Va tutto bene se ti ho vicino

di Ino_Nara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova vita,nuova scuola! ***
Capitolo 2: *** Un appuntamento! O forse no... ***
Capitolo 3: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 4: *** La verità in un momento ***
Capitolo 5: *** Le mie cose non si toccano! ***
Capitolo 6: *** ~SPECIALE HALLOWEEN~ ***
Capitolo 7: *** Non lasciarmi più ***
Capitolo 8: *** Natale con sorpresa ***
Capitolo 9: *** Gelosia ***
Capitolo 10: *** Risveglio ***
Capitolo 11: *** Rewind ***
Capitolo 12: *** Cambiamenti ***
Capitolo 13: *** Baita in montagna ***
Capitolo 14: *** Prime volte ***
Capitolo 15: *** Aspettative ***
Capitolo 16: *** Reset, play! ***
Capitolo 17: *** Kid? ***
Capitolo 18: *** A joke? ***
Capitolo 19: *** C'era una volta... ***
Capitolo 20: *** Un futuro incerto ***
Capitolo 21: *** Ancora un po' di tempo ***
Capitolo 22: *** Noi ***



Capitolo 1
*** Nuova vita,nuova scuola! ***


< Dove corri ragazzina? >
< Lasciami stare >  urlò la ragazza cercando di dimenarsi dalla presa di quell’uomo.
La ragazzina corse via veloce,non dopo aver tirato uno schiaffo a quell’uomo minaccioso. Corse via, lungo la strada illuminata dai lampioni,a testa bassa e con le lacrime agli occhi finché non sbatté contro una figura alta e slanciata.
< Grazie al cielo sei tu …... > disse la ragazza lasciandosi mancare tra le sue braccia.

Mi svegliai in un letto che non era il mio, e non avevo idea di dove fossi. Mi guardai intorno, e sul capezzale del mio letto dormiva, alquanto beata,mia zia. Decisi di lasciarla dormire e mi toccai il collo; non vi trovai quello che speravo… probabilmente avevo perso la mia collana in quello strano parco, o forse no, chissà, più cercavo di ricordare più il mio mal di testa aumentava.
La zia si svegliò d soprassalto facendomi perdere un battito.
< Oh cara, finalmente ti sei svegliata!- disse con la sua vocina squillante –grazie al cielo stai bene >
< Su zia non strillare, non vedo dove stia tutta questa preoccupazione, in fondo avevo solo un po’ di mal di testa no? >
La zia sembrava scossa ma annuì con la testa.
< Si può sapere zia perché sono qui e non nel mio appartamento? >
< Semplice cara mia, questo è il tuo nuovo appartamento, e questa volta è definitivo! Nuova scuola e nuovi amici! >
< Si zia, certo, come se avessi amici! > dissi un po’ rassegnata.
Era già le terza volta in due mesi che cambiavo città, e così dovevo sempre ricominciare tutto. E pensare che stavo per ambientarmi, e conoscevo pure qualcuno. Di loro però non ricordavo nulla, se non di una figura alta slanciata e muscolosa.
< Zia anche la volta scorsa era una cosa definitiva, sta volta lo sarà per davvero? > mi sembrava giusto volere delle risposte, in fondo una ragazza di quasi 17 anni meritava di avere degli amici, o quantomeno dei conoscenti.
< Si cara, questa è una promessa! Ora ti lascio, le tue cose sono all’ingresso. Domani vengo a prenderti alle 7.45, ti porto io a scuola. >
< Ciao zia… >
Sentì sbattere la porta e mi alzai dal letto. Andai in cucina e cercai qualcosa da mangiare.
Dopo la lunga battaglia KensiVScucina, dalla quale uscii vincitrice con un bicchiere di latte, trovai un biglietto della zia che diceva:

Ebbene si, ti ho eliminato un po’ di vestiti.
Esci di casa, e alla prima svolta a destra; alla fine della strada
ti troverai di fronte ad un adorabile negozio.

Mannaggia, lo aveva fatto ancora! Presi le mie valigie e buttai tutti i vestiti nella lavatrice. Sistemai tutto il resto delle mie cose, presi al volo il portafoglio e uscii di casa.
Seguendo le indicazioni della zia mi ritrovai di fronte all’ adorabile negozio di cui mi aveva scritto. Presi coraggio ed entrai.
Venni subito travolta da un rumore di stoffa strofinata e da un’armonia di colori che si presentava davanti ai miei occhi. Subito una ragazzina che avrà avuto all’incirca la mia età mi si parò davanti
< Buon pomeriggio e benvenuta, posso aiutarla in qualche modo?- disse quasi squittendo – uhm, penso che lei signorina abbia bisogno di un ritocchino al look> mi tirò per un braccio.
Senza che io potessi dire nulla mi ritrovai dentro un camerino e la ragazza dall’altra parte della tenda mi porgeva enormi quantità di abiti. Fossi stata da sola non avrei mai provato nulla di tutto ciò, fatto sta che la persuasività di quella ragazza, che aveva detto di voler essere chiamata Rosa, mi convinse non solo a provare quella massa di vestiti, ma pure a comprarne gran parte.
Quando uscii dal negozio stava ormai tramontando il sole, diedi un occhiata al display del cellulare che segnava le 17.57, e mi diressi verso casa.
Entrai nel mio nuovo appartamento, appesi tutti i miei acquisti in camera e decisi di farmi una doccia.
Ero sotto l’acqua bollente quando sentii uno strano rumore, che sembrava quasi una melodia. Spensi il getto dell’acqua, mi avvolsi in un asciugamano e con i capelli ancora fradici mi recai sul balcone, dove potevo ormai distinguere le note di quella strana melodia. Sembrava rock, e mi sembrava anche di riconoscere quella melodia, che proveniva dall’appartamento di fronte.
Faceva davvero freddo, e ormai era davvero buio, ma decisi di rientrare in casa solo quando l’ultima nota cessò.
Mangiai qualcosa e andai a dormire.

L’alta figura aveva preso in braccio la ragazzina svenuta, e la portò a una che poteva essere casa sua. La distese sul letto, fece una telefonata e si abbandonò su una sedia di fianco  al letto.
Qualcuno bussò alla porta, e l’ombra, prima di andarsene per sempre le diede un bacio sulla fronte e le tolse qualcosa che portava al collo.

Mi svegliai di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore; buttai un occhio sulla sveglia: 6.43, tanto valeva iniziare a prepararsi.
Corsi di sotto a fare la colazione, andai a lavarmi la faccia e mi recai in camera per cercare qualcosa da mettere. Notai con un certo terrore che i miei panni erano rimasti nella lavatrice e con grande rammarico cercai tra tutti quei nuovi vestiti che non coprivano un accidente.
Tra tutti quei mini abiti trovai qualcosa che sembrasse una camicia abbastanza normale; inutile dire che di normale non aveva nulla. Era un camicia bianca, e fin li andava tutto a gonfie vele, se non fosse stato che cucita ad essa vi era un corpettino nero di pelle.
Cercai qualcosa da poterci abbinare e l’unica cosa che trovai furono dei pantaloncini di pelle nera, dannatamente stetti e corti. Ricordai ciò che Rosa aveva detto di quel completo
< Ma guardati! Ti sta alla grande! E poi risalta tutte le tue bellissime curve! >
Certo, il completo era davvero carino, ma sarebbe stato di sicuro meglio a qualcun’altra. Rassegnata andai in bagno a mettere un filo di trucco, e poi cercai nell’armadietto delle scarpe che potessero stare bene con il mio nuovo coordinato. Avevo trovato degli alti stivali di finta pelle, anch’essi neri. Mi sbrigai ad indossarli e raggiunsi la porta, dove avevo sentito che la zia mi stava aspettando.
Quando uscii di casa mi sentivo gli occhi puntati addosso, ma non solo quelli della zia, vidi infatti che qualcuno usciva dalla porta dell’appartamento di fonte. Era un ragazzo, avrà avuto pressappoco la maggiore età, alto e ben piazzato, aveva i capelli rossi lunghi fino alle spalle, portava una giacca e dei pantaloni di pelle.
Il ragazzo ne complesso era dannatamente sexy, ma la sola vista di quel materiale ormai mi dava sui nervi, decisi quindi di distogliere lo sguardo e di salire in macchina.
La zia mi portò davanti al liceo, fermò il motore, e senza una parola scappai via dalla macchina; infatti sapevo che se le avessi dato tempo per pensare mi avrebbe accompagnato fin davanti alla classe.
Entrai in quello strano edificio e cominciai a cercare la segreteria. Quando la trovai bussai leggermente alla porta, e quando questa si aprì mi ritrovai di fronte ad un ragazzo, dai capelli biondi e gli occhi color del grano. Era ben vestito, proprio come si addiceva ad un delegato.
Dopo aver svolto migliaia di pratiche e aver fatto un po’ di conoscenza (sempre se presentarsi significa aver fatto conoscenza) mi consegnò l’orario delle lezioni e il permesso per entrare alla seconda ora; la prima era quasi andata.
Andai a fare un giro nel cortile e mi sedetti su una panchina. Iniziai a pensare ad un’ adeguata presentazione da fare in classe, e mi misi a fare prove ad alta voce.
< Non è che potresti piantarla? È alquanto irritante sentirti ripetere ad alta voce tutto quello che ti passa per la testa sulla tua vita, ormai potrei dire di conoscerti da anni. >
Mi guardai intorno ma non vidi nessuno
< Chi ha parlato? > chiesi un po’ allarmata
< Sono sul muretto pivella. Sentimi a nessuno interessa la tua vita privata, tanto più che in qualsiasi classe finirai basterà esporti un po’ e sorridere, fidati, vestita cosi, non sarà di certo la tua presentazione ad attirare attenzione >
Stavo iniziando ad alterarmi leggermente, scattai in piedi, e il ragazzo steso sul muretto si raddrizzò. Stavo per dirgliene quattro quando suonò la campanella, e diversamente da quello che mi aspettavo, il ragazzo se ne andò sbuffando verso l’ingresso del liceo.
Presi le mie cose e lo imitai, ignara del fatto che lo avrei avuto in classe per tutto l’anno.
Quando entrai nella mia nuova classe, tutti mi sembravano abbastanza felice della perdita di dieci minuti, o forse più, di lezione a causa della mia presentazione.
Iniziai a parlare di me, senza guardare nessuno negli occhi, proprio come facevo un attimo prima nel cortile finché una voce dagli ultimi banchi urlò
< Bambola, come ti avevo detto, penso che tu posso smetterla di stare li a parlare di te, quello che tutti dovevano vedere è stato ammirato abbastanza >
A parlare era stato il ragazzo che avevo incontrato in giardino, che accidentalmente era lo stesso che avevo definito ‘dannatamente sexy’ pochi secondi prima di salire in macchina.
Il professore lo guardò con aria truce e lo interpellò
< Dato che è così simpatico nei confronti della sua nuova compagna di classe, che ne direbbe signorino Castiel di togliere i piedi dalla sedia del banco vicino e di fare accomodare la signorina? >
Il professore mi diede una leggere spinta e io fui davvero costretta a sedermi vicino a lui.
La lezione cominciò e io colsi il momento per chiedergli
< Ci tenevi così tanto a rovinarmi la presentazione? >
< Bambola con tutti gli sguardi che avevi puntati addosso ti si stava per corrodere la camicetta >
< Ah, e cosi sarebbe questo il problema? Non penso, dato che nemmeno tu disdegnavi quel panorama. Non ti avrebbe che giovato l’improvvisa lacerazione della mia camicia > dissi, cercando di essere maliziosa. Era infatti il tipo da una botta e via, quello che ne ha una per giorno della settimana. Come biasimarle quelle gallinelle, lui era davvero… beh, diciamo che lasciava senza fiato.
< Certo che mi avrebbe infastidito- si avvicinò al mio orecchio e sussurrò più piano di quanto già non stessimo facendo – gli altri non devono godere di certe visioni bambola >
Stavo per ribattere, ma lui scattò in piedi e senza il permesso dell’insegnante uscì dalla porta.
La mia faccia doveva essere a dir poco allibita, perche il prof tenne a precisare che gli alunni non avevano  questo tipo di comportamento, ma lui era l’eccezione alla regola.
A ricreazione non uscii dalla classe,ero ancora un po’ scossa.
Finalmente anche l’ultima campanella suonò e, racimolate le mie cose,mi incamminai verso l’uscita. Una mano afferrò il mio polso e mi sentii trascinare via. Stavo per urlare, quando un dito si posò sulle mie labbra e riconobbi la figura del mio dannatamente sexy, quanto irrecuperabilmente stupido, compagno di banco.
< Bambola ti porto a casa io, tanto abitiamo nella stessa via >
Non ebbi tempo di ribattere che Castiel mi prese in braccio e mi fece sedere su una moto. Mi porse un casco e si sedette davanti a me.
< Bambola tieniti al mio petto, non vorrei rischiare di farti sfracellare sull’asfalto! >
Incrociai le mie mani sul suo petto e lui partì a tutta velocità. Da quella posizione potevo distinguere perfettamente il suo profumo, e potevo sentire con le mie dita i suoi pettorali scolpiti.
In un batter d’occhio la moto era ferma, davanti al cortile del suo appartamento. Io non me ne ero accorta, ero troppo assorta nei miei pensieri, finché non lo sentii alzarsi. Solo allora capii che eravamo arrivati, e cercai in qualche modo di scendere da quella moto. La mia operazione non stava andando a buon fine, ma presto sentii le sue braccia stringermi e farmi scendere da quel mezzo di trasporto alto quanto un edificio.
< Grazie- biascicai – ora va… >
< Oramai mi tocca ad accompagnarti fin davanti alla porta, sembrava che tu stessi aspettando un invito scritto per scendere >
Fu di parola. Mi portò davvero fino all’ingresso di casa in braccio.
Quando mi mise con i piedi a terra gli chiesi se volesse entrare a bere qualcosa, dissi che era il minimo che potessi fare. Lui accettò di buon grado, e una volta in cucina gli lanciai una bottiglia di birra.
< Trasgressiva la bambolina > disse con un ghigno
< Senti scusa se prima non sono scesa subito dalla moto > abbassai lo sguardo
< Lascia stare con le scusa, più che altro, sembravi assorta, sono andato troppo veloce per caso? >
Era strano, da quando ‘bambola’ era diventato ‘bambolina’? E perché si stava preoccupando? Lui non mi sembra assolutamente il tipo.
< No, tranquillo, stavo solo pensando, quella moto mi sembrava famigliare… >
< Ne girano tante così in giro > disse visibilmente scocciato
< Si, scusa, è solo che tempo fa mi frequentavo con un ragazzo di un’ altra città, e quando veniva  a trovarmi era sempre con una moto come la tua > tirai fuori la verità tutta in un colpo
< La bambolina faceva conquiste eheh ecco perche non eri a disagio a mostrarti vestita così davanti a dei liceali con gli ormoni a palla >
< L’unico liceale con gli ormoni a palla li eri tu signorino, e poi ho detto che lo frequentavo, non è mai successo nulla di tutto ciò! Non ricordo nulla di lui, nemmeno il suo nome… >
Castiel scattò in piedi e mi si piazzò davanti
< Se sono l’unico qui con gli ormoni alle stelle perché mi hai fatto salire in casa tua? Non hai paura di me? >
< Io non ho paura di te Castiel, non mi faresti del male >
Fu allora che mi mise a spalle contro il muro e mi bloccò contro la parete. Non strillai, ne dissi nulla, ma senza accorgermene presi a tremare e i miei occhi erano gonfi di lacrime. Non penso che Castiel se ne accorse, ma subito, senza un valido motivo mi abbracciò e mi strinse forte.
Forse era solo un’illusione, ma mi parve di sentirlo alludere qualcosa riguardo al mio profumo che gli era tanto mancato.
Non ci capivo più nulla, ma in fondo andava tutto bene, sentirlo vicino a me mi metteva sicurezza e la paura che poco prima mi aveva assalita stava via via svanendo.
Castiel allentò la presa e mi schioccò un bacio in fronte, poi si diresse verso la porta e senza dire nulla uscì.
Andai a sedermi sul tavolo della sala e ripensai a quanto era appena successo. Quello che non capivo era perché avevo iniziato a piangere.
Siccome avevo un certo languorino, andai verso il frigo, ma prima di aprirlo notai un post-it che prima non c’era. Lo staccai e lessi ad alta voce

Sta sera ti porto a mangiare in un posto carino.
No, non è un invito a cena, non farti paranoie.
Fatti trovare pronta alle 19.45
Vestiti da bambolina in versione estiva.
                                                Castiel


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Capitolo 2
*** Un appuntamento! O forse no... ***


Che cazzo, pronta alle 19.45?! Ma stiamo scherzando?! Vabbè, il sabato non c’erano le lezioni (già, che cosa stupida fare il primo giorno un venerdì) e potevo fare tardi, ma non potevo farmi certo aspettare al mio primo appuntamento. Un attimo, aveva chiaramente scritto che non era un appuntamento e che non dovevo farmi paranoie, e allora porca miseria stai calma Kensi,vai a farti la doccia e non rompere!
La doccia non mi andava, riempii la vasca e mi ci buttai, letteralmente, dentro. Mi lavai i capelli e quasi svuotai il barattolo di crema idratante. Uscii dal bagno ancora sgocciolante e cercai nell’armadio qualcosa da mettere. Aveva detto ‘bambolina in versione estiva’ ma che cosa significava? Cercai una gonnellina cortina ma scartai subito l’idea vedendo che l’unica che avevo era di pelle.
< A me piaceva invece bambolina, mettiti quella dai >
Strillai < Ma porca puttana Castiel che ci fai in casa mia? > mi stava fissando con faccino innocente
< Il tuo appartamento ha la chiave uguale alla mia, ma in ogni caso, non avevi chiuso la porta >
Iniziai a uccidermi mentalmente, quando mi accorsi che Castiel stava frugando nel mio armadio. Lo guardai con aria interrogativa, lui si girò e mi tirò addosso un vestito che non sapevo nemmeno di avere.
< E questo… > mi mise un dito sulla bocca
< Stai zitta e vestiti, io ti aspetto sul divano >
Se ne andò dalla stanza chiudendo la porta. Mi misi quel coso, che di vestito aveva ben poco, e una volta indossato mi guardai a lungo allo specchio; quel vestito non mi ricordava veramente nulla, ma ero assolutamente certa di averlo indossato già in diverse occasioni. Era completamente bianco, con una sola spallina, con uno strappo centrale che partiva dall’ombelico per raggiungere la spina dorsale, e poco più in giù, il vestito si fermava, praticamente sotto l’inguine.
Mi stavo ancora guardando allo specchio, quando , persa nei meandri della mia mente mi accorsi che Castiel mi stava cingendo la vita da dietro. Era davvero bellissimo, e la sua mano fredda, a contatto con il mio fianco scoperto mi fece venire i brividi.
< Ho sempre pensato che quel vestito ti stesse bene, ma mai come ti vedo adesso >
La sua voce era profonda e rassicurante
< Castiel ma che cosa stai dicendo? >
< Kensi, bambolina, mettiti le scarpe che usciamo >
Mi prese una mano, e mi portò davanti alla scarpiera, da dove prelevai dei cazzutissimi tacchi bianchi, alti come una stecca da salto in alto e sottili come un ago. Mi sarei uccisa di sicuro, ma ero sicura che qualsiasi cosa mi sarebbe successa, Castiel mi avrebbe sempre protetta, da dove nasceva questo presupposto non ne avevo idea, ma ne ero assolutamente certa.
Sempre mano nella mano uscimmo di casa, Castiel chiuse la porta e arrivati in fondo alle scale mi prese in braccio, appena prima che potessi iniziare a protestare mi ritrovai in sella alla sua moto rossa fiammante. Mi porse il casco e prontissima mi attaccai al suo petto, decisa a palparne ogni dannato centimetro.
Arrivammo in riva al mare, scendemmo da quella moto, che mi ero sempre di più certa che mi fosse famigliare e mano nella mano Castiel mi portò in un locale, con i tavoli fino in riva al mare. Rimasi a bocca aperta.
< Ehi bimba, vogliamo entrare? >
Feci segno di si con la testa, e  mi lasciai trasportare dentro al locale pensando a quante mutazioni aveva avuto il mio nome in un solo giorno. Bambola, bambolina, bimba, come mai tutta questa confidenza nei confronti di un’estranea? Perché sebbene ci fossimo conosciuti quello stesso giorno ero a cena con lui? Semplice, me lo aveva chiesto. Ma perche?! Diavolo mi stava scoppiando la testa quando la sua calda e suadente voce interruppe i miei pensieri.
< Bimba non pensare troppo, ti va in pappa il cervello. Se ti stai chiedendo perché ti ho invitata qui, tranquilla, non voglio mica stuprarti! >
A quella parola, stupro, mi cadde il coltello di mano, che logicamente cadde sulla mia gamba dalla parte appuntita. Inutile dire che mi ero tagliata, ma fu la mia faccia a far preoccupare Castiel. Scattò in piedi e fece ribaltare la sedia, venne subito a vedere come stavo, e mi diede un bacio in fronte, finchè, posandomi una mano sulla coscia si accorse che stavo sanguinando. Non disse nulla, mi prese per mano e mi trascinò in riva al mare dove mi mise sul taglio un po’ di acqua di mare.
< Castiel brucia > sussurrai
< Sopporta bimba, l’acqua di mare disinfetta > mi riprese la mano e tornammo a sedere.
Le nostre pizze erano già sul tavolo,mangiammo in silenzio, pagammo il conto e mano nella mano decidemmo di passeggiare in riva al mare.
< Kensi, ma perché reagisci così? Hai per caso paura di me? > chiese con il tono di voce di chi non sta troppo bene
< Assolutamente no, anzi, non so bene perché, ma so che non ho nulla da temere da te. Il fatto, beh, veramente non lo so nemmeno io, è come se avessi paura, come se ricordassi qualcosa, ma non ricordo nulla fino a ieri pomeriggio, quando mi sono svegliata in un letto che non era il mio, con la zia sul mio capezzale che biascicava frasi senza un’ apparente senso, a meno che… >
Camminando eravamo tornati verso la moto. Montammo in sella e tornammo a casa.
Castiel mi accompagnò fin davanti alla porta di casa,dove mi prese tra le braccia e mi strinse forte a se.
< Ti voglio bene Kensi > disse schioccandomi un bacio sulla fronte.
Detto questo se ne andò.
Mi toccai la fronte, dove mi aveva appena baciata e entrando in casa mi accorsi di avere ancora il suo profumo addosso. Andai in camera e mi spogliai. Aspetta, io non aveva nessuna collana partita da casa. Mi slego il ciondolo e lo guardo meglio. Ehi, un attimo, quel ciondolo deve essere…certo! Questo è il ciondolo che ieri pomeriggio cercavo sul mio collo. Chissà che fine aveva fatto e chissà come mai adesso lo avevo ancora addosso. Kensi forza, fai lavorare il cervello dai, forza!
CASTIEL! Deve essere stato per forza lui! Ma un attimo, ci eravamo conosciuti quando io avevo già perso la collana...
La testa iniziò a scottarmi, mi accasciai a terra e mi presi la testa tra le mani.

< Schifoso maniaco, lasciami stare! > la ragazzina assestò un calcio ben piazzato a quell’uomo che la stava maltrattando.
Inizia a correre, più forte che potevo, un attimo, quella ragazzina ero io?
Scappai, scappai da quell’uomo che mi stava facendo del male, corsi via, sulla strada principale, illuminata dai lampioni, correvo ma non c’era più nessuno in giro a quell’ora. Il ragazzo che dovevo vedere non era venuto e mi ero trovata a vagare senza meta per la città finchè ad un tratto mi imbattei in quell’uomo che cerco di…violentarmi…


Stavo nuovamente piangendo, perche stavo ricordando certe cose? Se davvero mi sono successe non voglio ricordarle grazie! Un attimo, quando sono scappata da quel malvivente il mio ciondolo era ancora al suo posto. Devo cercare di ricordarmi di più.
Mi venne un brivido, la finestra era aperta. Sentii suonare e guardai verso l’appartamento di Castiel, lo vidi con la chitarra in mano intento a fissarmi
< Bimba chiudi la finestra e vai a letto, è tardi, buonanotte >
Io chiusi la finestra e anche lui rientrò in casa.
Mi misi sotto le coperte, e solo dopo un’oretta buona riuscii ad addormentarmi.
Non fu certo un sonno dei migliori, nuotavo ormai in un bagno di sudore e i pensieri che ronzavano nella mia testa davano vita a orrendi incubi, tanto paurosi forse, perché in fondo erano frutto di quello che mi era successo…



Angolino autrice:
Chiedo veemenza per aver aggiornato così in ritardo ma sono presa dalla preparazione degli esami!
Il capitolo poi mi è venuto corto rispetto all'altro, anche se ne sono soddisfatta.
Spero di avervi incuriosito un po', e mi farebbe piancere sentire le vostre ipotesi riguardo ai 'ricordi dimenticati' di Kensi.
Magari qualcuna delle vostre recensioni potrebbe anche aiutarmi con la storia!
Grazie a tutti quelli che sono arrivati fino in fondo, e grazie soprattutto a chi ha recensito lo scorso capitolo :)
Baci
Ino_Nara

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Capitolo 3
*** Un nuovo inizio ***


< Cazzo Kensi corri più veloce > era questo il mio unico pensiero.
Non poteva avermi dato buco cosi, doveva pur essere da qualche parte e io dovevo assolutamente trovarlo.
Fu così che andai a sbattere contro qualcuno, per fortuna il qualcuno che cercavo. Appena lo vidi provai un senso di leggerezza incredibile, e, inutile a dirsi, svenni.

Il peggior risveglio del mondo, porca miseria Kensi, è domenica, puoi dormire e ti svegli alle 5.30 di mattina? Pfff, che tonta.
Sarebbe stato inutile cercare di riaddormentarmi, così andai a fare una doccia. Mi posizionai sotto il getto, ma prima che accendessi l’acqua sentii di nuovo il suono della chitarra. Uscii dalla doccia e mi infilai una camicia al volo e dei pantaloncini di jeans. Mi sistemai disordinatamente i capelli e, afferrando le chiavi, uscii di casa. Castiel mi aveva detto che i nostri appartamenti avevano la stessa chiave, quindi perché non andare a sentirlo suonare? Attraversai svelta la strada e entrai nel condominio. Una rampa di scale ed ero davanti alla sua porta. Misi la chiave, ma non entrava e rimasi perplessa. La porta si aprì ugualmente. Seguendo il suono della chitarra arrivai sul balcone, ma rimasi ferma in disparte a sentirlo suonare. Ero li da una decina di minuti quando la musica si interruppe bruscamente
< Hai sentito abbastanza o posso smettere bimba? Nel caso non volevo svegliarti >
< Tranquillo, non mi hai svegliato tu… suoni… suoni davvero bene Castiel >
Si alzò di scatto dalla sedia e mi venne vicino
< Non hai mangiato vero? >
< No, non ne ho avuto voglia >
< Aspettami qui allora >
Andò spedito verso l’ingresso e si mise a preparare il caffè. Mi aveva detto di stare li, ma non mi andava proprio, così andai vicino a lui e lo aiutai. Dannazione, doveva essere una scena abbastanza carina e dolce quando suonò il campanello.
< Kensi vai un attimo in camera mia e chiudi la porta, arrivo subito >
Me la presi un po’ ma decisi di obbedire.
Andai in camera di Cass e feci quello che probabilmente non avrei dovuto fare: aprii la custodia della chitarra facendo cadere tutti gli spartiti.
Cercai di riordinarli ma mentre li raccoglievo cadde una foto a terra. Mi abbassai per raccoglierla e lessi la descrizione sul retro “Il mese più bello di tutti, grazie” mi sembrava una scrittura davvero troppo famigliare, ma lui non poteva avere una scrittura cosi tanto simile alla mia. Girai la foto e svenni sul letto di Castiel.
Quando mi svegliai Castiel e Lysandro erano davanti a me e tutto nella stanza era al proprio posto.
< Grazie al cielo Kensi! Mi hai fatto preoccupare! > disse preoccupato il rosso
< Sto bene Cass, grazie > cercai di alzarmi.
< Beh, se posso mi intrometto - prese a dire Lys - ma Castiel, ho bisogno di te, vieni un attimo >
e trascinò il rosso fuori dalla stanza avendo la premura di chiudere bene la porta.
Quando Lysandro si metteva a fare il misterioso non lo sopportavo, così ebbi la buona idea di appoggiarmi alla porta per sentire cosa si dicevano.
< Castiel ma cosa ti salta in mente?! Cosa ci faceva lei nella tua stanza?! >
< Se tu non fossi venuto, non sarebbe successo nulla di tutto questo, stavamo preparando la colazione quando hai bussato! >
< Avete dormito insieme?!>
Il tono do voce di entrambi si stava man mano alzando
< Ma cosa ti salta in mente! È venuta perché mi ha sentito suonare, quindi ho pensato bene di passare un po' di tempo con lei! >
< Dopo quello cheble hai fatto?! L'hai abbandonata quando più aveva bisogno di te, e pensi ancora di poter sistemare le cose solo perché lei non ricorda nulla? >
< Lysandro ripeti una sola parola e io... Io non l'ho mai abbandonata! >
< Sai bene che è colpa tua se le sono successe quelle cose, se per l'ennesima volta ha dovuto soffrire per un trasloco e se anche quest' oggi è svenuta! >
< Lysandro ma tu che ne sai? Io le ho scritto che avrei fatto tardi, le ho detto che la sarei passata a prendere a casa, ma probabilmente era già uscita! L'ho cercata ovunque quella sera, e sai bene quello che sto facendo per lei ora! Pensi che tutto questo mi faccia stare meglio di come sta lei? >
< Scusami,  hai ragione Cass, ma dovresti dirglielo >
< Con che coraggio scusa? E poi che le dico, ti sei dovuta trasferire perché hanno abusato di te, e ciò è successo perché ho fatto tardi al nostro appuntamento?! Starebbe solo peggio, e poi è meglio che non si ricordi di uno come me >
Si, adesso ricordavo qualcosa, ma stava esagerando, io ero al sicuro solo tra le sue braccia, come poteva dire questo? Quella foto, era probabilmente il nostro primo mese insieme, e lui aveva uno sguardo così felice... 
Ero forse io la causa di tanta scontrosità?
Non resistivo più,  decisi di fare una pazzia. Spalancai la porta e corsi via, passando in mezzo a quei due ragazzi che forse sapevano anche troppo su di me.
Tornai in casa mia, e serrai la porta, Castiel non avrebbe dovuto trovarmi.
Niente da fare, pochi minuti e già ero abbracciata a lui, piangendo a dirotto.
< Perché non mi hai detto nulla Castiel? >
< Pensavo che se ti avessi raccontato tutto avresti sofferto ancora... >
< Sarebbe stato meglio sapere tutto subito,  piuttosto che passare quasi tutte le notti insonni perseguitata da tremendi incubi... Però almeno adesso so chi è la bella figura che arrivava sempre a fine incubo... >
< Kensi proprio questo non dovresti ricordare, non faccio proprio per te, non dovresti fidarti... >
< E allora perché la zia si fida di te?! Perché ti lasciato le chiavi del mio appartamento?  Mi hai mentito, i nostri appartamenti non hanno la stessa chiave Castiel... >
< Io...> gli poggiai un dito sulle labbra
< Castiel,  va tutto bene,  solo... non lasciarmi più così...>
< Non ci penso proprio Kensi >
Avevo smesso di piangere, ma non avevo il cuore in pace, in fondo chissà cosa mi era successo di preciso e non avevo ancora chiaro il mio rapporto con Castiel...
Con la scusa di andare a farmi una doccia riuscii a rimanere da sola e a chiamare la zia.
Le dissi che dovevo parlarle e che mi avrebbe fatto piacere vederla, quindi l'avevo invitata a pranzo da me.
Andai seriamente a farmi una doccia e cercai qualcosa di decente nell'armadio.
Dalla visita im quel negozio non avevo nemmeno più uma maglietta normale, quindi presi la prima cannottiera e un paio di pantaloncini a caso e andai da Castiel.
< Oh, Kensi, vuoi entrare? >
< Si, cioè, no, volevo chiederti sa per caso potevi prestarmi una maglietta, non ne trovo a casa...>
Lui fece cenno di si con la testa e si tolse la maglietta che aveva addosso porgendomela
< L'ho appena messa, ma tieni >
< Grazie Castiel... > sorrisi appena
Castiel mi prese per mano e mi tirò a sè per poi stamparmi un bacio in fronte
< Ci vediamo dopo piccola >
Tornai a casa e mi misi ai fornelli, quando arrivò la zia era tutto pronto
< Ciao cara di cosa vuoi parl...- si interruppe quando vide la mia maglietta -oh, quello...>
< Non voglio parlare di lui zia, o meglio, anche, ma voglio sapere tutto >
< Kensi io...>
< Si, volevi solo proteggermi, come ha cercato di fare Castiel in questi giorni, facendo finta di non conoscermi, facendo finta che non fosse mai successo nulla! >
Stavo iniziando ad arrabbiarmi seriamente
< Kensi nessuno sa quello che ti è successo veramente, sappiamo solo che avevi un appuntamento con Castiel, lui ti aveva scritto che avrebbe fatto tardi, ma tu non hai mai aperto quel messaggio, hai girovagato per la città, e sei finita nelle grifie di quel mostro, non si sa come sei riuscita a scappare e Castiel sentendo le tue grida ti è venuto incontro. Tu sei svenuta tra le sue braccia e lui ti ha portato a casa, mi ha chiamato e se n'è andato, portandosi via la tua collana come ricordo... Adesso vedo che la collana è al suo posto, e che porti la sua maglietta, il fatto che tu mi abbia chiesto di parlartene implica il fatto che tu abbia sentito qualcosa,non rivolta direttamente a te. Questo è tutto quello che sappiamo, ora ti trovi qui perché ho pensato che dalla stessa città Castiel avrebbe potuto proteggerti meglio... Vuoi sapere altro?>
< Zia...-  stavo piangendo involontariamente -cos'era lui per me? >
< Questo dovresti chiederlo direttamente a lui, penso proprio che sappia spiegartelo meglio di me.. >
Detto questo si alzò, andò verso la porta, dove chissà da quanto tempo era appoggiato Castiel e se ne andò lasciandomi con lui.

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Capitolo 4
*** La verità in un momento ***


< Bimba... >
Mi alzai quasi di scatto e gli andai incontro, senza guardarlo in faccia mi strinsi forte al suo petto e scoppiai a piangere come una fontanella.
Lui non disse nulla, mi passò una mano tra i capelli e continuò a stringermi, finché non mi staccai un po' per riprendere fiato.
< Castiel, com'era?  Cosa significava la foto tra gli spartiti? E quando il primo giorno che ci siamo incontrati hai detto che potevi dire di conoscermi da anni, puoi dirlo veramente?  >
< Kensi, vieni a sederti - disse portandomi sul divano - ti racconterò tutto dall' inizio...>
Sembrava agitato, e continuava a sbattere un piede a terra.
Lo guardai negli occhi, in quegli occhi grigi come la cenere e profondi come un pozzo senza fondo. I suoi occhi parlavano da soli e mi dissero tanto.
Non so con quale sicurezza lo feci, ma nei suoi occhi vedevo l'ombra di noi due felici; presi coraggio e gli stampai un lieve e fugace bacio sulle labbra.
Gli occhi sembravano più tranquilli ora, ma il "dannatamente sexy compagno di banco" non sembrava esserlo...
< Kensi è inizato tutto alle medie, quando eravamo ancora due bambini dispettosi... Abbiamo passato i tre anni delle medie a farci scherzi e dolcezze al tempo stesso, passavo dal tirarti i capelli al regalarti le margherite... Poi al liceo ci siamo ritrovati ancora una volta, sempre nella stessa classe. Gli interessi dei due erano cambiati, e cominciavamo a vederci come qualcosa di più che dei semplici amici. Iniziamo ad uscire insieme, e una sera, dopo vari bicchieri tu mi guardasti negli occhi e mi chiesi di baciarti. Sapevo bene che eri ubriaca, ma per me non c'erano mai state labbra più desiderate delle tue e ti baciai.
Mancò poco che finimmo a letto insieme.
Tu non mi parlasti mai di questo fatto e io continuai a essere lo stesso di sempre...
Poi, dopo l'incidente dei tuoi, tua zia ti portò ad abitare da lei...
Non ci vedemmo per tre anni, quando poi due mesi fa tua zia mi chiamò in preda al panico.
Avevi la febbre alta, e farneticavi cose senza senso, eppure, ripetevi incessantemente il mio nome...
Presi la moto e corsi a casa tua.
Quando arrivai, tu ti eri svegliata da poco e quando mi vidi ti si illuminarono gli occhi.
Mi porgesti la mano, io mi avvicinai e tu mi baciasti senza alcun preavviso, inutile dire che a stare troppo a lungo con te mi attaccasti la febbre.
Rimasi bloccato nel letto accanto al tuo per due giorni, fu in quel momento che tu dissi di amarmi.
Da quel momento mi promisi di starti sempre accanto e anche quando tornai a casa continuammo a sentirci e vederci almeno due volte a settimana.
Praticamente un mese fa, mentre camminavamo al parco mano nella mano tu ti fermasti all'improvviso.
Io mi girai e mi ritrovai a due centimetri dal tuo viso.
"Castiel tu non hai capito o fai finta di non farlo? Cosa non hai capito di un ti amo? Non è forse corrisposto? Castiel siamo praticamente finiti a letto!"
Ti ricordavi tutto, allora ti guardai in quei meravigliosi occhi che sono diventati ormai la mia ossessione e ti baciai come non avevo mai fatto con nessun'altra.
Beh, quel mese fu uno dei mesi più belli per entrambi...
Mercoledì scorso, quando furono esattamente passati 31 giorni da quella passeggiata ti portai fuori con me, tutto il giorno.
Alla sera ti riportai a casa per un la breve doccia, io ti scrissi che avrei fatto tardi e che ti sarei venuto a prendere a casa, ma quando arrivai tua zia mi disse che eri uscita da sola.
Abbandonai la moto sul marciapiede e inizai a correre per tutta la città cercandoti, finché le tue urla non mi chiarirono la strada.
Mi affrettai e quando ti trovai mi svenni in braccio..
Ti portai a casa, richiamai tua zia e presa la tua collana, me ne andai convinto di non vederti mai più..
Tua zia ti ha portato qui, e mi ha dato le chiavi del tuo appartamento per proteggerti, per aiutarti...
Non lo ha fatto perché tornassimo insieme, le ho detto della mia decisione, le ho detto che sarebbe stato meglio per te dimenticarmi ma lei mi rispose che saresti stata tu a dover decidere e non io per te... >
Non riuscivo ancora a crederci...
Ero stata con Castiel e quant'altro...
Stavo per ricominciare a piangere, quando decisi di fare ancora una pazzia, lo buttai steso sul divano, gli montai sopra e lo baciai ancora una volta.
Cass sembrava inizialmente un po' scosso, ma poi si lasciò trasportare in quel bacio a dir poco perfetto.
Poi mi staccai e cercai di soffocarmi nella sua maglietta impregnata di profumo.
< Kensi... >
< Castiel stai zitto... >
Castiel stette zitto,  continuò a coccolarmi finché non prese a suonare il telefonino.
Lo tirò fuori dalla tasta senza lasciarmi, e dopo aver sbuffato rispose.
Sentii dall'altra parte la voce di Lys che chiedeva insistentemente a Cass dove si fosse cacciato.
Stufa di sentirlo brontolare strappai il telefono di mano al rosso e urlai contro il touch screen che Castiel adesso aveva di meglio da fare, riattaccai e buttai il telefono sulla poltrona.
Castiel mi guardò e sulle sue labbra comparse un leggero ghigno.
< Che c'è? > chiesi con un visino innocente
Mi guardò un po' negli occhi prima di rispondere.
< Ti amo scema! >

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Capitolo 5
*** Le mie cose non si toccano! ***


Piangere mi aveva stremato e mi ero addormentata addosso a Castiel.
Avevo dormito all’incirca tre ore.
Quando mi svegliai Castiel stava ordinando delle pizze al telefono.
< Oh, ti sei svegliata >
< Ciao - dissi sbadigliando; avevo ancora indosso la sua maglietta – vado a farmi una doccia >
< Ma sei sempre sotto la doccia? >
< Mi rilassa > urlai entrando in bagno.
Cass nel frattempo andò a casa, si cambiò e mi preparò la tavola per la cena.
Quando uscii dalla doccia le pizze erano già in tavola. In fretta mi rimisi la sua magliette e dei pantaloncini da ginnastica rosa. A detta sua sembravo “un peluche un tantino rock”.
Mangiammo in silenzio le nostre pizze finché Castiel mi chiese:
< Allora che hai deciso? >
Lo guardai un po’ negli occhi, il suo sguardo era penetrante, e gli dissi:
< Te li immagini noi due?
Abbracciati in una sera d’autunno in riva al mare. Io che ti rubo la giacca, tu che mi guardi male e io che ti sorrido.
Voglio fare Natale con te, montare l’albero e urlarti che si, la sto tenendo la scala e non sto solo ridendo.
Voglio baciarti sotto la neve, magari sui pattini. Voglio aprire i regali con te.
Poi smontare tutte le luci e sigillarle in scatole di cartone, pronte ad essere nuovamente sistemate in soffitta.
Voglio addormentarmi nuovamente sul divano, tra le tue braccia, mentre mi coccoli e sussurri che mi ami.
Voglio fare tutte queste cose con te, e mi chiedi ancora cosa ho deciso?
Castiel, mi sono innamorata di te una volta, pensi che non sia in grado di averlo fatto ancora?
Cioè, guardami, non pensi ch io possa essere innamorata di te?
Non vedi come mi brillano gli occhi quando parlo di noi due?
Castiel, ti amo più di quanto il cuore possa sopportare, non chiedermi più sciocchezze. >
Castiel si alzò, facendo rovesciare la sedia dietro di lui.
Scattò in avanti e mi baciò la fronte. 
Gli presi la mano.
< Castiel ho sonno... >
< Amore vieni, ti porto a letto >
< No, voglio che tu venga a letto con me... >
< Kensi siamo già quasi finiti a letto una volta, non - >
< Castiel, dormire, ho sonno, ma ho scoperto di recente che dormo molto meglio se ti sto abbracciata >
< Che bambina >
Non fece in tempo a finire la frase che già mi aveva preso in braccio per portarmi a letto; arrivò in camera mia, mi buttò sul letto, chiuse la porta a chiave e si tolse la maglietta.
< Castiel ma che stai fac- >
Già la sua imponente muscolatura mi stava sovrastando.
< Non me lo dai il bacio della buona notte? > mi sussurrò vicinissimo all'orecchio
< Castiel non puoi fare così, è ingiusto... >
Mi baciò il collo
< Ma io non sto facendo nulla >
Mi stampò un bacio sulle labbra, si lasciò cadere alla mia sinistra e si tirò su la coperta fino agli occhi.
< Buonanotte >
Si girò dandomi la schiena.
< Notte idiota >
Ero frustrata, gli rivolsi anche io le spalle. Provai a chiudere gli occhi, ma non riuscivo ad addormentarmi.
Mi sentii cingere la vita da Cass, che mi strinse contro il suo petto.
Mi raggomitolai meglio che potevo per sentirmi protetta il più possibile.
Avevo sentito Castiel sospirare alleggerito, si era addormentato.

La vita è molto buffa: ciò che fa gioire alcuni, fa piangere altri.
In un momento come il mio non sapevo decisamente cosa fare.
Avrei potuto piangere per quello che mi era capitato e che mi avevano rivelato senza tanti fronzoli, oppure gioire per aver ritrovato Castiel ed essermi potuta svegliare accanto a lui.
Non riuscivo più a dormire così mi alzai e preparai la colazione. Sentii i passi di Castiel venirmi incontro.
< Cosa ci fai già in piedi? Il letto è freddo senza di te. >
< Castiel dobbiamo andare a scuola…>
< Per forza? >
< Non vorrai farmi marinare la scuola subito al terzo giorno! >
< Non vuoi stare con me? >
Fece la faccina da cucciolo.
Lo guardai un attimo.
< Castiel siamo vicini di banco! Va’ a farti una doccia che vado a prendere le tue cose. >
Castiel si chiuse in bagno, io presi le chiavi e andai a casa sua.
Rassettai un pochetto la sua camera ,presi le sue cose e rientrai a casa. Portai i suoi vestiti in bagno e andai in camera a cambiarmi.
Ero in intimo davanti all’armadio quando Castiel entrò senza bussare. Cdercai di coprirmi come meglio potevo e avvampai.
< Sei bellissima. >
< C..C…Castiel esci… >
< Non ne ho intenzione, non vuoi rimanere a casa con me, almeno fammi godere di certe visioni. >
Sbiancai, lui mi si avvicinò, tremai, passò oltre, sospirai, mi tirò in faccia una maglietta degli skrillex e dei pantaloncini, tornò verso di me, mi schioccò un bacio in fronte e uscì dalla stanza.
In tutta fretta mi vestii, uscii dalla stanza e lo raggiunsi; era sul divano, perfettamente vestito e con la tracolla ai suoi piedi. Appena mi vide si alzò, mi squadrò dalla testa ai piedi e mi lanciò il suo giacchetto di pelle.
< Mettitelo, si vede troppo che la mia maglia ti sta larga >
“Così nessuno penserà che ci sia qualcosa di strano vero?” pensai. Castiel mi stava ancora fissando, prese la sua borsa e le chiavi della moto.
Scendemmo in giardino e mi fece salire su quel mezzo di trasporto decisamente troppo alto. Arrivati a scuola mi prese la mano e entrammo in classe insieme.
Prendemmo posto negli ultimi banchi, come nostro solito e mancò poco che Castiel non si addormentasse durante le lezioni.
Il prof lo riprese immediatamente, e proprio mentre Castiel stava per rispondergli male e uscire dalla classe io gli afferrai una mano e gli sussurrai di chiedere scusa.
Lui si risedette, ma non accennò assolutamente a porgere le sue scuse al professore. Lo guardai negli occhi, mi sorrise, insistetti con lo sguardo, sbuffò
< E va bene, hai vinto! Mi scusi, ma la sua lezione è veramente una lagna, e questa notte ho dormito poco. >
Non era il tipo di scuse che intendevo ma già era un gran traguardo per lui, ma poteva anche trovare una scusa migliore dell’ “ho dormito poco”! Avevo la sua giacca addosso, eravamo entrati in classe per mano e lo avevo appena costretto a chiedere scusa a un prof, la gente avrebbe sicuramente pensato male.

Un risolino si levò dalle prime file: era Ambra.
< Cosa pensi di ottenere trattenendolo? Non ti ringrazierà di certo come vorresti per avergli salvato l’anno scolastico mocciosa! >
Stavo per mandarle un accidente, quando intervenne il professore che decise di mandarla a farsi un giretto da suo fratello. Conoscendola il prof si assentò qualche minuto per accompagnarla.
Lysandro girò all’indietro la sedia, rivolgendoci lo sguardo.
< E cos’ le hai talmente tanto potere su di te da impedirti di mandare a fanculo il prof eh? Non pensavo influisse così tanto. Kensi, riguardo a ieri, non essere arrabbiata con me, non potrai tenermi il broncio per sempre, ci mancava la nostra voce femminile in band,e poi vuoi metterei il gusto di vederlo ingelosire? Castiel, ora devi dirmi come avete sistemato e come stanno le cose tra di voi adesso. >
< Lysandro porca puttana, stai parlando troppo. Mi ha impedito di mandare a cagare quello stronzo, ma a te posso dire tutto quello che voglio. >
< Dimmi come avete chiarito allora, signorino. >
< Lys stai zitto, ho sonno. >
< Allora non ti dispiacerà di certo se la bacio io. >
Si stava avvicinando molto pericolosamente alle mie labbra e Castiel non stava avendo nessuna reazione.
Era davvero questione di millimetri, sentivo già le sue labbra soffiare sulle mie. Castiel lo afferrò per il colletto, lo ributtò sulla sua sedia e mi baciò selvaggiamente.
< Non avvicinarti a lei mai più di così, o te la vedrai davvero con me, le mie cose non si toccano. >
Lysandro sorrise e mi fece l’occhiolino. In quel momento rientrò il prof e riprese quella noiosissima lezione che io e Cass passammo facendoci dispetti in continuazione come due bambini.

 

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Capitolo 6
*** ~SPECIALE HALLOWEEN~ ***


Aggiustai ancora un poco il trucco e, prese le mie cose uscii di casa.
Mi incamminai verso quella che a detta di Castiel era casa di Lysandro.
Non mi avrebbero riconosciuta, ne ero certa.
Quel pomeriggio avevo avuto appuntamento dal parrucchiere e avevo fatto la follia più grande (per quanto possibile) della mia vita.
I miei capelli neri avevano preso (temporaneamente) il colore di quelli di Castiel e la loro lunghezza era drasticamente diminuita per essere sostituita da uno scompigliato taglio che arrivava leggermente sotto le spalle con due ciuffi mooooolto più lunghi a incorniciarmi il viso.
Scegliere cosa indossare non era stato affatto difficile. Ero andata nella Boutique dove avevo incontrato quella ragazza particolarissima e mi ero affidata ancora alle sue "cure".
Questa volta mi aveva consigliato uno STRETTISSIMO abito di pelle nera, con inserzioni di ragnatele in rilievo.
Il vestito arrivava fino alle ginocchia, per poi venire brutalmente squarciato sul lato sinistro fino al fianco.
Poco più giù del reggiseno, sulla destra, mancava del tessuto in modo da avere la forma di un ragno.
Logicamente Rosa non aveva dimenticato di lanciarmi in camerino un completino intimo di pizzo rosso sangue.
Convintissima pagai il conto e me ne andai fiera.
Arrivata a casa mi feci una doccia, mi vestii, arricciai i capelli e piastrai i due ciuffi più lunghi.
Niente da fare, li amavo davvero, ed erano rossi, come i suoi.
Passai al trucco, volevo sorprenderli, ma con quel vestito era difficile non voler essere un pochetto fuori dalle righe per Cass...
Il lato destro del mio viso era diventato scheletrico, fatto molto meglio di quanto mi credessi capace; il lato sinistro era abbastanza normale, avevo cercato di essere sensuale, quasi una bambola, lentiggini, guancie rosse e occhioni incorniciati da lunghissime ciglia finte, la metà delle labbra erano rosso sangue, molto lucido e scintillante.
Afferrati dei tacchi rossi brillantati avevo preso una felpa che Castiel aveva lasciato il giorno prima sul mio letto e uscii di casa.
Mentre ripensavo ai fatti della giornata ero capitata davanti a una villa in stile vittoriano. Stavo per tirare dritto quando mi cadde l'occhio sull'indirizzo e, alquanto sconcertata realizzai che quella era casa di Lysandro..
Suonai al campanello, venne Lys ad aprire, con un sorriso a 32 denti stampato in volto.
< Kensi, eccoti! Castiel non aveva sbagliato a darti l'indirizzo allora! Stai benissimo con questo nuovo taglio, ma spero che la tinta sia semipermanete e che tu non sia impazzita come Cass, anche se ti donerebbe molto. >
Mi rivolse uno dei suoi sorrisi rassicuranti e io feci lo stesso.
Mi aveva riconosciuto cavolo!
Come era possibile?
Vabbe, l'importante era che Castiel non se me accorgesse troppo presto.
Lysandro mi fece entrare e mi tolse la felpa, rimanendo un attimo interdetto dal vedermi così conciata.
Ghignò, come di solito faceva Cass e andò a sistemare la felpa del mio pseudo-ragazzo sull'appendi abiti.
Mi guardai intorno, ma del rosso non c'era traccia, notai pertanto la ragazzina della Boutique e il ragazzo che stava alla cassa, doveva essere il fratello di Lysandro da quanto avevo capito, probabilmente Rosa era la sua fidanzata.
Vidi un ragazzo dai capelli corvini chiedere a Lys qualcosa indicandomi e sentii molto chiaramente il discorso successivo.
< É la donzella di Castiel >
< Castiel? Con una così? Dove diamine l'ha trovata? Ha dei lineamenti così graziosi nonostante lo spesso strato di trucco... >
< Fammi una cortesia, vai su a chiamarlo e digli che gli invitati cominciano ad arrivare, ma NON dirgli della sua ragazza, mi raccomando, voglio divertirmi un po' >
Il ragazzo annuì e poco dopo scendeva le scale seguito da Castiel, in una mise decisamente troppo osé.
Era (presumibilmente) conciato da diavolo, aveva indosso solamente dei pantaloni di pelle rossa abbastanza aderenti, tanto da lasciare ben poco all'immaginazione. In mano teneva un forcone e tra i capelli, scompigliati quanto dopo una lunga dormita,spuntavano due corna nere.
Mancava poco a un mio infarto.
Dio, non lo avevo mai visto così tanto esposto, e i suoi pettorali, così scolpiti e accentuati erano da sballo.
Raggiunse Lysandro e si buttò sul divano affianco al ragazzo corvino.
Chiese di me, sentivo la sua voce a metri di distanza.
Lysandro ghignò per la seconda volta in una sola sera, non mi piaceva questa cosa.
< É una ragazza che ho invitato >
< Ah, quindi posso andare da lei.. > si stava alzando davvero.
Lys lo fermò.
< Ho detto che IO l'ho invitata Cass, non so se mi spiego.. >
< E allora muoviti, va da lei, o sarò più veloce di te. >
Lysandro si incamminò verso di me, poggiò le mani sui miei fianchi, avvicinò il suo viso al mio, come aveva fatto un mese prima a scuola, strizzò l'occhio, mi sentii avvampare e poco prima di unire le sue labbra con le mie si girò di scatto.
< Ma Castiel, Kensi non é ancora arrivata? >
< Beh, non l'ho vista io... >
Lysandro mi spinse ad andare da lui.
Sbuffai fino a ritrovarmi contro il suo petto nudo e caldo.
Alzai gli occhi sul suo viso. Lo fissai, finché le sue guancie non si imporporirono e, chinatosi su di me mi bacio il collo.
Mi allontanai senza degnarlo di attenzioni e mi diressi verso il ragazzo dai capelli corvini, gli porsi la mano.
< Kensi >
< Armin, piacere. >
Sorrise, in maniera dolcissima e mi stampò un leggero bacio sul dorso della mano.
Castiel, quasi adirato, mi serrò i fianchi da dietro e mi soffiò all'orecchio un leggero " stai benissimo così "
Mi girai a guardarlo negli occhi.
< Vuoi rimediare solo così? >
< No, mi lasci l'occasione di rimediare? >
Sbuffai e gli morsi il collo, lasciandogli un vistoso segno rosso.
Sul suo viso comparve l'abituale ghigno che tanto amavo, malamente interpretato dal migliore amico pochi attimi prima.
Il rosso, notando il posto libero sul divano,mi spinse poco delicatamente per farmici adagiare.
Si appoggiò su di me facendo leva sul braccio per non sovrastarmi troppo, come faceva ogni volta, e prese a lasciare numerosi lividi sul mio collo.
Lysandro lo vide, roteò gli occhi e avvicinandosi a noi impose a Castiel di salire al piano di sopra.
Senza tanti complimenti Cass mi prese in braccio, e con la stessa non-chalance con cui era sceso, mi portò al piano di sopra.
Svoltò alla prima porta, doveva essere la camera degli ospiti.
Mandata a fanculo la premura mi lasciò letteralmente cadere sul letto.
Rimasi sconcertata, in un mese che eravamo tornati insieme non mi aveva mai trattato così..
Sapeva che il sesso, dopo quanto accadutomi, non era affatto gradito e sempre aveva rispettato questo mio volere, fino a quel momento.
Perché mai si stava comportando in quel modo?
Mi sollevai facendo leva sui gomiti e notai che gli occhi di Castiel erano puntati su di me.
Quegli occhi scuri e profondi come la fine di un pozzo, così ammalianti e terribilmente dolci, così freddi e altezzosi, così dannatamente perfetti come la persona a cui appartenevano.
Castiel si abbassò su di me, mi schioccò un bacio sulle labbra e appoggiata la sua fronte contro la mia, guardandomi dritta negli occhi affermò di amarmi come mai nessun altro avrebbe potuto.
Gli credevo, lo sapevo da me, che una ricchezza come il tesoro che avevo trovato in lui nessuno mai avrebbe saputo darmela.
Ero un burattino, una bambola inanimata nelle sue mani, e lui aveva con me la stessa premura che si ha nei confronti di un nuovo gioco, di una nuova chitarra, di una nuova moto.
Tutto quello che Castiel, come ogni altro ragazzo, avrebbe voluto, non lo aveva mai chiesto ne preteso.
Lui sapeva come trattarmi, sapeva che la troppa dolcezza mi dava il volta stomaco, sapeva quanto adorassi sentirlo suonare, sapeva farmi amare di se anche il lato più subdolo e meschino.
Eravamo il sole e la luna, l'inferno e il paradiso, il dolce e il salato e la nostra fusione, sebbene solo spirituale era molto più forte di qualunque altra.
Mi guardava ogni giorno con più amore del precedente.
Pensavo a tutte queste cose quando Castiel sussurrò che sarebbe andato a chiedere qualcosa a Lys, che avrei dovuto aspettarlo li, da sola, al buio, in un luogo che non conoscevo, proprio la sera di Halloween.
Cercai di farmi forza, pensavo al suo corpo sul mio, alle sue braccia strette sulle mie spalle, alle sue mani tra i miei capelli, ma nulla, mi sembrava passata un'eternità.
Tremai, da alcuni minuti non si sentiva nessun rumore provenire dal piano di sotto.
Mi feci coraggio, uscii dalla stanza e quasi correndo scesi le scale.
In salotto trovai Leigh che dormiva sul divano e Rosalya che, ubriaca, cercava inutilmente di svegliarlo.
Degli altri non c' era traccia.
Stavo iniziando ad avere paura, e a peggiorare la situazione fu lo scroscio iniziale del forte temporale che era arrivato.
Si aprì la porta d'ingresso, e vidi riapparire Lysandro, Armin, Alexy (che scoprii in seguito essere il gemello di Armin) e tutti gli altri, ma di Castiel nemmeno l'ombra.
Mi sfogai sul Lys, che mi disse però di non averlo visto.
Presa dal panico provai a cercarlo in tutte le stanze finché non vidi la porta della cucina socchiusa.
Presi coraggio e la spalancai.

Un urlo agghiacciante gelò gli animi di tutte le persone presenti nella villa, facendo rabbrividire i meno spavaldi e lasciando pensare ai più in trepidi che qualche scherzo fosse girato male.

Fatto sta che tutti si precipitarono in direzione dell'urlo, e quello che videro non fu certo di buon auspicio.
Appena vidi l'interno della cucina mi sentii mancare, e tutto quello che potei fare, prima di cadere a terra in lacrime fu gridare a pieni polmoni.
Avevo ripetuto, partendo da un soffio fino quasi ad urlarlo, il nome del mio ragazzo.
Ragazzo che sembrava apparentemente squartato in quella stanza.
Il forcone gettato a terra spezzato in due, la cintura dei pantaloni graffiata e pendente su un coltello grondante di apparente sangue conficcato contro il muro.
Tutto il pavimento era sporco, e poco più avanti nella sala, da dietro un mobile spuntavano le scarpe di Castiel.
Non saprei descrivere con maggiore precisione la stanza, non volevo guardare, era uno scherzo, indubbiamente era cosi, ma il sangue si era gelato nelle vene, il mio corpo non si muoveva più, e solo la mia gola e i miei occhi davano segno di essere ancora vivi.
Piangevo e invocavo Castiel allo stesso tempo.
Sentii gli altri arrivare, Lysandro mi passo davanti e Armin si fermò a tirarmi su e sorreggermi.
Lys aprì del tutto la porta e fece un passo indietro dallo stupore.
< Lysandro, non é un bello scherzo, sta tremando, deve essersi spaventata davvero tanto, fa saltare fuori Castiel! >
< Armin, io non ne so nulla, deve aver fatto tutto da solo, e questo mi spaventa, chissà che fine ha fatto quello stupido! >
< Lysandro, cercalo, non sto scherzando, fai in fretta, Kensi non resisterà ancora a lungo. >
Lys entrò in cucina, si mise a cercare ovunque e invocò a gran nome Castiel, era introvabile!
Dopo alcuni minuti, di panico, che sembrarono interminabili, saltò fuori dalla cantina, correndo, preoccupato dalle urla.
< Castiel, corri, va da Kensi, non so nemmeno garantirti che sia ancora in se, quando l'ho lasciata con Armin stava per svenire da un momento all'altro. >
Castiel prese a correre, arrivò all'ingresso della cucina e diminuendo il passo sostituì le sue braccia a quelle di Armin.
Prese a coccolarmi e a passare una mano tra i mie capelli, riscaldandomi con l'altra.
< Kensi, Kensi amore mio, sono qui non piangere, guardami, sono io, tesoro sono il tuo Castiel, tranquilla, non piangere! >
Non avevo la forza per rispondergli, ma il mio cuore stava piano piano rallentando i battiti.
Castiel se ne accorse, lo vidi sorridere sollevato, lo sentii stringermi più forte, e percepii il suo battito che tentava di ristabilirsi.
Guardò Lysandro, implorando con gli occhi perdono.
< Cass, fuori piove, non potrete tornare a casa questa sera, la macchina serve a Leigh per andare da Rosalya... Portala nella stanza degli ospiti, vai nella camera di Leigh e prendi una camicia da notte di Rosa.
Poi vai a prendere le tue cose, cambiati in camera mia e lascia a lei il tempo di fare lo stesso.
In qualche modo struccala e poi, non voglio più vedervi in giro per casa mia oggi. >
Castiel mi prese ancora in braccio, mi strinse forte questa volta, mi riportò al piano di sopra, mi lasciò sul letto e poco dopo tornò con una maglietta degli skrillex e dei pantaloncini neri abbastanza consumati.
In mano teneva lo struccante, del cotone e una vestaglia appartenente probabilmente a Rosalya.
Si avvicinò al letto e si mise a sedere.
< Cass, non farmi più una cosa del genere.. Ti prego.. >
Castiel annui debolmente con la testa.
< Scusa amore mio, non pensavo di poterti spaventare così tanto, volevo solo farti uno scherzo.. >
< Anni fa non mi avrebbe nemmeno scosso..ma sai anche tu che dopo... quel giorno... ora credo a tutto quello che vedo o sento dire... >
Castiel mi abbracciò, veramente forte, mi fece stendere sul letto  e facendomi poggiare la testa sulle sue gambe iniziò a struccarmi.
Mi ripulì completamente dal trucco, come se fosse abituato a farlo, poi mi porse la vestaglia e fece per uscire dalla camera.
Lo fermai afferrandogli la mano prima che potesse toccare la maniglia.
< Ti ho detto che non devi lasciarmi più... >
Presi fiato e iniziai a far scorrere la cerniera che avevo sul retro del vestito.
Castiel arrossì immediatamente, mi girò attorno e mi slacciò la cerniera.
Il vestito cadde a terra, lasciandomi scoperta ai suoi occhi.
Iniziavo a pentirmi di aver indossato l'intimo di pizzo.
Sentii Cass sbuffare pesantemente alle mie spalle per poi sentire che mi stava porgendo insistentemente la camicia da notte.
Ancora una volta aveva dimostrato di meritare tutto l'amore del mondo, di sembrare il buio ed essere la luce.
Mi voltai, gli sorrisi e vidi dipingersi sul suo volto, cosa che raramente succedeva, un vero e proprio sorriso.
Un sorriso purissimo, non uno dei suoi soliti ghigni che avevo imparato ad apprezzare.
I suoi sorrisi sballavano più di qualsiasi drink o sostanza e colta da un impeto di fuoco mi gettai sulle sue labbra, che quella sera erano state mie davvero troppe poche volte.
Gli baciai il sorriso, con talmente tanta smaniosità da fargli perdere l'equilibrio, facendolo cadere all'indietro sul letto.
Sorrise nuovamente, lo sentivo, mi poggiò le mani sui fianchi e rispose al bacio.
Dopo numerose coccole, senza sapere come, ci ritrovammo sotto le coperte, stanchissimi, appoggiati l'una all'altro.
< Castiel, ho freddo, stringimi di più.. >
Castiel diminuì, per quanto ancora possibile, la distanza tra i nostri corpi.
< Va meglio amore mio? >
< Va tutto bene, se sei con me. >
Mi raggomitolai ancora meglio sul suo petto, lui mi strinse e mi scioccò l'ennesimo bacio sulla fronte.
Troppe poche volte avevamo dormito insieme e quasi intenzionalmente ci addormentammo in quella posizione, come a voler sentire l'altro, a conoscerlo meglio, a incontrarlo per l'ennesima volta nei sogni.
Le nostre voci avrebbero fatto eco tra le braccia di Morfeo, i nostri corpi, serrati uno all'altro avrebbero sfondato le aspettative di chiunque ci avesse visto in quel momento.
Una bambina,decisamente cresciuta, stretta al suo ragazzo, in quella che era una disperata ricerca di calore e affetto; un uomo, ancora troppo bambino, che sembrava proteggerla da tutto pure nel sonno, quasi volesse rimediare ad errori passati e recuperare il tempo perduto.
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Angolino tanto dolce dell'autriceeeee :3
Mi sono impegnata tanto tanto per questo capitolo, anche se la storia non è molto seguita mi pareva un'idea carina fare un capitolo speciale per voi poche anime buone che siete arrivate a leggere fin qui u.u
Lo posto con un giorno in anticipo, ma domani festeggio il compleanno di mia sorella e non avrei tempo per metterlo su >.<
La parte che dovrebbe sembrare un tantino macabra non rende per niente l'idea, lo so, chiedo venia, non sono tanto brava in queste cose :c
Me lo regalate un commentino per Halloween? *faccina tanto dolceeee*
Buona festa a tutti ~

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Capitolo 7
*** Non lasciarmi più ***


Ormai era Novembre inoltrato, io e Cass eravamo tornati insieme da quasi due mesi e avevo come l'impressione che noi due stessimo avendo un crollo. Ormai la sua dolcezza era svanita, passava sempre meno tempo con me, e molte volte, mi lasciava sola durante le lezioni. Per non parlare del fumo, ormai si fumava due pacchi al giorno. Non trascurava solo me, anzi, moltissime volte, mi vedevo costretta a portare quel cucciolone di Demon a spasso. Quel giorno, era proprio uno di quelli.
Io e Demon passeggiavamo sconsolati al bordo della strada. Non ci sopportavamo io e quel cane, mi aveva sempre ringhiato contro, ma fummo quasi inseparabili, quando pure lui si rese conto del mio stato d'animo; soffrivamo la mancanza della stessa persona, e Demon lo aveva capito.
Passeggiavamo a capo basso in direzione del parco, quando Demon iniziò ad abbaiare furioso. In lontananza, sentivo due voci urlare, mi sembrava quasi la voce di Castiel, ma se fosse stato così, il cucciolone mi avrebbe trascinato da lui, e non si sarebbe messo ad abbaiare.
Era sera, e l'unica luce, la fornivano i lampioni, che in quel preciso istante si fulminarono, tutti insieme.
Non era una coincidenza.
Improvvisamente ripensai a quell'uomo, in quel vicolo.
Fui presa dal terrore, e spronando Demon, corsi in direzione delle due voci. Ad un tratto si puntò, e iniziò a ringhiare verso un ombra a lato della strada.
Non resistevo, avevo troppa paura, mi acasciai a terra, avvicinandomi Demon, quasi fosse l'unica mia salvezza, e raccolte tutte le mie forze gridai a pieni polmoni il nome del mio ragazzo, ragazzo che ormai non vedevo in giro da quasi due settimane.
Chiusi gli occhi, non volevo vedere, ma subito mi accorsi che Demon aveva preso a scodinzolare, e fidandomi di lui, sperando fosse arrivato Castiel a salvarmi, li spalancai.
Era Castiel, l'ombra tanto misteriosa, cosi mal ridotto che nemmeno il suo cane lo riconosceva più. I suoi capelli avevano perso il loro colore, per tornare di un cupo e triste nero, aveva gli occhi pieni di lacrime, puzzava di fumo ed era sfatto dall'alcool. Cominciai a piangere, e gli corsi incontro, per abbracciarlo. Più che un abbraccio, lui si acasciò sulla mia spalla
In preda allo sconforto e alla disperazione mi misi ad urlargli contro.
"Castiel, Castiel, amore mio, che hai, che ti é successo?!"
"Kensi, portami a casa, ti supplico."
Parlava a fatica, e facendomi coraggio, lo sorressi fino al suo appartamento, dove decisi di restare, almeno per la notte.
Lasciai Demon in salotto, e portai Cass al piano di sopra, in camera sua.
Scesi ad inserire l'allarme, e mi soffermai in bagno a prendere qualche medicina.
Quando tornai, era nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato.
Gli poggiai una mano sulla fronte, scottava. Lo costrinsi a bere una medicina, e prendendo fiato, pensando che non potevo lasciarlo così, mi decisi a spogliarlo.
Gli tolsi la giacca di pelle, buttandola in un angolo della stanza, poi la maglietta, che finí chissà dove.
Non me la sentivo nemmeno di lasciarlo un secondo, e per non fargli prendere freddo, mi sfilai la maglia che portavo addosso, mettendogliela, in fondo era una delle sue.
Rimasta così, solo in reggiseno davanti a lui, senza vergogna, gli chiesi di togliersi i pantaloni ed entrare a letto, avrei pensato io a lui.
Ormai le lacrime mi segnavano il volto, ma cercavo di nascondere più che potevo la mia sofferenza, che avrebbe senz'altro peggiorato la sua.
Castiel era a letto, e io gli stavo passando uno strofinaccio umido in fronte, per cercare di far scendere la temperatura.
Ad un tratto aprì gli occhi, e mi chiamò con voce sommessa.
Io scossa, lo sovrastai, abbracciandolo.
Iniziò a piangere, facendo così, commuovere anche me, che per una volta dovevo, però, mostrarmi forte.
"Amore mio, che hai?"
"Kensi..."
Singhiozzò come un bambino dopo la peggiore delle cadute.
"Amore, parla..."
"Kensi, l'aereo su cui lavoravano i miei é andato disperso..."
Riprese a piangere, in un impeto di dolore.
Non me la sentii di dire niente, presi a coccolarlo, a pettinargli i capelli con le dita, a sussurrargli che sarebbe andato tutto bene.
Non lo avevo mai visto così, ed io di certo, non ero quel genere di persona in grado di inculcargli coraggio.
Continuai a coccolarlo finché il suo respiro non si alleggerì, segno che ormai il peggio era passato, e che era crollato, vinto dal sonno.
Mi alzai, e cercai una sua felpa nell'armadio, mi tolsi i pantaloni, e chiudendo la cerniera, entrai nel letto, con lui.
~
Non riuscivo a prendere sonno, e guardai l'orologio luminoso, le 4.20. Girai lo sguardo verso Castiel, che era accucciato al mio fianco.
Pensai a quanto dolore stesse provando, in fondo potevo capirlo, i miei mi avevano abbandonato per sempre in un incidente d'auto.
Strinsi il ragazzo che mi giaceva a fianco, tirandolo verso di me, in un abbraccio spacca ossa, facendo però attenzione a non svegliarlo.
Mi era mancato cosi tanto, invece di sparire sarebbe dovuto restare al mio fianco, ma ciò che importava davvero, era che potessi continuare a stringerlo.
Mi addormentai, così, appoggiandomi nell'incavo del suo collo.
~
Venni svegliata da Castiel che si stava agitando nel letto.
Subito preoccupata, lo aggredii di prima mattina.
"Amore, che c'è?"
"Oh, Kensi, non volevo svegliarti..."
"Tesoro, stai meglio oggi?"
"Io vado a farmi una doccia..."
Mi alzai con le tempie pulsanti, scesi a fare colazione, e risalite le scale, mi buttai sul letto, accucciandomi sotto le coperte.
Lo sentii tornare in camera e rivestirsi, quando finalmente si accorse della mia presenza.
"Kensi, ma non ti eri alzata?"
"Alzata, lavata e vestita. Ora, ti vuoi decidere a rispondermi?! Come stai?"
"Kensi, andiamo, alzati."
Tirai fuori la testa dalle coperte, lasciando che le lacrime sgorgassero copiose davanti ai suoi occhi di cenere.
"Porca puttana Castiel, ripondimi! Continui a trattarmi come se niente fosse, come se io non fossi nulla!
Guardami! Non lo capisci che comportarti così non porta a niente? Nessuno potrà mai rimproverarti di aver pianto o di esserti mostrato fragile. Smettila di essere così orgoglioso, finirai solo per far soffrire chi ti sta intorno!
Sei sparito per due settimane, senza nessuna spiegazione o avviso. Lysandro non ha fatto altro che cercarti in giro per locali tutto il tempo, era disperato! Ed ora che sei tornato che fai? Non ti preoccupi neanche lontanamente ne di lui, ne di me.
Non fai altro che chiamarmi freddamente Kensi da quando sei tornato. Non ti sei sbilanciato un attimo! Troppo orgoglioso e attento alla tua immagine pure per chiamare amore la tua ragazza!
Io Castiel non ti capisco. Sono rimasta sola al mondo, non ho altri che te al mio fianco, eppure, sapendo benissimo che potrei capirti in pieno, non vuoi neppure dirmi come ti senti, non vuoi arrivare al punto di farti sorreggere da nessuno.
Tu sei quello forte, tu sei il figo della situazione, tu sei il donnaiolo della band! Sei tu quello che risolve i problemi, sei tu quello violento e iracondo, sei tu quello sempre pronto a tutto.
Ma Castiel, non sei nulla di quello che vuoi far credere, sei come me, come Lys, come tutti, anche se non vuoi ammetterlo.
Sei forte, questo è vero, ma non puoi sempre fare il superiore, anche tu hai bisogno di una mano pronta a sorreggerti, specialmente in momenti come questi amore mio, e lo sai, va tutto bene se siamo insieme..."
"Kensi, ti amo- stava piangendo - ti amo più di ogni altra cosa, lo sai.
Sei tutto, amore, tutto, che poi ormai, non ho più nessuno.
L'aereo su cui lavoravano mamma e papà è dato per disperso, appena l'ho saputo sono andato in America, per saperne di più, ma non mi è passato per la mente di avvertire nessuno... Dobbiamo, devi chiamare Lysandro, io non ce la faccio più..."
"Amore mio, niente risse, sei ancora tutto intero?"
"Beh, no... Ieri notte, é saltata la corrente dei lampioni perché... Vabbé, per sbaglio ho fatto saltate il contatore nel vicolo..."
"Amore, sei tutto intero? Non mi interessa della corrente"
"Eppure non hai fatto che urlare disperatamente il mio nome. La spalla... Penso sia slogata, ma nulla di grave"
"Sei sempre il solito, odioso e beffardo."
"Per questo mi ami."
Si avvicinò a me, e piegandosi in avanti mi prese le guancie tra indice e pollice, scendendo a baciarmi.
Era un bacio dolce, travolgente e al tempo stesso passionale. Un bacio che sapeva d'amaro, come il dolore e la rabbia che Castiel si portava dentro.
Un bacio, che durò decisamente troppo poco, contando tutto il tempo che era passato dall'ultimo, ma che venne interrotto dal mio cellulare che squillava.
Mi staccai dal Castiel, rispondendo al telefono, che mi venne strappato di mano.
"Se non ti dispiace, vecchio, ho due settimane da recuperare" disse buttando il cellulare dall'altra parte del letto, lasciando un Lysandro sbigottito dall'altra parte della linea.
Lo guardai e roteai gli occhi.
"Ti amo, Castiel"
"Su, non fare la preziosina, e chiamami come ti piace tanto..."
"Ti amo, tesoro."
"Anche io, principessa..."

Note dell'autrice:
Salve! Chiedo venia della grande assenza dal sito, dove tipo ogni mia storia è stata lasciata lentamente morire (o forse qui ho solo questa in corso, non ne sono sicura...). Ultimamente è stato periodo di magra, l'ispirazione non veniva e cercavo di concentrarmi di più sulle storie che ho attive su wattpad, dove potete trovarmi sempre sotto lo stesso nickanme.
Non so se questa storia qui è seguita come su appunto, wattpad, ma mi sembra più che giusto aggiornare anche qui, perciò vi pubblico ora i tre capitoli che ho scritto nel mio periodo di assenza. Spero che coloro che seguono la storia possano essere soddisfatti di questo maxi aggiornamento.
Baci
Ino

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Capitolo 8
*** Natale con sorpresa ***


Con lo scorrere dei giorni si avvicinava sempre di più il periodo natalizio.
Castiel, che a detta sua odiava le festività, stava diventando via via piú scontroso e seccato.
L'otto Dicembre, come da tradizione, appena sveglia, mi rimboccai le maniche per addobbare al meglio la casa. Il cellulare squillò innumerevoli volte, ma non avevo tempo di rispondere, sommersa com'ero da ghirlande, lucine, festoni e palline.
Mi accorsi di che ora fosse solo quando Castiel fece irruzione nel mio appartamento.
"Kensi, dove diavolo sei finita?!"
"Oh, Castiel, mi hai spaventata!"
"Avresti potuto rispondere ad almeno uno dei diciassette messaggi per non fare spaventare me. E adesso dimmi, piccola, cosa ti ha tenuto così tanto lontano dal cellulare? Non dirmi che eri occupata a fare questo..."
Si guardava attorno con aria disgustata, sbuffò sonoramente e posò finalmente il suo sguardo su di me.
"Si amore mio, ti piace? Non é ancora finito sai, ma ci tengo tanto... Facciamo insieme l'albero?"
Cercai di fare una smorfia dolce, in modo da convincerlo. Mi si avvicinò, cingendomi la vita con un braccio, e posandomi una mano sul volto, andando poi a baciarmi la fronte.
"Non possiamo più che altro andare a fare un giro?"
"Shopping natalizio?"
Sorridevo felice, consapevole che il mio ragazzo si sarebbe lasciato convincere in qualche modo.
"Neanche morto!"
"Allora stiamo qui, mi aiuterai ad addobbare"
Castiel rimase sbigottito dalla mia risposta, e sbuffando sonoramente si lasciò cadere sul divano.
"Amore, hai almeno mangiato qualcosa?"
"Non ho fame, Castiel"
"Non puoi turare dritto così tutto il giorno"
"Come no? Non sarebbe la prima volta che non mangio."
"E già sei magra come uno stecchino. Kensi, andiamo a mangiare qualcosa"
"Castiel, tu hai mangiato?"
"Si..."
"E allora va bene così. Come stai, la spalla?"
"Cosa vuoi che ti dica? É slogata come la settimana scorsa e quella prima."
"Castiel sai cosa intendo..."
Mi avvicinai a lui, tenendo tra le mani una ghirlanda argentata.
"Sta notte hai dormito bene?"
"Non dormo bene senza di te, lo sai"
Lo guardai, sbuffando.
"Va bene, smetto. Il tempo fuori sta peggiorando, forse verrà a nevicare e allora il tuo sogno natalizio si avvererà, sai?"
"Intendi un bacio sotto la neve?"
"Tutti i baci che vuoi, ma ora smetti di addobbare tutta casa e andiamo a fare un giro, conoscendoti la scuola ti terrà lontana da me per un po'."
~
E così successe, da quel giorno, fino alla settimana prima di Natale, io e Castiel passammo ben poco tempo insieme.
La scuola aveva organizzato, per la Vigilia di Natale, un ballo, e strano ma vero, Castiel aveva deciso di accompagnarmici.
Quella sera, nel suo salotto, vicino al caminetto, stavo aspettando che finisse di prepararsi quando il suo cellulare squillò.
Alzandomi avanzai verso lo schermo per vedere chi stesse chiamando: un numero sconsciuto. Mi guardai intorno, le porte erano chiuse e sentivo chiaramente Castiel intento ad asciugarsi i capelli. Presi in mano il cellulare, tremando, impaurita da quelle cifre che comparivano sul display e facendo un profondo respiro risposi.
La voce femminile che mi parló aveva un tono di voce piatto, neutro, per niente emozionata o sorpresa di quello che mi stava dicendo, mentre io non riuscivo a credere alle mie orecchie.
"D'accordo signorina?"
"Si, si, grazie mille, ci vediamo."
Riappoggiai il cellulare al tavolino e mi sedetti sul divano; poco dopo mi raggiunse Castiel, in completo, con la cravatta leggermente snodata e un profumo da far venire il capogiro. Con una semplice giacca sarebbe riuscito a fare girare più teste lui di me, in abito lungo, su tacchi vertiginosi e truccata alla perfezione.
"Kensi, tesoro, chi era al telefono?"
"Lysandro. Voleva sapere se ci stavamo preparando."
"Oh, certo, allora andiamo, sei pronta?"
Annuí e mano nella mano camminammo fino alla scuola, che vista così, la Vigilia di Natale, di sera, al buio e allegramente decorata, non il sembrava poi un luogo di tortura che era in realtà. Entrammo in palestra e, nulla da invidiare alle feste francesi, sembrava di stare all'interno di un college americano.
Era stato allestito un grande palco, un grande tappeto ricopriva la posta da ballo e tavoli e tavoli erano apparecchiati con ogni genere di stuzzichini e bevande.
Raggiungemmo, tra la folla, Lysandro e Rosalya, che ci stavano aspettando.
"Kensi..."
Lysandro era visibilmente sopreso dal mio vestito rosso.
"Ah! Kensiii! Tesoro, sei una favola!"
Sorrisi dolcemente a Rosalya, per una volta non aveva avuto nulla da ridire sul mio abito e, anche lei, aveva avuto la decenza di coprirsi le gambe.
Il primo parlare fu Lysandro, che avvicinatosi a Castiel chiese di andare a mangiare qualcosa. Io e Rosalya, guardandoci intorno, acconsentimmo di buon grado.
Attraversammo la palestra, bandando bene di sorridere a tutti i nostri conoscenti che ci rivolgevano un gesto di saluto e io, in particolare, a controllare che nessuna guardasse Castiel in maniera troppo insistente, specialemente Ambra, che per la mia gioia non si era ancora fatta vedere.
Dopo mangiato, Lys e Cass avrebbero dovuto suonare qualcosa, per intrattenere almeno la prima parte della serata, prima di inagurare la serata con il primo ballo, che si sarebbe aperto grazie a Melody e Nathaniel.
Così i ragazzi ci lasciarono presto, raggiungendo chitarra e microfono; mentre le note di 'The sound of silence' volteggiavano in aria io e Rosa raggiungemmo Violet, Kim e Iris, incredibilmente tutte in abito lungo e tacchi.
L'armonia delle note della chitarra acustica di Castiel, mischiate dolcemente alle sinfonie della voce di Lysandro, nonostante la canzone non esattamente felice, creavano un perfetto clima natalizio. L'aria era calda d'affetto, tutti, nessuno escluso, avevano un sorriso stampato in volto, un sorriso sincero, emozionato di passare una delle sere più importanti dell'anno tutti insieme, nei luoghi della nostra vita quotidiana, che sarebbero stati per sempre marcati dai ricordi di quei momenti.
La canzone che aveva creato tanta magia finì al contrario della nostra felicità, che appena vedemmo la banda della scuola avvicinarsi al palco, non fece altro che aumentare.
Nathaniel e Melody si avvicinarono al centro della pista e, una nelle braccia dell'altro, sotto le luci dei riflettori, aspettarono che la banda cominciasse a suonare; noi trattenvamo il fiato.
Castiel, dopo aver appoggiato la chitarra in un luogo abbastanza sicuro, tornò nella mia direzione, riallacciandosi la cravatta, che per suonare aveva slegato. Quando mi fu abbastanza vicino, mentre ammiravo l'aprirsi delle danze, mi porse la mano, accennando un inchino.
"Castiel, non é stato ancora inaugurato il primo ballo."
Sorrisi, sembrava seriamente convinto di quello che stava facendo.
"Cosa credi che stiano aspettando?"
Buttai l'occhio alla pista, oltre a Nathaniel e Melody, che stavano guardando nella nostra direzione, si erano preparati anche Armin con Kim e Lysandro e Rosalya si stavano facendo largo tra la folla mano nella mano.
Guardai Castiel negli occhi, e offertagli la mano, lo seguii fino alla pista. 
Non appena fui comoda tra le sue braccia, a mio agio sotto le luci dei riflettori, la banda cominciò a suonare e le luci si abbassarono, soffuse.
Ballammo tutta la sera, volteggiando tra le altre coppie, non perdendo mai il contatto visivo tra di noi. Più lo guardavo in quei suoi occhi scuri e più mi dicevo che lo amavo e che si, era davvero giusto quello che stavo facendo e stavo per portare a compimento.
La musica smise di accompagnare le nostre danze solo quindici minuti prima della mezzontte, per permetterci di ricomporci e prepararci al brindisi e ai festeggiamenti.
Presi Castiel sottobraccio, allontanandoci un po' dalla folla.
"Cass, dobbiamo andare."
"Ma come? Non possiamo andare via prima drlla mezzontte in questo modo!"
"Non eri tu quello chr odiava le festività?"
"Si ma-
Gli poggiai un dito sulle labbra, zittendolo.
"Ti prego! Ti prego, tesoro, fidati di me. É importante! Vedremo gli altri domani, non ti sei scordato della nostra cena, vero?"
"No ma... Se é così importante d'accordo, andiamo!"
Salutammo brigosamente i nostri compagni e uscimmo dalla palestra della scuola.
Il cielo era limpido, senza una nuvola, l'aria quasi tiepida, anche questo Natale non avrei avuto un po' di neve.
Chiesi Castiel di camminare un po', lasciandosi guidare da me e lo condussi davanti all'ospedale, prima che il campanile suonasse i dodici rintocchi.
Il rosso mi guardò, l'espressione stupita e gli occhi lucidi. Annuii e facendomi coraggio anche per lui, varcai la porta, andando poi a chiedere informazioni. Camminammo lungo i corridoi, stranamente vuoti per essere la notte di Natale, mano nella mano, fermandoci davanti alla porta 394. Cass respirò a fondo, trattenendo a stento le lacrime e prendendo coraggio aprí la porta. Su due letti, due figure, esili eppure così potenti; emanavano un so che di vitalità anche in un letto d'ospedale.
"Mamma! Papà!"
La voce di Castiel era rotta dalle lacrime e cercando di trattenerle si fiondò all'interno della stanza. Io ne rimasi fuori, quella gioia poteva essere mia solo osservata da lontano. Capivo cosa stava provando Castiel, ma la sua gioia potevo solo immaginarla; per trattenere le lacrime che in quel momento potevano essere solo di gioia e d'amore, guardai fuori dalla finestra. Mentre Castiel riabbracciava i suoi genitori, il cielo, coperto di nuvole bianche, realizzò il mio sogno natalizio. La neve coronava perfettamente quel momento.
Quando uscimmo dall'ospedale, mano nella mano e con la neve alle caviglie, Castiel mi attrasse a sé, stringendomi tra le braccia. Continuava a nevicare.
Mi guardò, con gli occhi rossi e gonfi, ma realmente straripanti d'amore; si avvicinò alle mie labbra e le toccò dolcemente con le sue.
Stringendomi più forte, appoggiando la fronte alla mia, sospirò.
"Ti amo Kensi.
Questo era veramente Natale.
Mi sentivo a casa.


Note dell'autrice:
Salve! Chiedo venia della grande assenza dal sito, dove tipo ogni mia storia è stata lasciata lentamente morire (o forse qui ho solo questa in corso, non ne sono sicura...). Ultimamente è stato periodo di magra, l'ispirazione non veniva e cercavo di concentrarmi di più sulle storie che ho attive su wattpad, dove potete trovarmi sempre sotto lo stesso nickanme.
Non so se questa storia qui è seguita come su appunto, wattpad, ma mi sembra più che giusto aggiornare anche qui, perciò vi pubblico ora i tre capitoli che ho scritto nel mio periodo di assenza (da 7 a 9). Spero che coloro che seguono la storia possano essere soddisfatti di questo maxi aggiornamento.
Baci
Ino

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Capitolo 9
*** Gelosia ***


Quella mattina, quando mi svegliai, ero abbracciata a Castiel, nel suo letto enorme e morbidissimo. Era Natale e non avrei potuto desiderare nient'altro che svegliarmi accanto a lui. Ero a casa, davvero.
Lo strinsi tra le braccia e lo sentii muoversi sul mio petto, stava scuotendo la testa, forse per non vedere la luce bianca che entrava dalle finestre. Doveva aver nevicato tutta la notte.
Abbassai lo sguardo sui suoi capelli, con occhi inteneriti.
"Ehi!"
"No..."
Continuava a evitare la luce, stringendomi più forte.
"Castiel, non fare il bambino."
"Ma é Natale!"
"Appunto! Non possiamo stare a letto tutto il giorno, tesoro."
"No?"
Puntò i suoi occhi scuri nei miei.
"No!"
Gli sorrisi e tirai via le coperte dal corpo di entrambi, scendendo in fretta dal letto, per evitare una sua eventuale vendetta. 
"Tesoro, questa sera dobbiamo andare a cena, non possiamo stare tutto il giorno a letto, in teoria abbiamo qualcosa da fare."
"Hai altre sorprese in mente?"
Mi guardò, sorridendo sinceramente e aprendo le braccia. Riuscii a trattenermi a fatica, e forse più toccata io dalla situazione che lui, mi gettai addosso a lui.
"Ehi, Kensi, grazie, davvero..."
"Castiel, ti amo, non so cosa farei pur di non vederti come sei stato nell'ultimo mese."
"Io non saprei come fare e basta, senza di te. Lasciami dire che prima di te era solo un trascinare i piedi a terra, era esistere a fatica, sperare che avvenisse qualcosa. Penso davvero di poter dire che desiderassi una come te e per fortuna sei tu."
Non potevo rispondergli, non ad una cosa del genere, mi limitai quindi a stringermi più forte tra le sue braccia e baciarlo. Sempre zitta mi alzai e andai in cucina per preparare qualcosa che fosse in grado di svegliarci quasi del tutto.
La giornata, come si sarebbe aspettato dal Natale, scorreva piacevole, senza imprevisti o problemi. Passammo gran parte del pomeriggio in ospedale, con i genitori di Castiel, che incontravo per la prima volta; venimmo informati, dall'infermiera di turno, che all'inizio del nuovo anno sarebbero stati in grado di tornare a casa.
Quando furono circa le cinque del pomeriggio tornammo in appartamento e mentre Castiel faceva una doccia io mi immersi nella vasca da bagno, finendo di lavarmi comunque prima di lui.
Per la nostra cena tra amici avevamo appuntamento, come al solito nella lussuosa e spaziosa villa di Lysandro. Arricciati i capelli e afferrate le scarpe raggiunsi Castiel in camera e quando mi vide, l'unica reazione fu quella di rimanere immobile.
"Siamo in ritardo?"
"No..."
"Perche fai il baccalà, allora?"
"Perchè sei bella Kensi, davvero."
Lo baciai, per poi ritrovare la mia solita spiccatezza e guardarlo storto.
"E la cravatta? Preferisci il papillon?"
"Per carità! Papillon? Per chi mi hai preso, ragazza? Sinceramente non mi andava nemmeno di prendere la cravatta..."
Sbattei più volte le lunga ciglia, incrementate dal mascare e Castiel, sbuffando, prese una cravatta dal cassetto; se la stava svogliatamente passando attorno al collo quando mi avvicinai a lui, mettendo le mie mani sulle sue, per poi andarvele a sostituire completamente. Finii di fare il nodo mentre Castiel, le braccia tirate indietro, mi teneva attaccata alla sua schiena.
"Andiamo o faremo davvero tardi, in moto non possiamo andare, conciati così."
"E chi ha detto che andremo in moto? Poi, a piedi non ti lascio andare, con quei tacchi finiresti per farti male a mezzo isolato o fingerai di essere stanca, come tuo solito, per farti portare in braccio."
Mi girai verso di lui, lo guardai e poi chiusi gli occhi, facendogli la linguaccia.
"Allora cosa proponi? Il teletrasporto?"
"So che la reputerai una cosa sconvolgente, ma ho una macchina Kensi!"
E come preannunciato da lui, ne fui davvero sorpresa.
"No aspetta, spiegami, tutti i kilometri che mi sono fatta a piedi ora me li giustifichi, uno per uno."
"Non ti ho mai obbligato ad andare a piedi, solo io preferisco andare i moto piuttosto che in macchina e tu non hai mai chiesto niente."
"Aaaaargh, Castiel!"
Sbuffai, prendendolo per mano e trascinandolo all'ingresso.
"Allora andiamo, su, automobilista."
E mentre uscivamo di casa non ci lasciammo mancare nemmeno la solita solfa botta e risposta.
"Scontrosa."
"Antipatico."
"Noiosa."
"Cattivo."
"Ti amo."
"Anche io."
In macchina arrivammo presto da Lysandro e messo piede nella straordinaria villa, non ci fu cosa che mi stupisse meno di altre. Tutto era stato decorato nei minimi dettagli, tutto calcolato alla perfezione come solo Lys, in tutta la compagnia sapeva fare; nemmeno Nathaniel poteva competere in questo campo. La minuziosità dei dettagli, l'accostamento dei colori, l'atmosfera, le luci, tutto era al proprio posto, come era sempre stato nei sogni dei bambini, nel desiderio del Natale perfetto.
Come al solito eravamo gli ultimi, se non tenevamo conto dei tremendi ritardi di Rosalya. Raggiungemmo gli altri, sparsi per tutto il salotto, chi sul divano, chi a terra sul tappeto e altri in cucina a stare tra i piedi di Lysandro, che cercava di finire di cucinare senza impazzire. 
"Vecchio mio!"
"Castiel, accompagna gli altri al tavolo, io arrivo subito, tiro fuori il tacchino e sono pronto."
Castiel alzando la voce, cominciò a far circolare tutti i nostri amici verso la sala da pranzo, dove il solito tavolino vittoriano era stato sostituito da una lunga tavola di vetro, apparecchiata finemente, tutto calcolato nei minimi dettagli.
Io rimasi indietro, rimanendo a guardare Lysandro appoggiata allo stipite della porta.
"Kensi, c'è qualcosa che non va?"
"No." risposi sovrappensiero.
"E allora che stai facendo?"
"Ti guardo."
Lysandro mi si avvicinò, appoggiando lo straccio che aveva tra le mani sul ripiano di marmo e con un dito mi toccò il naso, che arricciai sotto il suo attento sguardo bicolore.
"Ma guarda come sei bella questa sera, tesoro. Castiel é davvero fortunato."
"Oh Lys!"
Mi buttai sul suo petto e lui mi strinse, coccolandomi leggermente per poi staccarsi e dirmi di raggiungere gli altri. Abbandonai la cucina e raggiunsi la sala, dove scoprii, al contario delle mie aspettative, che Castiel era riuscito a creare una sorta di ordine, dove ognuno era al suo posto e vicino a lui due ancora liberi. Feci il giro del tavolo, passando e dslutando ognuno, per poi raggiungere Castiel, che attirandomi alle sue labbra mi costrinse a sedermi.
"Ti amo amore."
"Anche io Cass."
Senza rifletterci un secondo appoggiai la testa alla sua spalla e lui cominciò a passarmi una mano tra i capelli, che erano notevolmente cresciuti. In quel momento arrivò Lysandro, portando in tavola il tacchino e qualche altra decina di portate. La cena cominciò, nella frenesia dei presenti; c'eravamo tutti, io e Castiel, Lysandro, Rosalya e Leight, i gemelli, Kentin, Iris, Kim e Violet e Nathaniel, che ci aveva convinti anche ad invitare Melody, che in un contesto nel quale non era abituata a stare stonava parecchio. Dovevano averle detto che era un'uscita tra amici e non una cena di Natale, altrimenti quel maglioncino di lana non poteva avere davvero senso; mi sentii fuori di posto io per lei, ma un maglioncino non avrebbero rovinato la nostra serata. 
E non lo fece, almeno finché, finita la cena, io me ne andai, seguita da Rosalya, Lysandro e Leight a dare una rassettata in cucina, lasciando gli altri in salotto, davanti a numerosi giochi da tavola.
Quando tornammo, sul divano, affianco al mio rosso preferito, stava accoccolato un maglioncino rosa che decisamente stonava parecchio e dei capelli castani, decisamente troppo chiari rispetto ai miei, che si sposavano perfettamente a Castiel. Rosalya, notando il mio repentino cambio di sguardo, cercò di trattenere l'eruzione, ma ben presto il danno fu fatto. Avanzai a falcate in direzione del divano, provando gravemente la mia stabilità sui tacchi e danneggiando irreparabilmente la grazia ottenuta con il mio vestito di raso.
Quando le arrivai dinnanzi, sollevò lo sguardo con fare tra il disturbato e l'incuriosito.
"Staccati." sibilai appena a denti stretti, ma in modo deciso.
"Come, scusa?"
"Staccati."
Continuò a guardarmi, senza muoversi e persi la pazienza.
"No dimmi, pensi di poter venire invitata alle feste e rovinarle pure? Nathaniel ha avuto tanta pena per farti venire e tu cosa fai? Staccati."
Castiel cercò di frenarmi.
"Kensi, stai calma, é tutto ok."
"Tutto ok un bel niente! Proprio niente!"
Stavo diventando paonazza e la mia voce era rotta da momenti vuoti, stavo cercando di trattenermi dall'urlare, ma lei non si muoveva.
"Staccati dal mio ragazzo! Adesso!"
Alla parola "ragazzo" i suoi occhi cambiarono decisamente espressione e la luce che fino a poco prima li caratterizzava si affievolí e si alz0 subito dal divano, allontanandosi sia da lui che da me, soprattutto.
Sbuffai, per cercare di calmarmi e mentre credevo di aver ritrovato la mia calma Castiel mandò in frantumi la mia buona volontà.
"Kensi, sei stata esagerata, non ha fatto nulla di male."
Non mi degnai nemmeno di guardarlo, gli voltai le spalle e decisa lasciai la sala, afferrando dall'appendiabiti la sua giacca e uscendo poi dalla villa. Noncurante della neve mi sedetti sulla scalinata dell'immensa abitazione, coprendomi con la sua giacca, trovandovi nelle tasche quello che speravo mi avrebbe aiutato. Sfilai il pacchetto di sigarette dalla tasca e afferratane una la accesi, portandomela alla bocca e inspirando profondamente.
La porta alle mie spalle sbatté sonoramente e senza bisogno di chiedermi chi fosse mi alzai, camminando in direzione della strada, stando attenta a non scivolare sul ghiaccio, allontanandomi da lui, continuando a fumare avidamente, quasi in tentativo di rimanerne soffocata.
"Kensi! Metti giù quella sigaretta e fermati!"
Ormai in mezzo alla strada mi voltai in sua direzione, guardandolo e inspirando, quasi in gesto di sfida. Quella sensazione non mi piaceva affatto ne tantomeno mi aiutava a rilassarmi, il sapore della nicotina era buono solo sulle sue labbra. I suoi occhi, dal lato opposto della strada divennero pozzi neri e il silenzio della sera fu squarciato dalla sua voce, alta e minacciosa.
"Kensi, vieni qui! Subito!"
Ma non mi mossi e lo vidi correre verso di me, davvero preoccupato, per poi gettarmisi addosso, facendomi sbattere a terra, sull'asfalto ghiacciato, schiacciata dal suo corpo. A meno di un centimetro dai nostri piedi era appena sfrecciata un'automobile, senza un minimo accenno di decelerazione. Guardai gli occhi neri di Castiel e toccandomi la fronte mi sentii sporca di qualcosa di inconfondibile. Mentre Castiel si alzava e mi riportava in piedi con lui, tra le sue braccia, sentii tutte le parti del mio corpo pesare terribilemte e bruciare peggio del fuoco; mi guardai la mano sporca di sangue e le forze scivolarono via, facendomi cadere all'indietro, sorretta prontamente da lui.
Buio.


Note dell'autrice:
Salve! Chiedo venia della grande assenza dal sito, dove tipo ogni mia storia è stata lasciata lentamente morire (o forse qui ho solo questa in corso, non ne sono sicura...). Ultimamente è stato periodo di magra, l'ispirazione non veniva e cercavo di concentrarmi di più sulle storie che ho attive su wattpad, dove potete trovarmi sempre sotto lo stesso nickanme.
Non so se questa storia qui è seguita come su appunto, wattpad, ma mi sembra più che giusto aggiornare anche qui, perciò vi pubblico ora i tre capitoli che ho scritto nel mio periodo di assenza (da 7 a 9). Spero che coloro che seguono la storia possano essere soddisfatti di questo maxi aggiornamento.
Baci
Ino

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Capitolo 10
*** Risveglio ***


Rimasi svenuta per pochi secondi, ancora tra le sue braccia. Riaprii gli occhi un istante dopo, scandalizzata per quello che era successo.
Stretta a lui mi sentivo oppressa, stavo per scoppiare a piangere per quello che avevo fatto; avrei rovinato il Natale a tutti.
Cercai di staccarlo da me, spingendolo via con tutta la forza che avevo nelle braccia, non riuscendo a smuoverlo di un solo millimetro.
Lui continuava a fissarmi, gli occhi tra il severo e il preoccupato; non riuscivo a sostenere il suo sguardo. Scoppiai a piangere, stropicciandomi con le mani il vestito, andando a toccarmi la faccia cercando di non intaccare quello che del trucco poteva essermi rimasto sul viso.
Mi tratteneva tra le sue braccia, senza aprire bocca. Mi lamentai, chiamando il suo nome, cercando ancora di liberarmi.
"Ma che diavolo ti é preso?! Se non ti conoscessi direi che ti sei bevuta il cervello! Kensi dove hai messo la testa questa sera?!"
Lo guardai con gli occhi rossi, pieni di lacrime, un fiume in piena pronto a straripare.
"Guardati…"
Una mano lasciò il mio fianco, per portarsi sulla mia fronte, leggermente spostata di lato, andando a toccarmi in un punto che era decisamente sensibile. Involontariamente le lacrime, calde, bagnarono le mie guance, mentre Castiel mi scostava i capelli dal volto.
"Vieni, dobbiamo sistemare questo disastro…"
Mi alzò di peso, facendo attenzione a non lasciare indietro il lungo vestito, che miracolosamente era uscito illeso dal mio volo sul ghiaccio.
Rimane zitto fino a quando non rientriamo nella villa, dove svolta subito in direzione delle scale facendo attenzione a non passare davanti al salotto, dove ancora le risate rieccheggiano serene. Man mano che procede sugli scalini, sempre tenendomi in braccio, sentiamo due voci discutere al piano di sopra, una sembra angosciata, se non in singhiozzi.
Finalmente il mio corpo comincia ad abituarsi al calore di quella casa, e la testa mi gira, facendomi stringere qncora di più al petto di Castiel, raggomitolandomi e chiudendo gli occhi. Arriva in bagno, e girata la chiave nella serratura mi lascia a terra. Mi guarda, dalla testa ai piedi e dai piedi alla testa, con lo sguardo ancora marcato da una profonda disapprovazione.
"Dannazione Kensi! Con tutto quello che potevi fare, tutto quello che potevi rovinare, dovevi proprio sbattere la testa in quel modo?! Ma hai la minima idea di quanto io mi sia preoccupato e lo sia tutt'ora? Hai idea di cosa direbbero e farebbero gli altri?!"
Abbassai la testa, cercando di evitare il contatto con i suoi occhi.
"Kensi…"
Sentii le sue mani fredde afferrarmi il volto, alzarlo alla sua altezza e prima che potessi vedere qualunque cosa, le sue labbra furono prepotenti sulle mie, per poi addolcirsi, baciandomi ripetutamente. Si staccò da me e sospirò, girandosi poi verso lo scaffale vicino allo specchio per prendere cotone e alcool. Tirandosi su le maniche della camicia e spostandomi nuovamente i capelli cominciò a ripulirmi dal sangue che cominciava a coagularsi, andando a pulire ogni angolo del taglio che mi ero procurata. Quando ebbe finito il lavoro fece scorrere le mani su tutto il mio corpo, come per accertarsi che stessi bene. Continuai a guradarlo fare, respirando lentamente e profondamente, per fate scemare il dolore e eliminare le lacrime che mi annebbiavano la vista.
"Tesoro, smetti di guardarmi con quegli occhi, dì qualcosa."
Mi strinsi forte a lui e lasciando scorrere le ultime lacrime gli chiesi sucsa per quello che avevo fatto.
"Dimmi solo che ti é preso…"
"Se non l'avessi difesa probabilmente sarei stata nervosa come non mai, ma non tanto da scapparmene via. Non posso sopportare di vederti con altre, e non perché non mi fidi di te, perché non mi fido di loro. Melody ha dei modi che non mi piacciono e la sua presenza a questa serata, per quanto possiamo andare d'accordo, non mi é piaciuta affatto; non fa parte del nostro gruppo di amici stretti."
"Neppure Nathaniel se é per questo…"
"Sei il solito Castiel, sai bene che Nath é nel gruplo da sempre, certo, potrà non andare d'accordo con tutti, ma é un valido elemento. Fatto stà che deve stare attento a chi si porta appresso."
"Comunque sai bene che non ha fatto nulla di male vero? Stava appunto dividendo me e lui quando sei arrivata."
"Che veda di stare attaccata al ragazzo giusto la prossima volta, non tollererei la cosa una seconda volta. E sappi che in ogni caso ce l'ho anche con te, non mi aspettavo che avresti preso le sue difese, mister "il contatto fisico non fa per me"; non ti sembrava farti così schifo alla fine."
"Kensi, stavo solo cercando di non rovinare la festa di Natale con una delle mie solite storie, e poi saresti arrivata tu in poco tempo; pensavo saresti stata fiera di me."
"Davvero non ti capisco: sai benissimo che sono sempre fiera e orgogliosa di stare con te!"
Strinse la sua presa attorno alla sua vita.
"Volevo solo ripagarti per gli ultimi giorni…"
"Voglio solo che tu sia felice."
Mentre gli afferravo il volto e facevo congiungere le nostre labbra, qualcuno bussò alla porta.
"Un attimo!"
Borbottò il rosso allungando un braccio verso la porta mentre continuava a baciarmi. Fece scattare la serratura staccandosi da me, sussurrandomi poi a pochi centimetri dal volto che mi amava.
Nathaniel si palesò davanti alla porta, decisamente imbarazzato.
"Scusate se…ehm..vi interrompo… Di là c'é Melody che non riesce a darsi pace per quello che é successo, continuo a ripeterle che é tutto ok, ma non vuole darmi retta, potreste venire a dirglielo voi?"
Castiel lo guardò corrucciato.
"Tutto ok tua sorella, ma conoscendola direi che di ok non ha nulla."
La faccia di Nathaniel passò dall'imbarazzato allo scocciato, ma presi subito Castiel per mano interrompendo la silenziosa lotta che si andava formando tra i loro sguardi.
"Certo, non preoccuprati, facci strada."
"Ma tu Kensi come stai?"
"Bene…"
"Bene anche te a tua sorella tesoro, non dopo quello che é successo, ma tanto sei tu a dare ordini."
"Appunto, a entrambi, quindi tu per il momento vedi di smettere di ribattere e tu portami da Melody, prima che cambi idea."
Riinquadrai l'ordine delle cose, rimettendo ognuno al proprio posto.
Quando vidi Melody pensai che il suo stato era forse più pietoso del mio, che fortunatamente non avevo ancora avuto potuto verificare. Teneva gli occhi fissi contro la parete e si stava torturando le mani.
"Melody, Melody guardami, va tutto bene, anzi, scusami per la reazione esagerata é solo che sai, quando a una ragazza piace veramente un ragazzo…"
Avevo deciso che sarei stata carina con lei, ma non potei trattenermi dal buttargli li quella sottile battuta, che ero sicura avrebbe colto al volo. Si girò infatti subito verso la mia direzione, ma dovette accorgersi del taglio in fronte, perché si alzò di scatto e mi venne vicino. Strinsi più forte la mano a Castiel, che ricambiò la stretta come a volermi rassicurare. 
"Kensi, sei sicura che sia tutto ok?"
La sua voce era tornata quella di solito, e nonostante la preoccupazione fosse ben chiara nei suoi occhi anche il volto si ridistese.
"Si, davvero e davvero, scusami per la scenata di prima. Ora te ne prego, tu e Nathaniel tornate giù alla festa, vi raggiungiamo tra un attimo."
Melody e Nath ci lasciarono da soli in quel salottino al secondo piano; mi girai a guardare Castiel.
"Ultimamente sto facendo parecchi sforzi perché tutto vada bene, tra noi e con gli altri; é faticoso, dovresti viziarmi ogni tanto, sai?"
"Dici? Non vedevo l'ora che me lo chiedessi."
E piegandosi in avanti, sostenendo la mia caduta con le braccia, mi baciò intensamente come poche altre volte aveva fatto.
"Non son il tipo da dirlo così tante volte in poco tempo, ma ti amo Kensi."
"Ti amo anche io, Castiel."
Lo baciai leggermente, per poi scendere lentamente le scale, tenendomi il vestito lungo e sorreggendomi alla ringhiera mentre Castiel scendeva le scale dietro di me, studiando attento ogni mio movimento.
"Domattina ti porto a fare una visita dagli infermieri dei miei, mi fa morire di paura non sapere se va tutto bene."
Appena entrammo in sala Rosalya mi fu addosso, cominciando a sparare domande a raffica, senza prendere aria tra una parola e l'altra; poi notò la fronte.
"Ragazza, non sperare di cavartela con un misero "va tutto bene" questa volta!" 


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Capitolo 11
*** Rewind ***


Dopo aver raccontato tutto a Rosalya per filo e per segno, finalmente mi fu concesso di tornare in salotto con gli altri, non dopo essermi sistemata meglio i capelli davanti alla ferita.
Mi venne spontaneo sorridere vedendo che Castiel si era sistemato su una poltroncina circondato da gli altri ragazzi più o meno adagiati sul tappeto. Gli andai incontro, per poi sedermi e lasciarmi andare tra le sue braccia. La serata, tra giochi e chiacchiere scorse rapida, il tempo che ci sfuggiva dalle mani. I più fedeli rimasero fino a notte fonda, erano le tre passate quando io e Castiel ci alzammo dal divanetto e cominciammo a salutare i reduci.
Mentre Castiel finiva di fare il giro della villa per recuperare tutte le nostre cose, mi diressi verso Lysandro, andando ad abbracciarlo.
"Grazie della serata Lys, perfetto come sempre."
"Grazie di essere venuti." 
E mentre mi lasciava un bacio sulla fronte mi trattenne ancora tra le sue braccia.
"Kensi, prima ho visto tutto, sei sicura di stare bene?"
"Ho sbagliato Lys, ho veramente sbagliato, ma sto bene, davvero, solo solo un po' stanca…"
Facendo un cenno con la testa mi lasciò andare da Castiel che nel frattempo si era palesato davanti alla porta, pronto a partire.
Il viaggio in macchina fu veloce e silenzioso fino a quando Castiel parcheggiò deciso al suo appartamento. Senza nemmeno una parola diede per scontato che sarei rimasta a dormire da lui quella notte, e così fu.
Salimmo in casa e la prima cosa che feci fu togliermi i tacchi e appoggiare i piedi sulla moquette, riassaporando il gusto di sentire i piedi al proprio posto.
"Hai deciso che essere stata alta per una sera era troppo?"
"Se vuoi ti metto nel letto i tacchi e dormo sul divano Castiel."
"Vieni qui, scricciolo."
Si avvicinò come per baciarmi, ma sgattaiolai via da lui, dirigendomi in camera mentre facevo scorrere la cerniera del mio vestito.
Lanciai il reggiseno chissà dove e mentre mi mettevo una delle sue magliette Castiel entrò in camera appoggiando la giacca a una sedia e slacciandosi la cravatta.
"E quella maglietta? Neanche più il permesso chiedi?"
"No."
Gli girai intorno, afferrando una spazzola che da chissà quanto era stata abbandonata sulla scrivania, cominciando a pettinarmi i capelli, intrecciandoli poi velocemente.
"Mi passi un elastico tesoro?"
"Ma ti senti?"
"Si, questo elastico?"
Castiel si sfilò l'elastico dal polso, lanciandomelo addosso.
Legai la treccia e passandogli di fianco andai a sedermi sul letto, guardandolo.
Sorrise, trattebebdo una risata.
"Hai finito?"
"Si."
Questa volta rise, avvicinandosi al letto, sedendosi a gambe incrociate davanti a me. Mi sporsi in avanti, appoggiando la fronte alla sua. 
"Non ti ho ancora dato il mio regalo di Natale e vuoi andare a letto?"
"Ma Castiel, io non ho un regalo…"
Mi accorsi in quel momento che avevo avuto così tanto da pensare in quel periodo, tra regali e addobbi che mi ero dimenticata della persona più importante: il mio ragazzo.
"Kensi, mi hai già dato il tuo regalo ieri notte, non potrei chiedere altro. Ora, chiudi gli occhi."
Chiusi gli occhi come mi aveva ordinato e le sue mani furono sulle mie, a portarle avanti, aperte, per poi pasarvici sopra un pacchetto.
Senza aspettare il permesso guardai quello che mi ritrovavo tra le mani, e facendo attenzione a non rovinare il pacco, lo tolsi dalla carta.
Il regalo mi si presentava come una scatoletta di medie dimensioni, liscia, senza disegni o scritte; la aprii e la collana che vi trovai all'interno mi fece sgranare gli occhi.
"Ma Castiel, sei impazzito?"
"Ti piace?"
"É bellissima…"
Si avvicinó e la sollevò dall'incavo della scatola, per poi andare a legarmela al collo; era un ciondolo a forma di K, al quale centro stava un piccolo brillante.
Appena le sue mani si appoggiarono alle mie spalle mi portai istintivamente le mani al collo; in quel momento ebbi come un flash improvviso, e tutto quello che nella mia mente si era smarrito e nascosto riemerse a galla. 
In un solo secondo, tutta la mia relazione con Castiel dal primo momento in cui i suoi occhi incrociarono per la prima volta i miei, quella terribile notte e il viso di quell'orrendo uomo, e infine ancora quello che di Castiel era scomparso, furono nuovamente nei miei ricordi.
Chiusi gli occhi un secondo, tra il sollevato e il confuso, riprendendo fiato, decidendo di tacere, almeno per quella sera, in cui ne avevo già combiante abbastanza.
"Ti amo Castiel!"
"Ti vedo stanca, per cui passiamo alla seconda parte del regalo."
Senza permettermi di ribattere mi porse, a pochi centimetri dal viso, un cofanetto. Guardai lui, e poi la scatolina e senza avere la forza di proferire parola la afferrai, aprendola.
Un semplice ed elegantissimo anello d'argento.
Un suo anello, per me.
Me lo lasciai mettere al dito, per poi lasciarmi cadere all'indietro su quel materasso soffice, risalendo nel letto, sommergendomi di coperte e comprendomi il volto solcato di lacrime. Pochi secondi dopo anche Castiel fu nel letto, e mi raggiunse con la testa sotto le coperte, togliendomi le mani dal viso, baciandomi dolcemente.
"Spero sia abbastanza per ricambiare ciò che fai per me ogni giorno."
"Ti sottovaluti, hai fatto più tu di quello che pensi, posso dirlo con certezza."
Castiel mi guardò con aria incuriosita.
"Tesoro, mi sono ricordata tutto..."
Per un secondo i suoi occhi furono straripanti di gioia per poi riincupirsi; mi strinse forte al suo petto e lasciandomi un bacio sulla fronte spense la luce.
"Ne parliamo domani, ora dormi scricciolo."


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Capitolo 12
*** Cambiamenti ***


Nei giorni immediatamente successivi al Natale Castiel mi lasciò tempo per raccimolare le mie idee e ricomporle, trovare il giusto ordine a quei tanti ricordi che andavano sovrappondosi nella mia testa. Il periodo festivo, per quanto intenso di emozioni, o forse proprio per questo, era stato faticoso, e ci apprestavamo a vivere la fine dell'anno in maniera più leggera.
Avevamo organizzato, con alcuni del gruppo, una piccola gita in una baita in montagna e avevamo tutti un'irrefrenabile voglia di partire.
Castiel, in quei giorni, mentre io preparavo le valige per entrambi, faceva la spola tra casa e ospedale, preso com'era dai suoi genitori; quel pomeriggio, tornato per una doccia, si fermò più del solito.
"Kensi, dovremmo parlare dei tuoi ricordi, prima di partire…"
Annuii leggermante con la testa, mentre la mia bocca si piegava in un broncio.
"Però vorrei che adesso lasciassi stare gli armadi, le valige e le pulizie e venissi in ospedale con me. Dobbiamo parlare di diverse cose."
Si era fatto serio tutto all'improvviso, e pensando che fosse successo qualcosa di serio scattai in piedi, appoggiandogli le mani al petto.
"Castiel?!"
Mi afferrò le mani, stringendole tra le sue e tirandomi più vicina.
"Non é successo nulla di grave, stai tranquilla, vorrei solo che ci fossi anche tu, per diversi motivi… Quando sei pronta dimmelo, vado a bere qualcosa."
Mi lasciò in camera, dove cominciai la frenetica ricerca a qualcosa che potesse migliorare il mio abbigliamento del tutto casalingo. Sul letto avevo sparso diverse cose, pronte ad essere messe in valigia, e mentre i miei occhi vagavano per ogni dove lo sguardo mi cadde su un regalo di Rosalya: forse la prima cosa non in pelle che mi regalava. Afferrai il cardigan e uscii dalla stanza mentre mi slegavo i capelli, passandovi le mani attraverso; raggiunsi Castiel in cucina e ringraziai mentalmente che avesse preparato del caffé anche per me. Finimmo di bere e decidemmo, muniti di cappotti e sciarpe, di raggiungere l'ospadale a piedi, nel panorama imbiancato che ancora la città offriva.
Arrivammo in ospedale e rispettando il silenzio del luogo raggiungemmo la stanza dei genitori di Castiel; mi chiese di rimanere fuori qualche secondo, per potergli parlare un attimo, e tornò subito a prendermi.
Non avevo fatto visita ai suoi genitori dalla mattina di Natale, in cui ero rimasta per la maggior parte del tempo in disparte ad osservarli, ad ammirare il mio Castiel che ricominciava a sorridere. Quando entrai nella camera venni accolta da un radioso sorriso da parte di sua madre, che portava i suoi anni splendidamente; la prima volta che la vidi mi venne istantaneo sorridere accorgendomi che le punte dei suoi lunghi capelli scuri erano dello stesso rosso acceso di Castiel.
La sedia in camera era una sola, e invitai Castiel a sedersi per primo per potermi sedere sulle sue ginocchia, ma mi lasciò il posto, prendendo posto dietro di me, tenendomi per le spalle.
Le sue mani erano fredde e tremavano leggermente, mentre lo sguardo dei suoi parenti si faceva quasi impaziente; non sapevo a chi avrei dovuto prestare attenzione.
"Chi dovrei guardare?"
Mi sentivo come circondata da fuoco nemico, completamente in trappola.
"Così non va bene."
Il contatto con la pelle di Castiel svaní e me lo ritrovai di fronte, lontano da entrambi i letti e da me.
Prese vistosamente fiato e cominciò a parlare cercando di non riflettere troppo.
"Kensi, mamma e papà mi hanno comprato una casetta a un isolato dal nostro quartiere, più vicino al centro; mi trasferisco…"
Il volto dei genitori di Castiel ora si era fatto più radioso.
"Tesoro, vai avanti, non tenerla così sulle spine!"
Guardai sua madre, che mi sorrise, invitandomi a rigirarmi verso di lui.
"Veramente non mi avrebbero comprato una casa se la cosa non fosse stata un po' più seria di così… Kensi, verresti a vivere con me?"
Chiusi gli occhi un secondo, passandomi entrambe le mano tra i capelli, respirando a fondo e assaporando questa novità del tutto inaspettata. Non mi ero mai nemmeno posta l'interrogativo di una possibile convivenza, visto la scarsissima distanza dei nostri appartamenti; eppure lui l'aveva fatto e me lo stava anche chiedendo.
Prima di rispondere mi presi un momento per riflettere, per non dare risposte affrettate.
"Castiel, io sono ancora minorenne…"
"Ma per poco! Non sarebbe così grave! E poi ti ho portato qui anche per questo. Mamma, papà, so che non dirvi nulla fino ad adesso non sia stata una grande cosa, ma a inizio anno sarete dimessi dall'ospedale. Dovrete comunque essere sorvegliati, se vogliamo dire così, quindi avevo pensato che forse sareste potuti stare un po' a casa con noi, sempre se Kensi accetterà..."
"Cara ci puoi lasciare un secondo?"
Sorrisi uscendo dalla stanza, senza dire nulla.
Aspettai qualche minuto e finalmente la porta si aprí; uscì Castiel, mentre dall'interno i suoi mi salutavano, felici.
"Andiamo a casa Kensi, sono stanco, ne parliamo poi."
Stavamo camminando mano nella mano lungo la strada innevata quando mi venne spontaneo porre una domanda.
"Cosa significa 'andiamo a casa'? Dove andiamo? Da me, da te, ognuno nel proprio appartamento? Cosa?"
"Vieni un attimo da me, così ti staccherai dal preparare quelle valige, poi sarai libera di fare quello che vorrai."
Sembrava alterato, cercai di buttarla sul ridere.
"Mi allontaneró dalle mie, ma chi ti dice che non farò le tue di valige?"
"Nel mio armadio troverai poco e niente, sto preparando tutto, che tu accetti o meno io mi trasferisco Kensi. Ma ne parliamo a casa, vieni."
Accelerò il passo, tirandomi dietro di lui.
Quando salimmo in casa si tolse il giubbotto e prese dalla cassettiera una sigaretta, per poi accendersela e inspirare a fondo.
Si lasció cadere all'indietro, sul divano, mentre espirava una consistente nuvola di fumo.
"Castiel, va tutto bene?"
"Sono stressato Kensi, dannatamente stressato. Ho bisogno delle nostre vacanze, e più di tutto ho bisogno che al ritorno dalle vacanze tu stia con me."
"Non sarebbe legale…"
"Non mi interessa quello che si può o non si può fare! Tu, tu verresti?"
"Verrei, sempre."
"E allora il problema non si pone, i miei chiameranno tua zia, si metteranno d'accordo, e al nostro ritorno sapremo il verdetto."
Sorrisi e cercai di non ribattere, chissà cosa avrebbe combianto mia zia; conoscendola avrebbe accettato a strane condizioni.

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Capitolo 13
*** Baita in montagna ***


Quella mattina ci svegliamo a casa di Lys, dove eravamo rimasti tutti a dormire per poter partire di buon'ora. Appena tutti fummo pronti uscimmo di casa, e caricate le valigie nelle due macchine decidemmo come dividerci per il viaggio. Castiel, che non sarebbe riuscito a stare fermo senza fare nulla per più di 5 minuti, si diresse verso la sua macchina e, spegnendosi la sigaretta, salì alla guida.
"A questo punto mi pare chiaro che io debba andare in là."
Sorrisi agli altri, e avvicinata alla macchina, li guardai speranzosa. Ben presto sentii gli sportelli posteriori aprirsi e le teste di Alexy e Iris fecero capolino in macchina.
"Contenta piccola?"
Castel sorrise e voltandosi indietro si rivolse ad Alexy.
"Ah, così sali nella MIA macchina per fare avance alla MIA ragazza?"
Fece cenno dal finestrino a Lys di partire e mi guardò sorridendo.
"Beh, amore, non lo sai che ti tradisco con lui da sempre?"
All'improvviso Iris, ancora parzialmente addormentata, si ridestò.
"Ma…ma come? Tu non sei gay?!"
Scoppiammo tutti in una risata fragorosa, Castiel compreso, e Alexy, dopo essersi asciugato le lacrime passò un  raccio intorno alle spalle di Iris.
"Piccola, piccola Iris. Sono semore gay, ma per la nostra Kensi…"
E prima ancora di poter finire la frase ricominciò a ridere.
Passò quindi così il viaggio, tra risate, battute e sonnecchiamenti.
Eravamo tutti addormentati quando Castiel, dopo aver guidato per quattro ore, mi strinse la mano, che tenevo attaccata alla sua, appoggiata sul cambio.
"Amore, svegliati e svegliamo gli altri. Dobbiamo andare."
E mentre lo diceva si allungò verso di me, baciandomi la guancia, facendo scivolare qualche bacio fino al collo.
"Piccioncini, noi qua dietro siamo già svegli da un pezzo!"
Scattai in avanti aprendo gli occhi.
"Alexy il tatto! Potevi dirlo prima!"
Io andavo completamente a fuoco e Castiel, le gote leggermente arrossate si alzò uscendo dalla macchina.
"Alexy, me la paghi."
Il ragazzo aprí lo sportello ancora ridendo; io e Iris fummo le ultime a scendere dalla macchina, raggiungendo poi tutti gli altri, che si erano radunati fuori dal parcheggio.
"Adesso, vogliamo andare o dobbiamo stare quà fuori?"
"Io concordo con Kim. Ci diamo una mossa o rimaniamo qui al freddo?"
Guardai Rosalya e mi venne automaticamente da sorridere; pur sapendo di andare in montagna non aveva potuto fare a meno di indossare le calze.
Lysandro, pacato come al solito guardò l'ora.
"La seggiovia dovrebbe arrivare tra poco…"
Mi avvicinai a Castiel e gli sussurrai all'orecchio.
"Si può sapere dove accidenti ci state portando? Perché tu, Lys e Leight non potevate condividere qualche notizia in più?"
"Ti stai agitando Kensi?"
"Sono ansiosa, lo sai…"
"Fidati, ti piacerà!"
In quel momento arrivò la seggiovia e un primo gruppo di noi si fece avanti. Mi stavo portando avanti quando Castiel mi afferrò la mano e mi tirò nuovamente indietro.
"Ehi, dove fuggi?"
"Voglio andare a vedere dove ci portate prr questa vacanza!"
"Abbi pazienza!"
E la pazienza fu ripagata già dal solo viaggio in seggiovia; il panorama innevato circondava tutto e il bianco faceva da padrone.
Quando scendemmo dalla seggiovia camminammo per un certo momento affondati nella neve fino alle caviglie.
Raggiungemmo gli altri di fronte alla baita; rimasi sbalordita.
Era immensa, interamente costruita di legno e dalle finestre si poteva già intravedere che qualcuno ci aveva preceduto a preparare tutto.
Aprimmo la porta e subito fummo investiti da un'aria calda e un intenso profumo di legna scoppiettante.
Rimasi un po' incantata davanti alla porta, come del resto tutti gli altri, quando d'un tratto Rosalya mi tirò dentro, cercando a tentativi il salotto, sedendosi di botto davanti al fuoco.
"Tu. Dormi con me."
"Buongiorno anche a te, Rosa!"
"Oh, non fare storie! Puoi dormire sempre con lui!"
"Ma io non ho detto nulla!"
"Ti conosco Kensi, più tu delle mie doti cucitrici! Non fare quel muso!"
"Rosa, non sto facendo nessun muso! Pensavo solo che avresti dormito con Leight…"
"Qualche volta potrebbe succedere, allora saresti autorizzata a spalmarti sul tuo bel rosso."
"Ma Rosalya!"
"Oh, smettila, lo sappiamo tutti! Andiamo a cercare una camera!"
E mentre mi tirava in giro con lei fummo bloccate proprio da Leight, Lysandro e Castiel.
"Dove state andando?"
"Cerchiamo le camere, giusto prima che Castiel me la rubi da sotto il naso!"
"Ah si, é così? Allora dormirò strettamente abbracciato al tuo ragazzo, si."
"Fai pure, so della convintissima eterosessualità di Leight, io non ho problemi."
Castiel stava per risponderle in cagnesco quando Lys li interruppe.
"Giorni pari e dispari?"
"Comincio io però!"
"L'hai detto Rosalya."
"Si, l'ho detto! Vuoi litigare per caso?"
"No ragazzina, ti ringrazio invece. Stiamo qui giorni pari."
E se ne andò sorridendo verso il soggiorno, raggiungendo gli altri, lasciandomi prima un bacio sui capelli.
"Allora vi lasciamo andare a scegliere una camera per i vostri giorni dispari…"
"Le porto di sopra io Lys, comincio a portare delle valigie nel frattempo. Per noi prendo una camera da tre?"
"Se la trovi si, ma andrà bene di tutto Leight."
I due fratelli si sorrisero e Rosalya corse impaziente su per le scale, mentre Lysandro si allontanava.
"Leight, amore, noi andiamo già su, ok?"
"Non combinare pasticci!"
"Quando mai caro?"
Leight nemmeno rispose e tornò all'ingresso a prendere qualche valigia. Tempo per lui di salire che io e Rosa avevamo già scelto dove installarci e stavamo già riscendendo a prendere le nostre cose.
I due letti erano separati, ma avvicinati al limite dell'impossibile, tanto da sembrarne uno solo; il materasso aveca un'aria terribilmente morbida e mentre Rosalya già sistemava le sue "poche cose necessarie per una vacanzina" nell'armadio, mi ci buttai sopra, sospirando.
"Kensi, tu mi stai nascondendo qualcosa. O é successo qualcosa o io tutto d'un tratto ti sto estrememante antipatica! E la mia autostima mi impedisce di credere all'ultima opzione, tanto quanto tengo alla nostra amicizia! Vuota il sacco."
"Ti avevo raccontato dei genitori di Castiel, no? Bene, dopo essere piombati così nelle nostre vite, e per carità mi fa estramamente piacere, ed essersi presi tutte le attenzioni che Castiel potesse rivolgere a qualcuno nell'arco di una giornata intera, gli hanno comprato una casa tutta sua. Ad un isolato dai nostri appartamenti. Castiel mi ha chiesto di andare a vivere con lui."
"E questo é un problema? Lui to vuole! Ti vuole con sé ventiquattr'ore su ventiquattro!"
"Non posso andarmene di casa senza il permesso! Ti ricordo che sono ancora minorenne…"
"Ma per poco Kensi! É una cosa fantastica, non vedo perché dovresti reagire così!"
"RAGAZZE, SCENDETE!"
La voce di Alexy si faceva sentire ovunque.
Corremmo giù per le scale e raggiungemmo gli altri al caldo davanti al fuoco.
Alexy, entusiata, stese un foglio sulla moquette.
"Leight ha fatto un giro di ricongnizione nelle camere, e questo é il piano che ho stilato! Le camere disponibili sono quattro, tre doppie e una triple:  io e Armin dormiremo insieme, così come Rosa e Kim e Kensi con Rosa; Castiel, Lysandro e Leight dormiranno insieme, tranne quando le due signorine avranno bisogno di presenze maschili al loro fianco."
Io e Rosalya, rosse in viso, strillammo subito, mentre i ragazzi arrossivano leggermente, mantenendo il loro imoassibile contegno.
"So che mi amate ragazze, e so anche che vorreste domire tutte con me, ma abbiamo dovuto trovare un compromesso…"
Sussurrò nella nostra direzione, indicando i ragazzi dietro di lui.
"Ma se quando siete con loro dovesse esserci troppo spazio a letto io sono sempre disponibile!"
"ALEXY!"
"Dimmi Castiel."
Il rosso sbuffò visibilmente, trattenendosi per non rispondere.
"Non posso farci nulla se la tua ragazza ha ottimi gusti!"

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Capitolo 14
*** Prime volte ***


Mi svegliai accanto a Rosalya, che mi aveva gentilmente tirato più di una manata nel corso della notte.
Il sonno, complice il luogo estraneo e una presenza diversa da quella di Castiel era stata agitato: non potevo dormire in altri letti se non il mio.
Scesi dal letto, cercando le pantofole sul tappeto; avvolta in un maglione e zampettai fuori dalla camera, fino al bagno.
La porta era chiusa, ma per evitare inconvenienti bussai, nel mentre guardai il mi orologio: erano le 8.30.
La porta si aprí pochi secondi dopo, e mi trovai di fronte Castiel a petto nudo.
"Io, ehm, niente."
Lo vidi sorridere un attimo prima che mi tirasse dentro al bagno, richiudendo la porta alle mie spalle.
"Buongiorno piccola."
"Buongiorno…"
Rimasi imbambolata contro il suo petto, che nonstante il freddo che impregnava l'aria rimaneva caldo, accogliente.
"Primo giorno dispari andato, come hai dormito?"
"Male, sai che non riesco a dormire se non sono nel mio letto."
"Un bagno caldo potrebbe aiutare?"
"Potrebbe, ma..."
"Kensi, fidati di me, ti supplico."
Nel giro di pochi minuti eravamo immersi uno di fronte all'altro nella vasca, immersi fino al viso nell'acqua bollente.
"Ci voleva proprio, grazie amore."
"Piccola, verrai via con me, vero?"
Rimango zitta un secondo, e abbasso la testa, distogliendo lo sguardo.
"Io… Vedrai, la zia darà il permesso…"
Si sporse verso di me, baciandomi leggermente a stampo.
"Ti amo."
Allungò un braccio e dopo aver afferrato un telo uscí dalla vasca, poco dopo lo seguii anche io.
Si stava asciugando, quando mi resi conto di non aver portato nulla da mettermi ed imprecai ad alta voce.
"Che hai fatto?"
"Dovrò rimettere il pigiama, non ho portato nulla."
"Tieni questo."
Mi passò il suo maglione; rimasi a guardarlo per un po', poi lo accettai senza troppi complimenti.
Finii di asciugarmi e mi rimisi calzini e mutande, per poi infilare il suo maglione, che mi arrivava a metà coscia.
"Prude Castiel."
Tempo di girarmi che lui aveva indossato dei jeans scuri e una T-shirt attillata.
Si passava un asciugamano tra i capelli.
"Perché non hai nulla sotto, é normale."
"É insopportabile!"
"Non esagerare Kensi…"
"Castiel sono senza reggiseno, é insopportabile!"
"Oh…"
Uscii dal bagno, senza una sola parola e scesi in salotto, sedendomi sul tappeto, davanti al camino spento.
Poco dopo sentii i passi di Castiel alle mie spalle camminare verso la cucina: fu di ritorno quasi subito, si appoggiò a darmi un bacio sulla fronte, per poi dirmi che aveva preparato del caffè anche per me.
Mi alzai controvoglia e mi diressi in cucina, bevendo la mia tazza, mangiando un biscotto trovato nella credenza, per poi tornare in salotto.
Castiel stava accendendo il fuoco.
"Ti prepari ad essere l'uomo di casa per quando saremo soli io e te?"
Sapevo che una battuta del genere avrebbe risollevato il suo morale; ogni volta che si parlava di vivere insieme e io rimanevo vaga, lui si incupiva.
Si volse nella mia direzione con un sorriso stampato in faccia, mentre il fuoco dietro di lui cominciava a prendere. Venne nella mia direzione, mi avvolse con un braccio e mi portò sul divano.
"Vuoi guardare un film, fare qualcosa?"
"Siamo gli unici svegli?"
"Considerando il fatto che siamo in vacanza e che é veramente presto direi di si…"
"Allora ci riposiamo un altro po'?"
Mi allungai sul divano, e lui fece lo stesso, avvicinandomi al suo petto, stringendomi a sé. Con il suo respiro tra i capelli mi riaddormentai in un attimo, passando un sonno decisamente migliore del precedente, ristoratore.
Venimmo svegliati da un tremndo frastuono e molte voci, più di quelle conosciute. Spalancai gli occhi contro il petto di Castiel e mi tirai su, rimanendo avvolta nella coperta. La TV era accesa, ma in salotto non era rimasto nessuno; un gran vociare proveniva dalla cucina. Afferrai il telecomando da terra e spensi la TV, riuscendo a isolare le voci dei miei compagni. Doveva essere successo qualcosa, controvoglia mi misi a sedere, per poi riabbassarmi su Castiel, che ancora rimaneva sdraiato, baciarlo e andarmene in cucina.
Quando mi affacciai all'uscio non vidi nulla, se non tutti radunati in cerchio nel mezzo della stanza.
"Che é successo?!"
"Oh, salve piccoletta!"
Kim fu la prima a voltarsi, pareva irritata, aveva la stessa espressione di quando Nathaniel cercava di spiegarle geometria.
"Bella addormentata, stai davvero andando in giro seminuda, con un solo maglione adosso?"
Alexy mi guardava sorridente, una scintilla più che conosciuta negli occhi.
"Zitto tu, stupido. Mi volete dire cosa é successo?"
"Un piatto, a terra."
Rosalya fu telegrafica.
"Con il pranzo dentro. Tutto il sugo andato sprecato."
Mi fecero spazio in quel cerchio: non credevo ai miei occhi, un disastro. Cocci ovunque, oer non parlare degli schizzi di sugo che erano volati addirittura sui mobili.
"Ci sarà del lavoro da fare… Parecchio."
Armin che fino ad allora era rimasto più zitto del solito mi guardò dirtto negli occhi, mortificato.
"Kensi, credi che si potrà risolvere?"
"Posso mettermici all'opera, ma ho bisogno che Rosa mi vada a orendere dei vestiti, e che qualcuno prenda un secchio e degli stracci. Per il pranzo mi servirebbe Castiel…"
Parli del diavolo e spuntano le corna, Castiel aveva fatto la sua trionfale entrata, la maglietta stropicciata, i capelli legati in un codino, e alcuni stracci tra le mani.
"Fuori tutti dalla cucina, ci pensiamo noi."
Mi si avvicinò, e prendendomi per il fianco sorrise, mentre gli altri abbandonavano la stanza.
Quella fu la prima volta che cucinammo insieme e a dirla tutta, credo che fosse anche la prima volta che Castiel si metteva a pulire di sua spontanea volontà il pasticcio combinato da altri.
Riuscimmo a portare in tavola tutto per l'ora di pranzo; vista la scarsità di sugo nelle dispense, direttamente proporzionale alla sua presenza sul pavimento, servimmo pasta al formaggio.
Odiavo e odio il formaggio, ma fu il massimo che riuscimmo a fare, mentre ancora tutti si colpevolizzavano per l'accaduto.
Dopo pranzo, quel pomeriggio Lys ci portò a sciare. Fu un disastro totale, forse più del sugo rovesciato a terra. Rosalya e Leight, con la scusa della spesa, scapparono prima di arrivare ad alta quota, Iris inciampò all'uscita di casa, e dopo aver urlato dal dispiacere si decise a rimanere alla baita. Armin era stato costretto da Alexy, che era entusiasta, così come Kim. Lys sorrideva come poche altre volte lo avevo visto fare, mi disse che andare a sciare per lui era come una sorta di ricorrenza. Io avevo sciato qualche volta, ma non mi era mai piaciuto troppo.
Castiel rimase taciturno per tutto il viaggio, solo arrivati all'impianto capii perché.
"Kensi, vieni con me, vero?"
"Fammi prima mettere la tuta, poi vediamo cosa fare."
Quando tornai dall'essermi cambiata Castiel mi aspettava, sorridendo, con due snowboard sottobraccio.
"Pronta?"
"Castiel, non ho idea di come si faccia, non l'ho mai fatto."
"Ancora una volta, amore, ti fidi di me?"
Lo guardai negli occhi, occhi che brillavano, che ci speravano davvero, erano forse, dopo tante preoccupazioni, felici.
Lo presi per mano e mi lasciai condurre fuori, sulla neve fresca, e dopo varie spiegazioni cominciammo a scendere per il pendio.
Mentre i nostri amici sciavano con tranquillità, io finivo più e più volte a terra, volando giù per la discesa, sempre seguita da Castiel, che finiva a rotolarsi nella neve con me.
Sfiniti, al primo calar della notte, tornammo alla baita, dove Rosa e Light ci avevano fatto trovare un buon pasto già pronto.
Ci scaldammo al fuoco, davanti al camino, raccontando avvenimenti passati e sorseggiando cioccolata calda con marshmellow fino a tarda notte.
"Un po' come quella volta che persi il goniometro prima della 'lezione' con Nath. Il vero problema é che era stato tutto il giorno nel mio armadietto! Credo che oltre a Lys, un fantasma nella nostra scuola ci sia veramente!"
"Kim, non puoi parlarne qui, sai che il nostro caro Lys perde sempre i suoi quaderni; ormai anche i prof sanno che non é una scusa!"
Alexy prese a ridere della sua stessa battuta coinvolgendo tutti gli altri.
Dopo essere stato a lungo zitto, anche Castiel decise di unirsi al gruppo.
"Ma la vera domanda é: dove andreste se Kensi non trovasse tutto quello che perdete?"
Mi passò una mano tra i capelli, e mi adagiai ancora di più sulla sua spalla, beandomi di quel tocco così delicato.
Lysandro ci guardava teneramente.
"É davvero bello vedervi così uniti, sul serio."
Sorrise imbarazzato. Leight, giustamente intervenne.
"Posso chiederti cosa é successo perché ti dimenticassi di lui e come hai fatto a ricordare?"
Era la prima volt che qualcuno me lo chiedeva direttamente, eppure pensavo che tutti sapessero come era andata la faccenda…
Non ne avevo mai parlato, almeno non ad alta voce, non a qualcun altro.
"Io, ehm…"
Castiel mi strinse il braccio, si avvicinó al mio viso, mi diede un bacio sulle tempie e sussurrò al mio orecchio.
"Non sei obbligata a farlo…"
Annuii, poi scossi la testa, deglutii a fatica.
"Di quella sera ricordo poche cose. Ero uscita per cercare Castiel, mi ero allontanata parecchio da casa. Un uomo, in un vicolo, mi girai in un attimo e mi fu addosso. Cercai di liberarmene. Le sue mani erano ovunque sul mio corpo, forse questo mi fece ribellare. Gli tirai uno schiaffo, e poi con uno strattone corsi via. Le lacrime mi appannavano la vista, ma continuavo a correre, senza nemmeno guardare la strada; andai a sbattere contro qualcosa, Castiel fu l'ultima cosa che vidi prima di svenire. E beh, la prima cosa a ricordare, anche se ancora non mi spiego molte cose. Non so come abbia fatto a ricordare, ma ancora di più, non riesco a capire come lo svenimento mi abbia potuto strappare ogni ricordo. Ma ringrazio sempre di aver ricordato tutto, specialmente voi."  
Leight mi sorrise, e un secondo più tardi Rosalya mi fu addosso, facendomi cadere all'indietro sul tappeto.
"Quanto mi saresti mancata, dannazione!"
Quella sera fu la prima della nostra vacanza che passai a letto con Castiel. Tra le sue braccia mi sentivo a casa, il posto giusto per me, ovunque fossi, era lui.
"Buonanotte, ti amo piccola."
Un ultimo bacio per quella notte, una sorta di promessa per il tempo a venire.

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Capitolo 15
*** Aspettative ***


Tornammo da quelle favolose vacanze il secondo del nuovo anno. Avevamo riso, giocato, scherzato, combinato pasticci, bisticciato, ma alla fine, come sempre, eravamo rimasti uniti.
E ancora più uniti fummo io e Castiel, quando mia zia, al nostro ritorno, fece la sua comparsa nel mio appartamento.
"Kensi, cara, devo parlarti."
Disse con faccia seria, le mani strette sui fianchi.
Io mi sedetti sul divano, annuendo, Castiel rimase in piedi, teso, le braccia incrociate e i pugni serrati.
"Sono rimasta vario tempo, mentre eravate via, con i genitori del tuo ragazzo. Credo siano persone favolose, ma che ancora hanno bisogno di sostegno per riprendersi del tutto dal loro incidente. Pertanto credo sia bene che Castiel si trasferisca, dopotutto quella é casa sua, ora."
Quel 'sua' alle orecchie di Castiel parve una condanna; in fretta prese il pacchetto di sigarette che teneva in tasca e se ne porse una alle labbra. Trattenni il fiato, notavo negli occhi della zia che nascondeva qualcosa. Con un cenno della testa la invitai a proseguire.
"Però, sebbene sia restia, non sei ancora maggiorenne, ricordatelo, ho pensato che dovresti stare con lui. Dovresti supportarlo più che puoi, specialmente in un momento così difficile. Ma ho delle condizioni. Lascerai questo appartamento tra un mese, non subito, come invece invito Castiel a fare. E soprattutto, tornerai a casa, a casa mia, se il tuo voto d'uscita non sarà soddisfacente. Mi aspetto molto da te. Non ti sarà permesso di deludermi, non sarò la solita sbadata."
~~~~
E così, a meno di un mese dal mio compleanno, ed esattamente un mese dopo il nostro ritorno, con i bagagli alla mano, sto lasciando il mio buco di appartamento, che mi stava sembrando sempre più stretto e isolato, dopo la partenza di Castiel.
Lui mi sta aspettando in strada, in macchina, con il motore acceso.
É forse più impaziente di me, ha fatto le scale tre volte, e di corsa, portando più di due sacche alla volta, e caricandole in macchina, in un ordine stratosferico, sfruttando ogni minimo spazio.
Mi guardo attorno, sul pianerottolo, prima di inserire la chiave nella toppa e chiudermela alle spalle.
Mi sto lascando dietro tante cose, sepour in cosi poco tempo.
Da quella casa avevo ripreso a vivere, se così possiamo dire, da quella casa avevo sentito Castiel suonare, e ritrovato poi in casa mia senza preavviso. Lì avevo saputo la verità, quello che mi era successo; lì avevo riabbracciato Castiel con una nuova consapevolezza.
Respiro profondamente prima di posare il piede sul primo scalino. Mi accorgo di stare trattenendo il fiato solo quando sono a metà delle scale: vedo Castiel davanti al portone, che tamburella il piede a terra, senza un oreciso ritmo, rapidamente e neanche troppo delicatamente.
"Sei pronta?"
"Si, mi sono assicurata di aver preso tutto, e ho chiuso bene ogni luce, il gas e poi la porta."
"Dammi qui queste borse, che le carico in macchina."
Le prende dalle mie mani, senza tanti complimenti; io, nel frattempo, salgo in auto.
Porto istintivamente una mano alla tasca del cappotto. Se non avessi ricontrollato tutto, da cima a fondo, avrei perso qualcosa di molto importante. La foto, la famosa foto che mi aveva fatto svenire, che mi aveva fatto ricordare di lui, e di tutto il resto.
Mi chiedo ancora tante cose, ma adesso come adesso, ora che ancora una volta sto voltando pagina, stringo tra le mani quella foto, in un parco, sotto i petali di ciliegio, in cui Castiel sorride spensierato, mentre io gli salto addosso.
Passo una mano tra i capelli, che da quella foto ho tagliato drasticamente, anche se ora, ricresciuti, toccano le spalle.
Castiel sale in macchina, e si allaccia la cintura, appoggia le mani sul volante e lascia andare un profondo sospiro.
Sento che vorrebbe dire qualcosa, ma non lo fa: si gira nella mia direzione, si avvicina, e mi stampa un bacio in fronte, senza una sola parola.
Poi mette in moto, e man mano che il contakilometri scorre, sento il mio passato scivolarmi addosso, e il futuro investirmi completamente.
Questa volta, però, sono davvero al suo fianco.

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Capitolo 16
*** Reset, play! ***


Castiel mi precede ed apre la porta, per poi lasciarmi lì, davanti all'entrata, mentre lui scarica le valige dalla macchina.
Respiro, respiro a fondo poi mi decido a fare un passo avanti.
Tutto questo timore dovrà presto sparire, ora é casa mia. Casa nostra, e forse é questo che mi spaventa. Nemmeno maggiorenne e già accasata. Con un ragazzo. Il ragazzo giusto? Spero di non averne mai dubbi.
Fatto il primo passo tutto é più semplice. Appoggio la borsa sulla cassettiera che sta nello stretto corridoio, mi sfilo con i piedi le scarpe, come sono solita fare, e appoggiata la pianta del piede a terra, allargo le dita per sentire, anche attraverso i calzini, la morbida moquette.
Mi guardo un po' intorno: o Castiel ha davvero buon gusto ad arredare, o i suoi ci hanno messo lo zampino. Ci sono quadri alle pareti, piante e fiori quà e là. I colori sono tutti abbinato tra loro, ogni stanza la sua gradazione cromatica. Mi affaccio in cucina, ispeziono i bagni; dal piano di sopra, all'improvviso, scende la madre di Castiel.
Non l'avevo mai vista fuori dall'ospedale, e vederla in piedi, rinvigorita, comoda nei suoi abiti e leggermente truccata mi fa uno strano effetto. Sembra una ragazzina.
"Buongiorno piccola!"
"Buongiorno Valeria."
Sorrido, cercando di nascondere il disagio.
"Gianluigi é rimasto di sopra, lo chiamo cosi potrà darti il benvenuto."
Si gira e comincia a risalire le scale.
"No! No, lasci stare, va bene così, ci vedremo più tardi. Tanto adesso sono qui…"
Abbasso leggermente la voce.
I genitori del mio ragazzo mi pongono addosso un tale sconforto!
"Dimmi cara, Castiel dov'è?"
"Qui mamma, lasciala stare un po' dai, vai a fare qualcos'altro."
La voce di Castiel é dura, marcata, non ammette repliche. Sua mamma mi sorride, benevola e si dilegua su per le scale, solo allora Castiel distoglie lo sguardo, concentrandolo su di me.
"Ci sono alcune cose che però devi sapere. Finché i miei saranno qui la vita non sarà tutta rose e fiori; ancora una, forse due settimane. In questo periodo di tempo ti dovrai sistemare nella stanza degli ospiti, da cui ora sposterò le mie cose. Non c'é abbastanza spazio per tutti…"
"Non credo che le tue cose prendano così tanto spazio, puoi lasciarle dove sono, anche perché non credo che in questo primo momento mi limiterò a stare a dormire. Ficcherò il naso ovunque, aspettatelo."
"Intendevo dire che dovrò dormire da qualche altra parte, il letto é veramente stretto, ci sto a malapena io."
Mi guarda con occhi pietosi, velati da un qualche cosa che pare… tristezza? Più che un letto stretto nei suoi occhi vedo che a stargli stretta é la presenza dei suoi genitori.
Ho imparato a capire che li ama, li ama davvero nonostante quello che possa apparire a primo impatto dall'esterno, ma Castiel rimarrà sempre Castiel, e da autosufficiente quale é, non sopporta la presenza di altre persone nella sua vita.
Mi chiedo ancora, molto spesso, come faccia a sopportare me.
Sto per aprire la bocca, mentre ancora il filtro lingua-cervello non é connesso, quando i suoi genitori ci sorprendono in contropiede.
"Castiel, non porti la tua ragazza a sistemarsi?"
"Dove credi che debba sistemarla papà? Sul pavimento?! Abbiamo bisogno di stare un attimo da soli!"
"Queste esigenze giovanili!"
Valeria sorride e mi fa l'occhiolino, Castiel si fa scuro in volto e stringe i pugni, fino a far sbiancare le nocche. Prontamente gli afferro una mano, e sorrido ai suoi.
"Mi stava proprio portando di sopra a sistemare le mie cose, avevo solo bisogno di… un bicchier d'acqua! Se volete scusarci…"
Comincio a muovermi senza lasciargli andare la mano, e lui mi segue senza replicare. Poco dopo i suoi passi prendono il sopravvento sui miei e prendono a guidarmi, sicuri, verso quella che deve essere la stanza degli ospiti.
"Credo di non potercela fare più, da quando ci siamo trasferiti qui non fanno altro che starmi addosso!"
"Devono essere così felici di poter stare un po' con te…"
"E anche io sono felice di vederli Kensi, ma così, così é troppo!"
"Amore, passerà presto…"
"Sono assillanti! Mi sveglio la mattina e loro sono li, torno a casa da scuola e mi stanno aspettando davanti alla porta, non sono ancora riuscito a fare una tranquilla passeggiata con Demon, ogni volta che esco con lui finiscono per chiamarmi al cellulare!"
Lo vedo stanco, spossato, quasi distrutto; non ne può davvero più.
"Ma a proposito, il cucciolone dov'é?"
"Se non si sono accorti che l'ho fatto entrare poco fa, dovrebbe essere qua in giro."
"Castiel, Demon non é esattamente un cagnolino, come potrebbero non essersene accorti?"
"Non lo so, hai ragione, non ci sto più dentro. DEMON!"
Poco dopo Demon arriva trotterellando, felice e fresco di toilettatura.
Mi siedo sul bordo del letto e Castiel fa lo stesso, accarezzando il suo cane, cosa che lo rilassa visibilmente: la mascella di distende, gli occhi hanno una nuova luce, le spalle si abbassano e la schiena si inarca leggermente; non é più sull'attenti, sul chi va là. Ora sorride, sembra un bambino. Forse é quello che é diventato anche per quella fanciullezza che non ha potuti vivere, che gli é stata privata a causa del lavoro dei suoi genitori. Il suo unico compagno di una vita, Demon, ha ancora su di lui lo stesso effetto; Demon é l'anello di congiunzione tra il mio Castiel bambino, e l'odierno rosso, scorbutico e solitario.
É possibile riportare un po' di amore verso i suoi genitori, in quel cuore aperto solo a me?

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Capitolo 17
*** Kid? ***


La prima settimana all'interno della nuova casa é trascorsa all'insegna del disagio, della scomodità e degli urli di Castiel. Oggi i suoi genitori hanno cominciato a fare le valigie, li sento percorrere le scale e sbattere le ante degli armadi dalla mia minuscola stanza degli ospiti. Deve essere davvero presto quando Castiel entra nella camera, senza bussare, buttandosi senza una parola sopra di me. Prendo ad accarezzargli i capelli sulla nuca e a fargli grattini sul collo. Lo adora, e si rilassa decisamente.
"Se ne vanno."
Sembra sgonfiarsi, liberato di un peso, alleggerito di una zavorra.
Poi, d'un tratto si irrigidisce.
"Hanno detto che, però, per un po' di tempo, mentre loro sono seguiti, in riabilitazione e poi in ufficio, dovremo fare qualcosa per loro."
“Hai idea di cosa possa essere questo qualcosa?”
"No, e la cosa mi spaventa, ma almeno avremo un po' di libertà."
Rotola su un fianco e mi guarda, dritto per dritto, occhi negli occhi.
"Tornerà  tutto come prima."
"Prima dell'incidente, della tua sparizione, della clavicola rotta?"
"Insomma, no, prima non andava… cosi…bene, non trovi? Adesso, tralasciando i miei, vivi con me. Stiamo insieme."
Non ho nemmeno parole per rispondere, tanto che mi rannicchio contro di lui, lo stringo forte, mi beo del suo profumo; poi tiro su la testa, e lo bacio dolcemente.
Rimaniamo fermi, a letto, uno accanto all'altra, per quella che sembra un'infinità, poi d'un tratto, mi alzo. Castiel, sorpreso dal mio scatto, apre gli occhi.
"Che fai?"
"Vado ad aiutare i tuoi."
"Non vedi l'ora che se ne vadano, eh?"
Mi giro, e lo guardo attentamente, sul volto ha quel suo solito ghigno. Mi viene da sorridere.
"No, credo di non aver mosso dei passi giusti nei confronti dei tuoi genitori, voglio piacergli almeno un po'…"
"Tu gli piaci già, lo sai."
"No, non lo so, voglio vederlo sui loro volti."

------

"Valeria, posso aiutarla in qualche modo?"
"Oh cara, no, va tutto bene!"
Mi rivolge un sorriso gentile mentre sistema alcuni abiti dentro la valigia.
"Insisto, se vuole posso aiutarla a piegare i vestiti…"
Senza permetterle di rispondere comincio a piegare qualche maglietta.
"Sai cara, ci dispiace di avervi creato qualche disagio, perché ci rendiamo conto di averne creato. E non si tratta di Castiel, lui è sempre stato un bambino un po' sulle sue; questa volta eravamo di troppo, perché adesso Castiel ha davvero qualcuno."
Mi si avvicina, a prendere alcuni dei panni che ho appena piegato.
"Abbiamo più volte riflettuto su quello che abbiamo deciso per nostro figlio. Gli abbiamo sottratto una vita degna di un bambino, non lo abbiamo fatto crescere come avremmo voluto. È sempre stato sballottato tra baby sitter, vecchi parenti e mie amiche. Mai un po' di stabilità per un bambino tranquillo, tremendamente buono. E poi, poi quando è diventato adolescente, ha cominciato a sottrarsi a questa mancanza di cure. Non sopportava più baby sitter e sorveglianze, scappava di casa, cominció a frequentare bar."
Fa una pausa, respira a fondo.
Io mi sento strana, le magliette sembrano sempre più difficili da piegare; Castiel non mi ha mai parlato della sua infanzia, sono molto attenta al racconto.
"Per questo, per quello che io e Gianluigi abbiamo capito nel corso di questi anni, dobbiamo chiedervi un favore. Per noi l'incidente è andato bene, siamo stati feriti si, ma lievemente. Alcuni colleghi e passeggeri sono ancora in ospedale, altri ancora scomparsi nel nulla, molti, moltissimi morti. Una mia cara amica ha perso la vita, e suo marito, il copilota, è in ospedale, in coma, non sappiamo quando si risveglierà e se lo farà.
Bhe, loro hanno un figlio, e in quel figlio rivediamo il nostro Castiel. Prima che il marito morisse ho dato la mia parola al padre di quel bambino, che avrei fatto di tutto per suo figlio. Gli ho promesso che sarebbe stato amato come noi non abbiamo potuto amare Castiel.
Ma noi non potremmo amare nemmeno questo bambino, finché saremo in riabilitazione.
Ma voi, voi potreste…"
Mi guarda, toccandomi poi la mano con la sua. Io vengo percorsa da brividi, dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Io e Castiel non possiamo.
"Kensi, so che puoi farlo, si tratta del futuro di un bambino…"

--------

"No! No mamma, noi non possiamo!"
"Ma Castiel, dovete farlo per lui! Caro, dì qualcosa a tuo figlio!"
"Valeria, è una scelta sua in fondo…"
"Ma io ho promesso al padre che mi sarei occupata di lui!"
"Appunto mamma! Sei tu ad averlo promesso, non io!"
Castiel mi stringe la mano con forza, infervorato dalla discussione, fino quasi a farmi male; io mi tengo in disparte.
"Non puoi stravolgere così tanto le nostre vite!"
"Ma Castiel, tesoro, quel bambino ha bisogno di una famiglia..."
"Hai chiesto alla persona sbagliata allora, non so come sia fatta una vera famiglia!"
La sua voce si alza, si fa prepotente: ha parlato con il chiaro scopo di ferirla. Strattono il braccio.
"Castiel!"
Gianluigi stringe la moglie per le spalle.
Rivolgo all'uomo un sorriso imbarazzato, e tenuta salda la presa sul braccio di Castiel, lo conduco in cucina.
"Cosa ti è passato per la mente?!"
"Kensi, è una cosa tra di noi, cerca di non farti prendere troppo dalla questione."
"No Castiel, no no, TU cerca di farti coinvolgere, ma non in questo modo. Hai voluto ferire tua madre, appositamente. E perché? Perché ti ha chiesto un piacere. Quel bambino non ha nessuna colpa per essersi ritrovato solo al mondo."
"E io? Io che colpa ne ho avuta?!"
Mi urla contro parte della sua infanzia che mi ha sempre nascosto, urla, ma è una sorta di meccanismo di autodifesa. Poco dopo infatti la fronte si rilassa, i pugni stretti si sciolgono, gli occhi si incupiscono.
"Non ho avuto nessuno per anni…"
Vorrei parlare, dirgli qualcosa, ma le parole non escono, raramente mi ha parlato di lui in questo modo. Il bambino scompare dai miei pensieri e vi fa la sua comparsa un Castiel, piccolo ed indifeso, solo.
"Non voglio che quel bambino provi quello che ho dovuto sopportare io… vado da mia madre."

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Capitolo 18
*** A joke? ***


Castiel mi bacia un'ultima volta la fronte mentre accompagna i suoi genitori in una struttura adeguata alla loro riabilitazione. Mi bacia la fronte e ancora mi rassicura, starà via poco tempo e io riuscirò a legare con il bambino che al momento aspetta in salotto, interessato alla televisione, assorto quasi.
"Castiel, fai in fretta, anche se sono sempre i tuoi genitori… non fare nancare loro nulla, ma torna presto da me, non so come farò con il bambino da sola."
"Kensi, non avrai problemi, fidati di me, torno presto."
Lascia andare la mia vita e si volta, dirigendosi verso la macchina, di fronte alla quale aspettano i suoi genitori; io, dall'uscio della porta, saluto con una mano, sforzandomi di mantenere il sorriso, anche se il mio animo è pervaso dal timore di non potercela fare.
Quel bambino, così piccolo, ad appena sei anni è dieci, cento, mille volte più grande di me, mi opprime, mi toglie il respiro. Un bambino, un bambino cazzo! E ho appena diciotto anni.
Seguo con gli occhi la macchina di Castiel che sfreccia lontano dalla nostra casa, e amaramente mi chiudo la porta alle spalle, facendo dietro front.
Prendo un profondo respiro, cercado di incanalare nei polmoni piu aria possibile, lasciandola poi uscire tutta in un sol colpo poi mi dirigo in salotto, raggiungendo il bambino, accovacciandomi davanti al divano.
"Ehi, Tim, va tutto bene?"
Il bambino non distoglie gli occhi dalla televisione e senza degnarmi di uno sguardo acconsente con un cenno della testa.
"Ehm, ti piace qui?"
Di nuovo un altro inpercettibile segno del capo, non una parola.
Lo sconforto prende il sopravvento. Ci hanno lasciato soli appena da qualche minuto e già non riesco nemmeno a farmi rispondere da un bambino. Allora mi alzo, e cercando in fondo a me un qualche briciolo di speranza di potercela fare, vado a cercare Demon, che trovo confinato nella sua cuccia nel giardino retrostante la casa.
Quando lo porto in casa, alla sua vista, Tim si illumina e corre ad abbracciarlo; Demon da parte sua rimane un primo momento interdetto per poi annusare circospetto il piccolo palmo che il bambino gli tende, finendo per scondinzolare, apparentemente felice.
Finalmente il bambino ride e io mi sento risollevata.
"Io Tim vado un attimo di là, se hai bisogno di qualcosa chiamami, va bene?"
In risposta questa volta riesco a ricevere un gridolino felice, che di certo non dipende da me, o magari è felice del fatto che io lo lasci solo, chissà.
Mi dirigo verso la stanza degli ospiti, che per due settimane è stata la mia camera e ne esco trionfante con la mia valigia, colma di vestiti. Faccio qualche viaggio dalla mia nuova camera a quell'angusto spazietto nella quale ero stata confinata, lontana dalle braccia del mio amore, e senza aspettare la sua opinione, decido autonomamente quale sarà la mia parte di stanza, della nostra inmensa stanza matrimoniale.
Mentre sistemo qualche vestito sugli attaccapanni vengo attirata dal rumore delle chiavi che ruotano nella seratura, Castiel deve essere ritornato e io devo aver passato cosi tanto tempo a sistemare vestiti da essermi dimenticata di Tim e Demon,  dei quali il primo mi preoccupa gran lunga di più del secondo.
Lascio a metà tutto quello che stavo facendo e corro rapidamente giu dalle scale, scendendo a controllare quello che può essere stato combinato in casa nel mio momento di 'relax'. Scopro allora che Tim si è addormentato sul tappeto del salotto, ma non riesco a sorridere di questa immagine, non mi mette alcuna tenerezza, quale madre lascerebbe il proprio bambino dormire a terra?
Con un passo piu calmo raggiungo l'entrata, dove Castiel è in pieno confronto con Demon, che non sembra volergli concedere nessuna tregua.
"Quanto tempo era che non giravi in casa, eh cagnolone?"
Le labbra di Castiel si piegano in un sorriso, e per un momento tutti i miei tormenti e le mie pene sembrano affievolirsi, leniti da un balsamo salvico che è la vice e il sorriso del mio ragazzo.
Inconsapevomente mi trovo ad abbracciarlo, cone se la sua assenza fosse durata ore o addirittura anni.
"Ehi bellissima. Tutto bene?"
"Amore… io non sono brava, non so se ce la faremo…"
"Non essere così negativa tesoro, cosa mai potrà essere successo?"
"Tim non mi parla Castiel, non mi ha ancora mai rivolto parola. E per giunta me lo sono dimenticata in salotto, e si è addormentato sul tappeto, al freddo."
Castiel storce leggermente il naso, e questo vale piu di mille parole, mi abbatto ancora di più, anche se cerco di non farci troppo caso, è solo il primo giorno, le cose possono solo che migliorare.

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Dopo cinque giorni dal suo arrivo ancora Tim non ci rivolge parola o meglio, scambia solo poche e brevi parole con Castiel per esprimere i suoi bisogni primari, ma io sembro non andargli proprio a genio, nonostante sia io a lavarlo, a metterlo a letto e ad accompagnarlo all'asilo ogni mattina.
Siamo ancora a letto, l'una nelle braccia dell'altro quando Castiel spezza il nostro immobile silenzio.
"Non ti tormentare amore, non è colpa tua."
"Di cosa si tratta allora? Perché io non so dove sbaglio, deve essere proprio un problema mio."
"Non sbagli nulla, e non è colpa tua, è solo la situazione; lo capisco e ti assicuro che tu non hai nulla di sbagliato."
"Almeno adesso so di non voler avere figli…"
"Non trarre conclusioni affrettate tesoro, se i tuoi figli saranno belli quanto la mamma sarò fiero di esserne il padre."
"Belli come te…"
Abbasso lo sguardo, e sospiro.
"Kensi, davvero, non è colpa tua. Sai, sono cresciuto in una condizione simile…"
Gli metto una mano sul braccio, interrompendolo.
"Amore, non sei obbligato a parlarmene…"
"Voglio farlo tesoro, così capirai come si sente Tim e saprai che non è colpa tua. Troveremo una soluzione, ti fidi di me?"
Rimango diffidente per qualche secondo, poi mi arrendo all'evidenza del suo sguardo.
"Si."

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Capitolo 19
*** C'era una volta... ***


Castiel mi stringe più forte a sé, al sicuro tra le sue braccia  e prende un ultimo respiro prima di iniziare a buttare fuori tutta la sua vita.
"I miei da quel che io ricordi hanno sempre fatto questo lavoro e probabilmente lo faranno sempre. Non li ho mai visti nella mia mente separati da qualcosa che non fosse un aereo, tanto che per cass non avevamo una singola foto di famiglia; c'era qualche mia foto, oppure fotografie di aeroporti. I miei sono sempre stati assenti, ho passato l'intera infanzia sballottato tra decine di baby sitter e a quei tempi era facile, in fondo ero un bambino tranquillissimo, e tutte le ragazze che venivano a badarmi mi adoravano."
Lo interrompo con il sorriso sulle labbra.
"Sei sempre piaciuto a tutte, quindi."
Lui scoppia a ridere.
"Si, a quanto pare si! Comunque, per quanto la mancanza dei miei genitori potesse incidere non ho mai creato problemi fino all'età di sette anni circa. Fino a quando, dopo una lunga estate, con il riprendere della scuola arrivò anche una nuova baby sitter. Lei non era una ragazza come le altre che eravo venute in precedenza, anzi, era severa e restrittiva al massimo grado, eppure, non mi stuferò mai di ripeterlo,  quel tempo ero un vero angelo e non ho mai fatto nulla per mettermela contro. Sopportai quest suo dispotismo per qualche settimana, forse per piu di un mese, ma alla fine scoppiai. Un pomeriggio, preso dal nervoso uscii di casa, passando dalla finestra; restai in un parco poco lontano per tutto il pomeriggio, rientrando appena prima del tramonto. Lei non si accorse di nulla. Così pensai di scappare alla sua tirannia anche il pomeriggio seguente e quello ancora successivo. Con il passare del tempo in quel parco venni a contatto con ogni genere di persone, dai gentili e premurosissimi anziani, alle persone che facevano jogging, quelli che portavano a spasso i proprio cuccioli e una banda di ragazzini piu grandi di me. Questi mi accolsero tra di loro e da allora non mancò pomeriggio che io non uscissi dalla finestra per raggiungere il parchetto. Sembravano a posto, non pericolosi, ma piano piano riuscirono a cambiare la mia mentalità e finalmente mi portarono con loro in giro per la città. Alcuni dei piu grandi fumavano in mia presenza, dicevano che li rilassava, che tutto il nervoso scivolava via come il fumo dalle loro labbra. Altri bevevano, e sospetto che molti di loro si drogassero. Cominciavo a capire, seppure avessi sette anni, che non sarebbe stata la cosa giusta continuare a passare il tempo con loro, forse era addirittura migliore sopportare la baby sitter, ma un pomeriggio mi portarono con loro in un vicolo e mi misero in mano una bomboletta, mentre tutti gli altri del gruppo già stavano disegnando un enorme murales. In quel modo mi rapirono totalmente; quello che facemmo quel pomeriggio mi piacque così tanto che decisi di voler far parte del loro gruppo a tutti gli effetti, per questo da quel giorno mi mostrai sempre piu disponibile nei loro confronti. Un pomeriggio, quando era passato qualcosa come un'annetto, decisero di vedere se avevo abbastanza coraggio e furbizia per essere un bambino di otto anni. Mi diedero una banconota da dieci euro e mi ordinarono di andare in un bar e comprare un pacco di sigarette e una birra. Un po' titubante mi incamminai verso il bar e una volta entrato mi guardai attorno spaesato. Se in un primo momento avevo immaginato di poter rubare quelle cose e poi acquistarne delle altre la mia idea cadde in frantumi quando vidi i pacchetti di sigarette dietro alle spalle possenti del proprietario al banco. Così stetti bloccato per un attimo in mezzo al bar, con la mia banconota da dieci in mano, dritta davanti a me. Ad un tratto mi avvicinò un ragazzo, un certo Leight e si mise a parlare con me."
Smette di parlare per un secondo e io lo guardo, assorta, senza porre domande. Sono troppo interessata alla storia per interromperlo, e anche troppo ansiosa di sentirne il finale e di entrare a conoscenza di quello che successe al mio Castiel.
"Sebbene mi avessere ordinato di non dire nulla a nessuno, in quel momento preso dallo sconforto e dalla disperazione di deludere le uniche persone che mi fossero mai realmente state accanto confidai tutto a Leight, chiedendogli aiuto, riconoscendolo piu grande di me di almeno qualche anno. Mi chiede quanti anni avessi e senza nemmeno attendere una risposta mi afferrò la mano, trascinandomi via da quel bar senza una parola. Si fermò solamente di fronte ad una grande villa dallo stile antico, per poi costringermi a seguirlo ap suo interno, dove un bambino che sembrava avere pressappoco la mia età lo stava aspettando in corridoio, inseguendo un piccolo coniglietto bianco. Fu così che conobbi Lysandro e così che lui mi salvò, la prima volta di una lunga serie. Passai il pomeriggio con lui, a giocare con quel piccolo battuffolino con le orecchie lunghe. Quando tornai a casa quella sera, per la prima volta da lungo tempo mi sentivo felice. Durante la notte decisi di non volere stare solo, ma nemmeno di tornare dalla band di ragazzacci nel parchetto. L'indomani quindi, con la banconota da dieci stretta nelle mani, pensai a cosa avrei potuto fare, volevo un nuovo amichetto, tutto mio, buono. Allora andai al canile e chiesi ad una ragazza che cane avrei potuto avere con quei soldi che avevo con me. Mi ripose che non potevo avere nulla, che erano troppi pochi, e io ne fui profondamente colpito. L'idea che mi ero fatto andava in fumo ancora prima di provarci. La ragazza vedendo che me ne andavo con le lacrime agli occhi mi richiamò indietro e mi disse che avrebbe potuto darmi un cucciolo. Se ci ripenso lei fu decisamente irresponsabile, lasciare un cucciolo ad un bambino sconosciuto e solo, ma in fondo Demon era stato abbandonato, un po' come me. Quando tornai a casa con in braccio il cucciolo la baby sitter si arrabbiò tantissimo e sbattè Demon fuori di casa; lui però non se ne andò, lo sentii guaire alla porta quella notte, mentre ero in lacrime, impossibilitato a prendere sonno. Passai interi pomeriggi fuori di casa con il mio Demon, fino a quando lui cominciò a perdere le forze, gli mancavano cibo, forse acqua e un posto caldo in cui stare. Decisi di ribellarmi. Telefonai ai miei e scacciai la baby sitter di casa, rimanendo solo con Demon. Da allora non tollerai piu nessuna forma di controllo. Ero solo con me stesso, i miei pensieri tormentati, la mia brutta strada; per fortuna Demon e Lysandro erano con me. Poi però sei arrivata tu, e mi hai salvato."

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Capitolo 20
*** Un futuro incerto ***


Riconfortata dal racconto di Castiel, che per la prima volta mi parla spontaneamente della sua infanzia, sono pronta ad affrontare una nuova giornata e ponta ad essere per Tim una figura positiva. Questa mattina quindi, invece che andare a svegliarlo, scendo prima in cucina a preparare la colazione, per poi portare il suo latte caldo, insieme ad una fetta di pane spalmata di nutella, in camera sua.
Sinceramente non ho idea di come fare ad essere sua amica, ma ho tutta l'intenzione di esserlo, almeno per rendere ad entrambi meno difficile la convivenza; decido di lasciargli i suoi spazi, decido di non costringerlo in ogni modo a relazionarsi con me, la volontà deve venire da lui.
Dopo la colazione lo aiuto a prepararsi e poi lo accompagno all'asilo, dopo aver afferrato al volo il mio zaino.
Sull'uscio Castiel mi prende per il braccio, tirandomi indietro tra le sue braccia, e rubandomi un bacio.
"Dove vai con lo zaino? Non hai intenzione di tornare?"
Lo guardo e un sorriso nasce più che spontaneo sulle mie labbra.
"Ho deciso di accompagnare Tim all'asilo passando per il parco, a piedi... non avrei tempo di tornare a casa, ci vediamo direttamente a scuola!"
Lo saluto con un ennesimo bacio e con un gesto della mano lascio casa, Tim che mi precede.
Sebbene non pronunci una sola parola, sembra felice di poter stare all'aria aperta, e forse ancora più felice di poter saltellare in giro, non relegato alla mia mano, come solitamente è quando ci spostiamo a piedi. Quella che vedo, all'entrata dell'asilo, sul suo volto, sembra l'idea di un sorriso.
Più tranquilla, sollevata e rinvigorita dall'idea di starcela facendo, mi dirigo con una nuova speranza nel cuore verso il liceo, che si trova quasi alla parte opposta della città.
Quando finalmente giungo, Ambra e Li sono davanti al portone, e stanno discutendo tra di loro, premurandosi che tutto il liceo possa sentirle!
"Ma non ci credo! Ma in questa scuola stanno davvero esagerando!"
"Non è ammissibile, chi si credono di essere?!"
Improvvisamente mi sento afferrare il braccio, e trascinare in avanti; Rosalya mi ha preso a braccetto, e passando davanti alle due non si risparmia un commento.
"E diteci, cosa è successo di tanto grave? Non vi ammettono più di entrare a scuola vestite in quel modo?"
Poi mi trascina dentro il cortile, lasciando Ambra livida di rabbia, ma non lasciandole tempo di replicare.
"Andiamo a cercare cosa sia successo di tanto scandaloso."
"Cerca Peggy, sarà da qualche parte. Lei di certo sa qualcosa, se non è addirittura stata lei a spargere la voce."
"Conducimi da lei, te che in questo liceo sei in grado di trovare tutto e tutti!"
"Fosse facile come dici! Credo di avere speso più tempo a camminare per i corridoi di questa scuola, che seduta ai suoi banchi!"
Di buona lena comunque decido di dirigermi verso il club di giardinaggio: non so perché ma in quel luogo si hanno tanti incontri interessanti. Nei pressi della serra noto un piccolo gruppo di ragazzi affollati intorno a qualcuno e deduco che quel qualcuno sia proprio chi sto cercando. Cerco allora di farmi spazio tra la folla, fino a quando non incontro a bloccare il mio cammino Alexy, che mi blocca per le spalle, costringendomi a camminare all'indietro, comunque mantenendomi salda nella presa. Raggiunta una panchina, lontana dal trambusto, ci mettiamo a sedere.
"Allora piccole detective! Suppongo di poter risolvere i vostri dubbi e potervi annunciare lo scandalo che questa volta Peggy ha giustamente pensato di far trapelare ancora prima di esserne veramente certa. Capisco che in una situazione come questa la veridicità dell'informazione sia un aspetto del tutto secondario!"
Rosalya lo guarda con lo sguardo più impaziente del mondo.
"Taglia Alexy, ti prego!"
"Ebbene, sembra che anticiperanno di un mese o forse più gli esami finali!"
"COSA?!"
Trattengo per un attimo il respiro, poi rifletto e riesco a formulare un pensiero più articolato di quello di Rosa.
"Perché dovrebbero farlo?"
"Pare che il motivo sia l'imminente, improvvisa e improrogabile partenza di Pierrick."
"NO! Tutti i professori ma non lui!"
La disperazione è chiaramente crescente negli occhi miei e di Rosalya e aumenta ancora di più al suono della campanella. La prima lezione del giorno è proprio quella di arte.
Tristemente, tutti gli alunni salgono le scale in religioso silenzio, ed è in questo momento che vengo raggiunta da Castiel.
"Ehi pulce, che è successo? Avete visto tutti un fantasma? O la Delanay ha annunciato l'ennesimo dei suoi corsi sull'educazione sessuale?"
"No, purtroppo nessuna delle due opzioni... Peggy ha sentito qualcosa al riguardo di un'anticipazione degli esami di un mese o forse più a causa di una presunta partenza del prof... nessuno credo abbia veramente voglia di seguire il suo corso, dopo questa notizia."
"Eppure siamo tutti qui, davanti alla porta dell'aula. Fatti forza, vieni a sederti vicino a me, con Tim come è andata prima?"
allora, seduti al nostro posto cominciamo a parlare di Tim, i come organizzarci al meglio con la spesa, la scuola e le sue necessità, primarie e di attenzione. E come noi due parliamo e creiamo un sottofondo fastidioso, così fa anche tutto il resto della classe, che sembra ancora molto turbato dalla brutta notizia mattutina; ben presto la somma delle nostre voci, sormonta e sovrasta quella del professore.
"Ragazzi, silenzio! Cosa vi prende questa mattina?"
Tutti allora si voltano e guardarlo e gli sguardi che anche io riesco a percepire sono per di più sguardi delusi, traditi e alcuni certo, anche iracondi.
Nessuno però pronuncia più una sola parola e Pierrick continua ad osservarci, aspettando che qualcuno si degni almeno di chiedere scusa.
Non riuscendo a farmi gli affari miei, mi alzo in piedi, scostando la sedia: Gli occhi del professore e di tutta la classe si spostano verso di me. Mi sento estremamente a disagio e stupida, in questo momento.
"Mi dica, signorina."
Pierrick sembra sorpreso di vedermi così, in piedi in mezzo alla classe, per un secondo mi pare di vedere un barlume di delusione nel suo sguardo.
"Professore, credo che ciò che ci rende irrequieti sia una piccola indiscrezione trapelata questa mattina. Ci è giunta voce che gli esami finali saranno spostati di un mese, forse anche prima, a casa di una sua improrogabile partenza. Tuttavia, non sapere nulla da vie ufficiali ci scoraggia, dovremmo essere messi al corrente di quello che riguarda il nostro esame, in fondo siamo noi a doverci preparare per poterlo affrontare al meglio!"
Pierrick mi guarda, guarda tutto il resto della classe.
"Quindi è questo che vi preoccupa? Beh, posso dissolvere facilmente ogni vostro dubbio."
Ci sorride, con quel sorriso che ci ha sempre confortato tutti, ma che questa volta ci rende inquieti più che mai.
"Dovrò partire, questo è vero."
Primo colpo sparato e incassato.
"Molto probabilmente il vostro esame sarà anticipato."
Secondo colpo, sparato esattamente dove aveva colpito il primo.
"Oppure il vostro esame di arte verrà sostenuto dalla signora direttrice."
Terzo colpo, quello fatale, ma il professore sembra non avere ancora finito.
"Per questo vi aspetta un duro lavoro! Dovrete completare ogni programma in un mese di tempo in meno di quanto previsto."
Colpiti e affondati, lasciati in mare senza alcuna scialuppa.

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Capitolo 21
*** Ancora un po' di tempo ***


Al termine delle lezioni, io e Castiel, come del resto ogni altro studente, ci dirigiamo sconsolati dalle notizie di Pierrick, verso l'automobile; direzione asilo, e l'idea di vedere Tim mi abbatte e rinvigorisce nello stesso momento: sto ancora sperando che il piccolo possa accettarmi, ma ho paura di fallire. Quando arriviamo presso la struttura, lui ci sta aspettando, affiancato da una delle sue maestre, davanti al cancello, pronto per tornare a casa; il rientro è silenzioso, molto silenzioso, ma ben presto raggiungiamo la nostra nuova casa.
Varcata la porta, ognuno lascia il suo zaino in soggiorno e mentre Tim sta per correre via, a cercare in camera i suoi giochi, lo vedo esitare: torna indietro, raggiunge il suo zaino e lo apre, estraendone un foglio di carta. Si avvicina a me, e me lo porge, senza una parola, scappando poi via dalla sala.
Senza nemmeno guardare ciò che mi ha messo tra le mani il mio sguardo passa su Castiel che mi fa un cenno d'assenso con la testa, allora guardo il disegno: due omini stilizzati che si tengono per mano, in quello che sembra un parco, data la numerosa presenza di alberi, qualche nuvola in cielo e una macchia marrone che prende posto vicino ai due omini. Sorrido, anche se non capisco pienamente il disegno, lo ha dato a me e ciò è motivo di grande gioia. Castiel mi si avvicina e alza il disegno che tengo in mano.
"Beh, direi che la vostra passeggiata la parco questa mattina è stata di suo gradimento, e credo anche che vorrebbe tornarci la più presto anche con Demon!"
"Demon?"
"Beh, sì, non la vedi questa figura qui, marrone? Demon!"
"E da quando tu ti intendi così tanto di arte e bambini?"
"Ho mai fatto capire il contrario? Nessuno mi ha mai affidato un bambino, non potete saperlo!"
"Hai ragione anche tu!"
Allora mi lascia in sala e scompare chissà dove.
Rigiro tra le mani il disegno che Tim mi ha lasciata e mi sento soddisfatta: il cuore si riscalda e sento di non essere un totale fallimento, sono sulla buona strada per farmi apprezzare da questo bambino e facilitare a tutti questa strana convivenza; quasi, la gioia di questo momento mi fa dimenticare l'ansia della scuola, della anticipazione degli esami, della partenza di Pierrick.
Riportata alla realtà piego il disegno di Tim e lo metto nel mio zaino, dento il mio quaderno di arte, poi salgo in fretta le scale, entrando nella camera che condividiamo io e Castiel, che trovo seduto sul letto, tra le mani i suoi spartiti.
Silenziosamente mi sdraio vicino a lui, posandogli una mano sulle gambe, in silenzio, cercando di non disturbarlo.
Con gli occhi chiusi, lo sento respirare, sfogliare le pagine e ad un certo punto, allungarsi a prendere la chitarra, che posa in grembo, sfiorando le mie dita. Inizia allora a suonare una melodia semplice, breve, che si interrompe quasi subito.
Istantaneamente sorrido e con la mano stringo forte una delle sue cosce, lui mi passa un foglio, che riporta quelle poche note, scribacchiate da me, in un pomeriggio lontano, prima del trasferimento, del cambiamento di città, dell'amnesia. Dietro a questo foglio, una nostra foto di quel pomeriggio, un pomeriggio di prove per lui e studio per me, finito in tutt'altro modo; la osservo e noto come siamo diversi, come siamo cambiati, ma come i nostri sorrisi siano rimasti pressappoco gli stessi, nonostante tutto.
E seppure la mia vita sia migliorata, ripensare a quei tempi felici e spensierati mi fa venire le lacrime agli occhi. Allora mi alzo e abbraccio Castiel da dietro le spalle.
"Che hai piccola?"
"Mi mancano un po' quei momenti, quel periodo..."
"Sono qui con te Kensi, siamo ancora qui."
"Si, si! Lo so! Solo che è strano, non lo so... Credo che sia tutto più difficile ora e che lo sarà ancora, con il passare del tempo. Viviamo insieme, e non potrei chiedere nulla di meglio, ma guardaci. Poco più che maggiorenni, con un bambino in casa, mille cose a cui pensare, un esame di cui non sappiamo più nulla da affrontare. Mi manca la nostra spensieratezza di una volta."
"Vieni qui pulce, ho in mente qualcosa che farà al caso nostro, d'accordo? Permettimi solo di organizzare la cosa, e sarà tutto come ai vecchi tempi."
"Rimani qui con me ora, va bene?"
"Sono qui con te, sempre."

---

Il giorno dopo, tornando a casa dall'aver accompagnato Tim all'asilo, trovo Cass impegnato a suonare la sua chitarra.
"Baby, questa mattina Lys verrà a casa a fare qualche prova, spero che la cosa non ti disturbi... Ho anche provato a chiedergli di portare Rosalya con lui, ma da quello che ho capito, il sabato aiuta Leight in negozio..."
"Non preoccuparti, porterò Demon a fare una passeggiata."
"Potrebbe volerci più del previsto, lo sai?"
"Non mi dispiacerà sentirvi provare in tal caso!"
"Vieni qui..."
Allora mi attira tra le sue braccia, tenendomi per i fianchi, guardandomi dritto negli occhi.
"Quando tornerai potresti avere una piccola sorpresa..."
"Stai creando delle aspettative così, lo sai, vero?"
Mi sorride per poi attirarmi in un lungo e dolce bacio: non posso fare a meno di lui.
In quel momento, sentiamo suonare il campanello; lo guardo intensamente negli occhi, prima di sciogliere le mie braccia dal suo collo.
"Dammi un secondo, mi metto qualcosa di più comodo e vi lascio soli!"
Mentre Castiel scende a fare entrare Lys, cerco nell'armadio qualcosa da mettere; cerco la mia tuta, fino a quando vedo una maglietta rossa lasciata incustodita nella mia parte di armadio, allora la prendo, e senza pensarci due volte, me la metto, andando poi ad indossare un paio di leggings e delle scarpe da ginnastica.
Allora scendo le scale, afferrando al mio passaggio il guinzaglio di Demon, e mentre i due amici parlano, mi intrufolo in mezzo a loro, dò un bacio a Castiel ed esco, sorridendo loro prima di chiudere la porta dietro di me.
Con Demon cammino fino a raggiungere il parco, per poi mettermi le cuffiette, isolarmi dal mondo e continuare con più tranquillità la nostra passeggiata. Cerco di non pensare troppo intensamente a nulla, di svuotare la testa da ogni preoccupazione, anche se continuo sempre a chiedermi che sorpresa potrebbe aspettarmi al mio rientro.
Ad un tratto mi trovo seduta ad una panchina, quando comincia ad annuvolarsi tutto ad un tratto.
"Demon!"
Cerco di richiamarlo, dopo averlo lasciato libero di giocare con altri cani, nell'area a loro dedicata, ma pare non volermi dare ascolto.
"Demon!"
Sto per andare a prenderlo quando un tuono squarcia la tranuillità del parco e crea un fuggi fuggi generale. Allora riesco a riprendere Demon, legarlo al guinzaglio e dirigermi verso l'uscita del parco. Stiamo camminando lungo la strada verso casa, quando la pioggia ci colpisce all'improvviso, costringendoci a fermarci al riparo tra due edifici. Questo posto mi fa pensare al periodo di sparizione di Castiel e a quando, sempre accompagnata da Demon, ero riuscita a ritrovarlo. Voglio andare a casa.
Sfido la pioggia, che per mia fortuna, non ha più la stessa intensità che aveva quando il temporale è scoppiato, e spronando il mio compagno a correre, ci dirigiamo il più velocemente possibile verso casa. Quando arriviamo a casa, siamo bagnati fradici e Castiel ci viene ad accogliere sulla porta, preoccupato delle nostre condizioni.
"Non potevi aspettare che il temporale finisse? Guardati, sei fradicia dalla testa ai piedi!"
"Sto bene Castiel, ora devo solo asciugare in fretta Demon prima di andare a prendere Tim all'asilo. Le vostre prove come procedono?"
"Va tutto bene, solo ero preoccupato, eri ancora fuori con questo tempaccio!"
"Non preoccuparti per me, adesso mi cambio e torno alle mie occupazioni!"
Mi sporgo verso di lui, e gli deposito un leggero bacio sulle labbra.
"Kensi, sei congelata! Fila a cambiarti, altrimenti, niente sorpresa per noi due!"
Inizio allora a salire le scale, passandogli a fianco, cercando di non toccarlo e di non bagnarlo. In quel momento sento la sua mano fendere l'aria e arrivare sul mio sedere.
"Muoviti!"
Fa la sua aria arrabbiata, e scoppiando a ridere, corro su per le scale.

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Capitolo 22
*** Noi ***


CASTIEL'S POV

Chiudo la porta alle spalle di Kensi, e attendo di sentire i suoi passi allontanarsi sul vialetto, per poi tornare da Lysandro.
Lui mi guarda con un sorrisetto soddisfatto, lo sguardo incredibilmente calmo, tranquillo, come solo Lys riesce ad essere.
"Smetti di guardarmi in quel modo! Tutto a posto con Rosalya?"
"Rosalya è già partita, sarà davanti all'asilo prima che arrivi Kensi."
"Sei sicuro?"
"Si Castiel, Rosa ci tiene tanto quanto te a lasciare un momento di tregua alla tua ragazza. Le sembra così stressata al momento che sembra possa lasciarsi andare proprio nel momento dell'ultimo sprint."
"Non è quello che sembra, è distrutta, non sa più dove sbattere la testa."
Lysandro rimane a guardarmi in silenzio per qualche istante.
"Sei adorabile quando ti preoccupi per lei."
I miei occhi devono essersi spalancati, perché un sorrisetto soddisfatto appare sulle sue labbra.
"Adorabile non direi, ma mi preoccupo... Allora, sei sicuro che andrà tutto secondo i piani?"
Prende tra le mani il suo cellulare e controlla qualcosa sullo schermo. 
"Arriverà in tempo. E siccome porterà Tim a casa, lascia che li preceda, così potrai anche preparare la tua cenetta. Pensa almeno a non avvelenarla Castiel!"
Si alza così dal divano, e si dirige verso la porta d'ingresso.
"Lysandro, il quaderno!"
Al solito il suo block-notes è rimasto sul divano, lo seguo alla porta tenendolo tra due dita e sventagliandolo sotto il suo naso. Lo afferra e mi sorride.
"Grazie! E buona serata."
Mi fa un occhiolino e si allontana di due passi indietro rispetto alla porta.
"Non disturbarmi, devo cucinare!"
Chiudo la porta dietro di lui e scappo in cucina, dove il mio occhio cade sull'orologio a muro. Non avrò mai tempo di preparare tutto. 
Faccio un profondo respiro e lascio uscire tutta l'aria in uno sbuffo. Devo riflettere. Procedere per priorità.
I petali e le candele, probabilmente. Inizio a spargere, cominciando dall'ingresso, petali di rose che portino verso il piano di sopra, fino al bagno. Ne cospargo la vasca da bagno, che poi metto a riempire con acqua bollente, cercando tra le cose di Kensi una bath bomb. Se fosse più ordinata nei suoi trucchi, creme e affari del genere risparmierei almeno una decina di minuti. Poi è il momento delle candele in tutto il bagno, che ho deciso essere sacrificabile con un pochino di cera; nel dubbio afferro l'accendino e procedo all'accensione, inventandomi in questo momento che delle candele consumate sono più romantiche di candele intatte e appena accese.
Quando sto per ultimare l'opera sento il cellulare vibrarmi nella tasca dei pantaloni. O sono buone notizie da Lys, o lamentele di Kensi. 
Propendo per la seconda opzione e decido di lasciare perdere il cellulare, per riuscire a finire tutto prima che possa rientrare.
In cucina sono perso, so di potercela fare ma non so scegliere da cosa cominciare.
Prendo il necessario per apparecchiare e mi metto all'opera, ben consapevole che un angolo della tovaglia scapperà al mio sguardo e non al suo, ma sperando nella sua clemenza.
Quando tutto mi sembra ben sistemato prendo le rose che sono rimaste intatte dalla mia stradina di petali, e messe in un vaso, le sistemo al centro del tavolo, accanto ad una candela, che decido di preservare dal consumarsi.
Mi fermo un attimo, prima di cominciare a preparare la cena: in questo preciso momento il rumore della chiave nella serratura ferma il rumore dei miei pensieri sovrapposti l'uno all'altro.
"Castiel, cosa diavolo sta succ-"
Faccio capolino all'ingresso giusto in tempo per vederle spalancare gli occhi e interrompere la sua frase a mezz'aria.
"Ciao tesoro."
Le sorrido, e lei mi guarda come se non sapesse di fronte a chi si trova.
"Che c'è? Se vuoi posso togliere tutto.
Faccio spallucce, per provocarle una reazione.
"No, no... ma, perché?"
"Ti avevo detto che avresti ricevuto una sorpresa!"
"Ma per quale motivo? Me la sono meritata?"
"Ho bisogno di un motivo per fare una sorpresa alla mia ragazza? Non pensare troppo Kensi, voglio solo che tu possa rilassarti e non pensare a nulla."
"Non posso non pensare a nulla!"
"E a cosa dovresti pensare di così tanto importante che non possa aspettare?!" 
"A te!"
Mi salta addosso, e faccio in tempo a prenderla prima di sentire le sue labbra sulle mie
"Su pulce, non esagerare, non sai nemmeno cosa ho preparato."
"Allora mostramelo!"
"C'è una stradina Kensi, non è difficile."
Una risata mi scoppia naturale davanti al suo sguardo perso.
"Non mi accompagni?"
Penso un secondo a tutto quello che devo finire di preparare, ma vedere le sue reazioni è senza prezzo.
"Se hai paura di perderti ti seguo, fai strada!"
Inizia a salire le scale due scalini alla volta, portando le mani dietro la schiena, aspettando che io le afferri, quasi volesse trascinarmi.
Appena apre la porta del bagno mi sento sollevato nel vedere che l'acqua non ha allagato al bagno e anzi ha quasi finito di riempire la vasca: almeno un tempo calcolato giusto!
"Per noi?"
I suoi occhi sono spalancati e sembrano sul punto di esplodere.
"Per te, ti ho detto che devi rilassarti. Non credo che ti lascerei tranquilla."
"Non puoi saperlo!"
"Fidati, lo so bene. Fila in vasca prima che l'acqua si raffreddi, su!"
Si gira a guardarmi. Un bacio, di nuovo e uno ancora. 
Le sorrido, indietreggio e chiudo la porta appena dopo avere visto la pelle delle sue spalle e della sua schiena.
Torno in cucina, tentando di mantenere la calma. Non mi rimane molto da fare, se non stendere l'impasto che avevo già preparato, farcire due pizze e metterle in forno.
E dopo le pizze, mettermi qualcosa di carino ma comodo.
Esco dalla nostra stanza nello stesso momento in cui Kensi esce dal bagno, con un sorrisetto soddisfatto stampato in volto. Con i capelli ancora gocciolanti, le guance rosse e l'asciugamano avvolto intorno al corpo si avvicina e mi stampa un caloroso bacio sulla guancia.
"Dove te ne vai, non resti con me?" dice mentre mi guarda scendere le scale
"Vestiti e vieni tu da me, per una volta."
La guardo farmi una linguaccia, mentre penso che tutto sta filando secondo i miei piani.
Scendo in cucina, tolgo le pizze dal forno, le porto in tavola, accendo la candela e do un'ultima occhiata in giro: tutto è a posto.
"Castiel, c'è odore di pizza!"
"Kensi, datti una mossa."
La sento correre per le scale e quando arriva davanti a me, sorride a ben più di 32 denti.
"L'hai fatta tuuuuuuu?" prolunga tutti i suoni, e saltella in giro come una bambina.
"Rosalya mi ha riportato indietro Tim e portato via la mia ragazza?"
"La tua ragazza è qui, e vuole un bacio!"
"Può venirselo a prendere quando vuole, un bacio, ma penso che voglia più mangiare la pizza."
Senza aspettare ancora, si siede a tavola e comincia a mangiare.
"È buona!"
"Non parlare con la bocca piena."
"Parlo come voglio, se è la mia sorpresa! Perché lo hai fatto?"
"Ancora? Deve esserci per forza un motivo? Voglio farti stare bene."
"Già questo è un motivo!"
"Devi sempre avere l'ultima parola, eh?"
"Con te è una sfida divertente, signorino."
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Finita la cena fa come per volere sparecchiare, ma non voglio che sia lei a farlo; la fermo, e lei mi guarda con aria interrogativa.
"Faccio io! Tu vai sul divano, vai a letto, dove vuoi, ti raggiungo!"
Quando finalmente mantengo quanto detto dopo aver finito di sistemare di sotto, la ritrovo sdraiata a letto, a pancia in giù, il cellulare tra le mani.
"Ti vanti con tutte le tue amiche di quanto sia meraviglioso il tuo ragazzo?"
"No, no penso sia carino renderle così tanto gelose!"
"Pensavo avresti risposto che lo sapevano già!"
"Ti rovinerei la reputazione tesoro."
"O magari accresceresti quella di rubacuori!"
"Dovresti voler rubare solo il mio!"
"Non posso rubare qualcosa che è già mio..."
Salgo su di lei, andando a massaggiarle le spalle.
"Castiel..."
"Dimmi."
"Ti amo. Grazie..."

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