My Little Red Bow (Il mio piccolo fiocco Rosso)

di LadyTsuky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** E' meglio dimenticare ***
Capitolo 3: *** Positivo ***
Capitolo 4: *** Terminetor vs Coniglietto ***
Capitolo 5: *** Alle prese con un cuore spezzato ***



Capitolo 1
*** Prologo ***












PROLOGO



Forse era solo un mio problema, forse non dovevo darle ascolto. Ma la mia testa ribolliva e io volevo trovare a tutti i costi una soluzione. Una soluzione che fosse sufficiente a farmi superare quella situazione assurda.
Erano bastati pochi minuti per dare il colpo di grazia alla mia vita. Cinque fottutissimi minuti. Come si dice, ero capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato e adesso me ne pentivo amaramente. E pensare che ero sempre io quella ritardataria e quel maledettissimo giorno l’agitazione era così tanta che non ho resistito e sono uscita di casa il più in fretta possibile.
Correndo con quei tacchi vertiginosi attentatori al mio equilibrio, perfettamente sistemata con un abito blu e un trucco leggero e i capelli in ordine.
E poi quello… tutti i miei sogni la mie speranze ormai erano bruciacchiate come la sigaretta che l’uomo accanto a me nel bus stava fumando.
Ma il cartello vietato fumare lo attaccavano per mettere un po’ di colore? E non mi guardare con quell’espressione da pervertito idiota,  che oggi non è giornata!

E ritornai ancora ai miei pensieri profondi…ritornando a fissare il finestrino annebbiato su cui era appoggiata la mia testa.

Quella vita che desideravo ma che il destino non mi concedeva di tenerla tra le mani….
Era bastata uno sola frase ad allontanarmi da LUI. Poche parole.
Ad allontanarmi dal futuro che volevo con tutte le mie forze. A cui mi aggrappavo con le unghie e con i denti.

“ Lei non può far parte di questa famiglia!”

Queste parole mi risuonavano in continuazione nella testa, mentre dormivo, mentre mangiavo, anzi non avevo proprio voglia di mangiare così tanto in quei giorni, mentre facevo qualunque altra cosa. E non riuscivo a dimenticarle, anche se mi sforzavo con tutta me stessa. Aveva ragione chi ha detto che più cerchi di dimenticare quella cosa più quella cosa che vuoi dimenticare non se ne vuole andare. Quella faccia, la faccia di LUI la sua espressione sbucava nei miei pensieri ogni cinque minuti come se avessi messo una sveglia impostata a dirmi “Non la passerai liscia! Prima dovrai soffrire come si deve mia cara”
Grazie tante vocina interiore senza di te non saprei come vivere! Quel giorno appena tornata a casa dopo una corsa sfrenata volevo friggermi il cervello insieme alle patatine! Per dimenticare in fretta la scena a cui avevo assistito. E quante  parole mi ero ripetuta mentalmente per la via del ritorno.
Potevo essere così idiota? Con tutte le persone del mondo proprio con LUI mi dovevo fissare?
Appena avevo sentito dietro quella maledetta colonna il LORO discorso ero fuggita come un coniglio. A gambe levate. Come se avessi visto il fantasma di mia nonna, che per precisare è morta da un sacco di anni, forse quando avevo sei anni, non ricordo. Il fatto e che io non sono poi così coraggiosa quindi diciamo ci hanno azzeccato a darmi quel nome.
Come se ce l’avessero con me il mio nome significava appunto questo: CONIGLIO! Usagi uguale: Coniglio.
Con tutti i bei nomi che c’erano al mondo proprio Coniglio mi dovevano chiamare? E come chiamare tuo figlio Cozza di mare! Insomma di originale era originale ma cacchio dammi un nome normale per l’amor di Dio.
Il mio nome è stato uno dei principali fattori che mi avevano portato a LUI. E mia madre era stata la fautrice di questa disgrazia. Lei in quattro minuti e trentasette secondi aveva distrutto la mia autostima futura che si sarebbe creata una volta cresciuta. Lei. Proprio mia madre mi aveva dato con orgoglio, per giunta, quel maledetto nome.
L’aveva scelto in preda alle doglie e tra le sue urla, così in un momento di pazza lucidità si gira verso mio padre e deglutendo gli dice :”Caro ho deciso se sarà femmina la chiameremo Usagi!” se sarà femmina?! "Volevo che fosse una sorpresa" mi aveva sempre ripetuto la mia adorata mamma.
Anche se sono nata con qualche settimana di anticipo il nome lo potevate scegliere prima no? Con più calma magari, a che ti scrivono a fare i libri con i nomi da dare ai futuri nascituri? Si comprano per usarli come fermaporte? E pensare che ne abbiamo uno a casa. Avete avuto giusto, giusto nove mesi e tu lo decidi mentre partorisci?
Come mi ha sempre detto mio padre, quel santo uomo, lui non ci poteva fare assolutamente nulla contro una donna in piena fase di “ormoni impazziti e in procinto di partorire”aveva tentato in tutti i modi di farle cambiare idea ma poi mi ha detto che poteva ritrovarsi con un braccio rotto e senza un occhio alla fine del parto e aveva optato diligentemente per la bandiera bianca.
Ogni volta che mia madre mi parlava dell’origine del mio nome mi diceva: “ Tesoro tu sei il mio coniglietto e questo nome e perfetto per te , mi piace così tanto!“ cioè tu sapevi che coniglio era un nome da dare ad una bambina? Ma chiamami Lumaca tanto che ci stai no? Oppure pesce rosso e siccome stiamo in tema di animali cara mamma chiamami che ne so Pollo? Lui scappa che una meraviglia!
 Alla fine preferivo farmi chiamare Bunny  tanto per far ridere qualcun’altro, a chiunque dicessi il mio nome vedevo le loro facce che si contorcevano come non mai per trattenere una risata, tanto per non essere scortesi e non mi scoppiassero in faccia a ridere come cornacchie. Come tutti i miei primi giorni di scuola che ho dovuto fare. Drammatici. Tutti i professori e maestri nessuno escluso mi ridevano in faccia appena pronunciata la parolina magica.
E io che dentro di me dicevo : “Ma che cavolo ridete voi state peggio di me a cognomi!” come dire professori modello.
Alla fine rinunciavano e mi chiamavano per cognome che era meno imbarazzante.
In pratica era come una cospirazione contro di me come  se prima della mia nascita i miei genitori e la sfiga avessero parlato faccia a faccia del mio destino , che era decisamente schifoso senza dubbi, e avessero detto “ Ti prego fa che sia una bambina bionda con occhi azzurri e davvero carina e io ti prometto che la puoi perseguitare quanto vuoi” si si sicuramente avrebbero detto così se la sfiga fosse una persona in carne ed ossa.
Mi è sempre sembrato come se stessero facendo la lista della spesa : allora devo prendere pane uova farina ah e se ci sta anche una bella bambina con occhi azzurri e capelli biondi se ne avete.

Lasciamo stare la faccenda del nome e di mia madre.

Sempre di più si faceva spazio nella mia mente la certezza che forse il mio destino era quello. Di rimanere sola.
Zitella in pratica, o come dicono gli americani per camuffare la loro solitudine, single, e pensate che c‘è gente che è single per scelta! Ma dico io sei bella e hai tutta la vita davanti e tu dici “No io preferisco rimanere single perché non ho voglia di impegnarmi!” Pazza! Idiota, se ero al posto tuo io altro che single per scelta, io adesso ero single costretta.
E ancora la mia testolina faceva strani pensieri : “Per chi proverò amore adesso?” Per la mia famiglia? Quello l’ho sempre provato ma io voglio un amore diverso di quello che provo per i miei famigliari, per le mie amiche? Stessa storia. E allora adesso chi dovevo amare? A chi dovevo stare accanto tutta la mia vita? A chi dovevo dire ti amo ogni singolo giorno della mia esistenza?
Semplice.
A nessuno.
Ormai nessun’altro poteva prendere il SUO posto, ormai lui non era più MIO, non era più il MIO futuro, il MIO destino, che con lui sicuramente avrebbe di certo alzato la media della mia bassa percentuale di fortuna che avevo, insomma avevo perso per sempre il mio tutto.
Rimanevo lì seduta su quel sedile del bus maledettamente freddo a pensare a quell’idiota. Adesso LUI aveva LEI, quella che era single per scelta e aveva magicamente incontrato l’amore della sua vita, LEI che aveva delle Chanel ai piedi che costavano più della mia casa!
Stupido idiota mi ripetevo.
Semmai il contrario, mi dice la mia stronza vocina interiore. L’idiota ero io. Non potevo competere con la mia sfiga, l’avrebbe vinta sicuramente lei, come sempre. Forse dovevo dare ascolto a quella pazza di mia zia: “Nipotina mia quel mondo è troppo diverso dal tuo! Da retta alla tua zietta preferita lascialo ed è meglio per entrambi! Tu non soffrirai e nemmeno lui”
Già era meglio per entrambi. E io che faccio? Mando gentilmente a quel paese quel preziosissimo consiglio. Almeno lei me lo aveva dato! Non come mia madre che appena aveva sentito il cognome di LUI mi salta al collo tutta eccitata e mi dice : “A quando le nozze?“ .
Mi ero avvicinata troppo al fuoco e adesso mi sono bruciata la mano. Non dovevo parlargli quel giorno, no avevo sbagliato del tutto, non dovevo dargli corda e così non sarei distrutta tanto da piangere ogni volta che vedevo una coppietta felice come quella che ho a due sedili di distanza davanti a me che si sbaciucchia senza vergogna e si coccola amorevolmente. Di certo trasudavano amore da tutti i pori.
Tre giorni fa avrei detto a LUI :”Amore guarda come sono carini! Sono proprio felici come noi due!” e LUI mi avrebbe sorriso amorevolmente dicendomi : “Già mia testolina buffa”.
Alla fine dovevo rimanere sola, come la mia zietta, sicuramente una cosa ereditaria, lei era una di quelle donne che si definivano single per scelta.
E io stavo facendo la sua stessa fine.
Sola.
Sola davanti alla finestra, con lo scialle di lana della zia ad allisciare il pelo al gatto randagio, trovato davanti casa mia vicino al bidone della spazzatura, a pensare a LUI bello felice e contento con la sua moglie sexy con due mongolfiere per seno con un conto in banca da far competizione all‘attrice più pagata al mondo.
Cavolo ero maledettamente sola. Nel senso nessuno a cui dire amore ti amo con tutta la mia vita, nessuno con cui poter soddisfare quelle voglie….insomma.
Una vita da sola.
Dopo tutte le volte che dicevo sola, sola, sola, quell’idea non era niente male….
Ma mi sbagliavo. Certo, come sempre.
Non ero sola. Non più ormai. L’avevo appena scoperto per caso.
Una parte di LUI infinitamente piccola, era dentro di me come a dire “Non è stata colpa sua ma ci sono io adesso, potrai amare me come hai amato LUI“.
  L’unica cosa che riusciva a tenermi lucida e soprattutto viva era quel piccolo puntino che si vedeva in quella strana fotografia che non capivo, in bianco e nero, che avevo nel mio portamonete  a ricordarmi che non ero assolutamente sola,  adesso il mio puntino poteva essere amato con tutto il mio cuore, avrei amato quella parte come se fosse lui perché se non potevo avere lui accanto, almeno potevo avere il mio futuro…
 
 

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Capitolo 2
*** E' meglio dimenticare ***













È meglio dimenticare



Ormai ero quasi arrivata a casa, mancava poco e poi non riuscivo più a sopportare lo sguardo di quel cinquantenne sulle mie gambe, era davvero snervante!
Così decisi di scendere un po’ prima per godermi il paesaggio che avevo al mio fianco e per allontanarmi da quell‘idiota.
Adoravo passeggiare d’inverno, mi piaceva sentire i fiocchi di neve che cadevano sul mio basco nero e che si scioglievano lentamente facendomi venire i brividi, mi piaceva ammirare gli alberi di ciliegio che davano un po’ di colore a questo viale in piena primavera e sentire gli uccellini la mattina prima di andare a scuola che cinguettavano felici.
 Ero da sola, a passeggiare per quel viale che conoscevo come le mie tasche e questo era un progresso per i miei poveri nervi che erano stati messi a dura prova in quei pochi giorni. Stare sola era una cosa che mi rilassava molto. Non che non amassi la compagnia per carità, ma adesso volevo avere un momento tutto per me, volevo tenere il muso lungo il più possibile e restare sola a crogiolarmi nelle mie preoccupazioni e pensieri pazzi era un buon modo per sopportare tutto ciò.  Se fossi rimasta a casa di sicuro avrei ucciso qualcuno, prima fra tutte mia madre. Perché se c’è una cosa che sa fare meglio quella donna è rompere le scatole ogni benedettissimi cinque minuti: mentre ascolti la musica, mentre stai al portatile oppure quando non fai assolutamente nulla e sei li  a fissare il muro stesa sul letto così per pura noia e lei che fa? Spalanca la porta della camera  ti fa saltare giù dal letto per la paura e  tutta tranquilla ti dice : “ Sei occupata?“.
“No mamma assolutamente! Parlavo da sola con un fantasma ma tranquilla se ne stava giusto per andare perché l’hai ucciso una seconda volta per la paura!” di sicuro gli avrei risposto così se avessi avuto le palle per urlaglielo, ma aimè non ci sarei mai riuscita e avrei finito col rispondere come ogni volta “ Non stavo facendo niente” e lei puntualmente se ne approfittava.
 Una volta le stavo  quasi per lanciare il libro di 8oo pagine di algebra che avevo affianco solo per il gusto di vedere la sua reazione, ma mi sono fermata in tempo…
odio quando mi riempie di  raccomandazioni, faccende o chiacchiere, per me totalmente inutili, perché lei vuole solo usare le corde vocali. E dico io, sai mamma esistono anche i club del libro servono a questo!  A non rompere le palle ai figli e a parlare con gente sconosciuta di uno stupido libro!

E inizia con quella vocina che preannuncia guai in vista

“Usagi mi faresti un favore?” Mi fai la lavatrice? Mi lavi le ultime stoviglie sporche rimaste? Potresti iniziare ad apparecchiare? Hai dimenticato di fare i letti! Senti dai una spolverata a quella libreria in salone, sai ieri non ne ho avuto il tempo” e mi sorride.

Ma Shingo che ci sta a fare in casa? La bella statuina? Solo perché sono la tua primogenita e femmina per altro, sono in classifica per la casalinga dell’anno? Quello scemo poteva dare una mano tanto per fare qualcosa! No? No?  

E uno dei tanti favori che mi chiedeva era quello di fare la spesa. Ottimo!
 Avevo colto l’occasione per scappare di casa con la scusa della spesa, era il solito cliché ma  finalmente potevano riposare le mie orecchie.

Affondavo i miei stivali nella neve fresca e all’improvviso sentì un crack.
Non era il pantalone e neppure il cappotto. Bene, perché se no mi sarei uccisa, con quello che mi erano costati! Quindi mancava solo un’alternativa. Guardai per terra, pregando con tutto il cuore che mi stessi sbagliando, e vidi le dieci arance l’insalata i cavoli e le mele rotolare giù per la strada.  Grande! Minestrone di verdura in arrivo!
Avevo gli occhi fuori dalle orbite: primo, per aver dimenticato la busta in tela verde che avevo lasciato e casa come una cretina, e secondo per quell’idiota di commesso che mi aveva detto “ Sa signorina con l’inquinamento che c’è oggi è meglio prendere le buste di carta biodegradabili non crede?”
Così mi aveva rifilato due misere bustine in carta marrone con l’albero sorridente, per la spesa di un mese! Se lo avessi visto per strada l’avrei ucciso a unghiate altroché! L’inquinamento? Che si  fotta! Con tutti gli idioti che lanciano la spazzatura per strada proprio a me doveva rifilare le buste ecologiche? Se ci metti una mela già si spacca per il peso.
E adesso chi era quella che doveva correre dietro la spesa rotolata?
Io naturalmente, non il signor ecologista commesso del cavolo.
Giuro, giuro che non avrei fatto più la spesa in quello stupido minimarket! Almeno mi sarei risparmiata di sentire ancora quelle stupidaggini.
Meno male che una busta l’avevo salvata! Così dopo essermi piegata per un centinaio di volte ed essermi maledetta non so quanto per la mia geniale idea di fare l’ecologista ero arrivata a casa con la schiena a pezzi e molto infastidita.
Mi fermai davanti la porta di casa e appoggiai per terra la busta stracolma, che fortunatamente, aveva resistito per tutto il viaggio, dopodiché  presi in mano la borsa a tracolla che mi ero portata dietro e ficcai letteralmente la testa dentro. Dovevo trovare le chiavi di casa, e si sa che ogni donna perde ore a trovare stupide cose perse nella propria borsa che magicamente escono fuori quando non ti servono più. Come le chiavi ad esempio!

“Chiavi? Chiavucce? uscite fuori!”

Adesso parlo da sola. Qualche problema? Io no

“Dai uscite o appena vi trovo vi fondo sul gas di casa insieme alla cioccolata!” ringhiai alla borsa.
Non potevo certo ricevere la loro risposta ma le mie minacce furono ascoltate e trovai quelle maledette chiavi nel taschino interno.
E pensare che  le avevo messe proprio lì per trovarle prima. Si Bunny proprio un’ottima idea.
In fretta e furia aprì la porta e presi borsa e busta in mano per portare tutto dentro.

“ Mamma sono tornata!”  urlai

Niente, nessuna risposta.

“C’è qualcuno in casa?” continuai imperterrita.

Se fosse stata estate giuro che avrei sentito solo il verso dei grilli.

“ Fantastico sola in casa! Cos’è natale anticipato?”

Entrai in cucina e svuotai la busta sul tavolo. Dovevo solo sistemare quelle cento cose che avevo comprato e sarei corsa subito in camera ad accendere il portatile.
Astinenza da tecnologia è troppo da sopportare.
Dopo cinque minuti la carne la frutta e la verdura erano ai propri posti. Mancava solo apparecchiare e poi mi sarei rinchiusa in camera molto volentieri.
Finito di fare anche quello mi appoggiai un attimo sul tavolo, di schiena con le braccia incrociate, per precisare quella era la mia posizione “momento di riflessione”, e mi stavo scervellando  sulle ultime cose che dovevo fare per quel giorno, quando notai un post-it appiccicato al frigo.
Diamine lo potevo notare prima no? Per forza come facevo a vederlo se era perfettamente nascosto dalla calamita enorme che lo teneva fissato sulla superficie?  
Ecco cos’ho, la testa letteralmente affondata nelle nuvole!

Mi avvicinai e lessi.

“ Tesoruccio mio! Mi ero completamente dimenticata di quella visita di Shingo, sai che ogni volta è una tragedia, sono andata di corsa a scuola per farlo uscire prima e prendere il treno,  ho preparato in fretta e furia il pranzo per te, è nel frigo, basta che te lo riscaldi cinque minuti ed è buonissimo! Promettimi di non farmi scoppiare la cucina e se hai tempo stendi i panni! Tuo padre torna per cena, ringrazia il suo lavoro, spero che non torni con la macchina fotografica ancora distrutta, quindi ti toccherà mangiare sola soletta! Mi dispiace un mondo tesoro so che in questi giorni sono stati tremendi ma non ti preoccupare c’è mammina! Ti voglio bene mio piccolo coniglietto!

P.s se ti sei dimenticata il riso vedi che non ti faccio cenare appena torno!”


Finito il messaggio c’era anche un disegnino della sua faccina e il segno di vittoria.

Mio piccolo coniglietto. Ma chi poteva finire così un messaggio? Mia madre è ovvio.
Secondo te come faccio a dimenticarmi il riso se era l’unica cosa che dovevo comprare? Come al solito ero finita a comprare altre cose che non servivano assolutamente, dopo tutti i messaggi e le telefonate che avevo ricevuto da lei  in soli venti minuti per dirmi di comprare quello questo e quell’altro, era normale che dimenticassi proprio il riso vero?
No, no che non  era normale e adesso dove lo trovavo? Dovevo ritornare al minimarket da quell’idiota del commesso? No assolutamente! Ma cosa potevo fare?
Deve ammettere che è tutta colpa sua! Se non avesse aggiunto altro io sarei riuscita a comprare quel maledettissimo riso!
Un’unica cosa da fare era chiedere ai vicini. Già i vicini…
Una cosa che facevo raramente era chiedere qualcosa a qualcuno soprattutto ai vicini che mi ritrovavo.
Avevo due scelte, o suonare alla vecchia signora Hanazono , che sicuramente  mi avrebbe tenuta a parlare ore e ore del suo nipotino adorato , quasi trentenne, e sempre  che per disgrazia ogni qual’volta capitavo li vicino a casa sua , mi parlava di quel bel ragazzo di suo nipote e mi diceva “Ma lo sai piccola Usagi-chan dovresti cenare qualche volta a casa mia quando c’è  anche A-cchan!” strillava tutta contenta facendomi un grosso sorriso sgangherato. La tipica donna popolana che si voleva far passare per la più chic del posto. Si come no quella degli anni 80 forse...
 Per la cronaca A-cchan è Atsushi Hanazono figlio della figlia della mia vicina. Quella donna tentava a tutti i costi di farmi mettere con il suo nipotino. Ogni maledettissima volta che parlavo con lei. Ma chi cavolo se lo sarebbe preso???? Brutto com’è! Dico io con tutte le ragazze del quartiere proprio a me doveva fare il filo? Miseria! Signora Hanazono non può fare cupido! Il quattordici febbraio deve ancora arrivare!
Più sfiga di questa! Inoltre aveva stampato sempre in faccia una strana smorfia che faceva passare per sorriso, anche quando ti mandava gentilmente a quel paese.
Quindi se sceglievo lei non sarei ritornata a casa per l‘ora di cena.
Oppure come nella peggiore delle ipotesi dovevo bussare alla porta del signor Karìnoh. Lo zitellone, Ehm volevo dire il “single per scelta”.
Troppo egoista per regalare alla fidanzata un mazzo di rose o fiorellini di campo, così era finito solo soletto nella sua casa, a dire che i giovani d’oggi erano solo dei perdi tempo e non c’erano più le ragazze di una volta. Il tipico zitello tirchio con il gatto randagio spelacchiato in casa. Un omino piccolino, piccolino ma con tutta l’acidità concentrata in corpo.
 Da quando ero piccola, solo una volta, andai in territorio nemico a chiedergli se gentilmente mi poteva restituire la palla dispersa, ma come risposta ebbi:
 “Mocciosa vai a lanciare i tuoi giocattoli da un’altra parte che io non ho voglia di stare dietro a voi marmocchi a raccogliere le vostre cianfrusaglie. Per punizione non riavrai la palla cosi ci penserai due volte  prima di lanciarla nel mio giardino!”. Tornai a casa in lacrime perché non avevo ricevuto il mio gioco prezioso, ed era toccato a papà subire ancora una volta, le urla di quell’acido zitellaccio solo per riprendere il mio giochino.

“Non ti resta che affidarti alla sorte mio caro coniglietto!”

Grazie vocina ci manchi solo tu con quel tuo stupido soprannome!

“ Signorina stai parlando con la tua testa ricorda!”

Si, si ricordo, ricordo. Meglio assecondarla.

Optai per il classico metodo. La monetina.
Allora testa zitellaccio. Croce signora iena.
La lanciai in aria e….

“Cazzo è andata sotto al frigo!”mi abbassai per riprenderla ma nulla da fare era troppo lontana.
Devo ringraziare la mia non coordinazione mano-occhio come al solito.

Diamine perché dovevano capitare tutte a me?

“E adesso? Che fai? Chi sceglierai?”

Senti sta zitta o vedi che ti strozzo!

Ero al punto di partenza.

Luna la mia piccola gattina venne  a risvegliarmi dai miei pensieri con qualche zampettata..

“ Piccina mi chiami per la pappa vero?” dissi accarezzandole la testolina.

E lei in tutta risposta fece un miagolio come per dire “ Si cara ho fame io!”

“Calma, la tua pappa adesso te la vado a prendere!”

Detto fatto aprì lo sportello, dove conservavo il cibo per Luna e mi accorsi che in fondo molto in fondo nascosto dietro tre pacchi di pasta e uno di lasagne c’era il tanto agognato riso. Si una tortura in meno!

“Luna grazie grazie grazie!!!!!” la alzai in aria e la riempì di baci. Mi aveva salvato la vita. E lei si godeva le mie coccole.

Preparai il pranzo per entrambe e mi misi a guardare svogliatamente la tv in salone. Era una cosa che non dovevo fare, perché mia madre odiava le briciole sul divano o qualunque altro liquido che si versasse sulla sua preziosissima pelle bianca, ma siccome non c’era potevo godermi quel momento di pace.
Il piatto del giorno era zuppa di miso con verdure. Non era tra i miei piatti preferiti,  avrei sicuramente scelto una bella fetta di torta ma mi dovevo accontentare… e poi non è che avessi tutta quella fame.
Finito il mio pranzo, ritornai in cucina per lavare il piatto e quello di Luna che lo aveva lasciato candido. Sorrisi della mia gatta.

“Piccina io salgo tu che fai?” mi girai verso di lei che iniziò a seguirmi.

Salì le scale con tutta la pigrizia di questo mondo e dell’altro. Aprì la porta della mia camera e appena avvistai il letto mi ci fiondai letteralmente. Ero un po’ stanca… e la giornata ancora doveva finire. Mi mancavo un sacco di cose da fare le faccende, gli studi, quella stupida tesina che dovevo fare entro lunedì….alzai la testa dal materasso e mi girai verso il comodino.
Era li che mi fissava. Vedevo il mio viso allegro e felice e il suo sguardo dolce.
Quel giorno, quel ricordo che avevo nascosto a me stessa, era risalito come una bolla d’aria sott’acqua...

“ Dai Mamo facciamo una foto! Possiamo farle lì!!” lo tirai per un braccio.
“Si ma non tirare!” disse ridacchiando.
“ Dai, dai ne voglio fare un sacco!”spostai la tendina blu e mi sistemai sullo sgabello “E tu che fai non entri?”
“Ma non si può! Io non ci entro neanche!” aveva spostato la tendina con quel sorrisetto che mi piaceva tanto.
“ Ma sta zitto e entra!” lo tirai per quel braccio che avevo stretto tra le mani e lo feci sedere sullo sgabello appropriandomi delle sue gambe “ E adesso sorridi!” gli stampai un bacio sulla guancia e ammirai i suoi occhi.


Scossi la testa perché dovevo dimenticare. Non è così difficile vero? Bunny non ti chiedo tanto, solo un po’ di pace!
Presi quella foto e la lanciai sotto il letto. Non volevo vedere il suo viso. Altrimenti non sarei più riuscita ad andare avanti.

Presi il portatile che avevo lasciato sul comodino la sera prima  e lo accesi per leggere le ultime email ricevute.
La maggior parte erano della mia zietta preferita, zia Yumiko.
Aprì l’ultima che mi era arrivata:

Tesoro è da tre giorni che non ti fai viva. Cosa è successo? Devo prendere il primo aereo per Tokyo? Devo usare le mie armi peggiori? Chiamo l’ambasciata giapponese?
Allora? Devi raccontare tutto alla tua zietta!
Come vanno le cose con l’università? Mi ricordo che anche io avevo scelto Lettere ma poi mi ha stufato e sai come sono!!! Le tue amiche come stanno? Sai dovresti spedirmi quei meravigliosi biscotti che fa la tua amica chef … se mi ricordo si chiama  Makoto vero? Ma poi se ne mangio troppi ingrasso e addio dieta!! :)
E da una vita che non vengo in Giappone e forse dovrei prendere delle ferie per venirvi a trovare, la mia sorellona come sta?  Sempre la solita perfezionista? Il mese scorso volevo venire ma sai che ho troppo lavoro da sbrigare qui! Michael è fritto senza di me e se manco più di un’ora tutti i ragazzi sono persi…
Comunque non mi hai più raccontato del tuo ragazzo, come è andata quella famosa cena?  Eri così felice l’altro giorno che ero felice anche io! Spero  che sia andata come desideravi tu! È un così caro ragazzo quel Mamoru! Hai proprio buon gusto!
Ti lascio, come sempre troppo presto. Mi desiderano quindi mi farò sentire molto spesso!
Rispondimi appena la leggi! Tesoro ti voglio un mondo di bene e chiamami appena puoi io sono sempre disponibile lo sai! Verrai prima o poi?
Mi manchi tanto!
La tua pazza preferita.


Verrai prima o poi?
Già … andrò prima o poi?
Era da una vita che non sentivo la sua voce squillante e le sue risate, anche a me mancava un mondo, ma se le avessi telefonato di sicuro l’avrei svegliata.

È un così caro ragazzo quel Mamoru.

Già un così caro ragazzo…
il suo nome… mi aveva letteralmente seccato la gola….i miei occhi pizzicavano fastidiosamente.. Ed  era così..così… strano. Il mio cuore collegato saldamente con il mio cervellino batteva all’impazzata al solo pensiero di quel nome, di quei occhi e … della sua voce.
No no no Bunny ricorda che tu lo devi dimenticare! Assolutamente! Lo devi cancellare dalla tua testa e dal tuo cuore! Prima dal tuo cuore…anzi prima parti dalla testa... No, la testa e il cuore insieme. Riassumo: dimenticalo! Dal cuore dalla testa basta che lo scordi. Oppure rovinerai la sua vita.

Non spensi nemmeno il pc. Ero arrabbiata triste e ancora arrabbiata. Si, arrabbiata con me stessa, con la mia testa e con il mio cuore!
Lo lasciai sul letto , quasi come per dispetto, perché per colpa sua avevo ancora pensato a lui. Mi buttai giù dal letto e mi precipitai verso le scale. Pazza? Si sono pazza anzi stavo per impazzire. Felice..triste..e arrabbiata. Provavo tutto in contemporanea..Dovevo parlare con qualcuno, sfogarmi solo con la mia gatta non mi era bastato. Povera l’avevo strapazzata con tutte le lagne e pianti che avevo fatto per tre giorni di fila, ma lei comprensiva come sempre e più intelligente di tutti i gatti dell’intero universo, mi aveva ascoltata e consolata come nessun essere umano avrebbe fatto al posto suo. Lei si che era la mia gatta. Ma oltre a sentire miagolii e fusa non ero riuscita a levarmi dal cuore quel grosso masso. Dovevo dire tutto alle altre . A tutti i costi. Dovevo sentire le parole…sentire, che ne so,  ti voglio bene Bunny, non ti lasceremo sola ci siamo noi qui. Cose del genere. Anche se non fosse stata la verità, io le avrei volute sentire lo stesso perché ne avevo un disperato bisogno. E chi mi avrebbe aiutato se non le mie migliori amiche? Già non le vedevo da un po‘, ormai gli impegni ci avevano allontanate e alla fine non ci vedevamo molto spesso… chi studiava chi lavorava chi faceva entrambi. Quando non riuscivamo a incontrarci  ci sentivamo, con qualunque cosa, messaggi chiamate email…  a me bastava qualche chiacchiera e stavo bene, mi bastava sentire le loro risate le loro voci e le battutine maliziose per farmi stare meglio…

Quella mattina stessa oltre a tutte le telefonate di quella pazza di mia madre avevo ricevuto una chiamata di Rei, mi voleva avvisare di quell’appuntamento a casa sua ,come sempre, verso le tre. Per fare una bella rimpatriata aveva detto. E io immediatamente ho accettato.
Come se fosse passata una vita ricordavo ancora tutti quei casini che avevo combinato insieme a loro…. Da quando avevo finito le superiori era passato tutto così in fretta che non mi ero resa conto di nulla…. Io gravitavo intorno a lui…e adesso che il mio mondo non c’era cosa avrei fatto? Mi ero persa un sacco di cose e tra le più importanti quei famosi preparativi delle nozze…
Rei adesso si doveva sposare  mancavano poco più di due giorni e come ciliegina sulla torta   ero la sua testimone! E non l’avevo aiutata in nulla. Faccio proprio schifo!
Ami da li a poco sarebbe diventata medico, Makoto adesso era capo chef dell’albergo più famoso di Tokyo e Minako ormai era un’attrice. E io? Io ero rimasta la solita sfigata che per prendere un voto decente doveva studiare giorno e notte. Avevo avuto la geniale idea di prendere lettere ma … alla fine avevo fatto una grande cazzata a scegliere lettere. Io non ero tipo da lettere, e come tutti gli scansafatiche della mia scuola avevo scelto la facoltà più semplice appunto. Lettere. Ero proprio come mia zia, non ero adatta a quella facoltà. Be lei l’aveva capito in tempo ma io? Proprio adesso i dubbi dovevano rompermi le scatole?
Ma se non facevo lettere che potevo fare? Un lavoro lo devo trovare! E papà? E mamma? Cosa avrebbero pensato loro due di quell’idea che ballava nella mia testolina? Restare o lasciare? Lasciare o restare?

Mi infilai in fretta e furia le scarpe e il cappotto, presi la borsa e corsi verso la mia meta. Volevo correre. Almeno non avrei pensato a delle stupidaggini! E avrei scaricato tutta la mia preoccupazione nella corsa. Lo so, adesso starete pensando che fra due minuti piova perché io solo la reincarnazione della pigrizia fatta persona e correre e come vedere il sole azzurro..ma cosa potevo fare se non sprecare le mie energie nella corsa sfrenata..Oltre al mio stato sentimentale adesso dovevo pensare anche all’università. Il mio secondo nome era figlia della sfiga.  (Fuun no musume) se volete.
Ci misi un misero quarto d’ora e ancora nella mia mente vedevo il SUO nome scritto come se averlo letto mi avesse ucciso ancora una volta. Ormai il mio cuore era un puntaspilli per quanto era trafitto. Dovevo pensare a qualcos’altro, ad esempio al tempo, si al tempo…oppure alle mie amiche  e alla mia vita. Volevo stare ancora per un po’ con le mie amiche e vivere spensierata come avevo sempre fatto, ma senza di LUI. Sarebbe stata la cosa più difficile ma ci sarei sicuramente riuscita.

Avevo il fiatone e iniziai a salire le scale del santuario molto lentamente. Mi faceva male il fianco, non so cosa, milza fegato, non ci capisco nulla di medicina, era Ami il medico non io, e poi grazie alla mia mancanza di allenamento ero già spompata dopo un paio di metri. Finite mi ritrovai davanti al tempio sacro, in tutta la sua maestosità. Alzai lo sguardo per vedere il cielo….nuvoloni neri… si prospettava una giornata…
Rei era fuori che liberava l’entrata dalla neve, in tutta tranquillità con un sorrisetto stampato in viso. Si vedeva lontano mille miglia che sprizzava gioia da tutti i pori..era inverno ma intorno a lei sembrava primavera, era ignara dei nuvoloni che volteggiavano sulla sua testa. Pensare che qualche giorno prima ero nella medesima situazione e adesso…

“Bunny che fai li impalata? Va da lei!”

Appena mi ripresi da quei pensieri profondi grazie all’aiuto della vocina, gli saltai addosso.

“ O cielo! Bunny la ritardataria è arrivata in larghissimo anticipo cosa è successo?” disse ricambiando il mio abbraccio.
“  Sempre la solita, non avevo nulla da fare così sono venuta un po’ prima, me ne devo andare così torno più tardi?” dissi facendo per andarmene.
“No, no entra pure, scherzavo! Vuoi una tazza di thè?” rideva tirandomi per un braccio.
“ Assolutamente si!” sorrisi.

Andammo in camera sua e mi sfilai il cappotto e le scarpe. La borsa l’avevo lanciata sul letto.

“ Fatto qualcosa di interessante?” mi chiese porgendomi la tazza di thè fumante.
“ Le solite cose, ho fatto un giro, la spesa e poi qualche faccenda, niente di che” risposi con tono annoiato. Cosa ci potevo trovare di emozionante nella mia giornata? Le maledizioni che ho lanciato a quel commesso?
“ Oggi niente lezione? Lettere no? La trovi sempre così eccitante?” chiese prendendo posto di fronte a me
“Niente, e poi è la cosa più monotona in assoluto. Pensavo che fosse facile e invece..”
“Bunny niente è facile nella vita” sorrise come per darmi forza.

Adesso potevo affermarlo anche io.

“ E come mai hanno sospeso le lezioni?”
“ Il professore di filosofia si è sentito male e siccome non sono riusciti a trovare in tempo un sostituto, ci hanno mandati a casa”
“ E non sei felice di questa vacanza improvvisata?”

Felice? Sembrava essersi cancellato dal mio dizionario quell‘aggettivo.

“ Siccome questa vacanza non l’avevo programmata mia madre ha approfittato del fatto che sono rimasta a casa e mi ha schiavizzato per bene”
“Ma dai la solita esagerata, un po’ di lavoro non fa male a nessuno, soprattutto a te Bunny”
“ La mia non è esagerazione e la dura realtà Rei! Ho una madre rompi palle!”
“La vorrei avere anche io Bunny” disse triste.

Cavolo invece di essere felice gli sbatto in faccia che lei non ha una madre!

“ Lasciamo  l’argomento Mamma ti va?“ le appoggiai una mano sulla spalla. Non ero venuta li per contagiare tutte con la mia tristezza!
“Va bene”
“Allora come vanno le cose con Yuichiro?” presi la rivista di gossip sul tavolo.
“ Il solito testardo, invece di aiutarmi a sistemare il tempio è andato a fare un giro per le concessionarie” disse lei con un calzino in mano. Aveva intenzione di rattopparlo..era già in fase Mogliettina mode.
“ A fare che scusa? Non aveva già una macchina?” continuai sfogliando la rivista senza soffermarmi sulle notizie.
 “Ha detto che vuole comprare una macchina nuova perché dice che quella che abbiamo non è adatta a noi due” aveva preso anche ago e filo.
“ Che ragazzo….strano e pensare che non ha nemmeno due anni quella macchina! Ma in fondo siete giovani no?”
“ Sembri una nonnina”
“ Già mi sento novantenne”

Mi mancano i ferri, due gomitoli di lana e inizio a fare la sciarpa, il gatto non serve ho già Luna.

“Ma che ti è successo? ti vedo stanca”
“ Questa è stata una giornataccia” dissi inzuppando un biscottino. Che dovevo dirgli? Non chiudo occhio da giorni? Adesso il mio sport preferito è correre dietro la verdura?
“  Sai forse è meglio che ti riposi ti vedo così pallida”

Avevo esagerato con il trucco, adesso penserà che sono un vampiro. Anche mamma l’aveva notato…di solito preferivo avere un look più acqua e sapone che top model.

“Tranquilla, appena arrivo a casa mi tuffo sotto le coperte e non mi risveglio fino al prossimo mese”
“ Ehi al mio matrimonio non ci vieni? E pensare che sei la mia testimone!” quasi strillò nel dirlo, alzò lo sguardo dal suo calzino blu scuro e mi fulminò con gli occhi. Pregavo che non mi accecasse con l’ago.
“ Non aspetto altro, ho un discorso da fare io!” dissi ridacchiando, meglio ridere o domani mia madre avrebbe letto sul giornale in grassetto e a prima pagina con la mia faccia in bella mostra: TESTIMONE UCCISA BRUTALMENTE DALLA SPOSA, A CAUSA DELLA MANCANZA ALL‘EVENTO.
Mi vedevo già con gli aghi conficcati nel collo….chissà sarei finita forse nei guinness dei primati, tra la categoria : morti fantasiose.

E come essersi ripresa continuò“ Già ti immagino a ringraziare gli chef del pranzo delizioso e di chiedere alla fotografa di farti uscire più magra con Photoshop!”

Chissà com’è preparare un matrimonio, deve essere davvero stressante se alla prima battutina mi si scalda così.

“ Come hai fatto a indovinare?” dissi con finta sorpresa.
“ Tutto merito della mia intelligenza cara” sorrise “Comunque non ti azzardare a darmi buca, che mi ci faccio i cuscini con la tua pellaccia, intesi?”
“ Afferrato il concetto”
“Bene”

Tra le nostre risatine e le chiacchiere, avevamo messo da parte l’argomento Matrimonio, sentimmo bussare alla porta.
Per quel poco avevo dimenticato perché ero venuta li ma poi come un masso caduto in testa, quel pensiero mi era ritornato. Dovevo parlare con loro.

“Ciao ragazze!” urlò Makoto spalancando la porta.
“ Ami, Makoto siete venute!” disse Rei lasciando il suo lavoro sul tavolino, alzandosi e abbracciandole.
“ Siamo in ritardo?” disse Ami iniziando a preoccuparsi.
“Tranquilla avete spaccato il minuto” risposi sorridendo.
“ Bunny ma tu che ci fai qui?” mi domandò Makoto con tono sorpreso.
“ Sono venuta un po’ prima, perché tutta questa sorpresa?”
“ Lo sai che è la prima volta in tutti questi anni che ti conosco, che vieni in orario?”  disse levandosi il berretto e il cappotto.
“Makoto cara c’è sempre una prima volta” rispose Ami ridacchiando facendo lo stesso.
“Lo vedo, quindi manca solo Minako giusto?” si guardò intorno.
“ Si, che hai in quella busta?”domandai curiosa.
“ Biscotti fatti in casa volete assaggiare?”
“ Siiiiii!!” urlai di gioia.

Erano quasi le quattro e mezza, e ancora non si vedeva l’ombra di Minako. Stava iniziando a piovere per bene, sui vetri della finestra chiusa facevano a gara le goccioline che scendevano velocemente… e i tuoni si facevano sentire insieme ai fulmini che facevano la loro comparsa nel cielo. Tutto questo accompagnato dal vento impetuoso. Poi un fracasso ci fece girare verso la porta.
Ci stavo rimanendo secca. Ve lo giuro! Come in un film horror quando arriva l’assassino che ti spalanca la porta e dietro di sé compare un fulmine e un tuono che ti fanno notare la sua  presenza.
L’assassino, anzi l’assassina in questione era Minako.

“Scusateeeeeeeeeeeeeeeeee il ritardoooooooo!!!”  urlò con affanno. I capelli zuppi il cappello ormai una massa informe di lana appoggiata sui capelli e non c’era l’ombra di un ombrello.

“Minako!” urlammo tutte insieme.
“ Alla buon ora!” disse Rei mettendo le mani sui fianchi.
“ Mi hai fatto venire un colpo! Non puoi spalancare così la porta!” dissi io levando la mano dal cuore che batteva all’impazzata.
“Scusa per l’urgenza ma non me ne frega un’accidenti della porta!” rispose lei piccata.
“Be a me si perché si tratta della mia porta!” la sgridò Rei
“ Cavolo sei tutta fradicia!” affermò Ami.
“Ma va, proprio adesso mi doveva prendere l’acquazzone”
“Solita scema, la tv non la vedi? E da giorni che dicono che ci doveva essere un brutto temporale” prese parola Makoto.
“ Sentite invece di stare li a fissarmi, perché non mi date una mano? Le prediche lasciatele per dopo” chiese irritata.

Aveva due buste enormi in una mano, una borsa nell’altra e un pacchetto sopra la borsa  strapieni di roba. Insomma tutta zuppa… borse pacchetti e pacchettini che gocciolavano...

“Sicuramente appena strizzo il cappello  riempirò un secchio per tutta l’acqua che ha raccolto questo coso!”
“Tesoro potevi aspettare, tanto cinque minuti in più cinque minuti meno, in ritardo eri già” parlò Rei.
“Ma che c’è dentro?” domandai appoggiando la borsa per terra “ Cavolo mi sono graffiata” e misi il dito in bocca per disinfettare la piccola ferita. Scusate almeno le cose elementari del pronto soccorso le conosco.
“ Bunny solita imbranata, quella è una spada finta sta attenta, li devo riportare sani e salvi! Se ci vedo un graffio ti stacco la testa e l’attacco al finestrino della macchina! Comunque ci sono costumi di scena e altro, li ho presi per la lezione con i bambini che ho domani” disse lei dando una delle buste a Rei.
“ E serve tutto questo?” chiese Makoto indicandole.
“Già il signor Perfezione” virgolettò l’ultima parola con le dita ”le voleva entro domani così ho dovuto fare tutto il giro della città in bicicletta per trovare queste cose.” disse levandosi il giubbino nero zuppo e sfilandosi dei stivali neri con tacco vertiginoso.
“Wow!” fece Rei.
“ Wow un corno! Sono caduta un sacco di volte e come tocco finale ho fatto gli scalini quattro alla volta per arrivare in orario da te! Con la bici scassata che mi ha trovato quell‘idiota” continuò strizzandosi i capelli.
“ Allora prendi un po’ di thè così ti riscaldi” continuò Rei porgendogli la tazza fumante.” E vado di là a cercarti degli asciugamani e dei vestiti asciutti.” disse alzandosi e uscendo dalla stanza.
“Oh ti ringrazio ne avevo proprio bisogno!” sorrise soddisfatta, levò anche la magliettina con la stampa e ci fece vedere quelle bellissime grazie che madre natura le aveva concesso. Coppe perfette, dietro le quali ogni uomo avrebbe consumato tutta la bava che aveva in corpo. Ecco cosa mi mancava uno spogliarello implicito davanti ai miei occhi. A sbattermi in faccia, guarda, guarda che tette! E il sedere ne vogliamo parlare? Sapevo benissimo che Minako non si vergognava affatto di noi, infatti poco dopo si sfilò i pantaloncini in jeans e i legghins neri che aveva sotto. Bene, non del tutto nuda, in intimo: reggiseno e culottes in pizzo verde. Mooolto sexy.

“ Scusa ma chi sarebbe il signor Perfezione?” chiese Makoto riempiendo la sua tazza.

Ma non sentiva freddo? Lei era li davanti a me con le braccia incrociate come se niente fosse e io avevo freddo e portavo addirittura le calze di lana se vogliamo dirla tutta.

“ Sarebbe quell’idiota di collega che mi hanno affibbiato!” disse sbuffando facendosi una crocchia in testa con un elastico preso dalla borsa “ E pensate che dovrò sopportarlo ancora per molto, molto tempo” confessò afflitta.
“ Ma dai io l’ho visto è davvero carino!” dissi sorridendo. Dai meglio pensare a qualcos’altro.
“ si, carino quanto vuoi, ma è un grandissimo stronzo! Critica qualunque cosa io faccia!”

Entrò Rei nella stanza con in mano tutto il necessario per la mia amica bagnata come un pulcino. Maglioncino, pantaloni di jeans e un paio di scarpe da tennis e degli asciugamani.

“ Aspetta se non sbaglio si chiama … Rio..Ruy..” tentai in tutti i modi di ricordare quel nome ma non mi veniva.
“Ryuta . Ryuta Tomaka” disse Minako secca.”Ti ringrazio Rei”
“Di niente” sorrise e si sedette vicino a me.
“ Si Ryuta! Ecco come si chiama! Comunque io l’ho visto quando sono venuta a prenderti l’altra sera e non mi sembrava tanto cattivo, non ti sei mai accorta delle occhiate che ti lancia?”
“ Si occhiate di fuoco! Mi fissa con quei occhi come se mi volessero uccidere!”

Della serie se gli sguardi potessero uccidere.

Aveva alzato un pochino la voce, la sua espressione era buffa. Concentrata e incavolata. Evidentemente gli stava proprio sulle scatole. Pensare che è sempre lei che si lancia tra le braccia del sesso opposto, senza troppa difficoltà. Non sto dicendo che è una ragazza facile, questo mai! Ma lei è molto fiduciosa nel prossimo, soprattutto se le due condizioni vanno bene insieme. Cioè A e B.
A) bello e affascinate
B) carino e assolutamente gentile.

 Si sfregava con tanta energia l’asciugamano sulla sua pelle morbida … che avevo paura si bruciasse. Di asciutta adesso lo era di sicuro. Scaricava la rabbia su quel povero pezzo di stoffa e a soffrire era la pelle che irritava.

“ Che tipo è?” chiese Ami.
“ Alto, capelli castani ricci e occhi marroni, abbastanza muscoloso ma non troppo” continuò con la sua opera infilandosi i jeans e il maglioncino ritornando la Minako di sempre.
“ Non l’hai proprio visto di striscio eh” ridacchiò Rei.
“ Che ci posso fare? Sono una ragazza, quindi è del tutto normale che io fissi un ragazzo. posso ammettere che di aspetto fisico e davvero carino ma il carattere è pessimo!”
“Be pure tu non scherzi” affermò sottovoce Makoto
“E?”
“Niente allora com’è lavorare con lui? È bravo?” chiesi salvando la pelle alla nostra chef.
“ Nel suo lavoro è bravo, anzi più che bravo, è assolutamente perfetto, l’uomo che vorrebbero tutti! con i bambini è un amore, sempre gentile sempre con quel sorriso in faccia stampato, ma poi si gira verso di me e quel sorriso diventa un ghigno orribile! è davvero acido e mi fa fare tutte le cose noiose e pesanti! Come sistemare cartelle che non vengono aperte da decenni o portare su e giù per dieci rampe di scale scatoloni a non finire, oppure Come il compito di oggi, anche se fa un freddo cane mi ha mandata lo stesso alla ricerca del materiale. Da sola! Con un triciclo arrugginito.”
“ Che sarà mai prendere qualche costume”
“ Mako-chan è essere schiava! Tutto il lavoro pesante lo deve fare lui non io! Io sono una ragazza fragile!”
“Più fragile di te non c’è nessuno!”
“Smettila non è divertente. Io dovrei insegnare ai bambini, non lui!”
“Ma non era lui l’esperto?” continuò Ami.
“Sono più esperta io!” puntualizzò Minako.
“ Adesso stai solo facendo pratica, sicuramente ci sarà più in là un futuro da attrice per te” disse Rei.
“ Non pratica, è gavetta e io la odio”
“Non è la stessa cosa? sicuramente a breve ti rifarai”
“Gliele farò pagare tutte! Una per una e quando vedrà che io sono più famosa di lui verrà a pregarmi in ginocchio di perdonarlo per tutte le cose che mi ha fatto!”

Ci mancava solo la risata malefica e poteva partecipare ai provini di Harry Potter come strega.

“Ma dai in qualcosa ti aiuterà no?” chiese Makoto.
“ Si a dirmi dove vanno messe le cose”
“Bugiarda! Quando sono venuta a prenderti vi ho spiato dalla porta, e ti stava facendo vedere alcune posizioni che devi prendere sul palcoscenico quando reciti” quasi glielo urlai in faccia.
“ Stava rispondendo ad una domanda stupida che gli avevo fatto solo per curiosità, niente di più”
“Niente di più? Non hai visto come ti toccava quando ti faceva vedere le posizioni?” continuai con la mia battaglia.
“Si mi ha fatto male”
“ E la faccia? L’hai osservata?”
“Veramente no”
“Hai fatto male! Dovevi. Così vedevi con i tuoi occhi che effetto gli fai!”
“Bunny finiscila di fare cupido, io quello li non lo voglio vedere neanche in foto! già mi tocca sopportarlo troppe ore al giorno!”
“ Se ce l’avessi anche io uno che mi viene dietro, non me lo lascerei scappare”
“ E’ una tragedia Makoto! Te lo regalerei con tutto il cuore!”
“  Tu le conosci bene! Sei un‘attrice” intervenne Rei
“ Non fare battutine! Rei questa è una cosa seria! È odioso e spocchioso!”
“ Secondo me gli piaci” gongolò Ami.

Ami hai perfettamente ragione. Quella faccia è da innamorato! Io l’ho visto! Mancavano solo gli occhi a forma di cuoricino.

“Dici? Figurati cosa fa a chi odia!”
“E’ innamorato!” urlai io
“Ma dai!” continuò la bionda.
“Ma non vedi che ogni volta che lo guardi lui arrossisce e sposta lo sguardo da un’altra parte?”
“ Evidentemente la mia faccia non gli piace” affermò incrociando le braccia sotto il petto.

Cavolo testarda come un mulo!

“ Oppure è semplicemente timido!” disse Makoto.
“Ma va timido! Più cacchiata di questa non la potevi tirare fuori! devi vederlo quando mi sbraita in faccia e tira fuori tutta la sua timidezza! È solo un idiota! E basta.”

Dopo l’arrivo di quella pazza di Minako tutte iniziarono a parlare del più e del meno del matrimonio di Rei e del loro futuro. Io invece ero li zitta, zitta che non spiccicava parola. Anzi stavo leggendo con attenzione un articolo di cronaca rosa che mi aveva colpito e c’era una  foto che  mi aveva attirata … quel cantante famoso di Tokyo quella band strana non ricordo il nome, si era lasciato con una presunta attrice di Hollywood. E c’erano li le loro facce peggio di un funerale divise da un fulmine. E poi senti dire nelle loro interviste che preferivano non essere famosi… io non è che avrei dato tutto per diventare famosa ma insomma loro ce l’hanno  avuta, quindi perché lamentarsi?

“ Rei aspettati un addio al nubilato favoloso!” disse Minako allargando le braccia a più non posso. Aveva già eliminato dalla sua testa Ryuta.
“ Vi prego ragazze niente spogliarellisti!” pregò Rei unendo le mani.
“ Guastafeste! Un addio al nubilato senza spogliarellisti è come un matrimonio senza sposa!” sbraitò Minako sputacchiando pezzetti di biscotto.
“ Se Rei non vuole gli spogliarellisti niente spogliarellisti chiaro? “intervenne Makoto sorridente, e ritornò al suo libro di ricette.
“ Insomma e che volete fare?” continuò imperterrita.
“ A me basterebbe una semplice serata con voi! Anche andare al cinema e dopo una pizza” Rei invece finito di rattoppare il calzino era passata al ricamo. Non mi ero mai immaginata che Rei sapesse ricamare.
“ O cavolo!siete davvero Noiose!” detto ciò incrociò le braccia al petto e mise su un finto broncio.
“Minako non attacca, non fare pratica su di noi con le espressioni facciali. quando arriverà il tuo di matrimonio allora chiameremo tutti gli spogliarellisti della città, contenta?” disse Ami inforcandosi gli occhiali e aprendo un tomo enorme quanto il libro guerra e pace, affianco a se e accese il pc..

Che bello! Adesso si che potevamo interagire. Io che leggevo una rivista, Makoto aveva il suo ricettario tra le mani, Ami ormai stava approfittando di quel momento per studiare e Rei faceva pratica per il maritino.

“ Oh lo fareste per me?” aveva le lacrimucce.
“ Assolutamente” sorrise Rei.
“ Allora dovrete trovare i più bei spogliarellisti di tutto il Giappone!”
“ E la gelosia del tuo fidanzato chi la controllerà?” la canzonò Makoto.
“Non io!” sorrise Minako “ E poi non troverò mai un marito geloso”
“ Chi può saperlo magari quel Ryuta è geloso!” disse Rei stuzzicandola.
“ O mio dio smettetela io non mi metterò mai con quello lì!”
“ Si si vi do al massimo una settimana anzi tre giorni e tu starai già fra le sua braccia!” continuò la giovane sposa, “ Cavolo più tardi devo andare a ritirare i vostri vestiti!”
“Ma la sbadata non era Bunny?” sottolineò Makoto ridendo. E a lei ci unimmo tutte quante.

Ormai avevo perso interesse per quella rivista… non mi andava di leggere tutte quelle stupidaggini, di quanto era bello che quella top model era stata presa per un servizio fotografico importante, che un attore americano si era messo con quella cantante russa e avevano deciso di sposarsi.. Non volevo leggere tutta quella felicità..mi davano ai nervi le loro facce sorridenti..quelli erano solo sorrisi falsi, non veri!
Alzai lo sguardo e feci un breve punto della situazione.
Le ragazze erano davanti a me che chiacchieravano felici come un tempo ed io…..non avevo assolutamente voglia di ridere e scherzare perché in quel momento l’unica cosa che volevo fare era piangere e basta. Piangere anche senza motivo…E se mi avessero visto piangere? Cosa potevo dirgli? Come potevo spiegargli la situazione che da li a poco mi avrebbe stravolto la vita? Che cosa potevo fare per restare così come ero? Niente assolutamente niente.

“ Ehi Bunny ci sei???” Minako mi sventolò una mano davanti al viso.” Hai una faccia..”
“ E? Ehm cosa?” dissi risvegliandomi dai miei pensieri. Che faccia? Questa è la mia faccia! Ho una faccia strana? Mi sono messa a piangere e non me ne sono accorta?
“ Sei rimasta con la testa da un’altra parte! Ti stavamo chiamando sbadata, e tu non hai detto nulla! Di solito sei tu quella che sbraita”

Meno male… sono riuscita a trattenermi.

“Scusate e che stavo pensando ad una cosa ed io …ecco..”dissi passandomi una mano sulla fronte.
Si che cosa Bunny? Dai inventa una cavolata cosi fai le prove generali per quando lo dirai ai tuoi genitori.

“ A cosa?” domandò  Makoto “ Ci dobbiamo preoccupare?”

Non risposi. Mi limitai a fissarla. E adesso? Che dovevo dirgli? Si vi dovete preoccupare perché io sono una grandissima idiota! La regina delle idiote! No no. Dovevo prepararle e poi dirgli tutto con più calma. Moltissima calma. Si avrei fatto così. Preparare il colpo. Preparare il colpo.

“ Bunny se c’è qualcosa che ti preoccupa lo sai che ce lo puoi dire” disse una Ami sorridente appoggiando una mano sulla mia che era ferma sul tavolino. Ferma, fredda e tremendamente sudata, da far schifo.

“Si …e…e vi ringrazio tantissimo per quello che fate ma davvero non è niente.”
“ Non sembra cosa da niente Bunny, di solito quando fai quella faccia è una cosa seria”

Perché quando ho una faccia normale faccio ridere? Cioè spiegatemi. Non è che sono  sempre seria. Ma diamine quando lo sono devo far preoccupare il mondo intero? Sono nata con questa faccia! Non posso di certo dire che sto nella cacca fino al collo e dirti “no va tutto a meraviglia!”

 “Ma io…non so …..da dove cominciare”

Ma brava Bunny! Dai così continua così!

“Dall’inizio Bunny non è difficile“ disse Minako mangiucchiando un altro biscotto.

Grazie lo sapevo ma come faccio? Senza di te Minako sarei davvero persa, grazie per la tua delicatezza.

“Non sarà mica successo qualcosa con il tuo Mamo-chan” ridacchiò.

Mamo…il MIO Mamo…NO NO NO basta Bunny dimentica! Dimentica! E non iniziare a piangere sai!

Annuì e delle piccole lacrime riuscirono a sfuggirmi. Cavolo! mannaggia a me e alla mia stupida sensibilità. Mi ero avvertita da sola, adesso mi toccava farmi prendere a calci da qualche passante per la strada!

Alzai lo sguardo e le vidi con occhi persi, totalmente persi. Mi fissavano, come se fossi un fantasma che ha appena fatto BU!
No no non guardatemi con quelle facce!

“ O cacchio scusami Bunny io, io non” si alzò in fretta e si mise vicino a me.
“Minako non fa nulla prima o poi ve lo avrei detto” non riuscì nemmeno a sorridere non ne avevo proprio la forza.
“ Bunny che ti ha fatto? Ti ha lasciata?” chiese Rei.

Di solito non è l’uomo che lascia la donna?
Feci un respiro profondo per prepararmi, mi asciugai il viso spazzando via lacrime e trucco, quindi pensate ad uno zombie, uguale sua sorella gemella, e poi iniziai.
Dovevo fare mente locale a tre giorni fa, non mi risultò difficile perché ecco…non avevo dimenticato affatto, nulla. Assolutamente nulla.

“ Rei ti ricordi che ti avevo telefonato tre giorni fa?”
“Si…e come eri agitata sentivo i tuoi strilletti dal telefono, come dimenticarseli” mi sorrise.
“Già..”
“ Se non sbaglio volevi andare a quel negozio nuovo del centro commerciale,  per trovare un vestito fantastico per quella cena che avevi la sera stessa.”

Un vestito da dio che mi era costato un patrimonio..

“Esatto”
“Che cena?” chiese Makoto.

Anche se la cena mi allettava molto.

“ Mamoru mi aveva invitato ad una cena“ dissi fredda quasi glaciale.
“ Se lo chiami con il suo nome di battesimo allora devi essere proprio arrabbiata con lui“ affermò Minako.

Già come non darle retta. Non lo chiamavo mai con il nome intero, lo avevo sempre chiamato Mamo-chan , solo in casi eccezionali come quando mi arrabbiavo con lui o quando litigavamo seriamente usavo quel nome.

“ Era una cena per voi due solamente?” Domandò Ami facendomi ritornare sulla terra. Salvandomi da quei ricordi.
“ No, voleva solo farmi conoscere la sua famiglia… insomma suo zio sua zia e suo nonno..e alcuni amici di famiglia”

A ripensare a quell’uomo mi si gelò il sangue nelle vene.

“Solo farti conoscere la sua famiglia? Come fai a dirlo con tutta questa tranquillità?  Ma lo sai di chi stai parlando? Della famiglia Chiba! La più importante in quasi tutto il Giappone! Cioè hanno quasi la stessa importanza di un attore Hollywoodiano!”

Minako grazie per queste informazioni ma le sapevo già!

“E?” mi incitarono tutte
“ E niente ho passato una serata relativamente tranquilla”

Si diciamo tranquilla, abbastanza, be eliminiamo le occhiatacce dell’onorabile signor Chiba…e.. si ..poteva andare come serata. Almeno all’inizio.

“Coniglietto le stai facendo impazzire” sta zitta vocina del cavolo!
“Ti davo un consiglio io!” mi metti solo agitazione e basta!
Bunny adesso non è il momento di litigare con la tua testa, ci penserai più tardi.
Sto solo girando intorno al problema. Dai uno strappo e via! Su!

“ Insomma ho lasciato Mamoru!” dissi tutto ad un fiato.

Altro che strappo questo era peggio di un secchio d’acqua gelata in faccia. Non dovevi preparare il colpo?
Non avevo più aria nei polmoni mi si era consumata tutta a dire quella frase.

“ Tu hai fatto cosa?” chiese sorpresa Minako quasi alzandosi.
“ Non stai scherzando vero?” continuò Rei incredula.
“ Ho la faccia di una che scherza per caso?”

Cavolo io gli stavo dicendo una cosa importantissima e loro pensano che io scherzi? Allora ho davvero la faccia da scema!

“ No… ma perché lo hai fatto? Così di punto in bianco” domandò Ami chiudendo il portatile e fissandomi attraverso le lenti sottili di quegli occhiali.

Cavolaccio! Se Ami mollava i suoi studi per fissarmi in quel modo, l’avevano presa proprio male, male.
“Be che speravi che ti saltavano addosso dalla felicità?”
No però che ne so volevo che non fosse così traumatico.
“Bunny quando ti sei messa con lui la prima volta,gli hai rotto le scatole per anni a queste povere ragazze, adesso è normale che siano sconvolte, mi meraviglio che tu non l’abbia pensato prima.”
Diciamo che era una reazione che non avevo considerato a priori, grande ascolto i consigli della vocina interiore.
“Servo anche a questo”
Be non è il momento adatto quindi a nanna!

“ Per il suo bene e per il mio, ragazze è meglio così” dissi passandomi una mano fra i capelli. Continua Bunny, fredda e distaccata, fredda e distaccata.
“ No no che non è meglio! Tu lo ami Bunny come hai potuto lasciarlo?” disse Makoto quasi alterata. Aveva in mano il libro di ricette chiuso, pronto a lanciarmelo in mezzo alla fronte.
“ Come…ho potuto? Come ho potuto? Io io non so come ho fatto a dirgli che era finita ma lo fatto! Io io non posso stare con lui!” urlai in preda alle lacrime. Cavolo Makoto ti credevo più intelligente!
“Avevi detto che un giorno saresti diventata sua moglie!” disse Rei.

Colpita e affondata! Cavolo così però non giocava ad armi pari!

“ Quel giorno non arriverà mai” abbassai la voce. È dura accettare la realtà.
“ Perché?” Ami non credeva alle mie parole “ Cosa è successo per farti cambiare idea su Mamoru” i suoi occhioni…no no no Ami non mi guardare così!
“ Ecco forse è meglio che me ne vada…“  stavo per alzarmi.

Si si forse era meglio così lasciare tutto come stava, non sarei diventata vittima della sposa e delle sue damigelle.
Se avessi continuato con la storia ci sarei rimasta secca io e loro.
Stupido mio piano! Dovevo tapparmi quella bocca con il nastro isolante, almeno avrei finito di dire cavolate!

“ Tu non ti muovi di qui finché non ci racconti tutto” Rei mi prese per un braccio e Minako per l’altro e così alla fine ritornai alla posizione iniziale con loro due ai fianchi come bulldog.
Vie di fuga?
Due.
Porta e finestra.
Possibilità di fuga?
Zero, anzi mi correggo. Meno, meno di zero.
 
“Dai Bunny spara vogliamo sapere!”
Minako da domani ti chiamerò miss delicatezza!
Situazione attuale : quattro paia di occhi infuocai che mi fissavano, più uno contiamo il peluche a forma di civetta davanti a me sul mobiletto anche lui mi fissava e faceva più paura delle altre. Altro che fritta!

“ Ma dai.. Rag…azze è stata solo una una  cosetta nulla…di grave” quello era il mio modo assolutamente idiota di camuffare una bugia che anche un bambino avrebbe scoperto.
Insomma non sono stata eletta campionessa di bugie, perché sono una frana e mi scoprono sempre subito.

“Bunny abbiamo capito il tuo modo di sviare la faccenda, o parli o saremo costrette a farcelo dire con la tortura” Minako era già pronta con le mani sui miei fianchi.
Appunto nemmeno ad iniziarla sta bugia.
Tortura uguale solletico. Quindi parla Bunny parla!
Le fissai una ad una e mi resi conto che avevo fatto una grande cavolata ad andare li. Dovevo rimanere a casa sotto le coperte! Ora ero anche costretta a parlare!

Sbuffai e costretta a quella tortura peggiore iniziai a parlare
“Adesso vi spiego tutto ma per favore risparmi Minako con le tue solite domande e con il solletico, alzo la bandiera bianca!“
“ Brava vedo che hai capito” sorrise lei soddisfatta.
Al volo.
“Così almeno capirete perché ho fatto questo” ecco perché ero venuta da loro, perché alla fine volente o non volete avrei sputato fuori tutta la faccenda.

Appoggiai la tazza sul tavolino e continuai a parlare “Quella sera a cena ho conosciuto tutti i suoi parenti e anche una certa Chiyoko Kawashima”

Una snob figlia di papà viziata assolutamente idiota, con seni rifatti e faccia piena di botulino. Forse se usavo l’ago di Rei avrei potuto ritornare a casa con la faccia piena di quella schifezza tutta schizzata. Blah!

“Chiyoko kawashima” ripeté Minako “ si adesso ricordo! È la testimonial di quei trucchi nuovi che hanno messo da poco in vendita”

Voi la conoscevate? Io no! Non l’avevo nemmeno notata sui cartelloni pubblicitari, e adesso che la notavo la vedevo dovunque quella faccia da castoro!

“ E se non sbaglio è figlia di un capo dell’industria farmaceutica!” continuò entusiasta Minako.
Viziata +Testimonial+ botulino+ papà ricco = candidata perfetta per una botta e via!!!!

“ E che tipo è?”
“ Bionda sexy con il botox anche nel cervello”
“ Quindi è una che basta una scopata e….” Minako, si proprio lei.
“ Si assolutamente si”
“ Che ci faceva li” intervenne Makoto.
“Mamoru mi aveva detto che era figlia di un amico di suo nonno. Fin qui tutto bene …almeno…mi ha fissato per tutta la serata con un sorrisino quasi malefico!”

Sorrisino malefico è diminutivo di sadicità fatta persona. Bella da paura ma sotto, sotto nascondeva un demonio.

“ Vedo che il nonno ha conoscenze importanti” ghignò Rei.
“Sono stata una tale idiota ad andarci che me ne sono pentita all’istante”
“ Quella li ti ha fatto qualcosa?”
“Lei….lei…” continuai a piangere..per favore non piangere fai la figura della pappamolla!”sapeva tutto, tutto quanto e rideva di me!” misi le mani a coprirmi il viso.
“ Per quale motivo stava ridendo di te? Non avrai mica fatto una delle le tue solite figuracce” mi domandò Rei appoggiando una mano sulla mia spalla.

No non ne avevo fatte ancora.

“Rideva perché ero l’unica che non sapeva assolutamente nulla!” dissi tra i singhiozzi.
“Cosa non sapevi?” era ami ne ero certa.
“Quella quella… ra…ra..gazza non..non…era  sssolo una cono…scente ma la futura fidanzata di Mamoru!”
Ormai il mio cuore era in frantumi mille pezzettini sparsi nella gabbia toracica.
“ Ma che dici?”
“ Minako ti dico la verità ho sentito tutto! Di nascosto ma ho sentito. Ero appena tornata dalla toilette e ho visto Mamoru e suo nonno litigare!”
“ E questo che centra con la ragazza”
“ Centra il fatto che quel vecchio Chiba abbia detto LEI NON Può FAR PARTE DELLA FAMIGLIA!”  come potevano ancora non credermi? Adesso ero io la cattiva?
“ Evidentemente avrai frainteso forse si era riferito a quella là”
Mi stavano cadendo le braccia.

“No sono sicura, e poi ho le prove, gli stavo sulle palle già da un po’ e quando mi ha visto mi ha fulminato con gli occhi e mi ha detto che avevo rovinato suo nipote che se la faceva con i pezzenti!“
“ Spero che Mamoru ti abbia difesa oppure lo scuoio vivo!“ disse Minako alzandosi le maniche del maglioncino.
“Si mi ha difesa, ma mi ha fatto stare male per tutta la serata quell‘uomo, ecco perché sono fuggita in bagno ad un certo punto,non riuscivo più a sostenere il suo sguardo, pensate che non ho nemmeno mangiato“
“ Oddio questa è una cosa grave” disse Makoto
“Lui ha detto anche che non avevo il diritto di diventare sua moglie.”
“ Che assurdità!” continuò Rei
“ Non posso andare contro suo nonno Rei!”
“ Si che puoi!”
“ No assolutamente no o se la prenderebbe con Mamoru per colpa mia e io non voglio! Dovrebbe allontanarsi dalla sua famiglia per me?”
“ Se ti ama lo avrebbe fatto di sicuro!” disse Makoto incrociando le braccia sotto il seno.
“ Dietro quella colonna continuando ad ascoltare ho scoperto che l’azienda dei Chiba ha vari problemi finanziari risolverebbero le cose solo se Mamoru si sposa con Chiyoko Kawashima”
“ Quindi stanno tentando in tutti i modi di farlo sposare con quella lì?”
“Si, Minako”
“E tu? Non hai detto niente?” continuò lei imperterrita.
Ti prego non girare il coltello nella piaga.
“Che cosa potevo dire? Io non posso fare niente per aiutarlo!  Già non ho abbastanza soldi per me figurati se posso aiutare un‘azienda. Io no ho una dote stratosferica! Sarei disposta a rapinare una banca per lui, e in quel momento l’unica cosa possibile è stata quella di lasciarlo”
“Ma adesso soffrirà da matti” ammise Rei.
“ E secondo te credi che io sia felice come una pasqua?”
“No ma io dico che forse potevi trovare una soluzione!”
“ Mi dispiace ma io non sono miliardaria quindi ho ben poco da aiutare”
“ Ma tu lo ami! E lui ti ama!”
“ Lo so e io lo amo con tutta me stessa, è proprio per questo che ho deciso di lasciarlo.”
“Hai avuto fegato!” disse una Minako sorridente.
“ No è stato il contrario, ho lasciato via libera a quella serpe”
“ Se per te quella di lasciarlo era la scelta giusta io sono con te Bunny” parlò Ami seria.
“Come, quando gli hai detto questo?” domandò Makoto curiosa.
“ Glielo detto la stessa sera, prima che entrassi dentro casa, con una scusa siamo usciti  e gli ho detto che non potevamo stare più insieme”
“ E lui che ha detto?”
“ Si è messo a ridere, non mi credeva, mi ha detto che ero impazzita e quel poco vino che ho bevuto mi aveva dato alla testa”
“ Posso immaginare”
“ Così per allontanarlo e per fargli vedere che facevo sul serio gli ho detto che l’ho tradito con un ragazzo della mia classe”
“Oddio l’hai tradito veramente?” Rei urlò
“Era carino?” Minako aveva gli occhi a cuore.
“No certo che no!”
“Era brutto?” Makoto era più preoccupata delle due.
Ma che cavolo di amiche ho trovato? Erano preoccupate se il mio amante immaginario era brutto o carino.
“ Io non ho tradito Mamoru con nessuno! Ho solo inventato una balla”
“O dio adesso piovono rane! Se Mamoru ti ha creduto doveva essere proprio brillo” intervenne Minako.
“ Era lucido e capiva perfettamente”
“ Che ti ha risposto?” continuò Ami.
“ Non mi ha risposto e io ho continuato, gli ho detto che non mi doveva più parlare, gli ho detto che non l’amavo più e che mi dispiaceva moltissimo”

E quella scena ritornò prepotentemente nella mia testa come un pugno sul naso.

“Ti è piaciuta la serata?” chiese Mamoru sorridente.
Gli avrei voluto rispondere no assolutamente è stata una serata da schifo! Ma solo perché c’eri tu mi sono trattenuta da tirare in faccia a quella oca il piatto che avevo davanti.
“ Si carina”
“Mh”per un secondo avevo visto tristezza in quei occhi.
Rimanemmo in assoluto silenzio fino all’arrivo a casa mia. Dovevo dirgli tutto, che era finita che non l’amavo e…tutto il resto che avevo recitato nella mia testa per due ore di fila….avevo una paura matta che mi scoprisse. Che scoprisse che tutto quella che stavo dicendo non era la verità…ma dovevo farlo perché io lo amavo, lo amavo con tutto il cuore e lui doveva accettare quell’amore che gli stavo donando…attraverso la mia e la sua sofferenza… già mi avrebbe odiato a lungo, ma alla fine lo avrebbe superato.
“ Arrivati!” mi accecò con il suo sguardo.
“Senti Mamoru io io ti devo di..dire una cosa”
O no Bunny non iniziare a balbettare non farlo non farlo!Dai Bunny ce la puoi fare ce la puoi fare!
“Dimmi tutto Usa-chan”
No non mi chiamare così o mi sciolgo!
“ Ti devo dire una cosa importante, quindi ascoltami bene”
“ D’accordo” adesso era serio.
“ Io non so come dirtelo…ma non ti piacerà affatto.”
“Tesoro qualunque cosa tu abbia fatto ti aiuterò io a sistemarla”
Stavo iniziando a piangere e deglutì a vuoto.
“No non si può sistemare, tu non la puoi sistemare”
“ E’ grave?” disse prendendo una mia mano nelle sue…
Quella mano ormai era un ghiacciolo, con tutto il guanto che indossavo.
“ Si…” deglutì ancora e abbassai lo sguardo.. Era troppo o lo guardavo o parlavo. In quel momento fare le due cose insieme era un’impresa.
“ Tesoro inizio a preoccuparmi”
“ Ecco..io Mamoru ti ho tradito” lo dissi così a bassa voce che non mi sentirono nemmeno le mie orecchie…
Silenzio. Non rispose. Ecco le sentivo, stavano per arrivare le sue grida…anche se…ci stava mettendo decisamente troppo…
Presi coraggio e alzai lo sguardo. Mi fissava. Ma quello non era una sguardo da furioso. Era uno sguardo … divertito…
Appena mi notò allargò il suo sorriso e mi scoppiò letteralmente a ridere.
“Amore mio ma che dici?” mosso ancora da qualche singhiozzo.
“ La verità” sbottai irritata. Mannaggia a me e al fatto che non sappia dire le bugie. Ecco il risultato. Mi scoppia a ridere. Qui ci volevano le armi pesanti.
“ Tu non ne saresti mai capace.”
A no? E come fai a dirlo? Qui ne va del mio orgoglio!
“ Si che ne sono capace!”
“ Bunny sei impazzita, quel poco vino che hai bevuto ti ha dato alla testa?”
Ma che centra il vino? E poi io lo reggo benissimo.
“Mamoru io non sono ne pazza ne ubriaca ti sto dicendo la sacrosanta verità! Ti. Ho. Tradito.”
Chiuse la bocca all’istante.
Alleluia aveva capito finalmente!
“ Bene se mi hai tradito vorrei sapere almeno con chi”
Oddio era Mamo che avevo davanti?
E bella domanda. Con chi potevo averlo tradito?
Uno immaginario no perché lo scoprirebbe di sicuro..
Forse qualche idiota della mia classe….
“ Un id…volevo dire un ragazzo della mia classe” continuai seria.
“ E posso sapere come si chiama?” era talmente calmo che mi mette terrore addosso.
“ No…se te lo dicessi andresti subito a cercarlo…”
“ E’ naturale! Lui ha preso la MIA donna!”
O dio! Ha detto Mia donna! Non l’aveva mai detto!
“ Mi dispiace ma io voglio avere un ragazzo con una faccia decente!”
“Non è uno scherzo vero? Mi hai tradito con un altro! Saresti veramente capace di farlo?” aveva in faccia un sorrisetto strano come se davanti a lui ci fosse una pazza da ricoverare in manicomio.
No non avrei mai avuto il coraggio di tradirlo…ma dovevo farlo a tutti i costi!
“S…si” no no la voce tremante no!
“ Non sei molto convincente”
“ Ma credici! Prima o poi te lo avrei detto!”
“ Io..io..è..impossibile!”
Lo so, lo è anche per me!
“Senti forse è meglio che non mi cerchi più! Anzi non mi parlare nemmeno , non non tentare di ritornare con me e ..e..lasciami in pace! Ti prego o faresti del male sia a me che a te”
Lo fissai negli occhi e lui non … rispose rimase zitto. Così continuai..a stento nel trattenere le lacrime.
“ Mamoru….io..non ti amo più. Mi dispiace, promettimi..promettimi che farai la cosa giusta e che mi dimenticherai per sempre.”
mi guardò e non emise nessun suono.
“ Ti prego promettimelo!”
Fece si con la testa e lasciò la mia mano.
mi girai e corsi via dentro casa…non mi voltai nemmeno per vederlo un’ultima volta…mi chiusi la porta alle spalle e diedi sfogo a tutte le lacrime che avevo trattenuto davanti a lui.




“Così adesso e da tre giorni che non mi cerca e non mi chiama come mi aveva promesso.”
“Non era questo quello che volevi?” disse Makoto
“Si…era questo” piansi..
“Tesoro ci dispiace tanto, sei veramente una persona coraggiosa” continuò rei che mi abbracciò forte.
“ No non lo sono affatto rei io io l’ho lasciato e ho visto quello sguardo..io..io lo..amo!”
“Ma perché potevi rimanere no?” Minako come sempre diede sfogo alla sua sensibilità.
“ No..no..avrei dato solo fastidio a suo nonno e basta”
“ E adesso cosa farai?” continuò Ami.
“ Non..non..lo so ancora..cercherò di dimenticarlo”
“Sarà difficile”
“Lo so ..”
“Si..senti se vuoi ti faccio conoscere un paio di amici…”
“Minako si è appena lasciata!” abbaiò Rei.
“E che vuoi? Almeno lo dimentica subito!”
“Cavolo non hai un senso di delicatezza!” insistette Makoto
“ Io cercavo di aiutarla!”
“Be è il modo peggiore!” diede man forte Ami.
“ Ragazze non litigate..io ancora non ho finito..”
“ Oh dio! Che successo?” fece Minako.

Non risposii mi alzai e andai a prendere il mio borsellino, la cartellina celeste e la scatolina aperta che avevo da quella mattina in borsa.…

Mi rimisi a sedere e ..appoggiai tutto sul tavolino… presi il borsellino e uscì il tesoro che custodiva.
Quattro paia di occhi mi fissarono increduli.









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spazio autrice 

cavolo mi faccio viva dopo secoli!!!!!
ed qui la mia nuova storia!!!! che amo troppissimo!!!!!!  forse in un futuro molto prossimo aggiornerò presto, ma non ho ancora le idee chiare...ho tutto nella mia mente ma troppo poco tempo per scrivere!!!!!! cooomuque piccole avvertenze, anche se sono inutili:
quando scrivo in corsivo o sto parlando di unn ricordo, oppure sta parando la voce interiore del protagonista, comunque lo specifico sempre nel caso ci siano dei preoblemi!!!!
per scrivere questo capitolo ci ho messo una vita, ma ne è valsa la pena perchè mi piace moooooooooooltissimo!!
rigrazio tutti i miei lettori e chi ha recensito e un bacione alla mia best che mi sopporta!
metterò a presto il secondo chappy! a presto Lady T aspetto con ansia le vostre opinioni su questa storia!!!!!!



 
 
 

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Capitolo 3
*** Positivo ***


 








Positivo



Forse avevo sbagliato. O cavolo non lo dovevo fare!
Decisamente, si. Avevo sbagliato.
Troppe, troppe notizie insieme. Cioè..insomma…sono stata impulsiva, e mi sono lasciata  andare più che abbastanza.
Ma ormai ero in ballo e quindi dovevo ballare. Non potevo più scappare perché ancora ero fra i due bulldog.
Quando ero fuggita via di casa ero decisa a dire tutto alle povere pazze di amiche che avevo davanti, e adesso con il mio geniale contributo le stavo letteralmente portando in manicomio.
Già aver detto che ho lasciato Mamoru, era una cosa…abbastanza difficile per me da raccontare, ma adesso stavo anche per svelare il mio secondo segreto.
E in meno di due secondi mi ritrovai a essere fissata da quattro paia di occhi più che sbalorditi.
Appena le notai abbassai immediatamente lo sguardo. Non riuscivo a reggere tutta quella tensione, guardavo quei tre oggetti sul tavolo, fermi li sotto, sotto gli occhi di tutte.

“ Bunny che cosa significa tutto questo?” chiese Rei quasi come se fosse uscita da uno stato di trance.

Non riuscivo nemmeno a pensare con lucidità, figuriamoci a pronunciare una frase coerente. Forse qualche “e….”  “ugh” e sospiri non gli sarebbero bastati.

“ Insomma perché hai uscito queste cose dalla borsa? Che cosa stai cercando di dire?!” sbraitò Minako con occhi rossi.

Non aveva capito. Diamine ero stata così enigmatica? Già enigmatica fa più figo detto così.
Non volevo più parlare. Volevo … volevo … non so cosa volevo…. Ma di certo le urla non mi avrebbero aiutata affatto, stavo cercando conforto e Minako sbraita… ma cavolo.

“ Minako ti prego calmati sicuramente appena riuscirà a trovare le parole ci spiegherà tutto” intervenne Makoto.

Forse il pianto mi avrebbe aiutato. Sfogarmi almeno in quello..
Forse..forse…
Dai Bunny! alla fine fai sempre vedere alle altre che sei un’idiota stupida pappamolla! Esci le palle che non hai! E spiega la situazione! Tutte vogliono sapere!
Respirai a fondo e chiusi gli occhi. Di solito nei film quando dicono una cosa importante è così no? Fanno sempre un bel respiro profondo e poi parlano.
Coraggio segui il loro esempio… respiro profondo e poi parla. Respiro profondo e poi parla.

“Ecco ragazze…ve lo volevo dire prima …ma non ho avuto la forza” Brava così. “Tutto questo per me è assurdo, ma..ma è la realtà”
“ Io non capisco che cosa sono tutte queste cose?” continuò Minako imperterrita.
“ Minako guarda con i tuoi occhi, secondo te cosa potrebbero essere? È semplice!” disse Rei.
Minako ignorò la voce di Rei e prese in mano la scatola che avevo sotto gli occhi. Volevo fermarla. Bloccarle il polso e riprendere tutto quanto e rimetterlo nella borsa. Volevo che quella scatolina fosse mia ancora per un po’, che quel segreto..fosse solo mio e suo.
Ma non potevo , perché loro dovevano sapere.
La aprì e ne uscì fuori un bastoncino bianco, con una punta rosa. Vidi i suoi occhi spalancarsi.
“ Ma questo… questo è ..è”
“Un test di gravidanza” risposi secca. “Anche la cartellina blu…li dentro ci sono le mie analisi … e dicono la stessa cosa del test”

Positivo.
Tre liniette rosa affermavano: positivo.
Positivo.
 Avevo letto per una mezzora intera, chiusa nel bagno di camera mia, le istruzioni di quel aggeggio. Letto e riletto, quel foglietto l’avevo rigirato nelle mani fino a consumarlo per la tensione.
Di solito Positivo, serve a dire con altre parole che quel evento è felice, per l’appunto. Ma quel positivo proprio in quel periodo della mia vita non ci doveva essere. Non ci doveva essere! LUI non ci poteva essere per me. perché glielo avevo chiesto io. Perché io l’amavo e lui ha accettato con dolore la mia scelta di lasciarlo.

“ Quindi.. Tu..tu.. Sei…” Minako era incredula le tremavano le mani.
“ Incinta” continuai per lei.
“ Incinta” ripeté
“ E lo confermano anche le ecografie” disse Ami, che studiava attentamente quelle figure strane.

Alla fine mi ero arresa. Era da settimane che mi sentivo male…e avevo approfittato della gentilezza di Ami per chiederle un consiglio..

“ Ami!”
“ Bunny sei in ritardo come al solito!”
“Scusami…ho fatto una cosa e allora…”
“ Prima mi hai chiamato… cosa c’è di così urgente? Sembravi piuttosto agitata.”
“ Ecco .. Io.. Be ti volevo chiedere una cosa se posso…ma mi vergogno..”
“ Perché è così strano?”
“ Io..io..mi sento un pò strana da qualche settimana..”
“ Strana in che senso? Non sei andata a farti visitare?”
“ No ma che ti passa per la testa!”
“ Bunny ma se non ti fai visitare come fai a sapere cos’hai?”
“ Il fatto è questo io lo volevo sapere da te!”
“ Non sono ancora un medico..” mi rispose secca.
“ Ami ti manca un esame e si può dire che lo sei! e poi non dimenticare che fai pratica con me” finì per sorriderle.
“ Uffa sei testarda come sempre! Dai dimmi cosa intendi per strana”
“ A volte mangio tantissimo e il momento dopo non voglio vedere l’ombra di cibo, ho la nausea quando mi sveglio e… e a volte ho le vertigini”
“ Credo che forse…”
“ Cosa?”
“Dovresti andare a fare una visita”
“ E’ grave?”
“ Bunny scusa per la domanda ma …. Tu…con il tuo ragazzo…hai avuto un rapporto...” era rossa in viso e non riuscì a finire la frase,
Cioè lei mi stava chiedendo se…con lui…io?? E quando capì a cosa si voleva riferire diventai rossa anche io
“ Assolutamente si!”
“ Allora…non ci sono dubbi…”
“ Aspetta tu intendi dire..”
“ Si quello…”
“ No no non può essere” misi le mani nei capelli.
“ Be se ne vuoi essere certa devi…chiedere ad un medico laureato..”
“ No mai e poi mai! Non c’è un altro modo per sapere se…” non riuscivo nemmeno a pensare a quella parola che iniziava con la “i”.
“ Potremmo andare alla farmacia e comprare uno di quei test..”
“ Grandioso allora andiamo subito!”


E la sera stessa provai a fare quel test..ed era venuto fuori …. Positivo…ancora non ci credevo.
In un momento di lucidità per la testa mi era passato il pensiero che forse quel test era sbagliato e che diceva il contrario, la maggior parte delle volte le donne che desiderano una gravidanza si fanno predere dall’entusiasmo e non fanno i giusti controlli così…ma io non ci volevo credere e per esserne certa l’indomani mattina andai a farmi delle analisi e…stesso risultato… come anche dal medico che mi aveva dato con un sorrisone le ecografie di quel microscopico puntino …
Continuo a pensare che io sia idiota fin dalla nascita.
Idiota idiota

“Bunny? Bunny?” Makoto..si era Makoto
“Cosa? ” risposi
“Ma dormi in piedi?” domandò lei
“Io no scusa io ero…. Pensavo ad altro”

Ad altro, in quei pochi giorni la mia mente non faceva altro che pensare.. In continuazione. Dovunque.

“ Va di moda ultimamente?” fece lei sarcastica
“ Hai sempre la testa tra le nuvole…” disse Ami.

Se cercavano di avere una mia reazione si sbagliavano di grosso. Come potevano tirarmi su di morale….

“Comunque Bunny, che hai intenzione di fare?” chiese Rei che pensava a tutto.
Che ho intenzione di fare? E che cavolo ne so…

“Non lo so ancora…”
“ Come non lo sai a mesi avrai un bambino e non lo sai?” continuò
“Povero piccolo che madre ….. Svampita” sospirò Makoto.
“Sentite, io lo so solo da un giorno, anzi da stamattina precisamente e non so che cosa fare ok?”
“ Lo so e scusaci ma questa notizia ci ha un po’ scosso” fece Makoto.

A chi lo dici.

“ Bunny”
Mi girai verso Minako che si era calmata “Glielo dirai?”

Non ci avevo proprio pensato..avevo pensato alle conseguenze e non al presente..

“ No” non lo urlai alle altre ma nella mia testa si…
Lui non lo doveva sapere, almeno non adesso…forse, forse più in la…quando mi sarei allontanata da lui, e poi il tempo che avevamo passato senza l’altro era ancora troppo poco…doveva dimenticarsi di me a tutti i costi.

“ Perché no? Lui, lui…è …”
“ Lo so è il padre, ma rifletti…se lui lo venisse a sapere non si allontanerebbe mai da me, anche se me l’ha promesso..vorrebbe stare a tutti i costi affianco a me perché porto in grembo suo figlio.”
“ E non è una cosa del tutto normale?” chiese Rei innocentemente.
“ Lui non deve saperlo o è rovinato… io non voglio essere la sua rovina, quindi crescerò mio figlio all’insaputa del padre”
“ E come farai? Lo sai che i bambini costano!” continuò Makoto.
“Già penso a tutti i soldi che spenderai in pannolini..” intervenne Rei.
“ Ragazze non preoccupatevi troverò lavoro…”

Be su quel punto non ero molto convita, ma dovevo trovarlo assolutamente.

“Lo sai che non è facile… e poi sarà impossibile nascondere tuo figlio a Mamoru.” disse Makoto.
“ Perché?” chiese Minako
“ Sveglia Minako! Ricordati che entrambi vivono nella stessa città, quindi prima o poi lui scoprirà la sorpresa che gli sta nascondendo la cara Bunny”
“ E’ vero, ma basterà che indossi qualche maglia larga e il gioco è fatto” fece la bionda.
“No che non è fatto, questo basterà per i primi mesi, ma quando arriverà alla fine si noterà benissimo che è incinta” disse Rei con tono più che ovvio.
Aveva fatto rimanere senza parole la povera Minako.

A sentire tutte quelle cose mi veniva il mal di testa.. No, no non dovevo assolutamente perdermi d’animo!

“ Però tu non ti devi preoccupare!” disse Makoto prendendomi una mano “ Ci saremo tutte noi a darti una mano” e mi sorrise dolcemente…

A quelle parole e a quello sguardo mi venne quasi da piangere….tanto ormai ci avevo fatto l’abitudine.

“ Siamo davvero delle stupide non ti abbiamo nemmeno dato gli auguri!” urlò Ami saltandomi addosso.
“Auguri mamma!” urlarono tutte insieme.

Alla fine non ce la feci e piansi.
Piansi perché avevo delle amiche stupende, piansi perché senza di loro non ce l’avrei mai fatta, piansi perché erano state le prime a cui avevo detto tutto quanto sfogandomi..

“gra..zie.. Rag..azze io…io..” ero interrotta dai continui singhiozzi.
“non piangere amica mia! Devi essere felice!”

Si io ero felice…felice per il mio piccolo puntino che avrebbe avuto le zie più fantastiche di questo mondo.

“ Ragazze non voglio rovinarvi la festa ma Makoto aveva ragione prima” dissi riprendendo dal momento “sensibilità 85 %”
“In che senso?”
“ Io non posso essere vista da lui..e se lo venisse a scoprire da qualche voce che circola oppure se lo vedrebbe con i suoi occhi, sarebbe la fine per me e per lui…”
“ Ma dai che visione catastrofica”
“Non è una visione catastrofica Rei, se lo venisse a sapere suo nonno, mi prenderebbe il bambino, e poi se lo scoprono i giornali, addio anonimato e vita serena, per me per il piccolo e per lui… i gossip ucciderebbero il nome dell‘aziende Chiba”
“ Ma starai nascosta per benino e non succederà niente”
“ Si mi nasconderò ma da un’altra parte”
“ E dove?” chiesero in sincronia.
“ Ho pensato molto, in questi pochi giorni, e non ne ero del tutto convinta, ma adesso che ne ho parlato con voi ho deciso che sia la scelta giusta.”
“ Bunny ti prego non essere così misteriosa” fece Minako
“ Ragazze ho deciso di andarmene”

Era la scelta giusta…ho seguito il mio cuore, come dicono tutti…
Un minuto di silenzio seguì le mie parole…. Oddio questa volta le avevo uccise sul serio! Sono diventata assassina di quattro ragazze! No, no, no !

“ Cosa? Sei pazza!” sbottò Minako
“ No sono perfettamente lucida..” gli risposi con una calma che non era mia.
“ E dove andresti..ti allontanerai da questo quartiere?”continuò Rei sempre con un’espressione sorpresa stampata in faccia.
“ No..”
“ Andrai a vivere da sola? In un’altra città?” chiese Ami.

Vedevo i suoi occhi preoccupati e tristi…non voleva lasciarmi, dopotutto questa era la città dove ero nata e cresciuta…

“ No credo che non rimarrò sola, ma me ne andrò via dal Giappone”
“ Scherzi vero?”
“ No Minako non sto scherzando, me ne andrò da mia zia…” le guardai una ad una e scandì piano l’ultima parola “In America”
Vidi i loro oggi dilatarsi a dismisura tanto che avevo avuto paura.

“ In America?” Minako era rimasta con la bocca aperta….quasi che me se stesse aspettando una mosca per mangiarla.
“Si”

Adesso che faccia potevo avere? Di solito questa era la mia espressione da seria.
“ Da tua zia…Yumiko? Quella dall‘altra volta?”
“Esatto”
“ Ma non ci vedremo più come prima! Già non ci vediamo spesso ma desso che te ne andrai non ti vedremo più” Minako stava per piangere…
“Mi dispiace ragazze io..ho bisogno di andarmene..se rimanessi qui non riuscirei più a dimenticare lui e io…sto soffrendo abbastanza”

Ovunque andassi i ricordi mi torturavano…ogni angolo di quella città mi uccideva..e mi faceva riaffiorare ricordi bellissimi di quella vita che avevo vissuto con la gioia nel cuore…
Non riuscivo a capire da dove veniva tutta quella calma…volevo piangere anche io e dimenticare ogni cosa.

“ Scusaci il fatto e che tutte queste notizie insieme…” Ami si passò la mano sugli occhi come a scacciare via qualcosa….lacrime erano lacrime..e il mio cuore si fece ancora più piccolo..
“Lo so…”
“ E i tuoi sanno che parti? anzi sanno tutta la faccenda…” Makoto tra le tutte era la più seria..

No non sanno un cavolo, mia madre sa solo che ho litigato con Mamoru…e basta ma non sa la verità…l’unico..l’unico a sapere tutto…

“ E’ mio padre” mi risposi a voce alta da sola….come se le altre ragazze non ci fossero..
“ L’unico a sapere tutto è tuo padre?” fece Rei
“Oltre a voi si…è stato lui a darmi l’idea di partire..ho bisogno…di aria nuova ha detto”
“Non si è arrabbiato?” chiese Minako incredula..

Dovrebbe ma non la fatto…non so se ha avuto pena per la sua figlioletta oppure era così incredulo che non è riuscito a dire altro…la sua reazione e le sue parole mi avevano spiazzato.
“Tranquilla il tuo papà sistemerà tutto”
Così mi aveva detto…e io gli saltai addosso con le lacrime agli occhi.

“ No…è solo triste della mia partenza…ma è stato molto buono e mi ha regalato il biglietto di sola andata per Los Angeles..”
“ Wow…non me lo sarei mai immaginato” disse Ami.

Erano tremendamente tristi…non c’era bisogno nemmeno di guardarle, l’aria…che c’era intorno a noi era più che funerea…

“ Già infatti ho pranzato da sola perché lui è andato a prendere il biglietto..”
“ Quindi partirai presto…” ipotizzò Makoto..la sentì deglutire….
“ Partirò dopo il matrimonio di Rei”
“ Ma è fra due giorni!” urlò Minako…

Mi mancavano solo due giorni per impacchettare la mia vita e portarla in America…mi mancava così poco…

“ Non ho fatto ancora nulla..”
“ A tua madre quando glielo dirai? Non dirmi che sarà tuo padre a farlo” continuò Rei.
“ No, no sarò io…glielo dirò stasera a cena”

Intanto pregavo per il coraggio che dovevo avere a parlare con mia madre e dirgli tutto fin dall’inizio.
Non so se rimarrà più scioccata dalla notizia che sua figlia è incinta oppure dal fatto che ho lasciato Mamoru, o peggio che abbia deciso di partire per Los Angeles…inpedendole così di starmi accanto durante tutta la gravidanza, tutto contornato dalla ciliegina, ovvero ho raccontato prima tutto a mio padre e lei, in teoria, doveva essere la prima. Tutto quello che sto passando in questo momento è niente confronto a quello che avrei passato la sera a cena. Sicuramente non avrebbe digerito o nella peggiore delle ipotesi mi sarei ritrovata la cena in faccia.
Forse sarei rimasta a dormire da Rei almeno mi sarei risparmiata la tortura di mia madre.

“Che faccio?”
Cavolo! esprimere i propri pensieri ad alta voce davanti le altre…no no..

“ Cosa? ” chiese Rei.
“E…nel senso io..non so proprio che cosa dire a mia madre…anzi non so come dirlo”

Quella era la parte che mi terrorizzava di più…
dirlo a mio padre era stato molto facile dato che è lui…come dire il mio mammo…lo so voglio un mondo di bene a mia madre, ma ho sempre preferito papà.
Le chiacchiere fra le due donne di casa erano un po’ rare e non ho mai parlato con lei dei ragazzi e altro…perché non ne ho mai sentito la necessità.
In pratica, oltre alla scuola e alle faccende e qualche grugnito non parliamo affatto… quindi avevo una paura matta di dire a mia madre, che avevo lasciato Mamoru ed ero incinta di lui.
Wow il pensiero di lui e di me che stavo facendo crescere nel mio ventre qualcosa che era anche suo era uno shock, schokkissimo.
Era la prima volta che pensavo quella parola nella mia testa….incinta, incinta. Ed era così strano.
“Ti può aiutare Minako no? Lei è un’attrice” disse Makoto cogliendomi di sorpresa.
“ Io? E cosa posso dire?” disse “l’attrice”
“Potrebbe provare con te il discorso che dovrebbe fare alla madre e tu faresti sua madre” sorrise Makoto.
“ Ma io..non so”
“ Dai! Sei un’attrice e sai bene che gli attori se non sanno improvvisare non si possono definire attori!”
“ Ok, ok aiuto Bunny, allora…come inizieresti?” si riprese in fretta e si voltò verso di me con un sorrisetto sulle labbra.

La guardai stranita..
io? Io? Come inizierei? Prima di tutto …non inizierei affatto… anzi forse era un’idea davvero idiota dire tutto a mia madre…già forse dovevo solo aspettare…aspettare un po’ si si si

“Bunny non starai mica pensando di non dire niente..” fece Rei con uno sguardo a dir poco inceneritore. Cacchio avevo fatto intuire tutto con un semplice sguardo…beccata con le mani nel sacco
“Mi hai letto nel pensiero!” sorrisi.
“ Ma cosa dici? tu devi dire tutto a tua madre!” disse Makoto.
“No che non glielo dico! Sicuramente diventerebbe pazza!!!” sbraitai
“Adesso sappiamo da chi hai preso” disse Minako incrociando le braccia.

Io pazza come lei? Ah? Ma che cavolo. Io non sono pazza! Anzi non le somiglio affatto!  E adesso che ci pensavo bene perché glielo dovevo dire? Non ero obbligata a raccontargli ogni mio segreto.

“ Ma come? E’ tua madre!” disse Ami, interrompendo il mio soliloquio mentale.
Giusto avevo eliminato quel mio piccolo dettaglio. Lei è mia madre.

“ Appunto la conosco e so come reagirebbe quindi non voglio. ho cambiato idea!”
“ Scusa e quando vedrà la tua pancia crescere? Che dirai?” continuò Makoto.
“ Non vedrà assolutamente niente! Ricorda che starò dall’altra parte del mondo”
“ Almeno andrai a trovarla qualche volta no?” fece Minako.
“ Si…credo”
“Come credi? Dai Bunny si coraggiosa non ti ucciderà mica!” attaccò Rei
“ Uccidermi? No si limiterebbe a scuoiarmi viva!”
“ Esagerata come ho detto prima!”
“ Uffa non voglio dirglielo!”
“ E quando te ne andrai che dirai?” fece Makoto.
“Non lo so ci devo pensare”
“ Be pensa quando vedrà il bambino bello cresciuto in braccio a te che cosa dirà?” intervenne Ami.
“ Cavolo non ho detto che glielo nasconderò a vita!” anche se ci avevo pensato, ma solo per un momento “ Ho solo detto che in questo momento non ho voglia di dirglielo”
“ Dai, dai!”

Che cavolo forse era meglio non essere uscita proprio di casa. Dovevo mettere delle assi di legno alla porta della mia camera e rinchiudermi a vita.

Lista delle cose da fare:
Passare dal ferramenta.
Ricorda di comprare chiodi grandi.


Che cazzata dirlo alle altre. E come infliggersi una tortura da soli… ho lanciato il masso ma non sono riuscita a nascondere la mano. Così per la restante ora tentarono di convincermi a dire la verità a mia madre…e dopo ore e ore di lagne e “dai ce la fai” “sei coraggiosa” “non succederà nulla” mi avevano convinto….
convinto… l’espressione  più appropriata era estorta con la tortura. Ed avevamo fatto anche le prove. Che cosa imbarazzante….
Erano ormai le otto di sera, e la pioggia aveva smesso di bagnare le strade di Tokio…potevo anche ritornare a piedi a casa…non avrei corso ma avrei mantenuto un passo svelto.
Era ora di tornare a casa, ad affrontare mia madre.

“Allora Bunny ti ricordi tutto vero?” fece Makoto.
“Si” sbuffai seccata.
“ O devo scriverti qualcosa su un foglietto?” ridacchiò Minako.
 La fulminai con lo sguardo. Ma che credevano?  Che stessi facendo la recita delle scuole elementari per mia madre?
“Minako ti ringrazio del pensiero ma no grazie..ricordo i tuoi consigli.”
Che non mi serviranno affatto, forse un giorno….
“Bene” sorrise soddisfatta. “allora Rei ci vediamo domani sera per il tuo addio al nubilato” detto ciò prese la bici, l’aggeggio come lo soprannominava l’attrice, e carica dei pacchi e le borse si lanciò verso le scale.
“ Allora ci vediamo domani sera Bunny! Mi raccomando mi devi raccontare tutto” disse Makoto
“ Si tutto non tralascerò nessun dettaglio”
Nessunissimo contaci…
“ Ciao a domani!” Ami ci salutò scendendo le scale di fretta, infatti aveva da fare una tesina e preparasi per il suo ultimo esame…
“ Ciao ragazze e grazie per la visita!” ci salutò Rei tutta eccitata per la sua festa.
“ Ciao, ciao!” gridò Makoto che seguiva Ami.
“ Ciao sposina ci vediamo domani” le sorrisi e l’abbracciai.
“Bunny mi raccomando sta attenta! E copriti bene!”
“Si mamma” usai lo stesso tono che utilizzavo con mia madre.
“Non scherzare! Lo dico per te e per il piccino! Devi essere più responsabile adesso!”

io sono sempre responsabile!

“Non dirmi che sei un tipo responsabile perché è una cazzata! E ricordati, appena avrai finito con tua madre mi aspetto una telefonata ok?”
“ Va bene va bene, adesso ti lascio, devo affrontare una battaglia con il nemico” ammisi allacciando i bottoni neri del mio cappotto.
Altro che battaglia, a casa mi aspettava la guerra.
“Ok ti lascio, ti voglio bene”
“Anche io “

Uscì di casa e mi avviai verso la strada di casa mia…passeggiando e godendomi il freddo che mi pizzicava le guance arrossate.
Ci misi molto più tempo dell’andata, e non era solo per il fatto che stessi camminando, ma il tempo che volevo impiegare, forse se fossi arrivata a casa ad un’ora abbastanza tarda…non avrei incontrato mia madre, e non avrei detto niente a nessuno.

“ Sei codarda!”
Io codarda? Sono la prima fra tutte.
“ Che sfigata che sono!!!! Proprio nella tua testa devo parlare?”
Non sei obbligata. Lo dico anche io ci sono tanti idioti!
“ Sono stata costretta cara Bunny”
Se costretta…come me, a dire la verità a mia madre.
“ Hanno fegato le tue amiche a dire che sei la loro migliore amica!”
Mi accettano come sono, i difetti sono inclusi nel pacchetto.
“BUNNY ADESSO MUOVITI AD ARRIVARE A CASA! DEVI DIRE LA VERITA‘!”
Va bene va bene non ti alterare che il mal di testa a me lo fai venire!

Detto ciò la mia vocina andò in letargo…. Fortuna!
Tra tutti quei pensieri me ne era sfuggito uno….Shingo! Come avrebbe reagito? Non credo che si intristirebbe per la mia rottura con Mamo, ma secondo me diventare zio così giovane, fa un certo effetto. Sicuramente appena glielo dirò mi salterà addosso… forse rimarrà impalato, oppure…. Bo che ne so e perché adesso devo pensare a una possibile reazione di mio fratello?
Dovrei pensare ad una possibile reazione di mia madre…quella si che mi preoccupa.
Mi ucciderà? Piangerà? Che cavolo farà?

Arrivai a casa in mezzora. E il mio umore era diventato nero in tre secondi, non che mi sia alzata con tutta la felicità di questo mondo, ma stavo meglio … non so neanche come è sentirsi bene.
Mi fermai davanti casa…qualche passo e avrei raggiunto la porta. Le luci erano accese e sentivo le risatine di mia madre e il buon profumino della cena. Mi sarebbe mancata molto questa casa…
Feci un respiro profondo e mi incamminai verso la porta d’ingresso.

“ Tesoro! Finalmente! Sei arrivato!” appena mia madre notò l’errore che aveva fatto mi sorrise e disse “Scusami coniglietto credevo fosse tuo padre! Come mai sei ritornata a quest’ora?”
Cavolo fra poco compirò vent’anni e tu mi chiami coniglio? Ancora? E poi scusa io di orari non ne ho più.
“Avevo un appuntamento…” dissi vaga.
“Con il tuo ragazzo?” disse maliziosamente..
Ragazzo. Peccato adesso non potevo più dire di avere un ragazzo.
“ No. Con le mie amiche.” dissi fredda. Appoggiando la borsa sul mobiletto e sfilandomi le scarpe e il cappotto.
“ Divertita?”
Non sai quanto.
“ Abbastanza”
“ Vieni di là così mi aiuti a preparare la cena” sorrise e mi prese per un polso tirandomi. Cavolo ecco la fine. Dovevo sempre aiutare io non quello scansafatiche che gioca solo ai videogiochi.
Quello scatto così veloce mi fece girare la testa. Portai una mano sulla fronte e vidi per poco tempo tutto nero.
“ Usa-chan! Tesoro!” mia madre mi prese in tempo salvandomi da una brutta caduta.
Non mi ero accorta di essermi inginocchiata a terra. Avevo la nausea e la testa non faceva altro che girare.
“ Mamma..sto..bene..solo un capogiro.” riuscì a dire con fatica.
“ Vieni, andiamo in cucina così ti siedi…”
No, no in cucina no vi prego…solo a sentire l’odore di cibo e altro mi ritorna su la zuppa di miso.
“Forse è meglio se vado un attimo in bagno…”
“ Ti accompagno?”
“No!”
Vidi mia madre fare una faccia strana alla mia risposta con troppa enfasi. Ti prego,  poi tu faresti uno più uno e non voglio scenate in bagno. Devo essere lucida e in questo momento non lo sono affatto quindi mi servono almeno cinque minuti per riprendere il controllo di me.
“ Dicevo, no! Forse la cena sta per bruciare!” mi arrangiai con le poche scuse che volavano in testa.
“ E’vero! Vado a controllare” così mi mollò lì inginocchiata per terra per controllare la cena..salvata in tempo..
Anche se ci ero rimasta un po’ male. È più importante la cena di me!
Mi alzai molto lentamente in modo che la testa non riprendesse a girare e andai in bagno quello del piano inferiore. Entrai nella piccola stanza e chiusi la porta.
Dovevo prima di tutto rilassarmi.
Dai Bunny coraggio, non sei un’assassina, non sei drogata e soprattutto è una cosa bella quella che stai per dire….
Respirai a fondo. Uno, due, tre respiri profondi ma non riuscì a tranquillizzarmi. L’ansia era li che mi aspettava e mi chiudeva la gola, mi impediva di respirare normalmente, e sentivo il mio cuore galoppare. Era questo che un essere umano provava? Il termine giusto è terrore. Si provavo terrore in quel momento. Ero terrorizzata da una possibile reazione di mia madre. Immediatamente un groppo alla gola si fece sentire. Questo non era il momento di piangere. Dovevo reagire far vedere che stavo bene e basta. Se avrebbe capito che qualcosa non andava non me la sarei tolta di dosso.
Mi avvicinai allo specchio. Dovevo vedere come ero messa. Almeno un sorriso lo potevo fare no? Dai Bunny sorridi! Alza i lati della tua smorfia e fa un sorriso decente.
Ok pronta o no dovevo uscire dal bagno. Oppure mi avrebbe preceduto lei.
Arrivai in cucina calma e tranquilla come se il capogiro di prima era solo qualcosa di finto,mai successo.
Andai verso mia madre e l’aiutai a sistemare qualcosa per la cena.
Shingo come al solito era li davanti a me, ma era come se non ci fosse, troppo preso dal nuovo gioco che aveva tra le mani…e io torturavo quel povero piatto che asciugavo. Mi tremavano le mani…il terrore era ancora li che mi attendeva, e l’angoscia e l’ansia si mescolavano dentro di me.
Volevo aspettare papà, lui mi avrebbe aiutata, almeno a reggere quella situazione. E poi dirlo a mia madre che in quel momento maneggiava il coltello che stava usando per tagliare la carne, non era una buona idea.

“Tesoro alla fine hai preso il riso?”
Come una pallottola sparata in mezzo alla fronte venni scossa dai miei ragionamenti. Giusto il riso. Si riso. Cena. Ecco cosa stavamo facendo. Ti prego Bunny rimani sulla terra ferma non dormire adesso.
“ Non l’ho comprato alla fine, perché ho trovato una confezione nuova nel mobiletto dove teniamo la pasta.”
“ Oh meno male…“ alzò lo sguardo dalla carne, lasciò il coltello sul tavoliere di legno e mi guardò intensamente “Tesoro ma hai mangiato? Ti vedo così sciupata”
La fissai per tre secondi di fila, non avevo nulla da dire il che mi mise ancora più ansia..
“ Si certo che ho mangiato” sputai con la poca voce che mi era rimasta.
“ Va bene, adesso puoi lasciare quel povero piatto, è asciutto non vedi?” lo indicò sorridendomi dolcemente, e allungò un braccio come per prenderlo.
Abbassai velocemente lo sguardo e notai che il piatto era asciutto e allo stesso tempo capì che mia madre aveva intuito tutto. Bene come sempre le mie qualità recitative erano meno di zero. Mi si era chiuso lo stomaco. Gli allungai il piatto e appoggiai lo strofinaccio sul piano di lavoro. Ero sfinita.
“ Amore? C’è qualcosa che vuoi dirmi?” ecco la conferma alle mie ipotesi più che fondate. Da quanto lo sapeva? Aveva già scoperto tutto? No non credo avevo nascosto tutto così bene.
“ Adesso non è il momento per farsi prendere dall’agitazione”
Si la vocina aveva ragione dovevo rimanere calma oppure avrei peggiorato la situazione.
“ No, che cosa te lo fa pensare mamma?” sorrisi e pronunciai quella domanda tipo “Sei pazza per caso?“ e mi appoggiai al banco di lavoro con entrambe le mani.
“ Non so” cercò di sistemare la situazione colta da un moto di preoccupazione “E che vedo il tuo viso..e uffa” appoggiò il piatto sul tavolo e si girò verso di me con in faccia un’un espressione da fustigata “Non so ma sento che sei preoccupata.” la sua voce era tremante e in pensiero.
Non mi girai per vederla in faccia, non ne avevo il coraggio e se lo avessi fatto gli avrei dato ragione. Avrebbe capito dai miei occhi e dalla mia espressione che si, aveva ragione.
Ma infondo lei era mia madre, chi meglio di lei poteva conoscermi? E poi il suo intuito era infallibile. Capiva con una semplice occhiata il mio umore, e anche se faceva la finta tonta e faceva finta di niente sotto, sotto la sapeva lunga. Ecco perché ogni volta che tentavo di nascondere qualcosa a lei, avevo una paura matta. Perché capisce quando mento quando dico la verità quando nascondo qualcosa quando, quando voglio essere lasciata in pace e quando ho bisogno di lei. E in questo momento ne ho bisogno. Mi basta un abbraccio o una semplice carezza e io…. No riprenditi e non farti prendere dai sentimentalismi chiaro?
“ Usagi” la fissai quasi sconvolta. Non mi chiamava mai con il mio nome di battesimo, venivo sempre chiamata da lei con nomignoli stupidi e irritanti o usa-chan, a meno che non era una cosa davvero seria…molto seria, di solito usava chiamarmi così quando prendevo brutti voti a scuola o quando mi obbligava a fare qualcosa che non volevo assolutamente.ma adesso contrastare quello sguardo serio e quella faccia.No non sono pronta.
“ Si..si” deglutì rumorosamente.
“ Senti ho capito che tenti di nascondermi qualcosa, ma adesso ti prego dimmi cosa ti fa soffrire così tanto perché non c’è la faccio più! Sono rimasta zitta per tre giorni di fila, lasciandoti in pace, ma ti prego adesso dimmi che cosa c’è che non va” si avvicinò e mi abbracciò “ Ti prego mio piccolo coniglietto cos’hai?”
Ma porca miseria, mi aveva fatto un discorso da oscar, strappa lacrime e adesso me lo rovina con quello stupido soprannome! Per un secondo per un piccolo secondo mi aveva quasi convinto, le stavo offrendo la sua opportunità di sapere tutto su un piatto d’argento, ma adesso a sentire quel nomignolo sono andata in ritirata insieme al mio coraggio, facendo passare in primo piano la stizza. Mi stavo rimangiando tutto non volevo dire più niente.
Mi allontanai da lei e dissi “ Tutto alla grande mamma, adesso vado di sopra mi faccio un bel bagno caldo e mi cambio ok? Chiamami quando è pronto” la salutai con il cenno della mano e alzai il passo.
“Ma-”
Mi precipitai verso le scale per mantenere il controllo e non cedere alle suppliche di mia madre. Andai in camera e iniziai a spogliarmi li. Misi nella cesta i vestiti sporchi ed entrai in bagno. Aprì l’acqua della vasca. Avevo proprio bisogno di un bagno caldo.
Mi immersi nell’acqua calda e subito come se avessi schiacciato un telecomando i miei muscoli tesi si rilassarono all’istante.
Dopo quindici minuti che il mio corpo era a mollo decisi di uscire dalla vasca e mettermi più comoda. Scesi senza aspettare l’urlo di mia madre e presi posto.
Mio padre era arrivato e mi aveva riservato il suo dolce sorriso affettuoso, seguito dalla sua abituale carezza sui miei capelli, dopodiché si diresse da mia madre per salutarla come si deve. Contraccambiai anche se non ero molto convinta… non ne avevo assolutamente voglia. Tutta l’ansia che avevo chiuso nel bagno di camera mia era ritornata come un pugno nello stomaco e adesso non riuscivo più a pensare lucidamente.

“ Tesoro come è andata la giornata?” trillò mia madre tutta contenta.
“ Oh una giornataccia ma alla fine ho scattato foto meravigliose!” sorrise soddisfatto mio padre.
“ Quindi la tua macchina fotografica è salva?” sospirò mia madre.
“ Si cara intatta” e la mostrò trionfante.
Quando vide Shingo che era intento a giocare si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. Ma come al solito il giocatore incallito non si mosse dallo schermo del videogioco.

“ Shingo un giorno di questi ti prendo quel coso e ci passo sopra con la macchina” brontolò mio padre.
All’istante Shingo alzò lo sguardo e notò finalmente la presenza del nostro amato genitore.
“ Ehm papà già di ritorno?”
Ma si può essere più stupidi? Almeno far finta di averlo visto! Alzai gli occhi al cielo e presi posto a tavola.
“ Grazie figliolo sono proprio contento della tua dimostrazione d’affetto” disse pacato mio padre lanciando la frecciatina.
Che dire? il ragazzino non è amore e coccole.. È più pacca sulla spalla e stretta di mano con sputo. Si da vero uomo.
 E come risposta mio padre ebbe un “Mh” tirato… che tradotto significa “Papà non ho più quattro anni, stavo per raggiungere l‘ultimo livello”
Leggo nella mente?
No. Assolutamente.
Posso solo usare una parola per descrivere mio fratello. Prevedibile.
“ Papà non ho più quattro anni, stavo per raggiungere l’ultimo livello” sbuffò scocciato.
Visto? Assolutamente prevedibile.
“ Mi dispiace averti disturbato, è notevole il tuo impegno in queste attività, peccato che non lo usi nello studio tutta questa passione”
Shingo socchiude la bocca. Ahah colpito e affondato.
“ E tu piccola come è andata la giornata?”
Lo fissai. Trenta secondi per pensare a una scusa qualsiasi.
“ e....è andata…bene” sorrisi con più enfasi, pregando che abboccasse.
Bene… che parola inutile in questo momento..Cosa potevo dire? Niente forse dovevo fare come Shingo e fare “mh“
“ Sicura?” sussurrò solo per farsi sentire da me.
Annuisco.
“ E’ tutto ok fatto quello che dovevo fare” sorrise e mi accarezzò la guancia.
“Scusa ancora” dissi abbassando gli occhi sulle mie dita.
“ Non dirlo nemmeno bambina mia”
Alzai lo sguardo incontrando quello di  mio padre e spostai immediatamente lo sguardo verso mia madre..che diventò subito rossa accorgendosi che l’avevo trovata con le mani nel sacco.
Stava cercando di origliare?
Ancora con le guance colorate mia madre si voltò verso tutti e iniziò a fare le porzioni. Menù della sera: curry con riso.
“ Bene buon appetito a tutti” annunciò felice mio padre.

Iniziammo a cenare. Non riuscivo a toccare cibo e questo mio gesto inusuale colpì mia madre.

“ Coniglietto c’è qualcosa che non va?”
A stento riuscì a trattenere una smorfia quando gli risposi “ ..Si ..ma non ho molta fame..”
“ Strano di solito hai la faccia immersa nel piatto” sghignazzò mio fratello.
Credi di aver fatto la battuta del secolo? Bene, bene mo ti faccio vedere io.
“ Papà avvisami quando prendi il gioco di questo mostriciattolo così ti porto anche gli altri e ci facciamo un bel falò” sorrisi soddisfatta.
“ Cosa?” quasi si affogò, quell’idiota di mio fratello.
“ Ottima idea” sorrise mio padre gustandosi il curry.
“ Già” continuò mia madre sorridendo del nostro piccolo battibecco.
Avevo alleggerito la situazione e forse era il momento giusto, con la mia dichiarazione.
Guardai mia madre che teneva il suo sguardo su di me senza staccarlo e mi intimoriva parecchio…quello era il suo sguardo a raggi x trovava tutte le mie bugie e le mie preoccupazioni.
Respirai a fondo.
Mio padre appoggiò il cucchiaio sul piatto e mi prese la mano stringendola infondendomi coraggio. Poi vidi Shingo che imperterrito continuava a mangiare. mia madre era ancora in attesa. Il suo sopracciglio sinistro si alzò e io parlai non collegando il cervello alla bocca.

“ Mamma io ho lasciato Mamoru e aspetto un bambino da lui”

Ecco avevo fatto di nuovo uno sterminio.











Note autrice

Ed ecco qui il capitolo taaaaaaaaaaanto agognato...
sono proprio cattiva vi ho fatto aspettare una vita e finisco sempre in sospeso...
oggi non sono in vena di note papiri quindi passo direttamente ai rignaziamenti!!!
ringrazio tutte le ragazze che stanno leggendo questa staoria e che mi seguono!!! veramente grazie di cuore! a presto ho in serbo una bella sorpresina!

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Capitolo 4
*** Terminetor vs Coniglietto ***











 Terminetor vs Coniglietto 




Avevo sputato la notizia così velocemente che il mio cervello non ebbe nemmeno il tempo di rielaborare l’accaduto. Ero ferma. Fissa. Fredda. Morta?
No, ancora no, perché il mio cuore batteva così forte e veloce che era impossibile non sentirlo.
Sentivo perfino le mie orecchie pulsare sotto l’imperterrito comando del centro del mio corpo. Trattenevo il respiro, e i miei poveri polmoni bruciavano…
No, non potevo essere morta..non lo ero infatti.. Ma nel profondo del mio cuore lo desideravo un pochino. Risparmiare agli altri sofferenza inutile, per una decisione e basta.
 Forse non ero morta fisicamente, ma dentro lo ero di sicuro… quelle decisioni che stavo prendendo stavano uccidendo pian piano il mio cuore e la mia anima.
Ma la cosa che mi spezzava più il cuore era mia madre… vederla in quello stato davanti ai miei occhi, era come essere trafitti nel bel mezzo dello stomaco.
 Quella donna che avevo davanti rispecchiava me stessa. Non sbatteva nemmeno le palpebre per lo stupore. I suoi grandi occhi neri erano sgranati a dismisura. I miei pizzicavano maledettamente. Ferma, e impietrita, ai miei occhi sembrava che non respirasse.
Per un momento la paura che provavo con così tanta violenza lasciò posto al nulla...
Nulla, assolutamente nulla. Un buco nero aveva risucchiato dentro di me tutto quello che poteva prendere.
Una calma temporanea che lascia solo uno sprazzo di lucidità al tuo cervello. L’unica cosa che poteva permettersi di pensare in quel momento era: “L’ho uccisa? L’ho veramente uccisa? Non ci credo, l’ho uccisa… si, l’ho decisamente uccisa. Ti rendi conto Bunny? Sei diventata un’assassina! Assassina, assassina! Una madre assassina ecco cosa sei!”
E più me lo ripetevo, più volevo sprofondare nel terreno. Giù, giù sempre più giù. Quel tanto agognato momento era arrivato, ed io non ero riuscita nemmeno a dire o fare qualcosa, preparare lei e me. Anzi, io mi ero preparata un pochino, ma lo sapevo che alla fine non ero assolutamente pronta. Non ero pronta a rivelare le mie pene. Ne a me stessa ne alle persone più care. E questo, mi mandava in tilt non poco.
Quello che avevo appena fatto era stato un colossale errore.
Non riuscivo più a leggere nulla nei suoi occhi. E lo sguardo raggi x divenne vitreo. Potevo definire mia madre più che andata.
Ecco.
Lo scorrere del sangue e l’adrenalina forse era qualcosa che mi incitava almeno a dire qualcosa, sistemare la situazione, speravo di non peggiorarla. Ma mi soffermai ancora una volta su mia madre, e quello sguardo che mi era davanti, fece cambiare subito idea, alla mia venuta eroica. Come dell’acqua gelata caduta per sbaglio addosso. Improvvisa e fredda erano gli aggettivi giusti.
Poi pensai “ Forse è tutto frutto della mia immaginazione e non è successo niente no? Forse sogno e non mi sono ancora svegliata, si, non sono ancora sveglia, mi dovrei dare un pizzicotto ma non ne ho la forza” 
L’immobilità era il mio stato fisico, ma quello mentale era più che laborioso. Mille idee e giustificazioni passeggiavano per la mente in cerca di una via d’uscita dalle mie corde vocali, che puntualmente non rispondevano ai comandi.
Volevo chiudere gli occhi, riaprirli e scoprire che tutto quello che stava accadendo era solo uno stupido scherzo. Si, uno scherzo del destino. Come faceva a non esserlo?
In realtà questo, non era ne un sogno da cui risvegliarsi, ne uno scherzo. Era solo una maledetta verità. Un bel pugno in faccia regalatomi dalla vita in pratica. E aggiungerei dalla sfiga. Dalla vita e dalla sfiga. Che accoppiata vincente.
Avevo sconvolto la mia vita, e quelle delle persone a cui volevo più bene e che più amavo.
 
Shingo era lì che mi guardava. Pupille dilatate, bocca socchiusa, forchetta caduta nel piatto ancora fumante e nessuna parola usciva dalla sua gola. L’unica volta in cui avevo visto mio fratello in quello stato era stato….vediamo…veramente non è mai successo!
Questa era la prima volta in cui la sottoscritta ha lasciato il fratellino senza parole. Un meritatissimo wow qui ci sta proprio.
E io che speravo in lui, e nelle sue solite battutine sprezzanti, ma questa volta non ci potevo contare. Avevo abbattuto anche lui con la mia rivelazione.
Si può essere più idioti di me? No! Perché? Perché sono la prima fra tutti ecco, e nessuno mi deve fregare il posto! Chiaro? Ma chi vado a prendere in giro? Sto perdendo i pochi neuroni che mi rimangono con questa faccenda.
 
Eravamo precipitati in uno stato di totale mutismo.
Io fissavo mamma. Mamma fissava me e poi papà, papà e poi me. Shingo? Shingo era ancora in quello stato e mi osservava con attenzione. Non mi ero mai vergognata tanto come in quel momento. Mi sentivo molto un batterio in un vetrino del microscopio.
Tutti quegli sguardi che chiedevano spiegazioni.
Odio essere al centro dell’attenzione. Lo odio lo odio lo odio!
L’unico calmo della situazione era mio padre, che aveva ancora la mia mano fredda tra le sue. Quella mano la doveva lasciare subito, non meritavo tutta quella gentilezza da parte sua. Dopotutto stavo distruggendo la “calma familiare”.
Ho sempre pensato che mio padre fosse un alieno. Un essere umano non può incarnare tutta quella gentilezza. Nessuna persona rimarrebbe così calma e pacata nel sapere che la figlia è rimasta incinta del suo ex, per giunta inconsapevole del fatto. Eppure è rimasto tranquillo. Non mi ha schiaffeggiato, be nessuno credo che se lo aspetti, e non mi ha cacciato di casa, non mi ha maledetta dicendomi che ero una figlia ingrata, e non mi ha detto che è deluso da me, no, non ha fatto nulla di tutto questo. Quando gli ho raccontato tutto, lui, mi ha presa fra le sue braccia, mi ha accarezzato i capelli, lo faceva sempre quando ero bambina, e mi ha consolato e rassicurato. Mi ha detto che può capitare a tutti, che non era stato un mio errore, che forse qualcuno di più potente voleva tutto ciò, che non mi dovevo preoccupare perché c’era lui e ci sarebbe sempre stato. L’aveva detto lui.
Il mio papà.
Il mio migliore amico.
L’unica persona che in quel momento era lì  e mi sosteneva. Come quando si è piccoli e si impara a camminare, io sto imparando a camminare una seconda volta, ma ero caduta e ho paura di riprovare. Ma papà era lì con me e mi teneva la mano, non cadrò con lui, perché mi tiene la mano…
 
Il mio papà infuriato è uno spettacolo che non posso definire nemmeno raro. A dir la verità nei miei diciannove anni di esistenza non l’ho mai visto infuriato. Forse un po’ alterato, ma mai infuriato, infuriato.
Strano?
Forse.
Ma l’unica risposta che posso darvi è che è sempre stato così. Un tipo calmo rilassato, positivo e giocherellone. Un tipo da Peace and Love in poche paroleDescrivere mio padre è come descrivere l’alterego di mia madre.
Fiamme fuoco e manganello in mano è più adatto a descrivere lei. E ogni volta che poteva si serviva del suo fidato cucchiaio di legno. Maledetto cucchiaio! È sempre stata solo scena, ma la fifa che faceva venire ad una bambina di sei anni era vera. Ogni volta che la vedevo con quell’arma in mano correvo a rifugiarmi tra le braccia del mio adorato papà, e lui veniva sgridato da Terminetor, perché era troppo permissivo secondo i suoi gusti.
Ecco perché, questa reazione da parte sua era l’ultima nella mia lista. Avevo pensato al peggio, ma non a questa reazione “apparentemente” calma. E dico “apparentemente” perché è l’unico avverbio che posso permettermi. E mia madre, è tutto fuorché “apparentemente” calma. Posso giurare sul mio nome vero che è la verità.
Un difetto che avevo preso da lei  era questo: L’impulsività. Una brutta bestia che a noi donne Tsukino scorreva nel sangue. Se non fosse per questo difetto sarebbe stata la prima a sapere tutto, prima di mio padre, che dovrebbe essere escluso tra le chiacchiere “da donne“. Ahimè questa era stata una scelta azzardata, ma ormai il latte era stato versato e non potevo piangere.
Situazione attuale?
Papà calmo, Shingo e mamma fuori gioco.
Forse facevo in tempo per una corsetta a casa di Rei e chiederle rifugio.
 
“ Bunny scherzi vero?” e uno Shingo fra l’incredulo e il divertito mi fissava. Era ritornato fra noi. Insieme al suo sorrisetto idiota che mi faceva imbufalire ogni volta che glielo vedevo in faccia.
 
A quella domanda non uno, non due, ma ben tre enormi macigni mi caddero in testa. Retoricamente intendo.
Diamine! Forse invece di lettere dovevo prendere scienze e arte dello spettacolo, come Minako, così potevo avviarmi verso la via del cabarè.
Io mi chiedo? Ma una benedettissima volta che sono seria perché tutti credono che io stia scherzando?
Solo perché qualche volta mi concedo uno scherzetto o qualche battuta non significa che scherzi in continuazione no? Non funziona così? Insomma lo fanno tutti, chi è portato e chi no…poi, pensandoci bene, quelle battute che faccio non è che facciano poi così ridere…diciamo che dietro quella mia filosofia contorta alla fine, molto alla fine, si capisce.
 
Adesso ti metti a parlare di battutine? Siamo in una situazione critica e tu che fai? Parli a vanvera.
Non è parlare a vanvera mia cara! È la situazione che mi fa perdere il filo del discorso.
Si e del cervello.
Fai meno la sarcastica.
 
In un momento di follia volevo infilzare la mia forchetta, ancora candida in uno dei suoi occhi, la mia mano era pronta sulla posata quando…
 
“ Qua..quando …quando?” e quella voce quasi inudibile si fece largo nella silenziosa stanza.
Ecco dovevo continuare. Anche lei mi guardava. E nostri sguardi si incrociarono così intensamente che non riuscì e staccarmi da quel contatto.
Mio padre lasciò la mia mano e si voltò verso mamma. La sua espressione era come una pugnalata al mio povero cuore. Adesso tutti puntavano lo sguardo su di lei.
“ Usagi. Quando.” era più decisa, più ferma. Ok non era una domanda ora. Era uno specifico ordine. Un ordine che non accettava un no come risposta. Posso capirla, dopotutto voleva sapere cosa diamine stava succedendo a sua figlia.
 La sua voce era irremovibile. Dura come un sergente. Ecco come la chiamavo a volte. Sergente. Le si addiceva.
Mi sentì all’istante un soldato che aveva sbagliato un esercizio e adesso doveva essere sgridato dal suo sergente. Da lei. Da quella donna che poteva andare in escandescenze da un momento all’altro.
Non sembrava sul punto di piangere, solo la voce la tradiva. Un po’ roca e graffiata. I suoi occhi non erano bagnati ma più neri della pece quasi liquidi e intensi, asciutti e un po’ rossi. E le sue guance stavano iniziando a colorarsi di rosso. Brutto segno.
Aveva capito. Lo si vedeva dallo sguardo. La sua espressione sconcertata aveva dato posto alla sua espressione pre-furiosa. Non furiosa. Almeno, non lo era del tutto, era solo sul punto di diventarlo. Ero certa che quel segreto, quella mia innocua frase, gli si era conficcata nel cervello e adesso la stava martoriando. Come una lenta tortura, piano piano sempre più in dentro più nel profondo. Più ci pensavi e più quel pensiero era forte..sempre più fastidioso e insistente.
Quel pensiero per me era essere stata idiota. Idiota fin dall’inizio. L’avevo detto prima no?  Forse non dovevo innamorarmi di lui, ma l‘amore non è anche pazzia? Forse non dovevo cercarlo in ogni uomo che incontravo o vedevo per strada. Forse, una benedettissima volta, dovevo seriamente dimenticarmi di lui e andare avanti.
 
Poi mi soffermai sul suo ordine.
Quando.
Cosa quando?
Quando è successo tutto?
La risposta è semplice. Tre giorni fa.
Oppure voleva sapere quando sono rimasta incinta?
Be non ho fatto i calcoli ma potevo semplicemente dire che lo avevo scoperto solo da tre giorni. E come tempo è davvero poco. Almeno per una mia considerazione personale.
O peggio, forse intendeva quando ho lasciato LUI. Il lui che non riuscivo nemmeno a pronunciare nei miei sogni più profondi.
Ma la risposta era sempre la stessa.
Tre giorni. Tre brevi giorni fa.
Tre, tre, tre. Quel numero mi perseguitava…
“ Usagi esigo una risposta!” non aveva urlato, ma in quel silenzio così intenso quelle parole mi erano sembrate urlate a squarciagola. Volevo fare la mossa delle tre scimmiette, non vedo, non sento, non parlo, qualcosa di immaturo…e una mossa per risparmiarmi la sua sfuriata.
Ok, ok adesso si era leggermente infuriata. Anzi, ritiro il leggermente.
Era infuriata.
 In piedi e infuriata.
In piedi più infuriata non è una buona cosa.
E peggio ancora, ero davanti a lei.
Seduta.
Lei in piedi e io seduta.
Quindi lei aveva pochi secondi in più di vantaggio e io?
No mi dispiace. Nessuno.
La nota positiva in quella situazione era solo le mani sui fianchi. Perché? Perché almeno non aveva in pugno un coltello per conficcarmelo dritto in fronte.
ESAGERATA? Si me ne rendo conto anche io, ma tenete a mente il difetto di prima. Con mia madre non si è mai abbastanza al sicuro quando è infuriata.
Deglutì. Adesso il sergente esigeva una risposta. Ok. Ma almeno poteva specificare no?
“ Ehm..cosa ..qua..quando?” grandioso la mia vigliaccheria è tornata a galla. Vedi ci mancava la voce tremante… almeno ero riuscita a parlare. Qualche passo avanti lo fa la ragazza vedete?
 
Non ti chiami coniglio? Fai quello che sai fare meglio. Scappa.
 
Sbuffò impazientita. Ma brava adesso sbuffa. Signor sergente, mi perdoni, ma non sono ancora brava a leggere nella mente delle persone.
“ Usagi ti sto chiedendo quando è successo tutto questo!” una ruga nel bel mezzo della sua fronte spuntò come una riga uscita per sbaglio su un foglio bianco e candido. Potevo vedere le saette che mi stava per lanciare.
Ma cosa?
“ Potresti essere più chiara?” chiesi più sicura e irritata anche io dall‘argomentazione vaga che mi stava chiedendo. Potrei dire che stava esigendo più che chiedendo. Di certo, non mi stava aiutando a rimanere calma.
La sua risposta è più che limpida. Occhiata infuocata! Mi abbrustolì con un semplice sguardo.
“ Quando lo hai lasciato?” ancora quel tono che non ammetteva il mio silenzio. Be gli avrei dato quello che chiedeva.
“ Intendi quando ho lasciato Mamoru?”
 
E chi se no? Sei proprio stupida non c’è che dire.
Scusa ma è la situazione a farmi rimbecillire.
 
“ Esattamente.”
Una risposta calma. Con occhi infuocati ma con voce calma. Troppo calma.
“ Tre…tre …giorni fa”
Respira Bunny..o morirai prima di dare alla luce tuo figlio.
“ Tre giorni fa?” non era più calma era incredula.
“ Si ”
“ Da quando…da quando….allora…ecco perché volevi stare sempre sola..” era più un’affermazione che una domanda e stavano arrivando le lacrime. Appoggiò una mano sulle labbra come a fermare il tremore che non riusciva a controllare delle sue labbra rosee e piene.
“ Ti prego mamma..non, non pia-” o lo avrei fatto anche io.
 
Una persona più lunatica di lei? Assolutamente nessuno. Passa dallo stato catatonico all’incredulità, alla furia, dopodiché ritorna all’incredulità e passa immediatamente alle lacrime. E poi dovrei essere io quella incinta.
 
“ Non piangere?! E questo quello che mia figlia mi sta chiedendo? Come fai a chiedermi di non farlo! La mia bambina è incinta e per di più ha lasciato il padre del bambino!”
 
E il premio per la peggiore giornata dell’eternità va a…. rullo di tamburi prego!
Va a Usagi Tsukino! Un grosso applauso per la vincitrice!
Complimenti a me!
 
“ Come hai fatto? Come sei riuscita a …” fece sussurrando
 
Rimanere incinta? Mamma ma cavolo e hai due figli!
Allora quando due persone si vogliono molto, molto, molto bene….
 
“ Usagi intendo…” bloccò la mia favoletta mentale e mi obbligò a rispondere.
“ È stato un mio sbaglio…” affermai e abbassai lo sguardo sulla mie dita.
Regole del bravo soldato: mai, mai, mai fissare negli occhi mamma infuriata, se non vorrete ritrovarvi senza un arto.
Non stavo certo affermando che mio figlio era un errore, questo mai. Resta il fatto che avevo fatto davvero una cavolata.
“ Questo è certo.”
A grazie. Non sono così sbadata fino a quei livelli.
“ Se stai pensando che ho dimenticato di prenderla ti sbagli di grosso.” attaccai. Era da tempo che usavo quella pillola, e non avevo mai saltato un giorno.
“ E allora come hai fatto? Di sicuro la tua sbadataggine ti avrà portato a dimenticarla o scambiata con un’altra pillola”
Ecco. Andava sempre a pensare alle cose più catastrofiche.
“ Mamma ho solo fatto un piccolo errore…” mi azzardai ad alzare lo sguardo e assistere alla mia fine.
“ Piccolo errore? Un bambino non è mai un errore!” si accese come un pezzo di carbone adente.
“ Diamine non ho mai detto che mio figlio è un errore!” mi arrabbiai anche io sbattendo i pugni sul tavolo e facendo volare la forchetta.
“ E allora?”
“ Se mi fai finire ti spiego”
“ E allora fammi capire!”
 
Alleluia! Potevo alzare le braccia al cielo.
 
“ Io l’ho presa la pillola anticoncezionale, e non l’ho scambiata con un’altra”precisai.  Mi fermai per guardarla in faccia e cogliere ogni sua espressione. Aveva cambiato posizione. Braccia incrociate sotto il petto e le labbra serrate. Perfetto almeno non mi avrebbe interrotto.
“ Quando ho preso la pillola qualche ora dopo ho dovuto prendere un antibiotico, ma mi ero dimenticata di averla già presa.” continuai cauta “E questo antibiotico ha annullato l’effetto della pillola, non sapevo che avesse avuto questo effetto e quindi ecco qui..” tutte sante parole del dottor Ishicaki.
“ Un antibiotico? E per cosa?” mi sbaglio o quella era una punta di sottile sarcasmo?
 
Gliel’avevo detto? Mh credo proprio di no.
 
“Ehm…be…ecco..non è importante”
Perché deve fissare il suo pensiero su cose inutili?
“ Usagi dimmelo”
Secondo ordine in meno di un quarto d’ora.
“ È proprio necessario?”
“ Per me lo è! Dai dimmelo.”
“ Non ti servirà saperlo.”
Già, non me lo ricordo nemmeno.
“ Usagi”
“ Era solo per uno stupido mal di denti, ma non mi ricordo bene, forse era influenza…oppure era per la tosse. Non ricordo è passato un po’ di tempo.”
“ E tu non mi hai detto niente?”
Che cosa? Adesso devo dirti quante volte vado a fare la pipì?
Al diavolo lei e la sua stupida mania del controllo.
“ Perché te la prendi tanto?” sbottai irritata.
“ Perché non sapevo assolutamente niente! Perché tu non me l’hai detto tre giorni fa!”
“ Ho avuto le mie ragioni e adesso che ci penso ho fatto bene a non dirtelo prima” mi alzai anche io stizzita.
“ Cosa? Mia figlia prende antibiotici, pillole anticoncezionali, lascia il fidanzato e non mi dovrei preoccupare? Tu hai mal di denti-”
“ Credo che fosse più influenza” la corressi prontamente.
“ Fatto sta è che me l‘hai nascosto! Ti lasci con Mamoru e non me lo dici! Mi hai mentito! ”
Mentito? È alterazione della realtà cara mamma.
“ Perché dovrei raccontarti tutto quello che faccio? Ti ricordo che stai parlando del mio corpo e della mia vita! Quindi lascia decidere me per favore, non c’è bisogno che ti avvisi di ogni cosa che faccio! Se prendo un antibiotico se lascio il mio ragazzo se sto male oppure se non faccio nulla sono solo fatti miei!” riuscì a dirlo tutto in un fiato.
“ Fatti tuoi? Se sei ancora una bambina!”
O certo usciamo il discorso del “sei ancora una bambina” questo qui non attaccava nemmeno quando avevo quindici anni!
“Che va all’università!” risposi velocemente.
“ Ti rendi conto? E adesso? Senti Usagi come cavolo ti è venuto in mente di lasciare quel povero ragazzo?”
Almeno una cosa era certa..non stava minimamente pensando a mio figlio. Come dovevo interpretare questa cosa?
“ Anche questa scelta ha dei motivi che non starò qui a raccontare” affermai incrociando le braccia sotto il seno.
“ Perché?”
“ Mai sentito parlare di privacy?”
“ Usagi!”
“ Mamma!”
“ Smettila immediatamente!” ringhiò appoggiando le mani sul tavolo.
“ Bene la smetto ma tu smettila di urlare”
“ NON STO URLANDO!” poi rimase in silenzio e si rimise al suo posto, in evidente imbarazzo.
 
Un sorrisino era tentato ad uscire sul mio viso ma lo bloccai all’istante, perché sapevo bene le conseguenze, e non volevo tirare troppo la corda o mi sarei ritrovata fuori dalla porta di casa al freddo sotto la neve. E con il mio bambino.
 
“ E adesso? Cosa farai?”  continuò agguerrita.
 
Si è ripresa in fretta vedo.
 
“ Ho già in mente qualcosa” risposi con calma. Affondai la forchetta nel cibo tentando si mangiare qualcosa.
“ Potresti dirmi questo qualcosa per cortesia?” il suo sopracciglio alzato mi intimava di continuare e la richiesta era ben accetta. Poteva solo accontentarsi di una risposta enigmatica.
“ Forse è meglio che io cambi aria” feci con nonchalance.
“ Cosa?”
“ Mamma ti sto dicendo che me ne vado” continuai calma.
“ COSA?!”
L’ urlo arrivò forte e chiaro ai miei timpani e scommetto anche agli altri.
“ Ti prego mamma non fare quella faccia” dissi sulla soglia della disperazione. Le tante attese urla che mi ero aspettata per tutte quelle ore erano arrivate. E non so se potevo dire ‘finalmente’ oppure rimanere in un silenzio mentale.
“ Che cosa? E quale faccia dovrei fare sapendo che mia figlia se ne vuole andare via, lontano da casa sua!?” tuonò sempre lei con quella punta di isteria che non le mancava mai.
“ Ormai ho deciso!” feci ferma, non poteva ancora dettare legge nella mia vita!
Insomma ero anche maggiorenne quindi potevo considerarmi abbastanza matura per affrontare un viaggio! Da sola.
“ Sei impazzita!” disse con voce ancora più alta.
“ No, ti sbagli sono lucida” avevo addosso una strana sensazione,  più lei si incavolava più io mi calmavo. Strano no?
“ Non se ne parla proprio! Tu rimani qui!” disse in modo categorico, sbattendo con furia un pugno sul tavolo.
“ Cosa sentono le mie orecchie? È un ordine questo?” domandai assottigliando lo sguardo.
“ Se per te sembra un ordine non mi importa ma tu rimani qui” fece ferma sostenendo il mio sguardo.


Puntino mio copriti le orecchie, anche se credo che tu ancora non le abbia, ma comunque non ascoltare quello che sto per dire!
Ma porca di quella maledettissima miseriaccia! Adesso faccio un matricidio!
 
“ Ho diciannove anni! Sono maggiorenne e adulta quindi non hai nessun diritto su di me!” ricambiai furiosa, mi sentivo la faccia in fiamme per la rabbia
“ Sull’adulta non ci conterei proprio! Dato che sei rimasta in-”
Si bloccò colta da quello che stava per dire ed io non riuscì a non fermarmi.
“ Incinta? È questo che stavi dicendo? Questo secondo te è un atto di immaturità? Sai, sono abbastanza grande da accettare le conseguenze di quello che ho fatto! E poi mio figlio l’ho desiderato fin dall’inizio!” glielo urlai in faccia con le mani appoggiate sul tavolo e il mio viso a pochi centimetri dal suo.
Il mio povero cuore stava per collassare, ma continuai perché doveva capire che non sempre lei aveva ragione su tutto. “ E poi cara la mia mamma se ricordi bene anche tu sei rimasta incinta a diciannove anni o sbaglio?”
“ E questo cosa centra?”
“ Centra e come! Mettiti nei miei panni. Tu  cosa avresti fatto al mio posto?”
“ Farei delle scelte che farebbero bene al bambino”
“ Allora non c’è nulla di sbagliato nella mia scelta”
“ Si che c’è!”
“ E cosa ci sarebbe di sbagliato?”
“ Se andrai via non conoscerà mai suo padre!”
 
Colpita.
 
Affondata.
 
E annegata.
 
Coniglietto tua madre sa giocare bene le sue carte.
 
Rimasi senza parole.
Si, questa era l’unica cosa che non volevo sentire.
 
Crescerà senza un padre.
Senza di LUI.
Senza il mio Mamo.
Senza il suo papà.
 
Questa faccenda era ancora una fresca ferita e speravo che si rimarginasse in fretta.
 
“ Usagi tesoro, ti prego, ascoltami, rimani qui ancora per un po’, almeno finché il bambino non crescerà e  poi potrai partire se vuoi, ma adesso è troppo presto, sia per te che per il piccino.” continuò lei con tono più pacato.
“ No che non lo è. Adesso è il momento giusto” dissi staccandomi dal tavolo e risiedendomi a braccia incrociate.
Si questo era il momento ideale, per me, per il mio puntino e per LUI. Nessuno doveva essere a conoscenza del mio piccolo puntino. Nessuno dei Chiba soprattutto.
“ Come farai? Lo sai che un bambino è un impegno grandissimo ed è costoso, se rimarrai qui noi ti potremmo aiutare e potresti continuare i tuoi studi”
“ Lo sapevo che saresti finita a parlare di questo! Nella tua testa c’è solo la scuola! Sempre  la scuola, la scuola la scuola! Ma ti rendi conto di quello che dici? Io sono incinta e tu pensi solo a quella maledetta università! Sai che ti dico? La mollo! Mi sono stufata di stare dietro a dei libri inutili, preferisco andarmi a cercare un lavoro vero e non perdere tempo dietro alla carta! Io ho deciso! Me ne vado di qui il prima possibile!”
“ Ti prego calmati!”
“ No che non mi calmo! Mi sono davvero rotta le scatole delle tue prediche e dei tuoi ordini e della tua mania del controllo, della tua idea della mia maturità inesistente e dell’università! Basta!” mi alzai in fretta e furia e uscì immediatamente dalla stanza.
“ Usagi, Usagi dove vai?” lei mi seguì imperterrita nel continuare quella discussione assurda. Mi prese per un polso e io mi arrabbiai ancora di più.
“ Lasciami!” urlai con tutta la voce che mi era rimasta. Volevo piangere nella mia camera ma lei me lo impediva. Gli occhi pizzicavano terribilmente ma lei voleva ancora continuare.
“ Non scappare non abbiamo ancora finito!” urlò stropicciando la sua espressione.
“ Io si! Quindi lasciami!” avevo già un piede sullo scalino. Pronta per la fuga.
“ Tesoro mio se terrai il bambino avrai bisogno di noi” disse allentando la presa senza lasciarmi
“ Me la caverò” risposi fredda, almeno, ci misi tutto il mio impegno per sembrarlo.
“ Ci vuole un po’ di più di un me la caverò per crescere un figlio Usagi” disse addolcendo il tono mascherando male un commento sarcastico, e accarezzandomi una guancia “ Amore sii ragionevole, io alla tua età non ero sola, avevo tuo padre al mio fianco!”
“ No!” strappai la sua mano dal mio viso con violenza e strattonai il mio polso dalla sua presa, mi girai e proseguì verso la mia stanza.
“ Usagi Tsukino! Fermati!”
“ No! Io non parlo con te! Non voglio parlare con una stronza!” urlai senza nemmeno pensare a quello che dissi.
Con quelle parole la spiazzai sul serio e non riuscì a rispondere alla battuta che gli avevo lanciato. Mi voltai con scatto quasi felino e proseguì la mia corsa verso il mio porto sicuro.
Ogni passo una lacrima scendeva, e ogni passo mi lacerava il cuore. Era da tanto che quelle parole volevano uscire da me, ma non avevo mai abbastanza coraggio per affrontarla e adesso, che questo puntino mi aveva dato la forza di farlo, non ci ho pensato due volte e le ho sputate così come mi venivano in testa.
“ Aspetta Usagi!” un ultimo grido di disperazione.
Non fece in tempo a continuare che io gli sbattei la porta in faccia chiudendola a chiave.
“ Usagi non puoi fare così! Apri!” urlava da dietro la porta per farsi sentire, mentre tentava di aprirla inutilmente. “ Usagi!”. La maniglia si alzava e si abbassava freneticamente. Sicuramente non sarebbe sopravvissuta nemmeno cinque minuti di più alla furia di mia madre.
No, non le avrei mai aperto.
No, non avrei ceduto mai e poi mai a quelle sue urla inutili.
No, non le avrei mai più parlato…non ora..non ora che il mio cuore piangeva e si spezzava sempre di più. Appoggiai la fronte sul freddo legno di noce della porta e chiusi gli occhi.
Lo so, adesso non dimostravo per nulla i miei diciannove anni. Ma non me ne fregava assolutamente nulla. Doveva capire. Doveva accettare tutto questo. Come ero stata costretta a farlo io.
“ Usagi…Usagi..” pian piano la sua voce si affievoliva e sentivo qualche singhiozzo che riusciva a oltrepassare la barriera di legno che ci divideva. Se sperava di convincermi con le lacrime aveva del tutto sbagliato. Fuori strada. Ormai sei fuori strada mamma.
Strinsi forte gli occhi per rimandare indietro le lacrime che prepotentemente spingevano per uscire e trattenni il fiato per non farmi sfuggire un inopportuno singhiozzo. Se mi avesse sentito anche un solo singhiozzo lei avrebbe ceduto e sarebbe riuscita a buttare giù la porta a suon di calci. E se mi fossi abbandonata a quel pianto tanto agognato, non sarei più riuscita a fermarmi.
Quella che doveva piangere ero io non lei.
Solo io potevo farlo. Riaprii lentamente gli occhi e scivolai giù fino a toccare con il sedere il parquet.
 
Egoista ed egocentrica…
“ Ikuko vieni” la voce calma di mio padre arrivò alle mie orecchie..“ Lasciala tranquilla..”
“ Kenji ho bisogno di parlarle adesso” piagnucolò una giustificazione, un qualcosa che la tenesse ferma davanti alla mia porta.
 “ È troppo arrabbiata per parlare Ikuko, sicuramente domani, quando sarà più tranquilla, potrete continuare..”
“ Ma-”
“ Ikuko ti prego vieni..” il suo tono fermo, eliminava il no dalle risposte di mia madre.
 
Si allontanarono, lo capì dal silenzio che regnò subito dopo. Questa si che era una catastrofe. Una catastrofe enorme…e l’indomani si prospettava magnifico dalle parole appena dette da mio padre. Sicuramente mamma avrebbe continuato da dove l’avevo interrotta io, e avrebbe forzato sulla mia permanenza qui a Tokio.
Ma come potevo rimanere qui? In questa città piena di ricordi pronti a trafiggere la mia anima? E soprattutto la mia psiche.
No non dovevo cedere a nessuna tentazione o sarei caduta in un baratro profondissimo.
Mi stesi sul letto, e affondai la testa sul cuscino, volevo sprofondare in un sonno profondissimo, almeno per dimenticare tutto questo, ma come una sveglia sul cellulare anche quel pensiero si sarebbe fatto vivo nei miei sogni….
 
 
***
 
 
Ho sete. Tanta sete. Ma non voglio alzarmi… ho dimenticato il mio bicchiere con l’acqua e adesso mi tocca scendere giù.
No non voglio…
Ma  ho sete.
Sto morendo.
A pensarci bene ho anche fame. Non ho toccato cibo, quindi il mio stomaco reclama cibo. Di bene in meglio.
 
Alzai la testa dal mio cuscino, ancora un po’ inumidito dalle lacrime amare versate prima, e osservai la sveglia a forma di pollo. Le tre. Le tre di notte e io sono sveglia. Ultimamente è così. Precisamente da tre giorni. Da quando tutto questo mi ha schiacciato. Spero che non diventi una brutta abitudine.
Prima Mamoru, poi suo nonno, poi il bambino e poi mia madre.
Si, la vita che desiderano tutti insomma.
Un problema dietro l’altro. Sbuffai e mi rigirai.
 
La sete aveva vinto. Dovevo bere a tutti i costi. La gola secca desiderava con tutta se stessa dell’acqua.
Scesi dal letto scivolando piano piano, prima un piede e poi l’altro, e meno attiva di uno zombie scesi ad uno ad uno gli scalini. Molto lentamente, e devo dire che non stavo usando proprio un passo “felpato”, era più elefantesco. Gi occhi socchiusi e la testa che girava, non aiutavano di certo. Il buio regnava in casa, e qualche maledetto mobile si era messo in mezzo alla mia strada. No, non era colpa mia! Era colpa loro che si materializzavano davanti a me! Gli spigoli poi, mi odiavano con tutto il loro cuore di legno che non hanno, sicuramente l’indomani mi sarei ritrovata con dei bei tatuaggi viola sui fianchi.
Andai a tentoni in cerca della cucina, e dopo qualche minuto e qualche incontro ravvicinato con il divano e le varie poltrone, si almeno sul morbido sono cascata, finalmente arrivai alla mia meta.
Quella stanza che qualche ora prima era stata spettatrice della mia furia di donna incinta qual ero.
Mi bloccai sulla porta appena notai una seconda figura nella stanza. Ero sulla soglia della cucina quando focalizzai, dal buio quasi penombra che mi era concessa, la sua chioma blu che si fondeva con il buio della casa. La luce in quella stanza era soffusa e sentivo l’inconfondibile profumo di camomilla. Non si era minimamente accorta della mia presenza. Meglio così, almeno me la sarei svignata senza problemi. Non riuscì ad andarmene subito ma mi soffermai sulla sua figura. Era appoggiata sul tavolo, un braccio disteso sul piano e il pugno chiuso mentre l’altro sosteneva  la testa, vedevo il suo bellissimo profilo, così giovane eppure…
 
Era pensierosa, i suoi occhi neri fissavano un punto imprecisato della stanza, e sembravano molto stanchi..una nuvoletta di vapore usciva dalla tazza a forma di coniglio…
So cosa state pensando mia madre è fissata con i conigli, e vi do pienamente ragione.
Ero decisa a fare dietro front, perché non riuscivo a sopportare ancora quell’aria di tristezza che si era venuta a creare in quella stanza, ma il mio stomaco rovina il mio piano mandandolo gentilmente a quel paese con rumori poco raffinati per una signorina come me, che attirarono all’istante la sua attenzione.
Immersi il mio sguardo nel suo, e me ne pentì all’istante.
Sommariamente dopo nemmeno tre millesimi di secondo. Erano bagnati, come le sue guance. Prima sfilettata al cuore. Soffriva, e questa era l’unica cosa che non volevo, quindi aggiungiamoci anche una seconda che non fa mai male.
 
“ Tesoro?..che ci fai sveglia?” disse sorpresa appena puntò gli occhi sulla mia figura. Asciugò frettolosamente le prove del delitto e tentò una smorfia di rassicurazione come a dire “ Tutto ok”. Certo. Se è tutto ok io sono la regina dell’Inghilterra. Come darla a bere?
Si facciamo anche le metafore sull’acqua tanto che ci sei Bunny.
“ Avevo sete..così..sono scesa” sussurrai incrociando le mani sul grembo, e abbassando all‘istante lo sguardo su di esse, in quel momento tutto il mio interesse era solo per loro.
Si prospettava un silenzio lungo e imbarazzante..
Il primo di tutta la mia vita con mia madre. E posso assicurarvi che è vero.
 Come  sempre entrambe cercavamo una giustificazione, alle volte inutile.
 
 
Hai interrotto il suo momento di solitudine, che figlia, sempre sotto le scatole stai.
Senti chi parla qui quella che rompe le scatole sei tu, e devo aggiungere anche, che sei davvero fastidiosa.
Faccio del mio meglio.
 
“ Ah…” uscì un suono strozzato..quasi come rotto dal pianto che soffocava davanti a me, tirò su con il naso si asciugò di nuovo le guance con entrambe le mani e sorridendo disse “ Aspetta che ti predo un bicchiere e ti verso dell’acqua”
Come se non fosse successo nulla, come se qualche minuto prima non avesse  pianto.
Come se qualche ora prima non gli abbia mai detto che lei fosse davvero stronza.
Avevo sempre pensato a lei come una donna forte e testarda, e io,  volevo essere come lei. L’ho sempre voluto, ma non ci sono mai riuscita, e credo che non ci riuscirò mai, invece di prendere il suo esempio mi rifugiavo in un posto sicuro, in me stessa, nella mia camera, in un angolo, dovunque purché nessuno mi venisse a disturbare, per poter piangere e sopportare sommessamente la situazione, in santa pace. E adesso che vedevo questa parte di mia madre, ammettere questa sua debolezza davanti ai miei occhi mi aveva un tantino shoccata. Riportata sul pianeta terra e aperto finalmente gli occhi. Perché non ero l’unica che soffriva in questo schifoso mondo ma anche la mia forte testarda e coraggiosa mamma. Il pensiero che una parte umana era rimasta intatta dentro di lei si insinuava sempre di più nella mia testa. Forse non era lei a cambiare, ma ero io, io che giorno dopo giorno mi rendevo conto che il tempo dei giochi per me era finito da tanto e lo stavo scoprendo solo adesso.
Si alzò dalla sedia appoggiando entrambe le mani sul tavolo per far leva ma io la bloccai immediatamente.
“ No mamma rimani seduta faccio io..” non so nemmeno come lo dissi, se in tono acido pacato o arrogante e infastidito. In quel momento il cavo cervello-bocca era staccato del tutto, diciamo anche le orecchie.
“Posso farlo io...” replicò calma.
 
Mi avvicinai al lavello e presi un bicchiere, aprì il rubinetto e lo riempì d’acqua.
Feci tutto come un automa,  mi concentrai solo su quello, al vetro freddo e bagnato, allo scrosciare dell’acqua e alle goccioline che cadevano giù per terra. Non volevo pensare ad altro, solo a quell’azione. A quella semplice azione. Ma la testa non voleva collaborare, e poi l’ora inusuale dava il suo contributo. Come si dice? La notte porta consiglio, e a me, più che consigli, stava portando dei veri e propri tomi di saggezza, 101 modi per distruggere la vita agli altri e come allegati i sensi di colpa, che non mancano mai. Oppure la cavolata che si dice ogni volta che si litiga, magari a mente più fresca. Be la mia mente più che fresca era gelata, sudavo freddo.
Pensare a mia madre, pensare a lei che piange per me, per questa situazione assurda, per il mio comportamento e per come l’avevo trattata. Me lo ripetevo nella testa come una cantilena, una filastrocca che deve essere recitata alla propria maestra.
Che figlia ingrata. Gliene avevo fatte tante, ma questa era la peggiore di tutte, e la prima in classifica tra l‘altro. L’unica cosa positiva che mi tirava su era il mio piccolino.
Il senso di colpa, stava arrivando leggermente in ritardo, stava facendo il suo effetto, peggiore di tutti gli altri.
Avevo il bicchiere in mano e fissavo il liquido trasparente che giaceva al suo interno. Calmo e tranquillo, quanto lo invidiavo.
Invidiavo qualunque cosa che non avesse un cervello. Il mio lavorava perfettamente in quel momento, ed era l’ultima cosa che volevo fare alle tre di notte. Pensare filosoficamente al mio futuro. Invece di dormire mi facevo le pippe mentali più colossali della storia. Ecco cosa mi aveva portato a scegliere lettere. Erano una mia consolazione, non ero l’unica che si martoriava il cervello con idee spacca meningi.
Non avevo il coraggio di guardarla negli occhi, mi vergognavo troppo. Una figlia che fa piangere la madre. Una figlia disgustosa. Io sono disgustosa.
Avevo i brividi, e la pelle d’oca stava arrivando troppo in fretta. Strinsi la presa sul bicchiere, e sentì la pelle sulle mie nocche tirare, le vidi bianche. Ero furiosa. Furiosa non con mia madre, ma con me. Con me stessa e con la mia stupida idea di raccontare tutto. Forse dovevo fuggire di casa e basta. Preparare tutto e partire nel bel mezzo della notte senza fare tante cerimonie. Di nascosto. Come una ladra. Era stata una delle mie prime idee, perché sono troppo codarda, ma il buon senso ha prevalso sulla mia battaglia interiore e alla fine mi ero decisa ad affrontare il famoso discorso, che il giorno precedente si era concluso con le mie urla e quelle di mia madre.
 Ma se veramente avessi avuto il coraggio che tanto desideravo, nel prendere tutto e partire all’avventura, sicuramente l’avrei fatta soffrire ancora di più, sparendo dalla sua vita in quel modo così vigliacco. Conclusione? Avrebbe sofferto in entrambi i casi, e con lei anch’io, quindi ero e mi ritrovavo per l’ennesima volta a un nuovo punto di partenza.
 
“ Usagi io…ecco io…ti ..ti..devo parlare” disse sottovoce, come per non spezzare il silenzio che c’era tra di noi. Come una bambina che stava ammettendo il suo disastro e si preparava alle urla della madre. Adesso ci eravamo anche scambiate i ruoli.
Questa frase me l’aspettavo in fondo, ma non riuscì a non sorprendermi.
 
Wow tua madre balbetta, Bunny sentila come tentenna! Hai visto fai paura anche a tua madre.
Senti Abby taci.
Abby? Ma che razza di nome è?
Ormai ho deciso che ti chiamerai così! Qualche problema? O preferisci che ti chiami Petunia? Come la zia di Harry Potter?
Preferisco Abby.
Bene, vedo che sei ragionevole oggi.
Mi sono arresa dopotutto sono anche stanca.
Di solito non dovresti essere sempre sveglia? Se no perché ti chiamano voce della coscienza, e la coscienza non va mai a riposo o si?
Sono alternativa io.
Be se lo dici tu.
Tua madre aspetta.
Non eri stanca?
Ti crederà sorda se continui così, dille qualcosa.
 
Ogni volta Abby deve interrompere i miei pensieri. Nemmeno la mia testa mi lascia in pace…
Davvero facevo così paura? Non capisco, faccio ridere e poi come per magia spavento le persone…mah
Avevo un brutto, anzi bruttissimo presentimento. Sapete no, la faccenda del sesto senso eccetera, eccetera.. E sicuramente adesso che i miei sensi erano più sensibili, scusate il gioco di parole, il presentimento lo sentivo molto più amplificato.
Bene, il mio senso diceva che quel discorso sarebbe finito peggio di come era iniziato. Forse con qualche vaso in meno in casa. Non lo volevo continuare, perché sicuramente sarei ritornata di nuovo in camera mia sbattendo la porta, e credetemi essere svegliati alle tre di notte da una pazza isterica non è bello.
 
“ Usagi ti prego guardami” una silenziosa supplica. Non un ordine, come era abituata a fare, ma una semplice e silenziosa supplica.
 
Mi dispiace signora ma sua figlia vuole che ammiri ancora un po’ il suo meraviglioso lato B.
Ma non hai un tasto per mettere pausa? Anzi meglio quello per l’arresto almeno mi riposo.
Uffa che ragazza rompi scatole!
Senti Petunia dei miei stivali, o la finisci o la finisci.
 
Feci un profondo respiro e mi girai lentamente, sempre con il bicchiere in mano e la guardai. Avvicinai il bicchiere alle labbra con entrambe le mani, come se da li a poco quell’oggetto si sarebbe sgretolato tra di esse.
Iniziai a bere avidamente, avevo sete ma quell’acqua non mi dissetava affatto, ne volevo ancora. Quando mi sentì finalmente dissetata, appoggiai il bicchiere sul bancone dietro di me e fissai silenziosamente la donna che si era appena avvicinata.
 
“ Bambina mia…io..non so davvero da dove cominciare…” abbassò il capo e prese le mie mani nelle sue. Erano calde e morbide. Un po’ umidicce. Un nodo alla gola iniziò a torturarmi lentamente. Non riuscì a nascondere a me stessa il poco sollievo che mi diede quel contatto così semplice.
“ Ecco io…ti vorrei chiedere scusa ma sicuramente non mi perdonerai così facilmente. Sei una ragazza testarda, ti conosco bene, ma ci provo lo stesso, dopotutto tentar non nuoce.” alzò lo sguardo e vidi che stava piangendo.
Un’altra sfilettata al mio povero cuore, ormai pieno di cerotti. Volevo piangere anche io…e i miei occhi erano d’accordo, perché stavano diventando già lucidi.. Il labbro tremulo e sarei potuta scoppiare da un momento all’altro.
“ Oh mamma..” non ci pensai e mi gettai tra le sue braccia che mi accolsero amorevolmente, subito, senza esitazione. Avevo aspettato tre giorni per quell’abbraccio, tre lunghissimi giorni, l’attesa era stata davvero logorante, ma quando sentì il calore della mia mamma dimenticai tutte le lacrime che avevo versato in quelle settantadue ore di agonia. L’attesa per me era la parte più dura.
“ Amore mio…perdonami..” disse stringendo la presa.
“ No, mi devi perdonare tu…sono davvero una figlia schifosa…” piagnucolai nell’incavo del suo collo.
“ Non devi dire una cosa simile! La colpa è solo mia, non sono riuscita a capirti fin da subito, e questo non riesco a perdonarmelo…” ci staccammo quel poco per guardarci in viso e sorridere. Visto? Ci bastava solo rimanere sole e chiarirci con due parole e basta, il mio presentimento si era sbagliato di brutto.
“ Adesso basta piangere se no piange anche il piccino” affermò mia madre sorridendo e accarezzando amorevolmente il mio grembo. Dal suo sguardo capì che anche lei desiderava il suo nipotino quanto lo desideravo io, sicuramente sarebbe stata una nonna perfetta, anche se la vedevo un po’ troppo giovane come nonnina, dopotutto aveva solo trentotto anni.
“ Va bene” risposi ricambiando il sorriso e asciugandomi la guancia con il palmo della mano.
 “ Vieni andiamo a sederci” mi prese per mano e ci andammo a sedere una vicina all’altra.
Guardai la sua tazza ancora fumante e l’odore che inebriava mi fece venire la nausea, stavo già facendo conoscenza con i sintomi della gravidanza. Appoggiai la mano libera sulla bocca come a fermare quel senso orribile, anche se non serviva a nulla, e chiusi gli occhi per concentrarmi su altro.
“ Amore sei pallida come un fantasma vuoi mangiare qualcosa?” sentì la sua mano calda sulla mia guancia.
“ No!” mi trattenni dall’urlarlo, dopotutto era notte fonda.
“ Lo sai che devi mangiare per due adesso, dai ti preparo qualcosa, oggi no hai toccato cibo” disse dolcemente. Sembravo davvero una bambina.
“ No davvero mamma, non ce ne bisogno” l’ultima cosa che potevo fare in quel momento era mangiare. Sarebbe rispuntato dopo cinque minuti in un altro stato, poco “invitante”.
“ Usagi..” e il suo tono lagnoso non mi risparmiò come sempre.
“ Mamma ti prego ho un po’ di nausea, il cibo sicuramente peggiorerebbe la situazione” un ‘fiuuù’ mentale mi sfuggì.
“ Va bene, vuoi ancora dell‘acqua? O forse è meglio del tè? ”
“ No no…” mi si chiuse lo stomaco
“ Anzi meglio che ti prepari un po’ d’acqua con lo zucchero, si..si come diceva sempre la nonna.”
“ Mamma grazie del pensiero ma davvero adesso passa” stavo sul punto di crollare e alzare bandiera bianca.
“ Va bene tesoro”
 
Wow che facilità, la fissai quasi incredula, convincere mia madre con questa maestria, che non è mia ammetto con riluttanza, la prima volta in diciannove anni ragazzi! Be non la prima in tentativi, ma diciamo la prima che vinco con successo. Da scrivere sul libro dei primati. Mia madre è un tipo testardo, quindi per convincerla è davvero un’impresa più che ardua, quasi impossibile nei rarissimi casi che si è verificata una vittoria allora si è stati davvero graziati.
 
“ Usagi davvero vuoi lasciare l’università?” domandò mia madre tristemente.
Bene. Perché il discorso va a finire sempre li?
“ Vorrei solo un periodo di pausa, tutto qui.” risposi fissandomi le unghie, sciatte e anonime quanto me.
Si era quello che mi serviva. Un lungo lunghissimo periodo di pausa, da tutto, oltre che dall‘università.
“ Eppure lì sembravi così felice…così..così tranquilla. Avevi conosciuto anche qualche ragazza no? Come mai questo cambiamento? La stavi frequentando ancora da poco.” parlare di questo argomento la rattristava molto, dato che anche lei aveva lasciato l’università ancora prima di cominciarla, ma causa la mia entrata in scena.
“ Lo so, ma vorrei davvero staccare la spina, non voglio frequentare l‘università se non me la sento, mi capisci mamma?” sospirai ripensando a tutto quello che stava per accadere e a tutto quello che stavo per lasciare.
“ D’accordo, se adesso non ti senti di continuare per me va bene” sorrise stringendo la presa sulla mia mano.
Cosa? Ho sentito bene o è stato frutto della mia immaginazione? Ha detto che per lei va bene?
“ Sicura di sentirti bene?” chiesi incredula.
“ Certo perché?” fece con tono sorpreso.
“ Perché ho sentito che sei d’accordo con me, o evidentemente ho sentito male io e credo proprio di si, oppure sta per incominciare l’apocalisse mamma” risposi alla sua sorpresa alzando pochissimo la voce per far notare il mio giustificato sgomento.
“ Tesoro ho semplicemente detto che per me va bene tutto qui” ribadì tranquilla.
Aprì e richiusi la bocca subito dopo. La mia incredulità era a livelli galattici.
“ Questo non accade mai è un evento più unico che raro.” sussurrai con gioia, e potevo sicuramente sentire le mie labbra incurvarsi in un sorriso.
“ È stato tuo padre a convincermi” fece passandosi una mano sul viso.
“ Papà?” mi sorpresi di quell’uscita inattesa del mio mitico papà, cosa aveva fatto questa volta? Un incantesimo su mamma?
“ Si ho subìto una delle sue colossali strigliate” sorrise al ricordo. Si sistemò meglio sulla sedia e accavallò le gambe.
“ Non ci credo” dissi muovendo a destra e a sinistra la testa.
“ Devi, dopo mi sono sentita malissimo”
“ Continuo a non crederci”
“ Lo so, tuo padre è troppo buono con voi due ma con me è diverso” fece quasi offesa.
“ In che senso?” la interrogai curiosa.
“ Le strigliate non le fa a voi due ma le fa a me in compenso” disse incrociando le braccia sotto il petto.
“ Ma dai” esclamai incredula, era assolutamente impossibile, il mio papà non riuscirebbe nemmeno a sgridare un povero cane,
“ Si, ogni volta mi fa sentire in colpa, come oggi”
“ Ti ha detto lui di chiedermi scusa?” chiesi spaventata come se un fulmine mi avesse colpita in pieno, il tono di delusione non riuscì a mascherarlo molto bene. Era troppo bello per essere vero!
“ No, assolutamente! Mi ci ha fatto arrivare da sola!” rispose come se la mia domanda l’avesse scandalizzata, e invece di aver detto quella frase, sembrava che avessi detto la più brutta fra le parolacce.
“ Ah..”
 
Per fortuna! Ci stavo davvero rimanendo male, quelle scuse poi non sarebbero state più sincere ma costrette. E a me quel pensiero dava un po’ fastidio. Se non erano sincere le scuse per me non valevano assolutamente.
 
“ Allora dove sei diretta?” se ne uscì così dal nulla quella domanda. Come se mi avesse chiesto sul tempo di oggi o se mi sentivo bene. Con una tranquillità che mi stupì non poco.
 
Come di già? Non me l’aspettavo così presto questa domanda.
Abby anche io non me l’aspettavo.
“ Los Angeles” tentai di imitare la sua tranquillità.
“ Los Angeles? Così lontano?”
 
Si..è un po’ lontanino come posto, ma è l’unico che mi ha sempre attirato, e non dico per il cinema e per la gente famosa o per le boutique super lussuose. Ma il punto era proprio questo. La lontananza. Era quello che mi serviva assolutamente.
“ Vado a stare da zia Yumiko” precisai.. La mia pazza zia era l’unica che poteva aiutarmi adesso, e lei aveva accettato il mio SOS. Ignara della presenza di un nipotino. Lo so è un comportamento sleale, ma per amor della mia quiete psicologica voglio aspettare un pochino. Glielo avrei detto con più calma. E soprattutto glielo avrei detto di persona e non attraverso un messaggio o una telefonata o una fredda mail. Per me questa cosa è davvero importante.
 
“ Da quella pazza che mi trovo per sorella minore?” sorrise, e notai da quel tono che era sollevata anche se lo disse in modo fintamente drammatico.
“ Si…” stavo sul punto di ridacchiare.
 
Oh Yumiko, la mia unica zietta preferita. La mia pazza zia, una bomba sempre sul punto di esplodere, e io le volevo bene come se fosse una seconda mamma.
Poteva essere addirittura considerata una mia coetanea tanto era giovane, dato che aveva la veneranda età di trent’anni, anzi ventinove anni. Ammiravo la sua capacità nel trovare il lato positivo in tutto, e speravo un po’ nel suo ottimismo anche in questa faccenda. Il suo lato infantile contagiava anche i muri, e la sua inesauribile allegria, rendeva magicamente tutti intorno a lei felici. In due paroline era il mio alter ego. Ma la cosa che più mi affascinava in lei era il suo modo di agire con la gente e il suo amore incondizionato verso il prossimo e verso il suo lavoro.
Lei  aveva trovato fortuna  proprio lì, dall’altra parte del mondo, a Los Angeles, la culla di Hollywood dove tutti gli aspiranti registi speravano nella loro conquista e affermazione in quel campo, e anche zietta ci era riuscita. Con la sua caparbietà e la sua tenacia e testardaggine, tratto di famiglia, aveva trovato il suo posto nel mondo. Ma questa scelta l’aveva portata oltre che al successo anche alla solitudine dalla propria famiglia, che non sosteneva i suoi stessi sogni, e l’unica che l’aveva sempre appoggiata era stata mia madre. La sorellona, che la copriva ogni volta con i guai che combinava, la sorellona che la aiutava a superare i suoi problemi, la sorellona che le aveva pagato il biglietto di sola andata per l’America, per la scuola d’arte che la sua sorellina desiderava frequentare e non poteva senza il permesso dei genitori, la sorellina che tra le lacrime e singhiozzi le aveva giurato che doveva per forza diventare una regista a tutti i costi, perché era quello il suo destino. Così mamma era riuscita, con la sua abile parlantina, a far accettare ai nonni la scelta della loro secondogenita, e aggiungo con molto disappunto. Ma la mia zia non si fece scoraggiare dai musi lunghi dei suoi genitori e con le poche valige andò a conquistare il suo agognato sogno, e adesso era una tra le più brave registe del mondo hollywoodiano.
Così noi eravamo cresciuti con una zia che mandava mail lettere cartoline  e regali dall’America. Ci veniva a trovare ogni volta che poteva e sempre portava con se regali di ogni genere.
Non so se era una sfortuna o una fortuna ma ogni volta che era con noi giocavamo al gioco di chi sa più parole, e alla fine nolente o volete io e mio fratello avevamo imparato alla perfezione l’inglese.
Non passava giorno che comunicassimo e quei tre giorni non le avevo nemmeno parlato..e adesso che ci penso non le ho nemmeno risposto all’ultima mail!
 
“ Oddio spero solo di trovarti viva” sorrise ripensando alla sorella.
“ Sicuramente, e adesso che mi ricordo nell‘ultima mail ti saluta”
“O davvero? E ti ha detto come sta?”
“ Si, mi ha detto che sta bene e che senza di lei i suoi ragazzi sarebbero persi”
“ Si come sempre, io non so come faccia a rimane lucida in quel posto così caotico”
“ E già, ma credo che prima o poi ci si faccia l‘abitudine non credi?”
“ Anche questo” si alzò dal posto e prese in mano la tazza poggiata sul tavolo. Si venne a creare un po’ di silenzio che venne subito interrotto dalla sua domanda.
 
“ Partirai presto?” mi dava le spalle e sicuramente lo faceva per non farmi vedere la sua espressione triste.
 
Socchiusi gli occhi e sospirai tristemente, ammettere che mi sarebbe mancata era dura.
 
“ Si fra qualche giorno” risposi con il suo stesso tono di indifferenza.
 
Andò vicino al lavello e aprì il rubinetto.
 
“ E hai preparato tutto?” continuò con voce più flebile, segno che prima o poi sarebbe scoppiata a piangere.
 
“ Nulla” mi accarezzai le braccia per scacciare un brivido.
“ Sei sempre la solita” ridacchiò e le sentì tirare su con il naso, poco finemente.
 
Mi alzai non riuscendo a stare ferma e non mi bloccai quando tentai di dire “ Mamma ti prego..non…piangere”
“Scusami tesoro, è difficile per me accettare tutto questo” si passò una mano sulla guancia per spazzare via le nuove lacrime e io la strinsi in un abbraccio.
“ Anche per me” sussurrai debolmente. Anche per me era difficile. Anche per me era difficile accettare l’idea di separami da tutti loro. Dalle mie amiche dai miei familiari e da lui. Soprattutto da lui.
“ Oh Usagi!” mi strinse anche lei nell’abbraccio e io la consolai accarezzandole la schiena, come faceva lei con me quando ero più piccolina. “ Ho già visto andare via troppe persone, e sapere che fra poco te ne andrai anche tu via…io..io..no..non..riesco a sopportarlo”
 
Mi sfuggirono poche lacrime a sentire quelle parole, che erano più forti di una pugnalata al centro del mio stomaco. Quella era la verità. Non riusciva a sopportare la lontananza di un’altra persona che amava, prima sua sorella e adesso sua figlia. Entrambe dall’altra parte del mondo. Quello che stavo facendo era davvero meschino, ma era l’unica cosa che potevo fare e che ritenevo giusta.
 
“ Ce la sto mettendo tutta bambina mia credimi…ma più ci penso, e più il groppo che mi stringe la gola non riesce a scendere, e al solo pensiero che il mio piccolo coniglietto se ne vada via così presto..io..io non ce la faccio” continuò lei stringendomi ancora di più, e singhiozzando come una bambina.
Mi stringeva forte a se come se fossi la sua ancora di salvezza, come se da un momento all’altro sarei diventata polvere, come se fossi il suo salvagente…come se fossi..come se fossi la sua bambina…perché era quello che ero ancora per lei..ero ancora la sua bambina…la sua bambina che fuggiva troppo presto..che la lasciava troppo presto..lei non era pronta, ma doveva esserlo, doveva esserlo anche per me…perché lei era la mia mamma.
La situazione le stava sfuggendo via dalle mani, e il controllo che aveva avuto per tutto quel tempo, adesso stava svanendo.
Nemmeno mi arrabbiai quando mi chiamò coniglietto, quel tanto odiato soprannome…
Mi sarebbe mancato anche lui.
“ Lo so mamma, lo so, anche per me è così”
“ Tu sei ancora la mia bambina è difficile lasciarti andare, ma lo devo fare perché ormai vuoi allontanarti da questo posto e devo solo accettare le tue scelte, se per te questa  è quella giusta”
 
Si staccò da quell’abbraccio e mi accarezzò dolcemente la guancia accennando un sorriso. Io per lei ero ancora la sua piccola bambina come ogni madre considera la propria figlia.
Mamma..oh mamma…
 
“ Mi dispiace così tanto mamma!”
“ Dispiace anche a me, ma è così che deve andare” mi rispose sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“ Cosa posso farci? È successo tutto così in fretta che non so se sia un incubo o la realtà” continuai presa dalla paura.
“ Tesoro lo so che sei spaventata ma davvero diventare mamma è la cosa più bella che ci sia, e te lo posso dire io!”
“ Si e sono felice ma anche triste” abbassai il viso puntando lo sguardo sulle mie ciabatte. Poco attraenti ammetto.
 
Sospirò, e si appoggiò sul ripiano da lavoro, guardai l’orologio erano quasi le tre e venti del mattino. Cavolo come era passato velocemente il tempo!
 
“ Usagi perché hai lasciato Mamoru?” quella domanda così seria e improvvisa mi spiazzò all’istante. Eppure non dovevo essere così sorpresa no?
 Me  l’aveva già posta precedentemente.
Ma anche se l’avevo già sentita, non riuscì a non sobbalzare impercettibilmente.
 Era semplice come domanda e nemmeno tanto complicata da dover rispondere con una risposta adatta lunga otto fogli, ma nella mia condizione, sembrava che mi avesse chiesto di recitare il secondo Atto di Romeo e Giulietta per intero a memoria senza copione. E credetemi a mala pena ricordo la trama.
 
“ Perché era la cosa giusta da fare” semplice e concisa, era tutto quello che potevo permettermi in quel momento.
 
“ È successo qualcosa di grave?”
 
Gli avrei risposto di no, facendo un segno negativo con la testa, dicendo che non era nulla. Ma in fondo la mia partenza per l’America, era più di un nonnulla no?
negando ogni sua possibile congettura avrei solo peggiorato la situazione facendola preoccupare ancora di più. E quando vidi i suoi occhi, ancora lucidi per il pianto di poco fa, non riuscì a dire qualche balla a casaccio e optai per la pura verità. Perché dopotutto era qualcosa di grave, almeno per me e non si meritava di essere messa all’oscuro di tutto.
 
“ Perché sarebbe un male per me per lui e per nostro figlio”dissi accarezzando la pancia ancora piatta e distogliendo lo sguardo dal suo.
 
Mi sentivo ancora strana a pronunciare quelle parole. Mio figlio. Ancora non me ne capacitavo.
“ In che senso? Perché sarebbe un male? Cosa è successo per farti cambiare idea così?”
 
Cosa le potevo dire? Che il nonno di Mamoru ci stava mettendo il bastone fra le ruote e aspettava un mia caduta per infangare il buon nome dei Chiba? No no…che con la mia presenza avrei distrutto la vita del mio amore eterno? Ecco forse quella era cosa giusta da dire.
 
“ Ti prego Usa-chan parlami”
“ Mamma tu sai che il nonno di Mamoru è un’importante imprenditore nel settore farmaceutico vero?”
“ Certo che lo so ma questo cosa centra?”
“ Centra il fatto che non ero desiderata affatto dal Signor Chiba” non che quello mi pesasse così tanto.
“ Cosa?”
“ Io non sono una ragazza adatta al nipote, io..io non sono un importante  figlia di qualche medico di alto rango, il mio nome non è nulla per lui…io per la famiglia Chiba non sono nessuno” dissi con le lacrime agli occhi, mordendo forte il labbro e respirando a fondo. Ripensare a quella scena, che mi aveva distrutto sia fisicamente che mentalmente faceva male al cuore.
“ Ma amore mio che dici?”
“ Mamma ti dico la verità”
“ Spiegami che cosa è successo con calma”
“ Ho origliato una conversazione fra il nonno di Mamoru e lui e ho scoperto che la loro azienda sta avendo dei problemi e per superarli, Mamoru dovrebbe sposare la figlia di un importante imprenditore che potrebbe risollevare la situazione”
“ O mio Dio…” l’avevo lasciata senza parole ancora una volta…
 
Si era il momento di dire che la vita mi tirava dei brutti scherzi.
 
“ Quindi l’hai lascito per suo nonno?”
“ L’ho lasciato per non mandarlo in banca rotta, l’ho lasciato perché lo amo troppo, l’ho lasciato perché so che era la cosa giusta, e anche se adesso io sto soffrendo e credo che anche lui stia soffrendo, ma spero che non lo faccia, un giorno entrambi riusciremo ad avere la nostra felicità e lui si sposerà con quella donna e renderà felice anche suo nonno.” finì tristemente il mio discorso asciugandomi una guancia.
 
“ Figlia mia hai davvero tanto coraggio sai?”
“ Perché dici questo?”
“ Perché ami così tanto quell’uomo da lasciarlo con la consapevolezza che soffrirai molto, e anche per amor suo e della sua famiglia “
“ Io l’ho fatto solo per lui”
“ Lo so ed è qualcosa di assolutamente meraviglioso, ma non credi che non facendogli sapere della tua gravidanza potresti farti odiare da lui?”
“ Mamma se lui venisse a sapere di questa gravidanza ritornerebbe da me e addio patrimonio per l’azienda!”
“ Va bene va bene”
“ Oh mamma!”
“ Tesoro mio…”
 
Si quella era la cosa giusta da fare la cosa giusta da fare la cosa giusta da fare….

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Capitolo 5
*** Alle prese con un cuore spezzato ***






Alle prese con un cuore spezzato




POV Mamoru





Erano le quattro e venti del mattino ed io ancora non avevo chiuso occhio. 
Dovevo chiudere occhio almeno quella notte o il giorno dopo non mi sarei nemmeno alzato dal letto. 
Avevo esagerato.
 Questa volta avevo proprio esagerato con quella bottiglia di Vodka. 
O era whisky? Bah Vodka o whisky, era sempre alcol ed era quello che volevo.
Dovevo smetterla di ridurmi ogni sera così. Accasciato su un bancone di un bar a bere fino all’alba. Come ero arrivato a quel punto? 
Mi insultai mentalmente, avevo un cerchio alla testa insopportabile, e l’assenza di cibo nel mio stomaco non migliorava di certo la situazione. Mi ritenevo fortunato che ancora la colazione del giorno prima non mi aveva abbandonato.
Le palpebre pur tenendole socchiuse mi facevano un male cane, e ogni volta che sospiravo mi bruciava la gola. Ero davvero messo male. 

 Mi ci ero abituato ormai, e sicuramente avrei passato il resto della mia vita in quel modo.
 Eliminando il dopo-sbronza, il mal di testa da record la mattina appena svegli e il bruciore allo stomaco,  non era male come vita. 

Sentii il liquido ingurgitato un’ora prima risalirmi su e tentai in tutti i modi di ricacciarlo dentro. 
Odiavo vomitare.
Mi sentivo proprio un ragazzino alla prima sbronza. No, non ero affatto astemio, ma non ero nemmeno un alcolista accanito. Ero nella norma. Almeno, fino a pochi giorni fa ero nella norma. In queste ore avevo scoperto l’utilità dell’alcol: far dimenticare ogni problema e sofferenza, con l’effetto collaterale di ridurti in uno zombie il mattino successivo. 
Mi alzai dal divano con fatica immane e tentai di ricordare dove fosse il bagno. Incespicai nei miei stessi piedi e mi appoggiai al muro. Feci un respiro profondo e la testa iniziò a dolermi incredibilmente. E questo era solo l’inizio. Quando notai che la stanza stranamente girava intorno a me mi resi conto che forse era meglio prendersi una piccola pausa. Chiusi gli occhi per riprendermi e tentai di nuovo la mia lotta. Dovevo trovare quel bagno. Dopo interminabili minuti riuscii a raggiungerlo, sembrava lontano chilometri. Spalancai la porta e mi precipitai sul water. Non ce la feci a trattenermi e salutai a malincuore 27,816 Yen (200 euro) di Vodka e Cognac…si mi ero dimenticato di quello. Mi rinfrescai il viso e andai in camera da letto per riposare, almeno far finta di dormire e ingannare il mio cervello. Mi stesi sul letto, chiusi gli occhi e non provai nemmeno a cambiarmi. Troppo difficile e complicato, avrei rischiato di far saltare tutti i bottoni della camicia e le mani tremavano un po’. Tutta colpa del mio pozzo senza fondo che avevo per stomaco, contando la testardaggine…

Ma chi andavo a prendere in giro?
Stavo facendo tutto questo male a me stesso per cosa? Mi ha lasciato basta pensarci! La vita va avanti lo stesso anche senza di Lei. 
Ma più tentavo di non pensare a Lei, di cambiare argomento, di fare qualcos’altro, più ci ripensavo. Un chiodo fisso.  Mi era impossibile. Qualcosa di titanico. 
Dovevo ignorare il suo pensiero, eppure…ancora non ci riuscivo. 
Forse era l’abitudine. Dopotutto era passato così poco che..
No, questa giustificazione era proprio squallida.

Ero ancora incredulo. Non credevo a quello che mi era successo fino a pochi giorni fa. Il mio cuore  non ci credeva. Era ancora innamorato di Lei. L’unica possibilità era disinnamorarmi di Lei.
Concentrati. 
Pensa…pensa… all’università!
Già la cara Università che non vedevo da qualche giorno. Se saltavo ancora un’altra lezione di fila del professor Onizuka potevo considerare la testa staccata dal mio collo. Sicuramente mio nonno ne era al corrente e mi sorprendeva il suo inusuale comportamento così taciturno per la mia mancanza alle lezioni di Medicina. 
Aprii nuovamente gli occhi e fissai il soffitto. Ad un tratto rividi il suo volto sorridente e felice, i suoi grandi occhi blu e le sue lunghe ciglia. 
No!
No!
No!
Basta! Basta!
Smettila di essere così masochista! Pensando a lei non risolvi mica la situazione!

Ma come potevo? Era successo tutto così velocemente che il mio cervello tentava in tutti i modi di darsi una spiegazione, anche assurda.
Non  riuscivo a capire la dinamica dei fatti. 
Le sue parole le ricordavo perfettamente. 

“ Mamoru….io..non ti amo più. Mi dispiace, promettimi..promettimi che farai la cosa giusta e che mi dimenticherai per sempre.” 

Facile per te. Facile perché tu eri pronta e preparata. Io invece no. Mi hai pugnalato e colpito senza preavviso. Non avevo colto nessun segno, non sapevo di dovermene accorgere ma...cavolo è stato davvero un colpo basso! Mi sentivo tanto Sedotto e abbandonato…

Odiarla poteva essere la strada più semplice. Dimenticarla, cancellarla dalla mia vita e dal mio cuore. Ma ormai ero più che fottuto. Cosa potevo fare? Ero ancora irrimediabilmente innamorato di quella ragazza e Dio solo sa quando sarei riuscito a “cancellarla” da tutto me stesso. Il cuore irrimediabilmente  innamorato di lei e la mia testa non ne volevano proprio sapere di collaborare con il sottoscritto.
Eppure mi  era impossibile pensare che Lei non fosse stata  più mia.  Che non fosse più la mia ragazza

Arrabbiato, frustrato, e immensamente triste era il miscuglio che si era venuto a formare come il mio costante stato d’animo. Non mi sentivo così da anni. 
E fu così che persi coscienza e mi abbandonai ad un sonno senza sogni.







“ Cosa?! Stai ancora dormendo?!” 

Ma chi cavolo…

“ Mamoru se non ti svegli in questo preciso istante te ne pentirai per il resto della tua vita” 

Quella voce, e quel tono minaccioso, li conoscevo perfettamente, ma li per li me ne fregai di quella inutile minaccia, volevo solo continuare a dormire.

“ Mamoru non sto assolutamente scherzando quindi o ti alzi o mi costringerai a farti alzare da quel letto con le maniere forti!” le sue urla erano come mille aghi per le mie povere orecchie e per la mia testa confusa…

“ Ma quanto cazzo hai bevuto?! Sento la puzza di vodka da qui!”

Bon jour finesse. Ci mancava solo una vera e propria crisi isterica mattutina.

Mugugnai qualcosa e mi decisi ad aprire gli occhi per mettere fine a quella tortura che era il mio amico.
Perché diamine mi sono fatto convincere a lasciare le chiavi di riserva sotto lo zerbino? Ho dato il via libera al mio amichetto impertinente.

“ Motoki…finiscila di urlare adesso…” non fui molto convincente,  agognavo ancora il letto, “Sono sveglio” finii con un sonoro sbadiglio, rigirandomi per sfuggire alla luce che filtrava da dietro la tenda. 

Sentii un suo sospiro, dopodiché la luce inondò la mia camera da letto. 

“ Non certo grazie a te” mi fissò intensamente e disse “ Finiscila di ridurti così, se domani ti ritrovo di nuovo in queste condizioni puoi stare certo che TU” e mi indicò in modo più minaccioso possibile “verrai a stare a casa mia” concluse. Una minaccia ben riuscita devo ammettere. Se il suo tono era stato tanto autoritario, posso dirvi che l’espressione che aveva stampato in viso superava anche quello. 
Lo sguardo duro e il broncio pronunciato mi spiazzarono, solo inizialmente, dato che era raro vederlo in quel modo. 
Non riuscii proprio a rimanere serio, ed essere pentito del mio comportamento poco maturo, in parte anche grazie all’aiuto del post-sbronza, e dall’altra perché avevo bisogno di non pensare al guaio in cui mi ero cacciato, mi misi a ridere con gusto. Erano giorni che non ridevo così. Di certo il mio amico non la pensava al mio stesso modo, ma si calmò un po’ vedendo che non ero ancora caduto in uno stato catatonico, non ci trovò assolutamente nulla da ridere certo, ma con più calma mi ordinò  “Chiba piantala di fare il coglione e vai a farti una doccia!” subito dopo girò i tacchi e uscì lasciandomi solo. 
“ Oh amico come sei permaloso..” gracchiai.

Passai una mano sul viso, e chiusi gli occhi. 
Con mia immensa gioia mi sentivo uno straccio. Avevo un mal di testa allucinante, mi facevano male gli occhi, e la mia gola bruciava, sembrava rivestita da carta vetrata. Mi alzai e andai a farmi una doccia. Dopo uno scarso quarto d’ora ero pronto così raggiunsi Motoki in cucina. 
Aveva preparato la colazione. Poteva essere proprio una perfetta donnina di casa. L’avevo sempre preso in giro per le sue manie di perfezionismo che  erano mostruosamente degenerate nel tempo . Appena appoggiai lo sguardo sul tavolo e vidi del cibo il mio stomaco fece una capovolta, non ero sicuro di mantenere qualcosa di solido.  
Deglutii  a vuoto tentando in tutti i modi di scacciare quel senso di nausea e mi misi a sedere. Almeno del caffè dovevo concedermelo. 

“ Mamoru dobbiamo parlare” 

Motoki era un caro amico. Praticamente lo conoscevo da quando avevamo il pannolino. Eravamo cresciuti insieme, come due fratelli… e ne avevamo fatte di cotte e di crude dovevo ammetterlo.
Le nostre mamme erano amiche dell’università e si erano sempre tenute in contatto fino a che non avevano dato inizio alla nostra bellissima amicizia. Eravamo davvero una coppia perfetta, uno l’opposto dell’altro, eppure inseparabili.
Dopo l’incidente… quel maledetto incidente, quello che mi aveva separato prematuramente dai miei genitori, non ci siamo mai più separati. È diventata  l’unica persona di cui mi potessi fidare ciecamente, era la mia spalla su cui piangere, era il fratello che non avevo. L’unica persona che veniva anche a notte tarda se serviva  aiuto. Lui era la sola e l’unica persona che potessi considerare come famiglia, sangue del mio sangue.

“ So di cosa vuoi parlare, ma prima che inizi te lo dico già da adesso, non serve, e in questo momento non ho proprio la testa” . Letteralmente aggiungerei.
“ Appunto di questo volevo parlare. La tua testa , devi assolutamente ritrovarla. Non ne posso proprio più. Ho paura di ritrovarti ammazzato in mezzo ad una strada, dentro una pozza di sangue o peggio a galleggiare nelle acque sotto un ponte!” 
L’esagerazione era nel sangue di Motoki, la sua naturale apprensione nei miei confronti alle volte superava un livello inaudito ed era meglio ricorrere ai ripari. 
“ Sai che non lo farei mai” tentai di rassicurarlo.
“ Non posso prenderti in parola Mamoru, mi avevi promesso che non staresti andato più a bere in quello squallido pub  e invece…come se le mie parole andassero al vento” 

Si certo glielo avevo promesso, e avevo fatto di tutto, ma una volta ritrovatomi da solo in casa non sono riuscito a sopportare il silenzio intorno a me e sono crollato…
Benché  in quel momento dovessi sopportare la ramanzina, non avendo nessuna voglia di farlo, finii col pensare a lei. Di nuovo. 

A cosa stesse facendo  proprio in quel momento.
A come si era sentita in quei giorni…e a come..

Le mancavo?
No, certo che no…era stata lei a lasciarmi…ma continuavo  a pensarci e non riuscivo a togliermi dalla testa quella domanda.

Eppure sapevo che quello che era riuscita a dirmi non era tutto. La conoscevo abbastanza bene da pensare che non era tutta la verità. Sentivo che quelle parole..quelle..parole…Le sue parole erano troppo finte, preparate forse per convincere più se stessa che il destinatario, sputate con tanta velocità da smentirsi da sola. Troppo malferme…troppo… no, no, come al solito speravo nel niente…ma con lucidità, nei miei brevi momenti di lucidità, ci avevo pensato su mille e mille volte…c’era qualcosa sotto, c’era qualcosa che lei mi nascondeva. . Ma quel pezzo mancante del puzzle martoriava la mia testa.
Sapevo che non riusciva a mentire nemmeno alla sua gatta, quindi trovavo il modo di capire almeno in parte. Io volevo sapere cosa le stava accadendo.

“ Mamoru ma mi stai ascoltando?!” disse irritato .
“ Certo” e ritornai a fissare i suoi occhi.
 Vidi una V crearsi tra le due sopracciglia. In vent’anni che lo conoscevo era la prima volta che mi accorgevo di quel particolare.
“ Bene e l’ultima cosa che ho detto qual è stata?” il suo sguardo indagatore era all’erta. Sperava di vedere sul mio viso un segno di cedimento? 
“ Motoki…dai non fare il cretino, che mi dici della tua ragazza?” provai a spostare la sua attenzione su qualcos’altro.
“ Io non sto facendo affatto il cretino, semmai sarai tu che stai facendo il bambino non ascoltandomi minimamente, e non credere che sia così stupido da non accorgermi che stai spudoratamente cercando di cambiare discorso” ma come previsto non ci ero riuscito.
“ Motoki..” stavo per spazientirmi anche io.
“ Va bene va bene, comunque stavo parlando di una tua futura  e spero non vera fine cruenta”
“ Ancora con questo discorso? Non te l’ho già detto?”
“ Si ma voglio essere sicuro che tu abbia recepito il concetto”
“ Non ho dieci anni, ho capito e questa forse è la milionesima volta che te lo ripeto” se avessi ascoltato ancora un’altra parola da Motoki sulla mia futura morte prematura, sarei impazzito e bé avrei accorciato io stesso la sua di vita. 
“ Non ne sono al cento per cento certo..” fece offeso incrociano le braccia sul tavolo. 
“ Uffa quando ti ci metti diventi proprio un rompipalle!” sbottai e mi alzai dalla sedia per andare a ripulire la tazzina, tanto per tenere la mente occupata.

“ Adesso ti sei anche arrabbiato?” chiese incredulo, “ Incredibile, sei davvero incredibile!” 
“ Grazie per il complimento anche se avrei preferito Eccezionale” conclusi interrompendo lo scorrere dell’acqua.
“ Comunque, non sono venuto qui solo per rimproverati ma per dirti anche un’altra cosa” si passò una mano fra i capelli 
“ Dimmi ti ascolto con ansia” mi misi comodo voltandomi verso di lui ed incrociando le braccia.
“ Ho ricevuto una telefonata da tuo nonno, mi ha chiesto che intenzioni hai”

Che intenzioni ho? Non ne ho la più pallida idea…

“ Oddio adesso sì che scoppio a ridere” sorrisi senza un briciolo di felicità.
“ Cosa?” lui aggrottò le sopracciglia e si alzò dalla sedia venendo davanti a me.
“ Stanotte, mi correggo questa mattina, ho proprio pensato a questo” mi spostai da quell’angolino in cui mi ero rinchiuso. 
Dio avevo una voglia matta di una sigaretta…  “Perché ancora il mio adorato nonnino non mi rompe le palle?” ed eccolo lì il pacchetto, era dove l’avevo lasciato il giorno prima, sul davanzale “ E adesso arriva con il suo messaggero a chiedere che intenzioni ho” mi misi a ridere.
“ Mamoru cosa dici? Lo sai che lui tiene a te”
“ Davvero? Ne hai la certezza assoluta?” afferrai con stizza il pacchetto e accesi subito la sigaretta.“Perché venire personalmente a parlare con il sottoscritto era solo una perdita di tempo vero?” 
“ Lo sai che è impegnato” replicò in suo favore.
“ Certo, ne sono amaramente consapevole che è impegnato” dissi l’ultima parola quasi come se fosse stata una bestemmia orrenda. Aspirai profondamente per sentire quel sapore sulla lingua, socchiusi gli occhi, subito dopo rilasciai il fumo.
“È sempre stato impegnato il Signor Chiba” continuai.
“ Perché parli di lui in questo modo? Quell’uomo ti adora! Ogni volta che mi fermo a chiacchierare con lui non parla altro che di te!” non mi meravigliai a quella frase, conoscevo la recita di mio nonno, era stata raffinata con il tempo. L’unica cosa importante nella vita di quell’uomo era l’immagine, l’immagine di sé e della sua famiglia, quello che c‘era sotto non contava.
“ Non potevo aspettarmi un comportamento diverso d‘altronde, lui non è l‘uomo che fa credere di essere” 
Corrugò solamente la fronte ma capii all’istante la sua domanda inespressa.
“È un bravo attore devo ammetterlo, ed io ho tentato in tutti i modi di ignorare il suo comportamento, pensare di cancellarlo dalla mia testa e dalla mia vita, e l’unica cosa in comune che dovevo accettare fosse stato solo il cognome, ma come sempre il destino c’è l’ha con me” 
“ Amico non capisco” 
“ Lo so, ma non devi per forza capire, ho già parlato troppo” aspirai nuovamente.
“ Puoi dirmi tutto quello che vuoi lo sai, tu sei mio fratello e tra fratelli se c’è un problema si risolve, dimmi qual è, per favore”
“ Essere nato, ecco qual è il problema!”
“ No! Non dire mai una cosa del genere!”
“ Tu dici così perché sei il mio migliore amico, ma se fossi stato al mio posto, anche tu avresti desiderato non essere mai nato. E lo sai qual è la cosa che mi fa più incazzare?” chiesi con assoluta calma “ Il mio debito nei suoi confronti” spensi la sigaretta nel portacenere sul tavolo e passai entrambe le mani tra i capelli “Ragazzino dovresti ringraziarmi a vita, tutto quello che hai adesso lo devi solo a me. Ecco come finiscono i nostri litigi Motoki, ogni maledettissima volta che pronuncia quelle parole….Dio vorrei ammazzarlo a mani nude! Certo, non si può dire che lui sia un uomo modesto, e rimango inerme davanti a lui facendo il debole e ammutolendomi all’istante, perché quella è la maledettissima verità..” un nodo in gola mi impedii di continuare, gli occhi incominciarono a pizzicare, non dovevo piangere ancora una volta per colpa sua.
“ Quell’uomo non ha un cuore, non prova nemmeno il più piccolo briciolo di affetto nei miei confronti, anzi mi odia, e non è una mia impressione, anche mia nonna ne è consapevole…”
Quella cara donna aveva preso il posto di mia madre nella mia travagliata infanzia. “ Il nonno perfetto è solo la sua maschera, che mostra davanti agli occhi curiosi della stampa e della gente. È una persona orrenda e meschina, malvagia e cattiva, la sua intera vita si basa sul denaro e farebbe di tutto per diventare ancora più ricco, anche arrivare a vendere il suo stesso nipote”
“ Mamoru è impossibile! Questo questo è…inaccettabile” affermò con convinzione, certo era assolutamente giusto pensare che le ultime parole dette erano solo qualcosa di senza senso.
“ Invece per lui lo è” lo smentii velocemente “Io sono solo un burattino nelle sue mani Motoki.” dissi con calma, come per spiegare un’operazione matematica ad un bambino “Lo sono stato da quando i miei genitori sono morti. Sapevi che sono venuto a conoscenza di avere dei nonni proprio dopo la morte dei miei? Loro mi hanno tenuto all‘oscuro dall’esistenza dei nonni paterni perché avevano paura che prima o poi lui avrebbe  preso il controllo della mia vita, beh alla fine è accaduto, dato che ha fallito con il figlio, ha provato con il nipote.”
 
E lui rimaneva in silenzio e ascoltava il mio lungo monologo, era da anni che volevo urlare quelle cose, parlarne con qualcuno, ma avevo sempre avuto la costante paura che quell’uomo avrebbe scoperto tutto, ma ormai ero come un fiume in piena, non riuscivo più a tenere la bocca chiusa.

“ Dopo l’incidente non ho avuto più una vita comune. Da piccolo mi mancavano così tante cose che…dio sono patetico!” mi coprii il viso con una mano, subito venni accolto dall’abbraccio di Motoki che dolcemente mi consolò. 
Ogni volta che il mio pensiero ritornava al passato, a quei lontani anni in cui la mia vita era cambiata totalmente, una fitta lancinante  colpiva il petto, ed era dura pensarci, figurarsi parlarne. Slacciai l’abbraccio e fissai il volto triste del mio amico con gli occhi un po’ più lucidi di prima.

“ Ogni volta che ti lamentavi di tua madre, e delle punizioni che ricevevi da lei, ero così invidioso, lo so sono strano, ma almeno tu eri un bambino comune. Ti prego capiscimi, tu avevi una mamma che ogni notte poteva baciarti la fronte e darti la buonanotte, che ti preparava i pasti con amore, che ti diceva ti voglio bene, e avevi un papà che quando tornava da lavoro baciava tua madre e dopo ti scompigliava i capelli chiedendoti come era andata la giornata, mangiavate tutti insieme allo stesso tavolo e poi andavate a guardare qualche programma stupido. Io tutto questo non l’ho più avuto. 
 Niente scuole pubbliche, niente ragazzi chiassosi, niente dispetti alle bambine,niente passeggiate al parco, niente film al cinema, niente primi baci impacciati con la prima ragazza…niente cazzate…

“ Be su questo ho un po’ da ridire, qualche cazzata l’abbiamo fatta”
“ Si, ma tutto di nascosto” 

“ Ho provato ad essere accettato da lui, ci ho messo anima e corpo, ma alla fine mi sono arreso e ho fatto tutto quello che mi andava di fare, rompendo le regole che mi avevano incatenato per anni, ed è stato proprio in quel periodo che ho conosciuto Usagi”
“ Me lo ricordo bene, sei cambiato totalmente, eri più felice”
“ Si, mi ha cambiato totalmente la vita” sorrisi al ricordo. “ la sua innocenza mi ha colpito al cuore e mi ha steso a terra più di un pugno. Non sono più riuscito a staccargli gli occhi di dosso. Lei è sempre stata diversa, forse è stata  l’unica donna che è rimasta accanto a me non per il mio cognome per la mia ricchezza ma solamente per me… lei mi ha dato sicurezza, il mio modo di pensare e di vedere le cose accanto a lei è totalmente mutato. Prima era tutto grigio…invece con lei tutto è diventato un‘arcobaleno”
“ Vedrai ritornerà da te”
“ Oramai l’ho persa”
“ Non dire così.”
“ Invece è così Motoki, ormai mio nonno ha ripreso le redini della mia vita. Ho una nuova ragazza, anzi, una futura sposa.”
“Cosa?!” rimase a bocca aperta più che sconvolto dalla rivelazione.
“ Appena quello stronzo ha scoperto che Usagi mi ha lasciato ha colto la palla al balzo, e proprio due giorni fa mi ha annunciato la lieta notizia, imponendomi di sposare la donna che aveva personalmente scelto lui.” deglutii rumorosamente, volevo spiegarglielo al momento giusto.. “solo per la sua fottuta azienda del cazzo, ecco cosa sono agli occhi di mio nonno, sono merce che può vendere al migliore offerente. E sai la cosa bella? Ha trovato all’istante la candidata perfetta, incredibile vero? Sta già iniziando i preparativi. Mi farà sposare il più presto possibile”
“ Oddio…io…io…non…non…”
“ Non ci credi lo so, nemmeno io ancora non riesco a capacitarmene ma è così e basta”
“ Non vorrai dirmi che la sposerai…”
“No! Certo che no! Non voglio passare la mia vita infelice accanto a una donna che non conosco nemmeno. L’unica donna che voglio sposare è Usagi.”
“ Ma prima hai detto…”
“ Lo so, ma mi sono opposto con tutte le mie forze, lui spera ancora che mi calmi e che accetti passivamente la sua imposizione, ma questa volta ha decisamente superato il limite”
“ Puoi ben dirlo amico.”
“ Si, ma non so come interrompere le voci che già circolano, ho già letto qualche notizia su un blog…i pettegolezzi stanno già sfociando…sicuramente quella donna non vede l’ora di mettere le mani sul mio patrimonio” 
“ L’hai già conosciuta?” 
“ Si, dire di averla conosciuta è una parola grossa, me l’ha presentata la sera della cena di famiglia, la sera in cui ho litigato con lui, e sono stato lasciato da Usagi. Non ricordo nemmeno come si chiama”
“ E adesso cosa farai?”
“ Tenterò in tutti i modi di riprendere il controllo della mia vita” 
Sorrise e mi mise una mano sulla spalla “ Ce la puoi fare.”
“ Grazie” lo abbracciai più forte che potei “ Ti voglio bene, grazie di essermi sempre accanto come un fratello”
“ Anche io te ne voglio”
Rimanemmo alcuni minuti così, abbracciati stretti senza fiatare, senza interrompere quel momento fraterno e raro. 
Ma ben presto venne interrotto da un unico squillo del cellulare di Motoki, che abbandonò l’abbraccio e mise tra le mani l’aggeggio. 
Sicuramente un messaggio della sua ragazza. 
Sbloccò la schermata  e notai la foto di Haruna, che sorridente e allegra come non mai sporca di farina su tutto il viso baciava con dolcezza il mio amico. Sorrisi era davvero una ragazza dolce. Appena notò il destinatario sorrise in modo dolce; si mise a leggere  in silenzio, e  io rimasi lì fermo ad osservarlo. Prima aggrottò la fronte, poi successivamente strabuzzò gli occhi e poi sussurrò un flebile “ Non ci credo”.
“ Cosa?” a cosa non credeva?
Alzò lo sguardo in  men che non si dica e per pochi secondi mi fissò senza parlare. Deglutì imbarazzato, abbassò lo sguardo, e rimise in tasca il cellulare. 
“ Era Haruna”
“L’avevo capito dal tuo sguardo da idiota…”
Mi guardò male, e continuò “ Si tratta di Usagi”
“ Usagi?”
Alt. Con il suo nome aveva catturato la mia totale attenzione.
“ Si, proprio lei. Mi ha scritto un po’ di cose strane..” 
“ Cose strane tipo?”
“ Sai che Haruna frequenta lo stesso corso di Usagi vero?”
“ No..non lo sapevo”
“ Beh poco importa.. ho raccontato ad Haru che vi eravate lasciati..”
“ Potevi almeno avvisare di raccontare i fatti miei” lo interruppi bruscamente.
“È della mia ragazza che stiamo parlando Chiba. Comunque ha voluto indagare sulla storia, perché non credeva alle mie parole…mi ha detto che è da un paio di settimane che Usagi esce dalla lezione molto spesso, non la vede in forma, è pallida e non tocca cibo…e poi quando gli ho detto che ti aveva lasciato perché aveva trovato qualcun altro nel suo corso, Haruna mi ha mangiato vivo dicendomi che nessun ragazzo si era avvicinato a lei, è sempre rimasta da sola. Così ho pensato che fosse un po’ strano…voglio dire perché mai ti avrà lasciato se non ti ha tradito”
“ Avrà avuto i suoi buoni motivi”
“ Ho letto che ha lasciato l’università. Haruna l’ha seguita e ha visto i moduli di trasferimento nelle sue mani. Sta partendo. Ha sentito dire il padre di Usagi dire che sarebbe andato tutto bene e che sua zia l’avrebbe accolta a braccia aperte”
“ Parte.” quella era un’orrenda constatazione.
“Si.”
“ E sai dove?”
“ No..non è riuscita a sentire…ma non credo che sia dietro l’angolo”
“ Nemmeno quando partirà?”


No, no non era possibile. Lei non poteva abbandonarmi lì! Dovevo trovarla! Dovevo trovarla! 
non potevo cadere più in basso di così. Andai a prendere il cappotto e le chiavi di casa.

“ Dove stiamo andando?” chiese uno spaesato Motoki.
“ Dove sto andando!” ruggisco
“ Dove STIAMO”  ci indicò a vicenda “andando” concluse 
“Allora, tu non lo so, io dove mi porta il cuore”
“ Abbiamo le idee chiare vedo”
“ Non lo so…devo andarmene da qui! Qualunque posto è buono. E se ci trovo Usagi è anche meglio” 

Spalancai la porta d’ingresso.
Con le chiavi in una mano e il cappotto nell’altra. Lasciando il compito di chiudere il tutto a Motoki che so, non mi avrebbe deluso. 

Non era possibile che per l’ennesima volta il fottuto destino ce l’avesse con me.
 
Mamoru Chiba vs Fottuto Destino
A noi due! 


























ANGOLINO AUTRICE:

Finalmente…eccomi ritornata per l’ennesima volta con mesi e mesi di ritardo, ma si sa che la puntualità in fatto di aggiornamento non è il mio forte…. 
Come promesso tantissimo tempo fa, a mio parere  millenni fa, Mamoru è comparso fra di noi, e devo ammettere che mi sono divertita un mondo nell’immedesimarmi nel nostro co-protagonista della storia. Chiedo perdono in ginocchio per i miei luuuuunghissimi tempi di silenzio, e devo urlare un grandissimo Grazie, dal profondo del mio cuoricino, a tutti quelli che leggono, recensiscono o aggiungono la mia storia alle preferite/seguite/ricordate. Mi aspetto con gioia di ricevere almeno una piccola recensione! Davvero vorrei tanto sapere come vi sembra questo “nuovo” Mamoru.
Vi ringrazio ancora! Bye bye LadyTsuky.

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