Two can keep
a Secret if one of them is dead.
02: Doubts.
[Shinjuku, Tokyo, 9 ottobre
2012]
«Aka-chin, mi annoio».
Akashi gli scoccò un’occhiata di sufficienza, non riuscendo
a capacitarsi di quanto l’altro potesse essere pigro. Gli camminava di fianco
strascicando ogni passo come se gli costasse un’immensa fatica e gli occhi
erano perennemente socchiusi, sembrava quasi che potesse davvero addormentarsi
da un momento all’altro proprio lì in mezzo al grosso centro commerciale in cui
l’aveva portato per tenerlo lontano dalla palestra; sembrava riacquistare un
minimo di vita solo quando passavano davanti a qualche negozio di alimentari,
ma quella non era certo una novità.
“Avrei dovuto mandare Shintarou
al mio posto” pensò distrattamente, per poi dirsi che, no, non sarebbe
stata una buona idea. Sapeva di essere un maniaco del controllo, l’unico modo
per essere sicuro che Murasakibara non piombasse in palestra, rovinando la
sorpresa, era occuparsene lui stesso.
«Aka-chin, ho fame».
“Conta fino a dieci, Seijuro,
conta fino a dieci”.
«Aka-chin, perché mi hai trascinato qui?»
Si permise un sospiro; uno solo e quasi inudibile, perché
gli Akashi non sospirano. «Satsuki doveva prendere alcune cose per la squadra,
ma non si è sentita bene» spiegò con calma, cercando di non pensare che in
realtà Momoi in quel momento doveva essere a casa sua, nella propria cucina, a
preparare la loro morte.
«Ma perché io?» continuò imperterrito l’altro, con la voce
cantilenante di una lagna in piena regola.
Seijuro dovette usare ogni grammo di pazienza in suo
possesso per non lasciarsi andare ad un secondo sospiro per poi afferrare un
qualsiasi oggetto contundente e mettere a tacere Atsushi una volta per tutte.
“E dire che
solitamente non si fa tutte queste domande… proprio oggi doveva decidere di
ricordarsi di avere un briciolo di acume?”
«Perché tu porti le borse, ovvio».
«Aka-chin è cattivo…»
Trattenne a stento una risatina nell’udire il tono
rassegnato di Murasakibara e continuò a trascinarlo per i negozi di articoli
sportivi.
[…]
[Scuola media Teiko, 9 ottobre 2012]
«No! No! Assolutamente no! Ve lo potete scordare!»
Lo sguardo di Aomine vagò da un compagno di squadra
all’altro. Gli avevano appena comunicato la brillante
idea di Tetsuya. Davvero quei decerebrati vivevano nella convinzione che lui
avesse così poco amor proprio da lanciarsi in quella che a tutti gli effetti
era una missione suicida? Neanche per sogno.
Non gli importava che per qualche assurdo motivo Tetsuya
sembrasse persuaso dall’idea che Satsuki, reputandolo il suo migliore amico,
non lo avrebbe brutalmente assassinato; lui sapeva che in realtà la ragazza non
si sarebbe fatta il minimo scrupolo.
Fissò Kuroko. Aveva lo sguardo determinato, di una
determinazione che era solito vedergli solo durante le partite più impegnative.
“Effettivamente qua ci
giochiamo le nostre vite” pensò Aomine, che per un solo brevissimo istante
prese in considerazione l’ipotesi che il piano dell’amico potesse non essere
così malvagio. “No! Non c’è modo che io
possa accettare!” si riscosse.
Si disse che non era possibile, lui si era assentato solo
un’oretta a sonnecchiare sul tetto della scuola e una volta tornato in palestra
scopriva che gli altri lo avevano candidato come volontario per farsi uccidere
da Satsuki. Era decisamente troppo, non avrebbe dato loro quella soddisfazione,
avrebbero dovuto trovare un altro modo per liberarsi di lui.
Eppure, qualcosa negli sguardi di Kuroko, Midorima e perfino
Kise, gli fecero intuire che quella volta, no, non l’avrebbe proprio spuntata.
«Aomine-kun, fallo per il bene della squadra» propose
Kuroko, con voce così densa di persuasione che per un istante si credette sul
punto di cedere.
“No, se proprio devo
morire, venderò cara la pelle!”
«Perché non lo fai tu, Tetsu? Satsuki ha una cotta per te,
no?»
«Una cotta, appunto. Niente di paragonabile con anni di
amicizia».
Sbuffò, scocciato come poche volte in vita sua, non
riuscendo a capacitarsi di come un ragazzo tanto silenzioso come Kuroko avesse,
in quei momenti, sempre la risposta pronta.
«Ti prego Aominecchi, sei l’unico che può salvarci»
piagnucolò Kise, stringendosi al suo braccio sinistro. Lo sguardo di Aomine si
posò su di lui e si ammorbidì in modo quasi impercettibile.
Forse, se fosse riuscito a farlo sembrare davvero un
incidente inevitabile e se fosse stato in grado di sembrare rammaricato oltre
ogni misura, gli si sarebbe prospettata almeno una possibilità di sfuggire al
suo triste destino.
«Sei un ruffiano, ecco cosa» borbottò Daiki, guardando truce
Kise; dopotutto era colpa sua se, infine, aveva ceduto senza tutta la
resistenza che aveva programmato. «Allora, devo farlo sembrare un incidente.
Come?»
Le labbra di Tetsuya si piegarono appena verso l’alto,
«niente di complicato: uno striscione cadrà a terra e tu potresti inciampare,
rovesciando a terra la torta. Sempre che a te vada bene, Aomine-kun».
«Murasakibaracchi potrebbe anche decidere di mangiare noi
sei non ci sarà una torta…»
«Midorima-kun, oggi nell’oroscopo in che posizione è il Toro?»
«Terz’ultima, perché?»
«Perché potremmo prendere noi un’altra torta; se sei
d’accordo, potresti dire che l’hai presa tu perché oggi è una giornata
sfavorevole per il segno del Toro e quindi pensavi che la mala sorte avrebbe
potuto far accadere qualcosa a Momoi-san e alla sua torta».
Per qualche istante calò il silenzio.
«Tetsu, tu passi troppo tempo con Akashi…»
[…]
[Cimitero di Yanaka, 12 Febbraio 2015]
Il silenzio freddo che circondava ciò che rimaneva della Generazione
dei Miracoli si fece tanto denso da far mancare il respiro a tutti loro.
Nessuno parlò, ognuno troppo preso ad elaborare ciò che
Akashi aveva appena proferito; la consapevolezza si fece largo nelle loro
menti, strisciando subdola e lasciando solo rade esplosioni di bianco e
accecante panico.
Avevano mantenuto quel segreto per anni, chiudendolo in
profondità nelle loro memorie fino a quasi dimenticarsene, col tempo non era
diventato nulla più che uno spillo fastidioso che ogni tanto punzecchiava le
loro coscienze, ricordando loro che era ancora lì e che mai se ne sarebbe
andato.
Ed ora era tutto finito, qualcuno li aveva scoperti. Ma era
davvero così?
“E’ impossibile”
pensò Midorima, così perso nella sensazione di soffocare che pure le bende
diligentemente strette attorno alle dita in quel momento gli parvero troppo
strette.
Con gli occhi che baluginavano ancora di quel candido
terrore, fissò l’ex capitano, imponendosi di parlare con voce ferma.
«Hai prove?» solo due parole, perché era il massimo che era
sicuro di riuscire a proferire senza che le sillabe iniziassero a tremolargli
tra e labbra, staccandosi a forza dal palato.
«Queste, sono informazioni che nessuno di noi dovrebbe
avere» esordì Akashi con voce fin troppo calibrata che per un solo brevissimo
istante fece provare a Shintarou un moto di pietà nei confronti dell’altro,
così in obbligo dal dover essere sempre perfetto che pure in una situazione del
genere che ogni suo nervo doveva essere teso fino all’inverosimile per fargli
ottenere quella parvenza di tranquillità, falsa almeno quanto tutti loro.
«Due colpi di pistola, uno in mezzo agli occhi ed uno – post
mortem – dritto al cuore; dopo il decesso gli è stata
incisa la parola “Assassino” sotto all’ombelico».
«I tre Hara…» sussurrò Kuroko, alzando lo sguardo verso di lui.
I lineamenti di Midorima si indurirono di colpo, leggendo
fin troppa accusa nello sguardo del più piccolo. Lui aveva da sempre praticato
il Reiki e in tale pratica i centri
dell’energia vitale – Hara – erano
proprio quelli nominati poco prima da Akashi. Avvertì la forza del sospetto di
Tetsuya ingigantirsi di più ad ogni secondo che passava, ma il ragazzo non
proferì altro, forse troppo educato per accusarlo di omicidio davanti a tutti o
forse troppo furbo per esporsi così
tanto.
Il silenzio si propagò di nuovo tra loro, diventando più
sgradevole ad ogni che passava, fino a diventare insostenibile. Quando l’aria
ne fu satura, un ringhio basso e roco li strappò ad esso.
«Chi è stato?»
Aomine dovette ripeterlo due volte prima che gli altri
potessero comprenderlo, la prima volta dalle sue labbra era uscito solo un
verso gutturale, più animale che umano. «Qualcuno di voi o ha parlato o è
l’assassino di Kise. Chi è stato?»
«Dai-chan! Non essere ridic–»
«Taci!»
Satsuki si ammutolì di colpo, ferita dalla voce dell’amico
più di quanto lo sarebbe stata se lui le avesse tirato uno schiaffo.
«Daiki, calmati. È improbabile che qualcuno tra noi abbia
rivelato il nostro segreto a qualcuno ed è ancora più improbabile che qualcuno
di noi abbia ucciso Ryouta».
«Ti sbagli».
«Io non sbaglio mai».
Aomine sbuffò, «Sta zitto, Akashi. Ormai non attacca più».
Seijuro fece per ribattere qualcosa, ma Kuroko si intromise
prima che l’altro riuscisse a spiccicare parola. «Se qualcuno ha davvero ucciso
Kise-kun, non pensate che potrebbe prendere di mira anche noi?»
Quella era la domanda che si era insinuata nella mente di
tutti, amara come il fiele e terribile, ma solo Kuroko aveva avuto il coraggio
di porla.
Daiki lo fulminò con lo sguardo, «Chiunque abbia fatto
questo dovrà preoccuparsi per sé stesso, perché lo ucciderò con le mie mani»
ringhiò, per poi guardarli tutti, nessuno escluso.
Era una minaccia ed era una minaccia diretta ad ognuno di
loro. Per Daiki non c’era nulla di più semplice, ormai era evidente: ad aver
ucciso Kise doveva essere stato qualcuno di loro.
«Aomine-kun, spero che tu non stia insinuando che–»
«Che potrebbe essere stato chiunque tra voi?» lo interruppe, pronunciando il “voi” come se fosse stato il
più disgustoso tra gli insulti. «È esattamente quello che penso».
«Non è stato nessuno di noi» ripeté Akashi, sforzandosi di
tenere calmo il tono della voce, nonostante la situazione lo stesse
innervosendo non poco.
L’altro gli rivolse un sorriso feroce. «Ti farebbe comodo se
credessimo una cosa del genere, vero? Se tutta questa storia venisse alla luce,
sarebbe un bel guaio per la famiglia Akashi; hai deciso di chiudere la bocca a
tutti per pararti il culo?»
Lo sguardo di Akashi dardeggiò d’ira, tuttavia la voce
rimase quieta, «Sei sconvolto. Ed è l’unico motivo per cui ti perdonerò questa
offesa».
Momoi si guardò attorno, sconvolta da quel darsi addosso
proprio durante il funerale di Kise, proprio nel momento in cui avrebbero
dovuto essere uniti. Lo sguardo viaggiò su ognuno dei presenti, leggendo nei
loro sguardi solo il vicendevole sospetto; ne fu nauseata, quindi fece vagare
gli occhi altrove.
Non al cielo ancora troppo luminoso, beffardo, ma poco
distante dalla lapide dell’amico, cercando sostegno nel suo ricordo ed
incontrando, invece, solo il vero terrore.
Venne folgorata dalla consapevolezza, finendone in modo
inevitabile bruciata viva; istintivamente si avvicinò di più a Tetsuya, solo
per venir strattonata a sé da Aomine.
«Satsuki, stagli lontana. Anche lui potrebbe essere
l’assassino di Kise».
L’indignazione e la rabbia di Kuroko baluginarono sul suo
viso per meno di un istante, lasciando solo una lieve increspatura al livello
delle sopracciglia come traccia, «Chiedo scusa: temo di non aver capito».
«Dopo la Winter Cup, in terza media, sei sparito ed era
evidente quanto fossi infuriato con tutti noi. Magari tutto il teatrino di
quest’anno su amicizia, gioco di squadra e cazzate simili erano solo una recita
per allontanare da te i sospetti una volta arrivati a questo punto».
«E’ assurdo. Tetsuya non sarebbe fisicamente in grado di
uccidere qualcuno».
«Magari si è fatto aiutare da quel gorilla di Kagami».
Midorima si aggiustò gli occhiali sul naso, «Senza contare
che per sparare a qualcuno non occorre forza fisica».
Istintivamente, Kuroko fece un piccolo passo indietro, non
riuscendo a credere che si stesse sospettando davvero di lui, poi il suo
sguardo si incollò a Shintarou «No, non occorre forza fisica. Tuttavia suppongo
che per ledere proprio il centro esatto della fronte ci voglia una mira
perfetta come quella di Midorima-kun» disse, con voce svuotata da qualsiasi
emozione, «Per non parlare del fatto che, tra noi, Midorima-kun è l’unico a
praticare il Reiki. In mezzo agli occhi, cuore e ventre sono i tre Hara o sbaglio?»
«E sarei stato così stupido da mettere una firma tanto
evidente su un omicidio?» protestò il ragazzo, per poi venir interrotto da
Aomine.
«Per quanto mi riguarda, andate tutti a farvi fottere»
ringhiò, allontanandosi da lì ad ampie falcate, venendo inseguito da Momoi.
All’improvviso, tutti smisero di sentirsi in dovere di
accusare e difendersi, ricordandosi che potevano anche scegliere di andare via
come aveva appena fatto Daiki.
Solo Kuroko rimase fermo, come se qualcosa lo bloccasse per
le caviglie, impedendogli di andare; forse il senso di colpa per la scenata a
cui aveva appena preso parte, un grossissimo torto alla memoria di Ryouta. Dopo
secondi interminabili, finalmente vacillò qualche passo, riavvicinandosi alla
lapide.
La sfiorò.
«Mi dispiace, Kise-kun».
Death Note: ed
eccoci al secondo capitolo<3 Tutti che si accusano a vicenda e l’Aomine
Furioso in piena sindrome premestruale <3
Non mi sembra assurdo
che qualcuno come Midorimacchi pratichi il Reiki - http://it.wikipedia.org/wiki/Reiki
-, ma questo è un mio personale headcanon,
condivisibile o meno ^^
Cos’avrà visto Momoi?
~
Qualcuno vuole
provare ad indovinare chi è l’assassino? ~