We Might Fall.

di Elissa_Bane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Un Angelo di cenere ***
Capitolo 2: *** The Choice ***
Capitolo 3: *** Rythm ***
Capitolo 4: *** I am yours. You fought for me. ***
Capitolo 5: *** Lies ***
Capitolo 6: *** The limit is the sky. ***
Capitolo 7: *** I'm watching you breathing for the last time. ***
Capitolo 8: *** Never enough. ***
Capitolo 9: *** Find me. ***
Capitolo 10: *** Back together again. ***
Capitolo 11: *** All our flaws. ***
Capitolo 12: *** The Future We Will Never Have. ***
Capitolo 13: *** What I Never Told You ***
Capitolo 14: *** I'd Trade All My Tomorrows for Just One Yesterday ***
Capitolo 15: *** The Life I Would Have ***
Capitolo 16: *** Blood on My Hands ***
Capitolo 17: *** It's up to You ***
Capitolo 18: *** One More Breathe ***
Capitolo 19: *** Epilogo - What We Left Behind ***



Capitolo 1
*** Prologo - Un Angelo di cenere ***


Prologo.

Un Angelo di cenere

 

Nella stanza pesanti tende color del sangue oscuravano le ampie finestre, celando la luna che scintillava alta e serena nel limpido cielo. La donna urlò ancora, sconvolta dal dolore che le sconquassava il ventre, stringendo la mano all'uomo accanto a lei.
«Coraggio amore mio, ancora poco» la rassicurò il compagno, un'Alpha dai capelli color grano maturo, stringendola tra le braccia e scostandole i capelli sudati dalla fronte.
Lux urlò ancora, mal sopportando la lama di fuoco che la lacerava. E pochi istanti dopo stringeva tra le braccia un fagottino roseo, che era la loro bambina. La loro piccola bambina.

L'uomo biondo sedette accanto alla compagna sul letto dalle coltri verdi e argento, racchiudendo lei e la figlia tra le grandi ali color oro scuro, in un gesto pieno d'amore.
Luke era un Angelo, una di quelle persone discendenti da quei pochi umani che durante la Mutazione avvenuta cinquant'anni prima avevano sviluppato particolari caratteristiche.
Gli Angeli avevano le ali, le Sirene potevano respirare sott'acqua, i Draghi controllavano il fuoco, i Metalupi sapevano trasformare le proprie sembianze in quelle di, appunto, lupi possenti e i Veggenti riuscivano a varcare non solo il velo del tempo futuro, ma anche di quello passato.
«E' bellissima» mormorò meravigliato osservando la bambina, con quei capelli scuri che aveva sicuramente preso da Lux e quegli occhi neri presi da lui, già aperti e attenti al mondo come quelli di ogni piccolo Angelo. Le accarezzò piano la schiena, e le piccole ali color cenere, ancora così fragili e morbide sotto le sue dita.
Era un Angelo anche la sua piccolina.
Ma qualcosa nel suo odore non era giusto. Scambiò uno sguardo allarmato con Lux, e quando il dottore confermò i loro sospetti rabbrividì: la piccola era un'Omega. Un Angelo Omega.

La loro bambina era un'aberrazione genetica.

§§§

Sette anni dopo
«Elaine, quante volte ti devo dire di non uscire da sola? È pericoloso!» urlò Lux alla figlia.
«Mamma, ormai sono capace di difendermi!» ribatté la bambina.
«Piccola mia...non sarai mai capace di difenderti. Magari la tua mente ce la farà, ma il tuo corpo cederà sempre davanti a quello di un Alpha. È la tua natura, non puoi farci nulla...imparerai col tempo a capire quando puoi uscire senza timore. Ma per ora, esci sempre con papà, okay?» disse, scambiando un'occhiata piena di dolore con il marito.
La bambina annuì con convinzione, prima di voltarsi verso Luke e porgergli una piuma argentea.
«Hai visto papi? Sto diventando grande, mi stanno cadendo le piume!» esclamò orgogliosa mostrando le piccole ali, che ora sulla cima iniziavano ad essere di un grigio fumo.
Più tardi, nel suo lettino, Elaine ripensò a quello che le aveva detto Lux.
Lei odiava il suo corpo, perché era debole.
Quindi avrebbe imparato a controllarlo.
Sarebbe stata un Angelo come tutti gli altri.

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Capitolo 2
*** The Choice ***


We Might Fall

Capitolo primo

The Choice.

 

La Mutazione era avvenuta circa duecento anni prima.

Gli scienziati non erano stati in grado di prevedere quella tempesta solare, che aveva influenzato i corpi degli umani. Tutti erano cambiati: si distinsero inizialmente in Alpha e Omega. Si stabilì la cerimonia della Scelta, che faceva sì che i giovani di sedici anni potessero scegliersi un compagno. Vennero inaugurate la tradizione del dono “di possesso”, un simbolo donato dall'Alpha al suo Omega, quella del Marchio, un segno fisico che simboleggiasse la loro unione, e soprattutto venne instaurato il Legame, il contratto che regolava i diritti e i doveri dei due contraenti.

Ma col tempo, ci si accorse che alcuni uomini sviluppavano strane caratteristiche. Poteri, li chiamò qualcuno.

Non erano supereroi. Erano umani.

Umani con le ali, che furono chiamati Angeli in onore di un'antichissima religione.

Umani metamorfisti, capaci di tramutarsi in enormi lupi, che presero il nome di Metalupi, come le bestie leggendarie di cui assumevano le fattezze.

Umani capaci di squarciare i veli del tempo, che si riunirono in una associazione detta “l'Occhio” e si fecero chiamare Veggenti.

Umani con la capacità di respirare anche dove non c'era ossigeno, sott'acqua, e costoro vennero soprannominati Sirene in ricordo delle magiche creature.

E, infine, Umani che controllavano il fuoco, i grandi e possenti Draghi.

 

Nessuno di loro fu mai un Omega, i Mutati potevano solo essere Alpha.

Nessuno di loro amò mai un altro Mutato.

A nessuno di loro venne mai chiesto di scegliere tra un amico e l'amore.

 

Ma io sono sempre stata un'eccezione, sin dall'istante in cui ho respirato per la prima volta. Il mio nome è Elaine Grimaldi, e questa è la storia mia e dei miei amici, anche se sono certa che la sappiate, visto che siete stati voi a farcela vivere. Questa è la storia di coloro che non ce l'hanno fatta, e di coloro che sono qui, pronti a combattere.

Siamo rimasti in pochi: un solo Drago, due Angeli, una Sirena, un Metalupo e purtroppo nessun Veggente.

Non sappiamo cosa ci aspetta nel futuro.

Non ricordiamo il nostro passato.

Siamo soli, abbandonati persino dai nostri dei, che non hanno voluto udire alcuna preghiera.

Vogliamo vendetta su chi ci ha fatto tutto questo, su chi ci ha strappato alle nostre vite.

Vogliamo vendetta per i nostri morti, per le albe e i tramonti che non vedranno.

E state pur certi che avremo ciò che vogliamo.

Lotteremo fino a che la vittoria non sarà nostra, o finché il respiro non ci abbandonerà.

 

La grande sala d'ingresso, quel giorno era addobbata con festoni dai colori vivaci, che la illuminavano riflettendo la luce del mattino che irrompeva dalle grandi vetrate, affacciate al grande parco della scuola.

Elaine entrò nella sala a passo sicuro, stando leggermente in disparte rispetto ai suoi compagni Angeli.

Quello era il giorno della Scelta, dove sarebbero stati loro presentati gli umani Omega selezionati per essere i loro compagni, dove tutti avrebbero potuto avere un'opinione tranne lei. Quello era il giorno in cui sarebbe stata Legata ad un Alpha estraneo, un ragazzo o una ragazza che la avrebbe posseduta. Sarebbe diventata un oggetto.

Osservò le persone che aveva davanti.

La fila scorreva veloce, la Scelta veniva fatta insieme. Alcuni nemmeno si guardavano, bastava sentire se l'odore dell'altro ti piaceva. Ad altri serviva qualcosa in più, uno sfiorarsi impercettibile delle mani, ma nessuno aveva ancora rifiutato il proprio compagno. E, infine, toccò a lei.

 

Chiuse gli occhi, lisciandosi solo una volta la stoffa della gonna nera, per rassicurarsi. Sentì le mani di Ursula, la sua migliore amica, che quella stessa mattina l'aveva abbracciata, stringerla da lontano.

Era terrorizzata.

Sentì dei passi delicati arrivarle vicino e un profumo forte le invase le narici. Costrinse se stessa a non mostrare il collo in segno di sottomissione e inspirò ancora. Sale. Il suo Alpha aveva l'odore del mare e del vento d'inverno. Le piaceva, suo malgrado.

Un tocco gentile sulla guancia le fece aprire gli occhi.

Era un ragazzo, sui diciott'anni, con capelli corvini e gli occhi dello stesso colore del cielo estivo. Aveva un sorriso rassicurante.

Anche il suo primo Alpha le era sembrato dolce. Almeno fino al suo primo calore, quando l'aveva scopata contro la prima superficie disponibile, ferendola e lasciandola sanguinante e per nulla felice sul pavimento freddo.

Ricordando, si chiuse in se stessa, senza distogliere lo sguardo, mentre il ragazzo le sorrideva ancora.

 

«Mi chiamo William. Se preferisci, Will.»

«Come vuoi.» rispose gelidamente «Chiariamoci subito, William: io sarò la tua Omega, ma solo sul contratto. Non ti aspettare una servetta pronta a soddisfarti con gli occhioni adoranti. E soprattutto» mormorò allungando il viso verso di lui « io non aprirò le gambe per te. Non ci sperare nemmeno. Non sono un animale, e spero che tu ti sappia controllare.»

Gli occhi ghiacciati scintillarono «Non ti preoccupare, ragazza di cui non conosco nemmeno il nome. Io sono qui solo perché questa è la scuola migliore dello Stato. Non ci tengo certo ad infilarmi nel tuo letto.» disse con un sorriso sornione.

 

Elaine lo condusse dalla donna che consegnò loro il modulo standard di legalizzazione del loro neonato Legame. Mentre leggeva, William scriveva, modificava, cancellava forsennatamente, e per un istante Elaine temette il peggio. Ma, quando lui le porse il suo lavoro, scoprì che aveva tolto moltissimi obblighi che l'Angelo avrebbe dovuto avere nei suoi confronti e le aveva aggiunto parecchi diritti.

Alzò lo sguardo sorridendogli. Non sarebbe stata una debolezza ringraziarlo, giusto?

William le sorrise di rimando.

 

«Possiamo provare almeno a diventare amici, Elaine?» le domandò. E la ragazza amò il suo nome in quel momento, e il modo in cui lui lo pronunciava, come se fosse una cosa preziosa. Come se lei fosse una cosa preziosa.

La sua mente le urlò i peggiori insulti possibili, ma lei annuì. E quando William le chiese a che ora sarebbe dovuto passare a prenderla quella sera, per il ballo che avveniva per tradizione dopo la Scelta, Elaine riuscì persino a pensare che forse avrebbe potuto permettergli di ballare con lei.

 

§§§

 

Elaine odiava il suo corpo. Non era una di quelle persone che, pur sapendo di avere un bell'aspetto, diceva di essere brutta per ricevere complimenti.

Lei si odiava davvero, a causa del suo essere un errore.

 

Forse, in tutto il suo corpo c'era una sola cosa che le piacesse davvero: le sue ali.

Erano grandi, con lucide piume nere sulla cima e grigio fumo verso il fondo, ma soprattutto erano forti. Volava veloce.

Pensando al vento tra le piume aggiustò un'ultima forcina tra i capelli e si osservò allo specchio, dove una ragazza con gli occhi neri la fissava, infilata in un abito bianco-argenteo studiato apposta per far risaltare le sue piume scure.

Quando bussarono alla porta, respirò lentamente, riconoscendo Will anche attraverso il legno.

Aprendo, lo osservò sorriderle con gli occhi scintillanti, appoggiato con aria indolente allo stipite della porta.

Era il momento del regalo.

Come da tradizione, l'Angelo avrebbe fatto un regalo al suo Omega, e lei, non sapendo come comportarsi, essendo sia l'Omega che l'Angelo, aveva scelto di ricordare al ragazzo che lei non era sottomessa a lui facendogli il dono di possesso. Prese da sopra il tavolino di noce davanti al divano un anello, una semplice fascetta d'argento. Glielo mise, sperando che lui non si accorgesse della mano che tremava.

Quando William estrasse dalla tasca della giacca una piccola scatolina rise, imbarazzata.

 

«Lo sapevamo, che saremmo stata una strana coppia» disse lui, giustificandosi con voce allegra «Quindi tanto vale fare le cose per bene. Io sono tuo, in quanto tu sei un Angelo e io un umano. Ma » le sorrise facendola voltare con delicatezza verso lo specchio di fianco alla porta «Tu sei mia. Anche da amica, tu sei mia.» affermò con voce sicura, mentre le allacciava al collo una catenella, dalla quale pendeva un piccolo ciondolo a goccia di pietra blu. «Sei d'accordo?»

 

Elaine sfiorò la pietra con dita leggere, sentendone le lievi irregolarità e il punto in cui era stat incastonata nell'argento, la mente catturata da mille pensieri.

Nessun Alpha chiedeva mai l'opinione del compagno. Nessuno la avrebbe trattata con quella gentilezza. Nessuno la avrebbe mai fatta vibrare dentro solo con un tocco fugace sul collo, perché nonstante non volesse ammetterlo a se stessa, questo era accaduto. Nessuno lo aveva mai fatto precedentemente e nessuno lo avrebbe fatto in seguito.

 

Eppure, prima o poi le cose sarebbero precipitate anche tra di loro. Sarebbe bastato il suo primo calore, e William non si sarebbe più ricordato che lei non era d'accordo. L'avrebbe presa, e basta.

Il sorriso le morì sulle labbra, mentre il ragazzo le porgeva la mano e la accompagnava nei corridoi della scuola, in cerca della sala in cui c'era la festa.

 

Elaine rise, quando sbagliò strada e il ragazzo la guardò scrollarsi di dosso la sensazione di freddo che la accompagnava ogni volta che pensava al suo precedente compagno. William Moriarty pensò che era bellissima, che era la creatura più bella di questo mondo, per il modo in cui le si accendevano gli occhi quando sorrideva, ma non disse nulla, temendo magari di esagerare.

 

Alla fine trovarono la strada per la grande sala, la stessa dove era avvenuta la Scelta. Le tende sulle finestre però erano state chiuse, e solo la fioca luce di qualche lampada illuminava le altre coppie che ballavano. Il ragazzo la guardò, con una luce strana, che l'Angelo dapprima non seppe identificare, negli occhi «Non so ballare, Elaine» mormorò disperato.

«Allora non balliamo.» rispose lei, sfiorando sovrappensiero il ciondolo a goccia, scivolato esattamente nell'incavo della sua gola, come se quello fosse sempre stato il suo posto.

«Dobbiamo, è quello che si aspettano da noi» si chinò a sussurrarle in un orecchio il giovane Alpha, a causa della musica troppo alta «Non voglio farti sfigurare davanti ai tuoi amici. Insegnami.»

 

L'Angelo si guardò intorno, salutando Ursula, che sedeva su una sedia accanto a Loris, il capo dei Veggenti, e che era stata l'unica a rifiutare il suo compagno. Gregory, un Metalupo, stava ballando con una biondina magrissima, resa ancor più scheletrica dal corpo massiccio del ragazzo, che le fece un cenno con la mano. Alyssa, la giovane Sirena dai capelli bianchi, che era un genio assoluto in chimica, stava Marchiando in un angolo il suo Omega, e Jaime, un suo amico Angelo, stava offrendo da bere al suo, un ragazzo con una zazzera bionda e ben più che una spruzzata di lentiggini. Si divertivano tutti, Alpha e Omega, gli umani che affascinati seguivano i compagni.

 

Sospirò, fintamente scocciata, ma sorrise a Will. Gli prese le mani, posandosele sui fianchi fasciati dal raso e intrecciando le sue dietro la sua nuca, sulla pelle calda. Gli si avvicinò ancora, abituandosi piano al suo odore, che sembrava che le si stesse imprimendo su ogni millimetro di sé, mantenendosi concentrata su tutto tranne che sul corpo caldo di William. Si mossero piano, in una prova, e nel mentre, Will le sfiorò l'ala sinistra.

Un brivido caldo le si arrampicò sulla schiena, insieme con l'istinto di alzare il collo e lasciare che lui la Marchiasse. Perché lo leggeva nella sua postura rigida, negli occhi improvvisamente più scuri, che era quello che lui desiderava. Farla sua. E se fosse stato chiunque altro probabilmente se ne sarebbe infischiato di lei e la avrebbe trascinata nel primo angolo buio per lasciarle addosso il suo segno, come un morso o un graffio. Ma lui le sorrise, rassicurandola con un tocco delicato ma deciso sulle reni e continuando a ballare.

«William» lo chiamò, facendolo chinare e sfiorando con le labbra il suo orecchio «Se mi tocchi un'altra volta le ali giuro che ti sarà davvero difficile generare una prole.»

Il ragazzo rise, per nulla impressionato dalla vana minaccia fattagli dalla ragazza, ma la strinse ancora più a sé.

«Vedrò di non correre il rischio. E ora taci, Elaine» ancora quel modo così dolce e morbido di pronunciare il suo nome, il suono che scivolava sulle vocali finali, infrangendosi nel silenzio «Perché questa cosa è dannatamente difficile!»

«Ballare?» domandò inarcando un sopracciglio scuro.

Vedendolo annuire rise ancora della sua espressione concentrata. William non era così male, in fondo.

«Come si chiamava?» domandò improvvisamente il ragazzo, facendo scivolare una mano sulla curva della sua schiena in una carezza fugace alla quale l'Angelo non si sottrasse.

«Chi?»

«Il tuo primo Alpha. Ne hai ancora l'odore addosso» disse, arricciando un poco il naso.

Ricordi dolorosi le ritornarono in mente, ma li ricacciò nel buio «Si chiama Alcuin. È un Drago.» poi ripensò a quello che aveva detto «Ti infastidisce così tanto?»

«Un po'.» ammise il ragazzo, minimizzando quello che lei poteva benissimo leggergli nella presa ferrea sui suoi fianchi, o sulla lieve tensione della mascella «Posso togliertelo, per cortesia, Elaine?»

«Toglierlo?»

William chinò la testa e lei poté sentire il suo respiro sul collo, prima che un piccolo bacio le venisse posato sulla pelle accaldata, accellerando improvvisamente il suo battito cardiaco.

«Così. Il mio tocco cancella il suo.»

«Oh» mormorò, istupidita dal comportamento del ragazzo.

«Dopo mi permetterai di togliertelo del tutto?» le domandò con gentilezza.

«Ho scelta?» chiese lei, sapendo che quello sarebbe stato un momento decisivo per il loro rapporto.

«Avrai sempre una scelta, Elaine.» rispose William sorridendole ancora, in quel suo modo strano sollevando solo un angolo della bocca, contro la pelle coperta di minuscoli brividi che s'infrangevano in lei come onde sulla spiaggia.

«Allora d'accordo, umano» consentì «Ma solo se prometti di fermarti quando io te lo chiederò.»

Percepì il compagno mormorare qualcosa, nascosto nel suo collo. Pensò che assomigliasse a un grazie, ma scosse il capo. Inutile sperare. Un Alpha non ringrazia per ciò che è suo di diritto.


 

§§§


 

«Quindi questa è casa nostra» esordì Will, entrando nel piccolo appartamento composto da un salottino con un divano e due poltrone, dal quale da un lato si accedeva alla camera da letto appena visibile dalla porta lasciata socchiusa, dall'altro a un piccolo bagno piastrellato di blu, e in mezzo tra le due stanze, proprio di fronte all'ingresso, una porta blindata. «A cosa serva quella?» domandò, indicando proprio la porta.

D'improvviso Elaine avrebbe voluto non avere sangue in corpo, così almeno non sarebbe arrossita.

«E'...per quando andrò in calore.» buttò fuori infine, imbarazzata dal dover parlare di un argomento così intimo ad un estraneo.

«Non ti vergognare. Prima o poi ne dovremo parlare. È mio dovere prendermi cura di te, Elaine.»

Le sfuggì un sospiro dalle labbra, mentre entrava in camera e si toglieva una per una le forcine dai capelli.

«Non ne parleremo stasera, promesso» la rassicurò il ragazzo, seguendola «Prima volevo chiederti se preferivi che io dormissi di là.»

L'Angelo sorrise della premura del ragazzo dagli occhi celesti «Se per te non è un problema, Will...»

«Non ti preoccupare» le sorrise in risposta, andando nel salottino.

Quando fu pronta per andare a letto, però, lo raggiunse, osservandolo mentre finiva di slacciarsi la camicia e la lasciava cadere per terra, ricordandosi che gli aveva fatto una promessa.

Respirò piano, cercando di tranquillizzare i muscoli tesi, le ali serrate dietro le spalle.

«Ci metterò poco» le promise William, intuendo il corso dei suoi pensieri e facendola sdraiare sul letto nella camera che avrebbero dovuto condividere.

«Fallo e basta, Will» lo esortò Elaine, terrorizzata dal corpo di lui, fin troppo vicino, separato da lei solo dalla sua camicia da notte e dai pantaloni di William.

Le labbra del ragazzo si posarono proprio sul collo, dove la avevano baciata poche ore prima e scesero lentamente, mentre lui si premeva contro di lei, stringendola piano.

Non fu mai inopportuno, non lasciò che l'istinto prendesse il sopravvento, e la toccò solo su zone neutre: le braccia, le gambe, la pancia. E non la mise in imbarazzo. Cancellò l'odore di Alcuin con delicatezza, senza che Elaine si sentisse a disagio, o almeno senza che si sentisse troppo a disagio.

Infine si alzò, guardandola con occhi scintillanti e maliziosi.

«Sai, credo di preferirti così. Mi piace il tuo odore senza il suo.»

La ragazza rise per quell'uscita così strana e battè la mano sul copriletto accanto a sé, invitandolo a raggiungerla.

«Dieci minuti e poi andiamo a dormire» lo ammonì, mentre William appoggiava il braccio sulla testiera del letto, quasi abbracciandola, ma mantenendosi distaccato dal suo calore.

«Non scherzavo. Mi piace davvero il tuo odore. Sai di buono, angioletto. Di miele.»

Elaine ridacchiò. Quel ragazzo aveva infranto le sue difese in poche ore, ed era diventato subito suo amico. Non sapeva cosa, ma qualcosa dentro di lei le diceva di fidarsi.

«Buonanotte, Will» mormorò vedendolo alzarsi e andare in sala.

Si rannicchiò tra le coperte celesti, pensando che c'erano ancora tante cose da capire, da sistemare, di cui parlare. Ma era felice. Forse sarebbe andato tutto bene, nei prossimi cinque anni, forse Alcuin non sarebbe più tornato, forse si sarebbe potuta innamorare di William, dimenticandolo.

Ma un paio d'occhi d'oro, usciti dalla sua mente parvero ammiccarle.

Non mi dimenticherai mai, sarò sempre con te, che tu mi ami o che tu mi odi, le aveva detto prima di andarsene, quella notte, e forse era l'unica cosa sincera che le avesse mai detto.

Poi, il buio la reclamò.







Nda: salve a tutti, gente! Back from Hell!
Solo una noticina piccola piccola, per ringraziare delle recensioni e delle visualizzazioni.
E perchè vorrei spiegarvi da dove nascono i nomi di alcuni personaggi.

Willam Moriarty nasce come omaggio sia a Dean Moriarty (Kerouac- Sulla strada) che a James Moriarty (Sir Arthur Conan Doyle- Sherlock Holmes) che a William Herondale (Clare- Shadowhunters).
Il nome di Alcuin è preso dal romanzo di Jacquelin Carey "Il Dardo e la Rosa" perchè io ho sempre amato e sempre amerò quel ragazzo. 
Jaime, infine, è il mio primo ricordo sul Trono di Spade ("Si scrive JAIME, non Jamie, cretina" mi disse un mio amico).

Alla prossima!
xxxxx
-Dan

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Capitolo 3
*** Rythm ***


We Might Fall

Capitolo secondo

Rhythm

 

Due mesi e cinque giorni dopo la Scelta

Elaine si svegliò per l'odore di caffè che invadeva la camera.

Aprendo gli occhi di malavoglia, dato era un altro giorno di scuola, aveva sonno e dormiva così bene nel profumo di Will... e perché cazzo c'era l'odore di Will in camera? Sobbalzò, temendo di non ricordarsi qualche passaggio fondamentale, ma no, nulla.

Aprì con cautela la palpebra destra, sbirciando la camera illuminata da un sottile raggio di luce. Non vedendo segni di attività straordinarie, si decise ad aprire entrambi gli occhi.

«Buongiorno principessina» la schernì William.

Era seduto sul letto, accanto a lei, e le porgeva una tazza di caffè.

«Chiamami ancora una volta principessina e non rivedrai più la luce del sole, deficiente.»

Il ragazzo rise, mentre Elaine beveva la bevanda in pace. Era diventato subito un loro rituale, questa cosa del caffè e della minaccia dell'Angelo, che ripetevano ogni mattina.

«Cosa abbiamo oggi?»

«Mmm...» rifletté Will «Due ore di latino, una di letteratura, una di chimica, poi matematica e attività ricreatorie varie» sogghignò mentre la ragazza si alzava e si vestiva dietro il separé che aveva messo in camera, una volta capito che il ragazzo non aveva intenzione di lasciarla mai da sola, se non di notte. «Oppure potremmo darci malati, o dire che abbiamo bisogno di tempo per rafforzare il nostro Legame e andarcene nel bosco a fare un picnic...» propose con sguardo sognante.

«Nemmeno per idea, William! È la scusa che abbiamo usato settimana scorsa, non vorrei che tutta la scuola si aspettasse una proposta di matrimonio alla fine del quinto anno» rispose Elaine «Anche perché mi avevi promesso di accompagnarmi in palestra ad allenarmi con Ursula o con Greg.»

Il ragazzo sospirò «Sarà una giornata infernale.»

«Coraggio, non sarai tu quello a dover sopportare le occhiate lascive di metà degli adolescenti arrapati in questa scuola» disse Elaine, uscendo da dietro il separé e passandogli una mano tra i ricci neri.

Prese la cartella e si avviò verso la porta, senza nemmeno curarsi di aspettare l'amico.

Certo, ma io dovrò sopportare gli sguardi che lanciano a te, senza poterci fare nulla, Elaine, pensò William in risposta alla ragazza, seguendola con un sospiro.

 

§§§

 

«Alla cattedra Ursula Rabini ed Elaine Grimaldi, per cortesia» chiamò il professore di letteratura, appena entrato in classe. L' Angelo e la Veggente si alzarono con tranquillità e presero posto accanto alla grande lavagna nera.

Ursula era una delle poche amiche di Elaine, una delle poche Alpha che non la guardasse con desiderio o, ancora peggio, con disgusto. Si sorrisero e subito dopo Elaine fece scorrere lo sguardo sulla classe, in cerca degli altri amici. Greg e Jamie, il Metalupo e l'Angelo azzurro, ridacchiavano come loro solito, e la Sirena Alyssa le fece un cenno d'incoraggiamento con la mano. E poi c'era William, che la guardava con un leggero sorriso e la penna stretta in mano.

Sentendosi stranamente protetta da quello sguardo, rispose con sicurezza sino all'ultima domanda e alla fine, tornando al suo posto, scambiò un cinque con l'amica dai capelli bianchi, seduta dietro di lei, e si sedette accanto al ragazzo.

«Sei stata assolutamente meravigliosa» le sussurrò «Brillante, eccezionale, fantastica... dobbiamo festeggiare. Magari andandocene ora e passando le prossime tre ore nel parco.»

«Ho solo parlato di vecchie storie, e tu ci vuoi andare solo perché sei un idiota che non ha studiato.» lo zittì Elaine.

«Come vuoi, ma io continuerò a pensare che ti meriti un premio» le mormorò all'orecchio, prima di sfiorarle la mano.

Era il loro modo di parlarsi. Piccoli tocchi, sfioramenti, gesti quasi impercettibili, ma che li univano in un legame che escludeva il resto del mondo. Sicuramente non erano una coppia normale, ma né lo erano mai stati né lo sarebbero mai diventati. Erano l'unica coppia a non aver consumato il Legame, e Elaine era l'unica del secondo anno a non avere il marchio di Will addosso, eppure tutti li vedevano come una coppia dichiarata, nonostante i due avessero smentito più volte. Ormai, se qualcuno li additava, l'Angelo Omega con il suo Alpha, lo ignoravano, le mani che si sfioravano appena passando per i corridoi.

Avevano trovato un loro ritmo.

 

§§§

 

«Allora, qui c'è prosciutto cotto e formaggio, e lì prosciutto crudo» incominciò William sedendosi accanto a lei sul prato, per pranzo. Dato che c'era ancora il sole avevano deciso di uscire per mangiare, dopo aver recuperato dalla mensa un paio di mele e due panini. Gli altri li avrebbero raggiunti dopo pranzo, per quella mezz'ora di pausa che veniva loro concessa prima della ripresa delle lezioni.

«Crudo, al solito, Will. Come fai a chiedermelo ogni giorno?» domandò l'Omega, beccandosi il panino in faccia «Hey! Scemo...» ridacchiò.

«Stanotte piangevi» Il ragazzo dai capelli corvini si fece improvvisamente serio. «Cosa stavi sognando?»

«Nulla» rispose Elaine, il sorriso cancellato dal volto, mentre la mano del compagno si stringeva sul suo polso.

«Dimmelo» le impose lui con voce preoccupata «Per favore» aggiunse, intrecciando le dita con quelle dell'Angelo cinereo.

«Il mio primo calore» sussurrò «Alcuin, la pietra fredda sotto il mio corpo e il sangue che scivola sulle mie cosce.» la giovane non aveva mai parlato di quel compagno dal quale era fuggita, e l'Alpha l'ascoltò con attenzione «Ho...ho sognato quella notte. E dei, Will, mi faccio schifo da sola ogni volta che ci penso» storse il viso in una smorfia quasi comica «Perchè non ho fatto quasi nulla per impedirgli di prendersi il mio corpo. Era così...ovattato. C'era solo questo vuoto che avevo dentro che sentivo con una precisione dilaniante. E poi era tutto finito, e lui mi aveva lasciata da sola»

William la abbracciò, cullandola un po' prima di porgerle un biscotto con un sorriso dolce.

«E' tutto finito. Non ti farò mai del male»

«Tu non sei come lui, Will. Sei un ottimo amico» mormorò, prima di abbracciare Ursula, che li aveva raggiunti con Jamie e Greg.

«Come sta Lucy?»

Mentre l'umano, l'Angelo dalle piume celesti e il Metalupo parlavano dell'Omega di quest'ultimo, che appena due giorni prima era caduta durante educazione fisica e si era storta la caviglia, le due ragazze si alzarono dal prato fiorito, e salutarono avvisando che sarebbero andate a prepararsi per l'allenamento in palestra.

Vedendo quelle due figure, una verde acido, rosa e rosso -Ursula amava alla follia i colori accesi e improbabili, che solitamente facevano a pugni coi suoi capelli sanguigni- e l'altra cenere e nero, Gregory sospirò.

«Allora amico» chiese rivolto a William «Non le hai ancora spiegato che non può decidere così tranquillamente di farsi toccare, anzi picchiare, da un altro AlphaPerché lo sappiamo benissimo che Urs di certo non è debole, per quanto sia piccola. Dovresti dirle che anche quando la abbraccia ti infastidisce. In fondo Urs è comunque un'Alpha e il suo odore le rimane addosso.»

«Già» sospirò il diretto interessato, lo sguardo fisso sulla compagna che saliva i gradini che portavano alla scuola «Ma non posso. Ursula è la sua migliore amica, e comunque non potrei impedirle di sfiorare ogni Alpha con cui interagisce. Sopporto, tranquillo.»

Jamie sbuffò dimostrando il suo dissenso, ma limitandosi a sgranocchiare la mela che teneva in mano.

«Alyssa?» domandò l'umano, chiedendo dell'amica dai capelli bianchi.

«Probabilmente a pomiciare con Lucas in qualche anfratto di laboratori di chimica» sogghignò l'Angelo.

Il ragazzo con gli occhi celesti si lasciò cadere mollemente sull'erba.

«Dieci minuti. Solo dieci minuti»

 

§§§

 

«Ne sei proprio sicura?» le domandò Will vedendola uscire dallo spogliatoio.

«Assolutamente. Tu sei un Alpha, non puoi capire. Io non voglio abbassare lo sguardo o alzare il collo per nessuno. Voglio poter combattere se qualcuno mi mettesse le mani addosso perché magari non ho un Marchio. Voglio essere libera di poter girare da sola, anche di notte.» si spiegò l'Angelo, stirando piano le ali.

Il ragazzo sospirò, in evidente disaccordo con quella strana idea «D'accordo. Ma ti potrai allenare solo con Ursula.»

«Ma...»

«Niente ma, Elaine. Ti prego, almeno per un po' dammi ascolto e allenati con Ursula.»

«È così difficile per te vedere qualcuno che mi tocca?» domandò Elaine, salendo sui tappetini sui quali la aspettava l'amica.

William non rispose, appoggiandosi a una colonna, osservandola con lo stesso sguardo indecifrabile dei gatti.

Un gatto pronto a saltare, registrò Elaine prima di concentrarsi solo sul proprio corpo.

 

Attaccarono insieme, lei e la ragazza rossa. Finirono a rotolarsi per terra, con Ursula che la tempestava di pugni sul torace. E la cosa peggiore era che Elaine sapeva che l'amica stava trattenendo la propria forza. Cercò di sollevarsi, ma le cosce di Ursula la inchiodavano a terra e il suo odore la stordiva, aumentando la sua debolezza. Strinse i denti e con un colpo di reni ribaltò la posizione. Ma, sebbene da sotto, la Veggente le mise le mani sul collo, stringendo delicatamente, ma comunque troppo forte per permetterle di respirare agevolmente.

«Hai perso.» disse piano. Una delle mani scivolò sulla pelle chiara, rialzandole la spallina della canottiera. «Non ti allenare più con me, Elaine» le sussurrò in modo che William non potesse udirla «Non ti allenare con nessun Alpha. Non vedi come ci sta male nel vedere qualcun'altro che ti tocca? Tu non sei completamente sua, e ha paura di perderti. Rinuncia, ci penserà lui a proteggerti.»

Elaine alzò la testa, sbalordita e guardò il ragazzo con la coda dell'occhio. Aveva le mani strette a pungo contro i fianchi e tutti i muscoli del suo corpo erano rigidi.

«Vorrebbe venire qui e uccidermi» continuò Ursula «Perché ti sto toccando, perché ti ho fatto del male e soprattutto perché tu avrai i segni delle mie mani sul tuo corpo per giorni. Lo stai torturando.»

L'Angelo non aveva mai pensato a come si sarebbe potuto sentire il compagno, non se lo era mai chiesta. Se lo domandò in quel momento, e si sentì terribilmente in colpa.

«Grazie Urs. Devo andare, ci vediamo domani» annuì velocemente alzandosi e raggiungendo il ragazzo dai capelli corvini.

«Mi dispiace.» disse.

William rilassò le mani e sciolse lentamente i muscoli delle spalle «Non importa, davvero» disse, mentre si riavviavano alla loro camera, poco lontana. Nei corridoi deserti lo sguardo bruciante del compagno sembrava pieno di un dolore quasi fisico.

«Certo che importa!» sbottò l'Angelo «Tu fai di tutto per assecondarmi, mentre io non ti chiedo mai se quello che faccio va bene oppure no! Devi insegnarmi che cosa posso o non posso fare, Will. Ti prego.»

Sentì la porta sbattere dietro di loro, quando rientrarono in camera, e la parete contro le ali, mentre il ragazzo ce la spingeva contro. Eppure non ebbe paura. Non di William. Aveva imparato a conoscerlo, sapeva che non le avrebbe mai fatto del male.

«Elaine» ringhiò lui avvicinandosi tanto da far sfiorare i loro nasi «Non sono un animale. Posso benissimo controllarmi. Non ti preoccupare di me»

«Non posso non preoccuparmi per te. Sei il mio migliore amico e il mio Alpha»

«E le due cose decisamente non dovrebbero stare nella stessa frase, cazzo!» Il celeste era quasi completamente sparito, inghiottito da un nero più scuro della notte.

«Ma...ma me lo avevi detto tu, che sarebbe andato bene»

Il respiro di Will si stava calmando, ma gli occhi rimanevano scuri, rivelando che stava ancora lottando contro se stesso, contro quella parte di sé che gli imponeva di fare capire alla ragazza chi comandasse tra i due.

«Perché non pensavo sarebbe stato così! Non pensavo che il Legame sarebbe stato tanto forte. Dei, Elaine, non dirmi che non te ne sei accorta! Se due mesi fa ti avessi spinta contro il muro allo stesso modo mi avresti perlomeno ucciso. Invece te ne stai qui, buona, docile... mansueta. Siamo cambiati. Entrambi.»

Rabbrividì involontariamente. L'odore di William la circondava, sembrava quasi sfiorarle la pelle accaldata in una carezza e le diceva di lasciarsi andare, di lasciarsi al ragazzo, perché andava tutto bene, lui la avrebbe protetta. Deglutì, distogliendo lo sguardo.

«Scusami, non avrei dovuto perdere il controllo» disse il ragazzo, spostandosi e guardandole i polsi arrossati «Non volevo farti male, scusa»

Prima che si potesse allontanare troppo, l'Angelo strinse i pugni sul suo maglione, trattenendolo accanto a sé. Respirò ancora, piano, l'odore di vento che aveva il suo compagno.

«Possiamo trovare un compromesso. Smettere di essere solo amici.» mormorò «Senza negarci del tutto il contatto fisico, ma senza spingerci troppo in là...» continuò arrossendo lievemente e lasciando la frase in sospeso, in attesa della risposta di Will, che sorrise, sollevando un angolo della bocca.

«Proviamoci. Non farà più male di così, quindi perché no?»

Iniziamo da qualcosa che abbiamo già fatto, si disse Elaine. Quindi, ricordando le mani dell'amica su di sé, lo guardò.

«Ho l'odore di Ursula addosso?»

«Un po'» Il ragazzo storse lievemente il naso.

Elaine lo prese per mano, trascinandolo in camera.

«Toglimelo» il ragazzo la guardava ad occhi sgranati «E dopo voglio che tu mi Marchi.» continuò, portando la mano di lui sotto il bordo del suo maglioncino, a diretto contatto con la pelle calda del fianco.

Un brivido la scosse quando gli occhi di lui si alzarono a guardarla, il celeste che sfumava in un blu scuro.

«Magari non ti marchierò stasera, Elaine, è ancora troppo presto.» sorrise «Ma ho tutta l'intenzione di accontentarti per quanto riguarda la tua prima richiesta.» affermò con lo sguardo predatorio di un lupo, sfilandole il maglioncino.

Istintivamente la ragazza corse a coprirsi con le mani il reggiseno, ma lui le forzò le braccia, slacciandoglielo. Scivolò con la bocca sulla pelle chiara, ogni tanto dando un morsetto delicato che faceva tremare Elaine, le accarezzò ogni muscolo sulla pancia e raggiunse i pantaloni.

«Posso?» domandò.

In risposta l'Angelo sorrise, slacciandosi i jeans e facendoli scivolare lungo le gambe. Quando William si rialzò fu lei a spogliarlo, con tocchi delicati che facevano fremere ogni muscolo su cui passasse. Rimasero per un istante a guardarsi, solo la stoffa dell'intimo a coprirli e separarli, e il ragazzo la spinse sul letto, prona.

Elaine capì cosa voleva fare solo quando sentì un bacio posarsi sulla nuca, come il tocco di una farfalla delicata, per poi scendere sull'attaccatura delle ali. Gemette, quando queste furono sfiorate con dita leggere, arrivando in fretta a chiedergli di più. Più calore, più contatto, di più.

Il ragazzo, apparentemente sordo alle sue richieste, affondò una mano tra le piume seriche, facendola urlare per il dolore misto al piacere. Tirò lievemente e lei s'inarcò, arrivando ad appoggiarsi con la schiena al busto di lui, che la immobilizzava con una mano sulla pancia.

«Elaine, direi di fermarci. Non credo resisterei ancora, prima di perdere il controllo»

L'Angelo annuì piano, la mente che si faceva lentamente sempre più lucida, una volta che il compagno ebbe smesso di toccarla. Vide Will alzarsi e d'improvviso seppe che non voleva che lui la lasciasse da sola con i suoi incubi.

«Non andare» mormorò.

Il ragazzo rimase con la maglietta in mano, a guardarla.

«Dormi con me» ordinò col tono di una bambina capricciosa facendolo sorridere, di un sorriso aperto, vero, di quei sorrisi che ti fanno credere che tutto andrà per il meglio, mentre si stendeva accanto a lei.

Fronte contro fronte si guardarono a lungo, le mani intrecciate. Poi Elaine prese coraggio e si sporse a baciarlo.

Fu un bacio lento e dolce, le labbra dell'angelo che impattavano impacciate su quelle dell'umano, e William lo ricevette come se gli avessero appena regalato una stella, godendosene ogni singolo istante. Mordicchiò d'istinto il labbro inferiore di Elaine, così opulento e gonfio rispetto a quello superiore, più sottile, e la ragazza gli diede l'accesso alla sua bocca, facendo scontrare le lingue in una danza antichissima, le cui movenze erano scritte nel loro stesso DNA. Si fermarono da quel morbido e leggermente inesperto contatto solo quando ebbero bisogno di altro ossigeno.

«Buonanotte Will» mormorò l'Omega sulle sue labbra.

«Buonanotte Ellie»

 

Elaine si voltò, dandogli la schiena e racchiudendo le ali dietro di sé, e lui le si avvicinò, tirandosela vicina e respirando il caldo profumo di miele che era della ragazza.

Circondandola con un braccio, appoggiò una mano sul petto di lei, sentendo il cuore battere forte, sicuro, stabile, e si giurò che l'avrebbe protetta come la cosa più preziosa del mondo.

 

 In quel momento, la Direttrice accolse una persona nel suo studio. Discussero a lungo, ma infine la donna cedette, convinta anche dal grande potere politico dei genitori di quello studente, che avrebbero potuto farla cacciare, se lei avesse rifiutato.

«Bentornato Alcuin» disse infine, porgendogli la mano.

Un paio di occhi dorati scintillarono gelidamente.




Nda: Non è che ho cambiato dimensione così a muzzo, non sono ancora impazzita. Ma mi è stato detto che era faticoso da leggere, perchè troppo piccolo, quindi ecco la modifica! 
Okay, dopo una cosa di cui sicuramente non vi fregherà un'emerita cippalippa, i soliti ringraziamenti a Muffin, che coi suoi commenti idioti, anzi, con la sua idiozia e basta, riesce sempre a farmi sorridere. E a Giulia e Matilde, che per prime hanno letto questa storia, incitandomi a continuare. Se vi sta piacendo, ringraziatela anche voi, perchè se fosse stato per me sarebbe rimasta a marcire tra i miei mille files.
Ora ho finito. Grazie al cielo, ce l'ho fatta a pubblicare anche sta volta.
Alla prossima
xxxxxxxxx
-Dan

 

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Capitolo 4
*** I am yours. You fought for me. ***


We Might Fall

Capitolo terzo.

I am yours.

You fought for me.

 

Quando si svegliò, alle prime luci dell'alba, la prima cosa che percepì, senza nemmeno aprire gli occhi, era che qualcosa lo sfiorava piano. Scosse la testa, scuotendo via gli ultimi residui di sonno e si ritrovò a fissare il grigio. Tutto era grigio e nero.

Forse perché il “tutto” che William stava vedendo altro non era che l'ala destra di Elaine, morbidamente appoggiata su di lui, come se la ragazza si fosse addormentata a metà di una carezza. Guardandola ancora addormentata si rese conto di quello che stava accadendo tra loro, di quello che il bacio della sera prima avrebbe comportato. Perché William Moriarty si era definitivamente e perdutamente innamorato della sua Omega, da tempo ormai, ma temeva per lei, per quello che pensava, se ancora amava l'altro, il primo Alpha che aveva avuto, se questi sarebbe stato un fantasma che l'avrebbe accompagnata sempre.

 

Le lunghe ciglia della ragazza frullarono lievemente, mentre lei si rannicchiava ancora più vicina a Will, in cerca del suo profumo. La abbracciò piano, accarezzandole l'ala che ora sembrava cingergli la vita e rise nel sentirla fare un mormorio strano.

Quelle erano decisamente fusa!

Si guardarono per un istante, quando lei alzò il viso per dargli un delicato bacio sulle labbra, a cui il ragazzo rispose volentieri, sentendosi sospeso in una bolla di perfezione.

«Che ore sono?» domandò Elaine, rituffando il viso contro la pelle calda del collo dell'amico. Compagno, si ripeté nella mente, non amico, compagno. Lui è il mio compagno, il mio Alpha.

«Le quattro e trentatré minuti, principessa» rispose sbirciando la sveglia sul comodino. Uno sbuffo lo fece sorridere.

«Non sono una principessa, idiota»

Risero piano, restii a rompere quell'ovattata parentesi di pace.

 

Il ragazzo respirò piano il profumo di Elaine, che gli invadeva la mente e spazzava via ogni pensiero che non fosse lei. C'era qualcosa di diverso, da qualche giorno lo sentiva più morbido e quasi caldo. Persino più invitante di quanto non fosse di solito.

«Elaine» chiamò piano «Devo parlarti.»

Gli occhi neri splendettero nella luce fioca della stanza.

«Cosa c'è William?»

Prese un respiro profondo, sapendo quanto quell'argomento la imbarazzasse. «Sei diversa. Il tuo profumo sta cambiando.»

Come immaginava, un rossore sicuramente non desiderato invase le guance dell'Angelo, che distolse lo sguardo.

«E' il calore. Ho ancora qualche giorno di tregua, prima che inizi. Scusa» mormorò con il viso basso.

Con una mano le rialzò il volto, nonostante gli occhi d'ossidiana non volessero proprio saperne di incontrare i suoi.

«Hey, non è un problema. È normale, Ellie» sussurrò per rassicurarla, sentendo l'aria pizzicare dentro di sé, pregna del suo profumo «Ma dobbiamo parlarne. Voglio sapere cosa aspettarmi, e come potrei aiutarti se...se avessi bisogno di me.»

Elaine rise, di una risata amara e triste, che ricordò a Will della ragazza sola ed estremamente arrabbiata che era quando l'aveva conosciuta.

«Vuoi sapere cosa aspettarti? Nel migliore dei casi, una puttana implorante» sibilò con un tono velenoso, pieno di disprezzo per la sua natura «Nel peggiore, un animale. Non sto esagerando. Se il Legame fosse completo, sarebbe diverso, per te, e passeresti quella settimana chiuso in camera con me, a...» non terminò la frase, lasciando immaginare al ragazzo tutto quello che voleva. Sospirò «Non mi potrai aiutare, anzi. Il tuo odore e la tua presenza acuirebbero solo quel vuoto che sentirò dentro e peggioreresti le cose. Quindi, William» concluse puntandogli di nuovo addosso gli occhi, ora freddi e sicuri «Devi promettermi una cosa.»

«Dimmi, principessa» tentò di farla sorridere, senza riuscirci.

«Quando te lo chiederò tu mi porterai in quella stanza, nel caso non ci arrivassi da sola, mi chiuderai lì dentro e aprirai quella fottutissima porta solo quando sarò tornata in me. Prometti.»

«Mi stai chiedendo di lasciarti da sola» affermò con un tono altrettanto freddo il ragazzo.

«Non mi pare difficile da capire»

«Sei tu che non capisci. Tu mi stai chiedendo di lasciarti da sola quando sarai più debole e indifesa. Mi stai chiedendo di fregarmene di te e continuare normalmente con la mia vita, come se non mi fossi Legato a te. Mi stai chiedendo di venire meno a quello che ho giurato. Perché non so tu, stupida ragazzina, ma quando ho firmato quel contratto io ho giurato che ti avrei protetta. In questa storia ci siamo in due. Quindi non mi chiedere di fare una promessa che non manterrò» le disse, sentendo crescere dentro di sé la rabbia.

Gli occhi scuri di Elaine scintillarono d'ira e vergogna.

«Non voglio che tu mi veda quando avrà la meglio quella parte di me che tento di soffocare ogni giorno, William.»

«Non m'importa, Elaine. Non chiedermelo più. Io resterò qui con te.»

 

La ragazza smise di protestare, capendo che non l'avrebbe avuta vinta. Tornò a nascondere il viso bollente nel collo di Will, mentre questi ricominciava ad accarezzarle piano un'ala, come per chiedere scusa della durezza delle sue parole.

Per un istante Elaine ebbe l'impulso assurdo di ferirlo, di fargli capire che non era una creaturina bisognosa di cure, ma un Angelo. Assecondò quell'idea e morse forte, fin quasi a sentire il sapore del sangue sulle labbra, la pelle del ragazzo, che scattò a sedere.

«Ma cosa?» esclamò mentre appariva nitido e bordeaux il segno dei denti della ragazza sulla sua carnagione chiara.

«Ti ho Marchiato» ridacchiò lei, senza aprire gli occhi e restando distesa.

William parve capire tutto quello che avrebbe voluto dirgli, e scosse la testa sorridendo, tornando a sdraiarsi.

«Scusa, per prima» mormorò.

Elaine gli sorrise «Non ti preoccupare»

Rimasero accoccolati l'uno contro l'altra ancora un po' «E comunque io non sono una ragazzina, ho solo due anni in meno di te» sussurrò l'Angelo, appena prima che suonasse la sveglia.

 

§§§

 

No. Non può essere vero. Per favore, dimmi che è solo uno stupido scherzo. Pensò Elaine, vedendo una figura avvicinarsi a passo svelto a lei e Will.

Una figura che teneva una sigaretta morbidamente appoggiata alle labbra, spenta.

Una figura dagli occhi d'oro.

«Hey, bambolina» ammiccò alla ragazza «Da quanto tempo non ci vediamo»

«Già. Da quando ho spezzato il nostro Legame, Alcuin, se non sbaglio»

«Dettagli» disse, muovendo la mano elegantemente. La sigaretta si accese con un lieve baluginio viola.

«Cosa ci fai qui?» la presenza della mano di William sulle sue reni la rendeva sicura. Alcuin non poteva più farle nulla.

«Sono tornato, bambolina» le fece l'occhiolino «Sono tornato per restare.»

 

 

Fu convocata un'assemblea, perché fosse annunciato l'arrivo di un nuovo alunno. Quando la Direttrice gli domandò, come di prassi, se avesse già un'Omega o se dovesse ancora fare la Scelta, Alcuin si alzò in piedi, lisciandosi la camicia bianca.

«Io rivendico come mia Omega Elaine Grimaldi.» proclamò con voce sicura «Chiedo che venga spezzato il suo Legame con il suo attuale Alpha, avendola io Marchiata come mia compagna assai prima di lui, che non pare averne l'intenzione.»

«No!» Elaine urlò ancora prima che il Drago avesse finito. Vide le scintille accendersi negli occhi dorati, occhi che preannunciavano una punizione severa, ma parlò ugualmente.

Tutti ammutolirono. Un'Omega non aveva il diritto di opporsi apertamente ad un Alpha, soprattutto se in pubblico.

«Elaine» la Direttrice la chiamò per nome «Non sta a te decidere. Se il tuo compagno desiderasse interrompere il vostro Legame è suo diritto farlo».

 

L'Angelo volse gli occhi a Will, che si alzò in piedi, senza nemmeno guardarla, ma mantenendo lo sguardo fisso sul Drago «Non ti permetto di rivendicarla. Lei è mia. Come mi pare di aver capito, il vostro Legame è stato spezzato parecchio tempo fa, quindi tu non possiedi alcun diritto su di lei.» disse gelidamente «Lei è mia.» calcò ogni parola con forza, ruggendo quasi quell'ultimo aggettivo.

 

Alcuin scosse la testa ridendo sottilmente «Allora non posso fare altro che sfidarti, per averla. Tra una settimana, nel parco. Mi appello agli dei, nuovi e antichi, che mi concedano di poter bere il tuo sangue, piccolo e sciocco umano».

 

Il silenziò regnò sovrano. Nessuno poteva impedire al Drago di sfidarlo, secondo le loro leggi, infatti, era suo diritto. William accettò con un cenno del capo e l'assemblea si disfece, come un soffione al vento.

 

§§§

 

«Non puoi farlo, William» lo implorò l'Angelo, mentre camminavano nel parco, quel pomeriggio. Non avevano quasi parlato, come se fossero stati due estranei, durante l'intera mattinata.

«Non incominciare, Ellie. Lo farò e basta, che tu sia d'accordo o no.» sospirò, mentre si sedevano in riva al piccolo lago dove andavano sempre dopo le lezioni «Tu sei mia, e lui non deve nemmeno provare a toccarti»

 

Elaine, che non aveva mai ringraziato nessuno, si appoggiò con la testa sulla sua spalla «Grazie» mormorò, sfiorandolo con un'ala in una carezza delicata.

«Tu sei mia, l'ho giurato. L'abbiamo giurato. E il fatto che lui si appigli a cose inutili come il Marchio mi fa infuriare» affermò lui con voce dura, sfiorandole il ciondolo blu che aveva sempre al collo.

«Non sono cose inutili» sussurrò la ragazza «Se avessi il tuo Marchio sarebbe un punto a suo svantaggio, si sentirebbe meno sicuro di sé» continuò, spostandosi in ginocchio di fronte a lui. I loro visi erano alla stessa altezza, occhi neri in occhi azzurri, i respiri che s'intrecciavano nel pomeriggio tiepido d'autunno.

E poi, Elaine fece qualcosa che si era giurata non avrebbe mai fatto. Espose il collo, sottomettendosi a William.

Il ragazzo spalancò gli occhi, capendo quanto tutto quello volesse dire per la compagna, grato per quella dimostrazione di fiducia e sentendosi allo stesso tempo un animale per il desiderio di segnare quella carne chiara e morbida, che lo aveva preso improvviso allo stomaco.

«Fallo, Will. Fallo e basta.» mormorò Elaine, ad occhi chiusi.

 

All'inizio sentì solo piccoli baci sulla pelle sensibile, che lentamente vennero intervallati da morsi delicati. Un calore scomodo le crebbe nel petto, diffondendosi in tutto il corpo, mentre si sentiva la mente intorpidita.

Un morso più forte, proprio nel punto in cui il collo si unisce alla pelle della spalla, la fece gemere e William sorrise. Sentì quel sorriso malizioso sulla spalla, e poi sulla guancia e infine sulle labbra. Rispose al bacio immediatamente, quel calore che aveva dentro che la spingeva a lasciarsi spostare sull'erba, a lasciarsi toccare da Will, perché lui era lui e tutto era giusto.

Aprì gli occhi sentendolo sollevarsi dalle sue labbra.

 

«Sei bellissima» disse il ragazzo «Volevo dirtelo sin dalla sera del ballo. Sei bellissima.»

Rise, accettando quel complimento. Era così bello vederlo sorridere e sapere di essere la causa del suo sorriso, di essere lei che gli dava quello sguardo scintillante.

 

La faceva sentire potente, ubriaca di felicità. Lo trascinò di nuovo su di sé e lo baciò, immersa nel profumo dell'erba fresca e del vento.

 

§§§

 

Otto giorni dopo.

Se lo aspettavano entrambi, naturalmente. Sapevano che quel momento sarebbe arrivato, e bastò uno sguardo.

Elaine sentì bruciare, mentre la vista le si appannava per un istante. Respirò lentamente, concentrandosi nonostante ogni respiro le portasse il profumo di Will, e dei, lei lo voleva così tanto!

«E' tutto okay» si sentì sussurrare, prima che una mano le toccasse un'ala.

Urlò, perché anche solo quel lieve sfioramento le dava un piacere così perfetto, eppure così incompleto!

«William, non mi toccare» lo ammonì, entrando nella stanza dove avrebbe passato i successivi quattro giorni.

Un letto si ergeva solitario in un angolo della camera senza nemmeno una finestra. Mentre lì fuori, ancora appoggiato allo stipite della porta, c'era William, che respirava piano, come se l'aria scottasse.

Il desiderio la assalì ancora facendola gemere e bruciare, ma si impose di sedersi e di non muovere un muscolo.

«Chiudi quella dannata porta, William!» implorò usando ogni briciolo della forza di volontà che le era rimasta, sentendo il suo controllo venire meno.

Il ragazzo fece come gli aveva detto e lei si lasciò cadere con le spalle contro la pesante porta.

«It will be better» si disse Elaine, in una litania continua «It will be better. It will be better. It will be better.»

 

Dall'altra parte della parete il ragazzo, seduto anche lui contro la porta, stordito dal desiderio che lo aveva assalito, che era il motivo per cui aveva esitato, sulla porta, perché tutto gli diceva di andare e baciarla e toccarla e prenderla fino a perdere coscienza di dove finisse il suo corpo e iniziasse quello di Elaine, che era quella la cosa giusta da fare, non il rinchiuderla come un animale in gabbia, sospirò.

 

 

«It will be better. It will be better. It...» improvvisamente sentì un gemito leggermente più forte di quelli precedenti, un verso strozzato e illanguidito dal desiderio «Will» chiamò la ragazza, quasi ansimando e lui si dovette forzare a stare immobile e a non entrare in quella dannata stanza.

Strinse i pugni.

Il calore era iniziato.
 

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Capitolo 5
*** Lies ***


Tutto questo è come sempre merito anche di Muffin, mia amata beta e nemesi odiatissima.
Di Giulia, che sopporta i miei scleri perenni su qualsiasi cosa.
Di Giulia, che c'è sempre, per un caffè o per una partita ai videogiochi.
Di Matilde, che per prima ha letto e mi ha sclerato dietro.
Perchè senza di voi, senza ognuna di voi, nessuna mia storia avrebbe mai visto la luce.
Grazie.




We Might Fall

Capitolo quarto

Lies

 

Un giorno al calore

«Pensi di farcela?» le domandò Will, camminando verso il prato. Mano mano che il calore si avvicinava, Elaine diventava sempre più sensibile al minimo tocco, soprattutto se veniva da lui, ma annuì.
«Deciderete del mio futuro. Devo esserci.» rispose stringendo i denti quando un'ala sfiorò la mano del ragazzo.

Alcuin li aspettava seduto a gambe incrociate in mezzo al prato verde, dove solo una settimana prima William aveva Marchiato l'Angelo, la solita sigaretta sospesa tra le labbra sottili. Quando si avvicinarono alzò lo sguardo verso Elaine e sorrise, annusandola.
«Sei già pronta a festeggiare con me dolcezza, o è solo il tuo calore?» quando la vide stringere i denti per non rispondergli, continuò «Te lo ricordi, vero? Ti ricordi di quando ti ho leccata e morsa e poi ti ho scopata contro quel muro.» rise «E dei, tu ne chiedevi ancora! Tornerai ad essere la mia puttana, entro stasera.»
«Non credo proprio» rispose William con tono noncurante.

Alcuin, senza nemmeno guardarlo, ma alzandosi in piedi, lo attaccò col fuoco, subito, senza lasciargli via di fuga. Un cerchio d'erba prese a bruciare intorno a lui, che si slanciò fuori dalle fiamme un istante prima che appiccassero il fuoco anche ai vestiti che indossava. Il Drago tentò di indirizzargli una fiammata, che venne bloccata da un albero, dietro il quale il ragazzo si era nascosto.
Allora si volse verso l'Angelo, immobile, che comprese solo in quel momento che era quello che Alcuin aveva sempre voluto: levare Will di mezzo e punirla per la sua disubbidienza. Per essersene andata, per aver distrutto il loro Legame, per averlo quasi fatto impazzire di dolore.*

Spiccò il volo, ma la mano del Drago, coperta di fiamme vive, le afferrò il bordo dell'ala sinistra, tirandola verso il basso. Urlò per il dolore della carne che bruciava, e d'improvviso Will era lì accanto a lei, lo poteva sentire dal suo profumo. Aprendo gli occhi scoprì che Alcuin l'aveva lasciata andare, perché il ragazzo gli aveva messo una mano intorno al collo, proprio come aveva fatto Ursula quando aveva tentato di allenarsi con lei, con l'unica differenza che William non si trattenne. Lo stava strozzando, ma non fu quello che notò Elaine.

Era che il suo compagno era coperto di fiamme azzurre che non lo bruciavano vivo. Sembravano non sfiorarlo neppure, a momenti.

E quando volse lo sguardo su di lei, scoprì che Will non aveva gli occhi celesti.
I suoi occhi avevano il colore dell'argento e la pupilla verticale dei Draghi.

 

§§§

 

Era svenuta per il dolore all'ala ferita, e quando si svegliò scoprì di essere stata fasciata e medicata da mani gentili. Seduta sul suo letto si guardò intorno e vide Will accanto alla finestra, alla sua sinistra. Era in piedi, e il sole si rifletteva sui capelli neri, scolpendo ombre profonde nel collo e nelle spalle, coperte solo da una maglietta bianca.
«Mi hai mentito» fu l'unica cosa che disse. Si sentiva ferita nel profondo. Lei si era fidata di quel ragazzo, gli aveva permesso di fare tutto ciò che non aveva mai permesso a nessun altro, e lui l'aveva tradita. Le aveva mentito.
Le parole caddero nel silenzio, infrangendolo come proiettili una vetrata. Il ragazzo si voltò a guardarla con quegli occhi d'argento traditore, pieni di rimorso e preoccupazione.
«In realtà io non ti ho mai detto di essere umano. Non hai voluto vedere, nemmeno quando eri talmente vicina che avresti potuto osservare la lente a contatto.» mormorò avvicinandosi.
«Avresti dovuto dirmelo»
«E perderti? No.»
«Sarebbe stato meglio perdermi allora o oggi?»

William sospirò, sconfitto, e Elaine si rese conto che nonostante ne dimostrasse molti di più, aveva solo diciott'anni. Era solo un ragazzo, come lei. E si rese conto che lui non era particolarmente più forte, o sicuro, o deciso di lei: anche lui aveva dubbi e paure. Anche Will era umano. Questo pensiero le sembrò spezzare il cuore, pensare a quanto doveva averlo fatto soffrire, sempre, dalla prima volta in cui si erano visti, magari con gesti inconsapevoli di cui ancora adesso ignorava l'esistenza.
«Ti ho persa, allora» disse il Drago, voltandosi verso la finestra «Quando vorrai, potrai spezzare il nostro Legame. Lo accetterò» continuò, andandosene.
Ma mentre le passava di fianco, l'Angelo capì un'altra cosa: che Will era Will. Era sempre stato un Drago, eppure era anche sempre stato un ragazzo gentile e buono, che la sapeva rispettare. E, per quanto quella bugia bruciasse come fuoco nel suo animo, si rese conto che tutto quello le bastava.
«Resta» mormorò semplicemente, e il ragazzo si bloccò sulla soglia della camera «Non m'importa cosa sei» tornò indietro, sedendosi sulle coperte accanto a lei, che allungò l'ala sana ad accarezzarlo delicatamente sullo zigomo graffiato «Sei William Moriarty, sei il mio Alpha, e questo mi basta».

Sentì l'aria incendiarsi nei polmoni quando lui la baciò, le labbra morbide contro le sue, che aveva morso a sangue per sopportare il dolore della bruciatura. Due braccia forti la strinsero contro un corpo caldo, che vibrava di gioia e sollievo. Respirò quel profumo di vento che apparteneva a William e quasi pianse per la felicità di essere viva, di essere tra le sue braccia, di essere la sua compagna.
Perché lui aveva vinto. Lei era sua, l'aveva scelta e aveva combattuto per lei.
«Come sta lui?» domandò, riferendosi ad Alcuin.
«In infermeria, con parecchie ustioni. Non so quanto presto si riprenderà» sospirò «Ho esagerato, ma ti ha ferito e tu eri così esposta e...avevo paura di perderti. Dovevo proteggerti, a costo della mia vita»

Elaine, non sapendo cosa rispondergli, si accoccolò contro il suo petto asciutto. Se n'era dimenticata, ma quando vide il sole sorgere il pensiero le tornò in mente improvviso.
«Will» chiamò, incrociando lo sguardo di quegli occhi d'argento. Pochi istanti dopo, una bolla di calore liquido le scoppiò nel ventre, facendola tremare. Se lo aspettavano entrambi, naturalmente. Sapevano che quel momento sarebbe arrivato, e bastò uno sguardo. Elaine sentì bruciare, mentre la vista le si appannava. Respirò lentamente, concentrandosi nonostante ogni respiro le portasse il profumo di Will, e dei, lei lo voleva così tanto!
«E' tutto okay» si sentì sussurrare, prima che una mano le toccasse un'ala.
Urlò, perché anche solo quel lieve sfioramento le dava un piacere così perfetto, eppure così incompleto!
«William, non mi toccare» lo ammonì, entrando nella stanza dove avrebbe passato la settimana successiva «E qualsiasi cosa ti dica, non aprire la porta, per favore»
Un letto si ergeva solitario in un angolo della camera senza nemmeno una finestra. Mentre lì fuori, ancora appoggiato allo stipite della porta, c'era William, che respirava piano, come se l'aria scottasse.
Il desiderio la assalì ancora facendola gemere e bruciare, ma si impose di sedersi e di non muovere un muscolo.
«Chiudi quella dannata porta, William!» implorò, sentendo il suo controllo venire meno.
Il ragazzo fece come gli aveva detto e lei si lasciò cadere con le spalle contro la pesante porta.
«It will be better» si disse Elaine, in una litania continua «It will be better. It will be better. It will be better.»

 

Dall'altra parte della parete il ragazzo, seduto anche lui contro la porta, stordito dal desiderio che lo aveva assalito, che era il motivo per cui aveva esitato, sulla porta, perché tutto gli diceva di andare e baciarla e toccarla e prenderla fino a perdere coscienza di dove finisse il suo corpo e iniziasse quello di Elaine, che era quella la cosa giusta da fare, non il rinchiuderla come un animale in gabbia, sospirò.

 

 

«It will be better. It will be better. It...» improvvisamente sentì un gemito leggermente più forte di quelli precedenti, un verso strozzato e illanguidito dal desiderio «Will» chiamò la ragazza, quasi ansimando e lui si dovette forzare a stare immobile e a non entrare in quella dannata stanza.

Strinse i pugni.

Il calore era iniziato.
 

§§§

 

La sognò, quella notte.

Immaginò il suo corpo, la pelle chiara del collo, il punto dove il suo ciondolo poggiava, una goccia di cielo infrantasi nel latte, che diventava le morbide forme del seno, scivolando sulla pancia liscia e arrivando alle cosce del colore della panna, passando per il piccolo neo sopra l'anca destra. Nel suo sogno Elaine era nuda, stesa sul loro letto, profumata e morbida, e dei, così buona! E lui la toccava, la accarezzava lì dove la pelle s'increspava per i brividi del piacere, la baciava sulle labbra carminie e bollenti, che sapevano di miele, le mordeva e osservava il segno dei suoi denti imprimersi sanguigno sulla pelle, la sentiva intorno a sé, i suoi gemiti nelle orecchie e i suoi baci sulle labbra.

Si svegliò sudato e ansimante, sentendola dormire nella stanza accanto.
Aveva giurato di restarle vicino, ma ora più che mai gli sembrava una pessima idea. Sentiva il suo profumo, forte e caldo, ricco di ferormoni che gli entrava nelle vene e bruciava gelido, spingendolo ad andare da lei.
Aveva passato la prima notte, gliene restavano altre cinque. Si avvicinò alla porta pesante, e solo il pensiero della delusione che avrebbe letto poi negli occhi di Elaine lo trattenne dallo spalancarla.

Sentì bussare alla porta e quando andò ad aprire, Ursula lo guardava con un sopracciglio inarcato e un vassoio con la colazione.
«Come sta Ellie? E tu? Come mai non le hai mai detto la verità?» disse in una serie di domande a raffica al povero ragazzo, entrando. Il Drago non si stupì nemmeno del fatto che sapesse della sua natura. In fondo, era pur sempre una Veggente.
William si stupì di come sembrasse tranquilla e a suo agio, nonostante fosse anche lei una Alpha.
«Non sono per nulla tranquilla» sembrò leggergli nel pensiero Ursula «Ma io sono capace di dissimulare, al contrario tuo» ridacchiò, indicandogli la stoffa dei pantaloni del pigiama tesi.
«Grazie per la colazione» borbottò il ragazzo, imbarazzato.
«No problem. Ah, e guarda che è anche per lei. Deve mangiare.»
«Ma come faccio a farla mangiare se mi ha praticamente ordinato di non aprire la porta?» domandò, rendendosi conto che la compagna non sarebbe potuta resistere una settimana senza cibo. Ursula rise.
«Potresti legarla e imboccarla tu. Anzi, meglio di no, otterremmo l'effetto contrario a quello desiderato!» continuò a ridere anche mentre usciva dalla stanza, salvo poi fermarsi e girarsi.

«L'Angelo di cenere farà volare chi è senza ali, distruggendo il tempio della Menzogna» disse con voce seria e distaccata.
Quando Will la guardò perplesso, lei sbattè le palpebre un paio di volte, si girò e se ne andò.
Rientrò nella camera, inspirò ancora una volta lentamente e si impose di rimanere calmo.

Poi aprì la porta ad Elaine.

 

 

 

 

 

*In effetti, ho immaginato che spezzare un Legame sarebbe stata una cosa molto dolorosa.

In altre Omegaverse non si può sciogliere il vincolo tra Alpha e Omega senza che uno dei due impazzisca, il che è più o meno quello che è accaduto ad Alcuin.

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Capitolo 6
*** The limit is the sky. ***


We Might Fall

Capitolo quinto

The limit is the sky

 

Quando Will aprì la porta, piano, temendo che Elaine fosse ancora lì dietro, inizialmente non la vide. La tradì un movimento involontario, l'alzarsi repentino del capo verso la fonte del rumore.
Il ragazzo cercò di non soccombere all'istinto, che gli urlava di prenderla, di trascinarsela addosso, di affondare in lei, di coprirla col suo corpo. Ma gli venne in mente lo sguardo che Elaine avrebbe avuto, dopo, una delusione e un dolore che non avrebbe mai voluto vedere sul suo viso, quindi strinse i pugni lungo i fianchi, accorgendosi di avere la ragazza davanti, coperta solo dal lenzuolo sotto al quale era rannicchiata.
Gli occhi sembravano due pozzi neri, spalancati e scintillanti.

«Devi mangiare qualcosa, Ellie» le disse, cercando di ignorare quanto la sua stessa voce sembrasse roca e tremante, piena di desiderio. L'Angelo si leccò le labbra vermiglie, avvicinandosi, e William la immaginò fare lo stesso gesto, esattamente prima di leccargli qualcos'altro. Smettila, William Moriarty. Non ci pensare nemmeno, si ammonì, mentre la ragazza andava a sfiorargli con le labbra la curva della mascella e gli intrecciava le braccia dietro la nuca, accarezzandolo con un tocco talmente leggero da farlo quasi tremare.
E il ragazzo si dimenticò il motivo per cui aveva aperto la porta.
Arrivarono in camera baciandosi, senza che Will si accorgesse di chi avesse iniziato quell'atto d'amore, così ricco di lussuria. Quando Elaine gli prese le mani, dopo averlo fatto sedere sul letto, e se le posò sui fianchi, William si accorse che aveva lasciato cadere il lenzuolo e che era completamente e assolutamente nuda, una farfalla appena uscita dalla crisalide. La ragazza rise piano del suo stupore, salendogli cavalcioni sulle ginocchia, e tornando a baciarlo con passione.
Il pensiero che fosse lì, per lui, così accomodante, lasciva e languida, gli fece perdere il controllo e non osava nemmeno immaginare cosa stesse provando lei, se quello era il suo piacere solo a guardarla. La ribaltò sotto di sé, sul loro letto, mentre sentiva il sangue scorrere veloce nelle sue vene, il tessuto dei pantaloni che si faceva sempre più stretto, prendendosi il suo tempo per osservare ciò che aveva immaginato quella notte.

Dei, se era bella. William pensava di non aver mai visto nulla di più stupefacente nella sua vita.
Elaine aveva i capelli sparsi sul cuscino come un oceano d'inchiostro, le labbra risaltavano sul volto pallido come sangue versato sulla neve e teneva le mani sul seno, come per coprirlo. Le forzò un poco le braccia, accorgendosi di quanto fosse arrendevole solo quando si mosse come una bambolina ai suoi ordini, mentre il Drago continuava a guardare ogni centimetro della pelle nivea. Il collo dalla linea affusolata incontrava la clavicola formando una conca meravigliosa, che baciò con delicatezza. Elaine gemette a quel tocco leggero, inarcandosi verso di lui e cercando un contatto maggiore.

Prendila. Ora, subito, prima di adesso. Falla tua, completamente tua. Lei è la tua compagna, senti il suo odore. È quella giusta, prendila ora urlò ancora il corpo del ragazzo, che lo ascoltò solo in parte, chinandosi a mordere la punta del seno dell'Angelo sotto di lui, che ai suoi occhi aveva l'aspetto di una cupola di panna sormontata da una piccola fragola di bosco.
Leccò e morse, sentendola ansimare e muoversi contro le lenzuola, cercando quel piacere che Will si ostinava a negare ad entrambi. Un paio di mani strinsero con forza i suoi capelli, e quando riportò lo sguardo argenteo sulla ragazza la vide mordersi le labbra, le guance improvvisamente imporporate, come per non fare troppo rumore.
Ma lui voleva sentirla urlare. Voleva che urlasse il suo nome con tutta l'aria che aveva nei polmoni. E voleva vederla esporgli il collo, come quando si era lasciata Marchiare. Voleva che lei lo accettasse, finalmente, come suo Alpha, in tutto e per tutto. Scese ancora, baciando ogni lembo di pelle che attraversava, fermandosi tra le sue cosce e sull'anca, dove posò una serie di baci delicati, prima di morderla con forza.
Elaine gemette il suo nome, per la prima volta, e William leccò il morso, per ricompensarla di quel poco dolore che le aveva fatto provare.
Le unghie corte gli graffiarono la nuca, incentivandolo a coprire quei pochi centimetri che lo separavano da lei.

Si fermò, appena prima di sfiorarla ancora.
«Ma guardati, piccolo Angelo» mormorò con voce arrochita dal desiderio «Sei così aperta e bagnata.» soffiò piano sulle pelle ipersensibile e la ragazza affondò le unghie tra le ciocche, tirandole senza curarsi di fargli male. Allora, e solo allora, il Drago si decise a calare su di lei.

Solo quando la sentì urlare il suo nome all'apice del piacere si fermò, osservandola ricominciare a respirare normalmente e tendergli le mani, come a chiederne ancora, a chiedere di più.
L'accontentò.
Infine, stanchi morti, scivolarono nel sonno, le mani intrecciate sul cuscino.

 

§§§

 

Cinque giorni dopo

Elaine si svegliò per il sole che le batteva sul volto e un fastidioso crampo all'ala destra, rannicchiata sotto il corpo. Spostandosi vide che William era sveglio, e da come gli occhi da serpente del compagno scivolarono sul suo corpo nudo, seppe di essersi persa qualcosa.
Ricordava le giornate del calore, quasi perfettamente, ma quel sorriso malizioso faceva intendere che si fossero dati da fare molto più di quanto pensasse.
A lungo, anche rifletté osservando i segni che le aveva lasciato addosso il Drago. Un pensiero la fulminò sul posto.

Non potevano aver fatto sesso. No. Will doveva saperlo, che lei non voleva assolutamente. Diamine, voleva ricordarsi lucidamente di quando avevano concretizzato il Legame!
«Tranquilla, pennuto diffidente. Non abbiamo fatto nulla, smettila di farti tanti problemi» la rassicurò il ragazzo, capendo il corso dei suoi pensieri.
«Buongiorno» mormorò lei riavvicinandosi alle labbra del ragazzo.
«Buongiorno, principessa» rispose lui, cingendole la vita con una mano e attirandosela contro.
«Idiota» ridacchiò contro le sue labbra « Come mai ho un enorme morso viola sull'anca, di grazia?»
«Non mi pareva ti desse tanto fastidio, fino a stanotte» rise anche il ragazzo.
Si era creato un bel clima rilassato tra loro, e si scambiarono uno sguardo d'intesa.

«Scusami, comunque» bisbigliò Elaine, mentre Will andava a recuperare il vassoio con la colazione che Ursula, dei, quella meraviglia di ragazza aveva portato i lamponi!, aveva lasciato proprio fuori dalla porta, con un biglietto.
Ellie, quando puoi raggiungimi al laghetto. -Ursula
«Di cosa?»
«Del... di tutto questo» cercò di spiegarsi Elaine indicando il letto sfatto e i loro corpi nudi.
William posò il vassoio sul materasso e scoppiò a ridere di gusto, facendo chiedere all'Angelo se per caso non fosse diventato improvvisamente matto.
«Oddio, tu, tu pensi che mi sia dispiaciuto?» sghignazzò «Ellie, non so quanto ti ricordi, ma se ci pensi anche solo un istante ero tutto tranne che scocciato o infastidito. Insomma, chi non vorrebbe trovarsi un Angelo nudo nel proprio letto, che urla al minimo tocco? E ti vorrei ricordare che non mi hai obbligato a fare nulla... beh, averti nuda e in ginocchio bastava di sicuro, come incentivo ad assecondarti!» considerò divertito, osservando le labbra arricciate della ragazza.
Un cuscino gli arrivò dritto dritto in faccia.
«Hey! Stavo dicendo la verità!»
«Ti prego» disse Elaine, di un colore vagamente simile a quello dei lamponi maturi «Non mi puoi dire la verità in maniera meno imbarazzante?»

Il Drago le si sedette accanto, porgendole un lampone dal vassoio, che la ragazza prese direttamente con le labbra, leccando le dita sporche di succo. Okay, angioletto. Non vale se tu mi istighi così, anche perché io so che tu sai dove vorrei che fosse la tua bocca in questo preciso istante, pensò William, cancellando immediatamente quel pensiero dalla sua mente «Non è imbarazzante, Ellie. Anzi. Sei sexy, quando ti lasci andare»
«No Will. Sei tu che sei un pervertito.» lo prese in giro l'Angelo ingoiando al volo la sua tazza di caffè «Dei, sono così stanca.» continuò, tornando a stendersi su di lui, che la cinse con le braccia «Mi bastano dieci minuti e vado da Ursula, promesso» si disse.
William le accarezzò i capelli e il bordo superiore dell'ala ferita, attento a non sfiorare la pelle ustionata e le piume che stavano ricrescendo.
Dopo una decina di minuti, come promesso, l'Angelo si alzò, s'infilò sotto la doccia e uscì dalla stanza con i capelli ancora bagnati, per andare a cercare l'amica.
Will ebbe la sensazione di essere osservato, ma guardandosi intorno vide solo un'innocua farfalla alla finestra, quindi si girò tra le lenzuola sfatte e si riaddormentò.

 

§§§

 

«Hey» salutò Elaine arrivando al laghetto al limitare del prato, proprio dal alto opposto a quello del bosco che circondava l'intera scuola, dove la Veggente era seduta a lanciare ciottoli in acqua.
«Come stai?» le domandò Ursula, porgendole un sasso.
«Bene» si limitò a rispondere, lanciando il sasso in acqua «E tu, Urs?»
«Credo di avere un problema.»
Elaine le posò la mano sul braccio, preoccupata.
«Cosa è successo?»
«Mi sono innamorata. Cazzo, Elaine, mi sono innamorata. E lei è di un altro!»
L'Angelo la strinse, cullandola e abbracciandola con le ali cinerine.
«Guarda il vostro futuro, Urs. Saprai se ne varrà la pena oppure no.»
«Pensi che io sia così stupida da non averlo già fatto?» sibilò la Veggente «Ho guardato, ma non vedo nulla. Il buio. Niente di niente. Come se non esistesse il futuro.»
«In...in che senso?»
«Nel senso che qualcosa non va, cazzo! Nessuno di noi dell'Occhio riesce più a vedere oltre qualche ora. E nemmeno in quel caso le visioni sono accurate.» Quando Ursula nominò l'Occhio, l'associazione dei Veggenti, Elaine sobbalzò. Le facevano paura, con quella loro capacità di sapere sempre tutto, ma se nemmeno loro sapevano cosa sarebbe accaduto, c'era da preoccuparsi. Ursula si alzò in piedi, spazzolandosi la lunga gonna viola e la camicetta gialla dall'erba, e le scoccò un rapido bacio sulla guancia.
«Devo andare, Ellie. Mi aspetta Alyssa. Magari è solo una cosa temporanea, non ti preoccupare»
«D'accordo, Urs. Se hai problemi con la ragazza che ti piace, comunque, lo sai che ne puoi sempre parlare con me»
L'amica, già distante, non rispose.

Elaine stiracchiò al sole le ali, osservando un paio di farfalle svolazzare lì accanto, e questo le diede un'idea per sciogliere i muscoli indolenziti.
Si librò nel cielo, facendo attenzione a non sforzare troppo l'ala sinistra, e prese quota. Saliva, saliva, saliva ancora, inseguiva le farfalle e si lasciava cadere in picchiata, guardando i fiori e il prato deserto. Si ricordò dell'antichissima storia di Icaro, e decise di vedere quanto in alto poteva arrivare, solo per gioco, perché di certo le sue ali non si sarebbero sciolte.
Cinquanta metri, poi cento, poi duecento e l'aria era gelida, ma lei la sopportava benissimo, come ogni Angelo. A duecento metri, improvvisamente qualcosa la colpì, e perse quota.
Provò a tornare su, ma non riusciva.

Tese le mani verso il sole, che brillava davanti a lei, e i palmi impattarono contro una parete. Picchiò un paio di volte, tanto per assicurarsi che non fosse un sogno, poi si rese conto che c'era davvero una parete di vetro.
Il loro cielo aveva un limite.
Perse di nuovo quota, questa volta per il terrore di quell'idea, e planò a terra, correndo verso la scuola, verso William.

Non si accorse che una farfalla l'aveva seguita per tutto il tempo, né che la stessa farfalla si comportava in modo anomalo, volando in linea retta, proprio dietro di lei.

 

§§§

 

La Direttrice, come ogni mattina, toccò la guancia al quadro di suo padre nell'ufficio, che si spostò, rivelando uno schermo.
Una sola scritta apparve.

Inizio fase due.

La donna lesse il messaggio, sospirò, si tolse la giacca poggiandola alla sedia e afferrò dal cassetto della scrivania una pistola. Come lei, tutti gli insegnanti avevano letto il messaggio e ognuno di loro fece ciò che sapeva di dover fare.

Un ultimo sorriso alla foto del compagno sulla scrivania, e poi la Direttrice premette il grilletto.

 

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Capitolo 7
*** I'm watching you breathing for the last time. ***


Nda: Hello everyone! Nota veloce veloce: il titolo è una frase della meravigliosa canzone "Carry you home" di James Blunt. Hope you like it <3

We Might Fall

Capitolo sesto

I'm watching you breathing for the last time

 

«Will! Will, aprimi!» Elaine arrivò in camera correndo e bussando ansiosamente.
Quando il ragazzo aprì la porta, ancora mezzo assonnato, l'Angelo si gettò tra le sue braccia, stringendogli le spalle con forza e respirando velocemente. Il Drago si sedette sul letto, trascinandosela addosso, e le accarezzò i capelli.
«Wow, Ellie. Calmati. Respira»
I singhiozzi scuotevano il petto della ragazza, senza che nemmeno una lacrima le scorresse sulle guance.
«Il...il cielo. Cazzo, siamo sotto una fottutissima cupola, Will!» aveva il viso pallido, sul quale spiccavano gli occhi enormi, spalancati della paura, e gli zigomi, che avevano lo stesso colore delle rose estive.
«Piano» le intimò «Spiegami tutto con molta calma.»
Elaine parve riprendere un minimo il controllo di sé. Si passò una mano tra i capelli, prese due profondi respiri e raccontò tutto al ragazzo, che alla fine storse il volto in una smorfia preoccupata.

«Dobbiamo parlarne agi altri. Dobbiamo chiedere alla Direttrice di indire una riunione.»
«E come pensate di farlo, visto che la Direttrice è morta? Come tutto il resto dei docenti, d'altronde» intervenne una voce sardonica e vagamente arrochita.
Alla finestra era appeso Alcuin, ed Elaine percepì distintamente William irrigidirsi e stringere i pugni. Si mosse verso il Drago, fissando gli occhi d'oro.
«Cosa stai facendo qui?» gli domandò, gelida.
Il ragazzo saltò dentro la stanza con un tonfo attutito «Speravo che ti facessi la doccia dimenticando la finestra aperta» disse ironicamente, ma non appena sentì il ringhio sordo di Will alzò le mani in segno di resa «Scherzavo. Ero venuto a dirvi questo, ma il vostro Metalupo mi avrebbe impedito di raggiungervi. È venuto a trovarmi ben tre volte in infermeria, a sputarmi in faccia tutto il suo disprezzo»

Solo in quel momento l'Angelo si accorse della fasciatura che cingeva la gola di quello che un tempo aveva chiamato compagno, e delle ustioni più lievi che gli sfiguravano le guance. Si mosse alzando la mano, per vedere, ma Alcuin si spostò.
«Non mi umiliare più di quanto non abbia già fatto lui, Elaine. Non vi aiuto perché mi piacete, ma è il mio modo per fare ammenda per tutto il dolore che ti ho causato.» alzò uno sguardo verso Will «E se quell'energumeno non fosse qui pronto ad uccidermi appena ti guardo riuscirei anche a spiegarti perché feci quello che feci»
Will ruggì, precedendo Elaine «Non ti lascio da solo con lei»

La ragazza si voltò verso di lui, cingendogli il viso con le mani «Io sono tua. Porto il tuo Marchio, il tuo odore, i tuoi segni addosso. E forse un giorno avrò anche i tuoi figli dentro di me. Io sono tua, hai combattuto per me e hai vinto. Ma William Moriarty, se mi vuoi impedire di fare qualcosa dovrai darmi un ordine diretto.» si avvicinò col viso al suo «Sappi però che se lo farai, non ti riuscirò più a guardare senza ricordarmi che tu mi avevi promesso che avrei sempre avuto una scelta, e poi me l'hai negata»
Il ragazzo dagli occhi d'argento le diede un bacio leggero, cedendo a malincuore.
«Non più di cinque minuti. Se la tocchi ti sventrerò a mani nude» concesse al Drago che li aveva osservati fino ad allora «E se hai bisogno, sono qui fuori» disse alla compagna, accarezzandole il viso e uscendo dalla camera da letto socchiudendone la porta.

Alcuin si sedette sul letto, ed Elaine lo guardò. Ricordava bene il suo odore, di cannella e chiodi di garofano, ma per lei ora non significava più nulla, se non il buio e il sangue. I lunghi capelli biondi erano stati tagliati alle spalle, e gli occhi d'oro liquido celavano a malapena il dolore che gli provocava parlare.
«Volevi essere da solo con me, ora lo sei»
«Per gentile concessione del tuo padrone»
«Non è il mio padrone. Ma non stiamo parlando di lui, Alcuin. Hai detto di volermi dire perché.»
«Vuoi davvero sapere perché ti ho lasciata da sola, dopo averti quasi violentata?»
L'Angelo annuì, le braccia incrociate sul petto, ricordando ancora una volta il dolore nel vedere la persona che più amava al mondo abbandonarla. Come una puttana.
«Avevo paura. Cazzo, avevo così tanta paura che tu rimanessi incinta e che la nostra vita ne fosse incasinata che sono scappato. Ti amavo, ma la paura è stata più forte. Mi dispiace, se può servire a qualcosa»
La ragazza dalle ali cineree strinse i pugni.

Se fosse rimasta incinta, quella notte, sarebbe rimasta sola. Completamente sola.
Nessuno accetta un'Omega con un figlio.
La sua vita sarebbe realmente finita.
E Alcuin era scappato perché aveva paura.
Paura.
Lui aveva avuto paura. Non l'Angelo, che era riuscita ad alzarsi a stento da quel pavimento, che si era medicata da sola e che aveva aspettato, temendo di vedere la sua vita crollare a pezzi. Poi aveva saputo di non aspettare nessun bambino, e solo gli dei sapevano quanto lei li avesse ringraziati. E se n'era andata. Aveva rotto il Legame con Alcuin, fuggendo via.

Prese fiato, impedendo alla rabbia di prendere il controllo di sé, anche se avrebbe davvero voluto ucciderlo nella maniera più crudele che le venisse in mente.
Sospirò, senza rispondergli, e aprì la porta a Will, che la circondò con le braccia calde, quasi percependo il suo malessere.
I due Draghi si scambiarono uno sguardo diffidente.
E in quel momento suonò la sirena dell'Assemblea.

 

§§§

 

«Cosa vuol dire tutto questo?» Robert, un angelo biondo, aveva interrotto Ursula, che a nome dell'Occhio annunciava la loro incapacità di scorgere il futuro.
«Vuol dire che siamo nei guai» fu Elaine ad alzarsi e raggiungere la Veggente sul piccolo palco. «Perchè il fatto che non vedano più non è la peggiore notizia che vi dobbiamo dare. La Direttrice e tutti gli insegnanti sono morti» un mormorio stupito scosse l'Assemblea, mentre l'Angelo raccontava dei corpi dei suicidi e della cupola che sembrava rinchiuderli tutti.

«Dobbiamo capire se c'è un modo per uscire da qui» affermò Robert «Andremo in perlustrazione, io e Jamie» indicò l'Angelo dalle ali azzurre.
«Siamo tutti d'accordo?» domandò Ursula, e tutti i ragazzi annuirono.
I due Angeli si alzarono, mentre le Sirene domandavano il permesso di inviare qualcuno dei loro nel lago, per vedere se per caso non ci fosse un passaggio da lì.
Fu una riunione lunga ed estenuante, ma alla fine si giunse alla decisione che mentre gli Angeli avrebbero ispezionato il cielo, le Sirene avrebbero controllato l'acqua, i Metalupi la terra e i Veggenti si sarebbero chiusi in meditazione, per rompere quel blocco mentale che impediva loro di vedere.
Si fece un rapido conto: nella scuola c'erano dieci Angeli, altrettanti Veggenti, Metalupi e Sirene, due Draghi e gli Omega di ognuno di loro. Si organizzarono per uscire in ricognizione a turni, e alla fine, prima che uscissero William prese la parola.
«Non fate affidamento su nessuno. Siamo soli, qui, e senza difese. Fate attenzione»

E d'improvviso la sala era vuota.

 

§§§

 

«Com'è andata?»
«Male. Sembra non esserci alcuna fine alla cupola, nel settore nord-ovest. Continua per chilometri, ma noi iniziavamo ad essere troppo stanchi per volare ancora.» rispose Jamie anche per l'amico, che respirava pesantemente.
«Metalupi?»
«Idem. Il perimetro è intatto» affermò Kaelie, il capobranco del gruppo, una ragazza che Elaine conosceva bene, mentre si strofinava il braccio destro.
«Sei ferita?»
Un leggero sbuffo e una risatina furono la risposta «No, Angioletto. Rilassa le piume, mi ha solo punto un insetto.»
Elaine le sorrise, e si rivolse alle Sirene.
«Voi avete scoperto qualcosa?»
Scossero il capo, in segno di diniego.

Elaine sospirò, cercando con lo sguardo William, seduto tra gli altri ragazzi.
«Continueremo domani. Volontari tra gli Angeli?»
Due ragazzi si alzarono in piedi e così fecero anche gli altri, due ragazzi per ogni gruppo.
«Troveremo un modo per uscire da qui.»

Due ore dopo, mentre dormiva, la svegliò un bussare agitato alla porta. Scese dal letto, e aprendo si ritrovò tra le braccia l'Omega di Kaelie, una ragazzina dai grandi occhi violetti.
«Elaine» singhiozzò «Kaey sta male. Non...non respira bene e il braccio è tutto gonfio e viola.»
Si precipitò con lei in infermeria, dove il Metalupo, steso sul letto, respirava piano, gli occhi neri a malapena socchiusi, le pupille esageratamente dilatate.
Il braccio era due volte più grande del normale, e mancava una sezione di pelle che lasciava vedere la carne viva e infetta al di sotto.
Due ragazze si affaccendavano intorno a lei, ma il respiro sempre più debole e i brevi rantoli che faceva non lasciavano ben sperare.

Penny piangeva piano, tenendole la mano «Non mi lasciare Kaey, non mi lasciare. Ti prego. Combatti amore mio. Vinci ancora una volta e torna da me.»
Elaine cercò di aiutare, per quanto poté, ma la ragazza morì ugualmente, tra le braccia della compagna.
Un urlo di dolore sorse dal petto di Penny, mentre lacrime ustionanti scendevano sulle guance graffiate. E l'Angelo non cercò nemmeno di consolarla, capendo quanto grande fosse il dolore che le attanagliava il cuore. Penny non avrebbe mai più amato nessun altro nella sua vita, legata per sempre a quel corpo che sarebbe marcito sotto terra, anno dopo anno.

Rimasero tutti svegli quella notte, a vegliare la ragazza. Era la prima volta che vedevano in faccia la Morte, e la maggior parte di loro era pallida e impaurita. Elaine stessa cercò rifugio tra le braccia di William, che la strinse, cercando di proteggerla da un mostro invisibile.
Al mattino, mente il sole sorgeva, Kaelie venne seppellita.
L'ultima cosa che Penny vide, allontanandosi dal cumulo che la separava dall'innamorata, fu una farfalla del colore della neve che svolazzava sopra la terra fresca.

 

§§§

 

Due giorni dopo

«Progressi?» domandò una Elaine dal viso sempre più stanco.
Come nei giorni precedenti scossero tutti il capo.
«Qualcuno è stato morso?»
Nessuno fiatò.
Avevano capito, dopo l'ennesimo morto, che erano le farfalle, che attaccavano stranamente solo di giorno. Per puro caso, l'Omega di Jamie, Zach, era stato attaccato mentre era abbastanza vicino alla scuola: le farfalle, così luminose e belle, lo avevano assalito, divorandogli la carne. Tutti avevano visto come, circa dieci minuti dopo, di lui non restassero che le ossa.
«Allora ci riaggiorniamo domani.»

Robert la richiamò «Abbiamo parlato, sai, dello scegliere un capo per ogni gruppo. Volevamo presentare le scelte all'Assemblea, perché le approvasse»
Un ragazzo con i capelli scuri e un sorriso da spaccone, si fece avanti «Gregory Mullaoy, Metalupo» Elaine sorrise all'amico, che le fece l'occhiolino.
«Alyssa Onelle, Sirena» fece un passo anche la ragazza con lunghi capelli bianchi e un profumo vagamente salmastro, affiancata da Lucas, il compagno.
«L'Occhio ha scelto come sua portavoce Ursula Rabini» annunciò Loris, il capo del gruppo, con un cenno del capo alla Veggente dai capelli sanguigni.
«E i Draghi?» domandò Elaine, guardando verso Alcuin e William, che sedevano in disparte guardandosi in cagnesco.
«Chiediamo di essere entrambi nel consiglio, considerato che siamo solo in due»
«Chi non è d'accordo alzi la mano» vedendo che la sala rimaneva in silenzio, la ragazza annuì. «Bene, e voi Angeli? Chi avete scelto?»
Jamie scoppiò a ridere «Zuccherino, naturalmente tu.»
«Non credo di essere adatta al ruolo. Sono un'Omega, nel caso ve lo foste dimenticati»
«Ma sei la migliore tra di noi. Quindi sta zitta, lisciati le piume e va' a metterlo in culo ai bastardi che hanno ucciso Zach» ribatté il ragazzo, col viso smagrito dalla morte del compagno. Lunghi tagli gli segnavano le guance, fatti delle sue stesse mani mentre Zach moriva e lui veniva trattenuto dal gettarsi fuori dalla scuola per seguirlo.
Elaine chinò la testa «La pagheranno. A tutti noi. Riavremo la nostra libertà.»

«In quanti siamo rimasti?» domandò Will, quando rimasero soli, coloro scelti a rappresentare le varie razze.
«Quattro Angeli, due Draghi, sei Sirene, cinque Metalupi e ancora tutti i dieci Veggenti» rispose Alcuin con voce atona.
«Gli Omega?»
«Ne restano solo ventiquattro. Quasi tutti quelli che hanno perso il loro Alpha si sono lanciati fuori.»
«Sono andati?»
«Se siamo fortunati ne troveremo le ossa»
Si guardarono tutti in faccia. Avevano solo diciassette, al massimo diciott'anni ed erano soli. E stavano morendo come mosche.
«Dobbiamo trovare un modo per uscire di qui» affermò Alyssa, stringendo il pugno sui pantaloncini di jeans «A qualsiasi costo»
«Domani andremo io e Gregory in perlustrazione» affermò Will, alzandosi.

Una farfalla cremisi, posata sulla finestra, sembrò annuire.


 

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Capitolo 8
*** Never enough. ***


We Might Fall
Capitolo settimo
Never enough

 

La stanza era invasa dal vapore che usciva dalla doccia, e dallo specchio appannato il Drago poté tranquillamente vedere la compagna entrare nella stanza.
«William» chiamò Elaine, osservandolo senza vergogna. Il ragazzo, sotto la doccia, strinse i pugni prima di incrociare il suo sguardo, temendo di incontrarvi una supplica a non uscire dalla scuola.
«Non mi chiedere di non andare Elaine. Lo devo fare.»
L'Angelo gli sorrise dolcemente, aprendo la porta di vetro che faceva da accesso alla doccia. Attraverso il vapore gli accarezzò il viso con quello che William avrebbe saputo chiamare solo amore.
Osservò la compagna slacciarsi ogni bottone della camicetta che indossava e farsela scivolare giù per le braccia chiare, già intente a levarsi i pantaloni.

In due passi era nella doccia, sotto l'acqua calda e profumata di lavanda con lui e intrecciò le braccia dietro la sua nuca, accarezzandogli le spalle vigorose. Will respirò il suo odore dolce e caldo, di miele e cielo estivo, mentre la baciava ferocemente, prendendosi tutto quello che la compagna aveva da dargli, mordendo e leccandole il labbro inferiore. Il calore usuale che percepiva quando era accanto a lei gli scaldava il ventre e il cuore, e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che voleva imprimersi Elaine nell'anima, da farla entrare dentro sè così profondamente da averla sempre accanto, anche nel momento peggiore.
«Non ti chiederò di non andare, William» mormorò l'Angelo, sfiorandolo con le ali e gemendo quando lui passò le mani fra le piume lucide d'acqua «Vai. È giusto così. Ma voglio che tu mi prenda. Voglio essere definitivamente tua, legata a te in ogni senso. Concedimi almeno questo»
Si scrutarono, occhi neri negli occhi grigi, l'ossidiana nell'argento. William sospirò.
«Ne sei sicura?»

Elaine rise, e gli sembrò la risata più triste del mondo, la risata di chi non aveva speranze in un futuro insieme. Sapeva che lei non voleva che andasse, ma era disposta ad accettarlo, perché quella era la sua scelta. La baciò ancora, mordendo fino a sentire il sapore del sangue sulle labbra. Leccò il labbro spaccato, un po' dai denti di Elaine, che lo mordicchiavano quando era nervosa, e un po' dai suoi, e fece scorrere le mani sulla pelle morbida del seno. La ragazza s'inarcò verso di lui e William chiuse l'acqua prendendola in braccio e portandola in camera.
«Puoi ancora dirmi di no, piccolo Angelo» le disse «E' una tua scelta»
Elaine, in tutta risposta lo fece stendere sul letto, gattonando sopra di lui e costellando il suo corpo di baci. Rimase inginocchiata proprio sopra di lui. Gli sorrise, e si abbassò.
D'improvviso Will non capiva nulla, se non che lei era così calda, e morbida e... e dei, era dentro di lei e non sarebbe voluto mai essere da nessun'altra parte. Si sedette, facendola gemere contro la sua spalla e spinse, piano, godendo ogni istante di quel calore avvolgente e soffocante, marchiandosi e marchiandola a fuoco, pelle contro pelle.
«Tu sei mia» ringhiò «Non avrai mai nessun altro, Elaine. Non permetterai a nessuno di toccarti, di marchiarti e di prenderti.»
«Va...va bene» ansimò l'Angelo contro la sua bocca, gli occhi liquidi per il piacere che provava.

«Non era una richiesta» le ruggì nell'orecchio, spingendosi dentro di lei come per fondersi col suo corpo.
La ragazza gemette e intrecciando gli occhi ai suoi, con deliberata lentezza, espose la gola, sottomettendosi a quell'amore totalizzante.
William morse quel collo candido, lasciando nuovamente il suo Marchio vermiglio.
E poi ci furono solo loro e i loro corpi intrecciati.

Elaine era stesa sopra di lui, ed entrambi potevano sentire il Legame che li univa stringerli sempre di più. Improvvisamente la ragazza sollevò il capo «Tu sei mio» affermò con sicurezza.
«Tuo» concordò il Drago.
«E se domani ti accadesse qualcosa, William Moriarty...» cercò di parlare, ma lui la interruppe.
«Elaine. Non succederà nulla. E ora dormi, pulcino piumoso, chè mi dovrò svegliare presto»
«Ti amo» sussurrò nella notte l'Angelo, ma il compagno già dormiva.

Quando si svegliò, la camera era vuota, ma l'odore di Will permaneva tra le coperte calde.

Elaine osservò il cielo, e vide alzarsi dal boschetto un nugolo di farfalle, un'apocalisse di colori, che ai suoi occhi potevano significare solo una cosa.

§§§

 

«COSA VUOL DIRE CHE NON SAI DOVE SIA?» urlò Elaine, il cuore che batteva veloce.
Gregory, il Metalupo con i capelli scuri, si guardò i piedi «L'ho perso di vista mentre rientravamo»

L'Angelo si lasciò scivolare per terra, senza curarsi di Ursula che le diceva che lo avrebbero ritrovato, che stava bene. Qualcosa dentro di lei sembrò spezzarsi, al pensiero che William era morto.
Urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, il ruggito di un animale ferito a morte, e quando Gregory cercò di avvicinarsi lei gli saltò addosso, cercando di ferirlo, di fargli male, perché era colpa sua se Will non sarebbe più tornato, se lei non avrebbe avuto più la possibilità di essere cullata da lui. Se non avrebbe più avuto la possibilità di dirgli quanto lo amava.
La trascinarono a fatica lontana dal ragazzo, che sanguinava copiosamente da tre lunghi tagli sulla guancia.
Sentì bruciare il braccio, ma cedette al buio solo quando capì che non avrebbe potuto fare altro.

«Lui non è morto» sentì dire, svegliandosi.
«P...Penny?» domandò incredula, vedendo la ragazza seduta sul suo letto. Si accorse solo dopo di essere in infermeria, mani e ali legate al letto.
«Resta ferma, ora ti slego. Ti agitavi troppo, avevamo paura facessi qualche cazzata.» continuò Penny slegandole le cinghie.«Comunque ti dicevo che William, si chiama così, giusto?, non è morto.»
«Come lo sai?»
«Lo senti ancora, attraverso il Legame. Tu sai che lui è vivo. O non avresti nemmeno avuto la forza di alzarti in piedi, tantomeno di picchiare Greg» sorrise amaramente la ragazza dagli occhi viola «Devi trovarlo, Ellie. Vai a cercare Ursula e trovatelo. Siate liberi, almeno voi che ancora ne avete la possibilità, e portate in ogni vostro passo i nomi di chi non può unirsi alla vostra gioia» disse, scomparendo fuori dalla porta.

Elaine corse a cercare Ursula, come le aveva detto di fare Penny, decisa a crederle, e la trovò solo un'ora dopo, nell'atrio, mentre alcuni ragazzi portavano dentro un sacco, che cadde a terra con un tonfo sordo, illuminato dalla luce del tramonto.
Non è Will, non è Will, non è Will, si ripeté a lungo, quando capì che era un corpo.
Stava per chiedere chi fosse andato così incoscientemente fuori a quell'ora, ma in quel momento vide il viso del cadavere.
Non aveva quasi più carne addosso, e persino i lunghi capelli biondi erano spariti, ma gli occhi viola erano ancora aperti e fissavano il vuoto.

Penny se n'era andata.

 

 

 

Un mese dopo

«Abbiamo trovato qualcosa» disse Elaine entrando nella sala con Jamie, l'Angelo dalle piume blu. Erano stanchi e sudati, ma salvi e senza punture «Tra le radici di un albero c'è qualcosa di metallico che scintilla, come una botola. Volevamo avvicinarsi, ma sono arrivate le farfalle. Gli altri come stanno?» domandò, riferendosi agli altri sei che erano usciti con loro quella mattina.
Ursula scosse il capo.
«Quanti morti?»
«Faresti prima a chiedere in quanti siamo rimasti vivi, zucchero» le disse Alcuin «Non è tornato nessuno, a parte te e il chiacchierone laggiù»
Quella mattina erano in quattordici. Ora erano in otto.
Otto, perché Elaine si rifiutava di pensare a Will come uno di quelli che avevano perso.

Si guardarono in faccia gli uni con gli altri. Alyssa e il suo compagno, un'Omega coi capelli rossi, Lucas, sedevano su un divanetto, Ursula era al suo fianco come Jamie e Greg, che aveva perso la compagna solo il giorno prima, mentre Alcuin fumava vicino alla finestra.
«Avremo bisogno di un diversivo, se vogliamo raggiungere la botola per il Paese delle Meraviglie. Qualcosa che distragga le farfalle per un po'» pensò Elaine ad alta voce.

Il Drago stava osservando uno dei piccoli insetti sbattere ripetutamente contro il vetro della finestra, attirata dalla sigaretta accesa che il ragazzo reggeva sospesa fra le dita.
D'improvviso sembrò svegliarsi da un profondo sonno, e saltò in piedi.
«Ho un'idea» urlò correndo verso l'ingresso.
«Cosa vuoi fare?» la inseguì Elaine, osservandolo strappare le assi di legno che bloccavano la porta.
«Devo vedere se ho ragione su una cosa!» Alcuin si voltò e le sorrise «Farò ammenda per ciò che ho fatto, lo giuro. Solo, tu perdonami, se ci riesci, così magari gli dei saranno pietosi nel giudicarmi» e un istante dopo era fuori.
«Al, non andare!» gli urlò dietro, con quel vecchio soprannome che non usava più da tanto tempo, inseguendolo, ma Ursula la prese per un braccio, ritirandola all'ombra dell'atrio della scuola «Al!» urlò ancora Elaine «Non farlo! Al, per favore!»
«Dimmi che mi perdoni» le urlò in risposta quello che un tempo aveva creduto potesse essere il suo compagno, senza smettere di correre verso il boschetto.
Elaine, vedendolo allontanarsi sempre più si sporse, avendo compreso cosa volesse fare, e urlò con tutto il fiato che aveva in gola «Ti perdono Al! Davvero, ma torna indietro!»

Il Drago si voltò a guardarla, ed Elaine fu certa di averlo sentita ruggire di felicità per quel piccolo gesto.
Ursula la cinse con un braccio e chiuse la porta, mentre da una finestra lo osservarono sputare fiamme viola, che incenerivano la farfalle.
Avevano scoperto come combatterle, il fuoco le distruggeva.

Ma il ragazzo iniziò a stancarsi, mentre le farfalle erano sempre di più, ancora e ancora, rosse e gialle e blu e viola e bianche, in un arcobaleno mortale. Quando la prima lo morse, sentirono il Drago urlare di dolore.
Continuarono a lungo, quelle grida, mentre loro guardavano.
Alcuin era spacciato comunque, lo era stato dal primo minuscolo morso.
«Ti perdono» disse ancora, a bassa voce Elaine «Non avresti dovuto pagare con la vita un solo sbaglio»

Alla fine le grida cessarono e lo videro cadere a terra. L'Angelo non si accorse di piangere finché Ursula non le asciugò le lacrime dal viso, stringendola.
«Will è vivo. Anche lui ha il fuoco» la rassicurò, credendo che piangesse per il compagno.
Ma Elaine, osservando le farfalle alzarsi in volo e allontanarsi, lasciando solo una pila di ossa bianchissime, non aveva pensato a Will. Aveva ricordato che Alcuin era stato il suo primo amico, la prima persona di cui si ricordasse, il suo primo amore. E che, per quanto male le avesse potuto fare, ora non avrebbe più avuto la possibilità di dirgli che non l'aveva mai accusato di non averla amata, come lui pensava, ma che faceva fatica a perdonargli la violenza subita.

Passarono la notte in veglia per Alcuin, come per ognuno dei ragazzi prima di lui, e prima che sorgesse il sole, il momento in cui le farfalle ricominciavano ad attaccare, lo seppellirono, solo un mucchietto di ossa accanto a tutti gli altri.

Lì, sotto terra, c'erano i loro amici. Le persone che avevano amato, a cui avevano voluto bene, con cui erano cresciuti e avevano litigato. Le persone che non sarebbero più state sfiorate dal sole o dalla luna, né avrebbero più respirato l'aria primaverile.
Al mattino il sole sorse, ma il mondo era grigio. Erano rimasti solo in sette.
Senza che nessuno parlasse si vestirono e si ritrovarono davanti al portone. Attraversarono il cerchio di olio e benzina fatto la notte prima dai ragazzi, poi Jamie appiccò il fuoco con l'accendino di Alcuin.
«Come andrà andrà» affermò Greg. Nessun altro parlò, mentre osservavano la loro casa bruciare e le farfalle arrivare, attirate dalla luce.
Nessuna di queste li assalì, stordite dalla luce e dal calore, mentre si incamminavano verso l'albero visto il giorno prima da Jamie e Elaine. Per molto tempo ci fu solo il rumore dei loro passi, e quello di Greg che sgranocchiava qualcosa.
«Greg, smettila di mangiare.»
«Non sto mangiando, Aly»
Sorpassarono parte del primo bivio, e il rumore si fece più forte.
«Gregory, davvero, basta»
«Porca puttana Alyssa, come te lo devo dire che non sto mangiando?»
«E allora perché ti sento masticare?»

Ursula, che si era inspiegabilmente fermata, li osservò.
«Perchè non è lui che mastica, Aly. Sono le farfalle che stanno arrivando.»
Mancava davvero poco all'albero, e incominciarono a correre. Il brusio del nugolo, che probabilmente aveva perso attrattiva nell'edificio che bruciava, cresceva di secondo in secondo, e giunti all'ultimo bivio, Elaine vide Ursula, la sua Ursula, che le portava i lamponi al mattino, il cui profumo era quello che per anni Elaine aveva associato a casa, la sua migliore amica, fermarsi.
Il tempo rallentò, mentre vedeva lo sciame di creature colorate arrivare. La Veggente scartò di lato, sorridendole prima di prendere il sentiero opposto al loro, seguita dalle farfalle, attirate dal suo scatto e dagli abiti gialli e rossi.

Ursula. Ursula. Ursula. Raggiungila. Seguila. Non lasciarla da sola, le ordinava la sua mente, ma il suo corpo non riusciva a muoversi.
Elaine urlò, finché Alyssa non le premette una mano sulla bocca.

«Zitta. Lascia il silenzio per qualche istante. Magari non torneranno indietro»
«Lei...lei era mia amica» sussurrò Elaine, con gli occhi pieni di lacrime, che rotolavano gelide lungo le sue guance.
Alyssa le prese il viso, fissandola con quegli occhi verdi.
«Lei ti amava. Non era tua amica, perché era innamorata di te.»
«No. Non è vero» cercò di negare l'Angelo.
«Non l'hai mai vista, quando ti guardava? Aveva lo sguardo di chi sarebbe morto felice, per un tuo bacio»
Elaine singhiozzò, ma le lacrime non scendevano più.
«E io la lascerò andare» disse, sapendo già di stare per incamminarsi verso l'albero.
Alyssa le premette una mano sul braccio.
«No. Tu la lascerai morire da sola, straziata dal dolore e in mezzo a una fottutissima foresta, è diverso. Ma devi farlo Elaine. Devi correre, piccolo angelo, perché il sole ci è nemico. Corri, e lei non si sarà sacrificata invano»
Elaine ancora non si mosse, tesa verso il primo grido della Veggente.
«Ascoltami bene: ieri era riuscita a vedere il futuro» la Sirena attirò il suo sguardo «E per quanto vedesse te ancora viva, lei non si vedeva. Sapeva già che sarebbe finita così. Ha fatto la sua scelta, quella di fidarsi del suo dono. Ha dato la sua vita per la tua, e ora è il momento che tu corra con me. Perché se lei ha avuto fiducia nel suo dono, la devi avere anche tu, che sei l'unica che abbia mai amato. Glielo devi.»
Annuì, mentre sentivano il ronzio tornare, attirato dalle loro voci.

Riconciarono a correre, Jamie ed Elaine che aprivano la strada, mentre gli altri tre li seguivano.
Le sentivano sempre più vicine.
Ancora un passo, ordinavano i ragazzi alle gambe stanche ogni volta che si muovevano, che erano più vicini alla meta.
E finalmente l'albero era davanti a loro, e c'era davvero una botola.
La aprirono, mentre le farfalle li attorniavano, bellissime con quei colori vivaci, blu e gialle e rosse e bianche. Letali.

Forza Alice. Andiamo nel Paese delle Meraviglie. Le disse ironicamente qualcosa dentro sé, qualcosa che stranamente aveva la voce di Alcuin.

Si infilarono di corsa nel buio, atterrando in una specie di stanzino, che si tinse dell'oscurità più completa, una volta chiusa la botola.
Greg prese dallo zaino una pila e li illuminò.
«Tutti okay? Ferite? Morsi?» s'informò.
Elaine scosse il capo, incapace di parlare. Nella retina aveva ancora impresso il sorriso di Ursula, mentre correva via.
Alyssa disse che nonostante fosse caduta su una chiappa stesse bene, e Jamie mugugnò un assenso.
«E tu, Lucas?» domandò la Sirena, preoccupata, al compagno.

La torcia guizzò su di lui, i capelli rossi che splendevano illuminati dalla luce, e il viso mortalmente pallido.
Non rispose, ma voltò il braccio sinistro. Sulla pelle chiara, spiccava nitido un segno bordeaux.

Il morso della farfalla.










Noticine piccine piccine solo per augurarvi buon Natale e per ringraziare come sempre tutti voi <3
Dan

P.s. Avrete visto che ho cambiato il titolo della storia: andando avanti quello iniziale non mi pareva più adatto, quindi ho preferito sostituirlo. Scusatemi se preferivate quello precedente, ma più avanti capirete la mia scelta...

 

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Capitolo 9
*** Find me. ***


We Might Fall

Capitolo ottavo

Find me

 

«No» mormorò Alyssa, guardando il piccolo cerchio rosso «No.»
Lucas gattonò verso di lei, prendendole il viso tra le mani. Le diede un lungo bacio, e la Sirena soffocò un primo singhiozzo contro le sue labbra.
«Aly» la chiamò, cercando di attirare i suoi occhi, fissi sul segno «Alyssa, guardami»
La ragazza dai capelli bianchi fece come il compagno le aveva chiesto, mentre una prima lacrima le solcava il volto pallido. Lucas appoggiò la fronte contro la sua, occhi blu negli occhi verdi, lentiggini su ciocche candide, sangue sulla neve. Sospirò.
«Alyssa, devi accettarlo. Morirò, lo sai»
«No» scosse il capo la ragazza «Non lo permetterò»
«Non è una cosa che puoi impedire, amore. Io morirò, e voglio che tu mi prometta una cosa: te ne andrai da qui e troverai un modo per sopravvivere, perché io ti aspetterò. Magari negli occhi di una ragazza, o in quelli di uno sconosciuto incontrato per caso, ma ti aspetterò. Mi farò trovare, te lo prometto. Gli dei mi daranno la possibilità di starti accanto dagli occhi e dalle mani di qualcun altro. Quindi tu devi sopravvivere. Devi andare con Elaine, Jamie e Greg e trovarmi. Ci rivedremo.» Alyssa, la forte e sicura Alyssa, singhiozzò contro il petto del compagno, che la cullò «Ricordi la notte della Scelta? Mi Marchiasti subito, e io ti giurai di essere tuo. Te lo ricordi? In questa e in ogni altra vita, in ogni altro mondo, io sono tuo. Io sono tuo, e tu mi troverai»

La Sirena lo guardò tremante, gli occhi asciutti e il cuore a pezzi. «Lucas...»
«Voglio che tu faccia un'altra cosa per me, Alyssa» continuò l'Omega, porgendole un coltello che aveva messo quella mattina nello zaino «Uccidimi ora, perché non voglio soffrire come Kaelie.»
Annuì, afferrando il manico liscio e nero. Appoggiò la punta tra le costole, cercando una fessura da cui passare.

Poi, implacabile, la lama lo trafisse.
«Trovami» mormorò ancora. Alyssa lo baciò mentre se ne andava, mentre gli occhi celesti perdevano la luce e si chiudevano. Strinse le mani sulla stoffa intrisa di sangue, e si alzò, raggiungendo gli altri ragazzi all'inizio di un lungo tunnel scuro.

E si mise a correre, per trovare Lucas.

 

§§§

 

Elaine inseguì Alyssa, e sentì dietro di sé i passi di Jamie e le lunghe falcate di Greg. Si fermarono dopo quella che parve loro un'eternità, passata nel corridoio illuminato solo dalla scarsa luce data dalla pila del Metalupo e da quella dell'Angelo cinereo. Alyssa riprese fiato piegandosi sulle ginocchia. Una mano possente le si posò sulla spalla e incrociò gli occhi del Metalupo, pieni del suo stesso dolore.
«Anche lei mi ha implorato di ucciderla» ricordò a bassa voce, mentre i due Angeli avanzavano per qualche passo nei tre corridoi in cui si divideva la strada «Non ce l'ho fatta. Hai avuto coraggio, Aly»
«Non ho avuto coraggio» ribatté lei alzandosi «Se avessi avuto coraggio mi sarei uccisa con lui»

E riprese a correre nel corridoio di destra. Greg la seguì, e Jamie, uscito in quel momento dal corridoio centrale, li vide a malapena sparire. Li seguì, urlando a Elaine di andare a destra.
La ragazza sentì solo un vago mormorio, e tornando indietro si accorse del silenzio che regnava nel punto in cui fino a pochi minuti prima c'erano i suoi amici.

E dove ora c'erano solo due corridoi.

 

§§§

 

Ore dopo.
Qualche chilometro prima aveva trovato uno schermo, nella parete di roccia.

Fase tre- prova due

Non aveva ancora capito che cosa significasse quel “prova due”, ma era sempre più certa di essere sotto esame. Aveva notato delle farfalle, a intervalli regolari, posate sul soffitto, ma nessuna l'aveva attaccata. Sembravano solo scrutarla.
Si fermò, bevendo un goccio d'acqua dalla borraccia che si era portata dietro.

In quel momento si accorse che le ali sfioravano le pareti, ma pensò che semplicemente il corridoio si restringesse un pochino. Bevve ancora, e questa volta ne fu certa: lei era immobile, ma le pareti si erano fatte più strette. Fu allora che lo sentì. Un grido lontano. Una voce che conosceva bene. Corse in avanti, le ali che venivano graffiate dalle pareti di pietra. Ma a lei non importava, non le importava più. Perché quella che aveva urlato il suo nome era la voce di Will.
Le pareti si strinsero ancora, e lei richiuse le ali, stringendole il più possibile senza smettere di correre. Ancora, William la chiamò. Rispose, quasi ruggendo di felicità. 
Will era lì, vicino, quasi riusciva a sentirne l'odore. Ma la pietra si serrò in una morsa, impedendole il passaggio. Cercò di strisciare avanti, verso la voce del compagno, ottenendo solo un profondo squarcio sull'ala destra, che sanguinò copiosamente.

Ringhiò di dolore, consapevole della sua debolezza e delle farfalle che sembravano spiarla.
«Non vincerete voi» ansimò, usando sia le ali che le braccia per impedire ancora alla pietra di stringersi, stritolandola «Io non ho paura di voi, sappiatelo. Mi riprenderò William Moriarty, e riavrò la mia vita» continuò, spingendo, come per allontanare le pareti dal proprio corpo.
Non ci credeva nemmeno lei, ma la pietra si spostò. Si piegò alla sua volontà, lasciandola libera.
Guardò stupita le mani escoriate e l'ala ferita, stiracchiandola. Una fitta di dolore la aggredì, e si stracciò l'orlo della maglietta per fermare il sangue. Era un taglio lungo, ma non profondo, e nella ferita c'erano dei piccoli pezzi di roccia.

Elaine, allontanatasi di qualche metro, si sedette per terra, allungando l'ala sulle sue gambe incrociate e versandoci sopra un po' d'acqua prima di fasciarla ben stretta.
Si rialzò, strofinandosi le mani sui jeans e si rese conto di una cosa.

Will aveva smesso di gridare.
 

§§§

 

«Alyssa, fermati. ALYSSA, PORCA PUTTANA, FERMATI!» urlò Greg, una volta raggiunto da Jamie. La ragazza tornò indietro di qualche metro.
«Cosa c'è?»
«Mi dispiace interrompere la tua ricerca ma volevo farti notare che Elaine non ci ha seguito!»
«Non m'importa» rispose lei, già pronta a ricominciare a correre.
«Tanto non lo troverai, Alyssa. Lui è morto, smettila di correre e andiamo a cercare Elaine»

La Sirena gli tirò un ceffone, si voltò e riprese a correre senza dire una parola.
Jamie guardò il Metalupo.
«La seguiamo?»
Gregory sospirò «Per forza, angioletto. Almeno Elaine non è pronta a gettarsi nel primo burrone che incontra. Dai, forza, salta su.» continuò, facendogli un cenno con la testa «Lei corre veloce, e tu sei stanco. Ti porto io» disse, trasformandosi lentamente in lupo.
Jamie si fermò ad osservare con ammirazione l'enorme animale, la cui testa gli arrivava alla pancia, con quel pelo folto del colore della neve. Gregory era un lupo bianco, bellissimo, con gli stessi occhi che aveva da umano, del colore del cioccolato, ma molto più affusolati e espressivi. Passò una mano nel pelo, scoprendolo estremamente morbido e sedette sulla groppa.
Prima che potesse chiedergli se gli dava fastidio, il Metalupo si lanciò nel buio.

 

§§§

 

Continuò a camminare.
Un passo dopo l'altro, certa che ognuno la portasse sempre più vicina a William, del quale non aveva più sentito la voce. Aveva perso il senso del tempo e dello spazio, nel cunicolo buio e sempre in piano. Non udiva nessun rumore, nessun odore, e persino i colori le apparivano sbiaditi. Solo l'ala ferita le pulsava in modo ritmico e continuo, protetta contro la schiena. Le nocche sbucciate avevano smesso di sanguinare all'incirca trecento, quattrocento metri prima.
Si fermò quando vide una porta, un'enorme porta di metallo, sulla quale erano incise delle parole.

Fase tre-prova tre

Sembravano lì da sempre, e appena sotto c'era una specie di scatola di metallo, quadrata. Elaine ci si avvicinò, sospettosa, scoprendone gli angoli e i bordi lievemente smussati, come se molte mani la avessero toccata. La afferrò con entrambi i palmi, e la scatola parve illuminarsi di un cupo color rosso. Una puntura di spillo le trafisse l'indice sinistro e lei fece per tirarsi indietro, ma non ci riuscì, le sue mani come incollate al metallo.
Sentì il rumore dei meccanismi della porta che si apriva e istintivamente provò a muovere la scatola, che girò lentamente. Esultò, mentre i battenti metallici si aprivano e lei riusciva ad entrare in una stanza perfettamente sferica. Si rese conto un istante più tardi del fuoco che avvolgeva le pareti e creava una barriera che le nascondeva alla vista il centro della sala. Tentennò, entrando comunque.
E dal fuoco riuscì a scorgere un viso, sul quale si aprirono due occhi d'argento. Cercò di raggiungere il compagno, ma le fiamme la terrorizzavano. Il fuoco era l'elemento di William, non il suo, quindi cercò di attirare la sua attenzione.

Il ragazzo alzò la testa, senza dar segno di riconoscerla, accasciato contro una specie di colonna.
Elaine provò a creare una corrente d'aria con le ali, sperando di acquietare le fiamme, ma ottenne solo che si alzassero ancora più alte.
Si rese conto solo in quell'istante del colore incredibile che avevano le lingue di fuoco: erano dello stesso colore del cielo d'estate, dell'acqua del mare, il colore che avevano gli occhi di William quando ancora portava le lenti a contatto per celarle la sua vera natura.

Quelle erano le fiamme di Will.
Elaine non capiva come, ma era il ragazzo ad alimentarle, tutte quante, e questo le diede la certezza che non si sarebbe bruciata. I Draghi controllavano il fuoco a loro piacere e potevano sottometterlo in modo addirittura da cambiarne la natura stessa e fare sì che non bruciasse, ma che si spostasse dal corpo che proteggevano. Will gliel'aveva raccontato tempo prima, dimostrandoglielo. Erano sul divano, stesi a giocherellare e fare i cretini, quando lui aveva preso fuoco.
Letteralmente.
Fiamme azzurre si erano alzate dal suo corpo, e, quando Elaine si era ritratta, timorosa, lui le aveva afferrato una caviglia. Le fiamme sulla sua mano si erano allontanate dalla pelle della giovane e lui aveva continuato a sfiorarla, meravigliandola di quella magia. Aveva riso, allora, quando lui le aveva fatto il solletico con quelle stesse fiamme.

Sorrise al ragazzo, che parve finalmente vederla, e si lanciò nell'azzurro.

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Capitolo 10
*** Back together again. ***


We Might Fall

Capitolo nono

Back together again

Elaine non sentì dolore, nel momento in cui le fiamme l'avrebbero dovuta toccare.
Aprì gli occhi, cauta, scoprendosi in una bolla d'aria vicinissima a William, che la guardava con gli occhi spalancati, come se si fosse appena reso conto di dove fosse. L'argento era screziato di nero, mentre le osservava avvicinarsi a lui senza timore, ma quasi correndo attraverso l'aria.
In un istante notò la ferita sull'ala destra, le nocche sbucciate, il volto affilato e pallido, sporcato dalla tensione e dalla paura, in cui scintillavano gli occhi neri come la notte senza stelle. E sorrideva. Elaine sorrideva, mentre gli si avvicinava e gli si inginocchiava di fronte. William riuscì a contare quante lacrime erano sospese sul bordo delle ciglia, e scorse i tre piccoli nei sulla guancia destra. Le sorrise di rimando, accarezzandole uno zigomo. Avrebbe voluto stringerla, dirle che l'amava, magari persino darle un bacio, ma era passato talmente tanto tempo e tanto dolore da quando lo avevano portato lì, che ormai non capiva più se ciò che vedeva fosse un miraggio o l'ennesima tortura.

«Ciao Will» mormorò l'Angelo, posandogli una mano sulla sua, a premerla sulla guancia accaldata.
«Elaine» sospirò lui, stringendosela addosso. Era lì, era davvero lì. Solida, reale contro di lui ed era così bello abbracciarla, nascondere il volto nell'incavo morbido del suo collo, fingere di essere nuovamente a casa, nel loro letto. Non ricordava nulla del tempo trascorso in quella stanza, nulla se non il dolore. Ricordava di avere sofferto davvero molto, ed era certo di avere due lunghe cicatrici sulla schiena. Quando Elaine gli chiese perché il suo fuoco divampasse nella stanza le rispose, spegnendolo con un gesto del polso, che dopo l'ultima volta che era stato “visitato” dai suoi carcerieri senza volto aveva deciso di proteggersi così. Vide furia negli occhi della compagna, e tanto dolore.
E un amore così grande, che William si sentì scoppiare egli stesso il cuore.
La baciò, stringendola forte. Affondando le dita nei suoi fianchi e mordendole le labbra.
Voleva sentirla.
Voleva cancellare qual dolore che ancora permeava in lui e che poteva leggere nella compagna.

Elaine parve capire, e accettò quella disperazione insita nel bacio, quel bacio che diceva molto più di tutto ciò che avvenne dopo quanto davvero si fossero mancati.
Will le sfilò la maglietta, chiedendole il permesso di poter dimenticare in lei il male. E l'Angelo accettò, felice di un pensiero che non riguardasse il volto di Ursula, prima che si sacrificasse, o la voce di Alcuin nei suoi ultimi istanti. La spogliò in fretta, amandola con ferocia e prendendo tutto ciò che lei gli dava, e magari anche un pochino di più, ma hey, quello era William ed era tutto okay.

Rimase lì, su Elaine, e sapeva che si sarebbe dovuto spostare, che l'avrebbe dovuta lasciare respirare, ma non ce la faceva. Aveva paura di lasciarla andare e di scoprire che era stato tutto un sogno, nonostante il dolore costante alla schiena sembrasse molto più che reale. Non parlarono, per molto tempo. Quando Will mosse le spalle, all'Angelo parve di vedere un lampo blu dietro di lui, e allungando la mano si scontrò con pelle calda, membrane e muscoli. Il ragazzo, in risposta a quel tocco, mosse quella pelle.

Ed Elaine scoprì che William aveva le ali.

§§§

«Aly. Smettila di correre»
«Stai zitto Greg!» ringhiò la ragazza, riprendendo fiato «Stai zitto! Non posso smettere di correre, non posso. Devo trovarlo, devo solo riuscire ad uscire da qui e lui sarà davanti a me ad aspettarmi» disse, tirando su col naso. Jamie le si avvicinò, sedendosi e circondandole le spalle con un braccio. In quel momento si poté quasi sentire la ragazza crollare. Iniziò a piangere, stringendosi all'amico, che non disse nulla. Rimase lì, a sentirsi le unghie di Alyssa nel torace e i suoi singhiozzi che gli rimbombavano nel petto. Con delicatezza le accarezzò i capelli, scivolando nel bianco brillante delle sue ciocche aggrovigliate.
Gregory si sedette accanto a loro, posò una mano sul suo braccio, e sospirò.
«Scusami, pesciolino. Non avrei dovuto essere così duro...ma, vedi, tu hai tutta questa speranza. Tu sai che lo rivedrai, in qualche modo. Io no. Io non credo nei vostri strani dei, io non credo che rivedrò mai Lucy. E questo mi fa male. Quindi scusami, se sono stato uno stronzo colossale» scosse il capo, sentendo una mano fredda intrecciarsi con la sua.

Alzò lo sguardo, scoprendo che quella pelle ambrata apparteneva a Jamie, che con gli occhi lucidi lo guardava. Ricordò che quel ragazzo aveva visto il proprio compagno morirgli davanti, divorato da quelle maledette farfalle, e che proprio lui lo aveva trattenuto dal lanciarsi fuori dall'edificio.
Sulle guance aveva ancora i segni delle unghie che si era fatto mentre assisteva impotente alla morte di Zach, e Gregory lo trovò bello nella sua fragile forza.
Perché Jamie non aveva mai pianto, dopo. Non aveva chiesto aiuto, non si era lasciato morire, non aveva smesso di combattere. E il Metalupo si chiese se anche lui sperasse di vedere Zach negli occhi di qualche altra persona, o se ormai non lo desiderasse nemmeno più. Gli strinse di rimando la mano fredda, e rimasero lì, stretti come cuccioli smarriti, con tre fantasmi che aleggiavano sopra di loro.

§§§

«Hai le ali» mormorò Elaine, stringendo spasmodicamente la spalla di Will.
Il ragazzo annuì «Hai una grande capacità di sottolineare l'ovvio, Sherlock...scusa» continuò, vedendo lo sguardo ferito che gli rivolse la ragazza «Credo che me le abbiano impiantate tre settimane fa, circa. O almeno, è da allora che le sento»
«Le senti? Riesci a muoverle?» domandò l'Angelo, osservando la membrana blu metallico che copriva le ali di Will. Ali diverse dalle sue, molto più grandi e senza piume, ali unite alla pelle da due lunghe cicatrici sottili e bianche.
«Sentirle le sento» affermò il Drago «Ma muoverle è un altro paio di maniche. Per ora questo è il massimo che riesco a fare» concluse sollevandole e aprendole di un paio di centimetri.

La ragazza le fissava, affascinata, e si chiese se anche agli occhi del compagno le sua ali apparissero così...maestose. Regali. Possenti.
«Posso toccarle?» domandò, arrossendo lievemente e maledicendosi per quello. Diamine, avevano fatto molto di peggio che sfiorare un po' di pelle!
Il Drago le sorrise, ridacchiando «Perchè me lo chiedi? Fallo e basta, angioletto»
«Per un Angelo» cominciò Elaine avvicinando una mano alla pelle calda e morbida «Le ali sono la cosa più intima e privata.»
«Appunto.» mormorò il ragazzo, prendendole la mano e posandola proprio sull'attaccatura dell'ala, dove la pelle diventava da un lato rosa e dall'altro blu. Tremò un poco, il piacere appena scemato che si risvegliava in lui, e osservò gli occhi di Elaine dilatarsi e le labbra incurvarsi in un sorriso.
«Sono belle» sussurrò la compagna sulle sue labbra, sfiorando la pelle blu con le piume grigie «Ma questo non mi impedirà di ammazzare chiunque ti abbia fatto tutto questo»
«Non dovrei essere io a dirlo?» domandò divertito l'Alpha.

Elaine non rispose, alzandosi e rivestendosi, il sorriso svanito dal volto. Il ragazzo la seguì, ogni traccia di calma improvvisamente scomparsa. Uscirono dalla porta da cui credevano che fosse entrata la ragazza, solo per ritrovarsi davanti a un burrone.

§§§

«Dobbiamo andare, ora. Dobbiamo uscire di qui» mormorò Jamie a Gregory, sfiorandolo con una piuma celeste. Si alzarono, guardando Alyssa, finalmente calma, sorridere stancamente prima di seguirli. Non correva più, camminava accanto agli amici con lo sguardo ferito.

Ad un certo punto videro una luce. Jamie sentì l'aria fra le piume, e desiderò correre all'aperto, ma si trattenne. Uscirono insieme, sotto il sole, vedendo William ed Elaine appena davanti a loro.
E dietro, un burrone. Si avvicinarono riparandosi gli occhi dalla luce.

«E io che speravo di essermi liberato di te!» esclamò Gregory, sollevando Elaine in un abbraccio poderoso, che fece stringere i pugni sia a Will che Jamie.
La ragazza ridacchiò, prima di guardare la Sirena e tenderle una mano. La ragazza la ignorò, abbracciandola.
«Lieta di vedere che non sei morta»
«Lo stesso vale per me» disse l'Angelo. Risero, senza divertimento nella voce. Si salutarono e si aggiornarono su quello che avevano fatto sin da quando si erano separati. L'Angelo blu fissò sbalordito le ali del Drago, con un'occhiata ammirata che fece storcere il volto a Gregory, e la Sirena s'informò della ferita di Elaine, vedendo la fasciatura macchiata di sangue scuro.
Poi William indicò uno schermo, nella parete di roccia accanto al burrone.

Fase tre - prova quattro

Sotto c'erano cinque spazi vuoti, cinque impronte di mano.
«Io ed Ellie abbiamo già controllato: due sono le nostre. Presumo che le altre siano per voi»
«Cosa succede se mettiamo la mano lì sopra?» domandò Jamie.
«Nulla» scosse le spalle Will «O almeno, non è successo nulla prima»
«Dobbiamo farlo tutti insieme» disse la Sirena, andando a passo deciso verso la parete e provando le varie impronte, sino a trovarne una con cui combaciava perfettamente.
«Merda» imprecò Gregory seguendola «Quando scopriremo chi ci ha fatto tutto questo lo sbranerò» Jamie si avvicinò senza parlare e mise la mano accanto a quella del Metalupo. Will li seguì e guardarono tutti Elaine, che aveva scritto qualcosa, proprio sotto gli occhi di una delle onnipresenti farfalle.

In cremisi, col sangue delle mani ferite, la ragazza aveva scritto un messaggio per i loro aguzzini. Aveva raccontato tutta la loro storia, tutto ciò che li aveva portati a quel punto. In fondo, campeggiavano queste parole:

Il mio nome è Elaine Grimaldi, e questa è la storia mia e dei miei amici, anche se sono certa che la sappiate, visto che siete stati voi a farcela vivere. Questa è la storia di coloro che non ce l'hanno fatta, e di coloro che sono qui, pronti a combattere.
Siamo rimasti in pochi: un solo Drago, due Angeli, una Sirena, un Metalupo e purtroppo nessun Veggente.
Non sappiamo cosa ci aspetta nel futuro.
Non ricordiamo il nostro passato.
Siamo soli, abbandonati persino dai nostri dei, che non hanno voluto udire alcuna preghiera.
Vogliamo vendetta su chi ci ha fatto tutto questo, su chi ci ha strappato alle nostre vite.
Vogliamo vendetta per i nostri morti, per le albe e i tramonti che non vedranno.
E state pur certi che avremo ciò che vogliamo.
Lotteremo fino a che la vittoria non sarà nostra, o finchè il respiro non ci abbandonerà.
 

Poi si voltò e raggiunse i compagni, posando la mano accanto a quella di William.
Un rombo scosse la terra, e davanti a loro apparve Ursula.

 

 

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Capitolo 11
*** All our flaws. ***


We Might Fall

Capitolo decimo

All our flaws.

 

«Urs» chiamò Elaine, la voce che si spezzava.
«Probabilmente a questo punto Ellie avrà detto qualcosa come “Urs, ma tu non sei a scuola addormentata?” sì, piccola. Mi sono fatta pungere dalle farfalle e ora sono addormentata come tutti i nostri amici. Sono un ologramma. Non staccate le mani dalle piastre, o svanirò. Avete solo una possibilità di vedere questo messaggio. Se passerete anche la prova successiva potrete capire cosa sta succedendo, ma ora non ancora. Sappiate solo che nessuno si è fatto del male, il morso delle farfalle ci farà risvegliare tra qualche ora. Voi siete stati scelti tra i Sette per compiere queste prove. Il burrone davanti a voi è solo parte dell'ultima. Dovete attraversarlo, ma attenzione: solo uno di voi può volare, uno può saltare e uno deve discendere nella gola e attraversarla su quel ponte, che vedrete. Due devono essere portati. Se provate ad attraversare in altro modo la prova sarà considerata nulla e non potrete procedere. Resterete bloccati qui.» la Veggente sorrise, guardando proprio Elaine «Arrivati dall'altro lato dovrete dividervi. Alyssa, tu dovrai entrare nel primo corridoio da sinistra. Il secondo è per William, il terzo per Gregory, il quarto per Jamie e l'ultimo per Elaine. Lì c'è la vostra ultima prova. Superatela e avrete le risposte che volete. Le farfalle non vi sono nemiche, ma registrano i vostri movimenti. Non entrate in due in un corridoio. Non tornate indietro. Non chiedete pietà. Sopravvivete.» l'ologramma si mosse spostando il peso sulla gamba sinistra «Vi ho detto tutto. Avete non più di due ore, poi la prova sarà considerata nulla. Buona fortuna, ragazzi. Ci vediamo dall'altra parte» fece l'occhiolino scomparendo.

L'Angelo grigio strinse i pugni lungo i fianchi, guardando gli amici.
«Porca troia» mormorò Greg, staccando anche lui la mano dalla piastra metallica.
«Lei era d'accordo con loro.» sibilò Elaine, quasi in lacrime.
Ma Alyssa la prese per il braccio «Allora qualcosa nel loro piano è andato storto, perché sicuramente le farfalle non li hanno solo addormentati. Sono morti, cazzo. E siamo rimasti solo noi.»
«Dobbiamo andare avanti» affermò Will «O Jamie o Elaine volerà, mentre Greg salta con Alyssa e io vado nella gola. Così uno solo vola portandone un altro, uno salta con un altro in groppa e l'ultimo cammina.»
Ma la Sirena scosse il capo «Nella gola vado io, sono capace meglio di te ad arrampicarmi.»
«Allora vado io con Greg»
«Hey amico» lo interruppe il Metalupo «Non riuscirei a saltare quella distanza col tuo dolce peso. Io porto o Ellie o Jamie»
«Vengo io» affermò l'Angelo azzurro «In fondo non sarà molto diverso dallo starti sopra mentre corri in un cunicolo di pietra, o sbaglio?» tentò di sorridere.
«Quindi tu voli» affermò Will guardando la compagna.
«No. Tu voli, William Moriarty» ripose la ragazza, legandosi i capelli neri in una coda frettolosa «Ho un'ala ferita, e anche se fossi riposata e in forze non riuscirei a portare anche te. Devi portarci tu dall'altra parte» affermò aiutando Alyssa a calarsi lungo la scala di corda che l'avrebbe portata sul ponte di legno.
«Non so volare» ringhiò il ragazzo «Ci ammazzeremo»
Elaine gli si avvicinò e gli prese il volto tra le mani «Ti hanno impiantato quelle ali per qualche motivo, e sono certa che sia per questo. Vogliono che tu voli. Non permetterò a Jamie di portarmi in volo, lo lascerò fare solo a te. Abbiamo poco tempo, Will, e io ho fiducia in te. So che ce la puoi fare.»

Il Drago sbuffò, muovendo piano le ali membranose.
«Cosa devo fare?»
L'Angelo sorrise, spiegandogli tutto ciò che sapeva e gli fece provare ad alzarsi da terra. Quando Will smise di preoccuparsi del cadere, si alzò di tre metri da terra, e lì rimase esultante.
Elaine controllò Alyssa, che già si arrampicava sull'altro lato della parete rocciosa, e Jamie e Greg, che si stavano parlando vicini vicini. Tornò dal Drago, che la prese in braccio, e si lanciarono nel vuoto.

Il Metalupo vide gli amici scendere per qualche metro, mentre Will spalancava le ali, che si gonfiarono e si mossero veloci, portandoli dall'altra parte. Li vide cadere malamente per terra e scoppiare a ridere istericamente, mentre Alyssa arrivava agli ultimi scalini di corda.
Fece un cenno all'Angelo azzurro.
«Coraggio, angioletto. Andiamo, manchiamo solo noi»
«Come mi devo mettere?» chiese Jamie arrossendo un po'.
Gregory rise, conscio della tensione tra loro, e gli prese le mani. Se le posò sul collo.
«Se sei come prima nella galleria, le tue mani sono sul mio collo, e le tue gambe intorno alla mia vita»
«Dei, sembra una cosa perversa» storse la bocca Jamie, un sorriso appena accennato.
«Coraggio angioletto.» lo schernì Gregory «Prometto che sarò delicato» terminò spogliandosi prima di trasformarsi, e lasciando che Jamie prendesse i suoi vestiti e se li mettesse nello zaino.
«Non credo che ad Aly e Ellie farebbe granché piacere vederti nudo. Tantomeno a Will» si giustificò l'Angelo, mettendosi come gli era stato detto sul Metalupo.
Cercò d'ignorare l'occhiata maliziosa dell'amico, che sembrava dirgli “Perchè, a te piace vedermi nudo?”

Poi Greg prese la rincorsa, e saltò. Jamie sentì l'aria tendergli le ali, e si sforzò di non muovere nemmeno un muscolo. Poi stavano crollando a terra, ammaccati e ridenti anche loro per la situazione impossibile. Il Metalupo si rivestì, ed entrarono nei corridoio bui.

E lì iniziò l'incubo.

§§§

William sorrise un'ultima volta alla compagna, prima di inoltrarsi nel suo corridoio. Era buio, ed umido, e c'era odore di terra e pietra.
Passando scrutò le farfalle che sembravano osservarlo, le loro ali che scintillavano fievolmente illuminando il corridoio di una lieve luce celeste. Camminò a testa alta per molto tempo.

Non aveva paura né degli animali, né dei loro aguzzini. Ma, mentre camminava, udì un grido.
Elaine. Si mise a correre, inseguendo la voce della compagna attraverso il corridoio, scivolando e rialzandosi più volte dal pavimento viscido. Si lanciò in una stanza, fin troppo simile a quella dove l'avevano tenuto prigioniero, e si bloccò di colpo.
L'Angelo era appeso al centro della sala, le ali tirate da ganci metallici che le squarciavano la carne, la bocca spalancata ad urlare e gli occhi infissi nei suoi. La raggiunse di corsa, bruciando le corde dei ganci che la tenevano appesa, e la ragazza cadde tra le sue braccia.
La strinse, cercando di fermare il sangue che gocciolava dalle ali straziate.
«No, no, no.» mormorò «Porca troia Elaine. Non osare morire ora. Non adesso. Te lo ricordi? Tu sei mia, e io non voglio che tu te ne vada. Devi restare con me. Tu sei la parte migliore di me, tu mi tieni sulla retta via. Ti prego, non mi abbandonare.» ringhiò con gli occhi pieni di lacrime.
L'Angelo sorrise lievemente «Non credo che sia nelle mie facoltà, decidere se restare o meno.» rise piano, e una smorfia le contrasse il volto per il dolore «Sappi, William Moriarty, che sarei stata orgogliosa di essere la madre dei tuoi figli, anche se sei un viziato, orgoglioso e prepotente Drago. E io ti amo» sussurrò, prima di chiudere gli occhi e tacere.

Una risata irruppe da un angolo della stanza. Alcuin, vestito interamente di viola, rideva e batteva le mani ancora sporche di sangue.
«Bellissimo» disse, asciugandosi una lacrima «Dei, quanto mi sono divertito. E tu, che la imploravi di non morire»
William ruggì di dolore, scagliandosi sull'altro Drago.
Quando le sue mani si chiusero intorno alla gola, circondate da fiamme blu, si accorse di stringere l'aria.
Era solo nella stanza, che non aveva nemmeno una traccia del sangue versato da Elaine, e una porta si era aperta su una stanza bianca.
Lì c'era un corpo disteso. Un corpo con grandi ali grigie.

§§§

Alyssa non stava mai da sola. Aveva sempre accanto Greg, o Jamie, a volte William o Elaine. Ma nel corridoio di pietra, con lei non c'era nessuno. Sentiva il suo respiro, e persino il battito del suo cuore. Una strana luminescenza verdastra proveniva dalle lucide ali delle farfalle posate sulle pareti.
Non si trovò mai davanti a un bivio. Continuò semplicemente a camminare lungo lo stesso lunghissimo corridoio, che infine si aprì su una stanza.

Non era grande, ed era spoglia. Solo le farfalle verdi a decorarla con quella luce malsana. Si guardò intorno, poi si sedette. Sentì la terra vibrare, e la porta dietro di sé si chiuse.
Corse, picchiò i pugni contro la pietra chiamando Elaine, Greg, Will, Jamie e chiunque potesse sentirla. Pregò gli dei. Si accasciò a terra, e infine sgorgò dalle sue labbra l'unica persona che lei volesse accanto in quel momento.

Lucas.

E come se lo avesse chiamato, una mano si chiuse sulla sua spalla, facendola urlare. Alzò lo sguardo, trovando gli occhi celesti del compagno. Scosse il capo. Lucas era morto. Morto. Morto morto morto. Nulla lo avrebbe riportato indietro. Nulla lo avrebbe riportato da lei.

Trovami, sussurrò il ragazzo, non mi lasciare andare. Riportami da te. Trovami Alyssa, ti prego. Non perdere la speranza.
La abbracciò strettamente, e alla Sirena parve quasi di sentire il suo profumo, di erba appena tagliata. Ma le mani di Lucas erano sempre più fredde sulla sua schiena, e quando Alyssa riaprì gli occhi, lui se n'era andato.

Solo allora la ragazza lasciò che le lacrime sgorgassero dai suoi occhi stanchi. Poi si asciugò il volto, si alzò in piedi e si mise di fronte alla parete grigia.
«Apritemi questa cazzo di porta» disse gelida «Perchè io me ne devo andare. Ho altro da fare che giocare ai vostri stupidi giochini. Io devo ritrovare Lucas.»

Senza che la cosa la stupisse poi molto, la parete scivolò rivelando una sala bianca, piena di schermi. Alyssa entrò, e la porta si richiuse dietro di lei. Si avvicinò al muro bianco e si sedette, aspettando gli amici.

§§§

Jamie non aveva mai amato davvero Zach. All'inizio a malapena lo sopportava, con quel suo carattere dolcemente remissivo. Poi il ragazzo aveva iniziato a sfiorarlo, quasi per caso, a rivolgergli lunghe occhiate dolci e sorrisi sinceri. E Jamie si era ritrovato a volerlo vedere sorridere sempre, perché se Zach sorrideva lui si sentiva un po' meno solo.
Gli piaceva, quel sorriso luminoso.
E ora, nella fievole luce celeste delle farfalle alle pareti, ricordava quel sorriso.
E il senso di colpa lo dilaniava, perché lui non aveva mai amato quel suo Omega, che si era lasciato Marchiare e Legare a una persona orribile, che non lo meritava.
Sfiorò le cicatrici sulle guance, ricordando quando se le era fatte.

Non quando Zach stava morendo, come credevano tutti. In quel momento non riusciva a fare nulla. Vedeva solo l'amico venire sbranato da quei mostri colorati.
Si era fatto quei segni nelle guance quando si era reso conto che, nonostante stesse urlando per Zach, una parte di lui era felice che fosse Gregory ad avergli impedito di andare, ad averlo stretto a sé. Si sentiva in colpa, per quello. Per quella sensazione di appartenenza provata tra le braccia di un altro Alpha. Una sensazione perversa, malata, contro natura.

Si sedette, proprio sotto una delle farfalle maledette, e sospirò.
Zach si meritava qualcuno che lo amasse.
Quando sentì dire Sì, hai ragione, si guardò intorno. Ma nel corridoio non c'era nessuno.
Eppure io sono sempre con te, Jemmy.
Era la voce di Zach, ma era fredda, gelida come il ghiaccio.
Io sono sempre qui. Lo sai. E sarò sempre qui, nella tua testa. Io sono il tuo peccato.
Tu mi hai lasciato andare in perlustrazione da solo.
Sapevi che sarei morto, molto probabilmente.
«NO! Non è vero Zach!»
Certo che è vero Jemmy. E lo sai anche tu. Ma sai perché mi hai lasciato andare? Perché quando io te l'ho detto, tu eri lì a fissare quel cane bastardo.
«Non lo chiamare così. Lui non ha colpa.»
I
nfatti. Lui non va contro natura. Lui ha avuto la sua bella Omega, ed erano così innamorati. Ammettilo, che non hai sofferto quando lei è morta e lui è venuto da te a farsi consolare.
Sei una persona orribile, Jemmy. Sei uno schifo. E io ti odio, perché tu avresti potuto salvarmi.

L'Angelo corse, cercando di sfuggire a quelle parole crudeli e, purtroppo, vere. Urlò, con dolore nella voce, di lasciarlo stare, che non era colpa sua. Ma Zach urlava ancora che lui era colpevole e che meritava di morire. Jaime si lasciò andare contro una parete, singhiozzando.
In quel momento, si sentì stringere da un paio di braccia, e voltandosi, vide il volto di Gregory.

§§§

Elaine aveva visto le sue farfalle rilucere di grigio. Spandevano una pallida luce perlacea nel corridoio altrimenti buio. Ne inseguì una, che le svolazzava davanti, e si trovò, come quando aveva rivisto William, in una stanza circolare.
Ma lì il ragazzo non era solo. Accanto a lui, legata, c'era Ursula.
Si avvicinò ai due corpi esanimi, e si accorse che entrambi respiravano. Toccò l'amica, ne strinse la maglietta gialla, le accarezzò il viso sereno nel sonno.
E, quando i suoi occhi si aprirono, Elaine fu certa che non fosse una visione. Ursula era lì, davanti a lei, che respirava e le chiedeva che cosa fosse successo. Che la abbracciava.
Uno schermo si aprì nella parete pietrosa.

Potrete uscire da questa stanza solo in due. Chi non verrà scelto verrà eliminato.

Elaine guardò la scritta per almeno cinque minuti, imbambolata. Poi si rivolse al compagno e all'amica, che non parlavano. La guardavano, in attesa di sapere chi sarebbe stato abbandonato. Ma Elaine non poteva sopportare il loro sguardo.
Non poteva scegliere tra un'amica e l'amore. Non ci riusciva. Avrebbe dato la sua stessa vita, per la loro.
A quel pensiero guardò la parete, e liberò entrambi i ragazzi.
«Fuggite» mormorò «Uscite da qui e salvatevi.»
«Non ti lascio qui a morire» affermò William, ma Elaine lo baciò.
«Questa è la mia scelta. Mi hanno chiesto se preferisco vivere senza la mia migliore amica o senza il ragazzo che amo, e io ho scelto di non vivere. Will, questa è la mia scelta» mormorò, sospingendolo verso la porta aperta.
Lo baciò ancora, mentre Ursula piangeva, già al di là della stanza.
«Vi voglio bene» mormorò, spingendolo all'esterno. La porta si richiuse prima che riuscissero a replicare e lei rimase ad attendere la morte.
Si sentì stanca, tanto stanca, e si lasciò scivolare per terra.
Poi il buio la catturò.

§§§

Lucy gli era piaciuta sin da subito. Era stata un'ottima amica, una volta compreso che, escluso il normale desiderio di un'Alpha per un'Omega, lui non la desiderava.
Di notte non sognava la sua lunga treccia bionda, ma una zazzera corta e disordinata.
E sognava ali blu.
Gregory aveva accettato da molto tempo di essere così, di amare una persona che non lo avrebbe mai potuto amare. Quindi, quando si trovò circondato da visi di persone a lui care che lo tacciavano di pazzia, di essere un malato, un pervertito, scrollò le spalle e andò avanti. Non aveva paura delle allucinazioni della sua mente stanca. Camminò a lungo, sfiorando persino un paio di farfalle, metalliche e fredde.
Ignorò gli attacchi sempre più insistenti dei fantasmi richiamati dalla sua mente e raggiunse una parete liscia.
«Avete davvero intenzione di fare i bambini?» domandò alle persone che lo guardavano tramite gli occhi delle farfalle. Sospirò, posando la mano sulla pietra, che si aprì. Dietro c'era Jaime che singhiozzava stringendosi le braccia intorno al corpo. Si avvicinò, abbracciandolo e attirandoselo contro il petto.
«Jem, cos'è successo?» gli domandò. Il ragazzo spalancò gli occhi pieni di lacrime e si strinse a lui senza parlare «Okay, okay, va tutto bene Jaime. È tutto okay.» represse il brivido dal sapere che il ragazzo era lì, tra le sue braccia, e non tra quelle di qualcun altro. E che si stava facendo vedere debole proprio da lui.
Il pensiero lo riempì d'orgoglio, e senza pensarci, chinò il capo.

Le labbra di Jaime sapevano di sangue.

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Capitolo 12
*** The Future We Will Never Have. ***


We Might Fall

Capitolo undicesimo

The Future We Will Never Have

 

William si precipitò sul corpo, pregando che quella non fosse Elaine, nonostante la figura avesse chiaramente grandi ali cineree. Avvicinandosi vide il petto della ragazza alzarsi e abbassarsi lentamente, al ritmo del suo respiro. Dormiva.
La prese in braccio accarezzandola piano, chiudendosi con lei in una cupola blu fatta dalle sue ali, finché la compagna non riaprì gli occhi scuri. Vide lo smarrimento sul volto di lei.
«Will, perché sei tornato? Ti avevo detto di andare» mormorò, mentre una nuova consapevolezza si faceva strada in lei alla vista dell'incomprensione negli occhi del compagno «Perchè tu non sei mai stato qui. Era un'illusione. Il vapore per terra...»
Il Drago annuì, mentre si rendeva conto che Elaine stava bene, che era viva e respirava.

«Ti amo» le disse, senza sorridere. La ragazza lo guardò stupita.
«Anche io. Che cosa hai visto, da farti tanta paura?» gli domandò sentendo le sue mani tremare.
«Nulla.» le rispose mentendo, alzandosi in piedi e porgendole la mano. Davanti a loro si aprì l'ennesima porta nella roccia.

Alyssa si alzò in piedi, quando entrarono.
Si guardarono intorno, mentre sugli schermi scorreva ogni immagine ripresa dalle farfalle.
Dietro di loro c'erano altre cinque piastre con l'impronta delle loro mani, quindi si sedettero di nuovo e aspettarono Greg e Jamie.

§§§

«Gregory...»
«Zitto, Jem. Non rovinare tutto. Per favore, non dirmi che ho sbagliato»
«Sono contento che tu abbia sbagliato» sussurrò Jamie, prima di alzarsi sulle punte dei piedi per baciare di nuovo il ragazzo.

Risero, fronte contro fronte, nel corridoio semibuio. Per una volta non erano un Angelo e un Metalupo. Non erano due Alpha. Erano due ragazzi che si erano amati in silenzio per troppo tempo. Jamie raccontò a Greg che cosa avesse sentito nel corridoio e il Metalupo lo guardò con occhi feriti.
«Non siamo mostri Jem. Solo perché non abbiamo avuto notizia di due Alpha che stessero insieme non vuol dire che siamo i primi.»
«Stiamo insieme?» per la prima volta in tutta la sua vita, Jem vide Gregory arrossire. Gli diede un ultimo bacio sulla punta del naso, prima di intrecciare le dita alle sue e avanzare nel corridoio «Lo prendo per un sì»

§§§

«Okay, ci siamo?» domandò William. Ad un cenno, posero tutti le mani sulle piastre metalliche, e davanti a loro riapparve Ursula.
«Bravissimi ragazzi. Ce l'avete fatta. Potete anche staccare le mani dalle piastre e sedervi comodi, questo messaggio non si fermerà.» ubbidirono in silenzio «Penso di dovervi dire il perché delle prove: tutto questo era un esame per verificare le reazioni di un esponente per ogni razza alle emozioni più diverse. Nell'ultima prova, in particolare, Elaine si è trovata a dover scegliere, Gregory ha subito l'umiliazione, William si è lasciato prendere dalla rabbia come suo solito, Alyssa ha avuto speranza e Jamie ha dovuto sopportare il senso di colpa. Ma siete arrivati qui, e siete stati bravissimi. Credo che sia il momento di presentarvi i Sette, gli ideatori di questa magnifica prova» fece una pausa ad effetto, e l'ologramma si allargò. Dapprima videro i capelli lunghi e gli occhi d'oro di Alcuin sorridente, poi apparvero altre cinque figure, cinque visi che conoscevano perfettamente.
Perché erano i loro.
Seduti intorno a un tavolo bianco c'erano loro, Elaine in braccio a Will, che rideva di una battuta con l'altro Drago, senza alcuna traccia dell'astio che li aveva sempre divisi.

«Ma cosa?» esclamò Greg alzandosi in piedi
«Chi inizia a spiegare?» domandò il suo ologramma.
Alcuin alzò la mano «Questa volta tocca a me, lupo.» sorrise ai ragazzi «Hey voi! Ciao! Sono sicuro che vogliate delle spiegazioni. Bene, allora dobbiamo andare con ordine. Non è mai avvenuta alcuna Mutazione, ragazzi. Cinquant'anni fa, qui, sulla Terra uscirono allo scoperto delle persone, esponenti di antiche razze. Dieci Draghi, Metalupi, Angeli, Veggenti e Sirene. Le nostre razze sono sempre esistite su questa terra, ma si nascondevano.» fece una pausa «Sedetevi, se vi va, perché devo continuare. Ci rivelammo, perché credevamo che ormai fosse il momento di smetterla di nascondersi, e gli umani ci accolsero con gioia, all'inizio. Col tempo, però iniziarono ad attaccarci, perché si accorsero che non morivamo.»

«Come, non morivamo?» domandò Elaine, quella reale.
«Io e Alcuin abbiamo seicentonovantasei anni» continuò Will l'ologramma «Ursula ottocentocinquantasei, Alyssa novecentotrenta-»
«Novecentoventinove, prego» lo interruppe la Sirena bianca.
«Gregory» continuò il Drago «Settecentottantotto, Elaine seicentosessantacinque, e Jem, qui, ha ben ventisei anni, nonostante ne dimostri diciassette. E poi, anche se non lo vedrete in questo video, perché sta programmando i computer con Joanne, c'è Frank, il figlio di Alcuin e Ursula, che ha duecentoventuno anni. Comunque, dicevamo che gli umani presero a cacciarci. Allora noi cinquanta, più dieci umani e i compagni di ognuno, scegliemmo di difenderci dagli uomini. Noi Draghi fummo traditi da colui che ha smesso di avere nome, il Traditore, e rimanemmo in due. Scegliemmo insieme a tutte le altre razze un luogo isolato, lontano dalla civiltà mondo e costruimmo questo posto.»
«Ognuno di noi fece qualcosa» continuò Gregory «Noi Sette, scelti come capi per ognuna delle razze, esclusi Will e Alcuin, che partecipavano entrambi, facemmo un dono alla comunità. Io ho inventato i meravigliosi cunicoli che avete appena attraversato»
«Io mi preoccupai degli ologrammi e dei computer» affermò Ursula.
«La Volta di vetro» alzò la mano Jamie
«La scuola e il modificatore di ricordi» sorrise Alcuin, scostandosi una ciocca dal volto.
«Sono stata io a sviluppare i test e le droghe con cui verremo drogati, e che voi avete sperimentato, essendo i noi del futuro» rifletté Alyssa.
L'Angelo grigio sorrise «Le farfalle sono mie, sono le mie bambine».
«Colpevole di aver progettato il sistema operativo che collega tutto questo lavoro e alcune altre piccole cosine...come le ali di James, qui, o l'averlo reso immortale come noi» affermò orgoglioso William, stringendo Elaine, seduta su di lui.

«Cosa?!» urlò il ragazzo, saltando in piedi.
Fu il suo ologramma a parlare «Moriarty, hai la solita delicatezza.» sospirò «Ascolta, me del futuro. Noi siamo umani. Siamo nati umani, e siamo i rappresentanti degli umani in questa gabbia di matti. Siamo diventati Immortali qualche anno fa, poi l'anno scorso William ha scoperto di poter fare cose spettacolari con un suo giochino tecnologico, e mi sono offerto come cavia. Le nostre ali sono il risultato. Se non mi credi, sposta la maglietta. Hai due cicatrici, che Elaine non ha.»
Il ragazzo si strappò la maglietta di dosso, e Gregory lo osservò, pallido in viso, annuendo. C'erano davvero due sottili cicatrici sulla sua schiena.
«Inoltre» continuò l'ologramma «L'immortalità è data da un gene, che il nostro draghetto sputafuoco qui- PORCA TROIA WILL, MI HAI FATTO MALE» urlò quando il Drago lo scottò con una fiamma per il soprannome «Dicevo, mister permaloso lì, è riuscito ad estrapolare e ad impiantare anche in me.»
«In realtà non siamo propriamente immortali» intervenne l'Elaine ologramma «Possiamo morire di malattia o di ferite, se non curati abbastanza in fretta. Comunque, dobbiamo dirvi ancora alcune cose. Primo, non esistono né gli Alpha né gli Omega. Il calore indotto nel compagno designato dalla coppia come Omega è dato da un cocktail di ormoni creato da Alyssa. Inoltre, voi non ricordate nulla, perché una volta all'anno arrivate fino qui, scoprite dell'esistenza dei test e della minaccia del governo umano, ora guidato da una donna chiamata Babilonia, e bevete questo» alzò una piccola fialetta contenente un liquido celeste «E' un distillato dell'Oblio, una tradizione della mia razza. Ti fa dimenticare tutto, e ogni volta ci reimpiantiamo ricordi in parte sbagliati, come il mio ricordo dei miei genitori, dove mia madre non ha le ali, o ricordi solo in parte veri, come la mia precedente relazione con Al*» sorrise al Drago dagli occhi d'oro « che, per inciso, è sempre stata unicamente di amicizia e non mi ha mai fatto del male. Non so perché si ostini a modificare così il mio ricordo...ma comunque...possono essere date anche false visioni, come quella avuta da Ursula sul momento della mia nascita. Il fatto è che ogni volta noi dobbiamo essere diversi. Ogni anno scelgo di dimenticare e di vivere una volta ancora da errore, da Angelo-Omega. Ma lo faccio, come lo fate tutti voi, perché ho bisogno del risultato di quei test, perché solo confrontando le nostre reazioni con quelle di Jamie potremo uniformarci agli umani e scappare dalla Volta. Ho bisogno di poter vivere una vita serena accanto a William.» l'ologramma si alzò in piedi, come tutti gli altri. Greg diede un bacio veloce a Jamie, mentre Elaine si voltava di profilo e prendeva la mano di William, che ancora si lanciava piccole lingue di fuoco con Alcuin. I ragazzi continuavano a fissare gli ologrammi, senza parlare. L'Angelo dalle ali grigie sorrise al compagno.
«Ho intenzione di dirlo ora, cosicchè un giorno i nostri figli possano vedere questo video» affermò, posandosi una mano sul ventre, che aveva solo una minuscola curva «Will, sono incinta»

Mentre gli ologrammi dei due si baciavano appassionatamente, quelli di Greg, Al e Alyssa scoppiavano a ridere, Ursula e Jamie urlavano “Lo sapevo!”, nella stanza bianca tutti guardarono in silenzio Elaine.
Lei si fissò la pancia piatta, assolutamente liscia. Sembrava non capire.
Poi guardò Will e tornò a guardarsi la mano bianca posata sulla maglietta nera.
«No» affermò. Non poteva essere tutto vero. Non Alcuin e Ursula, non poteva essere davvero quella la loro storia. Non quel bambino. Dov'era il suo bambino?
William la abbracciò, mentre lei istericamente incominciava a urlare che non era possibile. Quando si fu calmata si alzò in piedi, e in quel momento un foglietto attirò la sua attenzione.
Lo raccolse, mentre tutti la guardavano immobili, aspettando che facesse chissà quale pazzia.

Ragazzi,
spero che leggiate questo prima che sia troppo tardi. Io e gli altri insegnanti eravamo volontari per proteggervi, ma ci siamo corrotti. Ora Babilonia ci impone di modificare le farfalle di Elaine, perché vi uccidano a un suo comando, e vuole che noi stessi ci suicidiamo, per dare il via al tutto. Lei vi guarda, persino in questa stanza. Ho poco tempo, domani arriverà il messaggio per la mia esecuzione. E io premerò quel grilletto, non posso farmi scoprire.
Non bevete il siero, ma scappate, o vi uccideranno.
Elaine, so che dal video avrai scoperto che eri incinta, quando iniziasti questo progetto. Ti starai chiedendo dove sia il tuo bambino.
Non esiste alcun bambino.
Subito dopo aver preso il siero della memoria, mentre ancora eri nel sonno indotto dal farmaco, gli uomini di Babilonia ti hanno prelevata e ti hanno fatto abortire, per evitare che il programma saltasse. C'era una spia tra di voi, un certo Lucas. Spero che sia morto.
Scappate, evitando la luce del sole, per quanto possibile. Le farfalle al buio non vedono, il buio vi è amico. Tutti i giorni una ragazza coi capelli rossi vi aspetterà all'uscita della Volta. Potete fidarvi di lei, si chiama Joanne. Ne avrete sentito parlare.
Non ho più tempo.
Perdonatemi.

-La Direttrice Amèlie

Elaine si sentiva svuotata di ogni emozione.
Non sentiva nulla, nemmeno il dolore per la perdita del suo bambino.
Aveva seicentosessanta anni.
Aveva lasciato che due suoi amici, quei due amici che avevano avuto un figlio e che lei nemmeno sapeva si conoscessero, morissero ammazzati, senza riconoscersi, solo per scoprire in quante menzogne avesse creduto.
Non era un'aberrazione genetica.
La sua vita era crollata in pezzi, e lei decise che non poteva resistere un istante di più in quella stanza. Lanciò il biglietto ad Alyssa ed uscì, camminando nei corridoio bui, fino ad uscire di nuovo sul margine del burrone. Si sedette sul ciglio, osservando la terra spoglia sotto di lei e respirando lentamente.
Qualcuno le si sedette affianco, senza toccarla.
Dopo una minuscola eternità, un'ala blu le sfiorò le spalle, avvolgendola in un abbraccio caldo. Elaine non si voltò a guardare William, ma gli prese la mano.

«Avremmo dovuto avere un bambino» mormorò lui, con la voce spezzata. Quando l'Angelo lo guardò vide che i suoi occhi argentei erano pieni di lacrime «Avremmo dovuto avere un bambino, e io non ho saputo proteggere né te né lui. Ho lasciato che ti facessero del male»
«Non è colpa tua, Will» lo rassicurò la ragazza, appoggiandosi con la testa sulla sua spalla «E' colpa loro. Noi volevamo solo vivere qui, in pace.»
«Hanno ammazzato un innocente. Un bambino. Hanno ucciso il nostro bambino.» continuò Will, stringendosela addosso. Elaine lo abbracciò, e rimasero lì per un po', seduti con le gambe penzoloni nel vuoto, sentendo quella perdita come un macigno tra di loro.
Poi si alzarono, e si trascinarono nella sala bianca. Gli altri avevano organizzato cinque zaini con provviste, medicinali e altre cose trovate in un armadio, e se li caricarono in spalla. Uscirono nei corridoi bui, e dopo appena tre passi, scattò un allarme.

Cominciarono a correre.






*Qui Elaine si riferisce, quando parla dei ricordi della sua nascita, al Prologo. Ciò che è raccontato in quel capitolo sono delle visioni avute da Ursula, che poi racconterà all'amica. Come avrete capito, anche le visioni dei Veggenti sul passato sono modificabili, ma non quelle sul futuro. Inoltre, nelle visioni manca anche il fatto che gli Angeli vengono cresciuti a nidiate: Elaine quindi non ricorda nessuno dei suoi fratelli o sorelle. Quando aggiunge che la sua relazione con Alcuin è sempre stata solo di amicizia, mi dispiace dirvelo, mente. Per saperne di più, però, sui ricordi, sul compagno di nidiata di Elaine, sulla sua relazione con Alcuin, sul Traditore e tutto il resto, dovrete aspettare in parte i prossimi capitoli e in parte delle one-shot che pubblicherò alla fine della storia. Perdonate la frammentazione delle informazioni, ma ritengo che sia meglio che scopriate il tutto per gradi.

 

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Capitolo 13
*** What I Never Told You ***


We Might Fall

Capitolo dodicesimo

What I Never Told You


A Gregory piaceva correre. Diamine, era un Metalupo, lui adorava correre! Lo divertiva un po' meno il rumore di passi concitati alle sue spalle, tanti passi, almeno una ventina di persone con stivali da militari. Guidò gli amici attraverso i cunicoli, dicendosi che li aveva progettati lui, e che quindi doveva conoscere la strada per uscire. La pelle di Jaime era calda sotto la sua mano, e poteva sentire il battere furioso del cuore nel polso del ragazzo. Lo trascinò in un cunicolo più piccolo degli altri, e nel buio si strinsero per lasciare spazio anche agli altri.
Passi veloci poco distanti. Cinque metri circa.
Quattro metri. Greg sentì Alyssa respirare velocemente e le avrebbe voluto dire di fare più piano, che li avrebbero sentiti, ma non avrebbe avuto senso. Lui era un lupo, solo lui poteva sentire cose così impercettibili come il frusciare delle piume di Elaine contro la pelle di William.
Tre metri. Jaime si stringeva alle sue braccia infilandogli le unghie corte nella pelle.
Due metri. Sentì distintamente la mano di Elaine correre a cercare quella di Alyssa per tranquillizzarla, e il minuscolo tonfo quando le pelli impattarono delicatamente.
Un metro. Rumore metallico, di armi legate alle cinture. Odore di cuoio e cotone dozzinale. Un vago mormorio eccitato.
E poi li stavano sorpassando, non curandosi nemmeno di quel minuscolo corridoio, nel quale a malapena passava un uomo adulto.
Contò fino a settecentoventi, prima di fare un cenno a William.
Uscirono allo scoperto, nel tunnel metallico, e ripresero a correre.
Dopo un'eternità, che Gregory quantificò in durata ben novecento secondi, ovvero quindici minuti e un numero indefinibile di pulsazioni del polso di Jaime, videro un'ultima porta.

Alyssa si avvicinò, iniziando ad armeggiare con i comandi che la chiudevano, e sentirono un urlo.
Un soldato li aveva raggiunti e aveva sparato, senza esitazioni.
Gregory non capì chi fosse stato ad aver urlato finchè nella galleria non rimbombò un secondo sparo. Elaine, in piedi sopra l'uomo, con in mano la pistola che i ragazzi avevano preso per sicurezza nella stanza bianca, lo guardava sanguinare, una gamba ormai andata, il piede ridotto in polvere.
«Volevamo solo vivere in pace» sibilò, puntandogli l'arma alla testa. Aveva gli occhi neri come il peccato e freddi come il ghiaccio, le labbra tese in una smorfia di disgusto. Se Gregory non l'avesse conosciuta più che bene, avrebbe detto che i suoi movimenti erano stati troppo fluidi, troppo istantanei e istintivi, per una che prendeva in mano un'arma. Ma Elaine non aveva mai preso in mano un'arma, vero?
Ci fu un ultimo sparo, sangue sulle pareti e sulla pelle chiara di Elaine, pezzi di materia cerebrale un po' ovunque. Il Lupo dentro di lui gioì del sangue che si spandeva sul pavimento, ma il ragazzo voltò il capo, nauseato, vedendo Elaine correre da Jaime con le mani ancora sporche.
Will era seduto accanto a lui, e premeva una mano sulla spalla dell'Angelo, che sanguinava copiosamente. Il Metalupo sembrava aver perso ogni facoltà di parola, mentre si avvicinava e osservava la ferita, pregando che non fosse grave, perché dei, lo aveva appena trovato, non potevano portarglielo via così.
«Gregory» la sua voce, incrinata dal dolore «Sto bene».
E lui avrebbe voluto ridere, dirgli che non era vero, che non stava bene, ma riuscì solo a lasciarsi cadere in ginocchio accanto a lui, sentendo la porta dietro di sé aprirsi ed entrare l'aria fresca.
«Lo ha colpito solo di striscio» affermò il Drago «Non è grave, Greg. Starà bene, se lo portiamo via da qui in fretta»

Si voltarono verso la Sirena che con gli occhi lucidi fece un inchino impacciato. Fuori, un albero colpito da un fulmine spiccava sulla campagna grigia.
E lì sotto, splendevano i capelli di fiamma di una ragazza.

§§§

«Fallo sedere lì» ordinò la ragazza coi capelli rossi, indicando una delle sedie intorno al tavolo che si trovava nella grande sala.
Li aveva portati lì subito, senza fare domande, osservando solo con cipiglio critico il sangue che macchiava Jaime. Una casa nella periferia della città, a prima vista, ma in realtà la taverna nascondeva un altro ascensore, che portava a quella che doveva essere la vera casa.«Benvenuti nel Quartier Generale della Resistenza. Il mio nome è Joanne, e sicuramente voi non vi ricordate di me» esclamò
guardandoli, mentre recuperava un kit di pronto soccorso e medicava Jem. La sala era enorme, e vi si affacciavano tre diversi corridoi. Da uno di questi uscì un ragazzo con una massa incasinatissima di capelli biondi e ricci, che si bloccò nel vederli.

«Sono vivi! Oddio, siete vivi, almeno voi!» esclamò, correndo ad abbracciare prima tra tutti Elaine, che lo osservò stranita. Poi lo guardò negli occhi, del colore del rame e con la pupilla verticale, e seppe che quello era il figlio di cui Alcuin e Ursula, l'Alcuin e l'Ursula che ricordava, non sapevano nulla. «Zia Elaine! Stai bene! Sei viva! Ti ho visto, come hai salvato lo zio e la mamma, nella stanza...grazie, per averci provato, a salvarla» continuò, con gli occhi ramati sporcati dalle lacrime che non doveva aver ancora versato per la morte dei suoi genitori. Elaine non poté fare altro che ricambiare l'abbraccio del ragazzo e sussurragli di perdonarla, che sarebbe dovuta riuscire a salvarli entrambi, lei e Alcuin.
«Frank» chiamò Jo «Stai calmo, e magari chiama Lux.»
«Sono qui, donna di poca fede» chiamò una terza voce, precedendo l'apparizione di una ragazza con meravigliosi occhi viola «Siete tornati!»

«Okay» li interruppe Alyssa «Adesso calma gente. Grazie per averci salvato il culo» fece un cenno a Jo, che sghignazzò, chiudendo la fasciatura sul braccio di Jaime «Ma vi dispiacerebbe riassumere chi siete voi, cosa diamine è la Resistenza e perché ci vogliono fare fuori?»
«Alyssa, mi sei mancata» sospirò Jo, sedendosi su un vecchio divano in pelle, davanti al quale ce n'era un altro e qualche poltrona sparsa intorno «Accomodatevi» i ragazzi presero posto guardinghi, Jaime circondato dal braccio di Greg, Elaine ed Alyssa sedute su due poltrone speculari e William in piedi dietro la compagna «Noi ci conosciamo da moltissimo tempo. Io sono un'umana resa Immortale, come Jem, Frank, come avrete capito, è figlio di Ursula e Alcuin, mentre Lux è la figlia della donna che ha ucciso i vostri amici, Babilonia.»
«Dovete avere davvero un buon motivo per tenervela qui» notò William scrutando la ragazza bionda.
«Ce l'hanno. Sono la loro migliore spia al tempio» rispose serenamente Lux.
Elaine alzò il capo «Con calma. William, lasciala parlare, o non capiremo mai. Ti prego, Jo, continua» disse, con un lieve cenno del capo alla rossa.
«Noi, io e Frank, siamo due dei dieci scienziati che si sarebbero dovuti occupare dei vostri test. Gli unici due rimasti, a dire la verità. Quando la madre di Lux ha preso le redini del progetto hanno ucciso tutti i nostri collaboratori, e vi hanno mandato a morire. Noi ci siamo rifugiati qui, e ci siamo portati dietro gran parte della nostra attrezzatura. Vi abbiamo seguito in tutti questi mesi. Ci conoscete, e state certi che i ricordi torneranno, col tempo. Comunque, io sono la gemella» strinse il viso in una smorfia di dolore «Ero la gemella di Lucas, e vi devo delle scuse per non aver saputo fermare la corruzione di mio fratello» ad Alyssa scappò un lieve singhiozzo e Jo, senza sapersi frenare, le afferrò la mano «Lo so che lo amavi Aly, e so che non hai la benché minima idea di chi io sia, ma ti devi fidare. Quella puntura è stata voluta da Babilonia stessa. Lucas era l'ultimo traditore, e andava eliminato perché non rimanessero tracce del suo operato»
La Sirena sospirò, accettando di non sapere ancora un'infinità di cose, e osservò Jo, i cui lineamenti erano identici a quelli del ragazzo che aveva chiamato amore, resi però più duri e spigolosi da quella che aveva capito essere una segregazione necessaria.

«Lux» mormorò Elaine «Era il nome di mia madre.» La ragazza dagli occhi viola le sorrise.
«Lo so. Me lo dicesti la prima volta che ci incontrammo, prima che succedesse tutto questo casino. E mi ricordo di averti detto-»
«Che il tuo vero nome non è Lux» la interruppe l'Angelo, con gli occhi spalancati «Il tuo nome è Luxury»
«Già. Visto? I ricordi tornano. Dovete solo aspettare qualcosa che li “sblocchi” per così dire» continuò Lux.
«E' un nome bizzarro, Luxury» commentò Jaime, ancora stretto nel possessivo abbraccio di Gregory.
«Beh, sono stata più fortunata di mia madre. Babilonia, il nome della puttana biblica per eccellenza.» sogghignò la ragazza, passando una mano dalle unghie carminie tra le ciocche dorate.
William si schiarì la voce, attirando l'attenzione di Jo e Frank.
«Tutte le visioni dei Veggenti erano modificate dal siero?»
«No» rispose il ragazzo «Solo quelle che riguardavano il vostro passato o la ricerca. Non quelle sul vostro futuro...perchè?» domandò inarcando un sopracciglio biondo.
«Perchè qualche mese fa Ursula ebbe una visione in mia presenza, e fece una profezia»
«E io dov'ero?» cercò di ricordare l'Angelo cinereo, voltandosi a guardarlo.
«E' stato, beh, prima che...» mosse la mano in un gesto veloce «Era appena passata la prima notte del calore.» Elaine arrossì, ma sembrò capire perfettamente prima di cosa. «Comunque, mi disse che l'Angelo di cenere avrebbe fatto volare chi era senza ali e avrebbe distrutto il tempio della Menzogna. Penso che si riferisse a tutto che abbiamo appena vissuto, o mi sbaglio?»
«Potresti sbagliarti, Will» rispose Frank scuotendo il capo «Da quello che abbiamo visto dai nostri schermi tu avevi già le ali quando Ellie ti ha insegnato come usarle. Quindi non credo si riferisse a quel momento»
«E il tempio potrebbe essere una cosa materiale. Esiste realmente un tempio della Menzogna, qui. Mia madre ne è la somma sacerdotessa.» affermò Luxury.
«Non venerate più gli dei?» domandò Greg inarcando un sopracciglio.
«In effetti, nemmeno voi lo facevate, all'inizio. Quando arrivaste qui, riunimmo un dio per ogni razza, ed ecco il vostro pantheon» mormorò Jo, andando a prendere una scatola. Dentro, riposte con cura, c'erano sei statuine «Temperanza, venerata dalle Sirene» porse la figura azzurra a Alyssa, che fece scorrere le dita sulla pietra levigata della coda della sirena reggente una coppa tra le mani «Forza, dai Metalupi» una statuina di color rubino arrivò tra le mani di Greg, un lupo con i denti digrignati «Poi c'era Saggezza» mormorò, tenendo tra le mani la figura di ametista di un ragazzo con due volti, uno rivolto all'avanti e uno all'indietro «Venerata dai Veggenti. Coraggio, il Drago verde.» continuò, porgendolo a William e voltandosi a guardare Jaime «Noi umani veneravamo Amore» gli porse una figura scolpita in un marmo rosato, una delicata ragazza che aveva tra le mani una colomba pronta a spiccare il volo «E, infine, Verità, per gli Angeli» concluse, dando l'ultima statuetta a Elaine. Di nera ossidiana, rappresentava un Angelo ad ali spiegate, che reggeva tra le mani una spada, fatta di metallo. «Ma, quando Montreaux, l'attuale presidente, sposò Babilonia, lei lo convertì al culto di Menzogna. Da allora, chi venera gli antichi dei viene ucciso al tempio»
«Quindi io dovrò distruggere un intero tempio?» domandò Elaine.
«Penso che parlasse in senso figurato. Credo che il tuo compito sia quello di combattere mia madre. La sua caduta farà poi, per riflesso, terminare anche il mandato di mio padre, e le cose torneranno normali, si spera. Per questo hai bisogno del mio aiuto, in quanto sacerdotessa. Ti aiuterò ad infiltrarti, poi decideremo cosa fare» affermò Luxury.
«Ma ora» la interruppe Jo con un sorriso deciso «Devono riposare. Frank, mostri a Elaine e William la loro stanza? E tu, Lux, accompagna Jaime e Gregory alla loro. Parleremo di tutto domattina.» concluse alzandosi.

Quando tutti si furono alzati e se ne furono andati, Alyssa le si avvicinò, uno sprazzo di un ricordo appena balenatole in mente sospeso sulle labbra.
«Non era tuo fratello a dover prendere il siero e venire con me, vero? Dovevi essere tu.» chiese, una strana sensazione che le serpeggiava nel ventre.
Jo sospirò, stringendo i pugni lungo i fianchi «Già. Ero io la tua compagna, allora.»
«Io non mi ricordo di te» mormorò Alyssa «E tu continui ad amarmi, nonostante tu abbia visto me e tuo fratello...»
«Sembravi così felice...» mormorò la ragazza dai capelli rossi.
«E quando è morto» continuò la Sirena, facendosi sempre più vicina, fino a sfiorarla «Lui non si stava riferendo a se stesso, quando ha detto di trovarlo. Parlava dell'amore, vero? Mi ha chiesto di cercare l'amore»
«Non so cosa stesse cercando di fare» singhiozzò l'umana, mentre una lacrima scendeva dagli occhi celesti, identici a quelli di Lucas «Non lo so»
«Shhh» la cullò Alyssa, il cuore atrofizzato dal dolore di tutte quelle scoperte. Ci sarebbe voluto tempo per metabolizzare tutto quanto.
«Mi...mi dispiace per tutto quello che ci ho fatto» continuò Jo «Perdonami.»
«Non ho nulla da perdonarti» disse la Sirena, alzando un poco il capo per incrociare il suo sguardo liquido.
Quando le labbra di Jo sfiorarono le sue, sentì qualcosa dentro di lei dirle che era tornata a casa.

§§§

«Quindi...» mormorò Jaime, imbarazzato, osservando la stanza che avrebbe dovuto dividere col Metalupo «io e te stavamo insieme?»
«Direi di sì» vacillò un poco Gregory, nel pronunciare quelle poche sillabe «Come stai?» continuò poi, preoccupato. Jaime ridacchiò, stendendosi sul letto.
«Sono stato meglio. Ma l'antidolorifico ha fatto effetto»
«Ho avuto paura. Di perderti.»
Il ragazzo lo osservò, battendo un paio di volte sulla coperta accanto a sé e accarezzandogli il torace con un'ala, quando infine si stese accanto a lui.
«Sto bene» mormorò, prima di baciarlo. Vibrò contro il corpo del Metalupo, quando questi fece scorrere una mano tra le sue piume celesti, e si spinse in cerca di un maggior contatto.
Ridacchiarono come due adolescenti alle prime armi, fingendo di esserlo, finendo a rotolarsi nel letto tra un bacio e l'altro. Si persero l'uno nell'altro, gli occhi intrecciati come le mani, graffi e morsi a marchiarli l'uno dell'altro. Gregory guardò il volto di Jaime perso nel piacere sotto di sé, gli occhi spalancati e le labbra tese a cercare le sue, e si chinò, soffocando un gemito nel suo bacio. E si rese conto di quanto l'amasse. E glielo fece capire, glielo scrisse sulla pelle sudata, contro le labbra gonfie e persino contro la fasciatura sfiorata con un bacio leggero.
Non era uno bravo con le parole, ma Jaime parve capire.
«Ti amo anche io, Gregory»

§§§

«William» chiamò piano Elaine nel buio. Il corpo del compagno si mosse contro di lei, e il suo viso le sfiorò il collo.
«Dimmi, angioletto»
«Ho paura. E sono arrabbiata. E triste. E confusa» elencò la giovane, stringendosi nell'abbraccio morbido della sua pelle. Un paio di ali celesti la rinchiusero in una cupola, proteggendola quasi dal resto del mondo.
«Quante emozioni, tutte in una volta sola» rispose il Drago, soffiando contro le piume cineree «Forza, piccolo angelo. Dimmi tutto. Sono qui.»
«Ho paura di quello che ci aspetta. Ci vogliono ammazzare, quindi direi che ne ho tutti i motivi. Sono arrabbiata perché tutto quello che volevo era finire la scuola, diplomarmi e poi magari sposarmi, e invece scopro che ho seicentosessant'anni e sono di una razza immortale. Mi hanno tolto mio figlio dal grembo. Ho sparato a un uomo senza pensarci due volte. Penso di avere qualche problema.»
«Sono solo troppe cose in una volta sola, amore mio. Col tempo supereremo tutto. Vivremo, ci sposeremo e avremo una settantina di bambini.» disse William.
«Settanta? Oh dei, sarò sformata e tu scapperai con una molto più bella di me!» incominciò a ridere istericamente la ragazza.
«Ti amerò sempre, anche quando saremo vecchi e decrepiti come due mummie.» la rassicurò.
L'Angelo singhiozzò, mentre lacrime calde sostituivano la risata scorrendo sulle sue guance. William la strinse forte, cercando di scacciare il dolore dalla compagna e da se stesso, sperando di riuscire a proteggerla dal futuro.

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Capitolo 14
*** I'd Trade All My Tomorrows for Just One Yesterday ***


We Might Fall

Capitolo tredicesimo

I'd Trade All My Tomorrows

for Just One Yesterday

 

Una settimana dopo

«Svegliati» il tono di William era freddo, nel chiamarla. Come ormai da giorni.

Da quando Elaine aveva accettato il ruolo che le dava la profezia di Ursula, quello di distruttrice del tempio della Menzogna. Il piano non era complicato: secondo la regola che vigeva nel tempio, ogni sacerdotessa poteva scegliersi un'allieva e istruirla, quindi Luxury l'avrebbe presentata come Lianne, una giovane proveniente da fuori città e sarebbero entrate senza problemi.

Quello che aveva reso Will così freddo, però, era il fatto che nessuno sapesse quando ne sarebbero uscite. Se ne sarebbero uscite. Nessuno doveva accorgersi che Lianne altri non era che l'Angelo Immortale ricercato Babilonia (che, Lux aveva detto, conosceva la profezia, scoperta grazie alle farfalle che volavano all'interno della Volta), o sarebbe stata spacciata.

 

La ragazza si alzò dal letto nel quale si era rigirata tutta la notte senza riuscire a prendere sonno, così come sapeva aveva fatto anche William. Erano rimasti in silenzio per ore, un litigio troppo profondo a separarli. Quando il Drago, quel pomeriggio, le aveva proibito di andare ad invischiarsi in quella missione suicida Elaine era scoppiata a ridere amaramente, dicendogli che non era più la sua Omega come quando erano a scuola, e che potevano andare a farsi fottere, lui e il suo ordine. Avevano esagerato entrambi, ma erano anche troppo orgogliosi per accettare di aver sbagliato e così si erano ritrovati a passare la notte fianco a fianco, eppure distanti chilometri.

Si allacciò il bracciale metallico che le aveva consegnato Frank, un sottile cilindro di metallo che si adattava perfettamente al suo polso, come se fosse stato creato per lei e che, così le era stato detto, possedeva dal 1932. Elaine non aveva ben capito come funzionasse, ma l'amico le aveva spiegato che probabilmente erano serviti dei campioni di pelle e una piuma, ma il bracciale, quando lo aveva indosso, rendeva le sue ali invisibili. Si osservò allo specchio, mentre le piume d'argento scomparivano lentamente. Sembrava umana, così. Fragile.

 

Quando fece per allacciarsi al collo il ciondolo blu regalatole da Will, un paio di mani calde si sostituirono alle sue, chiudendo il gancetto con una carezza leggera sulla nuca. Si voltò, osservando il compagno, con quei suoi occhi metallici che per molto tempo aveva considerato traditori della sua fiducia, e quelle ali che non gli appartenevano, non davvero, ma con le quali stava imparando a convivere. La pelle blu si chiuse intorno a lei, sfiorandola delicatamente, e lei poté vedere il dolore dipinto sul suo viso. Sollevò il volto per baciarlo e, al contrario dei giorni precedenti, nei quali quasi non l'aveva toccata, William chinò il suo, unendo le loro labbra.

Elaine si sentì il volto bagnato, ma non seppe dire di chi fossero quelle lacrime.

 

§§§

 

«Te lo chiedo per l'ultima volta: ne sei sicura, Elaine?» domandò Lux, allacciandosi il mantello viola delle sacerdotesse di Menzogna.

«Sì.» una sillaba secca, che ostentava sicurezza dove in realtà c'era solo terrore.

«Potresti...» la ragazza dai capelli d'oro si schiarì la voce «Potresti dover fare cose sbagliate, per ottenere la fiducia di mia madre.»

«Lo so» rispose l'Angelo, ferma con lei sulla soglia di casa, con William appena dietro di lei. Con loro, solo Frank e Jo. Elaine non aveva voluto dire a nessun altro quando sarebbe partita, per non dover dire addio ancora una volta. Ne aveva abbastanza, degli addii.

«Allora andiamo» Lux, la ragazza simpatica e sbarazzina che aveva imparato a conoscere sembrò svanire, fagocitata da Luxury, la giovanissima sacerdotessa figlia di Babilonia, ma Elaine annuì senza curarsene. Fece un cenno della mano a Frank e Jo, che le mostrarono i pollici alzati, e per un istante ebbe un flashback di quando ancora era sotto la Volta e quello era il modo che usavano tra di loro lei, Will, Ursula, Greg, Jaime ed Alyssa per dirsi buona fortuna prima di una verifica. Si voltò a fronteggiare William, e tutte le parole che avrebbe voluto dirgli le morirono sulle labbra, soffocate dal distacco imminente. Cercò di ricordare le mille cose che si era programmata di fargli sapere, ma il ragazzo la precedette baciandola ancora una volta.

«Non ti fare ammazzare Elaine. Devi riportare a casa quel tuo culo piumato. Devi tornare qui da me. Questo è un ordine a cui non ti è permesso disubbidire.» ringhiò contro le sue labbra, circondandole il volto con le mani morbide.

Non rispose, andandosene senza guardarsi indietro. E s'incamminò seguendo la figura di Luxury, diretta al tempio.

 

§§§

 

Osservò l'imponente edificio che le si parava davanti, la cui pietra era dello stesso colore del latte, le finestre enormi vetrate dai colori della primavera che spandevano raggi colorati quando il sole le illuminava. Seicentosessantasei scalini portavano dalla base della collina sino al portone d'ingresso, Elaine li aveva contati mentre lei e la sua “maestra” salivano. L'enorme porta di legno massiccio si spalancò con un gemito, accogliendole, e una ragazza con indosso una tunica nera si fece avanti.

«La grande sacerdotessa richiede la vostra presenza, maestra» disse, inchinandosi a Luxury, che la congedò con un cenno della mano delicato come lo spiccare il volo di una colomba. Elaine, capendo che era meglio non fare domande seguì l'amica nei corridoi, anch'essi bianchi come la neve, sino ad una sala decorata di porpora e oro, nella quale le vetrate riflettevano disegni di fiori sul pavimento di pietra che conduceva con un tappeto ad un trono, che all'Angelo in un primo momento parve fatto di massi dorati, ma che quando si avvicinarono si rese conto essere fatto di teschi umani saldati fra loro con il prezioso metallo. Rabbrividì inconsciamente, capendo che fine facessero coloro che ancora veneravano gli dei in quella città.

Babilonia era splendida, nelle sue vesti da sacerdotessa di un colore più candido persino della neve stessa e quasi trasparenti, che rivelavano un corpo giovane e scattante come quello di una pantera. E come quelli di una pantera erano i suoi occhi lievemente a mandorla, dello stesso colore degli smeraldi più belli, occhi che scivolarono solo per un istante su Elaine, soffermandosi sulla figlia. Scostò dalla spalla nuda la lunghissima treccia, di un biondo così pallido da somigliare al riflesso del sole sul mare, e si avvicinò a Luxury, abbracciandola.

«Sei tornata amore mio!» cinguettò, con una voce dolcissima «Come stai?»

«Bene, ti ringrazio, madre» sorrise la ragazza «Perdonami se conduco alla tua presenza questa ragazza, ma volevo che ottenesse la tua approvazione. Mi ha chiesto di essere accolta nel tempio come mia protetta. Il suo nome è Lianne»

 

Solo in quel momento lo sguardo della sacerdotessa si soffermò su Elaine, abbastanza a lungo perché l'Angelo temesse che il suo bracciale avesse un difetto e che lei potesse vedere le sue ali smascherandola. Ma non abbassò lo sguardo, mantenendo gli occhi fissi in quelli della donna.

«Mi piace» decretò infine «Né troppo giovane, né troppo vecchia, con un volto grazioso e con abbastanza coraggio da sostenere il mio sguardo. Hai scelto bene, Luxury» si complimentò con la figlia.

«Vi ringrazio madre.»

«Andate» le congedò con un cenno della mano «Riposatevi, e inizia immediatamente ad istruirla»

Le due ragazza chinarono il capo e si allontanarono, ma mentre uscivano dalla sala, Babilonia parlò ancora.

«Ah, Luxury» disse, afferrando una coppa e portandosela alle labbra carminie «Voglio che sia pronta entro la luna nuova»

Elaine vide l'amica impallidire lievemente, mentre si chiudeva la porta alle spalle.

 

Due corridoi a destra e poi il terzo a sinistra. Altri sette passi e si apriva la porta della camera di Lux, che entrò sbattendosela alle spalle.

«Merda!» mormorò incominciando a camminare in giro per la stanza coloratissima, mentre Elaine si sedeva per terra, su un tappeto verde acido.

«Siamo entrate. E tua madre non sembra sospettare nulla, o mi sbaglio?» Lux smise di muoversi come una pazza e si fermò, guardandola dall'alto.

«No. Hai ragione. Il problema è» prese un profondo respiro «E' che la luna nuova sarà tra tre mesi. Ho solo tre mesi per prepararti. Io ci ho messo due anni per essere pronta, e sono cresciuta con lei!» fece un cenno alla porta, come per indicare Babilonia.

«Calmati. Tre mesi basteranno, se iniziamo subito e non perdiamo tempo» affermò sicura Elaine.

«Okay. Okay» la sacerdotessa si sciolse la lunga treccia dorata «Non ti chiamerò più Elaine, da questo istante. Sarai Lianne, in ogni istante. Persino quando sognerai, sarà Lianne a sognare» s'inginocchiò davanti a lei «Prima lezione. La voce. Non deve mai tremare, essere insicura, incerta o spaventata, se non è ciò che vuoi fare credere. Devi credere tu stessa in quello che stai dicendo. Devi arrivare a pensarlo.»

Elaine annuì «D'accordo. Proviamo?»

«Come vuoi. Iniziamo da qualcosa di semplice, devi solo rispondere alle mie domande. Qual'è il tuo nome?»

«Lianne»

«Non devi aspettare prima di rispondere, come non lo faresti se mi dovessi dire che ti chiami Elaine. Dimmi, Lianne, da dove vieni?»

«Da un piccolo paese qui vicino, dove ho sempre vissuto con mia madre e mio fratello Jaime»

Il viso di Lux si aprì in un sorriso «Okay. Forza, non sei così male. Almeno sai inventare.»

Continuarono per ore, curando semplicemente l'inflessione della voce. Ogni bugia doveva essere assolutamente perfetta, incomprensibile a distinguersi dalla verità, precisa in ogni singolo dettaglio. A fine serata Elaine era stanca di tutte le cose che doveva tenere a mente ogni volta che apriva bocca, e quando l'amica le propose di cenare ne fu ben lieta. Chiesero a una delle numerose ragazza vestite di nero di portare loro la cena, e dopo che se ne fu andata Elaine domandò all'amica chi fossero queste giovani.

Luxury le aveva spiegato che erano novizie che non erano riuscite a passare l'esame di Babilonia, ed erano costrette a servire le sacerdotesse e le altre novizie, poiché una volta che entravi nel tempio avevi solo due possibilità: o ne uscivi consacrata a Eris, il nome della loro dea, oppure coperta da un lenzuolo funebre.

 

Prima che si addormentassero insieme sullo stesso enorme letto a baldacchino, Lux le fece un'ultima domanda.

«Lianne, nel tuo paese avevi un fidanzato?»

«No.» quello era l'unico modo per salvare la vita a se stessa e a tutti i suoi amici. Lei non era Elaine, l'Angelo fuggito dalla Volta il cui compagno si chiamava William Moriarty.

Il suo nome era Lianne, aveva diciassette anni e l'unico ragazzo che avesse mai abbracciato era suo fratello maggiore Jaime. Doveva crederci.

 

Per la prima volta da una vita, da quando Will dormiva al suo fianco, Elaine ebbe un sonno agitato, un susseguirsi continuo di immagini ed incubi. Il viso di Alcuin venne più volte richiamato nella sua mente stanca, e Lux, svegliata dal pianto dell'Angelo, osservò le lacrime scivolare sulla pelle candida. Rimase sveglia ad osservarla chiamare piano il ragazzo con una preghiera intensa nella voce.

 

«Alla fine sei qui, zuccherino» commentò il ragazzo dai capelli biondi accendendosi una sigaretta. Dietro di lui il sole stava tramontando, insanguinando il lago in riva al quale erano seduti. Le circondò le spalle con il braccio forte, attirandosela contro il petto per accarezzarle la guancia con il pollice.

«Mi sei mancato» rispose, un soffio contro la maglietta celeste «Ti ho odiato per così tanto tempo...e poi quando pensavo di poter avere una vita normale e magari di fare pace con te, tu sei morto.» il Drago rise amaramente, reclinando il capo all'indietro.

«Già. Mi sono fatto ammazzare per te. Come Ursula. Ti amavamo davvero, entrambi, ti abbiamo sempre amato, ma evidentemente non era destino.» Elaine respirò piano il leggero odore di cannella e chiodi di garofano che il ragazzo si portava dietro dalla nascita, stretta nel suo abbraccio.

«Ho abbandonato Will»

«Sopravvivrà. Non è un bambino, né è la prima volta che vi separate.»

«Sei solo un frutto della mia immaginazione, vero? Non...non esiste un qualche strano modo per cui tu possa essere ancora vivo. Ti ho sepolto io stessa.» disse, sperando che l'amico negasse. Invece lo sentì sospirare contro i suoi capelli.

«E hai ancora il mio accendino, quello d'argento, nella tasca posteriore dei jeans. Sono morto da soli nove giorni, per cui è normale che tu mi sogni. Credo.»

«Perchè la mia mente ha scelto te, e non Ursula, con cui farmi parlare?»

«Non lo so» scrollò le spalle il Drago «Ma so che vuoi ricordare. Forse è per questo, forse vuoi solo la possibilità di stare ancora un po' con me sapendo che non ti ho mai...fatto del male.»

«Già. Forse. Alcuin» chiamò, voltandosi verso il ragazzo «Voglio ricordare qualcosa. Qualsiasi cosa del mio passato, ma fammi ricordare»

«Va bene, zuccherino. Tieniti forte»

 

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Capitolo 15
*** The Life I Would Have ***


We Might Fall

Capitolo quattordicesimo

The Life I Would Have

«Signori, vi ringrazio per esservi uniti a noi oggi» l'Elaine di oggi sa benissimo chi sia quel ragazzo dagli occhi neri e dai capelli ancora più scuri, ma le sembra così piccolo, senza le sue ali, che le viene quasi voglia di abbracciarlo «Il mio nome è Jaime Logan, e i miei compagni mi hanno scelto per rappresentare gli umani in questo consiglio.»

Volgendo lo sguardo intorno al tavolo bianco, l'Angelo vide altre persone: una ragazza con una lunga treccia rossa sorrideva tranquilla, come se fosse a conoscenza di un gioco segreto, lo sguardo limpido tipico dei Veggenti. Elaine sapeva bene di conoscerla, sapeva che si chiamava Ursula e che erano amiche da più di trecento anni.
Un ragazzo, un Immortale come lei, rise ad alta voce. Era un Metalupo, lo diceva chiaramente la muscolatura possente e il modo in cui i suoi occhi sembravano così vivi, feroci. Gli occhi di un cacciatore. «Rilassati, Jem.» disse, chiamando l'umano, facendolo irrigidire leggermente. Lei sapeva bene che erano molto meno espansivi dei lupi, che ci mettevano molto più tempo a scegliere se una persona meritava o meno la loro fiducia e che tendevano a mantenere segrete le loro relazioni, al contrario degli Immortali.

Le piacevano, gli umani. Erano così fragili, effimeri come un fiore di pesco. Elaine aveva avuto degli amanti umani, prima di quel giorno, e sapeva bene di cosa stesse parlando. Tutti, nessuno escluso, erano morti o se n'erano andati, al contrario suo. La sua ultima compagna si chiamava Tammy, ed era una deliziosa ragazza asiatica, che le aveva concesso ben quattro anni, prima di lasciarla, circa una ventina d'anni prima. Scosse il capo, tornando a seguire Jaime e Gregory, che pareva essere riuscito nel suo intento, facendo sì che il ragazzo si sedesse e accettasse il bicchiere di vino portogli da una giovane bellissima. Erano state compagne in battaglia a lungo negli ultimi tempi, lei e la Sirena dagli occhi di smeraldo ed erano diventate amiche. La ragazza, sentendosi osservata, le sorrise di rimando, alzando il calice colmo di liquido bordeaux.

Nella stanza c'erano ancora due persone, gli ultimi due Draghi.
«Mi rincresce per il vostro lutto» mormorò, rivolta a loro. Uno dei due, quello con i capelli neri come l'inchiostro, strinse il pugno sul tavolo bianco, ma l'altro, dagli occhi del colore dell'oro, le sorrise gentilmente.
«Non è stata colpa tua, Elaine» e l'Angelo scorse in quel sorriso qualcosa di più, qualche traccia di un affetto che li legava da secoli, mescolato ad una sorta di istinto protettivo nei suoi confronti «Grazie, comunque, per ieri notte. Non ti avrei dovuto attaccare.»
«Non è stata colpa tua, Alcuin» gli fece il verso, abbassando lo sguardo su se stessa, notando una sottile fasciatura intorno all'avambraccio destro «Tanto lo sai che non mi resterà nemmeno una cicatrice»
Riportò lo sguardo sull'altro Drago, che improvvisamente alzò gli occhi incrociandoli con i suoi. E solo perché aveva seicentosessant'anni si proibì di arrossire come un'adolescente umana. Ma quegli occhi sembravano gemme preziose, pericolosamente taglienti e dello stesso colore dell'acciaio. Scintillavano di dolore e rabbia, e anche d'odio, al contrario del loro primo incontro. Erano passati quanti anni? Quattrocento? No, era quasi certa fossero almeno cinquecento anni da quel giorno, ma erano circa quindici anni che non rivedeva quelle iridi indimenticabili. Nascose un sorriso al ricordare quelle notti. Le loro notti.
«In fondo tu sei un Angelo, o sbaglio? Voi siete superiori a tutti noi» disse quello, con voce gelida come ghiaccio.
«Non sono superiore a nessuno. Sono qui perché voglio salvare me stessa, quello che resta del mio stormo e voi. Dobbiamo collaborare, o non arriveremo da alcuna parte»
Il Drago si alzò, fronteggiandola.
«Non ci sperare. Non sperare di trasformarci in tue guardie del corpo, abbiamo appena perso le nostre famiglie. Sei un Angelo, e mi basta questo per starti lontano, come avrei già dovuto fare da molto tempo, da quando abbiamo scoperto del Traditore» si avvicinò fino a trovarsi col viso sospeso sul suo «Io non starò mai più dalla parte di un Angelo, mai. O non mi chiamerò più William Moriarty.» se ne andò, marciando fuori dalla stanza.

§§§

Si risvegliò mentre una voce dolce canticchiava qualcosa vicino a lei. Sentì gli occhi ancora bagnati da lacrime che non si era accorta di aver versato, e nel cuore c'erano una serie di dubbi laceranti.
«So che sei sveglia. Non fingere di dormire, se non ne sei capace» la rimproverò bonariamente la voce di Luxury. Aprendo gli occhi la vide seduta accanto al letto, su una poltroncina di un rosa assolutamente stucchevole, mentre leggeva un libro. Le sorrise piano, ricordando la sua missione. Per le domande ci sarebbe stato tempo nel futuro.
«Vestiti. Dobbiamo iniziare. Hai solo una settimana per allenarti per la prima prova.»
«Prova?» domandò alzandosi dalle calde coperte e indossando una tunica bianchissima, come quella della sua maestra, ma con sette colorati nastri sotto il seno. Uno era viola, uno d'oro, uno blu, uno nero, uno rosa pallido, uno verde e uno era del colore del sangue.
«Per diventare sacerdotessa devi superare le sette prove. Devi essere capace di ignorare tutti i tuoi vecchi principi, accettando quelli che venivano erroneamente chiamati peccati. I “peccati” sono l'unica via di salvezza, ci portano a conoscere Menzogna, la grande madre di tutti noi.»
«I sette peccati capitali. Invidia, gola, avarizia, lussuria, superbia, accidia ed ira, giusto?»
«Brava, ma devi chiamarle virtù. Ognuno di quei nastri rappresenta uno dei peccati, di quelli veri, guidati da Verità: temperanza, moderatezza, generosità, purezza, umiltà, carità e saggezza. Mano a mano che supererai le tue prove te li potrai togliere. Alla fine, non ne avrai più alcuno, e sarai sacerdotessa»
«E per continuare il nostro allenamento?»
Luxury le sorrise dolcemente «Lianne, mia piccola Lianne. Continueremo a esercitarti in ogni istante. La menzogna diventerà parte di te, stanne pur certa.»
Lianne annuì «Qual'è la prima virtù da imparare, mia maestra?»
«Invidia» mormorò piano Lux, accarezzandole il volto.

§§§

«Buongiorno, William» salutò Gregory entrando nella stanza dei computer. Non ce l'aveva con l'amico, sebbene non avesse detto né a lui, né a Jaime né ad Alyssa della partenza di Elaine «Hai visto Jem? È da ieri sera che non...Ah. È qui, vedo» affermò con tono improvvisamente freddo, vedendo il capo del compagno sulle gambe del Drago.
«Shhh» lo zittì questi «Si è appena addormentato. Fai piano Greg, è stata una notte impegnativa.»
«Immagino» commentò sardonico.
«Will» chiamò Frank entrando nella stanza «Siete riusciti ad accedere?»
«Ad accedere a cosa?» chiese il Metalupo, non capendo.
«Alle telecamere nel tempio. Lux ne dovrebbe essere riuscita a piazzare qualcuna stanotte, oltre a quelle già presenti.» rispose lo scienziato.
«Abbiamo cercato tutta la notte di accedere al server, ma è protetto da una password di Lux» aggiunse Will «Tranquillo, non mi farei mai l'Angioletto qui» indicò con un sorriso sghembo il ragazzo addormentato, che improvvisamente frullò le ciglia aprendo gli occhi.
«Buongiorno bell'Addormentato» lo salutò Will, spostandosi finalmente dalla sedia e cedendo il posto a Gregory, che si sedette accanto al compagno.
«'Giorno» mugugnò l'Angelo al Metalupo, accettando con riconoscenza una tazza di caffè. Dopo qualche sorso qualcosa parve svegliarlo, come una rivelazione o un ricordo, e si voltò digitando in fretta verso lo schermo, che s'illuminò di verde, mostrando due giovani ragazze.
I capelli biondi della prima si mescolavano con quelli della mora, mentre la abbracciava riflettendosi nello specchio, prima di baciarla con dolcezza e slacciarle i nastri che tenevano il vestito sul corpo dell'altra.
«Ragazzi, se volete vedervi un porno in gruppo potreste almeno mettere un cartello fuori dalla porta» ammiccò Alyssa entrando nella stanza con Jo.
«Non...» arrossì Jem «Non è come sembra. Sono le telecamere nel tempio, questa dovrebbe essere una delle stanza delle sacerdotesse.»

La Sirena guardò interessata lo schermo, dove le due ragazze si erano lasciate scivolare per terra e oh, quello doveva essere piacevole.
«Già. Abbiamo appena scoperto che-» Greg indicò gli schermi, dove varie ragazze dormivano nello stesso letto, facevano il bagno, oppure semplicemente passeggiavano mano nella mano «Evidentemente alle sacerdotesse di Eris piacciono le loro allieve»

William strabuzzò gli occhi, quando in uno schermo vide Elaine, il cui viso era morbidamente accarezzato dalla mano di Luxury. Ma la ragazza si separò dal tocco dell'amica, e lui tirò un sospiro di sollievo, giurandosi di non staccarsi mai da quegli schermi. Meglio non fidarsi troppo.

§§§

Sette giorni dopo
«Pronta?» le domandò Luxury, accompagnandola in una stanza, dove c'era una strana poltrona e una sacerdotessa dalla pelle d'ebano.
«Posso dire che sono terrorizzata?» rispose Lianne bisbigliando.
«Coraggio, Lianne. Ce la farai. Ascolta bene Jia e andrai benissimo» la rassicurò lasciandola sola con l'altra donna, che le sorrise incoraggiante.
«Hai forse una delle migliori maestre qui al tempio. Stai tranquilla, Lianne. Okay, allora: ti applicherò degli elettrodi sul capo, per registrare le tue frequenze cerebrali. Più sarai capace di esprimere invidia, più quel puntatore si muoverà» indicò un piccolo display «Quando supererà quella linea rossa sarai in grado di andartene. Hai al massimo dieci minuti. Ti è concesso tutto per far muovere il puntatore. Hai capito tutto?»
«Sì.»
«Buona fortuna»
Elaine chiuse gli occhi, concentrandosi. Non aveva bisogno di fingere, per essere invidiosa. Le bastò immaginare che realmente esistesse questa Lianne che fingeva di essere, e si sentì invasa da un sapore acre di rabbia e invidia.
Lianne era quello che lei non sarebbe mai potuta essere, aveva quello che lei non poteva avere. Una madre e un padre ancora vivi che la aspettavano a casa. Suo fratello Jaime non era quasi morto, non aveva dovuto correre attraverso farfalle carnivore, non aveva visto il suo compagno morirgli davanti agli occhi. Era umana, mortale, effimera. Un attimo nell'universo, un granello di sabbia. Il tempo l'avrebbe cambiata, le sarebbero rimaste cicatrici, e smagliature da una gravidanza e un mattino si sarebbe accorta di una ruga dove prima c'era solo pelle liscia. E si sarebbe innamorata di un ragazzo che sarebbe vissuto con lei, amandola nonostante le rughe e i capelli bianchi. E un giorno si sarebbe addormentata senza più svegliarsi. Lei invidiava Lianne. Non avrebbe mai potuto sapere se William l'avrebbe amata anche da vecchia, perché loro non sarebbero mai stati vecchi. Sarebbero sempre rimasti bloccati nei loro diciassette anni come quelle libellule che restano intrappolate nell'ambra. E lei invidiava gli umani proprio per questo.

Aprì gli occhi scuri. Il sole filtrava delicatamente dalla vetrata creando giochi di luce verdi sul pavimento bianco. Fece scorrere lo sguardo sulla porta che si stava aprendo lentamente, lasciando entrare Jia sorridente.
«Ce l'hai fatta. Complimenti, puoi andare. La seconda prova è stata fissata da Luxury per settimana prossima.»
«Grazie» sorrise stancamente alla donna, alzandosi e andandosene attraverso quei corridoi che aveva imparato a conoscere sino alla porta di quella che chiamava casa. Entrò.

Luxury era stesa sul letto e stava accarezzando un lupo. Un enorme lupo dal pelo candido, che scese dal letto appena la vide, correndole incontro e trasformandosi in Gregory per abbracciarla.
Elaine scoppiò a ridere per la gioia, stringendolo.
«Ciao, ma come mai sei qui? Come hai fatto? E gli altri? Stanno bene?»
«Ciao piccolo angelo» sorrise il ragazzo «Dobbiamo fare in fretta. Noi ti vediamo sempre, non sei mai sola. Alyssa ti dice che quel vestito ti fa un culo da paura e Jaime ti ringrazia per averlo chiamato fratello. Jo e Frank ti dicono che stai andando perfettamente.»
«E William?» domandò la ragazza preoccupata.
«Passa giorno e notte davanti agli schermi a guardarti, ma sta bene.»
«Manda a dirmi qualcosa?» Gregory le sorrise abbracciandola ancora e porgendole un bigliettino.
«Devo scappare. Ti voglio bene, bambolina» le fece un occhiolino, ritrasformandosi e attendendo che Luxury aprisse la vetrata che dava su un piccolo prato.
Elaine rimase immobile a guardarlo scomparire, finchè due mani gentili la fecero voltare verso Luxury. L'amica le sorrideva, mentre avvicinava le mani ai nastri sotto il seno. Con delicatezza sciolse quello di colore rosa chiaro. Glielo fece scorrere tra le mani, il tessuto di raso sottile che scivolava delicato tra le dita che ancora stringevano il biglietto di William. Elaine abbassò lo sguardo, afferrando il nastrino e lanciandolo fuori dalla finestra. Sorrise.

Srotolò la carta con dita tremanti, osservando le ultime parole, scritte come di fretta e quasi sicuramente cancellate almeno una volta.

 

C'è un passaggio per uscire dal tempio, chiedine a Luxury. Ci vediamo al salice settimana prossima, venerdì a mezzanotte.
Ti aspetterò.

-William

P.S. Ti amo
















Nda: Zalve gente! Scusate il ritardo nella pubblicazione, ma sono tornata oggi dal mare, e devo dire che c'è un capitolo, più avanti cha mi sta dando problemi... ma ce la si fa! XD
Spero che le vostre vacanze siano andate bene, e il solito ringraziamento per chi legge e perde tempo coi miei deliri!
xxxxx
-Dan

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Capitolo 16
*** Blood on My Hands ***


We Might Fall

Capitolo quindicesimo

Blood on My Hands

«In cosa consiste la seconda prova?» domandò Lianne alla sua maestra, mentre questa la accompagnava fuori dal tempio, su un verde prato sospeso sulla città. Con un solo sguardo poteva vedere i palazzi bianchi dei ricchi magistrati e le piccole case della gente comune. Lì, in mezzo a tutte quelle vite, c'erano anche i suoi amici.
«Combatterai contro una delle ragazze con gli abiti neri: le hanno detto che se riuscirà a sconfiggerti verrà ammessa alla terza prova e potrà continuare la sua ascesa.» rispose cupamente Luxury, chinandosi a prendere dal rotolo di stoffa che si era portata dietro un pugnale.
«Sconfiggermi...uccidermi.» comprese l'Angelo, prendendolo in mano. Era di un metallo chiaro, il manico di pietra bianca lavorata a motivi di foglie d'edera. Un'opera d'arte per celare un'opera di morte. Lo soppesò, sentendolo leggero nella mano e affilato contro la pelle, mentre a loro si avvicinavano due donne: Jia, la sacerdotessa che era già stata presente alla sua prima prova, e una ragazza vestita di nero, con lunghi capelli castani. Aveva il volto duro e determinato, ed Elaine seppe che non sarebbe stato facile. Ammirava il coraggio di quella ragazza, che aveva accettato anche la possibilità di perdere la vita, pur di fuggire dalla condizione di schiava che le era stata imposta.
«Non ci sono regole» l'ammonì Luxury «Qualsiasi cosa facciate è lecita, e lei non si risparmierà nulla, quindi non farlo nemmeno tu. Devi vincere a qualsiasi costo» aggiunse, allontanandosi di poco con Jia.

Per un istante, mentre si fronteggiavano, Lianne ebbe l'impressione di ritrovarsi di nuovo sotto la Volta, in quel pomeriggio di sole, quando aveva chiesto ad Ursula di allenarsi con lei. Ma quelli non erano i ricordi di Lianne e soprattutto davanti a lei non c'era l'amica. Era una ragazza disperata, quella che la stava per aggredire, determinata a fuggire in ogni modo: con la vittoria o con la morte.
La lasciò attaccare, scartando di lato e facendola inciampare con un sgambetto, ma la giovane si aggrappò a lei e finirono per terra entrambe. Sentì un dolore sordo al fianco, seguito dalla sensazione della stoffa appiccicata alle pelle, e seppe che anche la ragazza aveva un coltello, e che lo aveva appena usato. Morse con forza la pelle che aveva davanti sentendo in bocca il sapore ferroso del sangue, e la ragazza emise un gemito strozzato di dolore. Afferrò il pugnale, mentre l'altra faceva lo stesso, ed entrambe colpirono.

Dolore. Faceva un male infernale, bruciava come il fuoco e la attraversava tutta. Aprì gli occhi con cautela, vedendo sopra di sé il cielo azzurro, e sentendo un peso sul suo ventre. Una testa scura, delle braccia chiare ancora avvinghiate al suo corpo, una mano stretta attorno al pugnale conficcato in lei. Nessun respiro. Sangue ovunque, e tanto freddo. Faceva così freddo. Chiuse gli occhi, scivolando nel buio.

§§§

Alyssa si svegliò abbracciata ad un corpo caldo. Jo, sorrise piano nel dormiveglia, attirandosi ancora più addosso i capelli di fiamma. Aveva passato la sua prima notte con una ragazza. Il pensiero le scivolò addosso, ininfluente. Le era piaciuto, da impazzire, meglio persino di Lucas. Aprì gli occhi verdi incrociando quelli celesti dell'umana, che le sorrise sollevandosi su un gomito. Muovendosi il lenzuolo scivolò giù dalla pelle chiara, rivelando le piccole lentiggini di cui era cosparsa. E che la notte prima Alyssa aveva baciato, una per una, con un timore quasi reverenziale per quel corpo così diverso da quello di Lucas.
«Buongiorno» mormorò Jo avvicinandosi a lei e dandole un bacio. I capelli ramati ricaddero intorno a loro come una cortina che li nascondesse dagli occhi degli estranei. Nella penombra della camera gli occhi della ragazza scintillavano come cristalli lucenti, che sembravano riflettere l'anima stessa della loro proprietaria.
«Buongiorno» sorrise anche lei, baciandola di rimando, questa volta più a lungo, assaporando le labbra sottili di Joanne e scivolando poi su ogni lentiggine su quelle guance morbide.
Un pensiero la fulminò. Il motivo per cui la sera prima era entrata in camera di Jo.
La ragazza si accorse del suo improvviso cambio d'umore e la guardò interrogativamente.
«Hey, che succede?»
Alyssa sentiva la bocca asciutta, il petto che martellava nel cuore ad un ritmo furioso, il sangue che scorreva troppo velocemente nelle vene. Non poteva dirglielo. Non ora, non dopo quella notte meravigliosa. Non dopo che Jo le aveva detto di amarla.
Eppure glielo doveva, se non altro perché fosse la ragazza a scegliere cosa fare.
«Ieri...ieri sono venuta qui per dirti una cosa. Anzi, due» si corresse «Una, era che provo qualcosa per te, anche se non so se sia amore o...» mosse la mano per aria, cercando di respirare normalmente. Joanne sorrise ancora, ma fu un sorriso veloce, fugace, effimero come una farfalla. Era un sorriso amaro.
«Dimmi la seconda cosa, Alyssa»
«Io...io» prese un profondo respiro, iniziando a tremare. Le braccia di Jo non giunsero ad abbracciarla, proprio come sperava. Era più facile, se le stava lontana, se non la guardava «Aspetto il figlio di Lucas.»

§§§

«No.» la voce di Jaime era fredda come il ghiaccio dell'Infernoe Gregory si rese conto che non l'aveva mai sentita così crudele, mai. Jem era un soldato, ma la sua voce era sempre stata dolce e gentile, una voce che faceva sorridere anche se la battaglia si era conclusa e tu avevi perso altri alleati, e Gregory ne era la prova vivente.
Ma ora non sorrideva. Gli stava promettendo il mondo, l'infinito, l'eterno da vivere insieme, e il compagno si rifiutava.
«Perchè no, Jaime?» gli chiese, accostandosi. Dormivano insieme, come sempre, sotto quella tenda verde che gli ricordava il momento in cui l'aveva conosciuto due anni prima, in un bosco, anche se lì erano sul campo di battaglia, stavano fuggendo da un massacro e Jaime era stato ferito da uno dei suoi fratelli, e qui invece aspettavano che fosse terminata la loro opera. La volta di vetro di Jaime, i suoi corridoi nella pietra e tutto il resto. Il loro nuovo mondo.
«No.» rispose ancora il ragazzo, allontanandosi da lui. La luce pallida della lampada da terra illuminava i muscoli guizzanti del diciottenne, frementi per l'aria, così fredda rispetto al caldo abbraccio del lupo.
«Non è una risposta» Gregory aveva allora settecentottantadue anni, e ne erano passati già settecentosessantaquattro da quando il suo corpo aveva smesso di cambiare, eppure non era stanco di quella vita, ma solo del dover sempre scappare. Non voleva andarsene ora che aveva trovato Jaime, dopo aver sbagliato per così tanto tempo. Non voleva lasciarlo andare, si meritava un po' di gioia nella vita, e ogni istante che passava li separava sempre di più. Poteva quasi vedere Jem invecchiare sotto i suoi occhi innamorati, i muscoli ammorbidirsi e le spalle chinarsi, i capelli diventare candidi e gli occhi opachi, e non voleva. Non voleva che morisse.
«Ho paura Gregory» ammise infine il giovane, versandosi da bere in un bicchiere «Di te. Di me. Di quello che provo. Dio, Greg, ti ho dato tutto. La mia fiducia, il mio cuore, la mia anima, il mio corpo. Ho rinunciato alla mia famiglia per te. E ho il terrore che, se accettassi di diventare un Immortale come voi, tu tra cinquanta, o forse cent'anni ti annoieresti, e mi spezzeresti il cuore. Quindi no, non accetterò di diventare come voi» sospirò passandosi la mano fra i capelli ed infilandosi degli abiti puliti «Devo andare. La zona est della Volta ha un problema. Ci vediamo dopo.»
Gregory rimase in silenzio, osservandolo andare. Sapeva che la procedura era dolorosa, l'aveva visto quando Alyssa aveva fatto la stessa cosa per Joanne. Ricordava la Sirena inarcarsi mordendo le cinghie di cuoio, mentre Will le tirava fuori dal corpo abbastanza midollo spinale da ottenerne il gene. Ma la ragazza viveva, come la compagna. E avrebbero vissuto per sempre. Insieme. Ed era così sbagliato che lui desiderasse lo stesso per sé e il ragazzo dagli occhi d'ossidiana?

Credeva fossero passati pochi minuti, quando si svegliò, ma il sole splendeva già alto nel cielo. Uscì dalla tenda, salutando Elaine che lavorava con Alcuin a quei minuscoli esseri metallici che chiamavano farfalle, anche se al momento di farfallesco avevano ben poco.
Quando raggiunse il luogo dove lavorava Jaime ebbe un brutto presentimento, acuito dal fatto che nell'aria ci fosse odore di sangue e un gruppo di persone chine a terra. Corse.

Un pezzo della Volta, della meravigliosa opera dell'umano, era caduta. Un'enorme lancia di vetro, che come una scheggia era volata giù dall'impalcatura. Arricciò il naso per l'odore del sangue, e abbassò lo sguardo a terra.

Jaime.
Jaime era stato trafitto. No. Non poteva essere, pensava Gregory, no. Non lui. Ma il corpo che respirava a fatica per terra era proprio quello del compagno. Il vetro era conficcato nel ventre, e lo teneva inchiodato a terra, impossibile da rimuovere senza uccidere Jaime. O almeno, non senza ucciderlo facendolo soffrire, perché il ragazzo sarebbe morto comunque. Un uomo non guarisce da una ferita del genere. Ma un Immortale sì.

Si chinò, urlando a gran voce che gli portassero William, e quando l'amico gli fu di fronte lo guardò con occhi rabbiosi.
«Rendilo come noi. Non me ne frega un cazzo se non è quello che vuole, tu fallo. Non lasciarlo morire, William Moriarty» ringhiò.

Greg si svegliò ansante e terrorizzato, guardando il compagno accanto a lui. Si erano appisolati davanti agli schermi, il capo di Jem sulla sua spalla. Accarezzò con mano leggera la fasciatura sul braccio dell'umano, ben sapendo che non avrebbe avuto nemmeno una cicatrice, di lì a un paio di giorni.
Quando il ragazzo aprì gli occhi, frullando le ciglia, e gli chiese cosa fosse successo, il Metalupo sorrise. «Nulla. È che non mi ero mai reso conto di quanto sono fortunato ad averti accanto a me» rispose, facendolo avvampare e nascondendogli quel senso di colpa che gli serpeggiava sottopelle.

§§§

«Vedo ancora il suo sangue sulle mie mani» mormorò Elaine, stretta tra le braccia di William. Erano appoggiati al tronco dell'enorme salice, lei seduta tra le sue gambe, e la mano del Drago copriva ai suoi occhi la ferita infertale dalla novizia dalla tunica nera. Faceva male, ma sapeva che di lì a qualche ora, al massimo un giorno o due, sarebbe stata bene. La sua pelle sarebbe stata liscia e senza alcun segno, al contrario della sua anima. Il lungo squarcio sul fianco pulsava piano contro il calore del compagno, mentre questi la accarezzava con delicatezza.
Will le afferrò le mani, voltandole.
«Io no. Hai fatto quello che dovevi fare. Non era sicuramente una cosa giusta per quella poveretta, ma era quello che dovevi fare. Quando sarà tutto finito pagheranno anche per questo»
«Ho ucciso due persone» continuò imperterrita Elaine cullandosi in quell'abbraccio caldo.
Il Drago si schiarì la voce «Non è proprio così...ho ricordato-» continuò strofinando il viso tra le sue piume nere. La giovane aveva tolto il bracciale non appena visto il compagno, e ora le piume grigie spiccavano contro il blu del Drago «-il momento in cui scoprii che sei un Angelo. Avevi appena ucciso un uomo e ricordo che molto tempo dopo mi dicesti che quello era quello il tuo lavoro»
«Quindi sono un'assassina» La giovane si osservò le mani: poteva quasi immaginare il sangue versato da tutti quelli che aveva ucciso scorrerle sulle mani e macchiarle indelebilmente. William intrecciò le mani con le sue, accarezzandola delicatamente con le ali blu. Il cielo era ancora terso, le stelle che scintillavano lucenti nel buio, come lacrime d'argento. «Ho ammazzato delle persone.»
Le diede un lungo bacio, confortandola con la sua presenza.«Già. Ma a me non importa. Tu non sei cattiva. Non la Elaine che conosco io.»
«E abbiamo anche amato degli umani» aggiunse la ragazza, come se non l'avesse interrotta, separandosi per respirare.
«Sia ragazzi che ragazze. Mi ricordo di una delle tue. Era carina.» disse Will
«Tammy? Non ricordo bene il suo viso» ammise e poi arrossì «Ieri sera...»
«Ho visto tutto. Lo so» mormorò il Drago. La notte prima Elaine aveva finto di addormentarsi e Lux, sentendola respirare piano l'aveva abbracciata stretta in quell'enorme letto. Le aveva sussurrato parole dolci che Elaine non avrebbe voluto sentire, perché non voleva spezzarle il cuore, e poi si era addormentata stringendola. Al mattino si era giustificata dicendo di aver avuto un incubo, ma nessuna delle due aveva fatto cenno delle parole nel buio «Non la fare soffrire, Ellie. Se ci riesci rendila felice, e non ti preoccupare di me. Io ti ho da un'eternità e ti avrò per un'eternità, lei no. Sei la sua prima cotta, non le spezzare il cuore.»
«Vedremo come andranno avanti le cose. Non mi stai spingendo tra le sue braccia per liberarti di me, vero?»
«Certo che no» rise William accarezzandola.
Ridacchiarono insieme.
«Dei, siamo così differenti rispetto ai miei ricordi!» esclamò l'Angelo «Ad esempio, tu eri molto più triste e arrabbiato.»
«Già. E ti ho odiato, stando a quanto mi hai raccontato, mentre ora ti amo» un nuovo bacio, questa volta sul collo.
«Che cosa è cambiato?» disse, voltandosi verso il compagno.
«I secoli, la mentalità. Probabilmente noi stessi. Ma una cosa non è cambiata.» le disse facendola stendere sul prato erboso e slacciando i nastri che chiudevano la veste. La stoffa scivolò via, lasciandola nuda sotto lo sguardo delle stelle e di William.
«Che cosa?» domandò osservando il suo viso aprirsi in un sogghigno divertito.
«Ogni volta che ti sto abbracciando e ti giri mi prendi ad alate in faccia».










 

 

*Sì, per me l'Inferno corrisponde più o meno a quello di Dante, e la zona più bassa (quella nella quale è conficcato Lucifero) è un enorme lago di ghiaccio.

 

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Capitolo 17
*** It's up to You ***


We Might Fall
Capitolo sedicesimo
It's up to You
 
Una settimana dopo
Elaine tornò alle prime luci dell'alba, nel silenzio quieto che precede il giorno. Era stata tutta la notte stesa sul prato ad osservare il cielo, in cerca di calma e quiete dopo un ricordo strano, quello delle labbra di Lux sulle sue -della ragazza che diceva di amarla!- ma non era riuscita a trovarli nella muta volta celeste. Nella loro stanza, Luxury era sveglia e l'Angelo preferì non pensare che la stesse aspettando. Scivolò in fretta nel letto dell'umana, prima di perderne il coraggio, rimanendo a debita distanza. Era lì per parlarle, niente di più.
Prima di guardarla fece scorrere lo sguardo sulla stanza, cercandovi un minimo di conforto, di coraggio per trovare le parole giuste. Ma non le trovò, né nella piccola libreria di legno, né sulla poltrona di un rosa sinceramente imbarazzante, né sul sole che nasceva appena dietro la finestra inondando di luce il piccolo prato, facendo splendere come diamanti le gocce di rugiada.
 
Quando incrociò lo sguardo viola credette di morire. C'era un tormento incredibile in quelle iridi, un dolore così immenso che ne soffrì anche la giovane dai capelli d'inchiostro. E sapeva benissimo di essere lei la causa di quel dolore, così come sapeva di non aver modo di poterlo alleviare.
«Mi dispiace» mormorò piano, restia a rompere il silenzio.
Gli occhi di Luxury si riempirono improvvisamente di lacrime, ma la sua voce era ferma «Di cosa? Non è colpa tua, Elaine. È colpa mia, solo mia. Non avrei dovuto innamorarmi di te. Non avrei dovuto accettare quella notte-»
«Quale notte?»
L'umana abbassò gli occhi «Venisti da me. L'anno scorso. Tu e Will avevate litigato e volevi fargliela pagare»
«E l'ho fatto...facendo sesso con te?» domandò Elaine, una nota di amarezza nella voce rivolta alla vecchia se stessa e al suo egoismo.
Luxury annuì, posandole una mano sul viso «Ma va tutto bene. Non ho fatto nulla contro la mia volontà»
«E' ben poco rassicurante» mormorò l'Angelo, sentendosi la mano calda della giovane sul fianco. Improvvisamente erano fronte contro fronte, nel buio, nel silenzio.
«Sei stata brava» disse l'amica cambiando discorso «A superare le prove. Ce ne mancano solo poche, poi avremo finito, e potremo vincere. È tutto pronto. Devi solo riuscire a finire tutte le prove.»
Elaine annuì piano, stringendosi inconsciamente a quel corpo sottile e sentendo le braccia magre di Lux avvolgersi attorno a lei in una gabbia di dolcezza. Ancora la stupiva il fatto che tutti la amassero così, senza remore né freni. Lei non era buona, non era particolarmente bella e aveva fatto così tante cose sbagliate nella sua vita che non lo meritava.
«Tu sei una brava persona» disse Lux, quasi leggendole nel pensiero, sussurrando contro le sue labbra «Sei quello che sei, quello che sei stata per colpa di quello che ti è stato fatto, ma nonostante tutto sei una brava persona. E ti amo ancora, proprio per questo. Ti amo perché hai qualcosa di talmente luminoso dentro di te che illumina tutto il resto. Splendi come un sole, Elaine, più del sole, e io non posso fare altro che osservarti e amarti fino a bruciarmi gli occhi e il cuore rendendomi conto di quanto io sia insignificante rispetto a te. Non posso, e non lo vorrei nemmeno.»
«Non sei insignificante. Nessuno lo è. Tu hai molto più coraggio di me, perché hai solo questa vita, solo questi anni, e stai scegliendo di rischiare tutto per qualcosa in cui credi» sussurrò l'Angelo di cenere, sfiorando con delicatezza i capelli d'oro della ragazza, ricordando in un lampo di aver accarezzato altri capelli biondi e di aver osservato altri occhi viola, in un tempo lontano, e qualcosa le diceva che era per quei capelli e quegli occhi che lei aveva deciso di vendicarsi di Will proprio con lei. Perché erano uguali a quelli del fratello che lui l'aveva costretta a uccidere. Ma il lampo di ricordo terminò e lei ascoltò il mormorio roco della voce della sacerdotessa di fronte a lei.
«Non sto rischiando la mia vita per qualcosa in cui credo. La sto rischiando per qualcuno in cui credo» si avvicinò ancora un poco, lentamente «Io credo in te.» Luxury concluse la frase in un soffio ed Elaine desiderò baciarla. Glielo doveva. Le doveva una notte serena e dolce, che la ripagasse dal dolore che le aveva fatto soffrire. Posò le labbra sulle sue, timidamente, attendendo che l'altra facesse qualcosa. E Luxury affondò una mano tra le ciocche nere, ricambiando il bacio.
Quando si separarono sorrise con gli occhi pieni di lacrime.
«Non farlo così, Elaine. Non farlo perché ti senti in colpa, perché devi. Fallo perché lo vuoi.» sussurrò, prima di voltarsi dandole la schiena.
 
§§§
 
Si svegliò a causa del sole che le feriva gli occhi ancora gonfi per il pianto. Aveva urlato, ne era certa, ed era altrettanto certa di essere sola nella stanza.
Una delle due affermazioni, però, era sbagliata.
Joanne la fissava, seduta sulla poltrona di stoffa color prato. Non sorrideva, non piangeva, non urlava, non la accusava di nulla, non sembrava nemmeno arrabbiata. Si limitava a guardarla sollevarsi dalle coperte sfatte. Alyssa era certa di avere un aspetto orribile, e un lieve, lievissimo sorriso inarcò le labbra di Jo al vedere i boccoli bianchi tutti scompigliati e aggrovigliati come serpi. Ma sorrideva solo con le labbra. Gli occhi rimanevano muti. Amareggiati. Feriti. Delusi.
 
Eppure era lì. Una settimana di silenzio e di assenza, ma ora era lì. E non sarebbe tornata, Alyssa ne era certa, se non avesse preso la sua decisione.
«Joanne» chiamò piano. Una mano si sollevò imperiosa ad intimare il silenzio, e la Sirena tacque. Poteva quasi vederla pensare, combattere contro se stessa una battaglia di cui sapeva già la sorte.
«Stai zitta e ora lasciami parlare» la voce della donna era stanca, ma ferma. Gli occhi blu scintillavano accesi da qualcosa dentro di lei, un fuoco che fece sbocciare la speranza nel petto dell'Immortale «Ci siamo conosciute a Parigi, nel 1853. Io mi sarei dovuta sposare di lì a pochi mesi, forse un anno, con il figlio di un socio di mio padre, prima di conoscerti. E mi piaceva quel ragazzo, non era cattivo. Era persino simpatico. Ma poi ti ho vista, Alyssa. La prima volta è stata a Notre Dame. Stavi pregando, credo, col capo reclinato su un sottile quadernetto e proprio dietro di te c'era una vetrata da cui irrompeva la luce del mattino. Eri meravigliosa, eri l'angelo che chiunque desiderava avere accanto nella vita.» la voce di Joanne vibrava «E poi c'è stata quella festa, e io ti sono voluta venire a parlare, perché erano giorni che riuscivo a pensare solo a te. Alla tua pelle. Alle tue labbra, alla tua voce. A come sarebbe stato far scorrere le dita nei tuoi capelli, tirarli e baciarti. Ne ero spaventata. E tu lo sapevi. Tu lo sapevi e mi hai dato la possibilità di scegliere cosa fare, se tirarmi indietro oppure continuare. Abbiamo iniziato la nostra relazione nel silenzio della notte, delle carrozze, dei locali in cui scappavo travestita da ragazzo per poterti vedere. Nemmeno Lucas sapeva di noi. Mi hai sempre dato la possibilità di scegliere se andarmene o restare, la prima volta che mi hai baciato mi hai persino avvertita, pensando che volessi scappare. Non me ne sono mai andata. Mai. Ho abbandonato la mia città, la mia casa, mio fratello per seguirti quando te ne andasti. Persino quando Lucas era in fin di vita non me ne sono andata da sola. Siamo tornate a Parigi insieme. Non ti ho mai lasciata sola. Nemmeno per un istante ho dubitato di noi» prese un profondo respiro, osservando gli occhi di Alyssa scurirsi di lacrime «Non ti ho mai abbandonata e non intendo farlo ora. Ma la domanda ora è un'altra: tu mi vuoi al tuo fianco?»
La Sirena si alzò correndole in braccio, inciampando quasi nella foga di raggiungere l'umana, di sedersi sulle sue ginocchia, di nascondere il viso nel suo collo. Baciò ogni efelide sulla pelle chiara, raggiungendo infine le labbra.
«Penso di stare per baciarti» la avvertì sentendola sorridere.
«Embrasse moi» sussurrò Jo, tornando istantaneamente al francese della sua infanzia.
La Sirena indugiò ancora un istante sulle sue labbra, solo per poterle rispondere con lo stesso sussurro a metà tra il pianto e la risata «Je n'ai jamais voulu personne que toi.*»
Poi le labbra di Joanne furono sulle sue.
 
 §§§
 
Ritta in piedi nella luce del sole Elaine si sentiva bene. Non le importava di essere ancora nel tempio, con guardie armate a sorvegliare gli ingressi, tra le pareti di latte, né che la stessa Babilonia fosse venuta ad assistere alla sua penultima prova. Si sentiva bene, ad osservarsi nello specchio che le era stato messo davanti, ad osservare il suo corpo fasciato dal tessuto d'oro scuro dell'abito che Luxury l'aveva aiutata ad indossare. Sapeva di dover dare prova di essere davvero pronta a diventare una sacerdotessa, e l'ansia sfumò in una risata improvvisa come un lampo nel cielo limpido di agosto. Aveva la possibilità di fare un discorso per convincere non solo Jia, ma anche Babilonia della sua superbia, e sapeva perfettamente come fare. Lianne poteva anche non avere nulla che la spronasse ad avere quel sentimento, ma Elaine sì.
 
Si voltò, osservando le tre donne davanti a lei: Jia, la dolce Jia dalla pelle d'ebano, Luxury, che le sorrideva sottilmente e orgogliosamente, e infine la più pericolosa delle serpi. Babilonia. La sacerdotessa era languidamente sdraiata su un fianco su uno dei tre divanetti posti dinnanzi a lei, la pesante e bionda treccia adagiata sul seno a malapena coperto dalla stoffa pallida. I suoi occhi avrebbero potuto portare un uomo alla dannazione, e fargli credere che fosse il Paradiso. Se la prima volta che l'aveva vista aveva creduto che avesse gli occhi verdi, quel giorno si rese conto che erano di più che di un semplice colore: nello smeraldo scintillava l'oro a illuminare la nera pupilla, e nelle profondità delle due sfumature poteva quasi leggere la sua mente, il grande odio che la animava, la felicità datale dal potere che animava il suo sguardo facendolo bruciare.
E quando Babilonia ti guardava, tu non potevi fare altro che tremare sotto il peso di quell'anima che sembrava avvolgertisi intorno, mettendoti al centro del suo mondo, dandoti tutta la sua attenzione. E tu tremavi, riempito di timore e ammirazione e aspettativa, perché lei stava guardando, dei, stava guardando proprio te!
 
«Il mio nome è Elaine Grimaldi» affermò, e poté chiaramente vedere con la coda dell'occhio Luxury sbiancare «E sono un Angelo. Io sono immortale, ho visto sorgere più albe di quanti respiri voi potrete mai prendere in questa vostra miserabile vita» calcò un po' la mano, volutamente. Era forte, sicura di sé, lì in piedi nel sole che si rifletteva nello specchio alle sua spalle ferendo di bagliori dorati le sacerdotesse «Ho visto imperi sorgere e tramontare. Ho visto re essere acclamati e un minuto dopo perdere la testa, tagliata proprio da chi aveva lanciato loro rose. Ho visto donne ribellarsi ai loro mariti e perdere la vita per quest'atto di affermazione. Le ho viste vincere. Ho visto la crudeltà degli uomini, il loro arrivismo, l'egoismo intrinseco nel vostro animo. Ho visto il sadismo di alcuni e il vittimismo di molti. Vi ho visti nascere e crescere, alzarvi dalle tenebre in cui giacevate come maiali e osare paragonarvi a dei. Vi ho visti prendere la mia razza e ridurla in brandelli, e gettare me e mio fratello in un mondo d'odio. Vi ho visti mentire a mio fratello, costringendolo a diventare un traditore. Il Traditore. Vi ho visti cercare il mio aiuto per ammazzarvi l'un l'altro.» prese un respiro lieve, le guance colorate come rose in primavera «Sono nata nella città della luce, nella città eterna ancora prima che nascessero i vostri avi. Io sono l'Ombra. Io sono eterna. Io, io ho sconfitto i più potenti con un solo sorriso! Io li ho irretiti con una risata! Io ho incoronato regine! Ho visto vite morirmi fra le braccia e il tempo scorrermi tra le dita come acqua di un ruscello senza mai sfiorarmi. Io sono immortale, sono al di sopra del tempo...io sono il Tempo!» vide gli occhi di Luxury accendersi d'ammirazione e non seppe se fosse per il suo coraggio o per la sua stupidità «Io vedrò morire voi, e i vostri figli, e i figli dei vostri figli. Io sono infinita e superiore a voi.» abbassò il tono della voce, smettendo di urlare e trovandosi a sussurrare «Io sono Elaine Grimaldi» tacque, infine, e il terrore le torse il ventre. Aveva esagerato, sicuramente, ma la sua speranza era che Babilonia, l'unica a non sapere della sua vera identità, credesse che Lianne fosse un'ottima bugiarda. Se avesse sospettato la verità avrebbe potuto dire addio alla sua vita.
 
Il silenzio regnò per quelli che le parvero secoli, mentre Babilonia la fissava senza dire una parola. Poi, batté le mani. Una, due, tre volte, in un lieve applauso.
«Brava» sussurrò. Babilonia non parlava, sussurrava sempre, perché tutti fossero costretti a tacere per sentire la sua voce, fresca come campanelle d'argento «Ringrazia mia figlia, Lianne, perché ti ha addestrato perfettamente. Non che io mi aspettassi altro, del resto» Elaine tirò un sospiro di sollievo dentro di sé, subito stroncato da un “ma” della sacerdotessa «Ma non osare mai più tentare una menzogna simile. Oppure morirai»
Nella sala con lei, Lux e Jia, rimase solo il ticchettio dei suoi passi e l'odore d'incenso di Babilonia.
 
§§§
 
«Voglio che tu mi dica cos'hai sognato» la voce di Jem era secca, dura, nuovamente come nel suo ricordo della Volta che si frantumava uccidendolo.
«No» disse, continuando a guardare la pelle della ferita che Jaime aveva sulla spalla, mentre constatava che era quasi del tutto guarita. Se glielo avesse detto, gli avrebbe dovuto dire anche che lo aveva reso Immortale contro la sua volontà, e non ce la faceva. Non ancora.
«Gregory» il suo nome per intero poteva significare solamente che il ragazzo era davvero furioso «Non dormi con me da tre giorni. Cazzo, non mi tocchi da tre giorni e a malapena mi guardi!» sbottò afferrandogli una spalla e affondando di poco le unghie nella pelle, graffiandolo «Quali incubi possono essere così terribili da allontanarci? Cosa hai ricordato?» continuò «Se...se ho fatto qualcosa e non me lo ricordo, ti prego, dimmelo. Voglio solo sapere, come tutti voi.» ma il Metalupo rimase in silenzio «Greg, cos'ho fatto perché tu mi ripaghi con questa tortura?»
 
Avrebbe voluto rispondergli. Dirgli che non era colpa sua, che non era mai stata colpa sua. Che anzi, lui era stata la sua salvezza. Ma non ci riusciva, non riusciva più ad avvicinarsi a Jaime per paura di sporcarlo con le sue mani, per paura di rovinarlo ancora. Era vero, lo aveva strappato dalla sua vita, dannandolo con sé. Come avrebbe poi potuto vivere di nuovo, se Jem se ne fosse andato?
 
Ma la porta sbattè sui suoi pensieri.
Jem se n'era già andato.
 
 
 
 
 
 
 


 
*Baciami
*Non è la traduzione letterale, ma in italiano suona meglio “Non ho mai voluto altri che te”





Nda: Buonsalve a tutti! Perdonate il ritardo, ma mi sono accorta solo ieri di aver pubblicato due volte il capitolo precedente invece che questo.
Inoltre, il mio francese si limita a quel poco imparato durante le medie, quindi se le frasi fossero sbagliate  avvertitemi, vi imploro XD
Buona giornata!
xxx
-Dan

 

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Capitolo 18
*** One More Breathe ***


Noticina piccina piccina: Elaine chiamerà “Madre”, riferendosi a Verità, la madre dei suoi dei.
 
We Might Fall
Capitolo diciassettesimo
One More Breathe
 
È il momento? Quando davvero potranno tutti dire che è il momento, il loro momento, ed essere certi di non sbagliare? Quando potranno ricominciare a guardarsi negli occhi, Gregory e Jaime, lei e William, come faranno, come farà, lei a ricominciare a guardare Luxury? Elaine respira piano, stesa sull'erba chiara e profumata e ricorda.
Quei ricordi che aveva cercato tanto a lungo, che tanto aveva implorato, sono tornati. Non tutti, alcuni crede che non torneranno mai, ma la maggior parte sono lì, ne è certa.
Il sorriso di Ursula e  di Alcuin mentre si baciano e annunciano a lei e Will, che ancora non stanno insieme, che sono ancora solo un'ottima nottata di sesso l'uno per l'altra, che aspettano un bambino.
Il pianto, il primo piccolo vagito di quel bambino Immortale come loro, con un nome così strano per uno di loro, Francis, stretto tra le braccia di Elaine che lo culla pensando che un giorno potrebbe anche decidere di smettere di prendere la pozione dei Fiori di Luna e magari avere lei stessa un figlio.
Il ballo a cui si è presentata, nel lontano 1853, solo perché aveva promesso a William che si sarebbero rivisti, e lei manteneva le sue promesse.
Suo fratello, il suo unico fratello, il Traditore dei Draghi, colui che portò William ad odiare ogni Angelo, prima che lei arrivasse quasi a perdere le ali per salvare Alcuin. Elaine lo ricorda  perfettamente, suo fratello, con quel sorriso gentile e le mani curate. Il suo sangue che scorre sull'erba e la testa che rotola lontana, mozzata dalla sua stessa spada, dalla spada di quella sorella che era diventata un'assassina per proteggerlo.
Tutta la sua vita, la sua lunga vita, che scorre in un soffio.
Il sangue, sangue carminio che si spande sull'erba chiara, ma questa volta non è suo fratello a sanguinare. Questa volta è lei.
Elaine chiude gli occhi per un'ultima volta, stringendo la mano destra sul ciondolo di pietra blu regalatole da William, che, ricorda, un tempo, in un'altra vita, era stato di sua madre e l'ultimo dono di suo fratello.
 
Madre, ti prego, abbi pietà di me.
 
§§§
 
Qualche ora prima
Fu Luxury a prepararla, in quanto sua mentore, a slacciare anche l'ultimo nastro che le cingeva il seno, ad accarezzarle il volto con dolcezza.
«Questa è la tua ultima prova, Elaine, e io sono così orgogliosa di te. Ce la puoi fare e sappi che quando vincerai sarà tutto pronto. Il Tempio crollerà.»
«Lux» un sospiro, di terrore, di angoscia, di ansia.
«Coraggio. Sai bene cosa aspettarti, è Lussuria che devi impersonare. Ho tentato di chiedere a mia madre se potevo essere io a scegliere il tuo compagno per stanotte, ma non me lo ha concesso. Perdonami.»
Elaine la abbracciò di slancio, certa che il terrore le avrebbe fatto dire cose stupide. La sacerdotessa si aggrappò al lungo abito della ragazza e cercò di non tremare. Era la fine di tutto.
«Se... se dovessi... nel caso in cui non dovessimo più rivederci» mormorò piano contro la pelle nivea «sappi che è stato bellissimo bruciare nella tua luce e che qualsiasi cosa tu faccia avrai sempre il mio amore, Elaine.»
«Perdonami, se ci riesci, tutto il male che ti ho fatto.»
«Non ho nulla da perdonarti.»
L'Angelo sorrise tristemente ringraziandola con gli occhi per quell'ultima bugia, mentre le guardie la scortavano alla sua prova.
 
Era una bellissima stanza, decorata in oro e rosso, opulenza che trasudava persino dalla brocca di vino posata su un piccolo tavolino accanto al letto. L'enorme baldacchino era coperto di morbide lenzuola del colore del sangue, che scivolavano sulla pelle di un orso bianco posata per terra e rivolta verso il camino acceso. Ma a Elaine tutto quel lusso faceva solo venire la nausea. Voleva voltarsi e scoprire che il piano era stato avviato in anticipo e scoprire che non sarebbe stata costretta a fare anche quello. A tradire anche William.
Quando la porta si riaprì dietro di lei, preferì non voltarsi. Avrebbe finto, avrebbe dato prova delle sue meravigliose nuove doti da bugiarda, fino a credere lei stessa che chiunque fosse entrato in quella stanza altri non fosse che William, perché era certa che quello fosse l'unico modo in cui potesse farcela, sopravvivere anche a quello. Con un piccolo scatto la porta si chiuse.
Era il momento e lei doveva essere forte. Doveva riuscire ad ingoiare il disgusto e sorridere e baciare e lasciarsi toccare da mani sporche e sgraziate.
 
Invece furono due mani gentili ad adagiarsi sui suoi fianchi, come colombe che frullano le ali nel posarsi su una colonna in un tempio. Sarebbe stato più facile, davvero, se fossero state rudi e pretenziose, almeno avrebbe avuto un valido motivo per odiare quell'uomo. E invece non era così e lei non poteva odiarlo, perché nessuno aveva mai avuto nei suoi confronti quella dolcezza attenta, se non Will. Le mani impressero una leggera forza su di lei, che si trovò ad affrontare lo sconosciuto faccia a faccia. Nonostante avesse una pesante maschera d'oro che gli coprisse i lineamenti, Elaine era certa che avrebbe riconosciuto ovunque quella massa di riccioli neri, così come quella risata alla vista del suo stupore silenzioso.
«Non ti avrei mai lasciata da sola ad affrontare tutto questo.»
Elaine si sporse sulle punte dei piedi e lo baciò.
 
§§§
 
Le guardie la presero, dopo, trascinandola attraverso i corridoi. E lei le aveva seguite con tranquillità, certa del fatto che ormai il piano avesse avuto inizio. Sacerdotesse ovunque urlavano, combattendosi le une con le altre e allo stesso tempo contro le guardie di Babilonia.
Babilonia, dalla quale ti stanno portando. Ti ha scoperta. Eppure il pensiero non le provocava nulla, se non un lieve sorriso. Era finita, in qualsiasi caso.
 
Salì da sola la scala a chiocciola che portava al cuore del Tempio, la torre della sacerdotessa. Ammutolì, osservando le otto statue che le si ponevano davanti alla vista: in rame una donna con una spada fiammeggiante tra le mani, una d'ambra che sembrava liquefarsi sul piedistallo in marmo, una terza di un delizioso verde pallido che raffigurava una ragazza divorare una pesca. E poi, ancora accanto, in quarzo rosa una figura si pugnalava il petto, mentre quella accanto in pietra blu notte indossava gli abiti e i gioielli di una regina osservandosi ad uno specchio. Due statue, in particolare, sembravano risplendere come fiamme: una donna d'oro tra monete che cadevano come una cascata tra le sue dita e una ragazza di corniola inarcata tra le braccia di un amante, nell'estasi più completa.
Ma Babilonia non guardava nessuna delle sette statue: guardava l'ultima, di una bellezza tale che ad Elaine venne da piangere. Meravigliosa, scolpita nell'opale, un'ultima donna rifletteva tutte le sfumature della luce e del buio della stanza, mentre si ergeva sottile e solenne, nella luce del tramonto. Il volto era a malapena visibile attraverso il velo bianco che la copriva, ma l'Angelo non ebbe dubbi che quella fosse Babilonia.
 
«Rabbia, accidia, gola, invidia, superbia, avarizia e lussuria le posso anche comprendere» esordì, mentre la sacerdotessa si inchinava alla statua bianca «Ma perché un statua col vostro volto?»
«Non è il mio.» rispose la donna, avvicinandosi a lei «E' il volto della Dea. Tutti noi ci vediamo qualcuno di differente: io ci vedo mia figlia, splendida regina del mondo.»
«Menzogna.»
«Eris.» concordò Babilonia «Che cosa hai fatto, piccolo Angelo? Oh, non preoccuparti, so del tuo trucco» disse, strappandole dal polso sottile il braccialetto. Con un brivido, le ali di Elaine riapparvero, visibili in tutta la loro grazia. «Perchè vuoi distruggere le mia vita?»
«Io non voglio distruggere la vita di nessuno. Voglio sapere perché voi abbiate deciso di ammazzarci come bestie e voglio sapere perché vi riteniate nel giusto a venerare dee che non portano altro che dolore.» disse lentamente l'Angelo, il pensiero al compagno, chiedendosi se fosse riuscito a scappare, se stesse combattendo, se fosse già morto.
Babilonia si voltò con uno scatto degno di un serpente. «Dolore? Loro portano la gioia! Non eri forse felice, quando eri libera di lasciarti andare?»
«Naturalmente» ammise «Ma la sensazione successiva? Quel sentirsi sporchi dentro, Babilonia. Lo so che riesci a sentirlo anche tu. Perché ci avete fatto tutto questo?»
«Perchè la tua dea mi ha fatto più male di ogni altra cosa al mondo. È stata la tua tanto amata verità a trascinare nel baratro mio padre e mia madre con lui. È stata lei a portarmi via mia sorella. È stata lei a farmi andare in sposa ad un uomo come mio marito, un mollaccione beone idiota, buono solo a scoparmi una volta all'anno!»
«Non è stata la Verità a farti del male. Sono stati gli uomini.»
«Non sai cosa dici, piccolo Angelo. Avrei dovuto ammazzarti quando mi hai confessato chi eri. Ma no, io ho un cuore gentile e ho pensato che fossi semplicemente la migliore allieva che io avessi mai incontrato.» si fronteggiavano, l'una di fronte all'altra, gli occhi neri in quelli verdi, le vesti candide a rispecchiare le anime di due donne che di candido non avevano nulla. «Tu non sarai mai regina come lo sono io.» affermò Babilonia sprezzante, quando un profondo rombo scosse la torre, facendole vacillare. Gli esplosivi di Frank stavano facendo il loro lavoro alla perfezione. Era l'inizio di tutto. Era l'inizio della fine.
Elaine rise. «Con le mie unghie spezzate e piene di terra, con i lividi che le tue guardie mi hanno fatto sulle braccia, con la paura che mi torce il ventre, io sono regina.*»
 
Babilonia parve ignorarla con un sorriso sardonico «Sai perché Menzogna è bianca e Verità nera, Angelo? Perché Verità è oscura, cela il male, il dolore, mentre Menzogna è candida e limpida, pura.»
Un secondo rombo scosse la torre, e dal soffitto incominciarono a cadere calcinacci.
«Non è per questo, Babilonia, e lo sai bene anche tu. La Verità è d'ossidiana perché è un'ombra che puoi ignorare, ma che sarà sempre dietro di te. Il fatto è che tu hai mentito per prima a te stessa, in tutti questi anni, credendo di poterti rifugiare nel bianco. Ma sai una cosa? Il bianco in cui tu credi è il bianco di un lenzuolo funebre. La Menzogna è gelida e ti afferra sin dentro, e ti divora sino a che di te non rimane nulla, se non un guscio pieno di gelo, un cadavere che cammina. Tu hai sempre mentito a te stessa, Babilonia. Io ti conosco, ti ho conosciuta quando ancora eri una bambina, sono stata io a portarti via da quell'incendio. Io so che tu non sei felice e che provochi dolore sperando di lenire il tuo.»
La sacerdotessa rimase a fissarla per qualche istante, e la torre tremò, ancora. «Eri tu. Sei stata tu a dirmi di non piangere, che sarebbe andato tutto bene. Sei stata tu a non mantenere la tua promessa! Dovevi lasciarmi morire lì, tra le fiamme!» urlò, il volto trasfigurato dalla rabbia, ricordando la persona che anni prima l'aveva davvero portata via dall'inferno della sua casa che bruciava, dall'incendio in cui aveva perso la sua infanzia e la sua famiglia.
«Quale bambino si merita quel destino?» domandò Elaine avvicinandosi «Ti ho salvata una volta, Babilonia, quando ancora non ti chiamavi così. L'ho ricordato l'altra notte, il tuo nome, e mi sono chiesta perché tu lo abbia cambiato. È un così bel nome Grace. Grace, lasciati salvare ancora una volta. Fidati di me.»
«Mai.»
La torre tremò un'ultima volta, prima di accartocciarsi su se stessa come un pezzetto di carta.
 
In quell'istante, Elaine capì che poteva fare solo una cosa. La afferrò per la vita e si lanciò con lei fuori da una delle enormi finestre sfondata dalla statua della Menzogna, crollata a causa delle scosse. La sorresse, stringendola sopra i prati che circondavano il Tempio.
«Grace, tieniti a me! Siamo quasi in salvo» urlò per sovrastare il rumore del vento e delle esplosioni.
«Io non volevo essere salvata! Non voglio essere salvata, lasciami andare!» si dimenò la donna, e per un istante l'Angelo rivide la bambina che piangeva rivolta all'incendio che le aveva portato via tutta la sua famiglia. Babilonia si divincolò ancora, ed Elaine perse la presa, trovandosi a tenerla per solo un polso.
«Grace, reggiti!»
Gli occhi verdi della donna ammiccarono quando lei sorrise. «Il mio nome è Babilonia» sussurrò, e poi le sue dita si aprirono come un fiore, lasciandola cadere.
Elaine tentò di seguirla, ma il corpo scivolò a terra, rimanendo immobile. Urlò il suo nome, entrambi i suoi nomi, perché non era giusto che morisse così, perché doveva prima chiedere perdono. Ma né Babilonia né Grace risposero più.
 
Il Tempio tremò un'ultima volta, prima di crollare in un'ultima esplosione. Grandi pietre piovvero intorno a lei, e una le colpì un'ala. Elaine urlò per il dolore, cadendo a terra. Il suolo la colpì con forza, togliendole il respiro, e giacque lì per un'eternità, stesa a guardare il cielo, impossibilitata a muoversi, se non per la mano destra che si strinse sul ciondolo blu donatole da Will mesi prima. Poi i suoi occhi si chiusero per l'ultima volta.
 
Madre, ti prego, abbi pietà di me.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Antigone, Jean Anouilh

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Capitolo 19
*** Epilogo - What We Left Behind ***


Nda: E eccoci qui, per l'ultima (non proprio) volta. Questo è l'epilogo, la fine assoluta della nostra storia. Nei prossimi tempi inizierò a pubblicare delle One-Shot, che saranno i ricordi dei nostri personaggi, le loro vite prima di Babilonia e della Volta. Scoprirete la storia di Elaine e di Will, di come si sono amati e odiati, del fratello dell' Angelo Cinereo, di James e della sua perduta mortalità, di Ursula, Alcuin, Gregory, Alyssa e Joanne. Di come si sono conosciuti, dei tempi che hanno vissuto, dei loro errori e dei loro successi. Conoscerete le trame di un Destino che, alla fine, fa pagare ogni felicità col dolore e ricompensa ogni tormento con la gioia. 
Purtroppo, però, We Might Fall è terminata per davvero, e la cosa mi rende triste, perchè scrivendola ho vissuto momenti bellissimi. Grazie a tutti voi che l'avete letta, commentata, amata o anche odiata. Grazie alle mie amiche, che mi hanno dato il coraggio di iniziare questa avventura. Grazie a Giulia, che è stata una Beta eccezionale e divertente. Grazie a Matilde per essere stata la mia prima lettrice e shippatrice di Elaine e William (non dimenticherò mai le tue incazzature ogni volta che a 'sti poveretti succedeva qualcosa).
Ma il grazie più grande va a Elaine stessa, che una notte d'inverno mi ha raccontato la sua storia.

 

We Might Fall
Epilogo
What We Left Behind.
 
Londra, 2322
Erano passati cento anni. Cento lunghissimi, eterni anni, e lui era ancora lì. In quello stupido cimitero nel quale non volava mai una farfalla, mai un passero, mai un usignolo. Mai nemmeno un corvo.
William Moriarty sospirò lentamente, accarezzando con la punta delle dita una lapide di marmo cinereo, quando un sospiro lo fece sobbalzare. Si voltò, in fretta, ansioso di sapere chi aveva spezzato l'incanto che lo teneva ancorato a quel luogo.
 
Cento anni. Da cento anni siamo stati separati, amore mio. Da cento anni e troppo orgoglio. Era lì, davanti a lui, ancora giovane. Sarebbero sempre stati giovani, ma lei aveva conservato una scintilla di innocenza nello sguardo, quella scintilla che ancora lo faceva tremare per tutto l'amore che gli dilaniava il cuore al solo vederla.
«Sei venuto» mormorò lei, schiudendo le labbra in un sorriso. E Will ritornò alla prima volta che l'aveva vista, alla prima volta che si erano sorrisi, più di cinquecento anni prima, a quella notte in cui tutto era iniziato.
«Ci eravamo dati tempo per pensare. E io ho pensato.» rispose, e il sorriso della ragazza si spense un pochino. Avevano deciso di separarsi, quando lei era guarita dopo il Tempio, perché c'erano troppi segreti, troppe tensioni tra loro. Troppe parole non dette e gesti affrettati. Ma con gli anni l'aveva perdonata, le aveva perdonato ogni cosa, perché per quanto sbagliasse, lo ferisse e si ferisse da sola, lei sarebbe sempre tornata da lui. A casa, a chiedere scusa. Vide gli anni scorrere nei loro occhi, la rabbia e il dolore e poi la voglia di rivedersi, così come era sempre stato, e si rese conto di aver perso cento anni della sua vita. Cento anni ancora che non avevano vissuto insieme.
«Avevi giurato di amarmi anche quando saremo stati vecchi e decrepiti, e ora la scelta è tua, William.» mormorò avvicinandosi un poco al ragazzo. Come dotate di vita propria le sue braccia si strinsero intorno ai fianchi della giovane, e accostò il viso ai suoi capelli. Ancora dopo così tanto tempo profumava di mandorle e miele.
«Io ho fatto la mia scelta. L'ho fatta cento anni fa, e l'avevo fatta ancora prima, e la farò ancora nel futuro. Dei, Elaine, quanto mi sei mancata!» esclamò, mentre faceva scorrere le mani sulla pelle chiara del volto di lei e la baciava. Gli era mancata immensamente e baciarla era come un respiro di sollievo, una boccata d'aria fresca. Un ritorno a casa.
«Portami a casa, Will» sussurrò lei cingendogli il collo con le braccia sottili.
Il Drago alzò il capo verso il cielo nero e gravido di pioggia e ruggì di felicità.
 
«Dovremmo parlare, lo sai questo, vero?» domandò William, una volta al caldo, stretti in una coperta davanti al camino della casa che aveva costruito per loro. Accese le fiamme con un disinvolto gesto del polso, anche se non ce n'era bisogno, perché ricordava l'amore della compagna per il fuoco, lo sguardo divertito e ammirato per quella piccola magia che lei non era in grado di capire.
«Di cosa?» Non si era sbagliato: gli occhi di Elaine s'illuminarono di colpo davanti alle fiamme crepitanti del camino e la ragazza tese una mano, per sfiorare le fiamme blu con le dita.
«Del bambino che abbiamo perso» lo guardò con gli occhi pieni di dolore, come ad implorarlo di lasciarla dimenticare almeno quello. «Di questi cento anni. Di quel giorno al Tempio. Di Ursula ed Alcuin.»
«Will» un sospiro, leggero «Smettila di ricordare.» in realtà era lei la prima a continuare a farlo, ad implorare nel silenzio il perdono di Ursula e di Alcuin, perché non era stata capace di salvarli, era lei la prima a sentire nelle orecchie le loro voci, le loro risate e il tocco della loro pelle sulla sua. Continuava, la notte, a piangere in silenzio per il suo bambino mai nato e a chiedere perdono anche a lui, per non essersi resa conto del fatto che Lucas fosse una spia. Continuava, la notte a svegliarsi tra le sue stesse urla, rendendosi conto solo molto tempo dopo che le sue mani e il suo letto non erano ricoperti del sangue di William.
«Quel giorno sei quasi morta!»
«Quasi» sussurrò ancora Elaine, prima di baciarlo. «Ma mi avete presa in tempo. Sto bene, stiamo bene.»
Will digrignò i denti «Le ali. Voglio vedere le tue ali.» L'Angelo scosse il capo, il volto sporcato da un sorriso amaro, e tolse il braccialetto di Frank, del figlio dei loro due migliori amici che finalmente riposavano insieme, perché Elaine era andata a riprendere le loro ossa e insieme al ragazzo le aveva seppellite sotto una grande quercia. Le ali si spiegarono dietro di lei con un fruscio: erano bellissime, come lo erano sempre state, ma le piume dell'ala destra formavano una sgraziata linea di un grigio più chiaro, nel punto in cui la pelle e la carne erano state squarciate dal masso che l'aveva colpita. Era l'unica cicatrice che Elaine avesse, e rimaneva solamente perché loro non erano arrivati in tempo e la pelle aveva già iniziato a riformarsi, inglobando il masso nella carne.
«Smettila di pensarci» lo riprese Elaine, sfiorando un'ala blu con le piume cineree. «Come stanno Alyssa e Jo?»
Will sospirò «A Parigi, che aspettano Leena e Frank. Ci hanno invitato a maggio, per il matrimonio.» Leena, la piccola bambina figlia di Lucas e Alyssa, che era nata mortale. Fragile come un soffio di vento, e Frank, che aveva sempre amato le cose fragili, se ne era innamorato al primo sguardo, alla festa per i sedici anni della ragazza. Due anni dopo le aveva chiesto di diventare la sua compagna, donandole anche l'Immortalità. «Gregory?»
«Hanno fatto pace, Will. Lui e Jaime, intendo. Si sono rimessi insieme circa due anni fa. Hanno detto che verranno al matrimonio.» Dopo la battaglia al Tempio, Greg aveva trovato il coraggio di raccontare tutto al compagno, che furibondo aveva fatto le valigie ed era partito, sena dire neanche una parola. Due anni prima era andato in Italia e lì per caso aveva rivisto Gregory. Due bottiglie di whisky e parecchi pugni dopo, sembravano almeno aver chiarito le cose, che poi erano ritornate lentamente ad essere meno dolorose per entrambe. E una mattina Jem aveva deciso che il tempo di scappare era finito.
Elaine sospirò, molto tempo dopo, quando erano entrambi mezzi addormentati. «Ho visto, prima, che accarezzavi la tomba di Luxury. Quando è morta?»
«Vent'anni fa. Era felice, anche se non ti aveva più rivista. Si era sposata con un'altra delle vecchie sacerdotesse, e avevano adottato due bambini. Ha avuto non so se dieci o undici nipoti.» quello che William non le disse, era che la sacerdotessa aveva lunghi capelli neri e occhi color dell'ossidiana, proprio come Elaine. Non le disse nemmeno che aveva chiamato la bambina adottata Elaine, né che aveva mormorato il suo nome con il suo ultimo respiro. Non lo disse, rimanendo in silenzio ad osservare il fuoco crepitare nel camino, mentre fuori la pioggia batteva.
 
La vita di un Immortale era piena di dolore e di gioia, di persone che ti sfuggivano fra le mani come sabbia e di qualcuna che rimaneva come un faro nella tempesta. Era una vita di fuga, sempre in movimento da un posto all'altro, da un secolo all'altro, ma a loro andava bene così. Finché si fossero amati, finché avessero avuto ancora qualcuno a cui aggrapparsi quando era notte e il ricordo dei fantasmi del passato tornava a dare fuoco ai loro sogni, finché avessero avuto l'un l'altro sarebbe andato tutto bene.
Il mattino sorse implacabile, illuminando una piuma grigia accarezzare pelle blu.

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