We make a family, yes?

di Sebs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il sabato sera era dedicato alle feste, a cui ci si preparava il venerdì sera precedente.
Delphine trovò un biglietto firmato da Alison che le chiedeva se per quella sera era confermato lo shopping. Non si erano incrociate, e avevano avuto lezioni differenti.
Arrivata in mensa, la vide agitare un braccio, liberandosi dalla presa di Donnie, il suo ragazzo.
-Buongiorno, Delphine!
-Meglio buon appetito, direi...
-Donnie! Sai che queste cose non si possono chiamare "pranzo". Almeno oggi non abbiamo gli allenamenti con le cheerleader...
Delphine annuì, scuotendo i suoi boccoli. Alison era sua amica da quando avevano iniziato il liceo, due anni e mezzo prima, e la prima vera amica che non la prendesse in giro per il suo accento francese e per alcuni sbagli qui e lì nella grammatica. Donnie, invece, era il ragazzo di Alison da quell'estate.
-Allora, finito qui andiamo a casa, molliamo i libri e andiamo a comprare qualcosa per domani sera, d'accordo?
Da quando si era trasferita nella casa vicina a quella di Alison, Delphine era stata catapultata nella società di quella piccola cittadina e in tutte le feste possibili: sabato sera, brunch domenicali... Alison adorava essere al centro dell'attenzione, e voleva essere la più splendente, in ogni occasione. A Delphine andava bene così, era una ragazza riservata e si godeva l'ombra che le forniva la popolarità di Alison.
-Bene, allora -stabilì Alison, finito il pranzo. -Ci vediamo all'uscita!
 
All'uscita, però, Delphine trovò un messaggio di Ali sul cellulare, che le diceva che era uscita prima e che era già al centro commerciale con Donnie e un loro vecchio amico.
Delphine si avviò verso casa, poco lontana dalla scuola, poggiò i libri e si cambiò (la divisa era carina finché rimanevi a scuola, circondata da gente costretta allo stesso supplizio).
Iniziò a girare nel centro commerciale, aspettando che Alison rispondesse al cellulare, quando la vide in un negozio di occhiali, con un vestito rosso e calze e sciarpa nere.
Si avviò all'interno del negozio, ma non notò che i capelli non erano minimamente simili a quelli di Alison.
-Ali!
La ragazza dapprima non si girò, ma poi lo fece. Strizzò gli occhi e indossò i suoi occhiali, una montatura squadrata scura. Sorrise, e Delphine sentì un pugno all'altezza dello stomaco.
-Mi hai confuso con qualcun'altro -disse lei, sorridendo.
Delphine scosse la testa. -Sì, giusto. Scusami.
-Io sono Cosima -continuò la ragazza, nel momento in cui vide Delphine girarsi. Le tese la mano.
Delphine sentì qualcos'altro, allo stomaco. Sollievo, magari?
D'altra parte, Cosima non era una tipa che faceva amicizia al supermercato. Era solare, certo, ma non così tanto da attaccare discorso con chiunque. Ma c'era qualcosa in quella ragazza che la faceva sentire... confusa, sì, l'unico aggettivo adatto.
La ragazza strinse la sua mano. -Delphine -disse, con un inconfondibile accento francese.
Cercò disperatamente qualcosa da dirle, qualunque cosa, ma non riusciva a fare altro che sorridere come un'idiota.
-Sei nuova, in città? -chiese Delphine, e Cosima riprese a sorridere. A quanto pare, anche l'altra ragazza non voleva andarsene... O semplicemente era gentile.
-No, abito vicino la collina.
-Non credo di averti mai vista a scuola.
-No, infatti, studio da privatista. Dovrei essere, vediamo... al terzo anno.
Delphine sorrise. -Allora abbiamo la stessa età.
Rimasero a fissarsi e a sorridere, quando Delphine si decise a chiedere: -Hai una cugina che si chiama Alison?
Cosima inclinò la testa. -No, perché?
-Ho un'amica che ti somiglia in modo pazzesco. Tranne per i capelli.
Cosima prese un dread con la punta delle dita.
-Non che non siano belli, anzi, sono davvero lunghi!
-Già... Io ora devo andare, magari...
-Magari ci incontriamo ancora.
Si sorrisero, e Cosima uscì dal negozio. Delphine avrebbe voluto inseguirla, ma per dirle cosa? E magari non sembrando una maniaca.
Così la lasciò andare via, continuando a seguire il suo profilo senza non farsi notare.
 
Felix e le sue sorelle acquisite, Sarah ed Helena, stavano scaricando gli scatoloni che contenevano tutto ciò che avevano le gemelle in Inghilterra.
Un paio di anni dopo che il padre di Fee e la madre delle sorelle si erano incontrati dopo una decina d'anni dall'ultima volta, al college, avevano deciso di sposarsi e di andare a vivere in America.
Per le sorelle era stato un po' complicato e triste lasciare l'Inghilterra, ma l'entusiasmo di Fee le rallegrava.
Felix si era immaginato due londinesi con la puzza sotto il naso come le sue cugine, ma aveva trovato due ribelli, ognuna a modo loro: Sarah era nella cosiddetta "fase ribelle adolescenziale":in cui vestiva integralmente di nero anche quando c'erano quaranta gradi all'ombra, mentre Helena era più che altro una radicale: partecipava a cortei e a petizioni, sventolava bandiere e firmava petizioni.
Felix, d'altra parte, si sentiva un artista: aveva le pareti della sua camera tempestate con diversi quadri, alcuni su tela, altri direttamente sul muro. Il risultato era un ambiente colorato e perennemente incasinato.
Sarah fu felice di essersi trasferita in un paesino freddo, perché odiava il caldo, tutto il contrario di Helena.
La loro nuova casa, poco lontana da una collina, aveva tre piani, uno di questo era completamente lasciato all'arbitrio dei ragazzi, mentre l'ultimo era per la camera matrimoniale, lo studio del padre di Fee (avvocato) e lo studio della madre delle gemelle, che lavorava on-line.
-Che ne dite se vi faccio vedere la scuola? Ci sono diversi corsi. C'è un gruppo di arte e vari sport, e uno di giornalismo e la band.
-La band? -chiese Sarah. -Non avranno stupide divise con i colori della scuola?
Fee rise. -Certo. Ma ci sono anche i tipi che non fanno altro che fumare e ascoltare rock che si iscrivono. Ci sono diverse chitarre e una batteria, se non sbaglio. Helena, magari potresti provare quello di arte, e poi ti dai un'occhiata in giro...
I tre fratelli si avviarono verso la scuola, che era ancora aperta per la ultime ore del pomeriggio.
Andarono in segreteria a controllare le loro iscrizioni, e poi chiesero dei corsi.
Sarah insistette per vedere l'aula di musica, così li lasciò a se stessi e corse dove gli aveva indicato Felix.
Helena aveva voglia di mangiare, così tornò all'ingresso a prendere qualcosa alle macchinette, e Felix rimase solo.
-Felix! Sei tu!
Non fece in tempo a girarsi, che si trovò una ragazza al collo e metà dei suoi capelli biondo cenere in faccia.
-Alison!
Felix era il migliore amico di Alison, prima che arrivasse Delphine. Poi Fee dovette trasferirsi in Inghilterra per il lavoro del padre, che lì incontrò la madre delle gemelle.
Prima di partire, Felix abitava nella casa che ora era della famiglia di Delphine, e lui e Ali erano inseparabili.
-Quando sei tornato dall'Inghilterra?
-Da pochissimo, il tempo di una dormita. Ti avrei chiamata finita la giornata di scuola, volevo farti una sorpresa.
-Ricordi di Donnie, Felix?
-Certo, come potrei dimenticare il ragazzo con cui mi hai ossessionato per tutta l'ultima estate prima del liceo?
Dopo che Alison si sistemò i capelli lisci indietro, Felix sentì che il mondo iniziava a girare.
-Ali? Non è che hai cugine in Inghilterra?
-Come? Perché?
Helena arrivò alle spalle dei fidanzatini con dei pacchetti di M&M's in mano.
-Salve.
Ad Alison sembrò di guardarsi in uno specchio, solo che l'altra ragazza aveva dei capelli riccissimi e una felpa larga.
-Dobbiamo parlare di questa storia -concluse Fee. 




Angolo dell'autrice
Salve a tutti! Questa è la prima fanfiction che scrivo in questa sezione, e mi attirava l'idea di vedere le ragazze al liceo.
Sarà un po' diversa dal telefilm vero e proprio, visto che sono delle ragazze e che, comunque, è un Alternative Universe!
Spero vi piaccia, e, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Sebs

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sarah riuscì a trovare l'aula della musica, e bussò, per evitare di trovare qualche lezione in corso.
Nessuno rispose, così si decise ed entrò.
C'era una batteria che regnava sovrana, e più in là, nell'altra metà della stanza, un pianoforte. Vicino alla batteria, dei piedistalli con chitarre elettriche e un paio di bassi.
C'erano anche due ragazzi, uno con una cresta schiacciata verde e uno con i capelli castani così lunghi che coprivano le orecchie.
-Ciao. Tu sei...? -chiese il tizio con la cresta.
-Sono Sarah. Inizio la settimana prossima, ma volevo vedere l'aula.
Entrò e chiuse la porta. Prese in mano uno dei due bassi e controllò che fosse accordato, incurante degli altri due.
-L'ennesima fissata con Vicious, per caso?
Sarah si voltò verso il Capellone, che guardava la schiena della sua maglia, dove c'era stampato "Sex Pistols".
-Non sono affari tuoi.
Andò vicino al piano e suonò un la per accordare meglio lo strumento.
-La ragazza ci sa fare -disse Cresta.
-Ehi, non credere che sia sorda.
-Ragazza, io sono dalla tua. Non ce la facevo più a sentire il signorino parlare di Kurt Cobain.
-Sapete suonare, oltre che dare fiato alla bocca?
-Certo. Cal suona la chitarra, e io la batteria. A dire il vero, Cal suona anche... il violoncello?
Cal il capellone guardò storto Cresta e annuì.
-E tu, invece?
-Piano e basso. Come hai detto che ti chiami?
-Jerm. Jeremy.
-Che nome carino.
Sarah sentì la tasca vibrare, e rispose al telefono. Felix le diceva di andare all'entrata, e sembrava spaventato.
-Ci vediamo. Cresta Jerm, Cal il Capellone.
Portò due dita alla tempia e li allontanò, come un saluto militare; poi sparì nel corridoio.
 
Dopo più di un'ora, appena era uscita quella ragazza con il vestito rosso dall'ottica, Alison richiamò Delphine.
Erano al McDonald in fondo al centro commerciale, e così si avviò.
Arrivata lì, non trovò solo Alison e Donnie e il loro "vecchio amico". C'era una folla.
-Salve...
Alison si alzò in piedi, e i visi dei tre sconosciuti si voltarono verso Delphine.
-Delphine, vieni qui, ti ho tenuto il posto. Lui è Felix, abitava dove abiti tu adesso. E loro sono le sue sorellastre, Sarah ed Helena.
Quando si sedette e alzò lo sguardo, si trovò davanti due ragazze, una bionda e una bruna, con gli stessi tratti somatici di Alison. E di Cosima, la ragazza con gli occhiali e i dread.
- Mon Dieu...
-Già, lo so. Prendi un po' di aranciata.
Delphine pensò che Alison dovesse essere davvero sconvolta per dimenticarsi della dieta.
-Siete parenti?
Le tre ragazze scossero la testa. Doveva dir loro di Cosima, ma l'unica cosa che riusciva a pensare era quanto fosse strano avere davanti a sé due versioni stralunate della sua migliore amica.
-Noi due siamo gemelle, ma non avevamo mai visto Alison prima d'ora.
Delphine si guardò le mani.
-Non mi sono neanche presentata. Io sono Delphine.
La versione rock di Alison si chiamava Sarah, la versione hippie Helena. E Felix era il ragazzo, loro fratello.
Le loro voci erano diverse. Alison aveva una voce più acuta, e Helena aveva la voce più baritonale. E Sarah l'aveva roca, magari fumava. Cosima, invece, aveva la voce più bella, tra tutte.
Rimasero in silenzio, alcuni con lo sguardo basso. Delphine scrutava ognuno di loro. Era magnifico come ognuna fosse così diversa dalle altre.
Sentì ancora salire il dovere di confessare di Cosima, ma voleva tenerla per sé, un piccolo segreto, come un piccolo gioiello.
-Potremmo controllare in biblioteca, o i certificati di nascita...
Un'idea venne in mente a Delphine. -Potremmo provare con il DNA.
-E come?
-Non ne ho idea.
 
Tornati a casa, Fee, Sarah ed Helena andarono nella camera di Felix. Le pareti confusionarie rendevano alla perfezione come si sentivano in quel momento. Svuotati, confusi, impauriti. Poteva essere solo una strana coincidenza? Si diceva che nel mondo ci sono sette sosia, magari loro avevano solo trovato uno dei loro. Uno scherzo della genetica, come aveva detto Delphine. Anche se non ci credeva neanche lei. E avevano bisogno di un esperto in scienze, per poterlo provare.
-Com'è l'aula di musica?
-Carina. C'è un piano e una batteria. E varie chitarre.
-Sembra bella.
-Il paradiso.
-Quindi non c'era nessuno?
-Due idioti. Mettiamo in ordine le altre camere?
Se la camera di Felix era un miscuglio di colori, quella di Sarah era un miscuglio di band di ogni genere musicale e quella di Helena era un'accozzaglia di campagne per questa o quella causa, e diverse foto di cortei a cui aveva partecipato.
Fatto stava, che quelle camere erano comunque più ordinate dei pensieri dei tre fratelli.
 
Donnie rimase con Alison a cena, accarezzandole la schiena. Sembrava davvero sconvolta.
-Come è possibile, Donnie? Ho fatto ricerche e ricerche e non ci ho capito nulla. Non ci sono altri Turner*, e neanche dei Manning nella nostra famiglia. Non ne ho una minima idea.
Passarono così tutto il sabato, poi Donnie propose ad Alison di uscire, solo loro due, per prendere un po' d'aria e fare un giro. Svagarsi.
Alison aveva sorriso e lo aveva baciato; poi erano usciti, vestiti eleganti.
 
Delphine andava a scuola in bicicletta, a volte, nonostante non fossero lontane.
Le era sempre piaciuto andare in bicicletta, forse perché le ricordava l'infanzia.
Così, quel sabato mattina si trovò ad andare a comprare la colazione in bici. La pasticceria dove era solita andare quella mattina era chiusa, così girò la bici e ne cercò un'altra. Ma, quando entrò nella pasticceria, sentì una voce familiare che si rallegrava per i cornetti alla cioccolata che erano appena usciti.
-Cosima?
-Delphine, ciao! Cosa ci fai qui?
-Compro la colazione, credo tu stia facendo lo stesso...
-Sì, certo. Cosa prendi?
-Croissant al cioccolato anche per me.
-Perfetto, due, allora. Sono anni che vengo qui, e non ti ho mai incontrata.
-La verità è che la pasticceria vicino casa è chiusa oggi, e ho trovato questa. Strano, non credi?
-Bizzarro, sì.
-Ci sediamo qui davanti?
Si sistemarono all'ombra di un tendone bianco, e Delphine sistemò la bici nei braccioli della sedia.
Parlarono del più e del meno, e poi andarono più sul personale.
Delphine scoprì che Cosima era figlia unica, e che i suoi genitori erano due giudici che mancavano molto spesso da casa. Nonostante ciò, lei aveva una passione per le scienze, e voleva fare la ricercatrice.
Cosima scoprì che Delphine era la sorella minore, che era lì da tre anni e che voleva fare medicina, una volta finita la scuola, senza nessun motivo particolare.
Dopo una battuta rimasero a guardarsi in silenzio, e una folata di vento scosse il tendone.
Cosima rise dei capelli sconvolti che andavano anche sugli occhi di Delphine.
-Sembri uno di quei cuccioli con i peli davanti agli occhi.
-Non ti succede mai, che fortuna.
Delphine tirò indietro i capelli, e Cosima la aiutò.
Scostò un ultimo ciuffo, e non riuscì a staccare gli occhi da quelli di Delphine, che erano di un nocciola davvero...
Scosse la testa e abbassò lo sguardo.
-Magari possiamo incontrarci orgnizzandoci, una volta.
Cosima alzò lo sguardo. -Certo, sì. Dammi il tuo numero.
Passò il telefono a Delphine, che fece lo stesso. Segnò il suo numero, e si salutarono.
-Magari... Domani sera, o la prossima settimana.
-Certo -disse Cosima, entusiasta per come andavano le cose. -Ne sarei davvero felice. Ci sentiamo.
Si salutarono baciandosi sulle guance. Delphine prese la sua bicicletta e andò via sorridendo.
Cosima la guardò andare via, sperando di non essere delusa dalle aspettative.




*Nota: Hendrix è il cognome di Donnie, e diventa quello di Alison quando si sposa con lui, così ho deciso di darle uno nuovo, per far quadrare la storia

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ricominciata la settimana, si misero d'accordo per vedersi e andare tutti insieme a scuola.
Prima erano solite vedersi solo Alison e Delphine, abitando vicine e approfittandone per allenarsi per migliorare nelle cheerleader: si svegliavano presto, facevano una corsa dell'isolato, e poi andavano a fare colazione, lavarsi e prepararsi per la scuola.
Ma quella mattina era come se... Come se il mondo si fosse fermato.
-Avete avuto qualche idea? -chiese Alison alle gemelle.
-No, niente di che.
Felix scorse Donnie dietro l'angolo e Alison gli corse addosso. Non ricordava fosse così espansiva.
Alison e Donnie si rincorrevano dal primo anno delle superiori, ma solo Felix sapeva che Ali gli correva segretamente dietro sin dalle medie: Delphine era stata fortunata, pensava Felix, perché non si era dovuta sorbire i pianti senza senso di Alison. Se Helena o Sarah avessero saputo quei retroscena sarebbero state capaci di prendere a schiaffi Alison, dicendole di svegliarsi.
Ma Fee non diceva niente, tranne per quelle rare volte in cui lanciava qualche frecciatina ad Ali, frecciatine di cui solo loro capivano il senso.
La realtà era che, mentre in Inghilterra era stato più libero e meno preoccupato di ogni cosa che diceva o faceva. La sera prima di partire per l'Europa, mentre piangeva con Alison per la separazione, era sollevato di lasciare quel paesino dove una linea di eye-liner faceva scalpore.
Con le gemelle era andato addirittura in un locale per omosessuali a Londra, e lì nulla era strano, tutti pensavano solo a divertirsi. E Felix, per la prima volta in vita sua, non si era sentito in colpa per ciò che era.
Quando poi aveva saputo che sarebbero tornati a casa, si era sentito morire. Era stata Helena a dirgli che doveva fregarsene, e che se voleva indossare i suoi pantaloni di pelle o l'eye-liner a scuola, poteva farlo.
-Che si fottano tutti gli altri! -gli aveva detto. E quello era diventato il suo nuovo motto.
Helena era quella con cui era più timoroso di parlare: mentre con Sarah era stato amore a prima vista, con Helena era sempre stato più reticente, perché si comportava come una bambina e un'adulta in un arco di pochi secondi. Però poi lo aveva aiutato a uscire allo scoperto, e si era legato anche a lei. Anche se a volte credeva ancora che fosse un po' suonata.
Comunque, era felice di vedere Alison finalmente con quel ragazzo, e aspettava il giorno in cui sarebbe successo anche a lui, ma nel frattempo partecipava ai cortei con Helena.
 
Alison si era accorta di essere "vagamente interessata", come diceva all'inizio, di Donnie Hendrix quando erano stati messi vicini da un professore delle medie. Da quel giorno, aveva iniziato a pianificare ogni cosa nel minimo dettaglio. Ma se inizialmente era solo un piano per conquistare Donnie, alla fine era diventato un piano per diventare popolare alle superiori. E, anni dopo, eccola lì, sulla cresta dell'onda, esattamente come aveva pianificato.
Felix era il suo più vecchio amico, il fratello che non aveva mai avuto, e non si era fatta mai nessuna domanda su alcuni dei comportamenti che teneva, ma quella mattina, dopo che lo aveva visto con degli jeans stretti e gli occhi truccati, aveva iniziato ad intuire.
Inizialmente ci era rimasta di stucco. Felix? Il suo vicino di casa? Come aveva fatto a non capirlo a suo tempo?
Ciò che la preoccupava erano le reazioni di quelli con cui avevano passato le elementari e le medie. Se avessero osato dire una parola di troppo, sarebbe stata pronta a distruggere chiunque.
Ma le altre due ragazze, quelle che Fee chiamava "sorelle", la preoccupavano ancora di più.
Una era vestita come uno di quei vampiri di cui facevano milioni di film nell'ultimo periodo, con gli occhi completamente contornati di nero come se fosse stata coinvolta in una rissa e le avessero strappato solo i contorni dei vestiti; l'altra sembrava che non si fosse neanche preoccupata di vestirsi, con una gonna lunga e una maglia bianca.
Guardò Delphine in cerca di un sostegno, e Delphine era sorpresa, più che... spaventata, forse. Rise, quando guardò l'espressione di Alison.
Le divise avrebbero fatto meglio ad arrivare il prima possibile.
Quando si incrociarono con Donnie, lui non fece una piega.
Non aveva fatto una piega neanche quando aveva scoperto che avesse delle sosia inglesi.
Per un attimo, quando le aveva viste, aveva pensato che Donnie se ne sarebbe andato, spaventato dalla stranezza. Ma le considerava "simpatiche", quindi non se ne preoccupò molto. Era molto sollevata.
Per fortuna non avevano lezioni insieme, quindi non avrebbero dovuto spiegare perché ci fossero tre diverse versioni di loro stesse. Decisero di dire in giro che erano cugine, e cercarono di darsi coraggio dicendo che non erano poi così simili, che non si somigliavano così tanto.
Salutarono gli altri e Alison e Donnie andarono per la loro strada.
Nascosti in un angolino della scuola, Donnie cercò di convincere Alison a restare calma, e che tutto sarebbe andato per il meglio.
-Ho paura... Le hai viste? Una hippie e una che sembra pronta a picchiare qualcuno.
-Meglio, no? Ci sarà lei ad aiutarmi a difenderti.
-A difenderci tutti. Ora siamo qualcosa tipo una squadra-super-segreta in azione.
-Dovreste trovarvi un nome.
-Un... nome?
-Il Gruppo delle Sosia.
-Donnie, inizi a spaventarmi.
-Okay, scusami.
Donnie si avvicinò e iniziò a baciare Alison, che per un po' dimenticò tutti i problemi che si era creata e si ricordò di quanto era fantastico il suo ragazzo.
 
L'ora di pranzo arrivò piano, per Helena, e quando arrivò fu molto deludente: nessuna delle cose che servivano sembravano lontanamente dei cibi  commestibili, così decise di prendere qualcosa dalle macchinette. Avrebbe fatto carte false e si sarebbe fatta portare del cibo vero, come aveva fatto in campeggio. Certi moduli erano semplici da trovare su Internet, e la firma di sua madre era diventata più semplice da scrivere della sua.
Non era una ragazza solitaria o asociale, solo che non le piacevano le persone con cui viveva. Felix, quando erano tornati dal loro primo gay pride, le aveva detto che per tutta la durata della festa quasi non la riconosceva. Smetteva di sembrare la Helena indifferente e antipatica che tutti credevano di conoscere e diventava la Helena solare che solo i suoi amici delle fondazioni e dei cortei, o che Felix e Sarah conoscevano e adoravano. Anzi, i ragazzi dei cortei la guardavano come una sorta di leader, in quanto non mancava mai. Per il resto del mondo, era solo una ragazza che sbadigliava e mangiucchiava sempre.
-Ehi.
-Ehi a me? -chiese Helena, scrutando il ragazzo biondo seduto sulla cima di una pila di sedie.
-Non parlo da solo.
-Peccato -disse, facendo per andarsene.
-No, aspetta, dove vai? -chiese, scendendo dalla pila.
-Dove vado io non ti interessa, dove puoi andare tu, beh, ne avrai una vaga idea.
Iniziò a prendere velocità per i corridoi, sebbene non avesse la minima idea di dove stesse andando.
-Ehi!
Il ragazzo spuntò dietro un angolo.
-Vuoi che ti pigli a pugni o posso mangiare in pace?
-No, io volevo solo dirti che ha lasciato questo nell'aula di inglese -le passò un foglio con degli appunti, ed Helena riconobbe la sua scrittura. -Niente di più.
-Non sei un fighetto, allora.
-No, sono solo Jesse. E tu sei... inglese. Credo.
-Ho cercato di prendere un accento di dove ho lavorato, ma senza successo.
-Lavoro?
-Non sono affari tuoi, Jesse Fighetto. Ci vediamo a lezione.
-Certo, sì. Come vuoi.
Helena aprì il pacchetto di patatine e ricominciò a camminare. Il ragazzo continuò a rincorrerla. -Voglio chiarire una cosa sola. Non ti sto venendo dietro.
-A me pare proprio di sì.
-Intendevo... non voglio diventare il tuo ragazzo o cose così.
-Benissimo. Perché io non voglio un cretino come ragazzo.
-Credi che sia un cretino?
-Lo hai detto tu. Io ho detto che non voglio un ragazzo cretino.
-Non sono cretino.
-Meglio per te.
Helena ricominciò a camminare, ma stavolta il ragazzo non la seguì.
Helena ridacchiò soddisfatta di averlo confuso così.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Se Helena non riusciva a trovare un suo posto nella mensa, Sarah lo  trovò subito.
Sentì una voce in particolare che si distingueva mentre era in fila con Alison, Donnie, Delphine e Felix. Helena era andata a prendere qualcosa alle macchinette, e questa voce chiamava Vicious.
Sarah iniziò a scrutare la folla, ed ecco chi stava gridando: Cresta Jerm agitava le braccia come un ossesso, e le andò incontro.
-Vieni a pranzare con noi?
-Noi, tu e Capellone Cal?
Alison scoppiò a ridere. -Cal Morrison? Lo hai rinominato Capellone Cal! Sarah, sei un genio.
Sarah guardò male anche Alison, e spostò lo sguardo su Fee. Lui fece gesto con il vassoio di andare.
-Ci vediamo, okay?
Seguì Cresta Jerm al tavolo e ci trovò anche un altro paio di ragazzi e ragazze.
-Gente, lei è Sarah Manning, bassista del trio Vicious-Cresta-Capellone.
-Spero lo cambieremo, prima o poi -aggiunse Sarah.
Gli altri ridacchiarono. Cal era a capotavola e fissava il tavolo.
-Che gli è successo?
-Non gli esce... non mi ricordo neanche che canzone.
-Questi sono i suoi problemi?
Jerm scosse le spalle. -Così mi ha detto.
-Che ne dici se saltiamo la prossima ora e suoniamo un po'?
Jerm alzò le sopracciglia, sorpreso dall'idea. -Ehi, Cal! Saltiamo le ultime due ore e andiamo alla classe di musica?
-Dovremmo controllare che sia libera...
-Sarah ha ragione. Vado e vengo subito. Cercate di non scannarvi, nel frattempo.
Jerm si alzò e Sarah iniziò a spiluccare nel piatto. Non era granché come carne. Il giorno dopo avrebbe seguito Helena alle macchinette.
-Che canzone non ti esce?
-Non mi dire che gli credi.
-Perché gli hai mentito, allora?
-Perché, non so se lo hai notato, ma è un mezzo idiota.
-Beh, non merita certo le tue bugie. Sei proprio uno str...
-Un cosa? Andatevene voi due a provare, visto che andate d'amore e d'accordo.
Si alzò e si allontanò dal tavolo.
All'entrata della mensa trovò Jerm, che, tutto contento, quasi non si accorse di aver incrociato il suo amico.
-La sala è libera... Ma Cal?
-Non ne ho idea. Ha iniziato a biascicare ed è andato via.
Jerm alzò le spalle. -Ci raggiungerà dopo, tranquilla.
 
Delphine controllò il cellulare, seppellito sotto strati di fogli che avevano distribuito nelle varie lezioni.
-Allora, Fee... -aveva iniziato Alison. -Sta arrivando Halloween, e papà mi ha dato l'ok per una festa in maschera. Vero che aiuterai me e Delphine?
Delphine sorrise, e abbassò gli occhi sullo schermo luminoso.
Una chiamata persa, da Cosima.
Sentì un colpo allo stomaco, e poi si precipitò tra i messaggi ricevuti.
"Salut, Delphine! Volevo chiamarti, ma poi mi sono ricordata che forse era un po' presto (noi mangiamo all'una e trenta, e faccio pausa a quell'ora). Posso telefonarti stasera?"
Erano le due. Magari stava ancora in pausa. Tentar non nuoce, si disse Delphine, e corse fuori dicendo che doveva fare una cosa importante.
Schiacciò lo schermo per avviare la chiamata e Cosima rispose.
-Wow, è stato veloce!
-La nostra pausa inizia alle due p.m., quindi...
-Che fortuna! Comunque... Volevo chiederti se ti andava di uscire. Con me. Una sera di queste. Se non hai da fare...
-Certo! Ne sarei davvero felice. Andiamo a cena, o al cinema...
-Cinema. E poi una pizza, magari...
-Perché no! Quando ti è comodo?
Sentì parlare dall'altro capo, voci sommesse. -Devo andare. Ti richiamo, okay?
Click.
Delphine si sentì confusa.
Era una semplice uscita da amiche. Ma avrebbero fatto cose che Alison aveva fatto con Donnie, come lei le aveva raccontato in ogni dettaglio.
Tornò in mensa, e Alison la tirò vicina a sé.
-Era un ragazzo, vero?  Sei tutta rossa!
Nel caso fosse stato un appuntamento vero, si sarebbe dovuta vestire a modo. E Ali era l'unica a cui potesse chiedere.
-Ehm... Sì.
-Oh! Un appuntamento?
Annuì.
-Quando? Dobbiamo prepararci!
Ali iniziò a stendere una lista di cose da fare, quando arrivò un messaggio di Cosima.
"Dopodomani?"
"Perfetto", pensò Delphine, rispondendole.
 
Cresta Jerm era una di quelle persone che non facevano altro che parlare e parlare e parlare, ed era capace di spaziare in molti argomenti diversi nello spazio di una stessa frase.
-Hai la chiave?
Jerm si diede un colpo sulla fronte. -Torno subito!
Iniziò a correre prima che Sarah potesse dirgli che sapeva scassinare una porta.
Prese due forcine (totalmente inutili nei suoi capelli leggermente mossi) e si inginocchiò. Quando infilò le forcine non sentì niente, così provò ad aprire la porta.
Si aprì, e sentì cantare.
 
"But you saw no fault, no cracks in my heart
And you knelt beside my hope torn apart

But the ghosts that we knew will flicker from view
We'll live a long life

So give me hope in the darkness that I will see the light
'Cause oh that gave me such a fright
But I will hold as long as you like
Just promise me we'll be alright" *
 
Cal alzò la testa, e voltandosi, trovò Sarah con la bocca aperta.
-Ehm, scusa. Credevo fosse vuota.
-E si sarebbe aperta così facilmente?
Sarah alzò la mano dove teneva le forcine.
-Sono preparata ad ogni evenienza.
Si avvicinò, e lui iniziò a pizzicare qualche corda.
-Non ascolti solo Nirvana, allora.
-A quanto pare.
-Era aperta, vero? Che idiota!
-Jerm, vieni. Suoniamo qualcosa.
Quando finirono di suonare, Jerm incrociò le braccia e chiese a Sarah di raccontare qualcosa di sé.
-Sei carina, e punk, e misteriosa. Non credi che dovremmo sapere qualcosa di te, se suoniamo insieme?
-Neanche io so niente di voi.
-Una domanda ciascuno, allora.
-Bene... Inizia pure.
-Vieni dall'Inghilterra, vero?
-Già. Ma, dimmi, se non volessi rispondere?
-Già che ci siete fate obbligo o verità. Se dovete comportarvi come delle tredicenni.
-Bene! Se non volessi rispondere, sarà obbligo.
-Ok, Jerm. Vai avanti.
-Sei figlia unica? Perché somigli un casino ad Alison Turner.
-No, ho una gemella, ma Ali è mia cugina.
-Figo, vero, Cal?
-Mmmh...
-Tua sorella è anche punk? Perché se lo è ci darebbe una mano...
-No, non lo è. Quando arriva il mio turno di domande?
-Con Jerm? Mai.
-Lo hai fatto anche a lui?
-Non ce n'è bisogno. Siamo cresciuti insieme.
Sarah annuì. -Ora capisco.
-Capisci cosa? -dissero, quasi in coro.
-Questo. O come fate a sopportarvi, visto che siete tanto diversi.
Scrollarono le spalle e distolsero gli occhi.
-Uhm, senti qui. Hai il ragazzo?
-Mi sono appena trasferita!
-Non è una risposta.
-No, non ce l'ho.
-E in Inghilterra?
-No, non te lo dirò.
-Ma non vale.
-Tu ce l'hai la ragazza?
Jerm fece il gesto di sigillare le labbra.
-Allora obbligo. La prossima tinta della cresta sarà... Arancione. Ma l'arancione che ti farò io.
Cal sorrise.
-Bene, neanche il mio uomo mi difende -disse Jerm, incrociando le braccia in modo palesemente offeso e finto. -Un obbligo per entrambi, allora.
-Io non sono il tuo uomo, Jerm.
-Bene, se ti senti tradito nella tua mascolinità, e visto che tu non vuoi dirmi come si chiama il tuo bel ragazzo inglese, dovrete baciarvi. Qui, adesso.
-Jerm, non credi di esagerare?
Jerm si alzò in piedi. -Codardo! Cal, sei un codardo!
-No, tu sei un cretino.
-E voi siete due piccioncini. Se non c'è niente, non c'è niente. Ma odio quelle occhiatine che vi lanciate. Tra un po' sarà una settimana che Sarah è qui, e tu non fai altro che fare lo stronzo come quando...
Cal si lanciò a tappare la bocca di Jerm. -Stare un po' zitto, ogni tanto? Lo farò se a Sarah non dispiace.
-Oh, no. Ormai dovete.
Guardarono Sarah, che rideva, seduta sul pavimento a gambe incrociate.
-Tradirò il mio ragazzo, ma non posso essere una codarda, no?
-Avanti, che mi ringrazierete!
Cal si inginocchiò davanti a Sarah, che non fece in tempo ad alzarsi.
Cal si inumidì un po' le labbra, e Sarah prese il suo viso, cogliendolo di sorpresa.
Cal la attirò a sé, riprendendosi dalla sorpresa.
Jerm iniziò a contare i secondi, pensando al fatto che era il terzo incomodo, fatto che non aveva considerato prima.
Sarah aveva spostato le mani sul collo di Cal, mentre le sue tenevano i capelli di lei e il suo viso. Sarah pensò che non aveva fatto caso a quanto erano grandi quelle mani.
Quando Jerm si schiarì la gola per la seconda volta, si staccarono.
Sarah si morse il labro inferiore, e Cal trovò carino quel gesto, timido. Strano, per una come Sarah.
-Abbiamo pagato il nostro debito -disse lei, alzandosi e uscendo dalla stanza, un attimo prima che suonasse la campana.
-Non ringraziarmi, amico -ridacchiò Jerm, mettendo al loro posto le chitarre.
Cal si passò una mano tra i capelli, tirandoli indietro, e, appena fu lasciato solo, sorrise.




* "Ghosts We Knew", by Mumford & Sons

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il messaggio di Alison svegliò Delphine dal suo torpore pomeridiano. Il giorno dopo usciva con Cosima (era un appuntamento? Una semplice uscita tra amiche?), così aveva deciso di anticipare i compiti. Per il venerdì.
Ali chiedeva se volesse uscire a fare spese per il grande appuntamento, e Delphine sapeva che non sarebbe riuscita a sfuggire ad una cosa del genere neanche se l'avesse voluto.
-Ali?
-Lo prendo per un sì. Anche se è un no. Andiamo. Metti le scarpe e tra dieci minuti vengo a casa tua.
Puntuale, dieci minuti dopo uscirono per andare in centro.
-Durante la settimana, eh? Vuol dire una sola cosa.
-Cosa?
-I genitori lavorano e lui vuole portarti a letto.
-Davvero?
-Già.
-Quindi deduco che le uscite infrasettimanali con Donnie siano finite così.
-Delphine! Questo non ti dice nulla?
Alison alzò la mano destra e indicò l'anulare. Portava l'anello di castità.
-Non è una cintura, Ali. Solo un anello.
Ali spalancò la bocca, sdegnata. Il corso di teatro non le aveva fatto bene. Reagiva in modo drammatico per tutto adesso.
-Vediamo se lì c'è qualcosa.
Entrarono in un negozio, e la caccia al vestito perfetto ebbe inizio.
 
Cosima si stava tormentando il bordo della minigonna gonna a scacchi da un po' di tempo, quando vide Delphine in fondo alla via.
Si erano date appuntamento alla pasticceria ai piedi della collina, e Cosima era andata lì in anticipo, tanto era nervosa.
Il trench scuro di Delphine aveva la cinta che si muoveva con il vento, ma lei non ci faceva caso.
-Delphine, ciao.
-Cosima -Delphine sorrise in un modo delizioso. -Non aspetti da molto, vero?
-In realtà, siamo in anticipo entrambe.
Delphine controllò l'ora. -Già. Vero.
-Andiamo?
Iniziarono a passeggiare lungo la strada, ma sentirono presto qualche goccia colpire i nasi. Quando Delphine notò che Cosima non ne faceva parola nonostante avesse gli occhiali pieni di goccioline. -Se andassimo in un bar? O una pizzeria?
Cosima annuì, così fecero dietrofront e cercarono qualche bar. Ma anche la pasticceria dove si erano incontrate era piena di gente che si riparava dalla pioggia.
-Se andassimo a casa mia? Non dovrebbe esserci nessuno a quest'ora. E i miei genitori hanno una collezione infinita di DVD.
Così fecero. Arrivate a casa si sfilarono le scarpe e corsero ad asciugarsi i capelli in bagno.
-Come diventano i dread quando li lavi?
-Si trasformano in piccole pecore. Hai presente? Si gonfiano eccetera.
-Sul serio?
-No, ma lo facevano i miei capelli naturali. Erano insopportabili.
Finito con i capelli, Cosima accompagnò Delphine in biblioteca (già, avevano anche una stanza adibita a biblioteca) e le indicò la collezione di film in DVD e videocassette.
-Alcuni sono vecchi davvero. Cosa vuoi vedere?
-Avete "Vacanze romane" in videocassetta!
-Già, mia madre me lo ha comprato quando avevo cinque anni. Vediamo quello?
-Non mi dirai che avete anche un cinema?
-Purtroppo no. Ma camera mia è bella grande, e ho anche il letto a baldacchino.
Infatti era così. Il grande letto e un divano con una tv a muro di fronte. E un piccolo bagno con un armadio a muro. Delphine pensò che erano addirittura più ricchi di quanto immaginasse.
-Letto o divano? Devo girare la tv.
-Divano.
-Allora va bene così -inserì la videocassetta e iniziò a rimandare indietro il nastro.
-Aspetta qui, prendo da mangiare.
Appena Cosima uscì, Delphine iniziò a guardarsi intorno. Il letto era davvero stupendo, con le tende tirate, una marea di cuscini e alcuni vestiti. La porta dell'armadio era scorrevole, e c'erano una collezione di scatole in un angolo e le scarpe in ordine sulla base. Richiuse appena in tempo, e Cosima entrò in camera.
-Scusa il disordine, non credevo di avere ospiti -disse Cosima, riponendo i vestiti nell'armadio e prendendo un po' di cuscini e lanciandoli sul divano. -Okay, ho trovato delle caramelle e dei succhi di frutta. Mia madre è una tipa un po' salutista, ma forse è meglio. Ceneremo come si deve.
Delphine sorrise, facendo spazio a Cosima sul divano. Lei guardò il suo vestito blu scuro a maniche lunghe. -Carino il vestito. Non che me ne intenda ma... carino.
Delphine si sentì arrossire e abbassò lo sguardo. Cosima avviò il film e rimasero in silenzio a vedere la principessa Anna che se ne andava a spasso sulla Vespa di Bradley.
Delphine provò a mettere la mano tra lei e Cosima, senza nessun motivo preciso. Ma Cosima sembrò non notarlo. Finito il film, scesero in cucina, gigantesca anche quella. -Toast? Non so fare granché.
Delphine rise. -D'accordo, andranno bene.
Cosima mise l'mp3 in una strana scatolina e due ragazze iniziarono a cantare in inglese. Dopo un paio di minuti erano sedute sull'isola della cucina e mangiavano i loro toast.
-Delphine, ascolta, c'è una cosa che non ti ho detto e che vorrei tu sapessi.
-Oltre che sei ricca sfondata?
-Beh, te l'avevo detto che vivevo nella zona dei ricconi. Comunque, non è questo che volevo dirti. Non conosci le cantanti, vero?
Delphine scosse la testa. Non era proprio il suo genere. -Beh, comunque. Questo è un paesino piccolo, tutto sommato, e quindi le voci corrono veloci. Alle medie andavo ancora a scuola, e io e questa ragazza passavamo tutti i pomeriggi insieme, eravamo... uhm... migliori amiche. Però dopo un po' ho capito che lei non era solo la mia migliore amica. Ecco... Non so se in Francia sono più liberali di un paesetto sperduto nel confine tra America e Canada, ma lì fuori sono chiacchieroni, e questa ragazza disse a tutti cosa ero. Cosa sono, ecco. Per questo non vado più a scuola.
-Per una voce?
-Nessuno mi avrebbe valutato per il mio lavoro, ma solo per la mia sessualità. Io voglio esserti amica, davvero, mi piaci. Ma se questo significa mentire, non credo che si possa parlare di amicizia.
Delphine pensò a come si sentiva in sua presenza, e a come aveva detto ad Ali che si trattava di un appuntamento importante. Un appuntamento. E poi la mano che aveva messo tra loro due...
-Tranquilla, va tutto bene. Ho visto di peggio di una piccola città omofoba.
Cosima fece un profondo respiro. -Mi sono tolta un peso enorme. Grazie. Non credere che ora ti voglio portare a letto solo perché sei una ragazza, non funziona così se...
-Lo so, sì. Ma cosa c'entravano le cantanti?
-Tra un po' verranno qui vicino, e non ho nessuna amica. Tranne... te.
-Magari potresti farmi delle copie dei CD...
-Certo, perché no. Quindi è un sì?
-Certo che è un sì.
Cosima si alzò, quasi lanciando il suo toast in aria e abbracciò Delphine. -Grazie, Delphine. Davvero. Per tutto.
-Ma ti pare, -rispose Delphine, stringendo Cosima. Magari lei non provava niente per Delphine, ma Delphine era ancora un po' confusa dalle cose che le stavano succedendo.








Angolo della autrice
Salve! So che le aspettative per l
'appuntamento di Cosima e Delphine erano alte, ma non volevo correre troppo. E poi, si conoscono a stento da un paio di settimane!
Non temete, le cose si evolveranno, per loro e per tutte le coppie, ma dopotutto sono due ragazze e non sono così... Libere come sarebbero da adulte. Spero di non avervi deluse!
Mi auguro di trovarvi nelle recensioni, e vi saluto fino al prossimo capitolo!
Sebs

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


-Come è andato l'appuntamento, alla fine?
Delphine arrossì, sentendo la domanda così diretta di Felix. -Bene.
Felix aveva deciso di unirsi alle loro corse mattutine per rimanere in forma.
-Allora, avevo ragione sull'appuntamento infrasettimanale?
-No, Ali, non siamo andati a letto insieme.
-A proposito, Alison. Mi sa che non mi hai detto niente di te e Donnie, -disse Felix, cercando di non ridere.
-Certo, chiedi qualunque cosa.
-Perfetto, allora, -Fee si interruppe, mettendosi davanti ad Ali e camminando veloce all'indietro. Chiuse le mani a pugno, tranne gli indici. Li allontanò di quasi una decina di centimetri. -Così?
-Felix Anthony Dawkins, non puoi farmi queste domande!
-Di meno? -avvicinò un po' le dita.
-Non lo so, okay? Io e Donnie... -Alison alzò l'anulare. -Anello della Castità.
-Anello, non cintura. Povero Donnie, lo tieni a stecchetto.
-Non lo tengo a stecchetto. Abbiamo fatto una promessa.
-Come vuoi.
-Ma Helena e Sarah?
-Ci raggiungono dopo.
Mezz'ora dopo, infatti, erano tutti pronti per la scuola.
-Dovremmo risolvere questa storia. E darci dei nomi, non credete?
-Fee, sei l'unico ad avere un clone eppure sei quello con gli obiettivi più chiari -disse sua sorella Helena, con una sciarpa che le arrivava agli occhi. Faceva incredibilmente freddo per essere la fine di ottobre, anche per una che viveva in Inghilterra.
-Cloni! Sembra tipo un film di fantascienza.
-Non siamo degli alieni, Fee.
-E tu che ne sai, Sarah? Magari siete frutto di un esperimento, o...
-Smettila, Felix, mi spaventi. Sai che sono suscettibile.
-Alison Turner, tu devi pensare a come entrare nelle grazie di Donnie. Sarete entrambi felicissimi, credimi.
-Felix!
Sarah ed Helena risero nelle sciarpe. Alison era lo stereotipo di ragazza popolare dei film americani che avevano visto. Era spettacolare, come vedere una tigre in carne ed ossa.
-Dovremmo anche pensare alla festa. Quest'anno Aynsley non mi fregherà. Ho già stampato gli inviti. Sarà una festa magnifica.
Arrivati in vista della scuola, intravidero anche Donnie.
-Clone Club, pensate a cosa potremmo fare -disse Felix, avviandosi in classe.
Quel giorno avevano il Laboratorio di Chimica, e aveva sentito dire che il professore era davvero un bell'uomo. Magari sarebbe stato meglio degli altri.
Prese i libri dall'armadietto, e cercò di chiuderlo con un ginocchio, ma uno dei tipi della squadra di Donnie, correndo, gli sbatté l'anta in faccia, facendogli perdere l'equilibrio.
-Babbeo. Non cambiano mai quelli che giocano nella squadra della scuola, vero?
-Già, -disse Fee, cercando di non bagnarsi la divisa nuova con il sangue che gli usciva dal naso. -Idioti.
-Anche quando andavo a scuola io era la stessa storia. Ma io mi sono laureato in anticipo a ventitré anni, quelli cercano ancora una borsa di studio.
Fee guardò chi gli stava parlando. Un ragazzo che dimostrava meno di trent'anni, con gli occhiali da vista e un camice. Un camice?
-Professore?
-Già. Chimica. Sei uno dei miei studenti? Non riesco ad imparare tutti i nomi, dicono che è perché è solo il mio primo anno.
-Sì, credo di sì.
-Vieni, prendiamo del ghiaccio.
Andarono in Laboratorio, dove c'erano già un paio di ragazze. -Tieni, -disse, dandogli un bicchiere con del ghiaccio.
-Grazie, è davvero gentile.
-Ma ti pare. Magari mi avessero aiutato, al liceo.
La classe si riempì, e Fee si sedette in prima fila. Quello che si diceva era vero.
-Io sono Colin Rose, e sono il vostro professore di Chimica. Inizieremo studiando le cellule, visto che non so cosa avete fatto l'anno passato e che la precedente prof non ha lasciato l'ombra di programma in giro. Quindi, mettiamoci al lavoro, okay?
Si sfilò il camice e iniziò a scrivere alla lavagna.
Felix poggiò il viso su una mano, mentre le vocine delle ragazze raggiungevano le note più alte.
Il professore aveva dei capelli scuri, occhi chiari e un bel fisico, non era una cosa strana che fossero così coinvolte. Fee scosse la testa, iniziando a copiare ciò che scriveva il professore sulla mitosi e la meiosi, ma lo sguardo scivolò piano sul fondoschiena del professore e...
No, non poteva permettersi un lusso del genere. Già truccarsi era una cosa vista male dal resto della scuola.
Rose si girò, con un sorriso a trentadue denti.
No, per Fee non sarebbe stato così facile.
 
Non appena Ali aveva sentito che Helena e Sarah avrebbero avuto un'ora libera, le convinse a lasciare in giro qualche invito alla sua festa.
-Io faccio l'ala est e tu l'ovest?
-Sarà un caso che hai preso quella con l'aula di musica?
-No.
Helena sorrise. Anche se non le aveva detto niente, sapeva che era successo qualcosa. Forse perché non parlava più così spesso di andare a suonare.
-Stai attenta ai punk, okay?
-Ciao, Helena.
Helena iniziò dai bagni delle ragazze, appendendo i fogli su quelli di Aynsley e sulle porte.
Poi passò a quelli dei ragazzi. Non per provare qualcosa a se stessa. Solo perché credeva che fossero vuoti.
Ma quando iniziò ad attaccare un foglio su una porta e questa si aprì, si rese conto di aver fatto un errore.
-Credevo fossero vuoti, -cercò di scusarsi.
-Helena, vero?
Helena aggrottò le sopracciglia. Chi diavolo era quel tipo?
-Non ti ricordi? Il biglietto? Sono Jesse.
-Beh, Jesse, ti conviene chiudere la cinta, non vorrei metterti a disagio.
-Oh, già.
Jesse si chiuse la cinta e si lavò le mani. -Un po' imbarazzante, già.
-Il fatto che ti si stavano abbassando i pantaloni o che non ricordo il tuo nome imbecille?
-Forse il primo. Comunque, cosa pubblicizzi?
Lesse il foglio e sorrise. -Saremo come Romeo e Giulietta, allora.
-Che? Forse non hai capito che non voglio avere niente a che fare con te.
-Già, come no. Comunque io parteggio per Aynsley.
-Ah, certo. Romeo e Giulietta. Che assurdità.
-Potremmo prendere qualcosa dalle macchinette, sai, uscire dal bagno dei ragazzi...
-Porto anche io i pantaloni, e non mi credo chissà che tipo, Jesse.
Jesse guardò le gambe di Helena, per metà nascoste dall'impermeabile.
-Non puoi portare i pantaloni, sei una ragazza!
-Grazie per avermelo detto. Non lo sapevo. Peccato. Forse qualcuno ha scritto Hector sull'iscrizione.
Jesse scoppiò a ridere. -Sul serio?
Lei alzò un angolo della bocca. Poi scoppiò a ridere anche lei. -Già. Odio le gonne.
-Sei un genio, Helena.
-Me lo dicono tutti.
-Facciamo così. Se Aynsley vince e ha una festa migliore, verrai con il capo cosparso di cenere alla festa, con me. Se vince Alison, non ti saluterò più.
-Una gara.
-Già, una gara.
-Non era una domanda.
-Lo so. Allora?
-D'accordo.
-D'accordo, sul serio?
-Già.
Jesse si avvicinò ad Helena. -Va bene. Allora...
Prese i volantini e li fece cadere a terra, troppo velocemente perché Helena potesse prevederlo o evitarlo. Dopodiché, Jesse sparì, iniziando a correre.
Ah, come le piacevano le sfide. E anche Jesse ne andava matto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Sarah spiò nella serratura dell'aula di musica ed entrò senza bussare. -Ma voi non avete nessuna lezione da frequentare?
-Nah, tanto diventeremo famosi con la band, vero Sarah?
-Come no. Sentite, questa mia... amica farà una festa tra un paio di giorni, per Halloween. Che ne dite se ci andiamo e suoniamo qualcosa? Giusto per farci pubblicità.
Cresta Jerm si alzo in piedi. -Certo! Perché no? Ma dobbiamo travestirci?
-Non ne ho idea. Ma nel caso, io mi vesto da pirata, non mi importa. Potete fare Spugna e Trilli, se volete, ma io sono Capitan Uncino a tutti i costi.
-Certo, certo. Capellone, lì, sarà Trilli e io Spugna.
-Non ci vengo. Dovremo suonare delle canzonette commerciali e...
-Non credo. È Halloween, vorranno delle canzoni brute e cattive.
-Bene allora. Se avete già deciso non potrò dire niente, giusto?
-Potremo prendere un tavolo e giocare a poker. Sapete giocare a poker qui?
-E a Londra, sapete giocare?
-Puntate e giocate. Perché no. Già che ci siamo, giochiamo a strip poker, non credi?
-Per essere contrario, mio caro Cal, stai davvero movimentando la festa, sai? Strip poker e musica. Mi sembra una buonissima idea. Sarah?
-Certo. Invitate più gente che potete, d'accordo? Sarà giovedì sera, il 31.
 
A pranzo si incontrarono tutti allo stesso tavolo e, mentre Fee rimetteva in ordine i suoi appunti di chimica, Sarah chiedeva ad Ali se si potesse fare come avevano pensato i ragazzi della band.
-Siete dei geni! Un casinò! In maschera! Sarà davvero fantastico, sapete? Geniale!
-Noi vorremmo un tavolo in giardino, per fumare eccetera.
-Fumi, Sarah?
-No, ma gli altri sì e non vogliono incasinarti troppo la casa.
-Punk gentiluomini.
Sarah ci aveva provato in tutti i modi, ma l'idea che i punk fossero brutti e cattivi non si toglieva dalla mente di Alison.
-Comunque, Delphine non ci ha parlato del suo appuntamento.
-Non è stato un vero appuntamento.
-Non ce ne hai parlato lo stesso.
-Perché potrebbe farvi preoccupare.
Le ragazze si ammutolirono. -Cosa è successo?
-La persona che ho incontrato ieri, beh... vi somiglia molto.
Alison rimase pietrificata, mentre Helena si lasciò andare sulla sedia. Sarah imprecò, e Fee lasciò gli appunti. -Un altro clone?
-Non siamo dei diavoli di cloni, Felix!
-Ali, calmati.
-Com'è? E perché non ce lo hai detto prima?
-Non voglio che per lei sia un trauma, okay? Lo è stato già per noi sei, figurarsi se voglio far impazzire un'altra ragazza.
-Fantastico.
-Comunque, è carina. Porta gli occhiali, e ha i dread.
Sarah sorrise. -Mi piace l'idea. Voglio vedere come starei con i dread.
-Sarah, non stiamo scherzando, okay? è una cosa dannatamente seria...
-E agitandoti non cambierai le cose, Alison. Potremmo incontrarla e poi la invitiamo alla festa...
-Ma sì, facciamo come dice Felix! Un pigiama party di c!
-Un party di che?
-Cloni. Non vuole usare il nome in codice.
-La. Parola. Con. La. C. Non usatela, è tremendo come nome.
-A me piace.
Sarah annuì. Piaceva anche a lei, non solo ad Helena. Però l'idea di Felix, quella del pigiama party, era ancora un po' forte. Non ci si erano abituate loro, figurarsi un'altra ragazza con cui non avevano nessun contatto. Lei aveva sua sorella, e Fee era a metà strada tra loro e Alison. E Ali aveva Delphine. La nuova ragazza non aveva nessun legame.
Helena la guardò, e Sarah capì che stavano pensando le stesse cose. -Come si chiama?
-Cosima.
-Che nome originale. Sembra adorabile. Magari potresti diventare più stretta, con lei, e poi parlarle.
-Dovrei dirglielo. Se fossi in lei, non vorrei che mi mentissero.
-Certo, Delphine, ma lei non ha nessuno con cui parlarne. Io avevo Helena, e Fee. Ali aveva te e Fee. Lei è sola, a quanto capisco.
Delphine annuì. -Già, ha senso.
-E non abbiamo nessuna idea su cosa potremmo essere.
-Cosima ha una passione per la scienza, magari a lei potrebbe venire un'idea, più in là.
-Sempre che rimanga dei nostri.
Si zittirono, e la campanella della fine del pranzo suonò. Fee prese i suoi appunti e gli venne un'idea.
Corse al laboratorio di Chimica e aspettò il professore.
-Felix, giusto? Che ci fai qui?
-Volevo farle una domanda.
-Certo, ma non è tuo orario, vero?
-Lo so, ma è urgente.
-Dimmi, allora.
-Lei ha detto...
-Dammi del tu.
Felix guardò il professor Rose negli occhi. Magari aveva capito male. -D'accordo... Hai detto che da una cellula madre si ottengono due cellule perfettamente simili alla prima, no? Ma con gli esseri umani?
-Credo tu sappia come funziona, Felix...
-Sì, quello... quello sì. Intendo, si possono avere dei figli completamente identici ai genitori?
-Certo che no. Possono esserci dei tratti simili, come i capelli o gli occhi, ma una completa somiglianza no.
-E tra i vari figli? Anche se non sono gemelli, intendo.
-Non è certo, e neanche molto probabile. Ma possibile, sì. Raro.
-E se non avessero gli stessi genitori?
-Professore, possiamo entrare?, -chiesero dei ragazzi sulla soglia.
-Un minuto soltanto. Se non avessero gli stessi genitori, vuol dire che hanno qualche parente in comune. A volte succede che un neonato di una famiglia di genitori, che ne so, slavi, che sono notoriamente pallidi e biondi, possa nascere un bambino di carnagione scura. Questo è dovuto al fatto che, magari, uno degli antenati fosse originario di un paese all'equatore.
-Ed è possibile che un suo lontano cugino nasca con le sue stesse caratteristiche, avendo gli stessi antenati?
-Improbabile. Perché tutte queste domande? Ti interessa la genetica?
Fee fu preso alla sprovvista. -Sì, ad essere onesti.
-Allora prendi questo libro, -disse, prendendone uno dalla piccola libreria vicino alla lavagna. -Leggi il capitolo sul tuo libro di testo e passa a questo. Se hai qualche dubbio, fammi sapere. Magari quando è tuo orario di lezione.
Colin Rose sorrise, alzando gli occhiali sul naso. Fee prese il libro, e la sua mano entrò a contatto con quella del professore.
-Possiamo, adesso?
Fee prese le sue cose ed uscì, mentre Rose diceva agli alunni di entrare.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


I preparativi per la festa assorbirono completamente Alison, che sembrava più iperattiva del solito.
Delphine e le altre facevano tutto ciò che Alison diceva loro, e nel frattempo cercava di stringere i rapporti con Cosima, senza destare in lei nessun sospetto. Dopotutto, chi sospetterebbe di avere tre gemelle che non ha mai visto?
Sarah e i ragazzi erano alla ricerca dei costumi, attività che non coinvolgeva Cal ed Helena. Helena era quella più interessata al numero di invitati. Con l'idea del casinò avevano attirato un bel po' di persone, e Aynsley (e soprattutto Jesse) erano disperati.
Helena segnava gli invitati, e ogni giorno sbatteva in faccia a Jesse i nuovi aggiunti. Solo che, una mattina, Helena si trovò a dover lavorare con lui, perché Aynsley aveva deciso di voler unire la sua festa a quella di Alison. Lei aveva accettato, ma solo perché la casa di Alison sarebbe stata distrutta da tutti quegli invitati, mentre Aynsley poteva prendere in prestito una delle sale da ricevimento di suo padre.
Felix, d'altra parte, si era trasformato in un topo di biblioteca: passava ore a fare ricerche sulla genetica, convinto di aver quasi trovato la soluzione, ma alla fine, trovava soltanto altre strade inesplorate. Un giorno arrivò addirittura a buttare i libri per aria, e per poco non fu cacciato a calci. Anzi, fu davvero fortunato. Soprattutto perché, il giorno dopo, una ragazza che aveva sentito cosa era successo si presentò al suo tavolo.
-Ciao.
-Che vuoi, sto studiando, non vedi?
-Sì, ma credo che una ragazza che vuole studiare Evoluzione all'università ti sia utile. La genetica non ha segreti.
Lui alzò lo sguardo. -Un'altra volta no, io non ce la faccio, -sussurrò.
Cosima inclinò la testa. -Scusami?
-Niente, niente. Allora, cosa mi fai leggere?
Lei gli fece qualche domanda, per capire a che punto fosse arrivato, e così gli schiarì qualche punto oscuro. -Ora devo andare. Devo aiutare un'amica con una festa. Non è che ti andrebbe di venire? È in maschera.
-Non ti conosco nemmeno, io...
-Delphine è una mia amica, e mi ha detto che ti conosce.
-Davvero?
-Conosce una ragazza con dreads e che si chiama Cosima. Non credo che ce ne siano molte qui.
-In effetti... Hai un indirizzo? Un orario?
-Chiedi a Delphine, okay? Sono in ritardo.
Cosima rimase a fissare quel tipo che andava via. Era davvero un tipo originale.
Ma ora c'era una cosa più importante da pensare: da cosa poteva vestirsi?
 
-Ali, ti manca solo il vestito. Calmati.
-Donnie, non posso calmarmi. La festa è dopodomani e non ho idea di come vestirmi.
-Puoi sempre puntare sul fantasma.
La camera di Ali era tappezzata con progetti e con cose da fare, alcune cancellate. Donnie la tirò in braccio a sé. Amava quella ragazza, nonostante a volte impazzisse per cose inutili. Ma lei non poteva farci niente, ci teneva e basta. E così anche lui. -Dobbiamo scegliere come vestirci.
-Credevo ci avresti pensato tu!
-Cosa? Allora, puntiamo sul classico, no? Romeo e Giulietta.
-Helena dice che è una storia stupida, e che loro due sono degli idioti immaturi. Non è che ti trovi un completo bianco?
Donnie ci pensò su. L'ultimo completo risaliva al matrimonio di sua zia, un paio d'anni prima. -Mi sa di sì. Ma è scuro, e non fa molta paura, non credi? A chi stai pensando?
-Ricordi quando ho fatto Dracula a teatro?
-Certo. Sapevi tutte le battute e non facevi altro che ripeterle.
-Dovrò tingermi i capelli, ma... -Alison si alzò e frugò nell'armadio. -Che ne pensi?
Alison aveva in mano un vestito nero, lunghissimo, con una generosa scollatura. -Non è perfetto?
-Gli Addams?
-Abbastanza spaventosi, no? E poi ti basterà disegnarti i baffi e trovare una camicia nera.
-Non voglio disegnarmi i baffi.
Ali si sedette in braccio a Donnie, come faceva sempre. -Davvero?
Iniziò a baciargli il viso, ma lui confermò. -Davvero. Niente baffi.
-Allora puoi andartene via. Le ragazze verranno qui tra poco. Via! Fino a quando non cambi idea.
Donnie le rubò un bacio sulle labbra e se ne andò.
Ali lo guardò dalla veranda di camera sua. Era convinta che alla fine avrebbe ceduto.
 
Delphine arrivò furiosa a casa sua, in ritardo per una volta.
-Indovina il genio chi ha invitato?
Gli sguardi delle quattro ragazze si girarono verso Felix. -Grazie per il complimento, Delphine.
-Chi hai invitato, Fee?
-Ho incontrato Cosima, in biblioteca.
-Sul serio? E tutto il discorso che abbiamo fatto a pranzo l'altro giorno?
-Deve sapere. Soprattutto ora che sa che sto facendo ricerche sulla genetica.
-Non può saperlo così però.
-Vi conoscerà con le maschere, Sarah! Tu sarai la pirata, lei sarà Morticia Addams, Helena la psicopatica...
-Davvero ti vestirai da psicopatica, Helena?
Lei alzò le spalle. -Forse non è una brutta idea. Le luci saranno oscure, e non ci penserà su.
Le ragazze si ammutolirono.
-Proprio da psicopatica?
Helena disse che non aveva avuto idee migliori.
-Da ex moglie? -suggerì Sarah.
-Avete visto Mean Girls?
Le gemelle guardarono Alison. -Certo, perché non avremmo dovuto?
-Non mi sembravate... il tipo. Mi fate vedere i vostri costumi?
Sarah si alzò in piedi, e corse in bagno con il suo zaino. Delphine prese qualcosa dal suo. Poi sorrise, mostrando delle zanne finte.
-Puoi fare di meglio, -suggerì Helena. -Facciamo così, tu vestiti da vampiro e io ti procuro gli incisivi, così potrai anche parlare senza che ti scappi la dentiera.
Felix sorrise. -Dovresti davvero travestirti, Helena.
Lei alzò le spalle, e Sarah uscì dal bagno con pantaloni di pelle stretti e una giacca che le arrivava al ginocchio, nera e rossa. -Il cappello rimane una sorpresa. Che ne dite?
Alison dovette riconoscerlo, non si sarebbe aspettata niente del genere. Credeva che Sarah avrebbe snobbato la sua festa come una stupida festicciola da liceali. E invece...
Magari sarebbe stato grazie a lei che avrebbe vinto contro Aynsley. Le due fazioni rimanevano quelle anche se le due forze si erano unite.

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