Genocell

di writermey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Segreti ***
Capitolo 3: *** Passato ***
Capitolo 4: *** Piani ***
Capitolo 5: *** Tokyo ***
Capitolo 6: *** Prigionieri ***
Capitolo 7: *** Tracce ***
Capitolo 8: *** Incontri Inaspettati ***
Capitolo 9: *** Tragitto ***
Capitolo 10: *** Sacrificio ***
Capitolo 11: *** Canada ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Devo dire che per questa idea si è accesa veramente una lampadina. Stavo riguardando i video finali di tutti i Tekken riguardanti Julia e mi ha colpito in particolare l'ending del Tekken 4 in cui si parla del Genocell, delle cellule di devil che distruggono quelle umane ecc..e così è capitato. Mi è venuto in mente di inserire i personaggi di Tekken in un universo apocalittico ricco di zombie, con un pizzico di pulp all'American Gods. È la prima volta che scrivo in prima persona e spero davvero che questa storia venga bene ed emozioni voi quanto ha emozionato me idearla e scriverla.
Enjoy =)


Genocell

Introduzione



La G-Corporation è stata una delle società all'avanguardia nel campo della biotecnologia e della biogenetica più influenti al mondo. Nata dalla collaborazione del Dr. Bosconovitch e del Dr. Abel ed inizialmente finanziata dalla titanica Mishima Zaibatsu, riuscì a rendersi indipendente grazie a rivoluzionari progetti di ricerca che l'hanno resa una delle migliori agenzie nel campo scientifico su scala internazionale.
La partecipazione attiva di entrambi i fondatori della G-Corp. contrinuì a rendere i progetti di ricerca sempre più ambiti dai giovani studenti delle varie facoltà medico-scientifiche delle migliori università e college mondiali.
Julia Chang, una studentessa americana tra le più brillanti del suo paese, ebbe l'opportunità di lavorare nel team di ricerca e sviluppo del Genocell, uno dei progetti più importanti di tutta la corporazione.
L'idea fu quella di utilizzare cellule specifiche create in laboratorio per incrementare la riproduzione delle cellule pre esistenti di alcune piante, nel tentativo di agevolare e velocizzare il processo di rimboschimento di determinate aree desertiche, rese tali dall'opera irrispettosa dell'uomo.
I problemi emersero nel momento in cui nacquero dei conflitti d'interesse tra il Dr. Bosconovitch e il Dr. Abel, quest'ultimo infatti, prese il controllo del progetto costringendo il suo socio ad abbandonare non solo il progetto Genocell ma anche la G-Corp.

Io e il Dr. Abel abbiamo pareri discordanti riguardo all'etica morale che ogni giorno ci costringe a prendere decisioni difficili nel nostro lavoro. Le idee del mio ex-collega sono a dir poco bizzarre e non ho intenzione di prendere parte alla follia che dilaga sempre più spesso ogni giorno che passa.”
-Dr. Bosconovitch


Non esistono interviste rilasciate dal Dr. Abel in risposta all'articolo pubblicato dal Mishima International Journal (qui sopra) ma, in ogni caso, il progetto Genocell non è mai stato interrotto portando così la G-Corporation ad un importante traguardo.
Nessuno immaginava le gravi conseguenze che avrebbe causato in seguito il progetto Genocell.

Mi chiamo Julia Chang e questa è la mia storia.

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Capitolo 2
*** Segreti ***


Segreti



Arrivai presto quella mattina di inizio settembre. L'aria era ancora calda e non potevo credere che nel giro di poche settimane sarebbe iniziato l'autunno, con la solita pioggia, il freddo e via dicendo. Non che mi dispiaccia un tempo simile ma sicuramente l'estate permette di indossare abiti più comodi.
L'ala ovest della G-Corporation dove lavoravo era deserta; per la verità, credo che la maggior parte dell'intera struttura della società fosse deserta. L'orario lavorativo non era ancora cominciato ma avevo bisogno di terminare alcune cose.
Passai la card magnetica per aprire la porta d'ingresso e anche per usare l'ascensore e anche per aprire la porta degli uffici dove il team di ricerca svolgeva le proprie mansioni amministrative. Il livello di sicurezza era altissimo.
In fondo al corridoio c'erano i laboratori dove si svolgevano i compiti più pratici e dove io mi trovato più a mio agio, in quell'ambiente sentivo di poter contribuire attivamente al progetto a cui stavamo lavorando.
Accesi le luci al neon bianche, indossai il camice e gli occhiali e mi misi al computer. Dovevo solo copiare alcuni fascicoli inviati dal centro di ricerca centrale e poi mi sarei fatta un buon caffè aspettando i colleghi.
Le cose però andarono diversamente.
Non ero arrivata nemmeno a metà del lavoro che dovevo svolgere, quando mi accorsi di un file chiamato “Progetto D”. La mia curiosità è ben nota tra le persone che mi conoscono e non resistetti, lo aprii.
Non starò qui ad elencare in dettaglio i nomi e i termini scientifici riportati in quel file, tutto ciò che dovete sapere è che il reale motivo per il quale il team G, come ci chiamavano a noi del progetto Genocell, stava lavorando sulle cellule rigenerative, era poter rendere quasi immortali i membri della famiglia Mishima.
Molti non conoscono il segreto che si cela dentro i membri maschi della famiglia Mishima, il demone che li divora dall'interno. Io purtroppo ho avuto a che fare con il Devil molte volte nel corso dei Tornei di arti marziali organizzati da Heihachi Mishima e sapere che il Dr. Abel stava usando le migliori menti del paese per vendere le ricerche alla Zaibatsu, era a dir poco terrificante.
Decisi di copiare i file in un hard disk che avrei portato con me e cancellai tutti i dati registrati sul database dell'ufficio.
Se in quel momento avessi avuto il lontano pensiero che potessi essere in errore, il fatto che il Dr. Abel mi puntò una pistola contro e senza esitare aprì il fuoco, cancellò ogni dubbio. Non lo sentii nemmeno entrare e non mi disse molto a riguardo, aveva in mente solo una cosa, uccidermi.
Lasciai l'ufficio e riuscii a fuggire dall'ala ovest della G-corporation ma ciò che accadde subito dopo fu anche più strano.
Mentre mi allontanavo a passo spedito attraverso il cortile ci fu un'esplosione proveniente dall'ala est. Fui abbastanza lontana da non subire nessun danno ma crollai a terra ugualmente, spaventata, sorpresa. Rimasi lì per lunghi minuti, quasi mi dimenticai che il Dr. Abel poteva ancora raggiungermi per finirmi ma ciò che attirò la mia attenzione fu un giovane uomo, non doveva avere più di ventidue o ventitre anni. Era biondo, alto, di corporatura massiccia e con lineamenti occidentali. In qualche modo mi ricordava il mio ex ragazzo, con quell'espressione triste e pensierosa.
Camminava con passo deciso nella mia direzione ma ci mise qualche attimo ad accorgersi di me, si fermò e ci guardammo in silenzio. Era come se si dovesse convincere che non ero una minaccia. Si chinò di fronte a me e mi aiutò ad alzarmi, mi chiese se stessi bene. Riuscii solo ad annuire.
Uno sparo ci mancò entrambi per un pelo e ci svegliammo da quello strano torpore mentale in cui ci eravamo tuffati così placidamente, come a voler sfuggire da tutti i problemi del mondo.
Il Dr. Abel era ancora in circolazione e sempre più determinato a farmi fuori. Quel giovane mi afferrò per un braccio e ci allontanammo velocemente.
Corsi a lungo e usai tutto il fiato che avevo in corpo, per un po' sentimmo i proiettili fischiare vicino alle orecchie, poi smisero. Percorremmo la strada polverosa fino a raggiungere un punto prestabilito dove il biondo sconosciuto aveva nascosto una moto, fuori dalla carreggiata, in un fosso. Lo aiutai a mettere il mezzo sulla strada e mi offrì un passaggio per allontanarmi più velocemente da quel luogo.
Accettai.

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Capitolo 3
*** Passato ***


Passato



Sentire il vento tra i capelli, bruciare l'asfalto a velocità elevata, chiudere gli occhi ed immaginare di volare come le aquile. Furono quelle le sensazioni che provai nel percorrere il tragitto in moto con il biondo conosciuto che inevitabilmente fece riaffiorare il mio passato. Venne a galla come un macigno e la sofferenza di un cuore infranto mi inumidì gli occhi.
Nessuno dei due parlò per tutto il tragitto, non capii dov'eravamo diretti ma in fondo non mi interessava poi così tanto, ero salva e potevo pensare al da farsi per fermare la G-Corporation e il Dr. Abel. Ciò che scoprii fu tremendo ma non ero intenzionata a lasciar perdere.
Chiusi gli occhi e appoggiai d'istinto il capo sulla sua schiena, era calda e potevo sentire il battito regolare del cuore. Lasciai i lembi della sua camicia per aggrapparmi più saldamente ai suoi fianchi e attesi quell'arrivo che non volevo arrivasse mai, in una destinazione che non volevo conoscere.
L'edificio della G-Corp. era stato costruito appositamente lontano da tutto e da tutti sia per una questione di sicurezza, sia per dare quel senso di inquietudine e meraviglia di un posto leggendario, che non era sulle mappe. Arrivammo quindi ad Austin dopo tre ore e mezzo, non era nemmeno l'ora di pranzo ma tutto quel movimento, il fatto che il mio capo volesse uccidermi e l'esplosione mi avevano fatto venire un certo languorino. Ci fermammo in una tavola calda alle porte della città, il Joe's Bowling; il nome non si riferiva a fatto che il locale potesse avere una pista da bowling come si poteva sospettare, era solo il cognome del proprietario. Aveva aggiunto la “s” dopo a Joe solo per un senso estetico. La frequentavo spesso quando studiavo alla scuola superiore e ritornare in quel posto mi fece sorridere.
Ci accomodammo in un tavolo lontano dalla vetrata panoramica, in una posizione che permettesse di tenere d'occhio l'entrata ed essere abbastanza vicini alla porta sul retro da poter eventualmente fuggire in caso il Dr. Abel avesse dato disposizioni di cercarci.
Il biondo sconosciuto di fronte a me si allungò leggermente nella mia direzione, allungando la mano in segno di saluto e io gliela strinsi come di consueto. Mi disse di chiamarsi Steve Fox e di venire da Londra...quella originale, non quella dell'Ohio.
Mi presentai e dopo brevi convenevoli andai dritta al punto, volevo sapere cosa ci facesse alla G-Corp. Prima che potesse rispondermi, la cameriera Amy ci interruppe per prendere le ordinazioni. Lei mi conosceva e anch'io conoscevo lei, dai tempi della scuola. Sopportammo le solite frasi quali “Ma come sei cresciuta”, “Ti ricordi di Tim, il tuo fidanzatino?”, “Come sta la mamma?”, dopodiché si decise a sparire dalla circolazione, almeno per un po', giusto il tempo per Steve di raccontarmi tutto.
Aveva ventun'anni e in Inghilterra faceva il pugile professionista. Si trovava in America per sfuggire alla mafia che gli stava alle calcagna per non aver perso in un incontro truccato ma la scelta di volare proprio negli Stati Uniti fu per un'altra motivazione. Fu adottato quan'era molto piccolo e voleva sapere più cose sui suoi genitori naturali e perché era finito in adozione.
Amy tornò con pancakes, succo all'arancia per me e caffè per Steve. Disse di non volere nient'altro, aveva ancora lo stomaco rivoltato per ciò che aveva visto alla G-Corpo. In quel momento mi lanciò uno sguardo glaciale, come se fossi la diretta responsabile di tutte le ricerche che il laboratorio conduceva. Gli raccontai la mia storia e lui sembrò comprendere che non ero poi una minaccia per nessuno ma potevo essere fonte di aiuto.
Tra un sorso e l'altro, Steve continuò a dirmi di sé, delle scoperte che aveva fatto riguardo a sua madre Nina, al suo concepimento in provetta e agli esperimenti che avevano condotto su di lui. Si sfiorò il braccio fasciato, diceva di avere una cicatrice ma non me la volle mostrare. Non seppe dirmi che tipo di esperimenti avevano condotto su di lui ma più venivo a conoscenza di nuove informazioni e più mi convincevo di essere stata dalla parte sbagliata per tutto quel tempo.
Alla fine arrivammo ad una semplice conclusione, la Mishima era responsabile di tutto ma con i dati che ero riuscita ad ottenere dal mio laboratorio potevo porre fine alle ingiustizie dell'agenzia.

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Capitolo 4
*** Piani ***


Piani



Trovammo il mio appartamento in disordine, fu messo completamente a soqquadro anche se non mancava nulla, sicuramente una minaccia degli uomini della G-Corp. o della Mishima Zaibatsu. Concordammo che non era sicuro rimanere lì e Steve si offrì di ospitarmi nel motel dove alloggiava, così presi il minimo indispensabile e lasciammo lo stabile.
Decidemmo di raggiungere il motel per vie secondarie e una volta arrivati, Steve mi disse di chiudermi nella stanza perchè doveva fare una cosa. Mi suggerì di non aprire a nessuno e si allontanò. Nella stanza del motel non sembrò esserci stata la medesima irruzione ma dovevamo stare allerta.
Tutta quella premura nei miei confronti fece scaturire il ricordo del mio ex ancora una volta, tentai di allontanare quei pensieri ma lo stare da sola per tutto quel tempo, rese la cosa ancora più difficile.
Mi sdraiai sul letto a fissare la ventola del lampadario girare flebilmente, come se fossi ipnotizzata. Cercai di non pensare a nulla in particolare ma ciò che la Zaibatsu stava facendo era orribile. Feci un giro della stanza e notai che era la solita, classica, sudicia stanza di motel. Mi rinfrescai il viso e tornai a sdraiarmi sul letto.
Passò un'altra quantità di tempo incalcolabile quando bussarono alla porta, sbirciai da dietro la tendina della finestra e Steve si fece riconoscere. Aveva un occhio nero ma non volle dirmi come se lo fosse procurato. Appoggiò un sacchetto di carta marrone e due bottigliette di acqua sul tavolino, si tolse la camicia e si chiuse in bagno per farsi una doccia.
In tv davano solo pubblicità di accessori per la cucina o soap opere straniere, continuai a cambiare canale inutilmente e mi arresi poco dopo. Steve uscì dal bagno con un asciugamano sulla testa, mi raggiunse sul letto e tentò di allentare la situazione facendo qualche battuta sul programma che stavo vedendo.
Continuammo la conversazione che avevamo iniziato alla tavola calda, uscì fuori che anche Steve aveva partecipato ad alcuni tornei organizzati dalla Mishima. Avemmo modo di conoscerci meglio anche se entrambi eravamo titubanti sullo svelare alcuni dettagli del nostro passato.
Cenammo in silenzio, entrambi provati dalla situazione che si stava verificando e decidemmo di fare dei turni di guardia durante la notte. Steve si offrì per il primo turno e quando mi venne a svegliare per il cambio mi sembrò di aver dormito per almeno quindici ore. Mi sentivo ancora stanca ma quella dormita mi aveva rigenerato abbastanza da affrontare ciò che ci aspettava.
Sedetti sul davanzale della finestra, nel buio della stanza e di tanto in tanto davo delle occhiate verso il parcheggio del motel, soprattutto quando c'era movimento di auto. Guardai Steve che si era addormentato quasi subito, anche lui stremato dalla giornata; non potevo certo dice che fosse un brutto ragazzo, anzi, oltre al corpo asciutto e muscoloso aveva un viso affascinante. Non che fosse tra i più belli ma di sicuro attraeva come una calamita.
La notte fu dannatamente lunga e alle prime luci dell'alba svegliai il mio compagno di disavventura. Ci preparammo e uscimmo quasi subito, Steve saldò il debito della stanza e caricammo i nostri bagagli nella macchina che aveva preso dando in pegno la moto. Non era granché ma ci avrebbe portati a destinazione.
Quella mattina decidemmo di partire per Tokyo.


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Capitolo 5
*** Tokyo ***


Tokyo



Il viaggio fu lungo e dormii per la maggior parte del tempo. Quelle poche ore in cui rimasi sveglia parlai a lungo con Steve, ci confrontammo riguardo ai tornei ai quali avevamo partecipato in passato e alle profonde motivazioni che ci legavano ad essi.
Sentendolo raccontare di sé, della sua infanzia, delle scoperte fatte sulla G-Corp. e sugli esperimenti subiti quand'era solo un bambino, mi ritrovai a pensare che la sua adozione fosse stata la cosa migliore per lui.
D'altronde anch'io avevo i miei obiettivi, anche se in certi momenti pensai che fossero futili in confronto a ciò che aveva passato Steve.
E poi dovetti tornare al presente e pensare a cosa fare una volta arrivata in Giappone. Non ci avevo ancora pensato e non avevo idea di come agire per arrivare a fermare la Zaibatsu...poi mi ricordai di Ganryu. Era un amico di mia madre, un tipo strano ma affidabile, si erano conosciuti durante il primissimo torneo del pugno di ferro per poi perdersi di vista per un po'.
L'unica informazione che avevo su di lui era che aveva una scuola di sumo nella periferia della città e io e Steve ci andammo quasi subito, appena atterrati ma scoprimmo che si era trasferito e aveva aperto un ristorante.
Per fortuna fu abbastanza facile reperire l'indirizzo e lui sembrò felice di poterci aiutare. In un'altra vita aveva lavorato come guardia del corpo per Kazuya Mishima e poteva darci una mano ad entrare alla Zaibatsu.
Fu più complicato di quanto pensassimo, tutti e tre, Ganryu dovette chiedere dei favori e ricordare ad alcuni che era stato un importante membro del team Mishima. Alla fine riuscimmo nel nostro intento...per la verità fu Jin Kazama a permetterci di riuscire nel nostro intento. In seguito capimmo la motivazione.
Saltò fuori che alla sede giapponese della G-Corp. il mio nome era tabù, ero ricercata e l'informazione arrivò anche ai piani alti della Zaibatsu. Ciò che non sapevamo era che Jin Kazama, colui che da sempre si era battuto per fermare la famiglia Mishima, era finito a capo di quella stessa società che voleva veder affondare. La cosa peggiore, però, fu che era cambiato a tal punto da essere diventato come il padre e il nonno, se non peggio.
Bastò mettere un piede dentro la Zaibatsu per essere presi contro la nostra volontà e messi sotto custodia. In quel momento la verità venne a galla ed era molto peggio di quel che pensassimo. L'immortalità del Devil e della famiglia Mishima non c'entrava nulla.
Jin pareva impazzito, era completamente fuori di sé, irriconoscibile. Farneticava su un progetto secondario della Zaibatsu; mescolando le cellule rigenerative al sangue del Devil si era arrivati ad ottenere qualcosa di nocivo, di pericoloso. Un potente virus che, in caso di contagio, poteva trasformare le persone in esseri mostruosi, non morti il cui unico desiderio era di mangiare carne viva.
Si era arrivati ad utilizzare la parola “zombie” e parve davvero folle ma la cosa che mi allarmò di più erano le intenzioni di causare una guerra mondiale, sul vendere le scoperte della G-Corp. come arma biologica di distruzione di massa e diventare così la persona più potente al mondo.
Steve diede voce a nostro scettiscismo, paragonandolo ai suoi familiari e accusandolo di essere un mostro. Usò parole più colorite ma in fondo era quello che tutti pensavamo. Ero delusa dall'operato di Jin ma ero anche spaventata dalla situazione. Le minacce e gli insulti servirono solo a fomentare in lui il desiderio di dimostrare ciò che era in grado di fare e diede disposizioni di utilizzare il virus su Ganryu. Inutile dire che provammo ad impedirlo con tutte le nostre forze, provammo a persuaderlo sia con le parole che con la violenza ma eravamo legati ad una sedia, con delle armi puntate alla testa.
Ancora adesso ho il terrore di riprovare quella sensazione, l'essere inerme e non potermi difendere, essere vittima lasciando che sia il caso a decidere della mia sopravvivenza.
Il risultato dell'utilizzare Ganryu come cavia da laboratorio fu sbalorditivo e spaventoso. In pochi, brevi minuti, il nostro amico perse tutta la vita che aveva in corpo, come se fosse stata risucchiata da qualcosa di malvagio e ciò che ne emerse fu un'entità priva di anima, aveva solo il desiderio di provocare altra morte. Affamato di vita.
Divenne uno zombie.



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Capitolo 6
*** Prigionieri ***


Prigionieri



Il dolore che provai in quel momento fu tremendo.
Vedere Ganryu in quelle condizioni fu un atto crudele e privo di umanità, quella non era morte ma solo un'aberrazione. Distolsi lo sguardo e cercai di restare calma e lucida, bisognava uscire da quella situazione. Provai a parlare a Jin, provai a riportargli alla mente i suoi veri obiettivi risalenti al terzo torneo del pugno di ferro ma parve tutto inutile. Ottenni solo un sonoro schiaffone in viso. La guancia si arrossò e iniziò a pizzicare ma era nulla paragonato a ciò che stava passando Ganryu.
Sentii Steve che cercava di rincuorarmi, seduto a pochi centimetri da me. La sua voce mi sembrò così lontana, come in un sogno, la paura stava prendendo il sopravvento. Nonostante mi disse di stare calma, che sarebbe andato tutto bene, per me era come se non ci fosse. Erano illusioni ed entrambi lo sapevamo bene.
Chiusi gli occhi e l'unica cosa che riuscii a dire, in un sussurro quasi soffocato, fu una preghiera agli spiriti dei miei antenati, pregavo loro di darmi la forza necessaria per uscire da quell'incubo.
In un lasso di tempo che parve infinito, mentre Ganryu sbraitava e si agitava affamato di vita e legato alla quella sedia, alcuni uomini della G-Force entrarono nel laboratorio dove eravamo stati portati contro la nostra volontà e uno di loro iniziò a parlare in giapponese.
Non compresi nulla di ciò che si dissero ma Jin evitò di continuare quella tortura e ordinò alle guardie di portarci via. Io e Steve camminammo a lungo, l'uno accanto all'altra, in quel corridoio anonimo la cui destinazione era ignota. Ammanettati nel silenzio rotto solo dal rumore di passi, arrivammo in un'altra stanza adibita a prigione. Grosse celle, con vetrate antiproiettile come pareti erano poste in due file parallele ai lati della stanza.
Ci tolsero le manette solo dopo essersi assicurati che non potevamo fuggire e ci rinchiusero. Istintivamente ci abbracciammo e Steve mi chiese scusa. Si accusava di essere il colpevole per ciò che ci stava capitando ma non era così, io stessa avevo intenzione di fermare la Zaibatsu a partire dalla G-Corp. e di certo l'avrei fatto con o senza di lui. La cosa parve consolarlo un po'.
Una voce dalla cella posta di fronte a noi attirò la mia attenzione. Chiamò il mio nome e mi parve fin troppo familiare. Mi avvicinai al vetro freddo e appoggiai entrambi i palmi delle mani, il mio respiro lasciò un alone di condensa. Dovevo avere un'espressione da ebete quando riconobbi il viso del mio ex fidanzato.
Hwoarang entrò nella mia vita tempo prima, al termine del terzo torneo del pugno di ferro, ci innamorammo ed eravamo felici ma la sua ossessione di dover diventare sempre più forte in vista di un nuovo scontro con Jin Kazama l'aveva isolato, allontanandolo da tutti, me compresa. Il nostro rapporto si ruppe e prendemmo strade diverse, non mi sarei mai immaginarta di trovarlo in un simile guaio, anche se in fondo non ne rimasi del tutto sorpresa.
Riuscii solo a pronunciare il suo nome sottovoce e lo fissai a lungo finchè fu lui a sorridermi e a parlare per primo. Mi salutò dolcemente, com'era abituato a fare e mi chiese se stessi bene.
Con lui in cella c'erano altri due uomini, tutti ex combattenti dei vari tornei indetti dalla Mishima. Bryan Fury, massiccio, con i capelli grigi, una cicatrice sull'occhio sinistro e un tatuaggio sul collo. Sguardo inquietante e lineamenti duri; e Raven, afro-canadese con i capelli tinti e una cicatrice a forma di x in pieno volto, coperta in parte dagli occhiali da sole. Li conoscevo entrambi per la pessima reputazione che si lasciavano alle spalle.
Mi spostai leggermente cercando di vedere meglio Hwoarang e gli chiesi per quale motivo fosse finito lì. Mi disse che dopo aver avuto un incidente in moto, causato proprio da Devil Jin, passò un po' di mesi in ospedale e appena guarito, pregò il suo maestro di allenarlo più duramente affinché potesse combattere contro il suo avversario ancora una volta.
Quella storia si ripeteva sempre, l'avevo sentita fin troppe volte ed era per questo che tra di noi era finita. Scossi la testa ripensandoci. Razza di idiota.
Per farla breve, Hwoarang tornò a cercare Jin per vendicarsi ma si ritrovò davanti a qualcosa di grosso che non seppe gestire. Il reale motivo per cui finì in prigione e non venne usato come cavia per il virus G rimane ancora adesso ignota ma il mio sospetto principale è sempre stato il rapporto di rispetto che legava Hwoarang e Jin e che solo due fieri guerrieri sapevano comprendere. Chissà, forse l'ultimo barlume di umanità di Jin che tentava di rimanere aggrappato alla realtà a tutti i costi.
In ogni caso, tutti noi eravamo lì per motivi diversi che si andavano ad intrecciare in un unico obiettivo, fermare Jin Kazama.



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Capitolo 7
*** Tracce ***


Tracce



Non posso dire con certezza quanto tempo passammo in quella prigione, so per certo che rischiai di impazzire. L'unico risvolto positivo in tutta quella storia fu che scambiai informazioni importanti con gli altri prigionieri, conobbi meglio le loro ragioni e la motivazione per cui erano finiti lì.
Bryan era un esperimento fallito del Dr. Abel. Lo rese più sintetico che umano ma non riuscendolo a gestire, era passato ad essere una minaccia. Era ricercato da tempo e finalmente era stato catturato. Lui sosteneva di essersi fatto catturare per colpire la società dall'interno.
Raven non volle raccontarci molto ma disse stava lavorando per Kazuya Mishima e che voleva collaborare per uscire di lì e fermare Jin. Ritenne che fosse importante per me unirmi a lui poiché avevo delle informazioni che avrebbero potuto aiutare Kazuya. La cosa non mi piacque, non suonava per niente bene ma da qualche parte dovevamo pur cominciare per contrastare Jin.
Stavo ancora dormendo quando le guardie arrivarono per darci la consueta dose di sbobba mattutina e osavano chiamare “colazione”. Sentii Steve fare qualche commento ironico e prendere in giro le guardie ma non avevo per niente voglia di alzarmi dalla branda, non avevo appetito. Mi girai dall'altra parte cercando di dormire ancora un po' quando sentii i ragazzi allarmarsi. Hwoarang gridò a qualcuno di prendere le chiavi ed immediatamente saltai giù dal letto.
Ciò a cui assistetti fu agghiacciante.
Dopo aver aperto la cella di Raven, una delle guardie venne inspiegabilmente aggredita da un collega. Quest'ultimo saltò letteralmente addosso allo sventurato, azzannandogli il collo. Raven approfittò della situazione, uccidendo entrambi e prendendo la chiave magnetica delle altre celle. Fummo liberati in fretta e Hwoarang mi abbracciò, erano passati anni e pareva un'eternità. Il suo calore, il suo profumo, fecero riemergere tutti i ricordi che avevo di lui, tutto l'amore e l'affetto...e la separazione. Mi allontanai da lui.
Nessuno pensò che la nostra sopravvivenza fosse stata un colpo di fortuna. Il comportamento di quella guardia fu strano oltre che terrificante, decidemmo di proseguire con cautela.
Prendemmo le armi delle guardie ed uscimmo dalla stanza, percorrendo la strada inversa e tornammo ai piani superiori con l'ascensore. C'era calma, nessuna guardia, nessun allarme, fu tutto fin troppo semplice. La cosa mi fece accapponare la pelle.
Riuscimmo a salire di cinque piani prima che venne a mancare la corrente. Si accede la luce d'emergenza e tutti noi restammo zitti per qualche momento prima di udire in lontananza un boato raccapricciante.
Ci guardammo a vicenda non sapendo dare una spiegazione ma non fu l'immaginazione ma non potevamo stare in quell'ascensore per sempre.
Steve e Raven aprirono le porte di forza e Bryan si affacciò al piano per controllare che non vi fossero pericoli. Scivolò fuori e fece da palo intanto che a turno uscimmo tutti. Facemmo molta attenzione a non fare rumore, non sapevamo a cosa stavamo andando incontro ma di certo il boato che avevamo sentito non era umano.
Le luci d'emergenza illuminavano i corridoi e riuscimmo a trovare la strada verso il pian terreno. C'era caos nei dintorni, oggetti sparsi alla rinfusa ovunque, sedie ribaltate e computer a terra, sembrò che l'intero edificio fosse stato abbandonato in fretta e furia. Tracce di sangue macchiavano i muri e i pavimenti in maniera irregolare.
Un brivido mi percorse la schiena.







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Capitolo 8
*** Incontri Inaspettati ***


Incontri Inaspettati



La luce lampeggiante in un ufficio sulla destra attirò la mia attenzione, in fondo alla stanza una macchia rosso scuro percorreva la parete e una parte della finestra in linea verticale, la classica tendina a pannelli da ufficio pendeva da un lato.
Sentii uno strano rumore, come quando si versa il latte caldo sui cereali, una sorta di scricchiolio sommesso. Afferrai d'istinto il braccio di Raven per richiamare la sua attenzione senza dover fare rumore, lui mi guardò e mi si affiancò, spostando lo sguardo verso il punto in cui stavo guardando. Anche gli altri si unirono a noi ma dopo alcuni secondi quel rumore parve smettere. Mi ricordo il viso di Hwoarang, aggrottò la fronte e chiese che diavolo stesse succedendo. La sua voce fece emergere una persona da dietro la scrivania ribaltata. Beh non proprio una persona ma fu ciò che ne restava dopo il contagio, aveva gli stessi sintomi di Ganryu; bava alla bocca, occhi sanguinanti e una sfrenata voglia di uccidere e divorare.
Con agilità la donna, che da viva probabilmente doveva essere stata un'impiegata, scavalcò la scrivania e ci corse incontro. Indietreggiammo un po' per darci spazio ma Bryan si mise in prima fila facendo il lavoro sporco con un sorriso sulle labbra. Caricò un pugno abbastanza potente da privare dei sensi una donna di corporatura media e la colpì dritta al viso. La testa si fracassò e il corpo cadde a terra privo di vita.
Steve e Hwoarang si complimentarono come se avessero appena assistito ad una meta di rugby e proseguimmo senza perdere altro tempo. Attraversammo anche l'ala amministrativa per arrivare nel salone d'entrata dell'edificio.
La grande vetrata centrale era distrutta, i documenti cartacei svolazzavano indisturbati, detriti di ogni genere sparsi nei dintorni e cadaveri di impiegati e guardie ammassati un po' ovunque. Un forte odore di sangue e morte aleggiava attorno a noi.
Mi portai una mano alla bocca, ero scioccata da ciò che Jin aveva causato, avevo il terrore di scoprire a che livello era dilagato il contagio ma soprattutto non sapevo se poteva esserci una cura. Steve mi mise una mano sulla spalla in segno di conforto, notai uno sguardo contrario da parte di Hwoarang ma lo ignorai volutamente.
Un rumore improvviso ci mise tutti allerta. Da uno dei corridoi del piano terra, qualcuno o qualcosa si stava trascinando lentamente. Bryan e Raven avevano già le armi puntate sull'obiettivo ed erano pronti a sparare quando li fermai.
Ling Xiaoyu, una mia cara amica, conosciuta anch'essa durante il terzo torneo organizzato da Heihachi Mishima. Mi avvicinai con cautela ma non sembrava infetta, la aiutai ad alzarsi e la feci sedere su una sedia. Le diedi un'occhiata veloce, non sembrava ferita, solo qualche lieve contusione. Il suo sguardo era quello che mi preoccupava di più. Era sempre stata una giovane allegra ed energica ma in quel momento mi sembrò quasi un'altra persona. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, non indossava nemmeno i soliti abiti ma una veste leggera blu scuro fino al ginocchio.
Le accarezzai il viso e le chiesi cosa fosse successo. Lei rimase in silenzio per qualche momento per poi scoppiare a piangere. Non indagai oltre, mi preoccupai di portarla via da quel luogo.
La situazione all'esterno era anche peggio, la malattia sembrò aver colpito tutti e per le strade sembrò essere passato un tornado. Macchine capovolte, alcune incendiate, cadaveri che non si potevano nemmeno contare.
Raven salì sul tettuccio di un furgoncino delle poste giapponesi e cercò di capire com'era la situazione andando avanti. Scosse la testa dicendo che Jin aveva perso il controllo del virus G. Sentendo quel nome, Xiaoyu ebbe un tremito e mi abbracciò terrorizzata.
Ci guardò, scese dal furgone ed incrociò le braccia al petto. Ci disse che doveva tornare in Canada, in un modo o nell'altro doveva raggiungere l'aeroporto e mi invitò a seguirlo. La mia preparazione in campo scientifico e l'aver lavorato per la G-Corp. faceva di me una fonte indiscutibilmente preziosa per trovare una cura al virus G e, molto probabilmente, avrei dato delle informazioni fondamentali a Kazuya Mishima nella lotta contro il figlio Jin.
Io accettai di seguirlo, Xiaoyu sarebbe venuta con me, Hwoarang disse che non mi avrebbe perso una seconda volta e decise di accompagnarci. Steve si unì a noi dicendomi che questo viaggio l'avevamo intrapreso insieme e l'avremmo finito insieme e Bryan, beh il silenzioso e letale Bryan venne con noi perché voleva divertirsi a spaccare un po' di teste.


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Capitolo 9
*** Tragitto ***


Tragitto



Concordammo per raggiungere l'aeroporto privato della Mishima Zaibatsu, la teoria di Raven convinse tutti. In un aeroporto civile avremmo trovato una quantità di zombie che non saremmo riusciti a contrastare mentre in un aeroporto privato, i livelli di sicurezza sono diversi e anche senza guardie e senza corrente, la struttura stessa doveva essere ben protetta. Nel peggiore dei casi avremmo trovato zombie anche lì ma valeva la pena di tentare.
Ci spostammo a piedi, stando attenti a non trovarci in luoghi chiusi o senza via di fuga. Raccogliemmo quante più armi possibili dai corpi di polizia e controllammo ogni mezzo di trasporto più o meno integro in caso funzionasse. Fummo sfortunati e camminammo per tutta la giornata. Non ci fu traccia né di zombie né di persone vive, la cosa ci rincuorò e decidemmo di fermarci per la notte in un minimarket lungo il tragitto che avevamo stabilito. Entrammo con cautela, per capire se ci fossero pericoli all'interno. Il posto sembrò deserto ma trovammo una bella sorpresa sul retro, la coppia di anziani che aveva in gestione il negozio ci aggredì senza pensarci due volte. Erano entrambi infetti ma non fu difficile ucciderli.
Ci barricammo all'interno e preparammo borse e zaini con munizioni e viveri, per lo più merendine e piccoli pasti pronti. Raven prese delle mappe della città dal reparto souvenir e segnò su tutte la strada per arrivare all'aeroporto, in caso ci fossimo persi o il gruppo si fosse diviso e le distribuì ad ognuno di noi.
Riposammo per qualche ora ma durante la notte, Ling si svegliò più volte in preda agli incubi. Cercai di confortarla e di calmarla e anche se non le chiesi nulla sul suo conto, fu lei a raccontarmi cosa le era accaduto.
Mi disse che quando uscì l'annuncio del sesto torneo del pugno di ferro lei si iscrisse senza pensarci due volte, solo per rivedere Jin. Da quando si era diplomato e aveva lasciato il politecnico lei sapeva che non l'avrebbe più rivisto a scuola, quindi quella era l'unica alternativa.
Lo cercò assiduamente durante i vari incontri, nell'hotel che ospitava i partecipanti e anche nelle aree di allenamento predisposte appositamente per il torneo. Per un momento arrivò a credere che Jin non si fosse iscritto ma poi fu lui a cercarla.
All'inizio ne fu felice ma fin da subito aveva notato in lui qualcosa di strano, la sua espressione era diversa, i suoi occhi erano diversi, quasi come se fosse posseduto da qualcos'altro.
Io le raccontai i dubbi che erano venuti a me e a Steve, quando ci fu quel breve incontro alla Mishima e per lei fu logico.
Durante il terzo torneo qualcosa era entrato in lui e nel corso degli anni l'aveva cambiato.
Continuando, il racconto si fece anche più triste. Ling credeva davvero che Jin potesse finalmente essersi innamorato di lei, come una bimba ingenua e piena di affetto accettò le sue avances ma la realtà si rivelò presto per quello che era. Venne tenuta prigioniera in una delle suite ai piani superiori della Zaibatsu, viveva in questo mini appartamento senza avere modo di uscire o vedere Jin quando voleva. All'inizio credeva che fosse tutto fantastico ma quando Jin iniziò ad usarla come se fosse il suo giocattolo privato, lei comprese tutto. Venne maltrattata e violata, venne umiliata e picchiata e la tortura continuò per mesi.
Quell'esperienza l'aveva cambiata nel profondo, aveva il cuore infranto e il corpo deturpato, le ferite che aveva nel cuore non si sarebbero mai rimarginate.
Ling era una mia amica e lo è tutt'ora, venire a sapere quelle cose fece crescere in me una rabbia tale che se avessi avuto Jin tra le mani non ne sarebbe uscito vivo.

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Capitolo 10
*** Sacrificio ***


Sacrificio



La notte fu dannatamente lunga, l'alba sembrò non arrivare mai.
Arrivai a pensare che vista tutta la follia che ci circondava, non avremmo più visto nemmeno il sole sorgere. Seduta a terra con un cuscino dietro alla schiena e una coperta addosso, fissavo il vuoto pensando a mia madre. Speravo con tutta me stessa che il contagio fosse circoscritto solo a Tokyo e che lei e altri si fossero salvati.
Spostai l'attenzione su Steve e Hwoarang che si stringevano la mano, quest'ultimo mi raggiunse e si sedette accanto a me. Gli chiesi esplicitamente se lui e Steve fossero diventati improvvisamente amici e lui sorrise.
Parlammo a lungo, del nostro passato, di ciò che avevamo vissuto insieme. Dal nostro primo incontro a quando ci siamo separati. Fu uno sfogo necessario, dovevamo dirci come stavano realmente le cose ma sentirmi incolpare per la nostra separazione mi ferì profondamente.
Mi allontanai e Steve mi afferrò per un braccio, non pronunciò nemmeno una sillaba ma dal suo sguardo capii che era preoccupato per me. Scossi la testa e mi coricai da un'altra parte, con tutti i problemi che avevamo non avevo intenzione di crearmene di nuovi.
Il giorno seguente lasciammo il minimarket per ripartire alla volta dell'aeroporto. In alcune aree l'intensificazione di zombie era maggiore che in altre e, per quanto preparati, non potevamo ucciderli tutti. Aggirammo le zone peggiori allungando di molto la strada, usammo armi e muscoli nei momenti necessari per difenderci.
A metà pomeriggio ci fermammo per una pausa con tutta la disapprovazione di Bryan che era stufo di doversi fermare così spesso. Ling aveva bisogno di sedersi, stava male e in un momento di confidenza mi disse di avere il sospetto di essere incinta. Mi implorò di non dirlo a nessuno, aveva paura che avere in grembo il figlio di Jin potesse comportare altri mesi di torture.
Le promisi che con me il suo segreto era al sicuro.
Tornammo sui nostri passi e secondo la mappa, eravamo ad un solo isolato dall'aeroporto. Costeggiammo un grattacielo per sbucare in un vicolo che ci avrebbe portati direttamente alla recinzione esterna che circondava le piste di atterraggio.
Ci avvicinammo con cautela e osservammo il posto apparentemente deserto. La cosa ci insospettì ma in fondo speravamo in un'occasione del genere. Ciò che ci colse alla sprovvista fu l'enorme quantità di zombie che si era accumulata al di fuori dell'aeroporto e che al momento ci stava venendo incontro col puro intento di mangiarci.
Steve gridò di scavalcare la recinzione e si era già arrampicato pronto a saltare dall'altra parte quando Raven lo ammonì spiegando che se avessimo agito in quel modo, l'orda di zombie ci avrebbe seguito, buttando giù la recinzione. Non potevamo affrontarli tutti e tentare di decollare con una pista piena di non morti non era di certo l'ideale.
Bryan scoppiò in una risata sadica, malata. Mi fece venire i brividi. Si mise a tracolla due intere file di munizioni e si armò con un fucile a pompa per mano e una beretta nel fodero dei pantaloni. Senza aggiungere altro, si incamminò verso l'orda di non morti che ci stava braccando e iniziò a sparare a tutto spiano, come se fosse in zona di guerra. In pochi minuti venne sommerso dagli zombie ma il suo sacrificio fece da distrazione e ci permise di entrare nell'aeroporto senza essere nel mirino di quei mostri.
Senza dubbio la Zaibatsu non aveva badato a spese per i gioiellini che trovammo dentro agli hangar dell'aeroporto. Dai più veloci e compatti ai più imponenti, tutti i mezzi aerei della società erano all'insegna della modernità e del lusso.
Optammo per utilizzare un piccolo business jet e partimmo senza perdere altro tempo. Raven e Hwoarang si misero ai comandi mentre io feci sdraiare Ling che si addormentò dopo qualche minuto. Sorvolando la zona non riuscimmo a vedere Bryan ma solo una folta quantità di non morti.
Non sapevamo cosa ci avrebbe atteso in Canada ma ormai era tardi e inutile tornare indietro. Avremmo affrontato ciò ci aspettava.

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Capitolo 11
*** Canada ***


Canada



A bassa quota sulle isole maggiori, a nord del paese, non trovammo anima viva. La zona era brulla e aspra e le temperature non erano di certo favorevoli per una vita comoda. Kazuya non aveva lasciato al caso la scelta del nuovo quartiere generale della Mishima.
Atterrammo su una piccola isola senza nome, a largo della baia di Hudson. Fummo costretti ad indossare dell'abbigliamento termico trovato nel jet per non morire assiderati. Non penso di aver mai sentito tanto freddo in vita mia.
Poco distante dalla pista di atterraggio, una struttura apparentemente dismessa torreggiava nel bianco manto ghiacciato dell'isola. Una colonna di fumo rigava il cielo azzurro mentre una figura massiccia si fece largo tra le macerie di quel luogo. Più si avvicinava più si potevano riconoscere i lineamenti del Devil. Gli occhi iniettati di sangue, l'espressione fiera e il portamento di una creatura non del tutto umana ma abbastanza da peccare di vanità di fronte al nostro piccolo gruppo esausto.
Vidi Raven cambiare impercettibilmente espressione e capii che dovevo iniziare a preoccuparmi. Xiaoyu alla vista di Devil Jin ebbe un crollo e Steve rimase al nostro fianco mentre Hwoarang e Raven non si tirarono indietro, avanzando in prima linea per contrastare la minaccia.
Raven scattò in avanti per scagliare il primo attacco e prima che Hwoarang potesse seguirlo, sentii la sua voce che gli suggeriva di prendere dell'esplosivo da un capannone poco distante. Lo vidi correre attraverso lo spiazzo deserto mentre l'altro dava inizio allo scontro.
Ero paralizzata dalla paura, quel mostro stava dando del filo da torcere ma non potevo restare seduta a fare niente. Steve mi di diete una carezza sotto al mento e partecipò al combattimento.
Fu in quel momento che ebbi le forze per reagire. Ero determinata a combattere anch'io.
Portai Ling all'aereo per metterla al sicuro e tornai fuori. Pochi minuti che però bastarono per assistere inerme agli eventi che seguirono. Hwoarang aveva trovato un quantitativo di dinamite tale da poter far crollare un intero grattacielo, pensò bene di preparare il capannone degli esplosivi come se fosse una trappola e attirare quindi il mostro all'interno.
Un piano classico che si può vedere in tutti i film, solo che quello non era un film.
Raven venne scaraventato da parte mentre Steve iniziava ad accusare la stanchezza. Aumentai il passo, fino a correre verso il nemico. Sentii Hwoarang richiamare l'attenzione di Devil Jin che ignorò sia me che Steve per cadere nella trappola.
Mi assicurai che Steve stesse bene e raggiungemmo Raven, leggermente stordito. Fissammo il capannone in silenzio, nel gelo quasi artico.
Sembrò tutto così irreale, come in un sogno e poi, all'improvviso, l'esplosione.
Ci riparammo dai detriti che vennerò sparati ovunque, una vampata di calore ci investì. Le sfumature scarlatte dell'incendio diedero colore a quel posto isolato.
Il mio cuore accelerò il battito, di Hwoarang nemmeno l'ombra e io entrai nel panico. Steve mi fermò dal correre verso quell'inferno, nella speranza di vederlo uscire di lì senza un graffio ma sarebbe stata una scena da film e quello non era un film.
Lacrime calde sgorgarono dai miei occhi, non riuscii a trattenermi. Gridai il suo nome con tutte le mie forze e la mia voce mi sembrò quasi sconosciuta. Steve mi teneva stretta tra le sue braccia e mi ripeteva che non potevo andare da lui. Mi arresi dopo lunghi minuti di disperazione.
L'incendio continuò a bruciare a lungo e noi ci rifugiammo nell'aereo per la notte, ora che la minaccia era scomparsa, non sapevamo da dove iniziare per continuare a vivere in quel nuovo mondo. Raven era stranamente loquace, voleva sapere un mucchio di cose sul mio lavoro alla G-Corp. senza però dare spiegazioni per tutte quelle domande.
Il mattino seguente venni svegliata dal forte rumore di elicotteri, raggiunsi Steve e Ling fuori dall'aereo e vidi Raven in compagnia di Kazuya Mishima.
La cosa mi sembrò stranamente pericolosa e Steve sembrò concordare. Gli uomini di Kazuya ci circondarono, tenendoci nel mirino mentre Raven mi chiese di consegnargli l'hard disk con tutti i dati che avevo rubato alla G-Corporation.
Non ebbi molte alternative, rischiavo di essere crivellata di colpi e con me anche i miei amici. In ogni caso, con o senza la mia morte loro avrebbero ottenuto ciò che volevano. Con la debole promessa che la Mishima Zaibatsu, controllata da Kazuya, avrebbe risolto il problema del virus G nel mondo, consegnai l'hard disk.
La cosa peggiore fu che a Kazuya non bastarono le mie informazioni, diede l'ordine di portare via Ling. Raven era venuto a sapere della gravidanza, probabilmente aveva origliato la nostra conversazione e aveva pensato bene di riportare l'informazione al suo capo.
Kazuya Mishima si sentì in potere di rivendicare quel bambino.
Tentammo di ribellarci, inutilmente.
Vidi Ling venire trascinata via, scalciando e urlando. Chiedeva aiuto e io non riuscii a fare nulla.
Ancora oggi, dopo anni dai fatti raccontati, i sensi di colpa non mi abbandonano. Pur vivendo in questo piccolo avamposto immerso nella natura nei dintorni di quello che un tempo doveva essere stato il Montana, con Steve e pochi altri sopravvissuti, cerco ancora un modo per salvare Ling e suo figlio dalle grinfie della Mishima Zaibatsu.

Fine.

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