Two can keep a Secret if one of them is dead.

di Bad A p p l e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prelude: Requiem for a Broken Sky. ***
Capitolo 2: *** File 02: Doubts. ***



Capitolo 1
*** Prelude: Requiem for a Broken Sky. ***


Two can keep a Secret if one of them is dead.

 

 

 

 

Prelude: Requiem for a Broken Sky.

 

[Scuola media Teiko, 9 ottobre 2012]

 

Midorima non avrebbe mai finito di stupirsi delle capacità coercitive di Akashi. Era un dato di fatto: quando il capitano arrivava da loro con un accenno di sorriso soddisfatto ad annunciare di essere riuscito ad ottenere qualcosa che qualsiasi altro studente non sarebbe riuscito ad assicurarsi, metteva quasi i brividi.

Detto ciò, una cosa che –se possibile, beninteso- lo aveva stupito ancora di più era stato il suo appoggio ad una delle idee assurde di Kise; era impossibile che Akashi si fosse assolutamente bevuto il cervello, quindi doveva esserci di sicuro qualcosa sotto.

Insomma, l’idea di organizzare una festa a sorpresa a Murasakibara per il suo compleanno, dato che sicuramente lui sarebbe stato troppo svogliato per festeggiare di sua iniziativa e si sarebbe limitato a divorarsi una torta intera, non era neanche un’idea così malvagia. L’organizzare tutto in palestra dopo le attività del club, quella sì che era una cosa degna delle peggiori “pensate” di Kise. Senza contare che Oha-Asa aveva detto che per gli appartenenti al segno del Cancro, come lui, sarebbe stato preferibile non partecipare a “eventi mondani”.

Ho il mio papillon rosso, l’oggetto fortunato di oggi. Forse, dopotutto, avrei dovuto acquistarne uno più grosso”.

Si permise un sospiro sconsolato, per poi ricomporsi in un’espressione quantomeno dignitosa. Si aggiustò gli occhiali sul naso e decise che se proprio dovevano organizzare una cosa del genere, non poteva lasciare libero arbitrio a Kise o a Momoi: se il primo avrebbe ridotto la palestra nello stesso modo in cui l’avrebbe ridotta una bomba a mano, la loro Manager avrebbe trasformato l’edificio in un confetto.

Si avvicinò ai due pericoli ambulanti; stavano animatamente discutendo delle vivande, parte che sicuramente Murasakibara avrebbe apprezzato più di qualsiasi altra cosa, quindi cercò di non strozzarsi quando sentì Momoi annunciare, sprizzando entusiasmo da tutti i pori, che avrebbe preparato la miglior torta di cui era capace.

Sarebbe stata un’idea carina, se non fosse stato che a “miglior torta” di Momoi comprendesse comunque un epilogo in ambulanza per intossicazione alimentare.

«Qua c’è qualcuno che sappia cucinare?» chiese, spiccio, ignorando le proteste della ragazza.

«Momoi-san».

Midorima guardò Kuroko, incredulo. Doveva essere una battuta – doveva! – il problema era che una battuta da parte di quel ragazzo fosse più rara di un’eclissi, quindi era più probabile che Tetsuya stesse solo cercando di infastidirlo, come quando affermava la superiorità delle schiacciate rispetto alle triple.

«Seriamente?» chiese a denti stretti, aggiustandosi gli occhiali con stizza.

Ecco, adesso sono infastidito, puoi smetterla di fare finta che la cucina di Momoi sia commestibile” pensò. E invece no.

«Momoi-san si è offerta di preparare la torta, mentre il resto possiamo comprarlo, no?»

Midorima deglutì a vuoto, cominciando a farsi strane teorie su una possibile possessione da parte degli alieni nei confronti di tutti gli altri: prima Akashi approvava le stupide idee di Kise e adesso Kuroko incoraggiava Momoi a cucinare. L’unica spiegazione possibile era quella degli alieni, non potevano essersi rincretiniti tutti di colpo.

«Kuroko… stai dicendo sul serio?»

Non si poteva affatto dire che Kuroko fosse un ragazzo espressivo, ma Midorima fu assolutamente certo che il ragazzo, dopo aver annuito con stoica convinzione, gli avesse scoccato uno sguardo fin troppo eloquente: “seguimi e non fiatare.”

“Oh… oh!”

Avrebbe dovuto sentirsi almeno offeso per quello che sembrava un vero e proprio ordine, ma era fin troppo ansioso di scoprire come salvarsi dalla torta avvelenata di Satsuki, quindi si allontanò assieme a Kuroko da Momoi – che dopo aver miagolato qualche “Tetsu-kun”, si era gettata in una fitta conversazione con Ryouta -.

«Che intenzioni hai?» sbottò.

«Momoi-san è testarda» si limitò a dire, come se ciò spiegasse ogni cosa.

«Quindi?»

«Quindi porterebbe comunque una torta fatta da lei. Ma se ci mostriamo favorevoli, non sospetterà nulla quando la torta farà una tragica fine poco prima della festa».

Midorima deglutì a fatica, «Chi svolgerà questa missione suicida?»

Tetsuya sembrò pensarci qualche attimo, «Aomine-kun, naturalmente. E’ il migliore amico di Momoi-san: gli risparmierà la vita».

Se Shintarou non avesse avuto un orgoglio da difendere a spada tratta, probabilmente si sarebbe mostrato almeno un minimo inquietato dal fatto che un ragazzo apparentemente innocuo come Kuroko fosse in grado di ordire piani tanto subdoli.

“Passa troppo tempo con Akashi” si risolse a pensare, “Ma se ciò può salvarmi la vita…”

 

 

[...]

 

[Cimitero di Yanaka, 12 Febbraio 2015]

 

 

Kuroko si guardò attorno, perso nel silenzio che avvolgeva tutto in un dolore troppo profondo per permettere a chiunque di loro di versare una sola lacrima.

Osservò il suo respiro condensarsi in una nebbiolina argentea, per poi disperdersi nel gelo mattutino, preferendo perdersi in qualcosa di superficiale pur di non rivolgere la sua attenzione a ciò che realmente stava accadendo sotto i suoi – sotto i loro – occhi.

Scosse impercettibilmente la testa, decidendo che non prestare attenzione sarebbe stata una terribile mancanza di rispetto nei confronti di chi non c’era più.

Si strinse meglio nelle braccia di Kagami, solo per scoprire che, per quanto fossero calde, confortevoli e rassicuranti, nemmeno quelle erano abbastanza per scacciare la nube nera che sentiva annidata nel petto. Avrebbe tanto voluto piangere, urlare, ma a che pro? La morte non si era mai fatta impietosire da lacrime e dal dolore straziante che causava, quindi perché sprecare energie in un’attività che lui avrebbe definito riprovevole.

Conoscendone l’indole, Kuroko sapeva perfettamente che avrebbe voluto vederli sorridere anche in quel momento, ma l’unica cosa che riuscivano a fare, per rispettarne la memoria, era non versare lacrime. Nulla di più, nulla di meno.

Non ne avrebbe versate Murasakibara, che di sicuro non aveva ancora finito di elaborare l’accaduto; probabilmente si aspettava ancora di vederlo saltare fuori dalla tomba, ridendo per lo scherzo ben riuscito, ridendo delle loro espressioni distrutte.

Non ne avrebbe versate neanche Akashi, stretto nel suo cappotto, fattosi così piccolo che per la primissima volta sembrò davvero sconfitto; perfino lui, che non sbagliava mai, che era assoluto, era impotente di fronte alla morte.

Non ne avrebbe versate Aomine, che nonostante fosse riuscito a non cadere in ginocchio davanti a quella tomba, qualcosa nella curvatura delle sue spalle dava l’idea di una marionetta a cui erano stati recisi i fili; teneva lo sguardo fisso sulla lapide, gli occhi talmente vuoti e spenti da far sembrare egli stesso un cadavere.

Non ne avrebbe versate Momoi, che fissava il cielo e intimamente odiava il pallido sole che illuminava la giornata; perché se il loro sole si era spento, allora anche quella stella fastidiosamente brillante non aveva più diritto di esistere.

Non ne avrebbe versate Midorima, troppo sconvolto per ricordarsi di fingere un distacco; teneva gli occhi serrati, quasi con rabbia ed il respiro era rapido ed irregolare. Dopo Aomine, era il più prossimo a crollare ed era solo grazie alla presenza insolitamente silenziosa di Takao che riuscì a resistere.

Non ne avrebbe versate neanche lo stesso Kuroko, nonostante il leggere quel nome sulla lapide fosse straziante.

 

Kise Ryouta

 

La cosa buffa e drammatica al tempo stesso era che fino a pochissimo tempo prima, la più grande preoccupazione di tutti loro era stata la Winter Cup.

Erano stati così ingenui, pieni della convinzione che fossero insostituibili, indispensabili, tanto che la morte non avrebbe potuto neanche lontanamente avvicinarsi a loro.

Erano stati così persi nel loro talento e nella loro foga nel darsi vicendevolmente battaglia da sprecare ciò che nulla avrebbe mai restituito loro. Il tempo.

Adesso Kuroko avrebbe pagato qualsiasi prezzo per sentirsi chiamare dalla voce allegra di Kise con l’odiato nomignolo, ma sapeva che erano pensieri ipocriti, quindi non vi indugiò per più di qualche rapido istante, in preda ad una malinconia tanto profonda che ne rimase quasi soffocato.

«Kuroko…»

Il più piccolo sollevò lo sguardo, incontrando gli occhi di Kagami. Non disse nulla, poiché sapeva che quello dell’altro era stato un richiamo a vuoto, più rivolto al distoglierlo dal mare di dolore in cui stava annegando che per iniziare una conversazione.

Strinse la mano dell’altro in un muto ringraziamento per non averlo abbandonato in una situazione del genere. Era sicuro che senza la presenza di Taiga, persino la sua maschera di imperturbabilità si sarebbe scheggiata in mille frammenti, lasciando posto solo ad una fragilità pericolosa.

Si guardò ancora attorno, mentre la piccola folla cominciava a diradarsi ed incontrò lo sguardo di Akashi. Il messaggio che gli occhi del suo ex capitano trasmettevano era fin troppo chiaro: “Dobbiamo parlare”.

Parlare di cosa, poi? Perché prolungare ancora quell’agonia, quando ognuno di loro non desiderava altro che chiudersi in casa e potersi finalmente perdere nel proprio dolore?

Gli sembrava una richiesta crudele, ma se si trattava di Akashi Seijuro lui e gli altri non potevano far altro che assecondarlo e sperare che, di qualunque cosa si trattasse, finisse presto.

«Kagami-kun, vai pure, ti raggiungo subito…» mormorò, atono, separandosi a malincuore dalle braccia calde del compagno. Si sentì freddo e abbandonato, ma raggiunse ugualmente Akashi e gli altri, che si erano appartati poco distante dal luogo in cui riposava Kise.

Akashi parlò non appena ci furono tutti, senza curarsi di avere tatto, senza curarsi della possibilità di rendere tutto meno doloroso.

«Ryouta è stato assassinato. Qualcuno ha scoperto il nostro segreto».

 

 

 

Death Note: Salve a tutti, mi sono bevuta il cervello e questo è il risultato *^*

Okay, che dire? La storia si svolgerà su due piani temporali diversi: il primo è il secondo anno della KnS alla Teiko, il secondo è il primo anno delle superiori, poco dopo la Winter Cup. Nella prima linea temporale si scoprirà il segreto che la Generazione dei Miracoli nasconde e nella seconda si svolgerà la vera e propria storia.

Votatemi (???) e vi prometto tanto sangue a palate :3 *sparge cuoricini e amore*

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** File 02: Doubts. ***


Two can keep a Secret if one of them is dead.

 

 

 

 

02: Doubts.

 

 

 [Shinjuku, Tokyo, 9 ottobre 2012]

 

 

«Aka-chin, mi annoio».

Akashi gli scoccò un’occhiata di sufficienza, non riuscendo a capacitarsi di quanto l’altro potesse essere pigro. Gli camminava di fianco strascicando ogni passo come se gli costasse un’immensa fatica e gli occhi erano perennemente socchiusi, sembrava quasi che potesse davvero addormentarsi da un momento all’altro proprio lì in mezzo al grosso centro commerciale in cui l’aveva portato per tenerlo lontano dalla palestra; sembrava riacquistare un minimo di vita solo quando passavano davanti a qualche negozio di alimentari, ma quella non era certo una novità.

Avrei dovuto mandare Shintarou al mio posto” pensò distrattamente, per poi dirsi che, no, non sarebbe stata una buona idea. Sapeva di essere un maniaco del controllo, l’unico modo per essere sicuro che Murasakibara non piombasse in palestra, rovinando la sorpresa, era occuparsene lui stesso.

«Aka-chin, ho fame».

Conta fino a dieci, Seijuro, conta fino a dieci”.

«Aka-chin, perché mi hai trascinato qui?»

Si permise un sospiro; uno solo e quasi inudibile, perché gli Akashi non sospirano. «Satsuki doveva prendere alcune cose per la squadra, ma non si è sentita bene» spiegò con calma, cercando di non pensare che in realtà Momoi in quel momento doveva essere a casa sua, nella propria cucina, a preparare la loro morte.

«Ma perché io?» continuò imperterrito l’altro, con la voce cantilenante di una lagna in piena regola.

Seijuro dovette usare ogni grammo di pazienza in suo possesso per non lasciarsi andare ad un secondo sospiro per poi afferrare un qualsiasi oggetto contundente e mettere a tacere Atsushi una volta per tutte.

“E dire che solitamente non si fa tutte queste domande… proprio oggi doveva decidere di ricordarsi di avere un briciolo di acume?”

«Perché tu porti le borse, ovvio».

«Aka-chin è cattivo…»

Trattenne a stento una risatina nell’udire il tono rassegnato di Murasakibara e continuò a trascinarlo per i negozi di articoli sportivi.

 

 

[…]

 

 

 

 

 

[Scuola media Teiko, 9 ottobre 2012]

 

 

«No! No! Assolutamente no! Ve lo potete scordare!»

Lo sguardo di Aomine vagò da un compagno di squadra all’altro. Gli avevano appena comunicato la brillante idea di Tetsuya. Davvero quei decerebrati vivevano nella convinzione che lui avesse così poco amor proprio da lanciarsi in quella che a tutti gli effetti era una missione suicida? Neanche per sogno.

Non gli importava che per qualche assurdo motivo Tetsuya sembrasse persuaso dall’idea che Satsuki, reputandolo il suo migliore amico, non lo avrebbe brutalmente assassinato; lui sapeva che in realtà la ragazza non si sarebbe fatta il minimo scrupolo.

Fissò Kuroko. Aveva lo sguardo determinato, di una determinazione che era solito vedergli solo durante le partite più impegnative.

Effettivamente qua ci giochiamo le nostre vite” pensò Aomine, che per un solo brevissimo istante prese in considerazione l’ipotesi che il piano dell’amico potesse non essere così malvagio. “No! Non c’è modo che io possa accettare!” si riscosse.

Si disse che non era possibile, lui si era assentato solo un’oretta a sonnecchiare sul tetto della scuola e una volta tornato in palestra scopriva che gli altri lo avevano candidato come volontario per farsi uccidere da Satsuki. Era decisamente troppo, non avrebbe dato loro quella soddisfazione, avrebbero dovuto trovare un altro modo per liberarsi di lui.

Eppure, qualcosa negli sguardi di Kuroko, Midorima e perfino Kise, gli fecero intuire che quella volta, no, non l’avrebbe proprio spuntata.

«Aomine-kun, fallo per il bene della squadra» propose Kuroko, con voce così densa di persuasione che per un istante si credette sul punto di cedere.

No, se proprio devo morire, venderò cara la pelle!”

«Perché non lo fai tu, Tetsu? Satsuki ha una cotta per te, no?»

«Una cotta, appunto. Niente di paragonabile con anni di amicizia».

Sbuffò, scocciato come poche volte in vita sua, non riuscendo a capacitarsi di come un ragazzo tanto silenzioso come Kuroko avesse, in quei momenti, sempre la risposta pronta.

«Ti prego Aominecchi, sei l’unico che può salvarci» piagnucolò Kise, stringendosi al suo braccio sinistro. Lo sguardo di Aomine si posò su di lui e si ammorbidì in modo quasi impercettibile.

Forse, se fosse riuscito a farlo sembrare davvero un incidente inevitabile e se fosse stato in grado di sembrare rammaricato oltre ogni misura, gli si sarebbe prospettata almeno una possibilità di sfuggire al suo triste destino.

«Sei un ruffiano, ecco cosa» borbottò Daiki, guardando truce Kise; dopotutto era colpa sua se, infine, aveva ceduto senza tutta la resistenza che aveva programmato. «Allora, devo farlo sembrare un incidente. Come?»

Le labbra di Tetsuya si piegarono appena verso l’alto, «niente di complicato: uno striscione cadrà a terra e tu potresti inciampare, rovesciando a terra la torta. Sempre che a te vada bene, Aomine-kun».

«Murasakibaracchi potrebbe anche decidere di mangiare noi sei non ci sarà una torta…»

«Midorima-kun, oggi nell’oroscopo in che posizione è il Toro?»

«Terz’ultima, perché?»

«Perché potremmo prendere noi un’altra torta; se sei d’accordo, potresti dire che l’hai presa tu perché oggi è una giornata sfavorevole per il segno del Toro e quindi pensavi che la mala sorte avrebbe potuto far accadere qualcosa a Momoi-san e alla sua torta».

Per qualche istante calò il silenzio.

«Tetsu, tu passi troppo tempo con Akashi…»

 

[…]

 

[Cimitero di Yanaka, 12 Febbraio 2015]

 

 

Il silenzio freddo che circondava ciò che rimaneva della Generazione dei Miracoli si fece tanto denso da far mancare il respiro a tutti loro.

Nessuno parlò, ognuno troppo preso ad elaborare ciò che Akashi aveva appena proferito; la consapevolezza si fece largo nelle loro menti, strisciando subdola e lasciando solo rade esplosioni di bianco e accecante panico.

Avevano mantenuto quel segreto per anni, chiudendolo in profondità nelle loro memorie fino a quasi dimenticarsene, col tempo non era diventato nulla più che uno spillo fastidioso che ogni tanto punzecchiava le loro coscienze, ricordando loro che era ancora lì e che mai se ne sarebbe andato.

Ed ora era tutto finito, qualcuno li aveva scoperti. Ma era davvero così?

E’ impossibile” pensò Midorima, così perso nella sensazione di soffocare che pure le bende diligentemente strette attorno alle dita in quel momento gli parvero troppo strette.

Con gli occhi che baluginavano ancora di quel candido terrore, fissò l’ex capitano, imponendosi di parlare con voce ferma.

«Hai prove?» solo due parole, perché era il massimo che era sicuro di riuscire a proferire senza che le sillabe iniziassero a tremolargli tra e labbra, staccandosi a forza dal palato.

«Queste, sono informazioni che nessuno di noi dovrebbe avere» esordì Akashi con voce fin troppo calibrata che per un solo brevissimo istante fece provare a Shintarou un moto di pietà nei confronti dell’altro, così in obbligo dal dover essere sempre perfetto che pure in una situazione del genere che ogni suo nervo doveva essere teso fino all’inverosimile per fargli ottenere quella parvenza di tranquillità, falsa almeno quanto tutti loro.

«Due colpi di pistola, uno in mezzo agli occhi ed uno – post mortem – dritto al cuore; dopo il decesso gli è stata incisa la parola “Assassino” sotto all’ombelico».

«I tre Hara…» sussurrò Kuroko, alzando lo sguardo verso di lui.

I lineamenti di Midorima si indurirono di colpo, leggendo fin troppa accusa nello sguardo del più piccolo. Lui aveva da sempre praticato il Reiki e in tale pratica i centri dell’energia vitale – Hara  erano proprio quelli nominati poco prima da Akashi. Avvertì la forza del sospetto di Tetsuya ingigantirsi di più ad ogni secondo che passava, ma il ragazzo non proferì altro, forse troppo educato per accusarlo di omicidio davanti a tutti o forse troppo furbo per esporsi così tanto.

Il silenzio si propagò di nuovo tra loro, diventando più sgradevole ad ogni che passava, fino a diventare insostenibile. Quando l’aria ne fu satura, un ringhio basso e roco li strappò ad esso.

«Chi è stato?»

Aomine dovette ripeterlo due volte prima che gli altri potessero comprenderlo, la prima volta dalle sue labbra era uscito solo un verso gutturale, più animale che umano. «Qualcuno di voi o ha parlato o è l’assassino di Kise. Chi è stato?»

«Dai-chan! Non essere ridic–»

«Taci!»

Satsuki si ammutolì di colpo, ferita dalla voce dell’amico più di quanto lo sarebbe stata se lui le avesse tirato uno schiaffo.

«Daiki, calmati. È improbabile che qualcuno tra noi abbia rivelato il nostro segreto a qualcuno ed è ancora più improbabile che qualcuno di noi abbia ucciso Ryouta».

«Ti sbagli».

«Io non sbaglio mai».

Aomine sbuffò, «Sta zitto, Akashi. Ormai non attacca più».

Seijuro fece per ribattere qualcosa, ma Kuroko si intromise prima che l’altro riuscisse a spiccicare parola. «Se qualcuno ha davvero ucciso Kise-kun, non pensate che potrebbe prendere di mira anche noi?»

Quella era la domanda che si era insinuata nella mente di tutti, amara come il fiele e terribile, ma solo Kuroko aveva avuto il coraggio di porla.

Daiki lo fulminò con lo sguardo, «Chiunque abbia fatto questo dovrà preoccuparsi per sé stesso, perché lo ucciderò con le mie mani» ringhiò, per poi guardarli tutti, nessuno escluso.

Era una minaccia ed era una minaccia diretta ad ognuno di loro. Per Daiki non c’era nulla di più semplice, ormai era evidente: ad aver ucciso Kise doveva essere stato qualcuno di loro.

«Aomine-kun, spero che tu non stia insinuando che–»

«Che potrebbe essere stato chiunque tra voi?» lo interruppe, pronunciando il “voi” come se fosse stato il più disgustoso tra gli insulti. «È esattamente quello che penso».

«Non è stato nessuno di noi» ripeté Akashi, sforzandosi di tenere calmo il tono della voce, nonostante la situazione lo stesse innervosendo non poco.

L’altro gli rivolse un sorriso feroce. «Ti farebbe comodo se credessimo una cosa del genere, vero? Se tutta questa storia venisse alla luce, sarebbe un bel guaio per la famiglia Akashi; hai deciso di chiudere la bocca a tutti per pararti il culo?»

Lo sguardo di Akashi dardeggiò d’ira, tuttavia la voce rimase quieta, «Sei sconvolto. Ed è l’unico motivo per cui ti perdonerò questa offesa».

Momoi si guardò attorno, sconvolta da quel darsi addosso proprio durante il funerale di Kise, proprio nel momento in cui avrebbero dovuto essere uniti. Lo sguardo viaggiò su ognuno dei presenti, leggendo nei loro sguardi solo il vicendevole sospetto; ne fu nauseata, quindi fece vagare gli occhi altrove.

Non al cielo ancora troppo luminoso, beffardo, ma poco distante dalla lapide dell’amico, cercando sostegno nel suo ricordo ed incontrando, invece, solo il vero terrore.

Venne folgorata dalla consapevolezza, finendone in modo inevitabile bruciata viva; istintivamente si avvicinò di più a Tetsuya, solo per venir strattonata a sé da Aomine.

«Satsuki, stagli lontana. Anche lui potrebbe essere l’assassino di Kise».

L’indignazione e la rabbia di Kuroko baluginarono sul suo viso per meno di un istante, lasciando solo una lieve increspatura al livello delle sopracciglia come traccia, «Chiedo scusa: temo di non aver capito».

«Dopo la Winter Cup, in terza media, sei sparito ed era evidente quanto fossi infuriato con tutti noi. Magari tutto il teatrino di quest’anno su amicizia, gioco di squadra e cazzate simili erano solo una recita per allontanare da te i sospetti una volta arrivati a questo punto».

«E’ assurdo. Tetsuya non sarebbe fisicamente in grado di uccidere qualcuno».

«Magari si è fatto aiutare da quel gorilla di Kagami».

Midorima si aggiustò gli occhiali sul naso, «Senza contare che per sparare a qualcuno non occorre forza fisica».

Istintivamente, Kuroko fece un piccolo passo indietro, non riuscendo a credere che si stesse sospettando davvero di lui, poi il suo sguardo si incollò a Shintarou «No, non occorre forza fisica. Tuttavia suppongo che per ledere proprio il centro esatto della fronte ci voglia una mira perfetta come quella di Midorima-kun» disse, con voce svuotata da qualsiasi emozione, «Per non parlare del fatto che, tra noi, Midorima-kun è l’unico a praticare il Reiki. In mezzo agli occhi, cuore e ventre sono i tre Hara o sbaglio?»

«E sarei stato così stupido da mettere una firma tanto evidente su un omicidio?» protestò il ragazzo, per poi venir interrotto da Aomine.

«Per quanto mi riguarda, andate tutti a farvi fottere» ringhiò, allontanandosi da lì ad ampie falcate, venendo inseguito da Momoi.

All’improvviso, tutti smisero di sentirsi in dovere di accusare e difendersi, ricordandosi che potevano anche scegliere di andare via come aveva appena fatto Daiki.

Solo Kuroko rimase fermo, come se qualcosa lo bloccasse per le caviglie, impedendogli di andare; forse il senso di colpa per la scenata a cui aveva appena preso parte, un grossissimo torto alla memoria di Ryouta. Dopo secondi interminabili, finalmente vacillò qualche passo, riavvicinandosi alla lapide.

La sfiorò.

«Mi dispiace, Kise-kun».

 

 

Death Note: ed eccoci al secondo capitolo<3 Tutti che si accusano a vicenda e l’Aomine Furioso in piena sindrome premestruale <3

Non mi sembra assurdo che qualcuno come Midorimacchi pratichi il Reiki - http://it.wikipedia.org/wiki/Reiki -, ma questo è un mio personale headcanon, condivisibile o meno ^^

Cos’avrà visto Momoi? ~

Qualcuno vuole provare ad indovinare chi è l’assassino? ~

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