Everything Changes Now

di its_CrissColfer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


And there's nothing left here to remind me,
just the memory of your face.

 

Kurt si svegliò con un gran mal di testa quella mattina. Quando i raggi del primo sole lo colpirono in pieno viso fu inevitabile per lui aprire gli occhi. Si passò distrattamente la mano destra sul viso e voltò la testa verso la fonte di luce, maledicendo chiunque avesse lasciato aperte le tende la scorsa notte. Doveva ammettere che la sera prima aveva forse esagerato in quel localino insieme a Rachel, e guardandosi un po' intorno si rese conto praticamente subito che non si trovava nel suo loft. Roteò gli occhi prima di guardare alla sua destra. Si chiese immediatamente chi cazzo fosse quel ragazzo con i capelli ricci che dormiva ancora profondamente sul cuscino vicino al suo. Avrebbe voluto non aver bevuto così tanto, così magari si sarebbe ricordato almeno se fosse stata una buona scopata oppure no. Se ne fosse valsa la pena.

Improvvisamente schifato scostò le coperte e si alzò il più lentamente possibile, sperando di non svegliare Mark-Jack-o come diavolo si chiamava, così da non doversi sorbire domande come Mi lasci il tuo numero? Possiamo rivederci? O cose simili. Recuperò velocemente i suoi vestiti che erano stati fatti volare in qualsiasi angolo della stanza, e, aprendo diverse porte, trovò finalmente il bagno. Ci si chiuse a chiave, e posò i vestiti sopra il mobiletto lì vicino. Guardò il proprio corpo nudo allo specchio per diversi minuti. Com'era finito in quella situazione? A fare sesso con persone che nemmeno conosceva e scappare subito la mattina dopo? Aveva smesso di amare? Era diventato una specie di puttana?

Il solo pensiero gli fece portare le mani alla bocca, e dopo pochi secondi, tutto l'alcol che aveva ingerito la sera prima fu rigettato nel lavandino di porcellana di quel bagno enorme. Prima di riprendersi completamente passarono diversi minuti, e alla fine di quello sfogo da parte del suo stomaco, si ritrovò accucciato sul pavimento a piangere.

Sapeva che niente sarebbe cambiato, finchè lui non si fosse dato da fare a cercare di cambiare la sua vita.

 

Dopo una doccia veloce per togliersi di dosso l'odore schifoso di sesso, e una faccia disgustata per essersi dovuto rimettere gli stessi boxer della sera prima, uscì dal bagno. Sbuffò rumorosamente quando, dopo aver guardato nella stanza da letto, si rese conto che il ragazzo non si trovava più lì. Prima ancora che potesse dileguarsi alla svelta, due mani gli intrappolarono la vita, fermandosi sulle sue parti intime, mentre un erezione crescente gli premeva sul sedere.

“Buongiorno.” disse quella voce mielosa direttamente nel suo orecchio.

“Giorno.” rispose seccamente Kurt, portando le mani sopra quelle dell'altro ragazzo, e levandole, usando una forza anche a lui sconosciuta. Sorrise compiaciuto, mentre rientrava nella stanza e recuperava le proprie scarpe. Si sedette sul bordo del letto e se le infilò il più velocemente possibile, senza mai incontrare lo sguardo dell'altro ragazzo, che continuava a fissarlo confuso.

“C'è qualcosa che non va?” chiese allora quest'ultimo. Si sedette sul bordo del letto accanto a Kurt, ma questo si rialzò immediatamente, recuperando dal comodino lì vicino il proprio telefono. “Non ti è piaciuto ieri sera?”

“Ah, non ne ho idea, visto che nemmeno me lo ricordo.” rispose tranquillamente il ragazzo, alzando le spalle, e infilando l'iPhone nella tasca anteriore dei jeans. Mise gli occhiali da sole sopra la testa e si rigirò verso di lui. “E comunque adesso me ne vado.” disse poi, indicando distrattamente la porta della stanza. Inciampò leggermente nel paio di boxer neri che si trovavano nel suo cammino mentre il più velocemente possibile se ne andava da quell'appartamento dove sentiva già troppo un odore che gli dava la nausea. “Ci si vede, Carl.” disse infine, richiudendosi la porta dell'appartamento alle spalle, e scendendo velocemente i gradini. Evitò di ridere quando sentì la voce del ragazzo urlare Mi chiamo Matt, ed uscì dal portone del palazzo, infilandosi gli occhiali da sole che teneva sopra la testa. Si guardò intorno, e infine si infilò nel caos di New York.

Beh, nonostante fossero già a metà Dicembre, doveva ammettere che faceva veramente caldo quel giorno. Incrociò le braccia al petto, mentre mentalmente riassumeva quello che avrebbe dovuto fare quella Domenica. E per fortuna che era Domenica, almeno non avrebbe dovuto lavorare. Rise internamente, mentre apriva il portone del proprio palazzo, pronto a sorbirsi da lì a poco la ramanzina giornaliera della propria migliore amica.
 

*
 

“Non ho intenzione di dirti niente, Kurt.” disse una ragazzina piuttosto minuta, quando quest'ultimo aprì la porta ed entrò in un punta di piedi. Sobbalzò quando sentì la voce della ragazza, portandosi una mano all'altezza del cuore e subito si voltò verso la fonte di rumore, trovandosi faccia a faccia con due ragazze piuttosto imbronciate. Erano sedute sul divano con le gambe accavallate e le braccia incrociate sotto il seno. Se Kurt non le conoscesse avrebbe detto che erano sorelle. Cercò di dire qualcosa come un semplice Buongiorno anche a voi, coinquiline impiccione, ma la sua migliore amica fu più veloce. “Ma questa cosa non mi va bene.” finì lei, continuando a fissarlo torva. Il ragazzo roteò gli occhi, e invece di dirigersi verso di loro come voleva fare, svoltò a sinistra, entrando in cucina, e cominciando a rovistare tra gli scaffali. Aveva fame sin da quando si era svegliato, e quello che Rachel gli stava dicendo sembrava una specie di deja-vu. E quel deja-vu l'aveva vissuto fin troppo spesso. “Il fatto è che..”

“Vedi, Rachel,” cominciò Kurt distrattamente, interrompendola. Ne aveva abbastanza delle ramanzine fatte da lei. Neanche fosse sua madre. Nel frattempo stava cercando inutilmente i suoi cereali nello scaffale dove erano sempre rimasti. “La mia vita sessuale, o amorosa, come preferisci te, semplicemente non sono affari tuoi.” disse, alzando le spalle, e girandosi verso di lei, con un sorrisetto sul viso. “E poi, dovreste essere contente,” continuò poi, ammiccando ad entrambe. Anche l'ispanica si era alzata dal divanetto dove erano seduto e li aveva raggiunti. “Almeno io non me li porto a casa.”

“Cosa vorresti dire?” chiese lei, assottigliando gli occhi. Era in piedi esattamente dall'altra parte del tavolino, mentre il ragazzo armeggiava con una bottiglia di latte. Kurt distolse lo sguardo dal liquido bianco, secondo lui scaduto, e la fissò per qualche istante, prima di riaprire bocca. Sapeva sin dall'inizio che quella conversazione non avrebbe portato a niente di buono.

“Chi è che si è messa in casa Brody, senza neanche avvertire l'altro coinquilino? Tu. Chi invece Ethan? Tu. E vogliamo parlare di Matthew? Justin? Jonathan? O –“

“Ok,” lo interruppe Rachel, alzando di qualche decibel la voce, solo per sentirlo smettere di parlare. “Va bene. Hai ragione.” acconsentì poi, mettendo entrambe le mani avanti, con un sorrisetto sul viso. Si presero entrambi un minuto di silenzio. Kurt sapeva che l'amica avrebbe aggiunto qualcosa, così semplicemente aspettò. Mentre quest'ultima pensava alle parole esatte da usare senza far incazzare il proprio coinquilino. Cosa che non sarebbe stata facile. “Io le ho amate – o almeno ho creduto di amarle – quelle persone, Kurt.” disse poi, in tono affettuoso, avvicinandosi a lui, lentamente come se si trovasse una bomba esattamente ai piedi del ragazzo. Il giovane assottigliò gli occhi, sospettoso. Oddio, no. “Tu – io, non lo so, sembra quasi che tu abbia smesso di.. di.. sperare.” aggiunse lei, voltandosi verso Santana, la quale non aveva ancora aperto bocca. Quest'ultima annuì impercettibilmente, e Rachel si voltò nuovamente verso di lui, sorridendo tristemente. Certo, quelle due avevano già programmato tutta la chiacchieratina. “Di sperare di riuscir a trovare la persona giusta.”

“Praticamente,” cominciò il ragazzo, fissando le ragazze alternativamente. Il suo tono aveva assunto un tono offeso. “Mi state dando molto gentilmente della puttana.” La sua vocina interiore proprio in quel momento gli sussurrò un non molto carino hanno ragione. Si, in effetti aveva poco da sembrare offeso. Sapeva perfettamente che da sei anni non faceva altro che cambiare ragazzo praticamente ogni sera. Probabilmente si era fatto tutta New York dalla parte maschile. Quasi sicuramente la gente per strada lo additava come Oh, quello è Hummel, quello che da via il culo come se fosse niente.

Kurt incrociò le braccia al petto, e scosse la testa lentamente, cercando di ricacciare le lacrime che stavano affiorando ai suoi occhi. Ripensò all'ultima frase di Rachel. “Sembra che tu abbia smesso di sperare.” Non era assolutamente così. O forse si? “Io l'avevo trovata la persona giusta.” sussurrò poi con voce rotta, senza guardare nessuna delle due ragazze. Le parole gli erano uscite ancora prima che lui potesse fermarle. Quest'ultime si scambiarono un occhiata, prima di tornare a guardare il ragazzo davanti a loro, entrambe senza parole. Era la prima volta, dopo sei anni, che parlava o comunque che faceva riferimenti a.. lui. I primi tempi quando qualcuno provava a parlarne, soprattutto Santana per stuzzicarlo, Kurt semplicemente cambiava argomento o non rispondeva, fingendosi completamente disinteressato. Ed era quasi strano sentirlo parlare di quello.

Ci furono dei lunghi secondi imbarazzati tra le due ragazze, mentre entrambe cercavano qualcosa con cui ribattere. Beh, sembrava semplicemente impossibile. Alla fine, Santana, la quale era rimasta in silenzio, si fece avanti. “Kurt, sono passati sei anni.” dichiarò l'ovvio. L'ispanica era cambiata radicalmente in quegli anni. Era diventata leggermente più affettuosa nei confronti di chiunque, anche se non era probabilmente ancora pronta ad ammetterlo. Lei e Brittany si erano rimesse insieme dopo un anno circa di separazione, e Kurt le invidiava da morire. Adesso stavano programmando di sposarsi il prima possibile. Il ragazzo si asciugò una lacrima che era sfuggita dai suoi occhi, e mise su un sorriso finto. Alla fine annuì.

“Vado a fare un giro.” disse infine, sorpassandole entrambe e recuperando la propria giacca. Scosse la mano che Rachel gli aveva appoggiato su un polso cercando di trattenerlo, e continuò a sorridere. Il miglior sorriso che in un momento del genere potesse indossare. “Sto bene.” dichiarò, cercando di tranquillizzarla, mentre usciva il più velocemente possibile da quel loft che gli stava in quel momento fin troppo stretto.

La verità è che il cuore rischiava di scoppiargli da tanto che aveva deciso di battere, e l'unica cosa che desiderava veramente fare, era rinchiudersi in una stanza isolata e piangere fino a che ne avrebbe avuto la forza. Ma quella era la sua vita, che gli piacesse o no. Quello era quello che gli era successo, che gli piacesse o no. E che gli piacesse o no, era davvero arrivato il momento di andare avanti, lasciandosi il passato alle spalle.

 

*

 

Stava tamburellando il piede sul pavimento di legno da diversi minuti ormai. E controllava l'ora ogni due secondi. Non era possibile. Un'altra volta. Era ancora una volta in ritardo. E anche in grave ritardo, quella volta. Accavallò le gambe un ennesima volta, passandosi nervosamente le mani tra i capelli. Un ennesima volta.

Fece vagare lo sguardo tra le persone in sala, e un'espressione disgustata gli si formò sul viso. Coppiette felici. Coppiette felici ovunque. Anche lui sarebbe potuto essere felice, invece di così profondamente incazzato com'era. Prese il menù che si trovava a poca distanza da lui e cominciò a leggere e rileggere, fino a che ormai non lo imparò praticamente a memoria. In realtà sperava solamente di potersi dare una calmata. Solo che lo sapeva: appena vide quel viso entrare dalla porta principale del ristorante, una profonda voglia di alzarsi, spaccargli la faccia e andarsene, lo pervase. Cercò di ricomporsi, mentre il ragazzo con l'espressione mortificata che ormai non lo convinceva più da almeno un paio di anni, si avvicinava a lui. Mise su la sua migliore espressione offesa-incazzata-nonmitoccare, senza smettere di tenere gli occhi incollati al menù. In effetti, parlando di drama queen, era forse rimasto il migliore sul mercato. Sorrise compiaciuto internamente della sua espressione. Ahh, che soddisfazione vedere quell'espressione preoccupata. Paura, eh?

“Amore,” cominciò il ragazzo, sedendosi davanti a lui, e tentando un sorriso incerto che l'altro non ricambiò minimamente. Anzi, non lo stava neanche guardando. “Amore, mi dispiace.” disse, passandosi le mani tra i capelli. “Ho avuto un -”

“Quarantasei, e dico quarantasei, minuti di ritardo, Alex.” lo interruppe l'altro, posando il menù nel modo più elegante che conoscesse. Adesso esisteva anche un modo elegante per appoggiare un menù? Vabbè, stava solo cercando di contenersi. Lo avrebbe volentieri rincorso per tutto il ristorante, minacciandolo con il menù, e ricordandogli che quella era.. “La settima volta che arrivi in ritardo ad un appuntamento. Stai per caso, cercando di battere un qualche record?” chiese infine, con una punta non proprio leggera di sarcasmo. Sentì il ragazzo sospirare. Ti sta bene. Sentiti pure in colpa quanto vuoi.

“Blaine, amore, ti prego.” lo supplicò lui. “Ho avuto un contrattempo con il produttore. Cerca di capire.”

Il moro distolse lo sguardo da quegli occhi che in quel momento gli facevano venir voglia di vomitare, e accavallò nuovamente le gambe, tamburellando distrattamente le dita della mano destra sul tavolino. Alex seguì quel suo gesto, e cominciò seriamente a preoccuparsi. “E' la scusa che usi ogni singola volta.” sibilò a denti stretti infine, tenendo gli occhi chiusi. “In ogni caso,” continuò poi, sospirando e cercando di darsi una regolata, una volta per tutte. “Non – non mi va di litigare.”

Non era esattamente così. Il fatto che lo avrebbe rincorso per tutto il ristorante, era vero. Ma la verità era che Blaine non poteva permettersi di perdere Alex. Sarebbe rimasto solo ed indifeso se ciò fosse successo. E la domanda che più continuava a tormentarlo era sempre la stessa. Lo amava ancora, o era semplicemente un bisogno di non sentirsi abbandonato?

Quando riaprì gli occhi, rimase pietrificato. Il suo ragazzo aveva sorriso e aveva cominciato a parlare e parlare, senza mai distogliere lo sguardo dal menù che aveva preso dal tavolino. Era sempre così, se Blaine rispondeva “Non mi va di litigare.” o “Lasciamo perdere.”, allora il ragazzo ricominciava a respirare e cominciava a parlare come se niente fosse. Aveva conosciuto Alex cinque anni prima, quando lui era in un periodo piuttosto nero. Alex lo aveva riportato a galla, salvandolo – letteralmente. Ma Blaine sapeva perfettamente per quale motivo, un anno dopo aveva deciso di mettersi insieme a lui, e trasferirsi a New York. Era giovane, ed era innamorato, ovviamente. Ma i suoi occhi, pur non essendo della stessa identica tonalità, erano simili a quelli di..

“..ed è per questo che vorrei che tu venissi, amore.”

Blaine sembrò risvegliarsi a quella frase. La verità è che non era rimasto molto sveglio per tutto il monologo di Alex. Anzi, non aveva afferrato una singola parola, troppo distratto dai propri pensieri. “Scusa, dicevi?”

“Il ricevimento di stasera. Che poi non è proprio un ricevimento, ma una specie di festa.” gli ricordò il ragazzo biondo davanti a lui, sorridendo teneramente. Sapeva che Blaine aveva molti pensieri riguardanti il lavoro, quindi non se la prese per niente. “Verrai, giusto?”

“Oh si, sicuro.” rispose Blaine, fingendosi entusiasta. Dopo un sorriso tenero da parte di Alex, ed uno improvvisato e veramente poco convincente del moro, diedero le loro ordinazioni al cameriere che si era appena avvicinato.

Sapeva che tipo di “ricevimento” gli sarebbe aspettato. Gli amici di Alex – che ormai erano diventati anche i suoi – erano piuttosto simpatici, ma dio, quelle serate erano una più noiosa dell'altra. Con un calice di champagne in mano, tutti vestiti in giacca e cravatta, a parlare in un modo che neanche le più alte classi sociali del ottocento. Ovviamente il tutto, restando tutta la sera con un sorriso finto stampato in volto. Ecco, sarebbe stata una serata di merda, ne era sicuro.

 

*

 

“Mi dispiace, Rach.”

Quelle parole arrivarono sussurrate alle orecchie della giovane ragazza, la quale saltò letteralmente sulla propria sedia, ed incontrò velocemente lo sguardo del proprio migliore amico, dallo specchio che aveva davanti. “Per cosa, amore?” chiese lei, confusa, aggrottando la fronte, e continuando a idratarsi la pelle.

Kurt, che stava fermo sullo stipite della porta, sospirò, prima di entrare nella piccola stanza. Si guardò intorno, prima di sedersi su un piccolo divanetto proprio dietro le spalle di Rachel, continuando a guardarla attraverso lo specchio.

“Oggi dovevamo festeggiare per il tuo finalmente arrivato debutto, e invece,” alzò le braccia e sospirò. “Mi sono comportato da diva, come al solito, stando fuori tutto il giorno e non rispondendo nemmeno alle tue chiamate.” riabbassò le braccia, evitando il sorrisetto divertito sulle labbra della migliore amica. Doveva ammettere che neanche lui potè evitare quello che si formò sul suo di viso. “Solo.. mi dispiace.”

“Ehi, non fa niente ok?” disse lei, alzandosi dalla sedia e andandosi ad inginocchiare davanti a Kurt. “Va bene così, ci rifaremo dopo lo spettacolo.” prese le mani di Kurt tra le sue, e sorrise. Il ragazzo la imitò. “Adesso.. vogliamo parlare di quello che hai detto -”

“No, Rachel.” rispose l'amico, scuotendo la testa categoricamente. “Non so per quale motivo ho detto una cosa del genere. Forse.. beh, forse..”

“Forse lui ti manca?”

“Forse.” acconsentì lui, sorridendo. “Ma è acqua passata. Sono passati sei anni, e non è giusto che io continui a pensarci o.. o a starci male.”

“Ma sembra che sia inevitabile, o sbaglio?” chiese Rachel, inclinando leggermente la testa. Un sorriso tenero si fece strada sul suo viso. Kurt distolse velocemente lo sguardo, per evitare che le lacrime uscissero dai suoi occhi per l'ennesima volta, quel giorno. “Voglio dire, sembra che tu non possa far altro che pensarci.”

“E tu che ne sai?” chiese Kurt, un po' sulla difensiva, tornando a guardarla. Quella si che era bella.

“Oh, andiamo. Ricordi quella mattina quando mi svegliai e tu ti trovavi con questo ragazzo sul divano a guardare la tv? O quando ti incontrai a Central Park con un altro ragazzo, il quale non mi ricordo neanche come si chiamava? E non so.. è una mia impressione, o assomigliano tutti inevitabilmente a -”

Kurt la zittì, premendole una mano sulla bocca. Scosse la testa. Era tanto tempo che non sentiva quel nome, e si stava abituando. Quando tolse la mano, la ragazza annuì comprensiva. Non ebbero il tempo di dire altro. Quando il regista entrò nel camerino annunciando che mancavano solo venti minuti, Rachel si sbrigò a rialzarsi e a finire di prepararsi, lasciando Kurt perso nei suoi pensieri.

Tutto sarebbe potuto andare diversamente se solo fosse tornato a Lima quando lui glielo aveva chiesto, per le regionali del suo ultimo anno. Perchè aveva semplicemente deciso di andare avanti, e cercare di voltare pagina? Ma la cosa che più lo faceva stare male era ripensare a quando aveva finalmente realizzato che non poteva, semplicemente non poteva, andare avanti senza di lui, ma era troppo.. codardo? per prendere un aereo e tornare a prendersi ciò che era suo. Che era sempre stato suo. E che sempre sarebbe stato suo. Su quello ne era sicuro. Perchè per quanto, quasi sicuramente non lo avrebbe più rivisto, sapeva che un pezzo di lui era sempre e comunque suo. Sapeva che in quei momenti che avevano passato insieme, si era preso un pezzo dell'anima dell'unico ragazzo che abbia mai amato. Il problema era che, quest'ultimo, si era preso ogni singolo pezzo dell'anima di Kurt.

La malinconia e la tristezza lo pervasero un ennesima volta quel giorno.

 

*

 

L'essere il ragazzo dello stilista aveva sicuramente i suoi vantaggi. Ecco cosa pensava Blaine mentre si sedeva con un sorriso sincero nei posti riservati del teatro. Broadway, ecco una cosa che aveva sempre amato. E se c'era una cosa che amava ancora di più erano i debutti a Broadway. Nuove voci, nuove facce. Purtroppo non aveva avuto tempo di informarsi sulla ragazza che avrebbe vestito i panni di Fanny Brice, ma aveva il presentimento che sarebbe stata formidabile. Si voltò verso Alex, che in quel momento stava discutendo dei dettagli più o meno futili, con quello che, a sesto senso, sembrava il produttore. In un moto di rabbia, gli avrebbe chiesto se era veramente lui il responsabile di tutti i suoi ritardi, ma.. no, era troppo contento quella sera. In realtà aveva detto al suo ragazzo che sarebbe stato presente solo all'after party, ma per fortuna era riuscito a liberarsi prima a lavoro, e grazie al pass datogli da Alex, era riuscito a raggiungerlo, proprio mentre chiudevano le tende, segno che il primo atto si era appena concluso.

Il ragazzo si girò verso Blaine, proprio mentre gli applausi si conclusero. Vedere il sorriso sincero, e lo sguardo curioso del proprio ragazzo, che si era appena affacciato dal loggione, per vedere le persone dall'alto, lo fecero sorridere felice. L'entusiasmo adorabile di Blaine era una delle cose che lo avevano fatto innamorare di più. Quest'ultimo si girò proprio in quel momento, forse sentendosi osservato, ed Alex ne approfittò per stampargli un bacio a fior di labbra, che fece arrossire il moro, il quale non se l'aspettava.

“Sono felice che tu sia qui.” gli sussurrò ad un orecchio, quando furono seduti compostamente. Blaine sorrise leggermente, accoccolandosi contro la sua spalla – per quanto quelle poltroncine lo permettessero. “Ti amo.”

Quella fu come una mazzata al cuore. Alex non era una persona particolarmente propensa al dire cose come “ti amo”, “sei importante”, o “sei la cosa più bella della mia vita”. Era semplicemente un tipo di persona che preferiva i gesti alle parole. E Blaine gliene era estremamente grato, perchè ogni volta che si ritrovava a dover rispondere a cose del genere, si sentiva stranamente in colpa. Non sapeva spiegarsi il perchè. In fondo, Alex era una delle persone più importanti della sua vita. Ma non la più importante, come forse sarebbe dovuto essere. Merdamerdamerda.

Si schiarì la gola, come a prendere quel minimo di tempo che forse lo avrebbe fatto ragionare meglio. Alla fine mise su un sorriso e alzò lo sguardo sul ragazzo accanto a lui. “Anche io ti amo.”

Prima di poter seriamente capire se fosse una bugia o no, il palco venne riaperto, e le luci del teatro vennero riabbassate. Cosa di cui Blaine fu grato, così Alex non avrebbe letto la confusione nei suoi occhi. Quello era un suo difetto, il poter essere come un libro aperto per le persone. No, era una cazzata. Quasi nessuno riusciva a leggergli dentro, tranne chi veramente lo conosceva. Il fatto è che Alex non ci aveva mai neanche provato. Solo Kurt ci riusciva ogni singola volta.

Kurt.

Blaine spalancò gli occhi, senza fissare niente di particolare. Non si concentrò sulle parole dello spettacolo, né sulla musica che uscì dagli strumenti subito dopo. Aveva un solo unico pensiero in quel momento. Kurt. Erano – metaforicamente parlando – anni che Blaine non pensava a lui. Anni che non lo nominava nelle sue conversazioni o nei suoi pensieri. Neanche Alex sapeva della sua storia con Kurt. In effetti, nemmeno lui sapeva delle precedenti storie del suo ragazzo.

Chissà che fine avesse fatto Kurt. Forse si era trasferito nuovamente. Forse adesso abitava in Europa, o dall'altra parte dell'America. Forse era finito a fare un lavoro importante. Forse era single. O forse, e quasi probabilmente, era sposato e felice. Quell'ultimo pensiero fu come una doccia gelata per il moro. Un improvviso senso di vomito lo pervase. Si alzò in piedi, sentendosi soffocare, sotto lo sguardo confuso del proprio ragazzo, e dopo avergli sussurrato un velocissimo “Scusami”, si affrettò a scendere velocemente le scalette che lo avrebbero portato a respirare l'aria pungente dell'inverno di New York. Mentre tirava fuori il telefono dalla tasca posteriore che aveva appena iniziato a vibrare, si scontrò con una persona. Dio, che giornataccia. Si scusò velocemente senza neanche guardarla in faccia. Sicuramente avrebbe pensato che era un gran maleducato, ma poco gli importava. Portò il telefono all'orecchio, rispondendo alla chiamata della sua segretaria.

 

 

Che testa di cazzo.

Kurt si girò con un espressione decisamente da come-osi. La verità è che non se la sarebbe assolutamente presa se quel tizio si fosse almeno scusato come si deve. Ma no, l'aveva semplicemente travolto, e poi come se fosse una cosa normalissima, si era allontanato rispondendo a quel cazzo di telefono. Fanculo. Ma possibile che New York fosse un posto pieno di così tanti maleducati?

Dopo essersi rigirato con un espressione da io-vado-avanti-anche-senza-le-tue-scuse, e dopo che la “rabbia” del momento fu evaporata, una lampadina si accese esattamente sopra la sua testa. Inclinò leggermente la testa, e aggrottò le sopracciglia. Si girò nuovamente verso l'uscita, dove il tizio che l'aveva quasi ucciso – potrei fargli causa – stava attraversando in quel momento la strada, dandogli le spalle, e continuando a parlare al telefono.

Non era possibile. Insomma, anche solo l'idea, lo faceva scoppiare a ridere. Per un momento ovviamente, aveva avuto la grande idea di inseguirlo – pedinarlo – e vedere se le sue supposizioni fossero vere. Ma dio, sarebbe stata la cosa più assurda che avrebbe mai potuto fare. Eppure, quella voce..

“Kurt?”

La voce di Santana lo riportò alla vita reale, facendolo sobbalzare. “Torna dentro, il secondo atto è appena iniziato.”

Kurt si voltò velocemente verso di lei, e poi nuovamente verso la strada, dove la sagoma dell'uomo che aveva visto poco prima era sparita. Annuì impercettibilmente. “Si, arrivo.”

 

*

 

“Ma dove sei?” chiese quella – tanto odiata, in quel momento – voce, dall'altra parte del telefono. Blaine sospirò nuovamente quel giorno, e uscì dal fioraio con un grande bouquet di rose rosa. Roteò gli occhi, e, con il telefono tra la spalla e il viso, riuscì a sistemare un paio di rose che sporgevano troppo.

“Scusami, sono dovuto uscire.” rispose sinceramente, avviandosi non sapeva bene dove neanche lui. “Mi sono sentito poco bene, e avevo bisogno di fare una passeggiata.”

Dio, se era vero. Non se lo seppe spiegare il perchè, ma pensare che Kurt, il suo Kurt, poteva benissimo essere sposato o convivente, o chissà cosa, lo aveva fatto sentire una merda. Non aveva nessun diritto di sperare, egoisticamente, che Kurt fosse ancora single. In fondo, lui non lo era. E le cose con Alex stavano diventando pure serie. E poi, comunque, neanche in una prossima vita si sarebbero potuti rincontrare, di questo ne era praticamente certo.

“Adesso come stai?” La voce preoccupata di Alex gli trafisse il cuore. Dio, si sentiva così in colpa. Perchè non riusciva ad amarlo come lui amava Blaine? Merda.

“Bene.” mentì. “Sto bene. A proposito,” disse poi, cercando in tutti i modi di cambiare discorso. “Sono passato dal fiorista a prendere delle rose alla ragazza. Mi dispiace essermi perso lo spettacolo.” disse infine, più riferendosi a lui, che alla ragazza che debuttava quella sera. Poco gli importava, se doveva essere sincero. Ma vabbè, Alex la conosceva bene ed erano diventati praticamente amici, e le aveva promesso di farle conoscere Blaine. E lei sembrava stranamente molto impaziente di conoscerlo. Blaine non poteva dire lo stesso. Ripeto, poco gli importava.

“Oh, è un pensiero molto gentile, amore.” rispose il suo ragazzo. Il moro praticamente sentiva il sorriso del suo ragazzo. Cosa che gli fece improvvisare un sorrisetto anche a lui. “Allora, ci vediamo al locale. Siamo già in parecchi qua.”

“Si, arrivo.” tagliò corto il moro, per poi riattaccare velocemente. Eccola la serata di merda che si aspettava. Stava arrivando. Blaine la sentiva.. la sentiva così vicina. Dio, era proprio melodrammatico, sua madre gliel'aveva detto così tante volte. Aveva decisamente ragione.

 

*

 

“Amore, finalmente!” esclamò Alex, quando vide il proprio ragazzo entrare con questo esagerato bouquet di rose. Quasi ci spariva dietro. Sorrise divertito, prima di stampargli un bacio sulla guancia. Blaine si guardò un po' attorno, sospirando impercettibilmente, mentre Alex lo conduceva davanti ad una persona veramente alta, ugh. Lo faceva sentire ancora più gnomo di quello che si sentiva di solito. “Questo, Blaine, è il produttore, Mr. Nicholas Powell. Signor Powell, il mio compagno, Blaine Anderson.”

I due si strinsero la mano e si sorrisero cordialmente. Mr. Powell forse fin troppo cordialmente, il che fece tirare indietro la mano a Blaine forse un po' troppo prima del previsto. Nessuno parve accorsene, per fortuna. Di certo non voleva passare come Blaine Anderson, il maleducato ragazzo di Alexander Torres. L'uomo cominciò a chiacchierare animatamente con entrambi, ma Blaine ne approfittò solo per continuare a guardarsi intorno. Il locale era stato sgomberato dei soliti tavolini, e si trovava solo un enorme tavolo sulla parete in fondo, con sopra degli stuzzichini. Uh, che parola. Ha sempre odiato la parola stuzzichini. Sa di altà nobiltà. Le persone intorno a loro erano vestite da sera e con il solito clichè del cazzo di calice di champagne in mano. Sorrise divertito, evitando di mettersi ad urlare a tutte quelle donne quanto se la tirassero con quelle manine che fanno finta di nascondere una risata ancora più finta delle unghie. E poi gli chiedono perchè è gay.

Il suo sguardo finì nuovamente sulle rose che teneva in mano. In effetti, si sentiva estremamente idiota con quel bouquet in mezzo ad una sala. Spiccava, su quello non c'erano dubbi.

“Ahh, Signor Anderson.” alla pronuncia del suo cognome, Blaine sembrò risvegliarsi. “Quanto invidio il vostro lavoro. Quanti anni avete detto di avere?”

“Non credo di averlo detto, Signor Powell,” disse con una punta di sarcasmo, che subito gli fu tolta dalla gomitata non proprio delicata del suo ragazzo. “Comunque ventiquattro.” disse poi, cercando allora di ricomporsi. L'occhiata di disapprovazione che gli aveva inviato Alex, lo aveva fatto preoccupare. Solitamente Alex amava il suo sarcasmo. Sarei in grado di metter su un espressione offesa anche in questo momento. Poco gli importava di apparire infantile. Forse lo era rimasto davvero.

“Avete già completato gli studi?” chiese, l'uomo, dopo aver ridacchiato leggermente. Pft, lui apprezza il mio sarcasmo.

“Beh, si, ho completato gli studi l'anno scorso alla NYU. E dopo pochi mesi, sono stato assunto al Lenox Hill, cosa di cui ancora non mi capacito, veramente.” ammise con una risatina nervosa, che fece sorridere Powell e il proprio ragazzo. “Adoro il mio lavoro.”

“Esattamente in cosa sei specializzato?” chiese lui, sinceramente curioso. Poi, sembrò illuminarsi e riaprì bocca prima che Blaine potesse rispondere. “Oh, possiamo darci del tu, giusto?”

“Certamente.” rispose con un sorrisetto Blaine, per poi essere interrotto da un cameriere che gli offrì un calice di champagne. Eccolo. “Grazie.” disse, riferendosi al cameriere. Ecco, adesso aveva entrambe le mani occupate. “Beh,” continuò, guardando il produttore. “Specializzato in pediatria. Amo i bambini.” diede poi come spiegazione alla faccia sorpresa di Nicholas. Quest'ultimo annuì, e prima che riaprisse bocca, Blaine ne approfittò per chiedere al proprio ragazzo dove si trovasse la protagonista dello show. Sinceramente quelle rose cominciavano a rompergli le palle.

“Oh, dovrebbe arrivare tra poco.”

 

*

 

“I vestiti, Rachel. Cazzo, erano decisamente perfetti.” disse Kurt, girandosi verso la propria amica, che continuava ad avere gli occhi rossi dal pianto e un sorriso commosso sul viso. Ridacchiò del tono entusiasta del proprio migliore amico, e si asciugò l'ennesima lacrima, grazie al fazzoletto che Santana le aveva appena dato.

“Ti farò conoscere lo stilista, allora.” disse lei, continuando a ridacchiare. Era stata sopraffatta dall'adrenalina del debutto, e adesso non riusciva a smettere di ridere, poi di piangere, poi nuovamente di ridere. “E' molto carino.” dichiarò poi.

“Dio, uno che crea arte in quel modo, può solo essere il mio tipo.” scherzò il ragazzo, ridacchiando insieme a lei. La verità era che appena finito lo spettacolo era scoppiato in lacrime, ma per evitare di far piangere ancora di più la propria migliore amica, le aveva evitate per tutto il tempo che erano insieme. Era così fiero di lei. Così fiero e così contento.

“Purtroppo è già impegnato.” disse poi lei, innocentemente, alzando le spalle in segno di scuse. Kurt ridacchiò, e schioccò le dita come a dire che peccato.

La limousine si fermò in quel momento davanti ad un locale dove erano già appostate molte macchine, così i tre amici si sbrigarono ad uscire. Kurt posò un braccio dietro le spalle di Rachel, e la strinse a sé in modo affettuoso. Le posò un bacio sulla tempia ed entrarono nel locale.

La prima cosa di cui si accorse era che le centinaia di persone presenti nel locale subito si avvicinarono e si complimentarono con la sua amica, intrappolandolo lì. Dio, no, fatemela respirare.

 

 

“Tienimi queste,” disse Blaine al proprio ragazzo, porgendogli le rose. “Devo uscire un attimo per fare una telefonata.”

Alex annuì distrattamente, prendendo le rose, e continuando a parlottare con il produttore. Dio, di qui ad un secondo si fidanzeranno. Roteò gli occhi, ed uscì dal locale che si era anche fin troppo riempito in quegli ultimi venti minuti. Ma quanta gente era stata invitata?

Uscito fuori finalmente respirò. Non gli andavano giù quelle serate. Erano le più insopportabili alle quali Blaine avesse l'onore di partecipare. Sapeva che non sarebbe mai cambiato niente, e che, che gli piacesse o no, doveva farsele andare bene. Perchè ce ne sarebbero state molte altre. Oh, ne era sicuro.

Senza perdere ulteriore tempo compose il numero che ormai conosceva a memoria, e si portò l'iPhone all'orecchio. In quel preciso momento una limousine si avvicinò, fermandosi davanti al locale. Blaine si allontanò velocemente, nascondendosi dietro un muro non troppo distante.

“Buonasera, Lenox Hill Hospital. Avete chiamato lo studio del Dr. Anderson. Dovete prenotare un appuntamento?”

“Buonasera, Carly.” rispose divertito il moro. Quanto odiava tutte quelle formalità. “Sono Blaine.”

“Oh, Signor Anderson, per fortuna avete richiamato.” rispose lei, rilasciando un sospiro di sollievo. “La madre di Elliot ha chiamato proprio dieci minuti fa, dicendo che doveva urgentemente parlare con lei. Le ho fissato un appuntamento per domani alle dieci, le sta bene?”

“Ovviamente.” rispose Blaine, per poi ridacchiare divertito. “Quella donna è molto protettiva nei confronti di suo figlio.” diede come spiegazione alla sua risatina. “Le basta una linea di febbre per portare il figlio da me.”

“Credo sinceramente che si sia presa una bella cotta.”

Blaine tirò indietro la testa e rise di gusto. Amava Carly. Era una ragazza di appena vent'anni, che aveva assunto più per fiducia che per altro. Aveva da poco finito il liceo, ma dimostrava molte doti, e Blaine l'aveva voluta assumere per i primi sei mesi, meritandosi le frecciatine dei suoi colleghi. Si, in effetti, non era stata una grande scelta. Ma dopo quei sei mesi, le aveva rinnovato il contratto, molto soddisfatto. Era stata un ottima segretaria, e, ovviamente, lo era tutt'ora.

La amava per il semplice fatto che non era una di quelle tutte serie. Era capace di fare il suo lavoro, ma di essere simpatica il maggior numero di volte. Tranne quando era nel suo periodo. Dio mio, non le potevi dire niente che ti fulminava sul posto. Blaine era abbastanza intimorito in quei cinque giorni al mese.

“Può darsi.” disse infine il moro, sorridendo. “Senti, ti lascio, Carly. Devo rientrare qua dentro. Mi aspetta una serataccia. Augurami buona fortuna.”

“Buona fortuna, Signor Anderson.”

Gli serviva proprio.

*

 

Venne strattonato per un polso. Chi diavolo osa.. Oh, Rachel. Rachel con un sorriso malizioso, a dirla tutta. Cosa che lo aveva sempre intimorito in una maniera assurda. Assottigliò gli occhi, cercando di leggere sul viso dell'amica la risposta a quel sorriso malizioso.

“Devo presentarti lo stilista, o no?” chiese lei. Oddio, ma fa sul serio?

Bisogni ossessivi compulsivi di Rachel: cercare in tutti i modi di creare una vita sentimentale a Kurt. E il bello, è che l'aveva detto lei stessa: quell'uomo era fidanzato. Quindi, che senso aveva, alla fine?

Niente. Non ebbe tempo di chiederglielo, che un viso maschile con due occhi grandi e azzurri come il cielo gli venne spiaccicato sotto il naso. Stava sorridendo divertito. Mh, però, che bel sorriso che aveva. Dio, Kurt, fidanzato.

“Queste sono per te, Rachel.” disse il ragazzo, porgendo alla sua amica un mazzo di rose rosa. Le vide spalancare la bocca, sorpresa. Entrano le mosche, Berry. “Da parte del mio ragazzo. Dovrebbe.. oh, è uscito cinque minuti fa per telefonare. Sono sicuro che sarà qui tra pochissimo.” continuò poi, con un sorrisetto di scuse. “Quindi, tu sei Kurt.” disse poi, rivolgendosi a lui, e porgendogli la propria mano. “Alexander. Ma chiamami Alex.” Kurt sorrise, annuendo. “Rachel mi ha parlato molto di te.”

Oh certo, Rachel gli aveva parlato molto di lui. Ovviamente. Si girò con uno sguardo gelido verso la propria migliore amica, che semplicemente alzò le spalle sorridendo. La professione di Rachel non dovrebbe essere l'attrice a Broadway, ma la sfasciacoppie. Dio, ma che ci faceva lì a parlare con un ragazzo fidanzato?

“A Rachel piace parlare molto. Troppo, direi.” disse con una leggera punta di sarcasmo. Il ragazzo sorrise divertito, mentre Rachel mise su la sua migliore espressione offesa. E in più, pestò il piede destro del ragazzo, cosa che lo fece urlare. Tutti si girarono verso di lui. La figura di merda era appena arrivata. Beeeene.

Mise su un sorrisetto imbarazzato e cercò in tutti i modi di nascondersi dietro Rachel. Cosa impossibile, vista la leggerissima differenza di altezza. Alex, non aveva smesso di fissarli un solo secondo, continuando a sorridere.

Kurt sentì la porta del locale aprirsi, e in quel preciso momento, proprio in quello, sentì un ondata di gelo che lo pervase dalla testa ai piedi. Cosa del tutto plausibile visto che si trovavano a poco più di una settimana da Natale. Ma quello non era un freddo da temperatura, era più uno di quei brividi da orgasmo. Ok, questa poteva risparmiarsela.

Alzò lo sguardo su Alex, decidendo di non sembrare fin troppo maleducato da non rivolgergli neanche più la parola, ma ciò che vide, lo fece congelare sul posto. Altro che brivido da orgasmo.

Il tempo si era fermato in quel momento, ne era sicuro. Tutte le persone in quel locale, si erano appena pietrificate sul posto, chi mentre rideva, chi mentre chiacchierava e così via, e l'orologio si era appena rotto, restando fermo sulle dieci e trentasette e cinquantadue secondi.

Spalancò occhi e bocca, voltandosi immediatamente verso la propria migliore amica, che aveva la stessa sua espressione stampata in volto, le rose che le scivolavano dalle mani. Bene, almeno era sicuro di non aver ancora le allucinazioni da poco alcool. Eh?

Non era possibile. Era assolutamente inverosimile. Quella persona che stava sussurrando una cosa nell'orecchio dello stilista non poteva assolutamente, in nessun modo, neanche in un'altra vita essere..

“B-Blaine?”

Il diretto interessato interruppe il suo discorso sussurrato, e si girò sorpreso verso chiunque lo avesse appena chiamato. L'espressione che si formò sul suo viso fu impagabile. E Kurt si rese conto di una cosa.

Non aveva le allucinazioni.



Note: Sono pervasa da un immenso piacere, mentre pubblico questa nuova mini-long. Per prima cosa, voglio chiedere immensamente scusa a chiunque stesse seguendo Can you keep a secret?, perchè so di non averla più aggiornata. Il fatto, ragazzi, è che – essendo completamente sincera – ho attraversato un periodaccio in tutti i sensi, e ho avuto una specie di così detto blocco dello scrittore e durante il periodo nero – dio, come sono melodrammatica – ho avuto questa illuminazione, e mi sono messa immediatamente a scrivere. Ad essere ancora più sincera, le parole mi sono uscite da sole. Ogni singola parola è stata un piacere scriverla, dico sul serio. 
Ah, ci tengo anche a dirvi che questa storia è già finita, quindi non dovete aver paura che io possa abbandonarla. In tutto sono 7 capitoli, e aggiornerò una volta a settimana.
All'inizio avevo persino pensato ad una Daddy!Blaine, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato più difficile sviluppare la storia, quindi ho lasciato perdere.
Mi dispiace molto essere diventata una di quelle che comincia una storia e non la completa. Sono veramente molto dispiaciuta. Soprattutto per il fatto che mi ero ripromessa più di una volta che non sarebbe successo. Ci tengo a dirvi, che qualsiasi futura storia pubblicherò, non l'abbandonerò. E questa è una promessa, dico sul serio. 
Ok, penso di avervi trattenuti abbastanza. Grazie a chiunque leggerà questa storia. Vi ringrazio già in partenza, ma ovviamente lo farò ad ogni singolo capitolo. 
Grazie anche a chi recensisce. Siete voi quelli che mi fanno veramente trovare un motivo per andare avanti. 

Grazie ancora una volta.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


And I wonder if I ever cross your mind,
for me it happens all the time.

 

 

Esistevano solo quattro cose di cui Kurt Hummel era pienamente sicuro. La prima era che Dio non esisteva, e su quello nessuno avrebbe mai potuto fargli cambiare idea. Anche se, diciamo, che ci avevano provato. La seconda era che, per quanto ci potessero provare, nessuno stilista avrebbe mai potuto superare l'arte di Marc Jacobs o di Alexander McQueen – pace all'anima sua. La terza, invece, era che non doveva assolutamente fidarsi di quello che diceva Wikipedia. O, in generale, quello che diceva internet. La quarta, ma assolutamente non meno importante, era che Blaine Anderson era l'unico ragazzo che avesse e che avrebbe mai amato in tutta la sua vita. In verità, non l'avrebbe mai detto sei anni prima.

Quando Blaine gli aveva confessato di averlo tradito, senza neanche lasciargli un nome, l'unica cosa che avrebbe voluto fare era restare chiuso nel suo loft a piangere finchè non fosse morto. Poi aveva incontrato Adam, e si era innamor – no, assolutamente no. Ricominciamo.

Poi aveva incontrato Adam ed aveva avuto una specie di storiella durata veramente poco. Il fatto è che per quanto quella storia fosse stata, in un certo senso, insignificante, gli aveva di nuovo dato speranza. Forse con Adam era troppo presto, però sicuramente sarebbe riuscito ad innamorarsi di qualcuno e dimenticarsi quel gran coglione che l'aveva tradito. Ma che comunque continuava ad amare.

E la prima volta in cui si era reso conto di amare ancora Blaine, esattamente un anno dopo la confessione del tradimento, si era reso conto anche che non c'era più speranza. Aveva perso ogni contatto con il suo ex, subito dopo le regionali alle quali Blaine gli aveva chiesto di venir a vedere, e lui si era rifiutato. Da grande stupido che era.

Così, aveva cominciato a cercare ragazzi. Non gli importava una storia seria, perchè era ovvio che se qualche forza invisibile aveva deciso di portargli via l'amore della sua vita, allora non si meritava di amare ancora. Cazzate. La verità è che lui non voleva amare nessun'altro. Voleva solo scoparescoparescopare con uomini che avessero ricci neri, occhi color caramello e un culo fantastico. Ovviamente, ogni riferimento a cose o Blaine era puramente casuale.

E adesso si trovava lì. In un locale a festeggiare il debutto di Rachel Berry, la sua migliore amica sin dal liceo, che finalmente aveva realizzato i suoi sogni, con Blaine davanti. Non il Blaine ragazzo, ma il Blaine uomo. Ancora più bello di quando aveva diciotto anni, se questo era possibile. I suoi occhi erano sempre bellissimi, anche se in quel momento ci leggeva una sfumatura di malinconia o tristezza o.. insoddisfazione? Non era sicuro. Era solo sicuro che non erano gli stessi occhi pieni di vivacità e allegria che vedeva quando erano ragazzi. Due ragazzi innamorati, che progettavano di sposarsi e di vivere la loro intera vita al fianco dell'altro.

Blaine aveva quell'accenno di barba che quando era ragazzo non amava portare. Lui lo aveva sempre trovato molto sexy quel particolare del moro, ma niente, non c'erano stati versi di fargliela portare. Mi fa sembrare più vecchio di quello che sono, Kurt, quella era sempre la sua risposta mentre si radeva e Kurt lo fissava con uno sguardo di disapprovazione. E non era assolutamente vero. Lo faceva solo apparire ancora più bello di quello che già era.

Ma.. tornando al presente. L'espressione sul viso di Blaine era seriamente impagabile. Sembrava quasi che non credesse ai suoi occhi, o che pensasse di avere qualche specie di allucinazione. Per i primi due secondi in cui i loro sguardi si erano incrociati, Kurt aveva visto che Blaine era quasi sul punto di ridere. Glielo aveva letto negli occhi, che avevano preso quella sfumatura divertita. Poi quasi come se avesse avuto un illuminazione, aveva spalancato bocca e occhi, e aveva boccheggiato qualche secondo, probabilmente alla ricerca di una risposta sensata da dire che non riusciva a trovare. In effetti, Kurt poteva sentire gli ingranaggi del cervello del moro a lavoro persino dal metro di distanza in cui si trovava. Chissà che casino doveva sentire Alex.

Alex.

La consapevolezza lo colpì tutto di un colpo: Blaine era fidanzato. Blaine era fidanzato con lo stilista figo dagli occhi azzurri. Ma soprattutto, Blaine era fidanzato.

Fu il suo turno di spalancare la bocca.

“Kurt.”

Oh certo, mezz'ora a pensare ad una risposta, e questo è il meglio che è riuscito a formulare? Beh, almeno si ricordava il suo nome, di questo era sicuro.

“Si, sono io.” rispose il più grande, con un sorrisetto sarcastico. Cazzo. Possibile che il suo sarcasmo non lo abbandonasse nemmeno in quei momenti?

Sentì una gomitata non proprio delicata sulle sue costole - oggi è il giorno “Uccidiamo Kurt Hummel”, per caso? - così si girò di scatto verso Rachel che ancora se ne stava ferma con le rose in mano e un espressione sorpresa sul viso. Non te l'aspettavi nemmeno te Berry, eh?

Solo in quel momento anche gli occhi di Blaine si staccarono dal ragazzo, e si posarono su Rachel, la quale spalancò ancora di più gli occhi. Si, lo so, è diventato ancora più bello.

“Rachel?” sussurrò Blaine, fissandola come se non la riconoscesse neanche. Wow, sembra più sorpreso di vedere lei, che me.

Quello fu ciò che bastò alla gnometta per sbloccarsi. Sbatté le rose non proprio dolcemente in mano a Kurt, e si buttò – letteralmente, ragazzi, letteralmente – al collo del moro, che subito abbracciò la vita di Rachel, stringendola a sé il più forte che poté. Kurt, il quale adesso si trovava con delle rose in mano, non poté evitare di sorridere teneramente. Il suo sguardo si posò, casualmente, sul ragazzo ancora al fianco di Blaine. Beh, se prima aveva anche solo pensato di poter provare simpatia per quell'uomo, adesso provava uno strano sentimento simile all'odio. Niente domande.

Strano che non avesse ancora chiesto come -

“Ma come fate a conoscervi?” Oh, certo.

Blaine si staccò solo in quel momento dall'abbraccio stritolatore della Berry, e guardò verso il proprio ragazzo. Mise su un sorrisetto felice. “Dio, Alex.” esalò. “Rachel ed io andavamo al liceo insieme.” spiegò tornando a guardare la ragazza che adesso si era messa una mano sul cuore e aveva gli occhi lacrimosi, con un sorriso. Gli occhi gli si posarono, quasi casualmente, su Kurt. Il suo sorriso non sparì, anzi, si allargò ancora di più. “E Kurt..” disse poi.

E Kurt..

E Kurt..

E Kurt era la persona più importante della mia vita, avrebbe voluto rispondere. Anche se, basandosi sulle guance leggermente arrossate del diretto interessato, l'espressione compiaciuta di Rachel, e quella sorpresa di Alex, si rese conto che probabilmente lo aveva detto davvero. Non poté evitare di arrossire leggermente pure lui, e abbassare lo sguardo imbarazzato, ma comunque senza smettere di indossare quel sorriso di cui Kurt si era innamorato quando avevano solo sedici anni.

Aveva sentito qualcosa quando aveva incontrato gli occhi di Kurt, dopo quelli che sembravano secoli. Aveva sentito un freddo partitogli dall'inizio della spina dorsale, che gli aveva percorso l'intero corpo, facendogli capire che.. Dio mio, Kurt era esattamente davanti ai suoi occhi. Finalmente. Dopo sei infiniti anni, aveva ritrovato i suoi occhi.

 

*

 

Eh certo. Aveva appena ritrovato gli occhi di Kurt, un cazzo, visto che dopo due secondi, Alex lo aveva trascinato via. Adesso si trovava davanti ad un naso inquietante da quanto che era lungo e due occhi color niente. Il co-regista, il co-produttore o il co-qualcosa si trovava proprio davanti a lui e chiacchierava chiacchierava chiacchierava, senza smettere un attimo di vantarsi di quanto cazzo fosse bello e soddisfacente il suo lavoro, e di quanto la gente desiderasse trovarsi al suo posto.

In quel momento Blaine, mentre sorrideva accondiscendente, senza capire una sola parola, se doveva essere sincero, l'unica cosa che desiderava era poter mettere in uso i suoi anni di boxe, stendere tutti i presenti, e scappare. Quella vita non gli apparteneva neanche un po': ecco cosa aveva imparato in quei tre anni e mezzo insieme ad Alex a New York. Non sapeva se per Alex fosse la stessa cosa. Forse se il suo ragazzo non avesse fatto un lavoro che lo portava a stare con persone che se la tirano praticamente ogni sera, sarebbe stato diverso anche il suo rapporto con lui. Forse sarebbe stato migliore?

Il fatto è che stava continuando a cercare quelle due iridi azzurre, in mezzo a quella mandria di galline, e dio, non riusciva a trovarli. Sembrava quasi che Kurt fosse scomparso nel niente. Lo aveva incontrato nuovamente dopo anni. Non poteva lasciarselo scappare così. Voleva almeno parlarci. Doveva parlarci. Solo quello.

“Rachel Berry è assolutamente una meravigliosa attrice,” stava dicendo il tizio. “Ma non so, non la trovo molto adatta nel vestire i panni di Fanny Brice. Sono dell'opinione che non sia abbastanza brava, o.. interessata.”

Comecomecome? Questo si che attirò l'attenzione di Blaine. Ci mancava poco e si sarebbe messo a ridere. “Non sono d'accordo con lei, Signor.. boh, sinceramente non mi ricordo.” disse, alzando le spalle con fare innocente. Non osò in nessun modo incrociare lo sguardo del proprio ragazzo, che quasi sicuramente lo stava fulminando. “Anzi, sono quasi sicuro che la sua sia solamente invidia. Rachel Berry sogna di interpretare questo ruolo sin da quando probabilmente era solo un feto. Si è data da fare, ha lottato per quello che voleva e l'ha ottenuto, e di certo non sarà un tizio che è finito a fare solo il co-qualcosa che riuscirà a smont -”

“Scusatemi,” una voce cristallina interruppe quello che poi sarebbe diventato quasi sicuramente un monologo. Un monologo molto offensivo. Si voltò verso la sua sinistra, e finalmente incontrò nuovamente i due occhi che tanto aspettava di rivedere. Entrambi si pietrificarono quando i loro occhi si incontrarono. Kurt non sembrava più in grado di finire la frase per cui si era avvicinato, e Blaine semplicemente non sembrava più in grado di respirare. Era questo l'effetto che si facevano quando erano ragazzi e si guardavano? Kurt era sicuro di provare le stesse sensazioni che provò quel giorno alla Dalton, quando fermò il primo ragazzo a caso e incontrò i suoi occhi per la prima volta. Il fiato gli si mozzò in gola, e l'unica cosa che voleva fare per il resto della sua vita era rimanere a guardare quelle due iridi dal colore indefinito e cercare di scoprire come facessero ad essere così belli. Non ci era ancora riuscito. Blaine, d'altro canto, si era innamorato degli occhi di Kurt ogni giorno di più. Sembrava che ogni momento che passavano insieme, riuscisse a scoprire qualcosa di più. Qualcosa che magari Kurt non amava mostrare al mondo intero. Se c'era una cosa che il moro aveva amato nel suo ex, era la sua riservatezza. Il fatto che non raccontasse spontaneamente tanto di sé, e dovevi conquistarti la sua fiducia, lo aveva fatto letteralmente impazzire. Solo in quel momento, Blaine azzardò un sorriso, come a fargli capire che erano tipo due minuti che si fissavano. Kurt sembrò risvegliarsi, e controvoglia distolse lo sguardo dalle iridi di Blaine, e fissò i due uomini vicini, improvvisando un sorriso. “Potrei rubarvi Blaine per qualche minuto?”

 

*

 

Trovarsi da solo con Blaine fu la cosa più strana che gli era mai successa. Il fatto è che non si era preparato a passare la serata in quel modo. Non si sarebbe mai aspettato di rincontrare il proprio ex alla festa di debutto di Rachel. No, se glielo avessero detto, non ci avrebbe mai creduto. Eppure eccolo lì, mentre conduceva Blaine fuori dal locale pieno di persone poco interessanti. Aveva bisogno di stare da solo con lui. Ne sentiva il bisogno sin da quando lo aveva visto poco meno di un'ora prima. Cazzate. Ne aveva bisogno da sei anni. Aveva bisogno di sentire la voce di Blaine. Aveva bisogno di Blaine. Anche se fosse stato solo per una serata. Anche se magari non lo avrebbe più rivisto, e sarebbe stato ancora peggio dopo. Poco gli importava.

Aprì la porta a vetri del locale, e permise a Blaine di uscire per primo, il quale lo ringraziò con uno dei suoi soliti sorrisi mozzafiato. Cazzo, perchè doveva sentirsi così.. debole? Un semplice sorriso e boom, era sciolto come un cubetto di ghiaccio al sole bollente estivo.

Prese un respiro profondo, ed ignorò l'occhiolino che gli lanciò Rachel, la quale stava chiacchierando con un tizio, ma che aveva seguito tutta la scena. Roteò gli occhi, ma non poté evitare il sorrisetto divertito che si formò sulle sue labbra. La verità? Cazzo, doveva ammetterlo. Voleva semplicemente saltare dalla gioia, attaccarsi alle labbra di Blaine, e scappare con lui da qualche parte nel mondo. E probabilmente, è quello che avrebbe fatto se Blaine.. beh, se non fosse porcatroia fidanzato. Evitò di lasciarsi attaccare dalla delusione di quell'ultimo pensiero, e seguì il moro fuori dal locale, lasciando che il venticello invernale gli scompigliasse i capelli. Vide Blaine stringersi nel proprio completo, proprio a causa di quel vento freddo. E sorrise. Dio, quanto tempo era passato dal suo ultimo vero sorriso? Possibile che si sentisse così felice per averlo rincontrato?

Blaine si voltò nel momento esatto in cui Kurt chiuse le porte, soffocando tutte le chiacchiere delle persone all'interno. Il sorriso sul suo viso era semplicemente.. bellissimo. Allora non era l'unico ad essere felice di averlo rincontrato.

“Sei anni.” sussurrò Blaine, tornando a guardare davanti a sé. Non aveva neanche bisogno di chiedergli a cosa si riferisse, semplicemente annuì, mentre si avvicinava lentamente con una timidezza che ormai pensava di aver sconfitto. Quell'uomo lo aveva sempre fatto sentire così vulnerabile. “Sei cazzo di anni.” ripeté poi, ridacchiando leggermente. Non era la solita risata intrisa di felicità che accompagnava Blaine. Era carica di delusione.

“Già.” concordò il più grande, pentendosene immediatamente. Cazzo, non vedeva Blaine da sei anni e l'unica cosa che riusciva a dire era un misero già? “Ti sei rifidanzato, vedo.” No! Dio no, quella era l'ultima cosa che avrebbe dovuto dire. Soprattutto non con quel tono pieno di accusa. Aveva tutte le ragioni del mondo per mettersi con qualcun altro. Chi cazzo era lui per tornare dopo sei anni e fargli la predica? Ok, forse si stava facendo tutto un film, visto che Blaine non sembrava assolutamente averla presa in quel modo. Mise su un mezzo sorriso e annuì, tornando a guardarlo con quegli occhioni da cucciolo che se Kurt avesse potuto avrebbe – contegno, Hummel. La cosa che lo fece preoccupare leggermente fu l'espressione pensierosa che il suo viso assunse un attimo dopo. Cosa c'era che non andava?

“Blaine?” si azzardò ad avvicinarsi ancora di qualche passo. Avrebbe così tanto voluto appoggiare una mano sull'avambraccio di Blaine per fargli capire che lui era lì, se aveva bisogno. Ma dio, erano passati sei anni, non due giorni. E le cose erano cambiate. Almeno lui credeva così. “Blaine, va tutto bene?”

“Si, io,” il moro sembrò svegliarsi dallo stato di trance in cui era caduto nei precedenti cinque minuti. “Io sto bene, è che,” ridacchiò nervosamente. “Non posso credere che tu sia qui.” ammise infine, tornando a guardarlo, con un espressione seria che Kurt non gli aveva mai visto. Ovviamente, arrossì, ma non distolse in nessun modo lo sguardo.

“Nemmeno io.” sussurrò infine, rapito dagli occhi dell'altro ragazzo. Possibile che fosse così bello? Restarono a fissarsi per dei secondi che sembravano non finire più. Kurt vide, alla luce della luna – e di qualche lampione – gli occhi di Blaine farsi leggermente più scuri, mentre non smetteva un attimo di fissarlo con quell'espressione sexy da morire. “Cioè, voglio dire, quando ti ho visto prima, pensavo di avere un qualche tipo di allucinazione.” spiegò infine, smorzando un po' l'aria carica di sessosessosesso che si era venuta a creare in quei pochi secondi. Kurt era quasi sicuro che si sarebbero potuti saltare addosso da un momento all'altro. Almeno, lui l'avrebbe fatto volentieri.

La risata leggera di Blaine, fu ciò che poi smorzò la tensione del tutto. “Credimi, pure io.” sussurrò poi, continuando a sorridere divertito. Kurt ricambiò il sorriso, mentre Blaine lo sorpassava per andarsi a sedere su un muretto lì vicino. “Allora?” lo incitò poi.

Kurt mise su un espressione confusa. “Allora, cosa?”

Il moro ridacchiò. “Sei venuto a salvarmi.” disse, riferendosi a quello che era successo pochi minuti prima. “Pensavo avessi qualcosa da dirmi.”

“Salvarti?” chiese, confuso il più grande.

“Partecipo a questo tipo di serate da praticamente tre anni.” rispose il moro, alzando le spalle. “Le prime volte può essere divertente, ma dopo poco ti stanchi di persone che ti ripetono le stesse cose, fregandosene solo di quello che fanno loro.” spiegò.

“Volevo restare da solo con te.” ammise il più grande, incrociando le braccia al petto, e avvicinandosi di qualche passo al proprio ex. Non si era mai sentito così nervoso in vita sua. “Lo volevo sin da quando ti ho rivisto.”

Blaine restò a fissarlo per dei secondi che sembravano minuti infiniti. Tante domande avrebbe voluto chiedere, tante domande che sicuramente prima o poi avrebbe chiesto. Aveva appena rincontrato Kurt. Non se lo sarebbe lasciato scappare per la seconda volta. Se qualcuno aveva voluto che si rincontrassero, probabilmente c'era un motivo. E Blaine Anderson credeva nel destino. “Perchè?” chiese infine, sussurrandolo quasi come se fosse una domanda proibita e avesse paura che qualcuno lo sentisse. I suoi occhi ancora incatenati a quelli del ragazzo davanti a lui.

“Perchè è passato troppo tempo dall'ultima volta che è successo.” rispose senza ombra di dubbio o di incertezza. “Mi sei mancato.”

Blaine annuì impercettibilmente, continuando a fissarlo. “Avresti potuto chiamare Kurt.” disse con una leggera punta di delusione. “Lo sai che..” cominciò, per poi sospirare, senza finire la frase. Fece un gesto vago con la mano come a dire lascia stare. Ecco una cosa che aveva sempre odiato.

“Cosa so?” chiese allora il più grande, continuando ad avvicinarsi.

“Lascia perdere.”

“No.” rispose in tono che non ammetteva repliche. “Dimmelo, Blaine.”

Quest'ultimo sospirò un ennesima volta, passandosi entrambe le mani sul viso e infine passandosene una anche tra i capelli che finalmente erano liberi dal gel. Kurt aspettò pazientemente qualche secondo, prima che il moro riaprisse bocca. “Lo sai che ti amavo e che se tu avessi voluto tornare con me, io avrei rinunciato al mondo intero per te.”

Kurt abbassò lo sguardo. Si sentiva già abbastanza in colpa per essersi rovinato la vita, lasciandosi scappare l'unica cosa bella che gli era capitata, e adesso Blaine lo stava facendo sentire ancora più idiota di quello che già si sentiva per sé. “Lo so.” alla fine optò per la verità. “Pensavo che sarei riuscito ad andare avanti. Pensavo che sarei riuscito a crearmi una vita, che andava aldilà di quello che ci eravamo promessi. E invece,” alzò le spalle, spostando il peso da un piede all'altro. “Mi sono reso conto troppo tardi che non ce l'avrei fatta.”

Blaine annuì. Dopodichè cadde il silenzio tra di loro. Non era un silenzio molto imbarazzante, datochè entrambi erano assorti nei loro pensieri. Kurt sapeva che qualcuno aveva voluto dargli una seconda chance con Blaine. Ne era praticamente sicuro, ed egoisticamente, pensò che non gli interessava niente se il suo ex si era rifidanzato. Apparteneva a lui. Era sempre appartenuto a lui. Blaine, d'altro canto, aveva paura di cacciarsi in un casino più grosso di lui. Ma Kurt era lì. Kurt era davanti ai suoi occhi. Qualcuno o qualcosa aveva voluto che si rincontrassero. Ed un motivo dietro c'era.

I loro pensieri vennero interrotti solo dal rumore della porta del locale che si apriva e da un paio di risatine, che scemarono solo quando si accorsero di loro. Kurt si voltò incontrando lo sguardo felice di Rachel e quello sorpreso di Santana, che incontrò per la prima volta lo sguardo di Blaine, e che per fortuna si trattenne dal fare battutine o frecciatine, notando la tensione che si poteva tagliare con il coltello.

“Lady H.” disse comunque l'ispanica, tenendo Rachel per un braccio, che aveva ricominciato a ridacchiare. “Dobbiamo riportare la gnometta a casa. Credo che abbia esagerato un po' con lo champagne.”

“Non è vero.” ribattè la diretta interessata, allungando le o di ogni parola. Dopodichè ridacchiò per l'ennesima volta. “Ok, forse solo un pochino.”

Kurt roteò gli occhi e sentì il moro dietro di sé ridacchiare leggermente. Si avvicinò alla propria migliore amica, che continuava a fissarlo con quell'aria divertita di chi è ubriaco. Non potè evitare di sorridere dolcemente: era la sua serata, poteva permetterselo. “Riportiamola a casa, dai.” sussurrò poi, guardando l'altra, che continuava a far vagare lo sguardo da Blaine a Kurt. Quest'ultimo fece cenno a Santana di avviarsi. Le avrebbe raggiunte subito.

Si voltò nuovamente verso il moro, che adesso si era alzato e aveva incrociato le braccia al petto, seguendo con lo sguardo un euforica Rachel e una divertita Santana che lo salutò, sorridendogli. Lui ricambio, aggiungendo anche un cenno del capo. Alla fine, quando le ragazze li ebbero superati, Blaine si voltò verso il ragazzo davanti a lui. Sorrise timidamente.

“Ci rivedremo, giusto?” chiese infine, dopo pochi secondi. Kurt mise le mani nelle tasche dei pantaloni del suo completo, e alzò le spalle, sorridendo divertito.

“Forse dovremmo lasciar fare al destino.” rispose, con aria innocente. Blaine ridacchiò.

“O forse no.” rispose invece lui, continuando a sorridere come non aveva ancora fatto in quei sei anni. “Il tuo numero è lo stesso?” chiese poi, imitando la posizione del più grande. Kurt annuì, sorridendo. “Ti chiamo io.”

“Lo farai?” chiese Kurt. Voleva che fosse una promessa.

“Lo farò.”

 

*

 

Blaine uscì dal bagno con addosso solo un asciugamano intorno alla vita e uno tra le mani, mentre si frizionava velocemente i capelli ancora umidi dalla doccia durata molto più di mezz'ora. Aveva perso la cognizione del tempo, mentre aveva la mente completamente assorta nei propri pensieri. Solo quando il suo ragazzo lo aveva chiamato da dietro la porta, si era reso conto che forse era già fin troppo tempo che si trovava nel bagno. Il fatto è che non riusciva a smettere di pensare a Kurt. Non per un motivo in particolare, ma ritrovarlo, dopo così tanti anni, in una città popolata da ben otto milioni quattrocentocinque mila e ottocentotrentasette abitanti, sembrava quasi un sogno. Un bellissimo sogno, a dirla tutta.

Il moro lasciò cadere l'asciugamano intorno alla vita, quando si trovò davanti l'armadio. Pescò un paio di boxer con sopra la bandiera americana, e se li infilò il più velocemente possibile. Non voleva che Alex lo vedesse nudo. Quella sera proprio non aveva voglia di sesso. Prese uno dei suoi pigiamini antistupro a righe blu e nere e se lo infilò, accendendo la luce dell'abat-jour e spegnendo quella del lampadario principale. Alla fine si sedette sul letto a doppia piazza a gambe incrociate, appoggiandosi alla testiera. Recuperò il suo libro – un classico di Flaubert – e cominciò a sfogliare le pagine, fino ad arrivare al punto dove era rimasto la sera prima.

In quel momento entrò Alex. Blaine alzò distrattamente gli occhi dal libro, e lo vide appoggiato allo stipite con le braccia incrociate e l'espressione corrucciata. Riabbassò lo sguardo sulle righe.

“Blaine.” lo richiamò il suo ragazzo, continuando a guardarlo dalla porta.

“Si?” rispose innocentemente il moro, alzando di nuovo lo sguardo, e sbattendo un paio di volte le palpebre. Sapeva perfettamente cosa il suo ragazzo gli avrebbe detto di lì a poco.

“Non mi è piaciuto neanche un po' il comportamento che hai avuto stasera.” bingo.

“Mi dispiace,” rispose l'altro, senza un minimo di interessamento. Alzò le spalle, e sorrise. “Non so di cosa stai parlando.”

“Hai risposto male a praticamente qualsiasi persona ti abbia presentato e in più ti sei assentato per tipo mezz'ora per andare fuori a parlare con quel tuo amico.” Alex fece un gesto vago con la mano, indicandolo con fare accusatorio. Blaine si trattenne dal ridergli in faccia.

“Non vedevo Kurt da tipo sei anni,” spiegò il moro. “Non ci ho visto nulla di male ad uscire a prendere un po' d'aria e chiacchierare con lui.”

“Eri lì per me, non per lui.” rispose l'altro, riportando ad incrociare le braccia sotto al petto.

Blaine fece un gesto vago con la mano e tornò a guardare con sguardo assente le righe sotto i suoi occhi. Sapeva comunque che non era finita.

“Rispondimi quando ti parlo.” disse infatti Alex poco dopo, ancora più offeso di prima. Woah woah, abbassa i toni. Blaine rialzò lo sguardo pieno di divertimento e scetticismo.

“Cosa vuoi che ti dica? Che quel tipo di feste mi fanno schifo? O che le persone che partecipano, se è possibile, anche di più? Ho trovato Kurt, e ne ho approfittato per liberarmi un po' della merda che mi circondava. Ora, se permetti, sono stanco, domani devo lavorare. Quindi, io me ne vado a dormire di là, sul divano. Tu stai pure tranquillo qui.” Blaine si alzò di scatto, sotto lo sguardo indecifrabile dell'altro ragazzo, e prese una coperta dall'armadio e il proprio cuscino. Proprio mentre stava per uscire dalla stanza, sentì una mano chiudersi intorno al suo polso. Venne strattonato, e fatto voltare.

“Voglio solo sperare che tra di voi non ci sia niente.” il suo tono non aveva nulla di accusatorio, ma era in qualche modo estremamente minaccioso. Cosa che a Blaine non faceva neanche un po' paura. Ridacchiò, per poi strattonare il polso, liberandolo immediatamente, ed uscì dalla stanza.

Blaine non era una persona che amava litigare, ma quando le cose si facevano ridicole, non poteva farne a meno. Alex, ogni singola volta, si lamentava del suo comportamento, ma nonostante tutto, non smetteva di chiedergli di accompagnarlo a quel tipo di feste. Lasciò andare quei pensieri, sperando di darsi una calmata, e si buttò sul divano del salotto, coprendosi alla meno peggio.

Solo quando sentì la porta della loro stanza chiudersi, ebbe una specie di illuminazione che lo “costrinse” ad alzarsi dal divano e recuperare il telefono. Scorse la rubrica, e trovò quel numero, ancora salvato. Tirò un sospiro di sollievo: per un momento, aveva avuto la paura di averlo cancellato. Premette il tasto di chiamata. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.

“Pronto?” gli rispose una voce assonnata.

“Scusa per l'ora,” disse Blaine, con un sorrisetto divertito. “Ma mi stavo chiedendo.. Cosa fai domani mattina alle otto e mezza precise?”

 

*

 

Stava sognando. Stava facendo un bellissimo sogno. Uno di quei sogni che quando poi ti svegli, vorresti tanto ricordare, ma proprio non ci riesci. Due iridi azzurre lo stavano guardando, e due labbra che aveva sempre amato erano piegate in un sorriso divertito. Gli stava dicendo qualcosa, ma era molto lontano. Era lontanissimo, e probabilmente neanche se avesse urlato lo avrebbe sentito. Si limitò ad assottigliare gli occhi, fissando quella sagoma che via via si faceva sempre più lontana, sperando di riuscire almeno a leggere il labiale. Ma niente, la figura era scomparsa. Sospirò deluso, e si voltò riprendendo la propria strada. Ma quando si girò, i suoi occhi incontrarono un paio di occhi azzurri che lo fissavano con una leggera punta di divertimento. Sorrise anche lui, non potendo evitarlo. Poi i suoi occhi cascarono sulle labbra dell'altro ragazzo. Quello inferiore era stretto tra i denti. Vide che lo rilasciò poco dopo, e lentamente.. molto lentamente, lo vide avvicinarsi. Quando si trovarono a pochi centimetri di distanza, l'altro ragazzo ridacchiò con quella voce cristallina, e cambiò immediatamente direzione, avvicinando le labbra al suo orecchio. “Sarò sempre dove tu sai di potermi trovare,” aveva detto, scandendo perfettamente ogni singola sillaba. “Devi solo riuscire a trovarmi adesso.” Poi aveva ridacchiato, e pochi secondi dopo, la sua figura era scomparsa nuovamente. Dopodiché una specie di buio totale. Adesso si trovava in un parco che sembrava molto familiare. Stava in piedi sull'erba, e stava camminando. Camminava, camminava, ma quel parco sembrava non avere una fine. Si guardò un po' attorno. Il parco era deserto, ed era buio. Buio pesto. Strinse le braccia al petto, preso all'improvviso da una strana paura. Continuò a camminare, perché, tranne fare quello, non poteva fare altro. All'improvviso apparve un'altalena alla sua sinistra. Su uno dei due sediolini era seduta una persona familiare. Sorrise, e all'improvviso si sentì a casa. Si avvicinò a lui, e si sedette sull'altro sediolino. Vide che l'altro ragazzo non lo stava guardando, così un moto di delusione e tristezza lo pervase. Provò a chiamarlo, e all'improvviso quelle due iridi azzurre si alzarono da terra, e lo fissarono come se avessero visto un miracolo. Il ragazzo sorrise, e cominciò a dondolarsi lentamente sull'altalena. Lui lo fissò per tutto il tempo in cui l'altro si dondolava e ridacchiava. Alla fine, lo vide alzarsi. “Rincorrimi.” disse il ragazzo con quella voce simile a quella di un angelo. “Prova a prendermi. Sono sicuro che ci riuscirai. E quando succederà, niente e nessuno riuscirà a mettersi tra di noi, Blaine.” Quest'ultimo sorrise, ma solo quando si rese conto che la figura dell'altro ragazzo cominciava piano piano a sfocarsi, cominciò a preoccuparsi. Lo sentì parlare di nuovo, in lontananza. La sua voce era solamente poco più di un sussurro. “Prova a prendermi, Blaine.”

Blaine..

Blaine.

“Blaine.”

Il moro si svegliò di soprassalto, respirando affannosamente, e sbattendo più e più volte le palpebre, per cercare di capire se si trattasse di un sogno o della realtà. Pensò e ripensò più volte al motivo per cui si sentisse così.. strano, e alla fine solo un nome rimbombò nella sua testa. Kurt. Kurt. Kurt. Aveva sognato Kurt, ma dio mio, perchè era così difficile ricordarsi cosa aveva sognato?

Ad un certo punto sentì le coperte alzarsi, e un corpo scivolare vicino al suo. Immediatamente si sentì imprigionato tra le braccia di qualcuno. “Amore,” sussurrò Alex, vicino alle sue labbra. “Scusa per prima. Non riesco a dormire di là, senza di te. Torna a letto con me.”

Blaine era fin troppo stordito per capire bene le parole del suo ragazzo, così semplicemente si fece cullare qualche minuto, per poi farsi trascinare in camera dal letto. Alex lo strinse tra le sue braccia, e pochi minuti dopo, si riaddormentò.

 

*

 

Il fatto è che si sentiva un completo idiota. Si era svegliato alle sei e mezzo del mattino, e si era fatto una doccia, canticchiando allegramente e beccandosi un bel vaffanculo da parte della sua migliore amica. Aveva ridacchiato, poi si era ritrovato fermo immobile davanti al proprio armadio. Non aveva niente da mettersi. Dopo mezz'ora, aveva optato per un completo abbastanza semplice: jeans militari aderenti, camicia bianca e un foulard verde scuro, tanto per abbinare qualcosa ai pantaloni. Dopodiché aveva passato ben venti minuti davanti allo specchio cercando di far stare su il suo ciuffo, che, guarda caso, proprio quella mattina non ne voleva sapere di stare al suo posto. C'era quella cazzo di ciocca che ogni tre per due gli ricadeva sugli occhi. Dopo aver imprecato per ben cinque minuti di fila, finalmente ce l'aveva fatta. Aveva raccolto il proprio cappotto – visto che le previsioni dicevano che quel giorno avrebbe tirato anche fin troppo vento – aveva lasciato un bacio sulla fronte di Rachel ed era uscito dal loft. Adesso arrivava la parte dell'idiota.

Fermo davanti Starbucks, con un messaggio sotto gli occhi, e un sorriso ebete sul viso. Dio, si sentiva un ragazzino al suo primo appuntamento. E, Cristo Santo, aveva venticinque anni.

Spero tu possa sopportare cinque minuti di ritardo. La sveglia non ha suonato stamani. Giuro che farò il prima possibile”, recitava il messaggio che Blaine gli aveva scritto dieci minuti prima. Erano le otto e mezzo spaccate. Peccato che lui si trovasse lì davanti da un quarto d'ora, se non di più. Decise che era il momento di smettere di fissare quel messaggio, così ripose il telefono nella tasca posteriore. Solo sei minuti e quarantasette secondi dopo, vide spuntare dei riccioli neri tra la folla. Il suo cuore cominciò inspiegabilmente a battere a livelli dell'infarto.

Scrutò Blaine, che quando finalmente incontrò il suo sguardo, sorrise divertito, e alzò le spalle, aspettandosi da un momento all'altro una frecciatina, riguardante il suo ritardo. Frecciatina che non attardò ad arrivare. “Ma come?” urlò il più grande, facendosi sentire oltre il rumore delle macchine e delle persone. Due o tre si girarono pure verso di lui, per poi continuare per la loro strada. “Mi hai ripetuto per mezz'ora quanto dovessi essere puntuale, mi hai pure preso in giro, dicendomi che probabilmente sarei arrivato in ritardo,” continuò, vedendo il moro che ridacchiava, e che ormai era davanti a lui. “E poi sei tu ad arrivare con ben” guardò l'orologio. “Sette minuti di ritardo. Ah, questa non credo di potertela perdonare.”

Blaine tirò indietro la testa, lasciandosi andare ad una risata, cosa che fece sorridere anche il più grande. Blaine indossava un paio di jeans viola scuro, una camicia nera, il gilet dello stesso colore dei pantaloni e la cravatta viola chiaro. Aveva una tracolla di pelle, che portava su una spalla sola, e che teneva con una mano. Continuò a sorridere, quando poi parlò. “Posso per caso difendermi dicendo che è stata tutta colpa della sveglia, e che se fosse per me, saremmo già dentro a berci un caffè?”

Kurt fece finta di essere pensieroso per qualche secondo, cosa che fece sorridere ancora più ampiamente il moro. “Mmh, direi che è la scusa che usano tutti. Forse avevi qualcosa di meglio da fare.” aggiunse poi, fingendosi offeso.

Blaine si morse il labbro inferiore, senza smettere di sorridere. “Credo che sia impossibile trovare qualcosa di meglio da fare, quando si tratta di te.” Aspetta. Blaine stava flirtando? Blaine stava flirtando con lui? Blaine stava flirtando non proprio velatamente con lui? Cercò di trattenere un sorriso compiaciuto. “Allora, vogliamo entrare, o rimanere a congelare qua fuori?”

 

*

 

“Non posso credere che continui a bere quella roba.” disse Blaine, assumendo un'espressione disgustata, mentre gli porgeva il suo bicchiere strapieno di non-fat mocha. Kurt mise su un espressione indignata.

“Cos'ha il mio caffè che non va?” chiese il più grande, guardando l'altro che si stava sedendo proprio davanti a lui.

“Caffè dietetico? Ugh.” e poi fece finta di rabbrividire, cose che – per quanto si sentisse ferito nell'orgoglio – fece sorridere l'altro ragazzo.

“E tu cosa stai bevendo?” chiese allora, Kurt, guardando Blaine che cercava di aprire il proprio bicchiere, cercando di evitare di schizzarlo ovunque. Quando finalmente ci riuscì, si piegò sul bicchiere, per guardare al suo interno.

“Mmh, cappuccino con panna, caramello e una spruzzata di cioccolato.” il moro sorrise e incontrò nuovamente le iridi di Kurt, che in quel momento aveva messo su un espressione disgustata. Blaine rise. “Meglio la mia di roba, che quello schifo che stai bevendo tu.” disse, quasi leggendogli nella mente. Kurt incrociò le braccia al petto, e guardò in un angolo del bar, tentando a tutti i costi di reprimere il sorriso che minacciava di tradire il suo voler sembrare offeso. Dio, gli era mancato tutto questo. Gli era mancato parlare con Blaine, scherzare con lui, punzecchiarlo, e lasciarlo punzecchiare. Gli era mancata la sua risata, i suoi occhi che trasmettevano ogni secondo un sentimento diverso, il suo sorriso, e persino i suoi capelli.

“E così,” cominciò il moro, poco dopo, portandosi un dito pieno di panna alla bocca, e succhiandolo. Kurt cercò di non soffermarsi troppo su quell'ultima azione. “Mi hai detto che ti sei laureato alla NYADA, hai continuato a lavorare da Vogue, e sei diventato un giornalista.”

Kurt sorseggiò il suo caffè qualche secondo, per poi annuire. “Si, beh, quando ho capito che Isabelle aveva ragione a dirmi che i sogni possono cambiare e che volevo diventare giornalista di moda, avevo pensato di lasciare la NYADA e tentare ad una scuola come la Columbia. Poi mio padre ha cercato di convincermi a non farlo, e Isabelle mi ha promesso di lasciarmi lavorare anche con una laurea che in fondo non c'entrava nulla.” il ragazzo alzò le spalle, sotto lo sguardo attento del moro. “Così, semplicemente ho finito gli studi quasi due anni fa, e adesso lavoro a tempo pieno come giornalista da Vogue.”

“Lavori ancora per Isabelle?” chiese Blaine, ingoiando il pezzetto di muffin al cioccolato che aveva davanti. Kurt annuì.

“Fortunatamente si. Sto sperando ad un futuro lavoro da editor.” il ragazzo distolse lo sguardo, posandolo sulle proprie mani che reggevano il bicchiere di caffè, poi lo rialzò verso il ragazzo davanti a sé, con un sorrisino timido. “Pensi che sia chiedere troppo?”

Blaine sembrò pensarci qualche secondo. “Penso che tu possa fare qualsiasi cosa tu voglia, Kurt, e – no, lasciami finire.” aggiunse poi, quando vide il più grande tentare di interromperlo. “Penso che tu sia giovane, e.. in fondo, hai una vita intera davanti per poter realizzare i tuoi sogni. Solo, se vuoi un consiglio, non.. non volere tutto e subito, perchè niente sembra cadere dal cielo. Lo sai anche tu, quanto ci ha messo Isabelle a diventare quello che è adesso?”

“Quasi vent'anni.”

“Esattamente. Potrebbe volertici lo stesso tempo, o forse di più, o forse di meno. Nessuno può saperlo, ma io credo in te. E sono sicuro che Kurt Hummel riuscirà a realizzare i suoi sogni. Tu solo.. corri tutti i rischi che devi correre, fai tutti i sacrifici che devi fare, e lavora duro. Vedrai che alla fine riuscirai a prenderti tutto quello che vuoi.”

Kurt piegò lentamente gli angoli della bocca verso l'alto. Anche quello che aveva davanti in quel momento era una cosa che voleva prendersi. O meglio, riprendersi, visto che nonostante tutto, Blaine era stato suo. E lo era tutt'ora. Kurt lo sapeva. Lo sentiva. Blaine era la sua casa. L'unica persona che riusciva a farlo stare bene e aiutarlo. E aveva appena dimostrato di esserne ancora capace. Avevano avuto i loro problemi, lo sapeva. Ma non gli importava. Non era ancora troppo tardi. “Lo spero proprio.” sussurrò infine, volendo che lo sentisse solamente lui. Non che le persone che erano vicino loro gli stessero ascoltando, ma vabbè, dettagli.

Blaine alzò di scatto lo sguardo dal suo caffè, capendo immediatamente il secondo senso di quella frase. Ovviamente Kurt non si stava riferendo solamente al lavoro. Quando incontrò lo sguardo deciso di Kurt, non potè evitare di sorridere. “Lo spero anch'io.” sussurrò infine, allungando una mano con il palmo voltato verso l'alto. Kurt ci fece scivolare la propria, senza incertezza. Combaciavano ancora perfettamente.  



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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Have you ever been touch so gently,
you had to cry?

 

“Devo ammettere che stai veramente bene vestito così.”

Kurt alzò lo sguardo dal proprio caffè agli occhi del ragazzo davanti a sé. Un sopracciglio alzato, e un sorriso che si faceva strada sul suo viso. Blaine sorrise un po' imbarazzato dalla propria affermazione, abbassando lo sguardo. Anche se, doveva ammetterlo: aveva sempre amato il modo di vestire del suo ex ragazzo. “Mi sarei offeso se non avessi notato quanto senso dello stile continuo ad avere, nonostante gli anni che passano.” scherzò Kurt, sorseggiando il proprio caffè.

Blaine si morse il labbro inferiore, riflettendo. Voleva vederlo arrossire. Aveva sempre amato vedere quel leggero rossore fare contrasto con il chiaro colore della sua pelle. “Credimi, è impossibile, e,” disse il moro, portando il proprio caffè davanti la bocca per coprire il sorriso compiaciuto che gli si stava formando sul viso. “Devo dire che quei jeans ti stanno particolarmente bene. Mettono in risalto le tue.. forme.”*

Kurt arrossì leggermente, distogliendo lo sguardo dalle iridi di Blaine, ma senza poter evitare un sorrisetto. Non poteva averlo detto sul serio. “Blaine.” sussurrò, ammonendolo. Quest'ultimo ridacchiò compiaciuto dal fatto che avesse ancora quell'effetto sull'altro ragazzo.

“Vedo che tu non porti più quintali di gel sulla testa, invece.” disse allora il più grande, cercando di smorzare un po' la tensione. Blaine sorrise divertito.

“Si, infatti. Giusto a volte ne metto un po', ma solo per farli stare fermi. Per il resto, non m'interessa. Li ho tagliati, e adesso stanno piuttosto fermi da soli.” spiegò alzando le spalle, e mangiando il resto del muffin che gli era rimasto. Kurt incrociò le braccia al petto, e scrutò per qualche secondo i capelli del moro.

“Stai meglio così.” disse infine, tornando a guardarlo negli occhi.

“Lo so,” sussurrò l'altro, sorridendo dolcemente. “Lo dicevi sempre.”

 

*

 

“Scusa se t'interrompo,” disse ad un certo punto Blaine, interrompendo un monologo di Kurt su cosa avesse voluto dire vivere con Rachel e Santana per sei anni. Aveva raccontato di tutte le loro litigate, come quella che risaliva a poco più di un mese prima: Santana era la sostituta di Rachel in Funny Girl, così avevano avuto un battibecco, nel quale si erano urlate contro cose che nemmeno pensavano. Rachel si era persino trasferita. Per ben tre giorni e mezzo. “Ma ho dimenticato di caricare il telefono stanotte e.. sapresti dirmi che ore sono?”

Kurt guardò il proprio orologio. “Le nove e quarantacinque.”

“Cazzo,” disse il moro, finendo il poco caffè che gli era rimasto. “Mi.. mi dispiace tanto.” disse poi, sotto lo sguardo confuso del più grande. “Ma devo proprio andare.”

“Andare dove?” chiese allora, alzandosi anche lui, quando Blaine recuperò la propria tracolla, e si alzò dalla sedia arancione del bar. Kurt prese il proprio cappotto, e si avvicinò a lui.

“All'ospedale.”

Kurt rimase spiazzato da quella risposta. Sgranò gli occhi, e leggermente la bocca. Blaine era malato? E se sì, perchè cazzo non glielo aveva detto? E soprattutto.. era grave? Milioni di immagini del suo ex in letto di morte, con il bruttissimo camice verde dell'ospedale, e la sua famiglia intorno a tenergli le mani, mentre piangono, disperandosi, e strappandosi i capelli per il dolor -

“Kurt,” Blaine ridacchiò quando si rese conto del suo sguardo preoccupato. Aveva sempre quello strano potere di leggergli nella mente. “Non sto male. Ci lavoro.” Oh certo. Lo immaginavo.

Seguì il moro fuori dal bar, cercando in tutti i modi di non ridere per via della sua mente malata che arrivava sempre a conclusioni idiote. Comunque, doveva ammettere di essere parecchio più sollevato. Quando uscirono, si imbatterono nel vento feroce invernale. Allora il meteo aveva ragione.

“E quindi,” cominciò il più grande, infilandosi il cappotto. “Le nostre strade si dividono nuovamente.”

Blaine sorrise radioso. “Ne sei proprio sicuro?” chiese. Kurt aggrottò la fronte, realmente confuso. “A che ora entri a lavorare?”

“Alle due e mezzo oggi, perch -”

“Vieni con me.”

All'ospedale. A vedere Blaine lavorare. Chissà che lavoro faceva. Con quel camice. Immediatamente il ricordo di lui e Blaine da ragazzi, quando giocarono al gioco del dottorino sexy, fece capolino nella sua mente. Arrossì, distogliendo lo sguardo, ma infine annuì. Perchè no?

 

*

 

Kurt non era mai entrato al Lenox Hill.** Ne aveva sentito parlare, ovviamente, e aveva saputo che era un ottimo ospedale, e che sicuramente quando uscivi di lì, poi non avresti più avuto motivo per rientrarci. Sapeva che i dottori che lavoravano lì avevano anni e anni di esperienza, e che sapevano cosa facevano. Una specie di edificio pieno strapieno di simili di Dr. House, in poche parole.

Appena entrato aveva notato l'eleganza di quel posto – per quanto un ospedale potesse essere elegante – e l'allegria delle persone che lo circondavano. Probabilmente lavorare in un luogo del genere metteva allegria, chissà.

Vide con la coda dell'occhio Blaine fermarsi in fondo alla grande hall, dove probabilmente si trovavano le infermiere barra receptionist – Kurt non aveva ancora capito quale era il loro lavoro. Si fermò giusto in tempo per non andare a sbattere addosso alla sua schiena. Blaine sorrise e lui lo imitò, anche se non sapeva bene a chi stessero sorridendo, visto che la donna davanti i loro occhi era fin troppo impegnata con un foglio da compilare. Tirò un occhiata alla sua destra, dove il moro stava continuando a sorridere come un idiota. Poi lo vide alzare una mano e fare un cenno a qualcuno. Infine mimò qualcosa con le labbra. Qualcosa che assomigliava molto ad un “non posso”. Aggrottando le sopracciglia confuso, Kurt seguì il suo sguardo e incontrò un ragazzo alto dall'altra parte della hall, capelli biondi tirati indietro con un filo di gel. Un sorrisetto sinceramente divertito e due occhi furbi, che in quel momento stavano fissando il suo ex ragazzo. Un moto di fastidio lo pervase. Cosa aveva da guardare quel tizio?

In quel momento la donna alzò la testa, sbuffando di frustrazione, e accorgendosi finalmente dei due ragazzi. Anche Blaine sembrò risvegliarsi in quel momento. Sposto lo sguardo dal ragazzo e lo posò sulla donna, continuando a sorridere. Lei lo imitò.

“Qualcosa per me, Emily?” chiese il moro.

La donna gli passò una pila di fogli, che lui subito si mise a consultare in silenzio. Ora si che a Kurt sembrava di essere entrato in un episodio di Dr. House. “Ho passato tutte le sue chiamate a Carly, Signor Anderson.”

Lui la ringraziò con uno dei suoi soliti sorrisi mozzafiato, poi fece cenno a Kurt di seguirlo. Quest'ultimo – che era rimasto tutto il tempo a seguire con lo sguardo il ragazzo biondo di prima – sorridette distrattamente, e lo seguì lungo un corridoio, che – scoprì – portava agli ascensori.

“Vorrei chiederti esattamente in cosa sei specializzato,” chiese il più grande una volta che furono dentro uno dei grandi ascensori dell'ospedale, che fortunatamente era vuoto. “Ma sinceramente voglio tenermi la sorpresa fino all'ultimo.”

Blaine ridacchiò, roteando scherzosamente gli occhi. “Ahh, non credo che sarai tanto sorpreso.”

Uscirono dall'ascensore e presero un ennesimo corridoio che li portò davanti ad una porta a vetri scorrevole. Dietro si trovava la scrivania di una ragazza dai capelli neri che le ricadevano in morbide onde sulle spalle, sopracciglia perfettamente curate e un vestitino corto color prugna, intenta a scrivere al computer. Alzò lo sguardo appena sentì le porte aprirsi.

“Signor Anderson, buongiorno.” gli disse lei. Poi spostò lo sguardo sull'altro ragazzo. “Buongiorno anche voi..”

“Kurt Hummel, piacere.” rispose il ragazzo, sorridendo cordialmente. La ragazza lo imitò, poi si strinsero la mano, mentre Blaine si allontanava di qualche passo, posando distrattamente la propria tracolla su una delle sedie, togliendosi il gilet, e appenderlo al posto del camice bianco che aveva appena preso. Se lo infilò velocemente, senza curarsi di abbottonarlo. Quando vide l'altro ragazzo cercare di leggere sulla targhetta del suo camice, ridacchiò leggermente.

“Caschi male, Kurt.” scherzò il moro, riavvicinandosi a lui, e mostrandogli la targhetta sulla quale c'era scritto solamente Dr. Blaine Anderson. “A proposito, la signora Riley è già arrivata?” chiese poi, spostando lo sguardo sulla ragazza che fissava la scena con un sorrisino complice.

“No, ha detto che ritarderà di qualche minuto.”

Blaine sorrise, per poi tornare a guardare Kurt. Quanto gli era mancato quel sorriso. Quel sorriso che invadeva il viso del suo ex ragazzo ogni volta che tramava qualcosa. A volte lo aveva fatto preoccupare però, se doveva essere sincero. “Vieni con me.” disse poi.

Prendendolo per un polso, lo trascinò fuori dalla sala d'attesa, e per un corridoio. Kurt non sapeva cosa aspettarsi. Il sorriso di Blaine si allargava ad ogni passo che facevano e lui non aveva idea del perchè.

Ad un certo punto si trovarono davanti ad un altra porta scorrevole, dove dietro si trovavano alcuni letti e alcune culle. Kurt alzò lo sguardo. Sopra la porta c'era scritto “pediatria”.

“Di ciao ai miei pazienti.” sussurrò Blaine, sorridendo teneramente. Si trovavano sulla soglia e decine e decine di occhietti erano puntati verso di loro. Kurt improvvisò un sorriso verso i bambini che si stavano avvicinando a loro. Questa poi non se l'aspettava.

 

*

 

Bambini. Bambini ovunque. Bambini che si aggrappavano alle sue gambe, o che cercavano di scalarlo – manco fosse l'Everest – per trovarsi tra le sue braccia. Bambini che gli tiravano le maniche della camicia o i pantaloni per attirare la sua attenzione. Bambini che ridevano, che chiacchieravano, che urlavano. Ma soprattutto, Blaine che rideva divertito, con una bambina in braccio, che stava ancorata al collo del moro, come se fosse un po' la sua ancora. Kurt non aveva tempo di soffermarsi su quello però.

Solo quando un'infermiera entrò nella stanza, i bambini si calmarono immediatamente, ma senza smettere di ridacchiare. Kurt passò le mani sulla camicia e sulle maniche, sperando di far sparire le pieghe, poi con aria di finta tranquillità si girò verso Blaine che stava chiacchierando vivacemente con l'anziana donna. La bambina ancora in braccio al suo ex ragazzo. Quella bambina.. lo stava fissando. Si ritrovò a guardarla per la prima volta da quando era entrato in quella stanza. La bambina non avrà avuto più di sei anni. Aveva due occhi grigi come il cielo d'inverno, e un espressione seria che non ci si aspetta mai da una piccola bambina come era lei. E per la prima volta, Kurt si rese conto che quella bambina non aveva i capelli. Cercò di ricacciare indietro le lacrime che già stavano minacciando di uscire, ripetendosi mentalmente che non era il momento adatto, datochè la bimba continuava a fissarlo con quei due occhi che sembravano capaci di leggergli nella mente.

Pochi secondi dopo, Kurt fu costretto a distogliere lo sguardo.

“Bene, bambini,” disse la donna. Kurt si voltò verso di lei. “Seguitemi.” continuò, battendo le mani per richiamare l'attenzione dei marmocchi. Quando questi fecero silenzio, lei sorrise, per poi avvicinarsi a Blaine e allungare le braccia verso la bimba che teneva in mano. Quest'ultima distolse per la prima volta lo sguardo da Kurt, e strinse gli occhi, stringendosi ancora di più al moro.

“Lei resta qui.” disse allora lui, sorridendo alla bambina, per poi lasciarle un bacio sulla fronte. “Va bene, piccola?”

La bimba annuì impercettibilmente, così l'anziana donna si allontanò con i bambini che ancora chiacchieravano tra loro. Quando sparirono dietro l'angolo, vide Blaine avvicinarsi a lui con un sorriso radioso in viso. Anche Kurt sorrise, cercando in tutti i modi di non fissare la piccolo bimba. Lo metteva a disagio, ed era veramente strano che una bimba di sei anni se non di meno ti mettesse a disagio.

“Lei è Anne.” presentò il moro sorridendole. Lei guardò negli occhi ambrati di Blaine. “La più bella bambina che io abbia mai conosciuto.” sussurrò ancora il ragazzo. La bambina sorrise dolcemente, per poi riportare lo sguardo su Kurt. “E lui,” disse poi, riportando lo sguardo sul suo ex ragazzo. Sorrise ancora di più. “Lui è Kurt, Anne. Dì ciao, piccola.”

Anne alzò una manina e lo salutò, poi sorridette leggermente. “Ciao.” sussurrò. La voce di quella bimba era molto roca, come se non avesse parlato per molto tempo, o comunque come se non parlasse un granchè in generale. Kurt riuscì comunque a riconoscerci una voce cristallina dietro. “Ciao, piccola.” disse infine.

“Lui,” la bimba parlò nuovamente, indicando il più grande. La sua voce era calma e parlava molto lentamente e piano. “E' il tuo amico?”

Blaine sorrise, e Kurt non poté evitare di fare lo stesso. “Si, lui è un mio amico.” la corresse il moro, ridacchiando. “Un mio grande amico.” aggiunse poi, tornando a guardarlo con un sorrisetto divertito.

“Quindi,” disse la bambina, interrompendosi solo per portarsi una mano alla bocca e tossire leggermente. “E' anche mio amico, vero?”

Blaine si morse il labbro inferiore, sorridendo dolcemente, e distogliendo lo sguardo da entrambi. Kurt si accorse di come i suoi occhi erano lucidi. La bambina fece vagare un po' lo sguardo tra i due, per poi soffermarsi sul più grande. Quando si rese conto che Blaine non avrebbe risposto, Kurt si fece leggermente avanti. “Certo. Siamo amici se tu vuoi.”

La bimba non rispose, ma sorrise. Alla fine, allungò una mano, e a quel punto Kurt andò nel panico. Cosa avrebbe dovuto fare? Mentre si chiedeva se doveva stringergliela o chissà cosa, vide Blaine avvicinarsi e permettere ad Anne di posargli la mano sulla guancia destra. Quel gesto sapeva tanto di affetto, di amore, di – in un qualche modo – promessa. Non resistette più. Le lacrime cominciarono lentamente a scendere dal suo viso, mentre si rendeva conto che quell'amicizia, sarebbe stata la più speciale che avrebbe mai avuto in vita sua.

 

*

 

“E' una brutta otite, su questo non c'è dubbio, ma non dovete preoccuparvi, Signora Riley. Prescriverò a suo figlio un antibiotico che dovrà prendere una volta al giorno, e un antinfiammatorio che invece dovrà assumere due volte al giorno. Una volta la mattina e una la sera. Ah, e se dovesse avere dei dolori, le prescrivo anche questo antidolorifico, che può trovare benissimo in una qualsiasi farmacia.”

Il cercapersone di Blaine aveva suonato proprio nel momento in cui avevano rimesso nel lettino la piccola Anne, dichiarando che la Signora Riley era appena arrivata con il figlio. Si erano allontanati dalla sala di pediatria ed erano ritornati nell'ufficio di Blaine, dove in sala di attesa c'era una donna sui trentacinque, e il figlio di otto-nove anni al massimo. Quel bambino aveva gli occhi color nocciola e dei ricciolini neri. Kurt pensò di essersi innamorato.

Adesso si trovavano dentro l'ufficio del moro, che, Kurt doveva ammetterlo, era decisamente carino, pur essendo uno studio di un ospedale. Aveva provato a dire a Blaine che poteva benissimo andarsene, e che aveva paura di poter dare fastidio, ma niente, il moro lo aveva tranquillizzato, aggiungendo anche che voleva invitarlo a pranzo con lui, se non avesse avuto altri impegni. Ovviamente, anche se gli avesse avuti, li avrebbe cancellati.

Si trovava in un angolino in quel momento, a fissare la donna che continuava a tenere stretto il suo bambino, con un espressione fin troppo preoccupata. Sembravano proprio Zia Petunia con il suo Dudley, e Kurt non poté evitare di soffocare una risata, della quale, per fortuna, nessuno si accorse.

“Dr. Anderson, lei pensa che sia grave?”

Il viso di Blaine e quello di Kurt, assunsero la stessa espressione. Una metà tra lo sconvolto e il divertito. “E' solo un otite.” disse poi il moro, cercando di sorridere in qualche modo. Alla fine, la sua espressione era diventata ancora più comica di prima. Il più grande tentò per un ennesima volta di non scoppiare a ridere.

Dopo una buona ventina di minuti passata a cercare di rassicurare quella donna, finalmente sembrava fatta. Kurt era sollevato. Aveva cominciato a provare una certa frustrazione verso quella donna, che tra l'altro, cercava di flirtare in modo palese con Blaine, il quale invece non sembrava accorgersi di niente. Si rese conto anche che il piccolo bambino era sul punto di addormentarsi. Poveraccio.

“Va bene, Dr. Anderson, mi fido di lei,” e menomale. “Allora tornerò tra un paio di settimane e -”

Cause if you liked it then you should have put a ring on it..
If you liked it then you should have put a ring on it..
Don't be mad once you see that he want it..
If you liked it then you should have put a ring on it..

Kurt sgranò gli occhi, mentre Blaine stringeva le labbra, nel tentativo di non ridere, e si girava quasi a rallentatore verso di lui. Quando i loro occhi si incontrarono, Kurt lesse un immenso divertimento negli occhi ambrati del suo ex ragazzo. Merda.

Si alzò in piedi, e sfilò il telefono dalla tasca anteriore, sussurrò un scusatemi, arrossendo fino alla punta delle orecchie e uscì di corsa dallo studio, rispondendo al telefono senza neanche guardare il mittente.

“Pronto?” sussurrò, senza guardare la segretaria di Blaine che sicuramente stava ridendo sotto i baffi.

“Kurt!” la voce allegra della sua migliore amica gli arrivò dritto al cervello. Eh, certo, chi doveva essere, se non lei? “Pranziamo insieme oggi, giusto?”

“No,” disse, sempre sussurrando piano. “Ho già un impegno.”

“Cosa?” chiese confusa Rachel. “Primo, parla più forte, che a malapena riesco a capire cosa dici. E secondo, andiamo sempre a pranzo insieme il Lunedì. Chi ha rubato il mio posto?”

“Rachel, non posso urlare, sono all'ospedale.” disse esasperato il ragazzo, portandosi una mano sulla fronte, e chiudendo gli occhi. Prima ancora che potesse aggiungere qualcosa, la sua migliore amica lo precedette.

“Scusa, e che ci fai all'ospedale? Stai male, amore?”

“No, è che stamattina mi sono visto con Blaine, e poi l'ho seguito all'ospedale. Lui lavora qui.” aggiunse poi come spiegazione. “Vado con lui a pranzo.” disse poi, cercando di non sembrare troppo entusiasta, visto che sentiva perfettamente lo sguardo di Carly addosso.

“Come, scusa?” chiese la sua migliore amica, scandendo bene ogni singola sillaba. “Blaine? Che novità è questa?”

“C'eri anche tu ieri sera, eh.”

“Si, lo so. Ma non pensavo che -”

“Che, cosa?” chiese Kurt, sperando solo che quella conversazione finisse presto. “Io e Blaine siamo.. amici, credo.”

In quel momento la porta dell'ufficio di Blaine si aprì, e la donna con il proprio figlio uscirono, seguiti immediatamente dal moro, che appena incontrati gli occhi del più grande, riprese a sorridere divertito esattamente come cinque minuti prima.

“Senti Rachel, ti devo lasciare. Ci sentiamo dopo, ok? Ti voglio bene.” disse tutto d'un fiato, per poi riattaccare velocemente, senza lasciare tempo alla ragazza di replicare anche solo con un misero ciao.

Ripose il telefono nella tasca anteriore, e fissò Blaine con un espressione metà tra il serio metà tra l'esasperato. “Non provare a dire niente, Anderson.” gli disse, puntandogli un dito contro, per poi superarlo e rientrare nell'ufficio. Sentì il moro dietro di sé ridacchiare per poi intonare piano il ritornello di single ladies. Kurt roteò gli occhi, senza poter evitare però di scoppiare a ridere subito dopo.

Quella non gliela avrebbe fatta dimenticare facilmente.

 

*

 

La pausa pranzo di Blaine durava all'incirca un ora. Quindi, non avrebbero potuto allontanarsi più di tanto. Usciti dall'ospedale, il moro lo aveva portato in un piccolo ristorante vicino. Era un luogo piacevolmente carino. Non era molto grande, ma le persone che ci lavoravano erano estremamente cordiali e simpatiche. La cosa che più lo eccitava era il fatto che quel ristorante serviva piatti italiani, e lui non aveva mai mangiato in un ristorante italiano, quindi, anche se cercava di non darlo a vedere, era estremamente esaltato dall'idea.

Francesco – il capo chef che aveva già avuto il piacere di conoscere il suo ex ragazzo – li aveva accolti amorevolmente, e li aveva fatti sedere ad un tavolino un po' appartato, lontano dagli altri già occupati. Infine, aveva preso lui stesso le ordinazioni. Cosa non facile, visto che ogni tre per due Kurt gli chiedeva cosa fosse quello o quell'altro. Alla fine Blaine ordinò un piatto di spaghetti e lui un piatto di agnolotti. Non sapeva manco cosa fossero, in realtà.

Stava per aprire bocca, e intavolare una conversazione con il suo ex, ma quest'ultimo, proprio in quel momento, spostò lo sguardo sul proprio iPhone, fermo al lato destro del piatto, che aveva cominciato ad illuminarsi a intermittenza. Vide Blaine sbloccarlo e – probabilmente – aprire il messaggio che gli era appena arrivato. Non sapeva cosa ci fosse scritto, ma vide l'espressione confusa di Blaine dopo. Alla fine lo vide digitare qualcosa, e inviare la sua risposta. Quando quest'ultimo rialzò lo sguardo su di lui, Kurt lo distolse, fingendo di non averci fatto nemmeno caso.

“Scusami.” disse il moro, posando nuovamente il telefono sul tavolino. “Dicevamo?”

“In realtà non stavamo dicendo niente, Blaine.” lo avvertì il più grande, sorridendo teneramente, e posando la testa sulle sue mani congiunte.

Blaine scoppiò in una risatina divertita. “Scusami di nuovo.” sussurrò continuando a ridacchiare. “Ho la testa tra le nuvole.”

“L'hai sempre avuta, a dire il vero.” lo schernì Kurt, facendolo solo ridacchiare di più. Ma era felice. Era felice di riuscir a farlo ridere ancora in quel modo. Aveva sempre amato la risata di Blaine, e non sapeva come mai, ma quando lo aveva rivisto la sera prima, avrebbe detto che nei passati sei anni non aveva riso così tanto come faceva quando erano ragazzi. L'aveva letto nei suoi occhi. Aveva letto quella sfumatura di tristezza, che gli aveva visto solamente una volta. E cioè, quando lui e Rachel avevano diciannove anni ed erano tornati a Lima per assistere alla prima di Grease, messa su dal suo vecchio liceo. Quando i loro occhi si erano incontrati quella sera, Kurt aveva letto tutta la disperazione, la solitudine e il pentimento per quello che aveva fatto, possibile. Quando avevano riparlato poi, dopo lo spettacolo, gli aveva detto quella frase, quel “e io non mi fido più di te”, e lo aveva e si era completamente distrutto. Sapevano entrambi che era finita. In quel momento, era veramente finita.

 

 

“Blaine?”

Il diretto interessato alzò lo sguardo dal suo telefono per l'ennesima volta. In una mano teneva il telefono, e nell'altra la forchetta, ferma a mezz'aria. Kurt si era soffermato ogni singola volta sul fatto che Blaine riuscisse perfettamente ad arrotolare gli spaghetti sulla forchetta. Si chiese persino dove cazzo avesse imparato, visto che lui in venticinque anni della sua vita ancora non ci era mai riuscito.

“Dimmi tutto, Kurt.” rispose il moro, distogliendolo dai suoi pensieri. Kurt vide, con la coda dell'occhio, Blaine spegnere il telefono.

La verità è che adesso che doveva dirglielo, si sentiva completamente a disagio. Ma era anche vero che non era riuscito a smettere di pensarci sin da quando era successo. Sembrava quasi che avesse il bisogno di parlarne con qualcuno. E non esisteva nessuno meglio di Blaine, per quello. Per tante cose, in realtà.

“La bambina di prima,” cominciò, posando lo sguardo sulla sua mano che in quel momento teneva la forchetta, e giocherellava con quello che aveva nel piatto. “Anne. Lei ha.. ha il cancro, vero?”

Alzò lo sguardo, solo quando il silenzio tra di loro si fece fin troppo pesante. Blaine lo stava fissando, con un espressione indecifrabile e la bocca leggermente aperta. La forchetta ancora a mezz'aria. Incatenò i loro sguardi, e riuscì a leggere qualsiasi cosa negli occhi dell'altro. In quel momento però, l'unica cosa che vide, e che prevaleva sulle altre, era l'affetto che provava per quella piccola bambina. E la preoccupazione. Alla fine, il moro sospirò, e posò la forchetta nel piatto. “Si.” sussurrò, senza distogliere lo sguardo. Si morse leggermente il labbro inferiore. “Cancro ai polmoni.” aggiunse poi.

“E quanti anni ha?” chiese poi, parlando piano, quasi come se non volesse che la gente vicino li sentisse.

Blaine si portò una mano tra i capelli. Sembrava quasi che parlarne lo facesse stare veramente male. “Ha solo cinque anni.”

Kurt annuì, e prima che potesse dire qualcosa, anche una cazzata, tanto per cambiare discorso, visto che l'aria si era fatta estremamente pesante, Blaine lo precedette, riaprendo bocca. Aveva distolto lo sguardo e stava fissando ovunque tranne che nei suoi occhi. “Gliel'ho diagnosticato all'incirca due mesi fa.” sussurrò, fissando il suo piatto, per metà intatto. “Sua madre la portò da me, dicendomi che era già da parecchio tempo che Anne stava male, respirando a malapena, e tossendo continuamente.” prese un respiro profondo, prima di continuare. “Pensando che non fosse niente di grave, le prescrissi alcuni antibiotici, ma lei tornò da me dopo due settimane, e visitandola, mi resi conto che non avevano fatto nessun effetto. In più la madre mi disse che Anne stava perdendo peso in modo strano, ed era continuamente stanca.” Blaine tornò a guardarlo negli occhi. Entrambi erano sull'orlo delle lacrime. “Mi soffermai più che altro sul fatto che non riuscisse a respirare correttamente, e sul fatto che era peggiorata in quelle due settimane. Ebbi il permesso dalla madre, e dal mio superiore, di poterle fare una radiografia. Ma, credimi, Kurt, non mi sarei mai immaginato quello che poi ho visto.” si fermò un'altra volta e si asciugò un paio di lacrime che erano scappate dai suoi occhi. “La misero in cura subito, e scoprirono, che per adesso non è troppo esteso, ma che devono comunque sbrigarsi ad operarla, perchè potrebbe estendersi ai bronchi, e poi ad altri organi vitali, e a quel punto sarebbe molto più complicato.”

Kurt annuì. “Quando la opereranno?”

“Tra due settimane.”

“E quante..” Kurt si schiarì la gola, e si asciugò gli occhi umidi. “Quante possibilità di.. quante..”

“L'ottanta percento è dalla nostra parte, Kurt.” disse Blaine, sorridendo teneramente. Infine allungò la mano sul tavolo, esattamente come la mattina stessa, e permise a Kurt di stringerla. Quando ciò avvenne, un brivido percorse entrambi i ragazzi. Si guardarono negli occhi, entrambi con un sorrisetto timido stampato in volto, e con lo stesso pensiero in testa. Le loro mani erano fatte per stringersi. Erano fatte per stare insieme, e per tenersi vicine. Erano fatte per incastrarsi perfettamente, come ogni volta succedeva. Le loro mani si amavano, ed entrambi potevano sentirlo. Entrambi lo avevano sempre saputo.

 

*

 

Blaine uscì di lavoro alle otto e mezza quella sera. Kurt se ne era andato verso l'una e mezzo, dicendo che doveva per forza andare al lavoro, e che l'avrebbe richiamato lui per mettersi d'accordo ed uscire nuovamente insieme. Se doveva essere sincero, l'aveva lasciato andare a malincuore. Adesso che erano riusciti a ritrovarsi dopo veramente fin troppo tempo, Blaine avrebbe passato ogni secondo di ogni minuto al fianco del suo ex ragazzo. Ecco il problema. Ex ragazzo. Adesso lui stava con Alex. Stava con Alex da quasi quattro anni. Anzi, la settimana dopo avrebbero proprio festeggiato il loro quarto anniversario. Alex era una persona stupenda, su questo non c'erano dubbi. Era premuroso, dolce, simpatico, e soprattutto, lo amava veramente. Ma non era Kurt. Non aveva la voce cristallina di Kurt, non aveva quegli occhi che lo facevano sentire un idiota innamorato come quelli di Kurt, non aveva il sorriso dolce di Kurt. Non aveva il suo sarcasmo pungente, il suo modo di amarti, i suoi tocchi gentili, o la sua risata. Ricordava i primi tempi che stava con Alex, ogni volta che si ritrovavano a fare l'amore, Blaine immaginava sempre di baciare Kurt, di toccare Kurt, di stare dentro Kurt, e di amarlo come non aveva mai fatto. Poi apriva gli occhi, e si rendeva conto che la persona con cui stava facendo l'amore, non era la persona che amava. E quella cosa era continuata per mesi. Per anni. Per quattro anni, a dire la verità. E il solo pensiero lo faceva sentire una totale merda. Insomma, Alex era il tipo di compagno che chiunque avrebbe voluto accanto. Alex era colui che lo aveva salvato dalla depressione che lo avrebbe colpito cinque anni prima, quando doveva ancora affrontare la perdita di Kurt. All'inizio Alex era una specie di migliore amico, poi il loro rapporto si era sviluppato. Almeno, da parte dello stilista. E nonostante tutto, nonostante Alex lo aveva trascinato via da Lima, e lo aveva convinto a iscriversi alla NYU, per poi chiedere lavoro ad un ospedale come il Lenox Hill, Blaine sapeva di non poterlo amare. Per il semplice fatto che per quanto in quei quattro anni avesse cercato di ripetersi mentalmente quanto Kurt non significasse più nulla per lui, non era mai stato così. Kurt aveva sempre significato tutto. Persino in quei sei anni che non era stato presente. Aveva vissuto quegli ultimi anni della sua vita, sentendo che gli mancava qualcosa. E quando finalmente aveva rivisto gli occhi di Kurt, poco meno di ventiquattr'ore prima, aveva capito cos'era.

Sospirò, passandosi una mano tra i capelli, e stringendosi nel proprio cappotto. Il freddo aveva deciso di congelarlo lì in mezzo al marciapiede, ne era sicuro. Quando si trovò vicino al suo appartamento, tirò fuori nuovamente il telefono. Alex gli aveva detto che doveva parlargli urgentemente, e che non vedeva l'ora di vederlo per potergli raccontare “la novità”. Da una parte, Blaine pensava di sapere di cosa si trattasse. In fondo capitava tutti gli anni verso la fine di Dicembre, ormai da due anni a questa parte. Da una parte sperò non fosse quello, in fondo non voleva trovarsi solo a Natale anche quell'anno. Anche se quell'anno magari avrebbe potuto passarlo con Kurt. No, che idea stupida. Sicuramente Kurt aveva già i suoi impegni. Quasi sicuramente, immaginò, sarebbe tornato a Lima da suo padre. Chissà come stava Burt.

Sospirò un ennesima volta, prendendo dalla tracolla le chiavi del portone del suo palazzo. Appena entrato, si avvicinò all'ascensore e premette il tasto del piano dieci.

Aperta la porta dell'appartamento non notò niente di strano. Posò distrattamente le chiavi e la tracolla sul mobiletto vicino, e svoltò l'angolo del corridoio, trovandosi nel soggiorno. Lì ad attenderlo c'era Alex con due calici di champagne in mano e un sorriso entusiasta in volto. Sembrava una di quelle scene da film, quando torni tranquillamente a casa dal lavoro e tua moglie ti aspetta dicendoti che è incinta. Tutti felici e contenti. Menomale che era gay. Sorrise distrattamente, mentre Alex lo chiudeva in un abbraccio.

“A cosa dobbiamo tutto questo?” chiese Blaine, fingendosi sorpreso, mentre il suo ragazzo gli passava uno dei calici. Lo vide sorridere felicemente.

“Mi hanno proposto di andare a Chicago per una masterclass tenuta da Michael Kors.” esclamò Alex allegro. “Non riesco a crederci, giuro.”

Blaine si morse il labbro, prima di riaprire bocca. “E quanto starai via?”

“Parto domani e starò via due settimane, alla più lunga.” rispose Alex, non facendo caso al verso di delusione che emise poi il suo ragazzo.

“Due settimane. Il che vuol dire che salteremo Natale, il nostro anniversario, e Capodanno. Nuovamente.” replicò il moro sarcasticamente, posando il bicchiere, e allontanandosi dall'altro ragazzo. Ovviamente le sue supposizioni erano giuste.

“Blaine, non ti capisco. Non sei felice, per me?”

Il diretto interessato si fermò sulla soglia della loro camera da letto. Fissando dritto davanti a sé, prese un profondo respiro, per poi girarsi con un finto sorriso stampato in volto. “Certo, che lo sono. Non si vede?” disse prima di sbattere la porta e rifugiarsi in camera.

 

*

 

Da: Kurt.
“(21.34) Rachel ha scoperto che stanno organizzando una specie di mega festa a Times Square. È domani sera. Ci andiamo, vero?”

A: Kurt.
“(21.37) Perdonami, non credo di averne molta voglia.”

Da: Kurt.
“(21.38) Che è successo?”

A: Kurt.
“(21.40) Mi conosci così bene?”

Da: Kurt.
“(21.43) Si, credo di poter dire di conoscerti perfettamente.”

A: Kurt.
“(21.44) Possiamo solo.. riparlarne in un altro momento?”

Da: Kurt.
“(21.46) Sempre qui quando hai bisogno, Blaine.”

A: Kurt.
“(21.50) Grazie. Davvero.”

 

*

 

Kurt posò il telefono sul tavolino della cucina, con un sospiro di delusione. Appena Rachel gli aveva detto della festa a Times Square, lui aveva, ovviamente, pensato che sarebbe stato un ottimo modo per passare una serata insieme a Blaine. Avrebbero ballato, bevuto un po', riso, scherzato, e magari pure cantato insieme, come ai tempi del liceo. Sarebbe stato.. bello, si. Di certo non aveva voglia di ritrovarsi ad una festa con la nuova star di Broadway che avrebbe attirato tutte le attenzioni e cantato tutte le canzoni dal novanta fino ai giorni loro. Voleva bene a Rachel, ma ne aveva abbastanza di sentirsi oscurato da lei.

Appoggiò la testa al bordo del tavolino e sbuffò nuovamente. Si sarebbe finto malato. In fondo, funzionava sempre.

Qualcuno gli posò una mano su una spalla, e lui sobbalzò letteralmente per poi scontrarsi con gli occhi scuri della sua migliore amica.

“Allora? Blaine è dei nostri?” chiese lei, continuando a muovere la mano sulla spalla del suo migliore amico. In realtà aveva capito dall'espressione di Kurt che non era così, ma magari aveva bisogno di parlarne con qualcuno.

Kurt, infatti, scosse la testa, e sorrise leggermente. “No.” confermò poi. “Ha detto di non averne voglia. Probabilmente avrà degli impegni con il suo.. con il suo..”

“Ragazzo?”

“E ha cercato un modo carino per dirmi che non voleva venire.” la ignorò Kurt, alzando le spalle. La parola Blaine accostata ad un altro nome maschile, con in mezzo la parola “ragazzo”, gli faceva letteralmente schifo in quel momento.

Si alzò dalla sedia e percorse il poco spazio che lo divideva dal soggiorno. Si sedette sul divano accanto a Santana. La ragazza stava messaggiando con qualcuno. Probabilmente Brittany. Appena quest'ultima si sarebbe trasferita a New York, le due sarebbero andate ad abitare insieme. Kurt roteò gli occhi. Era così invidioso di loro due che erano riuscite a ricreare un rapporto ancora più solido di prima. Magari se fosse tornato alle regionali di Blaine, anche loro ci sarebbero riusciti con il tempo. Magari Blaine non starebbe con un altro adesso.

“Kurt, va tutto bene?” chiese Rachel, adesso in piedi davanti al televisore che nessuno stava guardando veramente. Il diretto interessato scrollò le spalle, fingendosi indifferente. “E' per Blaine, giusto?” chiese allora lei.

“Si.. no. Cioè, diciamo che ci tenevo. Speravo che venisse.” rispose, senza fissarla negli occhi. Lei si inginocchiò, facendo così per essere alla sua altezza, ma prima che potesse anche solo dire una parola, Santana la precedette.

“Ci credo, Hummel.” disse l'ispanica, ammiccando. All'inizio i due ragazzi aggrottarono la fronte, confusi, poi, capendo il doppio senso, scoppiarono a ridere, quasi contemporaneamente. Santana li seguì poco dopo.

“Vado a letto, va.” annunciò Kurt, quando le risate scemarono. Si alzò dal divano, ma prima di entrare in camera sua, si voltò, e sorrise. “Vorrà dire che passerò una splendida serata con le mie due coinquiline preferite.”

In fondo non era proprio male vivere con quelle due pazze.

 

*

 

“Hai preso tutto, giusto?” chiese Blaine, controllando per l'ennesima volta l'orario della partenza sul biglietto che avevano appena preso. La sera prima erano riusciti a fare pace. O meglio, Blaine era sorvolato sulla cosa, come ogni volta. Non era debole, semplicemente evitava di litigare, quando sapeva che non sarebbe cambiato niente. E più o meno, era sempre così.

Adesso si trovavano al JFK, in mezzo a una mandria di persone che sembravano pecore impazzite e che correvano da una parte all'altra dell'aeroporto. Blaine trattenne una risata quando vide una madre su tacchi dodici, inseguire la figlia che scappava ridendo, con un pupazzo che sbandierava orgogliosa. Riportò gli occhi su Alex che in quel momento abbassò il telefono e sorrise, per poi stringerlo in un caloroso abbraccio. “E' la ventesima volta che me lo chiedi.” disse. “Si, amore. Ho preso tutto quello che mi serve. Tra quanto parte il volo?”

“Mezz'ora.” rispose il moro, quando sciolsero l'abbraccio. Prese la valigia blu notte di Alex che stava dietro di lui, e gliela passò con un sorrisino stampato in faccia. “Forse è meglio che vai al check-in.”

Alex guardò l'orologio, come ad accertarsi che Blaine stesse dicendo la verità. Quest'ultimo si trattenne dal non roteare gli occhi. “Si, credo sia meglio.” disse infine, sorridendo nuovamente. Infilò la sciarpa rossa al collo e la strinse, prima di posare le mani sui fianchi del moro ed avvicinarlo a sé. “Ti prometto che quando tornerò, rimedieremo a queste due settimane che ci tocca passare divisi.” aggiunse, prima di avvicinarlo a sé e baciarlo. Blaine si lasciò baciare, senza ricambiare. Non che il suo ragazzo ci avrebbe fatto caso comunque. Quando si staccarono improvvisò un sorriso che sembrava molto più una smorfia.

“Beh, chiamami quando arrivi, allora.”

“Lo farò. Ti amo.” disse infine, lasciandogli un ultimo bacio a stampo e prendendo la propria valigia per poi dargli le spalle. Blaine lo seguì con lo sguardo finchè non sparì dietro la folla. Infine sospirò, e si rigirò il telefono tra le mani, guardandosi attorno. E anche quell'anno era fatta. Adesso doveva solo trovare qualcosa da fare durante tutte le sue vacanze. Proprio quel giorno erano cominciate le sue ferie natalizie, e non aveva la minima idea di come passarle. Tornare dai suoi genitori non se ne parlava, visto che sua madre l'avrebbe riempito di domande tipo “a quando il matrimonio, tesoro mio?” e suo padre gli avrebbe sorriso compiaciuto ogni secondo, interessandosi solo ed esclusivamente di come andava il suo lavoro. Ne aveva abbastanza di domandine su cose che non gli interessavano neanche un po'. E i suoi genitori erano sicuramente i migliori in quel campo. Non che non gli volesse bene, anzi, li amava, e loro amavano lui, ma diciamo che in fatto di compagnia e divertimento non erano il massimo. E quasi sicuramente la sua festa di Capodanno sarebbe stata in giacca e cravatta in una sala stile ottocento. Per quello, gli bastava e avanzava Alex.

Uscì dall'aeroporto, stringendosi nel proprio cappotto. Erano a malapena le cinque di sera, ma il crepuscolo si stava già avvicinando e il freddo si stava alzando. Stava per svoltare alla sua destra per tornare al calduccio del suo appartamento, quando un manifesto dall'altra parte della strada attirò molto la sua attenzione.

Venerdì, 20 Dicembre 2013. Snow Party, All Night Long. Times Square, ore 20.00.

Sorrise e senza pensarci due volte, o senza chiedersi il perchè di quella decisione, tirò fuori il telefono e digitò quel numero che in soli due giorni aveva rimparato a memoria. Una voce cristallina rispose dopo solo due squilli.

“Blaine?” chiese confuso.

“E' ancora valido il tuo invito, oppure è troppo tardi?” 




* Ho una specie di ossessione compulsiva per il culo di Chris Colfer, perdonatemi.
** Nemmeno io sono mai entrata al Lenox Hill. Quindi, non ho idea di come sia fatto. Perdonatemi. 


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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Am I in too deep? Have I lost my mind?
I don't care, you're here tonight.


NOTE INIZIALI: Vi consiglio di ascoltare questa canzone, quando dovrete. E credetemi, capirete quando dovrete. È una canzone che io amo da morire, tra l'altro, ahah. http://youtube.com/watch?v=cRM70Jw7F4M
 

 

Blaine stava ridendo come un bambino drogato. Il che la diceva tutta. In verità, la sua risata era estremamente contagiosa, e dopo pochi secondi non potè evitare di ridere anche lui. Era così felice che alla fine il suo ex fosse venuto. Quando aveva detto che gli sarebbe piaciuto, mica scherzava. Il fatto è che Blaine rideva perchè era già da più di venti minuti che cercavano Rachel e Santana, sparite nella folla. In più, la cosa più esilarante, era che quando finalmente le aveva trovate, avevano acceso la macchinetta della schiuma e quella per il fumo, così le aveva perse di vista un ennesima volta. Aveva sbuffato, e Blaine era scoppiato a ridere.

“Credo, a questo punto, che Rachel se la siano divorata i fan, mentre Santana abbia trovato qualche maschio arrapato da prendere per il culo.” l'occhiata interrogativa del moro, lo fece continuare. “E' da un po' che fa questo “gioco”. Praticamente se qualcuno la importuna, lei ci sta per i primi dieci minuti e poi quando provano a baciarla o ad andare oltre, semplicemente alza le spalle e dice di essere lesbica. E loro se ne vanno delusi e con un erezione che dovranno soddisfare da soli.”

Se possibile, Blaine rise ancora di più. Anche il sorriso di Kurt si ampliò. C'era una sola domanda che gli svolazzava in testa, e cioè, il perchè Blaine avesse cambiato idea in meno di ventiquattr'ore. O meglio, la cosa che più gli interessava sapere era il perchè avesse rifiutato la sera precedente. Avevano un intera notte a disposizione. Prima o poi glielo avrebbe chiesto. Per il momento era solo felice che si trovassero ad una festa insieme. E insieme a migliaia di Newyorkesi.

Solo quando Blaine mise su un espressione da oddio-che-idea-grandiosa, Kurt si rese conto di essere rimasto a fissarlo per tutto il tempo in cui rideva. “Tequila boom boom.” esclamò il moro, subito dopo aver ghignato.

“Come, scusa?” chiese il più grande. In verità era troppo distratto dalla camicia nera sbottonata che lasciava intravedere la polo bianca aderente sotto,* per pensare troppo alle parole che la sua magnifica bocca aveva appena pronunciato

“Non l'hai mai bevuta? Oh, non ci credo.” Kurt scosse la testa, anche se in realtà non aveva la minima idea di cosa stesse parlando.

Fatto sta che un secondo dopo era stato trascinato quasi di peso su uno degli sgabelli davanti a dei banconi che avevano installato il giorno prima. Avevano appena trovato un buco per passare attraverso la folla che si scatenava sulle note di me against the music. In realtà, Blaine aveva appena trovato un buco per passare. Blaine lo aveva trascinato lì davanti. Lui ancora non aveva capito perchè erano passati dalla piazza piena di schiuma ad un bancone che vendeva alcolici, un po' più lontano. Oh, giusto.

Vide Blaine sussurrare qualcosa al barista che un cenno d'assenso si allontanò. Kurt cercò di scovare una qualsiasi informazione dal viso dell'altro ragazzo, ma solo quando il barista tornò con un vassoio, Blaine gli rivolse un occhiata divertita.

“Allora? L'hai mai bevuta?” gli urlò praticamente in un orecchio per sovrastare il rumore assordante della musica. Kurt scosse la testa, confuso. Sul vassoio erano posati due spicchi di lime, due shot di, avrebbe detto, tequila e una saliera. Una saliera. Una saliera? La sua espressione si fece, se possibile, ancora più confusa, mentre tornava a guardare il suo ex ragazzo. Aveva bevuto qualsiasi tipo di drink, cocktail e alcolici in venticinque anni di vita, ma questa era veramente nuova. Blaine sorrise divertito. “E' il massimo veramente. Guarda me.”

Kurt fece come gli era stato detto, e vide il moro bagnarsi il pezzo di pelle tra il pollice e l'indice con il lime, per poi spargerci sopra un po' di sale. Assunse un espressione disgustata quando Blaine lo leccò via. Sale, brr. Dopodiché lo vide ingoiare in un solo sorso il suo shot e strizzarsi dentro la bocca il succo di lime, che infine ingoiò. Non era ancora convinto quando Blaine sorrise verso di lui e gli disse di provarci. Blaine se ne accorse e solo quando gli chiese con quegli occhi da cucciolo “Ti fidi di me?” decise di farlo.

 

*

 

Esisteva solo una cosa al mondo di cui Blaine era sicuro: Kurt era la cosa più bella che i suoi occhi avessero mai visto. Kurt che lo guardava confuso, o sorpreso, o sorridente. Non importava che espressione indossasse. Kurt era sempre bellissimo. Kurt era diventato ancora più bello negli ultimi anni. I suoi lineamenti si erano induriti, dimenticando così per sempre l'aria da ragazzino che aveva prima. Per non parlare del corpo da favola che aveva messo su. In realtà, Kurt era sempre stato un bel ragazzo, con un sedere decisamente fantastico. Il fatto è che adesso non si trovava più davanti ad un ragazzo di appena diciannove anni, ma davanti ad un uomo.

Anche se, in quel momento, sembrava così timoroso mentre buttava giù lo shot di tequila. E sembrava essere tornato per un attimo il ragazzo che Blaine conosceva come le sue tasche. Per non parlare dell'espressione che aveva assunto il suo viso quando si era dovuto ritrovare a leccare del sale. Alla fine, quando poi aveva ingoiato il succo di lime, si era girato verso il proprio ex e aveva esclamato che era la cosa più buona che avesse mai bevuto. Beh, su questo non ne avrebbe avuto dubbi. Sorrise divertito all'espressione estasiata del suo ex.

Pochi secondi dopo partì una canzone che entrambi conoscevano e amavano.

“Balliamo.” disse Blaine, prendendo una delle sue mani tra le proprie. Kurt lo fissò con un espressione tra il sorpreso e il lusingato. Infine sorrise, alzandosi.

“Con molto piacere.”

Dopo essersi fatti strada tra le coppiette che si strusciavano addosso in una maniera davvero da denuncia per atti osceni in luogo pubblico, trovarono un posto, più o meno, in mezzo alla piazza, abbastanza largo per ballare. Sia la musica che le luci stroboscopiche che andavano a ritmo e illuminavano abbastanza i loro volti, rendevano l'aria tra di loro ancora più intrigante e leggermente eccitante, mentre cominciavano a muoversi sulle note di who owns my heart.

All'inizio restarono abbastanza a distanza “di sicurezza”, non essendo sicuri di come l'altro avrebbe potuto reagire se avessero cominciato a ballare troppo vicini, ma si stavano divertendo, tirandosi di tanto in tanto occhiatine, o ridacchiando. Era da troppo tempo – veramente troppo – che non si trovava in una situazione del genere col suo ex. E tutto quello gli era mancato. Gli era mancato da morire il modo in cui Kurt muoveva o gestiva il proprio corpo, o di come sapeva ammaliarlo solamente con un occhiata. Si sentiva come un pezzettino di burro quando era vicino a lui. E gli era mancato sentirsi così. Soprattutto quando si era reso conto di avere ancora lo stesso effetto anche lui. Solo quando vide Kurt sussultare perchè qualcuno – molto probabilmente – gli aveva toccato il culo, lo tirò a sé, tenendolo per i fianchi e lanciando occhiate omicide a chiunque si trovasse dietro le sue spalle. Vide un ragazzo dai capelli scuri lanciargli un occhiatina divertita e alzare le mani, in segno di resa. Non gli importava niente di passare per possessivo. Kurt era suo quella sera. Kurt era sempre suo.

Sentì le mani di quest'ultimo posarglisi sulle spalle e ridacchiare, mentre lo ringraziava silenziosamente con lo sguardo. Sorrise e alzò le spalle, prima di ricominciare a muoversi. Kurt non si allontanò, anzi cominciò a muoversi a ritmo con lui, così ne approfittò per chiudere le mani dietro la sua schiena e avvicinare il proprio ex a sé, proprio mentre Miley urlava dalle casse “keep provoking me, keep on roping me, like a rodeo, baby pull me close”.

Si sorrisero maliziosamente a vicenda per il resto della canzone, mentre i loro fianchi si muovevano insieme, le loro mani facevano in modo di avvicinare i loro corpi all'inverosimile – sembravano quasi una persona sola ad un certo punto –, e i loro bacini si scontravano di tanto in tanto. Blaine avrebbe persino pensato di aver sentito Kurt gemere sottovoce un paio di volte, ma non ne era per niente sicuro.

Quando la musica finì, restarono qualche secondo a fissarsi negli occhi, mentre cercavano di ricominciare a respirare normalmente. Non che avessero fatto questo gran sforzo a muoversi un po', ma i loro cuori avevano cominciato a battere talmente forte da far mancare loro il respiro. Il loro momento di tensione sessuale fu distrutto da Rachel Berry che cominciò a urlare qualcosa come “Li ho trovati”.

Kurt roteò gli occhi all'indietro, mentre Blaine ricominciava a ridacchiare leggermente. Tolse le mani dalla schiena dell'altro ragazzo – mani che avevano continuato ad accarezzarlo per tutto il tempo in cui erano rimasti in quella posizione a fissarsi – costringendo Kurt a fare lo stesso. Rivolsero la loro attenzione a Rachel e Santana che si erano appena avvicinate. Mentre Kurt iniziava una conversazione con le due ragazze, Blaine spostò lo sguardo dietro di loro e vide una cosa che lo fece sorridere. Sperò tanto che avrebbe fatto sorridere anche Kurt.

“Scusatemi un attimo.” disse ad un certo punto, posando una mano sulla spalla di Kurt, per poi sorridere e sparire dietro le sue spalle. Prima di sparire in mezzo alla folla, intravide Kurt lanciargli un occhiata tipo non lasciarmi qui da solo. Non potè evitare di ridere.

 

*

 

Kurt non aveva la minima idea di dove Blaine se ne fosse andato. In realtà, lo aveva appena lasciato in balia di Rachel che lo stava tempestando con domande tipo cosa c'è tra te e Blaine? o sai cosa sarebbe successo se vi foste baciati? o peggio ancora eravate molto eccitanti mentre ballavate a praticamente meno di cinque centimetri l'uno dal viso dell'altro. Hai idea di quanti sguardi avete attirato?, e quindi lo avrebbe ammazzato sicuramente. Ma la cosa che più lo faceva aver voglia di prendere a pugni la propria migliore amica era il fatto che quest'ultima gli stava ricordando in tutti i modi che Blaine era fidanzato. Oh, come se non me ne fossi accorto.

“Pensa se queste voci arrivassero alle orecchie del ragazzo di Blaine. Come pensi che la prenderebbe?” chiese Rachel, proprio in quel momento.

La musica era stata spenta qualche secondo prima, permettendo così alle persone di riprendersi un attimo, o di prendersi un drink. Tranne il chiacchiericcio di alcune persone vicine, niente poteva interrompere la loro conversazione.

“Dio, Rachel,” fece il ragazzo, alzando gli occhi al cielo. “Non l'ho mica violentato in mezzo a Times Square. Abbiamo ballato insieme. E se proprio lo vuoi sapere, è stato lui ad avvicinarmi in quel modo, non il contrario.” disse incrociando le braccia al petto. Era stato sorpreso ma sicuramente entusiasta quando Blaine lo aveva afferrato per i fianchi, e lo aveva fatto avvicinare a sé, facendo capire a quel tizio che gli aveva strusciato la mano sul culo che non avrebbe avuto nessuna chance. Si era sentito così suo in quel momento. E niente avrebbe mai potuto farlo sentire meglio di come si sentiva, quando Blaine voleva far capire agli altri che era solo suo. Era sempre stato molto protettivo, ed era una cosa che Kurt aveva sempre amato.

Vide Rachel incrociare le braccia al petto, così sbuffo. “Kurt, io sarei la persona più felice del mondo, se tu trovassi nuovamente la felicità. Ma Blaine sta con un altro adesso, e potrebbe spezzare il tuo cuore come un grissino, se volesse.”

Kurt alzò un sopracciglio, scettico. “Non lo farebbe mai.” disse deciso. “L'ha fatto una volta, ma non sarebbe mai capace di farlo una seconda.” continuò. “E sono sicuro che tra noi ci sia ancora qualcosa. C'è sempre stato qualcosa. Anche in questi anni che siamo stati divisi. E se non mi volesse intorno, non mi ci lascerebbe stare. Molto semplice.” disse, alzando le spalle. “Conosco Blaine, molto più di te.” aggiunse infine, come se fosse necessario sottolineare quella cosa.

“Su questo non ho dubbi, ma -” la voce della sua migliore amica si interruppe quando venne fatta ripartire la musica. Lei gli lanciò un occhiata da non è finita qua, e Kurt, nonostante tutto, non potè evitare di ridacchiare. Almeno fino a quando, pochissimo dopo, un microfono venne fatto volare proprio davanti al suo naso. Grazie ai riflessi sviluppati durante gli anni di liceo, riuscì ad acchiapparlo al volo, prima che si sfracellasse al suolo. Alzando lo sguardo confuso, incontrò gli occhi caldi del suo ex, e un sorriso divertito. Si rese conto che molti degli occhi e dei sorrisi complici della folla erano rivolti a loro. Ma che..

“Spero tu conosca le parole.” sussurrò Blaine al microfono che Kurt non si era reso conto tenesse in mano e scatenando alcune risatine da parte dei Newyorkesi. Solo in quel momento si concesse un momento per ascoltare la musica che diffondevano le casse. Ovviamente la conosceva, ma dio, Blaine gli stava chiedendo di cantare con lui a Times Square? Sarebbero stati sui giornali il giorno dopo, ne era sicuro.

Quando arrivò il momento di cantare, vide Blaine portarsi il microfono davanti alle labbra. Ovviamente un idea del genere sarebbe potuta venire solamente a lui. Era rimasto il solito esibizionista. Un sorriso tenero gli si disegnò sul viso. E poi, la voce di Blaine fu l'unica cosa importante.

Guess this means you're sorry,
You're standing at my door.
Guess this means you take back all you said before,
like how much you wanted, anyone but me,
Said you'd never come back, but here you are again.

Vide Blaine sorridere divertito a quelle ultime frasi. Ovviamente il bastardo aveva trovato la canzone perfetta, che rispecchiava la loro situazione. Ovviamente.

Sorrise nuovamente, quando Blaine gli fece cenno con la mano. Poco dopo le loro voci si mescolarono per il ritornello. E dio, l'alchimia era sicuramente rimasta. Anzi, niente sembrava essere cambiato in quei sei anni. Assolutamente niente. E in quel momento se ne era reso conto. Aveva sempre amato come le loro voci si mischiassero alla perfezione, senza mai aver bisogno di sovrastare l'altro. Era il compagno di duetti che al Glee aveva sempre desiderato. Ed era il compagno che avrebbe voluto per il resto della sua vita.

Ok, a quello avrebbe pensato dopo.

Cause we belong togheter now, yeah,
Forever united here somehow, yeah,
You got a piece of me, and honestly,
My life –
sorrise, quando sentì la folla fare i cori – would suck, without you.

Dopo aver cantato quel pezzo, guardandosi esattamente negli occhi e sorridendosi a vicenda, vide Blaine scomparire dietro la folla. Dopo un momento di confusione, anche lui girò i tacchi e passò in mezzo alla folla, che continuava a muoversi a ritmo di musica e ad urlare. Gli lasciarono aperti dei varchi mentre passava, e Kurt semplicemente non potè evitare di sorridere, mentre intonava il secondo verso della canzone.

Maybe I was stupid, for telling you goodbye,
Maybe I was wrong for tryin' to pick a fight,
I know that I've got issues, but you're pretty messed up too.
Either way, I found that, I'm nothing without you.

Fu felice di sentire la voce di Blaine unirsi a lui nuovamente. Continuava a camminare tra la folla, alla ricerca disperata di quegli occhi color caramello che tanto voleva rivedere. E poi li vide. Sopra una specie di pedana rialzata vicino al dj che applaudiva a tempo di musica. Blaine stava sorridendo e – probabilmente – lo stava cercando in mezzo alla folla.

Kurt si chiese immediatamente se ci fosse un'altr – bingo. Corse velocemente verso la pedana, dall'altra parte del palco del dj e di Blaine, e mentre – con un salto agile – saliva sulla pedana, cominciò ad intonare insieme a Blaine il ritornello. Sentì il moro ridacchiare mentre cantava, quando lo vide in piedi dall'altra parta. I loro occhi si trovarono un ennesima volta.

Cause we belong togheter, now, yeah,
Forever united here, somehow, yeah,
You got a piece of me, and honestly,
My life –
questa volta i cori della folla erano persino più alti – would suck, without you.

Non ebbero quasi tempo per riprendere fiato, che dovettero ricominciare con il terzo e ultimo verso. Questa volta le loro espressioni erano serie, perchè in quelle poche parole, si racchiudeva tutta la verità. Continuavano ad amarsi, e lo avrebbero fatto per l'eternità.

Being with you is so disfunctional,
I really shouldn't miss you,
But I can't let you go.

Vide Blaine ricominciare a sorridere lentamente. Non potè evitare di fare lo stesso, quando lo vide muoversi lentamente a tempo di musica. Le persone continuavano ad urlare, a sorridere e a saltare sotto di loro per la loro esibizione, e si vedeva proprio che Blaine era fiero di sé. Si, era rimasto il solito esibizionista. Nonostante tutto, sorrise imbarazzato e si portò una mano sugli occhi, realizzando solo in quel momento che si stavano praticamente cantando i loro sentimenti in una piazza affollata di New York. Era la cosa più bella che avesse mai fatto da quando abitava in quella città. Ed era tutto dire.

Ripresero a cantare gli ultimi due ritornelli. Sempre insieme. Sempre uniti da quel legame che si chiamava musica. Si erano uniti in quel modo quando andavano alla Dalton e avevano avuto il coraggio di cantare un duetto romantico davanti a dei giudici. Davanti all'Ohio, la patria dell'omofobia. E adesso, quel 20 Dicembre, si stavano riunendo lentamente, anche se nessuno dei due lo sapeva ancora.

Cause we belong togheter, now, yeah,
Forever united here, somehow, yeah,
You got a piece of me, and honestly,
My life would suck without you.

Finita la musica, l'intera piazza scoppiò in un applauso fragoroso e in fischi d'apprezzamento. All'inizio neanche se ne era reso conto visto che i suoi occhi e tutte le sue attenzioni erano rivolte verso Blaine che gli stava sorridendo e gli stava mimando un sei bravissimo con le labbra dall'altra parte del palco. Solo in quel momento si sentì arrossire leggermente, mentre le urla e gli applausi della folla riempivano il suo cervello. Gli era mancato quel momento di fama, e non era neanche minimamente paragonabile agli applausi che gli concedevano durante i suoi anni scolastici per aver fatto da sfondo a Rachel Berry. Era un applauso tutto suo. Suo e di Blaine. L'unica persona che lo avesse mai fatto sentire veramente unico. Beh, sicuramente in quello non era cambiato.

Abbassò gli occhi quando vide qualcuno tendergli una mano, e i boati della folla farsi ancora più alti, soprattutto da parte delle donne. Blaine era lì, sotto la pedana, attendendo di stringere la sua mano. Aspetta, ma quando era sceso? Alzò le spalle sorridendo, e senza farsi troppe domande afferrò la mano del suo ex e cadde coi piedi per terra. Poco dopo Blaine lo stava stringendo tra le sue braccia.

Oh si se gli era mancato tutto quello.

 

*

 

Le quattro di notte arrivarono anche prima di quello che Kurt si sarebbe aspettato. Quella era una di quelle feste che cominciavano la sera presto e finivano la mattina dopo verso l'alba. Aveva visto Rachel verso l'una di notte. Gli aveva riferito che sarebbe tornata a casa insieme a Santana, e adesso si trovava da solo con Blaine. La folla era già diminuita. Avevano cominciato ad andarsene verso le due e mezzo. Kurt aveva notato di come la maggior parte sembrassero i soliti autisti designati che portavano a casa gli amici super mega ubriachi. In verità, anche lui e Blaine avevano forse esagerato un po' con quella tequila boom boom, ma non si potevano assolutamente definire ubriachi. Entrambi, in quegli anni, avevano sviluppato un modo per saper capire quando sarebbe dovuto arrivare il momento di smettere di bere. E lo avevano fatto. Avevano smesso verso le due di notte, quando avevano cominciato a ridacchiare per ogni singola cosa.

Il genere di musica, invece, era cambiato più o meno un ora prima. Il dj adesso si divertiva a saltellare tra un pezzo rock, ad un pezzo house, ad un pezzo pop, per finire con dei lenti. Il primo lento lo avevano ballato con ancora quasi tutta la dose di alcool in corpo. Quindi, non si poteva dire che avessero ballato, ma piuttosto che si erano mossi un po' a caso, ridendo come matti ogni volta che uno dei due pestava i piedi all'altro.

Ad un ora di distanza, dopo aver smaltito parte dell'alcool, si trovarono praticamente appiccicati, con due sorrisi da ebeti – non derivati dall'alcool – stampati in faccia, mentre cominciavano ad ondeggiare lentamente a ritmo con Hero. Blaine teneva le proprie mani dietro la schiena di Kurt, giusto poco sopra il suo sedere, e quest'ultimo le aveva intrecciate al collo del moro. Si stavano guardando negli occhi. Si stavano completamente perdendo l'uno negli occhi degli altri, mentre ascoltavano la dolce voce di Enrique Iglesias entrar loro direttamente nelle vene.

“Non ti sembra arrivato il momento di darmi una spiegazione?” chiese ad un certo punto il più grande, distruggendo il silenzio che si era creato tra i due. In tutta risposta, si beccò un'espressione confusa da parte del moro, cosa che lo fece sorridere ancora di più. “Insomma, ieri sera rifiuti il mio invito, e poi mi sorprendi così, presentandoti all'ultimo minuto.” scherzò, continuando a fissarlo in quei due occhi che amava. Blaine ridacchiò leggermente.

“Ho litigato con Alex ieri sera.” ammise, senza pensarci il moro. “Abbiamo avuto una discussione sul fatto che come ogni volta, è dovuto partire proprio vicino a Natale per una di quelle masterclass che tengono praticamente dall'altra parte del mondo.” continuò poi, stringendo, quasi senza rendersene conto, Kurt a sé. “Mi dispiace non avertene parlato ieri sera, ma stavo un po' giù di morale.” finì poi, alzando impercettibilmente le spalle.

Kurt aggrottò le sopracciglia. “Come ogni volta?” chiese, sinceramente curioso.

“Beh si, è già il secondo anno di fila che parte così, senza preavviso.”

Kurt non rispose subito, lasciando che il silenzio cadesse nuovamente tra i due, mentre continuavano a muoversi a ritmo di musica. Aveva delle supposizioni su quelle partenze di Alex. Supposizioni che avrebbe avuto se fosse stato il suo di ragazzo a dirgli che sarebbe dovuto partire per una masterclass così, all'ultimo minuto, durante il periodo di Natale. E per due volte di fila. Ovviamente, non poteva esternarle con Blaine. Di certo non voleva farlo preoccupare per niente. Il suo ex era sempre stato un po' così. Si fidava fin troppo delle persone. O forse era semplicemente lui che era diventato troppo cinico negli ultimi anni. Chissà.

“E quant'è che state insieme?” si limitò a chiedere poi, dimostrando più indifferenza possibile. E probabilmente, fallendo miseramente. Blaine distorse la bocca in una smorfia, distogliendo per qualche secondo lo sguardo dai suoi occhi.

“Quattro anni tra pochi giorni.” rispose infine, senza la minima traccia di emozione.

“E' una cosa seria allora.” replicò il più grande, cercando in tutti i modi di non farla sembrare una domanda. Anche se sperava che il suo ex gli rispondesse no, in realtà mi sono fidanzato con lui perchè non sapevo cosa fare. Aspettavo solo che tornassi tu nella mia vita. Mmh, forse non sarebbe successo.

“Dovrebbe esserlo?” chiese invece Blaine, assottigliando leggermente gli occhi, senza smettere di fissarlo. Kurt alzò le spalle, anche se il tono indeciso di Blaine fece in modo che il suo cuore cominciasse a battere leggermente più forte. Aveva ancora una speranza?

“Penso che dopo quattro anni.. si, penso che dovrebbe esserlo. Se due persone stanno insieme così tanto, un motivo ci dev'essere.” rispose infine, sperando che il suo ex ragazzo lo contraddisse in qualche modo. Qualsiasi modo.

Blaine alzò le spalle, nuovamente. Infine, emise una risatina priva di gioia. “Il motivo c'è. Il problema è che non è quello che dovrebbe invece essere.”

Kurt non aveva la minima idea di come interpretare quelle parole. Blaine gli stava inviando quei cazzo di messaggi in codice. Cosa di cui era capace fare persino al liceo. E nonostante Kurt fosse sempre riuscito a capirlo, c'era qualcosa di nascosto dietro. Qualcosa di cui lui non era a conoscenza. Lo sentiva. Blaine stava sperando, in qualche modo, che Kurt avesse sviluppato un qualche tipo di potere veggente, e che potesse trovare la risposta da solo, senza aver bisogno di dirglielo per forza. Ma purtroppo non era così.

“Cosa vuoi dire?” chiese infatti infine il più grande, passando distrattamente una mano tra i capelli dietro la nuca del moro. Sapeva che era una cosa che era sempre riuscito a calmarlo quando doveva parlare di cose che lo mettevano a disagio. E sentiva che la cosa non era cambiata. Blaine si era leggermente irrigidito mentre parlavano, e quel semplice gesto lo aveva fatto sciogliere come un cubetto di ghiaccio al sole. Sorrise leggermente quando sentì il potere che aveva ancora sul suo ex. Quando sentì di conoscerlo così bene. Sicuramente quella era una cosa che Alex non sapeva.

Blaine sospirò, prima di ricominciare a parlare. “Vedi, Kurt, quando tu te ne sei tornato a New York, dopo quel San Valentino, ho veramente pensato che avremmo potuto avere una seconda chance.” cominciò il moro. “E' stato quando, lentamente, ho cominciato a perdere i contatti con te, che mi sono reso conto che in verità non sarebbe stato così.”

“Blaine, ne sono veramente pentito.” sussurrò il più grande, stringendosi lentamente a lui.

“Lo so.” ed era vero. Blaine aveva letto il pentimento negli occhi di Kurt per aver lasciato che la loro storia andasse alla deriva, ogni secondo che avevano passato insieme in quei due giorni. “Lo so bene, e non ti sto incolpando assolutamente di niente. E – dio, è per questo che non volevo parlartene.” disse infine, sbuffando di frustrazione. Lo sentì allentare la presa da dietro la sua schiena, ma fu più veloce. Portò le sue mani su quelle del moro, costringendolo a rimanere lì.

“Parlamene.” disse semplicemente. Quando fu sicuro che Blaine non sarebbe scappato, gli lasciò le mani e tornò ad incrociarle dietro il collo del suo ex.

Lo vide chiudere gli occhi e sospirare piano. Infine annuì a sé stesso, e ricominciò. Riaprì gli occhi e gli incatenò a quelli di Kurt. “Ho rischiato di finire in depressione.” Kurt, nonostante sentì il suo cuore battere dolorosamente, e le gambe cedergli, mantenne un'espressione indecifrabile. Sapeva che Blaine non doveva essere interrotto in quel momento. “E ho conosciuto Alex nel periodo peggiore. Mi è stato accanto, nonostante la depressione che avanzava lentamente, ha fatto in modo che non mi richiudessi in me stesso, e mi ha.. mi ha aiutato in ogni modo possibile immaginabile. Non lo amavo quando ho deciso di accettare di trasferirmi qui con lui.” disse poi, cambiando argomento. “Non lo amavo quando mi chiese di stare con lui. E no, Kurt, non lo amo nemmeno adesso.” sussurrò infine. “E non c'è cosa al mondo di cui io sia più sicuro.”

“Quindi,” Kurt si schiarì la gola, sopraffatto dall'emozione. “Stai con lui, perchè credi di dovergli qualcosa, non è così?”

“Immagino sia per quello.” rispose subito l'altro, annuendo.

“Tu non gli.. non gli devi assolutamente niente. Non lo hai costretto a starti accanto. È lui che ha deciso di farlo di sua spontanea volontà. Questo non ti da il dovere di dargli la tua vita in cambio. Non puoi amarlo, se non ci riesci. Se qualcosa te lo impedisce.” sussurrò il più grande, senza distogliere lo sguardo.

Rimasero in silenzio per qualche secondo che sembrava infinito, mentre Enrique Iglesias arrivava quasi alla fine della canzone. Quando Kurt ebbe finito di parlare, Blaine aveva arrestato i propri passi, smettendo di ondeggiare insieme a lui. Adesso si stavano semplicemente fissando. Nessuno osava dire niente, nessuno osava distruggere quel momento infinito in cui i loro occhi si stavano innamorando nuovamente. Lasciarono che il vento notturno scompigliasse loro i capelli, mentre la canzone volgeva al termine.

“Sei tu che me lo impedisci.” sussurrò il moro, mentre la folla scoppiava in un applauso, e un pezzo rock anni settanta cominciava ad uscire dalle casse. Loro rimasero semplicemente fermi in quella posizione, ancora abbracciati, ancora come se le parole di Hero stessero continuando a volteggiare nell'aria. Fermi, in quel momento infinito. Momento che niente e nessuno avrebbe potuto rovinare. Un momento tutto loro, che nessuno avrebbe potuto rubare. Alla fine, con le ultime parole di Blaine che gli rimbombavano in testa, Kurt sorrise. Perchè non avrebbe potuto dire o fare nient'altro. Sorrise perchè, nonostante tutto, era felice di sentire quelle parole.

You can take my breath away..
I can be your hero.

 

*

 

Alle cinque e dieci del mattino arrivò il momento in cui si resero conto che sarebbe stato meglio arrendersi. Ridacchiando ogni secondo si erano avviati verso casa del moro, che sembrava essere quella più vicina. Ormai erano rimaste veramente poche persone, la maggior parte ragazzi che andavano dai diciotto ai trent'anni, e Kurt aveva cominciato a lamentarsi del fatto che i suoi piedi stessero chiedendo pietà. In realtà aveva cominciato verso l'una a dirlo, ma Blaine aveva fatto finta di non sentirlo e lo aveva trascinato da una parte all'altra della festa. Kurt avrebbe cercato la sua vendetta un giorno di quelli, ne era sicuro.

Il breve tratto di strada da Times Square al palazzo di Blaine fu relativamente silenzioso. Era interrotto solamente da alcune chiacchieratine e risatine. Non fu un silenzio imbarazzante, visto che in fondo non parlavano un granchè solo per il fatto che erano talmente stanchi persino solo per aprire bocca. Fu un silenzio rilassante.

Blaine sorrise divertito quando si fermò davanti il proprio palazzo, mentre Kurt, distratto dal fatto che stava chiacchierando vivacemente, non se ne accorse e continuò a camminare lentamente. Quando poi, rivolse una domanda alla sua destra e si rese conto che non c'era più nessuno, si girò, incontrando il ghigno divertito del suo ex a qualche passo di distanza fermo davanti ad un portone con le mani nelle tasche nere dei jeans aderenti, che lo fissava. Probabilmente si era chiesto quando si sarebbe fermato. Sorrise anche lui, riavvicinandosi al moro.

“Dov'è che abiti?” chiese quest'ultimo, quando furono nuovamente faccia a faccia.

“Dove abitavo sei anni fa.” rispose il più grande, ficcando le mani nelle tasche dei jeans. La verità è che stava letteralmente gelando. Per tutta la notte si era chiesto come cazzo aveva fatto Blaine a rimanere semplicemente con una polo e una camicia sopra. Sicuramente non era una persona freddolosa.

“Non ci posso credere.” fece il moro, sorridendo ampiamente. “Non ti sei mai mosso da lì, in tutti questi anni?” chiese, sinceramente curioso. Kurt alzò un sopracciglio.

“Beh, no.” rispose. Poi ridacchiò, all'espressione sorpresa di Blaine. “E' così strano il fatto che non mi sia mai trasferito?”

Blaine sembrò risvegliarsi e scosse la testa, sorridendo leggermente. “No, è che, avevi detto di voler cambiare appartamento almeno una volta al mese, quando mi sarei trasferito io.” ricordò lui, con un sorrisetto.

Kurt alzò le spalle, senza distogliere lo sguardo da quello del suo ex. “Ma tu non ti sei mai trasferito.” disse semplicemente. “Non per me, almeno.” aggiunse poi.

Vide Blaine annuire, e abbassare lo sguardo. Ogni singola traccia di sorriso era sparita dal volto di entrambi. Dopo aver passato qualche secondo in silenzio – e quella volta si che era un silenzio imbarazzante – in cui Blaine calciava qualche sassino, senza avere idea da dove arrivassero, e Kurt faceva vagare lo sguardo imbarazzato da qualsiasi parte, il moro rialzò lo sguardo, improvvisando un sorriso tirato. Anche Kurt lo rialzò su di lui. “Io vado allora.” disse il moro, ammiccando distrattamente al portone, dal quale, in quel momento, ne uscì un uomo che sorrise ad entrambi e si allontanò. Kurt guardò l'orologio. Le cinque e mezzo. Annuì.

“Penso sia meglio che riposiamo un po', si.” rispose allora, incrociando le braccia al petto. Cazzo, stava morendo di freddo. Vide Blaine sorridere, e poi, sembrando all'inizio un po' esitante, spalancare le braccia per permettere all'altro di fiondarcisi. Cosa che lui non tardò a fare. Aveva avuto la fortuna di abbracciare il suo ex ben due volte quella notte, ed entrambe le volte si era sentito finalmente a casa. Come se ogni pezzo del puzzle fosse tornato al proprio posto, dopo un tempo che era parso infinito ad entrambi.

Quando si staccarono da quel caloroso abbraccio, Blaine sorrise un ultima volta, prima di voltarsi e salire i tre scalini che lo separavano dal portone. Quando l'ebbe aperto augurò un “buonanotte” - nonostante l'orario – a Kurt, e sparì dentro il palazzo.

E fu in quel momento che al ragazzo rimasto a congelare sul marciapiede venne un idea. Un idea rischiosa, bizzarra e idiota sicuramente. Ma pur sempre un idea. Superò i tre scalini con un balzò veloce e battè forte le nocche sul portone nero del palazzo. Ci vollero pochi secondi prima che dei riccioli neri e un espressione confusa sbucassero da quest'ultimo. Quando si accorse che si trattava ancora di Kurt, spalancò la porta e si appoggiò allo stipite con un espressione divertita in viso. Incrociò le braccia al petto. “Sì?” chiese lentamente, sorridendo. Kurt non potè evitare di ridacchiare.

“So che è un idea stupida,” cominciò a dire velocemente. “Ma mi stavo chiedendo se avevi dei piani per Natale.”

“Per Natale?” chiese il moro, sgranando gli occhi. Di certo quella domanda non se l'aspettava. Aggrottò le sopracciglia, prima di continuare. “No, veramente no.”

“Vieni con me allora.” replicò immediatamente l'altro, non potendo evitare l'entusiasmo che l'aveva sopraffatto. “Sempre se ti va, ovviamente.” aggiunse poi, mettendo entrambe le mani avanti a sé. Mani che Blaine si affrettò ad abbassare, ridacchiando.

“Venire con te?” chiese poi, continuando a sorridere leggermente.

“A Lima.” si affrettò a chiarire l'altro ragazzo. Un espressione di aspettativa stampata in volto. Sperava tanto che Blaine gli rispondesse di si. Neanche lui era sicuro del perchè. Forse per il fatto che per sei anni avesse sperato di trovare sotto l'albero Blaine impacchettato e pronto a stare con lui per tutta la vita come si erano promessi, e adesso ne aveva la possibilità. Beh, almeno di passare finalmente un Natale con Blaine che non includesse solo pattini e una canzone improvvisata nel bel mezzo della pista ghiacciata, poi abbracci, sguardi non molto convinti, e che ancora non erano pronti a perdonare da parte sua e sorrisi incerti da parte del moro, che non molto velatamente stavano chiedendo il suo permesso di iscriversi alla NYADA, l'anno seguente. Voleva un Natale coi fiocchi. Un Natale da passare con suo padre, Carole e Finn. E Blaine. Un Natale in famiglia, visto che solo quelle quattro persone messe insieme rappresentavano l'intero mondo per lui. Un Natale pieno di risate, cioccolate calde, pranzi e cene insieme. Un Natale pieno di magia, come dovrebbe essere. E come lui, in quei sei anni, non aveva ancora avuto la fortuna di passare. Dopo l'ultimo Natale passato con Blaine, ogni anno, quel giorno, semplicemente si rinchiudeva in casa, cercando una qualsiasi scusa per non farsi trascinare da nessuna parte. Non aveva senso uscire il giorno che dovrebbe essere il più felice dell'anno, quando non sei felice. Solo un anno era stato fortunato, un anno in cui sia Rachel che Santana erano impegnati con i loro rispettivi partner. Troppo impegnati, anche solo per pensare a lui. In un modo o nell'altro era loro grato per quello. Poi c'era stato quell'anno in cui praticamente con la forza suo padre lo costrinse a tornare a Lima. Passò cinque giorni in compagnia della sua famiglia, e, nonostante tutto, non era riuscito ad essere completamente felice. L'ultimo giorno, quel santo di suo padre, l'aveva preso da parte e gli aveva praticamente sbattuto in faccia il fatto che si era perfettamente reso conto che c'era qualcosa che non andava. Senza neanche lasciare tempo al figlio di replicare o contraddirlo in qualche modo, Burt aveva anche aggiunto che sapeva che riguardava Blaine. E in quel momento, Kurt aveva perso ogni qualsiasi capacità di parlare. Suo padre gli aveva ricordato quanto si erano amati, e aveva aggiunto il fatto che lui era praticamente sicuro che un giorno, se fosse stato destino, i due si sarebbero rincontrati, in qualche modo. Kurt aveva, ovviamente, alzato un sopracciglio scettico e aveva replicato che il mondo era troppo grande perchè loro due si potessero rincontrare in un qualsiasi modo. Suo padre aveva semplicemente risposto se è destino, lasciando il tono a mezz'aria e sorridendo divertito.

In quel momento, ancora in piedi al gelo, in attesa di una risposta, Kurt si chiese se suo padre avesse qualche potere veggente. Probabilmente era così.

“A Lima.” sussurrò Blaine, più a sé stesso che a Kurt. “Dici, da tuo padre, giusto?” Kurt annuì semplicemente, e vide il moro sorridere felice.** “Molto volentieri, Kurt.” aggiunse infine, annuendo.

Kurt semplicemente non sapeva se piangere per la gioia o scoppiare a ridere. Alla fine, decise, per non sembrare uno psicopatico, di sorridere e basta.

“Bene,” disse poi, schiarendosi la voce. “Si, ehm, mi fa piacere.”

Blaine rise. Una risata cristallina che Kurt amò immediatamente. Alla fine, non sapendo bene perchè, non potè evitare di imitarlo.

Era felice. Era completamente felice. I pezzi stavano tornando lentamente al proprio posto. Il posto dove sarebbero sempre dovuti stare. Il posto che il destino aveva deciso per loro. Finalmente. 




* Non so se avete mai visto “Girls Most Likely”, ma c'è una scena in cui Lee (Darren) e l'altra donna di cui non ricordo il nome, vanno in una specie di discoteca. 
In quella scena, Darren è vestito così.
** Shippo molto la coppia Blaine/Burt. Problemi? No dai, seriamente, scherzo. Però ho sempre amato un rapporto molto padre/figlio tra di loro, e Dio, spero con tutte le mie forze che nella sesta stagione Burt torni molto più spesso e che il loro rapporto si rafforzi ancora di più.
Ah, a proposito, non pensate che Blaine abbi accettato solo per rivedere il padre di Kurt – sicuramente solo io ho pensato che qualcuno di voi potesse pensarlo – la sua era solo una domanda di curiosità. 
Giusto per chiarire. 

Note: Natale. Che magnifica festa il Natale. Dal prossimo capitolo, l'amerete forse un pochino di più. Taaanto fluff.
Che dire? Mi fa strano scrivere del Natale, della neve e del freddo di questi tempi, visto che io sto morendo di caldo nel mio letto. 
Ho amato scrivere questo capitolo, e ho amato il momento dove cantano, visto che si stava svolgendo nella mia mente. Argh, mi piacerebbe vedere una scena del genere in Glee.
A proposito di Glee. Su Tumblr, qualche giorno fa si parlava della canzone che vorremmo sentir cantare da Blaine e Kurt al loro matrimonio. Io penso che One and Only di Adele sia bellissima, e potrei piangere se fanno cantare loro quella canzone. Anzi, piangerei di sicuro. O meglio, piangerò comunque, qualsiasi canzone sentiremo. 
Beh, comunque, a voi quale piacerebbe?
Seconda domanda – perchè mi piace veramente farmi i cazzi vostri – vorreste il ritorno dei Warblers o le New Direction
WARBLERSWARBLERSWARBLES. Potrei morire se fanno tornare Sebastian, Jeff, Wes, Nick, David e tutti gli altri. Oddio, sclero solo al pensiero di un Sebastian che si mette a fare battutine. Oddio. Muoio. L'amore mio.
Tornando alla storia – ehm, ehm – pronti a passare il Natale con Blaine e Kurt?
Buon Natale a tutti!

ps. So che questo capitolo è leggermente più corto degli altri, ma fidatevi, mi farò perdonare nel prossimo!

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Underneath the mistletoe,
hold me tight and kiss me slow.

 

Il ventitrè di Dicembre arrivò veramente presto. Quello era il giorno in cui i due ragazzi sarebbero ripartiti per Lima. Avevano passato i precedenti due giorni praticamente insieme, dividendosi solo quando arrivava il momento di andare a letto. Uscivano la mattina, si incontravano sempre da Starbucks, passavano quasi due ore chiusi in quel bar, chiacchierando, ridendo e scherzando, poi facevano un giretto per New York, senza una meta precisa, pranzavano insieme e il giorno si fermavano nella Central Park innevata a lanciarsi occhiatine, ridere per l'abbigliamento eccentrico dei Newyorkesi, e cercare di conoscersi sempre un pochino di più. In fondo, qualcosa era pur sempre cambiato in quei sei anni, e loro volevano conoscere qualsiasi retroscena della vita dell'altro.

Riattaccò al telefono, sorridendo come un cretino. Suo padre l'aveva chiamato esattamente due ore prima della sveglia, chiedendogli se avesse preso tutto, e cercando di ricordargli le cose che poi avrebbe rimpianto se se le fosse scordate. Erano rimasti al telefono per più di mezz'ora, ma Kurt non gli aveva assolutamente parlato di Blaine, di come si erano rincontrati, e di come lo stesso giorno lo avrebbe portato con sé a Lima. Gli aveva solamente accennato ad una sorpresa e nonostante la curiosità di suo padre, avrebbe mantenuto il segreto fino all'ultimo. Sapeva che Burt sarebbe stato entusiasta di rivedere Blaine. Gli voleva bene, e non aveva mai dimenticato di ricordarlo a chiunque.

Il suo viso si contrasse in una smorfia di disappunto quando, guardando la sveglia, si rese conto che mancava ancora più di un ora all'appuntamento sotto l'appartamento del moro. Avevano deciso di incontrarsi lì sotto verso le nove, e arrivare all'aeroporto mezz'ora dopo, prendendo poi il volo delle undici. Avrebbero fatto le cose con calma. Ma adesso Kurt si ritrovava col pensiero di cosa fare. Rimettersi giù e cercare di riposare un altro po' sarebbe stato idiota, visto che dopo sarebbe stato ancora più rincoglionito. Avrebbe potuto alzarsi e avvantaggiarsi sul fare la doccia ed infilare nella valigia quelle ultime cose che si aggiungono sempre all'ultimo minuto. Ma.. sinceramente? Era troppo stanco anche solo per pensare.

La sera prima, Blaine lo aveva tenuto al telefono fino alle due, ripetendogli quanto fosse agitato di tornare nella sua vecchia città natale e rincontrare suo padre. Kurt aveva cercato di rassicurarlo per una buona mezz'ora, ma nonostante tutto il moro aveva continuato a chiacchierare entusiasta. Ad un certo punto, era persino rimasto a parlare da solo, visto che Kurt si era addormentato per una decina di minuti. Ovviamente, Blaine non si era accorto di niente.

Si poteva benissimo dire che quando Blaine cominciava a parlare, sarebbe dovuta, come minimo, scoppiare la terza guerra mondiale, per farlo smettere. Un'altra cosa che – nonostante tutto – gli era mancata da morire.

Alla fine, dopo uno sbuffo fin troppo forte, spostò le migliaia di coperte che aveva sul letto e si alzò, traballando leggermente all'inizio per l'improvviso movimento. Era sempre così. Ogni volta si alzava di scatto, scordandosi che poi il mal di testa lo avrebbe colpito come una pallottola. Imprecò sottovoce, prima di dirigersi verso il bagno e chiudersi al suo interno.

Dopo una buona mezz'ora ne uscì un Kurt decisamente più sveglio e solare. Aveva un asciugamano intorno alla vita, uno in testa, e un sorriso ebete sul viso. Il suo cervello – durante la doccia, nella quale aveva lottato contro l'impulso di addormentarsi appoggiato alla parete – aveva finalmente realizzato che mancavano solo due giorni a Natale. E soprattutto, che quel Natale lo avrebbe passato con Blaine. La verità è che fino a quel giorno non si era illuso troppo. In fondo, aveva paura che qualcosa avrebbe potuto far in modo che lui si risvegliasse e si rendesse conto che in realtà Natale era già passato anche quell'anno, e lui, ovviamente, lo aveva passato solo. O al massimo, in compagnia di qualche straniero dai capelli ricci. Ma la verità era che.. no, cazzo, lui quell'anno avrebbe passato il giorno più bello dell'anno, insieme alle persone più importanti della sua vita. Finalmente al completo.

Sorrise, quando sentì la propria sveglia suonare. Non per qualcosa in particolare, ma perchè si rese conto che probabilmente anche Blaine, in quel momento, si stava svegliando. Si, forse era una cosa da ossessionati, ma lui ricordava perfettamente l'espressione del moro appena sveglio. Come quella di un orso appena sveglio dal letargo durato per mesi e mesi. E la cosa non potè far altro che farlo sorridere. Recuperò il proprio telefono, tirato da qualche parte nel letto, la sera precedente, quando finalmente Blaine si era deciso ad andare a dormire, e compose il numero che conosceva a memoria. Alla prima chiamata, non rispose, e Kurt non potè evitare di ridere. Riprovò a chiamarlo nuovamente. E, dopo il secondo squillo, quella voce tanto amata rispose.

“Kurt.” disse in tono apatico. La sua voce era impastata dal sonno. Era praticamente scontato che l'avesse svegliato lui proprio in quel momento. Quel pensiero lo fece sorridere ancora più ampiamente.

“Blaine.” replicò il più grande, cercando di mascherare la propria allegria. Cazzo, quello sarebbe stato uno dei giorni più felici della sua vita. O meglio, quella settimana, sarebbe stata una delle migliori della sua vita. “Solitamente mi scuserei per essere stato proprio io a svegliarti, ma visto che esattamente tra mezz'ora dobbiamo incontrarci, ho pensato che ti sarebbe piaciuto avere almeno il tempo di farti una doccia.”

Sentì il moro dall'altra parte respirare profondamente, e per un attimo ebbe il timore che si fosse riaddormentato. “Stai insinuando che secondo te avrei dormito fino a cinque minuti prima del nostro appuntamento?” disse poi la voce dall'altro capo del telefono. Blaine sorrideva. Kurt poteva sentirlo.

“Non sto insinuando.” rispose tranquillamente il più grande, alzando le spalle. “Sono praticamente certo che sarebbe andata così.” aggiunse poi, sorridendo divertito.

Blaine sbuffò leggermente divertito. “Uomo di poca fede.” rispose. Kurt lo sentì schiarirsi la voce, e poi fare una specie di verso, che associava all'essersi alzato dal letto. Sorrise ancora di più. Gli facevano male le guance da quanto sorrideva, ma poco gli importava. Era inevitabile. “Guarda, hai anticipato la mia sveglia di,” Kurt sentì la voce del suo ex farsi lentamente più lontana. Immaginò avesse allontanato il telefono per controllare l'ora. “Soli quattro minuti.” disse dopo poco. Kurt ridacchiò.

“Riuscirai a fare tutto in soli,” Kurt guardò la sveglia. “Ventiquattro minuti?” chiese tra il divertito e lo scettico.

“Non mi chiamo Kurt Hummel.” replicò il moro, divertito. “Scommetto che tu ti sei svegliato, come minimo, due ore fa.”

Kurt rise, sdraiandosi completamente sul letto, e portandosi la mano libera sugli occhi. Gli era mancato ridere in quel modo. Gli era mancato essere felice. “Beccato.” disse poi. “Ma aggiungo, in mia difesa, che è stata colpa di mio padre, che mi ha svegliato. In realtà anche la mia sveglia, ha suonato solo dieci minuti fa.” dall'altra parte del telefono, sentì un improvviso scroscio d'acqua. “Stai per fare la doccia?” chiese infine.

“Uhm, si.” rispose il moro, confuso.

“Allora, ti lascio fare. Ci vediamo tra ventuno minuti.” aggiunse ridacchiando. “Se sarai pronto.”

Immaginò in quel momento Blaine dall'altra parte spalancare la bocca in una finta indignazione, senza poter evitare un sorrisetto, e portarsi una mano al petto, in modo drammatico, nonostante il ragazzo non lo potesse vedere. E, Kurt non lo sapeva, ma era esattamente ciò che era successo dall'altra parte. Blaine aveva accettato la sfida. “Ti dico una cosa, Kurt Hummel,” disse poi, cercando di mantenere un tono offeso. “Vogliamo scommettere che sarò io ad aspettare te sotto il mio palazzo, e non il contrario?”

 

*

 

“Non dire una sola parola.” cominciò il ragazzo, scandendo perfettamente ogni singola sillaba. Aveva già la strana voglia di strangolare l'altro, che aveva cominciato a far finta di nascondere una risata che gli stava nascendo in bocca. “Sono in ritardo di soli sei minuti. Rachel ha avuto una crisi isterica proprio mentre stavo per uscire, ho dovuto farle una tisana, sperando che si rilassasse un po' e – ma ovviamente tu non mi credi.”

“Vedi, Kurt,” cominciò il moro, posando scherzosamente un braccio dietro le spalle dell'altro. “A casa mia queste si chiamano scuse. Perchè non vuoi semplicemente ammettere che sei il solito ritardatario?” chiese infine, ridendo apertamente. Kurt si scrollò il braccio di Blaine di dosso, e semplicemente non rispondendo, prese la propria valigia e si avviò per il marciapiede, tenendo la testa alta, e con un espressione offesa stampata in volto. Sentì l'altro ragazzo ridere ancora di più, prima di cominciare a rincorrerlo con la propria valigia. Quando arrivò accanto al suo ex, cercò in tutti i modi di sopprimere le risate e cercò di mettere su la migliore espressione seria che in quel momento potesse uscirgli. “E anche il solito permaloso, a quanto pare.” sussurrò in modo che potesse sentirlo perfettamente. Kurt si fermò, e lo fissò storto per qualche secondo, prima di replicare.

“Io non sono affatto permaloso.” disse Kurt, cercando di mantenere un tono tranquillo. “Ma il fatto che io sia sempre il ritardatario? Oh, andiamo, Blaine, è la prima volta che succede.” disse poi in tono infantile. Poco importava. “E vogliamo ricordarci di chi è stato il primo ad essere stato in ritardo?”

“Il sottoscritto.” rispose Blaine, nonostante fosse una domanda retorica. Sorrise, prima di riaprire bocca. “Adesso però basta litigare. Tra due giorni è Natale, e dovrà essere.. speciale.” disse, sollevando le sopracciglia e disegnando un semicerchio in aria con le mani.

Kurt non potè trattenere il sorriso che gli si stava disegnando in volto. Il primo motivo era che Blaine avesse specificato che stessero litigando, quando non era assolutamente così. Non sapeva cosa lo faceva sorridere, ma il fatto che il moro si fosse preoccupato del fatto che stessero avendo una specie di discussione, lo aveva fatto sorridere internamente. Eppure ne avevano avute di litigate vere e proprie. Si erano urlati addosso, si erano giurati di non volersi più vedere, si erano ripromessi più di una volta che era finita, ed ogni volta era sempre ma questa volta per davvero. Alla fine, nessuno dei due avrebbe mai lasciato l'altro, ne erano sicuri entrambi. L'ultima vera litigata risaliva al giorno successivo alla confessione di Blaine, del fatto che l'avesse tradito. Kurt era rimasto sveglio l'intera notte, aspettando che l'altro si svegliasse. Quando era successo, lo aveva visto uscire dalla sua stanza con uno zaino in spalla, e lui l'aveva fermato, chiedendogli se quello gli sembrava il modo di andarsene, senza salutare. Dopo qualche secondo di esitazione, Blaine aveva aperto bocca, ma Kurt non gli aveva lasciato il tempo di dire mezza parola. Aveva cominciato a strillare, con le lacrime agli occhi, implorandolo più e più volte di dirgli chi era il bastardo che era andato a letto con lui. Voleva saperlo. Doveva saperlo. Doveva sapere chi aveva toccato quel corpo che aveva sempre pensato fosse solo suo. Doveva sapere con chi Blaine aveva scelto di andare fino in fondo. Ne sentiva il bisogno. Ma non c'erano stati versi, Blaine non aveva parlato. Allora Kurt aveva cercato di calmarsi, dandosi un contegno, ma senza poter evitare le lacrime che continuavano ad uscire inesorabilmente. Aveva incrociato le braccia e aveva cominciato un monologo su quanto fosse uno stronzo, su quanto lui lo amava, e su quanto si fosse fidato di lui. Il tutto avvicinandosi in modo minaccioso a Blaine, e senza distogliere lo sguardo dagli occhi ambrati pieni di lacrime non versate. Quando si erano ritrovati faccia a faccia, Kurt aveva cominciato a prenderlo a pugni praticamente in ogni parte dove potesse arrivare, continuando a singhiozzare e a piangere. Nonostante Kurt fosse fin troppo debole e stanco persino per pensare, e lui non sentisse niente, glielo lasciò fare. Perchè quello era l'unico sfogo che aveva trovato in quel momento, e Blaine poteva perfettamente capirlo. Quando aveva finito e l'unica cosa che faceva era singhiozzare proprio in piedi davanti a lui, Blaine aveva preso, senza pensare, il viso di Kurt tra le mani e l'aveva baciato. Kurt aveva ricambiato, e l'incontro di saliva, denti, lingue, quell'incontro passionale era durato svariati secondi. E ad entrambi sembrava essere durato fin troppo poco, quando poi si erano staccati e si erano guardati con due espressioni impassibili. Sapevano che era una specie di bacio d'addio. Perchè sapevano entrambi che dopo non ce ne sarebbero stati più. Kurt, subito dopo, l'aveva schiaffeggiato. Ben due volte, per essere sicuro. E poi gli aveva urlato di andarsene. Di sparire da casa sua, e di non farsi più vedere. E, in quel momento, sapevano entrambi che era per davvero.

Il secondo motivo era che Blaine sembrava tornare bambino ogni volta che si parlava di Natale. Gli occhi cominciavano ad illuminarsi, il sorriso a farsi più bello, e l'entusiasmo andava alle stelle. Lui non aveva mai capito molto quell'entusiasmo per il Natale, visto che ogni anno, gli portava sempre un po' di malinconia. Era sicuramente una festa stupenda, e una scusa in più per passare una giornata in famiglia, ma ciononostante a lui portava sempre quella tristezza che magari non l'aveva colpito per tutto l'anno, e che lo colpiva tutto in un giorno. Ma sorrise, perchè quell'anno era diverso. Quell'anno aveva Blaine.

 

*

 

“Kurt!” esclamò Burt Hummel, quando aperta la porta si era ritrovato il volto sorridente del proprio bambino. Senza pensare due volte, lo strinse in un abbraccio stritolatore. A Kurt era mancato suo padre. In fondo, erano parecchi mesi che non lo vedeva, trovando sempre una scusa per non tornare in quella cittadina dell'Ohio che tanto aveva odiato, o non prendendosi troppo la briga di richiamarlo quando magari succedeva che perdeva una chiamata. Non che non gli importasse di lui. Era, sicuramente, la persona che più amava in assoluto. Ma, da una parte, ormai era adulto e indipendente, e l'essere trattato – in certe situazioni – ancora come un bambino, lo metteva un po' a disagio. Dall'altra parte, lui era un fottutissimo libro aperto per suo padre, e sapeva che anche solo con due minuti di chiamata, suo padre avrebbe potuto capire il suo stato d'animo. E a volte, preferiva poter mentire. Non avrebbe mai voluto parlare a suo padre della solitudine che lo aveva pervaso per ben sei anni. Ma ovviamente, Burt lo aveva capito perfettamente. Lo aveva capito un mese dopo la sua rottura con Blaine. Sapeva che Kurt non avrebbe mai ritrovato qualcuno da amare come aveva amato il suo ex. E sapeva che avrebbe affrontato periodi difficili. Probabilmente anni interi.

“Ciao papà.” salutò Kurt con gli occhi lucidi, una volta finito l'abbraccio. Subito dopo, sorrise ampiamente, mentre si girava verso la persona che era rimasta qualche passo indietro. In quel momento, anche gli occhi di Burt guardarono dietro le spalle del figlio, rendendosi conto che effettivamente, non erano soli. Un uomo più o meno sull'età di Kurt se ne stava indietro con un sorrisetto incerto stampato in viso, dei riccioli pettinati elegantemente, e due occhi che lo fissavano incessantemente, dietro un paio di occhiali fin troppo grandi.*

Burt non ebbe di certo bisogno di suo figlio che gli presentava quel ragazzo che praticamente conosceva come le sue tasche. Bloccò le parole che ancora dovevano uscire dalla bocca di Kurt con un distratto cenno della mano. Quest'ultimo ammutolì immediatamente, senza poter evitare di alzare gli occhi al cielo. Odiava essere interrotto.

Burt squadrò qualche altro secondo quel ragazzo, che cominciava a sentirsi a disagio. Pensò che probabilmente era l'età che avanzava a fargli vedere cose che magari non erano proprio esattamente così. Infine, aprì bocca. “Blaine?” chiese infine, insicuro. Vide il ragazzo allargare un po' di più il proprio sorriso, e non potè evitare di sorridere anche lui. Almeno non stava impazzando, era un passo avanti.

“Burt, è sempre un piacere vederl -” non ebbe tempo di finire la frase che si ritrovò stritolato in un abbraccio da quelle due braccia forti. Kurt aveva sempre avuto ragione quando diceva che ogni volta che ti trovavi in quelle braccia ti sentivi finalmente al sicuro, protetto, per tutta la vita. Sembrava quasi che fino a che ti trovavi in quelle braccia, niente potesse accaderti. Si rilassò visibilmente dopo poco, e ricambiò la stretta del padre del suo ex. Era sicuramente il miglior ritorno possibile. Si era quasi sempre sentito fuori luogo per tutta la vita. Sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato con le persone sbagliate. Questo fino a che non era entrato alla Dalton. Ma non poteva ancora dire di aver trovato il suo posto nel mondo, più che altro un luogo da dove iniziare. Poi, aveva conosciuto Kurt, quel giorno.

Si era svegliato tardi per colpa di quella stramaledettissima sveglia. E doveva essere puntuale. Wes glielo aveva ricordato gentilmente almeno una decina di volte la sera precedente. Blaine Warbler, tu prova anche solo osare ad essere in ritardo di un solo minuto, e vedi come ti faccio passare la voglia di saltellare da un mobile all'altro. Col sorriso stampato in volto per via di quel ricordo, si era alzato dal letto del suo dormitorio, aveva controllato l'orologio e si era reso conto che in fondo, mancavano ancora una decina di minuti. Forse avrebbe avuto il tempo di un buon caffè. Aveva preso la propria tracolla e velocemente si era allontanato dai dormitori. Ma ovviamente, ovviamente, doveva esserci una colonna sulle scale che portavano alla sala prove. Aveva cominciato a fare lo slalom tra le persone che si muovevano più lente di bradipi, e quando era sceso, finalmente sentiva l'odore del suo caffè mattutino vicino. Aveva sorriso compiaciuto, quando poi però qualcuno lo aveva fermato. Si era voltato per vedere da chi proveniva quella voce cristallina. La prima cosa che si era chiesto Blaine era se quel ragazzo portasse le lenti a contatto, perchè, parlando seriamente, nessuno poteva avere degli occhi così belli. La seconda cosa che aveva pensato è che nonostante avesse detto sono nuovo qui neanche un deficiente ci avrebbe creduto. Ma nonostante tutto, la terza cosa che aveva pensato, era che avrebbe dovuto in qualsiasi modo fare qualcosa per impressionare quel ragazzo. Per mettersi un po' in bella mostra. Doveva avere la sua attenzione. Doveva. Così aveva cominciato a sorridere in quel suo modo un po' ammaliante, aveva dipinto i Warblers nel miglior modo possibile, lo aveva trascinato per mano dall'altra parte della scuola pur di farlo ascoltare all'esibizione che stavano programmando. Si, perchè, nonostante avesse detto a quel ragazzo che era un esibizione improvvisata, la verità è che la stavano provando, come minimo, da un paio di settimane. Dettagli.

Arrivati in sala prove, aveva lasciato andare la propria tracolla, e aveva sistemato il colletto del ragazzo appena conosciuto con preferenze sessuali sconosciute, e gli aveva fatto notare in modo scherzoso, che non aveva creduto neanche per un secondo alla storia del nuovo arrivato. Dopo avergli fatto l'occhiolino e aver visto il modo adorabile in cui aveva sorriso imbarazzato e le sue guance si erano tinte leggermente di rosso, la base era partita, e lui aveva dato il via all'esibizione. Ovviamente, senza mai staccare gli occhi da quelli di Kurt.

Gli era bastato un attimo per capire che Kurt era la sua casa. Dopo la loro rottura si era trovato nuovamente alla deriva, e adesso, finalmente, davanti la soglia di quella casa, tra le braccia del padre del suo ex, e con Kurt che fissava la scena commosso, poté dire di essere tornato a casa. Dopo un periodo sembrato infinito, era tornato a casa.

 

*

 

Dopo aver salutato anche Carole, che aveva cominciato a balbettare alla vista di Blaine, e Finn, che invece aveva salutato il moro con una pacca scherzosa sulle spalle e un come va, amico?, come se avere Blaine in casa loro per festeggiare le festività fosse normale, i due ragazzi avevano posato le valigie da qualche parte e si erano tutti accomodati nel salotto di casa Hummel-Hudson. In quel momento, tra risate e scherzi, stavano raccontando alla famiglia di Kurt come si erano rincontrati, solo cinque giorni prima.

“E quando l'ho visto, veramente, ero tipo oh mio Dio, ci mancavano solo le allucinazioni.” spiegò Kurt, ridacchiando insieme a tutti gli altri. Lui e Blaine erano seduti vicini sul comodo sofà del salotto, e Kurt aveva veramente cercato di non notare come ogni tanto le loro ginocchia si sfiorassero, o la spalla di Blaine si appoggiava alla propria, ma no, non era facile.

“Quindi,” si intromise Finn, quando le risate scemarono. “Adesso.. come funziona? State nuovamente insieme?” chiese distrattamente, sorseggiando una coca cola e buttando delle occhiate alla televisione a basso volume che trasmetteva una replica di una partita di football.

Ovviamente suo fratello doveva chiedere cose imbarazzanti. Sentì tutto il sangue del suo corpo spostarsi sulle sue guance, e accanto a sé, il moro aveva cominciato a tossire, probabilmente essendosi strozzato con la sua stessa saliva. Distolse velocemente lo sguardo dallo sguardo divertito di suo padre, sentendo di arrossire ancora di più, per quanto possibile, e lo bloccò sul pavimento. Alla fine, quando Blaine smise di morire, riuscì a sussurrare un no. Suo padre rise, e lui veramente non sapeva come interpretare quella risata.

Passarono il resto della giornata in quel modo. A chiacchierare, a ridere e ad arrossire per le domande un po' imbarazzanti di suo fratello. Alla fine, scoprì anche che il vero sogno di Blaine non era studiare medicina, ma diventare fotografo. Quella poi era nuova. Comunque, a sera, si rese conto che era andata esattamente come se l'era immaginato. Perfettamente.

L'ora di cena arrivò persino prima di quanto si sarebbero aspettati. Quando, guardando l'orologio, si erano resi conto che si erano già fatte le sei e mezzo, si fecero accompagnare da Carole al piano di sopra, così che avrebbe potuto spiegare a Blaine dove potesse dormire.

Contrariamente a come si era aspettato, Blaine fu trattato come un figlio che torna a casa dopo tanto tempo. Non che non fosse a conoscenza dell'affetto che gli Hummel-Hudson gli avevano sempre riservato, ma di certo non si aspettava di essere trattato in quel modo. Come.. beh, come se non fosse cambiato nulla. Come quei pomeriggi che si fermava a studiare da Kurt, che poi diventavano un resti a cena da noi? di Carole, e infine un è tardi per guidare fino a Westerville, ragazzo, resta pure a dormire qui di Burt. Come se fosse uno di famiglia, non solo il ragazzo di nostro figlio. Ricordava bene quelle notti in cui, Burt era irremovibile e obbligava loro a dormire in due stanze diverse, e ogni volta, uno dei due si alzava e senza fare il minimo rumore, andava nella stanza dell'altro – che puntualmente, non dormiva mai – e si sdraiavano insieme, coccolandosi fino ad addormentarsi. Sapeva anche perfettamente che, nonostante cercassero di svegliarsi presto per non farsi scoprire, Burt si svegliava sempre prima di loro e li trovava abbracciati in un letto solo. Infine, rimboccava loro le coperte. A volte, ne aggiungeva pure una o due, quando era inverno. Il ricordo lo fece sorridere.

Sentì bussare alla porta, così smise di cercare di piegare un maglione, e andò ad aprire. “Non credo tu debba bussare.” disse, quando si trovò davanti il viso stanco del suo ex ragazzo. Sorrise, quando lui alzò gli occhi al cielo.

“E' la tua privacy.” tagliò corto, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi allo stipite della porta. Quando Blaine sorrise nuovamente, Kurt cercò di imitarlo, nonostante fosse venuta fuori solo una sottospecie di smorfia stanca.

“Stanco?” chiese il moro, rientrando nella stanza, e rimettendosi a piegare quello strafottutissimo maglione che non voleva piegarsi. Kurt annuì, nonostante Blaine – girato di schiena – non potesse vederlo.

“Stremato, direi.” rispose il più grande, non muovendosi da quella posizione, e appoggiando la testa allo stipite. Sorrise divertito, quando vide Blaine imprecare sottovoce e gettare sul letto un maglione bianco. “Domani facciamo un salto al centro commerciale.” disse poi, cambiando totalmente discorso. Vide Blaine rivolgergli uno sguardo interrogativo, così si trovò in dovere di spiegare quella sua decisione. Alzò le spalle prima di continuare. “Devo prenderti un regalo.”

Il moro sorrise divertito, prima di sedersi sul letto così da poter vedere in faccia il suo ex ragazzo. Era così bello, nonostante l'aria da zombie che aveva. I suoi occhi erano lucidi per via del sonno, e quell'espressione stanca, gli dava quella tenerezza che aveva sempre amato. Gli fece cenno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui sul letto, e quando questo lo fece, cominciò a passargli una mano sulla schiena, cosa che – sapeva perfettamente – lo aveva sempre fatto rilassare. Pochi secondi dopo infatti, Kurt appoggiò la testa sulla sua spalla, e si lasciò coccolare da quel tocco leggero. Blaine sobbalzò quando sentì di nuovo la voce del suo ex, in quanto pensasse che si fosse addormentato. “Non ho idea di cosa regalarti.” ammise a bassa voce, senza riaprire gli occhi e senza smettere di lasciarsi cullare.

Blaine ridacchiò. “Questo è il momento in cui mi chiedi cosa ti piacerebbe per Natale?” chiese imitando la voce di quei babbo natale che prendono sulle ginocchia i bambini, facendo ridacchiare debolmente anche l'altro ragazzo.

“No,” disse infine Kurt. “Voglio sorprenderti.”

Blaine non sapeva se mettersi a ridere o a piangere, o entrambi. Kurt era semplicemente meraviglioso, con quell'espressione beata, e parlando così debolmente. E lui sapeva perfettamente che se si fosse abbassato di veramente così poco le loro labbra si sarebbero sfiorate. Ma non poteva. Semplicemente, non poteva.

“Sono sicuro che riuscirai a farlo.” sussurrò il moro, continuando a fissarlo e a muovere la mano. “Lo hai sempre fatto.” aggiunse poi, quando Kurt rialzò lo sguardo lentamente su di lui. Ci fu qualche secondo di silenzio, quando poi il più grande sorrise felicemente. Blaine non potè evitare di imitarlo. “A proposito,” disse poi, risvegliandosi quando le labbra di Kurt si erano fatte fin troppo vicine. “Io ho già preso il regalo per te.”

Anche Kurt sembrò improvvisamente sveglio ed entusiasta. Alzò la testa dalla spalla di Blaine, senza però permettergli di smettere con il movimento della mano, e gli rivolse un sorriso speranzoso. “Cosa? Quando lo hai preso? Che cos'è?”

“Hummel, mi deludi. Sai che i regali vanno aperti la mattina di Natale, dov'è il tuo spirito natalizio?” chiese scherzoso il moro, ridendo poi quando Kurt lo fulminò con lo sguardo.

“Sai dove te lo metto lo spirito natalizio?” chiese allora, alzando un sopracciglio. “Voglio avere il mio regalo.”

Blaine si alzò, quando sentì l'urlo di Carole richiamarli per la cena, lasciando un Kurt indignato e con le speranze distrutte seduto sul letto. “Mi dispiace.” lo prese in giro il moro, alzando le spalle, e ridendo. “Dovrai aspettare.” concluse, per poi allontanarsi nel corridoio che portava alle scale, canticchiando a bassa voce Silent Night. Nonostante tutto, Kurt non potè evitare di scoppiare a ridere. Lo spirito natalizio di Blaine era, in qualche modo, molto contagioso. Dopo qualche secondo passato a ridere, si alzò, e seguì il moro al piano di sotto. Sarebbe stata una settimana fantastica.

 

*

 

“Mi stai dicendo che vuoi che ci dividiamo?” chiese divertito Blaine, strofinando le mani coperte dai guanti insieme, per poi sistemarsi il cappello di lana che aveva in testa, e alla fine, metterle in tasca del cappotto. Sorrise in direzione di Kurt che aveva un espressione da dov'è il problema?

“Dov'è il problema?” chiese il più grande, facendo ridere apertamente il moro, che giusto un secondo prima aveva deciso che faceva troppo freddo per restarsene fermi su un marciapiede con la leggera neve che aveva cominciato a scendere, e aveva cominciato ad incamminarsi sul vialotto che avrebbe portato loro davanti le porte scorrevoli del centro commerciale di Lima. “Anzi, il problema c'è se resti con me. Non posso certo comprarti il regalo con te accanto.” concluse il ragazzo, stringendosi nel proprio cappotto e avvicinandosi al proprio ex, che era già quasi davanti le porte.

“Credo che tu abbia ragione.” disse Blaine, fermandosi per aspettarlo. Quando furono di nuovo l'uno davanti all'altro, continuò. “Ma io che dovrei fare in un centro commerciale tutto solo?” chiese, buttando fuori i suoi migliori occhi da cucciolo abbandonato, e sporgendo fuori leggermente il labbro inferiore.

Che gran bastardo. Sapeva perfettamente che praticamente tutte le volte che Kurt aveva acconsentito a qualcosa, era perchè riusciva a convincerlo con la sua espressione da cucciolo. Dio, era così facile farsi comprare da Blaine. E per un momento fu tentato. Fu tentato di mandare a fanculo il così detto spirito natalizio e portare Blaine con sé. Fu tentato da quegli occhioni che lo guardavano speranzoso, e quelle labbra, che nonostante il freddo, rimanevano perfette, e -

“No!” quasi strillò il più grande, risvegliandosi dai propri pensieri. “No, caro Blaine Anderson, non mi convincerai con quello sguardo da portami con te sarò bravo. Assolutamente no. Non più.” finì, deciso, entrando nel centro commerciale, e sentendo la risata di Blaine arrivare perfettamente alle sue orecchie, mentre si avviava al primo piano.

La verità è che fu grato a Blaine di non averlo inseguito. No, la verità era che era nel panico più totale, e forse Blaine avrebbe potuto aiutarlo. Continuava a guardarsi intorno, e ogni volta che adocchiava qualcosa che sarebbe potuto andare bene, subito immediatamente vedeva qualcosa che forse sarebbe stato meglio. Il fatto era che però non cercava qualcosa di carino o di bello. Lui voleva qualcosa di perfetto. Qualcosa che avrebbe fatto rimanere Blaine a bocca aperta. E ci sarebbe riuscito.

Passò un ora. Un ora piena di voglia di piangere dalla disperazione. Si era passato le mani tra i capelli come minimo una trentina di volte. E lui non si passava mai le mani tra i capelli. Il suo telefono squillò nel momento in cui vide un cappotto molto carino che costava sui quattrocento dollari. Senza guardare il mittente, ma continuando a fissare quel cappotto, rispose.

“Chi è?” chiese. La sua voce doveva sembrare molto esasperata, visto che la persona dall'altra parte della cornetta si mise a ridacchiare. “Solo tu potevi interrompermi in questi momenti critici. Cosa vuoi?” chiese, fingendosi impaziente.

“Mi scuso per il disturbo, Signor. Hummel, volevo solo accertarmi che non fosse morto.” disse la voce divertita dall'altra parte. Kurt poteva sentire il sorrisetto mal trattenuto su quel viso, così non potè evitare di ridacchiare pure lui. Forse per la disperazione.

“Sarebbe meglio se mi lasciassi lavorare, davvero. Non sai quant'è difficile, Blaine.” rispose Kurt, avvicinandosi alla vetrina. Mmh, quel cappotto era veramente bello.

“Sai quant'è passato da quando sei scappato dalle mie grinfie?” chiese Blaine, facendosi leggermente preoccupato. Senza aspettare una risposta, continuò. “Più di un'ora, Kurt. Vorrei solo che.. che non ti facessi troppi problemi, veramente.” continuò poi, esitando. Conosceva perfettamente Kurt. Sapeva che cercava la perfezione in praticamente qualsiasi cosa faceva. E avrebbe potuto ucciderti se provavi ad intralciarlo. Ma se avesse continuato così, molto probabilmente, gli sarebbe venuta una crisi di nervi.

“Solo un altra mezz'ora, Blaine, e,”

“Kurt..”

“Poi ce ne andiamo, te lo prometto.” quasi supplicò il più grande, stringendo forte il telefono.

“E va bene, dai.” Blaine sentì esultare Kurt dall'altro lato, così sorrise, prima che qualcosa attirasse la sua attenzione. Spalancò gli occhi. “Oh, Dio, Kurt.” esalò al telefono. “Ci sono i giocolieri. Quelli che fanno girare tipo i bastoni infuocati.” parlò velocemente, poi ridacchiò. “Dio, che figata.” disse, e rise ancora più forte quando sentì Kurt ridere con lui. “Dai, ti lascio ai tuoi problemi, devo scattare come minimo una ventina di foto.” e senza ascoltare la risposta del più grande, riattaccò.

Kurt non potè evitare di ridere come un idiota. Quando, lentamente, le sue risate scemarono, la sensazione di disperazione si riprese possesso di lui. Okay, Blaine lo aveva fatto stare bene per qualche minuto, ma adesso il tormento tornava. Cosa poteva comprargli?

Prima di avere il tempo di ricominciare a mettersi le mani tra i capelli, il telefono gli vibrò nella tasca. Aprendo i messaggi, vide che era da parte del suo ex. Era una foto di due uomini che si passavano tranquillamente delle torce accese, come se si stessero passando dei cuscini. Avevano un sorriso sincero stampato in volto, e dalla foto riusciva a vedere parte della folla intorno a loro. Poi lesse il messaggio. Presi nel momento migliore. In effetti, Kurt doveva ammettere che la foto era venuta veramente bene. Uno degli uomini, era leggermente sporto in avanti, così da tirare la torcia al collega, e sembrava veramente che stesse per muoversi. L'altro aveva una mano tesa, in attesa di prendere le due torce che stavano sospese tra i due.

Rilesse il messaggio di Blaine, e solo quando ripose il telefono nella tasca posteriore, ebbe come un illuminazione. Era.. assolutamente una pazzia. Era assurdo. Ma era giusto. Era perfetto. Dio, se era perfetto. Certo, sarebbe andato un po' oltre il suo budget, ma dio, sicuramente ne valeva la pena. Sapeva che l'espressione che poi avrebbe avuto Blaine, ne avrebbe fatta valere la pena. Doveva chiamare suo padre. Aveva bisogno di una mano. Così fece uscire nuovamente il telefono dalla tasca, e compose velocemente il numero del padre, mentre si avviava in un negozio che avrebbe potuto aiutarlo. Era felice, e non riusciva a smettere di sorridere.

Sapeva cosa regalare a Blaine.

 

*

 

Dopo aver sentito suo padre al telefono, si era recato nel negozio, aveva fatto un giretto, si era fatto consigliare da uno dei commessi e infine aveva scelto la più bella. Almeno, secondo lui. Non che se ne intendesse un granché. Dettagli. Dopo essersi assicurato che la commessa incartasse per bene il regalo, era uscito dal negozio con un aria soddisfatta e compiaciuta. Aveva chiamato Blaine, e gli aveva detto di rincontrarsi all'entrata del centro commerciale. Quando Blaine aveva visto la scatola incartata, i suoi occhi si erano come illuminati. Si erano incamminati verso casa di Kurt, con il moro che ogni due per due cercava di scoprire che cosa conteneva quella scatola. Kurt aveva riso, fatto battute, ma non si era fatto comprare per niente. Era stato irremovibile.

Adesso erano le sei di sera del Venticinque, e Blaine era seduto sul letto della stanza degli ospiti con le gambe incrociate e il telefono tra di esse. Un espressione indecifrabile sul viso. Alex lo aveva appena chiamato, e a parte fargli gli auguri di Natale e continuare per cinque minuti buoni a raccontargli dei cazzi suoi, non era successo niente di che. Blaine non aveva ancora avuto l'occasione di dirgli che era tornato. Sospirò, sdraiandosi sul letto, e portandosi una mano sopra gli occhi. Era stanco. Stanco di quella storia, stanco di dover continuare ad essere entusiasta della sua vita, o stanco di dover fingere di amare Alex. Fino a pochi giorni prima non se ne era nemmeno reso conto. Sapeva che la sua vita aveva dei difetti e non era perfetta, ma poteva dire di essere appagato. Poi era tornato Kurt. Era Kurt. Era sempre stato Kurt. Kurt con i suoi lineamenti dolci, il suo sarcasmo pungente, e i suoi occhi color cielo. Kurt con tutti i suoi difetti e i suoi ancor di più pregi. L'uomo che aveva amato fino a sei anni prima, e che, non aveva mai smesso di amare incondizionatamente.

Ma era tardi. Sapeva che era tardi. La sua vita, come quella di Kurt, ormai era cambiata. Erano andati avanti. Avevano conosciuto molte altre persone, ed erano riusciti, in un modo o nell'altro, ad andare avanti. Non era stato facile, ma ci erano riusciti. Eppure c'era qualcosa. C'era qualcosa che aveva deciso di farli rincontrare, per un motivo. C'era per forza un motivo dietro, o il destino non avrebbe deciso una cosa così importante.

In quel momento sentì la porta aprirsi, e ancor prima che potesse tirarsi su per vedere chi era entrato, qualcuno si buttò accanto a lui, ridacchiando. Incontrò gli occhi e il sorriso felice di Kurt, e non potè evitare di imitarlo. “Buon Natale, Blaine.” esclamò il più grande.

“Me l'hai già ripetuto tre volte da stamani.” ridacchiò Blaine, mettendosi su un fianco per poterlo vedere meglio. Kurt era stupendo quel giorno. Cazzata. Kurt era sempre stupendo.

Quest'ultimo roteò gli occhi, ma senza poter evitare un sorriso divertito. “Sono entusiasta. Non vedo l'ora di aprire il tuo regalo.” rispose, battendo le mani allegramente.

Blaine sorrise dolcemente, e inclinò leggermente la testa. Infine, fece scivolare un braccio sul fianco di Kurt e lo tirò più vicino a sé. Adesso i loro visi distavano di veramente poco, ma nessuno dei due era a disagio. Erano semplicemente felici, nonostante sapessero che anche se i loro corpi distavano di poco, c'era ancora qualcosa che li divideva. “E io non vedo l'ora di aprire il tuo.” sussurrò infine il moro, fissandolo intensamente negli occhi. “Ho provato qualsiasi cosa per convincerti, ma sei stato davvero irremovibile.”

Kurt mise su un sorrisetto soddisfatto. “Te l'ho detto che non mi sarei fatto comprare. Insomma, dov'è il tuo spirito natalizio?”

“Prima di tutto,” cominciò il moro, trattenendo a stento una risata. “Stai copiando le mie frasi. E secondo,” disse, alzando sia l'indice che il medio della mano destra davanti ai loro visi. “Mi sembra di ricordare un certo Kurt Hummel che odia lo spirito natalizio e tutto quello che riguarda il Natale. O forse sto parlando con un'altra persona?” chiese infine, mettendo su un espressione fintamente sorpresa. Kurt sorrise, fissando il soffitto.

“No, hai ragione. Ho.. odiato il Natale per praticamente tutta la vita. Ho sempre pensato che fosse una festa inutile, e probabilmente lo è davvero. Ma.. quest'anno – quest'anno è diverso.” sussurrò, tornando a guardarlo negli occhi. Blaine era a praticamente cinque centimetri dalle sue labbra. Eppure era ancora troppo lontano. Voleva sentire nuovamente quelle labbra premute sulle sue, che lo accarezzavano, che lo amavano e che lo facevano sentire amato nuovamente. Dopo sei anni. Dopo sei lunghissimi anni.

Kurt si rese conto che stava continuando a fissare la bocca di Blaine, solo quando quest'ultimo la riaprì per parlare. “E c'è un motivo in particolare?” soffiò direttamente sulle sue labbra.

Kurt chiuse gli occhi un attimo, assaporando quel respiro caldo che gli aveva mandato brividi in ogni parte del corpo. Si accorse in quel momento che la mano di Blaine era ancora ferma sul suo fianco, e non potè evitare di pensare che era la situazione più intima che avesse mai vissuto da sei anni a questa parte. Riaprì gli occhi, accorgendosi che anche Blaine stava fissando le sue labbra. Sorrise internamente.

“Credo proprio che ci sia.” rispose infine, quando anche Blaine tornò a guardare nei suoi occhi.

Il moro annuì e per minuti che sembravano anni rimasero in quella posizione. Fermi immobili a farsi cullare solo dal respiro dell'altro. Ogni tanto la mano di Blaine scivolava sulla schiena di Kurt e lo accarezzava, godendosi dei leggeri sospiri di approvazione da parte di quest'ultimo, mentre il più grande era occupato a pensare che cosa sarebbe successo se avesse baciato il suo ex. In fondo, sembrava che lo volesse anche lui, ma Blaine era fidanzato, e di certo non voleva rovinare tutto quello che erano riusciti a ricostruire in quei pochi giorni, solo perchè Kurt voleva sentire nuovamente le labbra del suo ex. No, non lo avrebbe permesso. Così semplicemente restarono a fissarsi fino a che la voce di Carole che li richiamava per la cena, non li risvegliò dal loro momento di relax. Entrambi sospirarono di frustrazione, e dopo qualche secondo che era servito loro per convincersi, si alzarono e scesero insieme le scale.

 

La cena si rivelò un insieme di risate, battutine, e discorsi quasi seri. Alla famiglia Hummel-Hudson, oltre a Blaine, si era aggiunta Katie, la ragazza di Finn. Kurt l'aveva conosciuta qualche mese prima, quando Finn aveva fatto visita a New York, portandola con sé. Kurt aveva pensato che l'aveva fatto per far ingelosire Rachel, che, in effetti, aveva messo su uno dei suoi sorrisetti anch'io sto bene senza di te ed era uscita dal loft, senza neanche degnare lui o lei di uno sguardo. Kurt l'aveva trovata molto simpatica, nonostante sapeva che suo fratello non era realmente innamorato di lei, quest'ultima neanche sembrava essersene accorta. Continuava a ridere, a scherzare e a dire cose abbastanza stupide. In effetti, lei sembrava effettivamente stupidamente. Durante quella sera, però, le cose tra i due ragazzi sembravano cambiate: Finn era decisamente molto più affettuoso con lei. Chissà cosa sarebbe successo però, se Rachel fosse stata presente. Cercò di non pensarci nonostante l'idea della sua migliore amica che faceva scenate davanti a tutti, era un immagine decisamente divertente.

Notò che suo padre, in più di un occasione, fissava lui e Blaine, seduti accanto al tavolo. Pensò che si stesse accorgendo di particolari, a cui nemmeno lui faceva caso. Come, Blaine che gli versava l'acqua, o che gli rubava dal piatto solo per fargli un dispetto. Oppure come i loro gomiti che si scontravano praticamente ogni volta, o le loro mani che si sfioravano quando cercavano di prendere qualcosa allo stesso tempo. In realtà, erano dettagli a cui Kurt non faceva caso, perchè erano successe infinite volte, e ormai ci aveva fatto l'abitudine. Ma suo padre continuava a fissare loro con quello sguardo da io lo sapevo, e lui seriamente non sapeva come interpretarlo.

Il momento di scambiarsi i regali arrivò prima del previsto, e Kurt era talmente entusiasta, che, ci mancava poco, saltava sulle spalle di Blaine e si lasciava trascinare in salotto. Il moro, in compenso, non potè evitare di ridere quando si rese conto dell'entusiasmo del suo ex ragazzo. In parte, perchè sapeva che era anche merito suo.

Si sedettero accanto sul morbido sofà del salotto, e il più grande si accoccolò tra le braccia del suo ex, che gli aveva fatto passare un braccio sulle spalle. Era tutto così.. naturale.

Tutti risero quando Burt aprì il regalo di suo figlio: una maglia con sopra scritto sono il padre migliore del mondo. Poi fu il turno di Carole di aprire il regalo di suo figlio. Una, Kurt doveva ammetterlo, bellissima borsa a forma di cuore in stile scozzese sul fucsia e il rosso. Quando suo padre porse una custodia a sua moglie, e quest'ultima ne fece uscire una bellissima collana, non potè più trattenere le lacrime. I due si amavano ogni anno di più, e Kurt poteva sentirlo benissimo. Gli era mancato vedere suo padre così felice.

Dopo aver lasciato alle lacrime di uscire tranquillamente, Kurt notò che sia al collo di Finn che al collo della sua ragazza sorridente, stavano due collanine, con l'iniziale del nome dell'altro. Non potè evitare di invidiarli e di pensare di indossare una bella collanina con sopra la B. Sorrise malinconicamente.

Solo quando vide Blaine allungarsi dietro il divano e prendere qualcosa, il suo cuore accelerò di qualche battito. Cercò di allungare il collo per spiare, ma non fece in tempo a vedere niente, che si ritrovò una busta nera con sopra scritto in caratteri eleganti e in bianco Marc Jacobs. Gli ci volle un attimo per metabolizzare, mentre nella stanza si era fatto silenzio, poi la consapevolezza lo travolse in pieno. Non potè evitare di spalancare sia bocca che occhi. Dio, se era quello che pensava..

“Ho dovuto nasconderlo subito quando siamo arrivati,” soffiò Blaine nel suo orecchio, mentre il più grande era troppo impegnato a fissare la busta davanti ai suoi occhi. Si portò entrambe le mani in gesto teatrale sul petto, e Blaine non potè evitare di ridacchiare. “Ho pensato che se l'avessi visto, avresti fatto due più due e.. Beh, aprilo.”

Kurt non se lo fece ripetere due volte. Molto lentamente aprì la busta, chiusa elegantemente da due fiocchi, poi prese il suo contenuto tra le mani. Kurt rivolse lo sguardo a Blaine per qualche secondo, che lo stava fissando con un espressione divertita in mano, e l'istinto di baciarlo fu veramente tanto. In mano aveva un bellissimo cappotto nero, che probabilmente gli sarebbe arrivato più o meno all'altezza delle ginocchia, con doppi bottoni e il collo alto. Si era innamorato di quel cappotto esattamente due settimane prima, poi l'aveva rivisto per puro caso, mentre passeggiava con Blaine a Brooklyn. Si era fermato davanti alla vetrina, invidiando quel fottuto manichino, poi aveva sospirato, e, in modo molto teatrale, si era allontanato. Blaine, il quale aveva assistito a tutta la scena, aveva riso e gli aveva chiesto sarcasticamente se per caso gli piacesse. Kurt aveva sospirato un ennesima volta e aveva detto che avrebbe pagato tutto l'oro del mondo per quel cappotto. Infine, molto tristemente, aveva aggiunto che neanche se avesse fatto la fame per due mesi, sarebbe riuscito a comprarselo. Blaine era tornato in quel negozio la sera stessa.

In due secondi, Kurt indossò il cappotto, e si strinse con le braccia, come se quello fosse un sogno, e avesse paura di risvegliarsi. Quando riaprì gli occhi, si ritrovò davanti Blaine che si era alzato e adesso lo fronteggiava con un sorrisetto compiaciuto. “Non posso crederci, Blaine,” esalò il più grande, buttandogli le braccia al collo, senza poter smettere di sorridere. “Grazie, grazie, grazie.” cominciò a ripetere dopo piano, come se fosse un mantra. Il moro ricambiò l'abbraccio per qualche secondo, poi l'allontanò, posando le mani sui suoi fianchi, e sorridendo.

“Non mi ringraziare. Tu lo volevi, e io volevo solo vederti sorridere in questo modo.” sussurrò il moro. “Ti sta benissimo.” aggiunse poi, continuando a stringere le mani sui suoi fianchi, quasi avesse paura che Kurt potesse scomparire da un momento all'altro. Restarono a fissarsi fino a che il colpo di tosse non proprio velato del padre del più grande, fece rendere conto loro che non erano soli. Si divisero un po' a malincuore, e mentre Blaine si risedeva sul sofà, Kurt si allungò per prendere il regalo di Blaine. Sotto l'albero restava la scatola che Blaine gli aveva visto il giorno prima, quando erano usciti dal centro commerciale. Sorrise, mentre il più grande gliela posava sulle gambe.

“Questo è da parte di tutti.” cominciò il più grande, sorridendo, all'espressione confusa e sorpresa del suo ex. “Era.. diciamo, un po' oltre il mio budget, così mi sono fatto dare una mano.”

“Kurt..” provò a dire il moro, in tono preoccupato. Quella cosa non gli piaceva affatto. Venne interrotto da un gesto della mano del più grande.

“No, ti prego.” sussurrò quest'ultimo, fissandolo negli occhi. “Aprilo e basta.”

Dopo qualche istante di esitazione, Blaine sospirò leggermente e annuì, così cominciò a sfare il grande fiocco nero che teneva legata la carta da regalo. Buttato da parte il filo, aprì lentamente la carta, notando l'eccitazione di Kurt crescere ogni secondo di più. Sorrise apertamente, tornando a guardarlo, mentre toglieva la carta che ricopriva la scatola. Quando il suo sguardo tornò sulla scatola che aveva sulle gambe, il suo sorriso sparì, facendo così in modo che un espressione sorpresa prese il possesso del suo viso.

“Kurt, ma cos..”

“Due sere fa,” cominciò il più grande, con l'emozione alle stelle. Aveva persino il fiato corto da tanto che voleva che Blaine reagisse. Quest'ultimo continuava a fissare la scatola come se non potesse nemmeno crederci. “Due sere fa, ricordo che mentre stavamo chiacchierando con i miei, hai detto qualcosa sul non aver mai voluto diventare un medico,” sussurrò, come se lo stesse dicendo solo a lui. “Ma bensì un fotografo. Io ho.. ho visto le foto che mi hai inviato ieri.. ed erano semplicemente stupende e, so che di certo non puoi cambiare professione da un giorno all'altro ma ho pensato che per poterlo fare, bisogna comunque cominciare da qualcosa.” continuò a sussurrare. “E credo che se tu lo voglia, tu possa fare qualsiasi cosa.” esalò per concludere. In quel momento, Blaine si girò verso di lui. Aveva gli occhi lucidi e un sorriso che non riusciva a trattenere stampato in viso. Due secondi dopo aveva chiuso tra le sue braccia il suo ex ragazzo.

“Nessuno mi ha mai detto niente del genere, Kurt.” sussurrò con voce rotta direttamente nel suo orecchio. “Grazie.” aggiunse subito dopo.

Quando si divisero, Kurt sorrise di rimando, e cercò di evitare di piangere in tutti i modi. Posò una mano sulla guancia di Blaine e lo accarezzò dolcemente. “Volevo solamente vederti sorridere.”

Dopo qualche secondo rimasti a fissarsi, riuscirono da soli a ritornare alla realtà. Blaine posò la confezione della sua nuovissima Canon EOS 5D Mark III sul divano, e si alzò per abbracciare tutti i componenti della famiglia, e per ringraziarli. Ancora una volta, quando suo padre e Blaine si abbracciarono per diversi secondi, Kurt non potè evitare le lacrime. Sembrava, in qualche modo di essere tornati indietro nel tempo.

Quando i loro sguardi si incontrarono nuovamente, Kurt non ne era mai stato più sicuro. Voleva quel ragazzo. Lo voleva più di ogni altra cosa. Doveva essere suo nuovamente. E in qualche modo sarebbe riuscito a far tornare le cose al loro posto. Al posto dove sarebbero dovute essere e rimanere. Per sempre.

 

*

 

Kurt si strinse nel suo cappotto nuovo nuovo, e sussurrò qualcosa nell'orecchio di suo padre, prima di uscire dalla porta della cucina. Aveva cominciato a nevicare leggermente, ma il freddo si era alzato fin troppo pesantemente, e Blaine era in fondo, sotto il portico, con semplicemente un maglione addosso. Aveva le braccia incrociate al petto, e probabilmente non si era accorto di Kurt, magari troppo immerso nei suoi pensieri, visto che quando lo raggiunse e gli posò una mano sulla spalla, per prima cosa sobbalzò leggermente. Quando si rese conto di chi era, il moro sorrise e alzò un braccio, permettendo a Kurt di accoccolarsi tra le sue braccia. Restarono a fissare la neve per qualche secondo, quando poi il più grande spezzò il silenzio interrotto solo dal rumore del fruscio delle foglie.

“Tutto bene, si?” chiese.

Blaine sospirò, e lo strinse ancora di più a sé. Dopo qualche secondo sussurrò lentamente. “Mi sto facendo trascinare dai ricordi.” senza aspettare risposta, aggiunse. “E se volessi che tutto questo non finisse?”

“Possiamo fare in modo che tutto questo non finisca, se è quello che vogliamo.” sussurrò in risposta Kurt, allacciando le braccia al petto, quando venne scosso da un leggero brivido. Se era per il freddo, o per lo sguardo magnetico di Blaine, ancora non lo sapeva. Il moro non rispose. Continuò a fissarlo per qualche secondo, sperando solamente che Kurt aggiungesse qualcosa. Cosa che non tardò a succedere. “Tu cosa vuoi, Blaine?” sussurrò infine, avvicinandosi impulsivamente a lui.

Blaine non rispose immediatamente. Lasciò che il silenzio sovrastasse su di loro per qualche secondo, prima di riaprire bocca. E quando lo fece, fu la fine di ogni loro incertezza. “Voglio te.”

Subito dopo le loro labbra si trovarono. Si ritrovarono, finalmente, dopo sei lunghissimi anni.




* Seconda ossessione compulsiva: penso seriamente che Darren Criss sia l'unica persona che possa indossare occhiali del genere e sembrare un mega nerd, adorabile, sexy e affascinante, allo stesso tempo. 


Note: Ma che stronza che sono muahahah. Dai, siete felici, vero? Io non aspettavo altro da cinque lunghi capitoli, sinceramente.. 
Questo capitolo è un tantinello più lungo degli altri, ma pazienza. Spero solo di non avervi annoiati. Anzi, spero sinceramente che vi sia piaciuto. 
Di nuovo.. Buon Natale a tutti, ragazzi!

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


God only knows why it's taken me so long,
to let my doubts go,
you're the only one that i want.

 

Burt Hummel, in certe occasioni, non si riteneva una cima, ma sicuramente non era un idiota. Anzi, era un uomo molto intelligente. Prima di aprire la porta di casa sua, quel ventitré dell'anno, si era aspettato di trovarsi davanti l'espressione fintamente entusiasta di suo figlio. Trovarsi davanti quel sorriso finto che probabilmente si stampava due secondi prima di bussare, e che si ritrovava davanti ogni anno da ormai sei anni. Non che suo figlio non fosse felice di vederlo, insomma, lui era il padre migliore del mondo – come diceva la sua maglietta –, ma era così ovvio che al suo bambino mancava qualcosa. Qualcosa che potesse renderlo felice com'era quando aveva diciassette anni. Ed era stato difficile restar a guardare senza poter fare niente – visto che niente sembrava riuscir a sollevare il morale di suo figlio – per tutto quel tempo. C'era stato un periodo in cui Burt aveva anche seriamente temuto che Kurt potesse finire in depressione. Era una fortuna che a New York con lui abitasse la sua migliore amica. Almeno lei, ogni tanto, si prendeva la briga di farlo uscire di casa.

Poi era arrivato Natale anche quell'anno, e, come praticamente ogni anno faceva, aveva invitato suo figlio a passare le vacanze con la sua famiglia. Era stato molto sorpreso – ma felice – quando Kurt aveva accettato senza esitazione, visto che era la prima volta che Kurt accettava, e che tornava a Lima di sua spontanea volontà. Due o tre giorni dopo, poche ore prima del volo di suo figlio, Burt lo aveva richiamato accertandosi che non si fosse dimenticato niente, e Kurt l'aveva interrotto a metà discorso, dicendogli che quell'anno ci sarebbe stata una sorpresa.

Non aveva saputo cosa aspettarsi fino a chè non aveva aperto la porta di casa sua. Gli erano bastati due secondi netti nel vedere il sorriso sincero di suo figlio, per capire. Conosceva quel sorriso. Lo aveva visto tutti i giorni per due anni e mezzo, quando suo figlio era stato un ragazzino. Quello era il Blaine-sorriso. Poi quando aveva visto la persona in piedi dietro Kurt, non aveva più avuto dubbi su quello che sarebbe successo di lì a poco. Potevano continuare a ripetere che non stavano più insieme, ma era tutto inutile. Burt riconosceva perfettamente quegli sguardi complici, o quei sorrisini imbarazzanti. Li aveva seriamente visti tantissime volte.

E nonostante tutto l'odio e il rancore che avrebbe dovuto provare per quel ragazzo, in quel momento, mentre guardava suo figlio e il ragazzo che aveva trattato per anni come un figlio dalla finestra della cucina, mentre se ne stavano in piedi sotto il portico a baciarsi, proprio non riusciva a smettere di sorridere.

Certo, avrebbe dovuto odiare Blaine, sei anni prima, quando suo figlio, in lacrime, lo aveva chiamato raccontandogli tutta la faccenda. Sarebbe dovuto salire in macchina, arrivare a casa Anderson, e come minimo spaccare la faccia di quel ragazzo. Eppure, c'era stato qualcosa che lo aveva bloccato. Da un lato la voce di suo figlio che gli rimbombava nella mente, quelle semplici parole, quel “Non smetterò mai di amarlo, nonostante tutto”. Burt sapeva che non era un capriccio da adolescente. Sapeva che Kurt seriamente non sarebbe riuscito a dimenticare Blaine. Non lo avrebbe mai fatto. E infatti, nei successivi anni, si era visto. Poi, dall'altro lato, la sua coscienza che gli ripeteva che tutti siamo umani, e tutti commettiamo degli errori, e che avrebbe dovuto perdonare Blaine.

Non sentì Blaine fino a tre giorni prima del Natale di quell'anno, quando Burt lo chiamò e gli chiese di vedersi. Ebbero una conversazione matura sul perchè di quel tradimento. Alla fine di tutto, Burt lo sorprese con un “Sto andando a New York. Ti va di venire con me, ragazzo?”. Beh, poteva solo dire che quando aveva visto i suoi due ragazzi canticchiare come due idioti innamorati nel bel mezzo di una pista ghiacciata, aveva capito tutto. Magari non sarebbe successo subito, magari ci sarebbe voluto tempo, ma prima o poi, si sarebbero resi conto di non poter fare a meno dell'altra.

E, in quel momento, abbracciando Carole, e sentendo la presenza di Finn e della ragazza dietro di loro, fissarono la scena fuori dalla finestra. Non potè evitare di sorridere soddisfatto. Ovviamente, aveva avuto ragione. Come ogni volta, del resto. Ironicamente, si rese conto che sopra le teste dei due ragazzi – probabilmente Finn lo aveva attaccato lì – troneggiava un rametto di vischio. Trattenne a stento una risatina.

 

*

 

Le labbra di Blaine erano soffici. Le labbra di Blaine erano calde, amorevoli. Erano dolci. Le labbra di Blaine erano l'unica cosa che riuscivano a farlo sentire sicuro e amato. Era sempre stato così. Quando sentì le mani del ragazzo che lo stava baciando, posarsi sulle sue guance, intenzionato a tenerlo fermo lì, forse per sempre, sentì anche la lingua di Blaine accarezzargli dolcemente il labbro superiore, quasi a chiedergli il permesso. Quando Kurt socchiuse leggermente la bocca, permettendogli così di approfondire il bacio, ciò che era cominciato come un sfioramento di labbra, si trasformò facilmente e velocemente in qualcosa di molto passionale. Le loro lingue adesso si stavano nuovamente amando. Quasi istintivamente posò le proprie mani sui fianchi di Blaine, avvicinandosi a lui. Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai. Le mani del moro scivolarono lentamente dietro il suo collo, così che una cominciò ad accarezzargli dolcemente i capelli e l'altra continuava a spingerlo verso sé. Kurt, nel mentre, aveva fatto scivolare le proprie dietro la schiena di Blaine, e aveva fatto combaciare i loro bacini. Sentì Blaine lasciarsi sfuggire un gemito soffocato, quando le loro intimità si scontrarono leggermente.

Furono costretti a staccarsi solamente quando sentirono l'aria mancare. Alla fin fine erano rimasti come minimo un paio di minuti a pomiciare in quel modo, ma ad entrambi era sembrato troppo poco. Blaine era stupendo con le labbra leggermente aperte, rosse come ciliegie, e un espressione leggermente sorpresa ed eccitata. Le guance erano leggermente arrossate. Kurt, potè dedurre, che anche lui si trovava nella stessa situazione.

Restarono fermi a fissarsi, per secondi che parvero minuti o addirittura ore. Alla fine, decisamente sorprendendo il più grande, Blaine scoppiò a ridere, posando la testa sulla spalla del suo.. ehm, ex? Kurt, poco dopo, non sapendo esattamente per quale motivo, lo imitò. Risero fino alle lacrime agli occhi. Risero, perché ad entrambi sembrava completamente impossibile. Eppure erano lì. Erano di nuovo lì. Insieme. Prima di aprire bocca, Blaine scoppiò a piangere silenziosamente, smettendo di ridere.

“Sono così innamorato di te, Kurt.” ammise sussurrando direttamente sulle sue labbra. “Lo sono sempre stato. E.. non sono mai stato così felice.”

Kurt cercò di darsi un contegno. Sapeva che Blaine era in una situazione difficile, e doveva essere lui il forte in quell'occasione. “Allora perchè stai piangendo?” chiese dolcemente, asciugando con i pollici quelle lacrime che aveva sempre odiato vedere. Sorrise incoraggiandolo a parlare, e continuò a fissarlo negli occhi.

Blaine si lasciò andare ad una risatina amara. “Ho avuto una vita di merda, fingendo sempre e solo di esserne felice. C'è Alex che..” AlexAlexAlex. Blaine era fidanzato. Non riusciva ancora a credere a quella cosa. Nonostante tutto, fece finta di non averci fatto caso. Continuò a sorridere. “E poi mi ero ripromesso che non avrei più tradito nessuno. Non avrei più permesso a nessuno di odiarmi come mi hai odiato tu e..”

Kurt aggrottò le sopracciglia confuso. Blaine aveva abbassato lo sguardo, così posò due dita sotto il suo mento, e lo costrinse a rialzare lo sguardo sul suo. “Io non ti ho mai odiato.” disse dolcemente, ma con decisione. “Io ti amo.” sussurrò poi, prima di attaccare nuovamente le loro labbra per un bacio casto. Quando si staccarono, Blaine sorrise leggermente. “E troveremo una soluzione, Blaine.” aggiunse poi. “Non sarà facile, ma ce la faremo. Insieme.”

“Promesso?” chiese il moro, con un tono di voce che lo faceva sembrare un bambino. Kurt aveva tanta voglia di piangere per la tenerezza che gli faceva quello sguardo da cucciolo. Infine, sorrise ancora più apertamente.

“Se è quello che vuoi, si.” rispose il più grande, con un sorrisetto. Vide il moro sorridere apertamente, poi si avvicinò a lui e lo baciò nuovamente, con la stessa passione di qualche minuto prima. Quando si staccarono, Blaine fissò in quelle iridi che tanto amava.

“Voglio te.” rispose deciso, senza staccare lo sguardo da quello del suo amante. “Voglio solo te.” sussurrò poi con voce roca, direttamente sulle sue labbra. Fu soddisfatto di vedere lo sguardo di Kurt illuminarsi di una luce che gli aveva visto diverse volte quando erano ragazzi. Una luce che gli era sempre piaciuta.

Eccitazione.

 

*

 

Rientrarono in casa solo dopo essersi baciati altre due o tre volte. O forse quattro o cinque. O sei, chi lo sa. Rientrarono solo perchè si resero conto che faceva fin troppo freddo, e ad accoglierli c'era Burt Hummel con le braccia allacciate al petto e un espressione divertita stampata in volto. I suoi occhi vagarono immediatamente dalle loro mani allacciate ai due visi con un espressione tra il colpevole e l'innamorato. Si scambiarono un sorrisetto complice, e poi riportarono l'attenzione sull'uomo che continuava a scrutarli, cercando a stento di trattenere un sorriso.

“Alla fine avevo ragione io, eh?” chiese l'uomo con un tono leggermente compiaciuto di sé. Vide Blaine aggrottare le sopracciglia confuso, così continuò. “Kurt sa a cosa mi riferisco.”

“Si,” rispose il figlio. “Si, papà. C'è un motivo se ti ho regalato quella maglia.” aggiunse, sorridendo leggermente. Vide il moro portare una mano dietro la schiena di suo figlio per poterlo stringere ancora di più a sè, e non potè più trattenere un sorriso. Era un gesto che aveva sempre fatto. “Dove sono tutti?” chiese poi Kurt.

“A dormire.”

“Penso che andremo anche noi.” disse allora suo figlio.

“Certamente.” acconsentì suo padre, allontanandosi di qualche passo. Aspettò che arrivassero sulla soglia della cucina, prima di richiamarli. “Ah, a proposito,” disse, suscitando la curiosità di entrambi. “Katie si è fermata qui, e dorme insieme a Finn nella stanza degli ospiti. Credo che vi toccherà dormire insieme, se non vi dispiace.” disse con finta innocenza. “Oppure, Blaine, c'è sempre la stanza di Finn.”

Blaine alzò le spalle con nonchalance. “Dormo con Kurt.” disse semplicemente. “Sempre se a te sta bene, Burt.” aggiunse poi, preoccupandosi leggermente. Per un attimo si era sentito nuovamente adolescente. L'uomo gli fece semplicemente un occhiolino, prima di uscire dalla cucina, sorridendo apertamente.

 

Passare la nottata a baciare Kurt non era certo ciò che si sarebbe aspettato per Natale. Eppure avevano passato ore intere a tenersi stretti, scambiarsi paroline dolci, e baci. Dai più ai meno casti. Avevano chiacchierato, ridacchiato, e si erano addormentati solo alle cinque passate. Tenendosi stretti, sotto le mille coperte, e scaldandosi a vicenda. Blaine gli aveva promesso che avrebbe mollato, in qualche modo, Alex, e che dopo avrebbero potuto ricominciare da capo. Kurt, cercando in tutti i modi di contenere l'entusiasmo, lo aveva stretto forte e lo aveva rassicurato, dicendogli che gli sarebbe stato accanto. Non aspettavano altro che poter ricominciare insieme. Era l'unica cosa che aspettavano dal primo momento che i loro occhi si erano finalmente rincontrati. Diciamo pure che nessuno dei due pensava sarebbe stato possibile. Ormai, dopo sei lunghi anni, entrambi stavano cercando di abituarsi alle loro rispettive vite. Sicuramente non era facile, ma lentamente ci stavano riuscendo. Si erano resi conto, ad un certo punto della loro vita, che se non avessero potuto avere la persona che realmente amavano, allora l'unica cosa che restava loro da fare era cercare di accontentarsi e farsi andare bene ciò che avevano. Così Kurt usciva le sere in cui il giorno dopo non avrebbe dovuto lavorare, cercando qualcuno che avesse i ricci neri, gli occhi ambrati e un sorriso luminoso, solo per poter sentire, in quelle poche ore di intimità, un contatto con il suo passato. Ovviamente non funzionava mai, visto che quando si risvegliava, se era possibile, si sentiva peggio di prima. Blaine, d'altro canto, aveva conosciuto una persona stupenda. Una persona stupenda che lo amava. Il problema era sempre stato che lui non ricambiava. Si, sicuramente gli voleva un bene. Un bene che però, probabilmente, era comparabile al bene che si prova per un fratello.

E adesso erano nuovamente lì. Sullo stesso letto di qualche anno prima, ad amarsi, come non erano riusciti a fare per sei anni, pronti ad affrontare i futuri ostacoli che il destino aveva già posizionato per loro. Nonostante tutto, quella volta non erano adolescenti, non avevano paura. Sapevano, erano sicuri, che quella volta nessuno sarebbe riuscito a dividerli nuovamente. Era finita per chiunque non volesse che stessero insieme, ed era appena iniziata nuovamente per loro. E quella notte, silenziosamente, si promisero che avrebbero lottato con tutte le forze possibili. Ed era una promessa che avrebbero mantenuto.

 

*

 

Kurt se ne stava seduto su un altalena del piccolo parco di Lima – stranamente vuoto quel pomeriggio –, osservando la neve che leggiadramente si posava sulla terra, ormai diventata bianca. Quella mattina, prima di uscire di casa con Blaine, si era infilato il cappotto nuovo, e si era imbacuccato dalla testa ai piedi. Le mani, fasciate dai guanti, in quel momento, si reggevano leggermente alle corde del sediolino, e i capelli castani erano coperti da un berretto nero di lana. Sorrise, quando sentì un fiocco di neve posarsi sul suo naso. Alzò lo sguardo al cielo, e senza poter smettere di sorridere, fissò i centinaia di fiocchi bianchi che lentamente scendevano, e si posavano su qualsiasi superficie trovavano. Era felice. Era felice come non lo era mai stato, e quell'anno persino la neve aveva imparato ad amare. Si sentiva, in un certo senso, rinato. Finalmente.

Click.

Certo, questo non gli impediva di uccidere qualcuno. Qualcuno che si chiamava Blaine Anderson. Il sorriso sparì velocemente dal suo viso, e roteò gli occhi, prima di abbassare lo sguardo su un moretto ridacchiante. Si, avrebbe potuto ucciderlo. Pure volentieri.

“Quante volte ti ho detto di non farmi foto quando non me lo aspetto?” sbraitò il più grande, scuotendo istericamente le corde del sediolino, e fissando truce il moro che si riavvicinava a lui, con un sorrisetto divertito stampato in faccia, e la macchina fotografica tra le mani.

“Ti prego, Kurt,” fece quest'ultimo con tono fintamente saccente. “Le foto al naturale sono le più belle.” dopodichè, si sedette sul sediolino accanto e gli fece vedere l'ultima foto che aveva appena scattato. Vide Kurt sorridere impercettibilmente, come se stesse cercando in tutti i modi di nascondere il fatto che doveva ammettere che la foto fosse veramente bella. “Ho capito all'improvviso che la fotografia poteva fissare l'eternità in un attimo.”* sussurrò Blaine, giusto un attimo prima di posare due dita sotto il mento del ragazzo accanto a lui, e fare in modo che voltasse il viso verso il proprio. Senza pensarci due volte, unì le loro labbra in un bacio casto, e in quel momento, sentì il sorriso di Kurt espandersi. Non potè evitare di sorridere nel bacio insieme a lui. Le labbra di Kurt, in quel preciso momento, erano fredde come il marmo, ma morbide come sempre. Posando la mano libera sulla sua guancia si rese conto anche che il suo viso era freddo, e probabilmente, immaginò, si stava lentamente arrossando. Si staccò lentamente, non prima di lasciargli un paio di dolci baci a stampo, e si scontrò immediatamente con due iridi celesti che lo fissavano felici. Era tutto perfetto.

“Hai freddo?” gli chiese, prendendo la sua mano e stringendola. Il più grande scosse la testa, ma quasi a volerlo fare apposta, un brivido lo percorse subito dopo. Blaine sorrise, alzandosi, e tirando su Kurt con sé, che prima di poter perdere l'equilibrio, venne stretto da due braccia forti. Sorrise, ricambiando quella stretta. “Dai, torniamo a casa.” sussurrò dolcemente, spostandosi giusto quel poco che gli bastava per poterlo vedere in faccia. Kurt mise su un broncio adorabile, e Blaine dovette resistere per non baciarlo nuovamente.

“Mi piace stare qui.” si lamentò il più grande, incrociando le braccia al petto. Blaine rise di cuore, e lo baciò su una guancia.

“Okay, ho capito. Ma se poi ti ammali, non dare la colpa a me.” scherzò il moro, dandogli una leggera spallata, dopodichè si allontanò nuovamente per fare una foto ad uno stormo di uccelli che si era appena alzato in volo, lasciando a Kurt l'opportunità di sedersi nuovamente con un ghignetto soddisfatto per essere riuscito a convincere facilmente il moro. Cominciò a dondolarsi leggermente, mentre guardava il viso concentrato di Blaine dietro la macchina fotografica, mentre si spostava di poco ma velocemente, per prendere una meglio angolazione. Quando lo vide allontanare la macchina e sorridere soddisfatto, non potè evitare di sorridere felicemente anche lui. Aveva proprio scelto bene, Blaine era felice del regalo che gli aveva fatto. E come se non bastasse, era maledettamente bravo, anche senza aver mai preso lezioni. Gli sorrise apertamente, mentre si riavvicinava a lui.

“Posso provare?” chiese il più grande, esitando leggermente. Vide il moro corrugare la fronte, confuso, ma quasi subito dopo, sorrise, sfilandosi il cinturino della macchina fotografica dal collo. Gli fece cenno di avvicinarsi e quando Kurt lo fece, il moro gli fece passare il cinturino dal collo e gli posò la macchina fotografica tra le mani, poi sorrise innocentemente alla sua espressione di aspettativa.

“Beh?” chiese il più grande, dopo pochi secondi. Il moro rispose con un espressione confusa. “Aiutami, no? Io non so nemmeno da dove si parte.”

Blaine sorrise, poi si guardò intorno per qualche secondo. “Prima di tutto, devi trovare qualcosa che ti piace. Qualcosa che vuoi racchiudere in una fotografia, così da fare in modo che quel ricordo durerà per l'eternità.”

Kurt lo fissò negli occhi per qualche secondo, prima di deglutire e cominciare a guardarsi intorno. Sembrava più difficile del dovuto. Cosa poteva esserci nel parco di Lima qualcosa che avrebbe voluto ricordare per sempre? Lentamente, tenendo sempre la fotocamera tra le mani, si avvicinò alla fila di alberi che proseguiva per un breve tratto, e intravide qualcosa che lo incuriosì parecchio. Con un lento gesto della mano, fece avvicinare Blaine. Quando questo gli fu vicino, gli indicò un piccolo uccellino nero e bianco intento a creare col proprio becco un piccolo nido, che lentamente ingrandiva, quasi come se non gli sembrasse mai abbastanza. Usava movimenti veloci, ma curati. Si vedeva che in ogni filo che intrecciava all'altro c'era tutto l'amore che potesse metterci.

“Guarda qui dentro.” gli sussurrò il moro all'orecchio, prima di indicare un piccolo vetrino nella parte alta della macchina fotografica. Kurt obbedì come un automa, posando l'occhio destro dove gli aveva indicato il moro e chiudendo l'altro, aspettando che Blaine gli desse altre indicazioni. “Cosa vedi?” gli chiese poi.

“E' un po' sfocato.” sussurrò il più grande. Potè immaginarsi l'altro ragazzo annuire. Aprendo l'occhio che fino a quel momento aveva tenuto chiuso, notò Blaine far vagare per un attimo lo sguardo da lui, all'uccellino, ancora intento a crearsi il suo rifugio. Annuì nuovamente.

“E' un po' lontano, in effetti.” sussurrò il moro, poi lo guardò nuovamente. “Muovi l'obbiettivo fino a che non mette a fuoco l'immagine.” gli suggerì poi. Kurt chiuse nuovamente l'occhio sinistro, e si concentrò sul lavoro che stava facendo. Portò la mano sinistra sull'obbiettivo e lo mosse delicatamente verso sinistra, fino a che l'immagine che stava vedendo non si focalizzò perfettamente. Sorrise felicemente, mentre riportava la mano sulla macchina. Restò a fissare l'immagine davanti ai suoi occhi qualche secondo, poi, molto lentamente, scattò la foto. Si accorse, solo quando ormai la foto era stata fatta, che aveva trattenuto il respiro fino a quel momento, così lo rilasciò, rilassando istintivamente le spalle. Allontanò la macchina fotografica di qualche centimetro, e vide la foto che aveva scattato, che lui aveva scattato, impressa nello schermo. L'uccellino era fermo, piegato leggermente, e stava intrecciando un rametto con un altro. Nella foto sembrava quasi compiaciuto del proprio lavoro. Sorrise apertamente, riportando lo sguardo sul moro, che stava fissando la foto, sorridente.

“E' meravigliosa.” gli disse, prima di baciarlo teneramente. “Bravissimo.” sussurrò dolcemente. Kurt si sfilò il cinturino dal collo, e passò la fotocamera al suo amante, senza smettere un attimo di sorridere.

“E' strano, ma è stata.. è stata veramente un emozione bellissima. E.. oddio, non te lo so spiegare. Ho amato farlo.” balbettò il più grande, mentre si riavvicinavano all'altalena. Si risedettero sui due sediolini, e Blaine gli rivolse un sorriso sincero.

“So cosa intendi. Ed è un emozione che non passa con l'andare del tempo.” spiegò. “E' sempre come se tu stessi scattando la prima foto. Sempre.” disse, dolcemente. In quel momento, Kurt si rese conto di quanto Blaine fosse appassionato di fotografia, e, sinceramente, poteva perfettamente capirlo. Tutto il nervosismo che aveva avuto nei primi momenti, era sparito immediatamente quando aveva visto l'immagine che aveva creato. Quella era pura arte. “Come mai hai scelto proprio quello?” chiese poi il moro, risvegliandolo dai suoi pensieri.

Kurt alzò le spalle, e sospirò, prima di rispondere. “Vedi, lei è una mamma. O comunque, una futura mamma.” cominciò a spiegare il più grande, muovendo distrattamente i piedi sulla neve accumulata sul terreno. “Lei non sa cosa le succederà tra pochi mesi o giorni, nessuno gliel'ha spiegato. Ma nonostante tutto, si sente pronta a proteggere i suoi piccoli da qualsiasi cosa potrebbe danneggiarli, o far loro del male, e si sente pronta a covarli, a nutrirli e ad accudirli fino a che questi ultimi non saranno pronti a volar via dal nido. Io credo che sia una cosa che va oltre l'istinto animale. Penso che sia l'amore incondizionato di una madre a farle fare certe cose. E penso, sinceramente, che non esista cosa più bella.” sussurrò, tornando a guardarlo negli occhi. Blaine gli stava sorridendo sinceramente, con le mani ancora ancorate alla fotocamera, ma lo sguardo fisso su di lui. Si avvicinò al moro, e gli lasciò un bacio tenero sulle labbra, sorridendo imbarazzato.

“E' stupendo quello che hai detto.” replicò il moro, quando si staccarono, e tornarono a guardarsi negli occhi. Kurt alzò le spalle, sorridendo.

“E' solo quello che penso.”

 

*

 

Il resto del pomeriggio lo passarono al parco a ridere, chiacchierare e farsi foto a sorpresa a vicenda. La neve aveva smesso di cadere dopo poco, e non si era ripresentata fino alla mattina dopo, quando, Blaine aveva svegliato Kurt con un tenero bacio, e l'aveva informato del tempo, e chiesto se gli andava di fare una lotta a palle di neve. Il più grande era scoppiato a ridere, nonostante fosse appena sveglio, e a malapena capace di muovere un muscolo. Ovviamente, mezz'ora dopo si era ritrovato fuori in giardino a cercare ogni modo per schivare le pallate di Blaine, e per colpirlo in pieno viso. Quando si erano resi conto di essere bagnati dalla testa ai piedi, avevano deciso, ridacchiando, di farsi una doccia e poi di andare a fare una passeggiata.

Il giorno della partenza arrivò prima di quanto si aspettassero. Il trenta mattina, dopo essersi sciolti dall'abbraccio stritolatore nel quale si erano legati nel sonno, ed essersi liberati dalle coperte aggrovigliate, si fecero entrambi una doccia veloce, e scesero per la colazione. Kurt si rese conto subito del fatto che, appena varcarono la soglia, la tensione si poteva tagliare con il coltello. Tranne Finn che si strafogava come ogni mattina, e Carole che cucinava apparentemente tranquilla. Suo padre. Era suo padre che stava emanando un aura di nervosismo, che ti urlava “Stammi lontano”. E non aveva mai visto suo padre nervoso come quel giorno. Doveva essere successo qualcosa. Sciolse la stretta dalla mano di Blaine, e si sedette sulla sedia davanti a quella di suo padre.

“Buongiorno?” esitò il ragazzo, guardando suo padre. Vide quest'ultimo distogliere lo sguardo immediatamente e tirare su con il naso, per poi borbottare un giorno, senza mai cercare i suoi occhi. Ora capiva tutto. Guardò verso Blaine che fissava la scena, anche lui confuso dal fatto che Burt sembrasse così intrattabile. Si guardarono qualche secondo, conversando solo con lo sguardo, quando, dopo poco, Blaine annuì e Kurt lo ringraziò con un sorrisetto. Il moro si alzò dalla sedia accanto a quella di Kurt, e si sporse verso Carole che stava ancora cucinando. Le sussurrò qualcosa nell'orecchio, quando lei, dapprima confusa, fece vagare lo sguardo da suo marito al suo figliastro. Infine annuì a Blaine, e quest'ultimo le baciò una guancia in segno di ringraziamento.

“Vogliate scusarmi, torno subito.” annunciò Blaine, sorridendo a, praticamente, la sua seconda famiglia. Tutti gli fecero un cenno col capo, tranne Kurt, che gli sorrise amorevolmente. Blaine uscì dalla stanza solo dopo aver ricambiato il sorriso.

“Finn, puoi venire un momento con me, per favore?” chiese dopo pochi secondi la donna, sorridendo al figlio, e sperando che capisse la sua richiesta solo tramite uno sguardo.

Ovviamente non lo fece. “Perchè?” si lamentò il figlio, ricambiando lo sguardo confuso.

“Dobbiamo cercare quella cosa che hai perso.” inventò sul momento.

“Ma io non ho pers -”

“Vieni con me.” disse allora Carole, con quel tono deciso che non accettava repliche. Finn si alzò con uno sbuffo solo dopo aver lanciato uno sguardo al pancake che aveva nel piatto. Uno sguardo che sapeva tanto di “Non preoccuparti, tornerò”. Kurt dovette trattenere una risata, mentre guardava Carole e Finn uscire dalla stanza. Dopo pochi attimi, il silenzio tornò bruscamente nella stanza. Kurt guardava suo padre, torturandosi le mani sotto al tavolo, mentre l'uomo adocchiava il giornale sportivo sul tavolo, senza dargli veramente importanza.

“Papà?” tentò dopo poco il ragazzo, senza staccare gli occhi dal padre. Quest'ultimo non lo degnò di uno sguardo, mentre annuiva con il capo, come a dargli il permesso di continuare. Quando Kurt allungò una mano per posarla su quella di suo padre, Burt alzò lo sguardo, prima guardando le loro mani, poi il figlio. “Tornerò.” sussurrò semplicemente il ragazzo, fissando suo padre negli occhi.

Burt annuì. “Dici di tornare ogni anno, e poi non lo fai mai.” disse semplicemente, in tono leggermente accusatorio. “So che quest'anno tutto ti sembra perfetto perchè hai rincontrato Blaine. Ma io.. ho paura, se devo essere sincero.”

Kurt dovette sforzarsi di deglutire, prima di poter riaprire bocca. “Paura di cosa?”

“Se Blaine non fosse fidanzato -”

“Come fai a saperlo?” lo interruppe il figlio, scostando la mano da sopra quella di suo padre, e assumendo un espressione preoccupata.

“Me lo ha detto lui, figliolo.” rispose il padre, portando entrambe le mani sotto il tavolo. “E' venuto a parlarne con me la mattina dopo Natale. Mi ha spiegato la sua situazione, e si, anche a me ha promesso che avrebbe lasciato il suo ragazzo e che ti avrebbe reso felice, come non è riuscito a fare in questi anni. Ma vedi, se Blaine non lasciasse -”

“Lo farà papà,” rispose il figlio sicuro, e con un sorriso sincero. “Ha detto che lo farà, e io mi fido di lui.” aggiunse poi.

Suo padre annuì lentamente, fidandosi dell'opinione del figlio. “Sei adulto Kurt, e sei responsabile delle tue azioni. Se decidi di fidarti di lui, allora anch'io lo farò.”

“Te ne sono grato.” tagliò corto il figlio con tono glaciale. Incrociò le braccia al petto, sperando che suo padre capisse che non aveva più voglia di quel discorso.

“Allora, lascia che mi fidi di te. Prometti che tornerai a trovarmi?” chiese dopo poco Burt, capendo l'irritazione del figlio. “Sai, per me, resterai sempre quel bambino che mi svegliava alle quattro di notte, per divertirsi ad impiastricciare la cucina, e non è,” Kurt vide suo padre dover prendere un profondo respiro, per poter continuare a parlare, e non potè evitare di intenerirsi davanti a quella scena. “Non è facile vederti andare via così, ogni volta. Vorrei solo vederti un po' più spesso.”

Kurt sorrise affettuosamente. “Te lo prometto, papà. Tornerò il prima possibile.”

Burt annuì, e si asciugò gli occhi lucidi, poi ridacchiò distrattamente. “Adesso puoi anche far tornare gli altri.” sorrise in direzione del figlio, che aveva cominciato a ridacchiare. “Penso sia ora di far colazione, come una vera famiglia.”

 

*

 

La mattina del trentuno Blaine si svegliò con un pesante mal di testa, ma con un sorriso felice quando vide le due chiamate perse di Kurt, e il messaggio minatorio che diceva che se non avesse risposto alla prossima chiamata, sarebbe andato a sfondare la porta del suo appartamento. Ridacchiò, mentre rispondeva alla chiamata che arrivò proprio in quel momento. Restarono al telefono per circa mezz'ora nella quale Kurt gli spiegava di non prendere impegni per quella sera, visto che sarebbero andati con Rachel a Times Square per festeggiare l'arrivo dell'anno nuovo. Blaine acconsentì a quell'invito, che proprio invito non sembrava. Sembrava più un Stasera andiamo a Times Square, caro Blaine. Primo, perchè non puoi lasciarmi solo con quella matta della Berry. E secondo, voglio passare con te ogni secondo della serata. Cosa a cui Blaine aveva risposto con Beh, sembra che io abbia trovato qualcuno da baciare stasera. Kurt aveva ridacchiato, e gli aveva sussurrato un ti amo pieno di promesse.

Quella sera, dopo diversi cambi di vestiti, Kurt si era recato con Rachel, che non smetteva un attimo di chiedergli dettagli della sua vacanza in Ohio, sotto casa del moro. Quando Blaine era uscito dal portone, entrambi si erano guardati, trattenendo il respiro per qualche secondo, e dimenticandosi della Berry, che faceva vagare lo sguardo dall'uno all'altra incessantemente. Si erano guardati come se fossero anni che non si vedessero, quando in realtà erano passate a malapena ventiquattr'ore. Alla fine, Blaine se ne era uscito con un wow, sei bellissimo, che aveva fatto arrossire leggermente il più grande. In realtà, non aveva niente di diverso dall'ultima volta che Blaine lo aveva visto, semplicemente il moro si divertiva a vederlo arrossire. La trovava una cosa dannatamente adorabile.

Arrivarono a Times Square alle sei di sera, sperando così che se fossero arrivati prima avrebbero trovato un posto per vedere il concerto, ma purtroppo già c'era gente intenta a scatenarsi, a ubriacarsi, e a saltare in qua e in la come canguri. E sicuramente erano lì da molto prima di loro. Provenienti da chissà quali stati di America, più di settecentomila persone si sarebbero radunate in quell'incrocio, quella notte. Tutti pronti a sentire un po' di musica, stare in compagnia, o aspettare l'inizio dell'anno nuovo con la persona amata. Esattamente come avrebbe fatto lui, quella sera.

Come ogni anno avevano allestito un palco per offrire agli spettatori un concerto gratuito. Aveva letto da qualche parte che ci sarebbe stata sia Lady Gaga che Katy Perry quella sera, e, anche se stava in tutti i modi cercando di trattenere l'entusiasmo, era sicuro che Blaine leggesse la sua esaltazione sul suo viso.

Quando Rachel si allontanò, con la scusa di aver visto qualcuno che conosceva, i due si presero un po' di tempo per loro, camminando in qua e in la, e sperando che nessuno si rendesse conto che stavano cercando in tutti i modi di superarli per avvicinarsi al palco. Sembrava lontano anni luce. E menomale che quell'anno avevano sistemato più di un maxischermo.

Il concerto cominciò alle nove e mezzo spaccate, e oramai non c'era più traccia della Berry, nonostante lui stesse continuando a cercarla a destra e a sinistra. Rilassati, Kurt, gli aveva detto Blaine, Sono sicuro che sia in buone mani e – oh, inizia il concerto.

Si esibirono diversi artisti, ma quando Lady Gaga montò sul palco, salutando allegramente i propri fan, non potè evitare un gridolino di entusiasmo. Era l'unica di cui gli interessava, se doveva essere sincero, quella sera. Ascoltò le due canzoni che cantò con molta concentrazione, ignorando le risatine divertite del moro accanto a lui, e si permise di prendersi la sua rivincita quando fu Katy Perry a montare sul palco, e Blaine completamente in ecstasy.

Nel momento in cui fu Beyoncè a montare sul palco, vide Blaine avvicinarsi pericolosamente a lui, e dopo averlo fissato assottigliando gli occhi, sentì la voce del moro canticchiargli nell'orecchio il ritornello di Single Ladies, ricordandogli così il giorno che erano all'ospedale. Non sapeva se ammazzarlo o se ammazzare direttamente la cantante, che proprio dopo aver finito un monologo sul quanto amava i suoi fan, si mise proprio a cantare la canzone dei suoi incubi. Spalancò gli occhi, e sentì il moro ridere apertamente accanto a lui. Sembrava quasi che tutti ce l'avessero con lui, quella sera.

Il conto alla rovescia, cinquanta secondi prima dell'inizio del nuovo anno, fu fatto vedere sui grandi schermi, in contemporanea alla New Year's Ball Drop, che aveva cominciato a scendere lentamente lungo l'asta dell'One Times Square. Blaine gli stava tenendo una mano dietro la schiena, e lo stava stringendo a sé, mentre sorrideva, guardando incessantemente la sfera che continuava a scendere. Lo imitò, senza poter evitare di smettere di sorridere. I dieci secondi arrivarono in fretta, ed entrambi, insieme alle migliaia di persone presenti, cominciarono a fare il countdown. Quando l'1 impresso sul maxischermo fu scambiato da un colorato Happy New Year, quasi a farlo apposta, si girarono l'uno verso l'altro, e, senza aver bisogno di parole o di permessi, si avvicinarono, e si baciarono con passione, lì nel bel mezzo della piazza, imitati immediatamente da altre tantissime coppie presenti.

Scapparono da Times Square, verso mezzanotte e mezzo, quando Rachel si era degnata di farsi rivedere dai due ragazzi con, quella che sembrava, una nuova conquista. Avevano salutato Rachel e Simon? – Kurt non ne era sicuro – e avevano percorso la strada che portava all'appartamento del moro, tenendosi per mano, e schivando ridacchianti Americani intenti a continuare ad ubriacarsi, e ad urlare a tutti quelli che incontravano Buon anno nuovo!

Quando arrivarono sotto l'edificio del moro, persino le loro mani sembravano contrarie al pensiero di doversi lasciare, così che Blaine fu obbligato a chiedere a Kurt se volesse salire da lui. E dopo uno sguardo, entrambi capirono qualsiasi cosa.

Quella notte fecero l'amore. Quella notte, finalmente, entrambi riuscirono a toccare nuovamente quel corpo che tanto avevano amato. Fecero l'amore guardandosi negli occhi, senza distogliere lo sguardo nemmeno una volta, con in sottofondo i NewYorkesi ancora urlanti. Fecero l'amore tutta la notte, ricominciando ogni qualvolta arrivavano all'orgasmo. Quell'orgasmo talmente intenso che faceva dimenticare loro qualsiasi cosa. I problemi, la situazione in cui si trovavano, o persino il fatto che stessero facendo l'amore sul letto di Blaine ed Alex. Non si preoccuparono troppo di soffocare gemiti od urla, visto che a nessuno dei due importava realmente se tutto l'edificio li avesse sentiti. Erano due persone innamorate, che finalmente si erano ritrovate, dopo troppo, troppo tempo. Kurt non si sentiva uno di quegli così chiamati sfasciafamiglie, visto che l'unica cosa che stava facendo era salvare il suo amato da una relazione che non aveva mai realmente desiderato, e Blaine non si sarebbe mai pentito di quello che stava facendo, nonostante si era ripromesso più volte di non essere un traditore, e di non cedere alle tentazioni. Ma Kurt non era una tentazione. Kurt era l'amore della sua vita.

E quella notte, esistevano solo loro due. Quella notte apparteneva a loro.

 

*

 

Quando i raggi del sole del primo mattino colpirono in pieno viso Kurt, quest'ultimo aprì lentamente gli occhi, leggermente infastidito. Odiava essere svegliato in quel modo. Ma sapeva della mania di Blaine di aprire sempre le tende, appena sveglio.

Blaine. Aveva veramente passato la nottata con Blaine. Girando la testa, si rese conto che il moro non era più nel letto insieme a lui, così si permise di alzarsi, ed evitare di ignorare il dolore alle gambe. Arrossendo per l'improvvisa consapevolezza di essere nudo, recuperò i propri boxer, e se li infilò il più velocemente possibile, per poi uscire dalla stanza, ed essere guidato da un buonissimo profumo di pancakes. Seguendo il profumo, si ritrovò presto la scena di un Blaine fischiettante davanti ai fornelli, vestito di tutto punto. Tornò a guardare il fatto che lui fosse solo in boxer, ma dopo aver alzato le spalle, ed essersi reso conto che in realtà non gli importava niente, fece un passo avanti.

Abbracciò Blaine da dietro, il quale sobbalzò, non essendosi reso conto della presenza del più grande, per poi sorridere. “Buongiorno.” sussurrò il moro, girandosi nell'abbraccio, e baciandolo velocemente sulle labbra. Kurt sorrise apertamente.

“Buongiorno a te.” disse stringendo le braccia attorno a Blaine, e baciandolo nuovamente. “E così, adesso sai anche cucinare.”

Blaine roteò gli occhi, divertito. “Ovvio.” disse. “C'è qualcosa che non so fare?” chiese poi, rigirandosi, per controllare i pancakes sul fornello.

“Lo chiamavano Signor Modestia.” rise Kurt, allontanandosi. Blaine si girò con un sorriso aperto. “Ho il tempo di farmi una doccia?” chiese poi, indicando distrattamente il corridoio alle sue spalle, e sorridendo, quando vide Blaine addentare un muffin. La golosità del moro sicuramente non era cambiata o diminuita. Blaine gli fece un cenno distratto con la forchetta che teneva in mano, troppo intento a fare l'amore con il dolcetto al cioccolato che teneva in mano. Kurt rise apertamente, mentre si allontanava nel corridoio e cercava il bagno.

 

Si, una doccia calda era proprio quella che gli ci voleva, pensò Kurt, quando uscì dal bagno del moro con addosso solo l'asciugamano intorno alla vita. Stava percorrendo il corridoio fino all'entrata della stanza di Blaine, quando quest'ultimo girò l'angolo e lo vide. La sua espressione indifferente si tramutò molto facilmente in un ghigno malizioso. Lo vide avvicinarsi, e subito dopo sentì le sue mani stringergli il sedere da sopra l'asciugamano. Poco dopo un erezione non proprio velata strofinò sulla sua. Si lasciò scappare un leggero sospiro. Poi Blaine lo baciò con lentezza, ed era una lentezza talmente erotica, che Kurt quasi volette ammazzare il moro quando quest'ultimo si scostò dal suo corpo, ghignando divertito.

“No, niente sesso, Kurt,” ridacchiò. “I pancakes ti aspettano.” disse poi con un entusiasmo infantile, che fece sorridere teneramente il più grande. Blaine era uno di quelli che riusciva a passare dall'essere super mega sexy all'essere super mega tenero in meno di dieci secondi. Ed era una delle cose che più amava di lui.

“E va bene,” acconsentì il più grande, alzando le mani. “Mi vesto e arrivo.”

Pochi minuti dopo si trovavano seduti al grande tavolo della cucina di Blaine, a mangiare pancakes, muffin, e bere litri di latte e caffè, cercando di non strozzarsi per il troppo ridere. Sembravano due bambini pronti a farsi qualsiasi dispetto, dal mettere il sale nel caffè dell'altro mentre non guardava, al versare fin troppo sciroppo d'acero sui pancake, per renderli così praticamente immangiabili.

Verso le nove e mezzo sentirono il campanello suonare, e tra una risata e l'altra fu Blaine, dopo aver schioccato un lungo bacio al gusto cioccolato a un altro ridacchiante Kurt, ad alzarsi e andare a vedere chi è che osava disturbarli.

Ovviamente non si aspettava quella persona quando aprì la porta del suo appartamento.




Note: Come sono carina a far finire i capitoli in questo modo. 
Ok, ragazzi, ci siamo, questo è il penultimo capitolo, e non ci sarà un epilogo, solo il prossimo capitolo, che sarà la fine anche di questo viaggio – già mi viene da piangere. 

Grazie a chi ha recensito gli scorsi capitoli, a chi sta seguendo, e a chi ha messo tra i preferiti. Grazie a tutti. 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


 

I can't win, I can't wait,
I will never win this game without you.

 

“Alex?”

Quella domanda, che sembrava quasi una richiesta come a dire ti prego dimmi che non sei tu, risuonò per tutto l'appartamento, facendo sobbalzare Kurt sulla propria sedia, che immediatamente si alzò e raggiunse il moro. Quando si trovò davanti la porta d'ingresso dell'appartamento, vide il ragazzo con cui aveva passato la nottata abbracciato ad un altro ragazzo. Due occhi celesti lo fissarono qualche secondo dopo, e un sorriso luminoso lo accecò, rendendolo ancora più nervoso.

“E tu sei.. Kurt, se non sbaglio? L'amico di Rachel?” chiese il ragazzo davanti ai suoi occhi. Sapeva che Blaine stava cercando i suoi occhi, ma fece di tutto per non guardarlo. Allungò una mano, tirando su un sorriso finto.

“Kurt Hummel, piacere.” annunciò il ragazzo. Alex prese la sua mano e la strinse, sotto lo sguardo confuso del moro.

“Alexander Torres. Chiamami pure Alex, però. Rachel mi ha parlato molto di te.”

“Mi sembra di aver già vissuto questa scena.” ridacchiò fintamente divertito il ragazzo. Anche l'altro ragazzo ridacchiò un attimo, per poi lasciar calare un silenzio leggermente imbarazzante sui tre ragazzi fermi all'ingresso. Blaine era arrossito leggermente e guardava per terra, Kurt continuava a fissare il ragazzo di Blaine, e Alex faceva vagare lo sguardo dal suo ragazzo all'altro ragazzo.

“A proposito, cosa ci fai qui?” chiese poi Alex, cercando di spezzare quel silenzio pieno d'imbarazzo, che neanche capiva, tra l'altro. Kurt aspettò a rispondere, aspettò che fosse Blaine a dirgli la verità, aspettò che fosse Blaine a dire Alex, devo parlarti, aspettò che fosse lui a farlo sedere da qualche parte, e spiegargli la situazione. La cosa non accadde.

“Kurt è passato a salutarmi stamani, e l'ho invitato a fare colazione con me.” si ritrovò a mentire il moro, cercando in tutti i modi di evitare entrambi gli sguardi, che proprio in quel momento si posarono su di lui. Quello di Kurt incredulo, e deluso, quello di Alex semplicemente curioso. Sapeva di aver ferito Kurt per l'ennesima volta, ma quello non gli sembrava proprio il momento per dire cosa era successo in quegli ultimi giorni. Pochi secondi dopo, la voce cristallina di Kurt lo sorprese.

“Si, infatti.” disse semplicemente. “Ma stavo per andarmene.” aggiunse poi. “Recupero il mio cappotto e me ne vado.” finì con un sorrisetto tirato.

Blaine sorrise al suo ragazzo, poi seguì Kurt sul pianerottolo, e l'accompagnò giù per le scale. Quando si trovarono a guardarsi nuovamente negli occhi, Blaine lesse tutta la delusione impressa negli occhi del ragazzo che amava. Un ennesima volta.

“Ti chiamo io?” esitò a chiedere.

Kurt sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Infine alzò le spalle. “Non lo so, Blaine.” rispose, gelido. “Buon anno.” aggiunse prima di sorridere fintamente, ed uscire dal portone principale stringendosi al suo cappotto regalatogli da Blaine. Amava quel cappotto.

 

*

 

Nei giorni che seguirono, Kurt non cercò più Blaine, né viceversa. Il più grande se ne stava rinchiuso nel suo loft a giornate, evitando in tutti i modi Rachel, che continuava a chiedergli che cosa gli fosse successo, e attendendo solamente di dover tornare a lavorare, mentre il moro, avendo ricominciato il tre di Gennaio a lavorare, faceva avanti dall'ospedale all'appartamento, evitando tutti gli inviti di Alex a cene di lavoro, o cose del genere. Il suo ragazzo si era sicuramente reso conto che Blaine, da quando era ritornato da Chicago, era stato molto più distante. Sapeva anche che in quelle quasi due settimane, l'aveva chiamato o messaggiato veramente poco, ma Blaine non era uno che se la prendeva per certe cose, quindi doveva esserci per forza qualcos'altro dietro, anche se ancora non era riuscito a capire cosa. Semplicemente, alzava le spalle ad ogni rispostaccia di Blaine, e faceva finta di nulla, dicendosi che sicuramente gli sarebbe passata, come sempre. Ovviamente si era anche reso conto che da quel primo di Gennaio, Blaine fissava ogni due secondi il telefono, quasi come se aspettasse qualcosa, o esitasse di fare qualcosa. Non dava peso neanche a quello. Ad essere sinceri, Alex non aveva mai dato peso a niente, nella sua vita. Per lui era tutto superficiale, tutto quello che gli succedeva se lo faceva scivolare addosso, e non ci pensava neanche più di tanto. Persino le sue relazioni le aveva sempre trattate con superficialità, e ancora si chiedeva come uno come Blaine, desiderasse stare ancora con lui. Insomma, erano passati già quattro anni, e non era una cosa da niente. Eppure il suo ragazzo non gli aveva mai fatto notare i suoi difetti, e non aveva mai cercato di cambiarlo in nessun modo, cosa che non gli era mai successa in ventotto anni di vita. Forse anche Blaine era uno che si lasciava scorrere addosso le cose. Si, sicuramente era così.

D'altro canto, Rachel non sapeva più cosa fare. Il primo di Gennaio aveva sentito Kurt rientrare nel loft, e lo aveva visto rinchiudersi nella sua stanza. Aveva alzato le spalle confusa e lo aveva lasciato stare per un po'. Solo quando, due ore dopo, si era resa conto che il suo migliore amico non era ancora uscito dalla stanza, aveva cominciato a preoccuparsi. Il fatto è che non c'era stato di farlo uscire nemmeno nei giorni successivi. Kurt si alzava prestissimo la mattina, usciva per fare una passeggiata solitaria – solitamente a Central Park –, e ritornava nel loft un paio d'ore dopo, in punta di piedi, per cercare di non svegliare l'amica. Era talmente strano questo comportamento del coinquilino, che veramente, Rachel aveva persino pensato di chiamare qualcuno per far togliere la porta dalla stanza di Kurt. Voleva assolutamente delle spiegazioni, e Kurt si ostinava a non parlargli. Per quello fu sorpresa di vederlo uscire dalla sua stanza, il sette di Gennaio, con un espressione indecifrabile stampata in viso. Si era seduto davanti a Rachel, le aveva sorriso e le aveva chiesto scusa. Poi aveva cominciato a raccontare della delusione per il comportamento di Blaine, e il fatto che non l'avesse nemmeno cercato in quei cinque giorni. Alla fine del racconto, Rachel aveva cercato di spiegargli che la situazione di Blaine non era semplice, e che magari avrebbe avuto bisogno di un po' di tempo per dar fine ad una relazione durata così tanto. Kurt aveva annuito, anche se troppo perso nei propri pensieri, aveva compreso e assorbito ogni parola uscita dalla bocca della migliore amica e alla fine doveva ammettere che aveva in parte ragione. Dopo poco si era alzato e aveva annunciato che sarebbe uscito. In quel momento, Rachel aveva capito che il suo migliore amico avrebbe fatto qualsiasi cosa per ribaltare in qualche modo quella situazione di merda. Si sarebbe preso ciò che voleva.

 

 

Kurt passò davanti quella porta almeno cinque o sei volte, riflettendo. Aveva visto una donna in quella stanza, proprio davanti al lettino che interessava a lui, e aveva immaginato, che fosse la madre. Non avrebbe saputo neanche come presentassi. Si, sa, sua figlia qualche settimana fa, ha posato una sua piccola manina sul mio viso, ed io non riesco a smettere di pensare a quel gentile tocco. Non è che può dirmi com'è andata l'operazione?

Anne era stata operata qualche giorno prima. Non avendo sentito Blaine, non aveva idea di cosa fosse successo. Se fosse andato tutto bene, e se ci fossero state complicazioni. E lui sentiva il bisogno di essere informato. Ma non aveva nessun diritto su quella bambina, sua madre avrebbe potuto dirgli di farsi i cazzi suoi, e lui non avrebbe potuto ribattere in nessun modo.

Si girò quando sentì dei passi, e lo vide. Erano passati pochi giorni da quando si erano visti, eppure Blaine gli sembrava sempre più bello. Era possibile?

Il moro stava controllando una cartella clinica, il camice aperto come sempre, dove sotto Kurt poteva benissimo vedere un paio di jeans neri aderenti, e una camicia nera. La cravatta ben allacciata. Possibile che sembrasse così sexy pure mentre lavorava?

Blaine, intento a leggere, entrò nel reparto pediatria, senza accorgersi della presenza di Kurt a qualche metro di distanza. Quest'ultimo ne approfittò per nascondersi dietro una colonnina. Si sentiva una spia in missione, ma poco gli importava. Se quello era l'unico modo per avere informazioni sulla salute di Anne, si sarebbe trasformato anche in un agente segreto, se fosse stato necessario.

“Signora Williams!” sentì esclamare sorpreso Blaine. “Pensavo che i dottori le avessero detto di riposare. Sono due giorni che sta qui in ospedale, e l'ho vista riposare al massimo un oretta su quelle scomode sedie. Non le farà bene tutto questo.” aggiunse infine, con tono premuroso.

“E' mia figlia, Dr. Anderson.” sussurrò la donna, con tono stanco. “Starei anche mesi sveglia, pur di vedere come sta.”

“Non ne ha bisogno.” rispose Blaine. Dopodichè sentì il rumore di una sedia scorrere sul pavimento, e immaginò Blaine che si era seduto. “Anne starà bene.”

La donna sospirò, e Kurt potè immaginarsela a cercare di combattere con le palpebre che cercano di chiudersi. “La ringrazio Dr. Anderson.” disse dopo qualche secondo lei, e Kurt immaginò Blaine spalancare gli occhi sorpreso. “Per tutto quello che ha fatto per mia figlia in questi due mesi. Parla molto di lei.” continuò. “Mi ha persino detto che è la sua fidanzatina.” aggiunse poi, in tono divertito. Blaine ridacchiò piano, e anche Kurt non potè evitare di sorridere apertamente.

“Sono io che la convinco di certe cose.” rispose il moro, probabilmente senza smettere di sorridere. “Forse dovrei smettere.” aggiunse poi, parlando piano.

“Non vedo perchè.” rispose con semplicità la madre della bimba. “Mi piace il rapporto che tiene con i suoi pazienti. Lei è diverso da qualsiasi altro dottore. L'ho vista scherzare con i bambini, cercare in tutti i modi di farli divertire o ridere, e penso proprio che sia una bella cosa.”

“Sa,” replicò immediatamente Blaine. “La prima cosa che ti insegnano all'università, è quella di non affezionarsi ai propri pazienti.” spiegò. “E io ho fatto tutto il contrario.” aggiunse poi.

“Se la vedessero adesso, le strapperebbero la laurea di mano, allora.” scherzò la donna, facendo ridacchiare il moro. Ci fu un po' di silenzio dopo, interrotto solo dal rumore dei passi dei dottori nei corridoi. Poco dopo, sentì Blaine parlare di nuovo.

“Devo tornare in ufficio. Ho degli appuntamenti. La prego, torni a casa a riposare un po'. Anne non si risveglierà prima di un paio d'ore.”

Immaginò la donna annuire solamente, visto che una manciata di secondi dopo Blaine uscì dal reparto, e si allontanò per il corridoio, con la stessa cartella di prima in mano. Kurt uscì da dietro la colonnina dove si era nascosto fino a quel momento, ignorando gli sguardi straniti dei passanti, e si passò le mani sui vestiti, come a togliere le pieghe. Pochi secondi dopo, entrò nella stanza.

La madre di Anne era una donna alta, dai capelli neri corvino, e dagli occhi verdi. Sotto gli occhi aveva due grosse occhiaie, che purtroppo rovinavano quello che sicuramente sarebbe stato un bellissimo viso. La donna era girata di schiena, rispetto a lui, ma si era girata, appena aveva sentito la porta aprirsi. Quando vide il viso di Kurt, un viso sconosciuto, sorrise semplicemente, e si rigirò a guardare la propria bambina. Di certo non si aspettava che quel ragazzo appena entrato si fermasse di fronte al letto della figlia. Infatti, gli rivolse uno sguardo a metà tra il curioso e l'infastidito.

“Lei è un nuovo dottore?” chiese scettica, facendo scorrere lo sguardo sui suoi vestiti, notando che non portava il camicie, e nemmeno una targhetta. Kurt scosse la testa lentamente.

“Piacere, Kurt Hummel.” disse, non allungando una mano per paura che la donna non gliela stringesse. “Ho conosciuto sua figlia qualche settimana fa.”

La donna sembrò incuriosirsi. “Come, scusi?”

“Sono un amico di Bla – del Dr. Anderson. È stato lui a farmela conoscere. Volevo.. volevo solamente sapere com'è andato l'intervento.” rispose il ragazzo. “So che non ho nessun diritto, ma –“

La donna lo interruppe con un gesto della mano. Subito dopo gli fece cenno di sedersi sulla sedia dall'altra parte del lettino, dove Anne dormiva beatamente. La donna accarezzò un po' la mano di sua figlia, sorridente, poi alzò lo sguardo su Kurt, che continuava a fissarla. “L'intervento è andato bene.” cominciò lei, sorridendo stancamente. “C'è stato solo un momento in cui sembrava che i chirurghi fossero in difficoltà, e lì ho avuto paura. Ma Anne sta bene adesso, dovrà prendere dei farmaci per tutta la vita. Ma sta bene.” rispose lentamente lei, senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo. Quest'ultimo annuì, sentendo gli occhi lucidi, e abbassò leggermente lo sguardo, sentendo comunque costantemente quello della donna fisso su di lui. Dopo poco la sua voce lo sorprese. “Che cos'è successo a te?” chiese la donna, in tono comprensivo. Kurt non aveva idea di come prendere quella domanda. A cosa si riferiva la donna? Alzò lo sguardo su di lei, e gli occhi verdi della signora Williams che lo fissavano, gli fecero capire perfettamente. Deglutì, prima di rispondere.

“Mia madre è morta quando avevo otto anni.” disse, fissando le sue mani intrecciate, e lasciando che le lacrime scendessero lentamente dai suoi occhi. “Di cancro.” aggiunse poi, schiarendosi la voce. “S-sua figlia, la prima volta che l'ho incontrata, ha posato una mano sulla mia guancia. E l'unico ricordo che ho di mia madre è il suo posare le mani sulle mie guance ogni volta che avevo paura di qualcosa, o quando ero nervoso, o triste. In un certo senso, me l'ha ricordata.” finì, asciugandosi poi le lacrime, che avevano continuato a scendere involontariamente.

La signora non rispose, ma quando incontrò i suoi occhi nuovamente, potè leggerci dentro tutto l'amore di una madre. Inspiegabilmente, ricominciò a piangere. La donna lo lasciò fare, aspettando tranquillamente la fine di quello sfogo. Quando, dopo pochi minuti, il ragazzo si asciugò le ultime lacrime, lei si alzò e semplicemente lo abbracciò.

 

*

 

“Sono felice che sia andato tutto bene.”

Quel leggero sussurro, lo fece distrarre dai propri pensieri riguardanti l'ultima visita del figlio del Signor Rodriguez, e gli fece alzare lo sguardo, incontrando così un paio d'occhi color ghiaccio che lo fissavano dalla soglia del suo ufficio. Kurt lo stava fissando con quello sguardo penetrante che solo lui era capace di fare. Erano sei giorni che non vedeva quei bellissimi occhi, e solo in quel momento si rese conto di quanto gli fossero mancati. Probabilmente doveva avere un espressione fin troppo sorpresa stampata in viso, visto che l'espressione indecifrabile di Kurt si trasformò velocemente in un ghigno divertito. “Allora?” chiese poi il più grande, cercando di non far trapelare il divertimento nella sua voce.

Blaine sembrò risvegliarsi in quel momento. Sbattè le palpebre un paio di volte, prima di parlare. “Cosa è andato bene?” chiese curioso.

Kurt sospirò, prima di entrare nell'ufficio del moro, e prendere posto davanti la sua scrivania. Incrociò le braccia su di essa, e fissò il moro negli occhi. “L'intervento di Anne.”

“Come -”

“Vi ho spiati,” rispose con semplicità. “E poi sono entrato dentro e ho parlato con la madre.”

“Oh.” esalò il moro, imitando la posa del suo amato. Dopodichè sorrise divertito. “Fa molto Kurt Hummel, in effetti.” sussurrò.

“Oh, ti ringrazio.” replicò, in tono fintamente vanitoso l'altro. Passarono pochi secondi prima che entrambi scoppiarono a ridacchiare divertiti. Sembrava quasi che quei sei giorni passati distanti non fossero mai esistiti. Kurt allungò una mano sulla scrivania, e la posò sull'avambraccio di Blaine, che ancora teneva le braccia incrociate. Poi si sporse sulla scrivania. “Mi sei mancato.” sussurrò, molto lentamente, e molto piano. Blaine sentì un leggero brivido percorrerlo. Senza pensarci due volte, si alzò in piedi, e corse alla porta. Disse qualcosa alla sua segretaria, che a Kurt non arrivò, e chiuse la porta. Due secondi dopo Kurt si ritrovò spiaccicato contro il muro, con quelle due labbra che amava, che continuavano a torturargli il collo. Blaine alzò di scatto la testa quando sentì un leggero sospiro di approvazione uscire dalla bocca del più grande, e quasi immediatamente, fece incontrare le loro labbra in un bacio casto ma pieno d'amore. Quando si staccarono, entrambi erano ancora senza fiato.

“Anche tu mi sei mancato.” esalò il moro, appoggiando la fronte a quella del suo amato. Kurt socchiuse gli occhi, beandosi di quelle attenzioni. “E mi dispiace.” disse poi, accarezzandogli una guancia. Poco dopo si staccò da lui, e costrinse se stesso a tornare a sedersi dietro la propria scrivania.

“E' proprio di questo ciò di cui dobbiamo parlare, Blaine.” parlò Kurt quando riuscì a recuperare la propria lucidità. Sapeva che non aveva bisogno di spiegare a Blaine di cosa avrebbero parlato. Lo sapeva già da solo.

“Lo so, lo so,” sussurrò il moro, facendo un segno distratto a Kurt di sedersi davanti a lui. “E' che.. Alex è tornato senza neanche avvertire, quindi, già vedermelo davanti è stato strano. Tu eri lì e lui era lì, e io.. semplicemente, non mi sembrava il momento migliore.”

Kurt annuì, assimilando ogni singola parola. “Io non sono pronto a condividerti. Io non voglio condividerti.” rispose deciso. Blaine posò una mano sulla sua, e tentò un sorriso.

“Tu non dovrai condividermi, te lo prometto.”

“E' solo che penso che tu non sia ancora pronto a lasciarlo fuori dalla tua vita.” allo sguardo confuso del moro, continuò. “Voglio dire, Alex c'è stato in un momento difficile della tua vita, momento nel quale io non ero presente. Forse vedi più lui come appoggio morale?” chiese più a sé stesso che a Blaine.

“Ma cosa dici?” chiese sempre più confuso il moro, scuotendo leggermente la testa.

“Solo la verità.”

“Quindi mi stai dicendo che vuoi.. non so, una pausa?” chiese ironicamente Blaine, togliendo la mano da sopra quella di Kurt. Quest'ultimo si preoccupò leggermente per quell'ultimo scatto, ma cercò di non scomporsi. Doveva portare a termine il motivo per cui era andato lì.

“Possono esserci pause tra due persone che non stanno insieme?”

“Noi due ci amiamo.

“E continueremo a farlo.” continuò il più grande, annuendo, e continuando a fissarlo in quegli ambrati che in quel momento stavano ricambiando lo sguardo con incredulità e preoccupazione. “E sicuramente, c'è stato un motivo se il destino ha voluto farci rincontrare dopo così tanto tempo. Penso solo che abbi sbagliato momento.”

Blaine distolse lo sguardo velocemente, per cercare di non scoppiare a piangere. Aveva appena ritrovato Kurt, era riuscito a toccare nuovamente quel corpo che amava, a baciare quelle labbra dolci, a passare tempo con lui, i giorni migliori della sua vita, e adesso il destino gli stava strappando nuovamente tutto di mano. Era finita ancora prima di iniziare, ne era sicuro. Kurt, d'altro canto, non si aspettava una reazione del genere. Forse credeva che Blaine avrebbe capito, lo avrebbe rassicurato, e si sarebbero presi questa “pausa” in tranquillità, sapendo che prima o poi sarebbero potuti stare insieme per davvero. Eppure l'unica cosa che riusciva a leggere nell'espressione di Blaine era arrendevolezza, come se avesse perso la voglia di lottare, e quella cosa lo stava facendo leggermente preoccupare.

Si alzò dalla propria sedia, sospirando leggermente, e si avvicinò lentamente alla sedia di Blaine. Quest'ultimo alzò lo sguardo sul suo, probabilmente curioso, ed entrambi sorrisero. Il moro si alzò dalla propria sedia, e chiuse il più grande tra le sue braccia. Quando si staccarono, come se entrambi sapessero già che era ciò che l'altro voleva, avvicinarono le loro labbra in un bacio casto ma leggermente prolungato.

“Hai ragione, Kurt.” sussurrò sulle sue labbra il moro. “E' ciò che ci serve. E prenderci una piccola distanza, non vuol dire necessariamente non vederci più.” Kurt annuì, così Blaine sospirò e sorrise nuovamente.

“Si, certo.” rispose distrattamente l'altro, distogliendo lo sguardo e allontanandosi quasi impercettibilmente. Cosa che però Blaine notò. Come riuscì a notare il tono lascivo con cui il suo amato aveva pronunciato quelle ultime parole. Fu solo però quando Kurt sorrise incertamente e si allontanò definitivamente da lui per dirgli che doveva andare, che il suo sorriso felice, si trasformò nuovamente in una smorfia preoccupata. Kurt stava nuovamente allontanandosi dalla sua vita, e quella volta non poteva permetterlo. Non voleva permetterlo.

 

*

 

Uscì da lavoro mezz'ora dopo, nonostante le costanti infermiere che passavano e continuavano a ripetergli “Dottore, il suo turno è già finito”. Non c'era un vero motivo, ma solo l'essere consapevole che sarebbe tornato a casa e avrebbe visto il viso di Alex, e non quello di Kurt, gli faceva crescere la voglia di restarsene a lavoro il più a lungo possibile. Erano passati due giorni dall'ultima volta che aveva visto Kurt, e in quelle due notti non era riuscito a chiudere occhio neanche cinque minuti. Quindi solo quando sentì la stanchezza di quei due giorni ammucchiarsi su di lui, decise di uscire dall'ospedale.

Ci aveva pensato tutto il giorno – no, in realtà, era già da quando si era baciato sotto il vischio a Natale con Kurt che ci pensava, ma dettagli – e finalmente era arrivato ad una conclusione. E cioè, avrebbe dovuto chiudere definitivamente con Alex.

Va bene che Alex era stato il suo punto di riferimento per ben quattro anni, ma Kurt era tornato nella sua vita. Kurt l'aveva stravolta esattamente come la prima volta. Kurt con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, era ancora innamorato di lui, nonostante i sei anni che erano rimasti divisi. E lui, se possibile, era ancora più innamorato. Perchè dopo anni, aveva nuovamente sentito quella voce, quella risata. Aveva toccato quel corpo, quelle labbra. Dopo anni, era riuscito finalmente a sentirsi vivo, come faceva quando era ragazzo. E solo Kurt riusciva a farlo sentire in quel modo. Sempre e solo lui, da ormai otto anni.

Ormai non poteva più permettere a quella parte della sua vita che era Alex, di dividerlo dal suo vero destino. Dall'amore. Così aveva fatto la sua scelta, e aveva scelto ovviamente la via più difficile. Una relazione piena d'amore, sorrisi, felicità, ma anche quella che sarebbe stata una relazione piena di litigate, cose non veramente pensate urlate in faccia, e bronci tenuti per giornate intere. Ed era quella la relazione che voleva per il resto della sua vita. Senza più dubbi o incertezze, entrò nel suo appartamento con un sorriso felice.

Certo il sorriso entusiasta di Alex, per averlo rivisto dopo una giornata intera, non aiutava. Ma niente, era deciso di andare fino in fondo. Così, sorrise incertamente per ricambiare, e dopo essersi seduto sul divano, decise di parlare chiaramente.

“Ti devo parlare, Alex.” disse deciso. Certo, poteva togliersi quel sorriso da ebete che aveva, ma il pensare troppo al fatto che forse finalmente sarebbe riuscito a svegliarsi ogni giorno accanto alla persona che veramente amava, non riusciva a farlo smettere.

“Si amore,” rispose l'altro ragazzo distrattamente, posando il telefono sul tavolino da caffè davanti al sofà. “Dammi solo un attimo.” e detta quell'ultima cosa, sparì per il corridoio. Se fossero stati in un film, il viso di Blaine avrebbe assunto una di quelle espressioni tra l'esasperato e l'omicida, ma decise semplicemente di sospirare e appoggiarsi allo schienale del divano. Era abituato a quelle scene, e posticipare il suo tentativo di rompere quella relazione di qualche minuto, non cambiava niente.

Incrociò le braccia al petto, e posò la testa allo schienale, cominciando a fare un po' di stretching al collo. Dio, che giornate stressanti che stava passando ultimamente. Chiuse un po' gli occhi dopo qualche secondo, e quasi sicuramente si sarebbe pure addormentato, se la suoneria dei messaggi dell'iPhone di Alex non avesse suonato per ben due volte di fila. Tre. Quattro.

Aprì gli occhi, e tirò su la testa, fissando il telefono abbandonato, confusamente. Chi cercava Alex alle dieci e mezzo di sera?

Si guardò in giro, e allungò la testa verso il corridoio per vedere se Alex era di ritorno oppure no, e al quinto messaggio si decise ad allungare la mano e a controllare. In fondo, stavano ancora insieme, quindi che male c'era? Certo, lui non sarebbe stato contento se Alex gli avesse sbirciato nel telefono, ma vabbè, in fondo non aveva segreti lui. Tranne Kurt.

Aprì la cartella dei messaggi, e ciò che lesse dopo, lo fece letteralmente spalancare la bocca. Quella poi era bella.

 

*

 

Kurt usciva da camera sua solo per andare al bagno da quel giorno in ospedale con Blaine. Ovviamente con Rachel si era inventato la scusa del “sto male”, ma la sua migliore amica era più furba di quanto lui credesse, e infatti non gli aveva creduto neanche per un momento. Non gli interessava. Semplicemente da una parte non voleva ucire di casa, e dall'altra non i sentiva ancora pronto ad una delle sue ramanzine o ancor peggio ad uno dei suoi soliti “te l'avevo detto”. In effetti, Rachel aveva avuto ragione. Alex era tornato e la magia di quei bellissimi giorni passati con Blaine era svanita esattamente come era apparsa. Improvvisamente.

Durante le vacanze passate col suo ex, sicuramente né lui né Blaine avevano pensato alle conseguenze o al futuro. O al ritorno di Alex. Semplicemente avevano pensato di godersi quei giorni insieme, pensando solamente a quanto era bello stare insieme, con la consapevolezza, inconsciamente che prima o poi quei momenti sarebbero finiti.

E infatti adesso si trovava da solo, con un barattolo di gelato al cioccolato davanti, e un film d'amore tutto per lui da guardare. Proprio nel momento in cui infilò il dvd nel dvd-player, una Santana alle prese con un paio di tacchi dodici, si buttò sul divano con un verso di disapprovazione. Kurt roteò gli occhi quando si rese conto che quel verso era dedicato a lui.

“Cosa vuoi?” chiese senza tanti preamboli il ragazzo, sedendosi accanto a lei e strappandole di mano il suo barattolo di gelato con un occhiata da giù le mani.

“Ti pare il modo di trascorrere il Sabato sera, questo?” chiese lei in risposta, guardando di sottecchi il titolo sulla custodia del film. “Le pagine della nostra vita? Andiamo Kurt, sei ripetitivo.”

Il ragazzò sbuffò sonoramente a quelle parole. “Possibile che non posso fare ciò che voglio? Proprio non ho voglia di uscire. È un problema?”

“No, ma sei noioso.” scherzò la ragazza dandogli una spallata amichevole, che lui ricambiò con un sorrisetto tirato. “Forza, tu e Blaine vi siete lasciati di nuovo? È per questo che sei nuovamente depresso?”

Kurt alzò le spalle distrattamente. “Non è proprio che ci siamo lasciati, più che altro.. ci siamo presi una pausa, diciamo.”

Santana annuì riflettendo qualche secondo. “Tecnicamente non stavate neanche insieme, giusto?” chiese poi.

Il ragazzo negò con la testa, mentre apriva distrattamente il barattolo del gelato. “Tecnicamente lui è fidanzato.” sussurrò amaramente.

“E il problema è che non l'ha ancora lasciato.” rispose la ragazza. Kurt annuì lentamente, per poi premere il pulsante per far avviare il film. “Ma tu non gli hai dato neanche il tempo di farlo, scommetto.” lo rimproverò lei. In tutta risposta ricevette una bocca spalancata dall'indignazione, così non potè eviare di ridere. “Eddai Kurt, ti conosco perfettamente ormai.” ridacchiò lei per poi farsi sera dopo qualche secondo. “Io credo, sinceramente, che dovresti provare a metterti nei suoi panni per qualche secondo,” spiegò lei, gesticolando in aria come se stesse disegnando. “Sta con questo ragazzo da quattro anni, una relazione che potrebbe quasi diventare un matrimonio, o una famiglia, e..”

“Lui mi ha detto che non l'ha mai amato.” la interruppe Kurt, pensando che sottolineare quel dettaglio fosse importante. Lei sorrise.

“Va bene, te la concedo,” scherzò Santana, per poi riprendere da dove era rimasta. “Ma sono comunque stati insieme per quattro anni. E in quattro anni di relazione e convivenza, io credo che sia praticamente impossibile non provare niente per una persona. Okay, può non essere amore, ma può essere affetto, riconoscenza per qualcosa, o qualcosa di simile. O può anche essere che in questi anni in cui tu e Blaie non vi siete né visti né parlati, lui abbia cercato qualcuno che lo supportasse esattamente come facevi tu. E far scivolare una persona così dalla nostra vita, anche se non la si ma, non è così facile come sembra.” Finì abbassando le mani, e tornando a guardare Kurt, il cui sguardo era perso nel vuoto. Sorridendo, Santana gli passò una mano davanti il viso, svegliandolo dai propri pensieri.

“Io gli ho dato tutta la mia comprensione, Santana. Non è che sono entrato nel suo ufficio e ho cominciato ad urlare “o me o lui”. Ci siamo presi questa pausa, appunto perchè così avrebbe avuto tempo di fare la sua scelta.”

La ragazza ascoltò attentamente ogni parola dell'amico, pronunciata con lentezza, per poi aggrottare la fronte. “Non riesco a capire dove sia il problema allora.” ammise sussurrando. Kurt distolse lo sguardo e lo posò sul televisore, il quale mostrava Allie e Noah intenti a costruire lentamente il loro amore.

Che situazione strana. Solo il fatto di essere lì a parlare dei suoi problemi con Santana e non con Rachel, era strano, ma quella sera la sua migliore amica aveva un appuntamento con un ragazzo conosciuto qualche giorno prima, e quindi neanche se avesse voluto avrebbe potuto parlare con Rachel.

In fondo Santana era una buona amica: sapeva ascoltarti, giudicarti senza aver paura di offenderti, e consigliarti il meglio per te. E poi aveva una sincerità spietata. A volte la invidiava persino, perchè avrebbe pagato per avere il carattere forte dell'amica. Ovviamente certe cose non le avrebbe mai dette se fosse stato qualche anno prima. Certo, Santana non aveva più quei suoi atteggiamenti da stronza ventiquattr'ore su ventiquattro – Kurt pensava che fosse stato anche il suo riavvicinamento con Brittany a farla cambiare –, si era moderata, ma ci era voluto del tempo. Adesso poteva dire di avere un buon rapporto con l'ispanica, e non ne era per niente dispiaciuto.

“Ho solo paura che scelga lui.”

 

*

 

Fece avanti e indietro davanti al letto di camera sua almeno un centinaio di volte in quei dieci minuti. Non poteva credere a quello che i suoi occhi stavano continuando a leggere. Tutto si sarebbe aspettato, qualsiasi cosa, ma non quello. Era impossibile che Alex fosse capace di una cosa del genere, praticamente impossibile.

Dopo aver respirato pesantemente, si sedette sul letto, e si passò una mano tra i capelli, mentre con l'altra teneva ancora in mano l'iPhone di Alex, aperto sulla cartella dei messaggi. Stava cercando di dare una spiegazione a tutto quello, ma proprio non ci riusciva. Cercando di darsi una calmata, per rimettere apposto ogni pensiero presente nella sua testa in quel momento, riportò il telefono davanti ai suoi occhi, per rileggere, per l'ennesima volta.

A: Jason
(21.22)
Purtroppo no. Tra poco arriverà Blaine, quindi non possiamo.

Da: Jason
(21.22)
Che palle. Sai cosa penso di questa storia, è due anni che va avanti così. Sai di dover scegliere prima o poi.

A: Jason
(21.25)
Lo so perfettamente. È solo che ancora non voglio e non posso.

Da: Jason
(21.26)
Non puoi?

A: Jason
(21.28)
Esatto, non posso. Voglio bene a Blaine, e credo che sarebbe un duro colpo per lui.

Da: Jason
(21.30)
Non me ne frega un cazzo di ciò che vuole lui. E non dovrebbe fregartene un cazzo nemmeno a te, sennò non avresti mai deciso di venire a letto con me da due anni a questa parte, o non inventeresti scuse ogni volta per vedermi. Come quella cazzata delle masterclass ogni anno. Ma per favore.

A: Jason
(21.32)
Lasciamo perdere.

Da: Jason
(21.33)
No! Non voglio lasciar perdere ogni volta. Parliamone.
(21.38)
E rispondi, cazzo.
(21.39)
Scommetto che è arrivato lui.
(21.43) Okay, ne parliamo domani allora. Alle quattro e mezzo a casa mia, o scordati pure della mia esistenza.
(21.54) Credo di aver esagerato, scusami. È solo che ti amo, e questa situazione comincia a diventare un po' pesante. Del resto, credo che faresti un favore anche a Blaine, dicendogli la verità. Buonanotte amore.

 

Amore.. ti amo.. non verresti a letto con me da due anni a questa parte.. sarebbe un duro colpo per lui.. sai di dover scegliere prima o poi.

Quelle parole gli stavano rimbombano in testa. Che stupido che era stato, era così ovvio. Se solo avesse aperto gli occhi, invece di lasciarsi manipolare dal suo ragazzo, avrebbe sicuramente capito molto prima. Tutti i ritardi ai loro appuntamenti, le partenze improvvise.. doveva esserci per forza qualcuno in mezzo. E quel qualcuno, a quanto pare aveva pure un nome. Jason.

Non era mai stato dall'altra parte. Non era mai stato il tradito, e non aveva la minima idea di come ci si poteva sentire. Ripensò immediatamente a Kurt, e a come sei anni prima gli aveva confessato di averlo tradito. Ricordò le lacrime sul viso della persona che amava, e il dolore nella sua voce. Kurt era stato tradito dall'unica persona di cui si fidava veramente, era stato tradito dalla persona che amava, e che lo amava, e aveva pensato probabilmente, che Blaine stesse scherzando, perchè.. andiamo, era impossibile che una persona che conosci così bene, ti possa fare una cosa del genere.

Eppure lui poteva dire di conoscere Alex, poteva dire di volergli bene, però.. però era successo. Alex lo stava seriamente tradendo da due anni. Da due lunghi anni in cui lui aveva sempre pensato di avere accanto a sé una persona seria.

Bello fu il fatto che lui quella sera aveva deciso di confessare ad Alex il suo tradimento, per poi andare a rifugiarsi tra le braccia dell'unica persona che avrebbe mai amato, e poi usciva fuori quella cosa. Chissà se Alex glielo avrebbe mai detto. Probabilmente, codardo com'era, no.

La cosa strana è che Blaine non pianse quella sera, seduto sul letto della camera che aveva condiviso con la stessa persona per quattro anni. Non versò una singola lacrima. Nella sua testa c'era solo confusione, e rabbia. E in certo senso, anche divertimento.

In quel momento sentì bussare alla porta, che lui aveva chiuso a chiave, così rialzò lo sguardo. “Amore, sei lì dentro?” sentì dire dall'altro lato. “Hai visto il mio telefono?” chiese il ragazzo, con una punta di preoccupazione. Da una parte gli venne da ridere, ma fece di tutto per trattenersi. Si alzò, schiarendosi la voce, e mise su un sorriso esageratamente falso. Infine aprì la porta, per poi trovarsi il viso inespressivo del suo futuro ex ragazzo davanti.

“Dici, questo?” chiese sarcasticamente il moro, mettendogli in mano il suo telefono, sempre aperto sui messaggi di Jason. Vide Alex far vagare qualche secondo lo sguardo dai messaggi al suo viso. Infine assunse un espressione di arresa. Non c'era niente che poteva fare. Non poteva negare, visto che Blaine aveva centinaia e centinaia di messaggi come prove contro di lui, e sapeva che frasi del tipo “non è come sembra”, avrebbero solo peggiorato la situazione, quindi, aspettò solo che il moro parlasse per primo. “Dovresti fare attenzione a dove lasci il telefono, Alex.” disse il ragazzo, con un espressione indecifrabile. “Io non ho niente da aggiungere, tranne il fatto che potevi tirare fuori le palle e dirmelo due anni fa. La scusa “sarebbe un duro colpo per lui”, la usi per nascondere il fatto che sei un codardo?” chiese, senza abbandonare il suo tono sarcastico.

Alex sospirò, abbassando lo sguardo. “Blaine, io..”

“Si?” lo incitò ad andare avanti il moro.

“Posso spiegarti.”

“Non m'interessano le tue spiegazioni.” rispose, alzando le spalle. Aspettò qualche secondo, per dare possibilità all'altro di replicare. Cosa che non successe. Alex non trovava neanche il coraggio di guardarlo in faccia. “Faccio le valigie e me ne vado.” aggiunse.

Solo dopo quelle parole, Alex lo guardò confuso. “Blaine, non ce n'è bisogno. Posso andarmene io.”

“Non ti scomodare.” rispose distrattamente l'altro, rientrando in camera e posando una valigia sul letto. Dopo averci infilato un po' della sua roba, sotto lo sguardo del suo ormai ex ragazzo, riaprì bocca. “Passerò a prendere il resto della mia roba domani pomeriggio.”

Passò un quarto d'ora, e Blaine si trovava già davanti la porta di casa, con una valigia ai suoi piedi, mentre si infilava il cappotto, e guardava fisso negli occhi Alex, che lo fissava di rimando, a pochi metri da lui. Dopo essersi messo anche la sciarpa, vide l'altro ragazzo incrociare le braccia, e appoggiarsi al muro dietro di sé. Lui infilò le mani in tasca.

Ecco come una relazione durata quattro anni può finire in un solo secondo. Blaine ancora non se ne capacitava. Era come lasciar andare un pezzo di vita, e nonostante tutto, uscire dalla porta di una casa che era stata sua per così tanto tempo, non era così facile, come gli era sembrato pochi minuti prima. Senza neanche pensarci, si avvicinò ad Alex, e lo chiuse in un veloce abbraccio, che l'altro ricambiò un po' confuso, ma con decisione. Si sarebbero mancati a vicenda, quello era sicuro. Nonostante non si amassero, si stavano lasciando alle spalle una relazione importante, sotto ogni punto di vista.

Quando Blaine si riallontanò, e prese sotto mano il trolley, vide Alex sorridergli incertamente. Sorriso, che non riuscì a ricambiare. Non vedeva più Alex come la persona che aveva conosciuto anni prima, vedeva solo la più grande delusione della sua vita.

Dopo pochi secondi, con un cenno della mano salutò Alex, ed uscì da quelle quattro mura. Una volta trovatosi fuori dal palazzo, si sentì leggermente disorientato. Sarebbe cambiato tutto, da quel momento in poi. Ogni singola sfumatura della sua vita sarebbe cambiata. Migliorata, avrebbe detto.

Pensò a Kurt. E poi rise. Rise apertamente, sotto la leggera neve di Gennaio. Rise, perchè non vedeva un motivo per cui non avrebbe dovuto farlo.

 

*

 

Eravamo noi.”

Kurt si asciugò le lacrime un ennesima volta quella sera. Avrebbe dovuto buttarlo via quel film, ne era sicuro. Non poteva piangere ogni singola volta. Ormai erano sei anni che continuava a guardarlo e guardarlo decine di volte al mese. Eppure ogni volta, si trasformava letteralmente in una fontana.

Santana se ne era andata un oretta prima, e lui era rimasto da solo col suo gelato, a deprimersi davanti a quel film. Solo che era così bello. Dio, come avrebbe mai potuto osare smettere di guardare un opera d'arte così bella? Probabilmente in quegli anni aveva sviluppato una certa dipendenza, e se non lo guardava un tot di volte al mese, andava in astinenza. Si, era probabile. Ormai sapeva persino ogni singola battuta a memoria.

Infilò il cucchiaio nel barattolo di gelato, che ormai era arrivato a meno di metà e si era praticamente sciolto, e ne fece uscire una cucchiaiata abbondante, che, troppo distratto dal film, infilò tutta in bocca. Dopo pochi secondi stava imprecando per i brividi, e il dolore ai denti, ma la scena finale del film, Noah che scappa dalla propria stanza per andare in quella di Allie, lo distrasse velocemente. Rimase concentrato, ripetendo con il labiale ogni singola parola, e sentendo nuovamente le lacrime vicine.

“Tu credi che il nostro amore potrebbe portarci via insieme?”
“Io credo che il nostro amore possa fare tutto quello che vuole.”


Dopo quelle battute, e dopo il Buonanotte, a domani di Noah, il film finì. Kurt stava stringendo forte il cuscino a sé, con la faccia premuta sopra, e le lacrime che scorrevano inesorabilmente dai suoi occhi. Quella storia gli ricordava così tanto Blaine. Di come si erano conosciuti, innamorati, per poi lasciarsi, e ritrovarsi dopo anni dopo, capendo immediatamente come l'amore che provavano non era finito, né diminuito. Anzi, si era forse rafforzato. Loro erano maturati, e il loro amore pure. Insieme a loro, negli anni.

Dopo aver passato qualche minuto a fare la doccia al cuscino, si alzò dal divano sospirando drammaticamente, e posando il barattolo sul tavolino davanti. Spense la tv, sulla quale scorrevano i titoli di coda, e si spostò in cucina. Per puro caso, alzò lo sguardo sul grosso orologio che troneggiava sopra i mobili, e che già segnava un quarto alle undici. Forse sarebbe dovuto andare a letto, anche se, il giorno dopo, non avrebbe dovuto lavorare. Cazzo, Santana aveva ragione. Se avesse continuato così, nel giro di qualche anno, si sarebbe ritrovato da solo, con ventisei gatti a fargli compagnia, in un appartamento troppo piccolo, e con troppi rotolini sulla pancia. Solo l'immagine gli dava i brividi.

In quel momento sentì bussare, e quasi a rallentatore, con un espressione omicida sul viso, come se avesse potuto incenerire chiunque si trovasse dall'altra parte, si girò verso il portone. Chi è che osava rompergli le palle a quell'ora di sera?

Sospirando arrendevolmente, si avvicinò al portone, e con aria da o te ne vai o te ne vai, lo aprì. La sua espressione annoiata, cambiò immediatamente appena vide chi si trovava dall'altra parte.

“Blaine?” praticamente urlò, quando incontrò quelle due iride emozionate, e un sorrisetto incerto. “Blaine, che ci fai qui?” chiese poi, confuso.

“Io.. Alex ed io.. ehm,” lo vide prendere un lungo respiro, e abbassare lo sguardo qualche secondo. “E' finita. E io.. non sapevo dove andare, e so che è tardi ma -”

Le sue parole furono bloccate da un abbraccio caloroso, che Kurt gli riservò. Lo abbracciò stretto per diversi secondi, senza aver bisogno di spiegazioni o motivi validi. Semplicemente fece quello che voleva fare già da diversi giorni. Quando si allontanarono, Kurt lo guardò dritto negli occhi, e senza ombra di dubbio, parlò nuovamente. E, solo in quel momento, entrambi si resero conto, che di lì in poi, non avrebbero più avuto bisogno di lottare.

“Bentornato a casa.”



Note: Boh, la prima cosa che ho da dire è che mi dispiace un casino, ragazzi. So che avrei dovuto aggiornare più di una settimana fa, ma purtroppo non ho potuto farlo per "problemi". 
La seconda cosa che ho da dirvi - e purtroppo è brutta, visto che questo è l'ultimo capitolo di questo meraviglioso viaggio - è che questo capitolo non mi convince per niente. Spero comunque che a voi piaccia. 
Scrivere una storia, e permettere ad altre persone di leggere ciò che esce dalla tua mente, è uno dei più bei viaggi che abbia intrapreso e che mai intraprenderò in tutta la mia vita. Grazie a chi si è preso la briga di seguirmi in questo nuovo viaggio, e grazie a chiunque mi seguirà nei prossimi. Grazie a coloro che hanno perso un po' del loro tempo a recensire. E grazie a chi ha seguito questa storia dall'inizio alla fine. 
Grazie.
Al prossimo viaggio.
Vostra.

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