Superheroes

di saramermaid
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Superheroes


Prologo






'Cause he's stronger than you know
A heart of steel starts to grow
When you've been fighting for it all your life
You've been struggling to make things right
That's how a superhero learns to fly
Every day, every hour, turn the pain into power







Thad sapeva perfettamente di essersi cacciato volontariamente in un enorme e madornale guaio. Rincasare dopo le dieci di sera non era la scelta più saggia se per arrivare alla tua abitazione dovevi attraversare un quartiere poco raccomandabile di Los Angeles. A sua discolpa, però, poteva certamente aggiungere delle serie motivazioni che riguardavano principalmente il suo lavoro come ricercatore presso i laboratori S.T.A.R.

Qualche mese prima, dopo aver conseguito a pieni voti una laurea in medicina, aveva ricevuto una telefonata formale per un colloquio di lavoro presso una delle più importanti strutture adibite a ricerca. Se ci ripensava poteva ancora ricordare la sua faccia completamente attonita, riflessa nello specchio del salotto, e la sua mano che reggeva saldamente la cornetta del telefono per evitare che scivolasse via a causa dell’emozione.

In quel frangente gli ci era voluto tanto autocontrollo, ed il proverbiale sangue freddo che la disciplina medica comportava, per riacquistare l’uso della parola ed accordarsi con la segretaria per fissare un appuntamento. Nei giorni seguenti, poi, aveva letteralmente sudato sette camicie per cercare di fare una buona impressione ed a quanto sembrava ci era riuscito. Anche se la ricerca non era il campo in cui aveva sperato di lavorare, l’impiego era certamente ben pagato e chiunque avrebbe ucciso per prendere il suo posto.

L’unico inconveniente erano gli straordinari che, puntualmente a giorni alterni, lo costringevano a tornare a casa ad orari assurdi, dopo aver passato tutto il giorno a digitare tasti al computer e studiare i mutamenti genetici per trovare la cura ad ogni malattia. Una nuvoletta di fumo fuoriuscì dalle sue labbra dischiuse ed automaticamente Thad si strinse di più nel lungo cappotto scuro. L’inverno era alle porte e la temperatura abbastanza gelida gli colpiva il volto arrossandolo in più punti.

Le sue scarpe lucide sfregavano sul cemento dell’asfalto grigio fumo e con sgomento si accorse di aver imboccato una via completamente deserta. I suoi passi si arrestarono di colpo e la sua testa si voltò prima a destra e poi a sinistra; l’ istinto gli suggeriva di tornare indietro ed imboccare Main Street che, nonostante fosse la strada più lunga, era certamente piena di gente e di locali aperti fino a tardi.

Tuttavia le sue intenzioni vennero bloccate sul nascere alla vista di due brutti energumeni fermi a pochi metri di distanza da lui. Il cuore prese a battergli forte nella gabbia toracica ed automaticamente strinse le dita, fasciate dai guanti, attorno alla maniglia della valigetta in pelle. Con cautela iniziò ad indietreggiare, costeggiando il marciapiedi ed utilizzando le vetture parcheggiate come una sorta di scudo.

Da quella posizione non poteva assolutamente vedere cosa stesse accadendo alle sue spalle, ma era sicuro che i due uomini lo avessero visto. Ben presto un rumore di passi si accompagnò al suo e Thad fu certo che i due lo stessero seguendo, probabilmente con l’intenzione di rapinarlo e rubargli il portafoglio. Deglutì a fatica, ormai del tutto terrorizzato, e si premurò di accelerare la sua camminata per raggiungere quanto più in fretta possibile l’angolo in fondo alla via. Se ci fosse riuscito, sarebbe stato al sicuro circondato da una folla di persone in cui avrebbe potuto far sparire le sue tracce.

La ventiquattr’ore piena di documenti gli urtava la coscia ad ogni movimento e Thad iniziava a sentire un leggero cenno d’affanno unito al lieve dolore alla milza. In quel momento il suo cervello non era in grado di pensare lucidamente, come denotavano i continui rimproveri che la sua mente gli trasmetteva per aver trascurato l’allenamento fisico, e quell’attimo di distrazione gli costò caro. Le sue scarpe incontrarono una interruzione nell’asfalto e fu del tutto inevitabile il contatto ruvido con la strada sotto di sé.

Le sue iridi castane si puntarono con orrore sui volti dei suoi inseguitori trovandoci stampato sopra un ghigno poco raccomandabile. Il riflesso argentato della lama di un coltello venne proiettato sul marciapiedi e lui chiuse automaticamente gli occhi del tutto convinto che quella sera sarebbe morto. Il fendente però non arrivò mai a destinazione e dopo una manciata di secondi si costrinse a risollevare lo sguardo. Quello che vide lo lasciò più sconcertato di quanto lo era prima.

Un uomo con un aderente costume bordeaux, munito di elmetto, stava prontamente mettendo al tappeto i malviventi con un’innaturale rapidità. Thad sgranò gli occhi di fronte alla vista della super velocità con cui l’uomo mascherato riusciva a schivare i colpi dei due, riuscendo poi a farli fuggire via del tutto spaventati. Quando rimasero da soli il moro poté scrutare con attenzione il suo salvatore che, frattanto, gli stava porgendo una mano guantata per aiutarlo ad alzarsi.

Thad accettò prontamente quell’aiuto ed una volta rimessosi in piedi si premurò di controllare che la sua caviglia fosse apposto. L’uomo mascherato era ancora lì e lui poteva sentire chiaramente lo sguardo puntato lungo la sua figura. Ignorando il vago senso di imbarazzo misto a gratitudine, restituì l’occhiata notando soltanto in quel momento i particolari della tuta; lo stemma col fulmine disegnato al centro del petto muscoloso, il mento spigoloso ma privo di barba, gli auricolari a forma di saette lungo la linea delle orecchie ed infine gli occhi. Due penetranti ed intensi occhi verde prato coperti dalla maschera.

«E’ tutto apposto signore? Si sente bene?»

Quelle domande pronunciate con voce calda e leggermente roca gli provocarono un innaturale brivido lungo la schiena al quale Thad non seppe dare spiegazione.

La sua testa si sollevò ed abbassò in risposta, facendo un cenno di assenso. «S-si, sono tutto intero. La ringrazio per avermi aiutato..» Pronunciò inizialmente con tono incerto non sapendo come concludere il proprio ringraziamento vista l’identità sconosciuta dell’altro.

«Flash. Il mio nome è Flash.» Concluse in modo pragmatico il diretto interessato concedendo all’altro un sorriso smagliante e rassicurante.

Il cuore di Thad accelerò di fronte a quella piccola attenzione riservatagli ed avrebbe certamente risposto al sorriso se solo Flash non fosse già scomparso alla velocità della luce lasciando dietro di sé soltanto una scia di vento dal profumo leggermente muschiato. Quando finalmente l’uscio di casa si chiuse alle sue spalle, Thad poté permettere alla tensione accumulata di scivolar via costringendolo a sedersi sul tappeto morbido con la schiena posata contro il legno della porta.

Le dita delle mani gli tremavano leggermente e le ginocchia avevano retto per miracolo fino a quel momento, impedendogli di crollare ancora una volta sull’asfalto umido e sporco lungo la via del ritorno. Nascose la testa tra le braccia incrociate, passandosi nervosamente le mani tra i capelli scuri e spettinandoli più volte, mentre cercava di regolarizzare il respiro. E quella sera quando si svegliò nel cuore della notte, ancora scosso e traumatizzato, l’unica immagine riflessa nella sua mente erano un paio di occhi scintillanti di un naturale color verde.







A diverse miglia di distanza una porta sbatteva con forza scossa da quella che agli occhi del vicinato sarebbe sembrata una semplice folata di vento. Le luci all’interno dell’appartamento si accesero e la figura di un ragazzo slanciato ed abbastanza alto fece capolino riflessa nello specchio del comò addossato alla parete. Sebastian portò le mani fasciate dai guanti all’allacciatura dell’elmetto rigido che indossava, permettendo al suo viso di godere della brezza del vento proveniente dalla finestra leggermente aperta.

Una folta chioma di capelli castani con un ciuffo abilmente sistemato sulla fronte fece la sua comparsa, rivelando dei magnetici e profondi occhi chiari contornati da un naso alla francese ed una bocca sottile. Anche per quella sera era riuscito a salvare la vita di una persona e questo gli provocava uno strano senso di orgoglio misto a qualcos’altro. Vestiva i panni di un supereroe, salvava vite umane ed aveva dei poteri decisamente fuori dal comune, ma alle volte era difficile racchiudere in un angolo remoto della sua mente i ricordi legati al come era diventato The Flash.

Faticava ogni giorno per trasformare quel dolore permanente e radicato al suo animo in forza e potere messi a disposizione del bene. Ed alle volte era terribilmente difficile evitare di perdersi in quelle sensazioni spiacevoli; quando ciò accadeva Sebastian semplicemente si chiudeva in se stesso, scappando lontano da tutti per evitare inconsciamente di poter fare del male a qualcuno con i suoi scatti di rabbia alla massima velocità.

Le sue dita corsero a premere un pulsante nascosto tra l’armadio a due ante e la scrivania ricolma di prospetti ed analisi chimiche rivelando un pannello segreto in cui poter sistemare la tuta di Flash. Per il resto del mondo lui appariva come un normale ragazzo di venticinque anni, laureato in Chimica e Fisica, dal quoziente intellettivo sostanzialmente elevato ed una brillante carriera come chimico presso i laboratori S.T.A.R. In pochi però sapevano dell’identità che si premurava di celare e tra queste persone fidate vi era certamente il dottor Wells, il proprietario e capo della struttura di ricerca più importante degli Stati Uniti.

Una scia di vestiti cadde sul pavimento e con un gesto secco aprì la manopola dell’acqua calda, richiudendo il box doccia dietro di sé e permettendo a quei rivoletti bagnati di scivolargli lungo il corpo nudo ed i muscoli tesi. Le sue iridi verdi si chiusero inconsciamente a quel contatto e Sebastian iniziò a svuotare la mente dai pensieri molesti. Un brivido gli colpì la colonna vertebrale quando un paio di occhi color cioccolato contornati da un’espressione spaurita gli apparvero nitidamente. Non sapeva per quale assurdo motivo il suo corpo continuava a mandargli l’immagine del ragazzo che aveva appena salvato, ma era certo che fosse soltanto una strana coincidenza.

Ancora assorto nelle sue riflessioni si buttò a peso morto sul proprio letto, spegnendo la luce dell’abatjour ed osservando le innumerevoli stelle luminose attaccate abilmente al soffitto in una perfetta riproduzione della galassia. C’erano alcuni momenti in cui si chiedeva se da qualche altra parte in quella immensa distesa ci fosse qualcuno di simile a lui. Qualcuno in grado di possedere poteri sovraumani e che non dovesse necessariamente nascondersi dal resto del mondo perché la gente non avrebbe capito. Erano quelli i momenti in cui desiderava poter essere soltanto un ragazzo, uno di quelli la cui unica preoccupazione era uscire ogni sera per divertirsi.

Le sue iridi verdi si posarono alcuni secondi sull’armadio, lì dove la tuta bordeaux sembrava inevitabilmente chiamarlo quasi come una sirena ammaliatrice. Decisamente non avrebbe mai potuto avere una vita normale e prima iniziava ad accettarlo, prima sarebbe stato in grado di accettare anche se stesso ed il ruolo che ricopriva. Sospirando si avvolse nelle coperte invernali, racchiudendocisi dentro come se quell’ammasso di stoffa potesse proteggerlo, ed allungò la mano per puntare la sveglia.

L’indomani il dottor Wells gli avrebbe finalmente fatto conoscere il nuovo addetto alla ricerca genetica, quello che aveva definito come il più talentuoso ragazzo che abbia mai visto dopo di te, e Sebastian era incredibilmente curioso di incontrarlo. Nonostante Thad Harwood, questo era il suo nome, lavorasse nei laboratori da circa un paio di mesi non avevano ancora avuto modo di incrociarsi tra i vari corridoi e livelli della S.T.A.R. E del resto quell’immensa struttura era come una specie di labirinto intricato, persino lui ci aveva messo circa una settimana per imparare ad orientarsi senza incappare in un vicolo cieco.

Un sorrisino fece capolino sulle sue labbra sottili, incurvandole verso l’alto, mentre era del tutto convinto che sarebbe stato alquanto divertente interagire con il nuovo arrivato considerando il fatto che lui fosse palesemente gay. Ultimamente quell’aspetto della sua vita era passato in secondo piano, non aveva tempo per le relazioni ed inoltre credeva fermamente che nessuno sano di mente avrebbe mai potuto accettare entrambe le sue identità. In fondo lui era Sebastian Smythe e The Flash, due entità del tutto differenti ma racchiuse nella stessa persona.

L’allarme di una macchina non troppo lontana lo riportò alla realtà e si ritrovò di nuovo proiettato nella sua stanza da letto; allo stomaco la strana sensazione di nausea come se fosse stato risucchiato attraverso un enorme buco nero. Le sue dita corsero tra quei fili castani sistemandoli nonostante fossero già in perfetto ordine. Quella specie di tic nervoso lo aiutava a placare i suoi turbamenti e se ci rifletteva bene non era in grado di stabilire con precisione quando avesse iniziato ad utilizzarlo come anti stress. In ogni caso decise che fosse meglio dormire e concedersi quel po’ di sonno che poteva permettersi.

E frattanto mentre il suo respiro diventava regolare ed il suo petto si alzava ed abbassava per incamerare aria, Sebastian non sapeva nemmeno lontanamente quanto quell’incontro con Harwood avrebbe sconvolto radicalmente sia la sua vita che quella dell’altro, ma lo avrebbe capito molto presto e forse quello in fondo era semplicemente il loro personale punto di partenza.












A/N

Quando la CW ha la brillante nonché azzeccata idea di scegliere Grant come protagonista di un’altra serie televisiva, io non posso far altro che inchinarmi al suo volere e seguire il mio folle istinto. Se poi ci aggiungiamo il mio amore viscerale per i The Script ed il loro nuovo singolo Superheroes, a cui è ispirato il titolo, diciamo che questo è il risultato. A parte qualche lieve cambiamento necessario, come l’ambientazione o alcuni piccoli eventi, in questa mini long ci sarà un Sebastian un po’ diverso dal solito ma comunque con lo stesso caratterino particolare. Non aggiungo altro se avete dubbi, domande, opinioni, suggerimenti o consigli non esitate a lasciarmi una recensione. Fa sempre piacere sentire l’opinione di chi legge quindi non abbiate timore io sono qui per questo. Vi lascio alla lettura!

P.s. Gli aggiornamenti dovrebbero essere regolari ogni mercoledì, ma qualora sorgano imprevisti improvvisi lascerò un avviso.

xoxo

Sara

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Superheroes


Capitolo Secondo






Alla mia Twin,
che non vedeva l’ora di leggere questa storia
e che è il Thad del mio Sebastian.
Ti voglio bene ❤









L’odore del caffè bollente che stringeva tra le mani gli colpiva le narici ad ogni passo, permeando i corridoi con quell’aroma intenso e forte in grado di incantare qualsiasi buon americano che si rispetti. Non aveva dormito molto quella notte e, puntualmente, quando sembrava sul punto di abbandonarsi del tutto al sonno il consueto paio di occhi color smeraldo gli tornava alla mente. Thad sospirò fermandosi accanto alla porta blindata e passando il tesserino magnetico lungo la barra metallica.

Le porte si aprirono con un leggero Biip e le sue sopracciglia si aggrottarono nel constatare il clima di relativa quiete che permeava nel laboratorio. Contando se stesso, i ricercatori pronti ad un’intensa sessione di lavoro erano in tutto meno di una decina rispetto all’usuale numero elevato. Tuttavia con ancora la fronte corrugata si diresse verso la sua scrivania, premurandosi di indossare il camice bianco e gli occhiali da vista che usava solo in circostanze come quella.

Fortunatamente almeno per quel giorno avrebbe potuto contare sul sostegno e la compagnia del suo collega nonché migliore amico iperattivo ed esuberante. Lui e Jeff si conoscevano dai tempi del liceo, erano praticamente cresciuti insieme e se non fosse stato per l’opposto colore dei tratti somatici – carnagione scura, capelli mori con occhi scuri per Thad, carnagione chiara con capelli biondi ed occhi castani per Jeff – li avrebbero certamente scambiati per fratelli.

«A giudicare da quelle occhiaie anti estetiche direi che non hai dormito e quello sono sicuro è il terzo caffè della giornata.» Proruppe Jeff con sguardo eloquente, ruotando la sedia girevole per poterlo osservare meglio.

Thad si lasciò andare al secondo sospiro in meno di dieci minuti scuotendo la testa in segno di assenso. «Avevo quasi dimenticato di avere un veggente come migliore amico. Buongiorno anche a te Jeffie.» Rispose con tono divertito accomodandosi accanto al biondino.

La risata dell’altro si espanse nella stanza facendo voltare un paio di teste nella loro direzione, ma Jeff non se ne curò affatto. «Thaddy conosco vita, morte e miracoli di te. So persino quante volte vai al bagno, quando hai perso la verginità e com’è stato avere il primo orgas- Ouch! Perché diavolo mi hai colpito?» Esclamò massaggiandosi il braccio all’altezza del gomito.

«Per quanto ti voglia bene vorrei evitare che mi sputtani davanti a tutti i nostri colleghi. Quindi tieni la bocca a posto.» Chiarì il moro posando il bicchiere di carta, contenente il caffè, sul ripiano della scrivania.

Jeff alzò gli occhi al cielo di rimando, puntandogli un dito contro. «Se non ricordo male hai anche avuto il piacere di provarla la mia bocca, Thaddy. Ora non fare tanto la schizzinoso!» Terminò con tono ovvio incrociando poi le braccia tra loro.

A quelle parole le labbra del moro si sollevarono aprendosi in un sorriso di ilarità; quel piccolo particolare era accaduto durante il loro primo anno di college quando lui era ancora confuso circa la sua sessualità mentre Jeff aveva già fatto coming out da tempo. Thad ricordava bene quel giorno perché era stato il più brutto della sua vita; il suo primo esame era stato un fallimento ed aveva rotto da poco con la sua fidanzata storica. E quando Jeff era tornato nell’appartamento che condividevano lo aveva trovato avvolto tra i plaid del divano con un kilo di gelato stretto tra le mani.

In quell’occasione finalmente Thad era riuscito a buttar fuori tutto quello che da tempo rifiutava di ammettere anche a se stesso e, dopo una quantità industriale di lacrime versate stretto tra le braccia di Jeff, era stato quasi naturale sporgersi per baciarlo. Tuttavia gli ci erano voluti pochi secondi per realizzare che si, era ormai certo di essere gay, ma che per l’altro provava soltanto amicizia. Inutile dire di come alla fine lui e Jeff ne avessero riso per ore intere, restando comunque abbracciati su quello stesso divano.

«Hey! Non vale rivangare il passato e poi quello era solo un bacio a stampo.» Ci tenne a precisare mascherando una risata con un sonoro colpo di tosse.

«E’ comunque un bacio», sottolineò l’altro stando al gioco di quel loro piccolo siparietto quotidiano, «in ogni caso so che c’è qualcosa che non va Thad ma non ti farò pressioni.» Terminò tornando improvvisamente serio e preoccupato.

Le labbra del moro si dischiusero appena, in procinto di raccontare a colui che considerava la sua unica famiglia ciò che era accaduto, ma l’entrata del dottor Wells interruppe tutte le sue buone intenzioni costringendolo a prestare attenzione alle file di tabulati ed ellissi di DNA disposti lungo lo schermo virtuale del computer. Nel giro di una settimana aveva compiuto grandi progressi nel decifrare e decodificare le lunghe catene composte da globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, tuttavia c’era ancora una parte della catena genetica che gli dava non pochi grattacapi.

Era come se per arrivare alla soluzione avesse dovuto inserire geni non ancora conosciuti alla specie umana o animale attualmente esistente sul pianeta. Di fronte a quell’assurdo pensiero scosse meccanicamente la testa in segno di diniego, convincendosi che probabilmente la troppa caffeina gli aveva bruciato anche gli ultimi neuroni attivi. Imperterrito continuò tuttavia a lavorare, digitando i tasti in rapida successione, mentre gli innumerevoli codici criptati si riflettevano sulle lenti degli occhiali.

«Signor Harwood, come procede la decodificazione?»

Le sue iridi castane si voltarono verso la fonte di quella voce e Thad cercò di mascherare lo stupore di trovarsi davanti il dottor Harrison Wells in persona. Capitava spesso che il grande capo facesse una rapida visita tra i settori per controllare le varie procedure e progressi compiuti, ma mai prima di allora si era concesso una sana chiacchierata con qualche dipendente.

«Procede tutto alla perfezione, signore. Ho già decriptato e controllato un quarto dei progetti attualmente in sperimentazione.» Rispose in maniera professionale sistemandosi la montatura rigida degli occhiali.

«Non avevo alcun dubbio, le tue capacità sono preziose per questa struttura. Ragazzo, permettimi di presentarti uno dei migliori chimici che abbiamo la fortuna di avere.» Aggiunse l’uomo facendo un cenno alle sue spalle.

Soltanto in quel momento Thad parve accorgersi della presenza di un’altra persona all’interno del laboratorio. Un ragazzo di circa la sua età con folti capelli castani, abilmente sistemati in un ciuffo sulla fronte, ed accattivanti occhi verdi lo stava scrutando con attenzione e quello che sembrava sgomento. Si sentiva leggermente in soggezione sotto il peso di quello sguardo profondo e dovette lottare parecchio per non restare a bocca aperta a causa della naturale bellezza del tipo in questione.

«Sono Sebastian Smythe. E’ un piacere conoscerti visto che Harrison mi ha parlato del tuo enorme talento.» Proruppe l’altro, con tono di voce che lui reputò roco e sensuale, allungando una mano nivea nella sua direzione.

Thad si riscosse ricambiando prontamente quella stretta ed avvertendo uno strano senso di familiarità che, tuttavia, non riusciva a collegare a nessuna esperienza personale già vissuta. Per quanto si sforzasse era assolutamente certo di non aver mai visto prima Sebastian, eppure c’era una parte del suo subconscio che sembrava divertirsi un mondo a sgretolare ogni sua convinzione. Cercando di non fare la figura dell’imbecille e timido ragazzo nerd, si schiarì la gola puntando finalmente le iridi color cioccolato in quelle dell’altro.

«Io sono Thad Harwood. Il piacere è tutto mio ed anche tu sei una legenda qui dentro.» Rispose con educazione, notando un leggero cambiamento di espressione nel volto di Sebastian.

L’altro sembrava estremamente teso e nervoso come se lo stesse accusando di qualcosa, a giudicare dalla postura eccessivamente rigida delle spalle, e il moro si chiese se avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato che avesse potuto in qualche modo far mutare atteggiamento al chimico. Il suo stomaco iniziò ad attorcigliarsi dalla tensione e le sue mani afferrarono in automatico il caffè, dimenticato in precedenza, pur di non mostrare il loro leggero tremolio.

«Sono sicuro che avrete modo di lavorare fianco a fianco d’ora in avanti. Per il progetto Heroes sarà necessario l’aiuto di entrambi, ma per il momento la lasciamo tornare al suo lavoro signor Harwood.» Li interruppe il dottor Wells spostandosi verso l’uscita seguito da Sebastian, mentre la mente di Thad era ancora una volta in completo subbuglio.







Sebastian percorreva con fin troppa fretta quel corridoio deserto, aveva appena fatto la conoscenza di Thad Harwood e quell’incontro lo aveva sconvolto più del dovuto. Quella carnagione scura, i capelli mori abilmente sistemati, il naso leggermente pronunciato, le labbra carnose e quegli intensi occhi cioccolato erano gli stessi identici tratti somatici del ragazzo che aveva salvato la sera precedente nei panni di Flash e che puntualmente non riusciva a togliersi dalla testa. Aveva faticato parecchio per evitare di stringere la mano dell’altro con fin troppa energia e si era intimato di non lasciarsi prendere dalla tensione.

Il dottor Wells non era a conoscenza del salvataggio e Sebastian sapeva perfettamente che se lo avesse saputo probabilmente avrebbe rimandato quel singolare incontro. Nonostante le circostanze poco fortuite, avrebbe comunque dovuto lavorare a stretto contatto con quel moretto decisamente appetibile e questo gli avrebbe provocato fin troppi problemi. La riuscita del progetto Heroes era di massima e vitale importanza, ci avevano lavorato per anni ed attualmente stavano continuando a svilupparlo per un motivo ben preciso che soltanto lui ed Harrison Wells conoscevano. Dietro quella matassa di codici genetici si nascondeva in realtà una cura potenziale per arginare gli effetti collaterali dei suoi superpoteri.

Le sue scarpe da ginnastica costose bloccarono giusto in tempo le porte dell’ascensore metallico prima che si chiudessero e lui si infilò al suo interno allungando le dita sottili e lunghe in direzione dei pulsanti. La sua mano tremò visibilmente in modo innaturale mentre premeva il tasto che l’avrebbe condotto nel seminterrato privato di Wells e per fortuna appurò di essere l’unico ospite all’interno di quell’aggeggio mobile. Contò esattamente fino a dieci, iniziando a passarsi la mano destra tra il ciuffo castano e dondolandosi leggermente sul posto, pur di ritrovare un briciolo di autocontrollo e, quando finalmente arrivò a destinazione, Harrison lo stava già attendendo pronto a somministrargli il siero in via di sperimentazione.

L’uomo lo guardava con un velo di preoccupazione ed una faccia talmente seria che lui non aveva dubbi su ciò che stesse per dire. «Gli effetti collaterali stanno diventando sempre più frequenti, Sebastian, e sai cosa significa questo. Se non troviamo subito una soluzione tu potresti mor-»

«Lo so Harrison. Sono perfettamente consapevole dei rischi che corro e di cosa potrebbe succedere al mio corpo ma non ho altra scelta. Non ho scelto io tutto questo né ho mai voluto avere dei poteri ma la gente lì fuori ha bisogno di me. Hanno bisogno di The Flash e di sentirsi al sicuro.» Rispose con convinzione sentendo l’effetto del siero diffondersi in ogni parte del suo corpo agendo con successo.

Sbatté le palpebre per diversi secondi finché non fu certo di aver recuperato il controllo delle proprie azioni; si sentiva intorpidito come se avesse avuto la febbre alta per una settimana nonostante il suo organismo fosse praticamente predisposto a rigettare le comuni malattie quali l’influenza. Sapeva perfettamente che i poteri di Flash a lungo andare avrebbero potuto ucciderlo, eppure a conti fatti sembrava non importargli. L’altra parte di sé era frutto di un mix di radiazioni e provette di laboratorio innescato da un fulmine che l’aveva colpito in pieno; nessun essere umano avrebbe potuto sopportare tanto a lungo tutta quella energia senza risentirne almeno in minima parte.

«Devo andare», aggiunse senza dar modo all’altro di replicare ma fermandosi poco prima di varcare la soglia della porta, «ed Harrison fai in modo che il tuo nuovo pupillo inizi subito il progetto Heroes. Non possiamo più attendere.» Aggiunse prima di chiudersi l’uscio alle spalle.

Camminava da circa una decina di minuti spostandosi in mezzo alla folla chiassosa ed occupata nella solita ruotine caotica. Il cappuccio della felpa nera era abilmente calato sopra la sua testa e le sue scarpe da ginnastica strisciavano sull’asfalto umido del marciapiedi scuro; una leggera pioggerellina bagnava le strade di Los Angeles ma Sebastian la ignorava essendo completamente perso tra i ricordi. Gli occhi verdi sembravano scintillare in mezzo a tutto quel grigiume dai toni monocolore, ma solo un occhio esperto avrebbe potuto notare la leggera patina opaca sopra di essi.

Aveva praticamente intimato a Wells di dare ufficialmente il via a quel progetto che forse avrebbe potuto significare la sua salvezza, e quella di molte altre persone, ma adesso si ritrovava a fare i conti con l’ennesimo problema per lui indecifrabile come il resto della sua esistenza. Heroes significava dover collaborare ogni giorno con Harwood e questo gli provocava una leggera stretta all’altezza dello stomaco. Sebastian era decisamente preoccupato e terrorizzato al tempo stesso. Se una delle sue normali crisi lo avesse colpito nel bel mezzo del loro lavoro, Thad avrebbe scoperto la verità circa la sua identità segreta e, per quanto l’altro lo attraesse visibilmente, non riusciva a fidarsi.

Nonostante i suoi continui turbamenti interiori, il suo subconscio sembrava suggergli di lasciarsi andare e di mostrare finalmente a qualcuno il vero se stesso. La sua mente continuava a spingerlo verso Thad, senza sosta e con determinazione, quasi come a volergli far capire che aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. Qualcuno che l’avrebbe capito, avrebbe compreso e soprattutto l’avrebbe accettato ed amato per intero. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso amaro di fronte a quella prospettiva e se la situazione non fosse stata così tragica avrebbe sicuramente riso.

Amore. Quella parola non faceva più parte della sua vita da non ricordava nemmeno lui quanto e si era promesso che non avrebbe mai più permesso a quel sentimento di colpirlo nel profondo. L’amore verso i suoi genitori, la sua unica vera famiglia, gli era stato strappato via il giorno in cui sua madre era morta sotto i suoi stessi occhi a causa di qualcosa o qualcuno di molto simile a lui e suo padre era stato incolpato dell’assassinio. Erano passati anni eppure non riusciva a dimenticare quei capelli biondi* scossi dal vento che filtrava attraverso le finestre rotte della loro abitazione, né avrebbe mai potuto dimenticare quel corpo privo di vita riverso sul pavimento pieno di detriti.

Le sue nocche si strinsero in automatico a causa di quei pensieri ed utilizzò tutta la sua forza di volontà per ricacciarli all’interno della parte più remota nel suo cervello. In parte era quello il motivo fondamentale per cui non riusciva ad accettare a pieno quella situazione, si sentiva colpevole e quel doloroso sentimento scavava all’interno del suo animo ogni singolo giorno in cui il suo cuore continuava a battere. Ci aveva pensato parecchie volte a come sarebbe stato smettere di vivere e trovare finalmente la pace. Ma ogni volta che quell’insano desiderio faceva capolino la sua codardia gli impediva di portarlo a termine.

I suoi passi, e quelle continue riflessioni, si arrestarono davanti alla figura di una lapide in marmo grigio lucido incastonata nel terreno e lui allungò la mano per tracciarne i contorni. I polpastrelli sfiorarono con devozione le varie lettere incise sopra, mentre crollava sulle ginocchia sfiorando l’erba bagnata accanto alla tomba. Fu in quel preciso momento che qualcosa sembrò rompersi incrinando la maschera perfetta che si era abilmente costruito attorno e diverse lacrime iniziarono a solcargli le guance ispide di barba. La foto di Charlotte Smythe* lo osservava con un’espressione sorridente da dietro la cornice, non potendo parlargli in alcun modo.

Non seppe quanto tempo diede sfogo alle sue emozioni ma quando quelle stille salate si arrestarono, lasciandogli gli occhi visibilmente arrossati, il cielo stava imbrunendo colorando di arancione l’orizzonte di fronte a lui. Le sue orecchie captarono un movimento improvviso alle sue spalle, segno che qualcuno si stava avvicinando a quella zona del cimitero di solito poco frequentata. Sebastian si alzò spolverandosi i jeans ormai irrimediabilmente sporchi di terra e si premurò di ripulire la lapide da tutta l’erba secca. Il rumore dei passi si arrestò nell’esatto momento in cui l’ultimo filo d’erba veniva tolto.

«Sebastian?»

La voce di qualcuno che lo chiamava lo costrinse a voltarsi in direzione di quel richiamo e le sue iridi verdi si specchiarono in quelle profonde color cioccolato di Thad Harwood che lo scrutava con cipiglio sorpreso, probabilmente non aspettandosi di incrociarlo in quel luogo. Sebastian lo vide mordersi le labbra con un certo nervosismo e non poté fare a meno di restare rapito da quel naturale e spontaneo gesto. Tuttavia sistemò di nuovo il cappuccio della felpa sopra la testa incrociando le braccia tra loro nel tentativo di scaldarsi. Era rimasto sotto la pioggia per diverso tempo ed il freddo era perfettamente in grado di sentirlo a prescindere dai superpoteri.

«Harwood» Rispose con tono cortese, facendo qualche passo in direzione del sentiero che l’avrebbe portato all’uscita.

«Hey ma tu stai tremando», constatò l’altro portando l’ombrello a coprire parte del corpo di Sebastian, «puoi ripararti qui sotto almeno non rischi di ammalarti.» Aggiunse con un sorriso tirato e timoroso indicando il tessuto impermeabile della stoffa.

«Ti ringrazio ma devo declinare l’offerta, abito qui vicino.» Precisò il castano cercando di mascherare il disagio che Thad gli provocava. «Ci si vede a lavoro, Harwood.» Terminò, poi, salutandolo con un gesto della mano ed imboccando il viottolo alberato sparendo oltre le siepi ben curate.












A/N

Scrivere questo capitolo è stata un’impresa ardua ed assolutamente difficile a causa dei passaggi estremamente delicati riguardo il passato di Sebastian e su come sia diventato The Flash. Diciamo che ho corretto molte volte la stesura dell’ultima parte perché ci tenevo a renderla quanto più realistica possibile, soprattutto dopo aver visto in streaming il primo episodio della serie tv andata in onda ieri negli Stati Uniti. Spero di aver fatto un buon lavoro e di essere riuscita a far vedere qualche spezzone del passato di Bas. Nel prossimo capitolo ci sarà probabilmente un punto di svolta nella storia e vedremo se la collaborazione tra i due andrà a buon fine. Non aggiungo altro se avete domande, dubbi, richieste, consigli, critiche o volete dirmi il vostro parere lasciatemi una piccola recensione mi piacerebbe sapere cosa ne pensate in modo schietto e sincero. Grazie di cuore a chi commenta, chi legge e chi mette la storia tra seguiti/preferiti/ricordati. Vi lascio alla lettura!

*Biondi/ Charlotte Smythe: ovviamente trattandosi di Sebastian e non di Barry Allen ho dovuto cambiare colore di capelli e inventare un nome. Nella storia anche il dottor Wells è differente rispetto alla serie tv.

xoxo

Sara

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Superheroes



Capitolo Terzo









Correva senza sosta sfrecciando come un fulmine attraverso quella fitta nebbia biancastra che lo circondava. La suola delle scarpe bordeaux, in coordinato con la tuta in lattice e stoffa, sfregava lungo l’acciottolato dell’asfalto producendo un rumore stridulo ma sopportabile al tempo stesso. All’ennesimo urlo di aiuto di qualche passante strinse i denti, rimangiandosi l’imprecazione sulla punta della lingua, e spinse alla massima potenza fino a fermarsi in prossimità del molo. Le sue iridi verdi si assottigliarono di rimando focalizzandosi sulla sagoma di un uomo in piedi sulla banchina.

Alle spalle di quest’ultimo vi era soltanto l’immensa distesa di acqua scura e profonda pronta ad inghiottirlo alla prima occasione. Sebastian gli si avvicinò con cautela cercando di non spaventarlo e di acciuffarlo per la giacca a vento prima che si lanciasse di sotto, ma la sua mano si bloccò a mezz’aria non appena i raggi della luna ne illuminarono il volto. Thad lo fissava con un’espressione spaurita ed assente; le guance scavate e la pelle arrossata da quelle che sembravano lacrime. Le labbra dell’altro si dischiusero, ma lui non era in grado di sentire alcun suono e dovette sforzarsi per concentrare la sua attenzione sul labiale.

Sebastian aiutami. Thad stava ripetendo quella frase come un mantra ed in quello sguardo cupo poteva leggerci un accenno di accusa nei suoi confronti. Allungò di nuovo il braccio in quella direzione mentre l’altro compiva un salto nel vuoto. Questa volta l’urlo proveniva dalle sue labbra e sembrava fin troppo acuto e nitido. Sebastian si tirò su a sedere di scatto, il volto imperlato di sudore freddo e le persiane smosse dal vento serale. La sveglia posta sul comodino segnava notte fonda e con un calcio ben assestato scostò le coperte attorcigliate alle caviglie.

Lo specchio appeso al muro rifletteva un ragazzo stravolto, con delle visibili occhiaie sotto gli occhi ed i capelli scompigliati. Si sentiva spossato e confuso mentre la nausea gli premeva all’altezza dello stomaco. Il flash di Thad che veniva inghiottito tra le acque era ancora vivido nella sua mente e dovette sciacquarsi la faccia con l’acqua ghiacciata per ritornare ad essere completamente sveglio. Non riusciva a comprendere il significato di ciò che aveva vissuto nel suo subconscio, eppure non poteva più negare di sentirsi irrimediabilmente legato a quello strano ragazzo.

*



Lavorava imperterrito da almeno un’ora maneggiando provette altamente pericolose e consultando i dati immagazzinati nel computer. Non era riuscito a chiudere occhio per tutto il resto della notte dopo quell’assurdo incubo dalle fattezze quasi reali e non aveva avuto tempo nemmeno per concedersi una tazza di caffè bollente. Era uscito di casa con ancora uno strano senso di inquietudine che gli impediva di ingerire qualsiasi cibo solido o liquido senza rigettarlo un secondo dopo. Versò una modesta quantità di azoto liquido all’interno del becher semi-vuoto e digitò alcune note di commento, mentre ne studiava la reazione a contatto con altre sostanze. Una mano ben curata, con le dita strette attorno ad un bicchiere di carta, entrò nella sua visuale e prontamente sollevò lo sguardo.

«Ho pensato che forse avevi bisogno di un po’ di caffeina.» Gli disse Thad con tono cortese ed un caloroso sorriso stampato sulle labbra carnose, mentre gli porgeva la bevanda bollente.

Sebastian accettò di buon grado quella cortesia, stringendo la presa attorno al contenitore. «Ti ringrazio, ne avevo decisamente bisogno.» Rispose inspirando l’aroma di quei chicchi scuri e prendendosi una pausa.

Quella mattina, dopo settimane di continue trattative, Harrison gli aveva comunicato senza mezzi termini che il progetto Heroes era stato stanziato da fondi sufficientemente elevati, il che tradotto in termini spicci equivaleva al dire che parecchi miliardi erano stati devoluti per continuarne la sperimentazione. Ciò significava che la collaborazione tra lui ed Harwood avrebbe avuto inizio e per il momento sembrava procedere abbastanza bene. Sebastian aveva avuto modo di conoscerlo meglio nei precedenti quindici giorni, scoprendo come in realtà l’altro fosse estremamente discreto, introverso e serio nel suo lavoro. Spesso e volentieri si incrociavano nei corridoi o nel laboratorio ed altrettante volte avevano scambiato qualche parola scoprendo come in realtà fossero in perfetta sintonia.

«Come procede con l’analisi chimica? Scusa per i termini poco professionali che utilizzo ma maneggiare provette non rientra nel mio campo d’azione.» Proruppe l’altro tutto d’un fiato non riuscendo a bloccare quel fiume di parole.

Sebastian si concesse un sorrisetto divertito, mentre inghiottiva un sorso di caffè nero, ed incastonò le iridi verdi sulla figura di Thad studiando come il camice bianco gli stesse incredibilmente bene addosso. In effetti non aveva dubbi che anche senza di esso, come senza qualsiasi altro vestito, l’altro sarebbe stato comunque attraente. Ed a giudicare dalle gote leggermente imporporate di Harwood anche lui non gli era poi così indifferente come voleva dimostrare.

«Procede abbastanza bene, ma lo sapremo con certezza quando lo scanner elettronico avrà analizzato la miscela fino all’ultimo legame molecolare.» Spiegò in modo pragmatico, notando la fronte del moro aggrottarsi appena cercando di non perdersi i vari passaggi. «Ci sarà pur qualcosa che saprai maneggiare alla perfezione, Harwood.» Aggiunse poi con un leggero, e voluto, doppio senso.

Thad arrossì cogliendo perfettamente il nesso tra quelle poche righe e si schiarì la gola cercando di non strozzarsi con la sua stessa saliva. Se avesse potuto il suo primo istinto sarebbe stato quello di allentare la cravatta e sbottonare i bottoni sul colletto della camicia; improvvisamente faceva un gran caldo lì dentro ed era certo che non fosse colpa del meteo annunciato per quella mattina. Sebastian frattanto lo stava ancora fissando con occhi penetranti e profondi, quasi come se volesse accertarsi che lui fosse davvero lì e fosse reale. Nella sua mente il sogno era ancora fin troppo nitido e la paura di vedere l’altro svanire non lo abbandonava del tutto.

«Come? Oh s-si certo, i codici genetici e le lunghe trafile di catene ellittiche sono il mio pane quotidiano.» Rispose tentando di portare il discorso su un piano puramente professionale.

Sebastian inarcò un sopracciglio con sguardo eloquente, tuttavia decise di non spingersi oltre evitando di stuzzicare il moretto più del dovuto. Era strano per lui comportarsi come un normale ragazzo della sua età, ma dopo l’incubo aveva preso la decisione di tenere d’occhio Thad per evitare che si cacciasse nei guai un’altra volta. Lo avrebbe protetto nell’ombra senza che l’altro avesse minimamente il sospetto di essere costantemente monitorato da qualcuno. Quei discorsi sembravano tanto da stalker, dovette ammettere anche questo, ma essere Flash comportava salvaguardare il bene delle persone anche a costo della propria vita. E, mentre osservava Thad riprendere posto davanti alla tastiera del computer, giurò a se stesso che avrebbe fatto il possibile affinché quel sogno restasse tale e non si trasformasse in realtà.







Il rumore dell’acqua che scorreva all’interno del box doccia, e lungo il suo corpo abbastanza muscoloso, era l’unico suono perfettamente udibile all’interno dell’appartamento a parte le voci provenienti dal televisore posto al centro del salotto. Thad sospirò tendendo le braccia in avanti e posando i palmi aperti lungo le piastrelle color panna; gli occhi ermeticamente chiusi sembravano persi a rincorrere diversi pensieri. La frase altamente equivoca pronunciata da Sebastian continuava a ronzargli in testa, costringendolo a focalizzare l’attenzione su quelle labbra invitanti e sensuali.

Le sue unghie grattarono lungo la superficie liscia del marmo, pur non potendo scalfirlo in nessun modo, e dei leggeri brividi iniziarono a corrergli lungo la spina dorsale a causa di alcuni spifferi provenienti dagli infissi della finestra. Dopo l’ennesimo brivido, nel suo cervello iniziarono a susseguirsi diverse immagini e la fantasia prese il sopravvento senza che lui potesse bloccarla in tempo. Strizzò gli occhi immaginando chiaramente il corpo nudo di Sebastian dietro le sue spalle ed il respiro caldo che gli colpiva la nuca.

“Vediamo quanto è bravo con il corpo umano, dottor Harwood.”

La sua schiena dalla carnagione scura si inarcò a quelle parole immaginate ed al pensiero della bocca dell’altro a contatto con la sua pelle in un percorso lineare che partiva dalla schiena e sfiorava i glutei sodi. Thad si morse le labbra con forza trattenendo il mugolio di piacere in fondo alla gola ed altre fantasie si sovrapposero a quella precedente. Ora poteva avvertire l’eccitazione di Smythe premergli lungo le cosce mentre quest’ultimo lo invitava a schiudere le gambe per potergli dare piacere.

Ci era quasi, poteva avvertire la presa decisa di quelle dita attorno alla sua carne pulsante e bollente, ma il rumore del campanello lo strappò da quelle scene riportandolo alla realtà. Imprecò rumorosamente rovesciando a causa della fretta il flacone dello shampoo alle erbe ed accorgendosi con orrore di avere un più che evidente problema. Le sue iridi si alternarono tra le due manopole di accensione e stringendo i denti ruotò il pomello dell’acqua fredda venendone colpito in pieno.

Esattamente un minuto dopo, mentre ancora il campanello suonava con insistenza e lui imprecava tutte le entità esistenti, Thad si affrettava a vestirsi lasciando i capelli umidi sulla fronte. In poche falcate raggiunse la maniglia della porta ruotandola e ritrovandosi davanti un Jeff Sterling decisamente spazientito per aver atteso ben cinque minuti sul pianerottolo. Senza nemmeno dargli tempo di parlare, il biondino entrò accomodandosi senza tante cerimonie sulla poltrona in salotto e prendendo possesso del telecomando.

«Ciao anche a te Jeffie.» Proruppe in tono ironico richiudendo l’uscio e recuperando un asciugamano pulito per frizionarsi i capelli.

«Ciao un corno! Si può sapere che diavolo stavi combinando? Ho suonato minimo dieci volte.» Si limitò a rispondere di rimando con sguardo indagatore e fintamente offeso.

Thad sussultò appena di fronte a quel quesito apparentemente normale, ma che per lui assumeva un altro significato viste le fantasie da adolescente arrapato di poco prima. Con un certo nervosismo iniziò a tamburellare il piede sul pavimento, continuando a sistemare con dedizione i capelli ormai quasi asciutti ed evitando magistralmente di puntare gli occhi in direzione di Jeff. Se lo avesse fatto, il suo migliore amico lo avrebbe letto come se lui fosse un libro aperto e l’altro il lettore pronto a conoscere ogni sfumatura di quello stesso volume.

«Stavo facendo una doccia.. Jeff che ci fai qui?» Rispose dopo pochi secondi, prendendo posto sul divano e portandosi il cuscino morbido al petto.

Quel gesto era una sua continua abitudine portata avanti fin dalla più tenera età, ogni qualvolta si sentiva esposto, insicuro o tormentato da qualcosa non poteva fare a meno di stringere la presa attorno a quella stoffa comoda. Lui la interpretava come una specie di scudo protettivo, una corazza visibile in grado di farlo sentire almeno in parte al sicuro dal resto del mondo. Jeff lo scrutò ancora una volta e comprendendo il suo turbamento gli si sedette accanto passandogli un braccio attorno alle spalle.

«Ero preoccupato per te, Thaddy. E’ da diverso tempo che sei più taciturno e strano, precisamente da dopo la mancata rapina. Non ti ho mai chiesto niente perché so che sei tu stesso a parlarne quando ti senti pronto a farlo, ma ora sembra che ci sia altro che ti rende insicuro.» Constatò il biondino con tono serio, privo di quell’allegria contagiosa che mostrava sempre, stringendo di più la presa attorno a Thad ed indicando con un cenno del capo la presa attorno al guanciale.

«Credo di aver preso una cotta madornale per Sebastian Smythe e… l’ho immaginato in contesti poco professionali. Non so cosa fare Jeffie, anzi lo so ma sarebbe difficile far finta di nulla.» Confessò posando la testa sulla spalla dell’altro e godendosi l’abbraccio rassicurante del suo migliore amico.

«Per quanto Smythe non brilli in simpatia, e tu potresti avere gusti nettamente migliori, non vedo dove stia il problema. Sei un ragazzo, i tuoi ormoni funzionano e il chimico è decisamente un bel tipo perciò smettila di farti paranoie mentali e chiedigli di uscire.» Gli fece notare Jeff con naturale semplicità, come se quel discorso fosse la conclusione più razionale possibile.

Thad dischiuse le labbra con l’intenzione di confessare ogni suo più piccolo turbamento interiore e paura, ma il campanello suonò per la seconda volta nell’arco della serata ed entrambi rimasero stupiti notando l’orario assurdo sull’orologio appeso alla parete. Il moro si alzò aprendo ancora una volta l’uscio e restando nettamente stupito di trovarsi davanti l’oggetto dei propri pensieri. Sebastian Smythe era comodamente appoggiato allo stipite della porta con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni ed un’espressione indecifrabile sul volto. Lui e Jeff si scambiarono un’occhiata d’intesa ed il biondino tolse il disturbo salutando entrambi.

«Ho forse interrotto qualcosa?» Mormorò con voce monocolore, e forse un pizzico di acidità, il castano in direzione dell’altro.

«Niente affatto, io e Jeff siamo migliori amici dai tempi del liceo. Accomodati pure.» Ci tenne a precisare Thad facendo gli onori da padrone di casa.

Sebastian si osservò attorno prendendo nota con calcolata curiosità di ogni singolo arredo presente nella stanza; tutto sommato Harwood aveva un bell’appartamento che si premurava di curare e tenere in ordine vista l’assenza di polvere o cianfrusaglie sparse in giro per casa. D’altro canto Thad si stava chiedendo per quale assurda ragione l’altro si trovasse lì a quell’ora tarda e puntualmente non riusciva ad afferrarne il nesso logico.

«Scusa se sono piombato qui all’improvviso, ma ho ricevuto i risultati delle analisi chimiche e credo che dovresti dargli un’occhiata. Ciò che abbiamo scoperto non può aspettare fino a domani.» Chiarì Sebastian porgendogli una pendrive grigio metallizzato che lui afferrò saldamente.

«Vieni Smythe, abbiamo decisamente bisogno del mio computer portatile.» Fu tutto quello che rispose mentre entrambi si avviavano al piano di sopra.












A/N

Inizio col ringraziare tutti coloro che leggono, commentano o inseriscono le storie tra i seguiti/preferiti/ricordati. Per un autore è sempre piacevole notare dei risultati riguardo ciò che scrive quindi grazie di cuore e spero di vedere qualche recensione in più così posso sapere cosa pensate di questa mini long :) Ora veniamo alla parte interessante, come avevo accennato il terzo capitolo è il punto di svolta per entrambi con la presenza anche di Jeff in versione consigliere/migliore amico. Il sogno di Bas e le fantasie di Thad non sono buttate lì a caso, ma sono sintomi che entrambi sono irrimediabilmente attratti e legati l’uno all’altro anche se non si conoscono da molto tempo e Thad non sa che Flash è Bas. Il prossimo capitolo sarà un ulteriore passo avanti in questa direzione quindi non perdetevelo. Se avete dubbi, richieste, domande, critiche, consigli o volete dire la vostra opinione lasciatemi una recensione e vi risponderò uno per uno. Buona lettura!

P.s. Questa settimana l’aggiornamento è di lunedì perché devo portare il mio portatile a formattare e non sono sicura il tecnico me lo restituisca prima del weekend. Inoltre non volevo lasciarvi a bocca asciutta per quindici giorni abbondanti. Dalla prossima settimana, se tutto va bene, gli aggiornamenti saranno di nuovo di mercoledì.

xoxo

Sara

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Superheroes



Capitolo Quarto









Le lancette dell’orologio scorrevano ormai senza sosta da diverso tempo, scandendo le ore con un lieve ticchettio sostanzialmente impercettibile, eppure all’interno dell’appartamento di Thad sembrava che tutto si fosse fermato. Il moro non riusciva ancora a credere ai propri occhi, nonostante i risultati genetici fossero impressi nero su bianco sulla pagina del suo computer portatile. Quando Sebastian si era presentato a casa sua, nel cuore della notte sostenendo che c’era qualcosa che non poteva aspettare e che lui doveva vedere immediatamente, non avrebbe mai pensato si trattasse della scoperta più sensazionale della storia.

Gli ci erano voluti alcuni minuti per realizzare la portata di ciò che erano riusciti a creare attraverso il loro lavoro costante in laboratorio ed altrettanti erano bastati per far schizzare l’entusiasmo di Thad alle stelle. La sua evidente emozione traspariva dalle dita che tamburellavano impazientemente ed in modo nervoso lungo il bordo della scrivania, mentre alle sue spalle Sebastian sembrava aver perso l’uso della parola o semplicemente cercava di concedergli qualche minuto per riordinare le idee. Erano finalmente riusciti a trovare le basi per poter creare un siero in grado di fare miracoli, scombinando le cellule cattive presenti nei filamenti di DNA per sostituirne di nuove, e se avesse potuto Thad era certo si sarebbe messo a saltellare per la gioia.

«E’ incredibile! Il dottor Wells deve assolutamente saperlo ed abbiamo altro lavoro da fare, bisogna inserire i nuovi geni nella catena di DNA, monitorare le eventuali mutazioni non previste e-»

«Harwood, per l’amor del cielo respira o ti verrà un infarto!» Lo bloccò il castano posandogli una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione e farlo smettere di gesticolare in modo concitato.

Thad sussultò appena a quel contatto, sentendo improvvisamente la lingua attorcigliarsi e le parole venir meno. «Oh. Emh si certo, scusa.» Biascicò in automatico osservando il leggero ghigno ironico presente sulle labbra dell’altro.

Erano stati entrambi così concentrati su quei dati da non essersi accorti della vicinanza dei loro corpi uno accanto all’altro, né del fatto che Sebastian avesse involontariamente racchiuso Thad in un abbraccio quando aveva posato la mano sullo schienale della sedia dove l’altro si era accomodato. Il più alto si scostò di scatto, quasi come se una scossa l’avesse colpito, recuperando la pendrive e spostando lo sguardo in direzione della porta. Da quella ridotta distanza il profumo del bagnoschiuma del moro gli arrivava alle narici e lui era certo che se fosse rimasto qualche secondo di più avrebbe fatto qualcosa di stupido e avventato.

«Sarà meglio che vada. E’ tardi e ho già scombussolato abbastanza la tua serata.» Mormorò con voce strascicata il castano, mettendo a tacere gli strani impulsi che il suo corpo sembrava lanciargli senza sosta.

«Resta.» Fu tutto ciò che rispose Thad in un sussurro, dando voce ai propri desideri e scrutando quelle iridi verdi in profondità nonostante l’evidente imbarazzo che provava.

Si morse poi le labbra con forza, riducendo ancora una volta le distanze, e passandosi una mano tra i capelli scuri in preda alla tensione. Non era sicuro di aver fatto la cosa giusta e all’improvviso iniziava a sentirsi un completo imbecille per aver dato ascolto ai consigli di Jeff. Era molto più probabile che uno come Smythe lo rifiutasse apertamente scoppiandogli a ridere in faccia, eppure decise di tentare in ogni caso. La sua mano tremante corse a stringersi attorno alla maglietta dell’altro tirandolo verso di sé per baciarlo.

Il contatto tra le loro bocche fu delicato e, proprio quando Thad stava per scostarsi, le braccia di Sebastian corsero attorno ai suoi fianchi stringendoli saldamente. In poco tempo il bacio si trasformò in qualcosa di più istintivo e passionale, portando Sebastian a mordere quelle labbra carnose per permettere alle loro lingue di intrecciarsi. Thad gemette a quel gesto, passando una mano in quella chioma ordinata e tirando qualche ciocca di capelli chiari, mentre sospingeva il chimico verso la propria camera da letto.

«Sebastian..» Sospirò con ancora gli occhi chiusi, sentendo chiaramente la lingua dell’altro muoversi sul suo collo abbronzato vezzeggiandolo con maestria ed arrossandolo in diversi punti.

Il respiro gli si bloccò in gola quando la sua schiena urtò accidentalmente la parete alle sue spalle ed istintivamente si spinse di più verso il corpo di Sebastian facendo scontrare i loro bacini. Gemettero entrambi a quel contatto improvviso e le mani di Thad corsero alla cerniera della felpa che l’altro indossava, tirandola verso il basso e facendola scivolare poi sul parquet lucido ai loro piedi insieme alla maglietta. Si prese tutto il tempo necessario per scrutare quel torace muscoloso e non poté fare a meno di pensare a quanto l’altro apparisse bellissimo in quel momento, con le labbra arrossate dai baci, i capelli in disordine e le iridi verdi scurite dal desiderio.

Fu sufficiente un solo battito di ciglia prima che Sebastian iniziasse a spogliarlo a sua volta, passando i polpastrelli sotto la maglia e seguendo la linea della schiena in un percorso lineare. Thad lo aiutò sollevando le braccia per sfilare l’indumento, mentre le mani dell’altro scendevano inesorabilmente verso il suo fondoschiena palpandolo senza ritegno e sospingendolo verso di sé. Le sue pozze castane si chiusero ermeticamente ancora una volta, cercando di non soccombere alle scariche di piacere accumulatesi nel basso ventre, e le sue labbra si fiondarono su quelle di Sebastian mordendole con forza e beandosi del gemito che ne scaturì fuori.

«Thad» Mormorò il castano indietreggiando fino a sedersi sul bordo del letto matrimoniale e tendendogli una mano in un chiaro invito che il moro colse perfettamente.

Era la prima volta che Sebastian lo chiamava per nome e con quel tono di voce basso e roco, constatò mentre sospingeva l’oggetto dei suoi pensieri verso i cuscini, costringendolo a distendersi sulla trapunta blu scuro. Le sue labbra si posarono lungo quel torace niveo, ai suoi occhi privo di imperfezioni, scendendo lungo la linea degli addominali che tracciò posandovi sopra la lingua. La pelle di Sebastian era morbida ed incredibilmente calda e Thad si prese tutto il tempo del mondo per esplorarla in ogni singolo dettaglio. I suoi denti si chiusero attorno ad un capezzolo roseo mordendolo appena e provocando un sonoro mugolio di apprezzamento in Sebastian.

Si beò del respiro sempre più irregolare dell’altro disteso sotto di lui e sospirò rumorosamente quando le braccia del castano corsero alla cintura dei suoi jeans slacciandola insieme alla zip; i palmi di quelle mani, frattanto, scivolavano delicatamente lungo le sue cosce man mano che Sebastian gli sfilava i pantaloni premurandosi di fare altrettanto con i propri. In poco tempo i loro corpi accaldati furono del tutto esposti e Thad fu scosso da un brivido lungo la schiena, prontamente cancellato dal passaggio della lingua di Sebastian lungo i suoi capezzoli turgidi e l’ombelico.

Non si era accorto che l’altro avesse assunto il comando della situazione, ma improvvisamente sembrava non avere importanza viste le attenzioni che il chimico gli stava dedicando spostandosi lungo l’inguine. Thad reclinò la testa sul cuscino bianco gemendo senza ritegno quando le dita di Smythe iniziarono a sfiorarlo con delicatezza e decisione. Le sue braccia si aggrapparono a quelle spalle muscolose, sentendo sotto la pelle i nervi distendersi grazie al suo tocco, e gli allacciò i polpacci attorno ai fianchi spingendo il bacino per chiedere di più.

L’ennesimo verso strozzato fuoriuscì dalle sue labbra martoriate dai denti quando l’altro iniziò a muovere il polso lungo il suo membro pulsante e bisognoso di attenzioni e quasi credette di morire quando Sebastian iniziò a stuzzicarlo anche con la bocca, passando la lingua su una vena particolarmente sensibile. Si sforzò di tenere aperte le iridi castane, scrutando con insistenza i tratti di quel volto che ultimamente popolava i suoi sogni e le sue fantasie e Thad si sentì ardere di desiderio sotto il peso di quello sguardo pieno di lussuria.

Artigliando qualche ciocca castana, riportò il viso dell’altro alla stessa altezza del suo; le loro bocche che si cercavano con naturalezza in quel frangente, mentre Sebastian iniziava a prepararlo con dedizione e calma turbato dal timore di fargli del male. Il bruciore che sentiva quando un primo dito entrò in lui era incredibilmente fastidioso, ma non aveva nessuna intenzione di fermarsi. Voleva Sebastian, lo desiderava, e fu sufficiente muovere il bacino affinché l’altro comprendesse inserendo un secondo dito per poi farsi largo in quell’apertura stretta. Thad mugolò di dolore cercando di rilassarsi ed attendendo che l’altro prendesse a muovere le dita. Passarono solo alcuni secondi prima che il castano iniziasse a ruotarle affondando con decisione in cerca della prostata.

«Sebastian!» Mormorò con un verso strozzato ed acuto quando l’altro trovò magistralmente quel punto in grado di renderlo molle come gelatina ed inarcò la schiena in preda alle scariche di piacere.

Sebastian, d’altro canto, gemette a causa di quella frizione tra i loro membri fin troppo tesi e sfilò le dita con un movimento fluido, provocando in Thad una sensazione di vuoto che venne colmata quando l’altro iniziò a farsi strada in lui lentamente. Si stava sforzando enormemente di fare con calma e di rispettare i tempi dell’altro, tuttavia con un’unica spinta affondò in quel corpo caldo ed invitante, racchiudendo l’urlo di Thad con un bacio infuocato e restando immobile per alcuni istanti. Questa volta fu inevitabile per lui arrendersi, socchiudendo quelle pozze color smeraldo fuso, e fu altrettanto naturale sentirsi completo. La sua mano destra percorse il bordo del lenzuolo candido fino ad incontrare quella di Thad, stringendola in una presa salda mentre iniziava a muoversi. Ben presto la stanza si riempì dei loro gemiti e le spinte si fecero sempre più decise portando entrambi al limite. Thad venne con un urlo strozzato seguito subito dopo da Sebastian che si riversò dentro di lui, crollando subito dopo sul suo petto.

Gli angoli delle sue labbra si distesero in un sorriso stirato e Thad si premurò di coprire entrambi con il piumone continuando a stringere Sebastian tra le sue braccia. Si addormentarono così, con i corpi ancora perfettamente in contatto, le dita intrecciate ed i cuori che battevano all’unisono. Per la prima volta nessuno dei due aveva dato ascolto alla testa, preferendo seguire ciò che l’istinto e soprattutto lo stesso cuore suggeriva. Le spiegazioni, i chiarimenti e le parole avrebbero dovuto attendere almeno fino al giorno dopo.







Il sole filtrava attraverso le tende aperte, colpendogli il viso e costringendolo a socchiudere gli occhi per evitare di ferirseli a causa della troppa luce. Sebastian sentiva la testa pesante, i muscoli indolenziti ed un innaturale senso di calore all’altezza del petto. Ancora in dormiveglia cercò di rigirarsi fra le coperte, accorgendosi improvvisamente di non riuscire a muoversi a causa di un peso che gli comprimeva il torace nudo. Le sue iridi verdi si sollevarono in automatico incontrando il volto profondamente addormentato di Thad e constatò che il peso che percepiva non era altro che le braccia del moro strette attorno ai suoi fianchi.

La portata di ciò che era realmente accaduto la sera precedente lo colpì in pieno e la sua fronte si aggrottò in un’espressione incerta. Nonostante i mille pensieri ingarbugliati ed i continui ammonimenti su quanto tutto quello fosse stato un errore, Sebastian non riusciva a pentirsene né a sentirsi in colpa. Per la prima volta in tutta la sua vita si sentiva bene, come se avesse trovato finalmente il posto giusto in cui restare, e fu del tutto naturale sollevare gli angoli delle labbra quando il suo sguardo si spostò ancora una volta sulla figura di Thad. La sua mano destra si sollevò passando tra quei capelli scuri ed iniziando a giocare con qualche ciocca fuori posto caduta sulla fronte.

Sentì Thad mugolare nel sonno e lo avvertì muoversi lentamente prima di spalancare quelle intense pozze castane che, fin da quando lo aveva salvato settimane prima, lo attiravano come una calamita. Lo vide trattenere uno sbadiglio ed arrossire leggermente di fronte alla consapevolezza dei loro corpi ancora nudi stretti sotto le coperte. Sebastian ridacchiò in risposta, mentre le sue dita si spostavano dai capelli al viso abbronzato dell’altro, tracciando con i polpastrelli la linea della fronte, del naso e spostandosi lungo la guancia accaldata.

«Buongiorno, pulce.» Sussurrò rompendo il silenzio della stanza e costringendo Thad ad inclinare il volto nella sua direzione prima di baciarlo con passione.

Le loro lingue si rincorsero come avevano fatto in precedenza e Thad si portò completamente sopra di lui, posando poi la fronte sulla sua quando la necessità di dover respirare li costrinse a separarsi. «Mi piace questo buongiorno.» Mormorò il moro in risposta incurvando le labbra in un sorriso compiaciuto che Sebastian trovò assolutamente sexy.

«Credo di poter fare qualcosa per migliorarlo.» Rispose con tono di voce sensuale ghignando apertamente e ribaltando le posizioni per portarsi sopra il corpo di Thad.

I loro bacini vennero di nuovo a contatto e Sebastian iniziò a percorrere con le labbra il torace dell’altro, mordendo quella pelle abbronzata con i denti e posandovi sopra la lingua per seguire un percorso immaginario lungo gli addominali. Thad sospirò stringendo la presa sui suoi capelli castani, tirandoli leggermente, mentre lui continuava a stuzzicargli con maestria l’ombelico e i fianchi. All’ennesimo sospiro Sebastian ritornò su, racchiudendo le labbra dell’altro tra le sue in bacio delicato e nettamente in contrasto con i loro corpi accaldati.

Un altro bacio fu invece posato sulla fronte mentre si lasciava cadere al fianco di Thad, scostando le coperte ormai del tutto sfatte. Sapeva, pur senza vederlo, che l’altro aveva un sopracciglio inarcato ed un’espressione corrucciata a causa di quel cambiamento improvviso, ma per quanto l’idea di restare lì fosse allettante dovevano andare a lavoro. Harrison aspettava con impazienza di visionare i risultati ottenuti e quella scoperta avrebbe potuto essere la sua ancora di salvezza. Improvvisamente il peso dell’identità segreta che nascondeva gli gravò sulle spalle, risucchiando quel barlume di felicità e di benessere che aveva provato grazie a Thad.

Indossò velocemente i propri vestiti sparsi per la stanza e, prima di voltarsi in direzione dell’altro, cercò di mascherare il suo evidente turbamento interiore. Si sforzò di sorridere a Thad mentre quest’ultimo seguiva il suo esempio stringendo i propri vestiti tra le mani. A Sebastian non passò inosservato il leggero tremore delle dita ed i denti che stavano visibilmente torturando il labbro inferiore in preda all’insicurezza. Sospirando gli si avvicinò lentamente, aiutandolo ad allacciare i bottoni della camicia e sistemandogli perfettamente il nodo della cravatta.

«Thad?» Lo richiamò sollevandogli il mento per poterlo osservare negli occhi. «Va tutto bene, scusa se sono diventato brusco, non volevo ferirti o far sembrare che quello che è accaduto non è importante.» Aggiunse racchiudendolo in un abbraccio rassicurante e confortevole sentendo l’altro rispondere a quel gesto con altrettanta dolcezza.

«Sono contento di sentirtelo dire. Avevo paura che tutto cambiasse e che-»

La sua frase venne prontamente interrotta dalle labbra di Sebastian posate delicatamente sulle sue in un bacio a stampo, prima che entrambi scendessero al piano di sotto chiudendosi la porta dell’appartamento alle spalle. L’aria mite di Ottobre li colpì in pieno viso mentre entrambi prendevano posto nella vettura di Thad e la macchina lasciava il vialetto alberato per inoltrarsi all’interno del traffico di Los Angeles. Le loro dita erano abilmente intrecciate sul cambio in una presa salda e Sebastian constatò come Thad sembrasse aver ritrovato il buon umore.

Si concesse un leggero sorriso, spostando le iridi verdi lungo la strada dal lato del passeggero, mentre il moro continuava a guidare in direzione della strada asfaltata che costeggiava il molo ed imboccando la corsia centrale già abbastanza trafficata. Era ancora mattino presto e la maggior parte degli abitanti di Los Angeles stava ancora dormendo cullata dal mondo dei sogni, tuttavia fuori dagli appartamenti e dalle case a schiera vi era un intero mondo che continuava ad andare avanti, constatò Sebastian. Per quanto riguardava lui ci stava ancora provando a lasciarsi i fantasmi del passato alle spalle e guardare oltre, ma era immensamente difficile dover lottare ogni giorno con l’altra parte di sé.

Se fosse stato meno codardo avrebbe stretto le mani di Thad tra le sue, rispecchiandosi in quei meravigliosi occhi castani, ed avrebbe confessato ogni cosa liberandosi finalmente di quel fardello diventato quasi insopportabile da gestire. Vista dall’esterno quella situazione sarebbe sembrata comica all’inverosimile; nei panni di Flash non si creava problemi ad essere coraggioso e lanciarsi nel pericolo pur di salvare vite umane, ma quando subentravano i sentimenti, le emozioni o le sensazioni si chiudeva a riccio lasciando fuori il resto del mondo. L’unica cosa di cui era certo era che non voleva perdere Thad; quel nanetto moro era riuscito ad entrare prepotentemente nella sua vita, stravolgendola radicalmente. Era bastato un sorriso, evidenziato dalle fossette ai lati delle labbra, e lui era stato fregato.

Non avrebbe mai dimenticato la sensazione di completezza quando i loro corpi si erano fusi in uno solo, né avrebbe mai potuto dimenticare quelle labbra carnose chiamare il suo nome con delicatezza e passione. Sebastian strinse leggermente i pugni, questa volta con determinazione, dicendosi che era giunto il momento per Thad di scoprire la verità e pregando che l’altro comprendesse, che gli dicesse che tutto sarebbe andato bene e che nulla sarebbe cambiato tra loro in quel rapporto che stava ancora nascendo. I suoi occhi si voltarono di nuovo ad osservare la strada; fu una frazione di secondo, il tempo di un battito di ciglia o di un sospiro lieve, e Sebastian si accorse con sgomento del camion che invadeva la loro corsia perdendo il controllo e puntando la loro auto.

«Thad attento!» Urlò in preda alla paura premendo le mani sul volante e sterzando verso il guard rail metallico.

L’auto strisciò contro quella barriera producendo scintille a causa dell’attrito e venendo sbalzata sull’altra corsia d’emergenza. Sebastian si lanciò sul corpo di Thad, proteggendo entrambi dalle schegge dei vetri che si rompevano, mentre la lamiera si accartocciava in diversi punti. Le sue mani erano sporche di sangue non suo e con orrore notò una profonda ferita sulla tempia dell’altro. Thad era incredibilmente pallido e l’espressione sofferente in volto denotava quanto in realtà la situazione fosse estremamente grave.

«Thad mi senti? Resta con me ti prego..» Esclamò disperato sfilandosi la giacca nel tentativo di bloccare, senza successo, l’emorragia.

Valutò le diverse opzioni a disposizione, sapendo perfettamente che sarebbero dovuti uscire da lì il più in fretta possibile vista la perdita abbondante di sangue da parte del moro. Le iridi verdi corsero velocemente verso le portiere bloccate ed incastrate ritornando poi su Thad. Sebastian prese un profondo respiro ed in quel momento agì senza pensare, posando la mano libera sui cardini dello sportello ed utilizzando una forza superiore alla media. Il metallo cedette sotto quel potere sovraumano, permettendo a Sebastian di tirare un Thad semi incosciente verso di lui. In pochi secondi grazie alla supervelocità del castano furono entrambi in salvo sull’asfalto umido, mentre le sirene dell’ambulanza si facevano sempre più vicine.

«Sebast-ian» Mormorò Thad in un rantolio sconnesso artigliando la mano attorno alla maglietta dell’altro. Ce la stava mettendo tutta per restare sveglio ma la testa era troppo pesante e si sentiva tanto stanco. Il paio di iridi verdi che tanto amava ed un camice bianco fu tutto ciò che vide prima che gli occhi gli si chiudessero trascinandolo nel buio totale dell’oblio.












A/N

Okay 4 recensioni, oltre 200 letture totali e ben 14 persone che seguono questa storia. Semplicemente vi adoro!! *-* Quando ho progettato questo capitolo non avevo assolutamente immaginato che sarebbe andata a finire con un leggero angst ed una scena decisamente bollente. Ma ormai sono perfettamente consapevole che tutte le mie previsioni vengono sempre stravolte dai miei Thadastian che prendono il sopravvento quando scrivo. Questo capitolo è il decisivo punto di svolta per entrambi: Thad deve fare i conti con ciò che sente per Sebastian dopo aver parlato con Jeff; Bas deve scendere a patti con se stesso convenendo che ormai anche lui sente qualcosa per Thad ed è giusto dirgli la verità su Flash. E credo sia perfettamente chiara la presenza dello scintillante rating giallo/arancione. A questo proposito spero di essermela cavata alla grande e se così non fosse fatemelo notare tranquillamente perché so che devo ancora migliorare con i dettagli a rating elevato. La scena finale poi è un ulteriore passo verso la soluzione di questo enigma, se così possiamo definirlo, e non abbiate timore perché questo momento drammatico servirà. Non aggiungo altro per qualsiasi cosa sono a vostra disposizione e potete lasciarmi una recensione quando volete. Vi lascio alla lettura! L'appuntamento è per il prossimo mercoledì!

xoxo

Sara

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Superheroes


Capitolo Quinto









Il continuo Biip, proveniente dal monitor, era l’unico suono in grado di spezzare il silenzio di quella camera asettica dalle parenti bianche e le tende celesti. Sebastian si mosse a disagio sulla scomoda poltrona, posta accanto al letto, e stancamente si passò una mano tra i folti capelli castani; le sue iridi verdi continuavano a vegliare senza sosta il corpo di Thad privo di conoscenza ed attaccato alle macchine. Erano passate poco più di quarantotto ore dall’incidente e lui si era fermamente rifiutato di lasciare l’altro anche solo per cinque minuti. Nell’arco di quel breve lasso di tempo si erano susseguiti Jeff e Nick, entrambi amici di Thad, a fargli compagnia e rassicurarlo sul fatto che presto il moro si sarebbe svegliato tornando di nuovo da tutti loro. Tuttavia nonostante quelle parole di conforto, e la pacca sulla spalla da parte di Sterling, aveva cominciato a perdere le speranze. I medici erano stati abbastanza chiari e categorici; l’abbondante perdita di sangue e la ferita alla testa erano indubbiamente gravi. L’equipe aveva fatto tutto il possibile, bloccando l’emorragia e ricucendo il taglio, ma ora spettava a Thad reagire ed aprire gli occhi.

Quei meravigliosi occhi castani che gli mancavano più di qualsiasi cosa al mondo, insieme al profumo muschiato, a quel sorriso contornato da due adorabili fossette, alle guance quasi sempre imporporate quando lo beccava a fissarlo insistentemente, a quelle labbra perfette che soltanto pochi giorni prima aveva potuto assaporare sulle proprie. Non l’aveva ammesso ad alta voce ma si sentiva profondamente colpevole e continuava da giorni a rimuginarci sopra rivivendo la scena dell’incidente a rallentatore. Ed ogni volta si rimproverava dicendosi che avrebbe potuto fare qualcosa di più, usare i suoi poteri in modo più tempestivo e tirare fuori entrambi dalle lamiere molto prima.

Sebastian sospirò, allungando il braccio in direzione della mano sinistra di Thad e posandovi sopra la propria per stringere la presa. Il viso dell’altro era ricoperto da escoriazioni e lievi graffi dovuti ai vetri rotti, mentre la fronte era fasciata da una benda sterile e pulita. Si era sforzato di tornare a casa soltanto per cambiarsi i vestiti sporchi e strappati e fare una doccia, poi non si era più mosso da quella posizione. Se non fosse stato per la gentilezza e compassione delle infermiere che gli lasciavano il vassoio per il pranzo sul tavolino, era certo che non avrebbe nemmeno mangiato. In quel momento gli tornò alla mente la discussione avuta con Harrison Wells subito dopo l’accaduto; il fatto che si fosse esposto, senza tuta né maschera, per salvare l’altro aveva decisamente allarmato l’amico portandoli ad accrescere i toni delle loro voci finché Sebastian non era andato via sbattendosi la porta alle spalle con rabbia. La verità era che non gli importava un accidenti se qualcuno, o persino Thad stesso, lo avesse visto sradicare a mani nude la portiera dell’auto perché in quel preciso istante aveva scelto. Aveva deciso di gettare ogni sorta di maschera e mostrarsi per come era in realtà, aveva scelto di rischiare il tutto e per tutto per la persona con cui stava bene e che lo completava in ogni aspetto. Semplicemente aveva messo in gioco quel cuore che per molto tempo aveva creduto di non poter più aggiustare e che invece Thad aveva fatto rinascere.

«Hey pulce, se riesci a sentirmi ti prego apri quei tuoi meravigliosi occhi e guardami. Mi basta anche solo che tu muova un dito per farmi capire che sei qui con me.. Ho bisogno di te, Thad. Per favore..» Mormorò con voce spezzata cercando di mandar giù il magone bloccato in gola mentre gli occhi si riempivano di lacrime.

Un sonoro singhiozzo lo scosse all’altezza del petto e, per la prima volta dopo giorni, si lasciò andare al dolore sordo che sentiva comprimergli l’addome ed il cuore. Non smise di stringere quella mano calda e più abbronzata della sua, nonostante la vista appannata e le stille salate che si infrangevano sulla coperta color panna. Si sentiva spezzato, come se una parte importante e vitale di sé gli fosse stata portata via un’altra volta e del resto l’altro era diventato questo per lui. Thad era calore, allegria, gioia, timidezza, sincerità, dolcezza e vita. Era uno strano mix pieno di miliardi di aggettivi ed allo stesso tempo era proprio questo a renderlo speciale ai suoi occhi.

«Sebastian..» Un bisbiglio lieve e la stretta debole attorno al dorso della mano lo costrinsero a sollevare lo sguardo di scatto.

Thad lo osservava con gli occhi socchiusi e le palpebre tremolanti a causa dell’eccessivo tempo in cui erano stati serrati per via del coma farmacologico. Sebastian si asciugò le lacrime con il dorso della manica e pochi istanti dopo era già stretto tra le braccia dell’altro. Thad gli stava passando la mano libera dalla flebo nei capelli e lungo la guancia ispida di barba, tracciando un percorso delicato con i polpastrelli quasi come a volerlo rassicurare sul fatto che quello non fosse un sogno e che lui era sveglio.

«Ho creduto non ti saresti mai svegliato e che non ti avrei più potuto abbracciare. Thad io devo dir-»

«Ssh, è tutto okay. Io sono qui e non vado da nessuna parte, ciò che devi dirmi può aspettare.» Lo interruppe l’altro, posandogli un dito sulle labbra e sorridendogli con premura per quanto il fastidio delle fasciature glielo permettesse.

Sebastian chinò il capo sospirando e scostandosi per non pesare eccessivamente sull’altro, ma rimando comunque accanto al letto. Le pozze color prato si spostarono lungo la finestra e si persero ad osservare gli imponenti grattacieli che si stagliavano all’orizzonte, tinteggiato da candide nuvole bianche. Lungo la strada vi era il solito traffico e la solita caoticità frenetica; gli schiamazzi dei bambini e persino i clacson dei taxi si sentivano distintamente. Tuttavia il castano sembrava non prestargli davvero attenzione cercando, invece, di trovare le parole giuste per fare un discorso coerente. Non era certo che la voce avrebbe retto o che il suo turbamento e la sua paura non l’avrebbero tradito, ma era giunto il momento di essere sincero al 100% perché lo doveva a Thad e soprattutto a se stesso.

«Aspetta a dirlo. Dopo quello che sto per confessarti ci sono ottime probabilità che non vorrai più vedermi.. » Rispose Sebastian con tono flebile, dando le spalle al panorama e ritornando a prestare attenzione ad un Thad visibilmente stupito.

«Sebastian mi stai facendo preoccupare. Cosa diavolo sta succeden-»

«Ero io Thad.» Lo interruppe torturandosi le dita e stringendole tra loro in una presa salda a causa del nervoso e della tensione. «Ti ho salvato per ben due volte nel giro di quasi due mesi e ti ho tenuto nascosta la verità perché questo mi spaventa. Sono terrorizzato dall’idea che tu possa vedermi come un mostro e che tutto quello che abbiamo conquistato sparisca.. Io sono The Flash» Concluse facendo ripiombare la stanza in un silenzio carico di aspettative, paure e timori.

In quel momento Sebastian stava semplicemente lottando con sé stesso, con il suo istinto che gli suggeriva di scappare, evitando abilmente di incrociare il volto di Thad per la paura di poterci leggere impresso sopra il disgusto o peggio il terrore. Tuttavia quando la ragione prese il sopravvento si costrinse ad incrociare quelle pozze cioccolato fuso, scorgendovi soltanto incredulità e stupore. La bocca dell’altro era schiusa, probabilmente in cerca di qualcosa da poter dire, gli occhi erano sgranati e le dita artigliavano saldamente il lenzuolo stringendolo tra esse.

«Era giusto che lo sapessi, non pretendo nulla da te né voglio ferirti in alcun modo, perciò ti lascerò tutto il tempo che vuoi per rifletterci.» Mormorò Sebastian mentre la delusione si faceva largo nel suo animo e lui prontamente erigeva la solita barriera protettiva attorno al proprio cuore per evitare di restarne ferito. «Ti aspetterò, Thad. Anche se dovesse essere per sempre.» Sussurrò alla fine uscendo dalla stanza e chiudendo la porta.







Erano trascorsi cinque lunghi giorni da quando si era svegliato ed una settimana da quando finalmente era potuto tornare a casa sua, nell’appartamento che ora gli ricordava costantemente Sebastian. Aveva trascorso le precedenti giornate a riflettere attentamente, a scomporre in mille modi differenti quelle poche frasi e ricomporle insieme un secondo dopo. Tuttavia, per quanto ci provasse, la verità non cambiava e quella confessione restava impressa indelebile nella sua mente. Non ne aveva fatto parola con nessuno, nemmeno con Jeff che andava a trovarlo ogni giorno per accertarsi se avesse tutto lo stretto necessario. I tagli e le escoriazioni erano scomparse rapidamente ed i punti di sutura, abilmente nascosti da un cerotto, si stavano riassorbendo.

C’erano momenti in cui il mal di testa si faceva sentire più intensamente del solito, costringendolo a restare a riposo a letto o sul divano, ed altri in cui l’urgenza di camminare e uscire a fare due passi era così pressante che Thad prendeva la giacca pesante e percorreva i pochi metri che lo separavano dal parco. Proprio come in quel preciso istante, mentre le sue scarpe da ginnastica scure sfregavano sulle foglie secche producendo un rumore stridulo. I giardinetti erano pieni di bambini costantemente sorvegliati dai genitori o dalle baby-sitter, constatò spostando poi lo sguardo verso destra. Tra le centinaia di sportivi intenti a fare jogging e studenti in cerca di un posto tranquillo per leggere un libro, la sua attenzione venne catturata da un’anziana coppia teneramente abbracciata sotto una quercia.

Gli angoli delle sue labbra si incurvarono in un sorriso dolce e tenero a quella visione e Thad non poté non autoimporsi di distogliere lo sguardo per evitare di sembrare un maleducato o peggio ancora un impiccione. Si strinse di più nel cappotto di panno ed alzò il collo del cappuccio fin sotto il mento, nonostante la gola fosse coperta da una pesante sciarpa di cotone rosso acceso. Quasi senza accorgersene i suoi piedi si arrestarono in prossimità di una panchina libera e lui vi si sedette sopra con garbo ed educazione sospirando rumorosamente.

«Qualcosa non va, giovanotto?» Gli chiese con premura l’anziana signora che aveva adocchiato prima in compagnia del marito.

«E’ tutto apposto, signora. Non si preoccupi sono soltanto i pensieri a fare troppo rumore.» Rispose con tono cordiale, abbozzando un sorriso, constatando che non si era minimamente accorto dei due che gli si avvicinavano.

«Quelli sono sempre presenti, ragazzo mio. Fa parte dell’essere vivi e senza preoccupazioni o timori perderemmo di vista chi siamo davvero. A me piace credere che i pensieri siano una sorta di monito costante per tenerci ancorati alla realtà.» Aggiunse la donna rispondendo al sorriso e scambiandosi uno sguardo d’intesa con il marito.

«Magari fosse così semplice.. A volte è tutto così difficile che non so davvero cosa fare, il cuore dice una cosa ma la testa ne dice un’altra..» Disse alla fine dando voce per la prima volta ai dubbi che continuavano a turbarlo nel profondo.

Era strano parlare della sua vita con due completi estranei, ma per qualche assurda ragione si sentiva a suo agio in quel frangente. Forse perché in fondo sapeva che i due non lo conoscevano e non sapevano nulla di lui, che non avrebbero potuto accusarlo, rimproverarlo o giudicarlo. L’uomo ridacchiò ed annuì in contemporanea nel sentire la sua frase, posando un bacio delicato sulla nuca della moglie, e Thad si chiese come facessero i due a completarsi in maniera quasi perfetta continuando ad amarsi anche in età avanzata.

«Oh capisco perfettamente come ci si sente, ragazzo mio.» Esclamò l’uomo con sguardo vispo ed attento colmo di esperienza. «Quando ho conosciuto mia moglie Christine erano i tempi della guerra ed io ero un soldato. Eravamo innamorati ma sapevamo che il tempo che avremmo potuto spendere insieme fosse limitato. Io potevo morire sotto gli scoppi delle bombe e così decisi che se non potevo amarla per sempre sarebbe stato meglio non stare insieme, così la lasciai andare nonostante il mio cuore ne soffrisse.»

«E cosa è accaduto? Come avete fatto a restare insieme per così tanti anni?» Chiese incuriosito Thad, avvicinandosi di qualche passo alla coppia ed incrociando le braccia all’altezza dell’addome.

«Semplicemente non mi sono arresa. Sapevo che Luke era un testone caparbio e così mi sono presentata in stazione il giorno della sua partenza e gli ho detto davanti a tutti cosa provavo per lui, che non mi importava di cosa sarebbe potuto accadere perché per me contava soltanto il presente e che lo amavo davvero. Alla fine si è arreso all’evidenza e quando è tornato sano e salvo dalla guerra ci siamo sposati. Vedi, caro, l’amore è imprevedibile, impulsivo e travolgente, non puoi controllarlo o negare i tuoi sentimenti. E se hai la fortuna di incontrare qualcuno di speciale, come Luke lo è per me, non lasciartelo sfuggire. Lotta per lui.» Terminò la donna rispondendo al posto del compagno.

«La ringrazio e credo di aver preso la mia decisione. Scusatemi se vi ho rubato tempo prezioso ma sarà meglio che vada.» Sussurrò Thad in maniera alquanto imbarazzata mordendosi la guancia dall’interno e giocherellando con i fili decorativi della sciarpa.

«Non scusarti, caro. Ci ha fatto piacere la tua compagnia e ti auguro buona fortuna per qualsiasi decisione tu abbia preso.» Disse l’anziana signora regalandogli un’amorevole carezza sulla guancia prima di avviarsi insieme all’uomo verso l’uscita del parco.

Thad li seguì ancora per qualche secondo con lo sguardo, poi percorse a ritroso il viale svoltando a destra ed incamminandosi all’interno del traffico. Le parole di Christine lo avevano aiutato a comprendere, capire e soprattutto sbrogliare la matassa informe di pensieri. Era come se all’improvviso all’interno di quella fitta nebbia si fosse aperto uno spiraglio di luce in grado di fornire una risposta concreta ai suoi quesiti e dubbi. Iniziava a sentirsi stanco ed affaticato, ben consapevole che a quell’ora sarebbe già dovuto rientrare invece di restare al freddo, ma non gli importava. Si fermò soltanto quando arrivò a destinazione, salendo di corsa i gradini del portico e passandosi una mano tra i capelli scuri prima di suonare il campanello.

Attese soltanto pochi minuti prima che la porta laccata di rosso si spalancasse, rivelando la figura slanciata e magra di Sebastian che ora lo fissava sconcertato. Thad notò le pesanti occhiaie sotto gli occhi ed il viso stravolto, segno che quei giorni dovessero essere stati un inferno anche per lui. Si concesse un minuto per recuperare fiato e far smettere alla sua milza di tirare all’altezza del fianco; si sentiva in imbarazzo ed era abbastanza teso ma non aveva intenzione di mollare. E quando, finalmente dopo giorni, poté ritornare a specchiarsi in quel profondo mare verde smeraldo capì cosa realmente gli era sfuggito. Sebastian gli mancava. E lo faceva in un modo così doloroso e pressante da comprimergli il torace e non riuscire a respirare.

«Thad?» Esclamò con tono sorpreso il castano, mantenendo la porta aperta e scrutandolo con sguardo indecifrabile.

«Ho preso la mia decisione. Posso entrare?» Fu tutto quello che riuscì a mormorare, mentre l’altro annuiva scostandosi per permettergli di varcare la soglia di casa.

Il ringraziamento di Thad si perse nel vento pungente del tardo pomeriggio, quando il sole al tramonto tingeva di arancione l’orizzonte e la vita continuava a scorrere inesorabile per tutto il resto del mondo, mentre la porta rossa si chiudeva alle spalle di entrambi inghiottendo le loro figure fino a farle scomparire del tutto all’interno dell’abitazione.












A/N

Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, è colpa dei Thadastian prendetevela con loro per questo finale aperto e pieno ancora di domande irrisolte. Posso però rassicurarvi sul fatto che ci sarà l’epilogo, l’ultimissimo capitolo in assoluto di questa mini long, quindi non è finita qui. Alcune cose come avrete notato sono andate magicamente al loro posto: la verità detta a Thad, alcuni particolari sull’incidente e soprattutto l’ammissione dei sentimenti reali e tangibili che entrambi provano l’uno verso l’altro. Mi sono divertita un mondo a scrivere la parte in cui interviene l’anziana coppia sposata perché credo che non ci sia nessuno meglio di loro per poter consigliare Thad. L’esperienza e la saggezza dell’età avanzata sono sempre la miglior soluzione, anche se inizialmente avevo pensato a Jeff per questo ruolo. Come sempre se avete dubbi, domande, critiche, commenti, o volete lasciarmi la vostra opinione io sono sempre qui pronta a rispondervi. Ringrazio di cuore chi legge, commenta e le 14 anime pie che hanno inserito la storia tra seguiti/preferiti/ricordati.. Buona lettura!

P.s. I ringraziamenti come si deve ve li farò insieme all’epilogo quindi l’appuntamento con il finale è mercoledì prossimo e se volete, frattanto, potete spulciare la nuova Os Thadastian a rating rosso che ho pubblicato pochi giorni fa.

xoxo

Sara

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Superheroes



Epilogo




Questo lo dedico a te twin,
perché entrambe programmiamo
da secoli un lieto fine Thadastian e
perché i nostri pargoli se lo meritano (:









Il profumo del caffè appena pronto gli solleticò le narici, costringendolo ad aprire prima un occhio e poi l’altro nel tentativo di evitare i raggi del sole che filtravano nonostante le persiane chiuse. La sua mano destra corse lungo le pieghe del lenzuolo di cotone e delle coperte autunnali, trovando il posto accanto a sé vuoto ma ancora tiepido, segno di come l’altro occupante avesse abbandonato quel giaciglio da poco tempo. L’altra mano invece si spostò automaticamente sulla bocca, mascherando un sonoro sbadiglio, e poi sugli occhi strofinandoli per togliere via la patina tipica del dormiveglia.

Una volta che fu sicuro di aver riacquistato uno sprazzo di lucidità, controllò la sveglia digitale posta sul comodino e notò di come fosse ancora mattino presto. La sua fronte si aggrottò in automatico e la sua faccia assunse un’espressione scettica, del resto era sabato mattina e né lui né l’altro dovevano andare a lavoro. Con decisione si puntellò sui gomiti mettendosi a sedere sul materasso e, proprio quando stava per alzarsi, la porta venne spalancata con cautela rivelando la schiena slanciata, e fasciata da una maglia a mezze maniche grigio chiaro, di un uomo. Thad sorrise a quella vista sostanzialmente impacciata e buffa di un Sebastian Smythe intento a reggere tra le mani un enorme vassoio, con due tazzine di caffè e due croissant posti sopra, mentre con tutta l’attenzione possibile tentava di non fare troppo casino.

Quando poi il castano si trovò davanti al dilemma amletico di dover chiudere la porta senza l’uso delle mani, non poté evitare di lasciarsi scappare una risatina divertita che arrivò nitidamente alle orecchie del più alto. Sebastian si voltò ad osservarlo lanciandogli una finta occhiata offesa e con poca grazia chiuse l’uscio aiutandosi con i talloni, posando poi il vassoio della colazione sul comodino più vicino e buttandosi a peso morto tra le coperte. Thad ci mise relativamente poco a rifugiarsi tra quelle braccia, volutamente spalancate in un chiaro invito, ed altrettanto ci mise per sporgersi a baciare quella labbra sottili ma invitanti. Entrambi sorrisero in quel bacio troppo casto per i loro soliti standard e quando si staccarono Sebastian continuò a stringerlo contro il suo petto.

«Non so se essere emozionato o guardingo, tu che mi porti la colazione a letto nel tentativo di farmi una sorpresa non è cosa da tutti i giorni. Cosa devi farti perdonare, Bas?» Mormorò Thad con tono divertito, beccandosi un pizzicotto al fianco da parte dell’altro.

«Devo per forza aver fatto qualcosa di male? Sai, alle volte anche io ho delle idee carine per quanto quello coccoloso, come un cucciolo di panda, tra i due sia senz’altro tu.» Rispose Sebastian punzecchiandolo di proposito ed iniziando ad accarezzargli la schiena per tutta la sua lunghezza.

Thad mugolò appena per quelle attenzioni gradite e sostanzialmente dolci, stringendosi di più al fianco dell’altro quasi come a fondere insieme le loro pelli a contatto. Adorava letteralmente quei momenti, quelli in cui entrambi avevano tempo illimitato da poter spendere insieme senza la fretta costante di dover andare al lavoro in laboratorio o senza che Sebastian dovesse scappare via per salvare la vita di qualcuno. Erano passati circa due anni da quel famoso giorno in cui lui aveva preso la sua decisione e mai in quel lasso di tempo si era pentito. Il tempo speso con Sebastian, le loro risate mischiate, i loro cuori che battevano all’unisono, il condividere ogni singolo istante insieme, le loro personali tradizioni gli facevano credere fermamente che ne valesse la pena.

E poco gli importava se da quel giorno di due anni fa insieme all’altro aveva preso il pacchetto completo con la sua identità segreta; col tempo aveva imparato a sopportare anche quell’aspetto delle loro vite e a renderlo parte di loro due come coppia a tutti gli effetti. Non poteva certamente negare che ogni qualvolta il castano metteva a rischio la propria persona, il suo stomaco si attorcigliava in preda alla tensione e alla paura di non vederlo ritornare tutto intero. E molte volte si era ritrovato a dover disinfettare i tagli e le escoriazioni presenti sul quel corpo niveo, nonostante sapesse che nel giro di poche ore si sarebbero completamente rimarginati da soli a causa della velocità di riproduzione delle cellule. Ma anche in quei casi, pressoché frequenti, il suo cuore non smetteva per un solo istante di battere per Sebastian. Si, constatò, aveva decisamente fatto la scelta giusta lottando per il loro amore.

«Hey pulce, a cosa pensi?» Esclamò il castano posando i polpastrelli sulle increspature della sua fronte nel tentativo di distrarlo da quei pensieri distanti che assorbivano tutta la sua attenzione.

Sebastian adorava quando Thad era così concentrato o assorto e si incantava ogni volta di fronte a quell’espressione che lui trovava decisamente sexy. In quei momenti gli occhi nocciola di Harwood diventavano più profondi e le labbra carnose venivano puntualmente martoriate dai denti superiori, tanto da costringere il più alto a controllarsi per evitare di saltargli addosso e baciarlo fino a che ad entrambi non mancava il respiro. Col tempo aveva inoltre imparato a comprendere, e soprattutto capire, quando l’altro aveva bisogno di ritagliarsi un po’ di tempo per se stesso. Era come se Thad avesse bisogno di immergersi in quel mondo tutto suo nel quale nessuno riusciva a penetrare, perlomeno nessuno tranne Sebastian.

«Stavo pensando a due anni fa, a quando ho deciso di prendere il pacchetto completo perché avevo capito di non poter vivere senza di te e che amarti aveva decisamente più importanza di una tuta da supereroe.» Bisbigliò con decisione ed un tono amorevole, rilassandosi pian piano nel calore di quel corpo ormai familiare.

Se gli avessero chiesto di disegnarlo, lui era assolutamente certo che sarebbe stato in grado di riprodurlo alla perfezione. Avrebbe tracciato nettamente quelle ciglia chiare e lunghe accompagnate da due iridi di smeraldi, passando poi al naso, alle labbra e persino a quei piccoli nei presenti sulle spalle e sul collo. Thad conosceva ogni singolo frammento e porzione di pelle dell’altro, sapeva persino dov’erano situati alcuni piccoli tatuaggi ed una voglia che col passare del tempo stava scomparendo a rapidità sorprendente grazie ai poteri sovraumani. Ancora una volta si era perso tra i ricordi della loro vita insieme ed ancora una volta fu la voce leggermente roca e strascicata di Sebastian, unita al movimento dei polpastrelli sotto la sua maglia, a riportarlo al presente.

«Non ringrazierò mai abbastanza qualsiasi divinità esistente per averti riportato da me. Era un vero inferno il doverti stare lontano con la paura di vederti andar via per sempre. So che l’identità di The Flash è un peso troppo grande da sopportare e ti amo anche per il fatto che tu non ti lamenti mai, ma non voglio che questo diventi più importante di noi, Thad. Credo proprio che d’ora in poi quella tuta non mi servirà più, non se posso avere un’intera vita accanto a te.» Confessò il castano nel silenzio intimo della loro stanza.

Thad si sollevò appena puntellandosi su un gomito a quelle ultime parole, scrutandolo con un’espressione indecifrabile ed incerta a causa del significato criptico di quei vocaboli. Sebastian lo vide mordersi le labbra ed osservare un punto impreciso sul muro, nel tentativo di decifrare da solo quelle righe e ricavarci la dovuta conclusione, come faceva di solito quando lavorava a contatto con le lunghe trafile di catene ellittiche e non riusciva a proseguire. Tuttavia ben presto il moro si arrese, riportando le pozze castane nelle sue verde smeraldo e porgendogli delle mute domande che Smythe colse alla perfezione. Tra loro funzionava così ogni volta, spesso e volentieri non avevano bisogno di parole per comunicare e nella maggior parte dei casi bastava uno sguardo profondo o uno un po’ più malizioso per spingerli ad avvicinarsi o baciarsi. Jeff e Nick li definivano scherzosamente Thadastian perché non riuscivano a restare separati per più di mezz’ora senza iniziare a dare di matto. Era del tutto naturale per Thad cercare la presenza di Sebastian all’interno di una stanza ed allo stesso modo era del tutto naturale per Sebastian cercare un qualsiasi contatto con l’altro, anche solo lo sfiorarsi delle dita tra di loro.

«Che intendi dire?» Esclamò, infine, Harwood dando voce a quei quesiti che gli ronzavano in testa e che per quanto ci provasse restavano senza risposta.

«Intendo dire che adesso è giunto il momento che sia io a prendere una decisione fondamentale per il benessere del nostro futuro ed ho scelto noi. The Flash smetterà di esistere dal momento in cui il mio eccitante e sexy fidanzato diventerà il signor Smythe-Harwood, promettendo di restare insieme a me finché morte non ci separi.» Spiegò Sebastian concedendosi un sorriso tenero privo di smorfie e sospingendo la testa di Thad in direzione delle sue labbra per unirle in altro tenero bacio.

Smythe ricordava perfettamente il momento esatto in cui aveva chiesto all’altro di sposarlo e rimembrava anche di come la proposta fosse stata alquanto singolare ed improvvisa, proprio come del resto lo era stata la loro storia fin dal principio e dal loro primo incontro. Era il giorno in cui finalmente avevano avuto i risultati sulle cure fatte grazie al siero ed Harrison li aveva informati, con un ampio sorriso, che il corpo di Sebastian reagiva positivamente a quella medicina, riassorbendo un po’ per volta tutti gli effetti collaterali dei superpoteri. In quel frangente era stato del tutto naturale, durante l’euforia, stringere le mani calde di Thad tra le sue e dirgli semplicemente “sposami” mentre ancora i loro occhi erano incatenati.

«O Harwood-Smythe.» Precisò in modo puntiglioso il moro tra un bacio e l’altro, portandosi poi sopra Sebastian fino a sovrastarlo col proprio peso.

«In qualunque modo non cambia il fatto che sarai mio per sempre ed in questo momento non hai idea di quanto tu sia maledettamente eccitante.» Si lasciò sfuggire il più alto, ribaltando le posizioni ed iniziando a baciare con insistenza la pelle olivastra di quel collo lasciato scoperto dal pigiama.

E mentre i vestiti scivolavano uno dietro l’altro sul pavimento ai piedi del letto, scoprendo quanta più pelle possibile, Thad si ritrovò ancora una volta a pensare che se era quello il suo imminente futuro non l’avrebbe cambiato per nulla al mondo. Un futuro pieno di amore incondizionato, passione, sorrisi complici, tante risate e soprattutto la presenza costante della persona che amava più di se stesso.












A/N

Posso finalmente mettere un punto fermo a questa mini long che è nata così quasi per caso e che col passare dei giorni è diventata parte di me e spero anche di voi. Questo epilogo, per quanto corto possa essere, era necessario e lo era soprattutto perché i Thadastian meritano di essere felici e di esserlo insieme fino all’eternità. Sentivo quasi la necessità pressante di scrivere un lieto fine anche per loro ed alla fine ho dato ascolto al mio istinto. Non ho parole adatte per ringraziare singolarmente ognuno di voi che mi avete seguito ad ogni passo pronti a gioire, disperarvi o essere tristi insieme a me in questo strambo percorso. Sembrerà banale dire semplicemente “grazie” ma è quello che il cuore mi consiglia di dire per cui ringrazio tutti i lettori, anche quelli silenziosi, che hanno continuato a supportare questa follia. Ringrazio tutti coloro che hanno commentato e lasciato recensioni perché, davvero, ragazzi vi adoro e mi sono divertita un sacco a scambiare opinioni con voi o sclerare in diretta. Infine ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra i seguiti/preferiti/ricordati perché anche se questo era un salto nel vuoto, voi avete continuato a saltare insieme a me. Per ultimo, ma non perché sia meno importante, un grazie speciale va a te twin perché ogni volta che ti propongo nuove idee non esiti mai ad appoggiarmi anche se queste sono folli o arrivano ad orari assurdi. GRAZIE semplicemente di cuore. Ci si ribecca tra le mie innumerevoli storie senza senso e tra i commenti se vi va di lasciare una piccola recensione (:

xoxo

Sara

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