We're going down swinging!

di JadesRainbows
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi dispiace! O forse no. ***
Capitolo 2: *** Locked ***



Capitolo 1
*** Mi dispiace! O forse no. ***


Mi dispiace! O forse no.




Hinata trotterella sereno per il corridoio della scuola, diretto al bagno.
«Bagno, bagno, bagno-ba!» canticchia, nel mentre.
Spensierato e poco accorto come al solito, apre di schianto la porta del bagno dei maschi.
Un verso grottesco rompe la sua allegria. Subito, il ragazzo dai capelli arancione vivo si paralizza. In un attimo gli è chiaro cosa, o meglio, chi abbia prodotto quel lamento.
Un altro ragazzo è seduto sul pavimento, probabilmente in seguito a una caduta all’indietro.
Gli inconfondibili capelli corti e biondi, la spiccata statura –che si può notare senza difficoltà anche se è seduto a terra- e gli occhiali dalla montatura nera non lasciano dubbi sulla sua identità.
Non è Kageyama, quindi Hinata può evitare di andare nel panico e cercare di salvare la pelle, ma non sa esattamente come sentirsi o cosa fare con Tsukishima. Non gli ha mai fatto del male prima d’ora, quindi non può conoscere la sua reazione. Inoltre non sono mai andati d’accordo; dovrebbe comunque scusarsi?
Continua ad osservarlo, mentre i sudori freddi  causati dall’ansia che gli mette addosso quella situazione gli inumidiscono la pelle della nuca e delle tempie. L’altro, nel mentre, si tiene entrambe le mani sul naso con un’espressione sofferente.
Non sembra stare bene, constata Shoyo.  Visto come stanno le cose, decide di fare la cosa più ovvia in assoluto.
«T-tsukishima… scusami! Aspetta, lascia che ti aiuti.» enuncia leggermente esitante, prima di avvicinarsi con le braccia protese verso di lui, intento sul serio ad aiutarlo.
È vero, quel tipo non gli è mai andato a genio in modo particolare, ma gli sarebbe sembrato scortese negargli l’aiuto che gli doveva dopo avergli sbattuto letteralmente la porta in faccia.
Il biondo, dal canto suo, alquanto irritato, rifiuta la proposta di Hinata.
«Posso farcela da solo.» blatera con una voce nasale che in una situazione differente avrebbe senz’altro fatto scoppiare a ridere il più basso fra i due.
Mentre Shoyo arretra di un passo, Kei si accinge a togliersi le mani da davanti al naso per appoggiarle a terra e fare leva per rialzarsi in posizione eretta.
Il ragazzo dai capelli rossicci non tarda a notare quel rivolo di sangue non indifferente che cola da una delle narici del più alto. Si allarma in un batter d’occhio.
«Tsukishima! Il tuo naso!»
«Che ha che non va il mio naso?»
Appena Kei stacca le mani dal pavimento per darsi lo slancio, Hinata si accorge che ha lasciato una macchia di sangue sulle piastrelle. Doveva essersi inavvertitamente sporcato anche le mani.
«Sanguina!» chiarisce la situazione, Shoyo, mentre agita l’indice a puntare il naso del biondo.
«Merda. » è l’unica parola che dice, con il suo solito tono pacato e statico. Malauguratamente, il bagno non dispone di specchi, perciò Kei si vede proprio costretto ad accettare l’aiuto di colui che ha causato tutto ciò.
Mentre il biondo preme un dito sull’intervallo di pelle fra il labbro superiore e il naso con il capo reclinato all’indietro, Hinata, resosi conto della situazione, si precipita dall’altra parte del bagno per prendere un paio di salviette.
In un battibaleno è di ritorno e, nonostante l’aiuto che gli sta offrendo, Tsukishima sembra squadrarlo con disprezzo dall’alto dei suoi venti centimetri in più.
Hinata lo fissa, come in attesa e il biondo risponde all’occhiata, non capendo esattamente cosa voglia adesso.
«Abbassati che non ci arrivo!» esclama, ad un tratto, Shoyo. Il che sembra far scappare una risatina a Kei, ma dopo quel minuscolo accenno di divertimento, la comunicazione fra i due si blocca di colpo. Il biondo rimuove il dito da sotto il naso e si siede sul bordo di un lavandino, mentre in combinazione si protende in avanti con il busto.
 Il ragazzo dai capelli rossi procede a rimuovere il sangue dalla parte inferiore di viso di Tsukishima, talvolta inumidendo la salvietta con un po’ d’acqua, mentre il silenzio gli fischia nelle orecchie.
C’è una domanda che gli martella nel cervello da un po’ e forse non avrà più occasione di porgliela, se non sfrutta quella che ha proprio in quel momento, ma vuoi per orgoglio, vuoi per vergogna, vuoi per la poca confidenza che hanno i due, proprio non riesce ad aprire bocca.
Quando le poche salviette di cui si era munito alcuni minuti fa sono completamente imbevute di sangue e acqua, Shoyo corre a prenderne un altro paio.
Appena è di ritorno, il ragazzino si prende il tempo per esalare un profondo sospiro. Dopodiché, appena prima di rimettersi a rifinire il lavoro quasi concluso, si decide a parlare: «Tsukishima… tu non dici mai quello che pensi, però a me piacerebbe sapere una cosa: cosa ne pensi di me?» segue una breve pausa, poi si affretta ad aggiungere miriadi di dettagli confusi, in modo che Kei non fraintenda.
«Cioè, insomma, siamo compagni di squadra, dovremmo andare tutti d’accordo –anche se non mi va particolarmente di andare d’accordo con te- ma almeno mi piacerebbe sapere cosa pensi di me e magari sfruttare l’informazione per… riuscire a diventare… compagni… migliori.» fatica molto a pronunciare l’ultima parte e si vede. Shoyo odia perdere e in quel modo gli sembra di aver subito una sorta di sconfitta contro Tsukishima, ma doveva chiederglielo per forza se voleva placare il suo tormento.
Il biondo, in risposta, lo fissa confuso e stranito dalla questione.
«Mmh? Dovresti saperlo. O almeno averlo intuito. Ti trovo irritante, fastidioso e troppo basso.» detto ciò, con disinvoltura, si scosta dal suo appoggio contro il lavandino con una spinta, senza usare le mani che, precedentemente, ha infilato nelle tasche della divisa nera.
Con passo tranquillo si appresta a dirigersi verso la porta del bagno, senza dare a Hinata il tempo di replicare.
Sulla soglia si ferma e, senza girarsi, borbotta: «Grazie, comunque.»





Buongiorno fandom! (per favore, prendetevi qualche attimo per leggere le note, ci sono dettagli riguardanti la raccolta che credo dovreste sapere)

Sono tornata prima del previsto, dev'essere per forza l'apocalisse, quindi preparate i bunker in cemento armato.
Volevo farlo da un sacco di tempo, ma non ho mai avuto l'ispirazione -e la voglia- sufficiente per cominciare.
Beh, ecco l'esordio del mio carachter meme! Un caracher meme, in breve, è una cosa stupida in cui prendi dieci personaggi a caso da un'opera e li numeri a tua discrezione (sempre con numeri da uno a dieci). Seguono venti situazioni assurde (che non devi assolutamente leggere prima di aver numerato i personaggi, altrimenti non c'è divertimento) con personaggi combinati completamente a caso. Ad esempio, che ne so: [3] ha comprato un unicorno domestico a un'asta su ebay. [3] chiama [6] per invitarlo a vedere il suo nuovo acquisto e a fare una cavalcata insieme.
Roba del genere c'è davvero, non sto esagerando. Non uguale sputata, ma cose che sfociano nel nonsense e nel sovrannaturale ce ne sono a più non posso.
Ad esempio, stavolta dovevo far dire a Kei cosa ne pensa di Hinata. (per ora è molto tranquillo, ma aspettatevi il peggio disagio)

Il carachter meme che sto scrivendo io l'ho trovato su deviant art per caso, ma ho perso il link, sorry. Magari ve lo posto alla prossima. 
Non so con quale cadenza aggiornerò, ma posso dirvi che sto già mettendo per iscritto la seconda situazione. Non spoilero nulla, crogiolerete nell'attesa! *feeling such a bad gurl*
Comunque se notate eventuali errori non esitate a farmelo notare!
Ora la smetto di infastidirvi. Questa volta dovevo spiegarvi un paio di cose, siccome è la prima shot. Giuro che la prossima proverò ad essere più breve. 
Ma prima una cosa: L'AU e -soprattutto- l'OOC non sono messi lì per la mia paura paranoica di sforare accidentalmente in questi generi, no. Sono lì perché non credo che il trio dei Trash Kings in un apocalisse zombie e un Kageyama stripper siano così tanto non AU e non OOC.
Detto ciò, buona giornata! <3 

-Lady Blue

 

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Capitolo 2
*** Locked ***


Locked




L’atmosfera è vivace negli spogliatoi della Nekoma, che ha appena finito una lunga serie di partitelle amichevoli con la Karasuno.
Questa volta, la squadra dei corvi è riuscita a strappare alcuni set e un misero match ai gatti, ma, pensa Kuroo, solo per questa volta.
Quando tutti i suoi compagni di squadra hanno finito di cambiarsi e si accingono ad uscire dallo spogliatoio, all’improvviso irrompe Hinata, rischiando di colpire la faccia di Lev con la porta, che ha aperto con fin troppa violenza.
«Inuoka! Fammi vedere ancora quanto sei veloce!» anche dopo tutte quelle partite, Shoyo non ne ha ancora abbastanza di ammirare la velocità dell’avversario, che ormai è abituato a trattare più come un caro amico.
Esaltato a causa del sentirsi così apprezzato, Sou si avvicina cauto al ragazzo. Con un guizzo del braccio tocca quasi impercettibilmente la sua spalla, per poi gridare a piena voce: «Ce l’hai!»
Subito dopo comincia a correre in cerchio intorno alle panche con attaccapanni poste al centro della stanza, seguito a ruota dal rosso che, anche se basso, pare riuscire a stargli dietro.
Il resto della squadra si affretta ad uscire dallo spogliatoio prima che qualcuno venga coinvolto in qualche incidente, mentre Tetsuro si limita a sospirare e procedere con l’infilarsi la maglietta di cambio, mentre resta girato verso il suo armadietto che è l’unico ancora aperto, dato che il ragazzo deve ancora finire di cambiarsi e riordinare le proprie cose.
«Bambini, potreste starvene più tranquilli?» li riprende il più grande con un tocco di ironia, mentre sente la sua pazienza arrivare velocemente agli sgoccioli.
Peccato che i due primini, troppo presi dal loro acchiapparello improvvisato, non lo considerino di striscio.
Il corvino sospira profondamente, cercando di recuperare un minimo di calma, dato che non gli sembra cortese urlare arrabbiato in faccia a un avversario.
Per grazia di Dio, l’alzatore veterano della Karasuno, Koushi Sugawara, entra nello spogliatoio, pronto a sgridare Hinata.
«Hinata!» esclama con decisione e un’espressione corrucciata. Le mani sui fianchi e i piedi appena divaricati.
 Vedendo che il kouhai non lo ascolta, cerca in qualche modo di infilarsi fra i due nel bel mezzo della corsa, ma viene trascinato fuori per un polso dal capitano della squadra locale.
«Pessima idea.» gli fa notare dopo averlo tratto in salvo e avergli garantito un posto sicuro davanti al proprio armadietto.
In effetti, nota Suga, quei due sembrano proprio inarrestabili.
«Cosa dici? Aspettiamo finché non si stancano?» chiede l’alzatore.
Tetsuro annuisce.
«Abbiamo giocato tutto il pomeriggio. Mi chiedo dove trovino tutta quell’energia.» aggiunge subito dopo il ragazzo dai capelli neri.
Perciò i due senpai si piazzano davanti all’armadietto, a braccia incrociate, in attesa.
Aspettano cinque minuti, ma i primini non ne vogliono sapere di fermarsi, anche se sembrano già più stanchi di prima.
Ad un tratto, per puro errore di calcolo nell’ampiezza della curva, Inuoka allarga troppo e scivola su un residuo d’acqua di qualcuno che aveva fatto la doccia e non era stato abbastanza accorto a non lasciare il pavimento bagnato.
Hinata riproduce lo stesso errore ed è il caos.
Sou finisce direttamente addosso al suo capitano, che cade all’indietro dentro all’armadietto. Il più piccolo, senza nemmeno assicurarsi che lui stia bene, ricomincia a correre, forse stavolta perché teme per la sua vita. Sou sa bene quanto sia intrattabile il suo capitano quando si arrabbia.
È Suga quello che si preoccupa di più per l’incolumità di Kuroo. Infatti, si sporge verso di lui per assicurarsi che non si sia fato male e solo in quel momento nota che quella scuola ha degli armadietti davvero spaziosi in confronto ai loro.
Ma quella è la seconda pessima mossa che l’alzatore commette in meno di dieci minuti.
Shoyo, anch’egli scivolato sulla pozzanghera d’acqua, non prende “bene” le misure come Inuoka e colpisce in pieno lo sportello dell’armadietto.
Koushi, che era proteso in avanti, si sbilancia e cade dentro a sua volta.
Se prima aveva potuto constatare che Tetsuro non si fosse fatto nulla, ora non ne è più così tanto sicuro, dal momento che gli è caduto addosso in un solido metallico veramente stretto per due.
«Fanculo.» sbiascica il corvino, diretto a nessuno in particolare, soltanto alla situazione tanto scomoda quanto imbarazzante.
Il ragazzo dai capelli argentei si volta a guardare la serratura e nota che può essere aperta solo dall’esterno.
«Ora che facciamo?» domanda, sentendo il panico assalirlo fin troppo velocemente e il cuore battergli in gola, sia per essere chiuso dentro a un armadietto così piccolo, sia per essere praticamente seduto in braccio al capitano della Nekoma. Sì, visto da fuori l’armadietto sembrava spazioso, ma una volta dentro –e per giunta insieme a altro ragazzo, diversi vestiti, asciugamani e borse- non gli pare più così grande.
Grazie al cielo, i due ragazzi fuori si accorgono di aver combinato un guaio di dimensioni considerevoli.
Provano ad aprire lo sportello, ma la botta l’ha bloccato e loro sono troppo stanchi per imprimere quell’altro poco di forza che manca per riuscire a liberare i loro senpai.
«Ci sono!» esclama Hinata. «Chiamiamo Kageyama! Lui è forte!»
Inuoka fa un cenno d’assenso con il capo ed entrambi corrono fuori dallo spogliatoio.
Tetsuro sospira e fissa lo sguardo su Sugawara, che intuisce subito la sua tacita richiesta e prova ad alzarsi. Non è facile, ma se preme le braccia sulle pareti per spingersi verso l’alto può farcela. Dopo alcuni tentativi, finalmente riesce ad erigersi in piedi.
Subito dopo, Koushi tende le mani verso Kuroo, in un’esplicita offerta di aiuto. Il capitano accetta ben volentieri e quando viene tirato per alzarsi, cerca anche di impegnarsi per non finire addosso all’alzatore avversario, cosa che poi in qualche modo accade comunque, dato che in due lì dentro stanno davvero stretti.
Stavolta è Sugawara a sospirare. Non è abituato a situazioni del genere –ma d’altronde chi lo è?- ed essendo un ragazzo che si imbarazza con poco, può giurare che ora le sue guance siano di un bel colorito accesso. Per questo esatto motivo cerca sempre di non incontrare lo sguardo del più alto: le sue guance brucerebbero ancora di più se i loro occhi si incrociassero anche solo per sbaglio. Così cerca soltanto di rimpicciolirsi il più possibile contro la fredda parete grigia, mentre lancia brevi occhiate sfuggenti a Tetsuro, che sembra reagire alla situazione con molta più scioltezza. Figurarsi che ha ancora le mani appoggiate sulla parete, vicine alle spalle di Koushi.
I minuti che passano nel silenzio sembrano durare un eternità a entrambi, che però li trascorrono provando emozioni completamente differenti.
Kuroo sente la propria pazienza esaurirsi velocemente –per la seconda volta- e giura a sé stesso che farà una bella lavata di capo a Inuoka quando riuscirà a uscire da lì.
Suga, invece, visto quanto ci mette Kageyama ad arrivare, teme che i ragazzi si siano dimenticati di loro e rimarranno chiusi lì dentro ancora per molto tempo.
Inizia a torturarsi l’orlo della maglietta con le dita e affonda i denti nel labbro inferiore, per cercare in qualche modo di gestire il fiume di sensazioni che lo sta travolgendo. Appena comincia a impegnarsi per provare a calmarsi, dicendosi che la situazione non potrebbe comunque essere più imbarazzante di così e che ha vissuto esperienze di gran lunga peggiori, Kuroo destabilizza la sua precarietà emotiva, prendendo il mento di Sugawara fra le dita e facendogli alzare lo sguardo su di lui, nel solo innocente intento di riuscire a guardarlo bene in faccia.
«Se continui a morderti il labbro così lo farai…» non ha nemmeno il tempo di terminare la frase come aveva pensato che dal labbro inferiore di Koushi affiora un debole flusso di sangue, proprio come Tetsuro avrebbe voluto evitare.  
Sospira, spezzando così l’enunciato.
«Ecco. Come non detto.»
Sugawara arriva alla conclusione che quella in procinto di giungere al termine è decisamente stata una giornata no. È finito chiuso in un armadietto con un ragazzo di cui nemmeno ricorda il nome e appena era arrivato a pensare che la situazione non sarebbe potuta peggiorare ulteriormente, il sopracitato ragazzo si è messo a pulirgli il labbro con il pollice. Perché è proprio questo che ha fatto il corvino non appena il sottile rivolo di sangue ha minacciato di cominciare a colare sul mento: ha ripetutamente passato il pollice con delicatezza nei dintorni del taglietto, per impedire al sangue di scendere, dato che se una singola goccia fosse caduta sarebbe inevitabilmente finita sulla sua divisa.
Koushi è consapevole di avere le guance tanto rosse quanto la divisa avversaria sotto i suoi piedi, perciò non trova nemmeno la forza di tenere lo sguardo sul viso di Kuroo, anche se questi non ha ancora lasciato andare il suo mento. Non ha opposto resistenza quando ha sentito il dito sul labbro, comprendendo, o meglio, costringendosi a pensare che l’unico motivo fosse perché altrimenti le gocce di sangue avrebbero impregnato la maglietta gettata senza cura sul pavimento dell’armadietto.
Con una forza di volontà incredibile, Sugawara riesce -dopo qualche attimo di meditazione interna- a recuperare sé stesso.
Riporta gli occhi sul viso del corvino e gli sorride, ignorando il rossore sulle guance che non ne vuole sapere di scemare.
«Grazie, ma non preoccuparti, posso fare da solo.»
Detto ciò alza l’orlo della maglietta per quel che basta a raggiungere il proprio labbro, nell’esatto istante in cui il capitano della Nekoma sposta la mano.
Proprio in quel momento la porta del cubicolo è attraversata da un violento scossone, che provoca un fastidioso cigolio metallico.
Ambedue i ragazzi si immobilizzano, trovandosi davanti a un Kageyama confuso, perplesso, sorpreso e le cui guance vivacemente colorate comunicano imbarazzo.
«Scusate, io non intendevo…» e non trovando un opportuno finale per la frase appena cominciata, decide di optare per la soluzione più conveniente: andarsene a passo spedito.
In effetti, la situazione che il poveretto si è trovato davanti non poteva essere dissimulata ed era perfettamente fraintendibile, specialmente se vista dopo aver udito l’ultima frase pronunciata da Koushi.
Tetsuro si lascia sfuggire una risatina divertita a causa della reazione di Tobio, dopodiché invita l’alzatore della squadra avversaria a uscire dall’armadietto prima di lui con un semplice gesto della mano.
Una volta fuori, il ragazzo dai capelli argentei si inchina e gli domanda perdono in mille modi diversi per la spiacevole situazione che ritiene essere soltanto colpa sua.
Kuroo, senza pensarci due volte, lo invita a rimettersi dritto con il busto e a non scusarsi, per poi esortarlo ad andare a spiegare al suo kouhai cosa realmente è accaduto lì dentro.
«Ah...» il corvino lo ferma poco prima che esca dallo spogliatoio.
«Non dimenticarti di fare qualcosa per quel labbro.» continua, con aria appena ammiccante, cosa che fa tornare le guance dell’alzatore dello stesso colore vivo di poco fa, mentre annuisce e si affretta ad uscire, sotto lo sguardo piacevolmente divertito di Tetsuro.



Buongiorno fandom!


Sì, ok, vado a nascondermi.
Ci ho messo davvero tanto ad aggiornare, lo so e per questo non ho scuse, ma proprio non ce la facevo a chiudere Tetsuro e Suga in un armadietto insieme. È stato difficilissimo. E dovevo anche escogitare un modo per farli trovare da Tobio e descrivere la sua reazione. Io non-
Chiedo perdono per gli atti che ho fatto commettere ai due ragazzi, poveretti, insomma KurooxSuga?! NoooOooooOOOOOooOOo!
Però ci avevo preso troppo gusto, mi sono divertita un sacco a scriverla.
Per chi non lo sapesse -e perché io non so se è così anche da voi-, dalle mie parti esiste un gioco totalmente demenziale tipo acchiapparello dove tu devi toccare una persona e urlare "ce l'hai" (non è mai stato specificato cosa tu abbia una volta dopo essere stato toccato, bohboh). La persona che "ce l'ha" poi deve rincorrere gli altri giocatori e passare la "cosa" a qualcun altro in una continua reazione a catena. Roba così. 
Meh, spero vi sia piaciuta. Se lasciaste una recensione, ogni tanto, non vi picchierei, lo giuro.
Spero che la prossima vi piaccia~

--Lady Blue

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