E se entrassi in contatto con voi, mi ascoltereste?

di Ronnie92
(/viewuser.php?uid=738999)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eccomi ***
Capitolo 2: *** Cosa cerco? ***
Capitolo 3: *** Un capitolo incompiuto ***
Capitolo 4: *** Oggi riflessione sulla morte ***
Capitolo 5: *** Aspetto solo voi ***
Capitolo 6: *** Click Hallel: - Silenzio - ***
Capitolo 7: *** Una piccola parte di me ***
Capitolo 8: *** 1,2,3 1,2,3 drink ***
Capitolo 9: *** La vendetta di Orwell ***
Capitolo 10: *** Avere sempre qualcosa da dire ***
Capitolo 11: *** Ritorno di fiamma ***
Capitolo 12: *** The Misty Mountains Cold ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** Che ne sai ***
Capitolo 15: *** Non c’è peggiore solitudine di chi non sa stare da solo ***
Capitolo 16: *** Gli anni ***
Capitolo 17: *** “Perché il silenzio significa complicità con questi crimini” ***
Capitolo 18: *** Oggi è già domani ***
Capitolo 19: *** Thousand miles ***
Capitolo 20: *** Da Grande ***
Capitolo 21: *** Come la Kryptonite per Superman (#1) ***
Capitolo 22: *** Aspettative ***
Capitolo 23: *** Orizzonti ***
Capitolo 24: *** Vi lascio per sempre... o forse no ***



Capitolo 1
*** Eccomi ***


Ciao a tutti, sono Pietro, ho 21 anni e necessito di uno sfogo.
Come molti miei coetanei non riesco a trovare la giusta valvola e  per questo mi chiudo spesso nel mio mondo fatto di sogni irrealizzabili che traspongo nella mia realtà attraverso atti di euforia e instabilità.
In realtà non mi chiamo Pietro, è un nome fittizio che scelgo per non rivelare la mia vera natura, anche se è quello che dovrei imparare a fare.
Non sono un semplice personaggio, sono una parte dello scrittore che vi è dietro, una sorta di quadro parlante di Dorian Grey e con voi vorrei stipulare un patto.
Io vi narrerò solamente la verità e voi presterete un minuto del vostro tempo al mio spudorato egocentrismo.
Si, dannazione! Sono un fottuto egocentrico!
Ma non è proprio tutta colpa mia.. questo lo devo dire.
Purtroppo mi ritrovo in una società che preme e premia il guscio esterno. Ora penserete: “ ecco è arrivato un altro ciccione, brufoloso, secchione di merda..”
E invece posso dire di essere alquanto normale, dannatamente normale in una società che premia l’annullamento della personalità, e che cerca di ridurci sempre più ad un ammasso di pecore belanti.
Vi chiedo di scusare le mie sfuriate ma è la prima volta che provo a sfogarmi con qualcuno di estraneo. A dirla tutta è la prima volta che provo a sfogarmi prima di implodere.
Ma se questa è un diario/lettera vorrei capiste chi è il destinatario.
E’ fin troppo pretenzioso, ma il destinatario potrebbe essere chiunque di voi. Dico “potrebbe”  perché al 99% di chi leggerà questa storia, nessuno arriverà fino in fondo.
Spero in un tentativo di contatto, di controllo, di rilascio.
Voi sarete la mia valvola, la mia accusa, la mia ragione.
Io vi darò parte di me, e voi mi lascerete parte di voi. Con i vostri silenzi, le vostre domande, i vostri pensieri.
In una società che vive di interazioni, interagire è lo scopo primario. Allora interagiamo.
Ricomincio: sono Pietro, ho 21 anni e sono uno studente.
Sono alto nella media, ho un peso nella media e occhi di un castano nella media.
Da oggi vi racconterò la mia storia.. sarete lì ad ascoltarmi? 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cosa cerco? ***


Finite le presentazioni posso tornare sereno.
Per chiunque di voi che abbia voglia di scrivermi, io ci sarò ad ascoltarvi. Questa è la mia rovina più grande.
Sono il ragazzo che ascolta chiunque senza pretese, ed è per questo che poi mi ritrovo sempre solo. Parto con un pensiero principale e poi aggiungo centinaia di subordinate allontanandomi sempre più dal concetto principale.. ma questo sono io, perché tutto è il principio di tutto.
Partirei da una lamentela che sento battere fortemente dentro di me: “Se ho imparato qualcosa nella vita è che c’è sempre qualcuno che chiede”.
Ovunque vi giriate, ovunque guardiate o prestiate ascolto, c’è sempre qualcuno pronto a riversarvi i suoi problemi, ed io ne sono l’esempio lampante, perché è proprio quello che sto facendo con voi in questo momento.
Ma  voi siete qui per vostra scelta, e io vi apprezzo perché decidete di rimanere e leggere le impressioni idiote di questo ibrido quale sono, fra la adolescenza e la mera età adulta.
Si vivo molto della sindrome di Peter Pan! Mi piacerebbe essere ragazzo e continuare a vivere nella spensieratezza della gioventù!
Anche se in realtà mi sono sempre sentito invertito, quasi come se avessi un meccanismo inceppato nella mente, che mi facesse pensare cose alterate, lontane dalla realtà.
La verità non la conosco e per questo non conosco la realtà.
Sono alla continua ricerca di una verità tutta mia, anche se questo pensiero è frutto del mio smodato egocentrismo.
Ci hanno sempre insegnato che la verità è superiore agli uomini, una sorta di fede. Qualcosa a cui appellarci nei momenti di sconforto e in cui credere ciecamente, perché nessuno può negarla.
Nessuno può dire che il bianco è nero, e che il nero sia bianco, una volta definiti i parametri.
Ma il tarlo della conoscenza ci spinge sempre oltre, non ci accontentiamo.
E se mischiassimo il nero al bianco? Uscirebbe grigio? Prevarrebbe il bianco? O il nero?
A quel punto quale sarebbe la verità?
Ed ecco crollata una fede incontrovertibile, nonostante sia basata su parametri definiti. La vita è un grande ASSIOMA.
Di certo questo non è il momento giusto per parlare di fede, o di colori o di assiomi, sono solo nel continuum della mia presentazione.
Molte volte guardo le persone negli occhi e non percepisco assolutamente nulla. Come se le mie parole non avessero nessun tipo di senso, sconclusionate. Il mio senso unico è quello di porre quesiti, di mettere il dubbio dove vi è certezza. Io voglio essere un agente del caos e trovare le risposte che tanto cerco.
Ma queste sono solo le parole di uno sciocco sconclusionato quale sono io. La prossima volta scriverò davvero qualcosa di concreto, non aria come queste righe che propongo.
Mi sento un po’ il cane che rincorre le macchine, e i pensieri sostituiscono gli abitacoli. Senza di loro non saprei cosa fare, come occupare il mio tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Un capitolo incompiuto ***


Siamo anime perse, avvolte in un manto di pelle e ossa.
Anzi no, siamo qualcosa di più di quello che un giorno sarà semplice cenere.
Non ho paura di ciò che dico, perché ciò che dico è ciò che vivo, e ciò che vivo è ciò che sento dentro, nel profondo del cuore.
Si sono sempre io, sono sempre il solito lo so.
Mi voglio lamentare ma con una certa dose di classe, sono pur sempre un essere senziente.
Ho sempre pensato che i peggiori cattivi siano quelli inizialmente più buoni, con i sentimenti e l’animo più positivi.
Poi la vita sconquassa tutto, mette tutto a soqquadro e fanculo la positività, la serenità, l’equilibrio. La via delle tenebre è la più facile sotto certi aspetti. Ma non mi sembra il momento buono di affrontare l’argomento.
Vi racconterò un fatterello che mi è accaduto stamane.
Oggi ero in stazione alla fermata della metro e una leggera pioggerella scendeva da nuvole cupe.
Si è bloccato tutto per 40 minuti.
Le persone sono andate via, sono subito corse ai ripari. Io sono rimasto ad aspettare, fermo, l’arrivo della metro.
“Certo! - Direte voi- tu non hai un ***** da fare, non hai alternative, devi prendere per forza quella!”.
Invece no, avrei potuto prendere l’autobus, ma a causa della mia agorafobia non avrei resistito oltre 1 minuto.
Allora ho aspettato.
Dentro di me ho stipulato un patto con la mia mente. Se la metro non fosse passata in un certo tempo limite sarei tornato a casa.
Puntualmente la metro è passata prima di quel tempo.
Così sono salito a bordo di un vagone semivuoto.
Tutti hanno lasciato la via insicura per quella sicura. Io invece sono rimasto lì a fissare il vuoto sperando che il patto non mi tradisse. E non mi ha tradito.. almeno per questa volta, almeno per questo giorno.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Oggi riflessione sulla morte ***


Sarò schietto, la morte è il male necessario per redimere l’uomo.
Fanculo tutto l’ideale del peccato originale e stronzate simili.
L’uomo si deve redimere da tutti i peccati che compie in vita: di tutta l’omertà, della poca onestà, e del crimine più grande di tutti: non sfruttare appieno le sue facoltà per apportare un benessere comune.
Se siamo stati così bravi da inventare una legge sociale, dobbiamo anche essere così bravi da rispettarle e essere tutti fratelli! Perché queste discrepanze?
Discrepanze economiche, sociali, religiose, razziali. —Dove inizia la mia libertà di singolo componente? Esiste davvero?
Ho capito che la più grande libertà, la più grande uguaglianza, se non l’unica.. ciò che accomuna tutti gli uomini, e ci rende fratelli.. è la morte!
L’unico riposo, l’unico elemento conciliante è lei. Ci rilasseremo quando torneremo come polvere alla polvere dalla quale siamo stati concepiti. Quel brodo primordiale di geni che ci compongono torneranno alla Terra, e la Terra si prenderà cura di noi, così come dovremmo fare con lei.
La morte diventa così un bene supremo, un diritto intangibile per l’uomo e per la natura stessa.
Siamo figli tutti di un sistema naturale che regola i nostri conti attraverso la nostra morte.
In un ciclo che inizia e termina nella più grande delle incoscienze. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Aspetto solo voi ***


Sembra sempre che tutto al mondo sia dovuto.
E non appena tiri fuori la testa dal guscio, qualcuno arriva e con forza cerca di mettertela di nuovo dentro.
Ti opponi, e il guscio si rompe, ma sei senza protezione, nudo innanzi ad un potere che ti brucia, e distrugge tutte le cellule del tuo corpo.
Resisti, ti opponi sgomento alla brutalità della forza che ti si oppone. Ma sei ancora troppo debole, non sei pronto.
Ami, impari ad amare, a vivere le persone nei loro ritmi e nei loro spazi. Sei intrepido, non hai paura di soffrire, hai paura di rimanere solo. Perché sai che non c’è peggiore sofferenza dell’animo che rimanere soli.
Allora fai qualsiasi cosa, qualsiasi cosa per lui/lei, qualsiasi cosa per il partner con cui vorresti condividere questa vita miserabile.
Ma poi tu non servi più. Magicamente qualcuno riesce a prendere il tuo posto, e questo indica e valuta il motto: “Tutti sono utili e nessuno è indispensabile”.
Esatto! Chiunque può essere sostituito e rimpiazzato. Ma se io credo che siamo tutti unici, come possiamo essere sostituiti così facilmente? Come se la nostra vita non fosse già di per sé costellata di amare verità.
La verità non è né buona né cattiva, ma è impossibile negare che nel 99,9% essa sia crudele.
Non neghiamo la verità, non possiamo nasconderci per sempre nelle bugie. Allora la verità diventa sovrana, e si alimenta spesso dei nostri sentimenti, delle nostre speranze, ma anche delle nostre preoccupazioni e delle nostre avversità.
Siamo figli di mondi distanti che si uniscono accidentalmente in casi fortuiti della vita.
Non mi preoccupo più di perdere, mi preoccupo di lasciare qualcosa a chiunque incontri accidentalmente nella mia strada.
Chiunque voglia rimanere è ben accetto, ma per tutti quelli che vanno via, nessun rancore.
Ho imparato, attraverso i lividi e le botte, che il rancore ci logora dentro, ci rende gusci inermi e inutili di carne.
Ciò che è bello, è ciò che è invisibile agli occhi. “L’essenziale è invisibile agli occhi” diceva Saint-Exupéry. Maledizione se aveva ragione.
Non so quanti cuori riuscirò a raggiungere con le mie verità. Ma fosse anche uno solo, fosse anche solo per alleviare il mio stesso cuore lo farò.
Non perdete mai la speranza di trovare qualcuno che possa cambiarvi la vita all’improvviso, perché quella persona potreste essere voi per me.
Cambiatemi la vita, scrivetemi, alimentatemi, aiutatemi a sopportare il fardello della speranza. “Mal comune, mezzo gaudio” non trovate?
Io sono qui, pieno di pretese, aspetto solo voi. 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Click Hallel: - Silenzio - ***


Un silenzio vale come un proiettile. Puoi usarlo come l’arma più vincente. Principio essenziale dell’indifferenza, ma anche dell’elemento rivelante la ragione.
Se usato contro qualcuno  è il peggiore dei mali.
Riesce a devastare il turbinio di rumori, unico e inconfondibile.
La pecora nera dei modi per ferire una persona.
Serve una preghiera, serve un aiuto dall’alto per sopportare un silenzio pesante come un macigno.
Cerchi di gridare, ma il silenzio ti sovrasta. Offusca i tuoi sensi, le tue percezioni.
Crudele e pacifico silenzio.
Ti uccide e all’inizio non riesci a rendertene conto, quasi come un gas che ti coglie nel sonno.
Il silenzio può essere tuo amico prezioso, o tuo acerrimo nemico.
Ma il solo fatto che possa essere usato per ferire, è un’arma a doppio taglio.
Non si sottovaluta il silenzio. Mai.
Quante volte l’hanno usato contro di voi?
Quante volte l’avete usato contro qualcuno?
E’ mai riuscito a risolvere un problema il silenzio?
E’ mai riuscito a cambiare il mondo il silenzio?
Certe volte si. Ci sono silenzi che salvano il mondo, che salvano tutte la anime quali siamo.
Il silenzio è il preludio, non l’essenza.
Ascoltatemi.
Riflettete bene prima di usarlo, riflettete prima di immergervi in esso.
Potrebbe prendere parti di voi come pegno e non restituirvele mai più.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Una piccola parte di me ***


Mi sembra necessario, a questo punto, dare un input a questo mio diario.
Mi sembra doveroso raccontarvi un po’ di me.
Non starò a ciarlare su dove sono nato, o cosa faccio, o cosa mi ha cambiato nel corso degli anni. Penso che di tragedie ne sentirete a bizzeffe fra telegiornali, Chi l’ha visto e Quarto Grado. Per non parlare poi di quella emerita cretina che ogni pomeriggio cerca di sdrammatizzare una realtà ricca di violenza e traumi, attraverso racconti per nulla realistici e veritieri. Come cercare di vedere un panorama da uno spioncino, almeno così la penso io, e sinceramente non mi interessa perderci altro tempo su questa merda.
Io so di essere dannatamente fastidioso per il mio modo di comportarmi, ma non vi chiederò scusa. Vi ringrazierò se avrete la forza di esserci fino alla fine di questa mia pantomima.
Per conoscermi un  po’ più a fondo basta osservarmi mentre ascolto la musica.
Ascolto la musica in base al mio stato d’animo, e spesso è l’incontrario, vario il mio stato d’animo a seconda della musica che ascolto.
Ma se volete farmi piangere esiste una canzone su tutte, che forse molti di voi neanche conoscono: “No easy way out” di Robert Tepper.
Ecco quella canzone mi sconquassa l’anima e le lacrime scendono incontrollate.
Non sono semplici lacrime di gioia o di dolore. Sono lacrime di nostalgia.
Qualcosa di scatenante in quella canzone non mi fa smettere di lacrimare per alcuni minuti. Ma io da finto duro quale sono cerco di trattenere le lacrime.
Io amo e odio le lacrime. Da un lato rivelano la mia debolezza, ma in qualche modo mi danno sollievo, come quando rido. Mi fanno stare bene dentro riportandomi, in qualche modo, all’equilibrio.
La musica mi aiuta a stare bene o a torturami quando sono triste, facendomi annaspare nella mia piccola esistenza.
Sono senza confini. Mi lascio scappare tutto.
E voi? Credete che sia banale lasciarsi andare alla musica?
Io non so ma questo diario lo scrivo per sfogo, per sentirmi un Pietro più libero, proprio come quando sento No easy way out. Perché non mi interessa che gli altri mi vedano piangere, mi interessa capiscano che piango perché voglio affetto.
Sono egoista e sensibile. Un’accoppiata vincente!
In me vivono un mare di emozioni che portano lontano dalla realtà semplicistica della vita.
La musica mi aiuta a sopravvivere a farmi stare bene o male. Sono più di 11 anni che non posso farne a meno.
Cosa vi ispira? Cosa vi fa stare bene senza pretendere nulla in cambio?
Quale amore può essere più ampio di ciò che la musica racconta?
Una mamma buona o severa, che in tutta la sua ampiezza ci circonda e ci inonda di note e melodie capaci di stravolgerci il cuore.
Sono curioso di conoscervi, di sapere di voi.
Sono curioso di ognuno che legge queste stupide righe che sono la mia vita.
Vi voglio bene. Non fraintendetemi, non quel bene fraterno, o quel bene dissacrante fra persone che si conoscono da sempre.
Il mio bene è speciale, è un bene estemporaneo che potrete portare per sempre nel vostro cuore. E’ come la musica. Non saprete mai quali corde toccherà finché non l’avrete sentita tutta.
Ma la musica è infinita. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 1,2,3 1,2,3 drink ***


Questa volta necessito di fare un ringraziamento speciale.
Premetto di non essere un grande bevitore, giusto qualche birra con gli amici, qualche cicchetto nelle serate mondane, e l’ammazza caffè dopo il dolce, il limoncello d’estate, e un po’ di Jack quando ho bisogno di dimenticare le mie cause perse.
Per il resto non è che bevo poi molto.
Ma per quei pochi istanti in cui sento la gola bruciare, tutti i miei sensi ringraziano la mia anima.
Mi sono ubriacato una sola volta nella vita, e ho vomitato l’inferno.
Come se satana avesse intrattenuto i suoi ospiti perenni all’interno del mio tratto gastro-faringeo.
Come se avessi ingerito benzina liquida e poi esplosa, corrodendo e distruggendo la mia gola, il fegato e tutto ciò con cui l’alcol fosse entrato in contatto.
Non ricordo con piacere quel momento, non tanto per il dolore, ma quanto per la motivazione.
Forse quando troverò il coraggio riuscirò a parlarvi delle mie sofferenze più ataviche.
Sono Pietro e ho 21 anni (ancora per poco), mi piacciono le ragazze complessate. Forse perché dentro sento quella forza che vuole cambiare il mondo, che vuole salvare le anime in distruzione.
Ma alla fine cosa mi rimane?
Resta solo la distruzione.
Voi siete un bel pubblico. Sono contento che mi seguiate, che capiate i miei concetti, e che qualcuno risponda pure alle mie domande.
La mia professoressa di filosofia al liceo mi ricordava sempre che: “Non esistono domande stupide, ma stupidi che fanno domande”.
Ricollegandomi all’alcol, ecco, è a lui che voglio porgere il mio ringraziamento sincero; perché in alcuni momenti mi ha distrutto e in altri mi ha fatto dimenticare. Ma anche per questo lo odio! Perché non è stato un buon lavoro, i ricordi restano dove stanno.
Nella mia testa.
Per il resto… avete avuto mai rapporti con l’alcol? Lo dominate, vi lasciate dominare?
Io sono curioso di confrontarmi con Voi… perché Voi siete la mia CURA.
Interagire non è facile per un agorafobico come me! Ma questa è un’altra storia.
Nel frattempo 1,2,3 1,2,3 drink!

P.S. non abusate mai di queste sostanze alcoliche, psicotrope, anfetaminiche, lisergiche. Da quale pulpito viene la predica direte, ma ragionateci… vale la pena dimenticare? La vera risposta spetta a Voi.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** La vendetta di Orwell ***


Salve ragazzi, oggi vorrei riproporre un pensiero che mi è sopraggiunto ieri sera mentre ero svaccato sul letto ad ascoltare la “teoria del complotto” di Kadmon.
Ma si, non è che poi voglio proprio dire la mia, poi ci ripenso e ve la dico a questo punto.
Perché riportare in alto la nostra schiavitù al GF?
Cioè lo sappiamo tutti che siamo schiavi!
Si dai, non ditemi che non ve ne siete accorti. Cosa avete nella tasca del vostro jeans/pantalone? O peggio nelle vostre mani in ogni istante della giornata? 
Cos’è la prima cosa che fate prima di andare a dormire?
E prima di alzarvi dal letto? 
Se mi dite qualsiasi cosa che non sia il vostro smartphone/android/apple etc. etc. non vi credo!
Dai ragazzi facciamo i seri. Non mi fate incazzare.
Siamo tutti così dannatamente dipendenti dal cellulare che Orwell si sta prendendo la sua dannatissima rivincita.
C’aveva visto troppo lungo quell’uomo.
Lui come molti altri prima di lui ovviamente.
Io mi alzo alla mattina e la prima cosa che faccio è spegnere la sveglia dal cellulare, e prima di andare a dormire? Ovviamente ultimo salto su fb, su wa, su instagram, su messaggi normali e poi carico la sveglia per il mattino successivo.
Se ci penso ce l’ho qui davanti ai miei occhi. Questo piccolo aggeggio che mi occupa i ¾ della giornata.
Ma i miei amici dove sono?
Finalmente posso salutare i miei parenti in Australia tutti i giorni … che bello!!! (Dannatamente eufemistico).
Ma basta dire che non è cambiato nulla! E’ tutto diverso.
Seppure volessi conoscere una ragazza se non ho fb non mi caga nessuno, se non ho wa nessuno mi contatta per uscire.
E quando usciamo?
Tutti e dico tutti con i cellulari a bombardarci la testa.
Orwell, santo Dio, potevi nascere in quest’ epoca è dare fuoco a tutto (ed ecco che arriva la mia critica a bombazza)!
Ho quasi 22 anni ma sembra che ce n’ho 82, partite a calcio solo se programmate e troppo poche rispetto ad anni fa.
La fidanzata me la trovo a New York, tanto che mi frega … ci vediamo su Skype!
Ormai il rapporto è diventato questo, un contatto etereo.
Dove stanno le cene con gli amici, il pub, la birra fresca e le lamentele sul lavoro, sulla squadra di calcio, sulle ragazze troppo belle e irraggiungibili, sull’università!?
Io sono qui e scrivo schiavo come tutti del resto. Non sono libero e pronto per sciogliermi da queste catene, perché non sono soddisfatto.
Vorrei scrivere e scrivere e scrivere affinché tutti mi ascoltassero, affinché potessi trovare la mia banda, la mia famiglia telematica.
In qualche modo siete la mia famiglia telematica. Vi sorbite le mie poesie, le mie chiacchiere , i miei pensieri. I problemi con la ragazza che non mi caga di pezza.
Ok, troppo e tutto insieme (torno a respirare tranquillo).
George aveva ragione, e purtroppo è un pensiero che mi ha assillato tutta la notte nel letto, e volevo condividerlo con Voi.
Esiste ancora il rapporto umano secondo Voi?
Io credo che tra un po’ resteremo immobili a muovere i nostri Avatar con la forza del pensiero, pronti a non muovere più un muscolo e fare la fine di Wall-e, e scusatemi la critica!
Vi lascio con un abbraccio caloroso, aspetto le vostre idee.
Perché io aspetto sempre Voi e il vostro pensiero, nel più grande rispetto delle differenze.
Guardate di più il tramonto e scrivete di quello, uscite di più con gli amici, godetevi anche i buchi senza nulla da fare senza per forza occuparli con foto, video e scassa-menti vari.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Avere sempre qualcosa da dire ***


Tu lontana dalla vista
pretendi ascolto e libertà.
Resto attonito e perplesso, perché la libertà ha il suo prezzo
che spesso si paga con la solitudine.
Come la verità.
L’essere veri, sinceri, altruisti, senza fronzoli e senza peli
ti lascia senza schermi, senza scudi e senza protezione.
Ma preferisco la morte alla menzogna, preferisco la tristezza
alla falsa felicità.
Preferisco cadere nel buio, piuttosto che essere illuminato dalla crudele falsità del mondo.
La solitudine è un prezzo alto da pagare.
L’incomprensione è il fio per l’animo onesto.
Non mi abbatto, non demordo, non mi lascio ingannare.
Continuerò sulla mia via, continuerò ad essere concreto, sincero,
vero, anche se nella mia insoddisfazione e nella mia assoluta autonomia.
Sono caparbio, non mi zittisco per evitare la polemica. Mi zittisco perché la polemica è inutile. Perché discutere con chi non ha orecchie, per chi non ha voglia di prestarmi attenzione, è solo uno spreco di tempo e di energie.
Voglio essere costruttivo. Ho tanto da lasciare a chi mi ascolta. Ho Tanto da imparare da chi ha voglia di insegnare.
La vita mi si è presentata spesso come ostacolo, ma non demordo.
Non demordo perché conosco sempre persone nuove.
Le ammiro da lontano, le stimo da lontano.
Il mio valore si dimostrerà a tempo debito, quando avrò da offrire il mio talento.
Come sempre vi ringrazio di essere arrivati fin qui.
Saluti, Pietro.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ritorno di fiamma ***


Quando da piccolo impari sulla tua pelle che il fuoco brucia, le vie che ti si propongono sono due:
1) ne avrai paura per sempre, perdendo la capacità di usufruire di quella fiamma
2) affronterai la tua paura prendendola per le corna, ci lotterai, perderai mille volte, cadrai mille volte, ti rialzerai milleuno volte, e quando crederai che non ci sia più possibilità troverai il modo di imbrigliare quel calore immenso e usufruirne nel modo migliore, perché tu non ti sei mai arreso.

La fiamma non è solo l’amore. Può essere una scelta, può essere la fiducia, può essere la conquista di un attimo o di una vita.
La paura fa parte del gioco, fa parte di questo immenso gioco che così assiduamente chiamiamo vita.
Eppure una degna metafora della vita è quella fiammella stessa che da piccoli ci ha così tanto bruciato forgiandoci per sempre o annullandoci per sempre.
A ognuno le sue conclusioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** The Misty Mountains Cold ***


Si certe sere questa frase descrive bene come mi sento.
Sono sempre io, il vostro rompigcogli*ni di quartiere.
E’ da un po’ che non condivido qualcosa. Tanto è accaduto in questi mesi.
Ho creduto e mi sono ricreduto su molte cose, ma Voi mi siete mancati.
Stasera è tornata un po’ della mia solita vena triste, di quella che speri possa passare con una passata di felicità, ma che poi ti rendi conto non essere così.
Sono tornato, ma in realtà non sono mai andato via.
La mia testa rimane salda nei miei principi, e forse anche per questo non cambio completamente idea sul mondo.
Troppe cose accadute, troppi dolori affrontati, a livello personale e meno personale.
Si sono susseguite morti su morti, stragi su stragi… il mondo è in subbuglio, e non possiamo non prendere parte a questa che ormai è diventata una grana per tutti.
Ma torno su di me, perché sono un fottu*to egoista egocentrico.
Certe volte mi sento troppo freddo e distaccato.
Quando non sento la giusta dose d’amore mi sento fuori dal mondo, uno spettro per così dire.
Non credo di potermi rifare agli errori fatti nel mio passato recente.
Posso prenderlo come spunto.
Ma il buon Vico si arrabbierebbe con me.. in questa che è una anaciclosi continua e immutabile, e io non me ne posso allontanare, vittima di qualcosa di più grande di me, al di fuori del mio controllo.
Questa sera perdo più la mia vena polemica che la mia vena poetica.
L’amore ti lascia spesso come il titolo: prima ti rende forte come una montagna.. poi se non c’è il quantitativo necessario, deciso da un egocentrismo biblico, ci si raffredda pian piano e si vivono giornate stupide come queste.
Ma lascio sempre aperta la possibilità della mutabilità, del continuo divenire delle cose.
Perché se ho imparato qualcosa in questi mesi è che nulla è davvero quantificabile se non le azioni che apportiamo per noi e per quelli che ci sono intorno.
Buona notte, buona notte a Voi, fratelli miei, affinché la vostra scrittura possa cambiare questo mondo, possa farvi vivere, farvi amare, e portarvi in luoghi sconosciuti.
Buona notte, affinché troviate la vostra strada.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 ***


(13) un numero che ha la sua importanza.
(13) cerchi il contatto, il suo sguardo, lo sguardo del lettore, cerchi di catturarlo e di portarlo a leggerti, quasi fosse una droga avere un semplice contatto, un semplice commento, quasi fosse un attestato di stima e rispetto.
Si sono pietro, sempre io.
Mi sono spesso lamentato qui, chiedendovi di sopportarmi.
sono un po’ scontato nelle mie lamentele lo so, perdonate anche questo se potete, e se non potete, lasciatelo scorrere, come si fa col resto delle cose brutte.
questa e’ una parte dura della mia esistenza di scrittore e nella mia vita, come se le due cose fossero intrinsecabilmente legate.
Non so essere un bravo scrittore, ergo non mi sento soddisfatto.
Servirebbe coscienza, conoscenza, sapienza e tanto studio.
non posso stare li e buttare due parole e definirmi uno scrittore.


13.
Questo è il capitolo 13, un tredicesimo capitolo di una serie continua di riflessioni.
Sono arrivato a un picco e a un declino inevitabile.
- 13 è il sesto numero primo
- 13 è un numero quadrato centrato
- 13 è il numero associato alla sommossa di lucifero


Certo è che il 13 è un numero affascinante.
Avrei potuto dedicare una qualsiasi critica a questo capitolo e invece, inavvertitamente, sto cercando di dargli un certo peso, un certo valore.
Nel suo tredicesimo canto (dell’inferno) Dante discute sul suicidio.
Ebbene lasciatemi introdurre questo concetto, poiché qualche giorno fa una ragazza dalle mie parti si è suicidata per amore.

Si, suicidio per amore.
Suicidio per amore.
Posso ripetermelo un milione di volte, e non riesco ancora a capacitarmene.
E sinceramente io sono un ragazzo che soffre tanto per amore, sull’amore e tutto ciò che riguarda questo aspetto.
Ho una grande sensibilità inerente.
Eppure non capisco perché tutto questo mi faccia rabbrividire.
Uccidersi per amore.
so cosa significhi provare dolore, fisico, psicologico, mentale, e soprattutto il dolore per amore.
ma un gesto così per me è inaccessibile.
Posso capire il suicidio quando non c’è più altra via di scampo.
ma morire per amore a 16 anni. Questo non posso comprenderlo.
Tutti abbiamo amato e perso, anche perso tantissimo.
Ma non per questo ci siamo arresi.
Abbiamo preso coraggio e siamo andati avanti.
Ma io non riesco a capire, e il dolore si unisce alla rabbia in un connubio di distruzione e angoscia.
Neanche la conoscevo. Ho sentito la notizia in tv, ma la rabbia ha preso il posto su tutto.
Parlo con voi, con tutti voi che avete voglia di leggere e sopportarmi.
Non cedete al dolore della vita. La vita è una continua lotta.
amate e lasciatevi amare completamente, vivete tutto con cuore.
ma non abbandonatevi al dolore e all’afflizione.
Siate forti e siate felici.
Cercate un equilibrio e mantenetelo, sfruttate le cose buone della vita.
Perdonatemi ancora se vi lascio parte del mio dolore, ma so che a voi posso lasciare tutto.




  

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Che ne sai ***


Oggi piove. Un nuovo inizio, una nuova settimana.
E se il buongiorno si vede dal mattino... non credo sara' una giornata degna di nota.
Ma nonostante tutto sono qui a raccontarvi i miei disagi, chiedendovi consigli in questi tempi bui.
Oggi vorrei riferirmi a una categoria specifica: coloro che parlano senza sapere nulla!
Odio le persone che parlano a vanvera, ancora di piu' coloro che si trascinano in discussioni senza capo ne' coda, credendo di sapersi districare e invece… invece raccontano solo idiozie solo perche’ hanno la possibilita’ di parlare.
Abbiate pieta' di me e delle mie lamentele.
Mi rendo conto di non essere una cima per potermi lamentare, ma tutto questo silenzio a riguardo mi ferisce, mi fa sentire male, male dentro.
Necessito del mio sfogo, del mio confronto costruttivo, e nessuno meglio di voi puo’ capirmi e darmi un confronto equo.
Mi fido di voi e del vostro giudizio, anche se fosse contrario al mio.
Io non ce la faccio piu’, non riesco a sopportare oltre la stupidita' di certe persone.
Non si tratta di un fattore di intelligenza, ma di pregiudizio, di un dannatissimo senso di pregiudizio, che distrugge l’umanita’ delle persone, come un uragano.
Non so perche' ma aspetto che la societa' rispetti dei canoni sociali e civili, invece, a quanto pare, contano solo determinati fattori.
Aspetto estetico e situazione economica, ormai sono i due fattori principali per essere al top in questa societa', almeno e’ cio’ che noto tra i miei coetanei (la “speranza” del futuro) e i ragazzi piu’ giovani.
Che ne sai di chi, come me, si crea da solo giorno dopo giorno, alzandosi dal letto per migliorarsi e per cercare di migliorare cio' che ha intorno.
Che ne sai di chi ha  i problemi veri... tutti coloro che non riescono a stare bene, a portare avanti le loro famiglie, a subire torti e soprusi altrimenti perdono il lavoro, quel lavoro sottopagato che tanto si tengono stretti pur di andare avanti, rinunciando a diritti fondamentali dell’uomo.
Da quando si e’ passati dal vivere al sopravvivere?
Questi sono i canoni della societa’ di oggi?
O sei un tronista o calciatore… aspirazioni piu’ alte non sono contemplate, e se lo sono, il piu’ delle volte lo sono per quei canoni suddetti: soldi e benessere.
Una volta si diventava dottori per missione, ora lo si fa per denaro, ed e’ per questo che ci sono bambini e uomini e donne che muoiono in ospedale per noncuranza, sciattezza. I piu; fortunati hanno un regalo, una garza o un bisturi nel ventre dopo l’operazione, altri muoiono dallo shock, ma non fa nulla, tanto ormai non ci si puo’ fidare piu’ di niente e di nessuno.
Tutti coloro che non rispettano i “canoni” sono solo un peso.
Io sono un peso.
A 22 anni sono un peso, non una speranza.
Ma perche’? Perche’ le cose girano sempre nel verso opposto, entropicamente, nel verso del caos.
L’ordine costa fatica, davvero tanta fatica.
Che ne sai di cos’e’ il buio, quando vivi sempre immerso nella luce.
Che ne sai di cos’e’ la fame, quando puoi rifiutarti di mangiare cio’ che hai nel piatto.
Che ne sai di cos’e’ l’ignoranza, quando hai la possibilita’ di imparare cose nuove, conoscere gente nuova, con culture diverse dalla tua.
Dovremmo essere uniti nei momenti di disfatta, e invece ci uccidiamo a vicenda.
Dove sono finiti il rispetto e l’amore?
Dove sono l’educazione, il talento, la voglia di fare?
Non lasciamoci trascinare dall’ipocrisia di questo mondo, un mondo che si concretizza piu’ nel virtuale che nella realta’, perche’ adesso il virtuale e’ la realta’.
Non abbandonate i vostri ideali, le vostre coscienze, i vostri doveri, ma anche i vostri diritti.
Informatevi, discutete, anche se non siete d’accordo, conversate tanto, scambiatevi idee.
Scambiamoci idee, e non perdiamo mai quel senso di umanita’ che dovrebbe contraddistinguerci dalle altre specie che vivono con noi, e non per noi.
Siate forti amici miei, e grazie, ancora grazie per il vostro tempo e il vostro ascolto.

N.B. Perdonatemi per gli accenti, ma ho usato un pc americano, e non ha lettere accentate.
Buona giornata a tutti voi.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Non c’è peggiore solitudine di chi non sa stare da solo ***


Salve ragazzi, buona domenica.
Oggi vorrei trattare uno degli argomenti che più mi dilania, che più mi sconvolge e sovverte la coscienza: la solitudine.
In 22 anni di vita non sono mai riuscito a  stare solo con me stesso, a trovare un piano, un equilibrio in cui stare bene con me stesso.
Ed ecco è un dolore grande.
Mi hanno sempre rinfacciato il fatto di essere una persona solitaria, che si esclude dal gruppo, dalla famiglia, dalle relazioni in generale.
Purtroppo devo ammettere che reggere il mio carattere non è per nulla facile.
Scrivo tanto per ripulire la mia coscienza: “Io non so stare solo”.
E’ la verità più dura a cui potessi mai giungere.
Non riesco ad essere un fottuto egoista, egocentrico, solitario, ma solo un fottuto egoista, egocentrico.
Perché non riesco a stare solo con me stesso?
Sono sempre alla ricerca di qualcuno che possa completarmi, qualcuno che possa donarmi equilibri e spazi, quando dovrei essere in primis io a concedermi equilibri e spazi.
Ho una visione della realtà particolare, probabilmente dovuta alla mia sottile sensibilità, e alla testardaggine di non dare mai troppo ascolto agli altri.
Si sono così:  fisso una meta e faccio di tutto per raggiungerla.
Ho rinunciato a tante cose in soli 22 anni, tantissime esperienze, per amore, per amicizia, perché sono un cretino che non sa stare bene da solo.
Ho demoni grandi dentro di me, qualcosa che non mi fa dormire sereno la notte se non penso a qualcuno.
Ditemi: è così sbagliato cercare l’amore e fare di tutto per esso?
La risposta è si! Dannatamente sbagliato!
Il 99% delle persone che ho incontrato ha preso tutto e ha scartato ciò che non serviva, e questo deve essere di lezione per me.
Ma io sono diverso, e nella mia diversità mi crogiolo, mi annullo, quasi cerco di trovare una scusa per andare avanti.
La realtà è che ho paura di stare solo, di rimanere solo.
Ma anche stavolta, l’amore mi sta illudendo. Mi perdo nell’attesa che qualcosa possa cambiare, ma dentro già so quale sarà il risultato. Perché l’amore non è molto diversa da un’equazione a “n incognite”.
E dopo anni che le esperienze mi mettono innanzi la verità che ho sempre negato, dopo essermi nuovamente perduto, eccola li lampante, la lucina si accende:
“Non c’è peggiore solitudine di chi non sa stare da solo”.
Perdonate queste vuote ciance, ma lo sfogo supera la realtà mescolandosi nella pienezza del mio essere.
Perché avere così tanto tempo e non sfruttarlo mi rende inutile.
La distrazione dovrebbe partire da me e invece si perde nei meandri della mia mente, fra sconfitte e dolori latenti.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Gli anni ***


Ecco, questa discussione mi ha sempre ispirato tanto.
Un tema difficile da trattare, quasi impossibile.
Tante sfumature, fin troppe, continue ricerche.
Avrei da dire molto, eppure sono senza parole nella testa.
Si sempre stessi luoghi, vissuti e immaginati.
Gli anni.
Gli anni passano, scorrono, a volte ci voltiamo indietro, tiriamo le somme, cosa abbiamo combinato fin ad ora.
Cosa abbiamo lasciato indietro, cosa ci si prospetta.
Non e’ difficile, anzi si lo e’.
Tirare le somme e’ sempre dura.
Il tempo passa per tutti, forse uno dei punti che accomuna tutti noi.
Gli anni passano, si nota sulla pelle, ma forse di piu’ nell’anima e nel pensiero.
Si cresce, ci si sente diversi.
Si fanno scelte sempre piu’ ardue.
Gli anni, quasi vorrei lasciar perdere di scriverci su. E’ un tema che mi preme, un tema complesso, forse non diro’ niente di che, ma come sempre vorrei aprire alcuni spunti di riflessione.
Siamo arrivati fin qui, abbiamo eta’ diverse, gusti diversi, vite diverse, ma in qualche modo, ad un certo punto siamo collegati. Non sono piu’ qui a scrivere, ma solo a riflettere, a riflettere e a confrontarmi con voi.
Mi volto indietro, e vedo che sono ancora all’inizio della salita.
E’ dura da qui, molto ripida, scoscesa, frastagliata, quasi fosse una scalata piu’ che una salita.
Siamo diversi dicevo, eppure siamo vicini, attraverso queste parole, attraverso questo testo, io scrivo e voi scrivete con me, e’ un testo incompleto, perche’ manca il vostro commento, la vostra opinione.
Ad un certo punto non si tratta di essere completi ma di essere soddisfatti, di se’ e del mondo.
Chiamatemi pazzo sognatore, o pazzo e basta. Non mi offendo.
Lo sono, davvero.
La continua riflessione ti porta a vagare dentro di te e fuori, a cercare l’armonia, l’equilibrio.
E gli anni, gli anni sono li a scandire il ritmo, il tempo di ogni pensiero, di ogni azione, di ogni amore perduto e trovato, di ogni amicizia infranta e conquistata, di ogni lavoro portato a termine, e di tutte le cose che ci siamo lasciati dietro incomplete, da recuperare in un secondo momento.
Oggi non smetterei mai di scrivere, di inserire miliardi di subordinate a questo tema centrale, un tema centrale forse non molto chiaro.
Il tempo che scorre, che si riflette su i nostri comportamenti, cosi’ profondamente nelle nostre vite.
Gli anni scorrono davvero.
E quando ti volti cosa vedi?
E quando fissi l’orizzonte cosa vedi?
Se mi volto vedo tanto, se guardo avanti ancora di piu’.
Ogni eta’ offre le sue possibilita’, le sue scelte, le sue opportunita’.
In questi anni, in questi lunghi e brevi anni, sono successe tante cose, e molte ancora ne accadranno finche’ si avra’ la forza di continuare a respirare e camminare, andare avanti.
Gli anni sognati e sperati, quei momenti di serenita’ e lucidita’ che rinfrancano le anime bruciate dei sogni avvizziti.
Una mia amica ha scritto una cosa bellissima, non so se sia un pensiero suo, ma centra il punto di oggi: “lo sapete che i sogni sono fuori e noi siamo nel cassetto?”.
Questi anni devono essere di riflessione, di svago, di vita, di lavoro, duro lavoro. Devono darci la forza di imparare tanto e lasciare qualcosa a chi verra’ dopo di noi.
Gli anni scorrono, come un flusso di coscienza, e non smetteranno, non smetteranno mai di fermarsi.
Neanche dopo la nostra ennesima sconfitta, neanche dopo la nostra ennesima caduta.
Gli anni ci osservano inflessibili, noi li viviamo come un amore eterno, e i sogni ci proiettano in avanti come il carburante per ogni motore.
Oggi forse non ho lasciato niente, solo chiacchiere, ma spero che i vostri anni vi abbiano lasciato tanto, e che quelli che verranno vi lasceranno molto di piu’.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** “Perché il silenzio significa complicità con questi crimini” ***


Un titolo che vuole esprimere la mia più grande indignazione legata ai fatti di questi ultimi mesi, ma che in realtà lega secoli di pensieri, dell’umanità stessa.
Molti vorrebbero esporre il loro pensiero sulle recenti morti causate dagli estremisti dell’Isis.
Io non ho un pensiero superiore, pertanto non voglio esprimerlo, perché dietro uno schermo è facile sputare veleno, sputare odio e sentenze, soprattutto quando si ha scarsa conoscenza in materia.
Ma essendo fatto di carne e pensiero, anche io necessito di sfogarmi, di ricevere pareri, i vostri consigli.
Se è vero che le uniche certezze sono i dubbi, voglio lasciarvi pieni di dubbi, pieni di domande, da fare a me, da fare in giro, per comprendere  di più noi stessi e il mondo.
Non ho un vero scopo, le mie parole non hanno uno scopo ultimo, qualcosa che possa far quadrare tutto al posto giusto, risolvendosi magicamente nelle risposte che cerco.
Ma dov’è  la giustizia?
Bisognerebbe scavare troppo affondo e troppo indietro per dare una risposta storica, socio-culturale. Il fatto che espongo è che non esiste una vera giustizia in questo mondo, poiché chi è potente schiaccerà sempre chi è più debole. Quando sarebbe “giusto” che il potente protegga i deboli.
Invece, a causa del nostro animo scorretto, il fatto stesso di essere uomini, ci rende una razza debole. Il “mors tua vita mea” è un concetto troppo predominante nelle nostre teste.
E allora tutto, a seconda di vari fattori: culturali, sociali, religiosi, etnici, diventa un motivo di lotta, di guerra intestina. Siamo la razza meno socialmente evoluta che possa esistere.
Invece di andare verso il progresso sociale, regrediamo all’infinito.
Un mondo migliore come si può raggiungere solo a parole? Come si può migliorare con personalità così mediocri?
In un mondo in cui non è più possibile esporre il proprio pensiero, in realtà non è mai stato davvero possibile.
Anche la morte di un singolo uomo (uomo inteso appartenente alla razza umana, senza distinzioni di sesso, etc.) non è più accettabile, per atti di guerra o dominio dei pochi sui molti.
Ma le mie sono solo vuote ciance, poiché questa è la mia età della ribellione.
Certi fatti mi fanno solo ribollire il sangue nelle vene.
Ma lo so, sono giovane e scapestrato. L’ora dell’ideologia, quella mia personale.
Quella che mette tutti sullo stesso piano, quando la realtà è molto più semplice:
“I deboli perdono, i potenti vincono, la disuguaglianza regna” (mi sembra molto ispirata a – V per vendetta - , p.s. chiunque non l’abbia visto lo consiglio vivamente)  

Intorno a me sento solo parole vuote, tirate fuori da persone ancora più vuote.
Alla fine cosa resta di un discorso?
Ma dopotutto bisogna parlare di ciò, bisogna interessarsi. Anche questa è vita, soprattutto questo è vita. Tutto ciò che accade agli altri di rimando cade inevitabilmente su di noi. Iniziamo a preoccuparci di ciò che accade nel mondo, perché il mondo è la nostra casa.
Anche se a volte vorrei abbandonarmi alle mie fantasie (perché è la via più semplice e più felice), mi schiarisco le idee, respiro,  faccio una lunga doccia fredda, mi calmo e continuo a scrivere, a farneticare, ma con più moderazione.
Il silenzio, quanto può uccidere il silenzio? Secondo me quasi (o forse più) quanto le cattive parole.
Un silenzio velenoso, quello che nasconde la verità e uccide dentro, logorando piano, fino all’ultimo respiro, affogandoci nella menzogna, nella falsità dell’essere.
Quando si arriva ad un certo punto nella vita si riflette solo su fatti sconvenienti, e escono fuori solo riflessioni sconclusionate, perché nessuno ci prepara ad affrontarle.
E quando arriva il nostro momento, proprio quando servirebbe davvero parlare, restiamo senza parole.
Perdonate questa digressione, questo mio cianciare, ma necessitavo di uno sfogo a freddo.
Quando sono preso dalla rabbia non riuscirei a controllare ciò che scrivo, sembrando molto meno logico di quanto in realtà sia.
Spero di aver lasciato qualcosa, forse nulla, forse tutto, ognuno di voi cela la propria verità all’interno di se stesso.
Io lascio solo un pezzo del mio pensiero affinché possa tranquillizzare la mia anima.
Siate forti, anche per i deboli come me.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Oggi è già domani ***


Oggi, giorno d’attesa.
Oggi è uno di qui giorni con il cielo nuvoloso, il cuore stretto in una morsa e i pensieri rivolti al domani.
Oggi non è, è già domani.
Domani dovrò rivedere lei, non per scelta, scelta forzata.
Spero di non cedere, non cadere nei miei sentimenti. Spero che queste 4 settimane di silenzio siano servite a qualcosa.
Ma tanto so che sto ingannando me stesso.
Lo so che ogni tanto, in uno sguardo fuggevole, la osserverò.
Forse non le parlerò, non sono sicuro di farcela, ma dovrò resistere.
Sono convinto che sia meglio così.
Tutto ha seguito una logica perfetta.
Ha avuto un inizio e una fine. Di certo non la fine che speravo, ma nonostante tutto non è stato nemmeno così doloroso come la prima volta.
Di certo non sto affermando di essere riuscito a indurirmi, questo no.
Ma l’esperienza, di per se, mi ha permesso di distogliere l’attenzione su di lei, pensandola solo prima di dormire.
Avessi avuto ancora la testa dei miei 17 anni non sarei mai riuscito a dormire la notte. Forse avrei pianto di dolore, avrei logorato la mia anima e maledetto il giorno del nostro primo bacio. Un bacio umido.
Se avessi avuto ancora 17 anni forse avrei sbagliato, le avrei portato una lettera e delle rose, avrei scritto messaggi kilometrici affinché potessimo chiarire e continuare. Ma l’età ti fa diventare meno testardo, e forse ti fa perdere molto di più.
Ma si vive ogni attimo di più, ogni secondo di più.
Non ci si proietta troppo in avanti, ma si pensa al momento, all’attimo. Non quando sei giovane e ribelle, e pensi che ogni istante durerà per sempre. Quando ogni litigata ti allontana da lei, e ogni bacio vi riavvicina, finché non fai l’amore e senti il suo corpo caldo su di te mentre pensi che vuoi solo proteggerla da tutto il male.
Non funziona così sempre, il mondo non è un romanzo, né una favola col lieto fine. E’ un continuo susseguirsi di vicende dolci-amare, spesso col retrogusto acre, di quello che disgusta e lascia un cattivo sapore tra le papille gustative e le labbra.
Non so che tipo di affermazione vorrei fare oggi. Forse vorrei solo un abbraccio, un semplice saluto e un sorriso di quelli che non ti fa preoccupare di nulla, né del male del passato né delle intemperie del futuro.
Vorrei godermi questo giorno ma sono già pronto a domani.
Forse amico/a mio/a che leggi e che condividi la mia pena, vorrei solo conforto da te. Vorrei sentirmi dire: “Vedrai che andrà come speri”. Ma lo so che non sarà così.
A 22 anni sono ancora un sognatore. Sono brusco lo so, non ho molto tatto, ma vorrei solo dare il meglio.
E quando arriverà domani tutto sarà diverso, perché mi sono aperto con voi, ho parlato con voi di ciò che mi scioglie e mi rende cedevole e pericolante.
Si, mi sento ancora come quando avevo 17 anni, ma non reagirò così.
Mente, cuore e corpo si rifiuterebbero. Devo crescere, smettere di scrivere cose così melense, di più effetto, eppure sono così. Cosa posso farci io. Sarei dovuto nascere stronzo, più stronzo al dire di qualcuno.
E forse è così, forse no, ho i miei dubbi e le mie incertezze. Ho amato e sono caduto, ho riamato e perso ancora. Ma non dubito di me e di loro, e del mondo. Non più. Perché, per fortuna o sfortuna non si hanno 17 anni per sempre. Si cresce e si perde, ci si rialza e si punta avanti sempre, senza fermarsi mai.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Thousand miles ***


Ultimamente prendo molto sul serio la cosa di scrivere questo diario.
E allora impiego del tempo a capacitarmi, a pensare e a riflettere.
Questo capitolo lo avrei voluto intitolare “il rigo bianco”. Ma ci arriverò.
Ciao a tutti amici miei, sono ancora qui a rompervi le scatole con i miei dilemmi e le mie angosce.
L’autore mi sfrutta per se, ed io non posso che essere soddisfatto di questo.
Dopotutto sono il suo vissuto reso reale, attraverso righe e parole.
Chi meglio di me può comprendere appieno i suoi sentimenti?
Sono Pietro, ho ancora 22 anni, e ne avrò tanti così per ancora n-mesi.
Il fatto che io sia così complesso dipende tutto da lui. Prendetevela con lui e non con me.
Io sono solo un mero messaggero.  Un cantastorie quasi.
Perché “Thousand miles”?!.
Bene, è arrivato il momento di chiudere con il passato (questa frase potrebbe non avere senso per la stragrande maggioranza di voi, ma per me ha un valore ben specifico).
Sono riuscito a chiudere, con mia grande fatica, la storia che mi precludeva un futuro, un qualsiasi futuro.
Io la amavo e speravo in un suo ritorno (illuso com’ero), sono riuscito a tirare su un muro di confine.
Mi sono sentito pronto, pronto ad andare avanti.
Pronto per intraprendere nuove avventure, nuovi cicli e nuovi percorsi.
Pronto a rimettermi in gioco, al 100%, ad essere deluso ancora e ancora. Ma questo non è davvero importante (la delusione intendo). E’ importante per me il senso di tutto. Di essere riuscito, per la prima volta, a chiudere un qualcosa come davvero volevo.
Anche se era già finita, anche se non c’è mai stata alcuna speranza, io continuavo a sperare.
E poi, dopo tanto e tanto e tanto tempo, sono riuscito a mettere la parola fine.
Ovviamente i sentimenti non possono essere occultati, ostacolati  o semplicemente lasciati li.
Quelli ritornano sempre.
Ma si sa quando si è pronti ad andare avanti, ed ora lo sono davvero.
Confrontandomi col mondo sono riuscito a fare quel passo in più che mi serviva per non rimanere statico, immobile nella mia posizione.
Quel singolo passo mi ha cambiato per sempre.
Dal momento in cui avevo capito di non essere niente se non accanto qualcuno, ora ricerco le mie soddisfazioni personali, quelle di cui prima potevo fare a meno.
Sto evolvendo, ma senza essere egoista ( o per lo meno, senza essere più egoista di prima).
Avrei voluto chiamare questo capitolo “il rigo bianco” perché il bianco è la pienezza del tutto.
Ho capito che dentro di me ho molti lati inespressi, molto più belli di quello che immaginassi.
Ho capito che posso dare tanto agli altri, senza privarmi del mio tempo, della mia pazienza o del mio essere.
Questo confronto continuo mi permette di interfacciarmi giornalmente con tante persone diverse: chi migliore, chi peggiore, altruisti, egoisti, vanitosi, egocentrici, bastardi senza gloria e senza fede.
Ma, passo dopo passo, sono riuscito a fare il mio primo giro di boa.
Ora mi aspettano altre mille miglia per trovare il prossimo punto in cui avrò un cambiamento epocale nella mia esistenza.
Condividere tutto questo con voi, non può non rendermi entusiasta e felice.
Pronto a scrivere ancora, a rimettermi in gioco ancora.
Fino alla prossima caduta,  al prossimo mettersi in piedi e continuare lungo il percorso.
Il dolore mi ha accompagnato in questi miei primi passi nel mondo, ma sono pronto a dare spazio a chiunque possa portarmi ad uno stato diverso, soprattutto quelli positivi e di grande forza.
E come sempre mi affido a Voi, la mia famiglia telematica, i miei confessori più sinceri, i miei amici più intimi.
Quando arriverete al vostro giro di boa, ad un punto intermedio della vostra vita, godetevi quel cambiamento, perché nel bene e nel male vi porterà avanti, senza farvi perdere altri attimi in una staticità effimera e menzognera.
Con l’affetto più grande, Pietro.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Da Grande ***


Ora mi confesso, non lo so davvero cosa voglio fare da grande.
Ho tanti dubbi ancora.
Da piccolo volevo fare l’astronomo, guardare le stelle, per viaggiare e immaginare. Realizzare i miei sogni, quando non pensavo al costo di quei sogni.
Poi crescendo decisi di voler fare il pompiere, per aiutare le persone in difficoltà. Ma la mia condizione fisica non mi ha mai aiutato. Solo col tempo mi sono rimesso in piedi, credendo di poter fare qualsiasi cosa.
Ho finito la scuola, il mio liceo scientifico, io che con la matematica (=“ciò che si conosce”) ho sempre fatto a cazzotti, sono riuscito a uscirne con classe, studiando come un folle, consacrandomi allo studio attento e partecipe.
Intanto mi appassionavo alla storia e alla filosofia, al pensiero dei grandi uomini e delle grandi donne.
Con le lingue ho combattuto duramente, ma ho avuto le mie soddisfazioni.
Ho continuato ad avere i miei dubbi, ma ho scelto sempre con la consapevolezza dell’interesse.
All’università scelsi le scienze, che ora coltivo attentamente e con passione.
Perché ho sempre voluto conoscere il come e il perché delle cose. Come queste funzionassero.
Perché viviamo? (biologicamente parlando).
Lo studio mi ha aperto tanti mondi, nuove prospettive delle cose.
Ma la vera consapevolezza è che gli studi insinuano domande e non risposte. Più conosci e più sai di non conoscere (Socrate) e tutto ha un senso di mistica importanza.
Ho imparato ad amare la mia curiosità, a soddisfarla al meglio, leggendo, osservando, ascoltando.
Ho visto che tutto scorre (Eraclito) e che la mia felicità la devo ricavare giorno dopo giorno, che la devo afferrare con le mie mani (homo faber est fortunae suae/ alla ricerca della felicità).
E si, ora studio, ancora con i miei dubbi quelli che mi spingono in avanti.
E fintanto che avrò voglia di imparare, i miei dubbi continueranno a darmi la forza necessaria per spingermi sempre oltre ed  imparare.
Cosa farò da Grande? Non lo so ancora. Ma qualunque cosa farò, sarà spinta dai miei dubbi incessanti, la mia unica vera certezza.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Come la Kryptonite per Superman (#1) ***


Tanti discorsi intorno a me, parole e fiumi di pensieri.
E’ molto tempo che non scrivo su questo Diario e racconto liberamente.
Alla fine la scrittura non deve essere “forzata”, ma quando arriva arriva, come le cose migliori della vita dopotutto.
Proprio ora, su questa metro di ritorno verso casa, un pensiero ronzante mi assorda, e allora prendo la biro e scrivo.
Ho sempre visto Superman come più di un superore (premetto che non sono un fan sfegatato) quasi invincibile, ma come una lunga metafora che avvolge parte della nostra vita.
Vorrei descrivere alcune analogie, ma soprattutto differenze con l’alieno naturalizzato umano.
Partiamo dal punto fondamentale: la debolezza.
Superman ha solo 2 punti deboli: Kryptonite e Lois Lane.
Ecco la prima analogia e la prima differenza, spiattellate su un piatto d’argento.
La mistica pietra non avrebbe alcun effetto sulle mie capacità fisiche, motorie e cognitive, ma Lois?
Bene, ho trovato un punto debole in comune con Superman!
Mica c’è da scherzarci. Lui è più di un uomo, quasi una divinità, eppure condividiamo una cosa così importante, qualcosa che mettiamo addirittura sopra la nostra sicurezza e la nostra sopravvivenza.
Nulla da dire, le “mie” donne sono state come la Kryptonite per Superman.
Per tutti quelli che non hanno mai seguito una singola avventura del nostro volatile superore, ricordo che la Kryptonite (pietra tipica di Kripton, pianeta natale del volante alieno) ha diversi effetti sul malcapitato eroe, a seconda della tipologia.
E anch’io ho avuto persone al mio fianco che mi hanno cambiato radicalmente al solo contatto.
E’ bastato un piccolo sfiorarsi, un unico contatto, per farmi cambiare per sempre.
Ma non soffermiamoci troppo su questa riflessione troppo personale e meschina, scaviamo in profondità, più in profondità.
Superman ha un alterego: Clark Kent, giornalista, sfigato di professione.
Ed ecco l’ennesima analogia: anch’io ho il mio alterego, la maschera che propino ripetutamente alla società per le ovvie condizioni di ipocrita moralità e saccente vittimismo.
Eppure scopro la mia reale natura nella nuda e atavica scrittura.
E’ qui a portata di mano.
So di poter fare qualcosa di buono con una penna in mano, quasi come se fosse “Il mio superpotere”.
La mia biro che scorre veloce su carta.
Non serve la superforza o la supervelocità per essere un supereroe, per essere “eccezionali” in questo mondo di paglia.
Basta lanciare un grido d’aiuto e prestare ascolto a chi grida come me, per scoprire in fondo che l’eroe giace dentro ognuno di noi.
Sono a metà della corsa, un uomo goffo mi blocca il braccio con la sua corpulenza, continuo a scrivere; una ragazza mi guarda stranita, forse perché è curiosa di sapere cosa scrivo. Ma cosa leggerebbe? Cosa può intuire dal movimento celere della mia mano sulla carta, o dal sorriso beota che compare sul mio viso dopo aver scritto questa cosa?
Mille domande, mille modi per non rispondere.
E Superman? Avrebbe preso la metro per tornare a casa? No mai, ma Clark Kent si.
Forse non si troverebbe comunque così, sempre pronto a salvare delle vittime “innocenti” in questo mondo di peccatori e bugiardi.
Mi piacerebbe conoscere il Superman in ognuno di Voi.
Parlargli, stringergli la mano, e perché no, conoscere cosa si cela dietro le “vostre” maschere, allontanando per sempre questi Clark in cui viviamo costantemente, e liberare il Superman che cerca di emergere dal profondo.
Si può scrivere e controllare ciò che si è scritto prima di mandarlo in lettura per tutti, ma l’istinto è incontrollabile. E’ una frase la poco senso pratico, ma di un indiscutibile senso teorico.
La metro mi fa questo effetto.
Forse non scrivere da tanto mi fa questo effetto.
Come se dovessi liberarmi dalle catene del tempo che ho trascorso lontano dalla biro.
In conclusione di questo sconclusionato racconto vi dirò che non è più la Kryptonite stessa a spaventarmi, ma il negare che la Kryptonite esiste perché gli altri non la vogliono vedere.
Alla prossima amici miei, il tempo a mia disposizione è finito. La prossima è la mia fermata.   



 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Aspettative ***


Ecco, non vorrei dirlo, ma lo dico lo stesso: “ le aspettative rovinano la vita”.
Certo è una frase tendenziosa, contestabile in ogni ambito, dalla vita alla fantasia.
Ma la realtà è che basandoci sulle aspettative che nutriamo, soprattutto verso gli altri, restiamo costantemente delusi, quasi perdendo la speranza negli altri.
Questo è ciò che non vorrei mai si verificasse: “La perdita della speranza nel prossimo”.
Se non posso fidarmi di nessuno, non contare su nessuno, non credere in nessuno, cosa resta?
Resto da solo.
E’ vero che troveremo altri, molti altri attorno. Ma avere molta gente intorno non ci rende meno soli, anzi!
La possibilità di verificare che, pur se abbiamo molta gente attorno, non siamo davvero meno soli ce la da la vita quotidiana.
Troppe volte evitiamo contatti diretti con le persone perché pensiamo a tutti coloro che in quel momento non sono vicini a noi, e chi c’è davvero, coloro che fisicamente ci sono vicini, a loro non resta che un semplice involucro fatto di carne e ossa.
Le aspettative ci conducono verso strade pericolose, pendii scoscesi, ci fanno riflettere in meandri sconosciuti della nostra mente, e troppo spesso ci si ritorcono contro.
La mia speranza sta nel mantenere le aspettative, le mie.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Orizzonti ***


Ho pochi minuti, sono indaffarato, ma necessito di scriverVi.
E’ troppo tempo che non parlo con Voi, che siete comunque parte della mia famiglia.
E si sa, ad un certo punto della vita si razionalizza, si comprendono alcuni valori che, quando siamo più piccoli, non vogliamo comprendere, o semplicemente non siamo in grado.
La mia vita, è come sempre, un inseguirsi di note piacevoli e gravi.
Una sorta di cesura si è verificata da qualche settimana in me.
Un taglio netto, qualcosa di indefinibile.
Credo che una parte di me abbia preso il largo per sempre.
E’ un po’ come aver abbandonato l’Isola che non c’è, per approdare verso nuovi porti, sconosciuti, lontanissimi, eppure sai che , da qualche parte, sono lì ad attenderti.
Orizzonti nuovi, meravigliosamente paurosi, come un salto nel buio.
Ed io, forse, sono pronto a compierlo questo salto verso l’ignoto.
Finalmente.. Orizzonti nuovi, senza dimenticare il porto di partenza, perché è questo che vuole la vita: proiettarsi in avanti con le basi di ieri.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Vi lascio per sempre... o forse no ***


Ciao a tutti sono Pietro, ma non è il mio nome.
Si lo è, ma non lo è davvero.

Mi sento colui che tradisce rinnegando la vita,
ma poi si pente e raggiunge, alla fine, la sua verità.

In questi anni vi ho raccontato di me, delle mie "follie".
Vi ho raccontato dei miei momenti di solitudine e tristezza.
Voi ci siete stati.
Siete stati lì ad ascoltarmi.
Ed io sono grato.

La fine non è mai davvero la fine.
La fine è un inizio occultato dalla malinconia.
Perché ci insegnano che quando si chiude una porta si chiude un portone.
Ma quando si chiude un portone?
Si aprirà forse qualcosa di più grande e immenso.

Volevo lasciarvi con un commento positivo, lontano dalla malinconia degli altri momenti.
Un pensiero che possa abbracciarvi intimamente, come se fossi il vostro più caro amico,
il vostro amante, il pensiero più profondo e sincero che avete.

Sono Pietro e non ho più 21 anni.
Però ho molto di più.
Non sono più chi ero, e non vivo più come speravo/credevo di vivere.

In queste lettere vi ho lasciato tante piccole parti di me,
e voi mi avete risposto con sincerità.

E quindi vi lascio, per sempre...
o forse no.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2895200