Ciao Pattycake!

di addict_with_a_pen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bello da far male ***
Capitolo 2: *** Pete ***
Capitolo 3: *** Parlami di te ***
Capitolo 4: *** "Io amo Pete Wentz!" ***
Capitolo 5: *** Primo Bacio ***



Capitolo 1
*** Bello da far male ***


Patrick era sempre stato il più lento tra i suoi compagni di classe a cambiarsi dopo ginnastica e ancora una volta era rimasto solo a rivestirsi di tutta fretta. Proprio mentre stava per allacciarsi le scarpe ed andarsene da quella stanza puzzolente di sudore, comparve un’ altra classe, venuta per cambiarsi a sua volta. Il problema era che erano molto più grandi di lui, forse diciannove anni, mentre lui era solo un povero ragazzino di sedici. In genere anche a sedici anni si è grandi, maturi, ma Patrick no. Lui era rimasto indietro, non nel senso che non era intelligente, poichè lui lo era e anche molto, solo che non era mai stato bravo a relazionarsi con gli altri e quando lo faceva o almeno ci provava riceveva sempre critiche o prese in giro. Era totalmente chiuso in sè stesso, senza un briciolo di autostima. Aveva un solo amico, Joe, che come tutti i suoi compagni lo aveva lasciato lì, solo con una classe di diciannovenni bastardi. Avrebbe voluto scomparire. Fortunatamente fu come se fosse invisibile, poichè nessuno si accorse di lui, o forse no? Si allacciò in fretta l’ ultima scarpa, raccolse le sue cose, le mise nello zaino, prese la bottiglietta per bere ed alzò lo sguardo; grande errore. Comparso dal nulla, silenzioso come se fosse invisibile, si ritrovò davanti un ragazzo con addosso solo i boxer, anzi, si ritrovò davanti i boxer più che il ragazzo. Avvampò.
“Potresti farmi dare un sorso?” chiese riferendosi alla bottiglietta che Patrick teneva in mano. Deglutì un paio di volte a vuoto prima di annuire ed alzare lo sguardo verso lo sconosciuto in mutande. Era davvero un bel ragazzo: capelli neri, occhi marroni ma assolutamente stupendi ed il sorriso più bello che avesse mai visto. Gli diede la bottiglietta e stette a fissarlo imbambolato per tutto il tempo in cui bevve. Era rapito dal suo pomo d’ Adamo che si muoveva su e giù e da ogni suo piccolo movimento. Cosa gli aveva preso? Quando lo sconosciuto finì e gli restituì la bottiglia, gli sorrise ringraziandolo e rimase a fissarlo per quelli che a Patrick parvero anni. Perchè non se ne andava!?
“Non mi dici nemmeno prego?” Patrick si ricompose in fretta e sussurrò un “prego...” poco convinto, diventando ancora più rosso. Non gli piaceva parlare con gli sconosciuti, soprattutto se erano ragazzi di diciannove anni in mutande vergognosamente attillate. Sapeva che doveva alzarsi e anche subito se non voleva far tardi alla sua prossima lezione, ma qualcosa in quel ragazzo lo aveva rapito e così rimase a fissarlo per ancora qualche minuto, non preoccupandosi se questo se ne accorgesse o meno. Proprio mentre il tempo di contemplazione stava diventando troppo e vergognoso, Joe comparve sulla porta dello spogliatoio:
“Patrick è da una vita che ti cerco! Quanto pensi di stare ancora lì seduto? Muovi il culo!” Patrick, come svegliato da un sogno, si alzò di scatto a raggiunse l’ amico, non notando che lo sconosciuto lo stava a sua volta fissando sorridendo.
“Patrick...” pensò.
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“Si può sapere perchè ci hai messo così tanto? Cioè, so benissimo che sei la persona più lenta del mondo, ma oggi hai battuto il record.” Patrick, che stava frugando nel suo armadietto alla ricerca di nemmeno lui sapeva cosa, sospirò rumorosamente per poi chiudere l’ anta cigolante e guardare l’ amico con aria preoccupata.
“Credo di non stare bene... Credo di avere un problema.” Joe fece una faccia ancora più preoccupata di quella di Patrick.
“Che genere di problema?”
“Beh, vedi...” proprio mentre stava per cominciare il suo racconto, comparve ancora il ragazzo di poco fa e, anche se adesso indossava pantaloncini e maglietta da ginnastica, Patrick non potè fare a meno di arrossire a di boccheggiare alla ricerca d’ aria quando i loro sguardi si incrociarono ma soprattutto quando lui gli sorrise. Perchè reagiva così!? Era tutto dannatamente gay e la cosa lo stava cominciando a mandare in ansia.
“Patrick... che diavolo hai visto? Stai bene? Mi devo preoccupare?” Joe stava facendo decisamente troppe domande tutte senza risposta. Il ragazzo non si muoveva; stava lì, appoggiato al muro con le braccia conserte a fissare e a sorridere ad un Patrick sempre più in imbarazzo. Che fosse venuto lì solo per quello? Solo per prendersi gioco di lui come ormai facevano tutti quanti? Beh, aveva ragione solo per metà, poichè lui era venuto lì per vederlo e per vedere la sua reazione che poco fa aveva trovato assolutamente troppo dolce, ma non aveva la minima intenzione di ridere di lui. Patrick cominciava a sentirsi mancare quando approfittò di un secondo di lucidità per letteralmente scappare in bagno seguito da Joe, sempre più perplesso. Quando si chiusero la porta alle spalle, Patrick esplose:
“C’è l’ eventualità che io provi attrazione per... un ragazzo.” Joe scoppiò a ridere, una risata sincera e di gusto.
“Attrazione? Eventualità? Semmai volevi dire gay! Ma sei serio?” Quando vide che l’ espressione sul volto di Patrick era seria e turbata la smise definitivamente di ridere.
“Oh cazzo.” disse soltanto queste due parole.
“Ti prego è già una situazione abbastanza complicata ed imbarazzante, non ti ci mettere anche tu! Aiutami piuttosto!” Joe cercò di fare il tono di voce più serio possibile, ma fallì miseramente:
“Come fai a dire di esserlo, insomma, che ti ha fatto questo ragazzo per cui si presume tu provi attrazione?”
“Mi ha chiesto di bere dalla mia bottiglietta negli spogliatoi, prima che tu arrivassi e... beh, era in mutande e non so, non riuscivo a ragionare e...”
“Per Dio ti sei eccitato soltanto vedendogli il pacco! Patrick sei assolutamente e totalmente gay. Mi fai senso quando fai questi discorsi...” Patrick tirò uno spintone a Joe, imbarazzato oltre ogni limite.
“Abbassa la voce! Non voglio che lo sappia tutta la scuola, e no! Per l’ amor del cielo non mi sono eccitato! Ero solo imbambolato, tutto qui.” Joe trattenne una risata con scarso successo.
“Tutto qui? Dio sei già messo malissimo... Come si chiama?” Patrick scosse la testa.
“Non nè ho idea...”
“Trick, hai avuto il tanto nominato colpo di fulmine con un ragazzo che hai visto una volta sola in mutande a di cui non sai neanche il nome?” Patrick annuì mentre Joe sospirò sconsolato.
“Se solo lo vedessi Joe! È bello da far male...”
“Okay, ora non esagerare ed evita di dire cose poetiche da checca.” Patrick si rabbuiò poichè Joe non capiva,e come biasimarlo? Nemmeno lui ci capiva nulla, era tutta una novità inaspettata.
Detto questo, uscirono dal bagno ed andarono nelle rispettive aule. Se solo si fossero girati un attimo avrebbero visto un ragazzo bello da far male sorridere estasiato. Doveva assolutamente conoscere quel Patrick, costi quel che costi.
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Fa precchio schifo, lo so, ma mi ha convinta Alice a farlo, quindi è colpa sua:) Spero che qualcuno di voi possa apprezzare solo un pochino questo obrobrio. <3

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Capitolo 2
*** Pete ***


Alla fine della lezione Patrick tornò al suo armadietto e vi frugò dentro con foga. Quando riemerse per poco non cadde a terra svenuto.
“Ciao!” Era lui.
“C-Ciao...” rispose impacciato e nuovamente imbarazzato.
“Mi spiace di averti messo in imbarazzo oggi nello spogliatoio, non volevo.” Patrick scosse la testa e balbettò una risposta falsa.
“N-Non ero in imbarazzo, tranquillo...”
“Certo che lo eri, e lo sei pure ora. Sei adorabile.” Okay, in quel momento nessun rosso si sarebbe minimamente potuto avvicinare al colore che avevano assunto le guance di Patrick.
“Ah, comunque io sono Pete, dato che oggi il tuo amico voleva saperlo e dato che mi sembra giusto presentarmi.” A Patrick cadde il mondo addosso.
“Eri dietro la porta del bagno, non è vero?” Pete annuì e sorrise allo stesso tempo mentre Patrick nascose il viso nelle mani. Che vergogna!
“Ti scongiuro non fare così, sennò diventi troppo adorabile ed io non riuscirò a trattenermi dal baciarti qui ed ora.” Patrick alzò lo sguardo e fissò Pete dritto negli occhi. Era serio? Un sorrisone comparve sul suo viso e Patrick non potè far altro che sorridere a sua volta.
“Nessuno aveva mai detto quelle cose su di me. Il mio interesse nel tuoi confronti è esploso quando hai detto che sono bello da far male. Dio, come ho fatto ad accorgermi della tua esistenza solo ora?” Patrick si fissò le punte delle scarpe e si morse il labbro inferiore. Non sapeva cosa diavolo dire e sentiva che l’ imbarazzo stava tornando per la centesima volta. Voleva sparire.
“Anche se ti mordi il labbro mi fai venire voglia di baciarti, soprattutto se ti mordi il labbro. L’ unico motivo che mi trattiene dal farlo è che non voglio farti morire d’ infarto ma puoi giurarci che lo farò, molto presto.” Patrick sorrise ancora di gusto e si illuminò. Nessuno in vita sua gli aveva mai detto cose del genere e sentirsele dire da uno sconosciuto per il quale provava una forte attrazione riempì il suo cuore di calore e di gioia, sensazioni che non ricordava nemmeno più cosa fossero da troppo tempo.
“P-Pensi davvero che io sia adorabile? Insomma, perchè?” Pete si avvicinò pericolosamente a Patrick e fece congiungere le loro fronti. A quel punto Patrick capì cosa fosse un arresto cardiaco.
“Se ti vedessi in questo momento non potresti non pensare lo stesso.” Detto questo gli diede un bacio sulla guancia e ritornò al suo posto. Patrick era di pietra.
“Dammi il tuo numero, e io ti do il mio. Sono sicuro che tu non mi chiamerai mai, perchè sei troppo teneramente timido, ma magari mi sbaglio.” Prima che Patrick potesse aprire bocca o soltanto capire quello che era appena successo, Pete aveva già scritto il suo numero su un pezzettino di carta e lo aveva fatto scivolare nella tasca posteriore dei pantaloni di Patrick, il quale trattenne il respiro durante tutta l’ operazione. Cosa stava succedendo!? Pete gli lasciò qualche istante per riprendersi ed aspettò in silenzio di ricevere il suo numero. Patrick, dopo che ebbe riacquisito l’ abilità di respirare, scrisse in fretta e con mano tremante il numero su un pezzo di carta sciupato e logoro e lo diede a Pete.
“Ci vediamo sicuramente domani. Mi devi un bacio. Ciao Patrick.”
Domani. Un bacio. Patrick. Solo queste tre parole gli bastarono per farlo sciogliere. Quanto poteva essere bello il suo nome pronunciato da lui?
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Come promesso, il giorno dopo lo vide per i corridoi e anche se fu un incontro rapido e a distanza, bastò a fargli sentire di nuovo quel calore meraviglioso nel petto. Lui era col suo gruppo di amici e non appena lo vide si sbracciò sorridendo e gridando qualcosa di cui Patrick non era ancora ben sicuro... Somigliava ad un “Ciao Pattycake!”, il fatto era che lui non aveva la minima idea del perchè e di che cosa significasse quel nomignolo. Poco gli importava, tutto detto da Pete era bellissimo. Joe, che era presente alla scena, dovette ammettere che era un bel ragazzo, ma non avrebbe mai e poi mai ammesso che era bello da far male, anche se era vero.
I giorni successivi trascorsero lentamente e tristemente, poichè di Pete non c’ era nemmeno l’ ombra e, come aveva detto, Patrick non ebbe il coraggio di chiamarlo o di mandargli solo un “Hey!” per messaggio. Erano passati ormai cinque giorni dal loro ultimo incontro e Patrick cominciò a pensare che forse la sua immaginazione aveva corso troppo e che Pete era solo l’ ennesimo stronzo che lo prendeva per il culo, ma dovette ricredersi un pomeriggio in cui stava studiando chimica; squillò il telefono e comparve “Pete <3” sul display. Patrick si sentì male ma alla fine rispose.
“Pattycake!” Okay, ora non aveva più dubbi riguardo al soprannome.
“Ciao Pete...” disse ancora intimidito “Perchè mi chiami in quel modo?”
“L’ altro pomeriggio stavo riflettendo su un soprannome da darti e ho pensato che Trick è troppo banale e Patty troppo normale, così ho pensato che Pattycake fosse più che perfetto. Volevo trovare qualcosa di dolce da abbinarci e la torta è l’ unica cosa che mi è venuta in mente, anche se tu sei mille volte più dolce. Ti piace?” Patrick era estasiato e se Pete lo avesse visto in quel momento con quel sorrisone sulle labbra probabilmente sarebbe morto sul colpo.
“È perfetto. Dove sei stato in questi cinque giorni?”
“Febbre. Sono guarito oggi e domani ho intenzione di abbracciarti forte da stritolarti e di pranzare con te.” Patrick rise sempre più estasiato.
“Perchè fai così? Cosa ci trovi in me?”
“Io sono bello da far male e tu sei adorabile da baciare. No, sul serio, le hai mai viste le tue labbra? Potrei stare a fissarle, solo fissarle, per tutta la vita.” Patrick si passò le dita sulle labbra e si chiese per un attimo se Pete avesse ragione. Ma che assurdità! Lui era un mostro. Pete era senz’ altro cieco.
“Sai” continuò Pete “in effetti vorrei proprio chiederti perchè pensi che io sia bello. Cosa ci trovi di bello in me?” Stava scherzando per caso?
“Pete tu sei tutto bello.” Perchè lo aveva detto?
“Hai degli occhi stupendi ed il sorriso più meraviglioso che abbia mai visto. Ah, e amo come ti comporti con gli altri. Non sei il solito stronzo di diciannove anni...” E perchè aveva continuato!?
“In verità nè ho venti, già, bocciato, ma non importa. Ripensa un attimo a quello che hai appena detto e dammi una sola ragione per la quale non dovresti essere adorabile.” Patrick sorrise e si morse ancora il labbro.
“E per l’ amor del cielo non morderti il labbro, altrimenti sarò costretto a venire lì e baciarti subito!”
“Come fai a sapere che me lo stavo mordendo?”
“Ti conosco già ed ho intenzione di continuare a farlo fino a quando non saprò ogni tuo minimo dettaglio.”
“Pete così mi fai morire...” Finalmente cominciava a sciogliersi e la cosa gli piaceva, molto.
“Io già lo sono. Quanto mi farai aspettare prima di poter baciare le tue bellissime labbra?”
Sorrisero assieme.
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Fa ancora più schifo di quello di prima, nè sono consapevole, ma spero sempre che qualcuno possa gradire :)

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Capitolo 3
*** Parlami di te ***


Il giorno successivo Patrick era stranamente felice e si sentiva leggero ed appagato. Per la prima volta, guardandosi allo specchio al mattino, aveva sorriso, accettando la sua faccia da bambino, i suoi fianchi leggermente più morbidi rispetto alla media e la sua altezza, più che altro bassezza, che lo aveva sempre reso lo zimbello di ogni situazione. Forse si sentiva così perchè anche Pete era basso o forse perchè se lui gli diceva che era bello allora non poteva fare a meno di crederci un po’ di più, fatto sta che quella mattina era raggiante. Non vedeva l’ ora di pranzare con Pete.
Dopo quattro noiose e pesanti ore di lezione, finalmente arrivò il momento che aveva aspettato da tutto il giorno. Aspettò qualche minuto fuori dalla mensa ma poi dovette entrare e mettersi in fila, nonostante non ci fosse nemmeno l’ ombra di Pete. Il fatto era che Joe continuava a dirgli di sbrigarsi se voleva pranzare e il fatto era anche che Patrick aveva vergogna a dirgli del suo “appuntamento” e quindi non si oppose; cedette e si mise tristemente in coda, con il suo triste vassoio, tristemente grigio. Proprio mentre si stava incamminando verso un tavolo con Joe, sentì due mani posarsi sui suoi fianchi e poi due forti braccia cingergli il busto. Gli vennero i brividi. Avvertì il calore di quel corpo che già conosceva, nemmeno lui sapeva come, e poi sentì la sua voce vibrargli prima sulla schiena e poi dritto nel suo orecchio sinistro.
“Ciao Pattycake...” Un bisbiglio. Lo stomaco di Patrick era in subbuglio totale e per un attimo credette di star per morire lì, nel suo piatto di maccheroni al sugo.
“Ti sono mancato?” Dopo questa domanda, sussurrata sempre nel suo povero orecchio, sentì il calore delle sue labbra sul suo collo. Okay, ora stava davvero per morire. I brividi presero a scendergli dal collo sino ai piedi e ad espandersi in tutto il corpo e il suo cuore prese a rimbombargli nelle orecchie ad un ritmo insano.
“Tantissimo...” riuscì a biascicare cercando di non lasciar cadere a terra il suo pranzo. Solo dopo qualche attimo si rese conto che stavano bloccando la fila e che Joe stava osservando tutto con occhi spalancati. Pete parlò al suo posto:
“Hey, tu sei Joe, l’ amico di Patrick, non è vero? Io sono Pete, piacere. Ti dispiace se te lo rubo per il pranzo?” Joe annuì con la bocca socchiusa e con gli occhi sempre più spalancati.                                              
“Ci si vede dopo Trick...” disse prima di allontanarsi sconvolto e sedersi in un angolo della mensa, mentre Pete afferrò con una mano un panino e con l’ altra la mano sudata dall’ emozione di Patrick, rischiando di fargli cadere a terra l’ intero vassoio. Appena si sedettero, Pete sfoggiò il suo sorriso migliore e Patrick fu come obbligato a sorridere a sua volta. Era impossibile non farlo. La mano di Pete si poggiò sulla sua e cominciò ad accarezzarla piano e leggermente. Patrick avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre. Avrebbe potuto perdersi in quegli occhi e rimanerci per tutta la vita.
“Credo che tra poco mi innamorerò di te.” E Pete se ne uscì con una sua solita frase che lasciò, come sempre, Patrick rosso in volto e senza parole.
“N-Non mi conosci neanche... cioè, insomma, io...” Patrick si incasinò e non riuscì più a spiccicare parola. Il suo cuore stava battendo talmente forte che aveva mandato in tilt il suo povero cervello. Dannato Pete!
“No, dico sul serio. Non mi sono mai affezionato così in fretta a qualcuno in tutta la mia vita. Hai qualcosa di magnetico Pattycake, e io non so resistere a questa cosa. Mi dovrai sopportare per molto tempo, temo...” La mano di Pete si strinse di più a quella di  Patrick che, nel frattempo, era riuscito a riacquistare un po’ di lucidità ed il suo cuore aveva preso a battere ad un ritmo più umano. In compenso il suo stomaco era tutto annodato ed il suo sorriso non voleva saperne di andarsene: sembrava un bambino.
“Non sarà un peso sopportarti, anzi. Non intendo lasciarti andare proprio ora...” Sarebbe stato il momento perfetto per il loro primo bacio, ma Pete preferì aspettare ancora un po’.  Voleva godersi ogni momento a fondo, senza correre e senza fargli pressione. Avrebbe potuto aspettare tutta la vita per un suo bacio.
“Beh, ieri al telefono quando ti ho detto che voglio conoscere ogni tuo minimo dettaglio, ero serio. Parti dal dirmi il tuo cognome, non so nemmeno quello! Cominciamo da zero, presentati.”
“Stump... Mi chiamo Patrick Stump.” Pete sorrise estasiato.
“Mi piace come suona, ti si addice! Io sono Peter Wentz, ma tutti mi chiamano Pete, ed ho un debole per i Patrick Stump.” Possibile che quel ragazzo riusciva sempre a metterlo in imbarazzo con una sola frase? Era come una magia.
“Peeete piantala! Mi metti in imbarazzo...”
“Lo sei sempre. Le tue guance sono sempre come minimo rosa quando parli con me, ma è un bene: vuol dire che ti piaccio.” La situazione stava peggiorando ogni istante sempre di più.
“Continua a parlarmi di te.” Detto questo addentò il suo panino e si mise a fissare Patrick con occhi colmi di aspettativa. Adesso era lui a sembrare un bambino.
“Beh, non c’è molto da dire... Non sono niente di che io, anzi, faccio abbastanza schi...”
“Ti prego no! Non cominciare a sminuirti! Cambia immediatamente la tua frase con “Beh, c’è davvero molto da dire. Sono un ragazzo fantastico e pure bellissimo”, o troverò il modo per metterti in imbarazzo come mai prima d’ ora!” Patrick abbassò la testa, ritirando la sua mano da sotto quella di Pete e stette in silenzio. Lui non pensava quelle cose, erano tutte bugie. Non poteva dire così tante menzogne. Pete, visto il suo disagio, gli prese ancora la mano e parlò con un tono molto più tranquillo che Patrick trovò sensuale:
“Scusami Pattycake, e che non posso tollerare il fatto che tu ti veda come un mostro. Riuscirò a farti capire quanto sei meraviglioso ma ho capito che ora non è il caso. Dimmi un nome, un aggettivo, una qualsiasi parola che ti descrive, solo questo.” Patrick alzò lo sguardo ed incontrò quello mortificato di Pete. Gli si spezzò il cuore. Era bravo solo a far star male la gente, ecco cosa. Pensò in fretta a qualcosa da dire per non deludere nuovamente Pete.
“Musica. Io vivo per la musica.”
“Nel senso che ne ascolti tanta?” Patrick scosse la testa.
“No, nel senso che... suono la chitarra, il piano, un pochino la batteria e che canto cover di canzoni che amo assieme a Joe, anche lui chitarrista.” Pete era più che estasiato, era in adorazione.
“Patrick Stump necessito di sentirti cantare il prima possibile e non accetto un rifiuto!” Patrick si pentì immediatamente di ciò appena detto.
“Ti prego, no...”
“Non accetto un rifiuto. Potrei morire ai tuoi piedi se ti vedessi con in mano una chitarra e ti sentissi cantarmi una canzone. Dio, che visione meravigliosa!” Patrick si rassegnò, poichè in fondo si trattava di Pete e lui avrebbe fatto di tutto per renderlo felice.
“E va bene... Ma solo perchè sei tu!” Pete, preso dall’ emozione del momento, non riuscì a trattenersi e gli diede un rapidissimo bacio a stampo, talmente leggero che se Patrick non lo avesse visto con i suoi occhi, non se ne sarebbe neanche accorto. Il suo cuore si fermò.
“M-Ma che fai!?” Pete rise di gusto.
“Mio Dio sei l’ essere più dolce che esista nell’ Universo! Non ho saputo trattenermi, ho dovuto. Scusami.” Vedendo che l’ espressione di Patrick non tornava alla normalità ma che anzi diventava sempre più dolce, confusa e sorpresa, non riuscì a trattenere una risata ancora più sicera e di gusto di quella di poco fa.
“N-Non era preparato! Non vale così!”
“Aspetta che ti dia il vero bacio...” Lasciò la frase in sospeso  e la pronunciò con quel tono che Patrick reputava sensuale. Non riuscì a trattenersi e si morse nuovamente il labbro, facendo sciogliere Pete e causandogli un flusso ininterrotto di brividi lungo la colonna vertebrale.
“Oggi pomeriggio vieni a vedere un film da me e ancora una volta non accetto un rifiuto.” Patrick in cuor suo sapeva già che avrebbe ceduto, e come non avrebbe potuto? Dio, quegli occhi gli facevano perdere il nume della ragione! Anche lui tra poco si sarebbe innamorato, tra molto poco...
 

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Capitolo 4
*** "Io amo Pete Wentz!" ***


Come volevasi dimostare quel pomeriggio si ritrovò accoccolato su di un divano con la testa poggiata sul petto di Pete e con le sue mani che lo accarezzavano dolcemente; una gli disegnava percorsi sul braccio e sulla spalla mentre l’ altra era poggiata sulla sua coscia, pochi centimetri più su del ginocchio. La sua testa si muoveva regolarmente seguendo il suo respiro e la sue mente era cullata dal battito del suo cuore. Stranamente stavano guardando il film preferito di Patrick, ovvero Le Pagine della Nostra Vita. Era ovvio che lì c’ era lo zampino di Joe e di un ipotetico discorso tra lui e Pete mentre Patrick li aveva lasciati assieme per andare un attimo in bagno a scuola. Sorrise e si strinse meglio contro il suo petto, creandosi il suo rifugio. Pete gli diede più baci a distanza ravvicinata sulla testa e la sua mano si spostò, andando ad accarezzare dolcemente la sua guancia. Patrick pensò che se davvero esisteva il Paradiso non poteva essere altro che quello.
“Il mio innamoramento sta avanzando a grandi passi Pattycake...” Patrick sorrise dolcemente.
“Il mio a passi da gigante.” Si guardarono negli occhi e le loro labbra si sfiorarono appena, prima che Patrick si ritirasse per ritornare al suo posto.
“Prima o poi quelle labbra saranno mie, ricordalo.”
“Voglio solo aspettare il momento giusto...” Stettero così accoccolati per alcuni fantastici minuti, prima che i genitori di Pete tornassero a casa e rovinassero tutto.
“Pete il dottore ci ha dato altre pillole. Con queste non dovresti più stare male e non dovresti più pensare a quella cosa e...” La donna comparve sulla porta del salotto ma si bloccò all’ istante appena vide la scena. Sapeva benissimo dell’ omosessualità di suo figlio, sapeva altrettanto bene della sua lotta contro essa e contro sè stesso e della sua sofferenza per accettarsi, ma non pensava di trovarlo con un ragazzo, assieme sul divano, proprio in quel momento. Patrick si ricompose e salutò imbarazzato la donna con un cenno.
“Salve...” bisbigliò impacciato. Pete, da parte sua, assunse un’ espressione che Patrick non conosceva e che gli spezzò il cuore. Erano lacrime quelle nei suoi occhi??
“Mamma, cazzo che tempismo...” Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare prima di scappare in camera sua a piangere, lasciando Patrick da solo, triste, confuso e perso in quella stanza improvvisamente troppo fredda...
“P-Perchè si è messo a piangere?” Non sapeva nemmeno lui se lo avesse chiesto a sè stesso o alla madre di Pete, fatto sta che la donna rispose.
“Pete non sta bene... È depresso. È in terapia da così tanto tempo ormai...” disse con voce inespressiva e distaccata per poi proseguire “Ti sto dicendo queste cose perchè lui ci ha parlato molto di te e ci ha detto anche di fidarci totalmente di te. Sei... Patrick, giusto?” Patrick annuì, non capendo però, o forse non volendo capire, ciò che la donna aveva appena detto.
“Depresso? Pete?? Parliamo della stessa persona?” Patrick non poteva crederci. Lui era sempre così solare, sorridente ed estroverso, come poteva essere allo stesso tempo depresso? La donna annuì tristemente ed invitò Patrick a sedersi nuovamente sul divano.
“Da quattro anni ormai, da quando ha la tua età. Un po’ per colpa dell’ omosessualità e delle prese in giro piuttosto pesanti, una volta abbiamo pure dovuto denunciare un gruppo di ragazzi che lo avevano preso di mira, e un po’ per vari aspetti che ora non sto a dirti. Circa cinque giorni fa ha avuto una crisi e ha preso troppe pillole... A volte capita, quando le dosi sono sbagliate o quando il farmaco è inappropriato...” Patrick si sentì morire ed una lacrima bagnò il suo viso.
“Quindi non aveva la febbre, ma ha... tentato il suicidio?” Era nel panico.
“Oh no! Quella era solo una crisi come altre. Il suicidio è da diversi mesi che non lo tenta. Noi questi episodi non li consideriamo tentati suicidi, sarebbero troppi...” si fermò qualche istante “Aiutalo Patrick, ti prego. Tu puoi salvarlo. Non puoi immaginare come si illuminava mentre ci parlava di te.” Patrick si sentì mancare e decise che c’ era solo una cosa che avrebbe potuto fare in quel momento: abbracciare forte a sè Pete. Corse anche lui in camera sua e lo trovò lì, seduto sul letto abbracciato ad un cuscino che piangeva a dirotto. Era una scena troppo dolorosa e Patrick non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a trattenere le lacrime.
“Ti ha detto tutto, non è vero?” Patrick annuì.
“Glielo avevo detto io di fidarsi di te, ma non volevo che lo scoprissi così ed ora, per Dio! Adesso non vorrai più vedermi... Proprio ora che mi stavo abituando alla tua presenza!” Patrick si sedette sul letto e gli accarezzò piano una guancia, mentre faceva cenno di no col capo.
“Io rimango qui, non me ne vado proprio da nessuna parte.” Si sforzò di sorridere, per poi farlo stendere sul letto assieme a lui ed abbracciarlo da dietro, baciandogli piano il collo.
“Grazie Pattycake...” Patrick lo coccolò fino a quando pian piano si addormentarono entrambi non più con le lacrime, ma col sorriso.
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Due ore dopo la madre di Pete venne a svegliarli e ad avvertirli che era pronta la cena, così Patrick si ritrovò automaticamente invitato pure a cena, nonostante avesse provato ad opporsi e a convincerli che doveva tornare a casa sua.
“È tardi e domani c’è scuola... Mia madre sarà già in pensiero, poi non ho ancora finito di studiare e...”
“Dai Pattycake solo per stasera. Fallo per me... Chiama a casa e dici che rimani qui. Anche in questo caso non accetto un rifiuto.” Patrick roteò gli occhi al cielo e sorrise.
“Tu non accetti mai rifiuti Pete.” Pete fece spallucce e Patrick si arrese. Non poteva e non avrebbe mai potuto il nessun caso non accontentarlo. Poi dopo le rivelazioni di quel pomeriggio si sentiva come in dovere di proteggerlo, di prendersi cura di lui. Era strano da pensare: un sedicenne che consolava ed accudiva uno di venti e che si ritrovava a comportarsi da adulto in sua presenza. Per una volta nella vita Patrick si era sentito utile ed indispensabile per qualcuno ed era stata la sensazione più bella del mondo. A tavola Patrick conobbe un po’ di più i due genitori e li trovò delle persone meravigliose ma totalmente diverse da Pete: lui era unico. Quando però il suo sguardo si posava sul suo volto doveva sempre sforzarsi di ricacciare indietro le lacrime e di non correre ad abbracciarlo; i suoi occhi erano ancora rossi, gonfi ed infinitamente tristi, mentre il suo sorriso, Dio che cosa non era! Raggiante, felice e dolce come sempre, come se non fosse successo nulla e, cosa più importante, era autentico. Patrick si chiese come fosse possibile, ma sapeva che non c’ era una spiegazione, poichè lui era Pete, ed era un bellissimo ed intricato mistero.
Appena finita la cena Pete accompagnò Patrick fuori casa e lo strinse forte a sè. Patrick capì cosa significasse essere amati e scoprì quanto fosse meraviglioso affondare il viso nello spazio sotto il suo collo, dove c’ era la clavicola, e pensò che quel posto sembrava esistere solo per lui. Inspirò a fondo il suo profumo e si godette ogni singola piccola sensazione che quell’ abbraccio gli dava. Lui da parte sua strinse forte Pete, ormai il suo Pete, con l’ intenzione di non lasciarlo più andare.
“Pattycake dopo oggi credo di essermi innamorato quasi completamente di te. Grazie per essere restato, nessuno lo aveva mai fatto, ma soprattutto grazie di esistere.” Patrick strinse sempre più forte il busto del ragazzo e gli diede un bacio leggero sulla clavicola, prima di parlare a sua volta.
“Grazie a te Pete. Sono quasi sicuro di amarti pure io.” E bastò solo quello. Due semplici frasi per far nascere un altro sorriso spontaneo sulle labbra di Pete e per far andare via tutti i brutti ricordi. C’ erano solo loro. Pete diede un bacio sulla fronte di Patrick che per una volta nella vita non era imbarazzato. Fu un bacio lento e bruciante che concluse alla perfezione la giornata.
“Ci vediamo domani. Buonanotte.” Patrick annuì e si incamminò verso casa con una sensazione di calore e leggerezza nel cuore, diversa però da quella che aveva provato fino ad allora; questa era una sensazione molto più profonda, intima e Patrick era quasi sicuro che quello fosse ciò che la gente chiama amore. Rise e cominciò a camminare a passo spedito, ripetendosi nella mente una frase, urlandola nella sua testa:
“Io amo Pete Wentz!” Ed andava bene così. Arrivato a casa, sua madre non gli disse nulla nonostante fosse parecchio tardi. Non ebbe il coraggio di parlare perchè per una volta nella vita Patrick era felice, realmente felice, e le importava solo quello.
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I tre giorni successivi Patrick e Pete divennero inseparabili, sempre insieme, mano nella mano, infischiandosene dei commenti alle spalle, delle critiche e delle prese in giro perchè sì, erano gay e sì, erano follemente e totalmente innamorati l’ uno dell’ altro. Joe e Pete fecero presto amicizia e scoprirono di avere tantissime cose in comune, tra cui anche la musica. Pete non lo aveva ammesso subito, ma sapeva suonare il basso e scrivere testi più che apprezzabili e aveva pure fatto parte di varie band.
“Nessuno me lo aveva chiesto, che motivo avevo di dirlo?” Patrick e Joe rimasero a bocca aperta e, dopo averlo insultato a dovere, Joe tirò fuori un’ idea pazza che tutti avevano in testa ma che nessuno aveva avuto il coraggio di dire:
“Creiamo un gruppo! Io suono la chitarra, Patrick canta, Pete scrive i testi e suona il basso e... Cazzo la batteria!”
“Possiamo chiedere ad Andy!” Joe e Patrick si guardarono interrogativi e Pete spiegò:
“È un mio amico che suona in una band da quattro soldi di cui facevo parte anch’ io. Io già l’ ho lasciata e sono sicuro che lui farà lo stesso. Che ne dite?” I due ragazzi sorrisero entusiasti e cominciarono ad ipotizzare nomi per il gruppo. Pete bloccò i loro discorsi confusi e si rivolse a Patrick:
“Per creare il gruppo però dobbiamo assicurarci che Patrick sappia cantare per davvero...” Lo disse con finto tono provocatorio e Patrick accettò l’ invito, poichè non poteva essere altro che quello.
“Oggi pomeriggio vedrai se non so cantare...” Incrociò le braccia al petto ed aspettò la reazione di gioia di Pete, che arrivò molto presto.
“Grazie Pattycake!” Gli diede un bacio sulla guancia e lo strinse forte a sè per qualche istante.
“Venite, vi presento Andy.” I due ragazzi lo seguirono e conobbero il loro futuro batterista. Finite le presentazioni si misero tutti e quattro a parlare del loro futuro e a fantasticare sul successo che avrebbero avuto. Solo da quella breve conversazione i ragazzi capirono che sarebbero andati più che d’ accordo e che non vedevano l’ ora di cominciare. Mentre Joe ed Andy continuavano a parlare, Pete prese da parte Patrick, tirandolo per la manica.
“A che ora oggi pomeriggio?” Si appoggiò all’ armadietto alzando un sopracciglio e facendo un sorriso che doveva sembrare provocante, anche se in realtà era adorabile. Patrick scrollò le spalle.
“Per le cinque?”
“Alle quattro da te, perfetto.” Odiava quando faceva il finto tonto e quando prendeva scelte da sè, ma non si oppose.
“Alle quattro da me...” Rise appena e scosse la testa.
“Pattycake preparati. Probabilmente oggi pomeriggio riceverai il tuo primo bacio. Ci vediamo alle quattro.” E se andò, lasciando Patrick con quella frase nel cuore. Quello sarebbe stato davvero il suo primo bacio, e a darglielo sarebbe stato Pete! L’ infarto era imminente. Tornò in classe per la lezione di matematica ma non riuscì a seguire una sola parola. La frase di Pete gli rimbombava nella testa e nel cuore.
“Io amo Pete Wentz!” Ed andava sempre bene così.
 

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Capitolo 5
*** Primo Bacio ***


Appena tornato a casa Patrick impazzì letteralmente. Continuava a girare come una mosca impazzita per le varie stanze, seguito da sua madre che chiedeva spiegazioni.
“Mamma oggi pomeriggio viene Pete a sentirmi cantare e deve essere tutto perfetto!” aveva sbottato alla fine.
“Pete?”
“Il mio possibile ragazzo, colui che amo alla follia.” Prima che la donna potesse continuare a parlare e chiedere chiarimenti, Patrick aggiunse:
“Sì, sono totalmente gay. Mi spiace di aver distrutto sogni o aspettative.” Sua madre rimase shockata e non aprì più bocca. Okay, forse non era stato il modo più adatto per dirglielo, ma la verità era quella e l’ avrebbe dovuta accettare prima o poi. Detto questo suonò il campanello, neanche a farlo apposta. Patrick sobbalzò ed il suo cuore cominciò a battere all’ impazzata.
“Primo. Bacio. Con. Pete.” La sua mente era tarata solo su quelle quattro parole. Aprì la porta ed il sorriso di Pete lo travolse come uno tsunami.
“Ciao Pattycake!” Lo abbracciò come solo lui sapeva fare ed entrò in casa.
“Sei in anticipo.” Fu tutto ciò che Patrick riuscì a dire.
“Non avevamo detto tre e mezza?” Gli fece l’ occhiolino ed il suo solito sorriso che doveva sembrare provocante per poi trovarsi faccia a faccia con la madre di Patrick.
“Suppongo che tu sia Pete.” Lui annuì gaio.
“Patrick mi ha parlato di te solo ora... Non sapeva nulla di... voi, e della tua esistenza...” Pete si girò verso Patrick con una finta aria delusa.
“Pattycake non hai nemmeno parlato di me ai tuoi? Sono molto ferito!” Patrick tentò di dire qualcosa fallendo. Forse era meglio stare in silenzio.
“Piacere di conoscerla signora Stump! Volevo solo informarla che le mie intenzioni con suo figlio sono tutt’ altro che cattive, posso giurarglielo.” La donna riuscì solo a stringere la mano di Pete e a sussurrare un “Piacere mio...” che i due ragazzi stavano già sparendo in camera di Patrick per la tanto attesa canzone.
“Che stanza carina che hai! In confronto alla mia sembra un museo, così ordinata e profumata...”
“La tua più che una stanza è un porcile Pete.” Pete scoppiò a ridere.
“Sempre a riempirmi di complimenti tu! Vieni qui...” e si avvicinò a Patrick con il semplice intento di dargli un bacio sulla guancia, ma lui, agitato dall’ avvertimento datogli a scuola, si agitò ancora di più e si allontanò bruscamente arrossendo come oramai faceva troppo spesso. Pete rise ancora più di gusto, intenerito da quella reazione e poi prese Patrick per un braccio e fece congiungere le loro fronti come pochi giorni fa.
“Qui c’ è qualcuno di agitato.... Comunque per adesso proverò ancora a trattenermi. Sarà dopo che avrai cantato che queste” disse passandogli il pollice sulle labbra socchiuse “saranno mie...” Patrick deglutì un paio di volte a vuoto e pregò che Pete si allontanasse il prima possibile. Così fu.
“Che canzone hai scelto? Pete si accomodò su di una sedia posizionata apposta accanto al letto e fissò il ragazzo con speranza e aspettativa.
“L-Life on Mars di David Bowie... l-la conosci?” Era troppo dolce quando balbettava! Quanto avrebbe voluto baciarlo lì e in quel momento...
“Come potrei non conoscerla? L’ adoro.” Patrick sorrise e si sedette sul letto con la chitarra in mano.
“È la mia canzone preferita, spero di essere all’ altezza delle tue aspettative...”
“Non ho dubbi.” E adesso toccava a lui.
Non appena aprì bocca, Pete cadde in una specie di stato di adorazione totale. Era meraviglioso. Non aveva mai sentito nessuno con una voce così bella. Aveva ampliamente superato le sue aspettative e aveva fatto andare il suo cuore in corto circuito. Si dimenticò come si faceva a respirare e a parlare e tutta la sua attenzione ricadde su quelle labbra che aveva sognato ogni singola notte da dopo il loro incontro. Non appena Patrick finì il suo capolavoro si ritrovò le labbra catturate da quelle di Pete. Era successo alla fine. Fu un bacio lungo, lento ed intenso, tanto che si potevano sentire entrambi i loro cuori battere ad un ritmo esagerato. La lingua di Pete si intrufolò nella bocca di Patrick ed andò a cercare la sua, trovandola quasi subito. Patrick stava letteralmente per collassare e la situazione peggiorò quando si ritrovò sdraiato sul letto con disteso addosso Pete che non faceva altro che leccare, mordere e succhiare le sue povere labbra già gonfie. Poteva sentire il cuore di Pete battere contro il suo petto e il suo respiro sul proprio viso. Quando ad entrambi stava cominciando a mancare l’ aria, Pete si staccò, suo malgrado, per poter guardare il suo Patrick da quella nuova prospettiva. Quello che però rimase più sorpreso fu Patrick: finalmente non era l’ unico ad essere rosso in volto, poichè anche le guance di Pete si erano tinte di un color porpora e in più il suo cuore non voleva saperne di calmarsi, battendo perfino ad un ritmo più elevato di quello di Patrick. Non riuscì a trattenersi.
“Ti amo Pete.”
“Non vale volevo essere io il primo a dirlo!” Disse lui con un tono troppo dolce, per poi aggiungere sulle labbra di Patrick:
“Ti amo anch’io Pattycake...” E così finalmente ce l’ aveva fatta ad ottenere il suo bacio, come Patrick ce l’ aveva fatta a non morire di infarto. Strano come in così poco tempo la sua vita fosse cambiata da così a così: prima era un povero ragazzino timido ed introverso oltre ogni immaginazione, con un solo amico e con una vita triste e solitaria, mentre ora era Pattycake, un ragazzo di sedici anni con una band nuova di zecca con cui suonare e cantare e con due nuovi amici e, porca miseria, uno di questi due amici era Pete, il suo Pete, che in quel momento, mentre era tutto concentrato a fargli un succhiotto sul collo e a mettere le mani dappertutto, aveva ben poco di amico e molto più di ragazzo, il suo ragazzo, che amava alla follia. Non sapeva come avesse fatto a trovarlo e come avesse fatto a farlo innamorare di lui, ma non era importante. Lui aveva salvato la sua vita, come Pete aveva salvato la sua e lui sarebbe rimasto per sempre il suo Pattycake, costi quel che costi.
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Patrick stava per morire d’ agitazione. Dieci minuti  e sarebbero saliti sul palco per il loro primo concerto dopo la pausa. Chi l’ avrebbe mai detto che quei quattro liceali problematici e asociali avrebbero avuto un tale successo? Patrick sorrise ripensando alla prima volta che avevano suonato assieme, quando Pete si era messo a prendere in giro Joe per come si agitava mentre suonava la chitarra e al casino che era saltato fuori per ben due settimane. Proprio mentre queste immagini stavano riafforando nella sua mente, sentì due mani posarsi sui suoi fianchi, il calore di un corpo sulla sua schiena e la pressione di due labbra che conosceva fin troppo bene sul suo collo.
“Agitato?” Patrick annuì.
“Non sono più abituato, cioè, tutti insieme... Non lo trovi strano?” Pete annuì a sua volta per poi girare Patrick dalla sua parte e baciarlo lentamente.
“Solo io so come farti passare l’ agitazione, devi ammetterlo.” Patrick rise sulle sue labbra, non potendo negare che aveva perfettamente ragione. Pete era stato l’ unico in grado di calmarlo e fargli tornare il sorriso. Era così da sempre tra loro, uno c’ era per l’ altro e viceversa. Assieme erano riusciti a risollevarsi e a raggiungere un traguardo inimmaginabile. Certo, non era stato facile, poichè forse Pete tentò il suicidio un’ altra volta e forse Patrick non attraversò un momento molto felice, arrivando a pesare decisamente troppo, ma alla fine ce l’ avevano fatta, ed ora erano due uomini di più di trent’ anni con delle vite perfette e con un seguito immenso di fan. Gli occhi di Patrick divennero lucidi e decise che se non voleva scoppiare a piangere poteva e doveva fare soltanto una cosa: baciare a sua volta il suo Pete. Ringraziò il cielo di avergli regalato un ragazzo, ormai uomo, così meraviglioso senza un motivo apparente. Sorrisero.
“Non puoi sapere quanto ti amo Pattycake...” Sentendo quel soprannome che non veniva utilizzato da così tanti anni, Patrick scoppiò a ridere di gusto, travolto da una tenerezza inspiegabile.
“Sono l’ unico che può saperlo a dire il vero.” Pete annuì rassegnato.
“Tra un minuto sul palco!” urlò qualcuno, facendo venire i brividi ad entrambi. Andy e Joe comparvero dietro di loro.
“Pronti?” Chiese Joe.
“Pronti!” Dissero assieme, e lo erano davvero. Si presero per mano ed andarono sul palco. Erano tornati, ed erano insieme.
Fine...?

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E siamo finalmente giunti alla fine!! Grazie a chiunque abbia avuto il coraggio di leggere solo il primo capitolo e grazie di cuore a voi che avete seguito tutta questa schifezza <3
Alla prossima :*
 

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