Mistero a doppia indagine

di rossella0806
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La chiave di svolta ***
Capitolo 2: *** Aggressione all'agriturismo ***
Capitolo 3: *** Il fuggitivo ***
Capitolo 4: *** Nuovo indizio con interrogatorio ***
Capitolo 5: *** Rapimento o fuga? ***
Capitolo 6: *** Chi non muore si rivede ***
Capitolo 7: *** Gli amanti (quasi) clandestini ***
Capitolo 8: *** Limonata e Canadà ***
Capitolo 9: *** Porta che si chiude, cugini che trovi ***
Capitolo 10: *** I lottatori di sumo ***



Capitolo 1
*** La chiave di svolta ***


Torino, Mercoledì 4 luglio, ore 12.30, Commissariato “L’Aquila”
 
Il commissario Alessandro Terenzi è seduto alla scrivania del suo ufficio, il braccio destro disteso sul piano di lavoro, quello sinistro appoggiato sul gomito.
Fuori il caldo è soffocante, i trentasette gradi della colonnina di mercurio fanno ormai boccheggiare da giorni l’intera città, altro che le piogge torrenziali preannunciate dal meteo.
Trentasei anni, alto un metro e ottantacinque, capelli e occhi scuri, barba incolta, il poliziotto si allenta il colletto della camicia, poi accende a tutta manetta il ventilatore che ha fatto installare a poca distanza dalla sua scrivania. Soddisfatto, emette un sospiro di sollievo, riprendendo così ad analizzare il referto della Scientifica che gli è stato recapitato pochi minuti prima dall’ispettore Francesco Ghirodelli, suo fedele collaboratore.
Il resoconto in questione fa parte di un’ indagine piuttosto complicata che sta tenendo impegnato lui e la sua squadra da diverse settimane.
 -Commissario, posso?-  Ghirodelli apre la porta con discrezione, reggendo in mano un involucro di carta marrone per pacchi.
E’ sulla trentina, alto come una pertica, la sua caratteristica più evidente sono i capelli ricci e rossi, in netto contrasto con gli occhi color petrolio, il naso un po’ aquilino, tipico degli attori degli anni Trenta e la bocca sottile.
 -Vieni, entra pure. Mi ha appena telefonato Meliconi per chiedermi se avevo già letto la relazione: anche lui ha delle serie difficoltà a capirci qualcosa … -
-Come tutti noi, del resto-
-E per te è normale? Sembra che la persona che ha depositato le lettere e i mazzi di fiori sia un fantasma: non è stata trovata né un’impronta digitale né un residuo organico, niente che possa assomigliare anche solo vagamente ad un indizio! Sta diventando un supplizio questa indagine … -
Il sottoposto annuisce con condiscendenza:
-Lo so, commissario, ma qualcuno in carne ed ossa dev’essere stato, come al solito dobbiamo solo avere pazienza-
-Io potrei avere tutta la pazienza di questo mondo, ma non credo che il questore sia dello stesso avviso. Comunque, cos’è quel pacchetto che hai in mano?-
-Qualche minuto fa il postino ha recapitare questa busta indirizzata a lei: abbiamo fatto un primo controllo e non sembra nulla di esplosivo … -
L’ispettore appoggia il misterioso pacco sulla scrivania di Terenzi.
-Con tutti i casini degli ultimi giorni ci voleva anche quest’altra grana -
Il commissario apre distrattamente l’involucro e in pochi secondi si ritrova in mano una scatola di porcellana bianca, con dipinto un paesaggio marittimo e sotto la scritta  baia di Porto Ercole.
-Porto Ercole? Che cosa significa?- chiede alzando la testa.
-Non lo so, commissario. Sembra un cofanetto con l’immagine di un paesaggio … - farfuglia l’altro.
-Bé, grazie, a questo c’ero arrivato anch’io, ma che cosa c’entra con noi? C’è forse qualcuno dei ragazzi che è andato in ferie in questo posto?-
-No, ho sospeso tutte le ferie come avevamo concordato e… aspetti un attimo, ho trovato qualcosa-  Ghirodelli afferra un biglietto caduto dall’involucro di carta:
-Fammi vedere -
Terenzi si alza e prende il foglietto dalle mani del sottoposto.
 La calligrafia è a caratteri minuti ed eleganti:
Buongiorno, commissario! Se vuole trovare un valido indizio per le sue indagini, vada a Porto Ercole.  Non ci pensi due volte. Un suo caro amico.
P.S. Si ricordi di prenotare all’agriturismo Campo dei Fiori”
I due poliziotti si guardano allibiti:
-Che scherzo di cattivo gusto è mai questo? Sei sicuro di non aver visto niente di sospetto? - domanda Terenzi.
- Cosa avrei dovuto notare? No, commissario, il postino ha recapitato come al solito la posta e poi ha dato all’agente in guardiola il pacchetto. Lui me lo ha consegnato e io sono venuto subito a portarglielo- spiega l’ispettore.
Il commissario si rigira tra le mani l’inspiegabile bigliettino, le eliche del ventilatore più rumorose di un camion sull’autostrada, l’unico suono nella stanza. Poi, ancora impensierito, esclama:
-Per prima cosa fa’ esaminare il foglietto alla Scientifica e avvisa immediatamente il questore –
-Certamente, altro?-
-No, per il momento può bastare. Io nel frattempo faccio qualche ricerca su questo agriturismo-
-D’accordo, appena so qualcosa l’ avviso-
-Ah, un’ultima cosa, massima priorità, questo pacco e questo foglio devono essere esaminati nel giro di poche ore. Intesi?-
- Senz’altro, commissario-
 
 
Nel primo pomeriggio arriva tramite fax il referto della Scientifica: ovviamente zero impronte.
Terenzi, ormai saturo del caldo africano e della furbizia del misterioso responsabile di quegli episodi, attraversa il lungo corridoio fino all’ ufficio dell’ispettore, bussa con un colpo di nocche veloce e, senza aspettare risposta, entra, lo sguardo rivolto sulle poche righe che ha portato con sé:
- Ho appena ricevuto l’esito degli esami sul pacco e sul biglietto e purtroppo ancora niente. Chi ce li ha mandati ha fatto un ottimo lavoro … cosa stai facendo?!- domanda stupito una volta alzata la testa.
Ghirodelli è affacciato alla finestra, un foglio di carta in mano ripiegato come se fosse un ventaglio, si sta agitando come se stesse ballando una scoordinata tarantella:
-Sto cercando di far sparire le mosche dall’ufficio:ho aperto per un attimo la finestra e mi sono ritrovato invaso da tutte queste bestiacce … saranno state una decina e continuavano a ronzarmi intorno! Se aspetta un attimo butto fuori anche l’ultima-
E con un colpo di pollice ed indice magistralmente calibrato, l’ispettore getta via quella che doveva essere una povera e indifesa mosca fino a qualche minuto prima, nel prato sottostante il commissariato. Poi chiude la finestra, mentre un piccolo pezzo di vernice grigia scrostata cade a terra, lasciando al di fuori il traffico cittadino.  
Terenzi scuote leggermente la testa, il fax della Scientifica ancora in mano.  
-Sull’agriturismo ha trovato qualcosa?-
-Nulla, sembra pulito. Hai già telefonato al questore?-
-E’ stata dura rintracciarla, era in riunione fino a un’ora fa. Le ho spiegato la situazione e lei ovviamente dice di procedere con i piedi di piombo. Per il resto le lascia carta bianca-
-C’era da immaginarselo… - un sospiro e una mano passata sulla barba incolta-  Comunque, non possiamo rimanere con le mani in mano ancora per molto: purtroppo non c’è solo questo caso da seguire, ma dobbiamo cercare di risolverlo al più presto e soprattutto nella maniera migliore-
-E’ quello che stiamo facendo, commissario. Ho impegnato tre uomini solo per questa indagine, ma come sa siamo a corto di organico, non posso chiedere ad altri di…-
-Sì sì, ho capito. Purtroppo è sempre la stessa storia- Terenzi abbassa lo sguardo verso il foglio che tiene in mano, poi continua:
-Sai, avrei pensato ad una cosa: riconosco che è un po’ azzardata, ma ora come ora non vedo altre soluzioni. Che ne dici se andassimo di persona a Porto Ercole?-
Ghirodelli spalanca gli occhi, crede di non aver capito bene:
-Mi scusi, commissario, lei vorrebbe seguire quello che c’è scritto su un biglietto anonimo che probabilmente le è stato mandato apposta per depistarci?!-
-Non possiamo saperlo se rimaniamo qui: te l’ho detto, per il momento mi sembra l’unica soluzione-
-Commissario, io…-
-Hai qualche altro impegno?-
-No, ma…-
-Ispettore, questo è un ordine! Siamo entrambi scapoli, nessuno sentirà la nostra mancanza se ci assentiamo da Torino per qualche giorno. Allora?-
-Se è un ordine, non mi resta che ubbidire. Il questore l’avviso io, giusto?-
-A te l’onore. Direi che se tu sei d’accordo possiamo partire tra un paio di giorni. Della prenotazione mi occuperò io … -
-E dov’è che pernottiamo?-
- All’agriturismo Campo dei Fiori, mi sembra ovvio!-
 
 
 
Alla stessa ora, nella stessa città
 
-Fantastico! Ho vinto il concorso dei biscotti!- Ginevra Morini salta dalla gioia, perché dopo mesi e mesi di faticosa e lunga raccolta punti dei suoi biscotti preferiti, ora finalmente ha vinto il primo premio, un viaggio a Porto Ercole, in Toscana.
-Non ci posso credere! Una settimana di completo relax! Questo è un sogno!-
Ginevra, i capelli castani tagliati corti raccolti in una coda sgangherata, gli occhi grandi color ambra, appoggia la busta indirizzata a suo nome sul tavolo della cucina, prende nuovamente in mano la lettera e, ancora incredula, corre a telefonare al suo capo.
-Studio notarile Marchetti, buongiorno-
-Ciao, Anna, sono Ginevra-
- Ginevra! Come mai non sei ancora arrivata? Non avevi il turno del pomeriggio oggi? Sandra è già qui -
-Sì, ma hai presente  quella raccolta punti di cui ti ho parlato … ?-
-Almeno una decina di volta … e allora?-
-Bé, ho vinto il primo premio, un viaggio di una settimana in Toscana, a Porto Ercole!-
-E dov’è esattamente questo posto?-
-Vicino a Grosseto-
-C’è anche il mare?-
-Certo! Ancora non riesco a crederci!-
-E quando partiresti?-
-Dopodomani, ma visto che ho delle ferie arretrate, volevo chiedere al capo se posso stare a casa già da oggi-
-Sei fortunata, è insolitamente di buon umore, credo che se te lo lavori bene riuscirai a convincerlo. Allora mandami una cartolina, io ho ancora un mese prima delle ferie … -
-Stai tranquilla, non solo ti manderò una cartolina, ma quando torno ti farò il resoconto completo!-
-Buone vacanza, allora, aspetta un attimo che te lo passo … -
-Grazie, Anna, ciao-
Qualche secondo di attesa e poi, dall’altro capo del telefono, una voce squillante esclama:
-Signorina Morini! Allora cos’ha da dirmi di tanto urgente da non poter aspettare di venire in studio?-
-Buongiorno, è proprio di questo che vorrei parlarle.  Si ricorda che le ho chiesto una settimana di ferie a partire da lunedì prossimo?-
-Sì, me lo ricordo, qual è il problema?-
-Ecco, vorrei chiederle di darmi altri tre giorni a partire da oggi…-
-E per quale motivo?-
-E’ successo un imprevisto, un problema famigliare che devo risolvere prima di partire, e visto che ho qualche giorno di ferie arretrate, mi chiedevo se potevo cominciare a domandarle questi tre … -
L’uomo ci pensa, mentre il cuore della ragazza comincia a battere sempre più forte: tutum, tutum, tutum …
-Uhm, non saprei, mi faccia consultare un attimo l’agenda- la cornetta appoggiata con poco tatto sulla scrivania, un lieve frusciare di fogli, poi di nuovo la voce matura e profonda dell’uomo:
-Dunque, domani parto per un convegno e torno sabato… poi la prossima settimana era già preventivato che lei non ci fosse e …  sì, in effetti vedo che ha un paio di settimane di ferie arretrate. Non è che poi quando torna pretende subito gli altri giorni?-
-No, notaio, le assicuro di no …  -
-Se è così, allora direi che può andare bene-
-Grazie, è stato molto comprensivo-
-Quel che è giusto è giusto. Arrivederci, signorina Morini-
-Arrivederci, dottor Marchetti-
 
Ce l’ha fatta: Ginevra corre in camera sua, agguanta la valigia dall’armadio e si mette a preparare i bagagli.
Al diavolo i soldi risparmiati per l’Egitto, con il misero stipendio che si ritrova, dovrà aspettare almeno altri tre anni prima di poterci andare, così decide di spenderli per pagare tre notti di pernottamento in più all’agriturismo.
E poi mancano solamente due giorni alla partenza, e lei è una persona molto ma molto meticolosa.
Una nuova prospettiva le si apre davanti: al posto delle monotone e tutte uguali giornate in piscina che già si era rassegnata a fare dalla settimana seguente , ora le aspettano sette giorni di sole e mare, mare e sole, in un posto da sogno, in completo relax.
Almeno per quest’anno addio cloro, benvenuto sale!
 
 
 
 
 
Venerdì 6 Luglio, ore 8.20, stazione di Porta Nuova, Torino
 
Ci sono una dozzina di persone in attesa di salire sul convoglio, perlopiù giovani coppie con carichi di valigie al seguito, le braccia lasciate nude –alcune già abbronzate-,  le lenti da sole a proteggere gli occhi e qualche cappellino colorato sulla testa.
Il commissario Terenzi  guarda in direzione dei binari, un paio di treni hanno rallentato e ora si sono fermati con un lieve stridore di freni: nessuno dei due è il suo, la voce metallica e distante della donna all’altoparlante, riferisce infatti che provengono da Parigi e da Venezia.
Il poliziotto sceglie una panchina un po’ isolata, lontana dalla bolgia di entusiasti vacanzieri.
Seduto sulla panchina di fronte alle rotaie, batte ritmicamente i piedi, alternando fischi e sbuffi, a fianco uno di quei borsoni tipo “Kinder & Ferrero” che si rifilano durante la partecipazione a qualche banco di beneficenza. Quello che a prima vista gli è sembrato un ottimo piano, nel giro di ventiquattr’ore si è sgretolato come un castello di sabbia: il questore, infatti, non essendo molto convinta di seguire la pista di Porto Ercole, ha dato sì il suo benestare a Terenzi per partire, ma in cambio ha dovuto rinunciare a Ghirodelli, perché sarebbe“servito in città a condurre le indagini
La prossima volta dovrò imparare a muovermi con maggior cautela, si ripromette Terenzi, ed avvisare il questore solo a cose fatte.
Ha sempre avuto l’impressione che la questore –in quanto donna- ce l’avesse su con lui per chissà quale motivo: era da quattro anni che lavoravano insieme, ma a parte la gentile cortesia dei primi tempi, da due anni a quella parte, era subentrato qualcosa di indefinito che Terenzi non si sapeva spiegare e che aveva trasformato il piacevole rapporto lavorativo tra i due, in una mascherata guerra all’ultimo colpo.
Quei pensieri lo rendono già abbastanza nervoso così senza doverne aggiungere altri spiacevoli, ma è inevitabile che dovunque si giri, veda soltanto visi sorridenti e apparentemente felici.
Volendo farsi ancora più del male, si domanda dove andrà tutta quella gente, nonostante la risposta se la sia già data appena entrato in stazione: andranno in vacanza, si risponde, mentre io vado a complicarmi ancora di più la vita e le indagini. Cocciuto e testardo lo è, e sempre lo rimarrà, la mia testa è dura come il carapace di Miss Marple, ripete sempre.
Miss Marple è la sua tartaruga di terra: gliel’ha regalata due anni prima la sua vicina di casa, una vecchietta un po’ fissata con gli animali, dicendogli che gli avrebbe fatto un po’ di compagnia.
In realtà lui avrebbe preferito di gran lunga un cane o un gatto, anche perché quando era un ragazzo li aveva avuti entrambi, ma il tempo da dedicargli era davvero poco, così aveva finito per accettare non solo la tartaruga ma anche il nome affibiatole dalla vicina che, generosamente, nei giorni in cui Terenzi non ci sarebbe stato, avrebbe badato a Miss Marple.
Il commissario distoglie il pensiero dal suo trilocale e dalla tartaruga: si alza e va a guardare il tabellone delle partenze, ancora dodici minuti e inizierà quella che spera non sia la fine della sua carriera di poliziotto. Si alza dalla panchina e si appresta a salire sul treno che ha appena fatto il suo ingresso trionfale in stazione.

Poco più avanti, Ginevra Morini, con la sua valigia rossa fiammante e la borsa a tracolla, è impaziente di salire su quel nuovissimo treno Inter-City, che l’avrebbe portata per un po’ di tempo lontana dai suoi stressanti orari di lavoro e dal suo nevrotico datore.
Era convinta di essere in ritardo, perché il taxi che l’ha portata fino in stazione, è rimasto imbottigliato nel traffico per più di un quarto d’ora, ora invece si rende conto che ci sono ancora dodici minuti prima che il treno si metta in marcia. Sempre che sia in orario, ovviamente.
Per ingannare l'attesa, si siede su una panchina che si è appena liberata di due ragazzi, e comincia a rovistare nella borsa alla ricerca del telefono: non si ricorda più, infatti, se la sera prima ha messo sufficientemente sotto carica il cellulare .
Ad una prima occhiata le sembra che non avrà problemi fino al suo arrivo in agriturismo, la batteria infatti è completamente verde.
Spulcia ancora negli angoli della tracolla, facendo un rapido resoconto mentale di quello che ha portato in borsa e in valigia: taccuino e penna, una confezione di pacchetti di fazzoletti di carta, le cuffie per il telefono e per l’mp3, gli occhiali da sole, il cappello di paglia intrecciata che aveva comprato in Liguria, tre paia di costumi, altrettanti vestiti da spiaggia, le ciabatte per il mare e quelle per la camera, quattro abiti da sera, un paio di pantaloni e di maglie di cotone, quattro paia di calzini, due di scarpe, il cambio per una settimana, l’occorrente per il trucco e lo strucco …    
-Il treno Torino-Firenze è in partenza al binario 22, i signori passeggeri sono pregati di affrettarsi al binario. The train Turin to Florence is…-
Si affretta a ricontrollare l’orario sul tabellone delle partenze: non sia mai che per l’emozione o la fretta, salga su altro treno. No, è quello giusto, ha visto bene.
Il capo stazione –uomo d’altri tempi- l’aiuta a salire, poi prende la valigia che le porge e, dopo tre scompartimenti affollati all’inverosimile, entra in quello che ha tutta l’aria di essere il più vuoto, se così si può definire, rispetto ai precedenti, e parte alla ricerca di un posto dove sedersi
 
 
 
 
All’interno del treno
 
Il vagone è caldissimo nonostante l’aria condizionata in funzione.
Terenzi si guarda in giro, constatando che non ci sono molti sedili liberi: un paio di coppie appiccicate l’uno all’altra, famiglie con bambini, uomini d’affari in giacca e cravatta, una comitiva assai nutrita di turisti del Nord Europa.
-Oh, mi scusi!- Ginevra ha appena fatto cadere il suo pesante borsone sul piede del commissario Terenzi, in cerca di un posto dove sedersi:
-Non si preoccupi …  - l’espressione del volto per nulla amichevole rispetto al sorriso forzato che traspare dalla sua bocca.
Sembra che l’unico posto disponibile sia  proprio questo, commenta tra sé e sé, rivolgendo lo sguardo tutto intorno: Terenzi  si dirige verso lo spazio libero vicino alla ragazza della valigia, quindi, di malavoglia, si avvicina a lei, già seduta e intenta a frugare nella borsetta:
- Questo posto è occupato?- le chiede.
La giovane alza la testa e appena lo riconosce arrossisce:
-No …  è libero, si accomodi pure-
-Grazie- il commissario sistema il suo borsone sul poggia valigie e ancora in piedi le domanda:
- Senta, potrei chiederle una cortesia?-
-Certamente, dopo la brutta figura che ho fatto prima…-
- Mi piace guardare fuori dal finestrino durante il viaggio, quindi non è che potremmo fare cambio di posto?- l’uomo accompagna la frase con un gesto e un sorrisino di circostanza.
-Sì, se è solo per questo non si preoccupi- la ragazza si alza, picchiando leggermente la testa sul portapacchi-
-Si è fatta male?-
-No, no, non si preoccupi… -
 
Il treno corre veloce: le figure che formano il paesaggio di campagna si mescolano tra di loro, rapide e indistinte.
Attraverso il vetro Terenzi si diverte a contare, senza molto successo, gli alberi che gli passano davanti, alternati alle distese di campi di girasole e ai filari dei vigneti.
-Mi scusi, potrebbe chiudere il finestrino?-  gli chiede Ginevra, massaggiandosi il collo con la mano destra.
-E’ necessario? Lo so che c’è già l’aria condizionata, ma si soffoca-
 -Me ne accorgo anch’io che si soffoca, ma sa, io soffro un po’ di cervicale e non vorrei che …-
-Sì, ho capito, non si preoccupi- Terenzi chiude controvoglia il finestrino.
Con un sorriso di circostanza, la giovane estrae dalla borsa a tracolla un libro.
Il commissario dà un’occhiata al volume:
Un romanzetto rosa, classifica deluso, ragazza sognatrice e piuttosto alla leggera.
Il poliziotto distoglie lo sguardo e riprende a contare le distese di alberi fuori dal finestrino.
-Non mi sono ancora presentata- dice poco dopo la giovane -io sono Ginevra- richiude il libro e porge la mano al commissario.
Terenzi, preso alla sprovvista, ricambia un po’ seccato, presentandosi.
-Commissario, ha detto? Il migliore amico di mio padre è commissario a Cuneo- Ginevra sorride.
-Ah, bene. E lei, che lavoro fa?-
-Io sono laureata in Archeologia, ma per il momento ho trovato lavoro in uno studio notarile come segretaria. Ho già sostenuto l’esame di ammissione presso l’università di Bologna per la scuola di specializzazione, però sto ancora aspettando una risposta-
Terenzi comincia ad interessarsi: dopotutto leggere romanzetti rosa non significa poi nulla.
-Così la sua aspirazione è diventare archeologa. Lavoro interessante … vorrebbe specializzarsi in quale settore?-
-In archeologia orientale. Negli ultimi anni i paesi di questa zona offrono molte possibilità di scavi e ritrovamenti, è una terra interessantissima per noi archeologi- spiega entusiasta - e lei è da tanto che fa il commissario?-
-Sono dodici anni. Avevo iniziato  l’apprendistato da avvocato, poi però ho capito che la mia vera vocazione era quella del poliziotto-
-L’importante è accorgersi in tempo per poter modificare le proprie scelte. Se posso permettermi, questo è un viaggio di lavoro o di piacere?-
-Di lavoro, ultimamente non ho molto tempo per dedicarmi agli svaghi- taglia corto Terenzi.
-Io invece ho vinto questa vacanza grazie a un concorso di biscotti!- 
L’uomo le sorride: cosa fa la gente pur di andare in vacanza, e ritorna alla conta dei suoi filari di vigna.
 

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Capitolo 2
*** Aggressione all'agriturismo ***


Stazione di Grosseto, ore 11.55
 
La coincidenza Firenze - Grosseto è un viaggio ancora più allucinante.
L’aria condizionata è rotta e a causa di un guasto al motore i passeggeri hanno dovuto sostare per quaranta minuti sotto il sole cocente.
-Finalmente sceso!- esclama Terenzi, guardandosi distrattamente attorno: si stiracchia la schiena, i nervi a pezzi e l’umore pessimo.
Dopo quel breve scambio di battute, lui e Ginevra non hanno ripreso a parlare molto, solo qualche accenno riguardo il tempo afoso di quei giorni e qualche altra frase di circostanza.
 -Che bella giornata!- fa notare la giovane, anche lei scesa dal treno: davanti a loro si apre uno spiazzo circolare in cui è parcheggiato, a un centinaio di metri, un pullmino turistico.
-Fin troppo- ribatte Terenzi, guardando la ragazza distrattamente - direi che questo caldo soffocante non ci abbandonerà nemmeno qui-
-Ma commissario siamo in estate, questo è un posto di villeggiatura, se non fa bello qui dove dovrebbe farlo?-
-Sarà anche così, ma tutto questo caldo proprio non lo sopporto-
-Scommetto che quando arriverà l’inverno penserà esattamente la stessa cosa del freddo-
-Non penso proprio: io adoro il freddo-
Che persona petulante, pensa l’uomo.
-Se lo dice lei. Ora la saluto, è stato un piacere averla come compagno di viaggio!-
-Anche per me. Buone vacanze-
-Grazie, e a lei buon lavoro!-
 
Ad attendere la piccola comitiva diretta a Porto Ercole ci sono due giovani perfettamente identici, i capelli neri tagliati cortissimi, la pelle abbronzata lasciata nuda dalla maglia arancione a maniche corte e dai pantaloncini beige appena sotto il ginocchio, colorito che mette in risalto gli occhi grigioverdi.
Uno di  loro sta parlando al telefonino, mentre l’altro sembra dare indicazioni a un gruppetto di turisti: sono entrambi appoggiati alle porte di un pullmino blu con la scritta bianca in rilievo "Agriturismo Campo dei Fiori".
Tra i servizi offerti dall’agriturismo, infatti, rientra anche quello di scortare i clienti fino a destinazione: quando i due ragazzi si accorgono della comitiva che si sta dirigendo verso di loro, si apprestano sorridenti a raggiungerla, mentre ne approfittano per domandare a una donna dall’abito blu a rose rosse, se sono loro gli ospiti attesi.
Alla sua risposta affermativa, il gemello che stava parlando al telefono, esordisce con tono cordiale:
-Buon giorno a tutti! Siamo Paolo e Leonardo, i figli della proprietaria, e vi accompagneremo fino all’agriturismo. Prego, se volete cominciare a salire … -
-Come è andato il viaggio?- domanda l’altro fratello, mentre sistema le valigie della combriccola nel portabagagli del mezzo.
-Passi alla domanda di riserva. E’ stato allucinante, tra il caldo e il ritardo di quel vecchio pendolino che ci ha portati qui, preferirei di gran lunga tuffarmi in mare per rinfrescarmi che salire su di un altro catorcio come questa specie di pullman!-
A parlare è una donna con gli occhiali da sole calati, i modi e la voce altezzosi, una borsa di tela, più grande quasi della sua valigia, sulla spalla destra.
-Mi dispiace, signora, capirà anche lei che non è stata colpa nostra. Le assicuro che ci vogliono appena venti minuti per raggiungere l’agriturismo, poi potrà rilassarsi per il resto della vacanza … - controbatte il gemello che aveva iniziato con le presentazioni, la voce calma ma un lampo indispettito negli occhi grigioverdi.
Oh no, di nuovo quella ragazza! Terenzi fa ovviamente parte di quella combriccola e, girandosi indietro a vedere il resto del gruppo per capire se anche gli altri sono acidi come quella donna, si accorge della presenza di Ginevra Morini, la sua compagna di viaggio fino a pochi istanti prima, distante da lui solo qualche decina di passi.
Speriamo che non si accorga della mia presenza. Non so perché ma ho come la sensazione che ai guai che già ho se ne aggiungeranno degli altri se la incontrerò di nuovo.
Nemmeno il tempo di pensare a queste parole che Ginevra gli si avvicina con fare allegro:
-Che bella sorpresa, commissario! Anche lei alloggerà al mio stesso agriturismo?-
- Sembra proprio di sì... -  risponde Terenzi con un falso sorriso a trentadue denti.
- E’ proprio un segno del destino, questo. Ma lei non era qui per lavoro?-
-Infatti: l’agriturismo ne fa parte, di più non posso dirle -
-Ah, ora ho capito. Se è così non le chiederò altro, non vorrei rovinarle i piani-
-Brava, le sarei molto grata se non rivelasse a nessuno la mia identità-
continua lui con fare cospiratorio -Certo, conti pure su di me. Sarò muta come una tomba egizia!-
Ma chi me l’ha fatto fare di venire qui? si domanda esasperato Terenzi, poi rassegnato si appresta a raggiungere il resto del gruppo, già salito sul pullmino.
 
                                                     
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Agritursimo “Campo dei Fiori”, Porto Ercole, ore 12.30
 
Arrivati a destinazione, ad attendere il gruppo nell’ampio cortile dell’agriturismo, c’è una signora di mezza età dai folti capelli biondo cenere raccolti in uno crocchia un po’ sbilenca, gli occhi verdi nascosti dietro ad un paio di occhiali dalla forma circolare:
-Buon giorno a tutti! Spero abbiate fatto buon viaggio. Sono la proprietaria dell’agriturismo, ma voi chiamatemi semplicemente Gabriella! E questi sono i miei due figli, di cui avete già fatto la conoscenza. Se volete seguirmi, vi farò vedere le vostre stanze...-
Il gruppo, compatto come obbedienti anatroccoli dietro a mamma cigno, attraversa un giardino particolarmente curato, ricco di alberi e di piante, poi oltrepassa l’ingresso, un grazioso salottino in stile country e infine segue la padrona di casa su per una scala di legno, una decina di gradini a separarli dal traguardo.
La comitiva in questione è formata da sette persone: quattro donne, tra cui Ginevra, e tre uomini, compreso ovviamente Terenzi.
A capeggiare la disomogenea compagnia, si trova Monica Leontini, di professione violinista, la donna a cui si era rivolto Leonardo appena dopo il loro arrivo. E’ vestita molto elegantemente con un abito blu a rose rosse e porta scuri occhiali da sole calati sulla testa, i lunghi capelli castani raccolti in uno strettissimo chignon.
Affianco a lei c'è la signorina Serena Gandolfi, professione ballerina classica, si guarda attorno incuriosita: indossa una blusa verde chiaro abbinata a pantaloni alla marinaia bianchi e sandali di iuta.
Poco più in là, Maria Elena Ragusi, una delle critiche d’arte più temute degli ultimi anni, blu jeans e una maglietta sbracciata giallo canarino, scruta con attenzione i quadri appesi alla parete, stimandoli circa il loro valore. Porta a tracolla una capiente borsa di tela con dentro le più svariate riviste d’arte, taccuini, quaderni, due o tre macchine fotografiche e altrettanti cellulari.
I suoi occhi vigili e penetranti si spostano da un dipinto all’altro, mentre la sua mano veloce scribacchia appunti a lei solo comprensibili.
Per ultima Ginevra che, da bravo soldatino, segue la marcia senza dare troppo nell’occhio, tirandosi dietro la valigia rossa che rimane più volte incastrata tra un gradino e l'altro e aggrappandosi alla tracolla, le ciocche castane scompigliate sulle tempie, la canottiera di pizzo color tortora e i pantaloni castagna lunghi fino alle caviglie.
Dietro alle quattro donne seguono i fratelli Umberto ed Eugenio Parini, due aitanti giovani rampolli di una famiglia altolocata del luogo, campioni di rugby alti come pertiche di un metro e novanta, i capelli castano scuro e gli occhi grigioverdi.
Saliti i gradini fino al primo piano, Gabriella indica le due ali dell’ampia cascina dove alloggeranno i suoi ospiti:
-Eccoci arrivati! L'intero piano è a vostra esclusiva disposizione! Scegliete pure il numero della camera che preferite. Un’ultima cosa, comincerò a servire il pranzo tra mezz'ora, se nel frattempo volete rinfrescarvi o avete bisogno di qualcosa, non esitate a chiedere: farò del mio meglio per esservi utile. A più tardi-
Il commissario entra nella prima stanza disponibile, lui e gli altri uomini hanno preso a caso le chiavi delle camere.
Apre la porta con qualche riserva, piacevolmente sorpreso dell'accoglienza e dalla pulizia del luogo, che ha potuto osservare fino ad allora. E di nuovo le aspettative non lo deludono: si ritrova infatti in un ambiente particolarmente spazioso e molto luminoso, con -di fronte all'ingresso-una grande finestra che dà sul balcone e si affaccia sull’ampia distesa di campagna, mentre non troppo in lontananza si riesce a scorgere l’immensa superficie del mare, piatta e brillante sotto i caldi raggi solari.
Ai piedi del letto a baldacchino, disposto nel centro della stanza, troneggia un comodo divanetto di paglia, mentre alla sua sinistra è stato posizionato un capiente armadio in rovere e, a destra, uno scrittoio vecchio stile con la sedia coordinata. La parete di fronte al piccolo sofà, ospita un tavolino di legno intarsiato su cui è appoggiata la televisione.
Terenzi, dopo aver esaminato l'intero ambiente, sta finalmente appoggiando il borsone sul letto, quando squilla il cellulare:
-Pronto, Ghirodelli … ?-
-Buongiorno, commissario. E’ arrivato a destinazione?-
-Sì, ma è stato un viaggio allucinante, sapessi come ti invidio. Comunque, ci sono novità?-
-No, purtroppo. Ho fatto un’altra telefonata ai colleghi di Porto Ercole per ricordare che sarebbe arrivato oggi e loro hanno confermato la loro piena disponibilità: mi hanno detto di chiedere dell’ispettore capo Lorenzo Oldoini-
-Molto bene. Lì, a parte la situazione invariata, come va?-
-Come quando è partito, né più né meno. Il questore le manda i suoi saluti e le dà carta bianca-
-Ovvio, come al solito- Terenzi si avvicina alla porta finestra che dà sul balconcino, le tende già scostate, e guarda fuori, il sole alto nel cielo. -Questo pomeriggio faccio un salto dai colleghi, gli spiegherò la situazione e vediamo un po’ se sapranno esserci d’aiuto. Ci sentiamo più tardi-
-Va bene. Arrivederci, commissario, a dopo-
                                                                
                                                  
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Nel primo pomeriggio i membri della piccola comitiva arrivata quel mattino, sono ognuno nelle proprie stanze.
Ginevra, alla numero 12, la prima porta a sinistra, è seduta fuori sulla poltrona del balconcino a continuare la sua lettura interrotta durante il viaggio, le gambe allungate sull'altra sedia di ferro di fronte a lei.
Due camere più avanti, la signorina Gandolfi sta provando alcuni passi di danza per lo spettacolo che avrebbe dato la sera stessa, esibizione concordata precedentemente il loro arrivo, con la padrona di casa.
Nella stanza accanto a quella della ballerina, Monica Leontini suona al suo preziosissimo e inseparabile violino un brano piuttosto difficile del suo repertorio.
L’unica controcorrente è come al solito la critica d’arte Ragusi, che sta passeggiando in corridoio in cerca di qualche oggetto degno della sua attenzione.
In quel mentre i due figli di Gabriella salgono rapidamente le scale, parlottando a bassa voce tra di loro:
-Buon pomeriggio- saluta Leonardo, non appena si accorge della figura vagante che ondeggia di fronte a lui e al fratello.
La donna li guarda accigliata, non degnandoli più di tanto della sua attenzione:
-Buongiorno- risponde, poi si gira nuovamente per proseguire il sopralluogo.
-Siamo venuti a cercare il vostro gruppo: sa è nostra abitudine portare i nuovi arrivati a fare un piccolo giro turistico per vedere la zona, in modo che se doveste andare a fare un passeggiata da soli non vi perdereste!- continua il giovane, non desistendo andandole dietro.
La donna chiude il taccuino su cui sta scrivendo, poi guarda poco convinta i due fratelli:
-Mi sembra una bella idea. Tra quanto dobbiamo essere pronti?-
-Direi che tra un quarto d’ora può andare bene: a quest’ora si gira meglio, tutti sono al mare o a riposare. Noi intanto andiamo ad avvisare gli altri ospiti - risponde Paolo, lanciando un'occhiata di approvazione a Leonardo.
 
 
 
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I due giovani proprietari dell'agriturismo, portano i loro ospiti a fare un bel giro sul promontorio, verso la cinta muraria e sul lungo mare. Il caldo afoso che li ha accolti solo poche ore prima, adesso va man mano scemandosi, lasciando il posto ad una brezza leggera.
Terenzi accetta di unirsi al gruppo non proprio di sua iniziativa, perché preferirebbe rimanere nella sua stanza a cercare una soluzione riguardo alla misteriosa scatola di porcellana che lo ha portato fino a lì, in attesa di recarsi al commissariato nel tardo pomeriggio. Alla fine però è costretto ad arrendersi sotto le insistenze dei padroni di casa.
Dopo circa un’ora di cammino, la piccola comitiva si ferma in un bar in piazza per rinfrescarsi con qualche bevanda.
-Commissario, lei non viene?- domanda Ginevra poco più avanti dell’uomo.
-No, andate voi, vi aspetterò qui fuori-
 Terenzi guarda dentro il locale: c’è troppa confusione per lui, inoltre non ha sete, è abituato a camminare a lungo durante le sue passeggiate in montagna. Decide quindi di allontanarsi di qualche metro, mettendosi a girovagare tra i vari negozietti lì vicino. Dopo un paio di minuti, prop mentre stava dando un'occhiata di puro interesse sportivo, a una racchetta da tennis esposta in una vetrina, cellulare prende a squillare:
-Ghirodelli, dimmi- risponde, allarmandosi per il mittente della telefonata
-Commissario, ci sono delle grandi novità! Abbiamo arrestato un sospetto, un tale Giovanni Arcangeli!-
-Non l’ho mai sentito nominare. Scommetto che non è schedato … -
-No, infatti, purtroppo è una faccia nuova. Lo abbiamo arrestato in flagranza di reato: stava cercando di forzare due volanti della polizia. Nella tasca dei pantaloni aveva un foglietto della stessa grafia della persona che ci ha spedito la scatola. Quando gli abbiamo chiesto spiegazioni ha fatto scena muta, dice di sapere certe cose sul caso, ma continua a ripetere che vuole parlare solo con lei-
-Con me? E perché? Io non lo conosco-
ora la racchetta di tennis ha completamente perso ogni interesse nell'uomo, troppo assorbito dalla conversazione. -Non lo so, però è da tre ore che insiste … -
-Ha cercato di scappare, ha fatto resistenza?-
-No, commissario, è stato docile come un agnellino-
-Ci sono molte cose che non quadrano in questa storia. Cerca di riuscire a cavargli qualcosa, fatti dire perché vuole parlare con me, aspetto una tua telefonata più tardi-
- Noi qui faremo del nostro meglio, non si preoccupi-
-Bene, Ghirodelli. Ci sentiamo questa sera-
 
 
Appena attaccato il cellulare, Terenzi si accorge che la comitiva ha lasciato il bar.
Poco importa, il paese non è tanto grande, riuscirà a raggiungere da solo la centrale e poi a far ritorno all’agriturismo.
Sta riponendo nella tasca dei pantaloni il telefonino, quando si sente appoggiare una mano sulla spalla
-Commissario, la stavamo aspettando. Non l’abbiamo più vista e così io mi sono offerta di venire a cercarla. Tutto bene?-
Terenzi si morde il labbro, cerca di fare buon viso a cattivo gioco:
-Sì, grazie, è stata molto gentile. Vi raggiungo subito-
-Come prosegue il suo lavoro?-
-Non le posso rivelare nulla-
-Io ovviamente non ho fatto parola con nessuno che lei è un commissario-
-Ovviamente-
-Comunque, se posso esserle d’aiuto in qualche modo, non esisti a chiedermelo: mi farebbe molto piacere-
-Me ne ricorderò-
-Bene-
Convinta di aver fatto una buona azione, la ragazza si dirige verso il resto della comitiva, lasciando indietro il commissario che li raggiunge lentamente, sempre più convinto di aver fatto un grave errore a lasciare Torino per quel posto che nulla ha a che fare con le indagini.
 
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Commissariato di Porto Ercole
 
Dopo essersi qualificato in portineria, Terenzi riesce ad ottenere un colloquio con l’ispettore capo Lorenzo Oldoini, un uomo molto alto dai folti capelli ricci e con un viso decisamente affabile.
Entrati nel suo ufficio, il commissario comincia a raccontargli della difficile indagine di cui lui e la sua squadra si stanno occupando da settimane:
-Come le avrà accennato il mio collega Ghirodelli, a Torino stiamo lavorando su una serie di misteriosi episodi: le vittime sono tutte donne bionde e decisamente ricche … -
-Un caso di stalking?-
-Non lo definirei in questo modo, una persecuzione di così vasta scala non è facile da organizzare, inoltre non ha propriamente gli estremi per essere considerato tale: infatti non ci sono state aggressioni verbali vere e proprie e soprattutto fisiche che ci possano far seguire questa pista-
-Allora che cosa hanno in comune le vittime, a parte l’aspetto fisico e il fatto che siano ricche?-
-Apparentemente solo questo. La cosa interessante è che nonostante siano donne piuttosto facoltose, a casa delle vittime non è mai stato rubato nessun gioiello o denaro o altri oggetti di valore. La persona misteriosa lascia a tutte le sue vittime dei biglietti intimidatori infilati dentro a spartiti di musica inesistenti-
-Come inesistenti?- lo interrompe Oldoini
-Sì, lo so che è assurdo, ma è così- Terenzi fruga brevemente nella tasca dei pantaloni ed estrae un quadernetto, da cui prende a sfogliare qualche pagina:
-Aspetti che le leggo esattamente le parole, le ho scritte qui sopra… ecco: “Ciò che tu mi hai fatto un giorno, ora io lo farò a te!”.  Abbiamo fatto analizzare la grafia ma la nostra esperta non ne ha ricavato molto, se non il fatto che chi ha scritto questi messaggi è sicuramente un uomo. Anche le tracce organiche sono praticamente inesistenti e, sebbene abbiamo ricercato nel passato di ogni donna, non risulta nessun appiglio concreto che possa aiutarci nelle indagini. Per il momento siamo arrivati alla conclusione che solamente uno psicopatico metterebbe in scena un teatrino del genere-
Oldoini si appoggia allo schienale della poltrona girevole e congiunge le mani in grembo:
-E’ un caso veramente complicato. La pista che state seguendo è  plausibile, ma oggigiorno di pazzi ce ne sono a bizzeffe in giro, e per quanto siano degli squilibrati un motivo lo hanno sempre, commissario. Il problema è che credono di essere nella ragione … -
-Era così per dire, ispettore, è ancora tutto campato per aria, non abbiamo elementi sufficienti per seguire alcuna traccia … -
- E la scatola che l’ha portato qui? Anche su quella non ci sono impronte?-
- No. Lo stesso giorno che mi è arrivata l’ho mandata ad analizzare insieme al pacco e al biglietto, ma la Scientifica non ne ha ricavato nulla-
- E’ davvero un brutto grattacapo. Ha detto che gli spartiti non sono autentici, giusto?-
-Sì, è così-
-E la carta su cui sono stati scritti, invece?-
-Lo può essere così come può essere falsa. L’esperta a cui l’abbiamo sottoposta ci ha detto che si può reperire facilmente dagli antiquari. A Torino, purtroppo, non risulta che ne abbiano vendute da diversi anni-
-Davvero interessante- commenta l’ispettore, poi prosegue:
-Dunque, ricapitolando: c’è un uomo che tiene di mira donne di una certa levatura sociale, nonostante questo non ruba loro nulla di prezioso, ma alle sue vittime lascia un foglietto minatorio inserito in uno spartito inesistente. Inoltre, lei è venuto qui a Porto Ercole in seguito ad un messaggio anonimo che accompagnava una scatola di porcellana, giusto?-
Terenzi sorride sarcastico:
-Sì, ispettore, mi accorgo anch’io che detto così può sembrare irreale, ma le assicuro che è la verità-
-Le credo, commissario, è questa storia che è paradossale-
-Ah, una cosa che non le ho ancora detto- prosegue Terenzi - è che oltre allo spartito e al biglietto, l’uomo misterioso lascia anche una rosa gialla- 
-Una rosa gialla?-
-Esatto. Nel linguaggio dei fiori il colore giallo indica la gelosia- spiega il commissario
-Sono sposate le vittime?-
-Sì-
-Quante ha detto che sono?-
-A stamattina quando sono partito, quindici casi-
-La loro età?-
-Quarantacinque anni-
Oldoini annuisce pensieroso:
-Questa coincidenza mi spingerebbe a dire che il nostro uomo agisca secondo regole ben precise, per il momento note a lui solo-
-Esattamente-
-Quindi l’unico appiglio che ci rimane è il sospettato che i suoi colleghi hanno fermato a Torino. Come ha detto che si chiama?-
-Giovanni Arcangeli. L’ispettore Ghirodelli, che con me segue le indagini, ha detto che non è schedato, ma devono fare delle ricerche più approfondite, inoltre insiste a voler parlare solo con me-
-E per quale motivo?-
-Ancora non lo so, non l’ha voluto dire-
-Mi ha detto che alloggia all’agriturismo Campo dei Fiori?-
-Sì, ho seguito le indicazioni scritte nel biglietto-
-Già, il biglietto. Comunque le posso assicurare che il posto è pulito, lo hanno aperto appena tre mesi fa, per Pasqua, e anche i proprietari è gente assolutamente rispettabile- spiega Oldoini
-E questo, ispettore, non fa che complicare le cose. Perché mai quel pazzo ha scelto proprio quel posto?-  ribatte sconcertato Terenzi, agitandosi sulla sedia.
-Questo purtroppo non lo sappiamo, commissario, può essere un caso, come può essere una strategia di cui ancora non conosciamo le ragioni. Ma stia certo che riusciremo a scoprirlo-
-Qualsiasi cosa si riuscirà a  trovare, è sempre meglio di questo caos, ispettore. Senta, ho bisogno di chiederle un favore … -
-Certo, dica pure-
-Dovrebbe controllarmi l’elenco degli ospiti dell’agriturismo. Ospiti maschili, intendo. Quelli che sono arrivati oggi con me sono due fratelli, e poi ci sono i figli della signora Gabriella, Paolo e Leonardo Magistrini-
-D’accordo, commissario. Mi dia i nomi degli altri due uomini-
-Purtroppo non li so: so solo che uno si chiama Umberto perché l’ho sentito chiamare così dal fratello-
 -Non è un problema. Quando torna all’agriturismo cerchi di scoprirlo e poi mi telefoni a questo numero- Oldoini prende un taccuino da un cassetto della scrivania, ne strappa un foglio e ci scrive il suo numero di cellulare.
-Grazie, ispettore, lo farò appena torno-
-Lo consideri già fatto, commissario-  rassicura Oldoini sorridendo.
-Sono sicuro che la nostra collaborazione sarà molto proficua- sorride Terenzi
-Ne sono certo anch’io. Prima di lasciarla andare, posso offrirle un caffè? E’ della macchinetta ma è comunque buono-
-Lo accetto volentieri-
 
 
Ore 21.00, Sala dei ricevimenti, Agriturismo "Campo dei Fiori"                                                                                                                  
 
Dopo cena, il gruppo giunto quella mattina insieme agli altri ospiti dell’agriturismo, si sposta nella stanza attigua alla sala da pranzo, per assistere allo spettacolo di danza offerto da Serena Gandolfi.
La sala dei ricevimenti, un nome altisonante e di buon auspicio, ha una capienza degna del miglior banchetto di nozze: i cinque tavoli di mogano sono stati spostati da un lato, così come quello deputato al buffet e quelli più piccoli per la colazione.
Al centro della sala, davanti al piccolo palco innalzato per l’occasione, troneggiano le sedie intarsiate, distanziate a sufficienza perché si riesca ad intravedere con chiarezza la scena del bacio di Apollo e Dafne, composta a mosaico sul pavimento tirato a lucido.
Sulle pareti di ovest e di sud corrono due lunghe vetrate incorniciate dalla stoffa taffetà color avorio delle tende sottilissime, mentre sul muro ad est si apre la grande porta su cui si affaccia il corridoio con la reception.
-Un attimo di attenzione, prego!- la voce di Gabriella risuona allegra ed emozionata:
-Vorrei presentarvi la signorina Serena Gandolfi, ballerina di fame mondiale-  un applauso appassionato invade piacevolmente la stanza  -che ci delizierà con una sua coreografia preparata apposta per la nostra serata! Non mi resta altro che augurarvi buon divertimento!-
Tutti hanno preso posto: in prima fila ci sono la signora Gabriella con i figli, la signorina Leontini, Ginevra vicino alla finestra e il commissario, che ha appena telefonato all’ispettore Oldoini per comunicargli i nomi dei due uomini giunti quella mattina insieme a lui.
Dietro di loro ci sono la critica d’arte Maria Elena Ragusi, i fratelli Parini e tutti gli altri ospiti.
La signorina Gandolfi balla davvero divinamente.
La Sinfonia alla Gioia” di Beethoven è una perfetta accoppiata con la capace danzatrice che, tra piroette, volteggi e movimenti rapidi delle braccia, incanta ben presto tutti i presenti.
Ma dopo pochi minuti di esibizione, la luce del lampadario diviene soffusa, sempre più debole, fino a spegnersi completamente.
La finestra socchiusa si spalanca di colpo, soffiando sulle piccole fiammelle delle candele  accese per dare risalto alla scena.
Un fruscio di foglie e di passi in lontananza spezza la calma e la tranquillità dell’atmosfera che si è appena creata.
All’improvviso un urlo e poi le luci si riaccendono di colpo.
-Cosa è stato?- il commissario si precipita a soccorrere la ballerina che, per lo spavento, è caduta a terra, tremante.
-Si calmi, signorina! Presto, mi porti un bicchiere d’acqua- dice rivolto a Gabriella.
-Subito!-  la donna si precipita fuori dalla stanza, tornando poco dopo con ciò che Terenzi le ha chiesto.
-Tenga, beva adagio- la tranquillizza il commissario.
-Ora va meglio, grazie- Serena Gandolfi prova a rimettersi in piedi.
-Molto bene. Si sieda qui- continua Terenzi, accompagnandola alla sedia più vicina – che cosa è successo? Perché ha urlato?-
La donna emette un sospiro, poi inizia a raccontare, stropicciandosi le lunghe mani bianche:
-Non lo so … mi stavo esibendo, andava tutto bene, quando improvvisamente le luci si sono spente. Poi qualcuno mi ha dato una spinta e mi sono talmente spaventata che mi sono messa ad urlare e sono caduta-
Il commissario annuisce gravemente, non riuscendo a spiegare il motivo di quell’episodio: quando le luci sono tornate non ha notato nulla di strano, e anche adesso... si sta alzando dalla sedia, quando si accorge che proprio sotto la finestra, sono sparsi dei fogli.
Si avvicina per raccoglierli e si accorge con stupore che sono degli spartiti di musica “ La Rapsodia per pianoforte e orchestra” di Sergej Rachmaninov.
Terenzi si passa una mano sulla barba incolta, sconcertato da quello che ha -o meglio- non visto: ancora degli spartiti, come nelle sue indagini a Torino, questa volta però autentici e senza alcuna frase scritta sopra.
Alza lo sguardo dalla partitura, ancora incredulo:
-Chiamate immediatamente la polizia, sono un commissario di Torino

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Capitolo 3
*** Il fuggitivo ***


Quella che si preannunciava una serata allegra e piacevole, ben presto si rivela come la peggiore delle aspettative: l’atmosfera idilliaca che si poteva tangibilmente percepire fino a pochi minuti prima, è stata bruscamente interrotta senza alcun apparente motivo.
I presenti allo spettacolo non riescono a capire l’agitazione di Terenzi, né tantomeno l’ inutile precauzione di telefonare addirittura alle forze dell’ordine: la maggior parte degli ospiti sta borbottando -raccolta in piccoli gruppi- riguardo ll’accaduto, non ancora ben chiarito, capitato all’incantevole ballerina: forse è un po’ debole di nervi, soffrirà d’isteria con la vita frenetica che fa si sente qualcuno mormorare, si è immaginata tutto quanto, era talmente presa dall’esibizione che si è lasciata suggestionare commenta qualcun altro.
Gabriella, la proprietaria dell’agriturismo, è  svicolata in cucina a prepararsi una camomilla, perché lei sì che teme per i suoi nervi e soprattutto per la cattiva reputazione che da quell’episodio potrebbe scaturire su di lei e sulla sua struttura.    
Mentre ognuno riflette come meglio crede, la polizia arriva di lì a pochi minuti capeggiata dall’ispettore Oldoini, seguito a ruota da due agenti in borghese che iniziano ad interrogare i presenti.
-Buona sera, commissario. Ci siamo lasciati appena qualche ora fa, e già ci rivediamo per un’altra situazione alquanto spiacevole … ultimamente la fortuna non è dalla sua parte- commenta Oldoini
-Purtroppo è così,  ma dopotutto abbiamo scelto noi questo mestiere, non ci resta altro che farlo al meglio … -
-Ha ragione, ma a volte le confesso che non mi dispiacerebbe  scappare in qualche paradiso esotico, lontano da tutto e da tutti! Comunque, a parte gli scherzi, che cosa è successo?- si informa l’ispettore, tirando fuori dalla tasca della camicia un vecchio taccuino scarabocchiato e una Bic.
Il commissario gli fa il resoconto di ciò che è avvenuto poco prima, cercando di dare un senso a quello che sta spiegando:
-E questo è niente. Vede, ispettore, poco dopo l’incidente, quando sono ritornate le luci, ho trovato sul pavimento proprio sotto quella finestra –continua indicandola-  uno spartito musicale … -
-Un altro spartito uguale a quelli che avete trovato a Torino?-
-No, non è uguale ... -
- Ma allora cosa c’entra?! La signorina aggredita ha i capelli rossi, non biondi … -  
-E’ proprio questo il problema, ispettore:  ci ho pensato anch’io, e  quello che è appena capitato non fa altro che confermare la mia ipotesi: la persona  con cui abbiamo a che fare è un pazzo squilibrato, non c’è altra spiegazione! Ma la vera stranezza sta nel fatto che questa volta il nostro uomo ha lasciato uno spartito perfettamente esistente! Guardi lei … -
Terenzi mostra il ritrovamento all’ispettore che, la Bic e il taccuino nella mano destra,  guarda attonito i fogli davanti ai suoi occhi:
-“La Rapsodia per pianoforte e orchestra” di Sergej Rachmaninov. La conosce?- chiede meravigliato Oldoini
-Sì, mi intendo un po’ di musica classica e so che è stato un grande compositore russo vissuto circa un secolo fa, se non ricordo male … -
-Comincio a pensare anch’io che quest’uomo finirà per farci impazzire … - mormora ancora più confuso il collega, restituendo la partitura.
Terenzi si avvicina di qualche passo all’uomo , abbassando il tono di voce, lo supplica:
-Ho assoluto bisogno di sapere qualcosa in più sui nominativi dei quattro uomini che le ho dato prima, ispettore. Non posso più permettermi di aspettare senza fare nulla-  
-Entro domani saprà vita, morte e miracoli di tutti e quattro, glielo prometto-
-Molto bene … mi scusi un attimo- il cellulare di Terenzi comincia a squillare:
-Pronto Ghirodelli, dimmi-
-Commissario, mi dispiace chiamarla a quest’ora, ma è successa una cosa che non le piacerà affatto- esordisce il sottoposto, le parole insicure a salutare il poliziotto
-Se sapessi quello che sta capitando qui, non diresti la stessa cosa. Allora, parla, che cosa è accaduto ancora?-
-Ecco, il fatto è che … Giovanni Arcangeli è fuggito confessa tutto d'un fiato l'altro-
-Che cosa?!- la voce di Terenzi suona stupita e meravigliata: notando l’espressione di curiosità mista a interessamento sul viso di Oldoini, il commissario si allontana di qualche decina di metri dall’ispettore, poi prosegue con la conversazione telefonica e, credendo di non aver capito bene le ultime parole, domanda speranzoso:
-Non stai dicendo sul serio, vero?-
-Purtroppo sì. Questa sera, mentre gli agenti della penitenziaria lo stavano facendo salire sul furgone per portarlo in carcere, lui li ha colti alla sprovvista, anzi ci ha colti alla sprovvista, perché  ho mandato la Ramboldi con loro, e non si sa come, è riuscito a fuggire- conclude scoraggiato Ghirodelli.
-Mi stai dicendo che ve lo siete fatti scappare da sotto al naso?! Ti ricordo che questo non è un gioco! E voi non vi state divertendo a guardie e ladri! Qui voi siete i poliziotti e quel maledetto Arcangeli l’uomo da arrestare!- tuona furibondo Terenzi, cercando di modulare il più possibile la voce per non farsi sentire dai presenti.
-Lo so, commissario, non so proprio come spiegare una cosa simile- cerca di difendersi l’ispettore.
Che cosa devo fare adesso? si chiede il commissario: ladri misteriosi a Torino, spartiti musicali inesistenti, incomprensibili aggressioni all’agriturismo e ora anche la scomparsa di quell’uomo, l’unico appiglio reale in tutta quella storia. Devo tornare a Torino o continuare le indagini a Porto Ercole?
-Hai diramato un identikit dell’uomo? Avete messo dei posti di blocco?- si informa esasperato il commissario.
-Sì, è stata la prima cosa che ho ordinato di fare: ho subito informato i colleghi della stradale che hanno predisposto dei posti di blocco, ma finora niente-
-Se è fuggito un motivo ce lo avrà avuto. Se aveva così tanta voglia di parlare con me, perché allora non ha aspettato che ritornassi?-
-Non lo so, commissario. Sembrava disposto a collaborare, anche se solo con lei: quando gli abbiamo mostrato il foglio di custodia cautelare, non ha opposto resistenza, anzi sembrava quasi soddisfatto-
-Soddisfatto … ?!-
-Sì, quantomeno è come mi è sembrato alla fine dell’interrogatorio, poco prima del trasferimento … -
-Ha parlato con un avvocato o con qualcun altro che non fossi tu o uno dei ragazzi?-
-No, commissario, non ha parlato con nessuno. Anzi, mi sono anche premurato di contattare l’avvocato d’ufficio, che mi ha detto che sarebbe andato in carcere dall'Arcangeli domani mattina. Comunque le assicuro che non è mai stato da solo con nessuno: le telecamere della sala interrogatori sono sempre in funzione, lo sa anche lei … -
- Se è così, non ci resta che aspettare, allora- conclude laconico Terenzi  -domani mattina chiamerò il questore  e mi informerò su come vuole procedere-
-D’accordo -
Guardandosi intorno per vedere che nessuno lo controllasse particolarmente, il poliziotto nota con piacere che Oldoini gli sta dando le spalle, intento a parlare con un paio dei suoi agenti, così da non vedere l’agitazione che imporpora il suo viso:
 -Comunque anche qui le cose non vanno affatto bene- prosegue Terenzi ancora più a bassa voce
-In che senso, commissario? Perché parla così piano?-
-Non posso parlare più forte, Ghirodelli! E’ appena arrivata la polizia: poco fa c’è stata un’aggressione ad una ballerina, è un’ospite dell’agriturismo, si stava esibendo quando è andata via la luce, poi quando è ritornata lei era per terra, tremante come una foglia e certa che qualcuno l’avesse spinta-
-E chi l’avrebbe spinta? Qualcuno ha visto qualcosa?-
-Con la fortuna che abbiamo noi, ti pare possibile?! Ovviamente no, nessuno ha visto o sentito niente. Da lei poi non riusciremo a ricavare granché: è talmente spaventata e sconvolta, che continua a ripetere le stesse cose … fa quasi pena-
-E allora cosa pensa di fare?-
-Aspetta di sentire il seguito: quando sono ritornate le luci, ho trovato sotto la finestra spalancata uno spartito musicale … -
-Uno come quelli che abbiamo rinvenuto a casa delle vittime?!-
-Non proprio. Questa volta la partitura esiste davvero, è “La Rapsodia per pianoforte e orchestra” di Sergej Rachmaninov-
-E chi è?!-
-E’ un compositore russo, ma l’importante è scoprire che cosa ha a che fare con questa maledetta indagine, o se è soltanto l’ennesima falsa pista per fuorviarci. Senti, adesso vado a raccontare quello che mi hai detto all’ispettore Oldoini, come ti ho accennato è ancora qui perché i suoi uomini stanno finendo di interrogare i presenti. Ci aggiorniamo domattina-
-Va bene, commissario, buonanotte-
-Sarà tutto tranne che una buonanotte, Ghirodelli-
 
 
All’alba delle tre del mattino, dopo aver letto almeno una decina di volte i vari interrogatori ed essersi consultato nuovamente con l’ispettore Oldoini, Terenzi si appresta ad andare a letto solo per rilassare un po’ ossa e muscoli, anche perché non riuscirebbe a dormire neanche se lo volesse.
Ha troppi pensieri che gli ronzano per la testa, pesanti come macigni. E’ sempre più convinto che l’uomo con cui hanno a che fare sia un pazzo squilibrato, sebbene da una parte spera che tutto ciò sia solo uno scherzo di cattivo gusto per far perdere tempo prezioso a lui e alla sua squadra: ultimamente girano certi perdigiorno ben disposti a sprecare la loro esistenza in sciocchezze del genere.
Il finto ladro probabilmente lo ha indotto a recarsi a Porto Ercole solamente per prendersi gioco di lui, allora cosa c’entra l’aggressione ai danni della signorina Gandolfi? E’ stato l’ennesimo atto dimostrativo di uno squilibrato o quell’uomo –o donna- è così folle da seguirlo fino a lì?
Sdraiato sul letto della sua stanza, non riesce a fare altro se non pensare, fino a quando, vinto dalla stanchezza, inaspettatamente cade tra le braccia di Morfeo.
 
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Sabato 7 Luglio, ore 8.30, Agriturismo “Campo dei Fiori”
 
Terenzi scende le scale verso la terrazza vista mare, con l'intento, alquanto difficile da realizzare, di riuscire a fare colazione.
Ha lo stomaco chiuso: quelle poche ore di sonno non lo hanno per niente giovato, tuttavia ha bisogno di un posto per poter riflettere con calma, perché la sua stanza gli comincia a sembrare claustrofobica a furia di stare tra quelle quattro mura.
Il caldo è onnipresente, a vedere la piscina a portata di mano gli verrebbe quasi voglia di fare un tuffo, peccato che sono in servizio, si dice.
Si avvicina al buffet: c’è ogni bendiddio che farebbe resuscitare anche un morto, ma lui proprio non riesce ad ingoiare nemmeno un boccone. Si versa solo un bicchiere di acqua frizzante e si affaccia alla balaustra. Intravede una donna che, il cappello di paglia calato sul capo, non riconosce all'istante, ma mettendo meglio a fuoco, si accorge che è la signora Gabriella, intenta a bagnare le piante e i fiori del giardino: ortensie, calle, gelsomini, rose, Terenzi riconosce anche degli iris e dei gigli arancioni, mentre vicino a quella natura, un gruppetto sparuto di quattro ospiti saluta la donna e si avvia oltre il viale d'ingresso.
Le parole di Ginevra lo distolgono dai suoi pensieri:
-Buon giorno, commissario. Adesso che anche tutti gli altri sanno del suo lavoro, potrò chiamarla ad alta voce, sempre che non le dispiaccia … -
-Buon giorno- ribatte a denti stretti l’uomo, accomodandosi sulla poltrona di vimini più vicina al buffet, nel caso disperato in cui la vista di quelle delizie gli facesse tornare l’appetito, e ignorando deliberatamente l’ultima parte del discorso della ragazza.
-Ha già fatto colazione?-
-Non mi va-
-E’ per quello che è successo ieri sera, vero?- la ragazza si avvicina al buffet: prende un piattino e comincia a riempirlo con una fetta di crostata ai frutti di bosco e un paio di muffin al cioccolato.
-Sì, è stato uno spiacevole incidente - risponde in tono vago lui
-Non avete scoperto niente di interessante, lei e l’ispettore Oldoini?-
-No, almeno per il momento- al commissario viene in mente un particolare:
 -Ho letto sul suo verbale che lei, poco prima che andassero via le luci, ha visto qualcosa muoversi fuori dalla finestra … si ricorda che cosa fosse o chi fosse?- domanda interessato Terenzi
-Sì, in effetti ieri sera ero la persona più vicina alla ... - la giovane appoggia sul tavolino di fianco a quello del poliziotto, il secondo piattino che ha appena riempito con la torta di pere e cioccolato, poi continua:
-Credo di aver visto un’ombra, qualcosa di indefinito, ma non so dire se fosse una donna o un uomo. Magari erano solo i rami di qualche albero mossi dalla brezza notturna- risponde titubante la giovane, agguantando la caraffa del latte e poi quella del succo d’arance rosse.
-Un’ombra?-
-Almeno così mi sembra di ricordare, ma non ne sono sicura, forse era qualche ospite che in preda all’agitazione si è alzato di scatto e per qualche motivo mi è sembrato che ci fosse qualcuno nel giardino … non glielo so dire con certezza- si giustifica Ginevra
-Certo, è ovvio, era buio e nessuno si aspettava quello che poi è accaduto. Se dovesse ricordarsi di qualcos’altro…-
-Glielo farò sapere, non si preoccupi. Cambiamo un attimo discorso! Quali sono i suoi programmi per oggi?- domanda la ragazza, sedendosi finalmente a sorseggiare il latte in cui ha inzuppato un pezzo di muffin.
-Non lo so, credo che più tardi andrò a far visita all’ispettore Oldoini. Lei, invece?-
-Stamattina mi piacerebbe fare un giro per il paese: ieri, quando i figli della signora Gabriella ci hanno accompagnati, ho visto un paio di posti interessanti che vorrei visitare … -
-Quindi non si unisce all’immensa folla di bagnanti?-
-Pensavo di farlo oggi pomeriggio. In realtà spero di trovare una spiaggia libera, magari un po’ appartata per poter leggere in tranquillità e fare un bel bagno … adoro il mare!-
-Le auguro di trovarla, allora-
-Grazie …  E’ sicuro che non vuole mangiare nulla? Mi piacerebbe se mi tenesse compagnia-
-No, non ho proprio fame. Ora sarà meglio che me ne vada: ci vediamo a pranzo, arrivederci-
-A più tardi-
Terenzi appoggia il bicchiere ormai vuoto di acqua frizzante sulla tavola imbandita e rientra all’agriturismo.
                
La mattinata trascorre abbastanza tranquilla, gli ospiti continuano come se niente fosse la loro vacanza.
L’unica ancora un po’ agitata è la signora Gabriella: l’arrivo della polizia l’ha messa in ansia, perché non si immaginava di certo di inaugurare la prima stagione estiva del suo agriturismo in quella maniera così spiacevole.
Tutto quel trambusto le porterà solo cattiva pubblicità: i pettegolezzi malevoli delle comari del paese, gli articoli di giornale sulla cronaca locale, i commenti dei suoi ospiti una volta tornati a casa … basta, si dice,non ci devo più pensare, o mi salirà la pressione un’altra volta, dopotutto non è successo nulla di così grave, continua, probabilmente le luci si sono spente per un piccolo guasto tecnico e la signorina Gandolfi è caduta per la paura!
Sì, era fermamente convinta di quella versione dei fatti, alla sua versione dei fatti, così riprende a bagnare il giardino, cantando sottovoce una canzone di quando era giovane.
Il commissario Terenzi, nel frattempo, approfitta della relativa calma per concedersi una breve passeggiata nella campagna circostante: non contento di quella pace appena ritrovata ed essendo non troppo inconsapevolmente  masochista, decide di chiamare il questore, appunto per allietare quella mattinata già così poco nervosa:
-Signor questore, buon giorno, sono…-
- Ah, buon giorno, commissario, aspettavo proprio la sua telefonata! Ho dovuto apprendere dalla televisione quello è successo ieri sera. Vorrei delle spiegazioni da parte sua, e anche piuttosto convincenti!- la voce della donna è abbastanza tranquilla, ma Terenzi sa che quando parla o si comporta in quel modo, vuole dire l’esatto contrario: la immagina già con i piedi piantati a terra, quello destro a battere furiosamente sul pavimento, le labbra arricciate dai denti draculei, e il profondo respiro che deve aver fatto quando ha letto il nome del poliziotto sul display del telefono dell’ufficio.
-Vede, signor questore, è successo tutto velocemente: Ghirodelli mi ha spiegato che la mia agente e le guardie penitenziarie non si aspettavano di certo che l’Arcangeli potesse fuggire e…-
-Ma è successo! Le ricordo che ieri sera ve lo siete fatti scappare! Ecco come è andata! Ma lo sa che siamo su questo caso da settimane, che stiamo diventando lo zimbello della città?! Mi vuole forse dire che adesso nemmeno i nostri ragazzi sanno più fare il loro mestiere?!- tuona il superiore
-No, signor questore- replica Terenzi imbarazzato -non voglio insinuare una cosa del genere. Forse abbiamo sottovalutato l’indiziato, questo purtroppo lo devo dire, ma so perfettamente che…-
-Questo lo so già. Quello che non so, anzi che non riesco a capire, è come avete fatto a farvelo fuggire da sotto al naso… anche se me lo posso immaginare- risponde eloquente il questore.
Capendo ciò a cui si riferiva, cioè a una possibile complicità tra l’evaso e gli agenti, il commissario si affretta ad aggiungere:
-No, questo lo escludo categoricamente, signor questore!-
Dall’altra capo del filo la donna sospira forte:
-E allora come ha fatto a fuggire?!-
-E’ quello che stiamo cercando di scoprire-
-Scopritelo in fretta, commissario! Non abbiamo più tutto questo tempo!-
-Sì, signor questore, spero di darle notizie positive al più presto-
-Molto bene. E lì a Porto Ercole come stanno andando le cose?-
-E’ tutto sotto controllo, ho la piena collaborazione dell’ispettore Oldoini. Stiamo indagando sugli ospiti dell’albergo…-
-Con discrezione, voglio sperare-
-Ovviamente con discrezione. E se siamo fortunati, presto troveremo qualche indizio- prosegue Terenzi
-Lo voglio sperare, commissario, per lei più che altro. Ora devo andare- taglia corto il questore -voglio degli sviluppi al più presto, ha capito?-
-Sì, certo, la terrò costantemente informata-
-Ci conto, arrivederci-
Terenzi chiude la telefonata con un senso di rimorso: è già abbastanza nei guai, perché ha detto che è tutto sotto controllo, quando invece la situazione gli sta scivolando di mano ogni minuto che passa? Se il suo superiore dovesse scoprirlo, è sicuro che questa sarebbe la fine della sua carriera. Come poliziotto. E come uomo.                                                
 

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Capitolo 4
*** Nuovo indizio con interrogatorio ***


Terenzi sta rientrando all’agriturismo quando vede Oldoini attenderlo appoggiato alla volante della polizia:
-Buon giorno, commissario, cercavo proprio lei-
-Buon giorno, ispettore, mi dica. Novità sull’elenco che le ho chiesto?-
-Nessuno dei quattro uomini ha precedenti, per la legge sono puliti-
Terenzi si passa una mano sulla barba incolta:
-Me lo sentivo, ma fino all’ultimo ho sperato che avessero compiuto qualche delitto o qualche furto che potesse anche solo vagamente ricordare le dinamiche dell’indagine. Vorrà dire che ricominceremo daccapo- conclude sospirando.
-Proprio dall’inizio non direi. Abbiamo trovato una chiave sotto la finestra della stanza in cui è avvenuta l’aggressione ieri sera … - continua Oldoini.
-Bene, qualcosa di concreto, finalmente! E si sa già a chi appartiene o che cosa apre?- chiede ansioso Terenzi.
-Per ora no. Da un primo rilievo sembra sia un modello usato per i portoni vecchio stile, sa quelli che hanno più ruggine che vernice per intenderci … ?-
-Sì, ho presente … ce l’ha qui? Posso vederla?- domanda il commissario, tendendo già la mano destra.
-Certo- il poliziotto gli porge la chiave custodita in una busta di plastica per conservare le eventuali impronte digitali.
-Se questa notte non ho dormito per l’aggressione di ieri sera e per questo stramaledetto caldo, da stasera non dormirò più del tutto!- conclude amareggiato Terenzi, restituendo l’indizio e aggiungendo di non aver mai visto quel tipo di oggetto lì all’agriturismo:
–Inoltre le chiavi delle nostre stanze non sono di questa forgiatura-
-Aspetti a darsi per vinto, c’è un’altra novità … - continua Oldoini
-Di che tipo?-
-I miei uomini, poco prima che arrivasse, hanno trovato questo biglietto. Credo che lei conosca già la scrittura- l’uomo porge a Terenzi un pezzo di carta scritto con gli stessi minuti ed eleganti caratteri che il commissario ha ben in mente:
-M-a ma questo è identico ai precedenti messaggi!-
Terenzi guarda stupefatto l’ispettore. Quel pazzo criminale lo ha seguito proprio come si era immaginato poche ore prima:
“Commissario, le è piaciuto lo scherzetto che le ho fatto ieri sera?! Pensavo che avrebbe capito subito che anch’io sono qui in questa bella cittadina di mare! Per il momento la saluto. Il suo fedele amico Giovanni Arcangeli”
-Ispettore, mi dica che ho le allucinazioni! Non c’è altra spiegazione-
-Mi dispiace deluderla, ma quello che vede purtroppo non è frutto della sua immaginazione … che cosa pensa di fare adesso?-
-Se è davvero l’Arcangeli che stiamo cercando, mi dispiace dirlo, ma si è incastrato con le sue stesse mani: i miei colleghi a Torino lo hanno visto in faccia e, anche se ancora non mi spiego come possa essere arrivato fin qui eludendo la sorveglianza, dev’essere da qualche parte lì fuori e farò di tutto per catturarlo!-
-Ha ragione, sotto questo aspetto abbiamo la fortuna dalla nostra: direi che è un buon punto di ri-partenza! Mi faccia avere via fax l’identikit dell’uomo, lo diramerò in tutta la zona entro un’ora-
-Sarà la prima cosa che chiederò a Ghirodelli, ispettore. Anche se non ci spero, le posso chiedere di far esaminare il biglietto alla Scientifica?-
-Ci ho già pensato:appena torno in centrale, lo faccio analizzare subito. Stia tranquillo, commissario, vedrà che lo prenderemo-
 
                    
∞∞∞∞∞∞∞∞∞
 
Il pomeriggio prosegue in un’altalenarsi di eventi che non fanno altro che aumentare lo stato di continua apprensione in cui il commissario si ritrova impantanato da quando è arrivato appena il giorno prima.
Terenzi ha provato di tutto: in internet cercando notizie su Rachmaninov che, non sapendo di preciso cosa individuare, è come se non le avesse nemmeno iniziate; poi ha controllato i referti delle prove calligrafiche fattigli avere dalla Scientifica, talmente certo che non ci fossero impronte, da mettere la mano sul fuoco, e in effetti così è stato; e, ovviamente, non ha tralasciato di leggere tutti gli interrogatori della notte in cui è avvenuta l’aggressione alla signorina Gandolfi.
Risultato di quelle ore: niente, in una stanza appena ripulita da cima a fondo avrebbe sicuramente trovato almeno un granello di polvere, su quei biglietti scritti da Giovanni Arcangeli invece è come se avessero usato l’inchiostro simpatico.
Quello sdoppiarsi tra Torino e Porto Ercole lo sta facendo impazzire. Nella sua città tutta la squadra è impegnata nelle ricerche dell’evaso: se davvero è qui in Toscana, in qualche modo deve esserci arrivato, continua a ripetersi il poliziotto, e prima o poi riusciremo a trovarlo.
Ogni strada è costellata di posti di blocco, sono stati diramati in entrambe le città e provincie foto segnaletiche insieme all’identikit dell’uomo, i giornali scrivono del fuggitivo, eppure ancora nessuna notizia…
Il commissario sta uscendo dalla doccia quando squilla il cellulare:
-Ghirodelli, dimmi-
-Ci sono buone notizie! Abbiamo ricevuto una segnalazione: una donna ci ha detto che ieri sera, intorno alle ventuno e quaranta mentre stava portando fuori il cane, ha visto un uomo che assomigliava incredibilmente a Giovanni Arcangeli-
-Quindi è ancora a Torino?!-
-Sembrerebbe di sì-
-E’ sicuro o è qualcosa di campato per aria?-
-Sì, commissario, è sicuro. Insomma, era buio e la donna fa quella strada ogni giorno, però dice che l’ha visto …-  Ghirodelli non è del tutto convinto, sa che deve ponderare per bene le parole, non ha nessuna voglia di subirsi l’ennesima ramanzina dal suo capo in meno di ventiquattr’ore.
-Ho capito, continua. Altre novità?- sbuffa Terenzi, il cellulare nella mano destra, la sinistra alla ricerca di una maglia pulita nella valigia.
-Ecco, la donna lo ha notato perché scappava come un disperato, ma si è fermato per una manciata di secondi dietro a una macchina, vicino a un lampione. E’ in quel momento che ha potuto vederlo-
-Almeno di questo particolare è convinta?-
-Sì, su questo punto è assolutamente certa-
-Benedetto quel cane, allora…-
-Come, commissario?-
-Niente. Continuate con le ricerche, e se avete delle notizie, chiamatemi anche di notte. Tanto con tutto quello che sta succedendo è impossibile dormire-
-D’accordo, non si preoccupi. Appena ho qualche novità, gliela comunico. Buona serata-
-Grazie, anche a te – e sospirando, l’uomo richiude con un colpo energico la valigia, dimenticandosi di prendere la maglietta.
 
 
In attesa della cena, Terenzi esce in veranda dove la mattina ha fatto un’inesistente colazione, per colpa del suo stomaco perennemente chiuso: è affacciato alla terrazza che dà sul giardino, in lontananza il mare calmo e più vicino la distesa a perdita d’occhio della campagna toscana.
Il frinire dei grilli e di qualche civetta appollaiata chissà su quale albero, lo distoglie per qualche secondo dai suoi monotoni pensieri.
-Buonasera, commissario-
L’uomo si gira e si ritrova davanti Ginevra avvolta in un elegante tubino nero.
-Ah, è lei. Le è venuto in mente qualcosa?-
-No, ci ho pensato e ripensato, ma tutto quello che ho visto gliel’ho già raccontato questa mattina. Mi dispiace-
-Non è lei che si deve dispiacere. E’ tutta questa situazione che è assurda. In dodici anni di servizio non mi è mai capitato niente del genere … -
- Dev’essere frustrante non riuscire a risolvere un caso, ma sono sicura che ce la farà- lo consola Ginevra, sorridendo
- Se non dovessi farcela, non mi sentirei a posto con la mia coscienza di uomo e di poliziotto - Terenzi la guarda e ricambia con un sorriso incerto quello di lei, poi continua in tono più sollevato:
-Come è andata la giornata? A pranzo non c’è stata occasione di chiederglielo-
-Bene, il paese è molto grazioso e sono riuscita a trovare un tratto di spiaggia tranquillo dove leggere e prendere il sole!-
-Mi fa piacere-
L’uomo emette un sospiro quasi impercettibile, lo sguardo perso verso la distesa al tramonto del mare.
-Commissario, a proposito di coscienza, c’è una cosa che dovrei dirle- la ragazza distoglie lo sguardo dal suo interlocutore, gli occhi sulle mani incrociate.
-Riguarda lei?-
-Sì- risponde Ginevra titubante.
-Non mi dica che è successo qualcos’altro, la prego!- replica allarmato il commissario, voltandosi di scatto, la schiena appoggiata alla balaustra.
-Oh no, non è successo nulla per fortuna! E’ solo che credo di aver fatto una cosa… illecita-
-Illecita?! In che senso?-
-Questa mattina, come le ho detto prima, sono andata in giro per il paese e ho fatto delle domande ai negozianti, loro sanno sempre qualcosa di interessante quando accadono episodi di questo genere … - spiega la giovane tutta d’un fiato.
-E chi gliel’avrebbe detta questa sciocchezza?!-
Sebbene la luce lunare stia prendendo lentamente il sopravvento e quella fioca dei lampioni già accesi nel giardino sottostante non riescano ad illuminare alla perfezione il viso di Ginevra, su di esso si può, senza difficoltà, leggervi imbarazzo e timidezza.
-Mi sta dicendo che si è spacciata per un poliziotto?!- continua Terenzi, in cambio di quell’ostinato e un po’ infantile silenzio.
-No, questo no! Non mi sarei mai permessa. E’ che volevo esserle d’aiuto in qualche modo, ho fatto finto di…-
-Non voglio nemmeno saperlo! Senta- prosegue l’uomo, cercando di controllare il più possibile la voce - a me fa piacere questo suo interessamento nel caso, ma non può e non deve immischiarsi in faccende che non la riguardano! Può essere molto pericoloso, lei non ha esperienza, e per quanto entusiasmo abbia, non serve in situazioni del genere, glielo assicuro!-
Terenzi si passa la mano sulla barba incolta: quella ragazza è un pericolo pubblico, pensa.
-Lo sapevo che non dovevo dirglielo-
-Signorina, la prego. La smetta di fare l’investigatrice dilettante. E’ per il suo bene-
-Ma commissario…-
-Non voglio fare la parte del poliziotto cattivo, anche perché  credo non mi si addica per niente. Mi dia retta, dimentichi l’episodio che è successo ieri, continui a fare la parte della turista, si goda la sua vacanza lei che può!-
-Sì, ma le assicuro che non è successo niente, che…-
-Ora mi scusi, devo andare. Prima di cena ho urgenza di sentire un’altra volta la signorina Gandolfi. Buonasera-
 
   
                                                     ∞∞∞∞∞∞∞∞∞           
                          
 
Terenzi bussa alla camera della ballerina.
 -Avanti… ah, commissario è lei! Si accomodi-  esordisce la donna una volta accertata l’identità del suo visitatore: indossa una maglietta a maniche corte e una gonna di seta e, con un gesto della mano, indica la sedia di fronte alla sua sul balconcino.
-Sì,grazie- il poliziotto si siede.
-E’ tornato per interrogarmi, vero?-
-Esatto. Vede, quello che è successo l’altra sera mi sembra  così strano da non riuscire a trovare risposta. E poi penso che sia la stessa cosa anche per lei, motivo in più che è stata direttamente coinvolta … -
-Sì, la capisco, è così. E la ringrazio per come sta svolgendo il suo lavoro-
Il commissario annuisce, un movimento di assenso con il capo come gesto di ringraziamento.
-Ma non so che altro dirle-
 -A Torino- prosegue l’uomo annuendo assorto -sto conducendo delle indagini molto particolari, che mi hanno portato qui a  Porto Ercole. Ecco, è dall’incidente di ieri sera che continuo a chiedermi che cosa possa collegarla al caso di cui mi sto occupando … -
- Le ripeto, commissario, purtroppo non so proprio come aiutarla…-
-Ha per caso qualche fan troppo insistente nell’ultimo periodo?-
La ballerina abbassa per un istante lo sguardo, poi riprende:
-No, che io sappia direi di no. Ogni volta che incontro degli ammiratori, uomini o donne che siano, sono sempre gentili con me, spesso mi regalano dei fiori ed io li ricevo con disponibilità e cortesia: firmo autografi, mi presto a farmi fotografare, cose del genere insomma. Sa, commissario, nel nostro campo, quello degli artisti, non si è niente senza gli ammiratori, loro sono fondamentali per iniziare e per continuare a fare questo mestiere. Essere sempre cordiali con loro è il minimo-
Il poliziotto abbozza un sorriso, comprensivo, un po’ com’è il questore: devo sempre cercare d’ingraziarmela, altrimenti avrei già smesso da un pezzo di fare questo lavoro.
-Capisco. E a proposito del suo rapporto con i fan, si ricorda qualche episodio spiacevole che l’ha vista coinvolta? Magari anche con qualche collaboratore o qualche collega … ?-
La ballerina scuote la testa per l’ennesima volta, le mani intrecciate appoggiate alla gonna rosa antico:
-No, non mi è mai successo nulla di spiacevole. Anzi, ho sempre avuto la fortuna di lavorare con grandi professionisti e di trovarmi bene con loro, sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista umano-
Una donna dal passato lindo come quello di un bambino, pensa tra sé e sé Terenzi:
-Ha parlato a qualcuno dell’esibizione che avrebbe fatto la scorsa sera? - continua incuriosito il commissario
-Sì- risponde senza indugio la donna - ieri pomeriggio ho telefonato al mio agente, Andrea Mirafiori, e oltre a lui anche gli ospiti dell’agriturismo lo sapevano, la signora Gabriella aveva preparato una locandina. L’avrà vista anche lei, giù all’entrata … ?- risponde Serena.
Terenzi annuisce, poi prosegue:
-E questo Mirafiori è una persona fidata?-
-Assolutamente sì! Lui e la moglie hanno appena avuto una bambina che hanno chiamato come me: direi che se ci fossero stati degli screzi o cose simili, di certo avrebbero scelto un altro nome!- sorride la donna, orgogliosa per quel dato di fatto.
-Certo, ma a parte questo, può dirmi qualcosa in più riguardo il suo agente?-
-Io e Andrea ci siamo conosciuti alla scuola di danza che ho frequentato circa dodici anni fa e nella quale mi sono diplomata. Lui era un giovane coreografo molto capace e così, quando ho iniziato a diventare famosa, l’ho preso con me come agente personale: ormai lavoriamo insieme da otto anni-
-Dove abita?- chiede Terenzi
-Vicino a San Gemignano, la moglie è di quelle parti-
-Lei conosce un certo Giovanni Arcangeli?-
La ballerina ci pensa un attimo, poi scuote delicatamente la testa, le labbra arricciate come se si sforzasse d’incasellare quel nome al giusto posto nella sua memoria:
-No, perché? C’entra qualcosa con l’aggressione che ho subìto ieri sera?-
-Non si preoccupi, mi ricollegavo semplicemente al caso di cui le ho parlato prima, se non lo conosce meglio così … - risponde sorridendo Terenzi.
-Un’ultima cosa- prosegue  -per caso ha sentito il rumore di una chiave che cadeva mentre si stava esibendo o quando sono andate via le luci?-
Serena Gandolfi lo guarda accigliata:
-Una chiave? No, non mi sembra-
-Va bene. E’ stata molto chiara. Ovviamente se le dovesse venire in mente qualche particolare o qualche episodio di screzio che ha avuto in passato, me lo faccia sapere- l’uomo si alza dalla sedia e stringe la mano dalle dita lunghe e le unghie curate che la donna gli porge.
-Sarà fatto, commissario-
-La ringrazio, ci vediamo giù a cena-
 
 
Nota dell’autrice: grazie a tutti quelli che hanno letto la mia storia fino adesso e, ovviamente, grazie a coloro che continueranno a farlo!
Vi chiedo solo un piccolo favore: se riuscite – e se volete- lasciate un commento, sia esso positivo che negativo, così da capire quali sono le cose che devo migliorare per il bene del racconto!
Ciao a tutti, a presto!
rossella0806
 

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Capitolo 5
*** Rapimento o fuga? ***


Agriturismo Campo dei Fiori, ore 20.30
 
La cena è appena stata servita, gli ospiti si sono riversati sul buffet degli antipasti e dei contorni, come stanchi e affamati viaggiatori del deserto alla vista di un’oasi.
La piccola comitiva sembra che abbia ritrovato la tranquillità nonostante l’episodio della sera precedente: gli ospiti chiacchierano tra di loro, i tavoli a gruppi di quattro gli uni vicini agli altri, le grandi vetrate che danno sulla terrazza a incorniciare quello che sembra un quadro di uno stanco verista.
-Come mai Serena non è ancora scesa a cenare?- domanda Monica Leontini ad alta voce, seduta insieme alla critica d’arte e a Ginevra, guardando il posto vuoto della ballerina di fianco a lei.
Solo in quel momento tutti i presenti si accorgono della sua mancanza: in effetti la signorina Gandolfi non è tra loro e, l’ultima che l’ha vista, dopo il commissario, è stata proprio la violinista.
-Cosa significa? Non ha avvisato nessuno di voi che non sarebbe scesa?!- chiede preoccupato Terenzi, due tavoli più in là: chissà perché, ma in quel momento sta già immaginando il peggio.
-Ci siami incontrate in giardino poco più di mezz’ora fa, ma non mi ha detto nulla. Sembrava rilassata, anzi mi ha detto che aveva parlato con lei, commissario, e che adesso si sentiva protetta-
-Non dobbiamo pensare al peggio: per favore, qualcuno vada a vedere se è in camera sua- continua Terenzi.
-Vado io- si offre Monica.
Mentre aspettano che la donna ritorni, il poliziotto si alza e si avvicina ai tavoli della comitiva con cui è arrivato la mattina precedente:
-Otre alla signorina Leontini, qualcuno di voi l'ha vista?-
Tutti i presenti scuotono la testa, storditi e non completamente consci del motivo di quella brusca interruzione nella cena appena iniziata.
-E’ da questa mattina a colazione che non la vedo- commenta Ginevra – dopo che io e lei ci siamo salutati, commissario, è scesa in veranda e si è seduta al mio stesso tavolo-
-E non ha detto quali sarebbero stati i suoi programmi per la giornata?- continua Terenzi, la voce calda e profonda, perfetta simulatrice del suo stato d'animo tutt'altro che pacifico.
-No, non abbiamo quasi parlato: le ho chiesto se si era ripresa dopo lo spavento che ha subito ieri sera e, poi, abbiamo cominciato a fare quattro chiacchiere sul tempo, sui nostri lavori, tutte cose banali. Finita la colazione, io sono andata a fare un giro per il paese, e l’ho lasciata lì, sulla terrazza-
La violinista ritorna tutta trafelata, l'elegante chioma bionda scossa un pó a destra e un pó a sinistra:
-Non c’è! Ho bussato ripetutamente, ma non mi ha aperto! Commissario, se si fosse sentita male?-
-Per favore, stiamo calmi. Vado a chiedere le chiavi della stanza alla signora Gabriella-
L’uomo si alza e si dirige verso la porta della sala, quando uno dei fratelli Parini lo blocca:
-Aspettiamo a tirare conclusioni affrettate. Probabilmente sarà uscita per fare una passeggiata: dopo tutto questa sera fa un gran caldo…- azzarda Umberto, la voce calma nel volto squadrato e abbronzato dal sole caldo di luglio.
-E se andassimo a cercarla?- insiste Monica, guardando il poliziotto.
-D’accordo- risponde Terenzi  -dividiamoci in piccoli gruppi: le tre signore verranno con me, mentre voi due -comanda indicando i fratelli Parini- andrete a chiamare Leonardo e Paolo e li porterete con voi: cerchiamo in ogni angolo della campagna, in giardino, all’interno dell’agriturismo, dovunque!-
In quel mentre entra reggendo la prima portata la signora Gabriella che, spaventata da tutta quell’agitazione, domanda:
-Santo Cielo! Cosa sta succedendo?!-
-Non sappiamo dov’è la signorina Gandolfi: lei l’ha vista?- le ribatte Terenzi.
-No, è dall’ora di pranzo che non la vedo…-
-Allora lei resterà qui, in modo che se dovesse tornare, troverà qualcuno ad aspettarla. Mi dia le chiavi, per favore, prima voglio controllare la sua camera-
-Sì, certamente, venga con me- risponde la donna, appoggiando il grande piatto ovale sul primo tavolo libero.
-Non perdete tempo inutile, altrimenti non la troverete più!- sentenzia sarcastica la critica d’arte, continuando a mangiare di gusto lo sformato di verdure.
Terenzi la guarda furioso:
-Signorina Ragusi, non è il momento adatto per decretare sentenze a casaccio. Piuttosto cerchi di rendersi utile e di provvedere come tutti gli altri alle ricerche della Gandolfi-
La donna annuisce con un lieve sorriso dipinto sulle labbra:
-Come vuole lei, commissario- posa la forchetta di lato al piatto e si alza obbediente, il rumore della sedia appena trattenuto.
 
               
                                                     ∞∞∞∞∞∞∞∞∞                                                      
 
 
Le affannate ricerche durano per quasi un’ora con la partecipazione di tutte le persone alloggiate all’agriturismo.
Alla fine si ritrovano nell’ingresso per fare il punto della situazione.
Dopo ciò che è accaduto la sera precedente, gli ospiti sono di nuovo in apprensione e non vedono l’ora di ritrovare la signorina Gandolfi, in modo da mettere fine a quella spaventosa angoscia.
Improvvisamente la voce di Gabriella, promossa a segugio nelle ricerche nel giardino dell'agriturismo, richiama l’attenzione degli altri: proviene dalla serra, un edificio allungato e rettangolare fatto di mattoni e ardesia, a una cinquantina di metri dall'entrata sul retro.
-Commissario, presto, venga! Penso di aver trovato qualcosa!- esorta la donna, correndo verso di loro.
Il resto del gruppo lo segue immediatamente: la proprietaria tiene, tra le mani tremanti, un prezioso scialle di lino azzurro a grandi fiori bianchi.
-Sono entrata nella serra qualche minuto fa e, abbassando lo sguardo, mi sono accorta di questo scialle nascosto vicino al vaso di rose- Gabriella indica una grande composizione di rose gialle in un grosso vaso rettangolare.
-Questo scialle appartiene a Serena, gliel’ho visto addosso quando ci siamo lasciate nemmeno due ore fa!- esclama Monica Leontini.
Tutti i presenti fissano con aria incredula Terenzi che, flebilmente, ribatte:
-Rose gialle, come a Torino…- le parole del commissario sono un sibilo: non se l’aspettava di certo una nuova mossa così meschina. Quel pazzo ha colpito di nuovo e questa volta ha rapito una giovane donna. Se di rapimento si tratta … forse è una semplice coincidenza, riflette il poliziotto. Forse lo scialle è caduto per caso alla ballerina, durante una passeggiata piú che improbabile nella serra. Forse la donna, semplicemente, non aveva voglia di cenare con il resto del gruppo, ancora scossa dall’episodio della sera precedente, così ha deciso di allontanarsi per fare una passeggiata, dimenticando di avvisare.
-Sono sue queste rose?- chiede il commissario rivolto a Gabriella.
-No, non le ho mai viste. Nella serra tratto solo piante esotiche-
La donna, infatti, non riesce a capire come il vaso sia finito lì: solo lei e i suoi due figli hanno le chiavi e, quando poco prima è entrata, ha aperto la porta tranquillamente come tutte le altre volte.
-La chiave della serra è intatta?-
-In che senso, commissario?-
-E’ possibile che qualcuno l’abbia presa per farne un duplicato?- il poliziotto cerca di trattenere il tono brusco che gli affiora perentorio dalla bocca.
-No, sono certa di no- la donna scuote la testa disperata, continuando -Come il resto dei presenti- a non capire.
-Questa mattina gli uomini dell’ispettore Oldoini hanno trovato una chiave di grosse dimensioni, proprio come quella che apre questa serra. Controlli, per favore-
La proprietaria dell’agriturismo prende dalla tasca del grembiule il mazzo di chiavi ed estrae quella che serve per aprire il vivaio:
-E’ leggermente ammaccata … - commenta con poca convinzione
-Dove la tiene di solito?-
-In un cassetto dell’ufficio. Ma ieri mattina, prima che arrivaste voi, sono venuta qui alla serra per bagnare le piante e le posso assicurare che la chiave era perfettamente integra!-
-Tutti hanno accesso al suo ufficio?-
-N-no. Solitamente lo tengo chiuso quando non sono nei paraggi. Dentro ho i documenti degli ospiti, le ricevute, le carte personali…- continua lei, con una punta di disperazione nella voce.
-E ieri mattina quando è venuta qui, l’ha lasciato aperto?-
-N-on non mi ricordo. Sono convinta che, come tutte le altre volte, l’abbia chiuso a chiave, ma così su due piedi non glielo giurerei, commissario-
Terenzi si guarda intorno, in cerca di impronte o di qualche altro indizio, che così ad occhio nudo non riesce a vedere:
-Non toccate nulla, lasciate ogni cosa al proprio posto. Qualcuno vada a chiamare immediatamente la polizia e faccia venire qui l’ispettore Oldoini-
-Vado io- si offre Gabriella.
-Commissario, le dovrei parlare- la voce di Umberto Parini attira l’attenzione di Terenzi.
-Mi dica … spero sia qualcosa di molto importante, perché mi scusi la franchezza, ma adesso non è il caso di discutere di cose che possiamo rimandare a più tardi-
-Lo so, ma è molto importante … -
-Allora se è così, venga con me-
I due uomini si allontano leggermente dal gruppo e il ragazzo inizia a raccontare, visibilmente imbarazzato:
-Ho notato qualcosa di strano oggi pomeriggio … -
-Qualcosa che ha a che fare con la scomparsa della ballerina?- domanda interessato Terenzi.
-Sì, cioè credo di sì: verso le quattro ho sentito la … la signorina Gandolfi parlare al telefono. All’inizio mi sembrava calma poi, ad un certo punto, ha iniziato ad alzare la voce, quasi ad urlare-
-Al cellulare, intende? Stava parlando con il suo cellulare o con il telefono della stanza?-
Il giovane guarda con aria dubbiosa il commissario, che non riesce più a trattenere la rabbia:
-Ecco non lo so di preciso, credo che stesse parlando con il cellulare, perché camminava avanti e indietro per la camera. Ho sentito solo che si riferiva a qualcosa di illegale che la spaventava … -
-Non ricorda esattamente le sue parole? – incalza l'altro, gesticolando con la mano destra.
-No, io ero seduto sul dondolo nel giardino e lei era nella sua camera: aveva le finestre aperte, per questo l’ho sentita-
-Ma se non ricordo male, il dondolo non è esattamente vicino alla stanza della ballerina … -
Il giovane alza le spalle e scuote la testa:
-Le sto solo dicendo cosa ho sentito, commissario-
-Va bene- il poliziotto si passa una mano sulla barba incolta, invisibili gocce di sudore ad imperlargli la fronte e le tempie  -le viene in mente qualcos’altro?-
-No, tutto quello che so gliel’ho già detto … -
-La signorina Gandolfi dava del tu alla persona con cui stava parlando al telefono?- domandò Terenzi, non volendo desistere da quelle apparenti preziose informazioni.
-Sì, mi sembra di sì. Anzi, ne sono certo-
-E non ha sentito se la ballerina chiamava per nome il suo interlocutore?-
-No, questo purtroppo no- conclude rassegnato il giovane.
-D’accordo, può andare- Terenzi, sempre più pensieroso, congeda Umberto Parini, poi esce dalla serra e si mette ad aspettare Oldoini all’ingresso della grande cascina, il caldo onnipresente come sua unica compagnia.
 
 
Un quarto d’ora più tardi arriva l’ispettore con i soliti due agenti in borghese della sera precedente, ma questa volta sono scortati anche dalla Scientifica.
Terenzi e Oldoini fanno sgomberare la serra, mentre su loro indicazione, gli ospiti si accomodano nel salottino dell’agriturismo, in attesa di fare il punto della situazione:
-Commissario, la signora Gabriella mi ha accennato al telefono quello che è successo, ma era talmente agitata che non ho capito bene … - lo saluta il nuovo arrivato, stringendosi le mani a vicenda.
- Buonasera, ispettore: abbiamo appena ritrovato lo scialle della signorina Gandolfi nella serra. Sembra sia sparita da un paio d’ore: l’ultima che l’ha vista è stata Monica Leontini, la musicista-  spiega l’uomo, indicando la donna che sta parlando con Ginevra, entrambe sedute su un divano vicino a uno scaffale della libreria.
 -Immagino che se siete così in apprensione vuol dire che non ha detto a nessuno dove sarebbe andata, giusto?- domanda Oldoini
-Sì, infatti. Prima di sparire, la Gandolfi ha parlato con me: l’ho di nuovo interrogata per sapere qualcosa di più sulla sua vita privata, ma mi sembrava assolutamente tranquilla, anzi ha risposto alle mie domande con calma e senza dare segni di nervosismo-
-Avete già controllato nelle vicinanze?-
-Sì, per quanto ci è stato possibile: l’agriturismo, la campagna, e per ultima la serra dove la signora Gabriella ha ritrovato lo scialle. Manca il paese, è vero, ma non vorrei creare falsi allarmismi. Può anche darsi che si sia allontanata volontariamente … -
-Manderò un paio dei miei uomini a cercarla. Sono certo che la troveremo, commissario, abbia fiducia- promette l'altro, dando un'occhiata in giro per la stanza.
-Lo spero. Anche perché c’è qualcosa che non mi quadra. Poco prima che lei arrivasse, Umberto Parini -vede quel ragazzo girato di spalle?-  mi ha riferito di aver sentito parlare al telefonino Serena Gandolfi, con una persona fino adesso sconosciuta, e che a un certo punto della conversazione lei abbia cominciato ad urlare-
-Questo può essere un indizio. E ovviamente Parini non ha sentito il nome dell’interlocutore nemmeno una volta, vero?-
-No, mi ha solo detto che lei continuava a riferirsi ad una certa azione illecita, ma di più non mi ha saputo dire-
-Un’azione illecita? Questo avvalorerebbe l’ipotesi di un suo allontanamento volontario. Presa dal panico per qualcosa di cui non sappiamo, ha preferito tagliare la corda. Cosa ne pensa?- autoasserisce sempre più convinto l'ispettore.
-No, non mi sembra il tipo per quel poco che l’ho conosciuta … -
-Immagino che abbiate già controllato la sua stanza…-
-E’ stata la prima cosa che ho fatto, ma era tutto in ordine, non c’era nulla fuori posto e il telefonino, purtroppo, non c’era-
-Se riusciamo a rintracciare il numero di cellulare della Gandolfi, sarebbe poi semplice risalire ai tabulati e scoprire con chi parlava poche ore fa, non crede?- continua Oldoini
-Certo, potrebbe essere un ottimo punto di partenza. Se siamo fortunati possiamo chiedere alla signora Gabriella, è probabile che lei abbia come recapito telefonico proprio il cellulare della ballerina- suggerisce Terenzi
-Allora facciamo così, commissario: io ritorno in centrale e mando un paio dei miei uomini a setacciare il paese, mentre lascio lavorare tranquilli gli uomini della Scientifica. Lei cerchi di scoprire il numero di telefono della donna: il primo che ha novità chiama l’altro-
-Molto bene. Ci sentiamo più tardi, ispettore-
 
La fortuna continua a girare le spalle a Terenzi: la signorina Gandolfi non ha dato alcun recapito alla proprietaria dell’agriturismo perché, per prenotare il suo soggiorno, la donna ha usato la carta di credito.
Il commissario decide quindi di fare un tentativo interrogando Monica Leontini, l’ultima persona ad aver visto la ballerina prima della sua scomparsa.
Il poliziotto guarda l’orologio: sono le dieci e un quarto, non è troppo tardi.
Sale le scale e va a bussare alla stanza della donna, speranzoso in quell'incontro, come non lo era da ore.
-Chi è?- domanda la musicista.
-Sono il commissario Terenzi. Avrei bisogno di parlarle, posso entrare?-
Pochi istanti dopo, la porta si apre e compare la signorina Loentini, avvolta in una vestaglia color avorio.
-Mi scusi, stava dormendo?- il poliziotto è imbarazzato.
-No no, commissario, entri pure. Mi sono solo cambiata per la notte, ma non credo di prendere sonno con tutto quello che è successo. Non riuscivo a starmene seduta insieme agli altri, così sono salita-
Terenzi entra nella camera, perfettamente identica alla sua, se non per le pareti dipinte di un tenue azzurro:
-Non le farò perdere molto tempo-
-Non si preoccupi, si accomodi- la donna lo invita a sedersi sul divano ai piedi del letto a baldacchino.
-Vorrei solo farle qualche domanda riguardo il colloquio che ha avuto prima di cena con la signorina Gandolfi: da come si è comportata quando ha appreso della sua scomparsa, sembra tenere molto a lei -
-E’ vero- la donna annuisce convinta, la pelle tirata ai lati della bocca - io e Serena ci siamo rincontrate dopo otto anni: all’inizio non l’avevo riconosciuta, poi dopo l’episodio di ieri, ci siamo riavvicinate. Avevamo fatto insieme “Lo schiaccianoci” appunto otto anni fa, e da allora, purtroppo, ci eravamo perse di vista-
-E questo pomeriggio le sembrava tranquilla, non era magari agitata per qualcosa?-
-No, assolutamente no! Anzi, è stata molto carina con me: abbiamo rievocato i bei tempi e parlato delle nostre vite-
-A questo proposito, le ha detto qualcosa? Le ha confessato di avere paura di qualcuno?-
-No- la donna si stringe sempre più sulla sedia, le braccia conserte e un’espressione di intensa preoccupazione sul viso - le ripeto, commissario, era normale,  tanto che ci siamo messe d’accordo per fare una gita in barca domani mattina. Mi ha persino invitata ad andare con lei come prima violinista: tra tre settimane, infatti, partirà la sua tournée in giro per l’Europa e, dal momento che l’orchestra non è ancora stata decisa, mi ha offerto questa opportunità che io ho subito accettato di buon grado-
Terenzi sospira, la mano sinistra passata sulla barba incolta:
-E dopo, quando l’ha lasciata, vi siete date appuntamento per la cena, giusto?-
-Non proprio. L’ho salutata che passeggiava per il giardino. Infatti io stavo tornando all’agriturismo dopo essere stata al mare per tutto il pomeriggio. Ci siamo incontrate così, per caso, e abbiamo parlato fino alle sette e mezza, minuto più minuto meno. Poi io le ho detto che sarei andata a cambiarmi per la cena e così mi sono allontanata. Ma era sottointeso che ci saremo riviste più tardi-  la musicista abbassa lo sguardo, i pollici nascosti nei pugni.
-Le ha per caso parlato di un certo Giovanni Arcangeli?-
-Non ho mai sentito questo nome-
-Lei conosce il suo agente?-
-Chi, Andrea Mirafiori? Certo, lavorava già con Serena quando ci siamo viste l’ultima volta, ma le posso assicurare che è un’ottima persona, almeno da quello che mi ricordo-
-Va bene, adesso la lascio riposare. Grazie ancora per la sua cortesia, buonanotte- il poliziotto si alza dal divanetto, fa qualche passo e ha già le dita sulla maniglia, quando la donna  gli si avvicina, le braccia conserte, i capelli lasciati sciolti leggermente scompigliati sulle spalle.
-Commissario, la ritroverete, vero?-
-Certo, stia tranquilla-
Terenzi le appoggia una mano sul braccio e lascia la stanza.
 

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Capitolo 6
*** Chi non muore si rivede ***


Domenica 8 Luglio, ore 19.45
 
Per l’ennesima notte consecutiva, il commissario non ha chiuso praticamente occhio, troppo preso a lambiccarsi il cervello con mille domande. Perché Serena Gandolfi è stata rapita? Conosce forse Giovanni Arcangeli? Con chi stava parlando al telefono ieri pomeriggio? Che cos’è questa storia dell’azione illegale che la spaventava così tanto?
Se solo sapessi rispondere anche ad una sola di queste domande, finalmente farei un passo avanti, si ripete Terenzi.
La giornata prosegue senza nessuna novità: in paese, l’ispettore Oldoini e i suoi uomini non hanno trovato alcuna traccia della ballerina, e anche da Torino le notizie tardano ad arrivare. Le indagini continuano a rimanere ad un punto morto: nessuna segnalazione dell’Arcangeli, il questore che bolle come una pentola sul fuoco, gli ospiti dell’agriturismo sempre più nervosi e agitati.
Seduto su una delle poltrone di taffettà in giardino, il poliziotto continua a rimuginare sugli episodi avvenuti nei giorni scorsi, quando si sente chiamare:
-Commissario, posso?- la voce di Ginevra Morini suona titubante: la giovane gli si avvicina incerta, l’orlo del vestito di cotone bianco, lungo appena sopra le ginocchia, si muove al ritmo della brezza marittima.
-Ah, è lei. Ha finito di giocare alla piccola investigatrice?- chiede acido l’uomo.
-Sono venuta qui proprio per questo. Volevo scusarmi con lei per come mi sono comportata l'altro giorno. Non avrei dovuto andare in giro a fare domande, mi sono lasciata prendere dall’entusiasmo, ma le prometto che non succederà mai più-
-Si sieda…- la invita Terenzi, il gesto della mano a seguire le sue parole questa volte meno astiose, poi continua:
-Tutto quello che le ho detto ieri sera, serviva solo per il suo bene. Là fuori, da qualche parte, c’è un pazzo maniaco che rapisce donne e ne terrorizza delle altre! Come pensa che dovrei comportarmi, da pubblico ufficiale quale sono?-
-Ha ragione…-  Ginevra comincia a strisciare i palmi delle mani uno contro l’altro, la voce colpevole per i rimproveri che l'uomo le sta muovendo contro. .
-Qui non è questione di avere ragione o torto! Parliamo della sua sicurezza!-
-Lo so, è solo che mi sono lasciata prendere la mano-
In quel momento un fruscio di foglie distoglie il commissario dalla sua arringa: il rumore proviene da un cespuglio lì vicino, in prossimità dei lampioni messi lungo il vialetto d’entrata del giardino.
-Chi è?- grida lui voltandosi di scatto -mi aspetti qui, torno subito!-
-No, commissario, non vada…aspetti!-
 
Dopo pochi attimi, lasso di tempo in cui Ginevra ne approfitta per tornare indietro all’agriturismo e chiedere aiuto, il poliziotto è già di ritorno con in mano un pezzo di carta ripiegato, l'espressione sconvolta mal celata sul volto:
-Commissario! La signorina Morini mi ha detto di venire subito, che forse era successo qualcosa- comincia Gabriella in preda all’angoscia:
-Sì- risponde l'uomo, una volta ripresosi dallo stupore che lo ha colpito - stavamo parlando quando ho sentito un rumore dietro quel cespuglio- continua indicando da quella parte -quindi sono andato a vedere che cosa fosse e ho trovato questo biglietto-  conclude il poliziotto, mostrandolo alla donna, la voce incredibilmente calma.
-Che cosa dice?- domanda lei, troppo agitata per prendere quel pezzo di carta ripiegata e leggerlo.
-E’ uguale a quello che abbiamo trovato la sera dell’aggressione- Terenzi si schiarisce la gola e comincia ad esporre alle due donne il contenuto del messaggio:
“Buonasera, commissario! State tranquilli, perché la signorina Serena Gandolfi è in ottime mani!  A presto! Il suo fedele amico Giovanni Arcangeli ”
 -Giovanni Arcangeli?! Chi è?!- chiedono stupite Ginevra e la proprietaria, ricevendo in risposta solo un mutismo carico di interrogativi da parte del poliziotto.
-Devo mandare il foglietto alla Scientifica per farlo analizzare e vedere se ci sono delle impronte. Vado a chiamare l’ispettore Oldoini, voi entrate in casa- e con rapide falcate in direzione dell’agriturismo, lascia le due donne ancora più esterrefatte a trotterellargli dietro.
 
 
Quando arriva l’ispettore, una ventina di minuti dopo, Terenzi gli corre subito incontro, impellente di rivelargli le ultime novità:
-Commissario, sono venuto appena ho potuto. Cos’è successo ancora?-
-Un altro biglietto, l’ennesimo! Guardi-
Dalle vetrate della sala da pranzo, luogo di quell’improvvisata riunione, il sole pomeridiano al tramonto, si riflette su metà viso di Oldoini, mentre tra le mani regge il messaggio scritto con i soliti caratteri minuti ed eleganti.
-Ma questo vuol dire che è stato Arcangeli a rapire la ballerina!- esclama l’uomo, una volta letto.
-Sì, purtroppo! Quello è davvero un pazzo, perché avrebbe dovuto rapirla?-
-Adesso come adesso non le so dare una risposta. Quando ha trovato il foglietto?- continua l'uomo restituendo il bottino a Terenzi.
-Mezz’ora fa: ero qui in giardino a parlare con un ospite dell’agriturismo, quando abbiamo sentito qualcosa muoversi lì vicino-  prosegue indicando il posto in questione, oltre la portafinestra  –e quando mi sono avvicinato al cespuglio, l’ho trovato-
-Quindi la persona che ha lasciato il biglietto, non dev’essere andata molto lontano! Chiamo subito in centrale e mando un paio di uomini a cercare nelle vicinanze!-
-Non penso che lo beccheremo, ispettore- Terenzi alza la mano destra a bloccare l'entusiasmo di Oldoini, che ha già tirato fuori dalla tasca il cellulare - quell’uomo è troppo furbo e come è riuscito a eludere i posti di blocco e ad arrivare fino a qua, a quest’ora sarà già fuggito-
-E cosa pensa di fare?- l’uomo si sposta di lato per schivare la luce troppointensa del sole.
-E se mettessimo degli agenti di guardia fuori dall’agriturismo?- un lieve sorriso incurva i lati della bocca del commissario.
-Potrebbe essere una soluzione, anche se siamo un po’ a corto di personale: tra le ferie e gli altri casi che stiamo seguendo, prima di un paio di giorni, non le posso mandare nessuno, purtroppo-
Terenzi annuisce in modo grave: sa bene a cosa si riferisce l'uomo, la temibile carenza di organico è il suo incubo anche a Torino:
-Sempre meglio di niente. E poi non è detto che per allora non lo abbiamo preso!-
-La speranza è l’ultima a morire, commissario-
-Già, la speranza è l’ultima a morire, ma quando muore lei, muore tutto, ispettore-
 
       
                                                  ∞∞∞∞∞∞∞∞∞                                                    
 
Quella sera Terenzi non riesce a dormire: sai che novità, si dice, lo stomaco gli si è di nuovo chiuso, a cena non ha mangiato quasi nulla.
Dopo l’ennesimo biglietto l’unica cosa che potrebbe fargli tornare almeno un pizzico di buonumore, è avere davanti quel pazzo maniaco e adesso anche rapitore, per strozzarlo con le sue stesse mani.
Tre giorni che è lì, tre giorni da cui è arrivato e ancora non è riuscito a cavare nemmeno mezzo ragno dal buco.
Solo poche ore prima era quasi sul punto di prenderlo, quel Giovanni Arcangeli: lo ha addirittura sfidato lasciandogli un biglietto a poche centinaia di metri da lui, da un commissario di polizia!
Sono stato davvero uno sciocco, si dice, avrei potuto rincorrerlo, cercare di acciuffarlo, invece appena ho trovato quel maledetto foglietto, avevo le gambe come di ghiaccio, i piedi bloccati al terreno.
Perché quell’uomo si accanisce tanto su di me? Perché mi perseguita? Non può essere un normale delinquente che commette i suoi crimini mentre noi della polizia indaghiamo tranquillamente? Figuriamoci, così è chiedere troppo, sono io che devo adeguarmi al nuovo codice di comportamento dei malfattori, sono loro che decidono come giocare, tu sei solo una pedina nelle loro mani.
Si affaccia alla finestra della sua camera a guardare il mare, una distesa increspata e buia in lontananza, quasi a confondersi con la campagna, se solo questa non fosse perfettamente immobile.
Il cielo è altrettanto scuro, illuminato da piccole stelle incredibilmente luminose, che fanno presagire l’ennesima giornata estiva, cocente e africana.
Terenzi appoggia le mani sulla ringhiera del balconcino e, guardando verso il viale d’entrata dell’agriturismo, si accorge di un gruppetto di persone –ospiti sicuramente- che sta uscendo dal grande cancello in ferro battuto, forse per recarsi in uno dei locali notturni del paese.
Messa da parte la scarsa curiosità di quella scena, l'uomo chiude gli occhi e si lascia trasportare da quel profumo tipicamente di mare, la salsedine a stuzzicargli le narici, mista a quello dei bergamotti nel giardino sottostante.
Si siede sulla sedia e si toglie la maglietta rossa e blu a maniche corte, il torso nudo solleticato da quell'impalpabile brezza, la mano sinistra a lisciarsi la barba incolta.
 
 
Un biglietto. Un appuntamento che gli indica di recarsi al Passo degli Elfi alle 11 di sera:
-Che nome strano- pensa divertito Terenzi.
Il commissario decide ugualmente di andarci, sente che è suo dovere farlo se vuole risolvere l’indagine.
Non fa più caldo, quella mattina ha iniziato a piovere come non pioveva da giorni, forse addirittura dal diluvio universale, gocce grosse come granoturco cadono dal cielo, talmente fitte da non riuscire a distinguere la campagna circostante.
Il poliziotto guarda l’orologio: le undici e trequarti, eppure il posto è quello giusto, ne è sicuro, lo ha chiesto alla signora Gabriella prima di uscire, e lei glielo ha indicato sulla cartina che si è portato per non perdersi.
La pioggia continua a cadere, nessuno che passa da quelle parti, c’è solo lui. Abbassa lo sguardo e incredulo si accorge di essere in mutande, non ha niente addosso tranne quelle, eppure non sente freddo, non ha nemmeno un ombrello per ripararsi.
Finalmente dopo un minuto o due, fermo al posto comandato, Terenzi sente qualcuno che si avvicina: è una figura incappucciata, alta almeno due metri, e completamente vestita di nero.
All’improvviso il commissario viene agguantato da una grossa mano che lo imprigiona tra le sue dita forti e robuste. Lui cerca di divincolarsi, tenta di liberarsi da quella stretta assassina, ma non ci riesce, scalpita come un cavallo imbizzarrito, tira calci e pugni, grida aiuto, ma nessuno lo sente…
Si sveglia di soprassalto, la fronte madida di sudore e un’espressione di totale smarrimento dipinta sul volto ancora semi addormentato:
Un sogno, è stato solo un incubo, si ripete, mettendosi a sedere sul letto.
Guarda il suo orologio sul comodino: sono appena le quattro del mattino, ma ormai il sonno è perduto.
Terenzi si veste, apre la finestra della sua camera per prendere una boccata d’aria.
Tutti stanno dormendo, fuori non c’è nemmeno un alito di vento che soffia, in lontananza si sentono, senza difficoltà, i cinguettii di qualche uccello notturno che accompagnano l’oscurità.
Non posso continuare così, si dice, devo prendere in mano la situazione, altrimenti non solo non riuscirò a catturare quello squilibrato, ma diventerò pazzo a mia volta. E addio carriera, addio vita.
Lunedì 9 Luglio, ore 8.00
 
Dopo aver fatto una più che frugale colazione solo perché si è ripromesso di non diventare un morto vivente (mezzo panino con burro e marmellata e un bicchiere di succo d’ananas), Terenzi attraversa l’ingresso dell’agriturismo per recarsi nell’ufficio della proprietaria: in giro non c’è quasi nessuno, solo un anziano signore che sta leggendo il quotidiano su una delle poltrone di taffetà dell'ingresso.
-Buon giorno, signora: avrei bisogno di un piccolo favore- esordisce l'uomo, salutando dopo aver bussato alla porta.
 -Certo, commissario. Sono a sua completa disposizione-
Il tono di voce della donna è tranquillo, ma si vede dal suo viso segnato dalle occhiaie che dal giorno in cui è arrivata la comitiva - e con lei anche tutti i guai successi in seguito- la calma non fa più parte della sua persona, preoccupata com’è per la reputazione dell’agriturismo.
-Vorrei sapere se posso usare uno dei computer nella sala conferenze ... -
La donna emette un sospiro di sollievo, convinta com’era che l’uomo la stesse per mettere al corrente dell’ennesimo disastro successo in così poco tempo:
-Le do subito la chiave della stanza-
Gabriella rovista in uno dei cassetti della scrivania del suo ufficio e, dopo averla trovata, porge la chiave a Terenzi:
-Ecco a lei-
-Grazie, gliela riporto appena ho finito-
-Faccia pure con comodo-
 
La sala in questione non è molto ampia: sulla parete di destra c’è un armadio alto fino al soffitto e in mezzo alla stanza due lunghi tavoli di noce, su cui sono appoggiati tre computer a testa non proprio di ultimissima generazione. Sul bancone vicino alla portafinestra, sulla parete di sinistra, compare invece in bella vista un grosso proiettore, moderno e talmente tirato a lucido, da avere tutta l’aria di non essere mai stato usato.
 –Forza, mettiamoci al lavoro- si incoraggia il commissario, dopo aver preso posto davanti ad uno dei PC.
Non sa esattamente da che cosa iniziare. Accende il computer, clicca sull’icona di Internet, ma la connessione è tremendamente lunga: ci voleva anche questa, pensa. Clicca di nuovo e gli appare il cerchietto che gira ipnotico su se stesso.
Contemporaneamente il cellulare comincia a squillare: Terenzi preme sul tasto verde senza vedere chi sia.
-Pronto?-
-Buon giorno, commissario. Ci sono novità sul biglietto che ha trovato ieri?- lo saluta Ghirodelli.
-Buongiorno. No, non ancora, ma tanto sono sicuro che come per tutte le alte volte, quelli della Scientifica non avranno trovato nemmeno mezza impronta. Piuttosto lì, ci sono buone notizie?-
-Sì e no, dipende da che cosa intende lei per buone notizie-
-Tu dimmele, poi valuterò io- risponde spazientito l'altro
-Dunque, volevo informarla che abbiamo delle novità sul caso Arcangeli: sembra che abbia colpito ancora, proprio qui, vicino a Torino-
-Come ha fatto se è a Porto Ercole?!- domanda sbalordito il poliziotto, mentre, mentalmente, maledice tutta la tecnologia del mondo.
-Non lo so, ma questo conferma che la testimonianza della signora del cane è attendibile: probabilmente non si è mai mosso da Torino e lì in Toscana deve avere un complice-
-Non ci sto capendo più nulla, è tutto assurdo!- si arrende Terenzi, abbandonandosi sullo schienale della comoda poltrona
-Ha ragione, ma i fatti sono questi purtroppo … ha un attimo di tempo così le racconto cosa è successo?-
-Certo, ispettore, che domanda mi fai! Avanti, parla, dimmi tutto!-
L'uomo all'altro capo del telefono, sospira per farsi coraggio e, il tono serio, comincia a scandire le parole, una dopo l'altra, per il solito copione: -Arcangeli ha di nuovo scelto come vittima una donna bionda, quarantacinque anni, ricca e sposata, e per non farsi mancare nulla ha lasciato lo spartito inesistente con il biglietto minatorio e…-
-Una rosa gialla-
-Esatto!-
-La stessa procedura … - ribatte soprappensiero il commissario
-Da questo punto di vista sí ... la vittima scelta ha le stesse caratteristiche delle precedenti, ma è il luogo che è insolito: aperta campagna … -
-Come aperta campagna? Dove vive questa donna, non ha una casa?- la voce dell’uomo si tinge di una sfumatura sarcastica, il piede destro a battere con forza sul pavimento, la mano opposta a grattarsi la fronte.
-Non esageri, si è appena trasferita fuori città con il marito e la figlia: su quella che una volta era solo terra incolta, da circa un paio d’anni hanno cominciato a costruire delle villette unifamiliari e appena hanno ultimato la sua, la nostra vittima è andata ad abitarci giusto una decina di giorni fa-
-Come si chiama la donna?-
-Roberta Vinci: il cognome da sposata è Bellani-
-Il nome della via?-
-Viale Nadotti 24-
-E fino a un anno fa la zona era completamente disabitata?-
-Sì, esatto: è rimasto solo un vecchio casolare abbandonato da una quarantina d’anni, che demoliranno a breve, non appena arriverà il permesso del comune-
-Avete già interrogato la donna?-
-No, ci vado appena finisco di parlare con lei-
-Mi raccomando, occhi aperti: se Giovanni Arcangeli è ancora lì a Torino, non dovete farvelo sfuggire un’altra volta, intesi?-
-Stia tranquillo, commissario-
-Fammi sapere appena hai interrogato la donna-
-D’accordo, la chiamo più tardi. Lì come vanno le cose?-
-Allo stesso modo di quando ci siamo sentiti l’ultima volta: sto cercando di trovare qualcosa su Internet, ma la connessione non prende-
-Se mi dice cosa vuole cercare, lo faccio io per lei-
-Il problema è che non lo so nemmeno io-
-Comunque per qualsiasi cosa, non esiti a chiamarmi-
-Non preoccuparti: mettiamoci al lavoro, ci sentiamo dopo-
Il poliziotto chiude la telefonata, sospirando forte: quell’uomo agisce secondo un piano ben preciso, ma quale? Mi devo muovere se voglio trovare una risposta.
Il commissario pensa più volte al nome della strada indicatagli da Ghirodelli: viale Nadotti 24, a rigor di logica una strada come tutte le altre, ma che deve c’entrare per forza qualche cosa con quel folle di Giovanni Arcangeli.
Così, decide di mettersi immediatamente al lavoro, iniziando proprio da quel nuovo indizio: clicca di nuovo sull’icona di Internet, incrociando le dita affinché la fortuna –almeno per una volta- lo assista. E infatti, ora la connessione funziona.
 

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Capitolo 7
*** Gli amanti (quasi) clandestini ***


A mezzogiorno il commissario non ha ancora terminato le sue ricerche.
Ormai sono quattro ore che lavora, gli occhi cominciano a bruciargli e stranamente gli è anche ritornato l’appetito.
Decide perciò di fare una piccola pausa, giusto il tempo di mettere insieme i dati che è riuscito a ricavare da quella navigazione contorta in Internet: prende un foglio dalla stampante accanto al proiettore e si mette ad elencare i punti chiave di quello che ha scoperto:
 
 
  1. Gli ultimi casi avvenuti a Torino e a Porto Ercole, simili a quello che la mia squadra ed io stiamo trattando, risalgono all’incirca a una decina di anni fa, donne belle e ricche perseguitate da amanti respinti, ma nessuno di essi ha gli estremi per essere paragonato all’indagine in corso;
  2. Dando un'occhiata ad alcuni siti di giornali locali, ho scoperto che a Porto Ercole -mezzo secolo fa- abitava un certo Giovanni Arcangeli, morto in circostanze mai del tutto chiarite;
  3. Telefonato al numero indicato sul sito per avere informazioni  riguardo  all’Arcangeli deceduto: è stato sposato, ha avuto figli, che lavoro faceva? Domani mi daranno le risposte che cerco;
  4. Che collegamento c’è tra l’Arcangeli evaso e quello morto anni fa?  Spero di scoprirlo presto …
  5. Casolare in viale Nadotti n°24, risulta essere un ex orfanotrofio
 
Terenzi si appoggia senza tanti complimenti allo schienale imbottito della sedia girevole: osserva soddisfatto le parole scarabocchiate sulla carta e, per la prima volta dopo settimane, si sente in pace con la sua coscienza di uomo e di poliziotto.
Dopo aver messo in ordine tutti i punti sopra elencati, infatti, il commissario si sente più sollevato, perché gli sembra di aver fatto un lavoro più che doveroso, e forse, tutto sommato, catalogare i suoi pensieri prima o poi gli varrà a qualche cosa.
Controlla il segnale digitale in basso a destra sul computer e, nota con piacere, che manca meno di un’ora al pranzo.
Così, spegne il PC, ripiega il foglio su cui ha scribacchiato quelle parole per adesso ancora incomprensibili, poi si alza dalla sedia, e finalmente esce dalla sala conferenze.
 
             
                                                      ∞∞∞∞∞∞∞∞∞                                                                              
                                                 
 
Appena seduto sul dondolo, al riparo dai forti raggi solari, Terenzi nota poco più in là, dietro a una quercia, la signorina Leontini e Umberto Parini che stanno concitatamente parlando tra di loro:
-Forse glielo dovremmo dire!- insisteva il giovane, dando le spalle al poliziotto, l’alta figura slanciata a scaricare il peso ora su una gamba ora sull’altra.
-No, non faremo di testa tua, ne va della vita di Serena!- risponde accalorata Monica, un vestito rosso senza spalline che le calza a meraviglia, i capelli raccolti da un grosso fermaglio a forma di delfino.
-Sì, ma io sono contrario, sappilo fin da adesso! Se lei fosse qui seguirebbe i miei consigli, ne sono sicuro!” la voce di Umberto si fa più alta, mentre si passa distrattamente una mano tra i folti capelli castani.
-Invece no!- sottolinea la donna, gli zigomi che cominciano ad imporporarsi -è meglio come ho intenzione di fare io! Dal momento che Serena non è qui, non può dirci ciò che è giusto o non è giusto fare per lei! Siamo noi che dobbiamo decidere, se vogliamo aiutarla veramente!-
-Ma ti rendi conto che se ci dovessero scoprire finiremmo nei guai?!- incalza il giovane, continuando a scuotere esterrefatto il capo.
Cosa avranno da litigare quei due?, si domanda Terenzi, in questa storia ognuno ha qualcosa da nascondere e così non fanno altro che complicare ancora di più le cose.
In quel mentre arriva la signorina Maria Elena Ragusi, l’inseparabile borsa di tela, i pantaloni bianchi di lino calzati come una diva degli anni Cinquanta, e uno scamiciato azzurro, in tinta con i sandali aperti:
-Buon giorno, commissario. Non l’ho vista stamattina a colazione. Novità sulle indagini?- gli chiede la critica d’arte, parandogli di fronte: una mitraglietta avrebbe saputo distanziare meglio i suoi colpi.
-Sì, ma sono notizie riservate- il poliziotto non ha voglia di tirare il discorso troppo per le lunghe, perché ovviamente è interessato a scoprire il motivo della discussione tra i due giovani.
-Li ha visti anche lei, allora?- domanda divertita la donna, scrutando interessata nella direzione dello sguardo dell’uomo, gli occhi accesi come quelli del leone quando ha a pochi metri la sua preda.
-Chi, scusi?-  il commissario cerca di far finta di niente, sforzandosi di squadrare innocentemente l’intrusa con accurata noncuranza.
-Ma come chi? Non ha visto come stanno discutendo la Leontini e il ragazzo?- sorride la donna guardandosi le unghie.
-Ah, sì, certo, loro due! Lei sa di che cosa stanno parlando?-  si informa Terenzi, cercando di non far trasparire il suo interesse.
-Io? No di certo. Non è affar mio, e poi cosa crede, che vada ad origliare le conversazioni altrui?-
-Non mi permetterei mai, signorina, semplicemente mi chiedevo se, per puro caso, lei avesse sentito l’argomento della discussione. Una persona passeggia tranquillamente in un luogo aperto –come d’altronde è questo giardino- e per caso ascolta qualche parola qui e là: può succedere, ma ovviamente dicevo così per dire, non voglio insinuare nulla, ci mancherebbe!-
Il commissario trova davvero strana quella donna, ma vuole ugualmente fare il suo gioco.
-Io comunque non so nulla. Adesso devo andare. A più tardi-
-Aspetti, io non intendevo offenderla- il poliziotto si alza dal dondolo, ma la donna si è già allontanata, lasciandolo lì da solo, come un bambino che vuole sapere troppo delle cose dei grandi, e a cui nessuno bada o dà ascolto.
 
 
Quando rientra all’agriturismo per pranzare, la signora Gabriella richiama l’attenzione di Terenzi: sembra preoccupata e agitata, si agita dietro il bancone della reception, alla ricerca di chissà cosa, poi- appena nota il poliziotto- rincuorata, si dirige verso di lui.
-Commissario, mi scusi, ma vorrei riferirle una cosa…-  
-C’è qualche problema in sala conferenze? Mi sono permesso di prendere un foglio dalla stampante, spero che la cosa non le abbia dato fastidio-
-Oh no, commissario, cosa va a pensare? Lei non deve assolutamente scusarsi, si figuri, io l’ho fermata per un altro motivo- la donna si asciuga le mani nel grembiule da cucina, le cui cocche sono ora divorate dalle dita frementi della proprietaria.
-E’ qualcosa di urgente?-
Lei annuisce convinta:
-Sì. Questa mattina -e anche adesso a dir la verità- ho notato che la signorina Leontini e il signor Parini…-
-Stavano litigando- conclude Terenzi.
L’espressione sul viso della donna sembra un po’ delusa, ma si riprende subito, domandando:
-Come fa a saperlo? Li ha sentiti anche lei?-
-Appena due minuti fa. Anzi, a riguardo, lei sa qualcosa di più su quello che si sono detti?-
Gabriella sorride, asciugandosi le mani sul grembiule, un sorriso sghembo ad increspare i lati della bocca:
-In effetti qualcosa ho sentito, ma così di sfuggita: le assicuro che non ho origliato!- si difende prontamente la donna.
Ancora con la stessa storia: questa mattina ce l’hanno tutti col fatto se origliare i discorsi degli altro sia lecito o meno, che dicano le cose come stanno e la facciano finita! pensa il poliziotto, un respiro più profondo degli altri ad alzargli il torace.
-Non si preoccupi, signora. Se questo serve per le indagini, non avrà commesso alcun tipo di reato- la rassicura subito Terenzi, conducendola per un gomito più vicino al bancone, appoggiando la schiena contro il finto legno lucido, in modo da avere l’intera visuale dell’entrata e delle scale, nel caso in cui i due interessati facessero improvvisamente la loro comparsa.
-Bene, adesso mi sento sollevata! Con tutto quello che è successo ultimamente, il mio umore è diventato piuttosto, come posso dire, traballante. Prima questo posto era un luogo tranquillo, frequentato da semplici famiglie e turisti, ma adesso con gli avvenimenti di questi giorni sono diventata molto preoccupata. Anche se è aperto da poco è un luogo rispettabile, e ho paura che tutta questa pubblicità negativa possa nuocere all’agriturismo. Non è facile gestire una situazione del genere, sa?-
-La capisco, signora, e mi dispiace-
-Lei è molto gentile, comprende come mi sento, i miei figli invece mi dicono che sono petulante, ma io mi preoccupo anche per loro e… -
-Va bene, signora: adesso, però, mi racconti che cosa ha sentito-
La donna emette un lungo sospiro, il viso trasfigurato come nelle migliore tragedie greche:
-Ecco, questa mattina, saranno state le nove e trenta, mentre stavo riordinando l’ufficio, ho sentito la signorina Leontini e il signor Parini litigare. Avevo la porta aperta, così ho potuto vederli mentre uscivano verso il giardino. In realtà all’inizio stavano parlando normalmente e io non ci avevo nemmeno fatto caso, ma poi hanno cominciato a parlare sempre più forte, fino a quando ho sentito pronunciare dal ragazzo il nome della ballerina scomparsa. Allora sono uscita dalla stanza e mi sono avvicinata al giardino. Lì ho visto che la signorina Leontini tratteneva il ragazzo per la camicia, dicendo che bisognava pensarci bene prima di riferire qualsiasi cosa. Ma lui insisteva del contrario. Insomma, fatto sta che, tra un tira e molla dietro l’altro, dopo un po’ si sono allontanati e io non ho sentito più nulla. Credevo che la discussione fosse finita lì, fino a quando mezz’ora fa, la musicista è tornata nuovamente alla carica-
-Ha sentito altro?-
-In realtà sì: il signor Parini continuava ad insistere che forse era meglio riferire qualcosa a lei, commissario, poi lei è rientrato e sono venuta a riferirle tutto-
-Grazie, signora, mi è stata di grande aiuto-
                                                  
 
                                                   
 
Il mistero si infittisce , e anche di molto, pensa il poliziotto. L’unica cosa da fare, oltre a quella di aspettare le notizie richieste su Giovanni Arcangeli, è chiedere informazioni ad Umberto Parini sul perché di quella strana conversazione con Monica Leontini.
Terenzi bussa alla porta della sua stanza, ma l’ennesima sorpresa nel giro di poco, lo attende: infatti quello che gli apre non è Umberto, ma suo fratello Eugenio.
-Commissario, è successo qualcosa?- chiede stupito il ragazzo, una T-shirt rossa e i pantaloncini beige, le ciabatte per il mare ai piedi.
-Per il momento no, ma ho urgente bisogno di parlare con suo fratello. Non è questa la sua stanza?-
-Sì, lo era fino a sabato. Poi abbiamo scambiato la stanza e adesso lui è nella mia camera: è la seconda qui davanti-
-Glielo ha chiesto per un motivo particolare, o è stato lei a volerlo?-
-No, io … beh, in realtà non lo so …-
 -Non importa, grazie lo stesso-
Le ali ai piedi di Mercurio, avrebbero fatto un baffo alle scarpe improvvisamente frementi del poliziotto che, prontamente, si dirige nella direzione indicatagli.
 
 
Appena Umberto apre la porta, Terenzi si precipita all’interno della camera.
-Commissario, che cosa sta facendo? Non è il caso che lei…-
-Mi scusi, ma devo parlarle, e subito anche. Chiuda la porta, per favore-
-Così mi sta spaventando. Cos’è successo? Qualcosa di grave?-
Terenzi aspetta che il giovane faccia come gli è stato ordinato, nel frattempo si guarda attorno nella stanza ordinata, quindi, nella maniera più tranquilla, comincia a parlare:
-Non crede di dovermi delle spiegazioni, signor Parini?-
-Io? No, non mi pare-  poi aggiunge titubante –forse si riferisce al cambio di stanza con mio fratello?-
-Per esempio…-
-Ho voluto cambiare il numero di camera perché…- il giovane si siede sul bordo del letto, i palmi delle mani che sfregano sulla stoffa leggera dei pantaloni di lino bianco.
-La prego, parli pure liberamente- lo incoraggia il poliziotto, parandosi di fronte.
-Può sembrare una cosa stupida-
-Lo lasci decidere a me se è una cosa stupida oppure no. Allora?-
-Io e Serena, cioè la signorina Gandolfi, volevamo stare in due camere vicine. Come può vedere, questa è la stanza che conduce direttamente all’altra ala del corridoio, proprio dove c’è la camera di Serena-
-E perché mai, se posso chiederglielo? Quando siamo arrivati ognuno è stato libero di scegliere dove dormire-
-Lo so, ma la signorina Gandolfi ed io abbiamo … una relazione- spiega tutto d’un fiato il ragazzo.
Terenzi sorride tra sé e sé: un amore clandestino, dunque, chissà quale segreto credevo mi nascondesse.
-Intende dire una relazione alla luce del sole o…-
-No, non lo sa praticamente nessuno. Ci siamo conosciuti sei mesi fa ad un suo spettacolo teatrale: degli amici in comune ci hanno presentato e così abbiamo cominciato a frequentarci. Io abito a Grosseto, mentre lei è sempre in giro per l’Italia, per il mondo. E’ stata Serena a decidere di venire qui, ha detto che finalmente avremo potuto stare da soli: tra tre settimane parte la sua tournée estiva e così volevamo approfittarne, ma dopo quello che è successo, non riesco a darmi pace, tutti i nostri progetti sono svaniti- Umberto si mette le mani sugli occhi e, disperato, emette un profondo sospiro.
-Signor Parini, questa è stata un’omissione gravissima a suo carico! Si rende conto che così facendo sta intralciando le indagini?! Lei mi ha tenuto nascosta una cosa che magari ha attinenza con la scomparsa della sua fidanzata! Voglio sperare che quello che mi ha riferito sul colloquio telefonico sia vero e che non si sia dimenticato di raccontare qualche altro particolare!- esclama irritato il commissario, sedendosi sul letto, accanto al giovane.
-Quella conversazione c’è stata, è vero, ma io non ero sul dondolo come le ho detto ieri, ero nella sua stanza con lei, ma le giuro che non ho sentito una parola in più di quello che le ho detto!- si difende Umberto guardando in faccia Terenzi.
-Va bene, le voglio credere. E a proposito della discussione che ha avuto questa mattina con la signorina Leontini, che cosa mi dice? C’entrava la signorina Gandolfi, vero?-
Il ragazzo scuote ancora una volta la testa, si morde il labbro inferiore e, lo sguardo basso, confessa:
-Io volevo dirglielo, commissario, ma Monica non ha voluto: diceva che così facendo avrei potuto mettere in pericolo la vita di Serena. Sebbene abbia scritto nel biglietto che è in ottime mani, io non mi fido per niente di quel pazzo! Commissario, sono in ansia per lei, è per questo che sono stato zitto!-
-Se lei continua a non dirmi niente, allora sì che potrebbe portarsi per tutta la vita un peso di cui non riuscirebbe mai a disfarsi!-
-Ma io le ho già detto tutto quello che so, glielo giuro!-
Terenzi si sta alterando: dannazione, perché tutte queste mezze verità, perché nessuno gli dice le cose come stanno veramente?
-Inoltre, signor Parini, potrei incriminare lei e la Leontini per intralcio alle indagini o addirittura per favoreggiamento!-
-No, commissario, cosa sta dicendo?- gli occhi infuocati del giovane si posano allarmati sul viso dall’espressione arcigna del poliziotto:
- Io non c’entro niente con la sua scomparsa e sono assolutamente certo che anche Monica non ha fatto nulla! Noi vogliamo solo che Serena torni a casa sana e salva, non stiamo intralciando in nessun modo le indagini!-
-Allora parli!!!- sbotta il poliziotto.
Umberto si alza e comincia a passeggiare per la stanza:
-Vede, il pomeriggio di sabato in cui è scomparsa, Serena mi ha detto che quello sarebbe stato un giorno importante, perché avrebbe fatto una cosa che, per quanto lei non fosse d’accordo, doveva fare per forza-
-Glielo ha detto di che cosa si trattava?
-No, mi ha detto semplicemente che era una cosa molto importante, e che quando tutto sarebbe finito, me lo avrebbe raccontato senza esitazione. So solo che avrebbe dovuto incontrare una persona. Io non ho insistito, perché lei continuava a tranquillizzarmi, a dirmi che andava tutto bene, ma io capivo che c’era qualcosa che non andava, e non ho fatto niente per fermarla!- il giovane fa una piccola pausa, poi continua
- E la signorina Leontini che cosa c’entra in questa storia?-  domanda preoccupato Terenzi
-A Monica ho semplicemente raccontato della telefonata, subito dopo che alla serra sono venuto a riferirle della telefonata-
-Perché proprio lei e non un altro ospite?-
-Serena, lo stesso pomeriggio in cui è scomparsa, mi ha detto che la signorina Leontini era stata una sua amica, anni fa. Così mi è venuto naturale raccontarle quello che avevo sentito, ho creduto che lei sapesse qualcosa in più, ma evidentemente…-
-Non ne sapeva nulla, ancora meno di lei. E’ proprio sicuro che la signorina Gandolfi non le abbia detto con chi si doveva incontrare?-
-No, commissario, non mi ha detto nulla. Se era un incontro piacevole, di certo non me lo avrebbe tenuto nascosto. Io mi pento solo di non aver insistito, forse se lo avessi fatto, a quest’ora lei sarebbe ancora qui-
-Ho bisogno che mi dia il numero di cellulare della sua fidanzata…-
-Perché?-
-Lei conferma che il giorno della sua scomparsa la signorina Gandolfi ha usato il cellulare per telefonare, giusto?-
-Sì, ma non era il suo cellulare personale-
-Cosa vuol dire che non era il suo cellulare?!- chiede accigliato il poliziotto.
-Sì, lei ha due telefonini: uno per uso, come posso dire, privato, e l’altro per gli impegni lavorativi, e lei quel pomeriggio ha ricevuto la chiamata proprio su quest’ultimo, ma io non so il numero … -
Terenzi si sente sprofondare: adesso che credeva di avere un nuovo appiglio a cui aggrapparsi, si ritrova nuovamente in mezzo alla tempesta e al buio più neri.
-Lei conosce qualcuno che possa avercela con lei?-
-No, che io sappia no. La maggior parte delle persone che frequenta Serena le conosco anch’io, e le posso assicurare che sono tutte delle ottime persone-
-Mai un litigio, mai una discussione?-
-Questo lo escludo: lei è una professionista sul lavoro, non si tira mai indietro, è sempre gentile e disponibile con tutti-
-Cosa mi sa dire di Andrea Mirafiori?-
-Andrea è un ottimo professionista ed è anche un amico di Serena. Pensi che addirittura ha chiamato la figlia come lei, sono molto legati-
-Sì, questo lo so. E di Giovanni Arcangeli?-
-Non l’ho mai sentito nominare. Chi è?-
-Così, una curiosità personale-
-Non ha a che fare con la scomparsa di Serena, vero?-
-Era solo una mia curiosità-
Che bugiardo patentato, si dice.
-Per il momento può bastare, signor Parini. Ma se dovessi venire a sapere che lei o qualcun altro continua a mentirmi o a tenermi nascosto qualunque cosa sulla scomparsa della Gandolfi, le assicuro che due o tre capi di imputazione non glielo leva nessuno!- Terenzi si avvicina alla porta.
-Le giuro che è tutto quello che so-
-Lo spero per lei-
-Le chiedo solo di ritrovare Serena. Sana e salva-
-Lo farò, si fidi. Arrivederci, signor Parini-
 

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Capitolo 8
*** Limonata e Canadà ***


Quel pomeriggio Terenzi sta passeggiando per la piazza del paese, mentre una leggera brezza cerca di attutire il caldo soffocante che regna incontrastato ad ogni angolo di strada.
Si è fermato per qualche minuto in un bar a bere una limonata, bevanda che solitamente detesta per l’estremo sapore amarognolo, ma ritenuta necessaria dall’uomo per non morire di sete, soprattutto dal momento che l’acqua frizzante, da lui abitualmente trangugiata, lo avrebbe fatto correre in bagno un minuto sì e l’altro pure, strana conseguenza che gli provocava la colonnina di mercurio quando mostrava temperature troppo alte.
Il poliziotto sta attraversando uno dei tanti vicoli della cittadina di mare quando, in una tasca dei pantaloni di cotone arancione, sente vibrare il suo cellulare.
Estrae la custodia verde e bianca, apre il velcro di quella sorta di astuccio e, finalmente, risponde al telefono:
-Ciao, Ghirodelli, dimmi … -
-Commissario, c’è una novità: si ricorda che stamattina quando l’ho chiamata, le ho detto che sarei andato ad interrogare la donna di viale Nadotti?-
-Sì, mi ricordo. Ti ha detto qualcosa di interessante?-
-No, ha semplicemente ripetuto la stessa versione delle altre vittime: è tornata a casa e ha ritrovato lo spartito, la rosa gialla …-
-Continua, questo lo sappiamo già- precisa l'uomo, proseguendo la sua passeggiata, la mano sinistra in tasca.
-Ecco, appunto, solo che questa volta è il biglietto che è diverso: il nostro uomo non ha lasciato la stessa frase delle altre volte-
-In che senso? Cosa c’è scritto?- domanda incerto Terenzi, mentre schiva un paio di bambini indiavolati sui pattini, che lo hanno appena sorpassato a folle velocità.
-Adesso glielo leggo, un attimo che lo prendo… allora:“Tu che hai osato profanare il luogo sacro, dovrai stare attenta alla tua vita, se non vuoi avere spiacevoli incidenti”-
Terenzi si passa una mano sulla barba incolta, il viavai di turisti ad impedirgli la vista di un negozio sportivo:
-Ma questo è proprio un pazzo!-
-Deve esserlo per forza per scrivere quello che scrive, e per intimidire delle persone che non hanno alcun collegamento tra di loro-
-Il luogo sacro hai detto?-
-Già, così ha scritto-
-Lasciando da parte questo ennesimo messaggio, io invece credo di aver trovato dei possibili indizi questa mattina, mentre ero nella sala conferenze, poco dopo che ci siamo sentiti-
-Molto bene, commissario! Che cosa in particolare?-
-Per il momento non c’è ancora nulla di concreto. Ho fatto delle ricerche su Internet, come ti ho accennato stamattina, e ho scoperto un paio di cose interessanti: la prima è che qui a Porto Ercole, cinquant’anni fa, abitava un certo Giovanni Arcangeli, e la seconda è che il casolare in viale Nadotti –quello vicino all’ultima vittima- abbandonato e in attesa di essere abbattuto, un tempo era un orfanotrofio. Può essere che il luogo sacro a cui si riferisce il nostro uomo sia proprio l’orfanotrofio-  spiega Terenzi
-Può essere, commissario, ma questo vuol dire che Giovanni Arcangeli è probabilmente un nome di copertura, sempre che non si tratti di una strana omonimia … - continua all’altro capo del telefono l’ispettore.
-Io propenderei più per la prima ipotesi, anche se l’unica certezza che ho fino adesso è che l’uomo che scrive i biglietti intimidatori, non può essere lo stesso vissuto qui a Porto Ercole perché è morto, mentre quello con cui abbiamo a che fare è vivo e vegeto, purtroppo-
-Cosa vuole che faccia?-
-Per il momento continuate a cercarlo e mandami un SMS con la frase dell’ultimo biglietto ... adesso non ho da scrivere- decreta Terenzi, rovistando nelle tasche.
-Certamente, commissario-
-L’ultima speranza che ci è rimasta è il sito da cui ho preso le informazioni che ti ho detto: domani dovrebbero mandarmi un fax più dettagliato con tutte le risposte che ho richiesto-
-Se gli elementi che ha trovato venissero confermati, forse riusciremo finalmente a venire a capo di questa situazione, in un tempo ancora ragionevole … -
-Lo spero. A proposito, avete ricevuta ancora qualche segnalazione?-
-No, purtroppo: a parte la signora del cane, nessuna-
-Peccato … altre novità?-
-Il questore ha chiamato un paio d’ore fa … -
-Cosa ha detto? E’ da quasi due giorni che non la chiamo, dovrò mandarle un resoconto scritto, se non voglio essere cacciato dalla polizia-
-Non è stata molto cordiale, anzi se vogliamo usare un eufemismo, era piuttosto adirata. Mi ha detto che vuole che lei rimanga lì a Porto Ercole, ma se non riuscirà a trovare qualcosa a breve, manderà un sostituto … -
-Come un sostituto?! Sono notti che non dormo, sono da solo, lavoro ventisette ore su ventiquattro e lei vuole togliermi l’indagine?!- Terenzi è sbalordito
-Bè, non è molto soddisfatta di come sta procedendo la situazione-
-E cosa vuole che faccia?!-
-Ha ragione commissario, ma le sto riferendo quello che ha detto. Da quando lei è partito, sono già passati quattro giorni, e sono successi solo disastri-
Terenzi se l’aspettava: dopotutto l’indole affrettata del questore la conosceva più di una persona in commissariato, così come l’antipatia –non troppo velata- che intercorreva tra i due:
-Non è poi una novità. E’ già tanto che abbia aspettato così tanto prima di mandare qualcuno-
-Forse, se le riferisce degli ultimi passi avanti, può darsi che cambi idea …-
Il commissario guarda l’orologio da polso: le cinque e mezza.
-Provo a telefonare e a spiegarle la situazione-
-E’ la cosa migliore da fare, commissario-
-Speriamo di convincerla ad aspettare qualche altro giorno. Se riesco a trovare le informazioni che mi servono, sono sicuro che non potrà togliermi l’indagine-
-Ne sono convinto-
-Ti mando un fax domani, nel caso abbia buone notizie-
-Va bene, commissario-
 
 
Il questore non lo ha poi trattato così male: Terenzi è riuscito a strapparle ancora un paio di giorni prima di decidere se sostituirlo oppure no, tutto dipende dalle informazioni che le avrebbe fatto avere entro quarantotto ore, altrimenti addio caso e addio carriera.
Cominciava a venirgli una fame nervosa, gli veniva sempre quando qualcuno lo faceva infuriare a torto: avrebbe divorato qualsiasi cosa purché fosse commestibile, soprattutto qualcosa di dolce, una bella bomba calorica che gli avrebbe fatto salire il colesterolo e la glicemia a mille e gli avrebbe fatto scoppiare la pancia. Sapeva bene che non sarebbe mai successo, in parte per il suo carattere tutto d’un pezzo, incline a trattenersi dove non necessario, in parte perché, per costituzione, era sempre stato magro e alto come un giunco.
Così, alla faccia del questore e di Giovanni Arcangeli –vero o finto che fosse- lui e il suo stomaco hanno di nuovo fame: entra nella sala da pranzo dell’agriturismo, dove trova gli altri ospiti già accomodati per la cena.
-Allora, commissario?  Lei e l’ispettore Oldoini avete scoperto qualcosa di interessante?- chiede la signora Gabriella mentre sta servendo la cena.
-Sì, signora, ci sono delle novità piuttosto importanti, ma per il momento non possiamo ancora riferire nulla. Sa, il segreto professionale-
La donna sembra più sollevata da queste ultime rivelazioni:
-Certo certo, non le chiedo più nulla, capisco come vanno queste cose. Speriamo di ritrovare presto la signorina Gandolfi. Era così una brava persona, e per non parlare di come ballava, assolutamente divina …- conclude la donna, scuotendo la testa.
-Perché parla al passato?- le domanda Monica Leontini –non è mica morta!-
-No, non intendevo dire questo. E’ che ormai sono due giorni che è sparita e mi è venuto naturale dire così. Ma sono io la prima a volerla rivedere qui tra noi! Ci mancherebbe altro-
-Lei che cosa pensa realmente, commissario? C’è ancora qualche speranza di ritrovare viva la Gandolfi? Dopotutto, come ha detto la signora Gabriella, a distanza di due giorni non è ancora arrivata nessuna richiesta di riscatto. Se è stato un rapimento, non le sembra strano? - interviene la critica d’arte, lanciando un’occhiata distratta all’uomo.
Terenzi la guarda di sbieco: quella donna sa sempre come essere acida con tutti, qualunque sia la situazione.
-Non si preoccupi, sono più che sicuro che la ritroveremo viva! I miei colleghi ed io abbiamo una pista assai valida da seguire, ma in questi casi è bene agire con cautela-
-Se lo dice lei- ribatte la Ragusi, pulendosi la bocca con il tovagliolo, in attesa di sorseggiare un bicchiere di vino bianco.
-Finalmente una bella notizia!- esclama Ginevra: Terenzi non la vedeva dal giorno prima, dal momento che –quella mattina- aveva saltato la colazione per dedicarsi alle ricerche in Internet, su Giovanni Arcangeli.
Il poliziotto nota una leggera abbronzatura sul viso, forse esageratamente accentuata dal segno degli occhiali da sole.
-Già, bisogna avere fiducia nelle forze dell’ordine …- la ragazza arrossisce alla frecciatina del commissario che, sorridendole, non riesce a perdonarle la sfacciataggine dei giorni precedenti, quando si era aggirata per il paese nelle vesti di detective dilettante.
-Se ha bisogno di qualsiasi tipo di aiuto, commissario, io e mio fratello siamo ben disposti ad offrirglielo. Vero, Umberto?- interviene Eugenio Parini, apparentemente ignaro della tresca amorosa sviluppata tra il giovanotto seduto alla sua sinistra, e la ballerina scomparsa.
-Sì, è ovvio- il ragazzo alza per un momento lo sguardo dal suo piatto, ancora imbarazzato dopo il colloquio di poche ore prima con il poliziotto.
-Spero sinceramente di trovare al più presto la signorina Gandolfi-  prosegue Umberto- tutti noi siamo molto preoccupati per la sua sorte-
Terenzi annuisce sorridendo, reggendo il gioco al ragazzo:
-Sì, grazie, mi fa piacere questo vostro interessamento, ma ad ognuno il suo lavoro, e noi stiamo facendo il nostro al meglio, ve lo assicuro-
-Sono perfettamente d’accordo con lei, commissario. Ad ognuno il suo, altrimenti che confusione ci sarebbe!- Maria Elena Ragusi ride di gusto e riprende ad affondare la forchetta nelle reginette al sugo di mare.
 
 
Martedì 10 Luglio
 
Nel pomeriggio, nella sala conferenze, Terenzi riceve finalmente le informazioni di cui ha bisogno dalla curatrice del sito che ha consultato la mattina precedente.
La donna gli comunica che Giovanni Arcangeli, quello vissuto mezzo secolo prima a Porto Ercole, era sposato con una donna originaria di Torino, una certa Adelina Mangiapane la quale, dopo la morte del marito, nell’ottobre del 1959, era fuggita all’estero.
I due avevano avuto tre figli: Mario, Fabrizio e Clara, quest’ultima l’unica ad essere emigrata in Canada insieme alla madre, quando aveva dieci anni.
La morte di Giovanni Arcangeli colpì moltissimo l’opinione pubblica del tempo, tanto che i giornali per diverse settimane, non fecero altro che mettere in prima pagina tutto ciò che riguardava il caso.
Sembrava infatti che la cronaca di allora, facesse risalire il decesso al vizio smodato dell’uomo per l’alcool che, come conseguenza, avrebbe finito per spappolargli il fegato.
In realtà il decesso dell’ Arcangeli, non era mai stato risolto completamente, in quanto, dopo la sommaria ricostruzione della polizia, la moglie Adelina era infatti scappata con la figlia più piccola per emigrare da certi parenti in Canada, e non c’era nessun altro testimone che potesse raccontare come erano andati i fatti la notte in cui l’uomo era stato trovato morto, davanti al bar del paese.
Inoltre nessuno aveva mai scoperto il perché la vedova non avesse portato con sé anche gli altri due figli –Mario e Fabrizio- di quattordici e sedici anni.
Il destino dei due bambini venne segnato per il resto della loro adolescenza: furono mandati a Torino per volere della madre, e qui abbandonati all’orfanotrofio “l’Angelo del Cielo” che –guarda caso- sorgeva proprio in Viale Nadotti 24, nello stesso casolare abbandonato vicino a cui abita l’ultima vittima dell’attuale Arcangeli.
L’istituzione caritatevole, in realtà, c’entrava ben poco con un angelo protettore, perché ci furono diverse denuncie che coinvolsero la direttrice dell’istituto per molestie fisiche e psichiche ai giovani ospiti che vivevano lì.
Quando l’orfanotrofio, alla fine degli anni Sessanta chiuse, nessuno seppe più nulla dei due ragazzi: sicuramente non tornarono a Porto Ercole e sembra che nemmeno rimasero a Torino, le loro tracce, purtroppo, svanirono nel nulla.
Davvero interessante, riflette Terenzi, è sicuramente tra queste pagine che si nasconde la soluzione del caso.
Il poliziotto faxa subito le informazioni ricevute all’ispettore Ghirodelli che, poco dopo, non si fa attendere e lo chiama per avere ulteriori chiarimenti:
-Commissario, ho appena ricevuto il fax. Ma è una storia incredibile!-
-Infatti. Finalmente il puzzle si sta ricomponendo. Tu che cosa ne pensi?-
-Se è tutto vero quello che c’è scritto, allora qualcuno si sta fingendo Giovanni Arcangeli, ma è ovvio che non possa essere uno dei suoi figli, perché adesso dovrebbero avere circa settant'anni, ma l’uomo che ho visto io, al massimo ne aveva quaranta. Potrebbe essere un nipote?-
-Sì, può essere, ma non avendo una foto non possiamo confrontarla con l’identikit del finto Arcangeli … -
-Lei non crede a questa ipotesi, commissario?-
-Ci potrei chiedere, ma fino a quando non abbiamo una conferma potrebbe essere una pista come un’altra-
-E’ comunque nero su bianco che il vero Arcangeli aveva tre figli, e questi a loro volta potrebbero averne avuti-
-E’ molto plausibile, però quello che non capisco è perché la moglie abbia scelto la figlia femmina e non i due maschi. Perché non sono partiti tutti e tre per il Canada? Che cosa glielo ha impedito?-
-Forse non aveva abbastanza soldi per portarli con sé, e così ha scelto la figlia più piccola … - azzarda Ghirodelli
-Ma nessuna madre sana di mente farebbe una scelta così insensata!- risponde Terenzi, scarabocchiando meccanicamente con la matita sui fogli, molto probabilmente la chiave di quel mistero:
-Il vero problema è che non sappiamo nulla di Mario e Fabrizio dopo la chiusura dell’orfanotrofio. I registri dell’istituto sono andati perduti, così con queste prove non abbiamo la minima possibilità di ricostruire i loro spostamenti successivi, né tantomeno la loro vita: dove sono andati a vivere, se si sono sposati e soprattutto se hanno avuto dei figli-
-Non potrebbero aver raggiunto la madre in Canada? Può essere che lei abbia lasciato un indirizzo prima di partire…- suggerisce l’ispettore.
-Tutto può essere, messi come siamo messi. Senti, forse una soluzione c’è: controlla i registri di leva di quegli anni e poi fammi sapere. Devono aver fatto per forza il servizio militare-
-Sarà fatto, commissario-
-Bene, aspetto tue notizie al più presto-
-D’accordo, a più tardi-
Terenzi ripone accuratamente i fogli con le informazioni nella sua cartelletta ed esce dalla sala conferenze, lo stomaco di nuovo chiuso e la mente ronzante di interrogativi non ancora sciolti.                                                


 

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Capitolo 9
*** Porta che si chiude, cugini che trovi ***


Mercoledì 11 Luglio
 
Di mattina presto, Terenzi si reca al commissariato di zona per mettere al corrente il collega Oldoini delle ultime novità: ieri sera ha provato a contattarlo, ma il cellulare risultava sempre staccato.
-Mi dispiace- si giustifica l’agente in guardiola, un trentenne dal viso allungato, un ciuffo castano ribelle che cade sulla bassa fronte, e gli occhi azzurri - l’ispettore non c’è. Non è venuto nemmeno ieri, so solo che ha preso tre giorni di permesso: dovrebbe ritornare venerdì-
-Il telefonino è spento, sa come posso fare a rintracciarlo?-
-No, non le so dire nemmeno questo, purtroppo. Noi abbiamo solo i numeri del fisso e del mobile, ma credo che sia proprio fuori città, perché ho sentito che diceva a un collega che la madre si è rotta il femore e così lui è andato ad assisterla-
-Ah, capisco. Vorrà dire che ripasserò. Arrivederci-
-Aspetti, il collega del turno di notte mi ha detto che c’è un messaggio per lei. Ecco, tenga- 
L’agente gli porge un biglietto, uno di quei post-it colorati ora tanto di moda:
“Mi dispiace, commissario, sono dovuto partire all’improvviso. Mia madre si è rotta il femore e devo andare da lei fino a quando non trovo qualcuno che mi sostituisca. Se ha delle notizie importanti, la prego di contattarmi. Grazie, L. Oldoini”
Terenzi si mette in tasca il foglietto ed esce dalla centrale, affranto come quando è entrato pochi minuti prima.
 
 
Agriturismo Campo dei Fiori, ore 11.45
 
Dopo una lunga passeggiata per il paese, il poliziotto rientra all’agriturismo: ne ha avuto abbastanza per quel giorno della fiumana di turisti che si accalca, come indemoniata, verso il lungo mare, chi in una direzione chi in un’altra, alla ricerca di un fazzoletto di spiaggia libera dove poter piantare i loro vecchi ombrelloni sgangherati. Per non parlare delle pallonate di ragazzini viziati, senza rispetto per niente e per nessuno, riflette, che per poco non lo facevano inciampare.
Attraversa l’ingresso stranamente vuoto e silenzioso –senza nemmeno l'abituale musica della radio in sottofondo-, ritrovandosi a percorrere la breve scalinata, insolitamente più stanco e affaticato dei giorni precedenti.
Prima di pranzo vuole farsi una doccia, si sente tutto appiccicato per il gran caldo: ha ormai entrambi i piedi oltre la soglia della sua stanza, quando lo ferma spaventata la proprietaria, spuntando da chissà dove, e facendo fare a Terenzi una piroetta su se stesso, degna dei migliori acrobati:
-Per fortuna che è arrivato, commissario!- esclama in preda all’agitazione Gabriella, l’inseparabile grembiule rosso addosso.
-Mamma, per favore, stai calma, non ti agitare!- le ribatte Leonardo, anche lui apparso dal nulla, come un bravo anatroccolo che segue il genitore.
-Cosa sta succedendo?!- chiede il poliziotto, cercando di tenere aperta la porta con la punta di una delle scarpe.
-Guardi lei, e poi ci dica che cosa ne pensa. A me sembra proprio la sua scrittura- adesso era sbucata anche Monica Leontini, fasciata in uno dei suoi eleganti tubini.
Il commissario, incuriosito da tutto quel trambusto, prende la busta, la apre e legge il foglietto al suo interno:
”Sono Serena Gandolfi. Non dovete preoccuparvi, sto bene”
-Allora, commissario? Che cosa ne pensa?!- domanda apprensivo Umberto Parini, l’ultimo a sbocciare in quel prato di matti.
-Penso che questa non è la solita scrittura a cui siamo abituati. Qualcuno mi può confermare che è la scrittura della Gandolfi?- prosegue l'uomo, ora più seriamente.
-Sì, glielo posso confermare. E’ la sua scrittura, ne sono sicura- asserisce la violinista
-Non so se sia un bene o un male. Il rapitore avrebbe potuto costringerla a scrivere di suo pugno, per depistarci… - conclude impensierito Terenzi, rigirandosi il messaggio tra le mani.
-Lo crede davvero?- domanda Gabriella, tormentando le povere cocche del grembiule.
-Può essere, signora. Intanto la cosa più importante è fare analizzare il biglietto per vedere se le eventuali impronte presenti siano proprio le sue: chiamerò la Scientifica che le confronterà con gli oggetti personali nella sua stanza. Avete visto qualcuno di sospetto aggirarsi qui vicino?-
-No. Questa mattina mia madre è andata a ritirare la posta e, in mezzo alle altre cose, si è accorta della lettera … - spiega Paolo, l’altro bravo anatroccolo che segue mamma cigno.
- ll postino a che ora è venuto?- incalza il poliziotto, nel sentire quelle rivelazioni.
-Alle undici, undici e un quarto, come tutti i giorni- risponde la proprietaria
-E ha visto se era sempre lo stesso?-
-Sì, era lui, ne sono sicura-
-Se davvero è stata rapita, può essere che sia riuscita a scappare o se invece è ancora nelle mani del suo rapitore, è anche possibile che questi le abbia permesso di scrivere il biglietto: capita che lo facciano come salvacondotto per quando saranno presi-
-Ma come facciamo a saperlo?- interviene Umberto, pessimo attore nel celare la sua preoccupazione per la fidanzata segreta.
-Fino a quando non si farà viva lei o non la ritroveremo, non possiamo saperlo, signor Parini. Manteniamo la calma, è la cosa più importante adesso-
E improvvisamente la porta della camera si richiude con un timido clic: il commissario maledice mentalmente il giorno in cui gli è venuta la brillante idea di recarsi a Porto Ercole, sottovalutando quell’indagine che lo stava facendo impazzire.
L’uomo tasta nelle tasche dei pantaloni alla ricerca del pass per entrare, ma in un battibaleno si accorge che gli deve essere scivolato appena aperta la porta.
Si gira verso il gruppetto che sta aspettando un suo segnale, gli occhi sbarrati, il respiro alterato dall’ansia e l’incredulità, una parola che li possa consolare:
-Signora, ha un altro pass?- mai domanda fu più infelice per quei poveretti: la donna, all'inizio non credendo alle proprie orecchie, ma capendo che l'uomo davanti a lei non stava affatto scherzando, annuisce senza profferir parola. Terenzi sorride e ringrazia, sgusciando subito dopo, verso la salvezza rappresentata dalla porta nuovamente aperta.
 
 
 
La persona che ha scritto il biglietto firmato Serena Gandolfi, effettivamente non è la stessa che ha scritto tutti gli altri, la Scientifica ha confermato la certezza di Monica Leontini, ferrea sostenitrice della calligrafia dell’amica.
Terenzi riprova a chiamare l’ispettore Oldoini, che però ha ancora il cellulare staccato. Dopo vari tentativi, finalmente riesce a mettersi in contatto con lui, raccontandogli del ritrovamento dell’ennesimo messaggio, e dei due amanti clandestini, l'aitante rugbista e la ballerina scomparsa.
-E la violinista l’ha interrogata?- domanda Oldoini
-Non ne ho avuto il tempo, anche se non credo mi saprà dire molto di più: Parini, invece, mi ha confermato di aver detto tutta la verità riguardo al loro litigio e, soprattutto, circa il colloquio telefonico avuto dalla Gandolfi il pomeriggio in cui è scomparsa-
-Va bene: spero di tornare presto, commissario, così potrò aiutarla. Nel frattempo lei non esiti a chiedere una mano ai miei uomini, saranno a sua completa disposizione, anche se, come accennato l’ultima volta, siamo sotto organico …-
-Certo, non si preoccupi. Pensi a sua madre, adesso, il resto verrà da sé. Grazie, ispettore, per la sua collaborazione. Arrivederci-
-Mi faccia avere notizie al più presto ... arrivederci -
 
Anche le informazioni che ha chiesto a Ghirodelli, il giorno prima, si rivelano del tutto negative: non risulta infatti che Mario e Fabrizio Arcangeli abbiano fatto il servizio militare, praticamente sembra che non siano mai esistiti.
Il commissario decide quindi di cercare qualcosa in più sulla ballerina scomparsa: richiede la chiave della sala conferenze alla signora Gabriella, ancora scossa per il ritrovamento del biglietto, e si rifugia in quell’oasi tecnologica per lui indispensabile.
Trovare notizie sulla ragazza non si rivela molto complicato: ci sono diversi siti Internet a lei dedicati, che riportano la sua biografia, gli spettacoli a cui ha partecipato, i ballerini con cui ha lavorato, anche se nessun pettegolezzo in particolare.
Casta diva, è proprio il caso di dirlo, commenta il poliziotto, dopo mezz’ora passata di quella lettura così monotona.
Mentre sta chiudendo la quinta pagina web, Terenzi scopre finalmente un particolare interessante: Serena ha abitato in Canada fino all’età di tredici anni, poi si è trasferita in Italia insieme ai genitori e alla sorella.
Che bizzarra coincidenza, pensa il commissario, mi ricorda la vedova Arcangeli e la figlia emigrate proprio in quel Paese d'oltreoceano.
Preso da un’intuizione divina, il poliziotto non perde altro tempo: telefona al suo vice, esponendogli l’idea che forse lo aiuterà a mettere a posto una volta per tutte i cocci del vaso di quell’indagine apparentemente senza capo né coda:
-Ghirodelli, ho bisogno che mi cerchi delle informazioni sull’orfanotrofio in cui sono stati mandati i figli di Arcangeli. Fai un salto al catasto e all’archivio: devi dirmi in che anno è stato fondato, chi era il direttore, perché ha chiuso e altre cose del genere-
-Ma, commissario, tutti i documenti sono andati perduti, me lo ha detto lei ieri!-
-Sì, lo so, ma quelli che devi cercare sono documenti ufficiali, atti registrati dall’archivio di Stato, quelli non possono essere andati perduti!-
-Ho capito, sto prendendo nota…-
-Perfetto, appena sai qualcosa chiamami. Ah, un’ultima cosa, abbiamo ricevuto un messaggio della donna scomparsa
-Chi, la ballerina?-
-Sì, lei. Dice che sta bene e che non dobbiamo preoccuparci-
-Ci sono ancora un sacco di lacune in questa storia, commissario-
-Lo so, Ghirodelli, ma se pensi a come eravamo conciati fino all’altro ieri, direi che stiamo facendo dei grossi progressi-
-Ha ragione. Allora mi metto subito a cercare quello che mi ha chiesto-
-Grazie, aspetto una tua telefonata-
-Certamente, a più tardi-
 
 
Agriturismo Campo dei Fiori, ore 17.30
 
Il cellulare del commissario comincia a squillare.
Terenzi è nella sua stanza a rileggere i rapporti ottenuti dalla curatrice del sito che aveva visitato il giorno prima.
-Sì, pronto?- risponde distrattamente l’uomo, la finestra aperta sul mare piatto e scintillante all’orizzonte.
-Sono Ghirodelli, ho trovato qualcosa riguardo quelle informazioni che mi ha chiesto … -
-Bene, dimmi tutto- il poliziotto balza in piedi dalla sedia - un attimo solo, sto cercando qualcosa con cui scrivere… ecco-
-Dunque, i figli dell’Arcangeli sono stati ospiti dell’orfanotrofio dal 5 novembre 1959 al 3 gennaio 1963. Qualche anno dopo, nell’aprile del 1969, l’orfanotrofio di proprietà di un ente ecclesiastico, dopo trent’anni dalla fondazione, ha chiuso i battenti a causa di una serie di denunce per maltrattamenti a carico della direttrice, una tale Teresina Coltoti, 45 anni. Insieme alla donna fu incolpato anche il marito, Giuseppe Palometti, 48 anni. Non sono riuscito a sapere se furono condannati, fatto sta che dopo quell’episodio, si sono perse le tracce della coppia-
-E di Mario e Fabrizio Arcangeli cosa hai trovato?-
- Niente in più di quello che le ho appena detto: le loro tracce si perdono nel gennaio del 1963, non sono riuscito a scoprire altro, purtroppo … -
Terenzi riflette su quel groviglio di date e nomi che non gli dicono nulla, la penna che comincia a scattare nervosa tra le sue mani:
- All’epoca dei fatti, l’età della direttrice corrispondeva con quella delle donne scelte dal nostro uomo. Non penso sia una coincidenza…-
-Sì, può essere, ma con i dati che abbiamo, non andiamo da nessuna parte, commissario: non c’è un filo logico che li leghi … -
-Hai ragione, chiama subito il questore e avvisala delle notizie che hai trovato. Hai fatto un ottimo lavoro, Ghirodelli-
-Grazie, commissario. La chiamo subito-
 
Dieci minuti più tardi, Terenzi, seduto sulla poltrona in vimini del balcone della sua camera, sta telefonando alla centrale di Porto Ercole, per sapere se –per puro caso e un pizzico di quella fortuna che ultimamente tarda ad arrivare- ci sono novità riguardo il biglietto della ballerina scomparsa mandato alla Scientifica..
Gli risponde Rusconi, l’agente in guardiola con cui ha parlato al mattino:
-Buon giorno, commissario. E’ arrivato un fax poco fa. Lo stavo andando a consegnare al sostituto dell’ispettore-
-Puoi dirmi che cosa c’è scritto?-
-Sì, dunque … dice che le impronte trovate sulla busta corrispondono a quelle di Serena Gandolfi, come già le avevano anticipato e… aspetti un attimo-
-Cosa c’è? Cosa dice il referto?-
-Mi è venuta in mente una cosa, commissario. La donna, il giorno della sua scomparsa, è venuta qui per parlare con l’ispettore-
-La ballerina?! Ne sei sicuro?-
-Sì, era il mio turno e l’ho riconosciuta, ho diramato personalmente le foto della ragazza dopo che è sparita, quella stessa sera-
-Continua…-
-Credo che si conoscessero, perché si davano del tu, anzi per essere precisi ho sentito l’ispettore  pronunciare una frase come questa “dobbiamo aiutarci tra noi cugini”. Ma non so se riferisse a loro due oppure ad altre persone-
-Dove abita la madre dell’ispettore, qui vicino?-
-No, lui si è fatto trasferire da Torino circa un paio di anni fa e immagino che la madre abiti ancora lì-
Un minuto di silenzio interrompe la conversazione telefonica.
-Commissario, è ancora in linea?-
-Sì, Rusconi, ci sono. Grazie per le informazioni, mi sei stato preziosissimo-
 

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Capitolo 10
*** I lottatori di sumo ***


Venerdì 13 Luglio
 
Il tanto atteso giorno finalmente è arrivato. Quella mattina Terenzi è convinto che avrebbe trovato la soluzione a tutti i suoi problemi, avrebbe avuto o meno la conferma dei suoi sospetti e, forse, lo stesso giorno sarebbe ricomparsa anche la signorina Serena Gandolfi.
Ogni tassello, persino il più piccolo, finalmente avrebbe trovato posto nel grande mosaico che l’uomo sta, ormai da settimane, cercando di comporre.
“E poi potrò finalmente tornare a casa, a Torino!” è diventato il suo mantra da qualche ora a quella parte.
La mattinata è splendida, sotto tutti i punti di vista: al poliziotto non dispiace neppure vedere i soliti teppistelli, come li ha definiti appena il giorno prima, rincorrersi e lanciarsi la palla sul lungomare, dove sta camminando per recarsi al commissariato di zona, dopo aver avuto conferma –appena la sera prima- del ritorno dell’ispettore Oldoini.
Terenzi, ansioso di rincontrarlo, era sceso molto presto per fare colazione: ora che l’appetito gli è finalmente tornato, non voleva di certo perdersi una di quelle gustosissime torte della signora Gabriella, un vero toccasana per il corpo e la mente.
C’è una leggera brezza che l’uomo inspira a pieni polmoni, soddisfatto di quell’aria pungente e rigenerante allo stesso tempo: percorre gli ultimi dieci metri dal suo traguardo con uno sguardo carico di entusiasmo, il pensiero fisso ai manicaretti che avrebbe preparato per pranzo la proprietaria dell’agriturismo, e ai due giorni che ancora gli restano prima di partire, tempo che impiegherà sicuramente per farsi delle lunghe nuotate rilassanti.
Ecco che il momento della Verità si avvicina sempre di più: l’edificio che ospita il commissariato –probabilmente uno dei vecchi palazzi nobiliari del paese- si staglia in tutta la sua magnificenza di fronte a Terenzi, che sorride quasi compiaciuto di quel posto in cui aveva messo piede altre volte, ma che solo adesso riesce ad esercitare un fascino noto a lui solo.
Appena entra, nota che in guardiola non c’è Rusconi, l’agente che, appena il giorno avanti, gli ha sortito lo stesso effetto rivelatore che ha illuminato San Paolo sulla via di Damasco.
Saluta quindi un paio di poliziotti che ha incontrato durante i sopralluoghi avvenuti dopo l’aggressione alla ballerina – la stessa sera del suo arrivo- dopo la sua scomparsa e il ritrovamento dei soliti stramaledettissimi biglietti beffardi.
Il commissario bussa alla porta di un bianco asettico, proprio di fronte al corridoio che immette nell’ingresso: quell’ anonimo pezzo di plastica rivestito,  nasconde dietro di esso Oldoini, l’uomo che saprà concedergli –volente o nolente- l’ultimo incastro da mettere insieme agli altri, in quel grande mosaico che è stata l’indagine.
All’invito ad entrare, Terenzi non attende oltre, lo sguardo di trionfo ora è scomparso dagli occhi scuri e penetranti, per lasciare posto al solito atteggiamento solenne che assume sempre al termine di quel quarantotto che era stata l’intera vicenda.  
-Buon giorno, commissario. Mi hanno riferito questa mattina che mi ha cercato nei giorni precedenti-
l’ispettore Lorenzo Oldoini è seduto sulla poltrona girevole dietro la rettangolare scrivania di mogano scuro: il tono di voce è tranquillo, cordiale, così come la stretta di mano che si scambiano sembra non preludere nulla di negativo.
-Sì, ho provato a contattarla ma aveva sempre il telefono spento-
-Ha ragione, mea culpa, ma si è rotto il cellulare e non ho avuto il tempo di ripararlo. Sa, con mia madre bloccata a letto, avevo altri pensieri … -
-Non fa niente, adesso è qui e le posso parlare. Ero venuto per riferirle dei passi avanti che la mia squadra ed io abbiamo fatto- comincia tranquillamente Terenzi, prendendo posto anche lui sulla sedia di fornte all’uomo.
 -Adesso che sono tornato può riferirmi tutto ciò che crede. La ascolto-
Oldoini si appoggia comodamente allo schienale.
-Per prima cosa vorrei sapere dove si trovava in questi giorni che è stato assente da Porto Ercole-
-Ero da mia madre, glielo ho appena dettto! Non ha ricevuto il biglietto che le ho lasciato?-
-Sì, l’ho ricevuto. E le posso chiedere se sua madre abita a Torino?-
-Non vedo che cosa possa c’entrare questa domanda con le indagini, ma comunque le risponderò. Sì, mia madre abita a Torino. Lunedì sera ho ricevuto una telefonata dalla sua vicina di casa che mi ha pregato di andare immediatamente da lei perché si era rotta il femore, e così il giorno dopo sono partito- spiega con aria innocente Oldoini
-Tutto qua, non ha da aggiungere altro, ispettore?-
-Assolutamente no! Che cosa dovrei aggiungere?- l’uomo sorride di un sorriso stanco, l’espressione negli occhi assolutamente innocente e quasi infantile.
-Beh, ad esempio, il fatto che non esiste nessuna madre malata e che nessuna vicina di casa l’ha così premurosamente contattata per invitarla ad andare ad accudirla…-
-Mi sta forse dando del bugiardo, commissario? Le posso assicurare che è la verità, a Torino ci sono andato davvero! Le posso far vedere il biglietto del treno, se non ci crede!- si difende alterato il poliziotto, agitandosi più del dovuto sulla morbida poltrona in eco-pelle.
-Oh, ma io sono sicuro che lei quel viaggio l’abbia fatto, solo che il motivo che l’ha portata lì è stato un altro…-
-E quale, se posso chiederglielo?-
Terenzi fa una breve pausa e fissa negli occhi il suo interlocutore: entrambi sembrano due lottatori di sumo – eccetto per la stazza ovviamente- che si stanno osservando per scoprire e bloccare la mossa successiva che potrebbe mettere definitivamente al tappeto uno dei due, circospetti ma decisi a continuare il combattimento.
-Come fa a fingere così bene?- domanda il poliziotto, forse più rivolto a se stesso che al suo interlocutore: lo sguardo è vigile, ma la voce è di una persona amareggiata, dai toni bassi e quasi increduli  -lei che porta quella divisa dovrebbe essere tutore della legalità, invece si è prestato a questo teatrino senza senso!-
-Commissario, se continua a trattarmi come il più infimo dei delinquenti, sarò costretto a buttarla fuori di qui, la avverto!- Oldoini punta il dito contro l’uomo: si alza per il tempo necessario a far imprimere la minaccia nella mente dell’uomo di fronte, poi si risiede con tranquillità, senza fretta, come se non fosse successo nulla.
-Bene, se non vuole dirmi niente di sua iniziativa, allora adesso le spiegherò io come sono andati i fatti-
Un risolino appena accennato si fa strada sulle labbra di Oldoini, che annuisce come dopo aver concesso un grande favore alla più stupida delle persone.
-Lei, ispettore- continua il commissario con voce più sicura -è vero che in questi giorni si trovava a Torino, ma non per accudire la madre inferma, no, ci è andato per dare una mano a suo cugino, il nipote del vero Giovanni Arcangeli, vissuto qui a Porto Ercole mezzo secolo fa!-
Terenzi guarda con espressione torva l’uomo seduto di fronte a sé, le parole pronunciate a raffica come un veleno di cui liberarsi al più presto.
-Che cosa sta cercando di insinuare?! Che io sarei suo complice?!-
Oldoini si è di nuovo alzato dalla poltrona, rimanendo ancora una volta in piedi davanti al commissario, l’espressione negli occhi non più tranquilla.
-Sì, esattamente- prosegue l’altro -è proprio quello che voglio insinuare, perché dopotutto è la verità. O mi sbaglio? Me lo dica lei, e finiamola una volta per tutte con questa assurda pantomima!-
L’ispettore si rimette a sedere, questa volta con meno sicurezza, quindi s’informa:
-E il rapimento della ballerina? Mi sta accusando anche di questo?-
-No, perché non c’è stato nessun rapimento- risponde con un abbozzo di sorriso il commissario -faceva parte del piano che voi, lei e sua cugina Serena Gandolfi, avete architettato con l’uomo che si spaccia per Giovanni Arcangeli!-
Il poliziotto imputato sospira forte, poi continua, le mani congiunte di fronte al viso:
-Come ha fatto a scoprire tutto?- domanda, abbassando lo sguardo, ormai atterrito dall’ultimo colpo ben assestato del suo avversario: il sumo forse non fa per lui …  
 Terenzi scuote la testa: sorride amareggiato e, sussurrando, continua con fare rassegnato:
-Allora avevo ragione...-  
“Che mondo corrotto e senza ideali” riflette il commissario, poi, ad alta voce, prosegue:
-Ho cominciato a capire solo quando mi sono deciso a fare delle ricerche per conto mio,  un paio di giorni fa. Per caso mi sono imbattuto in due informazioni molto interessanti: la prima è che qui, a Porto Ercole, cinquant’anni fa è esistito davvero un tale di nome Giovanni Arcangeli, e la seconda è che, nelle vicinanze dell’ultimo luogo in cui ha colpito il nostro uomo, a Torino, c’è un vecchio casolare, ora dismesso, ma che un tempo ospitava un orfanotrofio. Sa qual è il colpo di scena in tutta questa storia che le sto raccontando, almeno fino adesso?!  Beh, ironia della sorte l’istituto è stato frequentato, tra gli altri, dai due figli maschi dell’Arcangeli, Mario e Fabrizio! Non le sembra quasi un paradosso, persino divertente?!-
Oldoini lo ascolta concentrato, annuisce impercettibilmente, cercando di non abbassare lo sgaurdo.
-Ero già sicuro che vi fosse un complice ad aiutare il finto Giovanni Arcangeli –prosegue il commissario -perché era impossibile che una sola persona si trovasse contemporaneamente in due posti nello stesso momento. Doveva avere per forza qualcuno che lo aiutasse a nascondersi, qualcuno che gli reggesse il gioco. Poi, con la scomparsa della ballerina, tutto si complica: perché l’ha rapita? Lui non è un rapitore, intimorisce le sue vittime con dei biglietti minatori, ma concretamente non ha mai fatto male a nessuno. Inoltre la signorina Gandolfi ha i capelli rossi, non è bionda, e questo è un punto fondamentale, almeno per come ha sempre ragionato quel pazzo.
Sempre durante le mie ricerche, ho scoperto che Serena aveva vissuto in Canada fino a tredici anni, e il Canada è proprio lo stesso Paese dove si sono rifugiate la moglie e la figlia di Giovanni Arcangeli, dopo la sua morte. Ho pensato che fosse una semplice coincidenza, ma poi sono venuto a sapere che lei e la Gandolfi siete parenti, di nuovo per caso. Allora mi sono chiesto: perché tenermelo nascosto? Perché fare finta di non conoscersi?-
L’ispettore continua ad ascoltare attentamente, di nuovo un risolino fuoriesce dalla bocca per il resto ermeticamente sigillata.  
-Ma la parte interessante comincia quando sono riuscito a risalire alla vera storia di Giovanni Arcangeli. L’uomo muore in circostanze misteriose nell’ottobre del 1959: ha il vizio dell’alcool, ultimamente beve anche più del solito, e così tutti attribuiscono la sua dipartita al bere.
Pochi giorni dopo, però, la moglie, una tale Adelina Mangiapane, lascia per sempre l’Italia, portando con sé la più piccola dei suoi figli, Clara: nessuno sa dove sia diretta, perché non parla con nessuno di questa decisione apparentemente senza senso.
Ma qui sorge spontanea una domanda,  la più naturale che potessi farmi: perché la donna è partita solo con la figlia e ha abbandonato invece i due maschi? Una madre non avrebbe mai agito in questo modo, ma per quanto mi sia sforzato di trovare una riposta, non ci sono riuscito … lei forse può aiutarmi a sciogliere quest’ultimo nodo, ispettore?- Terenzi si abbandona sulla sedia, vincitore di quel combattimento infinito, ma estremamente debilitato dai troppi colpi dati e parati.
-Quello che ha raccontato fino a qui è vero, commissario- annuisce l’ispettore, mettendosi nuovamente comodo sulla poltrona in eco-pelle, la schiena avvolta da una camicia azzurra a maniche corte 
-Glielo dico io perché l’ha fatto- continua  -è stata costretta a fuggire dall’uomo che le aveva ucciso il marito, lo strozzino che, a causa del vizio di mio nonno, aveva letteralmente prosciugato tutti i beni di famiglia, persino la casa in cui abitavano. Poi, durante una rissa, quel maledetto aguzzino lo uccide! Ma non per sbaglio, no, lo fa perché mio nonno non ha più soldi per pagarlo, e fa passare quell’omicidio per una normalissima morte dovuta ai troppi alcolici che il suo debitore ingerisce abitualmente: una caduta accidentale per un ubriaco è più che probabile, peccato che nessuno ci abbia creduto fino in fondo! Aveva la testa fracassata, commissario, e non era caduto da chissà quale altezza, quindi sarebbe stato normale che sorgessero almeno qualche dubbio! Lo ritrovarono infatti davanti alla locanda in cui era solito andare a bere, ma a chi importava la morte di un povero alcolizzato, senza casa ormai e soldi nemmeno per comprarsi il pane?! Glielo dico io, a nessuno! … -
-Non sono state fatte delle indagini?!- chiede Terenzi sconcertato
-Oh sì, ma in modo molto superficiale: credo abbiano interrogato solo qualcuno dei soliti avventori che andavano con mio nonno a riempirsi lo stomaco di quello schifo! La cosa terribile, commissario, è che quell’assassino si è comprato il silenzio di mia nonna: l’ha costretta ad andare in Canada, a patto che non dicesse nulla di quello che era accaduto! Ma quell’infame le ha dati i soldi solo per comprare due biglietti, così lei ha dovuto scegliere tra i suoi figli, e ha scelto Clara, mia zia, solo perché era la più piccola ed era una femmina, e a quei tempi se eri nata donna non avevi molte possibilità di cavartela, soprattutto se eri rimasta da sola ed eri così giovane come lo era lei … -
-Quindi sua nonna ha deciso di mandare gli altri due figli in orfanotrofio, giusto?- Terenzi ha una sete disperata di quella storia agghiacciante che l’uomo gli sta raccontando: è una droga, ne ha bisogno, vuole gustare fino in fondo il gusto amaro del racconto.
-Non proprio. Lei li aveva affidati a dei lontani parenti che abitavano a Torino, ma questi ultimi, non potendo mantenerli, hanno mandato mio padre Fabrizio e mio zio Mario a “L’Angelo del Cielo”. Quel luogo era tutto tranne che il paradiso, era un autentico inferno … -
-E quando ha chiuso l’orfanotrofio che cos’hanno fatto suo padre e suo zio?-
Oldoini annuisce come se avesse capito tutto anche lui solo in quel momento: la voce è rabbiosa ma sicura, finalmente può raccontare ogni cosa, così continua:
-Hanno raggiunto la madre e la sorella in Canada, poi dopo una decina di anni, dopo aver fatto fortuna, sono ritornati qui in Italia, e si sono trasferiti definitivamente a Torino. Lì si sono sposati e hanno avuto dei figli, io e mio cugino Marcello. Mia zia continuò ad abitare in Canada per un altro po’ di tempo fino a quando anche lei è ritornata a Torino, con il marito e le sue figlie, tra cui Serena-
L’ispettore si alza in piedi, e si dirige alla finestra, le mani in tasca:
-Il cognome che adesso porto è quello di mia madre. Mio cugino aveva ascoltato più volte i racconti di mio zio Mario, e più li ascoltava, più si sentiva crescere un terribile senso di vendetta verso la direttrice dell’orfanotrofio. Lei era ricca e bella, non aveva problemi nella vita. Le piaceva ascoltare Rachmaninov, è per questo che Marcello, quando ha organizzato la finta aggressione a Serena, ha scelto proprio quello spartito di musica-
Il poliziotto sospira, incredulo per quello che sta ascoltando:
-La direttrice picchiava i bambini?-
l’uomo annuì stanco, esausto delle spiegazioni senza fine che stava propinando:
-Sì … non so perché lo facesse, anzi non lo sapevano nemmeno quei poveri ragazzi.
Forse lo faceva per il solo gusto di farlo, forse era una sorta divertimento per lei: a sentire i racconti di mio padre e di mio zio, lei e il marito erano molto sadici, godevano nel far soffrire gli ospiti –se così si possono definire- dell’orfanotrofio-
Terenzi scuote la testa ancora una volta, incredulo e disgustato da quell’orrore che, piano piano, sta trapelando.
-Così, quando mio zio ha cominciato a non stare bene, Marcello ha deciso di vendicarlo, e di cominciare a perseguitare tutte le donne che assomigliavano alla direttrice dell’orfanotrofio. Pensi, commissario, che a distanza di quarant’anni hanno ancora delle tremende cicatrici  a causa delle cinghiate che hanno ricevuto da quel demonio … -
L’ispettore fa una pausa, continuando a fissare la finestra prosegue:
-Teresa Coltoti aveva una grande passione per la musica classica, per questo mio cugino lasciava in casa delle sue vittime un falso spartito di musica, il biglietto intimidatorio e una rosa gialla che, come ha spiegato lei durante il nostro primo incontro, rappresenta per l’appunto la gelosia. Io all’inizio non ne sapevo nulla, poi quando lei è venuto qui per chiedermi di darle una mano con le indagini e mi ha parlato di Giovanni Arcangeli, ho avuto come un presentimento. Ho chiamato mio cugino a Torino, e lui mi ha confermato tutto. Non lo volevo aiutare, ma quando ha scoperto che qui a Porto Ercole c’era anche Serena, ha voluto a tutti i costi parlarle: è venuto qui e, non so in quale assurdo modo, l’ha convinta a recitare la parte della ragazza rapita … -
-Quindi le luci sono saltate di proposito?- domanda Terenzi, sempre più curioso
-Sì, è stato Marcello ad aver avuto l’idea della finta aggressione. Ma poi Serena ha cominciato a spaventarsi, a capire che quello che stava facendo nostro cugino era pericoloso, illegale, e così ha deciso di andarlo a trovare a casa mia, per cercare di farlo ragionare-
-Allora si trovavano lì?-
-Sì-
-E l’ha sempre nascosto da lei?-
-No, solo da lunedì: prima era a Torino, poi quando ho capito che non avrebbe smesso facilmente, l’ho fatto venire a casa mia insieme a Serena-
-Perché suo cugino si è fatto arrestare dai miei uomini?- domandò Terenzi dopo una manciata di secondi di silenzio.
-Non lo so, credo che l’abbia fatto di proposito, forse era stanco di questo gioco pericoloso, e si sarebbe fermato solo se qualcun altro lo avesse obbligato a smettere. Ho preso questi giorni di permesso per cercare di convincerlo a lasciare l’Italia, perché se non l’avesse fatto, io gli ho giurato che l’avrei denunciato. Così siamo tornati insieme a Torino, mentre Serena è rimasta nel mio appartamento, qui a Porto Ercole-
-Ma suo cugino ha continuato nella sua folle corsa per vendicare il padre e lo zio. Costringe Serena a lasciare il falso indizio nella serra, lo scialle ricamato, giusto?- domanda il commissario
-Sì- annuisce Oldoini – Serena all’inizio si è fatta trascinare dall’affetto che ha nei suoi confronti, poi però non voleva più stare al gioco, perché, come le ho detto, diceva che era una cosa senza senso, che a nostro zio non sarebbe piaciuto se lo avesse scoperto. Ma lui niente, insisteva che quella e solo quella era la cosa da fare, che finalmente suo padre avrebbe avuto giustizia-
-Perché avete scelto proprio me per inviare i vostri messaggi?-
-Mio cugino ha sempre avuto una passione per il nostro mestiere e, abitando a Torino, ha sentito molto parlare di lei … -
-Ma come ha fatto a rintracciare le sue vittime?! Nessuna di loro si conosceva!-
-Marcello lavora come assistente in uno studio d’architettura, ed è lì che ha visto per la prima volta quelle donne: erano delle clienti. Non ha avuto difficoltà a rintracciare i loro indirizzi e così è iniziato tutto-
-Lo sa che lei e la signorina Gandolfi verrete indagati per favoreggiamento e intralcio alle indagini?-
-Sì, lo so … il mio mestiere lo conosco ancora … -
Il poliziotto accusatore sorride brevemente poi, ridiventando serio, continua:
-Se vuole uscirne ancora a testa alta, denunci subito suo cugino, mi dia l’indirizzo di casa sua, e convinca Serena a costituirsi -
Oldoini estrae dal cassetto della scrivania il taccuino e la Bic: scarabocchia qualche cosa e poi porge il foglietto a Terenzi.
-Ecco, commissario. Questo è l’indirizzo. Spero che non siate troppo severi con Marcello e con Serena … in fondo sono due vittime anche loro-
-Per fortuna suo cugino non ha fatto del male a nessuno-
-Già, per fortuna è andata così- l’ispettore annuisce, gli occhi vacui a fissare un punto indefinito. Rialza lo sguardo, questa volta con fierezza, e domanda:
-Testimonierà a mio favore?-
-Che cosa dovrei dire? Che da un lato faceva una faccia, il poliziotto integerrimo ligio al dovere e perfetto nel suo lavoro, mentre dall’altra teneva nascosti elementi di vitale importanza per le indagini?!-
Gli occhi di Terenzi sono come saette in un cielo buio privo di stelle e di luci, ma il tono della sua voce continua ad essere quasi accondiscendente, sebbene più alto del normale.
-Che sciocco, non avrei dovuto nemmeno chiederglielo-
-No, ha fatto bene- asserisce il poliziotto, riappoggiando le spalle allo schienale della sedia - se sarà necessario, testimonierò per lei. Ha sbagliato, questo è vero, ma ha riconosciuto i suoi errori, ed è disposto a pagarli. Speriamo che se ne renda conto anche suo cugino … -
-Lo spero anch’io. Chiamo subito il questore e gli racconto tutto, prima lo faccio e prima mi tolgo questo peso. Commissario, mi dispiace molto per come sono andate le cose. Le chiedo scusa se, con il mio comportamento, l’ho ingannata e ho ritardato l’esito delle indagini. Mi dispiace, davvero …   -
-Anche a me, ispettore, anche a me … -
                                      
   
                                                                        EPILOGO
 
Terenzi ritorna all’agriturismo profondamente amareggiato. Non avrebbe mai pensato che una persona che conosceva, sarebbe potuta arrivare a tanto. Per che cosa poi? Vendetta? Rabbia? Onore? Forse la vera vendetta l’avrebbero dovuta cercare il padre e lo zio di Marcello Arcangeli, invece in tutta quella vicenda gli unici che avevano saputo perdonare e cambiare erano stati proprio Mario e Fabrizio.
-Commissario!-
Gabriella gli corre incontro sul vialetto, il solito grembiule rosso con i fiori stampati sopra:
-E’ da tutta la mattinata che la cerchiamo! A colazione è sceso per primo ed è subito scappato via! Mi stavo preoccupando! E’ successo qualcosa?-
-Sì, signora, riunisca gli ospiti nella sala da pranzo, per favore-
 
Una volta raccontata l’intera vicenda, il commissario si sente più leggero, sebbene continui a persistere un macigno invisibile che gli grava sulle spalle.
Oldoini è stato arrestato, probabilmente andrà agli arresti domiciliari fino al processo, i colleghi dell’ispettore sono andati a casa dell’uomo, e lì hanno trovato Serena Gandolfi, che appena li ha visti si è messa a piangere e li ha seguiti senza opporsi.
Gli uomini di Terenzi, invece, hanno finalmente arrestato Marcello Arcangeli e il questore, quando il commissario lo ha chiamato, è stata costretta a complimentarsi con lui.
Il caso è finalmente chiuso, anche se con quanta fatica e con quali risultati: la proprietaria dell’agriturismo, infatti, è a dir poco sconvolta, continua a ripetere che quello che era successo non può essere accaduto proprio a casa sua, una casa rispettabile che, di lì a breve, sarebbe andata sulla bocca di tutti; Monica Leontini piange a dirotto per la sorte della sua amica, consolata da Ginevra che, con timide pacche sulle spalle, cerca di confortarla come può; Maria Elena Ragusi se n’è uscita come al solito con una delle sue perle di saggezza: “Lo sapevo, con le ballerine non ci si può mai fidare…”
Insomma, tutti –chi più e chi meno- avevano eprso qualche cosa in quella intricata e paradossale vicenda.
-Mi scusi…- Umberto Parini si avvicina al commissario  -volevo sapere che cosa accadrà a Serena…-
Il poliziotto lo guarda: “già l’amore clandestino tra i due”, si ricorda, “iniziato da poco e forse già finito”.
-Quanti anni di carcere dovrà scontare?- il giovane si mette una mano nei capelli, come per farsi coraggio, la voce un sussurro, gli occhi vacui e il colorito pallido.
-Verrà condannata per favoreggiamento. Ma starà al giudice decidere per quanto tempo dovrà …-
-Non credevo- lo interrompe amareggiato il ragazzo  -che una donna come lei avrebbe potuto arrivare a tanto. Ero certo che il suo amore per me fosse sincero, invece probabilmente nemmeno quello lo era-
-Non dica così, signor Parini, sono certo che i sentimenti che prova per lei siano davvero sinceri. E’ molto probabile che alla signorina Gandolfi daranno i domiciliari, non c’è pericolo di reiterazione del reato e il suo è stato un ruolo davvero marginale nei fatti, stia tranquillo- l’uomo cerca di risollevargli il morale appoggiando una mano sulla spalla di Umberto.
-Che cosa dovrei fare, adesso? – gli domanda osservandolo - non ho nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi, di chiederle la verità…-
-Se ci tiene a lei, non la deve abbandonare. Questo è un momento difficile, ma deve rimanerle accanto. Vada a trovarla, mi dia retta, la farà felice-
Lui annuisce:
-Sì, forse ha ragione, commissario. E’ questo il momento in cui devo dimostrarle che sono diverso da lei, che io tengo davvero al nostro rapporto. La ringrazio, grazie di tutto … -
 
 
Terenzi, la pace conquistata peggio delle dodici fatiche di Ercole, finalmente è nella sua camera: sta pensando a quanto sia stata assurda tutta quella vicenda, alle persone che ha incontrato, a quelle di cui ha potuto fidarsi, e alle altre di cui invece non ha capito proprio nulla.
Il sole è una palla infuocata che si espande man mano che tramonta, schizzando il cielo di rosso, arancione e di un rosa acceso.
Il poliziotto esce sul balconcino e contempla, per la prima volta davvero da quando è arrivato, lo spettacolo che la natura gli sta offrendo.
Quella sera, finalmente, c’è un po’ di brezza che soffia anche lì, che agita con delicatezza le foglie degli alberi, increspa in lontananza la superficie del mare e fa ondeggiare la soffice campagna circostante.
Dopotutto è contento di quell’avventura che è appena terminata, anche se di certo avrebbe preferito un epilogo differente e meno amaro: per lui, per l’ispettore Oldoini, per Serena Gandolfi e, adesso che lo conosceva un po’ di più attraverso il racconto del poliziotto arrestato, anche per quel folle di Marcello Arcangeli.
Sta pensando a tutte queste cose, quando qualcuno bussa alla porta della stanza:
-Avanti- l’uomo va ad aprire, la camicia di lino color panna che sbuffa per il cambio repentino di posizione sui pantaloni beige, le mani in tasca.
-Mi scusi, commissario, posso entrare un momento?-  Ginevra Morini, piuttosto imbarazzata, lo saluta con un lieve cenno del capo, gli occhi color ambra in dubbio per la temerarietà che l’ha spinta a presentarsi nella camera di Terenzi, un enigma assoluto per lei.
-Si accomodi- la invita il poliziotto, anche lui impacciato, ma con un atteggiamento che maschera benissimo l’indecisione che lo attanaglia.
Finalmente Ginevra si decide ad entrare, così che il commissario la invita a sedersi sul terrazzino, l’uno di fronte all’altra:
-Volevo semplicemente farle i complimenti per come ha risolto il caso: alla fine ce l’ha fatta-
Questa ragazza non fa altro che stupirmi, pensa tra sé e sé il poliziotto.
-La ringrazio, ma non è tutto merito mio, anche la mia squadra a Torino ha fatto un bel lavoro, e poi anch’io dovrei dirle una cosa- continua lui abbassando la voce e lo sguardo.
-A me?! Le assicuro che da quella volta non mi sono più intromessa nelle indagini- si difende lei, una punta di panico nella voce squillante.
-E’ proprio di questo che vorrei parlarle- prosegue l’uomo, sorridendo e scuotendo il capo come per tranquillizzarla - volevo scusarmi per come mi sono comportato con lei: riconosco di essere stato un po’ brusco, forse troppo, ma non volevo che ci fossero altri problemi oltre a quelli che già avevamo.
II mio più grosso errore è essermi fidato delle persone sbagliate, invece avrei dovuto fidarmi di più di lei e magari ringraziarla di quello che stava provando a fare per aiutarmi…-
Ginevra lo guarda interdetta: non avrebbe mai pensato che un uomo così integerrimo come lui, sarebbe arrivato addirittura a chiederle perdono.
-E’ molto gentile da parte sua, commissario. Accetto volentieri le sue scuse, anche se le assicuro che non sono mai stata arrabbiata con lei, tutt’altro!-
-Bene, mi fa piacere saperlo- dice Terenzi sorridendo ancora una volta: ora l’imbarazzo si sta stemperando, ma i loro sguardi faticano ancora ad incrociarsi, così rimangono in silenzio per una decina di secondi, gli occhi rivolti verso il paesaggio di fronte a loro, l’aria del mare di notte a stuzzicare le narici:
-Adesso che è finita l’indagine, ritornerà a Torino, vero?- domanda Ginevra, prendendo quel coraggio di cui sono così carenti.
-Sì, dopodomani. Voglio godermi per un paio di giorni questo posto- le risponde lui, un nuovo sorriso sulle labbra incorniciate dalla barba incolta - rientro in servizio lunedì, quindi non ho poi così tanta fretta!-
-Allora credo che partiremo insieme: anche la mia vacanza finisce domenica, purtroppo-
-Vorrà dire che se dovessimo ancora fare il viaggio insieme, questa volta la lascio sedere vicino al finestrino, così non si lamenterà se io lo apro oppure no!-
Ginevra sorride divertita, un po’ stupita della premura dell’uomo e del fatto che si ricordasse il suo problema di cervicale.
-E io le prometto che non le farò cadere la valigia sul piede!- concede lei, stendendo la mano destra verso Terenzi che, all’inizio interdetto, accoglie con favore quel gesto.
-Affare fatto!-  sanciscono stringendosele.
La brezza notturna ora si fa più forte: quasi si riesce a sentire in lontananza lo sciabordio delle onde infrangere la spiaggia, quel rumore da conchiglia appoggiata all’orecchio, fautore di tante fantasie infantili, che accompagna malandrina le risate di quei due personaggi così diversi tra loro, eppure simili per lealtà e testardaggine.
 
 
NOTA DELL’AUTRICE: Ciao a tutti! E’ da un po’ che non pubblicavo e, adesso che siamo arrivati all’ultimo capitolo, sono contenta di aver aspettato così a lungo, in modo da rigustarmelo anch’io!
Grazie come al solito ai tanti lettori che hanno dedicato del tempo alla storia!
Per chi vorrà continuare a seguire il commissario Terenzi e Ginevra (tranquilli, la rivedremo presto!) ho già pronto il seguito, con altri misteriosi capitoli internazionali (sì, dall’Italia ci sposteremo all’estero): la trama ovviamente non ha nulla a che fare con questa appena conclusa, solo ritroveremo i protagonisti e la squadra di Torino!
Non vi anticipo nulla, anche perché non so quando inizierò a pubblicare, ma spero presto!
Grazie ancora e … BUON ANNO a tutti!
P.S. Se vi fa piacere, passate a leggere “Adele”, nella sezione Romantico!
 

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