I racconti Di Mia Black

di MiaBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il dolore dell'amicizia ***
Capitolo 2: *** Casetta per gli uccellini ***
Capitolo 3: *** Terapia d'urto ***
Capitolo 4: *** Canto di Natale ***



Capitolo 1
*** Il dolore dell'amicizia ***


E' la prima volta che provo a scrivere una cosa del genere quindi abbiate pietà

 

Il dolore dell'amicizia

 

 

Una sagoma scura cammina avvolta dal buio, la pioggia cade rendendo la situazione ancora peggiore, la sagoma continua imperterrita a camminare decisa, avrebbe potuto non andare, passare un altra volta quando il tempo era migliore, ma era tanto tempo che non andava e un po' d'acqua non ha mai fatto male a nessuno. La sagoma col suo ombrello e le sue scarpe poco pratiche per questo tipo di terreno non si ferma, non cede, fino a che non arriva alla sua meta:
Arriva davanti a lei, piove sembra il diluvio universale ed è bagnata come un pulcino, ogni parte del suo corpo è bagnata, il vento soffia e la fa tremare dal freddo.

Ciao, è tanto che non passavo. Sorride appena osserva il volto che le sorride spensierato.

Sai, non posso ancora credere a quello che è successo oggi, il mio ex, ora anche io sono entrata nel club di chi possiede un ex psicopatico non l'avrei mai detto! Ma non è questo il punto. Balbetta cercando di riprendere il filo del discorso.

Il mio ex del college che per cinque anni ho creduto morto oggi è risorto dalla tomba e come ogni ex psicopatico che si rispetti è venuto a rapirmi: ha preso me e mia madre, ci ha minacciato perché lo aiutassi ad hackerare il sistema di sicurezza dei camion portavalori che stavano trasportando i soldi in città. Sai per la prima volta mi sono salvata da sola, con una forza che non credevo di possedere ho atterrato quel pazzo di Cooper gli ho tirato una gomitata nelle costole e poi l'ho colpito con la sua stesse pistola sbattendogliela in faccia. Si ferma come aspettandosi che l'altra persona le dica qualcosa, ma quella continua a guardarla sorridendole, come se fosse orgogliosa di lei e di quello che ha fatto.
Se ci ripenso ancora mi chiedo come io, una semplice informatica senza un minimo di muscoli passa essere stata capace di atterrarlo, poi ci ragiono e so come ho fatto, so a chi devo il merito del mio successo: a te. A te che mi hai consigliata e che di nascosto mi hai allenata. Vorrei che tu fossi qui, ti vorrei vicino a me, tu così forte e determinata, te ne sei andata, lasciato un vuoto dentro il covo e dentro tutti noi, so che ora tua sorella è una presenza ricorrente la sotto, ma non ti arrabbiare, io e Laurel beh... Si sofferma cercando le parole adatte per dirle quello che pensa della sorella.
Diciamo semplicemente che lei non è te. Sorride rendendosi conto di essere riuscita a non dire niente di cattivo.
Ti penso ogni giorno, per le piccole cose, nei piccoli gesti, non sono riuscita a salutarti ne a ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me, per Oliver e per questa città. Ti vorrei qui con me perché anche se ero gelosa di te, è inutile che fai quella faccia, tu mi hai fatto sentire inutile e io ero gelosa delle tue capacità e della tua forza. Ma nonostante tutto, tu eri, sei e sarai sempre la mia amica. La voce le si incrina e una lacrima solitaria scivola lungo la sua guancia, ma fa presto a sparire con un gesto secco della mano.

Avrei tante cose da dirti, tanti consigli da chiederti e poi beh, forse non è la cosa più carina da dirti visto che tecnicamente tu sei stata con Oliver non una, ma ben due volte ma, sai Oliver mi ha chiesto di uscire. Sorride felice di poterlo raccontare.

Soprassediamo sul fatto che il locale è saltato per aria, ma ti rendi conto Oliver Queen ha chiesto a me di uscire, ho sempre pensato che a Oliver piacessero le ragazze forti e indipendenti come lo eri te. Certo il giorno dopo ha fatto marcia indietro decidendo di dover rinunciare ad essere Oliver Queen per essere solo Arrow, io lo so che sta sbagliando, lo sanno tutti e se tu fossi qui glielo avresti detto, lo avresti malmenato per fargli capire che sta sbagliando. Un nuovo sorriso le sfugge insieme alle lacrime che ormai scendo lungo il suo viso.

So che tu ti aspetti che sia io a farlo, ma io non sono te, non ho la forza non posso accettare un forse. La voce si interrompe rotta dai singhiozzi.

Sai Sara, mi manchi, mi manchi ogni giorno di più e Dio solo sa quanto io vorrei che tu sbucassi fuori da qualche tuo nascondiglio segreto e mi dicessi che era tutta una messa in scena, che tu stai benissimo e che non te ne andrai più, che rimarrai sempre con noi.

La giovane si accovaccia davanti alla lapide depositando dei fiori, guarda la foto e con la mano ci passa sopra togliendo l'acqua che la bagna, e nel vano tentativo di trasmettere una carezza alla giovane che riposa li.

Ci vediamo presto, te lo prometto. Si bacia le dita e le posa sulla foto prima di alzarsi e allontanarsi da li ignara che la sua amica era li accanto a lei ad ascoltare le sue parole sorridendo e piangendo con lei.

 

Ciao amica mia, sii forte, ci vediamo presto.

 

Fine


okay è stata scritta in tipo venti minuti, quindi scusate se fa pena.

Oggi mi è stato detto che una persona che conosco a cui volevo bene è morta, (okay era anziano e non stava benissimo ma comunque dispiace sempre) prima sono andata alla veglia, o come si chiama e mentre tornavo a casa con l'ombrello perché stava diluviando mi è venuto in mente Sara, durante la serie abbiamo visto Laurel e Nyssa tornare/ andare sulla sua tomba, ma non abbiamo mai visto Felicity tornarci. Ho sempre immaginato che tra le due fosse nata un'amicizia così mi è venuta questa storia.

Spero vi sia piaciuta fatemi sapere.

Un bacione

Mia

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Capitolo 2
*** Casetta per gli uccellini ***


 

Casetta per gli uccellini

 

L'enorme casa era silenziosa, una giovane donna era in cucina ferma davanti al piano di lavoro a guardare distrattamente fuori dalla finestra, era appena tornata a casa, quel giorno era uscita prima da lavoro per fare alcune commissioni, quello era un giorno speciale che a loro piaceva passarlo insieme per ricordare una persona speciale.

La donna si mosse per la grande cucina iniziando a sistemare la spesa, nonostante fossero passati molti anni da quando era andata a vivere li si sentiva ancora un estranea in quella casa e le faceva uno strano effetto definirla casa sua. Ogni tanto si chiedeva se stesse sognando, se quello che le era accaduto non fosse troppo bello per essere vero, ma poi ricordava quello che aveva perso in quegli anni e capiva che non era un sogno era solo la vita che beffarda prima ti dava qualcosa e per poi toglierti qualcosa altro.

Felicity si era incantata nuovamente a guardare fuori dalla finestra, gli alberi del giardino avevano iniziato a buttare le prime foglioline, tra tutte le stagioni la primavera era quella che le piaceva di più, tutto si tingeva di verde, i fiori sbocciavano e i colori si facevano più intensi e caldi. Un uccellino passò davanti alla finestra, piccolo e giallo con i suo cinguettio allegro, Felicity posò la mano sulla spalla scoprendo il tatuaggio che si era fatta molti anni prima.

-Mamma! - una bambina entrò in cucina correndo, la piccola si sedette sullo sgabello alto sporgendosi in avanti per osservare la madre.

-Dimmi? - Felicity si voltò e guardò la figlia.

-Ho fame. - rispose semplicemente lei. La figlia era la luce dei suoi occhi, l'adorava, dopo tutti gli alti e bassi che aveva passato per poter stare con suo padre quella piccoletta era la giusta ricompensa, era il loro tesoro e nessuno dei due riusciva mai a negarle niente: bionda come il padre e con gli occhi azzurri della madre, era il loro piccolo angelo.

-Ecco qua la merenda... - le posò il piatto con la mela tagliata, la piccola ne prese un pezzo e lo morse come se fosse la cosa più buona del mondo.

-Mamma che cosa è quel disegno che hai sulla spalla? - chiese tra un morso e un altro sputacchiando pezzi di mela mentre parlava.

-E' un tatuaggio... - rispose accarezzando piano la pelle dove c'era il disegno.

-Che cosa è? - chiese ancora.

-E' un canarino. Li hai visti, in primavera ci sono sempre in giardino... - la bambina sembrò pensarci su per qualche istante, poi annui.

-Quelli gialli? - Felicity annui.

-Esatto. - le sorrise.

-Ne voglio uno, lo prendiamo? - la piccola si tirò su allungandosi sul tavolo e mettendo i piedi sopra lo sgabello, avvicinandosi il più possibile alla madre guardandola con gli occhioni azzurri spalancati, in attesa che le rispondesse.

-No amore, i canarini sono animali che amano la libertà non puoi chiuderli in gabbia morirebbero...- cercò di spiegarle.

-Oh... - sospirò tristemente la bambina tornando a sedersi per bene.

-Potremmo fare una casina per gli uccelli e metterla in giardino, tra poco farà caldo e loro torneranno, avranno bisogno di una casa. - propose Felicity.

-Si e dentro gli metteremo del cibo per dargli il benvenuto! - scese dallo sgabello e iniziò a saltellare felice.

-La facciamo? - chiese correndo verso la finestra e guardando fuori, dove i primi uccellini erano arrivati e volavano da un albero all'altro.

-Chiediamo aiuto a tuo padre, io non ne sono capace. - sorrise all'entusiasmo della bambina.

-Tra quanto torna? - chiese eccitata, lei voleva fare la casetta subito non voleva aspettare.

-Chi state aspettando? - sulla porta della cucina apparve un uomo che guardava le due sorridendo, il giovane si era tolto la giacca e la teneva in mano mentre con l'altra si allentava la cravatta.

-Papà! - urlò correndogli incontro, l'uomo posò la giacca sul mobile li vicino appena in tempo per afferrare la bambina che gli si era lanciata tra le braccia.

-Aspettavate me? - chiese dandole un bacio su entrambe le guance

-Voglio fare una casetta per i canarini! - esclamò, gli occhi le brillavano mentre parlava a raffica facendo sorridere ancora di più l'uomo.

-Sai i canarini sono animali liberi e non possono stare in gabbia così io gli voglio fare una casetta in giardino! - continuò.

-Che bella idea, vai a vestirti che usciamo a comprare le cose per costruirla. - la posò a terra e quella corse via veloce verso la sua camera.

-Come le è venuta questa idea? - domandò avvicinandosi alla donna e dandole un bacio, non c'era rabbia nella sua voce, solo un velo di tristezza e di curiosità.

-Ha visto il tatuaggio... - spiegò coprendo la spalla con la mano, lui le bloccò la mano lasciando il tatuaggio in vista.

-So che tu lo odi Oliver... - iniziò lei senza guardarlo in faccia, quando l'aveva fatto i due avevano avuto un accesa discussione, ma alla fine il corpo era il suo e lei poteva farci quello che voleva.

-Io non lo odio... Solo che ogni volta che lo guardi ti rende così triste e io odio vederti triste Felicity...- guardò il disegno: un piccolo canarino che con le ali spiegate spiccava il volo.

-Mi manca, è un modo per averla sempre con me e sentire meno la sua mancanza... - spiegò lei posando la propria mano su quella di lui.

-Manca anche a me, lo sai. - Oliver baciò il tatuaggio e poi baciò Felicity.

-Come è andata oggi? - le chiese abbracciandola e baciandola dolcemente, non c'era fretta, lei non sarebbe andata da nessuna parte, loro si appartenevano, ormai lo avevano capito, dopo tanto negarselo alla fine Oliver aveva ceduto e aveva accettato l'inevitabile: Felicity lo amava e lui amava lei, non poteva farne a meno, aveva mandato al diavolo tutte le sue paure e si era messo in gioco.

-Oliver siamo stati insieme fino a un ora fa... - gli rispose tra un bacio e un altro divertita.

-Lo so, ma mi sembra di non vederti da una vita... - la strinse tirandola ancora più vicina a se.

-Sono pronta andiamo? - la loro bellissima figlia era tornata in cucina pronta per uscire a comprare l'occorrente per la casetta per gli uccellini.

-Vieni anche tu mamma? - lei scosse la testa.

-Devo preparare tra poco arrivano lo zio John e la zia Layla... -

-Viene anche Sara? - chiese riferendosi alla figlia dei due.

-Certo. - rispose Oliver.

-Ma perché io e Sara ci chiamiamo nello stesso modo? - i due rimasero un attimo in silenzio guardandosi, cercavano un modo per spiegare alla figli il significato del suo nome.

-Vedi amore, sia io, che tuo padre, che lo zio conoscevamo una ragazza che si chiamava così. Tutti noi le volevamo molto bene per questo entrambe vi chiamate come lei.-

-E adesso lei dove è? - chiese curiosa.

-E' volata in cielo... - la bambina la guardò un attimo cercando di capire quelle parole.

-Come un canarino? - chiese di getto, gli occhi di Felicity si fecero umidi e nella gola le si formò un nodo, ricacciò indietro le lacrime che le si erano formate a gli angoli degli occhi e annui.

-Si proprio come un canarino.-

fine

 

 

L' ho scritta alle due di notte quindi non potete pretendere molto, ero a letto e la storia si è formata da sola nella mia testa e l'ho annotata tutta su l'ipod <.< che poi non ha collaborato molto, quindi non scrivo queste cose perché vi odio, ma il mio cervello le partorisce perché odia ME! v.v ormai è appurato.

Un bacione
Mia

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Capitolo 3
*** Terapia d'urto ***


La storia è stata elaborata dopo uno scambio di messaggi tra me e Kia_Ska dopo una sua frase l'idea è arrivata come un lampo nella mia mente e come si fa a negare un idea così Olicitosa? Facile non si nega, quindi per riparare i vostri cuori dopo l'ultimo episodio e per rimanere in tema della statua d'oro 24 carati per Dig ecco la nuova storia:

 

Terapia d'urto


 

L'aria che si respirava al covo nell'ultimo periodo era pesante, tutti i frequentatori se ne erano resi conto, Oliver passava le sue giornata distruggendo un manichino dopo l'altro, Roy era quasi spaventato quando il ragazzo gli chiedeva di allenarsi con lui, era una furia scatenata che colpiva senza esitazione, più di una volta era tornato a casa con qualche taglio e con molti lividi, ogni volta che succedeva Oliver si scusava, appariva veramente mortificato per avergli fatto male, ma la sua attenzione non durava più di due minuti, c'era qualcosa che lo distraeva. Oliver però non era l'unico ad essere affetto da quello strano comportamento, anche Felicity negli ultimi giorni aveva manifestato comportamenti anomali, molto simili a quelli di Oliver, certo Felicity non distruggeva mezzo covo e non malmenava Roy, ma anche lei come Oliver era solita perdersi nei suoi pensieri.

 

Quel giorno non era diverso da gli altri: Oliver e Roy avevano appena finito una sessione di allenamento prima che Oliver lasciasse il covo col morale sotto le scarpe.

-Tieni! - Dig scosse la testa passando al ragazzo un asciugamano.

-Dobbiamo fare qualcosa, quello mi ammazza se continuiamo così! - costatò Roy osservando l'asciugamano tingersi di rosso, anche quella mattina Oliver l'aveva ferito, non era stata una cosa volontaria ovviamente, ma era comunque successo.

-E anche Felicity ci farà finire male una di queste sere. - ribatté pensieroso Diggle ricordando come nell'ultima missione Felicity si fosse distratta e resa conto all'ultimo momento di un pericolo, quella volta era andata bene e nessuno si era fatto male, ma non potevano certo rischiare così la loro vita.

-Ma qual'è il loro problema? Perché non possono... lo sai! E basta? - esclamò Roy esasperato.

-Perchè Oliver è un idiota... - commentò rassegnato Diggle, aveva fatto tutto quello che gli era possibile per spingere Oliver da Felicity, ma non c'era stato verso di smuoverlo, era geloso lo aveva ammesso, ma era anche ostinatamente deciso a non poter stare con lei.

-Okay, dobbiamo fare qualcosa noi. - commentò pratico Roy stufo di quella situazione.

-Ho un idea... - il luccichio furbo negli occhi dell ex militare fece sorridere Roy che sorrise pronto a sentire l'idea del compagno. I due confabularono sottovoce, Roy si trovò a ridere e ad annuire.

-Ci ammazzerà, anzi ci ammazzeranno entrambi! Ma mi piace l'idea ci sto.-

-Tu Felicity, io Oliver. - il ragazzo annuì soddisfatto, dopo quella sera o le cose sarebbe andata bene o al prossimo allenamento Oliver gli avrebbe spezzato l'osso del collo.

 

***

 

Quella sera come d'accordo Roy passò a casa di Felicity, non aveva avvertito la ragazza perché non voleva che accampasse qualche scusa per tirarsi indietro, così verso le nove sicuro che fosse rientrata da lavoro andò a casa sua e suonò il campanello, aspettò qualche minuto, mentre dalla casa provenivano rumori di cose che si schiantavano al suolo e la voce della ragazza che malediva l'oggetto caduto, dopo alcuni minuti la porta si aprì e Felicity fece capolino sorpresa di vedere Roy a casa sua.

-Roy? Che ci fai qua? - chiese perplessa, era convinta che il ragazzo non sapesse nemmeno dove lei vivesse, ma gli fece comunque segno di entrare.

-Io e te stasera usciamo! - esclamò deciso entrando in casa, lo sguardo che le rivolgeva era di quelli disarmanti che più volte aveva visto fare a Thea e ora capiva perché la giovane si lasciava convincere, era difficile dirgli di no quando ti guardava in quel modo.

-Roy, grazie ma io...-

-No no, niente grazie ma io... Ho bisogno di uscire e anche tu. Oggi Arrow se ne può andare al diavolo, ci andiamo a fare una bevuta da qualche parte e ci divertiamo. -

L'insistenza di Roy era stata così decisa che alla fine Felicity aveva dovuto accettare l'uscita, con l'aiuto del ragazzo Felicity optò per un look diverso dal suo solito: portava un miniabito rosso e delle scarpe col tacco vertiginoso, ormai era diventata un esperta a camminare su quei mezzi di tortura. Quando Roy la vide uscire dalla camera annuì soddisfatto, il loro piano sarebbe andato a gonfie vele, si alzò e le girò attorno guardandola attentamente.

-Questo via... - esclamò sfilandole l'elastico che teneva i capelli legati, gli occhiali erano stati sostituiti dalle lenti e il viso era leggermente truccato.

-Sei favolosa Felicity, dovresti valorizzarti di più! - Felicity arrossì a quel complimento e si lasciò accompagnare da Roy fuori.

 

***

 

Da tutt'altra parte Diggle si stava preparando per uscire, la moglie la guardava in silenzio mentre teneva in braccio la piccola Sara che tranquilla stava iniziando ad addormentarsi.

-Devo essere gelosa? - chiese la donna osservando il marito, le sorrise attraverso lo specchio.

-No tranquilla, stasera lavoro... - rispose lui sistemando il colletto della camicia nera.

-E da quando ti vesti così per andare a lavoro? - chiese sospettosa.

-Io e Roy siamo in missione: terapia d'urto. - spiegò dando un bacio sulla testa alla figlia. Layla rise.

-Avete deciso di agire con Oliver e Felicity? - chiese lei ridendo.

-Non fatevi ammazzare! - si diedero un bacio, poi Dig uscì pronto per andare al covo, con molta probabilità il ragazzo si trovava la.

Dig entrò nel covo e pensò di essersi sbagliato: le luci erano accese, ma il posto era completamente silenzioso, Oliver doveva essere uscito e non aveva chiuso, scese le scale e sospirò di sollievo: Oliver era li seduto a fissare le sue frecce in uno stato di trans, qualunque cosa stesse pensando lo aveva assorbito completamente.

-Ehy! - esclamò posandogli una mano sulla spalla, il ragazzo si voltò sorpreso, non l'aveva sentito entrare.

-Che accidenti ti prende? - chiese Dig.

-Niente... -

-Certo come no... andiamo hai bisogno di distrarti e guarda caso abbiamo un locale sopra la testa.

-Dig non credo.. - cercò di tirarsi indietro ma Diggle lo afferrò per il braccio e lo trascinò verso il piano superiore.

 

***

 

Nel frattempo Roy e Felicity avevano mangiato un boccone insieme e poi si erano spostati per i vari locali, Roy sapeva che se voleva che il loro piano andasse in porto Felicity doveva avere la parlantina libera, così aveva deciso di portarla prima a bere qualcosa in qualche altro locale e poi di portarla al Verdant come da accordo con Diggle.

Entrati nel grande locale Roy mando un messaggio al compagno per avvertirlo che loro erano arrivati.

-Roy stai cercando di farmi ubriacare? - chiese Felicity sorseggiando il suo quarto bicchiere, non era brava a reggere l'alcool e iniziava a vedere il mondo ondeggiare.

-Non è vero, e poi non ti sto costringendo a bere sei tu che lo stai facendo... - rispose Roy divertito era bello vedere Felicity ridere in quel modo.

Roy non faceva altro che guardare l'orologio quando si avvicinò l'ora concordata fece alzare Felicity con una scusa e insieme si spostarono.

-Roy non capisco che facciamo qua? -

-Non ti preoccupare.... Non odiarmi è per il bene di tutti... - con uno scatto rapido Roy spinse la ragazza dentro una stanza e chiuse la porta a chiava.

Nel frattempo dall'altro lato anche Dig riuscì a spingere un sorpreso Oliver all'interno della stanza per poi chiudere la porta a chiave.
Soddisfatti del loro operato i due si spostarono al bar per brindare il piano concluso con successo.

-Cosa state facendo? - chiese Thea vedendo i due così allegri.

-Abbiamo completato la missione... - rispose Dig sicuro.

-Che missione? Ragazzi siete ubriachi? -

-Terapia d'urto, quei due mi avevano già stancato. - continuò Roy, Thea si guardò attorno, aveva visto suo fratello e Felicity ognuno con uno dei ragazzi seduto davanti a lei.

-Che fine ha fatto mio fratello e Felicity? -

-Chiusi nel magazzino.-

-Voi cosa? Oliver vi ucciderà e anche Felicity.. Oddio che schifo io li dentro ci tengo la roba, se avranno sporcato mando voi due a pulire.- con quelle parole Thea se ne andò borbottando qualcosa sul suo povero magazzino.

 

***

 

Felicity si trovò chiusa al buio in quello spazio non troppo grande, non poteva credere che Roy l'avesse veramente chiusa li dentro.

-Roy se non apri all'istante ti farò pentire di esserti unito a noi! - urlò rabbiosa.

-Felicity? - chiese qualcuno alla sue spalle, la ragazza sentendosi chiamare si voltò spaventata.

-Chi è? - chiese, la voce non era normale, le parole erano leggermente strascicate segno che aveva bevuto un po' troppo, le si avvicinò sfiorandole il braccio. Il tocco gentile ma deciso le diede i brividi, anche se non riusciva a vederlo era impossibile per lei non riconoscere chi era la persona davanti a lei, il profumo familiare le era arrivato al naso facendola sorridere.

-Oliver? - balbettò sorpresa, Roy aveva decretato la sua morte.

-Che ci fai qui? - chiese lui senza staccare la sua mano dal braccio di Felicity.

-Ero uscita con Roy, ma poi mi ha chiusa qui... - cercò di spiegare.

-Sei uscita con Roy? Perchè? - Oliver strinse le labbra arrabbiato, per quale motivo Felicity era uscita a bere con Roy e perché lui l'aveva fatta bere tanto.

-Che vuol dire perché? me lo ha chiesto e io ho accettato! Non ci vedo niente di male... - continuò, anche se lo spavento le aveva fatto passare un po' l'effetto dell'alcool era ancora chiaro che aveva bevuto troppo.

-Sei ubriaca. - esclamò, non voleva arrabbiarsi, ma il pensiero che Felicity fosse uscita con Roy gli stava mandando il sangue al cervello, strinse la presa sul braccio per non farla scappare da lui, cosa che ebbe l'effetto opposto, sentendosi stringere Felicity si tirò indietro cercando di far lasciare la presa a Oliver.

-Felicity... - fece lui cercando di allentare la presa senza che la ragazza si facesse male.

-Che diavolo vuoi? Anche se sono ubriaca non è un tuo problema! - esclamò aveva smesso di farsi indietro ora si era scagliata contro il ragazzo, preso in contropiede Oliver indietreggiò andando a sbattere conto uno scaffale alle sue spalle, l'urto fece cadere alcune scatole dal piano più alto.

-Attenta! - con la sua solita rapidità Oliver afferrò Felicity tirandola a se, le scatole caddero dietro la ragazza mancandola per poco. Felicity aveva il viso premuto contro la maglia di Oliver, il profumo di muschio le arrivò dritto al cervello facendola sorridere, sentiva il calore del suo corpo e il rumore del suo cuore battere contro il suo orecchio.

-Stai bene? - le chiese preoccupato facendola staccare da lui per poterla vedere, in quel posto c'era il buio più assoluto, ma a quella distanza Oliver non aveva nessun problema a vederle il viso e i suoi bellissimi occhi azzurri.

-Si può sapere dove siamo? - chiese lei, sentiva il suo cuore battere all'impazzata e questo non dipendeva solo dal fatto che fosse tra le braccia di Oliver.

-Credo che ci abbiano chiusi nel magazzino, qui Thea ci tiene bicchieri, cannucce questo genere di cose... - rispose lui, continuando a tenerla stretta per la vita.

Il respiro di Felicity si fece piano piano più affannoso.

-Oliver... come ne usciamo? - chiese, sentiva il respiro spezzarsi in gola, quella situazione non ci voleva.

-Se non decidono di aprirci credo che non ne usciamo... - rispose rassegnato.

-Allora abbiamo un problema... - Oliver tornò a guardare Felicity che aveva preso a fare respiri corti e rapidi come se non riuscisse a respirare per bene.

-Felicity? -

-Soffro di claustrofobia... - balbettò cercando di liberarsi dalla presa di Oliver, l'idea della mancanza di ossigeno era accentuato dal fatto che Oliver la stringesse a se in quel modo.

-Felicity calmati, c'è aria, non siamo sigillati dentro,non finirà l'ossigeno. - avrebbe ucciso sia Dig che Roy per averli chiusi li dentro, gli servivano due cavie per esercitarsi nei bersagli in movimento e loro si erano appena offerti volontari.

-Io... credo di non riuscire... -

-Ascolta la mia voce... parla con me... -

-Parlare? Stai scherzando? Sono giorni che non mi rivolgi parola... - rispose lei se solo fosse stata abbastanza lucida e non fosse stata nel mezzo di una crisi lo avrebbe colpito, ma in quel momento era troppo concentrata sul respirare.

-Non è vero... -

-Invece si! Dannazione, dopo che hai fermato Cupido hai preso ancora di più le distanza, come se prima non facesse abbastanza male. - si lamentò lei.

-Vuoi parlare di persone che fanno male alle altre? - chiese ironico Oliver stringendo i denti e cercando di mantenere la calma, Felicity era ubriaca e straparlava.

-Stai dando la colpa a me? - chiese lei spintonandolo via, Oliver non aspettandosi quella mossa si trovò sbilanciato e andò a sbattere di nuovo contro lo scaffale facendo cadere altra roba. Le scatole, anche se leggere caddero addosso a Felicity.

-AHI! - si lamentò.

-Ti sei fatta male? -

-No, sono leggere... -

-Meno male. - borbottò lui.

-Smettila di spingermi! - la brontolò, quel posto era dannatamente stretto e con tutta la roba che era caduta ora c'era ancora meno spazio per muoversi.

-Scusa ma mi fai arrabbiare! Che ho fatto per...-

-Hai baciato Ray.- rispose, Felicity sbarrò gli occhi, lei non lo aveva detto a nessuno, come poteva saperlo.

-Oliver come...-

-Vi ho visti.... - il cervello di Felicity lavorava velocemente per capire a pieno quello che lui le stava dicendo: per poterli vedere lui doveva essere andato in ufficio.

-Perchè sei venuto in ufficio? - balbettò.

-Perchè volevo vedere te, ero geloso l'idea che tu fossi andata a cena con lui mi faceva arrabbiare.-

-Oliver ti ho chiesto se c'erano problemi, hai detto di no! - gli ricordò esasperata.

-Cosa dovevo dirti? Si? E poi? Scusa ma non posso stare con te? Sono stupido, ma io ti voglio felice e se tu sei felice con Ray, va bene... ma almeno dammi il tempo per digerire la cosa...-

-Di tutto quello che hai detto, una cosa l'hai detta giusta: sei stupido! Io non voglio Ray, io voglio te! In che lingua devo dirtelo? Ma tu continui a dire che non puoi stare con me... non posso aspettarti in eterno Oliver. - esclamò lei, come poteva solo pensare che a lei interessasse Ray, era intelligente, simpatico quando voleva, ma decisamente non era lui che amava.

-Io... -

-Tu? - lo incoraggiò lei.

In piedi in quello spazio stretto con Felicity davanti a lui, Oliver stava combattendo contro se stesso, non sapeva cosa fare la parte razionale gli diceva di non fare niente, di lasciare le cose come erano, perché era troppo pericoloso, ma l'altra parte diceva di mandare al diavolo tutto, Felicity non era indifesa come sembrava, era una donna forte e determinata che non avrebbe avuto nessun problema.

-L'ultima volta potevi morire in quel ristorante e sarebbe stato per colpa mia... - chiuse gli occhi, l'idea di perderla perché lui l'aveva invitata a cena fuori lo aveva fatto impazzire, anche a distanza di tempo gli incubi lo tormentavano.

-Oliver non è stata colpa tua e poi so difendermi, ti ricordo che ho atterrato il mio ex da sola? -

-Si, ma questo non vuol dire che io non mi preoccupi per te... -

-Oliver... sii egoista per una volta... pensa solo a te, pensa solo a Oliver Queen... i problemi di Arrow li gestiamo insieme. - quella frase fece saltare tutti i freni di Oliver.

Felicity era appoggiata contro lo scaffale, le mani di Oliver erano su un ripiano ai suoi fianchi, ora che i suoi occhi si erano abituati al buio riusciva a scorgere il ragazzo davanti a lei, vedeva il suo viso combattuto sicuramente dentro di se si stava scatenando una guerra, gli posò le mani sulle sue braccia facendogli sentire la sua presenza. Il tocco risvegliò Oliver gli occhi di lei lo stavano pregando, le ultime remore saltarono e lui si avventò sulle sue labbra, era passato troppo tempo dall'ultima volta che le aveva assaggiate, sentì il sapore di lei esplodergli in bocca e un gemito gli sfuggì dalle labbra, Felicity gli aveva passato le mani attorno al collo tirandolo più vicino a se, mentre Oliver l'aveva afferrata per i fianchi. Quel bacio non aveva niente a che vedere con il bacio che i sue si erano scambiati la prima volta, non era dolce e delicato: c'era passione e urgenza, un bisogno da troppo tempo soppresso.

 

La porta del magazzino si aprì con un piccolo strillo.

-Dannazione! - urlò Thea coprendosi gli occhi con le mani, Dig e Roy si erano nascosti in un angolo del locale chiedendo a lei di liberare i due, non si aspettava però di trovare il fratello intento a baciare con foga la sua ex segretaria.

-Vi dispiace trovarvi una camera? - chiese lei infastidita e divertita allo stesso tempo, Oliver guardò la sorella e poi Felicity che era arrossita.

-Scusa Thea, non è stata un idea nostra...-

-Non mi interessa, ma spero di non trovare sporco a giro altrimenti vieni te a pulire Oliver... - sibilò rivolta al fratello, regalando però un sorriso a Felicity che imbarazzata cercava di risistemare il vestito.

-Non ti preoccupare, solo qualche scatolone rovesciato ci penserà domani Roy. Notte sorellina.- le diede un bacio sulla testa uscì tirandosi dietro Felicity.

-Oliver... - iniziò Felicity ora che erano usciti da quel magazzino le sembrava che la bolla in cui erano stati fino a quel momento fosse scomparsa.

-Mi dispiace, hai ragione tu: sono egoista. Arrow è un problema che affronteremo insieme giorno per giorno. Ora andiamo. - con la mano di lei stretta nella sua Oliver guidò Felicity fuori dal Verdant, per raggiungere un posto dove nessuno li avrebbe potuti interrompere.

 

***

 

Roy e Diggle ancora nel locale guardavano i due uscire mano nella mano.

-Missione compiuta amico! - brindarono alzando i bicchieri, Thea apparve dietro di loro.

-Ehy consulenti matrimoniali, avete un magazzino da sistemare forza! -

 

Fine

 

 

ecco un altra one shot terminata... questa è decisamente diversa dalle altre due, come avete visto non sono tutte tristi e malinconiche come le prime (per fortuna).

Avete voluto quella Olicity e vi ho accontentato... prima o poi metterà la nuova raccolta ç_ç povera la nuova raccolta viene snobbata... xD

un bacione e mi raccomando recensite (anche qui che lo dico a fare?! )

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Capitolo 4
*** Canto di Natale ***


Il canto di Natale


Era la vigilia di Natale a Starling City, in quei giorni il freddo si era fatto più intenso e la neve era caduta abbondantemente ricoprendo ogni cosa col suo manto soffice ma ghiacciato, la città quel giorno era calma, il giorno seguente sarebbe stato Natale e tutta la città, criminali compresi, si erano presi la serata libera.

Le strade del centro erano illuminate c'erano luci su tutte le case, anche i negozi e le strade erano illuminate con luci colorate. Una moto solitaria stava attraversando la città a tutta velocità ignorando le luci e le decorazioni sparse, la moto ben presto lascio il centro e si spostò verso la periferia ancora devastata dal terremoto avvenuto quasi due anni prima.
Il misterioso motociclista arrivato in un vicolo senza sfondo parcheggiò e scese dalla dalla moto per poi scomparire nel vicolo.
Nascosto alla vista di tutti in quel vicolo c'erano delle stanze segrete, da fuori nessuno poteva vedere le luci accese ne sentire le persone all'interno.
-Eccolo di ritorno, come è andata?- chiese la ragazza alzando appena gli occhi dal computer al quale stava lavorando.
-La città è deserta.- risposte l'uomo togliendosi finalmente il casco e appoggiandolo su un tavolo, gli occhi blu si posarono sulla ragazza.
-Che ti aspettavi Oliver? É la vigilia di Natale, anche i cattivi riposano.- gli fece notare lei continuando a guardarlo sorridendo.
-Dig? - chiese lui non vedendo l'uomo da nessuna parte.
-E' a casa, voleva passare un po' di tempo con Sara e Lyla. - rispose, iniziava ad essere tardi e anche lei voleva tornare a casa.
-Per stasera è meglio chiudere qui, che dici?- propose infatti al ragazzo, lui annui era tardi ed era inutile che lei rimanesse li visto che non c'era niente da fare.
-Vai pure e stai attenta! - lei sorrise e raccolse le sue cose, era troppo ansioso cosa le sarebbe dovuto capitare.
-Oliver, vieni domani? Verranno anche Roy, Dig e Lyla con la piccola Sara. Mi farebbe piacere se ci fossi anche tu...- il giorno seguente sarebbe stato Natale e Felicity aveva organizzato un pranzo con tutto il team Arrow, anche se era ebrea e non riconosceva nel Natale una vera festività quella era l'occasione giusta per stare un giorno tutti insieme senza parlare di lavoro, per lei quei tre uomini erano diventati la sua famiglia.
-Felicity io... - iniziò Oliver, dopo quello che era successo al loro appuntamento, si era convinto che non poteva essere sia Oliver che Arrow.
-Il pranzo è alle una, se cambi idea sai dove abito...- Oliver la guardò andare via, Felicity era tutto ciò che voleva, ma era anche tutto ciò che non poteva avere e questo lo distruggeva, poche settimane prima l'aveva vista baciare Palmer e si era sentito morire, l'aveva persa solo per colpa sua e delle sue paure.

 

Oliver si era coricato nel suo letto e faticava a prendere sonno, l'indomani era Natale e lui lo avrebbe passato da solo. Nel silenzio che lo circondava Oliver iniziò a sentire il rumore di alcune campanelle, inizialmente pensò che fosse uno dei computer di Felicity che segnalava qualcosa, ma il rumore era troppo lieve e delicato per essere uno degli allarmi del computer.

“Ciao Oliver” sentendosi salutare il giovane si voltò, era sicuro di essere solo la sotto eppure qualcuno aveva appena parlato.

“Oliver sono qui.” la voce veniva da dietro di lui, si voltò con uno scatto e si trovò faccia a faccia con suo padre.

-Padre? - chiese facendo un passo indietro, non poteva essere veramente lui, Robert Queen era morto davanti a lui: si era sparato un colpo in testa per permettergli di sopravvivere.

“Si, sono io... Sono qui per parlarti...”

-Tu sei morto, ti sei...- il fantasma sembrò sospirare spazientito a l'interruzione del figlio.

“Oliver ascoltami, io rappresento il fantasma del Natale passato...” iniziò a spiegargli l'uomo, Oliver alzò un sopracciglio scettico, sicuramente si doveva essere addormentato e quello era semplicemente un sogno bizzarro.

“Smetti di pensare che io sia un sogno bizzarro! Sono qui per il tuo bene! Cosa stai combinando?” chiese l'uomo avvicinandosi e agitando le mani concitato.

-Papà io...-

“Oliver forse è meglio che ti rinfreschi cos'era per noi Queen il Natale.” determinato afferrò il braccio di Oliver e lo trascinò via, i due passarono attraverso il soffitto e poi oltre il tetto, volando sulla città come se fossero dei palloncini.

-Dove stiamo andando? - chiese Oliver guardare verso il basso: gli dava le vertigini, non era la prima volta che saltava da un tetto all'altro per la città, ma farlo in quel modo senza l'aiuto delle sue frecce era alquanto sgradevole.

“Te l'ho detto, ti porto a vedere cosa è il Natale per noi Queen.” rispose l'uomo, il loro viaggio finì quando arrivarono sopra la loro vecchia casa: le luci erano accese, dal camino usciva del fumo e la casa non sembrava addobbata, eppure era sicuro che ancora nessuno avesse acquistato quella tenuta, Robert scese verso il basso fermandosi davanti alla finestra illuminata, le tende erano tirate e gli permettevano di vedere all'interno. La stanza era proprio come la ricordava: il tavolino sopra al costoso tappeto, i due divani poco più in la, sul camino acceso c'erano le calze rosse che pendevano, la prima era quella di Thea, poi c'era la sua, quella della madre e per finire quella del padre, accanto al caminetto c'era l'albero splendidamente addobbato e illuminato dalle lucine colorate, sotto l'albero non c'era ancora nessun regalo, ma presto sarebbero stati messi.

Delle voci accompagnate da alcune risate avvertirono dell'arrivo di qualcuno, le porte si aprirono ed entrarono due bambini che saltellavano contenti.

-Dai papà muoviti, voglio la storia! - esclamò la bambina, i capelli castani erano fermati in due codine con degli elastici rossi con i ponpon bianchi.

-Si papà la storia! - urlò l'altro bambino sedendosi sul tappeto vicino al fuoco.

-Date tempo a vostro padre, sta prendendo il libro... - esclamò divertita la donna entrando nella stanza, insieme a lei entrò una cameriera con in mano un vassoio pieno di tazze fumanti.

-Grazie Rosita! - il bambino prese due tazze e dopo averne passata una alla sorella tornò sul tappeto.

-Eccomi! - esclamò un uomo entrando in stanza agitando un grosso libro che aveva tra le mani.

 

“Te lo ricordi Oliver?” chiese Robert guardando il figlio osservare rapito la scena.

-Certo, la nostra tradizione... la vigilia di Natale ci mettevamo in salotto e tu ci leggevi le storie di Natale, mentre bevevamo della cioccolata calda...- spiegò Oliver continuando a guardare se stesso che ascoltava le storie del libro.

-Finite le tre storie, si preparavano i biscotti per babbo Natale e poi si andava a dormire... - continuò lui senza smettere di sorridere, aveva quasi dimenticato quei momenti e ora si sentiva in colpa.

“Andiamo figlio mio, è l'ora di tornare...” il padre lo afferrò nuovamente per il braccio e lo portò via dalla loro casa, le luci si spensero e il calore scomparve, ora in quella casa non ci viveva nessuno.

Tornarono al covo Oliver era sempre più pensieroso.

“Stammi bene Oliver e non farmi preoccupare...”

-Troverò un modo per riprendere la nostra azienda e la nostra casa!- disse sicuro facendo sorridere Robert.

“Ci conto.” allungò la mano porgendola per farsela stringere.

-Ciao papà.-

“Ciao figliolo.” il fantasma del padre proprio come era apparso scomparve lasciando Oliver nuovamente solo.

Oliver stava ancora pensando a quello che aveva visto con suo padre quando un altra voce lo riscosse.

“Allora ragazzo, sei pronto?” il corpo di Oliver si irrigidì alzando la testa davanti a lui seduto su un tavolo con una gamba a penzoloni c'era Slade Willson.

-Tu dovresti essere rinchiuso sull'isola! - sibilò lanciando un occhiata all'arco nella bacheca, calcolando mentalmente quanto ci avrebbe messo per prenderlo e scoccare una freccia contro l'uomo.

“Sarebbe una cosa inutile tentare di infilzarmi, sono un fantasma!” commentò lui aprendo le braccia, ora che Oliver ci faceva caso doveva ammettere che Slade aveva la stessa consistenza semitrasparente che aveva suo padre.

-Ma tu non sei morto, come fai ad essere un fantasma? - chiese accigliato, non era ancora del tutto convinto che quello davanti a lui non fosse lo stesso Slade che doveva essere rinchiuso nella cella sull'isola.

“Io sono la parte che è morta sull'isola... Ragazzo, guardami... Fratelli, ricordi?” Oliver annui, quante volte si erano detti che loro erano fratelli, dopo quanti scontri si erano ritrovati insieme a contare le ferite, ma sempre più uniti, ogni scontro li avvicinava e rafforzava il loro legame.

-Fratelli... - ripeté Oliver.

“Bene visto che siamo d'accordo direi che è il caso che ti lasci dare un consiglio dal tuo fratellone... Andiamo!” Slade scese dal tavolo con un balzo e gli si parò davanti con un sorriso che non gli piaceva per nulla.

-Andiamo dove? - chiese spaventato, le idee di Slade non erano mai state prive di rischi nemmeno prima di avere il mirakuru in circolo nel corpo.

“Tuo padre non te l'ha detto?” chiese fermandosi.

-Come sai di mio padre? - Slade sospirò infastidito, quel comportamento lo fece sorridere quando erano sull'isola lo faceva spesso.

“Siamo qui per aiutarti, tuo padre ti ha mostrato il Natale passato, io ti mostrerò il Natale presente.” spiegò lui riprendendo a tirarlo, come era successo prima , Oliver iniziò a galleggiare nell'aria e ben presto si ritrovò a volare sopra la città.

-Quindi mi vuoi dire che verrà anche un terzo fantasma a mostrarmi il Natale futuro? Come nel romanzo di coso? - chiese Oliver accigliandosi.

“Non credo che “Coso” sia il nome di battesimo dell'uomo, ma si, avrai una terza visita e ti garantisco di non farla arrabbiare...” Slade si voltò per guardarlo, ancora una volta vide sul volto dell'uomo quel sorriso ironico che lo aveva sempre caratterizzato, quel sorriso lo faceva quando si stava prendendo gioco di lui.

-Quindi è una lei? La conosco? -

“Ragazzo? Non fare le tue solite domande stupide... siamo arrivati!”

I due fluttuavano sopra una casa nei pressi della periferia di Starling city, la casa era un anonima villetta a schiera, aveva il suo bel giardino non troppo curato e l'auto parcheggiata nel vialetto, Oliver fissò la macchina: la conosceva.

-Che ci facciamo a casa di Felicity? - chiese accigliandosi.

“Andiamo!” Slade non gli rispose, si limitò a tirarlo e a portarlo con se all'interno della casa.

Dentro si poteva percepire il calore del caminetto dove il fuoco scoppiettava, le luci erano accese e le decorazioni rendevano la casa calda e accogliente, si guardò attorno cercando Felicity.

“Mi sa che è di la.” fece l'uomo indicando l'altra stanza da dove arrivavano le note di una canzone natalizia e la voce della ragazza.

-Sto bene mamma! Si, appena posso vengo a trovarti, mi manchi anche tu... -

Come aveva detto Slade Felicity era nell'altra stanza, in cucina, aveva il telefono premuto tra la testa e la spalla e mentre parlava stava tirando fuori qualcosa dal forno, il profumo di biscotti allo zenzero riempì la stanza facendo venire l'acquolina in bocca ai due.

-Perchè siamo qui? - chiese ancora Oliver.

“Zitto e guarda... anzi ascolta...” lo riprese l'uomo svolazzando vicino a Felicity che ignara stava mettendo in forno altri biscotti.

-Sono rimasta indietro con i preparativi per domani...- borbottò senza sapere che qualcuno la potesse sentire.

-Devo essere proprio pazza, io che sono ebrea non solo ho addobbato casa, ma sto anche preparando il pranzo per domani... - Oliver sorrise, ricordava come una volta che era andato da lei perché aveva bisogno di aiuto per una sua missione, lei gli avesse risposto dopo i suoi auguri di buon Natale che era ebrea, ora che ci ripensava tutto quello non aveva senso, le luci, le decorazioni, l'albero e il pranzo, perché stava facendo tutto quello?

Il cellulare di Felicity suonò e lei rispose sorridendo.

-Dig! - esclamò, non sembrava sorpresa da quella chiamata, era felice e spensierata.

“Dig per lei è un fratello maggiore, tra loro è nato un legame profondo e questo è merito tuo.” spiegò Slade.

-No, non ha detto nulla, che avrebbe dovuto dire? - rispose, da dove si trovavano loro non riuscivano a capire cosa dicesse l'uomo al telefono, ma qualunque cosa fosse la stava facendo ridere.

-No non ho bisogno di una mano, ce la faccio e per quanto riguarda Oliver, non so se verrà, io lo spero, verrei che ci foste tutti, ma lo sai come è fatto. Dig: tu, Lyla, Roy, Oliver, voi siete la mia famiglia a Starling city...-

“Lei ti vuole, ha fatto tutto questo per poter stare con tutti voi, per poter stare con te al di fuori delle missioni...”

-Io non posso stare con lei è troppo pericolo, ci abbiamo provato e per poco la facevo ammazzare in quel ristorante.-

“Oliver non essere idiota, è stato un incidente... Andiamo il mio tempo sta per finire.” lasciarono la casa di Felicity mentre lei stava dando la buonanotte a Diggle.

Oliver e Slade tornarono al covo.
“Il mio dovere l'ho fatto, spero per te che tu abbia cambiato idea, perché la prossima persona che verrà non ha molta pazienza e non si farà scrupoli a prenderti a calci nel sedere. Vedi di non farti vedere lassù tanto presto fratello” Slade lo salutò con un abbraccio e una pacca sulle spalle.

-Contaci...- rispose.

Slade scomparve lasciando il cuore di Oliver una sensazione di pesantezza, era intento a pensare a Felicity quando il terzo fantasma era apparso.

“Allora hai deciso di andare al pranzo di domani?” la voce era indubbiamente di una ragazza e non c'erano dubbi sul fatto che lui la conoscesse anche molto bene.

“Stai scherzando? E' troppo testone per aver cambiato idea.” fece sarcastica una seconda voce, anche quella era di una ragazza e Oliver conosceva anche quella, si voltò e sorrise vedendo le due ragazze una accanto all'altra che lo guardavano con le braccia incrociate al petto.

“Quindi Ollie?” continuò la seconda voce increspando le labbra nella sua tipica espressione di attesa.

-Sara...Shado... - le due si guardarono un secondo e poi tornarono a guardare lui sorridendogli.

-Pensavo che dovesse venire un solo fantasma...-

“In teoria si, ma conoscendoti e conoscendo la tua testa dura abbiamo pensato che forse in due avremmo avuto più fortuna...” spiegò Sara.

-Io...-

“Si, si... tu... tu... ora però vogliamo sapere un altra cosa... Andrai a quel benedetto pranzo si o no?” chiese Shado, cercando di far arrivare Oliver al nocciolo della situazione.

-Io...-

“Visto che ti ho detto, ancora non ci vuole andare! Che dovremmo fare noi? Mi viene una voglia di prenderlo a pedate!” esclamò Sara furiosa.

“Fallo!” le disse la mora come se la cosa fosse ovvia.

“Ti ricordo che sono un fantasma e non posso.” borbottò lei scocciata da quella situazione.

“Renditi conto, prima di morire gli dico che noi non siamo le nostre maschere e lui che fa? Allontana l'unica cosa buona che gli ha portato essere Arrow, mi sale una rabbia che non t'immagini...” Sara parlava con Shado come se Oliver non fosse li davanti a lei ad ascoltarla, ricordava la conversazione sul tetto che aveva avuto con Sara la sera in cui era morta, lei a modo suo lo stava spingendo verso la felicità: ovvero verso Felicity.

-In teoria potresti colpirmi, voglio dire, mio padre e anche Slade mi toccavano, quindi se mi tiri un calcio mi prendi. - costatò Oliver, Sara si voltò come se si fosse resa conto solo in quel momento della presenza del ragazzo sul volto c'era un sorriso che non prometteva niente di buono.

“Ollie...” iniziò prima di tirargli un calcio colpendolo alla gamba.

-Aoh! -
“Sei un idiota! Mi sento decisamente meglio.”

“Bene allora direi di fare quello per cui siamo venute.” propose Shado, tra le due ragazze la mora era quella più calma e riflessiva, anche se furiosa lei non lo avrebbe mai preso a calci, Sara al contrario non aveva avuto nessun problema a farlo e ne andava anche orgogliosa.

Le due giovani afferrarono ognuna una mano e lo tirarono via, proprio come le altre due volte Oliver si trovò a volare per la città, questa volta però non conosceva la casa verso la quale stavano andando: era un enorme casa tutta luminosa e addobbata.

“Questo farà male Ollie, ma te lo sei cercato...” gli disse Sara prima di spingerlo dentro.

Come all'esterno anche l'interno della casa era luminoso e decorato da addobbi natalizzi, il profumo di biscotti riempiva la casa e delle risate riecheggiavano per le stanze, vide un bambino rincorrere una bambina di qualche anno più grande di lui.

-Non vale Sara, quello era mio! - urlò il piccolo, la bambina si voltò mostrando il biscotto che teneva in mano e poi lo mangiò in un solo boccone, il bambino la guardò un attimo prima di buttarsi a terra e iniziare a piangere disperatamente.

-Ollie! Ollie! - Oliver si girò sentendosi chiamare, dalla porta era arrivata Felicity e guardava verso di lui, ma non era possibile che lo potesse vedere.

-Ollie, perché stai piangendo? - Felicity si era inginocchiata accanto al bambino e l'aveva preso in braccio.

-E' colpa di Sara... - balbettò il bambino tra un singhiozzo e l'altro, dall'altra stanza arrivò un altra persona.

-Sara cosa gli hai fatto? - chiese l'uomo serio.

-Io nulla! Lo giuro. - si difese Sara, ma il bambino non era d'accordo.

-Mi ha rubato il biscotto e se l'è mangiato! - continuò.

-Sara! Sei più grande di Oliver dovresti essere gentile con lui! - la riprese.

-Dig, non importa sono bambini e poi è Oliver ha esagerato, i biscotti sono di tutti e vanno offerti! - lo riprese severamente.

-Ma io...-

-Niente ma. Lo sai che ci si deve comportare bene. Ora andate di la e non mangiate tutti i biscotti, tuo padre sta per tornare e tra poco si cena. - i due bambini se ne andarono spintonandosi tra di loro senza però dire una sola parola.

-L'idea che quei due potessero andare d'accordo l'ho accantonata molto tempo fa.- ammise Dig.

-Ti devo far presente di chi portano i nomi? Erano due teste calde. - la voce di Felicity era triste, Oliver notò gli occhi di lei farsi lucidi: stava per piangere.

-Ehy, non è stata colpa tua, è stata una sua scelta. L'avevi avvertito, ha deciso di scegliere Arrow...-

-Mi manca...- disse con la voce sempre più prossima alle lacrime.

-Anche a me, ma è stata una sua scelta andare e noi abbiamo fatto tutto quello che era possibile fare...- Dig stava cercando di consolare l'amica.

-Mamma è arrivato papà! - l'urlo di Oliver arrivò al gruppetto, Felicity si asciugò le lacrime e sorridente si diresse verso la porta.

-Devo ancora capire come hai fatto a fargli accettare quel nome. - borbottò Dig sottovoce.

-Sono donna: posso ottenere tutto quello che voglio. - rispose lei. -Beh non proprio tutto.. - si corresse scambiandosi uno sguardo triste con Dig.

-Ciao Amore, scusa il ritardo. - Ray Palmer era appena entrato in casa e con in braccio il figlio si sporse per baciare Felicity.

-Ciao amore, tranquillo, stiamo ancora aspettando Roy. -

“Oliver...” Shado si avvicinò a Oliver che guardava la scena, sentiva il cuore spezzarsi, li aveva già visti baciarsi, ma sapere che lei si era sposata con lui e aveva avuto un figlio lo stava uccidendo.

-Ha scelto lui... - ammise dolorosamente.

“No, tu non le hai dato altra scelta... Sei morto in una missione suicida.” spiegò Sara affiancandosi dall'altra parte, ora si sentiva in colpa per avergli tirato quel calcio, ma doveva far capire all'amico che stava sbagliando.

“Oliver, amarla non ti rende debole. Amarla ti salverà la vita.” gli disse saggiamente Shado.

“Ollie...”

-Possiamo andare via?- chiese, a differenza delle altre volte, non voleva più vedere, quella scena lo stava uccidendo, voleva andarsene, aveva capito cosa le due ragazze volevano dirgli, ma non era sicuro di poter fare quello che doveva.

Tornati al covo Shado lo abbraccio.

“Non ti voglio vedere tanto presto lassù!” gli disse sorridendogli.

-Tranquilla, ho fatto la stessa promessa a Slade.- poi fu il turno di Sara che si fermò ad un passo da lui.

-Vuoi tirarmi un altro calcio?- lei sorrise.

“Servirebbe ad ottenere qualcosa?” chiese lei dubbiosa.

-Mi potresti rompere una gamba. -

“Avresti una scusa per non andare al pranzo... Ti voglio bene Ollie, ma se non vai da Felicity non ti parlerò mai più!” disse prima si scomparire.

 

La mattina dopo Oliver si svegliò nel suo letto, si guardò attorno intontito, aveva fatto uno strano sogno, ma non si fermò a pensarci, si alzò stiracchiandosi, avrebbe passato quel giorno a fare dei giri per la città assicurandosi che non ci fossero problemi, era pronto a mettersi la divisa da Arrow quando un livido sulla gamba lo distrasse, quello non c'era la sera prima, quello era il punto dove nel sogno Sara gli aveva tirato il cacio.

-Credo che Arrow per oggi possa prendersi una vacanza... - lasciò perdere il completo verde e andò a recuperare qualcosa di più comodo e adeguato da indossare.

 

***

 

L'una era passata da poco, casa Smoak profumava di buono, c'era odore di biscotti, zabaione e anche di tacchino arrosto, gli odori si erano mischiati creando un delizioso profumo.

In casa c'era un insolita confusione, Lyla e Dig erano arrivati con Sara e ora Felicity si stava coccolando la bambina, poco dopo era arrivato anche Roy che aveva accettato di buon grado l'invito della donna, non gli andava l'idea di passare da solo quel giorno.

-Felicity aspettavi qualcun altro? - chiese Roy sentendo il campanello.

-In teoria Oliver, ma aveva detto che non sarebbe venuto... - rispose dubbiosa lei restituendo la bambina a Lyla e andando verso la porta, curiosa di scoprire chi avesse suonato.

Felicity era sicura di essere rimasta a bocca aperta, quando aveva visto chi era alla porta.

-Spero che l'invito sia sempre valido... - balbettò Oliver vedendo la ragazza che lo fissava senza dire niente.

-Ehm.. Certo, vieni entra.- Oliver fece per entrare, in quel momento si accorse della piantina che pendeva sopra la porta, con un movimento rapido passò la mano dietro la testa di Felicity e la tirò a se baciandola dolcemente sulle labbra: le labbra di lei erano morbide e calde, la sua bocca sapeva di buono, sentendo le labbra aprirsi Oliver non riuscì a resistere alla tentazione di approfondire quel bacio, che da tanto desiderava darle.

-Oliver... - balbettò lei quando si staccarono, lui si limitò a indicarle il vischio che pendeva sopra le loro teste.

-Buon Natale Felicity...-

-Sono ebrea... - balbettò lei.

-Lo so...

 

Nella stanza accanto gli altri ospiti si erano affacciati curiosi di scoprire chi fosse il nuovo arrivato.

-Paga, io te l'avevo detto che veniva. - Roy si frugò in tasca prendendo i soldi e dandoli a Diggle che gli porgeva la mano con l'espressione di uno che la sapeva lunga.

-Penso siano i soldi meglio spesi. - borbottò facendo ridere Lyla che aveva osservato la scena con loro e ora annuiva.

 

***

 

Intanto in paradiso quattro persone stavano festeggiando la riuscita del loro piano.

-A Oliver e a Felicity! - dissero in coro agitando i loro bicchieri, felici che il loro amico avesse finalmente trovato un po' di felicità.

 

Fine

 

Eccoci qua alla fine della prima storia di Natale, ho deciso di rielaborare il classico “Canto di Natale” di “Coso” come ha gentilmente detto Olive, ovvero Charles Dickens e di scrivere su Oliver e formare così una perfetta Olicity così da rallegrarvi questa giornata di vigilia! ^_^

Che dite come fantasmi vi sono piaciuti? Ero molto indecisa su chi scegliere, Robert Queen è stato il primo ad essere scelto, per ovvie ragioni, poi Slade Sara e Shado (le tre S) sono stati difficili tanto difficili che alla fine non ho voluto fare fuori nessuna delle due ragazze e quindi le ho mandate insieme, anche se preferivo mandare solo Shado e avere Sara che lo spingeva da viva, ma visto che la lagna le sta fregando il ruolo non ci si poteva fare nulla secondo voi IO avrei fatto fuori Sara dalla mia shot di Natale? Ovviamente no!

Felicity che si fa una famiglia con Ray è un duro colpo da far andare giù per Oliver però se l'è cercata, almeno questo l'ha spronato ad andare alla cena. Sara che gli tira un calcio ce la vedo veramente tanto! Ti prego Sara torna!!!

 

Che altro dire, boh niente, la storia se volete commentarla commentatela io vi faccio qui gli auguri di buona vigilia, domani mattina metto l'altra che ho finito di scrivere v.v non si sa ancora bene come ho fatto, insomma, domani metto l'altra e vi auguro buon natale.

Non dimenticatevi di recensire anche What Really my su via a Natale siamo tutti più buoni!

Un bacio scappo dalla mocciosa oggi lavoro!

Mia

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