Una vita spezzata

di s1mo94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sentiva le urla dei suoi genitori provenire dal salotto e, come ogni volta che succedeva, corse in camera di suo fratello maggiore. Non parlavano, non c’era bisogno di parole in momenti come quelli; semplicemente si abbracciavano e aspettavano che tutto finisse.
Quella volta però le cose andarono diversamente: d’un tratto si sentì uno sparo, poi un altro, e un altro ancora. I due ragazzi sussultarono, mentre nella loro mente si faceva largo un pensiero inquietante che avrebbero voluto scacciare all’istante.
- Non preoccuparti - sussurrò suo fratello - vedrai che andrà tutto bene.
Lo accarezzò e lo strinse forte cercando di tranquillizzarlo.
All’improvviso si aprì la porta e suo padre si avvicinò a passo lento con la pistola puntata verso i loro corpi.
Il più grande si alzò, mentre il più piccolo rimase seduto a terra con la schiena appoggiata alla parete; non riusciva a lasciare la mano di suo fratello, ma quest’ultimo si allontanò e andò verso suo padre. Stava per dire qualcosa ma partì un colpo che centrò in pieno il petto del ragazzo, il quale cadde a terra inerte.
Non sapeva cosa fare, vedeva un’infinità di sangue spargersi per tutta la stanza ed era come se in quel momento qualcuno avesse preso un pezzo del suo cuore e se lo fosse portato via. I suoi occhi fragili e privi di esperienze guardarono suo fratello ormai senza vita sul pavimento, poi alzò lo sguardo verso suo padre, con l’idea che anche a lui sarebbe toccata la stessa sorte; gli occhi dell’uomo inizialmente erano pieni di odio e disperazione, poi il suo sguardo cambiò, e diventò quasi uno sguardo di pietà; disse con un filo di voce e con le lacrime che gli scendevano sul viso:
- Mi dispiace.
Dopodiché si inginocchiò, quindi si mise la pistola in bocca e premette il grilletto.
 
 
 
 
 
Salve a tutti :)
Premetto subito che non si tratta di una storia spettacolare o da oscar, ma spero possa piacere lo stesso. Con i titoli non me la cavo molto quindi non fateci troppo caso (anche se mi rendo conto che è proprio da quello che si parte). Comunque, parlando della storia, il prologo è molto breve, quindi già domani metterò il primo capitolo; per quanto riguarda poi la frequenza della pubblicazione, cercherò di pubblicare un capitolo ogni venerdì.
Spero in qualche recensione positiva e che qualcuno segua la mia storia per aiutarmi a scriverla fino alla fine.
Simone

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Guardava il panorama scorrere velocemente dal finestrino dell’auto; era un pomeriggio di sole, e nonostante il calendario diceva che l’estate doveva ancora entrare ufficialmente, faceva molto caldo. Non aveva mai visto quella strada, ma sapeva dove stava andando.
Dopo quello che era stato a tutti gli effetti il giorno più brutto della sua vita, era stato per un po’ con i migliori amici dei suoi genitori, visto che non aveva né zii, né nonni, questi ultimi morti quando lui era molto piccolo.
Dal momento in cui suo padre impazzì non aveva più aperto bocca. I due ragazzi erano più piccoli dei genitori di Alessio, non avevano figli e si erano trovati in difficoltà nel gestire di punto in bianco un bambino che, per giunta, aveva subito un trauma così grande. Decisero così che non potevano tenerlo, poiché si trovavano in una difficile situazione economica e abitavano in una casa troppo piccola per poterci vivere in tre, così sentirono varie case famiglia in città. Alla fine una di queste accolse la loro domanda e si disse disposta ad ospitare il bambino.
Loro ne avevano parlato con lui, non sapendo se fosse stato d’accordo o meno visto che non parlava mai.
Era stato all’incirca due mesi con loro, i primi tempi andava a scuola regolarmente, frequentava la quarta elementare, ma la maestra non ci mise molto a convocare i due ragazzi per spiegare loro che il bambino non rendeva più come prima, così nelle ultime settimane che restavano alla fine dell’anno scolastico, non c’era più andato;  decisero comunque di promuoverlo, visto che il suo comprensibile calo era cominciato solo quando mancavano poco più di due mesi alla chiusura della scuola; inoltre era il migliore della classe prima che succedesse quella tragedia.
Non solo con la scuola aveva problemi: mangiava a malapena ed era dimagrito molto. Non sapeva cosa aspettarsi e si sentiva sempre più insicuro. Sapeva che era inutile portare rancore verso i due ragazzi che avevano provato ad occuparsi di lui fino a quel momento, e se fosse riuscito a parlare con loro, gli avrebbe detto che era d’accordo con la loro scelta, tanto suo fratello non c’era più, e senza di lui nessun posto poteva più avere il sapore di casa.
L’uomo al volante svoltò a sinistra, in una strada con molte ville e qualche palazzo verso la fine della via. Dopo qualche metro, si fermarono davanti al cancello di una casa. Scesero tutti e tre dall’auto, l’uomo prese le valigie dal portabagagli e si diressero verso il cancello nero; suonarono al citofono e gli fu aperto.
Mentre si avvicinavano verso la porta, il bambino pensava che era una delle case più grandi che aveva mai visto, inoltre era anche circondata da un bel giardino.  
- Benvenuti - disse sorridendo una donna bionda, che a prima vista sembrava avere all’incirca quarant’anni, mentre andava incontro ai tre - vi stavamo aspettando - poi si accovacciò verso il bambino - Ciao Alessio, io sono Cristina - poi diresse lo sguardo verso la porta d’entrata - questa sarà la tua nuova casa.
Ovviamente non rispose, così la donna si alzò e riprese la parola, senza mai perdere il sorriso: - Bene, saluta pure i tuoi amici così poi ti faccio conoscere la casa e gli altri ragazzi.
La donna che l’aveva tenuto con sé fino ad allora gli mise una mano sulla spalla e disse:
- Vedrai che ti troverai bene qui, mi raccomando fa il bravo.
Lo abbracciò, poi si salutarono, così dopo qualche secondo Alessio rimase con la donna, che ruppe il silenzio: - Allora che ne dici, ti piace?
Il bambino si sentiva un po’ spaesato, si guardò intorno e si limitò ad annuire, così la donna riprese: - Perfetto, adesso chiamo qualcuno per farmi dare una mano con le tue cose e poi andiamo dentro.
Cristina chiamò due ragazzi che, pensò il bambino, abitavano lì ed erano più grandi di lui di qualche anno.
- Lui è Alessio, il bambino di cui vi parlavo - disse Cristina ai due ragazzi, poi si girò verso di lui - loro sono Daniele e Mirco, sono un po’ più grandi di te ma spero che riuscirete comunque a fare amicizia.
La donna si avvicinò ai due ragazzi e disse qualcosa che lui non riuscì a capire, poi parlò a voce più alta: - Adesso aiutatemi a portare le sue cose nella stanza vuota, poi avrete modo di conoscervi.
I due ragazzi e Cristina andarono verso la porta d’ingresso della casa e lui li seguì.
Appena entrarono notò subito che la casa vista dall’interno sembrava ancora più grande. Le pareti erano dipinte di bianco e c’erano molti quadri appesi al muro, tutti con delle foto. A destra della porta c’erano delle scale che portavano al piano di sopra, mentre un corridoio conduceva ad altre stanze. Alessio era orientato a seguire i due ragazzi che stavano andando di sopra e, probabilmente, erano diretti in quella che sarebbe stata la sua stanza, ma Cristina lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla:
- Aspetta, loro portano le tue cose in camera, però prima voglio farti vedere la casa, vieni.
Lui la seguì, ed entrarono nella prima porta a sinistra, in cui c’erano anche due bambine intente a disegnare: - Questa è la stanza più grande della casa - disse la donna - qui i ragazzi passano la maggior parte del tempo, ci sono un biliardino, dei videogiochi, un computer, dei libri e tutto ciò che è utile per distrarsi e stare insieme - poi indicò le due bambine - loro invece sono Rebecca e Valentina, hanno la tua età quindi sicuramente starete bene insieme.
Le due bambine lo salutarono sorridendo, ma lui si limitò a guardarle senza lasciar trasparire alcun sentimento dalle espressioni del viso.
La donna poi lo condusse avanti per il corridoio e si fermarono davanti la prima porta a destra: - questa invece è la sala da pranzo.
Oltre al tavolo in legno, il bambino notò che sulla destra c’erano anche due divani sistemati ad angolo e una grande televisione sopra a un camino; in fondo invece, c’era una grande finestra coperta con delle tende quasi trasparenti.
Mentre faceva visitare la casa al nuovo arrivato, Cristina non smetteva di sorridere:
- Questa porta qui invece - continuò indicando alla sua destra una volta usciti dal salone - è uno dei due bagni, l’altro è al piano di sopra, mentre qui c’è la cucina.
Per entrare non c’era una porta, ma semplicemente un’apertura; l’arredamento era molto moderno, forse più del resto della casa: a destra c’era il piano cottura e gli elettrodomestici di ultima generazione, davanti a loro invece c’era un piccolo tavolo in acciaio e vetro appoggiato alla parete, con tre sedie.  
- E adesso preparati perché c’è il pezzo forte - disse Cristina.
Alessio non sapeva cosa aspettarsi, seguì la donna che si diresse verso una porta trasparente che prima non aveva notato poiché era coperta dal piano cottura; la porta dava sul retro della casa, e davanti a sé vide una bella piscina immersa nel giardino della casa, circondata da siepi molto curate e da qualche sedia sdraio:
- Bella vero? - chiese Cristina sapendo di non ottenere risposta - i ragazzi hanno già iniziato ad usarla visto che comincia a fare caldo, poi è un vantaggio avere una piscina visto che qui a Roma non c’è il mare.
Lui guardava davanti a sé, ma nessuno poteva capire cosa stava provando o pensando in quel momento.
- Il piano terra l’abbiamo visto tutto - riprese lei - quindi possiamo andare di sopra.
Tornarono dentro e, prima di salire le scale che portavano al primo piano, Alessio si voltò alla sua destra attirato dalle voci dei ragazzi e vide che Mirco e Daniele erano molto concentrati nella loro attività di giocare ai videogiochi, come se in palio ci fosse un importante premio.
Il piano di sopra era strutturato più o meno come il piano terra: le pareti erano sempre bianche, ma c’erano meno quadri, a destra, al posto delle scale, c’era una stanza.
- Questa è la stanza dove dorme mio fratello Federico - disse lei indicandola - in tutto siamo in tre, stasera a cena ti spiegherò meglio.
Lui era interessato relativamente a sapere chi si sarebbe occupato di loro, gli importava solo che fossero brave persone.
- In quest’altra stanza invece - stavolta indicò la prima porta a sinistra - dormono Rebecca e Valentina, mentre nella seconda camera a sinistra abitano i due ragazzi - Fece una piccola pausa, poi continuò: - Come avrai capito, l’ultima stanza a destra è la tua. In tutto possiamo ospitare al massimo sei persone, così è più facile riuscire a creare un’atmosfera simile a casa. Per ora starai da solo, però si tratta solo di dormire, i ragazzi stanno sempre tutti insieme, eccetto quando sono a scuola o fanno i compiti.
Entrarono nella stanza, era molto grande, circa il doppio della sua vecchia cameretta, e luminosa, grazie a una grande finestra che dava sul lato destro della villa. Subito alla sua destra c’era un armadio, più avanti, sempre a destra, due letti singoli, entrambi con a fianco un comodino; a sinistra completavano l’arredamento una scrivania con una sedia, un mobiletto con sopra una televisione, e un altro armadio con dei cassetti. Le pareti erano dipinte di un giallo chiaro e il pavimento era in parquet.
- Spero ti troverai bene qui con noi - gli si rivolse lei - ceniamo alle otto, i ragazzi vengono in cucina sempre un’oretta prima per aiutarmi a preparare, se vuoi puoi venire anche tu, altrimenti ci vediamo direttamente per mangiare.
Stava per uscire, ma quando si trovava sulla porta si rigirò verso di lui: - Dimenticavo, se vuoi puoi andare a farti una doccia, adesso ti porto un asciugamano, il bagno, come puoi immaginare, è questa porta.
Indicò l’ultima porta in fondo al corridoio, poi uscì; dopo qualche secondo rientrò e gli porse l’asciugamano:
- Scegli pure il letto che vuoi, ci vediamo dopo.
Gli sorrise e se ne andò lasciandolo solo.
La prima cosa che fece fu sedersi sul letto, scelse quello vicino alla finestra, non per un motivo particolare, era comodo e decise di sdraiarsi. Provò a chiudere gli occhi, ma come ogni volta che ci provava, la sua mente veniva invasa dalle immagini di quel giorno: lo sguardo d’odio di suo padre, la paura che si impadroniva del suo corpo e di quello di suo fratello, gli spari, il sangue sparso dappertutto, e infine lui, che rimase impietrito davanti a quella scena da film horror.
Poi riaprì gli occhi, era passato del tempo, ma era tutto così nitido che sembravano passate soltanto alcune ore.
Scelse di andare a lavarsi, prese l’asciugamano e dei vestiti puliti da una delle sue due valigie, che avrebbe disfatto più tardi.
Entrò in bagno, anche questo era grande, ma se l’era immaginato. Pensava che quella casa era un sogno per chiunque, ma lui non riusciva ad essere felice, non gli importava di vivere in quello che sembrava un paradiso, voleva soltanto tornare nella sua vecchia casa vicino al suo migliore amico e, soprattutto, con la sua famiglia che però non c’era più. La persona che gli mancava di più non era sua madre, come si potrebbe intuire, era stata sempre distante e non gli aveva mai dato un segno di affetto, né tantomeno suo padre, un uomo violento e orribile, ma suo fratello, con il quale aveva un legame speciale: Quando i loro genitori litigavano era sempre presente, gli diceva che non doveva aver paura e che qualsiasi cosa sarebbe successa, lui l’avrebbe sempre protetto; gli promise che non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male. Ora però non c’era più, e Alessio si sentiva terribilmente solo.
Si spogliò e guardò il suo riflesso nello specchio sopra il lavandino: era così magro che gli si vedevano chiaramente le ossa, i capelli neri non erano molto lunghi, ma lo stesso un po’ spettinati; i suoi occhi verdi non avevano versato neanche una lacrima, e se prima avevano l’aspetto di due smeraldi, dopo quel giorno sembravano due lampade spente in una stanza abbandonata da troppo tempo; occhi così vuoti da far paura, che lasciavano soltanto intuire a chi li guardava quello che potevano aver visto. Era come se fosse entrato in uno stato di trance; i due ragazzi al quale era stato affidato l’avevano portato da un dottore, ma egli disse che in certi casi si doveva seguire una terapia psichiatrica e serviva del tempo per poter assorbire il trauma.
Alessio sentì le parole del dottore, aveva solo nove anni ma era intelligente, sapeva chi erano gli psichiatri, ed era consapevole anche del fatto che non sarebbero bastati migliaia di anni per dimenticare quello che era successo.
Mise fine a quei pensieri e iniziò a lavarsi, pensando a quanto odiava suo padre per ciò che gli aveva fatto.
 
Una volta finita la doccia tornò in camera sua, l’orologio tondo sopra la porta segnava le sette meno dieci. Rifletteva su quello che gli aveva detto Cristina, e cioè del fatto che se voleva poteva andare in cucina ad aiutarli a preparare, ma poi si disse che non era una buona idea. Così accese la tv e cercò un canale dove stavano trasmettendo dei cartoni animati; lo trovò, ma non riuscì a seguire molto attentamente, così dopo un po’ spense.
Aspettò l’ora di cena sdraiato sul letto, poi, quando si fecero le otto, uscì dalla stanza e andò verso il salone.
 
 
 

Eccoci qua, primo venerdì, primo capitolo.
La storia comincia un po’ a prendere forma dopo il prologo che non lascia intendere bene come proseguirà il racconto.
Spero sempre che lo seguiate e che mi lasciate una recensione, anche negativa.
A venerdì con il secondo capitolo!!
Simone.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Stavano per mettersi a tavola e Alessio si fermò all’ingresso della stanza:
- Ehi - gli sorrise Cristina - vieni accomodati.
Si accomodò vicino a Mirco, le due bambine erano di fronte a loro, mentre a capotavola erano seduti Daniele e Cristina.
Quest’ultima prese la parola: - Allora, che ne dite se diciamo al nostro nuovo amico come si vive qui?
- Chissà se riesci a spiegarglielo meglio di me - scherzò Mirco.
- Già - disse lei con una risata, poi si rivolse al più piccolo - devi sapere che lui è qui da tre anni, e cioè da quando abbiamo aperto.
Alessio lo guardò, ricevendo in cambio un cenno d’intesa, poi lei continuò: - Questa casa apparteneva ai miei genitori, mio padre era un ricco uomo d’affari, poi, quando entrambi sono morti, ho ereditato il loro patrimonio insieme ai miei fratelli più grandi e abbiamo deciso di fare una cosa buona per le persone meno fortunate di noi - accarezzò Rebecca che sedeva alla sua sinistra - ti ho già parlato di Federico, che conoscerai tra poco. Lui viene solo a dormire e a vedere le partite di calcio, perché è il direttore di un hotel e lavora tutto il giorno; siccome non ha una famiglia, abita qui. Poi c’è l’altra mia sorella Serena, che conoscerai domani perché siamo qui un giorno a testa.
- Sono bravi tutti e tre - la interruppe Daniele rivolgendosi al nuovo arrivato - a volte sono un po’ rompiscatole ma sicuramente c’è di peggio.
La donna alzò le braccia in segno di innocenza e i quattro ragazzi sorrisero.
Perché non parliamo di cose belle? - riprese Daniele - Domani finalmente è l’ultimo giorno di scuola.
I quattro ragazzi esultarono e agitarono le braccia, ma la donna li fermò:
- Frenate il vostro entusiasmo, specialmente voi due - si rivolse ai più grandi - l’anno scorso vi è andata bene ma vi ricordo che il secondo anno è più difficile e se non avete recuperato le insufficienze vi rimanderanno, così dovrete studiare anche durante l’estate.
- Io ho recuperato tutto quindi sto tranquillo - disse Mirco.
- A me quella ha messo cinque - ribadì l’altro.
- Se ti ha messo cinque significa che non ti sei impegnato abbastanza - osservò Cristina.
- Certo che mi sono impegnato, ma se odio il francese non posso farci niente, comunque è l’unica insufficienza, forse me la cavo.
- Se ti impegnavi davvero ce la facevi - ragionava Valentina con Rebecca che annuiva.
- Siete in quarta elementare, è ovvio che vi sembra tutto facile.
- Va bene, va bene - li interruppe la donna cercando di farli smettere - ogni scuola ha le sue difficoltà, non mettetevi a litigare adesso.
Dopo un attimo di silenzio, Mirco si rivolse ad Alessio:
- Tu invece? Che scuola fai?
Lui lo guardò con aria impaurita, avrebbe voluto rispondere, ma era come se le parole si rifiutavano di uscire dalla bocca.
- Guarda che puoi parlare - gli intimò Valentina - non ti mangia nessuno.
Lui abbassò lo sguardo sul piatto ancora pieno.
- Non hai mangiato niente - gli si rivolse Cristina - non hai fame forse?
Stava andando in difficoltà, si guardò intorno, vide che tutti lo stavano fissando e il suo respiro cominciò a farsi pesante; non riuscì più a resistere: si alzò dalla sedia e corse in camera sua.
 
Dopo circa un’ora sentì bussare alla porta; lui era seduto sul letto a guardare la tv, fuori dalla porta sentì la voce di Mirco:
- So che non ci rispondi, quindi noi aspettiamo qui per un po’, se non ci vieni ad aprire andiamo via.
Era indeciso sul da farsi, ma alla fine si alzò dal letto, spense la tv e andò ad aprire la porta, fuori trovò tutti e quattro i ragazzi.
Mirco sorrise: - Possiamo entrare?
Alessio si spostò per permettere ai quattro di entrare.
Daniele prese la sedia della scrivania e si sedette davanti ai due letti, Rebecca e Valentina si accomodarono sul letto libero, mentre Mirco, dopo aver chiuso la porta si sedette sul letto vicino ad Alessio e iniziò a parlare: - Siamo partiti con il piede sbagliato, Cristina ci ha detto quello che ti è successo, ma nessuno può capire come stai, noi possiamo immaginarlo perché se siamo qui significa che abbiamo avuto una brutta esperienza, e all’iniziò nessuno ci capiva - il ragazzo sembrava sapere come gestire la situazione - il fatto è che ci si sente soli, spaesati, ma se stiamo insieme, le cose sono meno difficili - fece una pausa e gli mise una mano sulla spalla - io sto qui da tanto tempo, e ho visto tanta gente stare male, molti volevano stare da soli, ma io non mi arrendevo mai, perché sapevo che in realtà quelle persone soffrivano e avevano bisogno d’aiuto, e sono sempre riuscito a darglielo - indicò Daniele - lui ad esempio, nei primi tempi che era qui non mi parlava, mi diceva di lasciarlo stare, poi però siamo diventati amici, sai perché? Perché se siamo qui abbiamo qualcosa in comune, tutti abbiamo perso un pezzo della nostra vita, tutti siamo soli, ma se uniamo la nostra solitudine, allora questa si trasforma in un legame molto forte.
Partì un applauso da Daniele, e le due ragazze gli si accodarono: - Discorso da premio Nobel, complimenti, tra poco mi fai commuovere.
Alessio in quel momento si sentiva bene, forse era il momento migliore dopo quel giorno.
- Di solito quando arriva uno nuovo gli raccontiamo le nostre storie, in modo da conoscerci e fare amicizia, ti va di sentire perché siamo qui?
Il bambino fece un timido cenno di sì con la testa, ma Daniele uscì dalla stanza.
- Fa sempre così - l’altro ragazzo alzò gli occhi al cielo - lo vado a recuperare.
Rimasero in tre dentro la camera e Valentina ruppe il silenzio: - Mirco è bravissimo a consolare le persone.
Rebecca faceva ampiamente cenno di sì con la testa.
Alessio guardava le due bambine sedute di fronte a lui, Valentina aveva i capelli castani non tanto lunghi e gli occhi color nocciola, era più alta sia di lui che della sua amica, la quale invece aveva una folta chioma di capelli ricci, sempre castani, e gli occhi marroni.
Voleva chiedergli perché si trovavano in quel posto, ma non ci riuscì, così abbassò lo sguardo come se avesse perso una sfida contro sé stesso.
Le due si guardarono con aria interrogativa, non capendo ciò che stava succedendo al loro nuovo amico, poi per fortuna rientrarono i due ragazzi, con Daniele visibilmente abbattuto.
- Se siete d’accordo, racconto io la mia storia per primo - propose Mirco.
Daniele rimase impassibile, mentre le due ragazze si irrigidirono.
- Bene - riprese Mirco rivolgendosi ad Alessio - come già sai sono qui da tre anni, e cioè da quando avevo dodici anni…
Ma qualcuno aprì la porta e lo interruppe: erano Cristina e Federico. Alessio notò subito la somiglianza tra i due.
- Non lo sapete che è maleducazione entrare senza bussare? - li rimproverò Rebecca.
- Ci scusi tanto signorina - disse scherzosamente l’uomo, il quale poi spostò lo sguardo verso il bambino: - Tu devi essere Alessio.
Al suo posto rispose sua sorella: - Sì, e sono contenta che i ragazzi sono venuti a fargli compagnia visto che è solo in camera.
Ci fu un attimo di silenzio, poi la donna riprese: - Beh, ragazzi vi saluto, ci vediamo sabato.
Diede un bacio sulla fronte a tutti e cinque, poi uscì e rimase solo Federico.
- Allora - disse appoggiandosi alla parete - di che parlavate?
- Volevamo raccontare ad Alessio le nostre storie - rispose Mirco.
Federico diede un occhiata al suo orologio: - Ci sarà tempo per questo, ora è meglio andare a dormire, da domani vi prometto che per tutta l’estate non avrete un orario così rigido per andare a dormire e avremo modo di divertirci molto, a patto che non facciate caos.
I quattro ragazzi erano entusiasti, poi Federico continuò: - Però siamo a giovedì, e domani è l’ultimo giorno di scuola, perciò adesso è meglio che andiamo tutti a letto.
Così nel giro di cinque minuti, ognuno era nella propria stanza.
Quando Alessio rimase solo, spense la luce e si sdraiò.
Forse le cose sarebbero andate un po’ meglio da lì in avanti, pensava che le persone che abitavano in quella casa erano tutte molto simpatiche, inoltre le parole di Mirco l’avevano colpito molto.
Se loro erano lì, sicuramente avevano un brutto passato alle spalle, e gli piaceva l’idea che volevano condividere queste cose con lui.
Poco prima di addormentarsi, non riuscì ad evitare che nei suoi pensieri si infiltrassero le immagini di quel giorno, momenti che sarebbero rimasti per sempre dentro di lui.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Fu svegliato dai raggi del sole che entravano dalla finestra della sua camera, era un po’ stordito, quindi gli ci volle qualche secondo per realizzare dove si trovava. Guardò l’orologio, erano quasi le nove; si alzò, si stropicciò gli occhi e si accorse subito che anche quel giorno avrebbe fatto molto caldo. Si mise le sue infradito e andò in bagno, sentiva silenzio per il corridoio, pensò che erano tutti a scuola, e probabilmente giù c’era la sorella di Cristina e Federico, che in quel momento non ricordava come si chiamava.
Una volta che aveva finito al bagno, tornò in camera sua e si mise i vestiti della sera prima; ancora non aveva disfatto le valigie.
Scese al piano terra e fu attirato verso la cucina da un rumore che inizialmente non seppe riconoscere, poi vide la donna di cui non ricordava il nome che stava passando l’aspirapolvere sul pavimento. Lei si accorse di non essere più sola, così smise di pulire e si girò verso di lui:
- Buongiorno - lo salutò sorridendo, poi gli si avvicinò - io sono Serena, i miei fratelli devono averti parlato di me.
Ecco come si chiamava, pensò lui, che però si limitò a guardarla: non somigliava agli altri due, aveva i capelli neri a caschetto e gli occhi marroni, sembrava più piccola di Federico, quindi concluse che l’uomo era il più grande.
- Hai fame?
Alessio continuava a guardarla, dopodiché si mise seduto al tavolo della cucina, come a rispondere in modo affermativo alla domanda della donna.
Quest’ultima sorrise, però tornò subito seria: - Sai - cominciò a dire mentre versava del latte in una tazza - devo dire che somigli molto a un bambino che è stato per un po’ qui con noi, Mirco gli era molto affezionato, forse per questo stamattina era così contento mentre parlava di te - gli diede il latte e due pacchi di biscotti, dicendogli di mangiare quelli che preferiva, poi continuò - purtroppo è stato poco tempo con noi, perché i suoi zii sono venuti a riprenderlo dopo un mese. Mirco è stato molto male - si sedette vicino a lui - questo posto è diverso, un mese qui equivale quasi ad un anno, si cresce in fretta, è come se le emozioni si intensificassero e… - la donna si accorse che il bambino la guardava con aria interrogativa - scusa quando comincio a parlare non la smetto più - disse sorridendo e alzando gli occhi al cielo - vedrai che capirai presto cosa intendo dire.
Si alzò e tornò a passare l’aspirapolvere.
Alessio mangiò solamente due biscotti e non finì di bere tutto il latte poiché il suo stomaco si riempì subito. Rimase per qualche minuto seduto a riflettere sulle parole che gli erano state appena dette. Era confuso, che voleva dire che un mese equivaleva ad un anno? Decise di non starci a pensare troppo e si convinse che avrebbe capito con il passare del tempo.
Sentì suonare al citofono, Serena andò di corsa ad aprire, mentre lui rimase lì senza neanche interrogarsi su chi potesse essere.
Dopo pochi secondi, la donna tornò in cucina insieme ad un uomo moro con gli occhiali e una valigetta.
- Lui è un signore che ogni tanto verrà per parlare un po’ con te - gli disse Serena - è un nostro amico e viene spesso qui da noi.
Alessio guardò prima lei, poi spostò lo sguardo verso di lui e si irrigidì; aveva capito chi era quell’uomo: era uno di quelli che provano a risolvere i problemi delle persone, ma lui non voleva assolutamente averci niente a che fare.
- Perché non andate nel salone? - propose la donna - sicuramente si sta più comodi.
Per il momento Alessio decise di non fare nulla e andò nell’altra stanza seguito dall’uomo.
Quest’ultimo si sedette su una poltrona, mentre il bambino si accomodò sul divano.
- Allora - cominciò l’uomo - prima di tutto presentiamoci, io sono Carlo.
Tese la mano ma il suo interlocutore non si mosse.
- Va bene - si ricompose - io sono qui per aiutarti, sai che ho parlato con tanti bambini come te?
Alessio lo guardava con aria sospetta, non gli piaceva affatto quell’uomo; sentiva il bisogno di suo fratello, lui sì che l’avrebbe aiutato in quei momenti. Poi pensò che se suo fratello era ancora vivo non avrebbe avuto bisogno d’aiuto.
L’uomo parlava, ma lui non lo ascoltava, quel tizio non sapeva niente di lui, così ad un certo punto si alzò e uscì dalla sala. Carlo provò a seguirlo, ma fu fermato dalla donna.
Non gli importava cosa si sarebbero detti, entrò nella stanza vicino la porta d’ingresso, ma non si interessò ai videogiochi, si diresse invece verso un mobile dove c’erano dei libri, gli piaceva molto leggere, specialmente storie d’avventura, si immedesimava nel personaggio e sognava di essere lui il protagonista di quella storia. Dopo quel giorno non lesse più nemmeno un fumetto.
Diede un occhiata a vari libri ma nessuno sembrava colpirlo davvero.
- Ti piacciono i libri? - Serena lo fece sussultare.
Lui si girò e si limitò a scrollare le spalle.
La donna prese una sedia e si accomodò vicino a lui, che invece rimase in piedi.
- Pensavo non avessi capito chi era Carlo - disse lei con lo sguardo rivolto al pavimento - ma sei un bambino molto intelligente - poi lo guardò negli occhi - però devi sapere che non vuole farti del male, vuole solo aiutarti. Se ancora non ti senti pronto possiamo aspettare ancora un po’ di tempo prima di farlo tornare.
Alessio avrebbe voluto dirle che non lo voleva più vedere, che non era in grado di aiutarlo, ma l’unica cosa che fece fu annuire .
- Bene - si alzò - continuo con le faccende, in bocca al lupo con la ricerca.
Serena lo lasciò, e dopo aver continuato a cercare tra i libri, sembrò finalmente trovarne uno che faceva al caso suo.
 
Era seduto a leggere, quando sentì bussare alla porta di casa; si alzò e andò ad aprire su richiesta di Serena che era impegnata in cucina.
- Finalmente è finita - urlò Mirco alzando le braccia al cielo, poi entrò insieme a Daniele.
Alessio non si rese conto che erano passate quasi tre ore da quando iniziò a leggere, però non era affatto stanco, infatti tornò presto a ciò che stava facendo.
Dopo qualche minuto entrò Daniele: - Leggi? Non è roba per me - disse alzando le mani, poi riprese - ma quando tornano le due ragazze? Ho fame.
Non ti lamentare - disse Mirco mentre entrava nella sala - saranno qui tra un po’, l’avevano detto che sarebbero uscite all’una anche oggi.
Daniele sbuffò e accese il computer, mentre Mirco si avvicinò ad Alessio: - Che leggi di bello? - chiese mentre si accomodò accanto a lui sul divano.
Gli fece vedere la copertina.
- Sembra bello.
Mirco stava per dire ancora qualcosa ma fu chiamato da Serena per farsi dare una mano in cucina.
Dopo qualche minuto, Alessio si alzò per andare in bagno. Passando vicino alla cucina sentì i due che stavano parlando di lui, e si mise ad ascoltare:
- Avete fatto venire Carlo? - sentì la voce del ragazzo - ma siete impazziti forse?
- Alessio sta male, lo aiuterà a guarire.
- Sì certo come no, ti ricordi quello che è successo con Michael?
Non poteva osservarli ma dal tono della voce poteva intuire che Mirco era alterato.
- Quello è stato l’unico caso in cui non è riuscito a fare niente.
- Era l’unico caso più vicino al suo - ribatté prontamente il ragazzo - non voglio che anche Alessio soffra per causa di quell’incompetente.
- Ti ci sei già affezionato, e sbagli, non sappiamo niente di lui.
- Sere ha nove anni e una bruttissima storia alle spalle, che altro vuoi sapere?
Lei non rispose, così Mirco continuò: - Ho solo paura che Carlo chiami un parente di Alessio da chissà dove e faccia portare via anche lui. Se l’ha fatto con Michael, può benissimo…
- Non succederà di nuovo - lo interruppe lei.
- Sì certo.
- Carlo ci serve, a noi e soprattutto a lui, discorso chiuso.
- Per il momento.
Mirco si diresse a passo veloce verso l’uscita, incontrò Alessio, lo guardò e scosse la testa, quindi tornò nella sala in cui si trovava fino a pochi minuti prima.
 
A pranzo erano tutti felici per la fine della scuola, eccetto Mirco che sembrava un po’ triste, così Daniele gli chiese che succedeva, ma lui rispose che non era niente.
Alessio era leggermente scosso dalla conversazione che aveva sentito poco prima. Parlavano di un certo Michael, che probabilmente era lo stesso bambino di cui gli aveva parlato Serena quella mattina. Ma non gli aveva detto che era stato Carlo a decidere di mandarlo via da quella casa. Non sapeva cosa doversi aspettare, non sapeva se sarebbe rimasto lì per una settimana, un mese o anni, però aveva la netta sensazione che quell’uomo poteva solo farlo stare peggio, così si aggrappò alla lieve speranza che Mirco avrebbe convinto Serena e i suoi fratelli a non farlo venire più a parlare con lui.
 
Dopo pranzo i ragazzi aiutarono Serena a lavare i piatti, poi andarono tutti nella sala grande, però Alessio prese il libro che aveva iniziato a leggere quella mattina e se lo portò in camera sua.
Era immerso nella lettura, ma tre colpi sulla porta lo portarono di nuovo alla realtà:
- Ale sono Mirco.
Andò ad aprire e lo fece entrare. Come la sera precedente si sedette sul letto accanto a lui:
- Prima non avresti dovuto sentire, però adesso ti starai chiedendo di cosa stavamo parlando.
Si guardarono negli occhi, Alessio si accorse che in quelli color nocciola di Mirco c’era nascosta molta sofferenza, e questo gli provocò una sensazione che non seppe spiegarsi, però si sentiva al sicuro in quel momento, e questo era l’importante.
- Un po’ di tempo fa - continuò Mirco - qui con noi c’era Michael, un bambino che non parlava mai, però si vedeva che aveva sofferto tanto, mi ci ero affezionato, però è andato via perché quello che ti è venuto a trovare stamattina ha detto che noi lo influenzavamo negativamente - fece un sorriso sarcastico - ti rendi conto?
Alessio abbassò lo sguardo, ma il ragazzo gli tirò su il mento con un dito: - So cosa stai pensando, ma ti prometto che farò di tutto per non farti rivedere quel tizio. Purtroppo non sono io che comando, ma dovranno ascoltarmi.
Gli sorrise.
- Mi dis… - Mirco ebbe un attimo di esitazione, poi decise di parlare - mi dispiace davvero per quello che ti è successo, posso solo immaginare come ti senti.
Nessuno gli si era mai rivolto così dopo quel giorno, sentì un impeto di calore provenire da dentro, poi finalmente gli occhi gli si bagnarono; non singhiozzava, c’erano solo le lacrime che scendevano rigandogli il viso. Non voleva farsi vedere in quello stato, così si affrettò ad asciugarsi gli occhi; Mirco però gli prese le mani e gliele tirò giù, lo abbracciò, e stavolta non seppe resistere; pianse per un po’ di tempo tra le braccia del ragazzo, singhiozzava e aveva proprio bisogno di quell’abbraccio; non voleva staccarsi più da lui, poi però pensò che non era il caso di continuare così provò a ricomporsi.
Con gli occhi pieni di comprensione, Mirco gli accarezzò la testa:
- Non ti succederà mai più niente di brutto, ci penserò io a te.
Alessio guardò Mirco con gli occhi ancora lucidi e con aria implorante; non era sicuro che capisse ciò che voleva dirgli, ma per fortuna ci riuscì:
- Tranquillo, non dirò niente a nessuno di quello che è successo - gli disse mentre si stava rimettendo in piedi - so mantenere i segreti.
Stava per uscire, ma prima di farlo gli si rivolse di nuovo:
- Noi siamo giù in piscina, vuoi venire?
Guardò la valigia e si morse il labbro inferiore.
- Ho capito, non hai il costume vero?
Scosse la testa.
- Nessun problema, ne ho uno che non mi sta più bene - si alzò - dovrebbe essere all’incirca della tua taglia.
Andarono nella camera di fronte e Alessio notò che non c’era molta differenza con la sua stanza.
- Dove l’ho messo - Mirco rifletteva a voce alta - eccolo qui, tieni vai a metterlo, ti aspetto qui fuori.
Nel giro di due minuti Alessio aveva fatto. Era molto magro, ma il costume gli stava bene, visto che anche Mirco non era per niente grasso.
Si diressero in piscina e videro che gli altri tre erano già a farsi il bagno.
- Non ci avete neanche aspettato, ma che bravi - li rimproverò scherzosamente Mirco.
- Faceva troppo caldo - si giustificò Rebecca.
I ragazzi si trattennero in piscina fino a poco prima di cena, si divertirono molto festeggiando la fine della scuola e il primo giorno di Alessio nella loro casa. Quest’ultimo passò un bel pomeriggio, sicuramente il più bello dopo tanto tempo, inoltre era felice di aver trovato una persona che forse era in grado di aiutarlo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Quella sera Federico, come promesso, concesse ai ragazzi la possibilità di andare a letto più tardi, così si ritrovarono nuovamente tutti e cinque nella camera di Alessio, si misero negli stessi posti del giorno precedente e Mirco prese la parola: - Ieri mi hanno interrotto, oggi posso parlare - poi si rivolse a colui che gli era seduto accanto - vedrai che dopo stasera ti sentirai meno solo, e condividerai la tua storia con le nostre.
Dalla finestra entrava un’aria molto fresca, più autunnale che estiva, quasi come ad avvertire i ragazzi che le loro storie dovevano restare lì in quella stanza, poiché erano troppo dure da ascoltare persino per il vento.
Daniele si alzò e chiuse la finestra.
Alessio non sapeva se era meglio stare a sentire le loro storie oppure no, aveva davanti quattro persone di cui non sapeva assolutamente niente se non il nome e l’età, poi di colpo gli avrebbero raccontato la loro vita piena di dolore riassunta in qualche minuto. Si disse comunque che era pronto ad ascoltare.
- Come dicevo - riprese Mirco - ora ho quindici anni, sono qui da quando ne avevo dodici, ma tutto è cominciato quando avevo otto anni. Prima di allora niente era andato storto, poi però mia madre morì di cancro, e da allora mio padre cominciò a fare di me ciò che voleva. Mi mandava a scuola perché non voleva fare insospettire nessuno, ma quando tornavo - sospirò e una lacrima gli cadde dagli occhi, Daniele lo sostenne dicendogli di lasciar stare, ma lui lo fermò con un gesto della mano - quando tornavo mi portava nel garage, mi diceva che voleva giocare con me, diceva che lo fanno tutti i papà, mi tirava giù i pantaloni ed io restavo lì immobile, mi metteva sdraiato su un materasso e si “sfogava”. A scuola chiedevo ai miei amici se anche loro giocavano così con il proprio padre, ma mi guardavano male e rispondevano di no. Non capivo che gioco era, però non mi piaceva affatto, se qualche volta provavo a rifiutarmi allora mi picchiava e mi ci portava con la forza. Quando passò un po’ di tempo cominciai a capire che non era affatto un gioco, ma non potevo fare niente, avevo troppa paura e non riuscii mai a scappare. Le cose andarono avanti così per quattro anni, poi, quando iniziai a crescere, forse non gli andavo più bene, così mi mise nella sua macchina, mi bendò, probabilmente per non farmi capire che strada avremmo fatto, e mi lasciò per strada senza niente. Vagai senza meta per qualche giorno, chiedendo l’elemosina dove mi capitava, poi incontrai Cristina e Serena, che mi fecero diventare il primo ospite della loro casa famiglia, visto che i miei zii non volevano adottarmi. Dopo un paio di giorni gli raccontai meglio cosa mi era successo, loro chiamarono la polizia e la mandarono a casa mia per far arrestare mio padre, ma si era impiccato dopo avermi abbandonato. Il resto lo sapete.
Daniele, Rebecca e Valentina andarono ad abbracciare Mirco, che non riuscì a trattenere le lacrime, Alessio invece rimase perplesso da ciò che aveva appena ascoltato, aspettò che i tre si separarono da lui e poi anche lui decise di abbracciare il suo amico.
 
Ci fu un attimo di silenzio, evidentemente tutti stavano riflettendo. Ci pensò Rebecca a parlare: - io invece ho dieci anni e sono qui da tre mesi - disse rivolgendosi soprattutto ad Alessio - prima di te, ero io l’ultima arrivata. Ho entrambi i genitori, anche se è come se non li avessi più. Mia madre mi diceva sempre che papà è uno che pensa solo a bere, per questo ha deciso di lasciarlo. Una volta che si sono separati, ho vissuto con mia madre, però la polizia ha scoperto che si drogava, quindi l’hanno arrestata ed io sono finita qui. Ogni tanto mi portano a trovarla, mentre mio padre non l’ho più rivisto.
- Secondo me è abbastanza per oggi - intervenne Daniele - è il primo giorno di vacanza, dovremmo pensare a divertirci.
- Mancate tu e Vale - gli rispose Mirco - puoi farcela.
- No, non ce la faccio.
Si alzò e se ne andò, Mirco fece per seguirlo ma Rebecca lo prese per un braccio e disse che era meglio lasciarlo da solo.
Le diede ragione e si rimise al suo posto.
 
- Anch’io sono qui da circa tre mesi - esordì Valentina, mentre si portava dietro l’orecchio quei pochi capelli che gli erano venuti in avanti - sono arrivata una settimana prima di Rebecca, infatti abbiamo fatto amicizia quasi subito.
La sua amica annuì, poi lei continuò: - Mia madre non l’ho mai conosciuta, è morta quando sono nata perché ha avuto dei problemi mentre partoriva, così ho sempre vissuto con mio padre, che però due anni fa perse il lavoro. Non avevamo più i soldi, così lui decise di andare a fare una rapina in un supermercato…
Si interruppe, iniziò a piangere e crollò tra le braccia della sua amica. Mirco decise di continuare per lei:
- …ma il commesso non gli diede i soldi che gli aveva chiesto, così lui sparò e lo uccise. Adesso è in carcere. Vale ha vissuto con sua nonna, finché anche lei non morì lasciandola sola. I suoi zii vivono in America per lavoro, hanno deciso quindi di farla stare con noi.
Il pianto della bambina era inconsolabile.
 
- Era poco più di un anno fa quando mia sorella impazzì - i ragazzi sentirono una voce provenire dall’entrata della stanza, era Daniele, stava appoggiato alla parete con le braccia conserte - mio padre diceva sempre che lei era una puttana e io un fallito che non avrebbe mai combinato niente nella vita. Ci picchiava, a volte senza motivo, lo faceva solo perché gli piaceva - si avvicinò loro e si mise seduto, posò lo sguardo su Alessio, il quale per la prima volta notò che, come lui, aveva gli occhi verdi - picchiava anche mia madre, ma lei non lo denunciò mai, non so il perché, gli adulti a volte sono strani. Una sera eravamo tutti e quattro a cena, mio padre all’improvviso cominciò a insultarmi, diceva che non avrebbe mai voluto avere un figlio come me, che ero uno scherzo della natura, che Dio mi aveva mandato da lui per fargliela pagare di chissà cosa. Mia sorella non resistette, si alzò, prese un coltello e iniziò a colpirlo con forza. Mia madre urlava e provò a fermarla, ma il suo impeto di rabbia non si fermò. C’era sangue sul pavimento, sul tavolo, sui loro vestiti, dappertutto. Dopo qualche minuto mia sorella scoppiò a piangere, mia madre le disse qualcosa che non riuscii a capire. Poi prese il telefono, chiamò la polizia e disse che era stata lei ad uccidere mio padre, finendo in carcere anche se era innocente. Mia sorella partì dopo qualche giorno, forse con il suo ragazzo; mi diede un biglietto con questo indirizzo, mi disse che mi voleva bene e che dovevo essere forte. Adesso nessuno sa più dove sia. È tutta colpa mia.
Queste ultime parole le disse con la voce rotta dal pianto.
- Non è colpa tua - cercò di fargli capire inutilmente Mirco.
- Sì invece - i suoi occhi erano pieni di lacrime - se sarei stato come mio padre voleva non sarebbe successo tutto questo.
- Tuo padre era una persona orribile, non tu, questa è la verità.
Poi rimasero tutti in silenzio.
Dopo un paio di minuti, gli altri se ne andarono senza dire una parola, soltanto Mirco si rivolse verso di lui e gli diede la buona notte sforzandosi di sorridere.
Ragionò su quello che i suoi nuovi amici gli avevano appena raccontato, poi pensò a quello che Serena gli aveva detto quella mattina: “un mese qui equivale quasi ad un anno, si cresce in fretta, è come se le emozioni si intensificassero”.
Forse cominciava a capire cosa voleva dire; aveva la sensazione che in quella casa c’era più sofferenza di quanta ce ne poteva essere stata in tutta la città, ma allo stesso tempo sentiva una grande forza e voglia di vivere, come segno di rivalsa alle cose che erano successe.
Tutti insieme potevano farcela, non erano certo in grado di dimenticare quello che era accaduto, ma sapevano di non essere soli, e quella consapevolezza gli dava la possibilità di affrontare quella vita, che con loro era stata tremendamente ingiusta.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Passarono un paio di settimane, in quei giorni Alessio riprese finalmente a mangiare normalmente, riuscendo così a tornare ad un peso decente. Si legò ancora di più ai suoi amici, soprattutto a Mirco, il quale gli aveva fatto sentire fin dal primo giorno la loro vicinanza e l’aveva tranquillizzato. Fortunatamente aveva trovato delle belle persone che cercarono subito di farlo sentire a proprio agio.
In quelle due settimane a scuola uscirono i quadri, i ragazzi più grandi ebbero la conferma di non essere stati rimandati, perciò potevano godersi l’estate, mentre le pagelle di Valentina e Rebecca avevano tutti nove e dieci.
Inoltre c’erano stati i compleanni di Mirco e Valentina; compivano gli anni a pochi giorni di distanza, perciò organizzarono una festicciola per entrambi. Non organizzavano mai delle grandi feste, però i ragazzi si accontentavano anche di una torta.
Era l’ultimo martedì di giugno, ma il tempo non era dei migliori: in cielo c’erano delle nuvole e poteva piovere da un momento all’altro, anche se faceva comunque caldo.
Non potendo andare in piscina, quel pomeriggio i ragazzi si organizzarono diversamente; erano nella sala grande quando suonarono al citofono.
Alessio ebbe subito una brutta sensazione, e spostò velocemente il suo sguardo su Mirco, il quale si alzò subito per andare ad aprire:
- Ah sei tu - disse aspettandosi quella visita.
Quel giorno con loro c’era Cristina, la quale entrò nella sala e chiamò Alessio. Prima di alzarsi ci mise un po’, però pensò che fuori c’era Mirco, così si diresse con più sicurezza verso la porta d’entrata. Come temeva, trovò Carlo.
- Ciao - disse quest’ultimo.
- Chi ti ha detto di venire? - Mirco si mise davanti ad Alessio in segno di protezione.
L’uomo stava per aprire bocca ma fu anticipato da Cristina:
- L’abbiamo chiamato noi, Serena ti ha già detto che sarebbe tornato, torna dagli altri ora.
- Non lo lascio solo con questo qui.
Sembrava determinato, cosa che fece piacere ad Alessio, il quale gli prese la mano e gliela strinse, comunicandogli che aveva bisogno di lui.
- Non posso fare la seduta se ci sei anche tu - obiettò lui.
- Significa che non la farai.
- Mirco ascolta…
- No - la donna voleva provare a farlo ragionare ma la interruppe - se proprio vuole parlare con lui, allora dovrò esserci anch’io.
Carlo sospirò, poi si arrese - E va bene, andiamo di là.
Superò i tre e andò a passo veloce verso il salone.
Mirco fece l’occhiolino al suo amico, che ricambiò con un sorriso. Seguirono il dottore che si era seduto sulla poltrona, mentre loro si misero sul divano. Alessio non riusciva a mollare la mano dell’altro ragazzo.
- Allora - iniziò Carlo - ti sei trovato bene questi primi giorni?
- Si è trovato benissimo - rispose Mirco al suo posto.
L’uomo gli rivolse un’occhiataccia, poi spostò di nuovo lo sguardo sul suo paziente:
- Ha ragione?
Lui fece cenno di sì, però il più grande riprese: - Non ti fidi? Sta sicuramente meglio con noi che con te.
- Ho capito che non ti sono simpatico, ma sono qui per fare il mio lavoro e per aiutare il tuo amico.
- Non gli serve il tuo aiuto, ha solamente bisogno di persone in grado di volergli bene.
Alessio era contento di avere lui al suo fianco, si sentiva protetto, ma non voleva che si arrabbiasse per difenderlo, così lo tirò per un braccio e scosse la testa, ma l’altro riprese a parlare facendo finta di niente:
- A me non importa cosa pensi tu e cosa dicono loro - si alzò e indicò fuori, probabilmente riferendosi a Cristina e i suoi fratelli.
Carlo si alzò a sua volta e mise un dito davanti al viso del ragazzo:
- Vedi di portarmi rispetto ragazzino - alzò il tono di voce.
- Altrimenti che fai? - lo guardò con aria di sfida, poi allargò le braccia - vuoi picchiarmi? Vai, fallo.
- Non provocarmi.
- Che succede qui? - Cristina entrò nel salone - ho sentito urlare.
- Niente - rispose Mirco senza togliere gli occhi di dosso all’uomo - va tutto bene.
Poi andò verso la donna, si fermò e le disse qualcosa che Alessio non capì. Dopodiché uscì.
- Ale perché non torni a giocare con gli altri? - gli disse lei - Devo parlare un po’ con Carlo.
Non se lo fece ripetere due volte; si recò nella sala dove si trovava prima e Mirco lo abbracciò:
- Scusami, non mi volevo arrabbiare - si ricompose - non so se riusciremo a togliercelo dalle scatole, ma ci proveremo fino alla fine.
- Qualcuno ha bisogno di una mano? - chiese l’altro ragazzo nella stanza.
- Dobbiamo liberarci di Carlo - rispose Mirco - ma come?
I cinque ragazzi si misero seduti in cerchio, Valentina parlò per prima:
- Quello è proprio antipatico.
- Già - asserì Daniele - potremmo minacciarlo.
- Non dire sciocchezze - si rifiutò Mirco - bisogna inventarsi qualcosa di più originale.
- Senti questa - riprovò l’altro ragazzo - portiamo Cristina fuori con una scusa e occupiamo la casa.
Stavolta ci pensò su: - Devo dire che, per quanto bizzarra possa essere la tua idea, può funzionare.
L’altro rise: - Sono un genio che posso farci.
A Rebecca la situazione non era chiara: - Scusate, cosa vuol dire che occupiamo la casa?
Daniele le rispose: - Ci chiudiamo dentro e lasciamo gli altri fuori finché non ci assicurano che Carlo non verrà più.
- Non mi piace molto - obiettò Valentina - si arrabbieranno molto.
La sua amica provò a convincerla: - però lo facciamo per Alessio, siamo amici no?
Alla fine lei annuì.
- Adesso dovremmo studiare un piano - consigliò Mirco - ci sono soltanto due porte, quindi non sarà difficile. Uno di noi dovrà fare da esca.
Sentì la voce di Cristina provenire da fuori, quindi si interruppe:
- Grazie mille per la pazienza, a risentirci.
- Figurati, ciao.
La donna chiuse la porta e andò da loro:
- Mirco, dobbiamo parlare.
- Puoi aspettare un attimo? Stiamo parlando di una cosa seria.
- Va bene, ti aspetto in cucina.
Aspettò che se ne andò, dunque riprese il discorso:
- Perfetto, farò io da esca, mi inventerò una scusa e la porterò fuori - scrutò fuori dalla finestra per vedere se pioveva, fortunatamente no - voi due ragazze pensate a chiudere la porta d’entrata, mi raccomando, lasciate la chiave nella serratura, in modo che quando arriverà Federico non riusciranno ad aprire. Voi due invece - si rivolse agli altri due - mi seguite e restate fuori dalla cucina, quando siamo usciti vi avvicinate alla porta e la aprite perché probabilmente lei la chiuderà. Il resto è compito mio.
 
Alessio e Daniele seguirono il loro amico fino all’entrata della cucina, stando attenti a non farsi vedere da Cristina.
- Eccoti - sentirono dire da quest’ultima.
- Sì, possiamo andare a parlare fuori? Ho un po’ caldo.
- Come vuoi.
Sentirono la porta aprirsi e poi richiudersi, Daniele fece segno di andare in cucina. Arrivarono fino alla porta e la aprirono; pochi secondi dopo videro il ragazzo correre verso di loro, entrò, e i tre chiusero la porta a chiave.
Mirco urlò cercando di farsi sentire da Cristina che cercava di forzare inutilmente la porta:
- La casa è occupata, fino a quando vi deciderete a non far più venire Carlo.
In seguito tornarono dalle ragazze.
- Perfetto - rise Daniele - siamo stati forti ragazzi.
Alessio rifletteva sul fatto che loro si erano appena messi nei guai per lui, si sentiva un po’ in colpa, Mirco si accorse subito che c’era qualcosa che non andava:
- Che succede? - gli chiese accovacciandosi mentre gli altri tre erano tornati nella sala - vedrai che l’avremo vinta.
Ma lui non riusciva a sorridere, però riuscì finalmente a parlare:
- Non dovete fare tutto questo per me.
Mirco sbarrò gli occhi: - Tu…tu hai parlato, è…è fantastico - poi andò di corsa a dirlo agli altri.
- Come parla?...Davvero? - gli altri erano scettici.
- Sì sì ha parlato, è incredibile.
Lo chiamò, lui entrò a testa bassa.
- Vai fagli sentire.
Ma non parlò, si avvicinò al suo orecchio e gli disse:
- Riesco a parlare solo con te.
Daniele allargò le braccia:
- Che ti ha detto?
Lui era confuso:
- Ha detto che riesce a parlare solo con me.
- Almeno è qualcosa.
- Già.
Mirco lo guardava con aria perplessa, così Alessio abbassò la testa pensando che non era stato capito, il ragazzo però gli si avvicinò e gli mise entrambe le mani sulle spalle:
- Tranquillo - sorrise - va bene.
Dopo un po’ suonò il telefono di casa, Daniele andò a rispondere mettendo l’apparecchio in vivavoce:
- Pronto? - rispose sapendo già chi aveva chiamato.
- Aprite subito la porta - disse Cristina con voce infuriata.
- Sai cosa vogliamo in cambio.
- Ma è assurdo quello che state facendo, sappiate che non la passerete liscia.
Mirco prese la parola: - Alessio mi parla.
- Che vuol dire che ti parla? - la donna sembrava stupita.
- Sì, però apre bocca solo con me, comunque direi che non abbiamo più bisogno di quello.
- Non puoi deciderlo tu, sono contenta che abbia ripreso a parlare, ma non basta.
- Finché non ci dai la tua parola sul fatto che Carlo non verrà più, non apriremo.
Poi riattaccò.
- Siete sicuri che stiamo facendo la cosa giusta? - chiese Valentina.
- Vedrai che cederanno - rispose Daniele.
 
Passò un’ora, poi il telefono squillò di nuovo, stavolta fu Mirco a rispondere, però non mise in vivavoce:
- Hai deciso?…Bene…Perfetto.
Attaccò, quindi si rivolse agli altri:
- Ragazzi - fece una pausa, poi gli spuntò un sorriso sul volto - abbiamo vinto.
I suoi amici gioirono, poi andarono ad aprire la porta principale, dove notarono che nel frattempo Federico aveva raggiunto Cristina. Quest’ultima andò verso la cucina a passo deciso senza dire una parola, l’uomo invece richiuse la porta e si trattenne nell’atrio coi ragazzi:
- Ma che avete combinato? - gli chiese.
- Abbiamo fatto ciò che era giusto fare - rispose Daniele.
- Non potevate semplicemente parlare come fanno le persone intelligenti?
- Ci abbiamo già provato - intervenne Mirco - ma non ci ascoltavate, quindi abbiamo deciso di farci sentire così.
- Adesso dovrete vedervela con mia sorella, io devo tornare in albergo perché ho ancora del lavoro da fare, ci vediamo più tardi.
I cinque ragazzi andarono in cucina, Cristina si girò verso di loro e si mise le mani sui fianchi:
- Ma insomma, che vi è venuto in mente? Volevate stare soli per sempre?
- Sì, se fosse stato necessario - ribatté Daniele .
La donna alzò gli occhi al cielo, poi si mise a sedere, rivolgendo il suo sguardo soprattutto verso Mirco:
- Non so se l’avete davvero aiutato facendo così, lo spero davvero. Comunque per una settimana a partire da stasera,  resterete in camera vostra, potrete uscire solo per mangiare o lavarvi.
Alessio guardò i suoi amici, non sembravano dispiaciuti, infatti dopo cena, in camera sua, dissero che l’avrebbero rifatto anche se avessero saputo le conseguenze, perché per un amico si fa di tutto, e pazienza se per una settimana dovevano restare segregati al piano di sopra, sicuramente si sarebbero inventati qualcosa.
Dopo essere stati insieme per un po’, andarono a dormire. Alessio non riusciva a smettere di pensare a quello che gli altri quattro ragazzi avevano fatto per lui: si erano presi una punizione per farlo stare meglio, e quello che gli faceva più piacere era che non si erano affatto pentiti.
Avrebbe voluto ringraziarli, ma non riusciva a parlare con tutti, così ringraziò soltanto Mirco parlandogli all’orecchio, il quale rispose che non doveva, perché per proteggersi l’uno con l’altro avrebbero fatto di tutto e anche di più.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


La settimana passò in fretta, i ragazzi non si erano annoiati, chiacchieravano tra di loro e si inventavano ogni giorno qualche cosa diversa da fare.
Stavano sempre insieme, il loro gruppo ormai sembrava consolidato, e difficilmente si sarebbero divisi.
Quel mercoledì mattina il sole splendeva e faceva caldo, come nel più classico giorno d’estate.
I ragazzi erano a fare colazione, quando Cristina entrò nel salone e si mise seduta con loro.
- Vi devo parlare, soprattutto a te - si rivolse verso Rebecca - tua madre qualche giorno fa è uscita di prigione - non te l’ho detto prima perché non ero sicura che il giudice ti avrebbe affidata nuovamente a lei, ma puoi tornare a casa, ti passerà a prendere tra poco, perciò quando finisci di mangiare è meglio che vai subito a preparare le tue cose.
Lei non sapeva se essere contenta o meno, la donna se ne accorse:
- Non sei felice?
Non ottenne risposta.
Alessio notò che i suoi amici rimasero immobili, era una bella notizia che però per certi versi sembrava una pugnalata.
Finirono tutti di fare colazione, poi Rebecca e Valentina andarono in camera loro, invece gli altri quattro restarono intorno al tavolo:
- E così succede di nuovo - disse Mirco con lo sguardo fisso nel vuoto.
- Sai che è così - replicò Cristina.
- Non riusciamo mai a formare un gruppo compatto, c’è sempre gente che viene e gente che va, solo io rimango in questo schifo di posto.
Si alzò e se ne andò, la donna provò a fermarlo ma fu inutile.
- Si affeziona sempre troppo - disse lei scuotendo la testa.
- Però non è giusto - ribatté Daniele - sono contento per lei ma è sempre brutto perdere un amico.
Si alzò anche lui, la donna si mise le mani nei capelli e si rivolse all’ultimo rimasto nella sala:
- E tu che dici?
Lui abbassò la testa, lei continuò a parlare:
- Pensaci tu a consolare Mirco, sicuramente è lui che la prenderà peggio, ma è anche vero che tu sei la persona alla quale tiene di più qui dentro, fidati.
Anche Cristina si alzò e lo lasciò solo, poi Alessio decise di raggiungere i suoi amici. Rebecca tra poco se ne sarebbe andata, pensò che doveva essere felice per lei, ma non ci riuscì.
Vide che erano tutti e quattro nella stanza delle ragazze, quindi entrò. Notò che nessuno parlava, per lui era la prima volta alle prese con una situazione simile, ma sicuramente gli altri avevano già vissuto quei momenti.
- E così te ne devi andare - cominciò Valentina.
- Sì - rispose l’altra mentre stava preparando le sue cose.
- Ci mancherai molto - replicò Daniele, con Mirco che invece se ne stava un po’ in disparte.
- Mi mancherete anche voi, ho passato delle bellissime giornate che non dimenticherò mai.
Poi ripiombò il silenzio, dopo una manciata di minuti Cristina entrò nella stanza:
- Rebecca, tua madre è di sotto.
- Arrivo.
Scesero tutti insieme, la bambina, prima di andare via, abbracciò i suoi amici dicendo di volere bene a tutti e che prima o poi si sarebbero rivisti. A Cristina disse di salutare da parte sua anche Serena e Federico, la donna la abbracciò e le disse che l’avrebbe fatto.
Dopodiché se ne andò, gli altri rimasero sulla porta finché l’automobile sulla quale salì non sparì dalla loro vista.
- Quanto odio gli addii - affermò Mirco corrucciato - perché non ce l’avete detto prima che sarebbe dovuta andare via oggi?
- La telefonata di conferma è arrivata ieri sera tardi sul cellulare di Serena - replicò la donna mentre chiudeva la porta - volevamo essere sicuri al cento per cento prima di dirvelo.
Il ragazzo sbuffò, quindi si rivolse ad Alessio:
- Ti va di parlare un po’ con me?
Lui annuì.
- Io resto qui con Vale - intervenne Daniele.
Cristina tornò al piano terra, Mirco ed Alessio andarono nella camera di quest’ultimo.
 
Si sedettero uno di fronte all’altro, il più piccolo sul suo letto, l’altro ragazzo su quello libero.
- Ci sei rimasto molto male? - domandò Alessio.
Mirco alzò le spalle: - Ci sto facendo l’abitudine ormai.
- Dispiace anche a me che è andata via - non sapeva cos’altro dire.
- Tanto prima o poi andrete via tutti, resterò soltanto io. Te ne andrai anche tu.
- No, non me ne andrò.
- Come fai a saperlo? - alzò la voce tanto da farlo sobbalzare - quei due che ti hanno portato qui ti verranno a riprendere come succede sempre, ma sono io a sbagliare, non devo affezionarmi così tanto a voi sperando in una cosa che non succederà mai.
Non rispose, poi Mirco scosse la testa: - Non dovevo chiederti di parlare, forse è meglio che sto zitto.
Fece per andarsene ma Alessio si alzò e lo prese per un braccio:
- No aspetta, non voglio rimanere da solo.
Lo abbracciò, ma l’altro ragazzo si allontanò:
- Lo capisci che prima o poi ci separeranno? Non sono tuo fratello, lui è morto hai capito? Non c’è più e io non posso sostituirlo.
Lo spinse rabbiosamente facendolo cadere e se ne andò via sbattendo la porta.
Alessio guardava con gli occhi sbarrati e lucidi la porta chiusa, poi scoppiò in un pianto inconsolabile. Era come se quelle parole gli avessero fatto rivivere esattamente le stesse sensazioni di qualche mese fa.
Rimase a terra per qualche minuto poi si alzò e si sdraiò sul letto, non era in grado di porre fine alle lacrime. Non si sarebbe mai aspettato che certe parole potessero uscire dalla bocca di quella che era diventata ormai la persona più importante della sua vita.
Così non poté fare a meno di pensare a suo fratello, il quale non gli aveva mai detto niente di brutto, poi però pensò che Mirco aveva ragione: suo fratello era morto e lui non poteva prendere il suo posto.
 
Sentì bussare alla porta:
- Ale è pronto il pranzo.
Era la voce di Cristina, ma lui rimase sul suo letto e non si mosse, così lei entrò e gli si avvicinò:
- Cosa c’è? - si accorse che stava piangendo - è per Rebecca che stai così?
Ma Alessio non rispose, anzi si girò dall’altro lato.
- Capisco, non hai fame, magari ti porto io qualcosa più tardi.
Finalmente la donna uscì.
In quel momento non voleva vedere nessuno, pensò addirittura di scappare, ma era consapevole che non si trattava affatto di una buona idea. Così rimase dov’era, sul suo letto a domandarsi perché suo padre aveva fatto quel gesto tanto orribile, e soprattutto si chiedeva come mai non avesse ucciso anche lui oltre a sua madre e suo fratello.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Era sul punto di addormentarsi, quando il rumore della porta che si stava aprendo lo ridestò.
Spostò il suo sguardo verso la porta e vide Mirco; cambiò posizione e si mise seduto con le gambe incrociate.
- Dormivi? - gli domandò mentre si stava sedendo ai piedi del letto.
Lui scosse la testa.
- Sono venuto a chiederti scusa per prima, a volte so essere davvero crudele, non mi sono reso conto che le mie parole avrebbero potuto farti male.
Ma continuava a stare zitto, limitandosi a fissarlo negli occhi.
- Ti prego dì qualcosa.
Gli si avvicinò e provò ad abbracciarlo, ma stavolta fu lui a essere respinto.
- Ve bene - si alzò - me ne vado.
Dopo qualche istante, Cristina entrò in camera sua per portargli qualcosa da mangiare:
- Mirco mi ha detto quello che è successo - poggiò il vassoio con il cibo sul letto, mentre lei rimase in piedi - è dispiaciuto davvero molto per averti detto quelle cose, spero che riuscirete a chiarire il più presto possibile.
Poi si incamminò verso la porta.
Alessio mangiò quello che Cristina gli aveva portato, ma a cena non scese, sia perché non aveva fame, sia perché aveva ancora bisogno di stare da solo.
 
Era notte fonda quando sentì la sua porta aprirsi bruscamente. Sussultò e guardò subito verso l’uscio: suo padre era lì, aveva lo stesso sguardo di quel giorno, lo stesso sguardo che l’avrebbe accompagnato per il resto della sua vita.
- Sono tornato per finire il lavoro - disse con aria ostile e terrificante.
Si avvicinava velocemente, Alessio sentiva che tutti i muscoli del suo corpo non rispondevano al comando di correre e scappare lontano da quello che ormai non considerava più suo padre, ma un mostro.
Ormai gli era davanti, stringeva in mano la stessa pistola di quel giorno; suo padre scoppiò in una risata agghiacciante. Lui provò ad urlare ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, chiuse gli occhi e riprovò ancora ma niente.
Fu svegliato dal suono della sua stessa voce che echeggiava nella stanza.
Davanti a lui non c’era più suo padre, ma Mirco, il quale in quel momento somigliava più ad un angelo, visto che ebbe l’impressione di aver visto il diavolo in persona.
- Ti ho sentito urlare - gli disse turbato il ragazzo - per fortuna era solo un incubo.
Alessio respirava a fatica ed era sudato dappertutto.
- Che è successo? - Federico, Daniele e Valentina avevano l’aria preoccupata e assonnata allo stesso tempo.
- Niente, era soltanto un incubo - li tranquillizzò Mirco - resto un attimo qui con lui.
Gli altri si tranquillizzarono, tornarono indietro e chiusero la porta.
Alessio si guardava intorno, ancora confuso e impaurito da quello che aveva visto poco prima, l’altro ragazzo lo scrollò leggermente per le spalle:
- Va tutto bene, ci sono io con te.
Mirco lo abbracciò, rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Alessio si staccò, si asciugò gli occhi e gli disse:
- Non volevo mandarti via oggi pomeriggio.
- Me lo sono meritato - replicò lui - ti ho trattato male e ti chiedo ancora scusa.
Scosse la testa: - Non fa niente.
Mirco si avviò verso la porta, ma Alessio lo fermò:
- Aspetta.
- Che c’è?
- Puoi restare qui finché non mi addormento?
Il ragazzo annuì, e si rimise seduto sul suo letto e lo accarezzò.
Alessio si era tranquillizzato, il suo respiro stava tornando regolare, sapeva che se Mirco era con lui non gli poteva accadere niente di male. Con quel pensiero si addormentò.
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


- Ragazzi vi devo parlare.
Erano a pranzo, i giorni passavano e si era arrivati alla fine di luglio. Dopo la sera in cui Alessio aveva fatto quell’incubo, aveva legato ancora di più con Mirco. Avevano discusso prima che lui facesse quel sogno, ma se un legame è forte non può essere spezzato così facilmente.
I ragazzi non avevano la più pallida idea di cosa voleva parlargli Serena, ma cominciò ad entrare nelle loro teste quella strana sensazione, che forse non poteva capire nessuno se non loro stessi. Dentro di loro si creò un misto di speranza e paura, di voglia di andare via da quel posto ma allo stesso tempo di restare tutti insieme per sempre.
Serena però non disse che qualcuno sarebbe dovuto andare via:
- Da oggi pomeriggio avrete un nuovo amico.
- Chi è? - domandò Mirco curioso.
- Si chiama Stefano, ha sedici anni, purtroppo non ho il permesso di raccontarvi cosa gli è successo, però posso dirvi che non ha un carattere facile, è stato mandato via già da due case famiglia.
- Noi accogliamo tutti - ribatté Mirco - se è stato cacciato vuol dire che non è stato capito, ma noi ci riusciremo, vero ragazzi?
Gli altri tre annuirono.
- Spero lo farete integrare bene nel gruppo - disse la donna - dovete pensare sempre che anche lui ha una brutta storia alle spalle.
- Se è riuscito a fare amicizia con me - disse Daniele con lo sguardo rivolto verso Mirco - può farcela con chiunque.
- Lo spero - Serena non sembrava preoccupata, ma gli altri non ci fecero caso - dovrebbe arrivare nel primo pomeriggio.
I quattro amici erano nella sala grande quando sentirono suonare il citofono.
- Questo dev’essere Stefano - ragionò Valentina.
- E sì - affermò Mirco - andiamo?
Si alzarono e aspettarono la donna con il nuovo arrivato sulla porta.
Quando Alessio lo vide non ebbe una buona impressione, era più alto degli altri, aveva i capelli neri che gli arrivavano fino alle spalle e gli occhi scuri.
- Lui è Stefano - cominciò Serena, ma fu subito interrotta.
- Dove devo andare? - chiese il ragazzo.
- Alessio accompagnalo - rispose la donna - starà con te.
- Posso andare da solo se mi dite qual è la camera.
- Va bene, è l’ultima a destra.
Poi salì al piano di sopra e sparì dalla loro vista.
- Ve l’avevo detto che ha un bel caratterino - riprese la donna mentre stava guardando ancora le scale.
- Ci penso io.
Mirco era determinato, ma Alessio aveva capito che si sarebbe trattata di una sfida molto difficile.
 
I ragazzi andarono nella camera di Alessio e videro subito che Stefano si stava appropriando del letto di quest’ultimo.
- Guarda che lì ci dorme Alessio - gli intimò Mirco.
Lui si girò: - C’è scritto il suo nome? Non mi pare, io dormo qui.
Il ragazzo stava per ribattere ma fu fermato con un gesto da Alessio.
- Ma perché non ve ne andate? - riprese Stefano - che volete?
- Volevamo solo conoscerti - Daniele fece un passo avanti - ma vedo che non sei per niente disposto - poi si rivolse verso i suoi amici - io me ne vado, questo già mi sta antipatico.
Valentina lo seguì, mentre gli altri due restarono lì.
- Bene - Stefano stava sistemando le sue cose - adesso andatevene anche voi.
- Noi non ce ne andiamo - obiettò Mirco - questa è anche camera sua e passiamo molto tempo qui, perciò non ti libererai di noi tanto facilmente.
L’altro ragazzo si avvicinò a loro e si rivolse ad Alessio:
- Cos’è? Ti serve l’avvocato? - provò a dargli uno schiaffetto sul volto ma Mirco gli si parò davanti:
- Non provare a toccarlo.
- Altrimenti? - erano faccia a faccia, Alessio tirò il suo amico per un braccio per convincerlo ad evitare di fare qualche stupidaggine.
- Ascolta il tuo amichetto che ti conviene - Stefano sorrise e tornò dov’era prima.
I due uscirono dalla stanza e chiusero la porta.
- Non ti voglio lasciare solo con quello lì - disse Mirco facendo un cenno verso la porta.
Alessio non si sentiva al sicuro lì fuori, perciò non parlò.
Si diressero verso la camera dei due ragazzi più grandi, dove trovarono anche Daniele e Valentina; il ragazzo si rivolse a Mirco:
- Noi dovremmo fare amicizia con quel tipo?
L’altro si mise a sedere sul suo letto:
- Almeno proviamoci - ribatté l’altro - a primo impatto non piace neanche a me, però hai sentito Serena, anche lui ha una storia alle spalle e dobbiamo aiutarlo.
Daniele fece cenno di sì: - Cosa pensi di fare?
- Per il momento niente.
- Come niente? - Si stupì.
- Vediamo a cena come va, facciamo parlare Serena poi vediamo cosa fare.
Daniele non sembrava troppo convinto, ma alla fine diede ragione al suo amico.
 
A cena Stefano non parlava, poi Serena prese finalmente la parola dopo un bel po’ di silenzio:
- Allora - si rivolse soprattutto a Mirco - avete già fatto amicizia?
- Non abbiamo ancora avuto modo - rispose lui senza staccare gli occhi di dosso al nuovo arrivato.
- Spero che ci riuscirete.
- Ma non prendiamoci in giro - intervenne Stefano - non ho mai avuto amici, di certo non saranno questi quattro sfigati a cambiare la mia vita.
Daniele si alzò di scatto: - A chi hai detto sfigati?
Serena tentò di allentare la tensione che si era venuta a creare: - Ragazzi per favore, cerchiamo di restare calmi.
- Me ne vado - disse Stefano - e lasciatemi da solo per favore.
Valentina ruppe il silenzio che si era venuto a creare:
- Che antipatico.
- Già - affermò Mirco, il quale si rivolse a Serena - che dobbiamo fare?
La donna sospirò e si portò le mani sul viso: - Non ne ho idea ragazzi, non ne ho la più pallida idea.
- Ti rendi conto che Alessio stasera deve dormire con lui?
- Non ha motivi per fargli del male, può darsi che invece si aprirà - si alzò - andate lì, parlate  tra di voi con la scusa che lo fate ogni sera, magari si aggiungerà a voi.
I ragazzi accettarono il consiglio della donna, la salutarono poiché a breve sarebbe andata via e salirono al piano di sopra.
 
- Vi avevo detto di lasciarmi da solo - disse Stefano quando li vide.
- Non ti disturberemo - rispose Mirco.
- No forse non vi è chiaro - si alzò dal letto e si diresse verso di loro - ve ne dovete andare.
Daniele si alzò: - Senti, tu non mi piaci per niente, chi ti credi di essere? Sei appena arrivato e vuoi fare il capo?
Non fece in tempo a finire la frase che partì un pugno talmente forte che lo fece cadere a terra.
- Ma che fai sei impazzito? - Mirco si alzò preoccupato per il suo amico, il quale aveva il labbro sanguinante.
Daniele si rimise in piedi e guardò con aria furiosa colui che l’aveva colpito.
- Non durerai più di due giorni con noi - lo minacciò toccandosi il labbro.
- Pensi che mi faccia piacere stare qui? - replicò Stefano.
- Nemmeno a noi fa piacere stare in questo posto - ribatté Mirco - ma la vita ha voluto questo per noi, dobbiamo accettarlo e l’unico modo per farlo è stare insieme, da soli non ci possiamo salvare.
L’altro ragazzo fece una risata sarcastica: - Ma perché non stai zitto? Non sai niente della mia vita.
- E tu? - lo incalzò - tu cosa sai di noi? Non puoi nemmeno immaginare quello che ognuno di noi ha passato.
- Sai che c’è? Non me ne frega niente di quello che avete passato, adesso andatevene che voglio dormire.
Mirco non rispose, diede un abbraccio ad Alessio e gli disse all’orecchio che se aveva bisogno di lui, poteva chiamarlo in qualsiasi momento della notte.
Lui ricambiò l’abbracciò e fece cenno di sì. Poi i suoi amici se ne andarono.
 
- Ce l’hanno fatta - disse Stefano mentre si rimise sul suo letto.
Alessio si mise il pigiama ignorando il suo compagno di stanza, il quale però non fece lo stesso:
- Perché non parli? Ti hanno tagliato la lingua?
Lui continuò ad ignorarlo, aveva paura, in quel momento avrebbe voluto Mirco lì vicino, poi però pensò che il suo amico non poteva esserci sempre, a volte doveva vedersela da solo, e quello era uno di quei momenti, si disse che poteva farcela. Chiuse gli occhi, tornarono quelle immagini e le cose peggiorarono, ma si ripeteva che era più forte, poteva, anzi, doveva farcela. Fece un respiro profondo e sentì che pian piano la paura scivolava via dal suo corpo.
- Stai facendo yoga per caso? Certo che siete veramente tutti strani.
Alessio continuò a non ascoltarlo, si sdraiò e spense la luce per dormire, ma le cose non andarono come sperava: la luce si riaccese e vide che Stefano era davanti a lui:
- Non fare il sostenuto con me - gli disse con ferocia mentre gli stringeva un braccio.
La paura tornò, e stavolta non poteva scacciarla in nessun modo, lo guardava con gli occhi sbarrati sperando di vedere qualcuno entrare dalla porta, ma non successe.
Sentiva stringere il suo braccio, avrebbe voluto gridare per chiedere aiuto ma non poteva, sperò solo che tutto sarebbe finito presto. Finalmente lo lasciò.
- Vai - disse indicando la porta - vai pure a piangere dai tuoi amichetti, ma ricorda che prima o poi se ne andranno e dovrai cavartela da solo, come ho fatto io.
Poi tornò a letto. Alessio non si mosse, pensava di aver già provato cosa voleva dire sentirsi solo, era consapevole che prima o poi si sarebbe separato con i suoi amici, ma quando sarebbe successo avrebbe pensato a come affrontare la situazione.
Si sdraiò e provò a dormire, con il braccio che gli faceva ancora male.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


La mattina dopo Alessio si svegliò prima di tutti, diede un’occhiata al suo braccio sinistro e si accorse che era apparso un livido. Pensò che era impossibile da coprire visto che si trovava vicino al polso, e visto il caldo non poteva certo mettersi la maglietta con le maniche lunghe.
Scese in cucina provando a coprire il livido con l’altra mano.
- Buongiorno - Cristina era seduta a leggere un giornale - ti sei svegliato presto stamattina, sono solo le otto.
Lui annuì, poi si mise seduto di fronte a lei.
- Adesso ti preparo il latte - si alzò - perché ti tieni il braccio? Ti fa male?
Sapeva che non avrebbe potuto nasconderlo per sempre, però provò a stare fermo, ma la donna gli si avvicinò e gli tolse la mano vedendo così il livido.
- E questo?
Non ottenne risposta.
- Non dirmi che è stato Stefano.
Alessio la guardò, la donna sospirò e si portò le mani al volto.
Dopo qualche secondo scese anche Mirco:
- Buongiorno, oggi mi hai anticipato - disse rivolgendosi al suo amico - che sono queste facce?
Nessuno rispose, così si avvicinò e vide il braccio di Alessio.
- È stato lui? - ma c’era ancora silenzio - adesso mi sente.
- No Mirco aspetta - la donna provò a fermarlo ma non ci riuscì - ti prego vai tu - disse poi rivolgendosi al più piccolo - non fargli fare qualche stupidaggine.
Lui obbedì e sentì parlare il ragazzo dal corridoio che portava alla sua camera, aumentò il passo e vide che Mirco stava tenendo Stefano per il collo all’interno della stanza:
- Ti avevo detto che non dovevi toccarlo - gli disse furioso.
Però lui si liberò della presa e scaraventò il ragazzo a terra:
- Io faccio quello che mi pare - si accovacciò e lo prese per la maglia - non intrometterti.
Lo lasciò e se ne andò passando accanto ad Alessio ignorandolo. Quest’ultimo chiuse la porta e si diresse verso Mirco:
- Stai bene? - gli chiese.
- La deve pagare, non può passarla liscia - rispose lui mentre si alzava da terra.
- Ma non mi ha fatto niente di grave.
- Perché lo difendi? Deve andarsene, non sappiamo di cosa è capace.
Alessio abbassò la testa.
- Tutto ok? - chiese il più grande.
- Perché ci tieni così tanto a me?
Il ragazzo rimase spiazzato, si mise seduto sul letto che fino al giorno prima era ancora libero:
- Che domanda è?
Alessio rimase in piedi:
- Somigli molto a mio fratello, lui si comportava così con me, e mi sembra strano che adesso ci sei tu.
Mirco lo prese per le spalle e scosse la testa:
- Io non voglio prendere il posto di tuo fratello, lo so che è impossibile, però ti voglio bene, è semplicemente questo.
Lui sembrava confuso:
- È che a volte ti comporti come lui, altre invece sei diverso.
- Immagino che deve mancarti molto.
Fece cenno di sì.
- Ti va di parlare di lui? Non l’hai mai fatto finora.
- Non so cosa dire.
- Per esempio come si chiamava, quanti anni aveva.
Alessio si mise a sedere accanto all’altro ragazzo:
- Si chiamava Kevin - disse con lo sguardo rivolto al pavimento - aveva diciassette anni, è morto per proteggermi. Mio padre era entrato in camera, aveva la pistola, lui si alzò e si mise davanti a me mentre andava verso mio padre, però lui gli ha sparato, mi chiedo sempre perché non ha ucciso anche me - riuscì a trattenere le lacrime, gli spuntò invece un sorriso - quando dico che a volte sembri lui, è perché anche mio fratello quando si metteva in testa una cosa, nessuno riusciva a fargli cambiare idea.
- E adesso sai cosa mi sono messo in testa?
- Di mandare via Stefano - finì al suo posto.
- Non sarà un’impresa difficile dato il suo comportamento. A pensarci bene però mi fa un po’ pena.
Alessio si stupì: - Perché?
- Non sappiamo cos’ha passato, secondo me anche lui ha bisogno d’aiuto.
- Se non vuole farsi aiutare non possiamo fare niente.
- Forse se sapessimo cosa gli è successo potrebbe essere più facile.
- Ci stai ripensando?
Mirco sorrise: - Ci siete prima voi ovviamente, ed io non permetto a nessuno di trattare in questo modo i miei amici - si alzò - che ne dici se andiamo a fare colazione? Ho un po’ di fame.
Fece cenno di sì, quindi tornarono al piano di sotto.
 
Alessio vide che anche Daniele e Valentina si erano svegliati, erano in salone a fare colazione, così li raggiunsero, ma Stefano non c’era.
- Dov’è? - chiese Mirco al suo amico.
- Sta mangiando in cucina - Daniele aveva il labbro gonfio per il colpo ricevuto la sera precedente - ha detto che non vuole stare con noi.
Il ragazzo alzò le spalle, poi si mise seduto al suo posto, e Alessio fece lo stesso.
- Chissà che si stanno dicendo - si chiese Mirco.
- Speriamo vada via - ribatté Valentina - sembra essere venuto apposta per litigare.
Cristina interruppe la loro conversazione:
- Ho deciso di dargli un’altra possibilità - disse sedendosi con loro.
- Cosa? - scattò Daniele - e perché?
- Diamogli ancora un po’ di tempo - si giustificò la donna - mi ha detto che proverà a comportarsi meglio, voi siate disposti a parlarci.
- Hai visto cos’è successo? - intervenne Mirco - ci abbiamo provato a fare amicizia ma lui non ne ha voluto sapere.
- Riprovateci, magari andrà meglio, se sbaglierà di nuovo lo manderemo via.
- Va bene - sospirò il ragazzo.
Videro Stefano entrare e di colpo calò il silenzio.
Alessio notò che aveva un’espressione tesa, pensò che era meglio non parlargli visto che non ci pensava due volte prima di aggredire qualcuno.
- Bene - Cristina si alzò - io torno di là.
Se ne andò, mentre Stefano si mise seduto sul divano e accese la televisione.
Daniele e Mirco sembravano indecisi sul da farsi, si guardavano e si parlavano a gesti.
- Cristina mi ha detto che dovrei chiedervi scusa - li interruppe lui senza distogliere lo sguardo dalla tv - ma se lo può scordare.
- Nessuno qui vuole le tue scuse - ribatté Daniele, ma Mirco gli fece cenno di non parlare, poi prese lui la parola:
- Probabilmente non andremo mai d’accordo, però dobbiamo convivere, quindi noi ti veniamo incontro, ma anche tu devi venire incontro a noi.
Stefano sorrise, poi si alzò dal divano e si diresse verso Mirco:
- Forse ancora non hai capito con chi hai a che fare.
Il ragazzo rimase seduto cercando di mantenere la calma:
- Non sono interessato a saperlo, ma non possiamo litigare per sempre.
- Vuoi evitare di litigare? Cerca di starmi lontano.
- Ho visto cosa succede se non ti parliamo - fece cenno ad Alessio.
- Ma che vuoi? - gli si avvicinò finché non si trovò a pochi centimetri dal suo viso.
Daniele si alzò d’istinto, attirando l’attenzione di Stefano, il quale scoppiò a ridere:
- Avevo ragione ieri sera - disse - siete un gruppo di sfigati - poi se ne andò.
- Io non so davvero cosa fare - precisò Mirco dopo un momento di silenzio.
Gli altri non risposero, Daniele uscì seguito da Valentina, mentre gli altri due rimasero lì.
- Tu che dici? - chiese il più grande.
- So solo che mi fa paura stare con lui. Ieri non ho fatto niente, mi ha stretto il braccio senza motivo.
- Non siamo mai stati così in difficoltà con un nuovo arrivato, sono sempre riuscito ad integrare tutti, ma con lui sembra impossibile - fece una pausa - andiamo va, ci inventeremo qualcosa.
Alessio non sapeva se il suo amico aveva qualcosa in mente, però era sicuro che avrebbe fatto di tutto per risolvere quella situazione.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Quel giorno decisero di ignorarlo, a pranzo non era sceso a mangiare con loro, mentre il pomeriggio lo passarono in piscina.
Non pensarono nemmeno a come fare per cercare di avvicinarsi, Alessio credeva che forse quello era il modo giusto, magari sarebbe andato lui stesso a parlare con loro quando si sarebbe stancato di stare da solo.
Era quasi l’ora di cena, i ragazzi aiutavano Cristina in cucina, eccetto Daniele che era a farsi la doccia.
- Scenderà stasera? - domandò Valentina.
- Fatti suoi - rispose Mirco.
Dopo poco tempo se lo trovarono davanti:
- Voglio andarmene - disse convinto - qua non mi piace per niente.
Cristina era stupita tanto quanto i tre ragazzi che si trovavano con lei:
- Perché? - gli chiese.
- Sembra che siate tutti felici, come se non avete sofferto, io non sopporto questo clima.
- Noi ci comportiamo così per evitare di stare soltanto a piangere - ribatté Mirco - siamo stati male, ma se stiamo insieme le cose vanno meglio, sei tu che non capisci che bisogna aiutarsi a vicenda.
Ma lo ignorò:
- Allora? - si rivolse alla donna - quando posso andarmene? Ho già preparato tutto.
- Devi capire che non puoi andare via così su due piedi, bisogna innanzitutto trovarti un’altra sistemazione e poi…
- No - Stefano la interruppe e avanzava verso di lei minaccioso - io voglio andarmene adesso.
Mirco si frappose fra lui e Cristina:
- Hai sentito che ha detto? Non può mandarti via subito.
- Ma la fai finita di stare sempre in mezzo? - lo spinse via - mi sembri il loro difensore.
- Cerchiamo di calmarci tutti - disse preoccupata la donna.
- Io non mi calmo affatto - Stefano sembrava irrequieto.
- Va bene - Cristina alzò le mani in segno di impotenza - però devi darmi tempo almeno fino a domani.
Lui sbuffò, poi tornò al piano di sopra dicendo a bassa voce qualcosa che Alessio non capì.
Dopo pochi secondi Daniele raggiunse i suoi amici:
- Avete litigato di nuovo con quel tizio? - domandò - l’ho incontrato e sembrava alquanto irritato.
- Ha detto che vuole andare via - rispose Valentina.
- Davvero? Che bellezza almeno ce lo leviamo di torno.
- Non dire così - lo ammonì Cristina - anche lui è come voi.
- A me non sembra, sinceramente sono contento che se ne vada - si rivolse agli altri - voi no?
Ma non ottenne risposta.
- Beh? - allargò le braccia - cosa c’è?
- Forse abbiamo sbagliato - ragionò Mirco.
- Non puoi salvare chi non vuole essere salvato - gli fece notare il suo amico.
- In ogni caso - intervenne la donna - dobbiamo aspettare almeno fino a domani, adesso direi di andare a mangiare.
 
La mattina successiva Alessio notò subito che Stefano non era in camera, spostò lo sguardò sull’orologio e vide che era nettamente più tardi della mattina precedente. Pensò che faceva leggermente meno caldo dei giorni indietro.
Si alzò e andò in bagno, dopodiché si diresse al piano inferiore. Vide Serena e Stefano sulla porta:
- Ciao - gli sorrise la donna vedendolo sulle scale, mentre il ragazzo fece finta di non vederlo.
Alessio pensava che probabilmente Stefano stava andando via, si fermò un istante, poi continuò fino al salone dove c’erano i suoi amici.
- Neanche ha salutato - sentì dire da Daniele.
- Già - affermò Mirco, che poi scrutò Alessio sulla porta - ce l’hai fatta a svegliarti - gli disse scherzando.
Lui fece cenno di sì, poi si mise seduto e iniziò anche lui a fare colazione.
Rimasero in silenzio finché non ritornò Serena.
- Insomma che gli è successo? - domandò Daniele - adesso che è andato via puoi dircelo.
La donna si appoggiò alla parete:
- Sì - rispose con un sospiro, poi si spostò e si mise anche lei seduta - suo padre è in carcere da quando Stefano aveva dieci anni, ha vissuto con sua madre fino all’anno scorso, poi lei si è uccisa e lui ha iniziato a vivere in casa famiglia. Come vi dicevo quando è arrivato, ne ha cambiate già tre, adesso sembra che due suoi zii sono finalmente disposti a prendersi cura di lui finché suo padre non uscirà di galera.
- Avrà anche passato una brutta esperienza - intervenne Mirco - ma non è giusto comportarsi così, non è colpa nostra se gli è successo questo.
- Non tutti reagiscono allo stesso modo, c’è chi chiede aiuto e si fa forza a vicenda, come voi, ma c’è anche chi se la prende con il mondo intero e pensa che nessuno sia in grado di capirlo, come Stefano. Comunque sono sicura che prima o poi si calmerà, ha solo bisogno di tempo.
I ragazzi finirono di mangiare in silenzio, Alessio notò che i suoi amici non riuscivano ad essere completamente contenti del fatto che Stefano fosse andato via.
 
- È una specie di fallimento.
Mirco era in camera di Alessio e stavano parlando del ragazzo che era appena andato via.
- Fallimento? - Il bambino non aveva capito.
- Non siamo riusciti a farlo sentire a casa, e così è andato via. Ma ormai non possiamo fare più niente.
- Non potevamo fare niente neanche prima, da quando è arrivato non ha fatto altro che comportarsi male con noi.
- Già - Mirco si mise seduto vicino al suo amico - forse non sono tanto bravo ad aiutare le persone.
- Perché dici così?
Lui non rispose, teneva lo sguardo fisso verso la finestra, così Alessio provò a consolarlo:
- Hai aiutato me, se non ci fossi stato tu adesso sarei solo.
- Sicuramente ci sarebbe stato qualcun altro, io sono una nullità.
Alessio era preoccupato, non aveva mai visto il suo amico in quello stato e non sapeva come aiutarlo.
- Forse è meglio che resto un po’ da solo - Mirco si alzò - ci vediamo dopo ok?
- Sei sicuro di voler restare da solo?
Lui scosse la testa, poi tornò indietro, abbracciò Alessio e scoppiò a piangere:
- Non ce la faccio, provo a non pensare alla mia vita, ma non ci riesco - si staccò dal suo amico e si rimise seduto - l’unica cosa che riesco a fare è maledire il mio destino. Quando avrò diciotto anni mi sbatteranno fuori di qua e non ho un posto dove andare. Mi illudo dicendo che prima o poi qualcuno mi verrà a prendere, ma so che non è così, e quando ve ne andrete anche voi resterò solo per l’ennesima volta.
- Non ti lascerò solo.
- E come fai a saperlo? Non siamo noi a decidere, non possiamo fare niente ed è meglio che ti metti in testa l’idea che prima o poi ci divideremo.
- Anche se succederà ti vorrò sempre bene, non mi dimenticherò di te.
Mirco si asciugò gli occhi e si sforzò di sorridere: - Forse è meglio evitare di pensare a queste cose.
Alessio fece cenno di sì, ma sapeva che il suo amico non stava bene, voleva fare qualcosa per lui, ma non aveva nessuna idea.
- Ora vado - disse Mirco - adesso voglio davvero restare un po’ da solo.
- Scusa se non riesco ad aiutarti.
Il ragazzo lo guardò stupito: - Ma che dici?
- Tu hai fatto tanto per me e lo continui a fare, ma io non faccio mai niente per te.
Mirco gli mise una mano sulla spalla:
- Invece fai tanto, anche se non lo sai.
Poi uscì dalla stanza e Alessio rimase sul suo letto a ragionare su quello che il suo amico gli aveva detto. Alla fine si convinse che entrambi non avrebbero potuto sopportare neanche per qualche ora l’uno la mancanza dell’altro.


Salve a tutti e grazie a chi sta leggendo e seguendo la mia storia :)
Vi avviso che il capitolo 11 sarà pubblicato nel pomeriggio di sabato 3 gennaio a causa di impegni lavorativi...Grazie ancora :)

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


L’estate era ormai avviata verso l’epilogo e settembre iniziò con la sua solita aria fresca e nostalgica. Alessio e i suoi amici quella sera non erano particolarmente felici, poiché il giorno dopo sarebbe ricominciata la scuola.
- E così anche l’estate è finita - disse Daniele appoggiato all’armadio con le braccia conserte, Mirco e Alessio erano seduti sul letto di quest’ultimo, mentre Valentina si era accomodata sul letto vuoto.
- Come al solito è passata in un batter d’occhio - ribatté Mirco.
Poi ci fu silenzio; i ragazzi erano tristi ma sapevano che la scuola era importante per il futuro; un futuro che era molto incerto per loro.
Alessio e Valentina avrebbero iniziato l’ultimo anno delle elementari; sarebbero stati in classe insieme, in modo che Alessio potesse avere un punto di riferimento.
Mirco e Daniele invece, erano arrivati al terzo anno delle superiori, frequentavano la scuola alberghiera, però da quell’anno sarebbero stati in classi diverse, perché Daniele aveva optato per il ramo della sala-bar, mentre Mirco era più interessato alla cucina.
Non parlarono più molto e decisero di andare a dormire.
 
Si svegliarono tutti alla stessa ora; l’atmosfera era quella da primo giorno di scuola, nell’aria c’è qualcosa che accomuna il primo e l’ultimo giorno di scuola, ma allo stesso tempo non si possono confondere le due sensazioni.
Si diressero insieme alla fermata dell’autobus, dopo che Serena augurò loro un in bocca al lupo per il nuovo anno che stava per iniziare.
Mirco e Daniele presero l’autobus, dopo due minuti, anche Alessio e Valentina si stavano dirigendo a scuola.
 
Alessio si guardò intorno cercando di studiare l’ambiente della sua nuova scuola.
- Vedrai che ti troverai bene - cercò di tranquillizzarlo Valentina - le maestre sono tutte brave e i compagni sono simpatici.
Alessio annuì, ma come avrebbe fatto ad andare bene a scuola se non riusciva a parlare?
Questa domanda l’aveva tormentato per tutta la notte, avrebbe voluto parlarne a Mirco, ma pensò che non era un problema rilevante e che in qualche modo avrebbe fatto.
Sapeva che Serena e Cristina erano andate a parlare con il preside e gli avevano spiegato i problemi di comunicazione di Alessio, ma non sapeva come gli insegnanti l’avrebbero trattato; sperò di non sembrare troppo diverso dagli altri bambini, ma alla fine si disse che era inutile pensarci e che le risposte sarebbero arrivate a breve.
Suonò la campanella, Valentina chiese alla bidella dove dovevano andare, e la bidella le rispose che la quinta B si trovava al primo piano, lungo il corridoio di sinistra.
Alessio seguì a fatica la sua amica che procedeva a passo deciso.
Arrivarono in classe e c’erano già quattro bambini oltre a loro, Valentina fece subito le presentazioni, spiegando delicatamente ai suoi compagni di classe che il suo amico non parlava.
Si sedettero vicini, al primo banco davanti la lavagna; subito dopo entro una donna che, ragionò Alessio, doveva essere una delle loro insegnanti.
- Buongiorno bambini - esordì lei.
La classe rispose all’unisono e Valentina spiegò ad Alessio che si trattava dell’insegnante di italiano.
La giornata a scuola passò in modo tranquillo, le insegnanti, sapendo la situazione del nuovo arrivato provarono a farlo sentire il a suo agio, riuscendoci in parte.
Gli dissero che se non riusciva a parlare non c’era alcun problema, e che quando gli altri bambini venivano interrogati, lui poteva rispondere alle domande che gli venivano poste, scrivendo su un foglio.
Dopo quel primo giorno Alessio si tranquillizzò un po’, le sue paure sulla scuola si erano alleviate e i suoi compagni lo fecero sentire parte del gruppo; comunque si sentiva diverso, e questo non riusciva a perdonarselo.
 
Tornarono a casa più o meno alla stessa ora, cosa che però non sarebbe successa per tutto l’inverno, poiché Daniele e Mirco, col passare dei giorni sarebbero usciti più tardi da scuola.
Si misero seduti per il pranzo, e Serena chiese come era andato il primo giorno.
- A me bene - disse Daniele soddisfatto - la prof di francese non è la stessa dello scorso anno e poi molti compagni hanno scelto il mio stesso indirizzo.
- Non posso dire la stessa cosa - ribatté Mirco.
- Perché? - gli chiese la donna.
- Perché in classe c’è solo Giacomo dei compagni che avevo l’anno scorso.
- Farai presto amicizia anche con gli altri - intervenne prontamente Daniele - e poi ti ho visto a ricreazione che già sbavavi dietro a una ragazza - sorrise - perciò di che ti lamenti.
Mirco arrossì leggermente: - Ma perché non ti fai gli affari tuoi?
- Giusto - affermò Serena - non bisogna invadere la privacy.
Daniele alzò le mani in segno di innocenza, quindi la donna continuò: - E voi? - si rivolse ai più piccoli - com’è andato questo primo giorno?
- Bene - rispose Valentina - le maestre ci hanno subito detto che siamo cresciuti e che quest’anno sarà più difficile degli anni passati.
Serena sorrise: - E già; siete in quinta elementare, il prossimo anno andrete alle medie, state diventando grandi.
Quel pomeriggio lo passarono nella sala grande, visto che, trattandosi del primo giorno, non avevano ancora i compiti per casa.
- Come hai fatto a vedermi con Francesca? - Chiese Mirco a Daniele - sei al piano di sopra.
- Ero sceso per venirti a salutare e chiederti come stava andando, ma ho visto che eri in dolce compagnia così ti ho lasciato stare - scherzò l’altro.
- Scemo - Mirco gli tirò per gioco un cuscino del divano - ci stavamo solo presentando.
- Mirco si è innamorato, Mirco si è innamorato - cantilenò Valentina facendo su e giù per la stanza.
Daniele scoppiò a ridere, ma Mirco non sembrava divertito da quella situazione:
- È solo una compagna di classe, se un ragazzo e una ragazza si parlano non vuol dire che devono piacersi per forza.
- Va bene - si arrese Daniele - tanto sono sicuro che ne riparleremo.
L’altro ragazzo non rispose.
Alessio credeva che se al suo amico piaceva una sua compagna non c’era niente di male, e poco prima di cena, quando Mirco lo raggiunse in camera sua dopo essersi fatto la doccia, glielo disse.
- Anche tu ti ci metti ora?
- Era solo per dire qualcosa - si giustificò il bambino.
- A te è andata bene? - Mirco si affrettò a cambiare discorso - i compagni sono bravi?
Lui fece cenno di sì.
- Perfetto - Mirco sorrise, poi si diressero entrambi in cucina per aiutare Serena a preparare la cena.
 
Quella sera andarono a letto presto, erano tutti stanchi visto che non erano più abituati al ritmo scolastico.
Alessio si addormentò quasi subito.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


I primi due mesi di scuola volarono via tra nuove amicizie e primi voti. Tutti e quattro erano partiti bene e avevano fatto subito una buona impressione agli insegnanti, ultimamente però Mirco sembrava un po’ tra le nuvole, e lo dimostrò il fatto che prese un cinque al compito di matematica, che lasciò stupita la sua professoressa.
- Può capitare - disse Cristina a cena - siamo esseri umani e ci sta che qualche volta si sbaglia, l’importante adesso è recuperare.
Alessio inoltre notò che Mirco stava sempre con il suo cellulare in mano, cosa che prima non faceva mai, e aveva preso le distanze un po’ da tutti; ormai erano diversi giorni che non andava in camera di Alessio per parlare un po’ con lui. Lui non era un bambino geloso, e quindi non gliene parlò, ma quella sera gli chiese se voleva stare un po’ con lui. Mirco accettò e si ritrovarono in camera da soli.
- Mi devi dire qualcosa in particolare? - domandò distrattamente Mirco.
Alessio scosse la testa.
- E allora perché hai voluto che venissi qui?
- Perché è un po’ che non parliamo, e io riesco a parlare solo con te.
- È vero - affermò Mirco - in effetti dovresti cominciare a parlare anche con gli altri, ormai è un bel po’ che sei qui.
Alessio non si aspettava quella risposta, abbassò la testa ma rispose comunque:
- Non ci riesco.
- Beh allora impegnati - il ragazzo allargò le braccia, non si era neanche seduto - ora devo andare, mi sta squillando il cellulare, dormi che domani dobbiamo andare a scuola.
In quel momento ne aveva avuto la conferma: Mirco era cambiato.
Non sapeva a cosa era dovuto quel cambiamento, ma rimase male dopo le fredde e distanti risposte che aveva ricevuto.
 
Il pomeriggio dopo, Mirco uscì di casa dopo aver ottenuto il permesso di Serena, dicendole che si sarebbe visto con degli amici.
Alessio decise di seguirlo, ma lui uscì di nascosto, senza aver ottenuto il permesso della donna.
Era una giornata fredda, con le nuvole che minacciavano pioggia.
Mirco camminò per circa cinquecento metri, con Alessio che gli si manteneva a debita distanza per non farsi scoprire.
Quando il ragazzo si fermò davanti ad un edicola, il bambino si nascose dietro un albero in attesa.
Dopo pochi minuti, una ragazza si avvicinò a Mirco, si sorrisero e si baciarono sulla bocca.
Alessio in quel momento non seppe spiegarsi cosa gli stava succedendo, non aveva mai provato quel tipo di rabbia. Nella sua mente tutto si fece più chiaro: era colpa di quella ragazza se Mirco si era allontanato da lui; sentì di averlo perso, che lei lo avrebbe portato via e lui sarebbe rimasto di nuovo solo, come qualche mese fa.
Con le lacrime che cominciarono a bagnare i suoi occhi, cominciò a correre a tutta velocità verso casa, non accorgendosi di dover attraversare e che il semaforo per i pedoni era rosso; sentì uno stridio di freni sull’asfalto e subito dopo un forte colpo lo scaraventò a qualche metro di distanza; cadde a terra e l’ultima cosa che riuscì a sentire fu la voce di Mirco che urlava il suo nome, poi perse i sensi.
 
Si risvegliò in una stanza bianca, intorno a lui c’erano Serena, Daniele, Mirco e Valentina.
- Si è svegliato - disse felice quest’ultima.
- Grazie al cielo - sospirò Serena portandosi una mano al petto.
- Ehi piccolo - gli disse Mirco accarezzandolo e con gli occhi lucidi - mi hai fatto prendere un colpo lo sai?
- Perché sei scappato? - riprese Serena - che volevi fare?
- Perché non lo lasciate tranquillo? - intervenne Daniele - non vedete che è sconvolto?
- Ha ragione - disse la donna - lasciamolo un po’ da solo.
- No io resto - obiettò Mirco.
- Va bene - si arrese lei - ma solo per il tempo che aspettiamo Federico, quando arriva noi andiamo via.
Il ragazzo annuì, aspettò che i tre si chiusero la porta alle spalle, quindi si rivolse al suo amico:
- Perché eri lì? Che ci facevi?
- Ti ho seguito - rispose a fatica Alessio.
- Mi hai seguito? - Mirco era stupito - E perché?
- Volevo capire perché ti sei allontanato così tanto da me, e adesso ho capito, hai la ragazza quindi di me non te ne importa più niente.
Il ragazzo scosse la testa:
- No, non è così, perché pensi questo?
Non ottenne risposta, il bambino si girò da un lato e gli disse di voler rimanere da solo.
- Hai ragione - affermò infine Mirco - mi sono comportato male con te, ma ti prometto che non succederà più.
- Io non voglio essere un peso per te - disse senza voltarsi cercando di non piangere - adesso vattene.
Il ragazzo non rispose, sentì la porta della stanza chiudersi, ora poteva lasciarsi andare al pianto.
 
Quella notte rimase Federico in ospedale con lui; i medici avevano detto che aveva preso solo una brutta botta; era stato fortunato perché l’auto che l’aveva investito non andava troppo veloce e ne era uscito con niente di rotto; l’avrebbero tenuto una notte in osservazione per dimetterlo il giorno successivo.
- Mirco ti vuole bene - esordì Federico - stava male quando è andato via dall’ospedale, ha insistito per rimanere e quasi l’abbiamo dovuto mandare via con la forza.
Alessio avrebbe voluto dirgli che ultimamente con lui era diverso, che non si spiegava perché non gli aveva detto della sua ragazza, ma non parlò.
- Ora abbiamo scoperto che è fidanzato, ed è forse per questo che si è un po’ allontanato -l’uomo sembrò leggergli nella mente - ma vedi, l’amore è una cosa che non ti fa capire più niente, ti fa trascurare le persone a cui vuoi più bene senza che te ne accorga; adesso tu non lo puoi capire, ma vedrai che capiterà anche a te quando sarai più grande - fece un sospiro e continuò - se oggi ti fosse successo qualcosa, lui non se lo sarebbe mai perdonato. Vedrai che quando tornerai a casa ti chiederà scusa per come si è comportato.
Alessio decise che Federico aveva ragione; cercò di rilassarsi, e lentamente scivolò nel sonno.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Il giorno successivo Alessio tornò a casa, accompagnato da Federico.
La giornata non era delle migliori, infatti quando uscirono dall’ospedale pioveva e c’era un’aria molto fredda.
In casa c’era solo Cristina, visto che i ragazzi erano andati a scuola.
Alessio non vedeva l’ora di parlare con Mirco, doveva scusarsi per averlo seguito e per come l’aveva trattato la sera prima. Anche se lui si era allontanato un po’, questo non giustificava affatto il suo comportamento. Pensò che era una cosa normale innamorarsi, e forse aveva esagerato credendo che Mirco fosse stato per sempre tutto per sé.
Pranzarono senza parlare troppo, dopodiché, mentre i ragazzi erano diretti nelle loro stanze per fare i compiti, Alessio prese Mirco per un braccio e gli fece capire con un cenno che voleva parlargli. Mirco lo seguì in camera sua e si sedettero, Alessio sul suo letto, Mirco sulla sedia.
- Allora - cominciò il più grande - cosa mi vuoi dire?
- Sono uno scemo - rispose Alessio a testa bassa - ho sbagliato, pensavo che non ti importava più niente di me.
Mirco era sorpreso: - Come fai a pensare questo? Certo che mi importa di te. Mi dispiace se il mio comportamento ti ha portato a pensare queste cose.
- Sei innamorato? - Nella voce del bambino c’era una percepibile gelosia.
- Credo di sì - rispose balbettando un po’ - ma questo non vuol dire che io non ti voglia più bene.
Alessio annuì, Mirco si alzò dalla sedia e andò a sedersi vicino a lui.
- Ieri ho avuto il terrore di perderti, e se ti fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato, per me sei come… - Mirco non era sicuro di voler dirgli quelle parole, ma Alessio continuò al suo posto: - Un fratello?
Il ragazzo sorrise: - Esatto, un fratello.
- Da quando Kevin è morto - riprese il bambino - sei stato l’unico che mi ha capito subito e l’unico che è riuscito a farmi parlare. Forse per questo mi sono arrabbiato quando ti sei allontanato, ma ti prometto che non succederà più. - Ebbe un attimo di esitazione, poi continuò - lui sarebbe contento di sapere che ci sei tu adesso
- Lui è contento - lo corresse - è con te in ogni momento anche se non lo vedi - gli accarezzò i capelli - E ti prometto che cercherò di non allontanarmi più.
I due si abbracciarono:
- Ti voglio bene - disse Alessio.
- Anch’io ti voglio bene - rispose l’altro.
 
Da quel giorno il loro rapporto si modificò ulteriormente, diventando ancora più forte di prima.
Come sarebbero andate le cose non importava, loro ci sarebbero stati sempre l’uno per l’altro, e anche se forse prima o poi si sarebbero dovuti separare, quel legame non poteva spezzarsi.




E così siamo arrivati alla fine di questa storia...
Spero solo che vi sia piaciuta...so di non essere un genio nella scrittura e se reputate che la mia storia fa schifo lo capirei...
Ci terrei a ringraziare in particolar modo alessandroago_94...ha recensito regolarmente la mia storia e senza di lui non credo che avrei pubblicato tutti i capitoli...quindi grazie :)
Ringrazio Fiore Blu e Mark_Derek...anche se hanno recensito una sola volta, immagino che abbiano continuato a seguire la mia storia...
Naturalmente dico grazie anche a tutti coloro che hanno semplicemente letto senza lasciare alcuna recensione...
Bene...vi saluto e alla prossima :)

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