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Prima che vi
tuffiate nella lettura, lasciate che vi dica un paio di cose:
- Primo:
Gabrielle-Coco è una mia creatura, MA non sono io. In effetti c'è qualcosa di
me in lei, ma solo a livello di passioni ed età anagrafica. Il suo nome è un omaggio
a quella grande donna che era Mademoiselle Chanel. Studiando io da stilista ed
amandola molto, non ho potuto farne a meno!x3 Comunque trattatemela bene,
perchè tengo molto a lei.
- Secondo: I
miei Jonas non vogliono essere un ritratto fedele degli originali, per quanto
spero che ci somiglino il più possibile... Io non sono una fan *sfegatata* di
questi tre, quindi molte cose ce le aggiungerò di mio pugno, mi scusassero le
fedelissime!xP
- Terzo:
Essendo io leggermente maniacale,
nella creazione di nuovi personaggi, ho cercato un volto per la mia Coco e,
sfruttando la mia passione per la grafica, l'ho photoshoppata insieme ai Jonas.
Copiincollate nella
barra dell'indirizzo web questo link:
Mi fa piacere sapere
che ne pensate, anche vistosi il lavoro che c'è dietro.x3
- Ultimo, ma non
meno importante: dedico la fic a Tempe
(alias Temperance_booth) perchè fondamentalmente è anche parecchio merito/colpa
sua se mi sono irrimediabilmente affezionata ai tre Jonas!<3
Ora smetto di
tediarvi, avviso solo che la fic è ancora in
corso di elaborazione, perciò gli aggiornamenti saranno potenzialmente di
attesa lunghetta!=P
PS. Il testo in
corsivo tra le parentesi graffe corrisponde ai pensieri in prima persona dei
personaggi. In blu invece, le eventuali citazioni.
- Prologo -
{ Credo che ci sia qualcosa chiuso a chiave
e che ogni verità può fare bene o fare male.
} Sono Qui Per l'Amore - Ligabue
Coco
- Coco! S'il vous plaìt... -
Si fece
strada tra la folla di ragazzine urlanti, nel tentativo di raggiungere la
sorella che era rimasta bloccata dalla parte opposta dell'ingresso. Monique,
accasciata contro un'elegantissima parete in marmo rosa, era esausta ancor
prima che la serata cominciasse. Dondolava stancamente un braccio sopra la
testa, mentre con l'altro reggeva malamente sua figlia Luciàne. Un adorabile
angioletto biondo di quattro anni e mezzo. Gabrielle la raggiunse,
somministrando qualche spintone a destra e a manca, e prese in braccio la
nipotina.
- Continuo a
pensare che non sia stata una grande idea... - Sbuffò, osservando il teatro che
andava riempiendosi. Lo spettacolo non sarebbe iniziato prima di qualche ora
buona, eppure la marea umana continuava ad affluire senza sosta. - Questo posto
è fatto per ascoltare buona musica. La sua acustica è studiata per rieccheggiare
note importanti... non le canzoncine commerciali di tre bambocci americani
qualunque.
- Parli come
se l'Emeraude fosse tuo. - Ridacchiò
Monique di rimando. - Ma noi qui ci limitiamo a pulire e a servire cioccolatini
durante l'intervallo, ricordatelo. - Gabrielle si incupì improvvisamente e
senza dire nulla, adagiò la bimba sul pavimento, stringendole appena la manina
paffuta. Le dava fastidio che le si ricordasse la sua squallida situazione. Si
sentiva una sguattera. Costretta a lavare un pavimento per poter ascoltare
anche solo qualche brano delle Opere che tanto amava.
- Infatti.
Se fosse mio, certi abomini non verrebbero permessi. - Ringhiò, indicando un
manifesto cartonato alto una volta e mezzo lei. Quei tre avevano il potere di
mandarla in bestia anche tramite fotografia.
Beethoven,
Mozart, Chopin... Quella era vera
musica. La sola che valesse la pena di essere ascoltata, per quanto la
riguardava. Quella era emozione.
- Certo,
certo. Adesso però piantati in faccia un'espressione che sembri almeno
umanamente cordiale e vai al banco dei gadget. Io devo pensare al guardaroba, i
biglietti e il resto. Non riesco a badare a tutto, con la gente che c'è...
Sento che stasera se ne venderanno a vagonate di quegli affari. Quei ragazzi
sono un vero fenomeno generazionale... - Le spostò una ciocca di capelli scuri
dietro l'orecchio, ma lei agitò immediatamente la testa per farla tornare al
suo posto. - Ti prego, Coco. Ho già abbastanza grane, senza che ti ci metta
anche tu.
- D'accordo,
Monmon. - Sospirò, spingendo delicatamente Lulù verso la sorella, prima di
lasciarla andare. Mise su un finto sorriso che scomparve non appena ebbe
voltato le spalle a Monique.
- Eccoci
qua, coraggio. - Bisbigliò, infilandosi dentro al mini-shop con una smorfia. Poi
alzò lo sguardo e si rivolse alla prima di una lunga fila di fans assatanate
che si snodava fino in fondo alla sala. - Dimmi pure, tesoro.
{Fenomeno generazionale.}
Riflettè,
mentre incartava con aria scocciata un grosso poster autografato.
{Ma se io non sapevo nemmeno che esistessero,
questi Jonas Brothers.}
Kevin
L'auditorium
era completamente vuoto. Un silenzio del tutto innaturale serpeggiava tra gli
stessi sedili di velluto rosso che, pochi attimi prima, avevano visto almeno
diecimila persone urlare, cantare e ballare come fossero un tutt'uno, mentre
tre ragazzi si agitavano sorridendo sul palcoscenico.
Kevin Jonas
si guardò intorno con aria stranamente mesta, per uno che era appena stato
partecipe di un autentico trionfo. Fuori da lì, oltre gli ampi vetri che
illuminavano l'estremità superiore delle pareti, Parigi si preparava ad
un'altra notte, esattamente identica a tante che c'erano e ci sarebbero state.
{Come. Sempre. Tutto. Identico.}
Proprio come
per lui.
Si sedette sul
bordo del palco, abbandonandosi come la sua adorata chitarra sul pavimento,
contro l'asta del sipario. Un ciuffo ribelle gli scivolò davanti agli occhi, lo
spostò con uno sbuffo scocciato. Scocciato,
sì.
Quella
situazione lo aveva veramente scocciato. Essere sempre considerato l'ultima
ruota del carro, quello di cui si sarebbe potuto fare a meno... All'inizio
aveva pensato ad un problema di età. Troppo grande per certe cose o, per lo
meno, troppo in là dall'essere teen-ager.
Il novanta
per cento delle loro fans non superava i quindici anni.
Poi era
passato all'ipotesi di non essere abbastanza carino. E comunque non quanto Joe o Nick. Cosa di cui non avrebbe
mai potuto e tantomeno voluto fare una colpa ai suoi fratelli, però... Però.
Il fatto che
ai concerti fosse tutto un turbinare di "Ti amo Nick!" e "Joe
sei bellissimo!", che di cartelloni per lui ce ne fossero sempre
pochi, in proporzione, gli dava fastidio. Era un piccolo, sordo bruciore
all'altezza dello stomaco che, da qualche mese a quella parte, gli impediva di
sentirsi totalmente felice. Perfino dopo un successo straordinario come quello
ottenuto col pubblico europeo. Lo faceva star male tanto quanto l'idea di avere
qualcosa da nascondere alle due persone a cui più teneva in assoluto...
Dondolò
nervosamente le gambe e fece per saltare in platea, ma si bloccò quando la
porta in fondo alla sala si aprì, accompagnata dallo scatto della maniglia
antipanico.
- Guarda che
schifezza! Incivili... - Bofonchiò l'ombra che era entrata, trascinandosi dietro
un secchio e uno scopettone. Mosse qualche passo in avanti e, una volta che
ebbe raggiunto il cono di luce della prima finestra, Kevin potè constatare che
si trattava di una ragazza. Lei, chiunque fosse, non lo degnò della minima
attenzione. Portò il secchio fino alla prima fila di sedili e prese a
raccogliere le cartacce dal pavimento.
Come poteva
non averlo notato, quando lo dividevano da lei appena tre metri scarsi? Non che
la cosa lo infastidisse particolarmente, era sicuramente preferibile alla
tipica reazione isterica che avrebbe avuto qualunque altro essere di sesso
femminile di età compresa fra i dodici e i diciott'anni, vedendoselo davanti.
La osservò incuriosito ancora per qualche attimo, cercando di capire cosa
stesse borbottando, anche se l'unica cosa che riusciva a dedurne era che al
liceo avrebbe dovuto applicarsi di più, durante le lezioni di francese.
Sorrise fra
sè e sè e tentò di nuovo di alzarsi, ma nello stesso istante alla ragazza
sfuggì di mano lo scopettone. Mentre quello rotolava ticchettando sul laminato
di marmo, senza un motivo apparente, lei si voltò nella direzione opposta ed
incrociò lo sguardo spaesato di Kevin che era rimasto bloccato in un'assurda
posizione, in bilico sullo spigolo del palco.
- Cosa stai
facendo, scusa? - Domandò, senza smettere di guardarlo negli occhi. Lui, lì per
lì, riuscì unicamente a notare quanto chiara fosse la pelle di quella
stranissima ragazza. E quanto scuri fossero i suoi capelli. Soltanto dopo
qualche attimo di silenziò metabolizzò finalmente che aveva capito
perfettamente ciò che gli aveva detto... E non perchè si fosse improvvisamente
ricordato di come si parla il francese parigino.
- Sei
americana? - Le rispose, ignorando deliberatamente la sua richiesta di
chiarificazione. Lei sgranò impercettibilmente gli occhi, mentre l'ombra di un
sorriso le sfiorava le labbra.
- No. Sì.
Cioè, per metà. Mio padre lo era. E ogni tanto mi scappa di parlare... - Si
bloccò di colpo, squadrandolo con attenzione da capo a piedi. Leggermente
imbarazzato, Kevin saltò giù dal palco e riuscì finalmente a toccare terra,
assumendo una posizione più dignitosa. - Oddio.
- Oddio? -
Ripetè meccanicamente, cercando di capire qualcosa di quella conversazione
surreale.
- Tu. Tu sei
uno di quei tre... cosi. - Gli puntò
un dito contro, indietreggiando velocemente. Nel panico non si accorse del
secchio dietro di lei che, urtato malamente dal suo piede, si ribaltò,
inzuppando una buona porzione di pavimento, della pigna di cartacce che aveva
radunato ed un paio di sedili. - Oh, cavolo...! - Si chinò, rivolgendogli
seccamente le spalle e prese a trafficare per recuperare il danno fatto. Senza
chiedere nulla, Kevin si avvicinò e le diede una mano a raccogliere qualche
manciata di biglietti accartocciati e gocciolanti.
- Sei
diverso. Voglio dire, il manifesto... o forse è quell'altro che è riccio? - Gli
prese la carta dalle mani ed abbassò lo sguardo, continuando ad armeggiare e a
riflettere ad alta voce tra sè e sè. - Cioè, i capelli... ti stanno anche bene
così... oh, ma cosa diavolo sto dicendo?! - Agitò nervosamente la testa e,
quando tornò a guardarlo, lui sorrideva.
- Grazie. -
Che ragazza assurda... Ormai aveva
rinunciato definitivamente all'idea di trovare un senso a quello che si stavano
dicendo. E, assurdo per assurdo, poteva dare voce a tutto quello che gli
passava per la testa. Tra le altre cose, non aveva nemmeno nulla da perderci...
Dopo quella notte, chi l'avrebbe più incontrata? - Mi trovi carino? - Continuò, senza rifletterci
troppo.
- Non sei il
mio tipo, se è questo che vuoi sapere. - Si irrigidì lei. Lo squadrò di nuovo,
questa volta inarcando un sopracciglio con aria visibilmente scettica. -
Comunque sì, sei carino. - Concluse, sorridendogli. In effetti, quello era
oggettivamente innegabile.
Mentre lui la
osservava in silenzio, raccolse il secchio e si voltò, avviandosi verso
l'uscita della sala. Aveva bisogno di altra acqua... Arrivò fino alla porta e
ci si fermò davanti, accarezzando la maniglia con aria meditabonda. - Ah! -
Disse Gabrielle, voltando solo la testa nella sua direzione. - Quelle basette,
però, mi fanno orrore! - E uscì di scena, scrollando le spalle. Sparita così
come era apparsa, tanto incredibilmente che lui si sarebbe chiesto, per lo meno
per tutta la notte, se fosse reale o soltanto una proiezione della sua mente
bacata.
Appoggiato
ad un sedile ancora umido, Kevin si lasciò andare ad una sonora risata
liberatoria.
Nick
Nick entrò
frettolosamente nell'elegante bagno degli uomini, spargendo un mix di strani
aggeggi e blister di pastiglie mezzi vuoti sul piano di granito. Non gli
riusciva proprio di ricordarsi quale medicina dovesse prendere quella sera. Si
sfregò le tempie, cercando di fare mente locale. Niente, buio.
{Eccheppalle.}
Scelse uno
degli assurdi strumenti, lo sistemò a contatto con il polso e cominciò a
misurare. Rimase immobile per qualche minuto, osservando svogliatamente il
display luminoso e scribacchiando numeri incomprensibili su un foglietto di
carta. Glicemia, ferro, globuli bianchi... Risultato: tre pastiglie rotonde.
Una bianca, due gialle. Se le rigirò sul palmo della mano, fissandole come se
avesse potuto farle sparire con la sola imposizione dello sguardo. Per quanto
ancora avrebbe dovuto andare avanti ad imbottirsi di quella roba?
{A little bit longer... Ancora un po'. Un "ancora" che tende a perpetrarsi all'infinito.}
Per tutti
lui era quello forte. Quello che non si lasciava abbattere da niente... E in
effetti, in parte, ci si sentiva così. Quando stava sul palco insieme ai suoi
fratelli, con le urla delle fan che gli rimbombavano nelle orecchie. Quando Joe
e Kevin lo guardavano negli occhi, con quell'espressione particolare. Quella
che, in sordina, sussurrava "siamo qui, saremo sempre qui per te". Si lasciò scivolare con la schiena contro
il banco dei lavandini, fino a trovarsi seduto per terra, le pasticche sempre
strette in mano. Purtroppo era nei momenti di solitudine, negli attimi in cui
si trovava faccia a faccia con sè stesso e nessun altro, che la debolezza lo
assaliva.
In fondo,
molto in fondo, aveva una paura dannata di dover passare una vita intera a
dover dipendere da un pugno di farmaci. Lo sentiva come un peso all'altezza
della gola che gli impediva di respirare bene... Soprattutto perche non
riusciva assolutamente a trovare il coraggio di parlarne con quei due. Si portò le ginocchia al petto
e le strinse con un braccio, mentre teneva continuamente la mano destra aperta
davanti a sè.
D'improvviso
la doppia porta d'entrata sì aprì, facendo guizzare il riflesso delle luci
sulla sua superficie lucida. Qualcuno con un grosso secchio azzurro in mano
entrò nella stanza.
Ciò che più
colpì il giovane Jonas, oltre all'improbabile colore dell'oggetto, fu che chi
lo stringeva era una ragazza.
E quello non
era un bagno misto.
Come lo vide,
arrossì di botto. Ma non per il motivo che credeva lui.
- Excuse moi...! - Esclamò. Poi cominciò a
farfugliare una serie velocissima di parole in francese e Nick perse
definitivamente il filo del discorso. La fissò con aria smarrita fino a che non
ebbe finito di parlare.
- Scusa? -
Balbettò timidamente, senza preoccuparsi di essere ancora seduto per terra. -
Non... non credo di aver capito.
- Oh. -
Riprese lei, sorridendogli e cominciando magicamente a parlare nella sua
lingua. - Un altro straniero? Dev'essere serata. - Poi afferrò il secchio e lo
posizionò con cautela sotto il getto del rubinetto. - Dicevo... - Alzò il
volume della voce per coprire il rumore dell'acqua che batteva sul fondo di
plastica. - Mi serve solo un po' d'acqua e nel bagno delle signore non ce n'è
più. Dev'essersi rotta la tubatura...
Parlava
senza nemmeno guardarlo, del tutto intenta in ciò che stava facendo. Nick
cominciò a chiedersi come fosse possibile e dopo alcuni minuti di concitata
riflessione arrivò ad un'unica soluzione, che era anche la cosa più paradossale
che gli fosse venuta in mente... Possibile che non lo avesse riconosciuto? Che
magari non sapesse nemmeno chi era?!
La
misteriosa ragazza finì di riempire il suo secchio e si voltò per riportarlo a
livello pavimento. Doveva essere molto pesante, perchè, minuta com'era,
traballava al minimo movimento. Quando Nick fece per alzarsi ad aiutarla, lei
si accorse delle tre pastiglie.
- Non ti va
di prenderle, eh? - Gli domandò con fare materno, appoggiando il secchio a
terra. - Anche io, quando ero bambina, non ne avevo mai voglia. Ma mia sorella
mi ha insegnato un trucco ottimo per le medicine... Aspetta qui! - Detto
questo, mollò il suo carico ai piedi di un Nick totalmente e profondamente
basito e schizzò fuori dalla porta.
Fu di
ritorno un buon quarto d'ora dopo e trovo il giovane Jonas ancora seduto nel
suo angolo, in mesta contemplazione delle sue pillole. Gli si avvicinò e gli
piantò in mano una bottiglietta di Lait
au Chocolate.
{Latte al cioccolato?}
Si domandò
lui, osservando l'etichetta con aria dubbiosa. Una mucca pezzata gli sorrideva
dal piccolo pezzo di carta patinata.
- Con quello
vanno giù che è una meraviglia. Ed è molto meglio dell'acqua... Non te ne
accorgerai nemmeno. - Gli passò amorevolmente una mano tra i capelli e, dopo
essersi caricata del suo secchio d'acqua, barcollò di nuovo fuori dal bagno.
Nick guardò alternativamente la bottiglia e la porta ormai chiusa per un paio
di volte.
Poi stappò,
si infilò le pastiglie in bocca e prese un sorso abbondante.
Però,
riflettè leccandosi le labbra, aveva veramente un ottimo sapore.
Decine di
domande gli frullavano nella testa in quel momento: chi era quella ragazza? Da
dove veniva e perchè parlava con disinvoltura due lingue? Era forse una
visione? O era reale? L'avrebbe mai rivista?
L'unica cosa
di cui era certo era che, per quanto quel latte fosse dolce, lo zucchero, stavolta, non gli avrebbe fatto altro che bene.
Nel
frattempo, Gabrielle aveva quasi raggiunto la sala del teatro. Soffermandosi solo
per un istante davanti all'enorme cartellone che stava vicino all'ingresso di
quest'ultima, lo osservò con curiosa attenzione...
Se non era
lui, si disse incrociando l'espressione seria del Jonas più giovane, gli
somigliava comunque molto.
Joe
Si frugò
nervosamente nelle tasche, alla disperata ricerca di qualche spicciolo.
Possibile che non si trovassero mai monete quando servivano e che saltassero
fuori solo ed esclusivamente nei momenti meno indicati? Guardò anche nelle
giacche che i suoi fratelli avevano lasciato sulle sedie. Niente. Zero. E aveva
una sete dannata. Era veramente frustrante...
{Oddio, di questi tempi, qualunque cosa mi
sembra frustrante.}
Joe Jonas
scagliò un calcio risentito al tavolino che aveva di fronte, incapace di prendersela
con qualcuno che non fosse lui stesso. Non servì a fargli sbollire la rabbia,
ma, in compenso, una piccola pioggia di monetine sbucata da chissà dove si
riversò ticchettando sul pavimento. Ringraziando mentalmente chiunque le avesse
dimenticate in giro, ne raccolse un paio e si fiondò al distributore che aveva
intravisto in corridoio. Non sipreoccupò nemmeno di fermare la porta del camerino, lasciando che si
chiudesse con un sonoro schianto.
Ben altro
tipo di schianto lo stava invece
aspettando fuori da quella stessa porta. Una ragazza incredibilmente forte, per
quanto era minuta, stava prendendo a calci la macchinetta delle bibite,
inveendole contro in una lingua che sembrava francese, ma aveva un suono
stranamente sibilante.
Le si
avvicinò, con il suo solito fare da adorabile mascalzone. Era qualcosa che gli
veniva automatico, quando si trovava ad aver a che fare con le ragazze. Perfino
quando era perfettamente consapevole che, alla fine, se ne sarebbe pentito. E
poi aveva fatto esperienza con i più svariati tipi di fan, ormai.
- Excuse
moi... - Sorrise sornione. Lei non lo calcolò minimamente e continuò a colpire
il distributore. Sempre più sicuro che se ne sarebbe pentito e comunque sempre
meno deciso a lasciar perdere, Joe le posò una mano sulla spalla per attirare
la sua attenzione. La ragazza si volto finalmente nella sua direzione e lo
guardò con aria interrogativa.
Sorrise di
nuovo e cominciò a gesticolare per cercare di farle capire che ci avrebbe
pensato lui, a recuperarle i soldi. Va bene l'exploit di cominciare a parlarle
in francese, ma la sua conoscenza della lingua non andava molto oltre all'
"excuse moi".
- Oh...
Mercì. - Si illuminò lei, appena riuscì a comprendere cosa voleva dirle e si fece
da parte perchè potesse agire indisturbato. Joe picchiettò con sicurezza la
mano sopra alla fessura in cui andavano inserite le monete, poi assestò un
sonoro pugno al lato della macchina e, come per magia, i cinquanta centesimi
della ragazza scivolarono nella finestrella del resto.
- Et voilà!
- Sogghignò, raccogliendoli e porgendoglieli. Funzionava sempre.
- Très
gentil. - Era bassina, ma aveva un qualcosa di adorabile. Soprattutto quando
sorrideva... Si soffermò ad osservarla, trovandosi improvvisamente ipnotizzato
dal modo delizioso in cui arricciava il naso. Seguì i suoi movimenti mentre
rimetteva i soldi nell'apertura e riusciva finalmente a prendere la sua
bottiglietta di latte al cioccolato.
Latte al cioccolato? Ma cosa mettevano i
francesi nei distributori? Abbassò lo sguardo, ridacchiando tra sè e sè. Quando
tornò a guardarla, si trovò improvvisamente occhi negli occhi con lei.
Dall'espressione
che aveva, sembrava lo stesse scannerizzando dalla testa ai piedi. Il momento
che tanto temeva stava per arrivare...
Era
questione di secondi e l'avrebbe riconosciuto. A quel punto per lei sarebbe
stato soltanto Joe Jonas. Joe e il suo bel faccino. Come per tutte le altre.
Poco importava che fosse stato gentile con lei, o dolce nell'aiutarla.
Interruppe bruscamente il contatto visivo, sorpassandola e fingendo di
osservare il contenuto del distributore.
Lo mandava
veramente in bestia essere considerato solo per il suo aspetto fisico. E il
fatto era che il morbo si stava diffondendo a macchia d'olio: alle fan
autentiche, che amavano di lui anche l'anima, la voce, il talento, se ne
stavano aggiungendo sempre più del tipo peggiore: sciocche e superficiali...
Talmente tante e talmente "forti" che probabilmente, alla fine,
sarebbero riuscite a soffocare tutto. Compreso il suo grande amore per la
musica.
Se diventare
più famoso, comportava il doversi ridurre solo ad un "bell'involucro
vuoto", beh, non era poi così sicuro di volerlo. Guardò i soldi che aveva
in mano, cercando di capire come arrivare alla somma che gli sarebbe servita
per prendersi una lattina di coca-cola. Maledetti euro. Per quante volte Kevin
si fosse impegnato a spiegargli come funzionava il cambio, non riusciva mai a
ricordarsene.
Un tocco
leggero si insinuò nel corso dei suoi pensieri, frenandolo dolcemente. La
ragazza prese due delle monete più piccole e le inserì nella macchina.
Schiacciò uno dei tasti e gli allungò la lattina, dopo che questa fu atterrata
nell'apposito spazio con un tonfo sordo.
Era
coca-cola. La guardò, decisamente stupito... Come diavolo aveva fatto, senza
che lui dicesse niente? Per tutta risposta lei abbassò timidamente lo sguardo,
reprimendo a fatica una risata.
- Sei
americano. - Gli spiegò, cambiando improvvisamente lingua. - Cos'altro avresti
potuto volere, Joe Jonas? - Non sapeva se sentirsi più scioccato per il fatto
che parlava con la pronuncia di una madrelingua o perchè l'aveva riconosciuto
sul serio... - E poi sei carino... - Ecco. Carino... Di nuovo. Non gentile, non
simpatico, carino.
A quel punto
si era quasi convinto che lei fosse come tutte le altre.
{Che nervi.}
E invece
sbagliava, eccome se sbagliava.
- Cioè... Lo
sei stato con me. Molto, molto gentile. Mercì beaocoup. - Detto questo, si
voltò e scappò via, prima di poter vedere l'espressione di tenero stupore che
era comparsa sul volto di lui.
Alla fine
non si era pentito affatto di aver seguito il suo istinto
"canagliesco".
Com'era
possibile, pensava intanto Gabrielle, camminando verso il bagno degli uomini con
in mano la sua bottiglietta di latte, che si fosse ricordata il suo nome?
L'aveva letto si e no mezza volta su qualcuna delle stupide locandine che
tappezzavano il teatro da qualche settimana a quella parte...
Smise di
rimuginare soltanto quando arrivò davanti alla porta delle toilettes e la aprì,
incrociando lo sguardo del ragazzo che stava seduto appena dentro, sul
pavimento.
Gabrielle si affrettò
su per le scale, cercando di bilanciare il peso delle due enormi buste di
plastica che teneva in mano. Ancora si chiedeva perchè Monique l'avesse chiamata
nel bel mezzo del turno, costringendola a tornare immediatamente a casa. La
proprietaria dell'atelièr in cui lavorava non l'aveva presa bene...
Rischiare di essere
licenziata per la solita spesa settimanale non le sembrava affatto una buona
prospettiva. Arrivò sbuffando all'ultimo piano ed entrò nel primo appartamento
sulla sinistra.
- Monmon, sono qui! -
Urlò, abbandonando i sacchetti sul pavimento. Nessuna risposta. Il salotto era
vuoto, ma un fitto vociare proveniva da un punto imprecisato al di là della
parete. Attraversò la stanza e si infilò a passo di marcia in corridoio. -
Insomma, mi vuoi spiegare perchè... - La sua accorata protesta fu bloccata sul
nascere dalle robuste spalle di Geràrd.
Geràrd, o Gerry, come
veniva affettuosamente chiamato dalla piccola Lulù, era l'innamoratissimo
fidanzato di Monique. Si era preso cura di lei da quando, a soli diciannove
anni, era rimasta incinta di un "coraggiosissimo" uomo che era
scappato a gambe levate appena appresa la notizia.
- Attenta, stellina.
Non vorrai farti male? - Le sorrise, afferrandola al volo prima che cadesse
rovinosamente sul pavimento.
- Grazie. - Si rimise
in piedi, continuando a guardarsi intorno alla ricerca della sorella.
- Oh, Coco, sei qui! -
Cinguettò quest'ultima, sbucando dalla porta della cucina.
- Alla buon'ora! Senti,
io non ho tempo... Devo tornare al lavoro, o Madame Delaounì mi sbatterà fuori
prima di mezzogiorno. - La aggredì. - Perciò, per favore, spiegami che c'è di
tanto urgente. E fallo in fretta.
- Ma non gliel'hai
ancora detto? - Ridacchiò Gerry, abbracciando amorevolmente le spalle della
fidanzata. Gli occhi di Monique brillarono di una luce quasi sinistra. Coco
mosse un intimorito passo indietro, ma venne prontamente raggiunta dalle mani
della sorella che si posarono sulle sue spalle.
- Tieniti forte. -
Gongolò. - Ho una notizia bomba! - Paura.
Un brivido di pura inquietudine scivolò lungo la schiena di Gabrielle. - Ti
ricordi i tre ragazzi che hanno suonato all'Emeraude quindici giorni fa? Quelli
americani.
- Sì... - Purtroppo. Se li ricordava fin troppo
bene.
- Hanno deciso di
girare un documentario a più puntate, proprio qui, a Parigi! -
- E questo cosa ha a
che fare con noi? - Continuava a non arrivarci.
- Gli ci vorrà quasi un
anno, tra ciak, montaggio e il resto. Vista l'occasione, la produzione francese
ha deciso di fornire ai Jonas Brothers una allocazione in città... e, per
farlo, ha contattato l'agenzia di Gerry. - Odiava Monique quando si
sovraeccitava in quel modo. - Ma non capisci? - No, che non capiva. Ma
cominciava ad avere un'enorme sospetto.
Era quasi certa che
tutti e quattro gli alloggi a disposizione dell'agenzia fossero già occupati,
in quel periodo...
- Non capirà mai, se
non lasci parlare me. - Intervenne Geràrd, ridendo sotto i baffi. - Ascolta,
stella. Questo affare era troppo importante per me, non potevo farmelo
scappare... E tua sorella ha voluto darmi una mano. - Quel tono affettuoso non
fece altro che aggravare l'entità dei suoi dubbi. - Monmon ha accettato di
trasferirsi da me insieme a Lulù, per lasciare libero questo appartamento. I
Jonas verranno a stare qui.
Trasferirsi. Jonas. Questo appartamento.
Le ci vollero cinque
minuti buoni di totale, pietrificante silenzio per metabolizzare ed assimilare
tutte le informazioni appena ricevute.
- STATE SCHERZANDO?! -
Esplose. - E, sentiamo, dove dovrei andare io? Vi siete forse scordati che
questa è anche casa mia? - Aveva le
lacrime agli occhi. Monique si fece avanti di nuovo e la abbracciò, cercando di
placarla.
- Tesoro, tu non dovrai
andare da nessuna parte. Gerry ha pensato anche a questo! - Le strinse
dolcemente le mani e la fece voltare verso il giovane.
- L'uomo con cui ho
parlato, mi ha chiesto se potevo procurargli anche un'interprete per i ragazzi
che, da buoni adolescenti americani, col francese non se la cavano proprio
molto bene. E anche qualcuno che li controllasse costantemente, per assicurarsi
che tutto fili liscio. - Sorrise. - E qui entri in gioco tu, stellina. Parli
perfettamente americano, sai gestire praticamente qualunque situazione... sei
perfetta! E io ho ottenuto che tu potessi rimanere a vivere qui, in cambio
della disponibilità ad occuparti di quei tre.
- Eh? - Si sentì
improvvisamente mancare il fiato, come se qualcuno le stesse strizzando lo
stomaco.
- Te la caverai, ne
sono sicuro. - Concluse, assestandole un'affettuosa pacca sulla spalla.
- E poi ti pagheranno
benissimo. - Aggiunse Monique, con un sorriso milledenti che voleva essere
altamente persuasivo. Come se ne avesse avuto bisogno. Non sarebbe mai stata
capace di dirle di no, ne tantomeno di rovinare a Gerry l'affare di una vita.
- Bella consolazione. -
Sbuffò, inarcando un sopracciglio e si lasciò scappare un mezzo sorriso, nel
vedere i loro volti illuminarsi. La abbracciarono entrambi, mentre lei già
cominciava a sentire che presto si sarebbe pentita di aver accettato così in
fretta. - Ehi, piano, o finirete per soffocarmi! E la spesa che mi hai mandato
a fare? - Domandò a Monique, che scattò sull'attenti come se l'avesse punta uno
spillo.
- Oh, giusto! -
Cinguettò. - Aiutami a mettere tutto a posto. Dobbiamo fare in fretta, i nostri
ospiti arriveranno fra appena un paio d'ore!
- Due ore... Perfetto. - Rispose Gabrielle in tono ferale. Aiutò la sorella
a trasportare le borse in cucina, mentre Geràrd raccoglieva un paio di grosse
valigie.
- Io scappo a portare
queste a casa, poi vado a prendere Lulù all'asilo e la porto al corso di danza.
- Si fermò solo per catturare le labbra di Monique in un rapido bacio. - Ci
vediamo più tardi. - Si richiuse la porta alle spalle, lasciando le due ragazze
già immerse in una "piacevolissima" full-immersion di pulizie.
***
- Eccoli, eccoli! Sono arrivati! - Monique
prese a saltellare velocemente, appoggiata alla ringhiera del balcone. Parecchi
metri più sotto, una grossa macchina nera si era fermata proprio davanti allo
stabile. Dalla portiera posteriore scesero i ragazzi e una donna sui quaranta
con un assurdo tailleur rosa confetto. Gabrielle, che si era affacciata insieme
alla sorella, osservò con apprensione crescente le tre sagome scaricare
altrettante valigie e scomparire rapidamente sotto il portico dell' ingresso.
- Calmati, Monmon. Mi
sembra che tu abbia passato da un pezzo l'età in cui è lecito sbavare per una
boyband... - La prese in giro per scaricare un po' di tensione. - Sei una
madre, dopotutto.
- Oh, dai. Ho
ventiquattro anni, non sono poi così vecchia. Piuttosto sei tu, che, a ventidue
appena compiuti, ti comporti come se ne avessi ottanta! - Sua sorella era
decisamente troppo esaltata.
Continuava a zompettare su e giù per il balcone in modo orrendamente privo di
dignità.
D'un tratto si sentì
afferrare per la mano e venne trascinata in casa senza il minimo preavviso. Con
orrore notò che la porta di ingresso si stava aprendo... si irrigidì
immediatamente, piantando i piedi nel punto esatto in cui si trovava, a metà
strada tra il terrazzo e l'ingresso.
- Lasciati andare.
Rilassati. - Le sussurrò Monique all'orecchio, prima di mollare la presa. Poi
si affrettò verso i nuovi arrivati e strinse con fare cordiale la mano
dell'agghiacciante donna-confetto.
- Ben arrivati. Spero
che non ci siano stati problemi a trovare la strada. - In meno di una manciata
di minuti Monique era passata dall'emettere urletti degni della più sbroccata
sedicenne, all'essere una perfetta e professionalissima padrona di casa.
- No, nessun problema.
- Alle spalle della donna, i tre famosi Jonas Brothers si stavano guardando
intorno con aria incuriosita. Gabrielle seguì per qualche secondo i loro
movimenti, prendendo distrattamente una mentina dalla ciotola sul mobile dietro
di lei. Se la infilò in bocca e quasi ci si strozzò quando, qualche attimo
dopo, si ricordò improvvisamente di quello che era successo la sera del
concerto.
{Fa' che non mi riconoscano.}
Supplicò, cercando di
sopravvivere al convulso attacco di tosse grazie al quale era riuscita ad
attirare su di lei l'attenzione di tutti i presenti, inclusi i tre
sopraccitati. Perfino il più piccolo dei tre, quello che allora non aveva
riconosciuto, era lui, in realtà...
Tre su tre. Aveva fatto l'ampleìn. Si
congratulò mentalmente con se stessa per non aver applicato almeno un minimo di
controllo a ciò che aveva fatto o detto quella maledetta sera.
- Coco, tesoro, tutto
bene? - Monique interruppe immediatamente il complicatissimo discorso che stava
facendo per correrle a fianco. Gabrielle, continuando a tossire, si chinò
leggermente in avanti e cercò di nascondere il viso tra i capelli che le
ricadevano sulla fronte.
- Sì... E' la
caramella... - Gracchiò con voce soffocata.
- Dai, tirati su,
prendi un po' d'aria. - Non fece in tempo nemmeno a pensare di rispondere
"no", che senti le mani della sorella arpionarle le spalle e
strattonarla verso l'alto.
Si trovò
improvvisamente occhi negli occhi con quello che doveva essere il più grande
dei tre.
- Ma sei tu! - Sorrise
lui. - La ragazza del teatro.
Oh, fantastico. Mister Basette, a quanto sembrava, si ricordava
perfettamente ogni cosa.
- Vi conoscete già? -
Domandò perplessa Monique, lasciando correre lo sguardo da Gabrielle a Kevin e
viceversa. Lei stava per provare ad imbastire una risposta sufficientemente
evasiva a quella scomoda domanda, quando il confetto interruppe la discussione
sul nascere.
- Sentite, io non ho
tempo di assistere a tutti questi convenevoli. - Coco, per la prima volta da
quando era entrata nella stanza, le rivolse uno sguardo colmo di gratitudine. -
Vorrei accertarmi solamente di un'ultima cosa, prima di lasciarvi alle
presentazioni e... tutto il resto. Posso conoscere la persona che il signor
Cezouìlle ci ha indicato come assistente-interprete? Ho qui una serie di
documenti che... - La gratitudine svanì immediatamente, mentre sentiva Monique
darle un colpetto sulla schiena come a dirle di muoversi.
- Sono io. - Si
presentò, tendendole la mano. - Mi chiamo Gabrielle. - La donna la fissò,
inarcando un sopracciglio con aria scettica.
- Tu!? Ma non sei un
po', come dire... piccola? Quanti anni hai, tesoro, quindici? - Le picchiettò
con fare condiscendente una mano sulla spalla. Prese un profondo respiro per
evitare di risponderle a male parole e sfoggiò un sorriso fintissimamente cordiale.
- No. Ne ho ventidue. -
Prese la cartellina che la donna le stava porgendo con aria per nulla sicura e
se la infilò sotto il braccio, con tutta l'intenzione di sbarazzarsene non
appena il confetto avesse portato le rosee membra fuori dalla porta. - Stia
tranquilla, me la caverò. - Sentì distintamente tre diverse risatine soffocate
provenire da dietro le spalle della donna.
- Bene. - Concluse
gelidamente. - Non voglio saperne più nulla, basta che mi telefoniate una volta
ogni due giorni. Arrivederci, ragazzi. - Detto questo, si fece strada tra i due
Jonas più giovani ed uscì definitivamente di scena. In un gesto quasi
automatico, Coco lanciò la cartellina sul divano più vicino, sospirando di
sollievo.
- Allora... - Riprese
Monique, come se si fosse improvvisamente riavviata. - Mi piacerebbe molto
restare a chiaccherare un po', ma c'è Lulù che mi aspetta. - Accarezzò le
spalle di Coco e raccolse cappotto e borsa dall'attaccapanni vicino
all'ingresso. - Spero che vi troviate bene qui, ragazzi. Vi lascio alle cure di
mia sorella, siete in ottime mani. - Se ne andava di già? Gabrielle boccheggiò,
cercando di non smettere di respirare.
- Certo, grazie. -
Rispose il maggiore a nome di tutti e tre. Salutarono Monique, che sparì oltre
l'uscio, fermandosi solamente per strizzare l'occhio a Coco e farle cenno di
telefonare il prima possibile.
Ancora doveva
realizzare di essere rimasta sola, in quella che una volta era casa sua,
insieme a tre semi-sconosciuti. Oh, beh, tre carinissimi semi-sconosciuti, ma questo non aiutava affatto.
- Tu sei la ragazza del
teatro. - Per un secondo le sembrò che qualcuno avesse premuto il tasto rewind.
Quella scena l'aveva già vissuta... peccato che, stavolta, comprendesse anche
un finale del tutto diverso.
- Sì. - Rispose, sorridendogli
a sua volta.
- Aspetta! - Si
intromise uno degli altri due. - Anche io ti conosco. Sei quella che voleva
disfare il distributore a calci! - Detta così sembrava una cosa ancora più
stupida.
- Sì... di nuovo. -
Sospirò imbarazzata.
- Se è per questo, la
conosco anche io. - Ecco, mancava giusto il più piccolo dei tre. Che poi altri
non era, se non il ragazzo delle pastiglie... Non che ne fosse stupita, le
erano venuti dei dubbi appena dopo averlo lasciato sul pavimento del bagno. I
fratelli lo fissarono stupiti, prima che tutte e tre le paia d'occhi si
fissassero su Coco. Lei, dal canto suo, sperava ardentemente che si aprisse una
voragine sotto i suoi piedi per farla sparire.
- Ssssì. - Soffiò. -
Neanche a volerlo, ho incappato in tutti e tre quella sera. E questo va al di
là di ogni possibile legge statistica, comunque... - Sollevò una mano e la tese
verso di loro. Magari accelerando i tempi di presentazione, si sarebbero fatti
un'idea di lei diversa da quella che avevano ora. Un'idea più sana, possibilmente.
- Gabrielle. Ma
chiamatemi pure Coco. - Sorrise, stringendo la mano di Kevin, poi quella di Joe
ed infine di Nick. In fondo, sembravano dei bravi ragazzi... - Venite, vi
faccio vedere la camera e dove potete mettere la vostra roba. - Si infilò in
corridoio con i Jonas che le trotterellavano dietro come tre splendidi cagnolini.
Era quasi paradossale.
In ventidue anni di
vita il suo contatto con l'universo maschile era stato pressochè inesistente.
Non aveva mai nemmeno avuto un vero amico maschio, figuriamoci un fidanzato...
E adesso, una
principiante come lei si trovava a dover passare un anno intero di strettissima
convivenza con ben tre ragazzi. Tre.
In una volta sola.
Sentì il cuore
schizzarle in gola.
Le ci sarebbe voluto
parecchio tempo per abituarsi alla presenza dei suoi nuovi, affascinanti coinquilini.
{Ok, scrivere questa
fic non mi fa bene. Sono due notti che mi sogno i Jonas. E me li sogno
in casa mia, con mia madre che non vuole farli andare via, io che
presto il caricabatterie del cellulare a Kev e mi spupazzoJoe
seduto sul mio divano. La notte dopo, invece, mi abbraccioKevin
per benino. No, non mi fa bene!XD}
Alloooora, innanzitutto
grazie a tutte coloro che mi tengono o tengono la storia fra i preferiti. Sono
moltomoltomolto onorata di ciò!<3
Ringrazio anche tutte
voi che avete commentato, siete fantastiche: fefy88, jollina la verde,
beautiful_disaster, sbrodolina.<3 Sono felice che la mia Coco vi piaccia. E
i miei Jonas e l'ambientazione... e tutto. Vi adoro!<3<3<3
In questo capitolo
facciamo un bel salto temporale e già le cose si smuovono, penso che ne avrete
da commentare!x3 Ma non voglio trattenervi oltre, si va.
- Capitolo 2° -
{ E quello che tu non
le hai detto già risuona.
Nel suo futuro, perché non è tempo ancora... } Già Ti Guarda Alice - Tiziano Ferro
Contrariamente a
qualunque previsione, ad un mese esatto dal loro arrivo, a Coco già sembrava
che i tre ragazzi avessero sempre abitato in quella casa. In maniera del tutto
sorprendente, almeno per quanto si fosse aspettata lei, erano entrati in contatto
l'una con gli altri con incredibile spontaneità. A poco a poco avevano smontato
alle basi qualunque preconcetto o pregiudizio si fosse anche solo pallidamente
presentato alle loro menti ed avevano stretto un legame di reciproco, profondo
affetto. Mai stanca di ascoltarli, Gabrielle aveva scoperto cose che non si
sarebbe mai nemmeno immaginata: le avevano parlato della grande famiglia Jonas,
di quanto fosse fondamentale per loro e per quello che facevano, di Frankie, il
quarto adorabile fratellino... E poi, naturalmente, la lunga, dolorosa storia
della malattia di Nick.
Il suo piccolo
Nick.
Avendo ben sei anni in
più, Coco aveva sviluppato verso di lui un particolare istinto di protezione...
E Nick, dal canto suo, aveva accettato ben volentieri le coccole e le dolci
attenzioni che lei gli rivolgeva. Gabrielle era un po' la sorella maggiore che
non aveva mai avuto. Avevano creato uno strano sistema di dipendenza reciproca
che, alle volte, sfociava anche in una formidabile ed utilissima alleanza
durante le discussioni con gli altri due fratelli.
Kevin e Joe, invece,
ricoprivano perfettamente il ruolo dell'amico ideale. Entrambi. In modo
decisamente diverso l'uno dall'altro, ma entrambi. Non avrebbe mai
saputo nè voluto scegliere quale dei due preferiva.
Avvicinarsi a loro era
stato spaventosamente facile, naturale.
Se le avessero spiegato
prima quanto dannatamente più semplice fosse rapportarsi con un ragazzo, in
termini di amicizia, piuttosto che con una ragazza, probabilmente avrebbe
passato gli anni del liceo circondata da soli maschi.
Certo, forse non erano
i compagni ideali per un pomeriggio di shopping, ma, per loro, in un rapporto
serio non esistevano nè stupidi rancori, nè malevole frecciatine dietro le
spalle. Era solo ed esclusivamente una questione di sincerità.
E questo le interessava
molto di più. Le piaceva molto e la faceva sentire bene.
Saper scegliere una
borsetta non era poi un gran pregio, al confronto.
***
Quel particolare
venerdì, i tre Jonas, alle nove e mezza del mattino, ancora dormivano.
Circostanza più unica che rara, dato che Debra, alias Mrs.Confetto,
esigeva la loro presenza sul set del documentario con minimo un'ora di anticipo
rispetto all'appuntamento fissato dal regista... cosa che implicava lo
svegliarsi alle sei, praticamente tutte le mattine.
Ma non quel venerdì.
Grazie probabilmente a
qualche mistica presenza superiore che aveva guardato giù, il montaggio della
prima puntata del documentario si era protratto per qualche ora in più del
previsto. Tanto da far slittare il montaggio dei nuovi set e di conseguenza le
riprese, di un paio di giorni.
Ed ecco come i ragazzi
si erano inaspettatamente ritrovati davanti ben quarantotto ore di totale
libertà.
Circondata dal
piacevolissimo silenzio della casa ancora addormentata, Gabrielle era
totalmente immersa nella lettura di uno dei suoi libri preferiti. Era appena
arrivata ad una scena clou, quella in cui Mr.Darcy dichiara per la prima
volta il suo amore alla signorina Bennet, quando qualcosa di decisamente
pesante piombò senza troppa grazia sul divano letto, accanto a lei. Joe Jonas,
ancora mezzo addormentato, si era "morbidamente" lasciato cadere
sulla mezza piazza di materasso che Coco, con la sua piccola corporatura, non
riusciva ad occupare. Si infilò grugnendo sotto le coperte, mentre lei si
faceva leggermente da parte per fargli più spazio.
- Buongiorno anche a
te. - Ridacchiò, inarcando un sopracciglio. Poi si riaccomodò contro il cuscino
e fece per riprendere a leggere da dove era stata interrotta. Doveva
immaginarlo che sarebbe stato impossibile, con lui lì accanto... Una mano
impertinente si posò sulla pagina aperta del libro, impedendole di vedere
alcunchè. - Piantala. - Gli intimò, senza ottenere alcun risultato.
- Cos'è? - Domandò,
piegando leggermente la copertina per sbirciare il titolo. - Deve essere
veramente un gran bel romanzo, se, pur avendo il sottoscritto sdraiato nel tuo stesso
letto, l'unica cosa che ti viene in mente di fare è leggere. - Si
appoggiò sul cuscino, così vicino a lei, che il suo respiro le scompigliava i
lunghi capelli neri.
Coco chiuse il libro di
scatto, alzando gli occhi al cielo.
- Joseph Jonas.
- Esclamò. - Non sono certa che tu si ancora tanto assonnato, da indurmi a
giustificare un'uscita di così pessimo gusto! - Incrociò le braccia, lasciando
scivolare "Orgoglio e Pregiudizio" sotto il lenzuolo. - Ragazzino,
io non sono certo il tipo che va in giro a sedurre uomini più giovani. - Joe
fece per risponderle a tono, ma fu interrotto dall'arrivo di Nick che entrò in
salotto, stiracchiando le braccia sopra la testa. Appena lo vide, Coco scattò
in piedi e gli corse incontro.
- Piccolo! Auguri! -
Sorrise, gettandogli le braccia al collo. Nick l'abbracciò, lanciando uno
sguardo al calendario appeso al muro. Sedici settembre. Un'altro
compleanno... Che per lui era, prima di tutto, un altro anno passato senza che
nulla, o quasi, fosse cambiato. Non poteva non chiedersi quando, finalmente,
avrebbe potuto festeggiare con una torta e senza alcun pensiero, come tutti gli
altri.
Ma questo a lei non
poteva e non voleva dirlo...
- Grazie... - Le posò
un bacio sui capelli e, abbassando lo sguardo, si accorse di Joe che li stava
guardando, ancora sdraiato sotto le coperte. - Cosa ci fa mio fratello nel tuo
letto? - Domandò, allontanandosi da Gabrielle, senza lasciarla andare. - No,
aspetta. - Continuò, reprimendo a fatica una risata. - Non sono sicuro di
volerlo sapere...!
- Spiritoso! - Lo
rimbeccò lei, spingendolo all'indietro. - Joe stava solo facendo ciò che gli
riesce meglio. Rompermi le scatole. -
- La tua ironia non mi
tocca, baby. - Rispose il diretto interessato, alzandosi e raggiungendoli. Poi
agguantò Nick e gli scompigliò affettuosamente i capelli. - Auguri, fratellino.
- Coco sorrise apertamente, nel vedere gli occhi di Joe riempirsi
improvvisamente di dolcezza.
- Sì,sì, va bene.
Grazie, Jo. - Ridacchiò il Jonas più giovane, dando un affettuoso pugno sul
braccio del fratello.
- Colazione? - Chiese
la ragazza, aprendo la porta a vetri della cucina. - Tu, piccolo, siediti, oggi
è la tua giornata e non dovrai fare nulla. - Spinse Nick verso il tavolo e lo
fece accomodare sulla sedia più vicina. - Ti servo io. - Poi aprì un armadietto
e cominciò ad armeggiare con le stoviglie, mentre Joe infilava una cialda nella
macchinetta del caffè.
- Buongiorno! - Li
raggiunse la voce squillante di Kevin, prima che quest'ultimo entrasse nella
stanza. Si fermò a metà strada per schioccare un bacio sulla guancia a Coco,
che stava riempiendo due grossi bicchieri con il succo d'arancia.
- Buongiorno, Kev. -
Gli sorrise, mentre lui si avvicinava al fratello più piccolo.
- Buon compleanno,
vecchietto! - Dopo averlo abbracciato, si sedette sulla sedia vicina alla sua.
- E a me niente? -
Brontolò Joe, fingendo di essersi offeso.
- Posso abbracciarti,
se vuoi. Mi auguro solo che tu non mi stia chiedendo di baciarti! - Sogghignò
Kevin, alzando le mani in segno di resa.
- Ragazzi, certe cose
fatele in privato, se è possibile... - Commentò Nick, accasciandosi sul tavolo,
in preda ad un attacco convulso di risate. Gli altri due spalancarono
contemporaneamente la bocca, in un'espressione di divertitissimo stupore, prima
di scoppiare a ridere.
{Eccoli là.}
Riflettè Gabrielle,
sorridendo, mentre apparecchiava la tavola.
{I famosi Jonas
Brothers...}
Che scherzavano e
facevano discorsi sciocchi, come tutti i ragazzi della loro età. Era una cosa
che la stupiva ogni volta, come quei tre rimanessero sempre e solo loro stessi,
a prescindere da tutto e da tutti.
Della fulminea
celebrità che si erano guadagnati nel giro di pochi mesi si liberavano appena
scesi dal palco. Così come smettevano i panni delle "rockstar a tutti i
costi".
Guardando la fotografia
sul poster appeso in teatro, soltanto un mese e mezzo prima, avrebbe potuto
giurare che fossero tre ragazzini montati qualunque... Senza sapere quanto
profondamente stesse sbagliando.
E quanto
incredibilmente sarebbe stata felice di quell'errore.
- Ho bisogno un aiuto
per fare la spesa. - Esordì improvvisamente Coco, riemergendo dai suoi pensieri
e sedendosi al tavolo in fianco a Kevin. Il biscotto al cioccolato che
stringeva fra le labbra oscillava in maniera del tutto ridicola, ogni volta che
apriva bocca. - Si cercano volontari, ad esclusione del festeggiato,
ovviamente. - Lanciò un'occhiata divertita ai due Jonas più grandi.
- Non ne usciremmo
vivi. - Si oppose Joe, scuotendo la testa. - Sai bene che non possiamo muovere
un passo, senza essere accerchiati dalle fans. - Aggiunse, guardandola con
l'espressione sorniona di uno che credeva di aver egregiamente schivato
qualcosa di estremamente fastidioso. Coco lo fissò di rimando, intenzionata a
smontarlo immediatamente.
- Per questo basteranno
un cappello ed un paio di occhiali da sole. - Gli rispose, in tutta
tranquillità. - A quest'ora le ragazzine dovrebbero essere tutte a scuola.
Dubito che qualunque pensionato si metterebbe a strillare per aver incontrato
Joe Jonas al supermercato. - Scrollò le spalle, con aria trionfante.
- Lascia perdere, Coco.
- Ridacchiò l'altro interpellato, davanti ad uno sconsolatissimo Joe.
Quest'ultimo sollevo la testa di scatto, guardandolo con aria abbastanza
stupita. - Con questa zucca vuota è una battaglia persa in partenza. Ci vengo
io con te. - Gabrielle, con un gran sorriso, si alzò e saltellò dietro Kevin,
circondandogli le spalle con le braccia.
- Sei sempre un tesoro.
- Si appoggiò a lui ed alzò di scatto lo sguardo verso il Jonas di mezzo. - Tu.
Non credere di essertela cavata così. - Lo apostrofò. - Mi aiuterai dopo.
- Joe non le rispose.
Si limitò a sbuffare,
troppo impegnato ad osservare la mano del fratello maggiore che era salita
immediatamente a stringere con dolcezza quella di lei.
***
- Come mai hai voluto
darla vinta a Joe così in fretta? - Domandò Coco, mezz'ora più tardi, mentre
Kevin la aiutava a scegliere la giusta qualità di farina.
- Così. - Rispose lui
con noncuranza. Si sfilò la coppola di velluto che aveva in testa, facendosi un
po' d'aria prima di appoggiarla sul seggiolino del carrello. Il mini-market era
praticamente deserto e non c'era ragione alcuna per lasciarsi morire di caldo.
Gli occhiali da sole sarebbero stati sufficienti a mascherarlo.
- Così. - Ripetè
lei, scettica. - Così non mi convinci per niente, caro mio. - Gli prese il
pacco di farina dalle mani e lo risistemò sullo scaffale. - Quella. - Continuò,
indicandogli distrattamente una marca diversa.
- Ma sì. - Continuò
Kevin, scrollando le spalle. - Hai visto come è fatto lui, no? Primadonna
Joe ama fare i capricci, ogni tanto. -
- Questo lo so. Ma so
anche che tu non lasci correre quasi mai. - Gli lanciò un'occhiata furtiva che
lui schivò prontamente, fingendo di osservare la lista che aveva in mano.
- Abbiamo preso lo
yogurt? - Provò a cambiare discorso, ma lei rispose alla sua finta
tentando di aggirarlo in un altro modo.
- Non dirmi che sei un
fanatico della spesa, perchè non ci credo nemmeno se lo vedo. - Lo prese in
giro, strappandogli un sorriso.
- Ma ti pare? -
Esclamò, inarcando le sopracciglia. Coco si lasciò sfuggire una risatina.
- E allora, Kevin? -
Domandò poi, tornando improvvisamente seria. - Perchè ti sei offerto
immediatamente e non hai costretto Joe a scollarsi da quella sedia? - Senza
aspettare la sua risposta, si voltò e spinse il carrello qualche passo più
avanti. Poi si fermò per prendere qualcosa sull'ultimo scaffale, ma era
decisamente troppo bassa per arrivarci. Senza il minimo preavviso, lui sollevò
il braccio ed afferrò la confezione di biscotti che Coco stava puntando,
intrappolandole la mano tra la sua e la plastica dell'involucro.
Era vicinissimo. Pur
dandogli le spalle, Gabrielle sapeva che la distanza fra loro era millimetrica,
tanto che non osava muoversi per paura di urtarlo. Rimase immobile, voltando
solo la testa per riuscire a guardarlo. Incrociò i suoi occhi, incredibilmente
seri, dietro le lenti scure.
- Diciamo che potrei
aver avuto voglia di stare con te. - Pur avendo lui parlato relativamente
piano, ad entrambi sembrò che le sue parole avessero tagliato il silenzio come
un'affilatissima lama. - E di non cedere a Joe questa opportunità. - Detto
questo, Kevin abbassò il braccio e, dopo che la mano di Coco fu scivolata via
da sotto la sua, lasciò cadere i biscotti insieme al resto della spesa.
Nel tempo che lei
impiegò per voltarsi completamente, era già sparito. Gabrielle fissò il
corridoio vuoto, mentre la risposta che voleva dargli le moriva sulle labbra.
- Ma se stiamo insieme
tutti e quattro, tutti i giorni...? - Bisbigliò, rivolta ormai solo a sè
stessa.
Si guardò intorno,
cercando di capire dove fosse finito. Mancava giusto che se la fosse presa...
per qualcosa che lei ancora non riusciva a capire. Passò velocemente un paio di
corsie, senza riuscire a vederlo da nessuna parte. Stava cominciando ad andare
in panico, non poteva certo andarsene senza di lui e mollarlo lì da solo,
quando qualcuno le picchiettò gentilmente sulla spalla.
Si girò di scatto e se
lo trovò davanti, con il suo solito sorriso stampato in faccia.
- Dov'eri finito? -
Sbottò, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. - Mi stavo già agitando. -
- Lo yogurt. - Rispose
lui, in tutta tranquillità, porgendogliene due vasetti. - Prima non mi hai
risposto, ho pensato che avrei fatto prima ad andare a prenderlo io. - Coco
guardò alternativamente lui e i vasetti, per un paio di volte. Poi scoppiò a
ridere. Ce ne sarebbe voluto di tempo, prima che riuscisse a comprendere
davvero anche quei suoi piccoli momenti di "follia".
- Tu sei unico,
Kevin, veramente. - Continuò, scuotendo leggermente la testa. Lui le sorrise,
con fare un po' enigmatico.
- Lo so. - Si infilò la
mano in tasca, mentre con l'altra le cingeva un fianco, e cominciò a camminarle
accanto, in direzione delle casse.
***
Quando Coco e Kevin
erano tornati a casa, Joe si era fatto trovare strategicamente addormentato sul
divano del salotto. Con quell'espressione adorabile che sapeva benissimo essere
il punto debole di Gabrielle. Lei era fermamente convinta che fosse tutto
premeditato per farle sbollire la voglia di vendetta...
Joe sapeva benissimo
che non avrebbe mai avuto il coraggio di svegliarlo, vedendogli quel sorriso
angelico sul viso. Ecco come lei si era ritrovata ad armeggiare, da sola nella
grande cucina vuota, per preparare la torta che aveva in mente per Nick.
Lanciò un'altra
occhiata alla ricetta che si era appuntata e la confrontò con la lista
pro-memoria che lo stesso Nick aveva attaccato al frigorifero, per controllare
che tutti gli ingredienti andassero bene. Voleva fare una sorpresa al suo
piccolino e tutto doveva essere perfetto. Aveva anche costretto Kevin a tenere
il fratello chiuso nella loro camera, in modo che non si accorgesse di nulla.
L'aveva letteralmente segregato, piazzando il maggiore davanti alla porta, come
una guardia giurata.
Ridacchiò fra sè e sè,
versando del latte nella ciotola di cacao amaro che aveva preparato in
precedenza. Poi ci infilo un grosso cucchiaio di legno e prese a mescolare
energicamente.
In quel momento Joe
entrò sbadigliando in cucina.
- Oh, il bello
addormentato! - Lo salutò, senza voltarsi. La ciotola che stringeva era enorme
e, ad ogni girata di mestolo, oscillava paurosamente.
- Ehi. - Si passò una
mano fra i capelli, avvicinandosi per sbirciare cosa stesse facendo. Allungò
una mano ed intinse due dita nella pastella scura. - Mmmmh... buono. -
Mugugnò, leccandole. Lei scattò immediatamente.
- Fermo lì. - Esclamò,
puntandogli contro il cucchiaio. - Credevo fossi venuto qui per aiutarmi, non
per mangiarmi tutto l'impasto crudo.
- Scusa, scusa. -
Sorrise, agitando le mani sporche di cacao. - Facciamo così... - Si avvicinò e,
dopo averla fatta voltare di nuovo verso il piano di lavoro, si sistemò
esattamente dietro di lei. Passò le braccia sotto le sue, poi afferrò il bordo
della ciotola e il manico del mestolo, poggiando le mani su quelle di Coco. Lei
si voltò leggermente per guardarlo, ottenendo in cambio un sorriso. - Ti aiuto.
Mescoliamo insieme. - Le era perfino più vicino di quanto non fosse stato Kevin
quella mattina. Lo sentiva, leggermente appoggiato contro la schiena.
- Ma che avete tutti
oggi? C'era qualcosa nel caffè, a colazione? - Chiese, un po' imbarazzata e un
po' divertita, mentre lui cominciava a mescolare.
- Tutti chi? - Ribattè
Joe, avvicinandosi un pochino di più. Tanto che il suo respiro le solleticava
la guancia.
- Mah, anche Kevin... -
Abbassò lo sguardo, tornando per un attimo a rimuginare su quello che era
successo al supermercato.
- Kevin? - Joe
la riportò alla realtà, dando involontariamente uno strattone troppo forte al
mestolo. La ciotola oscillò un po' più velocemente.
- Lasciamo perdere,
va'. - Sorrise Coco, afferrandola al volo, prima che cadesse rovinosamente a
terra. Anche se non poteva vederlo, Joe aveva, però, un'espressione ancora
corrucciata. - Guardaaa... - Si lamentò improvvisamente lei. - Mi hai
sporcato tutte le mani! - Gli mostrò i palmi striati di scuro.
- Oh... - Finse di
stupirsi. Allungò una mano verso destra e, senza farsi notare, la intinse nella
crema di cacao. - Scusami! - Esclamò. Poi, con un movimento fulmineo, le passò
le dita sulla guancia.
Quando lei si girò, con
la bocca spalancata e due strisce gocciolanti di cioccolato sotto l'occhio
destro, sul volto di lui era tornata a campeggiare la solita maschera da
adorabile canaglia.
- Tu... sei... -
Joe già stava ridendo. Ed era chiaramente in posizione da
combattimento... Nel giro di due secondi, si scatenò la battaglia. All'ultimo
sangue. Per pietà verso l'impasto, utilizzarono come arma la polvere di
cacao.
Dopo un quarto d'ora ne
erano entrambi coperti dalla testa ai piedi. E ridevano ancora a crepapelle,
seduti l'una accanto all'altro sul pavimento di cotto, che aveva visto
sicuramente giorni migliori.
- Dio mio. - Singhiozzò
Coco, cercando di calmare l'eccesso di risate. - Guarda che disastro! E devo
ancora finire il dolce... - Si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio,
lasciando una scia bianca sulla pelle del viso.
- Stavo pensando che,
per il secondo round, potremmo provare con la farina... - Rispose Joe,
ignorando completamente le sue parole. Per tutta risposta, Gabrielle gli diede
un sonoro scappellotto sul braccio.
- Sparisci, Jonas, mi
hai già fatto perdere abbastanza tempo. - Lo rimbrottò. - Ti abbuono anche
l'aiuto che ti avevo chiesto. Però vai. - Lui sorrise e si alzò, aiutandola poi
a fare altrettanto.
- D'accordo. - Prima di
andare, si chinò leggermente verso di lei e le depositò un bacio leggero
all'angolo della bocca.
Sapeva di buono.
E non era solo per il cacao.
{Ma che diavolo gli
prende?}
Si domandò Coco, mentre
la porta a vetri si richiudeva alle spalle di Joe.
***
Era tutto pronto. La
torta, perfettamente dorata e guarnita spiccava al centro del tavolo
apparecchiato. Gabrielle trotterellò allegra per il corridoio, fermandosi
davanti alla porta della camera dei ragazzi.
- Puoi farlo uscire,
Kev! - Urlò, per sovrastare il chiacchericcio che arrivava dall'interno. Le tre
voci si tacitarono immediatamente e si senti qualcuno correre nella sua
direzione.
- Finalmente! - Esclamò
Nick, aprendo la porta. - Ma che hai combinato? - Domando poi, notando le
macchie di cacao sulla pelle e i vestiti di lei.
- Lascia perdere! -
Sorrise Coco. Non aveva voluto nemmeno aspettare di cambiarsi. Voleva
assolutamente fargli vedere la sorpresa il prima possibile... Si sarebbe
sistemata più tardi. - Vieni con me! - Lo prese per mano e lo trascinò verso la
cucina, mentre gli altri due Jonas li seguivano.
- C'entra quell'idiota,
vero? - Continuò, voltandosi indietro per lanciare un'occhiataccia a Joe, che
invece era già perfettamente lindo e pulito.
- Ti ho detto di
lasciar perdere. Dai, vieni! - Si fermò, per spingerlo oltre la porta a vetri.
Nick si inchiodò sul posto, totalmente incredulo e piuttosto scioccato davanti
allo splendido dolce che c'era sul tavolo. Si voltò, abbassando lo sguardo
verso Gabrielle, che ancora lo teneva per mano.
- E'... - Cominciò, ma
le parole gli morirono in gola prima che potesse formulare un pensiero
coerente. Lei annui, sorridendogli dolcemente.
- E' per te. Ed è
perfettamente "in regola". - Disegnò delle immaginarie virgolette
nell'aria davanti a sè, con l'unica mano libera. - Sai cosa intendo. Goditela
e, per una sera, non pensare... Buon compleanno, piccolo. - Sentiva le lacrime
spingere per uscire allo scoperto. Nick le strinse la mano un po' più forte e
deglutì, mentre gli occhi gli diventavano irrimediabilmente lucidi. Poi, senza
dire nulla, la attirò a sè e la abbracciò con una forza di cui Coco non credeva
fosse capace. - Ehi, sono un disastro... Ti sporcherai tutto. - La voce le usci
leggermente soffocata. Lui non rispose, semplicemente la strinse un po' più
forte.
- Grazie... Io... Grazie.
- E a quel punto non riuscì a non piangere. Lo abbracciò, passandogli una mano
tra i riccioli scuri, mentre lui nascondeva il viso contro la sua spalla.
Nel frattempo i due
Jonas maggiori si dibattevano per uno stesso, identico dubbio.
Seguirono gli altri due
nella cucina e si sedettero al tavolo, mentre Nick cominciava ad aprire i suoi
regali e Gabrielle distribuiva le fette di torta.
{Forse...}
Cominciò a riflettere
Joe, picchiettando la glassa con la punta del cucchiaino, mentre il suo sguardo
correva dal fratello minore a Coco...
Allora, prima di lasciarvi al nuovo capitolo, in cui Coco scoprirà che
stare vicino ai Jonas non è proprio tutto rose e fiori, rispondiamo alle
recensioni:
Allora, prima di
lasciarvi al nuovo capitolo, in cui Coco scoprirà che stare vicino ai Jonas non
è proprio tutto rose e fiori,
rispondiamo alle recensioni:
Jollina: Chi sceglierà Coco? Eeeeh, ti dirò, fino a poco tempo fa
avevo le idee sommariamente chiare, ma con l'evolversi della storia mi stanno
venendo mille e uno ripensamenti. Quindi, ne vedremo delle belle!X)
Tempe: Aaaaaawwww!x3 Sono contenterrima che la fic ti piaccia
e... Scrivere insieme, io e te? Ommamma, ne sarei onoratissima, contentissima,
mi piacerebbe tantissimo... aaaaaaawww di nuovo, quando vuoi, anche subito!**
Anche se potrei ingelosirmi... quanto era "moooooolto bello" quel
sogno con Kevin? Prima me lo fai adorare e poi me lo rubi sotto il naso, non si
fa!x3 Ho anche aggiornato il più in fretta possibile, onde evitare
ripercussioni "fisiche"!=3
Beautiful_disaster: Oddio, vuoi dire che ora avrò sulla
coscienza anche il tuo rendimento scolastico?x3 Kevin o Joe? Beh, sarei
mooooolto indecisa anche io e infatti, come dicevo prima, sto avendo milioni di
ripensamenti anche per Coco, quindi per ora posso dire onestamente che non lo
so!
fefy88 & sbrodolina: tengo moltissimo al rapporto fra Nick
e Coco perchè in effetti è quello più particolare e sono contenta che si riesca
a percepire tutta la dolcezza che ho voluto infondergli!x3 Io, sarà che è il
più piccolo, Nick me lo vedo molto "cucciolo indifeso bisognoso di
coccole".<3
Ithil_Elendil: Oh, una nuova lettrice! Bellobellobello!**
Ti dico solo che i due fratelloni avranno il loro bel da fare, sarò
particolarmente cattivella con Kevin e Joe!x3
In generale, grazie a
tutte per i complimenti, siete dolcissime!x3 Alle prossime recensioni. Un bacio.=*
PS.Occhio
che in questo capitolo comincio a dare sfogo alla mia vena sentimentale!=P
- Capitolo 3° -
{ I feel like I'm knockin' on heaven's door... } Bob Dylan - Knockin' on heaven's door
Tutto era tornato alla normalità.
Debra aveva ripreso il controllo delle loro vite, riconducendole
direttamente al set per l'inizio delle riprese della nuova puntata del documentario.
Infatti Nick, Kevin e Joe stavano girando... da circa tre ore. Sempre la stessa scena. Era qualcosa di fondamentalmente
semplice, dovevano camminare intorno alla grossa fontana dei giardini Du Luxembourg e fermarsi a giocare con
una di quelle vecchie barchette di legno che affittavano solo lì. Niente di
trascendentale.
Solo, la pioggia torrenziale complicava un minimo le cose.
Diluviava a scrosci alterni, tra i quali dovevano infilare i vari ciack, senza
nemmeno dare loro il tempo di asciugarsi.
Il regista aveva letteralmente un diavolo per capello. Sbraitava
ordini a destra e a manca, spruzzettando tutti quelli che gli stavano attorno
ad ogni scuotimento di testa. Con l'eccezione della pragmatica Mrs.Confetto che aveva estratto dalla sua
borsetta un ombrellino. Rosa, manco a dirlo.
Gabrielle li raggiunse solamente nel primo pomeriggio, una volta
terminato il suo turno all'atelièr di Sonia Delaounì. Nonostante la paga che le avevano
promesso per il lavoro che stava facendo con i Jonas Brothers, aveva deciso di
non lasciare i suoi vecchi impieghi.
Anche perchè sapeva
che, in fondo, non sarebbe mai stata capace di accettare dei soldi per il tempo
che passava con Joe, Kevin e Nick... Erano già loro tre, la sua ricompensa. E
niente avrebbe potuto avere lo stesso valore.
Li raggiunse proprio
mentre il cielo aveva deciso di innaffiare Parigi con lo scroscio d'acqua più
violento della giornata. Con il cappuccio calato sulla testa, dopo che il suo
ombrello era andato perso in un non ben imprecisato momento durante
l'attraversamento del muro umano che le fans avevano formato tutt'intorno
all'area chiusa.
Anche i ragazzi erano zuppi
come pulcini, seduti in un angolo, sotto un albero con un telone attaccato alla
bella e meglio fra i rami. Attraversò di corsa il breve tratto ghiaioso che la
separava da loro e si accucciò accanto a Joe.
- Bella giornatina... -
Si abbassò il cappuccio e cominciò a passarsi le dita fra i capelli zuppi,
scuotendoli leggermente.
- Di acqua ne avrei
avuta abbastanza, per oggi. - Sbuffò Joe, sollevando le mani per ripararsi
dalle goccioline che schizzavano tutt'intorno. Lei lo squadrò in silenzio,
inarcando un sopracciglio, prima di scoppiare a ridere.
- Non accetto questo
genere di rimproveri da uno che sembra se la sia fatta, fin qui, a nuoto nella
Senna. - Gli scompigliò la frangia fradicia, in un gesto eloquente. Per tutta
risposta, lui le passò un braccio intorno alle spalle e, dopo averla bloccata,
le restituì il "favore", spettinandola completamente e senza troppa
grazia.
Erano troppo impegnati
nella loro affettuosa zuffa personale, per accorgersi che un massiccio gruppo
di ragazze aveva cominciato a rumoreggiare, al di là delle transenne.
- Ragazzi, ha smesso di
nuovo. - Li interruppe Debra, correndo nella loro direzione con tre copioni in
mano. - Sbrigatevi, si ripete la scena. - Joe la lasciò andare di malavoglia e
si alzò sbuffando insieme ai fratelli.
- Cheppalle. - Mormorò,
ben attento che la donna non lo sentisse. Coco si lasciò sfuggire una risatina,
tuffando subito dopo il viso nel collo alto del maglione.
- Brrrr. - Soffiò Nick,
sfregandosi velocemente le braccia. - Sono tutto ghiacciato. - Cosa che scatenò
immediatamente l'istinto protettivo di Gabrielle. Sgusciò velocemente fra i due
fratelli maggiori e si fermò di fronte a lui.
- Vuoi che vada a
prenderti qualcosa di caldo, piccolo? - Chiese, sfiorandogli la mano gelata.
- Ecco, questa è
un'idea. - Intervenne Kevin, mentre Joe annuiva con un gran sorriso. - Io
prendo un the, assolutamente bollentissimo. -
- Io veramente stavo
parlando con Nick. - Ribattè lei,
anche se sapeva già che li avrebbe accontentati di nuovo.
- Tutti o nessuno. -
Concluse Joe, ficcandosi le mani in tasca. - Non si accettano preferenze... -
- Viziati. - Sorrise. -
The per tutti? - Speranzosa di non doversi anche appuntare mille richieste
diverse.
- Grazie, Coco. - Si
separarono mentre lei cominciava a camminare in direzione dell'uscita e i Jonas
tornavano al bordo della fontana.
Arrivò vicino a due
delle transenne più piccole e scivolò fra l'una e l'altra, trovandosi di nuovo
davanti l'infinito mare di volti femminili che si assiepavano in ogni
centimetro di parco che non fosse stato riservato alla troupe. Aspettò che
qualcuna si spostasse per farla passare, ma nessuna di loro accennò a muovere
un solo passo.
- Scusate... - Si
rivolse alla ragazza che le stava più vicina. Nonostante fosse chiaro dai
lineamenti che era molto più piccola di lei, la sovrastava in altezza di almeno
dieci centimetri... così come la maggior parte delle altre presenti. Coco si
sentì improvvisamente minuscola. -
Dovrei passare. - Continuò, un po' più timidamente. Sorrise, ma ottenne in
risposta soltanto una schiera di sguardi ostili. Poi, lentamente e con fare
decisamente infastidito, un paio di ragazze si spostarono. Gabrielle si mosse
rapidamente e cominciò a fendere la folla con piglio deciso. Più andava avanti
e meno spazio aveva per camminare... Stava per inciampare, quando qualcuno le
diede un violento spintone, scaraventandola letteralmente al di là dell'ultima
fila di persone. Si girò, per capire chi l'avesse urtata, ma incontrò solamente
una fila di schiene serrate e lunghi capelli biondi.
Decise di non
approfondire, anche perchè non aveva nessuna voglia di perdere tempo, ed uscì
di corsa dal grosso cancello.
Quando tornò, teneva in
bilico su un vassoio di cartone quattro grossi bicchieri da asporto colmi di the
caldo. Arrivò per l'ennesima volta in prossimità della folla, ma questa volta
non fece nemmeno in tempo a pensare di chiedere permesso, che la ragazza bionda
della prima fila la raggiunse a grandi falcate, seguita da una decina di quelle
che parevano essere sue amiche. Coco venne rapidamente accerchiata da quella
mini-gang improvvisata e costretta ad indietreggiare fino ad un grosso albero
lì accanto.
- Scusate... - Non
riuscì quasi a cominciare la frase, perchè la biondina-boss la afferrò per un
braccio e la spinse violentemente contro il tronco nodoso. Il vassoio dondolò
pericolosamente, ma Gabrielle riuscì a mantenere tutto miracolosamente in
bilico.
- Stagli lontana. - La
apostrofò la ragazza, dall'alto dei suoi otto centimetri di tacchi.
- Prego? - Chiese, non
capendo minimamente di cosa la stessero accusando.
- Non fare la finta
tonta... Sai benissimo di cosa parlo. - Quando quella mosse un passo in avanti,
subito imitata da tutte le altre, Coco cominciò seriamente a preoccuparsi.
- Guarda che io non
capisco davvero. - Senza il minimo preavviso, la biondina alzò un braccio di
scatto e fece finire uno dei quattro bicchieri a terra, qualche centimetro in
là dai suoi stivaletti di camoscio.
- Joe. - Ringhiò. -
Kevin. Nick. Tu devi stare lontana da loro. - Le afferrò il maglione,
strattonandola e un altro bicchiere finì a far compagnia al primo. Stavolta
Coco dovette sollevare il piede, per evitarlo. - Ti abbiamo vista tutte, prima,
fare la gattamorta. Con tutti e tre.
- Aggiunse una delle "amichette", scoccandole un'occhiata di puro
disgusto.
- Faccio semplicemente
parte dello "staff" che è stato assegnato loro, qui a Parigi. -
Rispose Gabrielle, cominciando ad innervosirsi. L'ultima cosa che si sentiva in
dovere di fare era di dare delle spiegazioni sul suo rapporto con i Jonas... a
delle illustri sconosciute.
- Non solo sciacquetta,
pure maledettamente bugiarda! - Riprese parola ed autorità la bionda. Poi prese
uno dei due bicchieri rimasti e, con tutta l'intenzione possibile, le rovesciò
addosso il the ancora fumante. Coco si portò automaticamente le braccia davanti
al viso, lasciando cadere il vassoio e l'ultimo bicchiere ed ottenendo che solo
un paio di schizzi le raggiungessero la guancia.
Ma il polso destro fu
preso in pieno dal liquido ustionante. La pelle lasciata scoperta dalla manica
del maglione prese a pizzicarle dolorosamente.
- Stai. Lontana. Da.
Loro. - Sillabò sprezzante la ragazza. - Non so chi tu creda di essere, ma è
bene che torni sulla terra. Non sei nemmeno lontanamente alla loro altezza.
Joe, Kevin e Nick sono un altro pianeta per te... Guardali. E Guardati. -
Gabrielle era ammutolita. Percepiva il dolore fisico del braccio scottato, ma
anche quello molto, molto più intenso che le stava montando dentro. - Loro
hanno la fama, il talento. E tu? Te lo dico io, sciacquetta! Tu non hai niente. Proprio un bel niente. Sei una
come tante... Anzi, probabilmente anche peggio
delle tante. Non sei degna di stare con loro, non lo saresti nemmeno di
guardarli da lontano. Niente. Non
vali niente. - Finito di sputarle addosso tutto il suo livore, il boss in
gonnella girò i tacchi e tornò al suo posto in prima fila, accompagnata dallo
stuolo delle sue compari.
Coco rimase immobile,
con la schiena contro il tronco dell'albero e gli occhi pieni di lacrime che si
ostinava caparbiamente a non lasciare uscire. Le parole di quella biondina
senza nome le rimbombavano in ogni cellula del corpo e della mente...
"Non hai niente."
"Non vali niente."
"Non sei alla loro
altezza."
Avrebbe dovuto alzare
la testa, rispondere a tono. Eppure non era riuscita a fare altro che
ascoltare, tacere e, in fondo, trovarsi d'accordo con la sua accusatrice.
Perchè sì. Le parole di quella ragazza
le avevano aperto dentro una vera e propria voragine
e, contemporaneamente, le avevano scaricato sulle spalle il peso di una realtà
che, fino a quel momento, aveva bellamente ignorato: tra lei e i Jonas Brothers
correva come minimo un universo di distanza.
E non ci poteva fare niente. Appunto.
Il polso le faceva un
male cane. Era rosso e si stava gonfiando... Sospirò profondamente e trattenne
a stento un singhiozzo. Voleva solo tornarsene a casa, da sola, senza vedere o
parlare con nessuno.
Però doveva avvertire
almeno Debra...
Si fece forza e,
tenendosi il braccio con la mano sana, camminò per un po' alle spalle della
muraglia umana, fino a che non riuscì a trovare un tratto meno affollato per
passare e tornare al set.
- Coco, finalmente! -
La voce squillante di Joe la raggiunse, non appena ebbe mosso il primo passo
oltre le transenne.
{Nonononono.}
Non voleva vederlo. Non
voleva parlargli. Nè a lui, nè a Kevin, nè a Nick. Poteva solo farla star
peggio.
{Lasciami stare.}
- Si può sapere dove ti
eri cacciata...? - Si bloccò, notando lo sguardo sconvolto di lei e il modo
sospetto in cui si era portata le mani dietro la schiena. - Cos'è successo? -
Si incupì improvvisamente.
- Niente... - Rispose
lei, nel tono meno convincente del mondo.
- Cos'è successo,
Gabrielle? - Involontariamente, alzò lo sguardo di scatto, nel sentirgli
pronunciare il suo nome. Non la chiamava mai
così.
- Lasciami... Lasciami
stare, Joe! - Sbottò. Nel frattempo anche Kevin e Nick li avevano raggiunti. E
la guardavano con espressione non meno ansiosa e preoccupata di quella del
fratello. Lui, per tutta risposta, le appoggiò le mani sulle spalle. Appena
avvertì il contatto, Coco schizzò all'indietro e lanciò uno sguardo
terrorizzato alle ragazze poco distanti, che avevano cominciato a protestare di
nuovo. Poi guardò i tre ragazzi, con la stessa faccia angosciata, senza
riuscire a spicciccare parola.
- Sono state loro? -
Continuò imperterrito Joe. Spostando lo sguardo da lei alla folla,
ripetutamente. - Ti hanno detto qualcosa!? - Si stava arrabbiando. Parecchio.
- Scusatemi, io... vado
a casa, ragazzi. - Sussurrò, abbassando lo sguardo.
- Aspetta. - Questa
volta fu Kevin, a tentare di trattenerla, afferrandole il polso scottato. Di
nuovo, lei sgusciò via immediatamente, lasciandosi sfuggire un gemito ed una
smorfia di dolore. Davanti allo sguardo scioccato di lui, si affrettò a
nascondere la scottatura sotto la manica del maglione.
- Io le uccido! -
Sibilò Joe, facendo per partire alla carica.
- NO! - Lo fermò Coco,
facendolo voltare di scatto. - Non è il caso. E' tutto a posto, davvero... -
Sorrise, cercando questa volta di essere più credibile. - Sono solo un po'
stanca. - Lui fece per ribattere qualcosa, di nuovo, ma, davanti al suo sguardo
supplicante si arrese, sbuffando.
- Vuoi almeno che
chiediamo a Debra di farti riaccompagnare a casa con la macchina? - Domandò
Nick che, fino a quel momento era rimasto in un angolo, assorbito in un
meditabondo silenzio. Sebbene fosse più riservato dei fratelli e meno incline
ad esprimere i suoi sentimenti, anche lui era profondamente preoccupato e Coco
gli leggeva negli occhi tutta quella maledetta ansia.
- Grazie. - Gli
sorrise, trattenendosi a stento dall'accarezzargli la guancia. Avrebbe voluto
abbracciarlo e rassicurarlo... ma ora capiva di non averne il diritto. Di non
averlo mai avuto... - Ma va bene così. Prenderò il metrò. - Detto questo si
voltò e scappò per andare a cercare Debra.
E per impedirsi di
scoppiare a piangere davanti a loro.
***
Quella sera, nel
lasciare il set, i tre fratelli furono molto meno espansivi del solito, nei
confronti delle fans. Joe soprattutto, che camminava due o tre passi avanti ai
fratelli con le mani in tasca e lo sguardo piantato a terra. Kevin e Nick,
invece, parlottavano a bassa voce fra loro, rimanendo a tratti in silenzio,
quando il maggiore spostava la sua attenzione su qualche punto imprecisato al
di là della folla.
- Maledizione! - Sbottò
Joe, quando tutti e tre furono seduti sui sedili posteriori della solita, lunga
auto nera. - Io lo so che le hanno fatto qualcosa! Non... non le sopporto... -
Sferrò un pugno al finestrino oscurato.
- Smettila, Joe! - Alzò
gli occhi, incrociando lo sguardo serio di Kevin. Poche volte aveva visto il
fratello maggiore arrabbiarsi. Tantomeno con lui. - Non puoi fare il bambino.
Quelle sono le nostre fans, il nostro supporto e le artefici di gran parte del
nostro successo... - Non sembrava però poi tanto contento di ciò che stava
dicendo. - ... che ti piaccia o no. -
- Se è così, io non lo
voglio affatto questo successo. -
Continuò, incrociando le braccia. - Quelle non sono il tipo di persone per cui
io canto. -
- Nemmeno quelle per
cui io suono, ma sono comunque parte del tutto. Bisogna accettarlo. - Concluse
Kevin, serrando i pugni. Sì. Anche se sentiva una morsa allo stomaco, nel
ripensare all'espressione terrorizzata di Gabrielle. Eppure non poteva
lasciarsi sopraffare dai sentimenti, per quanto legittimi. Doveva, ancora una
volta, comportarsi da fratello maggiore e dare l'esempio. Non gli era concesso
di fare l'eroe.
Quel ruolo era e
sarebbe probabilmente sempre spettato a Joe...
Joe che non gli
rispose, lasciando cadere lo sguardo sulla città che correva al di là del
vetro.
Joe che non sarebbe mai
riuscito a farsi una ragione di cose del genere...
Quello, per lui, era
soltanto un altro modo che le fans più superficiali potevano adottare per
portarlo all'esasperazione.
***
Coco sospirò,
tamburellando le dita sulla pietra fredda al ritmo lento della musica che le
risuonava nelle orecchie. Si sentiva esattamente come una di quelle sofferenti
eroine da opera che amava tanto ascoltare... Lanciò uno sguardo alla città
ormai quasi buia, che si andava punteggiando di luci.
I contorni le
apparivano sfocati, da dietro il muro di lacrime che continuava ad affiorare.
Le sentiva scorrere lungo le guance arrossate e, più cercava di asciugarle, più
quelle prepotentemente tornavano, tornavano e tornavano. Faceva perfino fatica a concentrarsi sullo schermo
luminoso del pc che teneva in bilico sulle gambe.
Aveva tentato tutto pur
di distrarsi... Si era sistemata in un angolo della terrazza, con l'i-pod nelle
orecchie e il suo computer portatile, tutta Parigi ai suoi piedi.
Eppure non era stata
capace di non pensarci. Singhiozzò e il mouse le sfuggì per l'ennesima volta
dalle mani.
Chiuse stizzosamente lo
schermo del notebook e lo appoggiò per terra, senza curarsi di spegnerlo. Poi
si passò una mano fra i capelli e si accucciò contro il muro, stringendosi le
ginocchia al petto.
Nello stesso istante la
raggiunse il tonfo soffocato della porta d'ingresso che si apriva e poi
chiudeva. Erano tornati.
Le si mozzò
improvvisamente il respiro, si sentiva come se le stessero puntando una pistola
alla tempia.
Tese l'orecchio, cercando
di capire cosa stessero per dire o fare, ma era difficile, con il cuore che le
batteva tanto forte, da rimbombarle ovunque.
- Ehi. - Alzò lo
sguardo e si trovò davanti Kevin, appoggiato allo stipite della porta-finestra.
Tornò a nascondere il viso tra le braccia, sperando di dissuaderlo ad
andarsene, ma ottenne esattamente l'effetto opposto. - Posso accomodarmi? -
Chiese, sedendosi davanti a lei.
- Vattene, Kevin. - La
voce le uscì soffocata e tremolante. Strinse i pugni, cercando di non fargli
capire che stava piangendo. Lui non si mosse, semplicemente si limitò ad
accarezzarle la testa, scostandole i capelli dal viso.
- Ho impedito a quella
testa calda di Joe di venire qui a fare una delle sue sparate, se torno sui
miei passi, sono morto. - Cercò di strapparle un sorriso e, in effetti, quasi
ci riuscì. - Scherzi a parte, lui e Nick sono preoccupati da morire, così come
lo sono io. Sono seduti là dentro e non si muoveranno fino a che non saranno
certi che stai bene. - A quelle parole, Gabrielle si decise finalmente ad
alzare lo sguardo. Puntò gli occhi in quelli di lui, mentre l'ennesima lacrima
le scivolava via.
- Perchè siete così
dolci con me? Io... non me lo merito. - Si sfilò le cuffiette dell'I-pod,
arrotolandosele nervosamente intorno alle dita.
- Come ti viene in
mente una cosa del genere? - Coco tentò di nascondersi di nuovo, ma Kevin le
sollevò dolcemente il mento, costringendola a guardarlo. - Te l'hanno detto
quelle ragazze? -
- Sì. - Annuì,
inspirando profondamente. - Ma non è questo il problema. Il problema è che
avevano perfettamente ragione. Che diritto ho io, di stare con tre ragazzi
speciali come voi? - Sollevò una mano e la poggiò sulla spalla di Kevin che la
guardava, completamente ammutolito. - Voi avete il vostro incredibile
talento... e l'anima. Un anima meravigliosamente grande. Tu, Joe ed il piccolo
Nick... siete... siete... - Sorrise, scuotendo appena la testa. Non riusciva
nemmeno a trovare le parole adatte. - Il vostro mondo non è il mio. Non potrà
mai esserlo, per quanto lo vorrei... Io non ho niente. Niente che possa fare di
me qualcosa di diverso da "una delle tante". Siete troppo... lontani da me. - Si mordicchiò il
labbro, tornando a guardare il pavimento, prima che le lacrime avessero di
nuovo la meglio. Senza dire nulla, Kevin le passò le braccia intorno alle
spalle, attirandola verso di sè. Gabrielle si trovò improvvisamente prigioniera
della sua stretta, il viso nascosto contro la sua spalla e la sua mano fra i
capelli. Sentì il cuore schizzarle letteralmente in gola.
- Ascoltami bene. -
Cominciò, a bassa voce. - Non hai voluto raccontarci molto di te, ma quel poco
che so e la passione che ti leggo negli occhi, mi bastano per giurarti e
spergiurarti che non hai niente in meno di noi... Che sei speciale anche tu,
Gabrielle. - Coco, chiuse gli occhi di scatto e, mentre i singhiozzi le
scuotevano le spalle, lo ricambiò, abbracciandolo a sua volta.
- No. - Bisbigliò. - Io
mi sento come se fossi rimasta chiusa fuori... Come se stessi bussando
disperatamente alla porta del paradiso, per chiedere di entrare, anche se so
che non avrei alcun diritto di farlo. - Strinse i pugni, tanto che rischiò di
strappare la stoffa leggera della camicia di lui. - Io... non ho proprio niente
di speciale... - Concluse, rieccheggiando le parole della ormai famosa
biondina.
- Smettila, Coco, ti
prego. - Esclamò Kevin, indurendo tutto ad un tratto il tono di voce. -
Smettila. Tu hai tutto. Tutto quello
che mancava alle cretine che ti hanno messo in testa questa stupidaggine... -
- Non dirlo, Kevin. -
Si mosse leggermente, ma non si staccò da lui. Non ci riusciva. Continuò a
parlare con il viso nascosto nell'incavo della sua spalla. - Erano solo delle
ragazzine e quello che hanno fatto, l'hanno fatto unicamente per voi... Sono
loro il sostegno dei Jonas Brothers. Da sempre... Io, invece, vi conosco da
poco più di un mesee non so nemmeno una
parola delle vostre canzoni. - Sospirò.
- Non so quanto possa
contare, ma, per me, questo mese è stato quasi una vita. - Riprese lui, tornando a parlarle più dolcemente. - Tanto
che mi è difficile tornare indietro a com'era, prima di conoscerti. E non me ne
frega niente, se non hai mai ascoltato le nostre canzoni... Mi piace molto di
più sentirti canticchiare Mozart o Chopin, perchè fa più parte di te. - Si
allontanò leggermente da lei, senza smettere di cingerle delicatamente le
spalle. - Adesso, smettila davvero... apri gli occhi e renditi conto di quanto
vali. Di cosa sei diventata per me... e per i miei fratelli. Perchè sono certo
che anche Joe e Nick ti avrebbero detto esattamente le stesse cose che ho detto
io... E che sono disposto a ripeterti allo sfinimento, fino a che non te ne
convincerai anche tu. -
- Kev, io... -
Finalmente sulle labbra di Coco tornò ad affiorare un piccolo sorriso. -
Grazie. - Si appoggiò nuovamente a lui, lasciandosi stringere. Decise, per una
volta nella vita, di agire un pochino egoisticamente... Pur sapendo che una
parte di lei era ancora fermamente convinta di non meritarsi affatto una simile
fortuna, lasciò che le parole di Kevin si insinuassero nel suo cuore,
alleviando parte del dolore. Anche se era decisamente troppo facile, lasciar
finire tutto così. Rimandando a data da destinarsi...
Kevin rimase in
silenzio per un attimo, sorridendo mentre l'abbracciava. Poi si ricordò di
un'altro particolare, che ancora non gli si era chiarito.
- Solo un'ultima cosa.
- Le afferrò il polso destro, che lei aveva accuratamente fasciato e nascosto
sotto il maglione. Sollevò la manica, rivelando la benda candida. - Questo chi
te l'ha fatto? -
- Nessuno... Ho fatto
tutto da sola. - Mentì, rimettendo la manica al suo posto.
- Coco, ti prego. -
Ovviamente lui non si era fatto convincere nemmeno un po'. Gabrielle sbuffò,
particolarmente infastidita da ciò che stava per dire.
- Non è niente, è stata
solo una bambinata. - Scrollò le spalle, mentre Kevin la guardava con
espressione sempre più scettica. - Una di quelle ragazzine mi ha vista parlare
insieme a voi, oggi, e probabilmente si è un po' ingelosita... Lanciarmi
addosso il the che vi stavo portando le sarà sembrata la vendetta più rapida,
tutto qui. - Concluse, come se niente fosse.
- Tutto qui? Quel the era bollente... Se ti avesse preso in faccia...
- Rabbrividì, immaginando le possibili conseguenze.
- Ma non è successo. -
Continuò lei. - Dai, è normale che possano essere gelose dei loro idoli. Quella
era cotta di Joe, si capiva benissimo... E mi ha visto scherzare con lui, mezza
abbracciata a lui. Avrei dovuto
aspettarmi che volesse il mio scalpo. - Ridacchiò, cercando di alleggerire la
cosa. - Aspetta. - Riprese, tornando improvvisamente seria. - Non lo dirai a
Joe, vero? Ti prego, Kevin... - Conoscendo Joe, si sarebbe sentito in colpa a
vita e sarebbe stato capace di non rivolgere più la parla a nessuna delle sue fans. Lei non voleva
assolutamente essere l'artefice di una situazione del genere, che niente di
buono avrebbe portato al successo dei Jonas Brothers.
- Rientriamo? Comincia
a fare freschino... - Chiese, glissando elegantemente sulla richiesta che Coco
gli aveva appena fatto. Si scambiarono un'occhiata eloquente, poi lui si alzò e
prese a spolverarsi i pantaloni.
- Tu vai. Sistemo qui e
poi ti raggiungo. - Recuperò il portatile e l'I-pod, cominciando ad armeggiare
per spegnere tutto. Kevin annuì sorridendo, prima di sparire oltre la soglia
della porta-finestra.
Impiegò un buon quarto
d'ora per chiudere tutti i programmi e salvare il lavoro che stava facendo.
Quando rientrò in casa,
la luce in salotto era spenta. Un bagliore giallo filtrava dalla cucina, al cui
interno si mescolavano le voci dei ragazzi che stavano chiaccherando
sommessamente tra loro. Senza fare rumore, Gabrielle raggiunse il mobile
accanto al divano letto e ci appoggiò le sue cose, talmente occupata a muoversi
silenziosamente, da non accorgersi che qualcuno era entrato nella stanza ed ora
le voci al di là della parete erano solamente due.
Si sfilò il maglione,
lasciandolo cadere distrattamente a terra.
Quando si voltò e si
trovò occhi negli occhi con Joe, che stava richiudendo la porta scorrevole, le
fu improvvisamente chiaro... Le era bastato osservare l'espressione contrita di
lui e l'ombra di rabbioso dolore che gli correva sul viso.
- Te l'ha detto, vero?
- Sussurrò, torcendosi nervosamente le mani.
Innanzitutto, scusate per il ritardo nell'aggiornamento, ma ho avuto
parecchio da fare per l'università
Innanzitutto, scusate
per il ritardo nell'aggiornamento, ma ho avuto parecchio da fare per
l'università!=p Eccovi finalmente il nuovo capitolo, forse un po' di transizione,
in cui si scopre qualcosa in più sulla nostra Coco e, dopo Kevin che è stato
quasi-protagonista la scorsa volta, abbiamo una sovraddose di Joe!x3
Un grazie grande alle
mie affezionate lettrici, vi adoro!<3
Tempe: Joe forse frivolo lo
è un po', ma più che altro io lo vedo come quello più impulsivo, istintivo. Per
me lui è il Jonas più passionale e che quindi si lascia più trasportare dai
sentimenti, la testa calda, insomma. Kevin invece è il maggiore e per forza di
cose, deve essere più controllato e razionale, quindi anche un po' più
sensibile... E sono adorabili entrambi!<3
agatha: sono sempre
felicissima dell'arrivo di nuove lettrici. Felicissima che la fic ti piaccia tanto
e ancor più di sapere che si riescono a percepire i sentimenti che io
"nascondo" nelle parole scritte. E' fondamentale per me.^^
Potterina: Come sopra!x3
Benvenuta nel club delle lettrici, spero ci resterai mooolto a lungo!
sbrodolina: Eh sì, povera Coco,
brutta esperienza... Ma in un certo senso le sarà utile per avvicinarsi di più
ai nostri tre Jonas, come vedrai! E Joe, beh... leggi, leggi!=P
Jollina: storia
letta&commentata! Per quanto riguarda Gabrielle e Kevin... eeeeh, chi lo
sa? Ne devono succedere ancora di cose!x3
beautiful_disaster: adoro le tue
recensioni, mi danno la carica e mi riempiono sempre di voglia di scrivere
ancora!<3 E per quanto sia una cosa che si sente spesso, mi fa sempre
contenta sapere che il mio modo di scrivere riesce a coinvolgere i lettori in
questo modo!x3 La ragazza del fotomontaggio è un'attrice (magari fossi io!=P),
si chiama Amber Tamblyn!=)
fefy88: altra mia adorata
fedelissima!x3 Per fortuna Coco sta bene e se Kevin ha fatto la sua parte...
vedrai Joe!x3
dollyvally: quanti nuovi arrivi!
*me felice* Spero che anche tu diventi mia fissa lettrice&commentatrice.
Kev... Kev per me è la quintessenza della dolcezza. Lo adoro e... chi non
vorrebbe essere al posto di Coco?!<3
Sempre più gente, mamma
mia!*_* Adesso non vi trattengo oltre, vi lascio al capitolo. Ah, ovviamente,
la canzone che canta Joe è "Gotta Find You" dei nostri Jonas.
- Capitolo 4° -
{ This time. This place. Misused.
Mistakes. } Far Away - Nickelback
- In difesa di Kevin
posso dire che sono stato io a costringerlo. Ho dovuto tirarglielo fuori con la
forza, lui non voleva... - Rispose Joe, senza sorridere. - Però avrei preferito
saperlo da te. - Lo sguardo gli cadde inevitabilmente sul polso che lei si stringeva
al petto, in un gesto probabilmente inconsapevole.
- Io invece avrei
preferito che tu non lo sapessi affatto, Joe. Per non doverti vedere così. -
Sospirò Coco, sedendosi sul divano, senza pensare di accendere la luce. Lo vide
avvicinarsi nella penombra e fermarsi in piedi di fronte a lei.
- Ma perchè non me lo
hai detto? - Si fissarono negli occhi per qualche secondo, abbastanza perchè
Gabrielle si rendesse conto che non sarebbe tornato sui suoi passi, prima di
aver ottenuto una risposta convincente.
- L'ho già spiegato a
tuo fratello. A questo punto, ero convinta che ti avesse raccontato proprio tutto.
- Sbuffò. - E' stata una bambinata, niente di più. - Per quante volte ancora
sarebbe stata costretta a ripeterlo?
- Una bambinata?
- Ripetè lui, sillabando l'ultima parola. - Coco, potevi farti male sul
serio... A causa mia. -
- NO. - Sbottò lei. -
Non voglio sentirtelo dire. - Poi chinò la testa, piantando lo sguardo sul
pavimento. Joe si avvicinò ancora e le si inginocchiò davanti, così, quando
Gabrielle alzò gli occhi, rimase incastrata in quelli di lui, pericolosamente
vicini.
- Ascolta... - Lo fermò
immediatamente, scuotendo leggermente la testa.
- Ti ho detto che non
voglio. - Sussurrò, senza smettere di guardarlo. Lui sospirò e si appoggiò ai
cuscini del divano, tenendo le mani ai lati delle gambe di Coco. - Sono
testarda, lo sai. - Si lasciò scappare un sorriso,
- Non ti sopporto. -
Sorrise anche lui, abbracciandola stretta. Nascose la testa contro la spalla di
lei, mentre le cingeva i fianchi.
Rimasero abbracciati in
silenzio per dei secondi che sembravano interminabili. L'ombra di quell'unico
sorriso svanì in fretta, così come era venuta. Entrambi sapevano bene che non
sarebbero riusciti a far desistere l'altro tanto facilmente. Per lui era il
senso di colpa, per lei una profonda preoccupazione. E niente che potesse far
pendere l'ago della bilancia in favore di uno dei due.
Gabrielle sospirò
profondamente, prima di allontanarsi.
- Joe. - La sua voce
sottile squarciò il silenzio che si era creato. - Non è colpa tua. - Era
dannatamente seria. E lo guardava con quella dannata espressione.
- Coco... - Tentò
nuovamente di ribattere qualcosa, ma a quegli occhi non sarebbe mai riuscito a
resistere.
- Non devi nemmeno
pensare di sentirti responsabile per quello che è successo. - Joe non provò più
nemmeno a risponderle. Sospirò, distogliendo lo sguardo dal viso di lei, nella
speranza di non sentirsi più con le spalle al muro. Si sentiva stupido e
probabilmente avrebbe finito per sembrare solo un ragazzino cocciuto agli occhi
di Gabrielle, eppure non ci riusciva.
Maledetto quel suo
carattere impulsivo. Se fosse stato semplicemente un po' più simile a
Kevin, che sapeva sempre fare la cosa giusta, forse avrebbe avuto vita più
facile.
Lasciò scivolare le
mani lungo i fianchi, lasciandola andare, ma Coco gli impedì di allontanarsi.
- Non mi piace
quell'aria da cane bastonato. - Gli passò una mano fra i capelli e, prima che potesse
tirarsi indietro, fu il turno di Joe di trattenerla. Sembrava avessero
intavolato una strana sorta di "tira e molla". Le accarezzò il polso
fasciato, rimanendo a testa bassa, senza guardarla negli occhi.
- Coco... - Ricominciò
e questa volta del tutto deciso ad arrivare fino in fondo. - E' perchè ti
voglio davvero, davvero bene. E mi manda in bestia pensare a cosa sono
potute arrivare delle stupide ragazzine, solo per gelosia nei miei confronti.
Solo perchè ti ho abbracciata... Adesso considererai anche me un ragazzino, se
ti dico che ora mi sento come se ti lanciassi in pasto a gente come quella,
ogni volta che ti sfioro, al di fuori di queste quattro mura... - Sollevò lo
sguardo, piantando gli occhi nell'azzurro di quelli di lei.
- Razza di stupido... -
Gabrielle si alzò di scatto dal divano, gettandogli le braccia al collo. Cera
così poco spazio fra loro, che Joe quasi rischiò di cadere, quando le ginocchia
di lei si scontrarono con le sue.
- Stupido e
basta? - Domandò, con una punta di sollievo. - Quindi non mi consideri un
ragazzino? Un diciottenne sbarbatello dalla testa calda? - Si rilassò,
sedendosi sul pavimento, mentre lei gli si accucciava fra le braccia e di nuovo
un sorriso si fece strada sulle sue labbra.
- Sbarbatello sempre...
- Rispose Coco, con voce leggermente soffocata. - Ma non riesco ad essere più
cattiva di così. Perchè ti voglio bene anche io, scemo. E te ne voglio
troppo... Considerando il soggetto che sei. Joe... Non posso vederti così. - Si
allontano da lui quanto bastava per riuscire a guardarlo negli occhi, lasciando
le braccia saldamente ancorate intorno al suo collo. - E non voglio che
nè tu, Kevin e Nick, nè tantomeno io viviamo nel terrore costante di chi ci sta
intorno. Questa volta è successo, la prossima volta potrebbe essere diverso.
Quindi, non arrabbiarti, ti prego, smettiamola qui. Accantoniamo questa storia
una volta per tutte. - Joe sorrise e si avvicinò di nuovo, posandole un bacio
leggero sulla fronte. - Altrimenti dovrò seguire il suggerimento che mi hanno
dato le vostre fans... e stare molto, moooolto lontana da voi. - Concluse lei,
in tono divertito.
- Neanche per sogno. -
La strinse con fare scherzosamente possessivo. - Tu non vai da nessuna parte! -
Non si capacitava nemmeno
lui, di quanto l'avesse sollevato sapere che Gabrielle non lo considerava un
ragazzino. Nonostante quei maledetti quattro anni che lo dividevano da lei.
Forse il motivo di tanto sollievo era lo stesso per cui, quando la vedeva
insieme a Kevin, non riusciva a non guardarli con una punta di invidia... Loro
due avevano praticamente la stessa età. Con suo fratello Coco gli sembrava
diversa. Si comportava e parlava in modo diverso...
Come con un suo pari.
Lui invece si sentiva sempre, in un certo qual modo, piccolo.
Inferiore...
O, forse, erano solo
stupide paranoie...
Strinse Coco un po' più
forte, nascondendo il viso nei suoi lunghi capelli scuri. Poi accostò la
schiena al tavolino basso che gli stava alle spalle, permettendole di
appoggiarsi completamente a lui. Avrebbe voluto parlarle chiaro e tondo, ma,
proprio quando credeva di aver trovato il coraggio ed il momento giusto per
farlo, la porta della cucina si aprì e la luce si accese improvvisamente.
Appena si accorse di
Nick e Kevin, sulla soglia della stanza, Gabrielle si scostò, scivolando fuori
dal suo abbraccio, per correre verso il fratello minore.
- E passata? - Domandò
semplicemente lui, guardandola con fare indagatore. Coco non gli rispose, ma a
Nick fu sufficiente il suo sorriso luminoso. La abbracciò, così come avevano
fatto i suoi fratelli, sancendo che tutto era tornato a posto. - Allora non ti
chiedo più niente. -
- Io invece voglio
chiaccherare di una cosa importante, con tutti e tre. - Riprese lei, prendendo
per mano anche Kevin e trascinando lui e Nick fino al divano, davanti a cui era
ancora seduto Joe, poi si sistemò in mezzo a loro. - Parlando con Kevin, prima,
mi sono resa conto che, per quanto tempo abbiamo passato insieme, da un mese a
questa parte, voi sapete pochissimo di me... Di quello che ero prima di
incontrarvi. - Abbassò lo sguardo, prendendo a giocherellare nervosamente con
una ciocca di capelli. - Me l'ha detto lui, in realtà - Continuò, cercando di
arginare il batticuore. Era sempre stato difficile per lei, parlare di sè...
Aveva paura di mettersi in gioco. Una paura piuttosto insensata, a dire il
vero... ma al contempo quasi soffocante. Paura di lasciarsi andare troppo e poi
venire ferita. Ed era solo per quell'incredibile legame che aveva sviluppato
con loro, che adesso si stava facendo violenza per raccontare la sua storia. -
E mi sono resa conto di quanto fosse vero... e ingiusto. Voi mi avete permesso
di conoscere un sacco di cose della vostra vita, della vostra famiglia e del
vostro straordinario mondo... E' ora che anche io faccia altrettanto. - Si
rannicchiò contro lo schienale, stringendosi le ginocchia al petto e prendendo
un respiro profondo, iniziò a raccontare.
Dall'inizio... Da
quando sua madre, una promettente musicista francese, aveva deciso di scappare
al di là dell'oceano... A soli vent'anni aveva lasciato Parigi per New York e
lì, oltre che un posto in una delle orchestre più importanti della città, aveva
trovato Michael, un'affascinante primo violino con dei meravigliosi occhi
azzurri.
Lui era più vecchio di
lei. Di anni ne aveva poco meno di quaranta, ma si sa, l'amore non ha età.
Monique era nata tre
anni dopo, quando il successo per la neo-mamma era ancora agli inizi. Annabelle
e Michael avevano cresciuto la bimba con tutto l'affetto possibile e per un po'
le cose erano filate lisce, così come era sempre stato.
Fino al giorno in cui
la giovane pianista aveva scoperto di essere rimasta nuovamente incinta,
proprio quando la prima orchestra di Parigi, le aveva proposto un contratto per
tre intere stagioni all'Operà... Era un'occasione troppo, troppo preziosa e
l'ambizione della donna aveva avuto facilmente la meglio... perfino sull'amore
materno.
Annabelle aveva firmato
immediatamente il contratto e, dopo aver partorito la piccola Gabrielle, aveva
preso armi e bagagli ed era tornata in Francia, portandosi dietro solamente la
figlia più grande.
Forse avventata,
sicuramente troppo giovane per rendersi conto di quello che una scelta del
genere poteva comportare.
Coco era rimasta con suo
padre, che, nonostante il dolore per quello che la musica gli aveva portato
via, aveva continuato a suonare. Ecco come lei aveva imparato ad amare le
sinfonie classiche e le grandi opere. Era cresciuta in teatro, seguendo suo
padre in tutti i suoi tour in giro per gli Stati Uniti, fino all'età di sedici
anni.
Poi Michael aveva
definitivamente dimenticato la sua giovane Annabelle, rapito dagli occhi verdi
di una giovane donna di Seattle. Si era risposato e, nel giro di pochi mesi, si
era creato una nuova famiglia ed una nuova vita... di cui la piccola Gabrielle
sentiva che non avrebbe mai fatto parte.
L'ultima cosa che suo
padre aveva fatto per lei era stata metterla sul primo aereo per Parigi, con
una grossa valigia ed una lettera per Annabelle.
Lettera che la diretta
interessata non avrebbe mai letto e che giaceva tutt'ora in un cassetto della
vecchia scrivania bianca che stava in un angolo di quella stanza.
Sì, perchè, una volta
arrivata a Parigi, all'indirizzo che Michael le aveva dato, Gabrielle aveva
trovato solamente quella sorella che non aveva mai saputo di avere e che si
sarebbe pressa cura di lei, da lì in poi.
Annabelle? Lei aveva
ricevuto un'altra, succosissima offerta ed era scappata di nuovo, lasciando
indietro anche Monique, alla fine. Scrollandosi di dosso quell'unica,
microscopica parte della famiglia a cui ancora era legata.
Nessuna delle due
ragazze avrebbe più avuto notizie dei genitori. Così dannatamente sole
entrambe. sarebbero semplicemente diventate l'una la famiglia dell'altra...
Monique, appena
diciottenne, avrebbe presto conosciuto il fantomatico padre di Lulù e, solo
qualche mese dopo, il suo Geràrd.
- Che poi è l'uomo che
vi ha fatti arrivare qui. - Concluse Coco, con un piccolo sorriso che si spense
quasi subito. I tre Jonas la guardavano in silenzio, mentre ancora cercavano di
metabolizzare tutta la storia. Quando Kevin allungò la mano per stringere
quella di lei, si accorse che Gabrielle stava tremando.
- Ehi... - Le sorrise e
quando lei si voltò per guardarlo, una lacrima le scese lungo la guancia.
- Scusa... - Si asciugò
frettolosamente gli occhi, cercando di nascondere quell'attimo di debolezza. -
E' che raccontare questa storia... mi fa un brutto effetto. - Altre lacrime
seguirono la prima, senza che lei potesse fare nulla per frenarle. -
Accidenti...! - Soffiò, sfregandosi nervosamente gli occhi. E dire che si era
imposta di non piangere più per certe cose. - Volevo che voi lo sapeste...
ma... non avevo intenzione di finire in questo modo pietoso! - L'ultima,
ultimissima cosa che voleva era suscitare compassione.
- Sai... - Cominciò
Nick, accarezzandole una spalla. - Se quello che hai passato è servito a farti
diventare quella che sei, Coco, non è solamente un male. E, credimi, io di
storie pietose me ne intendo. - Gabrielle sgranò impercettibilmente gli
occhi, rendendosene improvvisamente conto... Con che diritto poteva lamentarsi
in quei termini, davanti a lui?
- Dio, Nick, scusami...
Io... - Lui sorrise, scuotendo lievemente la testa.
- Oh no, non
ricominciare. - Allungò un braccio e le cinse i fianchi, facendola sbilanciare
nella sua direzione. - Zitta. No, zitta. - Ridacchiò e le tappò la bocca
con una mano, impedendole di scusarsi di nuovo. Non l'avrebbe lasciata fino a
che non avesse smesso di agitarsi. Coco, sconfitta, gettò la spugna e
sollevò lo sguardo, sorridendogli da dietro le dita serrate contro le sue
labbra. - Ecco, brava. -
- Ora sapete qualche
cosa in più. - Sorrise di nuovo, rivolgendosi anche agli altri due fratelli. -
Sapete perchè parlo anche americano e perchè dormo su un divano letto in casa
di mia sorella... Perchè amo con tutta me stessa la musica classica e perchè,
nonostante ne abbia uno bellissimo, non suono il pianoforte da quando avevo
sedici anni. - Lasciò indugiare lo sguardo sul meraviglioso piano di legno
sbiancato addossato alla parete davanti a lei. - Quello era di mia madre. -
- Peccato. Mi sarebbe
piaciuto fare qualcosa a quattro mani con te. - Sorrise Joe, continuando ad
osservare lo strumento. - Sei sicura di non voler ricominciare? - Questa volta
i suoi occhi erano saldamente fissi in quelli di lei. Gabrielle scosse
lentamente la testa, distogliendo lo sguardo.
- Per ora no, Joe.
Magari col tempo... - Si sistemò i capelli dietro le orecchie, cercando di
ignorare il groppo che si sentiva in gola. - Intanto, adesso è tardi e sarà il
caso di andare a letto... - Sorrise, cercando di fare finta di nulla, ma i tre
ragazzi l'avevano capita perfettamente. Si alzarono e, a turno, si avvicinarono
per augurarle la buonanotte, rispettosi del suo naturale desiderio di stare un
po' da sola. - Voi, comunque, potete suonare quando volete. - Aggiunse, mentre
abbracciava Kevin, poi Nick ed infine Joe.
Quest'ultimo le sfiorò la
guancia con un bacio, prima di sparire oltre la porta, insieme ai suoi
fratelli.
Mentre spostava i cuscini ed apriva il vecchio
meccanismo del divano letto, lottando contro il velo di lacrime che rendeva
tutto dannatamente sfocato, Gabrielle già sapeva che avrebbe faticato ad
addormentarsi.
E, nella migliore delle ipotesi, avrebbe avuto
solo incubi.
***
Quando Coco aprì gli
occhi, per la terza volta in due ore, il display del suo cellulare segnava le
tre e un quarto di notte.
Sbuffò, lasciando
cadere il telefono a terra... Aveva dormito continuativamente si e no un'ora. E
sicuramente non sarebbe riuscita a farlo più a lungo.
Non quella notte.
La sua disastrata
famiglia riusciva a tormentarla perfino in sogno.
Quando era piccola
aveva guardato in fotografia il viso di Annabelle, così simile al suo, per
tante di quelle volte, che ne aveva memorizzato ogni microscopico particolare
pur non avendola mai incontrata di persona... Ed ora quello stesso viso era
protagonista dei suoi sogni peggiori.
Si ritrovava di nuovo
bambina... e di nuovo sola, nel disperato tentativo di inseguire sua madre.
Sbuffò, scostando le
coperte con un gesto scocciato, prima di scattare in piedi. Sapeva che non
sarebbe riuscita a rilassarsi abbastanza da riprendere sonno, senza liberarsi
di quell'opprimente senso d'angoscia.
Tanto per cominciare,
una delle sue tisane avrebbe potuto aiutarla a distendersi... Si infilò una
felpa sopra il pigiama e scivolò oltre la porta a vetri, cercando di fare il
minimo rumore possibile.
Prese a frugare in uno
dei cassetti sotto al bancone, senza accendere la luce per paura di svegliare i
ragazzi. Tirò fuori tre o quattro scatole colorate, prima di riuscire a trovare
quella che cercava. Menta e zucchero di canna, il suo infuso preferito... Stava
per sfilare una bustina, quando sentì qualcuno posarle improvvisamente una mano
sulla spalla. Si voltò di scatto, lasciando cadere a terra l'intero contenuto
della scatola, con il cuore che le batteva furiosamente.
- Ehi, calma, sono solo
io. -
- Joe! - Sibilò,
riconoscendolo. - Mi hai fatto prendere un colpo... - Si portò una mano al
petto, aspettando che il suo battito cardiaco tornasse normale.
- Ops. - Sollevò
entrambe le mani in segno di resa, facendole una tenera linguaccia. Coco gli
rispose con un affettuoso scappellotto sul braccio.
- Piantala, scemo.
- Ridacchiò. - Piuttosto, ne vuoi anche tu? - Raccolse le bustine che si
erano sparpagliate sul pavimento e riempì d'acqua un piccolo bollitore.
Joe annuì e si sedette
al tavolo, mentre lei armeggiava con un vassoio ed il vasetto del miele. La
osservò in silenzio per i pochi minuti che impiegò a riempire le tazze e
mettere in infusione le bustine.
- Cos'è? - Domandò,
afferrando il manico della ciotola che lei gli stava porgendo.
- Una tisana. -
Gabrielle lo imitò e si sedette al tavolo, sulla sedia più vicina a quella
occupata da lui.
- Non riesci a dormire?
- Il tono di Joe si era fatto improvvisamente serio. Rimase in silenziosa
attesa di una risposta, bevendo un lungo sorso.
- Brutti sogni... - Si
mantenne sul vago, abbassando lo sguardo sul liquido ambrato che stava
metodicamente mescolando da qualche minuto. - E tu? -
- Un po' d'ansia,
forse... - Altrettanto confuso.
- Non sarà ancora la storia
del the? Guarda che... - Cominciò Coco, ma lui la fermò immediatamente.
- No, tranquilla. E'
per... qualcos'altro. - Bevve un altro po' di tisana, nascondendosi dietro la
tazza.
- Bene, perchè, se così
non fosse, ti uccido. - Scrollò il cucchiaino, prima di appoggiarlo sul tavolo.
- Ma... non vuoi provare a dirmi che cosa ti preoccupa? -
- Solo se tu mi spieghi
di questi tuoi... "brutti sogni". - Sorrise malizioso,
inarcando un sopracciglio. Lei sospirò profondamente e prese a picchiettare con
le dita sul bordo del tavolo.
- E' un unico incubo,
in realtà... - Cominciò a maneggiare nervosamente la sua tazza. - Io da
bambina... e mia madre che mi lascia in qualche luogo imprecisato. Tento di correrle
dietro, grido per richiamare la sua attenzione, ma sembra non accorgersi
nemmeno di me... E questo fino a che lei non scompare definitivamente. E io mi
sveglio. - Si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia. -
Patetica, eh? - Si alzò di scatto, prima che Joe potesse avvicinarsi, usando la
scusa di dover appoggiare la tazza vuota nel lavandino. Senza dire nulla, lui
la seguì e l'abbracciò, rimanendo alle sue spalle.
- E tu? - Sorrise,
ringraziandolo silenziosamente con lo sguardo.
- Lasciamo perdere... -
Sempre più evasivo.
- No, che non lasciamo
perdere. - Si voltò verso di lui, piantandogli addosso uno sguardo
profondamente indagatore. Joe sospirò, lasciandola andare per tentare di
fuggire in salotto.
- Joe!- Lo rincorse,
fermandolo quasi al centro della stanza.
- E va bene. - Si
avvicinò, guardandola intensamente negli occhi. - Rispondimi sinceramente,
Coco... Mi consideri troppo piccolo, per te? -
- Eh? - Si accigliò
lei, senza capire.
- Quando stai con Kevin
sei diversa. Non parli con me... come parli con lui. Hai un
atteggiamento diverso... E' perchè io sono più piccolo? - Coco lo fissò,
sgranando gli occhi.
- Tu... E' questo che
ti preoccupa? - Si lasciò sfuggire una mezza risata. - Ma ti sei bevuto il
cervello, per caso? - Gli prese il viso fra le mani, costringendolo a fissarla.
- Guardami. - Cominciò, improvvisamente seria. - Non me ne frega un beneamato cavolo,
se hai quattro anni in meno di me. Sono diversa, perchè tu e tuo fratello siete
diversi. Lui è lui... e tu sei tu. E' solo per questo... Dio. - Lo lasciò
andare, mulinando nervosamente le braccia nell'aria. - Sei mio amico, Joe e
questa è l'unica cosa che conta... Dell'età, sinceramente, proprio non mi
interessa. Davvero eri in ansia per questo? - Domandò, a metà tra il
divertito e l'esasperato. Lui annuì impercettibilmente. - Ma sai che sei
veramente un cretino, a volte? - Ridacchiò, dandogli una sonora spinta. Joe le
afferrò le mani al volo, trascinandola con sè nella rovinosa caduta sul divano
letto. Atterrarono ridendo sul materasso, con un tonfo sordo.
- Quindi mi consideri
al pari di Kevin? Siamo tutti e due tuoi amici e gli anni non sono un problema.
- Ripetè, guardandola negli occhi. Lei annuì, sollevandosi su un gomito. - E se
fossimo qualcosa in più che amici... quattro anni non sarebbero comunque
un problema? - Le parole gli sfuggirono letteralmente di bocca, tanto che si
pentì di averle pronunciate, ancora prima di terminare la domanda. Ammutolirono
entrambi, guardandosi in silenzio per un lunghissimo secondo. - Ah, lascia
perdere. - Si alzò di scatto, rimettendosi velocemente in piedi.
- Penso sia ora che
torni a letto... - Si passò nervosamente una mano fra i capelli e fece per
andarsene. Mosse qualche passo verso il corridoio, prima di bloccarsi e
voltarsi nuovamente verso di lei. Incrociò immediatamente lo sguardo di Coco,
che si era girata nello stesso momento.
- Sai, non credo
proprio di riuscire ad addormentarmi così... - Bisbigliò lei, con aria
innocente, mentre già sentiva l'angoscia tornare a serrarle la gola. Joe si
lasciò scappare un sorriso e tornò indietro.
- D'accordo. - Spostò
le coperte e recuperò un cuscino dal pavimento, prima di sdraiarsi sul lato
sinistro del letto. - Ma possiamo evitare di dirlo a Nick e Kevin? -
- Tanto, domani mattina
lo scopriranno lo stesso. - Ridacchiò Gabrielle, saltellando sul materasso per
tornare al suo posto. Si sistemò sotto le coperte, accoccolandosi contro di
lui.
- Mi alzerò per primo. -
Ribattè Joe, passandole un braccio intorno alle spalle.
- Sì, certo. Comincia a
pensare ad una scusa plausibile... -
- Spiritosa. Sei un po'
più tranquilla, adesso? - Chiese, accarezzandole i capelli. Coco respirò
profondamente. In effetti, sì. La sola presenza di Joe riusciva a calmarla in
una maniera impressionante... Nonostante tutti i pensieri che le frullavano in
testa. La sua vicinanza riusciva a sciogliere perfino la morsa che il terrore
di quel dannato incubo aveva su di lei. Sorrise e Joe sentì le spalle e le
braccia di lei rilassarsi, sotto il tocco leggero delle sue mani.
- Joe... - Sussurrò,
con voce già quasi assonnata. - Mi canti una delle vostre canzoni? -
- Eh...? - Gli si
avvicinò un po' di più, ridacchiando sommessamente.
- Perfavore... Fingiamo
che sia una ninna nanna. - Lui sorrise e si mosse lentamente, puntellandosi su
un braccio.
- Va bene, va bene. -
Prese un respiro profondo e cominciò a cantare sommessamente, mentre lei
chiudeva gli occhi.
"...
You're the voice I hear inside my head, the reason that I'm singing.
I need to find you,
I gotta find you.
You're the missing piece I need, the song inside of me. I
need to find you.
I gotta find you..."
Cantava piano,
rallentando continuamente il ritmo, quasi volesse sondare le parole una per
una, nonostante le conoscesse perfettamente a memoria.
Coco respirava
lentamente, seguendo l'andare della mano di lui che non aveva smesso di
passarle dolcemente le dita fra i capelli.
"Been
feeling lost, can't find the words to say...
Spending all my time stuck in yesterday."
Non sapeva nemmeno
spiegarsi perchè, tra tante canzoni, avesse scelto per lei proprio quella.
Aveva semplicemente iniziato a cantare, così, nel modo più naturale del
mondo...
Osservò l'espressione
completamente rilassata e il respiro regolare di Gabrielle. Si era già
addormentata, un sorriso appena accennato le increspava le labbra.
"Where
you are is where I want to be.
Next
to you...
And
you next to me."
Concluse, quasi in un
soffio. Poi si abbassò per sfiorarle la fronte con un bacio e chiuse gli occhi,
sistemandosi contro il cuscino.
Eccoci, finalmente!=3
Anche questa volta ho ritardato con l'aggiornamento, ma per causa di forza
maggiore. Sono stata per due giorni a Lucca ed ero senza pc (ma l'ho già detto
nell'introduzione al secondo capitolo di Giorni, questo!=P). Cosa che mi
ha costretta a scrivermi a mano il nuovo capitolo, per poi ricopiarlo una volta
tornata a casa. Ho cercato di fare il più in fretta possibile!X3 Non voglio
trattenervi oltre, perciò passo ai ringraziamenti e poi vi lascio al capitolo:
Tempe: facciamo cambio... il
mio Joe per il tuo Kevin!<3 So che la storia tragica di Coco potrebbe fare
tanto clichè, però c'è più di un ottimo motivo se ho deciso di impostarla così.
Ma non voglio anticipare nulla...!x3 Capirai in futuro... (adesso comincio
anche io a lanciarti gli indizi curiosssi a tradimento, come fai tu con i tuoi
sms malvagi!XD Muahmuahmuah...)
beautiful_disaster: che mega-recensione.
Lunga-lunga proprio come piacciono a me!** Non posso far altro che essere
assolutissimamente felice e grata per tutte le bellissime cose che mi hai
scritto, per la fic che mi hai dedicato e per il sapere che è anche un po'
merito mio se è "nata".x3 Per quanto riguarda Joe... Io me lo vedo
così, appassionato e romantico come quando canta le sue adorate canzoni sul
palcoscenico. E proprio per questo lui è il mio "uomo delle seghe
mentali", nel senso che mi viene naturale attribuirgli la maggior parte
della dose di paranoie che devono essere presenti in una fic romantica che si
rispetti!XD Comunque vedrai bene che anche Kev non ne è esente!=P
agatha: già cominciano a
formarsi le due fazioni, pro-Kev e pro-Joe?XD Su questo però non posso proprio
anticipare nulla, anche perchè sarebbe complicato da spiegare. Per il resto ti
ringrazio infinitamente... Mi fa sempre un piacere immenso sapere quanto vi
piace leggere la mia storia.<3
fefy88: guarda, anche io urlo
sempre come una cretina quando leggo delle fic che mi prendono! E' più forte di
me! x3 Ne approfitto per dirti che, anche se non ho ancora trovato il tempo di
commentartele, ho letto entrambe le tue belle fic. Quella di Mandy la seguo da
un bel po' e sono in fremente attesa che lei e Joe si decidano a dirsi che si
amano!x3
Jollina: come sopra... Sul
triangolo kev-Coco-Joe non posso anticipare nulla.x3 Dovrete pazientare per
scoprire... Intanto, in questo capitolo, si scoprono finalmente le carte in
tavola. E poi chissà...
aya-chan: una nuova lettrice e
per di più nella mia fascia d'età!** Benvenutissima. Innanzitutto ti ringrazio
infinitissimamente per tutti i bei complimenti.^///^ Ecco che dopo una pro-Kev
abbiamo una pro-Joe... chissà chissà come finirà.X3 Se mi dicono che sono
troppo cresciuta? Continuamente, ma io me ne infischio allegramente. Non si è
mai, mai, mai troppo grandi per sognare.<3
sbrodolina: guarda, ti ho pensata
mentre scrivevo, perchè in questo capitolo Nick sarà parecchio presente, per la
tua gioia.x3 E credo che qualunque ragazza vorrebbe essere al posto di Coco,
compresa la sottoscritta!=)
Ecco, grazie a tutte
voi che commentate con regolarità, a chi mi tiene tra i preferiti e anche a chi
legge soltanto. Buona lettura!x3
- Capitolo 5° -
{ Ma è davvero così
imperdonabile, se ti amo già? } E Ti Amo - Marco Masini
L'alba era passata soltanto da una manciata di
minuti.
Nick entrò nella cucina
fiocamente illuminata, sbadigliando rumorosamente. Ci trovò Joe,
eccezionalmente già in piedi, con in mano una tazza di caffè fumante.
- Ehi. - Salutò questo,
con un cenno del capo.
Il Jonas più piccolo
lanciò uno sguardo eloquente al fratello. Sguardo che quest'ultimo evitò
accuratamente, aprendo lo sportello del frigorifero e nascondendocisi
prontamente dietro...
Per essere almeno un
minimo credibile, finse di cercare qualcosa di non ben definito sul ripiano più
basso.
- Ti sei alzato presto,
stamattina. - Buttò lì Nick, appoggiandosi al bancone. Fin dalle prime battute
era chiaro che quella conversazione avrebbe grondato di sottointesi e di
"non detti".
- Ogni tanto capita
anche a me. - Rispose Joe, cercando di mantenersi sullo stesso tono fintamente
noncurante usato dal fratello.
- Già. - Annuì questo,
sbirciando oltre l'anta aperta per cercare di intercettare il suo sguardo. -
Quindi io dovrei fingere di non aver visto... quello che ho visto. - Joe
sollevò la testa di scatto, cozzando contro la mensolina delle verdure.
- Ahio! - Sbottò,
massaggiandosi il punto in cui sarebbe presto spuntato un bel bernoccolo. Poi
si rialzò e piantò gli occhi in quelli di Nick, così tremendamente simili ai
suoi. Il fratello minore gli scoccò un'altra rapida occhiata, prima di voltarsi
verso la porta a vetri semiaperta. Vi si intravedeva giusto la sponda del
divano letto su cui Coco stava ancora dormendo profondamente. - Non capisco
cosa vuoi dire. - Joe lasciò cadere entrambe le braccia lungo i fianchi,
tentando di rimanere impassibile.
- Oh, perfavore. -
Esclamò Nick, scuotendo la testa riccioluta. - Sono più piccolo di te, non più stupido.
-
- Continuo a non
capire. - Lo sfidò, rimanendo fermo sulla sua posizione.
- E' sdraiata su un
lato del letto... E dall'altro le coperte sono scomposte. Ribaltate,
anzi, come se qualcuno le avesse spostate per alzarsi. - Incrociò le braccia, aspettando
che il fratello maggiore riuscisse a mettere insieme una spiegazione
coerente.
- Si muove nel
sonno...? - Una specie di domanda come risposta... Segno tangibile che si stava
innervosendo.
- E' un'affermazione o
cosa? - Inarcò un sopracciglio, sfoggiando un sorrisino malizioso, utile
solamente ad irritare Joe ancora di più.
- Smettila di
insinuare! Che nervi, dio mio... - Spinse energicamente lo sportello del
frigorifero, che si chiuse con uno schiocco. - Abbiamo dormito insieme, va
bene? - Sul volto di Nick si allargò un sorriso vittorioso.
- E' già un passo che
tu l'abbia tirato fuori da solo. - Ridacchiò. Joe cominciava a sentirsi
seriamente preso in giro.
- Cos'è che ti diverte
tanto, posso saperlo? - Afferrò il barattolo dei biscotti, litigando col
coperchio per aprirlo.
- La parte comica è che
l'hai detto col tono di uno che voleva nascondere un segreto di stato...
Quando, in realtà, non era poi nulla di trascendentale. - Cominciò Nick. - La
parte seria, invece, riguarda ciò che c'è dietro quel gesto. Le intenzioni.
- Il sorriso svanì rapidamente dalle sue labbra, che si strinsero in una
smorfia preoccupata.
- Intenzioni? - Ripetè
meccanicamente.
- Sì, Joe.
Intenzioni... Le tue nei confronti di Coco, soprattutto. Ma anche viceversa.
- Guardò nuovamente in direzione del salotto, come a voler sottolineare il
concetto. Joe tamburellò nervosamente un piede a terra ed ingoiò l'ennesimo
frollino al cacao, prima di prendere un profondo respiro.
- Che resti fra noi,
però. Soprattutto non voglio che lo sappia Kevin. - Nick annuì, senza fare
domande. Evidentemente i due fratelli condividevano la stessa
"strana" impressione riguardo al più grande. - Diciamo che potrei
avere un certo "interesse" per lei... - Si passò una mano fra i
capelli, cercando di dissimulare tutto il suo imbarazzo.
Si sedettero entrambi
al tavolo, come si fa per le discussioni importanti. Nick scelse semplicemente
la sedia che gli stava più vicina, mentre Joe, di riflesso, preferì rifugiarsi al
di là del tavolo e gli si sedette di fronte.
- Sei innamorato?
- Chiese il più piccolo, versandosi a sua volta un'abbondante dose di caffè.
Joe si agitò nervosamente sulla sedia, come se qualcosa lo stesse pungendo sul
vivo...
- Non so se è una cosa
seria... - Abbozzò, cercando di non sbilanciarsi troppo. L'espressione del
fratello si fece improvvisamente più tesa.
- Cosa vuol dire che non
lo sai? - Appoggiò seccamente il bricco sul tavolo, spargendo qualche
goccia scura sul piano di legno laminato. Joe alzò gli occhi di scatto.
- Che non lo so. Cosa
volevi sentirti dire, Nick? - Sbottò, evidentemente infastidito dalla sua
reazione. - Sono confuso... Mi piace stare con lei, mi piace abbracciarla e mi
piace sentirla vicina... al punto che, ogni volta che entra in una stanza, la
prima cosa che vorrei fare è correrle incontro, stringerle la mano e non
lasciarla più andare. Penso che tu sappia perfettamente quanto è dannatamente
adorabile, quanto è stato facile affezionarsi a lei... Dio solo sa quanto bene
le voglio, ma non riesco a dirti se questo "bene" è diventato
qualcosa di veramente serio, o si è unito solamente ad una naturale attrazione
fisica. - Sospirò desiderando ardentemente di avere la risposta giusta per
cancellare quello sguardo ansioso dal volto che aveva davanti.
Nick si schiarì la
gola, come se stesse per tirar fuori qualcosa di molto poco piacevole.
- Quello che mi
interessa veramente non è se è sì o no. La cosa fondamentale è che tu sia
assolutamente sicuro di ciò che vorrai o non vorrai fare. - Si fissarono
per l'ennesima volta. Nick era assolutamente serio, mentre l'altro spaziava
dall'incredulo allo spaventato, nel leggergli negli occhi tanta determinazione.
- Joe, tu sei mio fratello e, per quanto alle volte mi fai imbestialire,
ovviamente ti voglio bene... Ma voglio molto, molto bene anche a Coco. E' come
una sorella, se non di più, per me... Non voglio che soffra a causa delle tue
fregole. - Abbassò gli occhi, sfiorando distrattamente il bordo della sua
tazza. - Quindi, prima di sconvolgere l'equilibrio che si è creato in questo
mese e mezzo, cerca di riflettere. Devi essere più che certo che ne valga la
pena... Perchè, quando coinvolgerai anche Gabrielle, non sarà più possibile
tornare indietro a "come era prima". -
- Nemmeno io voglio
farla soffrire. - Bofonchiò, quasi offeso al pensiero che Nick lo considerasse
tanto stupido.
- Questo lo so. Però so
anche che sei dannatamente impulsivo. E incosciente... Soprattutto quando si
tratta di "sentimenti". - Ed era dannatamente vero. - Ti lasci
trasportare... Stavolta, ti prego, riflettici bene. -
- D'accordo, d'accordo.
Ma solo se tu la smetti di farmi la paternale! Che cos'è, sei stato per caso
posseduto dallo spirito saccente di Kevin? - Troncò la conversazione, alzandosi
in piedi.
- Stavate, per caso,
parlando di me? - Mugugnò il diretto interessato, con la voce ancora impastata
dal sonno. Poi si sedette al tavolo.
Nick fece un mezzo
balzo sulla sedia, accorgendosi improvvisamente della presenza del fratello
maggiore. Lui e Joe si scambiarono un'occhiata parecchio eloquente.
- Io parlavo male
di te. Come al solito. - Concluse noncurante quest'ultimo.
- Ah-ah. Divertente,
davvero. - Sorrise laconico Kevin, aprendo un vasetto di marmellata di fragole.
Ci tuffò un cucchiaino e, dopo averlo brandito a mo' di catapulta, scagliò una
dose di gelatina rossa in direzione di Joe. - Toh! - Esclamò, mentre il
"proiettile" lo colpiva direttamente in faccia. - Magari ti
addolcisci un po'! - Concluse sogghignando, mentre leccava quel che rimaneva
sul cucchiaio.
Joe sgranò gli occhi,
tastandosi la guancia appicicaticcia.
- Io ti uccido! -
Esclamò, prima di scaraventarsi al di là del tavolo. Serrò le braccia intorno
al collo di Kevin, cercando di bloccarlo. - Non sarà un problema per i Jonas
Brothers, bastiamo io e Nick. Al massimo ti sostituiremo con Frankie! - La voce
gli uscì mezza soffocata, nello sforzo di annullare i tentativi del fratello di
liberarsi di lui.
Quando Coco entrò nella
stanza, ancora lottavano, ridendo come due matti, sotto lo sguardo divertito di
Nick.
- Ma come siete carini,
stamattina! - Sorrise lei, schioccando ad ognuno un dolce bacio sulla guancia.
Poi si versò un bicchiere di latte freddo e si intrufolò sulla sedia tra Kevin
e Nick.
Mentre inzuppava il suo
primo biscotto nella tazza, Joe lasciò andare il fratello e le si sedette di
fronte. La osservò di sottecchi, mentre le parole di Nick gli rimbombavano
nelle orecchie. Non sapeva se sarebbe mai riuscito ad essere sicuro dei suoi
sentimenti. Cavolo. Lui, Joe Jonas, sempre così sicuro di sè in tutto,
nella vita... e sul palco soprattutto. Lui, che riusciva a gestire con una
scioltezza invidiabile milioni di persone in delirio, si era fatto mettere in
difficoltà da una ragazza... qualunque? No. Definirla così sarebbe stato
solamente un meschino tentativo di mentire a sè stesso.
Perchè lei non era una
ragazza qualsiasi.
Lei era la
ragazza. La sua Coco.
La sola che fosse
riuscita ad entrargli dentro in quel modo.
***
L'anonima auto nera si
fermò davanti ai giardini, poco distante dal cancello principale che era stato
preso d'assedio dal solito mare di ragazzine. Appena le portiere posteriori si
aprirono, un coro di urla investì i quattro ragazzi ancora all'interno
dell'abitacolo. Kevin scese per primo, seguito da Nick ed infine da Joe, come
al solito. All'apparire di quest'ultimo, le grida raddoppiarono. Coco indugiò
per un attimo, restando seduta in macchina.
Erano rare le occasioni
in cui arrivava sul set insieme ai Jonas. Quel giorno era semplicemente perchè
l'atelier era rimasto chiuso... Ma non pensava comunque fosse il caso di
entrare con loro.
Osservò dal finestrino
i tre ragazzi avvicinarsi alle prime fans e poi scese, facendo per avviarsi
verso un altro ingresso.
Joe, che era rimasto
qualche passo indietro rispetto ai fratelli, si voltò di scatto e tornò nella
sua direzione. Gabrielle non si accorse di lui, fino a che non la fermò,
prendendole la mano.
- Vieni. - Disse
semplicemente, tirandosela dietro.
Raggiunsero correndo
Kevin e Nick e si fermarono alle loro spalle. Quando lei si rese conto di dove
si trovava, piantò i piedi nel punto esatto in cui era, fissandolo con aria spaventata.
Joe le sorrise rassicurante, mentre il tipico mormorio andava diffondendosi
intorno a loro.
- Sei impazzito? -
Sussurrò, guardando le transenne che segnavano il corridoio di passaggio come
se stessero per scomparire da un momento all'altro, inghiottite da centinaia di
coppie di piedi. Si sentiva come se stesse invadendo quel mini-red carpet che
avrebbe dovuto spettare solo ai Jonas.
- No. Tu devi stare
qui... - Rispose, attirandola un po' più vicino. - Questo è il tuo posto e non
ho la minima intenzione di lasciarti indietro. - Coco lanciò un'occhiata
sfuggente alle ragazze in prima fila, senza riuscire ad impedirsi di tremare. -
Se ne dovranno fare una ragione anche loro. - Le bisbigliò all'orecchio, prima
di voltarsi verso la folla, sorridendo tranquillamente. Lei serrò gli occhi,
appoggiandosi al braccio di Joe, mentre cercava di trovare la forza per
credergli.
Si mosse soltanto
quando avvertì un'altra persona avvicinarsi. Aprì gli occhi, trovandosi davanti
Kevin ed il sorriso più dolce che avesse mai visto.
- Una volta tanto,
questo idiota ha ragione... - Lanciò uno sguardo al fratello che
eccezionalmente preferì non controbattere e si limitò a scuotere la testa. Coco
rimase zitta... Lo guardò negli occhi, con la stessa espressione spaesata di
poco prima, fino a che non fu lui ad interrompere li contatto, per avvicinarsi
e prenderle l'altra mano. Il mormorio era aumentato, ma, stranamente, si era
fatto anche meno concitato.
Ricominciarono a
camminare e, come per magia, i suoi piedi si staccarono dal selciato, con un
impeto che avrebbe potuto provocare un violento schiocco, se fossero stati
incollati davvero. Si lasciò guidare da Kevin e Joe, che nel frattempo
salutavano e si rivolgevano alle ragazze come avevano sempre fatto.
Con un'improvvisa ed
intensa sensazione di sollievo, Gabrielle si rese conto che la sua presenza non
era più una cosa così eclatante. Al contrario, sembrava quasi che non si
accorgessero di lei. Nessuno pareva consapevole che fosse lì...
Nessuno, ad esclusione
dei due ragazzi che le stringevano la mani, con la stessa dolce e delicata
devozione con cui avrebbero maneggiato un fragile ma bellissimo cristallo.
***
Kevin si guardò per
l'ennesima volta nella specchiera che era stata sapientemente montata nell'angolo
riservato al trucco. Sbuffò, osservando il groviglio umido di riccioli con cui
la parrucchiera l'aveva lasciato per andare a cercare nella sua auto chissà
quale strano tipo di spazzola... Quello era il momento che più detestava in
tutta la giornata. Ore bloccato su quella sedia, solo per una stupida messa in
piega. Inclinò il capo, appoggiandosi su un braccio.
Nick era seduto poco
distante da lui, nelle sue stesse condizioni, mentre di Joe vedeva solamente il
riflesso...
Poco distante da loro,
il fratello di mezzo scherzava allegramente insieme a Coco.
Le orecchie di Kevin
furono raggiunte dall'eco della sua risata cristallina, mentre le due figure
nello specchio si confondevano in un abbraccio.
Sospirò, senza riuscire
a distogliere lo sguardo.
In fondo era normale...
Joe era quello affascinante, passionale. L'eroe. Sì, l'aveva già
detto...
E gli eroi, alla fine,
riescono ad avere sempre tutto... Soprattutto la bella principessa.
- Kev... - La voce di
Nick, che aveva assistito a tutta la scena, lo riportò alla realtà. Scrollò le
spalle, voltandosi verso il fratello che lo guardava con aria preoccupata. -
Posso... farti una domanda? - Chiese, con tono incerto, scostandosi un riccio
ribelle dagli occhi. Kevin sorrise, voltandosi nella sua direzione.
- Vuoi sapere se sono
innamorato di lei? - Si stiracchiò, stendendo le braccia sopra la testa. Si
guardarono in silenzio per qualche secondo, prima che Kevin rispondesse
alla sua stessa domanda. - La risposta è sì. Purtroppo, sì. -
Nick lo fissò,
sgranando gli occhi. Tombola.
- Non fare quella
faccia. Non ho la minima intenzione di dirglielo... - Continuò, mentre il suo
sorriso si tingeva di amarezza.
- E questo perchè,
scusa? - Rispose il minore, scordandosi momentaneamente di Joe e del fatto che
anche lui fosse lì lì per ammettere a sè stesso di provare qualcosa per Coco.
- Perchè non voglio
condizionarla. Non farò nulla, prima che sia stata lei a scegliere. - Un tuono
risuonò in lontananza, riempiendo quell'attimo di contrito silenzio. Poi Nick
scattò in piedi, quasi fosse stato caricato a molla.
- Scegliere? -
Sentì distintamente una goccia di acqua gelata scivolargli dai capelli, lungo
il collo.
- Non che mi aspetti di
poter avere qualche possibilità... - Sollevò entrambe le mani, scuotendole in
segno di resa. - In queste cose, tanto per cambiare, l'ha sempre vinta Joe. -
Nick lo fissò per l'ennesima volta, indeciso se essere più scioccato dal fatto
che Kevin si era reso conto della situazione del fratello, perfino prima dello
stesso Joe, o da quello che aveva appena ammesso. Non immaginava potesse
sentirsi così.
- Come fai ad essere
così sicuro che Gabrielle sceglierà Joe? - Mosse un passo verso di lui, senza
smettere di guardarlo negli occhi.
- Non so nemmeno se
sceglierà. - Soffiò, lasciandosi andare contro la spalliera della sedia. - In
realtà, potrebbe benissimo lasciarci perdere entrambi... - Inarcò la schiena,
gettando la testa all'indietro. Prese un paio di respiri profondi, prima di rimettersi
dritto, con un leggero scatto. - Ma, se dovesse volere uno di noi... credimi,
Nick, quello sarebbe Joe. -
- Ma perchè? -
Sbottò lui, appoggiandosi stancamente al ripiano della specchiera.
- Perchè sì. Perchè,
pensaci, lui è quello bello. Quello che sta in prima linea, cantando le
dolci parole d'amore che fanno battere il cuore a milioni di ragazze in tutto
il mondo. Io, invece, sono solo quello che sta dietro... E la voce della
mia chitarra si perde insieme a mille altre tutte uguali. - Strinse i braccioli
foderati, facendone scricchiolare la pelle consumata. - Siamo già 100 a 0 in
partenza. - Poi abbassò lo sguardo, fissando il terreno ghiaioso.
Nick lo guardava,
incapace di proferire parola. Lui non aveva mai provato quello schiacciante
senso di inferiorità nei confronti del fratello... ma, in effetti, la sua
situazione era diversa. Giocava con Joe a quasi parità di carte.
Solamente gli era
difficile, anche alla luce della stima che aveva sempre avuto per lui,
concepire come Kevin potesse ritenersi così da meno.
- Kevin... - Tentò, ma
il suo intervento venne bloccato sul nascere.
- Ehi, tranquillo. Non
c'è problema. - Sorrise, cercando di sembrare sereno. - Per quanto mi riguarda,
non cambierà poi molto, in ogni caso. Coco non immagina minimamente... nulla,
di tutto ciò. E non credo potrà mai, visto che io per primo non glielo
dirò. -
- Sì, ma... - Kevin lo
fermò di nuovo e, per quanto irritato, lui dovette azzittirsi.
- Va bene così. Solo,
magari, non dirlo a Joe... - Aggiunse, continuando a guardare per terra. - Se
non altro, perchè non ho voglia di discuterne o di litigare con lui. E' un
problema mio. -
Davanti alla sua ferrea
determinazione, Nick non potè fare altro che annuire, anche se non avrebbe
voluto lasciar cadere la conversazione in quel modo. Gli passò in fianco per
tornare a sedersi, soffermandosi appena per poggiargli una mano sulla spalla.
- Non... sottovalutarti
troppo. - Disse solamente, prima di lasciarsi cadere sulla sedia vuota.
Chiedendosi tacitamente come diavolo era possibile che si fosse cacciato
in una situazione così spinosa nell'arco di una sola giornata.
Custode involontario di
due identici segreti.
Kevin sorrise appena, mentre la pioggia
riprendeva a cadere, ticchettando ritmicamente sul telo che era stato
teso sopra le loro teste.
Ed ecco il nuovo
capitolo... Forse leggermente più breve del solito, ma decisamente intenso!x3
No, no, non voglio anticiparvi nulla! Questo aggiornamento voglio che ve lo gustiate
proprio. Quindi vi occupo proprio giusto il tempo dei ringraziamenti e non
oltre:
Tempe: cara la mia socia!x3
Ottimo ritratto psicologico del capitolo precedente, ci hai preso in pieno. Ma
adesso? Che mi dici dopo aver letto questo capitolo? Nuove strade si aprono
all'orizzonte e chissà... Non è mica finita, ne devono succedere ancora!x3 Sì,
sono il male, lo so. Però, per lo meno, ora hai qualche risposta sui miei
criptici accenni ed sms. Mi aspetto un'altra mega-recensione. Mi raccomando,
eh!X3
beautiful_disaster: ebbene sì, frequento
proprio il "poli" in quel della bovisa, mi hai scoperta!=P Oddio,
adesso ti influenzo anche i sogni?XD D'altronde, chi non vorrebbe essere Coco?
Con due pretendenti così... <3 Ed ecco che, oltretutto, in questo capitolo
le cose si ingarbugliano ulteriormente e di sicuro non si fanno più chiare sul
fronte della scelta... Dovrete aspettare per ottenere le vostre risposte,
affezionate lettrici mie!^^
Jollina: mia cara, ce ne vorrà
di tempo perchè Coco si decida a svelare cosa pensa dei suoi due pretendenti!
Ma non temere, scommetto che lo scombussolamento provocato da questo capitolo
catalizzerà a sufficienza la tua attenzione e quella delle altre, avrete di che
riflettere e commentare, garantisco!XP
Aya: I sogni sono il motore
della vita. Non si può e non si deve mai farne a meno.x3 Kevin lo adoro anche
io, però mi tocca di doverlo martoriare un po' per il buon andamento della fic.
E vedrai che anche in questo capitolo (e nei prossimi) dovrò un po' infierire
su di lui... Ma, chissà, magari in futuro arriveranno tempi migliori.
fefy88: oh sì, urlo eccome.
Non è bello a dirsi, ma è così.=P Per chi propende Coco? Eeeeh... intanto
cominciamo a vedere come si muovono i nostri Jonas!
Sbrodolina: non sia mai che io lasci
sterminare una mia fedele lettrice, perciò eccoti l'aggiornamento!x3 Leggi,
leggi...
Ecco, è tutto. Sempre
grazie anche a chi mi tiene tra i preferiti... E voi fantasmini che leggete
solo, fate un'opera buona e lasciatemi un commento ogni tanto!x3
- Capitolo 6° -
{ Chiudi gli occhi e
cadi dentro a un guaio...
Baci che si rubano e la pioggia su di noi. } Baci Che Si Rubano - Laura Pausini
Altri venti giorni scivolarono
via in fretta, trasformando l'uno in due. Due mesi dal loro arrivo... Coco si
chiedeva sempre cosa la spingesse a tenere quel suo personale conto mentale.
Forse era perchè si
sentiva come se il giorno in cui Kevin, Joe e Nick avevano messo piede nel suo
appartamento, avesse segnato l'inizio di qualcosa.
Qualcosa come la
nascita di una nuova Gabrielle? Forse... O forse, semplicemente, di un
cambiamento importante.
Esattamente come quello
che avrebbe dovuto avvenire quel giorno. Pioveva. Era una fredda mattina di
inizio novembre e pioveva... Era come se Parigi avesse deciso che ogni punto di
svolta delle loro vite, ogni momento importante, dovesse essere incorniciato
dalle lacrime del cielo.
Gabrielle lasciò cadere
con un sospiro i fogli del calendario, prima di tornare al suo posto, dietro il
bancone. In tre ore e mezza erano entrate nel negozio solamente due clienti.
Con quel tempo nessuno dotato di sufficiente buon senso sarebbe uscito di casa
per qualcosa di meno impellente del lavoro... Figurarsi per fare shopping.
- Coco, mon trèsor,
aiutami a portare questi scatoloni sul retro. - Tubò madame Delalounì,
sistemando gli ultimi due maglioni di cachemire in vetrina. Non era una cattiva
persona, ma quel suo fare così tremendamente snob la rendeva un po' indigesta.
Le sorrise, cominciando ad armeggiare con i contenitori vuoti.
Magari, mostrandosi
servizievole e ben disposta, avrebbe strappato il permesso di uscire qualche
minuto in anticipo.
I ragazzi erano andati
in sala di registrazione per la messa a punto di alcune tracce audio del
documentario e, eccezionalmente, avrebbero potuto tornare a casa già per
pranzo... E lei ci teneva ad arrivare in tempo per preparare. Per sicurezza,
fece altre due volte il giro dal magazzino al negozio, prima di provare ad
accennare la sua richiesta.
- Ehm... Madame? -
Cominciò, timidamente. La donna si voltò nella sua direzione, aggiustandosi gli
occhialetti sul naso.
- Si, cara? - Se c'era
una cosa che Sonia Delaounì non sopportava, erano le persone che non
rispettavano il loro dovere. Coco respirò profondamente, cercando nella sua
mente di strutturare la domanda nel modo giusto.
- Mi chiedevo, visto
che oggi sembra essere una giornata relativamente tranquilla e che... - Si
interruppe, cercando di capire perchè Sonia stesse già annuendo, con un
sorrisino sghembo sulle labbra laccate.
- Certo, certo... -
Riprese, lanciando un'occhiata rassegnata oltre la porta dell'atelièr, alle
spalle della ragazza. Gabrielle la imito e, con suo gran disappunto, vide una
sagoma familiare al di là del vetro rigato d'acqua.
Nascosto dietro due
enormi lenti scure e sotto un anonimo cappello di lana blu, Joe Jonas stava
facendo cenni di saluto ad un uomo alla guida di un'auto nera. Poi l'auto
ripartì rombando e lui si girò nella loro direzione.
- Bonjour. -
Salutò cortesemente, mentre il campanello sopra la porta, ora aperta, trillava
allegramente. - Ciao, Coco. - Continuò poi, avvicinandosi a lei, che lo fissava
ad occhi sgranati.
- Ti ha dato di volta
il cervello? - Sibilò, appena Joe fu abbastanza vicino per captare i suoi
sussurri. - Cosa ci fai qui? - Si era momentaneamente dimenticata
dell'esistenza di madame Delaounì, che li interruppe, chiedendo attenzione con
un leggero colpo di tosse.
- Credo di aver intuito
dove volevi arrivare, gioia. - Il tono querulo fece letteralmente rabbrividire
Coco, che riportò lentamente la sua attenzione sulla donna, senza lasciar
andare il braccio di Joe che aveva arpionato. - Per questa volta, visto che il
tuo fidanzatino è stato così galante da venirti a prendere, ti lascerò andare
via prima. -
- Lui non è... - Tentò
di ribattere, ma non le fu permesso di infiltrarsi nel discorso.
- Ma che rimanga un'eccezione
e non divenga la regola, d'accordo? - Detto questo, raddrizzò per l'ennesima
volta la montatura viola e poi sparì nel retro del negozio, senza lasciare a
Gabrielle la minima possibilità di ribattere... o esprimere riconoscenza.
Sospirò rassegnata,
mentre Joe le sorrideva soddisfatto.
- Togliti
quell'espressione ebete dalla faccia, Jonas. - Lo rimbeccò, mentre scriveva due
parole di ringraziamento su un post-it giallo e lo attaccava in bella mostra
sul registratore di cassa. - Mi hai fatto fare una figura del cavolo, te ne
rendi conto? - Lui non rispose, si limitò a sfilare giacca e sciarpa
dall'attaccapanni all'ingresso, prima di porgerglieli.
- In ogni caso aveva
ragione, sono venuto a prenderti... Andiamo? - Ridacchiò, facendole alzare gli
occhi al cielo. Uscirono dal negozio, fermandosi fianco a fianco sullo zerbino.
- Ce l'hai un ombrello?
- Si guardarono con la medesima espressione colpevole, prima che il rombo di un
tuono parecchio potente facesse alzare ad entrambi gli occhi verso il cielo.
L'acqua prese a scrosciare con sempre maggiore impeto, picchiettando
insistentemente sul pergolato sopra le loro teste... Joe si sfilò gli
ingombranti occhiali da sole e li ripose in una tasca, prima di afferrarle la
mano.
- La fermata è quella,
vero? - Chiese, indicando la struttura di ferro battuto verde che si ergeva in
lontananza, dall'altro lato del doppio viale alberato. Gabrielle annuì
debolmente, continuando ad osservare la pioggia con crescente apprensione. -
Ok, sei pronta? - La attirò un po' più vicina e, prima che lei potesse
rispondergli, con uno scatto saltò sul marciapiede e cominciò a correre sotto
l'acqua battente, trascinandosela dietro.
- JOE!!! - Urlò lei,
mentre gli schizzi gelati prendevano ad innaffiarle il viso. Di nuovo, lui non
rispose. Aumentò il passo, costringendola a serrare la presa sulla sua mano
calda, già resa scivolosa dalla pioggia. Continuarono a correre a
scavezzacollo, fino a che non raggiunsero la pensilina del metrò. Lì scesero in
fretta la prima rampa di scale e si accasciarono ridendo come due cretini
contro il primo muro al coperto che trovarono. Coco sentiva male allo stomaco,
da tanto intenso era il miscuglio di sensazioni tra le risate chiassose che le
scuotevano le spalle e il fiato corto per lo sforzo fatto.
Anche Joe era senza
fiato. Pur avendo il capo chino e gli occhi chiusi, lo sentiva respirare
affannosamente, tra una risata e l'altra, accanto a lei.
- Tu sei... Sei matto!
- Disse, quando finalmente fu in grado di articolare nuovamente una frase,
aprendo gli occhi per guardarlo.
- Pensa se ci fossero
stati anche Kevin e Nick... - Soffiò, con la voce che ancora leggermente gli
tremava.
- Dove sono i ragazzi,
a proposito? - Domandò, mentre con incredibile naturalezza si avvicinava ed
allungava una mano per sistemargli il cappello. Joe si bloccò, sgranando
impercettibilmente gli occhi. Per un secondo l'unica cosa che riuscì a
percepire fu l'inconfondibile profumo dello shampoo di Coco...
Prima che il metrò
arrivasse e lei scivolasse via per correre verso il binario.
- Sono tornati
direttamente a casa, perchè Nick aveva bisogno l'insulina e Kevin si rifiuta di
lasciarlo solo, quando deve prenderla. - Spiegò, seguendola oltre l'ultima
porta.
Il vagone era stipato
di gente ed era tutto piuttosto umido, a causa della condensa che la pioggia
aveva formato, evaporando dai vestiti dei passeggieri. Erano entrambi in piedi.
Gabrielle appoggiata ad uno dei tubi di ferro accanto alla fila di sedili e
Joe, di fronte a lei, che si reggeva in equilibrio solo sulle sue gambe...
Cercava di tenere il più possibile lo sguardo basso, per evitare di attirare
l'attenzione. Non c'era come comportarsi con estrema naturalezza, per sviare
ogni curiosità.
Anche così, senza enormi
occhiali da sole, solo con quel normalissimo cappello blu, Joe Jonas poteva
tranquillamente apparire come un ragazzo qualunque. Ad esempio, di tutte le
persone stipate su quel metrò, nessuna sembrava prestargli attenzione... Non
più di quella che avrebbe riservato ad un comune diciottenne.
Sorrise fra sè e sè,
assaporando l'insolito, delizioso gusto della normalità.
E passò il resto del
viaggio ad osservare Gabrielle che, in silenzio, lasciava correre lo sguardo
sulla gente che mano a mano scendeva o saliva...
Studiò perfino la
posizione delle sue mani pallide... e delle braccia, troppo minute per arrivare
ad afferrare gli appigli che correvano sopra le loro teste. C'era anche una
ciocca di capelli umidi...
Un riccio scuro,
sfuggito da quelli che erano sapientemente incastrati dietro l'orecchio,
dondolava lentamente al ritmo dei leggeri scossoni che spingevano il treno
lungo i binari.
Aveva appena cominciato
a pensare di allungare la mano per sistemarglielo, che il metrò si fermò
e la porta accanto a loro si aprì con un sibilo. Coco alzò lo sguardo e sorrise
quando intercettò il suo, prima di sollevarsi.
- Siamo arrivati. -
Disse, richiudendosi la zip della giacca. - Ma da qui a casa sono dieci minuti
buoni a piedi... -
- Scommetto che, correndo,
ce ne vogliono la metà. - Sogghignò lui, cominciando a salire le scale che li
avrebbero portati in superficie. Senza dire nulla, Gabrielle allungò la mano,
intrecciando saldamente le dita con le sue per evitare che le scivolasse la
presa.
Appena misero piede
sull'ultimo gradino e le prime gocce di pioggia cominciarono a posarsi su di
loro, scattarono all'unisono. I loro piedi calpestavano l'asfalto fradicio,
schizzando l'acqua delle pozzanghere un po' ovunque, ma, nonostante fossero
zuppi già fino alle ginocchia, non smisero di ridere un attimo.
All'ultimo angolo prima
della via giusta, un furgoncino li superò a tutta velocità, sollevando dalla
strada un autentico muro d'acqua che si riversò quasi completamente su di loro.
Degno coronamento di tanta giornata.
Ma mancava la
cosiddetta ciliegina sulla torta...
Si scaraventarono
nell'atrio del palazzo e si infilarono in ascensore, slittando sul pavimento
liscio, poi raggiunsero l'interno della cabina con un po' troppo impeto.
Impeto che venne
frenato soltanto dalla presenza delle pareti circostanti e della sottile sbarra
d'ottone che vi correva tutto intorno.
Tra una risata e
l'altra, uno dei due riuscì a schiacciare il pulsante dell'ultimo piano e le
porte si richiusero velocemente.
Mentre l'ascensore cominciava
la sua salita con uno scatto deciso, Joe aprì gli occhi ed alzò leggermente la
testa nel tentativo di riprendere fiato...
Inefficace tentativo. Perchè il respiro gli morì
immediatamente in gola...
Coco era letteralmente
schiacciata tra il suo corpo ed il muro. Le mani di lei aggrappate alla sbarra
per sostenersi, quelle di lui, una appoggiata alla parete e l'altra che
stringeva il cappello fradicio appena sfilato.
Joe rimase immobile,
incapace di distogliere lo sguardo dal suo viso... I ciuffi di capelli bagnati
le si arricciavano sulla fronte, lasciando scivolare le gocce d'acqua che
avevano catturato lungo l'arco morbido del naso e delle guance nivee.
Seguì con gli occhi il
loro percorso. Giù fino alle labbra sottili, appena incurvate in un sorriso.
Arrivato a quel punto,
Joe si ritrovò ipnotizzato e completamente incapace di resistere...
Si chinò
impercettibilmente in avanti e premette la bocca su quella di lei, totalmente
indisturbato nella loro completa solitudine.
Niente suoni o
movimenti che potessero interromperli. Solo il ticchettio irregolare delle gocce
che cadevano sul pavimento.
Gabrielle, per cui
tutto era avvenuto in poco più di un battito di ciglia, sgranò gli occhi al
contatto con le labbra fredde e umide di lui. Rimase immobile, completamente
impreparata, congelata in quella posizione, fino a quando Joe non si allontanò.
Nel momento stesso in
cui i loro sguardi si incrociarono, le porte dell'ascensore si spalancarono di
scatto. Gabrielle aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non riuscì ad
emettere alcun suono...
Chinò la testa e
sgusciando fuori da quell'insolito abbraccio, schizzò sul pianerottolo.
- Coco... ASPETTA! -
Urlò Joe, quando riuscì a riacquisire il controllo della voce e del suo corpo,
ancora inchiodato alla parete della cabina.
Saltò fuori
dall'ascensore, ma lei già era sparita. Vide giusto la porta dell'appartamento
richiudersi violentemente.
***
Appena sentì lo schianto
della porta, Kevin si alzò dal divano con l'intenzione di accogliere Gabrielle.
- Ehi. - Cominciò,
quando vide apparire la familiare sagoma nell'ingresso. Lei non lo degnò della
minima attenzione, non si fermò nemmeno per salutarlo. - Cos'è successo? -
Continuò allora, rabbuiandosi improvvisamente.
Di nuovo nessuna
risposta. Coco continuò a correre attraverso la stanza, schivò per un pelo
Nick, che era appena uscito dalla cucina ed imboccò il corridoio. Lui fece
giusto in tempo a muovere un passo, prima di sentire un altro schianto e poi il
familiare scatto dei giri di una serratura.
- Si è chiusa in bagno?
- Domandò il fratello minore, visibilmente spaesato. Lui e Kevin si scambiarono
un'occhiata interrogativa, prima che quest'ultimo scuotesse il capo in segno di
resa.
Poi l'ennesimo botto e
Joe entrò nella stanza a passo di carica.
- COCO! - Chiamò, senza
ottenere alcuna risposta. - Io... Lei... dov'è? - Continuò, rivolto ai fratelli
e senza preoccuparsi di dare una spiegazione.
- Si può sapere che
cos'è successo? - Ritentò Kevin, questa volta un po' più bruscamente. Joe lo
ignorò deliberatamente.
- Dov'è? E' di là? -
Continuò imperterrito, sollevando un braccio in direzione del corridoio. Quando
Nick accennò un sì, fece per andarsene, ma venne letteralmente placcato dal
fratello maggiore che gli si piazzò davanti.
- Niente che ti
riguardi, Kevin. Spostati. - Rispose seccamente, spintonandolo per farsi largo.
Lui contraccambiò, ricacciandolo con decisione verso il soggiorno.
- Non prima che tu mi
abbia dato una spiegazione. - Si appoggiò con una spalla allo stipite ed
incrociò le braccia, senza smettere di fissarlo. Cosa che contribuì ad
innervosire ulteriormente Joe, già incredibilmente teso.
- Ho detto che non ti
riguarda, sei sordo per caso?! - Detto questo gli si buttò addosso di peso e lo
scavalcò. - COCO! - Chiamò di nuovo, quando riuscì finalmente a guadagnare il
corridoio. - COCO, DOVE SEI?! -
Il suo tono si andava
tingendo di crescente dolore e frustrazione.
Si guardò attorno con
aria spaesata, prima di avvertire un flebile singhiozzo provenire dall' interno
del bagno. Raggiunse la porta a grandi falcate ed agguantò la maniglia, nella
più che vana speranza di trovarla aperta.
- Coco, ti prego, fammi
entrare! - Implorò, scuotendola inutilmente. Il meccanismo scattava a vuoto e
la porta rimaneva spietatamente chiusa. - Coco... - Ripetè, con voce spezzata,
appoggiando la fronte contro il legno freddo. Dall'interno non giunse alcuna
risposta...
Solo, quello che prima
era appena un flebile gemito, sfociò in un pianto senza freni.
Improvvisamente Kevin,
che l'aveva raggiunto, agguantò il braccio di Joe e lo costrinse a girarsi.
Era già profondamente
irritato a causa del suo atteggiamento evasivo ed arrogante, ma, quando si
accorse di come Coco stava piangendo disperatamente oltre la parete, scagliò al
fratello un'occhiata decisamente infuriata.
- Sei stato tu? -
Sibilò, con un tono che perfino lui stesso si era sentito usare raramente. - Ce
cosa le hai fatto, Joe?! - Serrò la stretta sul suo polso, tenendolo fermo.
- NON SONO AFFARI
TUOI!!! - Sbottò quello, divincolandosi con un gesto stizzito. Si guardarono in
cagnesco per qualche attimo, prima che Kevin gli rispondesse, rinunciando
incredibilmente a smorzare i toni.
- VOGLIO SAPERE CHE
COSA LE HAI FATTO, DANNAZIONE! - Urlò, spingendolo per l'ennesima volta contro
il muro alle sue spalle. Joe e Nick ammutolirono, guardando il fratello con aria
profondamente scioccata.
Non era da Kevin, il dolce,
sensibile Kevin, perdere il controllo a quel modo.
- Sentite... - Si
intromise il più piccolo, appena ritrovò la forza di parlare. - Non penso che sentirvi
urlare l'uno con l'altro aiuterà Coco a calmarsi. - Si spostò di lato,
lasciando libero il passaggio verso il soggiorno. - Spostiamoci di là,
perfavore. -
I due fratelli
annuirono flebilmente e senza guardarsi, si incamminarono simultaneamente verso
l'altra stanza. Joe lanciò un'ultima, disperata occhiata alla porta chiusa,
prima di voltarsi. In realtà, fosse stato per lui, sarebbe rimasto lì fermo a
supplicare, fino a che Gabrielle non fosse uscita.
Kevin tornò alla
carica, appena si furono seduti sul divano. Lui, seduto, per modo di
dire...
Perchè saltò
immediatamente in piedi, rivolgendogli l'ennesimo sguardo furente.
- Avanti. Cosa le hai
fatto? - Ripetè. Joe abbassò lo sguardo, passandosi nervosamente le mani fra i
capelli ancora fradici. Poi sospirò, rivolgendosi mentalmente una lunga,
colorita sequela di insulti.
Vi ho
sconvolte, ammettetelo!x3 Sapevo che non ve lo sareste mai aspettato, ma,
ricordatevelo, io sono il male e posso tutto!XD Altro capitolo della lunghezza
più o meno del precedente. So che siete abituate a dosi più
"corpose", ma con tutto quello che sta succedendo, non voglio correre
il rischio di strafare. Come si dice: il troppo stroppia!x3
Quindi
ora vado ai ringraziamenti e poi via con il capitolo!=)
Tempe: ecco, ecco, ho aggiornato abbastanza in
fretta? x3 Non uccidermi, ti prego, almeno in nome dell'affetto che provi per
me. Kev... eeeh, l'uomo della mia vita sta per tirare fuori una parte molto
nascosta di lui. Voglio riuscire a fargli compiere una sorta di trasformazione...
Voglio farlo uscire dal solito personaggio per poi farcelo rientrare, con
qualcosina in più!x3 Vedrai, vedrai...
agatha: wow, ben 2 recensioni.** Ora puoi smettere di
scervellarti, almeno in parte. Qualche risposta qui cominciamo ad averla.
Soprattutto sulla reazione di Coco... scommetto che tu e le altre non vi
aspettavate una cosa del genere, eh? *risata malvagia* Comunque mi fa sempre un
piacere immenso, sapere quanto riesco a coinvolgervi con la magia delle
parole.<3
beautiful_disaster: mail letta e
"risposta"!XD Credo-credo che questo capitolo possa darti alcune
delle risposte alle elucubrazioni folli che ti hanno tenuta impegnata... Di
certo qualcosa è cambiato e qualcos'altro è desinato a cambiare in futuro... Chi
vivrà (e leggerà), vedrà!x3
fefy88: volevi conoscere la reazione di Kev? Eccoti
accontentata... Non ti spaventare troppo, però. Non voglio perdere una delle
mie fedelissime!x3
jollina: ecco, ho aggiornato più in fretta che
potevo!XD Joe è un testone, che vogliamo fare... Nick ci ha provato ad
avvertirlo... E Coco? Leggi e saprai!x3
sbrodolina: non mi dire così che mi preoccupo! Ecco
l'aggiornamento, ora puoi dormire un po' più tranquilla!XD Forse...
aya_chan: Kevin è l'uomo della mia vita, non
potrei mai torturarlo più del dovuto (forse...)!x3 Quindi non preoccuparti e
goditi l'aggiornamento, sperando non ti venga un infarto con tutti quei salti e
capriole di cuore!x3 (Abbiamo una certa età, noi fan attempate, certi sforzi
possono esserci fatali!XD)
Razu_91: ** Non sai quanto mi fa piacere il tuo
commento. Mi fa sempre felice l'arrivo di nuove lettrici e soprattutto che hai
deciso di "perdere" un pochino di tempo per recensirmi.=) Coco è una
specie di diminutivo di Gabrielle, un soprannome diciamo. Come avevo spiegato
nell'introduzione alla storia è un omaggio alla mitica
Gabrielle"Coco" Chanel!x3
Siete
meravigliose, tutte, dalla prima all'ultima, per come mi avete accolto in
questo fandom... Non credevo che questa fic avrebbe avuto tanto successo.x3
Grazie
davvero!=3
-
Capitolo 7° -
{ It's a good
advice that you just didn't take...
And who would've thought, it figures. } Ironic -
Alannise Morisette
Coco si
portò entrambe le mani alle orecchie, cercando di attutire il rumore delle urla
che provenivano dal corridoio. Le lacrime scendevano impietose lungo le sue
guance già bagnate di pioggia, offuscandole la vista...
Joe
l'aveva baciata. Baciata...
Se poi
si poteva definire un bacio quello... Lei non credeva di saperlo. Era stato
semplicemente uno sfiorarsi di labbra.
Ma le
aveva letteralmente bloccato il cuore.
Si
sentiva una stupida, all'età che aveva, a reagire in quel modo. Per qualunque
sua coetanea, sarebbe stata una cosa magari non normale, ma quasi. Invece per Gabrielle era la prima volta. La
prima esperienza.
Il primo bacio. Quello che, nei classici
film americani, le protagoniste ricevono a sedici anni dal loro principe
azzurro.
Non a
ventidue, da un amico di quattro più piccolo...
Il suo
primissimo bacio.
Si
mordicchiò il labbro, soffocando un singhiozzo.
Perchè
era dovuto succedere così? Proprio a lei, poi, così maledettamente inesperta!
Lei che non era mai stata con nessuno e non aveva nemmeno idea di come si facesse,
a... a fare tutto quel genere di cose.
E Joe?
Come l'aveva presa Joe, cosa poteva aver pensato?
Si
domandò con che coraggio avrebbe potuto guardarlo di nuovo negli occhi, dopo
essere scappata così.
Ma,
soprattutto, in che modo poteva cercare di fargli capire il perchè di quella
reazione inconsulta... L'aveva sentita singhiozzare come una bambina, per un
semplice bacio. Che razza di idea poteva essersi fatto?
{Mi crederà una pazza... O una sfigata di
prim'ordine...}
Venne
colta dall'ennesimo moto di disperazione... Sentì una morsa allo stomaco, tanto
dolorosa che quasi le tolse il respiro. Non riusciva a smettere di piangere,
nonostante cominciassero a bruciarle gli occhi...
La sola
cosa che riuscì a pensare di fare, tra un attacco di panico e l'altro, fu di
chiamare lei.
Frugò
nella borsa fradicia, che aveva ancora a tracolla, cercandoa tastoni la familiare sagoma tondeggiante
del suo cellulare. Compose il numero, con le mani che tremavano come due
fuscelli ed ascoltò gli squilli a vuoto, con un nodo in gola...
- Pronto? -
Appena
sentì la voce di Monique, si lasciò sfuggire un violento singhiozzo. La sorella
cominciò immediatamente ad agitarsi, all'altro capo del cavo.
- Coco, sei tu? Che cosa succede? -
-
Monmon... - La voce le uscì in un sussurro quasi impercettibile, rotta dal
pianto.
- Mio dio, Coco, che cos'hai? -
- Ti
prego, Monmon, vieni qui... - Ormai piangeva senza controllo. Si lasciò
scivolare a terra, strusciando la schiena contro il muro. La stoffa bagnata dei
pantaloni era fredda e ruvida contro la pelle... Ma lei non se ne accorse
nemmeno. Continuò a guardare davanti a sè, senza vedere davvero qualcosa.
I
contorni degli oggetti le apparivano ancora totalmente distorti e sfocati, tra
una lacrima e l'altra.
- Coco... Coco, ascoltami, dimmi dove sei. Sei
a casa? -
- Ho
bisogno di te, ti prego, Monique! - Quasi urlò, stringendo convulsamente
l'incolpevole telefonino. Non era nemmeno disposta ad ascoltare, sapeva solo di
volere la presenza rassicurante di sua sorella, lì, subito.
Monique
sperò che valesse la comune regola del "chi tace acconsente" e che quello fosse un sì.
Sarebbe
stata all'appartamento in un quarto d'ora. Correndo, dieci minuti...
- D'accordo. Arrivo, ma tu calmati... ok?
-
- Fai
presto... - Riuscì solo a sussurrare, prima di chiudere il cellulare. Lo lasciò
cadere a terra e serrò gli occhi, stringendosi le ginocchia al petto.
Pregò
solamente che sua sorella arrivasse il prima possibile... e che l'aiutasse a
risvegliarsi da quell'incubo.
***
L'ho baciata.
Kevin
sbiancò, facendosi forza per rimanere in equilibrio sui due piedi.
Joe
abbassò lo sguardo sul pavimento, sentendosi schifosamente colpevole, mentre
Nick gli lanciava un'occhiata fulminante.
- Tu...
hai fatto cosa? - Soffiò il maggiore,
stringendo i pugni tanto che le sue nocche impallidirono vistosamente.
- Sono
un emerito idiota, va bene?! - Sbottò Joe, fissandolo con astio. Era già
abbastanza incazzato con sè stesso, senza bisogno di accusatori supplementari.
- Questo
è poco, ma sicuro. - Ringhiò di rimando Kevin. - Non c'è nemmeno da chiedersi
se lei lo volesse, perchè la risposta mi pare evidente... - Mosse un passo in
direzione del fratello, ma poi parve ripensarci e tornò indietro. - Come ti è
venuto in mente di fare una cosa del genere!? - Joe esitò, torcendosi le mani.
Cadde un silenzio tesissimo, mentre gli altri due aspettavano una risposta.
Nick non parlava, si limitava a fissarlo con l'espressione più scura che gli
fosse mai passata sul viso. - COME, JOE?!? - Lo richiamò Kevin, vinto
dall'impazienza.
Scattò
immediatamente, come una corda di violino tirata al limite, nel momento in cui
si spezza.
- NON
ESISTE UN COME O UN PERCHE' PER CERTE COSE! - Esplose, lanciando con violenza
un cuscino attraverso la stanza. Sollevò lo sguardo, piantandolo con sprezzo in
faccia al maggiore. - E' successo, dannazione... E' successo e basta. -
L'espressione quasi schifata di Kevin era dura da digerire... Lo faceva
letteralmente infuriare.
E lo
feriva. Perchè sapeva di meritarla appieno.
Si era
comportato da totale imbecille. Aveva agito egoisticamente, ignorando qualunque
possibile conseguenza. Eppure Nick gliel'aveva anche detto... Riflettere, dio
mio, riflettere prima di farequalunque cosa!
Non era
difficile. Ma lui no! Lui doveva riuscire a dimostrare la sua totale
superficialità ancora una volta.
E ci era
riuscito benissimo.
{Complimenti, Joe Jonas, complimenti
vivissimi.}
- Ormai
è quasi un mese che mi trascino dietro questo dubbio insolvibile... Ora ho la
risposta. - Continuò, sorridendo amaramente. Poi si voltò di scatto verso il
fratello minore, che era ancora seduto al suo posto, con le mani serrate ai
braccioli della poltrona. - Volevi sapere se sono innamorato di Coco?! EBBENE
SI'. - Sbottò, allargando le braccia con fare teatrale. - Lo sono, Nick. Cosi
maledettamente che, appena mi si è avvicinata oltre il limite consentibile, non
sono riuscito a fermarmi. - Si inumidì le labbra, cercando di non pensare al
brivido che aveva sentito nel momento in cui le aveva poggiate su quelle di
Gabrielle.
Si
rimproverò di poter anche solo pensare una cosa del genere, ma l'avrebbe
rifatto volentieri...
Per ben
più che una volta sola.
- Sei
veramente un egoista, lo sai? - Kevin era ancora in piedi, fermo nel medesimo
punto e con il medesimo sguardo di biasimo. - Non ti è passato nemmeno per un
attimo, nell'anticamera del cervello, che lei potesse non prenderla bene come
te, vero? - Joe incrociò le braccia, affondando la schiena nel cuscino.
- Tu non
capisci, non eri lì... Non te la sei trovata davanti, con quello sguardo, come
è successo a me! - Sospirò, ripensando all'espressione di lei. Rivide quelle
maledette gocce scivolare fino alla "zona proibita" e la sua bocca,
piegata in un sorriso irresistibile. - Era... - Agitò le mani, cercando una
parola adatta, ma si arrese quasi subito, limitandosi a sorridere tra sè e sè.
- Avrei voluto vederti, al mio posto. -
-
Sfortunatamente, invece, al tuo posto
c'eri tu. - Sorrise Kevin ironico, infilandosi le mani in tasca. - Tu e i tuoi ormoni. - Quella era cattiva. Veramente
cattiva. Joe sgranò gli occhi, chiedendosi se quello che aveva davanti era suo
fratello maggiore o soltanto uno che gli somigliava molto.
Tipo un
clone creato dagli alieni... una cosa così.
- Scusa? - Sillabò, desiderando
ardentemente di aver capito male.
- Non
sei riuscito a "trattenerti", no? - Ribattè tranquillo, come se
quello potesse spiegare tutto.
- Ah...
- Cominciò Joe, mentre un sorriso incredulo gli si allargava sulle labbra. -
Aspetta, aspetta, aspetta... non sarai geloso?
- Entrambi sentirono un minuscolo campanello d'allarme trillare in un angolo
della mente.
- Non
cercare di cambiare discorso. - Scattò Kevin, sulla difensiva.
Un po'
troppo sulla difensiva.
- Non ci
credo... - Joe era ancora senza fiato. Certo, aveva captato qualcosa. Ma non
immaginava fosse solo la punta dell'iceberg.
- Non
provare nemmeno a pensare di
esprimerti, in proposito. - Gli rispose, in tono perentorio.
A quel
punto, Nick, che era rimasto ad assistere in silenzio alla discussione, decise
di intervenire. Memore della conversazione avuta con Kevin e consapevole del
male che Joe, seppur involontariamente, poteva fargli... come se baciare Coco
non fosse già stato abbastanza... bloccò il fratello, posandogli una mano sulla
spalla.
- Dammi
retta, non è il caso. - Sussurrò, guardandolo con espressione contrita.
Ci fu un
fulmineo scambio di occhiate, dall'uno all'altro, prima che Joe si decidesse a
"mollare il colpo" e Kevin riprendesse parola.
- Non
sto parlando per me o di me... Sto parlando di Gabrielle. E del fatto che tu
hai avuto rispetto zero per lei e per i suoi sentimenti. -
- Io...
Non era quello che volevo! - Sbottò lui, punto sul vivo. Sapeva di averla
ferita ed era una verità che bruciava.
Non
sarebbe mai riuscito a perdonarselo.
- Tu,
tu, tu. Smettila di pensare a te stesso. - Kevin girò lentamente intorno al
tavolino che aveva davanti, fermandosi esattamente di fronte ai due fratelli. -
Tu non volevi, tu non sei riuscito a trattenerti, tu l'hai baciata. Bene. Non sei riuscito ad anteporre quello che è
meglio per lei a quello che era meglio per te in quel momento. Sempre tu. E tu, di nuovo, non sei stato capace di guardarla negli occhi... e
tirarti indietro. -
Per la
prima volta dall'inizio di quella conversazione, il tono di Kevin si tinse di
una sfumatura malinconica.
- In
effetti, tirarti indietro non è da te. - Continuò poi. - Non ti è mai riuscito
molto bene, sei sempre stato quello al centro della scena... E' decisamente più
facile buttarsi senza pensare e prendersi tutto ciò che si vuole, invece di
fermarsi e decidere di rinunciare per il bene di qualcun'altro, no? - Nick che,
al contrario di Joe, aveva tutti i mezzi necessari per capire anche i "non
detti" nascosti fra quelle parole, osservò suo fratello Kevin abbassare lo
sguardo con un gran peso all'altezza dello stomaco...
Capiva
perfettamente quanto dovesse pesare a lui, che si era fatto tanta violenza
nell'impedirsi di confessare a Coco ciò che provava... che aveva rinunciato a
lei per non farla star male inutilmente, sapere che Joe l'aveva ferita a quel
modo, senza nemmeno riflettere su ciò che stava facendo.
Fosse
stato al posto del fratello, probabilmente sarebbe esploso in maniera molto più
plateale... E avrebbe, come minimo, staccato la testa a quell'incosciente.
- Kev...
- Gli si avvicinò, cercando di intercettare il suo sguardo. Ma lui era già
scattato in direzione di Joe, che sembrava avere ancora qualcosa da dire.
- Mi
dispiace... Non... non è nel mio carattere rinunciare.
- Nick sgranò gli occhi. Ma quanto, dannazione, quanto poteva essere ottuso? Spostò lentamente l'attenzione su Kevin
che, dopo una frase del genere, sarebbe stato giustificato fin quasi
all'omicidio.
Lui non
si mosse. Non sferrò il colpo che chiunque si sarebbe aspettato. Fissò
semplicemente Joe, dritto negli occhi.
- Tu con
me hai chiuso. - Sentenziò lapidario. Poi girò sui tacchi e si diresse a passo
rapido verso la camera.
Nick,
senza fiato, rimase imbambolato a fissare l'imboccatura del corridoio oltre la
quale il fratello era sparito.
- Sei un
cretino. - Sibilò all'altro rimasto nella stanza. - Te l'avevo anche detto... -
- STA'
ZITTO. - Ululò Joe che, per quanto si odiava e odiava il resto del mondo in
quel momento, tratteneva a stento le lacrime.
Lo
sapeva fin troppo bene.
Aveva
perso la fiducia di due delle persone più importanti della sua vita nel giro di
un'ora... più cretino di così, si muore. In fondo, dentro di sè, sapeva
perfettamente che Kevin aveva ragione.
Ma
questo non gli impediva di non sentirsi del tutto dalla parte del torto...
Perchè suo fratello non li aveva visti, quegli occhi. Non aveva sentito le
gambe di Gabrielle premute contro le sue e tantomeno il suo profumo, così
vicino ed intenso da mozzare il respiro...
Si
lasciò cadere sdraiato sul divano, incurante degli abiti ancora bagnati, e
tuffò la testa in un cuscino.
Non era
una questione di ormoni, o di mero desiderio fisico...
La
questione era solo lei. Coco.
La questione era che aveva fatto giusto in
tempo a capire di essere innamorato, prima di giocarsi la sua unica
possibilità.
Nick si
guardò intorno con aria sconsolata, prima di sprofondare con un sospiro nella
solita poltrona.
Joe e
Kevin non si erano mai litigati nulla, nemmeno da bambini. Ma Gabrielle era una
sola.
Non era
una chitarra o un modello di occhiali...
Non avrebbero mai
potuto averne "una per ciascuno".
E' stato sudato, è stato tanto atteso e tanto, tanto, tanto richiesto
E' stato sudato, è stato tanto atteso e tanto,
tanto, tanto richiesto... Eccolo qui, l'aggiornamento di
"Gabrielle".x3
Sì sì, le ho scovate tutte le vostre richieste
nascoste nei commenti di "Giorni Infiniti".
Questa volta non ho tempo di ringraziarvi ad una ad
una, ma sappiate comunque che vi sono immensamente grata, non immaginate
quanto, per l'assiduità e la passione con cui mi seguite, leggete e commentate
questa fiction!x3 Non c'è incentivo migliore di questo per andare avanti a
scrivere. Grazie a tutte, sul serio. Vi adoro, dalla prima all'ultima!=*
Grazie anche a chi mi tiene tra i preferiti, come
fic e come autrice. Adoro anche voi!** E solito appello ai
lettori"fantasmini", lasciatemi un commentino anche voi!x3
- Capitolo 8° -
{ The feeling that I'm losing her
forever...
and without really entering her world.
I'm glad whenever I can share her laughter.
That funny, little girl...} Slipping
Through My Fingers - Abba
Monique
arrivò all'appartamento in un quarto d'ora. Spalancò la porta di ingresso che
si richiuse alle sue spalle con un violento schianto, per l'ennesima volta quel
giorno.
- Dov'è
Gabrielle? - Chiese ad un Nick piuttosto sconcertato dalla sua apparizione.
Joe
riemerse momentaneamente dalla sua personale seduta di autocommiserazione, per
cercare di inquadrare la proprietaria dell'insolita voce squillante che si era
insinuata nel silenzio circostante.
Monmon e
i Jonas Brothers si erano incontrati un'unica volta, il giorno dell'arrivo di
questi ultimi a Parigi. Si augurò che la riconoscessero e non tentassero di
sbatterla fuori da quella che, a tutti gli effetti, era casa sua. Anche perchè
non era decisamente la circostanza migliore per approfondire la reciproca
conoscenza.
Sorrise
alle due paia di occhi scuri che la fissavano, aspettando una risposta.
- Si è
chiusa in bagno... - Accennò Nick, mentre il fratello ripiombava in stato di
semi-coma.
- Dio...
Grazie e scusatemi. - Sospirò, prima di correre verso il corridoio.
Arrivò
fino alla porta chiusa e diede un paio di colpetti leggeri.
-
Coco... Sono io. - La serratura scattò velocemente e lei si trovò davanti la
sorella con gli occhi arrossati e gli abiti fradici. - Tesoro, che cosa hai
combinato? -
-
Monmon... - Singhiozzò, nascondendosi fra le sue braccia. La strinse,
accarezzandole i capelli aggrovigliati in una massa umida.
- Calma,
calma. - Le sfilò il cappotto fradicio, cercando di districarsi tra i manici
della borsa e le mani che Coco teneva saldamente serrate intorno alle sue
spalle. - Innanzitutto, devi metterti qualcosa di asciutto. - Detto questo la
condusse fuori dal bagno, fino alla stanza in fianco a quella in cui dormivano
i ragazzi.
Stanza
la cui porta era sempre rimasta chiusa a chiave, dal momento che Monique era
andata a stare da Geràrd... Ma, nemmeno prima di allora, Gabrielle aveva avuto
l'occasione di entrarci molte altre volte. Quella era la camera di sua sorella,
fin dai tempi in cui sua madre viveva ancora in quella casa...
E, forse
proprio per il legame con la donna, Coco aveva sempre avvertito una sorta di
tabù nei confronti di ciò che quella porta bianca nascondeva dietro di sè.
In
fondo, lei era rientrata nella vita di Annabelle quasi come un'estranea...
Monmon
frugò nella sua pochette di strass e ne estrasse una corta chiave brunita con
un assurdo fiocco rosa in cima.
Gabrielle
entrò nella stanza per prima e si sedette sul bordo del grosso baldacchino
addossato alla parete.
Di
diverso da ciò che ricordava di aver visto, l'ultima volta che aveva messo
piede in quel "piccolo mondo", notò solo una foto di Lulù sopra il
comodino e un orsacchiotto di pezza sul lato sinistro del letto.
-
Mettiti questi. Dovrebbero andar bene... - Sospirò la sorella, lanciandole un
vecchio paio di fuseaux neri e una felpa. - Non sono all'ultima moda, ma è
tutto quello che offre il mio povero armadio. -
Coco si
cambiò in silenzio, poi si risedette nello stesso punto in cui stava prima, non
osando occupare più del minimo spazio necessario, e non proferì parola fino a
che non fu Monique ad intavolare il discorso.
- Ora
che non rischi più l'ipotermia, puoi raccontarmi che cosa ti è successo? - Si
sistemò dietro di lei e prese a pettinarle con delicatezza i capelli umidi
ancora annodati.
Mentre
le abili mani di Monique scioglievano i ciuffi scuri, lei prese un respiro
profondo e cominciò a raccontare, nel tentativo di districare anche i nodi che
si sentiva dentro. Le parlò di Joe, della loro folle, meravigliosa corsa sotto
la pioggia... E del bacio. Di quell'innocente sfiorarsi di labbra che aveva
scatenato il delirio e aveva sconvolto in un attimo tutto il loro mondo.
Monique ascoltò in religioso silenzio, fino a che non fu sicura che anche
l'ultima sillaba fosse uscita dalla sua bocca... Aspettò pazientemente che
Gabrielle trovasse le parole giuste, tra un interminabile silenzio e l'altro.
Poi
appoggiò la spazzola sul letto e circondò le spalle della sorella,
abbracciandola teneramente. Coco si lasciò andare, fino a che non avvertì il
suo rassicurante calore contro la schiena.
- Cosa
devo fare adesso, secondo te? - Chiese, in tono sconsolato.
Monmon
sorrise, cullandola lentamente.
La sua
piccola Coco...
In quel
momento, cosi fragile e spaventata dalla più grande e misteriosa incognita
della vita... L'amore...Sembrava quasi la bambina diventata grande
troppo in fretta, che aveva suonato alla sua porta sei anni prima.
Alla sua
età, ancora così incredibilmente ingenua...
Tanto a
volte la vedeva già adulta, lontana... Quanto ora era vicina, accoccolata
contro di lei, indifesa e vulnerabile.
-
Parlagli. - Le sussurrò, scostandole i capelli dal viso. - Se non vuoi
perderlo... Parlagli. Ascolta quello che ha da dirti, ma non credergli quando
ti dirà che non voleva farlo. - Continuò. - Se l'ha fatto è perchè lo voleva...
Perchè... Perchè tu quel perchè
glielo devi tirare fuori. -
Si
guardarono fermamente negli occhi per un'interminabile manciata di secondi,
prima che Monique spezzasse nuovamente il silenzio che si era creato.
- Tu ci
tieni a lui, Coco? - Chiese, nel tono più serio che lei stessa si fosse mai
sentita usare.
- Tanto.
- Rispose Gabrielle, cercando di soffocare le lacrime che spingevano per
tornare allo scoperto. - Davvero tanto... -
Per un
attimo, Monmon pensò di andare oltre.
Di chiederle se quel "tenerci", quell'affetto, in realtà volesse dire
qualcos'altro... Ma poi riflettè anche che Coco non sarebbe mai riuscita a
darle quella risposta così, a bruciapelo.
Avrebbe
dovuto lasciarle il suo tempo, tutto
il suo tempo.
- E
allora non lasciarlo andare per nessun motivo. - Concluse, stringendola
un'ultima volta.
***
Dopo
almeno un milione di rassicurazioni e raccomandazioni diverse, Gabrielle
accettò di separarsi da Monique. L'accompagnò, entrando nel salotto quasi in
apnea, per l'ansia che si sentiva addosso.
Con sua
enorme sorpresa, ci trovò solamente Nick che, appena la vide, si alzò con un
balzo e le corse incontro, abbracciandola con una tale foga che quasi la
sollevò dal pavimento.
-
Coco... - Sospirò, tuffando il viso fra i suoi capelli umidi. - Dimmi che,
nonostante quel deficiente di mio fratello, stai bene ed è tutto a posto, ora.
- Gabrielle annuì contro la sua spalla, cercando di ignorare il tuffo al cuore
che le aveva provocato anche il solo sentir parlare di Joe.
- E'
tutto a posto. - Sussurrò, accarezzandogli la schiena.
- Bene.
Emergenza rientrata, direi. - Sussurrò Monmon, osservando intenerita con quanta
dolcezza Nick stringeva sua sorella. Si allontanò senza far rumore e, dopo aver
lasciato una busta su quello che era il comodino di Coco, sgattaiolò in
silenzio fuori dalla porta... Decisamente più sollevata di quando era arrivata.
In fondo
aveva potuto vedere con i suoi occhi che quei ragazzi, tutti e tre, avevano già
fatto per Gabrielle più di quanto chiunque si fosse immaginato.
- Mi
dispiace di averti fatto preoccupare... - Sospirò Coco, ancora accoccolata fra
le braccia di Nick. - Non volevo che mi sentissi piangere. -
- Sono
io che dovrei dispiacermi. - Ribattè lui, allontanandosi leggermente e
invitandola a sederglisi accanto ,sul divano. - Per quello che Joe ti ha fatto.
E' veramente un'idiota e hai tutte le ragioni per non volerlo più vedere. -
Abbassò lo sguardo, pregando silenziosamente che quel momento... Quello in cui lei avrebbe posto la fatidica
domanda, arrivasse il più tardi possibile.
- In
realtà, no. - Riprese lei, scuotendo leggermente le spalle minute. -Io... voglio parlare con Joe. Dov'è? -
Sollevò gli occhi, puntandoli in quelli di lui che fremevano già di ansia.
L'ultima cosa al mondo che Nick avrebbe voluto, in quel momento, era doverle
dare una risposta... Le prese una mano fra le sue, stringendola dolcemente.
- Joe e
Kevin hanno litigato. - Cominciò, aumentando involontariamente la stretta,
quasi già sapesse che lei avrebbe tentato di scappare.
- Per...
quello che è successo? - Soffiò Gabrielle, sentendo improvvisamente il respiro
morirle in gola. - Le urla... erano loro? - Un'espressione terrorizzata le si
dipinse sul volto... Lui non potè fare altro che annuire flebilmente.
- Kevin
era fuori di sè. Si è chiuso in camera e di Joe non ne vuol più sapere... Ti
giuro che non l'avevo mai visto così. - A quelle parole, Coco scattò in piedi.
Nick le lasciò andare la mano che ancora stringeva, con fare riluttante.
- Dio...
Kev... - Sussurrò, guardando verso il corridoio. - Ed è tutta colpa mia. - Si
passò le mani fra i capelli, respirando profondamente, prima di trovare la
forza di muovere il primo passo in direzione della stanza dei ragazzi.
Nick
avrebbe voluto fermarla, sapeva che avrebbe dovuto
farlo, ma si lasciò vincere dal sollievo, grato che Coco si fosse
momentaneamente dimenticata di Joe e della sua misteriosa assenza... Perchè, se
dirle la verità su Kevin era già risultato dannatamente difficile, mentire
spudoratamente per coprire l'altro fratello sarebbe stato anche peggio.
Sarebbe
stata una bugia bella grossa, dirle che Joe era semplicemente andato a fare un
giro per schiarirsi le idee... Che sarebbe tornato presto.
Infilò
una mano nella tasca dei pantaloni e strizzò convulsamente il pezzo di carta su
cui il fratello gli aveva lasciato un ultimo messaggio, prima di sparire. Poche
indicazioni, un numero di telefono e la promessa strappata di non dire niente a
nessuno...
Maledizione
a lui e al suo caratteraccio.
Come
poteva pensare che funzionasse? Che Coco non ne avrebbe sofferto? Scappare non
è mai la soluzione. Mai...
***
Kevin
era seduto sul davanzale interno della finestra, con le cuffiette del suo
lettore mp3 nelle orecchie e la musica sparata a tutto volume. A far da
barriera tra lui e il mondo...
Tamburellava
con aria assente sullo stipite di legno, al ritmo dell'indiavolato assolo di
chitarra che gli risuonava nella mente. Non si accorse dei colpi leggeri
provenienti da oltre la porta...
Porta
che non si era nemmeno curato di chiudere a chiave. Nella foga del momento,
l'aveva semplicemente sbattuta con violenza, scaricando almeno un po' della sua
rabbia su qualcosa che fosse incapace di reagire. Coco aspettò
silenziosamentee a lungo una risposta
che non arrivò, prima di decidersi ad entrare comunque.
- Posso?
- Sussurrò, scivolando nella stanza con fare titubante.
Sebbene
non avesse sentito il suono della sua voce, per qualche inspiegabile ragione,
forse istintivamente, lui si voltò comunque nella sua direzione. Gabrielle
rimase ferma sulla soglia, in piedi contro la porta chiusa.
- Posso,
allora? - Ripetè, questa volta guardandolo negli occhi. Si fissarono in
silenzio per dei secondi interminabili, poi Kevin annuì, sfilandosi gli
auricolari e lanciando l'i-pod su uno dei letti.
Non fece
in tempo ad aggiungere altro perchè lei, a quel segnale di assenso, si mosse di
scatto e gli corse incontro. Si gettò letteralmente su di lui e lo abbracciò,
aggrappandosi alle sue spalle.
- Cosa
vuol dire che hai chiuso con Joe? - Chiese, col viso nascosto nella sua felpa.
Kevin rispose all'abbraccio, senza parlare, stringendola come se fosse la sua
unica ancora di salvezza.
Ci volle
almeno un intero minuto, prima che riuscisse a trovare la forza di risponderle.
- Te
l'ha detto Nick? - Domandò, cercando di concentrarsi solamente su di lei e di
ignorare il moto di collera che gli aveva scatenato il suono del nome del
fratello. Coco annui, passandogli un braccio dietro al collo. Si era gettato in
quell'abbraccio con tanta disperazione, che sembrava essere lui ad aver bisogno
di conforto...
- Ma...
Perchè? - Riprovò, nel vano tentativo di tirargli fuori una qualche
spiegazione.
- Non
voglio nemmeno sentir parlare di quello stronzo,
va bene? - Gabrielle sussultò, sgranando gli occhi chiari. Non aveva mai
nemmeno immaginato di sentirlo parlare in quei termini di qualcun'altro...
figuriamoci di suo fratello.
- Kevin!
- Sbottò, cercando di divincolarsi, ma lui la teneva così stretta che faticava
a muoversi... Sospirò, lasciando scivolare la mano lungo il suo braccio. - Kev...
Cosa ti sta succedendo? - Chiese, abbassando improvvisamente il tono di voce.
Di nuovo non le rispose. Lo sentì chinare leggermente la testa e poi avvertì la
punta del suo naso sfiorarle il collo... Era come se stesse tentando di
nascondersi nella stretta di lei.
Lui, dal
canto suo, era forse più confuso di Coco...
Era
furioso con Joe. Lo disprezzava per quello che aveva fatto, ma, doveva
ammetterlo almeno a sè stesso, probabilmente ne era anche velatamente geloso... Di quel suo stupido fratello
egoista, che si era preso ciò che anche lui avrebbe voluto altrettanto
disperatamente.
E poi
c'era lei. Croce, delizia e centro unico dei suoi pensieri... Era perfettamente
conscio che abbracciarla a quel modo era l'ultima, ultimissima cosa che avrebbe
potuto aiutarlo a sentirsi meglio, a lungo termine... ma, in quel preciso
istante, il contatto con Gabrielle, le piccole mani fredde ed il respiro
irregolare che si mischiava con il suo, era il solo toccasana per la ferita che
si sentiva dentro.
Infine,
in un angolo nemmeno troppo nascosto della sua mente, si battevano ferocemente
dolore e senso di colpa. Perchè, nonostante la rabbia, il rancore e qualunque
altra barriera, lui, senza uno qualunque dei suoi fratelli, avrebbe sofferto
davvero.
- Questa
volta ha esagerato. - Disse risoluto, come a volerlo ribadire anche a sè
stesso. - E' riuscito fare una cosa per cui non posso dargliela vinta... -
Gabrielle
si allontanò leggermente da lui e gli prese il viso tra le mani, costringendolo
a guardarla negli occhi.
- Io lo
so che l'hai fatto... e lo fai per me. - Cominciò. - Ma non ce n'è bisogno. -
- Invece
sì. - Replicò Kevin. - E te lo dico seriamente. - Coco sospirò, scuotendo
lentamente la testa.
- Sono
seria anche io. - Mosse un passo indietro, sottraendosi alla sua stretta. - Non
ha senso che tu abbia litigato fino a questo punto con Joe... per me. - Kevin
si sedette pesantemente sul letto, senza smettere di guardarla negli occhi.
- Invece
sì, ti dico. - Continuò, come un disco rotto.
- E' tuo
fratello, Kevin, per l'amor del cielo! - Sbottò Gabrielle, scattando nella sua
direzione. - Non puoi antepormi a lui! - Gli si fermò davanti, tanto vicina
che, probabilmente, Kevin non sarebbe riuscito ad alzarsi, senza scontrarsi con
lei. Alzò gli occhi, rimanendo intrappolato nell'azzurro dei suoi.
- Credi
che quello che provo per te sia così... poco importante? - Le chiese, serrando
le mani sul bordo del letto.
- E
secondo te, lo è, invece, così tanto da giustificare quello che è successo? -
Rispose Coco, lottando per soffocare il nodo che le si era formato in gola. -
Da spingerti a rompere con Joe? Con il fratello con cui finora hai condiviso
tutto? - Le tremava la voce, consapevole della durezza delle sue parole. Kevin continuò
a guardarla senza dire nulla.
Gli
occhi scuri così simili a quelli di Joe, l'immaginario terzo incomodo di quella
discussione, si erano tinti di un velo di amarezza.
- Lo
è...? - Ripetè lei, con un filo di voce. Per l'ennesima volta i loro sguardi si
fusero... Coco avvertì un leggero brivido lungo la schiena. Kevin non l'aveva
mai guardata in quel modo.
Sapeva
che stava per dire qualcosa... che, forse, stava per dirlo.
Per un secondo, un singolo, brevissimo,
secondo, sentì la stessa fitta di calore all'altezza del cuore, che aveva
provato nell'attimo in cui le labbra di Joe si erano posate sulle sue.
Si portò
involontariamente una mano al petto, stringendo la stoffa morbida della felpa
come se avesse potuto darle sollievo... Il suo respiro si era fatto
improvvisamente più veloce.
Nel
momento stesso in cui Kevin fece l'atto di alzarsi, la porta della stanza si
aprì di scatto e Nick entrò quasi di corsa, brandendo un cellulare.
-
Scusatemi... - Soffiò. Poi si avvicinò a Coco, porgendole il telefonino. - E'
tuo... E... Joe ha detto di dartelo. - Glielo spinse tra le mani, cercando il
coraggio per andare avanti. - Ma, prima che tu faccia qualunque cosa, devi
lasciarmi spiegare. - Lei annuì, rimanendo immobile. - Ti era caduto in bagno e
lui... l'ha trovato. Credo ti abbia lasciato un messaggio... o qualcosa. -
-
Idiota. - Ringhiò il maggiore, ormai in piedi alle spalle di lei. Nick sbuffò,
scoccandogli un'occhiata di fuoco. Gabrielle spostò lo sguardo dall'uno
all'altro, sempre più confusa.
- Questo
lo dico ad entrambi, anche se credo che Kevin l'abbia già capito... In fondo lo
conosci tanto quanto me. - Aggiunse, rivolto solo al fratello. Poi si fermò,
per prendere fiato un'ultima volta. - Mi aveva chiesto di coprirlo, ma io non
posso non dirvelo, soprattutto a te, Coco... - Mentre cercava di decifrare l'
aria colpevole con cui Nick li stava fissando, Gabrielle avvertì lemani di Kevin serrarsi intorno alle sue
braccia... - Joe se ne è andato. -
E fu un bene, perchè,
se non ci fosse stato lui a sorreggerla, probabilmente non sarebbe riuscita a
rimanere ritta sui due piedi.
Stavolta
sono stata brava!x3 Ho aggiornato in fretta... Capitolo più soft dei
precedenti, giusto per distendersi un po'... ma con bomba finale. No, no, non
dico niente. Voglio che vi gustiate la sorpresa!XD Ci tengo solo a dire che non
è una fine, come sembra, bensì un inizio e che le cose hanno appena cominciato
a girare e cambieranno corso ancora molte volte!x3
Socia: come ti ho già detto, Monmon avrà modo più avanti di tirare fuori
la Denise che è in lei, per ora va bene così... Kev e Kev, sì. E io continuo a
fargli una carognata dopo l'altra. Quella di questo capitolo, poi, è forse la
più carognata di tutte!=P
beautiful_disaster: credo e dico credo, che questo capitolo ti
schiarirà un po' le idee, ma, attenta che non è tutto come può sembrare!x3
aya: non ti voglio morta, ti voglio viva, vegeta e commentante!x3 Dai,
che questo capitolo, almeno all'inizio, è più soft. Per il consiglio sulla
shottina... contattami pure via mail al profilo, di idee sui Jonas non me ne
mancano!=)
sbrodolina: un'altra che mi muore! Non fate così, un bel respiro
profondo. Che con quello che ho intenzione di fare più avanti, non mi arrivate
intere alla fine della fic!
Jollina: volevi sapere dove è andato Joe? In questo capitolo avrai la tua
risposta... E anche quella sul cellulare. Per la busta di Monmon, invece, c'è
da aspettare il prossimo capitolo! Anche tu, non mi morire, per carità!x3 E
salutami Potterina! Un bacio anche a lei.=*
fefy88: eeeeh... l'amour, l'amour. Vedrai, o mia fedelissima, che già in
questo capitolo qualcuno smetterà di soffrire... a scapito di qualcun altro. E
mi fa sempre piacere sapere che la mia fic ti piace, anche ripetuto mille
volte!**
Razu_91: sei diventata commentatrice fissa... aaaaaaw!X3 Come sono
contenta! Fai il tifo anche per entrambi se vuoi... intanto in questo capitolo
abbiamo una svolta. Meno definitiva di quel che appare.
Appello: Agatha? Agatha l'abbiamo momentaneamente persa, ma conoscendola e
conoscendo i suoi tempi mi aspetto di vederla arrivare con calma!x3
Sapeste
quanto sono curiosa di leggere le vostre recensioni a questo capitolo...
Soprattutto sul finale. *risatina malvagia* Sì, sono proprio il male!x3
- Capitolo 9° -
{ Perché voglio liberarmi dall’idea che non mi vuoi.
(...)
E va bene anche se ho perso e chi ha vinto non si sa.
Ora strappo le radici di un’assurda gelosia,
perché è chiaro che mi piaci, maledetta amica mia.
Che non ti accorgi di me... Di me. } Maledetta Amica Mia - Marco Masini
Un
raggio di sole pallido filtrava dalle persiane ancora chiuse, solleticandole
gli occhi ancora velati di sonno.
Coco
si alzò, stiracchiandosi lentamente. Si infilò un maglione e stringendosi le
braccia al petto, si avvicinò alla parete che aveva di fronte. Sollevò i fogli
del calendario, ricontando per l'ennesima volta.
Quattro giorni.
Erano
passati quattro giorni, da quando Joe se ne era andato. O scappato di casa, per
meglio dire.
Sia
Nick, sia i responsabili della produzione sapevano benissimo dove si trovava il
"fuggitivo".
Non
era andato poi tanto lontano e, momentaneamente, tutti avevano preso questa sua
defezione come la classica crisi da capricciosa star americana.
Aspettavano fiduciosamente che tornasse sui suoi passi... o che scattasse il
tempo limite di una settimana, per mandare un esercito di bodyguard
nell'albergo in cui si era rifugiato, allo scopo di "persuaderlo" a
ripensarci.
Gli
unici due rimasti quasi all'oscuro di tutto erano Kevin e Coco.
Il
primo per sua scelta e rancoroso disinteresse, l'altra per decisione di Nick e
dello stesso Joe...
Joe
che su quel cellulare aveva aperto la schermata degli sms e le aveva lasciato
solo tre laconiche parole a spiegazione del suo gesto... quantomeno inconsulto.
"Scusami. Non cercarmi."
Non
aveva nemmeno avuto tempo di cercare un pezzo di carta e buttar giù qualcosa di
più convincente... o almeno più lungo. Forse non aveva voluto farlo.
E
lei aveva tenuto fede a quel messaggio.
Fece
scorrere di nuovo il dito sulle caselline bianche. Uno, due, tre, quattro... e
cinque. Cinque novembre. Una scritta rossa fatta a mano recitava "Compleanno
Kev! Auguri vecchione!!!" nell'inconfondibile calligrafia un po' disordinata
di Joe... Aveva imbrattato il calendario di scritte, messaggini stupidi e
faccine sorridenti.
Tanto
per lasciarle qualcos'altro che le ricordasse costantemente che lui non c'era.
Non
credeva che la sua assenza le sarebbe pesata così tanto. Sentiva la sua
mancanza ogni volta che apparecchiava il tavolo e tirava fuori solo tre
bicchieri dalla credenza, quando Nick e Kevin rientravano a casa e tra loro
cadevano quei lunghi, insopportabili silenzi imbarazzati. Quando faticava ad
addormentarsi, la notte e si sedeva a bere la sua tisana nella cucina
orrendamente vuota...
E
in mille, ancora mille altri momenti...
-
Buongiorno... - Lasciò cadere le pagine del calendario, sussultando come se
fosse stata colta con le mani nel sacco. Kevin le camminò incontro, passandosi
una mano fra i riccioli scuri.
Dalla
luce che aveva negli occhi, era chiaro che si aspettava qualcosa. Gabrielle si
sciolse in un piccolo sorriso e dopo esserglisi avvicinata, si sollevò sulla
punta dei piedi e gli depositò un bacio leggero sulla guancia.
-
Auguri, Kevin. - Sussurrò poi, soffermandosi con la mano sulla sua spalla,
mentre lui la abbracciava, accarezzandole la schiena. - Scusami, se sono un po'
così, ma... -
-
Non preoccuparti. Nemmeno io posso dire di essere dell'umore giusto. - Sospirò,
facendo correre lo sguardo fuori dalla finestra aperta. Anche Parigi si stava
svegliando...
La
lasciò andare, camminando fino a raggiungere il davanzale a cui si appoggiò,
affacciandosi sulla via. Osservò i palazzi dall'altro lato della strada,
sdraiati lungo la Senna e non riuscì a fare a meno di chiedersi dove potesse
essere andato quell'incosciente di Joe... Che era in città lo sapeva. Nick era
troppo tranquillo per essere uno che aveva un fratello disperso nelle campagne
francesi o addirittura oltreoceano.
Ma
anche Parigi da sola, era abbastanza grande.
-
Non ti manca mai? - La voce di Coco si insinuò fra i suoi pensieri, frenandone
il corso. - Perchè a me sì. Tanto... - Concluse, appoggiandosi allo stipite.
Come
aveva fatto a capire che stava pensando a Joe, sarebbe rimasto un mistero.
Voltò leggermente la testa, sollevando lo sguardo sul suo viso.
-
Sì. - Ammise. - Manca anche a me... Anche se è meno di una settimana che è
sparito. - Ed era maledettamente vero. Provava ancora un forte istinto omicida
nei suoi confronti, ma Joe gli mancava. Troppo in più di quanto meritasse.
Rimasero
in silenzio per un bel po', ognuno perso nei suoi pensieri.
-
Ma non riusciresti comunque a perdonarlo, ho indovinato? - Riprese lei, dopo un
momento di stallo che parve interminabile.
-
No, infatti. - Sbuffò, rialzandosi e richiudendo la finestra con un gesto
deciso.
-
Scusa. - Gabrielle si discostò dal muro e gli si avvicinò, lasciando scivolare
le braccia sotto le sue per stringerlo. - Che razza di discorsi, proprio il
giorno del tuo compleanno... - Chiuse gli occhi, accoccolandosi contro di lui.
Kevin
si rilassò, appoggiando la guancia contro la fronte di lei e prese a cullarla
lentamente.
Era
una tortura per lui. Una terribile, dolcissima, tortura...
Anche
perchè, dopo aver visto come stava Coco senza Joe, era quasi certo che lei
sarebbe corsa fra le braccia del fratello, non appena questo si fosse deciso a
smetterla di fare il bambino e a tornare indietro.
-
Senti... Approfittando del fatto che Nick dorme ancora... - Cominciò Coco,
interrompendo un'altra volta il suo monologo immaginario. - E' brutto se per
oggi ti faccio bigiare le riprese e ce ne andiamo un po' in giro, io e te? - Si
allontanò, appoggiandosi al divano che le stava alle spalle. Lui scosse
lentamente la testa ricciuta.
-
Mi lascio rapire volentieri... - Sorrise, chinandosi e scostandole un ciuffo di
capelli per darle un velocissimo bacio sulla tempia. - A patto che tu mi
conceda di non uscire in pigiama! - Detto questo, tornò verso il corridoio,
lasciandola col sorriso sulle labbra.
***
Le
strade di Parigi, al mattino presto, profumavano di croissant e risuonavano
delle chiacchere della gente. Coco uscì di corsa da una boulangerie, una
piccola panetteria, stringendo un sacchetto caldo e fumante.
-
Non ci credo che non ne avevi mai provata una, dopo due mesi che sei qui. -
Ridacchiò, porgendo a Kevin una brioche avvolta in un tovagliolo.
Dopo
aver estratto anche la sua e due grossi bicchieri di carta pieni di cafè au
lait dalla busta, si fermarono a far colazione sul lungo Senna. Gabrielle
scelse una panchina mezza in ombra e ci si sedette, incrociando le gambe, come
faceva da bambina su quelle di Central Park. Kevin le si sistemò accanto,
piuttosto concentrato sulle chiacchere della gente che camminava sulla strada,
sopra le loro teste.
I
francesi erano rumorosi, sì, ma in un modo stranamente elegante e piacevole.
Perfino il traffico sembrava meno chiassoso, nell'aria fresca e limpida di
quella mattina.
-
Allora? Che te ne pare? - Domandò lei, osservandolo con aria divertita, mentre
lottava con la marmellata che voleva a tutti i costi uscire dalla pasta.
-
Ammetto che non ha nulla a che vedere con quelle che fanno da noi, in America.
- Le concesse.
Coco
annuì, piluccando il suo croissant con aria soddisfatta. Rimasero in silenzio
per un po', osservando il lento scorrere del fiume e della gente che passava
davanti ai loro occhi distratti.
Una
bambina bionda si fermò a pochi passi da loro, per guardare un grosso battello
che stava transitando sotto il Pònt d'Iena, sullo sfondo della Tour
Eiffel.
Quando
la piccola fu raggiunta da quello che poteva essere più il fratello che il
padre, Coco ebbe un lieve sussulto.
Era
un ragazzo abbastanza giovane, mediamente alto, con i capelli scuri e lisci.
In
effetti, di spalle, poteva tranquillamente sembrare Joe.
Kevin
se ne accorse immediatamente. E si accorse anche di come lei riprese a
respirare regolarmente soltanto quando riuscì a vederlo in viso e fu quindi
certa che non era chi credeva che fosse.
-
Coco... - Cominciò lui, quando i due se ne furono andati, spariti su per la
stretta scala che riportava al livello della strada. - Posso farti una domanda
importante, seria? - Gabrielle annuì, prendendo un sorso di caffelatte. -
Rispondimi sinceramente, però... - Tra di loro cadde un silenzio teso. Lei abbandonò
per un attimo la brioche, avvolgendola nel tovagliolo e riponendosela in
grembo. - Sei innamorata di Joe? -
Quelle
quattro semplici parole arrivarono dirette come una secchiata d'acqua gelida.
Guardò
Kevin, cercando di ignorare la luce disperata che gli leggeva negli occhi, poi
lasciò correre l'attenzione di nuovo sull'acqua scura davanti a lei.
-
E se ti dicessi che non lo so? - Sbuffò. - La accetteresti come risposta? -
-
Solo se non sapessi che assomiglia più ad una bugia di copertura... Che
a una risposta. - Continuò, giocherellando nervosamente con il coperchio di
plastica del bicchiere che aveva in mano.
-
Possiamo parlarne... strada facendo? - Si alzò, indicandogli con un braccio la
via verso il Trocadero.
-
D'accordo. - Rispose lui, cominciando a camminare, senza aspettarla. Coco gli
si fece vicina e, senza dire nulla, lo prese sottobraccio.
-
Sarò sincera... - Cominciò improvvisamente. Erano già quasi a metà strada in
direzione del grande spiazzo. - In questi giorni ho pensato a questa cosa. Ci
ho pensato tanto... - Abbassò gli occhi, già imbarazzata per quello che stava
per dire. - La mia prima reazione a... quello che è successo, è stata
dettata dal panico. Però io ho sentito qualcosa, quando Joe mi ha baciata. -
Kevin
mosse un altro passo in avanti, ma lei si bloccò, piantando i piedi esattamente
nel punto in cui si trovava.
-
Ed era un qualcosa dannatamente piacevole. - Concluse, in un soffio. Poi
arrossì violentemente, sforzandosi di non distogliere nuovamente lo sguardo da
lui.
-
E allora penso che tu abbia la risposta. - Ribattè Kevin, in tono neutro. La
mano che teneva nascosta nella tasca del cappotto si serrò intorno a una
incolpevole moneta, strizzandola convulsamente.
-
No...! - Sbottò Gabrielle, bloccandosi improvvisamente. No... perchè quello
stesso qualcosa, seppure in maniera più lieve e veloce, l'aveva provato anche
quando lui l'aveva guardata negli occhi. Prima che Nick gli impedisse di
risponderle... Ma questo non poteva dirglielo. - Io... sono maledettamente
confusa. -
Ripresero
a camminare in silenzio ed arrivarono fino al Trocadero senza proferire nemmeno
una sillaba. Si fermarono in cima allo spiazzo, lasciando spaziare lo sguardo
fino al grande parapetto di pietra e più avanti, lungo la fila di fontane,
verso la maestosa torre di ferro battuto.
Era
gremito di turisti, che si spostavano, da soli o a gruppi, facendo scattare
febbrilmente i flash delle loro macchinette fotografiche. Per la prima volta da
quando erano usciti di casa, Kevin realizzò che nessuno l'aveva ancora
riconosciuto o fermato per fargli assurde domande... quando, invece, per come
si sentiva, avrebbe quasi pagato qualcuno perchè lo distraesse da tutti i
pensieri che lo assillavano in quel momento.
-
Se ti do una risposta abbastanza soddisfacente, poi la smettiamo di parlare di
lui? - Sbuffò Coco, cercando di tirare le fila di quell'assurda conversazione a
scatti. Lui annuì, senza staccare gli occhi dall'orizzonte. - Bene. - Sospirò,
prendendo un respiro profondo. - Potrei essere innamorata di Joe. - Sentenziò.
{E
lo sarei per la prima volta in tutta la mia vita. Di un cantante americano
strafamoso che haquattro anni meno di me.}
Kevin
chiuse gli occhi di scatto, respirando a fondo per parare il colpo.
{100
a 0 per te, Joe. Congratulazioni.}
{E
grazie per il regalo. Buon compleanno a me...}
Li
riaprì di scatto solo quando avvertì Gabrielle, al suo fianco, trattenere
violentemente il respiro. La trovò con gli occhi spalancati, fissi su un punto
imprecisato parecchi metri avanti...
La
imitò, cercando fra la folla con aria interrogativa e poi, improvvisamente, lo
vide.
Dall'altra
parte dello spiazzo, appoggiato al parapetto, con l'inconfondibile cappello di
lana blu calato sulla testa ed un paio di occhiali da sole con la montatura di
vistosa plastica bianca...
Joe. E, stavolta, non c'erano dubbi che fosse effettivamente lui.
Però
non sembrava essersi accorto di loro. Erano parecchio lontani e venivano
coperti ad intermittenza dal flusso di persone in continuo movimento.
Gabrielle
mosse un rapido passo in avanti, per poi bloccarsi altrettanto velocemente. Si
voltò nella sua direzione, assumendo un'aria profondamente colpevole.
-
Kev... oggi è la tua giornata... Io... avevamo appena deciso che non... -
Balbettò, cercando di ignorare l'impulso di girarsi e correre il più
velocemente possibile verso l'altro l'altro lato della piazza.
Lui
raccolse tutta la volontà che aveva in corpo e la concentrò in quell'unico sorriso
comprensivo. Le poggiò una mano sulla spalla, spingendola dolcemente
all'indietro.
-
Vai. - Disse semplicemente. Coco gli gettò le braccia al collo, trattenendo a
stento le lacrime.
-
Grazie, Kevin. - Gli sussurrò. - Tu sei... Grazie. - Gli depositò un
bacio leggero all'angolo della bocca, prima di filare via.
Attraversò
la piazza a rotta di collo, con il cuore in gola, pregando solo che Joe non
decidesse di andarsene proprio in quel momento...
***
{ There's gotta be a million
reasons why it's true...
When you look me in the eyes, and tell me that you love me. } When
You Look Me In The Eyes - Jonas Brothers
Si
fermò a pochi passi da lui, con il cuore che le martellava nel petto a ritmi
vertiginosi.
Non
aveva il coraggio di chiamarlo... Aveva una paura folle che, nel momento in cui
si fosse accorto di lei, sarebbe scappato di nuovo. Mosse un altro paio di
passi leggeri, arrivandogli a meno di un metro...
-
Joe... - La voce le uscì leggermente strozzata, ma capì immediatamente che
l'aveva sentita. E riconosciuta.
Irrigidì
le spalle e, lentamente, si voltò nella sua direzione, sfilandosi quegli
assurdi occhiali da sole. I loro sguardi si fusero immediatamente... Erano come
fuoco vivo. Si guardarono intensamente per qualche secondo, poi Joe mosse un
passo verso Coco, dimezzando la già scarsa distanza fra loro.
-
Cosa ci fai qui? Ti avevo detto di non cercarmi... - Azzardò un tono scocciato,
ma quello che ne uscì fu decisamente poco convincente.
-
Perchè mi hai baciata? - Ribattè lei con voce tremante, ignorandolo
deliberatamente e andando diretta al punto. Senza nessun inutile preambolo...
Per
quanto forte fu l'impatto, lui rimase immobile esattamente dov'era.
-
Io... Non volevo farlo. - Eccolo. Come li conosceva bene gli uomini,
Monique... Creature assurdamente prevedibili in certe situazioni... In altre
molto meno. Chissà se anche lui già sapeva che non gli avrebbe creduto
affatto...
-
Perchè, Joe? - Ripetè, stringendo i pugni. - Dimmi la verità. Penso di averne
il diritto.
-
Non credo che tu voglia saperlo davvero. - Sussurrò di rimando. Gabrielle si
lasciò sfuggire una risatina amara, prima di fare a sua volta un passo in
avanti. Ormai erano così vicini, che le punte delle loro scarpe quasi si
toccavano.
-
Io, invece, credo di sì. - Piegò leggermente la testa, sistemandosi una ciocca
di capelli dietro l'orecchio. - E credo anche che tu voglia sapere questo... -
Poi, invece di lasciar ricadere il braccio lungo il fianco, appoggiò la mano al
petto di lui, stringendogli appena il bavero della giacca. - Mi hai mollata
senza una spiegazione plausibile, dopo avermi praticamente sconvolto la vita
con quel bacio... Sei scappato. E io, invece di avercela con te, ho sentito
semplicemente la tua mancanza. - Sollevò anche l'altra mano, portandola vicino
alla prima. - Mi sei mancato da morire, in questi maledetti quattro giorni, Joe
Jonas. - Sapeva di avere gli occhi lucidi, lo sentiva... Ma continuò comunque a
tenerli fermamente piantati in quelli di lui. - Da morire, è chiaro? -
Ormai faceva fatica a tenere saldo il tono di voce.
Joe,
che era rimasto zitto fino a quel momento, gli occhi scuri illuminati di
genuino stupore, lasciò che un pallido sorriso affiorasse alle sua labbra.
-
Mi sei mancata anche tu... - Bisbigliò, poggiando le sue mani su quelle serrate
di lei che, a quel tocco morbido, rilassò un po' la presa. - Esattamente allo
stesso modo. - Si chinò leggermente, lasciando che i loro nasi quasi si sfiorassero.
Sapevano entrambi di essere troppo vicini, per riuscire a separarsi
senza che succedesse nulla.
Coco
sospirò profondamente, cercando di trovare dentro di sè tutta la forza
necessaria per fare quello che aveva intenzione di fare... Buttarsi era la cosa
giusta. Si sforzò di ignorare il fastidioso campanello d'allarme che le
risuonava in un angolo lontano della mente, ripetendosi che così facendo
l'avrebbe definitivamente messo a tacere.
-
Voglio solo che tu sappia un'unica altra cosa. - Disse, schiarendosi la gola. -
Sei il primo. -
-
Eh...? - Non gli lasciò nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni. Rafforzò la
presa sulla sua giacca e lo attirò verso di sè, stampandogli un bacio sulla
bocca. Joe rimase più che interdetto da quel gesto, piovutogli letteralmente
tra capo e collo... Quando lei si staccò, la fissava ancora con gli occhi
sgranati.
-
Non sono mai stata con nessuno... - Gli confessò a fior di labbra, senza
allontanarsi troppo. E sorrise timidamente, quando finalmente l'espressione di
lui si illuminò di comprensione.
Si
guardarono in silenzio, mentre un migliaio di emozioni diverse correvano nello
sguardo di entrambi...
Poi
anche Joe si sciolse nel più dolce, solare dei sorrisi e dopo averle circondato
i fianchi con un braccio, le sollevò delicatamente il viso e la baciò, premendo
dolcemente le labbra sulle sue.
La
paura inconscia che scappasse di nuovo svanì come neve al sole, quando sentì le
mani di lei salire lentamente lungo le sue braccia, fino alle spalle. Sorrise
di nuovo e la strinse di più, senza allontanarsi di un millimetro.
Si
scambiarono una serie quasi infinita di baci, in quella cornice da cartolina.
Con la Tour Eiffel alle loro spalle che sembrava quasi vegliarli dall'alto...
E,
nella totale incoscienza di quel momento, non si resero conto delle centinaia
di macchine fotografiche che avrebbero potuto catturare quell'innocente
sentimento appena sbocciato e trasformarlo in una bomba pronta a
scoppiare.
Mai aggiornamento fu
tanto sudato!x3 Capitolo lunghetto questa volta, perchè è di transizione prima
di tutta un'altra serie di scossoni che verranno a turbare il già precario equilibrio
del nostro ormai ufficiale triangolo.
L'altra volta vi ho
sconvolte col colpo di scena del bacio, eh? E il meglio deve ancora
venire!*risata malvagia*
Sì, lo so, non
ditemelo, sono il Male!XD
Passiamo ai
ringraziamenti, veloci, così poi vi lascio al nuovo capitolo!x3
Socia: Guarda, l'ultima parte del capitolo è dedicata a te, non
mi morire però!x3
beautiful_disaster: Io non mi lascio requisire Kev così
facilmente. Lui è mio, è l'uomo della mia vita, ohè!XD Ti prometto che non sarò
sempre così cattiva con lui... Ma ci vorrà del tempo. Così come per la storia
del piano e per molte altre risposte.
aya: se Joe è quello giusto? Mah, vedremo. Di sicuro il
"e vissero felici e contenti" è molto, molto lontano. Per tutti
loro.x3 E, sì, io amo Parigi con tutto il cuore. Ci sono già stata tre volte e
ho tutta l'intenzione di tornarci. Mi ha fatto un piacere infinito sapere che attraverso
le mie descrizioni riesco ad esprimere il mio amore per questa meravigliosa
città.
agatha: Eccola, la mia commentatrice ritardataria!x3 Ok, si sta
ufficialmente formando un comitato pro-Kev. L'ho massacrato a tal punto...
Comunque, non smettete di fare il tifo per lui. Come ho detto nell'introduzione
allo scorso capitolo: non è mica finita così!x3
sbrodolina: guarda, ti dico solo che molto presto, il tuo
Nick avrà il suo momento "di gloria". Aspetta e vedrai!x3
Jollina: se Kevin li ha visti? Se Joe torna a casa? In
questo capitolo avrai le tue risposte, mia cara. Un bacio a te e a Potterina!=*
Razu_91: respira, respira!x3 Come sopra detto, non
finisce mica qui la fan fiction, ce ne sono ancora di cose che devono
succedere, anche per Kevin e chissà se avrà ancora bisogno di essere
consolato...x3
dollyvally: bentornata!** Sono felice di rivederti tra le
recensitrici!=) Come ho ripetuto allo sfinimento, ormai, non è mica detto che
Kevin sia già fuori gioco. Devono succedere ancora parecchie cose...
Come al solito, a voi
mie fedelissime va la mia infinita riconoscenza!=*
E voi lettrici anonime,
lo so che ci siete e siete tante, grazie anche a voi. Aspetto sempre i vostri
commenti. =3
- Capitolo 10° -
{ Quando tira un po' di
vento che ci si rialza un po'
e la vita è un po' più forte del tuo dirle: "Grazie, no."... } Il Giorno Di Dolore Che Uno Ha - Ligabue
Arrivarono a casa che
mezzogiorno era passato da un pezzo. Il sole stava già quasi tramontando,
nascondendosi dietro la collina di Montmartre.
Si fermarono davanti al portone, guardando contemporaneamente all'insù, verso
le finestre illuminate dell'ultimo piano.
Gabrielle cominciò a
frugarsi nelle tasche, alla ricerca delle chiavi, ma non fece quasi tempo ad
estrarle, che Joe la fermò, circondandole i fianchi con le braccia.
- Beh? - Chiese lei,
squadrandolo con aria divertita.
- Dimmelo ancora... -
Le sussurrò a fior di labbra, dopo l'ennesimo bacio. Coco sorrise, alzando gli
occhi al cielo con fare teatralmente esasperato.
- Ancora? L'avrò
ripetuto almeno un milione di volte... - Per tutta risposta, Joe si esibì nello
sguardo più tenero del suo repertorio, ad alto tasso persuasivo. Lei inclinò
leggermente la testa, avvicinandoglisi, se possibile, ancora di più. - Mi sei
mancato da morire. - Gli bisbigliò all'orecchio, sobbalzando leggermente quando
avvertì il respiro di lui sfiorarle il collo. - E a proposito di questo... -
Continuò, allontanandosi prima che Joe potesse fare qualunque altra cosa. -
Sali con me? -
Lui rimase leggermente
interdetto dal suo rifiuto, ma non ebbe nemmeno il tempo di concentrarcisi
troppo. La domanda di Coco gli piombò letteralmente tra capo e collo...
Sapevabenissimo che quelle parole, in realtà,
implicavano una richiesta ben più grande che non rimanere un'unica sera...
Gabrielle voleva un'altra risposta.
E Joe voleva stare con
lei. Lo voleva più di ogni altra cosa, ma l'idea di affrontare Kevin, dopo
quello che era successo, lo infastidiva... Lo spaventava, anche.
- Non lo so. - Abbassò
lo sguardo, sfilandosi il cappello e passandosi una mano fra i ciuffi piastrati
per rimetterli in ordine.
- Joe... - Cominciò
lei, avvicinandosi di nuovo.
- Non lo so, Coco... - Ripetè, costringendosi a guardarla negli occhi
e a soffocare l'impulso di scappare di nuovo... Anche se la prospettiva di
separarsi da Gabrielle, per tornare nella sua anonima camera d'albergo, lo
faceva star male. Ricomparire e trovarsi davanti lo sguardo accusatore dei
fratelli... Peggio.
- Ti prego. - Mormorò,
stringendogli una mano. - Torna a casa... -
Rimase in silenzio per
qualche secondo, nel tentativo di non lasciarsi annegare dall'azzurro degli
occhi di lei, che lo guardava con un'espressione dolcemente implorante...
Era sleale così, però.
Sospirò, poggiando delicatamente la fronte contro quella di Coco. Il suo
dibattito interiore aveva avuto vita piuttosto breve...
- Va bene. -
Acconsentì. - Ma non costringermi ad aver a che fare con... lui. Io lo faccio solo per te. -
- Per ora mi basta... -
Gli posò un bacio leggero sulle labbra, prima di far girare le chiavi nella
toppa.
***
Entrarono in casa
lasciando sbattere la porta di ingresso, troppo impegnati... anche per notare
l'espressione di Nick che, attirato dal rumore, si era alzato con l'idea, o più
che altro l'aspettativa, di trovarsi davanti solo Coco.
- Ehi...! - Esclamò
quando, invece, scoprì lei e Joe appiccicati in atteggiamento piuttosto
inequivocabile.
Si allontanarono, al
suono della sua voce, voltandosi lentamente nella sua direzione. Gabrielle
abbassò lo sguardo, fissando il pavimento con aria piuttosto imbarazzata,
mentre Joe le circondava le spalle con fare protettivo.
- Nick. - Rispose,
facendogli un cenno quasi impercettibile con la mano libera. I due fratelli si
fissarono in silenzio per qualche tesissimo momento, prima che il minore
riuscisse a metabolizzare la sorpresa e quindi a ritrovare la facoltà di
articolare frasi di senso compiuto.
- Quando...? - Cominciò,
passandosi una mano dietro il collo, visibilmente incapace di pensare alle
parole giuste. - Oggi? - Concluse, mentre l'altro annuiva un'unica volta. -
Immagino fosse il solo modo di riportarti qui... - Scherzò, cercando di
stemperare un po' l'atmosfera.
Poi, improvvisamente,
si ricordò di Kevin e dell'aria contrita che aveva in viso quando era
rientrato, un tre o quattro ore prima, da solo.
Come se avesse
finalmente trovato il bandolo della matassa, tutti i piccoli segnali e gli
strani atteggiamenti del fratello maggiore si dipanarono e si disposero
ordinatamente nella sua mente come le tessere di un puzzle.
Si voltò verso di lui,
che era rimasto seduto sul divano, profondamente concentrato sulla rivista che
aveva in mano e apparentemente disinteressato al resto del mondo.
In particolare a quella
parte di "resto del mondo"
che aveva a che fare con Joe.
Sfogliò rumorosamente
un paio di pagine, prima di alzare, con fare visibilmente infastidito, lo
sguardo verso Nick. Ilminore dei Jonas
lo fissava insistentemente, con un'aria compassionevole che contribuiva
solamente ad innervosirlo più del dovuto.
"Perchè non me l'hai detto?"
Sillabò, senza emettere suoni. Kevin non rispose, si limitò a scuotere
leggermente la testa ricciuta. Fu Coco a parlare per lui.
- Nemmeno lui lo
sapeva... - In un certo senso mentì sapendo di mentire. Perchè, anche se non se
ne era accertata, se lo sentiva dentro, che Kevin l'aveva vista baciare Joe.
Si schiarì la gola,
cercando di ignorare la dolorosa fitta al cuore che quel pensiero le aveva
provocato. Alzò nuovamente lo sguardo, sentendosi quasi morire quando incontrò
gli occhi verdi di lui.
Si sentiva dannatamente
in colpa, nei suoi confronti.
E il bello era che non
riusciva a spiegarsene la ragione... A parte il fatto di averlo mollato in giro
per una città che non conosceva, da solo,
per buttarsi fra le braccia del fratello che non voleva più vedere.
{Si, Coco. Ripensandoci, non hai proprio nessun motivo per sentirti in
colpa...}
Si disse, odiandosi
profondamente.
Sospirò, cercando di
concentrarsi sulla mano di Joe che si muoveva lentamente lungo la sua schiena.
Lo guardò, cercando nel suo sguardo la conferma che quella che aveva fatto era
la scelta giusta.
Leggendole quella
tacita richiesta negli occhi, lui si chinò e le posò un bacio leggero sulla
fronte, soffermandosi un momento in più col viso nascosto fra i capelli di lei.
- E Joe è tornato per
restare. - Continuò timidamente, pregando in silenzio che andasse tutto bene e
nessuno avesse reazioni inconsulte. - Ditemi che non ci sono problemi, vi
prego. - Sbirciò con la coda dell'occhio verso Kevin...
Che abbassò lo sguardo
in un modo che Gabrielle intuì essere una sorta di "via libera".
Nick semplicemente
sorrise, facendosi da parte per farli passare.
- Grazie... - Era
rivolta ad entrambi, ma, mentre passando potè soffermarsi ad accarezzare il
braccio di Nick, Joe le
impedì di avvicinarsi
al fratello maggiore, trattenendola delicatamente.
Si voltò verso di lui,
ma non riuscì ad incontrare il suo sguardo. Fisso su un punto imprecisato a
metà fra la porta della cucina ed il corridoio.
Kevin si era
improvvisamente rituffato nel suo giornale, riprendendo a voltare le pagine con
estenuante lentezza.
Solo in quel momento
Coco si rese conto che, in tutta la discussione, i due ragazzi non si erano
scambiati una sola occhiata o una parola... Nemmeno per sbaglio.
***
Erano tutti e quattro
zitti, gli occhi puntati al televisore acceso, eppure nessuno di loro avrebbe
saputo dire di cosa parlasse il film che scorreva sullo schermo bluastro.
Ciascuno per motivi
diversi, aveva la mente decisamente altrove...
Nick era mezzo sdraiato
accanto a Kevin, sprofondato nei grossi cuscini bianchi e guardava di sottecchi
ora luiora Joe, che, seduto sull'altro
divano con lei, stringeva dolcemente la mano di Gabrielle.
Non si erano più
praticamente sfiorati, da quando erano rientrati in casa. E lui credeva di
sapere perchè, o comunque da chi dipendesse quella situazione di stallo. Tutte
le volte che Joe provava ad avvicinarsi, Coco, imbarazzata, si tirava indietro
o lo allontanava...
E tutte le volte, anche se lui rimaneva apparentemente immobile,
negli occhi di Kevin correva una scintilla rabbiosa.
L'atmosfera era
talmente tesa, che si sarebbe potuta tagliare con il coltello.
Era una sorta di
assurdo tira e molla, non ci sarebbe voluto molto perchè uno dei due
esplodesse...
E, infatti, arrivarono
giusto alla fine del film. Quando partirono i titoli di coda e Joe si avvicinò
a Coco per l'ennesima volta, Kevin saltò in piedi come se fosse stato punto da
qualcosa di particolarmente acuminato.
- Nick. - Ringhiò al
fratello minore. - Andiamo a dormire, che qui c'è qualcuno che non riesce
proprio più a trattenersi... -
A quelle parole Joe si
staccò da Gabrielle, guardandolo negli occhi per la prima volta, quella sera.
Uno sguardo maledettamente arrabbiato. Fece per alzarsi anche lui, ma Coco lo
anticipò.
Scattò, lanciandosi
contro Kevin.
- Vieni con me. -
Soffiò, spingendolo all'indietro verso il corridoio. - Dobbiamo parlare. -
Sparirono oltre la porta d'entrata, abbandonando Nick e Joe, che si lasciò
cadere sbuffando contro lo schienale del divano, soli a guardarsi negli occhi.
- Comincio a non
sopportarvi più. - Sospirò il minore, spegnendo il televisore e guadagnandosi
un'occhiataccia dal fratello.
Nel frattempo, Coco
aveva sospinto Kevin nella camera dei ragazzi e si stava richiudendo
velocemente la porta alle spalle. Si appoggiò con la schiena al legno lucido,
puntando gli occhi in quelli di lui, che stava in piedi al centro della stanza.
- Era proprio
necessario lasciarsi andare ad una frecciatina del genere, vero? - Sbottò lei,
scostandosi una ciocca di capelli dal viso con fare bellicoso.
- Scusa. - Rispose lui.
- Ma, andiamo, non ha smesso un attimo per tutta la sera...! -
- E non ti è venuto in
mente che possa essere più... - Esitò, cercando di trovare una definizione
adatta. - ... naturale il suo
atteggiamento, che il mio? - Si strinse nelle spalle, sfregandosi lentamente le
braccia.
- Ma allora perchè...?
- Cominciò e venne bloccato prima di poter terminare la frase.
- NO. - Esclamò
Gabrielle. - Non chiedermelo, Kevin. Non è questo il punto... - Mosse qualche
passo avanti, spingendolo ad indietreggiare verso il letto. - Il punto è che
ora io e Joe... - Si fermò e lo guardò negli occhi, cercando di dimostrarsi
risoluta, nonostante lo sguardo di lui le tagliasse letteralmente le gambe. - Dovrai
farci l'abitudine. -
- Io... - Di nuovo lei
non lo volle ascoltare.
- Mi dispiace che le
cose abbiano dovuto arrivare a questo punto. Vedervi così freddi, a volte anche
consapevolmente cattivi l'uno con l'altro... mi fa star male... che non ne
avete un'idea. Nè tu nè lui. Perchè io capisco entrambi e vorrei che tornaste a
capirvi anche voi due. - Sospirò.
Lui si passò una mano
fra i capelli, cercando di assumere l'atteggiamento di uno che voleva almeno provare a capire.
- E poi... pensa anche a Nick. - Continuò, pur
sapendo che quello sarebbe stato un mezzo colpo basso. - Sai come è fatto, non
si espone mai. E men che meno verrebbe a farlo ora, con il rischio di
appesantire ancora di più la situazione, ma come credi che si senta!? Lui non
può scegliere tra te e Joe... E guai a voi, se anche solo pensate di chiedergli di farlo! -
- Questo mai... -
Sussurrò Kevin di rimando.
- E su questo mi fido
completamente di te. - Sorrise lei. - Spero solo che tutto torni a posto, per
quanto tempo ci vorrà... - Sospirò. - Ah, e poi, Kev... Mi dispiace da morire
anche per oggi. Sul serio. -
- Non preoccuparti. -
Si sedette stancamente sul letto, stropicciando l'angolo del copripiumone.
- E invece sì, mi
preoccupo! Mi sono comportata malissimo nei tuoi confronti. Dovresti avercela a
morte con me, ora... - Lui sorrise, scrollando via un riccio ribelle da davanti
agli occhi.
- Non sono capace. -
Rispose semplicemente. Coco ricambiò il sorriso scuotendo lentamente la testa,
prima di correre fuori dalla stanza.
- Aspetta un attimo...!
- Esclamò, che era già a metà del corridoio.
Tornò pochi secondi
dopo, con in mano un pacchettino con un grosso fiocco rosso. Si sedette accanto
a lui, porgendoglielo.
- Almeno questo avrei
voluto dartelo in modo diverso... Con le cose fatte un po' meglio, come per
Nick. Magari una torta... - Sospirò, scuotendo le spalle. - Invece sono un
disastro e dovrai accontentarti che sia ancora il giorno giusto. - Indicò
l'orologio al polso di Kevin che segnava dieci minuti alla mezzanotte.
- Va bene così. Ci sono
io, c'è il regalo... e ci sei tu. A
me basta questo. - La rassicurò, cominciando a sfilare il nastro.
Dalla carta spuntò una
bella kefiah bianca e nera che lui sfilò dal pacco, osservandola con sguardo
quasi adorante. Dopo le chitarre, sciarpe e occhiali erano ciò che più
preferiva comprarsi. Si poteva quasi dire che li collezionasse, tanto grande
era quella sua particolare fissazione.
Era una sorta di mania, qualcosa che faceva parte di lui
e Coco, con quel suo modo di osservare tutto di tutti, se ne era accorta
subito...
- Ho notato che usi
spessissimo le sciarpe... - Mormorò, aspettando che lui dicesse qualcosa.
- E infatti... mi
piace, davvero. - Rispose a bassa voce, guardandola intensamente negli occhi.
Lei sorrise sollevata, senza distogliere lo sguardo.
Di nuovo, si fissarono
in silenzio. In attesa di qualcosa che entrambi sapevano che doveva essere
detto.
- Coco. - Cominciò
Kevin, in tono serio. - Sarai felice con lui? - Senza preamboli, come se non
avessero mai smesso di parlare di Joe.
Gabrielle deglutì,
inumidendosi le labbra mentre riprendeva fiato.
Sembrava una domanda
facile, eppure non sapeva che risposta dargli. C'era sempre quel piccolo,
fastidioso, insistente campanellino che trillava senza sosta. Come a volerla
avvertire di qualcosa.
Qualcosa che Coco si
ostinava a non capire...
- Penso proprio di sì.
- Concluse, cercando di mettere a tacere ogni dubbio. Solo che, senza la
sicurezza degli occhi innamorati di Joe in cui rifugiarsi era veramente,
veramente difficile.
- Va bene. - Disse lui,
appoggiandosi la sciarpa sulle spalle. E in quelle due, semplici parole c'era
tutto l'amore che provava per Gabrielle. Se Joe era quello che lei voleva, era
pronto ad accettarlo. O a fare un tentativo, almeno.
Coco sorrise e dopo
aver afferrato i due estremi della kefiah, gli diede un leggero strattone,
attirandolo verso di sè.
Gli si avvicinò e per
un breve, intensissimo secondo, Kevin credette che l'avrebbe baciato... prima
che, all'ultimissimo momento, lei piegasse leggermente il capo, poggiando le
labbra all'angolo delle sue.
Fu comunque quanto di
più vicino ad un bacio vero potessero
scambiarsi.
- Grazie... Di nuovo. -
Bisbigliò, ancora così vicina da solleticargli la guancia con il suo respiro.
Si scambiarono un ultimo sguardo, poi lei si alzò ed usci dalla stanza, senza
voltarsi.
***
Quando tornò in
salotto, trovò soltanto Joe che l'aspettava ancora seduto sul divano, con uno
sguardo imbronciato.
- Nick è andato... -
Coco lo bloccò, chinandosi su di lui per posargli un bacio sulle labbra ancora
dischiuse.
- Non mi interessa. -
Sussurrò. - Adesso siamo solo io e te... -
- Ah, è per questo che
prima non volevi...? Per loro? - Domandò lui, circondandole i fianchi con le
braccia per attirarla nella sua stretta.
- Anche. Per essere
sincera, io lo sguardo di Kevin non riesco a sopportarlo in quei momenti... Non
ti arrabbiare. - Continuò, nascondendo il viso contro la spalla di lui. - Ma io
mi sento tremendamente in colpa, nei suoi confronti. -
- Non ti starò lontano,
solo perchè a lui do fastidio! - Sbottò Joe, stringendola con fare possessivo.
- Quando siamo in casa, lui c'è sempre... Vorrebbe dire che non potrei
sforarti... praticamente mai! Io non
ce la faccio, Coco. -
Non poteva chiedergli
una cosa del genere. Che, in ogni caso, sarebbe stata difficile anche per
lei... Era stretta tra due fuochi. Da un lato la paura di ferire, dall'altro un
innegabile desiderio.
Poi, improvvisamente,
le sovvenne che la soluzione l'aveva a portata di mano, in senso letterale. Allungò il braccio verso il mobile che le
faceva da comodino ed afferrò la busta bianca che Monique ci aveva lasciato
sopra, cinque giorni prima. Si alzò in piedi ed invitò Joe a seguirla,
prendendogli la mano.
- Vieni con me... -
Disse, guidandolo verso il corridoio, fino alla stanza della sorella. Estrasse
dalla busta la chiave con il fiocco rosa che ci aveva trovato dentro, lasciando
invece il foglietto che la accompagnava al suo posto.
"Sono sicura che anche la mamma sarebbe
d'accordo."
Che, vergato nella
familiare scrittura tondeggiante di Monmon, era il modo più diretto per dirle
che doveva smetterla di sentirsi un'estranea per quella parte di famiglia, di vita. Che in quella camera poteva
entrarci quando voleva.
E Coco non l'aveva
ancora fatto. Aveva fatto scattare quella serratura almeno una decina di volte,
negli ultimi due giorni, ma non era mai riuscita ad entrare... Era sempre
rimasta ferma, in piedi davanti alla porta chiusa.
Fece girare la chiave
nella toppa e dopo l'ultimo scatto, si fermò. Si voltò a guardare Joe, tenendo
entrambe le mani sulla maniglia di ottone.
- Sappi solo che questa
stanza rappresenta qualcosa di molto importante per me... - Bisbigliò. -
Entrarci significa riprendermi una parte di vita. Finora, da sola, non avevo mai avuto la forza di
farlo. Adesso, invece, sono sicura di riuscirci. - Fece scattare il pomello e
mosse un passo all'indietro, oltre la soglia. - Perchè questa sarà solo
nostra... Qui dentro non ci sarà nessun altro, saremo solo io e te. Ogni
singola, dannatissima volta in cui avrai voglia di... me, ti autorizzo a trascinarmi oltre questa porta e a chiudere
fuori il mondo. Purchè tu rispetti la mia condizione: mai, mai davanti a Kevin. Lo facciamo questo patto? - Joe sorrise,
chiudendosi la porta alle spalle.
- Ci sto... - Le
mormorò a fior di labbra, prima di baciarla.
{ Muoia sotto un tram più
o meno tutto il mondo...
Esplodano le stelle, esploda tutto questo.
Muoia quello che è altro da noi due,
almeno per un poco...
Almeno per errore. } Bruci La Città - Irene Grandi
Mosse un paio di passi
in avanti, spingendola dolcemente sul letto.
- Solo una cosa... -
Soffiò, staccandosi da lei per riprendere fiato. - Perchè stamattina ti sei
tirata indietro? Eravamo solo noi. - Gabrielle lo guardò dritto negli occhi.
- Perchè questa è la
prima volta... di tutto, per me. Voglio procedere senza fretta, per godermi
ogni singolo istante. Ogni sensazione. - Rispose, mordendosi il labbro in un
modo che lui trovò assolutamente irresistibile. Poi si sistemò i capelli dietro
le orecchie e fece per togliersi il maglione. Joe la bloccò, sostituendo le sue
mani a quelle di lei.
Sorridendole cominciò a
sfilarlo con calcolata lentezza, mentre lei sollevava docilmente le braccia per
aiutarlo. Nel momento stesso in cui quello toccava terra, le labbra di Joe
sfioravano il collo di Coco, lasciato pericolosamente scoperto dalla
cannottiera che indossava.
- Non ti preoccupare,
allora... - Bisbigliò. - Fidati di me... - Lei questa volta non scappò e non
rispose, emise solamente un sospiro soddisfatto, tuffando la mano nei capelli
di lui.
Joe la spinse
dolcemente all'indietro, facendola sdraiare completamente sul materasso, prima
di lasciarsi condurre dalla scia di baci di nuovo alle sue labbra...
Il suono ovattato dei
loro respiri rimbombava nel silenzio circostante. Erano soli, nel loro
personalissimo angolo di mondo.
Gabrielle strinse le
braccia intorno al collo di lui, inarcando leggermente la schiena quando
avvertì la mano di Joe accarezzarla, attraverso la stoffa leggera... Sentiva
come se le sue dita e la sua bocca le stessero lasciando una scia di
piacevolissimo calore sulla pelle, ovunque andassero a sfiorarla.
Chiuse gli occhi,
concentrandosi unicamente sul tocco morbido delle labbra di Joe che scesero di
nuovo lungo il suo collo, fin quasi alla spalla... Inclinò leggermente la
testa, per lasciarlo libero di muoversi più agilmente, ma, per una volta, fu
lui a fermarsi.
- Coco... - Cominciò,
sospirando. - Io... ho fatto un voto. Ho promesso di rimanere vergine fino al
matrimonio. - E, onestamente, in quel momento gli sfuggiva quale fosse stata
l'esatta motivazione di quel gesto. Si costrinse a distogliere lo sguardo dalla
spallina della cannottiera di lei che aveva cominciato a scendere
pericolosamente oltre il limite consentito... E da quel piccolo neo scuro che
occhieggiava dalla sua scollatura.
- Ehi. - Sorrise,
sollevandosi su un gomito per posargli un rassicurante bacio sulla guancia. -
Ho una sorella che è rimasta incintaa
diciannove anni... Quanta fretta credi che possa avere, in questo senso? -
Lui si alzò,
leggermente sollevato, anche se per la prima volta in vita sua, sentiva quella
fedina d'argento pesargli attorno al dito come fosse stata fatta di un chilo di
piombo, invece che di pochi grammi di metallo.
Poi si lasciò cadere a
pancia in su, fissando il soffitto con aria contrita.
Gabrielle gli si fece
vicina, accoccolandosi contro di lui e gli diede un altro bacio leggero sul
collo. Joe chiuse gli occhi e le passò una mano fra i capelli, lasciandosi
sfuggire un mugolio soddisfatto, prima di voltarsi su un fianco per
abbracciarla. Le passò un braccio intorno alle spalle e lasciò che appoggiasse
la schiena contro di lui...
Di due cose era
assolutamente certo: era veramente innamorato e convincersi che non voleva
avere rapporti fisici con lei sarebbe stato perfettamente inutile...
Nel frattempo, il suo cellulare squillava
insistentemente e tristemente inascoltato... Il display contava già un'infinità
di chiamate che non avevano avuto risposta. Tutte da parte di Debra, la loro
manager.
E
rieccoci!x3 Come qualcuno già sa, questo sarà un capitolo un po' distruttivo,
ma la vera bomba arriverà nel prossimo... Penso di dovermi preparare ad essere
linciata sulla pubblica piazza. *mi avvierò al patibolo con il mio adorato
portatile sottobraccio ed il ricordo delle vostre belle recensioni nel cuore*
XD
Socia: tu hai già letto il
capitolo, ma vabbeh!XD Felice che tu abbia apprezzato la parte
"piccantella" dello scorso. Immaginavo avrebbe avuto un certo effetto
su di te!x3 Ora aspetto il tuo commento anche sull'ultima parte di capitolo e
sul fotomontaggio! Ti adoro, lo sai!<3
beautiful_disaster: eeeeh, io ci tengo un
sacco alle tue recensioni e ti voglio puntuale!x3 Joe è Joe, ha il suo fascino,
bisogna ammetterlo (e qui Tempe mi uccide per aver osato certi commenti
sull'uomo della sua vita!XD). Anche tu pro-Kev? Ma siete una marea!X°D L'uomo
della mia vita sta riscuotendo un successo paura... Voi continuate a
sostenerlo, che gli fa bene e intanto vedremo come si comporterà la nostra
Coco!x3
Aya: per la questione mail,
direi che ci siamo chiarite!x3 Per quanto riguarda la questione Joe/Coco/Kev,
non temere che i nostri Jonas pian piano riusciranno a riavvicinarsi. Ecco,
magari non in questo capitolo...xD Su quale sia la coppia "giusta",
beh, in amore è davvero difficile stabilire dove stia il "giusto" e
lo "sbagliato". Vedremo!=3
Agatha: come mi piacciono le
tue recensioni!** Sono perfette. Puntigliosissime analisi dei personaggi e di
questo ormai accertato triangolo. Non sei sola nella battaglia pro-Kevin e
chissà... Voi continuate a leggere e a fare il tifo per lui!=D
fefy88: come ho detto nella
risposta alla recensione di "Giorni", sono contentissima di rivederti
fra le recensitrici!x3 Credevo ti fossi persa... E io come faccio senza la mia
fedelissima? Per quanto riguarda Kev, già detto nell'introduzione allo scorso
capitolo, non è mica finita qui la fic...
sbrodolina: come hai detto tu, la
fic non è finita, quindi chissà... Kev avrà i suoi momenti di gloria. Oh, del
voto lo sapevo bene e infatti, ho fatto fermare Joe appena in tempo! Povero
lui...x3
Razu_91: peccaminoso?x3 Credo
che la mia scoia avrebbe da ridire... Comunque, se ti preoccupavano le chiamate
di Debra, avrai di che "divertirti" in questo capitolo!x3
Jollina: la stanza è il primo
collegamento con il passato di Coco che, forse, in futuro, tornerà a farle
visita sotto forma di... no, non lo dico!x3 Vedrai, vedrai!
Potterina: calma, respira!XD Joe
come vedi, non ha ancora rotto il suo voto. E non è detto che sarà il primo a
farlo... Ma chi leggerà, vedrà.x3 Per il ritardo sei perdonatissima, mi fa
tanto tanto contenta ritrovarti tra le recensitrici. Al prossimo commento, un bacio!=*
PaleMagnolia: *__* Una nuova
lettrice, bellobellobello. Mi ha fatto molto piacere quello che hai scritto,
davvero. In effetti non è facile scrivere su personaggi famosi, però, non so,
con i Jonas mi sono trovata subito a mio agio!x3 Spero che continuerai a
leggere e recensire!=)
E
stavolta, non finisce qui!x3 Prima di lasciarvi al capitolo, eccovi una chicca:
Oggi ho
trovato una foto che mi aggradava dell'attrice che ho usato per fare l'altro
fotomontaggio (giuro che è la stessa, anche se non sembra!XD E' multiforme 'sta
donna!) e ho fatto un altro lavoretto. Ecco a voi l'ormai più famoso triangolo
di tutto efp. Della serie: Lui-lei-l'altro... Chi sceglierà la bella?XD
Voglio
pareri, che ci ho lavorato un sacco... Non sapete la fatica per fondere
decentemente le foto di Joe e Kev!=_=
Al
solito, copiincollate l'indirizzo nella barra in alto!x3
Un bacio
a tutte, vi adoro!<3
- Capitolo 11° -
{
Abbiamo
troppa fantasia e se diciamo una bugia,
è una mancata verità che prima o poi succederà... }
Quello Che Le Donne Non Dicono - Fiorella Mannoia
Il suono
sgraziato del citofono squarciò il placido silenzio che regnava in casa. Nick
abbandonò a malincuore la sua tazza ti caffè ed il catalogo di chitarre che
stava sfogliando, per andare ad aprire.
A
chiunque avesse deciso di turbare uno dei suoi, ormai rarissimi, momenti di
quiete...
La
presenza di Kevin era segnalata soltanto dal suono scrosciante della doccia che
giungeva ovattato da dietro la porta del bagno. Joe e Coco, invece, dormivano
ancora.
Tornando
alla cucina, Nick lanciò uno sguardo al divano letto che, evidentemente, la
sera precedente non era nemmeno stato aperto. E non gli era difficile
immaginarne il perchè... Nè tantomeno dove potessero essere suo fratello e
Gabrielle, in quel momento.
Lui quella
porta non l'aveva aperta, più che altro per non intromettersi in qualcosa che
non lo riguardava. E che non voleva lo riguardasse. Ma non poteva giurare che
Kevin non l'avrebbe fatto, una volta che si fosse accorto di come stavano le
cose.
Tremò al
solo pensiero della scena che si sarebbe trovato davanti e simultaneamente
pregò che Joe non avesse buttato dalla finestra diciotto anni di solida
educazione cristiana in un'unica notte.
{Se
ha rotto il voto, giuro che io rompo lui.}
Pensò,
strizzando la foto patinata dell'ultimo, tecnologico modello di basso elettrico
in commercio.
-
DOV'E'!? Dov'è quel disgraziato!? - Debra si scaraventò nell'appartamento, il
solito, impeccabile chignon sostituito da una disordinata coda di cavallo, con
in mano un pacco di giornali e giornaletti. Entrò nella cucina, sbattendo i
rotocalchi sul tavolo con così tanta veemenza, che Nick dovette sollevare la
sua tazza al volo per impedire che si rovesciasse. - Dov'è tuo fratello
maggiore? - Ripetè la donna con la voce vibrante di rabbia.
- Kevin?
Si sta facendo la doccia... - Talmente intimorito che quasi balbettava.
- No,
non lui. - Rispose Debra gelidamente. - L'altro. -
***
Joe
emise un mugolio scocciato, allontanando con un gesto secco la mano che gli
scuoteva la spalla. Rituffò il viso nel cuscino, stringendo Gabrielle che
dormiva beatamente fra le sue braccia. Eppure, chiunque fosse, il proprietario
di quella mano non demordeva. Riprese a scrollarlo con insistenza e senza
troppa grazia.
- Joe! -
Sibilò Nick, arpionando la maglia a righe del fratello. - TI VUOI SVEGLIARE!? -
A quell'urlo infastidito fu, invece, Coco a rispondere.
-
Piccolo... - Sbadigliò, ruotando la schiena per voltarsi nella sua direzione. -
Cosa succede? - Nick sospirò, distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri di
lei, ancora velati di sonno. Non sapeva assolutamente come dirglielo, quali
potessero essere le parole giuste. Perchè, se per Joe poteva non essere un
novità... Gabrielle non aveva mai affrontato una cosa del genere.
- C'è...
un problema. - Cominciò. Lei si alzò, sciogliendo la dolce stretta di Joe che,
ancora con gli occhi chiusi, stava silenziosamente ascoltando quella
conversazione.
- Un problema?
Nick... parla, cosa succede? - Lo incalzò, piuttosto preoccupata
dall'espressione cupa di lui.
- Di là
c'è Debra. E non è esattamente di buon umore. - Coco sgranò gli occhi e, prima
che Nick potesse aggiungere altro, si voltò e scesa dal letto con un balzo
leggero, si affrettò verso il salotto.
- NO!
Aspetta...! - La richiamò inutilmente. A quel punto Joe si girò, puntando gli
occhi ormai svegli in quelli del fratello minore. Non ebbe bisogno di parlare,
per farsi capire.
- E' un
casino... - Sussurrò lui, tuffandosi entrambe le mani nei capelli. - Fossi in
te mi alzerei. E in fretta. -
Gabrielle
entrò nella cucina, rabbrividendo all'aria ghiacciata che soffiava dalla
finestra semiaperta. Debra era seduta al tavolo e stretta nella sua giacca di
tailleur color pervinca, fumava una sottile sigaretta bianca.
-
Buongiorno... - Salutò, cercando di sondare il reale stato d'animo della donna.
- No,
non direi che sia un buon giorno. - Soffiò una piccola nuvola di fumo
grigio, prima di lanciarle un giornale attraverso il tavolo. Quando Coco lo
sollevò e potè vederne chiaramente la copertina, sentì il terreno mancarle
sotto ai piedi. - Sì. - Disse semplicemente Debra, quando alzò gli occhi
azzurri su di lei.
In cima
alla pagina patinata che stringeva tra le mani tremanti spiccava una fotografia
di lei e Joe che si baciavano. Sullo sfondo l'inconfondibile sagoma della Tour
Eiffel... Si fece forza per cercare di ignorare i titoli colorati, stampati a
caratteri cubitali.
- Vorrei
sapere cosa avevate nella testa! - La aggredì la donna, sbattendo un pugno sul
tavolo.
- Noi...
- Cominciò Gabrielle, ma venne bloccata sul nascere. Debra si alzò di scatto
dalla sedia, brandendo quel che restava della sua camel light come
un'arma.
- Voi
siete DUE INCOSCIENTI! Ecco cosa... - Ringhiò. - Il Trocadero, dio mio, il Trocadero!
E' uno dei luoghi turistici più famosi della città... Chiunque passi di lì ha
almeno una macchina fotografica! - Coco si sentì improvvisamente stupida e
sprovveduta come una bambina. Abbassò di nuovo lo sguardo sulla rivista,
aprendola in cerca dell'intero articolo. C'erano quattro pagine di fotografie terribilmente
sgranate, costellate di didascalie sibilline che riuscivano ad insinuare tutto
e niente contemporaneamente, su quello che era stato solo un bacio.
- Non
stavamo facendo nulla di male... - Sospirò, rivolta più a sè stessa che alla
sua interlocutrice.
- Non ti
rendi proprio conto, vero? Lui è Joe Jonas. Non può permettersi di pomiciare
in strada come un ragazzino qualunque. - Il suo naso si arricciò alla parola
"pomiciare". Non era esattamente così che avrebbe definito ciò che
c'era stato fra loro... Si strinse nelle braccia, lasciando cadere il giornale
sul pavimento lucido. - Quelle foto scattate per puro caso, hanno fatto il giro
del paese... e molto probabilmente, del mondo in meno di quarantotto ore. E non
è di certo un bene, questo lo capisci almeno? - Esalò, spegnendo la sigaretta e
gettandola nella tazza vuota che Nick aveva lasciato sul tavolo. Poi Debra
afferrò un altro dei giornali e lo aprì più o meno a metà, mostrandole una foto
a doppia pagina, incorniciata da un articolo molto, molto simile a quello che
aveva visto poco prima. - E puoi provare ad immaginare cosa succederebbe, se si
sapesse che abitate sotto lo stesso tetto e... Gesù... - Si fermò,
appoggiandosi al piano di marmo per prendere fiato. - ...che sei quattro anni
più grande di lui. Ma, dio, come ti è venuto in mente di fare una cosa del
genere!? - Gabrielle si sentì mancare il fiato.
- Mi
scusi... - Abbozzò. - Ma cosa c'entra la differenza d'età? - Debra scosse
velocemente la testa, emettendo una sorta di risolino isterico.
-
C'entra che ci sono migliaia di ragazzine in tutto il mondo che seguono i Jonas
Brothers e che sono, in un modo o nell'altro, "innamorate" di Joe.
Ragazzine che spesso non hanno più di quindici o sedici anni...
Ragazzine che devono poter continuare a sognare di essere quelle giuste per
lui, che ne ha solo 18. Se viene fuori che sta con una ventiduenne, si
sentiranno immediatamente "piccole", escluse, tagliate fuori... E
smetteranno di essere fans! Questo, tesoro, non ce lo possiamo permettere. -
- Sì, ha
ragione. - Sussurrò Gabrielle, chinando il capo. Il peso di quei quattro anni
le piombò addosso improvvisamente, mozzandole il respiro in gola.
- E'
ovvio che ho ragione. - Esclamò, lisciandosi la manica del tailleur. - E lo è
altrettanto che la tua collaborazione con il nostro staff deve finire qui. Tu
sei una ragazza qualunque che ha sbattuto contro qualcosa di più grande di
lei... e non ha saputo gestirlo. Per questo devi stare lontana da Joe, d'ora in
poi... - Serrò gli occhi, deglutendo con decisione. Fu come se qualcuno le
avesse sferrato un pugno in pieno stomaco, privandola ti ogni forza. Si morse
un labbro, concentrandosi nel tenere i piedi solidamente piantati a terra... - Troveremo
il modo di mettere a tacere questa storia con una serie di dichiarazioni
studiate a tavolino. Ma funzionerà solo se tu sparisci, intendiamoci. -
- Non ci
intendiamo per niente, invece. - Intervenne Joe, entrando nella cucina. Si
avvicinò a lei e le passò un braccio dietro la schiena, attirandola nella sua
stretta. - Che cos'è questa storia? Coco resta dov'è. - Puntò gli occhi scuri
in quelli di Debra, guardandola con evidente astio.
Gabrielle
si strinse a lui, nascondendo il viso contro la sua spalla. Desiderò
immensamente di possedere la capacità di fregarsene, un po' di egoismo... Per
riuscire a convincersi che la cosa giusta era pensare a sè stessa e lasciarsi
proteggere dall'abbraccio di Joe, quando invece la sua mente le stava gridando
a chiare lettere che obbedire a Debra era la miglior soluzione. Almeno per il
bene dei Jonas Brothers.
- Per
l'amor del cielo, Joseph. Risparmiami queste scenate! - Tuonò la manager,
alzandosi per muovere un passo imperioso verso di loro.
-
GABRIELLE E' LA MIA RAGAZZA. - Sentì la mano di lui serrarsi intorno al suo
braccio, decisa ma non tanto da rischiare di farle male.
"La
mia ragazza". Aveva un bellissimo suono, detto da Joe. Peccato che
sarebbe stata la prima e l'ultima volta.
- Tu e
la tua... ragazza, siete finiti sui giornali scandalistici di mezzo
mondo. - Sibilò, impugnando una delle riviste e sbattendogliela davanti al
naso. Joe sgranò impercettibilmente gli occhi, nel leggere i titoli.
- Non mi
interessa. - Un lampo di pura furia passò negli occhi di Debra. Lanciò il
giornale a terra con una tale violenza che avrebbe potuto perforare le
piastrelle.
-
Ascoltami bene, ragazzino! Tu sei Joseph Adam Jonas e questo comporta delle
conseguenze. - Gli puntò contro un'unghia perfettamente curata, laccata di
bianco perlaceo. - Tra cui il rimanere perennemente single. Almeno per
le fans. Il che significa per la stampa. -
- Non la
lascerò per salvaguardare le inutili fantasie di qualche ragazzina! - A quel
punto, Coco capì di dover intervenire nella discussione. Chiuse gli occhi,
cercando di imprimersi a fuoco nella memoria la sensazione meravigliosa che le
dava stare fra le sue braccia... Poi prese un respiro profondo e si discostò da
Joe quel tanto che bastava per potergli parlare.
- Debra
ha ragione. - Abbassò lo sguardo verso di lei, spalancando gli occhi.
- Cosa?!
-
- Ha
ragione, Joe. - Ribadì. - Abbiamo combinato un casino e la cosa migliore, ora,
è che io me ne vada. -
- No...
Io... NO! - Balbettò lui, indietreggiando bruscamente. - Non puoi dirmi una
cosa del genere! - Gabrielle strinse i pugni, imponendosi di resistere.
- Cerca
di capire! - Sbottò.
- Io
capisco solo che mi stai dicendo che vuoi lasciarmi. Mentre io stavo per dire
che... ti amo. - Quella fu una vera e propria mazzata. Cercò di convincersi che
le ultime due parole non fossero mai uscite dalle sue labbra.
- Non
sto dicendo che voglio lasciarti! -
- Ah
no!? E cosa, allora? Perdonami, eh, ma non ci arrivo proprio. - Il suo tono si
fece improvvisamente più nervoso.
- Che devo.
E che tu ci creda o no, lo sto facendo per te. - Ed era l'unica nota positiva
in tutta quella storia.
- Oh,
sì, certo. Dicono tutti così! Ti spezzo il cuore, ma lo faccio per te...
- Coco fece per allungare una mano verso di lui, ma Joe si scostò con malcelato
fastidio.
- Non
fare così... -
- Così?
- Ripetè meccanicamente.
- Sì,
così. Come un bambino capriccioso! Mi sembra di sbattere continuamente contro
un muro cieco e, invece, vorrei che tu capissi! - Lasciò cadere il braccio
lungo il fianco, lottando contro la maledetta voglia che aveva di piangere.
-
Smettila. - Ringhiò lui. - Non c'è niente da capire... Al di là del fatto che,
evidentemente, credere che una che a ventidue anni non è mai stata con nessuno
potesse essere capace di amare, è stato un grosso errore. - Le puntò addosso
uno sguardo che la fece rabbrividire. - Non ne sei capace affatto. Sarà per
questo che sei sempre stata sola. -
-
Questo... Questo non dovevi dirlo. - Mosse un passo indietro, guardandolo con
occhi quasi terrorizzati, mentre Joe già si pentiva di essersi lasciato
scappare una frase del genere. - No. - Lo bloccò, ancor prima che potesse
aprire bocca. - Non aggiungere altro, mi sembra già abbastanza. - Detto questo,
si voltò e dopo aver afferrato al volo il suo cappotto rosso dall'attaccapanni
all'ingresso, uscì dalla porta.
Accompagnata
da uno schianto violento, proprio mentre la prima lacrima le rotolava lungo la
guancia.
- E allora
fa' come ti ha detto lei, SPARISCI! - Urlò di rimando all'uscio ormai chiuso. -
Al diavolo...! - Sibilò poi, tirando un calcio risentito alla sedia che gli
stava più vicina.
Debra,
che aveva assistito in silenzio a tutta la discussione, gli si avvicinò in
silenzio e si fermò a pochi passi da lui.
- Sembra
che, in un modo o nell'altro, tu sia riuscito a risolvere il problema, Joseph.
- Sospirò, raccogliendo i rotocalchi che erano sparsi a terra. - Adesso
dobbiamo solo organizzarti un incontro con i giornalisti, in modo che tu possa
dire le cose giuste e chiudere definitivamente questa faccenda. -
- Io non
dirò niente. Non ne ho la minima intenzione. - Soffiò.
- Poco
male. Hai tempo fino a domattina per abituarti all'idea. Adesso, se non ti
dispiace, vorrei che ti andassi a cambiare. Tu e i tuoi fratelli dovete essere
sul set fra mezz'ora. - Concluse la donna, sistemandosi con un leggero
strattone l'orlo della giacca.
Joe, dal
canto suo, rimaneva fermamente convinto che non avrebbe aperto bocca, a costo
di rimanere fermo e zitto davanti a microfoni e telecamere per tutta la durata
dell'intervista...
... e
che non avrebbe lasciato Gabrielle. Per nessun motivo.
***
Quando,
quella sera, al ritorno dalle riprese, Joe trovò la porta dell'appartamento
ancora chiusa a chiave, senti un grande vuoto. E una dolorosa morsa allo
stomaco.
Coco non
era tornata.
Rimase
fermo sulla soglia, con lo sguardo perso nella penombra del salotto, fino a che
Nick e Kevin non lo raggiunsero e lo sorpassarono, dandogli una leggera spinta
che lo fece tornare bruscamente alla realtà.
Il
fratello maggiore, l'unico ancora all'oscuro di quanto era successo, premette
sull'interruttore, illuminando la stanza e le espressioni contrite degli altri
due.
- Perchè
Gabrielle non c'è? Sapete qualcosa che io non so...? - Domandò, fulminandoli
con lo sguardo.
Poi si
diede un'altra veloce occhiata intorno e la sua attenzione fu catturata da
qualcosa che quella mattina, nella fretta di uscire, non aveva visto. Agguantò
la rivista che era stata lasciata, aperta, sul tavolino e dopo aver osservato
la fotografia che occupava l'intera pagina, si rivolse nuovamente a Joe,
ponendogli una tacita domanda... alla quale si capiva, esigeva una risposta
immediata.
- Se ne
è andata. - Rispose quello laconico, ma con una sfumatura di determinazione
nella voce. - E, a questo punto, non credo tornerà... -
Kevin
strizzò il giornale, riducendolo ad un informe cilindro di carta spiegazzata.
A quel
punto, Nick, anche solo per evitare che gli altri due si ammazzassero a
vicenda, si intrufolò nella discussione e spiegò brevemente l'accaduto...
Riducendo l'ultima parte ad uno sbrigativo e abbastanza neutro "Joe e Coco
hanno litigato". E poi lei era uscita sbattendo la porta.
Si
avvicinò al fratello maggiore, poggiandogli una mano sul braccio ancora teso
nello sforzo di stritolare il malcapitato rotocalco. Questo si voltò verso di
lui, facendosi forza per cercare di ignorare Joe e la sua espressione di
malcelata strafottenza.
- Perchè
non me l'avete detto subito? - Esalò.
-
Credevamo che sarebbe tornata. - Rispose il Jonas di mezzo per entrambi.
- Tu
zitto! - Gli puntò contro il giornale arrotolato. - Che sono praticamente certo
che hai combinato qualcosa. Per come conosco te e Nick, ci metterei una mano
sul fuoco che ti sta coprendo. - Detto questo, agguantò cellulare, chiavi di
casa e un cappello e li ficcò i malagrazia nelle tasche del cappotto che non si
era ancora tolto.
Poi
mosse un paio di passi verso la porta, rimasta aperta.
- Dove
vai, Kevin? - Mormorò Nick, con aria preoccupata.
- A cercare Coco. - Si
voltò, bloccando sul nascere la replica di Joe. - Ci vado io. -
Ecco, ora mi preparo, perchè non so davvero quali potranno essere le
vostre reazioni alla "bomba emotiva" di questo capitolo
Ecco, ora mi preparo,
perchè non so davvero quali potranno essere le vostre reazioni alla "bomba
emotiva" di questo capitolo... Penso che, principalmente, vorrete
linciarmi.XD A parte una certa socia che è riuscita a cavarmi con malefici
ricatti dei succulenti spoiler, beh, dubito seriamente che qualcuno si
aspettasse una cosa del genere...
Seriamente, non
uccidetemi... Anche perchè non crediate che i colpi di scena siano finiti qui!x3
Ora passiamo ai
ringraziamenti, che vi devo perchè come dico sempre, siete voi il vero motore
della mia fantasia e non smetterò mai di esservi grata per la passione con cui
seguite la mia storia!<3
Socia: tu, come al solito, già sai. Perciò quella fantomatica
pulce dovresti essertela tolta come minimo da ieri!x3 Joe è innamorato, sì,
come lo è Kevin. Hai detto bene, entrambi la vogliono e... entrambi in un certo
senso sono riusciti a prendere qualcosa da lei...
beautiful_disaster: ti perdono, ti perdono. Ma questa volta,
visto anche che popò di capitolo è, voglio una recensione-papiro come quelle
che mi piacciono tanto!x3
Aya: guarda, questo capitolo è assolutissimamente all'insegna
di Kevin. E Debra, beh. Debra e la sua scenata esagerata mi servivano come
causa scatenante per arrivare a ciò che è successo/succederà. E non è una
cosuccia proprio da nulla...
Agatha: oh sì, io adoro le recensioni chilometriche. Più sono
lunghe e più mi piacciono.** Immagino che questo capitolo ti offrirà parecchio
materiale su cui "lavorare". Non vedo l'ora (ma ho anche un po'
paura, ad essere onesta) di leggere cosa ne pensi!**
Jollina: come al solito, sei la donna dalle mille
domande!xD Leggi e avrai le tue risposte... As usually, manda i miei saluti
anche a Potterina e dille che aspetto anche la sua recensione. Io ci tengo a
sapere cosa pensate tutte voi!**
sbrodolina: ecco l'aggiornamento, anche se non so se sarà
tanto più salubre per te leggerlo, di quanto non lo sia stata l'attesa!x3 E, fra
poco, sarà anche il momento del tuo Nick. Ho qualcosa in serbo anche per lui...
Razu_91: ecco, ora sai come è andata avanti e immagino
quanti "oddio" ci saranno nella tua recensione a questo capitolo...
xD
Maybe: ti ho lasciata apposta per ultima, perchè devo
ringraziarti come si deve!** Al di là del fatto che mi fa sempre felicissima
trovare recensioni di nuove lettrici, la tua mi ha veramente colpita. L'ho
apprezzata non sai quanto e per molti motivi. Tra cui anche il sapere che sei
mia coetanea, perchè per me è davvero "speciale" pensare che la mia
fic riesca a piacere anche a lettrici un po' più attempate che di solito
snobbano certi fandom (e lo facevo anche io, prima di incocciare nei Jonas!=P).
Mi hai resa veramente orgogliosa di questa storia, della mia Coco e del mio
modo di scrivere.x3 Per cui un grazie enorme, davvero. E sono più che felice
che continuerai a seguirmi.** Un bacio anche per questo!=* (La faccenda degli
anni, me ne ero accorta anche io a dire il vero, ma finora era passato
inosservato e quindi ho procrastinato il momento di correggere l'errore!XD *me
pigra* Lo farò ora e avviserò le lettrici!^^)
Avviso: ho sbagliato un
conto: Coco è dell'86, Joe dell'89 quindi sono tre gli anni di differenza fra
loro e non quattro, come avevo scritto!x3 Andrò a correggere. Distrazione mia,
sorry!=P
Vi lascio al capitolo,
gioie. E vi prego solo di una cosa: quando avrete letto... Abbiate pietà di me.
Non uccidetemi!x3
- Capitolo 12° -
{ Desiderio che
adesso pretende di te...
Come un fuoco che si
accende da sè. }
Stanotte Stai Con Me - Laura Pausini
Kevin alzò lo sguardo
sull'insegna luminosa dell'ennesimo locale, sospirando profondamente.
Erano ormai due ore e
passa che girava senza sosta alla ricerca di Coco. Aveva chiamato Monique, come
prima cosa, ma quando lei gli aveva risposto che non sapeva dove fosse la
sorella, aveva avuto il buon senso, o buon gusto, di non allarmarla. Glissando
elegantemente, per quanto gli riuscisse nello stato in cui versava.
Si sfilò il cappello,
scuotendolo per liberarlo dai fiocchi di neve che avevano cominciato a cadere
impietosi dal cielo. Il fiato gli uscì dalle labbra in una nuvoletta calda che
si perse rapidamente nel buio della notte, mentre si faceva forza e spingeva la
grossa maniglia della porta d'ingresso. Era stanco, il freddo gli tagliava le
gambe e le birre che aveva bevuto in alcuni dei pub in cui aveva già cercato,
seppure non fossero poi molte, cominciavano a farsi sentire.
Entrò nel piccolo
caffè, facendosi strada fra i tavolini stipati di bicchieri.
L'aria odorava
intensamente di anice e arancia, esattamente come il liquore che i baristi
usavano per correggere il the. E di the bollente se ne beveva a fiumi, in
quelle gelide serate di inizio inverno...
Si guardò intorno con
aria preoccupata e dopo qualche minuto, con un infinito senso di sollievo, la
vide. Coco era seduta ad un tavolo microscopico, in un angolo della sala.
Stringeva fra le mani una grossa tazza di ceramica blu ed il suo sguardo era
fisso davanti a sè, perso in chissà quali pensieri.
Pagò velocemente una bionda media, allo scopo, almeno, di
risparmiarsi le occhiatacce che l'uomo dietro il bancone continuava a
lanciargli da quando era entrato.
Si sedette sulla sedia
di fronte a quella di lei, sollevando un debole sbuffo di aria ghiacciata.
Gabrielle rabbrividì,
ma oltre a quello non diede altro segno di essersi accorta della sua presenza.
- Coco... - Mormorò,
incerto su come comportarsi. Lei sbattè le ciglia un paio di volte e poi fissò
lo sguardo su di lui, con un'espressione stupita. Come se lo vedesse in quel
momento per la prima volta.
- Ke... vin. -
Singhiozzò, la voce impastata, mentre una lacrima quasi invisibile le rotolava
lungo la guancia arrossata. - Cosa... - Si interruppe di nuovo, lasciando quasi
cadere la tazza semivuota sul piano di legno scuro e si passò una mano sulla
fronte.Poi si aggrappò al bordo del
tavolo, come se si trovasse in equilibrio precario, piuttosto che saldamente
seduta su una sedia.
E a quel punto, Kevin
cominciò a capire. Lanciò uno sguardo sbieco al poco liquido ambrato
accoccolato sul fondo della tazza, che sapeva inconfondibilmente di anice... e arancia.
- Ascoltami, Coco,
forse dovremmo tornare... - Lei si alzò di scatto, mandando la sedia a sbattere
contro il muro con uno schianto che, nel silenzio del pub quasi vuoto,
rieccheggiò come un rombo di tuono.
- NO...! Io... non... -
Biascicò, cercando di reggersi sulle gambe tremanti, mentre con le mani si
scostava un ciuffo scuro dagli occhi spenti. Fece per muovere un passo, ma
venne colta dall'ennesimo, violento giramento di testa...
E sarebbe finita molto
probabilmente lunga e distesa sul pavimento, se Kevin non si fosse alzato a sua
volta, allungando le mani verso di lei per prenderla al volo. Gabrielle gli
piombò addosso, con un tonfo leggero e si rannicchiò fra le sue braccia.
In quel momento
sembrava incredibilmente piccola,
minuta più di quanto non fosse di solito, fragile.
- Non voglio... Joe... - Sussurrò, il viso pallido
nascosto contro la spalla di lui. - Non voglio... -
- Quanto the hai
bevuto...? - Domandò, accarezzandole amorevolmente i capelli.
Cercò di ignorare il
fatto che, delle tre parole che lei era riuscita miracolosamente a mettere
insieme, nonostante fosse ubriaca quasi al limite dell'incoscienza, una era il
nome di quell'idiota di suo fratello.
- Io... Mi gira la
testa. - Fu l'unica risposta che riuscì ad ottenere. Strinse la presa intorno
alle spalle di Gabrielle, un po' per paura che gli scivolasse via dalle mani, di nuovo... E un po' per il guizzo di
rabbia che aveva lampeggiato anche nei suoi occhi verdi, al pensiero di ciò che
Joe poteva averle fatto, per indurla a scappare e a ridursi così.
Mentre, ancora perso
nei suoi pensieri, rimaneva fermo sui due piedi in mezzo al locale, il barista
poggiò lo strofinaccio che aveva in mano e gli si avvicinò.
- Scusami. - Lo chiamò,
poggiandogli una mano sulla spalla. - Credo che la tua amica, qui, abbia bisogno
di stendersi nel suo caldo lettuccio, ora. E domani mattina ne avrà di un
antidolorifico. Era seduta lì da ore e ha ordinato almeno tre tazze di quel the
corretto... Ti assicuro, io che lo preparo, che è parecchio forte. - Kevin
annuì, domandandosi in silenzio come fosse possibile che il solo pagargli una
birra avesse potuto ben disporre quel tipo nei suoi confronti.
- La mia intenzione era
proprio quella di portarla a casa... - Gli assicurò, cercando di aiutarla a
rimanere in bilico sulle sue gambe.
- No... No! - Ripetè
Coco, tentando inutilmente di fare resistenza al senso di torpore che la stava
avvolgendo. - A casa no. Ti prego... - Singhiozzò, con lo sguardo puntato a
terra mentre si artigliava alle spalle di lui..
Kevin tornò a
rivolgersi all'uomo con uno sguardo eloquente. Cosa poteva fare? Di certo non
trascinarla conto la sua volontà, in quello stato fino a casa, sotto la neve.
- Chiaro... - Sospirò
quello, passandosi una mano fra i corti capelli rossicci. - Ascoltami,
l'albergo qui a fianco è più o meno gemellato al mio bar... I loro clienti
vengono a fare colazione qui e viceversa. Se prendi una stanza per stanotte, io
ti tengo d'occhio lei mentre vai a farti dare le chiavi e poi vi faccio passare
da qui per arrivare alla camera... Dal retro è un attimo. - Soppesò mentalmente
la possibilità, cercando di calmare Gabrielle che ancora piangeva.
Probabilmente era
l'unica cosa sensata da fare... o l'unica alternativa al rimanere lì così,
tutta la notte.
- Ok. - Acconsentì. Poi
fece sedere Coco sulla sedia più vicina e le si inginocchiò davanti. - Torno
subito... - Mormorò, accarezzandole il viso. Raccolse con la punta delle dita
una lacrima, spazzandola via.
Svuotò l'ultima metà
della lattina di Jenlain Blonde che
aveva comprato, mentre usciva dalla porta a passo sostenuto.
***
Si chiuse la porta
della camera alle spalle, facendo girare due volte la chiave nella toppa.
Era una stanza
piuttosto piccola ed arredata con mobili decisamente vecchio stile, ma per
quello che serviva a lui, non aveva niente in meno di una reggia.
Lanciò uno sguardo alla
finestra, nascosta dalle spesse tende di pizzo macramè e pregò che non ci
fossero fotografi nel giro di almeno dieci chilometri da lì. L'ultima cosa di
cui aveva bisogno era di finire sui giornali... come aveva fatto Joe.
Tese l'orecchio, ma la
strada gli rimandava solamente il silenzio attutito della neve che continuava a
scendere.
Sospirò, leggermente
sollevato, prima di alzare Coco quasi di peso dal pavimento. La strinse fra le
braccia, sorprendendosi quasi che fosse tanto leggera...
Si avvicinò al grosso
letto a baldacchino, con l'intenzione di sdraiarla sulle coperte ancora
perfettamente in ordine. Ma non aveva fatto i conti con Gabrielle, con le sue
piccole mani agitate...
... E sicuramente non
con il destino, il caso o chi per
essi.
Successe tutto in modo
assurdamente improvviso e veloce. In un secondo.
Il più breve ed insieme
lungo secondo dei suoi primi ventuno anni di vita...
Mentre la lasciava
andare, Coco gli afferrò il bavero del cappotto... convinta,
nell'inconsapevolezza, forse, di stare per cadere. Con uno strattone
involontario lo attirò insieme a lei.
Finirono entrambi sul
materasso, sgocciolando fiocchi di neve ormai sciolta dai loro cappotti ancora
indossati.
E Kevin si trovò
improvvisamente ingabbiato.
Gli occhi fissi in
quelli lucidi di lei, che lo guardava immobile, indifesa. Maledettamente indifesa...
Nella sua mente, già
duramente provata dalla stanchezza e dall'alcool, presero a susseguirsi una
serie dipensieri contrastanti.
Gabrielle era ubriaca,
molto probabilmente non si rendeva nemmeno conto di ciò che stava succedendo.
Gabrielle era
fidanzata. Nonostante tutto, era ancora la ragazza di Joe.
Gabrielle era
incredibilmente bella, anche con le guance rosse di lacrime ed i capelli resi
un po' crespi dall'umidità della notte parigina.
E non aveva mai voluto
nulla così profondamente, intensamente, disperatamente
come voleva lei in quel momento...
Si elencò mentalmente
tutti i "contro", tralasciando volutamente i pochissimi
"pro". Tutti.
Fino ad arrivare al
fantomatico voto.
A quella fedina che
luccicava, occhieggiando sinistramente, saldamente infilata al suo dito.
Rimorso, senso di colpa
e perfino un velo di paura...
Tutte cose che
svanirono, scoppiando come una fragile bolla di sapone, quando si chinò a
poggiare la bocca su quella di lei. Coco sussultò leggermente, emettendo un
piccolo sospiro, prima di socchiudere le labbra sotto quella dolce pressione.
In quel preciso
momento, mentre i loro respiri si mischiavano e la mano di Gabrielle affondava
nei ricci scuri di lui, entrambi avvertirono la loro parte razionale, già quasi
completamente annullata dalla birra e dal liquore, scollegarsi definitivamente.
I cappotti finirono
velocemente sul pavimento, mentre le dita di Kevin si insinuavano lentamente
oltre l'orlo della maglia di lei. Tuffò il viso fra i suoi capelli,
solleticandole il collo con il suo caldo respiro, prima di poggiarci le labbra.
Sorrise, nel sentire le
mani di lei scendere sulle sue spalle per sfilargli la kefiah bianca e nera.
E poi la baciò,
catturando di nuovo le sue labbra, mentre Coco prendeva a sbottonargli il
maglione e poi la camicia, con una rapidità che non avrebbe mai avuto, se le
mani fossero state sotto il suo diretto controllo...
Entrambi gli indumenti
andarono a far compagnia a quelli già sparsi in giro, seguiti ben presto da due
paia di jeans ed il dolcevita di Gabrielle... che si strinse a lui,
rabbrividendo leggermente. Gli passò le braccia intorno al collo, sospirando,
nel sentire che le sue scendevano a cingerle i fianchi con fare dolcemente
possessivo.
Incastrati
perfettamente l'uno nell'altra, come le tessere di un puzzle che aspettava solo
di essere ricomposto...
Erano praticamente
pelle contro pelle e la sua, secondo Kevin, aveva qualcosa di irresistibile. Le
accarezzò la schiena, soffermandosi con le dita premute contro il gancio del
reggiseno... Il respiro decisamente irregolare e la fonte appoggiata a quella
di lei.
Come per aspettare un
suo segno, prima di varcare la vera
linea proibita.
Quando Coco gli prese
il viso fra le mani, depositandogli un rapido bacio sulle labbra, l'ultimo,
microscopico brandello diragionevolezza
che gli era rimasto andò letteralmente a farsi benedire, insieme al senso del
limite.
***
{ Ma è vero che sta tremando il tuo respiro?
Ma sì, che è proprio vero...
Come mai i tuoi occhi ora stanno piangendo?
Dimmi che era un sogno e ci stiamo svegliando. }
Dammi Solo Un Minuto - Pooh
Alle sei meno un quarto
esatte, il primo, pallido raggio di luce si intrufolò nella stanza, illuminando
il pavimento cosparso di vestiti arruffati alla bella e meglio.
Gabrielle emise un
gemito lamentoso, cercando di ignorare il lancinante mal di testa che aveva
deciso di darle la sveglia, quella mattina.
Si sentiva esausta,
quasi come se le fosse passato sopra un treno, o chissà cosa... Le braccia
deboli e pesanti si muovevano lentamente e con estrema fatica e gli occhi non
volevano saperne di aprirsi sulla realtà. Si girò su un fianco, avvertendo il
morbido tepore della trapunta accarezzarle la pelle...
Pelle?! Si alzò di scatto, lottando contro il senso di nausea
che la stordiva e dischiuse lentamente gli occhi, stropicciandoseli per
alleviarne il bruciore.
Sussultò, quando il
lenzuolo scivolò via, accoccolandosi intorno ai suoi fianchi e l'aria fredda si
scontrò con la pancia scoperta. Abbassò lo sguardo sul suo corpo e un profondo
senso di panico la avvolse, quando si accorse di essere completamente nuda.
Sbiancò, guardando
l'armadio di legno scuro alla destra del letto e realizzando di non
riconoscerlo affatto...
Non riusciva a capire,
sentiva che le mancavano dei pezzi... C'era un grande buco nero nella sua
memoria che comprendeva come minimo le ultime dodici ore. Ricordava
perfettamente gli avvenimenti del mattino precedente.
Un singhiozzo sussultò
a metà strada fra il suo stomaco e la gola, al pensiero del litigio con Joe.
Scosse la testa,
ricacciando indietro le lacrime... E si costrinse a concentrarsi sulla
meccanica ricostruzione degli avvenimenti che aveva appena intavolato.
Era rimasta fuori per
quasi tutto il giorno, gironzolando per le pittoresche viette del quartiere
latino. Piluccando una brioche salata, mentre cercava di distrarsi...
Anche se il viso di Joe
la tormentava, riflesso in ogni singola vetrina davanti alla quale provava a
soffermarsi.
Si era rifugiata in un
piccolo caffè, solamente quando aveva cominciato a fare buio.
Aveva ordinato una
tazza di the bollente, quello lo ricordava chiaramente, ma poi... nebbia.
Nebbia assoluta...
Solo qualche immagine
indistinta, ma non poteva giurare di essere sicura di quello che aveva visto.
C'erano state lacrime, questo lo sapeva. Si sfregò le tempie doloranti,
cercando di sforzarsi... Niente di niente.
L'illuminazione arrivò
improvvisa e violenta come un pugno nello stomaco: abbassando lo sguardo, la
sua attenzione fu come calamitata da una macchia chiara sul pavimento.
Appena riuscì a mettere
a fuoco la familiare kefiah bianca e nera, un flash breve ma nitido le
lampeggiò davanti agli occhi, come una fotografia rubata...
Le sue mani che
sfilavano quella stessa sciarpa e la lasciavano cadere a terra di malagrazia...
E poi... tutto il
resto.
Sgranò gli occhi, nel
momento stesso in cui giungeva all'inevitabile conclusione di quel
ragionamento. Le sue labbra si socchiusero in un grido muto, mentre con le mani
tremanti come fuscelli raccoglieva le coperte, tirandosele fin sopra il seno.
Non poteva essere successo davvero...
Purtroppo per lei, un
mugolio soffocato arrivò dalla sua sinistra, come agghiacciante conferma,
accompagnato dal fruscio delle lenzuola. Si voltò con una lentezza estenuante,
terrorizzata da ciò che avrebbe potuto vedere.
Quando incrociò gli
occhi verdi di Kevin, socchiusi, ancora impastati di sonno e vide chiaramente
le sue spalle nude, si sentì morire dentro.
Una unica lacrima le
sfuggì, rotolando sulla guancia pallida, prima di tuffarsi nel groviglio scuro
dei suoi capelli.
- Ti prego... - Pigolò,
stringendosi convulsamente addosso il piumino d'oca. - Dimmi che è stato solo
un sogno... -
L'unica cosa che
ottenne da lui fu un lungo, tremendo silenzio.
Ma, accompagnato da quello sguardo, risultò la più eloquente delle risposte.
Che fatica. Sissignore.
Una fatica immane, questo capitolo... Credo sia stato il più difficile finora
da scrivere... E mi ha preso talmente tanto tempo, che questa volta non posso
ringraziarvi una per una. E questa cosa mi dispiace immensamente, perchè invece
ve lo meritereste.
Per il supporto e la
voglia di scrivere che le vostre meravigliose recensioni mi infondono. Love you
all.<3
Prometto che la
prossima volta tornerò con i ringraziamenti ad personam. Promettoprometto.
Però ce l'ho un modo
per farmi perdonare, sissì.
Vi lascio una
sorpresina, anzi due, in fondo al capitolo... Ditemi poi se vi sono piaciuti.
Alla prossima, gioie.
- Capitolo 13° -
{ Non puoi dimenticarla
una bugia, quando parla.
E sbaglierà le parole,
ma ti dirà ciò che vuole... }
La Paura Che - Tiziano Ferro
- No...! - Singhiozzò
Gabrielle, scuotendo lentamente la testa. Ancora non riusciva a convincersi che
fosse successo davvero.
Aveva fatto sesso per
la prima volta, praticamente subito dopo aver dato il primo bacio.
L'aveva fatto con il
fratello del ragazzo di cui era innamorata.
Ma, soprattutto,
l'aveva fatto con un amico.
Probabilmente il più
dolce e caro amico che avesse mai avuto...
E quando quel tipo di
sentimento va "oltre", ci
si può aspettare tutto il bene... o tutto il male possibile. Questo era chiaro
perfino a lei che, con l'amore, mai come in quel momento si era sentita alle
prime armi. Si strinse nelle spalle, sfregandosi le braccia nude e infreddolite
con le mani.
- Coco, ascoltami. -
Cominciò Kevin, alzandosi e allungandosi verso il pavimento per recuperare i
suoi vestiti. - E' successo tutto per sbaglio. -
Lei che, imbarazzata,
aveva distolto lo sguardo, tornò improvvisamente a puntarglielo addosso.
- Era la prima volta,
per me. - Mormorò, asciugandosi la guancia con il dorso della mano. - Non
l'avevo mai... - La voce le si spezzò in gola. Sospirò, reprimendo a fatica
un'altro singhiozzo.
Si fissarono in
silenzio per un brevissimo istante, prima che lui chinasse il capo, passandosi
una mano fra i ricci con aria sconsolata. Vederle quell'espressione disperata
sul viso lo uccideva.
- Scusami. - Soffiò. -
E' tutta colpa mia. Tu... Non capivi nemmeno cosa stava succedendo. -
- Come... Perchè? -
Quella conversazione stava assumendo un tono del tutto surreale.
- Eri ubriaca persa,
Coco. Non potevi sapere quello che stavi facendo. - Le spiegò.
- Ubriaca? - Ripetè
meccanicamente. E improvvisamente l'aroma pungente di anice stellata tornò a
fare capolino fra i suoi ricordi, mentre il suo stomaco si contraeva al solo
pensiero dell'esorbitante quantità di the e alcool ingeriti.
Non credeva di poter
essere arrivata a tanto. Bere fino a perdere il controllo...
Questo spiegava anche
perchè fisicamente si sentiva peggio che se l'avessero picchiata. E perchè le
sue certezze su quello che era successo durante la notte si aggrappavano
solamente ad una serie di immagini sfocate... Oltre che agli occhi
maledettamente verdi e colpevoli di Kevin.
Lui annuì, stringendosi
le coperte intorno alla vita. Era assurdo come entrambi si sentissero così
profondamente in imbarazzo, pur avendo appena passato la notte insieme.
- E tu? - Esclamò
improvvisamente Coco. - Tu non lo eri, Kevin? -
Sgranò
impercettibilmente gli occhi, intuendo le sfumature nascoste in quella domanda.
E rimase zitto, alla disperata ricerca di una risposta che riuscisse a non far
male a nessuno.
- NO. - Lo incalzò lei.
- Qualcosa doveva esserci di diverso... Perchè io non crederò mai, mai, che tu abbia potuto approfittarti
volontariamente di me. - Concluse, piantando di nuovo gli occhi in quelli di
lui.
- Non quanto te. E non
voglio giustificarmi, nascondendomi dietro quelle tre o quattro birre che ho
bevuto. - Rispose, cercando di ritrovare un po' di determinazione. - Se vuoi
dare la colpa a me, Gabrielle, fallo. Ne hai ogni, sacrosanto, diritto. Però,
ti giuro che non ho mai avuto l'intenzione di ferirti o... approfittarmi di te.
- Sputò fuori le ultime tre parole come fossero avvelenate. Gli faceva male
solo pensare di dire una cosa del genere.
- E' stato un errore,
sì. - Sussurrò di rimando, allungando una mano per sfiorare quella di lui,
ancora nervosamente serrata intorno all'orlo del piumone. - Ma non solo tuo,
Kevin. Bisogna essere in due per fare... Quello che abbiamo fatto. -
- Coco... - Tentò lui,
rilassando leggermente la presa per intrecciare le dita alle sue. Azzardandosi
a toccarla per la prima volta, da quando si erano svegliati.
- Non voglio più
sentirti dire che è stata colpa tua. - Sussurrò, lo sguardo di nuovo basso e i
capelli arricciati sulle guance a nascondere due lacrime fuggitive.
- Ma era la tua prima volta ed io te l'ho rubata.
Avresti dovuto poter scegliere tu quando, dove... e con chi farlo. Avrebbe dovuto essere un'esperienza... unica. -
Gabrielle inclinò leggermente il capo, fissando l'attenzione sulla mano che
stringeva la sua. Sul piccolo anello d'argento così simile a quello che aveva già
visto... al dito di Joe.
Alzò gli occhi di
scatto, realizzando repentinamente un'altro particolare.
- Anche per te... -
Esalò. - Kevin, tu hai fatto lo stesso voto di Joe? Era la prima volta anche
per te? -
- Ti ha parlato del
voto? -
- Sì. Ha dovuto farlo
per spiegarmi... - Si interruppe, troppo imbarazzata per dirgli che era
arrivata molto vicina a fare l'amore anche con Joe.
- Perchè lui, al
contrario di me, si è fermato prima.
- Concluse per lei, in tono amareggiato.
- Non è questo il
punto. Ma è un altro buon motivo per non dirgli nulla... -
- Non... - Riprese,
scuotendo leggermente la testa.
- No. Lo ferirebbe a
morte... E per uno sbaglio non ne
vale la pena. Non posso fargli questo. - Si avvolse con cura il lenzuolo
attorno ai fianchi e scese dal letto, stringendoselo al petto. - So che ti
chiedo tanto, ma, ti prego, lasciamo che questa notte rimanga un segreto fra me
e te... - Kevin rimase immobile, tralasciando volutamente di risponderle.
- E tu... Non ti
ferisce l'idea di raccontargli una bugia così grande? - Le chiese, invece,
leggendole l'angoscia negli occhi.
- La sola idea mi
uccide. - Mormorò, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. - Ma,
almeno, sarò io a portare il peso di questo errore... non lui. - Detto questo,
raccolse i suoi vestiti e sparì oltre la porta del bagno.
***
Quando Coco uscì,
stringendo il lenzuolo piegato fra le mani, anche Kevin si era rivestito,
riportando un senso di irreale normalità. Rimasero in religioso silenzio,
mentre lei si raccoglieva i capelli in una coda bassa, spettinata e lui fingeva
di osservare la neve sui tetti, fuori dalla finestra.
- Non dirò niente a
Joe, se me lo chiedi tu. - Sebbene quello di lui fosse stato poco più che un
sussurro, spezzò il silenzio come uno schiocco.
Gabrielle si voltò
nella sua direzione, incontrando le sue spalle contratte. Continuava a fissare
ostinatamente un punto indefinito oltre il vetro umido.
- E' l'ultima cosa che
vorrei fare, chiederti una cosa del genere, però, in questo caso, è il minore
dei mali. - Rispose,mentre ricadeva il
silenzio. Pesante come una cortina di velluto scuro. Poi si chinò per
raccogliere il suo cappotto, che stava ancora a terra.
Nel sollevarlo, si
accorse che non era il solo indumento rimasto sul pavimento. Poco distante, la
kefiah di Kevin spuntava per metà da sotto il letto... La raccolse, titubante e
la scrollò dalla polvere, ripiegandola con cura. Non voleva nemmeno domandarsi
se c'era un qualche significato nel fatto che lui avesse dimenticato quella
sciarpa.
Quella sciarpa, regalatagli da lei...
Girò di nuovo su sè
stessa e, stringendola in mano, gli si avvicinò. Si fermò alle sue spalle,
esitando nel poggiare la mano sul suo braccio teso.
- Vorrei poter almeno ricordare le sensazioni... - Mormorò. - Mi
piacerebbe poterti dire, nonostante tutto... Che è stato bello. - Suonava
parecchio come un tentativo mal riuscito di scuse, eppure era la verità.
Nonostante tutto... Lo avrebbe voluto davvero. Anche solo per il bene che voleva a
Kevin. Per cancellare dai suoi occhi tutto quel maledetto senso di colpa...
Lui distolse per un attimo lo sguardo dalla finestra, puntandolo
su Coco. E sul pezzo di stoffa che teneva fra le mani... Le accarezzò una
guancia e le sollevò appena il viso, senza smettere di fissarla negli occhi.
- Ti giuro che è stato molto, molto di più. -
Ribattè, scendendo con l'altra mano a sciogliere la sciarpa dalla stretta di
lei. Poi la tese e se la sistemò intorno al collo, mentre le labbra di
Gabrielle si tendevano in un piccolo sorriso.
Si mossero contemporaneamente, quasi avessero previsto l'uno le
intenzioni dell'altro. Coco gli si avvicinò, poggiando la testa contro la sua
spalla, mentre lui le passava le braccia intorno ai fianchi.
Sentì un brivido correrle lungo la schiena ed il suo corpo si
mosse quasi da solo, come se avesse riconosciuto e volesse rispondere al tocco
leggero delle mani di Kevin. Fece scivolare le braccia sopra quelle di lui,
fermandosi con le mani sulle sue spalle.
- Scusami, Coco. - Sospirò, di nuovo, affondando il viso fra i
capelli di lei. - Non avrebbe mai dovuto succedere... -
- Smettila di scusarti. E fai quello che devi fare... - Si
allontanò leggermente, senza sciogliere l'abbraccio di lui. - Riportami a casa.
- Concluse, mordicchiandosi nervosamente le labbra.
Scappare così era già stato abbastanza stupido, ma pensare di
poter sfuggire per sempre al confronto con Joe rasentava la follia...
Per l'ennesima volta, Kevin non rispose. Annuì in silenzio,
chinandosi per poggiarle un bacio sulla fronte.
***
{ Building up the strength just
to say... "I'm Sorry". }
Sorry - Jonas Brothers
- Finalmente! - Esclamò
Nick, quasi saltando su dal divano, quando li vide rientrare. - Sono le sette
del mattino, vi rendete conto? -
- Scusa, Nick. Avrei dovuto telefonare, ma mi è proprio uscito di
mente. - Per non dire che era slittato decisamente in fondo alla lista delle
cose a cui avrebbe potuto pensare, quella notte.
- Per lo meno siete tornati tutti interi. - Sbuffò, mentre Coco si
allontanava in silenzio per riporre il cappotto sull'attaccapanni. - E' un
casino inenarrabile qui, lo sai? - Continuò, rivolgendosi solamente al
fratello. - Mentre tu non c'eri, Debra ha chiamato di nuovo e ha fatto un altro
cazziatone a Joe, per la storia dell'intervista saltata... E di Coco. Quella
vuole farla andare via. - Abbassò improvvisamente il tono di voce e lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi, serrando i pugni.
Stringendoli tanto che le sue nocche impallidirono.
Cosa che a Kevin non sfuggì...
- E lui? - Domandò, poggiandogli una mano sulla spalla con fare
comprensivo.
- Joe è chiuso in camera da ieri sera. E non ha intenzione di
ripresentarsi davanti alle telecamere... Nemmeno per girare il documentario.
Non vuole sentire ragioni. -
- Il solito immaturo... - Ringhiò.
- Beh... Questa volta non me la sento di biasimarlo completamente.
La storia di Coco l'ha ucciso... Dovevi vederlo, dopo che te ne sei andato. Lui
credeva davvero che sarebbe tornata indietro. -
- E invece gliel'ho dovuta riportare io. - Sospirò.
- Sai, sono convinto che questa volta faccia sul serio. - Ribattè
Nick, spostandosi un riccio ribelle da davanti agli occhi. Kevin lo fissò in
silenzio, ma evitò volutamente di continuare il discorso.
- Adesso passami il telefono, devo parlare con Debra. - Gli disse,
invece. - Perchè nostro fratello resta un emerito idiota, ma su una cosa,
adesso, sono d'accordo con lui: Gabrielle non va da nessuna parte. -
Gabrielle, invece, in un certo senso aveva deciso di andarsene. Uscì silenziosamente dal
salotto, cercando una scusa per convincere sè stessa che non stava scappando di
nuovo. Si avvicinò alla porta della camera di Monique e, quando vi fu davanti,
involontariamente si fermò per lanciare un'occhiata a quella della stanza a
lato.
Fino a quel momento, altrettanto rigidamente serrata.
E probabilmente era destino, perchè, poco prima che lei decidesse
di distogliere lo sguardo, la maniglia scattò e Coco si ritrovò occhi negli
occhi con Joe.
Lui si bloccò, con le dita ancora strette intorno al pomello
d'ottone e la voce bloccata in un punto imprecisato a metà fra lo stomaco e la
gola.
Si scambiarono uno sguardo tanto intenso e bruciante da sembrare
quasi fuoco vivo... Prima che Gabrielle interrompesse il contatto, spalancando
la porta per rifugiarsi nella camera della sorella. Si mosse velocemente e
all'improvviso, ma Joe fu più pronto di lei. Si ritrovarono entrambi
all'interno ancor prima che il meccanismo di chiusura scattasse di nuovo.
Coco si voltò bruscamente, girandogli le spalle.
Passarono dei secondi interminabili, mentre entrambi rimanevano
immobili, annegati in un silenzio denso e pesante.
Poi, improvvisamente, Joe mosse un paio di passi in avanti facendo
scricchiolare il vecchio parquet di ciliegio e la sua voce le arrivò alle
orecchie da un posto molto, molto meno lontano di quello in cui lei si
aspettava che fosse.
Le si fermò alle spalle, alla distanza minima che gli permettesse
di non toccarla, ma comunque così vicino da solleticarle il collo con il suo
respiro.
- Scusami... - Mormorò, prima che un leggero singhiozzo gli
frenasse le parole.
Gabrielle sobbalzò, avvertendo chiaramente il ritmo sussultorio
con cui il fiato gli sfuggiva dalle labbra. Si girò proprio nel momento in cui
la prima lacrima scendeva dalle ciglia scure.
Lo guardò ancora per un attimo negli occhi, ormai lucidi, poi lo
abbracciò senza dire nulla e nascose il viso nell'incavo del suo collo, mentre
Joe la stringeva come se avesse paura che potesse fuggire da un momento
all'altro.
Gli accarezzò dolcemente la schiena e le braccia, mentre lui
continuava a ripeterle all'infinito quell'unica parola, "scusami",
con la voce incrinata dal pianto. Era letteralmente aggrappato a lei, come
fosse il suo unico punto fermo.
Fece scorrere le sue piccole mani fino alle spalle tremanti di
Joe, fermandosi solo per scostarlo quel tanto che bastava a guardarlo negli
occhi.
- Scusami... - Bisbigliò un'ultima volta, prima che Coco lo
zittisse, poggiando le labbra sulle sue.
Calde e salate di lacrime, contro quelle asciutte e fredde di lei.
Si allontanò dopo qualche secondo, ma lui quasi non le lasciò
riprendere fiato. Affondò una mano fra i suoi capelli, attirandola nuovamente
verso di sè.
I loro respiri si mescolarono completamente in quel bacio, che era
il migliore dei compromessi.
E Gabrielle dovette faticare molto per impedirsi di pensare che,
molto probabilmente, solo qualche ora prima, aveva baciato Kevin con lo stesso,
totale, disarmante abbandono con cui stava baciando Joe.
{NO.}
Si disse, staccandosi improvvisamente da lui.
{Joe, non Kevin. Joe. Joe, Joe, Joe.}
Rimase immobile, con gli occhi chiusi e il respiro reso
leggermente affannoso dalla mancanza di fiato.
Era certa che il ricordo frammentario di quella notte sarebbe
tornato a torturarla continuamente, ma non immaginava che l'avrebbe fatto in quel modo...
[***]
Copiaeincolla
nella barra, as usually, stavolta ci tengo da matti a sapere che ne pensate!x3
Mammassaura, che fatica. Questo capitolo proprio non voleva
saperne di finire. Stavolta vi beccate praticamente doppia razione di
"Gabrielle"! Eh sì, perchè originariamente avrebbero dovuto essere
due capitoli distinti, ma a causa del Natale (qui mi capisco solo io) e di ciò
che comporta, ho dovuto fare un immenso tutt'uno!x3 E per una volta tanto, Nick
è il perno della questione... Ohohoh.
Ma ora ringraziamenti e stavolta sono tantissimi!**
LaSocia: come ti ho già ripetuto allo sfinimento, ho adorato questa
recensione.** Se poi tu mi dici che Joe l'ho inquadrato bene e l'ho reso
perfettamente, mi sento molto fiera. Chi meglio della sua donna può sapere
certe cose? Per quanto riguarda la "Koco", per ora il loro momento di
gloria l'hanno avuto. In futuro chissà...
Aya: la scena della sciarpa piace tanto anche a me. E quella kefiah
non ha finito del tutto il suo lavoro... ma c'è tempo!x3 Così come il capitolo
*sesso* non si chiude qui, dato che il ricordo di quella notte tormenterà la
nostra Coco ancora a lungo. Per la tua fic, detto tutto nel commento credo! Ti
ringrazio ancora!Bacio!=*
beautiful_disaster: Joe un po' se lo meritava di venire maltrattato, comunque è
durata poco, perchè in questo capitolo il bistrattato in un certo senso torna
ad essere il povero Kevin!x3 Per la scena della sciarpa, vedi sopra!=)
Agatha: te l'ho già detto che amo i tuoi chilometrici commenti, sì?x3 Analizzi
tutto con una precisione e un'accuratezza che quasi sospetto tu conosca i miei
personaggi meglio di me! Quella di non dire niente a Joe è una decisione
pesante, ma anche l'unica che potessero prendere. Comunque, come dicevo prima,
la cosa non è finita qui, quindi chissà che Joe non venga a sapere qualcosa...
Jollina+Potterina: calma, calma, niente allarmismi!xD Questo posso dirvelo fin
d'ora: Coco non è incinta. Non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del
cervello. Sarebbe esagerato, per non dire che mi complicherebbe tutto a morte!
(E poi Monmon ucciderebbe la sorella, temo!).xD Invece non è detto che Joe rimanga
all'oscuro della cosa per sempre... Quindi Jollina, non fasciarti la testa
prima del tempo e continua a leggere! Bacio a entrambe.
Maybe: E' assolutamente malsana
come cosa, per questo glielo faccio fare!xD No, a parte tutto, deve essere
così. Joe è tremendamente immaturo. E innamorato. Miscela esplosiva che il suo
bel numero di danni li ha già fatti... Su Coco e i suoi sentimenti per Kevin:
no comment!X3 Leggi e vedrai...
Razu_91: felicissima che la mia Coco ti piaccia. E di essere riuscita a
comunicare le emozioni dei personaggi... Per me è molto importante... E il
povero Joe, tanto povero non è dato che già in questo capitolo si riscatta in
un certo senso...
Sweet_S: trovare commenti di nuove lettrici mi fa sempre felicissima!** Che
poi tu l'abbia apprezzata così tanto da leggerla tutta d'un fiato, beh, aw!x3
Me molto onorata. Mi auguro che continuerai a recensirmi, che più pareri ho,
più mi sento stimolata a continuare!=)
Fefy88: la mia fedelissima in lotta con l'adsl!XD Non ti arrendere e
vedrai che ce la farai! Intanto sono molto molto contenta di trovare la tua
recensione nonostante tutto!=3 Prometto che dal prossimo capitolo, per un
pochino, non soffriranno più!^^
Rossy_Toffee: altra new entry, come sopra! Me felice!*O* Ammetto che hai
beccato decisamente un capitolo shock!xD Aspetto di sapere cosa pensi anche
degli altri 13. E di quelli che verranno!
katerina_21: quanta gente nuova, meraviglioso!x3 più siete e più io mi sento
incentivata a scrivere e condividere un po' delle mie bacate fantasie con voi.
Ogni volta che sento qualcuno dire che legge la mia fic tutta d'un fiato mi
inorgoglisco un sacco. E mi sento fiera del mio modo di scrivere, perchè vuol dire
che qualcosa allora riesco a trasmettere. Tutto questo per dire che apprezzo
moltissimo il tuo commento (e spero sarà il primo di una lunga serie!^^). La
tua fic... letta e recensita!x3 Un bacio.
Infine un grazie infinito anche alle 26 e dico 26 persone che
tengono questa storia tra i preferiti, comprese le lettrici fantasmine di cui
io spero sempre di ricevere una recensione, prima o poi!=3
- Capitolo 14° -
{ E se ti chiamo amore, tu non ridere...
Se ti chiamo amore. }
E Poi - Giorgia
- Ho bisogno
di te. - Mormorò Joe, passando un braccio intorno ai fianchi di Coco per
attirarla più vicina. Lei si accoccolò meglio contro la sua spalla,
nascondendosi quasi nel suo abbraccio.
Erano
seduti sul letto, la schiena appoggiata alla testata e Joe non l'aveva lasciata
andare nemmeno per un secondo, da quando era stata lei ad abbracciarlo.
- Tu lo
sai... - Gli rispose, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso quando lui
cominciò a passarle le dita fra i capelli con calcolata dolcezza. Li liberò
dalla stretta dell'elastico, lasciando che le ricadessero sulle spalle, leggermente
arricciati dall'umidità della neve che aveva preso. - ... che, fino a poco più
di una settimana fa, io non sapevo nemmeno cosa volesse dire innamorarsi di
qualcuno? Invece, adesso... - Si sollevò leggermente, lanciandogli uno sguardo
imbarazzato, mentre le sue guance si tingevano di un delicato color pomodoro.
- Adesso? - La invitò a continuare,
soffermandosi con la mano sulla sua guancia, dopo averle fermato un ciuffo
scuro dietro l'orecchio.
-
Adesso... Dipendo completamente da te. E da questo... amore. - Sussurrò,
fermandosi ogni tanto come per prendere fiato.
{Forse non proprio "completamente"...}
Le suggerì
una vocina sfacciata, da un angolo nemmeno troppo nascosto della sua
mente.
Rimase
un attimo interdetta, ma non ebbe quasi il tempo fisico di dare un seguito a
quei pensieri.
Joe le
si avvicinò e senza dire nulla, le posò un bacio leggero sulla bocca, prima di
lasciarsi andare ad una risatina sommessa.
- Ehi,
stai ridendo di me? - Esclamò, arrossendo di nuovo. - Joe! - Si allontanò di
scatto, fissandolo con divertito stupore. Lui, per tutta risposta, si sciolse
in un altro radioso sorriso e la baciò di nuovo, con slancio, attirandolain una morbida caduta sul materasso.
- E'
solo che... Lo sai che effetto mi fa, sentirmi dire una cosa del genere? Da
te...? - Senza smettere di guardarla, le prese la mano e se la portò
all'altezza del cuore.
Gabrielle
rimase immobile, il respiro improvvisamente bloccato a metà strada tra i
polmoni e la gola.
Vedeva
solo gli occhi scuri di Joe fissi nei suoi e sentiva il battito del suo cuore
martellarle contro il palmo della mano...
Ma non
era niente di tutto questo ad averle spezzato il fiato. Non solo, almeno... Quello che le premeva alla bocca dello stomaco,
come un pugno di ferro, era il senso di colpa. Era arrivato tutto d'un botto,
senza sintomi o preavvisi, altrimenti sarebbe stato troppo facile.
Senso di
colpa puro e semplice. Perchè all'improvviso non riusciva a pensare ad altro
che a quello che era successo con Kevin... A quello che Joe ignorava
completamente.
Lo
guardò in silenzio ancora per qualche secondo, cercando di ignorare come la
sensazione di calore che provava nell'averlo praticamente sdraiato addosso si
mischiasse ad un'altra sensazione, simile, ma molto meno nitida...
- Joe...
- Mormorò, con un filo di voce.
{"Sono stata a letto con tuo fratello."}
Per
sbaglio. L'avrebbe ucciso comunque saperlo.
Ma, per
un attimo, un singolo, velocissimo attimo, pensò che avrebbe potuto dirglielo. Che
sarebbe stato meglio dirglielo.
Per un attimo, prima
che gli occhi di Joe diventassero improvvisamente di un altro colore. Coco chiuse i suoi, di scatto, per scacciare
quell'immagine e gli gettò le braccia al collo.
Con così
tanta foga, che lui dovette girarsi su un fianco e poi lasciarsi cadere con la
schiena sul materasso per non farle male.
- Ehi...
-
-
Abbracciami. - Bisbigliò, quasi supplicandolo.
Joe non
rispose. Si alzò lentamente, senza lasciarla andare e quando ebbe raggiunto una
posizione di equilibrio, le passò le braccia intorno alle spalle, stringendola
un po' più forte.
- Tutto
bene? - Chiese, chinandosi a sfiorarle il collo con un bacio. Gabrielle
sospirò, cercando di ricordare almeno a sè stessa come e perchè avesse deciso
di non dirgli niente.
{Per non farlo soffrire. Perchè anche se gli
dessi uno schiaffo con tutta la forza che ho, probabilmente gli farei meno male
di così...}
Ripetè
mentalmente, cercando di calmarsi. Si allontanò leggermente, senza sciogliere
il suo abbraccio.
- Sì...
Ma dobbiamo parlare, io e te. - Continuò. Anche lasciando forzatamente da parte
la questione sesso, rabbrividiva solo a pensarci in quei termini, c'era ancora
il problema di Debra e dei giornali.
- Non
voglio litigare di nuovo per quella.
- Si irrigidì lui, intuendo immediatamente dove volesse andare a parare.
-
Nemmeno io. Però tu devi rilasciare l'intervista... E lo sai. - Joe sospirò,
distogliendo lo sguardo dal suo viso con fare stizzito.
- Io non
ti lascio. - Sussurrò.
- Per
quanto piacerebbe anche a me, non possiamo fregarcene di tutto e di tutti. -
Esitò, sapendo che andando avanti sarebbe andata a toccare un tasto doloroso. -
Ti ricordi cosa mi hanno fatto... solo perchè ti abbracciavo e scherzavo
insieme a te? - Rabbrividì involontariamente, al ricordo di quel the bollente.
- So che le fan non sono tutte così, ma ci sono. Cosa credi succederebbe, se ti
vedessero baciarmi? -
Le
strinse la mano, scendendo poi con le dita ad accarezzarle il polso.
- Le
ucciderei, se solo si azzardassero a sfiorarti di nuovo. - Rispose, deciso.
- Ed è
proprio quello, che io non voglio che tu faccia. Sarebbe deleterio per i Jonas
Brothers, te ne rendi conto? -
- Quindi
vorresti che io ti lasciassi? - Ribattè, svicolando deliberatamente la sua
domanda. Coco rimase un attimo interdetta poi, sospirando, scosse lentamente la
testa.
- No. -
Mormorò, prima che calasse un altro, pesante silenzio fra di loro.
- Non ce
ne sarà bisogno. - Fu la voce estranea di Kevin ad insinuarsi nell'aria
immobile, spezzandolo improvvisamente. Si voltarono entrambi, trovandolo sulla
soglia della stanza, appoggiato allo stipite con in mano ancora la cornetta del
cordless.
Gabrielle,
istintivamente, fece per allontanarsi da Joe che, però, non glielo permise,
serrando la stretta sui suoi fianchi. Chinò leggermente il capo, arrossendo
lievemente, mentre sentiva che Kevin la stava guardando.
Ora,
ancor più di prima, la imbarazzava tremendamente che Kevin li vedesse in certi
"atteggiamenti". Dopo quello che era successo, lo sentiva come
qualcosa di ancora più ingiusto...
- Ho
appena finito di parlare con Debra e siamo riusciti a trovare un... chiamiamolo
compromesso. - Continuò lui. -
Gabrielle può rimanere e voi potrete continuare a stare insieme, ma, tu, Joe,
quell'intervista dovrai rilasciarla. Dicendo esattamente quello che ti
imporranno di dire. E al di fuori di queste quattro mura, dovrai starle
lontano. Tassativamente e senza eccezioni. - Per una frazione di secondo, i
suoi occhi verdi scivolarono dal viso del fratello a quello di Coco,
incastrandosi nell'azzurro di quelli di lei, prima che entrambi distogliessero
lo sguardo. Velocemente, come se si fossero scottati.
- Va
bene... - Soffiò Joe, dopo qualche attimo di tacita riflessione, sollevando delicatamente
il viso di lei per guardarla negli occhi e ignorando il fratello maggiore con
tutta l'intenzione di questo mondo. - Sì... Va bene. -
Prima
che Gabrielle potesse dire qualunque cosa per fermarlo, lui si sporse
leggermente e le catturò le labbra nell'ennesimo bacio.
{No! Kevin è ancora qui...!}
Pensò,
con un sussulto.
In
realtà lui era già per metà fuori dalla porta. Ostinatamente voltato dall'altra
parte.
- Questa
è l'ultima cosa che faccio per te, Joe. - Concluse, uscendo definitivamente dalla
stanza.
***
-
Gliel'hai detto? - Domandò Nick, quando vide il fratello maggiore tornare a
passo di carica dal corridoio. Kevin annuì, reincastrando di malagrazia il
cordless nel suo supporto.
- Tuo
fratello è un maledetto ingrato! - Ringhiò. Sedendosi pesantemente sul divano.
- Ti
aspettavi davvero che ti ringraziasse? -
- Lo speravo. - Sospirò il maggiore,
improvvisamente più calmo. - Dopo che gli ho servito su un piatto d'argento la
possibilità di stare con Coco, nonostante tutto... E con quello che è successo.
- Continuò.
-
Perchè, cosa è successo? - Domandò Nick, messo improvvisamente sul chi vive dal
tono del fratello. - C'è qualcosa che io non so? - Gli si sedette accanto,
inclinando leggermente il viso per riuscire a guardarlo negli occhi.
- No...
- Mormorò Kevin, passandosi una mano dietro il collo. - Tu sai già fin troppo,
Nicky Nicky. -
- Non
chiamarmi così. - Borbottò, accigliandosi. - E comunque io so solamente che, a
te, la sbandata per Coco non è passata affatto... Anzi, non credo si possa
nemmeno più definire "sbandata". Tu sei seriamente innamorato, lo
sai? -
Kevin si
voltò nella sua direzione, sorridendo amaramente.
- No. -
Rispose in tono rassegnato. - Io la amo, Nick. La amo e non posso farci proprio
nulla. Potrei disinnamorarmi facilmente, ma smettere di amare... - Scosse la
testa in un eloquente gesto di diniego.
Nick
sospirò e senza aggiungere altro, si lasciò cadere contro di lui, appoggiando
la testa alla sua spalla.
- Mi
dispiace... - Mormorò. - Ma, se, all'inverso, ci fosse Joe al posto tuo,
sarebbe la stessa cosa... - Kevin sorrise di nuovo e gli scompigliò
affettuosamente i riccioli.
- Te l'ho
detto che sai troppo, tu. - Gli passò un braccio intorno al collo, fingendo di
strozzarlo per poi lasciarsi andare ad una sorta di abbraccio affettuoso. - Ma
non devi farti tutti questi problemi per noi,ok? Ti giuro che io e Joe, prima o
poi, troveremo il modo di rimettere tutto a posto. - Aggiunse, mentre lo
liberava da quella stretta giocosa.
- Ci
credo poco, in ogni caso... - Mormorò. - Senti, Kev, con tutto questo casino,
mi sono accorto di aver completamente dimenticato il tuo compleanno. Sono
decisamente abominevole, come fratello... -
- Direi
che, in questa famiglia, c'è di peggio...! - Rispose il maggiore, strappandogli
un sorrisino.
- Questa
è cattiva! - Ridacchiò. - Comunque, ti va se adesso io e te andiamo a farci un
giro? Ho visto un negozio dove ti voglio assolutamente portare! Così, magari,
ti scegli anche un regalo. -
- Ok,
dai. - Sorrise Kevin, intuendo anche come Nick stesse cercando di evitargli il
più possibile di vedere Joe e Coco, insieme.
- Bene.
- Rispose allegramente, saltando in piedi. - Allora prendo le mie medicine e
poi usciamo. -
***
{ E poi... E poi sarà come morire.
Una notte che, che non passa mai...
E poi sarà... E poi sarà come impazzire
in un vuoto che abbandona. }
E Poi - Giorgia
Gabrielle
uscì dalla stanza con tutta l'intenzione, nonostante Joe non fosse esattamente
d'accordo, di parlare con Kevin. Voleva ringraziarlo per aver parlato con
Debra, ma, soprattutto, voleva parlargli del comportamento assurdamente
irritante di Joe... Era insensato pensare di chiedere scusa per lui, però
poteva forse far capire a Kevin che in quel modi di fare c'era più rabbia che
intenzione... Mosse un paio di passi completamente immersa nei suoi pensieri,
prima che qualcosa di insolito attirasse la sua attenzione, spingendola a cambiare
repentinamente direzione.
Invece
di girare in salotto, continuò a camminare dritta verso la porta semichiusa del
bagno, attraverso cui filtrava uno spicchio di luce gialla. Si sentiva il
rumore scrosciante e ininterrotto dell'acqua corrente. Come se qualcuno avesse
dimenticato il rubinetto aperto.
Si
avvicinò titubante e, dopo aver afferrato la maniglia, aprì un po' di più la
porta.
- Ehi,
c'è nessu-...! - La voce le morì in gola, quando, dopo che il suo piede destro
aveva urtato qualcosa, abbassò lo sguardo sul pavimento per vedere che cosa
fosse.
Una
siringa vuota rotolava a qualche centimetro dalla punta della sua scarpa,
mentre, poco più in là, Nick giaceva a terra palesemente privo di sensi, come
nello scenario del peggiore degli incubi.
Sentì il
cuore fermarsi improvvisamente, prima che prendesse a martellarle furiosamente contro
il petto. Non era nemmeno sicura di stare respirando. Le sue labbra si
dischiusero in un urlo muto, mentre si inginocchiava, facendo schizzare qua e
là il contenuto di una bustina che probabilmente Nick aveva involontariamente
trascinato con sè nella caduta.
-
Dio...! - Mormorò, allungando la mano per tastargli la guancia. Aveva la pelle
ghiacciata e inquietantemente pallida. - Nick... NICK! - Le sfuggì, quando la
voce cominciò a tornarle. Lo scosse leggermente per la spalla, ma non ottenne
alcuna risposta. - Nick... Oh, perfavore... PERFAVORE... NO! - Singhiozzò,
asciugandosi le prime lacrime che le offuscavano la vista con fare stizzito.
Avrebbe dovuto alzarsi e andare a chiamare qualcuno, lo sapeva, ma sapeva
altrettanto bene che non sarebbe riuscita ad alzarsi sulle sue gambe che tremavano
già quasi così.
Aveva
una paura maledetta. Quasi violenta per il modo in cui le smorzava il fiato e
le strizzava lo stomaco.
Si
sentiva il cuore rimbombare fin nel cervello.
- Cosa
succede? Ti hp sentita urlare... - La voce di Kevin ebbe l'effetto di un soffio
caldo che sciolse, almeno in parte, il blocco che la inchiodava a terra. Si
voltò di scatto, con lo sguardo annebbiato dal panico. Joe arrivò quasi subito,
affiancandosi al fratello ed entrambi, appena videro Nick riverso sul pavimento,
sbiancarono ed il loro occhi si riempirono di paura al medesimo modo.
- Cazzo... - Sibilò Joe, inginocchiandosi
accanto a Gabrielle e sollevando con delicatezza la testa del fratello. Kevin
gli fu vicino in un attimo. Si scambiarono uno sguardo, per la prima volta da
giorni, privo di qualunque astio.
Era
stato completamente sostituito dal terrore più puro.
- Coco.
- La chiamò Kevin con voce incredibilmente flebile. - Vai a chiamare
un'ambulanza. E chiama anche tua sorella. Serve qualcuno che guidi... - No,
sicuramente lui non ce l'avrebbe fatta. Non in quello stato.
Involontariamente
lo sguardo di lei si posò sul viso cereo di Nick. Non riusciva a pensare di
allontanarsi, lasciandolo così.
- Fai
come ti ha detto Kevin... - Aggiunse Joe, posando una mano su quella di lei,
che ancora stringeva la spalla del fratello minore. - Stiamo noi qui con lui. -
Annuì,
si alzò lentamente e appena ebbe trovato un minimo di equilibrio sulle gambe,
che si sentiva come fossero di gelatina, uscì di corsa dal bagno.
Sollevò
la cornetta e compose il numero, cercando inutilmente di frenare i singhiozzi
che avevano preso a scuoterle le spalle...
... e
tutte le orribili visioni che la sua mente proiettava su Nick e quello che
avrebbe potuto succedergli.
***
Un
quarto d'ora dopo, l'ambulanza sfrecciava sulle avenue innevate ed affollate di automobili, mentre la twingo color
acquamarina di Monique cercava di starle dietro. Geràrd, che era al volante,
schizzava attraverso il traffico mattutino, prendendo le curve a velocità forse
un po' troppo sostenuta... e bruciando anche qualche semaforo, ogni tanto, ma,
nonostante tutto, i tre passeggeri stipati sul sedile posteriore non avevano
emesso un suono, da quando erano partiti.
Coco era
seduta fra Kevin e Joe, che le aveva passato un braccio intorno alle spalle e
la stringeva come se fosse la sua unica ancora di salvezza... Sentiva la sua
guancia fredda contro la fronte ed il suo respiro flebile scompigliarle i
capelli. Lo sguardo di entrambi era fisso su un punto indefinito al di fuori del
finestrino. Su qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai guardato veramente.
La forza
ostinata con cui l'abbracciava era una disperata richiesta d'aiuto e questo lei
lo sapeva... La sua mano sinistra, però, era scivolata oltre il braccio di Joe
per andare a stringere quella di Kevin.
Le loro
dita erano intrecciate saldamente. Tanto che non sapeva se sarebbero riusciti a
scioglierle... E in quel momento, non le importava affatto. Voleva solamente
che lui la "sentisse".
Che
avvertisse il contatto fra di loro perchè, anche se era seduto a non più che
qualche centimetro da lei, lo vedeva paurosamente lontano, non solo per lo
sguardo perso oltre il vetro appannato. E, in un momento del genere, tutto
aveva bisogno fuorchè essere lasciato solo.
Rimasero
zitti e fermi in quella posizione, aggrappati l'uno all'altro, fino a che la
macchina non si fermò nel parcheggio dell'ospedale.
Appena
scesero, un giovane infermiere con una massa incredibile di dreadlocks lunghi
fino alle spalle li fece accomodare in una specie di piccolo atrio dove
avrebbero potuto aspettare, mentre Nick veniva trasportato velocemente alla
sala rianimazione.
- No, è
meglio che non entriate. - Spiegò cordialmente, bloccando Kevin e Joe nell'atto
di seguire il gruppo di paramedici che spingevano la barella. - Vi avvertiremo,
appena sapremo che cos'ha. - Aggiunse, posando una mano sulla spalla di Kevin
con fare comprensivo. Lui annuì, mentre il fratello si lasciava cadere su una
delle poltroncine, grugnendo in disapprovazione.
Monique
arrivò proprio in quel momento, attraversando di corsa la doppia porta che
segnava l'ingresso del reparto con aria trafelata e la piccola Luciàne
semiaddormentata tra le braccia.
- Sono
venuta prima che ho potuto. - Mormorò, avvicinandosi a Gabrielle che stava in
piedi di fronte ad una grossa finestra. Le passò il braccio libero intorno alle
spalle, prima di posarle un piccolo bacio sui capelli. - Come sta? -
Coco
agitò lentamente la testa, senza proferire parola, mentre l'ennesimo singhiozzo
le sfuggiva dalle labbra tese. Monmon sospirò, accarezzandole la guancia.
- Mi
piacerebbe dirti che andrà tutto bene, ma non posso... però io sono qui, lo sai. -
- Dammi
la bambina, dai... - Si riscosse lei, asciugandosi le lacrime prima di tendere
le braccia alla sorella. Monique depositò delicatamente la figlia
nell'abbraccio di Gabrielle e poi si lasciò cadere sul sedile accanto a quello
di Geràrd che le sfiorò la fronte con un bacio, prima di prendere a parlare
sommessamente con lei.
Coco si
sedette poco più in là, quasi di fronte a Joe, sistemandosi con dolcezza la
testa della nipotina contro la spalla. Poi prese ad accarezzarle i lunghi
capelli biondi, distrattamente, mentre il suo sguardo rimaneva fisso sul
corridoio d'entrata, dove Kevin si era spostato per armeggiare con il suo
cellulare.
Parlava
mestamente con la madre, lanciando ogni tanto uno sguardo speranzoso alla porta
ostinatamente chiusa, oltre cui Nick era sparito. Si domandò come potesse
essere la madre di tre ragazzi tanto diversi e tanto speciali, a loro modo e si
trovò ad immaginare, con un piccolo sorriso, una donna forte, con il carattere
indomabile di Joe, una massa di ricci ribelli come quelli di Kevin ed i
profondi occhi indagatori... di Nick.
Sentì
una fitta allo stomaco, nel rivederlo steso sul pavimento di quel bagno.
- Ehi. -
Dopo qualche momento, la voce di Kevin si insinuò nel corso sei suoi pensieri,
frenandolo repentinamente. - Chi è questa meraviglia bionda? - Accennò un
sorriso, sedendosi accanto a lei.
- E' la
figlia di Monique. - Rispose, osservando l'espressione così invidiabilmente serena
della bimba che le dormiva fra le braccia. - Non poteva lasciarla a casa da
sola... - Lui annuì distrattamente, giocherellando con un boccolo dorato. - Si
vedeva qualcosa, dentro la sala? -
- No. E'
tutto maledettamente chiuso... - Mormorò, sospirando profondamente.
Una
risatina scocciata calamitò la loro attenzione.
- Certo,
se ti fossi fatto valere con quell'infermiere e fossimo dentro... - Sibilò improvvisamente
Joe, stringendo convulsamente il bracciolo della sua poltroncina.
- Cosa
volevi che facessi? - Sbottò Kevin in risposta. - Che lo obbligassi a farci
entrare? No, ancora meglio! Che lo stendessi con un pugno, come in uno
squallido film di serie b? - Scattò in piedi, muovendo un passo verso il
fratello.
-
Sarebbe stato sufficiente non annuire come un automa... -
-
Smettetela! - Esclamò Monique, troncando la discussione sul nascere. Entrambi i
fratelli si voltarono nella sua direzione, osservandola con malcelato stupore
procedere a grandi passi verso di loro. - Vostro fratello è là dentro e
scannarvi in questo modo non lo aiuterà a venirne fuori più facilmente. - Puntò
un dito verso la sala rianimazione, facendo scorrere lo sguardo dal viso di
Kevin che le stava davanti, ancora in piedi, a quello di Joe, ancorato alla sua
poltrona. - In un momento del genere dovreste farvi forza l'uno con l'altro,
restare uniti... Non bisticciare come due bambini dell'asilo! - Detto questo
girò i tacchi e, dopo essersi ripresa la piccola Lulù, che si era quasi svegliata
a causa dell'alzarsi dei toni, li lasciò entrambi con un palmo di naso.
Dopo
qualche secondo di smarrito silenzio, Joe scattò come avesse avuto le molle ai
piedi e sotto lo sguardo basito di Kevin, schizzò lungo il corridoio, verso l'uscita.
-
Seguilo... - Bisbigliò Gabrielle, alzandosi e passandogli a fianco per
raggiungere la sorella. Lui prese un respiro profondo, scuotendo la testa con
fare rassegnato, prima di avviarsi.
Lo trovò
appena fuori la doppia porta, seduto a terra con la schiena contro il muro
freddo e la testa fra le mani.
-
Scappare non è una buona soluzione, te l'hanno mai detto? - Cominciò,
inginocchiandosi davanti al fratello. Joe alzò lo sguardo di scatto, rivelando
due occhi terrorizzati, lucidi di lacrime. Kevin sussultò, colto totalmente
alla sprovvista.
Erano
anni che non vedeva Joe piangere davvero.
- Ho
paura, va bene? - Ringhiò. - Ho una paura fottuta
che Nick non esca più, da quella sala. Da quando tutti noi conviviamo con la
sua malattia, ho preso ad odiare gli ospedali con tutto me stesso. Ogni volta
che ci entriamo, che lui sparisce dietro una porta... Ho il terrore di vederne
uscire un dottore con quell'espressione rassegnata. Quella di chi sta per
dirmi: "Ci dispiace, abbiamo fatto tutto il possibile". - Continuò,
sputando fuori le parole come fossero avvelenate. - E adesso...
- No. -
Esclamò Kevin con decisione. Poi gli si avvicinò e gli passò un braccio intorno
alle spalle, abbracciandolo stretto. - "E adesso" niente. Razza di idiota, non devi pensarlo nemmeno!
Nick uscirà da lì e starà bene, ficcatelo in testa. - Joe rimase totalmente
spiazzato. Immobile per una manciata di interminabili secondi, prima di
riuscire a metabolizzare e ricambiare il gesto. Si aggrappò alle spalle del
fratello, nascondendo il viso contro la sua spalla, proprio come quando erano
piccoli e lo costringeva a guardare con lui i film dell'orrore, pur sapendo di
esserne terrorizzato.
- Anche
io ho paura, cosa credi? - Rispose Kevin, sorridendo fra sè e sè. - Solo,
preferisco tenermela dentro, piuttosto che aggredire quelli che mi capitano
davanti. -
- No...!
- Ribattè Joe, dandogli una leggera botta sul braccio. - Non per quello... Per Coco, per tutto... -
Se
quelle maledette scuse fossero arrivate con ventiquattro ore d'anticipo,
sarebbe stato perfetto. Invece, alla luce di quanto era successo, cambiava
tutto. Per una sola notte. Tutto. Non
sembrava più così giusto...
Tutti
gli sbagli di Joe erano, in un certo senso, stati ridimensionati dall'unico,
grosso sbaglio di Kevin.
{Mannaggia a te e al tuo tempismo, Joe! Non
posso accettarle, le tue scuse, adesso...}
- Non serve...
- Bisbigliò il maggiore in tono incerto.
- E
invece sì. - Ribattè Joe, allontanandolo per riuscire a guardarlo in faccia. -
Mi sono comportato da idiota... da stronzo
idiota, anzi. E me ne rendo conto. Però Gabrielle la amo veramente. - Kevin si
alzò, senza che lui gli staccasse gli occhi di dosso. - Non te la cedo. -
Concluse, con uno sguardo eloquente.
- Non
voglio che tu lo faccia. Lei ama te. - Allungò una mano, aspettando che la
afferrasse, prima di aiutarlo ad alzarsi. E con quello il discorso, più o meno,
si chiudeva.
Proprio
in quel momento, l'infermiere coi dreadlocks si sporse oltre la porta,
sventolando una cartella clinica.
-
Ragazzi, sono felice di annunciarvi che vostro fratello sta bene. L'abbiamo
portato in corsia. - Sorrise. - E' ancora privo di sensi, ma, se volete, potete
entrare e aspettare che si svegli. -
- Che ti
avevo detto? - Sussurrò Kevin all'orecchio di Joe, mentre sul volto di entrambi
si allargava un'espressione di pura gioia. Seguirono il giovane, ripercorrendo
il corridoio. Appena li vide, Coco corse loro incontro con l'espressione ancora
preoccupata.
"Sta bene" le sillabò Joe da
lontano. I suoi occhi azzurri si illuminarono, mentre si avvicinavano e le
labbra tese si scioglievano in un sorriso sollevato.
- Solo i
familiari, mi dispiace. - Cominciò l'infermiere, posandole una mano sulla
spalla e spingendola un passo indietro.
- Ah,
ok. - Mormorò, rassegnata.
- Lei è
più che un familiare per mio fratello. - Intervenne prontamente Kevin.
- Ma no,
non importa...! - Cominciò Gabrielle, agitando le mani. - Mi basta sapere che
sta bene. -
- Io penso che Nick voglia
vedere anche te, sai? - Aggiunse Joe, sorridendole. - Scommetto quello che vuoi
che, se non entri con noi, "dov'è Coco?" sarà una delle prime tre
domande che farà. -
***
-
Mmmh... - Mugugnò Nick, aprendo gli occhi. - Che diavolo...? - Tentò di
alzarsi, ma si bloccò quando avvertì il leggero strattone dei tubicini di
plastica che gli avevano sistemato qua e là. L'infermiere si avvicinò al letto
e glieli staccò con premurosa delicatezza, lasciandogli solamente quello per la
flebo.
- Ecco.
Riesci a respirare bene? - Annuì, sollevandosi lentamente. Kevin e Joe si
avvicinarono al bordo del letto, mentre Coco rimase qualche passo indietro. Si
sentiva un po' estranea a quel momento... di
famiglia.
- Cos'è
successo? - Domandò ai fratelli, schermandosi gli occhi per cercare di abituarli
alla luce bianca delle lampade al neon. - Perchè sono in ospedale? -
- Posso
dire, quasi con assoluta certezza, che hai sbagliato a dosare l'insulina. -
Intervenne l'infermiere, in tono spiccio. - Sei arrivato a tanto così dal coma,
lo sai? Quella che avevi in circolo avrebbe steso un cavallo, come si usa dire.
-
- Beh...
- Mormorò, passandosi una mano fra i capelli. - Dopo anni di terapia per il
diabete... tanta idiozia è quasi ammirevole! - Abbozzò un sorrisino, tentando
di stemperare l'atmosfera.
- Ci hai
quasi lasciato la pelle, razza di scemo! - Esclamò Joe. Si guardarono in
silenzio per una frazione di secondo, prima che il maggiore si sedesse
pesantemente sul bordo del materasso, gettandogli le braccia al collo. - Non
farlo mai più...! - Sussurrò, stringendolo.
-
Scusami... - Rispose Nick, dandogli un'affettuosa pacca sulla palla. -
Scusatemi. - Continuò, alzando lo sguardo sul viso di Kevin che era rimasto
fermo ai piedi del letto. - Non volevo farvi spaventare. -
- Non
l'hai mica fatto apposta. - Sorrise lui, scuotendo la testa ed avvicinandosi
per scompigliargli giocosamente i riccioli scuri. - L'importante è che sia
finita bene... Poi, quella che si è presa lo spavento più grande... - Si guardò
intorno, alla ricerca di Gabrielle che si era fermata poco oltre la porta e se
ne stava ferma, in silenzio. - Coco. - La chiamò, facendole cenno di
avvicinarsi.
- Io te
l'avevo detto! - Ridacchiò il Jonas di mezzo, mentre si alzava per lasciarle
spazio. Lei si avvicinò titubante, cercando di trattenere le lacrime che
sentiva bruciare all'angolo degli occhi.
- E' lei
che ti ha trovato per prima... Privo di sensi, sul pavimento del bagno. -
Aggiunse Kevin, lanciando al fratello minore uno sguardo eloquente.
Sguardo
che Nick ricambiò, prima di voltarsi verso Gabrielle con gli occhi colmi di
rimorso. Senza dire nulla, allungò una mano per stringere quella di lei.
Intrecciò le dita con le sue, tirandola leggermente in avanti. Coco si lasciò guidare,
senza opporre resistenza, sedendosi sul letto prima di abbracciarlo,
stringendolo forte. Si lasciò sfuggire un debole singhiozzo, mentre lui le
accarezzava la schiena con dolcezza, prima di tuffare la mano fra i suoi
capelli.
-
Scusami, Coco, non... - Soffiò, cercando le parole adatte, anche se non ce ne
erano poi molte.
-
Piantala di scusarti...! - Sbottò lei, con la voce incrinata dal pianto. - E'
solo che... Non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Credevo di non
riuscire nemmeno a respirare. - Singhiozzò.
Nick
rafforzò la presa, appoggiando la guancia alla fronte di lei.
- Sto
bene. - Le mormorò per tranquillizzarla. - Adesso sto bene... -
-
Potremmo ucciderti noi, in due, per averla fatta piangere, lo sai? - Sogghignò
Joe, ficcando le mani nelle tasche della giacca. - Vero? - Aggiunse poi,
rivolgendosi a Kevin.
-
Sicuro. - Annuì questo con decisione. Nick sgranò impercettibilmente gli occhi,
lasciando correre lo sguardo dall'uno all'altro con crescente stupore.
- Ma
voi... - Cominciò. - E' successo qualcosa? -
- Qualcosa. - Confermò Joe, in tono
enigmatico.
- Ah. E
dovevo finire io con un piede nella fossa... per farvi ragionare? Sono quasi
morto per farvi fare pace, non so se rendo l'idea! - Esclamò, suscitando lo
scoppio di una fragorosa risata negli altri due.
-
Scusate se vi interrompo... - Intervenne l'infermiere, affacciandosi oltre la
porta. - Ma il signorino ha bisogno di riposo e di una buona quantità di
analisi. Uno di voi può restare a fargli compagnia, se volete, ma gli altri
devono andarsene... Vi lascio altri dieci minuti. - Concluse, uscendo di scena.
Kevin e
Joe annuirono, prima di scambiarsi un'occhiata complice.
- Coco,
rimani tu. - Sorrise Joe. Lei si voltò leggermente, senza sciogliere
l'abbraccio di Nick.
- Ma...
- Sussurrò.
- Sono
certo che anche per Nick sia la soluzione migliore. - Aggiunse Kevin,
osservando il fratello.
- Rimani
tu... - Le bisbigliò Nick, bloccandole una ciocca dietro l'orecchio, prima di
soffermarsi con la mano fra i suoi capelli. - Perfavore. -
***
- Hai
fatto cosa? - Esalò Nick, bloccandosi
con la mano sulla spalla di lei.
Coco
sospirò, stringendo involontariamente la presa sulla sua maglia.
Erano
sdraiati vicini, nella stanza semibuia. Da quando Kevin e Joe se ne erano
andati, dopo che Nick aveva fatto le sue analisi, erano rimasti soli e lui non
aveva fatto altro che coccolarla. Con dolcezza infinita, per farsi perdonare di
qualcosa che nemmeno lei aveva mai pensato di attribuirgli.
E lì
Gabrielle aveva deciso di parlargli. Dopo che aveva rischiato di vederlo
morire, senza che lei potesse dirgli che gli aveva mentito... Si era sentita
troppo, troppo male. Non voleva avere segreti con lui.
- E'
stato uno sbaglio... - Mormorò, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
- E Joe non lo sa... Non voglio che lo sappia.
- Pure! Dillo
che vuoi riuscire dove il diabete non ce l'ha fatta! - Esclamò.
-
Eravamo ubriachi. Tutti e due... E, ti giuro, non so cosa è successo... - Nick
rimuginò un po' fra sè e sè, pensando che forse lui un'idea ce l'aveva.
- E io
che ero preoccupato che Joe rompesse il voto... Ma Kev, non pensavo... Hai
fatto l'amore con Kevin...! - Ripetè, quasi più per sè stesso.
- Ho
fatto sesso. E non mi ricordo
niente... - Annuì lei.
- Tu con
Kevin hai fatto l'amore, non "sesso". Te lo dico io. - Ribadì.
Coco
sgranò impercettibilmente gli occhi, sentendo un intenso fiotto di calore
all'altezza del cuore. Si passò una mano sul petto, avvertendo il proprio
battito assurdamente regolare. Di nuovo provava un'emozione di cui non sapeva
spiegarsi l'origine.
Lui
sospirò profondamente, perso in chissà quale riflessione.
Nessuno
dei due disse più nulla. Rimasero entrambi in silenzio, gli occhi chiusi e i
pensieri decisamente altrove... Gabrielle si strinse un po' di più a lui,
mentre Nick riprendeva ad accarezzarle il braccio con calcolata lentezza.
Non ci
era voluto poi molto.
Era una
cosa di cui avrebbero potuto discutere per ore, invece erano bastati una
manciata di minuti... Più una buona dose di consapevolezze varie e non per
forza condivise, da una parte e dall'altra.
E si
erano ritrovati complici silenziosi di un abbraccio e di un enorme segreto.
Bene,
ecco finalmente qui il capitolo di Natale!!x3 Ho dovuto lottare ferocemente per
riuscire a finirlo. Tra l'arrivo di mio cugino "dal lago con
ammmooore" che mi ha costretta a passare i 3/4 del week-end fuori casa, le
varie cene con le amiche per scambiare i regali e la malattia (sì, perchè mio
padre è tornato settimana scorsa da un viaggio di lavoro con un maledetto virus
che ha impestato tutta la famiglia! Ho fatto 3 giorni con il mal di gola e ora
me ne sto qui con un meraviglioso raffreddore in piena esplosione e naso che
gocciola ogni tre secondi!U.U), il tempo a disposizione si è ridotto all'osso!
Però ce
l'ho fatta e ho mantenuto ciò che mi ero prefissa nella tabella di marcia:
postare prima di Natale!x3
Con
tutto questo e soprattutto mia madre che chiama dall'altra stanza con voce
imperiosa perchè l'aiuti con i pacchetti-regalo, non ho fatto in tempo per i
ringraziamenti ad personam. E mi dispiace molto, perchè io ci tengo sempre un
sacco a farveli. Lo sapete bene, oramai, è il mio modo per farvi capire quanto
tengo alle vostre recensioni e quanta forza e voglia di fare mi danno!x3 Vi
adoro tutte, una per una. *lovva infinitamente*
Giurin
giuretta che la prossima volta tornerò a farli. Ora vi lascio al capitolo e ci
sentiamo dopo Natale a questo punto.x3
Merry Christmas to you all!<3
-
Capitolo 15° -
{ It's cold outside, my boots are
full of snow.
I'm just hoping for some misteltoe... }
Girl Of My Dreams - Jonas Brothers
Un mese
esatto a quella parte, le loro vite erano tornate incredibilmente "entro i
binari". Come se un colpo di spugna avesse cancellato tutto quello che era
successo.
Beh, quasi tutto.
Anche se
perfino il cielo aveva riversato su Parigi un'intensa pioggia dispettosa, per
sciogliere la neve che era caduta agli inizi di novembre, come volesse
repentinamente riparare ad un palese errore, c'erano cose, sentimenti, che non potevano essere dimenticate così, come oggetti
vecchi che non servono più.
Quel
giorno Coco rientrò dal lavoro un po' più presto del solito, brandendo un
enorme scatola di cartone e un sacchettino di plastica pieno di profumati
rametti di vischio... Era solo il cinque dicembre, ma era stata presa da una
sorta di frenesia per cui aveva una voglia matta di decorare l'appartamento.
Non
aveva mai amato tanto il Natale, come quell'anno.
- Sono a
casa...! - Esclamò, entrando con passo incerto.Si impegnò a mantenere in equilibrio lo scatolone, mentre tentava
disperatamente di richiudersi la porta alle spalle con un calcio ben assestato.
-
Bentornata, tesoro! - Cinguettò Joe, andandole incontro. Le posò un bacio sulle
labbra, prima di far scattare il meccanismo della maniglia.
- Che
scemo sei...! - Ridacchiò Gabrielle, sorridendo contro la bocca di lui. Gli
rubò un altro rapido bacio, poi si allontanò, lasciandogli la scatola di
addobbi.
Si sfilò
il cappotto, osservando con aria soddisfatta l'albero ancora spoglio che Kevin
e Nick avevano già sistemato vicino al divano e la ghirlanda di agrifoglio che
correva sopra la finestra. Ridacchiò, ripensando al volo che Joe aveva fatto,
nel primo, goffo tentativo di fissarla... Era piombato addosso a Kevin con
tutta la decorazione e una Stella di Natale di stoffa rossa morbidamente
incastrata fra i capelli.
Adorabile
con quell'espressione da cucciolo bastonato.
Quella
di quando sapeva benissimo di aver combinato un disastro.
Quella a
cui sapeva che lei non avrebbe mai, mai
resistito.
- Cosa c'è
qui dentro? E' appiccicoso...! - Brontolò l'oggetto dei suoi pensieri,
riportandola alla realtà. Lo guardò divertita mentre frugava nel sacchetto,
impiastricciandosi le dita con la resina.
-
Vischio. - Sorrise. Poi, mossa a compassione, gli sfilò la busta dalle mani
prima che potesse invischiarsi,
appunto, fino alla punta dei suoi preziosissimi capelli. - Me lo sono fatta
dare dalla fioraia all'angolo... Volevo appenderlo sopra la porta. Che ne dici?
-
Lui
annuì, mentre Coco richiudeva il sacchetto e lo appoggiava in un angolo.
- Ma,
prima, l'albero! - Continuò, battendo le mani, felice.
Joe
sorrise, avvicinandosi a lei e abbracciandola alle spalle. Le scostò i capelli
con calcolata dolcezza, prima di abbassarsi a sfiorarle il collo con le labbra.
- Va
bene, va bene... - Mormorò, mentre il suo respiro lento e regolare le
accarezzava la pelle. - Vediamo di accontentare la mia bambina. - Soffiò, con
voce suadente, facendole correre un fin troppo gradevole brivido lungo la
schiena.
Poi,
senza aggiungere altro, ricominciò con quella sua maledettamente piacevole
tortura.
- Joe...
- Sospirò Gabrielle, stringendogli involontariamente il braccio man mano che i
suoi baci leggeri si avvicinavano, in un crescendo premeditatissimo di
intensità, al punto più sensibile. Socchiuse gli occhi, mentre il fiato le
moriva in gola.
Lui non
rispose, lasciandosi semplicemente sfuggire un sorrisino soddisfatto.
-
Ragazzi...? - La voce di Kev la raggiunse da un luogo non ben definito, ma
troppo, troppo vicino, nel momento
stesso in cui le labbra di Joe le sfioravano l'orecchio.
Si
staccò da lui ad una velocità assurda, cercando di far riprendere al suo
respiro un ritmo regolare.
- Volevo
solo sapere se era arrivata Coco con gli addobbi. Ho sentito rumore... - Si
giustificò, scrollando le spalle, mentre Joe gli lanciava un'occhiata
assassina.
- Sono
in quella scatola. E nelle altre che avevo già preso stamattina. - Rispose lei,
schiarendosi la gola. - Facciamo l'albero? - Continuò, rilassandosi leggermente
nell'avvertire la sua temperatura corporea abbassarsi di nuovo ad un livello
controllato.
Prese un
respiro profondo, mentre si inginocchiava davanti agli scatoloni chiusi e si
passò una mano sul collo, cercando disperatamente di rinchiudere in un angolo
remoto della sua mente, la sensazione vivida della bocca di Joe che vi si
posava con irresistibile dolcezza.
Alle sue
spalle, i due fratelli si scrutavano in cagnesco, con una strana, divertita
luce negli occhi.
Cominciò
a frugare qua e là, alla ricerca delle catene di luci, mentre Kevin e Joe
inscenavano un duello all'arma bianca, brandendo due puntali di plastica
colorata a mo' di spade.
- Me la
pagherai! En gàrde! - Ululò Joe, saltando in piedi sul divano, prima di vibrare
un fendente in direzione del fratello.
Kevin lo
schivò per un pelo, abbassandosi di scatto e rotolando sul tappeto, per poi
rialzarsi con un balzo teatrale.
-
Ossignore...! - Esalò Nick, arrivando dalla cucina proprio nel momento in cui
il maggiore dei suoi fratelli si lanciava dietro il divano in un tuffo
sgraziato. - Non ci voglio credere. -
-
Credici. - Ridacchiò Gabrielle, avvicinandoglisi. - Ed è comunque meglio di
quando non si parlavano, no? -
Lui
annuì, scuotendo lentamente la testa ricciuta.
- Sì.
Solo, alle volte, mi è difficile credere che sono io, il più piccolo dei
tre...! -
***
Coco
appese una pallina di vetro bianco sul ramo che aveva davanti, intonando
mentalmente una vecchia canzoncina natalizia che credeva di aver dimenticato da
anni. Mentre stringeva il fiocco di raso rosso, due mani fin troppo familiari
si accostarono alle sue, legando un angioletto di cartapesta poco più in alto.
Sentì la
sua voce avvolgente, quasi prima di avvertire il suo calore contro la schiena.
- ...'Cause
all I want for Christmas, is the girl of my dreams. - Canticchiò Joe, con tono
bassissimo, caldo e sensuale, tanto vicino che lei poteva avvertire ogni
singolo movimento delle sue labbra contro l'orecchio.
-
Piantala...! - Mormorò, senza troppa convinzione, mentre lui abbassava le
braccia, lasciando scivolare piano le mani sul busto e i fianchi di lei. - Ci
sono i ragazzi! - Sibilò, afferrandogli i polsi ed allontanandolo giusto nel
momento in cui le sue dita si avventavano sullo scampolo di pelle lasciato
scoperto dalla maglia un po' troppo corta.
Joe
sospirò rassegnato, lasciandola andare. Del tutto controvoglia.
Più il
tempo passava, più il peso di quella maledetta fedina d'argento si faceva
sentire. Forte, insistente, fastidioso.
Ma mai abbastanza
per frenare la sue mani, che sembravano agire di testa propria ogni qual volta
si trovavano a contatto con il corpo di Gabrielle.
La voleva.
Punto.
Voleva
Coco e la voleva in un modo che, all'inizio, aveva imbarazzato perfino lui
stesso... In diciannove anni di vita e almeno quattro di assiduo contatto con
l'universo femminile, non aveva mai provato un desiderio tanto intenso e
destabilizzante. Mai.
Gabrielle,
dal canto suo, rifiutava anche solo di ammettere a sè stessa che le attenzioni
di Joe erano tutt'altro che un fastidio, perchè sapeva che, non appena si fosse
lasciata andare, la sua mente le avrebbe ricordato altre carezze, altre mani,
altre labbra. Altre attenzioni, che
temeva non sarebbe più riuscita a eliminare dalla memoria.
Rovistò sul
fondo della scatola ormai quasi vuota, raccogliendo le ultime decorazioni da
appendere all'albero, concentrandosi anche più del necessario sulla loro
disposizione. Qualunque cosa, pur di non pensare.
Cercò di
fissarsi sull'unica, vera distrazione a sua disposizione.
-
Quest'anno sarà un Natale meraviglioso... - Mormorò, lasciandosi sfuggire un
piccolo sorriso. - Insieme a voi. -
Nick, che
era inginocchiato a terra nel tentativo di districare i fili delle catene
luminose fra le varie prese di corrente, alzò la testa di scatto, cercando suo
fratello con lo sguardo.
- Non
gliel'hai detto? - Soffiò, fissando Joe dritto negli occhi. Questo si passò una
mano fra i capelli, inspirando nervosamente. Scosse lentamente la testa, con
gli occhi che gli brillavano di rimorso. Coco spostò l'attenzione dall'uno
al'altro un paio di volte, prima che qualcuno trovasse il coraggio di parlare.
Perfino Kevin si era improvvisamente azzittito e la osservava con aria mesta,
strizzando un incolpevole filo d'argento fra le mani.
- Noi
torniamo a casa, per Natale. - Mormorò Nick, infrangendo lo spettrale silenzio
che si era creato. Gabrielle si irrigidì e un "ah" appena udibile fu
tutto quello che riuscì a pronunciare, poi la goccia di cristallo che stringeva
fra le mani si schiantò sul pavimento con un agghiacciante rumore di vetri
infranti.
-
Oddio... - Esclamò, scattando come se si fosse risvegliata da una strana sorta
di ipnosi. Si inginocchiò, prendendo a raccogliere i cocci sparsi sul parquet
lucido.
-
Coco... mi dispiace. - Continuò lui, mentre i fratelli maggiori restavano
zitti, quasi fossero preoccupati di poter spezzare lei com'era successo per
quella piccola, fragile decorazione.
- No...
- Cercò di sorridere lei, con scarsissimi esiti. - Non è niente... Ah! - Una
scheggia particolarmente affilata le scivolò fra le dita, procurandole un bel
taglio che cominciò a sanguinare abbondantemente. - Scusatemi... - Si alzò,
lasciando cadere i vetri che aveva raccolto e schizzò in cucina, stringendosi
la mano al petto. Quasi sollevata dia vere una scusa per scappare.
Aprì il
rubinetto con un gesto nervoso, infilando le dita sotto il getto proprio mentre
due lacrime impudenti le inumidivano le ciglia, annebbiandole la vista. Respirò
profondamente, imponendosi di ricacciarle esattamente da dove erano venute.
L'acqua gelata alleviava il bruciore del taglio, ma Gabrielle si
domandava cosa avrebbe potuto lenire quello che si sentiva all'altezza del
cuore.
Si sentiva
una stupida a non esserci arrivata da sola. Il Natale si trascorre in famiglia.
E' normale... per chi una famiglia ce l'ha. Una degna di questo nome, almeno. E
Joe, Kevin e Nick, al contrario di lei, rientravano in quella categoria di
persone. Avevano una casa che li aspettava, dall'altra parte dell'oceano.
-
Idiota...! - Ringhiò, tirando un calcio stizzito all'armadietto sotto il
lavandino. E quell'odiosissimo groppo alla gola non voleva proprio saperne di
andarsene... Si scostò i capelli dal viso, bloccandoli dietro l'orecchio, prima
di chiudere l'acqua.
- Non
volevo che venissi a saperlo così. - Sollevò lo sguardo, incrociando quello
colpevole di Joe, che si era affacciato oltre la porta a vetri. - Avrei dovuto
dirtelo, sono un cretino... - Continuò, raggiungendola. - Scusami. -
- Ma
no... - Ribattè lei, cercando qualcosa che potesse usare per tamponare le dita
umide. Senza lasciarle il tempo di muoversi, le afferrò la mano, stringendola
dolcemente, prima di portarsela alle labbra. Coco sussultò, quando avvertì la
bocca di lui dischiudersi per permettere alla sua lingua di raccogliere la
goccia di sangue rimasta sulla pelle arrossata.
Le
guance le si tinsero di un delicato color vermiglio, mentre lui la lasciava
andare e si chinava per catturarle le labbra con le sue.
- La
verità... - Bisbigliò Joe contro la bocca di lei, tra un bacio e l'altro. - E'
che non ho avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, nemmeno a me stesso. Se ci
penso, mi manchi già... - Soffiò, strappandole un mugolìo soddisfatto quando la
sua lingua le accarezzò le labbra come aveva fatto con le sue dita poco prima.
- Quando
partite? - Domandò Gabrielle, allontanandosi per riprendere fiato. - Quanto...?
- Si bloccò, incapace di formulare tutta la domanda.
-
Finiamo di girare il quindici. - Intervenne Nick, entrando nella stanza,
seguito a ruota da Kevin. - E penso che non potremo tornare prima di un mese. -
Coco si voltò, appoggiandosi al piano di marmo, mentre anche gli altri due le
si avvicinavano.
- Un
mese, quindi... - Ripetè, mentre tentava di ignorare la consapevolezza di
quanto potevano essere terribilmente lunghi trenta giorni.
- Ci
hanno fissato un concerto per capodanno... E qualche apparizione per promuovere
il documentario che stiamo girando. - Le spiegò Kevin. - Non potevamo dire di
no. -
- Ma
scherzi? - Scrollò leggermente la testa. - Per me!? -
- Perchè
lo dici sempre con quel tono... Non realizzerai mai quanto sei importante per
noi, eh? - Sorrise lui, scompigliandole affettuosamente i capelli.
- Probabilmente
nemmeno un decimo di quanto lo siete voi per me. - Rispose lei, tornando ad
arrossire. - Ammetto che mi sarebbe piaciuto da morire, passare il Natale con
voi, però... - Inspirò profondamente, cercando di lottare contro le lacrime che
sentiva affiorare di nuovo. - Ora come ora mi rendo conto di quanto fosse
ingenuo, pensare che poteste restare... avevo completamente dimenticato che non
fate veramente parte di questa realtà. La mia
realtà. - Mormorò, lanciando un'occhiata fuori dalla finestra. Sentì le guance
umide ancor prima di rendersi conto che stava piangendo.
Sospirò,
scrollando nervosamente le spalle.
- No,
cavolo! - Esclamò. - Perchè devo sempre finire per fare la figura della bambina?
Io... Uff! - Sbuffò, cercando inutilmente di asciugarsi le lacrime.
- Ehi...
- Sorrise Joe, scostandole le mani dal viso. - Non c'è niente di male. Anche io
odio questa cosa... Avrei voluto portarti a casa con me, per Natale. - Coco
sussultò leggermente, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso.
-
Davvero? - Bisbigliò.
-
L'avremmo voluto tutti. - Continuò lui, cercando conferma nello sguardo dei
suoi fratelli che annuirono. Kevin allungò la mano, accarezzandole il braccio.
- Sarebbe stato bellissimo. Farti conoscere mamma, papà... -
- E
Frankie! - Aggiunse Nick, ridacchiando. - Quella piccola peste... Ti
adorerebbe, ne sono sicuro. Ma.. -
- Ma
nemmeno io posso venire con voi. - Concluse Gabrielle. - Per quel poco di
famiglia che mi è rimasta, devo restare qui. Vi aspetterò... E mi mancherete da
morire, lo sapete? Tutti e tre. - Concluse, sorridendo apertamente, prima di
attirarli in un affettuoso, aggrovigliato abbraccio di gruppo.
Tutti e tre.
***
- E se
ti dicessi che, prima di andarmene, mi piacerebbe fare l'amore con te? -
Domandò improvvisamente Joe, depositando un bacio leggero sulla spalla scoperta
di Coco, che stava quasi per addormentarsi, accoccolata fra le sue braccia.
-
Cosa...? - Mormorò lei, riscuotendosi dallo stato di dormiveglia.
Si voltò
su un fianco, in modo da riuscire a guardarlo negli occhi.
Erano
sdraiati vicini, sotto le soffici coperte del divano-letto che, da tre
settimane a quella parte, condividevano tutte le notti. Per Gabrielle era
diventata un'abitudine dormire sul lato destro del materasso, cosi come a Joe
sarebbe, ormai, sembrato strano muoversi sotto le lenzuola senza incocciare,
prima o poi, nelle gambe di lei.
- Hai
detto qualcosa? - Si stropicciò gli occhi, sbattendoli un paio di volte per
abituarli alla penombra del salotto, spezzata solo dalle luci soffuse
dell'albero di Natale, ora perfettamente addobbato. Lui si chinò, sfiorandole
la punta del naso con la propria, prima di rubarle un bacio leggerissimo.
- Voglio
fare l'amore con te, Coco. - Le sussurrò, gli occhi incatenati all'azzurro dei
suoi. Lei sussultò bruscamente, rischiando di sbattere la fronte contro la sua
per la foga con cui si alzò, puntellandosi su un gomito.
- Non
puoi...! - Esalò, mentre la maledetta vocina nella sua mente prendeva a
ripetere il nome di Kevin ad un ritmo terribilmente martellante e la memoria le
permetteva di ricordare solo i suoi occhi verdissimi.
-
Perchè? - Rispose lui, preso in contropiede da quella strana reazione.
{Perchè l'ho già fatto con tuo fratello.}
Le
suggerì la stessa voce di poco prima, ma quella non poteva essere considerata
una risposta accettabile.
- Il
voto... - Bisbigliò lei, mordendosi il labbro. In effetti, era un'ottima
questione. L'aveva già fatto spezzare a Kevin, era abbastanza.
- Non me
ne frega niente del voto. - Replicò con decisione. - Per te lo romperei anche
mille volte... - Fece scivolare la mano lungo il fianco di lei, prima di
spingersi con le dita oltre l'orlo della sua cannottiera. Senza smettere di
guardarla negli occhi fino a che gli fu possibile, scostò le coperte e si
abbassò a depositarle una serie di baci delicati sulla pancia scoperta,
all'altezza dell'ombelico.
Sorrise,
nel sentirla rabbrividire e avvertì la sua pelle d'oca nel risalire lungo la
scia lasciata dalla cannottiera che le stava sollevando, quasi fino al seno.
- Joe...
- Mugolò, affondando una mano fra i suoi capelli. - Joe, ti prego...
Smettila... - Raccogliendo il briciolo di volontà che le era rimasta, dopo
quello spietato attacco ai suoi freni inibitori, lo fermò, facendolo rialzare.
- Adesso non... - Sussurrò, cercando di tornare a respirare regolarmente.
Sentiva ancora la pelle scottare nel punto in cui, fino a qualche attimo prima,
erano posate le labbra di lui.
- Ti
giuro che non è per capriccio. Io voglio farlo davvero... - Sospirò lui,
tornando a sdraiarsi al suo posto. - Io... - Esitò, mentre le sue guance si
tingevano di un adorabile color peperone. - ... ti voglio. -
- Lo so.
- Rispose, sollevandosi di nuovo su un braccio per sporgersi leggermente sopra
di lui. - Ma non voglio che tu agisca di nuovo d'impulso facendo qualcosa di
cui poi, potresti pentirti... - Gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte,
accarezzandogliela piano, prima di posarci un bacio leggero. - Perchè anche io,
in questo momento, non sono abbastanza sicura. Ma ti giuro che ci penserò... -
Con un mugugno rassegnato, Joe si voltò sul fianco, stringendola a sè con fare
dolcemente possessivo.
-
D'accordo... - Soffiò, col viso nascosto nell'incavo del collo di lei. - Però,
stanotte, voglio che mi abbracci... E che non mi lasci andare fino a domattina.
- Gabrielle sorrise silenziosamente, sistemandosi meglio contro di lui ed
azzerando la distanza fra i loro corpi.
- Sì. -
Mormorò, accarezzandogli i capelli e poi le spalle, strappandogli un sospiro
soddisfatto. - Tutto quello che vuoi... -
***
Quando
Coco si risvegliò, però, non era affatto "domattina". L'orologio
digitale del videoregistratore lampeggiava nel buio, segnando appena le due e mezza
di notte. Sbuffò e cercando di muoversi piano per non svegliare Joe,
profondamente addormentato con la testa sulla sua spalla, si alzò e scivolò
fuori dalle coperte. Rabbrividì quando l'aria fresca della notte assaltò le sue
spalle nude. Afferrò alla cieca qualcosa di morbido e caldo dal bracciolo del
divano e se lo infilò alla bella e meglio.
Quando
arrivò in cucina, si stupì di trovarci Kevin, ancora sveglio, che rimestava con
aria assente un bicchiere di analgesico. Non si accorse di lei, fino a che
Gabrielle non gli fu abbastanza vicina da rivolgergli la parola senza dover
parlare troppo ad alta voce.
- Non
stai bene, Kev? - Domandò, appoggiandosi al tavolo. Sollevò lo sguardo,
incrociando gli occhi di lei.
- Solo
un po' di mal di testa... E qualche pensiero che non mi fa dormire. - Spiegò,
svuotando il bicchiere in un sorso, prima di alzarsi. - E così siamo già
arrivati ad "un mese dopo".
- Sospirò, senza smettere di fissarla.
- Eh...?
- Mormorò Coco, torturandosi nervosamente un ciuffo di capelli che le ricadeva
arricciato all'attaccatura del collo.
- Sai
che giorno è oggi? - Chiese, solleticando lentamente il bordo di vetro con le
dita.
- Sì, lo
so. - Ribadì lei, improvvisamente tesa. - Sono passati esattamente trenta
giorni. Vogliamo intavolare un bel discorso da "un mese dopo", come hai detto tu? - Sbuffò, piuttosto
infastidita. - Dai, parliamone pure, tanto stasera siamo già in argomento... -
- Scusa?
- Kevin mollò il bicchiere sul tavolo dove era, movendo un passo verso di lei
con espressione piuttosto sconcertata.
Gabrielle
inspirò profondamente, torcendosi le mani.
- Due
ore fa, Joe mi ha chiesto di fare... Di farlo,
con lui. - Incrociò le braccia, stringendosele al petto, prima di tornare a
puntare gli occhi nei suoi. - E io gli ho detto di no. - Concluse, lapidaria
nel tentativo di mascherare la voce tremante.
- Gli
hai detto di no? - Ripetè meccanicamente. - Perchè?
-
Eccola,
la domanda che tanto temeva, forse persino più da parte sua. Perchè era stato
relativamente facile, con Joe che non sapeva niente, mascherarsi dietro la
scusa del voto... Ma con Kevin...
La
verità rischiava prepotentemente di venire allo scoperto.
-
Perchè? Perchè, se lo facessimo, come credi potrei spiegargli che non... - Arrossì,
sfregandosi le braccia infreddolite. - ... sono più vergine? - Kevin abbassò lo
sguardo, visibilmente imbarazzato e forse anche più di lei.
- Non se
ne accorgerebbe neanche, secondo me. - Mormorò, tenendo gli occhi ostinatamente
puntati sul pavimento.
- E
comunque con è solo per quello... - Continuò lei, rinsaldando un minimo il tono
di voce.
Già,
c'erano almeno altri due motivi.
- C'è il
voto... So che riguarderebbe solo lui, teoricamente, ma, in pratica invece, è
un peso anche per me la responsabilità di infrangerlo. Non è la promessa che ha
fatto a mamma o papà... E' un giuramento a Dio. E a sè stesso. Romperlo vuol
dire gettar via un sacco di cose. - Lentamente, Kevin tornò a guardarla.
Aveva
capito perfettamente che non stava parlando di Joe. Non solo almeno. Si fissarono negli occhi per dei secondi
interminabili, prima che Coco trovasse il coraggio di andare oltre. Mosse un
passo in avanti arrivandogli a meno di una spanna di distanza. Molto meno.
- No. -
La anticipò lui, scuotendo la testa. - Ti assicuro che io non ho buttato via
proprio niente... - Prese fiato,
cercando di mantenere salda la voce tremante. - Fare l'amore con te è stato...
era il modo migliore che avessi per rompere quel voto. - Mormorò, lo sguardo
ancora fuso in quello di lei che aveva praticamente smesso di respirare.
E
l'ultima ragione, l'altra cosa per cui non era riuscita a dire sì a Joe era...
{E'...}
La sua
parte razionale si rifiutò di concludere la frase, annegando completamente nel
verde vivo e bruciante degli occhi di Kevin. Gabrielle distolse lo sguardo per
una frazione di secondo, puntandolo verso il soffitto, prima di affondare una
mano fra i ricci scuri di lui. Lo attirò leggermente in avanti, catturando le
sue labbra in un bacio a stampo che si protrasse leggermente più a lungo di
quanto avrebbe dovuto.
Kevin
sussultò, sgranando improvvisamente gli occhi scuri, prima di richiuderli con
un sospiro soddisfatto. Non fece nemmeno in tempo a pensare di poterle
appoggiare le mani sui fianchi, che la sentì staccarsi.
-
Vischio. - Bisbigliò lei, poco dopo essersi allontanata.
Indicò
il soffitto e solo quando alzò gli occhi, come aveva fatto Coco poco prima, lui
si accorse con una punta di delusione, del rametto appeso, con un bel fiocco
rosso, al lampadario sopra le loro teste.
Quando
tornò a guardare davanti a sè, incontrò solo le piastrelle azzurrine della
parete che aveva di fronte.
Coco era
scappata.
E non avevano nemmeno concluso
il discorso che avevano cominciato.
Rieccoci
qui.x3 Macciao a tutte! Passate bene le feste?x3 Anno nuovo, capitolo nuovo...
Anche se per i nostri eroi il capodanno arriverà solo nel prossimo capitolo...
Questo è un po' di transizione, ma contiene due e dico due discorsi
molto importanti ai fini della storia...
Ma non
vi anticipo altro e passo subito ai ringraziamenti ad personam che, ancora una
volta, sono tanti e la cosa non può che farmi un immenso piacere:
Ladonnazabaionata: ok, tu questo
capitolo lo leggerai forse in ritardo, ma va bene lo stesso.x3 Chissà perchè
prevedo che tutto questo porterà il tuo campanilismo pro-Kevin a dei livelli
mai visti... Comunque sappi che ho ancora parecchi assi nella manica, quindi
nulla è sicuro. Per ora...x3
LaSocia: ma guarda che cosa
insolita, tu hai già letto il capitolo.x3 Ciò non toglie che io voglia un
esaurientissimo commento da parte tua. Anyway... Che tra Coco e Kev c'è
*tensione* di un certo tipo, beh, è palese. Il problema è vedere dove questa
tensione li porterà. Se si spegnerà a poco a poco o arriverà ad un punto di non
ritorno, esplodendo definitivamente. Per entrambe le opzioni, c'è comunque
ancora tempo... Per ora la situazione non si sblocca. Forse solo un
pochinoino...
Agatha: gongola, gongola finchè
puoi!x3 In quello che hai scritto, come al solito, c'è molto di vero (me ama i
tuoi commenti sempre più!x3), però non è proprio tutto così semplice. Lo
sarebbe, se Coco non fosse veramente innamorata di Joe. Eheh... *risatina malvagia*.
Per quanto riguarda il Natale, beh, io lo amo alla follia quindi mi è venuto
naturale infondere un po' di questo amore nella storia. E ho dovuto far tornare
i Jonas a casa... Come hai detto tu non sarebbe stato realistico farli
restare!x3 Che poi è una specie di allenamento per tutti, perchè arriverà anche
il momento in cui l'anno di riprese terminerà e loro dovranno fare i bagagli definitivamente...
Selphie: felice di averti
involontariamente dato buoni suggerimenti *musicali*. Per quanto riguarda il
capitolo, beh, Kev è il "cute,
romantic one" mica per nulla!x3 Poi io me lo vedo proprio a dire
queste cose dolci-dolci. E' il mio uomo delle romanticherie, lui!x3
fefy88: chissà se ti sbagli o se
hai ragione... Comunque sono io la prima a pensare che Coco meriti stima
infinita per la volontà ferrea dimostrata nel dire di no al caro Joseph (io
penso che gli avrei detto qualcosa tipo: fai di me quello che vuoi!x3). Certo è
che il nostro Danger non demorderà così facilmente perchè, come hai detto tu,
la vuole proprio...
Sweet_S: spero tu sia
sopravvissuta e non abbia finito per diventare pazza/maniaca/serialkiller!xD
Ecco l'aggiornamento...x3 Sappi che è il mio scopo confondere voi lettrici,
almeno fino al momento in cui anche le idee di Coco non si chiariranno (fra un
bel tot di capitoli...).x3 E vedrai che questo momentaneo allontanamento
porterà qualcosa di più o meno buono per tutti. E poi i Jonas torneranno presto
dalla loro Gabrielle!x3 Oh... e sono proprio felice che le mie fic ti piacciano
tanto.<3
Jollina: come faccio? Boh,
misteri... Sarà l'influsso benefico dei Jonas e di voi lettrici che mi date
tanto supporto!<3 Il vischio è birichino, non sceglie e questa volta è
toccato a Kevin e Coco. Magari, nonostante sia stato un bacio non prettamente
*tradizionale*, non porterà conseguenze... o magari sì?x3
Potterina: Eh sì,
Joe vuole la sua Coco. Io ho un rapporto poco amichevole con quel voto, che vi
devo dire?xD Comunque, per ora non è successo nulla. In futuro chissà... Sul
terzo motivo per cui Coco non ha voluto farlo, behbehbeh... io non mi
pronunciò!x3 Chi leggerà, vedrà e tu vedrai de hai ben intuito!x3
beautiful_disaster: uhuhuh...
Sull'evolversi dei sentimenti di Kev per Coco, lascio che sia il capitolo a
risponderti!;3 Per il resto, beh... Ammetto che mi piace un sacco descrivere i
momenti *intimi* fra Coco e Joe. Mi diverte immaginarli mentre, come dici tu,
si fanno le coccole. E poi Joe si presta molto... Che tu fossi schierata con
Kev penso di averlo intuito tempo fa, sai? E vai ad unirti ad una nutrita
schiera di lettrici che il povero Joe non lo filano di pezza!x°D Ma chissà che
poi non sia lui ad avere la meglio...?*risatina malvagia*
E,
infine, le new entry!**
Pretty_Odd:
aaaaaw!x3 Non ti dico quanto apprezzato il tuo commento. Sappi solo che ero su
msn con Tempe e ho cominciato a scriverle a ripetizione: ho una nuova lettrice!
Ho una nuova lettrice!x3 Non puoi capire quanto mi renda orgogliosa pensare che
addirittura sei stata alzata fino alle 3 per leggere la mia fic, cioè...<3
Poi sono felice che ti piaccia la mia Coco, i *miei* Jonas, i miei lavori
photoshopposi... Sono felice di tutto, insomma!x3 Joe, sì, forse è partito un
po' facendo lo stronzetto di turno, ma si sta pian piano rivalutando. Kev è
l'uomo della mia vita, lo amo alla follia nonostante gli combini così tante
carognate e Nick, beh, Nick è l'ago della bilancia. Se non ci fosse stato lui,
probabilmente sarebbero tutti impazziti da tempo!x°D Bene io spero
ardentissimamente (ma esiste?xD) che tu continui a recensirmi, perchè ci tengo
davvero molto!** Ancora un milione di grazie. Bacio!=*
Rachelle: Idem come sopra. Mi fa
sempre felicissima trovare commenti di nuove lettrici!** Soprattutto commenti
così gratificanti. Mi ha reso molto, molto felice soprattutto sentirmi dire che
la mia storia è *profonda* perchè vuol dire che, in qualche modo, riesco a
trasmettere delle emozioni a che mi legge. E per un'autrice questa cosa è
fondamentale!<3 Beh, il nuovo capitolo è qui e io mi aspetto di ritrovare il
tuo nome tra le recensitrici, ne sarei molto felice!x3
Infine,
prima di lasciarvi al capitolo, appello alle mie due recensitrici-abituèè
assenti: Aya, Razu_91 dove siete finite? So che appena leggerete il mio accorato
richiamo, accorrerete quindi vi ringrazio già in anticipo. E aspetto i vostri
commenti con ansia!x3
E'
tutto, gioie. A voi la linea!x3
- Capitolo 16° -
{ Mi manchi. Posso far finta di star bene, ma mi manchi...
Ora capisco che vuol dire, averti accanto prima di dormire. }
Mi Manchi - Fausto Leali
- Era tutto
squisito, Monmon, davvero. - Sorrise Gabrielle, accomodandosi sul tappeto del
salotto e afferrando la bambola che Lulù le stava porgendo, ancora mezza legata
al fondo di cartone fucsia della scatola.
-
Ziaaaa... - Pigolò la bimba, avvicinandosi con gli occhi azzurrissimi
spalancati in una tacita richiesta. Dietro di lei, un'enorme scatola rosa
conteneva la probabilmente più grossa casa di Barbie che fosse mai stata messa
in commercio. Coco sorrise di nuovo, riconsegnandole la principessa dai lunghi
capelli d'oro finalmente libera della sua confezione.
- Sì sì,
adesso la montiamo... Mamma, com'è grande! Babbo Natale si è proprio lanciato
quest'anno, eh? - Aggiunse, in un soffio, lanciando un'occhiata eloquente alla
sorella maggiore e a Gerry, ancora impegnati a sparecchiare il tavolo dai resti
del pranzo di Natale. Monique ridacchiò, sollevando le mani come a sottolineare
la propria innocenza. E, in effetti, era molto più realistico pensare che fosse
stato Geràrd l'artefice.
Afferrò
la scatola e scuotendo la testa, la aprì insieme alla nipotina cominciando ad
estrarre mobili roccocò in pura plastica viola.
- Zia,
zia! Come si mette questo? - Trillò Lulù, brandendo un tavolino e la parete di
un armadio.
- No,
aspetta... Non così, ti faccio vedere! - Le si avvicinò, sedendosi alle sue
spalle e circondandola con le braccia per riuscire ad aiutarla. Proprio mentre
cercava di incastrare le due metà del suddetto armadio vittoriano, sentì la
tasca dei suoi pantaloni vibrare leggermente. - Scusami un secondo, zucchero. -
Sussurrò, mentre sulle sue labbra già si allargava un sorriso. Posò un bacio
sui boccoli biondi della sua nipotina, prima di alzarsi e recuperare il suo
cellulare che si agitava sempre più freneticamente.
- Pronto?
- Mormorò, allontanandosi abbastanza dal rumore del salotto. Si infilò nella
camera di Monique e nel suo invitante, inviolato silenzio.
- Mi
manchi da morire, non ce la faccio più... - La sua voce morbida le arrivò
all'orecchio come una carezza. Sorrise, abbandonando la schiena contro il muro,
prima di lasciarsi scivolare fino al pavimento con un sorriso luminoso che le
sfiorava le labbra.
- Ciao,
Joe. - Soffiò. - Buon Natale anche a te. -
- Buon
Natale, amore. - Continuò lui, cercando di sovrastare con la sua il rumore di
altre due voci che si mischiavano, sempre più vicine.
- Amore? - Ripetè, mentre le sue guance si
tingevano involontariamente di un delicato color porpora.
- Ti
dispiace? - Ridacchiò lui, come se l'avesse davanti agli occhi.
- No,
anzi... E' solo che... Ho passato anni e anni di scuola a sentire le mie
compagne venire chiamate così dai loro fidanzati. O Monmon con Gerry. E mi sono
sempre chiesta se qualcuno l'avrebbe mai detto a me... - Rispose, arrossendo se
possibile ancora di più. - Cosa avrei provato. -
- E...?
- La incalzò.
- Ed è
una sensazione meravigliosa... - Concluse. - Manchi anche a me, lo sai, vero? -
Sospirò poi, arrotolandosi una ciocca di capelli scuri attorno alle dita.
- E tu
sai che, da quando sono partito faccio sempre, sempre fatica ad addormentarmi, perchè il mio letto è
maledettamente vuoto...? Ho il mio
cuscino, le mie coperte... Eppure non servono a niente. - Bisbigliò, mentre lei
quasi tratteneva il respiro. - Non ci sei tu.
-
-
Smettila di dirmi queste cose, o non li tiro altri venti giorni! - Ridacchiò
lei, cercando di far riprendere al suo cuore un ritmo regolare. - E comunque
anche io dormo male, da sola. -
Sorrise,
aspettandosi da Joe un'altra risposta zuccherosa, ma, al contrario, quello che
il ricevitore del telefono le trasmise fu un gran miscuglio di rumori e un
sonoro schianto, prima che una voce familiare riemergesse da quel caos.
-
Joe...! L'hai fatto cadere, guarda! Oh, smettila di tubare e fai parlare anche
noi! - Un clic e poi il suono divenne
improvvisamente amplificato.
-
Piccolo? - Domandò, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere. - Cosa
succede? -
- Coco!
Buon Natale! - La sua voce e quella di Kevin si mescolarono al leggero rumore di
sottofondo. - Sei in vivavoce. - Aggiunse.
- Anche
a voi, ragazzi, come state? - Un leggero tuffo al cuore, nel sentirli
chiacchierare e battibeccare come facevano sempre, la informò, dolorosamente,
di quanto avrebbe voluto poter essere con loro. Joe le mancava da togliere il
fiato, d'accordo, ma anche Nick e quelle loro lunghe chiacchierate riflessive,
o Kevin...
Kevin
che, nel bene o nel male, dopo quello che era successo, non aveva mai smesso di
tormentarla neppure nei sogni. Con i suoi occhi, le sue mani... le sue labbra.
Il
ricordo di quell'insolito bacio sotto il vischio era ancora fastidiosamente
vivido. Come se non bastasse tutto il resto...
- Ci
manchi. - Nemmeno a farlo apposta, fu proprio la voce del Jonas maggiore a
riportarla alla realtà. - E non solo perchè Joe ci esaspera, ricordandoci ogni
tre minuti che non ci sei. - Aggiunse. E anche se non poteva vederlo, Coco
avrebbe giurato che, in quel momento, sfoderava il sorriso dolcissimo che era
così dannatamente suo e che la faceva
sciogliere tutte le volte.
{E queste sono cose che io non dovrei nemmeno
pensare, cacchio.}
Ringhiò
a se stessa, cercando di concentrarsi su quello che stava succedendo all'altro
capo del cavo dove, presumibilmente, Joe stava facendo pagare a suo fratello
maggiore gli interessi sull'ultima battutina.
- Vi
prego, tornate in fretta. -
Quando
Nick riprese possesso del cordless e riuscì a disinserire il vivavoce,
abbandonando gli altri due al loro tafferuglio, quella fu l'unica cosa che
riuscì a dirgli.
***
Quando
Monmon, dopo una buona ventina di minuti, si intrufolò nella stanza per vedere
cosa stesse facendo trovò Coco ancora seduta sul pavimento nello stesso punto.
Il cellulare ormai spento e la testa nascosta fra le braccia, appoggiate alle
ginocchia.
- Ehi,
tutto bene? - Le domandò, accucciandosi al suo fianco, prima di accarezzarle
premurosamente i capelli. Gabrielle non rispose, emise uno strano suono a metà
tra un sospiro e un ruggito, persa nei suoi pensieri. - Coco...? Davvero,
non... -
- Sì,
Kev... - Sospirò, senza nemmeno essere troppo sicura di aver sentito la
domanda. La sorella maggiore strabuzzò leggermente gli occhi, prima di
schiarirsi la gola in un gesto eloquente.
- "Kev"? - Ripetè, inarcando il sopracciglio
con fare scettico. - Che non sta per Kevin,
vero? - Domanda retorica. Parecchio retorica. Coco alzò la testa di scatto,
incrociando lo sguardo di Monique proprio nel momento in cui sul suo viso
andava allargandosi un sorrisino malizioso.
- Eh? -
Mormorò, in un fil di voce.
- Mi hai
appena chiamato "Kev", non te ne sei accorta? - Riprese, sedendosi
più comodamente accanto a lei e dando una spinta decisa alla porta perchè si
chiudesse. - Tesoro, io credo che dobbiamo parlare... -
- Ti ho
davvero chiamata...? - Esalò, portandosi una mano alle labbra. Quando Monmon
annuì, sbuffò con fare sconsolato. - Dio...! - Ringhiò.
Si passò
la mano fra i capelli, cercando di reprimere tutta la voglia che aveva di
mettersi ad urlare.
- Bene.
Da cosa vuoi che cominci? - Soffiò, in tono leggermente stizzito. - Da quando
ho baciato Kevin sotto il vischio, in un modo che di tradizionale non aveva niente? O no, meglio! Da quando sono andata a letto con lui, pur essendo
fidanzata con suo fratello. - Concluse, trattenendo a stento un singhiozzo.
- Ok. -
Riprese la sorella, non appena riuscì a ritrovare la facoltà di esprimersi in
maniera coerente. - Penso che abbiamo un problema... E che dovresti andare con
ordine. Sei stata a letto con Kevin?!? - Quasi urlò.
Gabrielle
prese un respiro profondo, guardando per qualche istante dritto davanti a sè,
anche se i suoi occhi chiari stavano visualizzando tutt'altro che la specchiera
retrò di Monique.
- In
realtà non c'è poi molto da dire... E' stato quasi due mesi fa, ormai. -
Cominciò. - Ho litigato con Joe, sono scappata e quando Kevin è venuto a
cercarmi e mi ha trovata ero... - Esitò, allungando le gambe sottili sul
pavimento. - Ubriaca. -
- Scusa...? - Si fissarono in silenzio, poi
Coco distolse lo sguardo, riprendendo il suo breve racconto.
- Sì.
Non riuscivo quasi a reggermi in piedi, ci credi? - Sorrise amaramente. - Ed
era la prima volta in vita mia che bevevo... Se si può definire "bere", poi. Due tazze di the
corretto... credo. -
- No,
aspetta. Due mesi... E' stato per la storia dei giornali!? E poi... Ubriaca? Ubriaca, Gabrielle?!? - Monmon era livida. Lei annuì flebilmente,
catturando i capelli scuri dietro l'orecchio.
- Non è
stato bello nemmeno per me scoprirlo, credimi. Sta di fatto che di quel
pomeriggio e quella notte non ricordo quasi nulla... So solo che la mattina
dopo mi sono svegliata, completamente nuda, nel letto di una camera d'albergo.
E Kevin era con me. - Singhiozzò.
- Io lo
uccido, quello. - Sibilò la sorella,
strizzando entrambi i pugni.
- NO! -
La bloccò. - Kevin non... non si sognerebbe nemmeno di farmi qualcosa contro la
mia volontà. Questo sono pronta a giurartelo perfino su me stessa. - Arrossì. -
Se siamo arrivati fino a quel punto, devo averlo in qualche modo... voluto anche io. -
-
Qualche modo!? - Monique sembrava un automa, continuava a ripetere le parole di
Coco. - Ma ti rendi conto di quello che hai fatto!? Stai parlando di sesso, non di una passeggiata mano nella
mano! - Abbaiò, mentre le sue guance pallide si accendevano improvvisamente. -
E in quello stato di incoscienza, poi... Senza precauzioni... potevi rimanere
incinta, l'hai realizzato questo, almeno? - Coco avvertì una fastidiosa fitta
allo stomaco e un brivido freddo lungo la schiena, realizzando in quel momento
che all'eventualità di un figlio non aveva nemmeno pensato.
- Non...
- Bisbigliò. - E' tutto normale. -
- No, lo
so. - Sospirò Monmon. - A quest'ora te ne saresti già accorta. Io... Ho avuto
Luciane a diciannove anni e per quanto l'ami più della mia stessa vita, è
un'esperienza che non auguro a nessuno. Un bambino non è un gioco... Un bambino
ti sconvolge l'esistenza, nel bene e nel male. Soprattutto se sei sola. - Le poggiò una mano sulla spalla,
stringendola appena.
- Se
fosse successo... Non lo sarei stata. - Si strinse nelle braccia, soffocando
l'ennesimo singhiozzo. - So che sembra una cazzata, detta così per dire... Però
io credo che Kevin non mi avrebbe mai permesso di affrontare una cosa del
genere da sola. - Si portò involontariamente una mano al ventre, mentre con gli
occhi cercava lo sguardo della sorella.
- Tu
credi... Ma gli uomini, davanti alle responsabilità, sono spesso molto più
schifosamente codardi di quel che appaiono. Sei davvero tanto sicura che il tuo
Kevin non sarebbe scappato a gambe levate? - Ribattè Monique, poco convinta.
- Non è
il "mio" Kevin. E' Kevin e
basta... E' un amico. E comunque no. Lui non sarebbe scappato. Io lo so. -
Monmon
rimase in silenzio per qualche secondo, osservando Coco di sottecchi, come a
voler soppesare qualcosa.
-
Chiariscimi solo un'ultima cosa... - Sussurrò poi. - Se questo Kevin è così
speciale, dolce e responsabile... E tu hai fiducia in lui al punto che,
inconsciamente, gli hai permesso di baciarti, di toccarti come non aveva mai fatto nessuno prima... Perchè stai con
un altro? -
***
{ E stringere le mani per fermare
qualcosa che e' dentro me,
ma nella mente tua non c'è.
Capire tu non puoi.
Tu chiamale, se vuoi, emozioni... }
Emozioni - Lucio Battisti
Nello
stesso momento, dall'altra parte dell'oceano, in un'altra casa, un' altra
famiglia e lo stesso discorso che stava per essere intavolato.
Kevin appoggiò
il cordless nero nel suo supporto sospirando profondamente, prima di sedersi al
tavolo della cucina ancora ingombro dei resti del meraviglioso pranzo di Natale
che Denise aveva preparato per la sua famiglia. La donna rientrò nella stanza
poco dopo, scuotendo la testa riccioluta mentre cercava di non rovesciare il
grosso vassoio di vetro che aveva in mano.
-
Cucciolo, cos'è quel faccino? - Chiese, sistemando tutto nel lavandino già
pieno di stoviglie, prima di accomodarsi sullo sgabello accanto a quello del
figlio.
- No,
niente, mamma. - Mugugnò lui, senza nemmeno guardarla. Sbuffò, incrociando le
braccia sul tavolo per nasconderci il viso.
- Paul Kevin Jonas II. - Esalò Denise,
puntellando un braccio sul fianco, mentre con l'altro circondava premurosamente
le spalle del figlio. - Credi davvero di poterla dare a bere a tua madre così
facilmente? - Kevin sollevò leggermente la testa, esibendosi in uno sguardo
cucciolo degno delle migliori performance di Joe. - Non sei mai stato bravo a
dire le bugie, tesoro. - Concluse la donna, sorridendo amorevolmente.
- Ti
assicuro che sto imparando. Molto in fretta. - Mugugnò, lanciando un'occhiata
sfuggente in direzione del salotto, dove Joe e Frankie testavano la nuova pista
di macchinine che Babbo Natale aveva regalato al piccolo di casa. E
arrendendosi all'evidenza che non sarebbe riuscito a nasconderle niente. Non a
sua madre. - Joe ti ha parlato di... - Esitò, passandosi una mano fra i
riccioli scuri. - ...Gabrielle? -
Denise
inarcò un sopracciglio, lasciandosi sfuggire un risolino a metà tra il
rassegnato ed il divertito.
- Non
più di qualche miliardo di volte, da quando siete tornati da Parigi. - Sospirò.
- Deve avere qualcosa di veramente speciale, questa francesina, perchè tuo
fratello è proprio partito per la tangente... -
- Cosa
ti ha detto di lei? - Chiese, mentre un piccolo sorriso si allargava sulle sue
labbra.
- Mah...
- Cominciò la donna, giocherellando con uno degli anelli che aveva alle dita. -
Mi sarei aspettata che mi decantasse tutta una serie di attributi
"fisici", definiamoli così. Sai... Quanto è bella, affascinante,
attraente... Cose del genere. Normali.
- Agitò graziosamente la mano nell'aria, facendo tintinnare i braccialetti che
le cingevano il polso. - E invece... - Esitò, lanciando involontariamente una
stoccata dolorosissima al cuore di Kevin che mancò un battito. - ...Invece no.
Dovevi vederlo, Kev! Aveva una luce negli occhi, mentre parlava di lei... dei
suoi modi di fare, del suo carattere.
- Amore di mamma.
Kevin
prese a torturare un inerme tovagliolo di carta che come unica colpa aveva
quella di essere stato lasciato sulla sua strada. Cominciò a strapparne gli
angoli con sistematica precisione, mentre ascoltava sua madre.
-
L'ultima volta che ho visto Joe con quell'espressione è stato quando ha preso
in mano un microfono per la prima volta. E' come se sorridesse con ogni fibra
del suo essere... - Mormorò. Poi fece scivolare una mano sul piano del tavolo,
andando a cercare quella di lui che smise per un attimo di straziare il povero
pezzo di carta. - Ma tu... Tu che l'hai vista, dimmi, è davvero così... - Si
fermò, cercando di trovare un'espressione adatta.
- ...Meravigliosa? - Concluse Kevin per lei, abbassando
lo sguardo nel vano tentativo di non tradirsi. - Sì, mamma. Sì. Lei è perfino
di più. - Esalò, strizzando definitivamente il tovagliolo.
Nonostante
fosse voltato quasi completamente dall'altra parte, sentì distintamente gli
occhi di sua madre puntati su di lui come se volessero radiografarlo.
-
Kevin... - Cominciò Denise, con una strana sfumatura nella voce. - Guardami. -
Si alzò, sporgendosi leggermente verso il figlio che, però, rimaneva fermo
sulla sua posizione. - Kevin. -
Ripetè, stringendo la presa sulla sua spalla. - Guardami negli occhi e dimmi
che non è come penso che sia. -
-
Mamma... - Tentò. Ma lo sguardo di lei uccise sul nascere qualunque tentativo
di svicolare.
- Kevin?
- Continuò, imperterrita.
- Va
bene, allora: sono innamorato della ragazza di mio fratello. Anzi, ti dirò di
più. Io la amo... La amo con tutto me
stesso. - Soffiò. - Ti fa sentire meglio saperlo? - Non troppo, da come le sue
guance rosate divennero improvvisamente pallide come un lenzuolo.
-
Cosa...? - Boccheggiò, tornando a sedersi per avere un solido sostegno.
- Lo so
che è sbagliato...! Dannazione, lo so! - Ringhiò lui, battendo un pugno sul
tavolo. - Ho provato a farmene una ragione, a cercare di dimenticarla... Di
essere felice per loro. Ma non ci
riesco, mamma! Non... - Si bloccò, nascondendo nuovamente la testa fra le
braccia, nel tentativo di soffocare il singhiozzo che era già salito a
scuotergli le spalle.
-
Amore... - Bisbigliò Denise, passandogli dolcemente una mano fra i capelli.
-
Lasciami stare...! - Abbaiò, scostandosi con un gesto rabbioso.
- Non
parlarmi con quel tono, signorino! - Sbottò la donna, arpionandogli un braccio.
- Per quanti e quali problemi tu possa avere, non sei autorizzato a trattarmi
così! Sono tua madre, non una tua amica. L'incazzatura smaltiscitela con
qualcun'altro. -
- TU NON
CAPISCI. - Esclamò. - Se potessi eliminare il nodo che mi sento dentro come si
fa con una semplice arrabbiatura, non avrei problemi. E invece quel maledetto
se ne sta lì, insopportabilmente doloroso... E a volte, stringe tanto che
fatico a respirare. Perchè mi ricorda che lei non potrà mai essere mia... Che lo è stata una volta, per
sbaglio e mai più. - Aggiunse poi, stringendo i pugni.
-
Smettila di alzare la voce con me, Kevin. Ti avverto che stai per passare il
limite...! - Sibilò Denise, puntandogli un dito contro. - E comunque io capisco
più di quanto tu creda. Ho il doppio dei tuoi anni che, ti assicuro, sono più
che sufficienti per... capire, come
dici tu. E in ogni caso, io sono qui per te, ma se non vuoi il mio aiuto non
hai che da dirlo. - Puntò gli occhi in quelli del figlio, in attesa di una
risposta.
Kevin
sostenne lo sguardo con altrettanta determinazione, chiuso in un ostinato,
eloquente silenzio.
- Bene. -
Riprese. - In questo caso, spiegami l'unico particolare che non mi è troppo
chiaro: cosa vuol dire cheè "stata tua"? - Domandò, con la voce
che tremava leggermente.
Forse il
suo subconscio la stava mettendo in guardia... Forse voleva prepararla al colpo
che avrebbe subito di lì a qualche secondo. Forse...
Kevin
prese un respiro profondo, cercando negli occhi scuri della madre qualcosa che
suggerisse la possibilità, anche minima, che Denise potesse... prenderla bene.
- Che ho
fatto l'amore con lei, mamma. -
Nessuna
risposta, ma il bruciore sordo alla guancia sinistra arrivò improvviso,
doloroso e violento come una secchiata d'acqua gelata, prima che il
contraccolpo lo facesse indietreggiare al bordo dello sgabello. Si portò una
mano al viso, voltandosi lentamente verso Denise che era ancora immobile, il
braccio alzato nell'atto di sferrare un altro schiaffo.
Di
quelle possibilità, non ce n'era nemmeno mezza.
- Non
scherzare su queste cose. - Tornò a sibilare la donna. - Non ti permettere...!
- Si inumidì le labbra tese, sottili come diventavano solo quando si arrabbiava
davvero.
- Non
sto scherzando. L'ho fatto davvero. - Ribadì lui. - Ma... - La bloccò,
sollevando entrambe le mani. - Ascoltami, ti prego: non è stato nè per gioco,
nè per sfida o chissà che altro. - Denise sembrò esitare un attimo. Appoggiò la
mano al bordo del tavolo, inclinando impercettibilmente il capo per riuscire a
guardarlo dritto negli occhi.
E Kevin
rimase fermo, ricambiando quello sguardo indagatore in modo che potesse trovare
tutte le risposte che cercava.
- Mi
conosci, mamma. Sai che io non agisco mai meramente
per istinto... - Bisbigliò.
- No...
- Rispose la donna in un fil di voce. - Tu non sei Joe. -
- Non lo
sono. - Annuì, prima di schiarirsi la gola per rinsaldare il tono di voce. - Ho
fatto l'amore con Gabrielle perchè la amo. Semplicemente per questo... Perchè,
per la prima volta in vita mia, ho sentito il mio corpo, il mio cuore e la mia
mente chiedere un'unica, stessa cosa. Ogni singola, microscopica parte di me...
la voleva. - Concluse, stringendo a pugno la mano che teneva appoggiata sul
tavolo. Denise scrutò ancora per un attimo negli occhi verdi, ormai lucidi del
figlio, prima di gettargli le braccia al collo.
- Spero
almeno che sia stato bello... - Mormorò con voce acquosa, accarezzandogli
amorevolmente i capelli e le spalle, mentre lui la stringeva. Kevin annuì,
sfiorando la guancia umida della madre con la propria.
- Anche
di più. - Rispose. - ...Non lo dirai a papà, vero? Io l'anello non l'ho
tolto... per Joe, ma anche per lui. Non voglio... - Denise lo fermò,
allontanandosi quel tanto che bastava per tornare a guardarlo in faccia.
- Non
preoccuparti di questo. Sarai tu a dirglielo... quando ti sentirai pronto. - Gli
posò un bacio leggero sulla fronte, mentre sulle sue labbra tornava a
distendersi il solito sorriso luminoso. - Non posso dirti che ti capirà. Non
subito, almeno. Ma io sarò lì per sostenerti. -
Senza
dire nulla, Kevin le prese una mano e se la portò alle labbra. Poi posò un
bacio leggero al centro del dorso, stringendola appena.
- Grazie, mamma. - Sorrise,
abbracciandola di nuovo. - Ti voglio bene. -
Sì, no,
non ditemelo!xD Sono in ritardo-paura questa volta. Ma ho ben due scusanti a
mia discolpa!
Primo:
un esame teorico+consegna di tavole che mi attendeva in agguato al rientro in
università post-feste e secondo: l'ultimo capitolo di "Giorni
Infiniti" che qualcuno - nonfacciamonomiElisaLaSociaTempe - mi ha sfranto
perchè scrivessi...U.U
Ecco
come si scopre che non è colpa miaH, questo ritardo e soprattutto,
l'impossibilità di fare i ringraziamenti ad-personam ancora una volta. Uffa.ç_ç
Mi
manda in bestia non potervi ringraziare una per una, perchè ve lo meritate ad
ogni capitolo di più!x3 Comunque vi lovvo immensamente tutte, sappiatelo!
*lovva*<3
Spero
di farmi perdonare con questo capitolo che è fluff puro, come vedrete!x3
E'
interamente dedicato al compleanno
della nostra Coco che, per esigenze di copione è nata il 31 dicembre, anche se
avrei voluto farla nascere il 17 settembre come la sottoscritta...
Ma
c'erano tutta una serie di impedimenti, primo fra i tanti Nicky Nicky che è
nato il giorno prima. Insomma, così è. Lasciamo perdere le mie elucubrazioni!x3
Vi
lascio al capitolo e, temo, ad una massiccia dose di "aaaaawww"!x3
*lovva di nuovo*
- Capitolo 17° -
{ Ed arrivi di corsa, con quel naso in
su.
Sembra un po' il primo giorno... Ti ricordi, tu? }
Sembra il Primo Giorno -
Claudio Baglioni
Coco si
strinse nel cappotto, mentre una nuvoletta di fiato caldo usciva dalle sue labbra
semichiuse. Faceva un freddo cane ed era piuttosto normale, considerato che
erano le undici di sera del trentuno
dicembre.
Accelerò
il passo, cercando di tenere dietro a Monique, che quasi correva sul
marciapiede ghiacciato.
-
Monmon, aspetta! Si può sapere... - La sorella la bloccò, fermandosi di botto
per voltarsi verso di lei.
- Te
l'ho già detto, Coco, all'Emeraude. -
Sospirò, strofinandosi le mani congelate. - E prima che tu mi chieda perché, oggi
ho perso uno dei miei orecchini d'argento. Credo mi sia caduto mentre
lavoravo... - Gabrielle sbuffò, scuotendo la testa.
- E
dovevamo venire a cercarlo stasera...? Dovremmo essere a casa a brindare. Manca
solo un'ora ormai...E per di più è il
mio compleanno e tu non mi hai ancora dato il tuo regalo! - Brontolò,
nascondendo il viso nella morbida sciarpa di lana che si era avvolta intorno al
collo. Monique si lasciò sfuggire un sorrisino divertito.
- Dai,
lo sai che ci tengo... Sono un regalo di Gerry! - Rispose, sfregandosi le mani
congelate. - E comunque non ci vorrà molto. Sono praticamente certa di averlo
lasciato in teatro, quell'orecchino... Poi avrai il tuo regalo, ok? -
Un
grugnito molto poco femminile sfuggì alle labbra di Gabrielle, che riprese a
percorrere il marciapiede a passo di carica. Svoltarono un ultimo angolo, prima
di ritrovarsi sotto la maestosa facciata in marmo chiaro. Monmon si fermò
davanti all'ampia entrata e prese a frugare nella sua borsetta di velluto blu,
estraendo un enorme mazzo di chiavi.
- E'
per questo che, prima di uscire di casa, sei stata al telefono per mezz'ora? -
Ribattè Coco, accarezzando distrattamente la familiare maniglia intarsiata,
laccata d'oro.
Erano
mesi che non metteva piede all'Emeraude.
Più
precisamente da quando la sua vita aveva preso a procedere a ritmi vertiginosi.
Paurosamente...
Da
quando erano arrivati i Jonas. Perchè, per stare vicino a loro, aveva dovuto
lasciare quel lavoro... e il suo teatro le mancava. Molto. Troppo, probabilmente.
-
Eh...? - Balbettò Monmon, leggermente presa in contropiede. - Ah... Sì. Ho
dovuto rintracciare il guardiano notturno e chiedergli la sua copia delle
chiavi, per aprire. Stanotte non lavora nessuno qui, nemmeno lui, sai. -
Abbozzò, affrettandosi ad entrare.
Gabrielle
la seguì all'interno dell'edificio, avvertendo il piacevole, seppur minimo,
aumento di temperatura. Respirò a fondo l'aria un po' ferma dell'ambiente, in
cui si mescolavano l'odore caldo del legno e quello freddo della pietra liscia.
L'enorme ingresso aveva un'aria quasi spettrale, vuoto ed illuminato solamente
dalla luce dei lampioni che filtrava pallida dalla strada...
Eppure
lei si sentiva sicura e protetta, come se fosse appena tornata a casa.
Sfiorò
con lo sguardo il lungo bancone di marmo lucido e le sue colonnine decisamente
roccocò, scivolando lentamente sullo scalone che portava ai palchetti di
galleria per arrivare, infine, alla doppia porta d'entrata in platea.
- Coco.
- La chiamò la sorella, poggiandole una mano sulla spalla. - Fammi un favore.
Tu cerca in sala mentre io guardo qui e nello spogliatoio... Così ci sbrighiamo
prima. Hai presente l'orecchino... quello piccolo con il turchese, sì? -
Spiegò.
- Sì,
sì. - Annuì. - Vado... - Spinta da qualche strano impulso inconscio, aspettò
che Monique sparisse in fondo al corridoio. Rimasta completamente sola, si
sfilò il lungo cappotto color porpora e lo appoggiò su una dellesedie finto-antiche disposte contro il muro,
prima di avvicinarsi alla doppia porta.
Appoggiò
le mani alla superficie di legno lucido, spingendo leggermente ed accorgendosi
involontariamente che non era stata chiusa a chiave... e una piccola busta
azzurra era stata infilata nella fessura tra i due maniglioni antipanico. Le
cadde svolazzando davanti ai piedi, con un fruscio quasi impercettibile.
La
raccolse, rigirandosela fra le mani e il suo cuore mancò un battito, quando si
accorse che era indirizzata a lei...
Il suo
nome spiccava sulla carta chiara, vergato da una familiare scrittura
tondeggiante.
- Monmon...
cosa...? - Soffiò, aprendola ed estraendone un foglietto piegato in due.
"Buon compleanno, Cuore. Ho pensato a lungo a
quale potesse essere il regalo più bello. E, a questo punto, la risposta credo
possa essere una sola... Ti voglio bene."
E poi
il nome della sorella, nell'angolo in basso a destra, che finiva con un morbido
svolazzo, come al solito.
Coco si
trovò a dover rileggere il biglietto altre due volte, prima di decidersi ad
entrare in sala.
Mosse i
primi passi con il cuore bloccato all'altezza della gola, le spalle rigide e
l'inconsapevole certezza che, se avesse sollevato lo sguardo dal pavimento,
avrebbe trovato... qualcosa. Qualcosa di meravigliosamente inaspettato.
Camminava
a piccoli movimenti incerti, tenendo lo sguardo ostinatamente basso ed il naso
ancora leggermente arrossato dal freddo, seminascosto nella lana colorata della
sciarpa.
Notò
con la coda dell'occhio le luci di servizio in parte accese, puntate sulle
poltrone di velluto rosso e la sua mano si strinse involontariamente attorno
alla busta di Monique, che si era infilata in tasca.
Alzò la
testa ad una lentezza esasperante, bloccandosi di colpo quando riuscì a vedere
interamente il palcoscenico... Si fermò sul posto, trattenendo il respiro con
un singhiozzo talmente improvviso e rumoroso, che probabilmente avrebbe
rimbombato fin dietro le quinte.
La rosa
bianca che aveva fra le mani dondolava, dolcemente sospinta dalle dita
affusolate, mentre lui le sorrideva, senza smettere di guardarla negli occhi.
Kevin
era seduto ad una estremità del palco, sul bordo, la schiena appoggiata
all'asta del sipario in una posizione che a Gabrielle non era per niente nuova.
Si scambiarono un lungo sguardo e le labbra di lei si piegarono in un piccolo
sorriso, mentre una lacrima si faceva largo tra le ciglia scure. Sentì i piedi
staccarsi da terra, quasi senza controllo e sospingerla velocemente in avanti.
Una
camminata rapida, febbrile che agli ultimi metri si trasformò in corsa
smaniosa... Gli gettò le braccia al collo nel momento esatto in cui lui
scendeva in platea con un breve salto, dopo aver appoggiato la rosa sul legno
lucido del palco. Le circondò i fianchi con le braccia e stringendola con
dolcezza, la sollevò leggermente da terra, facendo un mezzo giro su se stesso.
Le loro risate leggere si mescolarono in una naturale armonia di suoni.
- Ciao,
Coco... - Le sussurrò all'orecchio, quando i piedi di lei ebbero toccato
nuovamente il pavimento. - Buon Compleanno. -
-
Kevin... - Mormorò, in un modo che riuscì immediatamente a fargli correre un
leggero brivido lungo la schiena. La strinse, azzerando la già minima distanza
fra di loro e Gabrielle si mosse lentamente, senza sciogliere il suo abbraccio,
sfiorandogli involontariamente il collo con la punta del naso.
- Ehi.
- Ridacchiò lui, allontanandosi con un piccolo scatto. - Lo sai che sei
ghiacciata...? -
-
Scusa... - Soffiò, coprendosi il viso. - Fa un freddo cane, fuori. -
- Sì? E
scaldiamoci, allora...- Sorrise. Le scosto
le mani e le posò un minuscolo bacio sulla punta del naso, prima di sollevarle
scherzosamente la sciarpa fino a coprirglielo.
-
Kevin... - Ripetè lei, arrossendo vistosamente. - Cosa... ci fai qui? -
Senza
smettere di sorridere, lui raccolse la rosa e gliela allungò con negli occhi
l'espressione più dolce... e più innamorata
del mondo, se solo lei si fosse azzardata a provare ad accorgersene. Cosa che,
però, era ancora molto, molto lontana dal riuscire a fare...
-
Credevi davvero che ti avremmo
lasciata sola... il giorno del tuo compleanno? - Coco strinse il fiore tra le
dita sottili, prima di allungarsi a sfiorargli la guancia con un bacio,
soffermandosi un secondo in più del previsto col viso contro il suo.
-
Grazie... - Bisbigliò, prima di allontanarsi. - Ma... "avremmo"? - Domandò, mentre il suo
cuore riprendeva spietatamente a fare i mille all'ora.
- Dimmi
che questa situazione non ti ricorda nulla...!
- Cominciò lui, con una strana luce negli occhi.
-
"Tu sei uno di quei tre... cosi."
- Declamò Gabrielle, sfiorando la rosa con le labbra, prima di lasciarsi
sfuggire una breve risata. - Devo esserti sembrata una pazza furiosa... o solo
una cretina. - Sbuffò in tono divertito.
{Se è per quello, credo di aver cominciato ad
amarti già allora...}
Riflettè
silenziosamente Kevin, passandosi una mano fra i capelli. Sospirò, tornando ad
alzare lo sguardo su di lei che lo fissava, in avida attesa di una spiegazione.
- Eri
semplicemente... tu. - Soffiò,
invece. - E sei la più bella pazza
che io abbia mai visto, lo ammetto. - Sorrise. - Ma, pensaci bene... Ricordi
esattamente come è andata quella sera? Che cos'è successo, precisamente, dopo
che mi hai incontrato qui...? -
Coco
abbassò lo sguardo sulle sue scarpe per rialzarlo, di scatto, una manciata di
secondi dopo. Le labbra dischiuse e gli occhi chiari spalancati in
un'espressione di improvvisa comprensione.
- Vuoi
dire... che... - Balbettò, lanciando un'occhiata alla porta ancora aperta.
Kevin annuì in silenzio, continuando a sorriderle con dolcezza.
-
Andiamo? - Disse poi, prendendole una mano e guidandola lungo il corridoio
centrale.
***
Nick
era appoggiato alla parete di marmo, appena fuori la porta della toilette. Stringeva
tra le mani una rosa Tea, scrutandone attentamente i petali gialli striati di
porpora... Come per accertarsi che fossero tutti ugualmente perfetti. Sbuffò,
scrollando le spalle con fare impaziente.
Aveva
sempre odiato aspettare...
L'attesa
gli stringeva lo stomaco e gli provocava una strana sensazione di inquietudine,
come se essere forzato a fermarsi lo costringesse a pensare a tutto quello che
poteva andare storto.
Lanciò
l'ennesima occhiata all'imboccatura del corridoio, ancora inesorabilmente
vuota.
Sbuffo,
rapido movimento delle spalle, sbuffo. Per almeno
la centesima volta...
Poi,
scoraggiato, tornò alla sua rosa con l'intenzione di analizzarla ancora.
Ma,
proprio mentre si portava il fiore all'altezza dei penetranti occhi scuri, un
suono familiare lo spinse ad alzare lo sguardo.
-
Piccolo! - La voce squillante di lei risuonò limpida lungo le pareti, fino alle
sue orecchie.
Coco
lasciò la mano di Kevin e gli corse incontro, fermandosi a poco meno di una
spanna da lui. Lo guardò negli occhi con aria furba, aspettando che fosse lui
ad avvicinarsi e ad abbracciarla. Nick sorrise e allungò una mano verso di lei.
Le circondò le spalle con un braccio, stando bene attento a non rovinare la
rosa e la attirò verso di sè, ritrovandosi praticamente bloccato tra il leggero
peso di Gabrielle e il muro alle sue spalle.
- Buon
compleanno, stella. - Sorrise, posandole un bacio sulla guancia. - Ti sei fatta
aspettare abbastanza, eh? - Ridacchiò, facendola allontanare quel poco che
bastava per porgerle il fiore. - Per te... -
-
Grazie... Io... - Mormorò, appoggiando la testa alla spalla di lui. - Io ancora
non ci credo, che siete qua davvero... Dovreste essere dall'altra parte
dell'oceano. Ho paura di svegliarmi da questo sogno, da un momento all'altro. -
- No...
Apri gli occhi, bella addormentata,
perchè noi siamo qui per te. - Sorrise Kevin, raggiungendoli.
Lei
sciolse l'abbraccio di Nick, stringendosi al petto le sue due rose con
un'espressione di pura gioia dipinta sul volto.
Le
brillavano gli occhi...
- Tu lo
sai, vero, che c'è qualcun'altro che
ti sta aspettando... Probabilmente molto più di quanto non abbia fatto io? -
Aggiunse lui, senza riuscire ad impedirsi di lanciare un'occhiata sfuggente al
fratello maggiore.
Kevin rispose
abbassando lo sguardo ed infilandosi le mani in tasca in un gesto eloquente.
Coco
alzò la testa di scatto, voltandosi automaticamente verso l'estremità più
lontana del corridoio, che svoltava in un angolo stretto e dietro cui si
nascondeva il vecchio distributore automatico.
Nick
annuì lentamente, lasciando che un riccio ribelle gli scivolasse davanti agli
occhi.
-
Dovresti sbrigarti, sai, o sarà lui a correre qui... E ci rovinerà tutta questa
bella scena che abbiamo costruito. Come suo solito! - Ridacchiò. -
Conoscendolo, sarà là dietro che freme, credimi. Va' da lui, Coco... Vai e
stringilo forte, perchè, veramente, so che non resisterebbe un secondo di più,
lontano da te. - Si allontanò dalla parete, avvicinandosi a Kevin. Gli poggiò
una mano sulla spalla, stringendola leggermente. Lui sollevò il viso,
sorridendogli appena.
Coco si
lasciò sfuggire un sorrisino, mentre sulle sue guance si allargava un adorabile
rossore. Prima di andarsene, fece correre rapidamente lo sguardo dall'uno
all'altro in una tacita domanda.
-
Noi... ti raggiungeremo. - La rassicurò il maggiore, inclinando
impercettibilmente il capo nell'atto di dirle "vai".
***
Si
portò il dito alle labbra, sbuffando sull'ennesimo graffio che era riuscito a
procurarsi stringendo nervosamente la meravigliosa rosa rossa che aveva scelto
per lei e tamburellò i piedi a terra, saltellando concitatamente sul posto,
prima di ricominciare a fare avanti e indietro.
Percorse
sistematicamente i pochi metri di pavimento che lo separavano dal distributore
almeno una mezza dozzina di volte, avanzando velocemente e voltandosi di scatto
ogni tre o quattro passi.
- E
allora...! - Borbottò, fermandosi a metà strada per fissare la porta chiusa
dello spogliatoio da cui era uscito, mesi prima, per andare inconsapevolmente
incontro... all'amore della sua vita.
Sì.
Perche, ora come ora, per quanto stupido e immaturo potesse sembrare, non
riusciva a pensare a Gabrielle in termini diversi da quelli.
Sorrise
fra sè e sè, passandosi una mano fra i capelli insolitamente mossi.
Poi la
sua attenzione venne come calamitata da un leggero rumore... Avvertì
distintamente qualcuno o qualcosa fermarsi alle sue spalle.
- Non
mi guardi? - Joe si bloccò, stringendo la rosa rossa al punto di infilarsi quasi
completamente una spina del dito.E in
ogni caso, in quel momento, l'impulso del dolore era decisamente l'ultimo in
ordine di importanza. - Eppure credevo che mi stessi aspettando...! - Continuò
lei, in tono scherzoso.
Era
come se fosse improvvisamente scivolata fuori dai suoi pensieri,
materializzandosi nella realtà.
Si
voltò di scatto e senza lasciarle il tempo di dire nulla, le passò velocemente
le braccia intorno ai fianchi e si chinò a catturarle le labbra in un lungo
bacio. Coco si aggrappò alle sue spalle e nell'impeto, si ritrovò bloccata tra
il corpo di lui e la macchinetta delle bibite, che emise un suono stridulo e
per niente promettente quando la sua schiena si appoggiò, senza troppa grazia,
alla pulsantiera illuminata.
Incuranti
di qualsiasi cosa al di fuori di loro due, si scambiarono un altro bacio.
Lentamente. Poi un altro e un altro ancora. All'ennesimo fischio disperato del
povero distributore, Joe ridacchiò e si staccò da lei il minimo che gli
permetteva di respirare. Lasciando la mano che stringeva la rosa lungoil fianco, salì con l'altra a scostarle un
ciuffo di capelli dagli occhi.
- Sai
che rischiamo di mandarla in tilt...? - Bisbigliò, posandole un bacio sulla
fronte, poi uno sul naso per scendere di nuovo con calcolata dolcezza alle sue
labbra dischiuse. - Solo che non riesco a smettere di baciarti... Non mi
ricordavo che avessi un così buon sapore...
- Le strappò un sospiro, sfiorandole di sfuggita con la lingua.
- Ciao
Joe... - Soffiò lei, sorridendo contro la sua bocca e cercando inutilmente di
riprendere fiato. - Mi sei mancato anche tu. - Gli passò un braccio intorno al
collo, attirandolo in avanti per dargli un altro bacio. - Molto... Troppo. - Gli mormorò a fior di labbra.
Joe si
concesse un ultimo bacio e la abbracciò, sfiorandole l'orecchio con la punta
del naso, prima di allontanarsi davvero. Mosse un passo indietro, permettendole
di scostarsi dalla macchinetta.
-
Basta, o impazzisco...! - Esclamò,
facendola arrossire di nuovo. - Non ti ho ancora nemmeno fatto gli auguri... -
- Non
nel senso tradizionale della cosa...
- Sussurrò Gabrielle in tono malizioso, stupendo perfino sè stessa.
Joe
sorrise, porgendole la rosa. La osservò con occhi adoranti, mentre se la
avvicinava al viso per sentirne il profumo, prima di accostarla a quelle che le
avevano dato i suoi fratelli.
- E poi
di devo dare il mio regalo. E anche Kev e Nicky, immagino... - Borbottò.
- Ma...
Il regalo? Un altro? Siete già voi il mio regalo...! - Tentò di opporsi lei,
ma Joe non aveva alcuna intenzione di starla a sentire.
Le
prese una mano e la trascinò lungo il corridoio, nella direzione da cui era
arrivata.
- Vieni
con me. -
***
Seguì
Joe in silenzio, chiedendosi cosa avesse in mente e stupendosi parecchio, quando
si ritrovarono nuovamente davanti alle doppie porte della sala spettacoli. Lo
osservò socchiuderne una e sbirciare all'interno...
Sempre
senza parlare.
- Ma
cosa...? - Accennò, quando lui si fu voltato nuovamente nella sua direzione.
-
Sssht. - Soffiò Joe, poggiandole un dito sulle labbra semichiuse. - Non dire
niente. Vieni... - Spinse sulla maniglia antipanico e la fece entrare.
La sala
era completamente buia, ad esclusione dei pallidi raggi lunari misti alla luce
dei lampioni che filtravano dalle ampie finestre. Gabrielle arrivò a poco più
di metà della platea, prima di sentire la mano di Joe scivolare via dalla sua.
Quando si girò per cercarlo, lui era sparito.
-
Joe...? - Chiamò, sforzandosi di riconoscere le ombre dei sedili nella
semi-oscurità. - Joe! Dove sei...? -
La sua
voce rimbalzò nel silenzio circostante come su un tappeto elastico. Poi,
lentamente, un altro suono si insinuò nell'aria immobile. Un accordo, poi un
altro e un altro ancora... che sfumò ben presto nell'intro di una canzone.
"Hello,
beautiful.
How's it going?"
Sul
palcoscenico alle sue spalle, un riflettore bianco illuminava Joe, in piedi al
centro della scena, con in mano un microfono senza fili. Attorno al sottile
cono di luce era ancora tutto avvolto nel buio.
Coco si
voltò lentamente, arrivando ad incrociare il suo sguardo alla fine della prima
frase. Lui sorrise, muovendo un passo in avanti e continuando a cantare.
"I hear its
wonderful in California...
I've been missing you,
it's true."
Senza
distogliere lo sguardo, scese dal palco con un salto e cominciò a camminare
verso di lei, che stava ancora ferma immobile, come inchiodata al pavimento, al
centro della sala. La mano che stringeva le tre rose abbandonata lungo il
fianco, l'altra ferocemente serrata allo schienale del sedile più vicino.
Avvertì
il cambio di ritmo che portava al ritornello come qualcosa di molto lontano e
indistinto, mentre lui le si fermava di fronte e le prendeva la mano, sciogliendo
dolcemente la sua presa nervosa sull'incolpevole velluto rosso, che emise un
leggero stridio, quando lo lasciò andare.
Sentì le
dita di Joe intrecciarsi alle sue e stringerle delicatamente. Si lasciò
attirare in avanti, senza nemmeno provare ad opporsi... totalmente ipnotizzata
dalla luce che gli leggeva negli occhi scuri.
"But tonight I'm gonna fly.
Yeah, tonight I'm gonna fly...
Cause I could go across the world, see
everything and never be satisfied,
if I couldn't see... those eyes."
L'ultima
parola uscì dalle labbra di Joe come poco più di un soffio. Mormorata quasi
sulla bocca di lei...
- Tu sei
pazzo... - Esalò Coco, riaprendo gli occhi chiari quando lo sentì allontanarsi
di colpo. Lui si limitò a sorriderle con aria furba, riattaccando la seconda
strofa.
"Hello,
beautiful.
It's been a long time,
since my phone rung
and you've been on that line... I've been missing you,
it's true."
Le girò
intorno, continuando a guardarla e attirandola in una specie di giravolta...
come se lei fosse la sua marionetta, incatenata a lui, e la stesse manovrando
con un filo.
- Sì,
sei pazzo...! - Ridacchiò, con le guance rosse, bollenti di imbarazzo. Bloccò
una ciocca scura che le era sfuggita dalla treccia dietro l'orecchio,
indietreggiando lentamente quando riprese ad avvicinarsi.
Joe la
bloccò, aumentando la stretta sulle sue dita. La tirò dolcemente in avanti e la
lasciò andare per la manciata di secondi necessari a stringerla a sè. Le passò
un braccio intorno ai fianchi, azzerando la distanza fra loro.
"Cause I
could go across the world, see everything and never be satisfied,
if I couldn't see... those eyes."
Terminò
in un sospiro. Poi abbassò il microfono, fissandola intensamente negli occhi.
Passarono
attimi di totale silenzio, prima che riuscisse a ritrovare la facoltà di
articolare una frase.
-
Joe... Io... - Cominciò, ma una microscopica lacrima, assolutamente non
richiesta, rotolò sulla sua guancia arrossata. Abbassò lo sguardo di scatto e
nascose il viso contro la sua spalla, lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio.
- Ehi,
piangi anche, adesso? - La canzonò lui, accarezzandole piano la schiena
tremante.
- Razza
di cretino...! - Singhiozzò, sbattendogli un pugno molto poco convinto sul
braccio. - Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me. E'... - Sospirò,
strizzando la stoffa morbida del suo maglione tra le dita.
- Ok,
ok. Capito. - Sorrise Joe, prendendole il viso fra le mani per raccogliere le
sue lacrime. - Ed è solo la metà del mio regalo. -
- Oh,
io non so se resisto ad un'altra cosa del genere...! - Esalò Gabrielle,
avvicinandosi per posargli un piccolo bacio a stampo sulle labbra.
Poi
sciolse l'abbraccio e corse verso il palco, ormai totalmente illuminato, dove
Nick e Kevin si stavano sfilando le chitarre, occupandosi di poggiarle nelle
loro custodie. Abbracciò entrambi, mormorando un "grazie" a mezza
voce e regalando un bacio a ciascuno, perchè il suono dei loro accordi era
arrivato limpido e intenso al suo cuore, tanto quanto quello della voce di Joe.
E
quando proprio Joe risalì sul palco, unendosi a loro, lei scivolò velocemente
via dalla stretta di Kevin che l'aveva trattenuta leggermente più a lungo del
previsto.
- E,
adesso, gli altri regali! - Esclamò il fratello di mezzo, affrettandosi a
stringere la mano di Coco, prima di invitarla a sedersi per terra accanto a
lui. Nick e Kevin gli si fecero rapidamente vicini.
-
Scusalo. - Disse quest'ultimo, con fare rassegnato. - Ma, per una volta, non è
del tutto colpa sua. Dobbiamo fare abbastanza in fretta, per forza... Fra una
manciata di ore dobbiamo ripartire. -
- Ah. -
Soffiò lei, sentendo un microscopico vuoto tra un battito del cuore e quello
successivo. Strinse inconsciamente le tre rose, graffiandosi il palmo della
mano.
-
Domani è il primo dell'anno. Abbiamo un concerto fissato a New York... e forse
un altro per il giorno dopo. - Spiegò Nick, enumerando poi tutta un'altra serie
di impegni. - La data definitiva per il nostro ritorno rimane sempre per metà
gennaio. -
- Va
bene. Siete venuti per me, stasera e questo è già... tanto. Troppo. - Lo
rassicurò lei, accarezzandogli il braccio. Avrebbe aspettato. Altri quindici
giorni non potevano poi essere più lunghi di quelli che aveva già passato.
Rabbrividì e cercò di scacciare il più lontano possibile dalla sua mente il
pensiero che, di lì a meno di sei mesi, le riprese del documentario sarebbero
terminate e loro avrebbero dovuto fare i bagagli... definitivamente.
-
Allora, via con il primo regalo, dai! - Riprese Nick, riportandola alla realtà.
Le allungò un pacchettino azzurro con un nastro blu scuro, che lei prese
immediatamente a scartare con febbrile curiosità. - Quello, perchè ci tenevo che
tu lo sapessi... - Le spiegò lui, poco dopo, indicando il piccolo triangolo
smussato di bachelite scura che dondolava davanti al suo naso, montato su un
cordino di caucciù. - ... è il mio primo
plettro. Nonchè il mio preferito e il solo che abbia usato in tutti i concerti
più importanti. Ce ne è voluto di tempo per riuscire a forarlo nel modo adatto,
sai? - Aggiunse, con un sorriso.
-
Nick... - Rispose, quasi senza fiato, stringendo il ciondolo fra le mani. -
Ma... -
- Sì. -
La anticipò. - Sono assolutamente sicuro di volerlo dare a te. E non provare a
convincermi a riprenderlo, perchè non lo voglio indietro! - Concluse,
sollevando entrambe le mani. Gabrielle lo fissò, strizzando impercettibilmente
gli occhi per frenare le lacrime.
- Sei...
Sei meraviglioso, lo sai? - Gli circondò le spalle con le braccia,
abbracciandolo stretto. - Grazie, Piccolo. - Gli accarezzò i riccioli scuri,
mentre lui ricambiava il suo gesto, stringendola appena. Dopo qualche secondo,
Joe simulò un leggero colpo di tosse che li spinse a separarsi.
- Sì,
sì. - Sospirò Nick in tono rassegnato. - E' solo
tua. Mamma mia, come siamo possessivi... - Aggiunse in un soffio, strappando a
Gabrielle un luminoso sorriso clandestino.
- Vuoi
darmi il tuo regalo, amore? - Lo
prese in giro lei, mentre si sfilava la sciarpa per indossare il ciondolo. Joe
sussultò, colto totalmente alla sprovvista, tossicchiando di nuovo... In modo
molto più imbarazzato di prima.
- Se
Kevin non... - Soffiò lui, arrossendo leggermente e rivolgendosi al fratello
maggiore, che scosse appena la testa.
- Per
il mio regalo, credo che Coco dovrà aspettare il nostro ritorno... - Sorrise
con fare misterioso. - Ti dispiace? - Agitò impercettibilmente il capo,
arricciando il naso in quel modo adorabile che riusciva solo a lei.
- Non
c'è problema, Kev. L'ho già detto prima: per me il solo e semplice fatto
che siete qui, tutti e tre... E' il
più bel regalo che potessi ricevere. - Si passò una mano fra i capelli,
scompigliandoli morbidamente mentre gli occhi verdi di lui la intrappolavano in
uno scambio di sguardi incredibilmente vivo e bruciante.
Per un
millesimo di secondo provò la netta sensazione che il resto del mondo, Joe
compreso, non esistesse più... E che la distanza tra loro, separati in realtà
dagli altri due fratelli, si fosse completamente annullata...
- Bene.
- Intervenne per la seconda volta Joe, costringendola ad interrompere il
contatto. -Ora tocca a me... Chiudi gli
occhi e apri la mano. -
- Eh?!
- Balbettò, incerta e ancora leggermente scossa dai precedenti pensieri.
-
Chiudi gli occhi. E apri la mano. - Ripetè lui, sorridendole.
Titubante,
Gabrielle stese il braccio nella sua direzione, socchiudendo le ciglia scure.
Dopo qualche secondo di attesa inquieta, qualcosa di leggero, piccolo e freddo
si scontrò con il suo palmo teso.
Quando
riaprì gli occhi, una piccola fedina cesellata d'argento brunito, con un grosso
fiocco rosso legato sopra, faceva bella mostra di sè, scura a contrasto con la
sua pelle lattea.
Il
respiro le si bloccò in un punto imprecisato tra il cuore e la gola.
Joe le
aveva appena regalato un anello.
Un.
Anello. A lei.
- E'...
- Abbozzò, senza riuscire ad andare oltre.
- Sì. -
Rispose lui. - Non è una proposta formale, però... E' un modo come un altro per
dirti che voglio ufficializzare il nostro legame. Tu sei la
mia fidanzata, Gabrielle. Sei mia. E
voglio che tutti lo sappiano. Per quanto la stampa mi concede... - Concluse con
un sorrisino sarcastico.
Lei era
ancora ferma immobile e quel "sei mia" pronunciato dalla voce calda
di Joe le rimbombava in ogni angolo della mente. Avvertì distintamente gli
sguardi di Nick e Kevin vertere altrove, uno leggermente imbarazzato... L'altro
quasi disturbato.
Non
sapeva assolutamente cosa dire e fu molto, molto grata a Monique che entrò
nella sala proprio in quel momento, accompagnata dallo scoppio di una gragnola
di fuochi d'artificio nel cielo sopra il teatro.
- Non
avrei voluto disturbarvi, ma è mezzanotte, ragazzi. Buon anno nuovo! - Esclamò,
raggiungendoli sul palco.
- TU! -
Urlò Coco, gettandole le braccia al collo.
- Non
credo ci sia bisogno di dire che non ho perso proprio niente, oggi...! -
Ridacchiò Monmon, abbracciando la sorella.
- Malefica! Era con loro che stavi
parlando al telefono! Sei... Ma come? Perchè?
- Balbettò, troppo sconvolta per formulare un discorso di senso compiuto.
-
Perchè, per quanto potessi scervellarmi, non avrei trovato nient'altro che
potesse tirarti fuori questo sorriso.
- Rispose, accarezzandole la guancia. - Non c'era un regalo migliore di
questo... - Allargò un braccio ad indicare i tre Jonas che annuirono,
sorridendo in silenzio.
- No...
- Mormorò lei, asciugandosi l'ennesima lacrima ribelle. - Non ho mai avuto un
compleanno più bello. Io... - Si sfregò la guancia arrossata, cercando
inutilmente di non mettersi a piangere. - Ti voglio bene... Vi voglio bene. Grazie... - Un
singhiozzò le spezzò in voce in gola, mentre gli altri le si avvicinavano le
braccia di Joe le circondavano le spalle con fare protettivo.
Gli
sorrise e si lasciò stringere, appoggiandosi a lui con la schiena.
I botti
di luce colorata illuminavano la notte, lampeggiando al di fuori dei vetri e
sembravano premere sui tetti di Parigi con inosservata insistenza.
Proprio come la piccola fedina
stretta nella sua mano destra, contro la sua pelle.
E
finalmente ci siamo!x3 Alzi la mano chi di voi non vedeva l'ora di scoprire
quale fosse il fantomatico regalo di Kevin... (a parte quel paio di eccezioni
di chi già sa, come al solito...). Bene, in questo capitolo avrete la vostra
dettagliata risposta.
Sperando,
nel mio piccolo, di essere riuscita a spiegare decentemente e non aver fatto
rivoltare messer Puccini nella tomba!xD
Non
spaventatevi, leggendo capirete. O almeno me lo auguro...x3
Prima
di lasciarvi al capitolo, però, devo ringraziarvi ad una ad una perchè i
commenti allo scorso capitolo, oltre ad essere ben 19 (e non ne avevo mai avuti tanti!*__*) erano tra i più belli che
avessi mai ricevuto!<3 Vi lovvo immensamente, una per una...
sbrodolina: essì,
credo proprio che in quest'ultimo capitolo i Jonas abbiano battuto ogni record
di dolcezza e adorabilità!x3 E ce ne è ancora uno strascico in questo, con il
*misterioso* regalo di Kev. Poi sarà di nuovo tempo di sconvolgere le cose.
Eheheh...
Aya: i Settembrini? Lol!xD Bisogna vedere se Nick è d'accordo... L'idea
del plettro mi è venuta una mattina che ero in università, ti dirò... Per caso
e mi è piaciuta subito!** L'anello di Joe che ha fatto tanto scalpore, beh, ha
un suo perchè che si vedrà presto...
Selphie: ho cercato di essere
più rapida, questa volta!x3 Come chi mi conosce bene sa, io non resisto senza
torturare i miei personaggi per troppo tempo, quindi... *risatina malvagia* E
per quell'anello, arriverà il momento di riparlarne.
Potterina: ecco,
recensioni come questa sono esattamente ciò che, oltre al bisogno di dare sfogo
alla mia fantasia, mi spinge a scrivere ancora.x3 Come ho detto tante volte, trasmettere
emozioni con le parole è una cosa fondamentale per me... E se questo capitolo ci
è riuscito così bene, beh, non posso che esserne felice.<3 E, sì, in effetti
è MIO. Perchè mio è il cuore che ci ho messo nello scriverlo e mie sono un po'
le emozioni dei personaggi... Prometto, nel limite del possibile, niente più
attese così lunghe!x3
millape:
una new entry!*__*
Benvenuta. Spero tu sia arrivata per restare!x3 Beh, sono molto molto onorata di
ciò che hai scritto... Non so se sono il talento che dici o se sono davvero
così brava, però, fintantochè riesco a fare questo effetto alla gente stai
tranquilla che non smetterò di scrivere!x3 Se poi diventerò una scrittrice,
beh, non poniamo limiti alla divina provvidenza!x3
Pretty_Odd:
*___* Aaaaaaw. Che
signor commento. Me ama... Per Nick e il suo plettro ti rimando a qualche
commento più su. Certe idee nascono così e si rivelano essere le migliori. Per
quanto riguarda la fedina di Joe che tanto ha fatto parlare di sè, beh... Nemmeno
io sarei tipo da certe cose, ma per il Joe di questa storia, ci stava. Ci
voleva. E ci voleva adesso. Perchè
non è finita così, oh no!x3
Jollina: addirittura non hai aggiornato
per il mio capitolo? Quale onore... Cioè, mai avrei immaginato di poter fare
certi effetti!x3 E ormai ho perso il conto di tutte quelle che si sono
professate pro-Kevin/Coco!xD
Labestiaccia: no,
cara mia, meraviglia è quella
recensione!*___* Me la ama visceralmente... E per quanto riguarda il resto, te
l'ho già detto: anche io ho pensato a Kev che, là dietro, nascosto dal buio,
suonava per il regalo di Joe... Per tutto il tempo che ho scritto quella scena.
E' dooolce lui... D'altronde, esisteva forse una prova di amore più
grande?<3
Maybe: altro commento con i
controfiocchi!x3 Con quella sana dose di campanilismo che basta, eh?xD Ti dico
che c'è del vero, in quello che hai scritto. Che Joe l'hai inquadrato bene:
innamorato da star male, possessivo e, purtroppo per lui, tanto immaturo!x3 Per
la fedina ti rimando ai commenti più su... Ci stava e doveva essere adesso.
Perchè è da Joe non voler aspettare. Sisì!x3
beautiful_disaster: anche
qui, commentone super!x3 Beh beh beh, ammetto che ho dato sfogo a tutta la
dolciosità in quel capitolo, anche perchè avevo intenzione dall'inizio di
*fare* qualcosa di speciale per il compleanno di Coco.x3 Per quanto riguarda
plettro&anello, ti rimando a più sopra. Mi sono già espressa in proposito.
Guarda, ti posso dire solo che quell'anello non ha finito di far parlare di sè,
non è poi nulla di così definitivo...*risatina malvagia*
Sweet_S: "Hello
Beautiful" è una delle tre/quattro canzoni dei Jonas che posso dire mi
piacciano davvero (sono una fan atipica, lo so!xD). E appena l'ho sentita, mi
sono immaginata Joe che la cantava a Coco in questa occasione. Le parole sono
perfette, poi!x3 Per il resto, come sopra, mi sono già espressa avrai già le
tue risposte... Il regalo di Kev? leggi e vedrai...
dollyvally: uh, sei
tornata!*_* Me sempre felice di vedere ritorni fra i nomi delle recensitrici. Come
sopra, se davvero ti ho emozionata tanto... Non posso che esserne felice,
davvero!x3
carly4e: altra new entry!*_* Me
contenta. Anche perchè, a quanto capisco, è un po' merito tuo se anche Razu è
fra le commentatrici!x3 Mi auguro di continuare a trovarvi entrambe fra i
commenti, più pareri ho e meglio è!<3
Agatha: la donna dei commenti
meravigliosi!<3 Quanto li lovvo e TI lovvo. Sul regalo di Kev direi che ora
ti sei tolta innumerevoli dubbi, eh?x3 Privilegi msn-implicati... Il colore
delle rose, cosa sui cui nessuna, a parte te e Tempe, si è soffermata (io amo
come sai cogliere tutti i particolari!<3), è stato assolutamente studiato
per rappresentare anche il carattere dei tre Jonas e il loro rapporto con Coco.
E infatti i fiori sono tutti diversi. Come diversi sono Joe, Kevin e Nick... e
diverso è il legame con la nostra protagonista. Per plettro&fedina di Joe,
come sopra!x3*indica su*
Razu_91: e chi non lo vorrebbe
un compleanno così?*ç* Cioè, sfido qualunque ragazza sana di mente a dire il
contrario... Sul regalo di Kev lascio che sia questo capitolo a risponderti.
Stargirl312: ma,
ehi, benvenuta!*___* Non devi affatto sentirti insignificante, nonono. Perchè,
è vero, io amo le recensioni lunghe... ma quello che conta è il loro contenuto.
E la tua era una signora recensione!<3 Già il solo sapere che hai letto 17
capitoli di fila, che ti sei emozionata e perfino commossa... beh, è una delle
cose più belle che potessi sentirmi dire!<3 Perciò mi auguro vivamente di
ritrovarti nell'elenco delle recensitrici, perche i tuoi commenti già mi
piacciono un sacco!x3
Uff,
finito. Quante siete!*__* E quanto siete fantastiche!x3 Mai mi sarei sognata di
arrivare a 170 e passa recensioni per una mia fic di nemmeno 20 capitoli. E'
stupefacente... E'... aw!x3
Amo
questo fandom (e i Jonas) sempre di più!<3
E ora
il capitolo, più breve del previsto perchè ho deciso di dividerlo in due... E
di rimandare la mazzata al prossimo!xD Buona lettura, gioie!x3
- Capitolo 18° -
{ Potrei perdermi, guardandoti
mentre stai dormendo. }
Nient'altro Che Noi - Max
Pezzali
Il
piccolo appartamento era completamente immerso nel silenzio e nella luce soffusa
del tramonto, quando Kevin fece scattare la maniglia della porta d'entrata. Si
sfilò l'ingombrante custodia da chitarra, appoggiandola contro il muro, poco
oltre l'ingresso. Poi tolse la sua copia delle chiavi dalla toppa e si premurò
di lasciare la porta aperta per gli altri che ancora erano sparpagliati lungo
le rampe di scale con le valigie.
La voce
imperiosa di Debra che impartiva ordini a destra e a manca lo raggiunse
direttamente dal piano sottostante.
Sorrise
fra sè e sè, oltrepassando la soglia del salotto.
-
Coco...? - Chiamò ad alta voce, lanciando uno sguardo distratto tutt'intorno
alla stanza.
Gli
rispose un mugolio leggero e il tipico rumore di stoffa stropicciata. Gabrielle
si era mossa leggermente nel sonno, lasciando scivolare un braccio dal divano
su cui era sdraiata... Kevin abbassò lo sguardo, incontrando la figura sottile
di lei, appena intuibile sotto il morbido plaid in cui era avvolta.
Il
movimento regolare delle spalle minute era quasi impercettibile, rivelato solo
dai ricci scuri che scivolavano lentamente, nascondendosi nell'incavo del collo.
-
Scusa... - Sussurrò lui, sorridendo.
Come
sotto l'impulso di un riflesso incondizionato, si avvicinò in silenzio, sedendosi
sul tappeto, accanto al divano. Appoggiò un braccio al cuscino bianco della
seduta, sorreggendosi il capo, leggermente inclinato nell'atto di guardare Coco
un po' più da vicino, per una volta...
E si
incantò sull'espressione indifesa, prima di seguire l'ombra morbida che le
ciglia scure disegnavano sulle sue guance... scendendo lentamente lungo la
curva dolce del piccolo naso, per arrivare alle labbra leggermente piegate in
un accenno di sorriso.
- Lo sai
che sei bellissima, quando dormi...? - Soffiò, perfettamente consapevole che
lei non poteva sentirlo. Le sfiorò la mano che teneva sospesa a qualche
centimetro dal pavimento, solleticandole dolcemente la punta delle dita.
Gabrielle
sorrise inconsapevolmente e si girò di nuovo, appoggiando la schiena al cuscino
con un sospiro.Nel compiersi del
movimento, una ciocca di capelli sfuggì a quelle fermate dietro l'orecchio, scivolandole
sulla fronte. Ancor prima che potesse rendersi conto di quello che faceva,
Kevin allungò una mano e gliela scostò dal viso con un gesto delicato,
accarezzandole appena la guancia.
-
Mmmh... - Mormorò, socchiudendo gli occhi chiari e trovandosi irrimediabilmente
incastrata in quelli di lui.
- Ciao,
bella addormentata. - La salutò Kevin, regalandole il più dolce dei sorrisi.
- Kev...
- Soffiò Coco, con la voce ancora teneramente impastata di sonno. Allungò la
mano, facendola scivolare sotto quella di lui, ancora appoggiata al divano e
intrecciò le dita con le sue.
Poi
stese in un gesto morbido il braccio libero verso il soffitto e inarcò
leggermente la schiena, gettando con un sospiro la testa appena un po'
all'indietro.
Inconsapevole,
forse, che lui la osservava... ipnotizzato dalla cascata di boccoli scuri che
le accarezzava morbidamente le spalle. E a voler essere sinceri, anche da
quello spicchio di pelle candida che il maglione blu, arricciandosi poco sopra
il suo ombelico, aveva scoperto.
Per una
frazione di secondo, prima che lei si rilassasse e quello scendesse di nuovo a
nascondere tutto.
- Sei
qui da tanto? - Continuò, stringendogli un po' di più la mano e tirandolo
leggermente in avanti. Poi si sollevò quanto bastava per arrivare a passargli
un braccio intorno alle spalle. - E gli altri...? -
- Dieci
minuti. - Rispose lui, posandole un bacio leggero sulla guancia. - Nick sta
salendo e Joe... - Si interruppe, lasciandosi sfuggire una rapida risata. -
Immagino che a quest'ora sarà insieme al nuovo tirapiedi di Debra, in qualche
ufficio polveroso all'aereoporto. Gli hanno perso una valigia. - Aggiunse, in
risposta all'espressione confusa di lei.
-
Povero... - Ridacchiò, lasciandolo andare per mettersi seduta. Distese
nuovamente le braccia, accompagnando il gesto con un ultimo sospiro. Nello
stesso momento Nick entrò nell'appartamento, carico dei suoi bagagli e rischiò
per due volte consecutive di inciampare in quelli che Kevin aveva lasciato in
giro.
- No,
davvero Kev, non ho bisogno di aiuto. Non scomodarti...!
- Borbottò, lanciando un'occhiata eloquente al fratello che stava ancora seduto
sul tappeto ai piedi di Gabrielle, lo sguardo fisso su di lei.
- Ciao,
Piccolo. - Sorrise Coco, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi. Nick
lasciò cadere le valigie sul pavimento con un sospiro rassegnato e richiuse la
porta d'entrata, prima di raggiungerla e sporgersi oltre il bracciolo del
divano per abbracciarla. - Salutami come si deve e lascia perdere questo
scansafatiche. - Continuò lei, schioccandogli un bacio sulla guancia.
- In
effetti, lui non merita attenzione! - Concordò. Si allontanò leggermente, dopo
averle accarezzato la schiena e si soffermò a giocherellare con uno dei boccoli
che le ricadevano sulla spalla. - Bella collana...! - Sorrise, osservando il
suo plettro dondolare dolcemente al collo di lei. Gabrielle rispose al sorriso,
inclinando leggermente la testa e accarezzando il ciondolo con le dita.
- Ehi! -
Intervenne Kevin in tono fintamente offeso, strappando una risata giocosa agli
altri due. - Io sono qui, vi sento! -
Si indicò, agitando le mani a mezz'aria. - E comunque, sono salito in fretta
per un motivo ben preciso: ho finalmente il mio regalo per Coco. - Concluse,
con espressione soddisfatta.
Lei
tornò a fissarlo negli occhi, con una luce diversa nello sguardo.
- Ok,
capito, sono di troppo. Tolgo il disturbo... - Sorrise maliziosamente Nick,
beccandosi per tutta risposta un'occhiataccia dal fratello.
-
Piantala! - Sibilò. - Non sai nemmeno cosa sia...! - Un rossore quasi
impercettibile colorò le guance di Kevin, mentre l'altro inarcava le
sopracciglia in maniera eloquente.
- Vero.
Ma so che sono di troppo. Ed è più
che sufficiente! - Ribadì, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni. Poi
si alzò e recuperate due valigie, sparì nel corridoio.
- Scemo...!
- Sbuffò Kevin, scuotendo appena la testa ricciuta.
Poi fissò
di nuovo gli occhi in quelli di Gabrielle, tornando a sorriderle mentre
estraeva qualcosa dalla tasca del cappotto che ancora non si era tolto. Si
sollevò sulle ginocchia, allungandole una busta con sopra solo il suo nome.
- E'...
Ho pensato ad una cosa un po' diversa.
- Sorrise, mentre Coco cominciava a strapparne delicatamente la parte
superiore. Per qualche attimo scese il silenzio, spezzato solo dallo
scrocchiare della carta, prima che un tonfo sordo proveniente dalla camera
attirasse l'attenzione di entrambi.
Kevin
lanciò un'occhiata oltre la porta del corridoio, cercando di capire cosa fosse
successo, mentre lei si fermava con la busta mezza aperta tra le dita. Si sentì
chiaramente qualcosa cadere a terra e rotolare sul parquet, prima che Nick si
lasciasse andare ad un'espressione di disappunto non molto elegante.
- Ma
cosa sta combinando? - Borbottò lui, ignorando l'impulso irrefrenabile di
strangolare il fratello per il perfetto tempismo appena dimostrato. Si alzò,
sbuffando silenziosamente. - Torno subito... - Mormorò, sfiorandole il braccio
prima di allontanarsi.
Gabrielle
si scostò i capelli dalla spalla con un gesto morbido e finì di aprire la
busta, mentre Kevin era già scomparso nel corridoio. Sfilò per primo un
foglietto di carta di riso su cui lui aveva tracciato un'unica frase.
"Una favola meravigliosa, a te che sei la mia.
Con amore. Kevin."
Con il
cuore che rischiava seriamente di scoppiarle, per quanto forte batteva, rilesse
il biglietto un altro paio di volte riuscendo a concentrarsi solamente su
dettagli inutili come il colore dell'inchiostro o la somiglianza della
scrittura di Kevin a quella di Joe... lunga e disordinata. Qualunque altro
pensiero era inibito dal piacevolissimo calore che si sentiva dentro. E dal
modo assurdo in cui le sue mani avevano cominciato a tremare.
Appoggiò
il cartoncino in bilico sulle sue gambe, prima di estrarre il vero contenuto
della busta.
Quando i
due biglietti di leggera carta patinata scivolarono fra le sue dita tese,
ringraziò il cielo di essere seduta, perchè, al di là di un solido sostegno,
niente avrebbe potuto impedirle di crollare sul pavimento... Una stampa in
arzigogolati caratteri d'oro recitava "Théâtre de l'Opèra", sopra una
microscopica illustrazione stilizzata dell'edificio.
Più
sotto, insieme ad una serie di numeri che potevano indicare solamente fila e
posti a sedere, un'altra stampa: "Giacomo
Puccini - Turandot". E una data, quella della sera seguente.
Coco
strizzò uno dei foglietti tra le dita, stropicciandone leggermente un angolo
come a volersi accertare che fosse reale.
E lo era, tanto che il bordo tagliente le pizzicò la pelle. Ma lei non se ne
accorse nemmeno, presa com'era a cercare di ricordare quando era stata l'ultima
volta che aveva visto un'opera per intero, seduta da spettatrice e non tra un
passaggio di strofinaccio sul pavimento e l'altro... O a tentare di fare
un'assurda proporzione tra le dimensioni dell'Emeraude e quelle dell'Operà...
Quando,
dopo aver riletto per l'ennesima volta le cifre impresse a inchiostro scuro
sulla superficie lucida, si accorse che i posti erano nelle primissime file e
che lo spettacolo era quasi una prima,
sentì il fiato morirle in gola.
Scattò
come avesse avuto una molla sotto di sè e si alzò dal divano con un ampio
slancio, percorrendo il corridoio quasi di corsa. Arrivò davanti alla stanza
dei ragazzi proprio nel momento in cui Kevin ne stava uscendo. Si fermarono entrambi
sulla soglia, mentre lei lo fissava con gli occhi lucidi e le guance arrossate.
- Sei...
Sei impazzito? - Mormorò, stringendosi quel che rimaneva della busta e il resto
al petto. Lui sorrise, notando che Gabrielle teneva i biglietti in mano.
- Per quel
che mi ricordavo, l'opera italiana ti piace particolarmente... o no? - Rispose,
passandosi una mano tra i ricci scuri.
-
Questa... è la mia preferita. - Sussurrò lei, di rimando. - Ma, Kev,
l'Opèra...! E' quasi una prima... voglio dire, io... so quanto costa... Non
posso accettare che tu abbia speso una cifra del genere per me...! -
- E' il
tuo regalo, Coco... volevo che fosse perfetto. - Continuò, accarezzandole la
guancia.
- Ma
Kevin...! - Le dita di lui scivolarono sulle sue labbra, bloccando la protesta
sul nascere.
E
facendo sì che un delicato rossore si allargasse sul viso di Gabrielle.
- Rispondi
solo a questo: ci vuoi venire a teatro insieme a me, domani sera? - Le domandò
semplicemente, guardandola negli occhi. Annuì silenziosamente, muovendo un
piccolo passo in avanti e azzerando quasi completamente la distanza fra loro. La
mano di lui si allontanò, liberandole la bocca e strappandole un piccolo
sospiro.
Coco inclinò
impercettibilmente la testa, senza smettere di fissarlo. Incatenata al verde
dei suoi occhi che si avvicinavano sempre di più, mentre si chinava leggermente
verso di lei. Rimase immobile fino all'ultimo, sbloccandosi solamente quando il
respiro caldo di Kevin le solleticò le labbra socchiuse.
Si tirò
indietro, con un movimento delicato, nascondendo il viso contro la spalla di
lui.
-
Kevin... - Mormorò. Ed entrambi sapevano che quell'unica parola poteva voler
dire almeno altre tre cose diverse.
Voleva
dire scusami. Voleva dire non si può... E per lui, voleva dire
anche Joe. Joe che, anche quando non
era presente, stava lì. Sempre.
Le passò
un braccio intorno ai fianchi, accarezzandole la schiena in modo dolcemente
rassicurante.
Mentre
la mano di Kevin si tuffava nel groviglio scuro dei capelli di lei, Nick
riemerse dalla camera, lanciando sul letto alle sue spalle la scatola della
piastra di Joe, che pochi minuti prima era letteralmente saltata fuori dalla
sua valigia rischiando di distruggergli un piede, con un gesto scocciato.
- Kev,
devi dire a tuo fratello Joe che, la
prossima volta che infila qualcosa di suo nella mia valigia senza dirlo... quel
qualcosa sparisce seduta stante...! - Esclamò, bloccandosi quando lo trovò
teneramente abbracciato a Coco.
Si
avvicinò sorridendo, cercando di sbirciare le scritte sui pezzi di carta che
lei stringeva tra il palmo della sua mano e la schiena del fratello.
-
Biglietti per l'opera... E' per questo che hai passato le ultime tre sere a
smanettare su internet? - Domandò, infilando le mani nelle strette tasche dei
jeans chiari.
Kevin sollevò
lo sguardo verso di lui e annuì, arrossendo leggermente, mentre le labbra di
Gabrielle si stendevano in un piccolo sorriso.
- Sei
incredibile, Kev. - Sussurrò lei, soffocando una risatina contro la sua spalla.
- Grazie... -
***
- Ecco.
- Esclamò Gabrielle, tornando verso il divano sui cui Kevin era già seduto. Gli
si accoccolò accanto, addossando le gambe alle sue, mentre apriva il libretto
della Turandot con espressione soddisfatta. Lui sussultò impercettibilmente,
sentendo la spalla di Coco appoggiarsi nell'incavo formato dal suo braccio
teso, appoggiato allo schienale. Era come se sentisse per la prima volta in
quel momento che la pelle di lei era calda e i suoi capelli soffici e
leggermente gonfi.
Le
circondò le spalle, stringendola involontariamente mentre avvicinava le mani
alle sue per sfogliare le pagine del libretto. Lei si sistemò meglio nel suo
abbraccio, sorridendogli appena mentre prendeva a raccontargli la trama
dell'opera. Trama che lui conosceva già perfettamente...
Ma non
le disse nulla, rimanendo in riservato silenzio. Osservando con dolce devozione
i piccoli gesti che le sue mani disegnavano nell'aria, la luce che si era
accesa negli occhi azzurri.
La
ascoltò parlare di una bellissima, travagliata storia d'amore. Spiegare di
Turandot, appunto, la bella e spietata principessa che dava il titolo alla
storia, di Calaf, affascinante principe d'oriente, perdutamente innamorato di
lei... e silenziosamente ma
altrettanto intensamente amato dalla sua serva, Liù.
- Un
triangolo, insomma. - Sorrise Gabrielle, scostandosi una lunga ciocca di
capelli dalla fronte, prima di voltare un altro paio di pagine. - Lei ama
lui... e lui ama l'altra. -
{Chissà come mai questa cosa mi suona così familiare...}
Quella
della Turandot, in effetti, non era stata poi una scelta così casuale. Le dita
di Coco sfiorarono le sue, scorrendo le parole di un'aria in cima alla pagina,
provocandogli un leggero brivido che lo riportò alla realtà.
Le
sorrise di nuovo, come ad invitarla a proseguire.
La
storia continuava con una doppia scommessa, degli indovinelli... Un prezzo da
pagare per avere il freddo cuore di Turandot. E, all'inverso, un nome da
indovinare per poter sfuggire ad un matrimonio imposto.
- Il
principe ha risolto i tre quesiti di Turandot e ora lei deve sposarlo... -
Riprese lei. - Ma non vuole. E lui è talmente innamorato, che le concede una
via di fuga... Se riuscirà a indovinare il suo nome, prima dell'alba, Calaf la
libererà dalla promessa di matrimonio. - Si fermò, prendendo un respiro
profondo.
- Che
cos'hai? - Le domandò Kevin, leggermente sul chi vive.
- No,
niente... - Ridacchiò. - E che adesso viene la mia parte preferita. Solo che...
è... triste. Mi fa sempre commuovere: per riuscire a scoprire il nome del
principe, Turandot fa rapire la sua serva, Liù e... la fa torturare. - Esitò di
nuovo, sfregandosi la guancia arrossata, appena sotto le ciglia già umide. - Ma
lei ama Calaf di un amore talmente forte, puro e incondizionato... - Una
lacrima ribelle sfuggì al suo controllo, rotolando e nascondendosi all'angolo
delle sue labbra.
- Ehi...
- Kevin si chinò a posarle un leggerissimo bacio sulla tempia, strappandole un
sorriso. - Piangi, anima romantica? -
- E'...
Cioè, lei si uccide, Kev. - Esclamò. - Si uccide...!
Pur di non svelare il segreto di Calaf, di concedergli l'opportunità di vivere
felice con un'altra... quell'altra di cui lui è innamorato, sceglie la morte.
Lo ama al punto che... -
- Che è
disposta a dare veramente tutto, per
lui. Qualsiasi cosa... - Concluse per lei.
- Tutto. Un amore del genere è tanto
meraviglioso da essere disarmante. - Gli fece eco, appoggiando la testa alla
spalla di lui. - E c'è un'aria splendida, qui... -
Rimasero
in silenzio, mentre Coco girava le ultime pagine del libro e Kevin le
accarezzava il braccio, osservando le parole stampate senza leggerle davvero.
Perfino
i loro respiri si erano fatti tesi e silenziosi, armonizzandosi all'atmosfera
di improvvisa quiete che si era creata.
Atmosfera
che si spezzò improvvisamente qualche secondo dopo, quando la voce di Nick
riportò entrambi alla realtà.
-
Coco...!? - Chiamò, sporgendosi oltre l'entrata della stanza. Lei e Kevin si
voltarono simultaneamente nella sua direzione, come se fossero riemersi da uno
stato di ipnosi. - Ops...! - Abbozzò lui, lasciandosi sfuggire un sorrisino
malizioso. - Ho interrotto qualcosa? Non volevo... No, no, continuate pure.
State comodi... Fate come se non ci fossi...! - Agitò le mani nell'aria davanti
a sè.
- NICK!
- Tuonò Gabrielle, le guance color peperone. Sgusciò fuori dalla stretta di
Kevin, afferrando un cuscino e scagliandoglielo contro. Lui si abbassò con uno
scatto fulmineo, evitando il morbido proiettile, prima di sparire nuovamente
oltre la porta con una linguaccia. - Cretino...! - Soffiò, cercando di far
riprendere al suo viso un colorito naturale.
Rimase
ferma, in ginocchio quasi sul bracciolo, gli occhi fissi sulla soglia ormai
sgombra...
- Come
finisce? - La voce di Kevin la raggiunse dalle sue spalle, fendendo il silenzio
che era pesantemente ripiombato nella stanza come una coltellata. Tornò a
voltarsi verso di lui, restando questa volta a distanza di sicurezza. -
L'opera... Come finisce? - Ripetè.
Gabrielle
fissò intensamente i suoi occhi verdi per una manciata di interminabili
secondi, strizzando fra le mani il libretto ormai chiuso.
- Come
vuoi che finisca... Turandot ha sempre amato Calaf. Loro... vivono per sempre felici e contenti. - Concluse,
in tono incolore.
Lo guardò un'ultima volta e lasciò
cadere il libro sul divano, prima di alzarsi ed andarsene.
Ok, questa volta ho battuto ogni possibile record sull'attesa di
aggiornamento
Ok,
questa volta ho battuto ogni possibile record sull'attesa di aggiornamento. Mi
autopunisco e chiedo perdono!x3
C'è
anche da dire che questo capitolo è stato un vero e proprio parto, specialmente
l'ultima parte ed è stato durissimo da scrivere... *si asciuga il sudore*
E poi è
bello lunghetto... Non ai livelli di quello su Nick, ma quasi. Perciò almeno
questo potrà ripagare la pazienza con cui avete atteso questo aggiornamento.
Detto
questo mi tocca per l'ennesima volta autoflagellarmi perchè non ho tempo di
ringraziarvi una ad una per i vostri bellissimi, lunghissimi, esaurientissimi
commenti. Io vi lovvo tutte immensamente, sappiatelo!<3
E' una
soddisfazione inimmaginabile per me, trovare i vostri papiri e leggere le
vostre minuziose analisi ed elucubrazioni sui miei personaggi... Sapere che vi
emozionate, leggendo quello che scrivo.
E'
l'incentivo migliore che si possa avere. Quindi grazie, grazie e per la
milionesima volta grazie!x3
Bom, bando
alle ciance e vi lascio al questo capitolo... dove entrerà in scena un più o
meno nuovo personaggio che sconvolgerà non poco la situazione...
*ridacchia
malvagiamente*
Buona
lettura, gioie! Aspetto commenti... in particolare da due cognate di mia conoscenza.
*lovva le cognate*
Uh,
dimenticavo un'importantissima nota di servizio: settimana prossima la
sottoscritta sarà in montagna e quindi tristemente priva di accesso internet.
Mi auguro vivamente di avere pronto il capitolo 20 per il mio ritorno, in modo
che abbiate da aspettare proprio solo gli otto giorni in cui sarò
via.<3
-
Capitolo 19° -
{ I feel it in the air, as I'm
doing my hair
preparing for another date.
A kiss upon my cheek, as he, reluctantly,
asks if I'm gonna be out late... }
Unfaithful - Rihanna
Gabrielle
sbottonò la maglia che si era appena infilata, gettandola con un gesto scocciato
sul letto in mezzo alle altre mille che aveva già provato e riprovato. Sbuffò
nervosamente, lanciando un'occhiata alla sveglia digitale che stava sopra il
comodino e sul cui display campeggiava l'ora spaventosamente tarda.
Entro
dieci minuti avrebbe dovuto essere fuori con Kevin... e ancora non era pronta.
Per niente.
Si
mordicchiò le labbra, tornando a cercare tra gli abiti già visti, sparsi un po'
ovunque e ripescò una ampia camicia di seta bianca che, alla fine, non sarebbe
stata male con i pantaloni neri che le fasciavano le gambe sottili.
- No. -
La voce di Joe si insinuò nell'aria silenziosa della stanza, frenando il corso
dei suoi pensieri e facendola sobbalzare leggermente. - Tu quella non la metti, stasera. - Le si avvicinò, afferrando un lembo
dell'indumento prima di sfilarglielo dalle mani.
- Oh, ti
prego... - Esalò Coco, passandosi la mano fra i capelli spettinati. - Non ti ci
mettere anche tu...! -
Lui le
si avvicinò, rincorrendo con le dita la spallina di raso lucido della sua cannottiera,
che nell'impeto dell'ultimo movimento, era maliziosamente scivolata verso il
basso. La riportò al suo posto, accarezzandole la pelle morbida con calcolata,
esasperante dolcezza.
- Ti sta
troppo bene... - Soffiò, avvicinandosi e chinandosi a posarle un bacio alla
base del collo. - Non voglio che tu sia così
bella... per un altro. -
-
Scemo...! - Sorrise Gabrielle, abbandonandosi al suo abbraccio giocoso. Un
brivido leggero le corse lungo la schiena, premuta contro il corpo di lui,
quando le sue braccia la avvolsero completamente e lei potè avvertire
chiaramente il suo calore attraverso la stoffa impalpabile della maglia. - E'
Kevin... non un altro. - Ridacchiò,
appoggiando le mani su quelle di lui. - E poi... bella... Sii realista: la cosa più simile ad un cosmetico che c'è
in questa casa è il mio burrocacao, il mio armadio non ha mai visto l'ombra di
una gonna... Cioè, guardami! -
Concluse, indicando con lo sguardo il suo riflesso nella specchiera che avevano
di fronte.
Joe
sorrise, baciandole dolcemente una guancia, prima di tornare ad incrociare i
suoi occhi chiari attraverso lo specchio.
- Amore
mio, il fatto che tu non ti renda conto di... cosa sei, agli occhi di un uomo... qualunque uomo, anche Kevin, è perfino più pericoloso. - Coco
trattenne il respiro con un piccolo singhiozzo, mentre le sue guance si
tingevano di un intenso color pomodoro maturo.
- Senti,
Joe... - Pigolò, bloccandosi di colpo quando avvertì la sua mano accarezzarle
il fianco, sotto la cannottiera. Lo guardò con aria quasi spaventata, poco
prima che anche lui si fermasse, il viso colorato di ogni possibile sfumatura
di rosso.
Si
allontanò leggermente, sfilando la mano che era arrivata a sfiorare la pelle
morbida, appena sotto il seno... rivelandogli che, oltre alla maglia di raso
lucido, lei non portava nulla.
- Perchè
non me l'hai detto che... che...! - Abbozzò, mentre Gabrielle soffocava una
risata e afferrava a caso uno dei vestiti che stavano sul letto.
- Ma insomma...!
- Ridacchiò, lanciandoglielo contro. - Mi sto ancora preparando, è normale...
Piuttosto, non è normale ritrovarmi le tue mani ovunque! - Continuò,
recuperando gli abiti che aveva veramente intenzione di indossare.
- Non
farmi passare per un maniaco, adesso! - Brontolò Joe, sedendosi pesantemente
sul bordo del letto. - Se ho tanto bisogno di contatto fisico... è solo perchè
ti amo da morire e non riesco a fare
a meno di te. - Concluse, sbattendo le ciglia con un fare che voleva essere
profondamente ammaliante. Coco si morse la lingua nel disperato tentativo di
non scoppiare a ridere, mentre gli si avvicinava in silenzio.
- Amore... - Gli sussurrò, chinandosi
sulle ginocchia alla sua altezza e avvicinandosi fino a sfiorare la punta del
naso di lui con la propria. Sul viso di Joe si allargò un sorrisino vittorioso.
- ...Sì?
- Soffiò, socchiudendo gli occhi.
- Devi
girarti dall'altra parte, o io non posso cambiarmi, se tu mi guardi...! -
Esclamò, lasciandolo letteralmente con un palmo di naso e facendolo, suo
malgrado, arrossire violentemente un'altra volta. Si rialzò, mentre l'eco di
una risata le scuoteva le spalle.
Joe
sollevò le gambe, ruotando su se stesso e incrociandole sul piumone azzurro.
Sbuffando rumorosamente si sistemò in modo da dare completamente le spalle a
Gabrielle, che gli sorrise, anche se lui non poteva vederla.
Mentre
un leggerissimo rossore le colorava le guance, si voltò anche lei, forse per
inconscio pudore e si sfilò la cannottiera, lasciandola cadere sul pavimento
con un movimento morbido.
Il suono
leggero della stoffa che scivolava via solleticò non poco l'immaginazione di
Joe che, con un sospiro, cercò di soffocare la voglia di girarsi e sbirciare.
Prese a giocherellare con la sua maledetta fedina, picchiettandoci nervosamente
sopra con le dita... come se, così facendo, potesse farla sparire per magia.
Eppure
quella era lì, sfacciatamente luccicante.
Luminosa.
Come poteva e doveva essere la virtù che simboleggiava... Ma che lui si sentiva
sempre meno capace di sostenere. Si passò una mano fra i capelli, soffocando un
sospiro quando avvertì l'inconfondibile, dolce peso di lei contro la schiena.
-
Finito. - Sussurrò Coco, passandogli le braccia intorno alle spalle, prima di
allungarsi a posargli un leggerissimo bacio sul collo. - Grazie... amore. -
Ripetè, questa volta senza la minima traccia di presa in giro.
Joe
sorrise e senza dire nulla, abbandonò per qualche attimo i suoi contorti
pensieri, accarezzandole le mani, prima di soffermarsi ad allacciarle
premurosamente i piccoli bottoni perlati che fermavano i polsini.
Poi si
accorse della spazzola colorata che stringeva e gliela sfilò delicatamente
dalle dita.
- Posso?
- Chiese semplicemente, voltandosi appena nella sua direzione. Gabrielle annuì,
lasciando che si girasse completamente, prima di sistemarsi comodamente tra le
sue gambe.
- Fai
piano... - Mormorò, mentre Joe cominciava a spazzolarle i lunghi capelli con
delicatezza, passandoci prima in mezzo le dita per sciogliere i nodi più
dolorosi.
Per qualche
attimo il rumore della spazzola divenne l'unico suono udibile nella stanza.
Rimasero in silenzio, mentre lui le scioglieva le ciocche con tutta la cura e
la devozione possibile, lasciandole ricadere sulle spalle minute.
- Sono
cresciuti... - Sorrise, fermando le punte arricciate fra le dita. - ... parecchio, dalla prima volta che ti ho
vista. Quanto tempo è che ci conosciamo? - Coco sorrise a sua volta, arrossendo
lievemente.
- Per me
è quasi una vita. - Mormorò. - La stessa che avete stravolto completamente. Tu,
Nick... e Kevin. -
Sentendole
quell'esitazione sulle labbra, al nome del fratello, si irrigidì
impercettibilmente, lasciando andare i ciuffi che aveva intrappolato.
- Farete
tardi? - Domandò poi, inaspettatamente, abbandonando entrambe le braccia lungo
i fianchi.
- Beh...
- Cominciò Gabrielle, cercando di calcolare a spanne la lunghezza dell'opera. -
Non credo... Dipende da quanto dura... -
- No. -
La bloccò Joe, abbracciandola con fare improvvisamente possessivo. - Quello che
io voglio sapere è se... farete tardi?
- Ripetè, in tono leggermente diverso. E a quel punto Coco capì, o fu costretta
a capire, i non detti che si celavano dietro quell'apparentemente semplice
domanda.
Si voltò
di scatto, fissandolo dritto negli occhi.
- Torneremo
appena sarà finita l'opera. - Soffiò, avvicinandoglisi. - Te lo prometto. - Gli
schioccò un veloce bacio a stampo sulle labbra che lui approfondì
immediatamente, carezzando morbidamente con la lingua quelle di Gabrielle.
- Giuramelo. - Rispose, contro la sua
bocca, senza allontanarsi di un millimetro.
Le
strappò un sospiro soddisfatto, stringendole le braccia intorno ai fianchi e
azzerando la distanza tra loro.
- Joe...
- Mugolò, fermandolo con delicatezza. - Te lo giuro... anche mille volte, se
vuoi. Ma adesso lasciami, devo andare. -
Si alzò,
sorridendogli, mentre Joe accettava con riluttanza di separarsi da lei. Poi
prese un bastoncino di legno scuro da un barattolo poggiato sulla cassettiera e
fermò i capelli in uno chignon non troppo ordinato.
Lui
saltò in piedi con un gesto deciso e si soffermò soltanto un secondo a posarle
un per nulla casuale bacio sul collo, quando le passò accanto. Si richiuse la
porta alle spalle mentre Coco saltellava su un piede alla disperata ricerca
dell'altro stivaletto di velluto nero che proprio non voleva saperne di venire
fuori.
***
L'Opèra
non le era mai sembrata tanto grande... nè tanto bella.
Si
strinse contro il braccio di Kevin, azzardandosi a sollevare il naso dalla
sciarpa di lana per osservare i grandi angeli dorati che sormontavano la
facciata illuminata a giorno. Era passata mille volte da lì, ma era come se
vedesse tutto per la prima volta... Compreso l'incredibile color indaco del
cielo di notte, sopra Parigi.
Mosse un
paio di passi senza guardare dove andava, riuscendo immediatamente ad
incespicare nel bordo del marciapiede e sarebbe finita lunga e distesa per
terra, se Kevin non le avesse premurosamente cinto i fianchi per sostenerla.
- Con
calma, principessa, siamo quasi in anticipo... - Ridacchiò lui, aiutandola a
rimettersi dritta ed esitando con la mano appena sopra la cintura del suo
cappotto rosso. Coco lo ringraziò con un sorriso, lasciandosi poi accompagnare
davanti all'entrata del teatro dove andava già incolonnandosi un folto gruppo di
persone.
Si
sistemarono dietro una coppia piuttosto giovane che, già da qualche minuto,
aveva cominciato un intenso scambio di effusioni. Kevin sentì improvvisamente
un gran calore all'altezza dello stomaco, poco sotto il punto in cui la mano di
Gabrielle stava delicatamente poggiata.
Abbassò
involontariamente lo sguardo verso di lei, incontrando i suoi occhi chiari che
si fissarono velocemente su qualcosa di apparentemente interessantissimo, al di
là della strada. Le guance di entrambi tinte del medesimo color rosso vivo.
Nel
frattempo, il ragazzo davanti a loro aveva preso a giocherellare con un riccio
ribelle, sfuggito al basco di maglia bianca della sua fidanzata. Le si
avvicinò, passandole un braccio intorno alla vita e stringendola dolcemente a
sè, nel medesimo modo in cui Kevin aveva fatto con Coco. Poi scostò con grazia
la lunga coda bionda per sussurrarle qualcosa che riuscì probabilmente a
sentire solo lei, strappandole una risatina maliziosa.
Quando,
infine, si chinò a rubarle l'ennesimo, lungo bacio alle labbra rosee, lo stesso
Kevin cominciò a prendere in seria considerazione l'idea di separarli con la
forza...
Si
sentiva il viso in fiamme e avvertiva chiaramente la tensione di Gabrielle,
ancora ostinatamente voltata dall'altra parte, ma comunque abbracciata a lui.
Rimasero
immobili, in silenzio, pregando all'unisono che quell'atmosfera tesa si
spezzasse il prima possibile.
Fortunatamente,
una manciata di interminabili secondi dopo, la fila prese a scorrere
all'interno del teatro, costringendo i fidanzatini di Francia a staccarsi
definitivamente.
- Ci
siamo. - Sorrise Kevin, con estremo sollievo, estraendo i loro biglietti dalla
tasca del lungo cappotto scuro. Ne allungò uno a Coco che lo strinse, lanciando
uno sguardo all'immenso atrio illuminato che occhieggiava, al di là delle
grandi porte a vetri.
- Ancora
non mi sembra vero... - Mormorò, seguendolo dentro l'edificio.
Consegnò
il suo biglietto alla maschera, riponendo poi con cura la metà che le venne restituita
nella tasca dei pantaloni e quasi trattenne il fiato, quando Kevin la condusse
per mano oltre l'entrata della sala e poi lungo il corridoio centrale, fino
alla terza fila, dove li aspettavano i loro posti.
Il
salone dell'Opèra era, secondo Gabrielle, qualcosa in grado di incantare al
punto che perfino respirare diventava assolutamente secondario rispetto
all'osservare, memorizzare ed assorbire ogni singolo dettaglio di quella
meraviglia architettonica.
- E'
veramente una favola... - Sussurrò, fermandosi
davanti alla sua poltroncina e lasciandovi cadere sopra il cappotto con aria
distratta, mentre i suoi occhi accarezzavano, quasi con timore, l'enorme
lampadario di cristallo appeso al centro del soffitto circolare perfettamente
affrescato. Sentì Kevin avvicinarsi, alle sue spalle e lasciò che le
allacciasse un braccio intorno alla vita e la attirasse leggermente
all'indietro, facendola appoggiare con la schiena contro di lui.
- Bello,
eh? - Sorrise, senza guardarla, gli occhi verdi puntati appena sotto il
soffitto, all'ultima serie di palchetti, per la maggior parte ancora chiusi
dalle pesanti tende di velluto.
- Bello? Dio, Kevin, è... - Soffiò,
incapace di trovare le parole adatte. Sconfitta, lasciò annegare la frase in un
sospiro e fece correre il braccio sopra il suo, appoggiando la mano su quella
che lui le teneva ferma appena sopra il fianco.
- Sì...
- Mormorò lui a voce quasi inudibile. - Hai ragione. - Sorrise di nuovo,
stringendola un po' di più.
Rimasero
fermi in quella posizione, in piedi ed in silenziosa ammirazione, incuranti di
tutta la gente che girava loro attorno e del brusio di voci che si mescolavano
nell'aria, alla continua ricerca di indicazioni su file e posti a sedere...
Almeno fino a quando, qualche lunghissimo attimo dopo, una anziana signora
impellicciata li richiamò con qualche arcigno, fintissimo colpo di tosse per
chiedere loro di lasciarla passare.
Kevin
sciolse a malincuore la presa sul corpo di lei, sedendosi al suo posto e
arrossendo, per l'ennesima volta quella sera, fino alla punta delle orecchie,
quando avvertì la donna bofonchiare qualcosa che suonava come un seccato
rimprovero alla "gioventù d'oggi,
priva di qualunque senso del pudore e
del rispetto, che si ritrovava ad amoreggiare ovunque...".
{E non sa quanto vorrei fosse vero,
signora...!}
Riflettè,
lanciando un'occhiata di sfuggita a Gabrielle che, seduta accanto a lui, era
già impegnata a sfogliare il libretto dell'opera. Appoggiò il gomito al
bracciolo che li divideva, sorreggendosi il viso mentre la guardava scostarsi
sistematicamente un ciuffo di capelli dagli occhi, con il solo risultato di
farli tornare al loro posto mezzo secondo dopo...
- Sai,
Kev... - Cominciò ad un tratto, chiudendo il libretto e stirando le braccia con
un sospiro soddisfatto. Inclinò leggermente il capo, guardandolo con aria
divertita. - Non credo finirò mai di ringraziarti, per questo. -
-
Esagerata...! Tu... - Si bloccò, avvertendo la mano di Coco poggiarsi sulla sua
spalla, poco prima che lei si alzasse quasi in ginocchio sul sedile, per
posargli un leggerissimo bacio sulla fronte. Rimase immobile, assaporando la
breve carezza del suo fiato caldo contro la pelle e la leggera pressione delle
dita sottili alla base del collo.
-
Grazie. - Bisbigliò poi, riabbassandosi al suo posto.
- No...
- Ribattè Kevin, sorridendole e chinando leggermente il capo per nascondere
l'impalpabile rossore che gli aveva colorato le guancie. - Grazie a te. -
***
{ E incominciai a diventare anche gelosa
perché eri grande, irraggiungibile e più bella...
[...]
E persi la memoria, mancando di coraggio
perché mi vergognavo di essere tua figlia. }
Mi Dispiace - Laura Pausini
Le note del "Nessun
Dorma" riempirono l'aria silenziosa fino all'ultimo, recondito
anfratto. Coco si mosse lentamente sul sedile, sfregandosi le braccia
attraverso la stoffa leggera della camicia. Sillabava con le labbra le parole
senza però azzardarsi ad emettere suoni per paura di rovinare tutto.
Gli occhi fissi sul palcoscenico seguivano attentamente i
protagonisti, seguendone ogni singolo movimento. Ogni fruscio di stoffa dei
meravigliosi costumi...
Prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro, man mano che le
scene si susseguivano e avvertiva che il suo
momento si stava avvicinando. Era praticamente certa che sarebbe scoppiata a
piangere, non appena Liù avesse rimesso piede in scena, però un tentativo,
anche perfettamente inefficace, sarebbe valsa la pena farlo... Prese un respiro
profondo, rilassando le spalle contro lo schienale quando Kevin, che la
osservava di soppiatto e aveva capito tutto, allungò una mano, cercando quella
di lei.
Gabrielle sussultò leggermente, quando le loro dita si
intrecciarono saldamente.
- Se non ti lasci andare, non te la godrai fino in fondo. - Le
sussurrò, senza staccare gli occhi dalle mani del primo violino che agitavano
l'archetto tanto armonicamente da farlo sembrare vivo. I lunghi capelli scuri
le si arricciavano sulle spalle, tenuti accuratamente indietro da una minuscola
molletta di brillanti. Per quanto suonasse ben altro tipo di strumento, da
musicista a musicista, poteva certamente affermare che era uno dei migliori
elementi dell'orchestra.
Sicuramente fra gli archi... E quella sua bella espressione
concentrata era stranamente familiare.
Il suo silenzioso ragionamento venne interrotto dal flebile
singhiozzo di Coco che, al risuonare del primo accordo dell'aria di Liù, aveva
iniziato a sfregarsi gli occhi umidi.
Le strinse la mano un po' più saldamente, fissando nuovamente
l'attenzione sul palco, dove due enormi guardie strizzavano le braccia del
soprano che interpretava la sfortunata serva del principe.
"Tanto amore segreto e inconfessato,
grande così che questi strazi
son dolcezze per me
perchè ne faccio dono al mio Signore...
Perchè, tacendo, io gli do...
gli do il tuo amore.
Te gli do, Principessa,
E perdo tutto. E perdo tutto!
Persino l'impossibile speranza...
[...]
Come offerta suprema del mio amore!"
Con uno
scatto, la donna afferrò una sottile lama argentata e finse di pugnalarsi a
morte.
Mentre Liù si accasciava teatralmente a terra e le battute
seguenti si alternavano sulle labbra degli altri personaggi...
Forse per via della passione con cui erano state intonate, forse
per la meravigliosa tensione con cui Gabrielle aveva seguito la scena,
lasciando correre le lacrime sulle guance arrossate... o forse semplicemente
perchè quelle parole le sentiva sulla
pelle come fossero sue...
... si ritrovò a strizzare gli occhi lucidi per riuscire a
rimettere a fuoco la scena.
Respirò profondamente, passandosi una mano fra i capelli e tornò a
guardare Coco solo quando lasciò andare la sua mano per asciugarsi le ultime
lacrime.
- Meno male che non mi trucco... - Ridacchiò lei, sfregandosi le
ciglia scure. - Sembrerei una specie di panda. -
- No. -
Rispose Kevin, approfittando del momentaneo cambio di scena per alzare un
pochino il tono di voce. - Sembreresti solamente quello che sei: una ragazza
con il cuore tanto grande, da commuoversi davanti all'amore mostrato per quello
che è.
- Forse.
- Gli concesse, leggermente imbarazzata. - Ma io sono più propensa per il
panda...! - La sua risata sottile venne inghiottita dalle note trionfali di una
delle ultime arie dell'opera.
Sul
palco Turandot si stava rendendo conto di essere veramente innamorata, mentre
il dramma di Liù veniva velocemente dimenticato. Gabrielle sorrise amaramente,
domandandosi come fosse possibile che, dopo tanti anni, una microscopica parte
di lei sperasse in un finale diverso.
Eppure
sapeva benissimo che sarebbero stati il principe e la principessa a vivere
"per sempre felici e contenti". Come da copione, in una fiaba che si
rispetti.
Quando
le ultime note del coro conclusivo si spensero contro il soffitto e il sipario
si chiuse sulla corte imperiale in festa, un rumoroso applauso scrosciò nella
sala. Prima ancora che gli orchestrali si alzassero e che i cantanti tornassero
in scena per raccogliere il tributo del pubblico, una delle maschere si fece
largo tra i sedili e sorprese Coco, ficcandole tra le mani un biglietto piegato
ed intimandole di leggerlo.
- Che
succede? Chi era quello? - Domandò Kevin, osservando l'espressione preoccupata
di lei, quando l'uomo fu sparito.
- Non ne
ho idea... - Rispose, confusa, aprendo il cartoncino bianco per scoprirne il
contenuto.
Nel
frattempo, nella sezione archi dell'orchestra si era formato un buco
all'altezza del primo violino...
Gabrielle
lesse le poche parole vergate sulla carta in una calligrafia sottile ed
accurata... Impallidì, sgranando gli occhi chiari, quando vide la firma.
Avvertì un istantaneo vuoto alla bocca dello stomaco e tutto quello che le
stava intorno scomparve improvvisamente per lasciare spazio ad un unico, martellante
pensiero.
... Annabelle.
Si sentì
come se le avessero improvvisamente tolto la capacità di respirare. Sentì
vecchie paure, letteralmente fantasmi di un passato che credeva di aver
superato per sempre, tornare indietro e riafferrarla alla gola.
- Coco,
che cosa... - Kevin non fece nemmeno in tempo a finire di formulare la frase,
che lei era già scattata in piedi e aveva scavalcato con foga le sue gambe,
schizzando nel corridoio centrale, verso l'uscita. - COCO!!! - Urlò, ma venne
completamente sommerso dalle altrettanto forti grida di giubilo che
accompagnarono l'inchino del primo tenore.
Uscì
correndo dalla sala, incurante delle occhiatacce che si era attirato facendo
sbattere le pesanti doppie porte di legno rossiccio e superò due maschere piuttosto
allibite, rischiando di travolgerle mentre correva verso l'ampio ingresso alla
disperata ricerca di Gabrielle. Ignorò i richiami concitati che lo inseguirono
lungo il percorso, tanto più che non capiva nemmeno cosa gli stessero gridando
dietro... Il francese urlato non era
mai stato il suo forte.
I suoi
passi concitati rimbombavano, sul marmo lucido del pavimento, all'unisono con i
battiti furiosi del cuore contro il petto. In giro non c'era un'anima, erano
ancora tutti all'interno della sala. Solo un'annoiata addetta alla reception,
che aveva l'aria di stare per addormentarsi da un momento all'altro, stava
seduta dietro al bancone con il naso affondato in una rivista di moda.
E
infatti non gli prestò la minima attenzione, nel momento in cui le schizzò
davanti a tutta velocità.
Si fermò
solamente quando finalmente riconobbe l'inconfondibile figura minuta di Coco,
appoggiata ad una delle immense colonne nell'atrio deserto. Il capo chino e lo sguardo
tipico di chi si chiedeva se valesse veramente la pena scappare alla cieca.
Si
avvicinò silenziosamente, osando attirare la sua attenzione appena la distanza
fra loro fu sufficientemente ridotta da permettergli di parlare quasi a bassa voce.
Allungò una mano, stringendo appena quella di lei che allentò la presa sul
biglietto ormai stropicciato.
- Gabrielle... - Si bloccò quasi prima di
cominciare, perchè un'altra voce si era sovrapposta e mescolata alla sua nel
pronunciare quell'unica parola.
E poi
perchè la stessa Gabrielle aveva alzato la testa di scatto, ma il suo sguardo
non era fisso su di lui.
Gli
occhi chiari, spalancati e atterriti come non li aveva mai visti, puntavano
verso un punto non precisato alle sue spalle. Si voltò lentamente, senza
lasciare la presa sulle sue dita tremanti e si ritrovò faccia a faccia con la
donna che aveva osservato suonare pochi attimi prima.
Il primo
violino dell'orchestra dell'Opèra... Si illuminò. A quel punto, riformulando il
concetto in quel modo, era tutto molto più chiaro. Ogni pezzo andava al suo
posto...
Compresa
la straordinaria familiarità dei lineamenti, delle espressioni. I lunghi
capelli scuri...
- Maman... - La voce tremante e
terrorizzata con cui Coco pronunciò quelle cinque lettere, lo sforzo che le
costò farlo e che lui avvertì chiaramente nel sussulto che ebbe ogni singola
fibra del suo corpo, furono come una pugnalata in pieno petto.
Anche
se, forse per un automatico istinto di protezione o un riflesso condizionato,
aveva parlato in francese, non ci voleva un genio per capire cosa avesse detto
e chi fosse quella donna.
La madre
di Gabrielle mosse un esitante passo in avanti, entrando nell'ampio cono di
luce di uno degli enormi lampadari fissati al soffitto. La farfalla di brillanti
che le fermava i capelli sopra la tempia emise un breve scintillio quando piegò
impercettibilmente il capo per guardarli, in un modo che a Kevin ricordò
spaventosamente la sua Coco.
-
Gabrielle. - Ripetè la donna, ignorandolo deliberatamente e continuando a
fissare la figlia.
C'era
tutto su quel viso, sebbene leggermente inasprito dall'età.
C'era il
naso dalla curva morbida, c'erano le labbra sottili, c'era il disegno preciso
delle sopracciglia leggermente arcuate... Solo gli occhi erano di un cupo color
nocciola e non di quell'azzurro limpido e profondo, perchè Gabrielle i suoi li
aveva rubati al padre, Michael.
Per il
resto si somigliavano in maniera impressionante.
Accarezzò
in un involontario gesto di protezione il dorso della mano di Coco, quando la
sentì muoversi alle sue spalle.
Lei si
allontanò dalla colonna e si spostò in avanti, fronteggiando apertamente la
madre. Le dita ancora saldamente intrecciate a quelle di Kevin.
Osservò
per qualche attimo il viso di Annabelle, che fino a quel momento aveva visto
solamente tramite fotografia, ma che avrebbe saputo riconoscere tra mille, cercando
la forza di risponderle.
- Che... Cosa ci fai qui? - Sibilò, con
voce tremante, continuando a parlarle in francese.
- Ti ho notata tra il pubblico e ti ho
riconosciuta immediatamente... - Esitò la donna. - Volevo... vederti. - Per quanto giunsero alle sue orecchie come
poco più di un sussurro, le ultime due parole rimbombarono come fossero state
urlate a squarciagola.
- Beh, per
questo sei in ritardo, mamma. - Bisbigliò Gabrielle, mentre una lacrima
solitaria litigava per uscire allo scoperto. - Dovevi pensarci vent'anni fa. - Lanciò per terra il bigliettino che
stringeva in mano, con un gesto stizzito.
Tra una
piega e l'altra Kevin riuscì ad intravedere una breve frase in francese che
suonava come un invito ad incontrarsi da qualche parte, dopo la fine
dell'opera.
- Non è mai troppo tardi. - Replicò
Annabelle in tono misurato.
- Sì, invece! - Ringhiò lei di rimando. - Non puoi ripresentarti dopo tutto questo
tempo e pretendere che io accetti di farti rientrare nella mia vita così. Di
punto in bianco... Dopo che mi hai lasciata... CHE MI HAI ABBANDONATA IN QUEL
MODO! - Sbottò poi, reprimendo a stento un singhiozzo.
Sebbene
non avesse capito assolutamente nulla di quel concitato scambio di battute, a
Kevin fu sufficiente il suono disperato apparso nella voce di Coco, per
scattare come una molla.
Le si
avvicinò, stringendole la spalla... Lei lo fermò, lasciandogli intendere con lo
sguardo che era tutto sotto controllo. Lo spinse a farsi indietro e lui obbedì,
senza però spostare la mano da dove stava.
- Guardiamoci in faccia... - Continuò,
livida. - Quanti mesi avevo quando te ne
sei andata? Io non ricordavo... non ricordo nulla di te. Nulla... se non il viso che ho visto in qualche vecchia
fotografia e che ha costellato i miei incubi per tutti questi anni! - Tremò
impercettibilmente, al ricordo dell'angoscia e della paura con cui si era
svegliata tante volte. -Come
puoi anche solo pensare di avanzare delle pretese? TU? -
Annabelle
non era mai stata dotata di molta pazienza e tantomeno di un carattere
accomodante. Era più il tipo di persona che prendeva fuoco immediatamente, se
qualcosa andava diversamente da come aveva programmato...
E
sicuramente non era così che aveva pensato il ricongiungimento con la figlia
che non vedeva da anni.
- E dire che mi somigli così tanto... -
Sussurrò. - Sembri davvero me alla tua
età, Gabrielle.
Scrutò
con aria evidentemente astiosa la piccola ribelle che si era ritrovata davanti
al posto della giovane remissiva e ben disposta che immaginava, indugiando
sulla mano di lei, saldamente stretta in quella più grande del ragazzo che la accompagnava.
Alzò lo
sguardo sugli occhi chiari, fissandolo come se si fosse accorta della sua
esistenza solo in quel momento.
Kevin
ricambiò, genuinamente stupito, domandandosi cosa potesse volere la madre di
Coco da lui.
- Chi è? - Chiese improvvisamente
Annabelle, riducendo gli occhi scuri a due gelide fessure. Gabrielle sussultò,
lanciandogli un'involontaria occhiata. - Lui...
Chi è? -
- Lascialo fuori da questa... cosa. -
Soffiò, intromettendosi istintivamente fra i due, per quanto assurdo potesse sembrare
che lei, così minuta, facesse da scudo a Kevin. - Non c'entra niente. -
La
donna, intuendo dalla sua reazione di essere andata a toccare un tasto
quantomeno importante, ridacchiò sommessamente, scrollando con fare malizioso i
lunghi capelli.
- E' il tuo fidanzato, Coco? - Continuò,
senza staccare gli occhi dalle loro dita intrecciate.
- Ti ho detto... - Sillabò, cercando di
mantenere saldo il tono di voce. - Di non
coinvolgerlo. E non chiamarmi Coco... non lo sono. Non per te! -
- D'accordo. In fondo è stato quell'idiota di
tuo padre ad usare quell'insulso soprannome per primo... Io non l'ho mai
sopportato. - Annaspò. Annabelle non aveva mai fatto grandi sforzi per
cercare di superare il rancore che portava a Michael.
Coco
soffocò una risatina amara, a risentirle nominare il marito, chiedendosi che
effetto le avrebbe fatto sentirsi dire che lui si era ricostruito una famiglia,
una vita dopo di lei... O se, magari lo sapeva già.
-
Gabrielle... - Sussultò, sentendo la voce di Kevin chiamarla in quel modo così
inusuale per lui. Alzò lo sguardo, fissando gli occhi lucidi nei suoi,
leggermente dilatati dall'ansia.
-
Kevin... Va tutto bene, davvero. - Tentò di rassicurarlo, poggiandogli una mano
sul petto e tornando a parlargli in inglese. Lui fece per replicare, ma venne
interrotto dalla risata squillante di Annabelle che risuonò nell'atrio deserto
come lo scoppio di un proiettile.
- Non mi
dire...! - Esalò la donna, passandosi una mano sul viso. - E' americano? -
Continuò, cambiando volontariamente lingua in modo che anche lui potesse
capire. - E magari è anche un musicista... Oh, sì, me lo vedo proprio! -
Ridacchiò con malevola malizia. Coco non rispose, irrigidendosi improvvisamente
mentre il respiro le moriva in gola. - Avanti, ragazzino, dimmi... cosa suoni?
Violino? Flauto? O magari il pianoforte? -
-
Chitarra. - Rispose aspramente Kevin, innervosito dai flebili singhiozzi che
Gabrielle stava cercando di soffocare, stringendosi contro il suo braccio.
Abbassò quasi immediatamente lo sguardo verso di lei, accarezzandole amorevolmente
i capelli per tranquillizzarla.
- Sì. -
Sibilò Annabelle, alla quale l'ultimo suo gesto non era sfuggito, con schifo
malcelato. - Sei proprio uguale a lui...
Siete tutti uguali. Bravissimi ad
attirare le donne nella vostra rete con tutte quelle false moine. -
- Non
capisco cosa intende dire... - Continuò lui, impassibile.
- Oh,
capisci eccome... Sei davvero un attore da due soldi, sai? In questo non gli
somigli affatto, Michael era molto più convincente di te. - Gli puntò un dito
contro, avanzando rapidamente e dimezzando la distanza fra loro. - Ma, per il
resto, scommetto che sai essere stronzo
esattamente quanto lui. - Concluse, in poco più che un soffio.
- Adesso
basta... SMETTILA! - Gridò Coco, alzando improvvisamente la voce e bloccando
qualunque replica da parte di Kevin. - NON TI PERMETTERE! -
Annabelle
la fissò leggermente sgomenta, prima di ricomporsi e tornare ad assumere la sua
espressione infastidita.
- Mon trèsor... - Esordì, avvicinandosi e
prendendole il mento fra le dita in un gesto fintamente affettuoso. Gabrielle
si discostò immediatamente, lasciando scivolare le guance umide fuori dalla sua
stretta.
- Non...
mi toccare. - Mormorò con voce tremante.
-
Quell'incapace di tuo padre e quella fallita di tua sorella Monique ti hanno
tirata su, cercando di farti diventare tutto quello che io non sono. E in
qualcosa, purtroppo, sono anche riusciti... Ma non hanno potuto evitarti di
cadere in trappola davanti ai begli occhioni chiari di un bastardo qualunque... - Lanciò una fulminea occhiata a Kevin che
nemmeno la guardava, gli occhi verdi fissi su Coco. - Esattamente come è
successo a me. -
- TI HO
DETTO BASTA! - Ripetè lei, soffocando la voglia di mettersi a piangere. - Puoi
dire di me tutto quello che vuoi, non mi interessa... Ma non ti permettere
mai... mai più, di parlare in questo modo di Kevin! MAI PIU', mi hai sentita? -
Esalò. - Non è il mio fidanzato, puoi metterti l'anima in pace... Ma è mio amico
ed è una delle persone più... incredibili... meravigliose che mi sia mai
capitato di incontrare. - Singhiozzò, sfregandosi il naso con la mano tremante.
- E io non accetto... Non sopporto di
sentire una come te sparare sentenze in questo modo su di lui. Vuoi Prendertela
con me? Sfogare su di me tutta la tua maledettissima, arrogante frustrazione?
Bene. FALLO. Ma Kevin... Kevin non devi azzardarti nemmeno a nominarlo, è
chiaro? - Concluse. - E' CHIARO? - Ripetè, quando la donna esitò a rispondere.
- Come vuoi.
- Ribattè Annabelle, in tono incolore.
- Bene.
E a questo punto, se è tutto, puoi anche andartene. - Tremava come una foglia.
E Kevin lo avvertiva chiaramente, attraverso le mani strette intorno alle sue.
La tirò leggermente all'indietro, facendo sì che i loro corpi si sfiorassero,
per farle sentire un po' più forte la sua presenza.
Madre e
figlia si scambiarono uno sguardo bruciante, così inconsapevolmente e
tremendamente simili nella tensione provocata dalla rabbia. Poi,
inaspettatamente, le labbra di Annabelle si tesero in un pallido sorriso.
- Sì. -
Annuì, improvvisamente arrendevole. - Per ora me ne vado... Ma noi due dobbiamo
parlare, Gabrielle. Da madre a figlia. E lo faremo... Presto. - Detto questo
girò i tacchi e tornò da dove era venuta, sparendo oltre una grossa porta di
servizio.
Rimasero
immobili fino a quando anche l'eco dei passi di Annabelle sul pavimento lucido
non sparì definitivamente, poi Coco fece per allontanarsi, sciogliendo la presa
della mano di lui, ma Kevin non glielo permise. Le afferrò entrambi i polsi,
bloccandola immediatamente.
- Scusa,
Kevin, vorrei restare un attimo da sola... - Mormorò, senza guardarlo, con la
voce già incrinata.
- No. -
Rispose lui risoluto. - Non in queste condizioni. -
- Sto
bene, davvero...! - Soffiò lei, tentando di allontanarlo. Diede un paio di
strattoni, ma la stretta di lui era abbastanza salda da resisterle. - Lasciami,
Kevin! - Sbotto poi, cominciando ad innervosirsi.
- No. -
Continuo, tirandola questa volta leggermente in avanti.
- Kevin!
- Esclamò. - Lasciami andare! LASCIAMI, HO DETTO! - Si agitò, cominciando a
divincolarsi con maggiore veemenza. Le sue dita stringevano con fermezza,
abbastanza da bloccarla, ma non tanto da farle male. - LASCIAMI...!
LASCIAMI!!! - Esplose, cedendo al nodo che si sentiva in gola. - Lasciami... - Singhiozzò,
strattonando violentemente le braccia.
Per
tutta risposta la attirò con forza verso di se, lasciandole i polsi per
circondarle le spalle e tenerla stretta contro il proprio corpo, nonostante lei
si dibattesse con tutte le sue forze. Mosse un paio di passi all'indietro,
appoggiando la schiena alla colonna di gelido granito.
- Voglio
che mi lasci andare!!! - Esclamò, col fiato corto picchiando un pugno contro il
suo petto. - Mi hai capito...?! Maledizione!!! Io... - Continuò a colpirlo
ripetutamente, concentrando tutta la rabbia e la frustrazione in quei piccoli
pugni nervosi.
-
Sfogati... - Le mormorò, sforzandosi di trattenerla. - Picchiami anche con
tutta la tua forza, fino a che non ti sentirai meglio, a quando non ne
sentirai più il bisogno... Ma io da sola non ti lascio. -
Lei
continuò a colpirlo febbrilmente ancora per qualche momento, prima che le sue
proteste annegassero in un pianto senza freni. Le sue mani si rilassarono
contro il petto di lui, strizzando appena la stoffa leggera della sua camicia.
Nascose il viso contro la sua spalla, lasciandosi cullare dalle braccia forti.
L'unica
parola che le sfuggì dalle labbra, tra un singhiozzo e l'altro, fu il nome di
lui, esalato in poco più che un respiro con voce paurosamente spezzata.
- Sono qui, Coco. - La
rassicurò, abbracciandola più stretta. - Sono qui. -
Ok, i miei tempi di aggiornamento stanno diventando più che vergognosi
Ok, i
miei tempi di aggiornamento stanno diventando più che vergognosi. *si frusta*
Sono
passata da aggiornamenti settimanali a mensili, brutta roba. Mi auguro di
riuscire a tornare ai vecchi ritmi, ora che questo capitolo-scoglio, che mi ha
frenata per eoni, è passato. E' stato non un parto, di più!xD
Anyway,
veniamo a noi, non voglio trattenervi a lungo che poi mi scalpitate per andare
a leggere!xD Vado subito con i ringraziamenti ad personam e via:
aya: (aspetto sempre il capitolo
della tua fic!x3 Che fine hai fatto?) Beh, innanzitutto ringrazio sentitamente,
as usually e, beh, sulle intenzioni di Annabelle (che vedo avete preso tutte in
simpatia fin da subito!xD) non mi esprimo: chi leggerà, vedrà. Certo è che non
si è ripresentata così, per niente... *risata malvagia*
Stargirl312: beh,
cavoli, un talento!*O* Grazie davvero! E, non preoccuparti, lentamente ma
continuo!x3
Jeeeeee: (avrò messo tutte le
e?xD) ecco un'altra fan della mamma di Coco!xD Devo dedurre di averla resa ben
antipatica, come era nelle mie intenzioni, ottimo! Joe e Kev sono due
meraviglie della natura e non posso assolutamente biasimare la mia Coco se pena
così tanto, nel scegliere uno dei due!<3 Chissà, come andrà a finire... Ah,
sì, la storia è complicata, lo so, ma è che io adoro ingarbugliare le trame.
Comunque vedrai che, alla fine, ogni cosa andrà al suo posto...
Jollina: arigrazie. Troppi
complimenti, davvero!x3 Sulla mamma di Coco non mi ripeto più, leggi sopra!x3
Per il resto... So che Joe geloso è un po' inusuale... ma io lo amo!<3
Potterina: ecco
un'altra che esagera coi complimenti!x3 Troppi, troppi! Le tue recensioni sono
sempre esagitatissime!xD Calma, calma o non mi arrivi alla fine della fic! Non
vorrai mica rimanere con l'eterno dubbio su chi sceglierà la nostra Coco?x3
carly4e: io amo moltissimo sia
Joe che Kev con Coco, anche se so già da tempo con chi finirà la nostra
protagonista!x3 Inevitabilmente qualcuno soffrirà un po', ma il lieto fine, per
quanto forse non nel canonico senso del termine, è assicurato!x3
Maybe: fingerò di non essermi
accorta di quanto spaventosamente pro-Koco sia la tua (meravigliosa)
recensione!xD Come sempre ci vedi molto lungo e dici cose giustissime... Credo
tu sia stata una delle poche a capire da subito che la violinista era la mamma
di Coco! Complimenti per l'intuito, cara!x3 Questo capitolo è Koco solo per un
terzo, ma, ehi, ricorda che hai ancora "Guitar" e
"Immutabile" da recensire!x3
dollyvally: eh no,
la mazzata non era del genere che ti aspettavi tu!xD Niente scossoni al
triangolo, momentaneamente... Però la mamàn, come la chiami tu, qualche
conseguenza la porterà, credimi!x3
Ele: mia fedele commentatrice, non
sai quanto ti sono grata per l'assiduità con cui segui e recensisci le mie fic,
davvero!<3 Ti perdono il commento più corto del solito e mi aspetto che tu
ti rifaccia con questo capitolo! Sai quanto tengo a sapere che ne pensi...
"Lovebug" l'ho commentata e anche la tua nuova fic e lo sai, perciò
non aggiungo altro e ti lascio alla lettura!x3
Le cognate alias Tempe&Agatha: non sto
a rispondere precisamente ai vostri lunghissimi, meravigliosi commenti, ci
parliamo talmente spesso che non credo ci sia bisogno di aggiungere molto.
Semplicemente grazie per la cura che mettete nell'analizzare e recensire ogni
parola che scrivo, per il tempo che ci perdete e che perdete dietro a me...
Siete uniche e insostituibili. Grazie di esserci. Punto!<3
Ecco.
Ora vi lascio al capitolo. Un bacio a tutte, vi lovvo!<3
Un'ultima nota, anzi... Quasi dimenticavo: ho scritto ben quattro
shot AU sempre con Coco e i Jonas come protagonisti, mi farebbe piacere che le
leggeste, sono un po' come dei capitoli a parte di questa long e sarei felice
se avessero lo stesso, affezionato seguito!x3
(I titoli sono: "No
Matter What", "Fire",
"Immutabile" e
"Guitar").
E' tutto, chiudo davvero!x3 Ri-bacio a tutte!=*
- Capitolo 20° -
{ Io ti ho vista già. Eri in mezzo a tutte le tue scuse,
senza saper per cosa.
Eri in mezzo a chi ti dice "Scegli.":
o troia o sposa.
Ti ho vista vergognarti di tua madre,
[...]
sempre senza disturbare, che non si sa mai... }
Quella Che Non Sei - Ligabue
La
metropolitana correva sui lunghi binari, sussultando leggermente nell'imboccare
le curve sinuose.
Kevin
sollevò una mano a stringere il tubo di metallo rosso che correva sopra la sua
testa, mentre con l'altra accarezzava lentamente le spalle di Coco.
Nonostante,
vista l'ora, il vagone fosse quasi vuoto e ci fossero numerosi sedili liberi,
loro avevano preferito restare in piedi, in un angolo particolarmente distante
dal resto dei passeggeri. Gabrielle si strinse ulteriormente contro di lui,
scostandosi un ciuffo di capelli dalla guancia arrossata.
-
Mancano un paio di fermate... - Mormorò Kevin, cercando di decifrare la piccola
piantina coperta di graffiti. - Ci siamo quasi. - Lei annuì silenziosamente,
senza spostarsi di un millimetro.
Da
quando erano usciti dal teatro, Gabrielle non aveva quasi proferito parola. Era
rimasta ostinatamente zitta, procedendo ad occhi bassi e non aveva più voluto staccarsi
da lui.
Avevano
camminato praticamente abbracciati, quasi lei volesse sparire nella sua ombra.
Sussultò contro la sua spalla, quando il treno frenò non troppo delicatamente
sul binario e si lasciò condurre da lui, giù dal vagone e poi sulle scale che
riportavano in superficie.
- E così
hai conosciuto mia madre... - Esalò, improvvisamente, quando superarono
l'ultimo gradino. Kevin si bloccò, fissandola senza riuscire a nascondere il
suo stupore.
Coco scosse
leggermente la testa, soffocando un sorrisino amaro. Riprese a camminare,
trascinandoselo dietro lungo il marciapiede illuminato.
- Si può
dire che l'abbiamo conosciuta entrambi, in realtà... Carina, eh? - Sospirò poi,
con voce tremante, mentre due lacrime le bruciavano all'angolo degli occhi.
-
Coco... - Esitò, arrestandosi a metà strada. Nel tempo che Gabrielle impiegò
per trovare la forza di voltarsi, una leggera pioggia di fiocchi bianchi
cominciò a scendere dal cielo.
-
Scusami, Kevin. - Mormorò, strizzando le mani nelle tasche del cappotto. - Per
tutto quello che ti ha detto, solo perchè stavi con me. Per le basse
insinuazioni che... - Si interruppe bruscamente, soffocando a malapena un
singhiozzo. - Scusami. - Ripetè poi,
incapace di concludere la frase.
- Oh,
perfavore! - Sbottò lui, scrollando la testa ricciuta. - Non starai dicendo sul
serio? -
- Sì,
che dico sul serio! - Replicò Coco con veemenza. - E' stata... Le cose orrende che è riuscita a tirare fuori
hanno ferito me per prima. Posso solo immaginare cosa devi aver provato tu... -
Abbassò lo sguardo, cercando di concentrarsi sui fiocchi di neve che andavano
posandosi sull'asfalto umido.
Ne seguì
qualche attimo di insopportabile silenzio.
Sobbalzò
solo quando avvertì la sua mano sollevarle dolcemente il viso e si ritrovò
nuovamente occhi negli occhi con lui, che la fissava con aria spaventosamente
comprensiva.
- Non mi
guardare così... Ti prego... - Sussurrò, scostandolo.
- Dovrei
scusarti per come mi hai difeso, Coco? - Sorrise, trattenendole le dita tra le
sue. - Per la forza e la passione che ci hai messo? - Continuò, facendola
arrossire.
- Io...
- Abbozzò, prima che l'espressione dolce di Kevin le bloccasse nuovamente le
parole in gola.
- Mi
vuoi davvero così bene? - Scherzò, pur sapendo che in realtà stava andando a
toccare un argomento molto, molto serio.
Gabrielle
spalancò impercettibilmente gli occhi, arricciando le labbra in un pallido
sorriso.
- Sì. -
Bisbigliò, avvicinandosi. Fece scivolare velocemente le braccia sotto quelle di
lui, stringendolo prima di appoggiare la testa alla sua spalla. - Assolutamente
sì... Tu sei... - Prese un respiro profondo, rilassando le spalle tese sotto il
tocco dolce delle mani di Kevin. - Non posso sopportare che ti feriscano. -
Concluse, apparentemente incapace di cominciare e portare a termine una
singola, stessa frase, in quel discorso. - Tantomeno a causa mia, come è
successo stasera... Per questo ti chiedo scusa... -
- Grazie...
- Mormorò Kevin, posandole un bacio leggero sui capelli. - Ma le scuse non le
voglio. Caso chiuso... almeno per me. - Concluse, strappandole un sorriso
rassegnato.
- E
almeno per ora... - Aggiunse, tentando di scacciare dalla memoria la voce di Annabelle,
aspra e spigolosa mentre sillabava quel "presto" che tanto le faceva
paura.
- Tua
madre è davvero brava in quello che fa, però. - Osservò lui, mentre
riprendevano a camminare sotto la neve. - Io l'ho guardata, durante l'opera e
ti giuro, muoveva quell'archetto come se fosse vivo... - Mimò il gesto, agitando il braccio a mezz'aria.
- Oh, lo
so. - Soffiò Coco, di rimando. - Quando suona, sembra un'altra. Papà lo diceva
sempre. Ma diceva anche che è perchè tutto il suo amore, fino all'ultima goccia,
è finito lì. - Si strinse nelle spalle, rabbrividendo leggermente. - Lei ama la
musica come non ha mai amato me. E tutto, tutto
lì. - Concluse, in tono rassegnato.
- La
musica è pericolosa... - Le rispose, socchiudendo gli occhi. - ...se non sei
capace di controllarla. Devi poterle dare tanto, senza lasciare che, per
questo, lei ti annulli. Il rapporto del dare e ricevere deve essere reciproco. -
- E tu
lo sai bene, vero? - Sorrise, accostandoglisi leggermente.
- Sì,
ma, sai... Io sono molto facilitato dalla presenza dei miei fratelli. Joe e
Nick sono sempre, sempre con me. E
non essere solo mi rende forte. - Bisbigliò, alzando gli occhi al cielo scuro.
Mossero
un paio di passi in totale silenzio, avvolti solo dal suono carezzevole dei
fiocchi che mulinavano nell'aria. Poi Gabrielle si fermò per l'ennesima volta,
esitando nel cono di luce gialla di un vecchio lampione.
- Lei ha
scelto di essere sola. - Ringhiò,
stringendo le labbra. - Se ne è andata. Ha lasciato mio padre, ha rovinato la
sua stessa famiglia... - Si fermò per prendere fiato e rinsaldare il tono di
voce. - Io... Avrei potuto essere il suo appoggio, se solo l'avesse voluto! -
Sbottò poi, scrollando violentemente le braccia. - Avrei imparato ad amare la
musica quanto lei, le sarei stata vicina... Se solo non mi avesse costretto ad
averne paura. -
Sollevò
lo sguardo, soffocando un singhiozzo. C'era tanta, tanta rabbia in quegli occhi
lucidi... Quanta Kevin non pensava ne avrebbe mai vista. Una singola,
microscopica lacrima rotolò lungo la sua guancia pallida, fermandosi giusto in
tempo perchè lui potesse raccoglierla, sfiorandole la pelle con le labbra
fredde.
-
Probabilmente avrei continuato a suonare quel maledetto pianoforte. - Sospirò,
arrossendo leggermente, mentre Kevin ripeteva l'operazione pochi millimetri più
in basso, prima di allontanarsi. - Mi piaceva, ero brava... -
Lanciò
un'occhiata distratta al palazzo che avevano davanti, realizzando che erano
quasi arrivati.
Scrollò
le spalle, ricominciando ad avanzare sul marciapiede già lievemente imbiancato.
In fondo, a distanza di anni, contava ben poco...
- Non
importa più, comunque. - Concluse, fermandosi davanti al familiare portone di
legno scuro. - Ora lo odio, quel suono. -
Infilò una
sottile chiave brunita nella toppa ed entrò nell'ingresso, scrollandosi la neve
dalle spalle.
***
Rientrarono
in casa facendo, stranamente, pochissimo rumore. Mentre la porta di ingresso si
chiudeva con uno scatto leggero, una musica sommessa si diffuse nell'aria
immobile. Una nota, breve e squillante... Poi un'altra quasi uguale ed infine
un lungo accordo melodioso.
Coco si
fermò sul posto, piantando i piedi nel punto esatto in cui stava, proprio nel
momento in cui Joe le correva incontro con un inconsapevole sorriso...
-
Finalmente! - Esclamò, prendendole entrambe le mani nelle proprie, prima di
accarezzarle i palmi tesi. - Ehi, sei ghiacc... - Si bloccò, accorgendosi
improvvisamente dell'espressione contrita di Kevin e della luce terrorizzata apparsa
negli occhi di lei. - Cos'è successo? - Mormorò, squadrando il fratello.
Quello
abbozzò un cenno negativo, indicando Gabrielle con un leggero movimento del
capo. Sillabò un muto "non adesso",
mentre, dall'altra stanza, il solfeggio continuava ininterrotto.
- Ma...!
- Abbozzò Joe, prima di interrompersi nuovamente nell'avvertire le dita di lei
scivolare via. Coco lo lasciò andare di scatto, superandolo quasi di corsa.
Chinò il capo, premendosi entrambe le mani sulle orecchie mentre attraversava
il salotto e si nascondeva oltre la porta del corridoio.
Nick
alzò lo sguardo dai tasti, interrompendo il Notturno di Chopin poco dopo la
fine dell'intro. Fece giusto in tempo ad intuire il movimento di lei alle sue
spalle, prima di vederla sparire.
-
Cosa...? - Esalò, girandosi verso i fratelli che stavano arrivando in quel
momento.
Joe si
sedette sul divano scrollando le spalle, prima di puntare lo sguardo su Kevin,
in cerca di spiegazioni.
- Se
l'uomo del mistero si decide a parlare, forse possiamo sapere anche noi...! -
Sbuffò, piuttosto infastidito dall'espressione grave del maggiore che, per
tutta risposta, sospirò profondamente, passandosi una mano tra i ricci scuri.
-
Scusate, eh, ma io non ci sto capendo niente! - Esclamò Nick, chiudendo il
copritasti del pianoforte con un po' troppa enfasi e rischiando nella foga di
schiacciarsi le dita.
- Coco
ha rivisto sua madre, stasera. - Soffiò Kevin, fissando con ostentata,
fintissima convinzione il parquet di legno chiaro. E nonostante avesse parlato
a voce decisamente bassa, ottenne lo stesso effetto di un urlo sguaiato. Nel
piccolo salotto cadde il silenzio, pesante come una cortina di velluto scuro...
Joe e
Nick lo fissavano sgomenti, immobili come statue di cera.
- Sua...
- Ripetè Joe che sembrava improvvisamente incapace di articolare concetti di
senso compiuto. L'altro annuì, lanciandogli un'occhiata eloquente alla quale
lui rispose con l'ennesimo sbuffo risentito.
- Sì...
E, guarda, tu e tua suocera andrete d'accordissimo: è trattabile quanto te. -
Esclamò, strappando una risatina sommessa a Nick, che però tornò serio quasi
immediatamente.
- Non
fare lo stronzo, Kevin. - Ringhiò, puntandogli contro un dito. - Non è
divertente. -
- No che
non lo è. E' una cosa seria... - Sussurrò, memore della conversazione avuta
qualche ora prima. - Coco... -
Esitò,
cercando le parole adatte a descrivere la scena cui aveva assistito, per quanto
ce ne fossero ben poche.
- Quella
donna l'ha trattata... Le ha detto certe cose... - Balbettò, facendo
inconsapevolmente gelare il sangue nelle vene di entrambi i suoi fratelli. -
Credetemi, voi non l'avete mai vista piangere in quel modo. Non riusciva quasi
a parlare... E tremava. Tremava come una foglia. -
Le mani
di Joe si serrarono attorno alla tela leggera dei jeans che indossava,
contraendosi fino a sbiancare.
Kevin lo
fissò dritto negli occhi, mentre le sue torturavano allo stesso modo le tasche
del cappotto che non aveva ancora tolto.
- E poi,
tornando a casa, abbiamo parlato di lei. - Continuò, rivolgendo momentaneamente
la sua attenzione a Nick. - E del pianoforte... - Le sue iridi scure si
dilatarono impercettibilmente, mentre lui prendeva a fissare lo spartito come
se fosse appena diventato una cosa mostruosa.
- Aveva
detto che non lo suona più... - Mormorò, tamburellando con le dita sulla
superficie liscia.
- Perchè
odia quel suono. - Replicò il maggiore.
Nick lo
guardò in silenzio per qualche secondo, poi picchiò il palmo aperto contro il
legno scuro, facendo sussultare gli altri due. Si alzò di scatto e, senza
lasciare loro il tempo nemmeno di domandare cosa stesse facendo, schizzò
letteralmente in corridoio.
***
- Posso?
- Domandò, in un fil di voce, socchiudendo la porta della stanza di Monique.
Coco era
seduta sul bordo del letto, con il capo chino e gli occhi saldamente piantati
sul pavimento. Sussultò leggermente nell'avvertire i passi di lui scricchiolare
sul vecchio parquet e alzò lo sguardo nella sua direzione.
-
Piccolo... - Mormorò, scostandosi una ciocca di capelli dalla guancia
insolitamente pallida. Stirò le labbra in un sorriso che, però, sparì quasi
subito per lasciare spazio ad un breve sospiro teso.
Nick le
si avvicinò in silenzio e si inginocchiò sul tappeto ai suoi piedi, in un gesto
morbido.
-
Scusami... - Soffiò, poggiando le mani sulle gambe di lei e chinandosi
leggermente in avanti. Gli occhi chiari di Coco si soffermarono nei suoi,
cercando silenziosamente una spiegazione.
- Ma...
Perchè? - Chiese, sistemandogli un ricciolo sulla fronte.
- Avrei
potuto smettere di suonare, quando vi ho sentiti entrare. - Spiegò, guardandola
con aria mesta. - Invece sono un maledetto cretino e non ci ho proprio pensato.
-
- Kevin
ha parlato. - Sospirò, con lo stesso tono rassegnato con cui si constata
l'avvento di qualcosa di inevitabile. - Non doveva farlo... E' una cosa così
stupida...! - Ringhiò, mordendosi il labbro. - Non voglio che vi preoccupiate
per questo, assolutamente! -
- Dopo
quello che ho sentito? Non puoi assolutamente pretendere una cosa del genere. -
Ribattè Nick, con espressione mortalmente seria. - Io... Non posso nemmeno
pensare che ti abbiano fatta piangere, Coco. -
Lei si
lasciò sfuggire un lieve singhiozzo sorpreso, prima di tornare ad assumere il
suo broncio irritato.
- Era
proprio quello che volevo evitare. - Sbuffò, sfiorandogli la guancia con la
punta delle dita. - Quest'espressione da cane bastonato. Ti prego, Nick... -
- Dimmi
che quello che è successo non ti ha fatto nè caldo nè freddo, allora... - La
sfidò. - Giurami che già non ci pensi più, che stai bene. - Gabrielle fissò gli
occhi scuri di lui, cercando una risposta che potesse non far male a nessuno.
{Una risposta inesistente.}
Rimase in
silenzio per qualche secondo, prima di cedere e sentirsi sconfitta su tutta la
linea, in quell'assurda lotta interiore. Abbassò lo sguardo, scuotendo
impercettibilmente la testa in un pallido cenno negativo.
- No...
- Mormorò. - Proprio no. -
Nick sospirò
profondamente, lasciandosi sfuggire un sorrisino decisamente amaro, prima di
circondarle le spalle con un braccio. La attirò leggermente in avanti,
lasciando che si appoggiasse contro di lui.
Poi le
passò una mano fra i capelli, liberandoli dal bastoncino di legno che ancora li
costringeva in quello che era diventato un mezzo chignon un po' sformato. Li
lasciò ricadere morbidamente, facendoci scorrere le dita con calcolata
dolcezza.
Sorrise,
avvertendo il sospiro sollevato di lei.
- Questa
cosa ti ha uccisa, vero? - Prese a parlarle a voce bassa, senza smettere di
accarezzarle la schiena. - Si vede...-
- Io...
non... - Abbozzò lei, soffocando le parole in uno sbuffo.
- Se non
vuoi parlarne, non c'è problema... Stiamo così e basta. - Coco sorrise, stringendosi
un po' di più contro la sua spalla.
- No. E'
solo che... Sono stanca. - Sussurrò, in un fil di voce.
- Lo
so... - Le rispose lui, allontanandosi quel poco che bastava per guardarla
negli occhi. - Perciò, se vuoi, per qualunque cosa possiamo aspettare domani. -
Gabrielle
agitò lentamente il capo, sfiorandogli la spalla con i lunghi boccoli scuri.
Poi si lasciò cadere a peso morto, atterrando sul materasso con un tonfo
leggero.
- No. -
Soffiò, girandosi su un fianco e raggomitolandosi un po'. - Cioè... Sono
stanca, ma... Resti qui? - Allungò una mano verso di lui che, sorridendo, la
strinse con la propria e si sedette sul pavimento.
- Va
bene. - Rispose, appoggiandosi al letto con l'altro braccio. Strinse un po' di
più le dita sottili di lei, accarezzandole il palmo teso. - Tutto quello che
vuoi, stella. -
Lei si
lasciò scappare un sorriso, probabilmente il primo vero, da quando era uscita
dal teatro... Poi, piano piano, prese coraggio e iniziò, a bassa voce, a
raccontargli quello che era successo.
Nick la
ascoltava in silenzio, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, limitandosi ad
annuire impercettibilmente ogni tanto o a rafforzare il contatto fra di loro,
quando capiva che Coco ne aveva bisogno.
- Sai...
- Esordì lei, a un certo punto, dopo una lunga pausa. - Chopin era... è il mio
preferito. Soprattutto il "Notturno".
- Si inumidì le labbra, stringendole leggermente nell'atto di mantenere saldo
il tono di voce. - Credo sia la cosa che so suonare meglio, poi... Mio padre me
l'ha insegnato quasi subito, perchè è il primo pezzo che le ha sentito fare. Si è innamorato di lei su quelle note... -
Lui non
si stupì poi tanto di come Gabrielle cercasse in tutti i modi di evitare di
nominarla. Era decisamente plausibile che la parola "mamma" non
uscisse con tanta facilità dalle sue labbra.
- Mi
piacerebbe da morire che lo suonassimo insieme. - Le mormorò, invece. - Suonare insieme, in generale... La musica
è la cosa più bella che mi sia capitata e condividerla con te, beh, non riesco
nemmeno a immaginare quanto potrebbe essere speciale.
-
- E io
vorrei che la mia paura non fosse tanto forte da impedirmi di farlo. - Sorrise
mestamente lei. Strinse la mano di Nick, avvicinandosela al viso e gli poggiò
un bacio leggero sul dorso, prima di poggiarci la fronte.
Chiuse
gli occhi, sospirando profondamente.
- E
allora provaci... - Esclamò lui.
- Non lo
so, Piccolo, io... - Ribattè, con la voce che già le tremava.
- ...
con me. - Continuò, sistemando meglio la guancia contro il braccio con cui si
appoggiava al materasso. - Io non ti lascerò da sola. E ti giuro che sarò
pronto a smettere in qualunque momento... - Coco lo fissò per qualche attimo,
prima di scoppiare, del tutto inaspettatamente, in una breve risata
cristallina.
- Detta
così sembra che tu stia parlando di ben altro che suonare il piano, sai? -
Osservò, risvegliando un improvviso rossore sulle guance di lui.
- Ma...
Dai! - Esclamò, decisamente imbarazzato.
-
Scherzavo, scherzavo. - Soffiò poi, riprendendo fiato. - Sai che non potrei mai
andare oltre, con te... Noi siamo
noi. - Nick annuì, nascondendo nel suo sorriso la più eloquente delle risposte.
- Però, per ora, mi avvalgo della facoltà di non rispondere alla tua
richiesta... Ci penso un po', prima, ok? -
- Ehi! -
La richiamò scherzosamente. - Lo sai... Quando vuoi. - Annuì. - Io sono sempre qui. -
***
Quando,
quasi un'ora dopo, Kevin e Joe passarono parlottando davanti alla porta semichiusa
della stanza e quest'ultimo si azzardò a sbirciarvi oltre, un sottile cono di
luce gialla si intrufolò dal corridoio e oltrepassò la sua spalla, rivelando
due figure profondamente addormentate. Nick ancora accoccolato ai piedi del
letto, con il capo morbidamente abbandonato contro il braccio e la mano
teneramente stretta a quella di Coco... Tanto più piccola della sua da
scomparirci quasi dentro.
Lei era
rannicchiata sul lato del letto, così vicina al bordo, che avrebbe potuto
rischiare di cadere da un momento all'altro, al primo movimento un po'
brusco... Eppure il suo corpo era completamente rilassato, quasi sollevato
nell'atto di stare il più possibile vicina a Nick.
- Ma
guarda...! - Lo raggiunse la voce di Kevin alle sue spalle. - Dormono... Che
carini. -
- Sì.
Però lui non può mica stare lì così, tutta la notte... - Obbiettò, indicando il
fratello con un cenno del capo.
- Ma no,
si sveglierà da solo tra un po', probabilmente. - Gli rispose il maggiore,
posandogli una mano sulla spalla. - Dai, vieni via... -
Joe non
lo degnò della minima attenzione. Mosse un paio di passi, cercando di fare il
minor rumore possibile e si accostò al letto.
- Ma
guarda che sei una roba brutta...! - Lo rimbeccò Kevin, in tono esasperato. -
Non puoi essere geloso di Nick! -
- Non lo
sono, infatti! - Borbottò, mentre l'altro cominciava a svegliarsi.
-
Mmmmh... - Mugolò, stropicciandosi gli occhi lucidi di sonno. - Che succede? -
- Ti sei
addormentato sul pavimento, Mr President. - Replicò Kevin, fulminando il
fratello di mezzo con lo sguardo, mentre aiutava quello più piccolo ad alzarsi,
passandogli premurosamente un braccio attorno alle spalle.
Joe gli
rispose con una sentitissima linguaccia, mentre scioglieva la presa di Nick
sulla mano di Coco.
- Porta
a letto tuo fratello e taci, che è meglio... Vuoi? - Kevin si girò ed alzò gli
occhi al cielo, scrollando la testa con fare esasperato. - E ti ho visto lo
stesso! - Abbaiò, mentre gli altri due uscivano dalla stanza.
Fissò
ostinatamente la porta, anche quando furono definitivamente spariti oltre
l'angolo del corridoio, e torno a voltarsi verso il letto solamente quando
avverti le dita di Coco stringersi leggermente attorno alle sue.
- Ehi...
- Le sorrise, incrociando il suo sguardo smarrito. - Non svegliarti, amore,
dormi... -
- Dov'è
Nick...? - Rispose lei, con voce teneramente impastata.
- E'
andato a nanna, anche lui. - Si abbassò a posarle un bacio sulla fronte,
soffermandosi un attimo in più a sfiorarle la punta del naso con la propria. -
Continua a dormire... - Ripetè, nello stesso tono caldo e rassicurante.
Gabrielle
si stiracchiò leggermente, allungando le braccia con un sospiro appagato.
- E
tu...? Te ne vai? - Continuò, guardandolo con l'aria tenera e indifesa a cui
lui non avrebbe potuto resistere, nemmeno volendolo. Figuriamoci non avendone
la minima intenzione...
- Io? -
Replicò, in tono sornione, scuotendo la testa. - Dimentichi, forse, dove dormo di solito? - Si sedette sul bordo
del letto, mentre Gabrielle si faceva da parte con un sorriso.
-
Bene... Perchè ti voglio qui. - Gli
disse, socchiudendo gli occhi chiari.
Joe fece
scorrere lentamente le coperte sotto il corpo di lei e poi sopra, con dolcezza,
prima di infilarcisi in mezzo a sua volta. Sorrise soddisfatto quando Coco gli
si accoccolò fra le braccia, stringendolo alla ricerca di calore.
- Joe...
- Mormorò, accarezzandogli dolcemente un braccio. - Hai parlato con Kev? - Lui
annuì, attirandola contro di sè prima di poggiarle un bacio nell'incavo del
collo.
- Sì. -
Fece scivolare una mano oltre il sottile ostacolo costituito dalla camicia di
lei, sfiorandole la schiena nuda. - E non voglio che tu debba soffrire mai più
così. - Le bisbigliò all'orecchio. - Farò in modo che non succeda di nuovo. -
- Parli
come un supereroe...! - Si sforzò di sorridere, cercando disperatamente di non
lasciare che i singhiozzi le spezzassero la voce. Le sue dita sottili si
serrarono attorno alla manica della t-shirt di lui, strizzando la stoffa
chiara.
- Mi sa
che è proprio quello di cui tu hai bisogno in questo momento, amore mio. -
Replicò Joe, tuffando la mano nel groviglio dei capelli di Gabrielle.
Rabbrividì impercettibilmente nell'avvertire la sua fronte fredda contro la
guancia. - Qualcuno che ti difenda e che affronti gli ostacoli al posto tuo,
per una volta... Facendoti da scudo perchè tu non ti faccia male. - Lei
sussultò, lasciando si sfuggire un sospiro secco.
- Io mi
sento una sanguisuga, però... - Soffiò, con voce ormai irrimediabilmente
tremante. - Ad appoggiarmi completamente a voi in questo modo. Prima Kevin, poi
Nick... E adesso tu. - Una lacrima rotolò oltre le sue ciglia scure, inumidendo
la maglia di lui. - Odio non essere indipendente, odio avere costantemente bisogno
di aiuto, odio piangermi addosso... E allora perchè devo sempre essere così
debole?! - Esclamò, le spalle scosse da un violento singhiozzo.
-
Smettila. - La riprese Joe, zittendola con decisione. - Non c'è una sola virgola,
in quello che hai detto, che possa corrispondere alla realtà... Sei una delle
persone più forti che abbia mai conosciuto, Coco. Chiunque, al posto tuo,
avrebbe già dato fuori di matto da tempo. Tu
no. Tu sei andata oltre e quasi non ti rendi conto di cosa sei stata in
grado di affrontare! In questo mi ricordi da morire Nicky, sai? Perchè la tua,
come la sua, è una forza nascosta... e incredibile. Avete quel modo
meraviglioso di affrontare sempre tutto a testa alta, senza, però, farlo pesare
a nessuno... Senza il desiderio di mettervi in mostra. Lottate in silenzio.
Siete... incredibili, sì. -
- Io
continuo a non credere di essere come dici tu... Però, grazie. - Sussurrò,
poggiandogli una mano contro il petto. - Quando non fai lo scemo, tiri fuori veramente
un grande cuore, Danger... -
Joe le
fece scivolare silenziosamente le dita sotto al mento, sollevandoglielo quel
tanto che bastava per posarle un bacio sulle labbra socchiuse, prima di
risponderle.
- Sì. Ed
è tutto, tutto tuo. -
***
Il mattino
seguente, il telefono prese a squillare ad un orario decisamente improbo.
Soprattutto considerando che era domenica e che le riprese del documentario
sarebbero ricominciate soltanto il giorno dopo... Joe socchiuse gli occhi
scuri, sfregandoseli leggermente, prima di lanciare un'occhiata risentita al
display luminoso della sveglia.
Sette e mezza.
Coco si
mosse leggermente nel suo abbraccio, senza staccarsi da lui.
-Mmmmhtelefono... - Mugolò, sollevandosi su un
braccio per allungarsi oltre la sua spalla e arrivare ad afferrare il cordless.
- Lascia
perdere... Sarà Debra, quella rompipalle...!
- Replicò Joe, spingendola di nuovo sul materasso. - Richiamerà... - Sbadigliò.
- Non
puoi saperlo e se... - Tentò di obbiettare, prima di venire catturata. Il
braccio di lui si riavvolse possessivamente intorno ai suoi fianchi, mentre le
si avvicinava e si sistemava a pancia in giù, con la testa sopra la sua spalla.
Poi si allungò a poggiarle una scia di microscopici baci sul collo.
-
Fidati, se è importante, riproveranno più tardi... E noi, nel frattempo, avremo
molto di meglio da fare. - Sussurrò
malizioso, senza spostarsi di un millimetro, strappandole un sorriso.
Il
telefono, però, continuò a trillare impietosamente per i successivi due o tre
minuti.
- Joe...
- Mormorò Gabrielle, interrompendo sul nascere l'ennesimo bacio. - Ti prego...
-
- Va
bene, va bene. - Abbaiò, staccandosi
a malincuore da lei per agguantare il ricevitore e accenderlo con un gesto irritato.
- Pronto!? - Ascoltò la vocina squillante dall'altra parte del cavo, sgranando
leggermente gli occhi, prima di borbottare qualcosa ed allungarle il cordless.
- Credo
sia per te... - Abbozzò. - Parlano in francese e non capisco... Almeno credo. E'...
Deve essere una bambina. - Concluse,
scrollando le spalle.
Coco si
portò il telefono all'orecchio, decisamente confusa da quel groviglio di
parole.
- Chi è? - Domandò perplessa, prendendo a
parlare in francese. Le rispose un pianto sommesso e poi una voce a biscotto
decisamente familiare.
-
Ziaaaa... - Singhiozzò Luciàne. - C'è... La mamma... - Gabrielle sbiancò,
strizzando l'apparecchio sotto lo sguardo accigliato di Joe, che le posò
immediatamente una mano sulla spalla.
- Cherie... Amore, calmati. - Balbettò. - Dimmi per bene... Cosa è successo alla
mamma? -
- Sta
litigando con Gerry... Urlano tanto! Io... - Si fermò, tirando bruscamente su
col naso. - E' venuta una signora,
presto... Ha fatto piangere la mamma e lei gridava. E adesso lei è arrabbiata!
Ziaaaa... -
E lì si fermò, esplodendo
nuovamente in un pianto disperato.
Alloooora, in questo placido sabato mattina di festa, eccomi qua ad
aggiornare
Alloooora,
in questo placido sabato mattina di festa, eccomi qua ad aggiornare!x3
E, non
ci crederete, l'avrei anche fatto prima, se non avessi avuto di mezzo
shot, capitoli di altre fic e quant'altro...
Tutto questo
per dire che, forse e dico foooorse, il blocco
che mi ha attanagliata in questi mesi è superato e potrei tornare ad aggiornare
ad intervalli più umani (e magari
inferiori al mese!xD)!
Beh,
stavolta, prima di passare ai ringraziamenti ad personam (sempre
dovutissimi!<3) e di lasciarvi al capitolo con mega-bomba emotiva annessa...
Volevo prendermi un pochino del mio e del vostro
(perchè spero che non saltiate il tutto a piè pari!xD) tempo, per chiarire un
paio di cosette che mi stanno a cuore!x3
>>
Tanto per mettere in chiaro, si tratta delle recensioni. O, meglio, del brusco calo nel numero di queste
ultime... Ora, io non sono certo il tipo che scrive a secondo di quanti
commenti riceve, sia ben chiaro. Io scrivo, prima di tutto, per me stessa
e perchè mi piace e mi da molta soddisfazione farlo.
Quindi
non sono qui a ricattare nessuno, ecco!xD
Però non
sono nemmeno così ipocrita da dire che delle recensioni non mi interessa:
chiunque, qui, oltre che lettrice è anche autrice sa benissimo quanto
possa essere motivante e stimolante trovare dei commenti e venire a sapere che
ci sono persone che apprezzano il nostro lavoro e lo leggono con abbastanza
cura, da soffermarsi quei due minuti in più per farcelo sapere.
Solo
che, nell'ultimo periodo, constatavo con le cognate e altre ragazze che sono
utenti/autrici attive in questo fandom, che il numero di recensioni sta
calando, a dispetto delle preferizzazioni
che sono comunque tante e, soprattutto del numero di letture che è sempre, più
o meno quello (spesso pienamente al di sopra del centinaio per capitolo!*O*).
Ora, e
non parlo per me personalmente, ma per tutte le ragazze che come me, scrivono
fic, per noi sarebbe molto bello vedere quel numerino accanto al titolo del
capitolo aumentare di un po' e conoscere qualcuna in più delle nostre
lettrici/lettori. Non cose trascendentali, eh, anche poche righe, ma che ci
facciano sapere se la storia vi piace o non vi piace (si devono sempre
accettare le critiche, purchè siano costruttive), se quello che è successo nel
tal capitolo vi ha colpito o anche se, magari, sono mesi che aspettate il
nostro aggiornamento per sapere come va avanti, cose così. So che sembra scemo,
ma per noi autrici è una cosa importante.=)
Detto
ciò concludo il mio già papiresco appello, invitandovi, a fine lettura, a
cliccare sul quel bottoncino lassù/laggiù.
Volete lasciare una recensione?x3
Baciattutte. Minako <<
Detto
ciò, eccomi a ringraziare le mie fedelissime commentatrici (e a richiamare
all'appello qualche Desaparecida!xD):
Ele: per il ritardo, sei
decisamente perdonata, visto il commento che mi hai lasciato!*O* Annabelle è
odiosa, sì e non penso che questo capitolo contribuirà a migliorarne
l'immagine!xD Per i Koco, tu continua a tifare perchè non è assolutamente detto
che non possa succedere ancora qualcosa... o forse non succedere nulla?
*ridacchia* Chissà...
Maybe: dunque, giusto un paio
di cose!x3 Come potrai constatare da te, anche Joe avrà il suo incontro con la
cara Anabelle e, beh, vedrai se avevi ragione su di lui! E quelli che, ormai,
sono diventati i Noco, sì, da un certo punto di vista sono d'accordo con quel
discorso della metà della mela... Però, a volte, ciò che è perfetto non è
"giusto"... *ridacchia di nuovo* (Uh, a proposito di Noco, c'è una
nuova shot che tu devi ancora commentare!<3)
2: che cosa dirti che tu non
sappia già? I tuoi commenti-papiro li amo visceralmente, amo lo svisceramento
totale che fai dei miei personaggi, Jonas e non... E 'mo anche te che trovi
sempre il tempo di scrivermeli, anche se sei indiscutibilmente una rompiscatole
di prima categoria.*annuisce*
3: idem come sopra!<3 Se
esistesse un premio per la "Recensitrice del Cuore" tu e la 2 ve lo
sempre aggiudichereste parimerito. Non fosse altro che per le infinite
chiacchierate su msn e sui commenti chicca per chicca!<3 Sei pronta per la
risoluzione del mistero? Chissà se qualcosa di giusto ieri sera lo hai detto?
Potterina: eccola,
la mia pazza preferita!xD Le tue recensioni esagitate danno carica, devo
ammetterlo!=D L'aggiornamento è qui, quindi spero tu esca dallo stato di
trance, finalmente, anche se temo ci ripiomberai alla fine della lettura... Ma
non anticipo nulla! Ringrazio infinitamente del commento, come sempre!=*
aya: la Desaparecida part-time!x3 Se
ancora non ho avuto notizie del capitolo della tua fic, spero sia solo per gli
impegni universitari che ti attanagliavano. Perchè sappi che io PRETENDO che tu
vada avanti.xD Detto ciò, sei perdonata per il commento più breve del solito e
se già odiavi la mamma di Coco, beh... Leggi e vedrai!*risata malvagia*
millape: guarda, sapere che
nonostante non segui più i Jonas, continui a leggere la mia fic, mi ha fatto un
piacere che non ti dico!*O* Queste sono cose che, davvero, riempiono di voglia
di scrivere. Su me e Coco... Beh, lei ha indiscutibilmente delle cose di me,
non posso negarlo. Anche se non ci somigliamo fisicamente o altro!xD Però lei è
una mia creatura e, dopo tutto questo tempo a scriverci, ormai la conosco come
le mie tasche e riesco ad immedesimarmi totalmente!x3
Jeeeeee: oh, mia cara, i casini
come vedi sono appena cominciati!*risata malvagia* E per la scelta di Coco c'è
tempo, c'è tempo. Per ora solo io e lei sappiamo chi sarà il *fortunato*!=3
carly4e: oh, beh, fare la
scrittrice addirittura! Grasshie!^///^ *arrossisce* E Nick, il *mio* Nick io lo
adoro e così il suo rapporto meraviglioso con Gabrielle, tanto che in questi
giorni è protagonista fisso delle mie idee per shot!xD
ellievampire: una new
entry!*O* *adora new entries* Ben arrivata. (Sì, anche se è finito tra quelli
del prologo, ho trovato il tuo commentino!x3) Ti ringrazio del complimento e
spero continuerai a seguirmi d'ora in poi! Poi, grazie a te, ho raggiunto il
tetto delle 40 preferizzazioni, quindi ti sono estremamente grata, sappilo!=*
Puff,
finito!xD Rubo solo un altro secondo per appellare le mie commentatrici
scomparse: Jollina, Stargirl312, Razu_91, dollyvally,
Sweet_S, Rachelle, che fine avete fatto? Io vi aspetto sempre
qui, che tengo ai commenti di tutte, eh!^O^
- Capitolo 21° -
{ Cucciolo, dimmi cos'hai...
Perché, se piangi, sto peggio di te
e i tuoi problemi... Lo sai, sono i miei.
Perché, se piangi, vuol dire che forse, non piangi per me.}
Cuccioli - Marco Masini
Coco agguantò
il cappotto rosso, strattonandolo con tanta foga che rischiò quasi di far
crollare l'intero attaccapanni. Non erano passati nemmeno dieci minuti, da che
aveva riattaccato il telefono e già sentiva le spalle tremarle
impercettibilmente, da tanto era in ansia per Monique.
A quel
punto era più che evidente che Annabelle voleva qualcosa di preciso. E che,
presumibilmente avrebbetentato di tutto
per ottenerlo...
Ma usare
Monique per arrivare a lei era qualcosa che non avrebbe mai, mai dovuto fare.
Infilò
un braccio tremante nella manica, lasciandosela sfuggire per ben due volte, a
causa dei movimenti resi febbrili dal nervosismo e soffocò un'imprecazione
quando la borsa che stringeva in mano scivolò via dalle sue dita, riversando il
proprio contenuto sul pavimento.
-
Dio...! - Soffiò, chinandosi frettolosamente a raccogliere tutto.
Sobbalzò,
quando sentì due braccia cingerle delicatamente le spalle.
-
Calmati... - Sussurrò Joe, stringendola un po' più contro di sè per cercare di
placare il violento tremolio che aveva preso a scuoterla. Lei lo fissò senza
parlare, cercando inutilmente di soffocare il nodo che si sentiva in gola,
prima di lasciarsi andare con uno sbuffo rabbioso.
- Come
diavolo faccio a calmarmi?!? - Singhiozzò, sedendosi a terra mentre lanciava un
pacchetto di fazzoletti davanti a sè, in un gesto stizzito. Si asciugò le
lacrime, passandosi il dorso della mano sulle guancie pallide.
- Per
esempio, convincendoti a farmi venire con te. - Continuò, posandole un bacio
leggero sulla tempia.
- Joe,
ti ho già detto che... - Tentò di opporsi, ma venne bloccata dalle dita calde
di lui, che si posarono sulla sua bocca dischiusa.
- Ti
prego, Coco... - Sospirò. - Io non ce la faccio a starmene qui ad aspettare,
sapendoti in questo stato.L'ansia che
mi sento addosso in questo momento è almeno cento volte quella che hai tu. -
-
Joe...! - Scostò la sua mano, prima di inumidirsi le labbra con fare
infastidito.
- Io non
ti lascio andare. - Obbiettò, stringendo la presa sul suo corpo minuto. Tanto
che la schiena di lei si appoggiò completamente contro il suo petto.
- No! -
Gabrielle
se lo scrollò bruscamente di dosso, alzandosi con un movimento fin troppo
deciso.
Senza aggiungere
altro nè rivolgergli lo sguardo, raccolse la borsa e, dopo averci ficcato
dentro alla rinfusa quello che riuscì a recuperare, schizzò fuori dalla porta,
lasciandolo lì, seduto sul pavimento gelido del salotto.
Schizzò
nella cabina dell'ascensore, pigiando il tasto del piano terra senza nemmeno
guardare e si appoggiò alla parete, sospirando profondamente. Se c'era una cosa
di cui non aveva la minima intenzione, questa era sicuramente prendersela con
lui...
Picchiò
un pugno contro la superficie lucida, rivolgendosi mentalmente una lunga sfilza
di insulti.
Rendendosi
conto, poi, al contatto tra la pelle tesa del braccio e il metallo freddo della
parete, che era uscita tanto in fretta da scordare il cappotto...
probabilmente, a quell'ora, ancora stropicciato sul pavimento.
Stupida.
Stupida
perchè, in lontananza, si avvertivano già i primi tuoni minacciosi: avrebbe
piovuto quasi sicuramente.
Stupida,
ancora, perchè aveva finito per scaricare i nervi sull'unica persona che non
avrebbe voluto allontanare. Mai. Joe
si era arrabbiato sicuramente... E ne aveva tutte - e più di tutte - le
ragioni.
Si
accomodò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, fermandola con le dita
tremanti.
Era
tutta colpa dell'ansia paurosa che quella maledetta telefonata aveva scatenato
dentro di lei.
Sapeva
benissimo che sarebbe successo qualcosa, e che sarebbe successo da un momento
all'altro. Perciò le lacrime di Lulù erano esplose nella sua testa come gocce
di benzina sul fuoco.
E lei
aveva bruciato tutto quello che aveva intorno, in un certo senso. Si era
staccata da Joe come se scottasse.
Altro
pugno al muro, giusto perchè, anche per come si odiava in quel momento, non
aveva abbastanza forza per colpire sè stessa.
Joe,
Joe, Joe. Joe.
Il
pensiero di lui e dell'espressione con cui l'aveva lasciato le martellava senza
sosta nella mente.
L'improvvisa,
ingombrante presenza di Ananbelle nella sua vita già cominciava a logorarla.
Prima Kevin, poi Monmon. Se, adesso, a causa sua, avesse rischiato anche di
perdere Joe... Non osava nemmeno pensarci.
Scoraggiata,
sollevò lentamente lo sguardo sulla sua immagine riflessa nello specchio,
proprio nel momento in cui l'ascensore si fermava con un sobbalzo e le porte si
aprivano sull'atrio del palazzo...
Sussultò
piano quando, lentamente, alle sue spalle apparve una figura familiare.
Incrociò i suoi occhi scuri attraverso il vetro freddo, osservando, con un
piccolo nodo in gola, il cappotto rosso stretto fra le mani e un sorriso
dolcissimo allargarsi sulle labbra di lui. Non riusciva nemmeno a pensare a
quanto velocemente avesse dovuto correre giù dalle scale... per essere lì prima
di lei.
Si
guardarono per qualche interminabile secondo, senza che nessuno dei due
proferisse parola.
E
stranamente per i suoi standard, Joe aspettò che fosse Gabrielle a fare il
primo passo, limitandosi ad aprire le braccia per accoglierla, quando la vide
girarsi di scatto per corrergli incontro.
- Scusami... - Mormorò, stringendosi
contro lui e lasciandosi avvolgere dalle sue braccia.
- Non è
colpa tua. Sono io che vivo del tuo
sorriso e, se e tu stai male... Se sei triste, Coco, non c'è modo che per me
possa essere diversamente. - Le sussurrò Joe di rimando, scostandole
delicatamente i capelli dalla spalla per accarezzarle la pelle tiepida.
- Non
c'è bisogno di esagerare... Mi avevi già quasi convinta prima, a farti venire
con me...! - Si sforzò di scherzare, sebbene il peso che si sentiva sul cuore
si fosse alleviato di troppo poco.
Lui si
chinò a posarle un bacio sulle labbra socchiuse, cancellando la traccia di quel
finto entusiasmo.
- Non
importi di sorridere. - Soffiò, senza allontanarsi. - Nemmeno se lo fai per me.
So benissimo che, in questo momento, non hai la forza per farlo e va benissimo
così. -
- Joe...
- Soffiò, bloccandosi quando avvertì le sue mani posarle il cappotto sulle
spalle tremanti.
- Shh...
- Continuò, rubandole un altro, microscopico bacio. - Ho detto che va bene così. Prima sistemiamo tutto quello che
non va... Te l'ho promesso, farò in modo che tu non debba più vivere
un'esperienza come quella di ieri sera. -
{Solo se sapessi fare un miracolo... Allora
potrei crederci.}
Riflettè
Gabrielle, sospirando mentre si infilava le maniche e le sue mani si
insinuavano sotto quelle di lui per aiutarlo ad allacciare i grossi bottoni di
legno colorato. Quando ebbe finito i suoi occhi chiari si incastrarono per una
frazione di secondo in quelli di Joe.
-
Andiamo? - Le domandò piano, indicandole il portone aperto da cui entrava un
flebile soffio di aria fredda.
Coco
annuì rapidamente e lo prese a braccetto, stringendoglisi appena contro e
riuscendo a formulare, a mezza voce, un unico pensiero quando furono fianco a
fianco sull'asfalto grigio del marciapiede.
- Stai
con me, Joe...Ti prego. Stai con me.
-
***
L'appartamento
di Gerry non era troppo lontano da quello dove stavano Gabrielle e Monique.
Mentre
percorrevano le piccole viuzze a quell'ora deserte, un pallido raggio di sole
si infilò a sorpresa tra un paio di grossi nuvoloni grigi, offrendo a Joe la
possibilità di nascondersi dietro i suoi amati occhiali da sole bianchi, senza
esser e preso per un pazzo o un maniaco. Se li sistemò sul naso, senza riuscire
a trattenere un profondo sospiro di sollievo.
- Ti
agita andare in giro senza, eh? - Gli chiese Coco, un po' a sorpresa. Inclinò
impercettibilmente il capo, per riuscire a guardarlo in viso.
- Più
che altro, ho paura che mi riconoscano... Perchè, se mi riconoscono, mi
assalgono. E, se mi assalgono, non ci vorrà più di una decina di minuti perchè
scatti una macchina fotografica. E se scatta... Beh, lo sai cosa può fare una
foto di troppo. - Concluse, alzando
le spalle.
- Ah
già...! - Esalò lei, staccandosi improvvisamente dal suo braccio. -Scusa. -
Con un
sorriso sornione, che non credeva sarebbe stato capace di tirare fuori in una
situazione del genere, Joe la agguantò per un polso, prima che potesse
allontanarsi troppo e la strinse nuovamente a sè, posandole un bacio sui
capelli.
Poi
parve ripensarci e scese come un fulmine alle labbra pallide, regalandole un
secondo bacio... Decisamente più intenso. Sicuramente più lungo. Totalmente
incurante del fatto che si trovavano per strada.
- Non ci
provare mai più...! - Soffiò contro la bocca di lei. - Non allontanarti mai così, da me. Capito? -
- Ricordi
quello che hai... abbiamo promesso a Debra? - Ribattè Gabrielle, scostandosi in
un vano tentativo di riprendere fiato.
Un
soffio di gelido vento invernale le agitò i capelli, facendo sì che si
attorcigliassero attorno al collo niveo mentre lui si avvicinava nuovamente.
- Joe,
dai... - Lo rimbrottò, lasciandosi sfuggire un microscopico sospiro.
-
D'accordo, d'accordo. - Acconsentì, lasciandola andare. - Ma tu vieni qui. - Aggiunse,
indicandosi il braccio a cui lei si riaggrappò, qualche secondo dopo.
- Va
bene cosi? - Si accoccolò meglio contro di lui, tanto vicina che quasi
rischiava di inciampare nei suoi piedi ad ogni passo che muoveva.
- Perfetto. -
Da quel
momento in poi, camminarono praticamente in silenzio. Più si avvicinavano alla
meta, più Coco sembrava chiudersi in sè stessa... Si passava continuamente le
dita fra le ciocche spettinate dalle raffiche, tentando inutilmente di tenerle
in ordine e sbuffando ogni volta che quelle tornavano ad arricciarsi davanti ai
suoi occhi chiari.
Quando
svoltarono nella via giusta, riprese a tremare impercettibilmente, proprio come
le era successo poco prima di uscire di casa. Joe la costrinse a sciogliere
momentaneamente la presa sul suo braccio, prima di passarglielo intorno alle
spalle.
- Calma. Io sono qui per te, lo sai. - Le
sussurrò all'orecchio, soffermandosi per un momento in più con le labbra contro
la sua pelle liscia.
Lei
chiuse gli occhi di scatto, per riaprirli lentamente qualche secondo dopo.
Annui lentamente, tornando a torturarsi le labbra.
- Il
problema... - Esalò, osservando l'atro lato della strada con ansia crescente. -
E' che credo che lo sia anche lei. -
Indicò
con un rapido gesto del capo il portoncino di legno verde che avevano davanti,
semiaperto, e dal quale era appena uscita una figura familiare.
Joe
osservò la donna stringersi nel lungo trench beige e accomodarsi una ciocca
scura dietro l'orecchio, prima di alzare lo sguardo con un gesto secco del capo.
Avvertì il respiro di Gabrielle farsi improvvisamente irregolare e vide le sue
mani stringersi fino ad impallidire, mentre quella avanzava vero di loro.
- Lei
è... - Bisbigliò, incapace perfino di terminare la frase.
- Sì. -
Sentenziò Coco, prendendo un respiro profondo nel tentativo di mantenere saldo
il tono di voce. - Lei. -
La
prima, primissima cosa che lo colpì, quando Annabelle fu abbastanza vicina da
poterla vedere chiaramente in volto, fu che la sua bocca aveva la stessa,
identica forma di quella di Gabrielle.
Pur
sotto uno strato di lucido rossetto color albicocca, la forma sottile e
leggermente arcuata delle labbra era perfettamente riconoscibile. E il naso. Il
naso da bambola di porcellana che tanto gli piaceva sul viso della sua Coco, quasi
stonava, sotto quegli occhi nocciola cupo... Così come i lunghi capelli
boccolosi, sapientemente acconciati in una morbida crocchia.
Era come
vedere l'immagine terribilmente distorta di qualcosa che conosceva troppo, troppo bene.
- Gabrielle. -
Il corso
dei suoi pensieri fu bruscamente interrotto dalla sfumatura incolore con cui la
donna pronunciò il nome della figlia. Il suo sguardo vuoto lo lasciò
completamente basito.
Se
pensava al tono di voce caldo e morbido di Denise, quando li chiamava a raccolta...
Anche solo per una delle sue leggendarie sgridate: era arrabbiata, ma aveva
comunque negli occhi tanto amore, da
impedire loro di dubitare che potesse non amarli, per il resto della loro vita.
Essere
cresciuti da una donna così, implicava il rifiuto totale dell'idea che una
madre potesse non considerare i propri figli come la cosa più preziosa.
Per
tutto questo e anche qualcosa d'altro che non sapeva spiegarsi bene, Annabelle
gli faceva paura. Seriamente.
- Cosa ci fai qui? - Sibilò Coco, in francese,
socchiudendo gli occhi chiari in maniera molto poco promettente.
- Ho
portato una cosa a tua sorella. - Rispose quella, piuttosto evasiva. - Ma, ti
prego, parliamo in inglese... Tanto scommetto che è americano anche lui. -
Bisbigliò, con malcelato fastidio. Si sistemò meglio il foulard di seta intorno
al collo, arricciando il naso in maniera del tutto identica a come faceva
sempre la figlia.
-
Vogliamo escludere il tuo amico in questo modo? Non è carino, credi? - Civettò,
poi, lanciando a Joe un'occhiata fuggevole, mentre Coco gli si stringeva
contro.
- Quello
che ti ho detto ieri su Kevin... Vale anche per lui. - Soffiò, puntandole
contro un dito.
- Certo,
certo. - Continuò Annabelle, senza
togliersi quello strano sorrisino dalle labbra.
Joe
sentì immediatamente un brivido di inquietudine corrergli lungo la schiena.
- E lui è...? - Gli occhi freddi di lei
presero a scrutarlo con attenzione, fissandolo come se volessero trapassarlo.
Avvertì il leggero movimento di Gabrielle, ma la anticipò prima che potesse
fare o dire qualunque cosa.
- Il suo
fidanzato. - Ringhiò, stringendosela al petto con fare possessivo.
-
Joe...! - Esclamò Coco, a mezza voce, cercando inutilmente di sovrastare il
soffio di vento che li investì. Senza ascoltarla,si sfilò gli occhiali da sole, continuando a
fissare con assoluta determinazione la donna che gli stava davanti.
- Un
fidanzato innamorato, possessivo, geloso... Protettivo.
- Aggiunse, calcando particolarmente il tono su quell'ultima parola.
- Molto ammirevole.
- Sbuffò Annabelle, picchiettandosi un dito sulla guancia. - Quindi immagino
che non accetterai di buon grado la richiesta di lasciarmi sola con mia
figlia... - Decretò.
- Non se
ne parla nemmeno! - Rafforzò la presa sui fianchi di Gabrielle, sussultando
quando senti le piccole mani fredde di lei scostare le sue. Abbassò lo sguardo,
incrociando i suoi occhi lucidi di lacrime.
- Joe,
per favore... - Lo implorò. - Non... Non c'è bisogno. -
- Mi
sembra di avertelo già detto, Coco, io non ti lascio. - Ribattè, ostinato.
Si
guardarono negli occhi per qualche secondo, mentre Joe scuoteva piano la testa
in un inconfondibile cenno negativo. Sconfitta, prese un breve respiro, prima
di voltarsi e tornare a fronteggiare la madre.
- Lui
rimane. - Soffiò, stringendosi nelle braccia e rimanendo a capo chino.
- Bene,
come vi pare. Se voleste seguirmi, ora... - Abbozzò, indicando un piccolo
bistrot in fondo alla strada, affacciato sull'angolo con una via più
trafficata. - E' un discorso lungo e io non ho la minima voglia di stare qui a
congelare! -
Detto
ciò, si avviò con passo svelto, lasciando ticchettare gli stiletti sul
lastricato di pietra.
Prima di
lasciare che la seguisse, Joe esitò per un attimo, scendendo a sollevare il
mento di Gabrielle con le dita e costringendola a guardarlo di nuovo. Osservò
la sua espressione atterrita e le ciglia già umide, prima di chiudere gli occhi
di scatto, abbassandosi leggermente a posare la fronte contro quella di lei.
{Sarò forte anche per te, lo giuro... Parola
di Danger.}
***
- Un cafè au lait, mercì. - Esclamò
Annabelle, senza nemmeno guardare in faccia il giovane cameriere.
Chiuse
il menù con uno scatto, mentre Coco aggiungeva all'ordinazione una lattina di
coca-cola per Joe e un the per sè.
- Adoro quando
parli in francese... Mi fa impazzire. - Le sussurrò lui all'orecchio,
strappandole un piccolo sorriso.
La donna
trattenne a stento un mormorio di disapprovazione, quando Joe allacciò le
braccia attorno ai fianchi della figlia, con fare protettivo.
Aveva
sempre trovato più che falsi i gesti di quel genere. Spesso volti a mantenere
un mero stato di apparenza e non di
sostanza. Peccato che conoscesse molto, molto
poco sia lui che Gabrielle e non avesse la minima idea di ciò che si
nascondeva in quelle mani intrecciate.
Se
avesse smesso di misurare le vite degli altri solo con il suo metro, forse,
avrebbe avuto meno brutte sorprese.
Aspettarono
in silenzio che il ragazzino brufoloso di poco prima terminasse il giro dei
tavoli e tornasse con le loro ordinazioni.
Annabelle
con il capo leggeremente inclinato e una mano a sorreggerselo delicatamente, lo
sguardo perso sulle macchine che sfrecciavano veloci al di là del vetro, Joe e
Coco occhi negli occhi, come estraniati dal mondo, mentre lui le trasmetteva
silenziosamente tutto il sostegno e l'amore di cui era capace.
Vennero
simultaneamente riportati alla realtà, poco dopo, dal tintinnio musicale della
ceramica contro il piano di marmo.
Gabrielle
afferrò la sua tazza con le mani tremanti e cominciò a mescolare metodicamente
il liquido ambrato, mentre la madre, di fronte a lei, faceva lo stesso.
- Bene.
- Cominciò quella, improvvisamente, schiarendosi la gola. - Non mi è mai
piaciuto fare inutili giri di parole, perciò ti dirò chiaro e tondo quali sono
le mie intenzioni: voglio che tu venga con me. -
Lo
schianto del cucchiaino che crollava a terra, rotolando sul pavimento di cotto,
risuonò nell'aria immobile cento volte amplificato.
- COSA!?
- Fu la voce aspra e livida di Joe a risuonare al posto di quella sottile di
Coco.
- Non
stavo parlando con te...! - Sibilò la donna, con una vena di vera cattiveria
negli occhi scuri.
- SI',
INVECE! - Proseguì imperterrito, alzando il tono di un'altra ottava. - Perchè è
un pezzo del mio cuore, quello che lei sta chiedendo per sè. -
- Ma
senti che poeta! - Lo schernì, con aria sprezzante. - Peccato che qui non
stiamo giocando, quindi smettila, ragazzino.
-
- Joe...
- Mormorò Gabrielle, a volume inudibile, posandogli una mano sul braccio. Lui continò
a fissare Annabelle in cagnesco, sbattendo un pugno seccato sull'incolpevole
tavolino.
Le
tazzine sobbalzarono per il contraccolpo, spruzzando qualche goccia del loro
contenuto tutto intorno.
- Io
non.. -
- JOE. -
Lo richiamò Coco con un po' più di veemenza, riuscendo, questa volta, ad
attirare la sua attenzione. - Ti prego... - Aggiunse, in un soffio, quando i
loro occhi si incontrarono.
Lui
sembrò calmarsi un minimo e per un momento riagguantò la sua bibita, bevendone
un lungo sorso rabbioso.
-
Perfetto. - Sentenziò Annabelle, tornando a concentrarsi sulla figlia. - Vedo
che almeno qualcuno, qui, ha mantenuto il giusto senso del limite. Dicevo...
Fra una settimana partirò per le prossime tappe della tourneè e voglio che tu
venga con me e ti dimentichi Parigi e tutto quello che c'è qui, Gabrielle. -
- Per
quale... - Si fermò lei, soffocando una risatina più che amara. - Per quale maledettissimo motivo io dovrei
accettare una cosa del genere? Eh!? SPIEGAMELO! - Esplose.
La madre
rimase impassibile, limitandosi a scrollare una bustina di zucchero.
- Perchè
lo farai, moncherìe. Lo farai. -
- No. -
Lapidaria. Strizzò il bordo del tavolo, sentendo Joe rilassarsi leggermente, al
suo fianco.
- E
invece sì. Non hai alternative... - Soffiò, querula. - O, meglio, una ce l'hai.
Però... Non so. -
- Cosa
non sai...? - Esalò Coco, in un fil di voce.
- Se sei
disposta ad un compromesso del genere.
- Finse un colpo di tosse, mentre prendeva a lisciare le pieghe del foulard che
aveva poggiato sulle proprie gambe. - Se tu rifiuti, mi vedrò costretta a
portare Luciane al tuo posto. -
Per
Gabrielle fu come se le avessero tirato un pugno violento dritto nello
stomaco... Ripensò alla telefonata di qualche ora prima, alla voce disperata della
nipotina ed alla brutta, bruttissima
sensazione che l'aveva assalita, quando aveva sentito di Monique tanto alterata
da arrivare ad urlare in quel modo, senza preoccuparsi della bambina.
E,
magicamente, tutti i pezzi andarono al loro posto.
- Non puoi...!
- Abbozzò.
-
Tecnicamente sì. Lulù è minorenne per cui, al contrario di te, non può decidere
per sè. -
- Ma sua
madre sì. E Monique non te la lascerà mai! - Scostò bruscamente la tazza di te,
ancora intoccata.
-
Monique non ha voce in capitolo, credimi. E ancora meno ne avrà, quando
presenterò al giudice... questo. -
Detto ciò, tirò fuori dalla borsetta grigia una busta di plastica trasparente.
Coco
allungò la mano per prenderla e quella di Joe si sovrappose subito alla sua, stringendola
appena e sollevando il foglio per poterlo leggere.
Scorse
velocemente le prime righe, saltando tutta l'intestazione e non curandosi
nemmeno troppo del minaccioso elenco di nomi, di avvocati e assistenti sociali.
Arrivò alla parte centrale del documento, dove la richiesta di affidamento di
Luciane Lemoin da parte di Annabelle prendeva forma...
Sentì
Gabrielle singhiozzare silenziosamente e gli costò un immenso sforzo di
volontà, il limitarsi ad accarezzarle la schiena, abbracciandola stretta, e
soffocare l'impulso di lanciare quella cartellina dritta in faccia alla madre
di lei.
- Tua
sorella non è sposata, ha un lavoro che tutto si può definire meno che stabile
e sicuro e vive in casa di un uomo che ha quasi il doppio della sua età,
facendosi mantenere quasi in tutto e per tutto da lui. - Sorrise, bevendo un
altro po' del suo caffellatte. - Io non ho dovuto fare niente... Mi basterebbe
consegnare quel foglio e, nel giro di una settimana, avrei il permesso in carta
bollata di portare la bambina via con me. -
Coco
sollevò lentamente lo sguardo, fissando gli occhi chiari in quelli dell'altra
donna. Tanto carichi di rabbia che l'azzurro, da limpido, sembrava essersi
fatto cupo, spento. Quasi grigio.
- Va
bene. - Esordì, restituendole la busta. - Se... Se ti piace ottenere le cose in
questo modo, va bene. Verrò con te. -
Joe
sentì il cuore mancare ben più di un battito e il respiro morirgli a metà
strada tra il petto e la gola, mentre sulle labbra di Annabelle andava
allargandosi un sorriso vittorioso.
- No...
Coco... Non puoi! - Balbettò, troppo sconvolto per pensare ad una frase più
sensata. - NO! -
- Ma
dimmi, almeno, perchè. - Continuò,
rivolgendosi alla madre e cercando di ignorare l'ostinazione disperata con cui
le braccia di lui si erano strette intorno al suo corpo.
- Perchè
sei mia figlia. - Rispose, con surreale naturalezza. - Perchè, per quanto
abbiano cercato di convincerti del contrario, tu mi somigli, Gabrielle. Non
solo perchè sembri me quando avevo vent'anni: tu sei come me... E ho l'intenzione di vederti seguire i miei passi e
continuare quello che io ho cominciato. - Esclamò, lasciando per la prima volta
che gli occhi le si illuminassero, trasmettendo un minimo di emozione. - Ti
farò ricominciare a suonare e presumibilmente, un giorno prenderai il mio
posto... Perchè è questo ciò che voglio per te. - Sentenziò.
- Tutto
qui? - Ribattè Gabrielle, in tono incolore. - E' solo questo? -
- Sì. E'
solo questo. - Riprese, piccata. Poi
si alzò, senza aggiungere altro.
Frugò
nelle tasche del trench alla ricerca di qualche spicciolo e, dopo averli
trovati, li appoggiò con noncuranza sul tavolino.
- La
partenza è già fissata, domenica mattina da Charles de Gaulle. ti farò avere
il biglietto e le altre indicazioni nei prossimi giorni. Fatti trovare pronta.
- Con queste parole le voltò le spalle e in un attimo, fu fuori dal locale.
-
Vigliacca...! - Ringhiò Joe, osservando la figura sottile sparire in mezzo al
fiume di passanti.
Gabrielle
non reagì. Rimase in spettrale silenzio, senza muovere un muscolo fino a
quando, una manciata di secondi dopo, qualcosa scattò dentro di lei. Un
singhiozzo sfuggì alle labbra serrate, mentre le lacrime, trattenute fin troppo
a lungo, prendevano a rigare le guance arrossate.
Si mosse
così velocemente, che lui quasi non si accorse di quello che stava succedendo.
Con un
mugolio sommesso, spinse via la tazza in un gesto stizzito e quella piombò a
terra in un assordante rumore di ceramiche infrante, mentre lei nascondeva il
viso fra le braccia abbandonate sulla tovaglia macchiata e scoppiava in un
pianto sconsolatamente liberatorio.
Incurante
degli sguardi incuriositi degli altri clienti e del cameriere, Joe le circondò
le spalle tremanti, accucciandosi quasi sopra di lei, tenendola stretta e sussurrando
piano il suo nome, per un tempo che gli parve infinito.
{ Tell me I was dreaming,
that you didn't leave me here to cry.
[...]
And it was just my imagination telling lies...
Tell me that you didn't say "Goodbye". }
So che mi davate per dispersa, ma, contro ogni possibile previsione,
sono ancora qui!x3 E continuo con Coco e i Jonas.
Questa fic la porterò fino alla fine, potete starne
sicure!=3
Non ho il tempo necessario per fare i ringraziamenti ad personam, questa volta, dato che la tesi di laurea sull'altra Coco, la Mademoiselle,
mi incalza.
Mi dispiace moltissimo, ma almeno posso farvi avere il capitolo più in
fretta!=)
Spendo solo un paio di secondi per ringraziare chi, dopo il mio appello
è tornata a commentare, sappiate che mi ha fatto un piacere immenso. Bentornate
a tutte e benvenute alle nuove arrivate!x3
La prossima volta prometto che tornerò a rispondervi una per una.
Un ultimo appello, prima di lasciarvi alla lettura, per una delle mie
commentatrici più fedeli che all'ultimo capitolo non si è fatta vedere e che so
essere impegnatissima con gli esami! Ele, sai che
"Gabrielle" è sempre qui che aspetta i tuoi commenti, perché ci tengo
moltissimo. In bocca al lupo per tutto e fatti sentire presto!<3
Bene, ho finito, vi lascio al capitolo. Baciattutte, vi lovvo immensamente, lo sapete.<3
- Capitolo 22° -
{ Non te ne andare,
prima che faccia male.
Non te ne andare...
senza la mia vita. }
Attimo -
Gianna Nannini
- Non puoi farlo, Coco! NON PUOI! - La voce paurosamente alterata
di Joe oltrepassò l'uscio ancora praticamente chiuso, diffondendosi
nell'appartamento silenzioso, inesorabile come una macchia d'olio.
Gabrielle si sforzò di non ascoltarlo, superando la soglia a
passo deciso e lasciando sbattere la porta alle sue spalle con totale noncuranza.
- COCO!!! - Continuò ad urlare, imperterrito, tenendole
dietro mentre attraversava il salotto e si infilava in corridoio. - Ti prego,
ascoltami! -
Stringendo i pugni fino a graffiarsi, lei si fece forza, di
nuovo, per soffocare l'impulso di voltarsi e guardarlo negli occhi. Avrebbe ceduto, lo sapeva. Avrebbe ceduto nel
momento esatto in cui si fosse soffermata ad osservarle, quelle due pozze color
caramello.
Raggiunse la camera di Monique e, lanciando in malomodo il
cappotto su una sedia, prese a frugare nell'armadio, come presa da un impulso
febbrile.
- Cosa stai facendo?! - Abbaiò Joe, mentre un'ondata di puro
panico lo investiva, alla vista del borsone nero che lei aveva appena estratto
e appoggiato malamente sul letto. - No, no. NO! - Esclamò, tuffandosi in avanti
per bloccarla.
Le arrivò alle spalle, circondando il suo corpo minuto con
entrambe le braccia, prima di sfilarle dalle mani le magliette che aveva
afferrato. Lasciò che cadessero sul pavimento, incurante di dove sarebbero
andate a finire.
- No...! - Ripeté, con voce quasi strozzata.
Coco si morse il labbro, soffocando un singhiozzo, prima di
allontanarsi da lui con slancio.
- Che cosa credi stia facendo, eh Joe? COSA?!? - Sbottò,
raccogliendo le t-shirt e scaraventandole nella valigia. - L'unica cosa...
possibile. -
- Non puoi... - Abbozzò, tentando di riavvicinarsi, per
quanto lei non fosse intenzionata a lasciarglielo fare.
- Non posso... - Ripeté lei, in un fil di voce. - E cosa posso, invece?
Lasciare che portino via a Monique la sua bambina...? - Soffiò. - Non ha ancora
compiuto sei anni, Joe. Come diavolo
pensi che possa essere capace di... - Si voltò di scatto, senza nemmeno
riuscire a finire di formulare la frase.
Joe, per -probabilmente- la prima volta in vita sua, si senti
completamente, spaventosamente, inevitabilmente impotente. Abbassò lo sguardo, fissandosi la punta delle scarpe con
tale rabbiosa ostinazione che avrebbe potuto tranquillamente iniziare a vederci
attraverso, in breve tempo.
Rimase in silenzio per qualche lunghissimo attimo, mentre Gabrielle
riprendeva a riempire la borsa con meccanica precisione, un abito dopo
l'altro... Per quanto, gli occhi velati di lacrime le impedissero quasi di
distinguere cosa stava maneggiando.
- Io non ci so stare, lontano da te. Non... Non ne sono capace. - Esordì improvvisamente,
tornando a guardarla.
Gabrielle si bloccò, con in mano un vecchio paio di Jeans e si voltò
lentamente, stringendoseli al petto.
- Scusa...? - Balbettò, inumidendosi le labbra.
- Non so nemmeno immaginarmi... senza di te, Gabrielle. Ci ho provato,
ora. Qui. - Allargò le braccia, indicando dei punti non meglio definiti,
attorno a sé. - E tutto quello che sono riuscito a vedere é stato... niente. Assolutamente niente. - Mormorò,
sconfitto.
- Joe... - Soffiò lei, reprimendo a stento l'impulso di stringerlo più
forte che poteva. - Non dire assurdità...! - Continuò, invece.
- Assurdità...? - Ripeté,
quasi senza fiato. - Coco... non capisci cosa vuol dire, per me, lasciarti andare?
Non sarebbe vita... ! - Gabrielle lasciò i pantaloni per metà fuori dalla
valigia e gli si avvicinò, mentre un brivido le correva lungo la schiena.
- Non dirlo nemmeno per scherzo...! - Sibilò, picchiettandogli un dito
tremante contro il petto.
- Lo dico e lo ripeto invece, perché é così: non sarebbe... non é vita, cavolo! - Replicò Joe, caparbio.
- SMETTILA! -
- NO. - Esplose, afferrandole il polso e tirandola appena in avanti. - Se
tu te ne vai, io... smetto di fare qualunque cosa. Il documentario, le
interviste... persino di cantare...! Bast- -
Il movimento di Coco fu talmente rapido e improvviso, che nemmeno ebbe
il tempo di realizzarne le conseguenze... prima di avvertire il bruciore sordo
alla guancia sinistra.
- Rimangiatelo immediatamente... - Singhiozzò lei, abbassando la mano
tremante ancora sospesa a mezz'aria. - ... Ti prego. - Si strofinò le guance
pallide, in un inutile tentativo di arginare le lacrime che, per l'ennesima
volta, erano riuscite a superare l'argine della sua volontà.
Joe le si avvicinò piano, sfregandosi la pelle arrossata e finalmente,
riuscì a circondarle le spalle senza venire respinto bruscamente.
- Scusa... - Sussurrò, soffocando un sospiro contro la sua fronte
tiepida. - Ma io ti amo, piccola Gabrielle... Ti amo talmente tanto che non p-
-
- NO. - Lo fermò di nuovo. - Non voglio sentirtelo dire...! - Si scostò
da lui quel poco che serviva per riuscire a guardarlo in viso. - L'unica cosa
che voglio sentir uscire da quelle labbra é che, qualunque cosa succeda... mi succeda, tu e i tuoi fratelli
continuerete come avete sempre fatto. - Soffiò, sollevando una mano ad
accarezzargli il viso. - Perché la sola cosa che può farmi stare ancora peggio,
sarebbe essere la causa della vostra infelicità. -
- Che cosa sta succedendo qui...? Ho sentito un gran rumore, tutto bene?
-
In quello stesso momento, un Kevin ancora piuttosto confuso ed assonnato
fece il suo ingresso nella stanza, passandosi una mano nel groviglio di ricci
scuri, mentre con l'altra reggeva un'aranciata appena aperta.
Coco sobbalzò, sentendo l'ennesima stretta al cuore.
Come aveva fatto a pensare che le loro urla, le porte sbattute...
avrebbero potuto non svegliare nessuno?
- Niente... - Bisbigliò, abbassando lo sguardo. Pur sapendo che sarebbe
stato perfettamente inutile cercare di mentire, con Joe lì presente.
E, infatti, il suo fu un tentativo che morì prestissimo, peggio di come
era nato.
- Succede che Coco se ne va, Kev. - Sospirò il fratello minore,
scuotendo la testa. - E non é uno scherzo... - Aggiunse, con aria surrealmente compita. - Sua madre la vuole portare via. -
Il rumore della lattina che crollava sul pavimento gelò il sangue nelle
vene di Gabrielle, quasi quanto il repentino mutamento nell'espressione degli
occhi di lui.
- E'... é la verità? - Fu la sola cosa che gli riuscì di tirar fuori,
mentre lei gli si avvicinava, schivando la pozza di liquido che andava
allargandosi sul tappeto.
Coco annuì mestamente, prendendogli una mano fra le proprie e
stringendola appena.
- Ci ho parlato, stamattina. - Soffiò, a voce quasi inudibile. Tanto che
lui dovette avvicinarsi ancora di un passo, per riuscire a sentirla davvero.
- E... - La incalzò, trattenendo il fiato con tanta forza da farsi
bruciare la gola.
- E, se non vado io con lei, sarà Lulù a prendere il mio posto... -
Spiegò, sputando fuori le parole quasi in un unico respiro. - Non posso... Non... - Sussultò, quando sentì il
braccio libero di Kevin stringersi attorno ai suoi fianchi e spingersela contro,
quasi con disperazione.
Quando gli lasciò andare anche l'altro, si ritrovò stretta a lui in
maniera totalmente soffocante.
- Vaffanculo...!
- Soffiò, chinandosi tanto da sfiorarle il collo con la punta del naso.
Sentì le sue mani salirle con lentezza straziante, lungo i fianchi e la
schiena, seguendone la forma, come se volesse imprimersela nella memoria,
centimetro per centimetro.
Sembrava avesse totalmente cancellato la presenza di suo fratello nella
stanza e, in effetti, nemmeno Gabrielle riuscivaa rendersi troppo conto... di qualunque cosa
non fosse il corpo di Kevin, premuto completamente contro il proprio.
- Lei é... E' così piccola... - Singhiozzò, aggrappandosi alle sue
spalle. - Non posso...! Kev... -
Joe si sforzò di guardare da un'altra parte. Lasciò vagare lo sguardo
sui tetti che si intravedevano dalla finestra, permettendo, per una volta, che
Kevin la tenesse stretta a sé, ancora per un po'.
Solo ed esclusivamente per lei, perché capiva quanto male le potesse
fare, separarsi dal fratello.
- Lo so. - Mormorò l'altro all'orecchio di Coco, mentre le sue dita si
tuffavano fra i boccoli scuri. - Lo so. E...
-
- ... Non mi chiederai di restare. - Concluse lei, dopo un momento,
sciogliendo l'abbraccio ed asciugandosi le ciglia scure.
- Non posso. - Rispose,
serrando le labbra nel più triste dei sorrisi. - E mi odio...! Mi odio da morire. -
- Non é colpa tua... E' giusto così. - Tentò di suonare rassicurante.
Gli si avvicinò di nuovo, posandogli una mano contro il petto ed esitò,
prima di sollevare l'altra. Non fece quasi in tempo a sfiorargli il viso, che
qualcosa d'altro, oltre allo scatto infastidito e malamente nascosto di Joe, la
spingesse a ritrarsi.
- No. -
Gabrielle alzò lo sguardo di scatto, puntandolo dritto verso la soglia
della camera e ritrovandosi, suo malgrado, di fronte a qualcosa che mai avrebbe
voluto vedere.
Nick era in piedi sulla porta, una mano ferocemente serrata attorno allo
stipite e gli occhi scuri fissi su di lei.
Una singola, piccola lacrima gli rigava la guancia pallida.
Dall'espressione che aveva, era più che chiaro che aveva silenziosamente
assistito a tutto il discorso.
Coco si portò entrambe le mani alla bocca, soffocando un gemito, mentre
lui muoveva il primo passo per avvicinarsi.
- Piccolo... -
- Non é giusto...! - Coprì velocemente la distanza che li separava, legandola
in un abbraccio tanto deciso, che quasi la sollevò da terra. - Non é assolutamente
giusto... - Mormorò, strizzando gli occhi lucidi. - Non é giusto, Gabrielle...
Non é giusto! - Ripeté, come un disco irrimediabilmente graffiato.
- Non piangere. - Gli mormorò, accarezzandogli piano le spalle. - Ti
prego... Non piangere, Nick. -
Lui soffocò un singhiozzo, scostandole i capelli e lasciandoglieli
ricadere lungo la schiena, in una morbida carezza.
- Non ci riesco, Coco... - Soffiò, prendendo un respiro profondo. -
Posso essere egoista, per una volta?
Posso fare un po' di capricci...? Solo un po'... - Continuò, con voce
implorante. - Io non voglio lasciarti andare. -
Si chinò a posarle uno dei loro
baci... leggero, nell'incavo del collo, soffermandosi qualche secondo in più
con le labbra contro la sua pelle tesa.
- Non voglio. - Scosse
leggermente il capo, stringendola di più.
- Piccolo mio... nemmeno io voglio. - Sussurrò, dando finalmente voce al
pensiero che le martellava in testa fin dal momento in cui Annabelle si era
alzata, lasciandola in quel bistrot.
Dopo aver visto tutto il suo mondo cadere in frantumi. - A Parigi ci sono la
mia casa, la mia famiglia, la mia vita... tutto quello che amo, compresi voi
tre... Soprattutto voi tre. -
Mai. Mai avrebbe immaginato che sarebbe arrivata a pensare una cosa del
genere.
Se glielo avessero raccontato, quel giorno di ormai sei mesi prima...
quando il suo sguardo aveva indugiato per la prima volta su quei tre faccini da
bravi ragazzi che le sorridevano da un poster, probabilmente sarebbe scoppiata
in una sonora risata e avrebbe liquidato tutto con un'alzata di spalle.
Eppure, ora, si trovava lì, col cuore lacerato alla sola idea di dover
fare a meno di loro. Scherzi del destino.
{ Io che nemmeno ce li volevo, nel
mio teatro... }
- Fra... Fra quanto...? - Abbozzò Nick, sfiorandole la spalla con un
altro bacio.
- Una settimana. - Fu la pronta, secca risposta di Joe.
Gabrielle annuì silenziosamente, accarezzando il riccioli del suo
Piccolo un'ultima volta, prima di allontanarsi. Si sedette sul bordo del letto,
torcendosi le mani e cercando dentro di sé la forza per affrontarli, tutti e
tre.
- Una settimana, sì. - Mormorò, alzando lo sguardo su di loro. - Una
settimana e poi... basta. -
Joe si mosse di slancio e si sedette pesantemente accanto a lei. Le
passò le braccia attorno alle spalle, stingendola a sé per l'ennesima volta.
- Coco... - Sussurrò, piano.
- Ti prego. - Replicò lei, sforzandosi di tornare a parlare con voce
ferma. - Basta. Basta, davvero. -
Decretò, spostando lo sguardo anche sugli altri due. - E' così... E nessuno di
noi può farci nulla. Domenica partirò, va bene. Ma, nel frattempo, ci sono
delle cose che voi dovete fare: domani ricominciano le riprese, ad esempio. Si
torna alla normalità... Io voglio che ci si torni. Non deve cambiare nulla,
capito? -
- Come se fosse così facile...! - Sibilò Joe, appoggiandosi a lei.
- Fallo... Fatelo per me. - Pigolò, con voce implorante.
Lasciò correre lo sguardo da Joe agli altri due, cercando nei loro occhi
almeno un pallido segnale di assenso. Dopo qualche tesissimo momento di
silenzio, Kevin, per primo, chinò il capo, annuendo impercettibilmente.
- Va bene. - Bisbigliò, mentre gli altri due lo imitavano.
Joe rimase un secondo in più con la testa bassa, il viso delicatamente premuto
contro il collo di Coco.
- Grazie. - Sorrise lei,
voltandosi leggermente. Gli passò una mano fra i capelli, soffermandosi a
posargli un minuscolo bacio a stampo sulle labbra. - Grazie... - Sussurrò di nuovo, al suo orecchio, lasciando che solo
lui la sentisse.
Joe soffocò un sospiro e sciolse a malincuore la presa, lasciando che si
alzasse.
- Ah...! - Riprese Gabrielle, dopo qualche istante. - E' più che ovvio,
che, anche quando me ne sarò andata, voi continuerete a vivere qui, fino alla
fine della vostra permanenza a Parigi... Questa, ormai, é praticamente casa vostra, lo sapete, vero? - Si chinò
a raccogliere la lattina ormai vuota ed esitò un momento, rigirandosela tra le
mani. - Anche se io non ci sarò... Avvertirò Monmon e lei sistemerà tutto anche
con Debra. Troverà... - Prese un ampio respiro, cercando inutilmente di
mascherare il tremolio della voce. -... qualcun'altro che si occupi di voi.
Non preoccupatevi. -
Picchiettò con le dita sulla latta liscia e fredda dell'aranciata,
osservando con fintissimo interesse la trama del
tappeto che andava via via sfumando, sotto il velo
delle lacrime.
Si morse il labbro, ricacciandole indietro e tornò a fissarli, bloccando
inconsapevolmente il gesto di Nick che stava per allungare una mano verso la
sua.
- Io, adesso, devo andare da lei, tra l'altro... Sarà in ansia per la
sua piccola e voglio dirle il prima possibile che Lulù é... fuori pericolo. - Sospirò, recuperando il
cappotto dalla sedia. - Voi... Beh? -
Si bloccò, osservando i tre ragazzi alzarsi e muoversi quasi
contemporaneamente verso di lei.
- Noi? - Ripeté Kevin, lasciando che un mezzo sorriso gli curvasse le
labbra. - Mi sembra ovvio... Noi veniamo con te. -
***
{ Stesso cuore e stessa pelle,
questo é il patto fra sorelle.
Anime che mai
potrà dividere la
realtà. }
Perché Non
Torna Più - Laura Pausini
L'aria fredda del mattino si faceva ancora sentire, soffiando decisa
contro i loro visi, arrossando i nasi e scompigliando i capelli, ma, a
differenza di qualche ora prima, il sole brillava deciso e finalmente libero
dalle pesanti nuvole grigie.
Coco si strinse a Joe, soffocando un sospiro.
- Continua a non piacermi l'idea di avervi fatto uscire a quest'ora... -
Borbottò, lanciando uno sguardo preoccupato all'altro lato della strada.
Lungo una pensilina del tram andavano assiepandosi piccoli gruppetti di
ragazzi, in attesa di buttarsi nel centro caotico della città che si stava svegliando.
- Se vi riconoscono... -
- Se ci riconoscono, firmeremo un paio di autografi, faremo qualche foto
e poi saremo di nuovo da te. - Ribatté Nick, in tono deciso. Le afferrò una
manoe se la portò alle labbra,
posandole un minuscolo bacio sul dorso. - Non hai il minimo motivo di
preoccuparti. - Soffiò, contro la pelle fredda.
Arrossendo, Coco la ritrasse, infilandola frettolosamente nella tasca
del cappotto.
- Nick...! - Soffiò. - Se ti beccano a fare una cosa del genere... Sai
come la prenderebbe Debra! -
- Sì che lo sa. E sa anche come la prendo io, vero Cosino? - Abbaiò Joe, rafforzando la stretta sulle spalle
minute di lei.
- Ok, ok. Coco é tua, ricevuto. - Sbuffò l'altro, mentre Kevin, alla sua
destra, scuoteva la testa con aria esasperata. - E, comunque, non facevo nulla
di male. -
Decretò, svoltando l'ultimo angolo. Esattamente di fronte a loro,
affacciato sullo strettissimo marciapiede sbeccato, un portone di legno verde
scuro si apriva sull'elegante facciata di un vecchio palazzo residenziale.
- Questo é opinabile. Comunque, per tua fortuna, non é decisamente il mom- - Si bloccò, avvertendo il flebile singhiozzo di
Gabrielle, che lei tentò inutilmente di nascondere. - Ehi, tutto a posto? -
Si fermò, armeggiando con la manica del piumino, fino a quando riuscì a
farne uscire quella della felpa che indossava. Se la tirò sopra la mano e la
passò delicatamente contro la guancia di lei, raccogliendo l'unica lacrima.
- Niente... Scusa. - Si affrettò a giustificarsi, scrollando le spalle.
- Tornare qui mi fa pensare a cose per cui non dovrei affatto piangere. -
Bisbigliò, allontanando dalla mente l'immagine della madre e del suo trench
tanto pallido, da risaltare come una macchia candeggiata contro il colore
scrostato dell'ingresso.
Detto questo, chinò il capo e con un movimento deciso si staccò da lui,
attraversando la strada.
Spalancò il portone, senza nemmeno suonare il campanello, grazie alla
leggera pressione esercitata sulla serratura guasta e prese a salire le larghe
scale di marmo che portavano ai piani superiori, mentre i tre Jonas la raggiungevano.
Quando toccò il primo pianerottolo, Joe, Kevin e Nick erano già
nuovamente al suo fianco.
La mano di quest'ultimo strinse delicatamente la sua, mentre suonava il
campanello di ottone brunito.
- Coco...! - Monique non la lasciò quasi entrare. Le gettò le braccia al
collo appena ebbe oltrepassato la soglia, schioccandole un bacio sulla guancia
ancora umida. - Mon petit... - Soffiò, accarezzandole i
lunghi capelli scuri.
- Ehi... - Fu l'unica parola che riuscì ad articolare, senza che il nodo
che si sentiva in gola le spezzasse la voce. Si aggrappò alle spalle della
sorella, mentre l'inconfondibile profumo aranciato di lei la avvolgeva
morbidamente.
- L'hai vista...? Le hai parlato? - Soffiò, richiudendo la porta con un
sonoro spintone, una volta che i tre ragazzi furono entrati tutti. Coco annuì,
sfregando leggermente il naso contro la lana morbida del golf di sua sorella.
- Sì... - Pigolò, stringendo inconsciamente la presa. - E non devi preoccuparti
più di nulla, Lulù... -
- Lulù sta dormendo nel mio letto. - Sospirò Monmon, senza nemmeno
lasciarla finire. - Quella stronza é
piombata qui alle sette del mattino... E l'ha svegliata, con tutte le sue urla.
-
- No... Non é questo che intendevo dire. - Mormorò Coco in un fil di
voce, staccandosi leggermente da lei e lasciandosi condurre in salotto. - Ti...
Ti ha fatto vedere quel documento? -
Alzò lo sguardo su Monique, quando presero entrambe posto sul grande
divano bianco, accanto a Kevin. Joe si accoccolò sul tappeto, ai piedi del
bracciolo contro cui Gabrielle si era appoggiata, mentre Nick avvicinava una
vecchia poltrona bombata per sé.
Monmon sospirò profondamente, scuotendo i lunghi capelli scuri e indicò
con lo sguardo una cartellina di plastica verde, poggiata in bilico su un
mobile alle loro spalle.
- Non ho avuto nemmeno la forza di arrivare fino in fondo, ma quello che
ho letto mi é bastato! - Ringhiò. - E' un maledetto, sporco ricatto a cui io
non voglio cedere...! -
- Non ce ne sarà bisogno... - Bisbigliò Joe con voce tetra. Lei gli
lanciò uno sguardo sconcertato, mentre Coco si irrigidiva impercettibilmente.
Strinse le dita attorno alla fodera lucida che emise un suono stridulo e per
nulla piacevole, quando venne graffiata dalle sue unghie.
- Cosa significa questo...? -
Kevin fulminò il fratello con lo sguardo, trattenendosi dallo sferrargli
un calciosolo perché le gambe di
Monique erano allungate fra le sue ed il corpo dell'altro.
- Avanti, che significa?!? -
Ripeté, rivolgendosi alla sorella che fissava ostinatamente il pavimento. -
Coco...? -
Lei rimase in contrito silenzio ancora per qualche tesissimo secondo,
prima di scattare come se fosse stata caricata a molla.
- Che Luciàne... Che tu non hai nulla di cui preoccuparti, perché ho
deciso: con... con la mamma ci andrò io. - Soffiò, quasi in un unico respiro.
Sussultò, quando le dita di Nick le sfiorarono teneramente braccio,
prima di correre a stringerle la mano... Alzò lo sguardo su di lui, abbozzando
un sorriso che, però, svanì quasi subito, quando osservo i suoi occhi scuri
farsi nuovamente lucidi.
- STAI SCHERZANDO?!? - Esclamò Monmon, infrangendo bruscamente il
silenzio teso che si era creato. - Non ci pensare nemmeno, io con quella non ti
ci lascio andare neanche morta! -
- No che non scherzo, Monique. Sono grande, posso valutare da sola e la
mia decisone, ora, é questa. - Mormorò, stringendo i denti.
- E sai valutare anche se questo é quello che davvero vuoi? - Soffiò
l'altra, afferrandola per le spalle e costringendola a guardarla negli occhi.
- Io... -
- E' quello che vuoi, Gabrielle?!?
- La incalzò, con voce dura, mentre una lacrima rabbiosa scendeva lungo il viso
arrossato per correre a nascondersi all'angolo delle labbra. - Non ci credo
nemmeno se me lo giuri...!
- No, accidenti!!! - Cedette improvvisamente, nascondendo il viso dietro
le mani fredde. - Non lo é affatto... L'ultima cosa che vorrei é andarmene di
qui. Allontanarmi da Parigi, da te... Solo a pensarci mi prende una paura tale,
che quasi non respiro...! - Singhiozzò.
Monique le circondò premurosamente le spalle, attirandola con sé, mentre
si appoggiava allo schienale morbido e Coco si lasciò guidare docilmente,
accoccolandosi contro di lei. Addossò le gambe a quelle della sorella, per
traverso, raggomitolandosi nel suo abbraccio.
- Però... Però ci vado, Monmon. - Pigolò, cercando di asciugarsi le
lacrime. - Per Lulù. - Concluse risoluta.
- No, tesoro mio. - Replicò Monique con altrettanta decisione. La
strinse a sé, passandole lentamente una mano fra i boccoli spettinati, sotto
gli occhi teneramente vigili dei tre ragazzi.
Joe, in particolare, aveva preso a fissarla come fosse la sua salvezza.
- Io a quella donna non cederò nulla.
Men che meno le due persone più importanti della mia
vita... -
- Monmon...! - Soffiò, scostandosi quel tanto che bastava per guardarla
negli occhi.
- No, Coco. Tu non vai. - Decretò.
- Smettila!!! Non dire scemenze...! - Si ribellò, scuotendo la testa. -
L'hai letto anche tu, quel documento. Hai ben visto quanto non lasci alcuna
possibilità. -
- Non mi interessa...! Una soluzione c'è e io la troverò. -
- Monique, per l'amor di Dio! - Esclamò. - Cosa puoi fare in una
settimana...? A parte evitare, nel modo più semplice e diretto, che ti portino
via tua figlia? -
- Non lo so, Coco. Ma tu dammi fiducia, ti prego... -
Gabrielle sospirò profondamente, alzandosi di scatto dal divano. In meno
di un attimo, Joe balzò in piedi e le fu accanto. Le cinse la vita sottile con
entrambe le braccia e la attirò leggermente all'indietro, finché la schiena di
lei non aderì completamente al suo petto.
- Ascoltala. Perfavore...
ascoltala...! - Sussurrò, stringendola con disperata ostinazione.
- Joe...! - Cercò di usare un tono di rimprovero, ma tutto quello che le
uscì dalla bocca fu un bisbiglio implorante.
Fece scivolare le mani sulle sue, cercando inutilmente di allontanarlo,
ma lui, caparbio, non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare. Dopo appena
un paio di tentativi, sentì la determinazione scivolarle via come un velo troppo
leggero, per rimanere fermo al suo posto. Allentò la presa, rilassando le
braccia e non poté impedirsi di lasciare le dita intrecciate a quelle di Joe.
{Se mi stringi così... Come posso
anche solo pensare di riuscire ad allontanarmi da te...?}
Si inumidì le labbra, tornando a guardare la sorella in cerca di una via
d'uscita, ma quella si limitò a scuotere impercettibilmente il capo.
- Dio, smettetela di rendermi tutto ancora più difficile...! - Soffiò.
- Dammi fiducia, Gabrielle...! - Replicò Monmon, incrociando le braccia
con decisione.
Con un verso a metà tra un sospiro e un ringhio, Coco piegò il capo,
sconfitta.
- Va bene. - Acconsentì, scatenando un'ondata di puro sollievo nel cuore
di Joe e fermandola con altrettanta velocità, quando si allontanò di scatto,
muovendo un rapido passo in avanti. - Ma io la valigia la faccio lo stesso,
sappilo. Perché se, come è ovvio che avverrà, tra una settimana non sarà cambiato
nulla... Io salirò su quell'aereo. - Concluse, puntandole un dito contro. - Non
permetterò mai... Mai che Lulù possa correre alcun rischio...! -
- Non ne avrai bisogno. - Decretò Monique. - E, a proposito di Lulù...
Devi farmi un favore. - Borbottò, schiarendosi la voce. - Io e Gerr... Geràrd, in questo
periodo, abbiamo qualche... divergenza. - Abbozzò, con evidente imbarazzo. - Ti
spiegherò, a suo tempo. - Aggiunse, in risposta allo sguardo interrogativo
della sorellina.
- E...? - La incalzò Gabrielle, mentre Joe le si avvicinava di nuovo.
Sentì la mano di lui cercare la sua e lo lasciò fare, dandosi come scusa che
era distratta dal discorso.
- E tutta questa storia non contribuirà certo ad alleggerire
l'atmosfera. Puoi tenere la bambina da te, fino a quando sarà
finita? - Sospiro.
- Fino alla fine della settimana.
- La corresse Coco, in un sibilo.
Vi stavate chiedendo se fossi ancora viva, vero?xD
Ebbene sì. Ma, tra che questo capitolo è stato un parto, tra che
l'estate con le vacanze mi allontana da internet, i tempi si sono un filino
dilatati!xD
Cooomunque, sono
ancora fra voi. Per le, ahimè, poche che ancora leggono e commentano questa
fic.x3
(Io aspetto sempre, speranzosamente, il ritorno delle fedelissime o
l'avvento di nuove lettrici, lo sapete!x3)
Ringrazio le adorate 2, 3 e 4 (Temperance_Booth, Ice_Bubble
e Agatha)che sono sempre in prima linea (<3), jeeeeee, coco2, sweetchiara
e RacheLLe
per i commenti all'ultimo capitolo e mi dispiace di non potermi dilungare di
più, ma ho millemila cose che attendono di essere
fatte!x3
Giuringiuretta che tornerò a ringraziare ad personam il
prima possibile!=)
Intanto, ho una sorpresina per voi (copincollate
il link sottostante nella barra in alto):
{ Don't you worry about the distance.
I'm right there. If you get lonely,
[...]
close your eyes,
listen to my voice, it's my disguise. I'm byyour
side. }
HeyThereDelilah - Plain White T'S
Il tempo, si sa, alle volte è tremendamente vigliacco.
Quando si avrebbe bisogno di lui, in un qualche modo, sembra
si diverta più che mai a sfoderare tutta la sua cattiveria. E, poi, corre. Corre dannatamente.
Gabrielle appoggiò la tazza ormai vuota nel lavandino,
osservando una microscopica falce di luna crescente illuminare la sua penultima
notte a Parigi, attraverso la doppia finestra della cucina.
Ancora, solo, trentasei ore.
Sentiva ogni secondo scandire quell'odiosissimo conto alla
rovescia.
Monique era introvabile da una settimana, ormai. Da quando
le aveva affidato Luciàne, non aveva fatto altro che correre da un ufficio
all'altro, alla disperata ricerca di quella soluzione che, al contrario di sua
sorella, lei sapeva benissimo fin dall'inizio essere introvabile.
Non che desiderasse a tutti costi il fallimento, solo
preferiva non illudersi per non rimanere ferita, al risveglio.
La sua valigia era pronta da giorni.
Le riprese del documentario continuavano, scandendo i giorni
dei Jonas a Parigi con più precisione di un calendario. Una normalità di cui,
prestissimo, non avrebbe più fatto parte.
Nemmeno a quelle aveva più voluto partecipare. Per quanto
Joe, Nick e Kevin volessero passare ogni singolo momento insieme a lei, Coco, a
volte, semplicemente non ce la faceva.
Non riusciva a guardarli e sorridere come se niente fosse,
senza pensare che avrebbe dovuto separarsi definitivamente da loro.
Strizzò gli occhi, reprimendo le lacrime e strinse
convulsamente il bordo del tavolo, facendo leva sulla superficie gelata per
reggersi sulle sue gambe.
Sobbalzò, quando qualcosa di piacevolissimamente caldo si
posò contro la sua schiena.
- Ehi. - Sorrise Joe, lasciando correre la mano verso
l'alto, fino al collo niveo. - Mi stavo chiedendo dove fossi finita. Di solito,
a quest'ora, sei già sotto le coperte da un pezzo... - Soffiò, fingendo di non
averne intuito perfettamente il motivo.
Le sorrise, torturando l'estremità della sua lunga coda di
cavallo fra le dita. Arricciò morbidamente un ciuffo scuro, mentre Gabrielle
decideva di ignorare allo stesso modo quella tenera bugia.
- Bevevo la mia tisana... per conciliare il sonno. -
Mormorò, socchiudendo gli occhi, quando lo vide chinarsi appena in avanti.
Lasciò che arrivasse a premere delicatamente le labbra sulle
sue, prima di tirarsi indietro con un leggero scatto.
Di più, ora come ora, le faceva davvero troppo male.
Abbassò lo sguardo, scappando nel salotto semibuio. Si sfilò
il maglione, lasciandolo cadere ai piedi del divano-letto, prima di infilarsi
sotto le coperte.
Senza guardarlo neppure una
volta.
Joe le si avvicinò, mentre lei si sistemava a pancia in
sotto, tuffando il viso nel cuscino.
Si sdraiò nella stessa posizione, allungandosi a sfiorarle
il solco alla base della schiena. E non si fermò, quando la sentì sussultare.
Al contrario, le sollevò la maglietta, lasciando scivolare con più decisione le
dita sulla sua pelle liscia.
Coco tremava. Di un tremito tanto impercettibile quanto
profondo e, sebbene gli desse le spalle, ne era certo, piangeva. Si avvicinò,
aspettando che decidesse di muoversi.
Lentamente, lei lasciò la presa febbrile sulla federa a
fiori, voltando il capo nella sua direzione e scoprendo le guance segnate da
enormi lacrime umide.
Rotolò su un fianco, abbandonando le braccia contro il
materasso morbido senza più nemmeno tentare di nascondersi.
- Ci hai pensato che questa è la nostra penultima notte
insieme...? - Sussurrò in un fil di voce, lasciando che i capelli le si attaccassero
alle guance.
Lui sospirò, mordendosi appena il labbro, prima di scostarle
le ciocche madide dal viso.
- Almeno mille
miliardi di volte, Coco... - Soffiò. - E non riesco ad accettarlo comunque.
- Scese lungo il braccio sottile, tornando a lambirle i fianchi scoperti.
Solleticandola con dolcezza e assaporando, millimetro per millimetro, la pelle
d'oca che le correva addosso come un lungo brivido.
- Non voglio...! - Esalò Gabrielle, fin troppo concentrata
sulla mano di lui. - Non voglio andarmene e dover fare a mento di tutto questo.
Di te... Joe! - Strizzò il cuscino,
mentre nuovi lucciconi spingevano contro le ciglia scure.
Se la strinse contro, lasciando che il corpo minuto di lei
combaciasse millimetricamente col suo. Poi si chinò a
posarle una scia di piccoli baci lungo il collo, senza smettere un momento di
accarezzarle la schiena tremante. Aspettando pazientemente che anche l'ultimo
singhiozzo si spegnesse sulle labbra tiepide.
- Coco... - Sussurrò, sollevandosi leggermente su un gomito,
quando la sentì rilassarsi appena un po' nella sua stretta. - Amore mio,
ascoltami. -
Fece leggermente pressione sulla sua spalla e la spinse a
rilassare la schiena contro il materasso, senza scostare la mano.
- Avrei dovuto aspettare domattina, ma... qualunque cosa,
pur di vedere un sorriso su queste labbra. - Mormorò, poggiandole un dito sulla
bocca socchiusa. - Io, Kev e Nick abbiamo deciso di farti un regalo, prima che
tu parta. - Gabrielle sussultò impercettibilmente, sgranando gli occhi lucidi.
- Cosa...? No, Joe, guarda che non ce n'era bisogno...!
Io... -
- Lasciami almeno spiegare che cos'è, questa sorpresa. -
Sorrise lui, premendo leggermente la mano sulle sue labbra.
- Non sono sicura di volerlo fare... - La voce le uscì
leggermente ovattata. - Perchè sarà sicuramente
qualcosa di meravigliosamente dolce a
cui non riuscirò a dire di no. -
Joe arricciò le labbra in un'espressione soddisfatta,
sfiorandole la punta del naso arrossato con un minuscolo bacio.
- Bene, perchè abbiamo deciso di
regalarti ventiquattro ore con noi, tutti e tre. Potrai scegliere dove andare o
cosa fare, saremo a tua totale disposizione e "no" non è contemplata come risposta. -
- Domani...? -
Pigolò, inumidendosi le labbra quando lui annuì. - E le riprese...? I vostri
impegni? -
- Debra non è poi un osso così duro... - Ridacchiò, tornando
a solleticarle la pelle morbida appena sopra l'ombelico. - Soprattutto se
aggiri l'ostacolo, andando a parlare direttamente con il regista. Nick se l'è
rigirato come un guanto. - Concluse, scuotendo appena le spalle.
- Ma non dovevate... - Sospirò, lasciando scontrare lo
sguardo con il soffitto in penombra.
- E' il tuo ultimo giorno qui, Gabrielle. E, ancor più che
noi, volevamo che salutassi come si deve... lei.
- Sorrise, lanciando un rapido sguardo alla città, oltre la finestra
semiaperta. - Dopo sei anni di convivenza,
penso che la tua Parigi si meriti un addio come si deve. -
- Sì.. - Mormorò lei, rannicchiandosi contro il braccio di
Joe. - In effetti volevo lasciarla a modo mio, ci avevo già pensato. -
Una giornata in giro per le vie della sua città, nei posti
che preferiva.
Una fotografia per averli sempre con sè,
in un certo senso.
Il Louvre, Les Halles, i giardini delle Tuilleriès. Il
quartiere latino, gli ChampsEliseé e la Gare d'Orsay. L'ArcduTriomphe, Notre Dame e la collina di Montmartre. E poi mille altri ancora.
Avrebbe lasciato un pezzo di cuore a ciascuno.
In ogni strada, in ogni fontana e in ogni scampolo di cielo.
Il tocco delicato di Joe la riscosse dai suoi pensieri.
Tornò a fissarlo, mentre lui raccoglieva le sue lacrime fra le dita affusolate.
Guardandola con assoluta tenerezza, come se avesse ascoltato i pensieri appena
espressi.
- Possiamo venire anche noi? - Chiese, attorcigliandosi una
lunga ciocca scura di lei attorno al dito. - E ricorda che non si accettano
"no"...! - Concluse sornione.
Senza parlare, Coco si sollevò leggermente, facendo leva sul
materasso per arrivare a premere le sue labbra su quelle di lui.
- Ti assicuro che questo non lo era... - Soffiòcontro la sua bocca, prima di allacciargli le
braccia al collo e trascinarlo verso il basso insieme a lei. - Non era
assolutamente un no. -
***
Nick si sedette al tavolo, armeggiando con le sue medicine
nella cucina semibuia. Appoggiò un paio di flaconi sul piano, prima di pungersi
il dito con una naturalezza tale da fare quasi paura.
Sorrise, senza distogliere lo sguardo dal display luminoso,
quando avverti un inconfondibile, lieve peso contro la schiena.
- Ciao, Coco. - Mormorò, lasciando che lei gli passasse le
braccia attorno al collo, prima di posare un bacio veloce sulla pelle tesa.
- Buongiorno Piccolo. - Soffiò, stringendolo appena. - Tutto
a posto? -
Annuì piano, riponendo alcuni dei farmaci e si voltò,
sciogliendo delicatamente l'abbraccio. Poi la guardò con aria furba, lasciando
rotolare qualche pastiglia sul palmo della mano.
- Mi prenderesti il- -
- Latte al cioccolato? - Lo anticipò, allungandogli la
bottiglia con un sorriso.
- Sì, sai... Qualcuno
mi ha detto che con quello le pastiglie vanno giù che è una meraviglia. -
Ridacchiò, osservandola mentre chinava il capo per nascondere le guancie
imporporate. - E di questa persona mi fido ciecamente. Più che di me stesso. -
Continuò, afferrandole una mano e attirandola verso di sè.
La invitò a sederglisi in braccio
e lasciò che si sistemasse sulle sue ginocchia, stringendola premurosamente fra
le braccia. Rimasero in silenzio per un'interminabile manciata di secondi,
decisamente troppo consapevoli entrambi che quello sarebbe stato davvero l'ultimo giorno.
- Hai una vaga idea di quanto mi mancherà vederti arrivare
tutte le mattine...? - Soffiò improvvisamente Nick, stappando la bottiglia.
Bevve un microscopico sorso, spezzando il contatto visivo
fra di loro per una frazione di secondo. Brevissima, ma sufficiente a far
comparire l'ombra di una lacrima negli occhi color cielo di lei.
- Più o meno quanto mancherà a me il trovarti seduto qui,
credo. - Bisbigliò, accarezzandogli i ricci spettinati. - O il cominciare la
giornata con un tuo sorriso, Nick. -
Abbassò gli occhi scuri, strizzando nervosamente il tessuto
leggero della maglia di lei fra le dita.
- Gabrielle... - Aumentò la presa sui suoi fianchi sottili,
spingendola ad appoggiarsi completamente a lui. La abbracciò, rabbrividendo
leggermente quando le sue piccole mani fredde gli sfiorarono le braccia
scoperte. - Io e i ragazzi abbiamo deciso una cosa. -
- Lo so... - Annuì, sfiorandogli la pelle tesa del collo con
la punta del naso. - Joe me l'ha detto, ieri sera. -
- E figurati se quello riesce a tenere la bocca chiusa...! -
Borbottò, arricciando le labbra in una smorfia divertita. - Comunque,
l'importante è che tu accetti la proposta. - Decretò poi.
Coco sorrise, chinandosi a sfiorargli la guancia arrossata
con un bacio, proprio mentre il primo raggio di sole si intrufolava nella
stanza.
- E' ovvio... - Sussurrò, arrossendo lievemente. - Ovvio che
vi voglio con me. -
Fece appena in tempo a finire la frase, prima che Joe e Kevin
entrassero in cucina sbadigliando rumorosamente. Gabrielle scivolò via
dall'abbraccio di Nick, raggiungendoli.
Lasciò che Joe le catturasse le labbra pallide in un lungo
bacio, per una volta incurante dei fratelli e, quando si furono separati,
abbracciò Kevin, nascondendo la testa contro la sua spalla.
Senza dire nulla.
Rimasero tutti e quattro in silenzio, avvolti dal riflesso
giallo del sole sul tavolo di legno sbiancato. Poi, dopo quella che parve
un'eternità, Coco si scostò appena dal maggiore dei fratelli e gli sussurrò un
timido "buongiorno", diverso da tutti quelli che l'avevano preceduto
nei mesi in cui si erano svegliati insieme. Lo lasciò andare, sorridendo
appena.
- Buongiorno. - Rispose lui, piano. L'ultimo.
Si sedette al tavolo, insieme ai suoi fratelli, senza
smettere di osservarla. Gabrielle rimase in silenzio qualche altro secondo,
cercando di imprimersi nella memoria la sensazione di averli lì.
- Posso prepararvi la colazione...? - Mormorò, tornando a
sorridere.
Voleva farlo ancora una volta, per i suoi Jonas.
Joe, Kevin e Nick annuirono silenziosamente. Felici del solo
e semplice fatto di farla felice, la guardarono con silenziosa e tenera
devozione, mentre sistemava quattro tazze colorate sul tavolo.
***
Alzò lo sguardo sulle guglie ricamate di Saint Eustache,
stringendosi nella sciarpa di lana morbida per ripararsi dal freddo. Il vento
tirava sempre sui prati pettinati dei giardini di Les
Halles.
Coco scattò un paio
di fotografie all'imponente chiesa, insinuandosi con l'obbiettivo della nikon tra un contrafforte e l'altro, alla ricerca di
qualche riflesso prezioso.
Si arrampicò sulla
mano dell'enorme scultura. sistemata al centro della piazza, allungando la
custodia vuota a Joe. La scrutava silenziosamente, poggiato al naso di pietra,
caldo di sole.
Un'altra
inquadratura. Abbassò la macchina, sospirando con aria mesta e valutò che con
quello che rimaneva del rullino avrebbe dovuto tirare fino a sera.
- Così basta. -
Soffiò, allungandogli anche la nikon.
Joe la sistemò
accuratamente nella sua borsa imbottita e se ne sistemò il laccio sulla spalla,
prima di tendere le mani verso Gabrielle, che scattò appena in avanti,
lasciandosi cadere nella sua stretta rassicurante.
Le braccia di lui si
strinsero attorno al suo corpo, trattenendola anche quando i suoi piedi furono
saldamente a contatto col suolo.
- Joe... - Mormorò,
con voce soffocata.
Non le rispose e
nemmeno diede segno di averla sentita. Continuò semplicemente ad abbracciarla, sfiorandole
appena la schiena con le dita.
Da giorni, ormai,
era così. Per Joe, ogni minimo contatto fra di loro era divenuto fondamentale,
essenziale e irrinunciabile.
- Joe. - Riprovò,
accarezzandogli la spalla. Lo senti tremare, leggermente, mentre il suo respiro
si faceva più teso. - Oh, ti prego...! -
- Non dire niente. -
Si decise a rispondere. - Lascia parlare me... -
- Non sono sicura di
volerlo fare. - Replicò, poggiando il capo contro la sua spalla. - Kev e Nick
dove sono...? -
- A fare un giro
intorno alla chiesa, credo. Torneranno tra poco... Coco, per favore...! - Implorò, carezzandole i capelli.
- Giurami che non vi
siete messi d'accordo per fare questo...! - Sospirò.
Joe scosse
impercettibilmente il capo, prima di trascinarla verso una delle grandi aiuole
disposte attorno alla piazza. Si sedette sul prato, appoggiando la macchina lì
a fianco, prima di invitarla ad accomodarglisi in
braccio.
Coco esitò,
perfettamente consapevole di ogni singola, possibile conseguenza di quel gesto.
Il suo cervello si
affannava a ripeterle di non farlo, eppure, per qualche assurda ragione, una
frazione di secondo dopo, le sue gambe erano addossate a quelle di lui e il suo
naso gli sfiorava il collo, assaporandone il profumo familiare e rassicurante.
- Io non ti lascio.
- Soffiò Joe, allacciandole le braccia alla vita sottile.
- Mi sembra di
averti già spiegato. - Replicò, in un fil di voce.
- No. E' un'altra cosa che intendo... - Se
la strinse contro, riparandola da una folata traditrice, che sollevò le foglie
secche attorno a loro. - Io parlavo di noi.
-
- Come...? - Pigolò.
- Tu sei mia, Gabrielle. E lo sarai sempre, per
quanti chilometri di terra e d'oceano ci separeranno. Io non ti lascio. - Ripetè, caparbio.
- Joe...! No! - Si scostò,
stringendo il collo del suo cappotto tra le dita arrossate dal freddo. - Non
puoi. Da domani tu non mi vedrai più, ti dimenticherai presto di me... -
Mormorò, scrollando impercettibilmente il capo. - Ci sarà un'altra. Perchè è impossibile non innamorarsi di te. -
Si morse il labbro,
guardandolo timidamente negli occhi mentre lui si faceva incredibilmente serio.
- Io un'altra non la
voglio. - Soffiò, stizzito.
- Non dire così... -
- Lo dico eccome,
invece: nessuna sarà mai quella che voglio. Nessuna sarà te, Gabrielle. - Lei sussultò, vedendo distintamente una lacrima
premere contro le ciglia scure.
Allungò
istintivamente la mano, sfiorando la guancia di Joe. E la spazzò via, senza
quasi nemmeno permettere che inumidisse la sua pelle ambrata.
- Non puoi vivere di
quello che è praticamente, già solo un ricordo...! - Esclamò, scuotendo la
testa.
Lui non rispose
subito, lasciò prima correre le dita sulle spalle minute, scostando appena i
boccoli scuri.
- Ascoltami bene: se
io fossi certo che tu tornerai da me, che ci rincontreremo, anche fra un
miliardo di anni, ti aspetterei. Non guarderei nessun'altra, non mi innamorerei
mai più. - Esitò, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso. - E mi conosci, lo
sai che ho la testa abbastanza dura da impuntarmi e riuscirci...! -
Gabrielle lo lasciò
andare, sgranando gli occhi chiari. I capelli le carezzavano piano le guance.
Rosse non solo per il vento gelido che non voleva dar loro tregua. Bloccò una
ciocca dietro l'orecchio, mentre un sorriso spingeva per uscire allo scoperto.
- Non essere...
sciocco. - Mormorò, avvicinandosi a lui con uno sguardo che sembrava dire
l'esatto opposto.
- Mi mancherai,
Coco. - Soffiò Joe, soffocando quasi le parole contro le sue labbra. - Mi
mancherai come l'aria che respiro... -
Quando Kevin e Nick
tornarono dal loro giro, trovarono Coco con la sua Nikon stretta in mano e, per
la prima volta da giorni, un sorriso luminoso sul viso.
Poco distante, Joe stava
riuscendo a litigare in francese con un poliziotto alto il doppio di lui. Gli
ficcò in mano una banconota da venti euro, aspettando con aria stizzita di
avere la ricevuta.
- Che succede...? -
Domandò Nicholas, avvicinandosi a lei. - Cos'ha combinato stavolta? -
Gabrielle scrollò le
spalle minute, soffocando una risata.
- Ho idea che quel
prato non si potesse calpestare...! - Sussurrò divertita, inumidendosi le
labbra.
{E noi siamo andati ben oltre quel limite.}
***
Kevin si voltò,
incuriosito dallo scatto deciso dell'otturatore.
Gabrielle sorrise,
abbassando la macchina fotografica e scoprendo le guancie impercettibilmente
arrossate. Si avvicinò, sedendosi su uno scampolo del bordo di marmo freddo,
rimasto intoccato dagli schizzi della fontana.
- Non pensavo ti
piacesse tanto fare fotografie... - Mormorò lui, osservando il cielo
specchiarsi sulla superficie dell'acqua e, più lontano, sul cristallo bianco
della piramide più grande.
Il cortile del
Louvre era gremito di turisti, nonostante il freddo pungente. Coco rubò uno
scatto ad una coppia di bambini che si rincorreva sul selciato liscio, prima di
rispondergli.
- Più che altro lo
trovo estremamente rilassante. - Soffiò. - Mi coinvolge talmente tanto, che mi
permette di non pensare ad altro... Cancella ogni cosa. E' la mia terapia. -
- Ti fa bene, si
vede. - Replicò Kevin sorridendo. - E hai fatto qualche foto anche a noi? -
- Soprattutto a voi,
anche se non ve ne siete accorti. - Arrossì, scrollando leggermente i lunghi
capelli. - Tu, Joe e Nick siete dei soggetti splendidi. Siete... espressivi. -
- Espressivi... - Ripetè, arricciando le labbra in una smorfia pensierosa.
- Sì. In ogni
sguardo, ogni movimento... Raccontate e nascondete qualcosa. Cioè...! - Si
bloccò, imbarazzata nell'accorgersi che lui la stava fissando con crescente
interesse. - Io non so... magari sto dicendo delle sciocchezze! Non ho idea di
come funzioni in realtà il lavoro del fotografo. -
- Secondo me è
proprio così. E tu riesci a farlo
alla perfezione... - Decretò, passandole un braccio attorno alle spalle minute.
Gabrielle sorrise,
abbassando lo sguardo sulle proprie scarpe. Guardò le stringhe di colore
diverso attraverso le ciglia scure, prima di tornare a fissarlo su Joe che,
poco avanti a loro, trascinava Nick verso l'ingresso del museo.
- Non so. - Sospirò.
- Io vorrei solo che il mondo possa vedere come apparite ai miei occhi... Che
spettacolo incredibile siete. -
Senza dire nulla,
Kevin le sfilò la Nikon dalle mani, appoggiandosela in grembo e lasciò
scivolare le braccia attorno ai fianchi sottili, stringendola delicatamente.
- Se sapessi che spettacolo sei tu, Gabrielle... -
Sussurrò, accarezzandole la schiena.
- Kev... - La sua
voce era talmente fioca che venne quasi totalmente portata via dall'ennesima
folata di vento.
- Cosa? -
Strinse il bavero
del suo cappotto fra le dita sottili, consapevole mai come in quell'istante che
Joe era a poco meno di dieci passi da lei, appena oltre una fila intermittente
di turisti.
Che avrebbe potuto
decidere di tornare indietro da un momento all'altro.
E altrettanto che
questo non era abbastanza a spingerla a lasciarlo andare.
- So che l'hai fatto
per me e io non saprò mai ringraziarti abbastanza per questo. - Cominciò,
nascondendosi ancor di più nel suo abbraccio. - Però, per una volta, una sola, ti prego... Chiedimi di non
partire. - Si morse il labbro, frenando un singhiozzo.
Kevin sussultò,
spalancando gli occhi verdi per la sorpresa e quasi non si accorse che la nikon stava per cadere rovinosamente a terra.
- Coco... -
- Voglio sentirtelo
dire...! - Esclamò, quasi senza fiato. - Ti prego, Kevin... - Ripetè.
Passò un attimo di
profondo, totale silenzio. Talmente assordante da cancellare perfino il chiacchericcio della folla circostante.
- Non andartene... -
Mormorò improvvisamente lui, strizzando gli occhi lucidi. Così piano che
perfino Gabrielle faticò a sentirlo.
- Kev... -
- Non andare,
Coco...! - Replicò, questa volta in modo da risultare perfettamente udibile.
Nascose il viso nell'incavo della sua spalla, riducendo al minimo la distanza
fra loro. - Resta con m-
Si bloccò,
mangiandosi quasi l'ultima parola mentre lei scivolava fuori dall'abbraccio e
sollevava gli occhi, puntandoli nei suoi.
- Scusa..? - Pigolò,
senza smettere di fissarlo.
Sulle sue guancie
pallide andava allargandosi un delizioso alone color porpora.
Kevin allungò la
mano, accarezzandola lentamente, prima di tuffare le dita fra i lunghi capelli
scuri. Le lasciò scivolare fin dietro la testa, attirandola leggermente in
avanti, mentre si chinava appena verso di lei.
- Io... - Esalò,
prendendo una piccola boccata d'aria.
Gabrielle era
immobile, tesa come una corda di violino sotto il suo tocco leggero. La vide
con la coda dell'occhio far leva sulla pietra liscia, per sporgersi ancor più
in avanti e avvertì distintamente il suo respiro, caldo e irregolare sulla
pelle.
Non le era mai, mai stato così vicino. Ad esclusione di
quell'unica notte.
- Ehi, Coco!!! -
Fu questione di un
attimo.
La sentì scivolare via
ancor prima che si muovesse effettivamente. Abbassò il braccio, rituffando la
mano nella tasca del cappotto, mentre lei sorrideva a Nick, che le correva
incontro con in mano qualcosa di molto piccolo e luminoso.
Lo raggiunse,
fermandolo a metà strada. In mezzo a una scolaresca che si separò il minimo
indispensabile per passare loro attorno.
Una ragazzina,
troppo impegnata a parlare con la sua compagna, sfilò particolarmente vicina a
Gabrielle, urtandola in malomodo.
Lei finì fra le
braccia di Nick, che la sorresse delicatamente e ne approfittò per infilarle in
mano ciò che le aveva portato. Coco stese le dita, rivelando due lucentissime
sferette di vetro, fissate a dei supporti per orecchini.
Sollevò lo sguardo,
stupita, incrociando il sorriso furbo del suo piccolo.
- Dall'altro lato
del cortile c'è una ragazza italiana che li vende... Sono fatti a mano, da lei.
- Spiegò, indicando una figura minuta con un buffissimo basco di lana viola fra
i capelli biondissimi e riccioluti. Trafficava con una scatola di cartone e
aveva stesa sul selciato davanti a sè una stola di
velluto nero piena di piccoli monili.
- Questi mi sono
piaciuti subito e ho pensato... -
- Nick. - Mormorò
lei, interrompendolo. - Devi smetterla di farmi tutti questi regali. - Osservò
gli orecchini rotolare leggermente di lato e catturare un raggio di sole, prima
di rifletterlo in mille direzioni differenti.
- No, credo che mi
conquisti troppo farteli e vedere, ogni volta, i tuoi occhi illuminarsi a
questo modo. - Soffiò. - Ti piacciono? -
- Sono bellissimi. -
Sospirò, stringendoli nel pugno, prima di abbracciarlo, tuffandosi, quasi, nel
suo cappotto chiaro.
- Bene. - Sorrise,
circondandola con le braccia. - Ti aiuto a metterli. -
Si allontanò,
tenendo sollevati i lunghi capelli leggermente spettinati dal vento, mentre
Nick le infilava gli orecchini con mano attenta e delicata.
- Ti stanno
benissimo. - Sorrise, soffermandosi a posarle un bacio leggero nell'incavo del
collo.
- Che cosa le sta
bene? - Domandò Joe, sbucando rapidamente da dietro una coppia alle loro
spalle.
- No, niente. -
Sogghignò l'altro, mentre Coco scivolava via velocemente per andare a
recuperare la macchina fotografica.
Kevin era ancora
seduto nello stesso posto, una mano serrata attorno all'obbiettivo della nikon, l'altra che indugiava sul pelo dell'acqua.
- Ehi... - Gabrielle
gli sfiorò il braccio, cercando di attirare timidamente la sua attenzione. -
Andiamo? - Sorrise, quando lui si voltò.
Annuì
silenziosamente e lei aspettò che si alzasse, prima di fare qualcosa che
nessuno dei due si sarebbe minimamente aspettato.
Complice la folla
che li nascondeva completamente ad occhi indiscreti.
Senza dire una sola
parola, Coco afferrò il bavero della sua giacca e lo attirò leggermente verso
di sè. Il tempo che le sue labbra passarono a
contatto con quelle di lui fu minimo, ma sufficiente a scatenare nella mente di
Kevin tutta una serie di pensieri, che definire proibiti sarebbe stato riduttivo.
Una frazione di
secondo dopo, Gabrielle era già lontana.
Accanto a Joe.
***
Dodici ore. Forse anche meno.
Coco deglutì,
soffocando un nodo in gola, mentre osservava il sole tramontare sulla sua
Parigi dall'alto dell'Arco di Trionfo. Si appoggiò alla balaustra, sporgendosi
appena per osservare il brulichio sommesso ai piedi del monumento.
Li invidiava, quei
passanti. Tutti. Perchè, per loro, era un giorno come
tanti altri prima e dopo. Sarebbero tornati a casa e l'indomani mattina si
sarebbero svegliati e sarebbero andati avanti a vivere le loro vite.
{E
io... No.}
Concluse, sconsolata
da quella semplice, ineluttabile verità.
Sospirò, nascondendo
la testa fra le braccia.
Non si accorse di
Nick, fino al momento in cui le circondò i fianchi sottili, chinandosi a sussurrarle
all'orecchio.
- E allora...? -
Soffiò, sollevando le mani ad accarezzarle le spalle tese.
Sorridendo, quando
le sentì rilassarsi sotto il suo tocco.
- A quanto è bella?
- Chiese lui, alzando gli occhi scuri fino ad incontrare il profilo familiare
della Tour Eiffel. Poi giù, fino alla cattedrale di Notre
Dame.
Gabrielle annuì,
girandosi nel suo abbraccio. Invertì le posizioni con un piccolo scatto,
spingendolo contro la ringhiera di pietra.
- A quanto mi mancherà. - Soffiò, con voce tremante.
Si nascose nella
stretta di Nick, tuffando il viso nella lunga sciarpa di cachemire colorato che
aveva precisamente il suo profumo.
- Mi mancherai anche
tu, Coco... Dio, se mi mancherai. -
Sorrise. Come al
solito, Nick aveva capito perfettamente ogni cosa. Anche quello che non gli
aveva detto. Soprattutto quello che
non gli aveva detto.
- E' il tuo
momento...? - Domandò in un fil di voce.
- Come? - Replico
lui, posandole un bacio sui capelli.
- Stamattina ho
parlato con Joe, oggi pomeriggio... - Arrossì, memore di quanto era successo
poche ore prima. - ... con Kev. Mancavi solo tu. -
- Capisco. E quei
due ti hanno fatto grandi, poetici discorsi d'addio...? - Ridacchiò, stringendola
più forte.
- Non direi. Però, a
modo loro, mi hanno detto delle cose... importanti. - Sussurrò.
- E allora ci
penserò io, al discorso. Permetti? -
La spinse
leggermente all'indietro, fino a farla sedere su uno dei grossi blocchi di
pietra al centro della terrazza panoramica. La sollevo leggermente, cingendole
i fianchi sottili.
- Nick... -
- Fai parlare me,
prima. Altrimenti non credo di riuscirci. - La bloccò, afferrandole entrambe le
mani.
Se le portò entrambe
alle labbra, posando un bacio sui palmi arrossati dal freddo e sorrise, nel
sentire il suo piccolo scatto.
- Prima di qualunque
altra cosa, Coco... Grazie. - Soffiò,
portando le sue dita affusolate sulle guance di lei.
- Grazie...? - Ripetè, incerta. - E per cosa? -
- Sarà banale, clichè e tutto
quello che vuoi, ma... per il solo e semplice fatto che ci sei, piccola
Gabrielle. - Mormorò, accarezzandola. - Grazie di esistere, di essere entrata nella mia vita e in quella dei miei
fratelli... Di tutto quello che hai fatto. -
Si fissarono negli
occhi per una lunghissima, silenziosa manciata di secondi mentre due enormi
lucciconi rotolavano oltre le ciglia folte di lei.
- No, non dirlo...!
- Singhiozzò, poggiando le piccole mani sulle sue. - Al massimo può... Può
essere l'inverso. Io... Cosa posso aver fatto, io? -
Nick scosse
leggermente il capo, sorridendole ancora, appena prima di attirarla nuovamente
nella sua stretta. Si insinuò nello spazio fra le gambe di lei, che gli permise
di avvicinarsi ancora di più, stringendogli fermamente le spalle con le braccia
sottili.
- Joe e Kevin li hai
praticamente sconvolti... Te ne rendi
conto, vero? - Ridacchiò lui, scostandole il bavero del cappotto per posarle un
bacio sul collo. - Mentre, per quanto riguarda me, ti basti sapere che non avevo
avuto mai, con nessuno, un legame
intenso come quello che ho con te. Tu, per me, sei unica. -
- Esattamente come
lo sei tu, per me. - Replicò lei, arrossendo violentemente. - Più che un fratello,
più che un amico del cuore... Probabilmente perfino più che un innamorato. -
Chiuse gli occhi.
lasciandosi coccolare dal suo tocco morbido, anche quello, quasi più che
innamorato.
- Nick... -
Continuò, scompigliandogli teneramente i riccioli. - Sii felice, così come sei,
anche senza di me. -
- Mi chiedi
l'impossibile... - Gabrielle rabbrividì, nel sentire il naso freddo di lui
sfiorarle la pelle tesa. - La tua assenza mi peserà sempre, di secondo in
secondo di più. -
- Basta...! - Esalò,
scendendo a poggiargli una mano sulle labbra. - O, piuttosto che partire, mi
verrà voglia di buttarmi di sotto. -
- Certo, così poi ci
ritrovano in quattro. Spiattellati in capo agli ChampsElysee. - Ridacchiò. - Spettacolare, non
c'è che dire. Sicuramente una fine all'altezza della fama dei Jonas Brothers...! - Decantò, strappandole un sorriso.
Si allontanò appena,
lasciandole lo spazio minimo necessario a scendere.
- Non ve lo
permetterei mai! - Esclamò Coco, rimettendosi in piedi con un saltello.
- E noi lo faremmo
comunque, credo...! - La punzecchiò, riprendendo a camminare in direzione dei
fratelli, che si stavano litigando l'ultimo euro rimasto per far funzionare i
binocoli panoramici.
- No. -
- Sì. -
- No, affatto. -
- Oh sì, eccome. -
Continuarono a
battibeccare, ridendo chiassosamente e alla fine, scordandosene perfino il
motivo.
***
C'era un motivo
preciso, se aveva lasciato per ultima la collina di Montmartre, il tetto di
Parigi.
Lo stesso per cui, alle
cinque e mezzo del mattino, dopo aver passato l'intera giornata lungo quelle
stesse strade, Gabrielle e i Jonas Brothers stavano
seduti ad osservarle, l'una accanto agli altri, sui gradini bianchi
dell'imponente basilica del Sacre Coeur.
Silenziosi, avvolti
dal buio umido della notte e dallo scalpiccio lontano di qualche altra anima
persa, o, semplicemente, già sveglia per andare a fare il suo dovere. La città
dormiva placida, morbidamente stesa ai loro piedi.
- Chiunque viva a
Parigi, ha guardato l'alba da qui, almeno una volta. - Sussurrò Coco,
stringendosi al braccio di Kevin. - L'ultima... unica volta che l'ho fatto, ero
con Monique. La prima notte che ho passato in Francia. -
Joe sorrise
silenziosamente, allungandosi a posarle un bacio sulla guancia, proprio nel
momento in cui il primo raggio di luce faceva capolino, tingendo una striscia
di cielo in color zucchero filato.
- Ecco. - Mormorò
lei, spazzando via una lacrima invisibile. - Tempo scaduto. -
Nick, seduto sul
gradino appena più in basso, serrò la presa sulla mano che gli teneva sulla
spalla.
- Sono stati i
cinque mesi più incredibili della mi- -
- Nostra. - Lo corresse Joe, mentre Kevin
annuiva piano.
- ... nostra vita. -
Concluse, sorridendo.
Lei non rispose.
Lasciò che Joe si appoggiasse alla sua spalla, stringendola completamente fra
lui e Kevin, poi nessuno dei quattro parlò più, fino a quando il sole fece
capolino all'orizzonte.
***
Stringendo fra le mani
la busta, gonfia delle fotografie sviluppate che aveva appena ritirato dal
negozio a cui aveva lasciato i rullini la sera precedente, Gabrielle aspettò
che Kevin avesse fatto scattare la serratura, prima di entrare per l'ultima
volta in casa sua.
- Che ore sono? -
Sbadigliò Joseph, stirando le braccia sopra la testa.
- Sei e
quarantacinque, più o meno. - Rispose pratico Nick, lasciando cadere il proprio
cappotto sul divano. - L'aereo di Coco parte alle undici e quaranta, percui abbiamo almeno un'oretta di sonno, prima di
accompagnarla in aereoporto. -
Rimase ferma sulla
soglia, osservandoli silenziosamente mentre si sfregavano gli occhi lucidi di
sonno e si infilavano in corridoio, alla ricerca di un bel letto morbido.
- Vieni...? - La
richiamò Joe, incerto, sulla soglia dell'anticamera.
Coco sentì come una
mano invisibile strizzarle il cuore nel petto e, nonostante perfino respirare
le costasse un dolore tremendo, si sforzò di sorridergli.
- Solo un momento. -
Pigolò. Si avvicinò, posandogli un leggerissimo bacio a fior di labbra, prima
di spingerlo appena verso la porta della loro stanza. - Tu vai, sei
stanchissimo... Arrivo subito. - Aggiunse, in risposta allo sguardo incerto di
lui.
Esitò, cercando una
spiegazione negli occhi chiari e trovandoci solo una muta richiesta. Le
circondò le spalle sottili, ancora fasciate dal cappotto rosso e se la strinse
contro.
- Sbrigati. - Soffiò al suo orecchio,
prima di lasciarla andare a malincuore.
Lo scatto del
meccanismo le diede la certezza che era andato davvero.
Per quanto difficile
al limite dell'impossibilità, sapeva benissimo cosa doveva fare.
Scacciando il velo
di lacrime che le impediva di vedere bene quel che stava facendo, si sedette al
tavolo della cucina e ci rovesciò su il contenuto della busta. Frugò tra le
fotografie lucide, mettendone da parte alcune ed impilando le altre.
Tra quelle poche,
poi, ne scelse una sola e infilò il resto nella sua borsa, dopo averle
assicurate in qualche modo con un elastico per capelli.
C'erano tutti e quattro,
in quello scatto.
Joe, Kevin e Nick la
abbracciavano, stringendola fra loro sotto il sole di PlaceVendomme.
La girò, sfilando
una penna blu dalla tasca del cappotto. La stappò, con le dita che già
tremavano e scrisse solo due parole, al centro esatto del dorso bianco.
"Vi amo."
La sistemò nella
busta, aggiungendoci l'anello di Joe, il ciondolo e gli orecchini che Nick le
aveva regalato.
Poi parve
ripensarci, per un attimo. Afferrò un foglietto e scrisse qualcosa,
velocemente. Lo infilò insieme al resto e richiuse tutto, lasciandolo sul piano
di marmo.
Sgattaiolò
silenziosamente in camera e si caricò il borsone su una spalla, gettando
un'ultima occhiata a Joe, che era fortunatamente già crollato. Dormiva profondamente,
così come Kevin e Nick, al di là della parete.
Non sarebbe mai
stata capace di dire loro addio guardandoli negli occhi, di separarsene in
altro modo.
Era meglio per tutti
che sparisse così, silenziosamente e senza che nessuno ne sapesse nulla.
Per loro sarebbe
stato come svegliarsi dopo una lunga anestesia, ad operazione ormai compiuta con successo.
- Scusatemi... -
Soffiò, mordendosi il labbro.
Si richiuse la porta
alle spalle e attraversò il salotto quasi di corsa, uscendo dall'appartamento
praticamente ad occhi chiusi. Si concesse solamente di lanciare uno sguardo
all'appartamento della vicina di casa, a cui aveva affidato Lulù quella mattina
e dove la nipotina dormiva serenamente inconsapevole, così come era giusto che
fosse.
Scese rapidamente in
strada, fermandosi sul marciapiede ancora umido e riuscì a fermare un taxi
abbastanza in fretta da sperare di non essere vista da nessuno.
Mentre un uomo alto
e dinoccolato sistemava la sua valigia nel portabagagli, saltò sul sedile
posteriore e si nascose con sollievo dietro il finestrino oscurato.
Non si accorse di
Monique che, dall'altro lato della strada, parcheggiava la sua twingo color acquamarina. Così come la sorella, troppo
indaffarata a saltare giù dall'auto e raggiungere di corsa il primo
attraversamento pedonale, non notò la vettura gialla che partì quasi sgommando
a pochi metri da lei.
Quando l'autista
ebbe girato il primo angolo, reimmettendosi nel
traffico cittadino, Gabrielle lo indirizzò mestamente all'aereoporto
di Charles De Gaulle.
E scoppiò in un
lungo, silenzioso, pianto liberatorio.
{ So I'll go, but I know...
I'll think of you every step of the way. }
Oook, sono inqualificabile. E' passata una vita
dall'ultimo aggiornamento e non contenta vi avevo anche lasciato ad un punto
particolarmente "spinoso della faccenda... *fa
segno di stare zitti*
Vi imploro di perdonarmi
e questa volta, torno con i ringraziamenti ad personam!x3
Magari aiuta a perdonarmi.*occhisbrilluccicosi*
Ma non prima di aver ringraziato tutte le 42
persone che tengono questa storia nelle preferite, le 11 che la seguono e le 27
persone che tengono me negli autori preferiti.**
Giuro che non mi
sarei mai, mai aspettata tanto. Non sapete quanto mi rendete felice!<3
E ora via:
2: nonostante tutto, sperando che comunque tu Gabrielle
continui a seguirla, grazie del bellissimo commento. Sai che li amo.
4:aww. *abbraccia* Beh,
cos'altro posso dirti più di quello che ti ho detto in tutto questo tempo di chiaccherate su msn? Ti adoro,
tanto. E aspetto di sapere che ne pensi del capitolo (tu e gli altri 31!=P). Sei già lì in pole position!<3 (E mi uccidi via msn, se non pubblico in fretta!xD)
La mia peste preferita!*lovva*
jeeeeee: fedelissima. Ti ringrazio per la costanza con cui
leggi e commenti le mie fic. La fic
qui è ben lungi dal concludersi, maaa... Leggi da te
se è andata bene o male!*ridacchia*
coco2: qui già siamo in vena di addii, maaa... Prima leggi e poi vedrai se è davvero il caso di
salutare!x3
Skipper:oooh. Io amo
questo tipo di commenti.*___* Ne voglio moooolti
altri. Ti ringrazio tantissimo. Sapere di emozionarvi per me è la gratificazione
migliore.<3 Spero questo capitolo sia ancora all'altezza.
Maybe: *saltaalcollo* Ma bentornata!*O* Giuro che volevo
contattarti su msn da tipo una vita, che non mi
faccio sentire da un tempo vergognoso. Solo che ho avuto casini con
l'iscrizione all'uni e... Comunque, lo faccio appena posso, spergiuro!x3
Intanto grazie del commento, mi mancava il tuo nome tra le lettrici!x3
-Prncess-: ok, direi che la mia mail è stata abbastanza
esplicativa rispetto a quanto mi ha fatto piacere la tua recensione!x3 Non
crederai ai tuoi occhi, probabilmente, quando vedrai l'aggiornamento. Aspetto
ansiosamente un commento!*O* Spero di non deluderti!x3
Simba: una new
entry!*O* *ama* Ok, non ho aggiornato in frettissima,
maaa... sappi che il tuo commento mi è piaciuto e che
ti volgio nelle commentatrici fisse!*arruola* Spero
che il capitolo valga la pena dell'attesa.
3: Ok, il commento non c'è... ancora!x3 Però ti ringrazio
in anticipo perchè so già che arriverà e che sara perfetto, come sempre.<3 Ti adoro, lo sai.x3
Beeeene, è tutto sul serio.
Vi lascio al capitolo!x3 Al prossimo aggiornamento (GiuroH,
mi velocizzerò!x3).
Baciattutte!x3
- Capitolo 24°-
{ Turn right, into my arms.
Turn right.
You won't be alone,
you might fall off this track, sometimes...
Hope to see you on the finish line.
}
Turn
Right - The Jonas Brothers
Rivolse uno sguardo
malinconico al cielo, plumbeo sopra il parcheggio silenzioso.
Il terminal dei voli
di linea sembrava quasi incombere, alle sue spalle. Massiccio e soffocante,
nonostante le lucidissime pareti vetrate...
Iniziò a piovere
quasi immediatamente. Tempo che il taxi fu sparito, oltre la prima fila di
auto, un velo di sottili gocce ghiacciate prese ad inumidire il marciapiede su
cui Coco si era fatta lasciare. Lei si caricò il borsone blu in spalla, ma
rimase immobile dov'era.
Guardò le punte
tonde delle sue scarpe, prima di tornare a fissare i grossi nuvoloni grigi.
Incurante della pioggia che le picchiettava sulla pelle arrossata.
Poche volte, in
tutta la sua vita, era arrivata a dubitare di avere abbastanza forza per
prendere una decisione. L'ultima, nemmeno a farlo apposta, era stata in una
circostanza del tutto simile... Un aereoporto, un
volo da prendere. Solo... dalla parte opposta del mondo.
Solo, allora, non
stava lasciando indietro Joe, Kevin e Nick. Non stava rinunciando alla cosa più
bella che le fosse mai capitata. Dettagli.
- Non lo so, se ce
la faccio. - Mormorò, prendendo a camminare, mentre cercava di non pensare a
loro.
Attraversò
l'ingresso, freddo e asettico nonostante la folla che lo gremiva, tenendo lo
sguardo saldamente puntato a terra. Non prestò particolare attenzione a dove
stava andando, nè ai grossi schermi luminosi su cui
andavano susseguendosi infinite liste di voli in partenza.
Non si
era presa il disturbo di capire dove Annabelle volesse portarla. Per quello che
contava, aveva messo via il biglietto aereo, senza neppure guardarlo.
Si sentì
mancare il respiro, mentre l'ennesima morsa di panico le strizzava lo stomaco.
Cercò con lo sguardo un angolo più tranquillo dove sedersi, ma non fece tempo
ad allontanarsi.
- Gabrielle. -Si voltò, lentamente, al suono inconfondibile
del suo nome pronunciato da lei. - Trèspunctuel. -
Senza nemmeno
darle il tempo di rispondere, Annabelle le posò una mano sulla spalla e la
spinse con decisione verso i banchi del check-in.
Fino in
fondo all'ampio salone, chiuse in un silenzio tanto rigido, che Coco poteva
sentire distintamente le ruote dei trolley scivolare sul pavimento lucido,
attorno a loro. Strinse la tracolla del proprio borsone, ignorando la
fastidiosa sensazione della stoffa ruvida contro le dita, sforzandosi di non
pensare a niente di più complicato del come si potesse mettere un piede davanti
all'altro senza inciampare.
Di
piangere era decisamente stufa, ammesso e non concesso che le fosse rimasta
ancora qualche lacrima, dopo gli ultimi giorni... E arrabbiarsi, urlare e dire
"no" non sarebbe servito a null'altro che mettersi in ridicolo.
Si
fermò, osservando il display agganciato all'ultimo pilastro. Seattle. Nemmeno a farlo apposta, sua
madre voleva riportarla esattamente dove tutto si era interrotto.
Sarebbe
stato il "ritorno" del volo
Seattle-Parigi - solo andata - su cui Michael l'aveva
caricata, sei anni prima.
E,
ancora una volta, sarebbe partita senza una sola lamentela. Avrebbe fatto
quello che doveva, senza appoggiarsi a niente e a nessuno.
***
Joe si
rotolò sul materasso, allungando un braccio sulla mezza piazza rimasta vuota.
-
Coco..? - Mugolò, sbattendo appena le ciglia per cercare di abituarsi alla
luce.
Si
stropicciò gli occhi ed osservò distrattamente l'armadio riprendere forma e
consistenza, oltre il nebuloso velo di sonno. La cercò, subito, per avere la
rassicurante certezza di non sprecare nemmeno un secondo del tempo che rimaneva
per loro.
Non
guardò la sveglia e non si accorse delle nuvole grigie che spingevano contro la
finestra socchiusa, troppo occupato a domandarsi perchè
le coperte accanto a lui fossero ancora in totale, gelido ordine per realizzare. Le sfiorò, tastandole appena
con la mano.
Non
c'erano pieghe morbide sul cuscino appoggiato contro la testata e non c'era il
tepore della sua Gabrielle a scaldare le lenzuola. Nemmeno il suo profumo.
-
Amore... Dove sei? - Scese dal letto, improvvisamente e del tutto sveglio.
Il
silenzio della casa ancora addormentata premeva sulle sue orecchie in maniera
assurdamente seccante, facendogli correre un violento brivido d'ansia lungo la
schiena. Attraversò il corridoio di corsa, ignorando la fastidiosa sensazione
del pavimento freddo sotto i piedi nudi e quasi slittò sulle piastrelle chiare
del salotto.
-
Gabrielle...! - Chiamò, di nuovo. Una vena di panico si stava facendo strada
nella sua voce squillante, spezzandone il suono limpido.
Si
voltò, fulmineo, nel sentire il familiare scatto della porta di ingresso.
Stava
già per lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo quando si accorse, con
malcelato sgomento, che non era Coco la figura in piedi sulla soglia. Monique
si fermò, riprendendo pesantemente fiato dopo la folle corsa fatta. Una mano
poggiata allo stipite, l'altra ancora serrata attorno alla maniglia.
Quando
alzò lo sguardo, fondendolo a quello di Joe, lo stomaco di quest'ultimo si
chiuse con uno spasmo violento, quasi doloroso. No, non erano azzurri quegli occhi.
Non come
avrebbero dovuto essere.
- Dov'è
mia sorella? - Domandò Monmon, senza troppe cerimonie.
Joe la
guardò senza rispondere, serrando le labbra in una smorfia stizzita.
- Non lo
so... - Mormorò, mentre in lui si faceva rapidamente strada l'orribile
consapevolezza che, molto probabilmente, non avrebbe trovato la sua Coco
nemmeno al di là dell'ampia porta a vetri, ancora chiusa.
Si voltò
di scatto, spalancandola ed entrando nella cucina desolatamente vuota. Ci volle
meno di un secondo, perchè i suoi occhi color
caramello si posassero sulla busta. Piccola ed incredibilmente fuori posto, sul ripiano sgombro del
tavolo.
- Joe..?
-
La carta
era già strappata e la foto stretta fra le sue dita tremanti, quando Monmon lo
raggiunse. Gli posò una mano sulla spalla, incerta nel tentativo di attirare la
sua attenzione. Lo chiamò, scrollandolo appena, ma lui nemmeno la sentiva più.
Respirava a fatica, gli occhi fissi sulle uniche due parole scritte a penna,
sulla superficie liscia.
"Vi amo."
Aveva
leggermente sbavato l'ultima lettera, poggiandoci sopra le dita.
Voltò la
foto e represse a fatica un moto di stizza, quando vide le loro quattro espressioni
sorridenti. Ormai aveva capito, ci era arrivato e la sola conclusione possibile
non gli piaceva, affatto. Gli bruciava, come le parole in gola ed il bordo
tagliente contro la pelle.
{Che cosa cazzo avevamo da ridere così?!?}
Non
poteva nemmeno immaginare di essere stato tanto tranquillo e contento. Non ora
che la sola cosa che riusciva a percepire era l'incolmabile assenza di Coco.
Non riusciva a pensare o a sentire
nient'altro, sapeva solo che lei non era lì. Che se ne era andata. E basta.
Era una
assurda, soffocante sensazione di vuoto. Come essere rimasto improvvisamente
senz'aria.
Quella
consapevolezza lo feriva, colpendolo con silenziosa, atroce precisione. Dritto
al suo punto debole... Si detestò per tanta immaturità, ma fino all'ultimo
aveva silenziosamente sperato che lei non se ne andasse. Non aveva mai voluto,
veramente, accettare di separarsi da Gabrielle.
Non lo
accettava tuttora, per quello.
Perchè non potevano portargliela via. Non così. Non era concepibile...!
Cercò di
non fermarsi a guardare il sorriso di lei. Inutilmente, da che era impresso
molto più a fondo nel suo cuore che su quel ritaglio di carta. Chiuse gli occhi
di scatto e spinse via una delle sedie, spostandola con tanta violenza da farla
rovesciare sul pavimento di cotto.
Monique
arretrò, spaventata.
-
Che...? - Abbozzò, trattenendo il fiato.
- Se ne
è andata...! - Ringhiò Joe, lasciandosi sfuggire una risata amara. -
Gabrielle... - Mormorò, sentendosi addosso tutto il peso di quella certezza.
Poggiò
la foto sul tavolo, stizzosamente, urtando la busta strappata con la mano.
Quando
l'anello - il suo anello - scivolò
oltre il bordo e rotolò tintinnando sul pavimento, per poco non crollò. Lo
raccolse, in silenzio e se lo rigirò fra le mani, prima di alzare gli occhi
lucidi su Monmon. Stringendolo fino a graffiarsi il palmo.
- Se ne
è andata sul serio. - Soffiò.
- No...!
- Sibilò lei, passandosi una mano fra i capelli scuri.
-
Dovevamo accompagnarla noi, volevamo stare con lei... - Continuò lui, mordicchiandosi
il labbro. - 'Fanculo...!-
Sbottò, poi, passandosi una mano sulle ciglia umide.
Monique
alzò lo sguardo di scatto, come fosse stata colta da un'improvvisa rivelazione.
- E
pensavate davvero che Coco avrebbe accettato di vedervi piangere per lei? Che
sarebbe stata capace di lasciarvi, così?
- Ribattè, momentaneamente dimentica di quello che
aveva da dire, inarcando un sopracciglio. - Possibile che non capiate quanto e
come la mia sorellina si è innamorata
di voi? -
- Noi
conosciamo Gabrielle... - Joe si voltò, sussultando impercettibilmente quando
vide i suoi fratelli in piedi sulla porta, poco dietro di lui. Nick, che aveva
parlato, si fece avanti, fronteggiando Monmon con aria decisa. - Abbastanza da
capire che avrebbe avuto bisogno di noi, fino all'ultimo. -
- E
allora avreste dovuto immaginare che, nonostante tutto, avrebbe scelto di non
coinvolgervi. - Sospirò lei. - Che non vi avrebbe mai chiesto di dirle addio.
L'avrebbe fatto lei e vi avrebbe, in un certo senso, lasciati liberi. - Concluse, indicando con un
cenno del capo il contenuto della busta, sparso sul tavolo vuoto.
Il piccolo sussultò, sgranando gli occhi
scuri quando vide il sssuo plettro e gli orecchini,
poco distanti. Non raccoglievano nemmeno una goccia di luce, lontano da Coco.
Si
avvicinò, raccogliendo entrambi nel palmo della mano. Stringendoli
delicatamente, così come suo fratello Joseph aveva fatto con l'anello...
E come
Kev, con il foglio piegato in quattro su cui spiccava il suo nome, tracciato
nella calligrafia sottile e tondeggiante di Gabrielle.
- E' per
te. - Mormorò, allungandolo al fratello. Poi distolse lo sguardo, ficcando il
pugno chiuso in tasca, rabbiosamente. Fissò con disperata ostinazione le tende
bianche, tese davanti ai vetri rigati di pioggia. Le osservò appannarsi,
deformarsi leggermente sotto un velo di lacrime furiosamente trattenute.
Kevin lo
afferrò, senza proferire parola e lesse rapidamente le poche righe in esso
contenute.
"A te lascio il "nostro
segreto".
Sei libero, Kevin. Libero di agire come
credi e di dire tutto a Joe.
Ma non addossarti tutta la colpa - ti
conosco, so che lo faresti - e spiegagli che è anche colpa mia, ma che, giuro,
non ho mai avuto intenzione di ferirlo. Nè di ferire
te. Perchè, a modo mio, vi amo entrambi.
E vi amo al punto che non posso nemmeno
pensare, di farvi del male."
Sollevò
lo sguardo, fissandolo sul maggiore dei suoi fratelli per una frazione di
secondo, prima di chiudere il biglietto ed infilarselo in tasca.
- Non...
Non possiamo fare niente. - Esalò, tornando accanto a Nick che,
silenziosamente, gli si accostò un pochino di più. Premette il braccio teso su
quello del fratello, nascondendo il viso contro la sua spalla per una frazione
di secondo.
- NO...!
In realtà qualcosa c'era. - Soffiò Monmon, torcendosi nervosamente le mani.
Spostò lo sguardo dall'uno all'altro, ansiosa. - Credo di avere una soluzione.
-
- Che- -
Nick si bloccò, lasciando correre lo sguardo al salotto, oltre la porta.
Joe era
scattato, come fosse stato caricato a molla. Si era già infilato un paio di
scarpe e una felpa, quando i fratelli lo raggiunsero. Kevin gli strappò di mano
la sua kefiah, impedendogli di gettarla sul pavimento insieme a tutto il
rimanente contenuto dell'armadio.
- Che
diavolo ti è preso, si può sapere? - Abbaiò, indicando con un cenno del capo i
vestiti impietosamente accartocciati ai loro piedi. Joe nemmeno lo guardò in
faccia, mentre recuperava la sua giacca a vento.
- Io
vado da lei! - Esclamò, infilando l'anello di Coco in una delle tasche interne.
- Non la lascerò partire, con la soluzione qui,
sottomano...! -
- Non
sappiamo nemmeno quale sia, questa "soluzione"...! - Obbiettò Nick,
agguantandolo per un braccio. - Coco non tornerà, senza la certezza che Lulù
sia fuori rischio. Io... Non voglio correrle dietro e costringerla a dirmi
addio un'altra volta. - Abbassò lo sguardo, riprendendo silenziosamente fiato.
- Nick
ha ragione, Joe. Non possiamo farle questo... - Soffiò Kevin, strizzando la
sciarpa tra le dita affusolate.
- Ma...
STATE SCHERZANDO?! - Ringhiò lui, scrollandosi di dosso il fratello minore con
un gesto secco. - Volete lasciarla andare? -
- Farei
qualunque cosa, per riaverla qui. - Sibilò Nick, piantando furiosamente gli
occhi nei suoi. - Qualunque. Non osare
metterlo in dubbio, Joe. -
- E
allora avresti potuto informarla che il tribunale ha acconsentito a lasciarmi
la custodia di mia figlia, dopo che Geràrd mi ha
assunto con regolare contratto... E ha rintracciato il vero padre di Luciàne,
costringendolo a riconoscerla. - Intervenne Monique, che li aveva appena
raggiunti. - Questa è la soluzione.
Ero venuta per dirglielo, ma Gabrielle deve sempre fare di testa sua,
maledizione...! -
Si
appoggiò allo stipite, incrociando stancamente le braccia mentre l'ombra di una
lacrima correva nei suoi occhi scuri.
- Visto?
VISTO? - Abbaiò Joe. - Io la riporto indietro...! Sei venuta in macchina? -
Continuò, rivolgendosi a Monmon.
- Sì,
ma...! - Abbozzò lei, presa decisamente in contropiede. - E' tardi, non arriverai
mai in tempo. Ammesso che tu non voglia violare l'intero codice stradale
francese. - Aggiunse, inarcando un sopracciglio.
- Al
massimo offriremo all'autorità il privilegio di confiscare due patenti
americane, in una volta sola. - Ribattè Kevin risoluto,
girandosi la kefiah attorno al collo, mentre con lo sguardo cercava le proprie
scarpe in mezzo al caos scatenato dal fratello.
Joe lo
guardò con improvvisa, profonda gratitudine. E guardò Monique che sembrò
improvvisamente più sollevata. Smise di torturarsi le mani, prendendo
profondamente fiato.
- Sì,
certo. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. - Poi lo spiegate voi a quel
mastino vestito da confetto..! Muovetevi, vi voglio vestiti, pronti e in strada
fra due minuti. Io scendo a prendere Lulù. Non posso lasciarla a Dominique per
altre dodici ore, senza dire niente...! - Esalò, estraendo le chiavi della twingo dalla sua tracolla.
***
Monique
Lemoin arrivò all'aereoporto dopo aver, per la prima
volta in vita sua, bruciato almeno quattro semafori rossi consecutivi e
infranto i tre quarti delle norme stradali, in appena una manciata di
chilometri. Lasciò l'automobile malamente accostata ad uno degli spartitraffico
davanti al terminal dei voli di linea, schiaffando la portiera al suo posto con
un po' troppa enfasi.
- Mi
sequestreranno la patente, lo sento...! - Soffiò, mentre sollevava la piccola Luciane dal marciapiede bagnato e la stringeva fra le
braccia.
Era
talmente agitata e in panico che riusciva solamente a pensare a cose stupide
come quella.
La sua
mente si rifiutava a livello categorico di fissarsi su Coco o sul fatto che
stava per andarsene definitivamente dall'altra parte del mondo... Su come la
sua sorellina sarebbe stata costretta ad obbedire alla volontà di Annabelle. O
su qualunque altra cosa la riguardasse.
Si
concentrò esclusivamente su come potesse filare il più velocemente possibile
con la bambina in braccio e senza perdere di vista Joe e Kevin che erano
schizzati fuori dalla twingo, senza quasi aspettare
che si fosse definitivamente fermata.
Correvano
con una forza disperata, quei due ragazzi.
Come se
non sentissero la fatica o non vedessero la marea di persone che si dipanava
fra loro e i banchi del check-in. Con il solo pensiero di fermare Gabrielle,
prima che fosse troppo tardi... Per quanto non sapessero nè
per dove, nè a che ora lei sarebbe partita.
E, per
quanto lei, invece, sapesse benissimo che esisteva un legame profondo fra loro
e sua sorella, non sarebbe mai arrivata ad immaginare che fosse... così. Incredibile.
Tipico
di sua madre non averlo visto. Non essere arrivata a capirlo ed essersi
limitata a distruggerlo. Per Annabelle contava solo quello che, per una serie
di stupide coincidenze, Kevin, Joe e Nick avevano in comune con Michael... non
l'amore che, tutti e tre, provavano per Coco. Non quello che erano stati in
grado e avrebbero continuato a fare per lei.
Trattenne
il respiro, stringendo rabbiosamente i pugni.
- Non ce
la faccio...! - Esalò, piegandosi leggermente sulle ginocchia per riprendere
fiato.
- Tutto
bene..? - Sobbalzò leggermente, quando si accorse di Nick fermo accanto a lei.
- Lascia che la porti io. - Continuò, indicando Lulù con un piccolo cenno del
capo. - Sempre... Sempre se ti fidi! - Arretrò, leggermente frenato dalla sua
espressione stranita.
- Io...
Sì, certo. Grazie. - Mormorò, lasciando che Nicholas le prendesse la bambina. -
Non ti pesa? - Soffiò, cercando di sembrare più gentile che esterrefatta.
- Non
preoccuparti. - Accennò un sorriso, timidamente. - Andiamo...! -
- Sì. - Coco. Improvvisamente Coco divenne il
suo unico pensiero. Martellante come la paura sorda che fosse già salita
sull'aereo. In volo.
Seguì
Nick che, incredibilmente, scivolava veloce fra la folla anche con la sua
piccola stretta fra le braccia e cominciò a cercare, affannosamente, fra
migliaia di figure apparentemente tute uguali, due occhi azzurri e lunghi
capelli scuri.
Joe
scavalcò l'ennesimo gruppo di turisti, senza nemmeno vederli, con il cuore che
gli martellava nel petto ad una velocità vertiginosa. Sentiva Kevin correre al
suo fianco, ma nemmeno di lui riusciva a rendersi del tutto conto. La sola cosa
che importava, in quel momento, era Gabrielle.
Il solo
sapere che poteva essere lì a due passi e che avrebbe potuto fermarla e
trattenerla, gliela faceva vedere ovunque. Ogni volta che incrociava una
ragazza bassa o una col cappotto rosso...
E il suo
cuore ogni volta aveva un sussulto.
Non
voleva nemmeno immaginare che fosse troppo tardi. Superarono l'ultimo banco del
check-in, mentre il panico cresceva: se fosse arrivata alla zona di imbarco,
non avrebbero più potuto raggiungerla.
- Kev..!
Non c'è! Qui NON C'E'! - Sbottò, guardandosi febbrilmente attorno.
- Lo
vedo anche da solo, maledizione...! - Ribattè,
sbuffando rabbiosamente. - Dobbiamo andare agli imbarchi. Se c'è ancora una
possibilità, è bloccarla prima che passi i bagagli a mano per il controllo. -
Concluse, risoluto.
- Cazzo! Ci sono più di venti uscite
diverse...! - Imprecò Joe, pestando un piede a terra. - Non ce la faremo ma-Seattle! -
-
Seattle!? - Kevin lo fissò, piuttosto confuso. - Cosa significa
"Seattle"? - Joe lo arpionò per le spalle, voltandolo bruscamente
verso una colonna alla loro destra. Un gigantesco poster patinato faceva bella
mostra di sè, con il logo dell'Operà
in cima e una nutrita lista di date, più in basso.
-
Significa che quella e la prossima tappa del tour! - Esclamò, strattonando il
braccio del fratello. - L'orchestra sta andando lì, quindi...! - Senza nemmeno
rispondere, Kevin cercò con lo sguardo uno dei display luminosi. Scorse
rapidamente i voli, fino a trovare quello che cercava.
-
Eccolo! Gate 7...! - Mormorò, prima di voltarsi e
schizzare verso le scale mobili con Joe alle calcagna.
Fu questione
di attimi, appena arrivati nell'ampia sala dei metal detector, il loro sguardo
si posò sulla colonna disordinata di persone che si affrettava a passare i
bagagli sul nastro ronzante. E La videro, entrambi nello stesso istante, in
piedi accanto alla figura rigida della madre, mentre si sfilava la sacca di
stoffa colorata e faceva per appoggiarla in uno dei cestelli di plastica.
-
COCO...! NO! -
Kevin
scattò fulmineo, superando il fratello di misura e nel giro di qualche secondo,
le sue braccia furono saldamente strette attorno alla vita di Gabrielle, mentre
Joe agguantava la borsetta appena prima che sparisse.
-
Kevin...! - Soffiò lei, senza quasi rendersi conto di cosa fosse successo.
Alzò lo
sguardo, fissando apprensivamente Annabelle che li guardava in cagnesco,
attraverso l'arco di metallo che aveva appena attraversato. Allontanò
bruscamente la poliziotta che stava esaminando le tasche del suo trench,
facendo in tempo a muovere un unico passo in avanti, prima che quella la
riagguantasse, impedendole di ripassare sotto il detector.
- Non
devi partire... Non sei più costretta a farlo! - Esclamò Kevin, aumentando la
stretta sul suo corpo minuto mentre i suoi occhi saettavano sulla smorfia
furibonda della donna. Annabelle strizzò la molletta di brillanti che aveva
recuperato dal cesto, graffiandosi le pallide dita affusolate.
-
Cosa...? Kev, sei impazzito!? - Balbettò, prendendo a tremare
impercettibilmente. Nel panico, arpionò i polsi di lui, cercando inutilmente di
allontanarlo.
-
Monique ha sistemato tutto. Lulù non corre più alcun rischio...! - Spalancò gli
occhi, fissando Joe come se avesse appena annunciato un'invasione aliena. -
Puoi rimanere... - Le sorrise, trattenendosi a stento dal correre a strapparla
dalle braccia del fratello.
- Giurami
che non ti stai inventando tutto...! - Mormorò, mentre il cuore le si bloccava
nel petto.
- Giuro. - Sobbalzò, nel sentire la voce
di Kevin contro il suo orecchio. Si voltò, muovendosi lentamente nel suo
abbraccio. Tuffando gli occhi chiari in quelli di lui.
Si portò
entrambe le mani alla bocca, mentre lo guardava sorridere e annuire
impercettibilmente.
- NON
IMMISCHIATEVI...! Vo- - Abbaiò Annabelle, ancora piantonata dalla poliziotta
che non ne voleva sapere di farla tornare indietro. Bloccandosi, quando vide la
figlia, totalmente incurante delle sue urla, gettare le braccia al collo del
ragazzo più grande e stringersi contro di lui fin quasi a sparire.
A
completare il quadro, Monique arrivò di corsa, qualche attimo dopo,
accompagnata da un terzo giovane. Luciàne era aggrappata alla sua spalla,
tranquilla.
Era
decisamente, orribilmente in minoranza numerica.
- Loro
si immischiano quanto vogliono, mamma. E nè Coco nè Lulù vanno da nessuna parte. - Replicò la maggiore delle
sue figlie, gelida. - Se vuoi partire, lo dovrai fare da sola. -
- Hai
sentito? - Mormorò Joe, raggiungendo Gabrielle e Kevin. Sorrise, sfiorandole la
mano, ancora serrata alla spalla del fratello. - Rimani qui. -
Lei non
rispose, sussultò appena, stringendosi un po' di più contro Kevin che le
accarezzò la schiena con rassicurante dolcezza.
Annabelle
arriciò le labbra in una smorfia furibonda e,
trattenendo a stento una risatina isterica, scagliò la molletta oltre l'arco
del detector con tanta foga, che quella rimbalzò sul pavimento levigato e
rotolò fino ai piedi di Joe.
Se ne
andò, stringendo rabbiosamente la sua borsetta, mentre lui raccoglieva il
fermaglio e nessuno, ormai, le badava più. Monique sospirò profondamente,
ripetendosi che, se fosse stata una buona figlia, avrebbe almeno provato a
correrle dietro.
- Se ne
è andata. - Nel frattempo, Joe era di nuovo accanto a Coco. Le accarezzò i
lunghi capelli scuri, indugiando con le dita contro la sua guancia arrossata.
Dopo un
attimo che parve infinito, lei si staccò da Kevin, voltandosi a guardare la
colonna di persone scorrere al di là del metal detector, ormai sgombro. Senza
quasi crederci.
- Per
una volta ti è concesso tornare indietro e scegliere di fare quello che vuoi,
non quello che devi. - Mormorò Joe,
prendendole il viso fra le mani. Si chinò a posarle un bacio leggero sulle
labbra socchiuse e la sentì sorridere, lievemente, contro la sua bocca.
- E'
andata, sì, ma vorrà delle spiegazioni. - Replicò aspra Monmon. - Proverà
comunque a prendersi Luciàne, lo sai. - Gabrielle la guardò, annuendo appena
oltre la spalla di Joe.
- Non mi
avete raccontato una balla, vero? - Soffiò, arpionando il braccio di lui. - C'è
sul serio un modo per far restare Lulù...? -
- Un
documento firmato e timbrato dal tribunale ti può bastare? - Rispose Monique,
tornando a sorridere.
Per Coco
fu come se la avessero liberata improvvisamente di tutto il peso, la tensione e
la paura accumulata negli ultimi giorni. Scivolarono via con tanta forza che
sentì quasi cedere le gambe.
Lasciando
spazio ad un infinito, soffocante sollievo.
Spostò
lo sguardo dalla sorella a Nick, che le stava accanto con Lulù ormai sveglia
fra le braccia. Gli sorrise, arrossendo appena mentre lui appoggiava a terra la
bambina e le correva incontro.
- Posso
dirti "bentornata? - Soffiò,
mentre l'abbracciava. - Anche se non sei mai veramente partita, grazie a dio.
Ultimo capriccio, giuro...! - Aggiunse, ridendo.
- Tutto
quello che vuoi. - Replicò lei. Lo sguardo di Nicholas si illuminò, nel vederla
così felice. - Anche perchè, che mi sei mancato... mi
siete mancati, tutti, io devo dirvelo. - Arrossì, mentre Joe e Kevin si
avvicinavano. - Sono stata poco più di un'ora, senza di voi, ma, vi assicuro, è
stato abbastanza per un'esistenza intera...! -
- Sono
pienamente, decisamente d'accordo! - Esclamò Joseph, stringendosela contro
mentre tutti e quattro scoppiavano in una lunga risata liberatoria.
***
Monique
prese l'ennesima curva con calcolata delicatezza, canticchiando sommessamente.
Perfino
il ticchettio cadenzato della pioggia contro il cruscotto sembrava essersi
accordato con la musica soffusa che usciva dalla vecchia autoradio.
Lanciò
uno sguardo veloce nello specchietto retrovisore, captando con la coda
dell'occhio la figura di sua sorella fusa a quella di Nick. Dormivano
profondamente, abbracciati nella penombra dell'abitacolo e nemmeno Joe, per una
volta, sembrava aver trovato qualcosa da ridire su come Coco si era lasciata
andar fra le braccia del fratello. Indugiò per un momento su di lui, che, dal
sedile accanto al suo, analizzava con curiosa attenzione il display del
navigatore satellitare.
-
Dovremo spiegarle davvero tutto su Lulù e quel documento. - Mormorò,
prendendola alla sprovvista. - Quando si sveglierà... E' stravolta. Lo siamo
tutti... -
- Sì...
certo. - Annuì lei, studiando il sorriso tranquillo che le rivolse.
- E
comunque, adesso, abbiamo tutto il tempo. - Continuò lui, fissando gli occhi
color caramello sulla strada umida, oltre il vetro rigato di pioggia.
- Tutto il tempo del mondo. - Gli fece eco
Kevin, da dietro.
Monmon
osservò con cura i volti dei ragazzi, squadrò sua figlia Lulù che, ormai,
sembrava fuori posto fra loro quasi meno della stessa Gabrielle... Fissò Coco,
addormentata serenamente come poche volte in vita sua le era capitato di
vederla. E sorrise.
Tornò a
guardare la strada, alzando un po' il volume.
Ebbene,
non so che cosa sia... Se è stato il concerto o che cosa, ma in questi giorni
sono iperproduttiva a livello di scrittura!^O^/ Nunzio vobisgaudium magnum!
Perciò,
oltre alla shot fresca fresca
dell'altro giorno, "Happy Sweet Halloween" (che un commentino fa sempre
infinito piacere!*faccinoimplorante*)
ecco anche il nuovo capitolo di "Gabrielle".=D
Un
capitolo di "transizione", dopo gli ultimi scossoni tocca con quel
po' di miele che basta per rilassarsi dopo tutti drammi passati!<3 Sì,
tenetevi pronte, Jonas-coccole a profusione.
... ma
sarà la calma, passata questa tempesta o la quiete prima di un'altra?*risatinamalvagia* Chi lo saaa...
Per ora
godetevi questo capitolo e una buona dose di aaaw terapeutici,
care le mie lettrici.
Ringrazio
le mie fedelissime che sempre commentano e resistono, nonostante le recensioni
calino a vista d'occhio. Non sapete la gioia che date, ad ogni singola parola
di ogni singlo commento. Per me vuol dire tantissimo.**
mitber, jeeeeee, coco2, Simba, Maybe. Vi amo.<3
*comunicazione di servizio*
L'ultimo capitolo soffre di astinenza da
commenti di una certa numero 4 e una numero 3, ne sente infinitamente la
mancanza.
*finecomunicazione*
Infine
sempre grazie alle 43 persone che
tengono la fic nei preferiti, le 12 che la seguono e le 36,
dico 36, che mi hanno fatto l'onore di scegliermi fra gli autori preferiti.*_____*
Grazie millissime.
Buona lettura, bimbe e ricordate
che un commento costa poco, ma vale
moltissimo!<3
- Capitolo 25° -
{ E
ritorno da te perché ancora ti voglio
[...]
Io ritorno perché ho bisogno di te.
Di respirare fuori da questa inquietudine,
di ritrovare mani forti su di me.
E non sentirmi sempre così fragile... }
E Ritorno Da Te - Laura Pausini
Coco mosse un timido
passo oltre l'entrata, fermandosi ad osservare il salotto vuoto quasi con il
cuore in gola. Le sembrava di essere stata lontana dei secoli, mentre invece
erano passate solo poche ore da quando era uscita di corsa, impedendosi di guardare
cosa stava lasciando indietro. Ascoltò distrattamente il rumore della porta che
si chiudeva, misto al chiacchierare soffuso dei ragazzi, nemmeno sentì Monique,
la prima volta che questa tentò di attirare la sua attenzione... Tutto quello a
cui, momentaneamente, riusciva a pensare era che incredibilmente quella non era
Seattle. - Coco...! Mi hai sentita? - Si girò, osservando la sorella quasi con
stupore.
- Sì... Sì, scusa Monmon. - Mormorò, mentre l'altra si lasciava sfuggire un
piccolo sorriso.
- Stavo solo dicendo che all'aereoporto mi hanno
detto che la tua valigia dovrebbe arrivare in pochi giorni, stavano già
abilitandosi per vedere se era già stata caricata. - Gabrielle annuì,
leggermente intontita dal sonno che si stava facendo più insistente. - Bene.
Vado con Lulù a fare la spesa e un altro paio di cose, ti lascio con loro...
Immagino avrete delle cose da dirvi. - Sorrise, indicando i Jonas con un lieve
cenno del capo. Poi si sporse leggermente in avanti e abbracciò la sorellina,
soffocando una lacrima tra i suoi boccoli scuri. - Non scappare mai più, monpetìt, mai
più. -
- Mai.
- Soffiò, stringendola. In quel momento più che mai Coco si sentì grata che
Monmon fosse tutta la sua famiglia. L'accompagnò alla porta, aspettando che
fosse sparita oltre la rampa di scale, prima di richiudersela alle spalle.
Improvvisamente
tutta la stanchezza accumulata in una notte insonne ed in poche ore di paura
soffocante le piombò addosso, tagliandole letteralmente le gambe. Si sentiva
come se ogni singola cellula del suo corpo stesse urlando la propria fatica.
- Adesso si dorme, che ne dite? - Sbadigliò Kevin, stiracchiando le braccia
sopra la testa. - Poi penseremo a tutto il resto. - Guardò Gabrielle,
incastrandosi per un interminabile attimo nel suo cielo personale. Lei sorrise,
arrossendo appena. Talmente presa a rendersi conto che era di nuovo accanto a
loro, da scordarsi il bacio davanti al Louvre, la sua fuga ed il biglietto che
gli aveva lasciato.
- Sei a casa, amore mio. - Un brivido le corse lungo la schiena, nel sentire la
voce carezzevole di Joe. Quando tornò a guardarlo erano rimasti solo loro due
nella stanza sgombra.
Nick e Kevin erano
scivolati silenziosamente in corridoio, lasciando loro il tempo di
raggiungerli, dopo. Gli si avvicinò
rapidamente, lasciando scivolare le braccia sottili sotto le sue, prima di
stringersi contro di lui. Appoggiò la testa nell'incavo della sua spalla,
strofinando appena il naso sul cotone morbido della t-shirt che indossava. Non
disse una sola parola.
Neppure quando Joe
l'abbracciò... quando, poi, le posò un bacio leggero sulla fronte e lasciò le
labbra appoggiate alla sua tempia fredda, in una tenera carezza. Rimase
accoccolata nella sua stretta, tendendo un po' di più i palmi contro la schiena
di lui mentre gustava il suo profumo familiare. Si assaporarono a vicenda,
recuperando per secondi, minuti interminabili tutto quello che avevano creduto
di perdere per sempre. Letteralmente premuti l'una contro l'altro, senza la
morbida barriera dei cappotti, abbandonati alla bella e meglio sul divano.
- Sei uscito
così...? - Soffiò Gabrielle, inaspettatamente, dopo un po'. - Sfiorò la stoffa
della maglietta, all'altezza dell'ombelico di Joe. Sollevò appena lo sguardo,
senza allontanarsi.
- Non ho avuto tempo
di mettermi lo smoking...! - Ridacchiò lui, stampandole una scia di
microscopici baci lungo il profilo della guancia. - Stavo correndo a prenderti.
Io, anzi, noi... anche Kevin e Nick,
ti saremmo corsi dietro comunque... perfino in mutande. - Altra risata, che si trasformò in lieve rossore sul viso
di Coco. - Eravamo in pigiama. Ci siamo infilati una giacca per non morire di
freddo e siamo venuti da te. Tutto qui.
-
- Joe... - Mormorò
lei, soffocando un sospiro. - Dimmi che non è un sogno. Non voglio svegliarmi e
scoprire che in realtà tu non ci sei. - Gli accarezzò la schiena, lasciando
correre le dita fin quasi alle sue spalle. Joe sorrise appena, sfiorandole
l'angolo delle labbra con le proprie.
- Posso giurarti che
la pura verità è che sono qui con te, Coco. E non ti lascerò nemmeno per un
attimo, mai. - Continuò risoluto. - A
proposito... credo che questo sia tuo. - Sogghignò, estraendo dalla tasca
l'anellino d'argento scuro.
Gabrielle sussultò,
ricordando improvvisamente la foto, la busta... Il modo meschino in cui era
fuggita. Strinse il cerchietto di metallo nel palmo arrossato, sussurrando una
serie di timide scuse sconclusionate mentre lo reindossava.
Un piccolo tuffo al cuore, Joe ancora una volta non si era reso conto che lei
quella fedina aveva scelto di portarla, sì, ma al dito sbagliato. In quel momento era troppo preso da altre parole.
- Sei stanca,
cucciola, lo vedo. - Soffiò, accarezzandole i capelli. - Come dice Kev, avremo
tutto il tempo del mondo, dopo. -
Coco annuì, stringendoglisi contro mentre lo seguiva
in corridoio.
- Sai cosa? -
Ridacchiò, fermandosi davanti alla porta chiusa della stanza di Monique. - Finchè non torna la mia valigia, non ho niente da
mettermi... Neppure un pigiama. -
- Per quello,
troveremo una soluzione. - La tranquillizzò Joe. - Vieni. -
***
Arrossì,
stringendosi al petto la t-shirt e i pantaloni di felpa che Joe aveva appena
preso dall'armadio. Sembrava stupido, ma solo il fatto di sapere che quei
vestiti erano suoi la imbarazzava... Per quanto, invece, l'idea di indossarli
la allettava più di quanto si sarebbe aspettata da sè
stessa. Lo osservò di sottecchi, mentre raccoglieva un paio di maglioni dal
pavimento e li riponeva alla bella e meglio sullo scaffale. L'unico rumore che
aveva osato insinuarsi nel loro silenzio era il vivace scrosciare dell'acqua di
un rubinetto, misto alle chiacchere di Kevin e
Nickal di là della parete.
- I pantaloni credo
siano di Nicky, ma non è un problema. - Sorrise, chiudendosi le ante del
guardaroba alle spalle. - Te li lascia più che volentieri. - Coco alzò lo
sguardo di scatto, come se fosse appena ripiombata alla realtà da chissà quale
strano sogno.
Annuì
impercettibilmente, poggiando gli indumenti sul letto e iniziando a sfilarsi il
maglione. Senza bisogno che gli dicesse nulla, Joe si sedette sulla sponda
opposta, volgendole le spalle.
Lasciò che si
cambiasse, concentrandosi profondamente sullo spartito scarabocchiato che Kevin
aveva lasciato sopra il comodino e solo
su quello. Al momento era molto meglio così, per entrambi.
- La coulisse è un
po' larga... - Quando alzò lo sguardo, Gabrielle era in piedi di fronte a lui.
Armeggiava con i
laccetti grigi, cercando di tenderli il più possibile fra le dita sottili.
Sorrise, nel vederla litigare con l'orlo della maglietta, decisamente lunga per
lei. E trattenne appena il respiro quando inaspettatamente lo sollevò e lo
strinse fra le labbra per trattenerlo, mentre ancora provava a legare i
cordini, scoprendo un abbondante spicchio di pelle candida attorno all'ombelico.
Coco sbuffò, mormorando qualcosa di incomprensibile contro la stoffa scura e li
abbandonò annodati così com'erano. Joe sollevò le mani a stringerle i fianchi,
attirandola appena in avanti e si allungò a poggiarle un bacio leggero sulla
pancia scoperta, appena sopra la cintura dei pantaloni, scivolata leggermente
verso il basso.
- Joe... - Sospirò
lei, fermando la maglietta al volo con le braccia. Lo sentì sorridere contro la
sua pelle, mentre ripeteva l'operazione un po' più in alto.
- Non credo che tu
possa stringerli più di così...! - Mormorò lui, con aria sorniona.
- Non credi o non vuoi...? - Replicò, arrossendo
impercettibilmente. Gli accarezzò i capelli, trattenendo la t-shirt con una
sola mano e spingendolo involontariamente a sollevare lo sguardo, incastrandolo
nel suo. Si morse il labbro, trattenendo il fiato con un leggero sussulto,
quando prese a solleticarle l'ombelico con le dita affusolate e i suoi occhi si
fecero umidi, mentre ancora si perdevano in quelli color ambra di Joe.
- Ehi...! Quella è
mia. - La voce squillante e divertita di Kevin fu come lo scoppio improvviso di
un proiettile. Gabrielle mosse un passo indietro, scivolando via e Joseph si
alzò di scatto. Avvicinandosi, mentre lei si sistemava la maglia e la tirava febbrilmente,
spingendola il più possibile in basso. - La maglietta.
Ma ammetto che sta meglio a te...! - Sorrise, raggiungendo Coco. Le circondò le
spalle con un braccio, schioccandole un bacio sulla guancia.
- Me... Me l'ha data
Joe. - Soffiò lei, rilassandosi nella sua tenera stretta. - Pensavo fosse sua.
E'... è che non ho i miei abiti. La valigia...
- Balbettò, cercando di spiegarsi. Kevin la fermò, agitando appena il capo con
fare divertito.
- Frena. Non c'è
nessun problema... Usala. - Arrossì.
Non tanto impercettibilmente perchè il fratello, così
da vicino, potesse non accorgersene. - Il nero ti sta bene, fa risaltare i tuoi
occhi come stelle. - Aggiunse, concedendosi un altro bacio.
- Sì, beh, non ci ho
badato tanto. L'avrò confusa con una delle mie. - Sibilò Joe, un po' stizzito.
Piantò gli occhi in quelli del fratello e Kevin, remissivo, lasciò andare
Gabrielle. Si allontanò appena, lasciando soltanto la mano poggiata alla base
della schiena di lei.
- Joe... - Fu Coco
ad interrompere il silenzio denso che si era improvvisamente allargato a
macchia d'olio fra loro. - Sollevò lo sguardo, tendendo appena le labbra in un
piccolo sorriso. - Posso dormire io qui, per questa volta? - Entrambi i
fratelli furono decisamente colti di sorpresa da quella richiesta. - Ho voglia di
stare con voi. Tutti. - Aggiunse,
poi, lanciando una rapida occhiata al maggiore.
Joseph esitò per un
momento, prima di sciogliersi nel più dolce dei sorrisi.
- Certo. -
Bisbigliò. - Tutto quello che vuoi. -
***
I raggi del sole
pomeridiano filtravano dalla tenda turchese, tiepidi quasi quanto le lenzuola,
stropicciate fra il suo corpo e quello di Kevin.
Gabrielle sospirò,
raggomitolandosi meglio contro la sua spalla. Muovendosi appena. Dall'altro
lato sentiva Joe. Le era letteralmente
addossato alla schiena, con fare dolcemente possessivo. Accarezzò il braccio
che le teneva stretto attorno ai fianchi sottili, lasciando la mano su quella
di lui.
E, poi, si aggrappò
con tutte le sue forze a quel piacevole, morbido stato di dormiveglia.
Assaporando fino in fondo il loro calore e la loro vicinanza, senza aprire gli
occhi per paura che, una volta davvero sveglia, quella meravigliosa sensazione
svanisse alla luce del giorno, come un bel sogno. Fu solo quando sentì il respiro
leggero di Kevin lambirle la guancia, che si costrinse a socchiudere le ciglia
scure.
- Ehi. - Si scontrò
letteralmente con i suoi occhi color smeraldo. Con quel sorriso tanto dolce da
essere disarmante e, più di tutto, con la distanza minimale che c'era
effettivamente fra loro.
- Kev... - Soffiò,
con voce ancora leggermente impastata. Si sfregò le palpebre arrossate,
realizzando che si era semplicemente voltato su un fianco, avvolgendola
indirettamente nel suo abbraccio. Lo fissò, lasciandosi assorbire completamente
dalla meravigliosa consapevolezza che lui era lì. Che si era svegliata fra le
sue braccia e non in un asettico letto d'albergo, sola, dall'altra parte
dell'oceano. - Allora è tutto vero. -
Mormorò, lasciandosi sfuggire una minuscola smorfia divertita.
Kevin annuì, stringendosela
contro prima di posarle un bacio leggero sulla guancia. Le solleticò
inavvertitamente l'orecchio, strappandole una risata chiassosa e scatenandole
un'irrefrenabile cascata di brividi lungo la schiena.
- Non agitarti... -
Continuò, ridendo contro la pelle calda di lei. - Rischi di svegliare Joe,
così. -
- E allora piantala,
bambinone...! - Replicò, abbassando il tono di voce.
- Piantala..? - Sbattè le ciglia, fingendo teatralmente di non capire il
motivo di quel rimprovero. Coco ridacchiò, picchiandogli un pugno leggero
contro il petto.
- Di soffiarmi
nell'orecchio, per esempio... - Rilassò le dita con un sospiro, soffermandosi a
giocherellare con la catenina che lui portava al collo. - Kevin, mi devi dire
qualcosa? - Lo sentì trattenere appena il fiato, mentre tutti e due tornavano
improvvisamente seri.
Era più una domanda
retorica che altro, entrambi sapevano di avere almeno due questioni importanti
in sospeso. Senza parlare, Kevin si sollevò sul braccio, accomodandosi meglio
con la schiena contro il cuscino... Fissò Coco, invitandola a fare altrettanto.
Lei guardò Joe,
voltandosi velocemente. Gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte,
accarezzandolo teneramente e si chinò a posarvi un bacio prima di allontanare
il suo braccio e liberarsi da quell'amorevole stretta. Poi si alzò quanto
bastava e si sistemò, appoggiandosi allo schienale. Sospirò, lasciando
scivolare il capo sulla spalla di lui.
- Gliel'hai detto? -
Bisbigliò, senza badare a trovare inutili preamboli. - Puoi essere sincero, non
me la prenderò con te. - Kevin alzò gli occhi, lasciando vagare lo sguardo sul
soffitto in penombra.
- No. - Rispose,
tranquillo, dopo un momento di meditabondo silenzio. - Non ho mai avuto
l'intenzione di rivelare a Joe che ho fatto l'amore con te. - Si schiarì la
voce, improvvisamente esitante nell'avvertire il palpabile imbarazzo di lei. -
Non da solo. -
- Da solo...? -
Mormorò, cercando di capire.
- Quando lo saprà,
lo sentirà da te. Ed io sarò al tuo fianco per sostenerti con tutta la forza che
ho, spiegargli che abbiamo sbagliato... agito
in due. - Spiegò, afferrando la mano che Gabrielle gli teneva sulla spalla e
portandosela alle labbra per posare un bacio sul palmo teso. - Ti spetta. Non
posso agire alle tue spalle. - Concluse, soffiando le parole sulla sua pelle.
- Kev, tu non hai
mai smesso di sentirti responsabile... vero? - Pigolò Coco, stringendosi appena
contro di lui che rimase in serafico silenzio. - Non devi. Non è colpa tua. -
- Ehi, ehi, ehi. -
Ridacchiò, cercando di glissare elegantemente. - Storia chiusa, ok? Ne
riparleremo al momento opportuno. Piuttosto...
-
- Piuttosto io ti
devo una spiegazione...! - Esclamò lei, schizzando in posizione seduta. Si
voltò di scatto, quando Kevin la trattenne per un braccio.
- Shh. - Soffiò, portandosi un dito alle labbra. - Joe,
ricordi? - Sorrise, allentando appena la presa. Gabrielle annuì, soffocando
l'impulso di mettersi ad urlare. Alle volte quella sua tranquillità intaccabile
le metteva addosso un incredibile nervosismo.
- Non... - Balbettò,
mordendosi il labbro. - Non vuoi sapere perchè ti ho
baciato... davanti al Louvre? - L'ultima sillaba le morì quasi sulle labbra,
mentre osservava gli occhi di lui illuminarsi di genuino, improvviso stupore.
- Non sei obbligata
a chiarire nulla. - Mormorò Kevin, rabbuiandosi improvvisamente. Si passò una
mano fra i capelli con aria mesta. - Credevi di stare per partire, eri
sconvolta. -
- Non ero sconvolta...! - Sibilò Coco, staccandosi
con uno scatto irritato. Scostò rapidamente le lenzuola, prima di sistemarglisi a cavalcioni delle gambe.
- Pesi, sai? - Sogghignò,
cercando di ignorare i brividi provocati dalla sensazione di sentirsela addosso
in quel modo.
- Sì, ma è l'unico
modo per costringerti ad ascoltare. - Replicò lei, scostandosi una ciocca di
capelli dalla fronte. - E non tirare in ballo strane scuse o spiegazioni
inesistenti... ok? - Gli puntò un dito contro, prendendo a tremare leggermente
quando tornò a guardarla dritto negli occhi.
- Ok. - Soffiò
Kevin, spingendole delicatamente la mano verso il basso. - Perchè
mi hai baciato? - Gabrielle arrossì, schiarendosi appena la voce.
- Credevo che me ne
sarei andata, sì... Ma, soprattutto,
che non ti avrei più visto. - Cominciò, torcendosi le dita. - E, beh, avevo
ancora la tua voce che mi rimbombava in testa. Chiedendomi di non partire e
restare con te. - Esitò, girandosi fra le dita l'anello di Joe.
- Gabrielle...! -
Sentiva il cuore martellargli furiosamente contro il petto, nemmeno volesse
schizzare fuori. L'ultima, assolutamente l'ultima cosa che si sarebbe aspettato
era di sentirle dire certe cose. Più probabilmente, non aveva mai nemmeno osato
sperarlo.
- Io sono innamorata
di tuo fratello. - Continuò improvvisamente, tirandogli una virtuale ma
ugualmente dolorosa secchiata d'acqua gelida. La osservò, mentre si voltava a
guardare Joe che ancora dormiva, del tutto ignaro di quella strana
conversazione. - Moltissimo. Ma... -
- Ma...? - La
incalzò, tornando a fondere i loro sguardi. Coco sospirò violentemente,
torturandosi il labbro mentre si sforzava di trovare le parole adatte.
- C'è qualcosa, un sentimento che mi ha spinto
a darti quel bacio. Io... non so bene cosa sia...! - Si strinse nelle braccia, soffocando
un brivido. - Ma c'è. Ed è piuttosto forte. - Sussurrò, chinando il capo per
cercare di nascondere il rossore che andava allargandosi sul suo viso.
- Ho capito... -
Annuì lui, allungando una mano a sollevarle il mento.
- Non è come ciò che
sento per Joe, non posso dire che sia quel tipo di amore. - Proseguì, scuotendo la testa in un pallido gesto di
diniego. - Ma non è pietà e non la follia di un momento. Tu sei importante per me e, lo sai, mi piace
starti vicino... Sei l'amico più caro, più meravigliosamente dolce che abbia
mai avuto. - Kevin sorrise, nel sentire le guance di lei scaldarsi a contatto
con le sue dita. - Non so... - Ripetè. - Non so se
quel sentimento fosse solo pura amicizia, se quel bacio sulle labbra non voleva
dire, poi, nulla più che un normale bacio fra amici. So solo che il sentimento
che c'era dietro è profondo e che, allora come ora, non voglio separarmi da te.
-
- Ti giuro che non
vado da nessuna parte. - Sussurrò, scostando la schiena dal cuscino. Con lui
seduto così, la distanza che li separava era divenuta minima... Cercando di
ignorare il cuore, che batteva un po' più veloce di quanto dovesse, Gabrielle
si chinò impercettibilmente in avanti e gli sfiorò la guancia con un bacio. Le
sue braccia forti le cinsero i fianchi, impedendole di allontanarsi. - Non
riuscirei a stare in un posto dove non ci sei tu... - Aggiunse improvvisamente,
in tono di voce quasi inudibile.
Coco rimase zitta,
sprofondando nel verde dei suoi occhi. Da qualche parte, in un angolo nemmeno
troppo nascosto della sua mente, sapeva che sarebbe bastato inclinare
leggermente il capo e avvicinarsi di qualche millimetro in più... Sembrava una
cosa spaventosamente ovvia e naturale. Socchiuse gli occhi, per riaprirli di
scatto qualche secondo dopo all'udire la voce impastata di Joe.
- Nh... Coco...? - Si staccò da Kevin, scavalcando nuovamente
le sue gambe con un gesto morbido appena prima che lui si alzasse dal letto.
- Tranquilla, io
vado a sgranocchiare qualcosa. - Si concesse un'ultima occhiata, alla quale lui
rispose con un sorriso, nascosto dal dito che si portò alla bocca. Ricambiò,
veloce, guardandolo sparire oltre lo stipite della porta, prima di chinarsi su
Joe e smarrirsi nel suo sguardo innamorato.
- Ciao... - Soffiò,
arrossendo appena. - A quanto pare, stavolta
sono ancora qui. -
- A quanto pare, ho avuto il mio miracolo
personale. - Sorrise lui, sollevando una mano a sfiorarle le labbra. Gabrielle
posò un bacio leggero sulle sue dita, prima di lasciarsi attirare verso il
basso. Soffocò una risata cristallina nel suo abbraccio, mentre gli si
stringeva teneramente contro. - E' bellissimo svegliarsi di nuovo con te. - Le
sussurrò all'orecchio.
- Vorrei che fosse
così per sempre. - Soffiò Coco di rimando. - Se potessi avere la certezza che,
ogni singolo giorno della mia vita, aprirò gli occhi e vedrò te... Nick,
Kevin... Non chiederei più nient'altro. Non avrei più vuoti da colmare. - Joe sì issò su un braccio, sistemandosi
morbidamente sopra di lei.
- Io vorrei
potertelo promettere. Portarti con me, ovunque andrò. - Rispose, baciandole con
dolcezza le labbra socchiuse. - ... Un vuoto, però, adesso ce l'ho. - Continuò,
con un mezzo sorrisino.
- Ah sì? - Lo
incalzò, lasciando correre le dita dalla tempia al mento di lui.
- Sì. - Annuì, prima
di scoppiare a ridere. - Nello stomaco...! E' da ieri sera che non mangio e ho
una fame che non ci vedo! -
- Kev è in cucina,
avrà già... tirato fuori qualcosa dal frigorifero. - Concluse, realizzando che
"preparato" poteva essere una scelta di termine piuttosto azzardata.
- Puoi raggiungerlo e, magari, mettere insieme qualcosa anche per me...? -
Mormorò, posandogli una scia di microscopici baci sul collo e lungo il profilo
della mandibola.
Nel brivido che le
dava sfiorare la sua pelle ambrata, nel battito leggermente accelerato del
cuore e nel tremolio... nella dolce, ingenua insicurezza che ancora pervadeva
le sue mani, quando si trovavano a contatto con il corpo di lui. Come fosse
sempre la prima volta.
In tutte quei
piccoli gesti colmi d'amore, Gabrielle trovò la rassicurante certezza che non
si era raccontata una colossale bugia. Era innamorata
di Joe. Come non lo era mai stata, prima d'allora.
- Così non mi
invogli ad alzarmi...! - Mugolò lui, inclinando il capo per ricambiarla. Le accarezzò
la pelle nivea, lasciando che le sue labbra calde la percorressero avidamente.
Seguì la linea della spalla, scostando il collo della t-shirt che - decisamente
troppo largo - e obbediente, scivolò di lato, concedendogli strada.
- Joe...! - Lo
richiamò lei, spingendo appena contro la sua spalla per fermarlo. Lo sentì
esitare e poi riprendere ridacchiando quello che aveva iniziato. - Joseph Adam Jonas!
- Soffiò, tirando la manica della sua t-shirt. - E' meglio per tutti se ti
fermi qui, che ne dici? -
- Che hai ragione...
Ma è una vera tortura
"assaggiarti" e non poterti avere...! - Mugugnò, rubandole un ultimo
bacio, prima di alzarsi. - Ti va un po' di caffè e dei biscotti? -
- Caffè e biscotti.
- Annui, sorridendogli. - Perfetto. - Si accoccolò meglio sotto le lenzuola,
tirandosi la trapunta fin sopra le spalle per cercare un po' del calore che Joe
e Kevin, alzandosi, si erano portati via.
I cuscini
profumavano ancora di loro. Afferrò quello di Kevin e se lo strinse al petto.
Sorrise contro la stoffa chiara, lasciandosi avvolgere dalla sensazione di
incredibile serenità che sembrava aver avvolto ogni cosa. Sentendosi
semplicemente bene.
- Lo so che sei
sveglio. - Soffiò, improvvisamente. Rimase immobile, ridacchiando nel sentire,
dietro di lei, il fruscio delle lenzuola che venivano scostate. Ci volle poco
più di una manciata di secondi, perchè il braccio di
Nick circondasse i suoi fianchi. - Aspetta... - Soffiò, mentre le si sdraiava
accanto. - Mettiti sotto le coperte. -
- Va bene, mamma. -
Annuì, fingendo una sottile vocina a biscotto. Si beccò una affettuosa e più
che prevedibile sberla sul braccio, mentre sollevava il piumone e se lo
sistemava addosso.
Si chinò a posarle
un bacio nell'incavo del collo, soffermandosi per un momento, sfregando appena la
punta del naso contro la sua pelle tiepida. Senza dire nulla, tuffò una mano
nella tasca dei pantaloni di felpa che indossava. Il cordino di caucciù si
incastrò quasi da solo alle sue dita. Lo lasciò scivolare attorno alla gola di
lei, veloce e delicato nel far scattare la chiusura d'argento scuro.
- Se te lo togli di
nuovo, lo butto via...! - Mormorò, osservando il suo plettro dondolare appena
al ritmo cadenzato del respiro di Gabrielle.
- Scemo. - Borbottò lei, con voce liquida.
Gli passò una mano fra i capelli, attirandolo delicatamente verso il basso e lo
invitò silenziosamente a poggiare la testa alla sua spalla, stringendolo nel
suo abbraccio quando le si sdraiò praticamente addosso. - Ascoltavi da tanto? -
Soffiò, poi, prendendo ad accarezzargli i ricci scombinati. C'era sempre un
momento giusto, per iniziare un discorso. E, sempre, uno di loro due riusciva ad individuarlo al volo, colmando
quel microscopico respiro di parole... Quasi per caso.
- No, Ho fatto
appena in tempo a vedere Joe alzarsi. - Rispose, pacato. - Ma posso
immaginare... Hai parlato con Kevin? - Coco sussultò, arrossendo appena.
Cercare di tenere nascosto qualcosa a Nick le era decisamente impossibile.
- Se è possibile,
sono perfino più confusa di prima. - Sospirò. - Ma almeno ho messo in chiaro...
una cosa, con Kevin. -
- E Joe? - Replicò
Nick, accarezzandole la pancia attraverso la stoffa morbida della t-shirt.
- Joe te la taglia,
quella mano, se non la togli da lì...! - Soffiò lei, cercando inutilmente di
spostargliela. Ingaggiarono una piccola, tenera battaglia da cui Gabrielle uscì
decisamente sconfitta. - Ah! - Sobbalzò, inarcando appena la schiena quando
Nick, ridendo, riuscì a liberarsi della sua presa febbrile e fece scorrere la
mano ghiacciata contro la sua pelle, sotto la maglietta. - E' fredda. -
Brontolò. - E anche quel coso che hai al dito lo è...! -
- In ogni caso Primadonna Jonas dovrà imparare ad
accettare le mie coccole. - Proseguì,
solleticandole l'ombelico. - Tutte quelle che ho voglia di farti... E sono
tante, credimi! -
- Sentitelo, il mio
piccolo coccolone...! - Ridacchiò Coco, voltandosi su un fianco per godersi il
morbido calore di lui contro la schiena. - Con Joe non ho ancora parlato, ma
voglio farlo. - Proseguì, poi, tornando improvvisamente seria, al loro
discorso.
- Devi. - Annuì Nicholas, passandole un
braccio attorno alle spalle sottili. - Non puoi continuare a far finta che sia
possibile continuare così... Prima o poi perfino lui arriverà ad accorgersi che
il suo anello non l'hai mai portato dove dovresti. -
- Perchè devi essere sempre così maledettamente corretto? - Brontolò, mettendo un finto
broncio che si dissolse quasi subito. - Lo farò, tranquillo. - Concluse,
sorridendo nell'avvertire le labbra di lui posarsi contro il suo collo. - E
intanto ho pensato... due cose. -
- Che non devono
implicare che tu vada più lontano di così...! - Scattò, stringendosela contro.
Rotolò sulla schiena e fra una risata e l'altra, lei gli si ritrovò praticamene
sdraiata addosso. Si sollevò appena, sorreggendosi il capo con una mano. - Così
mi soffochi..! - Sogghignò Nick, spingendole il gomito all'indietro. - Non
voglio rischiare di perderti di nuovo, Coco... Non lo sopporterei. - Soffiò
poi, serio. Lasciò correre le dita lungo il suo braccio, fino al palmo poggiato
contro la guancia.
- Non mi perderai
mai, Nicholas. - Replicò, chinandosi a posargli un bacio sulla fronte tiepida.
- Mai. - Soffiò, contro la sua pelle.
- Semplicemente, questa storia mi ha dato modo di riflettere su me stessa: ho deciso
che voglio dedicarmi di più alla fotografia, studiare seriamente come si fa. Perchè mi piace e vorrei che potesse essere il mio futuro. Il mio lavoro. E... - Esitò, scrutando i suoi occhi scuri. - E
voglio ricominciare a suonare. - Mormorò, mangiandosi quasi le parole.
- Che... Sul serio?!?
- Esclamò Nick, alzandosi con tanto impeto che le loro fronti si contrarono
sonoramente. - Ouch!
- Soffiò, massaggiandosi la botta, mentre si metteva del tutto seduto con lei
ancora sulle gambe.
- Sì, se non mi
uccidi prima...! - Soffiò lei, ridendo. - ... E ho paura. - Aggiunse, a volume inudibile. - Lui scattò in avanti,
stringendola immediatamente fra le braccia.
Paura no, non le
avrebbe permesso di averne, al suo fianco.
Eccomi, eccomi! So che quasi non credete ai vostri
occhi, maaa... Sì, sto aggiornando,
finalmente!*esulta*
Come ho promesso nell'introduzione alle ultime due shot, ho sospeso qualunque altra cosa per finire questo
capitolo!
E' stata dura, a un bel punto mi sono anche incastrata
su una scena, maaa... Eccolo qui,per voi. Mi attardo
un momento a rispondere ai (tanti!*O*) commenti allo scorso capitolo, che siete
lettrici speciali e ve lo
meritate!<3
Perchè, come ho già detto, se questa fic
- con mio grande, grande, grande orgoglio - è stata inserita tra le storie scelte di EFP come unica
di questa sezione, è anche merito vostro!<3
coco2:eeeh. la situazione fra Coco
r i nostri due baldi giovani si sta facendo spinosa e complicata...! Che Coco
debba parlare con Joe è ovvio, quando, come e cosa gli dirà, lo vedrete presto.
Abbiate fede.^w^ Tante cose devono ancora accadere.
mitber: non credo
di poter esaudire la tua richiesta xD, ma la fantasia
può tutto, no? Let's Imagine.x3
jeeeeee:essì, li ho visti anche io dal vero, a Novembre, dalla
prima fila per di più. E Kev è uno spettacolo!*O* Se
poi sia lui destinato a stare con Gabrielle, ancora non lo posso dire.xD Lo scopriremo solo leggendo.
simba: una delle
mie fedelissime, i tuoi commenti mi lusingano sempre moltissimo e mi riempiono,
letteralmente, di voglia di scrivere, sai?<3 Non ti preoccupare, continuo a
scrivere e prima o poi soddisferò anche la tua curiosità!
_Princess_: i tuoi commenti sono sempre fonte di grande orgoglio,
per me. *___* Sapere che una scrittrice del tuo livello mi legge e mi apprezza
è veramente un balsamo. E' più che chiaro che sei Koco
convinta e, beh, su un po' di cose concordo con te, anche se il mio cuore è
diviso metà per coppia!<3
NoLineOnTheOrizon: una nuova lettrice!*___* Tu non immagini che salti ho
fatto, nel trovare e leggere il tuo commento. Mi fa sempre felice, sapere che
qualcuno in più si appassiona a tal punto a questa umile storia.*w* Io scrivo
per donare emozione, perciò non c'è ringraziamento migliore che leggere
commenti come il tuo. Spero diventerai una presenza fissa.Un
bacio!=*
Titty90: un'altra "non proprio new
entry". *__* La cerchia delle fedelissime si allarga e io sguazzo nella
contentezza!*O* Direi che abbiamo avuto modo di parlare ampiamente e ti sei già
anche beccata delle chicche, perciò... Mi limito a dirti grazie, benvenuta e
buona lettura del capitolo, cara la mia Mary!<3
Ele: e questo è
il graditissimo ritorno!*____* Rivedere il tuo nome fra i commenti è
bellissimo, credimi. Felice che tu sia tornata in questi lidi, cara la mia
donna del backstage.<3 Ti scriverò presto una mail, che siamo ancora in
debito di una cioccolata in centro. Anche perchè
presto dovrò passare al poli in vista della laurea!=* Uh, grazie del commento,
lo amo.<3
'more: ok, non ti spaventare per quello che leggerai. Sappi
che è colpa dei Joco se ho dovuto far evolvere le
cose in questo modo per Monique, ma... Intanto non
tutto è scritto.*ridacchia* Soprattutto la tua Chrimon
che è lì in quasi dirittura d'arrivo, soprattutto dopo aver finalmente scritto
questo capitolo!=D Grazie del commento, non sarebbe
lo stesso, senza il tuo.
3:aw. Ma regalo migliore non
poteva esserci. (E prometto che ora penserò anche al tuo, in ritardissimissimo!ç_ç*sifrusta*) Come sempre i tuoi
commenti sono delle piccole perle, irrinunciabili!<3 Coco che vuol dormire
con tutti i Jonas... E dalle torto!*w* E intanto la quiete è destinata a durare
pochino, come sospettavi, ma non è Annabelle che
scuote le cose, stavolta. Leggi e vedrai.*ridacchia*
E con questo, dovrebbe essere tutto!^O^
Ah, visto che ci metto tanto e siete sempre curiose di
sapere quando arriverà l'agognato
aggiornamento... Ho un twitter: So_Inseparable(al momento, ma se
cambia trovate quello aggiornato nel mio profilo!^O^). Lì scrivo se e
quando sto scrivendo e posterò ed è sempre
aggiornato. Followate pure e saprete quando il
capitolo o qualsiasi altra shot stanno per arrivare!=D
E ora vi lascio leggere, sul serio! Alla prossima,
giuro, non fra due mesi!=*
- Capitolo 26° -
{ Hear
me when I say, when I say "I believe.".
Nothing's gonna change, nothing's gonna
change destiny...
Whatever's meant to be, will work out perfectly. }
Keep Holding On – AvrilLavigne
- Comincia a piacermi questa cosa dell’usare i vostri vestiti…! - Sorrise Coco, entrando in cucina per mano a
Nick. Ai suoi lobi brillavano le piccole sfere di vetro trasparente. - Quasi quasi preferirei
non riavere la valigia. - Soffiò, ravviandosi una ciocca di capelli dietro
l'orecchio.
Arrotolò ancora una volta la manica della camicia scozzese di Joe,
facendo sì che non le nascondesse completamente la mano e la sbottonò
leggermente, lasciando intravedere la cannottiera di
cotone bianco al di sotto. Sfiorò la stoffa colorata del colletto,
strofinandoci appena contro il naso. Profumava
di lui.
- Sono d'accordo. - Replicò il diretto proprietario, avvicinandosi
a posarle un bacio sulle labbra socchiuse. - Ti sta bene la mia camicia... Mi
piace da pazzi vedertela addosso. - Continuò, accarezzandole la schiena sopra
il tessuto leggero. Poi si fece da parte, lasciandole lo spazio per sedersi al
tavolo.
- Che ore sono? - Domandò, pescando un paio di biscotti nel
barattolo di latta abbandonato sul piano laccato. Ne passò uno a Nick, che
sparì con un sorrisino oltre la porta scorrevole e inzuppò l'altro nella tazza
di caffè che Kevin le poggiò davanti.
- Cinque e mezza. - Sbadiglio il maggiore dei fratelli,
stiracchiando le braccia con un sospiro soddisfatto.
- Mmmh... Non avrò mai tempo di fare
tutto! - Riflettè, arricciando il naso.
- Tutto cosa? - Ridacchiò Joe, allegro come un bambino la mattina di
Natale. Gabrielle gli fece cenno di avvicinarsi, abbracciandolo quando le fu
accanto anche se, così seduta, sembrava ancora più microscopica confronto a
lui.
- Guardare un po' meglio le foto che ho fatto ieri, stare con voi,
godermi casa mia, stare con voi...
L'ho già detto "stare con voi"? - Ripetè,
ridendo. Gli posò un bacio all'altezza del cuore, attraverso la t-shirt prima
di alzare lo sguardo e fonderlo nel suo. Il suono del pianoforte si insinuò fra
loro, morbido come una carezza.
Sia Kevin che Joseph sussultarono e in risposta ad un riflesso
incondizionato, fissarono Coco come aspettandosi di vederla scappare da un
momento all'altro. Lei strinse forte il bordo del tavolo, fissando la porta con
un pizzico di apprensione, prima di alzarsi con uno scatto deciso.
Recuperò la sua tazza ancora mezza piena e si avviò in fretta verso
il salotto. Bevve un sorso di caffè bollente, scottandosi appena le labbra
mentre si avvicinava al piano e strizzò il manico di ceramica rossa fra le
dita, cercando di soffocare l'impulso irrefrenabile di scappare a gambe levate.
Poi osservò le mani di Nick scivolare veloci sui tasti bianchi e neri, cercando
di razionalizzare. Ripetendosi che non c'era nulla di più assurdo dell'avere
paura di un suono così puro.
- Coco...! - La voce squillante del piccolo la riportò alla realtà.
Gli sorrise timidamente, accomodandosi sullo sgabello imbottito, accanto a lui.
Rapido e silenzioso, Nicholas le sfilò la tazza dalle mani, poggiandola sul
coperchio lucido del pianoforte prima di stringerla nuovamente fra le
braccia.
- Nick. - Soffiò, aggrappandosi alle sue spalle. - Non smettere...!
Suona qualcosa per me. -
- Suonare. - Ripetè lui, incerto. - Una
canzone? Sei sicura che non sia troppo, tutto in una volta? - Gabrielle si
allontanò, scuotendo appena il capo.
- No. - Sorrise. - Voglio ascoltarti. -
- Coco non l'ha mai sentita...! - Alzarono lo sguardo in
simultanea, fissandolo in quello di Joe, che aveva ascoltato il loro discorso
ed ora stava fermo sulla soglia della porta scorrevole insieme a Kevin. - Penso
che tu debba suonargliela. -
Nicholas annuì appena, inarcando impercettibilmente le sopracciglia
in un'espressione corrucciata. Poi lasciò scivolare le dita sui tasti,
rincorrendo gli accordi giusti. Guardò Gabrielle, senza smettere di suonare.
- E' molto... importante, per
me. - Spiegò. - Questa canzone, suonarla per te. - Non aveva bisogno di domandarsi se l'avesse capito. Lei
annuì, accarezzandogli rapidamente la guancia col dorso della mano.
"Got
the news today, doctor said I have to stay...
A little bit longer
and I'll be fine."
La voce leggera e profonda di Nick scivolò sulla pelle
di Coco come un lungo brivido. Stringendole impietosamente lo stomaco ed impedendole
di prendere fiato fino in fondo. Trattenne appena il respiro, osservando la sua
espressione concentrata attraverso le lunghe ciglia scure.
" When I thought it'd all be done, when I thought it'd all been said... A
little bit longer and I'llbe fine."
Alzò di scatto lo sguardo su Joe, andando a cercare una
sorta di spiegazione nei suoi occhi, ma vi trovò solamente una compitezza e una
tranquillità decisamente inusuali per lui. Osservò la sua spalla adagiarsi di
più contro lo stipite della porta, come ad ancorarsi a quell'unico punto
d'appoggio... Poi strinse i pugni, tirando appena la stoffa scozzese della
camicia e tornò a fissare attentamente il piccolo.
"But you don't know what you got, 'til it's gone.
And you don't know what it's like to feel so low.
And every time you smile - you laugh - you glow...
You don't even know, know, know. You don't evenknow."
Era come se, ad ogni nota - con ogni singola parola -
Nicholas le stesse strappando un pezzo d'anima. Ma non con violenza o dolore.
La rapiva. Il suono leggermente
strozzato della sua voce riusciva ad incatenarsi a lei fin troppo
profondamente. Si strinse nelle braccia, continuando ad ascoltarlo col fiato
corto e la precisa consapevolezza che, in quella occasione, non avrebbe versato
alcuna lacrima.
"All
this time goes by, still no reason why...
A little bit longer and I’ll be fine. Waitin’ on a cure, but none of them are sure. A little bit longer and I’llbe fine."
Si spinse un po' più avanti sullo sgabello, piegando appena una
gamba sotto l'altra. Spingendosi inconsciamente un po' più verso di lui. Nick
esitò un momento, lasciandole intendere che in quel punto - solitamente - ci sarebbe stato
qualcos'altro... Probabilmente diverso dalla sequenza di accordi che aveva deciso
di metterci e che rendeva quell'esecuzione assolutamente unica. Per lei.
- Qui, in realtà, c'è l'assolo di Kev e
Joe. - Soffiò lui, quasi le avesse letto nel pensiero.
"And you don't
know what you got, 'til it's gone.
Don't know what it's like to feel so low.
And every time you smile - you laugh - you glow...
You dont even know, know. Know.
So I'll wait 'til kingdom come,
all the highs and lows are gone...
A little bit longer and I'll be fine.
I'll be... fine."
L'ultima parola scivolò sulle labbra morbide del piccolo, appena
prima che l'eco dell'accordo conclusivo si spegnesse contro il soffitto
intonacato. Alzò timidamente lo sguardo su Gabrielle che lo guardava, in
silenzio... Si sarebbe aspettato di vedere la sua guancia pallida inumidirsi,
invece fu sulla propria pelle che avvertì la sensazione inconfondibile di una
lacrima che si tuffava all'angolo della bocca. Trattenne appena il fiato, nel
sentire la mano fredda di lei spazzarla via ed esitare contro la sua pelle.
- Nicholas...! - Mormorò, poggiando la fronte a quella di lui. -
E'... -
- Mi sembrava giusto, fartela sentire. Anche se è passato quasi un
anno, da che l'ho scritta. - Replicò Nick, con decisione. Sorrise, avvertendo
le dita di Coco scivolare sulla sua bocca. - Magari ti avrò anche fatto
scappare la voglia di suonare una volta per tutte, eh...? - Ridacchiò.
- Al contrario. -
Arricciò il naso. - Sei indescrivibile, piccolo. Fai quasi paura, ma mi dai un
coraggio...! -
Accennando un sorriso, Nick inclinò leggermente il capo e senza
staccarsi da lei, poggiò le labbra, a stampo, per metà sulle sue. Gabrielle sbattè gli occhi, sorridendo a sua volta - quando si
allontanò da lui - di quel gesto impulsivo, inaspettato ma anche assolutamente capito, per quel che la riguardava.
- EHI! - Joe calò una mano sulla spalla di suo fratello minore,
tirandolo bruscamente all'indietro. - Beh... E allora? - Borbottò, scurendo la
propria espressione.
Nicholas si liberò della presa, fissando il fratello con aria
posata e senza sentirsi in dovere di dare spiegazioni. Fu Coco a stringere la
mano di Joseph, rassicurandolo. Gli accarezzò il palmo teso con le dita,
spingendolo a rilassare i muscoli ancora contratti.
- Amore...! - Soffiò, guardandolo dritto negli occhi. Inarcò appena
le sopracciglia, lasciando che fosse la sua espressione a parlare per lei. Joe
non aveva motivo di sospettare quel bacio.
Gabrielle si alzò di slancio, poggiando le mani sulle guancie
appena ruvide di barba invisibile e si spinse appena in avanti per arrivare a
poggiare le labbra su quelle disegnate di lui. Lo baciò. E lo baciò in modo che
qualunque dubbio avesse potuto anche solo pensare di insinuarsi nella sua
mente, svanisse come neve al sole. Quel timido sfiorarsi di labbra fra lei e
Nick, al contrario, non celava alcuna attrazione nascosta. Era divenuto, in
quel momento - per caso, lo sarebbe stato ancora, probabilmente - solo il modo
più semplice e diretto di esprimere l'amore, la dolcezza e il rispetto che si
suscitavano l'un l'altra.
°°°
- Cosa
combini..? - Sorrise Joe, sedendosi accanto al basso tavolino di ciliegio.
Lasciò scivolare le gambe sotto al piano - come aveva fatto Coco
poco prima - e prese a frugare distrattamente nel mucchio di fotografie che lei
aveva sparso tutto intorno. C'erano gli angoli di Parigi che lei aveva
minuziosamente ritratto il giorno prima... E poi loro. C'erano tantissime
immagini sue e dei suoi fratelli. Molte più di quante gliene aveva viste
scattare, a dirla tutta. Sollevò un quasi primo piano di Nick, sviluppato in
bianco e nero: lo sguardo non era rivolto in camera, puntava appena verso
l'alto come stesse inseguendo qualcosa al di sopra dell'inquadratura. E lui
sorrideva apertamente, in modo molto naturale.
- Quando le hai fatte...? - Soffiò, colpito.
- Queste sono tutte di ieri. - Spiegò, arrossendo
impercettibilmente. - Ma ve le ho fatte di nascosto, per questo non le
ricordi... Invece queste altre le ho "rubate"
mentre eravate sul set. - Concluse, indicando un'altra busta.
- Siamo sempre... noi? - Continuò, sfogliandole.
- Siete il mio soggetto preferito, Joe. Ovunque guardi, qualsiasi
cosa inquadri, vedo voi. Nel cielo limpido vedo il sorriso di Nick, un prato mi
ricorderebbe subito gli occhi di Kevin... Ed ogni singolo riflesso mi
restituisce il tuo viso. - Sospirò, mordendosi nervosamente il labbro.
Joseph la guardò, sgranando ancor di più i suoi occhi color
zucchero bruciato mentre le ultime parole ancora gli scivolavano addosso.
Strinse le sue spalle minute, premendosela contro con tanta foga, che quasi
rischiarono di franare entrambi sul pavimento freddo.
- Piano. - Ridacchiò Coco, sfilando le gambe da sotto il tavolo per
acciambellarsi meglio contro di lui.
- Non puoi dirmi certe cose e pretendere che me ne stia fermo e
buono...! - Replicò Joe, chinandosi a sfiorarle il collo con un bacio. - Coco,
cavolo, sembra quasi che tu non ti renda conto. - Borbottò poi. - Ti farò
vedere una cosa. -
La lasciò andare e scattò in piedi, correndo velocemente verso la
camera. Tornò poco dopo, stringendouna
scatola di cartone con gli angoli leggermente sbeccati. La allungò a Gabrielle,
sedendosi nuovamente accanto a lei, mentre lasciava che la aprisse. Coco si
ritrovò fra le mani un mazzo di polaroid,
fissate con un elastico blu.
Ce n'erano altri tre o quattro, sul fondo, ma la sua attenzione
venne calamitata immediatamente da quello che si trovava in cima e la cui prima
immagine ritraeva proprio lei: china su un libro dalla copertina logora,le gambe
incrociate su una panchina di legno e l'espressione attenta, divoratrice di
quelle pagine scritte.
- Cosa sono? - Mormorò, fissandolo con crescente imbarazzo. Sfogliò
febbrilmente il mazzo, trovandosi in ogni singolo scatto che le passava davanti
agli occhi. - Le hai fatte tu? -
Sussultò bruscamente, nel vederlo annuire convinto. Vergognandosi
alla sola idea di quanto tempo lui potesse aver passato ad osservarla di
nascosto, per catturare quegli attimi... Ce ne erano alcune che, a giudicare
dalla data scarabocchiata sul bordo bianco, risalivano addirittura ai
primissimi giorni di convivenza.
- Ho una vecchia polaroid. - Prese a spiegare Joseph, osservando
un'immagine di lei presa a guardare le acque placide della Senna. - Con cui mi
piace fotografare ciò che mi colpisce,
in ogni posto in cui vado... Per conservarne il ricordo. - Prese le foto che
lei stringeva fra le dita nervose, risistemandole ordinatamente l'una
sull'altra. - Questa... - Indicò il mazzo. - E' Parigi. -
- Sono io, solo io. - Replicò lei, confusa. Joe richiuse la
scatola, lasciando che un tenero sorriso affiorasse alle sue labbra.
- Appunto,
Gabrielle. - Sussurrò, chinandosi a sfiorarle la fronte con un bacio. - Appunto. -
- Joe...! -
Singhiozzò lei, non appena si rese conto di cosa le stava realmente dicendo. Si
strinse contro di lui, spingendolo a rilassare la schiena contro al divano,
prima di sistemarsi a cavalcioni sulle sue gambe.
Lo senti sorridere contro la propria bocca, mentre le sue mani
salivano - rapide e delicate - a sganciare la molletta con cui aveva fermato i
capelli. Avvertì i boccoli caderle lungo le spalle e le dita di Joe scivolarci
morbidamente in mezzo, per poi tornare sui suoi fianchi, sotto la camicia a
quadri. Quando le labbra di lui trovarono il suo collo niveo, la manica che
scivolava lungo il braccio, scoprendole pericolosamente la spalla e la porta di
ingresso che si apriva vennero percepite dalla sua mente come qualcosa di molto
lontano e indistinto. Troppo.
- Alla faccia del "bentornata",
"benirmasta"
o quel che sia...! - Ridacchiò Monique, tenendo Luciàne appena un passo dietro di lei in modo che non
vedesse proprio tutto.
Coco avvampò, allontanandosi immediatamente da Joe che soffocò una
risatina e al contempo, un verso appena scocciato, per essere stato interrotto
così bruscamente. Osservò Monmon per qualche momento
e poi sorrise alla bambina, che lo fissava sbirciando di nascosto da dietro la
schiena della madre.
- Lascia perdere...! - Sibilò Gabrielle, cercando di tornare a
respirare regolarmente. - Piuttosto, cosa fai tu qui a quest'ora?- Indagò, insospettendosi maggiormente nel
notare le guancie arrossate e gli occhi umidi della sorella. - E' successo
qualcosa? -
- Ah, beh...! - Abbozzò l'altra, perdendo improvvisamente sicurezza.
- Sì, ecco, sono venuta proprio per questo. -
Accarezzò i capelli di Lulù, cercando di prendere tempo nel
tentativo di trovare le parole adatte. Posto che, probabilmente, non ne
esistevano affatto. Fece sedere la bambina sul divano, nonostante le proteste e
le occhiatacce che quest'ultima rifilava a Joe, poi, sospirando, prese posto
accanto a lei, subito imitata da Coco e dal ragazzo. Nicholas e Kevin
arrivarono poco dopo, richiamati in salotto dall'insolito vociare, salutarono e
presero posto in quella specie di tavola
rotonda improvvisata, leggermente tesi, ma senza fare ancora alcuna
domanda.
- Si tratta ancora... della mamma? - Esordì Coco, sputando quasi le
parole che diedero voce al grande timore di tutti. Kevin, che le sedeva
accanto, strinse immediatamente la sua mano con la propria.
- No, per quanto in un certo senso lei abbia a che fare con tutto
questo. - Nonostante la risposta rassicurante, negli occhi scuri di Monique era ancora palpabile quella traccia di ansia
febbrile. Guardò la sorella, stirando appena le labbra in una piccola smorfia.
- Mi sposo. - Sussurrò,
leggermente contrita. I volti dei tre ragazzi si rilassarono improvvisamente,
solo Gabrielle rimase tesa nella sua aria corrucciata.
- Ti sposi? - Ripetè, asciutta. - Perchè? -
Monmon
sbuffò, torturandosi le mani in grembo, visibilmente infastidita da una domanda
che si aspettava almeno al trecento per cento. Osservò rapidamente la figlia,
che sembrava concentrata solo ed esclusivamente sui tre sconosciuti che tutto
ad un tratto, nel suo quadro mentale, avevano invaso la sua vecchia casa. Poi
tornò a guardare avanti a sè.
- Geràrd vuole chiedere l'affidamento di
Lulù. - Dichiarò, decisa. - Ma, per ottenerlo... -
- Dovete essere marito e moglie. - Concluse Coco per lei. Monique annuì lentamente. - E tu sei disposta a farlo?
Senza remore? -
La maggiore distolse lo sguardo, sempre più disturbata da tutte
quelle domande. Arricciò il naso, tamburellando nervosamente a terra il piede,
fasciato da un elegante stivaletto scamosciato. Il tacco batteva ritmico sulle
piastrelle, mentre meditava una risposta sensata.
- Mi sembra la cosa più saggia. - Esalò. - Lui è una buona persona,
vuole molto bene sia a me che alla mia bambina e può garantirci un futuro... So
che sarà un buon padre. -
- Sono certa anche io che Gerry è
meraviglioso, Monmon...! Ma tu... - Si interruppe,
esasperata.
- LO SO. - Ruggì, sbattendo un pugno chiuso sul cuscino accanto a sè. - Cosa credi, che sia facile? - Si morse il labbro,
tornando ad un tono di voce più quieto, che non spaventasse la sua bambina.
- Tu sei uno spirito libero, sei la persona più indipendente che io abbia mai
conosciuto. - Mormorò Gabrielle, sentendo gli occhi farsi umidi. - Non sei il
tipo da matrimonio. Così è come metterti in gabbia...! Soffrirai. - Si guardarono silenziosamente per qualche momento, poi
la maggiore abbassò gli occhi, assurdamente remissiva.
Come a voler dire che, sì, sapeva perfettamente a cosa
stava andando incontro. "Soffrirai." Quella di sua sorella non era una
domanda, ma la constatazione di un dato di fatto. Sarebbe andata così e
comunque, Geràrd non aveva nessuna colpa se non
quella di avere un cuore troppo grande e razionale per lei.
- E' arrivato il momento delle responsabilità,
sorellina. Di mettere Luciàne e il suo bene al primo
posto. - Decretò.
- Smettila...! - Sussurrò Coco, sentendo la prima
lacrima spingere contro le ciglia scure.
- No, piccola mia, smettila tu. - Sorrise Monique, stringendole le mani ghiacciate nelle proprie. -
Non crucciarti inutilmente, andrà tutto bene. E se vuoi farmi contenta, aiutami
a convincermi che questo matrimonio è una cosa bella e non una disgrazia
irreparabile. -
Gabrielle la guardò, osservando la sua espressione un
po' più rilassata e strinse appena le labbra, prima di annuire senza troppa
convinzione.
- Bene. Ti ringrazio. - Soffiò, addolcendo la voce. - E
ora... Ti servirà un vestito. - Ridacchiò, improvvisamente divertita davanti
all'espressione scioccata della sorellina. - Almeno la soddisfazione di vederti
senza pantaloni, me la voglio togliere. Sfrutto l'occasione...! -
- Ti odio...! - Borbottò Coco, sfregandosi gli occhi
umidi. Avrebbe voluto ribattere qualcos'altro, ma non fece in tempo.
Joe la strinse fra le braccia, spingendola ad
appoggiare completamente la schiena contro il proprio petto. Le schioccò un
bacio sulla guancia, prima di rivolgersi a Monique
con un sorriso genuino.
- Mi sembra un'ottima idea...! - Gongolò. - Faremo il
possibile per esaudire il tuo desiderio. Dove si compra un bel vestito, da
queste parti? - Monmon soffocò una risata, mentre
l'altra avvampava vistosamente e subito dopo assumeva un'aria quasi
terrorizzata.
- A Parigi? - Esclamò, con un sorriso solenne. - Ma ai
"LaFayette", è ovvio. -
Sì, non state sognando.=D E'
proprio un aggiornamento di "Gabrielle", quello che vedete.
Non voglio neppure fare il conto di quanto tempo è che
non posto, provvedo semplicemente a vergognarmi
e scusarmi tantissimo con tutte voi per l'attesa pressochèinfinita.u.ù*sifrusta*
E' stato un periodo denso, non in ultimo mi sono
finalmente laureata dottora in Fashion Design e ho avuto un mezzo blocco misto
a momenti di crisi, che mi ha impedito di scrivere per quasi tre settimane. Ma
ora pare che io sia tornata, per la vostra gioia.=3 Non ho decisamente tempo, purtroppissimo, di ringraziarvi tutte ad una a una.
Giuro che nel prossimo capitolo mi rifarò, intanto, però, ci tengo a fare comunque un ringraziamento
generale perchè negli ultimi capitoli - e per mail - ho ricevuto alcune tra le più
belle recensioni di sempre e credetemi, sono state un gran bel carburante per
la mia voglia di scrivere, oltre che una gioia infinita per la mia anima di
scrittrice!<3 L'entusiasmo e la dedizione con cui questa fic
viene preferizzata-seguita-e quant'altro, mi lascia
sempre senza parole. Mai avrei creduto sarei arrivata a questo punto. E lo devo
a voi, mie affezionate lettrici. Non so se potete immaginare quanto vi sia
grata, cosa significa per me. E' qualcosa di incredibile. Grazie di cuore, davvero.
Detto qusto vi lascio alla
lettura, non prima, però, di invitarvi a leggere quel capolavoro che è "Ragazza Occhi Cielo", scritta
apposta per me con tanto amore dalla mia Ia. (Titty90) Voi che tanto
amate Coco, non potete non farci un salto e magari lasciarle un commento. Perchè merita, sul serio.<3
Da brave. Fatemi felice... E alla prossima! Baciatutte, vi
adoro!=*
- Capitolo
27°-
{ Un amore il mio, capire ancor non so.
Rondini volavan via, un vestito che bianco nuvole...
Il bel sogno che volevi tu.
[...]
Tu hai scelto me, stupita ancora sono,
cosa posso dare a te? }
La
Promessa - Matteo Macchioni
Gabrielle uscì dal camerino e mosse qualche passo titubante all'indietro,
per osservare meglio il proprio riflesso nel grosso specchio illuminato.
Arricciò le labbra, per nulla convinta di come la scollatura a barca di
quell'abito cadeva sulle sue spalle minute. Era inutile, non si sarebbe mai
vista addosso nulla del genere. Nella sua - probabilmente distorta - visione
delle cose, non era abbastanza bella,
da poter valorizzare a dovere quel tripudio di taffetà color vermiglio.
- Andiamo, mi sta malissimo...! - Borbottò, scoraggiata. Lanciò
un'occhiata supplichevole in direzione di Joe che, poggiato alla parte laccata
di viola, la fissava in silenzio.
- Sei splendida. - Mormorò, accarezzando il suo profilo con occhi
adoranti. - Come con tutti gli altri abiti che hai provato finora. -
- Dì, piuttosto, che le abbiamo quasi infilato di forza...! - Ridacchiò Nick, che li aveva appena
raggiunti.
- No, non è quello che fa per me...! - Ribattè,
prima di rituffarsi all'interno della cabina. Non ebbero tempo di ribattere.
Sentirono il rumore di una zip che veniva abbassata d'impeto e il vestito
scivolò veloce lungo le gambe pallide di Coco, arricciandosi a terra. - Vi
prego, andiamocene da qui. - Implorò lei, da dietro la tenda tirata.
- Ma, amore, un vestito ti serve. - Sospirò Joseph, intento a
giocherellare con una frangia della sciarpa di lei, che pendeva inerme dal suo
braccio.
- Ti ho già detto un sacco di volte che posso pensare io a qualcosa.
E sopra ogni cosa, non voglio che spendiate tanti soldi per me. - Concluse, mentre tornava da loro. Sistemò il tubino rosso
sul suo ometto e lo agganciò all'espositore da cui le commesse l'avrebbero
spostato al suo posto.
- Non dire sciocchezze. -
Seguì Nick e Joe fino al punto in cui Kevin li stava aspettando, al
pianoterra, accanto all'enorme albero di Natale che il personale dei grandi
magazzini stava smontando. Grossi tralci d'abete erano ammassati vicino agli
stand di profumeria circostanti, con gran disappunto delle giovani commesse
impomatate che sembravano non avere nulla di meglio da fare, che lucidare i
banconi infinite ed infinite volte ancora. Gabrielle si infilò frettolosamente
il cappotto, occhieggiando una bionda - in bilico su un paio di assurdi tacchi
a spillo - provare l'ultima fragranza di Dior.
Troppo profumo, troppi scintillii, troppe cifre da capogiro: si sentiva
soffocare soltanto a stare in piedi là in mezzo.
- Perfavore...! - Ritentò. - Posso
giurarvi che qui non troverò di sicuro un vestito che mi stia bene. - Si
inumidì le labbra, spostando lo sguardo dall'uno all'altro.
Kevin soffocò una risatina, prima di prendere a camminare verso l'uscita,
con suo sommo sollievo. Lo seguì, scivolando veloce fra le vetrinette
illuminate e strinse appena la mano di Joe che, sconfitto, le camminava accanto
insieme a Nick. Coco esitò, quel poco che bastava a spingersi contro di lui e
gli sussurrò velocemente all'orecchio.
- So che lo fai per me e ti giuro, lo apprezzo. Molto. - Sfiorò la
sua guancia con un bacio e lo trascinò oltre la porta a vetri, sotto la neve
che aveva preso a turbinare veloce nell'aria ghiacciata.
- Allora cerchiamo un altro posto, magari un negozio più piccolo. -
Sogghignò lui. Sfilò sul marciapiede, fendendo la folla che procedeva in senso
opposto.
- Joe...! - Lo segui, fermandosi davanti alla Golf scura di cui Kevin stava cercando le chiavi.
L'automobile era stata un accorato consiglio di Debra,
che non vedeva affatto di buon occhio quest'iniziativa dell'ultimo minuto:
girare per negozi, nell'affollato venerdì mattina parigino. Il rischio che
qualcuno li vedesse e peggio, riconoscesse era molto alto. Poggiò una mano sul
vetro oscurato, rabbrividendo al contatto con il sottile strato di acqua
ghiacciata che vi si era depositato, durante l'ora scarsa trascorsa all'interno
dei magazzini.
- Possiamo provare sugli ChampsElysèè...! - Continuò lui imperterrito.
Il suo tono, nonostante fosse piacevolmente entusiastico e
squillante, riuscì a procurarle una dolorosa fitta di fastidio. Serrò le
labbra, impedendosi di sbottare. Possibile che proprio non capisse? Ed era in
buna fede, senza dubbio. Fortunatamente per tutti, Nicholas intervenne
prontamente e dopo aver tolto le chiavi dalla tasca dei jeans di suo fratello
maggiore, le ficcò senza troppe cerimonie fra le mani dell'altro.
- Che ne dici di guidare tu e lasciar scegliere a Coco? - Esclamò,
prima di tuffarsi sul sedile posteriore. Quando Gabrielle gli si fece vicina,
accoccolandosi fra le sue braccia, Joe stava già mettendo in moto.
- Allora... Dove andiamo? - Sbuffò e prese a litigare con il cambio
manuale.
- A casa. - Sospirò lei. Affondò nel cappotto umido del piccolo e
ci si nascose quasi, per non dover affrontare lo sguardo scoraggiato che Joseph
fece saettare attraverso lo specchietto retrovisore.
Rimasero in silenzio per gran parte del tragitto lungo la riva
sinistra della Senna, mentre l'automobile scivolava veloce e anonima nel
traffico cittadino. L'unico suono a cui era permesso di snodarsi nell'abitacolo
erano le note vibranti di una vecchia canzone dei Beatles, che Nicholas
canticchiava sommessamente. I suoi occhi scuri seguivano i movimenti del dito
di Gabrielle sul vetro appannato. Allungò la mano e intercettò ridendo quella
di lei, cancellò col suo palmo teso parte degli scarabocchi: fu in quel momento,
mentre l'auto scivolava sulla piccola Ile Saint Louis, che
qualcosa - oltre il finestrino oscurato - attirò imprevedibilmente l'attenzione
di entrambi.
- Joe, frena...! - Esclamò, lasciando saettare la mano libera sulla
spalla del fratello.
- Eh? Qui, in mezzo alla strada? - Replicò l'altro, con vivo
disappunto. - Non credo che il codice stradale francese lo permetta più di
quello americano, President. -
- Cerca un parcheggio e non ti allontanare troppo da qui. - Sbuffò
allora Nick, con il tono di chi stava ribadendo una scontatissima ovvietà.
°°°
Quando entrarono nel piccolo negozio, un campanellino tintinnò vivace
ed annunciò la loro presenza. Coco osservò le rastrelliere stipate di abiti,
tutti indiscutibilmente diversi gli uni dagli altri: pezzi unici. Per tempo di confezionamento, stoffa, foggia... E quasi
sicuramente, anche prezzo. Si aggrappò al braccio di Nick, strattonandolo delicatamente.
- Piccolo, io non ne sono così sicura...! - Mormorò, incerta.
- L'hai visto anche tu, stella, è perfetto. - Replicò lui,
avvicinandosi al bancone oltre il quale si affaccendava una donna sulla
cinquantina. I capelli scuri erano striati di grigio e la sua lunga gonna
gitana aveva tutta l'aria di essere stata tagliata e cucita a mano, con
doviziosa perizia.
- Excusemoi, madame.
- Esordì Joe, con goffa disinvoltura. La sarta si voltò, leggermente accigliata
per essere stata interrotta a metà del suo lavoro.
- Bonjour a vouz...! -
Arricciò le labbra, un po' infastidita e puntò l'ago che teneva in mano
sull'orlo del proprio maglione, mentre attendeva delucidazioni. - Posso esservi d'aiuto? - Continuò, in un
francese troppo fluido e vellutato perchè qualcuno, a
parte Gabrielle, potesse capirla.
Joe avvampò e sbattè gli occhi con aria
confusa, cercando inutilmente le parole giuste. Come poteva arrivare ad
esprimere correttamente la richiesta di poter vedere uno degli abiti esposti...
E proprio quello in particolare? Si
passò una mano fra i capelli scomposti, prima di lanciare uno sguardo supplice
ai fratelli.
- Parlale tu. Chiedile di fartelo vedere da vicino...! - Sorrise
Nick, contro l'orecchio di Coco. Lei arrossì impercettibilmente e si fece
avanti, esitando appena.
- Vorremmo... Vorrei sapere
se è possibile guardare quel vestito. - Indicò con un gesto morbido del
braccio la più spaziosa delle due vetrine, entrambe affacciate sulla via che
andava imbiancandosi.
Un vecchio manichino di legno scuro sosteneva tranquillo l'abito perfetto, perfino agli occhi della
stessa Gabrielle. Era innegabile che il raso lucido, di un blu notte intenso e
tempestoso, fosse stato tagliato a regola d'arte. Fasciava un corpino sottile,
con lo scollo dritto, morbido ma non troppo pronunciato. Sorretto da un paio di
esili spallinee - poco più in basso
lungo il braccio - maniche larghe e leggere, non più lunghe di quattro dita; si
apriva in una gonna a corolla, ampia al punto giusto sui fianchi e lasciava
intravedere, con un piccolo spacco, la nuvola impalpabile di chiffon
trasparente e taffetà cobalto che componevano i due strati inferiori. La
fantasia, tono su tono, di rose in boccio appariva solo quando particolari
giochi di luce riflessa colpivano il tessuto. Un piccolo capolavoro di
sartoria.
- Certamente. - La donna
attraversò il locale con il metro di plastica gialla che dondolava al ritmo dei
suoi passi leggeri. Sfilò l'abito con movimenti esperti e perfettamente
calcolati, prima di lasciarlo fra le mani di Coco. - Se vuoi provarlo, vai pure nel retro. - Indicò la porta di legno
alle loro spalle, aperta su una piccola stanza stipata di scatole e vecchi
scampoli.
- Allora...? - Sospirò Joseph, poggiandosi ad un rotolo di seta
indiana.
Prese a dondolare il peso da un piede all'altro e quasi non si
accorse di lei, fino a che non gli fu abbastanza vicina da poterla vedere anche
ad occhi bassi. Alzò lo sguardo con una lentezza surreale, trattenendo il
respiro con un leggero sussulto. Sembrava che quell'abito le fosse stato cucito
addosso. Gabrielle arrossì impercettibilmente, rabbrividendo per il contatto
fra i piedi nudi ed il pavimento ghiacciato. Si ravviò una ciocca di capelli
dietro l'orecchio, cercando di non mostrarsi troppo imbarazzata dal modo in cui
Joe la stava fissando.
- Sei... Perfetta. - Mormorò, mentre le si avvicinava. - Eri
splendida con ognuno dei vestiti che hai provato, ma così togli il fiato,
Coco...! -
- Non esagerare. - Prese a torturare l'orlo della gonna, in un malriuscito
tentativo di non dare troppo peso alle sue parole.
Joseph non rispose, scattò in avanti e dopo averle passato un
braccio attorno alla vita, la trascinò davanti al grosso specchio inclinabile
che la sarta aveva addossato alla parete imbiancata di fresco. Se la tenne
stretta addosso, rimanendole alle spalle in modo che potesse vedersi riflessa.
Vedere quello che appariva ai suoi occhi.
- Guardati. - Sfiorò la sua spalla con un bacio e Coco rabbrividì
impercettibilmente. La sua mano salì a cercare quella di lui, poggiata appena
sopra il suo fianco.
Ripensò con un sussulto all'ultima volta che si era ritrovata fra
le sue braccia in quel modo, gli occhi incatenati ai suoi sulla superficie
lucida. Si stava preparando per andare all'Operà con
Kevin: erano passati poco più di sette giorni, eppure le sembrava quasi
un'altra vita... Prima di Annabelle. In meglio o in
peggio, tante cose erano cambiate e non avrebbero potuto tornare come prima. Il
ricordo del bacio davanti al Louvre, la sensazione di sfiorare delle labbra
tanto diverse da quelle di Joe tornarono improvvisamente vivide, come fossero
presenti.
- Pensi sul serio che io sia bella?
- L'ennesimo brivido, un po' per il freddo, un po' per quello che avrebbe
potuto sentirsi dire. Joseph sorrise, scuotendo appena il capo.
- Quanti miliardi di volte dovrò ripetertelo? - Sospirò.
Gabrielle soffocò una risata, mentre lasciava che un vivido rossore
le si allargasse sulle guancie. Si voltò e rimase accoccolata nell'abbraccio di
lui. Strinse il tessuto rigido del suo giaccone fra le dita sottili, era ancora
umido di neve. Non si stupì neppure troppo, quando le braccia di Joe si
strinsero con decisione attorno ai suoi fianchi e si sentì sollevare di peso.
Si ritrovò seduta sul vecchio tavolo da lavoro, con la gonna che si increspava
sulle sue gambe nude. Un plico di cartamodelli impolverati rotolava via con un
tonfo sordo, ma nessuno dei due parve farci particolare caso.
- Non è definibile quanto tu sia bella ai miei occhi...! - Le
labbra di Joseph erano morbide e deliziosamente calde. Soprattutto a contatto con la pelle d'oca causatale
dall'incredibile quantità di spifferi che si insinuava nella stanza attraverso
i vecchi infissi.
Sollevò una mano ad accarezzargli i capelli e non potè impedirsi di rimanere un attimo interdetta, quando lui
smise - senza alcuna apparente ragione - di torturare piacevolmente il suo
collo e si allontanò, stringendole delicatamente il polso. Coco osservò gli
occhi color caramello posarsi sulle loro mani intrecciate e seguendone la
direzione, finalmente capì. Si morse il labbro, fissando l'anello e poi Joe. Se
ne era accorto, dopotutto.
- Perchè...?
- Abbozzò. E la domanda era più che lecita, in effetti. Gabrielle prese fiato,
cercando di soffocare l'ansia che si era diffusa in tutto il suo corpo, a
macchia d'olio.
- Perchè non me la sono sentita. Non me
la sento tutt'ora, Joe. - Cercò di parlare con voce ferma e pacata: l'ultima
cosa che voleva era litigare con lui, di nuovo.
- E' da quando te l'ho regalato, che lo porti lì? - Annuì
faticosamente, quasi le costasse un enorme sforzo.
In realtà non era quel piccolo gesto, a provocarle tanto rigetto...
Quanto più l'espressione profondamente, genuinamente ferita che sapeva sarebbe comparsa negli occhi di lui. Sollevò lo
sguardo e si sforzò di ignorare il sordo dolore allo stomaco che sembrava
volerla torturare fino in fondo.
- Mi permetti di spiegarti? - Cercò le sue mani e le strinse,
stupendosi quasi di trovarle ghiacciate quanto le proprie. Con sua enorme
sorpresa, Joe non ebbe reazioni brusche o quantomeno impulsive: ricambiò quel
gesto, carezzandole i palmi tesi e le fece cenno di proseguire.
- Ti ascolto. - Solo la sua voce tremava impercettibilmente.
- Non l'ho fatto perchè non m'importasse.
Quello è il tuo anello e io lo porto perchè sono la
tua ragazza, sono innamorata di te ed è comunque il segno che ti appartengo. -
Si avvicinò, rubando l'ennesimo, piccolo bacio alle labbra di lui. Joseph
sospirò, rispondendole con altrettanta dolcezza prima di allontanarsi. - Sono tua. -
- Ma...? -
- Ma non posso impegnarmi in una promessa di quel genere. - Puntò gli occhi in quelli di Joe, con decisione. -
Faccio fatica ad accettare il matrimonio di mia sorella, figuriamoci ipotizzare
il mio...! Non ti sto dicendo che non
ti sposerò mai, solo... Non posso promettertelo. Sono successe troppe cose,
nella mia vita, perchè io possa accettare una cosa
del genere a cuor leggero, mi capisci? La cosa che più desidero è poter stare
con te, ma non legandomi così... Non fin quando non sarò pronta. - Si
interruppe quasi bruscamente, dopo aver lasciato correre senza controllo tutte
le parole che avevano affollato la sua mente per tanto tempo.
Joe non disse nulla, si avvicinò e la strinse fra le braccia. Passò
una mano fra i lunghi ricci scuri - resi leggermente crespi dall'umidità - e
soffocò un sospiro contro la sua pelle fredda, mentre Coco gli si accoccolava
contro.
- Lo capisco, Coco. - Mormorò.
- So quanto è importante per te e per la tua famiglia...! Giuro che
ci penserò seriamente. - Il cuore smise per un attimo di battere all'impazzata e
finalmente l'ansia iniziò a dissolversi, lasciando spazio ad un minimo senso di
sollievo. - Mi dispiace...! -
- Non dispiacerti. - Sorrise lui, scuotendo appena il capo. - Sono
stato stupido anche io a pensare di poter fare tutto come pareva a me. Per un
attimo ho dimenticato che non tutti... sono come
me. - Un'ombra passò veloce negli occhi d'ambra, prima che Joe tornasse ad
assumere la sua solita espressione solare.
- Credi... Ma hai pensato a quante ragazze sognano di trovarsi al
mio posto...? E io che faccio? Rifiuto una promessa di matrimonio da Joe Jonas.
Devo essermi bevuta il cervello! - Arricciò il naso, stringendo le labbra in
una smorfia troppo buffa per non strappargli una risata. - Ma questo non
significa che non ne sia innamorata dal profondo del cuore...! - Arrossì,
mangiandosi quasi le ultime sillabe.
Nicholas irruppe nel retrobottega proprio mentre si scambiavano
l'ennesimo bacio. Cercò di imporre discretamente la propria presenza, con un
leggero colpo di tosse. Joseph lo vide avanzare con la coda dell'occhio e,
sospirando sulla bocca di Gabrielle, raccolse la volontà di allontanarsi e
lasciarla scendere dal tavolo.
- Credevamo foste morti...! - Sbuffò. Il suo sorrisino divertito
lasciò spazio ad uno decisamente più sorpreso, quando Coco saltò in piedi ed
entrò chiaramente nel suo campo visivo. - Cavolo, lo sapevo che era
perfetto...! -
Lei sussultò lievemente. Alzò lo sguardo, lasciando la mano -
impegnata fino a qual momento nel lisciare le pieghe della gonna - ciondolare lungo
il fianco. Si osservò ancora una volta nel grosso specchio, insicura. Gli occhi
chiari lasciarono quasi immediatamente la superficie riflettente, tornando a
fissare l'uscio. Kevin stava in piedi, appena poggiato allo stipite e la
fissava come se non avesse mai visto niente di più bello in vita sua. Arrossì
impercettibilmente, quando i loro sguardi si fusero. Avrebbe potuto giurare che
la pelle d'oca sulle sue braccia scoperte non era causata solo dal freddo.
- Compriamo questo. - Annuì Nicholas, entusiasta. - Che ne dici,
stella? - Saltò in avanti, cercandole le mani con le proprie.
- Non lo so. E bellissimo, ma... Hai visto il prezzo...? E' troppo.
- Agitò appena il capo.
- Questo non è un problema. - Kevin era piuttosto sicuro. Sorrise,
mentre si avvicinava.
- Kev, tu hai già speso un'enormità per quei biglietti. Quanti
soldi vuoi ancora buttare... Per me? -
- Primo, non sono affatto soldi buttati. - Replicò lui. - E
secondo... Questa volta è un regalo che ti facciamo in tre. - Indicò i fratelli,
che annuirono in silenzio. Nick le strinse le mani un po' più saldamente.
- Permettetemi di metterci almeno la metà...! - Tentò. Joe sorrise
divertito, scuotendo leggermente il capo. Kev si
limitò a premerle un dito sulle labbra e il piccolo, da ultimo, le scoccò uno
sguardo eloquente, prima di sollevarle la mano e posare un microscopico bacio
sul dorso.
- Vai a cambiarti, rischi l'ipotermia se rimani così ancora un po'...!
-
Coco si strinse al petto i vestiti che Joseph aveva appena
recuperato. Guardò i tre ragazzi, sforzandosi di trovare le parole adatte.
Peccato non ce ne fossero poi molte. Non per esprimere la sua gratitudine nei
confronti di quanto facevano per lei, anche solo con la loro presenza nella sua
vita... Fosse stato per lei, sarebbero stati esentati dal farle qualunque altro
regalo: il solo fatto che esistessero e che fossero lì per lei, era molto,
molto più che sufficiente. Eppure Joe, Kevin ed il suo piccolo Nick sembravano
sempre pensare che non fosse abbastanza. Sbagliavano, eccome.
- Grazie. - Sorrise e si lanciò quasi in mezzo a loro.
Si lasciò stringere, affondando in quell'abbraccio aggrovigliato.
Ancora un po', prima di lasciarli andare.
°°°
Arrivarono a casa che il sole già si nascondeva per metà, dietro i
tetti più alti di Parigi. Gabrielle saltò veloce sul marciapiede innevato ed
aspettò che Nicholas fosse in piedi al suo fianco, prima di chiudere la
portiera con un gesto secco. Fece un cenno a Joe, attraverso il finestrino e
lasciò che l'automobile ripartisse, svoltando l'angolo.
- Devi dirmi qualcosa...? - Un'affermazione mascherata da domanda,
tipico di Nick. Lo fissò, stringendo la busta tra le dita arrossate dal freddo.
- Sì. -
Effettivamente c'era un motivo preciso, per il quale aveva
insistito che il piccolo l'accompagnasse, mentre gli altri due andavano a
restituire l'auto a Debra. Sarebbe poi stata
quest'ultima - rigorosamente di persona - a scortarli nuovamente al piccolo
appartamento, con la sua comunissima, sgangherata citroen. Tranquillamente
definibile come un pezzo d'antiquariato, nonostante risalisse a poco più di
vent'anni prima.
- Eppure ti vedo tranquilla. O il mio sesto senso inizia a fare
cilecca...? - Si imbronciò leggermente.
- No, funziona ancora bene. In effetti sto bene. - Annuì lei. Prese
a frugare nella propria tracolla, scostandosi a tratti i capelli umidi dal
viso. - Io e Joe abbiamo parlato dell'anello, finalmente. E... - Soffocò un
piccolo sospiro incerto.
- Se ne è accorto, quindi. E...?
-
- Ed è stato... spaventosamente comprensivo. - Esalò, quasi
contrariata. - Non che non mi abbia fatto piacere...! -
- Però ti è sembrato insolito, immagino. - Ridacchiò il piccolo,
fra le pieghe della sua sciarpa di cachemere blu. - Beh,
sai, è semplice: probabilmente anche Joe sta maturando...! -
- Lui non è immaturo...! E' impulsivo, avventato, testone... Beh,
non così immaturo. - Si corresse,
arrossendo appena.
- Non ho detto che fosse un difetto. Joe sta finalmente mettendo la
testa a posto, in questo senso. E sei tu che lo stai cambiando, Coco. Non ti
rendi conto di quanto gli servi...! -
Sorrise e allungò una mano a sfiorarle la guancia. Gabrielle nascose, per
quanto le era possibile, l'imbarazzo in un sorriso e scivolò via, le chiavi che
tintinnavano leggermente nella sua mano sottile.
Ok, lo so, questa volta sono in un ritardo indecente
Ok,
lo so, questa volta sono in un ritardo indecente.v_v Mea
Culpa. Credo di essere arrivata vicino se non oltre i tre mesi tra un
capitolo e l'altro. Il che è assolutamente orribile e sappiate che mi fa
sentire tremendamente in colpa nei vostri confronti.*annuisce*
(C'è
qualcuna delle mie fedelissime o voialtre
siete tutte al mare e io qui sola a patire il caldo?x3)
Comunque,
spero sul serio che un periodo complicato e affannoso come questo non si
ripresenti più. Tra settimane lontana da internet, alti e bassi, pianti, crisi,
mancanza di ispirazione, annessi e connessi è un miracolo che non sia finita ad
aggiornare direttamente a settembre.T_T
Ma!
Non sono qui per perdere tempo a giiustificarmi.*shh*
Voglio rispondere alle vostre (per me) preziosissime
recensioni, prima di lasciarvi alla lettura di questo capitolo che, ve ne
renderete conto, è un po' di transizione... Ma preparatevi, che ora inizia una
bella serie di "scossoni emotivi". *ridacchia* Ora, a voi:
simba:Ooh,
tu non immagini con quanta trepidazione aspetto i tuoi commenti e quanto mi
rende felice l'assiduità con cui commenti tutte le mie fic.<3
Grazie, sul serio. Vedo che le schiere Koco si
infoltiscono!xD Il nostro K2 ha una miriade di sostenitrici
dalla sua parte.*patpatta Joe* Non hai che da stare
a leggere fino alla fine per vedere se le sue (e le tue) speranze verranno
esaudite. Per il vestito di Coco: esiste. Mi sono ispirata a una foto trovata
in internet. Per te (e chiunque altra fosse interessata *w*), un'occhiata alla
fine del capitolo.:3
jeeeeee: quanto tempo,
davvero!:3 Bentornata. Io sono sempre felicissima di veder tornare le mie
lettrici. Tanto quanto di trovare quelle nuove. Per quanto riguarda i Koco...
Non posso anticipare, ma posso dirti che i prossimi capitoli potrebbero
interessarti!:D
maggie_lullaby:oooh,
finalmente!*__* Posso confessare che aspettavo una tua recensione alla mia long
da tempo? E devo dire che questo bel commento-papiro mi ha soddisfatta appieno.
E' esattamente quel tipo di recensioni che mi riempie di voglia di fare.<3
Spero continuerai a leggere e recensire assiduamente, tengo molto in conto la
tua opinione (a proposito, so che devo commentare il secondo capitolo di
"Olive", l'ho letto velocemente mentre ero al mare... prometto che
appena ho tempo mi ci metto!:3). Un bacio.:*
likeasong: innanzitutto
grazie!*___* Tutti questi complimenti sono un vero balsamo per me, mi fanno
sentire davvero bene.<3 E... oh, una Joco!*w*
Mi piace avere lettrici schierate da ambo le parti. La mia sfida sarà non
deludere nessuno, a prescindere da come finirà la fic!
Speriamo. E non preoccuparti per il ritardo, l'importante è che la splendida
recensione sia arrivata.:*
eireneeimi:nuovalettrice!*____*
Benvenutissima.<3 Mi spiace che proprio al tuo
primo aggiornamento "in diretta" tu abbia dovuto aspettare tanto.v.v
Prometto che non si ripeterà.:* In quanto a Coco, lei è letteralmente un pezzo
del mio cuore e sapere che piace, che è amata in questo modo, beh, mi riempie
di gioia e di orgoglio.<3 Goditi il capitolo, spero di rivederti fra le recensitrici
assidue.^w^
senzaparole: altra nuova
lettrice!*saltella* E altra Joco!*O*
Joe sta riguadagnando terreno.x3 Oh, guarda, il tuo commento direi che in gran
parte ci ha preso (per quanto riguarda il "fattaccio" abbi fede che
Coco non l'ha affatto dimenticato e che tornerà fuori al momento opportuno.
Eccome.*riidacchia*).
Solo, probabilmente Gabrielle è molto più insicura e confusa di quanto tu abbia
percepito. Comunque, adoro questo tipo di recensioni che analizzano e sondano
la trama.*w* per quanto riguarda i tempi di
aggiornamento, lo avrai notato, sono lenta.çOç E
mi odio per questo. Giuro checercheròdivelocizzarmi. Restasintonizzata.:*
titty_90:Iaaa!<3
*glompa e riglompa* A
parte il ricatto finale (aehm!xD)...
Hai visto che ce l'ho fatta?O/ Capitolo finalmente
finito e archiviato. Invece delle chicche, te lo becchi tutto in un colpo.
Aspetto di sapere che ne pensi.:* Come al solito, grazie per tutto quello che
fai per me... c'è bisogno di dirtelo?<3
Ecco,
a questo punto è tutto. Vi lascio al capitolo, con fotomontaggio speciale perchè
tutte voi possiate finalmente avere una visione del viso di Monique e Gerry, nonchè
della villa in cui è ambientato il capitolo. Sietepronte per andare al matrimonio?<3
- Capitolo 28° -
{ Keepitsweet, keepit slow. Letthe future pass and don't let go,
but tonight I could fall to soon under this beautiful moonlight... }
Catch Me - Demi Lovato
-
Coco, devo parlarti...! - Monique si alzò di scatto.
Abbandonò le forcine sul piano della specchiera e prese posto sul divanetto
accanto alla sorella, con l'acconciatura ancora mezza sfatta.
-
Ti sposi fra venti minuti e ancora non sei pronta, non mi sembra il momento. -
Brontolò l'altra, raddrizzandole lo scollo dell'abito. - Ne parliamo dopo. -
-
No, tesoro, ascoltami...! - Insistette.
Prese
a torcersi nervosamente le dita e tenne lo sguardo basso, concentrato per
qualche attimo. Come a voler cercare delle parole adatte, quando invece non ne
esistevano affatto per spiegarsi. Tornò a guardarla negli occhi solo quando fu
sicura di riuscire a dire tutto senza smarrire il fiato per strada. Strinse la
mani della sorella minore, carezzandole appena i palmi ghiacciati, mentre si
inumidiva le labbra laccate di color pesca.
- Monmon...
Cosa ti prende? - Sussurrò Gabrielle, con una punta di panico nella voce.
-
Non ho voluto dirtelo, perchè non sapevo neppure se
sarebbe venuto e molto probabilmente, non c'è... - Esalò, quasi senza
respirare. - Ma se lo incontrassi, non posso permettere che tu sia impreparata:
ho spedito l'invito per il matrimonio a papà.
-
Coco
non ebbe alcuna reazione, in un primo momento: rimase immobile com'era e
allentò appena la stretta di Monique sui propri polsi.
Continuò a fissarla, senza però vederla veramente. Era chiaro come il sole che
i suoi occhi chiari erano concentrati su qualcos'altro. Studiavano un ricordo
lontano una mezza dozzina d'anni nel tempo, leggermente sfocato ma
contemporaneamente vivido nella sua essenza come fosse presente: in quel
preciso istante Gabrielle aveva di nuovo sedici anni e si specchiava in due
pozze di cielo precise identiche alle sue. Tremava leggermente, eppure non una
lacrima sfuggiva alle ciglia umide mentre stringeva un'ultima volta la mano di Michael.
-
Sei sicura che non venga? - Tornò alla realtà, richiudendo il sorriso triste
con cui aveva salutato l'uomo che l'aveva cresciuta in un cassetto della
memoria. - Come puoi dirlo? -
-
Non lo so, cuore. - Monmon le carezzò una guancia,
prima di alzarsi e tornare alla specchiera. - Io quasi non lo conosco, ho
pochissimi ricordi di lui. Ma ci ho pensato e dentro di me so che è giusto: mi
sarebbe piaciuto averlo qui, oggi. -
-
Anche se non fosse qui, credo che anche per lui sarebbe stato importante. - Si
mordicchiò il labbro, mentre cercava di prendere fiato e rinsaldare il tono di
voce.
Fissò
la sorella, scambiandosi con lei uno cenno di intesa sulla superficie
riflettente. Un attimo dopo era già in corridoio e correva, barcollando sui
tacchi delle décollettes blu
che avevano insistito per regalarle insieme al vestito. Era praticamente certa
che non l'avrebbe trovato, eppure c'era un impulso insopprimibile che le
imponeva di dare almeno uno sguardo alla piccola folla assiepata nel salone del
municipio, almeno per capire se
proprio non esisteva alcuna possibilità.
Si
affacciò oltre la pesante doppia porta, sondando con lo sguardo ciascuna delle
persone presenti: erano tutti amici di Gerry o
di Monique,
parenti di lui o colleghi. Per quanto fossero passati sei anni e mezzo
dall'ultima volta che l'aveva visto, Gabrielle escluse a priori l'idea di non
poter riconoscere suo padre, nel momento in cui se lo fosse trovato davanti.
Semplicemente Michael non era lì... Magari non aveva nemmeno ricevuto
quell'invito o magari ancora qualcosa l'aveva trattenuto al di là dell'oceano.
Indietreggiò e lasciò che la maniglia scattasse: qualcosa di decisamente più
solido dell'aria si scontrò con le sue spalle sottili, mentre tentava di
voltarsi e tornare sui propri passi.
-
Tutto bene? - Nicholas la sorresse prontamente e scostò la ciocca di capelli
che era sfuggita al fermaglio di onice, dal suo viso corrucciato.
-
Piccolo. Io... Sì. - Rispose quasi automaticamente. Il suo sguardo deviò per un
momento sull'ampia porta vetrata.
-
Sicura? - Affondò nel suo abbraccio rassicurante, quasi prima di potersene
rendere davvero conto. Sorrise contro la stoffa leggera della camicia
perfettamente inamidata.
-
Tranquillo. Cercavo una persona, non c'è.
- Mormorò.
-
Diciamo che me ne parli appena tutto questo sarà finito? - Sciolse la presa e
lasciò scivolare un braccio attorno ai suoi fianchi, mentre la accompagnava
verso la stanza dove aveva lasciato Monique,
ancora intenta a litigare con l'ultima molletta. Coco abbassò il capo e annuì
lievemente, riflettendo su come fosse del tutto impensabile nascondergli
qualcosa.
Decise,
comunque, che sarebbe stato meglio non impensierire ulteriormente nè
lui, nè
sua sorella con tutta quella storia: smettere di arrovellarsi e di cercare
qualcosa che decisamente rimaneva introvabile era senza dubbio un'idea
migliore. Nessuno avrebbe avuto modo di preoccuparsi per lei che correva dietro
a un ricordo troppo lontano nel tempo.
°°°
Villa
St. Nicolàs ,
o - come la chiamavano abitualmente i parigini - l'Angelica, era una bella cascina d'epoca, adagiata sul declivio di
una collina piuttosto bassa, alla periferia di Parigi. Il vecchio proprietario
l'aveva ristrutturata da poco, con l'esatta idea di farne un parco per
ricevimenti: Gerard aveva semplicemente voluto fare qualcosa di unico per la
sua Monique,
perfettamente consapevole di quanto, nonostante tutto, le costasse compiere un
gesto definitivo come il matrimonio.
Quell'abbondante manciata di anni in più, unita al suo gran cuore, gli aveva
permesso di scindere completamente il sentimento che Monmon
provava per lui, dalla sua apparentemente inspiegabile incertezza.
Parte
degli ospiti si congedò appena finita la cerimonia, mentre gli amici più
intimi, i parenti furono invitati all'Angelique,
per pranzare e trascorrere quel che rimaneva della giornata insieme agli sposi.
Non erano più che una trentina di persone, sparse sul prato tagliato di fresco
o sulle graziose seggiole di metallo laccato comodamente disposte all'ombra
degli alberi: era stata la stessa Monique a
volere così... Niente pranzi sfarzosi, niente ricevimenti in pompamagna.
Solo le persone giuste nel posto giusto. La sposa
sorrise, rigirandosi la fede d'oro bianco attorno al dito, mentre osservava la
sua bambina correre sul prato, incontro a Coco. Ci sarebbero sicuramente state
macchie d'erba sul pizzo sangallo del vestitino, quella sera.
-
Zia! - La sua risata si perse nell'aria cristallina. Gabrielle la strinse e
riuscì a rimanere in equilibrio precario, seduta all'indiana accanto al più
grande dei tre fratelli Jonas. Gli altri due stavano
improvvisando un match col pallone rosa shocking di Luciàne,
pochi passi più indietro.
Kevin
ridacchiò a sua volta, scompigliandole affettuosamente i riccioli biondissimi.
Nonostante fosse per sua natura piuttosto schiva, la sua piccola era entrata in
confidenza con quei tre ragazzi ad una velocità sorprendente e, ormai, li
considerava poco meno che tre fratelli maggiori acquisiti. Saltò in braccio a Kev ed
arruffò qualche parola nel suo inglese stentato - ma stava imparando, grazie
alla pazienza che ciascuno di loro metteva nell'insegnarle man mano nuove
espressioni -, prima di prendere a giocare con la catenina che lui portava al
collo e che dondolava oltre il bavero leggermente lento della camicia.
-
Io dico che se la nostra stellina volesse diventare mamma, lui sarebbe un
ottimo candidato. - Sussultò, nell'avvertire il risolino di Geràrd
contro il proprio orecchio. Le indicò Coco, che rideva rumorosamente insieme
alla nipotina.
-
Per carità, è presto...! - Replicò, mentre lui le si sedeva accanto. -
Comunque... Secondo me un po' ci hai preso. - Concluse, a volume repentinamente
più basso.
-
Di che parli? - Inarcò un sopracciglio, visibilmente sorpreso che l'avesse
preso tanto sul serio. - Mi sono perso qualcosa? -
- Mmmh...
Qualcosa, tesoro. - Sorrideva,
decisamente meno cupa di qualche secondo prima. - Te ne parlerò. Non ora. -
Poggiò
la testa sulla sua spalla e lasciò che l'attirasse nella sua stretta. Il calore
di Gerry
era qualcosa di estremamente rassicurante - lo era sempre stato per lei - e in
qualche modo, sapere che l'avrebbe avuto accanto per il resto della sua vita le
faceva pensare di aver compiuto la scelta giusta. Per il suo stesso bene, così
come per quello di sua figlia: aveva garantito ad entrambe un futuro fra i
migliori possibili, se non - addirittura - il
migliore. L'indomani anche gli ultimi documenti sarebbero stati a posto è Luciàne
avrebbe finalmente avuto un padre ed una famiglia a tutti gli effetti. Padre.Famiglia... Si rabbuiò leggermente, prendendo a torturarsi il
labbro inferiore.
-
Stai pensando troppo. - Decretò Geràrd.
Le posò un bacio sulla tempia e la costrinse a sollevare lo sguardo sul sole
che andava via via tramontando dietro le colline.
-
Come...? - Mormorò, totalmente presa in contropiede.
-
Pensi, monamour. A qualcosa che ti turba particolarmente. -
Le scostò una ciocca scura dal viso, in tacita attesa di una risposta. - Sei
pentita...? -
-
No! - Esclamò. - No, Geràrd, assolutamente. Al
contrario... Stavo giusto riflettendo che, probabilmente, non potevo fare
scelta migliore di questa. - Perfino lui l'aveva vista raramente arrossire a
quel modo. - Io sto bene con te e anche Luciàne,
saremo felici. -
-
Di questo puoi esserne certa. Quindi quel broncio per chi o cosa era? - No, non
gli era sfuggito. Era un acuto osservatore, Geràrd.
-
Ah, niente. Pensavo a mio padre, sai... Gli ho spedito l'invito per il
matrimonio e lui non è qui. Io me l'aspettavo decisamente, ma credo di aver
commesso l'errore di dirlo a Gabrielle, prima della cerimonia. - Sospirò. - Io
nemmeno l'ho conosciuto davvero, mentre lei... -
-
Sì, lo capisco. - Annuì.
-
Ci ha convissuto per sedici anni. E' cresciuta con quell'uomo. - Gli occhi
scuri di Monique si fecero umidi. Seguì con lo sguardo i
movimenti rapidi di Coco, che si era alzata e aveva recuperato le scarpe.
La
osservò barcollare, aggrapparsi alla spalla di Nick mentre se le reinfilava e
poi seguire quest'ultimo in mezzo allo spiazzo che era stato adibito a pista da
ballo. Titubante, nello scivolare in mezzo alle altre coppie che dondolavano al
ritmo cadenzato della musica. Sembrava serena.
-
Secondo me Coco l'ha presa meglio di quel che pensi. E' forte. - Decretò. - La sua famiglia sei tu, le basta. -
Monique sorrise e si strinse appena nelle braccia.
L'aria, senza quasi più luce naturale, si era fatta più fresca e nonostante
fosse marzo inoltrato, si sentiva che - ancora per un poco - sarebbe stato
inverno.
°°°
Coco
si appoggiò un po' di più a Nicholas e ritrovò un pizzico di equilibrio sui
tacchi che - se sul liscio pavimento del comune erano instabili - sul prato
irregolare erano una vera e propria trappola mortale. Volendo poi tralasciare
come non fosse mai stata capace di ballare, men
che meno un lento di quel tipo. Il piccolo ridacchiò e posò un bacio sulla sua
spalla, senza smettere di guidarla in quel lento oscillare fra una nota e
l'altra.
-
Sta' attenta. Quando ti ho chiesto di ballare con me, intendevo riportarti a
Joe tutta intera. - Mormorò contro la sua pelle.
-
Ci sto provando...! - Arrossì lievemente.
-
Allora, me lo dici adesso, chi cercavi stamattina? - Gabrielle alzò lo sguardo
di scatto, come per un colpo improvviso. Fissò gli occhi in quelli scuri e
indagatori di lui, cercando di riordinare i pensieri.
-
Non era nulla di importante. - Provò a sviare l'argomento, ma, prevedibilmente,
Nick non pensò ad abboccare nemmeno per un istante.
- Gabrielle... - Inarcò un sopracciglio:
il suo tono era delicato, ma fermo. Non dava adito a repliche,
-
Mio padre. - Sospirò lei, dopo qualche secondo di contrito silenzio. - Monique mi
ha detto di avergli spedito l'invito al matrimonio e io ho pensato... Insomma,
non potevo escludere a priori la possibilità che fosse qui. -
Esitò,
come se si aspettasse di venire interrotta: una domanda, un invito a
proseguire, qualcosa. Ma Nicholas rimase zitto, non fece nulla più che
stringersela ulteriormente contro e spostarsi verso il limite di quella pista
da ballo improvvisata. Senza cheCoco
quasi se ne accorgesse ed evitando accuratamente che qualcuno degli ospiti
potesse notarli e incuriosirsi: si ritrovarono sotto un grosso salice,
leggermente in ombra poichè la luce dei lampioncini
affissi tutto intorno faticava ad arrivare fin lì. Il piccolo si fermò,
interrompendo il loro dondolare e poggiò la schiena al tronco nodoso, senza
lasciarla andare. Si sfilò la giacca dell'elegante completo grigio e la poggiò
sulle spalle di lei: aveva sentito la sua pelle raffreddarsi - sotto il proprio
tocco gentile - via via che la temperatura calava.
-
Una parte di me avrebbe voluto davvero
rivederlo. - Sussurrò Gabrielle, nel silenzio ovattato che si era creato fra di
loro. Sorrise lievemente e si strinse nell'abbraccio della stoffa appena
rigida.
-
Penso che sia normale. - Annuì. Per un singolo, microscopico attimo, Nick ebbe
come una strana sensazione nei confronti di quell'uomo, pur non sapendo
praticamente nulla di lui. Cercò di fare chiarezza nei propri pensieri e si
convinse che fosse più che altro una sorta di empatia nei confronti di Coco e della sua ansia.
- E
allora come spieghi che comunque, in qualche modo, mi sento sollevata per non
averlo trovato? - Si incupì e prese a torturarsi il labbro.
-
Beh, stella, sei confusa e anche questo è normale. Per di più quella di tua
madre è una ferita ancora aperta... per tutti
noi. - Arrossì e distolse per un momento lo sguardo dal suo. - Sarebbe
comunque stato un momento complicato, per affrontarlo. - Rimasero in silenzio,
dal momento che lei annuì, avvicinandosi e posando delicatamente la fronte
contro la sua.
-
Arriverà il momento giusto. - Un'affermazione che tale non era mai stata.
Nicholas sorrise fra sè e sè:
come se avesse potuto non sapere che la sua Gabrielle di certezze in
quell'ambito ne aveva davvero molto poche.
Posò
le labbra all'angolo delle sue, prima di allontanarsi dall'albero con uno
scatto leggero. Annuì lievemente e allungò una mano nella sua direzione per
invitarla a seguirlo: avevano ancora un ballo da portare a termine. Non se la
sentì, in tutta onestà, di dirle più di quel tanto riguardo una faccenda
decisamente troppo delicata e di cui sapeva così poco: lui non poteva certo
dire di sapere cosa significassero una madre assente o un padre lontano,
praticamente scomparso. Sotto questo aspetto, lui e i suoi fratelli erano
cresciuti veramente nella bambagia.
Paul e Denise non avevano mai fatto mancare loro nulla, soprattutto non
l'affetto o l'incoraggiamento quando ne avevano più bisogno.
La
fermò appena furono di nuovo nell'ampia zona illuminata e la strinse di nuovo a
sè,
facendole fare un mezzo giro su sè
stessa. Coco soffocò una risata e poggiò la testa sulla sua spalla, mentre
cercava di non incespicare e ritrovarsi irrimediabilmente fuori tempo: Nicholas
era probabilmente l'unica persona al mondo in grado di farla ballare senza che
si sentisse terribilmente in imbarazzo. Poteva muoversi su e giù per quel
prato, senza badare minimamente a quanto goffa sarebbe sembrata agli occhi
degli altri e solo godendosi la sensazione di essergli così vicina.
-
Non sei affatto imbranata come dici, non mi hai pestato i piedi neppure una
volta…! – Sorrise. Gabrielle agitò appena il capo, dimenticandosi per un
momento della conversazione difficile avuta poco prima: probabilmente Nick
l’aveva fatto per lei. Intuiva sempre cosa fosse meglio fare o ciò di cui aveva
bisogno.
-
Non avere fretta. -
-
Non lo farai, sei brava. - Annuì, mentre allungava il braccio destro e la
allontanava abbastanza da permetterle di ruotare e tornare indietro. A quel
punto, invece di tornare alla posizione di partenza, lei gli gettò
letteralmente le braccia al collo.
-
La sai una cosa...? - Pigolò, dopo qualche momento. - Ho scelto io questo posto
per il ricevimento di Monmon. E per un motivo preciso.
-
-
E' un bel posto. - Replicò Nicholas, lanciando uno sguardo all'ingresso della
villa. Si sentivano le chiacchere degli altri ospiti
provenire dall'interno e in lontananza, il rombo del motore di un'automobile:
probabilmente qualcuno stava tornando a casa.
-
Non è solo per questo: sai come si chiama? - Inarcò appena le sopracciglia e
una luce divertita le illuminò lo sguardo. - Villa Saint Nicolàs. -
-
Sul serio? - Annuì e gli passò delicatamente una mano fra i capelli, prima di
proseguire.
- E
non è tutto: noi parigini l'abbiamo soprannominata "Angelique". L'Angelica. -
Lasciò che le sue labbra sottili si increspassero in un piccolo sorriso
divertito. - Proprio come te. -
-
Non poi quanto lo credi tu. -
Si
fermò, proprio nel momento in cui la musica sfumava e al ritmo cadenzato se ne
sostituiva uno molto più cadenzato e irregolare. Ancora una volta guidò
dolcemente Coco ai margini del prato, ma in direzione della villa: la fermò ai
piedi della scalinata in mattoni rossi. Cinque gradini volutamente sgrezzati ed
irregolari lasciavano accedere ad una piccola terrazzina e
da lì al salone principale. Nicholas posò entrambe le mani sulle spalle minute
di Gabrielle - ancora fasciate dalla sua elegante giacca di vigogna e che quasi
ci scomparivano dentro - e prima che lei rientrasse, le diede un leggerissimo
bacio a stampo sulle labbra fredde. Lei rabbrividì appena, colta un poco di
sprovvista e poi sparì sorridendo oltre l'ampia porta a vetri.
Quando
il piccolo rientrò, poco dopo, trovo già Joe al suo fianco. Impaziente, le
circondava i fianchi con un braccio e se la premeva addosso, come se avesse
paura di vedersela scappare sotto gli occhi da un momento all'altro. Ridacchiò,
scuotendo appena il capo ricciuto e lì seguì con lo sguardo - leggermente
preoccupato - finchè non furono troppo in alto
sulla scala che portava al piano superiore, per rientrare nel suo campo visivo.
°°°
Joe
percorse la metà del corridoio a passo svelto, prima di fermarsi davanti ad una
porta all'apparenza del tutto identica alle altre quattro che si affacciavano
sulle pareti perfettamente intonacate. La stanza che Monique
aveva riservato per lui e i suoi fratelli stava sullo stesso piano di quella
che avrebbero occupato Coco e la piccola Luciàne.
Di fronte ad un'altra stanza esattamente speculare e vuota, nel caso
qualcun'altro degli ospiti avesse voluto imitarli e fermarsi per la notte: l'Angelique
era parecchio fuori città e ben lontana da molti dei quartieri principali di
Parigi. Gabrielle lo seguì silenziosamente: la sua presenza era segnalata
solamente dal ticchettare ritmico dei tacchi sul pavimento lucido.
-
Joe, cos'hai dimenticato stavolta? - Lo rimbrottò, lasciandosi sfuggire una
breve risata cristallina.
-
Ma niente...! Volevo solo controllare che Debra
non avesse telefonato. Sai quanto ha ringhiato, quando le abbiamo chiesto
questa giornata di "ferie". - Sfilò il suo i-phone
dalla tasca di una giacca scura che aveva tutta l'aria di essere rimasta
abbandonata lì da ore. - Ho temuto che ci sarebbe stata col fiato sul collo
tutto il tempo. Invece, a quanto pare, niente. - Sorrise.
-
Perfetto. - Mormorò. Trattenne appena il fiato, quando lui le si fece
velocemente vicino.
Avvenne
tutto molto velocemente, come era tipico di quei momenti sospesi fra sogno e
realtà. Avvertì le labbra di Joe sulle sue, dolci, insistenti e poi poco più
giù sul collo, la spalla. A rincorrere lo scollo dritto dell'abito, spostandolo
appena verso il basso. Cedette immediatamente alla sua leggera pressione e
scivolò morbidamente sull'ampio letto matrimoniale: la giacca di Nicholas si
stropicciò sotto il suo corpo teso insieme a quella che era già lì.
-
Joe...! - Soffiò contro la sua bocca. Gli arpionò le spalle ed inarcò la
schiena: le mani di lui la carezzavano, percorrendola millimetricamente
dal basso verso l'alto.
Non
le rispose: catturò nuovamente le sue labbra e prese a scostare le spalline,
con sempre maggiore ansia di scoprire nuovi scampoli di pelle. Gabrielle
arrossì vistosamente, imbarazzata nemmeno tanto dalla brama inespressa nel
tocco di Joe, quanto per i lunghi brividi che le scatenava lungo la spina
dorsale. Era leggermente accaldata, premuta contro il materasso morbido dal
corpo di lui che - per quanto non le pesasse del tutto addosso - le impediva
comunque di muoversi o di allontanarsi: percepiva come non esistesse distanza
fra loro, tanto che avvertiva sulla propria guancia ogni minima irregolarità
del suo respiro, ogni piccolo movimento, ogni smorfia.
-
Coco. - Soffiò, mentre le scostava una ciocca di capelli dalla fronte. - Se io
ti chiedessi di fare l'amore con me, ora, qui... scapperesti? -
Esitò
e si fermò un momento per riprendere fiato, in contemporanea attesa di una
risposta. Posò il palmo freddo contro la sua guancia, senza mai interrompere il
contatto visivo fra loro. Per quanto lui stesso fosse esitante, teso e diviso
fra la speranza di poter finalmente appagare il suo desiderio e la paura delle
dirette conseguenze di quel gesto: avrebbe avuto
Gabrielle, sarebbe - una volta per tutte - stata completamente sua, ma avrebbe
irreversibilmente compromesso la fiducia che suo padre nutriva verso di lui e
la solidità dei suoi principi. Le labbra di Coco troncarono di netto qualunque
filo logico si stesse snodando fra i suoi pensieri fino a quel momento: le sue
piccole mani nervose gli sfiorarono le guancie e si tuffarono fra i capelli
scombinati, attirandolo inevitabilmente verso il basso. Verso di lei.
Coco,
dal canto suo, si era imprevedibilmente lasciata condizionare dalla situazione,
dal calore di Joe e dalla dolcezza delle sue labbra sulla pelle. Era qualcosa
che riusciva a rendere cieca perfino la sua volontà e tutto il buon senso che
avrebbe dovuto torturarla e impedirle di lasciarsi toccare a quel modo: inarcò
la schiena, mentre il respiro le si inchiodava in gola.
-
Joe...! - Mormorò, nel sentire la zip del vestito scivolare inequivocabilmente
verso il basso.
Prese
a sbottonargli la camicia, rallentata dalle dita sottili che si incastravano
contro i bottoni troppo piccoli. Lo chiffon frusciava leggero, sotto la spinta
delle mani di Joseph, che le sfiorava le gambe e lasciava che si arricciasse
appena sotto i fianchi. Erano terribilmente vicini al punto di non ritorno e
lei non sapeva più se augurarsi di oltrepassarlo il prima possibile, in modo da
non potersi più fermare nemmeno volendolo, o di riuscire a smettere in tempo.
Qualcosa, dentro, le sussurrava che non era così, non in quel modo e non con
quello stato d'animo che avrebbe voluto vivere quel momento insieme a Joe.
Doveva
essere qualcosa di unico, tanto perfetto da sembrare irripetibile. Solo, i baci
di lui e la dolcezza con cui esitava, sfiorandole il viso col proprio,
seguendone il profilo con la punta del naso... le rendevano incredibilmente
difficile anche solo pensare di dirgli no.
Strizzò gli occhi, aggrappandosi alle sue spalle con il tacito desiderio di
annullarsi in lui e non pensare.
Poi,
come se le avesse letto nel pensiero, Nicholas bussò delicatamente sulla porta
accostata. Entrambi riconobbero il suo tocco esitante, ancor prima della voce
morbida.
-
Ragazzi...? Monique mi ha mandato a chiamarvi per il taglio della
torta. - Borbottò, restando fermo oltre la soglia: per loro fortuna non pensò
di far scattare la maniglia.
Gabrielle
tornò improvvisamente alla realtà. Spalancò gli occhi e scattò verso l'alto,
costringendo Joe a rimettersi seduto. Si strinse al petto l'abito che - del
tutto slacciato - le sarebbe altrimenti scivolato attorno alla vita. Monmon,
la torta, il matrimonio. Improvvisamente le parve tutto improvvisamente chiaro,
compresa la sconvenienza di quello che stava per fare. Lanciò una breve
occhiata a Joseph - ancora sconvolto, con la camicia sbottonata a scoprire la
pelle tesa - e scese dal letto con un piccolo balzo. Lui era ammutolito,
probabilmente ancora nella fase di assimilazione di come e perchè
era scoppiato tutto a quel modo.
-
Arriviamo, piccolo. - Esclamò.
Cercava
le scarpe con lo sguardo, la cerniera era già tornata al suo posto e i capelli
sistemati in qualche modo. Soltanto quando la luce calda del corridoio infranse
la penombra della camera e la investì, Nick alla sua destra e Joe poco dietro -
per un istante - il filo dei suoi pensieri si impigliò in Kevin.
°°°
Piccolo PS.
1)
Non è da me fare pubblicità, ma per affetto in questo caso devo e voglio
farla!:3 Qualche tempo fa sono riuscita a corrompere mia cugina e ora lei sta
scrivendo e postando una fic sui nostri amati Jonas. Io vi invito a leggerla e garantisco per lei!^w^ La fic è "Tonight"di Jotica_90. (Che,
a proposito, ha scritto anche una shot su Coco che
merita davvero!:3)
Piccola
chicca: avete guardato il banner del secondo capitolo? Avete visto Breanna? Beh, lei
sono io.xD O meglio, le ho prestato il viso.<3
2)
Per le curiose, al link qui sotto la foto che mi ha ispirato l'abito di Coco
descritto nello scorso capitolo:
Perdonatemi, vi prego!D: Giuro che mi odio più di quanto mi possiate odiare
voi. DEVO riuscire a smetterla di aggiornare a questo ritmo inumano.*si
autopunisce* Non vi starò a ripetere che questo capitolo è stato un parto e che
mille cose ci si sono messe di mezzo.>w<
Piuttosto vi dirò che - finalmente - le cose iniziano a smuoversi,
dopo questo periodo di transizione, che spero vi divertiate a leggere e che il
capitolo sia valso almeno un decimo di tutta quest'attesa.x3 Specie a quelle di
voi che chiedevano un po' di Kev/Koco...
Non anticipo nulla.*ridacchia* Leggete da voi!
Ma, prima, è doveroso che io vi ringrazi. Perchè, poche ma buone,
mie affezionate lettrici... Sappiate che io e Coco non potremmo andare avanti,
senza di voi.♥ Grazie con tutto il cuore, per la pazienza e la devozione che ci
dimostrate.♥
succodizucca: ...immagino avrai notato da te che i miei tempi di aggiornamento
sono una cosa indecente.*si prostra e chiede perdono* Penso che a quest'ora
sarai già da parecchio tornata in patria. Comunque tranquilla, ogni recensione
è importante e non per la lunghezza, ma perciò che contiene. Quindi grazie.♥ I sentimenti che Coco prova per Kev? Eeeeh. Chissà.*ridacchia*
eirene eimi: tranquilla, io anche sono discretamente pazza,xD Quanto ai Noco... Beh,
sono una delle cose di cui vado più fiera.♥ Il loro
rapporto è qualcosa che posso con orgoglio definire "unico" nel suo
genere. E lo coltiverò ancora, lungo tutta la durata della fic. Il capitolo
Michael si è per il momento chiuso, maaa... chi dice che non si riaprirà, prima
o poi?:O
simba: la
mia fedelissima. Ti adoro.♥ Sui Noco mi
sono già espressa prima, quindi mi limiterò a dirti che Joe avrà anche le sue
belle gatte da pelare, oltre che gli "ormoni" da tenere a bada. Ma
bisognerà aspettare fino al prossimo capitolo.*shh* Aspetto il tuo commento a
questo, intanto!*w*
Ia: ... ma ciao!xD Sei su msn che fremi per leggere il capitolo, quindi
cerco di fare in fretta.x3 Che posso dire? In questo capitolo la tua sete di
Koco credo sarà in parte placata. E quando leggerai, ti renderai conto che è
stato molto meglio che io non ti abbia anticipato nulla. Goditeli.♥ (Poi voglio una recensione con i fiocchi e i controfiocchi. Già detto.♥)
maggie_lullaby: mia cara!:3 Ma io ti sopporto volentierissimo.x3 E i tuoi commenti
deliranti sono fantastici.:D Mi chiedevi Koco? Beh, direi che ti ho esaudita.♥ Il capitolo dovrebbe soddisfarti. Aspetto con ansia di sapere TUTTO ciò
che ne pensi.*w*
La Cugina: hai
visto? Ho aggiornato!:O Ora piove.xD (poi ti mando un sms
per avvisarti così ti fiondi a leggere e poi recensisci anche.*annuisce*)
L'unica anti-Coco al mondo, probabilmente. Ma serve anche l'altra campana.xD
Sono curiosa di sapere che dirai di questo capitolo. Quindi leggi, muovitiH.^O^
Chià: ...no, non mi sono bevuta il cervello.xD So che non ci sei fra le
recensioni. Ma per me è come se ci fossi.♥ Quindi
ringrazio anche te per la pazienza che hai nell'aspettare i miei ritmi e per il
bene che vuoi a me, a Coco(ci mancherebbe, è tua mogliaH x3) e a tutti gli
altri. Aspetto con ansia che tu legga e mi dica, sai che ci tengo da morire!♥ *strizza*
Beeene, ora ci siamo sul serio.x3 Vi lascio al capitolo e ora, come non
mai, sono curiosissima di leggere i vostri commenti.*____*
Divertitevi, emozionatevi...
odiatemi?xD Insomma, hope you'll like it, mie adorate!♥
- Capitolo 29° -
{ It
could be wrong,
could be wrong...
But it should've been right.}
Resistance - Muse
L'aria tiepida di maggio scompigliava delicatamente gli alberi delle Tuilleries, accarezzava i giardini e le
foglie appena spuntate. Gabrielle si sedette su una grossa cassa di plastica -
da cui era stato tolto qualche grosso pezzo d'attrezzatura appena qualche
attimo prima - e strinse in grembo una mezza pila di copioni, mentre si
guardava in giro, osservava il set e ne assaporava l'aria di assoluta,
appagante normalità: dopo il
matrimonio di Monique, tutto aveva preso - ripreso, più probabilmente - ad
andare per il verso giusto, a suo modo.
Sua sorella si era trasferita stabilmente a casa di Geràrd, tanto
per cominciare e le aveva offerto di tenere il vecchio appartamento per sè,
anche una volta che i ragazzi se ne fossero andati: in un primo momento Coco si
era rifiutata anche di pensare a quella casa senza Joe, Nick e Kevin... Era
qualcosa di assolutamente inconcepibile. Però, se avesse deciso di continuare a
vivere con Monmon, di un trilocale vuoto ne avrebbero fatto ben poco:
l'avrebbero venuto per affittare un altro paio di posti a disposizione
dell'agenzia e - all'interno di quei quattro muri - c'erano troppi dei suoi
ricordi più belli. Risultato - senza pensarci troppo - aveva accettato di
rimanere e si era perfino divertita a metterci qualcosa di veramente suo, in
quella casa.
Il nuovo colore dei muri, un bel divano color panna o l'enorme
pannello di sughero sulla parete del salotto a cui, di giorno in giorno,
fissava - con puntine rigorosamente colorate - le foto più belle, i ritagli di
giornale o foglietti e piccoli post-it fluorescenti tappezzati di messaggi che i
ragazzi le facevano trovare in giro, quando si alzavano molto presto e uscivano
prima ancora che lei si svegliasse. Così come aveva voluto, la loro presenza in quella casa - e in quella vita - era forte e avvolgente
come la scia di un intenso profumo.
- No, no, no. Non ci
siamo...! -
Alzò lo sguardo di scatto e si schermò gli occhi chiari dal
riverbero del sole. Il regista discuteva animatamente con Debra, gironzolando
nervosamente tutt'intorno allo spiazzo che avevano scelto per filmare.
Sembravano entrambi piuttosto contrariati e non degnavano della minima
attenzione nè Nick, che stava accordando per l'ennesima volta la sua chitarra,
nè gli altri due, in piedi poco distanti: Kevin stava poggiato al tronco di un
grosso albero, le braccia incrociate e l'attenzione fissa su un punto
imprecisato poco sopra l'orizzonte. Parlottava distrattamente con Joe, senza
guardarlo.
- Miss, lei sa che sono una persona seria. Non lo posso fare il mio
lavoro, in queste condizioni...! - Abbaiò nuovamente l'uomo, bloccandosi a metà
strada.
- Ho tentato di contattare l'agenzia già due volte e tutto quello
che hanno saputo dirmi è che c'è stata una sovrapposizione di orari. La ragazza
che dovevano mandarci non è proprio disponibile, sta sostenendo un provino
dall'altra parte della città. - Debra si stava sforzando di non peggiorare la
situazione e di mantenere una reazione misurata. Era evidente nel suo tono di
voce il tentativo di trattenersi.
- E lei li richiami...! Ho esattamente tre giorni per finire di
girare questo videoclip e mandare tutto al montaggio. Tre giorni. - Allungò una mano e le piazzò le dita ben tese davanti
al naso. - La Hollywood Records non è
una casetta discografica qualsiasi, è una sottospecie di colosso nel suo campo.
Una di quelle megaimprese americane che vogliono sempre la pappa pronta quando
lo dicono loro. E' bastato un pezzo di carta via fax a fermare il documentario
tre giorni, per i loro comodi, figuriamoci quanto meno ci metterebbero a
sbattere fuori me...! -
- Ci provo.- Ringhiò lei. Si massaggiò le tempie ed estrasse per
l'ennesima volta il cellulare dalla tasca, mentre una smorfia esasperata si
allargava sulle labbra laccate. - Lei... Veda di ottimizzare il tempo e filmare
quello che può con i ragazzi. -
- Ehi. - Coco sussultò leggermente ed abbandonò per un momento i
due e quello strano discorso. Le voci si persero in un rumorio indistinto,
quando prese a concentrarsi su Kevin che le si era avvicinato.
- Ehi. - Sorrise. Lasciò i copioni su un tavolino da campo -
ingombro di filtri colorati - che avevano montato alle sue spalle e si alzò.
Nemmeno si era accorta che non era più con i suoi fratelli. - Che succede? -
- Hanno dovuto sospendere le riprese del documentario, per un
video. Credo abbiano anticipato l'uscita del prossimo singolo...! E' stata una
richiesta piuttosto improvvisa, non ce lo aspettavamo neppure noi. Abbiamo
appena tre giorni per girare e oltretutto, sembra che ci manchi l'attrice
protagonista. - Si sedette dove era stata lei fino a pochi attimi prima e le
fece cenno di sistemarglisi in braccio. - Puoi immaginare quanto l'abbiano
presa tutti bene...! -
- Vedo. - Arrossì lievemente e si affrettò a nascondere quel
leggero imbarazzo dietro l'ennesimo sorriso. Kevin le strinse delicatamente i
fianchi e l'attirò un po' più indietro, sulle sue gambe. - ... Come i bimbi,
non tocco! - Scoppiò a ridere, dondolando i piedi a pochi centimetri da terra.
- Per forza, sei... uno scricciolo! - Replicò lui. - A volte ho
l'impressione che tu possa romperti da un momento all'altro, se ti stringo un
po' più forte. -
- Non potresti mai, Kev. Non tu. - Si accoccolò contro di lui e si
lasciò abbracciare, quasi volesse dimostrargli subito che aveva ragione. - E'
come... una sensazione. Quando mi tieni così, anche ora, la tua stretta è
decisa... ma dolce. Sempre. -
- Beh, sì. - Arrossì. - Non può essere diversamente. -
- Non saresti il mio Kevin, altrimenti. - Mormorò.
- Il tuo Kevin sembra aver bisogno di un po' più di prudenza...!
Rischia grosso ad abbracciare a quel modo la fidanzata di suo fratello. E' un
tipo geloso, sai? -
- Ma smettila! - Scoppiarono entrambi a ridere. - Puoi abbracciarmi
come e quanto vuoi, lo sai. E lo sa anche Joe. Piuttosto... Non dovresti essere
sul set, tu? -
- Hanno deciso di cominciare da una sequenza in cui io non appaio.
- Indicò con un cenno del capo i tecnici del suono che si affaccendavano
intorno ai fratelli.
Il regista stava impartendo le ultime istruzioni su come inquadrare
e - ad intervalli regolari - lanciava occhiate nervose in direzione della
manager che parlava fitto al cellulare e sembrava ancora più snervata di lui.
Da quella distanza sembrava difficile capire anche solo che senso potesse avere
tutta la scena. Avrebbe voluto chiederlo a Kevin, ma non ne ebbe il tempo
fisico: Debra chiuse bruscamente la telefonata e tornò a grandi passi verso di
loro.
- INCAPACI. - Sbottò. - Ecco cosa sono: dei dannati incapaci...!
Io... Perfetto! -
Coco arrossì, sentendosi come colta in flagrante nel momento in cui
capì che gli occhi scuri di Debra puntavano lei... E le sue braccia
delicatamente strette al collo del maggiore dei Jonas. Lo lasciò andare e non
osò aprir bocca, memore di quanto più aggressiva poteva diventare quella donna,
se si tentava di contraddirla.
- Certo, non sarà la stessa cosa, ma possiamo adattarci. - Borbottò
quella avvicinandosi a grandi passi. - Ascoltami, cara, c'è assoluto bisogno
che tu ci faccia un favore. -
- Come...? - Mormorò Gabrielle, ancora seduta in braccio a Kevin.
Scivolò a terra e si rimise in piedi, in attesa di sapere cosa stesse
passandole per la testa.
- Devi sostituire la ragazza nel videoclip. - Non era sicura di
aver sentito bene. Sgranò gli occhi e sentì distintamente il maggiore dei Jonas
trattenere il respiro, alle sue spalle. - Fortunatamente nelle sequenze che
abbiamo già filmato, la si vede solamente di spalle. E sarà quasi sempre
così... Non dovrai fare molto. -
- Ma, veramente io... No. Non credo sia il caso. - Balbettò,
scostandosi una ciocca scura dal viso. - Non sarei all'altezza. -
- Sciocchezze. Il regista e i ragazzi ti spiegheranno per filo e
per segno ciò che dovrai fare, non ci saranno problemi. - La manager indicò
l'angolo costumi con un cenno imperioso che, di certo, non voleva dar adito a
repliche. - E' una situazione di emergenza e non possiamo permetterci rifiuti,
mia cara. Ora vai da Reneè, dille che ti mando io. Avrà bisogno di provarti il
vestito. - Detto questo, girò i tacchi e riattraversò lo spiazzo con una
corsettina nervosa.
Coco si inumidì le labbra e serrò i pugni lungo i fianchi esili.
Sentiva già l'agitazione premerle il cuore in una morsa e poteva giurare che le
sue gambe stessero tremando impercettibilmente. Guardò Kevin, che le si era
avvicinato e le aveva poggiato una mano sulla spalla: per poco non le mancò il
fiato. Era successo tutto ad una tale, vertiginosa velocità, che quasi non se
ne rendeva ancora conto. Recitare al fianco dei Jonas Brthers significava
finire sbattuta sugli schermi televisivi di tutto il mondo... Era qualcosa di
troppo, troppo grande per lei.
- Respira, Gabrielle, ti prego. - Mormorò lui al suo orecchio.
- Kev...! Tutto questo è assurdo. - Si strinse nelle braccia. - Io
non sono un'attrice e non sono famosa. Sono qui solo per dare una mano e farvi
da interprete... Che ne so di come si recita? -
- Immagino che tu la veda come una cosa del tutto gigantesca e
insormontabile. - La mano calda e delicata scivolò lentamente lungo la sua
schiena ancora in tensione e la sciolse appena. - Ma quella di Debra non è poi
una brutta idea. Piuttosto che avere una qualsiasi sconosciuta, preferisco
mille, un milione di volte, che sia
tu. Sarai perfetta, ti aiuteremo noi. -
- So che sembra assurdo a dirsi, ma io non voglio diventare famosa. Non voglio che la gente mi riconosca e
mi additi quando cammino per strada o che giudichi tutto quello che faccio: mi
fa paura l'idea di apparire in televisione. Anche solo per tre minuti di
videoclip. - Si ritrovò a fissare la ghiaia umida sotto le sue scarpe, mentre
si sforzava di ricacciare indietro le lacrime.
- Lo capisco e sono pronto a garantirti io stesso che non
succederà. Faremo in modo che questa storia passi il più inosservata possibile,
però abbiamo bisogno di te. - Le sollevò il mento e sorrise, quando i loro
sguardi si fusero.
- Ci provo. - Acconsentì lei. Si allontanò e dopo un veloce bacio
sulla guancia, filò di corsa al primo espositore carico d'abiti di scena.
°°°
- Stai ferma, o ti appunterò l'orlo tutto storto...! -
Gabrielle annuì e cercò di recuperare fermezza, in bilico su quel
vecchio sgabello di legno. Reneè era un'insolita donna alla soglia dei
quarant'anni che, per qualche sorprendente motivo, non trovava affatto strano
girare con i capelli ancora di un rosso piuttosto acceso, due cerchietti d'oro
all'orecchio sinistro e un lungo cappotto dal taglio militare che nascondeva
quasi del tutto la sua corporatura esile. Si muoveva tra i tessuti con una tale
disinvoltura, da dare l'impressione che non avesse mai fatto altro nella vita:
le sue mani, con ago e filo, parevano incantate da chissà quale fattura.
- Continuo a credere che non sia affatto una buona idea. - Si
inumidì le labbra e si concentrò sul restare immobile.
- Dolcezza, nel mondo dello spettacolo le buone idee sono come
malattie: se le conosci, le eviti. - Replicò l'altra, scrollando i ciuffi
ramati. - Il nostro è quello che si dice vivere alla giornata: per sopravvivere
devi saper improvvisare...! -
- Non fa per me. - Fu come se gli occhi grigi di Renèè l'avessero
perforata da parte a parte.
- Almeno provaci. Quei tre ragazzi sono tuoi amici, mi pare di
capire. Fallo per loro, se non vuoi farlo per te stessa. - Si alzò e prese a
girarle attorno, osservando il proprio operato con fare critico.
- E' per questo che ho accettato. Una volta tanto che posso essere
io a fare qualcosa per loro... - La costumista annuì e si lasciò sfuggire un
sorrisino sghembo. Dopo qualche attimo si appuntò l'ago al bavero del cappotto
e le fece cenno di scendere.
- Io credo di aver finito. Sei praticamente perfetta, modestamente
parlando! - Sogghignò. Le ravvivò i boccoli scuri e fece sì che ricadessero
sulle spalle scoperte. - Abbi fiducia in te, bambina. -
Non ebbe tempo di risponderle, perchè un ragazzo biondo con delle enormi
cuffie attorno al collo la prese per un braccio e la trascinò verso il set,
borbottando una sfilza di parole con un accento decisamente troppo
incomprensibile. Doveva venire da qualche assolato paese del sud, il cui mare
probabilmente aveva lo stesso colore verde dei suoi occhi. Lo seguì, docile e
si strinse ai fianchi un lembo dell'ampia gonna bianca, nel tentativo di non
inciamparci mentre si affrettava per stare al suo passo. Prima di sparire oltre
gli alberi, lanciò un ultimo sguardo a Reneè, che le fece un rapido, burbero
cenno di incoraggiamento con la mano e tornò all'ennesimo orlo scucito.
Gabrielle seguì in silenzio l'assistente di studio, strinse i pugni
e cercò di placare il senso d'ansia che si sentiva crescere dentro e gonfiarsi,
fra un respiro e l'altro. Si fermò al punto che le era stato indicato dal
regista e continuò a fissare un punto imprecisato, dritto davanti a sè,
ignorando completamente le tre grosse telecamere scure che occhieggiavano
minacciose nella sua direzione. Per la prima volta in vita sua, si trovava
dall'altra parte dell'obbiettivo e questo la metteva in profonda soggezione...
Eppure, in qualche modo, sentiva di doverci
essere. Proprio lì.
- Ehi. - Spostò leggermente lo sguardo e affondò nel suo familiare
mare d'ambra liquida. - Non ci volevo credere, quando Kev me l'ha detto. -
Sorrise Joe, prima di prendere a giocare con uno dei boccoli perfettamente
laccati che le cadevano lungo la linea del collo.
- Nemmeno io, per quello. - Arrossì vistosamente.
- Penso che sia assolutamente perfetto. - Si chinò
impercettibilmente in avanti ed accostò le labbra al suo orecchio. Un brivido
le corse lungo la schiena, per tutta la sua lunghezza. - Forse avrò una scusa
per baciarti liberamente, anche davanti alle telecamere. -
- Joseph...! - Coco si lasciò sfuggire un sorriso, mentre lui
esitava un momento fronte a fronte.
- Nessuno saprebbe che non è solo finzione. A parte noi. -
- Questo dovrebbe tranquillizzarmi? - Per un attimo si dimenticò
completamente di come e quanto avrebbe dovuto sentirsi fuori posto. Sfiorò le
labbra di Joe con le sue, lo sorprese. Erano tutti talmente indaffarati ad
allestire quello che rimaneva delle scenografie, per accorgersene.
- Sorpresa, sorpresa. - Scoppiò in una risatina sommessa. - Questo da
dove usciva? -
- Dalla fretta di toglierti di torno. Stanno arrivando...! -
Quando Debra e il capo-cameraman entrarono nel loro campo visivo,
nessuno avrebbe potuto dubitare che non stessero facendo di più che
chiacchierare tranquillamente fra loro. Joe indicava un grosso - finto - sasso
bianco di cartapesta e spiegava il modo in cui lei avrebbe dovuto sedercisi e
rivolgere le spalle alla telecamera di sinistra, Gabrielle dal canto suo,
provava la posizione e cercava di assicurarsi di aver capito bene. Si
scambiarono uno sguardo veloce e la mano di lui esitò per un momento alla base
della sua schiena, la accarezzò appena con le dita tese, prima di allontanarla.
- Ci siamo. Voi due siete pronti? - Joseph annuì e tornò ubbidiente
dalla manager. Dopotutto, si era convinto da sè che prenderla di petto e
contraddirla su tutto non era la strada migliore.
- Abbiamo solo chiarito qualche piccolo dubbio sulla mia sequenza. - Sorrise condiscendente. - Possiamo
cominciare. -
°°°
L'erba umida sotto i piedi nudi provocava una sensazione del tutto diversa. Sollevò l'orlo del vestito e si
spostò al centro dell'enorme prato inondato di sole. La troupe stava montando
l'attrezzatura per l'ennesima volta ed il ragazzo biondo di quella mattina dava
istruzioni a Kevin su come e dove muoversi per non uscire dall'inquadratura o
sfalsarla troppo. Li osservò muoversi lungo il perimetro segnato dalle
telecamere, involontariamente i suoi pensieri si persero nel realizzare come -
dopo un primo momento di assurda paura - le fosse risultato facile e perfino
divertente stare su quel set. Era bastato liberarsi di una minima parte delle
sue mille insicurezze e affidarsi all'istinto, una volta tanto.
Si inumidì le labbra, mischiando al proprio il sapore dolciastro
del rossetto. Passo dopo passo - in un modo o nell'altro - quei tre ragazzi la
stavano spogliando di tutte le maschere che si era tenuta stretta addosso per
anni: il chiudersi costantemente in sè stessa, la paura del giudizio altrui.
Soprattutto quella maledetta, fastidiosa sensazione di non essere mai abbastanza. Per loro non era così: Nick,
Kevin e Joe le avevano dimostrato di avere seriamente bisogno di lei, fin dal
momento in cui le loro strade si erano incrociate... Si volevano reciprocamente e tanto bastava.
- Coco. - Sussultò. Nemmeno si era accorta che Kevin l'aveva
raggiunta. Per la seconda volta nell'arco di poche ore, si ritrovò ad
arrossire, come l'avesse colta in flagrante a fare chissà cosa.
- Come fai ad arrivarmi sempre ad un palmo dal naso, senza che io
me ne accorga...? - Mormorò, ricacciando furiosamente indietro il rossore
affiorato alle sue guancie.
- Non ne ho idea. - Sorrise lui. Infilò entrambe le mani nelle
tasche dei jeans scuri e socchiuse appena gli occhi: il suo sguardo si addolcì,
perfino più del solito. - Forse la mia presenza non è dirompente come quella di
mio fratello. -
- Forse io sono troppo sulle nuvole. - Si affrettò a correggerlo. -
O forse entriamo troppo in risonanza, io e te. Siamo troppo simili. -
- Forse. - Arrossì impercettibilmente. Gli occhi verdissimi
saettarono in direzione del regista, che aveva preso a chiamarli. Gabrielle non
sentì le sue parole, si era persa per un momento ad osservare come il sole
spruzzasse riflessi dorati in quel mare smeraldo.
Si ritrovarono faccia a faccia, qualche attimo dopo, circondati
dalle telecamere. Il tecnico del suono era pronto a far partire la base di
chitarra che avevano registrato prima di cominciare e il vento soffiava
leggero, esattamente nel modo in cui occorreva, scompigliando appena i capelli
di Coco. Sollevava le lunghe ciocche scure per lasciarle ricadere morbidamente
lungo la schiena, gonfiava la vaporosa gonna dell'abito come una nuvola bianca
e scompigliava i riccioli sulla fronte pallida di Kevin. Al cenno del
cameraman, tutti si azzittirono all'improvviso: scattò il piccolo led rosso
sulla telecamera e come unico suono a fendere quel surreale silenzio, rimase il
ronzare cadenzato degli zoom automatici integrati nelle macchine di ripresa. La
musica scattò qualche attimo dopo, come un fulmine a ciel sereno.
Gabrielle sussultò impercettibilmente, nel sentire le mani fredde
di Kevin sulle proprie. Era destabilizzante vederlo così serio e concentrato,
essere guardata da lui a quel modo: Kev che di solito era sempre quello
spensierato, a suo modo schivo, l'osservava con un'intensità che sospettava le
avrebbe piegato le ginocchia da un momento all'altro. Impulso. E - impulsivamente - lei si tirò indietro, incerta. Mosse
un passo all'indietro e lo costrinse a sciogliere la presa.
- STOP! - L'urlo del regista sovrastò la musica, appena prima che
questa si spegnesse. - Si può sapere che succede qui?! Eppure non dovrebbe
essere difficile. Abbiamo girato altre due scene pressochè identiche a questa
non più di un'ora fa. -
- Sì, scusatemi. - Sospirò.
- Sai quello che devi fare, non è difficile. - L'uomo si passò
entrambe le mani sulle guancie ruvide di barba leggermente incolta. - Come con
Joseph e Nicholas... Tu sei la sua ispirazione.
Letteralmente. Questa è la scena conclusiva: dopo averli rincorsi per tutto il
video, finalmente riesci a raggiungerli per mostrarti in modo diverso a
ciascuno dei tre e dopo quest'unico, brevissimo contatto, scompari. Torni dove
sei sempre stata: in loro. Su. - Coco annuì e tornò a posizionarsi davanti a
Kevin. Cercò di nascondergli l'imbarazzo che le aveva imporporato le guancie,
inutilmente.
- Sta' tranquilla. - Le scostò una ciocca di capelli dalla fronte,
accompagnandola dietro l'orecchio.
- Allora, ragazzi, vi voglio vedere coinvolti. Dovete emozionarmi.
- Urlò il regista. Sbattè il copione arrotolato sul bracciolo della sua sedia.
- Siate naturali, improvvisate se necessario. -
Le mani di Kevin scivolarono attorno ai suoi fianchi e -
improvvisamente - la voce del regista, la musica che riattaccava da capo, gli
accordi di chitarra che portavano al ritornello sfumarono in un groviglio
ovattato di suoni indistinguibili l'uno dall'altro. Finì stretta nel suo
abbraccio, ad una distanza decisamente troppo ridotta, per poter anche solo
pensare di tirarsi indietro una seconda volta. Sollevò appena il capo, si
ritrovarono occhi negli occhi. La troupe, le telecamere, tutto sembrava essere
come scomparso... Una folata di vento più forte delle altre la aggredì,
costringendola a trattenere i capelli con una mano, mentre si riparava contro
la spalla di lui. Kevin ebbe appena il tempo di lanciare un'occhiata al regista
che gli fece un rapido segno con la mano e gli sillabò qualcosa di
apparentemente incomprensibile.
Istinto, si era detta. E per puro
istinto, Gabrielle seppe cosa stava per succedere ancora prima di rendersene
effettivamente conto. Trattenne il respiro, mentre lui si chinava
impercettibilmente in avanti e non oppose la minima resistenza quando le loro
labbra si toccarono... La sensazione, di nuovo, fu quella di due tessere di
puzzle che si incastravano ed andavano finalmente al loro posto. Ricordava
distintamente di averla già provata, in almeno un'altra occasione. Gli cinse il
collo - le mani che tremavano - e si spinse un po' più contro di lui: Kevin
aveva un sapore diverso, la sua bocca aveva una forma diversa. Il suo tocco era
diverso ed avrebbe dovuto sembrarle
tutto completamente sbagliato... Avrebbe.
Cedette alla sua delicata pressione e lasciò che approfondisse il
bacio, prendendo rapidamente fiato sulle sue labbra. Le mani calde di lui
scivolavano leggere sulla sua pelle: ne sentiva il calore contro il collo e
alla base della schiena. Le sue stavano saldamente aggrappate al tessuto
leggero della camicia, tanto da rischiare di strapparlo al primo movimento. Era
inebriante, avvolgente e intenso quasi fino allo stordimento. Qualcosa di molto
simile ad un'ubriacatura, con la sola differenza che - in questo caso - la
consapevolezza accendeva tutti i suoi sensi e lei sentiva, sentiva davvero ogni cosa. Percepiva Kevin su ogni
centimetro del suo corpo.
- Ok, perfetta. Chiudi. -
Nessuno parlava. Quando Coco aprì gli occhi, la base era già sfumata
del tutto e Kevin era immobile, a pochi centimetri da lei. Il respiro
spaventosamente irregolare e gli occhi vivi di una luce che non gli aveva mai
visto. Non così. Si sforzò di non
fissargli le labbra leggermente socchiuse e ancora arrossate, poi cancellò
qualunque involontario riferimento a di cosa, nello specifico, sapessero. La
sua mente urlava "Buono. Di fottutamente
buono": la ignorò e cercò di riprendere coscienza di sè stessa e di quello
che era successo. Era sul set di un video, era stata tutta... finzione. Era finita. Guardò il regista,
già impegnato a rivedere quanto aveva filmato, gli operatori che arrotolavano i
cavi, i microfonisti che spegnevano le consolle. Improvvisamente il suo cuore
mancò un battito, come se qualcuno lo avesse appena stretto in pugno.
Joe spostò lo sguardo da lei a suo fratello maggiore, gli occhi
profondamente accusatori sotto la linea ostile delle sopracciglia: li guardava
come se avesse voluto passarli da parte a parte. Le sue labbra si tesero
appena, stringeva rabbiosamente i denti... La mano destra - con cui si
sorreggeva alla corteccia nodosa di un grosso albero - si era stretta a pugno,
sino a far illividire le nocche. Si scostò rabbiosamente, allontanò Nicholas
che gli aveva cinto le spalle con un braccio e se ne andò, senza dire una sola
parola.
No, non state sognando e non è un miraggio.xD
Questa fic non è stata abbandonata a sè stessa, nè mi sono dimenticata
delle mie fedeli lettrici.<3 So benissimo quanto avete dovuto aspettare e mi
scuso.
Non voglio stare a ripetervi quanti e quali ostacoli, scazzi,
momenti di crisi e quant'altro si sono infilati tra me e la realizzazione di
questo capitolo. Dico semplicemente che una settimana in montagna, con le
amiche mi ha aiutata a rilassami e ritrovare un po' di me stessa. Almeno la
serenità necessaria a finire qui e ultimare un altro paio di shot che posterò a breve.x3
Ne approfitto, intanto, per ringraziarvi tutte - di cuore - per le
10 recensioni al capitolo precedente.♥Per me, nelmio piccolo, sonodavvero un sacco. E sonopreziosissime.
Per questo voglio essere breve e -
semplicemente - dedicare questo capitolo a tutte voi.♥
A chi lo ha aspettato col fiato sospeso, a chi è tornato a commentare
dopo tanto tempo, a chi non ha mai smesso di farlo. A chi mi è accanto e
sopporta, giorno dopo giorno, tutti gli scazzi e le crisi che mi fanno
irrimediabilmente bloccare. A chi mi ha letteralmente sfranto
l'anima e mi ha ripetuto, mille volte almeno, "scrivi", come un
martello pneumatico. A chi Coco, nonostante tutto, non la dimentica.♥
Mi dispiace non potervi rispondere subito una ad una, ma credo di
avere già perso fin troppo tempo ora. Magari aggiungerò i ringraziamenti più
tardi, per poter rileggere i vostri meravigliosi commenti con calma e dedicare
loro la cura che si meritano.:3
Vi voglio bene, mie adorate lettrici. Graziedavvero. A voiil 30° capitolo,
buonalettura!:3 Aspetto le recensioni.♥
- Capitolo 30° -
{ People
are people and sometimes it doesn't work out.
And
nothing we say is saving us from the fallout. }
Breathe - Taylor Swift ft. Colbie Caillat
- Joseph. - Le dita sottili
raggiunsero ed afferrarono la manica della sua felpa. Si fermò di scatto, le
suole di gomma scivolarono leggermente sul prato umido.
- Lasciami...! - Sussurrò. Un'unica parola che, in quel momento,
dava adito a più di una sola interpretazione.
Coco impallidì, leggendola come una cosa decisamente troppo
definitiva. Era quasi certa che il suo cervello avesse spedito alla mano
l'impulso di sciogliere la presa, eppure quella non si smuoveva di un
millimetro. Si inumidì le labbra, fermamente intenzionata a fronteggiarlo.
Cercava freneticamente le parole adatte a spiegare - anche a sè stessa - quello
che era appena successo. L'erba frusciò delicatamente alle sue spalle e poco
dopo, un'ombra familiare si allungò sul terreno.
- Non è come pensi. - Kevin piombò in quella conversazione nemmeno
iniziata, come vento caldo sul fuoco. Joe si irrigidì e spostò lo sguardo da
Coco al fratello, come smanioso di avere una scusa definitiva per scoppiare.
- Che ne sai tu, di quello che penso...? - Ringhiò. Strattonò bruscamente
il braccio e Gabrielle ruzzolò all'indietro.
- Me ne sono fatto un'idea. E non hai motivo di essere violento con
lei...! - Si incupì. - Non ha fatto nulla. -
- Nulla...? - Stirò le
labbra in un sorriso amaro, mentre lo squadrava da capo a piedi. - Sì, certo. -
- Joe. - Riprovò Gabrielle, in un ostinato tentativo di mantenere
voce e nervi saldi. Le rivolse uno sguardo rapido, prima di tornare a fissare
rabbiosamente Kevin: i suoi occhi saettavano tanto, che parevano quasi
bruciare.
Non voleva ascoltarla, nè poteva permetterselo: era certo che lei
lo avrebbe fatto vacillare e poi cedere, molto più facilmente. Con suo fratello
poteva essere furioso e pensare di non perdonarlo tanto presto, Gabrielle era
un'altra cosa. Litigare con lei era impensabile. E trattarla freddamente o
risponderle male lo avrebbe lacerato dentro... Ancora si sentiva bruciare
addosso il senso di colpa per quell'unica cattiveria che si era lasciato
scappare e che l'aveva spinta al punto di scappare. Mille volte si era chiesto
cosa sarebbe successo, se non ci fosse stato Kevin. Se Coco sarebbe tornata a
casa... O ancora se, trovandosi di fronte lui e non il fratello maggiore,
sarebbe fuggita definitivamente. Il pensiero di quella notte lo torturava
ancora, a distanza di mesi, perchè una nemmeno troppo microscopica parte del
suo cervello continuava a ricordargli che avrebbe dovuto rischiare ed esserci
lui ad affrontarla.
- Me lo ha detto il regista. - Il tono piatto con cui Kevin pronunciò
quelle poche parole lo riportò alla realtà.
- Come...? - Mormorò.
- L'ho guardato per un momento, mentre ero là in mezzo a girare e
lui mi ha fatto cenno di baciarla. - Gabrielle sussultò e trattenne
involontariamente il respiro. Era pallida, immobile, ma nessuno dei due ragazzi
sembrò rendersene conto. Si guardavano fissi, senza quasi battito di palpebre.
- Coco non c'entra. Nemmeno ne sapeva niente. -
No che non ne sapeva niente e - forse - si disse, avrebbe preferito
continuare così. Si inumidì le labbra e piantò fermamente occhi e piedi sul
terreno: aveva bisogno di equilibrio, in tutti i sensi. Aveva come l'orrenda
sensazione che il mondo avesse preso a muoversi vorticosamente. Troppo in
fretta perchè lei potesse starci dietro e raccapezzarsi in qualsiasi maniera.
Prima c'era stato quel bacio da film, e l'aveva totalmente scombussolata:
c'erano almeno un migliaio di - seppur incredibili - sensazioni che era certa
non avrebbe mai dovuto provare. Non
baciando il fratello del suo ragazzo. C'era Kevin, che per un momento l'aveva
guardata come mai nessuno prima, che le aveva fatto desiderare di annullarsi in
lui e scordare il resto del mondo. Perchè sembrava così dannatamente giusto...!
C'era Joe che aveva visto tutto, Joe che era rimasto ferito, troppo e Joe che -
si maledì - era ancora all'oscuro della parte più grave di tutta quella
faccenda. Infine, a questo punto, c'era il piccolo, insignificante dettaglio
che tutto quanto era successo su quel set era stata pura finzione scenica: era il regista, non Kevin, ad aver deciso, poi
dettato tutto quanto. E faceva male, molto. Inspiegabilmente.
- Sei serio? - Per la prima volta da quando avevano cominciato quel
discorso, Joseph la guardò. Rimase zitta, intimidita dall'assurda precarietà
della situazione. Poteva finire tutto così - a vuoto - o scoppiare come una
fragile bolla di sapone.
- E' così. - Confermò l'altro. - Gli serviva una scena naturale,
spontanea...! E' stata improvvisazione. -
- Sarebbe facile, se io ora mi fidassi ciecamente. - Continuava a
parlare sondando i lineamenti del viso di Gabrielle, leggermente tirati.
- Se non mi vuoi credere, a me sta anche bene. - Anche Kevin era
teso e leggermente più pallido del solito. I suoi occhi scuri bui, cupi come se
si trovasse inesorabilmente in bilico. - Ma non arrabbiarti con lei, per una
cosa che non ha fatto. Non ti ha tradito. -
Mentre Joe soppesava le parole del fratello - come a voler
rimuginare fino all'ultimo se crederci o meno -, Coco avrebbe volentieri
obbiettato che poteva parlare e spiegarsi da sola e che, in ogni caso, della
sacrosanta colpa lei ce l'aveva. Si morse il labbro e sentì la pelle screpolata
tirare dolorosamente sotto i denti. Era stufa di venire trattata come una
specie di bambolina di cristallo. Non era poi così intoccabile. Fragile sì, probabilmente, ma non tanto
da permettere che, ogni dannatissima volta, qualcuno si premurasse di
scagionarla senza che si trovasse minimamente esposta al rischio. Non era
arrabbiata con loro - sarebbe sembrata dannatamente ingrata -, era
semplicemente stanca. E maledettamente sicura che, se Kevin e Joe non avessero
imparato a prendersela o a litigare anche con lei, avrebbero finito con lo
scannarsi al punto di compromettere irreversibilmente il loro rapporto. No,
Gabrielle sapeva di non poter venire sempre prima di tutto e tutti.
- D'accordo. - Nemmeno il tempo di concludere quel tortuoso
percorso di pensieri, che Joe aveva già preso la sua strada. - Mi fido, Kev.
Sarò quello immaturo, ma non sono stupido: qualcosa da tutta questa storia l'ho
imparata anch'io. -
- Bene. - Annuì. - E mi dispiace, avrei dovuto pensare che per te
sarebbe stato fastidioso, a quel modo. - Strinse i pugni, ma li ficcò in tasca
prima che si potesse notare quanto le sue nocche erano illividite.
- Non ho detto che ho già dimenticato tutto...! - Ringhiò. - Solo
che noi abbiamo già litigato a sufficienza e non voglio che ci allontaniamo
tanto, di nuovo. So che non sembra, ma anche io ci tengo a queste cose. -
- Non lo voglio nemmeno io. - Un minuscolo sorriso fece capolino
sulle sue labbra e Coco maturò la timida speranza che avrebbe stemperato un po'
l'atmosfera.
- Posso... Posso dire qualcosa anche io? - Esordì, con una voce
perfino più esile del solito. - Credo che la faccenda mi riguardi. -
°°°
La casa era affogata in un silenzio talmente denso, che il
ticchettare della sveglia poggiata sul comodino sembrava rimbombare contro i
muri. Gabrielle sospirò e voltò svogliatamente la pagina del romanzo che stava
leggendo: con tutti i pensieri che le vorticavano in testa, non le era proprio
possibile riuscire a concentrarsi su quella dannata trama. Era quasi certa di
non aver assimilato una singola virgola dei due capitoli precedenti, perciò non
si stupì nemmeno di molto, quando si trovò sotto il naso un personaggio che
nemmeno si ricordava fosse comparso nella storia.
Arricciò il naso, mentre tornava a pensare - per l'ennesima volta -
a comealla fine, non si fosse risolto
decisamente un bel nulla e fossero rimasti tutti in sospeso: Debra era piombata
come un falco su di loro - quel pomeriggio - esattamente nel momento in cui le
era sembrato di avere raccolto abbastanza coraggio per affrontare un
determinato discorso sia con Kevin che con Joe. Però lei li aveva letteralmente
rapiti e poi trascinati a girare non sapeva quante e quali sequenze mancanti
del video, sostenendo che era assolutamente necessario accelerare i tempi, per
riuscire a consegnare il tutto alla Hollywood
Records. Tutto quello che Joseph era riuscito a dirle si riduceva ad un
laconico "ne parliamo a casa", poi un bacio leggero sulla tempia ed
era sparito con i fratelli alle calcagna della manager.
Erano spariti per l'intera giornata, mentre lei era stata mandata
ad aiutare a riporre gli oggetti di scena, in un punto del set decisamente troppo
lontano anche solo per pensare di raggiungerli durante le pause. Non aveva
potuto scambiare nemmeno una parola col piccolo e questa era forse la cosa che
in assoluto le pesava di più: aveva bisogno di Nicholas, dei suoi consigli
sempre attenti e premurosi... Del suo punto di vista sempre imparziale e
oggettivo. Più di tutto aveva bisogno di trovare la risposta a tutte le domande
in quel suo sguardo limpido, come sempre. Ma Nick era stanco e - appena tornato
- si era buttato sul letto ed era crollato, senza nemmeno togliersi la giacca.
Non se l'era sentita di disturbarlo con le sue paranoie... Forse poteva
aspettare: gli aveva sfilato il cappotto e poggiato un plaid di pile addosso,
prima di sgattaiolare silenziosamente nell'altra stanza. Lì era cominciata la
sua tacita attesa, quel libro consumato fra le mani e le orecchie tese a
captare qualsiasi minimo rumore, al di fuori. Fissò la pagina stampata e si
inumidì nervosamente le labbra.
Joseph e Kevin erano entrambi in salotto. Uno strimpellava il piano,
mentre l'altro leggiucchiava qualche rivista, giusto per tenersi la mente
sgombra e rilassarsi un po'. Era ovvio che nessuno dei due poteva fare o dire
nulla in più di quanto già fatto e detto. Aspettavano che fosse lei a decidere
quando riprendere in mano la conversazione e a fare quel passo. L'unica cosa che probabilmente non aveva valutato, in
tutto quel calcolo, era il fattore impazienza..
Come evocato dalle sue elucubrazioni, Joe entrò quasi di corsa
nella camera di Monique e lasciò sbattere la porta con noncuranza. Fece
rapidamente il giro del letto, andando a sedersi sulla metà lasciata libera da
Coco che - non appena realizzò e lui le fu vicino - si voltò leggermente e gli
diede le spalle. Si strinse al petto il libro che stava leggendo, strizzandolo
al punto che le pagine centrali si piegarono tutte in maniera disordinata.
Rimasero fermi, in silenzio fino a quando Joe decise di prendere l'iniziativa,
le posò una mano sulla spalla. Dopo una manciata di secondi che parvero
interminabili.
- Non potrai evitarmi per sempre, Coco. - Mormorò, avvicinandosi
ulteriormente a lei. - E credo di meritare almeno una spiegazione...! -
Gabrielle sospirò, torcendo un angolo della copertina con le dita. "No comment" era davvero troppo
immatura come risposta?
- Ti giuro, Joe, che non significava niente. - Bisbigliò invece. -
Non significa niente. E' come ha
detto Kev...! - Voltò leggermente la testa per guardarlo, ma lui aveva gli
occhi bassi, fissi sulle proprie ginocchia.
- Provamelo. - Rispose. - Vorrei poterti credere e basta, però...
non... Provamelo. - Ripetè in tono
più deciso, alzando lo sguardo su di lei.
Coco sussultò, sentendo le mani di lui insinuarsi oltre l'orlo
della sua maglia, sollevarla leggermente. La accarezzò lentamente,
solleticandole l'ombelico. Lei appoggiò la schiena contro la sua spalla e si
lasciò sfuggire un sospiro, mentre i loro occhi si fondevano in un muto scambio
di battute. "Sai cosa voglio..."
Sembravano dire quelli scuri e brucianti di Joe.
Gabrielle socchiuse i suoi, abbassando una mano a stringere il
piumone del letto. Lo sapeva perfettamente... E sapeva anche che una nemmeno
troppo microscopica parte di lei desiderava accontentarlo da tempo. Che poi
questo potesse aiutarla a dimenticare quanto era appena successo, beh, era solo
un ulteriore incentivo.
- Sì. - Mormorò solamente, voltandosi ancora di un po' e lasciando
che lui si avventasse sulle sue labbra, catturandole in un bacio un po' meno
delicato dei soliti, mentre le braccia si stringevano attorno ai suoi fianchi. Cime Tempestose finì sul pavimento con
un tonfo quando le mani di Coco si avventurarono alla ricerca di quelle di Joe.
- Ne sei sicura...? - Soffiò lui, contro la sua bocca. - Perchè, se
non mi fermi ora... Poi non ne sarò
più capace. -
- Fallo e basta. -
Ribattè, arpionandogli la stoffa della camicia con impeto. Tanto
che il primo bottone allacciato, già mezzo lento, scivolò fuori dalla sua
asola. Joe si lasciò sfuggire un sorrisino soddisfatto, prima di assecondarla,
scendendo alla cieca a slacciarli tutti. Si sfilò velocemente l'indumento, lo
lanciò di malagrazia sul pavimento prima di tornare a stringerla, andando con
le labbra ad assaggiare la pelle chiara all'attaccatura del collo di lei, con
il desiderio e l'abbandono assoluto di un assetato di fronte alla sua acqua. I sospiri di Gabrielle si fecero
più tesi e veloci, quando lui la liberò della leggera maglia grigia e la
consapevolezza del suo calore contro la schiena si fece strada in lei, molto
più concreta e invitante senza il filtro dei vestiti. Joe l'abbracciò,
assaporando per un attimo il brivido del contatto con la sua pelle nuda. Prima
di allontanarsi leggermente per abbassarsi a posarle una serie di morbidi baci
dalla nuca fin sotto le scapole.
Le slacciò il reggiseno con un gesto deciso, mentre lei inarcava
leggermente la schiena sotto la dolcissima tortura delle sue labbra. Il braccio
di Joseph si insinuò sotto l'indumento già sfilato, eliminandolo del tutto e le
sue dita scivolarono velocemente, solleticando la sensibilissima pelle appena scoperta.
- Joe...! - Le sfuggì dalle labbra socchiuse, mentre lui la
stringeva a sè.
- Sì. - Mormorò, sfiorandole la spalla con un bacio. Poi la fece
girare lentamente verso di sè e la spinse delicatamente verso il basso, fino a
che non fu completamente sdraiata sotto di lui.
Coco arrossì violentemente, come se si fosse resa conto per la
prima volta in quel momento di essere mezza nuda. Distolse lo sguardo, evitando
di coprirsi con le braccia solo perchè Joe gliele teneva arpionate al letto.
- Ehi. - Sorrise lui, mentre allungava una mano a sfiorarle il
viso. La fece voltare, inchiodandole gli occhi con i suoi. - Non smettere mai
di guardarmi, se non vuoi che io smetta di respirare... - Sussurrò poi. Le posò
un bacio nell'incavo fra i seni, soffermandosi un attimo di più a solleticarle
la pelle con la punta del naso.
Le mani di lei si insinuarono fra i capelli di Joe, mentre lui
proseguiva con quella dolce tortura e armeggiava con il bottone dei suoi jeans.
Lo slacciò velocemente, infilando entrambe le mani oltre la cintura prima di
farli scivolare lungo le gambe sottili di Gabrielle. La carezza fredda della
stoffa scendeva accompagnata da quella bollente delle dita di lui, che la
seguirono lungo quasi tutto il suo percorso per poi tornare a solleticarle la
schiena.
- Sei bellissima. - Soffiò contro le labbra di Coco, prima di
baciarla. - E sei mia. Solo mia... -
La sua mano scivolò verso il basso, si insinuò morbidamente fra i
loro fianchi premuti gli uni contro gli altri. A quel tocco, involontariamente,
si lasciò scappare il nome di lui. Sussurrato a metà, mordendosi le labbra per
bloccarlo e mescolarlo clandestinamente ad un sospiro.
- No, non fermarti. - Sorrise Joe, socchiudendo gli occhi. -
Continua a chiamarmi... Il mio stupido nome non ha mai avuto un suono tanto
meraviglioso. - Gabrielle gli passò le braccia intorno al collo e si sollevò
leggermente, per stringersi a lui.
- Joe. - Ansimò, il viso nascosto contro la sua spalla mentre lui
si liberava dei pantaloni, continuando ad accarezzarla in un modo che riusciva
a togliere il respiro. - Joe...! -
- Coco... - Sussurrò di rimando, la voce leggermente arrochita,
liberandola e liberandosi degli ultimi indumenti rimasti.
Intrecciò le dita a quelle di lei, sgranando leggermente gli occhi all'ondata
di puro, intenso piacere che lo assalì quando finalmente diventarono una cosa sola. Una sensazione del genere,
una scarica di adrenalina tanto forte e sconvolgente non l'aveva mai provata.
Nemmeno durante il più emozionante fra i concerti dei Jonas Brothers. Nemmeno
davanti al più grande auditorium di Città del Messico, completamente sold-out, in delirio per lui. 80.000
persone non erano niente.
{Proprio niente.}
Pensò, con un sospiro. Non arrivavano a fargli provare un centesimo di quello
che Gabrielle, da sola, era in grado di dargli. Si mosse leggermente,
strappandole un mugolio soddisfatto.
- Kevin...! - Mormorò
Coco, subito dopo, stringendo convulsamente la presa sulla spalla di lui.
Joe si bloccò di scatto. E non perchè l'anello di lei gli aveva
graffiato la pelle, disegnandogli una sottile striscia rossa alla base del
collo. Sebbene fosse stato poco più che un sussurro, il nome del fratello
pronunciato con quel disperato, morbido abbandono gli rimbombava nelle orecchie
come lo scoppio di un tuono.
Kevin. Kevin. Kevin.
Si sollevò leggermente cercando con smania gli occhi di lei che
però lì teneva chiusi, seminascosti dai ricci scuri che le cadevano disordinati
ad accarezzarle il viso. Si morse il labbro e cercò - con tutte le sue forze -
di ignorare l'impulso a lasciar perdere e finire ciò che aveva cominciato.
Avrebbe voluto alzarsi e andarsene. Magari sbattendo la porta. Avrebbe voluto
guardarla in faccia e cercare nel suo sguardo una risposta... La risposta. Ma il suo corpo non aveva
nessuna intenzione di permetterglielo: dopo qualche secondo di vana resistenza,
cedette e con un sospiro più simile ad un ruggito passò un braccio intorno alle
spalle di Gabrielle. La strinse con foga, muovendosi leggermente un'ultima
volta e soffocando un ultimo mugolio contro la sua pelle morbida, prima di
rilassare finalmente i muscoli tesi e rotolare su un fianco, prima di lasciarla
andare. Coco si voltò verso di lui, le ciglia scure finalmente socchiuse.
- Joe... - Mormorò, bloccandosi però repentinamente quando lo vide
girarsi di scatto ed alzarsi per recuperare i suoi vestiti.Si puntellò su un gomito e si sollevò
leggermente. - Joe...! Dove stai...? - Joe non rispose. Si rinfilò con fare
stizzito i boxer e jeans scuri, continuando a darle le spalle. - Joe! - Continuò lei, con una punta
improvvisa di panico nella voce.
Lui si voltò di colpo a guardarla, puntandole addosso lo sguardo
più straziato che gli avesse mai visto. I suoi occhi scuri bruciavano di
rabbia, gelosia, tristezza e peggio di qualunque altra cosa, di delusione.
- Mi hai chiamato "Kevin".
- Esalò in poco più che un sospiro.
Poi raccolse la sua camicia e senza nemmeno rimettersela, uscì
dalla stanza. La porta sbattè con così tanta violenza che i vecchi cardini
oscillarono violentemente. Gabrielle si portò entrambe le mani alla bocca,
sgranando gli occhi chiari.Rimase
immobile, come pietrificata, per una manciata di dolorosissimi secondi... Prima
di lasciarsi cadere fra le lenzuola disordinate, affondando il viso nel
cuscino. Una singola lacrima rotolò sulla sua guancia arrossata e tracciò una
scia indelebile. Bruciava.
Lo so che non ci state credendo.xD E
anche che tante di voi mi davano per morta da eoni, e inveceeee...!
Invece i miei tempi di aggiornamento rimangono mostruosamente lunghi, ma io non demordo!♥
Non fosse altro che per i meravigliosi commenti che mi arrivano, di
mese in mese e che sono la mia energia vitale di scrittrice.*w* Siete fantastiche,
tutte.♥
Fortunatamente per voi e per me, i quindici giorni in Provenza
hanno avuto i loro frutti e vi porto fresco-fresco un capitolo cruciale.
Forse più breve del solito, ma intenso.♥ Giuro che sono
anche più curiosa del solito di leggere le vostre recensioni, dopo.=D*non sta nella pelle* Badate solo che non è tutto come sembra e non si
deve dare nulla per scontato!;D
Detto ciò, vorrei davvero ringraziarvi ad una ad una (perdonatemi se
qualche recensione viene saltata, ma sono sparse fra ultimo capitolo e prologo
e per il mio piccolo cervello potrebbe essere troppo.xD) perchè
siete veramente preziosissime, mie care lettrici. Nuovi arrivi e vecchi
ritorni!;D Sarò un po' sintetica, ma solo per perdere meno tempo possibile e
postare in fretta. Avete già aspettato abbastanza.♥
Jotica90: la cugina che mi ha stressato dal vivo abbastanza per tutte quante!xD A te le risposte al commento le ho già date, quindi mi
limito a dirti ecco qui l'agognato capitolo. Goditelo!♥
Agatha: mia cara Numero 3, le tue recensioni sono sempre un amore.♥ Così dettagliate e piene di piccole osservazioni che colpiscono nel
segno... Felice che tu sia riuscita a rimetterti in pari, questo te lo lascio
per quando torni dalle vacanze!:3
Maybe:aaaaaaaaw!♥*lazompa* ma tu non
immagini QUANTO io sia felice di rivedere il tuo nome fra i commenti. Mi
mancavano le tue recensioni ed il tuo spudorato tifo pro-Koco.*w* Spero che
questo capitolo soddisfi almeno parte delle tue domande e dei tuoi
interrogativi!;D Welcome baaaaack!♥
Eggwife: ma la tua recensione quanto mi è piaciuta?♥ Penso di aver già detto tutto nella risposta "diretta",
comunque grazie, di nuovo. Di
cuore!:3
Fadingsound: tu!xD Ci tenevo troppo a risponderti perchè fra tutte posso di sicuro dire che sei la fan più
scatenata di questa fic.=3 Ti giuro che i tuoi commenti su twitter
e non mi fanno morire!♥ Quella del doppio orgasmo me la sono segnata, era troppo!*muore* Ma poi
il fatto che tu mi abbia riconosciuta in mezzo a quella folla inferocita
davanti alla Universal, ti giuro che in quel momento mi sono sentita tipo su
una nuvoletta a un metro da terra!*w* Detto questo, ti ringrazio da morire per
il tuo entusiasmo e ti lascio al capitolo tanto atteso! Buona lettura!:3
Eireneeimi: ti giuro che la tua recensione a caldo mi ha fatto morire ed è stata
più che sufficiente a darmi un'idea della reazione che ti ho provocato con il
capitolo!*ride* Grazie per l'assiduità con cui mi segui, è importantissimo per
me!:3
Life is
a song: ripescata la
recensione anche se nel capitolo sbagliato!;D Mi sembra di aver già detto tutto
nella risposta diretta, ti ringrazio ancora moltissimo!*w* *si
sente onorata*
Cokki, Koalina,
LadyNick, NickJimyteddybear,
alessietta: Quante new entry!*w* Mi piace quando arrivano le nuove lettrici!
Non posso che darvi il benvenuto e augurarmi di rivedervi di nuovo tutte fra le
recensioni.♥
Se ho dimenticato qualcuno, vi do il permesso di fustigarmi!D: Ora corro
a postare perchè non voglio farvi perdere altro
tempo!♥
- Capitolo 31° -
{ E mi lasci, lasciandomi ghiaccio sulla pelle nuda,
forse è troppo pensare ad un addio che non mi deluda.
E mi lasci con una carezza che credo mi uccida...
Che il sipario si chiuda. }
Ti Lascio
- Laura Bono
Nicholas si svegliò di soprassalto. Aprì gli occhi e si rivoltò
infastidito sul cuscino madido di sudore. Non faceva così caldo in casa e non ricordava
di aver fatto brutti sogni: era più qualcosa che riguardava sua madre e Joe che
si era incastrato in un cancello come quando aveva otto anni. Eppure. Eppure il suo corpo percepiva
una qualche strana anomalia, qualcosa che lo teneva intensione come stesse
disinnescando una bomba al tritolo. Scivolò fuori dalla stanza e si trovò
immerso in un silenzio orrendamente surreale: l'aria era pesante ed il
pavimento freddo, sotto i piedi nudi.
- Coco...? - Chiamò, incerto. - Joe? - La sua voce rimbalzò sulle
pareti e gli ritornò alle orecchie quasi amplificata dalla quiete circostante.
Si accigliò, non prima di aver millimetricamente
scandagliato il soggiorno con quei suoi profondi occhi scuri. Ovviamente Kevin
era uscito di nuovo e - di certo - non era ancora rientrato: ci sarebbe stata
la sua camicia buttata sul divano. O i suoi rayban
scuri in bilico sul tavolino. Lo scroscio dell'acqua risuonò violento nell'aria
immobile e lo riportò alla realtà. Aprì veloce la porta scorrevole e trovò
Joseph piuttosto indaffarato con la macchina del caffè. Ficcò con stizza il
bricco sotto l'erogatore e quello rimbalzò contro il fondo di plastica, prima
di ribaltarsi su un fianco.
- Fanculo...!
- Sbottò. Poi diede un colpo al bancone col ginocchio e l'acqua versata prese a
gocciolare sul pavimento pulito.
- Tutto bene? - Era piuttosto ovvio il contrario, ma conosceva suo
fratello abbastanza da sapere come prenderlo nel modo giusto, quando perdeva il
suo proverbiale sorriso.
- Vattene, Nicholas. -
- Ok. Che- - Arricciò le labbra in una smorfia confusa.
L'espressione rabbiosa dipinta sul volto di Joe non dava adito a repliche. Non
l'avrebbe ascoltato nemmeno se fosse andato ad annunciargli l'avvento della
terza guerra mondiale.
- Vattene. - Ripetè, dandogli bruscamente le spalle.
Nick rimase per qualche attimo fermo sulla soglia della stanza, le
sopracciglia corrucciate ad incorniciare lo sguardo pensieroso. Poi - senza
dire nulla - si voltò e corse velocemente attraverso il corridoio, fino alla porta
della camera di Gabrielle. Le sue nocche divennero pallide, si serrarono
attorno la maniglia d'ottone. Dall'interno provenivano singhiozzi soffocati ed
il rumore felpato di passi sopra un tappeto. Bussò leggermente sul legno
sbiancato, ma non attese di ricevere risposta. Entrò, decisamente spaventato da
quell'atmosfera surreale. Proprio in quel momento Gabrielle lanciò una felpa
nell'armadio, con tanta stizza da farla rimbalzare sul fondo, poi si passò una
mano sugli occhi e sedette pesantemente sul letto. Ad uno sguardo attento come
il suo non sarebbe mai potuto sfuggire il modo in cui la coperta era stata
frettolosamente tirata a coprire i cuscini e le lenzuola scomposte.
- Cos'è successo? - In piedi sulla soglia, aveva quasi paura a
muoversi.
- Ti giuro che non saprei nemmeno da dove cominciare... - Mormorò
lei. Una lacrima le si incastrò nelle ciglia scure, la spazzò via furiosamente,
nella vana speranza che Nick non l'avesse vista.
- Dall'inizio, dalla fine. Scegli un punto qualsiasi. Basta che mi
spieghi perchè Joseph sembra sul punto di volersi
tagliare le vene. - Sospirò.
- Sono una maledetta imbecille, mi credi? - Strizzò convulsamente
la coperta e Nicholas riconobbe inquel gesto
istintivo qualcosa di tremendamente pericoloso.
- L'ultima volta che abbiamo esordito in questo modo eri appena
finita a letto con uno dei miei fratelli e- Gabrielle...!
- Rischiò di strozzarsi col suo stesso respiro. -
- Me lo ha chiesto, ok? - Si morse il labbro ed arrossì. Si sentiva
colpevole, era ovvio. - Dopo quello che è successo... Credevo di fare la cosa
giusta. Joe è stato così dolce che... insomma. E' successo. -
- E' successo. Grandioso.
E...? - Inaspri lo sguardo, mentre si lasciava andare
con la spalla contro lo stipite.
- Non chiedermi di entrare nei dettagli. Diciamo solo che quasi al
momento clou... l'ho chiamato Kevin.
- Piegò il capo in avanti e tuffò le mani fra i capelli.
- Ripetimelo. - Le sue labbra erano impallidite spaventosamente,
strette in una fessura sottilissima.
- Non me ne sono nemmeno resa conto. Non che voglia cercare di
discolparmi: mi sono comportata da stronza, punto e basta. E' solo che c'è un
attimo in cui veramente non capisci più nulla...
-
- Io credo invece che sia stato l'unico attimo di mera,
schiacciante lucidità nella tua testa da mesi a questa parte. - Replicò,
lapidario.
- Mi è scappato, Nicholas! Involontariamente!
-
- Un cazzo, Gabrielle. -
Picchiò il pugno chiuso sul muro. - E' ora che tu faccia chiarezza e la smetta
di voler ascoltare ed assecondare tutto e tutti. Prenditi le tue responsabilità
ed accetta i sentimenti che provi, anche se faranno soffrire qualcuno! Non c'è modo. Non c'è nessun
fottutissimo modo in cui possiate uscirne tutti e tre indenni, da questa
storia! -
- LO SO. - Sbottò Coco, furiosa e terrorizzata al tempo stesso dal
tono freddo del piccolo. Non lo aveva mai sentito parlare in termini così
rigidi e volutamente sferzanti. - Devo smetterla e decidere di far
volontariamente soffrire qualcuno, per non far star male tutti. Va bene. -
- Non si tratta di fare la perte della
cattiva, solo di fare chiarezza. Una volta per tutte. E qualsiasi sarà la tua
decisione - per inciso, io penso che ormai lo sappiamo tutti benissimo - Joe e
Kevin dovranno mettersi il cuore in pace che hai scelto così. Mentre tu ti devi
rassegnare all'idea che qualcuno ne rimarrà ferito. -
- Sembra tutto così semplice, a sentirtelo dire. Per te. - Sussurrò.
- Per me?! Oh, perfetto. Adesso credi anche che me ne freghi così
poco? Mi credi così stronzo? - Attraversò la stanza a grandi passi veloci,
tanto che rischiò di inciampare nel tappeto davanti a lui. - Io non ce la
faccio più, Gabrielle! Non ce la faccio ad assistere in silenzio a questo
perverso circolo di autodistruzione di massa. Kevin sta male, Joe sta male, tu stai male... Non potete più chiedermi
di starmene a guardare in silenzio mentre le vostre vite vanno in frantumi! -
- Hai ragione, Nick. -
Abbassò veloce lo sguardo velato di vergogna.
- E smettila di chiamarmi
per nome...! - Pestò un piede a terra, mentre le guancie gli si tingevano di un
pallido color vermiglio. - Non... lo sopporto. -
- Piccolo. - Si lascio
sfuggire un sorriso. - Credevo fossi troppo arrabbiato per queste cose...! -
- Sono incazzato. -
Annuì. - Ma non con te, stella. E' questa situazione, come vi fa stare. E'
l'espressione che aveva Joseph ed il modo in cui mi ha cacciato dalla cucina.
Le lacrime che hai tentato di nascondermi. Kevin... tutto. In questo momento non posso correrti incontro, coccolarti o
riempirti di parole dolci. Ti nasconderesti dietro di me per l'ennesima volta e
non devi: è ora di fare un passo
avanti e dire la verità. A Joe, a te stessa. -
- Sarà... sconvolgente.
Non sarà più come prima. - Le dita salirono a torturare nervosamente una ciocca
di capelli scuri.
- In un primo momento ti farà soffrire. - Incrociò le braccia al
petto, come se volesse farsi forza. La stoffa bianca della t-shirt si tirò
sulle spalle contratte. - Ma il tempo ti dimostrerà che ne è valsa la pena. -
- Lo perderò. - Si morse il labbro, mentre il nodo che le si era
piantato in gola da ore a quella parte tornava a stringere senza pietà. - Li
perderò entrambi, quando Joe saprà tutta la verità. -
- Puoi solo aver fiducia in loro. Ricordati di chi stai parlando. -
- Sono un mostro. - Si
strofinò gli occhi umidi e lasciò che il lieve rossore sulle guancie rimanesse
l'unico segno di debolezza sul suo viso.
- Sei un essere umano, Gabrielle. Siamo creature meravigliosamente
fragili e complesse. Imprevedibili. -
Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene. Avrebbe.
{Non ora, Nicholas. Devi
lasciare che gli eventi facciano il loro corso.}
- Odio il libero arbitrio. - Ringhiò. - Se ci fosse stato qualcuno a
decidere per me, avrebbe sicuramente fatto scelte più sensate delle mie! -
- E non avrebbe ferito nessuno? Non lo credo possibile. Non per il
modo sincero ed incondizionato in cui ami entrambi i miei fratelli. Sentimenti
così puri sono ben difficilmente
gestibili. - Sorrise.
- Che sfiga eh? - Sbuffò.
- Forse, se la guardi al contrario, la vedrai in un altro modo. -
Agitò impercettibilmente il capo ricciuto.
Gabrielle si passò le mani ghiacciate sulle braccia piegate.
Rabbrividì mentre - surrealmente - le strofinava
conto la pelle per cercare di scaldarsi: fuori delle finestre il sole di maggio
splendeva ancora luminoso sulle strade affollate, eppure lei si sentiva
improvvisamente addosso un gran freddo. Si alzò e facendo lunghi, profondi
respiri, raggiunse l'entrata della stanza. Ci si fermò ed esito quel poco che
le servì a voltare lo sguardo e fissarlo dritto in quello del piccolo.
- Dove vai? -
- A dire la verità. Dovrò pur cominciare da qualche parte. -
Sorrise mestamente, gli occhi già lucidi e le labbra che le tremavano
lievemente. - E a dire definitivamente addio
alla mia storia con Joe. - Lui si limitò ad annuire. E a stringere i pugni
talmente forte, da graffiarsi il palmo delle mani.
{Pochi avrebbero la forza di
affrontarlo così... Non per niente sei la mia Coco.}
Presto, molto presto, gli
sarebbe toccato raccogliere i cocci. Sospirò. L'unica consolazione era che poi,
finalmente, avrebbero potuto rimetterli insieme nel modo giusto.
°°°
Strinse convulsamente il bicchiere d'acqua e lo fece scivolare
rabbiosamente sul piano del tavolo: il fondo, umido di condensa, tracciava una
scia di cerchi lucidi sulla superficie liscia. Si morse ferocemente un labbro:
a tratti gli montava dentro una voglia insana di scagliare quell'insignificante
pezzo di vetro attraverso la stanza e restare a guardare mentre andava in
frantumi. Come il suo cuore. E poi di seguito tutto il resto, alla cieca, fino
che il rumore di cocci spaccati lo avesse assordato ed avesse placato la sua
rabbia. Era un fuoco che gli bruciava tutto, dall'interno. E faceva male.
- Maledizione...! - Tuffò il viso fra le braccia, il bicchiere gli
sfuggì di mano e cadde di schianto. Quel che rimaneva del suo contenuto
gocciolò oltre il bordo della tavola, sul pavimento.
Coco si mosse in silenzio attraverso la stanza, recuperò il calice
e lo rimise in piedi. Avrebbe potuto perdere tutto il tempo del mondo, indaffarandosi ad asciugare il pavimento o ripulire il
piano e sarebbe stato un comportamento parecchio vigliacco. Scosse
impercettibilmente il capo e schivò la piccola pozza d'acqua, mentre
s'allungava a prendere una sedia e cercava furiosamente le parole adatte - tra
tutte quelle a cui le riusciva di pensare - per cominciare quella convesazione.
- Posso parlarti...? - Aveva paura della sua reazione. Che non
volesse stare ad ascoltarla e la cacciase via come,
in cuor suo, era ancora convinta le spettasse.
- Se non ti ho allontanata è perchè,
nonostante tutto, credo di meritarmi una spiegazione. - Sollevò nuovamente il capo
e le piantò addosso uno sguardo freddo, spento come raramente gliene aveva
visti.
- Lo credo anche io. - Prese a torturarsi le mani, ma nè il suo tono di voce nè il suo
sguardo vacillarono. Non in maniera percettibile.
- Sono tutt'orecchie. -
- Non ti dirò che quello che è successo, è successo per caso. Sarebbe una bugia. - Vide le dita
di lui chiudersi a pugno, prima che incrociasse le braccia e bloccasse entrambe
contro i fianchi. - Io penso di sapere perchè. -
- Gabrielle tu sei- - Sì bloccò, lei aveva già ripreso a parlare e
quasi non se ne era accorto.
- No, lasciami cominciare dall'inizio. Ti prego. Il giorno in cui
abbiamo litigato e sono scappata, lo ricordi? - Una strana luce mestamente
colpevole si accese nel suo sguardo.
- Come fosse ieri. Ho sempre il rimorso di non essere venuto a
cercarti di persona. - Si passò una mano fra i ricci scuri, in un vano
tentativo di domarli e scostarli dalla fronte accaldata.
- Se lo avessi fatto, forse ora non saremmo qui... O forse sarebbe
successo ugualmente, in qualche modo. - Sospirò. - Quella notte, io e Kevin non
siamo rientrati per un motivo preciso. -
Joe si irrigidì sulla sedia, e tornò a stringersi le braccia
addosso. Forse ancora più di prima. Erano talmente in tensione, che Coco non potè fare a meno di domandarsi se si stesse facendo male:
poteva immaginare chiaramente i pugni di nuovo serrati e le nocche livide. I
palmi sudati contro le dita immobili. Continuò a guardarlo fermamente negli
occhi e continuò il suo racconto. Non s'aspettava che lui volesse
interromperla, sapeva che sarebbe stato zitto fino alla fine e che il peggio
sarebbe venuto soltanto dopo.
- Sappi che non vuole essere in nessun modo una giustificazione, ma
è giusto che tu lo sappia. Quando Kev mi ha trovata, quella sera, ero ubriaca. Persa. - Annuì lentamente. - Di stronzate in vita mia ne ho fatte poche
ma serie e questa le ha battute tutte: andare fuori di testa a quel modo per
del thè leggermente corretto non era nei programmi.
Come non lo era che Kevin si prendesse una birra in ogni bar in cui mi ha
cercata ed arrivasse così stanco ecosì
poco lucido. - Esitò per un momento, come a voler prendere fiato prima di
tirare la stoccata finale.
- Quindi...? - Incalzò lui, pallido come se fosse in piedi
sull'orlo di un precipizio.
{Ed io sto per dargli la
spinta.}
Gabrielle allungò le mani sul tavolo, veloce. Pensò che, forse,
avrebbe potuto trovare un po' di sollievo sotto le mani bollenti. Sfiorò la superficie
lucida e già calda, prima di arpionare lo spigolo: un saldo appiglio avrebbe
potuto impedirle di crollare e cedere alla tentazione di nascondere in qualche
modo il viso fra le braccia.
- Quindi è capitato, Joe.
- Esalò. - E' capitato che ci siamo fermati a dormire in una camera d'albergo perchè io non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi... E
l'abbiamo fatto. Credimi se ti dico che non mi ricordo nemmeno come. C'è una specie di buco nella mia
memoria dall'ultima tazza di the che ho bevuto, a quando mi sono svegliata
completamente nuda accanto a lui. -
Per la prima volta da quando aveva cominciato il suo difficile
discorso, le sue labbra tremarono visibilmente. Si costrinse a respirare
profondamente ed a restare zitta, mentre lo osservava in attesa di una
qualsiasi reazione. Sarebbe stato leggittimato
perfino a picchiarla. E se avesse voluto mollarle uno schiaffo, Coco non si
sarebbe tirata indietro. Non era spirito di martirio, peggio. Era mero, lacerante senso di colpa. Joseph però non
fece nulla. Non quello che ci si sarebbe aspettati da lui: niente urla, niente
sedie rovesciate, niente scatti rabbiosi. Si limitò a distogliere lo sguardo
dal suo viso, prima di puntarlo oltre la finestra socchiusa. Come se lei non
fosse nemmeno più lì.
- Ti giuro che, davanti a qualcosa del genere, non posso nemmeno
arrabbiarmi. - Mormorò.
- Scusami.-
- Ma di cosa? Di essere sempre stata con il fratello sbagliato...?
- Un piccolo sorriso amaro affiorò alle sue labbra.
- Di avertelo tenuto nascosto per tutto questo tempo. - Rispose.
- Non è che tu mi abbia nascosto granchè.
Posso sembrare uno sciocco pagliaccio superficiale la maggior parte del tempo,
ma sono capace di osservare tanto quanto Nicholas e tacere tanto quanto Kevin.
-
- Lo so. E' tremendamente
sciocco da dire adesso, ma è una delle infinite cose che mi piacciono di te. -
Spinse incerta la mano in avanti e per una frazione di secondo, le loro dita
rimasero ferme le une contro le altre. Prima che lui si ritraesse.
- Non dirmi che sei innamorata di me, Gabrielle. Ora come ora
sarebbe sbagliato. -
- Io sono innamorata di
te. Solo... Devo fare chiarezza sul modo in cui lo sono. - Dirglielo ad alta
voce era come un pugno nello stomaco: dopo una prima sensazione di dolore, era
come essersi liberati di un peso. Quasi un sollievo.
- Apprezzo che tu non abbia usato inutili giri di parole. - Una
microscopica crepa s'allungò attraverso il muro di indifferenza che si era
costruito attorno. Coco serrò le dita fino a conficcarsi le unghie nella pelle:
tutto, ma non le sue lacrime. La sola idea di vederlo piangere era una tortura
fisica.
- Non è per te, Joe. Non è qualcosa che non vada nella nostra
storia. - Continuò. - Tu sei perfetto. Tutto
era perfetto, ma io... Non posso continuare così, devo fare chiarezza in me
stessa. -
- Io lo sapevo. - Il suo
tono si inasprì improvvisamente. - L'avevo capito che fra te e Kevin stava
succedendo qualcosa e sono stato arrogante a pensare di poterla soffocare. Che
i miei sentimenti fossero più forti.
-
- Joe... -
- Ti ho chiesto di fare l'amore nel momento peggiore, te l'ho
imposto come fosse un ricatto...! Mi sono comportato da stupido maschio
presuntuoso e come punizione mi sono visto sbattere in faccia l'evidenza che la
mia ragazza ama anche un altro. Io non avevo nessun diritto di pretendere da te
una cosa del genere. -
- Io non lo so che cosa sta succedendo fra me e Kevin. Non riesco
neppuredare un nome a quello che provo
per lui. - I ricci scuri le scivolarono morbidi dalle spalle, mentre scuoteva
il capo. - Ma so che ho fatto l'amore con te perchè
una parte di me lo voleva. Egoisticamente.
-
- Non è sufficiente. In un modo o nell'altro sono io che ti ho
spinta a farlo e tu hai semplicemente ceduto. Ma non mi ami, Coco. Non abbastanza. - Gli si inumidirono
repentinamente gli occhi. La guardava, come in attesa di una replica.
- Non posso contraddirti perchè non so
più quale sia la verità. -
- La verità è che hai fatto l'amore con Kevin per primo e che,
qualsiasi esso sia, il sentimento per lui è più forte di quello che provi per
me. Ti è cresciuto dentro, anche se cercavi di reprimerlo. - Gabrielle tornò a
sospirare profondamente: perchè volevano tutti, ad
ogni costo, servirle la soluzione pronta su un piatto d'argento? Come se lei
non avesse voce in capitolo e non potesse stabilire da sola il perchè e il per come dei suoi gesti.
- Non è così semplice, lo devo stabilire cosa sento per Kevin. Se
ti aspetti che corra a fargli una dichiarazione d'amore in grande stile, ti
sbagli. - Sbottò. - Se ho fatto tutto questo è perchè
voglio smetterla di lasciarmi trascinare dagli eventi. Devo tirare il freno e
riflettere con calma. Perciò non gli dirò proprio nulla. -
- D'accordo. Ma, lo sai, noi non possiamo più... Non sarà mai come
prima. - Distolse lo sguardo dal viso di lui ed annuì. Sapeva che sarebbero
arrivati a quella parte del discorso, prima o poi, ma questo non l'aiutava a
soffrirne di meno.
- Mi stai lasciando ed è giusto così. - Mormorò.
- No che non è giusto. Io ti amo... - Si interruppe, indeciso. - E'
semplicemente ciò che va fatto. -
- Lo so. - Di nuovo, come
un disco rotto.
- E' come tirarmi una coltellata da solo, maho bisogno di starti lontano. - Scostò
rumorosamente la sedia e si alzo in piedi. - Mi condizioni, Gabrielle. Ti amo
troppo e finirei per perdonarti tutto troppo in fretta... Per non accorgermi di
quello che succede, come ho fatto quando me ne sono andato senza guardare se
sulle lenzuola ci fosse almeno una maledetta macchia di sangue. - Lei abbassò lo sguardo e si strinse nelle spalle,
sentendosi improvvisamente come un veleno altamente tossico.
- Perdonami. - Tornò ad annuire. - Per quello che può contare, Joe
Jonas, stare insieme a te è stata una delle cose più incredibilmente belle che
mi siano mai capitate. -
Per la prima volta da quando era entrata in cucina, lo vide
sorridere. Sussultò nel ritrovarsi stretta fra le sue braccia e finì per
cingergli coffamente le spalle, il viso nascosto
nell'incavo del collo. Quel gesto dolce, la sua lenta, straziante carezza lungo
la schiena, Il profumo tanto familiare e rassicurante... tutto aveva un sapore
decisamente amaro. Pianse silenziosamente e soffocò un singhiozzo, quando -
dopo una manciata di secondi dolorosamente brevi - la lasciò andare.
Lo guardò per un momento, non riuscendo ad impedirsi di pensare a
quanto maledetto tempo ci sarebbe voluto, perchè
riuscissero a guardarsi di nuovo negli occhi senza provare più alcun dolore: si
domandò se, alla fine. avrebbe fnito per ritrovarsi
davvero definitivamente innamorata Joe. Come si sarebbero comportati. Lui, poi,
l'avrebbe rivoluta nella sua vita.. le sarebbe scoppiato a ridere in faccia e
l'avrebbe mandata a quel paese, forse.
- Io non ti sto cancellando. Non cambierò quello che provo per te,
ora. Potrei capire che è esattamente quello che entrambi abbiamo sempre
creduto. Ma non chiedo nè a te nè
a Kevin di rimanere ad aspettare una cretina come me. - Joe agitò appena il
capo e stirò le labbra in una piccola smorfia, gli occhi ambrati leggermente
socchiusi.
- Gabrielle Lemoin, ricordati questo:
anche se ti lascio ora, se mi allontano, il mio cuore ti apparterrà ancora per
molto, moltissimo tempo. Niente è così semplice. - Attraversò veloce la stanza
e le lasciò il suono di quelle parole sulla pelle, prima di andarsene. Era
finita sul serio e ora stava a lei capire,
da sola.
Lo
so, lo so, lo so. Non voglio farla lunga, perché avete aspettato tanto
(ma davvero TANTO) e farvi penare ancora per questo benedetto aggiornamento
sarebbe davvero troppo.. Niente da dire se non che, anche se può sempre
sembrare che io abbia mollato tutto, non è così. Questa long non sarà
interrotta ne abbandonata fino a quando non sarà postato l'ultimo capitolo.
Dovessero volerci millenni.v__v
Per
quanti periodi di merda io possa passare e per quante crisi possa attraversare
in un modo o nell'altro, Gabrielle non
l'abbandono. Perché per me, come per voi - o almeno è ciò che mi auguro -, è
stata silenziosa compagnia di tanti momenti in cui rifugiarsi tra una parola e
l'altra era l'unico modo per non crollare.♥
A
questo punto non mi resta che ringraziarvi tutte per le recensioni, per la
pazienza e la costanza, per le 50 e passa persone che hanno questa storia nelle
preferite, le 45 nelle seguite e le 66 che mi tengono fra gli autori che amano
di più.♥ Non ho parole,
davvero, per esprimere ciò che siete per me. Siete il motore di questa storia,
del cuore e delle mani che ci stanno dietro. Grazie mille.
Ah, un
piccolo doveroso P.S. Questo capitolo è dedicato alla ragazza, l'amica
che il 14 di gennaio mi ha permesso di realizzare il mio sogno e
incontrare Joe.♥Perchéavevopromesso. Lei sa.;3
A questo
punto mi metto tranquilla ad aspettare i vostri commenti.*3* Buona lettura,
bellissime.♥
- Capitolo 32° -
{ Cut it out. I've
got no claim on you now,
not allowed to wear your freedom down.
Is there a chance? A fragment of light at the end of the tunnel?}
Ashes and Wine - A Fine Frenzy
Kevin
si tirò a sedere sul letto sfatto, gli occhi ancora pesanti di sonno. Non che
fosse riuscito seriamente ad addormentarsi nel vero senso della parola. Era più
un dormicchiare pallido e agitato, interrotto continuamente da brividi d'ansia
e incubi troppo compliessi e lontanti per
rimanergli nella mente anche da sveglio. Scostò le coperte e s'avvicinò alla
finestra aperta, silenzioso come un gatto coi suoi piedi nudi sul parquet:
lanciò uno sguardo al minore dei suoi fratelli, la cui curva rilassata di
schiena e spalle mostrava chiaramente che lui sì, era beatamente nel mondo dei
sogni. Quanto a Joe... Joe era fuori.
Membri della troupe, loro amici, amici di amci: ogni sera ed ogni
scusa erano buone per rientrare a casa soltanto quando non ci sarebbe stato
nessuno ad accoglierlo, a parlargli. A vedere l'ombra di tristezza negli occhi
d'ambra, nascosta dietro all'entusiasmo posticcio di un drink in più. Quello
poteva durare al massimo fino al mattino. Sospirò. Non era esattamente ciò che
si era immaginato le volte che si era concesso di pensre a come sarebbe stato se. Joseph e
Gabrielle si erano lasciati, d'accordo. Avrebbero potuto prenderlo per stupido,
ma lui non era felice.
Non
era felice che non si parlassero praticamente più, non era felice che suo
fratello buttasse la testa in qualsiasi cosa potesse tenerlo sospeso al di
sopra dei pensieri - fosse il lavoro, una ragazza carina che gli faceva il filo
o quell'ennesimo bicchiere di birra. Non era felice che Coco avesse
improvvisamente smesso di trattarlo in modo speciale per cercare in qualche
assurdo modo di reprimersi e non rischiare.
Per come la conosceva, avrebbe potuto giurare sulla sua Gibson che lei si
stesse autopunendo per quello che era successo e nel contempo si fosse convinta
di essere una specie di veleno tossico con cui era molto meglio non entrare in
contatto. Guardò la luna piena finchè non ne ebbe lo
sguardo colmo, poi la ributtò fuori con un lungo sospiro: l'amore era una
fottuta fregatura. Li aveva presi - travolti - poi sbatacchiati qui e là,
confondendoli l'una con gli altri ed infine li aveva lasciati così. A pezzi che
non sapevano più nemmeno loro come rimettere assieme. Niente era andato come
sarebbe stato prevedibile, alla fine.
Aveva
sempre avuto chiara in mente l'espressione di Joe, nel momento preciso in cui
avesse saputo cosa era successo quella fatidica notte d'inverno. Lo sguardo
tagliente, il pugno che si sarebbe preso - presumibilmente dritto in mezzo agli
occhi, o sul labbro - i denti stretti e quel "ci sei andato a letto, brutto stronzo" che doveva coronare il
tutto. Plateale, forse, ma decisamente legittimo. E invece no, la rabbia di Joe
si era espressa in modo molto più sottile. Il modo in cui trattava Gabrielle,
quella era la vendetta inconsapevole che stava portando avanti. Che la
trattasse praticamente come una sconosciuta e - viceversa - fosse rimasto
sempre lo stesso con lui era per Kevin un'autentica tortura. Perchè
l'amava con tutto sè
stesso, quella piccola ragazza francese. E lei di certo voleva ancora Joseph...
Joseph che stava cercando disperatamente di cancellare e soffocare quell'amore.
Ecco, in quella specie di assurda partita a patata
bollente, il senso di colpa non faceva altro che scivolare inesorabilmente
e continuamente dall'uno all'altro.
-
Fottuto triangolo di merda. - Sussurrò, mordendosi le labbra per il nervoso. -
Finirà, prima o poi. Qualcuno lo romperà e basta. Finirà. -
{Qualcuno.}
°°°
- Sei sicuro che non sia troppo? - La
donna al bancone squadrò Joe con aria poco convinta, prima di versare un altro
mezzo bicchiere di whisky nella sua Coca-cola. Lui sbuffò
pesantemente ed agitò nervosamente il capo, mentre si rivolgeva al ragazzo
biondo seduto sullo sgabello accanto.
-
Non capisco un accidente di quello che dice, D...! - Brontolò. Sentiva la testa
pesante e sapeva benissimo di non essere del tutto lucido, cosa che in quel
momento era un gran sollievo. Pensare il minimo indispensabile.
-
Cose sensate. - DorianLaRoche si
allungò sul bancone appena lucidato e trattenne l'altro per il polso,
impedendogli di prendere l'ennesimo sorso. - Se sia il caso di farti buttar giù
altra di questa roba, ad esempio. -
Joseph
sbuffò di nuovo, piuttosto irritato: il fatto che si fosse avvicinato per primo
a quello strano ragazzo, forse perchè era l'unico sul set a
conoscere così bene l'inglese - Do ci
lavorava lì, come assistente cameraman o qualcosa del genere - o che si fosse
divertito a provare una di quelle grosse videocamere grazie a lui, non gli dava
comunque il permesso di prendersi certe confidenze. Se voleva bere e quanto non
era certo cosa che lo doveva interessare. Se lo scrollò di dosso e vuotò il
bicchiere con un'espressione ostile impressa addosso.
- Dì
pure al tuo gemello antipatico e alla signora che, stando alla legge di questo
paese, sono abbastanza maggiorenne da
poter decidere per me. -
-
D'accordo, scusa. - Con un sospiro si rivolse nuovamente alla proprietaria e le
fece una rapida traduzione simultanea di quanto il suo nuovo amico aveva appena
borbottato.
I
fratelli Jonas erano parecchio interessanti, lo aveva
pensato da subito. Il modo in cui si muovevano, ad esempio, In mezzo alla gente
così come davanti ad una telecamera: era come se nei loro gesti non potesse
esserci nulla di sbagliato o fuori posto. Armonici. Erano armonici anche in quello, oltre che nella loro musica. Il più
piccolo aveva un modo di camminare e di porsi leggermente rigido che denunciava
sicuramente una buona dose di timidezza e riflessività, non gli piaceva il
contatto fisico con gli altri, quasi nemmeno Kevin o Joe potevano toccarlo
senza un valido motivo. Il mondo doveva tenersi a debita distanza da lui,
almeno fino al momento in cui non avesse stabilito d'averlo analizzato e
sviscerato abbastanza. Il maggiore, al contrario, era una di quelle persone per
cui non si poteva provare antipatia. Aveva questa fantastica capacità di
entrare in sintonia con chiunque, dovesse scambiarci anche solo due parole. Si
sintonizzava diretto sulla stessa lunghezza d'onda, con una delicatezza ed una
discrezione quasi assurde e del tutto d'altri tempi: Kevin era come il
personaggio di un vecchio romanzo classico, aveva esattamentye quel tipo di valori.
E poi c'era Joseph. Lui era decisamente il fratello di mezzo, in tutti i sensi: quello era il suo posto nella vita
della gente con cui decideva di avere a che fare, nel centro. Dove poteva
calamitare l'attenzione. Era decisamente un sole,
luminoso e irruento. Probabilmente in quello si spiegava come nemmeno lui - che
era sempre stato allergico a qualsiasi tipo d'interazione con il resto del
genere umano - non aveva trovato alcun modo di evitarlo. Aveva un amico, adesso.
-
Assicurami soltanto che uscirai di qui sulle tue gambe. - Joe lo scrutò con
quei suoi grandi occhi scuri ed agitò appena il capo. A Dorian bastò per sapere che
era sincero.
-
Voglio solo riuscire a non soffrire, per un po'. - Strizzò il bicchiere sino a
farsi illividire le nocche.
-
Non te la toglierai di dosso così. Lo sai questo? - Era difficile trovare la
cosa giusta da dire. - Non puoi sradicarla dalla tua vita con un sorso di
liquore. -
-
Non c'è bisogno che tu me lo dica. - Sorrise amaramente. - L'unico modo sarebbe
strapparmi via un pezzo d'anima. -
Do
si passò le mani fra i capelli biondissimi e li scompigliò con aria nervosa. Lei, ovvero Gabrielle Lemoin, era l'unico elemento
che non riusciva in alcun modo ad inserire nella complicata ma ben definita
trama che si era creato. L'incognita che finiva sempre per uscire dallo schema
e sconvolgere tutto, riscrivendo di volta in volta l'ultima pagina. Era
cresciuto in mezzo ai libri, nel piccolo appartamento affacciato sul porto di
Marsiglia e più tardi nel negozietto di sua madre Cècil. Aveva imparato bene,
da lei, a leggere la vita.
Sfogliarla, come fosse un profumatissimo volume nuovo che man mano invecchiava
e si riempiva di pieghe, appunti, macchioline di caffè. Pagina dopo pagina.
Durante gli ultimi cinque anni, Parigi era stata il suo scenario ed i volti che
incontrava per strada, la gente con cui si soffermava a parlare, i suoi
personaggi. Così Joe, in quel momento, era un protagonista tormentato... I suoi
fratelli probabilmente dei buoni comprimari e la ragazza incarnava senz'ombra
di dubbio l'oggetto del desiderio.
Seppur in modo completamente diverso, tutti e tre le gravitavano attorno e la
volevano, l'amavano. Li sconvolgeva: lei era quella per cui Nicholas
abbandonava ogni riserva e si lasciava toccare, accarezzare, baciare come e
quanto lei avesse voluto. Quella per cui Kevin smetteva di stare costantemente
entro i limiti e si buttava a capofitto... Quella per cui l'esuberante Joseph
aveva perso la testa da star male.
-
Vorrei poter dire di sapere cosa significa, amare così. - S'allungò a prendere
la lattina di aranciata che la barista gli aveva posato davanti. - E che so
precisamente quando passerà. -
-
Nessuno lo sa, questo. Nemmeno chi lo ha provato. - Bevve un lungo sorso echiuse gli
occhi di scatto, mentre il liquido scuro gli bruciava la gola. - E' certo che
ti fa soffrire come un cane, questo sì. Perciò tu sei quello fortunato. -
- Io
sono semplicemente fatto per stare solo. - Obbiettò. - ... Te la posso fare una
domanda? -
-
Sempre che io sia in grado di rispondere. -
-
Lei. Cosa ti ha colpito così, di lei? - Per quanto sembrasse sempre tranquillo,
in quel momento si sentiva invece profondamente imbarazzato. Fare una domanda
del genere non era affatto facile, piuttosto sfacciato. Nel suo caso, però, era
più come la curiosità ingenua di un bambino piccolo che non sappia di star
toccando un tasto delicato.
- E'
inutile anche provare a spiegartelo. Dovresti conoscere Coco, per capire. - Joe
lo guardò per una frazione di secondo, prima di fissare lo sguardo sul muro che
aveva di fronte. Senza per altro vederlo realmente: poggiò la schiena al piano
lucidato e socchiuse le ciglia scure. Poi sorrise appena, come si fa davanti
alle immagini sbiadite di un vecchio film nostalgico che ci è sempre piaciuto
molto.
- Io
penso che sia molto bella. - Esordì. - Ma non è poi solo questo. Mi sembra
anche piena di sentimento, pensiero - se intendi quel che voglio dire. -
- Lo
è. - Piegò il capo in un lieve cenno d'assenso. Per quanto parlare di Coco gli
facesse male, non poteva impedireai
suoi occhi d'iluminarsi al
solo suono di quel nome.
- Il
suo sguardo parla di sogni. Tanti. E' come un libro un po' datato, ma
terribilmente incredibile e avvincente. Di quelli in cui le ragazze andavano
ancora in giro con bei vestiti ed ampi mantelli e i matrimoni venivano
combinati. E poi c'è la protagonista, seppur timorosa, che cerca il vero amore
e l'avventura, la realizzazione dei desideri. - A quel punto doveva aspettare slenziosamente una
risposta.
- Orgoglio e Pregiudizio. - Mormorò Joe,
sconvolto. - Uno dei suoi libri preferiti. Tu... come cazzo ci riesci? -
-
Sono cresciuto in mezzo alla carta stampata, J. - Per la prima volta, da quando
Joseph l'aveva incontrato, Dorian si
sciolse in un ampio sorriso spontaneo, luminoso. - Leggo l'essenza delle
persone come una quarta di copertina. E funziona. -
-
Impressionante...! E puoi farlo anche con me? -
-
Troppo facile. - Scoppiò a ridere e ciocche di capelli color del grano
scivolarono a nascondere gli occhi cerulei. - L'Alchimista. Coelho. -
-
Non so che dire. Non ci si crede, sei un mago. - Ridacchiò. sentiva di nuovo
l'alcool salire ad annebbiargli i pensieri.
- E'
solo che ti si legge facilmente. Tu sei quello che si definisce letteralmente
un libro aperto. - Senza preavviso
cacciò un paio di banconote dalla tasca e le lanciò alla proprietaria del pub.
Poi diede un colpetto al braccio di Joe e lo invitò a seguirlo fuori. - Non sei
fatto per nascondere, probabilmente sono gli altri a nascondere a te. -
-
Troppo vero. - Gli salì alle labbra un sospiro di quelli che ti raschiano
l'anima.
-
Per quel che può contare, ti auguro di guarire presto da questo amore, Joseph.
- Lasciò una mano sulla spalla dell'altro, stringendo appena. - Però, sai,
credo di aver cominiciato a
vederla con i tuoi occhi. E' stupenda e non potevi che innamorartene. Dovresti
stare attento a ciò che decidi di fare con questo tuo sentimento, cosa sei
disposto a lasciar andare, a tenere. Per cosa soffrire. -
- E'
molto più complicato di così. - Ficcò le mani nelle tasche dei jeans e prese a
marciare sul marciapiede. - Ti ringrazio comunque del consiglio. Lo so bene,
che è stupenda...! - Dorian
scelse di non replicare. Gli rivolse un altro breve sorriso, poi abbassò lo
sguardo mentre lo raggiungeva.
- Ti
accompagno a casa. - S'incamminarono fianco a fianco e non scambiarono più una
parola per tutto il tragitto. Fu un silenzio lungo e compatto, eppure per nulla
pesante: erano soltanto due ragazzi che rincasavano insieme, complici, sotto la
luna di mezzanotte. In quell'istante, Joseph capì d'aver trovato in lui un
amico vero.
°°°
Nicholas
affondò con un sospiro nella sedia pieghevole che era stata disposta al tavolo
per il trucco. Lanciò uno sguardo sbieco al suo riflesso nello specchio e vide
due profonde occhiaie livide sotto gli occhi scuri, quasi come se gliele
avessero dipinte con un carboncino: ultimamente non avevano fatto che
peggiorare, di pari passo con la qualità del suo sonno. C'erano un'infinità di
pensieri nella sua testa, acuminati come spine. Vorticavano, si intrecciavano
tra loro e lo ferivano continuamente, per quanto si sforzasse di districarli e
trovare loro un senso. Tuffò le dita fra i ricci scompigliati e se le premette
sulle tempie. Aveva perfino voglia di piangere.
Che
avrebbe dovuto raccogliere i frammenti di tutta quell'assurda devastazione lo
sapeva fin da subito, ma questo non aiutava per niente a rendere la cosa meno
dolorosa o difficile. Sarebbe stato incredibilmente bello, se tutto si fosse
risolto bene e in fretta. Peccato soltanto che quello non fosse un bel film
americano ambientato a Parigi. Nella vita reale l'happy ending non era per nulla
telefonato e tantomeno obbligatorio, Joe non avrebbe perdonato nè tantomeno dimenticato
Coco per un bel pezzo, lei avrebbe continuato a martoriarsi l'anima di senso di
colpa, senza che nessuno potesse effettivamente fare nulla di concreto e Kev... Kev sarebbe stato
condannato a guardare in silenzio, per l'ennesima volta. Quanto a sè stesso, Nick si
riteneva preparato a parare quei colpi bassi e probabilmente più forte
determinato della maggior parte dei suoi coetanei, però sapeva anche di avere
dei limiti oltre cui non ce l'avrebbe fatta a sopportare tutto quel dolore
premergli addosso. Limiti pericolosamente vicini.
-
Buongiorno. - Trasalì, come se il saluto della make-up artist lo avesse svegliato
da un qualche sogno troppo coinvolgente.
-
Buongiorno... - Le rivolse un sorriso lievemente imbarazzato, prima di tornare
a sprofondare nel silenzio.
Claire,
dal canto suo, era già presa a fissarsi i capelli color prugna sulla nuca con
una specie di spillone intarsiato. Scrollò le spalle, dandogli ad intendere che
non aveva alcun motivo di sentirsi a disagio: era una giovane donna decisamente
troppo pratica per dare peso a questioni del genere. Iniziò ad estrarre una
quantità esorbitante di trousse e pennelli dal trolley verde petrolio che si
era trascinata dietro - fin dal suo microscopico appartamento alla periferia
sud della città - e li dispose sul tavolo secondo un suo ordine mentale
piuttosto preciso, mentre Nicholas si rilassava leggermente e tornava a
poggiarsi contro la spalliera di finto metallo. L'osservò diligentemetne
fare il suo lavoro, affascinato dal modo esperto in cui le sue mani si
muovevano tra barattolini e coperchi - tastando la morbidezza delle setole o il
contenuto dei flaconi.
-
Siamo quasi pronti per cominciare. - Esordì lei. - Detto fra noi, spero mi
diano presto il via libera, perchè ci
vorrà del tempo per far sembrare che non ti abbiano preso a pugni prima di
uscire di casa...! -
- Lo
so. - Claire sorrise della sua risata sincera. - Faccio schifo. -
-
Diversi milioni di fanciulle in tutto il mondo dissentirebbero...! Ed io potrei
dirmi d'accordo con loro, hai solo troppi pensieri per la testa. - Spremette un
tubetto di fondotinta sul dorso della sua mano. - Per tua fortuna, io
padroneggio abilmente la grande magia del correttore. Basterà stenderlo bene. -
- Grazie. - Si passò le dita fredde sulla
fronte e cercò di rilassarla, aspettandosi che inziasse a stendere subito la
crema color cipria. Gli picchiettò le palpebre e poi il piccolo incavo tra il
naso e l'occhio sinistro.
- E'
per lei, vero? La ragazza di ieri. - Il tono della donna era leggero e
scherzoso, ma Nick non potè
trattenersi dallo stringere convulsamente i braccioli della poltroncina, di
nuovo visibilmente a disagio.
-
Anche. Ma non è come pensi tu. - Sospirò.
-
Non venire a raccontarmi che non sono problemi di cuore. Balle. -
- E'
solo che non riguarda me. Sono i miei fratelli che... Gabrielle è la mia
migliore amica. - La luce nei suoi occhi era di una purezza tanto disarmante,
che lei finì per credergli subito e senza riserve.
-
Due ragazzi e una ragazza, brutta storia. - Arricciò il naso e finì di
applicare il cosmetico. - Non vanno mai a finir bene...! -
-
Non ne hai un'idea. - Si morse le labbra e per poco non inghiottì la spolverata
di qualsiasi cosa sia quella che Claire gli aveva soffiato in faccia col suo
grosso pennello morbido.
- Se
posso darti un consiglio- -
-
Bontà del cielo, eccoti qui! - Debra planò come un'avvoltoio
color pervinca alle loro spalle e la costrinse ad inghiottise silenziosamente il
resto della frase, qualunque esso fosse stato. Nicholas piantò gli occhi in quelli
della donna e non si frenò dal guardarla in cagnesco, sapeva sempre essere
inopportuna.
-
Sono esattamente dove mi è stato detto d'essere, quando sono arrivato sul set.
- Replicò, apparentemetne
tranquillo.
-
Sì, beh. Qualcuno avrebbe anche potuto dirmelo. - Ovviamente si era
indispettita. - Comunque ti devo parlare urgentemente, qui puoi finire dopo. -
Fece un cenno alla truccartice,
che abbandonò la spugnetta imbevuta di polvere nella ciotola dell'illuminante e
si allontanò, non prima di avergli rivolto un sorriso rassegnato.
- E'
successo qualcosa di grave? - Era scettico. Si sentiva più incline a credere
che fosse uno dei suoi soliti drammi orribilmente ingigantiti: probabilmente
avrebbero dovuto rigirare una scena o reincidere una parte della canzone.
-
Grave non direi, ma è qualcosa che tu e i tuoi fratelli decisamente dovreste
sapere. - Si sistemò gli occhiali sul naso, quasi come se volesse prendere
tempo. - Diciamo che a conti fatti, siamo decisamente in anticipo sui tempi
previsti per il documentario. - Lo guardò di sottecchi, come aspettandosi
chissà quale strana reazione.
- A
conti fatti? - Nicholas, dal canto suo, ancora non capiva.
- Il
regista ha parlato con il team di montaggio scene e gli effettisti. -
Snocciolò. - Ma non è questo il punto. -
-
No? -
-
No. Il punto è che abbiamo praticamente finito il materiale girabile che ci
occorre. -
Gli
allungò un plico di fogli spillati fra loro. Li sfogliò, scorrendo un lungo
elenco di scene appuntate e spuntate. Un brivido di nervosismo gli si arrampicò
lungo la spina dorsale: c'era qualcosa che non andava sul serio se perfino Debra, che era sempre
rimasta tutto d'un pezzo in qualsiasi situazione, ora non riusciva a mascherare
quell'irrequietezza d'animo. Sentì l'ansia aggredirlo con violenza, mentre
tornava a guardare la donna. Arricciò le labbra, quasi come fece lui con le
pagine che teneva fra le mani. Un'orribile rumore di carta scrocchiata riempì
il silenzio che si era allargato tutt'intorno. Per un singolo, rapido istante,
si ritrovò a pensare a Coco, al suo sorriso. Il profumo di caffè che riempiva
l'aria del piccolo appartamento, durante le prime ore del mattino - quando si
alzava e la trovava già in piedi con la sua tazza turchese fra le mani -, il
modo in cui, le volte che l'aiutava a sistemare i letti, finivano sempre per
doverli rifare almeno un paio di volte. E un'infinità di altre cose di lei che
gli erano entrate letteralmente dentro, dettagli apparentemente di nessuna
importanza. Col senno di poi avrebbe potuto giurare che fosse come un allarme a
livello inconscio. La manager prese un lungo respiro tremulo e cacciò una mano
nel palmo dell'altra, come a trovare la fermezza ed il coraggio per ucciderlo.
- La
produzione non pagherà per un mese e mezzo in più, a vuoto. Entro una settimana saremo tornati negli Stati
Uniti. -