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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I protagonisti ***
Capitolo 2: *** Comincia il gioco! ***
Capitolo 3: *** Non cadere giù ***
Capitolo 4: *** Una specie di fotocopia ***
Capitolo 5: *** La scelta di dividersi ***
Capitolo 6: *** Divisi ***
Capitolo 7: *** Bisogni naturali ***
Capitolo 8: *** Claustrofobia ***
Capitolo 9: *** L'armata degli scheletri ***
Capitolo 10: *** La discesa ***
Capitolo 11: *** Divieto ai bagnanti ***
Capitolo 12: *** Il labirinto ***
Capitolo 13: *** Ci risiamo ***
Capitolo 14: *** Sogni d'oro ***
Capitolo 15: *** Lame rotanti ***
Capitolo 16: *** Come scacchi ***
Capitolo 17: *** Corsa e nuoto ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** I protagonisti ***
CAPITOLO
1
“I
protagonisti”
“Allora posso
elencarglieli?”.
“Assolutamente”.
Cognome: Orsi
Nome: Tommaso
Data di nascita: 28 luglio
Professione: Calciatore
Statura: 1 e 80
Capelli: Neri
Occhi: Neri
Cognome: Silvestri
Nome: Sara
Data di nascita: 29 maggio
Professione: Avventuriera
Statura: 1 e 65
Capelli: Biondi
Occhi: Castani
Cognome: Lupo
Nome: Andrea
Data di nascita: 6 febbraio
Professione: Ladro
Statura: 1 e 83
Capelli: Neri
Occhi: Castani
Cognome: Santucci
Nome: Roberto
Data di nascita: 26 marzo
Professione: Poliziotto
Statura: 1 e 90
Capelli: Neri
Occhi: Neri
Cognome: Wilson
Nome: Carla
Data di nascita: 28 novembre
Professione: Infermiera
Statura: 1 e 58
Capelli: Biondi
Occhi: Verdi
Cognome: Sarti
Nome: Simone
Data di nascita: 7 luglio
Professione: Militare
Statura: 1 e 83
Capelli: Castani
Occhi: Verdi
Cognome: Noro
Nome: Stefano
Data di nascita: 5 aprile
Professione: Scienziato
Statura: 1 e 67
Capelli: Neri
Occhi: Castani
Cognome: Simone
Nome: Rosa
Data di nascita: 7 marzo
Professione: Attrice
Statura: 1 e 65
Capelli: Castani
Occhi: Castani
Cognome: Sciullo
Nome: Marco
Data di nascita: 1 aprile
Professione: Imprenditore
Statura: 1 e 78
Capelli: Neri
Occhi: Azzurri
Cognome: Testa
Nome: Oscar
Data di nascita: 3 novembre
Professione: Politico
Statura: 1 e 82
Capelli: Brizzolati
Occhi: Castani
“Dunque sono tutti qui?”.
“Esatto”.
“Bene. Allora procediamo”.
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Capitolo 2 *** Comincia il gioco! ***
CAPITOLO 2
“Comincia il
gioco!”
Metallo.
Tutto intorno a loro era fatto,
almeno superficialmente, di metallo. Dieci figure erano sdraiate in terra
apparentemente svenute. Sette uomini e tre donne immersi in un sonno senza
sogni.
Il primo a ridestarsi fu Tommaso
Orsi, giovane promessa del calcio italiano, “Oddio… che ore sono?”.
Appena si rese conto di non
essere nella sua camera da letto, o in quella di un albergo, cominciò ad
indagare sull’ambiente tutto intorno a lui “Che posto è questo?”
“Sembra quasi il set di qualche
film di fantascienza!” esclamò una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si girò e vide Rosa
Simone, attrice emergente e molto promettente, del cinema italiano.
“Ehi, io ti ho già visto?!”
“Penso tu non sia l’unico…”
rispose in tono ironico la ragazza.
“Sembra che siamo dentro un
enorme scatola di metallo…” osservò una terza voce.
I due si girarono verso
quest’ultima e videro Oscar Testa, politico che aveva fatto tanto per il suo
paese nei tempi passati, fino a meritarsi una lauta pensione.
I tre colsero l’occasione per
presentarsi in maniera più adeguata, nonostante la situazione irreale in cui
erano finiti quando sentirono degli spari.
Nella direzione da cui
provenivano vi era Andrea Lupo, il migliore, o per lo meno così lui credeva,
ladro di tutta la penisola che, per la prima volta nella sua vita, provava la
terribile sensazione di essere imprigionato e senza una via d’uscita.
I tre non sapevano come
comportarsi per far smettere l’uomo. Per fortuna in loro soccorso venne un
secondo individuo.
“Getta quella pistola!”.
A quell’ordine perentorio, Andrea
si girò e vide un volto che non gli era del tutto sconosciuto. Infatti aveva
davanti a sé Roberto Santucci, finito spesso nelle cronache della stampa
nazionale per aver sventato molte rapine e aver scoperto tanti traffici
illeciti.
“Sì… hai ragione! In fondo era
del tutto inutile che continuassi…” approvò l’idea senza tanti problemi.
Ora in gioco c’erano cinque
persone che, una volta rivelate le loro identità, ricominciarono ad osservare
l’ambiente circostante.
“Grazie ragazzo, ma non mi serve
più la tua copertura” suggerì Roberto ad un angolo buio dell’enorme stanza, dove
non sembrava ci fossero ulteriori presenze.
“Sì signore!” a parlare, in un
tono tipicamente militare, era stato un ragazzo dall’aspetto molto giovane, ma
con indosso un’uniforme militare: il suo nome era Simone Sarti, giovane soldato
dell’esercito nostrano.
Presentatosi anche lui al gruppo di persone che si
era formato, si unì ad esse nella ricerca di una qualche uscita da quel posto
che in lui non creava quella soggezione che creava in altri.
Tornati nel posto in cui erano
presenti altre persone prive di conoscenza, trovarono ad aspettarli una giovane
ragazza dai capelli biondi che appena li vide esclamò risollevata “Meno male!
Qualcuno di vivo c’è allora!”
Questa si presentò come Sara
Silvestri, di professione avventuriera.
In terra c’erano ancora tre
corpi, sicuramente in vita visto alzarsi ed abbassarsi del loro torace
ritmato dal respiro.
La stanza in cui erano
prigionieri aveva una forma ad anello per cui, chiunque avesse fatto il suo
intero giro, si sarebbe ritrovato inevitabilmente al punto di partenza.
Nonostante fosse completamente ricoperta di ferro, non vi era presenza di
pulsanti, leve o qualsiasi altro marchingegno che facesse attivare un sistema
con lo scopo, almeno nelle speranze dei reclusi, di poterli condurre verso
l’uscita da quel tremendo incubo in cui attualmente si trovavano.
Il risveglio successivo fu quello
di Carla Wilson, una dottoressa italo-americana che si mise subito a controllare
lo stato di salute dei presenti, compresi i dormienti.
L’attesa era snervante per i
ragazzi, che cominciavano a dare segni di nervosismo per il mancato sviluppo
della situazione.
“Ma insomma! Mi potete dire cosa
ci facciamo qua dentro?!” esplose di colpo Andrea.
A questa reazione improvvisa il
tutore dell’ordine ed il soldato avevano, quasi contemporaneamente, puntato le
loro armi verso il delinquente.
“Calmati Lupo! Se lo sapessimo
pensi che staremmo qui a perdere ulteriore tempo?” gli rispose nel modo più
diplomatico possibile Roberto.
“Magari è uno scherzo…” si
azzardò a suggerire Tommaso.
“Se lo è, è uno scherzo che non
mi fa ridere per niente!” disse seccata Sara, mentre continuava a perlustrare la
stanza alla ricerca di uno spiraglio, anche misero.
Mentre ascoltava gli altri
scambiarsi opinioni differenti sulla questione, Oscar cercava di individuare
quale dei suoi nemici politici potesse aver organizzato quel piano diabolico, se
davvero fosse stato uno di loro ovviamente.
“Ehi venite! Se ne sta svegliando
un altro!” avvertì tutti sbrigativamente la dottoressa Wilson.
Il ragazzo che si destò era il
giovane rampollo di una delle famiglie più famose, ricche e potenti, della
penisola: il suo nome era Marco Sciullo.
“Diamine! Che posto è mai
questo?” furono le sue prime parole, denotando un particolare difetto di
pronuncia conosciuto come erre moscia.
“Alzati lentamente sennò rischi
dei forti giramenti di testa” furono le premure della bionda Carla.
Fatte anche in questo caso le
presentazioni e, una volta che i ragazzi appresero che anche l’ultimo acquisto
di quella variegata compagnia era all’oscuro di chi fosse il loro guardiano,
cominciarono mano a mano a sedersi, esausti, nel freddo pavimento della loro
sinistra prigione.
Due minuti, cinque, dieci, venti,
mezzora, un’ora, due, dieci, venti… nessuno sapeva quanto tempo era passato da
quando uno degli inquilini avesse emesso anche un lieve suono dalla propria
bocca, l’atmosfera era diventata davvero insopportabile dentro quella specie di
bunker ed i ragazzi stavano perdendo anche le ultime residue speranze di
salvezza.
“Ehi… ma questo signore è uno
scienziato…” informò ad alta voce la dottoressa mentre osservava il cartellino
che era attaccato all’uniforme bianca dell’uomo, l’ultimo rimasto privo di
conoscenza. Di certo la giovane donna non pensava che, la sua affermazione,
avrebbe creato una tale reazione nel comportamento delle altre persone
presenti.
il primo fu Andrea Lupo, mentre
si accendeva una sigaretta “Magari lui sa dove ci troviamo…” e, mentre gli altri
cominciavano segretamente ad appoggiare l’intuizione del ladro, quest’ultimo si
fiondò rapidamente sull’interessato e cominciò a tempestarlo di calci, nella
speranza che quel metodo rude, ma spesso efficace, potesse farlo ridestare.
“Fermati subito Lupo!” disse
Sarti puntandogli contro il fucile militare che portava con sé, finché dovette
desistere dal suo progetto, poiché un’altra persona si era unita al singolare
pestaggio…
“Forza! Che fate lì? Venite ad
aiutarci!” incoraggiò i presenti Sara impegnata, sempre di più, nel tirare
pedate contro il corpo carente di altezza dello sfortunato.
“Ma è davvero obbligatorio usare
questo metodo?” chiese, più a sé stesso che agli altri, Orsi.
“Signorina cosa sta facendo? Si
calmi…” provò ad intervenire a difesa del disgraziato Testa.
La cosa incredibile però si
rilevò essere la totale mancanza di reazioni da parte dello scienziato sdraiato
a terra.
“Forse con lui hanno usato una
maggiore dose di sonnifero rispetto a noi altri…” pensò Carla, nel cercare una
risposta logica per quello strano fenomeno di estraniazione dal mondo
esterno.
Alla fine qualcuno si decise ad
intervenire: “Calmati Sara!” le ordinò Rosa mentre la portava via aiutata da
Tommaso mentre Roberto, con le spalle ben coperte da Simone, rimuoveva
fisicamente Andrea senza dire una parola.
“Che primitivi! Cosa ci vorrà mai
a ridestare un povero cristiano!” affermò sicuro di sé il giovane Sciullo,
mentre si avvicinava alla persona e cominciava a colpirgli il volto con leggeri
schiaffi dicendo “Su, si svegli signore… signore mi sente… mi faccia questo
favore… si è svegliato?”.
Vedendo che questo suo metodo non
stava dando i frutti sperati, inconsciamente i suoi schiaffi stavano diventando
sempre più veloci e violenti.
“Penso che così possa bastare…”
gli disse Carla, mentre con la mano sinistra fermava la sua dall’infierire
ulteriori colpi.
“Oh… sì, certo!” concordò il
giovane, una volta accortosi del suo incedere aggressivo.
Ad un tratto, un rumore di
schiocco metallico venne udito in tutta l’enorme stanza.
“Cos’è stato?” domandò
leggermente spaventato Testa.
“Sembrava un rumore metallico…”
provò a rispondere Santucci.
“Ma davvero? Che scoperta…”
ironizzò Lupo.
“Non sei nella posizione di fare
commenti ironici Lupo!” gli ricordò freddamente Sarti.
“Non sarà mica un ingranaggio che
si è attivato?” ipotizzò terribilmente preoccupata Silvestri.
“Ci mancherebbe solo questa…”
commentò, mettendosi una mano sulla bocca, Rosa.
Mentre tutti si guardavano
intorno, per notare anche solo il minimo cambiamento in quel freddo ambiente in
cui si erano risvegliati, alle spalle della dottoressa Wilson qualcosa si
muoveva…
“Mmmmmm…” fu lo strano verso che
spaventò la giovane ragazza, che attirò subito i suoi nuovi compagni con un
potente urlo.
“Aaaaaaahhhhhhhh!!!!!!!!!”.
In men che non si dica, la cosa
che aveva emesso quello strano verso aveva puntato contro di sé ben tre armi da
fuoco. Rispettivamente quelle di: Roberto Santucci, Alessandro Lupo e Simone
Sarti.
Con un grande sospiro di
sollievo, al posto di chi sa quale strano essere mai visto sulla faccia della
terra, i ragazzi si trovarono davanti lo scienziato che, poco prima, avevano
malmenato in tutti i modi possibili.
Il tizio che si era appena
risvegliato, forse proprio a causa del rumore metallico, si stava
tranquillamente stiracchiando le membra.
L’uomo di scienza si presentò
come Stefano Noro, inventore privato dalla brillante mente ma, allo stesso
tempo, totalmente all’oscuro del curioso progetto in cui stavano rinchiusi
dentro.
Inutile aggiungere che, dopo
quest’ultima novità, il morale dei ragazzi era pesantemente a terra, portando il
lunghissimo momento di silenzio che era calato su questa compagnia, composta da
elementi di derivazioni differenti.
Ognuna delle menti dei personaggi
era impegnata nel pensare agli appuntamenti a cui erano costretti, non per loro
volontà, a rinunciare: Tommaso pensava ai vari allenamenti e partite a cui non
poteva partecipare, Sara aveva un sacco di progetti che non le permettevano
assolutamente di rimanere rinchiusa per ulteriore tempo lì dentro, Andrea
pensava a come l’avrebbe presa la sua banda della sua fuga improvvisa, Roberto
si preoccupava della sicurezza della propria città ora che lui era impegnato in
questa assurda faccenda, Carla aveva sulla coscienza tutti i suoi fedeli
pazienti che trovavano chiuso il suo studio, Simone era più che altro
rammaricato di non riuscire ad evadere da quella immensa trappola dopo tutti gli
esercizi fatti sul campo, Stefano aveva lasciato il suo laboratorio totalmente
alla portata della sua nipotina, Rosa poteva apprezzare quel posto solamente se
si fosse trattato di un vero set cinematografico, Marco aveva la sua famiglia
che non gli permetteva di essere mai stato in difficoltà come questa ed infine
Oscar, il più anziano, era rammaricato per i suoi colleghi politici che venivano
regolarmente a chiedergli consiglio per le scelte da prendere.
“Forza ragazzi non possiamo
abbatterci così!”.
Tutti si voltarono verso quel
folle che voleva, in tutti i modi, risollevare il loro morale: Orsi.
“Sì, è vero, la situazione è
delle più assurde ma una via d’uscita ci deve essere per forza…” e, detto
questo, li guardò uno ad uno per verificare una loro eventuale reazione.
Dopo aver riflettuto su quelle
parole, Sara si alzò di scatto “Ma sì, hai ragione! Io non posso più permettermi
di restare qui a girarmi i pollici!”.
“In fondo, è che come se fosse un
film” esclamò in maniera rassicurata Rosa, mentre si alzava anch’essa.
“Un’uscita ci deve essere
sicuramente!” disse sicuro di sé Simone, con la speranza che tornava ad ardere
in lui.
“Non c’è riuscita Alcatraz a
fermarmi, figurati questa sciocchezza…” informò gli altri Andrea, con un ghigno
beffardo sul volto.
Mentre anche il resto del gruppo
si decise a rialzarsi, Oscar era così felice di vedere dei giovani con grandi
aspettative.
Stefano richiamò l’attenzione di
tutti su un particolare “Ma quella non è una porta?” indicando una parte della
parete metallica che aveva, in effetti, tutte le sembianze di una via di
collegamento con un ipotetico altro scompartimento.
“Sembrerebbe di sì…” aggiunse
Carla.
“Cerchiamo di aprirla, forza
ragazzi!” esortò tutti quanti Roberto.
Dopo quelle parole tutti e dieci
i personaggi si avventarono contro la probabile uscita cercando, nei modi più
svariati possibili, di sfondarla.
Il primo tentativo fu quello,
piuttosto avventato, di Lupo che cominciò a sparargli contro, cercando di
danneggiare la serratura e, allo stesso tempo, non curante dei proiettili che ci
rimbalzavano sopra, per poi tornare pericolosamente indietro.
“Ma sei pazzo! Vuoi ammazzarci
tutti?” riuscì a fermarlo Santucci.
Il maestro dei ladri non riuscì
neanche ad aprire la bocca per controbattere, che già altri stavano mettendo in
atto il loro stratagemma.
“Ferme ragazze! Il vostro
tentativo è del tutto inutile!” tentò di persuadere le due giovani donne a
desistere Sarti.
Dopo altri due o tre dei loro
personali tentativi, consistenti in dei semplici ma pur violenti calci,
Silvestri e la Simone si placarono insoddisfatte.
“Lasciate fare a me!”.
Tutti si voltarono verso Tommaso
pronto alla rincorsa, praticamente come se dovesse battere un calcio di rigore,
e scagliò il suo potentissimo destro contro la porta.
L’unico risultato fu, ovviamente,
che il calciatore si dovette far medicare dalla paziente dottoressa.
Mentre ciò avveniva, tutti si
fermarono ad osservare un altro di loro. Infatti, era già un po’ di tempo che
Noro osservava meticolosamente la porta e la parete su cui era posta sperando,
come tutti, di trovare l’interruttore di apertura di quell’ostacolo.
Alla fine di questa operazione,
l’uomo di scienza si girò verso i compagni e concluse “Mi dispiace ma non ci
capisco niente…”.
“Oddio! Rimarremo qui per
sempre!” esclamò quasi in preda alle lacrime Sciullo.
Il pensiero di tutti era
esattamente lo stesso e la rassegnazione era di nuovo comparsa in tutta la
truppa.
“Eppure la cosa è
strana…”cominciò uno dei suoi ragionamenti ad alta voce Testa, mentre gli altri
si girarono verso di lui “anche se accettiamo il caso di essere stati rapiti,
qualcuno si dovrebbe comunque presentare per metterci a corrente di tutto quello
che è successo… anche solo per dirci che si sono impegnati nell’informare le
nostre famiglie!”
“Oh sì, la famiglia…” disse
contrariata Sara.
“Per chi ce l’ha una famiglia…”
affermò tristemente e sottovoce Simone.
“E magari avvisare anche il mio
agente…” suggerì seccata Rosa.
“O il mister…” si aggiunse
Tommaso.
“Per il riscatto non ci sarebbero
problemi, visto che pagherebbero tutto quanto i miei!” si vantò inutilmente
Marco.
“Anche i miei pazienti che
troveranno chiuso il mio ambulatorio” non riuscì a trattenere le lacrime la
giovane Carla.
“Ora basta!” e tutti si voltarono
verso l’urlatore “È mai possibile che non ci sia nessuno che ci stia osservando
in questo momento!” urlò ancora Andrea.
“Ora calmati Lupo…” lo invitò al
silenzio, con ben poca convinzione, Roberto.
Nonostante quest’ultima sfuriata,
gli orecchi di tutti erano tesi nel captare il minimo segno di risposta da parte
di qualcuno.
Silenzio.
“È inutile, sembra proprio che
non ci sia…”
non fece in tempo a finire la
frase Stefano che, all’improvviso, una voce tuonò da degli altoparlanti
invisibili alla vista dei ragazzi: “SCUSATE PER L’ATTESA SIGNORI, ORA POTETE
ENTRARE…”
“Cos’era?” chiese, con poca
fiducia verso la risposta degli altri, Sara.
“Chi ha parlato?” domandò
Tommaso.
“Dal tono sembra che ci siano
degli altoparlanti nascosti in questa stanza…” osservò in maniera molto
spicciola Noro.
“Questo vuol dire che i nostri
sequestratori sono ottimamente organizzati!” concluse Sarti.
“Benissimo, mi ci mancava anche
questa!” protestò in maniera piuttosto plateale la giovane Rosa.
Con un forte rumore la porta si
aprì in un battito di ciglia, lasciando stupefatti i presenti, memori di tutte
le loro precedenti iniziative di scasso.
“VI PREGHIAMO DI PROSEGUIRE,
GRAZIE” la misteriosa e tecnologica voce si era di nuovo fatta sentire.
“Io invece non mi muovo di qui!”
ribatté a muso duro la Simone.
“Giusto! Perché dovremmo
sottostare agli ordini di una voce metallica?” si appoggiò alla protesta
Lupo.
“Forse perché è l’unica cosa da
fare…” ipotizzò Sciullo.
“Io proporrei di seguire le
indicazioni della voce” suggerì timidamente Wilson.
“Certo, ci sono alte possibilità
che si tratti di una trappola…” espose il problema Sarti.
“Ma finché rimaniamo qui non lo
sapremo mai!” concluse Santucci.
“Una decisione va comunque presa…
due sono le ipotesi: 1) rimaniamo qui e controlliamo di cima a fondo se, in
questa prigione, c’è una via di fuga oppure 2) prendiamo quella che c’è stata
indicata da una voce contraffatta… a voi le conclusioni, signori” l’esposizione
di Testa mise a tacere qualsiasi ulteriore protesta sulla piega che aveva preso
la situazione.
Dopo un attimo di pausa, qualcuno
si decise a muovere i primi passi.
“Io vado!” informò la comitiva
Silvestri.
Fatti appena due passi, la bionda
venne fermata e afferrata per un polso.
“Aspetta un secondo! Se dobbiamo
prendere una decisione, la prenderemo tutti insieme!” tentò di dissuaderla
Orsi.
Durante tutto questo scambio di
opinioni, Noro si era disinteressato totalmente dei vari discorsi per
concentrarsi unicamente sull’apertura che si era venuta a creare.
Alla fine, anche gli altri se ne
accorsero ed aspettarono, fiduciosi, un suo intervento.
“Esaminandola rapidamente, non mi
sembra ci sia un alto grado di pericolosità…” tentò di rilassare gli animi lo
scienziato.
Tra le dieci persone, sette
uomini e tre donne, a prendere la decisione finale fu un undicesimo soggetto: il
loro carceriere.
Da dei buchi minuscoli, ma
quantitativamente elevati, cominciò a fuoriuscire un minaccioso gas di colore
verdognolo e, accortisi in tempo del pericolo che comportava rimanere lì dentro,
gli occupanti evacuarono velocemente verso la porta.
La loro avventura era appena
iniziata!
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Capitolo 3 *** Non cadere giù ***
CAPITOLO 3
“Non cadere
giù”
La porta si richiuse appena tutti
e dieci i personaggi la oltrepassarono, facendo entrare nella nuova stanza anche
qualche lieve quantità, quindi innocua, di quel gas non meglio identificato.
“Anf… Per fortuna si è anche
richiusa… anf…” constatò tra gli affanni Stefano, che era stato l’ultimo ad
essere entrato ed ora stava riprendendo fiato buttato contro una parete.
“State tutti bene?” la voce di
Simone uscì leggermente camuffata, visto che indossava una maschera anti-gas
presente nel suo equipaggiamento.
“Ehi tu! Cosa aspettavi a dirci
che avevi quelle cose con te?” si rigirò Andrea, avvicinandosi minacciosamente
al militare.
“Mi dispiace ma questa tuta è
equipaggiata solamente per una persona” rispose in maniera tempestiva
l’altro.
“Il giovane dice il vero. E poi
non penso che, anche se fosse stato equipaggiato per più persone, sarebbero
bastate per tutti noi!” difese il ragazzo il più anziano Oscar.
“Tutto apposto?” si sincerò della
salute degli altri Carla, una sua deformazione professionale.
“Sì, tutto ok!” rispose alle
attenzioni della donna Tommaso che, con il busto piegato in avanti, riprendeva
il controllo di sé, nonostante avesse fatto solo pochi metri di corsa, cosa che
in partita non erano nulla ma lì, in quella situazione…
La più seccata rimaneva comunque
Rosa “Guarda in che situazione mi dovevo ritrovare! Proprio ora che le cose
cominciavano a girare per il verso giusto…”.
A fare da spettatrice a questo
personale spettacolo vi era Sara che, in silenzio, ammirava le indiscusse doti
naturali recitative che dimostrava la giovane.
Poi però non la vide più…
Pensando di essere ancora sotto
shock per la situazione assurda in cui si trovava, la bionda rimase un attimo
allibita, per poi essere risvegliata da l’urlo di uno dei suoi nuovi
compagni.
“Oh mio dio! Rosa è caduta
giù!”
Ad esclamare quell’avvertimento
infantile, ma quanto mai appropriato, era stato Marco, secondo spettatore della
pantomima messa in atto dall’attrice emergente.
Un po’ tutte le figure presenti
in quella stanza si mossero verso il luogo dell’accaduto. Fu la più robusta di
tutte e, nonostante questo, la più veloce, ad affacciarsi nel vuoto per trovare
tracce, anche minime, della compagna dispersa.
“ROSA!!!!!!!!!!” urlò Roberto,
non appena tuffatosi sull’orlo del precipizio.
Con gradita sorpresa del
poliziotto la trovò attaccata, anche se solo con la mano sinistra, al bordo del
pavimento metallico che terminava improvvisamente.
“Aiutami Roberto!” lo supplicò la
ragazza.
“Ok, però te non cadere giù….”
ironizzò tranquillamente l’uomo mentre tirava su, senza particolare sforzo, il
corpo esile e sensuale dell’artista.
“Io… ti ringrazio…” disse quasi
con un filo di voce la giovane artista.
“Tranquilla, è il mio lavoro!” la
informò Roberto ed intanto pensò “E poi ne ho approfittato per palparla un
pochino…”
“Tutto a posto Rosa? Senti male
da qualche parte?” le chiedeva premurosa Carla.
“No, sto bene, davvero!”
tranquillizzò tutti l’interessata.
“Comunque il problema persiste…
come faremo ad attraversare questa stanza?” tornò sull’argomento Testa.
“C’è solo un modo…” si fece
avanti Sarti, con una strana attrezzatura militare tra le mani.
Questo congegno, che ricordava
molto un piccolo bazooka, sparò ben due colpi, uno rivolto all’indietro e uno in
davanti. Due piccoli ma potenti cunei d’acciaio legati ad una robusta corda si
andarono a conficcare nei due muri uno di fronte all’altro.
Successivamente il giovane
soldato si lasciò andare nel vuoto, aggrappato sempre alla sua arma e, in
brevissimo tempo, raggiunse l’altro lato della stanza, con l’apparecchiatura che
resse tranquillamente il peso del ragazzo.
“Chi è il prossimo?” urlò per
farsi meglio sentire dagli altri, mentre rimandava indietro l’attrezzo grazie ad
una specie di funzione di scivolamento al contrario, con la corda che rimaneva
comunque tesa e pronta per un’altra persona.
“Oh… beh, io passo, andate pure
prima voi” si tolse subito dalla lista dei prossimi temerari Stefano.
“Ma come può pretendere che ci
riusciamo tutti?” polemizzò Marco.
Mentre la discussione si stava
animando nel gruppo, dei nove rimasti nel lato d’entrata della stanza, una delle
donne si era allontanata tempo prima e ora stava ritornando con buone nuove.
“Non importa stare a fare i
marine, il pavimento continua per tutto quel lato fino alla parte opposta” disse
Sara, indicando il lato che si trovava alla loro sinistra.
“Cosa?!” fu più o meno
l’esclamazione dei rimanenti membri della compagnia, i quali subito andarono a
constatare personalmente l’informazione di Sara.
“Benissimo! Ci si vede babbei!”
salutò tutti Lupo che, in pochissimo tempo, fu dall’altra parte della
stanza.
“Beh…” rivolta agli altri con
sguardo furbo Silvestri esclamò “chi arriva per ultimo paga da bere!” e anche
lei percorse tutto il tragitto velocemente, prendendolo come un semplice gioco
infantile.
“In fondo è come fare un
allenamento…” disse, più agli altri che a sé stesso, Orsi che si incammino verso
la meta con un incedere più tranquillo dei precedenti, ma anche con uno stile di
corsa perfetto.
A questo punto erano rimasti solo
in cinque dall’altra parte mentre, in quella opposta, Sarti disattivava il suo
dispositivo commentando a bassa voce “Fate un po’ come vi pare…”.
Quindi, a prendere in mano le
redini della situazione, ci pensò il tutore della legge “Bene! Ora tocca a noi
attraversare la stanza dunque state tutti dietro a me e proseguite con calma, ci
siamo intesi?”.
Il resto del gruppo rispose
affermativamente e, infine, incominciarono la processione quando, lo stesso
Santucci, li interrupe subito “Scusatemi! Rosa, tu è meglio che mi stai
davanti…” propose rivolto alla giovane donna.
“Senti ti ho già ringraziato
ampliamente per prima, ora non esagerare!” gli rispose seccata lei.
“Dai avanti, non fare la
bambina…” insistette lui.
Prima che la discussione
degenerasse Oscar si avvicinò alla Simone e le disse “So come si sente
attualmente signorina ma, per favore, faccia come dice. In questo momento ci
servono uomini come lui se vogliamo uscire vivi da questo inferno…”.
Rosa rifletté molto prima di dare
la sua risposta “E va bene, andiamo…”.
Risolti questi ultimi
inconvenienti, la truppa comincio la sua traversata della stanza.
Tutto finalmente sembrava andare
per il verso giusto fino a che, quasi a metà del percorso, si verificò il primo
scivolone, fortunatamente senza tragiche conseguenze, da parte del giovane
calciatore Tommaso Orsi.
“Merda!” esclamò durante
l’azione.
Il cuore di tutti sobbalzò.
“Cavolo! Non capisco cosa c’è che
non va…” s’interrogò ad alta voce Tommaso.
“Come non lo capisci?” esclamò
Stefano, sorpreso dell’ignoranza dello sportivo “Guardati le scarpe,
giovane!”.
Il ragazzo seguì il consiglio e
vide che aveva ai piedi le sue classiche calzature da gioco compresi,
ovviamente, i tacchetti che gli procuravano tale difficoltà nel tenere
l’equilibrio.
Poi diede un’occhiata a tutto il
suo vestiario e riconobbe subito il completo da partita della sua squadra , il
Team 2000.
“Tutto a posto Tommy?” gli
domandò Carla.
“Sì, tutto ok Carla!” fu la
risposta.
“Tutto questo è molto strano… ”
cominciò una nuova osservazione Oscar “ora che me lo fate notare, siamo tutti
vestiti con i nostri abiti professionali, nonostante alcuni siano alquanto
indecenti…” concluse il politico, con un chiaro riferimento ai jeans a vita
bassa indossati da Sara.
“Se ti fanno tanto schifo, perché
continui a guardarli allora?!” gli inveì contro la biondina.
“Forza gente che siete quasi
arrivati!” li riportò all’ordine Simone, che stava cominciando a spazientirsi
per il troppo tempo che impiegavano nell’impresa.
Quando ormai erano arrivati a tre
quarti del percorso, l’umore di tutti si stava via via rialzando e ciò permise a
Roberto un’ironica osservazione “Però Andrea… te la cavi bene in questo
esercizio fisico…”.
L’altro rispose “Credi che un
professionista del furto come me non abbia mai affrontato una “serena
passeggiata” sul cornicione del suo “benefattore”…”.
“In effetti il ragionamento
torna” pensò il tutore della legge e poi, sempre più in vena di scherzi, chiese
“Tutto bene lì davanti, Rosa?”.
“Oddio! Ma cosa ho fatto per
meritarmi tutto questo…” imprecò a bassa voce la giovane attrice.
Nello stesso tempo, c’era invece
chi pregava il suo dio affinché lo facesse uscire totalmente incolume da
quest’impresa: si trattava del giovane rampollo Marco Sciullo.
Finalmente la comitiva iniziava a
giungere al termine del complicato percorso. Il primo ad arrivare fu Andrea Lupo
che aggiunse, beandosi quasi con Sarti, “Tutto troppo facile!”.
Poi, nell’ordine: Rosa Simone,
Roberto Santucci, Sara Silvestri, Oscar Testa, Stefano Noro, Tommaso Orsi, Carla
Wilson ed infine Marco Sciullo.
Quest’ultimo stava proseguendo a
brevi ma rapidi passi laterali, tenendo gli occhi saldamente chiusi e
continuando a borbottare, con la sua erre moscia particolarmente accentuata,
frasi composte da preghiere sincere, maledizioni solenni e ricordi della sua
infanzia. Tale era l’impegno del ragazzo che non si accorse di aver ormai
superato il tratto pericoloso del percorso ma, nonostante ciò, proseguiva
insicuro e costante nella sua camminata, finché non fu riportato alla dura
realtà dalla voce e le mani sulle sue spalle di Carla. Ovviamente arrivò anche
il più classico e violento degli scossoni da parte dell’affarista che, per una
frazione di secondo, si domandò come potesse la dottoressa del gruppo stargli
dietro la schiena, noncurante degli spuntoni d’acciaio disseminati in quasi
tutto il pavimento sottostante.
Dunque tutto il gruppo al
completo, sano e salvo, era ora nell’altro versante dell’enorme stanza
metallica, con davanti a loro una nuova porta grigia, che avevano subito
imparato a considerare come unica via per andare avanti e sperare.
“Ok, possiamo proseguire!”
esclamò Andrea, dopo una rapida ma attenta perlustrazione visiva di tutte le
superfici presenti.
“Ehi! Aspetta un attimo!” lo
richiamò Roberto afferrandolo per quel polso che poche manette erano riuscite a
bloccare.
“Cosa vuoi fare sbirro?” più che
una domanda era un avvertimento da parte del novello ladro gentiluomo.
Ma prima che il tutore
dell’ordine potesse rispondere, lo anticipò Rosa “Dove pensi di andare,
Lupo?”.
“Verso la libertà” rispose
ironicamente lui, mentre si accendeva una nuova sigaretta.
“Ma perché? Voi volete ancora
proseguire?” chiese sull’orlo del panico Stefano.
“Perché te intendi rimanere qui a
vita?!” proruppe il ladro.
“Ovviamene no, ma…” tentò di
scusarsi l’esperto di scienza.
“Calma ragazzi! Se cominciamo a
litigare tra noi non facciamo di certo il bene della squadra…” tentò di
ripristinare la quiete Tommaso.
“Ma perché invece non ti fai
venire in mente qualche bella trovata per farci uscire di qui, tiracalci!”
sbraitò ancora più violentemente Sara verso il giovane.
“Ehi biondina, cercavo solo di
mantenere la calma!” fu la secca risposta del ragazzo.
La situazione si fece
immediatamente pericolosa, con tanti piccoli falò tra il gruppo pronto ad
eruttare come il più potente dei vulcani. Con la sola Carla intenta a placare
gli animi girando tra le varie persone, come la pallina di un flipper che sta
raccattando un sacco di punti.
Chi, in mezzo a questo marasma
totale, sembrava, incredibilmente, in uno stato praticamente catatonico si alzò
da terra e diede sfogo ai suoi pensieri, che in quel momento rasentavano la
malattia mentale “Follia! Tutto questo è solo follia! Io sono l’ultimo erede
della famiglia Sciullo! Una delle famiglie più influenti d’Italia! Ed ora mi
trovo in questo schifo di labirinto insieme a semplici plebei, che non trovano
di meglio da fare che abbaiare uno contro l’altro!”.
Il caos stava per prendere
definitivamente possesso del gruppo quando, il componente più anziano, dimostrò
la propria saggezza.
“Signori, vi prego! Signori, vi
prego! Non degeneriamo più del dovuto la nostra convivenza! Ebbene il caso, o
qualcos’altro, ha riservato per noi oggi questa difficile prova. Ma se ci
arrendiamo adesso la daremo solo vinta ai nostri carcerieri. Io propongo di
proseguire, visto che, restando qui, ci sono alte probabilità che anche questa
stanza venga riempita di gas come la precedente”.
“Confermo la presenza di fessure
sulle pareti identiche a quelle della prima stanza!” sentenziò tempestivamente
Simone, facendosi scappare addirittura un saluto militare.
Detto questo, tutti girarono le
proprie teste per accertarsi della veridicità dell’ultima dichiarazione del
giovane militare.
“Mmm, è proprio vero…” sogghignò
Santucci.
“Cosa?” chiese, digrignando i
denti, Rosa.
“Ha ragione la mia amica Maria
che dice sempre: Mai perdersi nel ritmo del caos!”.
“Immagino che questa Maria sia la
più sexy delle tue colleghe…” lanciò una frecciatina ironica sempre Rosa.
“A dir la verità no, Maria è un
travestito di colore che lavora in un night club” rispose nella maniera più
seria lo sbirro.
La giovane attrice, per un
attimo, emise una risata ironica, per poi interromperla al persistere della
faccia seria di Roberto.
Ora tutte le teste presenti erano
rivolte verso il tutore dell’ordine, con delle espressioni in volto ancora più
sorprese delle precedenti.
Dopo attimi di silenzio, Oscar
riprese “Beh… tornando alla questione precedente, io suggerisco caldamente di
lasciare anche questa stanza e proseguire il nostro cammino: Chi è della mia
stessa opinione?” chiese infine mentre squadrava con lo sguardo tutti i soggetti
davanti a lui.
“Proseguiamo, è la cosa
migliore!” appoggiò l’idea Tommaso.
“Sì, vi prego, voglio tornare a
casa!” implorò Marco.
“Sono con voi, ragazzi” provò un
timido sorriso Carla.
“Beh, se tanto anche questa
stanza verrà riempita di gas…” si unì Stefano.
“Sono pienamente d’accordo con
lei, signore!” rispose Simone.
“Ok” tagliò corto Sara.
“Andiamo allora?” chiese
impaziente Rosa.
“Certo!” le rispose Roberto.
“Forza! Non perdiamo tempo in
altri preamboli!” scosse infine tutti Andrea.
Il gruppo stava ormai
incamminandosi verso l’uscita dalla stanza quando si udì una voce.
“EBBENE VIAGGIATORI SIETE
ORDUNQUE ARRIVATI ALLA VOSTRA DECISIONE FINALE?”.
“Ancora quella voce…” osservò
esasperato Noro.
“Senti amore, ne abbiamo piene le
scatole di questo tuo gioco idiota e vogliamo tutti uscire di qui per tornare a
casa!” spiegò la situazione psicologica del gruppo, in maniera alquanto rude,
Silvestri.
“Già!” confermò Rosa Simone.
“Sì!” disse con, ancora visibili,
tracce di lacrime recenti che gli solcavano le guance, Sciullo.
“Ma si può sapere da dove viene
questa voce?” chiese Orsi.
“Non vi è traccia di altoparlanti
né sulle pareti né sul soffitto” concluse dopo ricerca visiva Sarti.
“Lasciate perdere questa voce e
proseguiamo!” spronò tutti Santucci che oltrepassò per primo la porta per la
terza stanza, seguito in breve tempo da tutto il resto della combriccola.
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Capitolo 4 *** Una specie di fotocopia ***
CAPITOLO 4
“Una specie di
fotocopia”
Come nella stanza precedente,
anche in questa la porta si chiuse ermeticamente appena i dieci personaggi
furono fisicamente presenti in essa. E subito fu grande la sorpresa nei presenti
nel constatare l’enorme somiglianza tra le due stanze.
“Accidenti…” iniziò Noro.
“Avverto una classica sensazione
di deja-vù” osservò in maniera signorile, un po’ rovinata dalla sua erre moscia,
Sciullo, momentaneamente ripresosi dallo shock conseguente l’inizio di questa
assurda avventura.
“Sarà come dici te, Marco, ma a
me sembra proprio una specie di fotocopia della stanza di prima!” tagliò corto
Silvestri, che mal sopportava i modi signorili in generale.
In effetti anch’essa presentava
spuntoni di puro acciaio disseminati per quasi tutta la pavimentazione della
stanza. Dall’altro lato della stanza vi era una lunga pedana sospesa ed
attaccata al muro, identica a quella su cui si posavano i venti piedi. Ciò che
preoccupava di più erano le differenze: La totale assenza di un margine
laterale, che in precedenza aveva permesso loro di proseguire più o meno
tranquillamente fino all’attuale stanza, la differenza di altezza delle due
pedane parallele, con quella da raggiungere di 4 o 5 metri inferiori a quella
attualmente occupata, ma, soprattutto, la presenza di una larga sbarra d’acciaio
che, correndo parallela alle due pedane, andava a delineare la metà quasi esatta
della stanza, se fosse stata vista dall’alto paragonandola alla figura
geometrica del quadrato.
Altra differenza che saltava
subito all’occhio, proseguendo nel paragone tra i due ambienti, era l’ampiezza
alquanto ridotta del luogo dove ora si stava svolgendo l’azione. Con un buon
salto, preceduto da una soddisfacente rincorsa, si poteva essere
sufficientemente sicuri di impattare nel freddo acciaio della pedana di fronte,
e proseguire così il cammino.
Però c’era la sbarra…
“Figliolo, credo che in questa
situazione ci tornerà utile l’attrezzatura che hai precedentemente mostrato a
noi” espose il suo piano sul da farsi Testa, mettendo una mano sulla spalla
destra di Sarti.
“Vuol dire il doppio rampino
riavvolgibile, signore?” chiese con il solito tono militare il ragazzo.
“Immagino proprio di sì” gli
rispose Oscar, dondolando la testa e sorridendogli garbatamente.
“Al diavolo! Basta un buon salto
e possiamo tranquillamente passare oltre!” sbottò Lupo, apprestandosi ad
eseguire l’azione atletica da lui appena descritta.
“Ma prego, accomodati” disse
Santucci, invitandolo ironicamente a proseguire.
“No, per favore ragazzi!” li
supplicò a desistere nei loro intenti Wilson “Come medico e come vostra compagna
in questa odissea, vi proibisco assolutamente di effettuare tali gesti, che vi
potrebbero portare anche alla morte!” con gli occhi visibilmente lucidi dopo
quest’ultima affermazione.
Anche lo stesso Andrea fu toccato
nel suo intimo da questa parole. Per un attimo rimase immobile con lo sguardo
rivolto a Carla. Poi, un’occhiata veloce al suo rivale Roberto e, infine,
nuovamente verso Carla. Ma nella sua natura c’era grande allergia nei confronti
delle regole e degli ordini, anche se si trattavano di consigli sinceri da parte
di una giovane donna medico.
Si voltò rapidamente, tre rapide
falcate ed era nel vuoto. Tutto attorno a lui era avvolto dal rallentato “No!”
urlato da uno o più membri del gruppo che si era lasciato alle spalle. la gamba
sinistra ben distesa in avanti mentre la destra all’indietro. La barra non fu
neanche sfiorata.
Dopo un rapido capitombolo, il
ladro si ritrovò semi inginocchiato dall’altra parte della stanza.
Rosa si tolse le dita affusolate
dagli occhi ed esclamò felice “Oh mio dio! Ce l’ha fatta!”.
Mentre poco alla volta tutto il
resto della comitiva si riprendeva dal rischio appena occorso al loro compagno,
quest’ultimo, rimessosi in posizione eretta, urlò agli altri “Visto? Che vi
dicevo! È un gioco da ragazzi!” con uno smagliante sorriso e un leggero tremolio
alle gambe.
“Quel tipo non è apposto!”
osservò verbalmente Noro, riprendendo a sua insaputa il medesimo pensiero dei
suoi compagni presenti lì con lui.
“Questa volta è troppo!”
I nostri eroi stavano ancora
osservando Lupo, che continuava a vantarsi della sua impresa dall’altra lato
della sala, non prestando la giusta attenzione a quest’ultima affermazione. Si
girarono quando ormai Santucci aveva già preso la giusta rincorsa e stava
scattando verso il margine.
“No ferm…” tentò di urlare
qualcuno dei rimanenti otto ma il poliziotto era ormai andato.
Il salto fu di certo meno
spettacolare del precedente, visto la maggiore massa muscolare presente nel
corpo di Roberto rispetto a quello di Andrea, l’asta fu leggermente sfiorata e
l’uomo ricadde nello stesso piano dell’altro quasi a piedi uniti. Neanche il
tempo di far riprendere dall’incredulità il criminale che Roberto gli era subito
addosso, afferrandolo per il bavero della giacca verde “Ti avverto Lupo! La
prossima volta che tenti anche solo un’altra bravata come questa, sarò io stesso
a buttarti di sotto!”.
Dall’altra parte della stanza
l’atmosfera era di certo meno furiosa.
“Bene figliolo, prepara la tua
attrezzatura…” consigliò Testa al giovane Sarti, che stava già iniziando la
procedura di accensione del doppio rampino riavvolgibile.
Mentre gli altri pensavo già al
proprio turno di utilizzo del macchinario, uno di loro era rimasto immobile nel
contemplare l’asta. Qualcosa nella sua testa lo stava convincendo a dimostrare
di non essere affatto inferiore, atleticamente parlando, ai suoi due compagni
che stavano risolvendo le divergenze tra di loro sull’altro margine della
stanza.
“Bene signori, ascoltate bene
quello che ho da dirvi: Questo congegno, datomi in dotazione dall’esercito
italiano, può sostenere tranquillamente il peso standard relativo a due persone.
Quindi sarò io stesso a scortarvi da questo all’altro lato della stanza. Voi non
dovete fare altro che affidarvi completamente a me, sono stato chiaro?” spiegò
Simone alle persone attorno a lui. Tutte tranne una.
Orsi infatti si stava dirigendo
verso la porta da cui avevano lasciato la precedente stanza, accompagnando ogni
suo passo dal ticchettio che facevano i tacchetti da gioco sul pavimento
metallico della struttura. Sara fu la prima ad accorgersene e, con lo sguardo,
catturò subito il numero dieci sulle spalle del ragazzo che si stava
allontanando dal gruppo di persone. Poi il ragazzo si girò.
La rincorsa fu nettamente più
lunga rispetto alle due precedenti, ma lo stile del salto fu davvero
impeccabile. Simile a quello di Lupo ma con uno stacco aereo nettamente
superiore. La giovane Silvestri rimase letteralmente rapita dallo splendido
gesto atletico. Addirittura le era sembrato quasi che, mentre Tommaso era in
volo, sulla sua larga schiena fossero spuntate le ali bianche e candide di un
angelo. L’atterraggio fu nettamente peggio dei precedenti.
Il giovane inizialmente ricadde a
piedi uniti sull’acciaio, simile a come appena svolto da Roberto, però gli
stessi tacchetti furono beffardi, facendo cadere all’indietro il trequartista
che si ritrovò, dopo un urlo di terrore collettivo emanato dalla parte di stanza
che aveva appena lasciato, completamente disteso sul pavimento freddo della
seconda piattaforma, con solo la testa lasciata penzoloni nel vuoto.
“Ma cosa volevi dimostrare,
scemo?” si chiese mentalmente Sara, mentre osservava Santucci e Lupo che
aiutavano Orsi a rialzarsi.
“Bene!” riprese la parola seccato
Simone “Se ora nessun’altro vuole fare lo scavezzacollo, vorrei sapere chi è il
primo di voi che devo portare dall’altra parte?” intanto, stava puntando l’arma
verso un punto sicuro in cui far conficcare il rampino portante. Ma proprio
mentre stava per esercitare pressione del proprio indice sul grilletto,
s’interruppe bruscamente dall’allarmante urlò di Sciullo “Oh mio dio! Ne è
partito un altro!” e tutti si rivoltarono verso il margine proprio mentre Sara
saltava nel vuoto.
Questa volta però il salto era
davvero pessimo. La giovane bionda stava cadendo quasi completamente sotto
l’asta metallica. In molti temettero di perdere la prima persona del loro
gruppo, ma poi videro le mani della ragazza afferrare saldamente l’asta.
La giovane stava dando a tutti
presenti un saggio esemplare di ginnastica artistica, in particolare stava
eseguendo la specialità della sbarra che, in ambito olimpico, è una specialità
esclusivamente maschile.
Uno, due, tre volteggi e poi
Silvestri si lanciò versò i tre maschi che fecero appena in tempo a scostarsi
per permettere il completo atterraggio della ragazza.
Anche lei ce l’aveva fatta.
“Beh, chi altro vuole provare?!”
chiese più che mai seccato Sarti, guardando in cagnesco le persone rimaste
vicino a lui.
“Direi che ora può bastare…”
azzardò una risposta Stefano.
“Bene, tanto meglio!” si
tranquillizzò un attimo Simone, mentre prendeva nuovamente la mira con il suo
equipaggiamento e, questo volta, il colpo partì. I due rampini si conficcarono
perfettamente nell’acciaio delle due pareti, constatato anche dai quattro al di
là della sbarra.
“Dunque… chi è il primo?” domandò
il soldato.
“Comincio io!” rispose risoluta
Carla, che si presentò con il viso di un rosso infernale, i grandi occhi lucidi
sul limite del pianto a dirotto ed i lunghi capelli ricci e biondi sconvolti
nella sua testa, a rispecchiare pienamente il suo attuale stato d’animo.
L’attraversata fu rapida e
tranquilla, con i due ragazzi che sollevarono leggermente i piedi nel momento in
cui passarono sopra all’asta metallica, con la Wilson che non emise neppure un
urletto da quanto era concentrata sulle sue prossime mosse. Infatti, appena
poggiati i piedi sul pavimento del secondo ripiano, si diresse rapidamente verso
Sara, la quale rimase sorpresa da questa personale iniziativa da parte della
donna medico, e la colpì con un violentissimo schiaffo.
Pure Sarti rimase lì per lì
sorpreso dall’ultima azione di Carla, che però non terminò qui. Infatti ella
proseguì verso Tommaso ed anche a lui fu riservato lo stesso trattamento. Poi
toccò a Roberto ed un altro sonoro ceffone. Infine arrivò il turno di Andrea,
che poteva tranquillamente evitarlo visto l’esperienza appena provata dagli
altri tre, ma rimase letteralmente impietrito davanti alla tenacia della giovane
donna. Ed anche a lui fu malmenata una guancia, facendo così cadere per terra la
sigaretta che stava consumando.
“Non azzardatevi più a farmi
provare queste paure!” ordinò glaciale Carla, guardando i quattro colpevoli con
occhi da tigre e avvertendoli con un dito accusatore ad uno ad uno.
Loro non dissero una parola. Né
una scusa e nemmeno qualcosa a loro discolpa. Sarti fece immediatamente ritorno
nell’altra sponda, forse per evitare qualche terribile predica a lui
rivolta.
Anche gli altri quattro membri
erano muti davanti a ciò che era appena accaduto. Lo stesso Marco Sciullo, il
secondo ad essere portato da Sarti da un’estremità all’altra, era sconvolto dal
repentino cambiamento di carattere avvenuto in Carla, di certo dovuto a quella
situazione di alta tensione emotiva.
Chi invece non riuscì a rimanere
concentrato sul fatto appena avvenuto, per mantenere la calma e non pensare alla
traversata che stava facendo sopra una fitta schiera di spuntoni d’acciaio, fu
Stefano Noro. Il buon scienziato infatti, nel bel mezzo del suo cammino, lasciò
involontariamente sfuggire un’emanazione rumorosa, ed alquanto maleodorante, dal
suo largo fondoschiena.
“Oh diamine! Perdonami ragazzo…”
provò a scusarsi con il soldato.
“Non si preoccupi signore!”
stemperò l’imbarazzo l’altro che però, una volta lasciato Stefano con gli altri
otto, per un breve tratto del percorso di ritorno, si avvalse dell’utilizzo
della sua personale maschera antigas.
Il penultimo turno era riservato
a Rosa Simone che, appena Sarti fu ritornato nella sua sponda, chiese, mentre
utilizzava la mano destra a mo’ di pinzetta per tenere chiuso il naso e la mano
sinistra come ventaglio per scacciare via l’odore “Puffff… ma che cos’è questa
puzza?”.
“Sorvoliamo, signorina!” fu la
rapida risposta del ragazzo visibilmente imbarazzato.
Anche in questo caso, la
traversata fu rapida e tranquilla. Le gambe tenute leggermente arcuate per
evitare di sbattere i piedi contro l’asta, ed anche la giovane e carina attrice
era arrivata a destinazione.
Ormai gli otto aspettavano
soltanto l’arrivo di Oscar, stemperando l’aria tesa che si era venuta a creare
precedentemente parlottando tra di loro.
“Bene signore, lei è l’ultimo!”
disse Simone, appena poggiati i piedi per l’ultima volta sul pavimento argentato
della prima piattaforma.
“Andiamo figliolo!” lo invitò
cordialmente Testa.
Il primo tratto era ormai alle
spalle, anche questa volta l’asta fu facilmente superata. Poi qualcosa questa
volta non andò per il verso giusto.
L’attrezzatura militare stava
rispondendo positivamente, nonostante l’utilizzo continuo negli ultimi minuti
con ben cinque traversate, le quali avevano fisionomie e pesi corporei
differenti l’uno dall’altro, a parte la presenza costante di Simone Sarti. A
destare preoccupazioni era il cavo metallico che serviva da percorso all’intero
apparecchio, in particolare si trattava della porzione di cavo corrispondente ai
metri tra l’asta e la seconda rampa. La situazione si aggravava sempre di più:
il cavo si stava rapidamente sfilacciando.
L’unica speranza a questo punto
era che il simil bazooka, che fungeva da appiglio per entrambi i corpi sospesi
nel vuoto, facesse in tempo a superare il punto in cui di lì a poco la corda si
sarebbe irrimediabilmente spezzata. In entrambi i casi la caduta delle due
persone era praticamente certa, però un conto era cadere sul duro e freddo
acciaio della rampa ed un altro sugli acuminati spuntoni metallici.
Per gli otto impotenti spettatori
c’era solo la possibilità di pregare.
Erano rimasti solo due, forse
tre, piccoli cavetti che prima formavano l’apparentemente robusto cavo di ferro,
però l’arma proseguiva celermente e i due uomini attaccati sotto di essa
sudavano freddo.
La fortuna aiutò ancora i nostri
dieci eroi. Il punto di rottura fu passato e tutti per un attimo tirarono un
sospiro di sollievo. Ma poi il cavo cedette. Gli otto sul ripiano urlarono di
orrore e rabbia avvicinandosi ai loro due sfortunati compagni, arrivando quasi
al limite del margine della pedana.
I due vennero lanciati
violentemente come un yo-yo sulla dura parete metallica, per poi ricadere
scompostamente sul pavimento sottostante.
La prima ad accorrere fu
Rosa.
“Ragazzi state bene? Mi sentite?”
provò a scuoterli la giovane.
“Ferma Rosa!” l’ammonì Stefano
mentre accorreva con gli altri.
“Indietro, fatemi spazio!” ordinò
repentina Wilson, che si mise a controlla i due corpi esanimi.
Poi Simone aprì gli occhi.
“Affermativo signori! Sto bene…”
Carla fu la prima a sorridere a
quella conferma ed abbracciò rapidamente il ragazzo, per poi concentrarsi sul
brizzolato che stava sdraiato accanto a lui, anzi quasi sopra di lui.
Gli mise due dita sul collo. Il
cuore batteva. Era vivo. Provò a chiamarlo “Oscar… Oscar… stai bene? Riesci a
sentirmi?”.
Il più anziano del gruppo non
dava ancora segni di ripresa. Tutti cominciarono a preoccuparsi: Tommaso Orsi,
Sara Silvestri, Andrea Lupo, Roberto Santucci, la più preoccupata di tutti Carla
Wilson, un ancora sdraiato Simone Sarti, Stefano Noro e Rosa Simone.
Alla fine, gli occhi del politico
si decisero ad aprirsi.
Buttò uno sguardo a tutti quanti
erano attorno a lui, piegati sulle ginocchia per stargli più vicino possibile,
con uno sguardo quasi assonnato, come se fino ad allora avesse dormito per ore
ed ore. Poi piegò la bocca in un dolce sorriso e parlò a voce bassa “È un
piacere vedere che state tutti bene, ragazzi”.
“Bentornato fra noi” stemperò gli
animi Andrea.
“Come sta, signor Testa?” chiese
Marco.
“Faccia piano ora quando si
rialza” gli suggerì Tommaso.
Mentre Rosa cercava di ricacciare
le lacrime dagli angoli dei suoi occhi, Roberto aiutò Simone a rimettersi in
posizione eretta
“Tutto ok soldato?” gli chiese
ironico.
“Affermativo, signore!” Rispose
l’altro, facendosi scappare per la prima volta un riso.
“Ehi Simone! Non andare via che,
appena ho terminato le dovute cure su Oscar, voglio controllare anche te!” lo
richiamo all’ordine Wilson, ironica anch’essa.
“Oh per Diana! Dove sono i miei
occhiali?” chiese visibilmente preoccupato Testa.
“Sono qua Oscar. Aspetta che te
li porto” gli rispose Noro, andando a raccogliere i robusti occhiali
dell’esponente politico che, nella dinamica del brutto incidente appena capitato
a lui e Sarti, erano volati qualche metro più in là del gruppetto di
persone.
“Cavolo! Si sono rotti qui
sull’angolo…” osservò tristemente Stefano, indicandogli l’angolo danneggiato
della lente sinistra.
“Merda! E te sei triste per un
paio di occhiali?” lo riprese decisa Silvestri.
“Non ti preoccupare Noro, anche
questi occhiali avevano la loro età” lo rassicurò Oscar, mentre li riprendeva
dallo scienziato ed osservava il danno che avevano subito.
Poi, dopo un cerotto sul gomito
messogli da Carla, anche Oscar Testa poté, con l’aiuto di Marco e Tommaso,
rialzarsi e tornare a camminare.
“Certo che questa gente non ha
molta fantasia…” osservò la giovane Rosa, mentre contemplava il paesaggio con le
braccia incrociate al seno.
“Fantasia o no, io ne ho
abbastanza di questo posto!” disse con tono alquanto seccato Roberto, appena
rialzatosi e spostatosi al fianco dell’attrice.
“Ehi professore… ma è possibile
che non ci sia il modo di uscire da qui?!” aggredì verbalmente Noro, la bionda
Sara.
“Beh… ecco… io…” provò ad
articolare una risposta decente lo scienziato, mentre Marco si avvicinava a
Lupo.
“Potrebbe anche tornaci utile la
tua esperienza in queste situazioni…” tentò un dialogo il giovane
miliardario.
“Certo, se avessi con me tutti i
miei ferri del mestiere! Ma, purtroppo, mi è stato concesso solo il minimo
indispensabile. Insomma gente, sei tratta comunque di acciaio pieno!” ricordò
agli altri il delinquente, battendo con le nocche della mano sinistra contro il
muro della stanza.
“È inutile che ricominciamo a
litigare, possibile che ancora non l’avete capito?” cercò subito di quietare gli
animi Carla.
“L’unica cosa che rimane da fare
è…” venne bruscamente interrotto Orsi.
“SIETE PREGATI DI PROSEGUIRE
NELLA SUCCESSIVA STANZA, GRAZIE!”
“Di nuovo quella voce…” osservò
Oscar cercando la fonte di tale attività parlata.
“Ma così facciamo solo il loro
gioco!” protestò Sara, mentre la porta si apriva silenziosamente.
“Al momento non ci resta altro da
fare che proseguire, come vogliono loro” spiegò alla ragazza Simone.
“Può darsi che alla fine saremo
liberi!” diede un po’ di speranza ai compagni Marco.
“Beh non ci rimane molto tempo…”
disse Roberto mente, con lo sguardo, notava che il solito gas verde cominciava a
fuoriuscire dai fori sulle pareti.
“Presto! Presto! Via di qui!”
urlò frettolosamente Stefano, con la bocca coperta dalla suo camice bianco.
In breve tempo, tutti e dieci i
componenti lasciarono la stanza. Dopo ciò, la porta si richiuse e le luci si
spensero.
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Capitolo 5 *** La scelta di dividersi ***
CAPITOLO 5
“La scelta di
dividersi”
Il deja-vù non si ripeté. La
stanza era forse più ristretta rispetto alla precedente e di spuntoni nemmeno
l’ombra. Anzi, a dirla tutta, questa nuova stanza non sembravano presentare
particolari pericoli. Se non fosse per le cinque sfere.
Infatti, davanti alle dieci
persone che abbiamo imparato a conoscere, vi erano 5 enormi sfere, completamente
trasparenti e sistemate in apposite conche che ne evitavano il rotolamento.
“Dove siamo finiti ora? In un
flipper?” chiese sarcastico Lupo.
Mentre anche gli altri si
guardavano intorno, Silvestri rispose “No, non credo proprio. In un flipper ci
dovrebbero essere solo 3 palle”.
Se non altro questo intervento
comico riuscì a portare un po’ di ilarità nel gruppo, però il mistero
rappresentato dalle cinque enormi sfere trasparenti rimaneva.
“Chissà cosa si sono inventati
questa volta…” esclamò, ancora vittima dell’ilarità, Stefano.
“Se fossero più piccole le potrei
usare per allenarmi un po’…” osservò Tommaso.
“Oddio ma quando finirà questa
follia” ci fu un repentino cambiamento di umore in Sciullo, che ora si disperava
con le mani sul volto.
“Se non altro pare che ho un po’
di tempo per controllare le pareti…” constatò quasi sottovoce Andrea, che si
mise subito all’opera, mentre fumava la sua sigaretta di ordinanza.
“Devo riconoscere che si tratta
di un ambiente ben congeniato!” disse Simone mentre continuava ad ispezionare
con lo sguardo tutto l’ambiente circostante.
“Infatti! E sembrerebbe che si
tratti di un nostro nemico in comune, anche se non riesco proprio a capire di
chi si tratti…” continuò Roberto, scuotendo la testa mentre seguiva i suoi
pensieri a braccia incrociate sul petto.
“Ah ma andiamo! Certo, sono la
prima a riconoscere che nel mio mondo ci sia tanta gelosia, soprattutto fra noi
attrici, ma arrivare a questo lo dubito molto!” respinse subito l’ipotesi del
complotto comune Rosa.
“Rosa ha ragione, se per esempio
fosse stato qualche presidente di una mia squadra avversaria, avrebbe
sicuramente speso meno nell’acquistare il mio cartellino!” appoggiò il pensiero
della Simone, Orsi.
“Io ho sempre cercato di fare del
bene alla gente, perché ora qualcuno vorrebbe il mio male?” spiegò Wilson,
visibilmente sconvolta dall’ipotesi balenata da Santucci.
“Io la penso come Carla. Pure io
faccio un lavoro utile alla comunità e dubito che qualche collega, geloso del
mio talento, posso arrivare a tanto” disse Stefano alzando le spalle.
“Personalmente di nemici ne ho
tanti ma non credo che siano in grado di architettare tutta questa struttura…”
rimase nel vago Sara.
Il vecchio Oscar Testa rimase
colpito dal fatto di trovarsi nella medesima situazione della giovane donna
bionda.
“Figuriamoci! La mia famiglia è
rispettata e temuta da tutti! Non converrebbe a nessuno rapire l’ultimo erede
della famiglia Sciullo!” tagliò corto Marco, sempre caratterizzato dalla sua
erre moscia.
Nel contempo Roberto annuì a
tutte le varie situazioni esposte poi, girandosi verso Andrea, lo richiamò “E tu
Lupo? Hai qualche nemico?”.
“Sì, i tuoi colleghi!” rispose
rapidamente l’uomo.
“Direi che l’ipotesi nemico
comune è definitivamente da scartare, signore” fu la conclusione finale
enunciata da Simone Sarti.
In silenzio, tutti e dieci
confermarono la totale bocciatura dell’ipotesi formulata da Roberto
Santucci.
“No, mi dispiace, ma non posso
proprio accettare che esista una persona così malvagia da desideri la mia
personale sofferenza…” cercava l’autoconvinzione a bassa voce Carla Wilson.
Gli altri furono attirati dal
bisbiglio della dottoressa. Lei se ne accorse e, con un sorriso dolce degno di
una principessa, continuò il suo ragionamento a voce nettamente più alta,
rivolta a tutti “Sapete recentemente sono stata in missione in Ruanda, per la
Croce Rossa chiaramente, e se c’è un sentimento di cui avevo perso memoria era
l’odio.”
“Posso immaginare come sono fieri
i tuoi familiari, sapendoti in giro per il mondo a fare del bene a gente che,
dalla vita, ha ricevuto realmente poco” si complimentò con lei Oscar Testa,
poggiandole una mano paterna sulla spalla.
“Beh… dovete sapere che sono
orfana e non ho molto tempo da dedicare ai rapporti affettivi…” spiegò
intimidita, un po’ dalla sua situazione familiare ed anche dal fatto di non aver
potuto assaporare a pieno il complimento dell’onorevole.
“Oddio! Perdoni il mio errore,
signorina” cercò di scusarsi Oscar.
Carla non voleva assolutamente
demoralizzare ancora di più i suoi nuovi conoscenti e subito cercò di sviare il
discorso “E voi che progetti avevate prima di finire qua dentro?” chiese
accompagnando il tutto dal suo solito sorriso.
“Personalmente il mio unico
progetto era continuare la mia vita da politico anziano, passando molta parte
del mio tempo in parlamento, assordando le mie stanche orecchie con le urla dei
miei colleghi, per poi la sera tornare a casa da mia moglie, speranzoso di aver
fatto del bene per il mio paese” il primo a rispondere fu proprio Testa.
“Bene e voi altri?” continuò
Carla, passando il suo sguardo sugli altri individui attorno a lei.
“Ah beh io ho appena terminato di
interpretare un film horror, sapete una cosa di possessioni demoniache e simili.
Riconosco che non è il massimo tra i generi cinematografici ma per me è comunque
la prima parte da protagonista!” disse Rosa Simone, fiera di poter parlare del
suo lavoro davanti alle telecamere.
“Mpf… film horror, per favore!”
denigrò platealmente la risposta di Rosa, Marco Sciullo.
“Cosa?” chiese sorpresa della
reazione la giovane attrice.
“È un genere di film che ho
sempre considerato spazzatura. Per quanto mi riguarda ho appena terminati i
lavori di restauro della mia piscina nella mia villa in campagna, ho
recentemente acquistato una nuova Lamborghini per la mia collezione personale e
le industrie della mia famiglia continuano la propria produzione in maniera
eccellente. Ma tanto è inutile che scenda nei particolari con gente come voi…”
concluse il ragazzo.
Il gruppo stava per scagliarsi
verso il giovane yuppie ma il tenente maggiore Simone Sarti proseguì nel
rapporto della vita prima del loro incontro “Io ho appena portato a termine una
missione militare in Afghanistan, ripulendo una base operativa di una cellula
terroristica islamica ed evitando vittime tra i civili innocenti del posto,
signorina Wilson!” la dizione militare proprio non voleva abbandonare Simone nel
suo modo di parlare.
“Beh, ognuno ha il suo modo di
difendere la pace. E tu Stefano?” Carla s’interessò allo scienziato.
“Non avendo il fisico, e
l’altezza, adatti per praticare degli sport, ho preferito dedicarmi allo studio
scientifico. Impegnare le mie conoscenze su nuovi progetti da realizzare. E poi
ho a mia disposizione una delle migliori equipe del mondo” rispose Stefano
Noro.
“Io invece ho sempre amato il
calcio, fin da piccolo, e attualmente con la mia squadra, il Team 2000, siamo
ancora in corsa per il campionato, oltre che per la coppa nazionale. In più ho
recentemente esordito in nazionale e non posso certo rinunciare ai miei sogni
proprio ora!” intervenne Tommaso Orsi, che di certo era il primo della compagnia
a non aver rinunciato nel credere in una loro fuga.
“Però! Complimenti!” gli sorrise
Wilson che poi si girò verso l’altra bionda del gruppo “Sara?”.
“Oh andiamo Carla! Si può sapere
a cosa ti serve sapere tutte queste cose?” protestò la giovane.
“Beh almeno può esserci utile per
fidarci l’uno dell’altro” provò a spiegarle lei.
“Eh va bene! Diciamo che, per
tutta una serie di avvenimenti che non starò qui a spiegare, ho deciso di
cambiare decisamente la mia vita, girando il mondo alla ricerca sempre di
qualche avventura. Inutile dire che la situazione in cui mi trovo ora mi sta
appassionando sempre di più” concluse con un ghigno beffardo la ragazza.
“Ci fa piacere sapere questo,
Sara, ma io preferirei di più cercare di uscire da questa gigantesca trappola”
la richiamò Roberto.
“Bene, allora perché non ti dai
da fare, Roberto, dimostra di essere il tutore dell’ordine!” cercò la polemica
Sara.
In un attimo fu subito caos.
Ognuno cominciò ad inveire contro l’altro, in particolare la rivalità tra
Roberto e Sara. Fu la stessa Carla a cercare di placare gli animi.
“CALMI RAGAZZI CALMI!”
quest’ultimo grido fu particolarmente elevato e riuscì ad attirare nuovamente
l’attenzione dei presenti “Uff… te Andrea che ci racconti dei tuoi progetti?”
chiese la giovane, mentre cercava di riprendere il tono naturale della sua
voce.
Tutto il gruppo seguì l’esempio
dell’infermiera e si voltò verso il ladro.
“Perché mai dovrei rivelare i
miei piani proprio a voi?” rispose sbrigativo Andrea Lupo, che, nel mentre,
continuava la sua ispezioni dei muri della stanza.
Di nuovo caos.
Questa volta Carla non si prodigò
a far cessare la confusione ma, forse a causa della risposta sgarbata ottenuta
da Lupo, prese parte a tale confusione. E fu proprio grazie a questa che una
porta segreta, in una parete ancora non ispezionata da Andrea, si aprì in tutta
calma, senza che nessuna delle dieci persone presenti là dentro se ne potesse
minimamente accorgere. La stanza si rivelò più simile ad uno sgabuzzino che ad
un nuovo settore della costruzione in metallo. Lo spazio infatti era appena
sufficiente per poter ospitare una persona. Ed in effetti una persona era già
presente al suo interno.
Mentre ancora la confusione
regnava sovrana su tutta la stanza, la creatura robotica iniziò a muoversi. Il
suo corpo era formato, almeno apparentemente, dal medesimo metallo utilizzato
per tutta la costruzione. Il corpo del robot riproduceva fedelmente l’aspetto di
una donna umana adulta, seni e fianchi compresi, senza però soffermarsi su
dettagli più intimi. I capelli invece erano un unico componente che, partendole
ovviamente dalla sommità del capo, le raggiungeva la schiena poco sotto le
spalle, di un metallo più chiaro rispetto al resto. La bocca era poco più che
socchiusa e senza possibilità di mobilità, mentre gli occhi non presentavano
pupille ma una luce bluastra al loro interno.
L’essere arrivò, senza ancora
destare l’attenzione di nessuno, a pochi metri dal capannello di persone, quando
improvvisamente, cominciò il suo dialogo “Benvenuti signori e signore!”
La voce era molto soave e serena,
a parte qualche lieve tonalità metallica, e gli altri riconobbero subito che non
si trattavi di alcuna delle loro personali voci.
“Oh misericordia!” esclamò Oscar
appena vide la creatura.
Carla emise un grido di terrore,
ma ancora più forte fu quello lanciato da Rosa, degna del miglior film horror di
serie B. Un altro grido venne da Marco, molto poco virile. Mentre Sara e Tommaso
arretrarono di qualche passo dalla donna metallica, Andrea, Roberto e Simone
avevano già impugnato le proprie armi.
Chi, a differenza di tutti,
rimase estasiato di fronte all’accaduto, era Stefano. Nei suoi occhi si leggeva
chiaramente un’ammirazione verso l’essere che aveva davanti. Infatti, con grande
sorpresa degli altri, lo scienziato si stava incamminando verso il robot.
“Stefano che cazzo stai facendo?
Allontanati da lì!” lo esortò Santucci.
“Signor Noro si sposti dalla
linea di tiro!” aggiunse Sarti.
“Ah… che idiota!” ruggì Lupo.
Ma niente da fare, Stefano
continuava ad avanzare verso la signora metallica.
“Per l’amor del cielo Stefano
cosa fai? Torna indietro!” gli urlò Carla e lui, in effetti, si fermò.
Tutti e nove gli spettatori
rimasero con il fiato sospeso, e le armi ancora rivolte verso l’umanoide. Lo
scienziato d’un tratto si voltò e, con un enorme sorriso stampato sul volto,
spiegò agli altri “Sapete gente… una delle mie ultime passioni è proprio la
robotica!”.
Questa volta era l’imbarazzo a
tenere immobili gli altri nove.
“Ma cosa sta dicendo?” sbottò
Sara.
“Ad una prima analisi, comunque,
non mi pare di scorgere elementi o accessori che possano essere riconducibili
all’utilizzo offensivo” disse Sarti.
“Oh mio dio! E questo sarebbe uno
dei migliori cervelli del nostro paese…” si depresse Sciullo.
“Prego signori e signore,
vogliate prendere posto dentro le qui presenti sfere” il robot era tornato a
parlare e, questa volta, aveva inoltre azionato il braccio per indicare le
gigantesche sfere trasparenti di cui, per via degli ultimi avvenimenti, i nostri
avevano quasi dimenticato l’esistenza.
“E continua a parlare!” notò
Tommaso.
“E noi dovremmo salire su quelle
cose?!” aggiunse Rosa, non molto favorevole a quest’ultima possibilità.
“Vi ricordo che vi è un limite
massimo di due persone per sfera” continuò la robot.
“Beh sì, in effetti le sfere sono
cinque” constatò Oscar.
“Ehi! Aspettate un attimo! Non
avrete mica intenzione di dare retta a questa cosa?” urlò contro gli altri
Roberto.
“Oh no! Non ci penso nemmeno!”
gli rispose Andrea.
“Io non mi muovo di qui!”
dichiarò Silvestri.
“No, mi dispiace” si rifiutò
anche Orsi.
“Questa creazione è davvero
stupefacente!” esclamò Noro mentre analizzava la struttura dell’androide,
toccando anche il materiale di cui era composta.
“Oddio Stefano non lo toccare!”
lo supplicò Wilson.
“Se entro breve non lascerete
tutti questa stanza, essa sarà riempita di gas velenoso!” l’informò impassibile
la donna robot.
Dopo quanto detto, Oscar cercò
sostegno negli altri “Direi che non abbiamo altra scelta…”.
“Oh signore! Non ne posso più!”
ripiombava in una sua crisi Sciullo, che si lasciò afflosciare a terra.
“Quindi ora bisogna decidere le
coppie?” chiese, mentre rasentava il panico, la Simone.
“A meno che queste sfere non
tornino indietro e, alla fine, prendiamo tutti la stessa…” cominciò Sara.
“Negativo!” la interrupe subito
la creatura robotica.
“Fantastica anche questa funzione
vocale!” continuava nel suo elogio generale del prodotto Stefano.
“Come intendete procedere con la
scelta degli accoppiamenti?” chiese Simone, che aveva ormai riposto la sua
arma.
“Di certo ogni donna dovrà essere
affiancata da un uomo…” sentenziò subito Santucci.
“Oh bene! Pensi che non siamo in
grado di badare a noi stesse, tesoro?” polemizzò ancora Sara.
“In effetti non ne vedo proprio
il motivo, e poi nessuna di loro tre è il mio tipo…” ironizzò Lupo.
“Tanto meglio!” replicò secca
Rosa.
“No, vi prego, non rimettetevi a
litigare…” supplicò, sull’orlo delle lacrime, Carla.
“Certo potevano farla anche più
bassa…” evidenziò Stefano mentre cercava, stando sulle punte dei piedi, di
osservare cosa vi era nel capo dell’androide.
“Bene, ho formato personalmente
le coppie per ogni sfera e sono: Tommaso Orsi e Andrea Lupo, Marco Sciullo e
Simone Sarti, Rosa Simone e Roberto Santucci, Sara Silvestri e Oscar Testa ed
infine Carla Wilson e Stefano Noro” annunciò freddamente l’organismo
robotico.
“Perfetto, mi è toccato il
campione del calcio!” sentenziò ironico Andrea.
“Per fortuna sono con una persona
preparata per queste evenienze” si tranquillizzò Marco.
“Mi comincia a stare simpatica
questa robot…” disse sorridendo Roberto, guardando nel contempo Rosa.
“Ma davvero volete fare come
vuole lei?” chiese allarmata Sara.
“Ha anche un programma di scelta
casuale allora…” proseguiva nella sua ricerca Stefano.
“Mi dispiace ma io non ci sto!”
dichiarò subito Tommaso.
“Io non ho alcun problema,
qualsiasi persona mi venga affiancata” informò gli altri Simone.
“No! No! No! Mi rifiuto di
entrare là dentro con questa persona!” sbraitò Rosa, indicando con il dito
Roberto.
“Signorina non mi sembra il caso
di protestare ulteriormente…” provò la via del dialogo cortese Oscar.
“Ok Stefano, ora che sappiamo
quali sono le coppie smettila di toccare quella cosa!” insistette Carla, come
una madre anche troppo premurosa.
“Queste sono le coppie, signori e
signore. Entro dieci secondi questa stanza comincerà ad essere riempita con gas
velenoso. Sta a voi scegliere il vostro destino” terminò le sue comunicazioni
l’umanoide.
“Altre domande?” chiese ironico
Santucci, squadrando con lo sguardo le altre nove persone lì con lui.
Ognuno si mosse verso una sfera,
accompagnato dal proprio partner temporaneo. Le sfere aprirono una parte della
loro rotondità, per permettere alle persone di prendere posto dentro di esse. Al
loro interno presentavano infatti due sedili affiancati, provenienti
direttamente dal pavimento fisso interno. Una volta che tutti i componenti del
gruppo furono al loro interno, le gigantesche sfere trasparenti si richiusero,
pronte a partire.
“Sia chiaro ragazzino, non sono
qui per fare da baby-sitter a nessuno!” mise subito le cose in chiaro Andrea nei
confronti di Tommaso.
“E chi ha bisogno di essere
difeso da un delinquente del tuo genere!” gli rispose prontamente Tommaso.
“Mi raccomando soldato, fai il
tuo dovere al massimo delle tue possibilità!” più che un ordine, sembrava un
grande favore richiesto da Marco.
“Non si preoccupi, signore”
rispose nel suo stile Simone.
“Bene tesoro, reggiti forte!”
disse Roberto alla sua compagna.
“Crepa!” fu l’augurio di rimando
da parte di Rosa.
“Spero signorina che, questa
convivenza, ci sia d’aiuto per comprenderci di più” si augurò Oscar.
“Infondo non abbiamo altra
scelta…” si dimostrò comprensiva Sara.
“Allora Stefano, per qualsiasi
cosa, avvertimi senza avere premure, capito?” puntualizzò al suo compagno
Carla.
“Se avessi avuto più tempo per
analizzarla meglio…” si lamentò, quasi sull’orlo delle lacrime, Stefano, mentre
osservava il robot femminile che li osservava.
In pochi minuti, tutte le sfere
lasciarono le loro postazioni, con solamente uno strato superficiale che
rotolava, seguendo un percorso definito da una corsia in lieve pendenza sul
pavimento. Gli occhi della robot si spensero mentre la stanza si riempiva di gas
verde.
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Capitolo 6 *** Divisi ***
CAPITOLO 6
“Divisi”
L’ambiente tutto attorno a loro
roteava come quando si è sotto effetto di alcolici, eppure essi rimanevano
tranquillamente seduti, sempre con la testa verso l’alto e i piedi ben fissati
al pavimento. Ovviamene il suddetto ambiente non si discostava molto da quello
visto finora: tunnel larghi il giusto per far passare senza intoppi l’enorme
sfera, con qualche neon ad illuminare il tutto. Ogni tanto il percorso era
alternato da discese e salite e, per tutte e cinque le coppie, aveva un termine
comune: si apriva una porta ad ante scorrevoli da ambo le parti e, una volta
entrata, la sfera terminava il proprio moto in conche identiche a quella
lasciata alla partenza.
“Siamo arrivati!” osservò Andrea,
mente saltava via dal sedile ed usciva da quel particolare mezzo di
trasporto.
“Io mi chiedo dove saranno finiti
gli altri…” chiese preoccupato Tommaso.
“Di certo non qui. Di altri
percorsi come quello della nostra sfera non ne vedo spuntare dai muri, quindi ci
si deva arrangiare da noi, bimbo!” gli rispose con una frecciatina finale
Lupo.
“Ma piantala! Con gente come te
non voglio avere niente a che fare!” gli urlò contro Orsi.
Il ladro stava per controbattere
quando la sua attenzione, insieme a quella del calciatore, venne catturata da un
rumore che si stava facendo via via sempre più forte. Non era certo facile
capire a pieno da cosa esso derivasse, ma di certo era prodotto da più oggetti
insieme.
In effetti, osservando
attentamente la stanza, di altri percorsi identici a quello appena effettuato
dalla sfera gigante, non vi era traccia ma, i muri metallici della struttura,
presentavano comunque delle identiche porte formate da due ante simmetriche.
Quando il rumore che traspariva dalle pareti si fece più intenso che mai, le
porte si decisero a schiudersi.
“Merda! E quelli che diavolo
sono?” chiese Andrea mentre aguzzava la vista su degli oggetti che, in gran
numero, stavano rotolando dentro la stanza.
“Sembrano proprio… palloni!” gli
rispose entusiasta Tommaso Orsi.
Infatti, gli oggetti che avevano
appena fatta la loro comparsa, ricordavano direttamente tali oggetti di svago,
se non che presentassero una lieve peluria sulla propria superficie.
“Non saranno mica pericolosi?” fu
il quesito dello sportivo.
“Beh nel dubbio direi di tornare
nella sfera” concluse l’altro che balzò subito verso la dichiarata meta, per
trovarla chiusa davanti a sé.
“E dai apriti stronza!” la
minacciava inutilmente il delinquente, battendogli contro entrambi i pugni per
poi, visto che questa attività fisica non portava alcun risultato, passare alle
maniere forti estraendo la propria pistola e sparando un colpo. Questo atto fece
sobbalzare e poi voltare verso il proprio compagno Tommaso, ma la pallottola
appena sparata rimbalzò sul vetro della sfera e schizzò via.
“Ma che stai facendo?” interrogò
il suo compagno dal grilletto facile, Tommaso.
“Niente da fare, siamo chiusi
fuori” spiegò tranquillamente l’uomo, riponendo l’arma da fuoco e accendendosi
una sigaretta.
Le palle, che avevano come
ulteriore particolarità di essere multicolori, si avvicinavano sempre di più ai
due e, in particolare, una rossa sgargiante era a pochi metri dal capitano del
Team 2000. Il giovane seguì l’istinto e calciò via di destro la possibile
minaccia da lui.
“Non è esplosa…” osservò nella
sua mente Andrea mentre Tommaso gli ripeteva la domanda “Cosa facciamo adesso?”.
Poi dipinse sul suo volto un sorriso beffardo.
“Beh bimbo, come dicono in
America…” balzò nuovamente sul freddo pavimento di metallo “calcia qualche
culo!” e, detto questo, cominciò a colpire con i propri piedi ogni globo gli
capitava a tiro.
“Fantastico!” esclamò Tommaso che
non se lo fece ripetere due volte.
Davvero strano a vedersi ma
questa punizione, o inizialmente presunta tale, stava diventando un vero e
proprio divertimento per i due uomini tanto che, qualche volta, Tommaso
evidenziava le proprie prodezze atletiche con frasi del tipo “Guarda Andrea! Sia
di destro che di sinistro! E pure di tacco!”
“Grazie al cielo siamo arrivati!”
esclamò finalmente Sciullo, che stava letteralmente sudando freddo finché la
sfera non si fermò definitivamente.
“È tutto ok, signore?”si accertò
dello stato di salute del compagno, Sarti.
“Sì soldato, ma ora usciamo
immediatamente da questo affare!” rispose Marco scappando via dalla sfera
gigantesca.
“Signore non sia così avventato
nelle sue azioni! Non si dimentichi che siamo comunque in un territorio ostile”
lo ammonì Simone.
“Mi sembra che finora minacce
vere e proprie non siano visibili, soldato…” spiegò il giovane imprenditore
dalla evidente erre moscia, mentre dava un’occhiata a tutto l’ambiente. Una
stanza nettamente più ristretta rispetto a quella in cui erano impegnati Andrea
e Tommaso e, soprattutto, con un'unica porta ancora chiusa al momento ma che, di
lì a breve, si aprì completamente.
Solo allora fu udibile un rumore
ben più chiaro rispetto al precedente. Si trattava senza alcun dubbio di passi.
Passi davvero molto pesanti.
Marco Sciullo era rimasto
atterrito da tutto ciò, mentre Simone Sarti estraeva il suo fucile da
combattimento. Poi un’ombra a poco a poco li sovrastò. Avevano davanti a loro
niente meno che un enorme uomo verde. Superava abbondantemente i 2 metri ed il
fisico era ben scolpito sulla pelle di color verde scuro. L’unica cosa che gli
copriva il corpo massiccio erano dei calzoncini marroni, posti ovviamente
attorno alla zona del bacino.
“Oh mio dio! Ma questo è Hulk?!”
fu sorpreso dalla minacciosa apparizione Marco.
“Qualunque cosa sia, prepariamoci
alla battaglia!” avvertì il compagno Simone, mentre caricava il fucile.
“Battaglia? Nelle battaglie che
faccio io non sono previste le armi!” polemizzò Sciullo.
“Bene allora sia pronto ad
imparare!” tagliò corto il tenente maggiore Sarti che esplose un colpo verso
l’essere.
Lo sparo era andato perfettamente
a segno: all’altezza del cuore.
Stranamente il proiettile era
rimasto conficcato e ben visibile nella pelle del mostro.
“Ma che cosa?” esclamò Simone,
sorpreso dalla resistenza dell’energumeno, quando quest’ultimo emise un forte e
terrificante urlo alzando le braccia al cielo metallico.
Dopo questo, la creatura si mosse
a grandi passi verso il soldato che, preso per la prima volta alla sprovvista,
cercava di ricaricare il più velocemente possibile la sua arma, ma l’avversario
gli era già addosso. Il giovane alzò la testa per vedere con i propri occhi
impauriti, memori di tante vittime, l’orco prendergli violentemente dalle mani
il fucile e, con una facilità davvero mostruosa, spezzarglielo in due pezzi,
ormai certo che a lui sarebbe stata riservata la medesima fine. Quando qualcosa
attirò l’attenzione della creatura. Essa si girò e vide Marco Sciullo
conficcargli con entrambe le mani un coltello, davvero di pregevole fattura, sul
fianco.
Il ragazzo ansimando chiese
all’altro “Tutto bene, soldato?”.
“Sì signore, ma ora scappi via!
Questo è un nemico davvero troppo forte!” gli urlò Simone.
Lui seguì il consiglio ed
indietreggiò di qualche passo per vedere il mostro che, mossa l’enorme testa per
visualizzare dov’era conficcato il coltello, lo estrasse senza alcuna smorfie di
dolore e lo lanciò via nella stanza. Poi sembrò ignorare la sua possibile
vittima e si diresse verso la sfera, mentre Sarti, approfittando di ciò,
raggiunse Sciullo. La stanza non proponeva alcuna via di fuga, visto che la
stessa porta da cui era entrata la cosa si era rapidamente richiusa alle sue
spalle.
Il mostro, una volta raggiunta la
sfera, la prese ai lati con le sue enormi mani e, questa volta forse con un po’
di fatica, la sollevò sopra il suo capo, voltandosi nel contempo nuovamente
verso i due.
A lunghi passi era ormai davanti
a loro con la sfera che, ben sollevata sopra di lui, era pronta ad essere
scagliata. I due ragazzi, quasi coetanei, sapevano che la loro breve vita stava
per essere terminata in quell’assurdo luogo dove, senza alcuna possibilità di
scelta, si erano ritrovati.
“Sei preoccupata tesoro?” chiese
Roberto, mentre la sfera viaggiava ancora nel suo tracciato obbligatorio.
“Stai zitto!” fu la risposta di
Rosa.
Una porta si spalancò davanti a
loro e la sfera terminò il suo moto sulla ormai classica conca.
“Ehi piccola…” Roberto cercò di
afferrare la ragazza mentre, quest’ultima, era scappata via da dentro la sfera
appena aveva potuto “Questo tuo comportamento non è utile, visto che siamo
entrambi intrappolati in questo casino!”.
“Ascoltami bene Roberto, non ho
alcuna voglia di essere protetta da una persona che lo fa solamente per poi
magari finire a letto con me!” gli gridò addosso la giovane attrice.
“Eh no! Questo non puoi dirlo…
ok, ho visto qualche tuo film, ma cerco di proteggerti solamente perché è il mio
dovere come poliziotto! Beh, se poi può nascere qualcosa, non mi dispiacerebbe
affatto…” la controbatté lui, sorridendogli malizioso.
Lei scosse il capo guardando il
pavimento poi, rialzando la testa, lo guardò con occhi che, ammirandoli soltanto
su pellicola, non avrebbero incantato così tanto e gli disse “Se vuoi amarmi
qui…” indicando con l’indice della mano destra la lampo dei jeans “Devi prima
amarmi qui” mettendosi una mano poco sopra il seno sinistro.
Roberto rimase immobile
nell’ammirare la giovane donna che aveva di fronte, quando un lieve ronzio gli
fece alzare lo sguardo davanti a sé. La parete metallica presentava una parte di
un emisfero che, lentamente ma costantemente, si stava aprendo e, una volta
terminata l’operazione, presentò alla coppia un emisfero leggermente più ridotto
quasi esclusivamente di colore bianco, con l’eccezione di un cerchio nero che si
trovava al centro di esso. Mentre erano ancora sorpresi dell’accaduto, i due
notarono che il cerchio scuro si mosse per andarsi a posizionare in linea d’aria
di fronte ai due umani. In realtà a muoversi era stato lo stesso emisfero, Rosa
e Roberto scoprirono presto di avere di fronte una riproduzione gigantesca di un
occhio umano.
“Ma cos’è? “Ai confini della
realtà”?” osservò ironico Santucci.
“Magari! Non mi dispiacerebbe
interpretare qualche telefilm di fantascienza…” gli rispose ironica anche
lei.
Al centro del cerchio nero
cominciò a brillare un ulteriore cerchio, più piccolo e di colore rosso e,
mentre i due continuavano ancora la propria osservazione, partì da esso un
raggio laser che, nella sua traiettoria diretta, sfiorò la gamba destra di Rosa
Simone poco sotto il ginocchio dal lato esterno, provocando l’immediata
bruciatura dei pantaloni.
“Ah!” gridò istintivamente la
ragazza.
“Oh no, Rosa! Sei ferita?”
domandò immediatamente Roberto Santucci, soccorrendola.
La signorina Simone stette per un
attimo in silenzio, nel quale il tutore dell’ordine si accertò che l’unico danno
era stato riportato dagli indumenti della giovane ragazza, poi, con le lacrime
che gli rigavano le soffici guance, esplose “Brutto bastardo hai rovinato i miei
jeans!”.
Ma l’occhio non sembrò
assolutamente dispiaciuto dell’accaduto, allora Roberto decise che era il loro
turno di attaccare. Sfoderò la pistola e, con gran rapidità, prese la mira e
sparò. L’occhio s’illuminò nuovamente, questa volta l’obbiettivo era la
pallottola stessa appena sparatagli contro. Il raggio colpi pienamente il
proiettile di cui, in pochi attimi, non rimase che una minuscola pozzanghera
grigia bollente nel pavimento della stanza.
“Qui qualcuno ci vuole morti,
Rosa…” spiegò l’uomo alla ragazza, mentre abbassava impotente l’arma da
tiro.
“Aspetta Roby, possiamo sempre
nasconderci dietro la sfera…” propose Rosa senza farsi prendere dal panico.
Ma, come se qualcuno li avesse
sentito, il loro particolare mezzo di trasporto riprese il suo cammino di
ritorno, mentre la porta si richiuse dietro di essa.
I due si voltarono verso la sfera
fuggitiva per poi, una volta sparita la loro unica speranza di salvezza, tornare
a fissare il loro destino. Che in questo caso aveva le sembianze di un enorme
occhio che riprendeva a brillare minacciosamente.
La sfera si fermò e i due
scesero.
“Niente di nuovo. Ancora un’altra
stupida… stanza… di… metallo” osservò Sara, scandendo bene l’ultima parte della
frase.
“Non che le mie aspettative
fossero tanto diverse…” cercò di tranquillizzarla Oscar.
“Beh personalmente ne ho piene le
scatole di questo stupido gioco idiota!” la bionda non si calmava.
“Signorina, immagino che tutti
noi non sopportiamo più questa nuova e, per quanto mi riguarda almeno, inedita
situazione in cui ci troviamo coinvolti” proseguì nella sua opera Testa.
I due allora cominciarono a
guardarsi attorno, nel timore che nuove minacce sarebbero apparse
all’improvviso. Ma tutto era calmo.
Passarono qualche minuto con la
situazione sempre identica e Silvestri decise di rilassarsi un po’, andandosi a
stiracchiare con la schiena appoggiata alla grande sfera. Osservava la persona
con molti anni in più di lei e, ripensando al passato, sorrise rivelando “Sai…
io avevo un ragazzo che si chiamava Oscar…”.
L’esperto politico si voltò verso
di lei e disse “Ne sono onorato, signorina. Anche se, devo ammettere, mi sembra
davvero un nome particolare su un ragazzo giovane. Ora non ha più rapporti con
lui?”
“Ah beh… ecco…” farfugliò Sara,
sorpresa della curiosità dell’onorevole, quando si bloccò sentendo un suono
metallico.
Anche Oscar si voltò verso il
resto della stanza dove, in molte parti del pavimento, si cominciarono ad aprire
delle specie di botole, le quali servivano per l’entrata di nuove minacce.
Queste creature, oltre ad essere
in numero nettamente maggiore, erano forse anche più inquietanti rispetto
all’enorme uomo verde di prima. Si trattava infatti di scheletri umani armati da
spade, elmi e scudi visibilmente arrugginiti. I loro occhi rossi erano tutti
rivolti verso la sfortunata coppia.
“E questi da dove vengono fuori?”
chiese Sara, che si era rimessa in posizione eretta, pronta a difendere la
propria vita.
“Non saprei signorina, spero solo
che non sia giunta infine l’apocalisse” accennò una risposta uno spaventato
Oscar.
“Magari sono solo infuriati della
propria dieta…” ci scherzò su Sara che iniziò a tirar calci a destra e sinistra,
mandando in pezzi molti scheletri guerrieri che, dalla loro, non avevano certo
la resistenza fisica.
Oscar Testa, dal canto suo, era
riuscito ad appropriarsi di una spada e di uno scudo e, come un gladiatore
veterano, si faceva onore abbattendo più scheletri possibili. Purtroppo però,
gli avversari cominciarono ad essere davvero troppi per loro due.
“Sara cerca di resistere il più
possibile. Questi demoni continuano ad aumentare sempre più!” gridò alla giovane
donna l’anziano uomo.
La ragazza si voltò un istante
verso Oscar che, ormai, era completamente circondato da quei mostri, ma questo
fu per lei una rischiosa disattenzione. Di fatti, uno dei suoi avversari riuscì
quasi a sfiorarle il collo, riuscendo solo a tagliarle parte della maglia, da
cui ora si riusciva ad intravedere la spallina del reggiseno.
“Brutti figli di puttana!” urlò
con tutto il suo fiato Sara Silvestri.
“Non credevo che qualcuno fosse
così avanti per quanto riguarda la scienza robotica! Insomma Carla, hai visto
anche te quella donna robot poco fa: movimenti del corpo decisamente molto
fluidi, capacità di interagire con le persone attraverso l’emissione vocale,
nessuna alimentazione esterna tramite cavi o simili, un ottimo cervello
elettronico e poi… vabbe’, devo riconoscere che era dotata anche di una più che
ottima riproduzione del corpo umano femminile…” conclamò Stefano, in piena
eccitazione.
“Non capisco Stefano come puoi
essere così entusiasta di una tale macchina infernale!” sbottò violentemente
Carla.
“Beh sai, fa parte del mio
lavoro, Carla… diciamo deformazione professionale” le sorrise l’uomo.
“Io spero solo che gli altri
stiano e bene e che, il prima possibile, riusciamo ad uscire da questa orrenda
struttura!” disse spazientita la dottoressa.
La sfera intanto stava rotolando
verso l’entrata di una stanza dove, al suo interno, faceva bella mostra di sé un
enorme console. I due scesero e andarono diretti verso tutti quei pulsanti.
Notarono subito che, sopra di essi, vi erano quattro enormi schermi, dentro cui
riconobbero subito delle figure ormai familiari a loro. Nel primo display
Tommaso e Andrea erano sommersi fino ormai alle ginocchia da strane palle
pelose, nel secondo Marco e Simone se la vedevano con un gigantesco uomo
muscoloso che presentava un particolare colorito verde, nel terzo Rosa e Roberto
erano di fronte ad un enorme occhio che riusciva ad emanare un potente raggio
laser ed infine, nel quarto ed ultimo schermo, Sara e Oscar erano circondati da
scheletri armati come cavalieri. La prima cosa che i due appresero è che,
purtroppo per loro, non stavano sognando ma che i propri nuovi compagni erano
realmente in difficoltà contro l’assurdo.
“Oh dio misericordioso! Cosa sta
succedendo?” esclamò Wilson, sull’orlo delle lacrime.
“Sono i nostri amici, Carla, e
sono nei casini!” gli spiegò Noro, continuando ad assistere impotente allo
spettacolo.
“È una prova! Non avete ancora
capito stolti, è una prova!”
La voce che aveva appena parlato
non apparteneva né a Carla Wilson né a Stefano Noro e, accortisi subito di
questa particolarità, i due si voltarono, visibilmente preoccupati di ciò che
sarebbero andati ad affrontare.
Un vecchio, con la barba ed i
capelli bianchi spettinati, vestito solo di stracci ed appoggiato ad un bastone
di metallo era dietro di loro. Entrambi cacciarono un acuto grido di spavento,
forse addirittura Stefano ne emise uno ancora più acuto di quello della
terrorizzata Carla.
La donna però riprese coscienza
di sé e domandò al terzo soggetto “Chi sei te?”.
“Non è il momento per queste
domande, sciocchi! Pensate piuttosto a salvare i vostri compagni!” li redarguì
l’anziano.
“E come possiamo fare?” chiese
Noro, tremante e con le lacrime sul viso.
“Vi è un tasto blu sulla
tastiera?” rispose con una domanda il vecchio.
“Ma come sarebbe a dire un tasto
blu? Eri qui prima di noi e non l’hai cercato?” lo aggredì anche fisicamente
l’uomo di scienza.
“Non capisci Stefano…” lo bloccò
Carla, indicandogli poi gli le pupille dello sconosciuto “Questo pover’uomo è
cieco”.
“Oh… mi scusi…”porse delle timidi
scuse Stefano che poi, ricordandosi dei suoi amici in difficoltà e delle domanda
del vecchio, si voltò di scatto verso la tastiera e, dopo una rapida ricerca
visiva, indicò un punto della console gridando “Ecco il bottone!”.
Il pulsante era in effetti di
colore blu scuro ma presentava un problema logistico: si trovava infatti sulla
sommità della gargantuesca tastiera, ed arrivarci non era di certo impresa
semplice. Inoltre, tutti e tre i presenti non presentavano, nelle proprie
caratteristiche, un’altezza ragguardevole.
“Tiratemi su che vado a
premerlo!” ordinò improvvisamente Noro.
“Aspetta Stefano, non è meglio
che vada io, dato che sono più leggera…” cercò di convincerlo Wilson.
“No Carla, potrebbe essere
pericoloso. Forza, aiutatemi a salire” Stefano era più che mai convinto di
quello che faceva.
Né Carla né tantomeno il vecchio
opposero ulteriori obbiezioni e, seppur con molta fatica, riuscirono ad issare
Stefano sul piano inclinato della tastiera, mentre quest’ultimo si sosteneva ad
essa aggrappandosi alle fila di tasti presenti. Nonostante fosse quasi del tutto
sdraiato sopra di essa, non riusciva ancora a raggiungere il tasto
specifico.
“Ancora una spinta e ci sono!”
urlò ai suoi aiutanti sotto di lui.
I due, il cieco aiutato anche
dalla dottoressa, presero posto ognuno vicino alle suole delle scarpe di Noro e
spinsero con quanta forza avevano ancora in corpo. Il tasto fu premuto.
Il flusso dei palloni pelosi
smise, il mostro verde si bloccò con la sfera gigante tenuta dalle sue possenti
braccia sopra di lui, l’occhio si spense richiudendosi e gli scheletri armati
seguirono la stessa sorte del mostro.
Dopo un attimo di riposo, ad
occhi chiusi ed ansimante come se avesse affrontato una maratona, Stefano si
lasciò scivolare giù ed atterrò morbidamente sul pavimento metallico.
Dopo qualche attimo, qualcosa
tornò a balenargli in testa ed iniziò a parlare “A proposito, cos’era quella
faccenda della prova, ve…” ma s’interruppe perché l’anziano, a cui voleva
rivolgere questa domanda, non era più tra loro. Scomparso.
Nel mentre, in tutte e i cinque
le stanze, si aprirono delle uscite e le cinque coppie si avviarono verso di
esse: Tommaso e Andrea portandosi con loro qualche palla pelosa, Marco andandosi
a riprendere il suo coltello di famiglia, Rosa lamentandosi ancora dei suoi
jeans rovinati, Sara lamentandosi della sua maglietta tagliata e Stefano e Carla
chiedendosi dove potesse essere scomparso il loro reale salvatore.
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Capitolo 7 *** Bisogni naturali ***
CAPITOLO 7
“Bisogni
naturali”
“Ci siete tutti ragazzi? State
tutti bene?” esordì immediatamente Carla.
Qualcuno articolò anche una lieve
risposta ma, per il resto, tutti avevano la testa rivolta alle proprie avventure
appena concluse.
“Ehi! Da dove vengono tutte
queste palle, Lupo?” chiese ironico Roberto.
“Fottiti!” fu la sintetica
risposta di Andrea, che si apprestava ad accendere l’ennesima sigaretta.
“Cielo! Cosa hai fatto alla tua
maglia, Sara?” constatò Rosa, riuscendo difficilmente a trattenere una
risata.
“Perché te ai tuoi jeans? Cosa fai? Vendi
moda?” rispose la bionda, sorridendo sinceramente alla quasi coetanea.
Nel mentre, Marco nascose
rapidamente alla vista degli altri il suo particolare cimelio di famiglia,
assicurandosi ad uno ad uno che nessuno dei presenti avesse notato la letale
arma da taglio.
“Non vi è nulla di disonorevole
nel prendersi delle precauzioni per la propria difesa personale, signore” lo
rassicurò la persona che gli stava a fianco, Simone Sarti.
Il giovane rampollo fu
inizialmente sorpreso dell’interessamento del militare alle sue faccende
personali, per poi sorridergli cordialmente, effettuando anche un lieve inchino
con il capo.
“È straordinario gente, guardate!
Stiamo camminando sull’…” e prima che Stefano riuscisse a terminare la frase,
tutto il gruppo si era ormai accorto di avere i propri piedi su niente meno che
erba naturale.
“Non sembra sintetica…” confermò
Tommaso, abbassandosi per toccarla ed osservarla meglio.
“Guardate ai lati signori, è uno
spettacolo incredibile…” invitò Oscar, che rimase allibito davanti a tutto ciò.
Alle due lunghe estremità della stanza vi erano infatti degli alberi, ordinati
diligentemente in fila fino alla parete di fondo. “Non posso credere che siano
riusciti a far coesistere in maniera così poetica natura e tecnologia”.
Dopo qualche attimo di silenzio,
l’incanto fu rotto proprio da uno membro della compagnia.
“Io, piuttosto che pensare alla
poesia, mi terrei in guardia per la minaccia che dovremo affrontare questa
volta!” tagliò corto Lupo.
“Ma come fai ogni volta ad essere
così romantico…” osservò sarcastica Silvestri.
“Lupo non ha tutti i torti, ormai
la musica l’abbiamo imparata…” fu d’accordo Santucci, mentre estraeva la sua
pistola dalla fondina.
“Oh per l’amor di dio! Per quanto
ancora andrà avanti questa storia!” dicendo questo, Carla si accasciò in
ginocchio per terra, cominciando ad essere esausta di tutte quelle nuove
esperienze.
“E neppure sappiamo ancora chi ci
sta facendo tutto questo…” aggiunse Orsi.
“Gente vi confermo che anche gli
alberi sono del tutto naturali!” informò entusiasta Noro che, precedentemente,
si era defilato dalla combriccola per osservare più attentamente le forme di
vita vegetale presenti nel posto.
“Non che la cosa mi faccia stare
meglio rispetto a prima…” altro sarcasmo da parte della giovane Simone.
“Pensa ai tuoi jeans e vedrai che
starai meglio…” punzecchio l’attrice, Sara.
“Che stronza! Smettila di
ricordarmelo!” fu la risposta.
“Ma è possibile che voi donne non
pensiate ad altro che ai vostri vestiti rovinati!” sbottò d’improvviso
Roberto.
“Calmati Roby, siamo tutti molto
sotto pressione” Tommaso cercò di tranquillizzare il tutore dell’ordine, mentre
le due ragazze erano rimaste sorprese dalle ultime insinuazioni dell’uomo.
“Per favore gente, possiamo
evitare l’ennesimo inutile litigio fra di noi…” ma la richiesta di Oscar
rischiava di cadere nel vuoto.
“SILENZIO!”.
Tutti si voltarono verso il
membro di loro che aveva urlato.
“Percepisco uno strano rumore…”
spiegò Simone, mentre si concentrava per meglio identificare questo nuovo
suono.
Era come lo sbattere di qualcosa,
qualcosa di estremamente leggero, e proveniva da tutto intorno la stanza. Poi
cominciarono ad aprirsi dei passaggi nella parti più alte delle pareti. Qualcosa
cominciò ad entrare dentro. Il nome scientifico è chiroptera. Pipistrelli.
“Oh mio dio che schifo!” fu
l’immediata reazione di Rosa.
“Cercate di difendervi come
meglio potette!” suggerì Sarti, mentre caricava il suo fucile.
“Bene, arrivano!” fu entusiasta
Lupo, pronto a riceverli anche lui con la sua arma da fuoco in mano.
“Fate attenzione!” urlò anche
Roberto, mentre sparava il suo primo colpo che andò regolarmente a
bersaglio.
“Merda! Possibile che anch’io non
possa avere una pistola!” imprecò Orsi.
“Difenditi con quello che puoi,
figliolo!” suggerì l’anziano Testa, mentre cercava di allontanare alcuni di quei
volatili usando la sua giacca, come per scacciare le mosche dal pic-nic.
“Giusto!” si convinse tra sé e sé
il centrocampista che saltò e, una volta in aria, colpì in rovesciata uno dei
mammiferi volanti mandandolo a sbattere contro un altro, ed un altro ancora,
creando una piccola ma utile reazione a catena.
“Per la famiglia!” Sciullo
estrasse nuovamente il suo coltello e si scagliò prepotentemente verso i suoi
avversari, tagliando nettamente la testa alla sua prima vittima.
“Sara!” fu l’urlo di terrore
rivolto alla ragazza dalla povera Rosa Simone, ormai ridotta in posizione fetale
sopra l’erba verde della stanza.
La bionda cercò di elaborare un
piano, cosa davvero ardua sia per il continuo attacco delle nottole, che per
l’enorme confusione di suoni che i loro versi e lo sbattere delle loro ali
creava, rendendo davvero complicato la ricerca di concentrazione. Ma ecco che la
giovane avventuriera trovò, sotto gli ormai noti alberi, un ramo, abbastanza
grande da poter essere utilizzato come arma contundente per andare a salvare la
giovane star. E così anche la Silvestri era entrata in azione.
Lo scontro proseguiva e il
dispiego di energie era davvero notevole.
“Colleghi, quanti munizioni vi
sono rimaste?” S’informava Santucci.
“Non molte, agente!” rispose
Sarti.
Poi il poliziotto voltò il capo
verso la sua nemesi.
“Idem!” la fece breve Lupo.
“Cazzo! Qua non resisteremo
ancora a lungo…” pensò Roberto.
Durante tutto questo, Carla
Wilson era rimasta nella sua posizione inginocchiata, riparandosi la testa
dentro il camice da lavoro. Invece Stefano Noro aveva tentato la fuga attraverso
le fila di alberi, ma la soluzione si era rivelata vantaggiosa solamente per
tenere in attività fisica le sue membra, ormai abituate alla vita
sedentaria.
“Continua a stare giù Rosa!” le
consigliava Sara, mentre fendeva nell’aria il ramo che si era precedentemente
procurato.
“Sì Sara, tranquilla!” accolse
positivamente il suggerimento la signorina Simone.
Poi la ragazza sollevò
leggermente il capo per osservare la situazione attuale dei suoi compagni e fu
un attimo. Un pipistrello che stava volando basso, oppure stava precipitando, le
sfiorò la guancia sinistra. Cominciò ad uscire il sangue.
“Ah! Mi hanno ferita!” gridò
mentre, una volta toccatasi con la mano la guancia offesa, osservava il sangue
tingergli le dita affusolate.
Tutti si voltarono verso di lei:
Silvestri sentiva già dentro di sé il rammarico per non averla protetta
adeguatamente, Tommaso ancora in volo dopo una sua nuova acrobazia sportiva, i
tre tiratori con davanti ad essi una vera e propria trincea formata dai cadaveri
delle piccole bestie e la stessa Wilson che era riemersa dal suo camice.
“Tranquilla Rosa, ora vengo a
curarti!” cercò di rassicurarla Carla, mentre cominciava ad avvicinarglisi,
procedendo a carponi.
Poi avvenne un netto
cambiamento.
Gli stessi pipistrelli tornarono
a librarsi in volo, sempre più in alto, fino a scomparire negli stessi passaggi
da cui erano entrati precedentemente. I tre tiratori, nel frattempo, avevano
proseguito a sparare verso i volatili, per poi anche loro placarsi nel momento
in cui avevano assodato la definitiva ritirata di quelle bestiacce.
“Ma che diavolo? Sono andati
via?” chiese la conferma agli altri Tommaso.
“Sembra di sì…” accennò Roberto,
con lo sguardo però sempre rivolto verso l’alto.
“Ehi soldato, hai per caso degli
altri rampioni?” domando Andrea avvicinandosi a Sarti.
“Negativo signore. E poi dubito
che potrebbero tornarci realmente utili, signore” rispose Simone.
“E perché?”
“Si stanno richiudendo”.
Lupo seguì l’invito dell’altro e
rimirò verso l’alto della stanza, dove i passaggi di forma rettangolare si
stavano richiudendo.
“Merda! Ma è possibile che non ci
sia modo di uscirne?!” imprecò il ladro, calciando l’aria.
“Vieni cara, fatti medicare…”
invitò Carla la ragazza ferita, portandosela a sé mentre gli afferrava una
spalla.
“Ora quegli schifosi bastardi mi
hanno rovinato la carriera!” imprecò la giovane attrice con le lacrime che
solcavano le sue guance, su una delle quali era presente la ferita provocata
poco prima.
“Ma no! Tranquilla ragazza, è
solo un taglietto, davvero!” la rincuorava Wilson, mentre le tamponava la
suddetta ferita con un batuffolo di cotone.
“Al limite ti affideranno le
parti della ragazza orrendamente sfigurata…” ci ironizzò su Sara.
“Fottiti!” tagliò breve la
Simone.
“Hai solo dei cerotti con te,
Carla?” chiese Noro.
“Sì Stefano, qualche cerotto e
poco più” rispose lei mentre ne apponeva uno sulla lesione.
“Oddio tutto ciò non è
possibile…” ricominciò un’ormai sua tipica crisi Marco, caratterizzata ancora
dalla sua altrettanto tipica erre moscia.
“Forza giovane! Ormai è chiaro
che non possiamo arrenderci! Anche se non sappiamo ancora chi abbia creato tutto
questo…” cercò di rianimarlo Testa.
“Di certo qualcuno che non ci
vuole morti…” esordì Roberto.
“E come fai ad esserne così
sicuro?” gli chiese Stefano, sudato e con il fiatone dovuto alla fuga disperata
per la salvezza della sua vita.
“Perché sennò ci avrebbe fatto
uccidere dai suoi topi volanti!” rispose a muso duro Santucci.
“Io… credo che ci sia anche
dell’altro…” s’intromise timidamente Tommaso, mentre si apprestava a raccogliere
una carcassa di quegli animali.
“Cosa?” chiese delucidazioni
immediate Lupo.
“Guarda Stefano!” disse, mentre
si avvicinava all’interessato “Te di certo sei il più adatto per queste
cose”.
Il piccolo cadavere che aveva in
mano si presentava con la testa completamente assente e, nell’apertura creatasi,
dei componenti informatici.
Stefano inizialmente, pensando a
cosa poteva trovarci dentro la cavità di quel corpicino, aveva assunto una
faccia schifata per poi, in un attimo, tramutarla in una straordinaria
espressione di gaiezza. “Ma è fantastico!”.
“Cosa c’è di così fantastico?”
chiese seccata Rosa che sfoggiava il suo nuovo cerotto.
“È davvero incredibile! Sono…
sono dei robot!” il povero scienziato era sull’orlo delle lacrime di gioia.
“Ancora dei robot?” constatò
ormai disilluso Andrea, incrociando le mani dietro la testa.
“Non sapevo che si potessero
acquistare così facilmente…” spiegò Sciullo, con in mente magari qualcuno della
concorrenza sul suo campo professionale.
“S’INFORMANO I GENTILI CLIENTI
CHE AD ESSI SARÀ CONCESSA L’OPPORTUNITÀ DI RIPOSARE PER NON PIÙ DI 12 ORE IN
QUESTA STANZA, GRAZIE”.
“Ci prende pure per il culo
quella voce del cazzo!” si espresse alquanto volgarmente Silvestri.
“12 ore… qualcuno di voi ha un
orologio?” chiese il poliziotto.
Ognuno allora cominciò a
controllare nelle proprie braccia, qualcuno anche nelle tasche, ma la risposta
fu all’unanime negativa.
“A me hanno preso pure il
cellulare…” informò ormai rassegnata la bionda Sara.
“Pure a me” aggiunse Rosa.
“Peccato! Almeno potevi darmi il
tuo numero…” le sorrise Roberto, mentre lei fece la classica faccia seccata
“Che idiota!” mise il pensiero
della ragazza in parole, il fuorilegge.
“E poi… non so voi gente, ma io
sto morendo di fame!” sbottò Noro, mentre il suo stomaco stava effettuando un
continuo di lamenti supplichevoli.
“In effetti è un po’ che siamo
qua dentro e, con tutta la fatica che abbiamo fatto finora, la fame è più che
naturale” aggiunse la Wilson.
“Per il nutrimento non ci sono
problemi, guardate sugli alberi”.
Tutti seguirono il consiglio di
Simone e, scrutandoli, su di essi videro, a fare bella mostra tra i rami e le
foglie: mele, pere, pesche, albicocche e ciliegie. Praticamente il meglio che si
poteva trovare tra gli alberi da frutto era lì davanti alla comitiva di persone.
L’entusiasmo tornò improvvisamente ad animare tutto il gruppo, che si espresse
con urla di soddisfazione e approvazione.
“Ma saranno veri?” bloccò tutti i
suoi compagni con questo quesito Marco Sciullo.
Il dubbio tornò brevemente nel
gruppo, che però reagì immediatamente.
“Tranquilli, assaggio io per
primo!” scosse gli altri Andrea, afferrando al volo una ciliegia e
assaggiandola.
“È buona?” cercò d’informarsi nel
più breve tempo possibile Stefano Noro.
“Più buona di quelle del
supermercato!” concluse il ladro strizzando l’occhio, sorridendo e levando il
pollice in su.
Al gruppo non importava sapere
altro e, rapidamente, le persone più atletiche della combriccola, cioè Tommaso
Orsi, Sara Silvestri, lo stesso Andrea Lupo e Simone Sarti, si arrampicarono su
ciascuno degli alberi presenti lì dentro, mentre quelli rimasti a terra
afferravano il più possibile dei frutti che gli venivano lanciati dall’alto.
“Sono davvero squisite!”
reclamizzò Noro, mentre ne ingurgitava anche due o tre alla volta.
“E poi non fanno neppure
ingrassare!” disse una sorridente Rosa Simone, ormai dimentica della sua lieve
ferita al volto.
“Senti giovane, guarda se mi
trovi anche qualche albicocca berbero…” esclamò ironico Oscar Testa a Tommaso,
mentre quest’ultimo scendeva da un tronco e ne stava per salire un altro.
“Ah beh signore, non saprei come
fare, il marchio sopra non ce l’hanno” rispose Orsi, che forse aveva preso
troppo seriamente la richiesta del politico.
La compagine era riuscita
finalmente ad accontentare uno dei bisogni naturali che si era fatto sempre più
insistente tra di loro. A dir la verità furono due i bisogni soddisfatti dato
che, in piena democrazia, fu scelto un angolo del fabbricato da adibire a toilet
ufficiale. Ora però si faceva strada un terzo bisogno naturale, forse proprio a
causa dell’abbuffata fruttifera che avevano appena compiuto le dieci persone
presenti: il sonno.
Mentre già a qualcuno la palpebra
cominciava a calare inesorabilmente, le luci, presenti in gran numero sul
soffitto, cominciarono ad affievolirsi fino a che, man mano, furono
completamente spente.
“Non c’è che dire, questa volta
il nostro ospite si è rivelato davvero molto cortese” osservò Oscar, mentre
controllava i suddetti impianti d’illuminazione.
“Che vada al diavolo quel
bastardo!” chiuse il discorso Sara.
“Per ora, Rosa, ti conviene
tenere ancora il cerotto però, già da quando ci sveglieremo, te lo potrai
togliere tranquillamente” Wilson diede le ultime spiegazioni alla ragazza che le
dormiva accanto.
“Ok, grazie di tutto Carla!” la
ringraziò per tutta la sua gentilezza dimostrata, la Simone.
“Ed io che pensavo mi volessi
tenere un po’ di compagnia…” Tornò all’attacco della vip Roberto, ma
quest’ultima non gli diede corda.
Mentre tutti i membri del gruppo
si erano appisolati, Tommaso si era finalmente tolto le sue scomode scarpette da
calcio e Stefano stava effettuando una delle peggiori russate possibili, tanto
da venire allontanato temporaneamente dal gruppo. Il solo Lupo continuava ad
esaminare le fredde pareti metalliche della struttura, sempre alla continua
ricerca di un qualche spiraglio per la libertà. Per poi al fine arrendersi anche
lui tra le braccia di Morfeo.
Di certo qualche ora era passata
quando le luci cominciarono a riaccendersi, seppur in maniera graduale. Del
gruppo nessuno parve farci caso, molto probabilmente erano ancora tutti
addormentati. Poi cominciò a risuonare in tutto il fondo una fedele riproduzione
del canto di un gallo. Ad esso i ragazzi cominciarono a reagire.
“Oddio, ma che cos’è?” chiese a
qualcuno dei presenti Marco, mentre si riparava con il braccio dalla nuova luce
che inondava la stanza.
“A quanto pare il nostro ospite è
provvisto anche di senso dell’umorismo…” rispose Oscar, rimettendosi sul naso
gli occhiali leggermente rovinati, che si era tolto prima del riposo.
Un po’ tutti i presenti
cominciarono finalmente ad alzarsi.
“Oh merda! Pensate che
riutilizzeranno il gas?” domandò spaventato Tommaso che si alzò di scatto.
“Beh sì, è molto probabile…”
dichiarò Andrea, che già si trovava in posizione eretta.
“Forza Sara alzati! Che tra poco
ci sparano contro il gas!” provava a scuotere l’altra giovane ragazza della
compagnia, Rosa.
“Mmmm… dai… aspetta…”biascicava
ancora nel dormiveglia la bionda.
Ormai la porta di uscita si era
aperta e qualcuno del gruppo si era già incamminato. Dunque Roberto decise di
prendere di peso la ragazza e portarla con se nella camera successiva. Per
Stefano invece fu usato direttamente un calcio di Lupo per ridestarlo e portarlo
via con loro. Furono talmente rapidi e decisi nell’abbandonare la stanza poco
prima occupata, che neanche si accorsero se dai fori dei muri usciva
effettivamente il gas verde.
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Capitolo 8 *** Claustrofobia ***
CAPITOLO 8
“Claustrofobia”
“E anche questa è fatta!” esclamò
ghignando Andrea, mentre in bocca teneva la sua ultima sigaretta.
Tutti si girarono verso il
fuorilegge tra lo stupito ed il divertito, ma solo una controbatté.
“Ooooh… mi fa piacere che
qualcuno qui si stia divertendo, perché io invece ne ho le scatole piene!”
proruppe Rosa Simone.
“Dai calmati tesoro…” cercò di
tranquillizzarla Roberto, nel tentativo anche di abbracciare il suo corpo
sensuale.
“Non ti azzardare a chiamarmi
tes…” cominciò la giovane attrice, ma venne subito interrotta da un altro membro
della banda.
“Gente guardate qua!” urlò
Stefano.
Tutto il resto della combriccola
si girò ad osservare. Sulla parete vicina alla porta da cui erano entrati vi era
un lungo scaffale, anch’esso di metallo, con sopra svariate cose. Vi si poteva
trovare infatti: munizioni per tutte le armi in possesso del gruppo, sigarette
della marca nazionale preferite da Lupo, nuove scarpette da calcio della misura
precisa che calzava Orsi, bendaggi, cerotti, alcol e cotone utili per i
medicamenti della Wilson, dei make-up portatili e, addirittura, un nuovo paio di
occhiali identici a quelli danneggiati di Testa.
“È aperto il mercato gente! Cazzo
le avevo appena finite!” esclamò Andrea, mentre si avventava sui pacchetti di
sigarette.
“Hanno pensato anche alle mie
scarpette…”osservò Tommaso sorpreso.
“E pure ai miei occhiali,
perdiana!” disse Oscar, mentre se li provava.
“Niente roba da mangiare però…”
ammise sconsolato Noro.
“Ma se ti sei ingozzato come un
maiale nella precedente stanza!” lo rimproverò apertamente Sciullo.
“Bene così!” constatò sorridente
Carla, mentre cercava di inserire più roba possibile dentro le tasche della sua
uniforme bianca.
Simone Sarti, come fecero
chiaramente anche Roberto Santucci e Andrea Lupo, si rifornì di munizioni e, una
volta terminato, si accorse subito di una presenza in quella stanza, avvertendo
gli altri “Signori, osservate cosa abbiamo di fronte”.
Di nuovo l’intera troupe si voltò
verso chi di loro aveva parlato e seguirono il consiglio.
Su una terza parete della sala,
estremamente più ridotta rispetto alle precedenti, vi era un enorme colonna che,
partendo dal pavimento, arrivava dritta e lineare verso il soffitto,
congiungendosi ad esso. Su di essa vi era la chiara possibilità di apertura in
due ante ben distinte. Tutto questo faceva ricollegare nettamente ad un…
“Ascensore…”
Nuovamente tutti a voltarsi verso
l’individuo che aveva emesso tale parola.
“Insomma, a me pare proprio un
ascensore…” disse timidamente Tommaso.
“Beh in effetti lo ricorda
molto…” osservò più attentamente Noro.
“Quindi vuol dire che questa
struttura ha pure un secondo piano…” concluse Sara, che poco prima si era
infilata in tasca uno di quei make-up precedenti.
D’improvviso, emettendo solamente
un lieve sibilo, lo scaffale scomparve dentro il muro metallico in cui era
fissato. Poi una voce parlò “SIETE PREGATI DI UTILIZZARE IL PRESENTE ASCENSORE,
VI RICORDIAMO CHE LA SUA PORTATA MASSIMA È DI UNA SOLA PERSONA PER VOLTA,
GRAZIE”.
“Noto che sta diventando sempre
più cortese nei nostri riguardi…” ironizzò Oscar.
“Inoltre non penso abbiamo a
nostra disposizione molto tempo, quei bastardi sono anche qui!” commentò Lupo,
indicando con la canna della pistola le solite piccole aperture sui muri.
“Bene, vado prima io!” decise
l’attrice avviandosi rapidamente verso il congegno.
“Aspetta Rosa, potrebbe invece
essere una trappola!” la bloccò, anche fisicamente, il poliziotto.
“Fino ad ora però la voce non ci
ha mai mentito…” osservò il calciatore.
“Purtroppo le nostre vite sono
nelle sue mani…” si rattristò la dottoressa.
“FIGLI DI PUTTANA NE HO PIENE LE
PALLE DI QUESTO GIOCO SCHIFOSO!” esplose la bionda avventuriera, sferrando un
calcio alla parete.
“Fermati ragazza così non cambi
nulla!” la richiamò il politico.
“Niente da fare, le pareti sono
compatte come le altre” espose la situazione il ladro, gettando a terra la
cicca.
“Non resta che obbedire…”
concluse il soldato, non facendo trapelare alcun tipo di emozione. Mentre,
accanto a lui, il giovane affarista non riusciva a mascherare dei turbamenti
interiori.
“Beh, se non altro, potremo
intanto aprirlo per osservarne anche l’interno…” propose lo scienziato.
“Credo sia la mossa più giusta da
fare” concordò Sarti.
Il corpulento uomo di scienza si
avvicinò titubante al pulsante rosso e quadrato presente alla sinistra della
probabile apertura. Lo schiacciò. Per poi scappare subito dietro al corpo
perfettamente allenato di Roberto. Le due ante si aprirono in maniera quasi del
tutto silenziosa. Il suo interno era decisamente identico ad un normale
ascensore: una luce accesa integrata al soffitto e un grande specchio sulla
parete che ti trovavi immediatamente di fronte quando vi entravi dentro. il
tutto su di una base di due metri di larghezza per uno di profondità. Su tutte
le superfici verticali era però totalmente assente un qualsiasi quadrante di
scelta dei piani da raggiungere. Ovviamente tale decisione non doveva essere
presa dal gruppo.
“Tutto normale sembrerebbe…”
azzardò Roberto, cercando la conferma di Simone, che arrivò con un lieve
dondolio del capo.
“Bene, allora comincio io!”
ritentò la fuga Rosa.
“Aspetta, è meglio che fai andare
prima me” fu nuovamente bloccata, questa volta da Lupo.
“E perché scusa?”
“Potrebbero esserci dei pericoli
lassù”
“So cavarmela da sola,
grazie!”
“Ne dubito…”
“Perché? Invece affidarci ad un
delinquente come te sarebbe meglio?”
“Calma gente, non possiamo
polemizzare anche su queste cose. Già la situazione mi pare sia abbastanza
assurda. Lupo, per favore, fai andare prima la ragazza. In fondo lei l’ha
dichiarato per prima…” portò i due nuovamente alla ragione il diplomatico Oscar
Testa.
“Ok, ma fai attenzione tesoro…”
l’avvertì Santucci, mentre stava entrando.
La giovane donna si voltò verso
il resto della compagnia. Tutti con gli sguardi tesi verso di lei, come su un
palcoscenico.
Le porte cominciarono a chiudersi
quando la sua coetanea bionda la salutò “In bocca al lupo, Rosa!”.
Le due ragazze fecero appena in
tempo a sorridersi quando le due ante si riunirono.
Ora era sola. L’ascensore pareva
realmente innalzarsi, però la tensione la faceva rimanere perfettamente
immobile, come un artista da strada mente imita una statua. Ma lei non era certo
quel genere di artista e, per stemperare la tensione fino alla fermata del
marchingegno, decise di rifarsi un po’ il trucco del suo viso grazioso,
utilizzando il make-up precedentemente preso ed aiutandosi con lo specchio che
aveva alle spalle. poi l’ascensore si fermò e la porta si riaprì.
Le altre nove persone erano tutte
in attesa. Guardando istintivamente verso l’alto e con l’orecchio ben teso.
“Per ora strani rumori non ne
fa…” si azzardò a discorrere Tommaso.
“State tranquilli, starà
sicuramente bene la nostra Rosa!” provò a stemperare gli animi Carla, anche se
visibilmente in ansia pure in lei.
“Infatti… poi, nonostante tutto,
è in gamba la ragazza!” la assecondò Sara Silvestri.
Poi, il lieve rumore che avevano
sentito subito dopo la chiusura degli sportelli, tornò ben udibile e, dopo
qualche attimo, l’ascensore si riaprì. Con nessuno al suo interno.
Il silenzio piombò sul gruppo. Il
meccanismo aveva allora davvero funzionato?
“Ok, tocca a me adesso!” ripartì
Lupo, che in un attimo fu dentro la cabina.
Tutti ancora in silenzio ad
osservarlo. Lui gli sorrise e disse “Ci si vede su!” e poi l’entrata si chiuse
nuovamente.
“Bene! Direi proprio che funziona
a dovere, e senza nemmeno spingere più il bottone di chiamata…” osservò
Noro.
Ancora un po’ di silenzio.
“Chi va dopo?” chiese la
Wilson.
“Vado io!” rispose sicuro
Orsi.
“Bene” gli sorrise il medico.
Di nuovo il silenzio padrone.
L’ascensore tornò ed il giovane
atleta percorse i pochi metri che lo distanziavano dall’entrata, sottolineando
il tutto con l’onnipresente ticchettio dei tacchetti presenti sotto la suola
delle proprie calzature, per poi sparire al suo interno.
“A quanto pare, il nostro
carceriere non è in vena di scherzi oggi…” provò a fare il simpatico Roberto,
cercando anche la collaborazione dei compagni. Ed intanto Marco stava
letteralmente sudando freddo.
Le porte alla fine si riaprirono
ma il ragazzo vide solo buio davanti a sé.
“Benvenuto Tommaso!”
Una voce maschile lo spaventò e,
subito, lui si girò di scatto verso la fonte di quella emanazione vocale. Lì
riconobbe subito Andrea Lupo, con le braccia incrociate al petto, e Rosa Simone,
con le mani incrociate dietro, all’altezza del fondoschiena, che le
sorrideva.
“Dimenticato di pagare la
bolletta…” ironizzò sulla situazione di oscurità totale in cui si era trovato
assieme a due dei suoi compagni.
Nuovo giro di salita per le
persone presenti nella stanza sottostante.
“Chi va ora?” chiese di nuovo
Carla.
Per qualche attimo nessuno
rispose.
“Bene… vado io!” si decise infine
Sciullo, sempre più madido di sudore, con un passo stentato, quasi
zoppicante.
“Tutto a posto figliolo?” si
preoccupò Testa.
“Sì tranquilli… tutto bene…”
accennò una risposta rimanendo di spalle mentre le porte si richiudevano dietro
di lui.
“Non sta affatto bene…” disse la
Wilson scuotendo la testa.
“Il soggetto presenta un chiaro
indebolimento psichico, dovuto con molta probabilità alla situazione del tutto
nuova in cui si è venuto a trovare attualmente” Spiegò, con pieno uso di termini
tecnici, agli altri Sarti.
All’improvviso, un forte rumore.
Qualcosa questa volta non aveva funzionato.
“Che cos’è stato?” Domandò
visibilmente preoccupata Silvestri.
“Proveniva dall’ascensore!”
rispose Noro.
“Merda!” sottolineò Santucci.
“Stai tranquillo, calmati, sta
andando tutto bene, abbi un po’ di contegno, calmo, tranquillo, risistemati un
po’, coraggio…” tutte parole che turbinavano nella mente del giovane
imprenditore. Il suo animo stava risentendo parecchio di qualcosa. Il battito
del cuore era accelerato come non era stato mai in quella assurda avventura. Le
gocce di sudore continuavano a scendere dalla sua chioma sul suo viso, composto
ora esclusivamente da muscoli tesi al massimo. Il suo punto debole stava
riemergendo.
Se non altro tutto procedeva
correttamente. L’ascensore stava procedendo tranquillamente verso la sua meta.
Bastava solo tranquillizzarsi e restare calmi. Poi il rumore, il lieve traballio
e la cabina si blocca. Ora è finita, la claustrofobia ha vinto!
“Cos’era quel rumore?” chiese
Rosa.
Anche al piano superiore la
tragedia era stata percepita perfettamente.
“Proveniva dall’ascensore o
sbaglio?” ipotizzò Tommaso.
“Merda!” sottolineò Andrea.
“Cazzo! Qualcosa non va
all’ascensore!” concluse Roberto, che si fiondò verso la porta.
“Oh mio dio…” esclamò Carla, che
questa volta rischiava seriamente lo svenimento.
“Forse pigiando questo bottone!”
martellò di colpi con l’indice sinistro il suddetto pulsante un alquanto nervoso
Stefano.
Mentre Roberto cominciò a colpire
la porta con violenti pugni dati come martellate, usando come fulcro i propri
gomiti, urlava “MARCO! COSA STA SUCCENDENDO? MARCO RISPONDI!”
“Calma gente così non si risolve
nulla!” urlò anche Oscar.
Intanto Simone provava
freneticamente a cercare la soluzione, cercando di osservare attentamente tutto
l’impianto, o frugando in tutta la sua uniforme militare. Purtroppo però la
risposta era negativa.
Dentro l’infernale cabina il
ragazzo era accasciato al suolo, con la sola schiena che si reggeva appoggiata
alla parete, il viso lucente del proprio sudore, gli occhi sbarrati pieni di
terrore ed il labbro che traballava sempre più.
“AIUTATEMI VI PREGO! SOFFRO DI
CLAUSTROFOBIA! NON RESTITO! QUA LA STANZA MI STA VENENDO TUTTA CONTRO! AIUTO
RAGAZZI! VI SUPPLICO!”
Intanto, nel piano di sopra.
Andrea cercava di appoggiare bene
l’orecchio alla porta, per capire cosa stava realmente succedendo lì dentro.
“Chi diavolo c’è lì dentro? Cosa sta succedendo? Cazzo rispondi!”
“Eppure ci deve essere un modo…
forse schiacciando qua…” pensava ad alta voce Rosa quando premette un pulsante
quadrato e rosso identico a quello del piano inferiore, e l’entrata si aprì.
Dentro l’ascensore, ormai in
preda al delirio, Marco Sciullo si ricordò del cimelio di famiglia e lo
estrasse. La soluzione era davvero solo quella.
Il fuorilegge si affacciò nel
vuoto e vide la parte superiore della cabina ferma, tornò dentro e spiegò
“L’ascensore è bloccato, devo andare laggiù a vedere chi è che si sta agitando
tanto”.
“Ma saranno più di venti metri,
non vorrai mica saltarci sopra?” lo interruppe la Simone “E poi l’ascensore, a
causa del tuo atterraggio, potrebbe cedere d’un colpo”.
L’uomo si fermò ed analizzò le
parole della ragazza. La giovane aveva decisamente ragione.
“Usiamo questa!” disse Orsi con
in mano una corda avvoltolata.
“Dove l’hai trovata?” gli
chiesero all’unisono gli altri due.
“Era lì attaccata al muro”
rispose il ragazzo puntando il dito verso una sporgenza presente nella
parete.
“Bene, io mi calo e voi mi
reggete” spiegò rapidamente il piano Andrea, slegando la corda e dandone un capo
a Tommaso.
“Ma ce la possiamo fare?” chiese
sempre più spaventata Rosa.
“Certo!” rispose con un mezzo
sorriso Lupo, mentre si legava attorno al busto la corda, e poi cominciò a
scendere.
Tommaso teneva la corda tesa,
lasciandone poco alla volta, ma subito si accorse che le sue calzature non erano
proprio l’ideale per quella attività fisica “Merda con questi tacchetti scivolo!
Rosa aiutami a toglierle!”.
Subito Rosa si inginocchiò
davanti al giovane campione e lanciò via le scarpette dai piedi di Orsi.
“Aspetta ti aiuto!” e così
dicendo gli si mise davanti per aiutarlo con la fune ma subito “AH!” era per
terra ed in un attimo si rialzò maledicendo “Schifoso tacco 15” calciando via le
sue calzature eleganti viola.
Andrea Lupo arrivò a rapidi
balzelli sul tetto della cabina, trovando subito l’apertura da utilizzare nei
casi di emergenza. Come per l’appunto era decisamente quello.
Afferrò bene la maniglia e
cominciò a tirare in su con tutte le forze che aveva. Intanto, all’interno, la
lama del coltello, di proprietà da generazioni della famiglia Sciullo, era
sempre più vicina alla gola del più giovane rampollo di questa rispettabile
dinastia. La punta aveva già toccato, perforandola appena, la pelle del collo
del ragazzo, quando parte del soffitto venne via.
“Tutto bene qua dentro? ...anf”
chiese ansimante per lo sforzo Andrea.
In un attimo, Marco nascose
dietro di sé il suo cimelio, con una rapidità che sorprese un maestro di
riflessi come Andrea Lupo.
“Venga signor Sciullo che la
porto fuori da qui!” lo rassicurò, porgendogli la mano dall’alto.
Rapidamente, il giovane
imprenditore si rialzò ricomponendo, oltre ai suoi vestiti, anche il suo
atteggiamento “Bene, procediamo…”.
Detto questo, afferrò le
apparentemente esili, ma in realtà forti, spalle del suo salvatore, ed insieme
cominciarono ad uscire fuori dalla scatola metallica. Marco reagì bene al passo
d’andatura dell’altro e, in breve, erano quasi arrivati all’apertura che dava
sul piano superiore. Poi il meccanismo ricominciò la sua marcia.
Sciullo si voltò, inizialmente
quasi non curante, dietro di sé, per poi rigirarsi rapidamente verso Lupo ed
urlargli “MUOVITI CHE È RIPARTITO!” arrotando ancora di più la sua erre
moscia.
I loro balzi ora si erano fatti
più rapidi possibili. Sopra di loro, Tommaso e Rosa tenevano la fune più tesa
possibile, pensando ai due compagni in difficoltà. Marco scivolò ma,
fortunatamente, riuscirono entrambi a mettersi in salvo, con l’ascensore che,
una volta arrivato a destinazione, aprì normalmente la porta d’uscita.
Dopo molti minuti di silenzio, il
resto del gruppo, che era rimasto al piano inferiore, decise di fidarsi comunque
dell’apparecchiatura presente, richiamando l’ascensore a loro.
Per i restanti sei membri del
gruppo la salita procedette senza ulteriori intoppi. Ad uno ad uno, mentre
raggiungevano il nuovo piano, veniva riepilogata la situazione che si era venuta
a creare pochi attimi prima. Quando anche l’ultima delle persone si riunì agli
altri, le luci si accesero.
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Capitolo 9 *** L'armata degli scheletri ***
CAPITOLO 9
“L’armata degli
scheletri”
Quando anche l’ultima delle
persone si riunì agli altri, le luci si accesero.
In molti del gruppo di certo
avrebbero preferito che rimanessero spente.
Davanti ai loro occhi infatti si
presentò una visione sia assurda che, al tempo stesso, terrificante. Ad
aspettarli, nell’enorme stanza metallica, vi era una vera e proprio armata di
combattenti. La macabra particolarità della cosa è che, tale armata, era
composta esclusivamente da scheletri umani. Erano ben eretti sulle loro gambe e
presentavano un inquietante colorito metallico. Ovviamente si trattava di altri
automi ostili nei loro confronti.
“Per la miseria…” esclamò
Oscar.
“Si ricomincia…” preannunciò
Roberto mentre caricava la sua magnum.
“Ma guarda chi si rivede… dove
avete messe le vostre spade?” ghignò Sara.
“Ricordano un po’ “Terminator”,
vero?” chiese divertito agli altri Andrea.
“Sono sempre più estasiato!”
informò il resto della compagnia Stefano, mentre guardava con occhi spalancati
quegli ultimi ritrovati dell’alta tecnologia.
“State pronti a riceverli!”
ordinò Simone, che già ne aveva sottotiro uno.
Come ad ubbidire al suo ordine,
gli scheletri si fecero avanti, facendo subito notare ai loro avversari che non
brillavano certo per grande velocità.
“Sono anche troppo lenti…”
osservò per l’appunto Tommaso che, seccato forse da ciò, partì rapido verso uno
di questi e, con un potente calcio destro, gli stacco di netto una gamba.
La battaglia finalmente ebbe
inizio.
A quanto pare, però, qualcosa era
sicuramente cambiata nel gruppo. Infatti affrontavano questi nuovi rivali con
maggior sicurezza, nonché sfrontatezza, dei precedenti. Praticamente sembrava
che questa volta si divertissero nell’affrontarli.
“Stia dietro di me, signora
Wilson” il soldato Sarti si prese la responsabilità di proteggere l’unico medico
del gruppo, mentre, con il suo fucile, non sbagliava un colpo.
“Ti ringrazio Simone… Tommaso
stai attento a fare quelle cose!” redarguì Carla, con un fare decisamente troppo
materno, il giovane calciatore, che era entrato violentemente in scivolata su
uno dei robot.
Orsi però non era l’unico che
assestava ottimi calci contro i loro corpi artificiali, anche Silvestri si
esibiva in un’ottima serie di calci a varia altezza contro gli scheletri.
“Forza gente, che mi sto solo
riscaldando!” aizzava contro di sé i propri avversari la biondina quando,
d’improvviso, sentì alle sue spalle un rumore di rottura metallica. Si girò e
vide cadere per terra uno di quei robot con conficcata nella nuca, una delle
scarpe di Rosa.
“Invece di fare la scema,
guardati anche le spalle, tesoro…” la punzecchiò la giovane attrice.
L’altra ricontrollò un attimo la
scarpetta della ragazza e le rispose “Mi sembravi troppo alta di quando sei in
tv…”.
“Stronza!” chiuse così la
conversazione la Simone.
Intanto “il Predatore”, come
veniva soprannominato dai suoi colleghi in polizia, Roberto Santucci continuava
a fare fuoco, evitando di tanto in tanto le incursioni di Andrea Lupo, il quale
si rivelava più mobile di lui nell’affrontare a mano armata i nemici.
“Che stai facendo, Noro?” chiese
d’improvviso.
Lo scienziato si trovava
inginocchiato accanto ad uno di quei mostri, osservandolo attentamente “Sto
studiando questi prodotti, di certo da qualche parte devono avere un
interruttore o qualcosa di simile…”.
“Ah, bene!” gli rispose
l’altro.
Infine anche Marco Sciullo si era
unito alla sfida e, con il suo fidato coltello, cercava di tagliare più fili
possibili, soprattutto tra quelli che erano presenti nei colli degli
androidi.
Purtroppo, chi si trovava in
grosse difficoltà, data la molta differenza d’età con i suoi compagni, era Oscar
che, in breve, si trovò circondato da una decina di scheletri.
“OSCAR!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò
Carla, attirando l’attenzione degli altri verso il politico.
Qualcuno dei robot aveva già le
proprie mani metalliche su di lui, quando cominciarono ad essere bersaglio del
fuoco incrociato di tre ottimi cecchini come Andrea, Roberto e Simone. Tutti e
tre così in gamba che nessuno pensò minimamente che l’incolumità di Testa fosse
in pericolo, per via delle loro pallottole. Uno degli ultimi sopravvissuti fu
eliminato da Sciullo che, da dietro, gli tagliò di netto la gola, facendone
fuoriuscire sia un non meglio identificato liquido che scintille dai cavi
spezzati.
Nel mentre, Tommaso si era
talmente appassionato all’azione che ora utilizzava le teste degli umanoidi,
come pallone, per colpire gli altri in pieno petto. In più, alla fine di ogni
suo attacco ben riuscito, gridava anche
“GOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLLL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”.
Inoltre proseguiva il fantastico
siparietto tra Rosa e Sara.
“Guarda Rosa, hai un nuovo fan
per un autografo!” le indicava la bionda, mentre sferrava un calcio alto sulla
testa di un robot.
“Eh no, bastardi! Nessuno
toccherà più il mio corpo per suo scopi personali!” dichiarò la ragazza mentre,
con il suo letale tacco, sfigurava un viso scheletrico.
Anche Lupo era nel pieno
dell’euforia, mentre sterminava gli androidi, divertendosi anche a lanciare per
aria la sua pistola, per poi riprenderla al volo ed accoppare un altro nemico.
Facendo anche citazioni cinematografiche come “Vieni con me, se vuoi
vivere!”.
Mentre le ricerche di Noro
proseguivano, quest’ultimo esclamò “Eureka!”.
Gli altri si voltarono brevemente
verso di lui, che intanto continuava a smanettare sul corpo metallico, e
spiegava “L’interruttore generale di questi corpi si trova dentro la loro cassa
toracica, è stato molto più semplice di quello che pensavo…”.
Oscar Testa, che aveva seguito
attentamente le parole dello scienziato, si avvicinò lentamente ad uno dei
robot, che era rimasto senza braccia e senza gambe, chiedendogli “Tu
permetti?”
Una volta detto questo inserì,
con cautela, la mano dentro il suo torace, trovando a tatto un pulsante e
pigiandolo immediatamente. La testa dell’organismo metallico crollò di colpo a
terra, senza dare più alcun segno di attività.
“Perfetto! Grazie Noro della
notizia!” ringraziò il compare, Testa. Poi si sentì afferrare la spalla da una
mano.
“AAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!”urlò con un enorme
scossone.
“Sono io, Oscar, tranquillo.
Volevo solo vedere se stavi bene dopo l’aggressione di prima” lo rassicurò
subito Wilson.
“Oh, perdonami Carla. Sì,
tranquilla, sto bene. Questa specie di mostri li ho già affrontati con Sara,
quando ci siamo divisi in quelle sfere giganti…” spiegò il politico alla
dottoressa.
“Davvero?” rimase sorpresa la
giovane donna.
“Questo vuol dire che i nostri
carcerari hanno poca fantasia…” s’intromise nella conversazione, tra uno sparo e
l’altro, Andrea Lupo. Il quale dava sempre della rapide occhiate a destra e a
sinistra, per controllare davvero tutta la situazione. Proprio in una di queste
sue ispezioni visive, dopo un’iniziale non curanza, tornò subito a controllare
alla sua sinistra e notò la presenza di tubi che, uscendo per qualche metro dal
muro della stanza, infine vi rientravano per non uscirci più.
“Fantastico!” esclamò, per poi
raggiungere velocemente uno di questi tubi ed arrampicarvisi sopra, potendo così sparare meglio sull’esercito
degli scheletri metallici.
Nonostante questa sua ottima
nuova trovata tattica, si accorse ben presto di una nuova grave deficienza.
“Gente, sto finendo le
munizioni!” informò Santucci.
“Mi trovo nella sua stessa
situazione, signore!” proseguì Sarti.
Nel trambusto generale, nessuno
notò che, dalla parete destra, era comparso uno scaffale segreto con dentro le
munizioni tanto agognate.
“Ehi! Qua dentro c’è
qualcosa…”urlò agli altri Rosa.
“Cosa?” gli chiese Roberto.
“Munizioni!” gli rispose festante
lei.
Al quella sola parola, i tre
cecchini del gruppo si precipitarono verso di lei per rifornirsi all’istante. Si
avvicinò anche Sara che notò un’altra cosa.
“Ehi Tommy, c’è anche un nuovo
paio di scarpette per te!” urlò verso il calciatore, l’avventuriera.
“Bene, queste qua ormai sono
finite!” gli rispose l’altro mentre, in semirovesciata, staccava di netto la
testa ad un androide.
“Per te invece, tesoro, di
scarpette non ce n’è…” sorrise sarcastica alla Simone.
“Stronza!” concluse nuovamente la
conversazione la mora.
Nel frattempo, l’anziano
assessore Oscar Testa non era certo stato con le mani in mano e, poco alla
volta, era riuscito a tirar su una trincea molto funzionale, costruita con le
varie carcasse degli organismi robotici ormai fuori uso.
“Ecco signorina… anf… ora io e
lei dovremmo essere decisamente più al sicuro… anf… di prima” disse con un po’
d’affanno a Carla Wilson.
“La ringrazio, professor Testa,
però eviti di fare certi sforzi… scusi ma è deformazione professionale” e, detto
questo, gli sorrise.
La battaglia ormai aveva
raggiunto la sua fine. Il numero degli scheletri metallici era drasticamente
diminuito e, la parte più attiva del gruppo, cominciava a subire la naturale
stanchezza.
“Ne vedete muovere ancora
qualcuno?” chiese al resto della comitiva, Roberto.
“Sembrano terminati…” azzardò una
risposta, Sara.
Marco era quello più esausto di
tutti ma, nonostante questo, si affrettava a rimettere al sicuro il suo coltello
di famiglia, mentre Tommaso si accasciava al suolo per verificare il pessimo
stato dei suoi piedi, pieni di escoriazioni.
“Tommaso come stai? Ma è
possibile che devi sempre prendere a calci qualsiasi cosa che incontri!” arrivò
il rimprovero di Carla al giovane calciatore.
“Scusa Carla…” rispose a testa
bassa l’altro.
“Bene… proseguiamo?” sorrise al
gruppo Rosa.
“Cosa sono quelli?” domandò ad
alta voce Stefano, indicando la parte della sala non ancora raggiunta dai
nostri.
Tutti si voltarono e videro due
pali che spuntavano dal pavimento, uno a pochi metri dall’altro, perfettamente
paralleli tra loro.
Le dieci persone li raggiunsero
in pochi secondi, notando subito la porta d’uscita da quella stanza.
“Ricordano i pali dell’albero
della cuccagna…” ironizzò Oscar.
“Beh, io non sono qui per
giocare. Andiamo avanti e basta!” sbottò Andrea, che si diresse convinto verso
l’uscita. Quest’ultima rimase perfettamente chiusa.
“Ma che cazzo?!” imprecò il
ladro, analizzando con lo sguardo tutta la superficie dell’uscio, nella ricerca
di un valido motivo per la mancata apertura.
“Non si apre?” chiese
ingenuamente Sciullo.
“A te cosa sembra?” gli rispose
ironica, ma anche seccata, Silvestri.
“E ora come si procede?” domandò
Testa.
La risposta non si fece
attendere. Arrivò sotto forma di un’artificiale voce metallica.
“BENE GENTE, PER APRIRE QUESTA
PORTA DOVRETE PREMERE I DUE PULSANTI ROSSI SITUATI SU QUESTA PARETE, ESATTAMENTE
ALL’ALTEZZA DELLA SOMMITÀ DELLE DUE PERTICHE”.
“Ma che gran…” Rosa fu però
interrotta sul più bello.
“ED INOLTRE DOVETE ANCHE DARVI
UNA MOSSA!”
Appena terminata la voce,
infatti, i minuscoli buchi, presenti nelle restanti pareti della stanza,
cominciarono a rigettare il solito gas verde.
“Ok gente, chi va? A parte Lupo…”
di fatti Santucci notò subito che, il suo rivale, era già di fronte ad uno dei
due pali.
“Con il suo permesso,
commissario” si fece avanti Sarti.
“Bene, vai pure Simone!” gli
rispose l’uomo.
Entrambi i prescelti erano di
fronte alle due pertiche e, una volta che Wilson disse loro “Mi raccomando, fate
attenzione!”, cominciarono la scalata.
Entrambi se la cavavano molto
bene e, con grande rapidità, avevo raggiunto quasi la metà del percorso. Poi
però ci fu un nuovo imprevisto: i due pali, infatti, cominciarono a scomparire
nel pavimento metallico.
“Cosa?” esclamò Andrea.
“Maledizione!” fece altrettanto
Simone.
“I pali scendono giù!” urlò Rosa,
alquanto preoccupata.
La cima delle due aste era ormai
molto più in basso rispetto ai due bottoni da premere.
“Provate a saltare!” suggerì
Orsi.
Il militare ed il fuorilegge
rifletterono sulla proposta dell’atleta. Presero una decisione: con un grande
sforzo, erano nel vuoto.
La gente sotto di loro trattenne
il fiato, mentre i due raggiungevano in volo la parete metallica. Purtroppo
l’unico risultato fu che entrambi sbatterono violentemente contro la suddetta
parete e poi precipitarono a terra.
Subito gli altri li
raggiunsero.
“Simone, Andrea, state bene?”
iniziò la Wilson.
“Siamo finiti!” si arrese
Noro.
“Aspettate! Guardate i pali!”
richiamò l’attenzione di tutti Silvestri.
Inaspettatamente, i pali stavano
tornando alla loro posizione originale, fuoriuscendo dal proprio buco nel piano
di metallo.
“C’è ancora una possibilità
allora!” esclamò raggiante, più per la tensione che per altro, Sciullo.
“Questa volta però dovrete essere
rapidissimi!” ordinò involontariamente loro Roberto Santucci.
“Perché non ci provi te,
trippone?!” gli rispose a tono Andrea Lupo.
Il membro delle forze dell’ordine
sorvolò sulla provocazione.
“Io ho un’idea: Dobbiamo
raggiungere il prima possibile la cima del palo, salirci sopra e saltare, con
una sola gamba, verso il pulsante” espose rapidamente il piano, Simone
Sarti.
“Ci sto!” concordò con lui
Lupo.
“Presto signori, il tempo non è a
nostro vantaggio” suggerì Oscar Testa, che tornò nuovamente a voltarsi, per
controllare il preoccupante avanzamento della letale nebbiolina verde.
Una volta che i due pali
metallici terminarono la propria crescita, i due erano nuovamente di fronte ad
essi. Questa volta scattarono ancora più rapidamente della precedente, con i
loro corpi che, sebbene ben ancorati alle pertiche, sembravano sfiorarle appena.
Le due semplici strutture erano già rientrate per un buon pezzo nel pavimento,
quando i due uomini si trovarono, in equilibrio su di una gamba sola, nel
piccolo cerchio che ne terminava la salita. Insieme, quasi in perfetta
sincronia, si abbassarono sull’unica gamba di appoggio e balzarono in avanti.
Tenendo le braccia ben tese in avanti, entrambi premettero i pulsanti di
apertura della porta. Concludendo il tutto con un buon atterraggio a terra,
aiutati anche dallo stesso muro su cui scivolarono docilmente per tutta la fase discendente.
“Ce l’avete fatta ragazzi!”
Tommaso fu il primo a complimentarsi con loro, nonostante ancora claudicante per
la precedente battaglia, alle cui ferite Carla aveva provato a porre rimedio
alla meglio.
“Posticipiamo i complimenti a
dopo, ora pensiamo ad uscire di qui!” invitò tutti Roberto.
I dieci componenti uscirono
rapidamente dalla porta che, come da aspettativa, si era aperta una volta
premuti i due pulsanti, con il gas che, questa volta, era seriamente giunto
vicino a loro, creando il panico su gente come Stefano Noro e Marco Sciullo.
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Capitolo 10 *** La discesa ***
CAPITOLO 10
“La
discesa”
“Questa volta si scende, gente…”
esclamò verso gli altri Roberto.
Tutti allora si affacciarono per
scrutare minuziosamente il nuovo paesaggio che avevano di fronte.
Apparentemente, non si presentava una situazione particolarmente ostica. Vi
erano presenti nella stanza, infatti, solamente delle pedane in fila l’una dopo
l’altra in ordine decrescenta di altezza, da formare in pratica una scaletta che
portava ad una nuova porta metallica, situata a stretto contatto con il suolo
dell’edificio.
“Oh signore! Non ce la faccio più
ad andare avanti…” sbuffò stremato Marco, appoggiandosi con la schiena al
muro.
Sentito questo, Tommaso gli si
avvicinò deciso “Ma dai Marco! Questa volta non mi sembra che sia complicato
come le altre stanze…”.
SDENG!
Senza neanche far terminare la
frase al giovane calciatore, cominciarono a piovere dal soffitto enormi presse,
della grandezza identica alle pedane stesse, che si andavano ad appoggiare
violentemente su di esse.
“Non mi sembra che sia complicata
come le altre…” Rosa squadrò maligniamente Orsi, citando con fare polemico le
sue ultime parole.
“Per Diana!” esclamò Oscar.
Dopo attimi di silenzio, fu Sara
a pronunciarsi “Però c’è una possibilità!”
“Cosa?” chiese interrogativamente
Stefano.
Andrea si portò davanti a tutti
gli altri “la biondina ha ragione, le presse scendono giù in maniera
sequenziale, quindi c’è abbastanza tempo per scendere da una all’altra senza
rimanere schiacciati”.
“Richiederà molta
sincronizzazione” Confermò Simone.
“Ed immagino che, anche questa
volta, non ci siano possibilità per tornare indietro…” si rassegnò Carla.
“Quelle non ci sono mai state” la
corresse Santucci.
I dieci però rimanevano immobili
nell’attesa che qualcuno di loro facesse il primo passo.
“Ok, si va!” spezzò l’immobilità
Lupo.
“Aspetta…” tentò di frenarlo
Wilson.
“Non si può aspettare, Carla!
Vedi tutti quei buchi?” e, dicendo questo, Silvestri gli indicò i vari fori
presenti nella parete “Sono già pronti ad aprirsi ad ogni nostra minima perdità
di tempo”.
“Bene, io vado!” e subito il
ladro saltò sulla prima pedana, appena la pressa sopra di essa gli permise un
comodo atterraggio sul piano.
Da come egli eseguì il tutto,
tutte le azioni ripetitive da compiere non sembravano certo di una difficoltà
mostruosa. In un attimo, fu il primo a raggiugere la porta successiva.
Tutti, in un certo senso, erano
ora rincuorati dalle reali possibilità di farcela.
Il secondo ad avanzare fu Sarti
che, subito dopo, si voltò verso gli altri “Mi raccomando gente, aspettate
sempre che la pressa sia ad un’altezza adeguata per permettervi di effettuare un
salto giusto per un atterraggio altrettanto giusto”.
Detto questo, il soldato effettuò
la sua discesa, anche lui senza particolari sbavature.
“In effetti, non sembra
particolarmente difficile…” ipotizzò la Simone.
“E poi può essere un ottimo
esercizio per farti rimanere in forma!” gli sorrise strizzandogli l’occhio Sara,
sorriso che fu ricambiato dall’altra ragazza.
“Sì… penso… decisamente… di
farcela…” avanzò, ancora titubante, Sciullo.
“Tranquillo figliolo, aspetta di
essere abbastanza sicuro prima di scendere da quassù” cercò di tranquillizzarlo
l’anziano Testa, mettendogli una mano rassicurante sulla spalla sinistra.
Poi fu lo stesso politico a
raggiungere la prima pedana, con l’incessante rumore delle presse che continuava
a fare da sfondo musicale al tutto. Certamente non fu un esecuzione limpida come
le due precedenti, ma, la serenità con cui l’onorovole svolse il tutto, fece
sembrare che le stesse presse giganti rallentassero il proprio corso, per
permettere alla persona di eseguire al meglio la propria discesa, in particolare
nei suoi atterraggi ogni tanto un po’ claudicanti.
“Avanti il prossimo!” sorrise ai
componenti rimasti Roberto.
“Io penso… di non essere ancora
pronto” declinò momentaneamente l’invito Marco.
Il poliziotto squadrò dubbioso il
giovane yuppie, per poi concentrasi sulla nuova figura che lo raggiungeva.
“Vado io!” dichiarò sicura di sé
Sara.
“Mi raccomando fai atten…” ma
Carla non riuscì a terminare la frase che la ragazza era già partita.
La giovane procedeva in maniera
apparentemente anche troppo affrettata, arrivando sulle rampe con estrema
leggerezza, per poi balzare subito in piedi per procedere al salto successivo. A
metà del percorso si voltò per osservare il punto di partenza, in particolare
Rosa Simone, per poi, subito dopo, eseguire addirittura una ruota e proseguire
il percorso.
“Che stronza!” commentò a bassa
voce la mora.
Alla fine, anche Silvestri
raggiunse gli altri alla nuova porta.
“Complimenti Sara, bella prova!”
si complimentò Lupo, dandogli il cinque per poi accendersi una sigaretta.
“Brava figliola. Certo semmai
potevi evitare di fare la ruota…” la richiamò Testa, ma lei fece spallucce.
Al punto di partenza si aspettava
il prossimo volontario.
“Ancora non pronto?” chiese
Santucci a Sciullo.
Il ragazzo dondolò negativamente
il capo.
“Bene. Tesoro, se non ce la fai,
posso venire io con te…” consigliò l’uomo avvicinandosi alla vip.
“Tesoro… perché piuttosto non
pensi a lei?” indicandogli, con un movimento della testa, la dottoressa che gli
stava accanto.
Roberto si girò verso la Wilson,
che lo fissava con uno sguardo speranzoso ed impaurito allo stesso tempo.
“E va bene, Carla… è il nostro
turno ora!” l’abbracciò tenendola tutta stretta a sé, aiutato anche dalla grande
differenza di altezza tra i due.
“Ti ringrazio Roberto! Scusami
per tutte le preoccupazioni che sto dando a te e agli altri del gruppo” si scusò
lei, quasi sull’orlo delle lacrime.
“Non ci pensare nemmeno, Carla!
Sei la prima a preoccuparsi per tutti noi. Il minimo che possiamo fare per te è
aiutarti ad uscire da questo incubo!” la rassicurò il commissario, mentre
insieme stavano per procedere al primo salto.
Purtroppo, data la suddetta
differenza di altezza, il salto non venne perfettamente coordinato, data anche
la diversità di falcata fra i due.
Appena scesi sulla prima pedana,
Roberto escogitò subito una soluzione rapida “Carla, aggrappati forte a me!”
“Cosa?” chiese dubbiosa la
donna.
“Fidati!”
Subito il medico si aggrappò a
lui, tenendogli le gambe attorno alla vita, ironicamente in stile “koala”.
Tutto il procedimento del
percorso, portò quasi all’ilarità gli altri membri del gruppo. Che però
constatarono l’efficacia di tale metodo.
“Ottima soluzione, signore!” si
complimentò Simone.
“Grazie Simone” rispose
Santucci.
“Tutto a posto, Carla?” chiese
Oscar.
“Sì Oscar, tutto bene” confermò
Wilson.
Terminata anche questa discesa
Tommaso, che era rimasto un po’ in disparte del gruppo che doveva ancora
effettuarla, pensava che era giunto il suo momento, anche se qualcosa ancora non
lo convinceva.
Intanto Noro si avvicinò a Marco
dicendogli “Senti Marco, dato che prima o poi toccherà anche a noi scendere giù,
se non vogliamo essere uccisi dal gas verde, perché non ci sproniamo a vicenda e
scendiamo insieme le piattaforme?”.
“Tu dici?” domandò, con un
barlume di speranza negli occhi, il giovane imprenditore, i cui capelli, una
volta ben impomatati, erano ora tutti scombinati.
“Beh, in due potremo farci più
coraggio!” rispose determinato Stefano.
L’altro lo guardò con profonda
ammirazione e poi esclamò “Ok, andiamo!”.
I due si portarono a qualche
metro dall’orlo della rampa, poi portarono un braccio ognuno sulle spalle
dell’altro ed infine lo scienziato cominciò ad urlare:
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
I due presero la rincorsa e
saltarono giù nella prima pedana, quando la prima pressa era all’inizio della
sua risalita verso il soffitto.
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
A poco a poco, la coppia terminò
la sua discesa verso la maggior parte del gruppo, questa volta provocando delle
vere e proprie risate a tutti, colpiti ironicamente dalle loro smorfie sulle
facce e dalle urla disperate, che li avevano contraddistinti durante ogni salto
del percorso.
“Ottima tecnica gente…
ahahahahahahahahahahah!” scoppiò in una nuova risata Sara.
Il duetto continuava a rimanere
ancora unito in un abbraccio disperato.
“A parte gli scherzi, complimenti
figlioli, ce l’avete fatta!” si congratulò Oscar.
“È tutto a posto? Stefano?
Marco?” chiese immediatamente Carla.
“Forza che mancano gli ultimi
due!” incoraggiò Roberto.
“Speriamo…” aggiunse Andrea.
I due giovani rimasti
continuavano a scrutare gli altri in assoluto silenzio.
“Bene… vado io, Rosa” decise
Tommaso.
“Come vuoi, Tommy”.
Il giovane atleta, dopo una breve
rincorsa, spicco il volo per poi ricadere sulla prima piattaforma. Tutto andò
bene, nonostante le scarpe con i tacchetti non fossero proprio l’ideale per quel
tipo di attività. Nell’atterraggio del secondo salto, Orsi perse per un attimo
l’equilibrio, senza però cadere a terra. Il terzo salto, per il quale forse il
ragazzo attese anche troppo, dato che la pressa stava quasi terminando la sua
risalita al soffitto, non andò bene ed il giovane, appena toccata la superficie
della pedana con i tacchetti, scivolò, ritrovandosi con la schiena sul freddo
pavimento metallico. Intanto il meccanismo sopra di lui era pronto a
ridiscendere.
“Oh no!” sussurrò Rosa, con gli
occhi spalancati sulla scena.
Gli altri espressero la loro
preoccupazione per il compagno con esclamazioni più colorite.
Il calciatore, riaperti gli
occhi, vide la pressa cominciare la sua folle corsa contro di lui. Le cose si
stavano mettendo decisamente male. Con l’ultimo sforzo, dato che i piedi gli
erano tornati a sanguinare, con la mano destra si afferrò all’orlo del piano e
si lanciò di sotto. La pressa fece il suo solito frastuono d’impatto. La caduta
fu di quasi 4 metri e, negli ultimi istanti in volo, Tommaso portò avanti il
braccio, forse in un gesto protettivo, con l’unico risultato di atterrarci
pesantemente sopra.
Dopo qualche attimo di
sbigottimento, le altre persone cominciarono a raggiungere il caduto, chiamando
a gran voce il suo nome, ma il ragazzo non sembrava dare segni di vita.
Carla continuava a ripetere,
quasi in maniera psicotica “Stai bene Tommaso? Stai bene Tommaso? Stai bene
Tommaso?” con le lacrime che tornavano a solcargli il volto.
Poi Orsi aprì gli occhi, urlando
per il gran dolore che sentiva al braccio.
“È rotto?” chiese Testa a
Wilson.
La dottoressa, ripresa un po’ di
lucidità, controllò e trasse una conclusione “No, dovrebbe essere solo
lussato”.
“Hai rischiato molto, ragazzo” lo
ammonì Roberto.
“Ci hai fatto prendere un colpo!”
esclamò Stefano.
“Forza, che ti tiro su” lo
informò Simone, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi.
“Come ti senti, Tommaso?” domandò
Marco.
“Bene Marco, ho solo un gran male
al braccio” gli rispose l’altro, tenendo la mano in salute sul braccio
offeso.
Mentre tutti tornavo a dirigersi
verso la porta, Sara stava già controllando la sua coetanea lassù, impietrita e
con ancora tutto il percorso da effettuare.
“Ora Rosa cosa farà?” sembrò
quasi leggerla nel pensiero Andrea.
Il gruppo tornò a guardare verso
l’alto.
La giovane attrice era rimasta
davvero shockata da quanto appena successo a Tommaso, rimanendo in silenzio a
guardare le presse che cadevano e risalivano sul soffitto.
“Forza Rosa! Non pensare a quello
che è appena successo!” gli urlò Santucci.
“Dai che stiamo tutti aspettando
solo te!” lo imitò Silvestri.
Tutto il resto del gruppo iniziò
allora ad incitarla a gran voce.
Lei tornò ad acquisire un po’ di
calma, sentendo le voci dei suoi compagni tutte per lei. Come prima cosa, si
tolse le scarpe con il tacco che aveva ai piedi. Poi si mise a respirare
profondamente, fece qualche passo indietro, per avere un po’ di rincorsa, attese
che la pressa cominciasse la sua salita, per avere abbastanza spazio verticale
per il balzo, ed infine saltò. Tutto andò bene e, dal basso, il gruppo esultò e
continuò ad incitare la ragazza. Ad ogni piattaforma che superava, Rosa si
sentiva più tranquilla e vedeva i suoi nuovi amici sempre più vicini. Finché non
li raggiunse.
“Ce ne hai messo di tempo!” la
punzecchiò Sara.
“Stai zitta, stronza!” le rispose
l’altra. Poi entrambe si abbracciarono.
“Brava piccola, ce l’hai fatta!”
si complimentò anche Roberto.
“Ora bisognerà trovare il modo di
medicare Tommaso” espresse la sua opinione Sarti.
A queste ultime parole, la
comitiva sentì distintamente un rumore provenire dalla parete della stanza e si
voltarono verso di esso. Dal muro si era appena aperto un cassetto segreto, il
gruppo si avvicinò per vedere cosa contenesse. Dentro vi era un particolare tipo
di fasciatura che la Wilson riconobbe subito “È una fasciatura a triangolo,
l’ideale per poterti tenere il braccio al collo, Tommy!”.
“Beh se non altro sono stati
gentili…” si azzardò Sciullo, con il suo ormai noto difetto di pronuncia.
Sara, a questo punto, andò verso
la porta e cominciò a sbraitare “Cosa c’è, figlio di puttana? Ti piace così
tanto prenderci per il culo?!”.
“Calmati Sara!” le urlò contro
Roberto.
“Ti serve una mano, Carla?”
chiese premuroso Noro.
“No, grazie Stefano. È
semplicissimo mettere questo tipo di fasciature”.
“Il percorso si sta facendo
sempre più pericoloso, mi chiedo a cosa punti il nostro nemico…” ragionò ad alta
voce Simone.
“Di certo possiamo ormai essere
certi che, chiunque sia, non ci vuole uccidere” aggiunse Testa.
“Beh questo, vecchio, non è mai
detto…” sentenziò Lupo.
“Eh no! Io sono disposto a dare
tutto quello che ho, piuttosto che morire!” sbottò prepotentemente Marco.
“Oh beh, certo! Per te è facile
parlare così!” cominciò a polemizzare Sara.
“Figurati! Con le poche
comparsate che ho fatto finora, non ho potuto certo mettermi da parte nulla” si
unì alla Silvestri, la Simone.
Intanto che il resto del gruppo
cominciava nuovamente ad urlarsi addosso, Carla controllava nuovamente se la
fasciatura sul braccio infortunato di Tommaso reggesse o meno, quasi in maniera
maniacale.
“Tranquilla, così va più che
bene, il dolore al braccio poi mi è già diminuito!” la tranquillizzò
l’interessato.
“Bene. Scusami ma fa parte del
mio carattere essere così apprensiva” gli rispose, con un dolce sorriso, la
Wilson.
Intanto Noro si era messo davanti
alla porta e, anche per evitare che i toni della discussione, che stava andando
avanti già da qualche minuto, si alzassero eccessivamente, disse a tutti
“Scusate se v’interrompo, ma perché la porta non si apre?”.
A questo quesito, tutto il gruppo
si riversò verso l’uscita.
“Come? Non si apre?” chiese,
senza particolari speranze di risposta, Santucci.
“Forse non siamo tutti presenti…”
si azzardò Noro.
“Ma certo che ci siamo tutti,
cazzo!” Sciullo stava per cominciare una delle sue ormai classiche crisi di
nervi.
“Forse va premuto qualcosa da
qualche parte…” ipotizzò Orsi.
“Negativo, non vedo alcun tipo di
pulsanti o simili” gli rispose sbrigativamente Sarti.
“Oddio ragazzi, guardate!”
richiamò l’attenzione di tutti Carla, indicando i buchi delle pareti che si
stavano aprendo, sbuffando fuori il gas verde.
“Apriti, porca troia!” imprecò
volgarmente Sara, mentre prendeva a calci un’anta.
“Oh signore! Ma cos’altro si
aspettano da noi…” esclamò Oscar, guardando verso il soffitto.
Intanto la nebbia verdognola era
sempre più attorno a loro.
“Forse dobbiamo bussa…” ma Andrea
non riuscì a terminare la frase, dato che tutta la squadra sparì, inghiottita
dal pavimento della stanza.
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Capitolo 11 *** Divieto ai bagnanti ***
CAPITOLO 11
“Divieto ai
bagnanti”
La discesa nel buio fu
relativamente breve poi, tutte e otto le persone interessate, finalmente
atterrarono. Lo scienziato del gruppo sentì qualcosa insinuarsi pericolosamente
dentro la sua bocca. Di getto, risputò tutto subito “Ma questa… è sabbia!”.
Sfortunatamente fu l’unico della
comitiva ad atterrare di faccia, mentre Andrea apostrofava il tutto con un “Ma
che diavolo?”.
“Finalmente possiamo concederci
un po’ di relax!” sospirò felice Rosa.
“Io mi butto, ragazzi!” urlò
Sara, mentre si dirigeva in quella che sembrava in tutto e per tutto dell’acqua
limpida, essendosi già tolta la maglietta leggermente strappata e proseguendo
praticamente in reggiseno.
“Fermati, ragazza!” Simone la
bloccò con un braccio teso che, inavvertitamente, gli andò a premere il seno
destro.
“Ma che vuoi, maiale?!” chiese
spiegazioni la bionda.
“Ehi guardate! Ma quello è…”
iniziò Tommaso.
“Uno squalo!” concluse
terrorizzato Marco.
“A dir la verità, sono due”
aggiunse Roberto, indicando con il dito una nuova minaccia.
“E guardate là! Ce n’è un altro!”
constatò Oscar.
“Tre squali!?” fece il riepilogo
della situazione, Carla.
“E l’uscita è proprio oltre
questa distesa d’acqua” informò il resto della squadra Sarti che, intanto, stava
controllando il tutto con un binocolo militare.
“Perfetto! Ora qui come ce la
caviamo?” chiese spazientita la giovane attrice.
“Di certo la possibilità di
farsela a nuoto è da escludere subito” sottolineò Orsi.
“Inoltre, almeno parlando
personalmente, dovrei rivedere alquanto il mio stile di nuoto…” informò Testa
che, in pratica, non sapeva nuotare.
“Gente! Qua c’è della legna
ammonticellata…” chiamò a raccolta gli altri, Noro.
“Questo vuol dire che il nostro
carceriere ci concede, se non altro, un po’ di tempo…” ipotizzò Santucci.
Intanto Lupo si dilettava a
tirare dei sassi, trovati tra la rena sottile di quella particolare spiaggia,
contro i pescecani.
“Smettila Andrea! Non vorrai mica
che vengano qui!” lo ammonì spaventata Wilson.
“Mica sono dei mammiferi! Stai
tranquilla, Carla” la tranquillizzò Silvestri.
“Guardate! Le luci della stanza
cominciano ad affievolirsi!” notò alzando la testa Sciullo.
“Ecco a cosa serve la legna…”
puntualizzò il poliziotto.
“Inoltre abbiamo anche quello
della palma qui dietro” fece notare Sarti.
Tutti gli altri si voltarono e,
subito, notarono l’albero che sovrastava tutta l’isoletta.
“Ma questo vuol dire che c’è
anche qualche noce di cocco?” domandò interessata la dottoressa.
“Sì, qualcuna mi sembra che ci
sia… chi le va a prendere?” chiese la Simone.
“Ci andrei io, se non fossi così
malridotto…” disse sommesso il calciatore.
“Tranquilli, ci vado io!” disse
il ladro, mentre si avviava all’impresa.
“Fai attenzione Andrea” lo
richiamò il politico.
Ma il fuorilegge era già quasi
arrivato alla cima dell’albero. Una volta raggiunta, iniziò a staccarne i frutti
e a gettarli verso il basso. Nel frattempo, il militare si apprestava a
raccoglierli per poi, successivamente, cominciare ad aprirli nel modo più
corretto possibile, grazie anche al suo coltello militare
dell’equipaggiamento.
“Mi è sempre piaciuto il cocco!”
affermò felice Carla.
“In effetti, comincio ad avere un
po’ fame…” aggiunse Stefano, mentre cercava di mascherare al meglio il brontolio
del suo stomaco.
Nel mentre, Simone sorseggiava
del latte di cocco direttamente da uno degli occhi della noce che aveva forato,
Roberto cominciava ad offrire scaglie del frutto alle signore del gruppo ed
Andrea si lasciava scivolare dal tronco fino al suolo.
Intanto Sara, che si era nel
frattempo rivestita, osservava il tranquillo nuotare dei loro guardiani
acquatici “Però non sono tanto grossi come squali…” osservò, rivolgendosi al
giovane che aveva accanto.
“Ma saranno comunque pericolosi,
immagino…” gli suggerì Tommaso.
Marco, che aveva anche aiutato
Simone ad aprire il cocco, utilizzando il proprio coltello personale, fece
notare “Ora per la legna servirebbe un accendino…” dando un’occhiata a Lupo,
l’unico fumatore della banda.
Ma quest’ultimo non sembrava
interessato ad aiutare ulteriormente i suoi compagni. Al che Rosa gli si fece
vicina.
“Per favore, Andrea, puoi
accendere il fuoco?” gli domandò cortesemente la ragazza, terminando il tutto
con il suo straordinario sorriso, che stava cominciando a contraddistinguerla
tra i vari vip, o presunti tali, italiani.
Ovviamente il ricercato, con
quest’ultimo colpo finale, capitolò.
“Sai Rosa… la ferita… non ti si
nota quasi più sul tuo viso…” osservò timidamente Sciullo.
“Ti ringrazio Marco” fu la
risposta di lei, accompagnata da un altro dei suoi suddetti sorrisi.
“Bene, cari colleghi, dato che le
luci sono ormai spente, che ne dite di approfittare di questa lieta pausa per
conoscersi meglio, raccontando un po’ le nostre storie, le nostre vicende, i
nostri interessi…” propose Oscar.
“Ah… io passo!” si tirò subito
fuori il ladro, che intanto si era riappropriato del suo accendino e si stava
accendendo una nuova sigaretta.
“Invece potrebbe essere un’ottima
idea per passare un po’ il tempo!” appoggiò l’idea del politico, Carla.
“Chissà per quanto tempo potremmo
stare su questa isoletta?” si domandò Tommaso.
“Aspettate un attimo… ma da dove
farà sbucare il gas, questa volta?” fece notare Stefano.
In effetti, oltre al fatto che
erano parecchio lontani dalle pareti metalliche che delimitavano quella nuova
stanza. Queste stesse pareti sembravano non presentare alcun tipo di apertura,
neppure minima, e, per una buona parte, erano sommerse dall’acqua.
“Allora! Chi comincia con le
curiosità?” spezzò il silenzio Rosa.
“Perché non proprio te, signorina
bella? Quali sono le tue grandi ambizioni da artista? Semmai usciremo vivi da
qui dentro…” la punzecchiò, com’era ormai solito fare, Sara.
“Beh, come penso sia ovvio, mi
piacerebbe sfondare nel mondo del cinema, anche perché, per ora, ho fatto solo
qualche comparsata televisiva e pubblicitaria, più qualche ospitata in tv…”.
Tutti, chi più chi meno,
annuirono alle parole della giovane attrice.
“Piuttosto…” s’intromise Marco
“noi, bene o male, siamo tutti delle celebrità… ma te, signorina, perché sei
qui?” rivolgendosi a Silvestri.
“Dunque… diciamo che non è la
prima cosa strana che mi capita nella vita…” rispose enigmatica la ragazza
bionda “Diciamo che sono tipo una Miss Avventura!”.
Dopo quest’ultima uscita, era di
nuovo piombato il silenzio nel gruppo. E nuovamente fu la giovane Simone ad
interromperlo “Oscar, sono curiosa, qual è il tuo film preferito?” chiese
rivolgendosi al più anziano della compagnia.
“Beh figliola, forse mi prenderai
per un rimbambito, appena sentirai la risposta, comunque, la mia pellicola
preferita è “Bambi” della Walt Disney” rispose, in maniera del tutto seria,
Testa.
Tutti rimasero sorpresi da
ciò.
“Ora io ho una domanda per Lupo”
alzò la mano come a scuola, Tommaso, che si era sdraiato sulla calda sabbia per
dare un po’ di riposo al suo fisico martoriato “Vorrei sapere quante persone
siete nella tua squadra… cioè, nel tuo gruppo… cioè… insomma quanti siete?”.
L’interessato fece un mezzo
sorriso “Sono certo che questa informazione non interessa solo te” esclamò,
guardando di sfuggita Santucci “Comunque direi in tre, quattro compreso me:
Daniele, Gabriele e Federica, la donna più affascinante del mondo!” tutti si
stupirono a quelle parole “Ovviamente siamo tutti e quattro ricercati!” concluse
Andrea.
“Ora ho una domanda per te,
soldato, come mai ti trovi qui con noi, invece di essere in qualche zona di
guerra o simile? Sai anch’io, prima di entrare in polizia, venivo dal mondo
militare” riprese il discorso, Roberto.
“Prima di ritrovarmi qui con voi,
avevo chiesto la licenza temporanea per fare rientro in Italia per…” e qui il
militare ebbe un attimo di esitazione “diciamo motivi personali…”.
“Tipo?” incalzò la sua omonima
nel cognome.
“Beh, per un ragazza, ma non vi
dirò né il suo nome né il suo cognome, per motivi di segretezza…”.
“Questo ci dimostra che l’amore è
forte sia dalla parte della legge che contro la legge” rise compiaciuto
Oscar.
“Il tuo animale preferito,
Carla?” domandò improvvisamente Noro.
“Ma che razza di domanda è?”
commentò ad alta voce Sciullo.
“Beh è tanto per fare
conversazione…” si giustificò lo scienziato.
“I gatti, Stefano” gli rispose
cordialmente la dottoressa “Invece te, a quanto ho capito, t’interessi di
robotica…”.
“Infatti! Vedi, il mio sogno è
quello un giorno di poter costruire, diciamo, una donna robot” si confessò
lui.
“Immagino per fare cosa…”
ironizzò in maniera perfida il ladro.
“Ehi!” lo richiamò il diretto
interessato.
“Ora sta a te, Marco…” iniziò
Roberto, guardando dritto negli occhi il giovane imprenditore “Che tipo di
attività svolge veramente la tua famiglia?”.
“Ecco noi… in verità…” il respiro
in lui cominciava a farsi pesante, con qualche gocciolina di sudore che gli
scendeva sulla fronte “noi alleviamo ostriche”.
“Ostriche?”.
“Sì, ostriche!” confermò,
pronunciandolo esclusivamente con la erre moscia.
La comitiva era sempre più basita
dalle curiosità che i loro stessi membri snocciolavano via via.
“Aspettate un attimo! Ora tocca
anche a Tommaso dire la sua! Tommy la tua squa…” ma Silvestri s’interruppe
subito, appena vide il giovane calciatore completamente addormentato sulla
spiaggia.
“Povero ragazzo, è di certo
quello che ha subito più danni di tutti noi” decretò Wilson, sorridendo nel
vederlo così tranquillo tra le braccia di Morfeo.
Di fatti, sull’isoletta
artificiale era ormai calata totalmente la notte, artificiale anch’essa, mentre,
nonostante la poca ma intensa luce che emetteva il fuoco, tutto il resto del
gruppo seguiva l’esempio di Orsi.
Durante la notte, comunque, c’era
un membro della comitiva che doveva togliersi la sua curiosità.
“Ehi, Tommy! Tommy! Sei
sveglio?” urlò sottovoce.
“Mmmmh… che succede Sara?”.
“Volevo chiederti, qual è la tua
squadra preferita?”.
Lì per lì il calciatore fu
sorpreso da questa improvvisa domanda “Italiana o in generale?”.
“In generale”.
“Il Barcellona”.
“Ah… ok, grazie. Buonanotte
Tommy”.
“Buonanotte Sara”.
La mattina successiva, se proprio
così vogliamo chiamarla, il gruppo si era ridestato con tutta la calma e la
serenità che, inconsciamente, quella nuova stanza suggeriva. Chi più e chi meno
si erano tutti alleggeriti dei propri abiti e, nel mentre, stavano consumando
una deliziosa colazione a base di cocco.
“Ma non sembra anche a voi che
l’isola si sia rimpicciolita?” questionò Rosa, mentre continuava il suo
pasto.
Tutti smisero di masticare. I più
suscettibili cominciarono ad inquietarsi.
“Cosa?!” urlò Stefano con la
bocca piena.
“In effetti, sembrava anche a me
che ci fosse meno spiaggia rispetto a ieri” aggiunse Roberto.
“Oddio, che cosa sta
succedendo?!” chiese preoccupata Carla.
È il modo che i nostri carcerieri
hanno per dirci di muoverci…” concluse Andrea.
“Beh, allora cerchiamo il più
velocemente possibile un modo per andar via di qui!” sbraitò, già in piena
crisi, Marco.
“E con gli squali come la
mettiamo? Io poi non sono ancora in piena forma…” ricordò a tutti Tommaso, che
stava ancora sdraiato sulla rena.
“Speriamo almeno non ne siano
arrivati degli altri…” disse Oscar, mentre scrutava il mare artificiale.
“Negativo! Sono ancora tre
esemplari, signore!” rispose risoluto Simone.
“Se non altro, c’è una buona
notizia…” si consolò Sara, mentre giocava con la sabbia.
“AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”
Quell’urlo improvviso allarmò
tutti quanti. Subito i nostri controllarono se erano tutti presenti, ma mancava
una persona all’appello: Stefano Noro.
Immediatamente tutti scattarono
verso la direzione da cui era provenuto quel grido, anche lo stesso Orsi ancora
claudicante. Sarti fece subito mente locale e si ricordò che tutti e tre gli
squali erano presente e ben visibili dalla loro postazione.
Il primo ad arrivare fu Santucci,
il quale notò lo scienziato che si rotolava a terra dal dolore, tenendosi con le
mani il piede destro.
“Che è successo, Stefano?”
domandò allarmato Sciullo, da dietro il poliziotto.
“Ho battuto il ditone del piede!”
rispose lui, con il volto ancora camuffato in una maschera di dolore.
Silvestri non resistette e
scoppiò a ridere. Intanto Wilson cercava di “prestare i primi soccorsi
all’infortunato”.
Tutti tirarono un sospiro di
sollievo, quando Tommaso notò qualcosa “E quella cos’è? È su quella che hai
battuto, Stefano?”.
L’interpellato controllò
velocemente l’oggetto in questione ed annuì.
“Cosa diamine è?” s’interrogò
Testa.
Ad un primo esame visivo,
sembravano semplicemente due tronchi, legati tra loro, che spuntavano da una
duna di sabbia. Poi a Lupo venne un’illuminazione “Forza, aiutatemi a scavare!”
e lui stesso si mise subito all’opera.
Nonostante vi fosse qualcuno che
ancora non aveva pienamente intuito, ognuno diede una mano per il completamento
dell’operazione. Una volta terminata, tutto fu chiaro. I sette uomini e le tre
donne trovarono davanti a loro una zattera di legno di ottima fattura.
“Perfetto! Ora sappiamo con cosa
andare via da qui!” disse raggiante Rosa.
“E i remi?” chiese Marco.
“Possiamo usare quei tronchi lì!”
rispose Roberto, indicando dei tronchi giusti per l’occorrenza.
“E gli squali?” domandò, ancora
più angustiata, Carla.
“Per quello, vi ricordo che
abbiamo dalla nostra parte tre ottimi cecchini…” rimembrò Oscar, mentre i tre
citati si gonfiarono di fierezza.
“Ok, allora portiamola di là!”
diede il via al trasporto del natante, Orsi.
“Dove sono finiti i pescecani?!”
esclamò Roberto.
“Sono andati più al largo,
signore! Sembra che, in un certo senso, abbiano intuito qualcosa…” rispose quasi
incredulo il militare.
“Bene! Allora… voi due della
“coppia che scoppia” remerete…” iniziò il ladro, parlando di Sciullo e Noro “noi
tre spareremo e voi… cercate di non farvi mangiare!” concluse con un sorrisetto
beffardo.
“Stronzo!” lo apostrofò subito la
Simone.
“Guarda, pezzo di merda, che sono
capace anch’io di remare, non ci vuole di certo una laurea…” fu la risposta
immediata di Silvestri.
“Beh, fate un po’ come vi pare
allora!” terminò la discussione Lupo, accendendosi una sigaretta.
Alla fine però i ruoli furono
quelli designati dal fuorilegge e la zattera prese, piano piano, il suo cammino.
I predatori marini si fecero vedere solamente a quasi metà del percorso
effettuato. I tre uomini armati iniziarono subito la sparatoria ma, dopo pochi
secondi, si accorsero subito che qualcosa non andava.
“I proiettili non gli fanno
niente, signore!” urlò Simone.
“Cazzo! Nemmeno sanguinano,
quegli stronzi!” imprecò Roberto.
“Che siano anche questi dei
robot?” ipotizzò allora Andrea.
“Dei robot? Fantastico!” a
Stefano cominciarono a brillare gli occhi e, ormai tutto concentrato nello
scorgere se, attraverso i fori scavati dai bussolotti, si vedeva qualcosa, smise
completamente di remare.
“Ah, fanculo! Levati!” sbottò
Sara, spingendo via Noro e cominciando a remare di buona lena, tanto da dare la
carica anche al suo “collega” affarista.
Intanto, le tre minacce animali
si erano fatte sempre più vicine all’improvvisata imbarcazione. Fino a che uno
dei tre addentò una parte di essa.
Le urla delle ragazze riempì l’aria ma, fortunatamente, tutti si erano fatti da
parte, appena in tempo dal non perdere per sempre alcuna parte del loro corpo.
Intanto, i tre armati provarono anche con il fuoco ravvicinato, ma il risultato
fu il solito: le pallottole o si conficcano nella pelle grigiastra della bestia
o ci rimbalzavano contro. Alla fine, il pescecane ebbe ragione della zattera e
portò via parte del natante.
Poi Oscar ebbe un sussulto
“Signori, provate a mirare all’occhio!”.
I tre non se lo fecero ripetere
due volte: un bersaglio a testa e tre colpi perfetti. I mostri questa volta
sembrarono aver subito il colpo e si allontanarono dalla zattera che ormai,
priva di una buona parte, cominciava a sbilanciarsi verso quell’altra, dato
anche il peso della gente su di
essa.
“Gente! Dovete buttarvi e nuotare
più velocemente possibile verso l’uscita! Noi tre vi copriremo le spalle!”
ordinò Santucci alla compagnia.
“Ce la fai, Tommy?” domandò
Wilson.
“Tranquilla, Carla, ce la faccio!
” le rispose rassicurante Orsi.
Alla fine, tutti parteciparono a
questa disperata gara di nuoto per la vita. I tre cecchini utilizzavano uno
stile a dorso, per meglio tenere sotto controllo la posizione dei loro nemici
acquatici. La porta si aprì subito quando la prima di loro, Sara, la raggiunse e
si tirò su per aiutare, uno ad uno, chi veniva dopo di lei. Quando anche
l’ultimo di loro, Roberto, che ancora cercava di individuare la posizione degli
squali, apparentemente del tutto volatilizzati, li raggiunse, la porta si chiuse
dietro di loro. Esso era il segnale ufficiale che erano ancora tutti vivi.
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Capitolo 12 *** Il labirinto ***
CAPITOLO 12
“Il
labirinto”
La prima cosa che notarono i
nostri era che, nella nuova stanza in cui erano appena entrati, non c’era
presenza alcuna di acqua. Si era tornati alla classica sala anonima metallica.
La particolarità di questa stanza era però ciò che presentava al suo interno:
una particolare struttura, anch’essa in metallo, definita dai più con il termine
labirinto.
“Oh mio dio! Cos’hanno messo lì
in mezzo?” chiese, già preoccupata, Rosa.
“Sembra in tutto e per tutto un
labirinto, signorina” le rispose Oscar.
“Bene, ci mancava anche questa!”
cominciò a lamentarsi Marco.
“Io non li sopporto nemmeno
quando sono nella settimana enigmistica…” ironizzò Sara.
“Beh, è sempre meglio degli
squali, non trovate?” sottolineò giustamente Tommaso.
“Non vi preoccupate gente!
Basterà che seguiate il mio istinto!” e detto questo Stefano partì alla
carica.
Gli altri nove gli andarono
dietro fiduciosi ed entrarono nel complesso. Subito nell’ingresso trovarono due
via ad attenderli. Noro imboccò deciso quella di sinistra. Dopo un lieve
zigzagare, presero un corridoio che li portò verso il muro esterno. Costretti
solamente a voltare verso destro proseguirono e, in un attimo, la loro guida
scomparì.
“Cos’è successo?” chiese Simone
dalle retrovie dato che, in quei cunicoli, in più di due affiancati non si
poteva passare.
“Tutto bene, Stefano?” domandò
Carla allo scienziato, che si trovava sdraiato prono a terra, con le gambe
sollevate da una grande sfera d’acciaio.
“Sì Carla… ahi… questa sfera mi è
venuta addosso…”.
“Mi sembrava tutto troppo
semplice…” osservò sfiduciato Orsi.
“Forza Stefano, non è nulla.
Proseguiamo!” lo esortò convinta Silvestri.
La compagine dunque proseguì la
marcia. Prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e dopo ancora a
sinistra. Proseguendo per qualche metro, si trovarono con due nuovi sbocchi alla
loro sinistra.
“Dato che dovremmo essere ancora
verso l’esterno del labirinto, io direi di andare verso destra. Non penso che,
tornando a sinistra, andremo da alcuna parte…” spiegò la situazione Testa.
Dopo attimi di indecisione,
Santucci ordinò “Vai a controllare, soldato”.
“Sì signore!” obbedì fedelmente
Sarti.
L’ufficiale si affacciò appena
dallo stipite del muro, per poi ritrarsi rapidamente e lasciar andare la sfera a
sbattere contro la parete.
“Bene, è deciso! Tutti a destra!”
ripartì come un fulmine Stefano “Lo sento! Siamo vicini all’uscita, gente!”.
Una volta girato subito e
nuovamente a destra… vicolo cieco.
“Cosa?” allo stesso capofila
crollò il mondo addosso.
“Seguiamo il tuo istinto avevi
detto…” lo canzonò Andrea, mentre si accendeva una delle sue sigarette.
“Oh per la miseria! Possibile che
non riusciate nemmeno a risolvere un giochetto da bambini come questo!” sbottò
improvvisamente Marco.
“Sai che ti dico Sciullo… ne ho
davvero piene le scatole di quella tua erre moscia!” gli tuonò contro Roberto,
andandogli pericolosamente molto vicino.
“State calmi, ragazzi! È inutile
metterci a scannare tra di noi!” tentò di separarli Rosa.
“E ora che facciamo?” chiese
sconsolato Tommaso.
“C’è solo una cosa da fare…”
rispose tranquilla Sara “Io direi di tornare indietro, non vi pare?”.
E così fece l’intero gruppo. Dopo
breve, facendo a ritroso tutto il tragitto percorso, ritornarono esattamente al
punto di partenza.
“Però!”notò subito Rosa “non
hanno perso tempo a chiudere la porta!” catturando l’attenzione di tutto
sull’entrata, ora chiusa ermeticamente, del labirinto in cui si trovavano
dentro.
“Ok… abbiamo visto che andando a
sinistra non si va da nessuna parte, quindi andiamo a destra!” ricapitolò il
tutto Santucci, prima che qualcuno andasse nel panico.
E così fecero, ma subito si
trovarono di fronte ad un incrocio a T.
Dopo altri attimi di indecisione,
fu Silvestri a prendere l’iniziativa “Secondo me, a destra non si va da nessuna
parte…” e, mentre si avviava verso tale direzione, ordinò “Voi aspettatemi
qui!”.
Il gruppo non si mosse e, dopo
aver sentito l’ormai familiare rumore della sfera d’acciaio che colpiva il muro
metallico, udirono “Sì, avevo ragione!”.
Dopo poco, la stessa biondina
dagli occhi castani rientrò alla base.
A questo punto, la compagine andò
a sinistra e, dopo una lieve virata a manca, svoltarono a destra e si trovarono
con un nuovo corridoio ed un entrata subito sulla destra.
“Bene, questa volta vado io in
perlustrazione…” si offrì volontaria Wilson che, dopo poco, ritornò “Altro
vicolo cieco… però arredato bene! Potrebbe venirci fuori un bel bilocale!” ci
scherzò su la dottoressa. Quindi tutti in avanti, per poi girare a destra,
andare brevemente a zig-zag e trovarsi di fronte un nuovo androne, con
l’immancabile globo che puntava dritto verso di loro. Con sorpresa di tutti, il
ladro dalla giacca verde puntò la sua arma contro la stessa e fece fuoco. La
pallottola rilasciata rimbalzò pericolosamente su di essa. Intanto gli altri si
precipitarono indietro per evitare l’urto, che la sfera subì contro il
tramezzo.
Subito il poliziotto afferrò per
il bavero il suo antagonista “Che cazzo avevi in mente Lupo?! Mettersi a sparare
in un ambiente chiuso!”.
“Valeva la pena tentare…” si
giustificò l’altro, con un sorrisetto beffardo sul viso.
“Se solo fossi a posto al posto
con il piede, la calcerei via io…” sussurrò il capitano del Team 2000, che aveva
sempre il braccio legato al collo, anche se ancora piuttosto bagnato dalla
precedente avventura.
“Sì, come no…” lo canzonò
Sara.
Dunque il gruppo riprese il
cammino e, dopo aver svoltato una volta a sinistra, una volta a destra, poi
nuovamente a sinistra ed infine nuovamente a destra, si trovarono con due
sbocchi, uno di fianco all’altro.
Rosa, che si trovava a capo della
comitiva, avanzò verso di essi proponendo “Forse dovremmo divider…” ma non fece
in tempo a terminare l’idea che fu abbrancata di peso da Roberto, prima che una
nuova sfera le finisse addosso.
“Stai attenta, Rosa!” la
rimproverò il poliziotto.
“Grazie…” l’attrice espresse la
sua gratitudine a capo chino. Una volta di nuovo a terra, superò l’enorme
biglia, che si era fermata schiantandosi contro il muro, per raggiungere il
secondo sbocco, da cui, momentaneamente, non era uscito niente. Una volta lì, la
morettina sventolò un piede all’imbocco dell’entrata, per poi ritirarlo subito
indietro. Non accadde nulla. A questo punto si affacciò con il suo viso grazioso
per sincerarsi che si trattava dell’ennesimo vicolo cieco. Una volta avutone la
conferma, la banda decise di proseguire nel corridoio da cui era sbucata la
sfera. Il povero Stefano Noro, che oltre ad essere il più basso era anche il più
corpulento, riuscì a malapena a passare tra la suddetta sfera ed il muro.
La truppa quindi, proseguendo
nella sua marcia, passò ad un altro corridoio sulla destra quando,
improvvisamente, il militare si bloccò.
“Signori, aspettate un
attimo…”.
Tutti si fermarono e si girarono
verso di lui.
“Cosa succede, figliolo?” domandò
preoccupato Testa.
“Ho sentito un rumore…” rispose
enigmatico Sarti.
“Oh ti prego Simone, non dire
cazzate! Già sto combattendo terribilmente contro la mia claustrofobia, ti
prego, cerchiamo di uscire il prima possibile di qui ed alla svelta!” lo
rimproverò un estremamente sudato Sciullo.
“Però, ora che ci faccio caso, lo
sento anch’io uno strano brusio…” intervenne Silvestri.
“Hai ragione Sara…” l’appoggiò
Orsi.
“Sembra che venga da dietro
questa parete” spiegò Noro, indicando il muro alla loro destra.
Tutti allora appoggiarono
l’orecchio alla superficie verticale. Udirono qualcosa.
“Cos’era?” chiese Wilson.
“Sembrava uno… starnuto!” rispose
perplesso Santucci.
“Che bastardi! Sono al di là di
questo muro!” sbottò Lupo, impugnando subito la sua pistola.
“Fermo Lupo! Non fare cazzate!”
lo bloccò subito il tutore dell’ordine.
“Che stronzi! Quello era proprio
uno starnuto!” imprecò Sara calciando il muro, facendosi più male che bene.
“Ascoltate ora… quel ronzio si è
fermato” informò gli altri, Tommaso.
“Chissà cosa stanno facendo?”
domandò visibilmente spaventato Marco.
“Ci tengono sotto controllo,
magari con qualche telecamera nascosta” ipotizzò Simone controllando, nel
frattempo, tutto l’ambiente attorno a loro.
“POTETE PROSEGUIRE”.
La voce dagli altoparlanti tornò
a farsi sentire dopo un po’ di tempo, mandando su tutte le furie Andrea.
“Brutti bastardi! Fattevi vedere,
se avete le palle!” urlò contro il nulla.
“Personalmente signori proporrei
di proseguire, dato che, ahimè, non vedo altre soluzioni all’orizzonte” riportò
tutti alla calma, Oscar.
Il gruppo seguì rassegnato il
consiglio e proseguì la sua marcia quando, dopo poco, si trovò ad un nuovo
bivio, con il corridoio che proseguiva in avanti ed una nuova apertura a
sinistra.
“Ed ora?” domandò al resto della
comitiva, Rosa.
Dopo qualche attimo di silenzio,
fu Tommaso a rispondere “Potremmo fare come hai proposto te poco fa…”.
“E cioè?”.
“Dividerci in due gruppi”.
“Va bene, però bisogna che, in
entrambi i gruppi, ci sia almeno un componente che abbia un buon senso
dell’orientamento” sentenziò Roberto.
“Io sono a sua disposizione,
signore!” affermò Sarti.
“Bene e l’altro… Lupo, ci riesci
a fare una cosa giusta, almeno una volta?”.
“Ci proverò…” rispose alla
provocazione ghignando.
“Sentite… per formare i gruppi,
potremmo fare la conta?” propose, non certo in maniera scherzosa, Stefano.
Alla fine, tutti appoggiarono
l’idea e, dopo aver ultimato la divisione, i due gruppi erano: con il militare,
Noro, Wilson, Simone e Silvestri mentre, con il ladro, vi erano i restanti Orsi,
Santucci, Sciullo e Testa.
“Bene! Noi andiamo per di qua!”
ordinò il soldato mentre si avviava, seguito dal suo gruppo, verso lo sbocco
sulla sinistra.
“Aspettate un attimo…” li
interrupe subito il poliziotto.
“Cosa c’è ora?” domandò seccata
Sara.
“Perché tutte le donne sono nel
suo gruppo?”.
Tutti alzarono gli occhi al
cielo.
“Dai Roberto! Non puoi pensare a
queste cose proprio ora! Cerchiamo di uscire il prima possibile di qui e basta!
Fallo almeno per Marco…” lo riprese Tommaso, effettuando l’ultima parte del
discorso sottovoce.
E così si divisero per la seconda
volta.
“…Ma è possibile che quello scemo
non pensi ad altro?!” continuò la sua polemica Rosa, mentre la sua combriccola
proseguiva tra i corridoi metallici.
“Che ci vuoi fare tesoro, è pur
sempre un uomo…” le diede corda Sara, mentre Carla riusciva a stento a
trattenere le risate.
“Beh… senza offesa, Simone e
Stefano…”.
“Oh no, tranquilla, non c’è
problema” disse lo scienziato, mentre il ragazzo che era a capo del gruppo
nemmeno rispose.
Intanto, ad un nuovo incrocio a
T, la via verso destra era subito interrotta da l’ennesimo muro metallico.
Proseguendo verso l’unico
percorso possibile, evitando chiaramente una nuova sfera d’acciaio, i soggetti
arrivarono alla conclusione del loro viaggio.
“Purtroppo, devo constatare
l’esito negativo di questa spedizione” prese nota freddamente Sarti.
“Se non altro, speriamo che ai
nostri compagni sia andata meglio…” cercò di rasserenare i presenti, Carla.
“Oh sì certo, senza dubbio, con
quello scemo a capo…” sottolineò la situazione Rosa.
“…Secondo me l’ha fatto apposta
Stefano, di proporre la conta per fare le squadre…” continuò la sua polemica
Santucci.
“Basta Roberto! È da quando ci
siamo divisi che non fai altro che lamentarti!” sbottò alla fine Orsi.
“In effetti, signor Santucci,
anch’io speravo che questa sua discussione terminasse…” lo richiamò anche lo
stesso Testa.
Intanto Lupo proseguiva nel suo
percorso in testa al gruppo, quando si fermò esclamando “Oh cazzo!”.
“Che succede ora?” domandò
Tommaso.
“Un nuovo bivio!” gli rispose
Marco.
Per un po’, nessuno della
compagine prese l’iniziativa. Alla fine fu Andrea a rompere l’incertezza “Io
torno indietro a richiamare gli altri” e, detto questo, si avviò al punto in cui
avevano diviso la compagnia.
Tra quelli rimasti ad aspettare,
il giovane calciatore era l’unico che, nonostante i suoi infortuni, non riusciva
a restare fermo in attesa e, anche per ammazzare un po’ il tempo, sbirciò nel
passaggio alla loro destra. Immediatamente notò qualcosa d’incoraggiante “Ehi,
guardate! Non vi sembra che, da sopra queste pareti, provenga una luce più
intensa?”.
Gli altri, accorsi subito alla
sua chiamata, notarono anch’essi questa particolarità.
“In effetti…” constatò Oscar.
“Potrebbe davvero essere
l’uscita!” esclamò, finalmente entusiasta, Sciullo.
Intanto, anche l’altro gruppetto
si era riunito a loro e subito furono informati della loro scoperta.
“Beh allora direi di andare
subito qua a destra!” propose immediatamente Sara.
“Ma questa volta non ci
dividiamo?” chiese Rosa.
“E perché mai? Siamo vicini
all’uscita, finalmente!” la riprese, anche troppo energicamente, Marco.
“Ok, andiamo allora!” suonò la
carica Roberto.
Dopo aver zigzagato un po’,
trovarono alla loro sinistra un lungo corridoio, senza presenza alcuna di sfere
o quant’altro e, alla fine di esso, la luce che si faceva notevolmente più
invitante. Senza pensarci un attimo, la squadra affrettò sempre di più il passo,
arrivando al termine del rettilineo, da cui la luce proveniva più luminosa, in
piena corsa, anche da parte di infortunati e gente fuori forma, per poi svoltare
a tutta velocità a sinistra. Qui arrivò la brusca frenata.
Un enorme globo, di certo più
grande dei precedenti, rotolava sempre più minaccioso verso di loro. In un
attimo, il gruppo fece dietrofront, scappando il più velocemente possibile verso
la salvezza dietro l’angolo, con anche qualcuna/o che urlava a squarciagola.
Questa volta, il boato del tonfo, tra la sfera ed il muro, fu talmente forte che
in molti si tapparono le orecchie con le mani.
Sara riuscì a malapena a scorgere
che, al termine dello stesso corridoio in cui avevano riposte tante speranze, vi
era nuovamente una solida parete d’acciaio.
“Niente da fare, altro vicolo
cieco” informò gli altri.
Tutti accettarono in silenzio il
verdetto. Tommaso si era accasciato al suolo con i suoi piedi ancora più
doloranti.
“Tommy stai bene?” chiese con la
solita preoccupazione materna Carla.
“Sì, Carla, mi basterà riposare
un attimo” le rispose il ragazzo, mentre si toglieva gli scarpini.
“Oh signore! Ancora non siamo
usciti di qui…” rischiava nuovamente la crisi, Marco.
“Personalmente, però, ritengo che
la luce sia un buon segnale. A questo punto, ipotizzo che dobbiamo solamente
tornare indietro ed imboccare l’altra strada” spiegò con entusiasmo Oscar.
“Anf… sì però… anf… devo
ammettere che… anf… anch’io devo un attimo… anf… rifiatare… anf” appoggiò il
piano del politico, Stefano.
“Bene. Te tutto a posto, Rosa?”
domandò Roberto.
“Certo, e non vedo l’ora di
uscire di qui!” rispose seccata la giovane attrice.
Il gruppo, dato che non sembrava
creare problemi ai loro carcerieri, prese ancora qualche minuto di riposo. Una
volta che lo stesso Orsi tornò in posizione eretta, la compagine riprese il
proprio viaggio.
“Forza soldato, facci strada!”
punzecchiò Lupo.
Sarti, per un attimo, rimase
perplesso “Sì signore…”.
L’andatura della squadra era la
più blanda che avevano adottato da quando erano entrati in quel labirinto.
Tommaso era sempre più
zoppicante, Sara e Rosa procedevano di pari passo una fianco all’altra, Simone
apriva la fila mentre Andrea la chiudeva, Roberto controllava di tanto in tanto
le pareti dei cunicoli, anche Stefano controllava le superfici metalliche
presenti ma con una certa ammirazione, Carla invece era di continuo a
controllare il procedere di ognuno dei suoi compagni, Marco continuava a sudare
freddo ed infine Oscar sembrava il più rilassato dei presenti. Una volta
raggiunto il punto di ritrovo scelto in precedenza, proseguirono diretti verso
la via a sinistra. Nessuno ormai fiatava più. Prima una svolta a sinistra, poi a
destra, poi nuovamente a destra, sinistra, destra, ancora destra. Una rapida
occhiata ad un vicolo cieco a fianco del corridoio da cui erano venuti. Ancora
destra e sinistra per arrivare ad un lungo rettilineo con a fianco uno che
correva parallelo ad esso.
“Questa volta vado io a dare
un’occhiata!” affermò sicuro di se Noro.
Il tozzo personaggio si affaccio
appena all’ingresso, per poi ritirare via velocemente il capo e lasciare che
l’ennesimo globo metallico finisse la sua corsa contro il tramezzo.
“Niente di che neanche qui…”.
La loro luce guida si faceva
sempre più intensa e, dopo un lieve dirottamento sulla destra ed una svolta a
sinistra, la compagnia si fermò. Un rumore, divenuto ormai molto familiare,
annunciò l’ultima sfera che, una volta superata li portava diritti verso un déjà
vu: alla fine del tragitto, la luce che proveniva da destra.
“Questa volta ci siamo davvero!”
assicurò Roberto, che nel mentre affrettava il passo.
E così fecero anche gli altri. In
un attimo, raggiunsero il termine del rettilineo e svoltarono a destra. Subito
riconobbero la porta di entrata/uscita della stanza.
“Speriamo che non sia il punto di
partenza…” disse allarmato Sciullo.
Tutti, per un attimo, si
preoccuparono con lui. Poi le ante scivolarono dentro la parete, così come il
timore scivolò via dai dieci membri del gruppo.
Era proprio l’arrivo del loro
intricato percorso.
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Capitolo 13 *** Ci risiamo ***
CAPITOLO 13
“Ci
risiamo”
“In quest’ultima prova,
francamente, mi sono proprio divertita!” esclamò tutta sorridente Sara.
“Oh certo! Perché non torniamo
indietro a ri…” ma la risposta di Rosa si troncò improvvisamente, appena vide la
stanza in cui erano entrati.
“Eppure tutto questo mi ricorda
qualcosa…” disse ironicamente Andrea.
La stanza, infatti, presentava
delle identiche pedane metalliche, questa volta ordinate in maniera crescente di
altezza, del terz’ultimo ambiente che avevano visitato.
“Dunque ora ci tocca risalire”
osservò Oscar.
“Gente, temo che questa volta
dovrete darmi una mano” constatò timidamente Tommaso.
“Tranquillo ragazzo” lo rassicurò
Stefano “vorrà dire che ti unirai alla nostra allegra combriccola!” concluse
mettendo una mano sulla spalla di Marco.
“Grazie”.
“Bene! Anche questa volta,
toccherà a me andare per primo” esclamò il ladro con le mani in tasca.
“Se non te la senti, puoi sempre
rimanere da questa parte…” gli propose ironico il poliziotto.
“Col cazzo!” rispose secco Lupo,
mentre spiccava il salto.
“Ragazzi…” cercò di attirare
l’attenzione Carla, mentre i piedi del fuorilegge avevano appena toccato il
piano lucido della rampa.
Poi quest’ultima discese giù a
gran velocità. Il movimento che tutti e dieci i presenti pensavano fosse svolto
dalla pressa superiore, fu invece effettuato dal ripiano inferiore, con l’uomo
che fluttuava senza gravità qualche centimetro sopra di essa. Poi la discesa
terminò. I nove al di sopra erano ancora tutti sconvolti.
“Lupo, tutto bene?” urlò
preoccupato Simone.
Nessuna risposta.
“Che dite? Sarà morto?” domandò
non pensandoci Silvestri.
Una voce si levò dal basso “Non
ancora!”.
“Oh grazie a dio!” sbuffò
sollevato Sciullo.
Anche il volto di Santucci si
rilassò, per poi corrucciarsi nuovamente “Che costa stavi dicendo, Carla?”.
La Wilson rimase inizialmente
sorpresa, per poi riprendere il filo del discorso “Ah, giusto! Guardate là!”
indicando con il dito “Ci sono delle scale”.
Il gruppo constatò la veridicità
delle parole della dottoressa.
“Dunque questa volta sembra più
semplice del previsto…” azzardò la promettente attrice.
“Beh, allora partiamo!” sentenziò
il calciatore ferito.
“Si appoggi a me” ordinò il
soldato, una volta vista l’andatura zoppicante dell’atleta.
Il gruppo scese tranquillamente i
gradini, con Stefano che, forse a causa della tensione accumulata, rischiò di
precipitare fino al pavimento sottostante.
“Comunque è strano che sia tutto
così semplice…” espose il suo dubbio Sara.
“In effetti, signori, è meglio se
rimaniamo con gli occhi ben aperti” consigliò saggiamente Oscar.
Una volta ripresa la marcia, il
decimo membro si riunì alla combriccola “Però! Ve la siete presa con
calma!”.
“Stai zitto, Lupo!” lo richiamò,
senza mezzi termini, Santucci.
Nella compagnia si tenevano
vicini il più stretto possibile gli uni agli altri, stando più cauti possibili
ad ogni passo che effettuavano.
“Oh merda!”.
Tutti si voltarono verso chi
aveva appena imprecato.
“Che succede, Marco?” chiese
preoccupata Carla.
“Non so ma… temo di… di aver
pestato qualcosa che non dovevo pestare…”.
A quelle parole, quasi
balbettate, la squadra abbassò lo sguardo per vedere, con sinistra sorpresa, una
delle mattonelle metalliche situata più in basso delle altre.
“Oddio gente prepariamoci…”
esclamò, in piena crisi, Noro.
Come da preavviso, qualcosa
cominciò ad accadere. Nella porzione di pavimento subito di fronte alla decina
di persone, si aprirono dei fori con un diametro di cinque centimetri. I membri
del gruppo allungarono all’unisono il collo, come rapiti da una preoccupante
curiosità. Dopo una breve attesa, da essi emersero dei minacciosi spuntoni
d’acciaio, tutti ovviamente ben appuntiti.
Qualche secondo di silenzio
avvolse la comitiva.
“Tutto qua?” domandò perplessa
Silvestri.
“Ma perché? Vorresti qualcosa di
peggio!?” le urlò contro Rosa.
“Figurati! Ho affrontato cose ben
peggiori!” affermò spavaldo Andrea.
“Come la galera?” fu la
frecciatina lanciata da Roberto.
Mentre i due sembravano
riprendere il battibecco tra di loro, o anche peggio, il povero Sciullo stava,
nel frattempo, ringraziando animatamente il cielo.
“Purtroppo, signori, ho come la
sensazione che non sarà l’unico trabocchetto che incontreremo” esclamò
preoccupato il politico.
“Dovremo essere pronti a tutto…”
aggiunse lo scienziato.
“Al diavolo! Voi potete pure
procedere con il vostro passo, magari finché non avrete il gas verde addosso, io
vi precedo!” proruppe il ladro, staccandosi dalla comitiva.
“Aspetta Andrea…” tentò di
fermarlo il medico donna.
“Ma lascialo andare, Carla” la
bloccò seccato il poliziotto.
Improvvisamente, si udì un
potente tonfo.
“Cos’è stato?” domandò, con gli
occhi ben spalancati, l’attrice.
La ragazza bionda accanto a lei,
indicandoglielo con il dito, le rispose “Penso sia stato il delinquente nella
fossa”.
Di fatti, tutti gli altri
constatarono l’improvvisa apertura sul pavimento in cui era caduto Andrea
Lupo.
“Questa volta non sono stato io!”
si discolpò immediatamente il giovane imprenditore.
“Scusatemi…”.
Subito tutti a voltarsi verso lo
scusante.
Il calciatore si scusò
rammaricato “Temo di essere stato io…”.
“Scusate anche me” aggiunse il
soldato “è stato un errore mio”.
“Se non altro ci siamo liberati
di Lupo!” sentenziò Santucci.
“Ti piacerebbe, sbirro!” urlò una
voce dal sottosuolo.
“Sembra stare bene, allora”
ipotizzò Wilson.
I nove si avvicinarono all’orlo
della fossa.
Sotto di loro, il criminale li
scrutava dal basso “Guardate che, se mi date una mano, non è squalifica!”.
“Per fortuna non è neanche tanto
fonda…” osservò l’attrice.
“Abbia un attimo di pazienza che
la facciamo uscire di lì” lo informò il politico.
Fu allora che Sarti, forse per
riparare al proprio presunto errore, decise di mettersi in azione, lanciando una
corda che aveva attaccata alla cintura.
“Afferri questa, signore”.
“Ma dove le tieni tutte queste
cose?” chiese stupita Sara.
“Vuoi una mano?” domandò
Stefano.
E fu così che, grazie anche
all’aiuto dello scienziato e, sebbene più disinteressato, di Roberto, il gruppo
tornò a riabbracciare il suo decimo membro.
“Grazie gente… bene,
proseguiamo!” riprese l’uomo appena recuperato.
“Sicuro di stare bene, Andrea?”
chiese immediatamente Carla.
“Sì sì, tranquilla”.
“Certo che, a questo punto,
conveniva di più rifare il percorso lì sopra” ironizzò, ma neanche tanto,
Marco.
“A me non sarebbe dispiaciuto…”
aggiunse Silvestri.
“Al diavolo! Ormai siamo qui,
quindi proseguiamo per di qua!” tagliò corto Lupo.
“Francamente, non ce l’avrei
proprio fatta ad affrontare un’altra volta quel percorso” confessò il calciatore
infortunato.
“Di fatti, signori, non
pensiamoci più” consigliò Testa.
Dopo qualche passo, la giovane
Simone notò qualcosa di particolare davanti a loro “E quella che cos’è?”.
“Sembrerebbe una catena
proveniente dal soffitto” cercò di darle una risposta, Santucci.
“Io di certo non la tiro per
vedere che succede!” esclamò Sciullo.
“Penso che sia consigliabile per
tutto il nostro plotone che nessuno, e sottolineo nessuno, prenda tale
iniziativa” ordinò Sarti.
“Scusate… ma avete detto di
tirarla o no, questa?”.
Questa frase fece gelare a tutti
il sangue nelle vene.
Una volta diretto i proprio
sguardi verso Noro, compresero il dramma.
“Oh merda! Scusate gente…” tentò
di redimersi il colpevole.
Un’inquietante gorgoglio salì
dalla parete a loro vicino, tra un clangore metallico e l’altro. I tre armati si
prepararono a colpire, lasciando Orsi appoggiato al più anziano della
compagnia.
Di colpo, il rumore sospetto
sembrò estinguersi. Successivamente, sembrò ce ne fosse uno molto più leggero.
Finché Rosa Simone non si ritrovò bagnata, da capo a piedi, da un getto d’acqua
proveniente dall’alto.
SPLASH!
Tutti si voltarono verso di lei,
con i tre di prima già pronti allo sparo.
“CAZZO!” sbraitò la ragazza
fradicia.
In molti iniziarono a reggere con
difficoltà le risate spontanee.
“Rosa… tutto bene?” azzardò Carla
Wilson.
“Perdonami” bisbigliò appena
Stefano Noro.
“Speriamo almeno che sia acqua…”
ironizzò Sara Silvestri, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Mentre la giovane attrice
imprecava in tutte le lingue possibili, Roberto Santucci notò le trasparenze
venutesi a creare nella sua maglietta “Però! Devo dire che ti preferisco così,
Rosa!”.
“Fanculo, brutto porco!” fu la
risposta immediata da parte di lei.
“Ma che ti lamenti? Ti sei
soltanto bagnata un po’…” la rimproverò Marco.
“Ma possibile che non ci sia
niente con cui asciugarti?” chiese Carla.
“Aspettate!” richiamò
l’attenzione di tutti Stefano “Qua si è aperto qualcosa…” indicando un vano che
si era creato sulla parete.
Il più rapido nell’andare a
controllare fu Andrea.
“Però, non c’è che dire, con te
sono stati gentili…” constatò lui, mentre tirava fuori da esso un insperato
asciugamano.
Lo stupore era visibile nel volto
di tutti.
“Ma si può sapere a che gioco
stanno giocando?” domandò, più perplesso che mai, Tommaso.
“Se non altro, ciò significa che,
quasi sicuramente, non ci vogliono morti” concluse freddamente Simone, al suo
fianco.
“Una ben magra consolazione,
signori…” aggiunse rattristato Oscar.
La bionda si avvicinò alla
vittima di quel particolare gavettone “Tutto bene, tesoro?”.
“Sì, per quanto possa valere…” le
rispose l’altra, con ancora parte del volto coperto dall’asciugamano passatole
dal ladro “Immagino in che stato sia il mio viso dopo questo…” disse,
accompagnando il tutto con una
risata cristallina.
“Io continuo a preferirti così!”
insistette Roberto.
“E basta!” fu l’urlo all’unisono
del gruppo.
“Ok, allora procediamo!” tagliò
corto, irritato da quella reazione collettiva, il poliziotto.
Dunque i dieci ripartirono,
ancora più vicini alla possibile uscita.
“Mi dispiace dover essere un peso
per te, Simone” si scusò amareggiato il calciatore.
“Non si preoccupi, non mi
perdonerei mai di aver lasciato dietro un membro della mia squadra” lo rassicurò
il militare.
“Ti capisco!” concluse
l’infortunato.
“E quello ora cos’è?” urlò
Sara.
Di fronte alla comitiva vi era
una costruzione davvero singolare: pareva in tutto e per tutto un piccolo ponte
ad arco, nonostante non vi fosse alcuna ulteriore fossa da superare, grazie al
suo ausilio.
“Ah io ci rinunciò a capirci
qualcosa!” sbottò l’attrice.
“Però sembra essere ben
costruito” osservava scrupolosamente lo scienziato.
“Forse c’è il rischio che ci sia
un’altra apertura del pavimento…” ipotizzò il giovane imprenditore.
“Non resta che verificare. Ci
pensi te, Lupo?” domandò sarcastico Santucci.
La risposta non si fece attendere
“Fottiti, sbirro!”.
“Calmatevi ragazzi!” li richiamò
spazientita la dottoressa.
“E se, piuttosto, più
semplicemente passiamo sopra al ponte?” propose il politico.
“Insomma, qualcosa dovremo pur
fare! Volete di nuovo ritrovarvi a scappare dal gas verde?” spronò tutto il
gruppo Rosa Simone.
“Io un’altra volta nella fossa
non ci vado!” esclamò Andrea Lupo, mentre si avviava verso il ponticello.
Gli altri nove rimasero tutti con
il fiato sospeso, mentre quest’ultimo tentennava nel poggiare il primo passo
sulle assi di legno della struttura. Appoggiata appena la punta del piede
destro, sembrò non esserci alcun cambiamento all’ambiente. A poco a poco,
appoggiò tutta la pianta, fino a premerci contro completamente anche il tallone.
Tutto rimase immutato.
“Pare che non succeda nulla…”
osservò Stefano Noro, proseguendo la sua attenta analisi visiva.
“Non sembra ci siano pericoli…”
concordò il criminale.
“Al diavolo! Ora ci passo
anch’io!” ruppe gli indugi Sara Silvestri.
Due furono i richiami alla sua
sfrontatezza: uno da parte di Carla Wilson con un “Aspetta Sara!” e l’altro,
proveniente da Oscar Testa, con un “Fai attenzione, figliola”.
Nel contempo, Rosa Simone la
apostrofò con un “Scema!”.
In un attimo, i due erano già
dall’altra parte del ponticello, incitando gli altri a fare altrettanto.
“Allora, chi va?” domandò
perplesso Marco Sciullo.
Con un impercettibile sguardo
d’intesa, fu la volta della coppia Simone Sarti-Tommaso Orsi di compiere la
traversata.
“A questo punto” esordì Roberto
Santucci “non ci sono altre trappole di cui temere, possiamo andare!”.
Con lui, anche i restanti
passarono sopra alle solide assi di legno per percorrere quell’arco che, essi
stessi, ipotizzavano evitargli ulteriori cadute nel vuoto.
“Ma poi, ci sarà stata davvero
una nuova fossa?” chiese al gruppo Tommaso.
“Non dubitare mai delle tue
scelte, giovane, l’importante è che la nostra compagnia sia ancora in marcia”
gli rispose Oscar.
“Ci siamo, gente!” urlò euforica
Rosa, indicando con il dito le scale dell’uscita, ormai prossime.
Immediatamente, la giovane
attrice affrettò il passo per anticipare gli altri.
Roberto tentò di frenarla
“Aspetta Rosa non…” ma non fece in tempo.
Il tacco delle eleganti scarpe
della moretta premetterò eccessivamente su di una mattonella.
Uno spazio si aprì nella
parete.
“State tutti pronti!” sembrò
ordinare Simone.
Ma ciò che si proiettò dalla
fessura fu appena percettibile ad occhio umano. In un secondo scarso, ora
davanti alla compagnia si stagliava un muro alto più di due metri.
“Sembrava troppo facile…”
ripiombò nello sconforto Marco.
“Oh cazzo, Rosa! Ma è possibile
che crei solo problemi a tutti!” imprecò Sara.
Dopo questa provocazione, le due
giovani donne venirono quasi alle mani, con la povera Carla a tentare di far da
paciere.
“Ci si vede, stronzi!”.
A richiamare l’attenzione del
gruppo, preso più che mai dalla lotta tutta femminile, fu la voce di Andrea che,
aiutandosi con un balzo contro il muro metallico da cui era comparsa la
muraglia, riuscì facilmente a scavalcarlo e passare oltre.
Tutti rimasero perplessi, finché
non si udì una voce.
“Allora venite o no?”.
“Lupo ha ragione, signori! Quel
muro non mi pare poi così complesso da superare!” si rinvigorì il politico.
Silvestri, una volta lasciata la
presa ben salda sui capelli della Simone, non se lo fece ripetere due volte.
Presa una lunga rincorsa, scattò verso l’ostacolo e, con un balzo felino, riuscì
ad afferrarne appena la cima. Dopo fu un gioco da ragazzi tirarsi su ed
atterrare dietro.
“Bene! Vediamo di fare un buon
gioco di squadra!” detto questo, Santucci imitò il gesto atletico di Sara,
rimanendo però, una volta scavallata la cima, qualche secondo a cavalcioni della
barriera.
“Forza gente! Che non sappiamo
quanto tempo abbiamo!” esortò gli altri sette, porgendo a loro le sue robuste
braccia come aiuto supplementare.
Prima fu mandato Orsi, che cercò
di trattenere i suoi lamenti di dolore. Dopo fu la volta di Testa, che ringraziò
gentilmente il tutore dell’ordine per l’aiuto. Poi toccò a Noro, seguito a ruota
da Sciullo. Tra le ultime due donne, Wilson tentò inutilmente di dare precedenza
a Rosa che, essendo l’ultima a salire, omaggiò Roberto di una dolce carezza sul
viso.
“È andata anche questa!” esultò
Sara, mentre saliva le scale che conducevano alla porta chiusa.
“Certo! Io ne ho anche
approfittato per farmi una doccia!” ci scherzò su l’artista della
recitazione.
“Per questa volta non dirò
nulla…” bisbigliò quasi il poliziotto.
“In fin dei conti, l’importante è
che nessuno di noi si sia fatto male” aggiunse saggia la dottoressa.
“Infatti! Quei tuffi nel vuoto,
per me, sono normale routine” le rispose il ladro.
Una volta che il calciatore
infortunato, sempre aiutato nella deambulazione dal soldato, ebbe raggiunto gli
altri di fronte all’uscita, la lastra si mosse per farli procedere alla
successiva stanza.
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Capitolo 14 *** Sogni d'oro ***
CAPITOLO 14
“Sogni
d’oro”
La stanza dove erano appena
entrati era notevolmente più piccola rispetto alle precedenti. Sembrava fatta
apposta per una decina di persone e non di più.
“Siamo finiti in un loculo?”
ironizzò sarcastico Andrea mentre, come gli altri, osservava le pareti tutte
attorno.
In sua risposta, dagli ormai
tristemente conosciuti buchi sulle pareti, iniziò a fuoriuscire il letale gas
verde. Il gruppo andò nel panico.
Marco Sciullo batteva
violentemente le mani contro la porta, che ormai si era richiusa alle loro
spalle, gridando “Aprite! Vi prego!”.
Tutti cercarono di tamponarsi le
proprie vie respiratorie, inutilmente. Sette uomini e tre donne caddero in un
sonno profondo.
Sara sognò un volto che non
vedeva da tanto.
“Oscar! Ciao amore, come stai?”
gli corse felice tra le braccia.
I due si baciarono
appassionatamente.
“Io bene e tu, tesoro?” le
domandò il giovane, appena staccatosi dalle sue labbra.
“Benissimo, ora che sei qui con
me!” la bionda era al settimo cielo “E gli altri come stanno?”.
“Stanno tutti bene. Sai ti
stavano aspettando per…” ma le sue parole vennero bloccate da una nuova
voce.
“Fai presto a dimenticare le
persone che davvero hai amato, Sara!”.
Lei si voltò e vide un altro
ragazzo, vestito con un logoro impermeabile marrone, che la fissava furioso.
“B-Bruno! C-Che ci fai tu
qui?”.
“È un piacere rivederti anche per
me, biondina! Guarda dove ti ho portato…” le disse, indicandogli un punto da
guardare.
La ragazza si girò verso di esso
e vide un lugubre ed oscuro fabbricato aziendale.
Tommaso sognò i suoi compagni
dell’oratorio impegnati, insieme a lui, nella più classica delle loro illimitate
partite.
“Tom” richiamò l’attenzione
dell’attaccante, uno di loro “C’è della gente che vuole parlarti”
Il giovane, sorpreso, si diresse
verso la coppia di persone, entrambe vestite in maniera molto elegante.
“È lei il signor Orsi? Piacere di
conoscerla. Noi siamo degli osservatori del Futbol Club Barcelona e siamo qui
per proporle un contratto con la nostra squadra”.
“Sul serio?” chiese allibito
l’interessato.
“Assolutamente! Se vuole può
firmare il contratto anche subito. Così poi partiamo direttamente per la
Catalogna”.
In un attimo, il calciatore si
trovò ad indossare la gloriosa maglia blaugrana, inserendosi alla perfezione nel
loro stile di gioco, denominato “Tiqui-Taqua”. Grazie a ciò vinse anche il
Pallone d’Oro.
Come giusta conseguenza, fu
convocato in nazionale, tra le congratulazioni di quella che doveva essere la
sua compagna di vita.
“Mi raccomando, ti affido le
sorti della squadra!” lo spronò il C.T., mettendogli personalmente la fascia di
capitano al braccio.
In una combattuta finale contro
la Germania, con lo stadio gremito fino all’inverosimile, riuscirà infine ad
alzare al cielo la Coppa del Mondo.
Andrea sognò di sudare freddo,
sotto un passamontagna nero, mentre metteva tutta la sua concentrazione nel
disinnesco di un allarme antifurto. Dopo minuti che sembravano ore, la
moltitudine di sottili raggi laser rossi si spense all’unisono.
“Fiu…” tirò un sospiro di
sollievo il ladro.
“Eh bravo il mio Lupo!”.
A causa di quella voce
improvvisa, l’interessato sobbalzò vistosamente. Di scatto si voltò, trovandosi
davanti una bellezza mozzafiato, dai folti capelli ramati e il seno estremamente
prosperoso.
Rimasto notevolmente colpito da
lei, il fuorilegge si tolse l’indumento dal viso “Che ci fai qui,
Federica?”.
“Ma come? È da tanto che non mi
vedi e mi accogli così freddamente?” s’incupì lei.
“Beh, se non altro, vedo che sei
ancora in forma” disse l’uomo, indugiando con lo sguardo sul suo generoso
decolleté.
“Certo, cucciolone! Sennò dove
potrei mettere questo bel diamante?” lo provocò, mostrandogli il suo stesso
prezioso obiettivo e, come anticipatogli, infilandoselo trai suoi seni sodi.
“Non preferiresti metterci
qualcos’altro, tra quelle tue boccione?” le propose il delinquente, sempre più
eccitato.
“Mmmm… magari un’altra volta. Ora
è meglio che alzi le mani, invece”.
“Eh? Cosa? Perché?”.
Improvvisamente, l’allarme si
mise a risuonare rumorosamente. Nel giro di qualche secondo, tutto il salone fu
pieno di poliziotti.
“Metti le mani in alto, Lupo!”
Ordinò urlando l’agente Roberto Santucci.
Mentre obbediva alle forze
dell’ordine, Andrea apostrofò Federica Minieri con un “Brutta puttana!”.
Roberto sognò, a differenza della
sua nemesi, tutta un’altra ambientazione. Era infatti al giorno del suo
promozione ad agente di polizia.
“Congratulazioni, signor
Santucci!” diceva entusiasta il suo superiore, mentre gli stringeva
vigorosamente la mano.
“È un onore, signore!” rispose
fiero il neo sbirro.
“Questa se l’è davvero meritata!”
sentenziò il maestro di cerimonie, mentre gli consegnava l’arma d’ordinanza.
Per festeggiare, l’uomo si recò
al bar gay dove aveva alcune conoscenza, assolutamente solo a livello
platonico.
“Dai Robertuccio... fai come
fanno i cowboy!” lo invitava un'euforica Maria.
L’interpellato, divertito egli
stesso, fece roteare la pistola sul suo dito indice, facendo perno con
l’occhiello del grilletto. Tale azione fece urlare di giubilo tutti i travestiti
e transessuali presenti nel locale. Senza che il piedipiatti se ne accorgesse,
un uomo di colore gli si fece vicino.
“Mr. Santucci, noi la vogliamo
nella nostra squadra” gli rivelò il tipo, con un forte accento americano.
A capo della sua nuova squadra
internazionale, l’italiano si trovò subito a dover salvare, da una banda di
terroristi, una sua connazionale: la giovane attrice Rosa Simone.
Con un’azione furtiva, tutti i
malviventi furono arrestati.
Infine, l’agente speciale andò a
liberare l’ostaggio “Sei salva ora, Rosa!”.
“Oh grazie, Roberto!” la donna
gli si gettò tra le braccia in lacrime “Non sai che paura di morire ho avuto!
Come potrò mai sdebitarmi?”.
“Beh…” l’uomo ci pensò un po’ su
“che ne dici se, intanto, mi fai palpare un po’ questo tuo bel seno!”.
“Porco!” lo schiaffeggiò
violentemente al volto l’artista.
In pochi attimi, il nostro eroe
si trovò di colpo accusato di molestie sessuali ai danni di una personalità del
mondo dello spettacolo. Ciò provocò la sua incarcerazione immediata, con molti
detenuti pronti a fargli la festa.
Rosa sognò di essere al giorno di
presentazione nella sua vecchia scuola di cinema, ben lontana da cellule
terroristiche e poliziotti maniaci.
“Ciao a tutti! Io mi chiamo
Alessandro Ania!” esordì un giovane nelle sue vicinanze “Sono qui perché, dato
che pratico da molti anni il karate, pensavo di lavorare come stuntman e poi,
grazie al vostro corso di recitazione, poter diventare un vero e proprio attore
di film sulle arti marziali”.
In effetti, come notò anche
l’interessata, quel ragazzo aveva davvero un bel fisico.
“Buonasera a tutti” Proseguì un
altro ragazzo “Mi chiamo Nicola Coralli e sono appena rientrato da sei mesi di
studio alla Scuola d’Arte di New York. Perciò, spero di poter mettere la mia
preziosa esperienza a vostra completa disposizione”.
La Simone, nonostante seguisse
l’esempio di tutti ed applaudisse, rimase particolarmente schifata dalla
spocchiosità dell’ultima persona che aveva appena parlato.
“S-salve a t-tutti…” iniziò una
ragazza con cui, poco prima, la
stessa Rosa aveva chiacchierato, nell’attesa che fossero tutti convocati
nell’aula magna “I-il mio n-nome è Francesca Masini e-e sono qui perché il mio
sogno è sempre stato quello di recitare. Anche se sono molto emozionata e
riconosco di aver molte lezioni di dizione da fare...” confessò, sorridendo
timidamente, queste ultime parole.
Per tutto il tempo della sua
presentazione, quest’ultima aveva tenuto le dita di entrambe le mani strette,
come quasi a strozzarle, sugli orli delle maniche della sua maglietta
celeste.
Poi fu finalmente il turno della
nostra protagonista.
“Buonasera a tutti! Io sono Rosa
Simone e diventerò una stella!” proruppe la giovane, creando tutto attorno a sé
una luce ultraterrena che la illuminava radiosa.
Scattò un’enorme standing ovation
da parte di tutti i presenti.
Carla sognò di essere tranquilla
nel suo appartamento. Fuori dalla finestra la pioggia batteva ritmicamente sul
vetro, mentre lei si scaldava le mani afferrando saldamente una tazza piena di
cioccolata calda. Nell’attesa, si fissò a guardare le foto dei suoi parenti
inglesi attaccate con una calamita al frigorifero.
Di colpo, il suo gatto saltò sul
tavolino accanto al quale era seduta la donna, facendola sobbalzare dallo
spavento.
“Ah! Sei tu, micio…” sospirò
lei.
Il felino, come per risponderle,
miagolò dolcemente.
La giovane sbuffò “Uff… non
sopporto proprio le giornate piovose!”.
“A me invece non dispiacciono
affatto!”.
L’infermiera sgranò gli occhi,
per comprendere meglio da dove fosse provenuta quella voce improvvisa. Eppure
era certa di essere sola in casa.
“C-Chi ha parlato?”.
“Secondo te, chi può essere
stato?”.
Wilson scattò indietro con la
sedia, il più lontano possibile dal ripiano dove, con uno sguardo flemmatico, il
micio la osservava tranquillo.
“T-Te s-sai parlare?” tentò un
nuovo approccio l’umana.
“Certo. Tutti quelli della mia
banda lo sanno fare”.
“D-Di che banda stai
parlando?”.
“Della mia. Ci facciamo chiamare,
anche se con poca originalità, I Gatti. E siamo ben quarantaquattro”.
Carla rimase un attimo
perplessa.
“Ma mi stai prendendo in
giro?”.
“Affatto! Se vuoi ti posso
raccontare tutta la nostra storia…”
“Perché no! Tanto non ho niente
da fare al momento”.
“Benissimo! Gradisci per caso un
topolino?”.
Simone sognò di essere nuovamente
nella base militare che, da almeno cinque anni, lo ospitava. Gli era appena
stato comunicato che un suo collega, Carlo Vullo, lo stava cercando con una
certa urgenza, molto probabilmente per assegnarli una nuova rischiosa missione
in qualche parte del globo.
“Soldato Sarti, benvenuto” lo
accolse il biondo ufficiale.
“Mi ha fatto chiamare, Signore?”
chiese subito il nuovo arrivato.
“Affermativo. Ho scelto lei per
una missione con un alto livello di rischio”.
“Di che si tratta, Signore?”.
“In sintesi, nelle prossime
settimane dovrà occuparsi della protezione di un soggetto, la cui morte potrebbe
mettere in pericolo la sicurezza nazionale, che ora si trova esattamente alle
sue spalle” nel dire queste ultime parole, il militare indicò all’altro di
voltarsi.
Sarti, molto sorpreso dal non
aver nemmeno percepito la presenza di una terza persona nella stanza, rimase
sbigottito da ciò che si trovò davanti. Una ragazzina, circa sui 15-16 anni, di
chiare origini asiatiche, che stava tranquillamente trafficando con il suo
cellulare.
La scena si ripeté.
“Soldato Sarti, benvenuto” lo
accolse nuovamente il biondo ufficiale.
“Mi ha fatto chiamare, Signore?”
chiese nuovamente il nuovo arrivato.
“Affermativo. Ho scelto lei per
una missione con un alto livello di rischio”.
“Aspetti un attimo… un’altra
missione?”.
“Affermativo. Lei è il nostro
uomo migliore”.
“Di che si tratta, Signore?”.
“In sintesi, abbiamo appena
ultimato la progettazione della più completa tuta mimetica che potesse essere
mai creata. Perciò, vogliamo che ora sia lei a testarla. Trova l’equipaggiamento
attaccato al muro alle sue spalle”.
Sarti si voltò, trovandosi
davanti l’enorme costume di una mascotte da parco giochi, nello specifico
un'inquietante talpa antropomorfa.
Stefano sognò la realizzazione
del suo più grande desiderio.
Dopo ore nel più tetro dei
laboratori scientifici che si possa immaginare, l’uomo urlò “Ce l’ho
fatta!”.
Sdraiata su di un tavolo, vi era
una donna con un corpo pressoché perfetto. Ad una più attenta osservazione,
però, ci si accorgeva che la sua pelle aveva un che di artificiale.
“Perfetto! Unità Marialis,
attivati!” ordinò serio lo scienziato.
Non accadde nulla. Noro rimase
immobile ad attendere.
Spazientito, ripeté l’ordine
“Unità Marialis, attivati!”.
L’androide spalancò di colpo gli
occhi, prendendo quasi in contropiede lo stesso creatore. Rapidamente si mise a
sedere sul tavolo.
L’ometto le si fece vicino “M-Mi
senti, Marialis?”.
Come se si fosse appena accorto
della sua presenza, il cyborg si girò di scatto verso di lui.
“Sai chi sono io, vero?”.
Lei ruotava il viso, tenendo
sempre le pupille fisse sull’essere umano.
“Sei uno stronzo?”.
La persona appena offesa rimase
allibita.
“N-No io sono Stefano, cioè il
dottor Noro, il tuo creatore” cercò di correggerla.
Il robot continuava ad osservarlo
senza proferire altre parole. Improvvisamente, gli si lanciò contro,
abbracciandolo forte.
“Dottore sei il mio eroe!”.
Il dottore si godé felicemente
quell’abbraccio, nonostante il corpo femminile di Marialis non fosse stato
caratterizzato fin nei minimi dettagli.
Oscar sognò di essere tornato
all’università di medicina, dove aveva trascorso i primi anni successivi al
diploma, prima di scegliere la vita politica. In un attimo, lo scenario mutò in
una gigantesca tavola rotonda. Seduta attorno ad essa, vi era tutta una serie di
personaggi, uno più assurdo dell’altro.
“Il governo ci tratta tutti come
automi!” esclamò un robot.
“Preghiamo per le loro anime”
invitò un prete.
“E perché dovremo? Ci stanno
dissanguando!” protestò un vampiro.
“E ora che cominciamo a fare la
parte dei leoni!” sentenziò un uomo, caratterizzato proprio della faccia di un
leone.
“Ai miei tempi, certe cose non
capitavano” ricordò un anziano, vestito con l’inconfondibile uniforme da gerarca
nazista.
“Signori, vi prego, uno alla
volta!” s’intromise Testa “Possibile che troviate le energie soltanto per
protestare? Dovreste, invece, utilizzare tutte le vostre forze per cercare di
cambiare questo mondo che non va”.
“Perché allora non ci dai una
mano tu?” gli domandò una donna con i capelli, gli occhi, il rossetto ed il
vestito scollato tutti del medesimo colore: rosso fuoco.
“Sono contento che me lo abbia
chiesto, signorina. Ebbene, io sono pronto a schierarmi con qualsiasi giovane
volenteroso, che abbia inoltre le giuste idee”.
La signora, come reazione a
quelle parole, gli sorrise smagliante e, aprendo le proprie braccia, s’infuocò e
spiccò il volo.
Il sogno di Marco era decisamente
il peggiore, soprattutto per lui medesimo. L’imprenditore era totalmente avvolto
dall’oscurità.
“Aiuto!” urlava disperato “Vi
prego, aiutatemi ad uscire di qui!”.
Ogni tanto, ad illuminare
brevemente il buio, comparivano dei lampi di luce azzurrognola.
“Aiuto! Aiuto! Aiu…”.
Alla fine, in suo soccorso,
arrivò un calcio sferratogli da Lupo.
“Idiota! Ti decidi a
svegliarti?”.
“Fermati Andrea!” lo allontanò
Wilson “Come stai Marco? Hai avuto un incubo?”.
“Decisamente” le rispose un
ancora assonnato Sciullo.
“Questa francamente non l’ho
capita…” esclamò Silvestri.
“Io spero solo che non ci abbiano
fatto nulla mentre eravamo addormentati” esclamò Rosa.
“Comunque sia andata, preparatevi
perché ci dobbiamo muovere” ordinò Santucci, mentre insieme agli altri nove
attendeva il termine dell’apertura della porta.
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Capitolo 15 *** Lame rotanti ***
CAPITOLO 15
“Lame
rotanti”
“… Però, Lupo, non trovo per
niente corretto come mi ha trattato poco fa!” proseguiva nella sua pur giusta
lamentela Sciullo, arrotando tutte le erre presenti nel discorso.
“Che ci vuoi fare, non ti
decidevi a svegliarti…” si giustificò il ladro.
“Comunque Marco ha ragione. Ci
sono modi e modi per risvegliare una persona!” si unì al battibecco Wilson.
“Ah! Non rompetemi le palle!”
tagliò corto l’incriminato.
Nel frattempo, Rosa era ancora
intenta nel controllare minuziosamente tutto il suo giovane corpo.
Roberto se ne accorse e le si
avvicinò “Tranquilla, tesoro. Finché ci sono io, sarò l’unico che potrà
toglierti i vestiti di dosso!”.
“Porco!” gli rispose
l’attrice.
“Ora vediamo cosa si sono
inventati…” esclamò Sara, mentre osservava la nuova stanza in cui erano
entrati.
Delle fessure, lunghe all’incirca
un metro ciascuna, procedevano verso l’uscita esattamente parallele le une alle
altre. Nella parete all’altra estremità, vi erano altre fessure perfettamente
identiche alle prime.
“Decisamente sospetti quei
buchi…” osservò concentrato Simone.
“In effetti, non promettono
niente di buono” confermò Stefano.
“Vorrà dire che procederemo
tenendo sempre gli occhi aperti, come abbiamo fatto finora” concluse Oscar.
Fatti pochi passi, la comitiva
comprese a cosa servivano tali aperture. Da esse, improvvisamente, iniziarono ad
essere sparate fuori delle seghe circolari che, procedendo in posizione
orizzontale, come se seguissero un percorso invisibile, terminavano la propria
corsa letale scomparendo nelle fessure di fronte.
“Mia madre lo diceva sempre:
Troppe seghe fanno male!” ironizzò un comunque sorpreso Lupo.
“Questa era davvero una pessima
battuta!” protestò seccato Orsi.
“Forse hai detto così perché sei
un esperto in queste cose…” insistette Silvestri.
“Ora basta! Non perdiamoci in
certe cazzate!” richiamò tutti all’ordine il poliziotto.
“E ora come procediamo?” domandò
preoccupata Rosa.
“Personalmente, proporrei di
proseguire mantenendoci al centro della stanza” consigliò il militare.
“Simone ha ragione. Se notate
bene, c’è molto tempo tra un lancio e l’altro. Dovremmo facilmente farcela a
passare indenni” fece notare lo scienziato.
“Ma Tommaso con il suo piede ce
la farà?” si preoccupò la dottoressa.
“Tranquilla Carla, per me non ci
sono problemi” le rispose tranquillo il calciatore.
Santucci fece un passo avanti
“Allora, procediamo!”.
Il gruppo partì all’unisono e,
una volta presa la giusta tempistica, onde evitare l’arma volante, riuscirono a
superare la prima di quelle minacce mortali.
“E una è andata!” esultò festante
Sara.
“Ne mancano ancora quattro”
ricordò un già sudato Marco.
“Ah! Io mi sto annoiando…”
proruppe Andrea “Voi, se volete, perdete pure tempo, io procedo del mio
passo!”.
“Fermati, Lupo!” lo bloccò
Roberto.
“Perché? Che succede?” chiese
sobbalzando Carla.
“E’ tutto troppo semplice…”
bisbigliò quasi Sarti.
“Già… scusate un attimo, gente,
ma non sembra anche a voi che la prossima vada leggermente più veloce?” domandò
sospetto Tommaso.
Effettivamente, la seconda
raffica di seghe aveva un marcia che, anche se non in maniera esagerata,
procedeva più rapidamente della precedente.
“Non ditemi che sarà così fino a
laggiù?” esclamò Stefano indicando, nel contempo, la porta da raggiungere.
“Certo che non sanno più che
inventarsi!” ironizzò sarcastica Sara.
“È solo questione di velocizzare
un po’ il passo” tagliò corto Andrea.
“Che stronzo! Pensi che per tutti
sia così facile?” gli inveì contro Rosa.
“Ora però diamoci tutti una
calmata! Non è obbligatorio che passiamo tutti insieme! Appena ve la sentirete,
fate un bel salto in avanti e superate l’ostacolo!” consigliò un Roberto più
convinto che mai.
“Sì signore!” rispose serio
Simone.
I dieci si misero, tutti
allineati, a pochi centimetri dal traffico volante.
“Chi va per primo?” chiese
Carla.
Senza proferir parola, il ladro
scattò in avanti, evitando facilmente le lame rotanti.
“Che sbruffone!” lo apostrofò
Marco.
“Ok, l’idiota è andato avanti da
sé. Noi però dobbiamo organizzarci: Simone, te la senti di controllare Tommaso e
Marco?” cercava di progettare il tutto, Santucci.
“Non c’è problema, signore”
acconsentì Sarti.
“E per quanto riguarda Oscar?”
questionò la mora del gruppo.
“Non si preoccupi, signorina,
saprò badare a me stesso” la tranquillizzò Testa.
“Sei sicuro?” si aggiunse
Silvestri “Non c’è niente di male se qualcuno ti dà una mano”.
“Tranquilla Sara, nella vita ho
superato prove ben peggiori” proseguì il politico.
“Bene. Dato che è tutto deciso,
quando volete, possiamo procedere” sentenziò il poliziotto.
“Senti Stefano…” richiamò la sua
attenzione Sciullo.
“Dimmi”.
“Te la senti di andare da
solo?”.
“Certo, non c’è problema”.
Il militare, sapendo di dover
scortare due persone con sé, si mise il più vicino possibile alla bocca di
fuoco. Facendo così, era certo di avere il maggior tempo possibile per passare
dall’altra parte.
Nonostante ciò, la prima a
partire fu Sara. Appena riatterrata dopo il salto, si mise subito ad incitare i
compagni.
“Forza ragazzi! Tanto le seghe
vanno ancora lente!”.
“Pronti?” il soldato mise gli
altri due sugli attenti.
Con un clangore metallico, la
sega circolare fu sparata in avanti. Il trio, appena essa fu ad una distanza di
sicurezza, accelerarono a passi brevi ma rapidi. Finirono il tutto con
un’esultanza spropositata.
Man mano che vedeva i suoi amici
passare, Rosa s’innervosiva sempre più.
Roberto le si accostò “Vuoi che
ti accompagni?”.
“No! No! Ce la faccio da sola!”
le urlò contro la giovane.
L’agente non insistette e attese
in silenzio.
Sempre più sottopressione,
l’attrice partì di colpo, con i denti metallici che le sfiorarono appena le
punte dei lunghi capelli. Tutti gli altri trattennero il fiato.
“Per la miseria, ce l’ha fatta!”
esclamò appena Noro.
D’un tratto, lo stupore negli
occhi dello scienziato si tramutò in determinazione. Appena vistosi superare
dall’arma volante, scattò come mai aveva fatto in vita sua, emettendo
contemporaneamente un urlo belluino.
Fermatosi dopo pochi metri con il
fiatone, tutti lo applaudirono come se avesse vinto una gara di corsa.
“Bene signori, i prossimi siamo
noi!” annunciò Oscar.
“Eccola che arriva!” preannunciò
il tutore dell’ordine.
Di fatti, una nuova sega
circolare fu lanciata. Sibilando nell’aria, proseguì in tutto il suo percorso,
procedendo ad una velocità moderata, tanto da permettere ai tre rimasti di
raggiungere i propri compagni.
“Ora arriva il difficile…”
sentenziò Tommaso, osservando la nuova frequenza di sparo, più elevata rispetto
alla precedente.
“Mi trovo a condividere il tuo
pensiero, figliolo” concordò un visibilmente preoccupato Oscar.
“Possibile che non ci sia un
altro modo per andare avanti?” domandò disperata Rosa.
“Negativo. Ho controllato ogni
variabile possibile” informò il resto del gruppo, Simone.
“Non ci resta che proseguire come
abbiamo fatto finora” concluse Roberto “Sicuro di farcela da solo, Oscar?”.
“Probabilmente sì” gli rispose il
politico.
“M-Magari Simone può dare una
mano a te invece che a me…” propose, con ben poca convinzione, un sudato
Marco.
“Oppure ti posso aiutare io”
aggiunse Sara.
“Signori!” alzò la voce l’uomo
che, normalmente, era conosciuto per la sua pacatezza “Non perdiamo ulteriore
tempo e proseguiamo il nostro cammino!”.
“Giuste parole, vecchio!” esclamò
Andrea che, con un balzo, si mise nuovamente davanti agli altri.
“Aspettaci Lupo!” gli urlò contro
Carla.
“Che persona schifosa!” sussurrò
irritato Sciullo.
“Bene gente! come prima, quando
vi sentite pronti, saltate!” ricordò un convinto Santucci.
Era palese che la prossima a
saltare doveva essere ancora Silvestri.
“Quello stronzo di Andrea pensa
di essere il fenomeno della compagnia!” pensava tra sé, mentre partiva con la
rincorsa. Anche lei superò facilmente l’ostacolo.
Appena arrivata dall’altra parte,
dopo aver lanciato un’occhiataccia al fuorilegge, si mise immediatamente a
tifare per i suoi compagni.
“A quanto pare la velocità di
esecuzione è aumentata tanto da, in alcuni casi, presentare ben due seghe in
volo” Sarti informava le due persone che aveva sottobraccio.
“Penso di poter dare ancora un
po’” si autoconvinceva Orsi.
“Anche perché” aggiunse
l’imprenditore “indietro non possiamo tornare”.
Appena sparato un nuovo colpo, i
tre non si dissero nemmeno nulla e, in un lampo, proseguirono più rapidamente
che poterono, il calciatore saltellando appena su una gamba sola.
Una volta al sicuro, Marco si
lasciò cadere stremato al suolo.
“Forza ragazzi che potete
farcela!” la bionda spronava i componenti della compagnia a raggiungerli.
“Forse farebbero bene a rimanere
dove sono…” rifletteva Andrea, mentre osservava preoccupato la scia quasi
continua di seghe lanciate dalle aperture successive.
Testa respirava affannosamente.
Le lenti dei suoi occhiali riflettevano quei cerchi seghettati che passavano a
qualche centimetro da lui. Di certo avrebbe preferito che qualcosa di spiacevole
capitasse a lui, piuttosto che ad uno di quei nove giovani con cui, per un
diabolico scherzo del destino, si era trovato a vivere un’avventura
inquietante.
Fatto il primo passo, le sue
eleganti scarpe in pelle lo tradirono. La suola scivolò sul pavimento metallico
e l’anziano rischiò di perdere l’equilibrio. Vedendosi minacciato da un’altra
lama dentata, si tuffò quanto prima in avanti, ma troppo lentamente.
Le maniche sinistre del suo
soprabito e della camicia sotto di esso si stracciarono e, all’istante, il suo
braccio iniziò a sanguinare.
A nulla valse il grido disperato
di Wilson, a pochi passi da lui. D’istinto, la dottoressa si buttò sul ferito,
mentre una nuova sega, l’altra era finita rumorosamente a terra, puntava dritta
verso di lei.
Ad evitare una nuova vittima fu
l’intervento dell’attrice che, con grande slancio, si gettò contro il suo
addome, facendole cadere entrambe dall’altra parte.
Gli altri erano tutti
ammutoliti.
“Oh cazzo! Oscar stai bene?” urlò
come un matto Roberto, furioso per non aver fatto in tempo a salvare
l’amico.
“Signore ti prego!” pregava, con
le lacrime agli occhi, Noro.
Tutto il resto della compagine si
avvicinò a l’uomo a terra.
“Oscar! Oscar!” ripeteva come
un’ossessa Sara, nel pieno di un pianto a dirotto.
A quel punto intervenne Carla
“Fermi! Fermi! Non stategli tutti addosso!”.
“Puoi fare qualcosa per lui? Ti
servono dei medicinali, Carla?” le domandò frenetico Simone.
“Certo! Mi servirebbero
dell’alcol per disinfettare la ferita, delle garze sterili per coprirla e dei
cerotti per tenere fermo il tutto”.
“Hai qualcosa con te, Simo?”
chiese fiducioso Tommaso, appoggiato alla spalla di Marco.
“Negativo, purtroppo”.
“Cazzo! Non possiamo lasciarlo
così!” imprecò disperata Rosa.
“Intanto usa questa per tamponare
la ferita!” ordinò repentino il poliziotto che, non notato da nessuno, aveva
attraversato anch’egli l’ostacolo, mente porgeva la sua maglietta alla
dottoressa.
“Per ora dovrebbe funzionare…”
acconsentì il medico, mentre eseguiva quando dettogli dal tutore dell’ordine,
rimasto a petto nudo.
“S-Scusate…” tentò di attirare
l’attenzione Stefano, anche lui dal loro lato.
Gli altri si voltarono inferociti
verso di lui.
“S-scusate ma lì, nel muro, si è
aperto come una specie di cassetto”.
Tutti i presenti si voltarono
dove gli stava indicando lo scienziato. Con passo titubante, il baffuto si
avvicinò al compartimento segreto. Affacciatovisi appena, con mano tremante,
andò a raccogliere quanto vi era contenuto.
“È… è la roba che avevi
richiesto!” esclamò guardando Carla.
“Davvero?” domandò sorpreso
Sciullo.
“Portali qua, sbrigati!” sbottò
impazientita Wilson.
Il corpo sovrappeso dell’uomo di
scienza trotterellò più rapido possibile verso la donna di medicina.
Una volta in possesso dei suoi
attrezzi del mestiere, la dottoressa si mise all’opera sul ferito nel più totale
silenzio. Troppo silenzio.
Il primo ad accorgersene fu
Simone Sarti “Le seghe si sono fermate!”.
Gli altri, escluse le due persone
a terra, si guardarono tutti attorno.
“Il soldatino ha ragione” osservò
Andrea Lupo, mentre si accendeva una nuova sigaretta.
“Ma com’è possibile?” si chiedeva
Marco Sciullo.
Fu allora che Sara Silvestri ebbe
uno spaventoso attacco d’ira “Che figlio di puttana! Ma che cazzo di carceriere
sei? Eh? Fai di tutto per ucciderci e poi, invece, eviti che ci scappi il
morto?!”.
“Calmati Sara!” cercava di farla
tornare in sé Tommaso Orsi.
“Fate silenzio! Che sennò
distraete Carla!” richiamò la coppia Stefano Noro.
Fu invece Rosa Simone che, senza
dire una parola, andò semplicemente ad abbracciare la sua quasi coetanea
bionda.
“Sembra che si stia
risvegliando!” esclamò Roberto Santucci.
Il povero Oscar Testa aprì
leggermente gli occhi.
“Oh signore…” bisbigliò appena
tra le labbra.
“A che punto sei, Carla?”chiese
impaziente lo scienziato.
“Ho finito. Fortunatamente, si
trattava soltanto di una ferita di striscio. Basterebbe che ora si riposasse un
po’” concluse Carla Wilson.
“Non credo che avremo questo
privilegio” sentenziò il ladro.
“Purtroppo temo che Lupo abbia
ragione. Nessuno ci assicura che, tra breve, non inizino a riempire questa
stanza con il gas verde” ipotizzò secco il poliziotto.
“Non hanno rispetto nemmeno di un
anziano ferito, questi bastardi!” sbottò rabbioso il calciatore.
“Ora sto meglio…” riprese a
parlare la persona appena medicata “Basta che mi diate una mano a
rialzarmi”.
Ad esaudire questo suo desiderio
furono il soldato e l’uomo a torso nudo.
“Grazie per tutto, signori”
ringraziò l’infortunato.
“Certo è strano…” si mise a
riflettere l’attrice “Anche quando mi sono ferita io, quella volta dei
pipistrelli meccanici, hanno subito smesso di torturarci”.
“Sì vede che a questi stronzi gli
serviamo vivi!” disse il fuorilegge.
“Comunque sia state tranquilli…”
la dottoressa rivolse un dolce sorriso a tutti i presenti “ci sarò sempre io a
rimettervi in sesto”.
“Benissimo! Allora non abbiamo
niente di cui preoccuparci!” le rispose Roberto.
Mentre l’entusiasmo riprendeva
vigore nel gruppo, la porta verso cui essi erano diretti si aprì.
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Capitolo 16 *** Come scacchi ***
CAPITOLO 16
“Come
scacchi”
“Non dovresti alzarti, Oscar” si
raccomandava il più possibile la dottoressa.
“Non preoccuparti Carla” la
tranquillizzò il politico “E poi non abbiamo altra scelta”.
“E se invece ci rifiutassimo di
proseguire?” propose improvvisamente l’attrice.
“Non credo sia una buona idea…”
osservò lo scienziato.
“Ma ormai abbiamo capito che non
ci vogliono morti. Forse il gas verde non è nemmeno nocivo” insistette la
ragazza.
“Di questo non possiamo esserne
certi” la richiamò il poliziotto “Inoltre, chi ti dice che poi non sia tutta una
finta per ucciderci tra poco?”.
“Anch’io sono d’accordo nel
proseguire” informò il calciatore.
“Cerchiamo di deciderci in
fretta, gente!” sbottò l’imprenditore, sempre più nervoso.
“Io dico di andare. Tanto, se ci
fermiamo qui, facciamo solo il loro gioco” scelse la giovane bionda.
Alla fine, i dieci proseguirono
verso la porta. Appena attraversatola, si trovarono in un’altra stanza metallica
che però, a differenza delle precedenti, presentava una pavimentazione davvero
curiosa: essa era infatti formata da mattonelle quadrate alcune di colore
bianco, altre di colore nero.
“Pare un’enorme scacchiera”
osservò un sofferente Oscar.
“In effetti è totalmente
differente a quelle in cui siamo stati finora” aggiunse Tommaso.
“Ed è anche troppo calma…” pensò
ad alta voce Rosa mentre, con scatti veloci del capo, osservava minuziosamente
tutto l’ambiente.
“Fate attenzione a dove vi
muovete” consigliò agli altri Carla.
“Al diavolo! Se rimaniamo tutti
fermi qui, ci moriremo di sicuro!” sbottò, stufato, Andrea.
Fino ad allora, c’era un preciso
particolare che aveva catturato la curiosità di Sara: la stessa pavimentazione
della sala disegnava, nella zona adiacente all’entrata, un rettangolo composto
esclusivamente da piastrelle bianche. D’un tratto gli balenò in mente un
sospetto.
“Aspetta un attimo, Lupo!” urlò
all’uomo che stava avanzando.
Come sopra ad una tastiera
giocattolo, la mattonella su cui il fuorilegge ebbe messo piede s’illuminò.
“C-Cosa hai fatto, Lupo?” gli
domandò Stefano, bloccato dalla paura.
L’individuo con la giacca verde
si guardava preoccupato tutto attorno. Improvvisamente, udì un lieve rumore
provenire dal soffitto sopra di lui. Alzato lo sguardo, vide crearsi un’apertura
esattamente perpendicolare a dove si trovava. Appena vide qualcosa venir fuori
da essa, si tuffò lateralmente con un balzo felino. Qualcosa si andò a
schiantare contro il pavimento.
Gli altri nove, rimasti con il
fiato sospeso tutto il tempo, videro formarsi una minuscola nebbiolina nel luogo
dell’impatto, creata dalla polvere emanata dalla mattonella spezzata.
“Lupo stai bene? Rispondimi!”
gridò come un matto Simone.
L’interpellato non si mosse di un
millimetro.
Wilson aveva nuovamente le
lacrime agli occhi “Lupo, ti prego, rispondi!”.
A riaccendere le speranze fu
l’improvviso tossicchiare dell’uomo a terra.
“Tutto bene. Lupo?” gli domandò
Santucci.
L’altro tossì ancora, per poi
riprendere finalmente fiato “Sì. O almeno lo spero”.
“Guardate!” richiamò l’attenzione
di tutti Sciullo.
I presenti fissarono il punto
indicatogli dal loro compagno, scoprendo finalmente cosa aveva attentato alla
vita del ladro: Una sfera d’acciaio chiodata, fissata a sua volta ad una catena
proveniente dal soffitto.
“Ma questi sono pazzi!” sbottò,
mettendosi le mani nei capelli, Noro.
“Vogliono davvero vederci morti!”
sbraitò collerica la ragazza dai capelli corvini.
“Aspettate un attimo!” esclamò
Orsi mentre, nel contempo, sembrava seguire un suo preciso ragionamento “Lupo,
ti ricordi su quale mattonella hai messo piede?”.
“Non so, una di quelle”.
“Almeno ti ricordi il
colore?”.
“Ricordo che si era illuminata.
Ma… direi fosse una delle nere”.
“Anche a me sembra che fosse una
di quelle nere!” si aggiunse Wilson.
“Stai pensando che…” iniziò il
discorso Roberto.
“Esatto!” proseguì Tommaso “Credo
che le mattonelle nere attivino delle trappole!”.
“Ecco perché, dove ora ci
troviamo noi, sono tutte mattonelle bianche!” concluse Sara.
Gli altri nove controllarono la
veridicità della parole espresse dalla bionda.
“Dunque…” spezzò il silenzio che
si era venuto a creare, Santucci “basta solo che stiamo attenti a dove mettiamo
i piedi e tutto andrà bene”.
“Sì signore!” gli fece eco
zelante Sarti.
“Comunque, grazie per avermi
avvertiti per tempo!” sbraitò contro i suoi compagni Lupo.
“Finché muore gente come te, a
noi sta più che bene!” gli rispose, alquanto irritato, Sciullo, sorprendendo
tutte le persone presenti con lui.
“C-Calmati figliolo…” cercò di
placare la sua ira il più anziano del gruppo.
“Allora…” riprese il discorso
Noro “abbiamo detto le mattonelle nere, giusto?”.
“Così sembra…” gli confermò,
seppur dubbiosa, Rosa.
Nonostante ciò, nessuno dei nove
si schiodava da davanti all’ingresso. Nemmeno il ladro, con le sue due scarpe
ben piantate su due mattonelle chiare, sembrava voler muovere un muscolo.
“Uno di noi dovrà pur partire!”
spronò i compagni uno spazientito Orsi.
“Vuoi cominciare te? Accomodati
pure!” controbatté Silvestri.
“Cerchiamo di mantenere la calma,
signori” proseguì nella sua opera di placare gli animi Testa “Farò io il primo
passo”.
Tutti, compreso Andrea,
trattennero il fiato, finché la suola del politico non raggiunse la superficie
della mattonella.
“Ha ragione Oscar. Vado anch’io!”
e così il calciatore, anch’egli claudicante, iniziò nell’attraversata della
stanza.
A poco a poco, tutti e dieci i
componenti della compagnia si mossero, spostandosi da un riquadro scuro
all’altro, più lentamente ed accuratamente possibile.
“Mi raccomando ragazzi: fate
attenzione!” ripeteva ogni due-tre secondi una tesissima Carla.
Dopo minuti interminabili, la
maggior parte del gruppo era ormai a metà del percorso. Sara Silvestri, essendo
una dei pochi ancora in ottima salute, era qualche metro avanti al resto di
loro. Cercava di mantenere la più totale concentrazione, ormai del tutto
dimentica della sua maglietta rovinata.
“Aiuto!”.
Quel grido disperato proveniva da
un traballante Stefano Noro. Forse esagerando con la sua limitata falcata, ora
si trovava nel rischio di premere una mattonella proibita.
Con una rapidità quasi disumana,
frutto di anni di allenamento militare, Simone Sarti riuscì, con il collo del
suo piede sinistro, a fornire un temporaneo appoggio alla pianta del piede dello
scienziato e, nel contempo, agganciandosi con un braccio alle sue ampie spalle,
ad evitare che uno di loro, o entrambi, finissero sul pavimento.
Il tutto avvenne in una manciata
di secondi. Una volta compreso tutto l’accaduto, il calciatore si complimentò
con il soldato “Bravo Simone!”.
La ragazza bionda, con la gamba
in aria, seguì preoccupata tutta l’azione. Una volta constato che nessuno si era
fatto male, si rilassò. Assieme a lei, però, si rilassò anche l’arto inferiore
che, senza qualcuno a guidarlo in maniera saggia, si appoggiò su un rettangolo
nero.
Una specie di sibilo, udito anche
poco prima l’incidente di Andrea Lupo, mise subito i presenti in allerta.
“Merda!” imprecò disperata la
colpevole.
“Preparatevi al peggio, gente!”
avvertì il resto del gruppo Roberto Santucci.
Per qualche istante, non sembrò
verificarsi alcun cambiamento dell’ambiente. D’un tratto, dalla parete nelle
vicinanze di Sara, si aprì una fessura.
“Cos’è questo odore?” domandò ai
presenti Rosa.
“Sembrerebbe…” Marco annusò bene
l’aria “Ma questo è kerosene!”.
Appena udite le ultime parole del
giovane imprenditore, accompagnate dalla sua classica erre moscia, la ragazza si
acquattò il più possibile al pavimento, appoggiando le mani su due mattonelle
sicure.
Anticipato da un breve ruggito,
dall’apertura creatasi spuntò una lingua di fuoco che, nel suo tragitto aereo,
si trovava a pochi millimetri dai capelli della sfortunata.
Nel giro di qualche secondo, la
vampata si estinse.
“Oh cazzo!” sbraitò la giovane,
ancora a terra.
“Sara, come stai? Tutto bene?” le
urlò una Wilson vicina alle lacrime.
Tutta la compagnia prese a
chiamarla ad alta voce.
“Sto… bene…” disse a bassa voce
la bionda.
“Grazie al cielo!” sospirò
tranquillizzata l’attrice.
“Ce la fai ad alzarti?” le chiese
il poliziotto.
“Penso di sì…” le rispose appena
lei.
Dopo aver effettuato qualche
respiro profondo, l’avventuriera lentamente si rimise in posizione eretta.
“Bentornata fra noi!” la canzonò
Lupo.
“S-Scusami Sara…” balbettò Noro
colpevole, secondo lui, di aver distratto la donna, provocando così una minaccia
che poteva seriamente costarle la vita.
“Tranquillo Stefano, sto bene” lo
rassicurò lei.
“Ce la fai a proseguire?” le
domandò Sarti.
“Sì sì, tranquilli. Sto
bene”.
“Chiunque sia il nostro
carceriere, sono certa che è un gran figlio di puttana!” sbottò rabbiosa la loro
moretta.
“Appena usciremo di qui, le
pagherà tutte!” esclamò il calciatore.
“Calmatevi tutti!” cacciò un
forte urlo Roberto “Cerchiamo intanto di uscire di qui, dato che siamo vicini
alla meta”.
Tranquillizzati leggermente gli
animi, la squadra seguì il consiglio del tutore dell’ordine.
“È incredibile come, man mano che
proseguiamo, queste stanze diventino sempre più complesse!” osservò, quasi
estasiato, Stefano.
Carla s’incupì di colpo “Come fai
ad essere così entusiasta per queste cose, io proprio non lo capisco!”.
In risposta a ciò, l’uomo di
scienza iniziò ad elencare tutte le varie migliorie che, certe tecnologie,
avevano portato alla vita di tutti i giorni, appoggiato anche da Oscar.
“Certo!” li interruppe
bruscamente Sara “Per non parlare poi che, quelle tecnologie, stavano per
ammazzarmi!”.
Quest’ultimo intervento fece
tacere definitivamente il tizio tarchiato.
“E se invece ci rifiutassimo di
andare avanti?” propose nuovamente Rosa.
“Di nuovo?” cercò di non darle
spago Roberto.
“Beh potremmo davvero fermarci ed
aspettare. Tanto siamo ormai sicuri che, chiunque abbia organizzato tutto ciò,
non ci vuole morti. E, inoltre, sono certa che quel gas verde non sia poi così
letale”.
“Il tuo ragionamento potrebbe
esser anche corretto,” controbatté Simone “però rimane comunque troppo rischioso
da attuare, soprattutto nel caso in cui esso si rivelasse errato”.
“Io non me la sento di
rischiare!” aggiunse Marco.
“Magari non vuole che muoiano
determinate persone. Forse stanno facendo delle scommesse su di noi o altro”
ipotizzò Andrea, mentre si accendeva una sigaretta.
“Oddio! Sarebbe davvero
sconcertante come situazione” sottolineò Testa.
Tenendosi in contatto con i loro
scambi di opinione, i dieci erano ormai prossimi all’uscita da quello
scompartimento.
“… io comunque continuo a
pensarla così!” concluse la signorina Simone, piccata.
“Va bene, Rosa. Ma per ora
dobbiamo andare avanti” la sostenne Wilson, che di certo non voleva più vedere
qualcuna di quelle persone rischiare nuovamente la vita.
“Che cosa c’è lì davanti?”
domandò pensieroso Orsi, mentre osservava un punto preciso del pavimento.
Di fatti, di fronte a loro, vi
era una lunga fila di piastrelle nere, messa come a far da barriera, qualche
metro davanti alla porta da raggiungere.
“Forse cercano un ultimo
disperato attacco” ipotizzò Sciullo.
“Non sembra particolarmente
difficile da superare…” osservò un Andrea comunque sospettoso.
“Non possiamo comunque fidarci,
visto cos’è successo finora” ricordò Santucci.
Tralasciando questo nuovo
posizionamento, le discusse mattonelle non presentavano variazione, né di forma
né di lunghezza, rispetto alle altre.
Dopo averle scrutate
minuziosamente, Tommaso esclamò “Non credo di avere alcun problema nel superarle
da me. Te come sei messo, Oscar?”.
“Non evidenzio alcuna difficoltà”
gli rispose l’anziano.
“Allora? Che facciamo? Andiamo
oltre?” domandava impaziente Rosa.
“Non vedo perché no!” esclamò
Roberto.
“Queste situazioni mi stressano
ogni attimo ancora di più!” disse tra i denti Marco.
I dieci erano allineati davanti a
quel muro invisibile. Di fronte a loro, come ad allettarli ulteriormente, vi era
una nuova distesa di mattonelle bianche, come quella presente all’entrata della
stanza.
“Ok, vado avanti io!” si caricò
Simone che, a testa alta, superò con le sue lunghe leve l’ostacolo.
Dovuto alla tensione, ai presenti
inizialmente sembrò mancare la terra da sotto ai piedi. Poi si accorsero che
quella sensazione corrispondeva alla realtà. In un attimo, si trovarono
ammassati l’uno contro l’altro dentro una fossa comparsa dal pavimento.
Mentre una voce anonima si
lamentava sommessamente, colui che aveva fatto scattare quell’ennesima trappola,
a gran fatica, rialzò lentamente il busto.
“S-State tutti bene?”.
L’ammasso di carne umana che era
con lui, a poco a poco, si stava dividendo nei vari individui che lo
formava.
“Cazzo!” imprecò Sara “questa
volta dove abbiamo sbagliato?”.
“Temo che, in questo caso,
nessuno di noi abbia commesso un errore” ipotizzò Oscar, mentre si toccava
l’addome ferito.
“E allora come mai ci hanno fatto
questo?” domandò stizzita Rosa.
“Forse perché volevano
complicarci ancora di più il percorso” esclamò Roberto, finalmente tornato in
posizione eretta.
“Certo! Siccome fino ad ora era
stato tutto troppo semplice…” ironizzò polemico Marco.
Il più basso del gruppo, Stefano,
guardava in alto “E ora come facciamo a tornare lassù?”.
“Saranno almeno tre metri di
altezza” aggiunse Carla.
“Potrebbe essere piuttosto
complicato… anche per me…” sentenziò Andrea.
“Allora siamo proprio nei
casini!”sbuffò Silvestri.
Lo sconforto stava di nuovo
serpeggiando tra i membri del gruppo.
Da un po’ di tempo, la giovane
attrice stava squadrando tutta l’intera situazione in cui erano, letteralmente,
precipitati.
“Potremo metterci l’uno sopra
all’altro, tipo piramide umana…”.
“L’idea è decisamente
interessante, signorina, ma temo che molti di noi non reggerebbero, anche solo a
livello prettamente fisico” la frenò Testa.
A tali parole, lo stesso Orsi
osservava la condizione dei suoi piedi feriti.
“Quelli messi peggio li potremmo
mettere subito in cima. Almeno, una volta su, potrebbero aiutare gli altri a
scalare”.
“Il piano potrebbe funzionare…”
appoggiò l’iniziativa Noro.
“Ma, allo stesso tempo, ci
potrebbero essere delle complicazioni!” controbatté infuriato Sciullo.
“Comunque, è l’unica possibilità
che abbiamo!” gli urlò contro Rosa “E penso che Roberto dovrebbe stare alla base
della piramide, dato che è il più robusto di noi…”.
“Ti ringrazio per la fiducia,
tesoro” le ammiccò Santucci.
“Bene, facciamolo!” concluse
Sarti.
Sotto a tutti, ben piazzato con i
piedi per terra, vi era appunto il poliziotto. Sopra di lui, il soldato,
anch’egli in possesso di un fisico ben allenato. Come terzo componente, che
doveva fungere da ultimo gradino per la libertà, fu messo lo scienziato dato
che, dopo un’ultima analisi, era l’unico uomo in buona forma, tolto Lupo di cui
nessuno si fidava.
Il primo a salire fu il politico
che, nonostante ciò gli costasse gran fatica, riuscì a giungere in breve tempo
sul pavimento sovrastante.
Grazie a quel primo test, tutti
avevano constatato che il piano funzionava. Come prossimo scalatore, toccò al
calciatore.
Mentre raggiungeva il tutore
dell’ordine, però, come un lampo, scattò il ladro che, con enorme rapidità e
altrettanta leggerezza, raggiunse il più anziano della comitiva.
“Avanti gente! io starò quassù a
darvi una mano nel tirarvi su!” tutti erano ancora scettici “Forza! Fidatevi di
me!” insistette lui.
Dopo ciò, riprese il suo turno lo
sportivo e, proprio come promesso dal fuorilegge, quest’ultimo aiutò
l’infortunato nel farlo procedere con l’ultimo passo.
In seguito toccò a Rosa, spronata
da Roberto, a Marco, ancora polemico per quella scelta azzardata, a Carla, che
subito si precipitò a controllare lo stato di salute dei presenti, ed infine a
Sara che, con lo strofinamento involontario del suo seno sulla nuca di Stefano,
ne provocò una leggera eccitazione.
Ora era il momento dei tre che si
erano “sacrificati” per aiutare gli altri.
Noro fu il più semplice da tirar
su, grazie alle forze congiunte di Andrea e Marco.
“Ce la fa a reggermi ancora,
signore?” chiese un affaticato Simone.
“Tranquillo, sono una roccia!” fu
la risposta dell’interessato.
Saputo ciò, il militare fletté le
gambe, i cui piedi poggiavano sulle larghe spalle del poliziotto e, spiccando un
gran balzo, riuscì ad aggrapparsi con le mani al margine del pavimento.
Immediatamente, in suo soccorso, arrivarono il ladro e l’imprenditore.
“Ed ora con Roby come facciamo?”
domandò perplessa Silvestri.
“Io avrei un’idea” esordì il
ricercato “Però tutti voi dovrete fidarvi di me”.
Una volta spiegato il da farsi,
Lupo si sdraiò in posizione prona sul pavimento, il più vicino possibile al
margine della fossa. Gli altri si avvicinarono alle sue gambe, tenendogliele più
ferme possibile. Fatto ciò, l’uomo scivolò lentamente sulle mattonelle. Avendo
ormai la maggior parte del suo corpo nel vuoto, le sue speranze erano riposte
sulla forza della gente al di sopra di lui. Constatando la sua mancata caduta in
verticale, riuscì a concentrarsi sull’allungarsi il più possibile verso Roberto.
Una volta che i due si furono strette saldamente le mani, il gioco era
fatto.
Appena l’ultimo membro del gruppo
ebbe raggiunto gli altri, la porta si aprì come da programma.
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Capitolo 17 *** Corsa e nuoto ***
CAPITOLO 17
“Corsa e
nuoto”
“… Solo con la collaborazione
possiamo andare avanti” concluse il suo pensiero Oscar, mentre tutto il gruppo
era entrato nella nuova stanza.
Tommaso diede una rapida occhiata
all’ambiente “Questa sembra più grande del…” purtroppo il suo pensiero fu
interrotto da una violenta pallonata che, come un potente pugno, lo colpì in
pieno volto.
“Siamo sotto attacco!” urlò
Simone, sfoderando immediatamente la sua arma da fuoco.
“Aspettate un attimo…” richiamò
l’attenzione Rosa “sono solo dei palloni”.
Ad una più attenta osservazione
si poteva facilmente notare che, affacciato da un’apertura nella parete, vi era
un piccolo cannone, dalla cui bocca partì una nuova raffica di sfere.
I dieci si difesero come meglio
poterono da quel singolare assedio.
“Sembra assurdo ma, questa prova,
è la peggiore che ci sia capitata da quando siamo qua dentro!” esclamò Stefano,
mentre una palla lo andava a colpire sulla sua ampia testa.
“Eppure ci deve essere un modo
per fermarlo!” sbottò imbestialita Sara.
“Ci vorrebbe qualcosa per tappare
quel coso!” appoggiò la sua idea, Carla.
Il capo di Andrea scattava da una
parte all’altra del suo collo, cercando disperatamente qualcosa con cui mettere
in atto quel piano improvvisato. Poi tornò a fissare l’arma del soldato.
“Perché non provi con quel
fucile, Simone”.
La stessa compagnia di persone si
mise a fissare il possibile oggetto risolutore.
Il militare fissò l’unico di cui
rispettava gli ordini, Roberto.
“Ha ragione Lupo. Può essere la
nostra unica possibilità”.
“Sbrigati Simone!” gli sbraitò
contro Marco che, fin da subito, teneva fisse le sue braccia incrociate davanti
al volto.
L’interessato mosse i suoi primi
passi verso l’obiettivo. Accortosi di ciò, il cannone focalizzò la sua mira
verso colui che si stava avvicinando minacciosamente. Quest’ultimo respingeva le
pallonate usando la sua arma come fosse una racchetta da tennis.
“Fai attenzione, Simone” udì a
malapena la voce della dottoressa.
“Forza figliolo!” lo spronò
mentalmente il politico.
Rosa, invece, preferì
l’incoraggiamento verbale “Dai Simone, che ci sei quasi!”.
Ormai i palloni lo colpivano come
una pioggia torrenziale ma lui, abituato a situazioni ben più pericolose,
raggiunse la bocca da fuoco.
Aspettando l’attimo esatto in cui
la raffica si placava, con una rapida mossa infilò l’arma dentro il buco,
facendovi penetrare tutto il calcio.
Subito si allontanò rapidamente
per evitare che essa, a causa della spinta delle particolari munizioni che era
andata a bloccare, non schizzasse via come il tappo di una bottiglia.
Fortunatamente, non successe nulla del genere.
“Eh bravo il nostro Simo!” esultò
felice Silvestri.
“Tutte queste palle e non poterne
calciare neanche una…” sospirò triste Orsi.
“Pensavano di fermarci con così
poco…” fece inspiegabilmente lo spavaldo Noro.
“Che dite, proseguiamo?” domandò
ironica l’attrice, mentre si stava già incamminando.
Sarti si riunì al gruppo,
affiancando Santucci per comunicargli ”Missione eseguita, signore” concludendo
il tutto con un sincero sorriso.
“Ottimo lavoro, soldato!” fu la
risposta.
Il gruppo riprese la propria
marcia dentro quell’enorme stanza metallica. Il loro procedere fu però
interrotto poco dopo da un particolare stile di pavimentazione, a loro
recentemente noto.
“Ma stiamo scherzando?!” esclamò
sorpresa Sara “Di nuovo con queste mattonelle?”.
Tutti i presenti fissavano
inebetiti il pavimento davanti a loro.
Lo scienziato si avvicinò
all’imprenditore per sussurrargli all’orecchio “Erano quelle nere da evitare,
giusto?”.
“Sì, sempre che usino lo stesso
criterio della stanza precedente…” gli rispose un dubbioso Sciullo.
“E se ci fosse di nuovo una
botola?” ipotizzò Wilson.
“Dovremo affrontarla come abbiamo
fatto prima” le diede una risposta il calciatore.
Nonostante ciò, nessuno si
azzardava ad effettuare il primo passo.
“Perché, come prima, non vai
avanti te, Lupo?” propose il poliziotto, divertito.
“Fanculo sbirro!” sbottò il
fuorilegge “Perché invece non ci provi te, eh?”.
Alla fine, fu nuovamente il
militare a precedere il resto della comitiva “L’unica cosa certa, al momento, è
di utilizzare le mattonelle bianche”.
Come se andasse al rallentatore,
appoggiò leggermente la punta del piede a terra. Poi, a poco a poco, tutta la
pianta dello stivale. Non accadde nulla.
“Pare che vada tutto bene…”
azzardò Testa.
“Ok, vado anch’io!” partì
convinta Rosa.
Una volta al limite del tratto
pavimentato in bianco e nero, la giovane donna ripeté esattamente le stesse
mosse del soldato. Il risultato fu il medesimo.
“Bene, dai!” esclamò dopo un
sospiro di sollievo Sara “possiamo andare tutti!”.
Gli altri, anche i più
claudicanti, procedettero in quella particolare attraversata, con l’attrice che
era già più avanti di loro.
“Mi raccomando…” esordì il tutore
dell’ordine “Metteteci tutto il tempo che volete, ma siate certi di mettere i
vostri piedi sopra una mattonella bianca”.
“Meno male che ce l’hai detto
te…” lo sfotté il ladro.
“Vedi che mi ricordavo bene!”
parlava a bassa voce Noro “le mattonelle bianche!”.
“Con calma… con calma… con
calma…” ripeteva sistematicamente, più a sé che agli altri, Carla.
Improvvisamente, un suono
stridulo s’insinuò nell’aria. Il panico s’impossessò del gruppo.
“Chi è stato?” urlò isterica Rosa
Simone che, nel frattempo, aveva raggiunto l’altra sponda.
“Oh cazzo!” si sentì un
imprecazione anonima.
Tutti all’unisono si voltarono
verso Marco Sciullo.
Quest’ultimo tentò di scusarsi
“Mi sembrava fosse bianca…”.
I più lesti presero dunque ad
osservare, ciclicamente, il pavimento, le pareti ed il soffitto.
“Sembra tutto calmo…” osservò
Simone Sarti, nonostante rimanesse sempre all’erta.
Passò ancora qualche minuto,
nella più totale immobilità generale.
“Forse ci stanno prendendo per il
culo?” ipotizzò Sara Silvestri, continuando a squadrarsi tutt’attorno.
“Cerchi di moderare i termini,
signorina” la richiamò il più anziano della squadra.
“Che facciamo, allora?” riprese
Stefano Noro “Andiamo avanti?”.
Per tutto il tempo, Roberto
Santucci era rimasto in silenzio, con la mano ben salda sulla sua pistola
d’ordinanza.
“A questo punto, mi sorge un
dubbio…” disse.
Tornato a rilassare il proprio
corpo, iniziò a camminare con noncuranza.
“Fermo Roberto!” lo richiamò con
un urlo la dottoressa.
Con qualche passo, aveva già
pestato una decina di piastrelle scure. Tutte, una volta premute, emettevano il
loro caratteristico suono, illuminandosi al contempo. Dopo di ciò, però, non
accadeva assolutamente niente.
“Ci hanno fregato! Quei bastardi
ci hanno fregato!” proruppe stizzito Tommaso Orsi.
Tra le proteste generali, il
gruppo aveva superato quella nuova difficoltà senza danni, in una maniera
decisamente insperata.
“Anche questa è andata!” esultò
rasserenata l’attrice.
“Arrivati a questo punto”
concettualizzò Roberto “cercano di colpirci anche solo con semplici attacchi di
stress mentale”.
“Non hanno proprio pietà per
noi!” sottolineò il più stressato di tutti, Marco.
“E nemmeno per i miei piedi”
ricordò uno zoppicante Tommaso che, di tanto in tanto, si appoggiava alle spalle
di Simone.
“Abbiamo tutti i nostri
acciacchi, figliolo” aggiunse Oscar.
“E questo cos’è?” richiamò
l’attenzione di tutti la giovane bionda.
Essa stava picchiettando, con la
punta del piede destro, su una nuova tipologia di pavimento che, con gran
sorpresa, s’infossava con esso.
“Sembrerebbe gomma” ipotizzò
Stefano.
“Perfetto! Una nuova trappola!”
sentenziò l’altra bionda.
“Magari è innocuo come quello
prima” azzardò Andrea, mentre lo controllava egli stesso con il piede.
Il gruppo si era nuovamente
fermato.
“Cari compagni” esordì il più
anziano “non possiamo fare altro che proseguire, come abbiamo fatto finora”
concluse, facendo il primo passo.
Tutti seguirono il suo
esempio.
“Per i miei piedi è pure
confortevole” constatò il calciatore.
“Forse ci vogliono concedere un
po’ di relax…” ironizzò, con un sorriso finale, Silvestri.
“Io ancora non mi fido…”
polemizzò ancora Sciullo.
Come fosse stato un brutto
presagio, il suolo iniziò a muoversi, facendo deambulare all’indietro tutti i
presenti sopra di esso.
“Ma che diavolo?” imprecò
Lupo.
“Questo è… un tapis roulant!”
esclamò sorpresa più che mai la moretta.
Di colpo, tutti quelli che
avevano già effettuato qualche passo sopra di esso, furono rispediti
indietro.
“Ora pretendono pure che facciamo
un po’ di ginnastica?” ci scherzò su Santucci, tenendo le braccia larghe e le
mani appoggiate lateralmente alla sua vita.
“Beh, male non potrà farci”
sottolineò Wilson.
“Certo ci è capitato nella nostra
peggior situazione: molti di noi sono infortunati, altri non hanno un grande
stato di forma fisica…” spiegò Sarti, fissando per un attimo Noro, mentre
concludeva il suo pensiero.
“Cosa vorresti dire?” sbraitò
l’uomo di scienza, in evidente sovrappeso.
Improvvisamente, l’attrice partì,
cominciando ad attraversare quel nuovo ostacolo “Per me non è un problema, ho
passato ore sopra questi cosi per avere questo fisico”.
Il calciatore fissava in silenzio
la sua quasi coetanea “A questo punto, devo cercare anch’io di rimettermi a
correre”.
Detto ciò, iniziò ad aumentare la
frequenza dei passi. Ma i suoi piedi infortunati non lo ressero. Finito sdraiato
sopra il rullante, tornò dove era partito.
“Forse dovremo cercare di aiutare
i più bisognosi…” propose il giovane imprenditore.
“Bene. Allora Simone tu occupati
di Tommaso, io penso ad Oscar” ordinò il poliziotto.
“Sì signore!” rispose il
militare.
“Ma quanto gli piace dare
ordini…” sussurrò appena il ladro.
I nove si prepararono per questa
improvvisata corsa di allenamento, mentre Rosa li aspettava di già dall’altra
parte, riprendendo fiato.
Una volta partiti, come da
previsione, i quattro personaggi, accoppiati a due a due, erano in netto
ritardo. Nella medesima situazione, questa volta per cause da imputare
esclusivamente a lui soltanto, vi era pure Stefano. Nel contempo, Lupo stava
ormai raggiungendo il traguardo.
“Dai su! Forza ragazzi!” li
incitava l’attrice.
Anche Silvestri, spronata forse
da colei che sentiva sia come amica che come rivale, riuscì a raggiungere il
pavimento immobile.
“Anf… ricordatevi di inspirare
con il naso… anf… e di espirare dalla bocca… anf” Wilson cercava, nonostante il
forte fiatone, di dare i suoi consigli medici ai compagni.
Approfittando della potenza
muscolare delle sue braccia, Roberto, riusciva quasi a tenere sollevato il più
anziano del gruppo che, nonostante fosse alto quanto lui, era decisamente meno
fisicato.
Per quanto riguarda l’altro
accoppiamento, sia Simone che il claudicante Tommaso cercavano di offrire la
medesima prestazione. Ma, ancora una volta, i piedi malmessi dell’atleta
cedettero.
Mentre entrambi si accovacciarono
al suolo, Sarti si avvicinò all’orecchio di Orsi.
“Ti chiedo un favore Tommaso:
Impegnati ancora una volta, come sono certo sai fare, così possiamo superare
questo nuovo ostacolo, e raggiungere gli altri per, speriamo, riposare”.
Il volto del centrocampista era
contratto dal dolore “D’accordo!”.
Dopo appena qualche secondo, la
coppia si rialzò e, con una velocità inaspettata, riuscirono ad unirsi
nuovamente a tutti gli altri. Tutti tranne uno.
Stefano Noro, sudato come se
stesse correndo ad una maratona, stava perdendo la sua sfida con la macchina.
“Non ci credo!” esclamò Andrea
Lupo “Come fa a rimanere lì?”.
“Ehi gente!” richiamò
l’attenzione di tutti Rosa Simone “Guardate qua!”.
Tutti si voltarono dall’altra
parte, trovandosi davanti una lunga piscina, fortunatamente allungata non nella
direzione che dovevano seguire loro.
“Una bella nuotata è proprio ciò
che serve alle mie stanche ossa” disse un sollevato Oscar Testa.
“E per quello sfigato cosa
facciamo?” chiese al gruppo Sara Silvestri, indicando con il pollice lo
scienziato, ancora impegnato con la corsa sul tapis roulant.
“Ci penso io!” urlò Marco
Sciullo, scattando a soccorrere l’amico.
Con questo importante aiuto, i
dieci erano di nuovo tutti insieme.
“Proprio quello che mi serve: una
bella piscina rilassante!” esclamò entusiasta il calciatore.
“Sicuro di farcela da solo?” gli
domandò il soldato.
“Certo! L’acqua annullerà il mio
peso e farà riposare i miei piedi” gli spiegò lo sportivo.
D’un tratto, un pensiero illuminò
lo sguardo del tutore dell’ordine.
“Se volete, ragazze, potete anche
togliervi qualche vestito, per effettuare meglio la nuotata…”.
La risposta della giovane attrice
fu “Porco!”.
“Col cazzo che lascio i miei
vestiti qui!” aggiunse la bionda.
“Cos’è? Avete paura che ve li
rubino?” le sfotté l’esperto in queste attività.
Ancora una volta senza proferir
parola, l’imprenditore si tuffò in acqua, cogliendo tutto il gruppo di
sorpresa.
“Bene, signori” riprese parola il
politico “Possiamo entrare in acqua anche noi”.
Quasi tutti, a parte gli
infortunati, si tuffarono in bello stile. L’unico che esagerò fu lo scienziato
che, preso da una strana euforia, si buttò a bomba.
“Era proprio necessario tutto
questo casino?” lo richiamo stizzita Rosa.
“Rilassati Rosa” le consigliò il
calciatore.
“Come siamo acide…” la canzonò
Sara.
“Scusatemi” parlò, una volta
tornato a galla, Stefano “Ma ci voleva proprio una bella nuotata!”.
“In effetti, è strano che ci
concedano tutto questo relax…” pensò ad alta voce Roberto.
“Forse si stanno stufando anche
loro” ipotizzò Andrea, mentre nuotava a dorso “Oppure presto ci faranno
secchi…”.
Queste ultime parole fecero
rabbrividire il resto della squadra.
“Possiamo provare a pensare
positivo?” esclamò stizzita Carla.
Detto ciò, la dottoressa fu
investita da un grosso schizzo d’acqua.
“Ha ragione Carla” disse l’altra
bionda della comitiva, autrice di quello scherzo “Ed io conosco un bel modo per
farci tranquillizzare tutti…”.
Nel giro di qualche secondo,
tutti i membri iniziarono a spruzzarsi addosso più acqua possibile. Lo stesso
Oscar, la persona più vecchia del gruppo, si divertiva a prender parte a quel
gioco infantile. Roberto cercava di bagnare il più possibile Rosa, nella
speranza di osservare più trasparenza possibile nella sua maglietta bianca.
Wilson si presa la sua vendetta su Silvestri, mentre anche Andrea e Marco
parevano liberi da ogni cattivo pensiero. Il più confusionario si confermò
Stefano, riuscendo a schizzare più gente possibile. Anche Tommaso si dimenticò
dei suoi infortuni.
Dopo un lazzo imprecisato di
tempo, la fatica, seppur condivisa con la gioia, prese possesso dei sette uomini
e delle tre donne.
Sara, mentre riprendeva fiato, si
mise ad osservare freneticamente il soffitto, come alla ricerca di qualcosa
“Ancora nessun richiamo?”.
“Davvero strano…” concordò la
moretta.
“In ogni caso, ci conviene uscire
dall’acqua” propose un guardingo Simone.
“Hai ragione, Simone. Meglio non
tirare troppo la corda…” aggiunse Roberto.
“Se non altro abbiamo dove
sistemarci!” informò gli altri Marco con la sua erre moscia, indicandogli un
punto davanti a lui.
Tutti si voltarono e videro
esattamente dieci sedie, ben saldate al pavimento, disposte tutte attorno ad un
tavola dalla forma rotonda.
“Almeno potremo rifiatare un
momento” ipotizzò un affaticato Orsi.
Con grande lentezza, la compagnia
uscì dalla piscina per accomodarsi in quell’improvvisato posto di ritrovo.
I dieci attesero lì per delle
ore, venendo riforniti di cibo e, per quanto riguarda Lupo, di sigarette,
trovati dentro ai soliti vani comparsi, come per magia, dalle pareti metalliche
della stanza.
Improvvisamente la porta di
uscita, situata a qualche metro da loro, si aprì, travolgendoli con una luce
accecante.
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Capitolo 18 *** Epilogo ***
CAPITOLO 18
“Epilogo”
Le pupille dei dieci dovevano
ancora abituarsi a quell’enorme fonte luminosa quando, improvvisamente, udirono
una sguaiata voce femminile urlare.
“… E finalmente riusciamo a
conoscere i nostri fantastici concorrenti!”.
A poco a poco, la loro vista
iniziò ad adattarsi alla luce, facendoli trovare di fronte ad un nuovo muro.
Qualche secondo ancora e si accorsero che questa volta la parete era di
tutt’altro genere, rispetto alle precedenti. Carne ed ossa avevano sostituito il
freddo acciaio.
La voce di poco prima tornò a
parlare “Benvenuti ragazzi! So che ancora dovrete riprendervi da questo piccolo
shock…”.
La platea di persone applaudiva
sempre più rumorosamente.
“M-ma dove siamo?” sillabò una
spaesata, come il resto del gruppo, Sara.
“Bene signori, è giunto il
momento di svelarvi l’arcano…” finalmente a quella stridula voce fu associato un
volto.
Una donna che, nonostante tutti i
trucchetti televisivi possibili, dimostrava i suoi più che quarant’anni, capelli
castani con meches biondi, occhi pieni di mascara, labbra gonfie di natura
alquanto sospetta e seni del medesimo aspetto.
“L-Lei chi è?” chiese timidamente
Stefano, colpito da quel fascino tutto abbondante.
A dargli risposta ci pensò una
alquanto sorpresa Rosa “Sbaglio o lei è Barbara Pantano?”.
“Esatto, mia cara!” strillò
esaltata l’interessata “Sono felice di essere riconosciuta da una giovane e
bella artista come te, così piena
di talento!”.
“Scusi un momento…” richiamò
l’attenzione di tutti Roberto “Ci può spiegare cosa sta succedendo qui?”.
“Oh, giusto!” esclamò lei, con
una faccia così falsamente colpevole “Scusate questa mia mancanza. Dunque,
signori, sono lieta di annunciarvi che, voi dieci, siete stati i primi
concorrenti del più innovativo reality show che si potesse creare”.
“Prego?” fece Marco, con gli
occhi ancora sgranati dallo stupore.
“In parole povere, voi avete
preso parte ad un programma televisivo intitolato “Box” dove, come avete potuto
appurare in prima persona, dieci personaggi famosi, totalmente all’oscuro di
tutto, vengono presi e messi dentro ad una complessa struttura di stanze, al cui
interno si possono trovare le più disparate prove da superare per raggiungere,
infine, il simbolico traguardo rappresentato dal nostro studio”.
“Mi perdoni, signora” si fece
avanti Oscar, il quale stava seriamente rischiando di perdere la sua proverbiale
calma “Tutto ciò è avvenuto senza il nostro consenso?”.
“Non mi dia della signora che
sennò mi fa sentire più vecchia di quanto in realtà sono…” risatina sarcastica
“Comunque, per rispondere alla tua domanda, in effetti non abbiamo avuto
ufficialmente il vostro consenso per iscritto ma, e di questo vi posso
assicurare, i vostri familiari erano costantemente informati del vostro stato di
salute, anche solo guardando le nostre puntate settimanali…”.
Ancora più infuriata si presentò
Carla “Senta, a proposito della nostra salute, ma non eravate preoccupati che,
dato le vostre, come le ha chiamate lei, “prove”, qualcuno di noi potesse farsi
decisamente male?”.
“Di questo potevate stare
tranquilli. Tutti i nostri marchingegni, compresi i vari droni utilizzati, erano
sempre costantemente tenuti sotto controllo dai nostri preparatissimi tecnici
presenti in regia” assicurò la presentatrice, indicandogli svogliatamente
l’ipotetica direzione della sala dei bottoni.
“E per quanto riguarda il gas
verde?” insistette Simone.
“Era assolutamente innocuo”.
I partecipanti caddero in uno
shockato mutismo.
“M-Ma tutto ciò” prese parola
Tommaso “a cosa c’ha portato?”.
“Ti ringrazio dell’osservazione”
riprese la parola la presentatrice “perché, finalmente, è giunto il momento
tanto atteso della serata: La premiazione!”.
Uno sfolgorio di luci e suoni
accolse quella così roboante presentazione.
“Premiazione?” domandò dubbioso
Andrea.
“Esatto! Poiché, data la vostra
straordinaria tenacia, nonché il vostro perfetto gioco di squadra, ognuno di voi
riceverà in premio un’incredibile occasione da prendere al volo!”.
La compagine era sempre più
allibita, vedendo quella donna così esaltata e, nel contempo, tutto quel
chiassoso pubblico che le andava fedelmente dietro.
“Dunque direi di cominciare dalla
mia affascinante collega…” detto ciò, Barbara si avvicinò alla giovane
attrice.
“Rosa Simone” riprese la donna
“il tuo premio consiste in…”.
La ragazza la fissava come se lei
stessa fosse sospesa nel vuoto.
“La parte di protagonista del
film “La chiesa insanguinata”, del regista Jobe Cunniven e di prossima
produzione!”.
L’artista rimase inizialmente
spiazzata “Sul serio?”.
“Assolutamente! Complimenti cara”
le rispose con falsa gioia.
Gli altri non sapevano se
applaudire, come stava facendo la massa anonima nella platea, o chiedere
ulteriori delucidazioni alla signora Pantano.
Quest’ultima, conclusa
l’acclamazione del pubblico, riprese il suo show “Ed ora direi di passare ad un
baldo giovane…” spostandosi vicina alla sportivo del gruppo.
“Caro Tommaso” esordì,
appoggiandogli una mano delicata sulla spalla “ci dispiace per il tuo infortunio
ma, credimi, ciò che sto per dirti ti farà scomparire tutto il dolore che
senti”.
Il calciatore che, essendo ancora
claudicante, continuava ad appoggiarsi al militare, la fissava stranito.
“Infatti il tuo premio è…” altri
secondi di studiata suspense “Un contratto da professionista con il Lecce
Calcio!”.
Tra i nuovi schiamazzi generali
il centrocampista riuscì appena a bisbigliare “C-Come? Il Lecce? Soltanto il
Lecce?”.
“Temo si stia superando il
limite…” tentò di opporsi inutilmente il politico.
“Ma con l’infortunio come farà?”
aggiunse la dottoressa.
Di fatti la presentatrice riprese
ad interpretare la sua professione “Ma ora direi di spostarci verso il vero
fusto del gruppo e, inoltre, il mio preferito! Inutile che lo nasconda…”.
Il poliziotto si trovò
improvvisamente a fissare il suo sguardo suadente mentre lei, con le sue
generose forme, cercava di strusciarsi il più possibile sul suo corpo
statutario.
“B-Beh…” riuscì a proferir parola
lui “Se non altro, hai gusto per gli uomini”.
L’arrapata emise una risata
insopportabile.
“Per te, caro il mio omaccione,
ho qualcosa di davvero fantastico…” riprese Barbara, leccandosi appena le labbra
con la punta della lingua “una collaborazione di un anno con l’International
Police, noto corpo di polizia riconosciuto seriamente a livello
internazionale!”.
Questa volta, il frastuono fu
tale che le pareti dello studio sembrarono vibrare.
“Sono proprio curioso di vedere
cosa possono darmi che io non abbia già” una volta uscito da quell’incubo, la
superbia si era di nuovo impossessata del giovane imprenditore.
“Io spero proprio che mi mettano
a lavorare in qualche laboratorio di robotica” gli confessò all’orecchio lo
scienziato eccitato.
La presentatrice sorrideva ed
applaudiva come se fosse sotto effetto di stupefacenti.
Dopo aver ripetuto due o tre
volte la parola “Fantastico” riprese la premiazione “Dopo questa, direi che
possiamo passare a colui che è considerato la tua vera e propria nemesi…”.
Qualcosa questa volta non
funzionò. Improvvisamente, Barbara Pantano, con occhi sbarrati da matta, cercava
da tutte le parti il soggetto in questione.
“D-D-Dov’è andato?” poi,
rivolgendosi al pubblico “Scusate un attimo signori, c-credo si sia verificato
un incidente tecnico…”.
Anche le persone uscite da quella
diabolica struttura sembrarono inizialmente preoccupati da tale scomparsa ma,
allo stesso tempo, conoscevano anche troppo bene il fuorilegge.
“Scusate, signori” la donna di
spettacolo si rivolse proprio a loro nove “Dov’è andato Andrea? Non era anche
lui qui con voi?”.
Gli interessati si trincerarono
in un assoluto silenzio.
“Io so dov’è andato”.
Con uno scatto del capo, reso
evidente dallo spostamento della folta chioma laccata, la presentatrice fissò il
punto da cui era provenuta quella voce.
Con un ghigno beffardo, Sara le
diede la risposta “Penso sia andato a cambiare canale…”.
In camera di regia, gli occupanti
erano nel caos più totale. Tutti alla spasmodica ricerca del soggetto,
utilizzando le svariate telecamere presenti nello studio televisivo.
“Dov’è finito quello stronzo”
urlò uno.
“Cercatelo! Cercatelo!” ribatté
un altro.
Anche se appena udibile, lo
scricchiolio del tamburo di una pistola caricato fece zittire chiunque.
Il ricercato era proprio davanti
a loro, con la pistola puntata contro di essi.
“Chi è il regista?” urlò ai
presenti l’uomo con la giacca verde.
Questi ultimi, evitando qualsiasi
atto di coraggio, indicarono all’istante una persona seduta davanti a
quell’enorme distesa di monitor. Lui, con le cuffie ancora in testa, aveva la
mascella che tremava dal terrore.
“Complimenti… con questo schifo
vincerai di sicuro un premio!”
BANG.
SI STANNO VERIFICANDO DEI PROBLEMI TECNICI
CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO
FINE
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