Fear to Trying di Lumik Lovefood (/viewuser.php?uid=96127)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Prologue - ***
Capitolo 2: *** - I'm Okay (Maybe) - ***
Capitolo 3: *** - Friends and Videogames - ***
Capitolo 1 *** - Prologue - ***
Fear
to Trying
-
Prologue -
Sua
madre aveva un tempismo perfetto per dargli notizie riguardanti la
sua vita sentimentale. Più che tempismo, ora che ci pensava,
approfittava dei momenti in cui lui non aveva grande
lucidità
mentale e spiattellargli le sue trentasette parole retoriche alla
velocità della luce, e lui si ritrovava ad annuire
meccanicamente,
come quando le diceva di “sì”, solo per
farla zittire. Frank si
era sempre ripromesso di ascoltare la madre almeno per i primi
diciassette secondi di discorso, ma puntualmente non ascoltava
nemmeno i primi cinque, e così si ritrovava spesso e
volentieri in
situazioni a lui ostiche e del tutto incalcolabili della sua vita,
come pranzo dai parenti, oppure accompagnarla a qualche zia malata di
domenica mattina o, addirittura, di dare il benvenuto in casa al suo
nuovo compagno-barra-promesso sposo.
Osservava
sua madre aggiustare una tovaglia in seta rossa sul tavolo del salone
e guardare in controluce ogni mobile della casa per vedere se ci
fosse anche solo mezzo dito di polvere su di essi. Ora che la
osservava meglio, da quando sua madre era così maniacale
nella
pulizia? No che fosse una sporcacciona ma, comunque, cercava tra il
lavoro e la sua vita personale di rendere la casa decente. E poi, da
quando sua madre indossava vestiti ed, addirittura, si truccava?
Frank guardò il profilo della madre, che indossava un abito
beige
corto fino al ginocchio, con la maniche a tre quarti ed una
scollatura abbastanza generosa ed ovale. Gli occhi verde nocciola,
che aveva ereditato con grande orgoglio, erano contornati da una
leggera sfumatura nera e le ciglia erano lunghe e nerissime. Sembrava
dimostrare almeno dieci anni in meno. Anche le rughe erano meno
accentuate, gli occhi le brillavano di felicità ed il
sorriso era
sempre stampato sul viso.
Da quando sua madre era così? Da quando
sua madre era felice?
Frank si sentì a disagio seduto su quel
divano di pelle nera consumata. Da quando aveva preso ad ignorare sua
madre? Da quando, non la osservava più e non notava
più i suoi
cambiamenti umorali o d'aspetto? Si sentì un'idiota
completo. Si
sfregò le mani sudate sui jeans logori e strappati ad
entrambe le
ginocchia, e si alzò dal divano per dare una mano a sua
madre, che
non riusciva ad aprire una bottiglia di vino.
“Lascia. Faccio
io.” le disse semplicemente, sfilandole la bottiglia tra le
dita.
Linda
Iero sorrise, comprensiva, e gli passò una mano sulla
schiena, come
quando cercava di rassicurarlo da piccolo “Grazie
Frankie.” gli
mormorò.
Frankie era il dolce nomignolo con cui era solita
chiamarlo nei loro momenti intimi tra madre e figlio, e Frank ci era
affezionato come non mai. Difficilmente lo avrebbe ammesso, ma voleva
un gran bene alla madre, più di quanto ne dimostrasse alla
stessa.
Era il suo punto fisso, la sua roccia miliare quando aveva bisogno
d'aiuto, di un consiglio o di un semplice abbraccio.
Stappò
la bottiglia e le riconsegnò alla madre, nel momento stesso
in cui
sentirono delle ruote di una macchina entrare nel loro vialetto di
casa e far scricchiolare la ghiaia di cui era formato e che spesso si
era scontrata con le ginocchia di Frank quando tentava di andare in
bici senza rotelle da piccolo.
Linda
sussultò e posò la bottiglia di vino in modo
secco e rumoroso sul
tavolo, precipitandosi fuori casa. Frank fece un sospiro e la
seguì,
con diversi passi di distanza e meno entusiasta della madre.
Quando
si ritrovò fuori, vide un BMW nero e lucido, parcheggiato in
modo
preciso e delicato sul vialetto, dietro l'utilitaria di casa Iero.
Vide sua madre di fronte la portiera del conducente, che sorrideva
felice. Dalla vettura scese un uomo alto e con i capelli neri
puntinati di argento, che l'abbracciò stretta stretta,
dondolandosi
un po' sul posto. Frank sentì che si mormoravano qualcosa
nell'orecchio, e che sua madre fece un risolino divertito e
soddisfatto. Quando si staccarono, si guardarono intensamente negli
occhi, e l'uomo poggiò la sua fronte su quella di Linda e
gli
sorrise. Frank distolse un attimo lo sguardo, mordendosi il piercing
sul labbro. Sua madre prese l'uomo per mano per mano e lo
allontanò
dalla macchina, avvicinandosi all'altra portiera, da cui scese
un'altra persona, più bassa del primo. Era una ragazza.
Linda Iero
la strinse in un abbraccio, per poi metterle entrambe le mani sul
viso e congratularsi di qualcosa che Frank con riuscì a
capire. Era
talmente intento a guardare le due, che non si accorse che l'uomo di
sua madre gli si parò di fronte, sorridendogli cordiale.
Ora che
lo poté osservare meglio notò che, oltre ad
essere molto alto,
aveva il viso squadrato con una mascella pronunciata e gli zigomi
duri, gli occhi erano di uno sconvolgente verde erba e dal taglio
piccolo. Le labbra, increspate in un sorriso, erano sottili e
pallide, come la pelle.
“Non vuoi un abbraccio, vero?” scherzò
l'uomo, arricciando un po' il naso “Sono cose da
femminucce.” e
gli tese una grande mano, affinché gliela stringesse.
“Frank.”
rispose il ragazzo, abbozzando un sorriso e stringendogli la mano.
“Scott
Berman. Da non confondersi con barman, sono un medico.”
scherzò
ancora l'uomo, osservandolo da capo a piedi “Hai gli occhi di
tua
madre.” continuò poi, guardandolo in modo dolce ed
evitando di
dire qualcosa sul suo aspetto un po' particolare, fatto di tatuaggi,
piercing e vestiti scuri strappati.
Frank
si grattò la nuca “Grazie.”
Sua madre, nel frattempo, si era
avvicinata stringendo le spalle della ragazza con un braccio, e
sorridendo felice. La ragazza era bassina e mingherlina, con dei
capelli castani legati in una cipolla distratta e con gli occhi del
padre, solo più grandi e dolci. Aveva addosso una felpa
rossa, in
tono con le Converse, e dei jeans a sigaretta di un intenso blu.
Sua
madre gliela parò davanti, sorridendo “Lei
è Marnie, la figlia di
Scott. Ha un anno in meno a te.”
Lei
gli sorrise, timida, e tese una mano, aspettando che il ragazzo
gliela stringesse,
“Frank.” mormorò questo,
stringendogliela.
Le sue dite erano fredde.
Linda
invitò la ragazza a casa, ma prima fermò Frank
per un braccio
“Frankie, aiuti Scott a portare dentro la loro roba, mentre
faccio
vedere la casa a Marnie?”
Dopo
aver sistemato tutte le scatole all'interno della casa, i due
raggiunsero nel salone Linda e Marnie, che sedeva imbarazzata sul
divano che apparteneva a Frank fino ad un quarto d'ora prima. Il
ragazzo si avvicinò alla madre e prese un bicchiere di vino
che ella
aveva riempito poco prima e ne bevve un lungo sorso.
“Marnie,
vuoi qualcosa?” chiese la donna, gentilmente.
Lei
alzò i suoi occhioni verdi e scosse la testa in segno
negativo. Il
padre le fu subito vicino, poggiandole una mano sulla spalla, con
fare incoraggiante “Non essere timida...”
Lei
lo osservò un po', poi si morse il labbro “Un
bicchiere d'acqua
andrà bene.” disse. Frank notò che
aveva una voce sottile, ma
ferma e ben intonata.
Linda
gli diede un colpetto col gomito e Frank capì che doveva
essere lui
a portargli il bicchiere richiesto. Appena si allontanò dal
salone,
Marnie si alzò in piedi e lo seguì in cucina,
mettendosi le mani
nelle tasche posteriori dei jeans, ed affondando la testa nelle
spalle. Frank prese dalla dispensa un bicchiere di vetro blu ed
aprì
il rubinetto dell'acqua, facendola scorrere e si voltò ad
osservare
la ragazza, intenta a guardarsi in giro, curiosa.
Ora che la
guardava meglio, notò che era un tipo abbastanza comune, non
aveva
nulla di appariscente o particolare, a differenza sua, che vestiva
sempre di nero, sfoggiava tatuaggi da ogni parte del corpo ed aveva
dei piercing sul viso. Lei no. Aveva una faccia acqua e sapone,
niente trucco o fronzoli come orecchini o collane; indossava una
felpa ed un jeans normali ed aveva un colore di capelli molto comune.
Quando tolse le mani dalle tasche, notò che non aveva
nemmeno lo
smalto alle unghie, vezzo di molte ragazze ma che lei non aveva
minimamente calcolato. Lo guardò negli occhi, ed storse un
angolo
della bocca in quello che gli sembrava un sorriso, e si morse
nuovamente un labbro. Il naso era piccolo ed all'insù,
puntinato,
come le guance, da piccole lentiggini che la rendevano simpatica agli
occhi.
Frank
si voltò e riempì il bicchiere, porgendoglielo
poi.
“Grazie.”
mormorò questa, bevendone un piccolo sorso, dopo averlo
presa
titubante.
“In realtà, non avevi voglia di nulla,
vero?”
sputò Frank, senza rendersene conto e, per fortuna,
mantenendo un
tono calmo.
Marnie
abbassò lo sguardo a terra, fissandosi distrattamente le
punte delle
scarpe “Mi sembrava scortese.” soffiò
poi.
“Tuo
padre sembra simpatico...”
Lei
accennò un sorriso “Grazie. Anche tua madre. E'
stata molto
gentile.”
Finì
di bere, ed iniziò a sciacquarlo nel lavandino
“Dov'è il sapone
per i piatti?”
Frank
le tolse il bicchiere di mano e chiuse il rubinetto dell'acqua
“Oggi
sei ospite. Da domani puoi lavare i piatti quando vuoi, anche al
posto mio.” sorrise il ragazzo.
Marnie
sorrise, imbarazzata, per poi asciugarsi le mani con un canovaccio.
Tornarono entrambi nel salone, e videro i loro genitori seduti sul
divano e si tenevano le mani, parlottando tra loro, felici e
sorridenti.
Frank
si schiarì la voce, ed i due si lasciarono le mani, come se
fossero
scottanti.
Linda
sorrise al figlio “Scott mi stava raccontando della Florida.
Marnie
è nata lì.” e lanciò
un'occhiata dolce alla ragazza, che sorrise
appena.
“Da
domani frequenterà la tua scuola, Frank.” si
intromise Scott,
guardando serio il ragazzo “Ti prego di aiutarla ad
orientarsi.”
- Frank annuì.
“Beh...”
esclamò Linda Iero, alzandosi dal divano “Credo
che tu voglia
vedere la tua camera, Marnie.” e la prese a braccetto,
portandola
al piano superiore di casa Iero.
“Non
aspettarti chissà cosa, però è molto
confortevole ed
accogliente... E potrai decorarla come meglio credi.”
“Basta
che non demolisci casa, Marnie.” scherzò il padre,
dandole una
pacca affettuosa sulla spalla. Frank sorrise.
Tutti
e quattro si diressero al piano di sopra e la donna aprì una
porta,
quella che stava affianco alla stanza di Frank, e la
spalancò. La
camera era della stessa dimensione di quella del ragazzo, e le pareti
erano di un verde pallido immacolato. Ad un lato della stanza, c'era
un'enorme libreria vuota con affianco una scrivania, che aveva dei
cassetti sul fondo ed a cui avevano posato sopra un porta penne ed
una lampada da studio. Il letto era posizionato sotto la finestra ed
aveva delle lenzuola rosse pulite e profumate. La ragazza
entrò
titubante nella sua stanza, a cui Scott aveva già
posizionato dei
scatoloni contenenti le sue cose, e si diresse dritta verso la
finestra, che aveva un enorme davanzale su cui ci si poteva sedere
comodamente. Salì sul letto, togliendosi di scatto le
scarpe, ed
aprì le imposte, vi si affacciò ed
ispirò l'aria.
Si
girò verso Linda e le sorrise “Mi
piace.” disse, semplicemente.
“Ti
lasciamo disfare gli scatoloni, ok?” domandò la
donna, sorridendo
di rimando. Annuì.
Frank
si grattò la nuca “Beh, io allora vado. Ho le
prove col gruppo.”
“Hai
una band?” domandò Scott, poggiandogli una mano
sulla spalla
“Cavolo, mi fai sentire vecchio. Anche io ne avevo una alla
tua
età. Cosa suoni?”
“La chitarra.” rispose distrattamente il
ragazzo, allontanandosi un po' dall'uomo, cercando di essere comunque
gentile.
“Anche
io. Qualche volta, possiamo suonare insieme qualcosa.”
continuò
Scott, sorridendogli.
Frank borbottò qualcosa e poi si precipitò
fuori casa, salutandoli con un striminzito “ciao”.
“Beh,
detto così, non sembrano male.”
Gerard
Way era il migliore amico di Frank, oltre ad essere il cantante della
sua band, i My Chemical Romance. Lui, nonostante
tutto,
cercava sempre di fargli vedere il lato positivo delle cose,
nonostante fosse la persona più negativa del mondo, al
contrario del
fratello, Mikey, che era più positivo di lui, ed anche
più
mingherlino.
“Non
so... Ancora li riesco ad inquadrare.”
“Tua
madre è felice?” gli chiese Mikey,
improvvisamente, mentre
accordava il suo basso seduto sul una poltrona rossa consumata e
bucata peggio di una groviera.
“E'
questo il punto! Sì, lo è, ed io non mi sono
accorto di nulla fino
ad oggi, che imbandiva casa peggio di una torta nuziale.” -
si
sentiva ancora a disagio con se stesso per non essersi reso conto di
nulla, nemmeno avesse delle fette di zucca sugli occhi.
“E
tu? Non sei felice che lei lo sia?”
“Non
la vedevo così felice dal mio C- in matematica, al primo
anno di
liceo, Ray...”
Ray
Toro era il secondo chitarrista della band, ed era un ragazzo alto,
tutto ricci e buon senso.
“Quindi,
avrai una sorella...” le parole di Gerard rimasero sospese,
fino a
quando l'amico non annuì “Ed è
carina?” continuò il
cantante.
Frank lo guardò male, per poi sospirare “Non so...
Come definirla... E' normale.”
Marnie
ai suoi piedi aveva un enorme scatolone aperto e da cui vi cacciava
fuori libri in continuazione, riponendoli accuratamente nella
libreria che le aveva comprato Linda. Quando le sue dita
accarezzavano le rilegature, si trovava stranamente bene ed in pace
con se stessa. Aveva una mentalità molto aperta e positiva
sulla
vita, infatti quando il padre le disse che avrebbero abbandonato la
Florida per trasferirsi nel New Jersey, lei non aveva fatto una
piega, considerandola una buona occasione per ampliare le sue vedute
e per imparare a vivere, iniziando da zero. E poi, lasciava pochi
affetti lì, qualche amica e conoscente.
Sentì
bussare alla porta della sua stanza e si voltò, vedendo la
testa
mora di sua padre farne capolino.
“Come
va?” le chiese, sorridendole e chiudendosi la porta alle
spalle.
Marnie
alzò le spalle, gettando un'occhiata agli scatoloni ancora
chiusi
“Non ricordavo di avere tanta roba...” ammise poi.
“Vuoi
una mano?” si propose Scott, prendendo alcuni libri dallo
scatolone
che stava svuotando e passandoglieli.
“Senza
offesa...” iniziò la ragazza, prendendo i tomi
“Ma sei
abbastanza disordinata come persona.”
Il
padre rise, alzando le mani “Mi scusi, signorina.”
e gettò uno
sguardo in giro per la stanza “Come ti sembra?”
“Comoda.”
rispose Marnie, continuando a mettere in ordine i libri.
“Linda?”
chiese stupito ed aggrottando un sopracciglio.
“Ah...
Credevo ti riferissi alla stanza...” e guardò suo
padre “Sembra
gentile e... Si vede che ti vuole bene, papà.”
“Sono
contento che ti piaccia.”
“Papà,
deve piacere a te, non a me...” iniziò a dire la
ragazza, ma fu
fermata da una mano del padre.
“Sì,
lo so... Ma la tua opinione per me è importante, ed io sono
felice
con Linda, dico sul serio, ma sarei ancora più felice se mia
figlia
lo fosse.” le spiegò, avvicinandosi ad essa e
prendendole le
spalle con la mani “Io la penso così, ed anche
Linda è della
stessa opinione.”
Marnie
si morse un labbro “D'accordo.”
Il
padre le sorrise “E che ne pensi di Frank?” chiese
curioso.
La
ragazza si morse il labbro inferiore “Non so... Non sembra
normale.”
Salve,
popolo di EFP! Buon Ieroween a tutti!
Allora... Non so sinceramente che dire su questa cosa... E' da un
po' che fantasticavo ed avevo deciso di mettere tutto per iscritto, e
di pubblicarlo solo a completamento, così da avere un ritmo
di pubblicazione piuttosto omogeneo. Ovviamente, io sono nota per
mandare alle ortiche tutti i buoni propositi e poi, oggi è
il compleanno del nostro nano malefico preferito, quindi mi sentivo in
obbligo di pubblicare questa cosa...
Come avrete notato, è un tipico cliché! La nostra
Linda Iero che trova un nuovo amore con una nuova figlia, e bla bla...
Ma a noi piacciono i cliché, vero?
...
Ok,
non a tutti, ma la maggioranza approva! Credo...
In ogni caso, questo è il prologo della storia. Non
è molto lungo, ma serve per indrodurvi i personaggi e capire
un po' la mia scrittura, suprattutti perchè è la
mia fanfiction che scrivo su questo fandom e devo cercare di farmi
conoscere (ah-ah!). Sono una grande appassionata di musica, derivo da
una famiglia di appassionati di musica, non potevo non scrivere su una
delle band più influenti della mia vita.
Ok, sto deviando il discorso, ma si nota che non so cosa scrivere?
Ad ogni modo, mi spiace deludere le fan della Frerard, ma questa
sarà una Het (risata malefica), ma non è detto
che in futuro non possa scrivere su di loro, dato che sono una delle
mie OTP preferite e che m'ispirano di più.
Credo di aver finito... Per ora! Non so quando riaggiornerò,
conto di farlo entro la settimana prossima, massimo quella prossima
ancora, non so... Ho una connessione che fa pietà!
Titolo rubato palesemente ad una canzone di Frank, Stage 4 Fear to
Trying.
Ringrazio The World is
Ugly dei MCR, che mi ha ispirato per questa cosa.
Qui di seguito ci sono i miei contatti, giusto per tormentarvi ancor di
più... E nulla, spero di rivedervi presto.
Vostra,
Lu.
(HTML si rifiuta di collaborare)
EFP
FB: "https://www.facebook.com/lumik.efp?fref=ts">LuMik
Efp
PERSONAL
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MustdiePansy DP
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Capitolo 2 *** - I'm Okay (Maybe) - ***
Disclaimerchemenedimenticosempre:
i persone citate in questa storia esistono realmente (ma dai!) ed i
loro caratteri o modi di fare sono frutto della mia fantasia; questa
storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Se i MCR mi
appartenessero, sicuramente non si sarebbero sciolti, ma avrebbero
dovuto fare a meno di Frank Iero, dato che starei tutto il giorno a
spupazzarmelo per benino.
Fear
to Trying
-
I'm Okay (maybe) -
Il
giorno dopo, Marnie fu svegliata dalla voce di Linda che le diceva
che doveva svegliarsi altrimenti avrebbe perso il pullman per andare
a scuola. Si stropicciò gli occhi e la ringraziò,
per poi alzarsi
dal letto, prendere la divisa scolastica e raccattare la sua roba per
il bagno da uno scatolone non ancora svuotato, e dirigersi allo
stesso per prepararsi.
Linda
andò anche nella stanza di Frank e lo svegliò,
seppur con meno
gentilezza di quella che aveva usato con la ragazza. Frank
mugugnò
qualcosa e si girò dall'altro lato, costringendo la donna a
spalancare le imposte della finestra ed a strappare dalle mani del
figlio la coperta che lo copriva fino al capo.
“Svegliati!
Marnie è già in piedi ed non ha fatto una
piega!” lo sgridò la
madre, uscendo dalla sua stanza.
Passarono
diversi minuti, prima che i piedi di Frank incontrarono il pavimento
freddo della sua stanza. Si stiracchiò le braccia e prese la
sua
divisa scolastica, andando verso la porta del bagno con solo i boxer
addosso, aprendola di scatto.
Dentro
di esso c'era una ragazza che si pettinava davanti allo specchio una
lunga chioma castana, già vestita di tutto punto con la
divisa
femminile della sua scuola.
Marnie
si girò verso di lui, arrossendo un poco sulle guance, e
smettendo
di pettinarsi “Era il tuo turno del bagno?” gli
chiese,
mortificata.
Frank
scosse il capo freneticamente, mugugnando un
“scusa”
poco
convinto “Avrei dovuto bussare.”
continuò poi a dire,
grattandosi il petto nudo con la mano destra.
“Non
preoccuparti.” mormorò la ragazza, raccogliendo la
sua roba ed
uscendo dal bagno, ma prima di richiudersi la porta alle spalle, si
girò verso Frank “Alla tua scuola, le ragazze
devono
avere i capelli
sciolti o legati?”
“Legati.”
Marnie
scrollò le spalle “Comunque,
buongiorno.” e gli sorrise,
chiudendo la porta.
Quando
scese, trovò tutta la famiglia al completo: sua madre era
impegnata
a cuocere bacon e pancakes ai fornelli, Scott leggeva il giornale del
giorno mentre sorseggiava una tazza di caffè americano e
Marnie
intingeva dei biscotti al cioccolato nel latte freddo. Si era legata
i capelli in una treccia laterale che le arrivava fin sotto al seno.
Quando sua madre lo guardò entrare, lo squadrò da
capo a piedi,
lanciandogli un'occhiata contrita.
“Ancora
sai fare il nodo alla cravatta?”
Frank
sbuffò ed incontrò lo sguardo di Scott, che
sorrise.
“Avanti
Linda, mica è un avvocato? Io ho imparato a farlo la mattina
del mio
dottorato...”. Il ragazzo lo ringraziò con lo
sguardo, e si
sedette affianco a Marnie, agguantando un pancakes e versandosi del
succo.
“E'
uscito il nuovo Harry Potter, Marnie.” -
Frank drizzò le
orecchie.
“Lo
so, papà. E' il quinto, se non mi sbaglio.”
“Leggi
Harry Potter?” chiese Frank alla ragazza.
“Legge?
Frank, stai parlando con una che mangia, i libri di Harry
Potter...”
“Anche io li leggo.” continuò il
ragazzo,
beccandosi un sorriso dalla ragazza.
Linda,
però, fece un gesto ai ragazzi “Dovete andare, o
perderete
l'autobus!”
Si alzarono da tavola e corsero a prendere i loro
zaini, per poi precipitarsi in strada. Frank cercava di aggiustarsi
la cravatta alla meno peggio, borbottando insulti alla stessa.
Marnie
lo guardava con la coda dell'occhio, per poi fare un sorrisino
“Lascia. Faccio io.”. Sciolse il nodo storto che
Frank aveva
fatto ed aggiustò meglio la cravatta intorno al colletto
della
camicia. Le sue dita erano gelide e si scontrarono col collo bollente
del ragazzo, che rabbrividì un poco. In meno di un minuto,
fece un
nodo perfetto e lo strinse largo attorno a Frank.
“Grazie.”
mormorò questi.
Marnie
gli sorrise e si volse a guardare l'enorme autobus giallo che si era
fermato di fronte a loro. Frank salì per primo e raggiunse
un gruppo
di ragazzi seduti sul fondo del mezzo. Marnie lo osservò e
si morse
un labbro. Si guardò un po' in giro e trovò una
coppia di sedili
vuoti, su cui si sedette, prese il suo mp3 e fissò gli occhi
fuori
dal finestrino.
Frank,
non si era nemmeno reso conto di aver lasciato indietro la ragazza
quando era salito sul pullman, perché si era avvicinato
direttamente
ai suoi amici.
“Dov'è
tua sorella?” gli chiese curioso Gerard, guardando i vari
sedili.
Il
ragazzo sgranò gli occhi. L'aveva persa il primo giorno di
scuola,
ed non erano nemmeno arrivato all'edificio! “Ce l'avevo
dietro fino
a poco fa...” disse, allungando il collo.
“Sei
senza speranza...” mormorò Mikey, scuotendo il
capo.
“Se
si perde?”
“Non
credo, Ray... Aspettate, l'ho vista. E' seduta a
metà.”
“Perché
non viene qui?” chiese Gerard, sporgendosi anch'esso per
vedere la
ragazza.
“E' quella con la treccia castana.” disse
distrattamente Frank “Bah, va' a capirla.”
Marnie
era nel suo mondo fatto di prati verdi, libri da cinquecento pagine e
musica dei Red Hot Chili Peppers, quando una mano
le si posò
sulla spalla. Alzando gli occhi, vide la figura di Frank farle cenno
di seguirla, dato che erano arrivati a scuola. Spense e ripose il
suo mp3 nella borsa e si alzò dal sedile, aggiustandosi la
gonna a
pieghe della divisa scolastica, che già non sopportava
più. Seguì
il ragazzo, stringendosi la testa nelle spalle quando capì
che si
stava avvicinando al gruppo di amici di Frank. Erano, chi
più chi
meno, dei tipi strani. Avevano tutti i capelli scuri ed abbastanza
lunghi e residui di matita nera o rossa sugli occhi. Non è
che se li
aspettasse diversi, data l'indole e l'abbigliamento di Frank.
Il
ragazzo si fermò davanti gli amici, indicando la ragazza con
il
pollice sinistro “Lei è Marnie.”
Un
ragazzo dai lunghi capelli neri, si fece avanti, sollevando una mano
“Ciao, mi chiamo Gerard.” poi indicò un
ragazzo sottile ed
occhialuto alla sua destra “Lui è mio fratello
Mikey, ed il
ricciolino è Ray.”
Marnie
tirò un sorriso, sventolando una mano a mo di saluto.
Frank
si girò a parlarle “Hai il numero e la
combinazione del tuo
armadietto?”
La
ragazza sventolò un foglietto stropicciato che aveva
cacciato dalla
tasca della giacca blu “Ho anche l'orario delle
lezioni.”
“Hai
bisogno di una mano?” chiese Ray, facendo un passo verso di
lei.
“No,
faccio da me, grazie.” disse Marnie, scuotendo il capo
“Ci
vediamo.” disse poi, incamminandosi verso l'ingresso della
scuola,
aggiustandosi meglio la cartella sulle spalle.
Frank
la vide allontanarsi “Ve l'ho detto che non so come
definirla.”
disse, guardando gli sguardi smarriti dei suoi amici.
Non
le fu difficile trovare il suo armadietto, più che altro le
fu
difficile ignorare le occhiate degli altri studenti nei suoi
confronti. Ovviamente, la voce di una nuova alunna si era sparsa in
fretta e, siccome tutti conoscono tutti bene o male, era ovvio che
l'avessero già inquadrata come “quella
nuova”. Aprì
l'armadietto ed un odore pungente di chiuso le si propagò
nelle
narici. Scosse il capo, sconsolata, e dalla sua cartella
tirò fuori
una busta di plastica che si era portata da casa, in caso di
un'eventualità come quella. Da quell'armadietto vi
tirò fuori
alcuni fogli di algebra stropicciati e strappati in più
punti,
alcuni adesivi a forma di pallone da football ed una buccia di banana
annerita, o almeno le sembrava quello. Chiuse la busta di plastica,
passò un fazzoletto all'interno dell'armadietto e vi ci
poggiò
dentro i libri di storia e chimica, tenendosi quello di biologia
nella borsa, dato che era la prima materia che aveva quel giorno.
Richiuse l'armadietto e cercò un secchio. Dopo averlo
trovato,
riprese il suo foglietto con l'orario delle lezioni e cercò
l'aula
di biologia.
Frank
odiava l'algebra. E, notò, che anche Mikey la odiava, dato
che
sonnecchiava beatamente sul suo banco con gli occhiali storti sul
naso. Iniziò a tamburellare con le dita sul banco,
canticchiando
sommessamente la canzone che avevano provato il giorno prima. Mancava
poco alla pausa pranzo ma, ovviamente, gli ultimi minuti non
passavano mai. Frank iniziò a pensare a Marnie.
Chissà se aveva
trovato il suo armadietto o la sua aula... E meno male che Scott si era
raccomandato con lui!
Era
talmente distratto, che non notò i continui richiami di Mr.
Fellner,
il docente di algebra.
“Iero,
vuoi renderci partecipe delle tue fantasie, oppure vorresti essere
così gentile da risolvere questa funzione?”
Frank
strizzò gli occhi, e colpì Mikey con una
gomitata, costringendolo a
destarsi dal suo sonno.
“Aiutami!”
gli mimò con le labbra il più basso dei due.
Il
più giovane dei Way si stropicciò gli occhi, e
cercò di decifrare
la scrittura approssimativa e scoordinata di Mr. Fellner,
rammentandosi che i geroglifici erano più comprensibili
dell'algebra.
Mr.
Fellner era un uomo sulla cinquantina, con una piazza di calvizia in
mezzo la testa bianca, gli occhiali che velavano l'acidità
del suo
sguardo e delle labbra sottili che s'increspavano solo per assumere
un'espressione contrita sul volto, mai in un sorriso.
“Sto
aspettando, Iero, ma sono felice che tu renda partecipe di questa
funzione anche Way. Almeno potete prendere una bella F
insieme...”
I
due ragazzi iniziarono ad agitarsi. Perché diavolo quella
campanella
del cazzo non suonava?
“Beh...” iniziò a dire Fellner, ma fu
bloccato dal provvidenziale squillo che annunciava la pausa pranzo.
Frank
e Mikey raccattarono in fretta le loro cose e si precipitarono fuori
dall'aula, ignorando le urla del docente, che li richiamava a
studiare di più per l'interrogazione che gli attendeva nella
prossima lezione.
Raggiunsero
la mensa in fretta, dove trovarono già in fila Gerard e Ray
con i
loro vassoi vuoti.
“Che
facce... Fellner?”
“Sì Gee, ci siamo scampati una bella F
rossa grossa come una casa...” ammise Mikey, agguantando un
vassoio
ed affilandosi insieme a Frank dietro i primi due.
“Odio
Fellner!” grugnì Ray, assumendo poi un espressione
disgustata di
fronte a quello che doveva essere purè di patate
“La scorsa
settimana mi ha interrogato sui logaritmi, e nemmeno li avevamo
fatti! Spiegalo poi a mia madre che è un stronzo.”
I
quattro ragazzi risero e, dopo essersi riempiti i vassoi col cibo
della mensa, si diressero ai gradoni del cortile, il loro
“territorio” per così dire, dato che ci
mangiavano solo loro lì.
Mentre
addentava una fetta di pane, Frank si guardava intorno, nella
speranza di trovare Marnie da qualche parte.
Gerard,
seduto su un gradone più in alto rispetto a lui, lo
notò “L'ho
vista io nel cambio della seconda ora. Sembrava tranquilla."
Il
ragazzo sospirò, leggermente sollevato e mangiò
con più appetito
il suo disgustoso pranzo.All'improvviso,
si sentì un botto, tipo quando cadono le cose a terra. I
quattro
ragazzi sollevarono lo sguardo e sgranarono gli occhi.
Il
mezzo al cortile c'era Nelson Roth, il biondino bullo della scuola e
capitano della squadra di football, che si teneva la pancia dal
ridere e Marnie, che guardava il suo vassoio a terra ed il suo pranzo
che sporcava tutto il prato verde. Tutti i ragazzi del cortile,
ridevano per lo “scherzo” di Roth ai danni della
nuova arrivata.
“Oh
cazzo!” imprecò Frank alzandosi, e
facendosi largo
tra la folla
curiosa che aveva circondato i due ragazzi, seguito da Gerard, Mikey
e Ray.
Marnie
alzò lo sguardo verso il ragazzone, ma non sembrava
intimorita o
altro. Lo guardò un po', per poi scrollare le spalle
“Sei
soddisfatto?” mormorò, infine.
Nelson
smise di ridere e la guardò stranito, non capendo cosa
volesse
intendere.
“Sì,
dico, ora che mi hai rovesciato il vassoio, sei soddisfatto?”
“Molto,
novellina.” grugnì questo, ghignando.
Marnie
assottigliò lo sguardo, e gettò un'occhiata al
suo cibo a terra
“Beh, solitamente, le persone sono soddisfatte di loro stesse
quando, che so, ricevono un “grazie” o
una carezza
inaspettata, o
dei complimenti... Tu, invece, sei soddisfatto di far digiunare una
persona?”
Nelson
la guardò, sgranando gli occhi, incapace di replicare.
“Hai
un concetto particolare e personale riguardante la
soddisfazione.”
e prima che potesse risultare equivoca e cattiva, si
affrettò a
continuare “Non dico che sia sbagliato, non sono nessuno per
giudicare... Solo, è particolare.”
Frank
le fu subito vicino, prendendola delicatamente per un braccio
“Marnie... Stai bene?”
La
ragazza continuò ad osservare il ragazzone biondo, per poi
annuire
“Aspetta...” disse, togliendosi gentilmente di
dosso la mano del
ragazzo “Devo raccogliere il vassoio...”
“Ehi!”
esclamò Gerard, sbucando all'improvviso da dietro Frank
“Ti
sembra il modo?”
Nelson
inspirò aria dalle narici, pronto a replicare, ma Marnie
cercò di
calmare gli animi, ingenuamente.
“Oh,
lo yogurt si è salvato.” esclamò,
sorridendo incoraggiante verso
il moro. Poi decise di allontanarsi, tenendo il vassoio con gli
avanzi di pranzo in mano, e dirigendosi verso un secchio, per poi
rovesciare il contenuto dentro di esso.
Frank
guardò malamente Nelson, allontanandosi poi di scatto per
raggiungere Marnie, insieme ai suoi amici.
Quando
le fu vicino, le ripeté se stesse bene e lei
abbozzò un sorriso.
“Sì,
sto bene.” poi si concentrò ad aprire il suo
yogurt bianco ed a
tuffarci dentro un cucchiaino di plastica.
Quando
le furono vicini anche gli altri, le domandarono nuovamente come
stesse e lei avvampò, annuendo freneticamente.
“Penso
che abbia voglia di una lezione...” grugnì Gerard,
gettando
un'occhiataccia alle persone che stavano scemando verso i propri
posti.
“Cacciamo
di nuovo le mazze da croquet?” esclamò entusiasta
Mikey,
sorridendo al fratello.
“Io
dico di cacciare quella chiodata...” propose Ray.
“No.”
esclamò Marnie, finendo il suo yogurt e buttando la
confezione vuota
nel secchio vicino “Non bisogna rispondere alla violenza, con
altra
violenza.” e li osservò tutti negli occhi.
“Marnie...”
iniziò a dire Frank, grattandosi la nuca “L'anno
scorso eravamo
noi vittima di Nelson Roth e dei suoi compagni. Per farli smettere,
abbiamo dovuto massacrarli con le mazze da croquet. Da allora, si
tengono alla lontana da noi.”
La
ragazza sospirò “Non ce ne sarà
bisogno. Davvero.” poi li
guardò negli occhi uno ad uno, e sorrise lieve
“Grazie comunque.
Ora devo andare.” e si allontanò, osservata dai
ragazzi.
Erano
finite finalmente le lezioni e Marnie si stava recando al suo
armadietto, per riprendere i vari libri che aveva lasciato durante le
ore scolastiche. Prese il foglietto con la combinazione ed
iniziò a
ruotare il lucchetto, ma una mano la bloccò,
improvvisamente. Alzò
lo sguardo e trovò gli occhi di Nelson Roth guardarla
malamente.
Marnie deglutì. In confronto, il ragazzo era dieci volte
più alto e
più grosso di lei. Forse aveva sbagliato a dirgli quelle
cose nel
cortile, ma le sembrava di essere stata molto gentile ed educata nei
suoi confronti.
Il
ragazzo, inaspettatamente e delicatamente, le tolse le dita
dall'armadietto “Dammi la tua combinazione.”
Marnie
si morse il labbro “Uno-otto-nove-uno.”
Il
ragazzo girò il lucchetto, posizionando la rotella sui
numeri detti
dalla ragazza, facendolo scattare ed aprire. Sempre con una
delicatezza inaspettata, la spinse lontana dall'armadietto, mentre
lui lo aprì di scatto e si coprì con la porta di
esso. Uscì con
uno spruzzo una specie di poltiglia gialla e puzzolente che, se non
fosse stato per Roth, l'avrebbe colpita dritta in faccia. Ora,
invece, giaceva a terra, in una striscia di un paio di metri.
Marnie
guardò prima a terra, poi osservò il ragazzone,
che sbucò dalla
porta dell'armadietto, con un sorrisino soddisfatto. Lasciò
l'armadietto ed iniziò ad incamminarsi verso l'ingresso
della
scuola, ma fu fermato dalla voce di Marnie.
“Grazie,
Nelson.” gli disse gentilmente la ragazza, sorridendogli.
Il
ragazzo sventolò una mano in segno di saluto e se ne
andò.
Era
in ritardo. Era fottutissimamente in ritardo. Frank sbuffò
alla
fermata dell'autobus e corse dentro la scuola per vedere dove si era
cacciata Marnie. Non sapeva dove fosse il suo armadietto e si
maledisse per non averle chiesto nulla o esserle stata vicino tutto
il giorno ed aiutarla. Dopo aver girovagato un po' per i corridoi, la
trovò di fronte ad un armadietto con lo scopettone di un
bidello in
mano, intenta a pulire per terra una pozza gialla.
Cazzo, le avevano fatto un altro scherzo. Si sentì uno
schifo.
Le
si avvicinò correndo “Marnie!”
La
ragazza si voltò verso di lui, sorridendogli poi. Non era
sporca e
non sembrava nemmeno arrabbiata o delusa.
“Cosa
è successo?” le chiese, riprendendo fiato con i
suoi polmoni da
fumatore incallito.
“Oh,
questo...” disse, guardando distrattamente a terra
“Qualcuno mi
ha fatto uno scherzo.”
“Chi
è stato?”
La
ragazza lasciò perdere lo straccio, appoggiandolo alla fila
di
armadietti “Tranquillo, non mi ha colpito. Nelson mi ha
avvisato
prima di aprirlo.”
Frank
ribollì di rabbia. Nelson stava esagerando: due scherzi in
un
giorno! Poi si bloccò “Nelson ti ha avvisato prima
che ti colpisse
in faccia?”
Marnie annuì “Ora sto pulendo a terra. Mi
sembrava brutto farlo pulire ai bidelli...”
Frank
scoppiò a ridere “Marnie, è il loro
lavoro.” la prese per un
braccio e la condusse fuori scuola, dove c'erano anche Gerard, Mikey
e Ray ad aspettarli.
“Il
pullman è passato!” annunciò il
più grande dei Way.
“Come
mai non lo avete preso?” chiese Frank, accendendosi una
sigaretta e
facendosi dare l'accendino da Gerard.
I
tre fecero spallucce, e guardarono Marnie, che li sorrise.
“Come
stai?” chiese Ray, avvicinandosi alla ragazza.
“Bene.
Scusatemi se vi ho fatto fare tardi...”
“Ma
no, figurati!” esclamò Gerard, dandole una pacca
sonora sulle
spalle.
“Gee...”
lo rimproverò Frank, poi guardò la ragazza, che
si fissava
distrattamente le dita della mano “Nelson le ha fatto un
altro
scherzo.” sputò poi.
“Cosa?”
esclamò Mikey, voltandosi immediatamente verso Marnie, che
incassò
la testa nelle spalle.
“Ragazzi,
prepariamo le mazze.” annunciò Gee, estremamente
serio.
“Frank!”
lo rimproverò Ray “E tu dove cazzo eri?”
Per
fortuna sua, Marnie s'intromise per difenderlo “Frank non ha
detto
che è stato Nelson ad avvisarmi dello scherzo e ad evitare
che mi
sporcassi.”
I
tre ragazzi la guardano, straniti, mentre Frank sbuffò,
cominciando
ad incamminarsi verso casa, seguito da Marnie.
“Questa
è da capire...” borbottò Mikey,
seguendoli.
“Questa
sera vieni a mangiare da mia nonna?” chiese Gee, prendendo
Frank
per una spalla e strattonandolo un po'.
“E
va bene, basta che mi lasci la spalla attaccata al corpo!”
borbottò
il più basso dei ragazzi.
Marnie,
che camminava più indietro rispetto a loro,
increspò il viso in un
sorriso e guardò le villette a schiera che aveva alla sua
destra,
perdendosi nei suoi pensieri. La vita a Newark era molto diversa da
Miami, tutto scorreva calmo e, anche se il clima non era piacevole
come in Florida, si stava bene.
Era
talmente concentrata, che non si accorse dei richiami di Gerard.
“Oh,
scusami. Dicevi?”
“Vieni
anche tu a mangiare con noi da nostra nonna?”
ripeté Mikey,
indicando col dito lui e il fratello.
“Non
vorrei disturbare...” iniziò imbarazzata la
ragazza, ma fu
bloccata da Gerard.
“Gli
unici che creano disturbo sono Frank e Ray, di certo non tu!”
“Ehi!”
si lamentarono i due presi in causa, facendo scoppiare a ridere gli
altri.
Marnie
giocherellò con la sua treccia, notando poi che erano
arrivati
davanti casa Iero “Va bene.”
“Perfetto!”
esclamò il più grande dei Way “Alle
otto, Frank! Ci vediamo
Marnie!” continuò poi, sventolando una mano ed
allontanandosi col
fratello e Ray.
Marnie
li guardò allontanarsi, per poi rivolgersi verso Frank
“Sono
simpatici.”
Il
ragazzo le sorrise, per poi ricordarsi improvvisamente una cosa
“Ah!
Domani stammi appiccicata. Non vorrei che Nelson se la prendesse
nuovamente con te.”
“Non c'è bisogno, davvero.” sorrise la
ragazza, aprendo la porta di casa ed entrandovi.
Trovarono
Linda intenda a fare delle pulizie, che gli sorrise raggiante
“Com'è
andata a scuola, Marnie?”
Frank
stava per risponderle, ma la ragazza lo stoppò, sorridendo
di
rimando “Bene, grazie.” poi guardò fuori
dalla finestra “Mio
padre ancora torna?”
“No,
sarà qui per cena. Avete fame?”
I
due ragazzi scossero la testa, e Frank lanciò
un'occhiataccia alla
ragazza. Aveva mangiato solo uno yogurt a scuola per ora di pranzo.
“Non
preoccuparti per cena, ma'!” esclamò il ragazzo
“Andiamo a
mangiare da Nonna Way.” - Nonna Way era il soprannome con cui
erano
soliti chiamarla lui e Ray, anche se oramai era diventata un po'
anche loro nonna.
“Ok.
Marnie, cosa preferisci per cena?” domandò la
donna.
Frank
sbuffò “Mamma, ho detto
“andiamo”, non
“vado”!”
Linda
Iero addolcì lo sguardo, e si avvicinò alla
ragazza, prendendole le
spalle “Elena Lee Rush è una brava e gentile
donna. Ha accolto
Frank come un nipote.”
“E
cucina bene.” continuò il ragazzo, iniziando a
sciogliersi la
cravatta “Vado prima io al bagno, ti spiace Marnie?”
La
ragazza scosse il capo, sorridendogli “No, ne approfitto per
fare i
compiti.” e, detto questo, si precipitò in camera
sua.
Linda
sorrise, per poi gettare un'occhiataccia al figlio
“Specchiati,
Frankie. Tu da quant'è che non fai dei compiti
scolastici?”
Il
ragazzo ghignò, scoccando un bacio sulla guancia della madre
“Dal
secondo liceo.” ed andò al piano di sopra,
chiudendosi in bagno.
Salve! Eccomi di nuovo qui!
Ok, forse sono tornata prima del solito... O forse no? Boh! In ogni
caso, so che molte persone vogliono leggere almeno un po' lo sviluppo
di una storia prima di commentarla, sia positivamente che
negativamente, per cui non mi lamento delle visite o delle due
recensioni che ho avuto, anzi pensavo di non riceverne affatto!
Ha-ha-ha!
Beh, come avrete capito, questo capitolo riprende un po' il video di I'm not Okay (I Promise),
diciamo come se fosse un sequel ecco, tra l'altro è la
canzone che ho ascoltato tutto il tempo nella stesura di questo
capitolo, insieme a Action
Cat... Non so, ero nel mio mondo depressivo o
maliconico...
Diciamo che, man mano si delinea un po' il carattere del mio PG, spero
che vi piaccia, ma se non vi piace dovrei essere felice comunque dato
che, nella vita reale ci sono persone che ci piacciono ed altre no...
Quindi, deduco che l'ho caratterizzata bene? Staremo a
vedere...
Volevo assolutamente mettere il personaggio di Elena Lee Rush,
soprattutto perché so che ogni fan dei MCR le deve molto e
diciamo che sarà il mio omaggio a lei, con tanto affetto!
Vorrei ringraziare _rageandlove_ e Not_Lollipops che
hanno recensito il capitolo precedente.
E un grazie va anche a ashelyofsuburbia
che ha inserito la storie tra le preferite,
ed a xkeepituglyx
e, nuovamente, a Not_Lollipops
che hanno inserito la storia tra le seguite.
Noi ci vediamo
prossimamente, questa volta però non so quando...
Probabilmente quando mi arriverà Stomachaches
dall'UK e verrò a vantarmi un pochino... No, scherzo, anche
perché arriverà con un Cd di mia madre degli
ABBA... Non c'è nulla di cui vantarsi! Ha-ha-ha.
Come sempre, vi lascio i miei contatti sul fondo...
Vostra, Lu.
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Capitolo 3 *** - Friends and Videogames - ***
Fear to Trying
- Friends and Videogames -
Alle
sette e mezza, Frank era già pronto e faceva zapping
televisivo,
stravaccato sul divano nero del loro salone, in attesa di Marnie.
Scott sedeva sulla poltrona affianco, continuando a leggere il
giornale, e gettando un'occhiata a Frank di tanto in tanto.
All'ennesimo
sbuffo proveniente dal ragazzo, l'uomo parlò “Ah,
le donne...”
Frank
alzò i sopraccigli “Puoi dirlo forte.”
“Però,
Marine non è una di queste, fidati. Anzi, a volte sono io il
ritardatario.” rise l'uomo. Ed, infatti, poco dopo
arrivò la
ragazza, vestita e pettinata di tutto punto.
“Sono
pronta.” esclamò, mettendosi di fronte a Frank e
sorridendogli.
Il
ragazzo alzò lo sguardo e la osservò da capo a
piedi. Non si era
abbordata come solitamente le ragazze fanno quando devono uscire, era
vestita normalmente con dei jeans ed una camicia a quadri rossi di
flanella. I capelli erano sciolti e risentivano della treccia portata
tutto il giorno, ricadendole ondulati fin sotto il seno. Non aveva
trucco sul viso, ma le ciglia sembravano più lunghe di come
se le
ricordava.
Frank
spense la televisione e si alzò dal divano, tirandosi un po'
su i
pantaloni neri che aveva addosso, con due enormi buchi sulle
ginocchia.
“Frank!” lo chiamò sua madre, con uno
strofinaccio in mano, intenta ad asciugarsi le mani “Fa'
attenzione
con la macchina.”
“Tranquilla
Linda! I maschi sono geneticamente portati per la guida, al contrario
di voi donne...” e fece l'occhiolino a Frank, che
ghignò in
direzione della madre, che aveva uno sguardo di sfida nei confronti
di Scott.
“Andiamo.”
disse il ragazzo, sfiorando la spalla di Marnie, che prese il suo
cappotto dall'appendiabiti e lo seguì sul vialetto.
Linda
Iero aveva una Ford nera dell'88, appartenuta a suo padre, Nonno
Iero. Frank ci era molto affezionato e cercava di trattarla al
meglio, e non solo per il ricordo legato al nonno, ma anche
perché
era l'unica macchina della famiglia, fino ad allora.
Marnie
entrò in auto e si legò la cintura di sicurezza,
dopo aver poggiato
il cappotto sui sedili posteriori, e tamburellò con le dita
sulla
ginocchia, guardandosi intorno.
“Hai
così poca fiducia di me?” gli chiese Frank,
vedendola con la
cintura.
Lei
sorrise, imbarazzata “In realtà, ho il terrore dei
mezzi di
trasporto.”
Il
ragazzo sgranò gli occhi, mentre partì alla volta
di Casa Rush “Sul
serio?” - la ragazza annuì - “Beh, te la
farò passare io!”
“Va'
piano, per favore.” esclamò, bianca come un cencio
e beccandosi
un'occhiataccia “E guarda la strada.”
Casa
di Nonna Way era a poco più di dieci minuti d'auto da casa
Iero ed
era situata su un grande prato all'inglese verde scuro, ben curato e
con dei rovi di rose rosse, che si stavano appassendo un poco,
tendendo al nero. Marnie guardò la casa. Era grande e su due
piani,
bianca come la maggior parte delle villette di quel quartiere, ed
aveva delle grandi finestre sparse qua e là. Si avvicinarono
alla
porta e Frank suonò il campanello. Dopo poco, li venne ad
aprire
Mikey, che gli sorrise e gli fece entrare. L'interno della casa,
poté
notare Marnie, profumava di rose e di cibarie cotte al forno. Frank
le aveva spiegato, durante il breve tragitto, che Nonna Way era di
origini italiane ed aveva il vizio, o la fortuna, di preparare pranzi
per un esercito intero, ma pretendeva che venissero consumati tutti e
senza fiatare.
“Beh,
allora sono stata fortunata: non mangio da questa mattina!”
gli
aveva risposto, e si era beccata un'occhiata di rimprovero, che poi
si trasformò in un dolce sorriso.
Arrivati
al salone, Gerard e Ray stavano giocando alla Play Station
in
un gioco che aveva a che fare con pistole e bombe, di cui Marnie non
capiva nulla. Appena la videro, i due misero in pausa il gioco e la
salutarono, sorridendole affettuosi.
Lei ricambiò il sorriso e
si sporse un po' sulle punte per trovare la figura di Nonna Way a
qualche parte della casa.
“E'
in cucina...” esclamò Gerard, posandole un braccio
dietro la
schiena ed accompagnandola “Ovviamente!” rise poi.
Superata
la sala da pranzo già apparecchiata a dovere,
l'accompagnò verso
una piccola cucina, dove si affaccendava una donna a tirare fuori una
teglia dal forno, dove dentro c'erano delle lasagne un po' pallidine.
Gerard
la richiamò “Nonna, sono arrivati.”
Elena
Lee Rush si voltò, non prima di aver posato la teglia su un
bancone
ed essersi tolta i guanti da cucina.
“Oh,
finalmente! Frankie, sei sempre l'ultimo! Ma oggi ti
perdono...”.
Nonna Way era una donna minuscola, che si muoveva e parlava
velocemente. Se non fosse per le rughe ed i capelli di zucchero
filato, non sembrava un'anziana.
“Scusa, Nonna Way.” borbottò
il più basso dei ragazzi, ma venne scansato malamente da
Elena, che
si avvicinò a Marnie, aguzzando la vista e rivelando due
occhi
castani.
“Tu
devi essere Marnie, dico bene?” disse la donna, prendendole
entrambe le mani tra le sue. Nonostante non erano più
giovani e con
le vene in evidenza, avevano una stretta vigorosa e la pelle morbida.
“Sì,
signora.”
“Elena.
Dio buono, avevano detto carina, ma mica così
carina...”
borbottò l'anziana, lanciando un'occhiataccia ai nipoti.
“Sono
sicura che abbiano comunque esagerato...” sorrise la ragazza
ai
suoi amici “Ha bisogno di una mano?”
La
donna agitò le mani “No no, ho fatto
già. Andatevi a sedere, vi
porto le lasagne in un attimo.”
I
ragazzi si precipitarono a sedersi ai loro posti, già pronti
a
leccarsi i baffi per le prelibatezze di Nonna Way. Solo Marnie non
andò a sedersi, e rimase affianco alla donna per aiutarla
nei
piatti.
“Siediti.”
le ordinò Elena, dolcemente.
“Insisto.
Lei fa i piatti, ed io li servo.”
“Che
tu sia benedetta, ragazza. Se aspetto uno di quei caproni di
là...”
e fece ridere la ragazza, mentre tagliava due fette di lasagna e le
posava in due piatti, afferrati poi da Marnie, che li portò
in
tavola.
“Nonna,
sai che siamo imbranati in cucina.” esclamò Mikey,
ringraziando
poi la ragazza per il piatto.
“E
poi...” continuò Ray “Le donne sono nate
per cucinare...”
“E
le mani per dare schiaffi, Toro!” lo rimbeccò
Nonna Way,
riempiendo altri due piatti. Si levarono delle risate fragorose.
Marnie
servì gli altri due piatti a Frank e Ray, rivolgendosi poi a
questo
“Non pensavo che avevi delle idee sessiste...”
“Non volevo
offendere nessuno!” si scusò il ragazzo, alzando
le mani, di cui
una già brandiva una forchetta.
Nonna
Way ne riempì altri due e Marnie, dopo averli presi, ne
posizionò
uno a capo tavola, ed una davanti a se, affianco a Frank.
La
donna si sedette a tavola “Beh, buon appetito.” ed
i ragazzi si
fiondarono sulle lasagne.
“Come
sempre, buonissime Nonna Way!” esclamò Frank, con
la bocca piena.
La
donna gli sorrise, ma Gerard aveva da ridire “Sarebbero
ancora più
buone col ragù, ma il nostro piccolo Frankie ha un rapporto
conflittuale con la carne.”
“Sei
vegetariano?” gli sussurrò Marnie, gustandosi le
sue lasagne con
le zucchine. Il ragazzo annuì, per poi rivolgersi all'amico
“Se a
Nonna Way non crea problemi, vedi di non averli tu!”
Elena Lee
s'intromise, per calmarli un pochino “Vedete di finire tutto,
perché poi c'è il polpettone ed il dolce.
Frankie, per te c'è il
pasticcio di patate.” e gli sorrise, dolcemente “Ma
vedi di
pulire la teglia.”
“Sarà
fatto!” ghignò il ragazzo.
Finirono la loro porzione di lasagna
e Nonna Way si alzò da tavola, per poter raccogliere i
piatti
sporchi, ma fu anticipata da Marnie che, con uno scatto, le si mise
affianco, dicendole dolcemente di andare dal polpettone e che ci
avrebbe pensato lei.
“Marnie,
così farai rimpiangere ancor di più la nonna di
non aver nipoti
femmine...” scherzò Gerard, dando uno schiaffo
alla mano del
fratello posata sul tavolo, seduto di fronte a lui.
“Ehi,
con queste ci suono!”
La
ragazza rise, mentre raccattava i piatti sporchi “Nella mia
città,
facevo volontariato in un centro anziani e ad un canile... Mi viene
naturale.” ed andò in cucina.
“Perché
non sono un cane?” sospirò Gerard, beccandosi un
calcio allo
stinco ed un'occhiataccia da Frank.
Marnie
tornò con dei piatti fumanti e straboccanti di polpettone.
Dopo
averlo servito ai ragazzi, tornò col pasticcio per Frank ed
altri
due piatti di polpettone, per lei e Nonna Way.
Finito
il pranzo, i ragazzi si buttarono sul divano, per riprendere la
partita alla Play che avevano interrotto prima,
mentre Elena e
Marnie li guardavano, non capendo nulla di quello che stavano
facendo.
La
ragazza era seduta a terra affianco a Frank, tra le gambe di Ray, e
vedeva dal basso Nonna Way che cercava, inutilmente, di capire lo
scopo del gioco “Gerard, ma perché sei andato a
destra e non a
sinistra?”
Il
nipote sbuffò, non staccando gli occhi dallo schermo
“C'era la
freccia, nonna.”
“Fate
giocare anche Marnie.”
Ray
le abbassò il joystick e glielo mise in mano
“Prova.”
“No
no, grazie. Non so nemmeno come si prende in mano questo
coso.”
replicò la ragazza, ridandolo all'amico.
Elena
Lee si alzò dalla poltrona, mettendosi una mano dietro la
schiena e
facendo una smorfia di dolore “Ragazzi, io vado a dormire.
Posso
contare su di voi per i piatti?”
Marnie
scattò in piedi “Certamente. Vuole che
l'accompagni?”
“Grazie
cara, saresti molto gentile.” e si incamminarono, con i
ragazzi che
la salutarono, rimanendo con lo sguardo però sul televisore.
Marnie
accompagnò la donna nella sua stanza da letto e
l'aiutò a
stendersi. La stanza era grande e ben illuminata dal pallore lunare
del New Jersey, dallo stile antico ma elegante, come la donna. Elena
sospirò quando si stese sul letto e pregò la
ragazza di abbassarle
le tapparelle, cosa che fece immediatamente.
“Sei
molto gentile, Marnie.”
“E' il minimo che posso fare per
ringraziarla del pranzo squisito.” le sorrise la ragazza,
accettando l'invito della donna a sedersi sul suo letto. Le prese le
mani nelle sue e ne accarezzò i dorsi; Elena aveva le dita
fredde.
“Sei
una cara ragazza, Marnie, e sono felice di averti conosciuta.”
“Il
piacere è stato mio. Ora, è meglio che
riposi.”
“Hai
un animo così puro, è sprecato per questo mondo,
bambina mia.” e
la donna le strinse di più le mani “Tu illumini le
vite degli
altri, senza che tu te ne renda davvero conto.”
Si
ritrovò a sorride imbarazzata “Grazie
davvero.” e la lasciò
riposare.
Tornata
al piano di sotto, vide i ragazzi agitarsi per cose che lei non
capiva. Ray aveva preso il posto di Nonna Way, mentre Frank aveva
preso il posto del primo, affianco a Mikey. Gerard sedeva su una
poltrona, di fronte a quella di Ray.
Marnie
si sedette a terra, poggiando la schiena su un piccolo spazio vuoto
di divano, affianco alle gambe di Frank.
“Davvero
non vuoi provare?” le chiese Frank, porgendole il joystick.
“Non
sono capace.” gli disse, mordendosi il labbro.
“Non
hai mai giocato ai videogame?” chiese Mikey, sconvolto. La
ragazza
scosse il capo.
Frank
alzò la gamba sinistra e le circondò le spalle
con entrambe la
gambe, abbassandole il joystick fino alle sue mani, ed indicandole i
tasti con un dito “Allora, il quadrato è per
correre, il cerchio
per camminare, la croce per fermarti ed il triangolo per sparare. La
elle per ricaricare e la erre per lanciare una granada. Tutto
chiaro?”
“Sembrerebbe
di sì.” ed alzò lo sguardo verso il
ragazzo “Lo scopo di tutto
questo?”
“Uccidere
i tedeschi!” urlò stralunato Gerard, ghignando
divertito.
“Ah,
quindi è ambientato nella Seconda Guerra
Mondiale...” dedusse la
ragazza.
“Bingo!”
esclamò Frank, sorridendole “Ora sei un soldato
americano e devi
combattere in una foresta della Norvegia, raggiungendo il luogo
sicuro che si trova sulla mappa, in basso a destra.”
“Ok!”
esclamò la ragazza, stringendo le mani intorno al joystick
“Sono
pronta!”
Frank
le posò una mano sulla spalla “Attenta agli
scontri. Se sei
ferita, devi trovare delle cassette di pronto soccorso per curarti,
altrimenti morirai se subirai altri colpi...”
“Ricevuto!”
disse la ragazza, mordendosi il labbro ed avviando col tasto
“start”
il gioco. Fece un respiro profondo ed iniziò a correre come
una
matta col suo soldato americano.
“Attenta
a quello a destra!” le urlò Ray, facendola
spaventare.
“Che
devo premere?” gridò, presa dal panico.
“Triangolo!
Triangolo!” l'aiutò Mikey.
Aveva
ucciso il suo nemico, ma l'aveva sparata un paio di volte. Lo schermo
stava iniziando a bordarsi di rosso ed a pulsare, come un cuore.
Continuò a correre, spostandosi a destra e sinistra col
cursore,
mentre i ragazzi le indicavano gli obbiettivi. Però era
molto
ferita, e non riusciva trovare una maledetta cassetta del pronto
soccorso.
“Eccola!”
esclamò Frank, dandole una botta col ginocchio
“Scusa!” si
affrettò a dire “Alla tua destra.
Destra!”
Finalmente,
Marnie la vide e corse verso di essa, nemmeno fosse un oasi in mazzo
al deserto. Peccato che, un soldato tedesco nemico le sparò
due
colpi, uccidendola proprio di fronte alla sua fonte di salvezza.
Un
grosso “sei morto” campeggiava
sullo schermo e fece
smorzare tutta l'euforia che si era creata tra i ragazzi.
Marnie
incassò la testa nelle spalle
“Scusatemi.” mormorò,
mortificata.
I
ragazzi scoppiarono a ridere, piegandosi addirittura in due dalle
risate.
Frank
le diede una piccola pacca sulla spalla “Per essere la prima
volta,
te la sei cavata bene.”
La ragazza gli sorrise, riconoscente,
gli passò lo joystick e si alzò in piedi
“Vado a lavare i
piatti.” e si allontanò, per andare in cucina.
“Aspetta!”
le gridò da dietro Frank, mollando l'oggetto a Mikey
“Ti do una
mano.”
Marnie
gli sorrise, per poi dargli un pugnetto affettuoso sul braccio
“Tu
non fai i piatti.”
“Ehi, non mi hai ancora visto all'opera con
queste belle manine...” esclamò il ragazzo,
agitando le dieci dita
davanti a se.
La
ragazza gli diede delle lievi pacche sulla schiena, porgendogli poi
un canovaccio “Io lavo, tu asciughi?”
Passarono
alcuni minuti in silenzio, dove si sentiva solamente il rumore
dell'acqua mossa dalle mani di Marnie e quello del canovaccio che
sfregava sui piatti puliti.
“Hai
dei bei amici.” disse improvvisamente la ragazza.
Frank
sorrise, imbarazzato “Grazie, ma credo che da oggi siano
anche i
tuoi. Gerard invita da sua nonna solo gli amici stretti.” le
spiegò, poggiando un piatto asciutto su una mensola.
“Sono
davvero gentili, ma quelli sono i tuoi amici, non i miei.” -
Marnie
si morse un labbro - “Dovrò farmi dei miei. Non
voglio starti
sempre tra i piedi.”
Frank
lasciò perdere il piatto che aveva in mano e si
voltò a guardarla
mentre si torturava il labbro inferiore coi denti “Marnie,
non mi
stai tra i piedi, anzi sei molto discreta come persona, forse anche
troppo.” asciugò il piatto e lo posò
sulla mensola “E domani ti
siedi affianco a me sul pullman.” le sorrise poi.
Finiti
di lavare i piatti, tornarono nel salotto, dove vennero informati
dagli altri di aver superato due missioni mentre loro non c'erano.
“Cazzo,
volevo farla io quella dopo la Norvegia.” borbottò
Frank,
buttandosi sul divano, e strappando di mano a Mikey il joystick .
“Ehi!”
protestò questi “Stavo vincendo!”
“Se
se...” replicò Frank, piegandosi in avanti e
continuando a giocare
al posto dell'amico.
Marnie si sedette a terra, affianco alle
gambe di Frank, che le rivolse un piccolo sorriso, non staccando
però
gli occhi dallo schermo. Dopo aver finito la missione, le porse il
joystick “Vuoi giocare?”
La
ragazza lo prese in mano e lo guardò negli occhi, sollevando
le
spalle.
“Non
ricordi i tasti?” chiese, stupito. La ragazza scosse il capo,
facendo ridere di gusto gli amici.
Frank
sospirò e la circondò nuovamente le spalle con le
sue gambe,
rispiegandole da capo tutto. Quando avviò il gioco, Marnie
sembrava
più sicura della prima volta, infatti riuscì a
destarsi meglio tra
i nemici e riuscì ad ucciderne alcuni senza che i ragazzi
glieli
indicassero. Riuscì anche a trovare una cassetta del pronto
soccorso.
“Adesso
ti fai vedere, razza di balorda?” grugnì la
ragazza, facendo
ridere a crepapelle i suoi amici.
“Sta'
entrando nell'ottica del giocatore.” esclamò
Gerard, battendosi
una mano sulla coscia.
Quando
riuscì a finire la missione, Marnie alzò le
braccia, soddisfatta
“Ho vinto! Ho vinto!” beccandosi dei sorrisi.
Continuarono
così per un po', facendo a turno delle missioni,
finché Mikey non
alzò gli occhi verso l'orologio “Cazzo,
è già mezzanotte
passata!”
“Merda,
domani c'è scuola.” grugnì Gerard,
spegnendo la Play Station
“Ritiriamo la bancarella, ragazzi!”
Aiutarono
i due Way a raccattare la loro roba, ed a togliere le ultime cose
sulla tavola, come il porta pane e la tovaglia. Quando fu tutto
apposto, uscirono dalla casa ed i Way la chiusero, tanto la Nonna
aveva le chiavi e l'avrebbe riaperta da dentro.
“Beh
ragazzi, ci vediamo domani!” esclamò Ray, agitando
le chiavi della
macchina in una mano.
“Grazie
di essere venuti.”
Marnie
sorrise a Mikey, e lo strinse in un abbraccio “Grazie a
voi.” poi
passò a Gerard e strinse anche lui. Salutò anche
Ray con un
abbraccio e, augurando la buonanotte, si mise in macchina aspettando
Frank. Il ragazzo si fermò a parlare un po' con i suoi
amici, poi
raggiunse la ragazza in macchina e guidò fino a casa.
Tornati
a casa, si precipitarono a dormire, ma prima che Frank potesse
entrare nella sua stanza, venne fermato dalla voce di Marnie. La
ragazza si torturava le dita delle mani e sembrava imbarazzata.
“Dimmi.”
la incalzò il ragazzo, dolcemente.
Lei,
senza dire niente, lo abbracciò, sussurrandogli
nell'orecchio
“Grazie di tutto.”
Il
ragazzo le sorrise, dopo aver sciolto l'abbraccio, e le
scompigliò i
capelli “Di niente, pulce!” e, dopo essersi
augurati la
buonanotte, entrarono nelle loro rispettive stanze da letto.
Frank
si tolse la felpa nera con foga, calciandola con un piede, e si
sedette sul letto per togliersi le scarpe ed i pantaloni. Il suo
sguardo si posò sul suo comodino, più pieno del
solito. Aguzzando
gli occhi, vide un libro azzurrino, nuovo di zecca e con sopra un
fiocco rosso elaborato. Lo prese in mano, osservandolo per bene. Era
il nuovo libro di Harry Potter, Harry Potter e l'Ordine della
Fenice. Lo guardò, stranito, per poi alzarsi ed
uscire dalla sua
stanza.
Andò
alla porta di quella di Marnie e bussò piano, stringendo
ancora tra
le mani il tomo. La ragazza gli venne ad aprire subito, guardandolo
confusa.
“E'
successo qualcosa, Frank?”
Il
ragazzo si grattò nervoso la nuca, cercando di non far caso
che lui
fosse solo in pantaloni. I suoi occhi vagarono per la figura della
giovane, che aveva addosso una maglia enorme e sformata dei Pink
Floyd che le arrivava fino a metà delle cosce nude.
“Credo
che questo sia tuo...” borbottò poi, porgendole il
libro “Scott
deve aver sbagliato stanza...”
Marnie
gli sorrise, lasciando la porta aperta e dirigendosi verso il suo
letto. Frank fece un passo all'interno della stanza, ancora vuota e
priva di personalità, se non per la libreria piena di libri,
tra cui
anche i primi quattro di Harry Potter.
“Quello
è il tuo, la mia copia ce l'ho.”
esclamò piano la ragazza,
agitando il suo libro dell'Ordine della Fenice.
“Ma
io...” iniziò a dire il ragazzo, ma fu bloccato da
una mano di
Marnie che gli si posò sulla spalla nuda. La ragazza aveva
le mani
calde che, in confronto alla sua pelle fredda, sembravano carboni
ardenti.
“Mio
padre fa spesso sorprese di questo genere, ti abituerai anche
tu.”
Il
ragazzo si morse il labbro, imbarazzato “Dovrò
ringraziarlo
domattina...”
La
ragazza annuì, radiosa. Frank le augurò
nuovamente la buonanotte e
tornò alla sua stanza. Si tolse le scarpe ed i pantaloni,
posò il
libro sul comodino e si coricò nelle coperte. Sorrise lieve
nel
vedere quel libro, e si addormentò.
Salve!
Sì, per vostra sfortuna, sono tornata, e per di
più con un nuovo capitolo! Ovviamente, spero che vi piaccia
e che mi facciate sapere cosa ne pensate... Non ho molto da dire su
questo capitolo, se non che lo trovo un po' "smorto"... Sì,
è il termine giusto!
In realtà, volevo farlo un po' più lungo, ma
aggiungendoci metà del capitolo successivo, quella prima
metà mi sembrava incompleta senza la seconda, ed ho voluto
evitare di aggiungerla perché altrimenti il capitolo sarebbe
stato davvero eccessivamente lungo e vi volevo risparmiare il
supplizio... PER ORA!
Queste settimane sono passate un po' così, ma sono state
rallegrate dall'album di Frank, Stomachaches,
arrivato un paio di giorni dopo aver pubblicato il capitolo precedente.
Chi mi segue su Instagram,
può saperlo perché ho pubblicato una foto per
vantarmene! Ah-ah-ah!
Oggi, invece, sono un po' giù di morale... Mi sento una
falsa a dare felice degli auguri di compleanno ad una persona di cui
non può fregarmene di meno e che ho visto per tre minuti.
Almeno, mi ha portato il dolce, mio padre.
Cambiamo argomento! Vorrei ringraziare le persone che hanno letto il
capitolo e Not_Lollipops
per avarlo recensito!
Come sempre, non so quando ritornerò ad aggiornare, ma spero
di avere in questo lasso di tempo delle vostre opinioni a proposito di
questo capitolo. Anche delle offese gratuite mi vanno bene!
Io me ne torno a drogarmi di Shepherd
of Fire dei Sevenfold,
cosa che faccio da questa mattina alle undici... Mia madre mi ha preso
per pazza!
Vi lascio i miei contatti alla fine, come ogni volta!
Vostra, Lu.
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