Beacon Hills College

di GryffinClaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Welcome to the Jungle ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - A (not) beautiful mess ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - College life story ***
Capitolo 4: *** 2 in a room ***



Capitolo 1
*** Prologo - Welcome to the Jungle ***


Giuro che non volevo. Io, Stiles Stilinski, non ho mai voluto che accadesse tutto questo.

Perché?

Beh, è ovvio. Perché volevo che, almeno al College, la mia vita potesse dirsi normale – e non intendo che dovesse essere tipo quella di un ragazzo davvero normale (perché si sa che non lo sono), ma che almeno non comprendesse gente tipo Scott, Derek (soprattutto Derek) o Lydia (o magari, non una Lydia così… Lydia, non so se mi spiego).

Insomma, non volevo che i miei amici fossero ammessi al College. Il ché sembra parecchio brutto da dire, adesso, ma è l’unica cosa che il mio cervello riesce a elaborare in questo istante, davanti ai cancelli del glorioso Beacon Hills College (andiamo, chi mai potrebbe essere respinto da un posto così?) dove trascorrerò un periodo immensamente lungo della mia giovinezza – e lo farò in compagnia dello stesso migliore amico che, in questo istante, sta cercando di indovinare il codice del lucchetto della valigia che ha chiuso esattamente tre minuti e mezzo fa (ehi, non è un lungo viaggio da casa mia a questo posto!).

― Leggilo dal foglio delle istruzioni, no?

― Ehm, è nella valigia.

Ecco, appunto.

Ah, e come se non bastasse, accanto a lui c’è Allison che legge un depliant informativo – non per Matricole, ma per laureati in Lettere Antiche. Sì, mette giusto un po’ d’ansia. E poi, dopo di lei, c’è Lydia, che studia: già, ancor prima di sapere che libri di testo comprare, lei studia.

― Che c’è? ― aggiunge anche, fissandomi accigliata. ― Mi sono iscritta a Matematica, mica a Psicologia!

Lei odia Psicologia, se non si fosse capito. Il ché non sarebbe grave, se non fosse che è lì che Scott è iscritto: dice che da grande vuole aiutare adolescenti disagiati come noi, vallo a capire.

E infine, dietro il glorioso gruppo, c’è Derek. Lui è inconfondibile, dato che è l’unico a non avere diciannove anni e il fisico di uno che ha passato la vita davanti a un pc – ma sarebbe comunque inconfondibile, dato che grugnisce e sbuffa e fa commenti sarcastici sul fatto che io studi Legge solo perché sia raccomandato da mio padre (come se mio padre fosse solo vagamente influente in questo posto). Ma il problema non è questo: il problema è che anche lui studia Legge (all’ultimo anno, ma lo incontrerò comunque nei cambi d’ora e nel corridoio); dice che questa città ha bisogno di essere protetta, eppure non ce lo vedo con la divisa di mio padre a rincorrere scippatori.

E insomma, siamo qui da mezz’ora ma i cancelli sono ancora chiusi. E, per la cronaca, abbiamo già passato la fase dei commenti di Derek che dice che non li aprono proprio perché ci siamo noi; e anche la fase in cui Lydia urlava istericamente che non sarebbe mai diventata una matematica se avesse perso il primo giorno di lezioni (che sarà dopodomani, tra l’altro).
E la fase in cui Allison leggeva il volantino di pubblicità del college, quello per Matricole, per studenti stranieri, per professori, per genitori e continuava a dire che l’orario era giusto. E, infine, siamo nella fase in cui Scott cerca di lacerare la valigia con i denti per recuperare il foglio su cui c’è scritto il codice per aprirla.

Direi che è il momento di farci entrare, no?


N.d.A.: okay, ci simao unite per questo malefico scopo. Sì, esatto, due menti per partorire questo (siamo pessime, insomma). E niente, speriamo vi abbia strappato almeno un sorriso :3
Se avete pareri, complimenti, consigli, critiche... recensite e fateci sapere (altrimenti recensite comunque U_U).

 

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Capitolo 2
*** Capitolo I - A (not) beautiful mess ***


N.d.A. pre-storia U_U
Dunque, ringraziamo le tre persone che ci seguono e quella che ha messo la nostra storia tra le ricordate :3
Se avete qualcosa da dirci, commentate <3 *Nooo, non vi stiamo inducendo a recensire la nostra storia, che dite?*
In questo capitolo il PoV sarà di nuovo quello di Stiles, ma dal prossimo ne incontrerete altri (cercheremo di far parlare un po' tutti, a turno). Ah, qui ci sono accenni di Sterek (CHI non li shippa almeno come bromance? :3) e Scallison, ma anche in questo caso, andando avanti con i capitoli, troverete un po' tutte le coppie (non scontentiamo nessuno u.ù).
Beh, buona lettura!




Ho detto che non avrei mai voluto studiare allo stesso College dei miei amici, ma mi sbagliavo. O almeno, c’è qualcos’altro che avrei dovuto sperare: non essere il coinquilino di Scott McCall. E non perché mi sia appena accorto che il suo disordine sembra essere arrivato in stanza prima di noi (questo lo sapevo già, dato che ho dormito a casa sua un centinaio di volte); e no, non mi riferisco nemmeno al fatto che, dopo la doccia, gira in accappatoio bagnando tutto quello che gli capita a tiro (poteva andarmi peggio, se capite che intendo). Quello di cui parlo è la sua inspiegabile voglia di parlare di due soli argomenti: Allison e il Lacrosse.

Capitemi, io voglio bene a Scott. È il mio migliore amico da prima che diventassi solo vagamente adulto, da prima che cominciassi a tagliarmi i capelli più corti di quelli di una ragazza. E io sono il suo. Ma davvero, trascorrere più di mezz’ora solo con lui è diventato un suicidio. Non fa altro che dirmi che Allison si è tagliata i capelli per venire al College, che potrebbero piacerle altri ragazzi, che (andiamo!) non posso non aver notato che oggi ha messo la matita rossa al posto di quella rosa, sulle labbra (come se io avessi il permesso di constatare cose del genere su Lydia senza che mi sia dato dello stalker). Oppure parla di Lacrosse, di come vorrebbe essere nella squadra del College, di come vorrebbe avere tempo per allenarsi, di come vorrebbe (lo vorrebbe proprio) che le selezioni non fossero tra una
settimana.

E io lo ascolto solo perché mettere la musica a tutto volume mi sembra sgarbato per i vicini (che sono Danny e Boyd – ma quant’è piccolo questo posto?). E certo, di trovare la mia valigia tra i vestiti che Scott ha deciso di tirar fuori dalla sua (e non perché l’ha distrutta con il coltellino di Derek) e poggiare sulla mia.

― Scott, perché non metti la tua roba nell’armadio?

― Perché mi scoccio, Stiles.

― Io mi scoccio di dover cercare la mia valigia tra i tuoi vestiti.

Che poi, tanto per parlarne, perché Derek aveva un coltellino in tasca? Insomma, stava andando al College, non in guerra. Ma meglio sorvolare.

― Scott, a che ora è l’incontro di orientamento?

Scott è sul letto. Ovviamente.

― Alle tre, mi pare.

Ho ancora un’ora per sistemare tutto. E per tutto intendo tutto: le mie cose (ho un armadio tutto per me, tanto Scott non lo userà mai), il mio letto (quello vicino alla porta, stare accanto alla finestra mi dà l’ansia), i saponi in bagno (è in comune con la stanza di Denny e Boyd, purtroppo) e i libri (ehm, quelli in realtà ancora non ce li ho). E intanto Scott giocherella con i fili della sua valigia ormai sfasciata.

― Hai intenzione di fare qualcosa del tipo sistemare, Scott?

― No.

― Bene.

Odio quando fa così.

Lo odio, perché è il mio migliore amico e mi fa sporcare la coscienza con l’impulso irresistibile di farlo fuori con l’asciugacapelli che ho in mano. E che devo portare nel bagno, che ovviamente è in corridoio. Ergo, devo uscire con la tuta grigia che in genere uso per dormire, i calzini a strisce rosse e oro (mi piace Harry Potter, okay?) e la maglietta di Topolino. Sperando che nessuno mi veda.

D’accordo, nessuno tranne Danny che è proprio fuori dalla mia porta.

― Ehi, Stiles ― mi dice con tono nervoso. Brutto segno, lui non è mai nervoso. ― Hai già visto il bagno?

Scuoto la testa, preoccupato. Non voglio più vederlo, dopo aver visto la sua faccia.

― Beh, è un po’…

Ma non saprò mai com’è, dato che Derek è appena apparso (e intendo apparso, perché non capisco da dove sia arrivato) dietro Denny e mi fissa con un sorriso che non gli ho mai (e dico mai) visto sul volto. E qualcosa mi dice che non è perché è contento di vedermi.

― Bella maglietta, Stilinski ― commenta infatti, alzando un sopracciglio. E così la possibilità che Denny non avesse notato almeno il buco all’altezza dell’ombelico è andata.

― Anche la tua ― rispondo, prima di abbassare lo sguardo sul suo petto. ― Derek, perché sei nudo?

Lui fa spallucce.

― Mi piace il mio fisico ― dice solo. ― E poi ho dimenticato di portare l’accappatoio.

― Oh. Mi dispiace ― dico. D’improvviso il bagno preoccupante mi sembra meno preoccupante di questo – okay che Derek gira spesso nudo, ma per Denny deve essere davvero imbarazzante.

― Perché mi stai fissando?

― Non ti sto fissando.

― Sì che lo stai facendo.

― No, non è vero.

Ora è diventato imbarazzante anche per me. Forse dovrei valutare l’idea di smetterla di riflettere con gli occhi puntati in maniera inquietantemente fissa su qualcosa (o qualcuno, come in questo caso). Ma prima mi tocca andare a constatare cosa succede nel famigerato bagno.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo II - College life story ***


[PoV Allison]

Se qualcuno mi chiedesse il perché di questa scelta, non credo sarei in grado di spiegarlo. In effetti, non capisco nemmeno io cosa mi abbia portato, con un punteggio del PSAT decisamente buono, a chiedere l’iscrizione qui al posto che in un vero College, tipo Harvard o, per lo meno, l’UCLA. Eppure sono qui, al fianco della mia migliore amica e del mio ragazzo, in quello che mio padre ha definito “il peggior posto dove trascorrere la propria adolescenza”, oltre che “un College così pessimo che non l’avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico”.

Ma forse è stato proprio questo – la voglia di dimostrare a lui che può sbagliarsi, che non sa cos’è meglio per me – a spingermi a compilare questa domanda d’ammissione al posto che una vera, con tanto di colloquio di selezione e giro per il Campus.

Sono pentita? Non direi, non ancora almeno. Certo, siamo qui solo da quattro ore e, dalla finestra, riesco a vedere il mio vecchio Liceo – non posso pentirmi di essere rimasta vicina a casa. Ma forse, quando tra qualche anno invierò il mio curriculum e verrò superata anche
dagli ex studenti dell’Arizona State, allora mi domanderò se la mia scelta fosse poi così saggia.

Intanto mi godo la stanza: è ampia, luminosa, con due grandi finestre che danno sul cortile principale del Campus e il pavimento di legno; le pareti sono colorate di arancio pallido, i letti coperti da piumoni pesanti. Il bagno è in stanza, per fortuna, e naturalmente Lydia l’ha già riempito di così tanti flaconi di così tante lozioni per capelli che sembra di stare in una profumeria; io, invece, ho con me solo uno shampoo e del bagnoschiuma (che la mia compagna ha già bocciato perché, a detta sua, sa troppo di fragola). Le nostre valigie, già svuotate, sono chiuse in un enorme cassetto, mentre l’armadio è pieno di ogni sorta di jeans (miei) e strani abiti troppo eleganti (di Lydia).

Insomma, sembra non essere cambiato davvero niente da quando abitavamo a casa.

― Allison, mi presti il tuo diffusore?

La voce della mia migliore amica giunge ovattata dalla porta chiusa del bagno. Naturalmente si è impadronita della doccia mentre io
ancora dovevo notare il bagno ed è chiusa lì dentro da quanto? Forse tre ore. So già che non mi lascerà nemmeno il tempo di fare pipì prima della riunione d’orientamento, ma d’altronde ne ero consapevole anche quando ho scritto il suo nome sotto la voce “Preferenza per Coinquilino/a”. È a questo che servono gli amici, giusto?

― Non ce l’ho, Lydia! ― le rispondo comunque. In effetti, devo averlo dimenticato nella mia stanza, stamattina. Potrei chiedere a mio padre di portarmelo, certo, ma c’è un motivo se ho scelto l’alloggio nel Campus nonostante potessi venirci ogni mattina in auto, ed è quello di diventare almeno un po’ indipendente. Di dimostrargli che me la cavo da sola anche quando non sono impegnata a salvare Scott da qualche pasticcio con la scuola. E poi, credo che nessuno sano di mente si avventurerebbe con un’auto su per questa montagna con un’unica strada di terra battuta.

― Non scherzare, Allison! Mi serve! ― urla Lydia. La sua faccia spunta dallo spiraglio della porta, il trucco sciolto e un asciugamani che le avvolge i capelli. ― Non puoi averlo dimenticato anche tu.

― Invece posso. Però magari potrebbero prestarcelo le nostre vicine ― propongo. Se devo restare qui cinque anni, allora voglio almeno conoscerle.

― Non se ne parla ― mi ferma subito la mia coinquilina. Esce dal bagno, scalza, e si pianta davanti alla porta di ingresso con fare serio. ―
Non farò la figura della poveraccia.

Alzo gli occhi al cielo: non ho davvero idea del perché Lydia faccia così (cioè, ha sempre fatto così, ma speravo si fosse decisa a scendere un po’ tra i comuni mortali senza piscina in casa). Avanzo decisa fino a raggiungerla.

― Non faremo la figura delle asociali, invece ― le dico, evitandola e aprendo la porta. ― Se non vuoi il diffusore, bene, ma io voglio conoscere le nuove vicine.

Lei sembra combattuta, ma alla fine acconsente.

― Aspettami ― mi dice. ― Vengo con te.


N.d.A.: ed eccoci qui (di nuovo) a ringraziare tutti quelli che hanno inserito la nostra storia tra le seguite e tra le preferite *^*
A parte questo, beh, nel prossimo capitolo verranno introdotti altri personaggi (tra cui Malia e Kira, ma non solo :3) e beh, se avete consigli/suggerimenti/critiche/complimenti, recensite U_U

 

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Capitolo 4
*** 2 in a room ***


[PoV Stiles]

― Stiles, per caso nel bagno hai trovato asciugamani?

Quando rientro nella nostra stanza, sento come un peso che mi schiaccia il petto. E non credo si tratti del pugno con cui Derek deve avermi frantumato una ventina di costole (ce le abbiamo, venti costole?) quanto il fatto di dover dire a Scott del bagno. Credo di capire come si sente mio padre quando deve telefonare ai parenti di qualche cadavere, adesso.

― Stiles?

Scott è stravaccato sul letto, ovviamente, ma la cosa non mi fa né caldo né freddo se penso che, tra poco, avrà una punizione che nemmeno il Dio degli Inferi in persona avrebbe potuto concepire per lui. O per il più grande serial killer del mondo. O per Derek, che è un po’ la stessa cosa.

― Scott, devo parlarti ― mormoro. C’è qualcosa che puzza terribilmente in questa camera, ma forse è solo l’odore del bagno che si è radicato nelle mie narici e mi sta salendo nel cervello, facendomelo restringere e contorcere fino ad avere la sensazione di sentire ancora quel terribile – ah, no, sono i calzini di Scott. Stessa cosa, insomma.

― Dimmi tutto, amico ― mi dice lui, tirandosi a sedere in una posizione quasi decente.

― Punto uno: brucia quei calzini.

― Cosa?

― Sul serio, bruciali. Puzzano di ― mi interrompo. Non credo di riuscire a trovare un paragone adatto senza finire nel punto due.

Scott sbuffa. Per vivere solo con sua madre, è parecchio disordinato.

― Punto due: c’è qualcosa che devi sapere riguardo il bagno.

Certo, dovrebbe sapere che è largo più o meno quanto l’armadio, alto quanto Lydia senza tacchi e non altrettanto carino; dovrebbe sapere che puzza di un misto di fognature e acqua sporca e qualcosa di non meglio identificato (ma sicuramente tossico); dovrebbe sapere che il lavandino è più piccolo di una bacinella, che il gabinetto è così basso che Denny non riesce a sedersi senza darsi le ginocchia in bocca; ah, e dovrebbe anche sapere che per entrare nella cabina doccia bisogna tenere la porta d’ingresso aperta (altrimenti non c’è spazio per schiacciarsi contro il muro ed evitare di chiudersi le dita nella chiusura scorrevole) e poi non si possono alzare le braccia (cosa che mi porta a pensare – e credetemi, in casi come questi vorrei non pensare, che bisognerebbe insaponarsi a secco prima di esporsi al getto d’acqua – per la cronaca, il getto non è trasparente). Ah, e l’acqua è fredda.

Ma come potrei uccidere così le aspettative del mio migliore amico? Come potrei rubargli la speranza di essere in un posto migliore del nostro Liceo? Non posso. Non io – è Derek quello bravo a uccidere psicologicamente.

― Perché fissi il mio libro di Sociologia?

Ecco, l’ho fatto di nuovo.

― Non lo sto fissando, stavo solo ― mi interrompo, di nuovo. Devo decisamente smetterla di riflettere. O almeno, devo smetterla di farlo in presenza di altre persone.

― D’accordo ― annuisce Scott. Sbaglio o mi sta assecondando? ― E cosa dovevi dirmi riguardo al bagno?

Devo farlo.

― Beh, è un po’…

Non posso farlo.

Ma devo.

Sono o non sono quello forte, in questa stanza? No, in effetti non lo sono, ma in questo caso sono l’unico che può fermare il mio migliore amico dall’andare in quel bagno. Quindi devo agire, se voglio che almeno lui si salvi dai terribili virus che soggiornano tra le mattonelle
luride.

― Non devi andarci ― dico solo. ― Se ci vai, potrebbero accaderti cose orribili.

Scott alza le sopracciglia fino quasi a raggiungere i livelli di Lydia quando mi sente parlare. Solo che le sue sopracciglia sono folte e brutte e piazzate male su un viso non attraente, quindi è molto più spaventoso. Indietreggio.

― Che intendi, Stiles?

― Intendo che potresti andarci giusto un secondo, dargli un’occhiatina e tornare per darmi ragione. Eh?

Non mi sembra d’accordo, ma per fortuna sono le tre.

― Abbiamo l’orientamento ― aggiungo, nel silenzio più totale.

Scott si alza, recupera una maglietta pulita tirandola fuori dalla valigia distrutta, getta quella sporca in un angolo della stanza e mi si avvicina.

― Stiles, sai che puoi richiedere un supporto psicologico? ― mi dice. Non capisco se faccia sul serio o no, ma è comunque preoccupante che uno che chiuda il codice per aprire la valigia nella suddetta valigia dica a me di andare da uno psicologo. O magari dopo aver visto il bagno ne abbiamo bisogno tutti.

― Ci penserò ― dico quindi, alzando le spalle. Odio il College.
 

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