Il Padre degli Orfani: i casi di omicidio di Londra

di Blu Notte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era una giornata piovosa quando Rina e Madia arrivarono. Era il 7 Aprile 1985, il sole non si vedeva e – mentre le due giovani donne si muovevano per la città, cercando di raggiungere l'indirizzo che compariva sulla lettera di assunzione – il silenzio era ampio, rotto solo dallo sfrecciare delle auto e dallo scrosciare della pioggia. Le poche figure che si incontravano – i cappucci degli impermeabili calati sul volto, il passo frettoloso – davano l'idea di ombre di passaggio.
Quella città così velata era Londra. Dava l'idea che anche la verità, lì, potesse essere nascosta da nubi abbastanza dense.
Rina però era contenta. Era sempre stata la sua ambizione lasciare l'Italia e cercare lavoro in Inghilterra. Così, mentre le due ventenni riuscivano finalmente a raggiungere l'indirizzo della pensione che avevano sentito per telefono, Rina capiva che incominciava qualcosa di nuovo.

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Salve! Anzitutto mi presento: mi chiamo Silvia e questa è la mia prima storia giallo/thriller. Visto che non sono esperta del genere, mi piacerebbe che mi faceste sapere cosa ne pensate e, se avete delle critiche da fare, non trattenetevi ;) Poi volevo darvi un'informazione sulla storia.. è una storia originale, non è una fan fiction. Però, nel finale, farò un riferimento preciso che solo chi ha visto un determinato anime potrà capire. Non vi dico di cosa si tratta naturalmente. Bene, se questo breve prologo vi è piaciucchiato leggete anche il primo capitolo, prima di decidere di scartare completamente questa storia. Buona lettura ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***



Capitolo primo

12 Aprile 1985, mattina


Rina si svegliò nella sua stanza alla pensione e, per un momento, si stupì di non essere a casa sua, in Italia. Provò solo un istante di spiazzamento, poi scosse la testa e si rimproverò. Doveva ancora abituarsi al cambiamento.
Scese dal letto, infilò le ciabatte, si avvolse nella vestaglia. Nella stanzetta di legno, dal basso soffitto da cui pendeva un malinconico lampadario, non c'era altro se non un letto, una scrivania, un cassettone e una grande finestra. Rina vi gettò appena un'occhiata, ma sapeva già cosa vedervi: cielo coperto.
Uscì dalla stanza e imbroccò il bagno, che condivideva con le persone del suo piano. Quando tornò, dieci minuti dopo, la sua faccia era pulita e priva delle tracce del sonno. Era una ragazza carina, anche se non propriamente bella, minuta e dalla pelle chiara. I suoi occhi erano grandi e neri, intensissimi; anche i suoi capelli erano neri, perfettamente lisci. Aveva poco dell'italiana, a dire il vero, e – quando glielo facevano notare – Rina era costretta a ripercorrere per l'ennesima volta la storia di sua mamma e dei suoi nonni materni, giunti in Italia dal Giappone per scopi commerciali. Rina di cognome faceva Martini, ma sua mamma si chiamava Miozaki, e le aveva insegnato il giapponese. La conoscenza di tre lingue – italiano, giapponese e inglese – ora le tornava utile.
Rina si vestì in fretta – odiava perdere tempo ad agghindarsi come facevano le altre ragazze – si diede una pettinata, e uscì dalla stanza e dalla pensione.
Quando mise piede fuori dall'edificio, non fu il freddo a sorprenderla, bensì una leggera pioggerellina, non ancora così fitta da suscitare l'utilizzo dell'ombrello, ma che aveva comunque qualcosa di insistente. Rina sorrise, a lei quel tempo non dispiaceva. A Madia invece non piaceva affatto, o così pensava Rina. La sua amica aveva mantenuto un'espressione strana di disappunto da quando erano scese dall'aereo, cinque giorni prima. La vedeva di rado, ormai.. Sebbene lavorassero come segretarie per la stessa piccola azienda tessile, avevano turni abbastanza diversi, e fin dal primo giorno di lavoro si erano trovate piene di roba da sbrigare. Non era facile, non conoscendo ancora alla perfezione né la lingua, né il posto. Una parte di Rina si sentiva leggermente spaesata. Ma, dopotutto, era lì per crescere.
Rina percorse la sua via, praticamente deserta, a quell'ora del mattino. Era una tipica via inglese: spaziosa, ordinata, bagnata, su cui si affacciavano palazzi color crema. E, nonostante i numeri civici dei palazzi cambiassero, essi erano sempre identici a quelli precedenti. Alla fine della via, nell'angolo di innesto con un ampio viale, si vedeva una cabina telefonica rossa.
Rina svoltò e iniziò a percorrere il viale, decisamente più popolato. Fu fermata però quasi subito: il ragazzo dei giornali richiamava l'attenzione dei passanti sulle notizie del giorno, e li invogliava a comprare il quotidiano. Rina aveva ancora problemi con l'inglese, e non capiva tutto quello che stava dicendo. Tuttavia il ragazzo sembrò prendersela proprio con lei.
-Aren't you curious? Who can be the orfans' Father?-
Rina si trovò fra le mani il giornale, in prima pagina un grande articolo sul nuovo omicidio del serial killer che da diversi anni stava terrorizzando Londra. Il Padre degli orfani.
-How much is it?-
-One pound, miss.-
Rina pagò senza esitazione, perché quell'articolo la attirava. Dopodiché ricominciò a camminare, ma più lentamente, con la prima pagina di giornale sotto il naso.
Sì, il Padre degli orfani. Lo chiamavano così perché grazie a lui il numero degli orfani aumentava di anno in anno. Se la prendeva solo con coppie sposate, marito e moglie, che avessero uno o più figli. Durante la notte, si intrufolava in casa loro, ammazzava la coppia – probabilmente con un coltello o qualcosa di simile, perché le morti erano sempre molto truculente – e lasciava inspiegabilmente illesi i figli.
Scotland Yard non aveva ancora idea di chi si potesse trattare, benché i suoi omicidi – da quanto ne sapeva Rina – proseguivano da almeno dieci anni..
Amber e Gerald Coulling sono le ultime vittime della mania omicida del Padre degli orfani, recitava l'articolo. La figlia di 7 anni, la cui cameretta si trovava al piano di sopra, avrebbe sentito solo la porta di ingresso aprirsi e chiudersi.
Come doveva essere, per una bimba di sette anni, scendere le scale e ritrovare i genitori in una pozza di sangue? Gli occhi di Rina iniziarono a muoversi velocemente, mentre lei captava le informazioni.
Notte dell'11 Aprile 1985... Bambina trasportata in ospedale... L'ispettore Brent dichiara: troveremo il colpevole di questi scellerati..... Ma l'identità del Padre degli orfani resta sconosciuta... Undici anni di omicidi... Sei/sette mesi, a volte un anno di intervallo fra un omicidio e l'altro..
Rina quasi sussultò per la sorpresa quando si trovò di fronte all'azienda tessile in cui lavorava. Sospirò, piegò il giornale, ed entrò.
Era piccola, tanto piccola che poteva essere definita una “grande stanza” tutta su un unico piano, tuttavia c'era sempre un sacco di lavoro da fare. Le ragazze impiegate lì – a parte lei e Madia – erano tutte stiliste, e lavoravano con la stoffa e i manichini. In generale erano alte, belle, e guardavano con un po' di superiorità sia Rina che Madia. Rina supponeva che quelle ragazze fossero convinte di diventare un giorno come Coco Chanel, o qualcosa di simile..
Anche quella mattina, Rina entrò salutando, e ricevendo ben poche risposte. Non che le importasse, in fondo. Raggiunse la sua scrivania, in un angolo dello stanzone, si tolse la giacca, si sistemò e iniziò a dare un'occhiata alle scartoffie che il giorno precedente aveva lasciato.
Il lavoro procedeva lento e monotono, le ore scorrevano le une sulle altre. E mentre Rina pinzava fogli, compilava moduli e redigeva stipendi.. la sua mente non poteva fare a meno di tornare all'articolo che aveva letto.
Sei/sette mesi, a volte un anno di intervallo fra un omicidio e l'altro. Strano che l'omicida stesse così a lungo senza uccidere. Strana anche la sua cadenza tutto sommato regolare. Da quanto sapeva Rina di serial killer, essi erano presi dalla brama di uccidere in determinati periodi della loro vita, ma – in quei momenti – i loro omicidi si susseguivano a breve distanza l'uno dall'altro. Un così lungo intervallo faceva quasi pensare... faceva quasi pensare che l'assassino si trattenesse dall'uccidere. Sì, sembrava così. Rina si chiedeva se Scotland Yard avesse mai provato a seguire quella pista.
Perché si tratteneva? Forse Scotland Yard sospettava già di lui, e non poteva esporsi troppo? Ma no, altrimenti non avrebbe agito così sin dall'inizio. Poteva essere che in realtà egli non volesse uccidere, ma che non potesse farne a meno. Questo sembrava più plausibile; rivelava la mentalità di una persona profondamente malata nella psiche, come doveva essere. Chi, se non un matto, commetterebbe quegli omicidi? Oltre alla loro brutalità, la cosa di lasciare i figli illesi era malata. Era quasi ovvio che l'omicida fosse un orfano, e che rivivesse la propria solitudine ogni volta che uccideva. Voleva punire i propri genitori per averlo abbandonato, e ne uccideva degli altri. Voleva che ogni bambino provasse ciò che aveva provato lui, e li lasciava in vita.
Rina diede ancora un'occhiata all'articolo.
Sì, le sue supposizioni dovevano essere corrette. Il rinomato serial killer di Londra doveva essere una persona profondamente instabile. Possibile che non lo avessero ancora trovato? La polizia aveva mai pensato di cercare fra i registri degli orfanotrofi londinesi? Indubbiamente, se lo avessero fatto, avrebbero trovato il caso di un bambino che sin da piccolo amava la necrofilia..
-Rina!-
Rina alzò la testa, colta di sorpresa.
Vicino alla sua scrivania c'era Madia, con ancora la giacca addosso, bagnata – già, aveva iniziato a piovere più intensamente.. Cosa ci faceva lì, Madia? Non era il suo turno. Ah, già. Rina si ricordò che le aveva detto che sarebbe venuta a prendere dei documenti.
-Cosa stai facendo, Rina?- Le domandò. La conosceva abbastanza bene da sapere che quello sguardo concentrato voleva dire qualcosa. Si sporse su di lei e vide l'articolo.
Madia era abbastanza bella. Era slanciata, dagli occhi chiari e i capelli marroni-biondicci che rivelavano la sua origine dell'est. Rina la considerava una cara amica. La conosceva da molti anni, venivano dalla stessa cittadina, ma non si poteva dire che erano amiche da sempre: avevano impiegato parecchio tempo prima di darsi confidenza reciprocamente.
-Ah, il Padre degli orfani.- Madia sorrise, e si raddrizzò. -Ti stai interessando a questo caso? Potresti dare una mano a quelli imbecilli dei
bobbies, non gli farebbe male.-
Rina arrossì lievemente e chiuse il giornale. -Ma no.. Che interessando..-
-Puoi fare la finta tonta quando vuoi, ma so come ti si illuminano gli occhi quando hai di fronte un caso. Mi ricordo quando da noi hai collaborato con la polizia locale. Era per il caso... come si chiamava la vittima? Fernandi?-
-Fernandelli.- Rispose Rina. -E il mio aiuto non è servito a molto, il colpevole non è stato preso.-
-Comunque è stato richiesto. Hai un'abilità molto rara, tutti lo sapevano.-
Rina fece finta di disinteressarsi al discorso. Già, non poteva negare di avere una capacità deduttiva al di sopra della norma.. Era una cosa che sapeva da sempre. Da piccola le piaceva investigare sulle più piccole cose, e mentre diventava grande cresceva anche questa sua “capacità”. Tuttavia non aveva mai pensato che le sarebbe tornata utile, prima dei due casi di omicidio avvenuti nella sua cittadina.
Il primo era accaduto quando Rina aveva quattordici anni, e lei – sconsideratamente – aveva provato a investigare da sola, con scarsissimi risultati. Per il caso Fernandelli era stato diverso.. Aveva già diciotto anni, dunque più mezzi, dunque più giudizio. Aveva iniziato a fare domande per conto suo, poi – siccome si era avvicinata notevolmente – la polizia locale aveva richiesto il suo aiuto.
Erano passati due anni, eppure quella storia non riusciva ancora a essere rimossa dalla sua memoria. Il caso era rimasto irrisolto, ma Rina sapeva di aver fatto tutto il possibile e di esserci arrivata vicinissima. C'era stato un momento in cui si era sentita a un passo dal colpevole. Tuttavia, aveva sentito anche che c'era qualcosa che non tornava, qualcosa che le sfuggiva..
Adesso cos'è che le consigliava Madia? Di farsi prendere da quel caso? Era semplicemente assurdo. Non era riuscita a risolvere un semplice caso di cronaca locale. Doveva interessarsi a qualcosa di così grosso, provare a prendere un omicida che aveva al seguito tutti gli sbirri di Scotland Yard?
-Madia?-
-Sì?-
-Dobbiamo ricordarci di dire al signor Richmond che se continuerà a comprare stoffa da Cut and Paste manderà in bancarotta l'azienda.-



15 Aprile, sera

Rina non si sarebbe intromessa nel caso, era insensato. Tuttavia, nulla le vietava di informarsi un po', dopotutto le notizie principali erano di dominio pubblico.
Quello era il motivo per cui il pavimento della sua stanza, alla pensione, era cosparso di fogli di giornale.
Rina c'era dietro da quelle che a lei sembravano due ore, ma che in realtà erano cinque. La luce delle candele si faceva tenue – la luce del generatore della pensione veniva spenta tassativamente alle 11.30 pm – e gli occhi di Rina si facevano pesanti, tuttavia si sentiva abbastanza soddisfatta.
Era seduta sul bordo del suo letto, una gamba a penzoloni e una tirata contro il corpo – in quella posizione pensava meglio – e osservava i fogli di giornale dall'alto. Al suo fianco, un piccolo taccuino conteneva le informazioni utili che era riuscita a ricavare.
Il primo omicidio era avvenuto l'11 febbraio 1974. La famiglia coinvolta erano i Roberts, lei di 27 anni e lui di 34. Avevano un figlio piccolo, di 6 mesi, e uno di 4 anni. La famiglia abitava fuori Londra, in periferia.
Rina supponeva che il primo omicidio fosse importante, nello scoprire l'identità di un serial killer. Anzitutto perché egli è ancora inesperto, e può più facilmente commettere errori. E poi perché, inizialmente, non può avere in programma di uccidere ancora. Non sa che quell'omicidio segna l'inizio di una lunga sfilza. Dunque, era possibile che il Padre degli orfani fosse della periferia di Londra, ed era altrettanto possibile che conoscesse la famiglia Roberts, per lo meno di vista, e che li avesse uccisi spinto da un impulso irrefrenabile.
Rina aveva calcolato che l'assassino potesse avere dai trenta ai settant'anni, ma reputava più probabile che si trovasse nella fascia di età tra i quaranta e i sessanta.
Se le sue supposizioni erano corrette, se davvero l'assassino fosse stato originario della periferia londinese.. Rina avrebbe potuto informarsi se per caso da quelle parti c'era un orfanotrofio.
La ragazza sorrise.


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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


13 Aprile 1985


Rina sfogliava le “pagine gialle” della reception della pensione. Stava monopolizzando il telefono fisso, fingendo di telefonare a casa. Dietro di lei c'era una coda di persone che sbuffava e le faceva capire la propria impazienza.
A un certo punto, però, Rina voltò pagina e lo trovò. St. Mathias' House. Un orfanotrofio. A nemmeno otto chilometri da dove era avvenuto l'omicidio dei Roberts. L'assassino doveva essere cresciuto al St. Mathias – se le sue supposizioni erano corrette – e non doveva avere mai abbandonato la zona della periferia.
Rina chiuse il libro, rimise il telefono che aveva finto di utilizzare a posto e lasciò il luogo, seguita dalle occhiate torve di tutti.
E adesso che aveva quelle informazioni? Qual era la prossima mossa? Andare al St. Mathias? Era folle. Anche la polizia doveva essere facilmente giunta a quelle conclusioni. Se non avevano ancora arrestato nessuno, era perché quella pista non portava da nessuna parte. Tuttavia..
Rina si fermò e si sedette su uno scalino. Si mordicchiò le labbra. L'idea di lasciare perdere non la affascinava.
Quasi improvvisamente, la raggiunse un flash. Sua madre, per il caso Fernandelli. Ben lontana dall'essere fiera che sua figlia desse una mano alla polizia, la aveva accolta in casa urlando: -Ma non hai paura?!-
No, Rina non aveva paura degli assassini. Non aveva avuto paura due anni fa, né ne aveva in quel momento. Qualsiasi cosa fosse stata commessa da un essere umano, per quanto brutale, le sembrava facilmente contrastabile, se non banale. Solo il paranormale aveva il potere di spaventarla, e questo era il motivo per cui evitava accuratamente le storie dell'orrore, di fantasmi e di streghe.
Ma se il suo nemico era un uomo fatto di carne e sangue, non riusciva ad averne paura.
Perciò che farai?, si chiese. Decise: sarebbe andata al St. Mathias.


L'orfanotrofio era un edificio grigio e inanimato. Rina avrebbe detto che era abbandonato, se non fosse stato per le risate dei bambini che correvano nel piccolo cortile. Sembravano allegri, sì, ma erano pallidi e magri, e – correndo di qua e di là – parevano più spiriti intrappolati in quel luogo freddo che veri bambini.
Rina si strinse nella giacca, indecisa sul da farsi.
Aveva impiegato non meno di tre ore per giungere in quella zona periferica, pochissimi mezzi di trasporto portavano lì. Quei quartieri erano ben diversi dal centro di Londra: davano l'idea di.. di sporco, di fumoso e di povertà.
Anche il St. Mathias era così, ed era più piccolo di come se lo era immaginato. Non sarebbe stato difficile reperire qualche informazione.
Rina prese una boccata d'aria, spinse il cancello cigolante ed entrò. Percorse il cortile, i bambini quasi non la guardarono, poi entrò nell'edificio. L'interno era grigio come l'esterno, e non pareva esserci nessuno. Rina rimase lì, al centro del corridoio, finché non giunse una signora piuttosto grassoccia e bassina, dall'aspetto un po' buffo, ma decisamente ben vestita.
-Ha bisogno, signorina?- Le domandò.
-Vorrei parlare con il direttore.-
-Sono io.- Le rispose, gentile. -Mi segua, andiamo nel mio ufficio.-
Rina obbedì. Salirono qualche rampa di scale di legno, e intanto la ragazza ne approfittò per guardarsi attorno. Alle pareti erano appesi i disegni dei bambini; ogni tanto sulla scala si affacciava un pianerottolo, da cui spuntavano teste infantili che le osservavano incuriosite.
L'ufficio della direttrice era al terzo piano, in fondo a un lungo corridoio. Quel piano non sembrava ospitare stanze di bambini, ma solo uffici e un'infermeria.
-Prego, si accomodi.-
L'ufficio era piccolo, ma ben tenuto. La scrivania era di legno lucido. Rina prese posto su una sedia e la donna dietro alla scrivania.
-Allora, cosa posso fare per lei?- Domandò. -Vuole adottare un bimbo o una bimba?-
-No, signora, niente del genere. Vorrei solo delle informazioni.-
La donna sospirò. -Immaginavo.. Le giovani donne desiderano sempre meno diventare madri, con i tempi che corrono. Spesso questi poveri ragazzi rimangono qui fino ai quattordici anni, quando vengono trasferiti in un altro istituto. È una bella sfortuna essere orfano.-
Rina rimase zitta, non sapendo cosa rispondere.
-Ma mi dica, di cosa ha bisogno?-
-Potrà sembrarle una domanda strana..- Esordì Rina. -Ma avrei bisogno di sapere se vi è mai capitato di ospitare in questa struttura un bambino un po'.. diverso. Insomma, con inclinazioni inquietanti. Indicativamente fra il 1930 e il 1950.-
La donna sembrò spiacevolmente sorpresa. -Signorina, io sono qui da dopo la fine della guerra, dal '48.. per cui non saprei risponderle con completezza.. Inoltre, ho già detto tutto quello che so alla polizia.-
Gli occhi neri di Rina si fecero intensi. La polizia.. Avevo visto giusto.
-Lo so, signora, però avrei comunque bisogno di sapere qualcosa a riguardo. È importante.-
-Lei è della polizia?-
-Una cosa del genere. È probabile che l'uomo in questione si sia messo in seri guai.-
La donna sospirò. -Non stento a crederlo..- Disse. -Io non ero ancora qui, ma il mio predecessore, mio carissimo amico e ormai defunto da una decina di anni, mi ha raccontato di un bambino giunto all'istituto nel '41.-
-Come si chiamava il bambino?-
-Daniel Frank Lloyd, è giunto qui all'età di sette o otto anni. È stato adottato da una coppia che poi però, quando il ragazzo aveva ormai diciotto anni, lo ha disconosciuto come figlio.-
-Per quale motivo?-
-Be'..- La donna parve imbarazzata. -Daniel non era cattivo, ma era, come ha detto lei, diverso. Gli piacevano cose che agli altri bambini non piacevano, e ogni tanto aveva degli scoppi di rabbia, e in quei momenti diventava incontrollabile.. Vede, noi teniamo tutti i disegni dei nostri ragazzi, e da qualche parte dovrebbero esserci anche quelli di Daniel. Se glieli facessi vedere, capirebbe ciò che intendo. Immagino che con la crescita, a meno che non sia stato aiutato, il suo disturbo sia andato peggiorando..-
Rina annuì. -Ho capito, grazie. Mi è stata di grande aiuto. Avrei ancora una domanda da farle. Si ricorda il nome della coppia che adottò Daniel Lloyd?-
-Sono mortificata, ma questo non posso dirglielo. Sarebbe una palese violazione della privacy e del mio ruolo.. A meno che lei non mi possa dimostrare di essere della polizia, in tal caso..-
Rina sorrise e si alzò. -Non fa niente, signora, grazie comunque.-
Le tese la mano, e la direttrice, dopo essersi alzata, gliela strinse con un sorriso.
Rina abbandonò l'orfanotrofio abbastanza soddisfatta. Daniel Frank Lloyd, eh? Ne era sicura: quello era il nome del Padre degli orfani.


Rina non aveva per niente voglia di tornarsene alla pensione, non dopo quanto aveva scoperto. Le cose che era riuscita a ricavare dal suo breve colloquio con la direttrice erano di rilevante importanza. Primo fra tutte, era sulla pista giusta. La donna aveva parlato di “polizia”. Certo, c'era il fatto che fino a quel momento il Padre degli orfani non era ancora stato arrestato, quindi poteva essere che la pista fosse inconcludente. Ma poteva anche essere che la polizia avesse tralasciato qualcosa di importante, cosa che Rina non intendeva fare.
Secondo, l'uomo che cercava aveva cinquantuno o cinquantadue anni.
Terzo, la malattia di Daniel Lloyd era più evidente di quanto Rina avesse immaginato. Solo questo avrebbe potuto spingere una coppia a disconoscerlo come figlio. In più, questo evento doveva avere aggravato ancora di più la sua malattia, portandolo a pensare che i genitori non volessero bene ai figli, e perciò andassero eliminati. Chiunque fosse questo Daniel Lloyd, i suoi problemi dovevano essere – se non evidenti – per lo meno intuibili. Ciò avrebbe reso più facile a Rina riconoscerlo.
Ora, il problema era solo uno: scoprire cosa ne era stato di Daniel Lloyd. Poteva sostanzialmente seguire due piste: o ricostruire i suoi movimenti dopo l'adozione da parte della misteriosa coppia, o andare dritta al sodo.
Siccome per la prima strada avrebbe dovuto avvalersi di poteri che lei non aveva – se fosse stata nella polizia sarebbe stato tutto più semplice – optò per la seconda.
Era per questo che Rina era chiusa in una cabina telefonica da almeno mezz'ora, a consultare ancora le “pagine gialle” inglesi. Sì, era un metodo un po' semplicistico, ma poteva rivelarsi utile. Infatti, trovò due risultati: due persone si chiamavano Daniel Frank Lloyd, la prima abitava in provincia di Londra, la seconda in centro.
Rina compose il primo numero, e aspettò, mentre il telefono squillava.
Un tlack, e una voce giovanile rispose: -Pronto?-
Rina buttò giù. Dalla voce il suo interlocutore doveva avere avuto dai venti ai venticinque anni, quindi non poteva essere lui.
Compose il secondo numero. Il telefono squillava a vuoto.
Rina aspettò con pazienza, ma francamente dubitava che quel metodo avrebbe portato da qualche parte. Sì, scoprire dove abitava una persona non poteva essere così facile.
Tlack. -Pronto?-
Gli occhi di Rina scintillarono.
Quella voce.. l'età poteva corrispondere.
Rina non perse tempo, ma rispose immediatamente, con voce allegra. -Pronto, buongiorno, è il signor Lloyd?-
-Sono io.-
-Salve, io sono Mia. Le telefono per conto..- Rina gettò un rapido sguardo fuori dalla cabina telefonica, a un cartellone che pubblicizzava l'azione dei sindacati -.. del sindacato. Avrei bisogno di farle alcune domande relative al suo posto di lavoro, a fine statistico. La tranquillizzo sul fatto che i suoi dati personali non verranno diffusi a terzi, ma saranno unicamente utilizzati da noi per comprendere come meglio aiutare i nostri associati.-
-.. Il sindacato?-
-Esatto. Ha tempo di rispondere a qualche domanda?-
-Sì, io.. d'accordo.-
-Dunque, può dirmi la sua età?-
-Cinquantadue anni.-
Rina spalancò gli occhi, il suo cuore prese a battere. Rispose però con la dovuta calma: -Cinquantadue.. ook. Che lavoro fa?-
-Lavoro come impiegato.-
-Il luogo dove lavora è vicino alla sua abitazione?-
-Sì, in Darwin Street. Impiego circa cinque minuti a piedi.-
Rina sorrise. -Ho capito. È soddisfatto del suo lavoro? E questa domanda include ogni aspetto: stipendio, capoufficio, professionalità..-
-C'è di meglio.-
-Desidera spiegarsi?-
-Lo stipendio è una miseria.. e il capoufficio mi tratta come un imbecille.-
La voce dell'interlocutore di Rina sembrava seccata.
-Ho capito, signore. Grazie del tempo che ha messo a nostra disposizione.-
-Già finito?-
-Già finito. La ringrazio per la disponibilità, buona giornata.-
Rina mise giù. Non riusciva a smettere di sorridere. Quanto poteva essere stupido, questo assassino?

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Buongiorno, eccomi di nuovo qui. Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Rina si sarà effettivamente messa sulla pista giusta? Fatemi sapere.
Una cosa: probabilmente aggiornerò ogni week end. Purtroppo durante la settimana, andando in Università, mi manca proprio il tempo. Se però capitassero settimane in cui non aggiorno, non me ne vogliate troppo, please. A presto,
Silvia

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


16 Aprile 1985, 7.00 am

Darwin Street non era né bella, né brutta. Aveva l'aria mesta ma frizzante di un quartiere piuttosto economico.
Rina ci aveva messo poco a trovare il luogo dove Daniel Lloyd lavorava, era l'unico ufficio di quell'isolato. Ora non restava che trovare l'abitazione dell'assassino, che aveva detto di impiegare cinque minuti a piedi per recarsi sul posto di lavoro. Dunque la sua casa non doveva essere a più di cinquecento metri da lì.
Non fu un grande problema per Rina: si mise a chiacchierare con un'anziana signora dall'aria piuttosto pettegola, che – già perfettamente vestita – era uscita di casa per innaffiare i suoi gerani. Da lei, Rina seppe tutto quello che si poteva sapere. Daniel Lloyd abitava al numero 71 di Darwin Street, aveva i capelli rossi e la pessima abitudine di bere. La signora lo vedeva sempre recarsi a lavoro alle otto di mattina, per poi tornare a casa a mezzogiorno e ritornare a lavoro di pomeriggio. Rina chiese se aveva mai notato qualcosa di strano in lui. La signora rispose che quel tipo non le piaceva, e che ogni tanto vedeva qualche strana donnaccia frequentare casa sua. Rina ringraziò e si recò al numero 71.
Osservò la casa da distante. Come tutte le altre di quella strada, era una piccola villetta su tre piani con un poco di giardino in salita di fronte. Il giardino non era tenuto granché bene: il prato era spelacchiato e le piante quasi tutte secche. La casa aveva una grande mansarda e finestre bianche, dalle quali non si intravedeva ancora luce. Daniel Lloyd dormiva ancora?
Rina procedette lungo la strada, finché non raggiunse una panchina e si sedette. Da lì vedeva bene il numero 71, ma non era abbastanza vicina perché qualcuno distinguesse il suo volto. Tirò fuori un quotidiano che aveva comperato venendo lì, lo aprì e fece finta di iniziare a leggere. Si era vestita in modo completamente diverso dal solito, si era messa un paio di modesti tacchi, e aveva raccolto i suoi capelli neri dentro un cappello viola. Con quell'abbigliamento, chiunque le avrebbe dato almeno una decina di anni in più di quelli che aveva.
Rina aspettò, ma l'attesa si rivelava più snervante del previsto. Sotto i suoi occhi, scorrevano gli articoli del quotidiano senza che riuscissero veramente a distrarla. La distensione fra Stati Uniti e URSS, Gorbachev... il presidente Reagan..
Rina iniziò a picchiettare nervosamente sul metallo della panchina.
Poi sobbalzò. Eccolo.
Daniel Lloyd stava uscendo di casa, stava scendendo gli scalini e chiudendo il cancello dietro di sé. Rina registrò ogni suo dettaglio. Era basso, i capelli rossissimi, il viso colmo di lentiggini. Non era vestito bene, aveva l'aria trasandata. Aveva in mano una valigetta, probabilmente contenente tutto l'occorrente per svolgere il suo lavoro da impiegato. Rina era sicura che, avvicinandosi, avrebbe potuto sentire quel puzzo di sudore misto ad alcol tipico degli uomini sopra la quarantina che bevono. La signora non aveva esagerato, doveva davvero essere un alcolizzato.
Senza farsi notare, Rina estrasse dalla borsa la macchina fotografica usa e getta che aveva comprato, e scattò qualche foto. Una al suo viso, una di lui che si accendeva una sigaretta, una di lui di spalle, che si incamminava verso l'ufficio..
Rina abbassò la macchina e rifletté sul da farsi. Seguirlo sarebbe stata una perdita di tempo. Sapeva già dove lavorava, e non poteva entrare lì dentro senza farsi notare. L'ideale sarebbe stato fare una capatina dentro casa sua, ma era troppo rischioso, perfino per lei. Inoltre, non si era mai introdotta in una casa, immaginava che non fosse facile.
Rina osservò il numero 71, e per poco non rimase a bocca aperta. Lloyd aveva lasciato una finestra socchiusa! No.. a pensarci bene non l'aveva lasciata socchiusa. Era così anche prima. Che la finestra fosse rotta? Oppure se l'era semplicemente dimenticata aperta la sera precedente? Se era così, l'occasione era troppo ghiotta, e forse irripetibile..
Ma no, doveva pensarci bene. Si trattava di un assassino, dopo tutto. Se l'avesse trovata in casa sua, la avrebbe ammazzata senza pietà. Non doveva fare gesti azzardati.. E se la signora si fosse sbagliata? Se – ad esempio – alle otto Lloyd non andasse a lavoro, ma semplicemente a fare una passeggiata, e rientrasse dopo una mezz'ora? In quel caso coglierebbe Rina con le mani nel sacco.
Prima di fare una cosa del genere, Rina doveva studiare meglio le sue abitudini, osservarlo. Certo, quella finestra aperta era una bella tentazione, per lei che come scassinatrice valeva meno di zero.. Però no, non poteva rischiare di farsi ammazzare così.
Rina si alzò e se ne andò, perché stare lì di fronte a quella casa era troppo snervante. Sarebbe tornata il giorno dopo, e il giorno dopo ancora.



18 Aprile,7.00 am

Rina aveva adeguatamente studiato Daniel Lloyd. Il giorno prima lo aveva osservato sia al mattino, sia al pomeriggio, sia alla sera. Naturalmente il tutto senza farsi scoprire.
Al mattino andava a lavoro e – come aveva detto la signora – ci restava fino a mezzogiorno. Al pomeriggio lavorava dalle 16:00 alle 19.30. La sera scorsa non era uscito, ma Rina supponeva che almeno qualche sera a settimana si recasse in un pub o qualcosa del genere. Un uomo così doveva uscire, ogni tanto.
In realtà Rina non era molto soddisfatta. Non si era immaginata un uomo del genere, per l'assassino che stava cercando. Intanto non si era immaginata un alcolizzato: la dipendenza dall'alcol era sì sintomo di profondo disagio interiore, ma toglieva anche lucidità, e per un omicidio ci voleva grande, grande lucidità. In più, i killer di solito non bevevano, perché – al posto di bere – preferivano rinfrescare la loro anima disperata con il sangue di una vittima. O almeno, così pensava Rina.
Ma queste riflessioni venivano solo dal pregiudizio che Daniel Lloyd aveva suscitato in lei. Rina aveva visto il suo volto e le sue abitudini, lo aveva visto, cioè, per come si presentava a tutti. Poteva essere che dentro nascondesse un qualcosa di ben più profondo.
Quel giorno, Rina intendeva introdursi in casa di Daniel Lloyd mentre questi era a lavoro. Sarebbe entrata dalla finestra rotta – anche il giorno precedente era rimasta socchiusa – e sarebbe rimasta dentro non più di un'ora, per sicurezza. Avrebbe cercato qualcosa, qualunque cosa che potesse ricondursi agli omicidi perpetrati. Se davvero Daniel Lloyd era il Padre degli orfani, come Rina pensava, non avrebbe faticato a trovarlo.
Anche quel giorno Rina rimase seduta sulla panchina con un quotidiano in mano, anche quel giorno Daniel Lloyd uscì, trasandato, e si recò a lavoro.
Rina aspettò giusto un quarto d'ora, il tempo di accertarsi che Daniel Lloyd non tornasse indietro perché aveva dimenticato qualcosa. Poi si mise il giornale in tasca, si alzò, ed entrò nel giardino del numero 71.
Si lanciò una rapida occhiata attorno, ma era ancora troppo presto perché ci fosse qualcuno in giro. Rina prese un bel respiro e si avvicinò alla finestra. La spinse, guardò dentro. Era la finestra della cucina: una cucina spoglia, con un tavolo circolare.. Rina mise le mani sul davanzale, pronta a tirarsi su. Adesso il suo cuore batteva, batteva forsennatamente. Che fosse paura? Non pensava di essere così debole, ma, dopotutto, non aveva mai fatto una cosa del genere.
Rina fece forza sulle braccia e si tirò su. Ma in quel momento un paio di mani la afferrarono saldamente alla vita e la tirarono indietro.
Rina cadde pesantemente sul prato, di schiena. Per un attimo non pensò a niente, tranne che sarebbe morta lì, in quel momento. Che alternative c'erano? Poteva mettersi a urlare, ma Daniel Lloyd le avrebbe tappato la bocca molto prima che qualcuno giungesse ad aiutarla.
Tuttavia, aprendo gli occhi si rese conto che il suo aggressore non era Daniel Lloyd. L'individuo che le stava sopra avrà avuto al massimo una trentina d'anni. Aveva i capelli biondi, il viso truce segnato da una cicatrice, un lungo impermeabili e un paio di pesanti stivali neri.
La agguantò e la girò di schiena. Rina sentì qualcosa di metallico serrarsi sui suoi polsi.
-La dichiaro in arresto per tentata violazione di domicilio.-
La polizia. Rina quasi emise un sospiro di sollievo.


Rina era già passata di fronte al numero 10 di Broadway, ossia New Scotland Yard, ma mai, mai aveva pensato che ci avrebbe messo piede. Tanto più, in condizione di arrestata.
L'uomo che l'aveva ammanettata la condusse in una specie di arioso ufficio, e la fece sedere davanti a un grande tavolo di legno chiaro, senza liberarla. Dopodiché semplicemente uscì dall'ufficio e se ne andò.
Rina voltò la testa e osservò l'esterno – la parete era composta da una delle grande vetrate che si vedevano da fuori. Osservò i turisti passeggiare tranquilli per quella via del centro, così ordinata e pulita. Dovevano essere al quinto o al sesto piano.. Mentre lei e il poliziotto salivano in ascensore, Rina non aveva contato i piani, ma immaginò che fosse così.
Rina si appoggiò allo schienale. Immaginò che sarebbe passato un bel po' di tempo prima che qualcuno comparisse a parlare con lei. Doveva far parte della strategia. Speravano di snervarla con un po' di attesa?
Circa mezz'ora dopo, la porta si aprì ed entrarono quattro uomini. Uno anziano e tarchiato – qualcosa nel modo in cui stava di fronte agli altri le disse che era il capo – uno dai capelli ricci e lo sguardo determinato, uno dai capelli color platino, e per ultimo il poliziotto dagli occhi truci che l'aveva arrestata. Questi le lanciò un rapido sguardo, che lei ricambiò impassibile, e poi si sedette in disparte.
-Allora, signorina Rina Martini..- L'uomo anziano le si sedette di fronte. -.. ci dice cosa voleva rubare, e perché?-
-Non volevo rubare nulla.-
Intervenne l'uomo dai capelli ricci, con voce seccata. -Per favore, non facciamo storie. Prima parla, prima avrà una possibilità di andare a casa.-
-Non potete tenermi qui. Effettivamente, non ho rubato nulla, e non ho nemmeno commesso una violazione di domicilio.-
-L'agente Lawliet l'ha vista tentare di introdursi in quella casa dalla finestra.- Disse l'uomo anziano, indicando con la testa il poliziotto che l'aveva arrestata.
-Non ha modo di saperlo.- Rispose Rina. -Forse volevo solo osservare la cucina del signor Lloyd, oppure sgranchirmi le gambe nel suo prato. Chi dice che volevo entrare? Si fa il processo alle intenzioni, adesso?-
L'agente dai capelli ricci parve irritato. Quello anziano però rise, con una certa pazienza. -Lei ha una bella parlantina, signorina Martini. Ma veniamo ai fatti..-
-Mi permetta, ispettore Brent.- Lo interruppe l'uomo dai capelli ricci. -Mettiamola una sera in gattabuia, vediamo se domani mattina sarà così spiritosa.-
-Ispettore Brent!- Esclamò Rina. -Adesso capisco.-
-Cosa capisce, signorina?-
Rina fece un sorrisino. -Mi pareva strano che per una semplice..- fece segno di aperte virgolette con le mani -.. tentata violazione di domicilio si scomodassero tutti questi agenti. Ma ora capisco. Lei è l'ispettore Brent, responsabile per le indagini sul Padre degli Orfani. E questa deve essere la sua squadra. Mi state facendo tutte queste domande perché la casa in cui ho tentato di introdurmi è quella di Daniel Lloyd, sospettato di essere il serial killer di cui tutti parlano. Anche voi lo stavate tenendo d'occhio, e questo spiega perché un agente mi abbia vista e fermata prima che riuscissi a fare qualcosa. Ma dovete sapere che io non intendevo rubare nulla all'interno dell'abitazione di Daniel Lloyd. Lo stavo osservando, tutto qui, perché sono convinta che lui sia il Padre degli Orfani.-
Per un momento gli agenti non dissero niente, si guardarono solo l'un l'altro, stupiti. Anche il poliziotto che l'aveva arrestata – l'agente Lawliet – aveva alzato la testa, sorpreso, abbandonando per un momento la sua espressione indifferente.
-Dunque..- l'agente Brent sembrava perplesso -.. mi corregga se sbaglio. Lei stava indagando su Daniel Lloyd?-
Rina annuì.
-E che referenze ha per farlo?-
-Nessuna.-
-È una giornalista, in realtà?-
Rina scosse la testa, nell'esatto istante in cui l'agente con i capelli platino disse: -No, ho controllato.-
-Quindi, signorina Martini.. lei è consapevole che questo non è il suo lavoro, ma è il nostro?-
-Sì, ma siccome sta continuando a morire gente e avevo una pista abbastanza certa da seguire, ho deciso di muovermi anche io.-
Di nuovo, gli agenti non parlarono.
-Io adesso la lascerò andare.- Disse infine l'ispettore Brent. -Ma non voglio più vederla gironzolare in luoghi dove non deve stare. Se la vedrò di nuovo, io la arresterò e lei sarà rispedita al suo Paese, in Italia. Abbiamo già abbastanza da fare, senza doverci occupare di curiosi e ficcanaso. È chiaro, signorina?-
-Aspetti!- Protestò Rina. -Avete capito quello che ho cercato di dirvi su Daniel Lloyd? Lui è...-
-Daniel Lloyd è innocente!- La interruppe Brent, con un tono autoritario che prima non aveva. -Mentre ben tre coppie venivano uccise, lui era chiuso in un ospedale a disintossicarsi. E, penso, siamo tutti d'accordo sul fatto che il Padre degli Orfani agisca da solo, senza complici.-
Rina ammutolì.
Sì, sul fatto che agisse da solo non c'erano dubbi..
-Dunque le sue supposizioni su Daniel Lloyd erano infondate, come tutto il suo agire. Lo stiamo tenendo ancora sott'occhio per precauzione, ma abbiamo intenzione di non seguirlo più.. E adesso deve andare, signorina.-
Rina si alzò in piedi, un po' abbattuta.
L'agente Lawliet si mosse verso di lei. Le si portò dietro e – con una chiave che aveva in tasca – la liberò dalle manette.
Rina mosse i polsi intorpiditi, si diede ancora un'occhiata attorno. Dopodiché non poté fare altro che obbedire all'ispettore Brent.

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Scusate tanto per il ritardo. Spero che questo nuovo capitolo vi abbia incuriositi ^.^ Fatemi sapere,
Silvia

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***


19 Aprile, 6:45 a.m.

Rina era sveglia già da un po', ma non aveva né la voglia né la forza di alzarsi dal letto. Tra poco più di un'ora si sarebbe dovuta recare a lavoro, ma avrebbe tanto preferito rimanere lì al buio, in pigiama, seduta sul suo letto con la schiena contro il cuscino.
Rina si sentiva depressa. Il che era discretamente strano per lei, che non si intristiva per le medesime ragioni delle sue coetanee – ovvero paturnie prive di fondamento e ragazzi – e da ciò conseguiva che Rina non fosse quasi mai depressa.
La sua depressione era dovuta all'aver così clamorosamente sbagliato ogni cosa. Era stata davvero convinta che Daniel Lloyd fosse il nome del colpevole, e adesso che aveva sbagliato si sentiva come priva di certezze.
Forse il Daniel Lloyd che cercava lei – quello che aveva trascorso la propria infanzia all'orfanotrofio – aveva mantenuto il cognome dei genitori adottivi.. Ma perché mantenere il cognome di qualcuno che lo aveva disconosciuto? Oppure – cosa più probabile – quel Daniel Lloyd non centrava assolutamente nulla con gli omicidi che si stavano susseguendo a Londra, ed era solo una persona un po' disturbata come tante.
Sì, Rina era depressa.
Si alzò dal letto, svogliata. Aprì le imposte, e lasciò che un po' di luce grigiastra entrasse nella stanza. La luce illuminò le fotografie che Rina aveva fatto al Daniel Lloyd che aveva pedinato, e che era andata a far sviluppare il pomeriggio stesso. Rina le osservò con un po' di sufficienza, poi distolse lo sguardo. Come per il caso dell'omicidio del signor Fernandelli, le sue deduzioni non avevano portato da nessuna parte.
Solo in quel momento Rina notò il biglietto bianco che c'era per terra, vicino alla porta. Doveva essere lì dalla sera precedente.. Rina si avvicinò e lo raccolse.

Ciao, Rina!
Ti va se domani pranziamo assieme, dopo il tuo turno? Ti aspetto da quel fish and chips che volevamo provare. A domani,
Madia”.
Per un attimo Rina fu tentata di andare a bussare alla camera della sua amica e dirle che non ne aveva voglia. Ma, in fondo, che senso aveva comportarsi così?


Rina entrò nel fish and chips, venendo immediatamente travolta dall'odore di fritto che aleggiava nel locale. Raggiunse Madia – che era già a un tavolo – e si sedette senza una parola.
-Rina!- Esclamò Madia. -Ma che fine avevi fatto ieri? Dov'eri?-
Rina si tolse la giacca, la sistemò sullo schienale della sedia, e le rispose: -Prima in Darwin Street, e poi a New Scotland Yard.-
Madia la guardò a bocca aperta. -..Cosa?-
Prima che Rina potesse rispondere, giunse il cameriere, ed entrambe ordinarono il loro pranzo. Dopodiché il cameriere se ne andò, e Madia puntò i suoi occhi su Rina.
-Vuoi dire che ti sei messa davvero a investigare sul Padre degli Orfani?-
-Già.-
-E stai collaborando con Scotland Yard?!-
-No, niente del genere.- Disse Rina. -Volevano semplicemente dirmi di farmi i fatti miei.. E probabilmente dovrei farlo.-
-Ma.. assolutamente no! Se sei arrivata a parlare con quelli di Scotland Yard, significa che eri sulla strada giusta! Questo anzi dovrebbe essere un motivo per farti andare avanti..-
-Fammi capire, Madia.. Vuoi che mi arrestino, o che mi faccia ammazzare?-
Madia la guardò, per un attimo perplessa. Poi rise: -No, nessuna delle due. Ma li hai davvero infastiditi così tanto?-
Anche Rina non poté trattenersi dal sorridere. -Diciamo che, forse, mi sono spinta un po' oltre.-
-Be', Rina, è un peccato.. Da quello che mi dici sembra che tu e la polizia vi siate avvicinati al colpevole allo stesso livello. L'unica differenza è che tu hai iniziato a interessarti al caso qualche giorno fa, mentre loro ci sono dietro da undici anni. Però effettivamente stiamo parlando di un matto omicida, non è un gioco.. Sì, forse non dovresti farti coinvolgere.-
Rina abbassò lo sguardo. Non aveva pensato a questo.. Lei aveva iniziato a indagare in quel momento, in pratica. E aveva già ottenuto notevoli risultati. Mentre la polizia...
Non fa niente, Rina. La interruppe una voce nella sua testa. Le tue deduzioni erano comunque sbagliate.
-Ti ringrazio, Madia.- Disse Rina, nonostante quei pensieri. -Tu sei davvero l'unica che ha sempre avuto fiducia nelle mie capacità.-
-Ehi, è perché so riconoscere un potenziale quando lo vedo.- Madia le fece l'occhiolino. -Dai, parliamo d'altro. Mi sembra che questa storia stia iniziando a pesarti.. Dimenticatela, eh?-
Rina annuì, ma nella sua testa non era convinta.
Dimenticarsela, dimenticarsela.. e come avrebbe fatto? Sentiva che c'era ancora qualcosa.



Rina ritornò alla sua stanza dopo il turno di lavoro pomeridiano. Le cose erano tutte come le aveva lasciate quella mattina: il letto disfatto, la scrivania disordinata.. Quando si sentiva depressa tendeva a lasciare tutto in disordine. Adesso però avrebbe dovuto provvedere.
Rina si tolse la giacca, posò la borsa e si avvicinò alla scrivania. Le foto di Daniel Lloyd erano naturalmente ancora lì. Prese in mano quella che ne immortalava il volto, e la osservò.
Un uomo cadente, che da troppi anni si era lasciato andare, dai capelli rossi, pieno di lentiggini.. Il tipico irlandese, adesso che ci pensava..
Daniel Lloyd, Lloyd.. Irlandese. Lloyd. Lloyd era un cognome tipicamente inglese, l'aveva già sentito molte altre volte. Eppure quell'uomo aveva l'aspetto inconfutabilmente irlandese.
Che vuol dire, Rina? Potrebbe essere di origine irlandese.
Già.. eppure il fiuto di Rina, o – meglio – il suo intuito, le diceva che c'era qualcosa di strano.
E se non si fosse sbagliata? Se Daniel Lloyd fosse stato effettivamente il Padre degli Orfani? Ma no, era impossibile. L'ispettore Brent le aveva spiegato il suo alibi di ferro. Però, però.. fin dall'inizio – da quando aveva visitato l'orfanotrofio – aveva
sentito che Daniel Lloyd era il nome del colpevole. Dunque?
Rina si immobilizzò.
Il nome del colpevole.
Osservò ancora la foto, e tutti i tasselli andarono al loro posto.
L'aveva trovato! Aveva trovato l'aggancio che mancava, che chiariva il senso di tutto.
Si sentiva come se avesse appena fatto un lungo salto, la testa le girava leggermente.
La polizia non l'aveva capito, altrimenti le indagini sarebbero andate avanti. Doveva parlare al più presto con l'ispettore Brent, o con qualcun altro della squadra che dava la caccia al serial killer di Londra.



20 Aprile, 7:00 p.m.

Rina era seduta fuori Scotland Yard da almeno un'ora e mezza. Non poteva entrare là dentro, perché in tutta probabilità la avrebbero spedita a fuori a calci, e lei non avrebbe raggiunto il suo scopo. Così aspettava, anche se iniziava a fare freddo. Seppellì metà volto nella sciarpa, e sperò che presto uscisse qualcuno.
Le sue speranze non tardarono a realizzarsi. Rina vide uscire dall'ingresso principale di Scotland Yard l'agente che l'aveva arrestata, l'agente Lawliet.
Rina si alzò in piedi. Avrebbe preferito parlare direttamente con Brent, ma anche lui andava bene.
Lawliet imboccò una delle strade su cui si affacciava Scotland Yard, e Rina si affrettò a seguirlo.
Lo raggiunse e gli si affiancò. -Agente Lawliet, buonasera.- Disse.
Lui diede mostra per un solo attimo di essere stato colto alla sprovvista. Dopodiché tornò all'espressione truce e disinteressata di due giorni prima. -Signorina Martini, giusto? Che ci fa qui? Ha desiderio di finire in prigione?-
Era la prima volta – dopo l'episodio del suo breve arresto – che Rina sentiva la voce di quell'uomo..
-No, volevo solo parlare con lei.- Gli rispose. -Le va di prendere qualcosa? In un pub, magari?-
L'agente Lawliet la guardò. La sua espressione non faceva trapelare nulla di ciò che pensava, tuttavia Rina ebbe l'impressione che stesse valutando la situazione.
-Perché no?- Disse infine.
Rina esultò interiormente. Forse le era andata bene, con Lawliet. Aveva idea che l'ispettore Brent non la avrebbe lasciata parlare..
Andarono in un pub lì vicino, in cui il poliziotto – che si presentò come Thomas Lawliet – disse di essere già stato molte altre volte. Il locale era piacevole: un po' in penombra, come tutti i pub inglesi, dall'aria intima, e profumava leggermente di birra..
Si sedettero a un tavolo vicino a una finestra – fuori cominciava a piovere – e comunicarono al cameriere che si apprestò ciò che avrebbero preso: Rina un caffè lungo e Thomas Lawliet una cioccolata calda con molta panna. Quella scelta lasciò un po' perplessa Rina: di solito erano le donne che prediligevano quel genere di dolci..
Tuttavia l'agente Lawliet non mostrò il benché minimo segno di imbarazzo, e, quando il cameriere si allontanò, le disse: -Allora, immagino che sia ancora interessata al caso.-
-Sì, è per questo che ho voluto parlarle. Ho una teoria. Se la reputerà sbagliata, le prometto che non disturberò più le vostre indagini.-
-La ascolto.-
Rina rimase per un attimo zitta. Ora dipendeva solo da quanto sarebbe stata convincente.. Frugò nella propria borsa e tirò fuori la foto di Daniel Lloyd. La mise sul tavolo. -Guardi bene.- Disse.
-È Lloyd.-
-Forse.- Rispose Rina, osservando l'agente con i suoi occhi neri, intensi. -Ascolti. Immagino che voi vi siate avvicinati a quest'uomo esattamente come ho fatto io. Avete avuto sue informazioni all'orfanotrofio St. Mathias, avete cercato una persona di nome Daniel Lloyd, trovando colui che corrispondeva alla descrizione, e lo avete tenuto d'occhio, finché non è stato chiaro che non poteva essere lui l'assassino.-
Thomas Lawliet annuì, semplicemente.
-Bene. Deve sapere che quando sono giunta a Daniel Lloyd io mi sono sentita un po'.. delusa. Non corrispondeva all'idea che mi ero fatta di lui. Da ciò che avevo scoperto all'orfanotrofio, mi aspettavo un uomo con visibili problemi di mente, che pure, nel suo campo, fosse lucido e brillante. Un uomo confuso e remissivo, e al tempo stesso incoerentemente crudele. Mi immaginavo di trovare questo, e invece mi è capitato di fronte Daniel Lloyd, svogliato e alcolizzato. Assolutamente banale, se mi è permesso usare questo termine.-
Thomas Lawliet non disse nulla. Stava ascoltando.
-Poi c'è stata la prova definitiva: ciò che disse la scorsa volta l'ispettore Brent. Nonostante quello che suggeriva il mio intuito, Daniel Lloyd non poteva essere il Padre degli Orfani. Tuttavia.. ho osservato attentamente quella foto, e mi è venuta in mente una cosa. Signor Lawliet, non le sembra che Lloyd sia estremamente irlandese?-
Il poliziotto abbassò la testa e osservò la foto. -Sì.- Convenne. -Il suo viso farebbe pensare così.-
-Però non lo è.-
-No.-
-Lloyd è un cognome tipicamente inglese, eppure lui sembra essere irlandese.. Ultima cosa, signor Lawliet. Com'è la fedina penale di quest'uomo?-
-Pulita.-
Rina sorrise. -Immaginavo. Dica, non le pare un po' strano che un uomo con tali problemi di dipendenza non abbia mai commesso nulla che violasse la legge?-
Lawliet si rabbuiò. -Sì, a questo avevo pensato anche io.-
-Se ipotizziamo che il signor Lloyd facesse uso regolarmente di sostanze stupefacenti, avrebbe dovuto essere introdotto nel giro, e dunque avrebbe dovuto spacciare piccole quantità di droga a sua volta.. Ma se anche ammettiamo che consumasse solo alcol, e che lo comprasse regolarmente in qualunque pub o supermercato, è mai possibile che, ubriaco fradicio dal mattino alla sera, non abbia mai commesso passi falsi?-
-C'è da dire che sono parecchi anni che il signor Lloyd non esagera più le quantità come prima. Da quando andò a farsi disintossicare, sette anni fa, il suo stato di salute è migliorato.-
-Ma lei ha detto che la sua fedina penale è assolutamente pulita. Prima cosa faceva?-
A questo Thomas Lawliet non seppe rispondere. Rina sorrise leggermente.
Il quel momento arrivarono le loro ordinazioni. Il caffè – una brodaglia marrone – fu servito a Rina, e la cioccolata al poliziotto. Questi ringraziò, dopodiché aprì una, due, tre di bustine di zucchero e le versò all'interno, nonostante la presenza di una montagna di panna già zuccherata. Rina non poté fare a meno di storcere il naso.
-Non rischia un diabete?-
-La prego, vada avanti.-
-Probabilmente colui che pensiamo essere Daniel Lloyd non è Daniel Lloyd.-
L'agente Lawliet si immobilizzò. Ma fu solo un secondo, dopodiché iniziò a bere la sua cioccolata. -Intende dire che colui che crediamo essere Daniel Lloyd e colui che lo è veramente si sono.. scambiati le identità?-
-Esattamente. So che è una cosa possibile. Attraverso vie illegali, è chiaro. Io credo che sia avvenuto questo: il vero Daniel Lloyd si è messo in contatto con quell'uomo..- Rina indicò la foto -.. che da adesso in poi chiameremo mr. x. Cercava qualcuno disposto a fare uno scambio di identità, perché sapeva bene di avere lasciato tracce troppo visibili dietro di sé, e con gli omicidi che stava perpetrando presto la polizia si sarebbe messa al suo inseguimento. Mr x, d'altra parte, aveva bisogno di lasciarsi alle spalle il suo passato, pieno di chissà quali sregolatezze. Quindi, avendo entrambi la stessa età e parecchie altre cose in comune, decisero di portare a termine questo vantaggioso scambio. Daniel Lloyd era abbastanza sicuro che la polizia non sarebbe mai giunta sino a lui. Chi avrebbe mai immaginato una cosa simile? Quando Scotland Yard avrebbe capito che mr x non poteva essere l'assassino, avrebbe accantonato la pista.-
-Tu però lo hai capito.-
-Devo interpretarlo come un segno che sei d'accordo con me?-
Thomas Lawliet posò la tazza di cioccolata. -No.- Disse. -È solo un'intuizione, che non ha alcuna base concreta.-
Rina rimase zitta.
-Tuttavia..- Proseguì lui -.. fino ad adesso non siamo giunti a niente con le piste che abbiamo seguito. E ne abbiamo provate tante, credimi, una meno probabile dell'altra. Per cui, per rimanere nell'ambito dell'improbabilità, perché non tentare anche questa strada?-
Rina fece un sorriso mesto. -Per lo meno, dal tuo discorso non sembra che la mia idea sia totalmente infondata.-
-Non penso che sia totalmente infondata.- Le rispose lui. -Ne parlerò all'ispettore Brent e ti farò sapere cosa ne penserà, d'accordo? Se l'idea gli piacerà, faremo qualche verifica. Se non lo convincerà.. be', non sono io che decido, Rina. Posso chiamarti così?-
Rina annuì e sorrise. -Certamente. Sei davvero gentile e ti ringrazio.-
A quella frase, anche Lawliet sorrise.
Rina pensò che il suo volto era completamente diverso, quando sorrideva.

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Buondì :) Cosa ne pensate di questo capitolo? Onestamente ne sono abbastanza soddisfatta (mentre non sono assolutamente soddisfatta di altri). Ma fatemi sapere: qualsiasi consiglio/critica è sempre molto ben accetto. Se c'è qualcuno che legge senza recensire.. per favore, mi dica cosa ne pensa. Ho veramente bisogno di pareri. Ringrazio coloro che hanno recensito e recensiranno,
Silvia

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


Rina passò i giorni seguenti in uno stato di impaziente attesa. Sapeva che mentre lei era lì – ad occuparsi di cose banali e a fare un lavoro banale – Thomas Lawliet stava parlando della sua supposizione all'ispettore Brent. Si chiedeva quando le avrebbe fatto sapere qualcosa. Ma i giorni passavano e non le giunse nessuna notizia. Quell'immobilità rendeva Rina nervosa, perché non sapeva in che altro modo riempirla.
Finalmente, il 26 Aprile, l'addetta alla reception della pensione venne a bussare alla porta della stanza di Rina, dicendole che c'era un uomo al telefono per lei. Rina capì subito che si trattava dell'agente Lawliet, anche perché non conosceva molti altri uomini, e in ogni caso era l'unico a cui avrebbe attribuito quel nome.
Scese dunque le scale e andò a rispondere al telefono.
-Rina?- Domandò Thomas Lawliet.
-Eccomi. Hai novità?-
-Ho parlato con Brent, la tua teoria non gli dispiace.-
Rina non ci poteva credere. -E gli hai anche detto che è mia?-
-Non subito. Prima ho preferito vedere cosa gliene sembrava, in modo che non partisse con qualche pregiudizio. Quando ho visto che ne sembrava convinto, gli ho detto che è tua.-
-Grazie..-
-Domani interroghiamo Lloyd.. cioè, mr x, come lo hai chiamato tu. Vuoi venire?-
-Davvero? E il tuo team è d'accordo?-
-Brent sì, Turner ha posto qualche obiezione, ma dopotutto l'idea è la tua.- Rina immaginò che Turner fosse l'uomo dai capelli ricci. -Ti considera un'impicciona, devo avvisarti.-
Impicciona.. Be', non aveva tutti i torti.
-Non fa niente.-
-Ci vediamo domani a Scotland Yard alle undici. Sii puntuale.- Disse Thomas Lawliet e poi riattaccò.
Rina riappese la cornetta. Non ci poteva credere.. Benedisse Thomas Lawliet in tutte le lingue che conosceva.
Bene. Se mr x aveva davvero scambiato la sua identità con Daniel Lloyd – nonché l'assassino che stavano cercando – domani lo avrebbe scoperto.



27 Aprile, 10.30 a.m.


Rina arrivò alla stanza dove la squadra che dava la caccia al Padre degli Orfani l'aveva interrogata. La porta era chiusa, e lì fuori – nel corridoio – era radunato tutto il team. L'ispettore Brent, Thomas, Turner, e l'agente dai capelli platino. Stavano bevendo tranquillamente i loro caffé.
Quando la videro, le loro espressioni cambiarono. A Rina sembrò di vedere negli occhi di Thomas un guizzo di incoraggiamento.
Fu lei la prima a parlare. Indicò la stanza. -Lloyd è.. lì dentro?-
-Il falso Lloyd, secondo te.- Rispose Brent. Buttò via il bicchiere di plastica in un cestino.
-Come farete a farlo parlare?-
-Lascia fare a noi.- Le disse Turner. Aprì la porta e tutti entrarono nella stanza.
Lloyd – mr x – era effettivamente lì. Sedeva, emaciato, più trasandato che mai e con il volto confuso. Quando loro entrarono, fece per alzarsi in piedi.
-Stia seduto.- Gli disse Brent.
L'uomo obbedì.
Brent e Turner presero posto di fronte a lui, gli altri rimasero in piedi alle loro spalle.
-Signor Lloyd, sa perché è qui?- Domandò l'agente Turner.
-Non ne ho la minima idea.-
Ma non sembrava così. O meglio, non pareva conoscerne il motivo, ma solo perché ce n'erano troppi.
-Noi non intendiamo arrestarla.- Lo rassicurò Brent. -Né siamo interessati a eventuali trasgressioni da lei commesse. Vogliamo solo farle qualche domanda. Riteniamo che lei conosca, o abbia conosciuto, il cosiddetto “Padre degli Orfani”.-
-Padre degli... vi riferite a quello svitato che fa fuori le coppie sposate?-
-Lui.-
-Ridicolo! Come farei a conoscerlo?!-
Rina corrugò le sopracciglia, e scrutò mr x con i suoi occhi neri. Non stava mentendo.. ma, in fondo, non aveva mai pensato che Lloyd gli avesse rivelato di essere il Padre degli orfani.
-Eppure lei lo conosce.- Intervenne Turner. -Lo ha conosciuto molto bene. È la persona dalla quale ha preso il suo bel nome.-
La reazione di mr x fu spettacolare, per Rina.
Sbiancò, e per un attimo i suoi occhi chiari si fecero terrorizzati. Strinse le mani attorno alla sedia, tremò per qualche istante. Poi cercò di darsi un contegno e di riassumere un'espressione neutra.
Rina, Thomas e l'agente dai capelli platino si guardarono. Non c'erano dubbi.
-Non so di cosa parla.- Cacciò fuori infine mr x.
-Oh, strano.- Rise Turner. -La sua reazione dice il contrario.-
-Signor Lloyd, o chiunque lei sia..- Disse Brent, e mr x voltò la testa verso di lui. -.. Come già detto, noi non intendiamo farle nulla. Vogliamo solo sapere chi era l'uomo in questione, e soprattutto vogliamo sapere il suo vecchio nome. Lasciarlo ancora a piede libero costerà la vita di molte persone.-
Mr x lo guardò fisso, e per un po' non disse niente. Poi si appoggiò allo schienale della sedia, e la sua espressione cambiò. -Mi sta forse dicendo che non conosce il mio presunto “vero nome”? E allora, mi scusi, ma chi le dà il diritto di accusarmi in questo modo?-
Va male, pensò Rina.
-Non faccia storie!- Gridò Turner.
-E lei non alzi la voce di fronte a un onesto suddito di Sua Maestà.- Mr x sorrise. -Non ho niente da nascondere e non conosco nessun Padre degli Orfani. Il mio nome è Daniel Frank Lloyd e le vostre accuse sono prive di senso. Voglio un avvocato.-
-Non è necessario, lei non è in arresto.- Disse Brent.
-Allora non avrà nulla in contrario se me ne vado.-
-Lei non va da nessuna parte.- Disse Turner.
-Allora mi incrimini. Ma si decida, signore. ..Cos'è quell'espressione? Non potete farlo? Non è che vi mancano le prove?-
-Questo stronzo è più sveglio del previsto.- Sussurrò l'agente biondo a Lawliet e a Rina.
-Pensavate che ve le avrei fornite io, eh?- Continuò mr x. -Ma io non ho proprio niente da dire. Anzi, chiederò un risarcimento per l'ingiusto trattamento che mi avete riservato. E per la figura che mi avete fatto fare di fronte ai colleghi del mio ufficio. E adesso, signori, devo andare.-
Mr x si alzò in piedi, e nessuno poté dirgli niente.
Si avviò verso la porta, davanti alla quale però c'era Thomas.
-Con permesso.- Disse sgarbatamente mr x.
Lui però non si spostò, cosicché, dopo un attimo di incertezza, mr x dovette aggirarlo e aprire la porta con un po' di fatica.
Quando se ne andò, gli uomini della squadra – più Rina – si osservarono in silenzio.
-Che figlio di puttana!- Esclamò Turner.
-Finché non abbiamo prove a suo carico, sarà dura farlo confessare.- Rifletté Brent.
-Si può indagare sul suo conto.- Intervenne Rina. -E vedere se si trova qualcosa.-
-Dubito che arriveremo a un risultato.- Le rispose Turner, guardandola. -Quell'uomo ha capito che non abbiamo nulla in mano, e dalla mia esperienza so che se il lavoro di falsificazione è stato fatto bene non ne è rimasta traccia.-
Rina ebbe come l'impressione che – per un attimo – quegli uomini si fossero dimenticati che lei non era un agente di polizia.
-Come ci muoviamo?- Domandò l'agente biondo.
-L'ideale sarebbe che quel tizio facesse qualcosa, in modo da poterlo arrestare.- Disse Brent. -Ma non possiamo sperare in questo. Lasciamo passare un po' di giorni e teniamolo d'occhio, poi si vedrà.- Dopodiché Brent alzò lo sguardo. -Signorina Martini?-
-Sì?-
Brent sembrò voler dire qualcosa. Ma poi si accigliò e disse: -No, niente.-



Ore 12.00 a.m.


Rina e Thomas Lawliet stavano passeggiando per Hyde Park. Rina non aveva mai visto quel luogo, e dato che non aveva voglia di tornare alla pensione aveva deciso di farvi una passeggiata. Thomas Lawliet, silenzioso come al solito, si era offerto di farle compagnia.
In realtà, non era la giornata ideale per visitare Hyde Park. Le nuvole erano grige e spesse, minacciavano di lì a poco un acquazzone. Non c'era quasi nessuno.
Rina era persa nei suoi pensieri. Non si aspettava che sarebbero rimasti bloccati così.. Ma, in fondo, non avevano alcuna prova che minacciasse mr x. E se era stato così categorico e beffardo, voleva dire che era sicuro della sua posizione.
Rina non si accorse subito che Thomas la stava guardando di sottecchi.
-Perché lo fai?- Domandò lui.
Rina lo osservò con i suoi occhi neri. -Per catturare il killer.-
-Come una specie di segugio?-
Rina pensò che quella definizione andava bene, per lei. -Sì, una cosa del genere.-
Thomas Lawliet sembrò riflettere sulla sua risposta.
-E tu perché hai scelto di fare.. questo?-
-Per la giustizia.-
La sua risposta, così pronta e spontanea, la lasciò stupita. Giustizia.. Rina non aveva mai avuto un gran venerazione per la giustizia, ma sapeva che c'erano persone che ce l'avevano. Lawliet doveva essere uno di quelle. A lei non interessava la giustizia. Ovviamente riteneva animale uccidere delle persone.. Però non era quello che la muoveva, era qualcosa di più egoistico. In conclusione – come del resto aveva già capito – Thomas Lawliet era una persona molto migliore di lei.
-Thomas, adesso vado a casa.- Gli disse. -Quando sai qualcosa di nuovo, ti prego di dirmelo.-
-Sì.- Ma sembrava voler aggiungere qualcosa.
Rina lo guardò, in attesa.
-Ascolta, mi domandavo...-
Il suo improvviso imbarazzo stupì Rina. Contrastava nettamente con la sua solita espressione truce.
-.. ti andrebbe di cenare con me, domani?-
-Oh.-
La stava invitando a cena? Rina pensò velocemente che era la prima volta che un uomo degno di quel nome la invitava a cena.
-Certo, mi farebbe piacere.-
-Bene.- Thomas sembrò quasi rilassarsi. -Allora ci vediamo domani.. Rina.-
Si salutarono e ognuno se ne andò per la sua strada. Rina, senza farsi notare, lo guardò allontanarsi.

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Buongiorno, lettori. Avete passato un Buon Natale? Siete ingrassati? :) Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo.
Silvia

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