pugnalata in pieno petto.

 

Anche se, forse per un automatico istinto di protezione o un riflesso condizionato, aveva parlato in francese, non ci voleva un genio per capire cosa avesse detto e chi fosse quella donna.

 

La madre di Gabrielle mosse un esitante passo in avanti, entrando nell'ampio cono di luce di uno degli enormi lampadari fissati al soffitto. La farfalla di brillanti che le fermava i capelli sopra la tempia emise un breve scintillio quando piegò impercettibilmente il capo per guardarli, in un modo che a Kevin ricordò spaventosamente la sua Coco.

 

- Gabrielle. - Ripetè la donna, ignorandolo deliberatamente e continuando a fissare la figlia.

 

C'era tutto su quel viso, sebbene leggermente inasprito dall'età.

C'era il naso dalla curva morbida, c'erano le labbra sottili, c'era il disegno preciso delle sopracciglia leggermente arcuate... Solo gli occhi erano di un cupo color nocciola e non di quell'azzurro limpido e profondo, perchè Gabrielle i suoi li aveva rubati al padre, Michael.

 

Per il resto si somigliavano in maniera impressionante.

 

Accarezzò in un involontario gesto di protezione il dorso della mano di Coco, quando la sentì muoversi alle sue spalle.

Lei si allontanò dalla colonna e si spostò in avanti, fronteggiando apertamente la madre. Le dita ancora saldamente intrecciate a quelle di Kevin.

 

Osservò per qualche attimo il viso di Annabelle, che fino a quel momento aveva visto solamente tramite fotografia, ma che avrebbe saputo riconoscere tra mille, cercando la forza di risponderle.

 

- Che... Cosa ci fai qui? - Sibilò, con voce tremante, continuando a parlarle in francese.

 

- Ti ho notata tra il pubblico e ti ho riconosciuta immediatamente... - Esitò la donna. - Volevo... vederti. - Per quanto giunsero alle sue orecchie come poco più di un sussurro, le ultime due parole rimbombarono come fossero state urlate a squarciagola.

 

- Beh, per questo sei in ritardo, mamma. - Bisbigliò Gabrielle, mentre una lacrima solitaria litigava per uscire allo scoperto. - Dovevi pensarci vent'anni fa. - Lanciò per terra il bigliettino che stringeva in mano, con un gesto stizzito.

 

Tra una piega e l'altra Kevin riuscì ad intravedere una breve frase in francese che suonava come un invito ad incontrarsi da qualche parte, dopo la fine dell'opera. 

 

- Non è mai troppo tardi. - Replicò Annabelle in tono misurato.

 

- Sì, invece! - Ringhiò lei di rimando. - Non puoi ripresentarti dopo tutto questo tempo e pretendere che io accetti di farti rientrare nella mia vita così. Di punto in bianco... Dopo che mi hai lasciata... CHE MI HAI ABBANDONATA IN QUEL MODO! - Sbottò poi, reprimendo a stento un singhiozzo.

 

Sebbene non avesse capito assolutamente nulla di quel concitato scambio di battute, a Kevin fu sufficiente il suono disperato apparso nella voce di Coco, per scattare come una molla.

 

Le si avvicinò, stringendole la spalla... Lei lo fermò, lasciandogli intendere con lo sguardo che era tutto sotto controllo. Lo spinse a farsi indietro e lui obbedì, senza però spostare la mano da dove stava.

 

- Guardiamoci in faccia... - Continuò, livida. - Quanti mesi avevo quando te ne sei andata? Io non ricordavo... non ricordo nulla di te. Nulla... se non il viso che ho visto in qualche vecchia fotografia e che ha costellato i miei incubi per tutti questi anni! - Tremò impercettibilmente, al ricordo dell'angoscia e della paura con cui si era svegliata tante volte. -   Come puoi anche solo pensare di avanzare delle pretese? TU? - 

 

Annabelle non era mai stata dotata di molta pazienza e tantomeno di un carattere accomodante. Era più il tipo di persona che prendeva fuoco immediatamente, se qualcosa andava diversamente da come aveva programmato...

E sicuramente non era così che aveva pensato il ricongiungimento con la figlia che non vedeva da anni.

 

- E dire che mi somigli così tanto... - Sussurrò. - Sembri davvero me alla tua età, Gabrielle.

 

Scrutò con aria evidentemente astiosa la piccola ribelle che si era ritrovata davanti al posto della giovane remissiva e ben disposta che immaginava, indugiando sulla mano di lei, saldamente stretta in quella più grande del ragazzo che la accompagnava.

Alzò lo sguardo sugli occhi chiari, fissandolo come se si fosse accorta della sua esistenza solo in quel momento.

 

Kevin ricambiò, genuinamente stupito, domandandosi cosa potesse volere la madre di Coco da lui.

 

- Chi è? - Chiese improvvisamente Annabelle, riducendo gli occhi scuri a due gelide fessure. Gabrielle sussultò, lanciandogli un'involontaria occhiata. - Lui... Chi è? -

 

- Lascialo fuori da questa... cosa. - Soffiò, intromettendosi istintivamente fra i due, per quanto assurdo potesse sembrare che lei, così minuta, facesse da scudo a Kevin. - Non c'entra niente. -

 

La donna, intuendo dalla sua reazione di essere andata a toccare un tasto quantomeno importante, ridacchiò sommessamente, scrollando con fare malizioso i lunghi capelli.

 

- E' il tuo fidanzato, Coco? - Continuò, senza staccare gli occhi dalle loro dita intrecciate.

 

- Ti ho detto... - Sillabò, cercando di mantenere saldo il tono di voce. - Di non coinvolgerlo. E non chiamarmi Coco... non lo sono. Non per te! -   

 

- D'accordo. In fondo è stato quell'idiota di tuo padre ad usare quell'insulso soprannome per primo... Io non l'ho mai sopportato. - Annaspò. Annabelle non aveva mai fatto grandi sforzi per cercare di superare il rancore che portava a Michael.

 

Coco soffocò una risatina amara, a risentirle nominare il marito, chiedendosi che effetto le avrebbe fatto sentirsi dire che lui si era ricostruito una famiglia, una vita dopo di lei... O se, magari lo sapeva già.

 

- Gabrielle... - Sussultò, sentendo la voce di Kevin chiamarla in quel modo così inusuale per lui. Alzò lo sguardo, fissando gli occhi lucidi nei suoi, leggermente dilatati dall'ansia.

 

- Kevin... Va tutto bene, davvero. - Tentò di rassicurarlo, poggiandogli una mano sul petto e tornando a parlargli in inglese. Lui fece per replicare, ma venne interrotto dalla risata squillante di Annabelle che risuonò nell'atrio deserto come lo scoppio di un proiettile.

 

- Non mi dire...! - Esalò la donna, passandosi una mano sul viso. - E' americano? - Continuò, cambiando volontariamente lingua in modo che anche lui potesse capire. - E magari è anche un musicista... Oh, sì, me lo vedo proprio! - Ridacchiò con malevola malizia. Coco non rispose, irrigidendosi improvvisamente mentre il respiro le moriva in gola. - Avanti, ragazzino, dimmi... cosa suoni? Violino? Flauto? O magari il pianoforte? -

 

- Chitarra. - Rispose aspramente Kevin, innervosito dai flebili singhiozzi che Gabrielle stava cercando di soffocare, stringendosi contro il suo braccio. Abbassò quasi immediatamente lo sguardo verso di lei, accarezzandole amorevolmente i capelli per tranquillizzarla.

 

- Sì. - Sibilò Annabelle, alla quale l'ultimo suo gesto non era sfuggito, con schifo malcelato. - Sei proprio uguale a lui... Siete tutti uguali. Bravissimi ad attirare le donne nella vostra rete con tutte quelle false moine. -

 

- Non capisco cosa intende dire... - Continuò lui, impassibile.

 

- Oh, capisci eccome... Sei davvero un attore da due soldi, sai? In questo non gli somigli affatto, Michael era molto più convincente di te. - Gli puntò un dito contro, avanzando rapidamente e dimezzando la distanza fra loro. - Ma, per il resto, scommetto che sai essere stronzo esattamente quanto lui. - Concluse, in poco più che un soffio.

 

- Adesso basta... SMETTILA! - Gridò Coco, alzando improvvisamente la voce e bloccando qualunque replica da parte di Kevin. - NON TI PERMETTERE! -

 

Annabelle la fissò leggermente sgomenta, prima di ricomporsi e tornare ad assumere la sua espressione infastidita.

 

- Mon trèsor... - Esordì, avvicinandosi e prendendole il mento fra le dita in un gesto fintamente affettuoso. Gabrielle si discostò immediatamente, lasciando scivolare le guance umide fuori dalla sua stretta.

 

- Non... mi toccare. - Mormorò con voce tremante.

 

- Quell'incapace di tuo padre e quella fallita di tua sorella Monique ti hanno tirata su, cercando di farti diventare tutto quello che io non sono. E in qualcosa, purtroppo, sono anche riusciti... Ma non hanno potuto evitarti di cadere in trappola davanti ai begli occhioni chiari di un bastardo qualunque... - Lanciò una fulminea occhiata a Kevin che nemmeno la guardava, gli occhi verdi fissi su Coco. - Esattamente come è successo a me. -

 

- TI HO DETTO BASTA! - Ripetè lei, soffocando la voglia di mettersi a piangere. - Puoi dire di me tutto quello che vuoi, non mi interessa... Ma non ti permettere mai... mai più, di parlare in questo modo di Kevin! MAI PIU', mi hai sentita? - Esalò. - Non è il mio fidanzato, puoi metterti l'anima in pace... Ma è mio amico ed è una delle persone più... incredibili... meravigliose che mi sia mai capitato di incontrare. - Singhiozzò, sfregandosi il naso con la mano tremante. - E io non accetto... Non sopporto di sentire una come te sparare sentenze in questo modo su di lui. Vuoi Prendertela con me? Sfogare su di me tutta la tua maledettissima, arrogante frustrazione? Bene. FALLO. Ma Kevin... Kevin non devi azzardarti nemmeno a nominarlo, è chiaro? - Concluse. - E' CHIARO? - Ripetè, quando la donna esitò a rispondere.

 

- Come vuoi. - Ribattè Annabelle, in tono incolore. 

 

- Bene. E a questo punto, se è tutto, puoi anche andartene. - Tremava come una foglia. E Kevin lo avvertiva chiaramente, attraverso le mani strette intorno alle sue. La tirò leggermente all'indietro, facendo sì che i loro corpi si sfiorassero, per farle sentire un po' più forte la sua presenza.

 

Madre e figlia si scambiarono uno sguardo bruciante, così inconsapevolmente e tremendamente simili nella tensione provocata dalla rabbia. Poi, inaspettatamente, le labbra di Annabelle si tesero in un pallido sorriso.

 

- Sì. - Annuì, improvvisamente arrendevole. - Per ora me ne vado... Ma noi due dobbiamo parlare, Gabrielle. Da madre a figlia. E lo faremo... Presto. - Detto questo girò i tacchi e tornò da dove era venuta, sparendo oltre una grossa porta di servizio.

 

 

Rimasero immobili fino a quando anche l'eco dei passi di Annabelle sul pavimento lucido non sparì definitivamente, poi Coco fece per allontanarsi, sciogliendo la presa della mano di lui, ma Kevin non glielo permise. Le afferrò entrambi i polsi, bloccandola immediatamente.

 

- Scusa, Kevin, vorrei restare un attimo da sola... - Mormorò, senza guardarlo, con la voce già incrinata.

 

- No. - Rispose lui risoluto. - Non in queste condizioni. -

 

- Sto bene, davvero...! - Soffiò lei, tentando di allontanarlo. Diede un paio di strattoni, ma la stretta di lui era abbastanza salda da resisterle. - Lasciami, Kevin! - Sbotto poi, cominciando ad innervosirsi.

 

- No. - Continuo, tirandola questa volta leggermente in avanti.

 

- Kevin! - Esclamò. - Lasciami andare! LASCIAMI, HO DETTO! - Si agitò, cominciando a divincolarsi con maggiore veemenza. Le sue dita stringevano con fermezza, abbastanza da bloccarla, ma non tanto da farle male. - LASCIAMI...! LASCIAMI!!! - Esplose, cedendo al nodo che si sentiva in gola. - Lasciami... - Singhiozzò, strattonando violentemente le braccia.

 

Per tutta risposta la attirò con forza verso di se, lasciandole i polsi per circondarle le spalle e tenerla stretta contro il proprio corpo, nonostante lei si dibattesse con tutte le sue forze. Mosse un paio di passi all'indietro, appoggiando la schiena alla colonna di gelido granito.

 

- Voglio che mi lasci andare!!! - Esclamò, col fiato corto picchiando un pugno contro il suo petto. - Mi hai capito...?! Maledizione!!! Io... - Continuò a colpirlo ripetutamente, concentrando tutta la rabbia e la frustrazione in quei piccoli pugni nervosi.

 

- Sfogati... - Le mormorò, sforzandosi di trattenerla. - Picchiami anche con tutta la tua forza, fino a che non ti sentirai meglio, a quando non ne sentirai più il bisogno... Ma io da sola non ti lascio. -

 

Lei continuò a colpirlo febbrilmente ancora per qualche momento, prima che le sue proteste annegassero in un pianto senza freni. Le sue mani si rilassarono contro il petto di lui, strizzando appena la stoffa leggera della sua camicia. Nascose il viso contro la sua spalla, lasciandosi cullare dalle braccia forti.

 

L'unica parola che le sfuggì dalle labbra, tra un singhiozzo e l'altro, fu il nome di lui, esalato in poco più che un respiro con voce paurosamente spezzata.

 

- Sono qui, Coco. - La rassicurò, abbracciandola più stretta. - Sono qui. -        

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Capitolo 21
*** Capitolo 20° ***


Ok, i miei tempi di aggiornamento stanno diventando più che vergognosi

Ok, i miei tempi di aggiornamento stanno diventando più che vergognosi. *si frusta*

Sono passata da aggiornamenti settimanali a mensili, brutta roba. Mi auguro di riuscire a tornare ai vecchi ritmi, ora che questo capitolo-scoglio, che mi ha frenata per eoni, è passato. E' stato non un parto, di più!xD

 

Anyway, veniamo a noi, non voglio trattenervi a lungo che poi mi scalpitate per andare a leggere!xD Vado subito con i ringraziamenti ad personam e via:

 

aya: (aspetto sempre il capitolo della tua fic!x3 Che fine hai fatto?) Beh, innanzitutto ringrazio sentitamente, as usually e, beh, sulle intenzioni di Annabelle (che vedo avete preso tutte in simpatia fin da subito!xD) non mi esprimo: chi leggerà, vedrà. Certo è che non si è ripresentata così, per niente... *risata malvagia*

 

Stargirl312: beh, cavoli, un talento!*O* Grazie davvero! E, non preoccuparti, lentamente ma continuo!x3

 

Jeeeeee: (avrò messo tutte le e?xD) ecco un'altra fan della mamma di Coco!xD Devo dedurre di averla resa ben antipatica, come era nelle mie intenzioni, ottimo! Joe e Kev sono due meraviglie della natura e non posso assolutamente biasimare la mia Coco se pena così tanto, nel scegliere uno dei due!<3 Chissà, come andrà a finire... Ah, sì, la storia è complicata, lo so, ma è che io adoro ingarbugliare le trame. Comunque vedrai che, alla fine, ogni cosa andrà al suo posto...

 

Jollina: arigrazie. Troppi complimenti, davvero!x3 Sulla mamma di Coco non mi ripeto più, leggi sopra!x3 Per il resto... So che Joe geloso è un po' inusuale... ma io lo amo!<3

 

Potterina: ecco un'altra che esagera coi complimenti!x3 Troppi, troppi! Le tue recensioni sono sempre esagitatissime!xD Calma, calma o non mi arrivi alla fine della fic! Non vorrai mica rimanere con l'eterno dubbio su chi sceglierà la nostra Coco?x3

 

carly4e: io amo moltissimo sia Joe che Kev con Coco, anche se so già da tempo con chi finirà la nostra protagonista!x3 Inevitabilmente qualcuno soffrirà un po', ma il lieto fine, per quanto forse non nel canonico senso del termine, è assicurato!x3

 

Maybe: fingerò di non essermi accorta di quanto spaventosamente pro-Koco sia la tua (meravigliosa) recensione!xD Come sempre ci vedi molto lungo e dici cose giustissime... Credo tu sia stata una delle poche a capire da subito che la violinista era la mamma di Coco! Complimenti per l'intuito, cara!x3 Questo capitolo è Koco solo per un terzo, ma, ehi, ricorda che hai ancora "Guitar" e "Immutabile" da recensire!x3

 

dollyvally: eh no, la mazzata non era del genere che ti aspettavi tu!xD Niente scossoni al triangolo, momentaneamente... Però la mamàn, come la chiami tu, qualche conseguenza la porterà, credimi!x3

 

Ele: mia fedele commentatrice, non sai quanto ti sono grata per l'assiduità con cui segui e recensisci le mie fic, davvero!<3 Ti perdono il commento più corto del solito e mi aspetto che tu ti rifaccia con questo capitolo! Sai quanto tengo a sapere che ne pensi... "Lovebug" l'ho commentata e anche la tua nuova fic e lo sai, perciò non aggiungo altro e ti lascio alla lettura!x3 

 

Le cognate alias Tempe&Agatha: non sto a rispondere precisamente ai vostri lunghissimi, meravigliosi commenti, ci parliamo talmente spesso che non credo ci sia bisogno di aggiungere molto. Semplicemente grazie per la cura che mettete nell'analizzare e recensire ogni parola che scrivo, per il tempo che ci perdete e che perdete dietro a me... Siete uniche e insostituibili. Grazie di esserci. Punto!<3

 

Ecco. Ora vi lascio al capitolo. Un bacio a tutte, vi lovvo!<3

 

Un'ultima nota, anzi... Quasi dimenticavo: ho scritto ben quattro shot AU sempre con Coco e i Jonas come protagonisti, mi farebbe piacere che le leggeste, sono un po' come dei capitoli a parte di questa long e sarei felice se avessero lo stesso, affezionato seguito!x3

 

(I titoli sono: "No Matter What", "Fire", "Immutabile" e "Guitar").

 

E' tutto, chiudo davvero!x3 Ri-bacio a tutte!=*

 

 

 

 

- Capitolo 20° -

 

 

 

{ Io ti ho vista già. Eri in mezzo a tutte le tue scuse,
senza saper per cosa.
Eri in mezzo a chi ti dice "Scegli.": o troia o sposa.
Ti ho vista vergognarti di tua madre,
[...]
sempre senza disturbare, che non si sa mai... }

Quella Che Non Sei - Ligabue

 

 

 

 

La metropolitana correva sui lunghi binari, sussultando leggermente nell'imboccare le curve sinuose.

Kevin sollevò una mano a stringere il tubo di metallo rosso che correva sopra la sua testa, mentre con l'altra accarezzava lentamente le spalle di Coco.

Nonostante, vista l'ora, il vagone fosse quasi vuoto e ci fossero numerosi sedili liberi, loro avevano preferito restare in piedi, in un angolo particolarmente distante dal resto dei passeggeri. Gabrielle si strinse ulteriormente contro di lui, scostandosi un ciuffo di capelli dalla guancia arrossata.

 

- Mancano un paio di fermate... - Mormorò Kevin, cercando di decifrare la piccola piantina coperta di graffiti. - Ci siamo quasi. - Lei annuì silenziosamente, senza spostarsi di un millimetro.

 

Da quando erano usciti dal teatro, Gabrielle non aveva quasi proferito parola. Era rimasta ostinatamente zitta, procedendo ad occhi bassi e non aveva più voluto staccarsi da lui.

 

Avevano camminato praticamente abbracciati, quasi lei volesse sparire nella sua ombra. Sussultò contro la sua spalla, quando il treno frenò non troppo delicatamente sul binario e si lasciò condurre da lui, giù dal vagone e poi sulle scale che riportavano in superficie.

 

- E così hai conosciuto mia madre... - Esalò, improvvisamente, quando superarono l'ultimo gradino. Kevin si bloccò, fissandola senza riuscire a nascondere il suo stupore.

 

Coco scosse leggermente la testa, soffocando un sorrisino amaro. Riprese a camminare, trascinandoselo dietro lungo il marciapiede illuminato.

 

- Si può dire che l'abbiamo conosciuta entrambi, in realtà... Carina, eh? - Sospirò poi, con voce tremante, mentre due lacrime le bruciavano all'angolo degli occhi.

 

- Coco... - Esitò, arrestandosi a metà strada. Nel tempo che Gabrielle impiegò per trovare la forza di voltarsi, una leggera pioggia di fiocchi bianchi cominciò a scendere dal cielo.

 

- Scusami, Kevin. - Mormorò, strizzando le mani nelle tasche del cappotto. - Per tutto quello che ti ha detto, solo perchè stavi con me. Per le basse insinuazioni che... - Si interruppe bruscamente, soffocando a malapena un singhiozzo. - Scusami. - Ripetè poi, incapace di concludere la frase.

 

- Oh, perfavore! - Sbottò lui, scrollando la testa ricciuta. - Non starai dicendo sul serio? -

 

- Sì, che dico sul serio! - Replicò Coco con veemenza. - E' stata... Le cose orrende che è riuscita a tirare fuori hanno ferito me per prima. Posso solo immaginare cosa devi aver provato tu... - Abbassò lo sguardo, cercando di concentrarsi sui fiocchi di neve che andavano posandosi sull'asfalto umido.

 

Ne seguì qualche attimo di insopportabile silenzio.

Sobbalzò solo quando avvertì la sua mano sollevarle dolcemente il viso e si ritrovò nuovamente occhi negli occhi con lui, che la fissava con aria spaventosamente comprensiva.

 

- Non mi guardare così... Ti prego... - Sussurrò, scostandolo.

 

- Dovrei scusarti per come mi hai difeso, Coco? - Sorrise, trattenendole le dita tra le sue. - Per la forza e la passione che ci hai messo? - Continuò, facendola arrossire.

 

- Io... - Abbozzò, prima che l'espressione dolce di Kevin le bloccasse nuovamente le parole in gola.

 

- Mi vuoi davvero così bene? - Scherzò, pur sapendo che in realtà stava andando a toccare un argomento molto, molto serio.

 

Gabrielle spalancò impercettibilmente gli occhi, arricciando le labbra in un pallido sorriso.

 

- Sì. - Bisbigliò, avvicinandosi. Fece scivolare velocemente le braccia sotto quelle di lui, stringendolo prima di appoggiare la testa alla sua spalla. - Assolutamente sì... Tu sei... - Prese un respiro profondo, rilassando le spalle tese sotto il tocco dolce delle mani di Kevin. - Non posso sopportare che ti feriscano. - Concluse, apparentemente incapace di cominciare e portare a termine una singola, stessa frase, in quel discorso. - Tantomeno a causa mia, come è successo stasera... Per questo ti chiedo scusa... -

 

- Grazie... - Mormorò Kevin, posandole un bacio leggero sui capelli. - Ma le scuse non le voglio. Caso chiuso... almeno per me. - Concluse, strappandole un sorriso rassegnato.

 

- E almeno per ora... - Aggiunse, tentando di scacciare dalla memoria la voce di Annabelle, aspra e spigolosa mentre sillabava quel "presto" che tanto le faceva paura.

 

- Tua madre è davvero brava in quello che fa, però. - Osservò lui, mentre riprendevano a camminare sotto la neve. - Io l'ho guardata, durante l'opera e ti giuro, muoveva quell'archetto come se fosse vivo... - Mimò il gesto, agitando il braccio a mezz'aria.

 

- Oh, lo so. - Soffiò Coco, di rimando. - Quando suona, sembra un'altra. Papà lo diceva sempre. Ma diceva anche che è perchè tutto il suo amore, fino all'ultima goccia, è finito lì. - Si strinse nelle spalle, rabbrividendo leggermente. - Lei ama la musica come non ha mai amato me. E tutto, tutto lì. - Concluse, in tono rassegnato.

 

- La musica è pericolosa... - Le rispose, socchiudendo gli occhi. - ...se non sei capace di controllarla. Devi poterle dare tanto, senza lasciare che, per questo, lei ti annulli. Il rapporto del dare e ricevere deve essere reciproco. -

 

- E tu lo sai bene, vero? - Sorrise, accostandoglisi leggermente.

 

- Sì, ma, sai... Io sono molto facilitato dalla presenza dei miei fratelli. Joe e Nick sono sempre, sempre con me. E non essere solo mi rende forte. - Bisbigliò, alzando gli occhi al cielo scuro.

 

Mossero un paio di passi in totale silenzio, avvolti solo dal suono carezzevole dei fiocchi che mulinavano nell'aria. Poi Gabrielle si fermò per l'ennesima volta, esitando nel cono di luce gialla di un vecchio lampione.

 

- Lei ha scelto di essere sola. - Ringhiò, stringendo le labbra. - Se ne è andata. Ha lasciato mio padre, ha rovinato la sua stessa famiglia... - Si fermò per prendere fiato e rinsaldare il tono di voce. - Io... Avrei potuto essere il suo appoggio, se solo l'avesse voluto! - Sbottò poi, scrollando violentemente le braccia. - Avrei imparato ad amare la musica quanto lei, le sarei stata vicina... Se solo non mi avesse costretto ad averne paura. -

 

Sollevò lo sguardo, soffocando un singhiozzo. C'era tanta, tanta rabbia in quegli occhi lucidi... Quanta Kevin non pensava ne avrebbe mai vista. Una singola, microscopica lacrima rotolò lungo la sua guancia pallida, fermandosi giusto in tempo perchè lui potesse raccoglierla, sfiorandole la pelle con le labbra fredde.

 

- Probabilmente avrei continuato a suonare quel maledetto pianoforte. - Sospirò, arrossendo leggermente, mentre Kevin ripeteva l'operazione pochi millimetri più in basso, prima di allontanarsi. - Mi piaceva, ero brava... -

 

Lanciò un'occhiata distratta al palazzo che avevano davanti, realizzando che erano quasi arrivati.

Scrollò le spalle, ricominciando ad avanzare sul marciapiede già lievemente imbiancato. In fondo, a distanza di anni, contava ben poco...

 

- Non importa più, comunque. - Concluse, fermandosi davanti al familiare portone di legno scuro. - Ora lo odio, quel suono. -

 

Infilò una sottile chiave brunita nella toppa ed entrò nell'ingresso, scrollandosi la neve dalle spalle.

 

 

***

 

 

Rientrarono in casa facendo, stranamente, pochissimo rumore. Mentre la porta di ingresso si chiudeva con uno scatto leggero, una musica sommessa si diffuse nell'aria immobile. Una nota, breve e squillante... Poi un'altra quasi uguale ed infine un lungo accordo melodioso.

Coco si fermò sul posto, piantando i piedi nel punto esatto in cui stava, proprio nel momento in cui Joe le correva incontro con un inconsapevole sorriso...

 

- Finalmente! - Esclamò, prendendole entrambe le mani nelle proprie, prima di accarezzarle i palmi tesi. - Ehi, sei ghiacc... - Si bloccò, accorgendosi improvvisamente dell'espressione contrita di Kevin e della luce terrorizzata apparsa negli occhi di lei. - Cos'è successo? - Mormorò, squadrando il fratello.

 

Quello abbozzò un cenno negativo, indicando Gabrielle con un leggero movimento del capo. Sillabò un muto "non adesso", mentre, dall'altra stanza, il solfeggio continuava ininterrotto.

 

- Ma...! - Abbozzò Joe, prima di interrompersi nuovamente nell'avvertire le dita di lei scivolare via. Coco lo lasciò andare di scatto, superandolo quasi di corsa. Chinò il capo, premendosi entrambe le mani sulle orecchie mentre attraversava il salotto e si nascondeva oltre la porta del corridoio.

 

Nick alzò lo sguardo dai tasti, interrompendo il Notturno di Chopin poco dopo la fine dell'intro. Fece giusto in tempo ad intuire il movimento di lei alle sue spalle, prima di vederla sparire.

 

- Cosa...? - Esalò, girandosi verso i fratelli che stavano arrivando in quel momento.

 

Joe si sedette sul divano scrollando le spalle, prima di puntare lo sguardo su Kevin, in cerca di spiegazioni.

 

- Se l'uomo del mistero si decide a parlare, forse possiamo sapere anche noi...! - Sbuffò, piuttosto infastidito dall'espressione grave del maggiore che, per tutta risposta, sospirò profondamente, passandosi una mano tra i ricci scuri.

 

- Scusate, eh, ma io non ci sto capendo niente! - Esclamò Nick, chiudendo il copritasti del pianoforte con un po' troppa enfasi e rischiando nella foga di schiacciarsi le dita.

 

- Coco ha rivisto sua madre, stasera. - Soffiò Kevin, fissando con ostentata, fintissima convinzione il parquet di legno chiaro. E nonostante avesse parlato a voce decisamente bassa, ottenne lo stesso effetto di un urlo sguaiato. Nel piccolo salotto cadde il silenzio, pesante come una cortina di velluto scuro...

Joe e Nick lo fissavano sgomenti, immobili come statue di cera.

 

- Sua... - Ripetè Joe che sembrava improvvisamente incapace di articolare concetti di senso compiuto. L'altro annuì, lanciandogli un'occhiata eloquente alla quale lui rispose con l'ennesimo sbuffo risentito.

 

- Sì... E, guarda, tu e tua suocera andrete d'accordissimo: è trattabile quanto te. - Esclamò, strappando una risatina sommessa a Nick, che però tornò serio quasi immediatamente.

 

- Non fare lo stronzo, Kevin. - Ringhiò, puntandogli contro un dito. - Non è divertente. -

 

- No che non lo è. E' una cosa seria... - Sussurrò, memore della conversazione avuta qualche ora prima. - Coco... -

 

Esitò, cercando le parole adatte a descrivere la scena cui aveva assistito, per quanto ce ne fossero ben poche.

 

- Quella donna l'ha trattata... Le ha detto certe cose... - Balbettò, facendo inconsapevolmente gelare il sangue nelle vene di entrambi i suoi fratelli. - Credetemi, voi non l'avete mai vista piangere in quel modo. Non riusciva quasi a parlare... E tremava. Tremava come una foglia. -

 

Le mani di Joe si serrarono attorno alla tela leggera dei jeans che indossava, contraendosi fino a sbiancare.

Kevin lo fissò dritto negli occhi, mentre le sue torturavano allo stesso modo le tasche del cappotto che non aveva ancora tolto.

 

- E poi, tornando a casa, abbiamo parlato di lei. - Continuò, rivolgendo momentaneamente la sua attenzione a Nick. - E del pianoforte... - Le sue iridi scure si dilatarono impercettibilmente, mentre lui prendeva a fissare lo spartito come se fosse appena diventato una cosa mostruosa.

 

- Aveva detto che non lo suona più... - Mormorò, tamburellando con le dita sulla superficie liscia.

 

- Perchè odia quel suono. - Replicò il maggiore.

 

Nick lo guardò in silenzio per qualche secondo, poi picchiò il palmo aperto contro il legno scuro, facendo sussultare gli altri due. Si alzò di scatto e, senza lasciare loro il tempo nemmeno di domandare cosa stesse facendo, schizzò letteralmente in corridoio.

 

 

***

 

 

- Posso? - Domandò, in un fil di voce, socchiudendo la porta della stanza di Monique.

 

Coco era seduta sul bordo del letto, con il capo chino e gli occhi saldamente piantati sul pavimento. Sussultò leggermente nell'avvertire i passi di lui scricchiolare sul vecchio parquet e alzò lo sguardo nella sua direzione.

 

- Piccolo... - Mormorò, scostandosi una ciocca di capelli dalla guancia insolitamente pallida. Stirò le labbra in un sorriso che, però, sparì quasi subito per lasciare spazio ad un breve sospiro teso.

 

Nick le si avvicinò in silenzio e si inginocchiò sul tappeto ai suoi piedi, in un gesto morbido.

 

- Scusami... - Soffiò, poggiando le mani sulle gambe di lei e chinandosi leggermente in avanti. Gli occhi chiari di Coco si soffermarono nei suoi, cercando silenziosamente una spiegazione.

 

- Ma... Perchè? - Chiese, sistemandogli un ricciolo sulla fronte.

 

- Avrei potuto smettere di suonare, quando vi ho sentiti entrare. - Spiegò, guardandola con aria mesta. - Invece sono un maledetto cretino e non ci ho proprio pensato. -

 

- Kevin ha parlato. - Sospirò, con lo stesso tono rassegnato con cui si constata l'avvento di qualcosa di inevitabile. - Non doveva farlo... E' una cosa così stupida...! - Ringhiò, mordendosi il labbro. - Non voglio che vi preoccupiate per questo, assolutamente! -

 

- Dopo quello che ho sentito? Non puoi assolutamente pretendere una cosa del genere. - Ribattè Nick, con espressione mortalmente seria. - Io... Non posso nemmeno pensare che ti abbiano fatta piangere, Coco. -

 

Lei si lasciò sfuggire un lieve singhiozzo sorpreso, prima di tornare ad assumere il suo broncio irritato.

 

- Era proprio quello che volevo evitare. - Sbuffò, sfiorandogli la guancia con la punta delle dita. - Quest'espressione da cane bastonato. Ti prego, Nick... -

 

- Dimmi che quello che è successo non ti ha fatto nè caldo nè freddo, allora... - La sfidò. - Giurami che già non ci pensi più, che stai bene. - Gabrielle fissò gli occhi scuri di lui, cercando una risposta che potesse non far male a nessuno.

 

{Una risposta inesistente.}

 

Rimase in silenzio per qualche secondo, prima di cedere e sentirsi sconfitta su tutta la linea, in quell'assurda lotta interiore. Abbassò lo sguardo, scuotendo impercettibilmente la testa in un pallido cenno negativo.

 

- No... - Mormorò. - Proprio no. -

 

Nick sospirò profondamente, lasciandosi sfuggire un sorrisino decisamente amaro, prima di circondarle le spalle con un braccio. La attirò leggermente in avanti, lasciando che si appoggiasse contro di lui.

Poi le passò una mano fra i capelli, liberandoli dal bastoncino di legno che ancora li costringeva in quello che era diventato un mezzo chignon un po' sformato. Li lasciò ricadere morbidamente, facendoci scorrere le dita con calcolata dolcezza.

 

Sorrise, avvertendo il sospiro sollevato di lei.

 

- Questa cosa ti ha uccisa, vero? - Prese a parlarle a voce bassa, senza smettere di accarezzarle la schiena. - Si vede...-

 

- Io... non... - Abbozzò lei, soffocando le parole in uno sbuffo.

 

- Se non vuoi parlarne, non c'è problema... Stiamo così e basta. - Coco sorrise, stringendosi un po' di più contro la sua spalla.

 

- No. E' solo che... Sono stanca. - Sussurrò, in un fil di voce.

 

- Lo so... - Le rispose lui, allontanandosi quel poco che bastava per guardarla negli occhi. - Perciò, se vuoi, per qualunque cosa possiamo aspettare domani. -

 

Gabrielle agitò lentamente il capo, sfiorandogli la spalla con i lunghi boccoli scuri. Poi si lasciò cadere a peso morto, atterrando sul materasso con un tonfo leggero.

 

- No. - Soffiò, girandosi su un fianco e raggomitolandosi un po'. - Cioè... Sono stanca, ma... Resti qui? - Allungò una mano verso di lui che, sorridendo, la strinse con la propria e si sedette sul pavimento.

 

- Va bene. - Rispose, appoggiandosi al letto con l'altro braccio. Strinse un po' di più le dita sottili di lei, accarezzandole il palmo teso. - Tutto quello che vuoi, stella. -

 

Lei si lasciò scappare un sorriso, probabilmente il primo vero, da quando era uscita dal teatro... Poi, piano piano, prese coraggio e iniziò, a bassa voce, a raccontargli quello che era successo.

 

Nick la ascoltava in silenzio, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, limitandosi ad annuire impercettibilmente ogni tanto o a rafforzare il contatto fra di loro, quando capiva che Coco ne aveva bisogno.

 

- Sai... - Esordì lei, a un certo punto, dopo una lunga pausa. - Chopin era... è il mio preferito. Soprattutto il "Notturno". - Si inumidì le labbra, stringendole leggermente nell'atto di mantenere saldo il tono di voce. - Credo sia la cosa che so suonare meglio, poi... Mio padre me l'ha insegnato quasi subito, perchè è il primo pezzo che le ha sentito fare. Si è innamorato di lei su quelle note... -

 

Lui non si stupì poi tanto di come Gabrielle cercasse in tutti i modi di evitare di nominarla. Era decisamente plausibile che la parola "mamma" non uscisse con tanta facilità dalle sue labbra.

 

- Mi piacerebbe da morire che lo suonassimo insieme. - Le mormorò, invece. - Suonare insieme, in generale... La musica è la cosa più bella che mi sia capitata e condividerla con te, beh, non riesco nemmeno a immaginare quanto potrebbe essere speciale. -

 

- E io vorrei che la mia paura non fosse tanto forte da impedirmi di farlo. - Sorrise mestamente lei. Strinse la mano di Nick, avvicinandosela al viso e gli poggiò un bacio leggero sul dorso, prima di poggiarci la fronte.

Chiuse gli occhi, sospirando profondamente.

 

- E allora provaci... - Esclamò lui.

 

- Non lo so, Piccolo, io... - Ribattè, con la voce che già le tremava.

 

- ... con me. - Continuò, sistemando meglio la guancia contro il braccio con cui si appoggiava al materasso. - Io non ti lascerò da sola. E ti giuro che sarò pronto a smettere in qualunque momento... - Coco lo fissò per qualche attimo, prima di scoppiare, del tutto inaspettatamente, in una breve risata cristallina.

 

- Detta così sembra che tu stia parlando di ben altro che suonare il piano, sai? - Osservò, risvegliando un improvviso rossore sulle guance di lui.

 

- Ma... Dai! - Esclamò, decisamente imbarazzato.

 

- Scherzavo, scherzavo. - Soffiò poi, riprendendo fiato. - Sai che non potrei mai andare oltre, con te... Noi siamo noi. - Nick annuì, nascondendo nel suo sorriso la più eloquente delle risposte. - Però, per ora, mi avvalgo della facoltà di non rispondere alla tua richiesta... Ci penso un po', prima, ok? -

 

- Ehi! - La richiamò scherzosamente. - Lo sai... Quando vuoi. - Annuì. - Io sono sempre qui. -

 

 

***

 

 

Quando, quasi un'ora dopo, Kevin e Joe passarono parlottando davanti alla porta semichiusa della stanza e quest'ultimo si azzardò a sbirciarvi oltre, un sottile cono di luce gialla si intrufolò dal corridoio e oltrepassò la sua spalla, rivelando due figure profondamente addormentate. Nick ancora accoccolato ai piedi del letto, con il capo morbidamente abbandonato contro il braccio e la mano teneramente stretta a quella di Coco... Tanto più piccola della sua da scomparirci quasi dentro.

Lei era rannicchiata sul lato del letto, così vicina al bordo, che avrebbe potuto rischiare di cadere da un momento all'altro, al primo movimento un po' brusco... Eppure il suo corpo era completamente rilassato, quasi sollevato nell'atto di stare il più possibile vicina a Nick.

 

- Ma guarda...! - Lo raggiunse la voce di Kevin alle sue spalle. - Dormono... Che carini. -

 

- Sì. Però lui non può mica stare lì così, tutta la notte... - Obbiettò, indicando il fratello con un cenno del capo.

 

- Ma no, si sveglierà da solo tra un po', probabilmente. - Gli rispose il maggiore, posandogli una mano sulla spalla. - Dai, vieni via... -

 

Joe non lo degnò della minima attenzione. Mosse un paio di passi, cercando di fare il minor rumore possibile e si accostò al letto.

 

- Nicky..? Ehi, Nicky...! - Chiamò, scrollandolo piano.

 

- Ma guarda che sei una roba brutta...! - Lo rimbeccò Kevin, in tono esasperato. - Non puoi essere geloso di Nick! -

 

- Non lo sono, infatti! - Borbottò, mentre l'altro cominciava a svegliarsi.

 

- Mmmmh... - Mugolò, stropicciandosi gli occhi lucidi di sonno. - Che succede? -

 

- Ti sei addormentato sul pavimento, Mr President. - Replicò Kevin, fulminando il fratello di mezzo con lo sguardo, mentre aiutava quello più piccolo ad alzarsi, passandogli premurosamente un braccio attorno alle spalle.

 

Joe gli rispose con una sentitissima linguaccia, mentre scioglieva la presa di Nick sulla mano di Coco.

 

- Porta a letto tuo fratello e taci, che è meglio... Vuoi? - Kevin si girò ed alzò gli occhi al cielo, scrollando la testa con fare esasperato. - E ti ho visto lo stesso! - Abbaiò, mentre gli altri due uscivano dalla stanza.

 

Fissò ostinatamente la porta, anche quando furono definitivamente spariti oltre l'angolo del corridoio, e torno a voltarsi verso il letto solamente quando avverti le dita di Coco stringersi leggermente attorno alle sue.

 

- Ehi... - Le sorrise, incrociando il suo sguardo smarrito. - Non svegliarti, amore, dormi... -

 

- Dov'è Nick...? - Rispose lei, con voce teneramente impastata.

 

- E' andato a nanna, anche lui. - Si abbassò a posarle un bacio sulla fronte, soffermandosi un attimo in più a sfiorarle la punta del naso con la propria. - Continua a dormire... - Ripetè, nello stesso tono caldo e rassicurante.

 

Gabrielle si stiracchiò leggermente, allungando le braccia con un sospiro appagato.

 

- E tu...? Te ne vai? - Continuò, guardandolo con l'aria tenera e indifesa a cui lui non avrebbe potuto resistere, nemmeno volendolo. Figuriamoci non avendone la minima intenzione...

 

- Io? - Replicò, in tono sornione, scuotendo la testa. - Dimentichi, forse, dove dormo di solito? - Si sedette sul bordo del letto, mentre Gabrielle si faceva da parte con un sorriso.

 

- Bene... Perchè ti voglio qui. - Gli disse, socchiudendo gli occhi chiari. 

 

Joe fece scorrere lentamente le coperte sotto il corpo di lei e poi sopra, con dolcezza, prima di infilarcisi in mezzo a sua volta. Sorrise soddisfatto quando Coco gli si accoccolò fra le braccia, stringendolo alla ricerca di calore.

 

- Joe... - Mormorò, accarezzandogli dolcemente un braccio. - Hai parlato con Kev? - Lui annuì, attirandola contro di sè prima di poggiarle un bacio nell'incavo del collo.

 

- Sì. - Fece scivolare una mano oltre il sottile ostacolo costituito dalla camicia di lei, sfiorandole la schiena nuda. - E non voglio che tu debba soffrire mai più così. - Le bisbigliò all'orecchio. - Farò in modo che non succeda di nuovo. -

 

- Parli come un supereroe...! - Si sforzò di sorridere, cercando disperatamente di non lasciare che i singhiozzi le spezzassero la voce. Le sue dita sottili si serrarono attorno alla manica della t-shirt di lui, strizzando la stoffa chiara.

 

- Mi sa che è proprio quello di cui tu hai bisogno in questo momento, amore mio. - Replicò Joe, tuffando la mano nel groviglio dei capelli di Gabrielle. Rabbrividì impercettibilmente nell'avvertire la sua fronte fredda contro la guancia. - Qualcuno che ti difenda e che affronti gli ostacoli al posto tuo, per una volta... Facendoti da scudo perchè tu non ti faccia male. - Lei sussultò, lasciando si sfuggire un sospiro secco.

 

- Io mi sento una sanguisuga, però... - Soffiò, con voce ormai irrimediabilmente tremante. - Ad appoggiarmi completamente a voi in questo modo. Prima Kevin, poi Nick... E adesso tu. - Una lacrima rotolò oltre le sue ciglia scure, inumidendo la maglia di lui. - Odio non essere indipendente, odio avere costantemente bisogno di aiuto, odio piangermi addosso... E allora perchè devo sempre essere così debole?! - Esclamò, le spalle scosse da un violento singhiozzo.

 

- Smettila. - La riprese Joe, zittendola con decisione. - Non c'è una sola virgola, in quello che hai detto, che possa corrispondere alla realtà... Sei una delle persone più forti che abbia mai conosciuto, Coco. Chiunque, al posto tuo, avrebbe già dato fuori di matto da tempo. Tu no. Tu sei andata oltre e quasi non ti rendi conto di cosa sei stata in grado di affrontare! In questo mi ricordi da morire Nicky, sai? Perchè la tua, come la sua, è una forza nascosta... e incredibile. Avete quel modo meraviglioso di affrontare sempre tutto a testa alta, senza, però, farlo pesare a nessuno... Senza il desiderio di mettervi in mostra. Lottate in silenzio. Siete... incredibili, sì. -

 

- Io continuo a non credere di essere come dici tu... Però, grazie. - Sussurrò, poggiandogli una mano contro il petto. - Quando non fai lo scemo, tiri fuori veramente un grande cuore, Danger... -

 

Joe le fece scivolare silenziosamente le dita sotto al mento, sollevandoglielo quel tanto che bastava per posarle un bacio sulle labbra socchiuse, prima di risponderle.

 

- Sì. Ed è tutto, tutto tuo. -

 

 

***

 

 

Il mattino seguente, il telefono prese a squillare ad un orario decisamente improbo. Soprattutto considerando che era domenica e che le riprese del documentario sarebbero ricominciate soltanto il giorno dopo... Joe socchiuse gli occhi scuri, sfregandoseli leggermente, prima di lanciare un'occhiata risentita al display luminoso della sveglia.

 

Sette e mezza.

 

Coco si mosse leggermente nel suo abbraccio, senza staccarsi da lui.

 

-  Mmmmhtelefono... - Mugolò, sollevandosi su un braccio per allungarsi oltre la sua spalla e arrivare ad afferrare il cordless.

 

- Lascia perdere... Sarà Debra, quella rompipalle...! - Replicò Joe, spingendola di nuovo sul materasso. - Richiamerà... - Sbadigliò.

 

- Non puoi saperlo e se... - Tentò di obbiettare, prima di venire catturata. Il braccio di lui si riavvolse possessivamente intorno ai suoi fianchi, mentre le si avvicinava e si sistemava a pancia in giù, con la testa sopra la sua spalla. Poi si allungò a poggiarle una scia di microscopici baci sul collo. 

 

- Fidati, se è importante, riproveranno più tardi... E noi, nel frattempo, avremo molto di meglio da fare. - Sussurrò malizioso, senza spostarsi di un millimetro, strappandole un sorriso.

 

Il telefono, però, continuò a trillare impietosamente per i successivi due o tre minuti.

 

- Joe... - Mormorò Gabrielle, interrompendo sul nascere l'ennesimo bacio. - Ti prego... -

 

- Va bene, va bene. - Abbaiò, staccandosi a malincuore da lei per agguantare il ricevitore e accenderlo con un gesto irritato. - Pronto!? - Ascoltò la vocina squillante dall'altra parte del cavo, sgranando leggermente gli occhi, prima di borbottare qualcosa ed allungarle il cordless.

 

- Credo sia per te... - Abbozzò. - Parlano in francese e non capisco... Almeno credo. E'... Deve essere una bambina. - Concluse, scrollando le spalle.

 

Coco si portò il telefono all'orecchio, decisamente confusa da quel groviglio di parole.

 

- Chi è? - Domandò perplessa, prendendo a parlare in francese. Le rispose un pianto sommesso e poi una voce a biscotto decisamente familiare.

 

- Ziaaaa... - Singhiozzò Luciàne. - C'è... La mamma... - Gabrielle sbiancò, strizzando l'apparecchio sotto lo sguardo accigliato di Joe, che le posò immediatamente una mano sulla spalla.

 

- Cherie... Amore, calmati. - Balbettò. - Dimmi per bene... Cosa è successo alla mamma? -

 

- Sta litigando con Gerry... Urlano tanto! Io... - Si fermò, tirando bruscamente su col naso. - E' venuta una signora, presto... Ha fatto piangere la mamma e lei gridava. E adesso lei è arrabbiata! Ziaaaa... -

 

E lì si fermò, esplodendo nuovamente in un pianto disperato.  

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Capitolo 22
*** Capitolo 21° ***


Alloooora, in questo placido sabato mattina di festa, eccomi qua ad aggiornare

Alloooora, in questo placido sabato mattina di festa, eccomi qua ad aggiornare!x3

E, non ci crederete, l'avrei anche fatto prima, se non avessi avuto di mezzo shot, capitoli di altre fic e quant'altro...

 

Tutto questo per dire che, forse e dico foooorse, il blocco che mi ha attanagliata in questi mesi è superato e potrei tornare ad aggiornare ad intervalli più umani (e magari inferiori al mese!xD)!

 

Beh, stavolta, prima di passare ai ringraziamenti ad personam (sempre dovutissimi!<3) e di lasciarvi al capitolo con mega-bomba emotiva annessa... Volevo prendermi un pochino del mio e del vostro (perchè spero che non saltiate il tutto a piè pari!xD) tempo, per chiarire un paio di cosette che mi stanno a cuore!x3

 

 

>> Tanto per mettere in chiaro, si tratta delle recensioni. O, meglio, del brusco calo nel numero di queste ultime... Ora, io non sono certo il tipo che scrive a secondo di quanti commenti riceve, sia ben chiaro. Io scrivo, prima di tutto, per me stessa e perchè mi piace e mi da molta soddisfazione farlo.

Quindi non sono qui a ricattare nessuno, ecco!xD

Però non sono nemmeno così ipocrita da dire che delle recensioni non mi interessa: chiunque, qui, oltre che lettrice è anche autrice sa benissimo quanto possa essere motivante e stimolante trovare dei commenti e venire a sapere che ci sono persone che apprezzano il nostro lavoro e lo leggono con abbastanza cura, da soffermarsi quei due minuti in più per farcelo sapere.

Solo che, nell'ultimo periodo, constatavo con le cognate e altre ragazze che sono utenti/autrici attive in questo fandom, che il numero di recensioni sta calando, a dispetto delle preferizzazioni che sono comunque tante e, soprattutto del numero di letture che è sempre, più o meno quello (spesso pienamente al di sopra del centinaio per capitolo!*O*).

Ora, e non parlo per me personalmente, ma per tutte le ragazze che come me, scrivono fic, per noi sarebbe molto bello vedere quel numerino accanto al titolo del capitolo aumentare di un po' e conoscere qualcuna in più delle nostre lettrici/lettori. Non cose trascendentali, eh, anche poche righe, ma che ci facciano sapere se la storia vi piace o non vi piace (si devono sempre accettare le critiche, purchè siano costruttive), se quello che è successo nel tal capitolo vi ha colpito o anche se, magari, sono mesi che aspettate il nostro aggiornamento per sapere come va avanti, cose così. So che sembra scemo, ma per noi autrici è una cosa importante.=)

Detto ciò concludo il mio già papiresco appello, invitandovi, a fine lettura, a cliccare sul quel bottoncino lassù/laggiù.

 

Volete lasciare una recensione?x3 Baciattutte. Minako <<  

 

 

Detto ciò, eccomi a ringraziare le mie fedelissime commentatrici (e a richiamare all'appello qualche Desaparecida!xD):

 

Ele: per il ritardo, sei decisamente perdonata, visto il commento che mi hai lasciato!*O* Annabelle è odiosa, sì e non penso che questo capitolo contribuirà a migliorarne l'immagine!xD Per i Koco, tu continua a tifare perchè non è assolutamente detto che non possa succedere ancora qualcosa... o forse non succedere nulla? *ridacchia* Chissà...

 

Maybe: dunque, giusto un paio di cose!x3 Come potrai constatare da te, anche Joe avrà il suo incontro con la cara Anabelle e, beh, vedrai se avevi ragione su di lui! E quelli che, ormai, sono diventati i Noco, sì, da un certo punto di vista sono d'accordo con quel discorso della metà della mela... Però, a volte, ciò che è perfetto non è "giusto"... *ridacchia di nuovo* (Uh, a proposito di Noco, c'è una nuova shot che tu devi ancora commentare!<3) 

 

2: che cosa dirti che tu non sappia già? I tuoi commenti-papiro li amo visceralmente, amo lo svisceramento totale che fai dei miei personaggi, Jonas e non... E 'mo anche te che trovi sempre il tempo di scrivermeli, anche se sei indiscutibilmente una rompiscatole di prima categoria.*annuisce* 

 

3: idem come sopra!<3 Se esistesse un premio per la "Recensitrice del Cuore" tu e la 2 ve lo sempre aggiudichereste parimerito. Non fosse altro che per le infinite chiacchierate su msn e sui commenti chicca per chicca!<3 Sei pronta per la risoluzione del mistero? Chissà se qualcosa di giusto ieri sera lo hai detto?

 

Potterina: eccola, la mia pazza preferita!xD Le tue recensioni esagitate danno carica, devo ammetterlo!=D L'aggiornamento è qui, quindi spero tu esca dallo stato di trance, finalmente, anche se temo ci ripiomberai alla fine della lettura... Ma non anticipo nulla! Ringrazio infinitamente del commento, come sempre!=*

 

aya: la Desaparecida part-time!x3 Se ancora non ho avuto notizie del capitolo della tua fic, spero sia solo per gli impegni universitari che ti attanagliavano. Perchè sappi che io PRETENDO che tu vada avanti.xD Detto ciò, sei perdonata per il commento più breve del solito e se già odiavi la mamma di Coco, beh... Leggi e vedrai!*risata malvagia*

 

millape: guarda, sapere che nonostante non segui più i Jonas, continui a leggere la mia fic, mi ha fatto un piacere che non ti dico!*O* Queste sono cose che, davvero, riempiono di voglia di scrivere. Su me e Coco... Beh, lei ha indiscutibilmente delle cose di me, non posso negarlo. Anche se non ci somigliamo fisicamente o altro!xD Però lei è una mia creatura e, dopo tutto questo tempo a scriverci, ormai la conosco come le mie tasche e riesco ad immedesimarmi totalmente!x3

 

Jeeeeee: oh, mia cara, i casini come vedi sono appena cominciati!*risata malvagia* E per la scelta di Coco c'è tempo, c'è tempo. Per ora solo io e lei sappiamo chi sarà il *fortunato*!=3

 

carly4e: oh, beh, fare la scrittrice addirittura! Grasshie!^///^ *arrossisce* E Nick, il *mio* Nick io lo adoro e così il suo rapporto meraviglioso con Gabrielle, tanto che in questi giorni è protagonista fisso delle mie idee per shot!xD

 

ellievampire: una new entry!*O* *adora new entries* Ben arrivata. (Sì, anche se è finito tra quelli del prologo, ho trovato il tuo commentino!x3) Ti ringrazio del complimento e spero continuerai a seguirmi d'ora in poi! Poi, grazie a te, ho raggiunto il tetto delle 40 preferizzazioni, quindi ti sono estremamente grata, sappilo!=*

 

Puff, finito!xD Rubo solo un altro secondo per appellare le mie commentatrici scomparse: Jollina, Stargirl312, Razu_91, dollyvally, Sweet_S, Rachelle, che fine avete fatto? Io vi aspetto sempre qui, che tengo ai commenti di tutte, eh!^O^

 

 

 

 

- Capitolo 21° -

 

 

 

{ Cucciolo, dimmi cos'hai...
Perché, se piangi, sto peggio di te
e i tuoi problemi... Lo sai, sono i miei.
Perché, se piangi, vuol dire che forse, non piangi per me.
}

Cuccioli - Marco Masini

 

 

 

 

Coco agguantò il cappotto rosso, strattonandolo con tanta foga che rischiò quasi di far crollare l'intero attaccapanni. Non erano passati nemmeno dieci minuti, da che aveva riattaccato il telefono e già sentiva le spalle tremarle impercettibilmente, da tanto era in ansia per Monique.

 

A quel punto era più che evidente che Annabelle voleva qualcosa di preciso. E che, presumibilmente avrebbe  tentato di tutto per ottenerlo...

 

Ma usare Monique per arrivare a lei era qualcosa che non avrebbe mai, mai dovuto fare.

 

Infilò un braccio tremante nella manica, lasciandosela sfuggire per ben due volte, a causa dei movimenti resi febbrili dal nervosismo e soffocò un'imprecazione quando la borsa che stringeva in mano scivolò via dalle sue dita, riversando il proprio contenuto sul pavimento.

 

- Dio...! - Soffiò, chinandosi frettolosamente a raccogliere tutto.

 

Sobbalzò, quando sentì due braccia cingerle delicatamente le spalle.

 

- Calmati... - Sussurrò Joe, stringendola un po' più contro di sè per cercare di placare il violento tremolio che aveva preso a scuoterla. Lei lo fissò senza parlare, cercando inutilmente di soffocare il nodo che si sentiva in gola, prima di lasciarsi andare con uno sbuffo rabbioso.

 

- Come diavolo faccio a calmarmi?!? - Singhiozzò, sedendosi a terra mentre lanciava un pacchetto di fazzoletti davanti a sè, in un gesto stizzito. Si asciugò le lacrime, passandosi il dorso della mano sulle guancie pallide.

 

- Per esempio, convincendoti a farmi venire con te. - Continuò, posandole un bacio leggero sulla tempia.

 

- Joe, ti ho già detto che... - Tentò di opporsi, ma venne bloccata dalle dita calde di lui, che si posarono sulla sua bocca dischiusa.

 

- Ti prego, Coco... - Sospirò. - Io non ce la faccio a starmene qui ad aspettare, sapendoti in questo stato.  L'ansia che mi sento addosso in questo momento è almeno cento volte quella che hai tu. -

 

- Joe...! - Scostò la sua mano, prima di inumidirsi le labbra con fare infastidito.

 

- Io non ti lascio andare. - Obbiettò, stringendo la presa sul suo corpo minuto. Tanto che la schiena di lei si appoggiò completamente contro il suo petto.

 

- No! -

 

Gabrielle se lo scrollò bruscamente di dosso, alzandosi con un movimento fin troppo deciso.

 

Senza aggiungere altro nè rivolgergli lo sguardo, raccolse la borsa e, dopo averci ficcato dentro alla rinfusa quello che riuscì a recuperare, schizzò fuori dalla porta, lasciandolo lì, seduto sul pavimento gelido del salotto.

 

 

Schizzò nella cabina dell'ascensore, pigiando il tasto del piano terra senza nemmeno guardare e si appoggiò alla parete, sospirando profondamente. Se c'era una cosa di cui non aveva la minima intenzione, questa era sicuramente prendersela con lui...

 

Picchiò un pugno contro la superficie lucida, rivolgendosi mentalmente una lunga sfilza di insulti.

Rendendosi conto, poi, al contatto tra la pelle tesa del braccio e il metallo freddo della parete, che era uscita tanto in fretta da scordare il cappotto... probabilmente, a quell'ora, ancora stropicciato sul pavimento.

 

Stupida.

 

Stupida perchè, in lontananza, si avvertivano già i primi tuoni minacciosi: avrebbe piovuto quasi sicuramente.

 

Stupida, ancora, perchè aveva finito per scaricare i nervi sull'unica persona che non avrebbe voluto allontanare. Mai. Joe si era arrabbiato sicuramente... E ne aveva tutte - e più di tutte - le ragioni.

Si accomodò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, fermandola con le dita tremanti.

 

Era tutta colpa dell'ansia paurosa che quella maledetta telefonata aveva scatenato dentro di lei.

Sapeva benissimo che sarebbe successo qualcosa, e che sarebbe successo da un momento all'altro. Perciò le lacrime di Lulù erano esplose nella sua testa come gocce di benzina sul fuoco.

 

E lei aveva bruciato tutto quello che aveva intorno, in un certo senso. Si era staccata da Joe come se scottasse.

 

Altro pugno al muro, giusto perchè, anche per come si odiava in quel momento, non aveva abbastanza forza per colpire sè stessa.

 

Joe, Joe, Joe. Joe.

 

Il pensiero di lui e dell'espressione con cui l'aveva lasciato le martellava senza sosta nella mente.

L'improvvisa, ingombrante presenza di Ananbelle nella sua vita già cominciava a logorarla. Prima Kevin, poi Monmon. Se, adesso, a causa sua, avesse rischiato anche di perdere Joe... Non osava nemmeno pensarci.

 

Scoraggiata, sollevò lentamente lo sguardo sulla sua immagine riflessa nello specchio, proprio nel momento in cui l'ascensore si fermava con un sobbalzo e le porte si aprivano sull'atrio del palazzo...

 

Sussultò piano quando, lentamente, alle sue spalle apparve una figura familiare. Incrociò i suoi occhi scuri attraverso il vetro freddo, osservando, con un piccolo nodo in gola, il cappotto rosso stretto fra le mani e un sorriso dolcissimo allargarsi sulle labbra di lui. Non riusciva nemmeno a pensare a quanto velocemente avesse dovuto correre giù dalle scale... per essere lì prima di lei.

Si guardarono per qualche interminabile secondo, senza che nessuno dei due proferisse parola.

 

E stranamente per i suoi standard, Joe aspettò che fosse Gabrielle a fare il primo passo, limitandosi ad aprire le braccia per accoglierla, quando la vide girarsi di scatto per corrergli incontro.

 

- Scusami... - Mormorò, stringendosi contro lui e lasciandosi avvolgere dalle sue braccia.

 

- Non è colpa tua. Sono io che vivo del tuo sorriso e, se e tu stai male... Se sei triste, Coco, non c'è modo che per me possa essere diversamente. - Le sussurrò Joe di rimando, scostandole delicatamente i capelli dalla spalla per accarezzarle la pelle tiepida.

 

- Non c'è bisogno di esagerare... Mi avevi già quasi convinta prima, a farti venire con me...! - Si sforzò di scherzare, sebbene il peso che si sentiva sul cuore si fosse alleviato di troppo poco.

 

Lui si chinò a posarle un bacio sulle labbra socchiuse, cancellando la traccia di quel finto entusiasmo.

 

- Non importi di sorridere. - Soffiò, senza allontanarsi. - Nemmeno se lo fai per me. So benissimo che, in questo momento, non hai la forza per farlo e va benissimo così. -

 

- Joe... - Soffiò, bloccandosi quando avvertì le sue mani posarle il cappotto sulle spalle tremanti.

 

- Shh... - Continuò, rubandole un altro, microscopico bacio. - Ho detto che va bene così. Prima sistemiamo tutto quello che non va... Te l'ho promesso, farò in modo che tu non debba più vivere un'esperienza come quella di ieri sera. -

 

{Solo se sapessi fare un miracolo... Allora potrei crederci.}

 

Riflettè Gabrielle, sospirando mentre si infilava le maniche e le sue mani si insinuavano sotto quelle di lui per aiutarlo ad allacciare i grossi bottoni di legno colorato. Quando ebbe finito i suoi occhi chiari si incastrarono per una frazione di secondo in quelli di Joe.

 

- Andiamo? - Le domandò piano, indicandole il portone aperto da cui entrava un flebile soffio di aria fredda.

 

Coco annuì rapidamente e lo prese a braccetto, stringendoglisi appena contro e riuscendo a formulare, a mezza voce, un unico pensiero quando furono fianco a fianco sull'asfalto grigio del marciapiede.

 

- Stai con me, Joe...Ti prego. Stai con me. -

 

 

***

 

  

L'appartamento di Gerry non era troppo lontano da quello dove stavano Gabrielle e Monique.

Mentre percorrevano le piccole viuzze a quell'ora deserte, un pallido raggio di sole si infilò a sorpresa tra un paio di grossi nuvoloni grigi, offrendo a Joe la possibilità di nascondersi dietro i suoi amati occhiali da sole bianchi, senza esser e preso per un pazzo o un maniaco. Se li sistemò sul naso, senza riuscire a trattenere un profondo sospiro di sollievo.

 

- Ti agita andare in giro senza, eh? - Gli chiese Coco, un po' a sorpresa. Inclinò impercettibilmente il capo, per riuscire a guardarlo in viso.

 

- Più che altro, ho paura che mi riconoscano... Perchè, se mi riconoscono, mi assalgono. E, se mi assalgono, non ci vorrà più di una decina di minuti perchè scatti una macchina fotografica. E se scatta... Beh, lo sai cosa può fare una foto di troppo. - Concluse, alzando le spalle.

 

- Ah già...! - Esalò lei, staccandosi improvvisamente dal suo braccio. -  Scusa. -

  

Con un sorriso sornione, che non credeva sarebbe stato capace di tirare fuori in una situazione del genere, Joe la agguantò per un polso, prima che potesse allontanarsi troppo e la strinse nuovamente a sè, posandole un bacio sui capelli.

 

Poi parve ripensarci e scese come un fulmine alle labbra pallide, regalandole un secondo bacio... Decisamente più intenso. Sicuramente più lungo. Totalmente incurante del fatto che si trovavano per strada.

 

- Non ci provare mai più...! - Soffiò contro la bocca di lei. - Non allontanarti mai così, da me. Capito? -

 

- Ricordi quello che hai... abbiamo promesso a Debra? - Ribattè Gabrielle, scostandosi in un vano tentativo di riprendere fiato.

 

Un soffio di gelido vento invernale le agitò i capelli, facendo sì che si attorcigliassero attorno al collo niveo mentre lui si avvicinava nuovamente.

 

- Joe, dai... - Lo rimbrottò, lasciandosi sfuggire un microscopico sospiro.

 

- D'accordo, d'accordo. - Acconsentì, lasciandola andare. - Ma tu vieni qui. - Aggiunse, indicandosi il braccio a cui lei si riaggrappò, qualche secondo dopo.

 

- Va bene cosi? - Si accoccolò meglio contro di lui, tanto vicina che quasi rischiava di inciampare nei suoi piedi ad ogni passo che muoveva.

 

- Perfetto. -

 

Da quel momento in poi, camminarono praticamente in silenzio. Più si avvicinavano alla meta, più Coco sembrava chiudersi in sè stessa... Si passava continuamente le dita fra le ciocche spettinate dalle raffiche, tentando inutilmente di tenerle in ordine e sbuffando ogni volta che quelle tornavano ad arricciarsi davanti ai suoi occhi chiari.

 

Quando svoltarono nella via giusta, riprese a tremare impercettibilmente, proprio come le era successo poco prima di uscire di casa. Joe la costrinse a sciogliere momentaneamente la presa sul suo braccio, prima di passarglielo intorno alle spalle.

 

- Calma. Io sono qui per te, lo sai. - Le sussurrò all'orecchio, soffermandosi per un momento in più con le labbra contro la sua pelle liscia.

 

Lei chiuse gli occhi di scatto, per riaprirli lentamente qualche secondo dopo. Annui lentamente, tornando a torturarsi le labbra.

 

- Il problema... - Esalò, osservando l'atro lato della strada con ansia crescente. - E' che credo che lo sia anche lei. -

 

Indicò con un rapido gesto del capo il portoncino di legno verde che avevano davanti, semiaperto, e dal quale era appena uscita una figura familiare.

 

Joe osservò la donna stringersi nel lungo trench beige e accomodarsi una ciocca scura dietro l'orecchio, prima di alzare lo sguardo con un gesto secco del capo. Avvertì il respiro di Gabrielle farsi improvvisamente irregolare e vide le sue mani stringersi fino ad impallidire, mentre quella avanzava vero di loro.

 

- Lei è... - Bisbigliò, incapace perfino di terminare la frase.

 

- Sì. - Sentenziò Coco, prendendo un respiro profondo nel tentativo di mantenere saldo il tono di voce. - Lei. -

 

La prima, primissima cosa che lo colpì, quando Annabelle fu abbastanza vicina da poterla vedere chiaramente in volto, fu che la sua bocca aveva la stessa, identica forma di quella di Gabrielle.

Pur sotto uno strato di lucido rossetto color albicocca, la forma sottile e leggermente arcuata delle labbra era perfettamente riconoscibile. E il naso. Il naso da bambola di porcellana che tanto gli piaceva sul viso della sua Coco, quasi stonava, sotto quegli occhi nocciola cupo... Così come i lunghi capelli boccolosi, sapientemente acconciati in una morbida crocchia.

 

Era come vedere l'immagine terribilmente distorta di qualcosa che conosceva troppo, troppo bene.

 

- Gabrielle. -

 

Il corso dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto dalla sfumatura incolore con cui la donna pronunciò il nome della figlia. Il suo sguardo vuoto lo lasciò completamente basito.

Se pensava al tono di voce caldo e morbido di Denise, quando li chiamava a raccolta... Anche solo per una delle sue leggendarie sgridate: era arrabbiata, ma aveva comunque negli occhi tanto amore, da impedire loro di dubitare che potesse non amarli, per il resto della loro vita.

 

Essere cresciuti da una donna così, implicava il rifiuto totale dell'idea che una madre potesse non considerare i propri figli come la cosa più preziosa.

 

Per tutto questo e anche qualcosa d'altro che non sapeva spiegarsi bene, Annabelle gli faceva paura. Seriamente.

 

- Cosa ci fai qui? - Sibilò Coco, in francese, socchiudendo gli occhi chiari in maniera molto poco promettente.

 

- Ho portato una cosa a tua sorella. - Rispose quella, piuttosto evasiva. - Ma, ti prego, parliamo in inglese... Tanto scommetto che è americano anche lui. - Bisbigliò, con malcelato fastidio. Si sistemò meglio il foulard di seta intorno al collo, arricciando il naso in maniera del tutto identica a come faceva sempre la figlia. 

 

- Vogliamo escludere il tuo amico in questo modo? Non è carino, credi? - Civettò, poi, lanciando a Joe un'occhiata fuggevole, mentre Coco gli si stringeva contro.

  

- Quello che ti ho detto ieri su Kevin... Vale anche per lui. - Soffiò, puntandole contro un dito.

 

- Certo, certo. - Continuò Annabelle, senza togliersi quello strano sorrisino dalle labbra.

 

Joe sentì immediatamente un brivido di inquietudine corrergli lungo la schiena.

 

- E lui è...? - Gli occhi freddi di lei presero a scrutarlo con attenzione, fissandolo come se volessero trapassarlo. Avvertì il leggero movimento di Gabrielle, ma la anticipò prima che potesse fare o dire qualunque cosa.

 

- Il suo fidanzato. - Ringhiò, stringendosela al petto con fare possessivo.

 

- Joe...! - Esclamò Coco, a mezza voce, cercando inutilmente di sovrastare il soffio di vento che li investì. Senza ascoltarla,  si sfilò gli occhiali da sole, continuando a fissare con assoluta determinazione la donna che gli stava davanti.

 

- Un fidanzato innamorato, possessivo, geloso... Protettivo. - Aggiunse, calcando particolarmente il tono su quell'ultima parola.

 

- Molto ammirevole. - Sbuffò Annabelle, picchiettandosi un dito sulla guancia. - Quindi immagino che non accetterai di buon grado la richiesta di lasciarmi sola con mia figlia... - Decretò.

 

- Non se ne parla nemmeno! - Rafforzò la presa sui fianchi di Gabrielle, sussultando quando senti le piccole mani fredde di lei scostare le sue. Abbassò lo sguardo, incrociando i suoi occhi lucidi di lacrime.

 

- Joe, per favore... - Lo implorò. - Non... Non c'è bisogno. -

 

- Mi sembra di avertelo già detto, Coco, io non ti lascio. - Ribattè, ostinato. 

 

Si guardarono negli occhi per qualche secondo, mentre Joe scuoteva piano la testa in un inconfondibile cenno negativo. Sconfitta, prese un breve respiro, prima di voltarsi e tornare a fronteggiare la madre.

 

- Lui rimane. - Soffiò, stringendosi nelle braccia e rimanendo a capo chino.

 

- Bene, come vi pare. Se voleste seguirmi, ora... - Abbozzò, indicando un piccolo bistrot in fondo alla strada, affacciato sull'angolo con una via più trafficata. - E' un discorso lungo e io non ho la minima voglia di stare qui a congelare! -

 

Detto ciò, si avviò con passo svelto, lasciando ticchettare gli stiletti sul lastricato di pietra.

 

Prima di lasciare che la seguisse, Joe esitò per un attimo, scendendo a sollevare il mento di Gabrielle con le dita e costringendola a guardarlo di nuovo. Osservò la sua espressione atterrita e le ciglia già umide, prima di chiudere gli occhi di scatto, abbassandosi leggermente a posare la fronte contro quella di lei.

 

{Sarò forte anche per te, lo giuro... Parola di Danger.}

 

 

***

 

 

- Un cafè au lait, mercì. - Esclamò Annabelle, senza nemmeno guardare in faccia il giovane cameriere.

 

Chiuse il menù con uno scatto, mentre Coco aggiungeva all'ordinazione una lattina di coca-cola per Joe e un the per sè.

 

- Adoro quando parli in francese... Mi fa impazzire. - Le sussurrò lui all'orecchio, strappandole un piccolo sorriso.

 

La donna trattenne a stento un mormorio di disapprovazione, quando Joe allacciò le braccia attorno ai fianchi della figlia, con fare protettivo.

 

Aveva sempre trovato più che falsi i gesti di quel genere. Spesso volti a mantenere un mero stato di apparenza e non di sostanza. Peccato che conoscesse molto, molto poco sia lui che Gabrielle e non avesse la minima idea di ciò che si nascondeva in quelle mani intrecciate.

Se avesse smesso di misurare le vite degli altri solo con il suo metro, forse, avrebbe avuto meno brutte sorprese.   

 

Aspettarono in silenzio che il ragazzino brufoloso di poco prima terminasse il giro dei tavoli e tornasse con le loro ordinazioni.

 

Annabelle con il capo leggeremente inclinato e una mano a sorreggerselo delicatamente, lo sguardo perso sulle macchine che sfrecciavano veloci al di là del vetro, Joe e Coco occhi negli occhi, come estraniati dal mondo, mentre lui le trasmetteva silenziosamente tutto il sostegno e l'amore di cui era capace.

 

Vennero simultaneamente riportati alla realtà, poco dopo, dal tintinnio musicale della ceramica contro il piano di marmo.

 

Gabrielle afferrò la sua tazza con le mani tremanti e cominciò a mescolare metodicamente il liquido ambrato, mentre la madre, di fronte a lei, faceva lo stesso.

 

- Bene. - Cominciò quella, improvvisamente, schiarendosi la gola. - Non mi è mai piaciuto fare inutili giri di parole, perciò ti dirò chiaro e tondo quali sono le mie intenzioni: voglio che tu venga con me. -

 

Lo schianto del cucchiaino che crollava a terra, rotolando sul pavimento di cotto, risuonò nell'aria immobile cento volte amplificato.

 

- COSA!? - Fu la voce aspra e livida di Joe a risuonare al posto di quella sottile di Coco.

 

- Non stavo parlando con te...! - Sibilò la donna, con una vena di vera cattiveria negli occhi scuri.

 

- SI', INVECE! - Proseguì imperterrito, alzando il tono di un'altra ottava. - Perchè è un pezzo del mio cuore, quello che lei sta chiedendo per sè. -

 

- Ma senti che poeta! - Lo schernì, con aria sprezzante. - Peccato che qui non stiamo giocando, quindi smettila, ragazzino. -

 

- Joe... - Mormorò Gabrielle, a volume inudibile, posandogli una mano sul braccio. Lui continò a fissare Annabelle in cagnesco, sbattendo un pugno seccato sull'incolpevole tavolino.

 

Le tazzine sobbalzarono per il contraccolpo, spruzzando qualche goccia del loro contenuto tutto intorno.

 

- Io non.. -

 

- JOE. - Lo richiamò Coco con un po' più di veemenza, riuscendo, questa volta, ad attirare la sua attenzione. - Ti prego... - Aggiunse, in un soffio, quando i loro occhi si incontrarono.

 

Lui sembrò calmarsi un minimo e per un momento riagguantò la sua bibita, bevendone un lungo sorso rabbioso.

 

- Perfetto. - Sentenziò Annabelle, tornando a concentrarsi sulla figlia. - Vedo che almeno qualcuno, qui, ha mantenuto il giusto senso del limite. Dicevo... Fra una settimana partirò per le prossime tappe della tourneè e voglio che tu venga con me e ti dimentichi Parigi e tutto quello che c'è qui, Gabrielle. -

 

- Per quale... - Si fermò lei, soffocando una risatina più che amara. - Per quale maledettissimo motivo io dovrei accettare una cosa del genere? Eh!? SPIEGAMELO! - Esplose.

 

La madre rimase impassibile, limitandosi a scrollare una bustina di zucchero.

 

- Perchè lo farai, mon cherìe. Lo farai. -

 

- No. - Lapidaria. Strizzò il bordo del tavolo, sentendo Joe rilassarsi leggermente, al suo fianco.

 

- E invece sì. Non hai alternative... - Soffiò, querula. - O, meglio, una ce l'hai. Però... Non so. -

 

- Cosa non sai...? - Esalò Coco, in un fil di voce.

 

- Se sei disposta ad un compromesso del genere. - Finse un colpo di tosse, mentre prendeva a lisciare le pieghe del foulard che aveva poggiato sulle proprie gambe. - Se tu rifiuti, mi vedrò costretta a portare Luciane al tuo posto. -

 

Per Gabrielle fu come se le avessero tirato un pugno violento dritto nello stomaco... Ripensò alla telefonata di qualche ora prima, alla voce disperata della nipotina ed alla brutta, bruttissima sensazione che l'aveva assalita, quando aveva sentito di Monique tanto alterata da arrivare ad urlare in quel modo, senza preoccuparsi della bambina.

 

E, magicamente, tutti i pezzi andarono al loro posto.

 

- Non puoi...! - Abbozzò.

 

- Tecnicamente sì. Lulù è minorenne per cui, al contrario di te, non può decidere per sè. -

 

- Ma sua madre sì. E Monique non te la lascerà mai! - Scostò bruscamente la tazza di te, ancora intoccata.

 

- Monique non ha voce in capitolo, credimi. E ancora meno ne avrà, quando presenterò al giudice... questo. - Detto ciò, tirò fuori dalla borsetta grigia una busta di plastica trasparente.

 

Coco allungò la mano per prenderla e quella di Joe si sovrappose subito alla sua, stringendola appena e sollevando il foglio per poterlo leggere.

 

Scorse velocemente le prime righe, saltando tutta l'intestazione e non curandosi nemmeno troppo del minaccioso elenco di nomi, di avvocati e assistenti sociali. Arrivò alla parte centrale del documento, dove la richiesta di affidamento di Luciane Lemoin da parte di Annabelle prendeva forma...

 

Sentì Gabrielle singhiozzare silenziosamente e gli costò un immenso sforzo di volontà, il limitarsi ad accarezzarle la schiena, abbracciandola stretta, e soffocare l'impulso di lanciare quella cartellina dritta in faccia alla madre di lei.

 

- Tua sorella non è sposata, ha un lavoro che tutto si può definire meno che stabile e sicuro e vive in casa di un uomo che ha quasi il doppio della sua età, facendosi mantenere quasi in tutto e per tutto da lui. - Sorrise, bevendo un altro po' del suo caffellatte. - Io non ho dovuto fare niente... Mi basterebbe consegnare quel foglio e, nel giro di una settimana, avrei il permesso in carta bollata di portare la bambina via con me. -

 

Coco sollevò lentamente lo sguardo, fissando gli occhi chiari in quelli dell'altra donna. Tanto carichi di rabbia che l'azzurro, da limpido, sembrava essersi fatto cupo, spento. Quasi grigio.

 

- Va bene. - Esordì, restituendole la busta. - Se... Se ti piace ottenere le cose in questo modo, va bene. Verrò con te. -

 

Joe sentì il cuore mancare ben più di un battito e il respiro morirgli a metà strada tra il petto e la gola, mentre sulle labbra di Annabelle andava allargandosi un sorriso vittorioso.

 

- No... Coco... Non puoi! - Balbettò, troppo sconvolto per pensare ad una frase più sensata. - NO! -

 

- Ma dimmi, almeno, perchè. - Continuò, rivolgendosi alla madre e cercando di ignorare l'ostinazione disperata con cui le braccia di lui si erano strette intorno al suo corpo.

 

- Perchè sei mia figlia. - Rispose, con surreale naturalezza. - Perchè, per quanto abbiano cercato di convincerti del contrario, tu mi somigli, Gabrielle. Non solo perchè sembri me quando avevo vent'anni: tu sei come me... E ho l'intenzione di vederti seguire i miei passi e continuare quello che io ho cominciato. - Esclamò, lasciando per la prima volta che gli occhi le si illuminassero, trasmettendo un minimo di emozione. - Ti farò ricominciare a suonare e presumibilmente, un giorno prenderai il mio posto... Perchè è questo ciò che voglio per te. - Sentenziò.

 

- Tutto qui? - Ribattè Gabrielle, in tono incolore. - E' solo questo? -

 

- Sì. E' solo questo. - Riprese, piccata. Poi si alzò, senza aggiungere altro.

 

Frugò nelle tasche del trench alla ricerca di qualche spicciolo e, dopo averli trovati, li appoggiò con noncuranza sul tavolino.

 

- La partenza è già fissata, domenica mattina da Charles de Gaulle. ti farò avere il biglietto e le altre indicazioni nei prossimi giorni. Fatti trovare pronta. - Con queste parole le voltò le spalle e in un attimo, fu fuori dal locale.

 

- Vigliacca...! - Ringhiò Joe, osservando la figura sottile sparire in mezzo al fiume di passanti.

 

Gabrielle non reagì. Rimase in spettrale silenzio, senza muovere un muscolo fino a quando, una manciata di secondi dopo, qualcosa scattò dentro di lei. Un singhiozzo sfuggì alle labbra serrate, mentre le lacrime, trattenute fin troppo a lungo, prendevano a rigare le guance arrossate.

 

Si mosse così velocemente, che lui quasi non si accorse di quello che stava succedendo.

 

Con un mugolio sommesso, spinse via la tazza in un gesto stizzito e quella piombò a terra in un assordante rumore di ceramiche infrante, mentre lei nascondeva il viso fra le braccia abbandonate sulla tovaglia macchiata e scoppiava in un pianto sconsolatamente liberatorio.

 

Incurante degli sguardi incuriositi degli altri clienti e del cameriere, Joe le circondò le spalle tremanti, accucciandosi quasi sopra di lei, tenendola stretta e sussurrando piano il suo nome, per un tempo che gli parve infinito.

 

 

 

{ Tell me I was dreaming,
that you didn't leave me here to cry.
[...]
And it was just my imagination telling lies...
Tell me that you didn't say "Goodbye". }

Tell Me I Was Dreaming - Travis Tritt

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Capitolo 23
*** Capitolo 22° ***


Sì, sì. Sono viva!xD

So che mi davate per dispersa, ma, contro ogni possibile previsione, sono ancora qui!x3 E continuo con Coco e i Jonas. Questa fic la porterò fino alla fine, potete starne sicure!=3

 

Non ho il tempo necessario per fare i ringraziamenti ad personam, questa volta, dato che la tesi di laurea sull'altra Coco, la Mademoiselle, mi incalza.

Mi dispiace moltissimo, ma almeno posso farvi avere il capitolo più in fretta!=)

 

Spendo solo un paio di secondi per ringraziare chi, dopo il mio appello è tornata a commentare, sappiate che mi ha fatto un piacere immenso. Bentornate a tutte e benvenute alle nuove arrivate!x3

La prossima volta prometto che tornerò a rispondervi una per una.

 

Un ultimo appello, prima di lasciarvi alla lettura, per una delle mie commentatrici più fedeli che all'ultimo capitolo non si è fatta vedere e che so essere impegnatissima con gli esami! Ele, sai che "Gabrielle" è sempre qui che aspetta i tuoi commenti, perché ci tengo moltissimo. In bocca al lupo per tutto e fatti sentire presto!<3

 

Bene, ho finito, vi lascio al capitolo. Baciattutte, vi lovvo immensamente, lo sapete.<3

 

 

 

 

- Capitolo 22° -

 

 

 

{ Non te ne andare,
prima che faccia male.
Non te ne andare...
senza la mia vita. }

Attimo - Gianna Nannini

 

 

 

 

- Non puoi farlo, Coco! NON PUOI! - La voce paurosamente alterata di Joe oltrepassò l'uscio ancora praticamente chiuso, diffondendosi nell'appartamento silenzioso, inesorabile come una macchia d'olio.

 

Gabrielle si sforzò di non ascoltarlo, superando la soglia a passo deciso e lasciando sbattere la porta alle sue spalle con totale noncuranza.

 

- COCO!!! - Continuò ad urlare, imperterrito, tenendole dietro mentre attraversava il salotto e si infilava in corridoio. - Ti prego, ascoltami! -

 

Stringendo i pugni fino a graffiarsi, lei si fece forza, di nuovo, per soffocare l'impulso di voltarsi e guardarlo negli occhi. Avrebbe ceduto, lo sapeva. Avrebbe ceduto nel momento esatto in cui si fosse soffermata ad osservarle, quelle due pozze color caramello.

Raggiunse la camera di Monique e, lanciando in malomodo il cappotto su una sedia, prese a frugare nell'armadio, come presa da un impulso febbrile.

 

- Cosa stai facendo?! - Abbaiò Joe, mentre un'ondata di puro panico lo investiva, alla vista del borsone nero che lei aveva appena estratto e appoggiato malamente sul letto. - No, no. NO! - Esclamò, tuffandosi in avanti per bloccarla.

 

Le arrivò alle spalle, circondando il suo corpo minuto con entrambe le braccia, prima di sfilarle dalle mani le magliette che aveva afferrato. Lasciò che cadessero sul pavimento, incurante di dove sarebbero andate a finire.

 

- No...! - Ripeté, con voce quasi strozzata.

 

Coco si morse il labbro, soffocando un singhiozzo, prima di allontanarsi da lui con slancio.

 

- Che cosa credi stia facendo, eh Joe? COSA?!? - Sbottò, raccogliendo le t-shirt e scaraventandole nella valigia. - L'unica cosa... possibile. -

 

- Non puoi... - Abbozzò, tentando di riavvicinarsi, per quanto lei non fosse intenzionata a lasciarglielo fare.    

 

- Non posso... - Ripeté lei, in un fil di voce. - E cosa posso, invece? Lasciare che portino via a Monique la sua bambina...? - Soffiò. - Non ha ancora compiuto sei anni, Joe. Come diavolo pensi che possa essere capace di... - Si voltò di scatto, senza nemmeno riuscire a finire di formulare la frase.

 

Joe, per -probabilmente- la prima volta in vita sua, si senti completamente, spaventosamente, inevitabilmente impotente. Abbassò lo sguardo, fissandosi la punta delle scarpe con tale rabbiosa ostinazione che avrebbe potuto tranquillamente iniziare a vederci attraverso, in breve tempo.

Rimase in silenzio per qualche lunghissimo attimo, mentre Gabrielle riprendeva a riempire la borsa con meccanica precisione, un abito dopo l'altro... Per quanto, gli occhi velati di lacrime le impedissero quasi di distinguere cosa stava maneggiando.

 

- Io non ci so stare, lontano da te. Non... Non ne sono capace. - Esordì improvvisamente, tornando a guardarla.

 

Gabrielle si bloccò, con in mano un vecchio paio di Jeans e si voltò lentamente, stringendoseli al petto.

 

- Scusa...? - Balbettò, inumidendosi le labbra.

 

- Non so nemmeno immaginarmi... senza di te, Gabrielle. Ci ho provato, ora. Qui. - Allargò le braccia, indicando dei punti non meglio definiti, attorno a sé. - E tutto quello che sono riuscito a vedere é stato... niente. Assolutamente niente. - Mormorò, sconfitto.

 

- Joe... - Soffiò lei, reprimendo a stento l'impulso di stringerlo più forte che poteva. - Non dire assurdità...! - Continuò, invece.

 

- Assurdità...? - Ripeté, quasi senza fiato. - Coco... non capisci cosa vuol dire, per me, lasciarti andare? Non sarebbe vita... ! - Gabrielle lasciò i pantaloni per metà fuori dalla valigia e gli si avvicinò, mentre un brivido le correva lungo la schiena.

 

- Non dirlo nemmeno per scherzo...! - Sibilò, picchiettandogli un dito tremante contro il petto.

 

- Lo dico e lo ripeto invece, perché é così: non sarebbe... non é vita, cavolo! - Replicò Joe, caparbio.

 

- SMETTILA! -

 

- NO. - Esplose, afferrandole il polso e tirandola appena in avanti. - Se tu te ne vai, io... smetto di fare qualunque cosa. Il documentario, le interviste... persino di cantare...! Bast- -

 

Il movimento di Coco fu talmente rapido e improvviso, che nemmeno ebbe il tempo di realizzarne le conseguenze... prima di avvertire il bruciore sordo alla guancia sinistra.

 

- Rimangiatelo immediatamente... - Singhiozzò lei, abbassando la mano tremante ancora sospesa a mezz'aria. - ... Ti prego. - Si strofinò le guance pallide, in un inutile tentativo di arginare le lacrime che, per l'ennesima volta, erano riuscite a superare l'argine della sua volontà.

 

Joe le si avvicinò piano, sfregandosi la pelle arrossata e finalmente, riuscì a circondarle le spalle senza venire respinto bruscamente.

 

- Scusa... - Sussurrò, soffocando un sospiro contro la sua fronte tiepida. - Ma io ti amo, piccola Gabrielle... Ti amo talmente tanto che non p- -

 

- NO. - Lo fermò di nuovo. - Non voglio sentirtelo dire...! - Si scostò da lui quel poco che serviva per riuscire a guardarlo in viso. - L'unica cosa che voglio sentir uscire da quelle labbra é che, qualunque cosa succeda... mi succeda, tu e i tuoi fratelli continuerete come avete sempre fatto. - Soffiò, sollevando una mano ad accarezzargli il viso. - Perché la sola cosa che può farmi stare ancora peggio, sarebbe essere la causa della vostra infelicità. -

 

 

- Che cosa sta succedendo qui...? Ho sentito un gran rumore, tutto bene? -

 

In quello stesso momento, un Kevin ancora piuttosto confuso ed assonnato fece il suo ingresso nella stanza, passandosi una mano nel groviglio di ricci scuri, mentre con l'altra reggeva un'aranciata appena aperta.

Coco sobbalzò, sentendo l'ennesima stretta al cuore.

Come aveva fatto a pensare che le loro urla, le porte sbattute... avrebbero potuto non svegliare nessuno?

 

- Niente... - Bisbigliò, abbassando lo sguardo. Pur sapendo che sarebbe stato perfettamente inutile cercare di mentire, con Joe lì presente.

 

E, infatti, il suo fu un tentativo che morì prestissimo, peggio di come era nato.

 

- Succede che Coco se ne va, Kev. - Sospirò il fratello minore, scuotendo la testa. - E non é uno scherzo... - Aggiunse, con aria surrealmente compita. - Sua madre la vuole portare via. -

 

Il rumore della lattina che crollava sul pavimento gelò il sangue nelle vene di Gabrielle, quasi quanto il repentino mutamento nell'espressione degli occhi di lui.

 

- E'... é la verità? - Fu la sola cosa che gli riuscì di tirar fuori, mentre lei gli si avvicinava, schivando la pozza di liquido che andava allargandosi sul tappeto.

 

Coco annuì mestamente, prendendogli una mano fra le proprie e stringendola appena.

 

- Ci ho parlato, stamattina. - Soffiò, a voce quasi inudibile. Tanto che lui dovette avvicinarsi ancora di un passo, per riuscire a sentirla davvero.

 

- E... - La incalzò, trattenendo il fiato con tanta forza da farsi bruciare la gola.

 

- E, se non vado io con lei, sarà Lulù a prendere il mio posto... - Spiegò, sputando fuori le parole quasi in un unico respiro. - Non posso... Non... - Sussultò, quando sentì il braccio libero di Kevin stringersi attorno ai suoi fianchi e spingersela contro, quasi con disperazione.

Quando gli lasciò andare anche l'altro, si ritrovò stretta a lui in maniera totalmente soffocante.

 

- Vaffanculo...! - Soffiò, chinandosi tanto da sfiorarle il collo con la punta del naso.

 

Sentì le sue mani salirle con lentezza straziante, lungo i fianchi e la schiena, seguendone la forma, come se volesse imprimersela nella memoria, centimetro per centimetro.

 

Sembrava avesse totalmente cancellato la presenza di suo fratello nella stanza e, in effetti, nemmeno Gabrielle riusciva  a rendersi troppo conto... di qualunque cosa non fosse il corpo di Kevin, premuto completamente contro il proprio.

 

- Lei é... E' così piccola... - Singhiozzò, aggrappandosi alle sue spalle. - Non posso...! Kev... -

 

Joe si sforzò di guardare da un'altra parte. Lasciò vagare lo sguardo sui tetti che si intravedevano dalla finestra, permettendo, per una volta, che Kevin la tenesse stretta a sé, ancora per un po'.

 

Solo ed esclusivamente per lei, perché capiva quanto male le potesse fare, separarsi dal fratello.

 

- Lo so. - Mormorò l'altro all'orecchio di Coco, mentre le sue dita si tuffavano fra i boccoli scuri. - Lo so. E... -

 

- ... Non mi chiederai di restare. - Concluse lei, dopo un momento, sciogliendo l'abbraccio ed asciugandosi le ciglia scure.

 

- Non posso. - Rispose, serrando le labbra nel più triste dei sorrisi. - E mi odio...! Mi odio da morire. -

 

- Non é colpa tua... E' giusto così. - Tentò di suonare rassicurante.

 

Gli si avvicinò di nuovo, posandogli una mano contro il petto ed esitò, prima di sollevare l'altra. Non fece quasi in tempo a sfiorargli il viso, che qualcosa d'altro, oltre allo scatto infastidito e malamente nascosto di Joe, la spingesse a ritrarsi.

 

 

- No. -

 

Gabrielle alzò lo sguardo di scatto, puntandolo dritto verso la soglia della camera e ritrovandosi, suo malgrado, di fronte a qualcosa che mai avrebbe voluto vedere.

Nick era in piedi sulla porta, una mano ferocemente serrata attorno allo stipite e gli occhi scuri fissi su di lei.

Una singola, piccola lacrima gli rigava la guancia pallida.

 

Dall'espressione che aveva, era più che chiaro che aveva silenziosamente assistito a tutto il discorso.

 

Coco si portò entrambe le mani alla bocca, soffocando un gemito, mentre lui muoveva il primo passo per avvicinarsi.

 

- Piccolo... -

 

- Non é giusto...! - Coprì velocemente la distanza che li separava, legandola in un abbraccio tanto deciso, che quasi la sollevò da terra. - Non é assolutamente giusto... - Mormorò, strizzando gli occhi lucidi. - Non é giusto, Gabrielle... Non é giusto! - Ripeté, come un disco irrimediabilmente graffiato.

 

- Non piangere. - Gli mormorò, accarezzandogli piano le spalle. - Ti prego... Non piangere, Nick. -

 

Lui soffocò un singhiozzo, scostandole i capelli e lasciandoglieli ricadere lungo la schiena, in una morbida carezza.

 

- Non ci riesco, Coco... - Soffiò, prendendo un respiro profondo. - Posso essere egoista, per una volta? Posso fare un po' di capricci...? Solo un po'... - Continuò, con voce implorante. - Io non voglio lasciarti andare. -

 

Si chinò a posarle uno dei loro baci... leggero, nell'incavo del collo, soffermandosi qualche secondo in più con le labbra contro la sua pelle tesa.

 

- Non voglio. - Scosse leggermente il capo, stringendola di più.

 

- Piccolo mio... nemmeno io voglio. - Sussurrò, dando finalmente voce al pensiero che le martellava in testa fin dal momento in cui Annabelle si era alzata, lasciandola in quel bistrot. Dopo aver visto tutto il suo mondo cadere in frantumi. - A Parigi ci sono la mia casa, la mia famiglia, la mia vita... tutto quello che amo, compresi voi tre... Soprattutto voi tre. -

 

Mai. Mai avrebbe immaginato che sarebbe arrivata a pensare una cosa del genere.

Se glielo avessero raccontato, quel giorno di ormai sei mesi prima... quando il suo sguardo aveva indugiato per la prima volta su quei tre faccini da bravi ragazzi che le sorridevano da un poster, probabilmente sarebbe scoppiata in una sonora risata e avrebbe liquidato tutto con un'alzata di spalle.

 

Eppure, ora, si trovava lì, col cuore lacerato alla sola idea di dover fare a meno di loro. Scherzi del destino.

 

{ Io che nemmeno ce li volevo, nel mio teatro... }

 

- Fra... Fra quanto...? - Abbozzò Nick, sfiorandole la spalla con un altro bacio.

 

- Una settimana. - Fu la pronta, secca risposta di Joe.

 

Gabrielle annuì silenziosamente, accarezzando il riccioli del suo Piccolo un'ultima volta, prima di allontanarsi. Si sedette sul bordo del letto, torcendosi le mani e cercando dentro di sé la forza per affrontarli, tutti e tre.

 

- Una settimana, sì. - Mormorò, alzando lo sguardo su di loro. - Una settimana e poi... basta. -

 

Joe si mosse di slancio e si sedette pesantemente accanto a lei. Le passò le braccia attorno alle spalle, stingendola a sé per l'ennesima volta.

 

- Coco... - Sussurrò, piano.

         

- Ti prego. - Replicò lei, sforzandosi di tornare a parlare con voce ferma. - Basta. Basta, davvero. - Decretò, spostando lo sguardo anche sugli altri due. - E' così... E nessuno di noi può farci nulla. Domenica partirò, va bene. Ma, nel frattempo, ci sono delle cose che voi dovete fare: domani ricominciano le riprese, ad esempio. Si torna alla normalità... Io voglio che ci si torni. Non deve cambiare nulla, capito? -

 

- Come se fosse così facile...! - Sibilò Joe, appoggiandosi a lei.

 

- Fallo... Fatelo per me. - Pigolò, con voce implorante.

 

Lasciò correre lo sguardo da Joe agli altri due, cercando nei loro occhi almeno un pallido segnale di assenso. Dopo qualche tesissimo momento di silenzio, Kevin, per primo, chinò il capo, annuendo impercettibilmente.

 

- Va bene. - Bisbigliò, mentre gli altri due lo imitavano.

 

Joe rimase un secondo in più con la testa bassa, il viso delicatamente premuto contro il collo di Coco.     

 

- Grazie. - Sorrise lei, voltandosi leggermente. Gli passò una mano fra i capelli, soffermandosi a posargli un minuscolo bacio a stampo sulle labbra. - Grazie... - Sussurrò di nuovo, al suo orecchio, lasciando che solo lui la sentisse.

 

Joe soffocò un sospiro e sciolse a malincuore la presa, lasciando che si alzasse.

 

- Ah...! - Riprese Gabrielle, dopo qualche istante. - E' più che ovvio, che, anche quando me ne sarò andata, voi continuerete a vivere qui, fino alla fine della vostra permanenza a Parigi... Questa, ormai, é praticamente casa vostra, lo sapete, vero? - Si chinò a raccogliere la lattina ormai vuota ed esitò un momento, rigirandosela tra le mani. - Anche se io non ci sarò... Avvertirò Monmon e lei sistemerà tutto anche con Debra. Troverà... - Prese un ampio respiro, cercando inutilmente di mascherare il tremolio della voce. -  ... qualcun'altro che si occupi di voi. Non preoccupatevi. -

 

Picchiettò con le dita sulla latta liscia e fredda dell'aranciata, osservando con fintissimo interesse la trama del tappeto che andava via via sfumando, sotto il velo delle lacrime.

 

Si morse il labbro, ricacciandole indietro e tornò a fissarli, bloccando inconsapevolmente il gesto di Nick che stava per allungare una mano verso la sua.

 

- Io, adesso, devo andare da lei, tra l'altro... Sarà in ansia per la sua piccola e voglio dirle il prima possibile che Lulù é... fuori pericolo. - Sospirò, recuperando il cappotto dalla sedia. - Voi... Beh? -

 

Si bloccò, osservando i tre ragazzi alzarsi e muoversi quasi contemporaneamente verso di lei.

 

- Noi? - Ripeté Kevin, lasciando che un mezzo sorriso gli curvasse le labbra. - Mi sembra ovvio... Noi veniamo con te. -

 

                  

***

 

 

 

{ Stesso cuore e stessa pelle,

questo é il patto fra sorelle.
Anime che mai

 potrà dividere la realtà. }

Perché Non Torna Più - Laura Pausini

 

 

 

 

L'aria fredda del mattino si faceva ancora sentire, soffiando decisa contro i loro visi, arrossando i nasi e scompigliando i capelli, ma, a differenza di qualche ora prima, il sole brillava deciso e finalmente libero dalle pesanti nuvole grigie.

Coco si strinse a Joe, soffocando un sospiro.

 

- Continua a non piacermi l'idea di avervi fatto uscire a quest'ora... - Borbottò, lanciando uno sguardo preoccupato all'altro lato della strada.

 

Lungo una pensilina del tram andavano assiepandosi piccoli gruppetti di ragazzi, in attesa di buttarsi nel centro caotico della città che si stava svegliando.

 

- Se vi riconoscono... -

 

- Se ci riconoscono, firmeremo un paio di autografi, faremo qualche foto e poi saremo di nuovo da te. - Ribatté Nick, in tono deciso. Le afferrò una mano  e se la portò alle labbra, posandole un minuscolo bacio sul dorso. - Non hai il minimo motivo di preoccuparti. - Soffiò, contro la pelle fredda.

 

Arrossendo, Coco la ritrasse, infilandola frettolosamente nella tasca del cappotto.

 

- Nick...! - Soffiò. - Se ti beccano a fare una cosa del genere... Sai come la prenderebbe Debra! -

 

- Sì che lo sa. E sa anche come la prendo io, vero Cosino? - Abbaiò Joe, rafforzando la stretta sulle spalle minute di lei.

 

- Ok, ok. Coco é tua, ricevuto. - Sbuffò l'altro, mentre Kevin, alla sua destra, scuoteva la testa con aria esasperata. - E, comunque, non facevo nulla di male. -

 

Decretò, svoltando l'ultimo angolo. Esattamente di fronte a loro, affacciato sullo strettissimo marciapiede sbeccato, un portone di legno verde scuro si apriva sull'elegante facciata di un vecchio palazzo residenziale.

 

- Questo é opinabile. Comunque, per tua fortuna, non é decisamente il mom- - Si bloccò, avvertendo il flebile singhiozzo di Gabrielle, che lei tentò inutilmente di nascondere. - Ehi, tutto a posto? -

 

Si fermò, armeggiando con la manica del piumino, fino a quando riuscì a farne uscire quella della felpa che indossava. Se la tirò sopra la mano e la passò delicatamente contro la guancia di lei, raccogliendo l'unica lacrima.

 

- Niente... Scusa. - Si affrettò a giustificarsi, scrollando le spalle. - Tornare qui mi fa pensare a cose per cui non dovrei affatto piangere. - Bisbigliò, allontanando dalla mente l'immagine della madre e del suo trench tanto pallido, da risaltare come una macchia candeggiata contro il colore scrostato dell'ingresso.

 

Detto questo, chinò il capo e con un movimento deciso si staccò da lui, attraversando la strada.

Spalancò il portone, senza nemmeno suonare il campanello, grazie alla leggera pressione esercitata sulla serratura guasta e prese a salire le larghe scale di marmo che portavano ai piani superiori, mentre i tre Jonas la raggiungevano.

 

Quando toccò il primo pianerottolo, Joe, Kevin e Nick erano già nuovamente al suo fianco.

La mano di quest'ultimo strinse delicatamente la sua, mentre suonava il campanello di ottone brunito.

 

- Coco...! - Monique non la lasciò quasi entrare. Le gettò le braccia al collo appena ebbe oltrepassato la soglia, schioccandole un bacio sulla guancia ancora umida. - Mon petit... - Soffiò, accarezzandole i lunghi capelli scuri.

 

- Ehi... - Fu l'unica parola che riuscì ad articolare, senza che il nodo che si sentiva in gola le spezzasse la voce. Si aggrappò alle spalle della sorella, mentre l'inconfondibile profumo aranciato di lei la avvolgeva morbidamente.

 

- L'hai vista...? Le hai parlato? - Soffiò, richiudendo la porta con un sonoro spintone, una volta che i tre ragazzi furono entrati tutti. Coco annuì, sfregando leggermente il naso contro la lana morbida del golf di sua sorella.

 

- Sì... - Pigolò, stringendo inconsciamente la presa. - E non devi preoccuparti più di nulla, Lulù... -

 

- Lulù sta dormendo nel mio letto. - Sospirò Monmon, senza nemmeno lasciarla finire. - Quella stronza é piombata qui alle sette del mattino... E l'ha svegliata, con tutte le sue urla. -

 

- No... Non é questo che intendevo dire. - Mormorò Coco in un fil di voce, staccandosi leggermente da lei e lasciandosi condurre in salotto. - Ti... Ti ha fatto vedere quel documento? -

 

Alzò lo sguardo su Monique, quando presero entrambe posto sul grande divano bianco, accanto a Kevin. Joe si accoccolò sul tappeto, ai piedi del bracciolo contro cui Gabrielle si era appoggiata, mentre Nick avvicinava una vecchia poltrona bombata per sé.

Monmon sospirò profondamente, scuotendo i lunghi capelli scuri e indicò con lo sguardo una cartellina di plastica verde, poggiata in bilico su un mobile alle loro spalle.

 

- Non ho avuto nemmeno la forza di arrivare fino in fondo, ma quello che ho letto mi é bastato! - Ringhiò. - E' un maledetto, sporco ricatto a cui io non voglio cedere...! -

 

- Non ce ne sarà bisogno... - Bisbigliò Joe con voce tetra. Lei gli lanciò uno sguardo sconcertato, mentre Coco si irrigidiva impercettibilmente. Strinse le dita attorno alla fodera lucida che emise un suono stridulo e per nulla piacevole, quando venne graffiata dalle sue unghie.

 

- Cosa significa questo...? -

 

Kevin fulminò il fratello con lo sguardo, trattenendosi dallo sferrargli un calcio  solo perché le gambe di Monique erano allungate fra le sue ed il corpo dell'altro.

 

- Avanti, che significa?!? - Ripeté, rivolgendosi alla sorella che fissava ostinatamente il pavimento. - Coco...? -

 

Lei rimase in contrito silenzio ancora per qualche tesissimo secondo, prima di scattare come se fosse stata caricata a molla.

 

- Che Luciàne... Che tu non hai nulla di cui preoccuparti, perché ho deciso: con... con la mamma ci andrò io. - Soffiò, quasi in un unico respiro.

Sussultò, quando le dita di Nick le sfiorarono teneramente braccio, prima di correre a stringerle la mano... Alzò lo sguardo su di lui, abbozzando un sorriso che, però, svanì quasi subito, quando osservo i suoi occhi scuri farsi nuovamente lucidi.

 

- STAI SCHERZANDO?!? - Esclamò Monmon, infrangendo bruscamente il silenzio teso che si era creato. - Non ci pensare nemmeno, io con quella non ti ci lascio andare neanche morta! -

 

- No che non scherzo, Monique. Sono grande, posso valutare da sola e la mia decisone, ora, é questa. - Mormorò, stringendo i denti.

 

- E sai valutare anche se questo é quello che davvero vuoi? - Soffiò l'altra, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarla negli occhi.

 

- Io... -

 

- E' quello che vuoi, Gabrielle?!? - La incalzò, con voce dura, mentre una lacrima rabbiosa scendeva lungo il viso arrossato per correre a nascondersi all'angolo delle labbra. - Non ci credo nemmeno se me lo giuri...!

 

- No, accidenti!!! - Cedette improvvisamente, nascondendo il viso dietro le mani fredde. - Non lo é affatto... L'ultima cosa che vorrei é andarmene di qui. Allontanarmi da Parigi, da te... Solo a pensarci mi prende una paura tale, che quasi non respiro...! - Singhiozzò.

 

Monique le circondò premurosamente le spalle, attirandola con sé, mentre si appoggiava allo schienale morbido e Coco si lasciò guidare docilmente, accoccolandosi contro di lei. Addossò le gambe a quelle della sorella, per traverso, raggomitolandosi nel suo abbraccio.

 

- Però... Però ci vado, Monmon. - Pigolò, cercando di asciugarsi le lacrime. - Per Lulù. - Concluse risoluta.

 

- No, tesoro mio. - Replicò Monique con altrettanta decisione. La strinse a sé, passandole lentamente una mano fra i boccoli spettinati, sotto gli occhi teneramente vigili dei tre ragazzi.

 

Joe, in particolare, aveva preso a fissarla come fosse la sua salvezza.

 

- Io a quella donna non cederò nulla. Men che meno le due persone più importanti della mia vita... -

 

- Monmon...! - Soffiò, scostandosi quel tanto che bastava per guardarla negli occhi.

 

- No, Coco. Tu non vai. - Decretò.

 

- Smettila!!! Non dire scemenze...! - Si ribellò, scuotendo la testa. - L'hai letto anche tu, quel documento. Hai ben visto quanto non lasci alcuna possibilità. -

 

- Non mi interessa...! Una soluzione c'è e io la troverò. -

 

- Monique, per l'amor di Dio! - Esclamò. - Cosa puoi fare in una settimana...? A parte evitare, nel modo più semplice e diretto, che ti portino via tua figlia? -

 

- Non lo so, Coco. Ma tu dammi fiducia, ti prego... -

 

Gabrielle sospirò profondamente, alzandosi di scatto dal divano. In meno di un attimo, Joe balzò in piedi e le fu accanto. Le cinse la vita sottile con entrambe le braccia e la attirò leggermente all'indietro, finché la schiena di lei non aderì completamente al suo petto.

 

- Ascoltala. Perfavore... ascoltala...! - Sussurrò, stringendola con disperata ostinazione.

 

- Joe...! - Cercò di usare un tono di rimprovero, ma tutto quello che le uscì dalla bocca fu un bisbiglio implorante.

 

Fece scivolare le mani sulle sue, cercando inutilmente di allontanarlo, ma lui, caparbio, non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare. Dopo appena un paio di tentativi, sentì la determinazione scivolarle via come un velo troppo leggero, per rimanere fermo al suo posto. Allentò la presa, rilassando le braccia e non poté impedirsi di lasciare le dita intrecciate a quelle di Joe.

 

{Se mi stringi così... Come posso anche solo pensare di riuscire ad allontanarmi da te...?}

 

Si inumidì le labbra, tornando a guardare la sorella in cerca di una via d'uscita, ma quella si limitò a scuotere impercettibilmente il capo.

 

- Dio, smettetela di rendermi tutto ancora più difficile...! - Soffiò.

 

- Dammi fiducia, Gabrielle...! - Replicò Monmon, incrociando le braccia con decisione.

 

Con un verso a metà tra un sospiro e un ringhio, Coco piegò il capo, sconfitta.

 

- Va bene. - Acconsentì, scatenando un'ondata di puro sollievo nel cuore di Joe e fermandola con altrettanta velocità, quando si allontanò di scatto, muovendo un rapido passo in avanti. - Ma io la valigia la faccio lo stesso, sappilo. Perché se, come è ovvio che avverrà, tra una settimana non sarà cambiato nulla... Io salirò su quell'aereo. - Concluse, puntandole un dito contro. - Non permetterò mai... Mai che Lulù possa correre alcun rischio...! -

 

- Non ne avrai bisogno. - Decretò Monique. - E, a proposito di Lulù... Devi farmi un favore. - Borbottò, schiarendosi la voce. - Io e Gerr... Geràrd, in questo periodo, abbiamo qualche... divergenza. - Abbozzò, con evidente imbarazzo. - Ti spiegherò, a suo tempo. - Aggiunse, in risposta allo sguardo interrogativo della sorellina.

 

- E...? - La incalzò Gabrielle, mentre Joe le si avvicinava di nuovo. Sentì la mano di lui cercare la sua e lo lasciò fare, dandosi come scusa che era distratta dal discorso.

 

- E tutta questa storia non contribuirà certo ad alleggerire l'atmosfera. Puoi tenere la bambina da te, fino a quando sarà finita? - Sospiro.

 

- Fino alla fine della settimana. - La corresse Coco, in un sibilo.

 

- Fino a quando servirà. -

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Capitolo 24
*** Capitolo 23° ***


Vi stavate chiedendo se fossi ancora viva, vero?xD

Ebbene sì. Ma, tra che questo capitolo è stato un parto, tra che l'estate con le vacanze mi allontana da internet, i tempi si sono un filino dilatati!xD

 

Cooomunque, sono ancora fra voi. Per le, ahimè, poche che ancora leggono e commentano questa fic.x3

 

(Io aspetto sempre, speranzosamente, il ritorno delle fedelissime o l'avvento di nuove lettrici, lo sapete!x3)

 

Ringrazio le adorate 2, 3 e 4 (Temperance_Booth, Ice_Bubble e Agatha)che sono sempre in prima linea (<3), jeeeeee, coco2, sweetchiara e RacheLLe per i commenti all'ultimo capitolo e mi dispiace di non potermi dilungare di più, ma ho millemila cose che attendono di essere fatte!x3

 

Giuringiuretta che tornerò a ringraziare ad personam il prima possibile!=)

 

Intanto, ho una sorpresina per voi (copincollate il link sottostante nella barra in alto):

 

http://www.youtube.com/watch?v=Nx_S2qqkHLk&feature=channel_page

 

Hope you'll like it!x3

Aspetto commenti per questo e per la fic!<3    

 

 

 

 

- Capitolo 23° -

 

 

 

{ Don't you worry about the distance.
I'm right there. If you get lonely,
[...]

close your eyes,
listen to my voice, it's my disguise.
I'm by your side. }

Hey There Delilah - Plain White T'S

 

 

 

 

Il tempo, si sa, alle volte è tremendamente vigliacco.

Quando si avrebbe bisogno di lui, in un qualche modo, sembra si diverta più che mai a sfoderare tutta la sua cattiveria. E, poi, corre. Corre dannatamente.

 

Gabrielle appoggiò la tazza ormai vuota nel lavandino, osservando una microscopica falce di luna crescente illuminare la sua penultima notte a Parigi, attraverso la doppia finestra della cucina.

 

Ancora, solo, trentasei ore.

Sentiva ogni secondo scandire quell'odiosissimo conto alla rovescia.

 

Monique era introvabile da una settimana, ormai. Da quando le aveva affidato Luciàne, non aveva fatto altro che correre da un ufficio all'altro, alla disperata ricerca di quella soluzione che, al contrario di sua sorella, lei sapeva benissimo fin dall'inizio essere introvabile.

Non che desiderasse a tutti costi il fallimento, solo preferiva non illudersi per non rimanere ferita, al risveglio.

 

La sua valigia era pronta da giorni.

 

Le riprese del documentario continuavano, scandendo i giorni dei Jonas a Parigi con più precisione di un calendario. Una normalità di cui, prestissimo, non avrebbe più fatto parte.

Nemmeno a quelle aveva più voluto partecipare. Per quanto Joe, Nick e Kevin volessero passare ogni singolo momento insieme a lei, Coco, a volte, semplicemente non ce la faceva.

Non riusciva a guardarli e sorridere come se niente fosse, senza pensare che avrebbe dovuto separarsi definitivamente da loro.

 

Strizzò gli occhi, reprimendo le lacrime e strinse convulsamente il bordo del tavolo, facendo leva sulla superficie gelata per reggersi sulle sue gambe.

Sobbalzò, quando qualcosa di piacevolissimamente caldo si posò contro la sua schiena.

 

- Ehi. - Sorrise Joe, lasciando correre la mano verso l'alto, fino al collo niveo. - Mi stavo chiedendo dove fossi finita. Di solito, a quest'ora, sei già sotto le coperte da un pezzo... - Soffiò, fingendo di non averne intuito perfettamente il motivo.

 

Le sorrise, torturando l'estremità della sua lunga coda di cavallo fra le dita. Arricciò morbidamente un ciuffo scuro, mentre Gabrielle decideva di ignorare allo stesso modo quella tenera bugia.

 

- Bevevo la mia tisana... per conciliare il sonno. - Mormorò, socchiudendo gli occhi, quando lo vide chinarsi appena in avanti.

Lasciò che arrivasse a premere delicatamente le labbra sulle sue, prima di tirarsi indietro con un leggero scatto.  

 

Di più, ora come ora, le faceva davvero troppo male.

 

Abbassò lo sguardo, scappando nel salotto semibuio. Si sfilò il maglione, lasciandolo cadere ai piedi del divano-letto, prima di infilarsi sotto le coperte.

 

Senza guardarlo neppure una volta.

 

Joe le si avvicinò, mentre lei si sistemava a pancia in sotto, tuffando il viso nel cuscino.

Si sdraiò nella stessa posizione, allungandosi a sfiorarle il solco alla base della schiena. E non si fermò, quando la sentì sussultare. Al contrario, le sollevò la maglietta, lasciando scivolare con più decisione le dita sulla sua pelle liscia.

 

Coco tremava. Di un tremito tanto impercettibile quanto profondo e, sebbene gli desse le spalle, ne era certo, piangeva. Si avvicinò, aspettando che decidesse di muoversi.

 

Lentamente, lei lasciò la presa febbrile sulla federa a fiori, voltando il capo nella sua direzione e scoprendo le guance segnate da enormi lacrime umide.

Rotolò su un fianco, abbandonando le braccia contro il materasso morbido senza più nemmeno tentare di nascondersi.

 

- Ci hai pensato che questa è la nostra penultima notte insieme...? - Sussurrò in un fil di voce, lasciando che i capelli le si attaccassero alle guance.

 

Lui sospirò, mordendosi appena il labbro, prima di scostarle le ciocche madide dal viso.

 

- Almeno mille miliardi di volte, Coco... - Soffiò. - E non riesco ad accettarlo comunque. - Scese lungo il braccio sottile, tornando a lambirle i fianchi scoperti. Solleticandola con dolcezza e assaporando, millimetro per millimetro, la pelle d'oca che le correva addosso come un lungo brivido.

 

- Non voglio...! - Esalò Gabrielle, fin troppo concentrata sulla mano di lui. - Non voglio andarmene e dover fare a mento di tutto questo. Di te... Joe! - Strizzò il cuscino, mentre nuovi lucciconi spingevano contro le ciglia scure.

 

Se la strinse contro, lasciando che il corpo minuto di lei combaciasse millimetricamente col suo. Poi si chinò a posarle una scia di piccoli baci lungo il collo, senza smettere un momento di accarezzarle la schiena tremante. Aspettando pazientemente che anche l'ultimo singhiozzo si spegnesse sulle labbra tiepide. 

 

- Coco... - Sussurrò, sollevandosi leggermente su un gomito, quando la sentì rilassarsi appena un po' nella sua stretta. - Amore mio, ascoltami. -

 

Fece leggermente pressione sulla sua spalla e la spinse a rilassare la schiena contro il materasso, senza scostare la mano.

 

- Avrei dovuto aspettare domattina, ma... qualunque cosa, pur di vedere un sorriso su queste labbra. - Mormorò, poggiandole un dito sulla bocca socchiusa. - Io, Kev e Nick abbiamo deciso di farti un regalo, prima che tu parta. - Gabrielle sussultò impercettibilmente, sgranando gli occhi lucidi.

 

- Cosa...? No, Joe, guarda che non ce n'era bisogno...! Io... -

 

- Lasciami almeno spiegare che cos'è, questa sorpresa. - Sorrise lui, premendo leggermente la mano sulle sue labbra.

 

- Non sono sicura di volerlo fare... - La voce le uscì leggermente ovattata. - Perchè sarà sicuramente qualcosa di meravigliosamente dolce a cui non riuscirò a dire di no. -

 

Joe arricciò le labbra in un'espressione soddisfatta, sfiorandole la punta del naso arrossato con un minuscolo bacio.

 

- Bene, perchè abbiamo deciso di regalarti ventiquattro ore con noi, tutti e tre. Potrai scegliere dove andare o cosa fare, saremo a tua totale disposizione e "no" non è contemplata come risposta. -

 

- Domani...? - Pigolò, inumidendosi le labbra quando lui annuì. - E le riprese...? I vostri impegni? -

 

- Debra non è poi un osso così duro... - Ridacchiò, tornando a solleticarle la pelle morbida appena sopra l'ombelico. - Soprattutto se aggiri l'ostacolo, andando a parlare direttamente con il regista. Nick se l'è rigirato come un guanto. - Concluse, scuotendo appena le spalle.

 

- Ma non dovevate... - Sospirò, lasciando scontrare lo sguardo con il soffitto in penombra.

 

- E' il tuo ultimo giorno qui, Gabrielle. E, ancor più che noi, volevamo che salutassi come si deve... lei. - Sorrise, lanciando un rapido sguardo alla città, oltre la finestra semiaperta. - Dopo sei anni di convivenza, penso che la tua Parigi si meriti un addio come si deve. -

 

- Sì.. - Mormorò lei, rannicchiandosi contro il braccio di Joe. - In effetti volevo lasciarla a modo mio, ci avevo già pensato. -

 

Una giornata in giro per le vie della sua città, nei posti che preferiva.

Una fotografia per averli sempre con , in un certo senso.

Il Louvre, Les Halles, i giardini delle Tuilleriès. Il quartiere latino, gli Champs Eliseé e la Gare d'Orsay. L'Arc du Triomphe, Notre Dame e la collina di Montmartre. E poi mille altri ancora.

 

Avrebbe lasciato un pezzo di cuore a ciascuno.

In ogni strada, in ogni fontana e in ogni scampolo di cielo.

 

Il tocco delicato di Joe la riscosse dai suoi pensieri. Tornò a fissarlo, mentre lui raccoglieva le sue lacrime fra le dita affusolate. Guardandola con assoluta tenerezza, come se avesse ascoltato i pensieri appena espressi.

 

- Possiamo venire anche noi? - Chiese, attorcigliandosi una lunga ciocca scura di lei attorno al dito. - E ricorda che non si accettano "no"...! - Concluse sornione.

 

Senza parlare, Coco si sollevò leggermente, facendo leva sul materasso per arrivare a premere le sue labbra su quelle di lui.

 

- Ti assicuro che questo non lo era... - Soffiò  contro la sua bocca, prima di allacciargli le braccia al collo e trascinarlo verso il basso insieme a lei. - Non era assolutamente un no. -

 

 

***

 

 

Nick si sedette al tavolo, armeggiando con le sue medicine nella cucina semibuia. Appoggiò un paio di flaconi sul piano, prima di pungersi il dito con una naturalezza tale da fare quasi paura.

Sorrise, senza distogliere lo sguardo dal display luminoso, quando avverti un inconfondibile, lieve peso contro la schiena.

 

- Ciao, Coco. - Mormorò, lasciando che lei gli passasse le braccia attorno al collo, prima di posare un bacio veloce sulla pelle tesa.

 

- Buongiorno Piccolo. - Soffiò, stringendolo appena. - Tutto a posto? -

 

Annuì piano, riponendo alcuni dei farmaci e si voltò, sciogliendo delicatamente l'abbraccio. Poi la guardò con aria furba, lasciando rotolare qualche pastiglia sul palmo della mano.

 

- Mi prenderesti il- -

 

- Latte al cioccolato? - Lo anticipò, allungandogli la bottiglia con un sorriso.

 

- Sì, sai... Qualcuno mi ha detto che con quello le pastiglie vanno giù che è una meraviglia. - Ridacchiò, osservandola mentre chinava il capo per nascondere le guancie imporporate. - E di questa persona mi fido ciecamente. Più che di me stesso. - Continuò, afferrandole una mano e attirandola verso di .

 

La invitò a sederglisi in braccio e lasciò che si sistemasse sulle sue ginocchia, stringendola premurosamente fra le braccia. Rimasero in silenzio per un'interminabile manciata di secondi, decisamente troppo consapevoli entrambi che quello sarebbe stato davvero l'ultimo giorno.

 

- Hai una vaga idea di quanto mi mancherà vederti arrivare tutte le mattine...? - Soffiò improvvisamente Nick, stappando la bottiglia.

 

Bevve un microscopico sorso, spezzando il contatto visivo fra di loro per una frazione di secondo. Brevissima, ma sufficiente a far comparire l'ombra di una lacrima negli occhi color cielo di lei.

 

- Più o meno quanto mancherà a me il trovarti seduto qui, credo. - Bisbigliò, accarezzandogli i ricci spettinati. - O il cominciare la giornata con un tuo sorriso, Nick. -

 

Abbassò gli occhi scuri, strizzando nervosamente il tessuto leggero della maglia di lei fra le dita.

 

- Gabrielle... - Aumentò la presa sui suoi fianchi sottili, spingendola ad appoggiarsi completamente a lui. La abbracciò, rabbrividendo leggermente quando le sue piccole mani fredde gli sfiorarono le braccia scoperte. - Io e i ragazzi abbiamo deciso una cosa. -

 

- Lo so... - Annuì, sfiorandogli la pelle tesa del collo con la punta del naso. - Joe me l'ha detto, ieri sera. -

 

- E figurati se quello riesce a tenere la bocca chiusa...! - Borbottò, arricciando le labbra in una smorfia divertita. - Comunque, l'importante è che tu accetti la proposta. - Decretò poi.

 

Coco sorrise, chinandosi a sfiorargli la guancia arrossata con un bacio, proprio mentre il primo raggio di sole si intrufolava nella stanza.

 

- E' ovvio... - Sussurrò, arrossendo lievemente. - Ovvio che vi voglio con me. -

 

Fece appena in tempo a finire la frase, prima che Joe e Kevin entrassero in cucina sbadigliando rumorosamente. Gabrielle scivolò via dall'abbraccio di Nick, raggiungendoli.

Lasciò che Joe le catturasse le labbra pallide in un lungo bacio, per una volta incurante dei fratelli e, quando si furono separati, abbracciò Kevin, nascondendo la testa contro la sua spalla.

Senza dire nulla.

 

Rimasero tutti e quattro in silenzio, avvolti dal riflesso giallo del sole sul tavolo di legno sbiancato. Poi, dopo quella che parve un'eternità, Coco si scostò appena dal maggiore dei fratelli e gli sussurrò un timido "buongiorno", diverso da tutti quelli che l'avevano preceduto nei mesi in cui si erano svegliati insieme. Lo lasciò andare, sorridendo appena.

 

- Buongiorno. - Rispose lui, piano. L'ultimo.

 

Si sedette al tavolo, insieme ai suoi fratelli, senza smettere di osservarla. Gabrielle rimase in silenzio qualche altro secondo, cercando di imprimersi nella memoria la sensazione di averli lì.

 

- Posso prepararvi la colazione...? - Mormorò, tornando a sorridere.

 

Voleva farlo ancora una volta, per i suoi Jonas.

 

Joe, Kevin e Nick annuirono silenziosamente. Felici del solo e semplice fatto di farla felice, la guardarono con silenziosa e tenera devozione, mentre sistemava quattro tazze colorate sul tavolo.

 

 

***

 

 

Alzò lo sguardo sulle guglie ricamate di Saint Eustache, stringendosi nella sciarpa di lana morbida per ripararsi dal freddo. Il vento tirava sempre sui prati pettinati dei giardini di Les Halles.

 

Coco scattò un paio di fotografie all'imponente chiesa, insinuandosi con l'obbiettivo della nikon tra un contrafforte e l'altro, alla ricerca di qualche riflesso prezioso.

Si arrampicò sulla mano dell'enorme scultura. sistemata al centro della piazza, allungando la custodia vuota a Joe. La scrutava silenziosamente, poggiato al naso di pietra, caldo di sole. 

 

Un'altra inquadratura. Abbassò la macchina, sospirando con aria mesta e valutò che con quello che rimaneva del rullino avrebbe dovuto tirare fino a sera.

 

- Così basta. - Soffiò, allungandogli anche la nikon.

 

Joe la sistemò accuratamente nella sua borsa imbottita e se ne sistemò il laccio sulla spalla, prima di tendere le mani verso Gabrielle, che scattò appena in avanti, lasciandosi cadere nella sua stretta rassicurante.

Le braccia di lui si strinsero attorno al suo corpo, trattenendola anche quando i suoi piedi furono saldamente a contatto col suolo.

 

- Joe... - Mormorò, con voce soffocata.

 

Non le rispose e nemmeno diede segno di averla sentita. Continuò semplicemente ad abbracciarla, sfiorandole appena la schiena con le dita.

Da giorni, ormai, era così. Per Joe, ogni minimo contatto fra di loro era divenuto fondamentale, essenziale e irrinunciabile.

 

- Joe. - Riprovò, accarezzandogli la spalla. Lo senti tremare, leggermente, mentre il suo respiro si faceva più teso. - Oh, ti prego...! -

 

- Non dire niente. - Si decise a rispondere. - Lascia parlare me... -

 

- Non sono sicura di volerlo fare. - Replicò, poggiando il capo contro la sua spalla. - Kev e Nick dove sono...? -

 

- A fare un giro intorno alla chiesa, credo. Torneranno tra poco... Coco, per favore...! - Implorò, carezzandole i capelli.

 

- Giurami che non vi siete messi d'accordo per fare questo...! - Sospirò.

 

Joe scosse impercettibilmente il capo, prima di trascinarla verso una delle grandi aiuole disposte attorno alla piazza. Si sedette sul prato, appoggiando la macchina lì a fianco, prima di invitarla ad accomodarglisi in braccio.

 

Coco esitò, perfettamente consapevole di ogni singola, possibile conseguenza di quel gesto.

Il suo cervello si affannava a ripeterle di non farlo, eppure, per qualche assurda ragione, una frazione di secondo dopo, le sue gambe erano addossate a quelle di lui e il suo naso gli sfiorava il collo, assaporandone il profumo familiare e rassicurante.

 

- Io non ti lascio. - Soffiò Joe, allacciandole le braccia alla vita sottile.

 

- Mi sembra di averti già spiegato. - Replicò, in un fil di voce.

 

- No. E' un'altra cosa che intendo... - Se la strinse contro, riparandola da una folata traditrice, che sollevò le foglie secche attorno a loro. - Io parlavo di noi. -

 

- Come...? - Pigolò.

 

- Tu sei mia, Gabrielle. E lo sarai sempre, per quanti chilometri di terra e d'oceano ci separeranno. Io non ti lascio. - Ripetè, caparbio.

 

- Joe...! No! - Si scostò, stringendo il collo del suo cappotto tra le dita arrossate dal freddo. - Non puoi. Da domani tu non mi vedrai più, ti dimenticherai presto di me... - Mormorò, scrollando impercettibilmente il capo. - Ci sarà un'altra. Perchè è impossibile non innamorarsi di te. -

 

Si morse il labbro, guardandolo timidamente negli occhi mentre lui si faceva incredibilmente serio.

 

- Io un'altra non la voglio. - Soffiò, stizzito.

 

- Non dire così... -

 

- Lo dico eccome, invece: nessuna sarà mai quella che voglio. Nessuna sarà te, Gabrielle. - Lei sussultò, vedendo distintamente una lacrima premere contro le ciglia scure.

Allungò istintivamente la mano, sfiorando la guancia di Joe. E la spazzò via, senza quasi nemmeno permettere che inumidisse la sua pelle ambrata.

 

- Non puoi vivere di quello che è praticamente, già solo un ricordo...! - Esclamò, scuotendo la testa.

 

Lui non rispose subito, lasciò prima correre le dita sulle spalle minute, scostando appena i boccoli scuri.

 

- Ascoltami bene: se io fossi certo che tu tornerai da me, che ci rincontreremo, anche fra un miliardo di anni, ti aspetterei. Non guarderei nessun'altra, non mi innamorerei mai più. - Esitò, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso. - E mi conosci, lo sai che ho la testa abbastanza dura da impuntarmi e riuscirci...! -

 

Gabrielle lo lasciò andare, sgranando gli occhi chiari. I capelli le carezzavano piano le guance. Rosse non solo per il vento gelido che non voleva dar loro tregua. Bloccò una ciocca dietro l'orecchio, mentre un sorriso spingeva per uscire allo scoperto.

 

- Non essere... sciocco. - Mormorò, avvicinandosi a lui con uno sguardo che sembrava dire l'esatto opposto.

 

- Mi mancherai, Coco. - Soffiò Joe, soffocando quasi le parole contro le sue labbra. - Mi mancherai come l'aria che respiro... -

 

 

Quando Kevin e Nick tornarono dal loro giro, trovarono Coco con la sua Nikon stretta in mano e, per la prima volta da giorni, un sorriso luminoso sul viso.

Poco distante, Joe stava riuscendo a litigare in francese con un poliziotto alto il doppio di lui. Gli ficcò in mano una banconota da venti euro, aspettando con aria stizzita di avere la ricevuta.

 

- Che succede...? - Domandò Nicholas, avvicinandosi a lei. - Cos'ha combinato stavolta? -

 

Gabrielle scrollò le spalle minute, soffocando una risata.

 

- Ho idea che quel prato non si potesse calpestare...! - Sussurrò divertita, inumidendosi le labbra.

 

{E noi siamo andati ben oltre quel limite.}

 

 

***

 

 

Kevin si voltò, incuriosito dallo scatto deciso dell'otturatore.

Gabrielle sorrise, abbassando la macchina fotografica e scoprendo le guancie impercettibilmente arrossate. Si avvicinò, sedendosi su uno scampolo del bordo di marmo freddo, rimasto intoccato dagli schizzi della fontana.

 

- Non pensavo ti piacesse tanto fare fotografie... - Mormorò lui, osservando il cielo specchiarsi sulla superficie dell'acqua e, più lontano, sul cristallo bianco della piramide più grande.

 

Il cortile del Louvre era gremito di turisti, nonostante il freddo pungente. Coco rubò uno scatto ad una coppia di bambini che si rincorreva sul selciato liscio, prima di rispondergli.

 

- Più che altro lo trovo estremamente rilassante. - Soffiò. - Mi coinvolge talmente tanto, che mi permette di non pensare ad altro... Cancella ogni cosa. E' la mia terapia. -

 

- Ti fa bene, si vede. - Replicò Kevin sorridendo. - E hai fatto qualche foto anche a noi? -

 

- Soprattutto a voi, anche se non ve ne siete accorti. - Arrossì, scrollando leggermente i lunghi capelli. - Tu, Joe e Nick siete dei soggetti splendidi. Siete... espressivi. -

 

- Espressivi... - Ripetè, arricciando le labbra in una smorfia pensierosa.

 

- Sì. In ogni sguardo, ogni movimento... Raccontate e nascondete qualcosa. Cioè...! - Si bloccò, imbarazzata nell'accorgersi che lui la stava fissando con crescente interesse. - Io non so... magari sto dicendo delle sciocchezze! Non ho idea di come funzioni in realtà il lavoro del fotografo. -

 

- Secondo me è proprio così. E tu riesci a farlo alla perfezione... - Decretò, passandole un braccio attorno alle spalle minute.

 

Gabrielle sorrise, abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe. Guardò le stringhe di colore diverso attraverso le ciglia scure, prima di tornare a fissarlo su Joe che, poco avanti a loro, trascinava Nick verso l'ingresso del museo.

 

- Non so. - Sospirò. - Io vorrei solo che il mondo possa vedere come apparite ai miei occhi... Che spettacolo incredibile siete. -

 

Senza dire nulla, Kevin le sfilò la Nikon dalle mani, appoggiandosela in grembo e lasciò scivolare le braccia attorno ai fianchi sottili, stringendola delicatamente.

 

- Se sapessi che spettacolo sei tu, Gabrielle... - Sussurrò, accarezzandole la schiena.

 

- Kev... - La sua voce era talmente fioca che venne quasi totalmente portata via dall'ennesima folata di vento.

 

- Cosa? -

 

Strinse il bavero del suo cappotto fra le dita sottili, consapevole mai come in quell'istante che Joe era a poco meno di dieci passi da lei, appena oltre una fila intermittente di turisti.

Che avrebbe potuto decidere di tornare indietro da un momento all'altro.

 

E altrettanto che questo non era abbastanza a spingerla a lasciarlo andare.

 

- So che l'hai fatto per me e io non saprò mai ringraziarti abbastanza per questo. - Cominciò, nascondendosi ancor di più nel suo abbraccio. - Però, per una volta, una sola, ti prego... Chiedimi di non partire. - Si morse il labbro, frenando un singhiozzo.

 

Kevin sussultò, spalancando gli occhi verdi per la sorpresa e quasi non si accorse che la nikon stava per cadere rovinosamente a terra.

 

- Coco... -

 

- Voglio sentirtelo dire...! - Esclamò, quasi senza fiato. - Ti prego, Kevin... - Ripetè.

 

Passò un attimo di profondo, totale silenzio. Talmente assordante da cancellare perfino il chiacchericcio della folla circostante.

 

- Non andartene... - Mormorò improvvisamente lui, strizzando gli occhi lucidi. Così piano che perfino Gabrielle faticò a sentirlo.

 

- Kev... -

 

- Non andare, Coco...! - Replicò, questa volta in modo da risultare perfettamente udibile. Nascose il viso nell'incavo della sua spalla, riducendo al minimo la distanza fra loro. - Resta con m-

 

Si bloccò, mangiandosi quasi l'ultima parola mentre lei scivolava fuori dall'abbraccio e sollevava gli occhi, puntandoli nei suoi.

 

- Scusa..? - Pigolò, senza smettere di fissarlo.

 

Sulle sue guancie pallide andava allargandosi un delizioso alone color porpora.

 

Kevin allungò la mano, accarezzandola lentamente, prima di tuffare le dita fra i lunghi capelli scuri. Le lasciò scivolare fin dietro la testa, attirandola leggermente in avanti, mentre si chinava appena verso di lei.

 

- Io... - Esalò, prendendo una piccola boccata d'aria.

 

Gabrielle era immobile, tesa come una corda di violino sotto il suo tocco leggero. La vide con la coda dell'occhio far leva sulla pietra liscia, per sporgersi ancor più in avanti e avvertì distintamente il suo respiro, caldo e irregolare sulla pelle.

 

Non le era mai, mai stato così vicino. Ad esclusione di quell'unica notte.

 

- Ehi, Coco!!! -

 

Fu questione di un attimo.

La sentì scivolare via ancor prima che si muovesse effettivamente. Abbassò il braccio, rituffando la mano nella tasca del cappotto, mentre lei sorrideva a Nick, che le correva incontro con in mano qualcosa di molto piccolo e luminoso.

 

Lo raggiunse, fermandolo a metà strada. In mezzo a una scolaresca che si separò il minimo indispensabile per passare loro attorno.

Una ragazzina, troppo impegnata a parlare con la sua compagna, sfilò particolarmente vicina a Gabrielle, urtandola in malomodo.

 

Lei finì fra le braccia di Nick, che la sorresse delicatamente e ne approfittò per infilarle in mano ciò che le aveva portato. Coco stese le dita, rivelando due lucentissime sferette di vetro, fissate a dei supporti per orecchini.

Sollevò lo sguardo, stupita, incrociando il sorriso furbo del suo piccolo.

 

- Dall'altro lato del cortile c'è una ragazza italiana che li vende... Sono fatti a mano, da lei. - Spiegò, indicando una figura minuta con un buffissimo basco di lana viola fra i capelli biondissimi e riccioluti. Trafficava con una scatola di cartone e aveva stesa sul selciato davanti a una stola di velluto nero piena di piccoli monili.

 

- Questi mi sono piaciuti subito e ho pensato... -

 

- Nick. - Mormorò lei, interrompendolo. - Devi smetterla di farmi tutti questi regali. - Osservò gli orecchini rotolare leggermente di lato e catturare un raggio di sole, prima di rifletterlo in mille direzioni differenti.

 

- No, credo che mi conquisti troppo farteli e vedere, ogni volta, i tuoi occhi illuminarsi a questo modo. - Soffiò. - Ti piacciono? -

 

- Sono bellissimi. - Sospirò, stringendoli nel pugno, prima di abbracciarlo, tuffandosi, quasi, nel suo cappotto chiaro.

 

- Bene. - Sorrise, circondandola con le braccia. - Ti aiuto a metterli. -

 

Si allontanò, tenendo sollevati i lunghi capelli leggermente spettinati dal vento, mentre Nick le infilava gli orecchini con mano attenta e delicata.

 

- Ti stanno benissimo. - Sorrise, soffermandosi a posarle un bacio leggero nell'incavo del collo.

 

- Che cosa le sta bene? - Domandò Joe, sbucando rapidamente da dietro una coppia alle loro spalle.

 

- No, niente. - Sogghignò l'altro, mentre Coco scivolava via velocemente per andare a recuperare la macchina fotografica.

 

 

Kevin era ancora seduto nello stesso posto, una mano serrata attorno all'obbiettivo della nikon, l'altra che indugiava sul pelo dell'acqua.

 

- Ehi... - Gabrielle gli sfiorò il braccio, cercando di attirare timidamente la sua attenzione. - Andiamo? - Sorrise, quando lui si voltò.

 

Annuì silenziosamente e lei aspettò che si alzasse, prima di fare qualcosa che nessuno dei due si sarebbe minimamente aspettato.

Complice la folla che li nascondeva completamente ad occhi indiscreti.

 

Senza dire una sola parola, Coco afferrò il bavero della sua giacca e lo attirò leggermente verso di . Il tempo che le sue labbra passarono a contatto con quelle di lui fu minimo, ma sufficiente a scatenare nella mente di Kevin tutta una serie di pensieri, che definire proibiti sarebbe stato riduttivo.

 

Una frazione di secondo dopo, Gabrielle era già lontana. Accanto a Joe.

 

 

***

 

 

Dodici ore. Forse anche meno.

 

Coco deglutì, soffocando un nodo in gola, mentre osservava il sole tramontare sulla sua Parigi dall'alto dell'Arco di Trionfo. Si appoggiò alla balaustra, sporgendosi appena per osservare il brulichio sommesso ai piedi del monumento.

 

Li invidiava, quei passanti. Tutti. Perchè, per loro, era un giorno come tanti altri prima e dopo. Sarebbero tornati a casa e l'indomani mattina si sarebbero svegliati e sarebbero andati avanti a vivere le loro vite.

 

{E io... No.}

 

Concluse, sconsolata da quella semplice, ineluttabile verità.

Sospirò, nascondendo la testa fra le braccia.

 

Non si accorse di Nick, fino al momento in cui le circondò i fianchi sottili, chinandosi a sussurrarle all'orecchio.

 

- E allora...? - Soffiò, sollevando le mani ad accarezzarle le spalle tese.

 

Sorridendo, quando le sentì rilassarsi sotto il suo tocco.

 

- Piccolo... - Mormorò, sfregandosi la guancia arrossata. - Niente, pensavo. -

 

- A quanto è bella? - Chiese lui, alzando gli occhi scuri fino ad incontrare il profilo familiare della Tour Eiffel. Poi giù, fino alla cattedrale di Notre Dame.

 

Gabrielle annuì, girandosi nel suo abbraccio. Invertì le posizioni con un piccolo scatto, spingendolo contro la ringhiera di pietra.

 

- A quanto mi mancherà. - Soffiò, con voce tremante.

 

Si nascose nella stretta di Nick, tuffando il viso nella lunga sciarpa di cachemire colorato che aveva precisamente il suo profumo.

 

- Mi mancherai anche tu, Coco... Dio, se mi mancherai. -

 

Sorrise. Come al solito, Nick aveva capito perfettamente ogni cosa. Anche quello che non gli aveva detto. Soprattutto quello che non gli aveva detto.

 

- E' il tuo momento...? - Domandò in un fil di voce.

 

- Come? - Replico lui, posandole un bacio sui capelli.

 

- Stamattina ho parlato con Joe, oggi pomeriggio... - Arrossì, memore di quanto era successo poche ore prima. - ... con Kev. Mancavi solo tu. -

 

- Capisco. E quei due ti hanno fatto grandi, poetici discorsi d'addio...? - Ridacchiò, stringendola più forte.

 

- Non direi. Però, a modo loro, mi hanno detto delle cose... importanti. - Sussurrò.

 

- E allora ci penserò io, al discorso. Permetti? -

 

La spinse leggermente all'indietro, fino a farla sedere su uno dei grossi blocchi di pietra al centro della terrazza panoramica. La sollevo leggermente, cingendole i fianchi sottili.

 

- Nick... -

 

- Fai parlare me, prima. Altrimenti non credo di riuscirci. - La bloccò, afferrandole entrambe le mani.

 

Se le portò entrambe alle labbra, posando un bacio sui palmi arrossati dal freddo e sorrise, nel sentire il suo piccolo scatto.

 

- Prima di qualunque altra cosa, Coco... Grazie. - Soffiò, portando le sue dita affusolate sulle guance di lei.

 

- Grazie...? - Ripetè, incerta. - E per cosa? -

 

- Sarà banale, clichè e tutto quello che vuoi, ma... per il solo e semplice fatto che ci sei, piccola Gabrielle. - Mormorò, accarezzandola. - Grazie di esistere, di essere entrata nella mia vita e in quella dei miei fratelli... Di tutto quello che hai fatto. -

 

Si fissarono negli occhi per una lunghissima, silenziosa manciata di secondi mentre due enormi lucciconi rotolavano oltre le ciglia folte di lei.

 

- No, non dirlo...! - Singhiozzò, poggiando le piccole mani sulle sue. - Al massimo può... Può essere l'inverso. Io... Cosa posso aver fatto, io? -

 

Nick scosse leggermente il capo, sorridendole ancora, appena prima di attirarla nuovamente nella sua stretta. Si insinuò nello spazio fra le gambe di lei, che gli permise di avvicinarsi ancora di più, stringendogli fermamente le spalle con le braccia sottili.

 

- Joe e Kevin li hai praticamente sconvolti... Te ne rendi conto, vero? - Ridacchiò lui, scostandole il bavero del cappotto per posarle un bacio sul collo. - Mentre, per quanto riguarda me, ti basti sapere che non avevo avuto mai, con nessuno, un legame intenso come quello che ho con te. Tu, per me, sei unica. -

 

- Esattamente come lo sei tu, per me. - Replicò lei, arrossendo violentemente. - Più che un fratello, più che un amico del cuore... Probabilmente perfino più che un innamorato. - 

 

Chiuse gli occhi. lasciandosi coccolare dal suo tocco morbido, anche quello, quasi più che innamorato.

 

- Nick... - Continuò, scompigliandogli teneramente i riccioli. - Sii felice, così come sei, anche senza di me. -

 

- Mi chiedi l'impossibile... - Gabrielle rabbrividì, nel sentire il naso freddo di lui sfiorarle la pelle tesa. - La tua assenza mi peserà sempre, di secondo in secondo di più. -

 

- Basta...! - Esalò, scendendo a poggiargli una mano sulle labbra. - O, piuttosto che partire, mi verrà voglia di buttarmi di sotto. -

 

- Certo, così poi ci ritrovano in quattro. Spiattellati in capo agli Champs Elysee. - Ridacchiò. - Spettacolare, non c'è che dire. Sicuramente una fine all'altezza della fama dei Jonas Brothers...! - Decantò, strappandole un sorriso.

 

Si allontanò appena, lasciandole lo spazio minimo necessario a scendere.

 

- Non ve lo permetterei mai! - Esclamò Coco, rimettendosi in piedi con un saltello.

 

- E noi lo faremmo comunque, credo...! - La punzecchiò, riprendendo a camminare in direzione dei fratelli, che si stavano litigando l'ultimo euro rimasto per far funzionare i binocoli panoramici.

 

- No. -

 

- Sì. -

 

- No, affatto. -

 

- Oh sì, eccome. -

 

Continuarono a battibeccare, ridendo chiassosamente e alla fine, scordandosene perfino il motivo.

 

 

***

 

 

C'era un motivo preciso, se aveva lasciato per ultima la collina di Montmartre, il tetto di Parigi.

 

Lo stesso per cui, alle cinque e mezzo del mattino, dopo aver passato l'intera giornata lungo quelle stesse strade, Gabrielle e i Jonas Brothers stavano seduti ad osservarle, l'una accanto agli altri, sui gradini bianchi dell'imponente basilica del Sacre Coeur.

Silenziosi, avvolti dal buio umido della notte e dallo scalpiccio lontano di qualche altra anima persa, o, semplicemente, già sveglia per andare a fare il suo dovere. La città dormiva placida, morbidamente stesa ai loro piedi.

 

- Chiunque viva a Parigi, ha guardato l'alba da qui, almeno una volta. - Sussurrò Coco, stringendosi al braccio di Kevin. - L'ultima... unica volta che l'ho fatto, ero con Monique. La prima notte che ho passato in Francia. -

 

Joe sorrise silenziosamente, allungandosi a posarle un bacio sulla guancia, proprio nel momento in cui il primo raggio di luce faceva capolino, tingendo una striscia di cielo in color zucchero filato.

 

- Ecco. - Mormorò lei, spazzando via una lacrima invisibile. - Tempo scaduto. -

 

Nick, seduto sul gradino appena più in basso, serrò la presa sulla mano che gli teneva sulla spalla.

 

- Sono stati i cinque mesi più incredibili della mi- -

 

- Nostra. - Lo corresse Joe, mentre Kevin annuiva piano.

 

- ... nostra vita. - Concluse, sorridendo.

 

Lei non rispose. Lasciò che Joe si appoggiasse alla sua spalla, stringendola completamente fra lui e Kevin, poi nessuno dei quattro parlò più, fino a quando il sole fece capolino all'orizzonte.

 

 

***

 

 

Stringendo fra le mani la busta, gonfia delle fotografie sviluppate che aveva appena ritirato dal negozio a cui aveva lasciato i rullini la sera precedente, Gabrielle aspettò che Kevin avesse fatto scattare la serratura, prima di entrare per l'ultima volta in casa sua.

 

- Che ore sono? - Sbadigliò Joseph, stirando le braccia sopra la testa.

 

- Sei e quarantacinque, più o meno. - Rispose pratico Nick, lasciando cadere il proprio cappotto sul divano. - L'aereo di Coco parte alle undici e quaranta, percui abbiamo almeno un'oretta di sonno, prima di accompagnarla in aereoporto. -

 

Rimase ferma sulla soglia, osservandoli silenziosamente mentre si sfregavano gli occhi lucidi di sonno e si infilavano in corridoio, alla ricerca di un bel letto morbido.

 

- Vieni...? - La richiamò Joe, incerto, sulla soglia dell'anticamera.

 

Coco sentì come una mano invisibile strizzarle il cuore nel petto e, nonostante perfino respirare le costasse un dolore tremendo, si sforzò di sorridergli.

 

- Solo un momento. - Pigolò. Si avvicinò, posandogli un leggerissimo bacio a fior di labbra, prima di spingerlo appena verso la porta della loro stanza. - Tu vai, sei stanchissimo... Arrivo subito. - Aggiunse, in risposta allo sguardo incerto di lui.

 

Esitò, cercando una spiegazione negli occhi chiari e trovandoci solo una muta richiesta. Le circondò le spalle sottili, ancora fasciate dal cappotto rosso e se la strinse contro.

 

- Sbrigati. - Soffiò al suo orecchio, prima di lasciarla andare a malincuore.


Lo scatto del meccanismo le diede la certezza che era andato davvero.

 

Per quanto difficile al limite dell'impossibilità, sapeva benissimo cosa doveva fare.

 

Scacciando il velo di lacrime che le impediva di vedere bene quel che stava facendo, si sedette al tavolo della cucina e ci rovesciò su il contenuto della busta. Frugò tra le fotografie lucide, mettendone da parte alcune ed impilando le altre.

Tra quelle poche, poi, ne scelse una sola e infilò il resto nella sua borsa, dopo averle assicurate in qualche modo con un elastico per capelli.

     

C'erano tutti e quattro, in quello scatto.

Joe, Kevin e Nick la abbracciavano, stringendola fra loro sotto il sole di Place Vendomme.

 

La girò, sfilando una penna blu dalla tasca del cappotto. La stappò, con le dita che già tremavano e scrisse solo due parole, al centro esatto del dorso bianco.

 

"Vi amo."

 

La sistemò nella busta, aggiungendoci l'anello di Joe, il ciondolo e gli orecchini che Nick le aveva regalato.

Poi parve ripensarci, per un attimo. Afferrò un foglietto e scrisse qualcosa, velocemente. Lo infilò insieme al resto e richiuse tutto, lasciandolo sul piano di marmo.

 

Sgattaiolò silenziosamente in camera e si caricò il borsone su una spalla, gettando un'ultima occhiata a Joe, che era fortunatamente già crollato. Dormiva profondamente, così come Kevin e Nick, al di là della parete.   

 

Non sarebbe mai stata capace di dire loro addio guardandoli negli occhi, di separarsene in altro modo.

Era meglio per tutti che sparisse così, silenziosamente e senza che nessuno ne sapesse nulla.

Per loro sarebbe stato come svegliarsi dopo una lunga anestesia, ad operazione ormai compiuta con successo.

 

- Scusatemi... - Soffiò, mordendosi il labbro.

 

Si richiuse la porta alle spalle e attraversò il salotto quasi di corsa, uscendo dall'appartamento praticamente ad occhi chiusi. Si concesse solamente di lanciare uno sguardo all'appartamento della vicina di casa, a cui aveva affidato Lulù quella mattina e dove la nipotina dormiva serenamente inconsapevole, così come era giusto che fosse.

 

Scese rapidamente in strada, fermandosi sul marciapiede ancora umido e riuscì a fermare un taxi abbastanza in fretta da sperare di non essere vista da nessuno.

 

Mentre un uomo alto e dinoccolato sistemava la sua valigia nel portabagagli, saltò sul sedile posteriore e si nascose con sollievo dietro il finestrino oscurato.

 

Non si accorse di Monique che, dall'altro lato della strada, parcheggiava la sua twingo color acquamarina. Così come la sorella, troppo indaffarata a saltare giù dall'auto e raggiungere di corsa il primo attraversamento pedonale, non notò la vettura gialla che partì quasi sgommando a pochi metri da lei.

 

Quando l'autista ebbe girato il primo angolo, reimmettendosi nel traffico cittadino, Gabrielle lo indirizzò mestamente all'aereoporto di Charles De Gaulle.

 

E scoppiò in un lungo, silenzioso, pianto liberatorio.

 

 

{ So I'll go, but I know...
I'll think of you every step of the way. }

I Will Always Love You - Whitney Huston

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Capitolo 25
*** Capitolo 24° ***


 

*Si vergogna*

Oook, sono inqualificabile. E' passata una vita dall'ultimo aggiornamento e non contenta vi avevo anche lasciato ad un punto particolarmente "spinoso della faccenda... *fa segno di stare zitti*

 

Vi imploro di perdonarmi e questa volta, torno con i ringraziamenti ad personam!x3 Magari aiuta a perdonarmi.*occhi sbrilluccicosi* Ma non prima di aver ringraziato tutte le 42 persone che tengono questa storia nelle preferite, le 11 che la seguono e le 27 persone che tengono me negli autori preferiti.**

Giuro che non mi sarei mai, mai aspettata tanto. Non sapete quanto mi rendete felice!<3

 

E ora via:

 

2: nonostante tutto, sperando che comunque tu Gabrielle continui a seguirla, grazie del bellissimo commento. Sai che li amo.

 

4: aww. *abbraccia* Beh, cos'altro posso dirti più di quello che ti ho detto in tutto questo tempo di chiaccherate su msn? Ti adoro, tanto. E aspetto di sapere che ne pensi del capitolo (tu e gli altri 31!=P). Sei già lì in pole position!<3 (E mi uccidi via msn, se non pubblico in fretta!xD) La mia peste preferita!*lovva*

 

jeeeeee: fedelissima. Ti ringrazio per la costanza con cui leggi e commenti le mie fic. La fic qui è ben lungi dal concludersi, maaa... Leggi da te se è andata bene o male!*ridacchia*

 

coco2: qui già siamo in vena di addii, maaa... Prima leggi e poi vedrai se è davvero il caso di salutare!x3

 

Skipper: oooh. Io amo questo tipo di commenti.*___* Ne voglio moooolti altri. Ti ringrazio tantissimo. Sapere di emozionarvi per me è la gratificazione migliore.<3 Spero questo capitolo sia ancora all'altezza.

 

Maybe: *saltaalcollo* Ma bentornata!*O* Giuro che volevo contattarti su msn da tipo una vita, che non mi faccio sentire da un tempo vergognoso. Solo che ho avuto casini con l'iscrizione all'uni e... Comunque, lo faccio appena posso, spergiuro!x3 Intanto grazie del commento, mi mancava il tuo nome tra le lettrici!x3

 

-Prncess-: ok, direi che la mia mail è stata abbastanza esplicativa rispetto a quanto mi ha fatto piacere la tua recensione!x3 Non crederai ai tuoi occhi, probabilmente, quando vedrai l'aggiornamento. Aspetto ansiosamente un commento!*O* Spero di non deluderti!x3

 

Simba: una new entry!*O* *ama* Ok, non ho aggiornato in frettissima, maaa... sappi che il tuo commento mi è piaciuto e che ti volgio nelle commentatrici fisse!*arruola* Spero che il capitolo valga la pena dell'attesa.

 

3: Ok, il commento non c'è... ancora!x3 Però ti ringrazio in anticipo perchè so già che arriverà e che sara perfetto, come sempre.<3 Ti adoro, lo sai.x3

 

Beeeene, è tutto sul serio. Vi lascio al capitolo!x3 Al prossimo aggiornamento (GiuroH, mi velocizzerò!x3).

 

Baciattutte!x3

 

 

 

 

- Capitolo 24°-

 

 

 

{ Turn right, into my arms.
Turn right.
You won't be alone,
you might fall off this track, sometimes...
Hope to see you on the finish line.
}

Turn Right - The Jonas Brothers

 

 

 

 

Rivolse uno sguardo malinconico al cielo, plumbeo sopra il parcheggio silenzioso.

Il terminal dei voli di linea sembrava quasi incombere, alle sue spalle. Massiccio e soffocante, nonostante le lucidissime pareti vetrate...

Iniziò a piovere quasi immediatamente. Tempo che il taxi fu sparito, oltre la prima fila di auto, un velo di sottili gocce ghiacciate prese ad inumidire il marciapiede su cui Coco si era fatta lasciare. Lei si caricò il borsone blu in spalla, ma rimase immobile dov'era.

 

Guardò le punte tonde delle sue scarpe, prima di tornare a fissare i grossi nuvoloni grigi. Incurante della pioggia che le picchiettava sulla pelle arrossata.

Poche volte, in tutta la sua vita, era arrivata a dubitare di avere abbastanza forza per prendere una decisione. L'ultima, nemmeno a farlo apposta, era stata in una circostanza del tutto simile... Un aereoporto, un volo da prendere. Solo... dalla parte opposta del mondo.

Solo, allora, non stava lasciando indietro Joe, Kevin e Nick. Non stava rinunciando alla cosa più bella che le fosse mai capitata. Dettagli.

 

- Non lo so, se ce la faccio. - Mormorò, prendendo a camminare, mentre cercava di non pensare a loro.

 

Attraversò l'ingresso, freddo e asettico nonostante la folla che lo gremiva, tenendo lo sguardo saldamente puntato a terra. Non prestò particolare attenzione a dove stava andando, ai grossi schermi luminosi su cui andavano susseguendosi infinite liste di voli in partenza.

Non si era presa il disturbo di capire dove Annabelle volesse portarla. Per quello che contava, aveva messo via il biglietto aereo, senza neppure guardarlo.

 

Si sentì mancare il respiro, mentre l'ennesima morsa di panico le strizzava lo stomaco. Cercò con lo sguardo un angolo più tranquillo dove sedersi, ma non fece tempo ad allontanarsi.

 

- Gabrielle. -  Si voltò, lentamente, al suono inconfondibile del suo nome pronunciato da lei. - Très punctuel. -

 

Senza nemmeno darle il tempo di rispondere, Annabelle le posò una mano sulla spalla e la spinse con decisione verso i banchi del check-in.

 

Fino in fondo all'ampio salone, chiuse in un silenzio tanto rigido, che Coco poteva sentire distintamente le ruote dei trolley scivolare sul pavimento lucido, attorno a loro. Strinse la tracolla del proprio borsone, ignorando la fastidiosa sensazione della stoffa ruvida contro le dita, sforzandosi di non pensare a niente di più complicato del come si potesse mettere un piede davanti all'altro senza inciampare.

 

Di piangere era decisamente stufa, ammesso e non concesso che le fosse rimasta ancora qualche lacrima, dopo gli ultimi giorni... E arrabbiarsi, urlare e dire "no" non sarebbe servito a null'altro che mettersi in ridicolo.

 

Si fermò, osservando il display agganciato all'ultimo pilastro. Seattle. Nemmeno a farlo apposta, sua madre voleva riportarla esattamente dove tutto si era interrotto.

Sarebbe stato il "ritorno" del volo Seattle-Parigi - solo andata - su cui Michael l'aveva caricata, sei anni prima.  

 

E, ancora una volta, sarebbe partita senza una sola lamentela. Avrebbe fatto quello che doveva, senza appoggiarsi a niente e a nessuno.

 

 

***

 

 

Joe si rotolò sul materasso, allungando un braccio sulla mezza piazza rimasta vuota.

 

- Coco..? - Mugolò, sbattendo appena le ciglia per cercare di abituarsi alla luce.

 

Si stropicciò gli occhi ed osservò distrattamente l'armadio riprendere forma e consistenza, oltre il nebuloso velo di sonno. La cercò, subito, per avere la rassicurante certezza di non sprecare nemmeno un secondo del tempo che rimaneva per loro.

Non guardò la sveglia e non si accorse delle nuvole grigie che spingevano contro la finestra socchiusa, troppo occupato a domandarsi perchè le coperte accanto a lui fossero ancora in totale, gelido ordine per realizzare. Le sfiorò, tastandole appena con la mano.

Non c'erano pieghe morbide sul cuscino appoggiato contro la testata e non c'era il tepore della sua Gabrielle a scaldare le lenzuola. Nemmeno il suo profumo.

 

- Amore... Dove sei? - Scese dal letto, improvvisamente e del tutto sveglio.

 

Il silenzio della casa ancora addormentata premeva sulle sue orecchie in maniera assurdamente seccante, facendogli correre un violento brivido d'ansia lungo la schiena. Attraversò il corridoio di corsa, ignorando la fastidiosa sensazione del pavimento freddo sotto i piedi nudi e quasi slittò sulle piastrelle chiare del salotto.

 

- Gabrielle...! - Chiamò, di nuovo. Una vena di panico si stava facendo strada nella sua voce squillante, spezzandone il suono limpido.

 

Si voltò, fulmineo, nel sentire il familiare scatto della porta di ingresso.

Stava già per lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo quando si accorse, con malcelato sgomento, che non era Coco la figura in piedi sulla soglia. Monique si fermò, riprendendo pesantemente fiato dopo la folle corsa fatta. Una mano poggiata allo stipite, l'altra ancora serrata attorno alla maniglia.

 

Quando alzò lo sguardo, fondendolo a quello di Joe, lo stomaco di quest'ultimo si chiuse con uno spasmo violento, quasi doloroso. No, non erano azzurri quegli occhi.

 

Non come avrebbero dovuto essere.

 

- Dov'è mia sorella? - Domandò Monmon, senza troppe cerimonie.

 

Joe la guardò senza rispondere, serrando le labbra in una smorfia stizzita.

 

- Non lo so... - Mormorò, mentre in lui si faceva rapidamente strada l'orribile consapevolezza che, molto probabilmente, non avrebbe trovato la sua Coco nemmeno al di là dell'ampia porta a vetri, ancora chiusa.

 

Si voltò di scatto, spalancandola ed entrando nella cucina desolatamente vuota. Ci volle meno di un secondo, perchè i suoi occhi color caramello si posassero sulla busta. Piccola ed incredibilmente fuori posto, sul ripiano sgombro del tavolo.

 

- Joe..? -

 

La carta era già strappata e la foto stretta fra le sue dita tremanti, quando Monmon lo raggiunse. Gli posò una mano sulla spalla, incerta nel tentativo di attirare la sua attenzione. Lo chiamò, scrollandolo appena, ma lui nemmeno la sentiva più. Respirava a fatica, gli occhi fissi sulle uniche due parole scritte a penna, sulla superficie liscia.

 

"Vi amo."

 

Aveva leggermente sbavato l'ultima lettera, poggiandoci sopra le dita.

Voltò la foto e represse a fatica un moto di stizza, quando vide le loro quattro espressioni sorridenti. Ormai aveva capito, ci era arrivato e la sola conclusione possibile non gli piaceva, affatto. Gli bruciava, come le parole in gola ed il bordo tagliente contro la pelle.

 

{Che cosa cazzo avevamo da ridere così?!?}

 

Non poteva nemmeno immaginare di essere stato tanto tranquillo e contento. Non ora che la sola cosa che riusciva a percepire era l'incolmabile assenza di Coco. Non riusciva a pensare o a sentire nient'altro, sapeva solo che lei non era lì. Che se ne era andata. E basta.

 

Era una assurda, soffocante sensazione di vuoto. Come essere rimasto improvvisamente senz'aria.

 

Quella consapevolezza lo feriva, colpendolo con silenziosa, atroce precisione. Dritto al suo punto debole... Si detestò per tanta immaturità, ma fino all'ultimo aveva silenziosamente sperato che lei non se ne andasse. Non aveva mai voluto, veramente, accettare di separarsi da Gabrielle.

Non lo accettava tuttora, per quello.

 

Perchè non potevano portargliela via. Non così. Non era concepibile...!

 

Cercò di non fermarsi a guardare il sorriso di lei. Inutilmente, da che era impresso molto più a fondo nel suo cuore che su quel ritaglio di carta. Chiuse gli occhi di scatto e spinse via una delle sedie, spostandola con tanta violenza da farla rovesciare sul pavimento di cotto.

 

Monique arretrò, spaventata.

 

- Che...? - Abbozzò, trattenendo il fiato.

 

- Se ne è andata...! - Ringhiò Joe, lasciandosi sfuggire una risata amara. - Gabrielle... - Mormorò, sentendosi addosso tutto il peso di quella certezza.

 

Poggiò la foto sul tavolo, stizzosamente, urtando la busta strappata con la mano.

Quando l'anello - il suo anello - scivolò oltre il bordo e rotolò tintinnando sul pavimento, per poco non crollò. Lo raccolse, in silenzio e se lo rigirò fra le mani, prima di alzare gli occhi lucidi su Monmon. Stringendolo fino a graffiarsi il palmo.

 

- Se ne è andata sul serio. - Soffiò.

 

- No...! - Sibilò lei, passandosi una mano fra i capelli scuri.

 

- Dovevamo accompagnarla noi, volevamo stare con lei... - Continuò lui, mordicchiandosi il labbro. - 'Fanculo...!- Sbottò, poi, passandosi una mano sulle ciglia umide.

 

Monique alzò lo sguardo di scatto, come fosse stata colta da un'improvvisa rivelazione.

 

- E pensavate davvero che Coco avrebbe accettato di vedervi piangere per lei? Che sarebbe stata capace di lasciarvi, così? - Ribattè, momentaneamente dimentica di quello che aveva da dire, inarcando un sopracciglio. - Possibile che non capiate quanto e come la mia sorellina si è innamorata di voi? -

 

- Noi conosciamo Gabrielle... - Joe si voltò, sussultando impercettibilmente quando vide i suoi fratelli in piedi sulla porta, poco dietro di lui. Nick, che aveva parlato, si fece avanti, fronteggiando Monmon con aria decisa. - Abbastanza da capire che avrebbe avuto bisogno di noi, fino all'ultimo. -

 

- E allora avreste dovuto immaginare che, nonostante tutto, avrebbe scelto di non coinvolgervi. - Sospirò lei. - Che non vi avrebbe mai chiesto di dirle addio. L'avrebbe fatto lei e vi avrebbe, in un certo senso, lasciati liberi. - Concluse, indicando con un cenno del capo il contenuto della busta, sparso sul tavolo vuoto.

 

Il piccolo sussultò, sgranando gli occhi scuri quando vide il sssuo plettro e gli orecchini, poco distanti. Non raccoglievano nemmeno una goccia di luce, lontano da Coco.

Si avvicinò, raccogliendo entrambi nel palmo della mano. Stringendoli delicatamente, così come suo fratello Joseph aveva fatto con l'anello...

 

E come Kev, con il foglio piegato in quattro su cui spiccava il suo nome, tracciato nella calligrafia sottile e tondeggiante di Gabrielle.

 

- E' per te. - Mormorò, allungandolo al fratello. Poi distolse lo sguardo, ficcando il pugno chiuso in tasca, rabbiosamente. Fissò con disperata ostinazione le tende bianche, tese davanti ai vetri rigati di pioggia. Le osservò appannarsi, deformarsi leggermente sotto un velo di lacrime furiosamente trattenute.

 

Kevin lo afferrò, senza proferire parola e lesse rapidamente le poche righe in esso contenute.

 

"A te lascio il "nostro segreto".

Sei libero, Kevin. Libero di agire come credi e di dire tutto a Joe.

Ma non addossarti tutta la colpa - ti conosco, so che lo faresti - e spiegagli che è anche colpa mia, ma che, giuro, non ho mai avuto intenzione di ferirlo. di ferire te. Perchè, a modo mio, vi amo entrambi.

E vi amo al punto che non posso nemmeno pensare, di farvi del male."

 

Sollevò lo sguardo, fissandolo sul maggiore dei suoi fratelli per una frazione di secondo, prima di chiudere il biglietto ed infilarselo in tasca.

 

- Non... Non possiamo fare niente. - Esalò, tornando accanto a Nick che, silenziosamente, gli si accostò un pochino di più. Premette il braccio teso su quello del fratello, nascondendo il viso contro la sua spalla per una frazione di secondo.

 

- NO...! In realtà qualcosa c'era. - Soffiò Monmon, torcendosi nervosamente le mani. Spostò lo sguardo dall'uno all'altro, ansiosa. - Credo di avere una soluzione. -

 

- Che- - Nick si bloccò, lasciando correre lo sguardo al salotto, oltre la porta.

 

Joe era scattato, come fosse stato caricato a molla. Si era già infilato un paio di scarpe e una felpa, quando i fratelli lo raggiunsero. Kevin gli strappò di mano la sua kefiah, impedendogli di gettarla sul pavimento insieme a tutto il rimanente contenuto dell'armadio.

 

- Che diavolo ti è preso, si può sapere? - Abbaiò, indicando con un cenno del capo i vestiti impietosamente accartocciati ai loro piedi. Joe nemmeno lo guardò in faccia, mentre recuperava la sua giacca a vento.

 

- Io vado da lei! - Esclamò, infilando l'anello di Coco in una delle tasche interne. - Non la lascerò partire, con la soluzione qui, sottomano...! -

 

- Non sappiamo nemmeno quale sia, questa "soluzione"...! - Obbiettò Nick, agguantandolo per un braccio. - Coco non tornerà, senza la certezza che Lulù sia fuori rischio. Io... Non voglio correrle dietro e costringerla a dirmi addio un'altra volta. - Abbassò lo sguardo, riprendendo silenziosamente fiato.

 

- Nick ha ragione, Joe. Non possiamo farle questo... - Soffiò Kevin, strizzando la sciarpa tra le dita affusolate.

 

- Ma... STATE SCHERZANDO?! - Ringhiò lui, scrollandosi di dosso il fratello minore con un gesto secco. - Volete lasciarla andare? -

 

- Farei qualunque cosa, per riaverla qui. - Sibilò Nick, piantando furiosamente gli occhi nei suoi. - Qualunque. Non osare metterlo in dubbio, Joe. -     

 

- E allora avresti potuto informarla che il tribunale ha acconsentito a lasciarmi la custodia di mia figlia, dopo che Geràrd mi ha assunto con regolare contratto... E ha rintracciato il vero padre di Luciàne, costringendolo a riconoscerla. - Intervenne Monique, che li aveva appena raggiunti. - Questa è la soluzione. Ero venuta per dirglielo, ma Gabrielle deve sempre fare di testa sua, maledizione...! -

 

Si appoggiò allo stipite, incrociando stancamente le braccia mentre l'ombra di una lacrima correva nei suoi occhi scuri.

 

- Visto? VISTO? - Abbaiò Joe. - Io la riporto indietro...! Sei venuta in macchina? - Continuò, rivolgendosi a Monmon.

 

- Sì, ma...! - Abbozzò lei, presa decisamente in contropiede. - E' tardi, non arriverai mai in tempo. Ammesso che tu non voglia violare l'intero codice stradale francese. - Aggiunse, inarcando un sopracciglio.

 

- Al massimo offriremo all'autorità il privilegio di confiscare due patenti americane, in una volta sola. - Ribattè Kevin risoluto, girandosi la kefiah attorno al collo, mentre con lo sguardo cercava le proprie scarpe in mezzo al caos scatenato dal fratello.

 

Joe lo guardò con improvvisa, profonda gratitudine. E guardò Monique che sembrò improvvisamente più sollevata. Smise di torturarsi le mani, prendendo profondamente fiato.

 

- Sì, certo. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. - Poi lo spiegate voi a quel mastino vestito da confetto..! Muovetevi, vi voglio vestiti, pronti e in strada fra due minuti. Io scendo a prendere Lulù. Non posso lasciarla a Dominique per altre dodici ore, senza dire niente...! - Esalò, estraendo le chiavi della twingo dalla sua tracolla.

 

 

***

 

 

Monique Lemoin arrivò all'aereoporto dopo aver, per la prima volta in vita sua, bruciato almeno quattro semafori rossi consecutivi e infranto i tre quarti delle norme stradali, in appena una manciata di chilometri. Lasciò l'automobile malamente accostata ad uno degli spartitraffico davanti al terminal dei voli di linea, schiaffando la portiera al suo posto con un po' troppa enfasi.

 

- Mi sequestreranno la patente, lo sento...! - Soffiò, mentre sollevava la piccola Luciane dal marciapiede bagnato e la stringeva fra le braccia.

Era talmente agitata e in panico che riusciva solamente a pensare a cose stupide come quella.

 

La sua mente si rifiutava a livello categorico di fissarsi su Coco o sul fatto che stava per andarsene definitivamente dall'altra parte del mondo... Su come la sua sorellina sarebbe stata costretta ad obbedire alla volontà di Annabelle. O su qualunque altra cosa la riguardasse.

Si concentrò esclusivamente su come potesse filare il più velocemente possibile con la bambina in braccio e senza perdere di vista Joe e Kevin che erano schizzati fuori dalla twingo, senza quasi aspettare che si fosse definitivamente fermata.

 

Correvano con una forza disperata, quei due ragazzi.

Come se non sentissero la fatica o non vedessero la marea di persone che si dipanava fra loro e i banchi del check-in. Con il solo pensiero di fermare Gabrielle, prima che fosse troppo tardi... Per quanto non sapessero per dove, a che ora lei sarebbe partita.

E, per quanto lei, invece, sapesse benissimo che esisteva un legame profondo fra loro e sua sorella, non sarebbe mai arrivata ad immaginare che fosse... così. Incredibile.

Tipico di sua madre non averlo visto. Non essere arrivata a capirlo ed essersi limitata a distruggerlo. Per Annabelle contava solo quello che, per una serie di stupide coincidenze, Kevin, Joe e Nick avevano in comune con Michael... non l'amore che, tutti e tre, provavano per Coco. Non quello che erano stati in grado e avrebbero continuato a fare per lei.

 

Trattenne il respiro, stringendo rabbiosamente i pugni.

 

- Non ce la faccio...! - Esalò, piegandosi leggermente sulle ginocchia per riprendere fiato.

 

- Tutto bene..? - Sobbalzò leggermente, quando si accorse di Nick fermo accanto a lei. - Lascia che la porti io. - Continuò, indicando Lulù con un piccolo cenno del capo. - Sempre... Sempre se ti fidi! - Arretrò, leggermente frenato dalla sua espressione stranita.

 

- Io... Sì, certo. Grazie. - Mormorò, lasciando che Nicholas le prendesse la bambina. - Non ti pesa? - Soffiò, cercando di sembrare più gentile che esterrefatta.

 

- Non preoccuparti. - Accennò un sorriso, timidamente. - Andiamo...! -

 

- Sì. - Coco. Improvvisamente Coco divenne il suo unico pensiero. Martellante come la paura sorda che fosse già salita sull'aereo. In volo.

 

Seguì Nick che, incredibilmente, scivolava veloce fra la folla anche con la sua piccola stretta fra le braccia e cominciò a cercare, affannosamente, fra migliaia di figure apparentemente tute uguali, due occhi azzurri e lunghi capelli scuri.

 

Joe scavalcò l'ennesimo gruppo di turisti, senza nemmeno vederli, con il cuore che gli martellava nel petto ad una velocità vertiginosa. Sentiva Kevin correre al suo fianco, ma nemmeno di lui riusciva a rendersi del tutto conto. La sola cosa che importava, in quel momento, era Gabrielle.

Il solo sapere che poteva essere lì a due passi e che avrebbe potuto fermarla e trattenerla, gliela faceva vedere ovunque. Ogni volta che incrociava una ragazza bassa o una col cappotto rosso...

 

E il suo cuore ogni volta aveva un sussulto.

Non voleva nemmeno immaginare che fosse troppo tardi. Superarono l'ultimo banco del check-in, mentre il panico cresceva: se fosse arrivata alla zona di imbarco, non avrebbero più potuto raggiungerla.

 

- Kev..! Non c'è! Qui NON C'E'! - Sbottò, guardandosi febbrilmente attorno.

 

- Lo vedo anche da solo, maledizione...! - Ribattè, sbuffando rabbiosamente. - Dobbiamo andare agli imbarchi. Se c'è ancora una possibilità, è bloccarla prima che passi i bagagli a mano per il controllo. - Concluse, risoluto.

 

- Cazzo! Ci sono più di venti uscite diverse...! - Imprecò Joe, pestando un piede a terra. - Non ce la faremo ma-Seattle! -

 

- Seattle!? - Kevin lo fissò, piuttosto confuso. - Cosa significa "Seattle"? - Joe lo arpionò per le spalle, voltandolo bruscamente verso una colonna alla loro destra. Un gigantesco poster patinato faceva bella mostra di , con il logo dell'Operà in cima e una nutrita lista di date, più in basso.

 

- Significa che quella e la prossima tappa del tour! - Esclamò, strattonando il braccio del fratello. - L'orchestra sta andando lì, quindi...! - Senza nemmeno rispondere, Kevin cercò con lo sguardo uno dei display luminosi. Scorse rapidamente i voli, fino a trovare quello che cercava.

 

- Eccolo! Gate 7...! - Mormorò, prima di voltarsi e schizzare verso le scale mobili con Joe alle calcagna.

 

Fu questione di attimi, appena arrivati nell'ampia sala dei metal detector, il loro sguardo si posò sulla colonna disordinata di persone che si affrettava a passare i bagagli sul nastro ronzante. E La videro, entrambi nello stesso istante, in piedi accanto alla figura rigida della madre, mentre si sfilava la sacca di stoffa colorata e faceva per appoggiarla in uno dei cestelli di plastica.

 

- COCO...! NO! -

 

Kevin scattò fulmineo, superando il fratello di misura e nel giro di qualche secondo, le sue braccia furono saldamente strette attorno alla vita di Gabrielle, mentre Joe agguantava la borsetta appena prima che sparisse.

 

- Kevin...! - Soffiò lei, senza quasi rendersi conto di cosa fosse successo.

 

Alzò lo sguardo, fissando apprensivamente Annabelle che li guardava in cagnesco, attraverso l'arco di metallo che aveva appena attraversato. Allontanò bruscamente la poliziotta che stava esaminando le tasche del suo trench, facendo in tempo a muovere un unico passo in avanti, prima che quella la riagguantasse, impedendole di ripassare sotto il detector.

 

- Non devi partire... Non sei più costretta a farlo! - Esclamò Kevin, aumentando la stretta sul suo corpo minuto mentre i suoi occhi saettavano sulla smorfia furibonda della donna. Annabelle strizzò la molletta di brillanti che aveva recuperato dal cesto, graffiandosi le pallide dita affusolate.

 

- Cosa...? Kev, sei impazzito!? - Balbettò, prendendo a tremare impercettibilmente. Nel panico, arpionò i polsi di lui, cercando inutilmente di allontanarlo.

 

- Monique ha sistemato tutto. Lulù non corre più alcun rischio...! - Spalancò gli occhi, fissando Joe come se avesse appena annunciato un'invasione aliena. - Puoi rimanere... - Le sorrise, trattenendosi a stento dal correre a strapparla dalle braccia del fratello.

 

- Giurami che non ti stai inventando tutto...! - Mormorò, mentre il cuore le si bloccava nel petto.

 

- Giuro. - Sobbalzò, nel sentire la voce di Kevin contro il suo orecchio. Si voltò, muovendosi lentamente nel suo abbraccio. Tuffando gli occhi chiari in quelli di lui.

 

Si portò entrambe le mani alla bocca, mentre lo guardava sorridere e annuire impercettibilmente.

 

- NON IMMISCHIATEVI...! Vo- - Abbaiò Annabelle, ancora piantonata dalla poliziotta che non ne voleva sapere di farla tornare indietro. Bloccandosi, quando vide la figlia, totalmente incurante delle sue urla, gettare le braccia al collo del ragazzo più grande e stringersi contro di lui fin quasi a sparire.

 

A completare il quadro, Monique arrivò di corsa, qualche attimo dopo, accompagnata da un terzo giovane. Luciàne era aggrappata alla sua spalla, tranquilla.

Era decisamente, orribilmente in minoranza numerica.

 

- Loro si immischiano quanto vogliono, mamma. E Coco Lulù vanno da nessuna parte. - Replicò la maggiore delle sue figlie, gelida. - Se vuoi partire, lo dovrai fare da sola. -

 

- Hai sentito? - Mormorò Joe, raggiungendo Gabrielle e Kevin. Sorrise, sfiorandole la mano, ancora serrata alla spalla del fratello. - Rimani qui. -

 

Lei non rispose, sussultò appena, stringendosi un po' di più contro Kevin che le accarezzò la schiena con rassicurante dolcezza.

 

Annabelle arriciò le labbra in una smorfia furibonda e, trattenendo a stento una risatina isterica, scagliò la molletta oltre l'arco del detector con tanta foga, che quella rimbalzò sul pavimento levigato e rotolò fino ai piedi di Joe.

Se ne andò, stringendo rabbiosamente la sua borsetta, mentre lui raccoglieva il fermaglio e nessuno, ormai, le badava più. Monique sospirò profondamente, ripetendosi che, se fosse stata una buona figlia, avrebbe almeno provato a correrle dietro.

 

- Se ne è andata. - Nel frattempo, Joe era di nuovo accanto a Coco. Le accarezzò i lunghi capelli scuri, indugiando con le dita contro la sua guancia arrossata.

 

Dopo un attimo che parve infinito, lei si staccò da Kevin, voltandosi a guardare la colonna di persone scorrere al di là del metal detector, ormai sgombro. Senza quasi crederci.

 

- Per una volta ti è concesso tornare indietro e scegliere di fare quello che vuoi, non quello che devi. - Mormorò Joe, prendendole il viso fra le mani. Si chinò a posarle un bacio leggero sulle labbra socchiuse e la sentì sorridere, lievemente, contro la sua bocca.

 

- E' andata, sì, ma vorrà delle spiegazioni. - Replicò aspra Monmon. - Proverà comunque a prendersi Luciàne, lo sai. - Gabrielle la guardò, annuendo appena oltre la spalla di Joe.

 

- Non mi avete raccontato una balla, vero? - Soffiò, arpionando il braccio di lui. - C'è sul serio un modo per far restare Lulù...? -

 

- Un documento firmato e timbrato dal tribunale ti può bastare? - Rispose Monique, tornando a sorridere.

 

Per Coco fu come se la avessero liberata improvvisamente di tutto il peso, la tensione e la paura accumulata negli ultimi giorni. Scivolarono via con tanta forza che sentì quasi cedere le gambe.

Lasciando spazio ad un infinito, soffocante sollievo.

Spostò lo sguardo dalla sorella a Nick, che le stava accanto con Lulù ormai sveglia fra le braccia. Gli sorrise, arrossendo appena mentre lui appoggiava a terra la bambina e le correva incontro.

 

- Posso dirti "bentornata? - Soffiò, mentre l'abbracciava. - Anche se non sei mai veramente partita, grazie a dio. Ultimo capriccio, giuro...! - Aggiunse, ridendo.

 

- Tutto quello che vuoi. - Replicò lei. Lo sguardo di Nicholas si illuminò, nel vederla così felice. - Anche perchè, che mi sei mancato... mi siete mancati, tutti, io devo dirvelo. - Arrossì, mentre Joe e Kevin si avvicinavano. - Sono stata poco più di un'ora, senza di voi, ma, vi assicuro, è stato abbastanza per un'esistenza intera...! -

 

- Sono pienamente, decisamente d'accordo! - Esclamò Joseph, stringendosela contro mentre tutti e quattro scoppiavano in una lunga risata liberatoria.

 

 

***

 

 

Monique prese l'ennesima curva con calcolata delicatezza, canticchiando sommessamente.

Perfino il ticchettio cadenzato della pioggia contro il cruscotto sembrava essersi accordato con la musica soffusa che usciva dalla vecchia autoradio.

Lanciò uno sguardo veloce nello specchietto retrovisore, captando con la coda dell'occhio la figura di sua sorella fusa a quella di Nick. Dormivano profondamente, abbracciati nella penombra dell'abitacolo e nemmeno Joe, per una volta, sembrava aver trovato qualcosa da ridire su come Coco si era lasciata andar fra le braccia del fratello. Indugiò per un momento su di lui, che, dal sedile accanto al suo, analizzava con curiosa attenzione il display del navigatore satellitare.

 

- Dovremo spiegarle davvero tutto su Lulù e quel documento. - Mormorò, prendendola alla sprovvista. - Quando si sveglierà... E' stravolta. Lo siamo tutti... -

 

- Sì... certo. - Annuì lei, studiando il sorriso tranquillo che le rivolse.

 

- E comunque, adesso, abbiamo tutto il tempo. - Continuò lui, fissando gli occhi color caramello sulla strada umida, oltre il vetro rigato di pioggia.

 

- Tutto il tempo del mondo. - Gli fece eco Kevin, da dietro.

 

Monmon osservò con cura i volti dei ragazzi, squadrò sua figlia Lulù che, ormai, sembrava fuori posto fra loro quasi meno della stessa Gabrielle... Fissò Coco, addormentata serenamente come poche volte in vita sua le era capitato di vederla. E sorrise.

 

Tornò a guardare la strada, alzando un po' il volume.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25° ***


Ebbene, non so che cosa sia... Se è stato il concerto o che cosa, ma in questi giorni sono iperproduttiva a livello di scrittura!^O^/ Nunzio vobis gaudium magnum!

 

Perciò, oltre alla shot fresca fresca dell'altro giorno, "Happy Sweet Halloween" (che un commentino fa sempre infinito piacere!*faccino implorante*) ecco anche il nuovo capitolo di "Gabrielle".=D

 

Un capitolo di "transizione", dopo gli ultimi scossoni tocca con quel po' di miele che basta per rilassarsi dopo tutti drammi passati!<3 Sì, tenetevi pronte, Jonas-coccole a profusione.

 

... ma sarà la calma, passata questa tempesta o la quiete prima di un'altra?*risatina malvagia* Chi lo saaa...

 

Per ora godetevi questo capitolo e una buona dose di aaaw terapeutici, care le mie lettrici.

 

Ringrazio le mie fedelissime che sempre commentano e resistono, nonostante le recensioni calino a vista d'occhio. Non sapete la gioia che date, ad ogni singola parola di ogni singlo commento. Per me vuol dire tantissimo.**

 

mitber, jeeeeee, coco2, Simba, Maybe. Vi amo.<3

 

*comunicazione di servizio*

L'ultimo capitolo soffre di astinenza da commenti di una certa numero 4 e una numero 3, ne sente infinitamente la mancanza.

*fine comunicazione*

 

Infine sempre grazie alle 43 persone che tengono la fic nei preferiti, le 12 che la seguono e le 36, dico 36, che mi hanno fatto l'onore di scegliermi fra gli autori preferiti.*_____* Grazie millissime.

 

Buona lettura, bimbe e ricordate che un commento costa poco, ma vale moltissimo!<3

 

 

 

 

- Capitolo 25° -

 

 

 

{ E ritorno da te perché ancora ti voglio
[...]
Io ritorno perché ho bisogno di te.
Di respirare fuori da questa inquietudine,
di ritrovare mani forti su di me.
E non sentirmi sempre così fragile...
}

E Ritorno Da Te - Laura Pausini

 

 

 

 

Coco mosse un timido passo oltre l'entrata, fermandosi ad osservare il salotto vuoto quasi con il cuore in gola. Le sembrava di essere stata lontana dei secoli, mentre invece erano passate solo poche ore da quando era uscita di corsa, impedendosi di guardare cosa stava lasciando indietro. Ascoltò distrattamente il rumore della porta che si chiudeva, misto al chiacchierare soffuso dei ragazzi, nemmeno sentì Monique, la prima volta che questa tentò di attirare la sua attenzione... Tutto quello a cui, momentaneamente, riusciva a pensare era che incredibilmente quella non era Seattle.
 
- Coco...! Mi hai sentita? - Si girò, osservando la sorella quasi con stupore.

 
- Sì... Sì, scusa Monmon. - Mormorò, mentre l'altra si lasciava sfuggire un piccolo sorriso.

 
- Stavo solo dicendo che all'aereoporto mi hanno detto che la tua valigia dovrebbe arrivare in pochi giorni, stavano già abilitandosi per vedere se era già stata caricata. - Gabrielle annuì, leggermente intontita dal sonno che si stava facendo più insistente. - Bene. Vado con Lulù a fare la spesa e un altro paio di cose, ti lascio con loro... Immagino avrete delle cose da dirvi. - Sorrise, indicando i Jonas con un lieve cenno del capo. Poi si sporse leggermente in avanti e abbracciò la sorellina, soffocando una lacrima tra i suoi boccoli scuri. - Non scappare mai più, mon petìt, mai più. -

 
- Mai. - Soffiò, stringendola. In quel momento più che mai Coco si sentì grata che Monmon fosse tutta la sua famiglia. L'accompagnò alla porta, aspettando che fosse sparita oltre la rampa di scale, prima di richiudersela alle spalle.

 

Improvvisamente tutta la stanchezza accumulata in una notte insonne ed in poche ore di paura soffocante le piombò addosso, tagliandole letteralmente le gambe. Si sentiva come se ogni singola cellula del suo corpo stesse urlando la propria fatica.

 
- Adesso si dorme, che ne dite? - Sbadigliò Kevin, stiracchiando le braccia sopra la testa. - Poi penseremo a tutto il resto. - Guardò Gabrielle, incastrandosi per un interminabile attimo nel suo cielo personale. Lei sorrise, arrossendo appena. Talmente presa a rendersi conto che era di nuovo accanto a loro, da scordarsi il bacio davanti al Louvre, la sua fuga ed il biglietto che gli aveva lasciato.

 
- Sei a casa, amore mio. - Un brivido le corse lungo la schiena, nel sentire la voce carezzevole di Joe. Quando tornò a guardarlo erano rimasti solo loro due nella stanza sgombra.

 

Nick e Kevin erano scivolati silenziosamente in corridoio, lasciando loro il tempo di raggiungerli, dopo. Gli si avvicinò rapidamente, lasciando scivolare le braccia sottili sotto le sue, prima di stringersi contro di lui. Appoggiò la testa nell'incavo della sua spalla, strofinando appena il naso sul cotone morbido della t-shirt che indossava. Non disse una sola parola.

Neppure quando Joe l'abbracciò... quando, poi, le posò un bacio leggero sulla fronte e lasciò le labbra appoggiate alla sua tempia fredda, in una tenera carezza. Rimase accoccolata nella sua stretta, tendendo un po' di più i palmi contro la schiena di lui mentre gustava il suo profumo familiare. Si assaporarono a vicenda, recuperando per secondi, minuti interminabili tutto quello che avevano creduto di perdere per sempre. Letteralmente premuti l'una contro l'altro, senza la morbida barriera dei cappotti, abbandonati alla bella e meglio sul divano.

 

- Sei uscito così...? - Soffiò Gabrielle, inaspettatamente, dopo un po'. - Sfiorò la stoffa della maglietta, all'altezza dell'ombelico di Joe. Sollevò appena lo sguardo, senza allontanarsi.

 

- Non ho avuto tempo di mettermi lo smoking...! - Ridacchiò lui, stampandole una scia di microscopici baci lungo il profilo della guancia. - Stavo correndo a prenderti. Io, anzi, noi... anche Kevin e Nick, ti saremmo corsi dietro comunque... perfino in mutande. - Altra risata, che si trasformò in lieve rossore sul viso di Coco. - Eravamo in pigiama. Ci siamo infilati una giacca per non morire di freddo e siamo venuti da te. Tutto qui. -

 

- Joe... - Mormorò lei, soffocando un sospiro. - Dimmi che non è un sogno. Non voglio svegliarmi e scoprire che in realtà tu non ci sei. - Gli accarezzò la schiena, lasciando correre le dita fin quasi alle sue spalle. Joe sorrise appena, sfiorandole l'angolo delle labbra con le proprie.

 

- Posso giurarti che la pura verità è che sono qui con te, Coco. E non ti lascerò nemmeno per un attimo, mai. - Continuò risoluto. - A proposito... credo che questo sia tuo. - Sogghignò, estraendo dalla tasca l'anellino d'argento scuro.

 

Gabrielle sussultò, ricordando improvvisamente la foto, la busta... Il modo meschino in cui era fuggita. Strinse il cerchietto di metallo nel palmo arrossato, sussurrando una serie di timide scuse sconclusionate mentre lo reindossava. Un piccolo tuffo al cuore, Joe ancora una volta non si era reso conto che lei quella fedina aveva scelto di portarla, sì, ma al dito sbagliato. In quel momento era troppo preso da altre parole.

 

- Sei stanca, cucciola, lo vedo. - Soffiò, accarezzandole i capelli. - Come dice Kev, avremo tutto il tempo del mondo, dopo. - Coco annuì, stringendoglisi contro mentre lo seguiva in corridoio.

 

- Sai cosa? - Ridacchiò, fermandosi davanti alla porta chiusa della stanza di Monique. - Finchè non torna la mia valigia, non ho niente da mettermi... Neppure un pigiama. -

 

- Per quello, troveremo una soluzione. - La tranquillizzò Joe. - Vieni. -

 

 

***

 

 

Arrossì, stringendosi al petto la t-shirt e i pantaloni di felpa che Joe aveva appena preso dall'armadio. Sembrava stupido, ma solo il fatto di sapere che quei vestiti erano suoi la imbarazzava... Per quanto, invece, l'idea di indossarli la allettava più di quanto si sarebbe aspettata da stessa. Lo osservò di sottecchi, mentre raccoglieva un paio di maglioni dal pavimento e li riponeva alla bella e meglio sullo scaffale. L'unico rumore che aveva osato insinuarsi nel loro silenzio era il vivace scrosciare dell'acqua di un rubinetto, misto alle chiacchere di Kevin e Nick  al di là della parete.

 

- I pantaloni credo siano di Nicky, ma non è un problema. - Sorrise, chiudendosi le ante del guardaroba alle spalle. - Te li lascia più che volentieri. - Coco alzò lo sguardo di scatto, come se fosse appena ripiombata alla realtà da chissà quale strano sogno.

 

Annuì impercettibilmente, poggiando gli indumenti sul letto e iniziando a sfilarsi il maglione. Senza bisogno che gli dicesse nulla, Joe si sedette sulla sponda opposta, volgendole le spalle.

Lasciò che si cambiasse, concentrandosi profondamente sullo spartito scarabocchiato che Kevin aveva lasciato sopra il comodino e solo su quello. Al momento era molto meglio così, per entrambi.

 

- La coulisse è un po' larga... - Quando alzò lo sguardo, Gabrielle era in piedi di fronte a lui.

 

Armeggiava con i laccetti grigi, cercando di tenderli il più possibile fra le dita sottili. Sorrise, nel vederla litigare con l'orlo della maglietta, decisamente lunga per lei. E trattenne appena il respiro quando inaspettatamente lo sollevò e lo strinse fra le labbra per trattenerlo, mentre ancora provava a legare i cordini, scoprendo un abbondante spicchio di pelle candida attorno all'ombelico. Coco sbuffò, mormorando qualcosa di incomprensibile contro la stoffa scura e li abbandonò annodati così com'erano. Joe sollevò le mani a stringerle i fianchi, attirandola appena in avanti e si allungò a poggiarle un bacio leggero sulla pancia scoperta, appena sopra la cintura dei pantaloni, scivolata leggermente verso il basso.

 

- Joe... - Sospirò lei, fermando la maglietta al volo con le braccia. Lo sentì sorridere contro la sua pelle, mentre ripeteva l'operazione un po' più in alto.

 

- Non credo che tu possa stringerli più di così...! - Mormorò lui, con aria sorniona.

 

- Non credi o non vuoi...? - Replicò, arrossendo impercettibilmente. Gli accarezzò i capelli, trattenendo la t-shirt con una sola mano e spingendolo involontariamente a sollevare lo sguardo, incastrandolo nel suo. Si morse il labbro, trattenendo il fiato con un leggero sussulto, quando prese a solleticarle l'ombelico con le dita affusolate e i suoi occhi si fecero umidi, mentre ancora si perdevano in quelli color ambra di Joe.

 

- Ehi...! Quella è mia. - La voce squillante e divertita di Kevin fu come lo scoppio improvviso di un proiettile. Gabrielle mosse un passo indietro, scivolando via e Joseph si alzò di scatto. Avvicinandosi, mentre lei si sistemava la maglia e la tirava febbrilmente, spingendola il più possibile in basso. - La maglietta. Ma ammetto che sta meglio a te...! - Sorrise, raggiungendo Coco. Le circondò le spalle con un braccio, schioccandole un bacio sulla guancia.

 

- Me... Me l'ha data Joe. - Soffiò lei, rilassandosi nella sua tenera stretta. - Pensavo fosse sua. E'... è che non ho i miei abiti. La valigia... - Balbettò, cercando di spiegarsi. Kevin la fermò, agitando appena il capo con fare divertito.

 

- Frena. Non c'è nessun problema... Usala. - Arrossì. Non tanto impercettibilmente perchè il fratello, così da vicino, potesse non accorgersene. - Il nero ti sta bene, fa risaltare i tuoi occhi come stelle. - Aggiunse, concedendosi un altro bacio.

 

- Sì, beh, non ci ho badato tanto. L'avrò confusa con una delle mie. - Sibilò Joe, un po' stizzito. Piantò gli occhi in quelli del fratello e Kevin, remissivo, lasciò andare Gabrielle. Si allontanò appena, lasciando soltanto la mano poggiata alla base della schiena di lei.

 

- Joe... - Fu Coco ad interrompere il silenzio denso che si era improvvisamente allargato a macchia d'olio fra loro. - Sollevò lo sguardo, tendendo appena le labbra in un piccolo sorriso. - Posso dormire io qui, per questa volta? - Entrambi i fratelli furono decisamente colti di sorpresa da quella richiesta. - Ho voglia di stare con voi. Tutti. - Aggiunse, poi, lanciando una rapida occhiata al maggiore.

 

Joseph esitò per un momento, prima di sciogliersi nel più dolce dei sorrisi.

 

- Certo. - Bisbigliò. - Tutto quello che vuoi. -

 

 

***

 

 

I raggi del sole pomeridiano filtravano dalla tenda turchese, tiepidi quasi quanto le lenzuola, stropicciate fra il suo corpo e quello di Kevin.

Gabrielle sospirò, raggomitolandosi meglio contro la sua spalla. Muovendosi appena. Dall'altro lato sentiva Joe. Le era letteralmente addossato alla schiena, con fare dolcemente possessivo. Accarezzò il braccio che le teneva stretto attorno ai fianchi sottili, lasciando la mano su quella di lui.

E, poi, si aggrappò con tutte le sue forze a quel piacevole, morbido stato di dormiveglia. Assaporando fino in fondo il loro calore e la loro vicinanza, senza aprire gli occhi per paura che, una volta davvero sveglia, quella meravigliosa sensazione svanisse alla luce del giorno, come un bel sogno. Fu solo quando sentì il respiro leggero di Kevin lambirle la guancia, che si costrinse a socchiudere le ciglia scure.

 

- Ehi. - Si scontrò letteralmente con i suoi occhi color smeraldo. Con quel sorriso tanto dolce da essere disarmante e, più di tutto, con la distanza minimale che c'era effettivamente fra loro.

 

- Kev... - Soffiò, con voce ancora leggermente impastata. Si sfregò le palpebre arrossate, realizzando che si era semplicemente voltato su un fianco, avvolgendola indirettamente nel suo abbraccio. Lo fissò, lasciandosi assorbire completamente dalla meravigliosa consapevolezza che lui era lì. Che si era svegliata fra le sue braccia e non in un asettico letto d'albergo, sola, dall'altra parte dell'oceano. - Allora è tutto vero. - Mormorò, lasciandosi sfuggire una minuscola smorfia divertita.

 

Kevin annuì, stringendosela contro prima di posarle un bacio leggero sulla guancia. Le solleticò inavvertitamente l'orecchio, strappandole una risata chiassosa e scatenandole un'irrefrenabile cascata di brividi lungo la schiena.

 

- Non agitarti... - Continuò, ridendo contro la pelle calda di lei. - Rischi di svegliare Joe, così. -

 

- E allora piantala, bambinone...! - Replicò, abbassando il tono di voce.    

 

- Piantala..? - Sbattè le ciglia, fingendo teatralmente di non capire il motivo di quel rimprovero. Coco ridacchiò, picchiandogli un pugno leggero contro il petto.

 

- Di soffiarmi nell'orecchio, per esempio... - Rilassò le dita con un sospiro, soffermandosi a giocherellare con la catenina che lui portava al collo. - Kevin, mi devi dire qualcosa? - Lo sentì trattenere appena il fiato, mentre tutti e due tornavano improvvisamente seri.

 

Era più una domanda retorica che altro, entrambi sapevano di avere almeno due questioni importanti in sospeso. Senza parlare, Kevin si sollevò sul braccio, accomodandosi meglio con la schiena contro il cuscino... Fissò Coco, invitandola a fare altrettanto.

Lei guardò Joe, voltandosi velocemente. Gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte, accarezzandolo teneramente e si chinò a posarvi un bacio prima di allontanare il suo braccio e liberarsi da quell'amorevole stretta. Poi si alzò quanto bastava e si sistemò, appoggiandosi allo schienale. Sospirò, lasciando scivolare il capo sulla spalla di lui.

 

- Gliel'hai detto? - Bisbigliò, senza badare a trovare inutili preamboli. - Puoi essere sincero, non me la prenderò con te. - Kevin alzò gli occhi, lasciando vagare lo sguardo sul soffitto in penombra.

 

- No. - Rispose, tranquillo, dopo un momento di meditabondo silenzio. - Non ho mai avuto l'intenzione di rivelare a Joe che ho fatto l'amore con te. - Si schiarì la voce, improvvisamente esitante nell'avvertire il palpabile imbarazzo di lei. - Non da solo. -

 

- Da solo...? - Mormorò, cercando di capire.

 

- Quando lo saprà, lo sentirà da te. Ed io sarò al tuo fianco per sostenerti con tutta la forza che ho, spiegargli che abbiamo sbagliato... agito in due. - Spiegò, afferrando la mano che Gabrielle gli teneva sulla spalla e portandosela alle labbra per posare un bacio sul palmo teso. - Ti spetta. Non posso agire alle tue spalle. - Concluse, soffiando le parole sulla sua pelle.

 

- Kev, tu non hai mai smesso di sentirti responsabile... vero? - Pigolò Coco, stringendosi appena contro di lui che rimase in serafico silenzio. - Non devi. Non è colpa tua. -

 

- Ehi, ehi, ehi. - Ridacchiò, cercando di glissare elegantemente. - Storia chiusa, ok? Ne riparleremo al momento opportuno. Piuttosto... -

 

- Piuttosto io ti devo una spiegazione...! - Esclamò lei, schizzando in posizione seduta. Si voltò di scatto, quando Kevin la trattenne per un braccio.

 

- Shh. - Soffiò, portandosi un dito alle labbra. - Joe, ricordi? - Sorrise, allentando appena la presa. Gabrielle annuì, soffocando l'impulso di mettersi ad urlare. Alle volte quella sua tranquillità intaccabile le metteva addosso un incredibile nervosismo.

 

- Non... - Balbettò, mordendosi il labbro. - Non vuoi sapere perchè ti ho baciato... davanti al Louvre? - L'ultima sillaba le morì quasi sulle labbra, mentre osservava gli occhi di lui illuminarsi di genuino, improvviso stupore.

 

- Non sei obbligata a chiarire nulla. - Mormorò Kevin, rabbuiandosi improvvisamente. Si passò una mano fra i capelli con aria mesta. - Credevi di stare per partire, eri sconvolta. -

 

- Non ero sconvolta...! - Sibilò Coco, staccandosi con uno scatto irritato. Scostò rapidamente le lenzuola, prima di sistemarglisi a cavalcioni delle gambe.

 

- Pesi, sai? - Sogghignò, cercando di ignorare i brividi provocati dalla sensazione di sentirsela addosso in quel modo.

 

- Sì, ma è l'unico modo per costringerti ad ascoltare. - Replicò lei, scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte. - E non tirare in ballo strane scuse o spiegazioni inesistenti... ok? - Gli puntò un dito contro, prendendo a tremare leggermente quando tornò a guardarla dritto negli occhi.

 

- Ok. - Soffiò Kevin, spingendole delicatamente la mano verso il basso. - Perchè mi hai baciato? - Gabrielle arrossì, schiarendosi appena la voce.

 

- Credevo che me ne sarei andata, sì... Ma, soprattutto, che non ti avrei più visto. - Cominciò, torcendosi le dita. - E, beh, avevo ancora la tua voce che mi rimbombava in testa. Chiedendomi di non partire e restare con te. - Esitò, girandosi fra le dita l'anello di Joe.

 

- Gabrielle...! - Sentiva il cuore martellargli furiosamente contro il petto, nemmeno volesse schizzare fuori. L'ultima, assolutamente l'ultima cosa che si sarebbe aspettato era di sentirle dire certe cose. Più probabilmente, non aveva mai nemmeno osato sperarlo.

 

- Io sono innamorata di tuo fratello. - Continuò improvvisamente, tirandogli una virtuale ma ugualmente dolorosa secchiata d'acqua gelida. La osservò, mentre si voltava a guardare Joe che ancora dormiva, del tutto ignaro di quella strana conversazione. - Moltissimo. Ma... -

 

- Ma...? - La incalzò, tornando a fondere i loro sguardi. Coco sospirò violentemente, torturandosi il labbro mentre si sforzava di trovare le parole adatte.

 

- C'è qualcosa, un sentimento che mi ha spinto a darti quel bacio. Io... non so bene cosa sia...! - Si strinse nelle braccia, soffocando un brivido. - Ma c'è. Ed è piuttosto forte. - Sussurrò, chinando il capo per cercare di nascondere il rossore che andava allargandosi sul suo viso.

 

- Ho capito... - Annuì lui, allungando una mano a sollevarle il mento.

 

- Non è come ciò che sento per Joe, non posso dire che sia quel tipo di amore. - Proseguì, scuotendo la testa in un pallido gesto di diniego. - Ma non è pietà e non la follia di un momento. Tu sei importante per me e, lo sai, mi piace starti vicino... Sei l'amico più caro, più meravigliosamente dolce che abbia mai avuto. - Kevin sorrise, nel sentire le guance di lei scaldarsi a contatto con le sue dita. - Non so... - Ripetè. - Non so se quel sentimento fosse solo pura amicizia, se quel bacio sulle labbra non voleva dire, poi, nulla più che un normale bacio fra amici. So solo che il sentimento che c'era dietro è profondo e che, allora come ora, non voglio separarmi da te. -

 

- Ti giuro che non vado da nessuna parte. - Sussurrò, scostando la schiena dal cuscino. Con lui seduto così, la distanza che li separava era divenuta minima... Cercando di ignorare il cuore, che batteva un po' più veloce di quanto dovesse, Gabrielle si chinò impercettibilmente in avanti e gli sfiorò la guancia con un bacio. Le sue braccia forti le cinsero i fianchi, impedendole di allontanarsi. - Non riuscirei a stare in un posto dove non ci sei tu... - Aggiunse improvvisamente, in tono di voce quasi inudibile.

 

Coco rimase zitta, sprofondando nel verde dei suoi occhi. Da qualche parte, in un angolo nemmeno troppo nascosto della sua mente, sapeva che sarebbe bastato inclinare leggermente il capo e avvicinarsi di qualche millimetro in più... Sembrava una cosa spaventosamente ovvia e naturale. Socchiuse gli occhi, per riaprirli di scatto qualche secondo dopo all'udire la voce impastata di Joe.

 

- Nh... Coco...? - Si staccò da Kevin, scavalcando nuovamente le sue gambe con un gesto morbido appena prima che lui si alzasse dal letto.

 

- Tranquilla, io vado a sgranocchiare qualcosa. - Si concesse un'ultima occhiata, alla quale lui rispose con un sorriso, nascosto dal dito che si portò alla bocca. Ricambiò, veloce, guardandolo sparire oltre lo stipite della porta, prima di chinarsi su Joe e smarrirsi nel suo sguardo innamorato.

 

- Ciao... - Soffiò, arrossendo appena. - A quanto pare, stavolta sono ancora qui. -

 

- A quanto pare, ho avuto il mio miracolo personale. - Sorrise lui, sollevando una mano a sfiorarle le labbra. Gabrielle posò un bacio leggero sulle sue dita, prima di lasciarsi attirare verso il basso. Soffocò una risata cristallina nel suo abbraccio, mentre gli si stringeva teneramente contro. - E' bellissimo svegliarsi di nuovo con te. - Le sussurrò all'orecchio.

 

- Vorrei che fosse così per sempre. - Soffiò Coco di rimando. - Se potessi avere la certezza che, ogni singolo giorno della mia vita, aprirò gli occhi e vedrò te... Nick, Kevin... Non chiederei più nient'altro. Non avrei più vuoti da colmare. - Joe sì issò su un braccio, sistemandosi morbidamente sopra di lei.

 

- Io vorrei potertelo promettere. Portarti con me, ovunque andrò. - Rispose, baciandole con dolcezza le labbra socchiuse. - ... Un vuoto, però, adesso ce l'ho. - Continuò, con un mezzo sorrisino.

 

- Ah sì? - Lo incalzò, lasciando correre le dita dalla tempia al mento di lui.

 

- Sì. - Annuì, prima di scoppiare a ridere. - Nello stomaco...! E' da ieri sera che non mangio e ho una fame che non ci vedo! -

 

- Kev è in cucina, avrà già... tirato fuori qualcosa dal frigorifero. - Concluse, realizzando che "preparato" poteva essere una scelta di termine piuttosto azzardata. - Puoi raggiungerlo e, magari, mettere insieme qualcosa anche per me...? - Mormorò, posandogli una scia di microscopici baci sul collo e lungo il profilo della mandibola.    

 

Nel brivido che le dava sfiorare la sua pelle ambrata, nel battito leggermente accelerato del cuore e nel tremolio... nella dolce, ingenua insicurezza che ancora pervadeva le sue mani, quando si trovavano a contatto con il corpo di lui. Come fosse sempre la prima volta.

In tutte quei piccoli gesti colmi d'amore, Gabrielle trovò la rassicurante certezza che non si era raccontata una colossale bugia. Era innamorata di Joe. Come non lo era mai stata, prima d'allora.

 

- Così non mi invogli ad alzarmi...! - Mugolò lui, inclinando il capo per ricambiarla. Le accarezzò la pelle nivea, lasciando che le sue labbra calde la percorressero avidamente. Seguì la linea della spalla, scostando il collo della t-shirt che - decisamente troppo largo - e obbediente, scivolò di lato, concedendogli strada.

 

- Joe...! - Lo richiamò lei, spingendo appena contro la sua spalla per fermarlo. Lo sentì esitare e poi riprendere ridacchiando quello che aveva iniziato. - Joseph Adam Jonas! - Soffiò, tirando la manica della sua t-shirt. - E' meglio per tutti se ti fermi qui, che ne dici? -

 

- Che hai ragione... Ma è una vera tortura "assaggiarti" e non poterti avere...! - Mugugnò, rubandole un ultimo bacio, prima di alzarsi. - Ti va un po' di caffè e dei biscotti? -

 

- Caffè e biscotti. - Annui, sorridendogli. - Perfetto. - Si accoccolò meglio sotto le lenzuola, tirandosi la trapunta fin sopra le spalle per cercare un po' del calore che Joe e Kevin, alzandosi, si erano portati via.

 

I cuscini profumavano ancora di loro. Afferrò quello di Kevin e se lo strinse al petto. Sorrise contro la stoffa chiara, lasciandosi avvolgere dalla sensazione di incredibile serenità che sembrava aver avvolto ogni cosa. Sentendosi semplicemente bene.

 

- Lo so che sei sveglio. - Soffiò, improvvisamente. Rimase immobile, ridacchiando nel sentire, dietro di lei, il fruscio delle lenzuola che venivano scostate. Ci volle poco più di una manciata di secondi, perchè il braccio di Nick circondasse i suoi fianchi. - Aspetta... - Soffiò, mentre le si sdraiava accanto. - Mettiti sotto le coperte. -

 

- Va bene, mamma. - Annuì, fingendo una sottile vocina a biscotto. Si beccò una affettuosa e più che prevedibile sberla sul braccio, mentre sollevava il piumone e se lo sistemava addosso.

 

Si chinò a posarle un bacio nell'incavo del collo, soffermandosi per un momento, sfregando appena la punta del naso contro la sua pelle tiepida. Senza dire nulla, tuffò una mano nella tasca dei pantaloni di felpa che indossava. Il cordino di caucciù si incastrò quasi da solo alle sue dita. Lo lasciò scivolare attorno alla gola di lei, veloce e delicato nel far scattare la chiusura d'argento scuro.

 

- Se te lo togli di nuovo, lo butto via...! - Mormorò, osservando il suo plettro dondolare appena al ritmo cadenzato del respiro di Gabrielle.

 

- Scemo. - Borbottò lei, con voce liquida. Gli passò una mano fra i capelli, attirandolo delicatamente verso il basso e lo invitò silenziosamente a poggiare la testa alla sua spalla, stringendolo nel suo abbraccio quando le si sdraiò praticamente addosso. - Ascoltavi da tanto? - Soffiò, poi, prendendo ad accarezzargli i ricci scombinati. C'era sempre un momento giusto, per iniziare un discorso. E, sempre, uno di loro due riusciva ad individuarlo al volo, colmando quel microscopico respiro di parole... Quasi per caso.

 

- No, Ho fatto appena in tempo a vedere Joe alzarsi. - Rispose, pacato. - Ma posso immaginare... Hai parlato con Kevin? - Coco sussultò, arrossendo appena. Cercare di tenere nascosto qualcosa a Nick le era decisamente impossibile.

 

- Se è possibile, sono perfino più confusa di prima. - Sospirò. - Ma almeno ho messo in chiaro... una cosa, con Kevin. -

 

- E Joe? - Replicò Nick, accarezzandole la pancia attraverso la stoffa morbida della t-shirt.

 

- Joe te la taglia, quella mano, se non la togli da lì...! - Soffiò lei, cercando inutilmente di spostargliela. Ingaggiarono una piccola, tenera battaglia da cui Gabrielle uscì decisamente sconfitta. - Ah! - Sobbalzò, inarcando appena la schiena quando Nick, ridendo, riuscì a liberarsi della sua presa febbrile e fece scorrere la mano ghiacciata contro la sua pelle, sotto la maglietta. - E' fredda. - Brontolò. - E anche quel coso che hai al dito lo è...! -

 

- In ogni caso Primadonna Jonas dovrà imparare ad accettare le mie coccole. - Proseguì, solleticandole l'ombelico. - Tutte quelle che ho voglia di farti... E sono tante, credimi! -

 

- Sentitelo, il mio piccolo coccolone...! - Ridacchiò Coco, voltandosi su un fianco per godersi il morbido calore di lui contro la schiena. - Con Joe non ho ancora parlato, ma voglio farlo. - Proseguì, poi, tornando improvvisamente seria, al loro discorso.

 

- Devi. - Annuì Nicholas, passandole un braccio attorno alle spalle sottili. - Non puoi continuare a far finta che sia possibile continuare così... Prima o poi perfino lui arriverà ad accorgersi che il suo anello non l'hai mai portato dove dovresti. -

 

- Perchè devi essere sempre così maledettamente corretto? - Brontolò, mettendo un finto broncio che si dissolse quasi subito. - Lo farò, tranquillo. - Concluse, sorridendo nell'avvertire le labbra di lui posarsi contro il suo collo. - E intanto ho pensato... due cose. -

 

- Che non devono implicare che tu vada più lontano di così...! - Scattò, stringendosela contro. Rotolò sulla schiena e fra una risata e l'altra, lei gli si ritrovò praticamene sdraiata addosso. Si sollevò appena, sorreggendosi il capo con una mano. - Così mi soffochi..! - Sogghignò Nick, spingendole il gomito all'indietro. - Non voglio rischiare di perderti di nuovo, Coco... Non lo sopporterei. - Soffiò poi, serio. Lasciò correre le dita lungo il suo braccio, fino al palmo poggiato contro la guancia.

 

- Non mi perderai mai, Nicholas. - Replicò, chinandosi a posargli un bacio sulla fronte tiepida. - Mai. - Soffiò, contro la sua pelle. - Semplicemente, questa storia mi ha dato modo di riflettere su me stessa: ho deciso che voglio dedicarmi di più alla fotografia, studiare seriamente come si fa. Perchè mi piace e vorrei che potesse essere il mio futuro. Il mio lavoro.  E... - Esitò, scrutando i suoi occhi scuri. - E voglio ricominciare a suonare. - Mormorò, mangiandosi quasi le parole.

 

- Che... Sul serio?!? - Esclamò Nick, alzandosi con tanto impeto che le loro fronti si contrarono sonoramente. - Ouch! - Soffiò, massaggiandosi la botta, mentre si metteva del tutto seduto con lei ancora sulle gambe.

 

- Sì, se non mi uccidi prima...! - Soffiò lei, ridendo. - ... E ho paura. - Aggiunse, a volume inudibile. - Lui scattò in avanti, stringendola immediatamente fra le braccia.

 

Paura no, non le avrebbe permesso di averne, al suo fianco.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26° ***


Eccomi, eccomi! So che quasi non credete ai vostri occhi, maaa... Sì, sto aggiornando, finalmente!*esulta*

Come ho promesso nell'introduzione alle ultime due shot, ho sospeso qualunque altra cosa per finire questo capitolo!

 

E' stata dura, a un bel punto mi sono anche incastrata su una scena, maaa... Eccolo qui,per voi. Mi attardo un momento a rispondere ai (tanti!*O*) commenti allo scorso capitolo, che siete lettrici speciali e ve lo meritate!<3

 

Perchè, come ho già detto, se questa fic - con mio grande, grande, grande orgoglio - è stata inserita tra le storie scelte di EFP come unica di questa sezione, è anche merito vostro!<3

 

coco2: eeeh. la situazione fra Coco r i nostri due baldi giovani si sta facendo spinosa e complicata...! Che Coco debba parlare con Joe è ovvio, quando, come e cosa gli dirà, lo vedrete presto. Abbiate fede.^w^ Tante cose devono ancora accadere.

 

mitber: non credo di poter esaudire la tua richiesta xD, ma la fantasia può tutto, no? Let's Imagine.x3

 

jeeeeee: essì, li ho visti anche io dal vero, a Novembre, dalla prima fila per di più. E Kev è uno spettacolo!*O* Se poi sia lui destinato a stare con Gabrielle, ancora non lo posso dire.xD Lo scopriremo solo leggendo.

 

simba: una delle mie fedelissime, i tuoi commenti mi lusingano sempre moltissimo e mi riempiono, letteralmente, di voglia di scrivere, sai?<3 Non ti preoccupare, continuo a scrivere e prima o poi soddisferò anche la tua curiosità!

 

_Princess_: i tuoi commenti sono sempre fonte di grande orgoglio, per me. *___* Sapere che una scrittrice del tuo livello mi legge e mi apprezza è veramente un balsamo. E' più che chiaro che sei Koco convinta e, beh, su un po' di cose concordo con te, anche se il mio cuore è diviso metà per coppia!<3

 

NoLineOnTheOrizon: una nuova lettrice!*___* Tu non immagini che salti ho fatto, nel trovare e leggere il tuo commento. Mi fa sempre felice, sapere che qualcuno in più si appassiona a tal punto a questa umile storia.*w* Io scrivo per donare emozione, perciò non c'è ringraziamento migliore che leggere commenti come il tuo. Spero diventerai una presenza fissa.Un bacio!=*

 

Titty90: un'altra "non proprio new entry". *__* La cerchia delle fedelissime si allarga e io sguazzo nella contentezza!*O* Direi che abbiamo avuto modo di parlare ampiamente e ti sei già anche beccata delle chicche, perciò... Mi limito a dirti grazie, benvenuta e buona lettura del capitolo, cara la mia Mary!<3

 

Ele: e questo è il graditissimo ritorno!*____* Rivedere il tuo nome fra i commenti è bellissimo, credimi. Felice che tu sia tornata in questi lidi, cara la mia donna del backstage.<3 Ti scriverò presto una mail, che siamo ancora in debito di una cioccolata in centro. Anche perchè presto dovrò passare al poli in vista della laurea!=* Uh, grazie del commento, lo amo.<3

 

'more: ok, non ti spaventare per quello che leggerai. Sappi che è colpa dei Joco se ho dovuto far evolvere le cose in questo modo per Monique, ma... Intanto non tutto è scritto.*ridacchia* Soprattutto la tua Chrimon che è lì in quasi dirittura d'arrivo, soprattutto dopo aver finalmente scritto questo capitolo!=D Grazie del commento, non sarebbe lo stesso, senza il tuo.

 

3: aw. Ma regalo migliore non poteva esserci. (E prometto che ora penserò anche al tuo, in ritardissimissimo!ç_ç *si frusta*) Come sempre i tuoi commenti sono delle piccole perle, irrinunciabili!<3 Coco che vuol dormire con tutti i Jonas... E dalle torto!*w* E intanto la quiete è destinata a durare pochino, come sospettavi, ma non è Annabelle che scuote le cose, stavolta. Leggi e vedrai.*ridacchia*

 

E con questo, dovrebbe essere tutto!^O^

 

Ah, visto che ci metto tanto e siete sempre curiose di sapere quando arriverà l'agognato aggiornamento... Ho un twitter: So_Inseparable(al momento, ma se cambia trovate quello aggiornato nel mio profilo!^O^). Lì scrivo se e quando sto scrivendo e posterò ed è sempre aggiornato. Followate pure e saprete quando il capitolo o qualsiasi altra shot stanno per arrivare!=D

 

E ora vi lascio leggere, sul serio! Alla prossima, giuro, non fra due mesi!=*

 

 

 

 

- Capitolo 26° -

 

 

 

{ Hear me when I say, when I say "I believe.".
Nothing's gonna change, nothing's gonna change destiny...
Whatever's meant to be, will work out perfectly. }

Keep Holding On – Avril Lavigne

 

 

 

 

- Comincia a piacermi questa cosa dell’usare i vostri vestiti…! - Sorrise Coco, entrando in cucina per mano a Nick. Ai suoi lobi brillavano le piccole sfere di vetro trasparente. - Quasi quasi preferirei non riavere la valigia. - Soffiò, ravviandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

 

Arrotolò ancora una volta la manica della camicia scozzese di Joe, facendo sì che non le nascondesse completamente la mano e la sbottonò leggermente, lasciando intravedere la cannottiera di cotone bianco al di sotto. Sfiorò la stoffa colorata del colletto, strofinandoci appena contro il naso. Profumava di lui.

 

- Sono d'accordo. - Replicò il diretto proprietario, avvicinandosi a posarle un bacio sulle labbra socchiuse. - Ti sta bene la mia camicia... Mi piace da pazzi vedertela addosso. - Continuò, accarezzandole la schiena sopra il tessuto leggero. Poi si fece da parte, lasciandole lo spazio per sedersi al tavolo.

 

- Che ore sono? - Domandò, pescando un paio di biscotti nel barattolo di latta abbandonato sul piano laccato. Ne passò uno a Nick, che sparì con un sorrisino oltre la porta scorrevole e inzuppò l'altro nella tazza di caffè che Kevin le poggiò davanti.

 

- Cinque e mezza. - Sbadiglio il maggiore dei fratelli, stiracchiando le braccia con un sospiro soddisfatto.

 

- Mmmh... Non avrò mai tempo di fare tutto! - Riflettè, arricciando il naso.

 

- Tutto cosa? - Ridacchiò Joe, allegro come un bambino la mattina di Natale. Gabrielle gli fece cenno di avvicinarsi, abbracciandolo quando le fu accanto anche se, così seduta, sembrava ancora più microscopica confronto a lui.

 

- Guardare un po' meglio le foto che ho fatto ieri, stare con voi, godermi casa mia, stare con voi... L'ho già detto "stare con voi"? - Ripetè, ridendo. Gli posò un bacio all'altezza del cuore, attraverso la t-shirt prima di alzare lo sguardo e fonderlo nel suo. Il suono del pianoforte si insinuò fra loro, morbido come una carezza.

 

Sia Kevin che Joseph sussultarono e in risposta ad un riflesso incondizionato, fissarono Coco come aspettandosi di vederla scappare da un momento all'altro. Lei strinse forte il bordo del tavolo, fissando la porta con un pizzico di apprensione, prima di alzarsi con uno scatto deciso.

 

Recuperò la sua tazza ancora mezza piena e si avviò in fretta verso il salotto. Bevve un sorso di caffè bollente, scottandosi appena le labbra mentre si avvicinava al piano e strizzò il manico di ceramica rossa fra le dita, cercando di soffocare l'impulso irrefrenabile di scappare a gambe levate. Poi osservò le mani di Nick scivolare veloci sui tasti bianchi e neri, cercando di razionalizzare. Ripetendosi che non c'era nulla di più assurdo dell'avere paura di un suono così puro.

 

- Coco...! - La voce squillante del piccolo la riportò alla realtà. Gli sorrise timidamente, accomodandosi sullo sgabello imbottito, accanto a lui. Rapido e silenzioso, Nicholas le sfilò la tazza dalle mani, poggiandola sul coperchio lucido del pianoforte prima di stringerla nuovamente fra le braccia.   

 

- Nick. - Soffiò, aggrappandosi alle sue spalle. - Non smettere...! Suona qualcosa per me. -

 

- Suonare. - Ripetè lui, incerto. - Una canzone? Sei sicura che non sia troppo, tutto in una volta? - Gabrielle si allontanò, scuotendo appena il capo.

 

- No. - Sorrise. - Voglio ascoltarti. -

 

- Coco non l'ha mai sentita...! - Alzarono lo sguardo in simultanea, fissandolo in quello di Joe, che aveva ascoltato il loro discorso ed ora stava fermo sulla soglia della porta scorrevole insieme a Kevin. - Penso che tu debba suonargliela. -

 

Nicholas annuì appena, inarcando impercettibilmente le sopracciglia in un'espressione corrucciata. Poi lasciò scivolare le dita sui tasti, rincorrendo gli accordi giusti. Guardò Gabrielle, senza smettere di suonare.

 

- E' molto... importante, per me. - Spiegò. - Questa canzone, suonarla per te. - Non aveva bisogno di domandarsi se l'avesse capito. Lei annuì, accarezzandogli rapidamente la guancia col dorso della mano.

 

"Got the news today, doctor said I have to stay...

A little bit longer and I'll be fine."  

     

La voce leggera e profonda di Nick scivolò sulla pelle di Coco come un lungo brivido. Stringendole impietosamente lo stomaco ed impedendole di prendere fiato fino in fondo. Trattenne appena il respiro, osservando la sua espressione concentrata attraverso le lunghe ciglia scure.

 

" When I thought it'd all be done, when I thought it'd all been said...
A little bit longer and I'll be fine."

 

Alzò di scatto lo sguardo su Joe, andando a cercare una sorta di spiegazione nei suoi occhi, ma vi trovò solamente una compitezza e una tranquillità decisamente inusuali per lui. Osservò la sua spalla adagiarsi di più contro lo stipite della porta, come ad ancorarsi a quell'unico punto d'appoggio... Poi strinse i pugni, tirando appena la stoffa scozzese della camicia e tornò a fissare attentamente il piccolo.

 

"But you don't know what you got, 'til it's gone.
And you don't know what it's like to feel so low.
And every time you smile - you laugh - you glow...
You don't even know, know, know.
You don't even know."

 

Era come se, ad ogni nota - con ogni singola parola - Nicholas le stesse strappando un pezzo d'anima. Ma non con violenza o dolore. La rapiva. Il suono leggermente strozzato della sua voce riusciva ad incatenarsi a lei fin troppo profondamente. Si strinse nelle braccia, continuando ad ascoltarlo col fiato corto e la precisa consapevolezza che, in quella occasione, non avrebbe versato alcuna lacrima.

 

"All this time goes by, still no reason why...
A little bit longer and I’ll be fine.
Waitin’ on a cure, but none of them are sure.
A little bit longer and I’ll be fine."

 

Si spinse un po' più avanti sullo sgabello, piegando appena una gamba sotto l'altra. Spingendosi inconsciamente un po' più verso di lui. Nick esitò un momento, lasciandole intendere che in quel punto - solitamente - ci sarebbe stato qualcos'altro... Probabilmente diverso dalla sequenza di accordi che aveva deciso di metterci e che rendeva quell'esecuzione assolutamente unica. Per lei.

 

- Qui, in realtà, c'è l'assolo di Kev e Joe. - Soffiò lui, quasi le avesse letto nel pensiero. 

 

"And you don't know what you got, 'til it's gone.
Don't know what it's like to feel so low.
And every time you smile - you laugh - you glow...
You dont even know, know. Know.

So I'll wait 'til kingdom come,
all the highs and lows are gone...
A little bit longer and I'll be fine.

I'll be... fine."

 

L'ultima parola scivolò sulle labbra morbide del piccolo, appena prima che l'eco dell'accordo conclusivo si spegnesse contro il soffitto intonacato. Alzò timidamente lo sguardo su Gabrielle che lo guardava, in silenzio... Si sarebbe aspettato di vedere la sua guancia pallida inumidirsi, invece fu sulla propria pelle che avvertì la sensazione inconfondibile di una lacrima che si tuffava all'angolo della bocca. Trattenne appena il fiato, nel sentire la mano fredda di lei spazzarla via ed esitare contro la sua pelle.

 

- Nicholas...! - Mormorò, poggiando la fronte a quella di lui. - E'... -

 

- Mi sembrava giusto, fartela sentire. Anche se è passato quasi un anno, da che l'ho scritta. - Replicò Nick, con decisione. Sorrise, avvertendo le dita di Coco scivolare sulla sua bocca. - Magari ti avrò anche fatto scappare la voglia di suonare una volta per tutte, eh...? - Ridacchiò.

 

- Al contrario. - Arricciò il naso. - Sei indescrivibile, piccolo. Fai quasi paura, ma mi dai un coraggio...! -

 

Accennando un sorriso, Nick inclinò leggermente il capo e senza staccarsi da lei, poggiò le labbra, a stampo, per metà sulle sue. Gabrielle sbattè gli occhi, sorridendo a sua volta - quando si allontanò da lui - di quel gesto impulsivo, inaspettato ma anche assolutamente capito, per quel che la riguardava.

 

- EHI! - Joe calò una mano sulla spalla di suo fratello minore, tirandolo bruscamente all'indietro. - Beh... E allora? - Borbottò, scurendo la propria espressione.

 

Nicholas si liberò della presa, fissando il fratello con aria posata e senza sentirsi in dovere di dare spiegazioni. Fu Coco a stringere la mano di Joseph, rassicurandolo. Gli accarezzò il palmo teso con le dita, spingendolo a rilassare i muscoli ancora contratti.

 

- Amore...! - Soffiò, guardandolo dritto negli occhi. Inarcò appena le sopracciglia, lasciando che fosse la sua espressione a parlare per lei. Joe non aveva motivo di sospettare quel bacio.

 

Gabrielle si alzò di slancio, poggiando le mani sulle guancie appena ruvide di barba invisibile e si spinse appena in avanti per arrivare a poggiare le labbra su quelle disegnate di lui. Lo baciò. E lo baciò in modo che qualunque dubbio avesse potuto anche solo pensare di insinuarsi nella sua mente, svanisse come neve al sole. Quel timido sfiorarsi di labbra fra lei e Nick, al contrario, non celava alcuna attrazione nascosta. Era divenuto, in quel momento - per caso, lo sarebbe stato ancora, probabilmente - solo il modo più semplice e diretto di esprimere l'amore, la dolcezza e il rispetto che si suscitavano l'un l'altra.

 

 

 

°°°

 

 

- Cosa combini..? - Sorrise Joe, sedendosi accanto al basso tavolino di ciliegio.

 

Lasciò scivolare le gambe sotto al piano - come aveva fatto Coco poco prima - e prese a frugare distrattamente nel mucchio di fotografie che lei aveva sparso tutto intorno. C'erano gli angoli di Parigi che lei aveva minuziosamente ritratto il giorno prima... E poi loro. C'erano tantissime immagini sue e dei suoi fratelli. Molte più di quante gliene aveva viste scattare, a dirla tutta. Sollevò un quasi primo piano di Nick, sviluppato in bianco e nero: lo sguardo non era rivolto in camera, puntava appena verso l'alto come stesse inseguendo qualcosa al di sopra dell'inquadratura. E lui sorrideva apertamente, in modo molto naturale.

 

- Quando le hai fatte...? - Soffiò, colpito.

 

- Queste sono tutte di ieri. - Spiegò, arrossendo impercettibilmente. - Ma ve le ho fatte di nascosto, per questo non le ricordi... Invece queste altre le ho "rubate" mentre eravate sul set. - Concluse, indicando un'altra busta.

 

- Siamo sempre... noi? - Continuò, sfogliandole.

 

- Siete il mio soggetto preferito, Joe. Ovunque guardi, qualsiasi cosa inquadri, vedo voi. Nel cielo limpido vedo il sorriso di Nick, un prato mi ricorderebbe subito gli occhi di Kevin... Ed ogni singolo riflesso mi restituisce il tuo viso. - Sospirò, mordendosi nervosamente il labbro.

 

Joseph la guardò, sgranando ancor di più i suoi occhi color zucchero bruciato mentre le ultime parole ancora gli scivolavano addosso. Strinse le sue spalle minute, premendosela contro con tanta foga, che quasi rischiarono di franare entrambi sul pavimento freddo.

 

- Piano. - Ridacchiò Coco, sfilando le gambe da sotto il tavolo per acciambellarsi meglio contro di lui.

 

- Non puoi dirmi certe cose e pretendere che me ne stia fermo e buono...! - Replicò Joe, chinandosi a sfiorarle il collo con un bacio. - Coco, cavolo, sembra quasi che tu non ti renda conto. - Borbottò poi. - Ti farò vedere una cosa. -

 

La lasciò andare e scattò in piedi, correndo velocemente verso la camera. Tornò poco dopo, stringendo  una scatola di cartone con gli angoli leggermente sbeccati. La allungò a Gabrielle, sedendosi nuovamente accanto a lei, mentre lasciava che la aprisse. Coco si ritrovò fra le mani un mazzo di polaroid, fissate con un elastico blu.

Ce n'erano altri tre o quattro, sul fondo, ma la sua attenzione venne calamitata immediatamente da quello che si trovava in cima e la cui prima immagine ritraeva proprio lei: china su un libro dalla copertina logora,le gambe incrociate su una panchina di legno e l'espressione attenta, divoratrice di quelle pagine scritte.

 

- Cosa sono? - Mormorò, fissandolo con crescente imbarazzo. Sfogliò febbrilmente il mazzo, trovandosi in ogni singolo scatto che le passava davanti agli occhi. - Le hai fatte tu? -

 

Sussultò bruscamente, nel vederlo annuire convinto. Vergognandosi alla sola idea di quanto tempo lui potesse aver passato ad osservarla di nascosto, per catturare quegli attimi... Ce ne erano alcune che, a giudicare dalla data scarabocchiata sul bordo bianco, risalivano addirittura ai primissimi giorni di convivenza.

 

- Ho una vecchia polaroid. - Prese a spiegare Joseph, osservando un'immagine di lei presa a guardare le acque placide della Senna. - Con cui mi piace fotografare ciò che mi colpisce, in ogni posto in cui vado... Per conservarne il ricordo. - Prese le foto che lei stringeva fra le dita nervose, risistemandole ordinatamente l'una sull'altra. - Questa... - Indicò il mazzo. - E' Parigi. -

 

- Sono io, solo io. - Replicò lei, confusa. Joe richiuse la scatola, lasciando che un tenero sorriso affiorasse alle sue labbra.

  

- Appunto, Gabrielle. - Sussurrò, chinandosi a sfiorarle la fronte con un bacio. - Appunto. -

 

- Joe...! - Singhiozzò lei, non appena si rese conto di cosa le stava realmente dicendo. Si strinse contro di lui, spingendolo a rilassare la schiena contro al divano, prima di sistemarsi a cavalcioni sulle sue gambe.

 

Lo senti sorridere contro la propria bocca, mentre le sue mani salivano - rapide e delicate - a sganciare la molletta con cui aveva fermato i capelli. Avvertì i boccoli caderle lungo le spalle e le dita di Joe scivolarci morbidamente in mezzo, per poi tornare sui suoi fianchi, sotto la camicia a quadri. Quando le labbra di lui trovarono il suo collo niveo, la manica che scivolava lungo il braccio, scoprendole pericolosamente la spalla e la porta di ingresso che si apriva vennero percepite dalla sua mente come qualcosa di molto lontano e indistinto. Troppo.

 

- Alla faccia del "bentornata", "benirmasta" o quel che sia...! - Ridacchiò Monique, tenendo Luciàne appena un passo dietro di lei in modo che non vedesse proprio tutto.

 

Coco avvampò, allontanandosi immediatamente da Joe che soffocò una risatina e al contempo, un verso appena scocciato, per essere stato interrotto così bruscamente. Osservò Monmon per qualche momento e poi sorrise alla bambina, che lo fissava sbirciando di nascosto da dietro la schiena della madre.

 

- Lascia perdere...! - Sibilò Gabrielle, cercando di tornare a respirare regolarmente. - Piuttosto, cosa fai tu qui a quest'ora?  - Indagò, insospettendosi maggiormente nel notare le guancie arrossate e gli occhi umidi della sorella. - E' successo qualcosa? -

 

- Ah, beh...! - Abbozzò l'altra, perdendo improvvisamente sicurezza. - Sì, ecco, sono venuta proprio per questo. -

 

Accarezzò i capelli di Lulù, cercando di prendere tempo nel tentativo di trovare le parole adatte. Posto che, probabilmente, non ne esistevano affatto. Fece sedere la bambina sul divano, nonostante le proteste e le occhiatacce che quest'ultima rifilava a Joe, poi, sospirando, prese posto accanto a lei, subito imitata da Coco e dal ragazzo. Nicholas e Kevin arrivarono poco dopo, richiamati in salotto dall'insolito vociare, salutarono e presero posto in quella specie di tavola rotonda improvvisata, leggermente tesi, ma senza fare ancora alcuna domanda.

 

- Si tratta ancora... della mamma? - Esordì Coco, sputando quasi le parole che diedero voce al grande timore di tutti. Kevin, che le sedeva accanto, strinse immediatamente la sua mano con la propria.

 

- No, per quanto in un certo senso lei abbia a che fare con tutto questo. - Nonostante la risposta rassicurante, negli occhi scuri di Monique era ancora palpabile quella traccia di ansia febbrile. Guardò la sorella, stirando appena le labbra in una piccola smorfia.

 

- Mi sposo. - Sussurrò, leggermente contrita. I volti dei tre ragazzi si rilassarono improvvisamente, solo Gabrielle rimase tesa nella sua aria corrucciata.

 

- Ti sposi? - Ripetè, asciutta. - Perchè? -

 

Monmon sbuffò, torturandosi le mani in grembo, visibilmente infastidita da una domanda che si aspettava almeno al trecento per cento. Osservò rapidamente la figlia, che sembrava concentrata solo ed esclusivamente sui tre sconosciuti che tutto ad un tratto, nel suo quadro mentale, avevano invaso la sua vecchia casa. Poi tornò a guardare avanti a .

 

- Geràrd vuole chiedere l'affidamento di Lulù. - Dichiarò, decisa. - Ma, per ottenerlo... -

 

- Dovete essere marito e moglie. - Concluse Coco per lei. Monique annuì lentamente. - E tu sei disposta a farlo? Senza remore? -

 

La maggiore distolse lo sguardo, sempre più disturbata da tutte quelle domande. Arricciò il naso, tamburellando nervosamente a terra il piede, fasciato da un elegante stivaletto scamosciato. Il tacco batteva ritmico sulle piastrelle, mentre meditava una risposta sensata.

 

- Mi sembra la cosa più saggia. - Esalò. - Lui è una buona persona, vuole molto bene sia a me che alla mia bambina e può garantirci un futuro... So che sarà un buon padre. -

 

- Sono certa anche io che Gerry è meraviglioso, Monmon...! Ma tu... - Si interruppe, esasperata.

 

- LO SO. - Ruggì, sbattendo un pugno chiuso sul cuscino accanto a . - Cosa credi, che sia facile? - Si morse il labbro, tornando ad un tono di voce più quieto, che non spaventasse la sua bambina.

 

- Tu sei uno spirito libero, sei la persona più indipendente che io abbia mai conosciuto. - Mormorò Gabrielle, sentendo gli occhi farsi umidi. - Non sei il tipo da matrimonio. Così è come metterti in gabbia...! Soffrirai. - Si guardarono silenziosamente per qualche momento, poi la maggiore abbassò gli occhi, assurdamente remissiva.

 

Come a voler dire che, sì, sapeva perfettamente a cosa stava andando incontro. "Soffrirai." Quella di sua sorella non era una domanda, ma la constatazione di un dato di fatto. Sarebbe andata così e comunque, Geràrd non aveva nessuna colpa se non quella di avere un cuore troppo grande e razionale per lei.

 

- E' arrivato il momento delle responsabilità, sorellina. Di mettere Luciàne e il suo bene al primo posto. - Decretò.

 

- Smettila...! - Sussurrò Coco, sentendo la prima lacrima spingere contro le ciglia scure.

 

- No, piccola mia, smettila tu. - Sorrise Monique, stringendole le mani ghiacciate nelle proprie. - Non crucciarti inutilmente, andrà tutto bene. E se vuoi farmi contenta, aiutami a convincermi che questo matrimonio è una cosa bella e non una disgrazia irreparabile. -

 

Gabrielle la guardò, osservando la sua espressione un po' più rilassata e strinse appena le labbra, prima di annuire senza troppa convinzione.

 

- Bene. Ti ringrazio. - Soffiò, addolcendo la voce. - E ora... Ti servirà un vestito. - Ridacchiò, improvvisamente divertita davanti all'espressione scioccata della sorellina. - Almeno la soddisfazione di vederti senza pantaloni, me la voglio togliere. Sfrutto l'occasione...! -

 

- Ti odio...! - Borbottò Coco, sfregandosi gli occhi umidi. Avrebbe voluto ribattere qualcos'altro, ma non fece in tempo.

 

Joe la strinse fra le braccia, spingendola ad appoggiare completamente la schiena contro il proprio petto. Le schioccò un bacio sulla guancia, prima di rivolgersi a Monique con un sorriso genuino.

 

- Mi sembra un'ottima idea...! - Gongolò. - Faremo il possibile per esaudire il tuo desiderio. Dove si compra un bel vestito, da queste parti? - Monmon soffocò una risata, mentre l'altra avvampava vistosamente e subito dopo assumeva un'aria quasi terrorizzata.

 

- A Parigi? - Esclamò, con un sorriso solenne. - Ma ai "LaFayette", è ovvio. -  

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Capitolo 28
*** Capitolo 27° ***


Sì, non state sognando.=D E' proprio un aggiornamento di "Gabrielle", quello che vedete.

Non voglio neppure fare il conto di quanto tempo è che non posto, provvedo semplicemente a vergognarmi e scusarmi tantissimo con tutte voi per l'attesa pressochè infinita.u.ù *si frusta*

 

E' stato un periodo denso, non in ultimo mi sono finalmente laureata dottora in Fashion Design e ho avuto un mezzo blocco misto a momenti di crisi, che mi ha impedito di scrivere per quasi tre settimane. Ma ora pare che io sia tornata, per la vostra gioia.=3 Non ho decisamente tempo, purtroppissimo, di ringraziarvi tutte ad una a una.

 

Giuro che nel prossimo capitolo mi rifarò, intanto, però, ci tengo a fare comunque un ringraziamento generale perchè negli ultimi capitoli - e per mail - ho ricevuto alcune tra le più belle recensioni di sempre e credetemi, sono state un gran bel carburante per la mia voglia di scrivere, oltre che una gioia infinita per la mia anima di scrittrice!<3 L'entusiasmo e la dedizione con cui questa fic viene preferizzata-seguita-e quant'altro, mi lascia sempre senza parole. Mai avrei creduto sarei arrivata a questo punto. E lo devo a voi, mie affezionate lettrici. Non so se potete immaginare quanto vi sia grata, cosa significa per me. E' qualcosa di incredibile. Grazie di cuore, davvero.

 

Detto qusto vi lascio alla lettura, non prima, però, di invitarvi a leggere quel capolavoro che è "Ragazza Occhi Cielo", scritta apposta per me con tanto amore dalla mia Ia. (Titty90) Voi che tanto amate Coco, non potete non farci un salto e magari lasciarle un commento. Perchè merita, sul serio.<3

 

Da brave. Fatemi felice... E alla prossima! Baciatutte, vi adoro!=*  

 

 

 

 

- Capitolo 27°-

 

 

 

{ Un amore il mio, capire ancor non so.
Rondini volavan via, un vestito che bianco nuvole...
Il bel sogno che volevi tu.
[...]
Tu hai scelto me, stupita ancora sono,
cosa posso dare a te? }

La Promessa - Matteo Macchioni

 

 

 

 

Gabrielle uscì dal camerino e mosse qualche passo titubante all'indietro, per osservare meglio il proprio riflesso nel grosso specchio illuminato. Arricciò le labbra, per nulla convinta di come la scollatura a barca di quell'abito cadeva sulle sue spalle minute. Era inutile, non si sarebbe mai vista addosso nulla del genere. Nella sua - probabilmente distorta - visione delle cose, non era abbastanza bella, da poter valorizzare a dovere quel tripudio di taffetà color vermiglio.

 

- Andiamo, mi sta malissimo...! - Borbottò, scoraggiata. Lanciò un'occhiata supplichevole in direzione di Joe che, poggiato alla parte laccata di viola, la fissava in silenzio.

 

- Sei splendida. - Mormorò, accarezzando il suo profilo con occhi adoranti. - Come con tutti gli altri abiti che hai provato finora. -

 

- Dì, piuttosto, che le abbiamo quasi infilato di forza...! - Ridacchiò Nick, che li aveva appena raggiunti.

 

- No, non è quello che fa per me...! - Ribattè, prima di rituffarsi all'interno della cabina. Non ebbero tempo di ribattere. Sentirono il rumore di una zip che veniva abbassata d'impeto e il vestito scivolò veloce lungo le gambe pallide di Coco, arricciandosi a terra. - Vi prego, andiamocene da qui. - Implorò lei, da dietro la tenda tirata.

 

- Ma, amore, un vestito ti serve. - Sospirò Joseph, intento a giocherellare con una frangia della sciarpa di lei, che pendeva inerme dal suo braccio.

 

- Ti ho già detto un sacco di volte che posso pensare io a qualcosa. E sopra ogni cosa, non voglio che spendiate tanti soldi per me. - Concluse, mentre tornava da loro. Sistemò il tubino rosso sul suo ometto e lo agganciò all'espositore da cui le commesse l'avrebbero spostato al suo posto.

 

- Non dire sciocchezze. -

 

Seguì Nick e Joe fino al punto in cui Kevin li stava aspettando, al pianoterra, accanto all'enorme albero di Natale che il personale dei grandi magazzini stava smontando. Grossi tralci d'abete erano ammassati vicino agli stand di profumeria circostanti, con gran disappunto delle giovani commesse impomatate che sembravano non avere nulla di meglio da fare, che lucidare i banconi infinite ed infinite volte ancora. Gabrielle si infilò frettolosamente il cappotto, occhieggiando una bionda - in bilico su un paio di assurdi tacchi a spillo - provare l'ultima fragranza di Dior. Troppo profumo, troppi scintillii, troppe cifre da capogiro: si sentiva soffocare soltanto a stare in piedi là in mezzo.

 

- Perfavore...! - Ritentò. - Posso giurarvi che qui non troverò di sicuro un vestito che mi stia bene. - Si inumidì le labbra, spostando lo sguardo dall'uno all'altro.    

 

Kevin soffocò una risatina, prima di prendere a camminare verso l'uscita, con suo sommo sollievo. Lo seguì, scivolando veloce fra le vetrinette illuminate e strinse appena la mano di Joe che, sconfitto, le camminava accanto insieme a Nick. Coco esitò, quel poco che bastava a spingersi contro di lui e gli sussurrò velocemente all'orecchio.

 

- So che lo fai per me e ti giuro, lo apprezzo. Molto. - Sfiorò la sua guancia con un bacio e lo trascinò oltre la porta a vetri, sotto la neve che aveva preso a turbinare veloce nell'aria ghiacciata.

 

- Allora cerchiamo un altro posto, magari un negozio più piccolo. - Sogghignò lui. Sfilò sul marciapiede, fendendo la folla che procedeva in senso opposto.

 

- Joe...! - Lo segui, fermandosi davanti alla Golf scura di cui Kevin stava cercando le chiavi.

 

L'automobile era stata un accorato consiglio di Debra, che non vedeva affatto di buon occhio quest'iniziativa dell'ultimo minuto: girare per negozi, nell'affollato venerdì mattina parigino. Il rischio che qualcuno li vedesse e peggio, riconoscesse era molto alto. Poggiò una mano sul vetro oscurato, rabbrividendo al contatto con il sottile strato di acqua ghiacciata che vi si era depositato, durante l'ora scarsa trascorsa all'interno dei magazzini.

 

- Possiamo provare sugli Champs Elysèè...! - Continuò lui imperterrito.

 

Il suo tono, nonostante fosse piacevolmente entusiastico e squillante, riuscì a procurarle una dolorosa fitta di fastidio. Serrò le labbra, impedendosi di sbottare. Possibile che proprio non capisse? Ed era in buna fede, senza dubbio. Fortunatamente per tutti, Nicholas intervenne prontamente e dopo aver tolto le chiavi dalla tasca dei jeans di suo fratello maggiore, le ficcò senza troppe cerimonie fra le mani dell'altro.

 

- Che ne dici di guidare tu e lasciar scegliere a Coco? - Esclamò, prima di tuffarsi sul sedile posteriore. Quando Gabrielle gli si fece vicina, accoccolandosi fra le sue braccia, Joe stava già mettendo in moto.

 

- Allora... Dove andiamo? - Sbuffò e prese a litigare con il cambio manuale.

 

- A casa. - Sospirò lei. Affondò nel cappotto umido del piccolo e ci si nascose quasi, per non dover affrontare lo sguardo scoraggiato che Joseph fece saettare attraverso lo specchietto retrovisore.

 

Rimasero in silenzio per gran parte del tragitto lungo la riva sinistra della Senna, mentre l'automobile scivolava veloce e anonima nel traffico cittadino. L'unico suono a cui era permesso di snodarsi nell'abitacolo erano le note vibranti di una vecchia canzone dei Beatles, che Nicholas canticchiava sommessamente. I suoi occhi scuri seguivano i movimenti del dito di Gabrielle sul vetro appannato. Allungò la mano e intercettò ridendo quella di lei, cancellò col suo palmo teso parte degli scarabocchi: fu in quel momento, mentre l'auto scivolava sulla piccola Ile Saint Louis, che qualcosa - oltre il finestrino oscurato - attirò imprevedibilmente l'attenzione di entrambi.

 

- Joe, frena...! - Esclamò, lasciando saettare la mano libera sulla spalla del fratello.

 

- Eh? Qui, in mezzo alla strada? - Replicò l'altro, con vivo disappunto. - Non credo che il codice stradale francese lo permetta più di quello americano, President. -

 

- Cerca un parcheggio e non ti allontanare troppo da qui. - Sbuffò allora Nick, con il tono di chi stava ribadendo una scontatissima ovvietà.

 

 

°°°

 

 

Quando entrarono nel piccolo negozio, un campanellino tintinnò vivace ed annunciò la loro presenza. Coco osservò le rastrelliere stipate di abiti, tutti indiscutibilmente diversi gli uni dagli altri: pezzi unici. Per tempo di confezionamento, stoffa, foggia... E quasi sicuramente, anche prezzo. Si aggrappò al braccio di Nick, strattonandolo delicatamente.

 

- Piccolo, io non ne sono così sicura...! - Mormorò, incerta.

 

- L'hai visto anche tu, stella, è perfetto. - Replicò lui, avvicinandosi al bancone oltre il quale si affaccendava una donna sulla cinquantina. I capelli scuri erano striati di grigio e la sua lunga gonna gitana aveva tutta l'aria di essere stata tagliata e cucita a mano, con doviziosa perizia.

 

- Excuse moi, madame. - Esordì Joe, con goffa disinvoltura. La sarta si voltò, leggermente accigliata per essere stata interrotta a metà del suo lavoro.

 

- Bonjour a vouz...! - Arricciò le labbra, un po' infastidita e puntò l'ago che teneva in mano sull'orlo del proprio maglione, mentre attendeva delucidazioni. - Posso esservi d'aiuto? - Continuò, in un francese troppo fluido e vellutato perchè qualcuno, a parte Gabrielle, potesse capirla.

 

Joe avvampò e sbattè gli occhi con aria confusa, cercando inutilmente le parole giuste. Come poteva arrivare ad esprimere correttamente la richiesta di poter vedere uno degli abiti esposti... E proprio quello in particolare? Si passò una mano fra i capelli scomposti, prima di lanciare uno sguardo supplice ai fratelli.

 

- Parlale tu. Chiedile di fartelo vedere da vicino...! - Sorrise Nick, contro l'orecchio di Coco. Lei arrossì impercettibilmente e si fece avanti, esitando appena.

 

- Vorremmo... Vorrei sapere se è possibile guardare quel vestito. - Indicò con un gesto morbido del braccio la più spaziosa delle due vetrine, entrambe affacciate sulla via che andava imbiancandosi.

 

Un vecchio manichino di legno scuro sosteneva tranquillo l'abito perfetto, perfino agli occhi della stessa Gabrielle. Era innegabile che il raso lucido, di un blu notte intenso e tempestoso, fosse stato tagliato a regola d'arte. Fasciava un corpino sottile, con lo scollo dritto, morbido ma non troppo pronunciato. Sorretto da un paio di esili spalline  e - poco più in basso lungo il braccio - maniche larghe e leggere, non più lunghe di quattro dita; si apriva in una gonna a corolla, ampia al punto giusto sui fianchi e lasciava intravedere, con un piccolo spacco, la nuvola impalpabile di chiffon trasparente e taffetà cobalto che componevano i due strati inferiori. La fantasia, tono su tono, di rose in boccio appariva solo quando particolari giochi di luce riflessa colpivano il tessuto. Un piccolo capolavoro di sartoria.

 

- Certamente. - La donna attraversò il locale con il metro di plastica gialla che dondolava al ritmo dei suoi passi leggeri. Sfilò l'abito con movimenti esperti e perfettamente calcolati, prima di lasciarlo fra le mani di Coco. - Se vuoi provarlo, vai pure nel retro. - Indicò la porta di legno alle loro spalle, aperta su una piccola stanza stipata di scatole e vecchi scampoli.

 

 

- Allora...? - Sospirò Joseph, poggiandosi ad un rotolo di seta indiana.

 

Prese a dondolare il peso da un piede all'altro e quasi non si accorse di lei, fino a che non gli fu abbastanza vicina da poterla vedere anche ad occhi bassi. Alzò lo sguardo con una lentezza surreale, trattenendo il respiro con un leggero sussulto. Sembrava che quell'abito le fosse stato cucito addosso. Gabrielle arrossì impercettibilmente, rabbrividendo per il contatto fra i piedi nudi ed il pavimento ghiacciato. Si ravviò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, cercando di non mostrarsi troppo imbarazzata dal modo in cui Joe la stava fissando.

 

- Sei... Perfetta. - Mormorò, mentre le si avvicinava. - Eri splendida con ognuno dei vestiti che hai provato, ma così togli il fiato, Coco...! -

 

- Non esagerare. - Prese a torturare l'orlo della gonna, in un malriuscito tentativo di non dare troppo peso alle sue parole.

 

Joseph non rispose, scattò in avanti e dopo averle passato un braccio attorno alla vita, la trascinò davanti al grosso specchio inclinabile che la sarta aveva addossato alla parete imbiancata di fresco. Se la tenne stretta addosso, rimanendole alle spalle in modo che potesse vedersi riflessa. Vedere quello che appariva ai suoi occhi.

 

- Guardati. - Sfiorò la sua spalla con un bacio e Coco rabbrividì impercettibilmente. La sua mano salì a cercare quella di lui, poggiata appena sopra il suo fianco.

 

Ripensò con un sussulto all'ultima volta che si era ritrovata fra le sue braccia in quel modo, gli occhi incatenati ai suoi sulla superficie lucida. Si stava preparando per andare all'Operà con Kevin: erano passati poco più di sette giorni, eppure le sembrava quasi un'altra vita... Prima di Annabelle. In meglio o in peggio, tante cose erano cambiate e non avrebbero potuto tornare come prima. Il ricordo del bacio davanti al Louvre, la sensazione di sfiorare delle labbra tanto diverse da quelle di Joe tornarono improvvisamente vivide, come fossero presenti. 

 

- Pensi sul serio che io sia bella? - L'ennesimo brivido, un po' per il freddo, un po' per quello che avrebbe potuto sentirsi dire. Joseph sorrise, scuotendo appena il capo.

 

- Quanti miliardi di volte dovrò ripetertelo? - Sospirò.  

 

Gabrielle soffocò una risata, mentre lasciava che un vivido rossore le si allargasse sulle guancie. Si voltò e rimase accoccolata nell'abbraccio di lui. Strinse il tessuto rigido del suo giaccone fra le dita sottili, era ancora umido di neve. Non si stupì neppure troppo, quando le braccia di Joe si strinsero con decisione attorno ai suoi fianchi e si sentì sollevare di peso. Si ritrovò seduta sul vecchio tavolo da lavoro, con la gonna che si increspava sulle sue gambe nude. Un plico di cartamodelli impolverati rotolava via con un tonfo sordo, ma nessuno dei due parve farci particolare caso.

 

- Non è definibile quanto tu sia bella ai miei occhi...! - Le labbra di Joseph erano morbide e deliziosamente calde. Soprattutto a contatto con la pelle d'oca causatale dall'incredibile quantità di spifferi che si insinuava nella stanza attraverso i vecchi infissi.

 

Sollevò una mano ad accarezzargli i capelli e non potè impedirsi di rimanere un attimo interdetta, quando lui smise - senza alcuna apparente ragione - di torturare piacevolmente il suo collo e si allontanò, stringendole delicatamente il polso. Coco osservò gli occhi color caramello posarsi sulle loro mani intrecciate e seguendone la direzione, finalmente capì. Si morse il labbro, fissando l'anello e poi Joe. Se ne era accorto, dopotutto.

 

- Perchè...? - Abbozzò. E la domanda era più che lecita, in effetti. Gabrielle prese fiato, cercando di soffocare l'ansia che si era diffusa in tutto il suo corpo, a macchia d'olio.

 

- Perchè non me la sono sentita. Non me la sento tutt'ora, Joe. - Cercò di parlare con voce ferma e pacata: l'ultima cosa che voleva era litigare con lui, di nuovo.

 

- E' da quando te l'ho regalato, che lo porti lì? - Annuì faticosamente, quasi le costasse un enorme sforzo.

 

In realtà non era quel piccolo gesto, a provocarle tanto rigetto... Quanto più l'espressione profondamente, genuinamente ferita che sapeva sarebbe comparsa negli occhi di lui. Sollevò lo sguardo e si sforzò di ignorare il sordo dolore allo stomaco che sembrava volerla torturare fino in fondo.

 

- Mi permetti di spiegarti? - Cercò le sue mani e le strinse, stupendosi quasi di trovarle ghiacciate quanto le proprie. Con sua enorme sorpresa, Joe non ebbe reazioni brusche o quantomeno impulsive: ricambiò quel gesto, carezzandole i palmi tesi e le fece cenno di proseguire.

 

- Ti ascolto. - Solo la sua voce tremava impercettibilmente.

 

- Non l'ho fatto perchè non m'importasse. Quello è il tuo anello e io lo porto perchè sono la tua ragazza, sono innamorata di te ed è comunque il segno che ti appartengo. - Si avvicinò, rubando l'ennesimo, piccolo bacio alle labbra di lui. Joseph sospirò, rispondendole con altrettanta dolcezza prima di allontanarsi. - Sono tua. -

 

- Ma...? -

 

- Ma non posso impegnarmi in una promessa di quel genere. - Puntò gli occhi in quelli di Joe, con decisione. - Faccio fatica ad accettare il matrimonio di mia sorella, figuriamoci ipotizzare il mio...! Non ti sto dicendo che non ti sposerò mai, solo... Non posso promettertelo. Sono successe troppe cose, nella mia vita, perchè io possa accettare una cosa del genere a cuor leggero, mi capisci? La cosa che più desidero è poter stare con te, ma non legandomi così... Non fin quando non sarò pronta. - Si interruppe quasi bruscamente, dopo aver lasciato correre senza controllo tutte le parole che avevano affollato la sua mente per tanto tempo.

 

Joe non disse nulla, si avvicinò e la strinse fra le braccia. Passò una mano fra i lunghi ricci scuri - resi leggermente crespi dall'umidità - e soffocò un sospiro contro la sua pelle fredda, mentre Coco gli si accoccolava contro.

 

- Lo capisco, Coco. - Mormorò.

 

- So quanto è importante per te e per la tua famiglia...! Giuro che ci penserò seriamente. - Il cuore smise per un attimo di battere all'impazzata e finalmente l'ansia iniziò a dissolversi, lasciando spazio ad un minimo senso di sollievo. - Mi dispiace...! -

 

- Non dispiacerti. - Sorrise lui, scuotendo appena il capo. - Sono stato stupido anche io a pensare di poter fare tutto come pareva a me. Per un attimo ho dimenticato che non tutti... sono come me. - Un'ombra passò veloce negli occhi d'ambra, prima che Joe tornasse ad assumere la sua solita espressione solare.

 

- Credi... Ma hai pensato a quante ragazze sognano di trovarsi al mio posto...? E io che faccio? Rifiuto una promessa di matrimonio da Joe Jonas. Devo essermi bevuta il cervello! - Arricciò il naso, stringendo le labbra in una smorfia troppo buffa per non strappargli una risata. - Ma questo non significa che non ne sia innamorata dal profondo del cuore...! - Arrossì, mangiandosi quasi le ultime sillabe.

 

Nicholas irruppe nel retrobottega proprio mentre si scambiavano l'ennesimo bacio. Cercò di imporre discretamente la propria presenza, con un leggero colpo di tosse. Joseph lo vide avanzare con la coda dell'occhio e, sospirando sulla bocca di Gabrielle, raccolse la volontà di allontanarsi e lasciarla scendere dal tavolo.

 

- Credevamo foste morti...! - Sbuffò. Il suo sorrisino divertito lasciò spazio ad uno decisamente più sorpreso, quando Coco saltò in piedi ed entrò chiaramente nel suo campo visivo. - Cavolo, lo sapevo che era perfetto...! -

 

Lei sussultò lievemente. Alzò lo sguardo, lasciando la mano - impegnata fino a qual momento nel lisciare le pieghe della gonna - ciondolare lungo il fianco. Si osservò ancora una volta nel grosso specchio, insicura. Gli occhi chiari lasciarono quasi immediatamente la superficie riflettente, tornando a fissare l'uscio. Kevin stava in piedi, appena poggiato allo stipite e la fissava come se non avesse mai visto niente di più bello in vita sua. Arrossì impercettibilmente, quando i loro sguardi si fusero. Avrebbe potuto giurare che la pelle d'oca sulle sue braccia scoperte non era causata solo dal freddo.

 

- Compriamo questo. - Annuì Nicholas, entusiasta. - Che ne dici, stella? - Saltò in avanti, cercandole le mani con le proprie.

 

- Non lo so. E bellissimo, ma... Hai visto il prezzo...? E' troppo. - Agitò appena il capo.

 

- Questo non è un problema. - Kevin era piuttosto sicuro. Sorrise, mentre si avvicinava.

 

- Kev, tu hai già speso un'enormità per quei biglietti. Quanti soldi vuoi ancora buttare... Per me? -

 

- Primo, non sono affatto soldi buttati. - Replicò lui. - E secondo... Questa volta è un regalo che ti facciamo in tre. - Indicò i fratelli, che annuirono in silenzio. Nick le strinse le mani un po' più saldamente.

 

- Permettetemi di metterci almeno la metà...! - Tentò. Joe sorrise divertito, scuotendo leggermente il capo. Kev si limitò a premerle un dito sulle labbra e il piccolo, da ultimo, le scoccò uno sguardo eloquente, prima di sollevarle la mano e posare un microscopico bacio sul dorso.

 

- Vai a cambiarti, rischi l'ipotermia se rimani così ancora un po'...! -

 

Coco si strinse al petto i vestiti che Joseph aveva appena recuperato. Guardò i tre ragazzi, sforzandosi di trovare le parole adatte. Peccato non ce ne fossero poi molte. Non per esprimere la sua gratitudine nei confronti di quanto facevano per lei, anche solo con la loro presenza nella sua vita... Fosse stato per lei, sarebbero stati esentati dal farle qualunque altro regalo: il solo fatto che esistessero e che fossero lì per lei, era molto, molto più che sufficiente. Eppure Joe, Kevin ed il suo piccolo Nick sembravano sempre pensare che non fosse abbastanza. Sbagliavano, eccome.

 

- Grazie. - Sorrise e si lanciò quasi in mezzo a loro.

 

Si lasciò stringere, affondando in quell'abbraccio aggrovigliato. Ancora un po', prima di lasciarli andare.

 

 

°°°

 

 

Arrivarono a casa che il sole già si nascondeva per metà, dietro i tetti più alti di Parigi. Gabrielle saltò veloce sul marciapiede innevato ed aspettò che Nicholas fosse in piedi al suo fianco, prima di chiudere la portiera con un gesto secco. Fece un cenno a Joe, attraverso il finestrino e lasciò che l'automobile ripartisse, svoltando l'angolo.

 

- Devi dirmi qualcosa...? - Un'affermazione mascherata da domanda, tipico di Nick. Lo fissò, stringendo la busta tra le dita arrossate dal freddo.

 

- Sì. -

 

Effettivamente c'era un motivo preciso, per il quale aveva insistito che il piccolo l'accompagnasse, mentre gli altri due andavano a restituire l'auto a Debra. Sarebbe poi stata quest'ultima - rigorosamente di persona - a scortarli nuovamente al piccolo appartamento, con la sua comunissima, sgangherata citroen. Tranquillamente definibile come un pezzo d'antiquariato, nonostante risalisse a poco più di vent'anni prima.

 

- Eppure ti vedo tranquilla. O il mio sesto senso inizia a fare cilecca...? - Si imbronciò leggermente.

 

- No, funziona ancora bene. In effetti sto bene. - Annuì lei. Prese a frugare nella propria tracolla, scostandosi a tratti i capelli umidi dal viso. - Io e Joe abbiamo parlato dell'anello, finalmente. E... - Soffocò un piccolo sospiro incerto.

 

- Se ne è accorto, quindi. E...? -

 

- Ed è stato... spaventosamente comprensivo. - Esalò, quasi contrariata. - Non che non mi abbia fatto piacere...! -

 

- Però ti è sembrato insolito, immagino. - Ridacchiò il piccolo, fra le pieghe della sua sciarpa di cachemere blu. - Beh, sai, è semplice: probabilmente anche Joe sta maturando...! -

 

- Lui non è immaturo...! E' impulsivo, avventato, testone... Beh, non così immaturo. - Si corresse, arrossendo appena.

 

- Non ho detto che fosse un difetto. Joe sta finalmente mettendo la testa a posto, in questo senso. E sei tu che lo stai cambiando, Coco. Non ti rendi conto di quanto gli servi...! - Sorrise e allungò una mano a sfiorarle la guancia. Gabrielle nascose, per quanto le era possibile, l'imbarazzo in un sorriso e scivolò via, le chiavi che tintinnavano leggermente nella sua mano sottile.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28° ***


Ok, lo so, questa volta sono in un ritardo indecente

Ok, lo so, questa volta sono in un ritardo indecente.v_v Mea Culpa. Credo di essere arrivata vicino se non oltre i tre mesi tra un capitolo e l'altro. Il che è assolutamente orribile e sappiate che mi fa sentire tremendamente in colpa nei vostri confronti.*annuisce*

 

(C'è qualcuna delle mie fedelissime o voialtre siete tutte al mare e io qui sola a patire il caldo?x3)

 

Comunque, spero sul serio che un periodo complicato e affannoso come questo non si ripresenti più. Tra settimane lontana da internet, alti e bassi, pianti, crisi, mancanza di ispirazione, annessi e connessi è un miracolo che non sia finita ad aggiornare direttamente a settembre.T_T

 

Ma! Non sono qui per perdere tempo a giiustificarmi.*shh* Voglio rispondere alle vostre (per me) preziosissime recensioni, prima di lasciarvi alla lettura di questo capitolo che, ve ne renderete conto, è un po' di transizione... Ma preparatevi, che ora inizia una bella serie di "scossoni emotivi". *ridacchia* Ora, a voi:

 

simba: Ooh, tu non immagini con quanta trepidazione aspetto i tuoi commenti e quanto mi rende felice l'assiduità con cui commenti tutte le mie fic.<3 Grazie, sul serio. Vedo che le schiere Koco si infoltiscono!xD Il nostro K2 ha una miriade di sostenitrici dalla sua parte.*patpatta Joe* Non hai che da stare a leggere fino alla fine per vedere se le sue (e le tue) speranze verranno esaudite. Per il vestito di Coco: esiste. Mi sono ispirata a una foto trovata in internet. Per te (e chiunque altra fosse interessata *w*), un'occhiata alla fine del capitolo.:3

 

jeeeeee: quanto tempo, davvero!:3 Bentornata. Io sono sempre felicissima di veder tornare le mie lettrici. Tanto quanto di trovare quelle nuove. Per quanto riguarda i Koco... Non posso anticipare, ma posso dirti che i prossimi capitoli potrebbero interessarti!:D

 

maggie_lullaby: oooh, finalmente!*__* Posso confessare che aspettavo una tua recensione alla mia long da tempo? E devo dire che questo bel commento-papiro mi ha soddisfatta appieno. E' esattamente quel tipo di recensioni che mi riempie di voglia di fare.<3 Spero continuerai a leggere e recensire assiduamente, tengo molto in conto la tua opinione (a proposito, so che devo commentare il secondo capitolo di "Olive", l'ho letto velocemente mentre ero al mare... prometto che appena ho tempo mi ci metto!:3). Un bacio.:*

 

likeasong: innanzitutto grazie!*___* Tutti questi complimenti sono un vero balsamo per me, mi fanno sentire davvero bene.<3 E... oh, una Joco!*w* Mi piace avere lettrici schierate da ambo le parti. La mia sfida sarà non deludere nessuno, a prescindere da come finirà la fic! Speriamo. E non preoccuparti per il ritardo, l'importante è che la splendida recensione sia arrivata.:*

 

eirene eimi: nuova lettrice!*____* Benvenutissima.<3 Mi spiace che proprio al tuo primo aggiornamento "in diretta" tu abbia dovuto aspettare tanto.v.v Prometto che non si ripeterà.:* In quanto a Coco, lei è letteralmente un pezzo del mio cuore e sapere che piace, che è amata in questo modo, beh, mi riempie di gioia e di orgoglio.<3 Goditi il capitolo, spero di rivederti fra le recensitrici assidue.^w^

 

senzaparole: altra nuova lettrice!*saltella* E altra Joco!*O* Joe sta riguadagnando terreno.x3 Oh, guarda, il tuo commento direi che in gran parte ci ha preso (per quanto riguarda il "fattaccio" abbi fede che Coco non l'ha affatto dimenticato e che tornerà fuori al momento opportuno. Eccome.*riidacchia*). Solo, probabilmente Gabrielle è molto più insicura e confusa di quanto tu abbia percepito. Comunque, adoro questo tipo di recensioni che analizzano e sondano la trama.*w* per quanto riguarda i tempi di aggiornamento, lo avrai notato, sono lenta.çOç E mi odio per questo. Giuro che cercherò di velocizzarmi. Resta sintonizzata.:*

 

titty_90: Iaaa!<3 *glompa e riglompa* A parte il ricatto finale (aehm!xD)... Hai visto che ce l'ho fatta?O/ Capitolo finalmente finito e archiviato. Invece delle chicche, te lo becchi tutto in un colpo. Aspetto di sapere che ne pensi.:* Come al solito, grazie per tutto quello che fai per me... c'è bisogno di dirtelo?<3

 

Ecco, a questo punto è tutto. Vi lascio al capitolo, con fotomontaggio speciale perchè tutte voi possiate finalmente avere una visione del viso di Monique e Gerry, nonchè della villa in cui è ambientato il capitolo. Siete pronte per andare al matrimonio?<3

 

 

 

 

- Capitolo 28° -

 

 

 

{ Keep it sweet, keep it slow.
Let the future pass and don't let go,
but tonight I could fall to soon under this beautiful moonlight... }

Catch Me - Demi Lovato

 

 

 

 

- Coco, devo parlarti...! - Monique si alzò di scatto. Abbandonò le forcine sul piano della specchiera e prese posto sul divanetto accanto alla sorella, con l'acconciatura ancora mezza sfatta.

 

- Ti sposi fra venti minuti e ancora non sei pronta, non mi sembra il momento. - Brontolò l'altra, raddrizzandole lo scollo dell'abito. - Ne parliamo dopo. -

 

- No, tesoro, ascoltami...! - Insistette.

 

Prese a torcersi nervosamente le dita e tenne lo sguardo basso, concentrato per qualche attimo. Come a voler cercare delle parole adatte, quando invece non ne esistevano affatto per spiegarsi. Tornò a guardarla negli occhi solo quando fu sicura di riuscire a dire tutto senza smarrire il fiato per strada. Strinse la mani della sorella minore, carezzandole appena i palmi ghiacciati, mentre si inumidiva le labbra laccate di color pesca.

 

- Monmon... Cosa ti prende? - Sussurrò Gabrielle, con una punta di panico nella voce.

 

- Non ho voluto dirtelo, perchè non sapevo neppure se sarebbe venuto e molto probabilmente, non c'è... - Esalò, quasi senza respirare. - Ma se lo incontrassi, non posso permettere che tu sia impreparata: ho spedito l'invito per il matrimonio a papà. -

 

Coco non ebbe alcuna reazione, in un primo momento: rimase immobile com'era e allentò appena la stretta di Monique sui propri polsi. Continuò a fissarla, senza però vederla veramente. Era chiaro come il sole che i suoi occhi chiari erano concentrati su qualcos'altro. Studiavano un ricordo lontano una mezza dozzina d'anni nel tempo, leggermente sfocato ma contemporaneamente vivido nella sua essenza come fosse presente: in quel preciso istante Gabrielle aveva di nuovo sedici anni e si specchiava in due pozze di cielo precise identiche alle sue. Tremava leggermente, eppure non una lacrima sfuggiva alle ciglia umide mentre stringeva un'ultima volta la mano di Michael.

 

- Sei sicura che non venga? - Tornò alla realtà, richiudendo il sorriso triste con cui aveva salutato l'uomo che l'aveva cresciuta in un cassetto della memoria. - Come puoi dirlo? -

 

- Non lo so, cuore. - Monmon le carezzò una guancia, prima di alzarsi e tornare alla specchiera. - Io quasi non lo conosco, ho pochissimi ricordi di lui. Ma ci ho pensato e dentro di me so che è giusto: mi sarebbe piaciuto averlo qui, oggi. -

 

- Anche se non fosse qui, credo che anche per lui sarebbe stato importante. - Si mordicchiò il labbro, mentre cercava di prendere fiato e rinsaldare il tono di voce.

 

Fissò la sorella, scambiandosi con lei uno cenno di intesa sulla superficie riflettente. Un attimo dopo era già in corridoio e correva, barcollando sui tacchi delle décollettes blu che avevano insistito per regalarle insieme al vestito. Era praticamente certa che non l'avrebbe trovato, eppure c'era un impulso insopprimibile che le imponeva di dare almeno uno sguardo alla piccola folla assiepata nel salone del municipio, almeno per capire se proprio non esisteva alcuna possibilità.

 

Si affacciò oltre la pesante doppia porta, sondando con lo sguardo ciascuna delle persone presenti: erano tutti amici di Gerry o di Monique, parenti di lui o colleghi. Per quanto fossero passati sei anni e mezzo dall'ultima volta che l'aveva visto, Gabrielle escluse a priori l'idea di non poter riconoscere suo padre, nel momento in cui se lo fosse trovato davanti. Semplicemente Michael non era lì... Magari non aveva nemmeno ricevuto quell'invito o magari ancora qualcosa l'aveva trattenuto al di là dell'oceano. Indietreggiò e lasciò che la maniglia scattasse: qualcosa di decisamente più solido dell'aria si scontrò con le sue spalle sottili, mentre tentava di voltarsi e tornare sui propri passi.

 

- Tutto bene? - Nicholas la sorresse prontamente e scostò la ciocca di capelli che era sfuggita al fermaglio di onice, dal suo viso corrucciato.

 

- Piccolo. Io... Sì. - Rispose quasi automaticamente. Il suo sguardo deviò per un momento sull'ampia porta vetrata.

 

- Sicura? - Affondò nel suo abbraccio rassicurante, quasi prima di potersene rendere davvero conto. Sorrise contro la stoffa leggera della camicia perfettamente inamidata.

 

- Tranquillo. Cercavo una persona, non c'è. - Mormorò.

 

- Diciamo che me ne parli appena tutto questo sarà finito? - Sciolse la presa e lasciò scivolare un braccio attorno ai suoi fianchi, mentre la accompagnava verso la stanza dove aveva lasciato Monique, ancora intenta a litigare con l'ultima molletta. Coco abbassò il capo e annuì lievemente, riflettendo su come fosse del tutto impensabile nascondergli qualcosa.

 

Decise, comunque, che sarebbe stato meglio non impensierire ulteriormente lui, sua sorella con tutta quella storia: smettere di arrovellarsi e di cercare qualcosa che decisamente rimaneva introvabile era senza dubbio un'idea migliore. Nessuno avrebbe avuto modo di preoccuparsi per lei che correva dietro a un ricordo troppo lontano nel tempo.

 

 

°°°

 

 

Villa St. Nicolàs , o - come la chiamavano abitualmente i parigini - l'Angelica, era una bella cascina d'epoca, adagiata sul declivio di una collina piuttosto bassa, alla periferia di Parigi. Il vecchio proprietario l'aveva ristrutturata da poco, con l'esatta idea di farne un parco per ricevimenti: Gerard aveva semplicemente voluto fare qualcosa di unico per la sua Monique, perfettamente consapevole di quanto, nonostante tutto, le costasse compiere un gesto definitivo come il matrimonio. Quell'abbondante manciata di anni in più, unita al suo gran cuore, gli aveva permesso di scindere completamente il sentimento che Monmon provava per lui, dalla sua apparentemente inspiegabile incertezza.

 

Parte degli ospiti si congedò appena finita la cerimonia, mentre gli amici più intimi, i parenti furono invitati all'Angelique, per pranzare e trascorrere quel che rimaneva della giornata insieme agli sposi. Non erano più che una trentina di persone, sparse sul prato tagliato di fresco o sulle graziose seggiole di metallo laccato comodamente disposte all'ombra degli alberi: era stata la stessa Monique a volere così... Niente pranzi sfarzosi, niente ricevimenti in pompamagna. Solo le persone giuste nel posto giusto. La sposa sorrise, rigirandosi la fede d'oro bianco attorno al dito, mentre osservava la sua bambina correre sul prato, incontro a Coco. Ci sarebbero sicuramente state macchie d'erba sul pizzo sangallo del vestitino, quella sera.

 

- Zia! - La sua risata si perse nell'aria cristallina. Gabrielle la strinse e riuscì a rimanere in equilibrio precario, seduta all'indiana accanto al più grande dei tre fratelli Jonas. Gli altri due stavano improvvisando un match col pallone rosa shocking di Luciàne, pochi passi più indietro.

 

Kevin ridacchiò a sua volta, scompigliandole affettuosamente i riccioli biondissimi. Nonostante fosse per sua natura piuttosto schiva, la sua piccola era entrata in confidenza con quei tre ragazzi ad una velocità sorprendente e, ormai, li considerava poco meno che tre fratelli maggiori acquisiti. Saltò in braccio a Kev ed arruffò qualche parola nel suo inglese stentato - ma stava imparando, grazie alla pazienza che ciascuno di loro metteva nell'insegnarle man mano nuove espressioni -, prima di prendere a giocare con la catenina che lui portava al collo e che dondolava oltre il bavero leggermente lento della camicia.

 

- Io dico che se la nostra stellina volesse diventare mamma, lui sarebbe un ottimo candidato. - Sussultò, nell'avvertire il risolino di Geràrd contro il proprio orecchio. Le indicò Coco, che rideva rumorosamente insieme alla nipotina.

 

- Per carità, è presto...! - Replicò, mentre lui le si sedeva accanto. - Comunque... Secondo me un po' ci hai preso. - Concluse, a volume repentinamente più basso.

 

- Di che parli? - Inarcò un sopracciglio, visibilmente sorpreso che l'avesse preso tanto sul serio. - Mi sono perso qualcosa? -   

 

- Mmmh... Qualcosa, tesoro. - Sorrideva, decisamente meno cupa di qualche secondo prima. - Te ne parlerò. Non ora. -

 

Poggiò la testa sulla sua spalla e lasciò che l'attirasse nella sua stretta. Il calore di Gerry era qualcosa di estremamente rassicurante - lo era sempre stato per lei - e in qualche modo, sapere che l'avrebbe avuto accanto per il resto della sua vita le faceva pensare di aver compiuto la scelta giusta. Per il suo stesso bene, così come per quello di sua figlia: aveva garantito ad entrambe un futuro fra i migliori possibili, se non - addirittura - il migliore. L'indomani anche gli ultimi documenti sarebbero stati a posto è Luciàne avrebbe finalmente avuto un padre ed una famiglia a tutti gli effetti. Padre. Famiglia... Si rabbuiò leggermente, prendendo a torturarsi il labbro inferiore.

 

- Stai pensando troppo. - Decretò Geràrd. Le posò un bacio sulla tempia e la costrinse a sollevare lo sguardo sul sole che andava via via tramontando dietro le colline.

 

- Come...? - Mormorò, totalmente presa in contropiede.

 

- Pensi, mon amour. A qualcosa che ti turba particolarmente. - Le scostò una ciocca scura dal viso, in tacita attesa di una risposta. - Sei pentita...? -

 

- No! - Esclamò. - No, Geràrd, assolutamente. Al contrario... Stavo giusto riflettendo che, probabilmente, non potevo fare scelta migliore di questa. - Perfino lui l'aveva vista raramente arrossire a quel modo. - Io sto bene con te e anche Luciàne, saremo felici. -

 

- Di questo puoi esserne certa. Quindi quel broncio per chi o cosa era? - No, non gli era sfuggito. Era un acuto osservatore, Geràrd.

 

- Ah, niente. Pensavo a mio padre, sai... Gli ho spedito l'invito per il matrimonio e lui non è qui. Io me l'aspettavo decisamente, ma credo di aver commesso l'errore di dirlo a Gabrielle, prima della cerimonia. - Sospirò. - Io nemmeno l'ho conosciuto davvero, mentre lei... -

 

- Sì, lo capisco. - Annuì.

 

- Ci ha convissuto per sedici anni. E' cresciuta con quell'uomo. - Gli occhi scuri di Monique si fecero umidi. Seguì con lo sguardo i movimenti rapidi di Coco, che si era alzata e aveva recuperato le scarpe.

 

La osservò barcollare, aggrapparsi alla spalla di Nick mentre se le reinfilava e poi seguire quest'ultimo in mezzo allo spiazzo che era stato adibito a pista da ballo. Titubante, nello scivolare in mezzo alle altre coppie che dondolavano al ritmo cadenzato della musica. Sembrava serena.

 

- Secondo me Coco l'ha presa meglio di quel che pensi. E' forte. - Decretò. - La sua famiglia sei tu, le basta. -

 

Monique sorrise e si strinse appena nelle braccia. L'aria, senza quasi più luce naturale, si era fatta più fresca e nonostante fosse marzo inoltrato, si sentiva che - ancora per un poco - sarebbe stato inverno.

 

 

°°°

 

 

Coco si appoggiò un po' di più a Nicholas e ritrovò un pizzico di equilibrio sui tacchi che - se sul liscio pavimento del comune erano instabili - sul prato irregolare erano una vera e propria trappola mortale. Volendo poi tralasciare come non fosse mai stata capace di ballare, men che meno un lento di quel tipo. Il piccolo ridacchiò e posò un bacio sulla sua spalla, senza smettere di guidarla in quel lento oscillare fra una nota e l'altra.

 

- Sta' attenta. Quando ti ho chiesto di ballare con me, intendevo riportarti a Joe tutta intera. - Mormorò contro la sua pelle.

 

- Ci sto provando...! - Arrossì lievemente.

 

- Allora, me lo dici adesso, chi cercavi stamattina? - Gabrielle alzò lo sguardo di scatto, come per un colpo improvviso. Fissò gli occhi in quelli scuri e indagatori di lui, cercando di riordinare i pensieri.

 

- Non era nulla di importante. - Provò a sviare l'argomento, ma, prevedibilmente, Nick non pensò ad abboccare nemmeno per un istante.

 

- Gabrielle... - Inarcò un sopracciglio: il suo tono era delicato, ma fermo. Non dava adito a repliche,

 

- Mio padre. - Sospirò lei, dopo qualche secondo di contrito silenzio. - Monique mi ha detto di avergli spedito l'invito al matrimonio e io ho pensato... Insomma, non potevo escludere a priori la possibilità che fosse qui. -

 

Esitò, come se si aspettasse di venire interrotta: una domanda, un invito a proseguire, qualcosa. Ma Nicholas rimase zitto, non fece nulla più che stringersela ulteriormente contro e spostarsi verso il limite di quella pista da ballo improvvisata. Senza che  Coco quasi se ne accorgesse ed evitando accuratamente che qualcuno degli ospiti potesse notarli e incuriosirsi: si ritrovarono sotto un grosso salice, leggermente in ombra poichè la luce dei lampioncini affissi tutto intorno faticava ad arrivare fin lì. Il piccolo si fermò, interrompendo il loro dondolare e poggiò la schiena al tronco nodoso, senza lasciarla andare. Si sfilò la giacca dell'elegante completo grigio e la poggiò sulle spalle di lei: aveva sentito la sua pelle raffreddarsi - sotto il proprio tocco gentile - via via che la temperatura calava.

 

- Una parte di me avrebbe voluto davvero rivederlo. - Sussurrò Gabrielle, nel silenzio ovattato che si era creato fra di loro. Sorrise lievemente e si strinse nell'abbraccio della stoffa appena rigida.

 

- Penso che sia normale. - Annuì. Per un singolo, microscopico attimo, Nick ebbe come una strana sensazione nei confronti di quell'uomo, pur non sapendo praticamente nulla di lui. Cercò di fare chiarezza nei propri pensieri e si convinse che fosse più che altro una sorta di empatia nei confronti di Coco e della sua ansia.

 

- E allora come spieghi che comunque, in qualche modo, mi sento sollevata per non averlo trovato? - Si incupì e prese a torturarsi il labbro.

 

- Beh, stella, sei confusa e anche questo è normale. Per di più quella di tua madre è una ferita ancora aperta... per tutti noi. - Arrossì e distolse per un momento lo sguardo dal suo. - Sarebbe comunque stato un momento complicato, per affrontarlo. - Rimasero in silenzio, dal momento che lei annuì, avvicinandosi e posando delicatamente la fronte contro la sua.

 

- Arriverà il momento giusto. - Un'affermazione che tale non era mai stata. Nicholas sorrise fra e : come se avesse potuto non sapere che la sua Gabrielle di certezze in quell'ambito ne aveva davvero molto poche.

 

Posò le labbra all'angolo delle sue, prima di allontanarsi dall'albero con uno scatto leggero. Annuì lievemente e allungò una mano nella sua direzione per invitarla a seguirlo: avevano ancora un ballo da portare a termine. Non se la sentì, in tutta onestà, di dirle più di quel tanto riguardo una faccenda decisamente troppo delicata e di cui sapeva così poco: lui non poteva certo dire di sapere cosa significassero una madre assente o un padre lontano, praticamente scomparso. Sotto questo aspetto, lui e i suoi fratelli erano cresciuti veramente nella bambagia. Paul e Denise non avevano mai fatto mancare loro nulla, soprattutto non l'affetto o l'incoraggiamento quando ne avevano più bisogno.

 

La fermò appena furono di nuovo nell'ampia zona illuminata e la strinse di nuovo a , facendole fare un mezzo giro su stessa. Coco soffocò una risata e poggiò la testa sulla sua spalla, mentre cercava di non incespicare e ritrovarsi irrimediabilmente fuori tempo: Nicholas era probabilmente l'unica persona al mondo in grado di farla ballare senza che si sentisse terribilmente in imbarazzo. Poteva muoversi su e giù per quel prato, senza badare minimamente a quanto goffa sarebbe sembrata agli occhi degli altri e solo godendosi la sensazione di essergli così vicina.

 

- Non sei affatto imbranata come dici, non mi hai pestato i piedi neppure una volta…! – Sorrise. Gabrielle agitò appena il capo, dimenticandosi per un momento della conversazione difficile avuta poco prima: probabilmente Nick l’aveva fatto per lei. Intuiva sempre cosa fosse meglio fare o ciò di cui aveva bisogno.

 

- Non avere fretta. -

 

- Non lo farai, sei brava. - Annuì, mentre allungava il braccio destro e la allontanava abbastanza da permetterle di ruotare e tornare indietro. A quel punto, invece di tornare alla posizione di partenza, lei gli gettò letteralmente le braccia al collo.

 

- La sai una cosa...? - Pigolò, dopo qualche momento. - Ho scelto io questo posto per il ricevimento di Monmon. E per un motivo preciso. -

 

- E' un bel posto. - Replicò Nicholas, lanciando uno sguardo all'ingresso della villa. Si sentivano le chiacchere degli altri ospiti provenire dall'interno e in lontananza, il rombo del motore di un'automobile: probabilmente qualcuno stava tornando a casa.

 

- Non è solo per questo: sai come si chiama? - Inarcò appena le sopracciglia e una luce divertita le illuminò lo sguardo. - Villa Saint Nicolàs. -

 

- Sul serio? - Annuì e gli passò delicatamente una mano fra i capelli, prima di proseguire.

 

- E non è tutto: noi parigini l'abbiamo soprannominata "Angelique". L'Angelica. - Lasciò che le sue labbra sottili si increspassero in un piccolo sorriso divertito. - Proprio come te. -

 

- Non poi quanto lo credi tu. -

 

Si fermò, proprio nel momento in cui la musica sfumava e al ritmo cadenzato se ne sostituiva uno molto più cadenzato e irregolare. Ancora una volta guidò dolcemente Coco ai margini del prato, ma in direzione della villa: la fermò ai piedi della scalinata in mattoni rossi. Cinque gradini volutamente sgrezzati ed irregolari lasciavano accedere ad una piccola terrazzina e da lì al salone principale. Nicholas posò entrambe le mani sulle spalle minute di Gabrielle - ancora fasciate dalla sua elegante giacca di vigogna e che quasi ci scomparivano dentro - e prima che lei rientrasse, le diede un leggerissimo bacio a stampo sulle labbra fredde. Lei rabbrividì appena, colta un poco di sprovvista e poi sparì sorridendo oltre l'ampia porta a vetri.

 

Quando il piccolo rientrò, poco dopo, trovo già Joe al suo fianco. Impaziente, le circondava i fianchi con un braccio e se la premeva addosso, come se avesse paura di vedersela scappare sotto gli occhi da un momento all'altro. Ridacchiò, scuotendo appena il capo ricciuto e lì seguì con lo sguardo - leggermente preoccupato - finchè non furono troppo in alto sulla scala che portava al piano superiore, per rientrare nel suo campo visivo.

 

 

°°°

 

 

Joe percorse la metà del corridoio a passo svelto, prima di fermarsi davanti ad una porta all'apparenza del tutto identica alle altre quattro che si affacciavano sulle pareti perfettamente intonacate. La stanza che Monique aveva riservato per lui e i suoi fratelli stava sullo stesso piano di quella che avrebbero occupato Coco e la piccola Luciàne. Di fronte ad un'altra stanza esattamente speculare e vuota, nel caso qualcun'altro degli ospiti avesse voluto imitarli e fermarsi per la notte: l'Angelique era parecchio fuori città e ben lontana da molti dei quartieri principali di Parigi. Gabrielle lo seguì silenziosamente: la sua presenza era segnalata solamente dal ticchettare ritmico dei tacchi sul pavimento lucido.

 

- Joe, cos'hai dimenticato stavolta? - Lo rimbrottò, lasciandosi sfuggire una breve risata cristallina.

 

- Ma niente...! Volevo solo controllare che Debra non avesse telefonato. Sai quanto ha ringhiato, quando le abbiamo chiesto questa giornata di "ferie". - Sfilò il suo i-phone dalla tasca di una giacca scura che aveva tutta l'aria di essere rimasta abbandonata lì da ore. - Ho temuto che ci sarebbe stata col fiato sul collo tutto il tempo. Invece, a quanto pare, niente. - Sorrise.

 

- Perfetto. - Mormorò. Trattenne appena il fiato, quando lui le si fece velocemente vicino.

 

Avvenne tutto molto velocemente, come era tipico di quei momenti sospesi fra sogno e realtà. Avvertì le labbra di Joe sulle sue, dolci, insistenti e poi poco più giù sul collo, la spalla. A rincorrere lo scollo dritto dell'abito, spostandolo appena verso il basso. Cedette immediatamente alla sua leggera pressione e scivolò morbidamente sull'ampio letto matrimoniale: la giacca di Nicholas si stropicciò sotto il suo corpo teso insieme a quella che era già lì.

 

- Joe...! - Soffiò contro la sua bocca. Gli arpionò le spalle ed inarcò la schiena: le mani di lui la carezzavano, percorrendola millimetricamente dal basso verso l'alto.

 

Non le rispose: catturò nuovamente le sue labbra e prese a scostare le spalline, con sempre maggiore ansia di scoprire nuovi scampoli di pelle. Gabrielle arrossì vistosamente, imbarazzata nemmeno tanto dalla brama inespressa nel tocco di Joe, quanto per i lunghi brividi che le scatenava lungo la spina dorsale. Era leggermente accaldata, premuta contro il materasso morbido dal corpo di lui che - per quanto non le pesasse del tutto addosso - le impediva comunque di muoversi o di allontanarsi: percepiva come non esistesse distanza fra loro, tanto che avvertiva sulla propria guancia ogni minima irregolarità del suo respiro, ogni piccolo movimento, ogni smorfia.

 

- Coco. - Soffiò, mentre le scostava una ciocca di capelli dalla fronte. - Se io ti chiedessi di fare l'amore con me, ora, qui... scapperesti? -

 

Esitò e si fermò un momento per riprendere fiato, in contemporanea attesa di una risposta. Posò il palmo freddo contro la sua guancia, senza mai interrompere il contatto visivo fra loro. Per quanto lui stesso fosse esitante, teso e diviso fra la speranza di poter finalmente appagare il suo desiderio e la paura delle dirette conseguenze di quel gesto: avrebbe avuto Gabrielle, sarebbe - una volta per tutte - stata completamente sua, ma avrebbe irreversibilmente compromesso la fiducia che suo padre nutriva verso di lui e la solidità dei suoi principi. Le labbra di Coco troncarono di netto qualunque filo logico si stesse snodando fra i suoi pensieri fino a quel momento: le sue piccole mani nervose gli sfiorarono le guancie e si tuffarono fra i capelli scombinati, attirandolo inevitabilmente verso il basso. Verso di lei.

 

Coco, dal canto suo, si era imprevedibilmente lasciata condizionare dalla situazione, dal calore di Joe e dalla dolcezza delle sue labbra sulla pelle. Era qualcosa che riusciva a rendere cieca perfino la sua volontà e tutto il buon senso che avrebbe dovuto torturarla e impedirle di lasciarsi toccare a quel modo: inarcò la schiena, mentre il respiro le si inchiodava in gola.

 

- Joe...! - Mormorò, nel sentire la zip del vestito scivolare inequivocabilmente verso il basso.

 

Prese a sbottonargli la camicia, rallentata dalle dita sottili che si incastravano contro i bottoni troppo piccoli. Lo chiffon frusciava leggero, sotto la spinta delle mani di Joseph, che le sfiorava le gambe e lasciava che si arricciasse appena sotto i fianchi. Erano terribilmente vicini al punto di non ritorno e lei non sapeva più se augurarsi di oltrepassarlo il prima possibile, in modo da non potersi più fermare nemmeno volendolo, o di riuscire a smettere in tempo. Qualcosa, dentro, le sussurrava che non era così, non in quel modo e non con quello stato d'animo che avrebbe voluto vivere quel momento insieme a Joe.

Doveva essere qualcosa di unico, tanto perfetto da sembrare irripetibile. Solo, i baci di lui e la dolcezza con cui esitava, sfiorandole il viso col proprio, seguendone il profilo con la punta del naso... le rendevano incredibilmente difficile anche solo pensare di dirgli no. Strizzò gli occhi, aggrappandosi alle sue spalle con il tacito desiderio di annullarsi in lui e non pensare.

 

Poi, come se le avesse letto nel pensiero, Nicholas bussò delicatamente sulla porta accostata. Entrambi riconobbero il suo tocco esitante, ancor prima della voce morbida.

 

- Ragazzi...? Monique mi ha mandato a chiamarvi per il taglio della torta. - Borbottò, restando fermo oltre la soglia: per loro fortuna non pensò di far scattare la maniglia.

 

Gabrielle tornò improvvisamente alla realtà. Spalancò gli occhi e scattò verso l'alto, costringendo Joe a rimettersi seduto. Si strinse al petto l'abito che - del tutto slacciato - le sarebbe altrimenti scivolato attorno alla vita. Monmon, la torta, il matrimonio. Improvvisamente le parve tutto improvvisamente chiaro, compresa la sconvenienza di quello che stava per fare. Lanciò una breve occhiata a Joseph - ancora sconvolto, con la camicia sbottonata a scoprire la pelle tesa - e scese dal letto con un piccolo balzo. Lui era ammutolito, probabilmente ancora nella fase di assimilazione di come e perchè era scoppiato tutto a quel modo.

 

- Arriviamo, piccolo. - Esclamò.

 

Cercava le scarpe con lo sguardo, la cerniera era già tornata al suo posto e i capelli sistemati in qualche modo. Soltanto quando la luce calda del corridoio infranse la penombra della camera e la investì, Nick alla sua destra e Joe poco dietro - per un istante - il filo dei suoi pensieri si impigliò in Kevin.

 

 

°°°

 

 

Piccolo PS.

 

1) Non è da me fare pubblicità, ma per affetto in questo caso devo e voglio farla!:3 Qualche tempo fa sono riuscita a corrompere mia cugina e ora lei sta scrivendo e postando una fic sui nostri amati Jonas. Io vi invito a leggerla e garantisco per lei!^w^ La fic è "Tonight" di Jotica_90. (Che, a proposito, ha scritto anche una shot su Coco che merita davvero!:3)

Piccola chicca: avete guardato il banner del secondo capitolo? Avete visto Breanna? Beh, lei sono io.xD O meglio, le ho prestato il viso.<3

 

 

2) Per le curiose, al link qui sotto la foto che mi ha ispirato l'abito di Coco descritto nello scorso capitolo:

http://img824.imageshack.us/img824/5236/abitococo.png

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Capitolo 30
*** Capitolo 29° ***


Perdonatemi, vi prego!D: Giuro che mi odio più di quanto mi possiate odiare voi. DEVO riuscire a smetterla di aggiornare a questo ritmo inumano.*si autopunisce* Non vi starò a ripetere che questo capitolo è stato un parto e che mille cose ci si sono messe di mezzo.>w<

 

Piuttosto vi dirò che - finalmente - le cose iniziano a smuoversi, dopo questo periodo di transizione, che spero vi divertiate a leggere e che il capitolo sia valso almeno un decimo di tutta quest'attesa.x3 Specie a quelle di voi che chiedevano un po' di Kev/Koco...

 

Non anticipo nulla.*ridacchia* Leggete da voi!

 

Ma, prima, è doveroso che io vi ringrazi. Perchè, poche ma buone, mie affezionate lettrici... Sappiate che io e Coco non potremmo andare avanti, senza di voi. Grazie con tutto il cuore, per la pazienza e la devozione che ci dimostrate.

 

succodizucca: ...immagino avrai notato da te che i miei tempi di aggiornamento sono una cosa indecente.*si prostra e chiede perdono* Penso che a quest'ora sarai già da parecchio tornata in patria. Comunque tranquilla, ogni recensione è importante e non per la lunghezza, ma perciò che contiene. Quindi grazie. I sentimenti che Coco prova per Kev? Eeeeh. Chissà.*ridacchia*

 

eirene eimi: tranquilla, io anche sono discretamente pazza,xD Quanto ai Noco... Beh, sono una delle cose di cui vado più fiera. Il loro rapporto è qualcosa che posso con orgoglio definire "unico" nel suo genere. E lo coltiverò ancora, lungo tutta la durata della fic. Il capitolo Michael si è per il momento chiuso, maaa... chi dice che non si riaprirà, prima o poi?:O

 

simba: la mia fedelissima. Ti adoro. Sui Noco mi sono già espressa prima, quindi mi limiterò a dirti che Joe avrà anche le sue belle gatte da pelare, oltre che gli "ormoni" da tenere a bada. Ma bisognerà aspettare fino al prossimo capitolo.*shh* Aspetto il tuo commento a questo, intanto!*w*

 

Ia: ... ma ciao!xD Sei su msn che fremi per leggere il capitolo, quindi cerco di fare in fretta.x3 Che posso dire? In questo capitolo la tua sete di Koco credo sarà in parte placata. E quando leggerai, ti renderai conto che è stato molto meglio che io non ti abbia anticipato nulla. Goditeli. (Poi voglio una recensione con i fiocchi e i controfiocchi. Già detto.)

 

maggie_lullaby: mia cara!:3 Ma io ti sopporto volentierissimo.x3 E i tuoi commenti deliranti sono fantastici.:D Mi chiedevi Koco? Beh, direi che ti ho esaudita. Il capitolo dovrebbe soddisfarti. Aspetto con ansia di sapere TUTTO ciò che ne pensi.*w*

 

La Cugina: hai visto? Ho aggiornato!:O Ora piove.xD (poi ti mando un sms per avvisarti così ti fiondi a leggere e poi recensisci anche.*annuisce*) L'unica anti-Coco al mondo, probabilmente. Ma serve anche l'altra campana.xD Sono curiosa di sapere che dirai di questo capitolo. Quindi leggi, muovitiH.^O^

 

Chià: ...no, non mi sono bevuta il cervello.xD So che non ci sei fra le recensioni. Ma per me è come se ci fossi. Quindi ringrazio anche te per la pazienza che hai nell'aspettare i miei ritmi e per il bene che vuoi a me, a Coco(ci mancherebbe, è tua mogliaH x3) e a tutti gli altri. Aspetto con ansia che tu legga e mi dica, sai che ci tengo da morire! *strizza*

 

Beeene, ora ci siamo sul serio.x3 Vi lascio al capitolo e ora, come non mai, sono curiosissima di leggere i vostri commenti.*____*

 

Divertitevi, emozionatevi... odiatemi?xD Insomma, hope you'll like it, mie adorate!

 

 

 

 

- Capitolo 29° -

 

 

 

{ It could be wrong,
could be wrong...
But it should've been right. }

Resistance - Muse

 

 

 

L'aria tiepida di maggio scompigliava delicatamente gli alberi delle Tuilleries, accarezzava i giardini e le foglie appena spuntate. Gabrielle si sedette su una grossa cassa di plastica - da cui era stato tolto qualche grosso pezzo d'attrezzatura appena qualche attimo prima - e strinse in grembo una mezza pila di copioni, mentre si guardava in giro, osservava il set e ne assaporava l'aria di assoluta, appagante normalità: dopo il matrimonio di Monique, tutto aveva preso - ripreso, più probabilmente - ad andare per il verso giusto, a suo modo.

 

Sua sorella si era trasferita stabilmente a casa di Geràrd, tanto per cominciare e le aveva offerto di tenere il vecchio appartamento per sè, anche una volta che i ragazzi se ne fossero andati: in un primo momento Coco si era rifiutata anche di pensare a quella casa senza Joe, Nick e Kevin... Era qualcosa di assolutamente inconcepibile. Però, se avesse deciso di continuare a vivere con Monmon, di un trilocale vuoto ne avrebbero fatto ben poco: l'avrebbero venuto per affittare un altro paio di posti a disposizione dell'agenzia e - all'interno di quei quattro muri - c'erano troppi dei suoi ricordi più belli. Risultato - senza pensarci troppo - aveva accettato di rimanere e si era perfino divertita a metterci qualcosa di veramente suo, in quella casa.

 

Il nuovo colore dei muri, un bel divano color panna o l'enorme pannello di sughero sulla parete del salotto a cui, di giorno in giorno, fissava - con puntine rigorosamente colorate - le foto più belle, i ritagli di giornale o foglietti e piccoli post-it fluorescenti tappezzati di messaggi che i ragazzi le facevano trovare in giro, quando si alzavano molto presto e uscivano prima ancora che lei si svegliasse. Così come aveva voluto, la loro presenza in quella casa - e in quella vita - era forte e avvolgente come la scia di un intenso profumo.

 

- No, no, no. Non ci siamo...! -

 

Alzò lo sguardo di scatto e si schermò gli occhi chiari dal riverbero del sole. Il regista discuteva animatamente con Debra, gironzolando nervosamente tutt'intorno allo spiazzo che avevano scelto per filmare. Sembravano entrambi piuttosto contrariati e non degnavano della minima attenzione nè Nick, che stava accordando per l'ennesima volta la sua chitarra, nè gli altri due, in piedi poco distanti: Kevin stava poggiato al tronco di un grosso albero, le braccia incrociate e l'attenzione fissa su un punto imprecisato poco sopra l'orizzonte. Parlottava distrattamente con Joe, senza guardarlo.

 

- Miss, lei sa che sono una persona seria. Non lo posso fare il mio lavoro, in queste condizioni...! - Abbaiò nuovamente l'uomo, bloccandosi a metà strada.

 

- Ho tentato di contattare l'agenzia già due volte e tutto quello che hanno saputo dirmi è che c'è stata una sovrapposizione di orari. La ragazza che dovevano mandarci non è proprio disponibile, sta sostenendo un provino dall'altra parte della città. - Debra si stava sforzando di non peggiorare la situazione e di mantenere una reazione misurata. Era evidente nel suo tono di voce il tentativo di trattenersi.

 

- E lei li richiami...! Ho esattamente tre giorni per finire di girare questo videoclip e mandare tutto al montaggio. Tre giorni. - Allungò una mano e le piazzò le dita ben tese davanti al naso. - La Hollywood Records non è una casetta discografica qualsiasi, è una sottospecie di colosso nel suo campo. Una di quelle megaimprese americane che vogliono sempre la pappa pronta quando lo dicono loro. E' bastato un pezzo di carta via fax a fermare il documentario tre giorni, per i loro comodi, figuriamoci quanto meno ci metterebbero a sbattere fuori me...! -

 

- Ci provo.- Ringhiò lei. Si massaggiò le tempie ed estrasse per l'ennesima volta il cellulare dalla tasca, mentre una smorfia esasperata si allargava sulle labbra laccate. - Lei... Veda di ottimizzare il tempo e filmare quello che può con i ragazzi. -

 

- Ehi. - Coco sussultò leggermente ed abbandonò per un momento i due e quello strano discorso. Le voci si persero in un rumorio indistinto, quando prese a concentrarsi su Kevin che le si era avvicinato.

 

- Ehi. - Sorrise. Lasciò i copioni su un tavolino da campo - ingombro di filtri colorati - che avevano montato alle sue spalle e si alzò. Nemmeno si era accorta che non era più con i suoi fratelli. - Che succede? -

 

- Hanno dovuto sospendere le riprese del documentario, per un video. Credo abbiano anticipato l'uscita del prossimo singolo...! E' stata una richiesta piuttosto improvvisa, non ce lo aspettavamo neppure noi. Abbiamo appena tre giorni per girare e oltretutto, sembra che ci manchi l'attrice protagonista. - Si sedette dove era stata lei fino a pochi attimi prima e le fece cenno di sistemarglisi in braccio. - Puoi immaginare quanto l'abbiano presa tutti bene...! -

 

- Vedo. - Arrossì lievemente e si affrettò a nascondere quel leggero imbarazzo dietro l'ennesimo sorriso. Kevin le strinse delicatamente i fianchi e l'attirò un po' più indietro, sulle sue gambe. - ... Come i bimbi, non tocco! - Scoppiò a ridere, dondolando i piedi a pochi centimetri da terra.

 

- Per forza, sei... uno scricciolo! - Replicò lui. - A volte ho l'impressione che tu possa romperti da un momento all'altro, se ti stringo un po' più forte. -

 

- Non potresti mai, Kev. Non tu. - Si accoccolò contro di lui e si lasciò abbracciare, quasi volesse dimostrargli subito che aveva ragione. - E' come... una sensazione. Quando mi tieni così, anche ora, la tua stretta è decisa... ma dolce. Sempre. -

 

- Beh, sì. - Arrossì. - Non può essere diversamente. -

 

- Non saresti il mio Kevin, altrimenti. - Mormorò.

 

- Il tuo Kevin sembra aver bisogno di un po' più di prudenza...! Rischia grosso ad abbracciare a quel modo la fidanzata di suo fratello. E' un tipo geloso, sai? -

 

- Ma smettila! - Scoppiarono entrambi a ridere. - Puoi abbracciarmi come e quanto vuoi, lo sai. E lo sa anche Joe. Piuttosto... Non dovresti essere sul set, tu? -

 

- Hanno deciso di cominciare da una sequenza in cui io non appaio. - Indicò con un cenno del capo i tecnici del suono che si affaccendavano intorno ai fratelli.

 

Il regista stava impartendo le ultime istruzioni su come inquadrare e - ad intervalli regolari - lanciava occhiate nervose in direzione della manager che parlava fitto al cellulare e sembrava ancora più snervata di lui. Da quella distanza sembrava difficile capire anche solo che senso potesse avere tutta la scena. Avrebbe voluto chiederlo a Kevin, ma non ne ebbe il tempo fisico: Debra chiuse bruscamente la telefonata e tornò a grandi passi verso di loro.

 

- INCAPACI. - Sbottò. - Ecco cosa sono: dei dannati incapaci...! Io... Perfetto! -

 

Coco arrossì, sentendosi come colta in flagrante nel momento in cui capì che gli occhi scuri di Debra puntavano lei... E le sue braccia delicatamente strette al collo del maggiore dei Jonas. Lo lasciò andare e non osò aprir bocca, memore di quanto più aggressiva poteva diventare quella donna, se si tentava di contraddirla.

 

- Certo, non sarà la stessa cosa, ma possiamo adattarci. - Borbottò quella avvicinandosi a grandi passi. - Ascoltami, cara, c'è assoluto bisogno che tu ci faccia un favore. -

 

- Come...? - Mormorò Gabrielle, ancora seduta in braccio a Kevin. Scivolò a terra e si rimise in piedi, in attesa di sapere cosa stesse passandole per la testa.

 

- Devi sostituire la ragazza nel videoclip. - Non era sicura di aver sentito bene. Sgranò gli occhi e sentì distintamente il maggiore dei Jonas trattenere il respiro, alle sue spalle. - Fortunatamente nelle sequenze che abbiamo già filmato, la si vede solamente di spalle. E sarà quasi sempre così... Non dovrai fare molto. -

 

- Ma, veramente io... No. Non credo sia il caso. - Balbettò, scostandosi una ciocca scura dal viso. - Non sarei all'altezza. -

 

- Sciocchezze. Il regista e i ragazzi ti spiegheranno per filo e per segno ciò che dovrai fare, non ci saranno problemi. - La manager indicò l'angolo costumi con un cenno imperioso che, di certo, non voleva dar adito a repliche. - E' una situazione di emergenza e non possiamo permetterci rifiuti, mia cara. Ora vai da Reneè, dille che ti mando io. Avrà bisogno di provarti il vestito. - Detto questo, girò i tacchi e riattraversò lo spiazzo con una corsettina nervosa.

 

Coco si inumidì le labbra e serrò i pugni lungo i fianchi esili. Sentiva già l'agitazione premerle il cuore in una morsa e poteva giurare che le sue gambe stessero tremando impercettibilmente. Guardò Kevin, che le si era avvicinato e le aveva poggiato una mano sulla spalla: per poco non le mancò il fiato. Era successo tutto ad una tale, vertiginosa velocità, che quasi non se ne rendeva ancora conto. Recitare al fianco dei Jonas Brthers significava finire sbattuta sugli schermi televisivi di tutto il mondo... Era qualcosa di troppo, troppo grande per lei.

 

- Respira, Gabrielle, ti prego. - Mormorò lui al suo orecchio.

 

- Kev...! Tutto questo è assurdo. - Si strinse nelle braccia. - Io non sono un'attrice e non sono famosa. Sono qui solo per dare una mano e farvi da interprete... Che ne so di come si recita? -

 

- Immagino che tu la veda come una cosa del tutto gigantesca e insormontabile. - La mano calda e delicata scivolò lentamente lungo la sua schiena ancora in tensione e la sciolse appena. - Ma quella di Debra non è poi una brutta idea. Piuttosto che avere una qualsiasi sconosciuta, preferisco mille, un milione di volte, che sia tu. Sarai perfetta, ti aiuteremo noi. -

 

- So che sembra assurdo a dirsi, ma io non voglio diventare famosa. Non voglio che la gente mi riconosca e mi additi quando cammino per strada o che giudichi tutto quello che faccio: mi fa paura l'idea di apparire in televisione. Anche solo per tre minuti di videoclip. - Si ritrovò a fissare la ghiaia umida sotto le sue scarpe, mentre si sforzava di ricacciare indietro le lacrime.

 

- Lo capisco e sono pronto a garantirti io stesso che non succederà. Faremo in modo che questa storia passi il più inosservata possibile, però abbiamo bisogno di te. - Le sollevò il mento e sorrise, quando i loro sguardi si fusero.

 

- Ci provo. - Acconsentì lei. Si allontanò e dopo un veloce bacio sulla guancia, filò di corsa al primo espositore carico d'abiti di scena.

 

 

°°°

 

 

- Stai ferma, o ti appunterò l'orlo tutto storto...! -

    

Gabrielle annuì e cercò di recuperare fermezza, in bilico su quel vecchio sgabello di legno. Reneè era un'insolita donna alla soglia dei quarant'anni che, per qualche sorprendente motivo, non trovava affatto strano girare con i capelli ancora di un rosso piuttosto acceso, due cerchietti d'oro all'orecchio sinistro e un lungo cappotto dal taglio militare che nascondeva quasi del tutto la sua corporatura esile. Si muoveva tra i tessuti con una tale disinvoltura, da dare l'impressione che non avesse mai fatto altro nella vita: le sue mani, con ago e filo, parevano incantate da chissà quale fattura.

 

- Continuo a credere che non sia affatto una buona idea. - Si inumidì le labbra e si concentrò sul restare immobile.

 

- Dolcezza, nel mondo dello spettacolo le buone idee sono come malattie: se le conosci, le eviti. - Replicò l'altra, scrollando i ciuffi ramati. - Il nostro è quello che si dice vivere alla giornata: per sopravvivere devi saper improvvisare...! -

 

- Non fa per me. - Fu come se gli occhi grigi di Renèè l'avessero perforata da parte a parte.

 

- Almeno provaci. Quei tre ragazzi sono tuoi amici, mi pare di capire. Fallo per loro, se non vuoi farlo per te stessa. - Si alzò e prese a girarle attorno, osservando il proprio operato con fare critico.

 

- E' per questo che ho accettato. Una volta tanto che posso essere io a fare qualcosa per loro... - La costumista annuì e si lasciò sfuggire un sorrisino sghembo. Dopo qualche attimo si appuntò l'ago al bavero del cappotto e le fece cenno di scendere.

 

- Io credo di aver finito. Sei praticamente perfetta, modestamente parlando! - Sogghignò. Le ravvivò i boccoli scuri e fece sì che ricadessero sulle spalle scoperte. - Abbi fiducia in te, bambina. -

 

Non ebbe tempo di risponderle, perchè un ragazzo biondo con delle enormi cuffie attorno al collo la prese per un braccio e la trascinò verso il set, borbottando una sfilza di parole con un accento decisamente troppo incomprensibile. Doveva venire da qualche assolato paese del sud, il cui mare probabilmente aveva lo stesso colore verde dei suoi occhi. Lo seguì, docile e si strinse ai fianchi un lembo dell'ampia gonna bianca, nel tentativo di non inciamparci mentre si affrettava per stare al suo passo. Prima di sparire oltre gli alberi, lanciò un ultimo sguardo a Reneè, che le fece un rapido, burbero cenno di incoraggiamento con la mano e tornò all'ennesimo orlo scucito.

 

Gabrielle seguì in silenzio l'assistente di studio, strinse i pugni e cercò di placare il senso d'ansia che si sentiva crescere dentro e gonfiarsi, fra un respiro e l'altro. Si fermò al punto che le era stato indicato dal regista e continuò a fissare un punto imprecisato, dritto davanti a sè, ignorando completamente le tre grosse telecamere scure che occhieggiavano minacciose nella sua direzione. Per la prima volta in vita sua, si trovava dall'altra parte dell'obbiettivo e questo la metteva in profonda soggezione... Eppure, in qualche modo, sentiva di doverci essere. Proprio lì.

 

- Ehi. - Spostò leggermente lo sguardo e affondò nel suo familiare mare d'ambra liquida. - Non ci volevo credere, quando Kev me l'ha detto. - Sorrise Joe, prima di prendere a giocare con uno dei boccoli perfettamente laccati che le cadevano lungo la linea del collo.

 

- Nemmeno io, per quello. - Arrossì vistosamente.

 

- Penso che sia assolutamente perfetto. - Si chinò impercettibilmente in avanti ed accostò le labbra al suo orecchio. Un brivido le corse lungo la schiena, per tutta la sua lunghezza. - Forse avrò una scusa per baciarti liberamente, anche davanti alle telecamere. -

 

- Joseph...! - Coco si lasciò sfuggire un sorriso, mentre lui esitava un momento fronte a fronte.

 

- Nessuno saprebbe che non è solo finzione. A parte noi. -

 

- Questo dovrebbe tranquillizzarmi? - Per un attimo si dimenticò completamente di come e quanto avrebbe dovuto sentirsi fuori posto. Sfiorò le labbra di Joe con le sue, lo sorprese. Erano tutti talmente indaffarati ad allestire quello che rimaneva delle scenografie, per accorgersene.

 

- Sorpresa, sorpresa. - Scoppiò in una risatina sommessa. - Questo da dove usciva? -

 

- Dalla fretta di toglierti di torno. Stanno arrivando...! - 

 

Quando Debra e il capo-cameraman entrarono nel loro campo visivo, nessuno avrebbe potuto dubitare che non stessero facendo di più che chiacchierare tranquillamente fra loro. Joe indicava un grosso - finto - sasso bianco di cartapesta e spiegava il modo in cui lei avrebbe dovuto sedercisi e rivolgere le spalle alla telecamera di sinistra, Gabrielle dal canto suo, provava la posizione e cercava di assicurarsi di aver capito bene. Si scambiarono uno sguardo veloce e la mano di lui esitò per un momento alla base della sua schiena, la accarezzò appena con le dita tese, prima di allontanarla.

 

- Ci siamo. Voi due siete pronti? - Joseph annuì e tornò ubbidiente dalla manager. Dopotutto, si era convinto da sè che prenderla di petto e contraddirla su tutto non era la strada migliore.

 

- Abbiamo solo chiarito qualche piccolo dubbio sulla mia sequenza. - Sorrise condiscendente. - Possiamo cominciare. -

 

 

°°°

 

 

L'erba umida sotto i piedi nudi provocava una sensazione del tutto diversa. Sollevò l'orlo del vestito e si spostò al centro dell'enorme prato inondato di sole. La troupe stava montando l'attrezzatura per l'ennesima volta ed il ragazzo biondo di quella mattina dava istruzioni a Kevin su come e dove muoversi per non uscire dall'inquadratura o sfalsarla troppo. Li osservò muoversi lungo il perimetro segnato dalle telecamere, involontariamente i suoi pensieri si persero nel realizzare come - dopo un primo momento di assurda paura - le fosse risultato facile e perfino divertente stare su quel set. Era bastato liberarsi di una minima parte delle sue mille insicurezze e affidarsi all'istinto, una volta tanto.

 

Si inumidì le labbra, mischiando al proprio il sapore dolciastro del rossetto. Passo dopo passo - in un modo o nell'altro - quei tre ragazzi la stavano spogliando di tutte le maschere che si era tenuta stretta addosso per anni: il chiudersi costantemente in sè stessa, la paura del giudizio altrui. Soprattutto quella maledetta, fastidiosa sensazione di non essere mai abbastanza. Per loro non era così: Nick, Kevin e Joe le avevano dimostrato di avere seriamente bisogno di lei, fin dal momento in cui le loro strade si erano incrociate... Si volevano reciprocamente e tanto bastava.

 

- Coco. - Sussultò. Nemmeno si era accorta che Kevin l'aveva raggiunta. Per la seconda volta nell'arco di poche ore, si ritrovò ad arrossire, come l'avesse colta in flagrante a fare chissà cosa.

 

- Come fai ad arrivarmi sempre ad un palmo dal naso, senza che io me ne accorga...? - Mormorò, ricacciando furiosamente indietro il rossore affiorato alle sue guancie.

 

- Non ne ho idea. - Sorrise lui. Infilò entrambe le mani nelle tasche dei jeans scuri e socchiuse appena gli occhi: il suo sguardo si addolcì, perfino più del solito. - Forse la mia presenza non è dirompente come quella di mio fratello. -

 

- Forse io sono troppo sulle nuvole. - Si affrettò a correggerlo. - O forse entriamo troppo in risonanza, io e te. Siamo troppo simili. -

 

- Forse. - Arrossì impercettibilmente. Gli occhi verdissimi saettarono in direzione del regista, che aveva preso a chiamarli. Gabrielle non sentì le sue parole, si era persa per un momento ad osservare come il sole spruzzasse riflessi dorati in quel mare smeraldo.

 

Si ritrovarono faccia a faccia, qualche attimo dopo, circondati dalle telecamere. Il tecnico del suono era pronto a far partire la base di chitarra che avevano registrato prima di cominciare e il vento soffiava leggero, esattamente nel modo in cui occorreva, scompigliando appena i capelli di Coco. Sollevava le lunghe ciocche scure per lasciarle ricadere morbidamente lungo la schiena, gonfiava la vaporosa gonna dell'abito come una nuvola bianca e scompigliava i riccioli sulla fronte pallida di Kevin. Al cenno del cameraman, tutti si azzittirono all'improvviso: scattò il piccolo led rosso sulla telecamera e come unico suono a fendere quel surreale silenzio, rimase il ronzare cadenzato degli zoom automatici integrati nelle macchine di ripresa. La musica scattò qualche attimo dopo, come un fulmine a ciel sereno.

 

Gabrielle sussultò impercettibilmente, nel sentire le mani fredde di Kevin sulle proprie. Era destabilizzante vederlo così serio e concentrato, essere guardata da lui a quel modo: Kev che di solito era sempre quello spensierato, a suo modo schivo, l'osservava con un'intensità che sospettava le avrebbe piegato le ginocchia da un momento all'altro. Impulso. E - impulsivamente - lei si tirò indietro, incerta. Mosse un passo all'indietro e lo costrinse a sciogliere la presa.

 

- STOP! - L'urlo del regista sovrastò la musica, appena prima che questa si spegnesse. - Si può sapere che succede qui?! Eppure non dovrebbe essere difficile. Abbiamo girato altre due scene pressochè identiche a questa non più di un'ora fa. -

 

- Sì, scusatemi. - Sospirò.

 

- Sai quello che devi fare, non è difficile. - L'uomo si passò entrambe le mani sulle guancie ruvide di barba leggermente incolta. - Come con Joseph e Nicholas... Tu sei la sua ispirazione. Letteralmente. Questa è la scena conclusiva: dopo averli rincorsi per tutto il video, finalmente riesci a raggiungerli per mostrarti in modo diverso a ciascuno dei tre e dopo quest'unico, brevissimo contatto, scompari. Torni dove sei sempre stata: in loro. Su. - Coco annuì e tornò a posizionarsi davanti a Kevin. Cercò di nascondergli l'imbarazzo che le aveva imporporato le guancie, inutilmente.

 

- Sta' tranquilla. - Le scostò una ciocca di capelli dalla fronte, accompagnandola dietro l'orecchio.

 

- Allora, ragazzi, vi voglio vedere coinvolti. Dovete emozionarmi. - Urlò il regista. Sbattè il copione arrotolato sul bracciolo della sua sedia. - Siate naturali, improvvisate se necessario. -

 

Le mani di Kevin scivolarono attorno ai suoi fianchi e - improvvisamente - la voce del regista, la musica che riattaccava da capo, gli accordi di chitarra che portavano al ritornello sfumarono in un groviglio ovattato di suoni indistinguibili l'uno dall'altro. Finì stretta nel suo abbraccio, ad una distanza decisamente troppo ridotta, per poter anche solo pensare di tirarsi indietro una seconda volta. Sollevò appena il capo, si ritrovarono occhi negli occhi. La troupe, le telecamere, tutto sembrava essere come scomparso... Una folata di vento più forte delle altre la aggredì, costringendola a trattenere i capelli con una mano, mentre si riparava contro la spalla di lui. Kevin ebbe appena il tempo di lanciare un'occhiata al regista che gli fece un rapido segno con la mano e gli sillabò qualcosa di apparentemente incomprensibile.

 

Istinto, si era detta. E per puro istinto, Gabrielle seppe cosa stava per succedere ancora prima di rendersene effettivamente conto. Trattenne il respiro, mentre lui si chinava impercettibilmente in avanti e non oppose la minima resistenza quando le loro labbra si toccarono... La sensazione, di nuovo, fu quella di due tessere di puzzle che si incastravano ed andavano finalmente al loro posto. Ricordava distintamente di averla già provata, in almeno un'altra occasione. Gli cinse il collo - le mani che tremavano - e si spinse un po' più contro di lui: Kevin aveva un sapore diverso, la sua bocca aveva una forma diversa. Il suo tocco era diverso ed avrebbe dovuto sembrarle tutto completamente sbagliato... Avrebbe.

 

Cedette alla sua delicata pressione e lasciò che approfondisse il bacio, prendendo rapidamente fiato sulle sue labbra. Le mani calde di lui scivolavano leggere sulla sua pelle: ne sentiva il calore contro il collo e alla base della schiena. Le sue stavano saldamente aggrappate al tessuto leggero della camicia, tanto da rischiare di strapparlo al primo movimento. Era inebriante, avvolgente e intenso quasi fino allo stordimento. Qualcosa di molto simile ad un'ubriacatura, con la sola differenza che - in questo caso - la consapevolezza accendeva tutti i suoi sensi e lei sentiva, sentiva davvero ogni cosa. Percepiva Kevin su ogni centimetro del suo corpo.

 

- Ok, perfetta. Chiudi. -

 

Nessuno parlava. Quando Coco aprì gli occhi, la base era già sfumata del tutto e Kevin era immobile, a pochi centimetri da lei. Il respiro spaventosamente irregolare e gli occhi vivi di una luce che non gli aveva mai visto. Non così. Si sforzò di non fissargli le labbra leggermente socchiuse e ancora arrossate, poi cancellò qualunque involontario riferimento a di cosa, nello specifico, sapessero. La sua mente urlava "Buono. Di fottutamente buono": la ignorò e cercò di riprendere coscienza di sè stessa e di quello che era successo. Era sul set di un video, era stata tutta... finzione. Era finita. Guardò il regista, già impegnato a rivedere quanto aveva filmato, gli operatori che arrotolavano i cavi, i microfonisti che spegnevano le consolle. Improvvisamente il suo cuore mancò un battito, come se qualcuno lo avesse appena stretto in pugno.

 

Joe spostò lo sguardo da lei a suo fratello maggiore, gli occhi profondamente accusatori sotto la linea ostile delle sopracciglia: li guardava come se avesse voluto passarli da parte a parte. Le sue labbra si tesero appena, stringeva rabbiosamente i denti... La mano destra - con cui si sorreggeva alla corteccia nodosa di un grosso albero - si era stretta a pugno, sino a far illividire le nocche. Si scostò rabbiosamente, allontanò Nicholas che gli aveva cinto le spalle con un braccio e se ne andò, senza dire una sola parola.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30° ***


No, non state sognando e non è un miraggio.xD Questa fic non è stata abbandonata a stessa, mi sono dimenticata delle mie fedeli lettrici.<3 So benissimo quanto avete dovuto aspettare e mi scuso.

Non voglio stare a ripetervi quanti e quali ostacoli, scazzi, momenti di crisi e quant'altro si sono infilati tra me e la realizzazione di questo capitolo. Dico semplicemente che una settimana in montagna, con le amiche mi ha aiutata a rilassami e ritrovare un po' di me stessa. Almeno la serenità necessaria a finire qui e ultimare un altro paio di shot che posterò a breve.x3

 

Ne approfitto, intanto, per ringraziarvi tutte - di cuore - per le 10 recensioni al capitolo precedente. Per me, nel mio piccolo, sono davvero un sacco. E sono preziosissime. Per questo voglio essere breve e - semplicemente - dedicare questo capitolo a tutte voi.

 

A chi lo ha aspettato col fiato sospeso, a chi è tornato a commentare dopo tanto tempo, a chi non ha mai smesso di farlo. A chi mi è accanto e sopporta, giorno dopo giorno, tutti gli scazzi e le crisi che mi fanno irrimediabilmente bloccare. A chi mi ha letteralmente sfranto l'anima e mi ha ripetuto, mille volte almeno, "scrivi", come un martello pneumatico. A chi Coco, nonostante tutto, non la dimentica.

 

Mi dispiace non potervi rispondere subito una ad una, ma credo di avere già perso fin troppo tempo ora. Magari aggiungerò i ringraziamenti più tardi, per poter rileggere i vostri meravigliosi commenti con calma e dedicare loro la cura che si meritano.:3

 

Vi voglio bene, mie adorate lettrici. Grazie davvero. A voi il 30° capitolo, buona lettura!:3 Aspetto le recensioni.

 

 

 

 

- Capitolo 30° -

 

 

 

{ People are people and sometimes it doesn't work out.

And nothing we say is saving us from the fallout. }

Breathe - Taylor Swift ft. Colbie Caillat

 

 

 

 

- Joseph. - Le dita sottili raggiunsero ed afferrarono la manica della sua felpa. Si fermò di scatto, le suole di gomma scivolarono leggermente sul prato umido.

 

- Lasciami...! - Sussurrò. Un'unica parola che, in quel momento, dava adito a più di una sola interpretazione.

 

Coco impallidì, leggendola come una cosa decisamente troppo definitiva. Era quasi certa che il suo cervello avesse spedito alla mano l'impulso di sciogliere la presa, eppure quella non si smuoveva di un millimetro. Si inumidì le labbra, fermamente intenzionata a fronteggiarlo. Cercava freneticamente le parole adatte a spiegare - anche a sè stessa - quello che era appena successo. L'erba frusciò delicatamente alle sue spalle e poco dopo, un'ombra familiare si allungò sul terreno.

 

- Non è come pensi. - Kevin piombò in quella conversazione nemmeno iniziata, come vento caldo sul fuoco. Joe si irrigidì e spostò lo sguardo da Coco al fratello, come smanioso di avere una scusa definitiva per scoppiare.

 

- Che ne sai tu, di quello che penso...? - Ringhiò. Strattonò bruscamente il braccio e Gabrielle ruzzolò all'indietro.

 

- Me ne sono fatto un'idea. E non hai motivo di essere violento con lei...! - Si incupì. - Non ha fatto nulla. -

 

- Nulla...? - Stirò le labbra in un sorriso amaro, mentre lo squadrava da capo a piedi. - Sì, certo. -

 

- Joe. - Riprovò Gabrielle, in un ostinato tentativo di mantenere voce e nervi saldi. Le rivolse uno sguardo rapido, prima di tornare a fissare rabbiosamente Kevin: i suoi occhi saettavano tanto, che parevano quasi bruciare.

 

Non voleva ascoltarla, nè poteva permetterselo: era certo che lei lo avrebbe fatto vacillare e poi cedere, molto più facilmente. Con suo fratello poteva essere furioso e pensare di non perdonarlo tanto presto, Gabrielle era un'altra cosa. Litigare con lei era impensabile. E trattarla freddamente o risponderle male lo avrebbe lacerato dentro... Ancora si sentiva bruciare addosso il senso di colpa per quell'unica cattiveria che si era lasciato scappare e che l'aveva spinta al punto di scappare. Mille volte si era chiesto cosa sarebbe successo, se non ci fosse stato Kevin. Se Coco sarebbe tornata a casa... O ancora se, trovandosi di fronte lui e non il fratello maggiore, sarebbe fuggita definitivamente. Il pensiero di quella notte lo torturava ancora, a distanza di mesi, perchè una nemmeno troppo microscopica parte del suo cervello continuava a ricordargli che avrebbe dovuto rischiare ed esserci lui ad affrontarla.

 

- Me lo ha detto il regista. - Il tono piatto con cui Kevin pronunciò quelle poche parole lo riportò alla realtà.

 

- Come...? - Mormorò.

 

- L'ho guardato per un momento, mentre ero là in mezzo a girare e lui mi ha fatto cenno di baciarla. - Gabrielle sussultò e trattenne involontariamente il respiro. Era pallida, immobile, ma nessuno dei due ragazzi sembrò rendersene conto. Si guardavano fissi, senza quasi battito di palpebre. - Coco non c'entra. Nemmeno ne sapeva niente. -

 

No che non ne sapeva niente e - forse - si disse, avrebbe preferito continuare così. Si inumidì le labbra e piantò fermamente occhi e piedi sul terreno: aveva bisogno di equilibrio, in tutti i sensi. Aveva come l'orrenda sensazione che il mondo avesse preso a muoversi vorticosamente. Troppo in fretta perchè lei potesse starci dietro e raccapezzarsi in qualsiasi maniera. Prima c'era stato quel bacio da film, e l'aveva totalmente scombussolata: c'erano almeno un migliaio di - seppur incredibili - sensazioni che era certa non avrebbe mai dovuto provare. Non baciando il fratello del suo ragazzo. C'era Kevin, che per un momento l'aveva guardata come mai nessuno prima, che le aveva fatto desiderare di annullarsi in lui e scordare il resto del mondo. Perchè sembrava così dannatamente giusto...! C'era Joe che aveva visto tutto, Joe che era rimasto ferito, troppo e Joe che - si maledì - era ancora all'oscuro della parte più grave di tutta quella faccenda. Infine, a questo punto, c'era il piccolo, insignificante dettaglio che tutto quanto era successo su quel set era stata pura finzione scenica: era il regista, non Kevin, ad aver deciso, poi dettato tutto quanto. E faceva male, molto. Inspiegabilmente.

 

- Sei serio? - Per la prima volta da quando avevano cominciato quel discorso, Joseph la guardò. Rimase zitta, intimidita dall'assurda precarietà della situazione. Poteva finire tutto così - a vuoto - o scoppiare come una fragile bolla di sapone.

 

- E' così. - Confermò l'altro. - Gli serviva una scena naturale, spontanea...! E' stata improvvisazione. -

 

- Sarebbe facile, se io ora mi fidassi ciecamente. - Continuava a parlare sondando i lineamenti del viso di Gabrielle, leggermente tirati.

 

- Se non mi vuoi credere, a me sta anche bene. - Anche Kevin era teso e leggermente più pallido del solito. I suoi occhi scuri bui, cupi come se si trovasse inesorabilmente in bilico. - Ma non arrabbiarti con lei, per una cosa che non ha fatto. Non ti ha tradito. -

 

Mentre Joe soppesava le parole del fratello - come a voler rimuginare fino all'ultimo se crederci o meno -, Coco avrebbe volentieri obbiettato che poteva parlare e spiegarsi da sola e che, in ogni caso, della sacrosanta colpa lei ce l'aveva. Si morse il labbro e sentì la pelle screpolata tirare dolorosamente sotto i denti. Era stufa di venire trattata come una specie di bambolina di cristallo. Non era poi così intoccabile. Fragile sì, probabilmente, ma non tanto da permettere che, ogni dannatissima volta, qualcuno si premurasse di scagionarla senza che si trovasse minimamente esposta al rischio. Non era arrabbiata con loro - sarebbe sembrata dannatamente ingrata -, era semplicemente stanca. E maledettamente sicura che, se Kevin e Joe non avessero imparato a prendersela o a litigare anche con lei, avrebbero finito con lo scannarsi al punto di compromettere irreversibilmente il loro rapporto. No, Gabrielle sapeva di non poter venire sempre prima di tutto e tutti.

 

- D'accordo. - Nemmeno il tempo di concludere quel tortuoso percorso di pensieri, che Joe aveva già preso la sua strada. - Mi fido, Kev. Sarò quello immaturo, ma non sono stupido: qualcosa da tutta questa storia l'ho imparata anch'io. -

 

- Bene. - Annuì. - E mi dispiace, avrei dovuto pensare che per te sarebbe stato fastidioso, a quel modo. - Strinse i pugni, ma li ficcò in tasca prima che si potesse notare quanto le sue nocche erano illividite.

 

- Non ho detto che ho già dimenticato tutto...! - Ringhiò. - Solo che noi abbiamo già litigato a sufficienza e non voglio che ci allontaniamo tanto, di nuovo. So che non sembra, ma anche io ci tengo a queste cose. -

 

- Non lo voglio nemmeno io. - Un minuscolo sorriso fece capolino sulle sue labbra e Coco maturò la timida speranza che avrebbe stemperato un po' l'atmosfera.

 

- Posso... Posso dire qualcosa anche io? - Esordì, con una voce perfino più esile del solito. - Credo che la faccenda mi riguardi. -

 

 

°°°

 

 

La casa era affogata in un silenzio talmente denso, che il ticchettare della sveglia poggiata sul comodino sembrava rimbombare contro i muri. Gabrielle sospirò e voltò svogliatamente la pagina del romanzo che stava leggendo: con tutti i pensieri che le vorticavano in testa, non le era proprio possibile riuscire a concentrarsi su quella dannata trama. Era quasi certa di non aver assimilato una singola virgola dei due capitoli precedenti, perciò non si stupì nemmeno di molto, quando si trovò sotto il naso un personaggio che nemmeno si ricordava fosse comparso nella storia.

 

Arricciò il naso, mentre tornava a pensare - per l'ennesima volta - a come  alla fine, non si fosse risolto decisamente un bel nulla e fossero rimasti tutti in sospeso: Debra era piombata come un falco su di loro - quel pomeriggio - esattamente nel momento in cui le era sembrato di avere raccolto abbastanza coraggio per affrontare un determinato discorso sia con Kevin che con Joe. Però lei li aveva letteralmente rapiti e poi trascinati a girare non sapeva quante e quali sequenze mancanti del video, sostenendo che era assolutamente necessario accelerare i tempi, per riuscire a consegnare il tutto alla Hollywood Records. Tutto quello che Joseph era riuscito a dirle si riduceva ad un laconico "ne parliamo a casa", poi un bacio leggero sulla tempia ed era sparito con i fratelli alle calcagna della manager.

 

Erano spariti per l'intera giornata, mentre lei era stata mandata ad aiutare a riporre gli oggetti di scena, in un punto del set decisamente troppo lontano anche solo per pensare di raggiungerli durante le pause. Non aveva potuto scambiare nemmeno una parola col piccolo e questa era forse la cosa che in assoluto le pesava di più: aveva bisogno di Nicholas, dei suoi consigli sempre attenti e premurosi... Del suo punto di vista sempre imparziale e oggettivo. Più di tutto aveva bisogno di trovare la risposta a tutte le domande in quel suo sguardo limpido, come sempre. Ma Nick era stanco e - appena tornato - si era buttato sul letto ed era crollato, senza nemmeno togliersi la giacca. Non se l'era sentita di disturbarlo con le sue paranoie... Forse poteva aspettare: gli aveva sfilato il cappotto e poggiato un plaid di pile addosso, prima di sgattaiolare silenziosamente nell'altra stanza. Lì era cominciata la sua tacita attesa, quel libro consumato fra le mani e le orecchie tese a captare qualsiasi minimo rumore, al di fuori. Fissò la pagina stampata e si inumidì nervosamente le labbra.

 

Joseph e Kevin erano entrambi in salotto. Uno strimpellava il piano, mentre l'altro leggiucchiava qualche rivista, giusto per tenersi la mente sgombra e rilassarsi un po'. Era ovvio che nessuno dei due poteva fare o dire nulla in più di quanto già fatto e detto. Aspettavano che fosse lei a decidere quando riprendere in mano la conversazione e a fare quel passo. L'unica cosa che probabilmente non aveva valutato, in tutto quel calcolo, era il fattore impazienza..

 

Come evocato dalle sue elucubrazioni, Joe entrò quasi di corsa nella camera di Monique e lasciò sbattere la porta con noncuranza. Fece rapidamente il giro del letto, andando a sedersi sulla metà lasciata libera da Coco che - non appena realizzò e lui le fu vicino - si voltò leggermente e gli diede le spalle. Si strinse al petto il libro che stava leggendo, strizzandolo al punto che le pagine centrali si piegarono tutte in maniera disordinata. Rimasero fermi, in silenzio fino a quando Joe decise di prendere l'iniziativa, le posò una mano sulla spalla. Dopo una manciata di secondi che parvero interminabili.

 

- Non potrai evitarmi per sempre, Coco. - Mormorò, avvicinandosi ulteriormente a lei. - E credo di meritare almeno una spiegazione...! - Gabrielle sospirò, torcendo un angolo della copertina con le dita. "No comment" era davvero troppo immatura come risposta?

 

- Ti giuro, Joe, che non significava niente. - Bisbigliò invece. - Non significa niente. E' come ha detto Kev...! - Voltò leggermente la testa per guardarlo, ma lui aveva gli occhi bassi, fissi sulle proprie ginocchia.

 

- Provamelo. - Rispose. - Vorrei poterti credere e basta, però... non... Provamelo. - Ripetè in tono più deciso, alzando lo sguardo su di lei.

 

Coco sussultò, sentendo le mani di lui insinuarsi oltre l'orlo della sua maglia, sollevarla leggermente. La accarezzò lentamente, solleticandole l'ombelico. Lei appoggiò la schiena contro la sua spalla e si lasciò sfuggire un sospiro, mentre i loro occhi si fondevano in un muto scambio di battute. "Sai cosa voglio..." Sembravano dire quelli scuri e brucianti di Joe.

Gabrielle socchiuse i suoi, abbassando una mano a stringere il piumone del letto. Lo sapeva perfettamente... E sapeva anche che una nemmeno troppo microscopica parte di lei desiderava accontentarlo da tempo. Che poi questo potesse aiutarla a dimenticare quanto era appena successo, beh, era solo un ulteriore incentivo.

 

- Sì. - Mormorò solamente, voltandosi ancora di un po' e lasciando che lui si avventasse sulle sue labbra, catturandole in un bacio un po' meno delicato dei soliti, mentre le braccia si stringevano attorno ai suoi fianchi. Cime Tempestose finì sul pavimento con un tonfo quando le mani di Coco si avventurarono alla ricerca di quelle di Joe.

 

- Ne sei sicura...? - Soffiò lui, contro la sua bocca. - Perchè, se non mi fermi ora... Poi non ne sarò più capace. -

 

- Fallo e basta. -

 

Ribattè, arpionandogli la stoffa della camicia con impeto. Tanto che il primo bottone allacciato, già mezzo lento, scivolò fuori dalla sua asola. Joe si lasciò sfuggire un sorrisino soddisfatto, prima di assecondarla, scendendo alla cieca a slacciarli tutti. Si sfilò velocemente l'indumento, lo lanciò di malagrazia sul pavimento prima di tornare a stringerla, andando con le labbra ad assaggiare la pelle chiara all'attaccatura del collo di lei, con il desiderio e l'abbandono assoluto di un assetato di fronte alla sua acqua. I sospiri di Gabrielle si fecero più tesi e veloci, quando lui la liberò della leggera maglia grigia e la consapevolezza del suo calore contro la schiena si fece strada in lei, molto più concreta e invitante senza il filtro dei vestiti. Joe l'abbracciò, assaporando per un attimo il brivido del contatto con la sua pelle nuda. Prima di allontanarsi leggermente per abbassarsi a posarle una serie di morbidi baci dalla nuca fin sotto le scapole.

 

Le slacciò il reggiseno con un gesto deciso, mentre lei inarcava leggermente la schiena sotto la dolcissima tortura delle sue labbra. Il braccio di Joseph si insinuò sotto l'indumento già sfilato, eliminandolo del tutto e le sue dita scivolarono velocemente, solleticando la sensibilissima pelle appena scoperta.

 

- Joe...! - Le sfuggì dalle labbra socchiuse, mentre lui la stringeva a sè.

 

- Sì. - Mormorò, sfiorandole la spalla con un bacio. Poi la fece girare lentamente verso di sè e la spinse delicatamente verso il basso, fino a che non fu completamente sdraiata sotto di lui.

 

Coco arrossì violentemente, come se si fosse resa conto per la prima volta in quel momento di essere mezza nuda. Distolse lo sguardo, evitando di coprirsi con le braccia solo perchè Joe gliele teneva arpionate al letto.

 

- Ehi. - Sorrise lui, mentre allungava una mano a sfiorarle il viso. La fece voltare, inchiodandole gli occhi con i suoi. - Non smettere mai di guardarmi, se non vuoi che io smetta di respirare... - Sussurrò poi. Le posò un bacio nell'incavo fra i seni, soffermandosi un attimo di più a solleticarle la pelle con la punta del naso.

 

Le mani di lei si insinuarono fra i capelli di Joe, mentre lui proseguiva con quella dolce tortura e armeggiava con il bottone dei suoi jeans. Lo slacciò velocemente, infilando entrambe le mani oltre la cintura prima di farli scivolare lungo le gambe sottili di Gabrielle. La carezza fredda della stoffa scendeva accompagnata da quella bollente delle dita di lui, che la seguirono lungo quasi tutto il suo percorso per poi tornare a solleticarle la schiena.

 

- Sei bellissima. - Soffiò contro le labbra di Coco, prima di baciarla. - E sei mia. Solo mia... -

 

La sua mano scivolò verso il basso, si insinuò morbidamente fra i loro fianchi premuti gli uni contro gli altri. A quel tocco, involontariamente, si lasciò scappare il nome di lui. Sussurrato a metà, mordendosi le labbra per bloccarlo e mescolarlo clandestinamente ad un sospiro.

 

- No, non fermarti. - Sorrise Joe, socchiudendo gli occhi. - Continua a chiamarmi... Il mio stupido nome non ha mai avuto un suono tanto meraviglioso. - Gabrielle gli passò le braccia intorno al collo e si sollevò leggermente, per stringersi a lui.

 

- Joe. - Ansimò, il viso nascosto contro la sua spalla mentre lui si liberava dei pantaloni, continuando ad accarezzarla in un modo che riusciva a togliere il respiro. - Joe...! -

 

- Coco... - Sussurrò di rimando, la voce leggermente arrochita, liberandola e liberandosi degli ultimi indumenti rimasti.

 

Intrecciò le dita a quelle di lei, sgranando leggermente gli occhi all'ondata di puro, intenso piacere che lo assalì quando finalmente diventarono una cosa sola. Una sensazione del genere, una scarica di adrenalina tanto forte e sconvolgente non l'aveva mai provata. Nemmeno durante il più emozionante fra i concerti dei Jonas Brothers. Nemmeno davanti al più grande auditorium di Città del Messico, completamente sold-out, in delirio per lui. 80.000 persone non erano niente.

 

{Proprio niente.}

 
Pensò, con un sospiro. Non arrivavano a fargli provare un centesimo di quello che Gabrielle, da sola, era in grado di dargli. Si mosse leggermente, strappandole un mugolio soddisfatto.

 

- Kevin...! - Mormorò Coco, subito dopo, stringendo convulsamente la presa sulla spalla di lui.

 

Joe si bloccò di scatto. E non perchè l'anello di lei gli aveva graffiato la pelle, disegnandogli una sottile striscia rossa alla base del collo. Sebbene fosse stato poco più che un sussurro, il nome del fratello pronunciato con quel disperato, morbido abbandono gli rimbombava nelle orecchie come lo scoppio di un tuono.

 

Kevin. Kevin. Kevin.

 

Si sollevò leggermente cercando con smania gli occhi di lei che però lì teneva chiusi, seminascosti dai ricci scuri che le cadevano disordinati ad accarezzarle il viso. Si morse il labbro e cercò - con tutte le sue forze - di ignorare l'impulso a lasciar perdere e finire ciò che aveva cominciato. Avrebbe voluto alzarsi e andarsene. Magari sbattendo la porta. Avrebbe voluto guardarla in faccia e cercare nel suo sguardo una risposta... La risposta. Ma il suo corpo non aveva nessuna intenzione di permetterglielo: dopo qualche secondo di vana resistenza, cedette e con un sospiro più simile ad un ruggito passò un braccio intorno alle spalle di Gabrielle. La strinse con foga, muovendosi leggermente un'ultima volta e soffocando un ultimo mugolio contro la sua pelle morbida, prima di rilassare finalmente i muscoli tesi e rotolare su un fianco, prima di lasciarla andare. Coco si voltò verso di lui, le ciglia scure finalmente socchiuse.

 

- Joe... - Mormorò, bloccandosi però repentinamente quando lo vide girarsi di scatto ed alzarsi per recuperare i suoi vestiti.  Si puntellò su un gomito e si sollevò leggermente. - Joe...! Dove stai...? - Joe non rispose. Si rinfilò con fare stizzito i boxer e jeans scuri, continuando a darle le spalle. - Joe! - Continuò lei, con una punta improvvisa di panico nella voce.

 

Lui si voltò di colpo a guardarla, puntandole addosso lo sguardo più straziato che gli avesse mai visto. I suoi occhi scuri bruciavano di rabbia, gelosia, tristezza e peggio di qualunque altra cosa, di delusione.

 

- Mi hai chiamato "Kevin". - Esalò in poco più che un sospiro.

 

Poi raccolse la sua camicia e senza nemmeno rimettersela, uscì dalla stanza. La porta sbattè con così tanta violenza che i vecchi cardini oscillarono violentemente. Gabrielle si portò entrambe le mani alla bocca, sgranando gli occhi chiari.  Rimase immobile, come pietrificata, per una manciata di dolorosissimi secondi... Prima di lasciarsi cadere fra le lenzuola disordinate, affondando il viso nel cuscino. Una singola lacrima rotolò sulla sua guancia arrossata e tracciò una scia indelebile. Bruciava.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31° ***


Lo so che non ci state credendo.xD E anche che tante di voi mi davano per morta da eoni, e inveceeee...! Invece i miei tempi di aggiornamento rimangono mostruosamente lunghi, ma io non demordo!

Non fosse altro che per i meravigliosi commenti che mi arrivano, di mese in mese e che sono la mia energia vitale di scrittrice.*w* Siete fantastiche, tutte.

Fortunatamente per voi e per me, i quindici giorni in Provenza hanno avuto i loro frutti e vi porto fresco-fresco un capitolo cruciale. Forse più breve del solito, ma intenso. Giuro che sono anche più curiosa del solito di leggere le vostre recensioni, dopo.=D *non sta nella pelle* Badate solo che non è tutto come sembra e non si deve dare nulla per scontato!;D

 

Detto ciò, vorrei davvero ringraziarvi ad una ad una (perdonatemi se qualche recensione viene saltata, ma sono sparse fra ultimo capitolo e prologo e per il mio piccolo cervello potrebbe essere troppo.xD) perchè siete veramente preziosissime, mie care lettrici. Nuovi arrivi e vecchi ritorni!;D Sarò un po' sintetica, ma solo per perdere meno tempo possibile e postare in fretta. Avete già aspettato abbastanza.

 

Jotica90: la cugina che mi ha stressato dal vivo abbastanza per tutte quante!xD A te le risposte al commento le ho già date, quindi mi limito a dirti ecco qui l'agognato capitolo. Goditelo!

 

Agatha: mia cara Numero 3, le tue recensioni sono sempre un amore. Così dettagliate e piene di piccole osservazioni che colpiscono nel segno... Felice che tu sia riuscita a rimetterti in pari, questo te lo lascio per quando torni dalle vacanze!:3

 

Maybe: aaaaaaaaw!*la zompa* ma tu non immagini QUANTO io sia felice di rivedere il tuo nome fra i commenti. Mi mancavano le tue recensioni ed il tuo spudorato tifo pro-Koco.*w* Spero che questo capitolo soddisfi almeno parte delle tue domande e dei tuoi interrogativi!;D Welcome baaaaack!

 

Eggwife: ma la tua recensione quanto mi è piaciuta? Penso di aver già detto tutto nella risposta "diretta", comunque grazie, di nuovo. Di cuore!:3

 

Fadingsound: tu!xD Ci tenevo troppo a risponderti perchè fra tutte posso di sicuro dire che sei la fan più scatenata di questa fic.=3 Ti giuro che i tuoi commenti su twitter e non mi fanno morire! Quella del doppio orgasmo me la sono segnata, era troppo!*muore* Ma poi il fatto che tu mi abbia riconosciuta in mezzo a quella folla inferocita davanti alla Universal, ti giuro che in quel momento mi sono sentita tipo su una nuvoletta a un metro da terra!*w* Detto questo, ti ringrazio da morire per il tuo entusiasmo e ti lascio al capitolo tanto atteso! Buona lettura!:3

 

Eirene eimi: ti giuro che la tua recensione a caldo mi ha fatto morire ed è stata più che sufficiente a darmi un'idea della reazione che ti ho provocato con il capitolo!*ride* Grazie per l'assiduità con cui mi segui, è importantissimo per me!:3

 

Life is a song: ripescata la recensione anche se nel capitolo sbagliato!;D Mi sembra di aver già detto tutto nella risposta diretta, ti ringrazio ancora moltissimo!*w* *si sente onorata*

 

Cokki, Koalina, LadyNick, NickJimyteddybear, alessietta: Quante new entry!*w* Mi piace quando arrivano le nuove lettrici! Non posso che darvi il benvenuto e augurarmi di rivedervi di nuovo tutte fra le recensioni.

 

Se ho dimenticato qualcuno, vi do il permesso di fustigarmi!D: Ora corro a postare perchè non voglio farvi perdere altro tempo!

 

 

 

 

- Capitolo 31° -

 

 

 

{ E mi lasci, lasciandomi ghiaccio sulla pelle nuda,

forse è troppo pensare ad un addio che non mi deluda.

E mi lasci con una carezza che credo mi uccida...

Che il sipario si chiuda. }

Ti Lascio - Laura Bono

 

 

 

 

Nicholas si svegliò di soprassalto. Aprì gli occhi e si rivoltò infastidito sul cuscino madido di sudore. Non faceva così caldo in casa e non ricordava di aver fatto brutti sogni: era più qualcosa che riguardava sua madre e Joe che si era incastrato in un cancello come quando aveva otto anni. Eppure. Eppure il suo corpo percepiva una qualche strana anomalia, qualcosa che lo teneva intensione come stesse disinnescando una bomba al tritolo. Scivolò fuori dalla stanza e si trovò immerso in un silenzio orrendamente surreale: l'aria era pesante ed il pavimento freddo, sotto i piedi nudi.

 

- Coco...? - Chiamò, incerto. - Joe? - La sua voce rimbalzò sulle pareti e gli ritornò alle orecchie quasi amplificata dalla quiete circostante.

 

Si accigliò, non prima di aver millimetricamente scandagliato il soggiorno con quei suoi profondi occhi scuri. Ovviamente Kevin era uscito di nuovo e - di certo - non era ancora rientrato: ci sarebbe stata la sua camicia buttata sul divano. O i suoi rayban scuri in bilico sul tavolino. Lo scroscio dell'acqua risuonò violento nell'aria immobile e lo riportò alla realtà. Aprì veloce la porta scorrevole e trovò Joseph piuttosto indaffarato con la macchina del caffè. Ficcò con stizza il bricco sotto l'erogatore e quello rimbalzò contro il fondo di plastica, prima di ribaltarsi su un fianco.

 

- Fanculo...! - Sbottò. Poi diede un colpo al bancone col ginocchio e l'acqua versata prese a gocciolare sul pavimento pulito. 

 

- Tutto bene? - Era piuttosto ovvio il contrario, ma conosceva suo fratello abbastanza da sapere come prenderlo nel modo giusto, quando perdeva il suo proverbiale sorriso.

 

- Vattene, Nicholas. -

 

- Ok. Che- - Arricciò le labbra in una smorfia confusa. L'espressione rabbiosa dipinta sul volto di Joe non dava adito a repliche. Non l'avrebbe ascoltato nemmeno se fosse andato ad annunciargli l'avvento della terza guerra mondiale.

 

- Vattene. - Ripetè, dandogli bruscamente le spalle.

 

Nick rimase per qualche attimo fermo sulla soglia della stanza, le sopracciglia corrucciate ad incorniciare lo sguardo pensieroso. Poi - senza dire nulla - si voltò e corse velocemente attraverso il corridoio, fino alla porta della camera di Gabrielle. Le sue nocche divennero pallide, si serrarono attorno la maniglia d'ottone. Dall'interno provenivano singhiozzi soffocati ed il rumore felpato di passi sopra un tappeto. Bussò leggermente sul legno sbiancato, ma non attese di ricevere risposta. Entrò, decisamente spaventato da quell'atmosfera surreale. Proprio in quel momento Gabrielle lanciò una felpa nell'armadio, con tanta stizza da farla rimbalzare sul fondo, poi si passò una mano sugli occhi e sedette pesantemente sul letto. Ad uno sguardo attento come il suo non sarebbe mai potuto sfuggire il modo in cui la coperta era stata frettolosamente tirata a coprire i cuscini e le lenzuola scomposte.

 

- Cos'è successo? - In piedi sulla soglia, aveva quasi paura a muoversi.

 

- Ti giuro che non saprei nemmeno da dove cominciare... - Mormorò lei. Una lacrima le si incastrò nelle ciglia scure, la spazzò via furiosamente, nella vana speranza che Nick non l'avesse vista.

 

- Dall'inizio, dalla fine. Scegli un punto qualsiasi. Basta che mi spieghi perchè Joseph sembra sul punto di volersi tagliare le vene. - Sospirò.

 

- Sono una maledetta imbecille, mi credi? - Strizzò convulsamente la coperta e Nicholas riconobbe inquel gesto istintivo qualcosa di tremendamente pericoloso.

 

- L'ultima volta che abbiamo esordito in questo modo eri appena finita a letto con uno dei miei fratelli e- Gabrielle...! - Rischiò di strozzarsi col suo stesso respiro. -

 

- Me lo ha chiesto, ok? - Si morse il labbro ed arrossì. Si sentiva colpevole, era ovvio. - Dopo quello che è successo... Credevo di fare la cosa giusta. Joe è stato così dolce che... insomma. E' successo. -

 

- E' successo. Grandioso. E...? - Inaspri lo sguardo, mentre si lasciava andare con la spalla contro lo stipite.

 

- Non chiedermi di entrare nei dettagli. Diciamo solo che quasi al momento clou... l'ho chiamato Kevin. - Piegò il capo in avanti e tuffò le mani fra i capelli.

 

- Ripetimelo. - Le sue labbra erano impallidite spaventosamente, strette in una fessura sottilissima.

 

- Non me ne sono nemmeno resa conto. Non che voglia cercare di discolparmi: mi sono comportata da stronza, punto e basta. E' solo che c'è un attimo in cui veramente non capisci più nulla... -

 

- Io credo invece che sia stato l'unico attimo di mera, schiacciante lucidità nella tua testa da mesi a questa parte. - Replicò, lapidario.

 

- Mi è scappato, Nicholas! Involontariamente! -

 

- Un cazzo, Gabrielle. - Picchiò il pugno chiuso sul muro. - E' ora che tu faccia chiarezza e la smetta di voler ascoltare ed assecondare tutto e tutti. Prenditi le tue responsabilità ed accetta i sentimenti che provi, anche se faranno soffrire qualcuno! Non c'è modo. Non c'è nessun fottutissimo modo in cui possiate uscirne tutti e tre indenni, da questa storia! -

 

- LO SO. - Sbottò Coco, furiosa e terrorizzata al tempo stesso dal tono freddo del piccolo. Non lo aveva mai sentito parlare in termini così rigidi e volutamente sferzanti. - Devo smetterla e decidere di far volontariamente soffrire qualcuno, per non far star male tutti. Va bene. -

 

- Non si tratta di fare la perte della cattiva, solo di fare chiarezza. Una volta per tutte. E qualsiasi sarà la tua decisione - per inciso, io penso che ormai lo sappiamo tutti benissimo - Joe e Kevin dovranno mettersi il cuore in pace che hai scelto così. Mentre tu ti devi rassegnare all'idea che qualcuno ne rimarrà ferito. -

 

- Sembra tutto così semplice, a sentirtelo dire. Per te. - Sussurrò.

 

- Per me?! Oh, perfetto. Adesso credi anche che me ne freghi così poco? Mi credi così stronzo? - Attraversò la stanza a grandi passi veloci, tanto che rischiò di inciampare nel tappeto davanti a lui. - Io non ce la faccio più, Gabrielle! Non ce la faccio ad assistere in silenzio a questo perverso circolo di autodistruzione di massa. Kevin sta male, Joe sta male, tu stai male... Non potete più chiedermi di starmene a guardare in silenzio mentre le vostre vite vanno in frantumi! -

 

 - Hai ragione, Nick. - Abbassò veloce lo sguardo velato di vergogna.

 

 - E smettila di chiamarmi per nome...! - Pestò un piede a terra, mentre le guancie gli si tingevano di un pallido color vermiglio. - Non... lo sopporto. -

 

- Piccolo. - Si lascio sfuggire un sorriso. - Credevo fossi troppo arrabbiato per queste cose...! -

 

- Sono incazzato. - Annuì. - Ma non con te, stella. E' questa situazione, come vi fa stare. E' l'espressione che aveva Joseph ed il modo in cui mi ha cacciato dalla cucina. Le lacrime che hai tentato di nascondermi. Kevin... tutto. In questo momento non posso correrti incontro, coccolarti o riempirti di parole dolci. Ti nasconderesti dietro di me per l'ennesima volta e non devi: è ora di fare un passo avanti e dire la verità. A Joe, a te stessa. -

 

- Sarà... sconvolgente. Non sarà più come prima. - Le dita salirono a torturare nervosamente una ciocca di capelli scuri.

 

- In un primo momento ti farà soffrire. - Incrociò le braccia al petto, come se volesse farsi forza. La stoffa bianca della t-shirt si tirò sulle spalle contratte. - Ma il tempo ti dimostrerà che ne è valsa la pena. -

 

- Lo perderò. - Si morse il labbro, mentre il nodo che le si era piantato in gola da ore a quella parte tornava a stringere senza pietà. - Li perderò entrambi, quando Joe saprà tutta la verità. -

 

- Puoi solo aver fiducia in loro. Ricordati di chi stai parlando. -

 

- Sono un mostro. - Si strofinò gli occhi umidi e lasciò che il lieve rossore sulle guancie rimanesse l'unico segno di debolezza sul suo viso.

 

- Sei un essere umano, Gabrielle. Siamo creature meravigliosamente fragili e complesse. Imprevedibili. - Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene. Avrebbe.

 

{Non ora, Nicholas. Devi lasciare che gli eventi facciano il loro corso.} 

 

- Odio il libero arbitrio. - Ringhiò. - Se ci fosse stato qualcuno a decidere per me, avrebbe sicuramente fatto scelte più sensate delle mie! -

 

- E non avrebbe ferito nessuno? Non lo credo possibile. Non per il modo sincero ed incondizionato in cui ami entrambi i miei fratelli. Sentimenti così puri sono ben difficilmente gestibili. - Sorrise.

 

- Che sfiga eh? - Sbuffò.

 

- Forse, se la guardi al contrario, la vedrai in un altro modo. - Agitò impercettibilmente il capo ricciuto.

 

Gabrielle si passò le mani ghiacciate sulle braccia piegate. Rabbrividì mentre - surrealmente - le strofinava conto la pelle per cercare di scaldarsi: fuori delle finestre il sole di maggio splendeva ancora luminoso sulle strade affollate, eppure lei si sentiva improvvisamente addosso un gran freddo. Si alzò e facendo lunghi, profondi respiri, raggiunse l'entrata della stanza. Ci si fermò ed esito quel poco che le servì a voltare lo sguardo e fissarlo dritto in quello del piccolo.

 

- Dove vai? -

 

- A dire la verità. Dovrò pur cominciare da qualche parte. - Sorrise mestamente, gli occhi già lucidi e le labbra che le tremavano lievemente. - E a dire definitivamente addio alla mia storia con Joe. - Lui si limitò ad annuire. E a stringere i pugni talmente forte, da graffiarsi il palmo delle mani.

 

{Pochi avrebbero la forza di affrontarlo così... Non per niente sei la mia Coco.}  

 

 Presto, molto presto, gli sarebbe toccato raccogliere i cocci. Sospirò. L'unica consolazione era che poi, finalmente, avrebbero potuto rimetterli insieme nel modo giusto.

 

 

°°°

 

         

Strinse convulsamente il bicchiere d'acqua e lo fece scivolare rabbiosamente sul piano del tavolo: il fondo, umido di condensa, tracciava una scia di cerchi lucidi sulla superficie liscia. Si morse ferocemente un labbro: a tratti gli montava dentro una voglia insana di scagliare quell'insignificante pezzo di vetro attraverso la stanza e restare a guardare mentre andava in frantumi. Come il suo cuore. E poi di seguito tutto il resto, alla cieca, fino che il rumore di cocci spaccati lo avesse assordato ed avesse placato la sua rabbia. Era un fuoco che gli bruciava tutto, dall'interno. E faceva male.

 

- Maledizione...! - Tuffò il viso fra le braccia, il bicchiere gli sfuggì di mano e cadde di schianto. Quel che rimaneva del suo contenuto gocciolò oltre il bordo della tavola, sul pavimento.

 

Coco si mosse in silenzio attraverso la stanza, recuperò il calice e lo rimise in piedi. Avrebbe potuto perdere tutto il tempo del mondo, indaffarandosi ad asciugare il pavimento o ripulire il piano e sarebbe stato un comportamento parecchio vigliacco. Scosse impercettibilmente il capo e schivò la piccola pozza d'acqua, mentre s'allungava a prendere una sedia e cercava furiosamente le parole adatte - tra tutte quelle a cui le riusciva di pensare - per cominciare quella convesazione.

 

- Posso parlarti...? - Aveva paura della sua reazione. Che non volesse stare ad ascoltarla e la cacciase via come, in cuor suo, era ancora convinta le spettasse.

 

- Se non ti ho allontanata è perchè, nonostante tutto, credo di meritarmi una spiegazione. - Sollevò nuovamente il capo e le piantò addosso uno sguardo freddo, spento come raramente gliene aveva visti.

 

- Lo credo anche io. - Prese a torturarsi le mani, ma il suo tono di voce il suo sguardo vacillarono. Non in maniera percettibile.

 

- Sono tutt'orecchie. -

 

- Non ti dirò che quello che è successo, è successo per caso. Sarebbe una bugia. - Vide le dita di lui chiudersi a pugno, prima che incrociasse le braccia e bloccasse entrambe contro i fianchi. - Io penso di sapere perchè. -

 

- Gabrielle tu sei- - Sì bloccò, lei aveva già ripreso a parlare e quasi non se ne era accorto.

 

- No, lasciami cominciare dall'inizio. Ti prego. Il giorno in cui abbiamo litigato e sono scappata, lo ricordi? - Una strana luce mestamente colpevole si accese nel suo sguardo.

 

- Come fosse ieri. Ho sempre il rimorso di non essere venuto a cercarti di persona. - Si passò una mano fra i ricci scuri, in un vano tentativo di domarli e scostarli dalla fronte accaldata.

 

- Se lo avessi fatto, forse ora non saremmo qui... O forse sarebbe successo ugualmente, in qualche modo. - Sospirò. - Quella notte, io e Kevin non siamo rientrati per un motivo preciso. -

 

Joe si irrigidì sulla sedia, e tornò a stringersi le braccia addosso. Forse ancora più di prima. Erano talmente in tensione, che Coco non potè fare a meno di domandarsi se si stesse facendo male: poteva immaginare chiaramente i pugni di nuovo serrati e le nocche livide. I palmi sudati contro le dita immobili. Continuò a guardarlo fermamente negli occhi e continuò il suo racconto. Non s'aspettava che lui volesse interromperla, sapeva che sarebbe stato zitto fino alla fine e che il peggio sarebbe venuto soltanto dopo.

 

- Sappi che non vuole essere in nessun modo una giustificazione, ma è giusto che tu lo sappia. Quando Kev mi ha trovata, quella sera, ero ubriaca. Persa. - Annuì lentamente. - Di stronzate in vita mia ne ho fatte poche ma serie e questa le ha battute tutte: andare fuori di testa a quel modo per del thè leggermente corretto non era nei programmi. Come non lo era che Kevin si prendesse una birra in ogni bar in cui mi ha cercata ed arrivasse così stanco e  così poco lucido. - Esitò per un momento, come a voler prendere fiato prima di tirare la stoccata finale.

 

- Quindi...? - Incalzò lui, pallido come se fosse in piedi sull'orlo di un precipizio.

 

{Ed io sto per dargli la spinta.}

 

Gabrielle allungò le mani sul tavolo, veloce. Pensò che, forse, avrebbe potuto trovare un po' di sollievo sotto le mani bollenti. Sfiorò la superficie lucida e già calda, prima di arpionare lo spigolo: un saldo appiglio avrebbe potuto impedirle di crollare e cedere alla tentazione di nascondere in qualche modo il viso fra le braccia.

 

- Quindi è capitato, Joe. - Esalò. - E' capitato che ci siamo fermati a dormire in una camera d'albergo perchè io non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi... E l'abbiamo fatto. Credimi se ti dico che non mi ricordo nemmeno come. C'è una specie di buco nella mia memoria dall'ultima tazza di the che ho bevuto, a quando mi sono svegliata completamente nuda accanto a lui. -

 

Per la prima volta da quando aveva cominciato il suo difficile discorso, le sue labbra tremarono visibilmente. Si costrinse a respirare profondamente ed a restare zitta, mentre lo osservava in attesa di una qualsiasi reazione. Sarebbe stato leggittimato perfino a picchiarla. E se avesse voluto mollarle uno schiaffo, Coco non si sarebbe tirata indietro. Non era spirito di martirio, peggio. Era mero, lacerante senso di colpa. Joseph però non fece nulla. Non quello che ci si sarebbe aspettati da lui: niente urla, niente sedie rovesciate, niente scatti rabbiosi. Si limitò a distogliere lo sguardo dal suo viso, prima di puntarlo oltre la finestra socchiusa. Come se lei non fosse nemmeno più lì.

 

- Ti giuro che, davanti a qualcosa del genere, non posso nemmeno arrabbiarmi. - Mormorò.

 

- Scusami.  -

 

- Ma di cosa? Di essere sempre stata con il fratello sbagliato...? - Un piccolo sorriso amaro affiorò alle sue labbra.

 

- Di avertelo tenuto nascosto per tutto questo tempo. - Rispose.

 

- Non è che tu mi abbia nascosto granchè. Posso sembrare uno sciocco pagliaccio superficiale la maggior parte del tempo, ma sono capace di osservare tanto quanto Nicholas e tacere tanto quanto Kevin. -

 

- Lo so. E' tremendamente sciocco da dire adesso, ma è una delle infinite cose che mi piacciono di te. - Spinse incerta la mano in avanti e per una frazione di secondo, le loro dita rimasero ferme le une contro le altre. Prima che lui si ritraesse.

 

- Non dirmi che sei innamorata di me, Gabrielle. Ora come ora sarebbe sbagliato. -

 

- Io sono innamorata di te. Solo... Devo fare chiarezza sul modo in cui lo sono. - Dirglielo ad alta voce era come un pugno nello stomaco: dopo una prima sensazione di dolore, era come essersi liberati di un peso. Quasi un sollievo.

 

- Apprezzo che tu non abbia usato inutili giri di parole. - Una microscopica crepa s'allungò attraverso il muro di indifferenza che si era costruito attorno. Coco serrò le dita fino a conficcarsi le unghie nella pelle: tutto, ma non le sue lacrime. La sola idea di vederlo piangere era una tortura fisica.

 

- Non è per te, Joe. Non è qualcosa che non vada nella nostra storia. - Continuò. - Tu sei perfetto. Tutto era perfetto, ma io... Non posso continuare così, devo fare chiarezza in me stessa. -

 

- Io lo sapevo. - Il suo tono si inasprì improvvisamente. - L'avevo capito che fra te e Kevin stava succedendo qualcosa e sono stato arrogante a pensare di poterla soffocare. Che i miei sentimenti fossero più forti. -

 

- Joe... -

 

- Ti ho chiesto di fare l'amore nel momento peggiore, te l'ho imposto come fosse un ricatto...! Mi sono comportato da stupido maschio presuntuoso e come punizione mi sono visto sbattere in faccia l'evidenza che la mia ragazza ama anche un altro. Io non avevo nessun diritto di pretendere da te una cosa del genere. -

 

- Io non lo so che cosa sta succedendo fra me e Kevin. Non riesco neppure  dare un nome a quello che provo per lui. - I ricci scuri le scivolarono morbidi dalle spalle, mentre scuoteva il capo. - Ma so che ho fatto l'amore con te perchè una parte di me lo voleva. Egoisticamente. -

 

- Non è sufficiente. In un modo o nell'altro sono io che ti ho spinta a farlo e tu hai semplicemente ceduto. Ma non mi ami, Coco. Non abbastanza. - Gli si inumidirono repentinamente gli occhi. La guardava, come in attesa di una replica.

 

- Non posso contraddirti perchè non so più quale sia la verità. -

 

- La verità è che hai fatto l'amore con Kevin per primo e che, qualsiasi esso sia, il sentimento per lui è più forte di quello che provi per me. Ti è cresciuto dentro, anche se cercavi di reprimerlo. - Gabrielle tornò a sospirare profondamente: perchè volevano tutti, ad ogni costo, servirle la soluzione pronta su un piatto d'argento? Come se lei non avesse voce in capitolo e non potesse stabilire da sola il perchè e il per come dei suoi gesti.

 

- Non è così semplice, lo devo stabilire cosa sento per Kevin. Se ti aspetti che corra a fargli una dichiarazione d'amore in grande stile, ti sbagli. - Sbottò. - Se ho fatto tutto questo è perchè voglio smetterla di lasciarmi trascinare dagli eventi. Devo tirare il freno e riflettere con calma. Perciò non gli dirò proprio nulla. -

 

- D'accordo. Ma, lo sai, noi non possiamo più... Non sarà mai come prima. - Distolse lo sguardo dal viso di lui ed annuì. Sapeva che sarebbero arrivati a quella parte del discorso, prima o poi, ma questo non l'aiutava a soffrirne di meno.

 

- Mi stai lasciando ed è giusto così. - Mormorò.

 

- No che non è giusto. Io ti amo... - Si interruppe, indeciso. - E' semplicemente ciò che va fatto. -

 

- Lo so. - Di nuovo, come un disco rotto.

 

- E' come tirarmi una coltellata da solo, ma  ho bisogno di starti lontano. - Scostò rumorosamente la sedia e si alzo in piedi. - Mi condizioni, Gabrielle. Ti amo troppo e finirei per perdonarti tutto troppo in fretta... Per non accorgermi di quello che succede, come ho fatto quando me ne sono andato senza guardare se sulle lenzuola ci fosse almeno una maledetta macchia di sangue. - Lei abbassò lo sguardo e si strinse nelle spalle, sentendosi improvvisamente come un veleno altamente tossico.

 

- Perdonami. - Tornò ad annuire. - Per quello che può contare, Joe Jonas, stare insieme a te è stata una delle cose più incredibilmente belle che mi siano mai capitate. -

 

Per la prima volta da quando era entrata in cucina, lo vide sorridere. Sussultò nel ritrovarsi stretta fra le sue braccia e finì per cingergli coffamente le spalle, il viso nascosto nell'incavo del collo. Quel gesto dolce, la sua lenta, straziante carezza lungo la schiena, Il profumo tanto familiare e rassicurante... tutto aveva un sapore decisamente amaro. Pianse silenziosamente e soffocò un singhiozzo, quando - dopo una manciata di secondi dolorosamente brevi - la lasciò andare.

Lo guardò per un momento, non riuscendo ad impedirsi di pensare a quanto maledetto tempo ci sarebbe voluto, perchè riuscissero a guardarsi di nuovo negli occhi senza provare più alcun dolore: si domandò se, alla fine. avrebbe fnito per ritrovarsi davvero definitivamente innamorata Joe. Come si sarebbero comportati. Lui, poi, l'avrebbe rivoluta nella sua vita.. le sarebbe scoppiato a ridere in faccia e l'avrebbe mandata a quel paese, forse.

 

- Io non ti sto cancellando. Non cambierò quello che provo per te, ora. Potrei capire che è esattamente quello che entrambi abbiamo sempre creduto. Ma non chiedo a te a Kevin di rimanere ad aspettare una cretina come me. - Joe agitò appena il capo e stirò le labbra in una piccola smorfia, gli occhi ambrati leggermente socchiusi.

 

- Gabrielle Lemoin, ricordati questo: anche se ti lascio ora, se mi allontano, il mio cuore ti apparterrà ancora per molto, moltissimo tempo. Niente è così semplice. - Attraversò veloce la stanza e le lasciò il suono di quelle parole sulla pelle, prima di andarsene. Era finita sul serio e ora stava a lei capire, da sola.

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Capitolo 33
*** Capitolo 32° ***


Lo so, lo so, lo so. Non voglio farla lunga, perché avete aspettato tanto (ma davvero TANTO) e farvi penare ancora per questo benedetto aggiornamento sarebbe davvero troppo.. Niente da dire se non che, anche se può sempre sembrare che io abbia mollato tutto, non è così. Questa long non sarà interrotta ne abbandonata fino a quando non sarà postato l'ultimo capitolo. Dovessero volerci millenni.v__v

 

Per quanti periodi di merda io possa passare e per quante crisi possa attraversare in un modo o nell'altro, Gabrielle non l'abbandono. Perché per me, come per voi - o almeno è ciò che mi auguro -, è stata silenziosa compagnia di tanti momenti in cui rifugiarsi tra una parola e l'altra era l'unico modo per non crollare.

A questo punto non mi resta che ringraziarvi tutte per le recensioni, per la pazienza e la costanza, per le 50 e passa persone che hanno questa storia nelle preferite, le 45 nelle seguite e le 66 che mi tengono fra gli autori che amano di più. Non ho parole, davvero, per esprimere ciò che siete per me. Siete il motore di questa storia, del cuore e delle mani che ci stanno dietro. Grazie mille.

 

Ah, un piccolo doveroso P.S. Questo capitolo è dedicato alla ragazza, l'amica che il 14 di gennaio mi ha permesso di realizzare il mio sogno e incontrare Joe. Perché avevo promesso. Lei sa.;3

A questo punto mi metto tranquilla ad aspettare i vostri commenti.*3* Buona lettura, bellissime.




- Capitolo 32° -



 

{ Cut it out. I've got no claim on you now,
not allowed to wear your freedom down.
Is there a chance? A fragment of light at the end of the tunnel?
}

Ashes and Wine - A Fine Frenzy




Kevin si tirò a sedere sul letto sfatto, gli occhi ancora pesanti di sonno. Non che fosse riuscito seriamente ad addormentarsi nel vero senso della parola. Era più un dormicchiare pallido e agitato, interrotto continuamente da brividi d'ansia e incubi troppo compliessi e lontanti per rimanergli nella mente anche da sveglio. Scostò le coperte e s'avvicinò alla finestra aperta, silenzioso come un gatto coi suoi piedi nudi sul parquet: lanciò uno sguardo al minore dei suoi fratelli, la cui curva rilassata di schiena e spalle mostrava chiaramente che lui sì, era beatamente nel mondo dei sogni. Quanto a Joe... Joe era fuori. Membri della troupe, loro amici, amici di amci: ogni sera ed ogni scusa erano buone per rientrare a casa soltanto quando non ci sarebbe stato nessuno ad accoglierlo, a parlargli. A vedere l'ombra di tristezza negli occhi d'ambra, nascosta dietro all'entusiasmo posticcio di un drink in più. Quello poteva durare al massimo fino al mattino. Sospirò. Non era esattamente ciò che si era immaginato le volte che si era concesso di pensre a come sarebbe stato se. Joseph e Gabrielle si erano lasciati, d'accordo. Avrebbero potuto prenderlo per stupido, ma lui non era felice.

 

Non era felice che non si parlassero praticamente più, non era felice che suo fratello buttasse la testa in qualsiasi cosa potesse tenerlo sospeso al di sopra dei pensieri - fosse il lavoro, una ragazza carina che gli faceva il filo o quell'ennesimo bicchiere di birra. Non era felice che Coco avesse improvvisamente smesso di trattarlo in modo speciale per cercare in qualche assurdo modo di reprimersi e non rischiare. Per come la conosceva, avrebbe potuto giurare sulla sua Gibson che lei si stesse autopunendo per quello che era successo e nel contempo si fosse convinta di essere una specie di veleno tossico con cui era molto meglio non entrare in contatto. Guardò la luna piena finchè non ne ebbe lo sguardo colmo, poi la ributtò fuori con un lungo sospiro: l'amore era una fottuta fregatura. Li aveva presi - travolti - poi sbatacchiati qui e là, confondendoli l'una con gli altri ed infine li aveva lasciati così. A pezzi che non sapevano più nemmeno loro come rimettere assieme. Niente era andato come sarebbe stato prevedibile, alla fine.

Aveva sempre avuto chiara in mente l'espressione di Joe, nel momento preciso in cui avesse saputo cosa era successo quella fatidica notte d'inverno. Lo sguardo tagliente, il pugno che si sarebbe preso - presumibilmente dritto in mezzo agli occhi, o sul labbro - i denti stretti e quel "ci sei andato a letto, brutto stronzo" che doveva coronare il tutto. Plateale, forse, ma decisamente legittimo. E invece no, la rabbia di Joe si era espressa in modo molto più sottile. Il modo in cui trattava Gabrielle, quella era la vendetta inconsapevole che stava portando avanti. Che la trattasse praticamente come una sconosciuta e - viceversa - fosse rimasto sempre lo stesso con lui era per Kevin un'autentica tortura. Perchè l'amava con tutto stesso, quella piccola ragazza francese. E lei di certo voleva ancora Joseph... Joseph che stava cercando disperatamente di cancellare e soffocare quell'amore. Ecco, in quella specie di assurda partita a patata bollente, il senso di colpa non faceva altro che scivolare inesorabilmente e continuamente dall'uno all'altro.

 

- Fottuto triangolo di merda. - Sussurrò, mordendosi le labbra per il nervoso. - Finirà, prima o poi. Qualcuno lo romperà e basta. Finirà. -

{Qualcuno.}

 

 

 

°°°

 

 

 

- Sei sicuro che non sia troppo? - La donna al bancone squadrò Joe con aria poco convinta, prima di versare un altro mezzo bicchiere di whisky nella sua Coca-cola. Lui sbuffò pesantemente ed agitò nervosamente il capo, mentre si rivolgeva al ragazzo biondo seduto sullo sgabello accanto.

 

- Non capisco un accidente di quello che dice, D...! - Brontolò. Sentiva la testa pesante e sapeva benissimo di non essere del tutto lucido, cosa che in quel momento era un gran sollievo. Pensare il minimo indispensabile.

 

- Cose sensate. - Dorian LaRoche si allungò sul bancone appena lucidato e trattenne l'altro per il polso, impedendogli di prendere l'ennesimo sorso. - Se sia il caso di farti buttar giù altra di questa roba, ad esempio. -

 

Joseph sbuffò di nuovo, piuttosto irritato: il fatto che si fosse avvicinato per primo a quello strano ragazzo, forse perchè era l'unico sul set a conoscere così bene l'inglese - Do ci lavorava lì, come assistente cameraman o qualcosa del genere - o che si fosse divertito a provare una di quelle grosse videocamere grazie a lui, non gli dava comunque il permesso di prendersi certe confidenze. Se voleva bere e quanto non era certo cosa che lo doveva interessare. Se lo scrollò di dosso e vuotò il bicchiere con un'espressione ostile impressa addosso.

 

- Dì pure al tuo gemello antipatico e alla signora che, stando alla legge di questo paese, sono abbastanza maggiorenne da poter decidere per me. -

 

- D'accordo, scusa. - Con un sospiro si rivolse nuovamente alla proprietaria e le fece una rapida traduzione simultanea di quanto il suo nuovo amico aveva appena borbottato.

 

I fratelli Jonas erano parecchio interessanti, lo aveva pensato da subito. Il modo in cui si muovevano, ad esempio, In mezzo alla gente così come davanti ad una telecamera: era come se nei loro gesti non potesse esserci nulla di sbagliato o fuori posto. Armonici. Erano armonici anche in quello, oltre che nella loro musica. Il più piccolo aveva un modo di camminare e di porsi leggermente rigido che denunciava sicuramente una buona dose di timidezza e riflessività, non gli piaceva il contatto fisico con gli altri, quasi nemmeno Kevin o Joe potevano toccarlo senza un valido motivo. Il mondo doveva tenersi a debita distanza da lui, almeno fino al momento in cui non avesse stabilito d'averlo analizzato e sviscerato abbastanza. Il maggiore, al contrario, era una di quelle persone per cui non si poteva provare antipatia. Aveva questa fantastica capacità di entrare in sintonia con chiunque, dovesse scambiarci anche solo due parole. Si sintonizzava diretto sulla stessa lunghezza d'onda, con una delicatezza ed una discrezione quasi assurde e del tutto d'altri tempi: Kevin era come il personaggio di un vecchio romanzo classico, aveva esattamentye quel tipo di valori. E poi c'era Joseph. Lui era decisamente il fratello di mezzo, in tutti i sensi: quello era il suo posto nella vita della gente con cui decideva di avere a che fare, nel centro. Dove poteva calamitare l'attenzione. Era decisamente un sole, luminoso e irruento. Probabilmente in quello si spiegava come nemmeno lui - che era sempre stato allergico a qualsiasi tipo d'interazione con il resto del genere umano - non aveva trovato alcun modo di evitarlo. Aveva un amico, adesso.

 

- Assicurami soltanto che uscirai di qui sulle tue gambe. - Joe lo scrutò con quei suoi grandi occhi scuri ed agitò appena il capo. A Dorian bastò per sapere che era sincero.

 

- Voglio solo riuscire a non soffrire, per un po'. - Strizzò il bicchiere sino a farsi illividire le nocche.

 

- Non te la toglierai di dosso così. Lo sai questo? - Era difficile trovare la cosa giusta da dire. - Non puoi sradicarla dalla tua vita con un sorso di liquore. -

 

- Non c'è bisogno che tu me lo dica. - Sorrise amaramente. - L'unico modo sarebbe strapparmi via un pezzo d'anima. -

 

Do si passò le mani fra i capelli biondissimi e li scompigliò con aria nervosa. Lei, ovvero Gabrielle Lemoin, era l'unico elemento che non riusciva in alcun modo ad inserire nella complicata ma ben definita trama che si era creato. L'incognita che finiva sempre per uscire dallo schema e sconvolgere tutto, riscrivendo di volta in volta l'ultima pagina. Era cresciuto in mezzo ai libri, nel piccolo appartamento affacciato sul porto di Marsiglia e più tardi nel negozietto di sua madre Cècil. Aveva imparato bene, da lei, a leggere la vita. Sfogliarla, come fosse un profumatissimo volume nuovo che man mano invecchiava e si riempiva di pieghe, appunti, macchioline di caffè. Pagina dopo pagina. Durante gli ultimi cinque anni, Parigi era stata il suo scenario ed i volti che incontrava per strada, la gente con cui si soffermava a parlare, i suoi personaggi. Così Joe, in quel momento, era un protagonista tormentato... I suoi fratelli probabilmente dei buoni comprimari e la ragazza incarnava senz'ombra di dubbio l'oggetto del desiderio. Seppur in modo completamente diverso, tutti e tre le gravitavano attorno e la volevano, l'amavano. Li sconvolgeva: lei era quella per cui Nicholas abbandonava ogni riserva e si lasciava toccare, accarezzare, baciare come e quanto lei avesse voluto. Quella per cui Kevin smetteva di stare costantemente entro i limiti e si buttava a capofitto... Quella per cui l'esuberante Joseph aveva perso la testa da star male.

 

- Vorrei poter dire di sapere cosa significa, amare così. - S'allungò a prendere la lattina di aranciata che la barista gli aveva posato davanti. - E che so precisamente quando passerà. -

 

- Nessuno lo sa, questo. Nemmeno chi lo ha provato. - Bevve un lungo sorso echiuse gli occhi di scatto, mentre il liquido scuro gli bruciava la gola. - E' certo che ti fa soffrire come un cane, questo sì. Perciò tu sei quello fortunato. -

 

- Io sono semplicemente fatto per stare solo. - Obbiettò. - ... Te la posso fare una domanda? -

 

- Sempre che io sia in grado di rispondere. -

 

- Lei. Cosa ti ha colpito così, di lei? - Per quanto sembrasse sempre tranquillo, in quel momento si sentiva invece profondamente imbarazzato. Fare una domanda del genere non era affatto facile, piuttosto sfacciato. Nel suo caso, però, era più come la curiosità ingenua di un bambino piccolo che non sappia di star toccando un tasto delicato.

 

- E' inutile anche provare a spiegartelo. Dovresti conoscere Coco, per capire. - Joe lo guardò per una frazione di secondo, prima di fissare lo sguardo sul muro che aveva di fronte. Senza per altro vederlo realmente: poggiò la schiena al piano lucidato e socchiuse le ciglia scure. Poi sorrise appena, come si fa davanti alle immagini sbiadite di un vecchio film nostalgico che ci è sempre piaciuto molto.

 

- Io penso che sia molto bella. - Esordì. - Ma non è poi solo questo. Mi sembra anche piena di sentimento, pensiero - se intendi quel che voglio dire. -

 

- Lo è. - Piegò il capo in un lieve cenno d'assenso. Per quanto parlare di Coco gli facesse male, non poteva impedireai suoi occhi d'iluminarsi al solo suono di quel nome.

 

- Il suo sguardo parla di sogni. Tanti. E' come un libro un po' datato, ma terribilmente incredibile e avvincente. Di quelli in cui le ragazze andavano ancora in giro con bei vestiti ed ampi mantelli e i matrimoni venivano combinati. E poi c'è la protagonista, seppur timorosa, che cerca il vero amore e l'avventura, la realizzazione dei desideri. - A quel punto doveva aspettare slenziosamente una risposta.

 

- Orgoglio e Pregiudizio. - Mormorò Joe, sconvolto. - Uno dei suoi libri preferiti. Tu... come cazzo ci riesci? -

 

- Sono cresciuto in mezzo alla carta stampata, J. - Per la prima volta, da quando Joseph l'aveva incontrato, Dorian si sciolse in un ampio sorriso spontaneo, luminoso. - Leggo l'essenza delle persone come una quarta di copertina. E funziona. -

 

- Impressionante...! E puoi farlo anche con me? -

 

- Troppo facile. - Scoppiò a ridere e ciocche di capelli color del grano scivolarono a nascondere gli occhi cerulei. - L'Alchimista. Coelho. -

 

- Non so che dire. Non ci si crede, sei un mago. - Ridacchiò. sentiva di nuovo l'alcool salire ad annebbiargli i pensieri.

 

- E' solo che ti si legge facilmente. Tu sei quello che si definisce letteralmente un libro aperto. - Senza preavviso cacciò un paio di banconote dalla tasca e le lanciò alla proprietaria del pub. Poi diede un colpetto al braccio di Joe e lo invitò a seguirlo fuori. - Non sei fatto per nascondere, probabilmente sono gli altri a nascondere a te. -

 

- Troppo vero. - Gli salì alle labbra un sospiro di quelli che ti raschiano l'anima.

 

- Per quel che può contare, ti auguro di guarire presto da questo amore, Joseph. - Lasciò una mano sulla spalla dell'altro, stringendo appena. - Però, sai, credo di aver cominiciato a vederla con i tuoi occhi. E' stupenda e non potevi che innamorartene. Dovresti stare attento a ciò che decidi di fare con questo tuo sentimento, cosa sei disposto a lasciar andare, a tenere. Per cosa soffrire. -

 

- E' molto più complicato di così. - Ficcò le mani nelle tasche dei jeans e prese a marciare sul marciapiede. - Ti ringrazio comunque del consiglio. Lo so bene, che è stupenda...! - Dorian scelse di non replicare. Gli rivolse un altro breve sorriso, poi abbassò lo sguardo mentre lo raggiungeva.

 

- Ti accompagno a casa. - S'incamminarono fianco a fianco e non scambiarono più una parola per tutto il tragitto. Fu un silenzio lungo e compatto, eppure per nulla pesante: erano soltanto due ragazzi che rincasavano insieme, complici, sotto la luna di mezzanotte. In quell'istante, Joseph capì d'aver trovato in lui un amico vero.

 

 

 

°°°

 

 

 

Nicholas affondò con un sospiro nella sedia pieghevole che era stata disposta al tavolo per il trucco. Lanciò uno sguardo sbieco al suo riflesso nello specchio e vide due profonde occhiaie livide sotto gli occhi scuri, quasi come se gliele avessero dipinte con un carboncino: ultimamente non avevano fatto che peggiorare, di pari passo con la qualità del suo sonno. C'erano un'infinità di pensieri nella sua testa, acuminati come spine. Vorticavano, si intrecciavano tra loro e lo ferivano continuamente, per quanto si sforzasse di districarli e trovare loro un senso. Tuffò le dita fra i ricci scompigliati e se le premette sulle tempie. Aveva perfino voglia di piangere.

Che avrebbe dovuto raccogliere i frammenti di tutta quell'assurda devastazione lo sapeva fin da subito, ma questo non aiutava per niente a rendere la cosa meno dolorosa o difficile. Sarebbe stato incredibilmente bello, se tutto si fosse risolto bene e in fretta. Peccato soltanto che quello non fosse un bel film americano ambientato a Parigi. Nella vita reale l'happy ending non era per nulla telefonato e tantomeno obbligatorio, Joe non avrebbe perdonato tantomeno dimenticato Coco per un bel pezzo, lei avrebbe continuato a martoriarsi l'anima di senso di colpa, senza che nessuno potesse effettivamente fare nulla di concreto e Kev... Kev sarebbe stato condannato a guardare in silenzio, per l'ennesima volta. Quanto a stesso, Nick si riteneva preparato a parare quei colpi bassi e probabilmente più forte determinato della maggior parte dei suoi coetanei, però sapeva anche di avere dei limiti oltre cui non ce l'avrebbe fatta a sopportare tutto quel dolore premergli addosso. Limiti pericolosamente vicini.

 

- Buongiorno. - Trasalì, come se il saluto della make-up artist lo avesse svegliato da un qualche sogno troppo coinvolgente.

 

- Buongiorno... - Le rivolse un sorriso lievemente imbarazzato, prima di tornare a sprofondare nel silenzio.

 

Claire, dal canto suo, era già presa a fissarsi i capelli color prugna sulla nuca con una specie di spillone intarsiato. Scrollò le spalle, dandogli ad intendere che non aveva alcun motivo di sentirsi a disagio: era una giovane donna decisamente troppo pratica per dare peso a questioni del genere. Iniziò ad estrarre una quantità esorbitante di trousse e pennelli dal trolley verde petrolio che si era trascinata dietro - fin dal suo microscopico appartamento alla periferia sud della città - e li dispose sul tavolo secondo un suo ordine mentale piuttosto preciso, mentre Nicholas si rilassava leggermente e tornava a poggiarsi contro la spalliera di finto metallo. L'osservò diligentemetne fare il suo lavoro, affascinato dal modo esperto in cui le sue mani si muovevano tra barattolini e coperchi - tastando la morbidezza delle setole o il contenuto dei flaconi.

 

- Siamo quasi pronti per cominciare. - Esordì lei. - Detto fra noi, spero mi diano presto il via libera, perchè ci vorrà del tempo per far sembrare che non ti abbiano preso a pugni prima di uscire di casa...! -

 

- Lo so. - Claire sorrise della sua risata sincera. - Faccio schifo. -

 

- Diversi milioni di fanciulle in tutto il mondo dissentirebbero...! Ed io potrei dirmi d'accordo con loro, hai solo troppi pensieri per la testa. - Spremette un tubetto di fondotinta sul dorso della sua mano. - Per tua fortuna, io padroneggio abilmente la grande magia del correttore. Basterà stenderlo bene. -

 

- Grazie. - Si passò le dita fredde sulla fronte e cercò di rilassarla, aspettandosi che inziasse a stendere subito la crema color cipria. Gli picchiettò le palpebre e poi il piccolo incavo tra il naso e l'occhio sinistro.

 

- E' per lei, vero? La ragazza di ieri. - Il tono della donna era leggero e scherzoso, ma Nick non potè trattenersi dallo stringere convulsamente i braccioli della poltroncina, di nuovo visibilmente a disagio.

 

- Anche. Ma non è come pensi tu. - Sospirò.

 

- Non venire a raccontarmi che non sono problemi di cuore. Balle. -

 

- E' solo che non riguarda me. Sono i miei fratelli che... Gabrielle è la mia migliore amica. - La luce nei suoi occhi era di una purezza tanto disarmante, che lei finì per credergli subito e senza riserve.

 

- Due ragazzi e una ragazza, brutta storia. - Arricciò il naso e finì di applicare il cosmetico. - Non vanno mai a finir bene...! -

 

- Non ne hai un'idea. - Si morse le labbra e per poco non inghiottì la spolverata di qualsiasi cosa sia quella che Claire gli aveva soffiato in faccia col suo grosso pennello morbido.

 

- Se posso darti un consiglio- -

 

- Bontà del cielo, eccoti qui! - Debra planò come un'avvoltoio color pervinca alle loro spalle e la costrinse ad inghiottise silenziosamente il resto della frase, qualunque esso fosse stato. Nicholas piantò gli occhi in quelli della donna e non si frenò dal guardarla in cagnesco, sapeva sempre essere inopportuna.

 

- Sono esattamente dove mi è stato detto d'essere, quando sono arrivato sul set. - Replicò, apparentemetne tranquillo.

- Sì, beh. Qualcuno avrebbe anche potuto dirmelo. - Ovviamente si era indispettita. - Comunque ti devo parlare urgentemente, qui puoi finire dopo. - Fece un cenno alla truccartice, che abbandonò la spugnetta imbevuta di polvere nella ciotola dell'illuminante e si allontanò, non prima di avergli rivolto un sorriso rassegnato.

 

- E' successo qualcosa di grave? - Era scettico. Si sentiva più incline a credere che fosse uno dei suoi soliti drammi orribilmente ingigantiti: probabilmente avrebbero dovuto rigirare una scena o reincidere una parte della canzone.

 

- Grave non direi, ma è qualcosa che tu e i tuoi fratelli decisamente dovreste sapere. - Si sistemò gli occhiali sul naso, quasi come se volesse prendere tempo. - Diciamo che a conti fatti, siamo decisamente in anticipo sui tempi previsti per il documentario. - Lo guardò di sottecchi, come aspettandosi chissà quale strana reazione.

 

- A conti fatti? - Nicholas, dal canto suo, ancora non capiva.

 

- Il regista ha parlato con il team di montaggio scene e gli effettisti. - Snocciolò. - Ma non è questo il punto. -

 

- No? -

 

- No. Il punto è che abbiamo praticamente finito il materiale girabile che ci occorre. -

 

Gli allungò un plico di fogli spillati fra loro. Li sfogliò, scorrendo un lungo elenco di scene appuntate e spuntate. Un brivido di nervosismo gli si arrampicò lungo la spina dorsale: c'era qualcosa che non andava sul serio se perfino Debra, che era sempre rimasta tutto d'un pezzo in qualsiasi situazione, ora non riusciva a mascherare quell'irrequietezza d'animo. Sentì l'ansia aggredirlo con violenza, mentre tornava a guardare la donna. Arricciò le labbra, quasi come fece lui con le pagine che teneva fra le mani. Un'orribile rumore di carta scrocchiata riempì il silenzio che si era allargato tutt'intorno. Per un singolo, rapido istante, si ritrovò a pensare a Coco, al suo sorriso. Il profumo di caffè che riempiva l'aria del piccolo appartamento, durante le prime ore del mattino - quando si alzava e la trovava già in piedi con la sua tazza turchese fra le mani -, il modo in cui, le volte che l'aiutava a sistemare i letti, finivano sempre per doverli rifare almeno un paio di volte. E un'infinità di altre cose di lei che gli erano entrate letteralmente dentro, dettagli apparentemente di nessuna importanza. Col senno di poi avrebbe potuto giurare che fosse come un allarme a livello inconscio. La manager prese un lungo respiro tremulo e cacciò una mano nel palmo dell'altra, come a trovare la fermezza ed il coraggio per ucciderlo.

 

- La produzione non pagherà per un mese e mezzo in più, a vuoto. Entro una settimana saremo tornati negli Stati Uniti. -




{ So many things that you wish I knew,

but the story of us might be ending soon. }

The Story of Us - Taylor Swift

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