Amanti, a letto! E' l'ora delle fate di Voglioungufo (/viewuser.php?uid=371823)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Il grigio cielo ***
Capitolo 3: *** 2. Escremento di Lupo ***
Capitolo 4: *** Come trasformare una festa in un bagno di sangue ***
Capitolo 5: *** Oblio ***
Capitolo 6: *** Fiumi ***
Capitolo 7: *** Perché Louis non sa mantenere i segreti ***
Capitolo 8: *** Chaos ***
Capitolo 9: *** Londra ***
Capitolo 10: *** I bambini maledetti ***
Capitolo 11: *** Incontri ***
Capitolo 12: *** Avvisi e poiler grandi come case ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Titolo: Amanti,
a letto, è l'ora delle fate.
Autore: Voglioungufo
Fandom: Harry
Potter.
Genere: Avventura,
Mistero, Fantasy, Commedia, Azione, Romantico, Introspettivo, Suspence.
Rating: Arancione
(alzabile per via di certe scene violente o psicologiche)
Avvertimenti: Violenza,
Slash, Incest, Malattie mentali.
Personaggi: Giorgia
Weasley/Flox (np), Albus Potter, Lily Potter, Fred jr Weasley, James
Potter, Dominique Weasley, Roxanne Weasley, Louis Weasley, Hugo Weasley
e tutta la baracca. Sono infiniti, davvero.
Coppie: Giorgia/Al,
Rose/Scorpius, Lily/nuovo personaggio, Roxanne/nuovo personaggio,
Louis/nuovo personaggio, Fred/Melody-Delirium, James/Dominique.
Note: Eh
be', questo è un sequel come avete letto sopra. Poche cose
da fare notare.
1. Prima di tutto vi consiglio vivamente di leggere questa
roba qui nonostante i primi capitoli siano frivoli.
Ovviamente potete non farlo ma ehi, non voglio recensioni del tipo "Ma
cos'è il Chaos?" "Perché Fred è vivo?"
che dovrò spammarvi il link e saremmo punto a capo.
2. Se sei nuovo, i primi capitoli del prequel potrebbero farti pensare
"ah be', la tipica commedia comica con una ragazza in piena crisi
ormonale". No, non
è una storiella. Almeno all'inzio lo
è, posso concederlo ma adesso le cose si fanno serie.
3. Per chi ha avuto il coraggio di venir fin qui non si deve
assolutamente aspettare qualcosa tipo il prequel, momenti di allegria
ci saranno ma come avete visto negli avvertimenti le cose si fanno
molto serie e pericolose. Ci saranno parecchi morti, ve lo assicuro, e
rivelazioni sconvolgenti più malattie mentali quali la
Psicopatia e la schizzofrenia. Se siete facilmente impressionabili o vi
fate forza o lasciate stare, ve lo consiglio.
4. Sì, ho cambiato il titolo della storia vecchia
perché dava davvero l'impressione di qualcosa di frivolo.
Gli aggiornamenti avverrano a settimane alternate o il
mercoledì o il venerdì. Ho un disperato bisogno
di una bate, se siete interessati contattatemi per messaggio.
5. RINGRAZIO
CON TUTTO IL CUORE LE LETTRICI (non mi sembra di aver visto maschi xD)
CHE HANNO AVUTO IL CORAGGIO DI ARRIVARE FINO QUI. SPERO CHE
CONTINUERETE A SUPPORTARMI E A SOPPORTARMI COME AVETE SAEMPRE FATTO.
SIETE FANTASTICHE.
Amanti, a letto,
è l'ora delle fate.
**
Prologo
30
Agosto 2010
Devonshire.
Angelina sentì che toccava a lei essere la prima ad aprire
la porta della nuova casa. Aveva atraversato con passo sicuro il
vialetto lastricato fino davanti al portone di quercia dove faceva
bella mostra di sé una targhetta che riportava "Famiglia
Weasley-Jhonson". Un sorriso si fece strada sulla labbra della donna
mentre osserava con affetto l'entrata della casa, era accogliente e un
armadio a specchio riflettava la sua fugura slanciata.
"Ed eccoci qui, casa", Angelina si girò verso George che
aveva appoggiato due enormi scatoloni a terra, il viso reso rosso dallo
sforzo. Il piccolo Fred spieva la nuova sistemazione da dietro le sue
gambe.
"Già, casa", commentò la donna di colore. Avevano
cambiato così tanti appartamenti in quegli anni dalla
nascita di Fred che le sembrava strano formulare quella parola, quasi
che non esistesse al mondo una casa fissa.
Viaggiare è
stato bello, ma prima o poi bisogna mettere radici...
Fred sgattaiolò via correndo sulle scale per esplorare il
nuovo ambiente. Faceva i gradini due a due impaziente di scoprire
qualche passaggio segreto. Angelina si limitò ad appoggiare
la borsa e aiutare il marito a spostare i bagagli in salotto. Stava
allegramente chicchierando su il divano e se usare la magia o meno per
spostarlo quando il grido del bambino attraversò la strada.
Presa dal suo istinto materno mollò la scatola e corse su
per le scale ignorando completamente il marito.
Fred sembrava illeso, shoccato e spaventato, ma non portava gravi
danni. Fissava uno specchio che occupava metà corridoio dal
taglio molto antico, le pupille inghiottivano completamente l'iride blu
e la bocca perfettamente ovale in un muto urlo di terrore.
"Amore, tesoro!" lo chiamò abbracciandolo "Va tutto bene?
Cos'hai conbinando?" aggiunse sapendo quanto il piccolo dall'aria
angelica fosse in realtà una festa.
"C'è una bambina nello specchio, c'è una bambina
nello specchio!" il petto di Fred sussultava violentemente come se
stesse singhiozzando mentre urlava quelle parole. Si
aggrappò a lei seppellendo il viso sulla faccia visibilmente
terrorizzato.
Angelina guardò lo specchio e vide il suo stesso sguardo
guardarla male, l'unica cosa che apprese era che i suoi capelli avevano
bisogno di un parrucchiere.
"Piccolo mio" disse dolcemente accarezzando i capelli rossi marchio
Weasley "Non c'è nessuna ragazza dentro lo specchio".
10 Giugno 2019.
Fred aveva mollato il baule all'entrata di casa e aveva poi salito le
scale precipitosamente impaziente di incontrare Melody, la ragazza
dello specchio. Perché lei esisteva, non era frutto della
sua immaginazione da bambino come dicevano tutti.
Anche perché
io non sono più un bambino!
In ogni caso la maggior parte delle volte che passava davanti allo
specchio del corridoio lei era là dentro ed era stato
inevitabile che i due legassero.
Anche quella volta lei era là, e stava lanciando con sguardo
assorto incantesimi con le mani senza usare nessuna bacchetta. Fred
sapeva che poteva farlo, non era la prima volta che la vedeva
all'opera. Si sbracciò cercando di attirare l'attenzione
della ragazza ma quella sembrava troppo presa a rincorrere i suoi
pensieri per dargli retta.
"Melody!" urlò e sentì distintamente sua sorella
Roxanne ridere. La ignorò completamente anche
perché finalmente la ragazza dello specchio si era accorta
della sua presenza. Aveva uno sguardo tristissimo.
"Sono tornato!" continuò Fred aprendo le braccia e facendo
un sorriso smagliante deciso a cancellate quell'espressione triste
dalla faccia dell'amica. La trovava molto bella con i suoi lineamenti
leggermente affilati, gli occhi blu come i suoi e i capelli
azzurro-argento. In più aveva una luce nello sguardo che ti
faceva voglia di amare e odiare insieme il mondo, la cosa lo confondeva
sempre e raramente restava sempre lucido.
Vedendo che continuava a non rispondere chiese: "Cosa c'è?"
Melody inclinò la testa di lato e sussurrò:
"Io sono un mostro" e mentre diceva questo la superficie dello specchio
iniziò a rimpirsi di brina, poi uno strato di ghiaccio
cominciò a a uscire dall bordo dello specchio.
Fred si spaventò.
"Io uccido le persone" continuava Melody "Uccido per divertimento, non
posso controllarmi. Ucciderò anche te".
Senza pensare Fred estrasse la bacchetta lanciando un incantesimo allo
specchio e la potenza fu tale che venne scaraventato all'indietro
facendogli sbattere la schiena sul muro.
Quando George salì allarmato dal rumore lo trovò
svenuto mentre le sue mani lanciavano bagliori di qualche strano
incantesimo.
20 Luglio 2020.
Fred si svegliò sudato urlando, gli rispose il
buio silenzioso della casa. Con uno scatto gettò le coperte
di lato e a tentoni uscì dal letto dirigendosi verso la
scrivania alla quale si aggrappà con forza cercando di
riprendere fiato.
Stralci dell'incubo facevano capolino nella sua mente spaventandolo
come non mai. Era in un luogo sconosciuto con al neve, ricordava il
freddo che gli lacerava la pelli, era nudo esposto a un vento
incessante; ricordava Melody che rideva e lo sbeffeggiava canticchiando
di tanto in tanto la parola mostro. Poi la neve si era colorata di
rosso e lui aveva visto la sua vecchia amica uccidere i suoi genitori e
gli zii squarciando loro il petto con i denti. Chiuse gli occhi
cercando di reprimere la nausa che gli venne quando ricordò
che in realtà era stata lui ad uccidere tutti trasformandosi
in un mostro.
Tremante si diresse verso l'interruttore della luce e lo
schiacciò illuminando la stanza. Cacciò un urlo
quando vide che tutto era ricperto da un sottile strato di neve e che
le lenzuola, come le sue mani, erano sporche di una sostanza rossa e
appicciosa, sangue.
17 Agosto 2024
Un anno dopo dalla fuga di Giorgia.
Fred era seduto a terra, in un angolo della stanza a cercar di non
piangere. Sentiva la voce di Delirium, di Melody, ovunque e non
riusciva a fuggurgli. Specialmente perché ora sapeva e
comprendeva, comprendeva il moptivo per cui si sentisse così
legato a Giorgia e perché fosse l'unico in grado di vedere
Delirium nello specchio, compendeva il cambio del colore dei capelli e
i sogni che lo avevano sempre perseguitato.
Sei un mostro sei un
mostro sei un mostro sei come me sei come me sei come me morte sangue
non puoi controllarti uccidi mostro mostro sei maledetto sei come me
vieni con me scappa con me vieni da me.
Non poteva fuggire a quelle voci, non poteva fuggire da sé
stesso. Stava peggiorando, non riusciva più a controllarsi e
sentiva attacchi di pura energia attarversargli il corpo senza che lui
non potesse fare nulla. Aveva già distrutto metà
giardino, avrebbe potuto uccidere qualcuno.
C'era solo una soluzione e per quanto la odiasse non poteva scegliere
altrimenti. Il rischio era troppo grosso.
Cercando di controllare la tremarella uscì dalla sua stanza
posizionandosi davanti allo specchio del corridoio. Tolse il telo che
lo copriva e come ai vecchi tempi vide una ragazza dai capelli blu
fissarlo. Aveva un sorriso folle e omicida.
"Vieni da me" disse Delirium tendendio le braccia e facendo increspare
la superficie liscia dello specchio. E lui lo fece,
attraversò lo specchio.
Quella fu l'ultima volta che videre Fred jr Weasley.
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Capitolo 2 *** 1. Il grigio cielo ***
Cap.1
Il grigio cielo
**
You hit the drink, you take a toke
Watch the past go up in a smoke
Fake a smile, lie and say that,
You're better now than ever, and you life's okay
When it's not. No
(Yhe Script, Six degrees of separation¹)
12 Luglio 2025.
Casa Weasley-Granger.
Rose distesa a pancia giù sul suo comodo letto terminò la pagina di diario con uno svolazzo della piuma a causa della firma. La appoggiò sopra il quadernino azzurro ben attenta a non macchiare nulla con l'inchiostro corvino e appoggiò soddisfatta la testa sul cuscino guardando con gli occhi azzurri e sereni fuori dall'ampia finestra. Le rispose non altrettanto sereno il grigio cielo inglese le cui grandi nuvole minacciavano pioggia.
Sai che novità, sbadigliò leggermente stanca adocchiando l'orologio, mancava poco più di mezz'ora alla cena. Fece una smorfia ricordandosi che quella sera cenava da loro il suo ragazzo e che quindi avrebbe dovuto sorbirsi gli sguardi sospettosi di suo padre, Rose aveva ben pensato di lasciarlo pensare che la sua virtù fosse intatta per non scatenare il finimondo. Nonostante avesse diciannove anni la continuava a tenere sotto tiro come se ne avesse tredici e la cosa era piuttosto frustante. Sua madre invece sapeva tutto, era strano ma dopo il fatto loro due si erano avvicinate molto rispetto a prima, quando la considerava un modello da superare. Il fatto era tradotto con il giorno in cui Hogwarts era stata attaccata, Giorgia aveva deciso di abbandonare tutti e sua madre aveva perso l'uso delle gambe. Sì. Hermione Granger in Weasley era costretta da tre anni su una sedia a rotelle; era stata colpita da una maledizione, un sectusempra se non andava errando, alla base della spina dorsale e da quel momento le sue gambe si erano rifiutate di seguire gli impulsi nervosi. Scoprirlo era stato un shock, la Mente dell'Antico Trio, la Grande Donna che era riuscita a far approvare un sacco di leggi sull'uguaglianza, privata dall'uso delle gambe. All'inizio era stata frustante, ma pian piano aveva iniziato ad abituarsi a vederla girare per casa sulla carrozzina magica e nonostante ciò era stata la stessa donna piena di carisma. Il lato positivo era che Rose era riuscita ad abbassare la barriera che aveva creato durante l'adolescenza per 'proteggersi' dalla fama della madre e così aveva riallacciato un contatto di confidenza e fiducia totale.
Anche perché se rivela qualcosa a papà Scorpius è morto.
Chiuse con cura il suo diario mentre un sorrisetto le appariva sulle labbra, il solito sorriso che faceva ogni volta che pensava a quell'idiota del suo ragazzo. Se non ci fosse stato lui lei sarebbe finita di sicuro come Al, tutti quegli abbandoni l'avevano distrutta.
In primis quello di Giorgia che aveva odiato per un anno fino all'arrivo del video in cui spiegava il motivo della sua fuga e be', non ce l'aveva fatta a non perdonarla. Però la sua scomparsa aveva lasciato un vuoto, il settimo anno era stato duro senza nessun da dover svegliare con un aguamenti.
Per secondo l'abbandono di Dominique con la sua brillante idea di finire la scuola in Francia e cercare lavoro nel medesimo continente. Lei che odiava la Francia e amava la sua adorata Inghilterra non aveva esitato ad afferrare al volo la prima occasione di abbandonare tutti e andare in un posto lontano da tutta quella storia. Un po' la capiva, anche Rose aveva meditato a lungo di andarsene ma non lo aveva fatto per Al e la sua famiglia. E Scorpius, naturalmente.
Poi era stato Fred a sparire letteralmente nel nulla, nessuno sapeva dove fosse da più di due anni.
E ovviamente Al, benché fisicamente fosse lì con loro con la testa era alla ricerca di Giorgia. Per ben tre mesi si era rifiutato di parlare, vedere qualcuno o fare qualsiasi altra cosa. Solo l'intervento di una psicomaga lo aveva fatto riprendere.
Be', anche Rose aveva fatto qualche seduta prima che la congedasse consigliandole di tenere un diario dove poter fare ordine tra sue pensieri e calmarsi. Il problema era stato quello, la rossa aveva così tante cose da dire, così tanti pensieri e parole da non poter dire da accumularsi e mandare in sovraccarico il suo cervello facendole sfiorare la schizofrenia. Grazie a Merlino un intervento tempestivo l'aveva riportata nel lume della ragione. A volte ci pensava e si sentiva una stupida bambina di quattro anni. Le persone avevano avuto problemi di questo genere sempre quando c'era Voldemort e non tenevano di certo uno stupido diario personale; alla fine era questo a terrorizzarla, rendersi conto che la storia poteva ripetersi con un'altra guerra e altri stragi quando loro non erano pronti. La popolazione si era abituata alla pace e per quanto lei da bambina avesse desiderato essere un eroina e combattere maghi oscuri tutte quelle storie erano, appunto, solo storie raccontate la sera in un luogo sicuro. Quella realtà, quel dolore non li aveva mai sfiorati, era stato solo raccontato ma mai provato. Insomma, non era pronta a guardare i necrologi terrorizzata all'idea di vedere il nome di un amico assassinato, non doveva preoccuparsi di morire o perdere le persone care; una ragazza come lei doveva solo preoccuparsi che il proprio genitore non castrasse il proprio ragazzo.
Un forte crack provenne dal piano inferiore con annesse varie imprecazione.
“Malfoy! Togliti dalla mie scarpe!”
“Sissignore”
“Ma si può sapere chi ti ha dato la patente per materializzarti?!”
“Non lo so, ma sospetto che fosse ubriaco”
Rose alzò gli occhi al cielo al pensiero che quella sera sì, avrebbe solo dovuto preoccuparsi a tenere il padre lontano da Scorpius e tutti avrebbero finto che andava tutto bene mangiando del pollo fingendo che niente andasse male. Per ancora una sera loro erano una famiglia normale e nessuna guerra minacciava quella meravigliosa quiete familiare in quella nuvolosa sera.
**
Casa Potter.
“E' pronto in tavola!” Gridò Ginny dalla cucina verso le altre stanze. Le rispose solo la risata cristallina di Lily già a tavola intenta a legarsi i baffi. Davvero, sembrava di vivere in un mortorio in quella casa.
“Potter, la cena!” urlò più forte sperando che almeno uno dei tre uomini con la sindrome dell'eroe tragico di decidesse a dar retta allo stomaco.
Il primo, a rigor di logica, fu James che fece la sua entrata in scena con un borbottio che doveva per forza c'entrare sull'esame del Corso Auror che avrebbe tenuto ad Agosto. James era cambiato in quei tre anni, e tanto al punto da renderlo irriconoscibile. Certo, per l'aspetto restava il solito ragazzo con le spalle larghe e i capelli ricciuti, ma sorrideva meno spesso e aveva perso quella scintilla di ingenuità che aveva portato la maggioranza ad appellarlo 'l'idiota'. Quando aveva finito la scuola tutti si erano aspettati che finisse in qualche squadra da Quidditch e invece, nonostante ci fossero state parecchie richieste, aveva deciso di intraprendere la carriera Auror per aiutare Giorgia a far fuori maghi oscuri, testuali parole.
In ogni caso il suo appetito era rimasto invariato e bastava l'odore dello stufato a farlo fiondare in cucina.
Spazientita guardò fuori della cucina, far uscire gli altri due Potter non sarebbe stato altrettanto facile. Il marito, Harry, l'uomo-meraviglia Salvatore del mondo magico era troppo impegnato a cercare Fred e Giorgia, senza contare i tentativi di catturare i Deliranti. Era impossibile smuoverlo dalla sua posizione. A Ginny avrebbe voluto intervenire ma non poteva, non dopo quello che era successo ad Hogwarts e la conseguente legge di escludere qualsiasi civile dall'azione. Ora tutto era sgreto e la risposta standard di Harry in quel periodo era “Il solito”.
Per quanto riguardava il secondogenito, Albie era troppo impegnato a fare il Didone maschile in attesa dell'Enea femminile. Era tutt'ora convinta che abbandonare le sedute della psicomaga non era stata una buona idea, specialmente perché anche dopo due anni dalla fine di Hogwarts era chiuso nel suo anno sabbatico e non sembrava intenzionato a terminarlo.
Spazientita si alzò pronta a trascinare a cena i due ma si scontrò con Harry,
“Era ora!” sbottò incrociando gli occhi del marito.
“Sono tanto in ritardo?” chiese quello spalancando i suoi occhi verdi come un rospo in salamoia. Davvero ogni volta che ci pensava voleva sprofondare a terra.
Quanto ero stupida.
“Dici?” fece comunque irritata e spedendolo al suo posto con una leggera pacca “Albie, conto fino a tre e dopo ti vengo a prendere con un levicorpus!” si rivolse poi alle scale con tutto il fiato che aveva in gola.
“E' Al!” gridò il figlio in risposta mentre sentiva il chiaro segno della porta della sua stanza che si apriva.
Lo guardo con uno sguardo contrariato quando fece la sua comparsa in pigiama e i capelli sconvolti.
“Di' un po', ma ti sei cambiato da 'sta mattina almeno?”
Quello non si degnò nemmeno di rispondere mentre si sedeva a suo posto e prendeva la caraffa d'acqua. Ginny non riuscì ad evitare lo sbuffo mentre si sedeva a tavola.
“Allora” tentò coraggiosamente Lily dopo qualche secondo di silenzio “come è andata la vostra giornata?”
La sua famiglia era così noiosa e triste, per fortuna c'era lei a riempire tutti quei vuoti con le chiacchiere, un'arte in cui lei eccelleva particolarmente. Lily a volte aveva davvero l'impressione di essere l'unica luce di socialità in quella casa di matti e no, non stava esagerando. Al stava esagerando in quella sua interpretazione da innamorato abbandonato, non conosceva nessuno più egoista di lui. Com'era possibile che con la sua fissazione a ignorare tutti faceva stare male la mamma e il papà?
Grifondoto, puff, a Serpeverde doveva metterlo il Cappello.
Soffiò sopra le unghie appena laccate con lo smalto rosso in attesa di un gufo di Roxanne, non la vedeva da una settimana e le mancava un'amica con cui lamentarsi della sua famiglia da tragedia greca, se solo non avesse terminato il credito dello smartphone ora non starebbe aspettando un vecchio e decrepito gufo.
Viva la Babbanificazione!
Non vedeva l'ora che arrivasse il compleanno del papà per poter andare alla tana e rivedersi con i cugini per fare qualcosa di divertente. Le gite alla tana erano una benedizione divina, gli unici giorni in cui si fingeva che andasse tutto bene.
Che poi lei non aveva capito nulla, sapeva solo che Fred e Giorgia avevano avuto la brillante idea di abbandonare tutti e mandare il Clan nel caos totale. E quella situazione stava andando troppo per lunghe, Lily si era stufata. Non vedeva l'ora di andare ad Hogwarts, nonostante i M.A.G.O. per poter dimenticare tutta quell'orribile faccenda.
Annoiata con un colpo di bacchetta sistemò una sbavatura dello smalto. Ecco, era questa la parola che la descriveva pienamente in quel periodo.
Annoiata.
Se solo fosse accaduta qualcosa che spezzasse quella monotonia portando un po' di coloro in quel cielo stupidamente grigio...
**
Casa Weasley-Jhonson.
Roxanne finì di leggere la lettera della sua migliore amica ridacchiando, Lily e le sue manie di protagonismo non sopportavano quella tensione e quella calma. Rox la capiva, anche se dal canto suo il problema era il non sapere. Erano passati due anni da quando aveva visto Fred l'ultima volta e questo le faceva venire un groppo in gola ogni volta. Le mancava con tutta sé stessa, lei era abituata fin dalla nascita ad aver quella testa di carota a correre per la casa come un piccolo tornado e lei che cercava di gattonargli dietro per imitarlo. Il rapporto che aveva avuto con il fratello era diverso da quello che vedeva tra Rose e Hugo, Lily e James, loro erano molto uniti tanto che da piccola lo aveva reso il suo confidente senza tante cerimonie, lui era il cavaliera bianco che la difendeva dai draghi della soffitta buia. Ovviamente quel legame si era spezzato quando era arrivata Giorgia-Sono-Fantastica-Adoratemi-Flox e no, non la considerava affatto una Weasley, la detestava troppo per considerarla una di famiglia. Punto primo aveva preso il suo posto come migliore amica del fratello e da quando era arrivata sconvolgendo tutte le loro vite Rox era passata di secondo piano; punto secondo, ci scommetteva la bacchetta che Fred fosse sparito per causa sua.
Quindi la odiava, fine della storia. In realtà di persone ne odiava parecchie ma adesso stava divagando e il suo unico pensiero era quello di dare una risposta decente all'amica. Si lisciò distrattamente una ciocca di capelli color mogano rendendosi conto che doveva sistemare i suoi capelli, troppe doppie punte.
Be', poteva parlare di quello nella lettera, chiedere a Lily se aveva voglia di accompagnarla da un parrucchiere, possibilmente prima del compleanno dello zio Harry visto che sapeva che ci sarebbe stato anche Teddy e lei voleva essere meravigliosa. Senza rendersene conto sorrise sognante al pensiero del metamorfomagus, avrebbe potuto scrivere quello, di quanto fosse fantastico che dopo che Ted tornasse dalla Francia dopo tutto quel tempo, era una vita che non lo vedeva.
Fantastico Teddy.
Peccato che l'amica odiasse quando partiva per la tangente Teddy dimentica che il sudetto fosse un uomo adulto fidanzato e lei una ragazzina con il complesso del principe azzurro. Ma lui era bellissimo, non poteva farci niente.
Evitò comunque di parlare di lui per non annoiare Lily, di sicuro lo sapeva già visto che zio Harry era il padrino.
Scrisse così dell'intervento immediato che necessitavano i suoi capelli pregandola di fare una ricarica perché davvero, i metodi tradizionali magici erano così lenti!
Aggiunse poi frettolosamente che papà e lo zio Fred stavano proggettando dei nuovi tipi di fuochi d'artificio magici per la gita alla tana e lei non stava più nella pelle per la voglia di provarli.
Terminò il tutto con la sua firma e cuore, dicendole di farsi forza. Aspettò qualche secondo guardando la foto con sua madre in un campo da Quidditch che teneva sulla scrivania prima di arrotolare la pergamena, alzarsi e dirigersi verso la sua civetta bianca, Venus.
Fischiò mostrandole la lettera e quella andò ad appollaiarsi sul suo braccio stringendo la carne con gli artigli, trattenne la smorfia al dolore che si era abituata a provare, quella era una civetta dispettosa.
“Portala a Lily e resta lì finché non ti risponde”, le ordino mentre quella le tendeva diligentemente una zampa. Venus fischiò e volò fuori dalla finestra aperta pronta alla consegna.
Roxanne rimase qualche secondo a stiracchiarsi davanti alla finestra osservando le prime gocce di pioggia scendere dal cielo inglese.
**
In qualche luogo della Cornovaglia.
Nemmeno il lampione illuminava la via calpestata da sei duri stivali di cuoio, la luna era nascosta dalle nuvole e una leggere pioggerella aveva iniziato ascendere scivolando su un mantello così nero da confondersi con l'oscurità circostante. Ma al ragazzo andava bene la mancanza di luce, lui si muoveva nell'ombra da quando era stato trovato e rinato, da quando aveva avuto l'occasione di far parte di qualcosa di più grande di lui, Qualcosa di così bello e pericoloso da fargli provare brividi su tutto il corpo ogni volta che ci pensava. Era la sua vocazione, la sua missione in quella altrimenti vuota vita terrena.
Lui era la Spia, il soldato che si mescolava nella notte capace di diventar lui steso un ombra e conoscere i più sporchi e profondi segreti di chiunque. Spia, era questo il suo nome ormai, l'altro lo aveva dimenticato da tempo immemore, cancellato dal sangue del suo primo omicidio. Il primo, ma non l'ultimo.
A volte bisogna fare dei sacrifici per raggiungere qualcosa di più Grande.
Gli era stato ripetuto fino alla nausea ed era stata l'unico pensiero confortante quando era piccola e ingenuo e dormiva solo nella notte. Ora della notte aveva fatto la sua casa e quella era una formula alla quale rispondere ogni volta che calava la spada, un rito. Aveva fatto tanti sacrifici e sopportato tanto dolore ma sembrava che finalmente l'ora fosse giunta.
La Spia fissò la figura della casa che gli si stava difronte facendo tornare nella via il totale silenzio. Con un cenno rassicurante del capo si affrettò a varcare la porta, era la prima volta che Lei stessa lo convocava e non sapeva dire se fosse un bene o un male.
La stanza era sporca e disordinata completamente avvolta nell'oscurità ma i suoi occhi ben allenati potevano scorgere delle scale. Senza esitazioni le prese andando al piano superiore. La fioca luce delle candele illuminava il corridoio fino a una stanza dalla quale sentiva il camminare di alcune persone, quattro di sicuro. Due dovevano essere molto grosse e alte a giudicare dalla pesantezza dei passi, probabilmente dele guardie del corpo; riconobbe la camminata regolare del Capitano, il suo capo, e poi quello più leggero ed aggraziato di una donna. Doveva essere Lei per forza.
Calò il cappuccio dal capo prendendosi qualche secondo per far scivolare via dal viso qualsiasi emozione per restare controllato come una maschera. Alcuni riccioli biondi gli scivolarono sugli occhi scuri e lui li cacciò via con un gesto della mano, tutto nel suo aspetto era ordinato e nulla fuori posto; sembrava che perfino gli zigomi quadrati fossero stati messi per dare una maggior impressione di controllo. Ma era un viso troppo giovane per un assassino.
Rigido bussò alla porta e rimase in attesa. Ad aprire fu uno di quelli che immaginò essere una guardia del corpo, grande e grosso come un gorilla e una scintilla di ottusità nello sguardo.
“Chi sei?” lo apostrofò duramente.
“E' il nostro uomo, lascialo entrare”, rispose laconico il suo Capitano da dietro le spalle del bestione. Questo si sostò lasciandolo entrare sotto uno sguardo diffidente, si trattenne dal guardarlo con superiorità e proseguì senza lasciare che nessun muscolo segnalasse il suo stato di agitazione. Le altre tre figure erano in piedi attorno a un tavolo, solo i due uomini lo guardavano, la donna era troppo impegnata a studiare una cartina sul tavolo.
“Ragazzo mio”, disse il Capitano tendendogli una braccio benevole invitandolo ad avvicinarsi. Era un immortale piuttosto vecchio, sotto gli occhi aveva molto rughe e una leggere barba bianca gli copriva la parte inferiore del viso. Gli occhi erano freddi, intelligenti e calcolatori. Come lui era vestito interamente di nero fatte eccezione per la cintura rossa e gli alamari argentati che contraddistinguevano il grado.
“Fatto buon viaggio?” continuò e lui annuì rigidamente troppo impegnato a fissare la donna. Aveva ricci capelli color miele lucenti che scendevano coprendo parzialmente il viso dolce serio per la concentrazione. Nonostante non lo stesse guardando negli occhi lui sapeva che il colore dei suoi occhi fosse dello stesso colore del sangue, tra i soldati minori c'era la leggenda che un tempo fossero dorati come l'oro e per questo li avesse barattati con il Diavolo per l'immortalità. Le solite sciocchezze.
“Avvicinati”, tagliò corto la donna, Tosca Tassorosso. La Spia ubbidì.
“Gli Auror ci stanno dando parecchio filo da torcere, per colpa di Fred Weasley sono riusciti a trovare ben tre nostre basi. Se va avanti di questo passo potrebbero raggiungere il cuore della nostra missione molto più velocemente di quanto avessi calcolato e noi abbiamo bisogno di tempo. Né il Delirium né il Chaos sono rintracciabili” si fermò dopo avergli riferito la registrazione. Lui non poté non trattenere il moto di orgoglio che lo investì al pensiero che lo stavano mettendo a parte dei segreti, per di più la stessa Tassorosso, il Generale supremo.
“abbiamo bisogno di più tempo, dobbiamo conoscere più a fondo il nostro nuovo nemico. Li abbiamo sempre tenuti fuori dall'equazione e ignorato senza capire quanto fosse potenti e abili nel mettere i bastoni tra le ruote. Non faremo ancora lo stesso errore”.
La Spia ubbidì, si aspettava una cosa del genere. Spiare i più potenti nemici era il suo lavoro.
“Il Salvatore del Mondo Magico ha tre figli, lo sapevi?”
...e questo casa c'entra?
Si apprestò comunque a rispondere con segno di assenso.
“Dobbiamo sorvegliare i Potter ma non nella maniera tradizionale” e dicendo questo passò una foto verso di lui gettandola sul tavolo.
La Spia la prese non capendo dove volesse andare a parare. Stava ritratta una ragazza dai lunghi capelli rossi tiziano con uno sguardo civettuolo e malandrino, ridacchiava felice davanti all'obbiettivo mostrando una fila di denti bianchi; indossava una camicetta bianca e una gonna che le stringeva la vita sottile. In complesso era molto carina, per quanto ne capisse lui di queste cose.
“Non capisco”, ammise poi dopo un lungo silenzio.
“Non capisci? Eppure è semplice” lo guardò impassibile “devi sorvegliare i Potter come amico dei suoi figli. Al momento i maggiori sono impegnati, ma la più piccola frequenta ancora Hogwarts e voglio che tu ti avvicina a lei, voglio che tu le sia amico. Stiamo organizzando un trasloco accanto alla casa dei Potter, andrai a vivere lì fino a Settembre quando andrai alla Scuola di Magia. Abbiamo già organizzato tutte le carte false” terminò.
La Spia continuò a fissare con la bocca secca la foto. Lui il grande maestro dell'ombra doveva fare da confidente a una stupida ragazzina?!
“Mi sei fedele, ragazzo?” la domanda della donna lo prese in contropiedo facendolo rispondere meccanicamente:
“Fino alla morte”.
“No, non mi interessa la tua vita. Mi interessa la tua anima” Lo guardò fieramente, “Fai in modo che i Potter si fidino di te e noi li attaccheremo al cuore. Non sapranno mai cosa lì ha investiti. Questo è un ordine!”
La Spia annuì, mettendo la foto all'interno di una tasca di un mantello quando venne congedato. Fece per uscire ma la voce di Tassorosso lo fermò ancora una volta.
“Dimenticavo, Spia. Riprenderai il tuo antico nome, non avevamo tempo di inventarcene uno”.
La Spia bloccò sul nascere l'espressione di rabbia che stava nascendo e cercando di restar neutro ubbidì un'ultima volta e uscì dalla stanza.
Solo fuori dalla casa e a debita distanza ebbe il coraggio di ringhiare. La pioggia continuò a scendere beffarda dal cupo cielo mentre lui sfogava la sua frustazione all'idea di dover riprendere i panni di Aleksander Romanoff.
NDA
Ed ecco qui il vero primo capitolo.
Oltre all'ultima parte non succede nulla, lo so bene, è solo un altro capitolo introduttivo per spiegare la situazione.
Nel prossimo Al e....Fred! Finalmente sapremo che fine ha fatto quell'idiota. Spero che ormai abbiate capitò cos'è in realtà, ma vedrete che tutto verrà spiegato più avanti.
Adios!
Ps, riusciamo a raggiungere un bel numeretto di recensioni?
1. La canzone sfondo di questo capitolo è questa.http://www.google.it/url?url=http://www.youtube.com/watch%3Fv%3DFCT6Mu-pOeE&rct=j&frm=1&q=&esrc=s&sa=U&ei=tURfVNL3Gc3paPGVgbAN&ved=0CBUQtwIwAA&usg=AFQjCNHL4oB1zzymm_4xt23L6WvjYiQz5g
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Capitolo 3 *** 2. Escremento di Lupo ***
efpfraaaaa
Cap. 2
Escrementi di Lupo.
16 Luglio 2025
Polonia,
foresta di Białowiezia
Nessun
mago aveva mai
dato uno sguardo attento e interessato alla magica e antica foresta
della Polonia, sguardo che invece avevano dato i Babbani capendo subito
la grande ricchezza di quel territorio fin dal medioevo. Certo, prima
avevano ridotto la sua estensione con deforestazioni e bonificazioni e
nelle Guerre Mondiali i Tedeschi si erano impegnati per bene ad
ammazzare ogni essere vivente che capitasse a tiro, ma era tutta roba
passata e di acqua ne era passata sotto i ponti, da allora gli Europei
si erano impegnati a far tornare la foresta nel suo antico splendore
nominandola riserva naturale e patrimonio dell'umanità.,
precisamente nel 1992 e da quell'anno erano arrivati molti dobloni
sonanti nelle tasche dello stato: i turisti pagavano oro per vedere
quell'antica meraviglia e scorgere in lontananza qualche animale. Ogni
mese arrivavano decine di scienziati ed esperti per studiarla e mai
riuscivano a captare tutti i suoi segreti.
Ma tutto questo era rimasto all'oscuro del Popolo Magico
Inglese,
troppo preso dal suo egocentrismo per capire che fuori da quell'isola
esistevano cose che nemmeno loro potevano immaginare.
Ma per Fred quell'ignoranza era stata provvidenziale.
Era un giovane strano, sui vent'anni, i capelli arancio
inglese,
due occhi vispi azzurri nordici e la pella tipica dei latini americani.
Come questi tre fattori stessero in armonia sulle stesso corpo per
Magz, la vecchia del panificio, restava un mistero di Dio. Di certo si
sapeva che al ragazzo piaceva cantare.
Ogni mattina, quando apriva la sua panetterie - precisamente
quando il gallo del mugnaio cantava - vedeva quella testa rossa
spuntare all'inizio del paese. Che poi dir paese era un'esagerazione
vista che si trattava di quattordici case, quattro ristoranti, tre
fattorie, un albergo, un bar, un panificio, un parcheggio, un'edicola e
una chiesetta; più il museo sulla foresta, s'intende.
In ogni caso il ragazzo non era di lì, si sapeva
solo che
ogni mattina faceva una lunga camminata per venir fin lì,
passava all'edicola a prendere il giornale, poi andava da lei a
prendere una briche all'albicocca e un cartone di latte, infine si
dirigeva verso il museo, era lì che lavorava. Precisamente
era
una delle guide che portava i turisti a zonzo per la foresta.
Aveva notato da subito che faceva tutto canticchiando
allegri
motivetti e che aveva una voce che valeva la pena ascoltare, spesso si
chiedeva cosa ci facesse in quel paese che paese non era dimenticato da
Dio. Eppure da due anni il ragazzo si presentava in fondo alla via
seguito da un allegro motivetto, prendeva il suo giornale e la sua
colazione e portava stranieri a zonzo per la foresta.
Il nome glielo aveva chiesto una volta sola e sapeva che non
lo
avrebbe mai dimenticato: nessuno dimentica lo sguardo struggente di
malinconia di chi si è lasciato tutto alle spalle.
"Fred Weasley, piacere".
Quello che Magz non sapeva era che anni addietro in un altro
continente un ragazzo con gli stessi occhi e capelli aveva detto lo
stesso nome con lo stesso sguardo.
DlinDlon.
Il campanellino che teneva attaccato alla porta
suonò ed
entrò lo stesso ragazzo che pochi minuti prima aveva visto
in
fondo alla via e al quale aveva pensato fino a quel momento. Con calma
la vecchia mise sul banco una brioche e un cartone di latte in un gesto
meccanico e conosciuto, nella stessa maniera il ragazzo ci mise qualche
moneta; ognuno prese le proprie cose con sincero sorriso di cortesia.
"Buona giornata"
"Altrettanto"
Ed era uscito lasciando tutto al suo posto, quasi fosse
un'ombra.
**
Inghilterra,
Casa Potter.
Quando qualcuno bussò alla porta Al quasi fece
cadere la
lastra d'argento che teneva in mano. Con un moto di ansia
guardò
prima il suo segreto e poi la porta prima di gettera il primo sotto il
letto e urlare:
"E' aperto".
Lily entrò dentro la stanza arricciando
leggermente il naso
in una smorfia del tutto comprensibile visto le condizioni della sua
stanza, anche se quell'espressione l'avrebbe meglio vista meglio in
faccia a sua madre o Rosie che alla sua sorellina disordinata quasi e
quanto lui.
Cavolo,
è messa così male?
Ma davvero, non aveva vogli di sistemare, aveva paura di
trovare
qualcosa che appartenesse a... groppo in gola, non riuscì
più a formulare il continuo di quel pensiero e si
concentrò sulla sorella che sembrava intenzionata a voler
restare sulla soglia per tutta la vita.
"Mi sono appena lavata, non intendo puzzare
come un maschio", rispose quella davanti al suo sguardo.
Sbuffò
divertito anche se non degnò la battuta di un sorriso cosa
che
sembrò far arrabbiare Lily da come inarcò una
sopracciglia.
In realtà era piuttosto raro sentirlo ridere,
solo la
sorella aveva questo privilegio. Il motivo era semplice, era l'unica a
non trattarlo con le pinze, come se fosse un malato terminale. Rosie,
sua madre, tutti gli si avvicinavano come se fosse un animale ferito
che non bisogna spaventare e questo lo faceva deprimere ancor di
più, o meglio lo facevano sentire così. Gli
davano l'idea
di essere in un pozzo senza fondo e tutti lo guardavano da una grata
dal soffitto dove promettevano che tutto sarebbe andato bene.
Poi c'era Lily che faceva saltare la grata con una bomba a
mano e
si gettava dentro il suo pozzo di dolore solo per dirgli che aveva
comprato una gonna nuova con annessa sfilata. Se all'inizio Al ne era
rimasto infastidito ora adorava quei piccoli momenti di vita che gli
regalava la sorella con quei stupidi e frivoli fatti.
"Accompagni me Rox dal parrucchiere?" Lily lo
riportò alla
realtà "Mi secca prendere la metropolvere, mi riempie i
capelli
di fuliggine".
"E io che dovrei fare?"
"Non so, qualcosa tipo una materializzazione congiunta.
Ipoteticamente parlando, eh", rispose quella ironica.
"Sono in pigiama", le fece presente indicandosi con un dito
e un finto sorriso dispiaciuto.
"Be', cambiati".
"Non ho voglia"
"Sai che novità? Quand'è stata
l'ultima volta che
hai indossato qualcosa di diverso da un pigiama? Un mese fa?" rise con
il suo suono cristallino e chiaro.
"In realtà, domenica", disse sentendosi
riscaldato da quella risata come se fosse al sole.
"Una settimana fa, quindi" continuò a ridere,
"Dai, vediamo
un po'" si alzò dal suo letto e aprì gli scuri
delle
finestre lasciando che la luce del sole inondasse la stanza. Al
grugnì coprendosi con una manica del pigiama gli occhi non
più abituati a quel forte chiarore, come un prigioniero
rinchiuso troppo a lungo in una progione.
La seconda mossa della sorella fu quella di aprire l'armadio
e iniziare a gettare tutto alla rinfusa.
"Mh, potresti metterti questa maglietta" disse tirandola
fuori "Le cose a quadri sono tornate di moda..."
"Lily..." disse. In realtà grugnì,
ma il suo primo intento era parlare.
"sì, hai ragione. Questo colore fa a pugni con la
tua
carnagione, dovresti prendere un po' di sole, lo sai?"
continuò
lei comprendendo male il suo grugnito.
"Lily..." tentò ancora con voce più
lamentosa.
"Figurati se ti lascio scegliere come vestirti, sei rimasto
alla moda di milioni
di anni fa".
"Lily!" sbottò e finalmente la sorella si
girò a guardarlo mentre il sorriso si faceva man mano
traballante.
"Non ti piace?" pigolò per l'ultima volta con una
maglia in mano.
"Non ho voglia di vestirmi", rispose con calma mentre
sentiva qualcosa dentro di sé urlare frustata.
"Tu non hai mai voglia di fare niente!" lo accusò
lei, il sorriso completamente svanito "
"Lily, esci. Voglio stare solo".
La verità era questa, la sorella entrava
sì nella
sua prigione a fargli compagnia mai pretendeva che lui scappasse quando
non era pronto. Non poteva affrontare la realtà, la luce del
sole e il mondo. Non senza lei. Non era ancore il momento.
E quando?
urlavano gli occhi di Lily ogni volta che la mandava via, occhi feriti
e delusi.
Delusi da lui e dalla sua incapacità di lottare.
Ma non ci
riesco...
La porta sbatté violentemente e gli
sembrò che il
suo cuore tremasse per quel rumore forte e violento.
Sospirò,
sentendosi più solo che mai, cosa idiota visto che la
solitudine
se l'era cercata lui. Lentamente si alzò dal divano e
richiuse
gli scuri delle finestre facendo tornare la penobra nella stanza,
così andava molto meglio.
Tornò sul letto e tirò fuori il
Cercatore, la lastra
d'argento che teneva in mano prima che Lily lo distrurbasse.
Accarezzò distrattamente la liscia superficie pensieroso.
Era un oggetto magico su cui lavorava da tre anni, l'idea
gli era
venuta in mente mentre faceva un aproffondimento di Aritmazia; aveva
notato come alcune formule dimostrassero l'esistenza di una strana e
speciale polvere argentata che si creava ogni volta che si faceva una
magia, era una cosa naturale ma grazie a questa il ministero aveva
creato la Traccia per i minorenni. Infatti era stato notato che fino a
una certa età (solitamente compresa fra i sedici/diciassette
anni) questa Polvere mutasse forma e consistenza, ovvero stava a
significare la stabilizzazione del gene magico.
E se poteva usare quella Polvere per cercare Giorgia? Era
un'idea
folle e difficile ma da quel giorno ci lavorava come un'ossesso.
Studiando le dinamiche del pensatoio di Silente aveva estratto la
propria polvere (ci aveva messo un anno a imparare a farlo e un anno
per prenderne a sufficenza) e poi l'aveva fusa con un ardemonio.
Lo sapeva aveva fatto una cosa folle e suicidia, ma in qualche modo la
Polvere sembrava aver assorbito il fuoco maledetto diventando liquida.
Aveva poi costruito una base con minerali preziosi raccolti durante una
precisa fase lunare (e questo gli era costato quasi tutti i suoi
risparmi) sul quale aveva fatto asciugare quel liquido. Dopo un mese
quella lastra era pronta, doveva solo incantarla con i giusti
incantesimi scrivendo rune sul contorno, se i suoi calcoli erano giusti
era una cosa assai complicata con una grande possibilità di
sbagliare e mandare tutto a rotoli.
Ma non era questa la parte difficile, il complicato era
sperare
che la polvere di Giorgia fosse in qualche modo legata alla sua,
altrimenti il tutto non serviva a nulla. Sperava che il fatto di essere
cugini rendesse la cosa più semplice.
Passò ancora le dita sulla superficie liscia e
fresca
mentre gli occhi si inumidivano al pensiero di lei. Quella stupida
presuntuosa, era convinta di poter risolvere tutti i mali del mondo da
sola senza capire che... che cosa? Che aveva bisogno di lui? Doveva
essere realistica, lui era solo un maghetto comune, certo era uscito
con il massimo nei M.A.G.O, ma lei era una creatura quasi Divina, lei
era il Chaos, una delle essenze della magia.
A cosa sarebbe servito? A nulla.
Ma io la
voglio.
E su questo non ci pioveva, aveva dovuto soppartare di tutto
per
averla e adesso non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare, non
ora che aveva una speranza di trovarla.
Tirandosi su le maniche del pigiama prese la bacchetta e
iniziò a recitare una serie di incantesimi muovendo la mano
con
la massima precisione.
**
Polonia, foresta di Białowieza.
Fred entrò addentando l'ultimo morso di Brioche
nel centro
di ricerche legate alla foresta, l'edificio vicino al museo e la prima
cosa che sentì fu la voce possente di Boris, una delle guide
esattamente come lui, che concitato raccontava qualcosa agli altri
compagni.
"Maddai, te lo sarai sognato!" rispose una della guide
più
anziane, un uomo con occhi verde chiaro e un nome impronunciabile.
"Ti dico di no!" fece con enfasi Boris strabuzzando gli
occhi "Che Dio mi mandi all'inferno se dicessi una falsità!"
"Ehi, Friedrik!" Lo avvistò Nathalia mentre
sistemava la
sua giacca e indossava il proprio tesserino "Vieni un po' a sentire che
cos'ha avvistato stamani Bo'"
"Cos'hai avvistato stamani, Bo'?" chiese sedendosi vicino a
loro.
"In pratica" iniziò convinto "Ho dovuto
accompagnare, alle
cinque, un gruppo di tizi scientifici per vedere se riusciva ad
avvistare il lupo bianco che ha iniziato a scorazzare in questa zona. E
indovina, cosa vediamo in realtà?"
"Non lo so" rispose Fred facendo un mezzo sorriso.
"Su, dai. Prova a indovinare!"
"Dai, Bo', dimmelo. Cosa avete visto?"
"Una fata!"
"Una... fata?" ripeté sicuro di aver sentito male.
"Una fata" annuì Boris soddisfatto.
"Una fata" lo soppesò con lo sguardo qualche
secondo "Non è che prima siete passati a bere un goccio da
Frankly?"
"Più di un goccio, io direi" ridacchiò
il vecchietto
dal nome impronunciabile. Fred giurò che prima o poi lo
avrebbe
imparato.
"Oh, uomini di malafede!" sbottò Boris "Vi dico
che era
lì, ed era bellissima. Stava suonando il violino, era una
melodia così dolce! Doveva essere per forza ultraterrena,
nessun
umano può anche solo pensare di imitare una cosa
così
perfetta. Aveva un vestitino bianco, sembrava fatto di raggi di luna e
camminava scalza sul terreno umido, aveva i capelli azzurri che le
balenavano intorno come se avessero vita propria, come una nuvola" Si
perse a fissare il nulla estasiato da quella visione. A Fred venne la
gola secca.
"Aspetta, aspetta!" li scosse entrambi il vecchietto "Adesso
arriva la parte miogliore, racconta Bo'"
"Sì,
noi eravamo lì
incantati a fissarla quando lei si accorse della nostra presenza. Si
girò a guardarci e... aveva gli occhi più blu che
avessi
mai visto, anche più dei tuoi Friedrik! Erano elettrici,
emanavano pura energia. Poi è scomparsa facendo salire una
nebbiolina viola dal terreno".
Fred irruppe in una risata nervosa, "Te lo devo proprio dire Bo',
qualcuno deve aver rovescito del Wischy sul tuo caffé"
"Non sono pazzo! Ve lo giuro!"
"Certo" disse battendogli una leggera pacca sulla spalla "Mentre venivo
oggi ho visto dei folleti".
Boris sbuffò alla conseguente risata collettiva.
"Su, basta scherzare!" disse Nathalie battendo un pugno sul tavolo "E'
ora di lavorare"
I tre maschi assunsero uno sguardo serio mentre la ragazza controllava
l'agenda "Boris, tu puoi tornare pure a casa. Hai già fatto
la
tua parte ed è meglio che tu non vada in giro per la foresta
convinto di vedere essere inesistenti" Bloccò sul nascere la
protesta di Boris e questo dovette serrare le labbra frustato.
"Crienziœterkmen" si rivolse al vecchietto (Giusto, era
quello il
nome!) "Tu fra un'ora hai un gruppo tedesco al museo. Ti dividi il
lavoro con Mary, lei è già lì a
preparer tutto. Ti
conviene raggiungerla".
Crienz... al diavolo!, il vecchietto annuì iniziando a
prendere le proprie cose.
"Fred" disse poi la donna indicandolo "Tu alle quindici hai due
famiglie inglesi da portare in visita alla foresta".
Fece una smorfia "Credevo che oggi fosse il mio giorno in laboratorio".
"Lo so, ma pensavo ti facesse piacere stare con qualcuno che parla la
tua lingua natìa. E comunque" aggiunse facendo un sorriso
sadico
"Fino alle tre sei con me, dobbiamo analizzare dei campioni".
"Dei campioni di cosa?" indagò cauto mentre la seguiva nei
laboratori.
"Escrementi di lupo" sventolò contenta la busta trasperente
contenente il campione.
"Eddai, non fare quella faccia!" rise Nathalie prendendolo in giro
"Abbiamo analizzato di peggio e sono millenni che non si
vede un lupo bianco da queste parti. Magari possiamo scoprire qualcosa"
"Dalla sua cacca" fece presente Fred.
"Da qualche parte dovremmo pur iniziare. Forza, indossa il camice e il
resto: oggi si lavora".
"Comincio a sentire la mancanza dei turisti" si lagnò mentre
si dirigeva verso gli armadiette. Melody l'avrebbe pagata cara, oh
sì.
**
Inghilterra, Casa
Weasley-Jhonson.
Roxanne accolse
il puf proveniente dal camino con un piccolo ghigno ma non si
degnò di alzare la testa dal Settimanale delle Streghe che
stava sfogliando in cucina.
"Stupida. Polvere. Magica" sentì Lily ringhiare, la mora
tentò di impedire alle labbra di distendersi in un sorriso.
"Ciao, eh!" disse poi la sua migliore amica,
nonché cugina, appoggiando sul tavolo l'enorme borsa
decidendola ad alzare la testa per degnarla di attenzione.
Lily era minuta e esile come una piccola fatina, non per nulla la
chiamavano la sexy-fatina. Aveva i capelli rossi e lisci pieni di
cenere bianca come se fosse neve e gli occhi grandi sembravano un
caleidoscopio. A Rox erano sempre piaciuti gli occhi dell'amica,
sembrava il blu e il verde si fossero mescolati per dare alla luce un
colore inesistente.
"Ciao" La salutò appoggiando la rivista sul tavolo accanto
alla borso. Lily la tirò verso di sé per dare
un'occhiata veloce "Niente passaggio da Al?"
"Ma figurati" alzò gli occhi al cielo "E' troppo impegnato a
crogiolarsi nell'autocommiserazione per fare qualcosa di socialmente
utile. Fortuna vuole che io sia un'anima
pia e non mi arrabbierò con lui"
enfatizzò appoggiando una mano sul petto.
"Pensi di fare qualche modifica alla tua acconciatura?" chiese Rox
cambiando argomento.
"Non lo so" ammise Lily aggrottando le sopracciglie "Avevo pensato a
una frangia scalata, ma Zefira mi ha detto che sarebbe un crimine
tagliarmeli visto che sono lunghissimi"
Zefira era una loro compagna di scuola nello stesso anno di Lily.
"Ha ragione, sono così belli. Sarebbe un peccato"
concordò pensando ai suoi di capelli, sempre bruciati e con
le doppie punte. Avrebbe voluto tantissimo averli lunghi ma ogni tot
mesi era costretta a tagliarli, non voleva andare in giro con capelli
che sembravano paglia.
"Tu invece? Cambi qualcosa?" la distrasse Lily.
"Nah" rispose alzandosi per cercare qualcosa di decente da indossare.
Lily la imitò seguendola in camera.
"Lo sai che alla Tana verrà anche Dominique?"
"Che bello!" disse ironica "La famigliola al completo". Roxanne odiava
i Delacour, e non era un semplice disprezzo adolescenziale, era un odio
che covava fin da piccola. Perché?
Iniziamo da Flebo, miss perfezione, la strega che aveva stregato con
una pozione lo zio Bill perché, davvero, uno come lui non
poteva aver sposato una come lei se non sotto un maleficio. Insomma,
era così snob e dannatamente francese con quel ridicolo
accento e la convinzione di essere la migliore.
In secondo luogo veniva Victoire. Aveva incantato Teddy portandoglielo
via, non servono spiegazioni.
Dominique era la stronzetta che riusciva ad essere perfetta anche con
una stupida felpa sformata e questa è una cosa inumana. In
più era una stupida reginetta di ghiaccio convinta di essere
superiore a tutti.
E dopo Louis, ma va be'. Non è che l'odiasse, anzi le era
piuttosto indifferente, solo che non sopportava il suo odio verso
l'umanità e lo sguardo di disprezzo che guardava chiunque
non avesse almeno tre eccezzionali in pagella.
Insomma, una famiglia di francesini snob del cazzo.
Fece una smorfia al pensiero di doverli sopportare al completo, se non
ci fosse stato anche Ted avrebbe finto un malore.
"No, ti prego. Non partire per la tangente Meraviglioso-Teddy" la
richiamò Lily sbuffando.
"Non stavo pensando a lui" arrossì, perché era
una bugia.
"Ceerto, Cenerentola. Avevi la faccia da principessa sospirante" la
prese in giro.
...
"Ok, forse un minuscolo pensiero l'ho fatto. Ma... ehi" interruppe lo
sbuffo dell'amica "E' un sacco di tempo che non lo vedo, dammi la
possibilità di sognare un pochino"
"Cerca solo tenere i tuoi piedi sul pavimento mentre la tua testa
è tra le nuvole" si leccò le labbra "Che ne dici
di metterti quei pantaloncini che ti ho regalato? Starebbero splendidamente con
questa maglia".
**
Polonia, Foresta di Białowieza.
Nonostante fossero le otto di sera il sole era ancora alto nel cielo e
alcuni suoi raggi facevano capolino tra i rami degli alberi. Fred si
era appena materializzato all'interno della foresta per andare a casa.
Aveva appena dovuto sopportare un'allegra famigliola piena di bambini
urlanti che non avevano fatto altro che chiedere se potevano vedere i
dinosauri. Aveva dovuto spiegare pazientemente per tipo mille volte che
quelli erano estinti. La cosa peggiore era che uno di quei bambini si
chiamava James.
Certo era un nome molto diffuso ma questo non aveva impedito la stretta
al cuore e la conseguente familiare sensazione di nostalgia.
Affondòp più a fondo le mani nelle tasche dei
pantaloni facendosi strada tra i tronchi e il sottobosco in maniera
disinvolta, ormai conosceva la foresta come le sue tasche e sapeva
perfettamente dove stava andando.
Prima di vederla, la sentì. La bastarda stava ancora
suonando quel suo maledetto violino, va bene che quella zona non era
esplorata dai turisti ma dopo lo spettacolino della mattina poteva
essere anche un po' più discreta.
La trovò ai margini della pozza d'acqua con i piedi scalzi e
lo sguardo perso tra le note che la sua mano creava muovendo
velocemente l'archetto sulle corde tese del violino. Nonostante l'idea
originaria era quella di presentarsi urlando e maledendola decise di
restare sul margine attendendo che lo notasse lei. Considerò
che Boris aveva tutte le ragioni di scambiarla per una fata da quanto
era bella e aggrazziata; non che questo lo scombussolasse o lo facesse
sentire come uno che ha appena mangiato una merendina marinara, no!,
era solo una considerazione oggettiva. Che fosse bella e aggrazziata
non aveva alcuna importanza per lui, restava sempre la ragazza che
oltre aver reso al sua vita bun inferno lo aveva costretto ad
analizzare la sua cacca.
"Ti vedo" lo avvisò la sudetta senza interrompere la musica
e lui si sentì del tutto autorizzato a farle una scenata.
"Ehi, Fiocco di Neve, lo sai che cosa ho dovuto fare oggi?"
Il violino stridette quando pronunciò quel soprannome e
Melody fu costretta ad abbassare lo strumento per chiedere cantilenando:
"Cos'hai dovuto fare oggi?"
"Bivisezionare la tua cacca!"
sbottò "Hai avuto proprio una bella idea quella di
mostrarsi alle guide forestali in versione lupesca, sono tutti in
fermento laggiù. Oh
mio dio, un lupo bianco! Dobbiamo studiare la sua cacca."
imitò la voce dei suoi superiori.
"E non t'azzardare a ridere!" le abbaiò dietro
quando vide le labbra della ragazza arricciarsi agli angoli.
"Non è colpa mia se mi hanno vista" disse a sua difesa.
"Anche questa mattina non è stata colpa tua?"
Finalmente la vide arrossire in quella maniera completamente identica
alla sua gemella, cosa che fece gongolare Fred.
"E' stato un incidente, non capiterà più"
sputò Melody.
"Certo, potevi almeno cancellargli ma memoria!"
"Lo so meglio di te quanto è vitale restare nascosti"
sibilò lei annullando le distanze tra loro. il cuore di Fred
iniziò a battere furiosamente, naturalmente questo non era
assolutamente causato dalla vicinanza e dal fatto che sentisse
così bene il suo profumo selvatico.
"Sono io che ti ho accolto qui, io ti permetto di mantenere i tuoi
poteri in equilibrio" ringhiò la ragazza e, nonostante fosse
più bassa di lui di parecchi centimetri, la trovò
terrorizzante.
"E di questo ti ringrazio con tutto me stesso, ma non voglio essere
trovato" disse chiudendo gli occhi e scandendo ogni sillaba.
Melody abbassò lo sguardo "Sono stufa di nascondermi".
Anche lui, ma ora i Deliranti lo sapevano che c'era un altro Destinato.
Sapevano che c'era una possibilità di vincere il Chaos,
bastava solo che lui scegliesse e a quel punto sarebbe stato uno
scontro due a uno. Fin'ora riusciva a mantenere un certo equilibrio, ma
le cose diventavano sempre più difficili e gli sembrava di
essere nel bel mezzo di uno scontro tra un vento freddo e un vento
caldo.
Superò Melody e iniziò ad arrampicarsi su una
quercia per raggiungere la casa che era stato costruita tra i rami
degli alberi. Una volta su vide un lupo bianco allontanarsi di corsa.
Pregò con tutto sé stesso che non lasciasse
escrementi per strada.
**
Francia,
Provenza.
Dominique fissava con sguardo malinconico la distesa di lavanda che le
stava davanti mentre il sole scendeva colorando il cielo di
meravigliose sfumature.
Era seduta su una panchina mentre si riposava dopo la corsa quotidiano
che faceva sempre nelle campagne intorno a casa, era una cosa che la
rilassava e l'aiutava a mantenere un certo equilibrio. Era cresciuta
parecchio in quei due anni, diventando ancor più slanciata e
bella, ma di quest'ultima cosa se ne erano accorti solo gli altri, lei
si vedeva la stessa ragazza di Hogwarts.
Hogwarts. Le mancava molto, ogni volta che ci pensava il suo sguardo si
velava di nostalgia. Dopo poco si riscuoteva con un sorriso ironico,
stava cos' bene in Francia, alla fine non era così male.
All'inizio aveva avuto un po' di difficoltà con la lingua ma
aveva trovato un sacco di persone gentili disposta ad aiutarla e si era
innamorata dell'Accademia. A essere più specifici,
l'Accademia delle Belle Arti, una scuola totalmente diversa alla
rispettiva babbana a firenze poiché insegnava a giovani
maghi e streghe a occultare grandi edifici e interi luogi ai babbani.
Inizialmente si era iscritta convinta che fosse una cosa semplice ma
con il passare del tempo aveva scoperto che ciò non si
limitava a qualche reppello babbanum ma a incantesimi complessi e si
era apassionata.
Era una delle più brave del suo corso e seguiva tutte le
lezione benché si potesse studiare anche a casa, infatti le
aule erano sempre deserte. Nonostante questo lei era sempre in prima
fila con una piuma bianca in mano. Fra meno di tre anni finalmente si
sarebbe specializzata.
Certo, sarebbe stato tutto perfetto se sua sorella non
avesse avuto la brilltante idea di trascinarla in inghilterra. E non
solo per Agosto ma come minimo fino a Febbraio.
Certo visto la grande Decisione che davano al Clan e la relativa
conseguenza come minimo doveva seguirli, ma la cose le scocciava lo
stesso. Non voleva tornare a casa, non voleva tornare per una questione
di principio. Era stata la Francia a guarirla dalla sua depressione e
aveva il terrore di ricaderci anche solo toccando la terra inglese. Era
una paura folle, lo sapeva benissimo, ma non poteva farci nulla.
E poi avrebbe dovuto sottostare allo sguardo di Rose, sapeva bene di
averla ferita andandosene senza dire niente.
Mi dispiace, ma dovevo
farlo.
Quando il sole fu quasi scomparso all'orizzonte si alzò
dalla panchina e iniziò a correre verso casa con passo
regolare.
NdA.
Ciao bella gente, come
vedete ho aggiornato con puntualità, sto migliorando^^
Volevo dare il benvenuto a tutti quelli che hanno iniziato a seguire
questa cosa, un avvertimento: siamo tutti matti qui.
E doopo, una splendida ragazza ha fatto una splendida fan art su queste
storia e voi non potete capire, mi sono praticamente mettere a
piangere. Eccola
qui, l'ha fatto Gobbigliaverde ed è meraviglioso. La
ringrazio con tutto il cuore.
Un'altra persona da ringraziare è Anonimadelirante che coraggiosamente si
è offerta come bete: rallegratevi, non vedrete mai
più i miei errori *fanno festa*.
Nel prossimo capitolo Frank, Louis e una nuova personaggia(?).
Ah, dimenticavo. Spero che caghiate i link delle canzoni visto che
faccio i capitoli con quelle di sottosfondo e non so, magari potrebbe
aiutarvi a rendere l'idea (leggere: voglio trovare qualcuno con i miei
stessi gusti musicali)
Fra due settimane.
ps. se fra voi c'è qualche fan dei film degli x-men sto
scrivendo anche una long su di loro
|
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Capitolo 4 *** Come trasformare una festa in un bagno di sangue ***
Cap. 3
Come trasformare una festa in un bagno da sangue
(Con
la partecipazione speciale di Scorpius Malfoy)
**
25 Luglio 2025
Scozia, Hogsmeade.
Scorpius lasciò che il sole pallido della scozia lo
riscaldasse con un sorriso beato. Teneva gli occhi chiusi e spronava
mentalmente il sole a far diventare la sua bianca Malfoy almeno di un
raggiante rosa. Sempre che il rosa potessere essere raggiante. E poi la
sua pelle albina gli conferiva quell'aura da nobile ragazzo che lo
rendeva ancora più figo. Comunque. Il suo sedere si stava
letteralmente congelando, l'erba sopra la quale stava seduto era
bagnata e gelata, quindi se Frank non si muoveva ad arrivare sarebbe
diventato con cubetto di ghiaccio; sempre se l'amico passasse per di
lì nelle sue coprse mattutine visto che non aveva mandato
nessun gufo o sms e la sua era un'improvvisata bella e buona. Adorava
le sorprese. Ovviamente solo quando il suo nobilissimo posteriore non
rischiava il congelamento.
Si tirò su il cappuccio della felpa che gli aveva regalato
Rose al suo compleanno. La faccia che fece suo padre dopo aver scoperto
che il regalo era un vestisto babbano era rimasta nella storia,
probabilmente era stato costretto a mordersi la lingua per non dire
qualcosa che lo avrebbe sicuramente portato a un duello con il suo
futuro suocero. Però a Scorpius i vestiti babbani piacevano,
li trovava molto più comodi rispetto alle vestaglie colorate.
Un rumore regolare di passi sulla via acciotolata lo fece gioire, il
suo fighissimo sedere era salvo!
"Scorpius?" Trattenne le labbra dall'arricciarsi in un sorriso per via
del tono sorpreso dell'amico.
"Sì, è il mio nome" disse alzandosi e
scrollandosi i jeans skinny, o almeno così li aveva chiamati
la commessa.
"Che ci fai qui?" chiese l'altro squadrandolo dalla testa ai piedi.
Inarcò le sopracciglie davanti alle scarpe appuntite da mago
che indossava.
Be', almeno qualcosa di
tradizionale devo indossarla
se non voglio uccidere papà di crepacuore.
"Ehi, non posso fare una sorpresa al mio migliore amico?!" fece punto
sul vivo e aprendo le braccia e le labbra in un sorriso gioioso.
"Ma se
ci rivedremo fra cinque giorno al compleanno di zio Harry" disse
riprendendo la sua corsetta. Scorpius lo seguì maledendo lui
e la sua stirpe.
"Sì, ma devo avere per forza un motivo? Sei il mio migliore
amico!"
"Sì, perché sei qui?" lo riprese impassibile
continuando per la sua corsa impietosa.
Scorpius cercò di non mettersi ad ansimare per la fatica,
era un giocatore di Quidditch per Morgana! Di allenato aveva solo il
sedere (per questo così bello!) e le braccia.
"Ok" sperò che Frank scambiasse lo sbuffo per uno di
irritazione e non di fatica "Ad Ottery eccetera eccetera
hanno aperto un nuovo pub e la sera del compleanno del signor
Potter fanno l'inaugurazione, ergo è tutto gratis. Allora,
andiamo?"
"Tu, io e Rose?" indagò senza dar segni di fatica. Scorpius
lo maledì, ancora.
"In realtà..." aspirò quanta più aria
possibile per non stramazzare al suolo "Hugo ha sentito Rose che ne
parlava con me e lui lo ha detto a Roxanne, lei lo ha detto a Lily che
lo ha detto ad Al e James che lo ha detto al ragazzo di Molly (lo sai,
frequenta anche lui l'Accademia). Comunque. Molly lo è
venuto a sapere e quindi ha chiesto il permesso a sua madre (Merlino,
ha venticinque anni e ancora chiede il consenso dei genitori!)
che lo ha detto a Felur che ha costretto a Louis ad
autoinvitarsi e..."
"Insomma" lo interruppe "Tutto questo discorso per dirmi che
verrùà anche il Potter tascabile".
"...Sì" fu costretto ad ammettere. Rischiò di
inciampare sui propri passi ma riprese a parlare "Ma non devi per forza
parlare con lui. Cioè, lo sai che io e la mia Rosie saremmo
felicissimi se voi due...anzi, se tu smettessi di lanciare incantesimi
dagli occhi ogni volta che siete nella stessa stanza. Ma dopo fai
quello che vuoi, noi diciamo solo che essere ancora arrabbiato
è una cosa stupida, non ti voglio assolutamente costringere
a mettere da parte i tuoi infantili motivi di odio, alla fine
è bello vedere come i tuoi due migliori amici rischino di
mandarsi al San Mungo a vicenda. Mi diverto sempre, sì. Fai
quello che vuoi, non parlargli starà lontano da... possiamo
rallentare per tutti i calderoni?!"
Era davvero senza fiato e i polmoni gli bruciavano, così
quando Frank interruppe la corsa lui stramazzò a terra in un
modo molto Weasley e per niente Malfoy.
Ugh, papà ha
ragione. Mi stanno traviando.
"Sai, se parlassi meno ora non saresti senza fiato" gli fece notare
Frank guardandolo dall'alto al basso con un respiro perfettamente
regolare.
Stronzo.
"Che ci posso fare, il mondo non può che trarre vantaggio
dal mio verbo" si giustificò sedendosi in un modo
più aristocratico.
"In realtà sei loggorico e ami il suono della tua voce" lo
corresse.
"Ma è ovvio!" esclamò con un voce stridula
dimostrando che fosse definitivamente senza fiato "Ascoltala bene, non
è meravigliosa?"
Frank rise rassegnato, ormai si era abituato alle sue stranezze.
"Quindi questo non è uno dei soliti piani tuoi e di Rose
dove fate di tutto perché lo perdoni?"
Scorpius si chiese se prima fosse stato talmente senza fiato che
l'amico non aveva capito nulla o se fosse definitivamente privo di
sarcasmo, ma rispose comunque un convintissimo quanto falsissimo "Certo
che no! Quando mai lo abbiamo fatto?"
"Praticamente sempre" sbuffò aiutandolo a tirarsi su.
Si sentì leggermente a disagio ad averlo così
vicino. Indossava una maglia aderente e i pantaloncini corti quindi si
vedeva perfettamente l'effetto che aveva fatto sul corpo di Frank tutta
quella ginnastica babbana.
Scorpius aveva sempre avuto la tipica corporatura dei Malfoy: alto,
magro e affilato. E così era sempre stato, un po' per
pigrizia e un po' perché suo padre disprezzava la maggior
parte di sport in cui si sudasse (tranne il Quidditch, ma stare seduto
su una scopa non ti fa venire chissà quali muscoli).
Frank invece era cambiato tantissimo invece dal loro primo incontro al
tavolo di Corvonero. Si ricordava bene che appena lo aveva visto lo
aveva paragonato a un dolce, goffo e morbido panda con occhi da gatto.
Crescendo aveva perso peso e le braccia avevano iniziato a diventare
muscolose (qui sì che c'entrava il Quidditch visto che era
stato un battitore per qualche anno) e si era alzato di parecchi
centimetri. Era stato con la scomparsa di Giorgia che era avvenuto il
grande cambiamento (pigramento Scorpius pensò che quella
ragazza aveva veramente stravolto la vita ba tutti).
(A differenza di Al) aveva perso subito la speranza e aveva trovato
già un modo per scappare dal dolore. Era diventato
più cinico e distaccato, i suoi sorrisi pieni di calore
erano diventati rari quanto aridi (un po' come gli occhi di Al) e aveva
iniziato a praticare sport come un forsennato, correva e allenava il
corpo tutti i giorni, spesso in maniera tanto brutali da andare
più volte al San Mungo (un po' come Al che era finito
all'ospedale per un collasso causato dal troppo studio).
In ogni caso, gli effetti di quell'allenamento pazzo e disperato
avevano dato i suoi frutti, tanto che Scorpius si sentiva ogni volta un
tantino a disagio davanti a quei muscoli: sarebbe bastata una parola
sbagliata per spezzarlo in due.
"Quindi" disse affondando le mani sulle tesche della felpa "Vieni?"
"Va bene" si mise le mani sui fianchi "Immagino di dover interrompere
la mia corsa mattutina"
"Perché? Possiamo allenarci insieme!" disse Scorpius
diventando raggiante.
Frank lo guardò male "Dici sul serio? Prima sei quasi morto"
"Andiamo a giocare con i videogiochi!" ritrattò senza
lasciar cadere il sorriso.
Foresta di Biełowietzia
Melody fissava ipnotizzata le volute di fumo grigio salire pigre verso
il cielo impigliandosi tra i rami degli alberi dalla palmo della sua
mano dove brillavano delle piccole fiamme azzurre.
Con uno scatto la chiuse a pugnio interrompendo la magia e si
sistemò meglio sul ramo dell'albero dove sedeva.
Appoggiò la schiena al tronco trattenendo una sbadiglio. I
suoi occhi elettrici incontrarono quelli di un corvo curioso.
Si stava annoiando. E tanto. Fred era al lavoro dalla mattina e ci
sarebbe restato ancora per molto. Non poteva andare in giro per la
foresta perché dei riocercatori stavano cercando il famoso
lupo bianco per fotografarlo e lei non voleva subirsi un'altra
ramanzina da Fred. Quel tizio era troppo preoccupato, nessuno li
avrebbe scoperti. E poi era lei il capo, lei viveva lì da
molto di più di lui e non poteva essere comandata
a bacchetta.
Si stroppicciò gli occhi che più volte avevano
tentato di chioudersi per farla addormentare. Era stanca. Era annoiata.
E voleva fare qualcosa.
Lasciò ciondolare una gamba sul vuoto guardando i rami che
si intreccuiavano sopra di lei impedendo ai raggio di sole di filtrare.
Odiava quella situazione, voleva fare qualcosa. Ma non sapeva nemmeno
lei bene cosa. Aveva mille idee che le ronzavano sulla testa ma non
sembrava prenderne seriamente nemmeno una.
Magari posso andare a
vedere come se la cavano in Inghilterra.
Capì quanto fosse stupido come pensiero non appena fin di
formularlo. Punto uno, se lo avrebber fatto Fred lo avfebbe scoperto e
poi uccisa. E in più c'era Tosca.
E i De Immortales.
E suo padre.
E il mondo.
No, era meglio starsene lì ad annoiarsi piuttosto che
rischiare di iniziare l'apocalisse.
Il vento scivolò fra le fronde degli alberi in un suono
dolce e cullante. Appoggiò la testa al tronco di ricoperto
di muschio trovandolo estremamente comodo. Era tutto così
comodo.
Chiuse gli occhi lasciando che il fruscio delle foglie le cullasse il
sonno.
Buio e silenzio. Non
vedeva né sentiva nulla. Sentiva le mani bloccate da dei
guanti e legate stretta tra loro. Almeno percepiva il dolore di quella
stretta tagliente. Una strane sensazione di disperazione e impotenza le
rioempiva il petto.
Lentamente quel
terrificante silenzio iniziò a riempirsi di un brusio che
andava via via aumentando finché coprì ogni sua
altra percezione.
Un tonfo sordo le fece
sobbalzare il cuore (sì, ne aveva uno!) e tutto
ritornò silenzioso. Qualcuno le tolse il cappuccio da
davanti gli occhi facendole tornare la vista.
Una stanza piena di
gente.
Finalmente
capì dove e perché era lì. Un
singhiozzo uscì dalle sua labbra.
Sono un'assassina, quello che sarei sempre dovuto essere.
"Signorina Melody Flox"
La sua attenzione venna catturata dal volto che con il tempo avrebbe
imparato ad odiare più di ogni altra cosa. L'avvocato
Dremoir, pelato e gli occhi freddi e giudicanti le stava davanti.
"Signorina Melody Flox"
ripeté mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Voleva
urlare ma la sua gola era secca.
"Perciò il
giorno dell'assassino le apparve quest'uomo... senza volto. Un uomo che le appare quando
dorme"
"Sì"
" Lei dunque ammette di sognare?" L'avvocato le si
avvicinò furioso.
"Sì.."
"Gli essere umani
sognano! Le creature viventi hanno sogni! E' forse il Delirium umano?"
Urlò rosso di rabbia.
"No.."
"E lei, quindi, è umana?"
"No..."
"Le sembra normale che le sogni?"
Non rispose e questo bastò all'avvocato che con un sorriso
crudele si calmò tornando a interrogarla.
"Perciò in questi... sogni compare sempre quest'uomo senza
volto, che lei non ha idea di chi sia. Un uomo che le chiede di tornare
da lui, di essere la padrona della sua casa. E questi sogni spesso si confondono con la
realtà facendole perdere il controllo dei tuoi poteri. E'
esatto?"
"S-sì".
"Immagino che sarete d'accordo con me" alzò la voce
rivolgendosi verso il pubblico " a dire che quell'uomo sia Demon, o
Thanatos. Chiamatelo come vi pare. La signorina Flox sente il richiamo
della Forza Oscura alla quale appartiene. Senza la distruzione e la
Magia Oscuro scorrere nelle sue vene. Quanto ci vorrà prima
che il Delirium prenda il totale controllo? Io dico di ucciderla
adesso, agiamo prima che questa situazione degeneri nella distruzione
più assoluto. Uccidiamola prima che il Delirium ci prenda
tutti, prima che le nostre famiglie e le nostre case vengano distrutte,
Uccidiamola e mettiamo fine alla sofferenza ancor prima che questa
inizi!"
La sala iruppe in un applausa e l'avvocato si girò
vittorioso verso di lei "Non nuocerai mai più a nessuno,
mostro".
Tutto iniziò a sgretolarsi come sabbia, a creparsi e a
sparire.
Ti ricordi
di me?
Melody sussultò sentendo il suo cuore battere impazzito.
Ti ricordi
di noi?
No, no vai via.
Abbiamo
raccolto insieme i fiocchi d'inverno...
Respirato i cento petali
di primavera...
Soffiato le melodie nelle
conchiglie estive...
planato dolcemente tra le
foglie d'autunno....
Ogni cosa diventava polvere e restava solo lei, sola e immobile in
mezzo alla terra desolata. Iniziò a divincolarsi
dallòa presa delle catene perché quelle c'erano
ancora. Respirava accellerata.
Non puoi non
ricordare.
Qualcosa iniziò a uscire dal terreno, acqua rossa. Sangue.
Saliva velocemente e lei era ancora bloccata lì, la luce
spariva e non poteva fare nulla.
Perché
il mio viso è nascosto fra i tuoi sogni inquieti.
Perché i
ricordi non si dimenticano di te.¹
Dal sangue che ormai le arrivava alla vita uscì un uomo dai
lunghi capelli neri, il viso affilato e liscio. Non c'erano occhi, non
c'era un naso, non c'erano labbra da baciare. Era liscio e vuoto. Tese
una mano verso di lei, nel tentativo di portarla a sè.
Melody.
Come può un mostro avere dei ricordi?, singhiozzò.
Stava precipitando quando si risvegliò. Con un
urlo istintivo attuì la caduta appigliandosi all'aria
circostante. Cadde sulla schiena e vide il mondo al contrario. Era
ancora sommersa nel sangue e il suo nome veniva ripetuto in
continuazione da quella voce dolce e rassicurante. Gridò con
tutto il fiato che aveva in gola nella speranza di coprire quella voce
e il terreno circostante iniziò a riempirsi di ghiaccio, la
neve cadde dal cielo e ben presto una mini bufera si scatenò
sopra di lei. Melody stava al centro, continuava a urlare mentre io
vento soffiava e la neve ricopriva ogni cosa.
Tre i fiocchi vide una figura scura avvicinarsi. Era l'uomo senza
volto, era arrivato.
Era venuto a prenderla.
"No!" urlò facendo diventare la tempesta ancora
più violenta. Si sentì afferrare per la spalle e
non fece resistenza, si lasciò cadere in quella stretta
mentre un paio di occhi dorati e caldi la guardavano; la figura era
avvolta da una strana luce arancione, sentì le forze
diminuire come se quegli occhi le togliessero la forza vitale. Come se
la stessero annullando.
"Aiutami" singhiozzò.
La neve smise di cadere, il ghiaccio si ritirò fino a
sparire e il vento si placò. Gli occhi di Fred brillarono
prima di tornare del solito blu elettrico. Le gambe le cedettero e si
aggrappò al suo collo mentre quell'orribile sensazione di
sparire svaniva. Iniziò a piangere.
"Melody!" la chiamò con la voce accorta e calda, dolce e
rassicurante come quella dell'uomo senza volto. "Melody"
ripeté non ottenendo risposte.
Era così buono il profumo di Fred, era semplicemente
così bello stargli così vicino da sentire il
calore della sua pelle riscaldarla, era come stare in qualche luogo
sicuro. Le sue mani sulla sua schiena e il viso nascosto nell'incavo
tra il collo e la spalla con le labbra del ragazzo sui suoi capelli.
"Va tutto bene" disse il rosso stringendola più forte "E'
passato tutto, non hai fatto del male a nessuno".
31 Luglio 2025.
La Tana.
"Victoire!" l'urlo di nonna Weasley risuonò per tutta la
casa, fino al piano superiore dove si erano sistemate Lily e Roxanne.
"Sono arrivati" disse la più piccola dei Potter mentre
l'altra faceva un smorfia di disgusto ma allo stesso tempo si
illuminava all'idea di vedere Ted.
Fecero le scale di corsa per l'impazienza, Lily moriva dalla voglia di
rivedere il suo vecchio baby-sitter.
Era sulla porta mentre si scambiava un abbraccio molto virile con Jamie
e Victorie che baciava sulla guancia la nonna; c'erano già i
suoi genitori tutti intenti a salutare gli zii con Louis chiuso nel suo
mutismo voluto e lo sguardo carico d'odio quanto zia Hermione
tentò di abbracciarlo.
Sul serio, ma non lo
hanno ancora capito che odia l'umanità intera?
Poco distante c'era Rose che guardava con un'espressione indecifrabile
Dominique. La giornata avrebbe avuto degli sviluppi interessanti, oh
sì.
"Ehi, principesse!" Disse Taddy avvistandole sopra le scale e aprendo
le braccia in un chiaro invito ad abbracciarlo. Lily ci si
fiondò senza esitazione. voleva bene a Rox e non voleva
farla ingelosire ma il Mutaforma l'aveva sempre difesa dai dispetti dei
fratelli quando era piccolina.
L'uomo non fece in tempo a riprendersi dal suo abbraccio rompi-costole
che Roxanne si gettò di peso sul suo petto avvighiandosi
come un koala in un abbraccio esageratamente lungo che lo fece
ridacchiare.
"E' bello essere a casa", disse quando venne lasciato andare.
"Sì" si intromise Victoire prendendo la mano del suo
fidanzato. Lily si chiese come fecero a non notare l'occhiataccia
assasina riovolta alle loro dita intrecciate.
"Dov'è Al?" chiese Ted sbirciando oltre le loro teste,
"E' in soffitta a fare l'asociale" scrollò le spalle
"Attento Louis, ti potrebbe rubare il posto di misantropo" aggiunse poi
rivolta al cugino biondo.
"Mi sorprende il fatto che tu sappia il significato di una parola
così complessa" disse quello neutramente per nulla offeso
dalla precedente affermazione. Si morse la lingua elargendo un sorriso
che sperò risultasse il più odioso possibile;
nemmeno quello sembrò scalfire la sua maschera di
indifferenza.
Secondo me
c'è stato uno scambio di culla tra lui e Scorpius.
Gli adulti si spostarono in cucina lasciandola da sola davanti alla
porta con una Roxanne sognante e sospirante.
"E' così bello..."
"Questo se ti piacciono i secchioni bibbliofili"
"Non vedo l'ora che molli Victoire"
Lily le mise un braccio intorno alle spalle attirandola compassionevole
a sé.
"Ciao Rose"
"Ciao Dominique"
Si prese un boccolo rosso tra le mani a disagio per quel saluto
così sterile. Non che si aspettasse un benvenuto
più caloroso, non dopo aver fatto di testa sua senza aver
detto nulla.
"Come va?" tentò affidandosi alle care vecchie domande fatte.
"Bene, tu?"
"Tutto bene" e la conversazione finì lì di nuovo.
Si fissò la punta delle scarpe chiedendosi cos'altro potesse
dire.
"Uhm... mi hanno detto che stai seguendo un corso per diventare
Medimaga"
"Sì"
"Ti piace?"
"Sì".
Tornò il silenzio. Si trattenne dallo sospirare sconfortata
meditando di raggiungere la sua famiglia nella sala da pranzo. Stava
appunto per farlo quando si sentì placcata in un abbraccio.
Rose aveva sprofondato il viso sul suo petto e solo i ricci e crespi
capelli rosso Weasley erano visibili. Ricambiò l'abbraccio
avvolgendo le braccia intorno alle sue spalle e non riuscì a
trattenersi dal fare un sorriso.
Quando si lasciarono andare, però, ricevvette un pugno sulla
spalla alla massima potenza.
"Stupida Delacour" aggiunse Rose girandosi e trascindosela dietro.
Sorrise, il pugno c'era stato tutto.
"Al?"
Rose aprì la porta della soffitta beccando il suo cugino
tutto intento a nascondere qualcosa.
"Rose!" esclamò ilo sudetto cugino.
"Che stai combinando?" Merlino, ti supplico, dimmi che non sta cercando
di contattare ancora il Dottore².
"Niente di importante. E' ora di pranzare?" Cercò di sviare
con naturalezza.
"Accio" disse impietosa tirando fuori la bacchetta. Le dita di Al
cercarono di trattenere inutilmente una liscia lastra di metallo che
volò in mano a Rose. Era sorprendentemente leggera e vista
da vicino sembrava fatta d'argento; il riflesso risultava leggermente
distorto e percepiva la magia che emanava come elettricità.
"Al, cosa Infero hai combinato?" indagò.
"E' solo un specchio"
"Revelio incantum"
risolse a fare. L'oggetto brillò di una forte luce rossa per
un secondo prima di ritornare inerte. "Solo un specchio? Ti ricordi la
lezione di incantesimi? Grigio: oggetto babbano; Blu: oggetto
incantato; Verde: oggetto magico; Rosso:..."
"Oggetto oscuro³" terminò Al suo posto sconfortato.
"Quindi?"
"Solo se prometti di non dirlo a Scorpius" la ricattò. Non
che non se lo aspettasse, Al era bravo a ricattare quanto lei era brava
a preparare il Veritaserum. Suo malgrado accettò, avrebbe
deciso dopo se avrebbe o no mantenuto la promessa.
Al le fece segno di avvicinarsi e lei si sedette sul vecchio letto di
suo padre vicino a lui. Iniziò a raccontarle della polvere,
delle sue ricerche e l'idea di trovare Giorgia. Mentre ne parlava i
suoi occhi si illuminavano e la voce vibrava sia di orgoglio sia
all'idea di poter ritrovare la ragazza, gesticolava moltissimo e
più di una volta era costretto a fermarsi per far in modo
che la cosa entrasse bene in testa alla cugina.
"Oh" disse Rose sbattendo le palpebre quando terminò "Lo sai
che questa è una cosa illegale?"
"Sì, ma non mi interessa nulla. Devi solo startene zitta"
"Lo sai che di me puoi fidarti. E anche di Scorpius" aggiunse
accarezandogli i capelli ribelli.
"E tu sai quant'è loggorico. Dopo lo direbbe a Frank e lui
non vede l'ora di mettermi nei guai" fece una smorfia.
Rose smise di lisciargli i capelli e lo fissò con uno
sguardo così pieno di rimprovero che lo fece sbuffare.
"E' vero", si giustificò.
"Be', sì." Ammise "Comunque non era di questo che volevo
parlarti"
Al la fissò interrogativo invitandola a continuare.
"Sai la festa, al pub, 'sta sera..."
"Lasciami indovinare, Frank viene alla festa".
"...Sì. Mentre parlava Scorpius ne ha accennato per sbaglio.
Lo hai detto anche tu che è loggorico".
"Lo sai che non è un problema per me" disse lentamente Al
guardandosi le mani "Io sono persino strisciato ai suoi piedi per
sistemare tutto. E' lui il problema. E voi che vi ostinante a farci
stare nella stessa stanza. Come se non lo avessi capito che fate tutto
apposta" finì borbottando.
Rose sorrise dolcemente. Era vero, lei e Scorpius si stavano prodigando
come forsennati per risolvere le cose fra loro. Dovevano eliminare una
volta per tutto il grosso Troll di Montagna che compariva nella stanza
ogni volta che i due di incontravano*. Ricordava bene come erano amici
i due, erano come una chiappa e il pantalone, inseparabili. Era
così brutto vederli divisi.
"Forza, andiamo giù. Sono tutti a tavola".
"Non ci posso credere" ripeté per l'ennesima volta Roxanne
con gli occhi pieni di lacrime. Hugo si grattò una guancia
guardandosi intorno. La stanza era mal illuminata, lui era seduto a
terra mentre Lily tentava inutilmente di consolare Roxanne. Era una
brutta storia. E Louis seduto vicino alla finestra con un libro in mano
non migliorava di certo la situazione.
"Francamente" disse infatto l'insensibile "Mi chiedo come voi non ve ne
siate accorte".
Era successo tutto durante il pranzo: Victoire e Teddy si erano alzati
con un gran sorriso e avevano annunciato all'intera sala l'inzione di
sposarsi a fine Ottobre. Roxanne non l'aveva affatto presa bene.
"Perché la vita è così ingiusta?" si
soffiò il naso la sudetta ragazza dal cuore spezzato.
Appena appresa la notizia la più piccola dei Weasley-
Jonhson era scappata via in lacrime, lui e Lily da bravi
amici quali erano l'avevano seguita e fatta entrare nella prima stanza.
Dentro c'era già Louis ma lo avevano ignorato, consideravano
la sua presenza alla stregua di quella di un gatto. Un gatto
orribilmente irritante e saputello.
"Vedila come un modo per abbandonare i tuoi sciocchi modi infantili e
iniziare a prendere le cose più seriamente"
"Ma taci, tu non ti sei mai innamorato e non puoi capire"
Sibilò Lily in difesa dell'amica.
"Precisamente. E la cosa mi va più che bene. Non ho
intenzione di perdere la testa ed energia per una cosa inutile".
"Teddy non era inutile, era il mio sorriso." si lagnò Rox.
"E non lo vedevi da tre anni" aggiunse Louis insensibile.
"Odio te e tua sorella!" sbottò.
"Tranquilla, è assolutamente normale odiare chi ti
è superiore"
Hugo si chiese se Louis stesse tentando il suicidio, lo sguardo di
Roxanne indicava chiaramente che era meglio tenerla lontana da cose
affilate.
"Come fai ad essere così stronzo?" disse Lily dando voce a
un pensiero collettivo.
"Sono solo abiettivo" poi si chiuse in un silenzio offeso.
Stupido gatto.
Hugo voleva dire qualcosa per tirare su il morale alla sorella ma in
fatto di sentimenti era un Weasley fino al midollo. L'avrebbe
volentieri abbracciata, ma stava piangendo e la cosa lo terrorizzava
parecchio.
"Vedrai che te ne trovi uno cento volte meglio" disse Lily portando
dietro una ciocca mora dell'amica.
"Ma io voglio lui. Solo lui mi faceva stare così bene"
continuò Roxanne testarda.
Sinceramente a Hugo Victoire e Teddy piacevano molto come coppia ma
guai a dirlo davanti a Rox, meglio stare zitto e annuire. Alla fine era
quello che faceva sempre.
Al Pub,
James fissò il fondo del suo bicchiero indeciso se berlo
tutto in un sorso o gustarselo lentamente. Alla fine optò
per la prima opzione e quando lo finì lo rimise con un gesto
secco sul banco facendo segno al barista di volerne ancora. Mentre gli
riempiva il bicchiere si girò a guardare Dominique che poco
lontano parlava con Rose e Molly.
Era tornata, e lui non aveva la più pallida idea di come
sentirsi. Era piuttosto sicuro di aver lasciato perdere quella cotta
adolescenziale ma rividersela dopo tutto quel tempo era stato... Be',
lei era veramente wow
e quindi era stato wow. Affogò quei pensieri nel drink anche
se 'sta volta ci andò più cauto. Ora era un quasi
Auror e voleva restare lucido con al testa. Si chiese se dovesse andare
a parlare, sentire come stava insomma. L'aveva ignorata per tutta la
giornata ma non sapeva se quella fosse una tattica virile e giusta.
Magari era ancora arrabbiata con lui, magari lo avrebbe incenerito con
lo sguardo come ai vecchi tempi.
Decise di andare, al massimo lo avrebbe mandato a fanculo come era
solita fare. Prese una bottiglia di birra anche se non gli piaceva
(davvero, ma i babbani come facevano a berla quella roba?) e con passo
convinto si diresse verso le cugine.
"Ehi" disse passando la bottiglia come segno di pace a Molly.
"Jim, lo sai che sono astemia"
Oh, giusto.
In extremis deviò la direzione della birra mettendola in
mano a Domi, se non svagliava la rossa non era astemia.
"Non mi piace la birra, ma grazie" sorrise lei divertita. James decise
di prenderlo con un buon segno. Una volte gli avrebbe urlato dietro per
quella dimenticanza, invece adesso pareva tranquilla. Questo gli diede
coraggio, tant'è che accetto un bicchiere di birra.
"Com'è la Francia?" chiese iniziando la conversazione.
Al fissò James fare delle buffe advance a Dominique, si
chiese se almeno uno dei due se ne stesse rendendo conto. Per quanto
gli riguardava, il barista poteva anche essere più veloce a
preparare il suo drink.
Rose lo aveva lasciato lì intimandogli di non bere tanto,
peccato che il lupo perde il pelo e non il vizio e a lui i coctail
colorati piacevano ancora.
Lo sorseggiò lentamente perché alla fine non era
stupido e sapeva di dover restare sobrio. con la coda nell'occhio vide
una ragazza avvicinare il proprio sgabello a lui, con amarezza
pensò che un tempo le avrebbe offerto da bere ma ora non ne
vedeva il senso.
"Problemi d'amore?" disse la sudetta ragazza facendosi sempre
più vicina. Al si trattenne dal correre via.
"Sono così messo male?" chiese mettendo la sua vecchia
maschera, per un attimo gli sembrò scomoda. Non era
più abituato. Mise giù il bicchiere studiando la
sua interloquitrice. Capelli biondo miele legati in una comoda treccia,
il suo viso aveva i lineamenti duri tipici dei tedeschi o dei russi,
gli occhi erano neri come la notte e altrettanto freddi. Era
completamente vestita di nero e aveva una profonda scollatura.
"Affatto. Ma un gentiluomo mi ofrirebbe da bere" disse.
"Mi dispiace, ma sono già impegnato" tentò con un
sorrisetto di circostanza.
"La cosa non ha importanza" aveva una voce molto seducente.
"Mi dispiace, ma lo ha per me signorina...?"
"Anastasia Romanoff, Cacciatrice di Maghi Oscuri" la voce e gli
atteggiamenti avevano perso ogni calore, con un gesto secco aveva
tirato fuori un cartellino e una spada. Lo guardò con
freddezza, gli occhi neri carichi d'odio. Poi, all'interno della sua
testa sentì una voce rimbombare forte e chiara.
E adesso tu morirai.
Louis si chiedeva come diavolo fosse finito in quel pub pieno di gente
con drink colorati in mano e vestiti troppo attillanti e troppo lucidi.
Per di più faceva un caldo soffocante.
Si sistemò il colletto della camicia chiedendosi come i
babbani potessero indossare quelle cose e bevette il suo bicchiere di
acqua naturale. Quando lo aveva chiesto al banco tutti gli avevano riso
dietro.
Idioti.
Perché non se n'era restato a casa a finire il libro sulla
Chimica? Era una materia babbana che lo affiscinava moltissimo, era una
vergogna che ad Hogwarts non la facessero studiare: si potevano
applicare così tanti incantesimi.
"Hai da accendere?"
Louis sobbalzò facendo quasi cadere il bicchiera a terra.
Senza che se ne rendesse conto si era avvicinao un ragazzo. Lo
squadrò da capo a piedi come faceva di solito cercando di
capire come toglierselo di torno. Gli ricordava uno di quei Anime
babbani con i tratti orientali e capelli lunghi e neri, indossava una
camica dalla quale spuntava un pezzo di tatuaggio. Questo lo
portò subito a classificarlo come un'idiota.
"Non fumo" ribatté freddamente.
"Oh, poco male. Nemmeno io, era solo per iniziare una conversazione" e
fece un sorriso completamente rilassato. Louis si allontanò
un po' diffidente meditando un modo per scollarselo di dosso in maniera
educata.
"Mi chiamo Hiro" continuò intanto il Giapponese tendendogli
la mano. La guardò male, odiava i contatti umani e si
limitò a un:
"Louis e il piacere è tutto tuo".
Hiro rise ritirando la mano in un gesto rilassato, aveva un bel
sorriso: i denti erano bianchi come perle. Rimase in silenzio cercando
di ignorarlo il più possibile in modo che se andasse.
Via, sciò.
"Come mai qui?" il tipo non demordeva. Meditò di non
rispondere ma nel frattempo Hiro aveva allungato un braccio lungo le
sue spalle, questo lo fece sussultare e fare un salto di tre metri.
Merlino. Non. Dovete.
Toccarmi.
"Cugini idioti" sibilò mentre l'altro si faceva sempre
più vicino. Era con le spalle al muro e non poteva
più arretrare, quella era una cosa sleale e se lo diceva lui
che era un Serpeverde significava che la cosa era sleale alla massima
potenza. Il giapponese era più alto di lui e quindi lo
fissava perciò dall'alto al basso con un sorrisetto sornione
e un braccio appoggiato al muro in modo che non potesse sgusciare a
sinistra e fuggire via. Da quella posizione era molto più
visibile il tatuaggio, sembrava un drago che si arrotolava lungo
l'avranbraccio e continuava nella schiena. Quella strana situazione gli
fece seccare la gola, era talmente vicino da poter sentire il calore
del suo corpo e questo lo mandava letteralmente in subbiglio. Odiava i
contatti, odiava star vicino ai corpi delle altre persone. Diciamo che
odiava le persone in generale.
"Capisco, ti hanno trascinato?"
fu costrettoa guardare le sue labbra mentre due pensieri contrastanti
si facevano largo nel suo cervello. Ovvero, uno: la sua bocca sembrava
molto morbida e, due, sperò che non avesse qualche malattia
contagiosa, quella vicinaza favoriva la proliferazione di germi. Motivi
per cui si appiettì il più possibile alla parete
pigolando un sì poco convinto.
Hiro fece un altro dei suoi bei sorrisi avvicinandosi ancora di
più. Stava per dire qualcosa quando un'esplosione li
interruppe.
Ti prego, fa che il bar
sia saltato in aria. Ti prego, allontanalo da me!
Al istintivamente si era gettato giù dallo
sgabello in un gesto istintivo non appena aveva sentito quella voce
dentro la sua testa, in questo modo il pugnale colpì l'aria.
Con le mani tremanti tirò fuori la bacchetta dalla tasca
posteriore dei jeans creando uno scudo intorno a sè.
Una fitta alla testa di puro dolore gli fece perdere la concentrazione
e si piegò sulle ginocchia urlando per il dolore. Con gli
occhi pieni di lacrime vide la ragazza avvicinarsi, sembrava una
pantera da quanto era aggrazziata e allo stesso tempo letale.
Lo stava per colpire di nuovo quando un getto di luce rossa le fece
volare il pugnale dalle mani; James lanciò un altro
incantesimo tentando di allontanarlo dal fratello.
La fitta alla testa era sparita nel momento stesso in cui il maggiore
era intervenuto, quindi reggendosi a malapena sulle gambe molli fece
quello che gli veniva meglio: scappare.
Zig-zagò tra i banchi e la gente cercando di mettere
più spazio possibile tra lui e quella psicopatica. Ricadde a
terra come un salame quando la fitta alla testa tornò, era
come se quelancuno stesse pungendo il cervello con migliaia di spilli
impedendogli di fare qualunque cosa, provava solo dolore.
Dirignò i denti tentando di alzarsi o di prendere la
bacchetta, da essa uscivano piccole scintille verdi ma restava
terribilmente inerte al suo fianco.
Non puoi scappare.
Nessuno può fuggire alla sua fine.
Aprì gli occhi e la vide terribile sopra di sé.
"C-cosa vuoi?" sussurrò.
"Eliminare un altro mago Oscuro dalla faccia della terra"
proclamò prima di abbassare il pugnale.
NDA:
Suspence.
Non odiatemi. Anzi, fatelo pure.
Anyway, piccola domanda: mi dite quali sono le coppie che shippate? Non
devono essere per forza reali, tipo io shippo Al con Frank ma vi dico
subito che non si metteranno mai -MAI- insieme (sì, sono
malata a shippare i miei stessi personaggi. c'esta la vie).
Soooo, ecco qui. Ci vediamo dopo le vacanze di natale :P
1. preso da una storia del fumetto PK della disney. Oltre alle belle
parole che dice l'uomo senza volto i fattio narrati sono frutt di miei
incubi.
2. Doctor Who. Sì, Al è un nerd fanboy
perché sì. Comunque io devo ancora iniziare a
vederlo, rimando tutto in estate dove lì non avrò
minaccie di compiti everyday.
3. Tutto Headcanon.
* ovvero, quando ci sono così tante cose in sospeso tra due
persone che sembra che in mezzo ci sia un elefante. In versione magica:
un Troll.
|
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Capitolo 5 *** Oblio ***
asdfghjkloiuytredcfgyhgbjijmk
Cap.
Oblio
Ovvero, il memorabile caso in cui Harry Potter citò il Re
Leone.
**
Then I
lost it all, dead and broken.
My back's against the wall, cut me open.
I'm just trying to breathe, just trying to figure it out
(Black
Veil Brides -Lost it all)
Su una cosa la
Disney aveva sempre avuto ragione: la caduta dei Zar di Russia era
stata causata da un potente Mago Oscuro. Sul resto non avevano capito
nulla perché Anastasia non aveva perso la memoria, era
semplicemente fuggita.
Ma andiamo con ordine.
I Romanov erano maghi con un dono molto particolare: erano Telepati.
Spieghiamo meglio, i Telepati
non sono come i comuni Legimens
od Occlumanti,
non si limitano a scrutare immagini nella mente degli uomini, il loro
potere è molto più grande. Loro con la mente
possono fare qualsiasi cosa. Possono leggerti nel pensiero, possono
comunicarti con il pensiero, possono farti dimenticare la tua intera
vita, possono impedirti di pensare determinate cose (ad esempio di
parlare e se quasto avviene voi non potete parlare perché
non riuscita a pensarlo), possono controllare la mente, possono
distorcere il
tuo senso nella realtà... possono ogni cosa.
Un tempo ne esistevano molti ma con il grande Nulla si erano estinti
tutti, tranne una famiglia: i Romanov. Purtroppo l'unione con babbani o
maghi comuni portò all'indebolimento di questo gene e con il
tempo solo coloro che ricevevano anche il gene M¹ potevano
vantare la telepatia.
Mentirei dicendovi che i Romanov usavano il loro potere a fin di bene.
No, erano egoisti ed egocentrici come tutti gli esseri umani e ne
avevano approffittato per diventare una delle dinastie più
potenti d'Europa.
Ovviamente tanto potere non passa indisturbato e un Mago Oscuro
dell'epoca cercò di trarli dalla propria parte per usare i
loro poteri per i propri fini. Dei Romanov si può dire
qualsiasi cosa, ma non che siano degli stolti, capirono subito le
intenzioni del Mago rifiutando tutte le offerte. Fu la loro rovina.
Ed è qui che la Disney vide giusto, la Rivolta nacque per un
maleficio. Tutti i Romanov morirono per la più pericolosa
delle tre Maledizioni Senza Perdono. Tutti, tranne uno.
O meglio, una. La più piccola della famiglia, Anastasia,
riuscì a fuggire e trarsi in salvo; era una di loro, una dei
Telepati e sapeva già usare il suo grande potere.
Capì subito che la cosa migliore era nascondersi, vivere
nell'ombra e far in modo che nessuno la riconoscesse. Anastasia
utilizzò il suo potere impedendo alla gente di riconoscerla,
anche se la vedevano semplicemente non riuscivano a pensare alla sua
vera identità perché lei glielo impediva.
Per prima cosa cambiò paese rifugiandosi in Germania dove si
sposò e visse fino alla sua morte, cambiò cognome
sostituendo la v
finale con due f
.
Romanoff.
Non dimenticò mai il torto subito dal Mago e
addestrò sè stesse e i suoi figli in modo che
potessero combattere i Maghi Oscuri e distruggerli. Era per prima cosa
una vendetta ma anche un tentetivo di eliminare il male prima che
degenerasse.
Con la morte di Lord Voldemort sembrò che finalmente il
sogno si fosse avverato così l'ultimo dei Romanoff (o
Romanov), Nikolai, si ritirò in campagna per vivere in pace
lontano dalla morte e dalla Vendetta. Aveva un villa alla periferia di
Berlino e lì passò i suoi ultimi giorni con un
vecchio amico fidato, sua moglie e due figli: Anastasia e Aleksander.
Avevano rispettivamente sette e quattro anni quando successe il fatto.
Vi ricordate di Damon? Il simpaticono che diede
l'immortalità a Tosca, la personificazione della Magia Nera?
Voleva distruggerli per via della loro antica missione che metteva a
rischio il potere sul mondo, voleva eliminarli una volta per tutte in
modo che una minaccia del genere non si presentasse mai più.
La notte di Natale la Villa dei Romanoff venne incendiata
dall'ardemonio. I vigili del fuoco tentarono d'intervenire, ma le
fiamme
si spensero da sole alle luci del mattino lasciando un terreno arido e
nero come la cenere, tutt'oggi è infecondo.
In ogni caso lì, in quell'incendio, si estinsero
definitivamente i Telepati.
Quella notte, come dissero i Saggi, non era andata distrutta un'intera
famiglia, ma un'intera razza.
O almeno questo era quello che tutti credevano.
In realtà quella notte l'amico di Nikolai riuscì
a portare in salvo la figlia maggiore prima che le fiamme prendessero
il soppravvento in ogni cosa e Damon decise di risparmiare il figlio
minore portandolo nella Setta dei Deliranti con l'intenzione di farne
un Mago Oscuro.
Ma ora ci interessa di Anstasia che proprio come l'antica omonima
decise di non perdonare il torto subito e, grazie agli insegnamenti
dell'amico del genitore, apprese le antiche arti per sconfigerre i
Maghi Oscuri riprendendo l'antica tradizione di famiglia. Aveva cercato
in lungo e in largo uccidendo chiunque fosse un potenziale portatore di
Magia Nera senza pietà finché una traccia non
l'aveva portata in un pub di una semplice cittadina inglese dove un
ragazzo dagli occhi verdi e tristi si era rifugiato.
**
31 Luglio 2025.
Al pub.
"C-cosa vuoi?"
sussurrò.
"Eliminare un altro
mago Oscuro dalla faccia della terra" proclamò prima di
abbassare il pugnale.
Lo vide sgranare gli occhi spaventato, sentiva il suo cuore battere
come se volesse scappare via da lei per salvarsi la vita. Premette la
lama fredda sulla sua gola, fece solo una leggera pressione quanto
bastava per far sgorgare il sangue rosso sulla pelle pallida. Quello
era sangue maledetto.
Stava per tagliargli definitivamente la gola quando sentì
qualcosa colpirla con forza al costato, tanto che rimase senza fiato e
perse la presa sul ragazzo scivolando di lato. Un altro colpo la
sollevò da terra gettandola fuori dalla finestra.
Anastasia chiuse gli occhi cercando di trattenere l'urlo di dolore che
le premeva sulla gola, traballante si rialzò togliendosi le
schegge di dosso, una le aveva tagliato la stoffa sul braccio sinistro.
Ringhiò furiosa mentre i pensieri delle persone intorno lei
le
riempivano la mente impedendole di capire la situazione. A volte
capitava, quando perdeva il controllo non riusiva a isolarsi.
Percepì, però, chiaramente che qualcuno aveva
chiamato
gli Auror e che stavano arrivando, non poteva più stare
lì. Certo, se il Mago Oscuro in questione non fosse stato il
figlio del loro Capo le cose sarebbero state più semplici.
Serebbe stato tutto più semplice se quel bastardo non
avesse distrutto la sua famiglia.
Prese un veicolo nascondendosi nell'ombra e iniziò a
scappare
senza preoccuparsi di cosa prima l'avesse colpita, non era il momenro.
Successe, però, una cosa strana: mentre fuggiva vide una
luce
azzura e poi sbatté contro una barriera invisibile cadendo a
terra.
Rialzandosi con uno scatto felino cercò di mandare una
paralisi
mentale verso il suo avversario ma si ritrovò bloccata, era
come
sbattere contro un muro. Arricciò le labbra in un ringhio
animalesco guardando finalmente il ragazzo che si trovava davanti.
Sembrava avera la sua età, con i tratti orientali e i
capelli
neri spettinati, portava un paio di occhiali quadrati neri ed era alto,
molto; la camicia bianca a maniche corte lasciava intravedere un
tatuaggio. Sembrava un ragazzo normale se non fosse stato per la grande
spada di luce blu cje teneva in mano.
"Ehi" disse lo sconosciuto con un sorriso ironico "Lo sai che
è maleducazione scappare senza salutare?"
Anastasia lo ignorò lanciandogli un altro attacco psitico
con
tutta la forza che aveva. Il sorriso sparì dalle labbra del
ragazzo e deviò l'attacco come se fosse fisico con lo
spadone.
"Legimens?" chiese, ma si rispose da solo "No, troppo potente". Mosse
leggermente la spada e Anastasia sbatté contro il muro che
aveva
alle spalle, l'impatto la fece restare senza fiato e delle luci
colorate esplosero ai lati del suo campo visivo; prese un bel respiro
pronta a balzare per batterlo alla maniera babbana ma si accorse di
essere completamente incollata a terra, non riusciva a muovere un
muscolo. Si accigliò, il suo avversario non poteva essere un
Telepate,
l'avrebbe percepito ed era troppo forte per essere un semplice mago.
Cos'è?
Incollata alla parete lo fisso mettersi una mano nella tasca dei Jeans
alla ricerca di qualcosa.
"Non preoccuparti, ho isolato la zona. Nessuno disturberà la
nostra chiacchierata" la ragguagliò, cosa inutile visto che
non
era affatto intenzionata ad avere un dialogo. Finalmente il ragazzo
smise di armeggiare con le tasche e tirò fuori un accendino
d'argento e una sigaretta.
"Vuoi?" chiese porgendole una sigaretta con un sorriso luminoso, aveva
dei denti bianchissimi. Lo guardò con la faccia schifata
cercando di catalizzare tutto il disprezzo che provava nella mimica
facciale. Lui sembrò capire perché
sbuffò e
gettò a terra le due sigarette borbottando:
"Chiunque abbia detto che il modo migliore per socializzare
è
condividere una fumata è un idiota. E' la terza volta che
fallisco" specificò "Comunque, sono Hiro e tu... tu cosa
sei?"
la guardò incantata socchiudendo gli occhi a mandorla come
se
volesse scrutarla nel profondo.
"Albus Silente non è degno di leccarti ai piedi per quanto
è forte la tua mente. Ho incontrato solo una donna in tutta
la
mia vita come te, ma è morta da... be', da parecchio e non
avrebbe mai tentato di rendere la mia mente come quella di un verme."
inlclinò la testa di lato come se stesse valutando
un'ipotesi
"Credevo che i Romanov fossero spariti"
"Sono una Romanoff" ringhiò cercando di liberarsi da quello
strano incantesimo senza successo. La sensazione di impotenza crebbe
nelle viscere facendola infuriare. Aveva promesso che non sarebbe
più stata una vittima, credeva di essere in grado a gestire
qualsiasi cosa, scoprire l'incontrario la spaventava quanto la
infuriava. Per un momento le sembrò di essere ancora in
balìa delle fiamme. Prese un respiro profondo cercando di
scacciare i ricordi.
"E' uguale" continuò Hiro "Senti, io non voglio farti del
male. Una volta ho...Ooh!"
Anastasia era riuscita a liberarsi quel poco che bastava per gettare un
contro incantesimo e riuscire ad alzarsi ma Hiro era stato veloce ad
accorgersene e gli aveva puntato la spalla al collo. Sentiva l'energia
ribollire e scaldarle la pelle sensibile. Il ragazzo giapponese
sospirò:
"Non ho intenzione di ucciderti. Non ne ho il motivo. Devi solo venire
con me, devi spiegarci molte cose".
"Vaffanculo" sputò facendo una cosa suicidia: distrusse
tutte le
barriere che il ragazzo aveva fatto per fare in modo che gli Auror li
trovassero, questo sembrò sviare Hiro e lei fu libera di
sguasciare a terra fuori dalla sua portata, con forza lo
colpì
alla pancia con il pugnale e lo sentì imprecare, poi si
girò e iniziò a correre senza mai guardarsi
indietro.
"Fermati!" sentì che la chiamava ma non aveva nessuna
intenzione
di rispondere al suo comando. Creò una barriera psitica
intorno
a sé sparendo nell'ombra, come se in quel luogo lei non ci
fosse
mai stata.
Al rimase a terra tremante mentre il suo cervello lavorava
veloce
per cercare di dare una spiegazione logica a quello che era appena
successo.
Una ragazza l'aveva attaccato. Una ragazza aveva tentato di ucciderlo.
Una voce gli aveva parlato nella testa. Una luce blu l'aveva salvato.
La cosa non aveva senso.
Desiderò di sparire nel pavimento o di essere
teletrasportato a
casa, quella sera facevano Spider-man alla televisione, sapeva di non
dover assecondare l'idea malsanza di Rose. In un modo o nell'altro era
sempre lui a rimetterci le penne.
Merlino.
"Al?"
"Papà?" Era sopra di lui, l'uniforma allacciata per
metà
e gli occhiali storti sul naso. Abbandonando tutti i buoni propositi di
restare sul pavimento in uno scattò gettò le
braccia
intorno al busto del padre in un abbraccio e chi se ne frega
se tutti lo stavano guardando, spesso tutto quello che serve
è
solo un po' di sana consolazione paterna specialmente se il sudetto
genitore fa l'eroe part-time.
"Va tutto bene" gli disse ricambiando la stretta mentre sentiva
l'andrenalina lasciare il posto alla paura e al dolore.
"Stai sanguinando!" si accorse una volta che si staccarono la voce
completamente in ansia. Al si portò una mano al collo
capendo da
dove veniva quel dolore bruciante e quando staccò la mano
era
sporca di sangue. Abbassò lo sguardo e vide che pure la
camicia
verde a quadri che era stato costretto a indossare dalla sorella era
completamente zuppa.
"Chiamo il San Mungo" disse Harry e si alzò cercando
qualcuno
che potesse mandare un patronus all'ospedale dei maghi. Si
sentì
improvvisamente indifeso lontano dal colore del genitore,
così
freddo e stanco. Si sedette meglio mentre sentiva la testa girare e
pulsare fortemente. Prese un respiro. E un altro ancora. E ancora. Non
funzionava, continuava a sentire la presa sul terreno scivolare via.
Provò a dire qualcosa ma non riuscì a dire nulla
perché tutti era avvolto come in una nebbia fredda, ogni
cosa si
muoveva a rallentatore.
"Pa..." e poi svenne.
James aveva il fiatono come dopo una lunga corsa, guardò il
locale completamente distrutto seduto sulla sedia dove lo aveva
cacciato zio Ron intimandogli di starsene buono.
Cosa un po' difficile, cioè una pazza-assassina aveva
tentato di
uccidere suo fratello. Perché la sua famiglia veniva
minacciata
continuamente da pazze-assassine?! Vide suo padre cercare di afferrare
Al al volo prima che sbattesse la sua testuccia vuota sul pavimento.
Sì, aveva una testa vuota perché,
cioè, una ti
viene là per ammazzarti e tu te ne resti immobile come una
femminuccia aspettando che ti faccia fuori?
Mandando in culo la raccomandazione dello zio si alzò per
aiutare suo padre a sollevare suo fratello. Era veramente messo di
brutto con quello squarcio alla gola. Ma ce l'avrebbe fatta, il San
Mungo lo avrebbe curato.
Vero? Ditemi che non
resterò l'ultimo figlio maschio a casa Potter.
Pesava parecchio, il cretino; in effetti era abbastanza ovvio visto che
aveva passato gli ultima anni chiuso in camera a guardare film e
ingozzarsi. Come le ragazze. Doveva discuterne con Giorgia una volta
tornata, perché sarebbe tornata. Lui lo sapeva.
Lo posarono su una barella e lui tentò senza successo di
controllare il tono tremante e spaventato quanto ansioso della sua voce
quando disse:
"Non muore mica, vero?"
Ammirò lo sforzo del padre nel fare un mezzo sorriso: "Ovvio
che no, il San Mungo sa quello che fa".
James annuì e l'uomo batté una mano sulla sua
spalla più volte congratulandosi dell'intervento tempestivo.
"Sarai un ottimo Auror" aggiunse prima di allontanarsi per parlare con
i Mendimaghi che si erano Materializzati. Sentì il cuore
gonfiarsi come un palloncino per l'orgoglio di essere stato abbastanza
bravo da parare il culo a suo fratello. Anche se l'ultimo incantesimo
non l'aveva lanciato lui. Guardò i Mendimaghi trasportare
via la
barella su cui stava Al chiedendosi che avesse lanciato l'ultimo
incantesimo, quello che aveva fatto volare e scappare la pazza.
Si succhiò il labbro inferiore spostandosi verso i cugini,
se ne
stavano in un angolo avvoltio nelle coperte dategli dagli Auror.
Scorpius parlava, come sempre, Rose teneva le mani sui capelli
dondolandosi in una maniera isterica e Dominique era raggomitolata a
terra tremante con gli occhi grandi di paura. Era bellissima comunque.
"Perché?" iniziò Rosie con voce isterica rivolta
al
fidanzato "Perché tutte le tue idea portano sempre in un
bagno
di sangue?!"
Il sudetto ideatore alzò le spalle "Guardiamola da un'altra
prospettiva: 'sta volta Al non ha rischiato di morire per colpa di
Frank"
"Sapete" disse quello sentitosi preso in causa. Aveva rifiutato la
coperta gettandola ai suoi piedi e si era appoggiato alla parete in una
posa pensierosa "Mi dispiace che non sia riuscita a finire l'opera".
James non si accorse nemmeno di aver fatto partire il pugno
finché non vide l'idiota a terra e sentì la mano
dolorante. Doveva aver caricato molto forte, probabilmente il giorno
dopo avrebbe avuto dei lividi, ma la vista a terra di Frank con la mano
sulla bocca lo lasciò totalmente soddisfatto.
"Ma sei pazzo?!" ringhiò quello cercando di rialzarsi.
"Tu sei pazzo!" gli venne in aiuto Rose guardandolo male "Come puoi
dire una cosa così cattiva su Al?"
James notò ancora una volta l'inquietante somiglianza che
aveva
Rose con zia Hermione quando si arrabbiava, gli veniva la pelle d'oca.
Sul serio!
"Non avete sentito cosa ha detto?" si pulì il labbro che gli
aveva spaccato dal sangue "Eliminerò tutti i Maghi Oscuri.
Non lo stava facendo perché le andava".
Rose rinchiuse la bocca, James sentì che stava per partire
un
altro pugno ma Lily rise interrompendo il suo desiderio di mandarlo al
San Mungo.
"Albie un Mago Oscuro? Ma fammi il piacere, non sa nemmeno mettersi
decetemente una camicia."
Sentì un moto d'orgoglio per sua sorella, era cresciuta
bene. Tutto merito suo, ovvio.
"Dovremmo andare a casa" si girò verso Louis, nemmeno lo
aveva
visto. Per tutto il tempo era rimasto nascosto dietro Hugo e in
silenzio. Strano che non stesse polemizzando la cosa, quello
là
adorava le polemiche. A dir la verità sembrava nascondere
parecchio male la paura dietro la sua maschera da perfettino e stronzo
Serpeverde.
Ma allora li ha dei sentimenti!
"Voglio andare da Al" disse Rose decisa.
"Non ci lasceranno entrare prima di dodici ore. C'è scritto
nel
protocollo dell'ospedale, dovreste saperlo" disse monocorde lo stronzo
Serpeverde che si ritrovava per cugino.
Odiava quando qualcuno gli diceva 'dovresti saperlo', un po'
perché Dominique lo aveva fatto impazzire con quella frase e
un
po' perché lo faceva sentire inadatto.
"Andiamo a casa" supplicò Domi. La guardò, era
veramente
bellissima. I capelli le circondavano il volto pallido e gli occhi blu
come il mar dei caraibi risaltavano ipnotici. Le prese la mano
aiutandola ad alzarsi e fcendola appoggiare a sè.
Notò
come pesasse pochissimo, sembrava una farfalla di carta.
"Sì, andiamo a casa. Fra dodici ore saremo da Al"
proclamò facendo capire che la sua parola dettava legge.
Fissò Dominique negli occhi chiedendo se fosse tanto
sbagliato
darle un leggero e innocente bacio in quella labbra pallide. Poi
capì che non era il caso e uscirono dal pub distrutto.
1 Agosto 2025
Foresta di Biełowietza
Cominciava a odiare quel violino, era stufo di sentire quella melodia
tutte le ore del giorno e della notte. Da quando Melody
aveva avuto quella strana crisi lo suonava in continuazione.
Lo
svegliava la mattina, lo accoglieva quando tornava dal lavoro e gli
cullava il sonno.
In sostanza, Fred meditava di distruggerlo.
Ovviamente non lo avrebbe mai fatto, sapeva bene quanto un musicista
tenesse al proprio strumento, proprio per questo pensiero
accarezzò distrattamente le corde della chitarra producendo
a
sua volta un leggere suono. La passione per la musica era una cosa che
aveva in comune con Melody, spesso discutevano per ore su di essa: la
ragazza si impuntava sulla musica classica mentre lui difendeva il suo
rock come se ne andasse della sua vita. Aveva trovato, però,
delle canzoni in comune ed entrambe contonevano il suono del violino.
Da quando le aveva scoperte Melody le ripeteva aggrappandosi al violino
come se fosse una zattera galleggiante sul mare in tempesta.
Trovava il paragone piuttosto azzeccato visto che ogni volta che
piroettava i capelli azzurri della ragazza ondeggiavano come se fossero
onde, le mille sfumature lo catturavano impedendogli di suonare per
conto suo. E poi la ascoltava perché - questo non lo avrebbe
mai ammesso
- era brava. Molto.
Piegò la testa all'indietro appoggiandosi sul tronco
dell'albero
del quale sedeva ai piedi. Non riusciva a capire i suoi sentimenti,
erano un groviglio aggrovvigliato
e lui non aveva sufficente pazienza per star lì ad
ordinarlo, su
questo assomigliava a Giorgia. Strinse i denti. Anche con lei non
sapeva esattamente che sentimenti provare. (Diciamo pure che non capiva
i sentimenti a prescindere).
La prima volta che l'aveva incontrata era stato come trovarsi davanti
un fantasma, la sua somiglianza con Melody lo aveva turbato e
spaventato, temeva che quella ragazza che vedeva da piccolo nello
specchio fosse finalmente arrivata per rendere vere le sue minacce e
portarlo via. Trovarsela in quel negozio di scherzi era stato davvero
un brutto colpo al cuore (non che vedere la versione giovane di suo
padre lo avesse aiutato tanto, in verità). Per tutti i
giorni
seguenti era stato attento a qualsiasi cosa aspettando quasi di vederla
spuntare fuori dal nulla. Ma fortunatamente la sera del compleanno di
zio Harry aveva capito che non aveva nulla a che fare con la sua sosia
e che, anzi, era simpaticissima; aveva subito sentito una strana
sensazione che aveva identificato come pura amicizia a pelle. Non che
non avesse pensato di essere innamorato di lei, era successo,
ma
aveva capito subito che era un puro sentimento di fratellanza. Poi
aveva scoperto che in realtà era la sua parte Chaotica a
riconoscere in Giorgia lo stesso potere, ed era stato normale attrarsi
come semplici amici.
E qui tornava in gioco la sorella, perché era abbastanza
sicuro
di odiarla. Tutta quella brutta storia era iniziata per colpa sua. Nel
senso, perché anche era costretto a quella stupida scelta se
aveva dei genitori assolutamente normali? Che c'entrava lui in quello
stupido gioco di potere? Perché aveva avuto quella sfiga?
Per colpa di Melody, non sapeva i come e i perché. Ma era
colpa di quella
là se aveva iniziato ad avere gli incubi e a
fare cose strane.
Quindi la odiava.
Ma c'era anche qualcosaltro, perché nei suoi confronti
sentiva
una strana sensazione di attrazione che non aveva nulla a che vedere
con le loro parti Deliranti, forse c'entrava la legge universale per
cui "gli opposti si
attraggono".
Forse. Magari poteva spiegare il motivo di protezione che provava verso
di lei e perché il cuore gli andava a mille ogni volta che
si
sfioravano. Doveva essere tutto una questione di chimica o fisica, non
aveva mai capito quella roba
babbana,
le due parti opposte andavano in ebbollizione (o era l'acqua ad andare
in ebbollizione? Comunque) e lui subiva tutto perché
semplicemente la sfiga lo perseguitava. Ecco, quella era una risposta
razionale e intelligente.
Quindi la odiava il basta?
Voleva sbatte la testa da qualche parte perché dubitava di
odiarla e basta, se così fosse le avrebbe spaccato quel
maledetto violino senza tante cerimonie.
Sbuffò, certo che potevano anche escludere dal pacchetto
Poteri-potenzialmente-pericolosi le questioni ormonali, erano una
grande spaccatura di pluffe.
San Mungo.
Quando Rose riuscì a entrare nella stanza dove tenevano il
cugino erano passate più di dodici ore. Era rimasta nel
corridoio bianco con i Potter e Scorpius che tentava di tenere alto il
morale con i suoi discorsi insensati, almeno fino a che Jamie non lo
aveva guardato male.
Adorava il suo ragazzo ma doveva sul serio capire quando era l'ora di
smettere di fare il cretino per comportarsi seriamente. Comunque,
quando finalmente era riuscita ad entrare erano passato da poco
mezzogiorno e il suo stomaco ruggiva dalla fama, era dalla sera prima
che non toccava cibo.
"Ehi" lo salutò con voce flebile per paura che una voce
troppo
forte lo avesse spezzato in due. Lui non rispose fissando cocciutamente
fuori dalla finestra. Sospirò, aveva un strano collare al
collo
che proteggeva le fasciature bianche e pulite, sul tavolo una
maginfermiera stavo sistemando altre bende completamente
sprché
di sangue cremisi, doveva averle appena cambiate. La donna che sembrava
avere la stessa età di sua madre si
congedò con un
sorriso lasciando loro un po' di privacy, la ringraziò
silenziosamente avvolgendosi le braccia intorno alla pancia. Odiava
l'odore pungente degli ospedali.
"Come stai?" tentò di nuovo avvicinandosi di più.
"Bene" lo aveva detto con una voce salda e ferma ma sull'ultima vocale
si era spezzato in un tremito, segno che non stava affatto bene.
"Sicuro?" fece un cerchio con il piede non sapendo bene come muoversi.
Capì di aver dettop la cosa sbagliata quando lo
sentì
sbuffare.
"Merlino! Sì, sto bene. Smettetela di chiedermelo, sto bene!"
Le tremò il petto, le sembrava essere tornato ai primi tempi
quando Giorgia era appena sparita e lui cercava di convincere tutti che
stava bene allontanandosi sempre di più. Al non sapeva
affrontare il dolore, era un dato di fatto.
"Scusa, ma una pazza ha appena tentato di uccidere il mio migliore
amico. Scusa se sono preoccupata". Non voleva sbottarlo, ma era stato
inevitabile.
"Un Mago Oscuro, vorrai dire" borbottò quello. Perlomeno
così parlava.
"Tu non sei un..." iniziò sospirando ma fu bloccata prima di
finire la frase.
"E' la terza volta che mi accusano di esserlo, non può
essere una coincidenza!"
"Terza?" corrugò la fronte. Al posto di dormire aveva fatto
le
sue supposizioni e aveva pensato che forse la magia che aveva fatto Al
su quello strano specchio aveva attirato la Cacciatrice, ma quello non
lo rendeva cattivo anche perché lo aveva fatto a fin di
bene.
Quella poteva essere al massimo la seconda volta in cui era stato
"accusato", ma l'altra?
"Non ti interessa" disse il moro rigirando cocciutamente la testa di
nuovo verso la finestra, da lì si vedeva perfettamente il
traffico londinese.
"Al, di cosa stai parlando?"
"Non sto parlando di niente"
"Quand'è stata la terza volta?"
"Smettila, Rose"
"Al, dimmelo perfavore"
"TI HO DETTO DI STARE ZITTA"
"Al..., ti prego"
"VATTENE"
I Potter non erano mai stata famosi per la loro capacità di
trattenere la magia incontrollata, ancora oggi James è
famoso
per aver distrutto il dormitorio maschile per uno di quei attacchi. In
ogni caso, in quel momento Rose iniziò a spaventarsi sul
serio
quando la luce della lampadina iniziò a mancare e a venire
in
intermittenza e i fogli con le pratiche medice iniziarono a volare
animati per l'intera stanza.
"Al..." indietreggiò.
"LASCIATEMI IN PACE"
"Signorina, devo chiederle di uscire dalla stanza" era tornata la donna
di poco prima e ora la stava costringendo a indietreggiare
finché non fu fuori con la porta sbattuta in faccia.
"Al..." ripeté. Si lasciò scivolare a terra per
la
frustazione prima di iniziare a piangere. Nel suo stomaco
risentì la morsa d'acciaio d'ansia e la consapevolezza che
il
suo mondo stava cadendo a pezzi. E lei non poteva fare niente.
Nessuno poteva fare niente.
Quando vide la cugina a terra piangere davanti alla porta, Lily
sentì salire la rabbia e la neccessità di
distruggera
qualcosa. Meditò di aprire la porta e andare a compiere
l'opera
lasciata in sospeso. Strinse con forza le mani a pugno e come una furia
decise si allontanò per il corridoio sentendo delle lacrime
pizzicarle gli occhi.
Cosa prendeva a tutti? Che stava succedendo alla sua famiglia?
"Signorina, lei non potrebbe stare qui..."
Ignorò le persone vestite di bianco che tentarono
più
volte di fermarla continuando imperterrita per quella strada.
Uscì fuori dall'ospedale senza preoccuparsi che qualche
barbone
babbano prendesse un colpo a vederla spuntare fuori dalla vetrina di un
vecchio negozio chiuso.
Si mise le mani nei capelli soffocando (senza riuscirci) un'urlo.
"Lils, perché sei scappata via?"
Si girò verso il nuovo arrivato pronto a sfogare tutta la
sua
rabbia ma le parole le morirono in gola davanti al viso distrutto del
padre, tutto quello che le uscì fu un patetico singhiozzo.
"Perché Al deve essere così egoista?
Perché si comporta così?"
Harry sospirò prendendo gli occhiali rotondi e iniziando a
pulire le lenti in un resto nervoso: "Ieri sera..."
"Lo so" lo interruppe subito "Ma questo non lo autorizza a trattere
tutti noi come se fossimo delle merde"
Le labbra del padre si arricciarono in una smorfia mal trattenuta
quando disse la parolaccia, ma non lo richiamò cercando
piuttosto di rispondere alla sua domanda.
Era complicato da spiegare a Lily perché lei non aveva mai
perso
nessuno e non poteva capire il gelo improvviso che ti prendeva le ossa
quando ti vedevi strappar via la cosa più cara che avevi.
Durante la guerra aveva perso così tanti cari che gli veniva
naturale comprendere Al e assecondarlo. Lo stesso valeva per Ginny.
James pure, anche se lo dimostravo in un modo totalmente... be',
totalmente James.
Ma Lily, lei non poteva capire; poteva solo restare ferita da quel
comportamento e se c'era una cosa che odiava più al mondo
era
vedere qualcuno star male. Non sapeva esattamente come fare per
consolarla, forse un abbraccio, ma per certi versi era ancora
l'adolescente che non sapeva come comportarsi davanti ai sentimenti
umani. La verità era che voleva prendere in mano la
bacchetta
per distruggere la cosa che stava facendo soffrire la sua piccola
principessa - sì, era restato assolutamente l'adolescente
grifondoro della Guerra.
"Perché papà? Perché lo giustificate
sempre?"
"Perché siamo uno parte dell'altro²" Non aveva mai
avuto
una figura paterna di riferimento, se non si contano i Dursley (no, non
bisogna assolutamente contarli) o Sirius (non era un vero e proprio
padre, era l'amico del padre) o Silente (tutto ciò che aveva
fatto era stato muovere i fili come un burattinaio, mai si era
comportato da padre) e quindi non sapeva che pesci pigliare. Quella
risposta però, gli era venuta spontanea.
Lily si girò a guardarlo con il naso arricciato "Non vale
citare i cartoni".
Quello valeva come un chiaro segno di pace, così la strinse
in un abbraccio "A volte..." iniziò.
"Le cose non vanno come noi vogliamo" terminò lei "Lo so"
Soffocò un sorriso tra i capelli rossi della sua bambina.
"Tuo fratello, Rosie... tutti stanno affrontando un brutto momento.
Tutti lo passano nella vita, è inevitabile, tu devi guardare
avanti senza avere mai rimpianti. Ma la tua famiglia resterà
sempre al tuo fianco, noi non ci abbandoniamo"
Lily sfuggì al suo sguardo, le sue iridi quel giorno
tendevano al verde, lo stesso verde suo e di Al.
"Siamo un'unica realtà"
"Lo stai facendo ancora papà. Cosa direbbe il Primo Ministro
sentendoti citare la Disney".
"Lo so, ma spesso è l'unico modo per ragionare con te" la
prese in giro accarezzandole dolcemente i capelli.
"Non sono più una bambina, posso capire le cose serie!"
"Non affrettiamo le cose" disse punto in viso, lei era la sua bambina
era inammissibile vederla crescere. Lei sarebbe restata per semore la
sua bambina.
"L'importante è non abbattersi davanti agli ostacoli. Albie
lo
sta facendo, lo so" aggiunse davanti alle soppracciglie inarcate della
figlia "Noi dobbiamo stare insieme per farglielo capire, non possiamo
dirgli addio perché quello che fa non ci comoda"
"La mia pazienza ha un limite"
"Ma non l'affetto che proviamo gli uni e gli altri" sospirò
"Un giorno capirai".
"Perché non ora?" incosapevolmente Lily pestò un
piede a
terra proprio come quand'era piccola e si impuntava su qualcosa. Per
certi aspetti restava la sua piccola bambina, checché
dicesse
lei.
Non le rispose facendole un semplice sorriso e portandola dentro
l'ospedale ignorando il passante all'angolo della via che li
guardò come se fossero un'alluccinazione.
Quando sparirono all'interno della vetrina si disse che doveva dar
retta a sua moglie e smetterla di bere alcolici di mattina.
3 Agosto 2025, sera tardi
Nei Pressi di Stonehange.
Scorpius lasciò cadere il cannochiale che teneva al collo
spazientito e si buttò sulla coperta che li proteggeva dal
bagnarsi dall'erba umida. Si stiracchiò lasciando per bene
intravedere i suoi denti in uno sbadiglio veramente poco purosangue e
lanciò uno sguardo alla sua rosellina. Il fiore in questione
era
seduta in un'angolo con le gambe incrociare, il binocolo sulle coscie
inerte e lo sguardo perso a terra, dalla posizione leggermente spostata
a sinistra si vedeva perfettamente che si stava mordendo la guancia
segno che aveva lasciato la terra da parecchio.
La punzecchiò con un piede al fianco e lei fece un salto che
le
fece cadere il binocolo dal grembo. Rose lo guardò
indispettita
prima di prendere in mano lo strumento, puntarlo sugli occhi e scrutare
il buio circostante. Dalla parte completamente opposta.
"Ehi, mio raggio di Luna" rise divertito "i Megalitici sono dall'altra
parte"
Rose lasciò cadere le braccia e lo guardò
colpevole "Scusami, ma stavo pensando".
"Ma non mi dire" rotolò di nuovo sulla pancia puntando lo
sguardo sulla costruzione di pietre poco distante "Ti fumerà
il
cervello se continuerai a usare il cervello così tanto".
Non poté non ammettere che il cuscino che gli
volò in testa fosse del tutto immeritato o inaspettato.
Regola numero uno, mai
fare battute del genere alla figlia di Hermione Granger e Ronald Weasley.
"Tu dovresti usarlo ogni tanto, invece" ribatté la sua
ragazza punta sul vivo.
"Cosa turba la mia stella polare?" chiese ignorando deliberatamente la
battuta fatta al suo ingegno. Perché era una battuta, il
cervello lo usava. Lui.
"Non lo so" la vide con la cosa nell'occhio mordicchiarsi un'unghia
nervosa "Forse dovevamo invitare almeno Frank".
Scorpius cercò di trannersi dallo sbuffare.
Quando era piccolo suo padre lo portava lì ogni anno alla
stessa
ora e con le stesse intenzioni, abitando poco distante poteva
permetterselo senza far preoccupare Astoria. Il tre Agosto di ogni
anno, puntuale come un orologio svizzero, accadeva una cosa stranissima
tra le antiche costruzioni Celtiche: si popolava di luci sfuocate.
All'inizio avevano pensato ai Fuochi Fatui ma non avevano nulla in
comune se non il modo in cui apparivano. Spesso erano figure umanoidi
con cavalli e nell'aria rieccheggiavano i loro canti e loro risate, una
volta una di quelle figure gli era anche girata attorno.
Ne era rimasto estasiato.
Così, ogni Agosto alla stessa ora improvvisavano un pic-nic
notturno e spiavano quello strano fenomeno, durava pochi secondi
perché poi le ombre di luce sparivano all'interno dei
Cronichles
e tutto tornava tranquillo e normale, come se non ci fossero mai stati,
l'aria tornava silenziosa priva dei loro canti. Questa cosa faceva
impazzire Scorpius e anche se suo padre aveva perso da tempo interesse
nel trovare una risposta lui no, lui voleva dare un nome e una
spiegazione a quelle luci.
I primi anni di Hogwarts ci portava anche i suoi amici; Rose, Domi, Al
e Frank ne erano rimasti incantati quanto lui e insieme avevano giurato
di trovare la risposta. Dopo Al era sparito e tutti avevano perso lo
sprint iniziale, poi con Giorgia e tutto il resto avevano proprio
smesso di andarci. Ma Scorpius no, cocciuto come solo lui poteva essere
aveva continuato a presentarsi all'appuntamento con una poco
interessata Rose.
"Dici che..." la sudetta ragazza parlò distraendolo dai suoi
pensieri "Dici che avremmo dovuto invitare anche Dominique e Frank?"
Al non lo nominò perché era ancora al San Mungo,
lo
squarcio alla gola era risultato parecchio complicato, non sapeva
altro; suo padre non aveva voluto dare maggiori informazioni ed era la
stessa cosa che sapeva Rose.
"Dopo la sua infelice uscita dell'altra volta, non voglio vederlo per
un po'. Almeno finché non fa pace con il suo cazzo di
cervello"
sì, era arrabbiato e sentiva di averne tutto il diritto
"Dominique... hai visto com'era ridotta. Meglio lasciarla in pace".
Sentì le dita di Rose scivolare sulla sua schiena in un
gesto delicato "Siamo proprio messi male, vero?"
"Solo un po'" ammise "Ma siamo perfetti così"
Il sorriso della sua Rose fu impagabile e bastò a
riscaldargli
il cuore. Lanciò un'occhiata all'orologio abbandonato poco
distante.
"Manca poco" l'avvisò e prese il binocolo. Non che servisse
ma
dava alla faccenda un tocco molto più serio. Rose non si
sforzò nemmeno di seguire il suo esempio e puntù
gli
occhi azzurri nella stessa direzione in attesa.
Non dovettero aspettare molto, per prima cosa sentirono i loro canti
come una voce lontana, troppo flebile per capire le esatte parole ma
abbastanza da intuire che era una canzone di gioia e benvenuto. Poi
arrivarono i primi guizzi di luce e gli occhi dei due ragazzi si
riempirono di meraviglia davanti a quello magico spettacolo.
4 Agosto 2025.
Londra, Ministero della
Magia. Secondo piano, ufficio del Primo Ministro.
Nonostante tutti quegli anni passati dalla Guerra quando il Salvatore
del Mondo Magico passava per i corridori del Ministero i Visitatori si
giravano incantati a fissarlo puntando gli sguardi sulla cicatrice
sbiadita che tentava di nascondere con la frangia, ma quando mai i suoi
capelli facevano quello che voleva lui? Inevitabilmente quella restava
sempre ben visibile pronta a catturare lo sguardo dei curiosi. Si
passò una mano sulla fronte strofinandola nella speranza di
cancellarla.
Arrivare alla fine del corridoio fu una benedizione e bussò
alla
porta che recitava a chiare lettere d'orate con svolazzi alla maniera
dei maghi: Ufficio del
Primo Ministro.
Quando aveva ricevuto la chiamata era rimasto parecchio sorpreso,
mancavano ancora parecchi giorni (quasi una settimana) al solito
incontro per fare il punto della situazione sulle indagini sui
Deliranti.
La porta venne aperta dalla segretaria che lo invitò a
entrare,
ricambiò con un sorriso di circostanza. Dentro stavano altre
quattro persone, due di queste sembravano dei ragazzi
dell'età
dei loro figli. Non ci si soffermò più di tanto
troppo
preso a chiedersi cosa ci facesse lì il Controllore.
In realtà non si chiamava propriamente Controllore, era uno
degli Indicibili che aveva il compito si sopravisionare quando si
trattava di cose della massima importanza e segretezza e tra gli altri
Dipartimenti era conosciuto con tale nome. Quello proprio non lo
sapeva, ma il suo cognome era Frigeus.
"Harry"
"Kingsley" strinse con altrettanta forza la mano che aveva teso il
Ministro. Rivolse un cenno di saluto educato a Frigeus.
"Signor Potter" fece quello muovendo il capo nello stesso gesto.
Si girò verso i due ragazzi facendo un sorriso nella
speranza
che si presentassero. Rimasero in silenzio, mossero solo le labbra in
un accenno di sorriso; erano seduti fin troppo comodamente sulle sedie
assolutamente rilassati. Uno sembrava essere sui ventitré
anni,
aveva gtratti orientali e dei capelli neri come la pece; l'altro la
stessa età di James e i suoi occhi bicolori (uno giallo,
l'altro
verde)
erano ipnotizzanti. Si sedette su una sedia cercando di trattenere lo
sguardo curioso ma da come sorrise Kingsley capì di non
esserci
riuscito granché.
"Inanzittutto, volevo farti sapere che mi dispiace per l'attacco a tuo
figlio e che avete tutto il mio sostegno" iniziò il Ministro
con
la sua voce profonda e calma che lo caratterizzava.
Harry annuì.
"Sono tre anni che il caso Deliranti
non trova un'uscita nonostante tutti gli sforzi tuoi e dei tuoi uomini".
"Stiamo facendo tutto il possibile" ribatté pacato.
"Lo sappiamo, signor Potter" disse il Controllore tendendosi avanti "Ma
siamo fermi da troppo tempo, non c'é nessuna svolta"
Sentì la voglia di sbattere quella faccia ossuta sulla
scrivania, però riuscì a trattenere la sua
impulsività Grifondoro. Non riuscì
però a non dire
sarcasticamente: "Se lei ha qualche consiglio sono tutt'orecchie".
L'occhiata che gli lanciò Kingsley lo fece sentire un alunno
indisciplinato ma il Controllore non diede peso al suo sarcasmo e
proseguì:
"Io e il mio dipartimento non abbiamo consigli, non ci occupiamo di
questi casi. Ma, i signori qui potranno aiutarla"
Ad Harry fece ridere il fatto che chiamasse 'signori' quei ragazzi che
potevano perfettamente essere suoi figli, non sorrise però e
si
rivolse educatamente agli altri due.
"Siete Indicibili?"
Fu Frigeus a rispondere al loro posto: "No, non appartengono al nostro
dipartimento. In realtà non appartengono a nessun nostro
dipartimento"
Tentò di nascondere la faccia confusa quando il ragazzo dai
tratti giapponesi iniziò a parlare "Siamo una reparto che
non
appartiene a nessun stato specifico tenuto segreto a tutti i ministeri
mondiali. Ci facciamo chiamare la Base e non sono autorizzato dai miei
superiori a rilasciare altre informazione"
Inarcò le sopracciglie scettico e si rivolse a Kingsley "Ma
davvero?"
"Abbiamo già sistemato tutto e sono a posto" rispose.
Annuì e tornò a rivolgersi ai due ragazzi. Quello
che
aveva parlato per primo e che evidentemente era il capo riprese a
parlare:
"Seguiamo il caso dei Deliranti da molti anni e abbiamo parecchie
informazioni sul loro conto. Abbiamo deciso di collaborare con voi
visto che il fine è lo stesso a quanto sembra".
"E sarebbe?" Harry non riusciva a convincersi non poteva fare nulla.
"Mettere fine alla pazzia di Tosca e far in modo che il mondo non venga
distrutto dal Delirium o dal Chaos".
Nella stanza alleggiò il silenzio a lungo prima che Harry
trovasse il coraggio di dire:
"Dunque voi lo sapete".
"Sappiamo molte cose" lo guardò dritto negli occhi, erano
scuri e profondi "Di noi potete fidarvi".
Harry se ne convinse.
"Capo Dipartimento Auror Harry Potter al vostro servizio" disse facendo
capire che era assolutamente d'accordo.
"Agente Capo Hiro Thai e il suo Assistente Sam Huth al vostro servizio,
signore"
NDA:
Hi.
Ho la pancia piena come non so cosa, tutta colpa dei panettoni D:
Voi avete passato bene le vacanze?
In realtà avrei un altro quesito: Siete spariti tutti? Dove
siete? Così mi fate piangere :c ho visto tante
visualizzazioni
ma pochi pareri, dai che ho bisogno di sapere le vostre impressioni,
altrimenti come miglioro T_T
*Voglioungufo che si sente un'idiota a elomosinare recensioni".
Comunque.
Be', ho sganciato parecchie bombe, alcune visibili e altre non proprio
visibili. Solo occhi esperti possono intuire qualcosa^^
Adesso devo smetterla, perché sono una che spoilera sempre
come una matta e vado a leggere Bloos of Olympus.
Ps. Se volete stalkerarmi o simili vi ricorso che su ask sono:
@Compratemiungufo
1. Il Gene che attiva la magia e che quindi ti rende un mago o una
strega. L'ho inventata io, mi sembrava la spiegazione più
scientifica xD E poi Genetica is the way.
2. Il Re Leone II, Simba dice la stessa identica frase a
Chiara
dopo che ha giocato con Kovu rischiando di essere mangiata dai
coccodrilli. Dopo inizia la canzone "Un'unica realtà" che
possiamo dire ffa da sottofondo a questo pezzo.
V.
|
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Capitolo 6 *** Fiumi ***
asdfghjk
Cap. 5
Fiumi.
Perché
il non farsi i cazzi propri non giova alla salute.
**
"One more moment of this silence
The loneliness is haunting me
And the weight of the worlds getting harder to hold up"
(Bring
me to horizon, Drown)
"Melody"
Alzò gli occhi dal fiume limpido e calmo per posarli su
quelli
di un ragazzo di vent'anni o poco più con i capelli rossi e
una
marea di lentiggini sul volto leggermente scavato.
Così era quello l'aspetto di suo padre; non sapeva
esattamente
cosa immaginarsi. Le forme del viso sembravano le stesse ma gli occhi
erano diversi, due azzurri così contrastanti da non
semnbrare lo
stesso colore. La gente diceva che i suoi occhi mettevano paura, erano
troppo vividi e bruciavano. Quelli di suo padre erano azzurri come il
cielo.
Serrò le labbra chiedendosi cosa si dovesse dire in quelle
situazioni, quando ti ritrovi tuo padre davanti dopo dodici anni di
solitudine; aveva sognato a lungo quel momento ma adesso che era
successo si chiedeva se fosse giusto. Era giusto chiamarlo
papà
se per dodici anni non lo era stato? Se lo avesse trovato per strada lo
avrebbe ignorato come avrebbe ignorato gli altri mille volti della
folla. Ma, ah, giusto: lei non poteva uscire dal palazzo.
Si morse l'interno della guancia e sentì suo padre sedersi
accanto a lei con le gambe che sfioravano appena la superficie
dell'acqua. Le piaceva quel posto, era il confine del Mondo Di Sotto,
seguire quel fiume significava uscire nel meno reale e sentire il sole
sulla pelle. Certo, se non ci fosse stato il cancello; ma c'era e lei
continuava a restare nascosta in quel buco come un topo.
Guardò di nascosto il viso di quel ragazzo che si dichiarava
suo
padre, sembrava imbarazzato quanto lei. Evidentemente non sapeva
nemmeno lui come comportarsi, per dodici anni non era stata un padre e
non aveva avuto nessuna figlia a cui dimostrarlo, doveva essere
difficile diventarlo di colpo e lui non voleva. Era una cosa sicura,
altrimenti perché l'avrebbe abbandonata là sotto
andandosene via?
Si chiese se lo odiasse e la risposta fu no. Anche lei avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di essere libera, scappare da quel posto e
riprendere a respirare. Era in gabbia.
"Ho parlato con Celine..." iniziò quello.
Già, un'altra che le aveva mentito fin dall'inizio. La sua
sedicente madre. Si morse la lingua per non iniziare a urlare.
"Credevo sapessi controllarti".
Non aveva saputo esattamente cosa aspettarsi quando lo aveva visto
all'entrata del palazzo, forse un abraccio e una promessa, doveva
immaginarlo che la Guardiana lo aveva avvertito dei suoi ultimi scatti
di potere che non riusciva a controllare, aveva quasi ucciso un
maggiordomo. La verità bruciava la stomaco come un acido,
beffarda e crudele verità: a loro non interessava nulla di
lei,
volevano solo che si controllasse per mantenare salvo il mondo.
Domare. Celare. Non
mostrare.¹
Una stupida cantilena che si ripeteva fin da piccola.
"Sono più forti di me" la sincerità, sapeva, era
sempre
aprezzata ed era allo stesso tempo l'unica arma che aveva per ferire
senza perdere il controlllo.
Una leggera nebbiolina iniziò a salire dal terreno
avvolgendoli
nelle sue spire, Fedrico la debellò con un gesto della mano.
"Nemmeno Celine riesce a controllarmi" lo avvertì. Suonava
fredda la sua voce come se stesse parlando con un estraneo. Amaramente
si rese conto che lui era un estraneo. Condivideva solo il sangue e
qualche linemanto del viso.
Ma la vita, quella, non l'avevano mai condivisa.
"Melody" disse "Ti è stato dato un potere, tu hai un dono e
devi imparare ad utilizzarlo"
"Un dono?" la sua voce tremò "Un regalo si può
restituire, la mia è una maledizione".
Anche il terreno iniziò a tremare e piccoli fiocchi di neve
iniziarono a cadere dal soffitto della caverna. Perché era
così difficile controllarsi?
Suo padre le prese le mani guardandola dritta negli occhi.
Cercò
di resistere e di non sottrarsi a quella stretta. Era solo uno
sconosciuto, non voleva dire nulla.
"Ognuno ha il suo posto nel mondo. Il tuo è questo e devi
fare del tuo meglio"
Non ce la fece e abbassò lo sguardo posandolo sul fiume. Il
ragazzo seguì la direzione dei suoi occhi e quando vide che
cercavano cosa si trovava oltre il cancello sospirò.
"Il tuo posto è qui" le precisò.
"Anche il posto di un padre è accanto a una figlia, ma tu
non ci sei mai stato"
La guardò interdetto come se non si aspettasse una risposta
del
genere. Come se non si aspettasse di vederselo rinfacciare.
I lineamenti del suo viso si indurirono e serrò la mascella,
non
si preoccupò di averlo fatto arrabbiare; la rabbia era una
cosa
che sapeva gestire molto bene.
"Non devo giustificarmi con te per questo" le disse "Ho fatto la mia
scelta".
"E io non ho questa possibilità. Di scegliere, intendo". La
luce
negli occhi di suo padre cambiò, come se avesse riconosciuto
qualcosa in quelle parole. Represse la curiosità, non doveva
interessarle. Non doveva interessarle nulla di un estraneo.
"Guarda il fiume" il tono con cui suo padre lo disse la sorprese.
"Guarda il fiume" ripeté gentilmente. Eseguì
l'ordine ma
non c'era nulla di diverso, era sempre il solito corso d'acqua
trasparente.
"Guardalo, scivola e non invaderà mai le rive.
Continuerà
a proseguire per la retta via tranquillo, e tranquillo
proseguirà nonostante le tempeste".
"Non mi interessa essere come il fiume. Io voglio sapere cosa
c'è dopo il fiume" gettò un altro sguardo al
cancello,
desiderosa di bruciarlo. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di vedere
com'era il mondo lì fuori.
"Non c'è niente di bello, niente che tu possa trovare anche
qui"
le disse appoggiando una mano allo sua spalla e allontanandola dalla
riva "Non devi pensarci, ok?"
Non rispose tenenendo lo sguardo puntanto oltre le sbarre di
metallo. Non lo tolse nemmeno quando sentì suo padre
allontanarsi con un sospiro, non lo tolse nemmeno quando
capì
che se ne stava andando via di nuovo.
Non tolse mai lo sguardo dalla libertà.
6 Agosto 2025.
Foresta di Biełowietza,
Polonia.
La ragazza dai capelli blu sbadigliò allontanando quel
ricordo
così scomodo e si concentrò sul fiumiciattolo che
le
stava realmente davanti, non a quell che per anni aveva segnato il
confine tra la libertà e la sua prigionia.
Increspò la
superficie dell'acqua imergendoci i piedi, era fredda ma piacevole al
contatto. Una rana la fissava in attesa di un segnale di pericolo poco
lontano con solo gli occhi fuori dall'acqua.
Respirò a pieni polmoni, aveva sempre amato i fiumi. Li
aveva
sempre visti come l'emblema della libertà, erano liberi di
scorrere placidi ovunque volessero, erano liberi di percorrere la
propria strada cosa che per lei non era.
Per anni aveva ignorato il suo richiamo, aveva resistito alla
tentazione di prendere una barca per scoprire dove portasse quel fiume
soterraneo ma ora era lì nel mondo.
Ed era ancora prigioniera, prigioniera di un fardello che non aveva mai
chiesto.
Tolse i piedi dall'acqua e un leggero strato di ghiaccio
iniziò a ricoprire il fiume.
Devonshire, Inghilterra.
Con una mano si sistemò delle ciocche ribelle sfuggite al
controllo della treccia e lanciò un sorriso al sole luminoso
quanto ai suoi raggi. In molti paragonavano Lily al sole, dicevano che
proprio come esso i suoi sorrisi illuminavano gli angoli più
oscuri dell'anima delle persone. Il segreto? Non farsi abbattere da
nulla, continuare per la propria strada cercando di non cadere nella
trappola del passato. C'era un tizio, un greco forse filosofo, che
diceva che tutto scorreva, un tizio che non faceva mai il bagno nello
stesso fiume². Zia Hermione per un periodo si era messa in
testa
di insegnare la filosofia a tutti in famiglia, l'unico ad averle dato
retta era stato Louis ma quello era un secchione di prima categoria.
Lei si era annoiata per tutto il tempo, ma le era rimasto impresso
questo fatto.
Panta rei. Tutto scorre.
Tutto cambia, tutto è in movimento e lei non poteva restare
indietro, doveva muoversi allo stesso ritmo del mondo; per questo non
capiva le sue coetanee (e Roxanne e Al) che si impuntavano
sull'aspettare in eterno una persona, era una stupida perdita di tempo.
Bisognava muoversi, proseguire per la propria strada. Tutto scorre. Si
aveva sempre tempo per rimediare, nessun peccato era così
grave
se tu avevi il coraggio di rialzarti e proseguire, continuare. Tutto
scorre. Le scorreva come i fiumi, lei non era la stessa persona che era
conque secondi prima, lei era sempre una persona nuova. Tutto scorre.
Valeva anche per il dolore, scorreva e passava. La vita continuava.
Tutto scorre.
Era questo il suo segreto, si getteva dietro le brutte esperienze per
seguirne di nuove. Spesso le davano dell'infantile o dell'immatura per
questo ma non le interessava, lei viveva bene così.
Doveva essere questo il motivo per cui non aveva ancora avuto una
storia seria con un ragazzo, troppo incostante e lunatica era Lily Luna
Potter per poter sorreggere una persona.
Scalciò un sasso sulla via acciotolata spensierata prima di
accorgersi di aver colpito qualcuno.
"Mi scusi!" disse preoccupata.
La persona in questione si girò a guardarla e lei fu
costretta
ad alzare lo sguardo per via dell'altezza del ragazzo. Ora che lo
vedeva in faccia si accorse che non poteva essere tanto più
grande di lui (in senso d'età, d'altezza la superava di
parecchi
centimentri).
"Non ti preoccupare" disse il ragazzo, aveva la voce tagliente e si
sentiva molto l'accento, doveva essere un tedesco. Si
accucciò a
prendere il sasso, aveva le dita lunghe e fine come le zampe dei ragni,
Lily le apprezzò subito. Il ragazzo le porse il sasso con
sorriso a trentadue denti, sembrava sciolto ma notò il suo
nervosismo: in fondo per una figlia di un eroe di guerra era
neccessario saper leggere e comprendere le persone.
"In fondo" continuò mentre il sassolino scivolava sulle sue
piccole mani "I sassi hanno il diritto di scorrere quanto i fiumi, no?
Panta rei, giusto?"
Lily sentì una strana sensazione allo stomaco e lo
fissò
interdetta, era così strano sentirserlo dire quando ci aveva
pensato per tutto il pomeriggio, sembrava quasi che fosse entrato nella
sua testa.
Scacciò quella strana stretta allo stomaco e si
presentò saltando completamente il cognome: "Lily"
"Aleksander Romanoff" ricambiò il ragazzo e lei lo
studiò
meglio. Capelli biondo miele leggermente ricci sulle punte,
probabilmente se non avesse portato quel taglio corto avrebbe avuto una
bella testa riccia, aveva i lineamenti duri e le guance scavate come
una perfetta persona proveniente dal nord e suoi occhi neri sembravano
gelidi quanto la neve che cadeva negli inverni a Hogwarts. Gelidi
quanto affascinanti, non riusciva a smettere di fissarli: era come
esserne rissucchiatta, come se lei fosse completamente nuda davanti a
lui che invece era libero di vederla in ogni sua sfacettatura.
Istintivamente portò le braccia al petto come per
nascondersi e quel strano incantesimo si ruppe.
"Non ti ho mai visto da queste parti" disse cercando di nascondere il
nervosismo.
"Certo che no fraulein.
Mi sono trasferito in questa zona da poco".
"Oh, finalmente sono riuscita a vendere quella vecchia casa!" sorrise
ricordandosi del rudere in cui James e Fred si sfidavano ad antrerare
da piccoli "In effetti aveva notato che era messa meglio del solito".
Aleksander fece una risata che a Lily sembrò un po' sforzata
e
questo la irrittò un pochino. Anzi, a voler essere sinceri
non
volle più stare vicino a quel ragazzo dagli occhi invernali
e
fece per superarlo ma lui le bloccò la strada. Lo
fissò
accuigliata e le guance dell'altro divennero rosse, cosa che dopo tutto
era parecchio adorabile.
"Mi... mi chiedevo se... non so, magari sabato, se hai qualcosa da
fare. Perché se non hai nulla da fare potremmo vederci a un
pub
o altro..."
Di una cosa era certa, non voleva passare una serata con quel ragazzo
così strano così finse di pensarci su: "Sabato?
Mi
dispiace ma ho un impegno al quale non posso assolutamente rinunciare".
Le sopracciglia di Aleksander si agrottarono come se avesse capito la
bugia, ma rilassò un viso spostandosi di lato e
borbottò
un:
"Quando vuoi, allora"
"Certo" sorrise. Fammici
pensare. Mh, mai.
Affondando le mani nelle tasche della giacca leggere si
affrettò
verso casa con la sgradevole sensazione che il ragazzo tenesse ancora
puntato i suoi occhi neri nella sua schiena.
Casa Potter.
Al e Louis stavano giocando a scacchi. Ma questa era una cosa normale,
da molto ormai il Serpeverde si presentava a casa del moro per giocare
a scacchi. Era strano, per anni i due cugini si erano ignorati per via
dei caratteri troppo diversi, ma poi Al aveva trovato negli scacchi uno
sfogo e Louis aveva bisogno di qualcuno con cui allenarsi.
Si erano semplicemente trovati.
Non parlavano mai durante le partite, c'era un religioso silenzio e le
uniche parole erano gli ordini agli scacchi. Anche quelli che
solitamente erano chiassosi in mano loro tacevano.
Così ogni giovedì alle due Louis si
materializzava con la
metropolvere in cucina, salutava educatamente la signora Potter ed
andava in camera di Al e ci restava fino all'ora di pranzo.
Quel giorno, rimase più a lungo.
Harry e Ron stavano seduti in salotto in attesa degli ospiti.
Anzi, colleghi, ricordò con un leggerò sorrisetto
mentre
gli tornava in mente la conversazione di quel giorno al Dipartimento.
Era appena uscito
dall'ufficio del Primo Ministro e già si era
messo a discutere con i due nuovi acquisti sulla strategia di
indagine.
"Abbiamo molte cose da
raccontarvi" aveva detto Hiro.
"Possiamo discuterne nel
mio ufficio"
"Ci serve un posto dove
poter parlare al sicuro"
"Il mio ufficio
è sicuro" aveva ribattutto pacato.
"Il Ministero non
è sicuro per questo genere di informazioni"
Così, molto perplesso al momento si trovava nel salotto
della sua casa in attesa dei suoi strani ospiti. Il suo studio era
stato il primo luogo abbastanza 'sicuro' a cui aveva pensato e gli
altri due non avevano dato cenni di fastidio.
"Quando arriveranno?" chiese Ron appoggiando il bicchiere di burrobirra
sul tavolino. Lanciò un'occhiata all'orologio e rispose:
"Cinque minuti"
"Tutta questa storia è troppo strana" si accigliò
l'amico "Li hai visti? Sono dei ragazzi!"
Si trattenne dal sollevare lo sguardo, Ron andava avanti con quella
solfa da mezz'ora aggiungendo di tanto in tanto quante commento sulla
misteriosa Base. Era fatto così, sospettoso fino
all'inverosimile, ma era anche il suo miglior Auror e lo voleva nella
squadra. Lanciò uno sguardo a Lily e Roxanne che parlavano
poco distante.
"Al e Louis?" chiese il rosso.
"Ancora su a giocare".
"Potrebbero essere morti da quanto sono rumorosi" scherzò.
Harry ridacchiò.
"Siamo sicuri che sia questa la casa?"
Hiro cercò di trattenersi dallo spedire l'amico in
Amazzonia, poteva capire la sua eccitazione visto che era la sua prima
missione ma di questo passo sarebbe stato costretto a zittirlo con le
cattive.
"Sam" lo avvertì mentre suonava il campanello.
"No, lo dico perché sono tutte uguali. Potrebbe essere
quella laggiù ad esempio e io non vorrei entrare nella casa
sbagliata, magari è troppo buio per i tuoi occhi".
"Ma certo, vantiamoci della super-vista"
"E' l'unica cosa figa che ho. Almeno io ci vedo in questo cazzo di
buio".
"Devo ricordarti che siamo in servizio?" sbottò.
"E non mi sembra ancora vero!"
"La prossima volta ti lascio a casa" disse tra i denti e la
portà si aprì rivelando un caldo soggiorno. Una
donna dai capelli rossi e una maglietta di qualche squadra di Quidditch
li squadrò sospettosa.
"Salve, sono l'agente Thai con il suo assistente, abbiamo un incontro
con il Capo del Dipartimento Auror Potter".
"E' mio marito" annuì la donna "Entrate pure, volete un
tè? Ho appena sfornato una torta se vi interessa"
"Molto volentieri!" Hiro avrebbe voluto prendere la testa vuota di Sam
e sbatterla contro il muro, per vedere se almeno aveva il cervello.
Entrarono comunque e non poté non apprezzare la calda
atmosfera familiare che si respirava. Trovò il suo uomo
seduto su una sedia vicino a un altro con i capelli rossi e la
burrobirra in mano, in un angolo c'erano anche due ragazze sempre con i
capelli rossi.
Il rosso regna qui,
notò.
"Thai" lo chiamò per cognome l'Auror scattando in piedi e
tenenendo la mano "Vi presento il mio vice, l'Auror Ronald Weasley".
"Piacere" disse sincero.
"Solo Ron" precisò il rosso ricambiando la stretta di mano.
"Lo stesso vale per voi" si intromise Sam con il suo solito sorriso
idiota "Hiro e Sam andranno benissimo".
Vide le labbra del signor Potter alzarsi in un leggero sorriso.
"Lily, Rox" rischiò di saltare come un grillo quando
sentì la voce squillante della donna chiamare due ragazze
sedute sul un divano che si alzarono e si allontanarono non senza aver
prima lanciato a entrambi uno sguardo curioso.
Quando poi la ragazza con la pelle più scuro
passò vicino sentì che Sam stava andando in
fibrillazione.
Gli ormoni, trattieni
gli ormoni idiota. Glielo avrebbe voluto dire ma decise
che non era il caso con i due uomini di fronte.
"Se volete seguirci" disse infatti Harry prendendo le scale.
Hiro annuì e fece qualche metro prima di afferrare Sam per
la collottola e spingerlo contro il muro.
"Ma che..."
"Connetti" sillabò "Quell'unico neurone che ti è
rimasto in testa"
Sam sbuffò roteando gli occhi "Non è colpa mia,
era veramente carina! Se fossi etero lo capiresti anche tu".
"Stiamo lavorando!"
"E restava uno schianto"
Lo mollò sbuffando davanti a quella testa di rapa, e fece
per proseguire per le scale quando si ritrovò davanti
l'ultima persona che si aspettava di vedere.
Il ragazzo dagli occhi blu come il mar dei Caraibi, quello del Pub, lo
fissava pochi gradini più su come se fosse un fantasma, gli
occhi completamente spalancati e la bocca aperta. Hiro sentì
le budella attorcigliarsi e le guance bruciare, poi il ragazzo
più piccolo prese per la maglietta un altro ragazzo moro che
gli stava vicino e sparì di tutta fretta dietro una porta
peggio avesse visto un fantasma. Da parte sua, lui rimase in mezzo alle
scale con ancora il cuore impegnato in una gara campestre.
Sam lo superò ridacchiando: "Chi è adesso che
deve tenere a bada gli ormoni?"
"Louis, ma che duavolo ti prende?!" sbottò Al quando fu
buttato con malgrazia dentro un ripostiglio.
"SHH!" rispose il biondo pazzoide sbirciando dalla serratura della
porta.
"Li conosci?" chiese avvicinandosi per vedere.
"No!" rispose troppo velocemente, le orecchie intanto gli erano
diventate rosse. Al pensò alle facce che avevano fatto il
cugino e il giapponese quando si erano visti perciò non
riuscì a trattenersi dal ridacchiare:
"Quando vi siete visti?"
"Al Pub" cercando di scacciare i brutti ricordi e allo stesso tempo la
ridarella che minacciava di uscire continuò:
"Ti piace?"
Vedere il cugino rischiare di soffocare con la propria saliva fu
divertente, ma il "NO" che starnazzò fece fallire tutti i
suoi tentativi sul non mettersi a ridere.
"Davvero!" fece Louis punto sul vivo "Anzi, era lui che ci provava con
me"
"Masochista" annotò "Cosa ci fa qui?"
"Non lo so" ammise l'altro mordendosi il labbro curioso. Il rossore non
aveva accennato a sparire, anzi si era esteso su tutto il viso.
No, non voglio sapere
cos'è successo! Anche se per i suoi standard al massimo si
sono sfiorati le mani, pensò.
"Erano diretti allo studio di papà, si trovo proprio sotto
alla finestra di camere mia" meditò Al.
"Quindi?" chiese infastidito.
"Una parola: Orecchie Oblunghe"
"Sono due parole"
Dovette ricordarsi che uccidere le persone non era buona cosa. "E'
uguale".
"Vorresti orecchiare?"
"Persoicace il ragazzo" sibatté sarcastico e poi lo
fissò mentre si torturava le mani indeciso.
"Eddai, sei un Serpeverde! Certe cose dovrebbero venirti spontanee"
cercò di convincerlo.
"E va bene, ma se ci beccano dirò che è tutta
colpa tua!" lo guardò serio.
"Questo è parlare da Serpeverde! Forza, andiamo" ed
aprì il ripostiglio gettandosi a capofitto su per le scale.
"Mi state quindi dicendo che l'attacco non aveva nulla a che fare con i
Deliranti?"
Al cercò di
non prendersela quando Louis lo colpì con il gomito a una
costolo, quel filo era troppo piccolo per entrambi, ma
continuò ad ascoltare la conversazione.
"No" rispose Hiro "La ragazza lavorava da sola"
"Ma perché lo avrebbe fatto? Una vendetta? E' magari una
figlia di Mangiamorte?" iniziò subito a fare ipotesi Ron.
"Nulla di tutto questo. Vedete, quello che vi racconterò
adesso è una cosa estremamente segreta e nessuno, nemmeno il
vostro ministro, dovrà venirlo a sapere"
"Avete mai sentito parlare dei Romanov?" si intromise Sam.
"Se non sbaglio erano un'importante famiglia Russa"
"Precisamente, solo che erano altro oltre a questo"
"Ovvero?"
"Telepati"
Ci fu un minuto di silenzio prima che Harry dicesse: "Immagino che non
abbiani nulla a che fare con i personaggi dei film che si vede mio
figlio"
"Suo figlio vede gli X-Men?!"
"Sam...."
"Ma è fantastico!"
Hiro si coprì una mano con gli occhi prima di richiamarlo
per la centesima volta in quella giornata.
"Per un certo verso sì" continuò quando il suo
compagno si ricompose "I Poteri sono gli stessi, ma non c'entra nulla
con la genetica. Stiamo parlando di magia"
"Quindi erano dei Legimens" costatò Ron.
"No, loro erano molto più potenti. Con la mente loro..."
"Che state facendo?"
Per la sorpresa Al
mollò quasi il filo, per fortuna anche Louis lo stava
tenendo.
"James!"
sibilò.
"La mamma ha detto che
è pronta la torta, perché state usando le mie
Orecchie?"
"Punto uno, zio George
le ha regalate a tutti e due. Punto due, non ti interessa!"
"Certo che mi interessa"
sbottò quello "Credete che non sappia che papà
sta parlando con altri Auror sul caso dei Deliranti?"
"Ma allora non è così stupido" fece notare Louis.
"Vaffanculo" sbottò, poi si avvicinò per sentire
anche lui.
Al volle maledirlo, per colpa di quel decerebrato si era perso un pezzo
di discorso.
"Impressionante"
disse Harry quando Hiro finà di elencare le
capacità di un Telepate "La ragazza è una di
loro? Credevo che con la rivoluzione d'Autunno fossero mori tutti".
"La faccenda è più complicata" e
iniziò a spiegare di come fossero stati perseguitati e della
missione che i discendeti si erano professati di fare, ovvero uccidere
tutti i maghi Oscuri.
Quando finì di parlare nella stanzetta calò il
silenzio.
"E questo cosa c'entra con mio figlio?" chiese alla fine Harry.
Lì veniva la parte difficile, Hiro prese un bel respiro
prima di iniziare a spiegare:
"Lei ha ospitato per un lungo periodo l'anima del più grande
mago Oscuro del nostro secolo, Lord Voldemort".
"Saprà anche che è stata eliminata da Voldemort
stesso" si mise sulla difensiva Harry.
"Ci sono cose che non si cancellano facilmente, specialmente per un
discendente di Serpeverde".
Harry quasi si soffocò con la sua stessa saliva prima di
chiedere: "COSA?"
"Lei è un discendente diretto dei Peverell, ovvero di
Ignotus il terzogenito di Salazar"
"Non le credo" Tremò Harry.
"Fa male, è un dato di fatto" ribatté pacato
"Serpeverde non era un vero e proprio mago Oscuro, ma volendo poteva
diventarlo. Vede, la Magia Oscuro è come un gene: chi non lo
ha potrà allenarsi per tutta la vita ma non diventera mai un
Mago Oscuro al contrario di chi invece lo possiede. E' una cosa
genetica, si eredita e l'aver posseduto l'anima di Voldemort lo ha
riattivato e lei e i vostri figli siete potenziali maghi Oscuri".
Ci fu un attimo di silenzio "Perché ha preso di
mira solo Al? C'erano anche James e Lily quella sera"
I due ragazzi si lanciarono un'occhiata, poi Hiro prese coraggio e
parlò: "Deve aver usato la magia Oscura".
Per la seconda volta nel giro di pochi secondi rischiò di
soffocare: "Non può essere".
"E' l'unica spiegazione. Deve aver utilizzato qualche incantesimo
Oscuro, in questo modo è iniziata la sua iniziazione".
Al lasciò cadere il filo. Sentì il sangue pulsare
su tutto il corpo.
Sangue maledetto.
Deglutì. James lo guardava sorpreso e Louis incredulo.
Sono un mago Oscuro.
Respirò velocemente, non aveva abbastanza aria. Stava
soffocando. Soffocava. Il Cappello Parlante ci aveva visto giusto.
Era pericoloso.
Traballante si alzò.
"Albie..." James cercò di afferrarlo per un braccio ma lo
scansò guardandolo con il fiatone, guardandolo come se lo
vedesse per la prima volta. Si girò e uscì fuori
dalla stanza.
"Al, tesoro! Credevo vi foste persi... stai bene?"
Mamma. No, non sto bene. Mamma, sono pericoloso.
Ginny cercò di sfiorargli una guancia ma lui non rispose
precipitandosi giù per le scale, aprì la porta e
scappà fuori nel buio.
Continuò a correre, le gambe gli facevano male ma lui aveva
solo il suo respiro ansante nelle orecchie e quelle parole. Nonostante
fosse buio, chiaro nella notte vedeva tutto quello che gli stava
intorno.
Questa è la
mia vita.
L'erba alta e soffice bagnata dalla pioggia, la casa che si ergeva in
lontanzanza, il profumo dell'estate e la miglietta dei Cannoni di
Chuddles, tutto quello che lo circondava. Ogni cosa.
Questa è la
mia vita.
Lui viveva lì e la sua famiglia era la più nobile
che c'era, lui viveva così in mezzo a eroi che avevano
ucciso Maghi Oscuri. Si fermò sotto un albero guardandosi
intorno come un animale braccato.
No, era tutto sbagliato. Lui era un Grifondoro, lui non era malvagio!
Ma il cappello quel lontano giorno aveva affermato il contratio;
sentì la testa girare e si gettò a terra sentendo
le lacrime bagnargli le guencie.
"Giorgia" chiamò "Giorgia, dove sei?"
Ormai singhiozzava.
"Perché sei andata via?"
"Allora, cosa sta succedendo qui?!"
Per lo spavento James fece cadere l'Orecchia facendola precipitare sul
cornicione della finestra del piano di sotto.
"E QUELLA COSA MORGANA E'?!" Sentì Harry urlare.
Louis rivolse un candido sorriso verso la zia prima di precisare: "E'
stata un'idea di Al"
NDA
Ciaao.
E sì, un capitolo un po' saddy ma ogni tanto ci vuole.
Se ci siete battete un colpo (o una recensione) per far capire a questa
povera ragazza depressa che la gente esiste.
Addio miei prodi, addio.
1. Frozen, Elsa. Perché Melody era nella stessa situazione
di Elsa alla fine.
2. Eraclito, l'amore mio.
|
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Capitolo 7 *** Perché Louis non sa mantenere i segreti ***
hirofigoo
Cap. 7
Perché Louis non sa mantenere i segreti.
**
6 Agosto 2025
Foresta di Biełowietza
L'aria
era fredda e pungeva la
pelle, Fred chiuse la zip della felpa e affondò le mani
nelle
tasche rabbrividendo. Era da qualche giorno che il clima si era fatto
più gelido, ma nonostante questo i turisti non mancavano
anzi,
erano aumentati e sempre più spesso era costretto a fare da
guida. Non gli piaceva tanto come cosa, ogni volta doveva sorbirsi gli
sguardi delusi dei turisti che si aspettavano di vedere animali
selvatici ogni quattro passi quando in realtà si era
fortunati
se si vedeva qualche scoiattolo o topolino.
Scalciò un sassolino sbuffando e scavalcò una
recinzione
per entrare nella foresta. Odiava dover fare ogni volta un giro lungo
quando l'edificio in cui lavorava si trovava in realtà a
pochi
metri di distanza, ma era l'unico modo per non destare sospetti.
Prese la bacchetta e sussurrò "Lumus" per poter guardare
nell'oscurità senza problemi; nonostante potesse fare a meno
di
usarla per fare magie lui continuava a portarla con sé, la
trovava una cosa rassicurante (in fondo era la sua fedele compagna da
quando aveva undici anni!).
Camminò continuando a pensare a cose a caso senza fare
attenzione a quello che gli accadeva intorno, per questo quando
sentì una voce sconosciuta chiamarlo quasi fece cadere la
bacchetta dallo spavento.
"Fred Arthur Junior Weasley"
Si girò di scatto pronto a lanciare un incantesimo
trovandosi
davanti la figura esile di una donna anziana dai vaporosi capelli
bianchi e delle raccappricianti pantofole rosa a coniglietto. Fu quel
particolare a fargli capire a chi si trovasse davanti (sì,
quando Giorgia l'aveva descritta era rimasto veramente colpito da quel
dettaglio).
"Nemesi" ringhiò.
"Suvvia caro, la gente mi chiama ancora con quel nome?" La vecchia dea
in questione si avvicinò tranquillamente i denti da squalo
scoperti in un sorriso.
"Sì, va bene, Kelly" concesse, arretrando. Quella donna gli
metteva i brividi "Che ne dici se manteniamo una... ehm, certa
distanza?"
"Giovani ingrati. E io che volevo solo bera una tazza di the in tua
compagnia" con un gesto della mano in mezzo a loro comparve un tavolo
con un bel servizio di porcellana sopra.
Kelly si sedette in una delle sedie che erano comparse anesse al
tavolino, lui rimase in piedi a fissarlo sull'attenti
"Zucchero?" continuò quella ignorando completamente la
bacchetta
che brandiva contro di lei. Non ricevendo risposta alzò lo
sguardo e quando lo trovò ancora in piedi pronto alla fuga
al
minimo segno di paricolo sbuffò e ordinò:
"siediti!"
Contro la sua volontà si ritrovò a compiere quel
gesto sotto lo sguardo compiaciuto di Kelly.
"Allora, vedo che tu e la tua ragazza avete trovato una belle
sistemazione"
"Non è la mia ragazza..." sbuffò sentendosi
arrossire
mentre Kelly versava del the nella tazzina che gli era comparsa davanti
e continuava con i suoi sproloqui:
"In ogni caso sono sicura che tu non ti trova affatto bene,
probabilmente vorrai sapere qualcosa. Zia Kelly è qui per
questo, le piace così tanto aiutare la povera gente in
difficoltà".
Abassò lo sguardo sul proprio the chiedendosi se fosse una
buona
idea mettersi a urlare per attirare l'attenzione di Melody ma si
ritrovò a sospirare mettendosi una mano davanti alla faccia.
"Ci sono così tante cose che vorrei sapere che non saprei
dove iniziare."
"Chiedi tutto quello che vuoi, ragazzo" disse tranquillamente Kelly
sorseggiando il the dalla sua tazzina "Tutto" rimarcò.
Fred fece una smorfia "Non ho intenzione di scendere a patti con te.
Chissà che pagamento chiederai per una simile offerta".
"In realtà nulla di particolare, una sciocchezza" con la
mano fece il gesto di scacciare qualcosa di fastidioso.
Si trattenne dallo sbattere la testa sul tavolino o dal gettare a terra
la tazzina:
"E sentiamo, cosa vorresti in cambio?"
"Ti ho detto: nulla di particolare. Voglio solo che tu beva il tuo the
e abbandoni Delirium"
"Che cosa?"
" Devi bere il thè con me e abbandonare Melody standole il
più lontano possibile"
Devoshire, nelle zone di
Casa Potter.
"Certo che è una bella seccatura!" si stiracchiò
Sam.
Hiro non rispose continuando a camminare in silenzio. Che Albus Potter
avesse sentito le loro congetture era sì una bella
seccatura,
sperava che Harry lo avesse trovato e spiegato per bene la situazione.
Sospirò pesantemente, la situazione si prospettava
difficile:
non dovevano solo difendere i Potter-Weasley dalle mire di Tosca,
adesso ci si metteva pure l'ultima Telepate! Li spiava da quando
Giorgia era scappata sotto ordine dei suoi superiori, era neccessario
che qualcuno li tenesse d'occhio e li proteggesse dai Deliranti. Poi
era comparsa Anastasia ed era stata presa la decisione di uscire alla
luce per aiutarli sia nell'indagini e sia per poterli difendere meglio
in caso di attacco. La cosa era rischiosa.
"Hiro" la voce lamentosa di Sam lo riportò alla
realtà
"Perché non chiami Shori e le dici di venire a prenderci? Mi
fanno male ai piedi e di questo passo non arriveremo mai".
"No" disse parentorio "E' troppo pericoloso, non possiamo rischiare che
qualcuno la veda".
"Ma buio, nessuno la noterà" disse guardando il cielo
sperando di veder comparire Shori da un momento all'altro.
"Non verrà, è a casa nella scuderie. Non
parteciperà alle nostre missioni, farebbe saltare la
copertura
e..."
"Sì, ho capito. Almeno puoi farci materializzare?"
"Sam..." la realtà è che aveva bisogno di
camminare un
po' al buio e lasciare che l'aria gli rinfrescasse le idee. Era davvero
confuso.
Il compagno sbuffò.
"Vai pure avanti. Ti raggiungo più tardi"
"Grazie al cielo! Ci vediamo, capo".
Hiro alzò lo sguardo appena in tempo per vedere un lupo
correre nella notte.
"A dopo, Sam"
Foresta di Biełowietza
"Che cosa?!" continuò a ripetere
spaesato.
"Andiamo, non mi sembra così difficile da capire" si
iniziò a spazientire Nemesi scuotendo leggermente la
tazzina. La
fissò preso in contro piede, si era aspettato qualcosa di
apocalittico o del genere "la
tua anima!" o "Verserai
il tuo sangue maledetto su una pietra sacra in modo che io possa far
risorgere un tizio a caso che possa salvare/conquistare il mondo e
morirai fra i più atroci dolori", detto
così era
molto più figo e spaventoso, molto più adatto
alla
situazione in cui si era andato a cacciare.
Il fatto che dovesse prendere il the con lei... be', era chiaramente
uno stupido capriccio dettato dal momento, non poteva essere una cosa
seria! Sul secondo punto, invece, aveva il nero assoluto. Stare lontano
da Melody? Perché? Non che la cosa gli dispiacesse, per
carità, era stufo di vivere con quella là, di
vederla
camminare per la foresta con quel delizioso vestito leggero, dei suoi
piedi scalzi sempre sporchi di terra, dei capelli vaporosi, lo sguardo
malinconico e quella dolce musica che sapeva sprigionare e...
sentì una stretta in fondo allo stomaco, probabilmente quel
thè doveva essere scaduto. Appoggiò la tazzina
sul tavolo
allontanandola il più possibile da lui.
Stare lontano da Melody.
Il pensiero era irreale, era quasi un anno che sopportavano la loro
maledizione insieme sopprimendo le proprie crisi e le proprie paure.
Inaspettativamente, la ragazza era riuscita a farlo sentire meno
impotente davanti al mondo.
"Perché vorresti una cosa simile?" chiese pensieroso.
"Diciamo che ho un piano A che implica tale cosa. Per ogni evenienza
c'è un piano B e uno C, ma quest'ultimo deve ancora essere
messo
per bene appunto".
"Deve essere molto importante" considerò nel tentativo di
prendere tempo e scoprire le intenzioni della Dea "Perché
non
puoi utilizzare subito il piano B?"
Kelly lo guardò scocciata "Sarò pure la
personificazione
della vendetta, ma non mi piace sacrificare gli innocenti".
Sentì un sapore amaro in bocca, sacrificare degli innocenti... si era
arrivati a quel punto? Gli venne da vomitare.
"Questa necessità mi sembra strana. E come faccio a sapere
che
tu stia dalla nostra parte? Magari tu vuoi che abbandoni Melody per far
sì che Tosca possa catturarla?" Assotigliò gli
occhi
sospettoso.
Nemesi stirò le labbra in un sorriso inquietante che mise
ben in mostra i denti appuntiti da squalo.
"Ragazzo mio, sembra da questi discorsi che tu non vogli abbandonare
Melody. Non ti sarai mica affezzionato a lei?"
Le mani di Fred ebbero uno spasmo involontario e sentì che
il
gusto amaro non faceva che accentuarsi. Nel disperato tentativo di
scacciarlo prese un sorso del thé.
Era troppo dolce.
"Perché sai" continuò Nemesi ignara della lotta
del
ragazzo di mantenere ciò che conteneva lo stomaco al suo
posto
"Sarebbe proprio strano, no? Non è lei che ha dato il via a
tutto? La
ferita del Delirium a te inflitta genera il Chaos".
La profezia.
"Perché provare pietà per un essere simile? Non
merita
giustamente la nostra rabbia, il nostro odio? E' stato tutto a causa
del Delirium se in questo mondo esistono le sofferenze e le ingiustizi.
Prima di tutto era il Chaos, un luogo perfetto, ma poi l'Amore
iniziò a generare e da allora fu una imperfezione dopo
l'altra".
"Cosa c'entra l'amore?!" si alzò di scatto. L'amore non era
forse quello per cui i suoi genitori e i suoi zii avevano combattuto?
Non era forse il motivo per cui Voldemort era stato distrutto, non era
l'armonia? Non era il motivo per cui Giorgia e tutti loro avevano
lottato fin'ora? Per amore, verso la propria famiglia, gli amici e il
mondo? Perché doveva tirarlo in ballo come se fosse la causa
di
tutto il dolore? Ma soprattutto, perché
pensava come se stesse facendo una orazione?!
"Bocca cucita. Se vuoi delle risposte puoi solo accettare la mia
offerta. Il pagamento non mi sembra così eccessivo per avere
quasi tutte
le tue domande risolte".
Cercò di trattenersi dallo strozzarla e si mise le mani nei
capelli insultando la tizia in questione con ogni appellativo ed
epiteto poco carino possibile.
...Perché?
Perché sta accadendo tutto questo?
Era la domanda che gli premeva sulla gola da sempre e che non aveva mai
potuto urlare perché, semplicemnte, nessuno lo sapeva. Lo
soffocava, gli riempiva la mente e gli bloccava le lacrime di rabbia,
distruggeva la sua voglia di lottare e tutte le canzoni che cercava di
comporre, faceva a brandelli la sua mente. Incubi, domande e nessuna
risposta.
Si era abituato. Semplicemente, aveva cercato di ignorare quel
martellio al cervello.
Ma adesso.
Ma adesso, lui poteva sapere.
"Farò come vuoi".
9 Agosto.
Inghilterra, Devonshire,
Casa Potter.
Louis guardò l'uscio della casa indifferente. Non sapeva
esattamente perché fosse lì visto che per tre
giorni non
aveva avuto notizie del cugino. Nemmeno lo scimpanzé con cui
condivideva un ramo dell'albero genealogico si era fatto sentire. Non
che lui e James fossero in stretti rapporti, ma dopo la sua uscita
dell'ultima volta si era aspettato di incontrarlo anche solo per
ricevere una maledizione o per qualche informazione sui due agenti
misteriosi.
Ahimé,
il biondo ne era
estremamente curioso. Aveva passato quei
giorni dicendosi che non erano affari suoi, che non doveva impicciarsi
e lasciare che facessero tutto gli Auror. Non aveva funzionato, la
voglia di conoscere e comprendere era dilaniante. In tal caso, sarebbe
più adatto modificare la frase detta qualche riga
più su.
Luois guardò l'uscio della casa simulando
indifferenza.
Non poteva entrare a casa brandendo la bacchetta minacciando gli
abitante di questa per avere delle informazioni (purtroppo aveva
eriditato questo lato dalla sua famiglia grifondoro, per fortuna era
bravo a tenerlo a bada. Sai che vergogna mostrarsi uguale a quei
incoscenti dei Grifoni!)
Alla fine si decise a bussare. Fu la piccola Lily ad aprire, con un
cucchiaino di gelato in mano e uno sguardo annoiato.
"Ah, se solo tu" sospirò sollevata. Il biondo non si chiese
il
motivo della sua aria sollevata e la superò entrando senza
degnarla di un saluto. Non che lei lo avesse fatto, per quanto ne
sapesse Ah, sei
solo tu non era ancora stato classificato come saluto.
"Ma che modi sono!" Protestò quella sbracciandosi nel
tentativo di catturare la sua attenzione.
"Dov'è Albus?" chiese annoiato. Fintamente annoiato.
"Al?"
E chi altrimenti? Quello
morto e con la barba bianca?
"E' di là" indicò con la testa il salotto "Sta
guardando la tv"
"Grazie dell'informazione" disse, perché lui le buone
maniere le
conosceva. Poi la guardò bene e notò arrossendo
che Lily
non indossava i pantaloni ma solo una maglietta leggermente sformata
che copriva poco le mutande.
"Ma tu sei nuda!" disse portandosi le mani davanti agli occhi.
"Idiota"lo apostrofò brandendo il cucchiaino sporco di
gelato
prima di allontanarsi verso il salotto sbuffando. La seguì,
sempre ben attento a mantenere lo sguardo concentrato sui capelli rosso
tiziano della cugina.
Al non era disteso sul divano come s'aspettava ma stava armeggiando con
qualcosa vicino allo schermo del televisore.
"Guarda chi è venuto a trovarci" fece Lily con la gioia di
una vedova.
"Ciao Albus"
"Ciao Lou" ricambiò senza distogliere lo sguardo dal suo
lavoro
e il biondo si trovò perfettamente autorizzato a sedersi sul
divano. Lily non si sedette, si gettò
sopra una poltrona
affondando il cucchiaino su una scatola di gelato.
"Non finirlo tutto" grugnì Al. Per tutta risposta
la
sorella si ficcò in bocca con poca grazia un chilo di gelato.
Si chiese come non fossero morti di diabete, i Potter. Per quanto ne
sapeva si nutrivano solo di dolci et
simila.
"Ti va di giocare a scacchi?" Non che fosse realmente interessato a
batterlo, quello era solo un pretesto per scoprire qualcosa.
"No, dobbiamo fare una cosa più importante" disse
staccandosi dalla televisione e prendendo il telecomando.
"E cosa?" cercò di trattenere l'irritazione.
"Guardare Death Note!" e accese la televisione.
Oh no!
Sapeva che doveva farsi i cavoli propri e starsene a casa, doveva
immaginarlo che il suo pazzo cugino lo avrebbe trascinato in una di
quelle sue stupide maratone di stupidi telefilm. L'altra volta gli era
capitato Teen wolf,
l'altra Agents of
S.h.i.e.l.d e adesso questo.
Ma che titolo e
ambientazione allegra,
pensò ironicamente quando la televisione proiettò
le
prime immagini. Anche la musichetta di sottofondo ti faceva venire una
grande voglia di vivere.
Rimase in mobile seduto pensando a un modo carino ed educato per
scollarsi da quella situazione e per non assistere alla morte per
overdose di gelato da parte dei due Potter.
Fissò lo schermo finché non si accorse che...be',
che era
interessante. Un quaderno in grado di uccidere le persone? E potevi
decidere come volevi, bastava solo scriverlo! Era una cosa estremamente
affascinante e il
protagonista, Light... era interessante pure lui, il modo per cui
intendeva utilizzare il quaderno (ovvero uccidere tutti i criminali)
era
così nobile, chissà se qualcun altro non avrebbe
fatto lo
stesso o utilizzato il quaderno a proprio vantaggio. Restò a
fissare l'anime
incantato finché a un certo punto si vide
costretto a interrompere il cartone.
Al grugnì offeso. Light aveva appena visto alla televisione
un
tizio che diceva di essere Elle, un grande investigatore che utilizzava
quello pseudonimo, intenzionato ad arrestare Kira, la persona che stava
facendo una strage di criminali, ovvero Light (Kira era il nome con cui
tutti conoscevano quel serial Killer, la cosa era deliziosamente
intrigante). La cosa che lo aveva fatto indignare era il protagonista
che aveva appena scritto il nome con cui il tizio che diceva di essere
Elle si era presentato sul quaderno della morte¹.
"Ma cosa sta facendo?" inveì non riuscendo a trattenersi
"Non lo facevo così stupido"
"Stupido?" chiese Al.
"Sì, è ovvio che quello non è il vero
Elle!"
Il cugino si girò a fissarlo sorpreso, ma poi si riprese e
offeso disse: "Ammettilo, lo hai già visto! Come hai fatto a
capirlo?"
"Ma quindi quello non è Elle?" si lamentò Lily
"Grazie per lo spoiler!"
"Non lo ho mai visto" rispose Louis "Ma si capisce benissimo"
"Illuminami" fece Al scontroso.
"Questo Elle è un grande investigatore, no? Quindi deve
essere
molto intelligente e arguto, non mi sembra il tipo per fare una scelta
così azzardata. Mostrarsi in viso con il rischio di essere
ucciso da Kira è idiota, tanto vale il suicidio. No, non
può essere così stupido. Di sicuro deve aver
architettato
qualcosa, tipo mandando un sostituto in modo che Kira non si
concentrasse su di lui. Magari serve per provare che Kira esiste e
può uccidere le persone a distanza e sta usando una cavia..."
Al lo guardò con la bocca spalancata.
"Cacchio, è proprio così!"
"Avete finito di spoilerare?"
continuò a lamentarsi Lily.
"Non è difficile da capire. Piuttosto non capisco
perché la polizia voglia dare la caccia a Kira"
"Cosa intendi dire?"
"Light sta facendo una cosa giusta e nobile, sta liberando il mondo
dalla malvagità"
"Ma cosa stai dicendo? Non è questo il modo per rendere il
mondo un posto migliore!"
"E' l'unico, però; l'unico modo concreto. Tante belle
parole, ma nessuno fa mai niente"
Al strinse le mani a pugno "Fa niente? Credi che papà non
faccia
niente? Tutti lottano nella propria vita per creare la
felicità"
"Allora tu sei l'eccezzione" disse svogliatamente la rossa affondando
il cucchiaino nella vaschetta del gelato "Visto che tu non fai un cazzo
dalla mattina alla sera troppo preso nella tua depressione".
Al strinse le labbra in una linea sottile e Louis riprese a parlare.
"Io sto dalla parte di Light. Sta facendo la cosa giusta, è
coraggioso"
"Ma è sbagliato! Con metodi sbagliati non si ottiene nulla"
"Lily, tu da che parte stai? Elle o Light?" chiese Louis.
"Eh?" borbottò con il cucchiaino del gelato in bocca.
Ingoiò il boccone poi sollevò gli occhi al cielo
pensierosa in quel gesto tipico dei Potter "Non saprei, Light
è
troppo figo ed estremamente affascinante. Ha un bel carisma, mi piace.
Ma Elle... non saprei, è interessante. Misterioso. E se quel
che
ha detto Lou è vera... cavolo, è proprio
intelligente. E'
sexy, le persone intelligenti sono estremamente sexy".
"Ma qui stiamo discutendo su chi ha ragione, non se sono sexy o meno!"
farfugliò diventando rosso Louis.
"Ah" leccò il gelato dal cucchiaio disinteressata.
Fu in quel momento che suonarono alla porta.
"Cos'è diventata casa nostra? Un luogo di ritrovo? Vacci tu"
sbottò Al sprofondando tra i cuscini del divano.
Lily dal canto suo era sbiancata e si era alzata eseguendo l'ordine del
fratello. Il biondo distolse lo sguardo per non vedere le gambe nude
della sorella e si chiese se fosse realmente
intenzionata ad aprire la porta in
mutande.
"In ogni caso Light ha ragione" disse per spezzare il silenzio.
Londra, Sunny bar.
I capelli rossi della ragazza sotto la luce del sole risplendevano di
così tante tonalità che James era stato distratto
per
tutto il tempo a guardarle. Dominique continuava a parlare raccontando
della francia fermandosi solo di tanto in tanto per finire il suo
caffé.
James aveva optato per un frullato in onore della ragazza frullato. Lo
aveva spazzolato tutto e Dominque scherzando aveva detto che sembrava
un morto di fame.
Non se l'era presa, tutti dicevano quanto fosse poco ortodosso il suo
modo di mangiare.
Sorrise fra sé e sé mentre la ragazza si spostava
una
ciocca da davanti gli occhi e pensò che quella era proprio
una
giornata meravigliosa.
La lezione pratica all'Accademia per Auror era andata benissimo, aveva
pranzato con Scorpius, il sole splendeva ed era riuscito a incontrare
Dominique. Era da un po' che voleva farlo, ma aveva paura che la cosa
sembrasse avere un doppio fine e la ragazza rifiutasse. Poi si era
fatto coraggio e ora era lì tutto felice a vedere la donna
più bella del mondo raccontare di un'Università a
cui lui
non importava assolutamente nulla ma, ehi, la sua voce l'avrebbe
ascoltata all'infinito.
Cazzo, sto diventando
una feminuccia.
"Ma guarda chi si vede!"
James seppe per certo di aver perso vent'anni di vita quando riconobbe
quella voce.
"Isla! Che piacere vederti" disse mentendo su tutta la linea.
Una ragazza da lunghi capelli biondi e i denti leggermente storti era
davanti a loro e fissava il ragazzo con uno sguardo colmo di gioia.
E adesso come me la scollo?
"E' da tanto che non ci si vede, da quando..."
"...tu hai mollato l'Accademia, sì" la interruppe
velocemente prima che dicesse quella cosa.
Da quando mi hai
scaricata.
Ebbene sì, quella ragazza era stata la sua quasi-ex. Quasi
perché la cosa era stata per la maggior parte del tempo a
senso
unico, in pratica lei lo inseguiva per tutta l'Accademia dicendo a
destra e manca che lo avrebbe sposato. Una vera seccatura che per un
bel po' di mesi lo aveva tormentato, aveva anche provato a farsela
piace finché aveva preso tutto il suo coraggio Grifondoro e
le
aveva detto che le cose tra loro due non potevano funzionare. Isla
aveva lasciato l'Accademia e lui si era goduto gli studi da quel
momento in poi in santa pace.
Si chiese perché dovesse saltare fuori proprio in quel
momento.
"Oh, ma io non mi sono presentata" disse notando Dominique e
iniziò a sudare freddo. Isla era totalmente imprevdebile,
poteva
fare qualche pazzia e boh.
"Io sono Isla" disse con il suo fare innocente "Sei la ragazza di
Jammy?" continuò assotigliando leggermente lo sguardo.
"No, sono solo sua cugina Dominique" disse sorridendo lei.
"Oh, bene!" e senza preoccuparsi di essere di troppo prese una sedia e
si sedette vicino a loro.
Ma che caz...
"Mi dispiace Isla, ma io e Domi stavamo per andarcene" disse alzandosi
talmente veloce che rovesciò la sedia.
"Ma come?" fece la cugina sbalordita "Devo ancor..." non fece in tempo
a finire la frase che la prese per un braccio costringendola ad alzare.
"Isla, è stato un vero piacere"
no, affatto "Ma dobbiamo davvero andare, a presto"
A mai.
Si allontanò velocemente come se avesse del fuoco alle
calcagne. Dominique lo seguì ridacchiando.
"Fuga da una ex?"
Si fermò di colpo e la ragazza gli sbatté contro
la
schiena. James si sentì prendere dal panico. Aveva
già
sentito parlare del sesto senso femminile, cioè, sua mamma
capiva sempre tutto quando be', come cazzo aveva fatto? Aveva lasciato
intendere qualcosa? Certo, era stato con lei qualche mese ma non poteva
esserci...boh, nei film di solito mostravano un legame invisibile. Ma
che ne sapeva lui di queste cose?
"Allora?" Ritornò alla realtà sussultando, la
fissò interdetto per alcuni secondi prima di balbettare
freneticamente:
"Ma no! Cosa vai a pensare, è solo una mia compagna di
corso.
Ex-compagna volevo dire. Quindi sto scappando da una ex-compagna, non
da una ex-fidanzata. Io non ho avuto fidanzate, non ti preoccupare. E'
solo Isla, siamo solo amici".
"Ehi, calmo" disse lei appoggiando una mano sulla sua spalla e si
zittì subito. Un leggero colorito rosso gli pervase le
guance.
"Bastava dire no" continuò a sorridere Domi.
Lasciò
scivolare la mano e sentì il punto in cui era stato toccato
bruciare.
Aiuto.
"Ehm, sì. Scusami, immagino di sì"
continuò a dire confuso più che mai.
"Non deve starti molto simpatica"
"Come fai a dirlo?"
"Dal modo in cui sei fuggito via" rispose semplicemente.
"Ah già" domanda idiota "Comunque tu..." si
fermò. Ti
sei fidanzata con qualcuno?
"...io?"
"Sì, cioè..." ecco, perché aveva
parlato? Perché non se n'era stato zitto? Stupida linguaccia!
Dominique fece cenno di andare avanti e lui sentì che ai
polmoni
non arrivava abbastanza aria. E poi che importava della risposta, erano
solo cugini e lui non era più uno stupido adolescente. Per
morgana! Era all'Accademia per diventare Auror, perché
doveva
sentire la tremarella alle gambe per questa sciocchezza, manco fosse
sua madre!
"Senti, lascia stare" disse grattandosi una guancia.
"Ma dai, adesso lo voglio sapere!"
"Volevo solo chiederti se..."
"...se?"
"Se tu..."
"...se io"
Sentì che cominciava a sudare fin troppo.
"HAI MAI VISTO UN NARGILLO?" Urlò la prima cosa che gli
venne in mente.
....
"Ecco... a dir la verità..." Ecco, Dominique lo guardava
come se fosse lui stesso un nargillo.
Che vergogna...
"Lascia stare, ti ho detto che era una cosa stupida" disse mettendo una
mano dietro alla testa esibendo un sorriso forzato.
"Già, era una cosa stupida" concordò lei "Ma se
tu
dicessi cose intelligenti non saresti più tu. Intendo, tu
sei
James".
"Uh, sì. Immagino di sì"
Quello era decisamente imbarazzante.
Devonshire, Casa Potter.
Quando Lily si era alzata dal divano sapeva benissimo chi si trovava
davanti alla porta. Lui, il tizio
che si era presentato regolarmente ogni ora davanti casa sua.
Il vicino.
Ne aveva sentite tante di persone lamentarsi dei vicini, lei ci aveva
sempre riso ma adesso capiva perfettamente quei poveretti. Se
all'inizio i Potter erano stati piacevolmente colpiti da quella cosa
ora la faccenda stava superando il limite e, una volta scoperto che
l'interesse di codesto stalker
non era altro che la povera Lily, l'appena citata era diventata l'apriporte ufficiale
della casa.
Apriporte,
sì, l'ho appena inventato. Problemi?
Ed eccoli lì, con il suo solito sorriso tirato, a disagio e
con i suoi inquietanti occhi neri. Aleksander Romanoff.
"Buon pomeriggio" disse lui educatamente "Sono felice di vederti"
La cosa non è reciproca.
Rimasero a fissarsi, lui a disagio e lei sperando di vederlo
scomparire. Notò con un certo compiacimento le guance rosse
dell'altro che aveva notato il suo scarso vestiario.
Ti prego, fa che questo
lo faccia scappare via!
Invece: "Spero che tu ti sia liberata dai tuoi impegni".
Uh, in realtà... In realtà Lily gli impegni se li
era
totalmente inventata, qualsiasi cosa pur di non passare del tempo con
quello là. Si era anche sorbita tre film della Marvel, un
cartone giapponese (maledetto Al e le sue fissazioni!) e Louis.
Aprì la bocca per reclinare per la centesima volta in quella
giornata l'invito implicito quando sentì dei passi dietro di
sè e suo fratello e suo cugino fecero la loro trionfale
comparsa.
"Tu" disse Al guardandolo. Doveva essere veramente minaccioso con la
sua maglietta sporca di gelato perché lo stalker fece un
passo
all'indietro.
"Tu" continuò "pensi che sia giusto uccidere i criminali?"
...
Ma mi prendono in giro?
Ci fu un momento di silenzio in cui Al e Louis fissavano il nuovo
venuto con una tale intensità che avrebbero perfettamente
potuto
bruciarlo, lei meditava di fuggire in qualche luogo lontano e
Aleksander cercava di comprendere la situazione.
"Ah!" disse infine dopo aver fissato a lungo i presenti "State
guardando Death Note!"
... ripeto: ma mi prendo in giro?
Il viso corrucciato di Al si illuminò: "Lo conosci?"
"Ma certo, mi piace molto come anime.
Ho letto anche i manga"
A Lily quella sembrava tanto una bugia, ma suo fratello gli credette
perché urlò a squarciagola:
"Spoiler alert!"
"...cosa?" chiese Louis che non conosceva il gergo dei nerd.
"Significa che sta per rivelare qualcosa che accadrà nei
prossimi episodi" gli spiegò Lily che invece conosceva bene
quel
linguaggio indigeno. Lo trascinò in salotto assolutamente
intenzionata a non rovinarsi quel cartone che doveva ammettere essere
ben disegnato e costruito.
Tornò in soggiorno a mangiare il suo gelato e fece riandare l'anime, tanto Al lo
sapeva a memoria e non moriva di certo se si perdeva qualche scenza
mentre faceva il nerd con l'altro stramboide.
Magari smetteva di darle la caccia per concentrarsi sul cugino, magari
era gay. Iniziò a immaginarsi lo stalker
innamorarsi di Al, questi che rinnegava Giorgia e finalmente trovava
l'ampre della sua vita e la loro fuga in spagna. Avrebbero adottato un
bambino con i capelli ricci neri e gli occhi verdi, sarebbero poi
tornati in Inghilterra dove avrebbero dovuto lottare a colpi di
bacchetta con la burocrazia inglese per poter tenere il bambino. E lei
sarebbe stata l'eroina che trovava un cavillo che permetteva tale
cosa...
Forse stava volando un po' troppo con la fantasia.
Nel frattempo le supposizioni di Louis sul cartone e il fantomatico
Elle si erano rivelate giuste. Affondò un'altra volta il
cucchiaio nella vaschetta quasi vuota del gelato maledicendo la sua
intelligenza.
La porta del soggiorno si riaprì e rientrò Al
accompagnato dallo stramboide.
Co-cosa?
Lo guardò tradita e si chiuse in un mutismo offeso guardando
ostinatamente lo schermo della tv.
"Comunque, sulla domanda di prima" si schiarì la voce
Aleksander
e lei non si trattenne dal lanciargli uno sguardo di fuggita. Fissava
un punto imprecisato della televisione senza badare alle immagini che
trasmetteva.
"Sono del parere che il fine giustichi mezzi".
Louis guardò vittorioso il cugino.
"Ma..." il ragazzo si morse le labbra, aveva uno sguardo
così coccoloso "Ma dipende tutto dal fine".
"Non mi sembra un fine malvagio!" sbottò Louis.
"Rendere il mondo un posto migliore è sì una cosa
giusta,
ma con che diritto lui può dire quale sia il mondo
migliore?"
Lily si diminticò di dover essere offesa, quello era un
quesito interessante.
"Siamo solo esseri umani, le nostre nostre idee sono influenzabili.
Solo entità superiori possono capire cos'è giusto
e
sbagliato, noi non possiamo far altro che seguirle. Voglio dire..."
arrossì leggermente e Lily si rese conto che in
realtà
era molto carino.
"Spesso ci sono cose che agli occhi degli esseri umani possono sembrare
sbagliate e orribili, ma nessuno si ferma a pensare che dietro tutto
questo c'è un disegno più grande di noi al quale
possiamo
solo ubbidire. Se lo seguiamo alla fine riusciremo a creare un mondo
perfetto e giusto, anche se dovremmo macchiarci di omicidio" strinse le
mani sul grembo a pugno e il suo sguardo si fece determinato.
La rossa sentì una scossa lungo tutta la spina dorsale e
improvvisamente sentì freddo. Abassò lo sguardo
leggermente sorpresa da quelle parole, sembrava quasi che stesse
dicendo una giustificazione. Ma per sé stesso o per Light?
Rimasero in silenzio a guardare il resto degli episodi
finché
non sentirono la porta d'entrata aprirsi e la voce di Ginny Potter
urlare "SONO A CASAA!"
"Ciao mamma", sussurrò a mezza voce Lily.
L'ospite invece saltò dal divano mettendosi in piedi e
quando
dalla porta fece capolino Ginny la salutò molto cortesemente.
"Finalmente lo avete fatto entrare questo povero Cristiano!" disse sua
madre appoggiando sul tavolino una borsa e dopo aver fissato tutte le
scatolette vuote di gelato osservò accigliata "Non avete una
minima decenza".
Con la coda dell'occhio vide Louis annuire assolutamente d'accordo.
Anche sua madre lo notò perché si girò
a guardarlo
felicemente sorpresa:
"Louis! Era da un po' che non ti facevi sentire. Ti fermi per cena?"
"Cena?" ripete Al che per tutto il tempo non aveva staccato gli occhi
dal cartone.
"Certo tesoro, è tardissimo! A momenti dovrebbero tornare
anche Jamie e tuo padre".
"Non mi ero accorto dell'ora tarda" si intrufolò Aleksander
nella conversazione "Spero di non avervi arrecato qualche disturbo.
Penso che tornerò a casa".
"Ma quale disturbo! l'invito per la cena vale anche per te".
Ma anche no, mamma.
"Siete molto gentile" Lily lo guardò male, doveva ostentare
per
forza quel linguaggio raffinato? E sì che era anche
straniero,
conosceva l'inglese meglio di lei! "Ma non vorrei approfittarne troppo
della vostra gentilezza".
Ginny annuì colpita: "D'accordo caro".
Lily guardo affranta il suo cucchiaino, era bastata qualche frase
elaborata per conquistare sua madre e adesso che anche Al era passato
dalla parte del nemico la sua resistenza stava cedendo.
"Grazie di tutto" salutò Aleksander.
"Aspetta, ti accompagno"
Lily si stupì di aver parlato e soprattutto di
ciò che
aveva detto. Rimase con il cucchiaino appoggiato sulle labbra una
manciata di secondi mentre si rendeva conto del significato di quelle
perole. Perché le aveva dette? Non volove accompagnarlo,
figuriamoci, ma era stato come se una voce gli avesse detto che era la
cosa più giusta da fare.
In ogni caso non poteva rimangiarsi niente e controvoglia si
alzò dalla sua comoda poltrona stiracchiandosi.
Sua madre la guardò e dopo averla freddato con lo sguardo le
ordinò di indossare un paio di pantaloni.
La televisione era accesa, tipico. James ignorò pure suo
fratello inghiottito dal divano, ormai faceva parte del mobilio.
Si grattò un'orecchia facendo cadere un po' di cenere, la
metropolvere era veramente fastidiosa. Evitò agilmente tutti
gli
avanzi di gelato seminati dai suoi golosi fratelli e si diresse verso
la cucina.
"Ciao mamma" disse alla donna ai fornelli. Fu sorpreso di trovarci
Louis.
"Mangi qui?" chiese saltando completamente la parte in cui lo salutava.
"No" rispose con il solitono tono monocorde irritante "Fra un po' vado
a casa, sto solo aiutando la zia".
"Dovreste prendere esempio da lui!" disse la donna in questione
brandendo la bacchetta e spedendo dei coltelli a tagliare delle patate
"Mai che alziate il dito per qualcosa".
"Sono appena tornato" grugnì, poi si girò verso
il cugino "Hai un minuto?"
Quello lo guardò annoiato, "Trenta secondi" gli concesse.
Che bastardo.
Uscì dalla cucina fermandosi in corridoio e il cugino lo
seguì subito dopo.
"Allora cosa c'è?" chiese brusco.
"Uh" disse solo appoggiandosi a una credenza sollevado lo sguardo verso
il cielo. "Posso farti una domanda?"
"A dir la verità non ho voglia di dimostrare la mia
intelligenza
superiore, ma non sono così meschino da privare qualcuno di
questa opportunità.
Lo fissò per alcuni secondi interdetto, ma poi si riprese e
decise di prenderlo per una risposta affermatriva.
"Dominique è stata con un ragazzo regolare in Francia?"
Il biondo corrugò la fronte "Regolare in senso che non aveva
problemi con la legge?"
"Louis! Tua sorella ha avuto un ragazzo?"
"E io che ne so! Non sono affari miei" disse quasi offeso.
"Ok, ok" borbottò.
"Hai finito?"
"Sì, cioè no! Puoi non dire nulla a Dominique di
Isla?"
"Isla è quella tizia che si autoinvitava sempre alla Tana?"
chiese con una faccia schifata.
"Precisamente, lei" annuì velocemente.
"Perché non dovrei
lamentarmi di lei?"chiese ingenuamente.
"Perché...Perché...." gesticolò con le
mani
cercando una soluzione "Perché non voglio che sappia che
sono
stato con una ragazza!" sbottò infine, tanto quello non ci
capiva niente di certe cose.
"...era la tua ragazza?"
Appunto.
"Sì." mormorò a denti stretti.
"Cavolo, sei proprio caduto in basso" osservò.
"Ma non è più la mia ragazza!" doveva trattenersi
dal
saltargli alla gola. "In ogni caso non dire nulla a Dominique del
periodo in cui mi sono fidanzato con lei" tagliò corto.
"Perché, è un segreto?"
"Precisamente"
"Ma allora dovevi farmi questa richieste prima di rivelarmi il
segreto!" disse seriamente irritato e offeso "Almeno potevo decidere se
accettare o meno di mantenerlo, mi hai tolto la possibilità
di
scelta!"
Lo fissò basito. Suo cugino era... un alieno?
"Non si può imporre un segreto"
"...eh?"
"Mantenere un segreto è complicato e snervante, non solo
bisogno
stare attenti alle proprie parole ma bisogna controllare anche la
propria espressione facciale. Basta anche un solo muscolo fuori posto
per essere scoperti!"
"Sì, ma se Dominique lo venisse a sapere potrei morire di
imbarazzo"
"Impossibile, è fisiologicamente impossibile" lo corresse
"Piuttosto moriresti per mano della mia stessa sorella"
"Oh Louis! Te lo chiedo come amico".
"Ma siamo cugini! Quand'è che siamo diventati amici?"
Lo guardò male sperando di incenerirlo momento stante "Tu
mantieni il segreto se ci tieni alla vita"
Louis sembrò veramente impressionato perché
sbiancò.
Stava andando tutto alla perfezione, finalmemte era riuscito a farsi
strada nella famiglia Potter. Fissò di sottecchi Lily vicino
a
sé che finalmente si era degnata di mettersi qualcosa di
più coprente.
Quella ragazza era... strana.
Non sapeva come altro definirla. Anzi, la parola esatta era sfida.
La ragazza era una sfida per lui. Lo aveva capito da quando aveva
toccato la prima volta la sua mente per trovare dei punti deboli e un
modo per avvicinarla.
Era stata una cosa incredibile, solitamente la mente delle persone
è incredibilmente semplice e facile al controllo, ma
questa...
era una difesa dietro l'altra.
Se Tassorosso gli avesse ordinato di descriverla nel dettaglio lui
sarebbe stato costretto a disubbedire perché semplicemente
non
si poteva spiegare. Superficialmente trovavi cose frivole e prive di
importanza (perfino per la stessa) ma talmente ben organizzate e
costruite da sembrare il vero interessa di Lily, ma bastava immergersi
poco più in fondo per trovare altri mille strati del genere,
come se la ragazza avesse mille maschere, mille personalità
a
difendere quella vera.
Era un vero labirinto la sua mente, la parte più profonda
era
inacessibile perfino ad Aleksander che era un telepate esperto -
raramente gli capitava di perdere il controllo. A dir la
verità,
era convinto che nemmeno Lily conoscesse la propria natura troppo
abituata a nascondersi dietro a tutti quei muri e mostrandosi a seconda
della situazione.
Lui era intenzionato a portare alla luce quella parte che lei tentava
così gelosamente di nascondere, la vera Lily. Solo
così
sarebbe riuscito a piegarla alla sua volontà.
Grazie al suo potere poteva prendere il controllo di qualsiasi mago o
essere umano, poteva giocare con la loro mente come meglio voleva. Ma
non con quella ragazza, perché era troppo contorta e
complicata.
Doveva sciogliere quella matassa, trovare il cuore del labirinto per
soggiogarla completamente.
Era la sua sfida e lui l'avrebbe vinta.
Certo, non si aspettava che il primo passo l'avesse potuto fare
attraverso uno sciocco cartone (leggere la mente di Albus Potter era
stato molto utile per poter restare in casa senza che la ragazza lo
canciasse con an'altra scusa) e finalmente era solo con lei.
"Quello che hai detto oggi..." Aleksander sentì il cuore
sussultare quando sentì la rossa parlare. Annuì
invitandola a continuare.
"Ecco, sembrava quasi che tu parlassi per esperienza personale"
Cercò di trattenersi dal nascondere le mani sotto le maniche
della giacca. Mani che
uccidono, sporche di sangue. Sporche di una colpa che non
si può cancellare.
A volte bisogna fare dei
sacrifici per qualcosa di più Grande.
"Mi dispiace di aver dato questa impressione, io non sono un
assassino", bugia.
"Certo, ovviamente" disse la ragazza mangiucchiandosi un'unghia. "Danno
da pensare però, non riesco a capire se sia una cosa egoista
o
terribilmente abnegante".
"Dubito che si possa dire una scelta egoista" pensò a tutte
le
volte in cui era stato tentato di scappare o di togliersi la vita,
quando era piccolo, pur di non aver più un tale peso e una
tale
missione sulle spalle.
Io sono essenziale per
cambiare il mondo.
No, non poteva lasciare tutto. Doveva seguire la sua missione
sopportando tutto ciò che implicava.
La guardò, Lily era riuscita a percepire la maggior parte
delle
volte in cui aveva tentato di decifrare la sua mente, doveva stare
molto attento. Si concentrò per vedere come stavano andando
le
cose.
La trovò estremamente tranquilla, si sentiva protetta dal
buio. Corrugò la fronte.
"Che strano..."
"Come?" si riscosse la ragazza.
"Nulla, è solo che... sembri così a tuo agio
nell'oscurità".
La ragazza abbozzò il sorriso "Non immaginavo che anche uno
sconosciuto lo capisse. Mi piace la notte, è così
calma e
silenziosa, riempie gli spazi vuoti e ti fa stare in equilibrio con
tutto. E poi si vedono le stelle" alzò lo sguardo verso i
puntini luminosi sopra la loro testa.
"Anch'io" disse "Anch'io amo molto la notte" perché
l'oscurità mi nasconde da chi mi cerca, mi protegge dai
nemici e
favorisce gli omicidi. Perché nel buio non si vedono le mani
sporche di sangue.
"Tutti i miei fratelli e cugini sono così chiassosi, come il
giorno, da essere quasi brucianti e inopportuni. Come la luce che
mostra ogni cosa, anche se spesso inganna. Nel buio... è
tutto
così reale, perché non sei visto da nessuno e
puoi essere
finalmente te ste..." non terminò la frase. Evidentemente si
era
accorta che gli stava dando troppa confidenza. Uscì
dolcemente
dalla sua mente, cercando di trattenere un sorriso che tentava di
prendergli le labbra.
Non era un sorriso di vittoria, ma di simpatia. Il che era peggio.
"Eccoci arrivati" La voce di Lily interruppe le sue riflessioni.
"Sì, sono arrivato" si mise le mani in tasca per nulla
intenzionato ad entrare.
"Senti..." iniziò "Fra un po' è San Lorenzo e da
quel che
mi pare di capire ti piacciono molto le stelle. Pensavo che... che
potremmo andare a vedere le stelle cadenti sulle Scogliere di Dovher.
Ci sarà una vista fantastica..."
"Davvero?" lo interruppe sorpresa "Davvero mi porteresti lì?"
"Davvero" rispose.
Casa Delacour-Weasley.
Villa Conchiglia.
"Sciao Louis"
Dominique alzò lo sguardo dal libro che leggeva e fece un
cenno a suo fratello, sembrava molto pallido.
"Tutto bene dai Potter?" chiese girando una pagina "Hai visto James?"
"Sì" rispose quello con una voce insolitamente stridula
"Perché?"
"Così, magari aveva fatto altro invece di andare
direttamente a casa", corrugò la fronte.
"Ne parli come se io sapessi qualcosa della sua vita sentimentale!"
ulrò quasi quello. Sollevò lo sguardo guardandolo
realmente sorpresa.
"Io non so nulla di cosa faccia James Potter nel tempo libero, smettila
di chiedermelo!"
"Ma io..."
"So solo quello che sai anche tu! Stai come insinuando che io abbia
modo di attingere dettagli sulla vita privata di nostro cugino"
"No che non lo sto facendo!"
"Allora dovrebbe usare un altro tipo di linguaggio signora Weasley"
Ma cosa Morgana...?
"Vuoi che ti parli in Francese? Che ti prende?"
"Che prende a te! Perché cerchi informazioni che possano
riguardare le fidanzate di James persona con la quale parlo a malapena?"
"...Che diavolo ha la tua faccia?"
Louis si mise una mano davanti all'occhio sinistro per nascondere un
tic nervoso.
"Non tiriamo in ballo il mio aspetto fisico!" la sua voce
più alta di qualche ottava "Buona giornata!"
"Cosa?"
"Ho detto buona giornata!" e sparì per il corridoio.
Suo fratello doveva farsi di qualche droga
Casa Potter.
"C'è un chiamata via camino per te, James" lo
avvisò Harry bussando alla sua camera.
A quell'ora chi poteva essere? Scese i gradini delle scale due a due e
fu veramente sorpreso di trovarci la faccia di Louis tra le fiamme.
"Cosa Merlino...?"
"Devi liberarmi dal mio vincolo!" sibilò quello
con uan voce molto simile a Gollum
"Vincolo?"
"Non riesco a mantenere il tuo segreto! Dominique sta spezzando le mie
difese come se foss un insettostecco !"
"Perché ti riesce così difficile mantenere un
segreto?!"
"Perché non lo ho mai fatto! Per questo quando il mistero mi
ha
chiesto di collaborare a un progetto per creare una pozione per la
difesa militare in una base che si trova a quattrocento chilometri
dalla costa della cornovaglia sotto un'acquedotto ho rifiutato".
Silenzio.
"Di cui io non ne ho parlato con te, ovviamente".
"Non puoi dimenticarlo e basta?"
"E come faccio? Mi sono esercitato per tutta la vita a contrastare gli oblivium, questo
cervello non dimentica niente. Niente!"
"Ascolta, hai promesso che mantenevi il segreto..."
"Sotto minaccia alla mia vita!"
"...quindi trova un modo per mantenerlo!" finì ringhiando.
Villa Conchiglia.
Trova un modo per mantenerlo.
Facile a dirsi, lui non sapeva come si sentisse in quel momento.
Dominique lo aveva fissato per tutta la serata anche se lui si era
comportato come al solito. Non sapeva più come fare.
O meglio, lo sapeva. Ma era una cosa molto ardua e ingiusta.
Però era l'unico modo per conservare la propria vita.
Si fece comparire sul volto un'espressione neutrale e dopo aver
camminato con passo calmo Louis entrò in cucina annunciando
a tutti i presenti:
"Io me ne vado"
Tutti smisero di fare quello che stavano facendo, ovvero preparare la
tavola; nella stanza rimase solo il silenzio.
"Cosa?" chiese sua madre.
"Me ne vado da casa" ripeté convinto.
"Ma tu non...Louis, che ti passa per la testa?" sbraitò suo
padre "Perché vorresti fare una cosa del genere?"
"C'è davvero bisogno di un perché?"
"Be', sì! Mi sembra il minimo" sembrava veramente sorpreso.
"Perché sì. Sono una persona matura, maggiorenne,
estremamente intelligente e so badare a me stesso".
"Ma se non sai nemmeno come si usa una lavatrice" fece presente Domi.
"Esiste la magia, sai?" Continuò.
"Ma mon-petit, perché ce lo dici solo adesso? Potevamo
discuterne insieme" Fleur sembrava veramente affranta dalla cosa.
"Mi dispiace, ma è stata una scelta improvvisa anche per me".
"Ma perché dovres..."
"Oh, insomma Dominique!" sbottò con gli occhi fuori dalle
orbite "Tu continui a insinuare che ci sia qualcosa sotto! E' tutto il
pomeriggio che non mi dai un attimo di tregua!"
"Di cosa stai parlando?"
"Non fare la finta tonta!"
"Ehi!" la voce squillante di Victoire irruppe nella stanza e lei
entrò in cucina a mano con Teddy "Siamo arrivati!"
"Scusate il ritardo" disse Teddy con un sorriso timido "Per farci
perdonare abbiamo portato una torta al formaggio" indicò il
piatto che teneva in mano.
"Con il vostro permesso, vado a preparare le valige" e Louis
uscì dalla stanza.
"Ma..." disse Victoire vedendolo sparire dalla porta.
"Non vi sembra un po' esagerato?" terminò Ted per lei
"Sappiamo che è allergico ai latticini, ma dire una cosa del
genere..."
"Non è colpa vostra" fece Dominique mettendosi le mani nei
capelli "E' lui ad essere uno stramboide"
"Tuo fratello ha deciso che questa casa gli va troppo stretta e vuole
andarsene" spiegò meglio Bill.
"E' uno scherzo?" fece quella spalancando la bocca.
"Avete fatto qualcosa che lo ha infastidito?" indagò Ted
"Avete spostato la cartigenica?"
"O cambiato marca dei cereali senza consultarlo?"
"Avete spiegazzato la pagina di un libro?"
"Lo avete battuto a scacchi?"
"Vi siete seduti sulla sua poltrona?"
"Avete usato il suo spazzolino?"
"No! Non abbiamo fatto niente di tutto ciò!"
"Forse avete fatto" terminò la lista di domande Ted "battute
sui Serpeverde?"
"Non davanti a lui!" sbottò Dominique.
"Fantastico, è impazzito del tutto".
"Ted!"
la porta scorrevole della cucina si aprì rivelando Louis con
una grande borsa da viaggio sulle spalle.
"Hai fatto presto", lo accusò Dominique incrociando le
braccia.
"Questa è la borsa per le fughe, è sempre pronta
in caso di incendio e apocalisse" disse lui abbassando sentendosi
vagamente in colpa.
"Sei proprio sicuro, tesoro?" cercò di convincerlo Fleur
"Dove hai intenzione di andare, adesso?"
"Non lo so" si strinse nelle spalle guardandoli angelicamente triste
"Potrei alloggiare al Paiolo o da amici".
"Teddy è disponibile a ospitarti!" fece Voctoire artigiando
un braccio del suo ragazzo, il quale la guardò confuso e
spaventato allo stesso modo.
"Be', immagino che il futuro sposo di mia figlia possa ospitare mio
figlio" disse Bill incrociando le braccia sfidandolo a dire di no.
Ted si guardò intorno terrorizzato all'idea di condividere
il tetto con quello là e le sue mille fissazioni. Lo
guardò prima di dire:
"I Serpeverde sono tutti stupidi e li odio!"
Louis lo guardò inarcando le sopracciglia "Lo sai anche tu
che non è vero. Tu adori l'amicizia tra Case diverse"
Sbuffò, messo all'angolo "E va bene, va bene! Puoi stare da
me".
Casa Tonks-Lupin.
Perché lo aveva fatto? Perché doveva essere
così masochista?!
"Non immaginavo vivessi ancora con tua nonna" appuntò
l'irritante voce dell'umano dietro di sé. Appena era entrato
si era messo a gironzolare in giro per la casa osservando ogni cosa con
il suo stupido zaino. Si sedette sul divano, affranto e disperato.
"Perfetto, finalmente ho trovato il punto giusto!"
"...cosa?" chiese alzando lo sguardo giusto in tempo per vederlo tirare
fuori dallo zaino una...poltrona?!
Basito lo fissò mentre posizionava la sudetta poltrona in un
lato della stanza per poi sedersi sopra soddisfatto.
"Una poltrona?!" chiese incredulo.
"Certo, ho detto che questo zaino è pronto per le emergenze
quindi ci ho messo le cose fondamentali".
"Una poltrona?!"
"Be' sì." si girò a fissarlo "Tu non ne hai una
da portarti dietro in caso di fuga?"
"No!" si strozzò quasi con la sua stessa saliva.
"Certo che sei proprio strano" constatò Louis.
Da che pulpito.
"Comunque" riprese il fratello della sua ragazza "Non sei di curioso di
sapere cosa c'è?" indicò lo zaino.
Sia dicendo di no che sì quello avrebbe fatto di testa sua
senza calcolarlo minimamente; infatto non attese una risposta dando per
scontato che questa fosse affermativa e si mise cercare dentro lo zaino.
Merlino mi aiuti.
"Allora, cosa abbiamo qui?" fece con il tono di un bambino alle prese
con il sacco di babbo natale "Oh, questo è il mio pigiamo in
grado di lavarsi da solo. E questa è una collana d'aglio nel
caso tu sia inseguito da un vampiro, qui c'è una bacchetta
di riserva" (Teddy non voleva assolutamente sapere come si fosse
procurato una bacchetta di riserva) "...del sangue di drago" (idem per
sopra) "...il mio dolce pupazzo, la mia copertina, il cambio, il
manuale di chimica, l'autografo della Mcgranitt" (seriamente?!) "...
dopo in questo scompartimento c'è tutto il necessario per
l'igene personale nel caso mi trovassi in un bagno pubblico.
Cartigenica, un copri water, cinque saponi, un analizzatore di sostanze
chimiche, uno spray per gli odori, una molletta per il naso, degli
stivaloni..."
Teddy voleva coprirsi le orecchie, non ne poteva già
più di lui!
"Ho anche il set del piccolo pozionista! Quanti ricordi, una volta ho
fatto prendere fuoco alle tende e a tutto il salotto".
Gli occhi di Teddy si spalancarono e decidere la prossima mossa fu
tremendamente semplice (anche se soffocarlo sembrava una scelta
migliore per tutta l'umanità).
Casa Potter.
Al soffriva di insonnia, passava la maggior parte del tempo sveglio. A
dir la verità, la cosa andava a periodi: c'erano mesi in cui
dormiva e basta e altri in cui doveva esaurire tutte le ore
di sonno. Quello era il mese della veglia.
Era rimasto fino a quel momento a lavorare sul Cercatore per
migliorarlo, infatti non aveva funzionato. Ci aveva messo tutta la sua
attenzione ma quello restava terribilmente opaco. Affaticato aveva
deciso di scendere in cucina per bere un bicchiere d'acqua, per questo
aveva sentito il campanello suonare. Guardò l'orologio, le
tre del mattino. Chi poteva essere così tardi?
Sospettoso si avvicinò alla porta, guardò lo
spioncino e riconobbe il profilo di Ted.
"Ma che cazz...?" fece aprendo la porta.
"Fregato! Tocca a te" disse quello appena aprì la porta e
non fece in tempo a formulare un singolo pensiero che il metamorfusmago
gli mise in braccio Louis.
Cosa?
Non fece in tempo a chiedere delucidazioni che l'altro se l'era
già dato a gambe. Era davvero impossibile avere anche un
solo parente normale.
Confuso fece entrare il cugino in casa.
"Cosa ci fai qui?"
"Ho lasciato casa mia" ribatté pacato.
"Tu cosa?" sussurrò incredulo per non svegliare il resto
degli abitanti della casa.
"Io non abito più a casa mia. Forse dovrei dire ex-casa".
Scosse la testa chiedendosi cosa frullasse nella testa di quello
svitato. Ma ormai era lì e non poteva di certo rispedirlo
fuori a calci, era pur sempre suo cugino. Lo prese per un braccio.
"Ok, 'sta notte dormi da me ma da domani vedremo di trovarti un'altra
ubicazione".
"Grazie, Albus. Sei molto gentile".
"E' Al", ribatté in automatico. Davvero non capiva
perché si ostinasse a chiamarlo per nome completo. Un nome
orrendo tra l'altro.
Arrivati in camera cercò il letto gonfiabile che usava in
casi simili a quelli e una volta trovato ci sistemò il
cugino.
"E' la prima volta che dormo in uno di questi aggegi", disse Louis
mentre si stiracchiava con garbo.
Al grugnì in risposta approffitando della sua distrazione
per nascondere la lastra d'argento, avrebbe continuato il lavoro una
volta privo di ospiti. Si rassegnò, quindi, a cercar di
dormire mettendosi tra le lenzuola.
Nella stanza rimase un silenzio di tomba e lui riuscì
perfino a scivolare in uno stato di tepore simile al sonno, ma
ovviamente Louis scelse quel momento per parlare:
"Certo che è prorpio scomodo" gli fece presente girandosi
alla ricerca di una posizione più comoda.
"Abituati", gli rispose neutro.
"Non ci riesco, non hai qualcosa di più comodo?"
"Preferisci forse dormire su una panchina?" sbottò
maledicendolo.
"Non essere sciocco" rispose offeso "come ci porti una panchina qui
dentro?"
Mise la testa sotto il cuscino chiedendosi cosa avesse fatto di male.
Ok, forse aveva spezzato qualche cuore di qualche ragazza. Diciamo pure
tanti cuori, ma quella gli sembrava una punizione esagerata.
"E' carina camera tua".
"Louis, non puoi dormire?"
"Vorrei farlo, ma questo materasso è troppo scomodo" rispose
con fare ovvio come se fosse lui quello stupido. Avrebbe voluto
strozzarlo, ma c'era il problema di come occultare il cadavere. No, la
cosa non era fattibile.
"Oh, hai un libro su Albus Silente?" continuò la fastidiosa
voce di Louis.
"Sì" mormorò dall'oltretomba.
"E' stato un preside di Hogwarts estremamente brillante. E' il mio
terzo preside preferito. Al primo posto c'è la Mcgrannit, mi
dispiace che sia appena andata in pensione. Però ho sentito
da molti che era migliore come insegnante. Quello che è
capitato a me l'ultima anno non sapeva nemmeno di essere al mondo e si
è rotto un braccio dormendo. Dormendo! Però il
mio insegnante preferito..."
Villa Conchiglia.
Dominique fu svegliata da un rumore improvviso proveniente dal
soggiorno. Preoccupata si alzò prendendo la maniglia e in
punta di piedi si diresse verso il rumore. Sperava che non fossero dei
ladri.
Con un certo sollievo e stupore si accorse che in realtà si
trattava solo di Al con il suo bellissimo pigiama con gli ippopotami
obesi e Louis con un aria piuttosto stralunata.
"Ehi sorrellona", fece quello con la voce di uno palesemente ubriaco e
si gettò scomposto sul divano.
"Che ci fate qui? Lui non doveva essere da Teddy? E che accidenti gli
hai fatto?" sussurrò arrabbiata con la bacchetta sguainata
minacciosamente. Al non se ne curò e lasciò
semplicemente cadere a terra lo zaino del cugino.
"Ted si è presentato a casa mia scaricandomelo. Ho provato a
sopportarlo per un po' ma poi mi sono rotto le palle e l'ho portato in
cucina per dargli un bicchiere di succo di zucca" fece una pausa, poi
riprese "non era succo di zucca".
Fissò il fratello fare dei strani gesti con le mani sempre
disteso sul divano.
"Non era mica..."
"Già".
" 'Fanculo" sussurrò tra i denti.
"Già" concordò Al "Perfavore, tenetevolo e non
fatelo più scappare" aggiunse come se stesse parlando di un
cane.
"Okay, okay" fece distrattamente "Grazie mille, Al"
"Figurati" e si rimaterializzò a casa.
Dominique rimase sola con il suo fratello ubriaco che nel frattempo si
era accovacciato sul divano portandosi le ginocchia sotto il mento.
"Io sono Elle" spiegò quello con fare cospiratorio.
"Louis" sospirò al limite "Che cosa ti prende?"
"Non posso dirtelo" iniziò a dondolarsi ossessivamente "Devo
mantenere un segreto".
"Segreto?" chiese Dominique sempre più confusa "Che segreto?"
"Non posso dirlo, altrimenti James mi ammazza".
"James? Oh, avanti! Dimmi questo segreto".
"E va bene!" allargò le braccia in segno di resa e
iniziò a roteare il collo. Di certo era ubriaco.
"Rose ha organizzato una festa illegale per capodanno e non posso dirlo
ai professori".
Domi alzò gli occhi al cielo "L'altro segreto!"
"Nonno Arthur ha modificato una lavatrice babbana. Al ministero sta
bene ma non possiamo dirlo a nonna" iniziò a disegnare
qualcosa per aria con le dita.
"Il segreto di James! Dimmi il segreto di James!" sbottò al
limite della pazienza.
"Va bene, ma tu non dirlo a Dominique" gettò la testa
all'indietro e cadde di schiena con le ginocchia ancora sotto il mento.
...
L'alcool ha davvero un
brutto effetto su certi soggetti.
"Non dirò nulla a Dominique" disse rassegnata.
"Isla è stata la ragazza di James" corrugò la
fronte "Quel succo aveva un sapore strano".
Tutto qui?
Si mise a ridere involontariamente. Anche Louis si mise a ridere
chiedendo cosa ci fosse di divertente.
"Nulla, lascia stare" fece lei "Forza, andiamo a dormire. E' tardi".
"La zucca doveva essere scaduta" continuò alzandosi
stancamente e tirando fuori la lingua per controllarla "Non sapeva da
zucca il succo".
Certo che James... forse pensava a qualche ritorsione per i fatti di
tre anni fa. Godric, lo aveva spaventato così tanto? Doveva
assolutamente trovarlo per fargli capire che era tutto ok, loro non
erano più due adolescenti ed era giusto che facessero le
proprie esperienze.
Però... no, nulla. Non erano affari suoi.
Casa Romanoff.
La Spia fissava il camino pensieroso con il mento tra le mani. Era un
bel po' di tempo che era lì e finalmente era riuscito a fare
un passo in avanti. Aveva un appuntamento con Lily Luna Potter, le cose
stavano procedendo egregiamente.
In più aveva scoperto una cosa davvero interessante per il
suo Signore.
Si alzò e prese un pugnale poco distante bello e di ottima
fattura, si avvicinò ancor di più alle fiamme del
camino e trattenendo una smorfia si incise il palmo della mano
lasciando che alcune gocce di sangue bagnassero il fuoco.
Rimase in attesa per alcuni secondi, poi quando dal camino usciro del
filamenti di fumo nero si affrettò a inginocchiarsi
ossequioso.
"Mio Siognore" sussurrò.
"Ragazzo, perché mi hai chiamato?" la voce di Demon sembrava
annoiata. Strinse i denti e rimase con la testa abassata
finché non ricevette l'ordine di guardarlo negli occhi.
Eseguì specchiandosi in quelli vuoti
dell'Oscurità.
"Albus Severus Potter è un eletto dal potere Oscuro....".
"Lo so" rispose stancamente quello.
"...E lo sa" terminò.
Ci fu un momento di silenzio.
"Così presto? Mi aspettavo che passasse un altro po' prima
che si rendesse conto della portata della sua vera natura".
"Signore..." disse ansioso "Non lo ha scoperto da solo, sono stati
degli agenti speciali a riferirglielo".
"...Agenti speciali?"
"Sì, mio Signore. Non li ho ancora incontrati, ma ho
scoperto alcune loro cose leggendo la mente del Capo Auror Potter, ma
nemmeno lui conosce tutti i dettagli della loro identità.
Sono molto informati, però. Loro..." esitò.
"Loro?" lo invitò a continuare Demon.
"...hanno detto che mia sorella è ancora viva".
Ci fu silenzio e lui non si arrischiò a continuare. Si
sentivano solo i crepitii delle fiamme e i suoi respiri. Ogni tanto gli
saltavano alla mente le immagini di qualche sogno di uno dei abitanti
delle case lì vicino. Quel potere a volte sapeva essere
fastidioso.
"Quindi" la voce di Demon sembrava un urlo in quel silenzio sebbene
stesse sussurrando "Ora sai chi ha dato fuoco alla casa".
Tu.
Inghiottì il gusto amaro che aveva in gola. Era stato giusto
così, servono sacrifici nella vita. Lui ne aveva visti tanti
e sapeva che sarebbero continuati. Era l'unico modo, lo sapeva bene.
"Sì, ma questo non cambia la mia fedeltà alla
causa" disse solennemente. Infondo lui i suoi genitori non li ricordava
nemmeno più, ormai i Deliranti erano la sua famiglia.
"Bravo ragazzo. Ora devo solo decidermi cosa fare con Albus Severus
Potter. L'ha scoperto troppo presto, non è ancora pronto per
scegliere".
E io lo ero?
Quando aveva ricevuto l'offerta di diventare un suo servitore era solo
un bambino a cui erano appena morti il padre e la madre davanti agli
occhi, carbonizzati dal fuoco maledetto. Chissà, se in
un'altra vita avesse ricevuto l'offerta più in là
con gli anni avrebbe adirittura potuto rifiutarla. Ma ormai quella era
la ragione della sua vita, l'unica cosa che sapeva e poteva fare.
Rimase immobile nella sua posizione in ginocchio anche quando il suo
Padrone sparì nella notte come fumo. Rimase lì
gli occhi sbarrati mentre vedeva colorarsi ogni cosa di rosso.
NDA
Potrei dirvi che la scuola mi ha tenuto impegnata, che ho avuto prove
di teatro su prove, che non ho un computer, che ho una vita sociale
(hahahaha no) ma la realtà è che avevo perso
interesse per la storia.
Sì.
Non me la sentivo più di continuare per parecchi motivi. Ho
iniziato a non sentirla mia, a vederla una cosa che dovevo fare e per
di più ricevevo poca gratificazione da ciò. Mi
sembrava di sprecare il mio tempo per una cosa letta da soli tre gatti.
Una cosa inutile insomma.
Poi le mie amiche per il mio compleanno hanno stampato la prima parte
di questa storia come se fosse un libro e mi hanno regalato l'unica
copia. Inutile dire che mi sono messa a piangere e che ho ritrovato un
po' di forza per continuarla.
Ma i tre gatti che leggeranno fin qui devono ringraziare mia sorella
che da quasi un mese mi perseguita reclamando il continuo minacciandomi
di morte. Mi ha pure concesso il computer senza storie! Quindi dite un
bel grazie Chiara a lei.
Non so se ho fatto un buon lavoro, sono un po' arruginita e ho perso
qualcosa dei personaggi ma ho fatto del mio meglio, mettendo
soprattutto una parte divertente per farvi ridere un po'. Non succede
poi molto se non si conta per Nemesi (nel prossimo capitolo, se ci
sarà, metterò un flashback) e la
caratterizzazione di Aleksander la Spia.
La parte du Louis è simile da un episodio di The Big Bang
Theory che ho amato alla follia.
E nulla, forse dovrei dileguarmi altrimenti faccio le note
più lunghe del capitolo xD
Spero che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere e recensire questa
storia. Spero ancor di più di riuscire a continuarla.
Adios.
V.
1. Spero di aver spiegato bene, non sono molto brava con i riassunti...
|
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Capitolo 8 *** Chaos ***
Chaos.
**
"Dannazione!"
Quando aprì gli occhi, questa fu la prima cosa che disse
Fred con molta enfasi.
L'ultima cosa che ricordava era il volto trionfante e ghignante di
Nemesi e delle catene che lo trascinavano verso il basso. Dov'era
finito?
Il luogo era immerso nell'acqua per appena un centimetro, ma questa si
era intrufolata gelata tra i suoi vestiti e iniziò a sentire
freddo. Si alzò a sedere cercando di capire in quale luogo
si trovasse ma era avvolto in una completa oscurità.
Socchiuse gli occhi e notò una luce che appariva e compariva
velocemente avvicinarsi. Sembrava una lampadina fulminata.
Si alzò e altr luci si aggiunsero alla prima. Comparivano a
apparivano a intervalli irregolari, come se quelle lucette cercassero
di combattere contro l'oscurità. Continuarono
così fino ad arrivare davanti a lui, poi sembrò
che si arrendessero al buio.
Rimase lì fermo a fissare il nulla tremando di freddo.
Poi la luce riprese vita più forte di prima e si
ritrovò davanti a mille lampadari fluettanti. Le varie
lampadine si accendevano con difficoltà illuminando lo
spazio circostante.
Indietreggiò di qualche passo fissando sioccato quel luogo.
Descrivere a parole un luogo del genere era impossibile, potevi solo
guardarlo e provare una profonda inquietudine. A primo impatto gli
sembrò una scatola di giocattoli rotti. Ma nemmeno questo
spiegava quel luogo.
Tutto era avvolto da una strana oscurità, l'unica luce
disponibile era quella dei lampadari che volteggiavano sospesi in aria.
E non erano gli unici oggetti a volare, sembrava che la
gravità facesse quello che più voleva facendo
precipitare oggetti e sollevandone altri. C'erano delle porte dritte in
piedi sebbene non fossero sostenute da nessun muro, sedie e tavolini
con tutto il servizio di porcellana sopra si muovevano nel vuoto,
dall'acqua si intravedevano pezzi di enormi pupazzi distrutti e
martoriati, pezzi di scacchiere e vasi pieni di rose. Poco lontano
riusciva a vedere una casastorta con un muro crollata
appoggiata al terreno solo per un angolo. Un cavallo a dondolo
continuava ad ondeggiare sebbene non ci fosse nessun vento a
sospingerlo. Fece qualche passo e intorno a lui riusuonò il
rumore schiaffeggiante dei suoi passi sull'acqua.
Poi pestò qualcosa di morbido e sentì un urletto
acuto; il suo cuore andava a mille, sembrava volesse fuggirgli dal
petto. Si abbassò prendendo la bambola di pezza che aveva
pestato. Le mancavano metà capelli, le braccia e le gambe
erano in una posizione innaturale e scomposta, il bel vestito rosa era
tutto strappato e sporco di rosso scuro, non volle precisare il
perché. Aumentò la pressione stringendo con
più forza il busto della bambolina, la bocca le si
aprì di scatto e uscì di nuovo quell'urletto
acuto. Continuò così, aprendo e stringendo la
mano sul busto riempiendo l'aria di quella strana risata. Si
fermò, rimase immobile a fissarla con il sague che
pulsava nelle orecchie. Era solo uno stupido giocattolo,
perché la cosa era così inquietante?
Senza che premesse il busto, la bambola riprese a ridere muovendo a
scatti la bocca come se stesse azzannando l'aria. Urlò
spaventato lasciandola cadere, questa continuò con
quell'aghiacciante risata finché non sprofondò
nell'acqua.
"Cosa diavolo era quella?" si chiese con il fiatone.
Sussultò quando sentì dei passi frettolosi
calpestare l'acqua intorno a sé. Si girò
terrorizzato ma non vide nessuno, solo le increspature dell'acqua
dimostravano che qualcuno gli era corso incontro.
Rimase immobile cercando di controllare il respiro accellerato, il suo
cuore andava così forte che in quell'assoluto si poteva
sentire.
"Un umano, un umano!" Sentì qualcosa azzannargli la spalla,
con un urlo strozzato scrollò potentemente le spalle facendo
cadere a terra la cosa che lo aveva colpito. Era un coniglio dalle
forme leggermente umanoidi, un coniglio bianco con il muso sporco di
sangue, privo di occhi.
"Carne! Carne!" strepitava saltellando, gli si avventò
nuovamente incontro pronto a prenderlo alla gola. Grazia ai suoi
riflessi da battitore afferrò una sedia volante che passava
lì vicino e lo colpì con tutta la forza delle sue
braccia gettandolo lontano.
"Aiuto" fu l'unica cosa corente che riuscì a dire. Si
accasciò sulle ginocchia appoggiando la mano sulla spalla
ferità, del sangue aveva già cominciato a uscire
e rimase lì a fissare l'acqua intorno a lui tingersi di
rosso.
Le cose intorno a lui vibrarono e cadde un mappamondo sparendo
inghiottito dall'acqua. Non si perse a chiedersi come fosse possibile
una cosa del genere se gli arrivava appena alle caviglie
perché si alzò di scatto pronto al pericolo. Ma
capì subito che non se ne sarebbe sbarazzato velocemente
come con il coniglio.
Davanti a lui stava un essere alto più di Hagrid con la
testa perfettamente rotonda e più grande rispetto al corpo,
la bocca era cucita e gli occhi erano due bottoni neri, uno dei quali
anche attaccato male. Le sue mani erano provviste di artigli.
"Un umano! Un umano!" quella sembrava essere la frase standard di
quegli esseri, pensò prima di darsela a gambe.
Se mai fosse sopravvissuto a una cosa del genere, avrebbe gettato
Nemesi nell'Oltretomba, poteva starne più che certa.
Continuò a correre finché non si sentì
afferrare e le mani artigliate lo sollevarono da terra in una morsa
d'acciaio. Scalciò e lo colpì mentre sentiva la
presa farsi più forte e gli mancò il respiro.
Maledizione!
Finiva così? Inghiottito da uno stupido mostro senza che
potesse fare assolutamente niente? Non poteva accettarlo.
Dirignò i denti continuando a dimenarsi nell'inutile
tentativo di sfuggire alla presa. Incredibiolmente la sentì
allentarsi e poi cadde rovinosamente a terra di faccia, dietro di lui
sentiva le urla di dolore del mostro. Si alzò sulle
ginocchia e fissò un leopardo più grande del
normale colpire con le sue zanne la carne del mostro dal quale al posto
del sangue uscivano nubi di fumo blu. Il manto dell'animale era di una
brillantezza innaturale e gli occhi caldi brillavano fieri mentre
mostrava le zanne letali. Nell'attacare era pura distruzione.
"Tornatene nella tua tana, essere del delirio!" La voce
risuonò ferma e minaccioso tutta intorno a lui.
Il mostro-dalla-testa-grande si difesa la faccia con gli artigli prima
di lanciare un'ultimo ululato disperato e dissolversi così
in fumo e cenere.
Rimase solo il leopardo che gli si avvicinò elegante
probabilmente intenzionato a papparselo visto che del mostro non era
rimasto granché
Fred era troppo dolorante e frastonato anche solo per pensare di
alzarsi, rimase immobile a fissare l'animale fermarsi di fronte a lui e
ricambiare lo sguardo con occhi nocciola caldi e intelligenti. Occhi
così umani.
"Stai bene, Umano?" Era la stessa voce di prima, meno minacciosa ma
comunque autoritaria. Annuì deglutendo chiedendosi se non
appartenesse proprio al leopardo.
Una strana luce dorata prese questo, era talmente forte che fu
costretto a distorgliere lo sguardo; quando riaprì gli occhi
non aveva più davanti l'animale, ma una ragazza dai lunghi e
spettinati capelli rosso fuoco e un viso affilato cosparso di
lentiggini, indossava solamente un mantello rosso che copriva e
avvolgeva tutta la sua figura.
"Chi sei? Come hai fatto ad arrivare qui?" chiese quella sollevando le
palpebre e mostrando gli stessi occhi del leopardo.
Del resto, lui fu troppo sbalordito per rispondere. Si alzò
di scatto con un enorme sorriso di gioia stampato in faccia.
"...Giorgia?"
Non poteva crederci! La sua migliore amica era lì davanti a
lui che lo fissava impassibile e severa come se non lo riconoscesse, ma
doveva essere per forza lei: avevano lo stesso scintillio pieno di vita
negli occhi.
Giorgia piegò la testa di lato guardandolo sia incuriosita
sia altera:
"Chi è? Non conosco questo nome".
Fred spalancò gli occhi e si sentì congelare,
solo il cuore continuava a martellare impazzito nel suo petto.
"Co-com'è... com'è possibile?" tremò
"Sei tu...".
"Mi dispiace, ti stai confondendo con qualcun'altra" spostò
una ciocca di capelli dietro la spalla senza distogliere lo sguardo da
lui "Io sono il Chaos".
Gli cedettero le ginocchia e lui cadde troppo.... troppo.... non sapeva
nemmeno lui cosa!
E che cazzo!
Tutto quello era troppo assurdo, troppo strano e stava succedendo a
lui, nulla era come si aspettava che fosse, sembrava che qualcuno si
stesse come divertendo a scombussolare tutte le sue certezze e a
giocare con con la sua mente. Stava diventando pazzo.
"Questa" continuò Giorg...il Chaos "E' la forma che
ultimamente mi piace assumere, in reltà io non ho bisogno di
un corpo quando sono qui. Ma è bello poter usare il senso
del tatto qualche vota" disse afferrando una rosa da un vaso che si era
avvicinato. La portò al viso sentendo sulla sua pelle la
delicatezza dei petali e il dolce profumo.
"Ma come sei venuto qui, Umano? E come fai ad essere ancora vivo?"
Fred si riscosse con un sussulto e abassò la testa: "Non lo
so, non so nemmeno cosa sia qui"
"Ti trovi in un mondo parallelo al tuo, è da questo luogo
che ebbe origini l'universo. Qui è dove voi umani gettate i
vostri sogni infranti".
Sogni... infranti...
Tutto quello che aveva visto, quei giocattoli... erano vecchi sogni che
qualcuno aveva gettato, le illusioni che si erano portati dietro gli
umani. Là, certamente, doveva esserci anche il suo. Strinse
le mani a pugno mentre sentiva gli occhi farsi umidi, se li
sfregò con rabbia. No, non si sarebbe messo a piangere come
un bambino, poteva sopportare.
"Vieni" Chaos tese una mano verso il suo viso, la pelle lanciava
bagliori dorati, come se lei stessa fosse fatta di luce "Accompagnami".
Fissò a lungo la mano liscia prima di prenderla con la
propria, le dita bruciavano a contatto con quella pelle. Si
alzò a fatica, lei continuava a guardarlo, ma qualcosa nel
suo sguardo si era intenerito, come se fosse un piccolo bambino
sperduto e spaventato. A dir la verità, Fred si sentiva
proprio così.
"Allora... questo posto ha un nome?" chiese per spezzare
quell'innaturale silenzio.
Chaos voltò il viso guardando tutto quello che le stava
intorno:
"No. Dai forse un nome alla tua casa? Puoi chiamarla così,
se ti piace."
C'era una strana rassegnazione in quelle parole e Fred si chiese come
si potesse chiamare casa un luogo del genere fatto di rimpianti.
Più che una casa, lui la sentiva come una prigione.
La ragazza iniziò a camminare e lui la seguì
capendo che anche se ne aveva l'aspetto non poteva trattarsi di
Giorgia, lei sarebbe inciampata in uno dei mille oggetti che giacevano
abbandonati e inerti.
"Certo, questa non è propriamente la mia casa".
Fred si riscosse e affrettò il passo avvicinandosi a lei per
capire meglio cosa intendesse dire.
"All'inizio, sempre se
si posso parlare così per una cosa che è sempre
esistita e sempre esisterà, questo luogo ero
solo io. Era solo Chaos. Tutto era Io e Io ero tutto. Era Chaos. Puro e
perfetto. Prima di tutto, prima di ogni altra cosa, fu Chaos. Ma venne
un'altra entità: Delirium. Le nostre essenze erano
contrastanti. Ciò che Io creavo, Lei lo distruggeva. Io
distruggevo, Lei creava. Ci annullavamo a vicenda. Era una battaglia
involontaria, infinita. Fu in quel periodo che si formò
questo luogo. Il Chaos aveva perso la sua purezza esiliandosi
all'estremità di questo mondo, il Delirium si pose
nell'estremità opposta. In mezzo restò solo il
risultato di quella guerra."
"Quindi... quindi questo è un campo di battaglia?" chiese
Fred.
"Nel nostro scontrarsi creammo delle cose, il vostro Universo per
primo. Nacquero anche altri esseri: gli Elementi,
l'Oscurità, l'Amore e l'Odio, tutto il resto. Alcuni fatto
di solo Delirium o Chaos, altri di entrambi. Quest'ultimi li mettemmo
sulla terra per mantenere l'ordine".
"Come avete fatto a mettervi d'accordo se eravate in un'eterna
battaglia?" chiese confuso evitando un pianoforte scheggiato. Appena
gli passò accanto i tasti si misero a suonare da soli.
"La contrapposizione non è un male" ribatté
"Tutto quello che conosci, ogni cosa che esiste è data da
una eterna contrapposizione. Come il fuoco che per vivere deve
distruggere l'ossigeno¹. Tutto si spiega con ciò,
con il suo contrario. Cos'è il freddo? Non è il
caldo. Cos'è il Chaos? Ciò che non è
Delirium".
"Perciò che avete fatto? Vi siete messi d'accordo?"
"Un equilibrio. E' stato solo trovato un equilibrio. Sebbene la
battaglia si svolgesse qui, la Terra era il nostro obiettivo. Renderla
o solo Chaos o solo Delirium. Bastò trovare un equilibrio".
Si fermò di botto prendendo uno specchio, questo si
sgretolò non appena lo sfiorò. Sul viso si fece
strada una smorfia amara.
"Un equilibrio" ripeté Fred esortandola ad andare avanti.
Finalmente stava ricevendo tutte le risposte che gli servivano.
"Sì, un equilibrio" si portò un dito alle labbra
"Ci manifestiamo alla terra alternate. Una volta il Chaos, una volta il
Delirium, poi di nuovo Chaos. Solo così non ci sono danni
gravi, solo così non ci annulliamo. Perché
nessuno perde, è un cerchio perfetto che non possiamo
spezzare.
Era il nostro patto". Il suo sguardo si riempì d'odio e i
capelli si gonfiarono.
"Patto?"
"Sì, mandavamo sulla terra le nostre essenze ma solo una
poteva sopravvivere. Per spostarci tra una dimensione e l'altra serve
il potere di entrambi. Creiamo un corpo umano nella Terra per poterci
stare".
"Ma quindi... la cosa è predestinata, non c'è
nessuna possibilità di scegliere?".
"Scegliere?" corrugò la fronte confusa "Cos'è
scegliere?"
Il respiro gli si bloccò in gola.
Cos'è
scegliere? Non lo sapeva, non conosceva quella parola. Non
conosceva quell'opzione. Strinse le mani a pugno e osò
guardarla negli occhi, la guardò con tutta la forza e la
determinaziona che possedeva.
"Scegliere è il verbo che ci rende liberi" Da dove venisse
tutta quella poeticità proprio non lo sapeva, probabilmente
una frase del genere avrebbe fatto bella mostra di sé su un
libro per citazioni&aforismi,
ma era quello a cui credeva. Che un uomo fosse fatto di scelte. Che
scegliere fosse ciò che distingue uno schiavo da un uomo
libero.
"Liberi..." ripeté e Fred si chiese se non sapesse nemmeno
il significato di quella parola. "E' una cosa di voi Umani, io non ne
ho bisogno".
Ma io sì! Avrebbe
voluto urlarlo ma non ci riusciva, si sentiva la gola piena di stupidi
singhiozzi che tentava in tutti i modi di trattenere.
"In ogni caso, la cosa non ha più importanza"
continuò il Chaos riprendendo a camminare. Si riscosse
inseguendola.
"Che intendi dire?"
"L'ultima volta, l'equilibrio è stato distrutto. Ci sono
stati due Delirium consecutivi", la sua voce si fece dura e tagliente
"Le leggi naturali sono state tradite".
"E...e quindi?" non gli piaceva per nulla l'espressione minacciosa che
deformava i lineamenti del viso di Giorgia, era anche buffo,
però, perché quando la sua migliore amica si
arrabbiava era esattamente così, con quella faccia.
"Si ritorna all'origine. Ora si lotta per la supremazia, chi vince
questa battaglia distruggerà definitivamente l'altro. O solo
Chaos o solo Delirium. Finalmente... finalmente in questo mondo
tornerà la purezza e la perfezione dell'origine, saremo
ancora un'unica cosa".
"Non capisco" sbottò inciampando a terra "Se questo
alternarsi era una cosa inevitabile, com'è possibile che si
sia spezzato il cerchio?"
"L'Oscurità" rispose "Demon, un essere del delirio avrebbe
tutto il vantaggio del mondo se tutto fosse soolo di Delirium".
Ah, Demon, il
simpaticono dei Fondatori... In effetti era stato lui a
manovrare le mosse di Tosca Tassorosso per far prevalere il Delirium su
Godric ed era sempre lui a muovere i fili dei Deliranti, era lui che
aveva fatto partire tutto.
"Ora nella Terra ci sono solo le nostre forme pure, solo il corpo umano
in cui risediamo ci permette di contenere il nostro potere. Ma prima o
poi uno soccomberà all'altro".
La cosa più agghiacciante era il tono, il modo in cui lo
raccontava. Come se quelle vicende non la sfiorassero minimamente, come
se fosse solo una spettatrice di un'opera teatrale.
Era tremendamente rassegnata.
"Dimentichi una cosa, c'è anche un corpo con Entrambi. Io"
ci tenne a precisare innervosito. Sapeva di star giocando con il fuoco,
aveva davanti a sé un'entità primordiale che
poteva farlo fuori semplicemente guardandolo. Ma era una cosa che lo
toccava troppo da vicino.
"Ah sì, giusto" fece quella neutra "L'eroe che
sistemerà la cose. Chissà se ne sarà
in grado o morirà per sua stessa mano."
"Eroe? Cosa intendi dire?" impaziente com'era le prese il braccio ma
sentì una scossa così potente percorrergli il
corpo che cadde in ginocchio con un lamento.
"Non sfidare troppo la mia pazienza" lo ammonì.
"Io... io voglio solo sapere. Sono qui per questo".
"Cosa farà l'eroe? Ristabilerà l'equilibrio e via
dicendo. Ma questo è impossibile".
Impossibile...
Era questo il piano A
di Nemesi? Rendere possibile quello che l'entità
più potente riteneva impossibile? Restava solo una cosa da
capire...
"Perché io?" di fermò. Anche Chaos si
fermò a guardarlo.
"Perché io?" chiese di nuovo.
"C'è davvero bisogno di un perché?" Chaos
aprì le braccia e dall'acqua iniziarono a uscire delle
scacchiere che si posero una sopra l'altra a formare una scala.
"E' così. Abbiamo deciso te, tanto basta". Si
girò facendo il gradino di quella strana scala e iniziando a
salire.
"Perché io?!" ripeté urlando verso la schiena del
Chaos. "Rispondimi!" cercò di fare il primo gradino della
scala ma subitò sentì il cuore cedere come se una
parte stesse lentamente sparendo.
"Non puoi seguirmi fin qui, non puoi entrare nel Chaos puro
finché sarai contaminato dal Delirium".
"No!" non si arrese continuando a salire sulle varie scacchiere "Voglio
saperlo, perché?!" Cominciava a mancargli il fiato e il
cuore andava sobbalzando dolorosamente.
"Devi dirmerlo, perché?" ormai le lacrime andavano
liberamente, il suo petto sussultava e il sangue continuava a scendere
dalla ferita. Si accasciò singhiozzando sulla scacchiera,
completamente privo di forze.
"Perché io?" sussurrò.
Chaos si girò a guardarlo impassibile. No, sembrava essere
triste mentre risplendeva completamente di luce bianca e spariva come
se fosse fatta di polvere.
"Perchè?" Se lo stava immaginando o i suoi occhi si stavano
riempiendo di lacrime "Perché, mio dolce Fred, tu puoi
lottare anche per me".
Cosa?
Scivolò giù dalla scacchiera e si
sentì cadere, precipitare nel vuoto. Intorno a sè
vorticavano le pedine degli scacchi e vecchi oggetti, i sogni che
qualcuno aveva abbandonato.
Ti prego Fred,
la voce di Chaos rimbombava intorno a lui e nella sua testa, tu continua a lottare, io non so
più farlo.
Qualche dio doveva volergli bene perché si
schiantò su un letto di passaggio. Un letto morbido, a dirla
tutta, era così comodo che si sarebbe volentieri
addormentato lì per sempre.
Il peso in più fece volteggiare il letto fino a toccare
terra, ma lui non si mosse, rimase fermo al suo posto a pensare alle
ultime parole che gli erano state dette dal Chaos.
Lottare. Era quello che gli aveva chiesto di fare. Le lacrime
continuavano a scendere dai suoi occhi ma le sue labbra si stesero in
un sorriso. Non sapeva perché sorridesse, forse
perché finalmente aveva un perché, un motivo. Ora
sapeva. Non il come, ma il perché. Era un passo avanti.
Doveva trovare un modo per uscire di lì.
Si mise a sedere guardandosi intorno, notò preoccupato un
uomo fissarlo seduto su una sedia a dondolo. Con il cuore in gola
capì che gli incontri non erano ancora finiti. L'uomo teneva
gli occhi chiusi e sembrava addormentato, aveva il volto estremamente
pallido e delle occhiaie violacee e dei capelli neri e lucidi, la sua
forma era nebulosa come se si trattasse di un ombra e sebbene sembrasse
addormentato tutto del suo aspetto faceva gridare all'istinto di Fred
"PERICOLO!"
Silenziosamente cercò di scivolare e camminare via senza far
rumore. Ovviamente aveva dimenticato che il pavimento era sommerso
dall'acqua.
"Fermo lì intruso" disse l'uomo non appena mise un piede a
terra. Aprì lentamente gli occhi rivelando due pupille
verticali come quelle dei serpenti "Ma che piacere, Fred Weasley. Mi
togli un grosso peso a venirmi tu stesso a trovare".
Fred capì con la gola secca che avrebbe dovuto ascoltare il
suo istinto e darsela a gambe da subito. Il tizio si alzò
con lentezza, questo avrebbe dato tutto il tempo del modo a Fred di
fuggire, se non fosse stato per un minuscolo problema: era
immobilizzato, il suo corpo non reagiva agli stimoli del cervello.
L'unica cosa che poteva fare era fissare spaventato l'uomo trasformarsi
in un tempeste e strisciare verso di lui facendo sibilare la lingua
biforcuta. Gli sarebbe andata bene qualsiasi cosa, anche semplicemente
urlare mentre la serpe strisciava sul per la sua caviglia e poi per
tutto il corpo per potergli azzannare la gola.
E' questa la fine di Fred Weasley?
Ovviamente no, o c'era veramente un angelo custode pronto a vegliare su
di lui o aveva ereditato la fortuna sfacciata di zio Harry.
Segretamente sperò in un sexy angelo custode.
In realtà, chi lanciò un incantesimo che fece
mollare la prese della serpe sul suo corpo non sembrava affatto un
essere celeste. Era avvolto completamente in un mantello, il cappuccio
tirato sul viso a nascondere i lineamenti; insomma, sembrava un
dissennatore.
Contemporaneamente l'improvvisa mobilità di Fred si
spezzò e tossendo cadde a terra, preso alla sprovvista.
"Demon! Tu non oserai toccare ancora questa persona, te lo ordino come
Custode di questo Luogo!"
Contorcendosi il serpente tornò nella sua forma umana:
"Cerbero, non sono affari che ti riguardando questi"
Demon? Era lui l'uomo che aveva cercato di ucciderlo?
L'altro, Cerbero, si era messo in mezzo tra i due, nella mano sinistra
teneva in mano un bastone nodoso. Non seppe se associarlo a
Mosè o Gandalf.
"E' sotto la mia protezione" dichiarò il sopracitato
"Vattene!"
Sorprendentemente quello sembrò ubbidirgli perché
scomparve in una nube di fumo nero.
Basta! Vi prego, sta
diventando troppo! Pensò Fred.
"Stai bene, Umano?" gli chiese l'altro.
"S-sì" balbettò.
"Non avere paura, sono qui per riportarti indietro. Nemesi mi aveva
avvisato della tua venuta".
Nemesi, quella pazza demoniaca l'avrebbe sentito, oh sì.
"Io sono Cerbero, sono il Custode di queste terre sacre ed mio compito
servire sia il Chaos che il Delirium" continuò quello.
"Oh, piacere" disse non sapendo cosa dire "Puoi davvero riportarmi nel
mio mondo".
"E' mio dovere" confermò. Aveva una voce calma e sicura, di
chi sapeva il fatto suo. Gli fu simpatico a pelle.
"Vieni, è ora di tornare a casa. Prenderemo la mia barca"
sbatté il bastone sul pavimento e dall'acqua uscì
una versione più dark e gotica e delle gondele di Venezia.
Fred non volle sapere come potesse essere comparsa se l'acqua era
così bassa e nemmeno perché ci fosse una gondola
proprio lì. Il sogno infranto di qualche Veneziano? Ci
salì sopra e basta.
Cerbero iniziò a remare usando il bastone, andavano molto
veloci. Il nome del Custode non gli era nuovo, lo aveva già
sentito, probabilmente lo aveva nominato Giorgia, ma riguardo cosa?
Perché gli veniva in mente Fufi, il cane a tre teste di
Hagrid?²
"Come mai il cappuccio?" chiese tanto per fare conversazione.
"Potresti spaventarti".
"Dopo tutto quello che ho visto, penso che nulla mi soprenderebbe"
disse passandosi una mano sulla faccia. Era tutto così
assurdo.
"Non crederlo, piccolo Umano" Cerbero si girò a guardarlo e
Fred capì che aveva ragione, sotto il cappuccio intravide
sei occhi gialli. Un brivido gli salì lungo la schiena e
rimase zitto per il resto del viaggio.
"Eccoci arrivati".
Si guardò intorno, là lacqua sembrava sparire per
dare spazio a un pavimento fatto a scacchi e tutto intorno c'erano
librerie piene di libri e pupazzi, davanti a lui c'era una porta
completamente bianca, dietro quella sembrava continuare lo stesso luogo.
"Quando supererai quella porta ti ritrovai nel tuo mondo" fece Cerbero
indicandolo.
"Ok, quindi devo solo superarla" si sentì immensamente
sollevato. Si immaginava una cosa molto più complicata e
pericolosa.
"NO!" Sussultò girandosi. Dietro una libreria cercava di
nascondersi una bambina con dei lunghissimi capelli blu eletricci, gli
occhi tempestosi e la carnagione pallidissima. Sembrava la
versione più giovane del Chaos vestita in altri colori.
...Melody.
"Mia signora" Cerbero si inginocchiò frettolosamente. Fred
rimase immobile senza sapere come reagire.
"Non andartene, perfavore!" La bambina uscì dall'ombra,
aveva il volto completamente bagnato da delle lacrime "Sei venuto a
prendermi, non è vero? Tu puoi aiutarmi, ti prego".
Cadde in ginocchio davanti a lui, lo sguardo offuscato dalle lacrime, e
tentò di prendergli una mano. Lui si scostò
indietreggiando spaventato.
"Lo sapevo che saresti venuto" continuò la bambina con
adorazione.
Delle risate stridule presero le bambole che i giocatolli disposti con
ordine, agitavano le loro braccina e testine, gli occhi rossi e
ridevano frasi sconnesse:
"E' tornato finalmente".
"E' venuto".
"Ti stavamo aspettando".
"Sarà
così felice".
Cosa sta succedendo?! Cerbero se ne stava immobile inginocchiato.
"Un po' di silenzio, perfavore" li interruppe la bambina e quelli si
zittirono all'istante. "Che gioia rivederti!" tentò di
abbracciarlo ma lui si scostava troppo incredulo. Quello era il
Delirium, non era Melody.
"Staremo insieme per sempre, resterai qui con me! Prenderemo il the,
giocheremo e parleremo fino a tardi e poi mi porterai le rose e poi...
e poi... e poi... Vero, mio adorato?"
"Lasciami passare!" Fred tentò di controllare la voce.
Delirium lo fissò basita: "Perché?"
Abbassò lo sguardo "E' per quella ragazza vero? Tu la odi.
E' solo un fantoccio, sono io a muoverla".
"...Melody" sussurrò.
"Sì, è solo una delle mie tante bambole. E tu la
odi. Ma non posso farci niente! Non sono io a decidere!"
rialzò lo sguardo. Gli occhi era diventati due buchi neri,
del sangue colava sul suo bel faccino da bambina. "Perché?
Sarebbe meglio... sarebbe meglio se non fossi mai esistita!"
scoppiò in lacrime di sangue.
Fred rimase immobile. Sarebbe meglio...
"E' per questo... che tu dovresti uccidermi" terminò.
"NO!" la prese per le spalle.
Uccidere quella bambina? Uccidere Melody? O Giorgia? No, non era
così che voleva che andasse. Chaos gli aveva detto che lui
era l'unico che poteva lottare, lo avrebbe fatto!
"...no?" esalò Delirium.
"Te lo prometto, troverò un modo! Troverò un modo
per salvare entrambe! Vi salverò, te lo giuro".
"Mio Eroe..."
"Capisci? E' una promessa! Una promessa!"
La porta bianca davanti a loro si aprì e lui si
sentì rissucchiare verso quel vuoto.
"E' una promessa! Te lo prometto! Te lo prometto!" continuò
a urlarlo mentre sentiva la presa sulle esili spalle della bambina
sparire.
"Te lo prometto!"
**
11 Agosto, alba.
Polonia, Foresta di
Biełowietza.
Aprì gli occhi lentamente sorpreso di trovarsi sul suo letto
avvolto tra le coperte. I primi raggi del sole filtravano attraverso la
finestra della casetta sull'albero colpendogli il viso.
Era a casa...
Abbassò lo sguardo notando la testolina azzurra di Melody
appoggiata sul copriletto addormentata, era seduta scompostamente su
una sedia che aveva messo là vicino. Arrossendo si chiese se
aveva passato tutta la notte lì.
Cercò di muoversi senza svegliarla, ma fallì
miseramente.
"Fred?" gli occhi di Melody erano ancora opachi dal sonno ma la voce
sembrava spaventata e fiduciosa insieme. Era la stessa voce della
bambina che aveva trovato nell'altra dimensione.
La ragazza alzò la testa mentre il viso le si riempiva di
gioia a vederlo sveglio, gli occhi le brillavano.
"Mi sono svegliato!" disse con la sua miglior voce da scemo, giusto per
rovinare il momento. Melody lo fissò intrdetta prima di
colpirlo con tutte le sue forze con un cuscino.
"Non provarci mai più! Non fare più una cosa del
genere! Sei rimasto addormentato per cinque giorni, pensavo ti fosse
successo qualcosa! Brutto idiota!"
"Cinque giorni?" chiese riparandosi dalle cuscinate con le braccia.
"Sì, e ho pure dovuto telefonare al tuo lavoro per dire che
eri ammalato e non potevi andare! Sono morta di vergogna, stupido!"
Fred ridacchiò e questo sembrò farla imbestialire
ancor lo colpì con ancor più furia. Con
delicatezza le bloccò i polsi e la fece scivolare sul letto
vicino a lui.
"Smettila, vuoi forse uccidermi?" scherzò.
Rossa come un peperone per quella vicinanza si alzò di
scatto sbraitando qualcosa sui turni della colazione e uscì
fuori dalla casetta.
Rise divertito e sollevato. Poi gli tornò in mente la sua
ultima avventura. Cinque giorni... eppure gli erano sembrate poche ore.
Tutto quello che aveva visto era stato semplicemente assurdo, Chaos e
Delirium... così diverse dalle loro controparti terrestri.
C'era una guerra in corso e la vincitrice avrebbe
preso il dominio sulla Terra. E l'unico che poteva risolvere quella
faccenda forse era lui. Un incarico impossibile, gli aveva detto Chaos,
ma gli aveva anche detto di lottare. E lo aveva promesso a Delirium.
Strinse le lenzuola tra le dita, avrebbe mantenuto la promessa.
Voglioungufo:
Un capitolo solo su FRED! L'amore nostro.
Ok, non so come sia venuto. Ma adesso si sa tutto, più o
meno. E' colpa di Demon se siamo in questa situazione.
Per eventuali spiegazioni non evitate a chiedere, ci vediamo al
prossimo capitolo!
V.
1. Eraclito e il Polemos (che strana roba scriverlo con i caratteri
latini xD)
2. Perché Cerbero è il cane a tre teste a guardia
degli inferi, secondo i Greci! Fred, dovevi studiare meglio mitologia.
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Capitolo 9 *** Londra ***
asedfrgthyjukiloòp
Cap 9.
Londra.
**
12 Agosto 2025.
Londra Babbana.
"E non avete ancora sentito la parte migliore!" Dominique interruppe la
ridarella collettiva che aveva preso tutti a quel divertente
racconto
"Quando riesco finalmente a farmi dire il segreto, sapete cosa mi dice
Louis? 'Va bene, ma non dirlo a Dominique". Cioè, lo ha
detto a
me, capite?"
E ripresero a ridere troppo increduli, specialmente quando Rose
iniziò a grugnire. Scorpius le sorrise con dolcezza, finiva
sempre così quando la sua ragazza rideva troppo.
"E quindi, questo segreto?" chiese Frank riprendendosi dalla risata.
"Non era nulla di importante, solo che James aveva avuto una ragazza
mentre io ero in Francia".
"Ma che gran segreto, lo sapevano tutti" garantì Scorpius
gettando la testa all'indietro.
"Parola mia, quella non era una persona. Era una piovra" fece
solennemente Rose mettendosi una mano sul cuore. Dominique
tornò
dentro il camerino per cambiarsi proclamando:
"Che poi lo sanno tutti che cosa fa il nonno nel capannone".
"Sì, certo." la seguì a ruoto Rose "Ma su certe
cose
è ancora un bambino. Non si direbbe che abbia preso la lode
ai
M.A.G.O."
"E' un piccolo genio" continuò sul quel discorso l'amica "E
pensare che nessuno è mai riuscito a prendere la lode,
nemmeno
zia Hermione, tu o Al. Vi ha battuti tutti".
Una normalissima e piacevolissima giornata con il solito cielo grigio,
alla mattina era anche piovuta qualche goccia, gli inglesi camminavano
tra le strade della City con il loro ombrello, chi con calma e chi con
fretta, i soliti turisti vestiti come se dovessero andare in montagna
fotografavano ogni cosa. Quattro maghi si erano mimetizzati in quella
folla per vivere una piccola giornata tra amici tranquilla e lontano
dal solito agitar bacchetta.
Frank aveva accettato quella proposta a braccia aperte, specie
perché era rimasto isolato ad Hogsmeade per un po', Scorpius
doveva essersi incazzato con lui per qualche strano motivo.
Forse perché
sono l'unico a pensare in maniera razionale e lucida?
In ogni caso, si era sentito sollevato quando aveva ricevuto la lettera
di Dominique in cui lo invitava a Londra per una giornata tra amici.
Scorpius sembrava aver dimenticato la sua incazzatura perché
si
comportava come il solito idiota con i capelli da barbie. Gli era
mancato, il suo migliore amico, anche se parlava senza ragionare. Come
in quel momento.
"Non capisco perché siamo dovuti venire in questo negozio di
vestiti, io volevo andare a vedere i videogiochi! Perché?"
piagnucolava nonostante le sue labbra fossero piegate in un sorriso
ebete.
"Per dei semplici motivi" disse Rose scostando le tende del camerino e
uscendo con una maglietta a maniche lunghe a motivi floreali. Frank
alzò i pollici in segno di approvazione mentre la rossa
alzava le dita della mano come se stesse contando qualcosa:
"Punto uno" iniziò "Dominique ha dimenticato la valigia a
casa e
non potrà indossare per sempre i vecchi vestiti di Vic".
"Soprattutto perché non ho la sua stessa taglia"
grugnì l'altra infastidita.
"Punto due. Quando ha iniziato a piovere questo era il negozio
più vicino."
"Ma ha smesso di piovere secoli fa" sbuffò Scorpius
buttandosi lungo disteso sul divanetto delle attese.
"Punto tre" continuò impassibile Rose "Tu non sai nemmeno
cosa sia una videogioco".
"Appunto! Voglio vedere cosa sono".
"Ne parli come se fossero una razza di draghi estinta da secoli" gli
fece presente Dominique uscendo anche lei dal camerino.
La sua migliore amica era veramente sexy. Aveva costretto i lunghi
capelli rossi in uno chignon sfatto e alcuni ciuffi le ricadevano
delicatamente sul collo, la maglia che indossava aveva uno scollo a
barca che le lasciavano scoperte le spalle, le maniche lunghe restavano
strette per buona parte del braccio ma in prossimità del
polso
si allargavano facendo un bell'effetto. Era di varie
tonalità di
azzurro, mischiate tra loro come se chi l'avesse fatta fosse uno di
quei strambi pittori moderni lanciando schizzi senza un criterio
preciso.
"Sta benissimo, Domi", le garantì sorridendo. La ragazza
rimase
davanti allo specchio a fissarsi in tutte le angolazioni evidentemente
scettica.
"Non mi piace", disse infine tornando dentro il camerino senza dar loro
il tempo di ribattere.
"Ma sei impazzita! Devi assolutamente prenderla" sbottò Rose
entrando nello stesso camerino.
"Non mi piace" la sentirono ripetere.
Frank scosse la testa mentre Scorpius si alzava brandendo in mano...
decise di non indagare su cosa fosse effettivamente.
"Ehi, Rosellina-Stellina?" disse quello aprendo la tende del camerino
di scatto. Frank si sentì andare totalmente a fuoco.
Ma è
impazzito o cosa?
Dentro Dominique stava tentando di togliersi la maglietta mentre Rose
tentava di ricacciargliela per convincerla su quanto stesse bene.
Quando Scorpius aveva scostato la tenda le due si erano bloccate subito
in una scena molto equivoca. Dominique aveva la maglietta alzato fino
al reggiseno e tentava di spingere lontano Rose la quale teneva le mani
ben chiuse sulla maglietta. Entrambe avevano un'espressione imbarazzata
e omicida.
"Tesoro!" fece Scorpius assolutamente ignaro delle maledizioni che
uscivano dagli occhi delle ragazze "Che ne dici di provarti questo?" E
così dicendo mostrò quello che teneva in mano.
Un completo di intimi in pizzo scandalosamente sexy.
"Cosa ti frulla su quella testa?!" sbottò Rose con le
orecchie
rosse mollandogli un bel pugno sullo stomaco che lo fece indietreggiare
di parecchi passi.
Quando le due si rinascosero dietro la tenda, il suo idiota quanto
biondo migliore amico si girò a guardarlo con un sorriso
totalmente fuori luogo:
"E' così adorabile quando mi prende a pugni".
"Sì, se sei un masochista" gli fece presente.
Londra, Ufficio Auror.
James adorava l'Accademia. Non quanto Hogwarts, ma l'adorava.
Sul serio.
Innanzitutto non c'erano tutte quelle regole e non si seguivano le
lezioni pallose, uin più lì tutti lo adoravano.
Ok, non
proprio tutti. Ma stava bene.
Era bello stare in Accademia.
Era bello stare in Accademia.
Era bello stare in Accademia.
Io amo l'Accademia, ovvio!
"Matricola, vammi a prendere un succo di zucca".
Aaaargh, voleva tornate ad Hogwarts!
"Certo, signore", disse con un sorriso tirato che nascondeva la sua
voglia di prenderlo a pugni.
A onor del vero non si trovava all'Accademia, ma direttamente negli
Uffici Auror dove stava facendo la sua solita lezione settimanale sul
campo. Ovvero, doveva passare un giorno a settimana sul 'campo' per
sapere come si comportava un Auror. Meglio ancora, fare lo schiavetto
per un tizio che non lo sopportava per ventiquattro ore a settimana. Il
tizio in questione era un tale Reim Rainsworth il quale hobby era
mandare James a fare le consegne più inutili e stupidi della
storia dei poveri stagisti dell'Accademia.
Amen.
In ogni caso si alzò per andare a prendere quel maledetto
succo.
Borbottando maledizioni, s'intende, se qualcuno gli avesse chiesto cosa
stesse borbottando avrebbe risposto che stava ripassando per l'esame.
Tiè.
"Ehi, Jamie"
"Stavo solo ripassando per l'esame, lo giuro!" si girò di
scatto verso la voce.
Si ritrovò davanti a suo padre in mise da Auror che
lo fissava perplesso in viso. Dietro di lui c'era lo zio Ron e poi i
due agenti nuovi.
"Ohi, papà." si risolse a dire "che cosa ci fai qui?"
"Io ci lavoro qui, Jamie" gli fece presente guardandolo preoccupato.
Ah, sì.
Giusto.
"Io ho una consegna per sir Rainsworth" fece indicando il bicchiere
colmo di succo di zucca.
"Ah capisco, sei in stage" e gli arruffò dolcemente i
capelli "Noi abbiamo da lavorare, ci vediamo a casa".
"Va bene" disse cercando di trattenere lo sguardo pieno di
curiosità che rivolse alle loro schiene mentre si
allontanavano.
Si riscosse e si diresse verso la scrivania del suo capo meditando un
modo per origliare la conversazione senza essere scoperto. L'ufficio di
suo padre era circondato dal muffiliato e quindi scoprire qualcosa con
le Orecchie o aggegi simili era fuori questione. E pure mettersi fuori
dalla porta, lo avrebbero beccato subito.
Mise una mano in tasca e con un sorriso constatò che
sì,
si era portato dietro quell'aggegio babbano modificato da Al in grado
di registrare le conversazioni.
Aveva detto di chiamarsi cimice, nel mondo babbano, ma il fratello lo
aveva potenziato in modo che non venisse distrutto dalla presenza della
magia ed in più mandava subito le conversazioni in uno
specchio
in camera di Al.
Suo fratello, quando voleva, diventava un maledetto genio.
Strinse le dita intorno al piccolo fermaglio. Il problema era farlo
entrare nell'ufficio di suo padre senza che qualcuno se ne accorgesse.
"Finalmente! C'era fila, per caso?" fece antipatico il despota.
"Ho incontrato mio p... il Capo Auror" si corresse cercando di non
ringhiare.
"Oh, è arrivato!" sbottò quello. Evidentemente
doveva
provare antipatia per tutta la progenie Potter "Portagli queste carte".
E senza guardarlo negli occhi gli passò un plico di fogli da
firmare dietro il quale James rischiò di essere sepolto.
"V-va bene" disse cercando di non far cadere nemmeno uno di quei fogli
e di trattenere al contempo il sorrisetto di vittoria. Lassù
nel
cielo ci doveva essere qualcuno follemente innamorato di lui, adesso
sapeva dove mettere la cimice.
**
Polonia, Foresta di
Biełowietza.
Melody non riusciva a capire come potesse sentirsi sia sollevata che
spaventata allo stesso tempo per la medesima cosa.
Fred.
Era sollevata che si fosse risvegliato, aveva creduto che gli fosse
sucesso qualcosa e rivedere il suo sorriso sarcastico era stato
estremamente rassicurante. Ma ne era anche stata spaventata. Per tutto
il tempo in cui era stato svenuto non aveva fatto altro che borbottare
strane parole nel sonno e più di una volta l'aveva afferrata
incosciamente impedendole di muoversi. Una volta l'aveva presa proprio
quando aveva deciso di smetterla di stargli seduta accanto e di andare
a farsi un giro, appena si era alzata dalla sedia si era sentita
afferrare per il braccio e Fred aveva sussurrato qualcosa tipo: "Non
c'è nessuna possibilità di scegliere?"
Aveva sentito un brivido partire dal punto in cui la mano del ragazzo
si stringeva sul suo braccio raggiungere il suo cuore che aveva
iniziato a battere sempre più velocemente.
Portò le ginocchia sotto il mento stringendole con le
braccia. Era felice che Fred si fosse risvegliato ma...
...aveva paura
di lui.
Non sapeva se considerarla una cosa sciocca, ma da quando si era
svegliato si era accorta del profondo terrore che la invadeva ogni qual
volta posasse i suoi occhi blu su di lei. Lui poteva ucciderla in
qualsiasi momento, doveva
farlo, eppure non lo aveva ancora fatto. Perché?
Chiuse gli occhi chiedendosi perché fosse nata, sarebbe
stato
tutto più semplice se non fosse mai esistita. Portava solo
dolore e distruzione ovunque andasse.
Quando riprì gli occhi si sentì congelare, non
vedeva
più il rassicurante paesaggio della foresta polacca ma solo
un'infinita distesa di oscurità e lei era seduta sopra la
superficie dell'acqua che ricopriva quel luogo immenso.
Oh no...
Poteva significare solo una cosa e quella consapevolezza la fece
tremare come una foglia. Dall'acqua uscì la figura di un
uomo
dai lunghi capelli neri, il volto completamente liscio e privo di
occhi, naso o bocca.
L'Uomo senza volto. La paura crebbe dentro di lei, non poteva fare
nulla e Fred era ancora nella casetta sull'albero per riposare, nessuno
sarebbe venuto ad aiutarla.
Melody.
"No, lasciami stare" disse quando l'Uomo tentò di
accarezzarle il viso con una mano.
Non
ricordi ancora, mia preziosa Melody?
Senza che volesse delle lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi,
sentiva una strana sensazione di nostalgia in gola che le impediva di
singhiozzare liberatamente. Non riusciva a muoversi.
Non
piangere.
Le dita erano lunghe e pallide mentre percorrevano il suo viso e le
asciugava le lacrime come se stesse scrivendo una storia sulla sua
pelle.
Il
tempo, Melody. Sarà il tempo a far riemergere tutto.
La sua voce era calda e rassicurante, si ritrovò a
desiderare di
poter ricordare, lei voleva ricordare. Voleva sapere chi fosse
quell'uomo per poter rivedere ancora i suoi occhi e il suo sorriso.
Perché gli sembrava così familiare quel tocco sul
suo
viso?
Capirai
presto di non essere come le altre foglie in balia del vento.
Chiuse gli occhi incapace di fermare lo scorrere delle lacrime.
Potrei assaggiare anche tu la linfa vitale del ricordo.
"Quando?" chiese con la voce rotta. Quando, quell'incubo sarebbe finito
del tutto?
Presto.
Le
assicurò avvicinandosi. Sulla pelle liscia di quel viso si
aprì uno squarcio e iniziarono a formarsi delle labbra
sottili
che si avvicinavano sempre di più a quelle della ragazza.
Presto.
Ripeté mentre Melody abassava lo sguardo completamente vinta
in
attesa del momento in cui le loro labbra si sarebbero toccate.
Non accadde; sentì la presa delle dita sul suo viso sparire
e
scivolò a terra bagnadosi il viso con l'acqua che ricopriva
il
pavimento. Alzò lo sguardo leggermente stordita e vide
davanti a
sé una ragazzo di schiena dai capelli rossi che teneva in
mano
una grande falce dorata.
"...Fred", sussurrò. Il ragazzo girò appena la
testa
guardandola impassibile con i suoi occhi blu poi si scagliò
contro l'Uomo senza viso del quale ora si vedeva un sorriso ambigua
sulla pelle liscia.
"Non pensavo che sarebbe stato il mio discendente
ad attaccarmi" disse prima che tutta la visione sparisse in una
vorticosa spirale e lei si svegliasse nella foresta.
"Fred!" disse cercando di ritrovare la voce. Si alzò di
scatto
ma dovette agrapparsi al tronco di un albero per un improvviso capogiro.
"Fred" lo richiamò iniziando a camminare verso la casa
sull'albero. Iniziò a correre e poi si arrampicò
con
ansia crescente. Forse perché temeva che fosse ancora in
quella
strana dimensione a combattere contro l'Uomo. Se gli fosse sucesso
qualcosa a causa sua...
"Fre...!" lo richiamò interrompendosi di scatto quando
notò che era disteso sul letto addormentato.
Confusa si
avvicinò proprio nel momento in cui lui apriva gli occhi. La
fissò sospettosa borbottando innervosito con la voce
impastata
dal sonno:
"Cosa vuoi?"
"Ucciderti nel sonno!" gli ringhiò contro innervosita senza
nessun motivo. E così detto uscì dalla casetta.
**
Casa
Potter.
Louis sobbalzò facendo cadere le sue pedine dalla scacchiera
e
Al lo guardò perplesso. Anche lui aveva sentito quel
'beeep'.
Poi capì e come una furia si gettò verso
l'armadio,
l'aprì e ci trafugò dentro come un forsennato.
"Che stai facendo?" gli chiese il cugino abbandonando anche lui il
gioco.
Lo zittì con un 'Shhht!' tirando fuori dai suoi vestiti un
normalissimo specchio.
"Ma cosa...?" continuò il biondo ma anche 'sta volta fu
zittito,
ma non da Al, bensì da una voce proveniente da dentro lo
specchio.
Ufficio del Capo Auror
Potter.
Hiro studiò per bene l'ufficio in cui si trovava alla
ricerca di
qualsiasi cosa che potesse far trasmettere i loro discorsi all'esterno.
Sembrava tutto in ordine, ma il suo istinto non sembrava intezionato a
rilassarsi.
C'era qualcosa che non andava. Ma non in quell'ufficio, quel
presentimento lo aveva accompagnato per tutta la mattina. Stava per
accadere qualcosa, anche se non riusciva bene a capire cosa;
già
il fatto che qualcuno fosse riuscito ad accedere nel Tartaro, la grande
dimensione dove risiedevano il Chaos e il Delirium era allarmante.
"Si sieda pure" il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce
piena di fredda cortesia del Signor Potter.
"La ringrazio", disse seguendolo sullo stesso timbro. Nonostante al
loro primo incontro avesse fatto capire che odiava tutta quelle
formalità i due Auror inglesi sembravano aver ripreso a
trattarli con la diffidenza iniziale. Forse perché aveva
rivelato quello cose su Albus Potter? No, il Capo Auror Potter non gli
sembrava il tipo che se la prende per una cosa del genere. C'era sotto
qualcos'altro. Sì, molto probabilmente avevano tentato di
fare
qualche ricerca sulla Base senza trovare, ovviamente, nessuna
informazione. Il semplice fatto che non fossero stati per iniziare le
indagini e che avessero dovuto presentarsi lì di proprio
iniziativa per ricordargli - volendo usare le parole di Sam- che, ehi,
loro esistevano!, faceva capire che il reparto inglese non volesse
più lavorare con loro.
Stupidi e diffidenti
inglesi.
Se proprio doveva indovinare ora gli avrebbe dato delle scartoffie da
leggere sul caso che li avrebbe tenuti impegnati per un po', giusto per
avere ancora una margine di autonomia.
Potter si schiarì la voce cercando qualcosa tra i cassetti
della
scrivenia, quando lo trovò tirò fuori un
fascicolo enorme
e iniziò a parlare con fredda cortesia:
"Qui ci sono tutti i risultati degli ultimi tre anni a questa parte
sul...."
Appunto.
Harry si sentì imbarazzantemente in colpa. Ne aveva discusso
con
Ron dopo aver cercato per lungo e in largo qualcosa rigurdante questa
fantomatica Base ma avevano trovato solo il nulla. Non potevano fidarsi
di loro.
Il giapponese per tutto il tempo in cui blaterò parole a
caso lo
fissò con uno sguardo molto consapevole di cosa gli passasse
realmente per la testa.
Aaaargh.
Rimasero brevemente in silenzio. Poi decise che qualche gentile
convonevole poteva farlo, così riprese a parlare cercando di
mantenere un tono rilassato.
"Avete già trovato una sistemazione".
"Certamente" rispose allegramente il più giovane, Sam
"Abbiamo
trovato un appartamento in un edificio babbano poco lontano
dall'Accademia. Un bel posticino".
"Bene" disse non sapendo esattamente cosa dire. Restarono ancora in un
imbarazzante silenzio, cercò di inventarsi qualcosa da dire
ma
il giapponese lo precedette.
"Lo so che non ci vuole qui" esordì con uno sguardo
determinato di chi non ha tempo da perdere.
Uno a zero per gli
stranieri.
"Non ci fraintenda..." iniziò nervosamente Ron.
"Non ci vuolete qui, non mi sembra di fraintendere" continuò
quello ignorandolo totalmente "Voi non sapete nulla di noi, siamo
saltati praticamente fuori dal nulla. Non pretendo che voi vi fidiate
di noi, considerando che la nostra prima e ultima conversazione
è stata intercettata".
"Dai miei figli" Harry non riuscì a frenare la lingua. Se si
aspettavano che si scusasse...
"Sinceramente, a me la cosa va più che bene" lo sorprese
"Albus
Potter doveva sapere la sua vera natura, solo così
può
decidere la propria strada in futuro in maniera obiettiva".
In cuor suo ricominciò a rivalutarli, ma restava il fatto
che della loro provenienza non sapevano praticamente nulla.
"Signor Thai..."
"Hiro" lo interruppe "Odio i formalismi, glielo ho già
detto".
"Lo stesso vale per me" si sentì sorridere. Non andava bene,
doveva ricordarsi che quei agenti erano delle maledette spinde nel
fianco.
"Allora questa farsa è decisamente stupida"
sbottò Hut
"Vogliamo la stessa cosa. Tutti questi giri di parole non porteranno a
nulla. Capiamo che vi risulti difficile fidarvi di noi, ma non potete
combattere questa battaglia da soli".
"Ah no?" fece Ron incrociando le braccia e pronto a dimostrare quanto
fossero bravi gli inglesi a combattere le proprie battaglie.
Il giapponese lanciò uno sguardo ammonitore al suo
sottoposto
prima di parlare: "E' una cosa che non riguarda solo voi. La cosa
migliore da fare è unire le forze per combattere un nemico
comune".
Si massaggiò stancamente la radici del naso, quella giornata
si stava rivelando molto lunga e faticosa.
"Avete ragione, non ci fidiamo di voi" concesse "Ma avete anche ragione
a dire che dobbiamo unire le forze. Ci siamo comportati in maniera
infantile".
"Quindi?"
"Quindi, benvenuti nella squadra, agenti".
Il momento idilliaco fu interrotto dal rumore di un'allarme proveniente
dalla cintura di Hiro.
"Cosa...?"
"Maledizione!" imprecò quello "Lo sapevo che c'era qualcosa
che non andava!"
"Che succede?" chiesero scattando in piedi e afferrando le bacchette.
"La Londra babbana è sotto assedio".
**
Londra Babbana.
"Hai tutte le labbra sporche di schiuma" rise Rose e Scorpius
ricambiò con un dolce sorriso mentre si puliva con un
tovagliolo.
"che imbranato" lo prese Frank in giro evitando per un pelo un pezzo di
muffin "Che maleducato, non te l'hanno mai detto che non si gioca con
il cibo?".
"Che razza di amico" sospirò teatralmente il
biondo mentre
le porte dello Starbuks si aprivano facendo suonare i campanellini.
"Questa cosa dovrei dirla io!" fece fintamente offesa Dominique
"Ovunque vada, mi mettete subito in imbarazzo".
"Come sei nooooiosa" fece cadere la testa sul tavolo beccandosi un
rimprovero dalla sua Rosellina "Ammettilo, senza di noi ti annoiavi in
Franciahia"
si lamentò quando venne schiaffeggiato sulla nuca.
"Sai cosa?" fece la mezza Veela rubandogli quel che restava del
caffé "Hai perfettamente ragione"
Fece un po' di scena sul fatto che gli avesse rubato la bevando ma
sotto sotto ne era felice, quell'acqua sporca babbana faceva schifo.
Voleva una burrobirra.
Ma poi, sentì uno strano formicolio sulla nuca e senza un
vero e
proprio motivo afferrò per il braccio Rose gridando
seriamente:
"GIU!" gettandosi sotto il tavolo mentre degli incantesimi sfrecciavano
dove si trovavano poco prima.
Fortunatamente anche Frank e Dominique avevano eseguito l'ordine.
Lanciò uno sguardo alle proprie spalle e vide che tra le
urla
generali di terrore dei babbani degli uomini avvolti in manti neri
lanciavano incantesimi verso la loro direzione.
Rose prese la bacchetta ergendo uno scudo intorno a loro.
"Smaterializziamoci" gridò Dominique.
"Non possiamo!" fece Frank terrorizzato "Non senti? Ci sono gli stessi
blocchi che ci sono ad Hogwarts".
"Morale della favola, non ci si può smaterializzare o
materializzare in questa area" spiegò shoccato.
"E di che aria stiamo parlando?"
"Probabilmente" fece Rose rinforzando lo scudo "Una buona parte di
Londra".
"che bella notizia! Stupeficium!"
"Allora, qual è il piano?" chiese Frank lanciando a sua
volta un incantesimo.
"Io lo so, io lo so!" disse cercando di non sbattere la testa sulla
tavola.
"Sentiamo, Scorpius" sbuffò Rose.
"Improvvisiamo, no?" rispose con il solito sorriso da idiota.
"Buffone" lo rimproverò la sua ragazza lanciando altri
incantesimi.
"Allora" iniziò Dominique in modo molto più serio
rispetto a lui "Guadagniamo l'uscita e cerchiamo un modo per chiamare
aiuto o per smaterializzarci".
"Sì, è la cosa migliore" le diedi corda Frank "Io
e
Scorpius vi copriamo le spalle fino all'uscita, dopo capovolgiamo i
ruoli".
"Perfetto" accordò Rose "Al mio tre iniziamo a correre, ci
nascondiamo dietro quel tavolino e dopo partite voi".
"Bene"
"Allora... uno, due... tre!"
"Protego!" gridò il biondo fortemente mentre Frank
lanciò
uno schiantesimo verso uno degli ammaentati. Rose e Dominique
corsero fino ad arrivare al sicuro dietro a un tavolo e una volta
lì dietro diedero il cambio a Scorpius e Frank.
Riuscirono così a guadagnare l'uscita.
"Ahia!" gemette Frank rovinando a terra.
"Frank!" lo chiamò Rose impedendogli di sbattere la testa
sull'asfalto.
"Merda!" imprecò invece Dominique e Scorpius le diede
totalmente
ragione. Anche fuori dall'edificio erano circondati dai tizi col
cappuccio.
"Per di qua!" gridò afferrando gli amici per le mani e
correndo di lato cercando di evitare tutti gli incantesimi.
"Prendeteli!" li sentì gridare. Loro continuarono a correre
nascondendosi in una stradina laterale.
"Chi sono? Che cosa vogliono?" ansimò Dominique.
"A voler indovinare, Deliranti" rispose Frank.
"Che cosa vogliono da noi?" sbottò Rose.
"Guardiamola da questa prospettiva: tre di noi sono figli di eroi di
guerra e uno è una figo assurdo!"
"Scorpius!"
"Esatto, sto proprio parlando di me"
Frank si fermò cinque secondi, lanciò un
incantesimo di barriera dietro di loro, poi li raggiunse.
"Dove andiamo? Loro non mollano la presa".
"Ho un'idea!" disse Scorpius lanciando prima uno sguardo al cartello
che indicava la via e poi al suo orologio.
"Se si tratta di improvvisare, giuro che ti ammazzo" gli fece presente
Domi.
"Tranquilli, per di qua" e senza nessun preavviso iniziò ad
arrampicarsi su per una scala anti-incendio. Fortunatamente gli altri
non fecero domande e lo seguirono su fin sopra l'edificio. Peccato che
i Deliranti li seguirono prendendo terreno sempre più
velocemente.
I quattro ragazzi continuarono a correre ma una volta sul bordo del
cornicione furono costretti a fermarsi.
"La vostra corsa finisce qui!" ringhiò soddisfatto uno dei
loro inseguitori.
"Ehi, non potremmo, tipo, parlarne?" tentò Rose
maledicendo le idee malsane del suo ragazzo, il quale stava
contando sottovoce.
"Vi conviene arrendervi e smetterla di fare resistenza"
intimò il tizio. Scorpius
bonariamente, come se nessun tizio lo stesse minacciando, disse:
"Oh, ci piacerebbe davverio tanto fare la vostra
conoscenza. Ma si è fatto tardi. Adieu."
E così dicendo afferrò i suoi amici per i gomiti
e li fece cadero con lui giù dal cornicione della casa.
Casa
Potter.
"Oh, ciao" disse Lily timidamente quando aprendo la porta di casa ci
trovò davanti il Tedesco.
Ma che strano,
pensò ironicamente.
"Salve Lily" disse quello con un sorriso più rilassato del
solito. Che fosse per la serata passata? "Sono venuto a sapere come
stavi".
"Molto bene" gli disse senza trovare il coraggio di sbattergli la porta
in faccia. Anzi, pensando alla serata le veniva particolarmente
difficile fare l'antipatica con lui. Quella mattina ci aveva
spettegolato su con Rox, la cugina aveva riso dicendo che probabilmente
il ragazzo si era preso una cotta per lei.
Lily ne dubitava seriamente, perché era vero che in quel
momento
si era presentato con un vero sorriso amichevole, ma dalle visite
precedenti sembrava che qualcuno lo stesse costringendo a socializzare
con lei.
Andrebbe molto d'accordo con Louis.
"Tu?" gli chiese per spezzare il silenzio imbarazzante.
"Molto bene anche io, grazie" rispose sempre cortesemente. Ecco, forse
era quella la cosa che inizialmente le aveva dato fastidio: la sua
perenne cortesia.
"Ti andrebbe di uscire? Di... passare un po' di tempo con me, ecco",
aggiunse imbarazzato. Era veramente adorabile quando arrossiva come in
quel momento. Quel rossore era semplicemente delizioso.
Cercò di
trattenere un sorriso serpentino, abassò la testa e sorrise:
"Certamente. Mi va di passare del tempo con te" lo canzonò
imitando il suo accento straniero "Dammi il tempo di cambiarmi e di
avvertire Al..."
"Non importante, sei molto graziosa anche così" disse
precipitosamente lui alzando un braccio quasi volesse afferrarla
"Andiamo subito" aggiunse con un sorriso tirato.
Lo guardò cercando di nascondere la perplessità,
non
riusciva a capire perché improvvisamente avesse tutta quella
fretta.
"Va bene" acconsentì alla fine, chiudendosi la porta alle
spalle "Dove andiamo?"
**
Londra
Babbana.
Qualcosa fermò la caduta di Rose, poi si sentì
scivolare
giù da qualcosa in movimento ma venne prontamente afferrata
da
Scorpius e riuscì a trovare una sorta di equilibrio.
La cosa su cui erano precipitati si stava muovendo velocemente tra gli
edifici babbani, sembrava un treno. Il suo ragazzo, disteso sulla
schiena, guardò il suo orologio e con un sorriso soddisfatto
disse:
"Puntuali come sempre, i mezzi pubblici Londinesi!"
"Tu lo sapevi?" Boccheggiò Frank con qualche
difficoltà a mantenere la presa sul tetto di quel mezzo
babbano.
"Certo che lo sapevo" si girò sulla pancia "Pensavi che
stessi tentando il suicidio?"
"Sapendo quanto sei deviato? Sì"
ringhiò Dominique ancora spaventata da quello scherzetto.
"Come facevi a sapere che sarebbe passato?" chiese Rose con gli occhi
le lacrimavano per il vento.
"Semplice, mi sono imparato a memoria tutti gli orari dei mezzi
pubblici di Londra" fischiettò allegro.
"Farò finta non voler sapere perché tu te li sia
imparati a memoria"
"Mi annoiavo" ammise "Ecco, fra pochi metri c'è la nostra
fermata".
"Li avremo superati?" chiese preoccupato Frank.
"Me lo auguro"
"Arrivati!" avvertì Scorpius e il treno iniziò a
rallentare la sua corsa. Loro rotolarono a terra cercando di non farsi
troppo male. Una volta messi i piedi sul marciapiede Frank
baciò
la terra.
"Grazie a Merlino, pensavo di morire spiaccicato sull'asfalto"
"Uomo di poca fede" si offese il suo migliore amico.
"Cosa facciamo, adesso?" li riprese Rose legandosi i capelli in una
coda veloce.
"Non siamo tanto lontani dal Ministero Magico" fece Dominique guardando
dove si trovasse "Potremmo chiedere asilo".
"Non voglio entrare in un cesso" piagnucolò Scorpius
beccandosi molti sguardi straniti da buona parte dei babbani.
"Innanzitutto, togliamoci da qui" decise velocemente Rose.
"Rose!"
La citata si girò verso la voce familiare e con gli occhi
colmi
di gratitudine si gettò tra le braccia del nuovo arrivato:
"Papa!" disse sollevata.
"Signore!" fece invece quello stupido del suo fidanzato scattando come
un militare babbano.
"Non siamo in servizio" lo riprese suo padre. Dietro di lui stava lo
zio Harry e due Auror che non aveva mai visto. "State bene?" aggiunse
brusco guardando gli altri.
"Sì, più o meno" fece una smorfia Frank tenendosi
il braccio che era stato colpito da uno dei Deliranti.
"Cosa sta succedendo?" Chiese Dominique.
Gli adulti però non risposero, si limitarono a lanciarsi
degli sguardi poi Harry si schiarì la gola:
"Ron, portali al Ministero. Lì i camini per smaterializzarci
funzionano ancora. Dopo raggiungici con una squadra".
"D'accordo"
"Ma voglio aiutare!" sbottò Scorpis "Sono un Auror anche io!"
"Un aspirante Auror" lo corresse Ron "Non puoi venire con noi. Questa
non è una lezione" Rose fu assolutamente d'accordo con suo
padre, conosceva il suo ragazzo e non voleva che si immischiasse in una
cosa così seria e pericolosa.
Il biondo sembrava voler rispondere a tono ma lo prese per un braccio
interrompendo qualsiasi cosa fossa intenzionato a dire.
"Andiamo, allora. Harry, fa' attenzione"
Lo zio fece un segno affermativo poi loro iniziarono a correre verso il
luogo sicuro.
"C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo"
Harry si girò verso Hiro: "Cosa intendi dire?"
Il giapponese si accarezzava il mento pensieroso con lo sguardo
concentrato nel vuoto: "Se avessero sul serio voluto rapire quei
ragazzi non li avrebbero lasciato fuggire così facilmente.
Li avrebbero presi subito senza dar loro il tempo di reagire. E in
più..." lasciò cadere la mano tirando fuori la
propria bacchetta "Non avrebbero fatto scattare gli allarmi che abbiamo
piazzato. Non avrebbero mai fatto tutto questo baccano"
Sam annuì seguendo il suo ragionamento "Sembra quasi che
volessero farsi scoprire"
"Si possono rendere intracciabili grazie ad alcuni loro incantesimi,
perché questa volta non li hanno usati?"
"Semplice" fece Harry "E' una trappola".
Ci fu un silenzio generale mentre l'affermazione del Capo Auror
prendeva consistenza nelle loro menti.
"E' la soluzione più ovvia" annuì infine Hiro.
"Noi siamo l'esca"
"Ci vogliono tenere bloccati qui mentre si occupano del loro vero
obiettivo"
"Qual è il vero obiettivo?" Harry si massaggiò la
radice del naso cercando di sforzarsi a comprendere la logica del loro
nemici.
Una luce di comprensione illuminò gli occhi neri
dell'orientale. Con uno scatto mosse la bacchetta facendola diventare
un grande spadone circondato da una forte luce blu.
"Vostro figlio" ringhiò "Vogliono rapire vostro figlio per
trovare Giorgia".
NDA:
Taddadaaam, vi mancava la suspance?
(nonmiricordomaisesiscrivecosìaiut)
Be', inizia l'azione, anche se questo è solo l'inizio. In
ogni caso, sono curiosa di leggere le vostre supposizioni sulla Base e
sui due misteriosi Agenti. Ho già disseminato qualche
inidizio per i capitoli e ovviamente ce ne saranno altri but, sarebbe
divertente vedere cosa ne pensate voi.
Dai dai, sono sul serio curiosa :>
Sto anche iniziando un disegno come ''copertina'' per questa storia ma
probabilmente lo finirò nel duemilamai.
Auf auf.
ps, un grazie enorme a tutti voi che leggete, anche ai lettori
silenziosi c:
V.
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Capitolo 10 *** I bambini maledetti ***
jgku.vu
Cap. 9
I bambini maledetti.
**
Quando Al
riaprì gli occhi
la prima cosa che vide fu una distesa di candele tremolanti, sotto la
pelle della sua guancia avvertiva il freddo del pavimento.
Strizzò gli occhi non riuscendo a mettere bene a fuoco il
luogo
in cui si trovava, poi provò ad alzarsi trovandosi
però
le mani legate insieme e dovette acccontentarsi di una posizione seduta.
Dolorante studiò il luogo in cui si trovava: era una grande
stanza circolare racchiusa in muri grigi pieni di quadri dai colori
scuri e sanguigni, il pavimento era a scacchi bianchi e neri e sopra
ogni quadrato c'era una candela accesa, alla sua sinistra si stagliava
alta una credenza contenente libri, bambole di pezza stracciate e
argenteria. Abbandonato su un angolo c'era una vaso pieno di fiori
rossi rovesciato e scheggiato. Intorno a sè sentiva lo
sgocciolare dell'acqua anche se non riusciva a individuarla.
Chiuse gli occhi cercando di domare il martellante mal di testa
cercando di capire come fosse finito lì; ricordava di aver
spiato la conversazione agli uffici Auror con la microspia, ricordava
la conversazione e che Londra era stata attaccata. Poi la cosa si
faceva confusa, la luce era improvvisamente mancata nella stanza e
qualcosa lo aveva colpito alla nuca facendogli perdere i sensi. Alla
fine si era svegliato lì senza sapere chi lo avesse portato
lì e perché.
Un piccolo brivido gli scese lungo alla schiena quando il ricordo della
Cacciatrice di Maghi Oscuri gli si intrufolò nella mente,
scosse
la testa con vigore. Per qualche inspiegabile motivo il suo istinto lo
portava a decidere che non poteva essere stata la Cacciatrice a
portarlo lì, forse perché - e qui la cosa si
faceva
leggermente inquietante- gli sembrava di riconoscere quel luogo.
Con uno scricchiolii sinistro uno dei quadri alle pareti si
staccò scivolando lungo alla parete ma un momento prima che
potesse toccare il pavimento una forza irresistibile lo fece fluttuare
pigramente verso l'alto.
Sentiva il sangue pulsare nelle orecchie e con la gola secca
alzò lo sguardo verso il soffitto. Altri quadri
volteggiavano ad
altezze diverse come se dei fili invisibili li stessero manovrando
dall'alto, ma ciò che gli fece accapponare la pelle furono i
corpi mutilati e lacerati di persone che vagavano in mezzo ai dipinti,
visi sofferenti e deformi lo fissavano con grandi occhi bianchi e
vacui. Una goccia di sangue precipitò da uno dei corpi
colpendolo alla fronte e con il fiato accellerato capì da
dove
provenisse quello sgocciolio.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da tanto orrore, la bocca aperta
in una smorfia di terrore.
"Sono bellissimi, non è vero?" Una candida voce femminile lo
fece sussultare e spostare lo sguardo da quella vista malvagia verso
l'angolo dove stava abbandonato il vaso. Senza che se ne accorgesse
nella stanza si era materializzata una giovane donna dal viso pallido e
affilato, lunghi capelli neri e occhi di un azzurro così
chiaro
che ferivano lo sguardo se fissati troppo a lungo. Teneva tra le dita
un giglio bianco vicino al viso e ricambiava lo sguardo con una
dolcezza che poteva essere solo sua.
Cercò di non farsi distratte da una bellezza così
angelica e con la voce spezzata chiese chi fosse. Quella
lisciò
con la mano libera le pieghe del suo vestito azzurrino mantenendo il
suo sorriso gentile ed enigmatico. Con grazia raccolse tutti i fiori
dai petali bianchi sparsi intorno al vaso e tenendoli in una stretta
delicata tra le dita lunghe e pallide avanzò tra le candele
come
se stesse facendo dei passi di danza fermandosi proprio davanti a lui.
Si abbassò con il viso alla sua altezza lasciando cadere
tutti i fiori che teneva fra le mani intorno a lui.
"Io sono una delle bambine maledette, Candida".
Foresta di Biełowietza.
Quando Fred si era diretto al lavoro dopo i giorni di pausa aveva
capito subito che quella non era affatto una buona giornata. Tale
sensazione aumentò quando Nathalia gli corse incontro
chiamandolo più volte:
"Finalmente ti sei ripreso! Sei sicuro di stare bene?"
"Certo, sono sano come un pesce" le disse simulando allegria "Ci sono
novità?"
"Nah, nulla di speciale. Però è entrata questa
turista che boh, per qualche motivo vuole te come guida".
"Me?" chiese confuso. Chi poteva essere? Nessuno lo conosceva
lì in Pologna.
La bionda annuì aggiungendo: "E' qui da mezz'ora, ma sembra
una di quelle vecchie aristocratechi eccentriche".
Appena la vide Fred non poté non concordare sull'eccentrica,
visto che la donnina che stava seduta su una sediolina non era altri
che Nemesi, senza quelle orribili pantofole rosa, grazie al cielo.
Sentì il sangue ribollire nelle vene.
"Va bene, me ne occupo io" disse rivolto alla collega.
"Certo" ghignò quella mentre si avvicinavano "Caso mai,
quando torni ci metteremo d'accordo per un'uscita a quattro"
Si fermò: "Prego?" doveva aver capito male.
"Ma sì. Io, il mio ragazzo, tu e la tua ragazza".
"...la mia ragazza?" doveva star di sicuro capendo male.
"La ragazza che ha chiamato" poi lo colpì affettuosamente
alla spalla "E bravo, Freddie".
Rimase imbambolato mentre la polacca si allontanava troppo sorpreso per
formulare un pensiero coerente. Melody, la sua ragazza?!
"Allora giovanotto, mostrami questa foresta"la voce di Nemesi lo colse
del tutto impreparato facendolo sobbalzare. Certo, le pantofole erano
rimaste a casa ma la dea aveva ripiegato su un orribile ombrello di
pizzo del medesimo colore.
"Va bene" disse tra i denti uscendo dall'edificio.
Quando furono fuori in mezzo agli alberi e lontano da voce indiescrete
le chiese cosa ci facesse lì.
"Sono qui per rispettare la mia parte di patto e assicurarmi che tu
faccia la tua parte".
"Cos'è? Vuoi aiutarmi a fare la valigia? Lo so che devo
abbandonare Melody come promesso".
"In realtà, sarai tu a scegliere quando andartene" gli
assicurò aprendo l'ombrello rosa sebbene non ci fosse sole o
pioggia "Infatti mentre camminavamo ti ho lanciato una maledizione"
"Che bello! Io adoro le maledizioni" sbuffò ironico.
Nemesi non sembrò curarsi del suo tono "Se non manterrai il
patto decidendo di starle comunque vicino, ti accadrà la
cosa
che più temi al mondo".
Si bloccò in mezzo al sentiero e Nemesi lo guardò
con un
sorriso crudele: "Entrambi sappiamo molto bene di cosa si tratta".
Sì, lo sapeva molto bene e per questo strinse i pugni: "Non
ti bastava la mia parola?"
"Voi essere umani siete imprevedibili e non mantenete mai la parola
data"
Riprese a camminare seguendo quell'orribile dea con l'orribile
ombrello. Forse era il rosa a conferirle il potere.
Inaspettatamente riprese a parlare:
"Il luogo in cui ti ho mandato si chiama Tartaro, un luogo solitamente
inaccessibile agli esseri umani e la patria degli dei. Come avrai
capito inizialmente apparteneva solo al Chaos ma poi
cominciò a
corrompersi"
"Sì, lo so. Ho trovato Chaos e me lo ha spiegato"
"Lo so, caro, ho monitorato tutti tuoi spostamenti. So anche bene che
hai avuto uno spiacevole incontro con la Magia Oscura, Demon, e fatto
una certe promessa".
Ripensò alla bambina che gli era corsa ai piedi in lacrime e
come lui avesse desiderato distruggere tutto ciò che la
faceva
piangere in quel modo.
"Quella bambina" continuò Nemesi indovinando i suoi pensieri
"era il Delirium, sì".
"Quel luogo..." sussurrò Fred "quella bambina...
è stato
come se l'avessi già incontrata, e non perché
aveva lo
stesso aspetto di Melody. Mi sembra di esserci già stato in
passato".
"Fred caro" cinguettò mielosa "tu eri
già stato nel Tartaro".
"C-cosa?" ancora una volta si fermò e Nemesi fu costretta a
girarsi per guardarlo.
"Dimmi, lo sai perché hai questi poteri?"
Scosse la testa frastornato.
"Perché li hai chiesti tu".
**
"Candida..."
ripeté Al come
ipnotizzato. Chiuse gli occhi sforzandosi di pensare, era forse la
ragazza di cui Godric si era innamorato? Quella che aveva creato la
gelosia di Tosca facendola diventare l'assassina che era ora? Quella
che era stata uccisa dalla stessa Tosca?
Riaprì gli occhi sbattendo le palpebre più volte:
"Tu dovresti essere morta".
L'espressione sul viso di Candida non vaccillò e
continuò
a guardarlo con i suoi enormi occhi azzurri: "Lo sono, infatti".
"Ma allora, sono morto anch'io?"
Rise, la sua risata aveva lo stesso suono cristallino, sembrava fatta
di luce: "Certo che no, sciocchino".
"Com'è possibile che noi...?"
"Siamo nella mia stanza, è in questo palazzo che finiscono
quelli come noi una volta morti. Ma si può arrivare anche da
vivi se Lui lo desidera".
"Quelli come noi?" gli formicolavano le mani, ma le corde erano troppo
strette per riuscire a muoversi.
"Certo, bambini maledetti, o come ci chiamano gli altri: Maghi Oscuri".
Sentì il suo cuore cedere qualche battito e si
ritrovò ad
abbassare la testa sotto quell'appellativo. Poi però mise in
moto il cervello e con un sussulto fu preso da una terribile
realizzazione:
"Anche tu sei..."
"Una Strega Oscura, sì" lo interruppe distrattamente
strappando uno a uno i petali di una margherita.
"No, è impossibile" balbettò.
"Perché dovrebbe essere impossibile?" corrugò la
fronte
lasciando cadere lo stelo spoglio e dirigendo le dita verso il suo
viso. Le fece passare sulle guancie, sulle labbra e intorno agli occhi
alla ricerca di ogni dettaglio. Il suo cuore batteva impazzito e per Al
fu facile immaginarsi per quale motivo il Fondatore era stato
conquistato da quella creatura celestiale dal tocco leggero.
Non poteva essere malvagia, si rifiutava di crederlo.
"Io lo sono, proprio come te" continuò con la sua voce
gentile
"Ci sono nata, tutti quanti ci nasciamo. Poi Lui ci chiama, e se
vogliamo rispondiamo. Io ho risposto, tu cosa vuoi fare?" Interruppe il
contatto e lui sentì il volto bruciare dove le dita erano
passate.
"Perché?" gli sembrava di avere carta vetrata in gola e fu
costretto a ripetere "Perché hai risposto?"
Candida si allontanò leggermente dal suo viso congiungendo
le
mani sotto il mento guardandolo dritto negli occhi, era difficile
mantenere il contatto da quanto erano vividi: "Mia madre era gravemente
ammalata per causa mia e mio padre mi odiava, era un inverno molto
rigido quando Lo incontrai. Ero sul sentiero del pozzo, cadevano dei
leggeri fiocchi di neve e avevo le labbra viola"
Vide quella scena in uno dei dipinti ai muri, una piccola bambina dai
capelli neri costretti in due treccine e il viso violaceo per via del
freddo arrancava a fatica lungo un sentiero innevato coperta solo di
pochi stracci e un secchio colmo d'acqua. Quella scena di miseria aveva
un che di bellissimo e terribile che gli fece venire le lacrime agli
occhi. Dal lato opposto del sentiero una figura avvolta in vesti neri
l'aspettava, una figura che aveva la pelle più chiara della
neve
che scendeva.
"Era veramente Bello, sai?" si concentrò di nuovo sul volto
della donna che gli stava di fronte "Fu molto gentile, mi
aiutò
a portare l'acqua e mi chiese cosa desiderassi di più al
mondo.
Io volevo che mia madre stesse bene e che potessi essere amata da mio
padre". Rise "Mi disse che lui avrebbe esaudito il mio desiderio, una
volta a casa avrei trovato mia madre guarita e chiunque mi avrebbe
amata, in cambio chiedeva solo un po' della mia compagnia.
Quando tornai casa trovai tutto come aveva detto lui, mia madre stava
bene e mio padre mi amava, come chiunque incontrassi. Ero felice,
sentivo la mia vita realizzata. Tuttavia..."
Il suo sguardo si intristì e Al sentì quasi il
disperato
desiderio di cancellare quel 'tuttavia' per farle ricomparire il
sorriso.
"Tuttavia" riprese "sebbene il mio più grande desiderio era
stato realizzato, mi accorsi che ben presto mi accorsi che
più
una benedizione era una maledizione. Di tutte quelle persone che mi
circondavano dandomi affetto, chi, chi mi amava veramente? O erano
tutti ammaliati dal potere che mi era stato donato? Qualcuno di loro
aveva sentimenti sinceri e non stregati?
Solo su di Lui il mio potere non sembrava aver effetto, lui mi amava
per quello che ero senza bisogno della magia. Fu lui a insegnarmela, fu
lui a proteggermi o aiutarmi nei momenti di difficoltà. Per
questo quando mi chiese di ammaliare un ragazzo acconsentii, avrei dato
la mia vita per Lui". Il sorriso sereno tornò sulle labbra
della
ragazza facendogli battere ancora pià velocemente il cuore,
non
pensava che una cosa del genere potesse accadere.
"Si chiamava Godric Grifondoro, dovevo farlo innamorare di me e fingere
di ricambiare. Lo feci da ragazza e anche una volta diventata donna,
sebbene lui stesse con un'altra. Erano gli ordini, per Lui questo e
altro".
"Sei stata ingannata" riuscì a dire con la voce roca,
deglutì un paio di volta a vuoto.
"Ingannata?" inclinò leggermente la testa in un'espressione
interrogativa.
"Sì, lui costrinse Tosca a ucciderti! E' per colpa di Demon,
di Lui, se sei morta".
"Lo so" rispose sempre più confusa "Faceva anche quello
parte del piano".
"Ma-ma, così tu sei morta!"
"E allora? Che me ne importava della vita, avrei dato qualsiasi cosa
per Lui" ripeté appoggiando i palmi delle mani sulle guancie
del
ragazzo e sollevando il volto a pochi centimetri dal suo "E poi Lui
viene sempre a trovarmi qui, passa molto tempo con me. Dice che grazie
a me lui potrà essere felice. E se lui è felice
sono
felice anch'io".
Cercò di sottrarsi a quel contatto e abbassò lo
sguardo
in una posa sconfitta: "Ma io cosa c'entro in tutto questo?"
"Sei come me, anche tu hai diritto a qualche desiderio, Lui li
esaudirà, in cambio dovrai farGli compagnia. Vedi..." il suo
sguardò si intristì "Lui è molto solo
e infelice".
"L'Oscurità è
infelicità".
"Non è vero, è solo il desiderio di
felicità".
"Lì non la si troverà mai".
"Io l'ho trovata, ma tu che rifiuti tutto questo sei felice?"
Serrò le labbra distogliendo lo sguardo e fissò i
fiori
dai petali bianchi sparsi intorno a lui, alcuni avevano delle macchie
vermiglie per via dei corpi mutilati e sanguinanti che volteggiavano
sopra le loro teste, la cosa lo fece rabbrividire e improvvisamente
sentì freddo ovunque.
Candida sollevò gli occhi e indovinando i suoi pensieri:
"Quelli sono i corpi delle vittime"
"Vittime?" cercò di reprimere il terrore che provava.
"Sì, le persone uccise da un bambino maledetto"
"Sono così tante..." gli veniva da vomitare, davvero quella
donna dall'aria così innocente aveva assassinato
così
tante persone?
"Non sono stata io" affondò una mano tra i capelli mori del
ragazzo in una lieve carezza.
"Ah, no?"
"No, quelle sono le tue
vittime".
**
Foresta di Biełowietza.
"IO?" urlò Fred.
"Tu" confermò tranquillamente la psicopatica chiudendo
quell'orribile ombrello.
"Perché mai avrei voluto una cosa simile?!"
Lo sguardo della dea si addolcì: "davvero non ricordi nulla?"
"Cosa dovrei ricordare?"
"Qualcuno lo ha sigillato nella tua mente, forse tu lo hai associato a
un sogno e quindi dimenticato"
"Non ignorarmi! Cos'altro devo sapere?"
"Ti mostrerò tutto, risveglierò questo tuo
ricordo, caro
Fred. Ma prima devi sapere qualcos'altro sul Tartaro. Lì,
non
importa quale sia la tua età nella terra, ti presenterai
nell'attimo in cui sei stato più potente. Potresti avere sei
anni, come sessanta, ma nel Tartaro ti presenterai come un ventenne.
Perciò non preoccuparti di quello che vedrai e scoprirai".
"Nemesi, taglia" borbottò impaziente.
"Kelly" lo corresse scocciata "Ti sto dicendo tutto questo
perché avvenne tutto quando eri un bambino di cinque anni,
ma
una volta nel Tartaro hai ragionato come l'ultima volta in cui ci sei
stato".
Prese un bel respiro "A cinque anni sono entrato nella dimensione degli
dei?"
"Sì, impressionante vero?"
"Com'è successo?"
"Giocavi, e hai trovato una delle porte".
"...Per caso?"
"Questo dipende se credi o meno nel Caso".
Un altro lungo respiro, ci voleva pazienza. Taanta pazienza.
"Ok, lo deciderò più tardi. Ora non ti dispiace
risvegliare questo fantomatico ricordo?"
Nemesi stirò le labbra nel suo sorriso da squalo: "Molto
volentieri".
Stava precipitando nel
vuoto, il che non era una bella sensazione.
Specialmente perché non capiva quanto tempo stesse passando.
Settimane? Mesi, anni, secoli?
Proprio quando
cominciava ad accettare l'idea di morire in caduta
libera intravide un leggero bagliore dal fondo, poi cadde di pancia su
un pavimento a scacchi immerso per pochi centimetri nell'acqua. Si
alzò stupendosi che nonostante la caduta di parecchi metri
non
si fosse fatto nulla e guardò l'apertura da cui era caduto
trovando solo oscurità a non finire. E intorno a
sé non
vedeva altro, solo una grande coagulo di notte, la grande cosa nera.
Fred ebbe paura sebbene non ne avesse mai provata per il buio. Ad
essere sinceri, a terrorizzarlo era il non sapere come risalire e la
reazione di sua madre, quella era la volta buona che lo chiudeva in
casa.
E tutto
perché era caduto dentro uno stupido
buco. Prese un bel respiro iniziando a camminare, da qualche parte
doveva esserci di sicuro un'uscita, almeno quella d'emergenza.
Intorno lui c'era solo
l'assardonte silenzio interrotto solo dai suoi
passi nell'acqua. Più andava avanti, più questa
diminuiva
e finalmente fu felice di camminare sull'asciutto senza quell'acqua
fredda che si insinuava nelle scarpe. Nel suo avanzare a tentoni
andò a sbattere contro qualcosa di liscio e freddo.
"Ahia" si
lamentò senza curarsi di fare silenzio. Massaggiandosi
la testa riaprì gli occhi e notò che si era fatta
un po'
di luce, era andato a sbattere contro una porta che per via
dello
scontro si era aperta rivelando una stanza ampiamente illuminata.
Il momento di gioia fu subito smorzato dalla scoperta che la
porta stava in piedi da sola, senza l'ausilio di pareti. Era ritta e in
piedi in mezzo al buio. La superò senza entrarci ma dietro
non
c'era nessuna stanza illuminata, continuava solo il buio.
Tornò
indietro riposizionandosi davanti confuso, da lì la
stanza ricompariva. La cosa lo inquietò, che fosse un
portale?
Magari era quella era l'uscita d'emergenza, ma c'era da fidarsi.
Fu qualcos'altro a
scegliere al posto suo.
Mentre ancora rimaneva
impalato di fronte a quella porta cercando di
decidersi sul da farsi una forte corrente calda e puzzolente investirlo
dalle spalle e quasi perse l'equilibrio. Il tutto seguito da un forte
ruggito che lo fece tremare di paura, ovviamente. Si trovò
davanti un mostro che aveva approffitato della sua indecisione per
prenderlo alle spalle; era orribile, assomigliava a una libellula
grande quanto un Ungaro Spinato, gli occhi erano sporgenti gialli e
opachi, il corpo squamoso con due ali trasparenti piene di squarci. Ma
la cosa che attirò la sua ettenzione su la bocca enorme
provvista di denti aguzzi e grossi come rocce, era da lì che
proveniva l'odore nausabonda di cadaveri in putrefazione, in
più
sbavava.
Non perse tempo nel
riflettere, attraversò la porta un attimo
prima che le zanne si rinchiudessero con uno schiocco nel posto dove si
trovava un attimo prima la sua testa. Senza tante cerimonie
cercò di chiudergli la porta in faccia (se si può
parlare
di faccia) ma il mostro infilò una della tante zampe pelose
sulla'apertura tentando di afferrargli faccia, infatti notò
che
terminavano con cinque uncini aguzzi e letali. Avrebbe tanto voluto
urlare ma aveva la voce incastrata in gola in più le sue sue
forze stavano cedendo e ben presto perse l'equilibrio cadendo a terra.
A salvarlo fu un lupo dal lungo pelo bianco che con un ululato si
gettò contro il mostro azzannando le zampe.
Fred era troppo
spaventato anche solo per pensare qualcosa. L'attacco
dell'animale sembrò funzionare perché l'insettone
si
disintregò in cenere.
"Dove sono finito...?"
sussurrò tremante. Il lupo lo
superò con un balzo e lui si girò guardando
finalmente la
stanza dove era era finito. Era una stanza rotonda dal pavimento a
scacchi, grossa tente incorniciavano delle finestre e delle cassapanche
e credenza curva circondavano i muri colme di bambole e altri pupazzi
dalle fatezze inquietanti.
"E tu cosa ci fai qui?"
Sussultò
girandosi verso la voce, seduta con grazia si un divano
una ragazza lo guardava con genuina curiosità. Aveva dei
lunghissimi e vaporosi capelli azzurri che circondavano un viso
affilato e pallido spruzzato da delle efelidi dello stesso colore, gli
occhi brillavano di un blu elettrico da sembrare fuoco liquindi.
Indossava un abito bianco da principessa con la gonna mezza stracciata
e pieno di nastrina. Tra le braccia stringeva un pupazzo nero che
contrastava con la sua chiarezza.
"Sono caduto in un buco"
balbettò terrorizzato cercando di
strisciare via. Il lupo accucciato ai piedi della ragazza
sbadigliò facendo mostra della sua letale dentatura. Corse a
nascondersi dietro una credenza facendo sbucare solo la testa per
spiare la ragazza.
Quella rise, aveva una
risata molto infantile: "Come ti chiami?"
"Fred, Fred Weasley"
rispose rintanato nel suo nascondino.
"Io sono Delirium" rise
ancora "Come ci sei finito in questo brutto posto?"
Non fece in tempo a
rispondere che un rumore assordante di vetri
infranti li distrasse e dalla finestra ormai in frantumi si
gettò nella stanza un'enorme acquila dal viso umano.
"Un umano,
un umano è qui!"
gridava con voce gutturale cercando di raggiungerlo.
Delirium strinse i pugni
iniziando a tremare: "Stavamo solo parlando"
ringhiò con rabbia "Questa è la mia stanza,
vattene
subito".
Quando vide che
l'uccellaccio non la stava minimamento ascoltando
arricciò le labbra in un sorriso malvagio. Dei filamenti di
luce
bianca simili a catene compervero dal nulla stringendosi intorno al
corpo del mostro. Fred, completamente e totalmente invaso dal terrore
vide la ragazza muovere con grazia una mano guidando quelle catene di
luce. Gli occhi dell'uccelo si gonfiarono riempiendosi di sangue poi
esplose in una pioggia di carne, sangue e piume. Si ritrovò
zuppo dalla testa ai piedi di quella sostanza vermiglia. Con il cuore
che batteva impazzito si lasciò scivolare lungo la parete
sbattendo contro la credenza.
Delirium si
spostò un ciuffo di capelli, anche il suo viso era
sporco di sangue. "Stupida creatura del Chaos" borbottò.
Uno dei cassetti della
credenza di aprì e il rosso ci sbirciò dentro
trovando una scatola piena di...
"Biscotti!"
esultò interrompendo la ragazza che continuava a
parlare. Rimase a fissarlo sbalordita mentre tirava fuori un biscotto
dietro l'altro e se lo portava alla bocca.
"Certo che sei proprio
strano, un attimo prima eri terrorizzato e
adesso mangi quelle cose lì" notò stringendo
ancor di
più al petto il pupazzetto. Non l'ascoltò
continuando a
divorare i biscotti facendola innervosire al punto che gli
gettò
dietro il peluche.
"Ahia" si
lamentò massaggiandosi la fronte, poi la guardò
"Per forza, con tutte le assurdità che ho visto fin'ora mi
è venuta fame! E poi dubito di poter avere più
paura di
cinque minuti fa" rise "E poi papà mi dice sempre che nel
caso
mi perdessi come adesso la cosa migliore è mantenere la
calma"
La ragazza si
portò le ginocchia sotto al mento stringendole tra le
braccia: "Tu non hai paura di me? Non mi odi?"
"Uh?" la
fissò sbalordità inghiottendo l'ultimo biscotto
"Perché dovrei? Mi hai appena salvato la vita. Grazie, a
proposito"
"Grazie"
ripetè guardandolo assorta "Sei un tipo tosto o
più probabilmente un'idiota"
"Ehi!"
"Melody"
"Cosa?" la
fissò confuso.
"Questo è il
mio nome. Delirium è come mi chiamano le
altre persone. Però a te concederò l'onore di
chiamarmi
così, con il mio nome umano"
"Melody..."
ripeté portandosi le mani al cuore. Provava una strana
sensazione calda dentro di lui.
"Non farti illusioni,
comunque" lo riscosse dai tuoi pensieri "Ti ho salvato per un motivo
preciso"
Rimase in silenzio, in
attesa che continuasse.
"Sei il primo essere
umano dopo secoli che riesce a giungere qui, non posso permettermi di
perderti"
"Che cosa vuoi da me?"
"La stessa cosa che tu
vuoi da me" si porto un dito alle labbra "Uscire da questo posto"
Spalancò gli
occhi sorpreso.
"Questo posto non
è altro che una prigione per me e mia...
sorella. Siamo costrette a restare qui dentro a combatterci l'un
l'altra finché una di noi due non cederà e
soccomberà. Io... non voglio, sono stanca di questa lotta
inutile".
"Perché
dovete fare così?"
"Perché Chi
ci ha messo qui ha deciso questo, saremmo anche le
entità cosmiche più potenti ma dobbiamo
sottostare al Suo
volere. Per questo, ho bisogno di un umano che mi possa aiutare" Si
alzò dal divano, avvicinandosi verso di lui. Aveva gli occhi
completamente lucidi e delle grosse lacrime minacciavano di sfuggirle
dalle ciglia. Teneva le mani unite sopra il petto in preghiera.
"Ti prego, diventa il
mio, il nostro, cavaliere. Se non vuoi salvare
almeno me, aiuta mia sorella. Aiuta Chaos, lei..."
singhiozzò
"Lei si è rassegnata, si sta distruggendo da sola. Ti prego,
salva Chaos, salva quelle bambine, loro non hanno fatto niente. Io non
voglio più essere il Delirium, esaudisci questo mio
desiderio,
ti renderò potente. Ma salva quella ragazza, salva Melody"
Le
lacrime scendevano copiose dai suoi occhi bagnandole tutto il volto e
la veste, si portò le mani agli occhi nel tentativo di
asciugarsi le ciglia, le guance erano arrossate e le labbra piegate in
una smorfia di sofferenza. Il sengue del mostro di poco prima si stava
sciogliendo tingendo di rosso quelle lacrime.
La stanza
tremò come il battito di un cuore.
"Ah-h"
sussultò la ragazza in lacrima mentre si illuminava di una
luce abbagliante. Lo guardò triste:
"Scappa, almeno tu"
sussurrò prima di sparire completamente
avvolta nella luce mentre la stanza andava in frantumi come vetro.
Fred rimase immobile
sorpreso con un biscotto in mano, ma poi
sentì la rabbia invadergli il petto e con uno scatto corse
verso
la luce intenzionato a tirare fuori la ragazza.
Cosa sto facendo? si
chiese. Perché mi sento così arrabbiato?
Perché voglio tirarla fuori? Era una cosa totalmente folle,
quella ragazza era una sconosciuta e aveva capito solo metà
del suo discorso, ma non voleva che le succedesse qualcosa, gli aveva
salvato per due volte la vita. Evitò una grossa crepa
gettanandosi verso la luce.
"Delirium!" la
chiamò, la chiamò a gran voce più e
più volte "Delirium!"
Sono sembrava
rispondergli e cominciava e sentire freddo, le membra stanche e pesanti.
"Delirium! Delirium!" Si
sentiva sopraffare da quel potere che lo rendeva così
gelido, ma non voleva abbandonare la ragazza, non voleva lasciarla a
quel gelo "Delirium!" Non voleva perderla così, non voleva
perderla e basta, andava contro ogni logica ma doveva salvarla!
Si fece spazio a fatica,
avanzando come se stesse nuotando nell'acqua, poi la vide inerme
avvolta e imprigionata nelle stesse catene con cui aveva distrutto il
mostro.
"Delirium!" la
chiamò tenendo le mani verso di lei "Delirium, accetto!
Delirium! Delirium! MELODY VOGLIO DIVENTERE IL VOSTRO CAVALIERE".
Gli occhi della ragazza
si aprirono di scatto completamente azzurri e tempestosi, poi quelle
catene andarono in frantumi e lui si trovò sospero nel buio,
con la ragazza che lo teneva fra le sue braccia.
Non riusciva a muoversi.
Non riusciva a respirare.
"Grazie" fece quella
"Finalmente non saremo più sole a portare questo fardello"
Chiuse gli occhi.
**
"Stai mentendo"
Al si sentì come una marionetta alla quale erano stati
staccati i fili, la mente gli si era completamente svuotata.
"Perché dovrei farlo?" strinse i suoi capelli portandosi a
pochi centimetri dal suo viso.
"Io non sono un assassino" sussurrò.
"Davvero?" lo guardò con finto biasimo "Ripetere il
contrario non cancellerà il fatto".
Chiuse gli occhi, cercando di scacciare quello stupido scheletro che
per anni aveva chiuso dentro l'armadio, ma Candida continuò
impassibile:
"Era proprio un bel bambino riccio, e pensare che è morto
per sbaglio. Ti era solo stato ordinato di uccidere il Chaos, peccato
che ti sbagliasti. Lo hai colpito mentre tentava di proteggerla, vero?"
Rise "Forse deriva da questo la tua ossessione da lei, forse
perché hai cercato di ucciderla".
"STAI ZITTA!" urlò e iniziò a singhiozzare
perché era vero, quello che stava raccontando era
maledettamente vero.
Era stato lui, Albus Potter, a uccidere l'amico di infanzia della sua
ragazza.
NDA
Ehm.
Doveva essere più lungo ma ho deciso di dividerlo
perché troppe cose in una volta sola sono troppe. E il
prossimo sarà peggio di questo sotto certi aspetti.
E nulla, vi lascio al vostro trauma perché avete capito
bene: Al ha cercato di uccidere Giorgia (perché?
Prossimamente) ma Gabriele si è messo in mezzo morendo lui.
Alla faccia del "ti ho visto per la prima volta nel parco e da
lì ti ho pensato sempre", in realtà è
stato "Sai, ho provato ad ucciderti, il tuo amico è morto
per colpa mia, però adesso ti amo, è tutto
apposto".
Io rido, ma mi sento molto malvagia.
Adieu
V.
|
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Capitolo 11 *** Incontri ***
freddyfigo
Cap
10
Incontro.
**
12 Agosto 2022
Londra.
Harry chiuse la chiamata con la centrale e si girò a
guardare
Hiro. Appena scoperto le reali intenzioni dei Deliranti aveva chiamato
una pattuglia da mandare immediatamente a casa sua, loro erano bloccati
da quei stupidi incantesimi di restrinzione.
Aveva anche mandato un Patronus a Ron per dirgli di raggiungere anche
lui in qualche modo l'abitazione. Frustato e arrabbiato si
strofinò la cicatrice e lanciò un'occhiata
all'agente
Giapponese. Anche lui aveva contattato la sua Base, il mezzo busto
fumoso di una donna usciva dalla bacchetta di Hiro il quale stava
comunicando gli ultimi avvenimenti; cercò di ascoltare la
conversazione senza farsi beccare.
"...Segregatela se necessario, ma non fatela uscire!" riuscì
a sentire da Hiro.
La donna aveva lo sguardo sfuggente e teneva i capelli raccolti in un
enorme turbante alla maniera mussulmana, Harry non seppe
perché
ma c'era qualcosa di inquietante in lei.
"Se lo viene a sapere sarà impossibile" rispose di rimando
la donna.
"Dobbiamo proteggerla, tenetela d'occhio"
"Chi è che dovete tenere d'occhio?" una squillante voce
femminile fuori campo fece ammutulire gli agenti stranieri e la donna.
Corrugò la fronte cercando di capire dove avesse
già
sentito quella voce.
"Dobbiamo proteggerla!" ripeté in un sussurro Hiro
interrompendo
bruscamente la chiamata e la donna sparì in una nuvola di
fumo.
"Chi è che dovete tenere d'occhio?" fece l'Auror ripetendo
le
parole della voce fuori campo. C'era qualcosa di importante che gli
stava sfuggendo, aveva questa sensazione.
"Affari della Base" rispose velocemente e in malo modo Hiro, poi
cambiò espressione e un piccolo ghigno si fece strada fra le
sue
labbra "Come avete intenzione di raggiungere vostro figlio?"
Il suo stomaco fece una capriola quando si rese conto che si trovavano
a miglia di distanza dalla sua casa e che non avevano un mezzo
abbastanza veloce per raggiungerla. Vedendolo zitto, Hiro fece una
leggera risata:
"Si dice che una volta abbia cavalcato un drago per scappare dalla
Gringott, signor Potter".
Annuì nervosamente chiedendosi dove volesse andare a parare.
"E' pronto a ripetere l'esperienza?"
Sia lui che Sam spalancarono la bocca. "Hiro, non vorrai chiamare..."
iniziò nervosamengte il suo collega ma fu interrotto da un
lungo
fischio acuto che costrinse Harry a tapparsi le orecchie con le mani.
Una figura nera comparve nel cielo rispondendo a quello strillo acuto e
dopo aver volteggiato velocemente sopra le loro teste
atterrò
occupando la maggior parte della strada.
"Un drago..." sussurrò sentendosi esattamente come quando
aveva visto Hogwarts per la prima volta.
Il drago in questione aveva le scaglie di un brillannte color
madreperla e due occhi azzurri come il mare, le ali erano enormi
ricoperte da una leggera membrana trasparente e la lunga coda terminava
con degli spini irti molto simili a quelli del drago che era stato
costretto ad affrontare nella prova Tre Maghi. L'animale leggendario
avvicinò
il muso allungato verso la mano di Hiro che gli diede qualche colpetto
affettuoso sul naso.
"Signor Potter, le presento Shori".
**
Foresta di Biełowietza.
Quando Fred riaprì gli occhi si accorse che per il resto del
mondo era passato solo un secondo da quando li aveva chiusi, a lui
pareva un'eternità. Sbatté un paio di volte le
palpebre
nel tentativo di mettere a fuoco l'orribile viso di Nemesi.
"Allora, adesso ricordi?" chiese quella.
Lui avrebbe tanto voluto rispondere ma tutto quello che gli
uscì
dalle labbra fu un gemito e cadde seduto subito dopo sentendo che le
gambe si rifiutavano di collaborare.
"Sì, immagino che debba essere uno shock" la dea gli fece
aria
con un ventaglio che aveva tirato fuori da non sapeva dove.
Cercò di allontarlo, non era mica una donzella in pericolo lui,
doveva solo comprendere bene quello che gli era successo. Il Delirium
non voleva più essere il Delirium, non aveva senso.
Anche se, pensandoci bene, in tutta quella storia c'era anche solo una
cosa che aveva minimamente senso?
No. Quindi, tanto valeva addattarsi in quel mondo di matti e fare il
matto pure lui.
"Ricapitoliamo" disse dopo aver preso un lungo respiro "Sono diventato
così perché ho semplicemente accettao una
proposta,
quella di diventare il cavaliere del Chaos e del Delirium. Devo
salvarle e Delirium non deve essere più il Delirium. Devo
aiutare Giorgia e Melody. Devo salvarle grazie a questo potere che mi
ha donato".
"Eccellente riassunto" lo lodò.
"Bene, e chi aiuta me?!" sbottò.
"Sono qui per questo, cucciolo".
"Non chiamarmi così!" sbottò "Allora, una domanda
alla
volta" si passò una mano sul viso, era tutto sudato
nonostante
facesse freddo.
"Comincia pure" Nemesi si sedette comodamente sopra un albero caduto.
Fred non si prese nemmeno la briga di dirgli che le regole della
riserva proibivano cose del genere, preferì prendere un
lungo
respiro e fare la prima domanda:
"Uno: tu hai detto che nel Tartaro si ragiona e ci si comporta come nel
periodo in cui siamo più potenti sulla Terra"
"Esatto"
"Allora, perché io mi sono comportato esattamente come un
bambino di cinque anni?!"
"Forse perché sei come un bimbo di cinque anni" La
fissò
in cagnesco mentre quella tirava fuori tazze da té, teiere e
dolci dalla sua borsa creando sul momento un tavolo per il
té
delle cinque. Ignorò l'offesa e proseguì.
"Due: il Delirium è una sottospecie di entità
primordiale, qualcosa di superiore all'uomo, perché prova i
nostri stessi sentimenti? Perché mi ha fatto quella strana
richiesta?"
"Tu credi in Dio?"
"....Non ci ho mai pensato veramente".
"Be', che sia quello dei Cristiani o quale altro popolo o di Aristotele
è indifferente. Fatto sta che Qualcuno c'è, e
quel
Qualcuno è indiscutibile. C'è, punto.
E' stato lui
a mettere il Chaos e poi il Delirium. Diciamo che come Dio pensa solo a
sé stesso, lui non guarda verso le cose umane. E' fumoso e
misterioso come Dio, non cerchiamo di difenirlo, sarebbe impossibile"
Si portò una tazzina alle labbra, bevve un sorso e poi
continuò "Fatto sta che ha creato il Chaos e il Delirium e
quindi questo ciclo infinito. Però il Chaos e il Delirium
derivano dalla stessa cosa, alla fine, sono sorelle. E provano
sentimenti perché -Chaos può sostenere il
contrario
quanto vuole- loro sono nate da Qualcosa e per questo sono imperfette.
E come tutte le cose imperfette provano sentimenti".
"Non ho un capito una singola parola" le fece presente.
"Non posso farci nulla se hai un cervello di un bimbo di cinque anni"
lo rimbeccò "Comunque, Delirium è la
più umana
della due perché è venuta dopo e lei si occupa
delle cose
più umane, sente di più questo peso che si porta
dietro.
Lei sa che tutto è andato storto dopo la sua origine. Prima
il
Tartaro era un luogo perfetto, lei lo ha corrotto. E non può
farci niente, non può smettere di esistere perché
così è stato deciso. Ma se ci fosse solo una
possibilità di far smettere questo ciclo infinito, di
smettere
che il Chaos e il Delirium si contappongano per l'eternità,
una
fioca idea di armonia, lei afferrerebbe questa possibilità"
"Questa possibilità sono io" realizzò Fred "Cosa
devo fare, ucciderle entrambe?"
"Sostanzialmente, sì".
"Come si uccide qualcosa che immortale?"
"Sono sicura che riuscirai a trovare la risposta a questa domanda".
"Fantastico, non lo sai neppure tu!"
Nemesi appoggiò la tazzina a terra guardandolo con uno
sguardo
serpentino: "Questa è una cosa che nessuno ha mai osato
fare,
stiamo andando contro ciò che Naturale".
"Perché stai facendo tutto questo? Perché mi vuoi
aiutare?" chiese, era una domanda che voleva fare da un sacco di tempo.
"Non posso dirtelo" cinguettò allegra chiudendo gli occhi e
facendo un sorriso innocente ma che in realtà era
inquietante.
Sbuffò forte, e Nemesi continuò:
"Mi è stato promesso un mondo nuovo". La fissò
sbattendo
le palpebre, Nemesi fissava le tazzine a terra con un sorriso
indecifrabile.
"Un giovane uomo mi ha chiesto una cosa... una cosa impossibile sotto
certi aspetti, proibita sotto altri. Ma in cambio mi promesso..."
Alzò gli occhi fissandolo. Fred si sentì la gola
secca.
"Mi ha promesso che avrebbe distrutto e ricreato il mondo".
**
"Perché
tremi? Hai freddo?"
Al sussultò quando Candida non udendo una risposta lo
abbracciò forse per scaldarlo. Il contatto era piacevole ma
attraverso la stoffa dei suoi vestiti la sentiva fredda, fredda come un
morto. I brividi non diminuirono, anzi aumentarono, si morse le labbra
fino a farle sanguinare per non singhiozzare.
"Povero angioletto, ti hanno strappato le ali e non sai più
come
fare" era incredibile come qualcuno potesse avere la voce
così
morbida. Per qualche strano motivo ricordò che quando era
piccolo e nevicava sua madre mandava sempre lui e Jamie a raccogliere
la neve appena caduta in grandi recipienti di metallo e una volta a
casa ci versavano dentro il caramello fuso. Era una cosa dolcissima che
adorava ancor di più della cioccolata calda.
Sentì un
forte magone, voleva tornare a casa.
"Che crudele destino. Vuoi volare?"
Voglio andare a casa.
Non rispose, rimase zitto cercando di ignorare il gelo che tentava di
prendere possesso del suo corpo, cercando di ignorare il profumo
così buono della donna, o la stretta che sembrava
sinceramente
gentile, o i cadaveri che fluettavano sul suffitto e il sangue che
cadeva e il suo cuore che voleva scappare via del petto, che si gettavo
contro le costole così dolorosamente da fargli mancare il
respiro, da sentire il corpo tremare come se fosse immerso nell'acqua
gelata e la gola bloccata da...
"Perché tremi?" ripeté Candida appoggiando le
labbra all'orecchio "Hai freddo?"
Le sue spalle ebbero un sussulto e le sue labbra si socchiusero
lasciando passare un debole gemito che risuonò comunque
nella
stanza vuota. Scosse la testa.
"Pensavo lo sapessi" continuò con voce dispiaciuta "Non te
lo
sei sempre detto, si ferirà sempre qualcuno per vivere. E'
inevitabile".
"I-io n-non v-vo-vole-vo" faceva fatica a parlare talmente tanto era
scosso dai singhiozzi, ogni sillaba era pronunciata con un intonazione
diversa ma comunque dolorosa.
"Oh, ma è per quello" fece sorpresa Candida lasciandolo
andare e
facendo un'espressione sorpresa come se si fosse dimenticata la
conversazione di tre minuti fa. Fece passare un dito sulle labbra
"Ovvio che non volevi, in quel momento era la tua parte irragionevole a
comandare. Hai seguito l'istinto, fatto quello che una vocina interiore
ti diceva di fare" Gli soffiò sul viso.
Scostò il viso piegandolo di lato.
"Albie, Albie, Albie, Albie" cantilenò il suo nome come se
fosse
una melodia "Una vocina fastidiosa. La senti continuamente,ti dice cosa
fare, sei forse pazzo?"
Oh, quello lo era di sicuro, ci era venuto a patti tanto tempo fa. Un
pazzo che sente delle voci, un pazzo con vuoti di memoria, un pazzo che
ferisce le persone per non essere ferito, un pazzo che non dorme la
notte, un pazzo che...
Un pazzo.
"Lo sai, quando si è tra i matti i normali sono quelli
matti.
Perché non vieni con noi?" Si avvicinò Candida
con fare
cospiratorio "Dopo sarai felice".
Cercò di scostarla ma quella gli afferrò
prontamente il mento con le sue dita affusolate:
"Non sei stanco di vivere nella menzogna? Primo o poi lei lo
scoprirà".
Spalancò gli occhi: "N-no-o"
Candida appoggiò la propria guancia alla sua sfiorandolo con
le
labbra: "Ormai è troppo tardi" e si allontanò di
scatto
facendolo ondeggiare.
Sbatté un paio di volte le palpebre cercando di mettere a
fuoco
la figura che lo guardava con gli occhi nocciola spalancati.
**
Casa Potter.
Sam desiderò con tutto sé stesso possedere una
macchina
fotografica solo per immortalare quel momento esilarante.
Già,
avete capito bene: esilarante. Per lui quella situazione lo era
assolutamente; uno, perché i capelli del signor Potter non
erano
mai stati così spettinati, due, perché la faccia
che
aveva fatto il signor Weasley una volta che erano atterrati da Shori
era impagabile e, tre, avrebbe potuto sfottere Hiro per i prossimi
secoli senza problemi vista la reazione ottenuta davanti al piccolo
Louis.
Che poi non è
tanto piccolo, giudicò a disagio notando come
la sua figura potesse diventare inquietante e pericolosa.
Geni Veela, una bella
merda.
Una volta arrivati alla casa avevano trovato Ron ad aspettarli, la
scorta doveva ancora arrivare, quindi si erano precipitati su per le
scale con le bacchette sguainate. O una spada, come nel suo caso.
Ma il fatto è che si aspettavano di trovarsi davanti schiere
di
criminali pronti per lanciare maledizioni. In realtà, la
maledione che aveva quasi beccato Hiro era stata lanciata dal biondo
nipote del loro attuale capo.
"L-Louis?" Sembrò sorpreso il signor Potter mentre lanciava
uno sguardo complessivo alla stanza. Lo imitò.
Sparsi per la stanza c'erano i corpi svenuti di cinque Deliranti
distesi in posizioni scomposte, un tavolino era completamento
rovesciato e i pezzi degli scacchi erano rovesciati per la stanza, uno
specchio era abdato rotto -probabilmente nello scontro.
Lanciò poi uno sguardo dietro le gambe lunghe del ragazzo,
adagiato con cura stava Albus con gli occhi chiusi e un'espressione
indecifrabile nel volto.
Hiro fu il primo a riprendersi dallo shok, analizzò la
situazione poi chiese se stessero bene.
"Io sì" rispose neutro Louis, poi fece una smorfia "Al
è svenuto, però".
"Lou..." sussurrò incredulo "Sei stato tu?"
"Sai, zio, sono uscito con la lode da Hogwarts per un buon
motivo" e fece un ghigno da degno Serpeverde. Sam dovette
sopprimere una risata con un colpo di tosse.
"Oh, merda!" l'imprecazione del giapponese lo fece trasalire e lo
guardò mentre con rapide falcate andava alle spalle del
biondo per controllare il ragazzo svenuto. "Merda!" ripeté,
o meglio ringhiò.
"Che succede?" chiese ansioso Harry avvicinandosi al figlio.
"Quei bastardi lo hanno mandato in un coma psichico!" sbottò
mentre passava la bacchetta lungo tutto il corpo di Al.
"Come psichico?" domandò curioso il ragazzo, come se non
fosse il cugino quello in coma.
Lo prese per una spalla puntandogli la bacchetta contro.
"Ma cos..." fece quello preso contropiede.
"Sam!" disse invece allarmato Ron.
Li ignorò: "Quando avete origliato la nostra conversazione
che serie TV vista da Albus Potter ho commentato dicendo che era
fantastico?"
"X-Men", rispose calmo Louis e allontanò la bacchetta dal
suo viso.
"Era neccessario?" sbottò Ron.
"Sì", lo precedette Hiro alzandosi. Fissò il
biondo intensamente "Cos'è successo?"
Il ragazzo si prese un secondo prima di rispondere, si
scollò ogni parola dal palato in maniera controllata e
calcolatrice: "Stavamo giocando a scacchi quando la luce è
improvvisamente mancata. Come se fosse stata rissucchiata. Poi Albus ha
gridato e un incantesimo mi ha sfiorato l'orecchio destro. Ho fatto due
calcoli e grazie alla direzione degli incantesimi son riuscito a
stendere tutti gli intrusi. Però non son riuscito a far
tornare la luce. Quando ho lanciato un lumus lo ho trovato in questo
stato nonostante io sia abbastanza sicuro che nessun incantesimo lo
abbia colpito".
"Infatti non serve un incantesimo, ma un Telepate" rispose Hiro.
Ahia,
ridacchiò Sam, riconosceva quello sguardo, quando il
giapponese ti guardava così significava che non solo stava
valutando le tue abilità, ma ti riteneva degno a servire la
Base.
Peccato che non abbia un
requisito estremamente fondamentale...
Requisito che lui e il giapponese avevano, ovviamente, altrimenti non
avrebbero nemmeno sentito nominare la Base.
"Telepate?" la voce di Harry lo riportò alla
realtà "Può essere stata la cacciatrice di Maghi
Oscuri?"
"No, non può essere stata lei. Lo avrebbe ucciso
direttamente" si spostò un ciuffo di capelli.
"Cosa possiamo fare?" Domandò nervosamente il Salvatore del
Mondo Magico.
"Proverò a raggiungerlo"
"Puoi farlo?" domandò meravigliato il rosso.
"Non bisogno essere un telepate, basta un sano e duro allenamento"
Sam notò gli occhi chiari di Louis accendersi.
"Ci pensiamo noi, fai pure"
"Bene" guardò i presenti "Sam. Harry. Ron.
Ragazzo-Ammazza-Tutti. Ci vediamo" e svenne.
**
Deglutì a vuoto un paio di volte, incredulo:
"Giorgia?"
Candida batté le mani felice: "Che bello, è
arrivato anche l'oggetto della tua felicità"
trillò deliziata.
"Chiudi il becco" la zittì Giorgia facendosi avanti. Al non
poteva credere ai suoi occhi.
"Togliti dai piedi".
"Non posso", sospirò la ragazza pallida, lo strinse in un
abbraccio possessivo portando le labbra all'altezza del collo "Lui deve
stare qui con me, è mio".
"Come prego?" Giorgia strabuzzò gli occhi "Quello
è il mio cavolo di ragazzo, non il tuo!"
"Vieni a prende..." non fece in tempo a finire la frase che il tornado
dai capelli rossi la zittò con un bel gancio destro
facendola cadere a terra.
"E tu vieni con me!" precisò afferrandolo per un braccio e
tagliandogli con un incantesimo veloce le corde che lo tenevano legato,
poi non gli diede nemmeno il tempo di metabolizzare la situazione che
si ritrovò a correre trascinato via.
"Non riuscirete mai a fuggire da qui!" la voce di Candida
rimbombò per la stanza illuminata dalla luce delle candele.
Corsero a perdifiato attraverando la finestra dalla quale era entrata
Giorgia e si ritrovarono in un giardino malamente illuminato pieno di
rose bianche e rosse.
Corsero ai lati, verso un porticato in marmo, i loro passi risuonavano
tra le colonne. Al non seppe per quanto corsero ma quando si fermarono
davanti a una porta si ritrovò ad essere senza fiato.
"In... che... razza..." sussultava Giorgia tra un respiro e l'altro
"di... guai... ti... vai.... a cacciare?"
Accennò un sorriso cercando di regolare il respiro,
allungò una mano afferrando la maglietta della ragazza: "Sei
vera..."
Quella arrossì leggermente sulle guance: "Pensavi fossi una
statua di cera?"
"Dopo tre anni tutto è possibile".
"Ti sembra il momento di rinfacciarmi la cosa?"
"Avevo immaginato il nostro incontro in un altro modo".
"Ah sì? E come?"
"Non lo so" rise "Di sicuro tu non prendevi a pugni una ragazza
angelica"
Risero entrambi abbandonati lungo il muro. Ad Al non importò
più di ritrovarsi dentro un incubo, anche l'inferno sarebbe
andato bene se insieme a lui c'era Giorgia che rideva. Andava bene
ovunque, con lei. Con lei, doveva stare con lei.
Si abbassò all'altezza del suo viso fermandosi a pochi
centimetri dalle sue labbra: "Sono diventato più alto di te"
gongolò.
"Cretino" lo allontanò "Sai, al momento non ho tanta voglia
di baciarti" lo seccò.
Gli si ritorsero le viscere, la presenza della ragazza gli aveva fatto
dimenticare della brutta esperienza, della conversazione e di quel
brutto ricordo. Serrò le labbra, cercando un modo per
scusarsi -in fondo era quello che faceva sempre- ma fu Giorgia stessa a
precederlo.
"Non devi dirmi niente, ho già parlato con lui" e non
specificò chi fosse quel lui. Però
preferì non chiedere spiegazione, aveva ancora paura che
potesse dissolversi davanti ai suoi occhi come fumo.
"Dobbiamo andarcene da qui"
"Hai qualche idea?"
"No, non possiamo usare la strada da dove sono arrivata io"
Corrugò la fronte, si stava finalmente decidendo di
chiederle dove fosse finita in quei tre anni quando il pezzo di muro di
fianco a loro esplose in una nuvola di polvere e sassi. Dal fumo
uscì la magra figura di un ragazzo.
Sent' Giorgia trattenere il respiro. Il ragazzo aveva i capelli neri
sporchi di polvere, gli occhi scuri a mandorla e i tipici tratti
orientali e teneva tesa davanti a se un lungo spadone dalla lama larga
di un vivido blu elettrico.
I tre rimasero a guardarsi sorpresi per un secondo prima che Giorgia e
il nuovo venuto sbottassero in coro:
"E tu cosa diavolo ci fai qui?"
V's corner.
Ok, aggiornamento in ritardo ma dovrete sopportare perché
sto partecipando a un concorso e quella storia ha la
priorità. Ma non vi abbandono, tranquilli *cuori*
Non sono molto convinta dell'entrata in scena di Shori, il drago, e
della ragazza con il turbante; sto scoprendo troppe carte. Non va
beneeee. Però mi sembrava il minimo visto la mia lentezza
nell'aggiornare.
C'è ancora qualcuno o siete spariti tutti? Susu, fatevi
sentire! Tirate le vostre somme, fate le vostre supposizioni
|
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Capitolo 12 *** Avvisi e poiler grandi come case ***
Al Lettore/Alla lettrice.
Sicuramente
stai già immaginando cosa sto per dire, basta solo pensare
agli andamenti degli
ultimi capitoli e alla mia scarsa partecipazione. Ebbene sì,
abbandono la
storia.
Oddio,
chi
lo sa, magari in futuro avrò voglia di riprenderla in mano,
in fondo questa
trama rappresenta tanto per me, mi ha migliorato e aiutata a crescere.
Perché
voglio smettere? Per una questione di tempo. Come vi avevo
già accennato ho
intenzione di partecipare a un concorso di scrittura, è vero
che ho più di un
anno di tempo ma ci tengo a fare le cose fatte bene, per questo quando
mi metto
a scrivere preferisco continuare, controllare, migliorare la nuova
storia. Se
faccio un buon lavoro ho la possibilità di vedere una mia
opera pubblicata, il
sogno di una vita in pratica. Ecco
perché
non posso continuare questa storia, rischierei di continuarla male, di
confondermi e renderla orribile.
Ovviamente
non mi cancellerò da EFP, continuerò a scrivere
one-shot o al
massimo storie di pochi capitoli giusto
per sfogare la mia indole fangirl/otaku. Se mai vi facesse piacere
potete
trovarmi lì.
Comunque,
non pensiate che io sia così crudele da lasciarvi senza
dirvi come andrà
finire, ve lo meritate! Quindi, avvertimento: ora darò la
parola a Giorgia, la
protagonista, che vi narrerà il seguito della sua avventura
quindi ci saranno
SPOILER in ogni riga. Se volete sperare e mettere un cero alla Madonna
in
attesa del mio ritorno, non leggete. Se siete curiosi e atei o di altre
religioni, leggete.
Credo
di
aver detto tutto. Ti lascio la parola, Giorgia.
Funziona?
Leggete? È l’unica e inimitabile Giorgia Helen
Flo- cioè, Weasley, che vi
parla! Vi ricordate di me? Sono il semaforo rosso che riceve proposte
per i
circhi e che ha dato il via a questa avventura.
Al momento
abbiamo lasciato il mio idiota fidanzato, me medesima e un Orientale
gay dentro
una dimensione parallela, quella dove vanno a finire i maghi oscuri una
volta
morti. Salterò la parte in cui io e Hiro ci gridiamo
addosso, o quando
incappiamo in un Voldy selvatico e le varie torture di Al (questo pezzo
poi
devo assolutamente saltarlo, il mio cuoricino!) e andrò
subito al punto in cui
Al e Hiro se ne ritornano alla realtà. E io non ci sono,
ovvio che no. Non
torno mica così presto.
Ma
comunque.
Dopo questa
agghiacciante avventura succede che:
Jamie
dimostra di aver un cervello proponendo
di spiare i movimenti dei parenti e dei due agenti stranieri. Convoca
così un
raduna Weasley-Potter e i due fratelli Potter con l’aggiunta
di un orripilato
Louis e di un terrorizzato Ted vanno a vivere in un appartamento
babbano. E
sapete dove? Nello stesso piano di Hiro e Sam. Ma che coincidenza,
com’è
piccolo il mondo. Da
quel momento usano
Louis (perché lo hanno capito tutti che Hiro ci prova con
lui) e Roxanne (e sì,
Sam mostra interessa per lei) per rubare informazioni agli agenti.
Nel frattempo
la squadra A (Harry, Ron, Hiro e Sam) hanno avuto un importante
informazione da
Fred Senior: Fred Minor ha lo stesso potere delle gemelle. A quanto
pare però
gli stranieri lo sapevano già ma la Base non li aveva
autorizzati a parlare.
In
più Al
viene sospettato di magia oscura e trovano nella sua bella camera tutti
i suoi pericolosi
marchingegni e viene sottoposto a un’inchiesta dalla quale ne
esce vittorioso e
con un pericoloso interesse per gli Indicibili. A quanto pare tutti i
suoi
strumenti incantati sono andati in mano allora.
Allora cosa
fa? Tira fuori la sua bellissima sexyaggine per adescare una bella
ragazza
nuova di quel dipartimento e cercare di scoprire più cose
possibili sugli
Indicibili. La ragazza ci casca, ma chi resisterebbe a quegli occhi
verdi e a
quei sorrisi maliziosi? Nessuno, Al è ancora la vecchia
serpe che fa cadere ai
suoi piedi le ragazze dopotutto.
Ovviamente una volta raccolte le informazioni la snobba,
perché nel suo cuore ci sono IO E
SOLO IO SMETTETELA DI FARGLI LA CORTE TROIE.
Ehm.
Comunque,
decide di diventare un indicibile. E così la trama
continuava tra Al preso nei
suoi progetti, Louis gettato nella tana di un orientale sexy e gay,
James e
Dominique che fanno i coglioni, Ted e Victoire che limonano sul divano
dell’appartamento
costringendo Louis alla fuga (“è mia
sorella!”), Rox che piange, Lily che pian
piano dimostra il suo vero carattere forte e per nulla da ragazza
viziata,
Aleksander che si rende conto di essersi affezionato alla sua vittima,
Frank
che cerca di uccidere Al ma poi scappa con i Deliranti (non ve lo
aspettavate,
eh?),Rose e Scorpius che salvano il culo a tutti sempre e comunque, la
squadra
A che comincia a capire qualcosa e James che si laurea come Auror.
Ma in tutto
questo, Fred e Melody cosa combinano?
L’uomo
senza volto continua a rovinare i sogni di Melody mentre Fred riceve
una
vacanza forzata (secondo il suo capo stavo lavorando troppo)
Così
vanno
in luna di miele.
Sono seria,
prendono l’occasione per viaggiare un po’. Fred ci
teneva che Melody fosse
felice, perciò esaudisce il suo desiderio di vedere il mondo
nonostante il
pericolo.
“Ti
proteggerò io”.
Nel loro
girovagare finiscono a Parigi dove, udite e udite, finalmente fanno
pace con il
cervello e chiariscono i reciprochi sentimenti (questa era una scena
dolcissima, sniff) e si mettono insieme. Più o meno.
Dopo
parigi, vanno a Londra giusto in tempo per la cerimonia di iniziazione
a Auror
di Jamie. Coincidenze? Comunque, assistono nascosti nella folla
convinti che
nessuno possa riconoscerli.
Ma qui il
nostro Jam ci sorprende ancora una volta riconoscendo Fred in un
momento in cui
è solo riuscendo a fargli promettere di tornare a casa. Ma
ahimé, Melody sente
la conversazione ed è convinta che Fred la voglia
abbandonare e fugge via in
lacrime. Il mio migliore amico se ne rende conto e la segue e qui
inizia un
botta e risposta in cui Melody dice che è stato bello stare
con lui, che il
mondo è bello ma che lei è troppo sbagliata per
viverci. Che è pericolosa e che
tutte le persone che vuole bene devono stare lontane da lei.
Fred urla:
“No,
io non ti lascerò mai!”
Ma... vi
ricordate il patto con Nemesi? In questo modo lui infrange e accade la
cosa che
teme di più. Melody perde il controllo colpendolo in pieno
petto con una strana
luce blu e il Delirium prende il soppravvento sul corpo di Fred
spezzando quel
fragile equilibrio che gli permetteva di tenere a bada noi gemelle. In
questo è
collegato solo al Delirium, a Melody, sente i suoi pensieri e tutto
questo
sommato all’amore che porta per lei lo fanno impazzire al
punto che inizia a
uccidere ogni cosa che rende triste o che spaventa la sua preziosa
Melody,
ovvero il mondo.
Inizia a
distruggere tutto e James cerca di fermarlo, e ci riesce quasi, ma
viene ferito
e finisce in coma.
Eh
già.
Fred e
Melody scappano, in maniera separata. La ragazza si trasforma in lupo
facendosi
trovare da Al che decide di adottarlo (non voglio sapere come ha fatto
a
tenerlo in appartamento con uno che ha la fobia di tutto ciò
che sbava).
Fred
è
disperso. Ancora.
James
è in
coma.
Teddy
decide di mantere la promessa fatta a James (ovvero, qualsiasi cosa
fosse
successa, lui si sarebbe sposato e avrebbe avuto una famiglia).
Durante il
matrimonio arrivo io.
Sì,
nel
mezzo della cerimonia. Un bel colpo di scena, non trovate?
Da qui
parte un lungo falsh-back che risponde alla vostra legittima domanda:
“ma Giorgia
dove cazzo era mentre succedeva tutta questa bella merda?”
Con le
guardiane, nel Mondo di Sotto, nella Base.
Eh
già,
come avrete già intuito Hiro e Sam sono due De Immortalis,
come papà, e
rispondo alle Guardiane. Erano anche gli unici amici di Melody e
l’uomo che la
ragazza uccise era il Maestro di Hiro. (A proposito, lui è
vecchio di duemila
anni).
Oltre a
Hiro e Sam ci sono anche due ragazze, quella con il turbante, Sheira, e
una
giovane donna che ha perso la memoria con i capelli rossi e gli occhi
verdi
(fischietto causale).
Lì
con loro
mi sono allenata per aumentare i miei poteri e ho scoperto la
verità su Melody
e dell’uomo Senza volto. Perché l’ho
incontrato. Non vi racconto i come e i
perché, ci metterei troppo. Vi dico subito di chi si tratta:
Salazar
Serpeverde.
In pratica
lui aveva una cotta pazzesca per Godric (e chi lo avrebbe mai detto?!)
e l’averlo
ucciso e tutto lo aveva fatto impazzire, in più aveva un
potere enorme e si
trovava in un’altra dimensione vicino al Tartaro. Quando io e
Melody siamo nate
Salazar ha riconosciuto in noi Godric e si è innamorato di
noi e quando la mia gemella
blu venne nel Mondo di Sotto grazie a dei sogni tentò di
farla innamorare di
lui risvegliando il potere di Godric sopito dentro di lei. La cosa
stava anche
funzionando ma c’era il fatto che Melody impazziva.
Però stava funzionando,e
Melody sembrava intenzionata ad ascoltarlo nonostante la spaventasse
certe
volte.
Con me non
ha funzionato, amo troppo un certo moretto e sono andata ad
affrontarlo. Avevo scoperto
chi fosse ma credevo facesse tutto per potere, chi si immaginava che
avesse una
cotta per Godric?! Della serie, chi lo dice adesso ai Grifondoro e ai
Serpeverde che si sono fatti sempre la guerra?!
In ogni
caso ho tentato di sconfiggerlo, ma lui era pazzo e con discorsi strani
sull’amore,
che aveva bisogno solo di quello, che lui era riuscito a creare la vera
pozione
d’amore e via dicendo è scappato.
Il
bentornato alla Base è stato anche peggio, lì ho
scoperto di Fred e che...
Lo avete
capito anche voi.
Dovevo
ucciderlo.
L’ho
ucciso.
Tecnicamente,
si è ucciso da solo con la mia spada in un breve momento di
lucidità.
Ma io ho
ucciso il mio migliore amico. E non ho altro da dire.
Ma le
disgrazie non sono finite qui, perché una volta tornata con
la spada sporca di
sangue ho scoperto che i miei due bambini erano stati rapiti da Nemesi.
Aveva
finalmente preteso il risarcimento per la scatolina. Li aveva salvati,
se li
era presa.
Presa dal
panico ho deciso di tornare da Al, dalla mia famiglia, da sola non
potevo
farcela. Anche se aveva dalla mia parte un esercito di esseri immortali
avevo
bisogno di Al.
Non voglio
farvi vomitare arcobaleni, il nostro incontro è stato
fantastico finché non mi
sono resa conto che il lupo era Melody e abbiamo iniziato a combattere
accusandoci a vicenda. Alla fine lei è scappata, grazie al
cielo perché l’avrei
uccisa volentieri.
Non sono
l’unica
ad essere andata nel panico comunque.
Tosca venuta
a sapere del mio ritorno ordina alla Spia di procedere con il piano e
invia dei
Deliranti per aiutarlo. Deve rapire Lily ma lui... non ci riesce, si
è
innamorato di lei!
Nel breve
attimo di esitazione compare Ginny che viene uccisa da uno dei
Deliranti (Lily
era dentro un sacco svenuta e non se ne rende conto subito) e il
gruppetto
scappa con una Lily svenuta e un Aleksander pieno di dubbi. Ma alla
fine decide
che quello che stanno facendo è sbagliato, che lui ha sempre
sbagliato, e
decide da liberare Lily e scappano insieme nei boschi. Lì le
rivela tutta la
verità su di lui e della morte di Ginny. Dopo un momento di
rabbia e dolore
Lily decide di perdonarlo e corrono insieme dalla famiglia per rivelare
tutto
quello che la Spia sa.
Ma Harry
non è disposto ad essere indulgente come la figlia e lo
sbatte in galera dopo
aver scoperto dove si trova la base e con una squadra va
all’attacco.
Dominique
intanto riesce a risvegliare James chiedendo perdono e mettendo da
parte l’orgoglio,
chiede perdono dei suoi errori e di tutte le volte che è
stata debole verso sé stessa.
In questo modo libera gli amori infranti compiendo una parte della
profezia e
quando James apre gli occhi entrambi scoprono di poter controllare un
essere
fatto di fuoco. Così i giovani Weasley e Potter decidono che
non possono
starsene a guardare, infondo io dovevo stare in prima linea e non
chiusa dentro
una camera. La faccio saltare e con Lily e la Cacciatrice di Maghi
Oscuri (ve
la eravate dimenticata?) tiriamo fuori da prigione Aleksander e con
tutta la
truppa corriamo anche noi alla base.
Ah,
dimenticavo. La donna senza memoria è la madre di Harry, non
vi spiego la sua
storia o ci metto sul serio troppo. Ma è viva e due si
possono riabbracciare.
Dicevo.
Sì,
io e la truppa corriamo nel rifugio dei Deliranti e combattiamo.
Salta fuori
Nemesi con i miei gemelli e dice di aver la soluzione.
Finalmente
scopro cosa cazzo c’entra lei.
Papà
la
incontrò quando io e Melody eravamo appena nate e la
supplicò di salvarci e
in cambio lui con le sue mani avrebbe
distrutto e ricreato il mondo, in questo modo la dea accetta e tutto
quello che
ha fatto fin’ora era per salvarci.
Grazie ai
miei due gemelli riesce ad aprire le porte della morte (a quanto pare i
miei
figlioletti sono in grado di fare ciò) e a far tornare anche
se per pochi
istanti Fred minor (questo è il piano B). Prende il corpo di
papà e con una
falce inizi a risolvere la situazione.
Nel frattempo
il mio moro fidanzato ha ben pensato di diventare un mago oscuro per
proteggermi, l’idiota.
La
battaglia è dura, vittime ovunque, Frank cerca di uccidere
Al ma poi gli salva
la vita morendo un secondo dopo tra le braccia dell’ex
migliore amico.
Fred riesce
a tenere sotto controllo me e Melody con la sua falce e la villa in cui
ci
troviamo inizia a crollare nel Tartaro. Lì il Chaos e il
Delirium prendo il
possesso del nostro corpo.
Succedono
varie cose complicate ma Fred grazie al suo potere riesce a fondere i
nostri
corpi in una sola
cosa distruggendo con
le mani di papà il Tartaro stesso.
Nel mondo
mortale il tempo di ferma.
E mentre il
tempo è fermo, Fred sempre con le mani di papà
frammentano il mondo (ok, questo
è difficile da spiegare) e in quel breve lasso di tempo in
quattro fondatori
sono riuniti nella stessa stanza. Godric ha preso in prestito il mio
corpo e
quello di Melody, Priscilla quello di Rose.
Essendo il
tempo fermo tutti gli altri sono immobili, tranne i fondatori
–quindi io e
Rose- e Fred e Al. Si manifesta anche Demon ma Al lo uccide prendendolo
lui
stesso il suo potere diventando la Magia Oscura.
Le cose
stanno degenerando ma Fred con il sangue del papà fa uno
strano sigillo sul
corpo di Godric compiendo un’altra parte della profezia
(quella della
maledizione di un padre) uccidendo così in maniera
definitiva il fondatore e
facendo tornare me e Melody in possesso di quel corpo. E senza volerlo
iniziamo
a lottare noi due per la supremazia: solo una di noi può
controllarlo.
E in quel
momento ci troviamo davanti uno specchio e facciamo la nostra scelta.
Come in uno
specchio, abbiamo deciso che saremo l’una il riflesso
dell’altra. Dovevamo solo
scegliere chi fosse il riflesso nel mondo mortale. Melody ha deciso che
fossi
io perché... non lo so. Non me lo ha spiegato. E mi ha dato
il corpo. A quel
punto Fred con le mani di papà ha creato un nuovo Tartaro.
Essendo l’unico con
il Chaos e il Delirium ora, ha creato un altro Tartaro dove Melody ha
preso
forma. Dopodichè ha abbandonato il corpo di papà
tornando tra i morti.
In pratica,
non esiste più né il Chaos o il Delirium. Ora
siamo io e Melody. Le nostre
menti sono collegate e possiamo viaggiare nel corpo mortale o quello
immortale a nostro
piacimento. Lei è me
e io sono lei. Siamo divise ma comunque una cosa sola. E abbiamo dato
una nuova
stabilità.
Io e lei
siamo salve e papà ha distrutto e ricreato il mondo con le
sue mani.
Il tempo ha
ripreso a scorrere. Tosca a quel punto ha tentato di uccidermi ma Al ha
intercettato
la spada prendendola al posto del mio cuore.
Tosca ha
riprovato ad uccidermi ma “non puoi ferire chi è
protetto del sacrificio”,
ricordate il sogno? E così la Tassorosso ha fatto la fine di
Voldemort. Al ha
fatto la stessa cosa che Lily fece per Harry.
Ora io ero
disperata, credevo che Al stesse morendo e non si potesse fare nulla ma
papà.
Papà
ha
fatto un ultimo patto con Nemesi. La vita di Al al posto della sua.
Ora vi
è
chiaro il sogno?
Papà
è
morto al posto di Al perché mi amava e perché si
sentiva un codardo a non aver
scelto la tomba quando era il momento.
Così
aspettò
a lui “l’ultima decisione di chi scampò
la morte una volta, di tornaee ai sui
passi alla tomba”.
La storia
finisce così, con il funerale di papà.
Poi Lily in
una lettera per Aleksander racconta cosa successe poi.
Io e Melody
abbiamo vissuto scambiandoci i ruoli e viaggiando dal Tartaro alla
Terra.
Scorpius e
Rose si sono sposati.
Dominique e
James vivono alla Base.
Hiro ha
perso il suo cuore (quando uno si lega a un drago dono alla bestia il
suo
cuore. Se la bestia muore il mago perde il proprio cuore. Nella
battaglia il
drago è morto) e Louis cerca di curare come può
la ferita.
Sam è
morto.
Rox ha riacquistato
fiducia in sé stessa.
Anche la cacciatrice è morta. Frank è morto.
E Al
combatte ogni giorno contro la Magia Oscura che tenta di cancellare
ogni cosa
di umano in lui.
Lily scrive
ad Aleksander che è in prigione.
Nell’ultima
riga, a Natale qualcuno busserà alla porta della Tana.
Sarà proprio lui, ha
scontato la sua pena e ora può stare con Lily.
E io dico a
Melody:
“Alla
fine
ho avuto il coraggio di gettarmi con il paracadute, non è
vero?”
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