La Rosa Nera

di axeldj
(/viewuser.php?uid=22205)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** 2. La grotta ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


Prologo

Tutti gli abitanti di Procida la chiamavano “Casa di Vivara” anche se precisamente non si trovava proprio su quello scoglio a forma di mezza luna, ma su di una piccola collinetta che conduceva al pericolante ponte costruito per raggiungerlo. Tra i più anziani del luogo veniva tramandata una terrificante storia che riguardava alcune sette sataniche che si riunivano all’interno di quelle mura ammuffite per celebrare crudeli riti che spesso terminavano con dei tributi in sangue. Questa storia era probabilmente legata alle inspiegabili sparizioni di giovani capretti durante quelle notti in cui sembrava che la casa fosse abitata.

Fu in una di queste notti tempestose che una giovane coppietta, ignara della legenda, decise di rifugiarsi su quella collina. I capelli neri di Luca erano totalmente bagnati e cadevano pesanti sulle sue spalle, mentre l’abitino di cotone indossato da Sara era più che trasparente e per questo motivo con le braccia cercava di nascondersi nel miglior modo possibile. Per loro disgrazia scoprirono la casetta e decisero di godere del suo riparo. Il ragazzo aprì la pesante porta socchiusa, provocando un secco cigolio, notò che al suo interno la casa era totalmente buia. Un piccolo brivido gli percorse il corpo. Dietro di lui Sara si muoveva timorosa con piccoli passi cercando di rimanere il più silenziosa possibile mentre il suo fidanzato cercava un qualcosa per illuminare la stanza. Le sporche finestre improvvisamente si accesero di una luce bianca molto intensa e la camera fu illuminata per qualche istante che fu sufficiente al ragazzo per individuare una candela bianca posta su tavolo di legno marcio proprio davanti a lui.

- Amore non è che puoi passarmi l’accendino - disse il ragazzo posando la sua mano su la spalla sinistra della giovane ragazza che con la mano tremante gli porse l’accendino. Nel momento in cui Luca prese in mano l’oggetto un forte boato proveniente dall’esterno scosse le pareti della casa, Sara si strinse intorno alla vita del suo ragazzo, il quale la rassicurò:

- Non ti preoccupare è solo un tuono - Così dicendo la baciò ed accese la candela illuminando con una luce calda l’interno della stanza. Sara ebbe un fremito quando vide le decine di candele poste sui suppellettili illuminati da una luce fioca e tremolante, quel luogo aveva qualcosa di tetro. La loro attenzione venne improvvisamente attirata da delle voci, sembravano provenire dal piano di sopra. Sara era immobilizzata e guardava in direzione della scala che avrebbe portato al piano superiore, il suo corpo non smetteva di tremare nonostante le coccole del suo ragazzo, il quale iniziava a temere che la casa non fosse abbandonata. Un altro tuono percosse la casetta ed una forte folata di vento fece rompere quella finestra tanto sudicia. Sara si fece scappare un piccolo grido mentre il ragazzo si precipitò verso la porta con l’idea di scappare ma questa sembrava bloccata.

- Sotto il tavolo - sussurrò spegnendo la candela e trascinandosi la ragazza che ormai stava tremando. Rimasero sotto quel tavolo in attesa di qualcosa che non conoscevano nemmeno ma sapevano che sarebbe successo, i loro cuori battevano all‘impazzata, si erano cacciati in un grosso guaio. Improvvisamente la porta si spalancò ed un uomo incappucciato, entrò senza tante cerimonie e si diresse al piano di sopra seguito da altri due uomini e poi da un quarto che chiuse la porta con due mandate e si infilò la chiave nell’impermeabile, Luca ci mise una decina di secondi per focalizzare la situazione, poi decise di provare ad aprire la finestra ma questa era bloccata a causa della ruggine, Sara stava piangendo mentre le persone che erano salite al piano di sopra iniziarono ad urlare:

- Che significa che non hai trovato il fuggitivo, abbiamo ordini precisi, avete tempo fino a domani mattina! - disse uno di loro con voce nervosa.

- Ma capo, abbiamo setacciato l’isola, casa per casa, ma non l’abbiamo trovato… Non abbiamo idea di dove può essersi nascosto! - sentite queste parole la voce del capo si fece ancora più alta:

- Non voglio sentire scuse! Chiaro! - Una forte luce rossa illuminò le scale e si sentì un forte rumore, come se qualcuno fosse caduto, - Adesso uscite e setacciate meglio l’isola, è sicuro che si trovi qui… VIA! - improvvisamente si sentirono dei passi affrettati e i due ragazzi videro tre degli uomini incappucciati correre verso la porta mormorando qualcosa di incomprensibile.

Luca uscì dal suo nascondiglio e cercò di aprire la porta, dopo due tentativi questa si aprì di scatto provocando un forte rumore che fece tremare i muri oltre che le gambe del ragazzo

- Scappiamo Sara! - Urlò quando sentì un rumore di passi affrettati provenienti dal soffitto, ma la porta si chiuse improvvisamente prima che i due potessero abbandonare la casa.

- Chi va la! - intimò la voce di quella persona che i tre chiamavano capo. I due ragazzi si strinsero in un abbraccio quando un uomo alto poco più del tavolo sotto cui erano nascosti comparve sulla sommità di quella scala in legno percorsa già due volte da quei uomini incappucciati.

- Oh… Abbiamo visite…! - disse ironicamente l’uomo mentre ad un suo gesto con il braccio tutte le candele della stanza presero immediatamente fuoco. Aveva una grossa cicatrice che gli deturpava il volto e nella sua mano destra teneva stretta una bacchetta di legno. Luca notò con terrore che suoi vestiti erano sporchi di sangue.

- Cosa posso offrirvi cari miei ospiti? gradite una tazza di cioccolata calda? - L’uomo sembrava gentile e la ragazza accettò l’offerta.

- No grazie, stavamo giusto per andarcene. Pensavamo che la casa fosse abbandonata e quindi ne abbiamo approfittato per ripararci dalla tempesta - Disse educatamente il ragazzo mentre un altro tuono fece vibrare le fiammelle delle candele. Dopo quelle parole seguì una lunga pausa di silenzio che sembrò non passasse mai quando l’uomo, che ancora era in piedi sulle scale iniziò a scenderle.

- Dunque voi rifiutate la mia ospitalità… Molto male… potrei offendermi… - Luca si mise coraggiosamente tra l’uomo e la sua ragazza fissandolo negli occhi.

- Sei un ragazzo molto coraggioso, caro Luca, e ammiro il tuo gesto, ma ti consiglio vivamente di fare il bravo e seguirmi di sopra - a sentire queste parole Sara iniziò a piangere poggiandosi sull’ampia schiena del suo fidanzato il quale rispose bruscamente:

- E invece ci lascerai andare se no… Come hai detto che mi chiamo? - Chiese il ragazzo stupito mentre ormai l’uomo era ad un solo passo da lui e lo guardava dal basso. La cicatrice brillava alle luci delle candele.

- Luca - disse ancora abbozzando un sorrisino - e la tua ragazza si chiama Sara, so tutto di te, riesco a sentire la tua paura crescere, che farò? Vi ucciderò? Vi lascerò andare per poi colpirvi alle spalle? ragazzo mio, ascolta il mio consiglio, non metterti contro di me - Alle parole del nano Luca si paralizzò, non riusciva nemmeno a muovere un dito, quell’uomo era riuscito a leggere nei suoi pensieri ed a carpire ogni sua minima paura. Improvvisamente Sara scattò verso la finestra cercando di infrangerla lanciandole contro uno dei tanti candelabri che adornava la stanza ammuffita frantumandola in mille pezzi.

- La tua amichetta ha deciso di farsi male noto…- dicendo questo fece un leggero gesto con la testa ed un lampo rosso fuoriuscì da quella bacchetta che aveva in mano che velocissimo raggiunse il fianco destro della ragazza aprendo una profonda ferita.

- NO! - Urlò Luca correndo verso la sua amata che dolorante si accasciò prima al davanzale per poi cadere a terra mentre il suo sangue stava creando un grosso alone rosso su quella moquette anonima. Nel giro di pochi secondi perse i sensi.

- Sono stato gentile con lei… una morte veloce e poco sofferta! - disse l’ometto come se avesse fatto un grosso piacere alla ragazza. - Che vuoi fare Luca… Mi segui o decidi di seguirla in paradiso? - chiese mentre un altro boato fece tremare ancora una volta le pareti di quella casa maledetta. Il ragazzo si sentiva a pezzi l’unico pensiero che aveva in mente riguardava Sara. Non c’era più niente in quella stanza degno della sua attenzione quanto il corpo della sua fidanzata con un fianco squartato immerso in una pozza di sangue.

- D’accordo - disse il ragazzo prendendo di nuovo coscienza - Ti seguo al piano di sopra -

- Vedo che inizi a ragionare… - disse sorridendo l’uomo iniziando a salire le scale - Seguimi - il ragazzo diede un ultimo sguardo alla ragazza e si incamminò dietro all’ometto. Al primo piano di quella casa c’era un altro cadavere decapitato. L’ansia del ragazzo saliva mentre l’ometto si avvicinò al cadavere puntandogli la bacchetta al volto.

- Caro Luca la nostra storia finisce qui… è stato un errore rifugiarti in questa casa hai un ultimo desiderio prima di morire? - Le parole del nano gelarono il sangue nel corpo del ragazzo, ma per lui niente più aveva senso e chiese:

- Se proprio devo esprimere un ultimo desiderio vorrei vedere per l’ultima volta il mare - disse seriamente ed il nano gli ordinò di seguirlo dirigendosi prima verso di lui per poi proseguire verso le scale. Luca lo seguì e quando l’uomo scese il primo gradino le mani del ragazzo si poggiarono lungo la sua schiena per spingerlo giù. Il corpo dell’assassino rotolò fino al piano terra per poi rimanere immobile, Luca iniziò a scappare, salutò la sua amata segnandosi il petto ed iniziò a scavalcare il davanzale di quella finestra che l’avrebbe portato alla salvezza ma prima che lui potesse scavalcare fu colpito alla gamba da una forte fitta e perse l’equilibrio cadendo all’indietro vicino al corpo di Sara.

- Se non fossi stato così stupido da attaccarmi la tua gamba sarebbe ancora attaccata al copro, mi dispiace caro mio. Ma hai sbagliato per la seconda volta - così dicendo un nuovo dardo rosso fu scagliato dalla sua bacchetta ed il corpo esanime del giovane ragazzo si accasciò sopra a quello della ragazza che fino al giorno prima aveva reso speciale ogni momento della sua vita. In quella stessa notte tempestosa un giovane di nome Angelo stava cercando di domare l’imbarcazione del suo presunto padre che ad ogni onda rischiava di rovesciarsi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. La grotta ***


Capitolo I - La grotta

Le onde del mare erano impetuose e sempre più spesso quella piccola barca veniva inondata da litri e litri d’acqua. Angelo era un ragazzo dotato di molta forza nonostante l’età, le vene sulle sue braccia affaticate dalla marea erano già gonfie per la fatica; reggersi al timone con quelle onde era un’impresa estrema anche per un ragazzo giovane come lui. L’elica del motore girava spesso a vuoto poiché quel burrascoso cullare delle acque la faceva affiorare quasi ad ogni onda. La piccola vela era legata preziosamente intorno all’albero, sarebbe stata una follia ammainarla con quel vento. La pioggia torrenziale poi rendeva la situazione ancora più grave di quello che fosse. Improvvisamente una parete d’acqua si abbatté sullo scafo facendolo prima dondolare pericolosamente, poi rovesciare costringendo il ragazzo ad un bagno freddo in piena tempesta; lampi di luce seguiti da potenti boati si susseguivano senza seguire un determinato ritmo, il cielo e l’acqua erano neri come la pece ed ogni punto di riferimento era scomparso mentre la barchetta affondava tristemente in un mare sempre più burrascoso. Le onde altissime non lo costrinsero più volte a lottare per restare a galla mentre forti correnti lo trascinavano chissà dove. “È la fine” pensò il ragazzo “avrei dovuto evitare la traversata con questo tempo“. Le gambe iniziarono a perdere forza a causa del freddo e, ancora più il ragazzo era vittima del mare che lo trascinava verso il fondo, ancora un tuono attraversò il cielo donandogli una sensazione di inutilità al confronto delle forze della natura. Una nuova onda lo trascinò sott’acqua. Non riusciva a capire ormai nemmeno in che direzione doveva nuotare per risalire a galla. Per prendere un’altra boccata di quel prezioso ossigeno che gli mancava. Era sicuramente la notte più brutta della sua vita.

Il mattino seguente miracolosamente il ragazzo era ancora vivo steso privo di sensi un una piccola spiaggetta piena di detriti; si risvegliò con la faccia impressa nella sabbia umida e alzò la testolina per prendere fiato sputacchiando quei maledetti granelli di sabbia che si insinuarono nella sua bocca. L’alba era meravigliosa, un vorticare di colori caldi che filtravano tra le nubi tempestose in lontananza, era meraviglioso anche il fatto che lui era li a guardarla mentre con ogni probabilità sarebbe dovuto rimanere sul fondo del mare. La sua attenzione si rivolse poi alla spiaggia deserta che sicuramente non apparteneva all’isola di Procida. Lui conosceva molto bene l’isola e quel luogo così suggestivo di sicuro non l’aveva mai visto: tante piccole casette erano affiancate a quella spiaggetta e delle barchette simili a quella che lui aveva perso in mare erano ormeggiare al sicuro sopra la sabbia fine. Si mise seduto e vide che vicino a quella spiaggia erano presenti varie file di scogliere, che nascondevano un paesaggio mozzafiato, pensò alla fortuna che aveva avuto e non sbatterci contro, il solo pensiero gli fece perdere l’equilibrio. Guardando in direzione dell’orizzonte il ragazzo riconobbe subito, a parecchie miglia di distanza, la lingua di terra a forma di mezzaluna deducendo che non si trovava così lontano da casa ; poi ruotò ulteriormente la testa per osservare il resto del paesaggio e vide, al di sopra di un grosso scoglio il Castello Aragonese e capì di essere naufragato sulla vicina isola di Ischia.

Era passata l’alba e non si vedeva nessuno, solo due cani che si rincorrevano sul bagnasciuga. Angelo si sedette sulla soffice sabbia ed iniziò a rendersi conto del fatto che era vivo quando improvvisamente sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.

- Tu sei Angelo Esposito vero? - il cuore del ragazzo accelerò all’improvviso per lo spavento ed il suo volto divenne pallido. Una persona anziana si adagiò a fianco a lui ed iniziò a parlare senza che il ragazzo potesse fare qualsiasi cosa.

- Stanotte hai corso un grandissimo pericolo… - disse solamente senza aggiungere altro, dopo una trentina di secondi da quell’affermazione tanto scontata l’angolino della bocca del naufrago si sollevò rendendo un sorriso storpiato, anche lui iniziò a parlare, ma con un tono arcigno.

- Un grande pericolo dici? Non me ne ero accorto… - L’ironia nelle parole del ragazzo era evidente ma questo non turbò il vecchietto che stava semplicemente li seduto a fissare il sole che si riscaldava tra le nuvole.

- Sei stato molto fortunato… - continuò alimentando ancor di più l’ironia nelle risposte del povero ragazzo che furono interrotte sul nascere.

- Non sto parlando della mareggiata, qualcuno la notte scorsa ti stava cercando.Voleva la tua testa… - Angelo fisso per la prima volta il volto della persona che gli stava accanto, era molto diverso da ciò che aveva immaginato: quell’uomo era alto quasi come lui, viso pallido e barba corta, indossava un vestito bianco molto elegante ed anche i suoi capelli erano bianchi.

- La mia testa? E chi vorrebbe mai uccidere… non ho mai fatto niente di male!!- esclamò mettendosi subito in piedi, ne aveva abbastanza di quell’uomo e ciò che desiderava era imbarcarsi sul primo traghetto che l’avrebbe riportato a casa.

- Ora non posso dirtelo Angelo… però è di fondamentale importanza che tu ora venga con me… dobbiamo fare una lunga chiacchierata… - Così dicendo il vecchio si incamminò verso la strada che costeggiava la spiaggia. Angelo rimase per qualche secondo fermo ad osservare il vecchio che aveva iniziato a cantare qualcosa che risultava sconosciuto alle sue orecchie.

- Ma come… dopo tutto quello che ho passato stanotte tu vieni qui, mi dici che vogliono uccidermi e te ne vai senza nemmeno presentarti? - Iniziò a correre per raggiungerlo vedendo che lui non si girava - Chi sei? come ti chiami? Come fai a conoscere il mio nome? -

- Angelo… ci sono cose che non a tutti è dato sapere. Tu sei in pericolo ed io sono venuto per salvarti la vita. Non seguirmi se vuoi, ma ti avviso che sarà una tua scelta! -

A quelle parole il giovane si incuriosì parecchio e continuò a far domande al vecchio.

- Posso sapere almeno il nome del mio “Salvatore” - scandì bene l’ultima parola sperando che così quell’uomo si sarebbe presentato, ma non fu così.

Angelo seguì il vecchio lungo tutto il paesino fino in cima ad una collinetta nei pressi del Castello Aragonese ed entrò insieme a lui in quella che sembrava una piccola grotta. Non appena i due si fermarono il vecchio prese parola:

-Bene bene, Angelo… qui dentro dovremmo essere lontani da orecchie indiscrete… potremo parlare senza che nessuno ci interrompa…-

-Cioè… fammi capire…- iniziò il giovane - Tu mi hai portato qui sopra solo ed unicamente per parlarmi, quando sulla spiaggia non c’era anima viva? Cose da pazzi…-

- Sarebbe stata cosa da pazzi lasciarti morire su quella spiaggia… Ora che non ti hanno trovato sull’isola di Procida, di sicuro verranno qui… e se ti avessero trovato… non sarebbe stato tanto romantico… - sorrise mostrando una dentatura perfetta poi aggiunse con tono fiero - Il mio nome è Captivus Uglymord… Preside della scuola di magia di Montevergine… ex studente di Hogwarts… - A quelle parole il giovane scoppiò a ridere…

- Scuola di che? Tu sei pazzo… anzi… il pazzo sono io che ti ho seguito fin qua…- si girò verso l’uscita della grotta con la chiara intenzione di porre fine al colloquio - è stato un piacere chiacchierare con te… - Non riuscì a terminare la frase che si sentì scaraventare contro una delle pareti della grotta.

- Scuola… di.. Magia… Non sto parlando di storielle per bambini… sto parlando di Magia vera!!! - esclamò severo lui mentre il povero ragazzo cadeva per terra, aveva una profonda ferita sul sopracciglio.

- E nella vostra scuola trattate così gli studenti? - domandò Angelo infuriato per quello che era appena successo - Ma guarda… potevo rompermi l’osso del collo! Questi trucchetti con me non funzionano signor Uglymond -

- Uglymord. Captivus… Uglymord… non Uglymond… ci tengo al mio nome sai? - disse lui con aria superiore, quasi facendosi beffa del ragazzo che ora aveva la faccia insanguinata. Con un gesto della mano suturò la ferita del ragazzo senza nemmeno toccarla e con un altro la pulì dal sangue. - Questa è magia caro Angelo, la magia può essere assai utile se usata con criterio! E tu sei in grado di compiere magie… -

Angelo si sentì confuso, non riusciva a comprendere se quell’uomo assai buffo che aveva d’avanti si stava prendendo gioco di lui oppure stesse dicendo la verità, poi non si riusciva a spiegare le parole del preside; possibile che lo volessero uccidere? Chi mai poteva avercela con un piccolo pescatore procidano?

- Signor Uglymord - chiese il giovane - Chi vuole uccidermi? Cioè cosa avrei fatto io per essere braccato? -

- Ora è presto per farti questa rivelazione - tagliò corto Captivus - Ti interessa imparare a gestire la magia a tuo piacimento? Ti interessa imparare a difenderti con la magia? Ti piacerebbe diventare un eroe? Io ti sto offrendo una scelta… da un lato c’è la vita di tutti i giorni (assassini compresi), dall’altro lato invece la mia offerta… A stasera Angelo… pensaci bene -

In un lampo di luce il vecchio scomparì e allo stesso momento l’uscita della grotta venne chiusa. “Pensaci bene…” quelle parole continuarono a girargli nella testa per più di un ora ed il giovane ragazzo si sentì costretto ad accettare l’offerta di quell’uomo, anche perché aveva avuto una prova tangibile dell’esistenza della magia e quindi una prova della sincerità del preside.

Quando il preside fece ritorno, fuori la grotta era già buio ed il ragazzo stava riposando seduto con le spalle poggiate sulla fredda parete e la testa sulle ginocchia.

-Allora Angelo… hai preso la tua decisione? - Furono le uniche parole del preside, chiare e profonde. Gli era stato chiesto di scegliere della sua vita ed Angelo sentiva il peso di quella decisione.

- Verrò! - esclamò con poca convinzione non sapendo a cosa stava andando in contro - Verrò nella tua scuola di magia… non mi rimane altra scelta… - aggiunse in fine mentre il vecchio gli si stava avvicinando.

- Ottima scelta figliuolo… vedrai che a Montevergine non ti troverai male…- A quel punto il preside gli mise una mano sulla spalla e la caverna nella quale aveva passato tutto il giorno a pensare scomparve in un baleno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=289250