Nessuno avrebbe mai saputo di HelenHM (/viewuser.php?uid=682485)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Chapter Four ***
Capitolo 5: *** Chapter Five ***
Capitolo 6: *** Chapter Six ***
Capitolo 7: *** Chapter Seven ***
Capitolo 8: *** Chapter Eight ***
Capitolo 9: *** Chapter Nine ***
Capitolo 10: *** Chapter Ten ***
Capitolo 11: *** Chapter Eleven ***
Capitolo 12: *** Chapter Twelve ***
Capitolo 13: *** Chapter Thirteen (Part II) ***
Capitolo 14: *** Chapter Fourteen (Part II) ***
Capitolo 15: *** Chapter Fifteen (Part II) ***
Capitolo 16: *** Chapter Sixteen (Part II) ***
Capitolo 17: *** Chapter Seventeen (Part II) ***
Capitolo 18: *** Chapter Eighteen (Part II) ***
Capitolo 19: *** Chapter Nineteen (Part II) ***
Capitolo 20: *** Chapter Twenty (Part II) ***
Capitolo 21: *** Chapter Twenty One (Part II) ***
Capitolo 22: *** Chapter Twenty Two (Part II) ***
Capitolo 23: *** Chapter Twenty Three (Part II) ***
Capitolo 24: *** Chapter Twenty Four (Part II) ***
Capitolo 25: *** Chapter Twenty Five (Part II) ***
Capitolo 26: *** Chapter Twenty Six (Part II) ***
Capitolo 27: *** Chapter Twenty Seven (Part II) ***
Capitolo 28: *** Chapter Twenty Eight (Part II) ***
Capitolo 29: *** Chapter Twenty Nine (Part II) ***
Capitolo 30: *** Chapter Thirty (Part II) ***
Capitolo 1 *** Chapter One ***
Astoria uscì dal San Mungo raggiante.
Finalmente, dopo tanti tentativi, lacrime e fallimenti, aspettava un bambino. O una bambina, pensò sorridendo, mentre si accarezzava il ventre impercettibilmente arrotondato.
Guardò di sottecchi Draco, che le teneva distrattamente una mano. Non era mai stato particolarmente incline a mostrare le proprie emozioni, ma in quella circostanza sperava che almeno avrebbe incrinato quella maschera di strafottenza dietro la quale spesso si nascondeva . Tuttavia, nonostante avesse appena scoperto di aspettare il tanto agognato erede, il suo volto non lasciava trapelare nulla.
Quando il medimago aveva dato loro la lieta notizia, Draco non si era sforzato di sorridere. Aveva soltanto commentato "bene" in maniera molto laconica. Il medimago aveva alzato un sopracciglio , un gesto di riprovazione, ma poi aveva preferito non commentare , mantenendo un profilo estremamente professionale. Astoria gliene era stata grata: non voleva che nessuno le rovinasse quel momento tanto desiderato.
Sapeva che la loro relazione era ormai giunta al capolinea da diverso tempo , ulteriormente complicata dalla questione dei figli che tardavano ad arrivare, ma credeva (sperava) che questo piccolino avrebbe rappresentato la speranza di un nuovo inizio. Evidentemente , Draco non la pensava come lei. Per lui, il matrimonio era semplicemente stata una questione sociale e finanziaria.
Legarsi con una famiglia purosangue così potente , i Greengrass, in un momento in cui la propria non veniva certo vista di buon occhio, gli era sembrata l'occasione d'oro per riconquistare il prestigio perduto. Il giorno del fidanzamento, Draco aveva preso da parte Astoria e le aveva sussurrato , in maniera crudele che da lui non avrebbe mai avuto amore. Rispetto , complicità forse. Ma mai amore.
Ed aveva mantenuto la promessa: avevano trascorso momenti felici insieme , lui la trattava come una regina viziandola e dandole uno stile di vita lussuoso ed esclusivo . I suoi desideri erano soddisfatti prima ancora che potesse esprimerli. Ma i suoi gesti così cortesi e premurosi nei suoi confronti non erano dettati dall'amore. E questo faceva male.
Astoria , invece, lo aveva amato fin dal primo momento, nonostante all'epoca fosse ancora una bambina e lui non l'avesse degnata di uno sguardo.
Amava la sua espressione sprezzante, il ghigno malevolo, i capelli perfettamente pettinati, la carnagione lattea sotto la quale si poteva scorgere un arabesco di vene. Lo amava disperatamente.
Sulle spalle del nascituro gravava una grossa responsabilità : ravvivare un legame che non era mai davvero esistito. Astoria cerco di asciugarsi le lacrime di nascosto, per poi sorridere amabilmente al compagno. Il quale , senza tante cerimonie, le strinse il braccio per smaterializzarsi.
Una volta giunti al Manor, Draco biascicó qualcosa su un improbabile mal di testa e, dopo aver allontanato con un gesto impaziente gli adoranti elfi domestici che si erano assiepati intorno a lui, si chiuse nel suo studio. Aveva bisogno di riflettere. Di capire. E di cercare di sventare il peggio. Astoria non se n'era accorta, troppo ansiosa per il responso sulla propria gravidanza ma tra le corsie del San Mungo non erano soli. Al ricordo di ciò che aveva visto, dovette trattenere un conato di vomito. La Granger e Weasley. Quel pezzente del rosso aveva esultato per qualcosa che gli aveva appena detto lei, cimentandosi in un balletto davvero poco dignitoso. Le guance della Granger si erano imporporate leggermente, aveva sorriso e si era portata istintivamente una mano al ventre.
Poi, lo aveva scorto. Si era ricomposta immediatamente e gli aveva fatto un cenno di saluto, mentre Weasley -accortosi della sua presenza-lo aveva guardato in cagnesco. Patetico.
Nel momento in cui gli occhi di Hermione avevano incontrato i suoi, il terrore lo aveva pervaso. Aveva paura che potesse scorgere verità sotterrate, ma lei si era limitata a guardarlo con occhi placidi per poi distogliere lo sguardo. Era ritornato ad essere niente per lei. A rappresentare un nemico di un passato lontano, verso cui il rancore era quasi del tutto scemato. Questo era estremamente rassicurante ed, allo stesso tempo, estremamente doloroso. Anche se non lo avrebbe mai ammesso neppure a se stesso.
Hermione era una donna felice. Circondata dal calore della famiglia Weasley e dagli amici più cari, con un bambino in arrivo, sentiva che niente avrebbe potuto scalfire la serenità che si era faticosamente costruita. Guardando Ron che, seduto alla sua destra, si ingozzava senza ritegno avvertì il suo cuore traboccare di amore.
La sera, ripercorrendo i momenti di quella giornata così importante (la scoperta della gravidanza e la felicità di condividere una notizia così importante con le persone a loro più care) , nella sua mente fecero capolino due occhi grigi . Inconfondibili in effetti.
Aveva incontrato Malfoy ma non vi aveva dato troppo peso, ancora troppo stordita. Ora, nella tranquillità della sua stanza, cullata dal confortante russare del marito, si rese conto che Malfoy l'aveva guardata guardingo e supplichevole. La scrutava come se avesse paura che lei potesse compiere chissà quale empietà. Ma perché ? Qualcosa le sfuggiva. Quando i suoi occhi si erano posati su di lui, istintivamente aveva avvertito una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Non sapeva come spiegarselo, ma era come se tra i due si fosse instaurata una complicità , sebbene incomprensibile. Sospirò, troppo stanca per capire. Ben presto Morfeo l'accolse fra le sue braccia.
Draco fece un rapido calcolo a mente : dovevano essere passati due mesi dal giorno del fattaccio. Si vergognò di se stesso: come aveva potuto tradire così impunemente la fiducia di sua moglie ? Astoria incarnava tutto ciò che ci si aspetterebbe dalla moglie di un Purosangue: era bella, raffinata e sempre pronto a compiacerlo. Ma lui non l'amava. Non l'avrebbe mai amata. Il suo cuore era sempre e solo appartenuto ad un'altra donna, anche se nessuno avrebbe mai potuto immaginare di chi si trattasse.
Non aveva mai rivelato i suoi sentimenti, neppure agli amici più cari. Sarebbe stato estremamente imbarazzante, forse non avrebbero capito. Poi era accaduto quel che era accaduto ... Ed ora, si trovava a dover gestire una situazione potenzialmente catastrofica. Ulteriormente complicata dalla gravidanza di Astoria.
Era contento, anche se non l'aveva certamente dimostrato. La famiglia aveva sempre rivestito un ruolo centrale nella sua vita, ed ora sarebbe diventato lui stesso padre. Non era stato semplice concepirlo... Forse la natura aveva cercato fino all'ultimo di far comprendere loro che tra di loro non esisteva alcuna compatibilità.
Ormai era fatta. Si sarebbe andato ad instaurare un nuovo equilibrio fra lui ed Astoria, forse lui sarebbe stato persino felice.
Ma ora, uno stupido errore di una notte rischiava di rovinare tutto. |
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Chapter Two ***
Due mesi prima
Hermione si guardó allo specchio per l'ultima volta: indossava un semplice abito azzurro, eleganti scarpe con il tacco ed un leggero trucco le faceva sapientemente risplendere il volto. Per l'acconciatura non aveva potuto fare molto: una massa indistinta di capelli le ricadevano disordinatamente sul volto.
Si sorrise allo specchio: poteva andare. Non sapeva spiegarselo, ma l'idea di quella festa tra ex studenti di Hogwarts la turbava.
Ronald non l'avrebbe accompagnata: in quel momento si trovava nel letto per un banale raffreddore, anche se dai mugugni e dai lamenti che provenivano dalla stanza sembrasse in punto di morte.
Quando gli aveva annunciato che sarebbe andata comunque all'evento, lui si era offeso terribilmente. Il fatto che lei intendesse divertirsi mentre lui stava soffrendo in maniera indicibile veniva percepito come un vero e proprio tradimento.
Hermione pensò ,solo per un attimo, che sarebbe stato un sollievo non averlo tra i piedi quella sera.
Poi, impaurita da quegli stessi pensieri, scosse la testa, come a volersene liberare.
Astoria. Ti prego. Puoi uscire da lì? Siamo già in ritardo.
Draco sospirò sommessamente, ascoltando i singhiozzi di sua moglie da dietro la porta.
Sapeva cos'era accaduto. Per l'ennesima volta, come ogni mese, macchie di sangue erano la prova che il ventre della donna era desolatamente vuoto.
Avverti l'esigenza di stringerla a sé: per questo sussurrò un incantesimo, aprì la porta e senza parlare la abbracciò. Astoria, tra le sue braccia, era pelle ed ossa.
Non si ribellò quando Draco la prese dolcemente in braccio , per poi adagiarla delicatamente sull'enorme letto a baldacchino.
Le fece bere alcune gocce di Distillato della Pace. Ben presto, il suo respiro si tranquillizzò: si era addormentata.
Draco avvertì l'esigenza estrema di uscire, sentendosi soffocare.
Aveva bisogno di immergersi nel caos e nel chiacchiericcio indistinto di una festa.
Per questo , dopo essersi assicurato che Astoria dormisse davvero, uscì - il cuore a pezzi.
Sarebbe mai riuscito ad amarla come meritava?
Hermione, in mezzo a tutta quella folla, cercò con lo sguardo i suoi amici.
Scorse Harry , e cercò di attirare la sua attenzione. Lui appena la vide le sorrise caldamente, per poi affrettarsi a raggiungerla con un bicchiere in mano.
Come sta Ron? Le chiese.
Non lo so, fa i capricci. Non mi parla da ieri sera.
Harry alzò un sopracciglio: forse era l'unico ad aver intuito che fra lei e suo marito si stava creando una crepa sempre più profonda.
Hermione non aveva voglia di discutere, voleva semplicemente godersi la serata.
Per questo, dopo aver bevuto tutto di un fiato il bicchiere che Harry le aveva porto e si buttò nella mischia.
Una volta giunto al luogo dove si sarebbe tenuta la festa, Draco rimase piacevolmente colpito.
Il locale londinese era stato costruito a forma di castello in miniatura. Non si sarebbe potuto scegliere posto migliore per una rimpatriata di maghi studenti.
La musica si stava diffondendo per il vicolo. La festa doveva essere già iniziata da tempo, constatò Draco.
Una volta entrato, non diede segno di riconoscere nessuno, evitando di incrociare gli sguardi curiosi che molti degli invitati incominciavano a lanciargli.
Si sentì toccare leggermente la spalla. Infastidito, si girò trovandosi di fronte ad una strega piuttosto alta e sinuosa.
Il caschetto nero incorniciava il suo viso leggermente schiacciato. Pansy Parkinson.
Croce e delizia della sua adolescenza, non era ancora riuscita a farsene una ragione: lui era sposato con un'altra donna.
Anche lei era sposata. Due anni prima era persino diventata madre di una splendida bambina, anche se dal fisico longilineo, quasi androgino non si sarebbe mai detto.
Tuttavia, ogni volta che si incontravano cercava in ogni modo di sedurlo. Draco non si era mai lasciato abbindolare, anche se Pansy lo attraeva molto, eccome se lo attraeva...
Venne salvato dal provvidenziale avvento di Zabini, il quale - spuntato dal nulla - aveva percepito l'imbarazzo di Draco ed era corso in suo aiuto .
Ciao Pansy. Ti dispiace se te lo rubo? Ho proprio bisogno di lui in questo momento... Le sorrise ammiccando, mentre sul volto di lei si stagliava un'espressione furente.
Senza salutare nessuno, si girò con fare sdegnato e si disperse tra la folla.
Grazie.Ti devo un favore. - Blaise gli fece l'occhiolino e gli sussurrò: devo andare dalla mia dama, altrimenti penserà che io l'abbia abbandonata. Ci vediamo in giro, d'accordo? Non fece in tempo a pronunciare quel discorsetto, ed era già scomparso.
Draco incominciò a pentirsi: forse non sarebbe dovuto andare a quella stupida riunione degli ex studenti.
Un tempo sarebbe stato senza dubbio al centro dell'attenzione, avrebbe dispensato carezze alle ragazze più attraenti e sguardi malevoli ai suoi nemici.
Ma l'aria di superiorità e nobiltà che lo avevano contraddistinto nella giovinezza, avevano lasciato spazio ad un certo riserbo.
Non desiderava incontrare gli occhi delle altre persone, per paura di leggervi dentro disprezzo ed odio.
Aveva compiuto tanti errori in passato: ed ora ne stava pagando le conseguenze.
Per fortuna, il peggio era passato: dopo la guerra, non c'era stata molta compassione nei suoi confronti.
La gente lo insultava per strada, sussurrava al suo passaggio, lo additava ...
Non aveva mai provato tanta vergogna come in quel periodo: quelle terribili esperienze lo avevano reso certamente più umile.
In preda a questi ricordi, non si accorse di aver camminato fino a raggiungere la terrazza.
Le candele , ciascuna di una fiamma dal colore diverso, creavano stupefacenti giochi di luce.
E poi la vide.
Hermione non aveva mai ballato così tanto. Forse, non aveva neanche mai bevuto così tanto.
In ogni caso, si era divertita ed era riuscita nel suo intento: distrarsi.
Ancora euforica, dopo aver salutato Harry e Ginny che la guardavano leggermente preoccupati, raggiunse la terrazza.
Il vento le scompigliò i capelli, asciugando le perline di sudore sulla sua fronte.
Rabbrividi, cercando di coprirsi il più possibile con il foulard che le aveva dato Ginny, per paura che si potesse ammalare.
Era intenta a contemplare sovrappensiero le affascinanti luminarie, quando lo vide.
Il cuore di Draco incominciò a battere, le mani a sudare.. I brividi gli percorrevano la schiena.
Tuttavia, non lasciava trapelare nulla: non aveva dimenticato come camuffare i propri pensieri e sentimenti. Che cosa avrebbe dovuto fare? Salutarla? Ignorarla? Insultarla?
Optò per la seconda azione: ma poi, una voce familiare lo chiamo a sè: Malfoy!
Si girò verso di lei con studiata lentezza, come se le facesse un favore a guardarla e a rivolgerle la parola. Granger. Quale onore. , la salutò ghignando.
Hermione sembrò non cogliere la sfumatura sarcastica e vagamente insultante di quel saluto. Gli sorrise, e qualcosa in Draco si spezzò.
Malfoy. Credo che sia ora di mettere da parte le divergenze. Forse dovremmo incominciare a comportarci come persone civili.
Ma davvero Granger? Forse questa lezioncina dovresti farla al caro Salvatore del Mondo Magico e a Weasley, visto che ogni volta che mi incrociano per strada mi guardano come se fossi uno schifoso insetto da calpestare! - il tono inizialmente sarcastico aveva gradualmente lasciato il posto ad uno involontariamente lacrimoso e risentito.
Hermione colse immediatamente il retroscena che si nascondeva dietro a quelle parole.
Il dolore di Malfoy era evidente e drammaticamente tangibile, nonostante fosse celato dietro quell'aura da divinità imperturbabile.
Mi dispiace Malfoy. Mi dispiace che tu abbia fatto scelte sbagliate che si sono rivelate essere deleterie; hai combattuto in favore di quegli ideali che io stessa ho aiutato a distruggere.
Malfoy si ricompose, il volto di marmo: Non ho bisogno della tua comprensione. Né tantomeno della tua compassione, Granger.
Malfoy, aspetta. ... Draco. Lo rincorse e, rendendosi conto che lui non si sarebbe fermato, gli prese la mano.
Sorpreso, Malfoy si girò a guardarla. L'espressione dolce ma risoluta, il portamento fiero, il vestito che avvolgeva ed avviluppava magistralmente il suo fisico sinuoso.
D'altro canto, anche Hermione si scoprì a guardare Malfoy con occhi diversi: per la prima volta non lo stava vedendo, lo stava guardando: la pelle diafana, gli occhi grigi, la raffinatezza che contraddistingueva i suoi gesti.
Si stavano guardando davvero per la prima volta.
E ciò che vedevano non dispiaceva loro affatto.
Accadde in un attimo.
Malfoy prese tra le mani il volto della giovane donna, per poi posare le labbra sulle sue.
Fu un bacio delicato, entrambi stavano sondando territori fino ad allora completamente sconosciuti.
Si sentivano come due ragazzini alle prime armi, mentre tutto ciò di negativo che li aveva riguardati lasciava spazio ad una nuova prospettiva.
Si stavano inoltrando in un sentiero vergine, come se fossero state purificate e cancellate tutte le tracce che avrebbero potuto sporcarlo.
Non erano più Malfoy e la Granger.
Erano solo Draco ed Hermione.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Chapter Three ***
Accadde in un attimo.
Malfoy prese tra le mani il volto della giovane donna, per poi posare le labbra sulle sue. Fu un bacio delicato, entrambi stavano sondando territori fino ad allora completamente sconosciuti. Si sentivano come due ragazzini alle prime armi, mentre tutto ciò di negativo che li aveva riguardati lasciava spazio ad una nuova prospettiva.
Si stavano inoltrando in un sentiero vergine, come se fossero state purificate e cancellate tutte le tracce che avrebbero potuto sporcarlo.
Non erano più Malfoy e la Granger. Erano solo Draco ed Hermione.
La ragazza rispose al bacio , sentendo di desiderarlo con tutta se stessa. Per la prima volta, dopo tanto -troppo- tempo si sentiva desiderata.
Decise di soffocare l'impressione che fosse tutto uno sbaglio, di cui si sarebbe amaramente pentita.
Avvertiva l'urgenza di approfondire quel bacio, per questo non si ribellò quando Draco le sussurrò parole confuse che suonavano come "...casa".
Abbandonarono la terrazza e gli occhi indiscreti, smaterializzandosi.
Malfoy.. Anzi, Draco l'aveva presa per mano e l'aveva condotta verso una discreta villetta. Hermione dedusse che quella fosse una delle tantissime proprietà della famiglia. Ovviamente,lui non l'avrebbe potuta condurre al Manor.
La ragazza sapeva del suo matrimonio, i giornali avevano persino dedicato una sezione a quello che era stato definito "la cerimonia dell'anno".
Ricordò il momento in cui aveva letto la notizia : un senso di insofferenza l'aveva fatta sbuffare e le aveva fatto girare la pagina con una certa ferocia. Aveva sempre attribuito quel fastidio all'odio che provava nei confronti del ragazzo.
Ma ora, mentre lui le toglieva delicatamente il vestito, si rese conto che avrebbe dovuto analizzare più approfonditamente i suoi sentimenti.
Quando gli si stagliò davanti con la camicia leggermente sbottonata, smise di pensare.
Draco si risvegliò, pervaso da un senso di appagamento.
Distese le mani e , ancora mezzo addormentato, sfiorò pigramente i capelli della figura femminile che respirava lentamente al suo fianco.
Con orrore, si rese conto che non si trattava dei capelli lisci di Astoria. Tutto ciò che era accaduto gli ritornò in mente in un attimo.
Fu pervaso da un senso di panico e disgusto nei confronti di se stesso. Aveva tradito Astoria. Aveva tradito la fiducia dell'unica donna al mondo che lo avesse mai amato.
La sua dolce, delicata e tenera Astoria. Era stato un terribile errore.
Weasley lo avrebbe ucciso, per non parlare di Potter che non aspettava che un'occasione per buttargli addosso il suo viscerale disprezzo.
La sua mente incomincio a lavorare febbrilmente, alla ricerca di una soluzione. Doveva risolvere quel casino, prima che assumesse le dimensioni di una catastrofe.
E poi, d'un tratto, la soluzione.
Hermione si sentì scuotere leggermente. Quando apri gli occhi e vide Malfoy, pensò di essere ancora in un sogno.
Hermione Le disse, sommessamente e con fare solenne, "devo riaccompagnarti a casa."
Lei, ancora nel dormiveglia, mugolò, chiedendo l'ora.
Sono le quattro del mattino
Hermione scattò sul letto, improvvisamente consapevole di tutto ciò che era accaduto. Non che i vestiti sparsi in giro per la camera non fossero già una prova abbastanza chiara. Richiamò con un incantesimo di appello tutti i suoi indumenti, e con suo grande imbarazzo incomincio a vestirsi.
Non voleva che Malfoy la vedesse in quello stato.
Malfoy si accorse del suo stato d'animo e, con un ghigno sarcastico, le bisbigliò: Granger, e' inutile che tu nasconda le tue grazie. Stanotte ho avuto la possibilità di conoscerle... Approfonditamente
Hermione arrossi violentemente, assumendo un cipiglio di superiorità.
Poi, senza incontrare lo sguardo del giovane, con tono autoritario disse: Me ne vado. Addio Malfoy
Malfoy le prese il braccio, per potersi smaterializzare insieme a lei. Cercò di nascondere il proprio disprezzo di fronte a quello che , evidentemente, lei chiamava casa.
Hermione aveva colto quello sguardo di insofferenza negli occhi del ragazzo.
Era furibonda. Furiosa nei confronti di se stessa e nei confronti di Malfoy, che l'aveva messa in quella situazione. Senza dire una parola, proprio mentre stava per entrare in casa, sentì Draco sussurrare qualcosa dietro di lei. Si rese conto troppo tardi e non fece in tempo a reagire.
"Oblivion".
Si dileguò appena prima che Hermione, palesemente confusa, lo scorgesse.
Era andato tutto secondo i piani.
Nessuno avrebbe mai saputo.
Draco entrò dall'entrata secondaria del Manor. Decise di trascorrere le poche ore che precedevano il mattino nel suo studio.
Si prese la testa tra le mani, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Era stata una notte indimenticabile per lui, finalmente aveva tenuto tra le braccia Hermione.
Hermione ... Era stato affascinato da lei fin dal primo momento.
Era una bambina insopportabilmente saccente ed orgogliosa; era, però, innegabilmente intelligente e coraggiosa.
Lui aveva dovuto tramutare l'ammirazione in astio ed acredine, visto e considerate le sue origini. Il fatto che fosse l'amica più stretta di Potter, la rendeva praticamente irraggiungibile. Per questo la insultava, la punzecchiava e le dava fastidio: per cercare la sua attenzione. Per essere considerato, almeno per un attimo, da quella ragazzina coi capelli ricci folti ed un'espressione di perenne superiorità.
Con il passare degli anni, aveva abbandonato l'idea che accarezzava da tempo: non avrebbero mai potuto intraprendere una relazione.
Appartenevano ai fronti opposti di una guerra, non avrebbero mai potuto mettere da parte le proprie divergenze.
O almeno così pensava Draco fino a quel momento.
La serata appena trascorsa aveva mandato in frantumi tutte le sue certezze su Hermione.
Il fatto di averla avuta anche solo per poche ore, ribaltava certe convinzioni che si era costruito per non soffrire.
Lui non l'amava, assolutamente no. Era stato un attimo di follia da parte di entrambi.
Non sarebbe mai più accaduto. Nessuno avrebbe mai saputo. Neppure lei.
Al pensiero di ciò che le aveva fatto, avvertì quasi un dolore fisico.
Hermione pensò di essere impazzita. Si trovava nel vivace ingresso della casetta che condivideva con Ron.
E non aveva la più pallida idea di come ci fosse finita. Inoltre, era quasi l'alba.
Sperò ardentemente che il marito non si fosse accorto della sua prolungata assenza, un litigio -l'ennesimo, ormai- era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
Salì di soppiatto le scale, per poi rifugiarsi nel bagno. Aveva bisogno di ordinare la idee, anche se in quel momento le pareva impossibile.
Quando le sembrava di aver dato vita ad una spiegazione razionalmente coerente, i pensieri sgusciavano via, tradendola.
Ridacchiò di fronte alla sua immagine allo specchio: i capelli scarmigliati, le labbra gonfie e gli occhi splendenti. Si sentiva felice, spensierata e leggiadra.
Improvvisò perfino una piroetta, salvo poi rischiare di cadere rovinosamente.
Attribuì la sua condizione mentale precaria all'alcol, decidendo di non fare più supposizioni.
Poi, una volta riempita la vasca, si immerse nella schiuma. Il profumo di gelsomino che si espandeva per tutta la stanza, ebbe su di lei un effetto soporifero.
Proprio nel momento in cui Hermione stava per assopirsi, accarezzata dall'acqua piacevolmente calda, una fugace ed impalpabile immagine raggiunse la sua mente.
Era uno sguardo,in effetti. Nel dormiveglia, Hermione non riusciva a distinguere il colore di quegli occhi conturbanti.
Anche se, qualcosa in lei le diceva che fossero grigi.
Nota dell'Autrice: Ringrazio tutti coloro che leggono, seguono e recensiscono la storia. Mi piacerebbe molto sapere le vostre opinioni al riguardo, per poter migliorare.
Vi invito quindi a farmi sapere che cosa ne pensate! A presto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Chapter Four ***
Draco osservò la sua consorte: Astoria era intenta a leggere un libro e la sua espressione corrucciata, tipica di quando si stava concentrando, era semplicemente adorabile. Il ventre, ricoperto da una impalpabile veste da camera, svettava in tutta la sua magnificenza.
Erano passati tre mesi da quando si erano recati per la prima volta in ospedale.
Tre mesi durante i quali Draco si era scervellato per trovare una soluzione.
Questa situazione di tensione continua , inoltre, fomentava in lui reminiscenze dolorose del passato, che fino a quel momento erano state relegate negli anfratti più reconditi della sua mente.
Così com'era accaduto molto tempo prima, durante il suo sesto anno, le sue scelte avrebbero potuto distruggere completamente la sua famiglia.
Un fallimento e sarebbe stata la fine.
Draco si era macerato a lungo, provando ad analizzare la situazione secondo diverse prospettive: la Granger era incinta.
E quel figlio sarebbe potuto essere tranquillamente carne della sua carne...Senza che la madre ne fosse a conoscenza.
Se non fosse stato così arrogante da poter pensare di evitare i problemi semplicemente sottraendo parte dei ricordi alla ragazza...!
In realtà, lui non ne aveva la certezza. Anche se non intendeva soffermarsi troppo a riflettere su questa constatazione, era ovvio che la Granger intrattenesse rapporti di natura amorosa con Weasley.
A rigor di logica , quindi, sarebbe potuta nascere una nidiata di piccoli frugoletti dai capelli rossi.
Il problema sarebbe sorto se Hermione avesse riacquistato la memoria o se il bambino neonato fosse stato una perfetta copia in miniatura del giovane Malfoy.
Draco non avrebbe saputo dire quale delle due possibilità gli facesse accapponare maggiormente la vellutata pelle.
Astoria percepiva su di sé lo sguardo penetrante del marito, sentendosi improvvisamente a disagio.
Sapeva che Draco era terribilmente agitato e frustrato in quel periodo: sebbene sul suo viso fosse sempre incastonato un sorrisetto sardonico, i gesti nervosi, le lunghe ore trascorse in solitudine nel suo studio, il silenzio ... Erano tutti indizi del suo reale stato d'animo.
Avrebbe tanto voluto stringergli la mano, fargli capire che di lei si sarebbe potuto fidare, forse insieme avrebbero trovato una soluzione.
Ma lui, orgoglioso com'era, aveva reagito con sdegno quando lei gli aveva chiesto se ci fossero problemi.
Era, quindi, evidente che le stesse nascondendo qualcosa. O qualcuno.
Si accarezzò pensosamente la pancia: avrebbe potuto scegliere di far finta di niente, oppure avrebbe dovuto indagare.
Anche se il pensiero di immischiarsi negli affari di Draco le faceva mancare il coraggio.
Non che lui fosse violento con lei, assolutamente no. Ma se gli avesse fatto un torto, lui avrebbe subdolamente dato vita alla tortura psicologica, abilità in cui era un maestro.
In certe occasioni, riusciva a diventare particolarmente cattivo, ferendola con atteggiamenti o parole.
E lei, soprattutto in quel momento, necessitava della massima tranquillità possibile.
Il medimago era stato piuttosto categorico al riguardo: riposo assoluto, cercando di evitare qualsiasi forma di sforzo o di emozione travolgente. Quella gravidanza era stata un miracolo, e lei si sentiva come se il suo corpo fosse fatto di cristallo. Aveva paura di compiere anche il più piccolo gesto, per paura che potesse ripercuotersi negativamente sul bambino. Per questo trascorreva lunghe ore nel giardino del Manor, leggendo o sonnecchiando al tiepido sole.
Talvolta, la venivano a trovare i suoi genitori e sua sorella, Daphne. Non le dispiaceva questo riposo forzato: avrebbe fatto qualsiasi cosa per suo figlio.
Anche mentire a se stessa.
Hermione detestava la gravidanza. Non era più padrona del proprio corpo, si sentiva stanca, spossata e terribilmente goffa.
Aveva ovviamente letto tutto sull'argomento: nonostante ciò, per la prima volta, i suoi amati libri non l'avevano tranquillizzata.
Ciò che stava accadendo dentro di lei andava al di la' della mera conoscenza scientifica ed accademica.
Il ventre, giorno dopo giorno, era diventato sempre più visibile sotto i maglioni in cui si infagottava, rendendo quasi possibile nasconderlo.
Ovviamente, non appena la comunità magica si fosse resa conto che Hermione Granger era in attesa, ci sarebbe stato un pandemonio.
La ragazza sapeva cosa aspettarsi, perché un anno prima Ginevra aveva partorito l'erede di Harry Potter.
Era stato un turbinio di rivelazioni, indiscrezioni, foto rubate... Tutti volevano spiare dal buco della serratura, per conoscere ogni minimo dettaglio della gravidanza e poi, successivamente, della nascita.
Per mesi, nei giornali scandalistici e nei quotidiani, per non parlare tra la gente comune, si era aperto un dibattito relativo al nome che sarebbe stato impartito all'Erede.
Ginny per poco non aveva avuto una crisi isterica, mentre Harry sembrava rassegnato.
E adesso tutto quel clamore avrebbe riguardato in prima persona lei e Ron, gli altri due membri del Trio.
Stava per nascere il figlio di due istituzioni del mondo magico: la stampa ci sarebbe andata a nozze.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Chapter Five ***
Angolo dell'autrice: Ringrazio tutti coloro che dedicano un pò del loro tempo alla lettura della mia storia. Vi chiedo con tutto il cuore di recensire o di farmi sapere in qualche modo che cosa ne pensate!
Sebbene Hermione fosse piuttosto di cattivo umore, era segretamente felice di avere al suo fianco il marito.
Sembravano lontani i tempi in cui non si rivolgevano quasi la parola, prigionieri di un muro di incomprensione.
Hermione aveva più volte pensato che forse non fossero fatti per stare insieme, anche se non aveva mai avuto il coraggio di rifletterci seriamente sopra.
E poi, era arrivato quel bambino. In maniera del tutto inaspettata ed improvvisa.
In realtà non era neanche sicura di quando fosse stato concepito. In quel periodo, lei e Ron erano più impegnati a guardarsi in cagnesco che ad amoreggiare.
In ogni caso, loro figlio non sarebbe potuto arrivare in un momento più opportuno.
Giusto in tempo per raccogliere i cocci ed inaugurare un'armonia famigliare nuova di zecca.
Il titolo in grassetto campeggiava sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta: HERMIONE GRANGER E' IN DOLCE ATTESA.
L'articolo era corredato da una foto della ragazza mentre, furtivamente, si accarezzava il ventre. Anche se l'immagine era in bianco e nero, il volto di Hermione sembrava terribilmente pallido e sciupato.
Draco passò delicatamente il dito sulla pagina, seguendo il profilo di quel viso che aveva imparato ad amare.
Un attimo dopo, contraendo la mandibola, aveva accartocciato il quotidiano praticamente intonso, buttandolo tra le fiamme del camino.
Avrebbe tanto voluto dimenticare. Sarebbe stato tutto molto più semplice.
Ma non poteva.
Era giunto alla conclusione che quella creatura doveva sparire. Dissolversi. Dileguarsi.
Solo in questo modo avrebbe potuto finalmente godere di una serenità che, nel profondo, sentiva di non meritarsi.
Ma un conto era meditare su piani strampalati, un altro metterli in pratica.
Avrebbe dovuto farla abortire.
Si era informato, scartabellando polverosi volumi della biblioteca del Manor.
Vi erano diversi modi per liberarsi di un bambino indesiderato, ovviamente uno più illegale dell'altro: incantesimi oscuri, pozioni antiche ...
Sembravano proprio fare al caso suo.
Ma come avrebbe fatto a somministrarle eventualmente l'intruglio? O a lanciarle un incantesimo?
La Granger, in virtù del proprio ruolo pubblico, poteva contare su una vasta schiera di auror che le gravitava intorno.
Pronti ad intervenire in qualsiasi momento, soprattutto da quando la dolce attesa era diventata di pubblico dominio.
Ma, al di là dei problemi meramente logistici, Draco in cuor suo sapeva di non averne il coraggio.
Non si trattava tanto di scrupoli morali ed etici, quanto piuttosto di timore e folle terrore per la nefasta possibilità di essere scoperto.
Provocare un aborto volontariamente era un crimine orrendo, che poteva essere punito anche con la reclusione.
Per non parlare poi delle conseguenze sul piano sociale: quella fama che si era faticosamente ricostruito dopo la guerra, avrebbe lasciato il posto ad un acredine ed un odio ancora più profondo nei confronti della sua famiglia.
Astoria non meritava tutto questo.
A Draco pareva già di sentire le persone che, al suo passaggio, avrebbero sibilato illazioni come "tale padre, tale figlio".
Voleva essere un uomo migliore.
Per questo, prese una scelta che lo fece stupire di se stesso: avrebbe parlato con Hermione.
Poteva sembrare una scelta coraggiosa, in realtà era il modo migliore per lavarsene le mani: la decisione sarebbe spettata a lei.
In questo modo, la responsabilità non sarebbe stata soltanto sua.
Draco increspò le labbra in un sorriso, il primo spontaneo e sincero dopo giorni.
Poi, decise di recarsi dalla sua consorte.
La quale, vedendolo posare un bacio sul suo ventre, non poté far altro che sorridere a sua volta.
Forse, tutto sarebbe andato per il meglio.
Hermione rimase sbalordita quando si trovò di fronte a Draco Malfoy. Il quale, appoggiato mollemente alla parete di fianco al suo ufficio al Ministero, le rivolse un sorriso sghembo.
Nonostante cercasse di apparire il più indifferente possibile, era evidente il suo nervosismo.
Il sudore gli imperlava la sua candida fronte.
Granger. Avrei bisogno di parlarti.
Hermione sgranò gli occhi, improvvisamente pervasa da un leggero senso di inquietudine. Poi, senza parlare, gli fece cenno con una mani di entrare.
Si accomodò sulla sua poltrona, invitando Draco a fare lo stesso.
Il ragazzo la stava fissando intensamente, facendola visibilmente arrossire. Ma che cosa le stava accadendo?!
Bene. A che cosa devo questa visita ... Inaspettata?
Draco pronunciò un Muffliato, rendendo impossibile a chiunque comprendere il senso della conversazione.
Hermione alzò un sopracciglio , infastidita : Era proprio necessario?
Lo è, credimi. Riguarda il bambino che porti in grembo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Chapter Six ***
Hermione rimase sbalordita quando si trovò di fronte a Draco Malfoy. Il quale, appoggiato mollemente alla parete di fianco al suo ufficio al Ministero, le rivolse un sorriso sghembo.
Nonostante cercasse di apparire il più indifferente possibile, era evidente il suo nervosismo. Il sudore gli imperlava la sua candida fronte.
"Granger. Avrei bisogno di parlarti."
Hermione sgranò gli occhi, improvvisamente pervasa da un leggero senso di inquietudine. Poi, senza parlare, gli fece cenno con una mani di entrare.
Si accomodò sulla sua poltrona, invitando Draco a fare lo stesso. Il ragazzo la stava fissando intensamente, facendola visibilmente arrossire. Ma che cosa le stava accadendo?!
"Bene. A che cosa devo questa visita ... Inaspettata?"
Draco pronunciò un Muffliato, rendendo impossibile a chiunque comprendere il senso della conversazione.
Hermione alzò un sopracciglio , infastidita : "Era proprio necessario?"
"Lo è, credimi. Riguarda il bambino che porti in grembo."
Anche se Draco non lo avrebbe confessato neanche sotto tortura, aveva trascorso lunghe ore davanti allo specchio per preparare quel discorso.
Si schiarì la voce, pronto a recitare quella parte che ormai conosceva a memoria, tanto l'aveva ripetuta per apparire convincente.
Ma ora, di fronte ad una Hermione visibilmente scombussolata e confusa per la sua presenza, si era reso conto che non ci sarebbe mai stato un modo giusto per descrivere ciò che era accaduto. Nessuna spiegazione sarebbe mai stata sufficiente per giustificare certe sue deprecabili azioni.
Sospirò profondamente, improvvisamente conscio dell'impatto violentissimo che le sue parole avrebbero avuto su Hermione.
E poi, incominciò a parlare.
Sgomento. Dolore. Incredulità.
Non era vero niente. Non poteva esserlo. Era soltanto un brutto scherzo alla Malfoy, di sicuro da un momento all'altro si sarebbe messo a ridere beffardo e l'avrebbe derisa per esserci cascata.
Purtroppo, Draco non sembrava essere in vena di giocare. Anzi, i lineamenti del volto terribilmente seri lo rendevano quasi austero.
Le aveva spiegato con voce pacata cos'era accaduto tra di loro. Fortunatamente, non si era soffermato sui dettagli, al solo pensiero di aver trascorso la notte con Malfoy era stata sommersa da un'ondata di vergogna e riprovazione nei confronti di se stessa. Ma come ... Aveva trascorso tutta la vita a disprezzarlo ed ora scopriva che il ragazzo avrebbe potuto essere il padre del bambino? Di suo figlio.
Si era ovviamente indignata quando era venuta a conoscenza dell'incantesimo di memoria.
Violare i suoi ricordi, modificandoli a proprio piacimento ed edulcorandoli senza rispetto: ecco ciò che le aveva fatto il giovane uomo davanti a lei.
Se non fosse stato per il bambino, nessuno avrebbe mai saputo a parte lui. Malfoy aveva architettato un piano apparentemente perfetto, con l'intenzione di proteggere se stesso.
Ma, nonostante questo, aveva fallito. Ed ora, era venuto con una certa faccia tosta a chiederle di risolvere la questione. Hermione era furente, frustrata e ferita.
Ma pronta a combattere per preservare la felicità della sua famiglia e del suo matrimonio.
Malfoy non significava niente per lei: non gli avrebbe permesso di rovinare tutto.
Fece un respiro profondo, relegando in un angolo remoto i pensieri e le emozioni tumultuosi.
Poi, con voce gelida, gli chiese: Che cosa hai intenzione di fare?
Lui soppesò un attimo quelle parole, per poi rispondere in maniera beffarda: Pensavo che fossi tu la strega più brillante della nostra età.
Ignorò deliberatamente quella provocazione, troppo stanca per poter rispondere per le rime.
Poi, risolutamente, disse: Non ho alcuna intenzione di abortire. Nessuna. Quindi scordatelo.
Malfoy aprì leggermente la bocca,stupito per essere stato scoperto in flagrante.
Si ricompose quasi subito, adottando un cipiglio altero: Per quanto mi riguarda, era l'unica soluzione possibile. Radicale certo. Ma avremmo estirpato il problema alla radice.
Hermione, stancamente, lo informò che la medicina babbana era più sviluppata di quella magica, in quel determinato settore.
Un semplice esame del sangue e si sarebbe potuto stabilire il probabile padre.
Ma questa proposta sembrò terrorizzare Draco, il quale in maniera sdegnosa liquidò con un gesto della mano la possibilità.
Non aveva alcuna intenzione di sottoporsi a strampalati esperimenti babbani o di essere visitato da medici privi di bacchetta magica.
E poi... Di cosa andava blaterando la Granger? Analisi del sangue? Avrebbero prelevato il suo preziosissimo sangue? E per farne cosa? Non se ne parlava.
Scostò la sedia dal tavolo, non intendeva stare lì un minuto di più. La presenza della Granger lo innervosiva, facendolo sentire un adolescente impacciato alle prese con la prima cotta.
Se avesse seguito il suo istinto l'avrebbe stretta a sé. Le avrebbe chiesto di iniziare una nuova vita insieme a lui e a quel bambino. Di chiunque fosse stato, alla fine. Era pronto ad abbandonare tutto per lei: lo era sempre stato.
Tergiversò un attimo sulla porta, pregando che lei lo richiamasse a sé.
Ma Hermione, terribilmente pallida, non lo stava degnando di uno sguardo. Per questo, con la morte nel cuore, uscì senza guardarsi indietro.
Soltanto il fragore della porta sbattuta sembrò ridestare la ragazza, che incominciò a piangere sommessamente. Che cosa avrebbe fatto?
Draco.
Sono giorni che non dormo, non riesco a smettere di pensare a ciò che ci siamo detti nel mio ufficio.
Sono terribilmente furiosa, sia con me stessa che con te.
Inizialmente, ho pensato che tu stessi scherzando. Ma poi, ragionandoci sopra è scandagliando ogni minimo dettaglio della storia che mi hai raccontato, sono giunta alla conclusione che sia la verità. Soprattutto, perché non penso che diffondere un pettegolezzo del genere potrebbe giovarti in alcun modo.
Come hai potuto farmi questo? Avrei dovuto saperlo fin dall'inizio. Solo in questo modo avrei potuto decidere con più lucidità e coerenza.
Ma ora è troppo tardi. Anche se volessi, e' scaduto il tempo per ... Liberarsi del problema.
Siamo in gabbia, Malfoy. Non possiamo far altro che aspettare.
Hermione
Astoria si rigirò tra le mani la busta che un elegante gufo aveva appena depositato sul davanzale dello studio di Draco. La curiosità la stava divorando, così come un senso crescente di timore per ciò che avrebbe potuto scoprire.
Osservò ancora una volta la calligrafia che aveva vergato il retro della busta, indicandone il destinatario: sig. Draco L. Malfoy, Malfoy Manor. Era, senza ombra di dubbio, una grafia femminile.
Rosa da un improvviso impeto di gelosia, quasi strappandola, lacerò l'involucro della lettera. Scorse velocemente il contenuto, alla ricerca di informazioni compromettenti.
E poi le sembrò che tutto crollasse intorno a lei.
Il tono, le parole adottate ... Erano volutamente ambigue. Ma vi era poco da travisare: la donna si rivolgeva a lui con una certa confidenza, faceva riferimento ad un "problema" di entrambi.
Non era una lettera d'amore: non venivano sbandierate passioni travolgenti. Ma in quelle parole, in quelle frasi vibrava una certa intensità, che le rendeva ancora più fastidiose e minacciose ai suoi occhi.
Poi si concentrò sulla firma: la ragazza aveva scribacchiato malamente il suo nome in fondo alla pergamena.
Quando riuscì ad interpretarlo, le sembrò che il mondo le stesse cadendo addosso.
Hermione. Non poteva essere che la Granger. Era lei. Era sempre stata lei.
Avvertì l'odio che aveva covato in tutti quegli anni travolgerla, spezzandole quasi il fiato e facendole visibilmente tremare le mani.
In cuor suo, aveva sempre saputo del debole di Draco nei confronti di quella scialba sciaquetta. Lui non l'aveva mai esplicitamente detto a nessuno, ma il modo in cui l'aveva più volte scoperto a guardarla ... Non sarebbe mai riuscita a competere con lei.
Quand'era più giovane, si era perfino fatta arricciare i capelli, per assomigliarle di più.
Non che avessero qualcosa in comune: Astoria aveva lineamenti delicati, un fisico mozzafiato messo in risalto da abiti su misura. Era perfettamente consapevole del proprio aspetto e non lasciava nulla al caso.
Hermione era graziosa, anche se non sembrava essere particolarmente interessata alla sua bellezza esteriore. Raramente si truccava, i capelli scompigliati le ricadevano disordinatamente sul volto e si sotterrava dentro maglioni e vestiti che certamente non le donavano.
Eppure, Draco l'aveva sempre desiderata.
In quel momento Hermione Granger non era più la Salvatrice del Mondo Magico, l'estrema mente intelligente amica di Potter, la secchiona dei tempi di Hogwarts.
Era diventata l'altra.
Fece a coriandoli la pergamena, intimando -una volta finito- agli elfi domestici di spazzare via tutto.
Draco non l'avrebbe mai letta. E lei avrebbe fatto finta di essersene dimenticata.
Improvvisamente, un dolore al basso ventre la colpì con ferocia.
Fece appena in tempo a chiedere all'Elfa domestica di chiamare aiuto prima di piombare nel buio più totale.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Chapter Seven ***
Improvvisamente, un dolore al basso ventre la colpì con ferocia.
Fece appena in tempo a chiedere all'Elfa domestica di chiamare aiuto prima di piombare nel buio più totale.
Avvertiva delle presenze intorno a lei, figure indistinte che sussurravano il suo nome, facendolo rimbombare nella sua testa dolorante.
"Astoria... Astoria..."
Alternava momenti di confusione a momenti di discreta lucidità, nei quali si sentiva comunque troppo spossata per aprire gli occhi o cercare di comunicare.
Si sentiva così stanca...così debole e dolorante.
Furono ore travagliate per Astoria, la quale era stata trasportata in tutta emergenza al San Mungo per una minaccia di aborto.
I medimaghi si erano resi immediatamente conto della gravità della situazione, ulteriormente complicata da un'emoraggia copiosa.
Draco le era stato accanto tutta la notte, sul volto ancora più pallido del solito, era dipinta una perfetta espressione di terrore.
Sapeva di essere responsabile di quel dolore. Aveva trovato i frammenti sparsi della lettera di Hermione sul pavimento, quando l'aveva soccorsa.
Aveva immediatamente riconosciuto la sua grafia precisa ed ordinata.
Era furioso anche con lei: come si era permessa di mandargli un messaggio a casa sua?
Non aveva minimamente considerato le conseguenze del suo gesto sconsiderato?
"No" decise. Rendendosi conto che quell'ultima domanda retorica sarebbe potuta valere anche per lui e per le nefandezze di cui si era macchiato.
Astoria fu dichiarata fuori pericolo solo dopo che furono eseguiti tutti gli accertamenti clinici esistenti, su richiesta di un esigente Malfoy.
Il bambino stava bene. Avrebbero preferito non conoscere il sesso fino alla nascita, ma una sciocca infermiera se lo era lasciato sfuggire.
Era un maschio. Questa notizia aveva fatto gonfiare il petto di orgoglio a Draco: un altro erede della casata dei Malfoy era in arrivo.
"Forse due" - aveva fugacemente pensato, prima di morsicarsi la lingua.
Astoria, però, aveva bisogno di tutta la tranquillità ed il riposo possibili. Per questo, Draco aveva assunto diversi infermieri e domestici , pronti a soddisfare ogni sua minima richiesta. In questo modo, aveva anche scongiurato il pericolo che i suoi genitori la reclamassero, auspicando per lei un periodo di maggiore serenità da trascorrere nella casa d'infanzia.
Astoria non aveva fatto cenno a ciò che aveva letto quel giorno e dal canto suo, Draco non aveva alcuna intenzione di chiederle delucidazioni al riguardo, troppo vigliacco.
Per lenire il suo senso di colpa trascorreva lunghe ore in sue compagnia, durante le quali discorrevano e sognavano sul futuro membro della famiglia.
In particolare, si era aperta la spinosa questione del nome.
Draco non aveva dubbi: un nome altisonante come Scorpius sarebbe stato perfetto. In questo modo, si sarebbe rispettata la tradizione di famiglia di scegliere nomi di stelle e costellazioni.
Astoria, invece, sarebbe stata più propensa a scegliere un nome meno aristocratico.
Una sera aveva perfino proposto Harry, in onore di Potter. A moltissimi bambini veniva affibbiato quel nome, così come Ronald o Hermione per le bambine.
L'espressione di disgusto e disappunto che si era dipinta sul volto di Draco l'aveva fatta ridere a crepapelle.
Hermione non riusciva più a riposare bene la notte. Incubi e visioni non le lasciavano tregua, facendola risvegliare sempre in un bagno di sudore.
Si sentiva in colpa. Avrebbe voluto raccontare a qualcuno il dramma che stava vivendo, per potersi liberare la coscienza ma si rendeva conto della gravità della situazione.
La creatura che cresceva giorno dopo giorno nel suo utero avrebbe potuto essere figlia di uno degli esseri più spregevoli presenti nel mondo magico.
Nonostante ciò, avvertiva già un legame profondo con il nascituro.
Presto, avrebbe scoperto il sesso.
Fortunatamente , Ron sembrava non essersi accorto del suo reale stato d'animo. Non era mai stato un ottimo osservatore. Per questo, rispose amabilmente al suo sorriso, la morte nel cuore.
Passarono le settimane. Settimane terribilmente lunghe per Draco, il quale non aveva più ricevuto notizie da Hermione.
Gli sarebbe piaciuto contattarla, ma sentiva che la ragazza aveva il diritto di pensare, senza la sua ingombrante presenza.
Doveva solo avere pazienza. Molta.
"E' una femmina. Complimenti!" - il medimago porse loro il referto dell'analisi con un ampio sorriso stampato in volto.
Suo malgrado, nonostante tutta la tensione accumulata nel corso del tempo, anche Hermione stiracchiò le labbre screpolate, improvvisamente pervasa da un certo entusiasmo.
Dal canto suo, Ron sembrava aver perso l'uso della parola. Apriva e chiudeva la bocca ritmicamente, senza emettere alcun suono.
Era, ovviamente, frastornato,confuso e straordinariamente felice.
Non vedeva l'ora di annunciarlo a tutta la sua famiglia, che si sarebbe riunita quella stessa sera alla Tana.
Ovviamente, la notizia fu accolta con grande entusiasmo. Immediatamente, tutti incominciarono a proporre nomi, alcuni dei quali francamente assurdi.
Hermione, in mezzo a quel frastuono, si sentì improvvisamente fuori posto. Non si meritava tutte quelle premure, quelle attenzioni ...
Aveva tradito non solo Ron , ma anche la fiducia di tutti i loro famigliari ed amici.
In quel momento, desiderava ardentemente parlare con una sola persona, l'artefice della sua sofferenza.
Ma lui non l'aveva più cercata, né tantomeno aveva risposto a quella lettera ...
Persa in questi pensieri, si ridestò immediatamente non appena senti qualcuno pronunciare un nome. Quel nome.
"Ho sentito che anche Astoria Greengrass diventerà madre" - disse Ginny, evidentemente in vena di pettegolezzi.
Ron sbuffò: "D'altronde, lo si sa: la madre dei cretini é sempre incinta"
"RONALD!" Ruggì Hermione, sgomenta.
Ron si strinse nelle spalle, indifferente. "Cos'ho detto di male? E' il figlio di Malfoy, non potrà uscirne niente di buono".
Hermione raddrizzò la schiena e tutta compunta, si girò ostentando sdegno, mentre Ronald strabuzzava gli occhi all'indirizzo di Harry.
Poi, con abilità, cambiò discorso.
Parlare di Malfoy le faceva male. Soprattutto perché non le aveva neppure accennato della gravidanza della sua consorte.
Ma d'altronde, perché avrebbe dovuto farlo? Che cosa avevano loro due da spartire a parte, forse, un figlio?
Nulla. Assolutamente nulla.
Angolo dell'autrice:
Grazie mille a tutti coloro che leggono e seguono questa storia.
Mi piacerebbe molto sapere che cosa ne pensate, quindi ogni tipo di critica/recensione è ben accetta!
Al prossimo capitolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Chapter Eight ***
Si incontrarono di nascosto. Draco poteva contare su di un numero inestimabile di proprietà in cui avrebbero potuto parlare senza il timore di essere scoperti.
Anche se nessuno avrebbe visto niente di strano o compromettente in quella scena: Draco ed Hermione erano seduti uno davanti all'altro, evidentemente a disagio sulle loro poltrone. Sorseggiavano distrattamente del tè, mentre si lanciavano occhiate nervose e cariche di tensione.
Poi, schiarendosi la voce, Hermione prese coraggio: "Allora... Sappiamo tutti e due perché siamo qui"
Tergiversò un attimo prima di ricominciare a parlare.
"Ci ho riflettuto a lungo e ... Credo che il male minore sarebbe che ci dimenticassimo tutti di questa storia"
Draco tentò di replicare, ma la ragazza lo fermò con un cenno della mano.
" Draco tu hai una moglie ... E presto un figlio. Io ho un marito che amo e ..." , Malfoy sbuffò ironicamente.
"Si, lo amo Malfoy. Anche se dubito che tu sappia cosa significhi questo verbo" sottolineò Hermione, profondamente infastidita.
Stupida Granger. Se solo sapessi quanto ti amo, quanto io ti desideri non diresti certe cose...
"Stavo dicendo ... Ron si occuperà con amore e dedizione a questa bambina, a prescindere di chi sarà figlia e... "
"E tutti vivranno felici e contenti" continuò Draco, sarcastico.
"Granger stiano parlando di una bambina che potrebbe essere mia figlia. Tu pensi davvero che lascerei una Discendente della nobile casata dei Malfoy nelle mani di un Weasley?"
Hermione, le guance rosse per l'indignazione, si mise le mani tra i capelli. Non sarebbe stata una conversazione semplice. Malfoy era irritante, presuntuoso ed altero come al solito. Faceva i capricci per avere l'unica cosa che , forse, non avrebbe potuto possedere completamente.
"Malfoy. L'alternativa quale sarebbe, sentiamo? Illuminami con le tue soluzioni geniali, ti prego"
Colto in fallo, Draco si rese conto dell'inconsistenza delle sue critiche. Hermione aveva ragione. Il male minore sarebbe stato far finta di niente, provare a dimenticare. Quella bambina sarebbe stata a prescindere un membro di una famiglia che disprezzava.
Prima se ne sarebbe fatto una ragione, meglio sarebbe stato.
Per questo non rispose alla provocazione di Hermione, incominciando a riflettere.
Alla fine, trovarono una sorta di compromesso.
Hermione gli accordò il permesso di andare a trovarla in ospedale subito dopo il parto. Draco desiderava vedere con i propri occhi, almeno una volta, il frutto della follia di una notte.
Per il resto, avrebbe lasciato gestire ad Hermione la situazione.
Non avrebbe interferito con le sue scelte, né avrebbe arrogato alcun diritto sulla bambina.
Loro due non si sarebbero mai più incontrati.
Nemici come prima.
Angolo dell'autrice: GRAZIE mille a tutti coloro che leggono e seguono questa storia! A presto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Chapter Nine ***
E poi, il momento tanto atteso, agognato ed allo stesso tempo temuto, arrivò.
Nonostante tutta la preparazione, la rottura delle acque colse Hermione impreparata.
Il suo corpo le stava mandando dei segnali inequivocabili: la sua bambina era pronta a conoscerla. Ma lei lo era?
Il San Mungo poteva essere pronto a fronteggiare qualsiasi emergenza e situazione, tranne quando si trattava dell'invasione della famiglia Weasley e Potter.
Molly Weasley, radiosa nel suo vestito a fiori, ridacchiava per l'emozione; Arthur tentava di leggere la Gazzetta del Profeta, senza riuscire a concentrarsi, con l'unico risultato di aver spiegazzato tutte le pagine.
Ron era in preda al tradizionale panico pregenitoriale: il suo viso aveva assunto un colorito giallognolo e sembrava sul punto di vomitare o svenire da un momento all'altro.
Talvolta, dalla sala parto, provenivano lamenti strazianti che lo facevano assumere espressioni di puro terrore.
Con lo sguardo, cercava la rassicurazione del suo migliore amico. Harry c'era già passato un anno prima, ma sembrava anche lui terribilmente nervoso.
Ginny era stata l'unica persona ad avere il diritto di stare in sala parto. Hermione aveva chiesto esplicitamente di lei: nessun altro.
Il travaglio durò parecchie ore, il dolore che stava provando era indescrivibile, solo in parte mitigato da una pozione.
Quando ormai pensava di non avere più le energie per continuare a spingere, la bambina nacque.
La musica della stazione radio venne bruscamente interrotta:
"...sospendiamo la programmazione per fare un annuncio. Hermione Granger ha partorito una bellissima bambina! Cogliamo quindi l'occasione per fare tantissimi auguri a lei ed a Ron Weasley..."
Hermione, i capelli raccolti in una treccia, cullava Rose guardandola rapita.
"E' perfetta" - bisbigliò quasi commossa all'indirizzo di Harry, il quale non potè far altro che assentire.
Era, oggettivamente, una splendida neonata. La pelle color porcellana, i capelli di una particolare sfumatura caramello - già incredibilmente tanti - , quegli occhi così espressivi ... Occhi grigi, in effetti.
"Non é sua, vero?" Chiese Harry, in modo noncurante, come se conoscesse già la risposta.
Hermione sbalordita, incominciò a balbettare: "non so proprio di cosa tu stia parlando, Harry"
"Hermione" L'ammoni dolcemente. "Sono il tuo migliore amico."
"Ma.. Come hai fatto a ...?" Chiese titubante Hermione. La voce spezzata.
"I suoi occhi, Hermione. Sono identici a quelli di Malfoy. E poi, sapevo che tra te e lui era accaduto qualcosa. Quella sera, sai, alla festa... Io vi ho visti. So che avete lasciato il locale insieme"
"Perché non mi hai fermata? Perché? Perché? Perché?" - la ragazza posò Rose nella culla, incominciando poi a singhiozzare, mentre Harry la stringeva sul suo petto.
Non aveva una risposta a quella domanda.
O forse sì. A voler essere completamente sincero con se stesso non era intervenuto perché quella sera, dopo tantissimo tempo, aveva visto una Hermione radiosa. Felice. Il volto illuminato e leggermente imporporito in corrispondenza delle sue guance.
Ovviamente, il fatto che Malfoy fosse la causa di tanta allegria, lo aveva inizialmente destabilizzato.
Non che avesse ancora qualcosa contro di lui: con il passare del tempo l'odio viscerale che provavano l'uno nei confronti dell'altro era tramutato in semplice indifferenza.
Certo, non riusciva proprio a capire che cosa Hermione avesse potuto trovare in un essere viscido come lui.
Ma non l'avrebbe giudicata né tantomeno biasimata. Le voleva troppo bene per contestare le sue decisioni.
Asciugandosi con il dorso della mano le lacrime, Hermione gli chiese - tirando su poco elegantemente con il naso : "Secondo te ... Ron...?"
"Non sospetta nulla, Hermione ... Se è questo ciò che temi" La rassicurò Harry.
"Bene" sospirò profondamente.
"Non glielo dirai, vero Harry? Me lo prometti?" - lo pregò la ragazza, con un tono supplichevole che Harry non gli aveva mai sentito prima.
"Te lo prometto" Pronunciando quel giuramento, Harry si sentì un verme.
Avrebbe tradito il suo migliore amico per salvaguardare la felicità di una delle donne più importanti della sua vita.
Draco si precipitò al San Mungo. Fuori dall'ospedale si erano assiepati giornalisti e fotografi, pronti a rubare una foto dell'erede o un'intervista ai neo genitori più noti del momento.
Diluviava, così poté coprirsi il capo con il mantello, senza farsi riconoscere.
Una volta giunto nell'imponente atrio, si rese conto di non avere un piano. Era stato uno stupido: ovviamente, l'ingresso al padiglione dove era ricoverata la Granger era stato interdetto al pubblico.
Mentre si stava scervellando per trovare una soluzione, sentì qualcuno sfiorargli il braccio.
Quel qualcuno era niente poco di meno che Harry Potter.
"Potter" Lo salutò, con un espressione di disgusto stampato sul volto.
"Bando ai convenevoli, Malfoy. Non sono più felice di te nel vederti "
"Togliti di mezzo, Potter" gli disse Malfoy, dandogli una spallata.
"Presto lo farò Malfoy, e con grande piacere. Però si dà il caso che io sia qui per aiutarti."
Malfoy si fermò. "E chi dice che io abbia bisogno del tuo aiuto, Potter?"
"So tutto ..." Malfoy si irrigidì. "Posso portarti da lei, se vuoi. "
Essere in compagnia di Harry Potter aveva i suoi vantaggi, dovette constatare Draco, seppure di malavoglia.
Nessuno li aveva fermati , né aveva fatto domande inopportune.
Nel lungo corridoio si sentiva solo lo scalpicciare dei loro passi.
Poi, Harry si fermò di fronte ad una porta. "Lei ... Anzi, loro ... Sono qui. "
Intercettando lo sguardo di puro terrore di Draco, provò quasi compassione: "Non verrà nessuno a disturbarvi. " lo rassicurò per poi aggiungere
"Buona fortuna".
Draco, impacciato, gli diede la mano: "Beh... Suppongo di doverti ringraziare"
Harry lo guardò incredulo.
"Non c'è di che, furetto" Sorrise divertito, prima di congedarsi e lasciarlo da solo.
Draco tergiversò ancora un attimo. Si sentiva come un condannato a morte: il profilo inquietante della forca si stagliava all'orizzonte.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Chapter Ten ***
Draco tergiversò ancora un attimo. Si sentiva come un condannato a morte: il profilo inquietante della forca si stagliava all'orizzonte.
L'immagine che gli si parò davanti agli occhi era di una tenerezza e di una dolcezza indescrivibili.
La Granger stava allattando la neonata. Non sembrò sorpresa quando lo vide sulla soglia della porta, né tantomeno diede peso al fatto di avere un seno scoperto di fronte a lui.
Sembrava il ritratto della felicità e della serenità.
Questo, fece sorgere una flebile speranza in Draco ... Se Hermione era così tranquilla, forse significava che ...
Non fece tempo a formulare quei pensieri che la Granger gli fece cenno di avvicinarsi a quel fagottino, sussurrandogli: "Ti presento Rose"
Una pausa titubante. "Tua figlia"
Il mondo sembrò vorticare intorno a lui.
Alla fine ciò che avevano temuto per tutti quei mesi si era avverato ... Eppure, si sentiva scioccamente felice.
Era padre! Era lui che aveva dato vita a quell'essere adorabile. Anzi, loro.
Hermione gli sorrise incoraggiante, porgendogli la neonata che, ormai sazia, era un procinto di appisolarsi.
Impacciato e goffo, Malfoy la incominciò a cullare. Il cuore traboccante di amore e gli occhi accesi del ragazzo fecero commuovere Hermione, che si asciugò furtivamente gli occhi.
Era un momento sublime ed allo stesso tempo estremamente drammatico. Gli unici momenti che sarebbero stati concessi a Draco ed a Rose.
Si erano appena conosciuti, padre e figlia, e già dovevano lasciarsi e dirsi addio.
Draco, visibilmente commosso, porse la bambina alla madre. Poi, cercando di ricacciare le lacrime, accostò il proprio volto a quello di Hermione.
"Ti amo" Le disse, il volto rigato dal pianto. "Ti ho sempre amata"
Posò delicatamente le sue labbra su quelle esangui di Hermione. Fu un bacio casto, puro che servì a suggellare la fine di un amore mai veramente nato.
Hermione gli strinse la mano. Era una situazione terribilmente difficile per entrambi. Ma tra i due, la ragazza si rende conto - sentendo il cuore stringersi - Draco sarebbe stato colui che avrebbe avuto la peggio in quella storia.
"Non possiamo più vederci, Draco"
Il ragazzo fece per obiettare, ma Hermione non gliene diede tempo.
"E' troppo pericoloso"
Draco cercò di dissimulare la furia omicida che incominciava a pervaderlo. Con voce strascicata: "Mi stai chiedendo di rinunciare a mia figlia, Granger?"
"Malfoy" Hermione sospirò. "Tecnicamente, lei è una Weasley"
Draco fece una smorfia, disgustato. La sua preziosissima creatura, sangue del suo sangue ... Una Weasley?
Era terribilmente arrabbiato con il mondo intero. Si morsicò le labbra fino a farle sanguinare.
Perché doveva essere tutto così difficile?
Perché non poteva godere di quella paternità alla luce del sole? Perché avrebbe ferito mortalmente un numero incredibile di persone.
Non che gli importasse qualcosa di Weasley&co. Ma doveva fare quel sacrificio per Astoria. Astoria, che nel grembo portava il suo Legittimo Erede.
Astoria, che lo amava fedelmente. Astoria, che di sicuro aveva intuito più di quanto non desse a vedere. Astoria, che chiudeva gli occhi di fronte ai suoi molteplici ed imperdonabili errori.
Doveva farlo per lei.
Hermione gli sorrise tristemente: "Prova a dimenticare, Malfoy"
"Non posso. Lo capisci? Non posso! E' mia figlia!" Sussurrò a denti stretti, cercando inutilmente di fermare le lacrime che scendevano copiose sul suo viso, sfigurato dal dolore.
"Devi. Per il bene di tutti"
Si guardarono in cagnesco.
Sussultarono entrambi quando sentirono aprirsi la porta.
"Come stanno le mie don.." La voce morì in gola a Ron quando si rese conto della presenza di Malfoy.
Strabuzzò gli occhi e poi, con tono accusatorio, gli chiese: "E tu, esattamente, che cosa ci fai qui?"
Come al solito fu Hermione a salvare la situazione.
Scimmiottando una risata allegra, provò ad imbastire ad una scusa decente su due piedi. "Ciao papà!"
Draco sentì una pugnalata al cuore.
"Malfoy era da queste parti perché ... Perché doveva parlare con il medimago di sua moglie. Sai, anche lei sta per avere un bambino e ... "
"E poi ho incontrato Potter, che mi ha dato la lieta notizia. Così, mi è sembrato maleducato non venire a farle le congratulazioni"
Ron lo guardò sospettoso, ma poi - ingenuamente - si convinse che doveva essere vero.
Fortunatamente, non era mai stato un grande osservatore: altrimenti avrebbe notato le macchie rosacee sul volto di Hermione e gli occhi arrossati di Malfoy.
Occhi che assomigliavano in maniera impressionante a quelli di sua figlia.
A quel punto, Draco si rese conto di essere di troppo. In realtà , pensò con rabbia, l'unico a non avere il diritto di stare li non era certo lui...
Dovette distogliere lo sguardo quando Ron incominciò a parlare sdolcinatamente alla bambina. La sua bambina.
Indietreggiò, balbettando ancora delle congratulazioni e si congedò.
Pioveva.
Solitamente, odiava la pioggia.
Non sopportava le pozzanghere, il fango, le gocce di acqua che gli appiattivano i capelli e gli inzaccheravano i vestiti.
Una volta uscito dal San Mungo, schivati i giornalisti ed i curiosi, incominciò a camminare sotto l'acqua scrosciante.
Non voleva pensare. Il dolore era lancinante, persino respirare era diventato doloroso.
Passeggiò senza meta per le vie della Londra babbana, non incrociando gli sguardi che talvolta i passanti gli rivolgevano.
Quel giorno aveva perso una figlia. Ed aveva visto sgretolarsi come argilla tra le sue mani la possibilità che Hermione ricambiasse il suo folle amore.
Il suo silenzio quando si era dichiarato era stato terribilmente umiliante.
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione
(La Pioggia nel Pineto - Gabriele D'Annunzio)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Chapter Eleven ***
Draco rientrò al Manor in tarda serata, completamente fradicio. Alcune gocce scivolavano lentamente sulla sua pallida schiena, facendolo rabbrividire.
Aveva vagato per ore, prima di ritornare in sé e nel proprio ruolo di gelido e sarcastico damerino.
Rimase stupito quando si rese conto che tutte le luci erano accese ed in casa regnava un brusio indistinto ed un movimento insolito.
Fermò uno degli elfi domestici, intento a trasportare degli asciugamani puliti. L'elfo, alla sua vista, si prostrò ai suoi piedi.
Malfoy gli intimò in malo modo di rialzarsi e di dirgli che cosa stesse succedendo.
Gli occhi che brillavano, la creatura squittì entusiasta: "Mio signore. L'erede sta per nascere!"
Senza degnarsi di asciugarsi, lasciando impronte qua e là, corse verso la camera padronale, il luogo da dove provenivano quei rumori e quelle voci.
Non si sorprese quando vide la famiglia Greengrass al completo, compuntamente seduta davanti alla stanza. Gli stavano lanciando sguardi omicida.
Daphne si alzò di scatto lo colpì con veemenza al volto, facendolo indietreggiare. "TU! RAZZA DI DEFICIENTE! DOVE SEI STATO?!"
Draco provò ad abbozzare una scusa, confuso ma sua cognata non gli diede il tempo:
"TI GIURO CHE SE NON ENTRI IMMEDIATAMENTE IN QUELLA CAMERA TI UCCIDO CON LE MIE STESSE MANI!
Accompagnato dagli sguardi di riprovazione dei suoceri, fece ingresso nella stanza in penombra, rischiarata solo da qualche candela.
Dove troneggiava il letto matrimoniale si stavano assiepando almeno una decina di elfi domestici, oltre a due ostetriche e ad medimago.
Astoria, i capelli sparsi sul guanciale intriso di sudore, gemeva e si lamentava mentre intorno a lei voci incoraggianti la invitavano a spingere.
Tra una contrazione e l'altra, Astoria piagnucolò quasi, reclamando ancora una volta il marito.
Quella doveva essere la centesima volta che lo chiamava, almeno a giudicare dagli sguardi esasperati che si lanciarono le ostetriche.
"Dov'è Draco? Chiamate Draco... Draco !!!"
"Sono qui, amore. Sono qui con te" La sua voce rotta dall'emozione risuonò nella stanza. Il sollievo tra i presenti era evidente.
Astoria sorrise tra le lacrime. Lui si sedette accanto a lei, incatenando i suoi occhi a quelli della donna ed incominciando ad accarezzarle il volto.
"Ora Astoria, voglio che tu spinga. Sono qui con te, non devi avere paura"
Qualche minuto dopo, un vagito potente sferzò l'aria viziata della camera.
Scorpius Hyperion Malfoy aveva fatto il proprio ingresso nel mondo.
Nell'arco di poche ore Draco aveva perso e riconquistato tutto. O almeno quasi.
Angolo dell'autrice:
Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la mia storia tra le ricordate/preferite/seguite. Grazie mille! Ovviamente ogni recensione o critica è ben accetta.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Chapter Twelve ***
Un anno dopo -
In casa Weasley regnava un'atmosfera di grande confusione ed allegria.
Tutta la famiglia era al completo per festeggiare il primo compleanno di Rose.
Sul tavolo, tra piatti e bicchieri colorati, la signora Weasley aveva fatto appena levitare un'enorme torta al cioccolato su cui torreggiava una candelina rosa.
Rose, in braccio alla madre, batteva impacciatamente le mani - estremamente eccitata e felice.
Sebbene non comprendesse esattamente che cosa stesse succedendo, sentiva di essere al centro dell'attenzione. Amata.
Al termine dei festeggiamenti, Hermione e Ron avevano lasciato la Tana per recarsi a casa.
Rose, frastornata dai mille eventi della giornata, stretta al suo nuovo orsacchiotto di pezza, era crollata ed ora dormiva beatamente nel lettino colorato.
Hermione si era accoccolata sul divano accanto a Ron, che le accarezzava distrattamente i capelli.
Stava per assopirsi quando aveva sentito un lieve becchettio sulla finestra : un gufo color nocciola aspettava dignitosamente al di là del vetro appannato.
Districandosi dall'abbraccio di Ron, che nel frattempo aveva incominciato a russare sommessamente, si era avvicinata al volatile, incuriosita.
E poi aveva scorto quella calligrafia,così inconfondibilmente raffinata ed elegante, proprio come il suo proprietario.
Hermione Granger, Rose Weasley
Un tuffo al cuore, aveva slegato febbrilmente la busta dalla zampa del rapace, che poi prese il volo nel buio della notte.
La busta conteneva un braccialetto da bambina. Il gioiello, estremamente raffinato, veniva impreziosito da un ciondolo d'oro a forma di rosa.
Il dono era accompagnato da un bigliettino:
A Rose ed alla sua splendida mamma. Grazie per avermi insegnato che cos'è l'amore.
Hermione si asciugò con il dorso delle mani le lacrime. Poi, prese il foglietto e lo gettò tra le fiamme del camino.
Sarebbe andato tutto bene.
Il loro segreto era al sicuro.
Nessuno avrebbe mai saputo.
Nota dell'autrice: questo sarebbe dovuto essere l'ultimo capitolo. Poi però ho deciso di continuare la storia, siccome incominciavo già ad avvertire una certa nostalgia... =)
Spero che continuerete a seguirmi e a farmi sapere cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Chapter Thirteen (Part II) ***
La vedeva nelle rose rosse che aveva fatto piantare nei giardini del Manor.
Gli sembrava di scorgere il lembo di una vestina colorata scomparire tra i cespugli del labirinto che aveva fatto costruire per Scorpius.
Talvolta, tendeva l'orecchio, nella vana speranza di poter sentire la sua vocetta o la sua risata infantile, lo scalpiccio dei piedini nudi sull'elegante marmo ...
Ma era tutto vano.
Come può un padre dimenticare una figlia?
Una bambina che non avrebbe saputo mai niente di lui, un'innocente che sarebbe cresciuta in un mare di bugie e di menzogne ...
"E' il male minore, Malfoy" Le parole della Granger gli turbinavano in testa.
Facile per lei parlare... Lei non doveva combattere tutti i giorni contro un senso di colpa straziante e dilaniante.
Non ci sarebbe stato per Rose.
Non le avrebbe raccontato le favole per farla addormentare, non le avrebbe potuto disinfettare una sbucciatura né sgridarla per un capriccio.
Ci sarebbe sempre stato qualcun altro ad occuparsi di lei. Sottraendogli il suo posto.
In quei cinque anni, Draco aveva scoperto uno spiccato senso paterno.
Lui, che aveva sempre considerato i bambini piccoli una seccatura, si trovava a bramare la compagnia di Scorpius.
Sebbene fosse un padre estremamente severo , non mancava di compiacere e viziare il figlio con dolci e giocattoli.
Talvolta subissava di attenzioni e premure il bambino per provare a soffocare le proprie mancanze.
Scorpius era il ritratto del padre: magrolino e pallido, lisci capelli biondi e luminosi occhi chiari.
Dalla madre aveva ereditato la salute precaria ed il suo carattere calmo e pacato.
Era un bambino placido, gentile ed educato con tutti. Per certi versi, persino un pò timido ed introverso.
Trascorreva lunghe ore nella solitudine della sua stanza, giocando silenziosamente.
Era come se vivesse in punta di piedi, per timore di disturbare qualcuno.
Non che ne avesse davvero bisogno: semplicemente la riservatezza era connaturata in lui e nei suoi gesti.
"Ho detto NO!" "No,no,no!" La bambina, sguardo risoluto e volto acceso, moccolo al naso, stava facendo i capricci, scuotendo la testolina.
Hermione era esasperata. Trattare con sua figlia era diventata un'impresa.
Bisognava sempre trovare un compromesso per evitare pianti strazianti che si protraevano per ore ed ore.
In quel momento, Rose non aveva alcuna intenzione di indossare i vestiti che la madre aveva scelto per lei.
Lei avrebbe optato per un vestitino a fiori, perfetto per una giornata primaverile , ma non per il clima pre natalizio.
Lo sguardo altero, l'orgoglio prepotente e la testardaggine la contraddistinguevano senza dubbio.
Di fronte a questi capricci , l'unico in grado di ammansirla era Ron. Per questo, era piuttosto orgoglioso di se stesso.
In realtà non capiva la gravità di quei comportamenti prepotenti ed arroganti: la giustificava sempre dicendo che fosse solo una bambina molto volitiva.
Ma Hermione sapeva perfettamente da chi avesse ereditato quella personalità dalle sfumature dittatoriali e manipolatorie.
Aveva dovuto imparare a convivere con il senso di colpa, giorno dopo giorno, per evitare che la annientasse.
Rose era la prova vivente e tangibile del suo più grande peccato.
Fortunatamente, a parte quegli incredibili occhi (che Ron aveva attribuito ad una sua lontana parente), assomigliava moltissimo alla madre: i lineamenti, l'incarnato, persino i denti un po' sporgenti.
Certo, ad uno sguardo attento, si sarebbero potuti notare la raffinatezza innata dei gesti, il viso un po' appuntito, la costituzione magrolina.
Nulla però che potesse mettere in dubbio la legittimità delle parole di Hermione.
Quando Hermione era diventata madre per la seconda volta, si era sentita sollevata dal peso opprimente della colpa.
Aveva dato a Ron ciò che meritava più di ogni altro: un bambino, suo.
Hugo era una sorta di riscatto, un inconscio regalo di scuse, una implicita richiesta di perdono da parte di Hermione.
Il suo secondogenito era nato tre anni dopo Rose; era stata una gravidanza molto più piacevole di quella precedente.
Hermione aveva potuto godere di ogni piccola cosa, senza preoccuparsi di sotterfugi e bugie.
Il bambino aveva folti capelli rossi ed un'inconfondibile spruzzata di lentiggini sul volto. Era un Weasley fatto e finito.
Sebbene amasse in eguali misura i suoi figli, Hermione si sentiva maggiormente legata a Rose.
Mentre Hugo era nato in seno ad un matrimonio stabile e felice, fortemente desiderato prima ancora di essere concepito, Rose non poteva vantare la medesima fortuna.
Era stata generata per errore, per la stupida follia di una notte. Non avrebbe mai conosciuto il suo vero padre, con cui Hermione aveva ormai sporadici contatti.
Talvolta, passeggiando tra le vie di Diagon Alley, si era imbattuta nella famiglia Malfoy al completo.
Aveva spesso scorto l'eterea Astoria scoccarle occhiate di puro veleno, anche se lei e Draco praticamente non si rivolgevano la parola.
D'altronde, che cosa avrebbero dovuto dirsi? Avevano stabilito un patto ed entrambi lo stavano religiosamente rispettando.
Angolo dell'autrice: Ed eccoci qui con la seconda parte della storia. Grazie mille a tutti coloro che leggono la storia! A presto
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Chapter Fourteen (Part II) ***
Hermione era seriamente preoccupata.
Da alcuni giorni Rose era apatica, si rifiutava di mangiare ed era sempre molto debole.
La pelle aveva assunto una tonalità giallognola piuttosto sgradevole.
Inizialmente non aveva dato molto peso al malessere della figlia, attribuendolo ad un semplice malanno di stagione.
Le aveva somministrato una pozione rigenerante, convinta che presto sarebbe tornato tutto alla normalità.
E invece così non era stato.
Aveva consultato già diversi medimaghi, ciascuno dei quali l'aveva rassicurata bonariamente - sorridendo di fronte alla sua ansia genitoriale -.
Rose non aveva nulla, tranne un raffreddore un po' più forte del normale.
Con il passare dei giorni, però, la situazione sembrava inesorabilmente peggiorare.
Rose era scossa da brividi, si lamentava per la tachicardia ed aveva incominciato a mostrare segni di confusione mentale.
Quella bambina così spensierata ed allegra, sempre in movimento, si stava progressivamente trasformando nel fantasma di se stessa.
La situazione precipitò in una limpida mattina di gennaio.
Rose, ridotta alla stregua di una bambola di pezza per via della stanchezza, respirava con fatica.
Hermione aveva imposto che la bambina fosse ricoverata nel Reparto infantile del San Mungo.
I medimaghi si affaccendavano intorno a lei, confrontando dati ed analisi, senza trovare una diagnosi.
Nessuna delle malattie note al mondo magico sembrava essere quella che stava uccidendo la bambina.
Nessuno glielo aveva detto chiaro e tondo, ma Hermione sapeva perfettamente che cosa sarebbe accaduto se nessuno fosse riuscito a trovare una cura.
Per questo, aveva preso un lungo periodo di ferie, dividendo il suo tempo tra l'ospedale e la biblioteca.
Aveva trascorso ore a scartabellare trattati di medicina magica , venendo a conoscenza di terribili patologie e disturbi.
Ron stava, inaspettatamente mostrando una notevole forza d'animo: sosteneva Hermione senza soffocarla, occupandosi delle incombenze quotidiane.
Per precauzione, sebbene la malattia non sembrasse essere contagiosa, Hugo era stato trasferito temporaneamente a casa di Harry e Ginny.
Il piccolo, però, non sembrava aver preso bene la situazione. Piangeva spesso, chiedendo dei genitori. Hermione, quindi, si trovava a sostenere sulle proprie spalle non solo l'angoscia e la preoccupazione per la salute di Rose, ma anche un profondo senso di colpa verso il figlioletto più piccolo.
Si sentiva annegare, benché cercasse ogni sorta di appiglio per poter rimanere a galla.
"Hai saputo?" - la voce melliflua della donna fece ridestare Draco dai suoi sogni ad occhi aperti.
Pansy Parkinson, un'espressione di puro appagamento sul volto, tracciava con la punta delle dita immaginari cerchi sul petto nudo di Draco.
Dal canto suo, Draco non vedeva l'ora che se ne andasse. Non aveva intenzione di prestare troppa attenzione alle parole che la Parkinson pronunciava.
Chiacchiere inutili che lo infastidivano.
Tuttavia, decise di assecondarla.
"Che cosa?" - chiese annoiato ad una Pansy evidentemente deliziata per la sua improvvisa attenzione nei suoi confronti.
"La figlia della Granger ... Dicono che sia molto malata. E' stata ricoverata al San Mungo e ..."
Draco si irrigidì, sentendosi gelare. Rose, la sua Rose stava male.
Si alzò di scatto dal letto matrimoniale disfatto, provocando un gemito di protesta da Pansy.
Raccolse i propri vestiti sparsi per il pavimento, indossandoli in fretta.
Senza rispondere ad alcuna delle domande che una Parkinson fuori di sè gli stava sibilando contro oltraggiata, si smaterializzò.
Dimenticando persino di controllarsi i capelli allo specchio.
Angolo dell'autrice: grazie mille a tutti coloro che leggono,seguono e recensiscono la mia storia. Ogni critica/consiglio è assolutamente ben accetto! Al prossimo capitolo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Chapter Fifteen (Part II) ***
Arrivò al San Mungo trafelato.
Chiese di poter far visita alla Granger ma con suo grande disappunto scoprì di non essere nella lista delle persone che potevano andare a trovare Rose.
Incominciò ad avvertire il sangue ribollire per la rabbia. Non fu un problema Confondere la gentile strega dell'accettazione.
Il reparto infantile era molto diverso rispetto agli altri padiglioni.
Era evidente il tentativo di rallegrarlo il più possibile con decalcomanie luminose e disegni colorati sebbene il risultato finale fosse piuttosto deprimente.
Draco si appuntò mentalmente di fare una donazione appena possibile, al fine di rendere quel luogo più accogliente.
Ovviamente, dietro le motivazioni di quel gesto si sarebbero nascosti anche interessi economici e politici, oltre alla sua generosa e spontanea magnanimità.
Raggiunse la stanza che la strega gli aveva indicato, la Nove. Sospirò profondamente per riordinare i pensieri e poi bussò, prima di entrare.
Fu colto immediatamente da un senso di dejavu, che gli provocò quasi le vertigini.
Lui aveva già vissuto quella scena.
Hermione in una camera di ospedale insieme a Rose ...
Ma l'Hermione che ricordava in quel frangente, radiosa nelle vesti di neo mamma, aveva lasciato spazio ad una Hermione completamente diversa.
Lo sguardo spento era in parte coperto da alcune ciocche sporche di capelli; i vestiti che indossava sembravano essere appartenuti ad Hagrid: il viso smunto e le ossa sporgenti sulle spalle indicavano una magrezza esasperata.
Sulle gambe aveva un libro dall'aria antica e preziosa , che continuava a sfogliare ossessivamente, come se fosse alla ricerca di qualcosa di determinante.
Il lettino di fianco alla sua poltroncina scalcagnata era desolatamente vuoto.
Lo sguardo di Draco evidentemente indugiò troppo su quel punto, tanto da essere intercettato dalla stessa Hermione.
La quale, con voce stanca, disse semplicemente: "Rose è con i medimaghi. Arriverà tra poco"
Poi, senza guardarlo, gli chiese apaticamente: "Come l'hai saputo?"
Draco non rispose a quella domanda.
"Non ha alcuna importanza"
Poi, senza cercare di mascherare il proprio dolore e la propria immensa delusione, le chiese "Perché? Perché non me l'hai detto?"
Hermione socchiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie.
"Perché abbiamo fatto un patto se ben ricordo, Malfoy"
"E mi sembra di averlo sempre rispettato, Granger. Ma in quanto padre della bambina mi sarei aspettato un maggior riguardo da parte tua e ..."
"Il padre della bambina é Ronald, Malfoy"
"NON è vero!!!" Urlò, sbattendo il pugno sul muro. Sulle nocche incominciavano a scendere piccole gocce di sangue, imbrattandogli l'immacolata camicia.
Hermione non sembrò impressionata da questa manifestazione di rabbia, limitandosi semplicemente a chiedergli di stare zitto.
E poi incominciò a raccontargli con voce monotona gli avvenimenti che avevano portato Rose ad essere ricoverata: i primi sintomi, le miriadi di visite, analisi e controlli ... Nessuno aveva la più pallida idea di che cosa avesse. Ma qualunque cosa fosse, sembrava annientarla dall'interno.
Draco ascoltò attentamente, mordicchiandosi nervosamente il labbro superiore. La situazione era gravissima.
Persino Hermione, la donna dalle infinite risposte e dalle mille risorse, questa volta non riusciva a venire a capo di quello che sembrava un crudele indovinello dall'esito fatale.
Concluse il proprio racconto con un filo di voce, strofinandosi gli occhi gonfi ed arrossati.
Draco rifletté un momento su tutto ciò che gli aveva appena rivelato: la sua figlia biologica stava morendo per una malattia magica misteriosa.
La sua mente incominciò a lavorare febbrile ... Quando un'intuizione fece capolino nella sua mente.
Rose era per metà babbana. E se la sua fosse stata, semplicemente, una malattia proveniente da quel mondo?
Espresse questa riflessione ad alta voce mentre si dipingeva sul volto di Hermione un'espressione di speranza.
"Ma certo! Come ho fatto a non pensarci??? Devo... Devo assolutamente parlare con un guaritore!!! Bisogna trasferire Rose stasera stessa in un ospedale babbano!"
Nell'impeto dell'entusiasmo, Hermione schioccò un rumoroso bacio sulla guancia perfettamente rasata di Draco, prima di uscire quasi saltellando dalla stanza.
Draco sperò con tutte le proprie forze di aver capito male ... La Granger aveva davvero intenzione di affidare loro figlia alle cure degli squinternati medici babbani?
Doveva essere impazzita, senza dubbio, se pensava che lui le avrebbe dato il permesso.
Draco non era per niente d'accordo ... Ma poi si rese conto che la sua opinione non sarebbe contata niente.
Decise di andarsene, soprattutto per evitare incontri indesiderati con Weasley. Anche un imbecille come lui avrebbe intuito che la sua presenza lì era quantomeno inopportuna, se non sospetta.
Strappò un pezzo di pergamena dal taccuino che Hermione aveva abbandonato sulla sedia .
"Devo andare. Credo che sia una pazzia trasferire Rose in un ospedale babbano. Non che tu abbia mai tenuto in considerazione la mia opinione.
Pretendo di essere informato sulle condizioni di salute di Rose. Mi aspetto un tuo gufo tutte le sere"
Titubò un attimo prima di scribacchiare malamente una D in fondo al messaggio.
Poi, dopo aver accarezzato malinconicamente un peluche di Rose, abbandonò la stanza.
Quella sera dedicò ancora più attenzione del solito a Scorpius, il quale sembrava essere felice del suo interessamento.
Astoria, invece, si ritrasse stizzita dal suo abbraccio.
Con le lacrime agli occhi, gli sussurrò prima di rifugiarsi nella sua stanza:
"Quando intendi trascorrere del tempo con le tue puttane, sforzati almeno di lavare via il loro profumo..."
Draco non la seguì, non tempestò di pugni la porta, non cercò di trovarsi una scusa o di farsi perdonare.
Il suo silenzio e la sua indifferenza, invece, erano una chiara prova di colpevolezza agli occhi di Astoria.
Marito e moglie non trascorrevano la notte insieme da molto, moltissimo tempo.
Quando Scorpius aveva due anni, Astoria aveva scoperto un tradimento, il primo di una lunga serie.
Aveva cercato di chiudere gli occhi di fronte all'evidenza, perdonando il consorte.
Il punto di non ritorno era avvenuto tre anni prima: aveva deciso di tornare prima da un viaggio in compagnia di Daphne e la scena che le si era parata davanti era stata disgustosa: Draco era avvinghiato ad una procace biondina.
Si stava rotolando sul loro letto. Il letto in cui era stato concepito Scorpius.
Senza proferir parola, si era trasferita in un'altra ala del Manor. Desiderava incontrarlo il meno possibile.
Aveva persino deciso di lasciarlo, portando via con sé il figlioletto.
Ma poi lui, da brava serpe, era riuscito ad affascinarla ed a convincerla che il suo posto fosse lì con lui.
Un tempo si era illusa che un bambino avrebbe potuto cementare il loro rapporto; in realtà, la nascita di Scorpius li aveva allontanati sempre di più.
Draco aveva incominciato a tradire Astoria per provare a colmare un vuoto che lo attanagliava.
Incontrava altre donne per provare a lenire la nostalgia ed il desiderio bruciante di Hermione.
In loro cercava lei, la sua essenza, ma invano.
Forse la moglie non l'avrebbe mai capito, ma il comportamento di Draco era dettato dal profondo rispetto che nutriva nei suoi confronti.
Non sarebbe stato giusto ricercare le fattezze della Granger in quelle di sua moglie.
Astoria non si meritava quel trattamento, Malfoy lo sapeva bene.
Ma ricercare Hermione in quei corpi, tra quelle braccia, era l'unico per modo per sopravvivere senza impazzire.
Draco, in punta di piedi, entrò nella cameretta di Scorpius, immersa nell'oscurità.
Quando si sentiva inquieto, stanco o disorientato, il respiro regolare di suo figlio addormentato aveva il potere di calmarlo.
Che cosa avrebbe fatto senza quella creaturina nella sua vita? Scorpius aveva stravolto la sua esistenza, conferendole nuove e stupefacenti sfumature di colore.
L'amore che provava per lui era quasi straziante e viscerale; si dispiacque di non poter dire lo stesso di Rose.
Voleva bene a Rose. Dopotutto, l'aveva generata lui. Ma era una estranea. E lo sarebbe sempre stata.
Un pensiero inconfessabile lo fece quasi vergognare di se stesso : alla morte di Rose sarebbe potuto sopravvivere.
A quella di Scorpius assolutamente no.
Angolo dell'autrice: Sono felice perchè, giorno dopo giorno, i lettori che mi seguono diventano sempre di più! Quindi grazie mille davvero! Al prossimo capitolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Chapter Sixteen (Part II) ***
Rose venne trasferita la mattina
seguente in una clinica privata londinese.
Hermione aveva assillato Ron con
tutta una serie di raccomandazioni e consigli esagitati su come si
sarebbe dovuto comportare in presenza dei medici e degli infermieri
babbani. Ron aveva solitamente piena fiducia nella donna, ma non era
così entusiasta della prospettiva di mettere Rose nelle mani
di gente priva di magia.
I medici babbani non godevano di
grande fama e stima nel mondo dei maghi: erano considerati alla stregua
di pazzi armati di bisturi, il cui unico obiettivo nella vita era
tagliuzzare il maggior numero di pazienti possibile.
I pediatri babbani si mostrarono,
fin da subito, piuttosto ottimisti riguardo alle prospettive di vita
della bambina. Risposero in modo preciso e puntuale a tutte le domande
con le quali Hermione li tempestò. Rose sarebbe stata
sottoposta ad una serie di analisi; presto si sarebbe saputo di
più.
Ron guardò amorevolmente
sua moglie. Aveva passato una nottata insonne al fianco di Rose ed ora
si era addormentata con la testa fra le braccia, stravolta.
Un'ondata di affetto ed amore
spassionati lo travolse, mozzandogli quasi il respiro.
Lui ed Hermione erano riusciti a
costruire una famiglia armoniosa, un quadretto familiare quasi da fiaba
del quale era molto orgoglioso.
Neppure la malattia della loro
primogenita era stata in grado di scalfire questo equilibrio, anzi
aveva suggellato ancora di più il loro legame.
Per la prima volta Hermione si era
totalmente fidata di lui, affidandogli la gestione della
quotidianità.
Certo, sebbene adesso fossero una
coppia da copertina di una rivista patinata, genitori modello, avevano
dovuto superare innumerevoli incomprensioni e screzi.
La nascita di Rose era stata una
manna dal cielo: senza il suo avvento, probabilmente avrebbero
rinunciato al loro matrimonio ancora prima di provarci davvero.
Che cosa avrebbe fatto senza
Hermione? Sarebbe stato perduto, semplicemente.
La pediatra raggiunse la camera di
Rose nel primo pomeriggio, un incoraggiante sorriso disegnato sul volto.
Hermione stava leggendo ad alta
voce quelle che sembravano essere delle favole esotiche, visto che la
dottoressa non le aveva mai sentite narrare prima.
"Mamma, mamma... Leggimi
la storia dei doni della morte" La vocetta di Rose , sebbene
squillante, era pervasa da una nota stonata, un filo di spossatezza.
La dottoressa rimase per un attimo
interdetta, chiedendosi quale razza di genitore potesse narrare una
storia del genere al proprio figlio cinquenne, prima di intercettare lo
sguardo del genitore in questione ed assumere un cipiglio
professionale.
Hermione si alzò di
scatto, quasi correndo verso di lei. Il marito, invece, alzò
gli occhi speranzoso da una rivista. Per un attimo le sembrò
di vedere un'immagine muoversi sulla pagina, ma poi si diede della
stupida: da quando le fotografie avevano vita propria?
"In base agli ultimi
accertamenti ed analisi, riteniamo che Rose soffra di una gravissima
forma di anemia, che però pensiamo di poter curare"
"Ane... Che?"
le chiese stralunato Ron.
Non fece in tempo a prendere fiato,
che Hermione aveva incominciato a snocciolare definizioni e dati sulla
malattia con estrema naturalezza, utilizzando un linguaggio medico
ineccepibile. Il volto era contratto in una smorfia di disappunto, e
continuava a mormorare come in trance "Che stupida ... Come
ho fatto a non pensarci? Era così ovvio!"
La pediatra rimase letteralmente a
bocca aperta di fronte a quella esternazione di conoscenza, chiedendole
poi timidamente: "Anche lei è medico?"
Il volto pallido e affilato della
donna si imporporì di piacere, mentre il marito ridacchiando
la informò: "E' semplicemente molto dotata"
Il medico babbano
abbozzò un sorriso di circostanza, improvvisamente a
disagio.
Non avrebbe saputo come spiegarlo,
ma su quella famiglia gravava una sorta di ... tensione. Sebbene
fossero all'apparenza genitori di pazienti come tanti altri, li trovava
inspiegabilmente affascinanti. Avevano qualcosa di strano, senza dubbio.
Schiarì la voce, prima
di riprendere il filo del discorso: "L'anemia di Rose
è ad uno stato piuttosto avanzato, per questo riteniamo che
la terapia migliore al momento consista in alcune trasfusioni.
Sfortunatamente, il gruppo sanguigno della bambina è
piuttosto raro e noi abbiamo bisogno di un donatore compatibile il
prima possibile. Se siete d'accordo, inizierei ad analizzare campioni
del vostro sangue per verificare un'eventuale compatibilità
tra di voi"
Hermione continuava ad annuire
vigorosamente, come una studentessa diligente durante una spiegazione
particolarmente illuminante. La coda di cavallo ondeggiava lentamente
sulla nuca.
Salutarono Rose, promettendole di
tornare in un battibaleno. Furono condotti in un angusto ambulatorio,
dove ad attenderli c'era una robusta infermiera.
Senza indugiare, Hermione si
sedette, tirando su la manica del maglione rosso, svelando un
avambraccio latteo all'interno del quale venne conficcato l'ago di una
siringa.
Alla vista di tutto quel sangue, le
budella di Ron si attorcigliarono: tra poco quel trattamento disumano
sarebbe toccato a lui.
Non sorrise quando gli sistemarono
il laccio emostatico intorno al braccio, mortalmente pallido.
Immaginava che persino le sue lentiggini si fossero sbiadite. Chiuse
gli occhi e strinse i denti quando avvertì il bruciore del
prelievo, ripetendosi come un mantra che tutto quello che stava facendo
sarebbe stato di vitale importanza per sua figlia.
Se quello era un piccolo prezzo da
pagare per farla stare meglio lo avrebbe sopportato.
Nel laboratorio della clinica
privata londinese regnava un grande caos. In realtà, avrebbe
dovuto essere un modello di efficienza e professionalità, ma
quel giorno le cose non stavano andando per il verso giusto.
Il destino volle che un distratta
ed inesperto tecnico di laboratorio richiedesse un test di
paternità, assolutamente superfluo, per Ronald Weasley
scambiandolo per un altro paziente dal cognome simile.
Non si seppe mai come andarono
realmente le cose e come fosse stato possibile un errore del genere.
Forse, il destino ci aveva messo lo
zampino per smuovere le acque, per riportare a galla verità
sotterrate.
O forse, si trattò di
pura e semplice sfortuna.
Angolo
dell'autrice:
Chiedo perdono nel caso in cui ci dovessero essere errori od
inesattezze dal punto di vista medico (Considerateli licenze poetiche
funzionali al racconto ... :D).
Ho fatto qualche ricerca qua e là, scoprendo che l'anemia
è tra le malattie più diffuse tra i bambini e nei
casi più gravi si cura con le trasfusioni.
Al prossimo capitolo
PS: Il numero di persone che segue la mia storia è aumentato
vertiginosamente, quindi GRAZIE di cuore.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Chapter Seventeen (Part II) ***
"Hermione" - Ron stava cercando di controllare il tono di voce, vagamente aggressivo. Era piuttosto pallido in volto e gli tremavano le mani. "Hermione" ripetè, cercando di darsi un contegno. "Che cosa significa questo?" Hermione prese il foglio che Ron gli porgeva, mentre un oscuro presentimento incominciava ad aleggiare sopra di lei. E poi si sentì mancare.
Era scritto lì, nero su bianco. Non esiste compatibilità genetica tra Ronald Billius Weasley e Rose Weasley. Era finita. Tutti i suoi tentativi di mantenere il silenzio erano stati vani. Il suo segreto era stato svelato.
"R-ron ... Posso spiegarti ..." La voce tremolante di Hermione venne interrotta da un gesto della mano del ragazzo. I suoi lineamenti erano contratti, quasi come se percepisse un dolore fisico intenso. Hermione ... La sua Hermione ... Lo aveva fregato. Non soltanto lo aveva tradito (al pensiero lo stomaco di Ron si ingarbugliò) , ma gli aveva mentito per cinque lunghi anni. Non voleva ascoltare le sue scuse, le sue banali giustificazioni, i suoi racconti farciti di lacrime e singhiozzi. Non riusciva neppure a guardarla negli occhi, tanto si sentiva ferito e confuso. Rose non era sua. Avrebbe potuto continuare ad amarla incondizionatamente oppure sarebbe finito a camuffare l'odio cieco e feroce nei suoi confronti? Dopotutto, era solo una bambina innocente. E l'aveva cresciuta lui. "Chi è lui?" Hermione arrossi terribilmente. Poi, prendendo il coraggio tra le mani, glielo sussurrò. Ron pensò di aver capito male. Si guardò intorno, nella speranza di essere vittima di uno scherzo crudele. Abbozzò un sorriso. Ma Hermione non stava ridendo. Lo guardava dritto negli occhi, quasi sfidandolo a criticare le sue scelte. Ronald spalancò gli occhi chiari, mentre la verità gli si insinuava nel cuore, avvelenandolo. E poi, inaspettatamente, incominciò a ridere. Hermione lo guardava sbalordita di fronte ad una reazione tanto inconsulta. Ron aveva quasi le lacrime agli occhi per le troppe risate, ovviamente isteriche: sghignazzava perché il destino poteva essere davvero divertente. Sua moglie aveva fatto una figlia con il furetto. Il furetto! La nemesi del loro migliore amico. Un mangiamorte. Dopo essersi ricomposto, le chiese malevolo: "Stiamo parlando della stessa persona che si divertiva ad insultarti ad Hogwarts? Proprio lui che aveva quasi schifo a sfiorarti?" Hermione, tremante di rabbia: "Tu non sai.. Niente... Di Draco e di quanto sia cambiato" "Draco" Ron le fece il verso disgustato. Non ti riconosco più Hermione. Comunque, non preoccuparti: e' finita. Finalmente tu e il furetto potrete coronare il vostro sogno d'amore" Si avviò fuori dalla porta, sbattendola rumorosamente e ignorando lo sguardo severo di un Guaritore di passaggio. Si sentiva accecato dall'odio. Ancora una volta era stato la seconda scelta. Hermione aveva preferito Draco Malfoy come padre della sua primogenita a lui! Fantastico. Aveva appena scoperto di vivere nella menzogna da ben 5 anni. Si rimproverò aspramente: ma come aveva fatto a non rendersene conto prima? Con il senno di poi, era ovvio che Rose avesse qualcosa di ... "malfoyesco" . Quegli occhi così freddi, la finezza connaturata nei suoi movimenti, l'espressione di disprezzo che le si dipingeva sul volto ogni qualvolta veniva contraddetta... Gli erano sempre apparsi famigliari, ma alla luce di quella sconvolgente rivelazione assumevano tutto un altro valore. Disperato, sentì la necessità di parlare con un amico. Si avviò verso casa dell'unica persona che non lo avrebbe mai tradito. Harry. Il pensiero del suo migliore amico lo rinfrancò.
"Come sarebbe a dire che tu lo sapevi già?!" Ron, paonazzo in volto, guardava il suo migliore amico con occhi sgranati. "Abbassa la voce Ron. I bambini dormono" Disse Harry, cercando di assumere un tono autoritario nonostante la voce tremante. Era arrivata la resa dei conti: i suoi timori si erano concretizzati. Vedere l'espressione ferita ed incredula dell'uomo con cui era cresciuto fu incredibilmente doloroso per Harry. "Ron... Me ne sono accorto nel momento stesso in cui ho visto Rose per la prima volta. I suoi occhi ..." "Si lo so. Sono spiaccicati a quelli di Malfoy (il cognome pronunciato dalle sue labbra appariva sempre alla stregua di un insulto)" una pausa. "Evidentemente lo sapevate tutti. Chissà quante risate vi sarete fatti alle mie spalle, tu ed Hermione... " con voce amareggiata "Ma che cosa.. Stai dicendo? Ti rendi conto in quale situazione mi sono trovato invischiato? Alla fine ho dovuto fare una scelta, per quanto ingiusta ti possa sembrare ora. Cinque anni fa ho scelto di non scalfire il tuo entusiasmo e la tua felicità con una notizia sconvolgente!" Il tono di voce si stava alzando progressivamente. Harry era davvero furibondo: furibondo con se stesso ma anche con Hermione, responsabile di quello scempio. "Non provare a giustificarti Harry!" Quasi ruggì Ron, il volto scarlatto. "Sei responsabile di questo tradimento tanto quanto Hermione. Sono tuo amico. E tu non hai fatto niente in tutti questi anni per aprirmi gli occhi di fronte alla verità. Nulla. Ed ora mi trovo a dover gestire questa situazione assurda..." Aggrottando la fronte, sembrò per un attimo perso nei suoi pensieri. Poi si riscosse improvvisamente, quasi sobbalzando. "Vado a preparare Hugo. A meno che non ci siano altre rivelazioni dell'ultimo minuto... " una pausa, prima di chiedere malevole "Almeno lui é mio, vero?" Harry decise di ignorare la provocazione. "Ron. Aspetta... Ormai é tardi. Non svegliare Hugo, lo spaventeresti e basta. Rimani qui da noi, stanotte." Ron lo guardò con disprezzo. Senza neanche degnarsi di rispondere, salì le scale che conducevano alle camere con passo pesante. La rabbia che provava venne in parte soffocata dalla visione di Hugo profondamente addormentato, il pollice in bocca. Decise di non disturbare i suoi sogni: lo avrebbe lasciato a casa dei Potter, quella notte. "Me ne vado. Torno domani mattina per prenderlo" bofonchiò a bassa voce, prima di smaterializzarsi sonoramente. Harry sembrò sollevato da quel repentino cambio di prospettiva da parte dell'amico. Non pensava che Ron , in quello stato d'animo, potesse occuparsi coscienziosamente di un bambino piccolo. Si rendeva conto di come potesse sentirsi il suo migliore amico: tradito, confuso, disilluso, arrabbiato, ferito ... Riflettendo sulla difficile situazione, l'uomo pensò che sarebbe andato tutto per il meglio. Peccato che fosse all'oscuro dei piani reali dell'amico. Ron sapeva essere particolarmente vendicativo ...
L'avrebbe portato via. Ronald, accecato dalla gelosia e dal risentimento, aveva architettato un piano, volto specificatamente a colpire Hermione. Avrebbe prelevato il figlio da casa di Harry e si sarebbe messo in viaggio insieme a lui. Tecnicamente, non si sarebbe potuto definire rapimento... Sarebbe stato un semplice viaggio padre-foglio alla scoperta del mondo. Soltanto che Hermione non avrebbe avuto notizie da parte loro. E questo l'avrebbe fatta impazzire: il non sapere. La scomparsa del figlio l'avrebbe demolita e lui desiderava farla soffrire ... Trasmetterle almeno un po' del dolore lancinante che gli aveva provocato. Avrebbe ripagato Hermione con la stessa moneta: sottraendole un figlio.
Angolo dell'autrice: GRAZIE mille a tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate. Siete tantissimi!!! Proprio per questo mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate dell'evoluzione della vicenda, che cosa vi piacerebbe che accadesse nei prossimi capitoli ... Mi sarebbe di enorme aiuto! A prestissimo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Chapter Eighteen (Part II) ***
Draco si aggirava inquieto per le corsie immacolate della clinica. Perlomeno la Granger aveva scelto un posto decente... Lanciò un'occhiata minacciosa a due ragazze che lo stavano letteralmente fissando a bocca aperta: Draco aveva la netta sensazione che non fossero rimaste abbagliate dalla sua bellezza. Per la prima volta nella sua vita si sentì decisamente fuori posto. Un estraneo. Forse non era stata una grande idea sfoggiare il mantello di lana pregiata ed il bastone da passeggio su cui era incastonata la figura di un serpente. Forse avrebbe dovuto provare a mimetizzarsi, a confondersi tra i babbani... Ma a tutto c'era un limite. Aveva accettato senza fiatare il fatto che sua figlia venisse curata da un branco di senza magia ... Si era persino recato di persona nella clinica. In realtà, si trovava molto a disagio in mezzo a tutta quella gente che sciamava intorno a lui; si rese conto, con sorpresa, di non provare alcun ribrezzo verso quelle persone. Forse ne era, semplicemente, intimorito e contemporaneamente affascinato. Suo padre gli aveva inculcato i valori del Perfetto Purosangue, il disprezzo radicato nei confronti dei Mezzosangue e dei Sanguesporco, l'ossessione per il sangue che scorreva nelle sue vene. E ci aveva davvero creduto, Draco. Era veramente convinto della superiorità di certe categorie di maghi rispetto ad altre. Incontrare Hermione lo aveva destabilizzato. Se da un lato avvertiva un senso di nausea ed un'irritazione crescente tutte le volte che la scorgeva tra i corridoi di Hogwarts, dall'altro si sentiva odiosamente attratto da lei. Insultarla era l'unico modo per veicolare tutte quelle emozioni contrastanti, facendosele scivolare addosso. Ma poi c'era stata quella notte, quella unica , indimenticabile e maledetta notte, che aveva cambiato tutto.
Malfoy guardava stranito Hermione, quasi come se stesse parlando in una lingua straniera. Hermione gli stava spiegando che per curare Rose sarebbe stato necessario prelevare un po' del suo purissimo e nobilissimo sangue. Se fosse stato compatibile a quello della sua figlia biologica, allora ne avrebbero prelevato altro. L'operazione era assolutamente priva di rischi per la sua incolumità e salute. Draco tergiversò per un attimo, mordicchiandosi nervosamente l'incavo della guancia. Non era mai stato particolarmente coraggioso, soprattutto per quanto riguardava la sua preziosa salute... Tutti i dubbi vennero spazzati via dall'espressione implorante di Hermione. Ma certo che l'avrebbe fatto... Improvvisamente venne pervaso da un'inebriante sensazione di onnipotenza (la Granger aveva un bisogno disperato di lui!) che gli fece persino gonfiare un po' il petto per l'orgoglio. Lui, Draco Malfoy, sarebbe stato un eroe, traendo in salvo una bambina dalle fauci della morte. Dopotutto, suonava bene. Le cose incominciarono a prendere una brutta piega nel momento stesso in cui si arrotolò la manica della camicia, mettendo in mostra il marchio. Hermione distolse lo sguardo, mentre una stupida infermiera - non conscia della tensione che si era creata tra i due- aveva avuto la brillante idea di fargli i complimenti per quel tatuaggio. Draco , evitando di guardare Hermione, profondamente a disagio ed estremamente irato, non commentò. L'espressione di odio sprezzante che aveva pervaso il suo volto fece capire all'infermiera che forse sarebbe stato meglio evitare le chiacchiere. L'entusiasmo iniziale di Draco , che già incominciava a scemare, si estinse nel momento stesso in cui vide l'ago avvicinarsi alla sua delicatissima pelle .... Un secondo dopo, il ragazzo svenne platealmente.
Angolo
dell'autrice:
Ho
pubblicato così presto perchè starò
via qualche giorno e non avrò il computer con me.
TANTISSIMI
AUGURI DI BUON NATALE, miei amati lettori! A presto
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** Chapter Nineteen (Part II) ***
Nel momento stesso in cui aprì gli occhi, capì di essere giunto in paradiso. Non poteva essere diversamente, visto che il notevole seno della Granger era ad un centimentro dal suo naso. La proprietaria di tutto quel ben di Dio, infatti, si era inginocchiata al suo fianco e lo stava guardando in modo stralunato. Dovette rendersi conto del suo risveglio, perché si avvicinò ancora più premurosa, bersagliandolo con tutta una serie di domande. Stava bene? Sentiva male da qualche parte? Gli girava ancora la testa? Ancora confuso, provò a far mente locale. Perché era per terra? Perché c'era lei al suo fianco? Rivolse quegli interrogativi alla Granger, la quale lo informò di essere svenuto durante il prelievo. Draco si risentì un poco quando vide che stava cercando di trattenere un sorriso divertito. Sdegnato, pensò che quella ragazza non avesse il minimo rispetto nei confronti delle sue precarie condizioni fisiche. Insomma, era svenuto! Forse non si sarebbe mai ripreso del tutto ... Già si immaginava rinchiuso al San Mungo per il resto della sua vita. Oppure, orrore, in una stupida clinica babbana. La premurosa infermiera che aveva eseguito il prelievo gli porse un bicchiere, incitandolo a bere. Draco ne guardò sospettosamente il contenuto: per quanto ne sapeva lui quel liquido avrebbe potuto essere veleno ... La Granger lo rassicurò, un adorabile sorrisetto stampato sul volto : "E' solo acqua e zucchero, Malfoy. Nessuno intende attentare alla tua vita" La ingollò tutta d'un fiato, accentuando una smorfia di disgusto. Alla fine dovette constatare , seppur di malavoglia, di stare decisamente meglio. "E' stato solo uno sbalzo di pressione, Malfoy. Non stavi per morire o cose del genere" gli fece l'occhiolino la Granger. Si guardarono per un attimo, finalmente soli dopo cinque anni ... E scoppiarono a ridere sommessamente. La tensione, la paura, l'indifferenza che avevano appesantito la loro già complessa situazione furono catalizzate in quel momento di allegria. Hermione non aveva mai visto Draco ridere spontaneamente, solitamente i suoi lineamenti erano deformati in un ghigno di scherno: ma stavolta il suo sorriso coinvolgeva gli occhi, facendoli risplendere. Era bello, dovette constatare Hermione. Era decisamente un bell'uomo. Ma era Malfoy. Aveva un marchio nero ben impresso sulla pelle. "E quindi?" - un pensiero traditore fece capolino nella sua mente organizzata, prima di essere schiacciato dalla ragione. Malfoy era decisamente off limits per lei. Aveva un marito ed intendeva trascorrere con lui il resto della sua esistenza. "Finché morte non vi separi" Guardò tristemente verso Draco, che -ancora pallido- la stava osservando con attenzione. Gli prese una mano e gli sussurrò "Grazie di essere qui" Draco ebbe la terribile sensazione che fosse tutto perduto, ogni minima speranza di riconquistarla distrutta.
Ron uscì da casa di Harry tenendo in braccio Hugo, che si stava stropicciando gli occhietti per il sonno. Lo aveva avvolto in una coperta di lana, per proteggerlo dal freddo pungente. Il cielo prometteva neve. Gli si era gonfiato il cuore quando, vedendolo, Hugo aveva teso le manine verso di lui, un sorriso sdentato pieno di gioia. "Papà" aveva mugolato, prima di affondare tra le sue braccia. Poi, aveva chiesto incerto, guardando con speranza verso la porta: "Mamma?" Ron avrebbe potuto sputare una risposta crudele e offensiva nei confronti di Hermione, ma aveva deciso di trattenersi. Si era accovacciato per terra, così da poterlo guardare negli occhi e con gentilezza gli aveva spiegato: "La mamma é con la tua sorellina all'ospedale, Hugo. Per qualche giorno staremo insieme io e te. Però ti prometto che la vedrai, prestissimo. D'accordo?" Il bambino aveva compunto, per poi concentrarsi sul nuovo giocattolo che il padre aveva portato con sé. Ron aveva tirato un sospiro di sollievo: era andata meglio del previsto. Hugo era un bambino maturo e non aveva fatto storie. Per fortuna. Harry si era avvicinato al suo amico, chiedendogli quali fossero i suoi piani. Doveva voleva portare Hugo? Aveva con se tutto il necessario? Ma soprattutto: aveva avvisato Hermione? Ron reagì stizzosamente a quella valanga di domande ed interrogativi. Si sentiva come un adolescente sotto torchio da un professore. Ma ormai era adulto, ed era perfettamente in grado di assumersi le proprie responsabilità. L'aria vagamente colpevole che assunse quando Harry parlo di Hermione, fecero immediatamente allarmare l'amico: "Ron, e' la madre di Hugo. E' suo diritto sapere ... " "Era mio diritto anche sapere che Rose è una ... bastarda. (Harry non nascose una smorfia di disgusto nell'udire quella parola) Eppure non mi è sembrato che tu abbia perorato la mia causa all'epoca" sputò con veemenza Ron. E poi, con un cenno di capo, si era congedato, allontanandosi a piedi , il viso sferzato dai fiocchi di neve che incominciavano timidamente a scendere. Improvvisamente pervaso da uno strano presentimento, Harry richiamò carta e penna. Aveva un'assoluta urgenza di mandare un gufo.
Angolo dell'autrice: Spero che abbiate passato un Natale felice e sereno. Ecco il nuovo capitolo, nella speranza che qualcuno di voi abbia voglia di lasciarmi un commentino come regalo natalizio in ritardo =) In ogni caso, graaaazie di continuare a leggere questa storia, siete TANTISSIMI. A presto
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** Chapter Twenty (Part II) ***
Hermione impallidì visibilmente, scorrendo freneticamente gli occhi sul foglio di pergamena. Harry la invitava ad incontrarsi il prima possibile, perché Ron era andato via insieme ad Hugo. Aveva già chiesto agli altri Weasley, ma nessuno sapeva dove potesse essere andato. Sebbene il tono fosse controllato, la calligrafia vergata in tutta fretta denotava una certa angoscia dal mittente. Draco le rivolse uno sguardo interrogativo. Aspettavano i risultati degli esami del sangue, seduti su due scomode poltroncine scalcagnate della sala d'attesa. Sebbene il posto fosse ripugnante per i gusti raffinati di Malfoy, aveva fissato nella mente ogni minimo dettaglio. In quel luogo, lui ed Hermione Granger avevano parlato come persone civili. Era paradossale non conoscersi affatto e condividere una bambina. Una figlia. Gli aveva anche raccontato in modo frammentario che Weasley era venuto a conoscenza del loro piccolo segreto. All'apprendere quella notizia, le labbra di Draco si erano assottigliate: sperò che quella nullità non avrebbe fatto sciocchezze. Non desiderava certo che quella storia finisse su tutti i giornali per colpa della sua bocca larga. Da un lato era soddisfatto, perché Weasley si era tolto dai piedi, lasciandogli campo libero. Ma ora, di fronte all'espressione sconvolta di Hermione, capì che doveva essere accaduto qualcosa di brutto. Molto brutto.
"Io... Devo andare. Malf...Draco, potresti stare tu con Rose? Giuro che ci metto poco. Devo andare assolutamente da Harry e..." Malfoy alzò un sopracciglio infastidito: Potter era in grado di rompergli le scatole anche a centinaia di chilometri di distanza. "Ma ... Cos'è successo?" "Hugo é scomparso" La guardò controllare che il corridoio fosse deserto, prima di smaterializzarsi di fronte ai suoi occhi. Malfoy rimase un attimo interdetto: chi era Hugo? Scrollò le spalle, improvvisamente preoccupato: per la prima volta lui e Rose si sarebbero conosciuti, senza la mediazione di Hermione. Draco ebbe la sensazione che sarebbe stato un disastro. Si fece indicare la camera da una infermiera di passaggio, la quale sembrò molto felice di essergli d'aiuto. Si offrì persino di scortarlo, ma con grande disappunto, di fronte al rifiuto dell'uomo dovette desistere.
Entrò in punta di piedi nella stanza, avvolta nella penombra. Rose, magrissima nel suo pigiamino colorato, era stancamente poggiata su una pila di cuscini. Non distolse lo sguardo dalla finestra, neppure quando avvertì la presenza di qualcuno. Fuori nevicava, si accorse Draco, rendendosi conto per la prima volta di quanto potesse essere affascinante per un bambino quello spettacolo. Si avvicinò circospetto al lettino, quasi trattenendo il respiro. Ed ora, che cosa sarebbe accaduto? E poi, due paia di identici occhi grigi si incontrarono per la prima volta. " E tu chi sei? " chiese Rose, in modo autoritario, squadrandolo con sufficienza. Aveva persino arricciato le labbra, assumendo un'espressione imbronciata. A Malfoy venne da ridere; non c'erano dubbi: Rose non poteva che essere sua figlia. Avrebbe tanto voluto risponderle con la pura, semplice verità "Sono il tuo vero papà" ma Hermione non avrebbe gradito. Per questo, mordendosi la lingua, rispose - la voce rotta dall'emozione: "Sono Draco Malfoy. Tua madre mi ha chiesto di prendermi cura di te fino a quando non ritornerà" "Tu sei un amico della mia mamma?" chiese, quasi pigolando. Malfoy dovette trattenere un sorriso amaro, constatando di non essere nulla per Hermione. Non erano amici, non erano amanti. Ma ora, a cinque anni dal concepimento di quell'esserino che lo fissava in cerca di conferme, si rese dolorosamente conto di desiderare di più da lei. Da loro. "Si, sono un amico di Hermione" la rassicurò. La bambina sgranò gli occhi, mentre alcuni lacrimoni le scivolavano lentamente sul naso e sulle guance. Draco, di fronte a quella che si prospettava come una vera e propria crisi di pianto infantile, indietreggiò scoraggiato. Non era mai stato bravo a gestire le proprie emozioni, figuriamoci quelle degli altri. Le rare volte in cui Scorpius era scoppiato a piangere lo aveva immediatamente riconsegnato tra le braccia accoglienti di Astoria, per poi rifugiarsi nella tranquillità del suo studio. Odiava i singhiozzi, le lacrime e più in generale le manifestazioni di debolezza perché lo facevano sentire inadeguato di fronte al dolore altrui. Fu pervaso da un prepotente desiderio di fuggire. Ma poi, incominciò a provare empatia verso Rose. La figlia che aveva tanto idealizzato nel corso di quegli anni era lì, in carne ed ossa, bisognosa d'affetto e di rassicurazioni. E forse non corrispondeva perfettamente all'idea che si era costruito di lei, ma in fondo che cosa importava? Era sua, sua come lo era Scorpius, sua come avrebbe voluto che fosse Hermione. Per questo non avrebbe sprecato l'opportunità di conoscerla meglio, di trascorrere del tempo con lei da solo. Senza lo sguardo apprensivo di Hermione o l'irritante presenza di Weasley. Solo loro due, era una occasione imperdibile. Si avvicinò guardingo alla bimba, posandola una mano sulla spalla e chiedendole gentilmente il motivo delle sue lacrime. Lei, tirando su con il naso, il visino congestionato con voce flebile rispose: "Voglio la mamma e il papà qui con me" Cercando di ignorare la sgradevole sensazione che gli si stava insinuando nell'anima, cercò di rassicurarla. "La mamma sarà qui prestissimo. Mentre la aspettiamo, che cosa ti piacerebbe fare?" Si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da fare per ammazzare il tempo. La stanza era piena di giochi, quindi Draco si preparò psicologicamente a dover giocare con le bambole. Ma poi, Rose indicò un libro. Era un tomo dalla copertina piuttosto malmessa, le pagine erano ingiallite e strappate in più punti. Lo prese tra due dita, e guardò sua figlia interrogativamente. Voleva davvero quello? Gli occhi della bambina si illuminarono, fornendogli la risposta. "Tale madre, tale figlia" pensò Draco, sorridendo tra sé e sé, sperando che Rose non diventasse una insopportabile so tutto io. Si stupì, scorgendo il titolo: "Le fiabe di Beda il Bardo". Era un grande classico. Si appuntò mentalmente di comprarne una copia, magari una edizione di lusso a Scorpius. Si sedette accanto al lettino ed incominciò a leggere,prima impacciato ed esitante, poi sempre più sicuro. Nel corso della lettura, dovette constatare che Rose era una bambina estremamente dotata: faceva considerazioni ed osservazioni molto mature per la sua età. Poi, ben presto, il viso ancora rigato dalle lacrime ormai seccate, si addormentò placidamente. Draco non lo avrebbe mai detto a nessuno, ma si era commosso quando la bambina aveva sussurrato "Grazie" prima di abbandonarsi al sonno. Le rimboccò meglio le coperte e poi si mise al davanzale della finestra, guardando la vita scorrere sotto di essa.
Angolo dell'autrice: Ecco l'ultimo capitolo dell'anno!!! Il prossimo verrà pubblicato nel 2015 ... Spero che vi piaccia. Tantissimi auguri di Buon Anno, miei adorati lettori =)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** Chapter Twenty One (Part II) ***
Ad M.
Sit
tibi terra levis
Ron si distese sul letto, esausto. Era stata una giornata piuttosto stressante, ma alla fine ce l'aveva fatta: era finalmente giunto a destinazione. Lanciò un'occhiata fugace al figlioletto, assopito al suo fianco. Doveva essere stravolto: avevano viaggiato in macchina per lunghe ore. Ron aveva una certa esperienza con le macchine incantate, ma non con quelle babbane. Aveva un po' litigato con il cambio all'inizio, ma poi era riuscito a non fare nessun incidente mortale. Smaterializzarsi, usare la polvere volante ... sarebbero state soluzioni troppo ovvie e troppo scontate. In due minuti Harry, con le sue conoscenze e competenze di auror, lo avrebbe localizzato e riportato a casa per le orecchie, come un bambino monello. Invece, non voleva essere trovato. Non ancora, perlomeno. Aveva bisogno di riflettere, di accusare il colpo, di far rimarginare la ferita... E desiderava ardentemente distruggere Hermione. Dilaniarla dall'interno. Insinuare nel suo cuore il seme del terrore.
Ma la sua vendetta sarebbe ricaduta anche sull'altro, schifoso, artefice di quel tradimento. Il buon, vecchio Draco non si meritava di essere felice, di vivere senza essere minimamente scalfito dalla conseguenza dei suoi gesti. Lui aveva rovinato la sua famiglia? Avrebbe ricambiato il favore, con molto piacere. Per questo, prima di raggiungere la destinazione del suo folle viaggio, si era recato al Manor. La sua folle rabbia era aumentata nel momento in cui era stato condotto nella sala principale del maniero da una silenziosa Elfa domestica. (Complimenti Hermione per la coerenza! Complimenti! Vai a letto con un ex mangiamorte, che per di più si fa servire da uno stuolo di elfi) In quel luogo, durante i tempi della guerra, Hermione era stata torturata. E il suo grande amore non aveva fatto niente di niente per salvarla. Posò un bacio delicato sulla testolina di Hugo, che guardava affascinato la creaturina vestita di stracci, come a voler uccidere quei pensieri nefasti.
E poi, fece il suo ingresso la magnifica, eterea e raffinata Astoria. I capelli castani, liscissimi, le arrivavano sotto il seno, ondeggiando ad ogni suo passo. Il suo esile fisico veniva messo in risalto da un semplicissimo vestito verde smeraldo. Era indubbiamente stupenda, una bellezza quasi scultoria. Ma era gelida. Il suo volto era spento, così come i suoi occhi. Gli diede mollemente la mano, quasi come se le facesse ribrezzo toccarlo. Sembrò rianimarsi solo alla vista di Hugo, che aveva nascosto il viso tra le pieghe della giacca di Ron. Gli fece una carezza, sorridendogli. Poi, posò di nuovo lo sguardo torvo sull'uomo, che aspettava imbarazzato. Non venne invitato a sedersi, sebbene la stanza fosse colma di poltrone e divani, come se Astoria non intendesse prolungare più del necessario il tempo della sua permanenza lì.
"Immagino che questa non sia una visita di cortesia, Weasley" esordì lei, guardandolo dritto negli occhi. Sebbene sembrasse così sicura di sé, ad uno sguardo attento si sarebbe potuto scorgere la tensione che la stava divorando. Le mani, strette a pugno, le tremavano visibilmente; le pupille le si erano dilatate, ed il respiro si era fatto affannato. Aveva provato ad ignorare i suoi sospetti, a soffocare i propri pensieri al riguardo... Pensava di esservi riuscita, ma ora il passato e la verità che tanto temeva avevano bussato alla porta. Stava a lei decidere se dare loro il permesso di entrare. Glielo diede. Fece un leggero cenno del capo, come a voler invitare l'uomo di fronte a lei a parlare, a raccontare. E così, intimidito ed impacciato, Ronald raccontò ogni cosa: il tradimento, la malattia, Rose ... Ed ogni parola era una coltellata nel petto già sanguinolento di Astoria. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie, urlargli di smetterla con quella tortura. Invece rimase, la bocca leggermente socchiusa, ad ascoltare rapita quelle nefandezze, in una sorta di masochismo e desiderio di autoflagellazione. Affondò le unghie nei palmi delle mani esangui, graffiandoli. Draco l'aveva tradita innumerevoli volte nel corso degli anni, lo sapeva. Aveva già intuito, quel giorno in cui aveva letto le parole di Hermione, che tra loro era accaduto qualcosa. Hermione aveva fatto riferimento ad un "problema" comune, ma mai e poi mai la signora Malfoy avrebbe immaginato si potesse trattare di una gravidanza illegittima. Una bambina. Rose. Lei e suo marito avevano tentato per moltissimo tempo di concepire, con grande frustrazione e quando era nato Scorpius era parso un miracolo. Ma Draco, in una sola notte, aveva generato una figlia con Hermione. Quindi il problema era lei, era sempre stato lei. Astoria incominciava ad essere pervasa dalla lucidità dei folli. Le sue emozioni si placarono nel momento in cui, nella sua testa, prese forma un'idea. Vendicarsi di Draco sarebbe stato così soddisfacente, così liberatorio... Le parole di Weasley erano un ronzio di sottofondo al quale Astoria non stava prestando molto attenzione. Stava blaterando qualcosa a proposito di partire... Per fare un dispetto a sua moglie e bla bla bla... Ron concluse, rosso in volto e guardandola interrogativamente. Probabilmente le aveva fatto una domanda. "Scusa Weasley. Cosa hai detto?" La guardò interdetto. "Ti ho chiesto se ... Vuoi venire con noi. Me e Hugo, intendo. Ovviamente insieme a tuo figlio..." Astoria scoppiò a ridere. La sua, però, era una risata priva di qualsiasi allegria o spontaneità. Spalancò gli occhi castani, con fare incredulo; "Weasley, pensi davvero che io andrei via? Per di più.. Con te? E per andare dove? E soprattutto, perché? Che cosa vuoi dimostrare con questa pagliacciata?" chiese velenosamente. Ron balbettò qualcosa di incomprensibile, sentendosi improvvisamente molto a disagio. "Questa idea della fuga é assolutamente stupida ed infantile. Non porterà a niente, nessuna conseguenza significativa. Oh si, certo, avrai fatto soffrire la tua cara Hermione per due giorni... Ma poi? Avrai fatto la figura dell'irresponsabile e dell'imbecille" Ron la guardava ammutolito: quella donna aveva modi di fare piuttosto inquietanti. Ma d'altronde, come poteva stupirsi? Era pur sempre la degna consorte di Malfoy. "Sono d'accordo con te, però, sul fatto che debbano pagare per tutto il male che ci hanno causato" L'uomo annuì, occhieggiando all'uscita più vicina. Non vedeva l'ora di uscire, di prendere una boccata d'aria e di allontanarsi per sempre da quella orribile casa. Astoria sembrava un'invasata: continuava a ripetere il suo viscerale bisogno di vendetta in una sorta di monologo delirante. Provvidenzialmente, Hugo -intimorito dal tono di voce minaccioso assunto dalla donna- incominciò a singhiozzare. Ron colse al volo l'occasione per congedarsi. Si scusò, fece una sorta di impacciato mezzo inchino e si fiondò fuori. Un attimo prima di uscire, Astoria corse verso di lui dicendogli: "Ricordati Weasley: la vendetta è un piatto che va consumato freddo" Gli fece l'occhiolino, prima di richiudere la porta con una certa ferocia. Per la prima e probabilmente unica volta nella sua vita, Ron provò pietà per Draco Malfoy. Non doveva essere facile avere a che fare quotidianamente con una squinternata. Per una frazione di secondo, ebbe una sorta di presagio: qualcosa di terribile ed agghiacciante sarebbe accaduto in quel luogo. Non ebbe tempo di rifletterci sopra, perché Hugo stava animatamente facendo i capricci. E poi, nel caos generale della partenza -tra pannolini, borsoni e volanti babbani- se ne scordò.
L'ufficio di Harry Potter, capo del dipartimento Auror del ministero della Magia, non era mai stato così affollato. Lo stesso Harry Potter, un'espressione determinata sul volto, stava impartendo gli ultimi ordini ai suoi sottoposti. Con grande efficienza e professionalità, era riuscito a dispiegare un numero significativo di forze, al fine di trovare subito Hugo e riportarlo immediatamente a casa. Era un caso particolare di scomparsa minorile, in quanto Hugo era comunque in compagnia di un tutore. Tutore che però aveva dimostrato di non essere lucido, accecato dall'odio e dal risentimento verso la moglie. Per questo si riteneva che avrebbe potuto persino compiere qualche sciocchezza. In cuor suo, Harry sapeva perfettamente che Ron non avrebbe mai torto un capello a suo figlio. Comprendeva il suo punto di vista: la vendetta, la ritorsione... Ma era una scelta sbagliata. E' sempre un errore coinvolgere i bambini nelle schermaglie tra adulti, pensò sospirando. Proprio in quel momento fece il suo ingresso una sconvolta Hermione Granger, che si fiondò tra le sue braccia, incominciando a singhiozzare sommessamente.
Angolo dell'autrice: BUON 2015! Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto ... fatemi sapere che cosa ne pensate =) A prestissimo miei adorati lettori.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** Chapter Twenty Two (Part II) ***
"Ronald... Weasley?"
chiese titubante l'infermiera, controllando la cartella clinica che
teneva tra le mani.
Draco
la guardò prima senza capire, poi comprese il refuso e fece
una smorfia. Mai e poi mai in vita sua avrebbe creduto di poter essere
scambiato , anche solo per un istante, con uno dei Weasley.
A
suo padre sarebbe venuto un colpo, se solo ne fosse venuto a
conoscenza.
Alzò
un sopracciglio e si avvicinò alla donna, affermando
pomposamente: "No, sono
Draco Malfoy..." Guardò fugacemente
all'indirizzo di Rose, assicurandosi che stesse effettivamente
dormendo. Poi, aggiunse, abbassando il tono di voce: "Il padre biologico di Rose
Weasley"
L'infermiera
annuì vigorosamente, come se conoscesse tutti i retroscena
della vicenda. "Probabilmente
è davvero così" rifletté
infastidito l'uomo.
Storie
di quel genere facevano sempre scalpore, e davano adito ad un gran
numero di pettegolezzi ; evidentemente ciò valeva
indistintamente sia per il mondo babbano che per quello magico.
"I risultati delle analisi"
la signora gli sorrise in modo complice, troppo complice per
i gusti di Malfoy e chiuse la porta dietro di sé.
Bruciante
per l'impazienza, Malfoy aprì la busta.
Il sangue di Draco era
perfettamente compatibile con quello di Rose.
L'uomo
chiuse gli occhi, pervaso da un'ineffabile sensazione di sollievo. Rose
sarebbe guarita... Hermione ne sarebbe stata così felice...
Sperava
con tutto il cuore che Hermione arrivasse il prima possibile, per poter
condividere insieme a lui quella straordinaria notizia.
Nel
frattempo, Rose si era risvegliata. Draco l'aveva osservata
stropicciarsi gli occhietti e guardarsi intorno, ancora nel
dormiveglia. Quando lo aveva scorto, una espressione delusa le aveva
immediatamente oscurato il viso. Evidentemente, sperava di trovare i
suoi genitori al risveglio, ed invece era in compagnia di uno
sconosciuto. O almeno, questi furono i ragionamenti che Draco fece per
soffocare un imponente ed inopportuno senso di delusione. D'altronde,
che cosa si sarebbe mai potuto aspettare? Forse, in cuor suo, sperava
che Rose gli mettesse le braccia al collo, chiamandolo
"papà"? Magari sarebbe accaduto un giorno, quando e se Rose
fosse stata messa al corrente della verità sulla sua
nascita...
Per ora (o per sempre) si sarebbe dovuto accontentare delle briciole,
si disse, guardando un disegno infantile attaccato alla testiera del
letto. Rose aveva tracciato i ritratti delle persone più
importanti della sua vita: mamma, papà, Hugo. Una scritta
tremolante copriva gran parte del foglio: FAMIGLIA.
Hermione raggiunse trafelata la Tana. Harry le aveva dato appuntamento
lì perché voleva che trascorresse quelle ore
agitate ed angoscianti tra le mura della Tana.
La
strampalata casa dei Weasley, per quanto apparisse in procinto di
crollare, aveva sempre rappresentato per Harry una sorta di accogliente
ventre materno, in cui rifugiarsi e prendere fiato, prima di immergersi
nuovamente nel flusso degli eventi. Sperava che Hermione,
immersa nel calore famigliare, potesse almeno in parte lenire
l'agitazione.
Così
facendo, invece, l'aveva inconsapevolmente spinta dritta nella fossa
dei leoni.
Si
rese conto che qualcosa non andava ancora prima di mettere piede nella
abitazione. il vociare dei ragazzi, gli improperi urlati da Molly, i
sospettosi scoppiettii provenienti dal magazzino del Signor Weasley, la
voce di Celestina Warbeck a tutto volume non si espandevano
allegramente l'aria come al solito. Era tutto troppo
silenzioso.
La
quiete prima della tempesta.
Una
volta entrata, Hermione dovette trattenere una risatina. Se la
situazione non fosse stata così grave, quella scena sarebbe
potuto essere definita comica. La famiglia Weasley sedeva impassibile
intorno al tavolo della cucina, un silenzio mortale.
La
ragazza ebbe la spiacevole sensazione di trovarsi di fronte al
Wizengamot al gran completo. Sebbene nessuno avesse ancora parlato, gli
sguardi pieni di riprovazione che le stavano lanciando tutti pesarono
come macigni sulle esili spalle di Hermione.
Avevano
scoperto tutto, constatò amaramente. Non le importava sapere
chi avesse
sparso la voce, probabilmente Harry , incapace di mentire ai serrati
interrogatori della moglie.
Ginny,
leggermente scostata dal tavolo per via della pancia imponente,
rivelatrice di uno stato di gravidanza ormai avanzato, ruppe il
silenzio.
"Come-hai-potuto,Hermione-Granger?"
Scandì lentamente le parole, una ad una, affinché
penetrassero e lasciassero il segno.
Hermione
rimase in silenzio, aspettando che la ragazza sfogasse tutto il suo
livore.
"Tu...
Tu... Sei una sporca traditrice! Hai tradito la fiducia di tutti noi...
Della famiglia che ti ha accolto e amata come una figlia ed una
sorella... Ti abbiamo dato tutto, Hermione. E tu ci hai ripagato
così... Mentendoci su Rose"
Hermione
sospirò profondamente, cercando di controllare la rabbia che
si stava
impossessando di lei. Non si meritava tutto quell'odio, né
tantomeno
che le venisse rinfacciato così veemente il fatto di averla
accolta in
casa, dopo la Guerra, dopo che i suoi genitori non si erano mai ripresi
del tutto ...
Ma
non avrebbe implorato il loro perdono, decise. Il senso di colpa per
quel lontano tradimento l'aveva già infestata abbastanza.
Non avrebbe
chiesto scusa per quell'unica notte in cui aveva lasciato liberi i
freni inibitori, rifuggendo dalle responsabilità e dalle
incombenze di
un matrimonio che sembrava essere fallito in partenza, per rifugiarsi
tra le braccia calde ed accoglienti di Draco.
Malfoy, l'unico uomo che
l'avesse mai fatta sentire davvero donna. L'incantesimo
di memoria dell'uomo non era stato così potente, visto che
dopo qualche
mese era stata in grado di ricordare gli eventi.
Non
lo aveva detto a nessuno,ovviamente, eppure talvolta le piaceva
accoccolarsi in compagnia di quei ricordi, avvolgendosi nel
rassicurante tepore del passato.
No,
si ripeté febbrilmente, sostenendo lo sguardo omicida di
Ginny: non
avrebbe richiesto la loro comprensione per aver generato una bambina
meravigliosa.
Era
una moglie e madre praticamente perfetta, eccezion fatta per
quell'istante -cinque anni prima- in cui aveva messo se stessa davanti
a tutti. Poteva essere biasimata per questo?
Smise
di ascoltare i rimproveri, le rivendicazioni, l'odio che trasudava
dalla voce di sua cognata. Non si meritava di essere ferita.
Ignorò
perfino la voce di Molly Weasley, molto meno pacata di quella di Ginny,
mentre la insultava senza ritegno.
Le
furono scagliate addosso, come pietre, parole non ripetibili. Veniva
lapidata dalla sua stessa famiglia d'adozione.
Socchiuse
gli occhi,sperando che quel supplizio finisse il prima possibile. Si
chiese dove diavolo fosse Harry... Perché le aveva chiesto
di
incontrarsi proprio lì?
Poi
udì una vocina, così famigliare.
"Mamma,
mamma!" Pensò di avere le allucinazioni ... Non
c'era da stupirsene, da
quanto tempo non faceva una dormita decente?
Non poteva essere Hugo,
ovviamente, il bambino che stava caracollando nella sua direzione.
Ma
poi dietro di lui scorse due figure maschili terribilmente
famigliari...Harry era sul ciglio della porta. Ed insieme a lui, c'era
Ron.
Angolo
dell'autrice:
Eccoci qua con il nuovo capitolo.
E' stato in gestazione un bel pò, ho avuto qualche
difficoltà a scriverlo, però spero che il
risultato sia soddisfacente.
Ovviamente, ogni recensione sarà ben accetta :D
A presto.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** Chapter Twenty Three (Part II) ***
Per
un attimo il tempo sembrò fermarsi. Nessuno osava fare a
brandelli il silenzio che era calato sulla stanza, non appena ci si era
resi conto dell'ingombrante presenza di Ron.
Tutti
desideravano sapere, ma nessuno aveva il coraggio di fare
domande.
Hermione,
un'ineffabile sensazione di sollievo, stringeva forte a sé
il suo bambino, baciandolo di tanto in tanto sulla testolina rossa.
Hugo, beato tra le attenzioni della madre, socchiuse gli occhi. E poi,
fece un gesto che quasi mozzò il respiro ad Hermione per
l'emozione: avvolse una ciocca dei suoi capelli - perennemente in
disordine - tra le dita grassocce, incominciando a giocarci. Era una
tortura piacevole. Hermione avvertiva dolore, ma non avrebbe fatto
nulla per fermarlo: Hugo ricercava le sicurezze che nell'ultimo periodo
erano venute meno. Sbatacchiato da un posto all'altro, abbandonato per
lunghe ore a casa di amici e parenti, bruscamente allontanato dalla
sorella e poi dalla madre.
Quanto
poteva aver sofferto Hugo? Hermione decise che non si sarebbe mai
più separata dal suo bambino. Soprattutto, visti e
considerati gli ultimi eventi. Non lo avrebbe perso di vita neppure un
istante, mai più. Se fosse stato necessario, avrebbe anche
rinunciato al proprio lavoro al Ministero.
Non
si sarebbe mai perdonata abbastanza per ciò che era appena
capitato a suo figlio. Certo, non era accaduto nulla di irreparabile
dopotutto. Ma avrebbe potuto, eccome.
Finalmente,
si decise ad incrociare lo sguardo con quello di Ron, ma lui teneva
ostentatamente gli occhi rivolti a terra.
Suo
marito era scuro in volto e si torceva le mani per la frustrazione. Si
stava comportando come un bambino sorpreso a rubacchiare biscotti dalla
dispensa: imbronciato ed irritato, non sembrava essere
minimamente pentito per ciò che aveva commesso.
Senza
guardare in faccia nessuno, bofonchiò malamente qualcosa e
si congedò dalla stanza, rincorso dall'apprensiva Molly,
seguita a sua volta da uno stralunato Arthur Weasley, che non aveva
ancora pronunciato mezza parola.
Anche
Ginevra, sebbene con fatica -viste le dimensioni del ventre- si
avviò verso le scale, ignorando deliberatamente Hermione ed
invitando con un gesto del capo Harry a seguirla.
In
risposta, suo marito si avvicinò ad Hermione, cingendole
delicatamente la vita con la mano, sfidando Ginny con lo
sguardo.
Era
la prima volta in assoluto che Harry prendeva posizione contro la sua
consorte e fu pervaso da un'ineffabile sensazione di trionfo. Certo, le
conseguenze del suo comportamento avrebbero dovuto farlo tremare, ma
sentiva di essere nel giusto.
Hermione
gli era stata accanto sempre e comunque, era l'antonomasia
del concetto di amicizia e non poteva abbandonarla proprio nel momento
di maggior fragilità.
"Dobbiamo andare..." Le
disse Harry, gentilmente. "Ti
spiegherò tutto mentre ti accompagno da Rose, in ospedale"
Hermione
annuì, salutò con un timido gesto della mano
Ginevra - che sembrava sul punto di esplodere- ed uscì,
stringendo forte a sé Hugo.
Ron fissava il muro della sua vecchia stanza. I poster della sua
squadra del cuore erano sgualciti e pendevano precariamente dalle
pareti. E così, sarebbe ritornato li, alla Tana.Dimostrando
per l'ennesima volta di essere un inetto, uno stupido incapace.
Questa
volta aveva davvero creduto di farcela: il viaggio era stato
organizzato nei minimi dettagli, proprio per evitare di essere trovato.
Ma, era evidente, qualcosa non aveva funzionato... Anche se
Ron non capiva proprio quale fosse stata la falla del suo
"piano".
Quando
era arrivato nel folcloristico paesino al confine con la Scozia, si era
sentito invincibile.
Ma
poi, sentendo bussare perentoriamente alla porta, aveva capito di
essere stato ritrovato, prima ancora di essersi perso davvero.
Harry
non aveva parlato, ma si erano compresi perfettamente lo stesso: senza
tanti complimenti, lo aveva aiutato a rifare i bagagli appena disfatti
ed a prendere la via verso casa.
Aveva
persino sognato di trasferirsi lì, lontano dalle delusioni e
dai dolori che gli erano stati inflitti, provando a ricostruire la
propria esistenza. Hermione aveva distrutto tutto. Forse, se all'epoca
glielo avesse confessato subito, avrebbe potuto perdonarla. Ma ora,
dilaniato nell'anima, capiva di non averne più la forza. Non
sarebbe mai più riuscito a sfiorarla, senza pensare alla sua
pelle a contatto con quella di... gli venivano sempre in mente un
milione di epiteti prima di "Malfoy".
Lì,
in quella camera adibita a mausoleo della sua adolescenza, si chiese se
sarebbe stato capace ancora di amare Rose. Non seppe darsi risposta.
Astoria si stiracchiò tutta, allungando le braccia e la
schiena come un gatto sinuoso. Si era addormentata mentre leggeva uno
sciocco romanzo d'amore, seduta sulla sua poltrona preferita.
Guardò distrattamente l'ora, prima di alzarsi in piedi con
un scatto, facendo cadere per terra il libro.
Presto,
Draco sarebbe tornato a casa per cena e lei voleva farsi trovare
più splendida che mai. Tutto doveva essere
perfetto.
Sui fornelli sfrigolavano i piatti preferiti di Draco, la sala da
pranzo era stata riccamente decorata e veniva avvolta da un piacevole
tepore proveniente dal camino.
Astoria
aspettava ansiosamente, allungando l'orecchio nella speranza di
percepire la sua presenza. Era, semplicemente, splendida. Bella da
mozzare il fiato. Si era arricciata i capelli lunghissimi ed aveva
adornato la sua acconciatura con un semplice fiocco nero di raso.
L'abito era estremamente attillato, anch'esso nero e di pizzo, in un
sensuale gioco di vedo non vedo.
Astoria
era pronta a giocarsi il tutto per tutto, per riconquistare la
felicità perduta che sentiva di meritarsi. Voleva
disperatamente farsi amare da Draco, quella sera. Desiderava con tutta
se stessa che lui comprendesse il tesoro che giaceva in casa sua, senza
che avvertisse l'esigenza di ricercarlo altrove.
Sapeva
che, molto probabilmente, il marito quella sera le avrebbe rivelato la
verità dei fatti. Ed aveva paura che, presto o tardi,
ciò avrebbe significato la fine del loro vincolo
coniugale.
Per questo, aveva rispedito
Weasley dritto dritto a casa. Aveva prima tentato -invano- di
dissuaderlo da quel suo folle piano e poi, non riuscendoci, aveva
mandato un gufo anonimo al dipartimento degli Auror. Era lei la
"talpa", la responsabile del fallimento di Ronald. Provò
quasi dispiacere per lui... se solo non si fosse fidato di
lei, una perfetta sconosciuta, rivelandole con dovizia di dettagli
ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto! Ma non avrebbe mai
potuto permettere ad Hermione di accaparrarsi il suo uomo
così facilmente. Era pronta a tirare fuori le
unghie, se necessario.
Il rumore dei passi di
Draco la distolse dai suoi pensieri.
Angolo
dell'autrice
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto...
Non posso far altro che ringraziarvi
TUTTI, ormai siete tantissimi!!!
Al prossimo capitolo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** Chapter Twenty Four (Part II) ***
Una
volta entrato nell'ampio salone di ingresso del maniero,
sperò di non incontrare Astoria. Lasciò con
noncuranza il soprabito all'ossequiosa Elfa che lo aveva accolto e
decise di togliersi perfino le scarpe per fare il meno rumore
possibile. Era tardi, quindi molto probabilmente la sua consorte si era
già ritirata nelle sue stanze.
Ma
poi, dietro di sé, avverti la presenza di qualcuno. Astoria
era lì, languidamente appoggiata alla parete, in attesa.
Draco notò che quella sera era particolarmente bella e
raffinata...forse aveva un amante che la aiutava a trascorrere le
lunghe ore di solitudine? Scrollò le spalle, riconoscendo la
propria annoiata indifferenza al riguardo. Dopotutto, avrebbe avuto
anche lei tutto il diritto di divertirsi con chi le aggradava.
L'importante era che ciò avvenisse lontano da sguardi
indiscreti, soprattutto da quello di loro figlio.
Scorpius
doveva essere la loro priorità assoluta, sempre e comunque,
a prescindere dai terribili rapporti che si erano instaurati
tra di loro.
Astoria,
intanto, si era avvicinata a lui e lo aveva preso per mano:
benché non fosse dell'umore adatto, si lasciò
trascinare fino alla sala da pranzo.
Rimase
stupefatto di fronte alla tavola riccamente imbandita e piacevolmente
stupito dal tepore del fuoco scoppiettante nel camino. Astoria sembrava
un'adolescente al suo primo appuntamento: continuava a riavviarsi
nervosamente i capelli e si mordicchiava un'unghia laccata di rosso. Lo
guardava di sottecchi, nella speranza che tutto andasse nel migliore
dei modi... Forse, quella cena romantica avrebbe stipulato l'inizio di
un nuovo capitolo della loro vita coniugale. Era pronta a perdonare
tutti i suoi eccessi, il suo comportamento fedifrago, persino
l'esistenza di una figlia illegittima. Lei gli aveva teso la mano, ora
toccava a Draco scegliere se stringerla nella propria o meno.
A
discapito delle sue flebili speranze, Draco non l'accettò:
le rivolse uno sguardo pieno di compassione, prima di accarezzarle con
un dito la guancia rosea sussurrando: "È troppo tardi, mia
cara. Non ti appartengo più..."
La
lasciò sola, mentre i frammenti del suo cuore si
infrangevano a terra senza far rumore.
Lui
non l'avrebbe mai amata.
Chiuso
nel suo studio, Draco si passò una mano tra i capelli.
Provava pena per sua moglie, sincera pietà: conosceva a
menadito le implicazioni di un amore a senso unico.
Sedersi
a quel tavolo, in compagnia della dolce Astoria, sarebbe solo servito
ad incoraggiare passioni inesistenti. Non provava niente per lei. Le
voleva bene, certo, era pur sempre la madre di Scorpius. Ma non bramava
la sua compagnia, non desiderava condividere con lei ciò che
gli accadeva durante il giorno né trascorrere con lei tempo
in più oltre a quello strettamente necessario per mantenere
una facciata di normalità. Quando erano in presenza del
bambino , infatti, si sforzavano di non lasciar trapelare la tensione
palpabile fra di loro.
Giocare
alla famiglia felice non giovava alla salute ed al l'equilibrio mentale
di Astoria, la quale cercava di godere di quei momenti costruiti a
tavolino, senza rendersi conto appieno del loro carattere
fittizio.
Versandosi
una generosa quantità di alcol, Draco indirizzò i
propri pensieri verso un'altra donna.
Aveva
visto Hermione qualche ora prima e l'effetto di tale incontro era stato
ancora più devastante del solito.
Quando
le avevo annunciato che la cura di Rose l'avrebbe guarita
completamente, Hermione aveva abbracciato fortissimo sua figlia - loro
figlia -, resa entusiasta dalla sua presenza e da quella del redivivo
Hugo (Draco aveva storto il naso vedendolo: era la personificazione di
tutto ciò che detestava in un Weasley).
Ma
poi, quando lo aveva accompagnato verso l'uscita della clinica, aveva
compiuto un gesto inspiegabile.
Stretta
nel suo maglione rosso fuoco, i capelli malamente raccolti alla base
della nuca, si era avvicinata a lui e lo aveva guardato a lungo negli
occhi.
Sebbene
non avessero emesso alcun suono, Draco aveva letto negli occhi di
Hermione tutto ciò che gli era necessario sapere: oltre
all'immensa gratitudine, aveva scorto ... Affetto? Attrazione?
Un
attimo prima di congedarsi, aveva colto Hermione nell'atto
involontario di inumidirsi le labbra con la punta della lingua, prima
di dischiuderle in modo invitante.
Nessuno avrebbe mai
saputo chi dei due si fosse avventato prima sulla bocca dell'altro.
Angolo
dell'autrice:
FINALMENTE siamo arrivati ad una svolta nel rapporto tra Draco ed
Hermione =)
Spero che il capitolo abbia soddisfatto le vostre aspettative, fatemi
sapere che cosa ne pensate!!
A presto
ps: GRAZIE GRAZIE GRAZIE. Il numero dei lettori aumenta ogni giorno di
più, non posso far altro che ringraziarvi.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** Chapter Twenty Five (Part II) ***
Si sfiorò le labbra, come se con quel semplice gesto potesse far rivivere ciò che era appena accaduto. Era stato il bacio più intenso, travolgente ed inaspettato della sua esistenza. Oltre ad essere stato anche quello più folle e sconsiderato. Draco - a questo punto chiamarlo Malfoy sarebbe stato paradossale ed ipocrita- era stato delicato e passionale al punto giusto. Ma, in fondo, che cosa importava? Non avrebbe permesso che stupidi fantasmi del passato e polverosi preconcetti mettessero in gabbia una possibile felicità. Guardò l'elegante figura di Draco allontanarsi nel corridoio malamente illuminato della clinica. Dovette reprimere il desiderio impellente di richiamarlo a sé. Sperò che si girasse verso di lei, ma non lo fece. Quando l'uomo scomparve dalla sua vista, fu improvvisamente e prepotentemente pervasa da un senso di nostalgia assoluta. Nostalgia per ciò che avevano appena condiviso, ma anche per ciò che non sarebbero mai stati. Se solo avesse seguito il suo istinto, Hermione lo avrebbe rincorso e gli avrebbe chiesto di rimanere. Non lo aveva fatto per una questione di orgoglio,
Stai con me, Draco. Rimani qui. Non andare via, non tornare a casa... Da lei. Resta con la tua famiglia, stanotte e per sempre.
Si maledisse da sola per le stupidaggini che aveva appena pensato, sicuramente frutto della stanchezza e della privazione di sonno e cibo decenti dell'ultimo periodo. Sarebbe stato irresponsabile ed egoista chiedere a Draco di scegliere tra lei ed Astoria: entrambe costituivano la sua famiglia. Hermione provò quasi pena per la difficile situazione in cui si era ficcato il padre di Rose: quanto può essere difficile destreggiarsi tra due nuclei familiari,tra due figli, tra due donne che lo amavano? La donna quasi trasalì: era amore quello che provava nei confronti di Malfoy? Poteva davvero definirsi innamorata di lui, oppure stava confondendo il sentimento amoroso con un penetrante bisogno di sostegno? Come poteva nutrire emozioni di quel calibro nei confronti di quello che -in fin dei conti- poteva essere considerato un estraneo? Andare a letto con qualcuno, scambiarsi le anime e fondere la pelle, non significa automaticamente conoscere quelle persona. Si può essere perfetti estranei e condividere l'atto più intimo di tutti. Si stava forse illudendo, quindi? Hermione decise di scoprirlo. Guardò ansiosamente il calendario colorato che spiccava sulla parete spartana della clinica: mancavano tre giorni. Tre lunghissimi giorni al momento in cui si sarebbero nuovamente rivisti, parlati, toccati. Fece un rapido calcolo a mente: solo 72 ore. Poteva farcela. Era sopravvissuta una vita intera in sua assenza, anzi spesso desiderandola con tutta se stessa. Rise tra sé, pensando a quanto lo aveva odiato durante gli anni di Hogwarts. Malfoy equivaleva al male assoluto, all'epoca. Gli aveva persino tirato un pugno una volta. Ed ora annusava il maglione sul quale lui si era stretto durante il bacio, nella speranza che avesse catturato molecole del suo profumo. La vita sapeva essere davvero paradossale, a volte. Nel loro caso, lo era di sicuro.
Tre giorni dopo, venne effettuata la trasfusione salvavita. Rose fu piuttosto coraggiosa e non fece quasi capricci durante il trattamento; suo padre -invece- sembrava essere sul punto di svenire o vomitare. Hermione rimase vicina ad entrambi. Non aveva più visto Ronald dopo quel terribile incontro alla Tana, né alcuno dei Weasley aveva dato segno di voler se non riconciliarsi con lei, almeno provare a capirla. Tramite Harry che faceva spola tra i due (anche se incominciava a stancarsi del ruolo di piccione viaggiatore) fece civilmente sapere a Ron che l'intervento medico era andato meglio del previsto e che Rose presto avrebbe riacquistato vitalità e salute. Non ricevette risposta, sebbene Rose portasse ancora il suo cognome e chiedesse di lui più volte al giorno. Non se la sentiva di biasimarlo completamente per questo comportamento, però riteneva che la bambina avrebbe dovuto avere la precedenza su tutto. Aveva amato Rose come se fosse sangue del suo sangue ed ora faceva finta che non esistesse più? È così facile cancellare l'esistenza di un figlio? "No" si rispose decisa, guardando un Draco Malfoy in inedita versione sorridente, impegnato a giocare con Rose. Malfoy non l'aveva mai dimenticata ... Ed era arrivato a mettere a repentaglio la sua popolarità e la sua famiglia ufficiale per poterle stare accanto e prendersi cura di lei. Era incredibile, ma almeno in quel contesto Draco sembrava essere stato molto più assennato di suo marito.
Gli ultimi quindici giorni prima delle dimissioni di Rose, Malfoy li trascorse facendo la spola freneticamente tra la clinica londinese ed il Manor. Si svegliava molto presto, controllava la corrispondenza e sbrigava le faccende burocratiche relative all'amministrazione ed alle gestione delle numerose proprietà di famiglia. Dopo aver terminato le faccende più impellenti, si recava in camera di Scorpius. Lo svegliava ed insieme facevano colazione nella veranda. Draco adorava guardare suo figlio mentre, ancora intontito dal sonno, inzuppava i biscotti al burro appena sfornati nella cioccolata calda. Astoria ultimamente consumava i propri pasti nell'ala a lei riservata del Manor, per la felicità di suo marito, che così poteva godersi Scorpius senza la sua incombente presenza. Non si erano più incrociati dopo quella serata nefasta, ma presto avrebbero dovuto decidere che cosa fare del loro matrimonio. La prospettiva del divorzio aleggiava come un avvoltoio sopra le loro teste. Dopo la colazione, Draco affidava Scorpius alle cure di una baby sitter altamente qualificata, che non mancava occasione per lanciargli lunghe occhiate oblique di apprezzamento e correva verso l'unica zona della casa preposta alla smaterializzazione. Era solito ricomparire in uno dei bagni della clinica, un posto davvero ripugnante a dirla tutta. Gran parte della mattinata e del pomeriggio li passava insieme a Rose, tra i corridoi ospedalieri che ormai erano diventati la loro casa. All'ora di cena, per rispetto ed amore di Scorpius, sedeva al tavolo insieme a lui.
Negli ultimi tempi aveva persino imparato a vestirsi alla maniera babbana, grazie anche ad Hermione. Lo aveva accompagnato in un vicino centro commerciale e lo aveva aiutato a scegliere dei capi più consoni e meno appariscenti. Quelle ore trascorse insieme erano state una dolce tortura per entrambi. Era evidente che bramassero l'uno il contatto dell'altro. Draco era sicuro di non essersi sognato il respiro di Hermione farsi più veloce quando gli si era avvicinata per sistemargli il colletto né si era immaginato i brividi che gli avevano percorso la schiena quando le loro mani si erano sfiorate per sbaglio. Sarebbe stato tutto davvero romantico, soprattutto se non si fossero dovuti trascinare dietro uno starnazzante bambino di due anni. Hugo.
Draco detestava quel mostriciattolo dai capelli rossi. Sapeva che odiare un bambino non fosse proprio un comportamento da persona adulta, ma era più forte di lui. Piangeva, faceva i capricci, si impiastricciava sempre le mani e non stava fermo un secondo. Ogni volta che lo vedeva buttarsi per terra battendo i pugni istericamente, ringraziava silenziosamente di non aver avuto un figlio del genere. Non aveva mai osato fare commenti sardonici in presenza di Hermione, ma non riusciva a dissimulare l'esasperazione che lo attanagliava in quelle situazioni.
Lui ed Hermione avevano bisogno di stare da soli, di riflettere sulle implicazioni di quel bacio che aveva inaspettatamente aperto il sipario su un possibile futuro in comune. Non ne avevano ancora parlato, ma a quel punto si stavano già comportando come una famiglia.
Malfoy si rese conto che quella ambiguità di fondo dovesse essere esorcizzata, per questo invitò Hermione ad un appuntamento galante.
Angolo dell'autrice: Ecco qui il nuovo capitolo... Hermione e Draco stanno cercando un equilibrio, osteggiato dall'incombente presenza dei loro (ex?) consorti. Insomma, la situazione nelle prossime settimane diventerà ancora più complessa. Volevo anche avvisarvi che - non so ancora precisamente quando - cambierò il rating, perchè la storia prenderà una piega più delicata. Non posso dirvi di più, però spero che continuerete a seguirmi come avete sempre fatto. Alla prossima, un abbraccio e GRAZIE.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** Chapter Twenty Six (Part II) ***
Malfoy
l'aveva invitata a cena e lei, sgomentando se stessa, aveva
accettato. In realtà si era solo limitata ad annuire
distogliendo lo
sguardo imbarazzata, mentre le guance si facevano purpuree.
Era
stato così facile rispondere di sì, ma soltanto
ora la donna si
rendeva pienamente conto di ciò che stava per fare.
Si
sentiva in colpa, benché continuasse a ripetersi - mentre si
applicava maldestramente il mascara con risultati deludenti - che
sarebbe stata una innocente cena. Anche se, quando si trattava di
lui, niente poteva essere davvero scevro di malizia: insomma, c'era
continua tensione fra di loro e... l'ultima volta che avevano
trascorso una serata insieme avevano concepito una figlia!
A
proposito di figli: Hermione si sentiva terribilmente in colpa nei
confronti dei suoi bambini.
Hugo era in compagnia del padre e
della famiglia Weasley; Harry era venuto a recuperarlo, scuro in
volto, rimarcando la necessità di trovare una soluzione alla
loro
incomunicabilità, una opzione che non contemplasse la sua
mediazione.
Rose era ancora all'ospedale, in compagnia delle
materne infermiere che popolavano il reparto, Hermione le aveva
praticamente supplicate di dare una occhiata a Rose mentre lei era
via, assicurandosi che tenessero sotto mano tutti i suoi recapiti
telefonici.
Quindi, non c'era motivo di preoccuparsi per loro.
Sarebbero stati bene.
Lo stesso non si poteva dire di lei: il
cuore le batteva all'impazzata e le mani sudavano freddo.
Si
era infilata uno dei tanti abiti stipati nell'armadio, sperando di
apparire raffinata e desiderabile. Aveva raccolto i capelli in uno
chignon morbido ed aveva persino applicato un rossetto, seguendo alla
lettera le indicazioni riportate sul Settimanale delle
Streghe.
Speranzosa, si era rimirata nello specchio...
Era
un disastro, completamente un disastro.
Il vestito le
ricadeva addosso come un sacco informe: dov'erano finite le
sue
forme? Era troppo dimagrita, constatò amaramente,
sfiorandosi
l'osso sporgente della clavicola.
Ron non ne sarebbe stata
contento. Hermione si pietrificò: non doveva
pensare a lui. Non
ne aveva il diritto, visto che si stava agghindando per uscire con un
altro uomo.
Tornò a concentrarsi sulla sua immagine,
soppesandola con occhio critico: sembrava una bambina che aveva
trascorso il pomeriggio divertendosi nell'armadio della mamma.
Una
ragazzina che si atteggiava a donna.
Si sentiva a disagio,
conciata così. I trampoli da cui stava cercando di non
precipitare
rovinosamente le stavano martoriando i piedi, il mascara aveva
già
incominciato a sciogliersi, formando antiestetiche chiazze nere sulle
palpebre. Lo chignon, che secondo il giornale avrebbe dovuto
regalarle un'aura di eleganza chic, sembrava un nido di quaglia in
precario equilibrio sul suo capo. Per non parlare del rossetto che le
aveva macchiato i denti.
Insomma, quella non era lei. Stava forse
cercando ad assomigliare a qualcuno? Una vocina maligna si
insinuò
dentro la sua coscienza, facendola quasi trasalire.
Si stava
forse mettendo in competizione con ... Lei?
Sarebbe
stato davvero da sciocchi compiere un errore del genere, mostrando a
Draco un'identità che non le apparteneva. Per questo, si
lavò la
faccia. I residui di trucco furono spazzati via dal getto d'acqua del
lavandino, provocando una strana soddisfazione in Hermione. Si tolse
il vestito elegante, optando per un paio di jeans ed un maglione di
lana blu. Slegò con un gesto secco e deciso il nastro tra i
capelli,
scuotendo leggermente la testa. Il sollievo maggiore lo ebbe
lanciando in fondo alla stanza le scarpe con il tacco, prima di
calzare un paio di comodissimi stivali.
Si guardò nuovamente nel
vetro, questa volta decisamente contenta e sicura di se stessa.
Si
concesse un unico vezzo: gli orecchini a forma di fiore che aveva
sfoggiato tanti anni prima al Ballo del Ceppo del quarto anno, ai
quali era particolarmente affezionata.
Quella era Hermione, si
disse, sorridendo alla sua immagine riflessa. L'altra era solo una
pallida e ridicola imitazione di una donna di cui non avrebbe mai
potuto vestire i panni.
Si sentiva bene. Si sentiva bella.
Si
era preparato sotto lo sguardo indagatore di Astoria; la sua consorte
quella sera lo aveva degnato della sua presenza. Non che a lui
importasse, comunque.
"Dove vai?"
Draco ignorò
la domanda, che rimase sospesa tra di loro, mentre Astoria gli si
avvicinava maggiormente. L'ampia veste da camera in cui era avvolta
la faceva vagamente assomigliare ad un pallido fantasma.
"Esci
con la Granger?"
A differenza di quanto si sarebbe
mai aspettato Draco, Astoria non stava parlando in tono recriminante
o, grazie al cielo, piagnucoloso.
Sembrava calma, anche i
suoi gesti ed i suoi movimenti lasciavano trasparire
tranquillità. O
forse era pacata rassegnazione?
"Non sono affari tuoi,
Astoria"
La voce tagliente di Draco sferzò il cuore già
malandato della donna.
Astoria gli poggiò una mano sulla spalla,
si protese verso di lui e gli sussurrò soavemente: "Te
la
farò pagare, Draco" .
Poi, lasciò la stanza con fare altero, lasciando dietro di
sè una scia del suo costoso
profumo.
Draco rise tra sè e sè, un'espressione di
incredulità dipinta sul volto affilato.
Quella minaccia non lo
aveva per niente impressionato : Astoria era temibile tanto quanto un
gattino, sebbene si atteggiasse a tigre.
E come avrebbe potuto
fargliela pagare?
Avrebbe chiesto il divorzio? Facesse pure,
sapevano entrambi che il contratto prematrimoniale era vantaggioso
soprattutto per lui. Avrebbe chiesto l'affidamento di Scorpius?
Andiamo, non glielo avrebbero mai concesso. Prima di tutto
perché
Malfoy era potente: era amico di praticamente tutti gli esponenti
più
illustri del Tribunale. Inoltre, fuori dal Manor, Astoria non
possedeva nulla. La sua famiglia poteva vantare solo un altisonante
titolo nobiliare, con il quale però non avrebbero potuto
sopravvivere. Per questo, il magnanimo Draco provvedeva tutti i mesi
a rimpinguare le casse piangenti dei Greengrass.
Non avrebbe
potuto far niente contro di lui. Niente di niente,
si
rassicurò ancora una volta Draco prima di smaterializzarsi.
La
cena si sarebbe tenuta in un romantico ristorantino londinese, nei
pressi del Tower Bridge. Per evitare di essere riconosciuti, Draco
aveva scelto (praticamente costringendosi) un locale gestito da
babbani. Aveva superato i suoi pregiudizi, o almeno così
amava
ripetere amabilmente a chiunque avesse piacere di ascoltarlo.
Si
era seduto al tavolo, mordicchiandosi nervosamente il labbro,
attendendo.
La vide giocare con l'anello che portava
all'anulare, mentre si guardava distrattamente intorno, alla sua
ricerca.
Quel movimento apparentemente casuale in realtà era
piuttosto indicativo: l'indecisione stava rodendo Hermione. Draco
poteva quasi vedere gli ingranaggi del suo formidabile cervellino
muoversi senza sosta, alla ricerca di una giustificazione logica e
razionale per ciò che stava provando.
Gli venne da sorridere:
cara Granger, non tutto può essere
controllato...
Per
questo, avvicinandosi, le prese la mano e le tolse la fede, sotto lo
sguardo sbalordito di Hermione. Poi, fece lo stesso con la
propria, facendole scivolare entrambe in tasca.
"Questa
sera siamo solo io e te Hermione. Gli ospiti indesiderati non sono
ben accetti" e facendole l'occhiolino, la scortò
educatamente al loro posto.
Angolo
dell'autrice:
Eccoci
qui con un nuovo capitolo.
Non
ne sono pienamente soddisfatta, ma sono nel pieno della sessione
esami e questo è il massimo che riesco a fare =)
Fatemi
sapere cosa ne pensate della storia... storia che non esisterebbe
senza di voi! Quindi grazie mille! A prestissimo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** Chapter Twenty Seven (Part II) ***
Never
had much faith in love or miracles
Never
wanna put my heart on the line
But
swimming in your world is something spiritual
I'm
born again every time you spend the night
Cause
your sex takes me to paradise
Yeah
your sex takes me to paradise
And
it shows, yeah, yeah, yeah
Cause you make me feel
like, I've been locked out of heaven
For
too long, For too long
(LOCKED OUT OF HEAVEN - Bruno Mars)
Si unì a lei con delicatezza e garbo, timoroso di farle
male. La guardò ansioso, pronto a fermarsi al suo
primo cenno di fastidio, ma tutto ciò che vide riflesso nei
suoi occhi fu un lascivo desiderio prendere forma.
Schiuse
le labbra inaridite, invitandolo a continuare con voce roca. Lo desiderava. Lo voleva.
Aumentò il ritmo, abbandonandosi completamente al piacere
dettato dalla fusione dei loro corpi.
Si
stavano amando con intensità e passione, nei loro gesti era
possibile scorgere una frenetica bramosia, uno straripante bisogno di
possesso reciproco.
La
loro pelle bramava il contatto a cui era stata sottratta per ben cinque
anni, strappando loro vogliosi gemiti e sospiri.
Trascorsero
gran parte della notte cercando di recuperare il tempo
perduto.
Draco
si risvegliò, appagato come non lo era da tempo. A dire la
verità era piuttosto dolorante, ma l'attività che
gli aveva procurato quei fastidi era stata decisamente piacevole,
pensò sogghignando.
Sorrise
dolcemente scorgendo Hermione ancora profondamente addormentata, nuda
al suo fianco sotto le lenzuola. Fu percorso da un brivido al solo
pensiero di ciò che quelle sottili stoffe celavano.
Guardò
l'orologio, rilassandosi: mancavano ancora parecchie ore al risveglio,
eppure riposare gli sembrava un'inutile perdita di tempo, soprattutto
dopo aver trascorso dei momenti indimenticabili con una donna. Non una
ragazza qualunque, bensì la donna della sua vita. Sebbene
non avesse mai avuto dubbi, ora ne era certo: Hermione era tutto
ciò che aveva sempre desiderato e ricercato nel corso della
sua esistenza. Ogni passo che aveva compiuto negli ultimi venticinque
anni era servito ad avvicinarsi a lei, ogni corpo femminile che aveva
posseduto era stato un' anteprima del suo, ciascuna bocca che aveva
sfiorato una pallida ed insignificante imitazione di lei.
Quasi
tremante, fece scendere la mano, per poi accarezzarle i fianchi ed il
ventre: lì dove aveva custodito il frutto precoce del loro
amore, Rose.
Forse,
un giorno quella pancia si sarebbe nuovamente ingrossata e tesa sotto i
vestiti di Hermione, temporanea dimora di un figlio - questa volta
desiderato e soprattutto legittimo.
La
ritrasse improvvisamente, come se il contatto con la pelle di Hermione
l'avesse scottato. Quei pensieri erano pericolosi, soprattutto
perché facevano crescere in lui malsane ed illusorie
speranze.
Chiuse
gli occhi, lasciandosi avvolgere dai ricordi di quella magnifica notte,
cullato dal profondo respiro di Hermione.
Si
svegliò di soprassalto, mentre parte del suo volto veniva
rischiarato da un raggio di sole.
Fu
pervasa da un iniziale senso di disorientamento, visto che non
riconosceva la stanza in cui si trovava, nuda per di più.
Mentre
cercava di raccapezzarsi, ancora intontita, la sua attenzione era stata
attirata da un foglietto lasciato sul guanciale.
"Buongiorno
Granger!
Non
ho avuto il coraggio di svegliarti. Sembravi così bisognosa
di riposo... Per questo, oggi mi occuperò io di Rose.
Prenditi una giornata e dedicala a te stessa.
Draco"
Draco. Pronunciò quelle lettere lentamente,
quasi gustandole, come se al posto di quel nome vi fossero tante
caramelle.
Comprese
tutto più chiaramente e quella improvvisa consapevolezza la
riempì di vergogna ed imbarazzo. Scacciò via i
pensieri negativi ed i sensi di colpa, sorridendo al pensiero di
ciò che era avvenuto la sera precedente.
Era
iniziata un po' in sordina, a dir la verità. Entrambi,
durante la cena, si erano concentrati più sulle portate che
sulla conversazione, improvvisamente intimiditi dall'ingombrante
presenza dell'altro.
Avevano
sciorinato qualche frase di circostanza, Hermione aveva persino
punzecchiato Draco per il suo evidente panico di essere avvelenato di
fronte al cibo babbano. Non avevano bevuto, non una goccia di alcol
sarebbe scorsa nelle loro vene quella sera. Era un tacito accordo fra
di loro, un estremo tentativo di mantenere sotto controllo una
situazione che era -di fatto- già sfuggita loro
dalle mani.
Il
punto di svolta era avvenuto al momento del dessert. Hermione si era
sporcata le labbra (quelle
labbra... quella bocca) di cioccolata ed era stato
naturale per Draco sporgersi verso di lei per pulirla con il tovagliolo.
Un
gesto apparentemente banale, sentore di un'intimità
più profonda.
Si
erano guardati, complici, prima di ridere come due stupidi.
Avevano
abbandonato con urgenza il clamore e gli schiamazzi del locale,
improvvisamente bisognosi di silenzio.
Cristallini
fiocchi di neve incominciavano a turbinare nell'aria, facendoli
rabbrividire. Draco guardò affascinato Hermione, che aveva
aperto le braccia, come a voler cogliere fisicamente
l'intensità di quel momento. La vide schiudere le labbra,
per poi lasciare che piccoli frammenti di ghiaccio le si posassero
sulla lingua.
"Amo la neve" disse
semplicemente Hermione. "Quand'ero
bambina ho sempre creduto che fosse magica"
"Tu
sei magica, Hermione Granger"
Draco
si avventò su di lei, su quelle labbra leggermente inumidite
ed intirizzite dal freddo. Hermione rispose al bacio, azzardando
persino un timido abbraccio, che ben presto si trasformò in
una stretta mozzafiato.
Continuarono
a baciarsi per un tempo indefinito, incuranti dei passanti, dei rumori
della città, della neve che scendeva fitta colpendoli
delicatamente sui volti uniti.
Angolo dell'autrice:
CE L'HANNO FATTA! =)
Mi è piaciuto particolarmente scrivere questo capitolo,
spero che faccia lo stesso effetto anche a voi, miei adorati lettori.
Fatemi sapere!!!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** Chapter Twenty Eight (Part II) ***
"Allora...
pensi che sia la scelta giusta?"
Ron
guardò insicuro verso sua madre, mordicchiandosi il labbro
con fare nervoso.
"Si,
tesoro ... Rose non deve soffrire più del dovuto. In fin dei
conti lei ti considera il suo vero papà... Ed è
l'unica cosa che conta"
Rispose
Molly, schiaffandogli una generosa porzione di porridge nel piatto.
"E
se... Dovessi incontrare lui?!"
Sua
madre gonfiò il petto, improvvisamente indignata, il mestolo
ancora sgocciolante in mano:
" Spero vivamente che Hermione non deleghi la custodia di Rose a quel
..." Sospirò profondamente, cercando di darsi
un contegno "a quello
lì" disse sbrigativamente, evitando lo sguardo
del figlio, improvvisamente incupitosi.
"In ogni caso, é lui
ad essere di troppo. Tu sei il padre di Rose ed hai il diritto di stare
con lei!" Esclamò, incominciando a riassettare
la cucina freneticamente.
Ron
la osservò, non ancora pienamente convinto, chiedendosi se
recarsi in clinica senza preavviso potesse costituire un problema. si
convinse quando l'immagine della bambina sorridente si
stagliò oltre tutti i pensieri e le preoccupazioni. Rose
avrebbe potuto anche condividere il patrimonio genetico di Malfoy, ma
niente di più. Non gli avrebbe lasciato il privilegio di
crescerla al posto suo. Si sarebbe dovuto fare da parte, una volta per
tutte, permettendo alla loro famiglia di raccogliere i cocci.
In
cuor suo, infatti, sapeva di poter perdonare Hermione. Certo, era stato
crudele ed irrispettoso ciò che aveva fatto, eppure non
sapeva immaginare un'esistenza priva di lei. Provava sentimenti
apparentemente ingarbugliati ed ambigui nei suoi confronti;
ma sotto la superficie si nascondeva un ardore disperato.
Aveva
aspettato trepidante che Hermione si presentasse alla sua porta,
tremante e piangente, ansiosa di ricevere il suo benestare. Ma con suo
grande disappunto, ciò non era accaduto. Sua moglie sembrava
aver accettato di buon grado la fine del loro legame, completamente a
proprio agio nella nuova condizione. Si era arresa ancora prima di
combattere, lasciando che tutto ciò che avevano costruito
insieme si sgretolasse tra le sue mani senza battere ciglio.
Era
terribilmente doloroso per Ron, che ancora sperava di rammendare e
suturare lo squarcio che li divideva.
Forse
sarebbero potuti essere ancora felici. Solo Ron, Hermione, Hugo. E
Rose, ovviamente.
"Non glielo hai detto vero,
Molly?" Chiese titubante il signor Weasley, occhieggiando
ansiosamente in direzione del giornale abbandonato sulla poltrona.
"Oh Arthur"
singhiozzò lei, asciugandosi gli angoli degli occhi con una
manica e tirando su poco elegantemente con il naso "Non ne ho avuto il coraggio...
Questo gli darà il colpo di grazia, senza dubbio..."
Il
marito le cinse delicatamente la vita con una mano, cercando di
consolarla.
"Come
ha potuto? Come? Con Malfoy poi... "
Arthur
le diede una leggera pacca sulla schiena, infondendole coraggio, senza
tuttavia rispondere.
Non
aveva risposte per spiegare il comportamento della nuora.
Harry quasi si strozzò con il tè.
Tossì vigorosamente, mentre il suo cervello si metteva in
moto.
Il
gufo gli aveva appena consegnato il Profeta esattamente come tutte le
altre mattine.
A differenza del solito, però, in copertina campeggiava una
foto sgranata di Hermione e di Malfoy stretti in un romantico abbraccio
sotto la neve.
Il
titolo era impietoso: GRANGER
TRADISCE WEASLEY CON UN EX MANGIAMORTE
Diede
una rapida scorsa all'articolo e non si stupì nel constatare
che la fautrice fosse Rita Skeeter. Il suo stile di scrittura era
inconfondibile: scandalistico, pretenzioso e cosparso di illazioni e
sottintesi. Faceva persino riferimento a Rose, sottolineando come
Hermione si stesse divertendo mentre la figlioletta si trovava in un
letto di ospedale. C'era un rapido accenno a Malfoy ed ai suoi
infamanti trascorsi, ma per il resto l'articolo era volto a mettere in
croce Hermione.
Si
prospettava una catastrofe di dimensioni epiche. Doveva fare
qualcosa.
Abbandonò
a malincuore la torta al cioccolato sul tavolo ed uscì di
corsa, la pagina ancora stretta in pugno.
Astoria fu svegliata delicatamente da Scorpius, che teneva
precariamente tra le mani un vassoio d'argento, su cui erano stati
disposti una teiera di porcellana ed una mezza dozzina dei suoi
biscotti preferiti.
La
donna gli scompigliò intenerita i capelli, prima di
abbracciarlo forte contro il suo petto.
Era
diventato un piacevole rituale: tutte le mattine il figlio le portava
la colazione a letto, da quando lei e Draco non si rivolgevano la
parola.
Il
bambino doveva aver compreso e percepito la tensione negativa che si
era instaurata fra loro, eppure non aveva fatto domande inopportune.
Semplicemente, si era adeguato in silenzio e con dignità a
quei cambiamenti, cercando di gestire a proprio modo la
situazione.
Per
non fare torto a nessuno dei due faceva colazione due volte,
dimostrando la sensibilità che da sempre lo
contraddistingueva.
Tuttavia,
quel giorno sembrava essere triste ed agitato. Il volto affilato,
solitamente pallido, era cosparso di macchie rosse, dovute senza dubbio
all'ansia.
Astoria
se ne accorse immediatamente. Scostandolo leggermente da sé
lo interrogò con lo sguardo.
Siccome
non voleva parlare, gli suggerì "Si tratta di papà?"
Scorpius
alzò immediatamente la testolina bionda, facendo un cenno di
assenso. "Stamattina
non é venuto a svegliarmi" singhiozzò
"Gli elfi domestici mi
hanno detto che non ha dormito qui"
La
rabbia incominciò a montare in Astoria, potente, impetuosa e
pericolosa. Aveva accettato il fatto che Draco non avrebbe mai provato
niente per lei; lo aveva di fatto legittimato a trascorrere del tempo
insieme alla madre della figlia illegittima, coetanea peraltro del loro
primogenito... Draco poteva continuare a ferirla a proprio piacimento,
in un sadico gioco al massacro. Lei lo avrebbe compiaciuto. Ma mettere
in mezzo il figlio, coinvolgerlo nei suoi loschi traffici extra
coniugali era un gesto quantomeno inqualificabile.
Soprattutto
visto che era stato lui, non molto tempo prima, a disquisire sulla
necessità di porre gli interessi di Scorpius al centro delle
loro esistenze. Evidentemente trascorrere del tempo tra le
gambe di Hermione era molto più piacevole di occuparsi di
suo figlio, rifletté livida Astoria.
Tuttavia,
per non turbare il suo adorato bambino, ostentò un falso
sorriso prima di rassicurarlo: sicuramente il padre sarebbe tornato
presto. Nel frattempo, che cosa ne pensava di un giretto a Diagon
Alley? Avrebbe potuto comprare anche un pensierino a Draco da parte
sua, se lo desiderava.
La
proposta scatenò l'entusiasmo del piccolo Malfoy, che
incominciò a battere felice le manine.
Astoria
lo invitò ad andare a vestirsi, mentre lei si preparava. Era
decisa a non rinchiudersi più tra le lussuose pareti del
Manor, rivestendo il ruolo della povera moglie vittima degli umori del
coniuge. Desiderava rivedere la luce del sole, conversare amabilmente
con i conoscenti, fare shopping. Le sembrava una vita dall'ultima volta
che si era avventurata fuori dal perimetro della proprietà e
fu percorsa da un brivido di esaltazione.
Mentre
stava dando gli ultimi ritocchi alla intricata pettinatura che le
incorniciava il viso, uno degli elfi domestici le porse il giornale
intonso.
Solitamente
trascorreva le mattine sommersa tra le calde coltri del suo letto a
baldacchino, immersa nella lettura di quotidiani e libri.
Quel giorno, invece, non degnò la Gazzetta neppure di uno
sguardo.
Angolo dell'autrice:
Buonasera miei adorati lettori.
Finalmente questa sessione esami è finita, quindi d'ora in
avanti dovrei avere più tempo da dedicare alla scrittura.
Spero che continuerete a seguirmi/recensire come sempre.
Un abbraccio
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Chapter Twenty Nine (Part II) ***
Astoria
avrebbe dovuto capirlo: il modo in cui la gente la guardava e
bisbigliava al suo passaggio non era normale.
Non
aveva prestato troppa attenzione al mondo circostante, attribuendo
quell'agitazione alla eccezionalità della sua presenza:
erano passati mesi dall'ultima volta in cui si era fatta vedere in
pubblico ed era pur sempre la moglie di uno degli uomini più
ricchi e potenti della comunità del mondo magico.
Lei
e Scorpius trascorsero una delle giornate più belle e
spensierate di sempre. Avevano fatto tappa in ogni singolo negozio,
facendo incetta di vestiti ed accessori all'ultimo grido, dolciumi e
prelibatezze, pregiati giocattoli per il piccolo di casa Malfoy; la
tappa più lunga fu quella al Ghirigoro. Astoria si
divertì molto ad aiutarlo a scegliere un regalo per Draco,
sebbene pensasse che l'unica cosa che si meritasse fosse una
maledizione senza perdono . Alla fine, dopo aver messo a dura
prova la pazienza di un servizievole commesso -il cui sorriso
incominciò a vacillare dopo tre quarti d'ora di riflessioni
oculate da parte di Scorpius - si fecero impacchettare un volume
costoso.
Astoria
rivolse uno sguardo d'affetto al bambino, il quale le trotterellava al
fianco con espressione placida, il regalo per il padre stretto tra le
braccia.
Draco
si irrigidì: Rose non era sola in camera. Dalla porta
socchiusa poteva sentire il timbro di voce di un uomo, oltre a quello
cinguettante di sua figlia.
Si
avvicinò circospetto, cercando di carpire il senso della
conversazione; tuttavia, colse solo pochi brandelli fuori
contesto.
Sapeva
chi c'era in compagnia della bambina. Della sua bambina.
Ronald
Weasley era tornato e reclamava i suoi diritti di padre su Rose. Era
tutto finito. Malfoy non avrebbe potuto fare niente, se non struggersi
per la mancanza di colei alla quale aveva salvato la vita. La creatura
che in quelle settimane aveva imparato a conoscere, comprendere, amare.
Cercò
di non lasciar trapelare il proprio turbamento, facendo il suo ingresso
nella camera; assunse un'espressione ieratica, che poi distese in un
sorrisetto sardonico alla vista di Weasley.
Fu
una magra consolazione constatare come la sua presenza lo avesse
profondamente sconvolto. La mascella gli si era improvvisamente
contratta, mentre il volto (dai lineamenti così grossolani)
si faceva livido.
Vedendolo
lì, seduto sul ciglio del letto di Rose, Malfoy fu pervaso
dall'insano desiderio di ucciderlo. Quell'imbecille dai capelli rossi
era l'unico ostacolo degno di nota al compimento della sua
felicità.
Lui,
Hermione, Rose e Scorpius. La famiglia perfetta, ciò che
aveva vagheggiato per anni. Si sentiva come quando, durante il
Quidditch, il boccino d'oro gli veniva sottratto all'ultimo secondo:
quell'indescrivibile senso di trionfo soffocato irrimediabilmente dalla
sconfitta. Sfiorare la vittoria, quasi inspirarne il dolciastro
profumo, per poi esserne brutalmente estromesso era estremamente
frustrante.
E
Malfoy, in quel momento, si sentiva esattamente così.
Si
fissarono per un tempo apparentemente infinito, i respiri pesanti, le
espressioni tese, i pugni contratti: nessuno dei due intendeva parlare
per primo.
Rose,
nella propria adorabile ingenuità, ruppe a proprio modo il
silenzio tombale: balzò immediatamente giù dal
lettino, per correre ad abbracciare Draco.
"Draco, hai
visto? Hai visto che é tornato il mio papino?" Gli
disse, gli occhi lucidi per l'emozione.
Per
quanto quelle innocenti parole gli si fossero conficcate dolorosamente
nel petto, Draco decise di fare buon viso a cattivo gioco. Le sorrise
dolcemente, prima di farle fare una piroetta sul posto. Era il loro
saluto, un gesto intimo diventato quasi un rituale. La risata argentina
di Rose era musica per le orecchie di Malfoy; una melodia
particolarmente straziante però.
Ron
si era limitato, fino a quel momento, a guardare la scena, cercando di
non farsi sopraffare dalla gelosia. Non aveva mai pensato all'ipotesi
che Rose avrebbe potuto affezionarsi a Malfoy; eppure, guardandoli, era
evidente il legame che si era instaurato fra i due.
Il
momento di impasse fu superato grazie all'arrivo di una giovane
"educatrice", la quale propose a Rose di trascorrere un paio di ore
disegnando in compagnia degli altri piccoli degenti.
Rose,
chiaramente su di giri, si era immediatamente rivolta a Draco,
chiedendogli il permesso, salvo poi rendersi conto dell'errore. Un
sorriso tagliente si era dipinto sul volto affilato di Draco, mentre le
orecchie di Ron assumevano una sgradevole tonalità rossastra.
Aspettarono
che Rose lasciasse la stanza, poi -inaspettatamente- Ron gli si rivolse
in maniera cortese ed esitante.
"Malfoy...
Vorrei, hm, ringraziarti per quello che hai fatto per Rose...
Finalmente é tornata quella di una volta."
Draco
sbarrò gli occhi, smarrito. Si sarebbe aspettato un duello
all'ultimo sangue, per questo aveva istintivamente stretto in pugno la
bacchetta, pronto ad infierire.
Non
replicò.
"Però...
Adesso... Ti chiedo di scomparire. Torna dalla tua famiglia e proveremo
tutti a dimenticare..."
Esasperato,
il destinatario di quel patetico appello alzò gli occhi al
cielo.
"Pensi davvero che sia così facile liberarsi di
me?" Disse
con voce strascicata, avvicinandosi al volto del rivale.
"Caro Weasley, caro Weasley... " gli
girava intorno come una belva mentre studia la preda. "Hai perso
in partenza. Hermione ha già scelto me.
Lo ha fatto stanotte, per esempio."
Calpestare
il cuore di Ron era un esercizio davvero piacevole per Malfoy. Al fine
di rendere l'evento ancora più travolgente, con studiata
calma estrasse dalla tasca un paio di slip da donna. Quella mattina,
prima di lasciarla, aveva avvertito l'esigenza di portare qualcosa di
suo con sé, ed il triangolino di cotone gli era sembrato la
scelta più naturale.
"Le
riconosci, non è vero?" chiese
Malfoy in modo mellifluo, beandosi dell'espressione mortificata e
livida del suo interlucutore, le mutandine strette tra le dita alla
stregua di un volgare trofeo.
Lo sguardo incatenato alle mani affusolate e pallide di Malfoy, Ronald
fu improvvisamente pervaso da una strana sensazione di consapevolezza,
che lo colpì come un pugno ben assestato allo stomaco.
Hermione non lo amava più. Ecco perchè
non l'aveva più cercato, ecco perchè aveva
concepito una figlia con un essere abominevole.
Malfoy gli aveva sottratto una moglie, un'amante, una sorella e -
soprattutto - un'amica.
L'aveva perduta per sempre.
Harry
arrivò trafelato alla sede della Gazzetta del Profeta. Nella
redazione regnava un gran caos, per questo dovette alzare la voce per
farsi ascoltare.
Non
appena i giornalisti si resero conto della sua presenza, uno strano
silenzio calò sulla stanza. Nessuno osava incrociare gli
occhi del ragazzo, forse per un tardivo senso di colpa. O almeno
così sperava Harry.
Un
timido assistente si offrì di accompagnarlo dalla direttrice
editoriale, arrossendo visibilmente quando il celebre ragazzo lo aveva
ringraziato riconoscente.
Alla
vista di Rita Skeeter, l'artefice di quel disastro di proporzioni
immani, responsabile della distruzione della sua famiglia, Harry
dovette trattenersi dallo schiantarla a terra seduta stante.
La
sedicente giornalista lo accolse fin troppo calorosamente, le labbra
rosse curvate in un sorriso furbesco, gli occhiali dalla montatura
appariscente appoggiati tra i folti capelli biondi. Dietro di
lei, una penna verde smeraldo aveva incominciato minacciosamente a
muoversi sopra la scrivania. Harry era sicuro che stesse scrivendo di
lui: già si immaginava l'articolo in copertina:
Harry Potter
tenta di manipolare la stampa! Storse
il naso al solo pensiero.
"Che cosa vuoi Potter?"
Nonostante il timbro di voce dolce e soave, la domanda era stata posta
con una certa impazienza.
"Farti
i complimenti per il tuo scoop, carissima."
Rita
sgranò gli occhi, ingenuamente stupita per quei complimenti.
Fece per replicare, ma il ragazzo la bloccò con un gesto
imperioso della mano: "Peccato
che, grazie a questo articolo da quattro soldi, tu abbia distrutto due
famiglie. Brava Skeeter, ti sei superata questa volta."
Sottolineò veemente, guardandola disgustato.
La
giornalista gonfiò il petto, prima di mormorare ferocemente:
"Potter. Mi stai
attribuendo colpe che non ho: non sono stata io ad aver tradito mio
marito. Gli unici responsabili di questa situazione dolorosa sono la
tua amichetta e l'ex mangiamorte. Io mi sono semplicemente limitata a
rendere pubblica una storia che, sapevo, avrebbe appassionato
all'inverosimile il pubblico... Insomma, la Gazzetta non vendeva
così tante copie dalla nascita del tuo
primogenito..."
"Mi fai schifo"
quasi urlò Harry, "mi
fai schifo" ripeté sommessamente, aggiungendo
poi "parassita".
Parlare
con la scrittrice era stato frustrante e totalmente deludente. Non
avrebbe potuto certo aspettarsi totale collaborazione e comprensione da
parte di una che viveva grazie alle tragedie altrui.
La
porta dell'ufficio della Skeeter venne sbattuta di malagrazia,
facendola quasi sussultare.
Angolo
dell'autrice:
Mi scuso per aver postato il capitolo così in ritardo.
Spero che continuiate a seguirmi (siete tantissimi) ed a
condividere con me i vostri pensieri riguardo la storia!
A presto, un abbraccio e grazie!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** Chapter Thirty (Part II) ***
E’ davvero
straordinario il modo in cui una giornata apparentemente
perfetta possa trasformarsi in un incubo senza fine.
Non appena Astoria e
Scorpius misero piede nel Maniero, scoppiò un putiferio. In
seguito, la
consorte di Malfoy non avrebbe saputo raccontare nei dettagli
ciò che era
accaduto. Avrebbe ricordato di essersi sorpresa nello scorgere Daphne
correrle
incontro apprensiva, porgendole una copia spiegazzata della Gazzetta.
Le era
bastato dare un’occhiata, per comprendere tutto. Non aveva
letto da cima a
fondo l’articolo in questione: la foto ed il titolo stampati
a carattere
cubitale erano stati più che eloquenti. I famigliari
lineamenti aristocratici
dell’uomo fusi con quelli grossolani della Granger.
Un’immagine rivoltante.
Doveva aver lanciato
un urlo
strozzato, simile a quello di una bestia agonizzante. Si era sentita
così:
colpita alle spalle, ormai in punto di morte. Aveva cercato di
sopportare, accettare,
persino dimenticare il comportamento di Draco. A nulla,
però, sembravano essere valsi quegli sforzi, quel
dolore. Per tutti quegli anni, infatti, era stata usata: prima come
fattrice di
lusso dell’unico e prezioso erede di Malfoy, poi come
sofisticata governante
della magione. L’aspetto più doloroso
della vicenda era, però, la modalità con cui si
era consumato l’adulterio; Draco non si era
limitato ad andare a letto
con un’altra: lo aveva fatto pubblicamente, senza ritegno,
disinteressandosi
completamente della sua reputazione e dei suoi sentimenti.
Ignorando il
cicaleccio petulante
ed eccitato della sorella, Astoria concentrò la propria
attenzione su Scorpius:
ancora avvolto nella mantella invernale, la guardava di sottecchi,
palesemente
disorientato dalla situazione. Sembrava quasi un coniglietto, con
quell’aria
spaurita ed il nasino fremente. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo e
rassicurarlo, povero piccolo. Ma non poteva, non riusciva…
La testa le pulsava
terribilmente e non riusciva a controllare il tremore delle mani. E
poi, le
sembrò di annaspare nel vuoto.
Draco alzò gli occhi al cielo,
esasperato. Un anonimo gufo color nocciola gli era appena planato sulla
testa,
scagliandogli addosso una busta. Secondo
il messaggio, Astoria era stata male. Per questo, si esortava il
consorte a
raggiungerla il prima possibile. Non era il momento, maledizione.
Doveva
risolvere una crisi di proporzioni epiche, non aveva tempo di gestire
le
paturnie isteriche di quella sciocca. Sbuffando, si
smaterializzò con un gesto
di impazienza, accogliendo la richiesta di aiuto da parte di Dafne. Lo
fece
sotto la spinta di un vago senso di colpa, conscio di essere
contemporaneamente
il motivo scatenante e la cura di quel malore.
Quando
riaprì gli occhi, venne
disorientata dall’oscurità nella quale si trovava.
La stanza era quasi
completamente immersa nel buio. Non era sola: poteva percepire il
respiro di
un’altra persona, oltre al proprio.
“Draco?” chiese, speranzosa e
titubante, odiandosi . Continuava a
sperare, ad avere un’esigenza spasmodica della sua presenza.
Forse le avrebbe
chiesto perdono. Magari si sarebbe impegnato maggiormente, arrivando
persino -chissà - ad amarla come meritava.
D’un tratto, il manto scuro che avvolgeva la
stanza fu squarciato dalla luce fioca di una bacchetta. Quel lurido,
bastardo,
amatissimo fedifrago del suo consorte si avvicinò al letto
matrimoniale, il
volto parzialmente nascosto nell’ombra. Le fece segno con un
dito, invitandola
al silenzio.
“Astoria…” sussurrò lui, la
voce rotta dall’emozione. La giovane
donna trattenne il fiato, indecisa se baciarlo o schiaffeggiarlo.
“Astoria…” ripeté,
prima di asciugarle
una lacrima. “Non
posso stare qui per
molto tempo. Daphne me lo ha categoricamente vietato. E ho paura di
essere
cruciato da un momento all’altro, se non mi sbrigo.” Draco
alzò le
sopracciglia, strappandole un sorriso: era un vecchio gioco tra loro,
prendevano spesso in giro sua sorella per il carattere dispotico e
vagamente
autoritario. Per una frazione di secondo, tutto sembrò
essere tornato alla
normalità. “Mi dispiace tanto. Ho
provocato tanto dolore… a tutti noi. Non volevo che lo
scoprissi così…Ad essere
sincero, ho sempre sperato che nessuno avrebbe mai saputo
niente di me
ed Herm…” Draco esitò un
attimo, prima di correggersi cautamente: “Sì,
insomma… di me e lei.”
In quel preciso
istante, mentre
la rabbia incominciava a scorrerle impetuosamente nelle vene, Astoria
comprese:
e fu come morire. Draco Malfoy si era recata da lei con un unico scopo:
lasciarla, abbandonarla, come se tutto quel tempo trascorso insieme non
avesse
significato nulla. Che cosa ne sarebbe stato di lei? E di Scorpius?
Una terribile
consapevolezza fece capolino, mozzandole il fiato.
Angolo
dell’autrice:
Forse avevate perso le
speranze…
invece, ce l’ho fatta! Eccomi qui un nuovo
capitolo… Presto la storia assumerà
tratti più drammatici, per questo ho dovuto cambiare il
rating.
Fatemi
sapere cosa ne pensate… i vostri
commenti mi sono sempre di grande aiuto. =)
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2886568
|