I Belong To You

di PostBlue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Apple Pie ***
Capitolo 2: *** Suicide Blonde ***
Capitolo 3: *** Birthday Man ***
Capitolo 4: *** Incoming Call ***



Capitolo 1
*** Apple Pie ***


NOTA DI INIZIO CAPITOLO
 
Sì. E' una Long Mollamy. Anche se non so quanto long. In ogni caso non è una one-shot. E' già qualcosa. Chi ha avuto il dubbio piacere di sorbirsi le mie paranoie sulle long lo sa.
E sì. L'ho fatto di nuovo. Ho di nuovo cominciato a pubblicare qualcosa che non ho ancora finito di scrivere, nonostante il bagno di sangue che si è rivelata a suo tempo MyMolko.
A proposito. Approfitto di questa nota per scusarmi con tutti coloro che avevano cominciato a seguire e recensire MyM. Lo so, sono stata una creatura spregevole a cancellarla così, ma davvero, era talmente infognata e talmente priva di forma che mi dava gli incubi.
Questa qui la finisco. Davvero. Dovessi anche scrivere un finale di merda, però la finisco.
Non è che così invogli molto a leggere eh? Vabbè, allora magari la pianto di sproloquiare e carico questo primo capitolo prima di ripensarci per l'ennesima volta.
Ancora una cosa. Questa storia qui è nata più o meno l'anno scorso in questo periodo. In particolare, il primo capitolo è stato proprio il primo ad essere scritto. Poi l'ho cambiato. Poi ho deciso che faceva cagare e l'ho abbandonato. Poi l'ho riletto dopo un po' di mesi e ho detto ma guarda, non fa proprio così schifo. Poi l'ho cambiato di nuovo e l'ho riportato nella sua forma originaria.
Non frega niente a nessuno? Lo immaginavo. Era per dare un'idea delle proporzioni delle seghe mentali che riesco a raggiungere.
Capitemi. :D
PB

 
I personaggi di questa storia non mi appartengono e non li conosco. Nulla di quanto narrato ha pretesa di verosimiglianza e non traggo alcun profitto dal narrarlo.
Il titolo della storia è il titolo di una canzone dei Muse dall'album The Resistance.


 

CAPITOLO I
APPLE PIE

 
Farewell the ashtray girl
Angelic fruitcake
Beware this troubled world
Control your intake


Placebo, This Picture
 
- Perché ieri non mi hai risposto? Perché non ti sei fatto sentire tutto il giorno?
- Perché volevo vedere come avresti reagito.
- Quanto sei troia.
- Una volta lo avrei preso come un complimento.
- Davvero. Perché non mi hai chiamato?
Silenzio. Occhi piantati in un avanzo di torta di mele.
- Perché volevo vedere come avrei reagito. Perché non mi ricordo più come si passa una giornata senza sentirti. Perché volevo avere un'idea di quanto farà male quando finirà.
 
Per la prima volta da quando si frequentano, Matt rimane in silenzio. Ammutolito.
Brian ha parlato con tono calmo, come sempre. E ora sembra aver ripreso interesse per la seconda metà della sua fetta di torta, come se gli avesse semplicemente comunicato dove pensava di andare in vacanza.
Dopo un paio di tentativi a vuoto la sua voce decide di rifarsi viva.
- Perché pensi che finirà?
Sa che è una domanda del cazzo. Lo sa perfettamente, ma non può fare a meno di farla ad alta voce.
Brian alza lo sguardo.
- Mi prendi per il culo?
In una normale circostanza Matt non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di sdrammatizzare il tutto con una battuta idiota e qualche doppio senso, ma ora non riesce neanche a pensare all'idea di scherzare.
Stanno parlando di loro. Stanno veramente parlando di loro due. E' la prima volta in quasi cinque mesi che Brian smette di fare finta che non stia succedendo proprio niente di strano.
E comunque non sa cosa rispondere, quindi si limita a stringersi nelle spalle in un gesto che dovrebbe significare un no, perché dovrei.
- Matt, non posso credere che tu sia davvero così ingenuo. E neanche che tu sia davvero così coinvolto.
Silenzio.
Brian sbuffa leggermente. Posa il cucchiaino e si appoggia allo schienale della poltrona.
- Hai appena avuto un figlio dalla tua compagna. Hai una compagna. E hai un amante da praticamente tutta la vita. E ora hai anche me. Non sono esattamente quello con le maggiori probabilità di sopravvivenza, non credi?
Matt è come congelato.
Ed è ancora fermo all'amante. Non può saperlo davvero.
Tenta una risata che sembra più il verso di qualcuno che venga schiacciato
- Non ho nessun amante. Kate mi ucciderebbe se avessi un'altra.
Brian lo fissa. Paziente come un genitore con un bambino che non ammetta di esser stato beccato a fare qualcosa di proibito. Per un attimo pensa di fare marcia indietro. Di ritornare a far finta di niente, ma non vede un vero motivo per farlo.
- Immagino di sì.
Continua a fissarlo. Matt si agita sulla sedia e cambia posizione.
- Però, senza offesa, mi incuriosiva di più sapere come l'ha presa Dominic quando ha saputo di me.
Matt si strozza con un sorso del tè che aveva provato a bere, tanto per darsi un'aria disinvolta e Brian non può fare a meno di sorridere. Canta di universi, amore e di infinite cose più grandi di lui, ma Matthew Bellamy a volte è davvero un bambino finito per sbaglio in un mondo di adulti. E questo suscita in lui una tenerezza immensa e più pericolosa di qualsiasi altro sentimento.
Matt respira a fatica, rosso in viso per la tosse. Aspetta ancora un momento per verificare di aver riacquistato l'uso della parola. Si arrende all'evidenza di essere incapace di fare qualcosa di nascosto.
- E tu come lo sai?
Brian ride la sua risata improbabile.
- Sei sicuro di volerlo sapere?
- Sì.
- Un po’ di tempo fa ho visto Dom.
Silenzio. Silenzio e ancora silenzio.
- Quando?
- Un giorno dopo le prove. Vostre. Siamo andati a bere una cosa.
- Come mai avevi il suo numero?
- Non ce l'avevo.
Matt impiega un attimo a capire.
- Ti ha chiamato lui?!
- Veramente mi ha mandato un messaggio.
- Perfetto, ora mi controlla anche il telefono.
Brian fa un sorriso storto.
- E cosa voleva?
- Parlarmi.
- Di cosa?
- Di te.
- Perché?
- Ufficialmente per non creare tensioni che possano interferire con il vostro lavoro in studio. In realtà immagino che i motivi fossero altri.
- E cioè?
- Cercare di caprie quanto deve preoccuparsi. E chiarirmi il suo...chiamiamolo punto di vista, anche. Un po' come dire, fai cosa vuoi ma non aspettarti che mi tolga dai piedi.
- E tu?
- E io cosa? Non mi ha detto niente che non sapessi già.
- E come lo sapevi?
- Nello stesso modo in cui lo sanno quasi tutti quelli che vi conoscono. Matt, sveglia, non è che siate poi così discreti. Basta guardare una vostra intervista. Sembra sempre che stia per saltarti addosso. E poi ho cercato di andare in bagno agli Mtv Awards nel 2009.
Sguardo divertito ed eloquente, mentre aspetta di vedere se l'altro si ricorda o se era davvero troppo ubriaco.
Matt fa finta di niente ma ha capito perfettamente di cosa sta parlando Brian. Giocherella un po' con la tazza, palesemente a disagio, e poi non trova niente di meglio da dire che
- Sì, perché tu e Stefan, invece...
Brian ride di nuovo, questa volta veramente di gusto, più per il tono infantile della risposta che per il suo significato.
- Io e Stef non siamo mai stati insieme. Non come si immaginano tutti. E quello che c'è stato non è mai stato di nascosto.
Matt lo guarda imbronciato.
Brian incrocia le braccia e lo guarda di sbieco.
- Sai, Bellamy, a forza di stare con te comincio a pensare che la mia reputazione sia immeritata.

 

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Capitolo 2
*** Suicide Blonde ***


NOTA DI INIZIO CAPITOLO
 
Allora. Mi sembra doveroso avvertire: io ho il pessimo vizio di saltare avanti e indietro nel tempo. Inizialmente le indicazioni temporali di questo capitolo non c'erano ma poi ho pensato di aggiungerle per evitare confusioni. Spero di non incasinarmi troppo; se non si capisce qualcosa ditemelo e vedrò di rimediare. Nel frattempo grazie a tutte coloro che leggono, seguono, recensiscono e grazie per l'accoglienza calorosa che avete riservato a questo esperimento *inserire cuori a piacere*
Per le fanciulle angustiate dal Belldom...non vi preoccupate perché non è previsto che ce ne sia molto e non credo che sarà neppure esplicito dato che io riesco a scrivere scene di rosso solo se ho Brian sotto le grinfie :P
Bon. Pongo un freno agli sproloqui.
PB
 
CAPITOLO II 
SUICIDE BLONDE
 
Walk away to save your face
You never were a genius
Walk away to save your face
You let it come between us

Placebo, Second Sight
 
15 GIORNI PRIMA
 
Brian, ciao, sono Dominic. Avrei bisogno di parlarti. Possiamo vederci?
 
Brian rimane a fissare il display del cellulare anche dopo che questo si è spento da un po'. La voce di Stef lo raggiunge ma è troppo lontana perché possa capire cosa sta dicendo.
 
Spinge la porta a vetri ed entra. Gli basta meno di un secondo per individuare il batterista dei Muse seduto nell'angolo più remoto del locale. Cazzo, aveva rimosso il fatto che quell'imbecille si è tinto i capelli di biondo platino. Praticamente fa luce.
E' appoggiato allo schienale del divanetto e guarda fuori dalla vetrata le luci della città che gradualmente cominciano ad accendersi e a farsi sempre più nitide nell'imbrunire. Se è nervoso, non lo dà a vedere. A differenza di Matt che non riesce a stare fermo un attimo neanche quando è tranquillo, Dominic siede in modo rilassato e il suo sguardo ha piuttosto un che di distratto. Di assente.
 
Per un attimo Brian prova l'impulso fortissimo di voltarsi e andarsene. Non sa neanche lui bene perché e non ha voglia di chiederselo, ma per un momento tutta la situazione gli appare nella sua completa assurdità.
E' una situazione sbagliata.
Non dovrebbe essere lì.
Non senza averlo detto a Matt.
Non con tutto quello che significa il suo essere lì.
Non con tutto quello che lui sa e che Matt crede che lui non sappia.
Oppure, almeno, avrebbe dovuto ignorare il messaggio.
Le infinite possibilità sospese nell'arco di una manciata di secondi scompaiono nel momento in cui Dom alza gli occhi e lo vede, incerto sulla porta.
Gli fa un cenno con la mano e Brian non può che dirigersi verso il tavolo.
- Ciao.
- Ciao.
- Grazie di essere venuto.
- Figurati.
- Prendi qualcosa?
- Non lo so. Tu?
- Una birra. Ti ho aspettato per ordinare.
- Grazie ma teoricamente non dovrei bere niente di alcolico... - Dom lo guarda per un attimo come si guarderebbe uno scarafaggio su una pizza e Brian si affretta a finire la frase - ma sì, una birra può andare.
Dom si alza e va al bancone ad ordinare.
Brian è nervoso. E odia essere nervoso. Soprattutto quando non c'è un vero motivo per esserlo.
Nella sua mente si affaccia qualcosa che suona molto come senso di colpa ma decide che non è il momento di approfondire.
Dom ritorna, gli posa di fronte la sua birra e si risiede.
- Sei mai stato qui?
- No.
- Fanno anche da mangiare molto bene.
- ----
- E' cambiata gestione da un anno ed è migliorato tantissimo, prima era un posto piuttosto insignificante...
- ----
- ----
- Parliamo anche del tempo o veniamo al punto?
- ---- una specie di sorriso storto. Gli occhi improvvisamente più duri.
- ----
- Non lo so, Brian. Qual è il punto?
- Speravo me lo chiarissi tu, visto che sei tu che hai voluto incontrarmi.
 
Per qualche strana ragione Brian si era aspettato che avere a che fare con Dominic sarebbe stato molto simile ad avere a che fare con Matt. Faticoso, magari, ma non realmente difficile.
Niente poteva essere più lontano dal vero.
Avere a che fare con Dom era una cosa completamente diversa.
Completamente.
 
 
IERI
 
 - Matt ma si può sapere che cazzo hai oggi?!
Dom di alza di scatto dalla batteria e lancia via le bacchette con un gesto di stizza.
Chris alza gli occhi al cielo, posa il basso e si lascia cadere su uno sgabello, aspettando l'inevitabile.
Matt rimette precipitosamente in tasca il cellulare e cerca di assumere un'espressione vagamente interessata a quello che gli sta succedendo intorno.
- Niente, perché?
- Ma vaffanculo!
Matt fa uno sforzo per non rispondere a tono.
- Ma che ti prende, tu non hai mai sbagliato un attacco?
- Sì, ma non perché cercavo di suonare inviando messaggi col cellulare.
Momento di stallo. Si guardano.
- Ho solo controllato se Kate...
- Kate un paio di coglioni. Matthew, credi che siamo due deficienti?
Si volta verso Chris in cerca di supporto.
- Matt, in effetti è da stamattina che non ci sei... - azzarda Chris con cautela - se non te la senti forse è meglio se riprendiamo domani...
- O dopodomani. O quando cazzo Mr. Molko deciderà che noi possiamo riavere il nostro frontman.
Chris guarda Dom con gli occhi imploranti di chi chiede solo di essere lasciato fuori da quello che sta per arrivare.
Matt apre la bocca. Emette un verso inarticolato. La richiude.
- Vado a farmi un caffè - neanche il tempo di dirlo e la porta della sala si richiude alle spalle di Chris.
Matt è ancora fermo in piedi davanti al microfono. Istintivamente porta la mano alla tasca dei jeans dove si trova il telefono, ma si ferma in tempo per evitare le ustioni multiple che gli deriverebbero dall'occhiataccia di Dom. E' incazzato come Matt non lo vedeva da tempo. Da quando gli aveva annunciato che Kate era incinta, per la precisione.
Molla la chitarra per terra e gli si avvicina. E' girato di spalle e sta tormentando i bordi di un'enorme scatola di cartone che aveva contenuto chissà cosa.
- Senti, scusa, è solo...
- Non mi interessa.
- Ma non...
- Ho detto che non mi interessa.
- Dom, ma non c'entra...
Si volta di scatto.
- Matt, non me ne frega un cazzo! - gli urla addosso.
Matt rimane a fissarlo con aria afflitta. Dagli occhi di Dom arriva qualcosa che è quasi odio e che sembra concentrarsi in particolare sulle labbra del cantante.
Matt riflette vagamente su quanto quella sia una giornata di merda. E' dalla mattina che Brian non risponde né alle sue chiamate né ai suoi messaggi. Adesso Dom si mette a fargli una scenata di gelosia. Ci manca solo che anche Kate trovi un motivo per fargli il culo e poi è a posto.
Dom allunga una mano sul suo fianco e la fa scendere lentamente. Per un attimo Matt non capisce cosa voglia fare ma poi vede il suo cellulare nella mano dell'altro. Non fa in tempo a protestare che Dom lo spegne e lo lancia sulla pila delle loro giacche ammassate su una sedia nell'angolo lì vicino.
Poi lo guarda. Negli occhi questa volta.
- Non me ne frega un cazzo, Matt. Solo, fai in modo di non farmelo ripetere altre volte.
E poi Matt non ha molto tempo per riflettere sulle parole dell'altro perché, senza capire bene come, si ritrova con le spalle al muro in quello che sembra uno stanzino pieno di casse per il trasporto degli strumenti e con le mani di Dom che maltrattano immeritatamente ogni centimetro dei suoi indumenti.

 

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Capitolo 3
*** Birthday Man ***


NOTA DI INIZIO CAPITOLO
 
Hem...boh...
*guarda per aria in cerca di ispirazione*
*guarda il gatto in cerca di ispirazione*
*il gatto miagola e prova ad acchiappare il mouse*
no, è che per coerenza volevo mettere la nota di inizio a tutti i capitoli ma non so bene cosa dire.
Si continua ad andare a ritroso. Prima o poi si ritornerà al presente in quel benedetto bar dell'inizio. Siamo fiduciosi.
PB

 
CAPITOLO III
BIRTHDAY MAN
 
One last thing before I shuffle off the planet
And I will be the one to make you crawl
So I came down to wish you an unhappy birthday
Someone call the ambulance, theres gonna be an accident.


Placebo, Infra Red

6 MESI PRIMA 
 
Brian apre la porta del suo appartamento e viene investito da una musica che gli ricorderebbe qualcosa se non fosse così alta da stordirlo.
Chiude la porta e segue il frastuono fino alla camera di Cody, dove suo figlio è alle prese con una chitarra elettrica - fortunatamente scollegata da qualsiasi amplificatore -  sulla quale cerca di riprodurre le note della canzone che sta andando a tutto volume nello stereo e che Brian finalmente riconosce come Plug In Baby dei Muse.
Ad incoraggiare Cody, e a supportarlo con l'esibizione di dubbie doti canore, Audrey, una ragazza di circa diciassette anni, babysitter improvvisata a causa di un imprevisto, nipote di Helena e proprietaria del cd.
Quando Cody si accorge del padre, molla la chitarra e si precipita saltellante verso di lui che cerca di non soffermarsi sul fatto che la soddisfazione di vedere suo figlio con in mano una chitarra è decisamente offuscata dal fatto che stesse cercando di suonare una roba di quella specie di sorcio con manie di grandezza.
Audrey nel frattempo scatta in piedi e si precipita a spegnere lo stereo, salutando Brian con aria vagamente imbarazzata.
 
 
- Dai, Brian, è un'idea carina.
- No Helena, è un'idea di merda.
La voce di Brian si sta alzando di tono.
- Ma perché? - Helena sta cominciando ad essere esasperata. Di sicuro tra Brian e Cody non è il più piccolo ad essere il più difficile da gestire.
- Perché non ho nessuna intenzione di assistere alle prove dei Muse e tanto meno di farle sentire a Cody. Piuttosto gli compro un cd dei Tokyo Hotel.
- Non sono così male i Tokyo...- tenta Helena per sdrammatizzare, ma si blocca subito allo sguardo feroce di Brian.
Decisamente non è una buona giornata.
Helena sospira e si dirige verso il frigo per prendersi qualcosa di fresco da bere.
- Ma si può sapere che cazzo ti è venuto in mente di dire a tua nipote che li conosco?
Helena si volta e lo guarda con una bottiglietta d'acqua sospesa a metà strada tra il frigo e le sue labbra.
- Sai Bri, me lo sto chiedendo anch'io. Avrei dovuto immaginarmelo che ovviamente ti saresti incazzato.
- Cosa vorrebbe dire quell'ovviamente?
- Che sei il solito rompicoglioni.
Porta del frigo che sbatte. La schiena di lei che esce in terrazza con un moto di stizza.
Helena è l'unica che riesca a farlo sentire davvero un rompicoglioni. Probabilmente perché quando lo fa ha sempre ragione.
Si lascia cadere sul divano e si passa una mano sul viso cercando di farsi venire in mente un modo per recuperare il numero privato di Matthew Bellamy senza sputtanarsi con tutti i manager di Londra.
Se proprio deve fare questa cosa – e sa perfettamente che dovrà farla perché difficilmente riesce a spuntarla con Helena quando lei si intestardisce su qualcosa – vorrebbe trovare la soluzione più discreta e indolore possibile.
Se poi riuscisse anche a trovare il modo di fare questo dannato favore a Helena riducendo al minimo i contatti con il frontman dei Muse sarebbe ancora meglio.
E se magari riuscisse a teletrasportare magicamente Audrey e Helena agli studi durante le maledette prove rendendosi al contempo invisibile, ecco quello sarebbe perfetto.
No. Perfetto sarebbe che Helena si dimenticasse di avergli fatto quella richiesta e Audrey si dimenticasse per sempre che l’ex compagno di sua zia ha avuto la malaugurata opportunità nella sua vita di imbattersi in quel pallone gonfiato di Bellamy. Quello sarebbe perfetto.
- Bri, ti sei addormentato o stai ricorrendo alla meditazione per trovare qualche scusa?
Helena è rientrata e si siede di fianco a lui sul divano ignorando la sua occhiataccia.
- Brian…
- Mmh…
- Lo so che non ti è particolarmente simpatico…
- Non è che non è simpatico a me. E’ un coglione di suo
- Sì, certo. Dicevo. Lo so che magari non è simpaticissimo, ma è solo una telefonata. Per un volta. Voglio fare un regalo speciale a Audrey per i suoi 18 anni…
- Se vuoi le autografo tutti i cd dei Placebo…
- Sai che roba. Non vi ascolta neanche.
- ----?
- E non fare quella faccia. Brian, prima o poi dovrai venire a patti col fatto che, al mondo, può esistere qualcuno che non ascolta i Placebo. E ti dirò di più – aggiunge poi con tono basso e cospiratorio – esiste anche gente a cui i Placebo…fanno proprio cagare.
Brian cerca di rimanere serio e di mantenere sul volto un espressione imbronciata ma quando Helena gli si avvicina all’orecchio per sussurrargli l’ultima parte non riesce a trattenersi e scoppia a ridere.
- Ma vaffanculo, Hel, – bofonchia, sempre ridendo – guarda che prendendomi per il culo non migliori la mia disposizione per questa storia.
- Se non altro non hai più quel brutto muso incazzato. Poi per forza che ti riempi di rughe – continua a sfotterlo lei alzandosi e dirigendosi verso l’entrata per prendere la sua giacca.
- Io non sono pieno di rughe – protesta Brian piccato, alzandosi a sua volta e sbirciando al tempo stesso il suo riflesso nel grosso vaso cromato sul mobile dell’entrata.
- Hel, davvero…
- Oddio, Brian, stavo scherzando!
- Ma…
- La tua pelle è bella come quella di un ragazzino, tranquillo.
Gli stampa un veloce bacio sulla guancia ed esce sul pianerottolo.
- Fammi poi sapere, ok?
- Cosa?
- Brian!
- Non ti ho ancora detto che lo farò!
- Bé, allora fammi poi sapere cosa decidi… se ti va di aiutarmi a fare un regalo speciale a mia nipote o se ritieni sia meglio comportarti da stronzo insensibile di fronte alla fragile emotività di…
- Ooooh, smettila, smettila, va bene. Quando sento Alex le chiedo di recuperarmi i contatti – sbotta con tono esasperato.
- Grazie Bri! Vedrai, Audrey ti sarà grata per sempre. Potrebbe persino ascoltare un tuo cd – replica Helena con una strizzata d’occhio mentre comincia a scendere le scale.
- Non ti assicuro niente però! – aggiunge lui mentre lei, già a metà della seconda rampa, si limita a sorridergli e a sparire dal suo campo visivo. 

 

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Capitolo 4
*** Incoming Call ***


NOTA DI INIZIO CAPITOLO
Niente. Stavolta non so proprio che dire e neanche il gatto mi viene in aiuto perché è offeso per esser stato scaraventato giù dal tavolo.
Siamo sempre sei mesi prima.
Io volevo fare un capitolo più lungo ma mi vengono sempre fuori così, ecco.
PB

CAPITOLO IV
INCOMING CALL

 

Gravity, no escapin' gravity
Gravity, no escapin', not for free
I fall down, hit the ground
Make a heavy sound
Every time you seem to come around

Placebo, Special K


- No Brian, scordatelo.
- Ma perché?
- Perché sono la tua manager, non la tua segretaria. Perché è una questione personale. Perché non sono nella posizione di poter chiamare il frontman di una band che non gestisco io e per almeno un'altra ventina di motivazioni che sai perfettamente anche tu anche se adesso stai facendo la star capricciosa.
- Ma cosa ti costa, è solo una telefonata...me lo fai come favore personale...mmmh?
- Brian...
- Eh...
- Come hai appena detto tu, è solo una telefonata. E se proprio vuoi che ti dica la verità, per quel poco che ci ho avuto a che fare, Bellamy è tutt'altro che antipatico.
- Immagino.
- Ma si può sapere cosa ti ha fatto per starti tanto sui coglioni?
- E da quando qualcuno deve aver fatto qualcosa per stare sui coglioni a Brian?
Stef rientra in soggiorno reggendo due tazze di caffè e ne allunga una a Brian e una ad Alex, voltandosi poi per rientrare in cucina a prenderne una anche per sé.
- E anche questo è vero - ammette Alex
- Prego, fate pure come se non ci fossi - protesta Brian stizzito - e Stef...
- Sì?
- Grazie per il contributo determinante alla conversazione.
Stef lo guarda con un misto di compassione e condiscendenza e si piazza su una delle poltrone del soggiorno di Brian proprio mentre Alex si alza per andarsene trangugiando al volo metà della sua tazza di caffè.
- Ti ho lasciato tutti i numeri di là in studio. Secondo me puoi chiamarlo direttamente sul cellulare. Vedrai che te la risolvi in cinque minuti. So che la prossima settimana hanno organizzato una sessione di prove. Non so, credo che ci sia nell'aria il progetto di un greatest hits o qualcosa del genere.
- ----
- Prego, Brian, figurati. E' sempre un piacere.
- Graaazie Alex - replica Brian con tono esageratamente enfatico.
Stef si alza e accompagna Alex alla porta, visto che Brian non sembra avere alcuna intenzione di muoversi dal divano.
Torina indietro, si siede vicino al suo frontman, si accende una sigaretta e gliela passa.
- Onestamente non capisco perché la stai facendo tanto lunga, però se davvero per te è così un problema posso chiamarlo io.
Brian lo scruta per un momento attraverso il fumo che si leva dalla sigaretta.
- No. Meglio di no. - conclude.
- Perché?
- Perché socievole come sei rischi pure di farci amicizia e io rischio di trovarmi quell'impiastro tra i piedi.
- Guarda che non sono mica Steve.
- No, Steve finirebbe a giocare con l'altro batterista.
- Come vuoi. Però, davvero, la stai prendendo peggio di quel che merita. Alla fine è solo un favore tra colleghi.
 
Brian continua a fissare il numero che ha digitato finché il display del cellulare non si spegne per l'ennesima volta.
Non ha voglia di fare quella telefonata. Non pensa di aver mai avuto meno voglia di fare qualcosa in vita sua. O almeno. Adesso non riesce a ricordare proprio niente.
Non è stato del tutto sincero con Helena. E neanche con Alex. E nemmeno con Stef, a pensarci bene.
E' vero, conosce Matthew Bellamy per ovvi motivi. Stessi ambienti, stessi festival, stessi premi. Sono vent'anni che le due band sono in circolazione. E' praticamente inevitabile che si conoscano.
Quello che ha omesso di specificare è che ci ha anche litigato, con Matthew Bellamy.
Sì, ok, forse quella volta non era esattamente in sé. Forse era stata colpa dell'alcool o della coca o di tutte e due insieme. Sicuramente era stata colpa di Bellamy e del suoi modi arroganti. Sta di fatto che l'ultima volta che si erano parlati, le ultime parole che Brian gli aveva rivolto erano state qualcosa tipo "inutile coglione". Anche se adesso non ricorda bene a che proposito.
Dopo quell'episodio si erano incrociati ancora qualche volta ma senza mai rivolgersi la parola, apparentemente solo per mancanza di occasione.
E adesso deve chiamarlo per chiedergli un favore. Un favore personale.
No. Non ha proprio un cazzo voglia.
 
Uno squillo. Due. Tre.
Al quarto squillo Brian si sente autorizzato a riattaccare con la coscienza pulita per il tentativo fatto ma per qualche ragione a lui oscura aspetta ancora.
Cinque squilli.
A metà del sesto, un rumore come di qualcosa che venga trascinato e sbatacchiato malamente lo fa sobbalzare costringendolo al tempo stesso ad allontanare il telefono dall'orecchio.
- ...'nto?
- Bellamy?
- Sì sono io - pausa. Altro fruscio. - Molko?!?
Altra pausa. Molto più lunga. Com'è possibile che lo abbia riconosciuto?
- Sì...come sai...?
- Ho guardato il numero sul display - col tono di chi enuncia la cosa più ovvia del mondo.
Brian apre la bocca e la richiude a vuoto un paio di volte, poi si riprende.
- E come cazzo è che hai il mio numero?
- L'avevo cercato tempo fa perché mi era venuto in mente di chiamarti.
Brian è ormai definitivamente convinto di essere atterrato su un altro pianeta. Il pianeta Bellamy. Con leggi e dinamiche tutte sue, incomprensibili ai normali esseri umani.
- E perché cazzo ti era venuto in mente di chiamarmi?
Si rende vagamente conto di essere più aggressivo del dovuto ma non può proprio farne a meno.
- Così...sai...visto che l'ultima volta non ci eravamo lasciati molto bene...mi dispiaceva...alla fine non mi ricordo neanche perché ti eri incazzato tanto.
- Io...non so, ecco, non è che mi fossi incazzato. Non mi ricordo. Probabilmente mi avevi fatto girare il cazzo con qualcuna delle tue stronzate.
No. Decisamente non era quella la direzione in cui doveva andare quella telefonata.
Dall'altra parte del telefono Brian sente un suono sommesso che non identifica subito. Poi capisce. Matt sta ridendo. Prima in modo trattenuto. Poi decisamente di gusto.
- Continuo a non vedere il lato divertente della cosa - col tono più gelido che gli riesca di recuperare.
Matt riprende fiato.
- Non avevo dubbi. Tu non vedi mai il lato divertente della cosa. Comunque dimmi.
- Cosa?
- Molko, mi hai chiamato tu, se non sbaglio.
Merda. Merda e ancora merda.
- In effetti dovrei chiederti una cosa. Un favore.
- Chissà perché mi immaginavo che non volessi solo sapere come sto.
- Senti - sbotta Brian - non è per me. Io ne avrei fatto volentieri a meno.
- Lo avevo vagamente intuito. Perché non ci vediamo per un caffè così mi dici di che si tratta?
- Cosa?
- Un caffè. Brian, ma il tuo telefono ha problemi o sei tu che non senti un cazzo?
- Io ci sento benissimo, il mio telefono non ha nessun problema e no, non ci vediamo per un caffè.
- Un aperitivo?
- No, cazzo. Bellamy, fammi parlare. Devo solo chiederti un favore, non un appuntamento.
- Magari te lo sto chiedendo io, un appuntamento.
- Eh?
- Lascia stare. Dimmi.
Brian riesce finalmente a spiegare il motivo della sua chiamata e, come temeva, Matt dimostra fin troppo entusiasmo per la cosa.
- Mercoledì prossimo dovremmo cominciare alle tre. Venite per le due, così c’è tempo di fare quattro chiacchiere con la nipote di Helena. Porti anche Cody?
- Non lo so, dipende da Helena e dalla babysitter. Perché?
- Perché magari dico a Chris di far venire i suoi, così Cody non si annoia…
- Se non altro sei consapevole dell’effetto della tua musica.
- Molko! Guarda che questa potrebbe essere scambiata per ironia e nuocere gravemente alla tua reputazione.
- Nessuna ironia Bellamy. Ero più che serio.
- Certo. Senti, adesso che hai fatto il tuo dovere da ex e da quasi zio, che ne dici di vederci prima una sera? Magari a cena?
- A cena?
- Cazzo Brian, disattivati la funzione eco. Non serve che ripeti tutto quello che dico.
- Bellamy, illuminami. Perché diavolo dovremmo andare a cena insieme io e te?
- Non lo so. Per fare due chiacchiere civili visto che sono secoli che non ci vediamo e l’ultima volta non è stata proprio il massimo?
- No.
- Perché no?
- Perché non ho nessuna intenzione di cenare con te. Grazie per la disponibilità di mercoledì. Ti chiamo per confermarti che ci saremo.
- Che palle che sei. Come vuoi.
 
Brian chiude la telefonata e si lascia cadere sulla poltrona dello studio.
E’ esausto.
Dopo neanche un minuto sente il telefono che vibra e il trillo di un messaggio in arrivo.
 
E se andassimo a cena mercoledì dopo le prove?

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