The true tale of princess Himiko

di Xandalphon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sadness and grief ***
Capitolo 2: *** Kurama ***
Capitolo 3: *** Hidden power ***
Capitolo 4: *** Enemy ***
Capitolo 5: *** The beginning of the myth ***



Capitolo 1
*** Sadness and grief ***


The true tale of princess Himiko

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1)Sadness and grief

 

Himiko era una ragazzina molto curiosa. Si sa, tutti i bambini attraversano la cosiddetta fase dei 'perché?', quando desiderano conoscere il senso dietro ad ogni cosa, comprese quelle che agli adulti sembrano stupide o banali.

 

Il problema di quella piccola peste, però, era che la sua fase sembrava non accennare in alcun modo a calare di intensità. Le domande che poneva erano sempre più complesse, tanto che, ormai, la maggior parte dei saggi e degli anziani del villaggio aveva già provato almeno una volta o due a dirle: “Perché è così! Ora, non fare storie e vai ad aiutare tuo padre e tua madre nei campi!”

 

Naturalmente, per una sedicenne con una mente sempre in movimento come la sua e, per giunta, con un corpo esile, passare l'intera giornata a raccogliere riso trascinando i piedi nel fango non era la massima delle aspirazioni della vita. Ma cosa poteva aspettarsi di diverso? Suo padre faceva il contadino, così come suo nonno, il suo bisnonno, il suo trisnonno e così via, per innumerevoli generazioni prima di lei.

 

Innumerevoli generazioni prima di lei... Ecco, quella era una cosa cui pensava spesso, agli antenati. Nonostante il sacerdote del tempio Shinto in cima alla collina ci provasse in tutti i modi ad infilarglielo una volta per tutte nella testa, Himiko non si rassegnava. Non capiva perché dovesse venerarli. In fondo, cosa avevano di diverso rispetto a sua padre o sua madre?

 

La risposta più comune alla sua obiezione era che andavano venerati perché essi erano stati molto più saggi e potenti rispetto agli uomini che calcavano la terra attualmente. Secondo le leggende, possedevano strani poteri e abilità, tali da manipolare gli elementi ed evocare spiriti, demoni e animali parlanti.

 

Himiko prendeva molto sul serio quelle storie, ma, puntualmente, quando domandava delle prove a sostegno di questi miti, i saggi alzavano le spalle e scuotevano la testa, come se non capissero il senso di quella assurda richiesta.

 

A quel punto, la ragazzina si arrese: per trovare delle risposte soddisfacenti alla sua sete di sapere, avrebbe dovuto cominciare a cercarsele da sola.

 

Non c'erano molti abitanti del villaggio della sua età (un'epidemia sconosciuta si era portata via gran parte della sua generazione quando lei aveva cinque anni) e quei pochi la consideravano un po' troppo strana per i propri gusti. Per cui, in assenza di persone con cui giocare, quando era libera dal faticoso lavoro nei campi, si avventurava, da sola, tra i boschi e le colline circostanti al villaggio. A detta di tutti i compaesani erano posti pericolosi, pieni di animali feroci e banditi, pronti a tagliare gole anche per pochi soldi. Lei però non badava a questi avvertimenti e si spingeva sempre più lontano.

 

Un giorno, spingendosi sull'altro versante del monte che sovrastava, con la sua imponente figura, il villaggio, notò qualcosa di strano.

 

La vegetazione era stranamente rada e si ergevano delle grandi rocce, in ordinate file. Erano troppo squadrate e lisce per essere qualcosa di naturale.

 

Si avvicinò e vide che si trattava di lapidi, incise con strani segni. Himiko, di nascosto da suo padre, aveva imparato dal sacerdote del tempio un pochino di scrittura. Era un privilegio da gran signori, quello di apprendere i simboli per tramandare le cose, non certo roba da contadini!

 

Eppure quelli che aveva di fronte non erano i segni che il grande popolo di là dal mare occidentale utilizzava e che aveva trasmesso anche a loro, il piccolo popolo delle isole.

Sì, erano simili, ma... Le risultavano assolutamente incomprensibili.

 

L'unica cosa che le venne in mente di fare fu di memorizzarli per poi cercare di riprodurli più fedelmente possibile al vecchio sacerdote. Chissà che magari lui ne conoscesse il significato.

 

Fece per tornare sui suoi passi, visto che l'ora di cena si approssimava, ma quando, da una radura, guardò in basso, verso il villaggio, il cuore quasi le saltò fuori dal petto.

 

Fuoco e fumo invadevano le case. Gli abitanti sciamavano fuori come tante piccole formiche, ma ciò che era più pericoloso per le loro vite si trovava all'esterno delle loro dimore, non dentro. Un gruppo di predoni a cavallo era calato su di loro con torce e spade per saccheggiare e distruggere. Fu un affare di non più di mezz'ora. Quando i fuorilegge se ne furono andati, le case non erano che braci fumanti; uomini e donne nient'altro che pile di corpi senza vita.

 

Himiko rimase ad assistere da lontano, completamente pietrificata dall'orrore, incapace di muovere anche un solo muscolo. Non le sembrava vero. Nel giro di un breve istante tutto il mondo in cui aveva vissuto, più o meno tranquillamente, era definitivamente scomparso. Era completamente sola e senza una dimora a cui tornare.

 

Lacrime iniziarono lentamente a scendere dalle sue gote. Prima leggere, lente, poi sempre più copiose, mentre la piccola erompeva in singhiozzi disperati.

 

Come per far da coro al suo miserevole stato d'animo, anche il cielo iniziò il suo mesto pianto. Una massa di nuvole scure oscurò il sole e un acquazzone si riversò con tutta la sua forza.

 

La sedicenne avrebbe voluto tanto rimanere lì, immobile, a lasciarsi morire di freddo e di paura, ma l'istinto di sopravvivenza prese il sopravvento sulla parte razionale e disperata del suo cervello, spingendola a trovare riparo. Tornò verso la strana necropoli che aveva scoperto prima e, per uno strano colpo di fortuna, scorse, poco lontano da questa, una piccola caverna, poco profonda, in cui giacevano abbandonate molte anfore, recanti gli stessi strani simboli che aveva potuto vedere sulle misteriose lapidi.

 

Sul momento, però, la sua usuale curiosità era completamente annichilita. Voleva solo rannicchiarsi in un angolo, dimentica del mondo che la circondava. A che cosa valeva vivere, se era solo una successione di eventi senza un significato? I suoi genitori si erano spaccati la schiena per anni, al solo scopo di avere sufficiente farinata e riso in umido per sopravvivere ad un'altra alba. E così via, per mesi e anni interi... Per poi morire come cani dinnanzi al primo bandito che decideva di passare da quelle parti. E che magari sarebbe morto in modo altrettanto miserevole il giorno dopo, ucciso da qualche altro bandito, più efferato o, magari, solo più fortunato di lui... Possibile che l'esistenza di un essere umano fosse solo questo? Ben sadici, allora, dovevano essere stati gli dei, a dar loro l'autocoscienza... Forse, se fossero rimasti privi di ragione, muniti soltanto dell'istinto come gli animali, gli umani sarebbero stati meglio: non avrebbero potuto capire quanto patetico e penoso fosse il loro stato.

 

In preda a tali cupi pensieri, complice il ritmico ticchettio della pioggia incessante, Himiko si addormentò, rannicchiata con la faccia nascosta tra le ginocchia, come per farsi piccola piccola e nascondersi al mondo.

 

Si svegliò il mattino successivo con le ossa rotte, per via della posizione scomoda in cui aveva dormito, ma anche per via degli orrendi incubi che avevano affollato la sua mente.

 

La prima cosa che la portò compiutamente alla realtà fu il sordo brontolio della sua pancia. L'ultima cosa che aveva messo in pancia era una ciotola di riso, più di ventiquattro ore prima. Era logico che fosse affamata come un lupo.

 

All'udire quel suono, emerse sul suo volto un ghigno beffardo. Ora credeva di capire un po' di più tutti gli adulti del villaggio, quando le consigliavano di smetterla di chiedersi questo o quello. Che senso potevano avere tutte le sue domande, dinnanzi alla necessità impellente di tirare avanti un giorno in più?

 

Per un attimo vagliò le ipotesi che aveva davanti. Non era un'abile cacciatrice: vivere di conigli selvatici per un tempo indefinito su quel monte le sarebbe stato impossibile. Scendere in città per diventare una ladra ed una mendicante? Problemi di coscienza a parte, la sola idea di vivere in quel modo le faceva rivoltare lo stomaco. Che si torceva ancora di più alla poco edificante prospettiva di essere 'invitata', con le buone o con le cattive, in una di quelle famigerate 'case' di cui aveva sentito parlare, in cui costringevano le giovani a giacere con grassi e laidi nobili...

 

No, non avrebbe resistito un giorno. O l'avrebbero uccisa, o si sarebbe uccisa lei stessa dalla vergogna e dal disonore.

 

Allora, cosa le restava? Scendere tra le rovine del villaggio e continuare da sola il lavoro nei campi?

 

Anche quella era una sfida palesemente fuori dalle possibilità delle sue forze, ma, al momento, le sembrò l'unica strada praticabile.

 

Prima di scendere a valle, però, come colta all'improvviso da un ultimo sprazzo di quella che già definiva 'la vecchia lei', decise di curiosare tra quelle anfore. Chissà, magari ciò che era contenuto al loro interno si era miracolosamente conservato. E, se proprio fosse stata fortunata, si sarebbe trattato di qualcosa di commestibile...

 

I suoi occhi, di quel colore azzurro cielo di cui tanto si vergognava (oltre al suo carattere, era anche per quelli che gli altri abitanti la trovavano strana. Se non, addirittura, portatrice di sfortuna), si soffermarono su un'enorme giara, di colore rossiccio, posta sul fondo della cavità. Era più corrosa, rispetto alle altre, e invece di molte scritte, recava un solo simbolo: una spirale, come di un vortice.

 

Irresistibilmente attratta, si avvicinò, cauta, a quell'oggetto. Afferrò con forza il tappo di legno con entrambe le mani e lo svitò. Ciò che ne uscì andava molto, ma molto al di là di quanto avrebbe mai potuto produrre la sua fantasia.

 

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Capitolo 2
*** Kurama ***


2)Kurama

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“Dannazione a te, Mugi! Te la faccio vedere io l'incolumità! Cavolo, quasi quasi preferivo quando i miei jinchuuriki mi consideravano un mostro e mi ritenevano solo un'arma!”

 

L'enorme e maestosa volpe dalle nove code si era risvegliata dal suo sonno. Ma non si era trattato di un breve attimo, come credeva.

 

Invece della sua amata e odiata Mugi, quella pestifera donna con i capelli color del grano e gli occhi come smeraldi, degna nipote di suo nonno Naruto e sua jinchuuriki, si era ritrovata nella penombra di una squallida caverna, da sola.

 

No, a vedere bene non era esattamente sola. Al suo cospetto stava un piccolo scricciolo. Una ragazzina vestita di stracci, non molto alta e visibilmente denutrita, con degli arruffati capelli neri come l'ebano e dei penetranti occhi da felino, dall'intenso color celeste. Doveva essere stata lei e non quella dannata bionda, ad aprire l'anfora.

 

Con un ghigno apparentemente malvagio, avvicinò il muso a pochi centimetri dal volto di lei e disse, con la voce più crudele che poteva produrre: “Dove si è nascosta la Kyudaime Mugi Uzumaki, piccola bambina? Parla, o verrai divorata in un sol boccone dalle mie possenti fauci!”

 

Con un certo disappunto, Kurama notò che la minaccia non aveva sortito alcun effetto. La ragazza continuava a fissarlo intensamente, muta, ma non aveva inarcato nemmeno un sopracciglio dalla paura di fronte alla sua bocca spalancata. In quei lunghi anni di amicizia prima con Naruto e poi con suo figlio e sua nipote, forse si era rammollito un po' troppo.

Mentre era ancora assorto in quel genere di pensieri, la piccola prese a parargli. E finalmente comprese che c'era qualcosa che non quadrava. Infatti, non stava capendo una parola.

 

La sonorità era in qualche modo simile a quella cui era abituato, ma toni, accenti... Era tutto sbagliato! Cercò di concentrare il chakra nei centri neurali del linguaggio, per porre rimedio alla situazione e, pian piano, il discorso della sua interlocutrice assunse una forma per lui intelligibile.

 

“...Oni, o Yokai? Non ne ho mai veduto uno prima... A dire il vero nemmeno pensavo esistessero. Beh, a quanto pare mi sbagliavo.”

 

Ancora un po' frastornato, il Kyuubi cercò di rispondergli a tono. Chissà perché, ma quella sfrontata gli aveva fatto perdere la voglia di fare il gradasso e alimentato la sua preoccupazione su dove effettivamente fosse.

 

“Yokai? Io? No, non scherziamo, non mi mischio con quelle stupide palle di pelo... Io sono un vero demone, un concentrato di chakra dall'immenso potere! E ora, bella bambina, mi potresti dire in che diavolo di paese mi hanno cacciato, se non ti dispiace?”

 

“Non so chi ti ha messo in quell'anfora da dove provenisse... Ma tecnicamente questo monte dovrebbe essere sotto l'autorità del signore di Yamatai.”

 

“Eh?”

 

“Forse vieni dalle isole del nord e non ne hai mai sentito parlare.”

 

“Nord? Isole? Di che accidenti stai parlando, scricciolo? Quanto siamo lontano da Konoha?”

 

“Kono...ha? Mai sentito parlare di una città con questo nome... Ma sono solo una figlia di contadini... Ho studiato per conto mio un po' di cose, ma probabilmente ho molto da imparare del mondo...”

 

“Ok, ok, frena un attimo, bella. Cerca di dirmi tutto ciò che sai del luogo in cui ci troviamo. Una volta capito quello, per quanto dimenticato dagli dei possa essere questo posto, sarà uno scherzo tornare a casa.”

 

“Mmm... Dunque, come ti dicevo, siamo nella signoria di Yamatai... Uno dei tanti regni della terra di Wa, il piccolo popolo. Questo nome ci è stato dato dal grande popolo dei chugoku1, che governa un ricco e potente impero al di là del grande mare occidentale... Più di questo non so dirti, grande demone. Dalla tua faccia perplessa posso intuire di non esserti stata molto d'aiuto.”

 

In effetti, Kurama era sconsolato: perché una terra fosse sconosciuta a lui, che aveva vissuto per centinaia e centinaia d'anni, doveva essere proprio isolata dal resto del mondo... All'improvviso, però, gli sovvenne un pensiero ancor più inquietante. Forse il punto non era il dove si trovava, ma il quando. Mugi gli aveva promesso che, appena passato il pericolo lo avrebbe liberato. Ma quella che aveva davanti non era la Kyudaime, quindi qualcosa doveva essere andato maledettamente male.

 

Ancora una volta, la piccola lo sorprese mentre pensava, dicendogli: “Senti, grande volpe, io... Ecco, io penso che chi ti abbia posto in questo luogo sia... Come dire... Rimasto a vegliare su di te per molto tempo. “

 

“Cosa intendi, pulce?”

 

La ragazza, però, fece una faccia arrabbiata e gonfiò le guance in segno di stizza. Poi gli disse: “Eh, no! Adesso devi piantarla di chiamarmi con soprannomi idioti! Io ho un nome, sai? Mi chiamo Himiko!”

 

“Ok, piacere di conoscerti Himiko. Ma – aggiunse con un ghigno la volpe – rimani sempre una pulce!”

 

La giovane sbuffò e gli voltò le spalle, replicando scocciata: “Ok, se non vuoi il mio aiuto allora me ne vado. Ho fame e devo mettere qualcosa sotto i denti, se non voglio morire presto. E star qui a farmi insultare da una volpe gigante con un pessimo carattere non migliorerà di certo la mia condizione!”

 

Come osava quella maledetta a voltargli le spalle e andarsene? Era imperdonabile, anche se non aveva ancora idea dell'essere con cui stava parlando! Per farglielo capire con le cattive la afferrò con una zampa e la portò davanti al muso. Ma, anche in quel caso, Himiko non diede mostra di alcuno spavento.

 

“Sia che me ne vado, sia che mi mangi, rimarrai piantato qui da solo. Non mi sembra che tu abbia molta scelta se non quella di rivolgerti a me con un minimo di gentilezza in più, grande volpe, se vuoi qualcuno disposto ad aiutarti. Allora?”

 

“Ahahah! Sei forte ragazzina... Ah no, giusto, Himiko... Possibile che tu non abbia il benché minimo timore che io possa effettivamente ingoiarti in un sol boccone?”

 

“No. Non più tardi di qualche ora fa ho visto i miei genitori e tutto il mio villaggio trucidato da una banda di briganti. Ora non so più come vivere e sono troppo codarda per darmi la morte da sola. A conti fatti, credo che se tu mi mangiassi, mi faresti solo un favore.”

 

Quelle parole le aveva pronunciate con durezza, quasi con cattiveria. Kurama, per esperienza, sapeva ben riconoscere l'odio e l'amarezza nel cuore di un uomo. E la ragazzina che aveva di fronte aveva un enorme buco nero di disperazione, nel suo, che controllava a stento.

 

La volpe la posò delicatamente a terra e le rispose, tra il serio e l'ironico: “Allora, visto che sono una creatura dispettosa, vedrò di non farti alcun 'favore'.”

 

Tra sé e sé, però, pensò: Io e te abbiamo molte più cose in comune di quanto non pensi, spaventapasseri.

 

Lo spaventapasseri in questione ci mise un po' a rinserrare la ferita nell'animo che aveva lasciato intravedere per un attimo al suo interlocutore. Come per farsi forza, e non pensarvi più, cambiò repentinamente argomento:

 

“Allora, qual è il tuo nome? Io ti ho detto il mio, ma tu non ti sei ancora presentato. Non pensi sia scortese?”

 

Kurama, ancora preso dalle sue parole di prima, si lasciò scappare una risata: “Credi che un grande demone come me si dia la pena di far conoscere a tutti gli esseri umani che incontra il proprio nome? La tua pazzia va proprio premiata, Himiko. Io sono Kurama, la volpe dalle nove code. Piuttosto, Cosa intendevi prima, dicendo che chi mi ha posto nell'anfora ha vegliato a lungo su di me?”

 

“Ah, sì, giusto! Intendevo che fuori da questa grotta c'è una necropoli, con molte lapidi intagliate con dei simboli a me ignoti. Secondo me, si tratta della stessa gente che ti ha messo nell'anfora.”

 

“Mostramela, allora.” Le fece Kurama, solenne.

 

Appena giunti all'esterno, Il Kyuubi scattò in avanti, fermandosi esattamente dinnanzi ad una stele più alta delle altre. Il suo sguardo si fece attento. Himiko fece per avvicinarsi e chiedere qualcosa, ma Kurama l'anticipò:

 

“Monta su di me, bambina. Prima di capirci qualcosa, va innanzitutto data una bella pulita a questo posto.”

 

La fanciulla non comprese che cosa volesse dire 'dare una pulita', ma obbedì comunque, salendo sulla schiena della bestia. Il contatto con il suo corpo le diede una sensazione di calore strana... Insolitamente familiare. Ma non ebbe modo di analizzare ulteriormente quanto provò, dato che il suo stupore venne catturato da quanto avvenne subito dopo.

Un'enorme ondata di energia proveniente dalla volpe investì l'intera area. Il risultato fu che muschi e piante, come per magia, svanirono nel nulla, lasciando spazio alla nuda pietra. Scale, ponti, archi emersero dalla terra, rivelando quello che secoli addietro doveva essere stato un vasto tempio. Ora, la stele centrale mostrava appieno la sua altezza di diversi metri, tutti incisi di fittissime parole.

 

Kurama, più per fissare bene ciò che stava leggendo che a beneficio di Himiko, iniziò a leggere ad alta voce quanto vi era scritto:

 

Kaguya concesse all'uomo un potere troppo grande da gestire. Il chakra, che fluisce come spirito vitale, non è, in fondo, che una funesta maledizione. E' quindi giusto che coloro che lo possiedono spariscano da questo mondo senza lasciare memoria, affinché il mondo possa trovare pace in un modo che noi non conosciamo.

 

Queste furono le ultime parole di Sasuke Uchiha, portatore del rinnegan. Noi che ci opponemmo a lui, lo facemmo perché credevamo in un'alternativa, nel fatto che l'uomo fosse in grado di costruire, non solo di distruggere. Ma abbiamo perduto la nostra battaglia. Gli dei hanno favorito la sua causa.

 

L'intero continente di Sokoku venne distrutto e sommerso nello scontro finale, che vide la morte di molti valenti shinobi, tra cui l'eternamente compianta Mugi Uzumaki. I pochi scampati a quell'immane cataclisma furono sospinti dalle onde su questa terra. Decidemmo di sigillare i nostri poteri, per timore che lo spirito vendicatore dell'Uchiha ci colpisse e ci annientasse. Forse la nostra fu mera codardia.

 

Che qui la nostra stirpe possa trovare finalmente pace, al riparo dalla ferocia, dalla morte e dalla distruzione.

 

“Tsk... Mugi, che baka che sei stata...” Disse la volpe, ridendo.

 

Eppure quella risata la conosceva bene anche Himiko. Era di quelle beffarde, di quelle che non toccano il cuore. Di quelle che si fanno per evitare di piangere.

 

La ragazza non aveva capito molto di tutto quel discorso, ma aveva capito una cosa. Che quella volpe era come lei. Aveva perso ogni essere a lei caro su questa terra. Aveva capito che era sola.

Nessun essere che avesse coscienza di sé era fatto per stare solo, senza alcun tipo di legame che rendesse la sua vita degna di essere vissuta. Si sarebbe certamente lasciato morire. Himiko lo capiva bene, perché lei stessa aveva quella medesima tentazione. Per cui, disse:

 

“Grande volpe, forse troverai buffo quanto ti sto per dire, ma... Cosa ne dici se ci aiutassimo a sopravvivere?”

 

“Eh? Cosa stai dicendo, ragazzina? Io me la cavo benissimo da solo!”

 

“Ah, capisco... Allora me ne vado.”

 

“No, ehi, pulce, ahem... Himiko! Aspetta un attimo!”

 

“Sì?”

 

“Cosa hai intenzione di fare?”

 

“Non ne ho idea. Credo innanzitutto decidere se cercare qualcosa da mettere sotto i denti o lasciarmi morire di fame. E tu, grande volpe?”

 

“Beh, io non ho bisogno di nutrirmi, per cui direi né l'una né l'altra cosa. Visto che non ho nulla da fare, potrei darti una mano, se scegliessi la prima opzione.”

 

“Grande volpe, te l'ha mai detto nessuno, nelle centinaia d'anni che hai vissuto, che dovresti essere più onesto con te stesso?”

 

“In effetti, sì, parecchie volte...”

 

“Ah, lo immaginavo.”

 

Suo malgrado, a Kurama venne da ridere alle parole di lei. E anche Himiko, vedendo il ghigno divertito della volpe, abbozzò un sorriso.

 

***

 

Se c'era una cosa che l'eremita delle sei vie non aveva immaginato, quando aveva creato i cercoteri, era che uno di loro si mettesse a dar la caccia alla selvaggina per far contenta un'orfana sedicenne. Anche perché mole e poteri mal si confacevano a tale attività, per Kurama.

 

Alla fine, con un po' di fortuna, riuscì a calibrare un biju dama minuscolo per impallinare un daino. Meglio che niente. Inoltre, la sua nuova amica era di bocca decisamente buona, visto che aveva campato praticamente solo con riso bollito e poco più per tutta la sua giovane vita.

 

Mentre Himiko addentava con gusto un pezzo di coscia, chiese: “Senti, grande volpe, ma non potresti modificare le tue dimensioni? Non che al momento mi dispiaccia, ma rimanere per tutta la vita confinata su questa montagna potrebbe risultare noioso sia a te, sia a me.

 

“Ehi, pulce, tu la fai facile, ma guarda che controllare il flusso di chakra non è uno scherzo... Ci sono delle regole precise, non si tratta mica di magia!”

 

“Ah, ancora che parli di questo 'chakra'. Ma cosa sarebbe di preciso?”

 

Kurama fece una faccia decisamente stranita. Come poteva essere che non conosceva nemmeno il chakra se...

 

“Ehi, perché mi guardi così, grande volpe?”

 

“Anche tu hai un flusso di chakra al tuo interno, spaventapasseri.”

 

“Eh?”

 

“Davvero non sai di possederlo? Giuro, non so se ridere o piangere. Il mondo è andato decisamente in malora!”

 

“Guarda che l'ignoranza non è una colpa!”

 

“Va bene, non ti scaldare, era solo una battuta... Se io dovrei essere più onesto con me stesso, tu dovresti prenderti meno sul serio, invece, piccoletta. Comunque, tornando al discorso di prima, il chakra è una strana energia che ti permette di controllare gli elementi. Nel mio mondo fluiva anche negli esseri umani. Nel tuo, ad occhio e croce intuisco che debba essere un dono piuttosto raro... Potresti essere addirittura l'ultimo umano sulla terra che lo possiede, per il poco che ne so.”

 

“E' per quello che sono riuscita ad aprire la tua anfora?”

 

“Mmm... Potrebbe essere, ragazzina. Cosa è successo di preciso, quando hai fatto leva sul tappo?”

 

“Beh, c'era un simbolo, un vortice rosso. All'improvviso si è illuminato, con l'intensità di un lampo. Poi sei uscito tu.”

 

“Ah, Mugi... Se io sono una vecchia volpe, tu cosa diamine eri? - Disse tra sé Kurama. Poi aggiunse, ad alta voce – Allora credo che non sia solo questione di possedere del chakra. Credo sia più che altro questione di possedere un certo tipo di chakra. Per dirla in termini che tu possa capire, sei una lontanissima parente di colei che mi ci ha sigillato dentro, in quell'anfora. Senti, per caso nella tua famiglia c'era qualcuno che aveva dei capelli di un colore insolito? Chessò biondo, rosso...”

 

“Mia nonna. Aveva i capelli rossi. Anche se è morta quando ero ancora piccola, me lo ricordo perché la tintura nera che si metteva per nasconderli puzzava da fare schifo.”

 

“E perché mai se li tingeva?”

 

“Non lo sai? Si dice che avere i capelli rossi o gli occhi color del mare porti sfortuna.”

 

“Certo che voi umani non smettete mai di stupirmi. Ad ogni generazione inventate un set diverso di nuove idiozie.”

 

“Può darsi. Piuttosto, grande volpe...”

 

“Se non la finisci con questo 'grande volpe', giuro che potrei pensare seriamente a mangiarti!”

 

“Fino a che tu mi chiamerai 'ragazzina', 'pulce', 'bimba', invece che Himiko, io ti chiamerò 'grande volpe' invece che Kurama. Capito?”

 

“Nemmeno Kushina era permalosa quanto te...”

 

“Un'amica tua?”

 

“Non esattamente. Ad ogni modo, che volevi chiedermi?”

 

“Ma se io ho questa cosa, il chakra... Posso anche imparare a controllarlo come fai tu?”

 

“Teoricamente sì. Ma se credi che io mi metta a sprecare tempo e fiato per insegnarti, ti sbagli di grosso!”

1Cinesi, in giapponese

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Capitolo 3
*** Hidden power ***


3)Hidden power

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Le ultime parole famose. L'unico modo per far cedere quella ragazza ostinata sarebbe stato, molto probabilmente, ucciderla. Ma Kurama non lo fece e si trovò costretto a fare da sensei. Chi l'avrebbe mai detto? lui insegnare? Se avesse potuto vederlo, probabilmente persino quel testa quadra di Naruto si sarebbe rotolato dal gran ridere. Eppure, per un motivo ancora a lui ignoto, non solo si mise a farlo, ma ci si impegnò anche al massimo.

 

Venne fuori che era un'utilizzatrice del vento (cosa prevedibile) e, in misura minore, del fulmine. La tartassò notte e giorno, riempiendola di ogni tipo di nozione e tecnica di cui aveva memoria. Dopo il tempo record di un anno, ne venne fuori una kunoichi che non avrebbe sfigurato davanti ai suoi grandi predecessori.

 

Solo che... C'era qualcosa che non quadrava. Era vero, avere uno scopo nella vita era qualcosa di fondamentale e sia lui, sia lei, probabilmente vi buttavano dentro anima e corpo per non dover pensare alla solitudine ed al vuoto che li attanagliavano nelle ore più buie.

 

Ma anche tenendo conto di questo, perché Himiko aveva insistito così tanto per imparare ad essere una ninja?

 

Per molto tempo, temette che il desiderio di lei fosse quello di vendicarsi contro la crudeltà del mondo in cui viveva.

 

Un giorno glielo chiedette esplicitamente, se non fosse questo il caso. Per poco, Himiko non gli scoppiò a ridere in faccia. Poi gli rispose, più calma:

 

“No, Kurama, no. Sarei folle, se cedessi alla tentazione di distruggere. Tutti gli uomini ce l'hanno, me compresa, non lo nego. Ma è una cosa stupida. Che il mondo fosse ingiusto e crudele, ma, per brevi istanti, anche sorprendentemente meraviglioso, lo sapevo anche prima che i miei genitori morissero. Il punto, è dare un senso alle proprie sofferenze, credere che ci sia uno scopo, un destino per cui valga la pena lottare. Impegnarsi tutti i giorni per tale fine è ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Il mio, in questo momento, è quello di imparare, senza la pretesa che questi miei poteri possano rendere il mondo un posto migliore o peggiore di quello che è. Forse ti sembrerà stupido, o banale...”

 

“Forse è stupido, ma è certamente più sensato di tanti proclami astratti sul destino dell'umanità che ho sentito nel corso della mia vita... Soprattutto da parte di un cretino con i capelli a culo d'anatra e con gli occhietti rossi.”

 

“Sempre un tuo amico del passato?”

 

“No, in questo caso, più che altro, un nemico. Piuttosto, non mi avevi detto che volevi mostrarmi una cosa, ieri?”

 

“Beh... Sì.” Il volto di Himiko si fece insolitamente rosso.

 

“Cos'è tutta questa improvvisa ritrosia?”

 

A quella domanda, Himiko sbuffò.

 

“Kurama, hai una capacità di smontare le aspettative di una persona come mai avevo visto prima. Ad ogni modo, ti ricordi che giorno è oggi?”

 

“Sinceramente no.”

 

“E' passato esattamente un anno da quando ti ho tirato fuori dall'anfora.”

 

“E dovrebbe essere importante?”

 

“Capisco che per te che hai vissuto per moltissimi anni non rappresenti poi molto, ma io ho vissuto per poco più di seimila giorni Per me è... E' importante, ecco. E volevo farti un regalo.”

 

“Che genere di regalo?” Chiese guardingo Kurama. Non capiva perché, ma le sue orecchie fremevano. Non era un buon segno, di solito.

 

“Quando mi hai insegnato il sigillo per fare di me il tuo jinchuuriki non ero molto soddisfatta. Non mi piace averti dentro di me, preferisco poterti parlare in faccia.”

 

“Lo so, me l'hai già ripetuto un milione di volte.”

 

“Ecco, mi è venuta in mente una variante, basata su tutte le tecniche di sigillo che mi hai insegnato.”

 

“Devo preoccuparmi?”

 

“No, no, tranquilla, grande volpe! Ora fermati lì e osserva bene.”

 

In realtà, Himiko preferì tacere a Kurama il fatto che non era affatto sicura che ciò che aveva ideato non si potesse tramutare in un tragico disastro.

 

Iniziò a comporre sigilli di una complessità crescente, che fluttuavano intorno alla volpe. Kurama rimase a contemplare i suoi determinati occhi celesti. Erano l'immagine stessa della concentrazione. Mentre muoveva con rapidità e agilità le mani, gocce di sudore le imperlavano il viso, per lo sforzo. Dopo diversi minuti, appoggiò finalmente entrambe le mani a terra. Delle possenti onde di chakra investirono il Kyuubi che, istintivamente, chiuse gli occhi. Quando li riaprì, sentì una sensazione di smarrimento. Aveva l'impressione di essere... minuscolo?

 

Volse lo sguardo verso Himiko. Era accasciata dalla fatica e ansante. No, non era solo quello. Era come se fosse... Imbarazzata? Quel volto paonazzo poteva rivaleggiare solo con quello della moglie di Naruto da adolescente. Cosa diavolo stava succeden... Ah, ecco.

 

Si guardò in basso e capì. Capì cosa Himiko aveva fatto e anche il motivo per cui sembrava che le uscisse il fumo dalle orecchie.

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Aveva usato un'enorme quantità di chakra per imbrigliare il suo corpo di bijuu dentro alle fattezze di un essere umano. Un essere umano nudo, naturalmente. Con un ghigno perfido, parlò. In un primo momento si stupì di quanto fosse poco cavernosa la sua voce.

 

“Ah, quindi gli uomini infilano questo coso nella...”

 

“Pe-pe-pervertito!” Fu la risposta di Himiko, mentre si voltava di scatto.

 

“Ehi, guarda che so benissimo come funzionano certe cose. Solo che vedere la tua faccia imbarazzata mi capita troppo di rado, per cui ho pensato di approfittarne.”

 

“Ku-ku-kurama, sei uno stupido...”

 

“Ai miei tempi, dicevano 'baka', giusto perché tu lo sappia. Comunque a che devo questo onore?”

 

Mentre Himiko gli buttò addosso con fare casuale dei vestiti da uomo rispose, con ancora una certa esitazione nella voce: “Volevo visitare per bene la città, ma non mi andava di farlo da sola. Tutto qua.”

 

“A quanto vedo la città l'hai già visitata da sola senza particolari problemi.” Fece la ex-volpe, riferendosi ai vestiti che stava indossando.

 

“Ah, quelli? Beh, è stata questione di un minuto, a dire il vero...”

 

“E con cosa li avresti pagati, di grazia?”

 

“Ahem...”

 

Kurama, intuendo il motivo di tanta renitenza, scoppiò a ridere.

 

“Quale onore! La pura e virtuosa principessina ha rubato per me!”

 

“Però sei ingiusto... Sai benissimo che queste cose non mi piacciono e tu infili il dito nella piaga!”

 

“Eddài, Himiko, per una volta che sono io a divertirmi alle tue spalle, lasciami questa soddisfazione, invece di fare la solita permalosa!”

 

“Sei spiritoso come...”

 

“Come cosa? Illuminami.”

 

“WAAAAH! Basta, io ci rinuncio! Non capisco come mai, ma a quanto pare la tua forma umana ha acuito il tuo sarcasmo. E io non riesco ad averla vinta, ecco!”

 

“Mi sa che hai ragione. Ma, anche se vorrei assaporare questo momento fin che dura, mi è venuta in mente una cosa, nel frattempo... Per te non hai 'preso' nulla?”

 

A quella domanda, il colorito di Himiko tornò a farsi acceso.

 

“Ecco... Ve-veramente sì.”

 

“E cosa aspetti a sfoggiarlo?”

 

“Guarda che anche se ho vissuto per un anno intero nei boschi e prima ancora come una poveraccia, sono pur sempre una ragazza e ho una cosa che si chiama 'pudore', nascosta da qualche parte...”

 

“Non saresti la prima né l'ultima donna che vedrei nuda.”

 

“Sì, beh, ora sei un essere umano, almeno in apparenza, per cui mi fai il piacere di comportarti come tale e girarti!”

 

“Se no?”

 

“Se no, ho imparato anche come farti tornare nell'anfora, se proprio vuoi saperlo!”

 

“Ok, ok, mi giro... Permalosa.”

 

Nonostante l'allegro battibecco non fosse diverso da quelli che avevano animato le sue giornate nell'anno appena passato, il vago senso di vergogna misto ad eccitazione non la abbandonava. Un piccolo angolo del suo cuore sperava in una cosa che razionalmente sapeva impossibile.

 

“Adesso puoi guardare...” Fece lei dopo un paio di minuti. Indossava uno yukata celeste, con delle intricate decorazioni color verde scuro.

 

“Però! Adesso sembri quasi una donna, invece che uno spaventapasseri.”

 

“Ehi! Se devi farmi un complimento, farmelo come si deve non mi farebbe schifo.”

 

“Com'è che la piccola filosofa è andata a farsi benedire ed ha preso il suo posto una pazza isterica? Comunque, guarda che ti trovavo molto bella anche senza quel pezzo di stoffa colorato addosso, se proprio ti interessa saperlo, Himiko. E' una prerogativa di chi ha vissuto tanto, andare al di là delle apparenze..”

 

Il cuore le batté forte per un istante, ma poi, soppesando bene le parole della volpe, si accasciò su un masso, sospirando. Con amarezza, la ragazza disse:

 

“Ah... Ti sarò sembrata stupida e superficiale, vero? Solo che... Solo che anche io, ogni tanto ho dei sogni puerili come fingere di essere una normale ragazza di città, con un bel vestito, un bel portamento...”

 

“Il punto è che tu non sei normale. Non sei tu che devi adeguarti al mondo, Himiko. E' il mondo che dovrebbe baciare la terra dove cammini. Fidati, ho conosciuto molti uomini e donne, vecchi e giovani. Tralasciando le tua non trascurabili capacità ninja ed il tuo non trascurabile bell'aspetto, sei infinitamente più saggia di molte persone che ho conosciuto, nonostante tu abbia solo sedici (ormai diciassette) anni. Hai conosciuto il dolore e la solitudine, ma ti hanno reso più forte, molto più forte di quelle frivole signorine che dormono su cuscini di seta. Quindi, un po' più autostima, per piacere.”

 

“Ammettiamolo, però: se non ci fossi stato tu al mio fianco, molto probabilmente mi sarei lasciata morire in quella caverna.”

 

“E lo stesso vale per me, cosa credi? Comunque, se proprio lo desideri, ti accompagnerò in città con piacere.”

 

“Grazie, grande volpe.”

 

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Capitolo 4
*** Enemy ***


4)Enemy

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Il sovrano di Yamatai era un grasso e pelato uomo di mezza età. Il suo regno non era grande, e, ultimamente, doveva anche sottostare all'influenza di un regno del nord, Yamato, che a quanto pare era in fase di espansione.

 

Ne aveva visti parecchi, negli anni, di regni che sembravano sul punto di conquistare ogni cosa e poi cadere come un castello di rametti di legno. Erano tutti scomparsi, mentre Yamatai era sempre lì. Questa volta, però, non era così sicuro che il destino avrebbe seguito lo stesso percorso.

 

Non dal momento in cui un nobile di Yamato era giunto nel suo castello con l'intento di dettare legge come fosse a casa sua. Era un giovane, con capelli neri piuttosto in disordine ed una katana sempre in vita. Ma quello che incuteva terrore della sua figura erano gli occhi. Sembravano neri, ma a volte, se lo si guardava di sbieco, si potevano scorgere dei brevi istanti in cui si facevano rossi come il sangue. Sembrava molto saggio, ma era decisamente ombroso e scostante. Non aveva fatto amicizia con nessuno da che era giunto a corte. E tutti i tentativi del sovrano di farlo giacere con delle prostitute per estorcergli qualche informazione sul reale motivo per cui era arrivato erano miseramente falliti. Non che avesse da lamentarsi del suo operato o dei suoi consigli, ma... Non riusciva a fidarsi di lui. E quando aveva insistito con l'assurda richiesta di inviare un gruppo di soldati a bruciare e distruggere un villaggio ad est? Aveva ripetuto meccanicamente 'sono dei ribelli e vanno eliminati per il bene di tutti'.

 

Alla fine aveva acconsentito, dato che la vita di pochi contadini aveva per lui un valore scarso o nullo. Però non amava comunque spargimenti di sangue gratuiti, soprattutto se con essi correva il rischio di farsi odiare dai propri sudditi.

 

Un giorno, trovandosi di umore particolarmente cattivo, pur senza un motivo ben preciso, il signore decise di fare un giro in città, accompagnato dalle sue guardie.

 

Cosa sperava di trovare, per le vie di quel paese di cui ormai conosceva ogni strada? Emozioni? Sorprese? Doveva rassegnarsi alla verità. Non era un condottiero, solo un modesto mercante che alla meglio era in grado di sopravvivere sfruttando la litigiosità dei propri vicini. Non avrebbero fatto mai parte della sua vita gesti eroici o tragiche storie d'amore con principesse di regni lontani, come quelle cantate dai gin'yuushijin1.

 

Mentre passava con la sua portantina con questi pensieri nella mente, vide una ragazza. Una bellissima ragazza, per essere precisi. Un po' troppo magra, forse, ma sempre splendida. Non era però il mero aspetto fisico la cosa più attraente in lei. Era un indefinibile senso di avventura, di pericolo, di... Esotico, che trasudava da quei penetranti occhi celesti.

 

Istintivamente, diede ordine di fermare la portantina e si accostò a quella ragazza.

“Tu! - le disse in tono perentorio – Voglio che tu sia ospite quest'oggi nel mio palazzo!”

 

Superato un primo istante di sorpresa, Himiko si inchinò al sovrano e gli disse: “Vi ringrazio per il grande onore che mi concedete, mio signore. Pur tuttavia, perdonate il mio ardire, ma oso domandarvi di non compromettere la mia reputazione... E quella del mio nobile marito”

 

Solo allora si accorse del ragazzo a fianco a quel fiore di ragazza. Peccato, era già sposata.

In altre occasioni avrebbe lasciato perdere, non avendo il desiderio di passare per il sovrano che attentava ai rapporti coniugali dei propri sudditi... Ma quella lì, non poteva lasciarsela scappare, per nulla al mondo.

 

“Non aver timore, figliola. Voglio solo che tu sia ospite questa sera nella mia dimora. Mi beerò del solo tuo splendore. Sarà un ornamento sufficiente per la mia casa. Che venga pure anche il tuo giovane sposo, così che possa mantenere il suo cuore in pace.”

 

Kurama fece per dire qualcosa, interrotto però all'improvviso da una forte gomitata.

 

Himiko a quel punto disse: “Come sua signoria desidera.”

 

Appena se ne furono andati, la volpe fece: “Ma sei rincretinita ad un tratto?”

 

“Chi, io? Piuttosto lo stupido sei tu! Stavi per dire di no alla richiesta del re. E' una cosa che non si può fare!”

 

“Scusami, all'ultimo referendum ho votato per la repubblica.”

 

“Eh?”

 

“Niente, lascia perdere... Piuttosto, da dove è venuta fuori quella storia del marito?”

 

“Scusa, sul momento non mi è venuta in mente un'idea migliore, per evitare che un vecchio bavoso ci provasse con me. Ti ha dato fastidio, per caso?”

 

“No, no, figurati. Cioè, dal mio punto di vista era una mossa completamente inutile, però...”

 

“Perché inutile?”

 

“Se ci avesse provato sul serio avresti comunque potuto stendere lui e tutte quelle belle statuine che si portava dietro in meno di dieci secondi, no?”

 

“In effetti, non hai tutti i torti. Ma allora, se sei così sicuro del fatto che ormai sappia badare a me stessa, perché non volevi che accettassi l'invito del re?”

 

“Mi prudono le orecchie.”

 

“Non dirmi che era solo per questo!”

 

“Le mie orecchie non sbagliano mai su certe cose, sappilo!”

 

“Certo, come no, grande volpe... Comunque verrai anche tu, quindi non avrò nulla da temere. Sono sicura che saprai proteggermi qualsiasi cosa accada.”

 

La sera arrivò più velocemente del previsto. Dopotutto, per Himiko la giornata era letteralmente volata, come sempre succede alle persone quando si divertono tanto. Per molti aspetti, nonostante la sua sagacia e la sua perspicacia, era ancora una ragazza ingenua di campagna. E sebbene quello fosse il suo mondo, più che altro toccò a Kurama recitare la parte della guida. Dopotutto, per quanto non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente, anche la volpe si divertì molto. E poi, in fondo, gli recava una gioia senza fine vedere quel piccolo pulcino smarrito sorridere e gioire dal profondo del cuore, probabilmente per la prima volta in vita sua.

 

Mentre salivano la scalinata che portava alle porte del castello, la volpe non faceva che riempirla di raccomandazioni. Alla fine, Himiko sbottò: “Mi fa molto piacere che tu sia preoccupato per me, Kurama... Ma se quel prurito alle orecchie non ti passa, giuro che te lo faccio passare io, chiaro?”

 

Le guardie aprirono loro le porte e li accompagnarono cortesemente verso la grande sala. Appena il sovrano li vide, si affrettò ad andar loro incontro, accompagnato dal gran dignitario del paese di Yamato.

 

A Kurama bastò un istante per riconoscerlo. Era lui. Era quel dannato di Sas'ke Uchiha. E non era invecchiato di un giorno.

 

Istintivamente, si mise le mani nei capelli. Che stupido, che era stato... Come non aveva potuto collegare quanto era scritto sulla lapide, il fatto che la piccola Himiko discendeva dagli Uzumaki e la distruzione del suo villaggio, anche se si trattava di semplici baracche di contadini?

 

E ora, l'aveva inconsapevolmente mandata a morire. Si era svegliato da un incubo solo per scoprire di essere ripiombato in un sogno ancor più terribile.

 

L'Uchiha, prevedibilmente, sgranò gli occhi. Per uno come lui era impossibile non notare una persona dotata di chakra a pochi metri di distanza.

 

Con un gesto plateale, il moro spinse via il re e urlò: “Mio signore! Questi non è che un agente sopravvissuto di quella banda di ribelli che vi dicevo! Vi ha ipnotizzato per indurvi a invitarla a palazzo. Se non ci fossi stato io, a quest'ora sareste già morto, ucciso da uno dei suoi incantesimi!”

 

Himiko non capiva. Cosa era accaduto? Perché quell'uomo l'aveva definita ribelle? Perché si stava avventando contro di lei come se volesse ucciderla? Cosa aveva fatto di male, stavolta?

 

I secondi successivi, li vide come al rallentatore, paralizzata dall'orrore come quella volta che aveva osservato il villaggio bruciare. Ma se allora aveva solo desiderato morire con loro, ora non voleva. Non poteva morire proprio adesso, non prima di aver detto a Kurama una cosa importante...

 

Himiko svenne, ma non morì. La volpe afferrò con la mano la katana del nemico prima che trafiggesse il cuore della ragazza.

 

“Su di me lo sharingan non funziona, Sas'ke Uchiha.”

 

“Un essere umano che conosce il mio vero nome? Con chi ho il piacere di parlare?”

 

“Educato e cortese come sempre, vedo. Comunque, no, non sono esattamente un essere umano. Ne ho solo la forma, grazie alla ragazza. Promettente, non credi?”

 

“Il Kyuubi?”

 

“In carne e ossa, bastardello con la congiuntivite. E se tocchi la bambina, te la vedrai con me.”

 

“Dovrei forse avere paura? Non mi sembra che tu mi abbia mai sconfitto.”

 

“Andiamo... Naruto ti ha lasciato andare, e lo sai.”

 

“Certo che lo so. Ma non l'ha fatto per pietà. L'ha fatto perché in fondo sapeva che avevo ragione. Sapeva che la luce aveva bisogno della tenebra per funzionare.”

 

“No, no, spiacente di deluderti, ma era proprio pietà, mister simpatia, te lo assicuro. E poi, toglimi una curiosità, ma Mugi che c'entrava, allora? Se era equilibrio ciò che cercavi, perché hai dovuto affondare un continente e estinguere l'intero mondo ninja?”

 

“Col tempo sono giunto alla convinzione che nessun uomo doveva possedere il chakra. La nostra razza è votata allo sterminio reciproco. Siamo oltre ogni possibilità di redenzione, Kurama.”

 

“Vedi perché il biondino testa quadra si ostinava a dire che star troppo tempo da solo ti faceva male e ti rovinava il cervello? Perché poi avresti cominciato a prender troppo sul serio le tue cazzate. Aveva ragione, a quanto vedo. E il risultato è che comunque anche tu ti sei giocato almeno un buon due terzi del tuo enorme potere, se non di più.”

 

“Per l'ultima volta, non ho alcun interesse a battermi con te, volpe. Dammi la ragazza e l'incubo iniziato da Kaguya finirà per sempre.”

 

“Ammetto che i primi secoli hanno fatto un po' schifo, ma sul finale ne è valsa la pena, di vivere quello che tu definisci un 'incubo'. E comunque tu Himiko non la tocchi, Uchiha.”

 

“Nutri affetto per lei, vedo. Beh, allora, vediamo di fare alla svelta.”

 

Detto questo Sasuke lanciò contro Kurama le fiamme nere dell'Amaterasu. Ormai era il massimo che le sue forze gli avrebbero concesso. I tempi in cui i suoi poteri sembravano quelli di una divinità erano finiti quel giorno in cui Sukoku era sprofondato per sempre negli abissi. La volpe, per tutta risposta, aprì la bocca e gli lanciò un Biju-dama. Era più piccolo, ma la forza era identica a quella usuale. Per un attimo, l'Uchiha perse l'equilibrio. Kurama sorrise, pensando di avere la vittoria in pugno. Mosse velocemente le mani, giusto per rinfrescare a Sasuke la memoria con una tecnica che ben conosceva, il rasenshuriken di Naruto.

 

Il moro afferrò la katana, preparandosi a parare il colpo. Poi, però, vide Himiko che recuperava lentamente conoscenza. Certo, che stupido. non doveva dimenticarsi la sua missione, la sua priorità: non sconfiggere Kurama, ma uccidere quella ragazza. Era l'ultima, lo sentiva. Dopo di che avrebbe potuto finalmente abbandonare il mondo dei viventi. Fece un rapido calcolo mentale, poi si decise.

 

Fu un attimo. Lanciò l'arma dritto verso il cuore della giovane un decimo di secondo prima che il suo corpo fosse investito dalla potente onda di energia del rasenshuriken.

 

Kurama se ne accorse troppo tardi, riuscendo a lanciare un solo kunai per tentare di deviare la traiettoria della lama.

 

Il pugnale, però, sfiorò appena la spada. Aveva fallito.

 

Senza neanche curarsi se Sasuke fosse vivo o morto, la volpe corse da Himiko.

 

“Mi sa.... che sto... morendo, grande volpe.”

 

“Naah. Fidati che ti rimetto in sesto. I miei poteri rigenerativi sono qualcosa di incredibile, vedrai.”

 

Una piccola, ribelle goccia di acqua salata cadde sul volto della ragazza.

 

“Kurama... Stai piangendo? Per me? Non ti... facevo... così... sentimentale, sai?”

 

“Che ci devo fare, bambina? E' colpa tua, mi hai rammollito...”

 

“Kurama... Questo anno... Che... Ho fatto... Insieme a te... E' stato... divertente. Ha dato... Un... senso alla mia... vita.”

 

“Risparmia il fiato spaventapasseri. Adesso ti passo un po' della mia energia e poi potrai sfinirmi le orecchie quanto vorrai con le tue chiacchiere, ok?”

 

“Kurama... So che... è un po' da carogna... dirtelo adesso, dirtelo così, ma... Mi sono... Mi sono... Mi sono innamorata di te, grande volpe.”

 

“Eh... L'avevo capito, bambina mia.”

 

“E' una... cosa... che non si può fare, vero?”

 

“Mi sa di no scricciolo. Però non mi sarebbe spiaciuto interpretare un altro po' la parte del marito geloso, lo ammetto.”

 

Himiko non disse niente, ma sorrideva. Gli occhi le si erano chiusi.

 

No.

 

Non così.

 

Ora che aveva ammazzato finalmente quel povero sciocco, nessuno l'avrebbe più braccata. Himiko avrebbe potuto vivere una vita felice, per un numero lunghissimo di anni. Non meritava di morire così giovane, senza aver provato nemmeno un briciolo di vera gioia e serenità. Doveva innamorarsi. Non di lui, vecchio demone acido buono a nulla, di un umano vero... Fare tanti bambini con cui poter giocare e a cui raccontare le favole d'inverno... Andare a mangiare il ramen sognando un suo antenato che ne andava matto...

 

A quel punto, decise di fare una cosa che non avrebbe mai pensato nemmeno nel più lontano degli incubi. Forse avrebbe avuto il coraggio di provarci solo per Naruto, ma non ne era poi così sicuro.

 

Consumarsi. Completamente.

 

Iniziò a immettere tutto il suo chakra nel corpo di Himiko. Dopotutto, lui aveva vissuto per mille anni e più. Lei, come le aveva ricordato il giorno prima, appena seimila e trecento giorni.

 

1I menestrelli giapponesi.

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Capitolo 5
*** The beginning of the myth ***


5)The beginning of the myth

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“Ehi, pigrone! Muoviti!”

 

“Eh, ma cosa...”

 

Kurama si toccò faccia, busto, gambe. A parte il fatto di trovarsi con il corpo di un umano, era perfettamente a posto, steso su un prato pieno di candidi crisantemi in fiore, poco distante dal palazzo. Possibile che si fosse trattato di un incubo?

 

Himiko era lì, che gli sorrideva raggiante. Trasse un grosso sospiro. Sì, doveva essersi trattato di un brutto sogno.

 

“Mi hai fatto penare, sai?”

 

“In che senso, scusa?”

 

“Nel senso che ti stavi ammazzando per salvarmi la vita, stupido.”

 

“Quindi non era un sogno?”

 

“No...”

 

“Nemmeno quella parte in cui tu mi dicevi...”

 

Le guance di Himiko si colorarono di rosso.

 

“Vero che, pur essendo tu una bestia rozza e indelicata, non mi costringerai a ripetere quanto ho detto col solo e prevedibile scopo di umiliarmi?”

 

“Ehi scricciolo, bestia rozza e indelicata a chi, scusa? Quando voglio so essere candido e puro quanto e più di questi crisantemi!”

 

A quelle parole, la ragazza rise piano. Non gli avrebbe mai rivelato tutta la pena e la sofferenza che aveva dovuto affrontare una volta che aveva ripreso conoscenza. Non gli avrebbe mai rivelato che, una volta scoperto il suo corpo inerte, aveva fatto la stessa cosa che lui aveva fatto a lei, tentare di infondergli tutto il chakra che le restava.

Non gli avrebbe mai detto che se avesse fallito nel riportarlo alla vita, non sarebbe mai stata in grado di godere del regalo che la volpe le aveva fatto, piantandosi senza esitazione un kunai nel petto.

 

Ora era tutto pace e serenità. Non le importava se Kurama non avrebbe mai ricambiato quel sentimento. L'importante era averlo lì con lei. Osservò con occhi nuovi quei fiori che li circondavano, muti testimoni di quanto era accaduto: per lei erano divenuti all'improvviso la cosa più bella del mondo.

Scosse la testa, come per togliersi quei pensieri dalla testa, riprendendo con gusto quel familiare battibeccare che aveva imparato ad apprezzare così tanto:

 

“Credo che mi allontanerò. Non vorrei che l'immediata punizione divina per aver mentito così spudoratamente e platealmente colpisca per sbaglio anche me.”

 

“Dannata sputasentenze... Comunque, mi sta bene.”

 

“Cosa? La punizione divina?”

 

“No! Il fatto che tu ti sia innamorata di me. Si vede che hai un debole per i tipi più vecchi di te... Di qualche secolo...”

 

“I-I-In ch-che senso ti sta bene?”

 

“Se me lo avessero detto anche solo cinquant'anni prima della nascita di Kushina, avrei riso di gusto... Ma per quanto sia impossibile... Beh, anche io, senza volerlo, mi sono innamorato di te. Piuttosto imbarazzante, vero?”

 

“Te lo dicevo che eri un pervertito. Uno della tua età che va con le ragazzine. Vergognati!”

 

Esclamò lei, ridendo ancora.

 

Poi... Poi, che credete? Che vi racconti anche questo? No, tanto sapete già tutto, credetemi...

Sono passati secoli e i millenni, ma il copione di queste cose è rimasto incredibilmente immutato, allora come oggi. E per fortuna.

 

Himiko divenne la regina sacerdotessa del regno di Yamatai. Le leggende narrano che, per i suoi straordinari poteri magici, fosse venerata in ogni dove. Il crisantemo, il suo fiore preferito, divenne il suo simbolo e quello della sua casata. Con guerre e con trattati estese il suo dominio fino alla terra di Yamato e a molti altri regni. Il suo dominio divenne di gran lunga il più potente e vasto tra quelli della terra del piccolo popolo delle isole. I suoi successori, che si dice avessero ereditato alcuni dei suoi straordinari poteri, continuarono l'opera di espansione, fino a che, un giorno, uno dei suoi discendenti decise di non chiamarsi più re, ma Temno, 'signore di tutto quanto vi è sotto il cielo' e decise di cambiare il nome della sua terra. Non più Yamato, ma Ni-hon, terra del Sol Levante. Per intenderci, quello che noi occidentali abbiamo imparato a chiamare Giappone.

 

Ancor oggi, pur dopo molti secoli e millenni, pur in un mondo completamente mutato, gli eredi di Himiko seggono ancora sul trono del crisantemo.

 

Gli eredi di Himiko e di Kurama.

Angolino dell'autore

E così, è finita questa breve storia...
Giusto un paio di annotazioni: l'imperatrice Himiko è una figura a metà tra storia e leggenda, dato che è considerata la prima sovrana storicamente documentata, intorno al 239 dopo Cristo (naturalmente da fonti cinesi), nella storia del Giappone. Le leggende la descrivono come qualcosa di molto simile ad una sacerdotessa sciamana, dotata di poteri magici.

Eh, sì, in questa storia gli eredi dei ninja giungono nell'arcipelago giapponese sospinti dalle acque dopo che il loro continente è sprofondato. Ho naturalmente preso spunto dal mito di Mu, anche se è una mito recente, visto che risale solo al XIX secolo...

Beh, che il crisantemo sia anche il simbolo dell'impero giapponese credo sia futile ricordarlo...

Detto questo, spero che vi sia piaciuta. Nel caso, fatemelo sapere con le vostre recensioni. Vi chiedo anche di esprimere un parere in merito al progetto di farne una long-fic, in cui narro le avventure di questa strampalata coppia in mezzo agli intrighi e alle lotte dell'antico Giappone. Fatemi sapere e grazie per la lettura.

Seeya!

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