Testa Rossa

di XxBlueRiaxX
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Testa Rossa - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Testa Rossa - Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Testa Rossa - Capitolo 1 ***


Era arrivato il giorno del trasferimento; Ria avrebbe intrapreso gli ultimi due anni di studio in un’altra città. Si trattava di una ragazza di ventisei anni dalla pelle chiara, molto chiara, messa in risalto dai suoi rossi capelli; aveva delle lievi lentiggini che evidenziavano l’azzurro dei suoi occhi. Era una ragazza nella media: né alta né bassa e forme giuste al punto giusto. Studiava Medicina in una delle Università più rinomate del Paese e, per concludere gli anni del Master, era stata trasferita in un paesino in montagna; l’ospedale offriva un ottimo metodo di preparazione per le sue ricerche. Fortunatamente, dato il poco preavviso, era riuscita ad affittare una stanza, anche se essa le costava non poco. Non sapeva praticamente nulla del coinquilino che ci viveva dentro, lo aveva sentito solo un paio di volte al telefono per organizzarsi; in ogni caso, quel giorno avrebbe avuto il piacere, o la sfortuna – dipende dai punti di vista – di conoscerlo di persona.
L’autobus di servizio  l’aveva appena lasciata di fronte alla sua nuova abitazione e, con sua grande sorpresa, si trattava di una classica villetta in mezzo alla campagna. Perplessa da tale visione, Ria non fece altro che controllare ripetutamente l’indirizzo e il numero civico che si era appuntata su un foglio insieme ad altri dati utili per il trasferimento. Anche il nome sul campanello situato nel muro che racchiudeva un ipotetico giardino riportava lo stesso nome di quello scritto sul pezzo di carta: Schmitz. Incerta sul da farsi, raccolse da terra la valigia e, molto esitante, si avvicinò per suonare il campanello.
Il nulla più completo.

«Non può essere questa…»

Disse a bassa voce mentre controllava per l’ennesima volta il foglio. Nel momento in cui decise di fare dietrofront e chiamare un taxi – magari avrebbe alloggiato in un Hotel per quella notte -, un rumore metallico la fece sobbalzare. Si voltò di scatto con gli occhi spalancati e notò che il cancello d’ingresso si era appena aperto. Come se fosse attratta dalla visione e dal profumo di quel giardino pieno di aiuole e alberi, si ritrovò quasi in trance a varcare il vialetto composto da graziose ed eleganti pietre, le quali rendevano il tutto molto fiabesco. Fermatasi di fronte alle scale del porticato, la ragazza non poté fare a meno di contemplare quella casa davvero immensa: sicuramente si estendeva su due piani; come le classiche casette di campagna, essa era fatta completamente di mattoncini; ampie finestre su ogni lato da lei visibile, grossi archi che descrivevano perfettamente una veranda molto accogliente. Ria dovette sbattere più volte gli occhi per essere sicura di non star sognando; poi ricontrollò il pezzo di carta abbandonando momentaneamente la valigia alta quasi quanto lei. Guardò ripetutamente la cifra che avrebbe dovuto pagare mensilmente e, nonostante non fosse poco, non si capacitava di come il prezzo per tale lusso fosse davvero così basso.

«Hai intenzione di entrare o vuoi startene impalata lì tutto il giorno?»

Una voce improvvisa la fece sobbalzare di nuovo. Alzò lo sguardo e vide un ragazzo davvero molto alto; si notava che aveva il classico fisico del palestrato, i capelli di un biondo scuro quasi castano e degli occhi chiari che, se non ci si avvicinava, non si riusciva a capire bene di che colore fossero realmente. Se ne stava con una canotta e dei pantaloncini appoggiato con una spalla a una delle colonne che descrivevano l’arco del porticato. Era strano; anche se era settembre, la temperatura non permetteva di potersi vestire in quel modo, specialmente in una località di montagna. Lei indossava un paio di jeans stretti con ai piedi un paio di scarponcini scamosciati, una maglia a manica lunga coperta da un Montgomery nero e una sciarpa grigia al collo.

«Sì, salve…! Sono Jäger, mi era stato detto che potevo venire a vivere qui da oggi ma, ripensandoci… forse ho sbagliato casa.»

Il ragazzo, con sguardo molto assonnato, inarcò un sopracciglio e sbuffò appena.

«Non hai sbagliato, io sono Schmitz. Prendi la tua roba ed entra.»

Senza mostrare nemmeno un minimo di simpatia, si voltò ed entrò in casa lasciando il portone aperto. Ria rimase spiazzata nel vedere che il padrone di casa era un giovane che doveva avere più o meno la sua stessa età; pensò che Schmitz affittasse stanze per altri studenti, e per questo il prezzo era fin troppo conveniente per una villa come quella. Decise che avrebbe scoperto tutto dopo e, caricandosi del peso eccessivo della valigia, salì le scale del portico per poi entrare, finalmente, in quella favolosa casa. Ad accoglierla c’era un ampio ingresso di parquet scuro e possenti mura bianche piene di imitazioni di quadri famosi; alzando gli occhi al cielo si vedevano bene le travi con un grande lampadario che ricordava vagamente quello che magari si vedeva nei castelli. Avanzando ancora, e superato un altro arco, si trovò di fronte a una immensa sala, con lo stesso parquet e le stesse mura dell’ingresso. Voltandosi a sinistra notò l’ampia cucina che prendeva, compresi i vari piani, fornelli e frigorifero, tutta una parete della casa; il tavolo era molto lungo e, come se non bastasse, vi era anche un bancone da pub con degli sgabelli e un sacco di bevande, alcoliche e non, poggiate sopra. Guardò a destra e le si parò davanti un enorme camino, un lussuosissimo divano con tanto di poltrone e tavolinetto, un pianoforte a coda all’angolo e un televisore al plasma da non si sa quanti pollici da quanto era grande. Guardando di fronte, invece, si poteva percepire un profondo senso di inferiorità nell’ammirare quelle possenti scale in legno che portavano al piano di sopra. Sembrava di essere entrati in un vero e proprio castello, ma l’arredamento era decisamente moderno.
Un leggero sospiro riportò Ria alla realtà; si voltò e osservò, ancora incredula, Schmitz.

«All’ingresso c’è un’altra porta, c’è un bagno. Sali le scale, vai a destra e in fondo al corridoio c’è la tua stanza.»

Con uno sbadiglio e grattandosi la nuca, il proprietario camminò goffamente fino ad arrivare al divano; vi ci sopra e, prendendo il Joystick della Playstation, riprese la partita da dove l’aveva momentaneamente bloccata.
Certo che poteva anche darmi una mano!”, pensò leggermente irritata la ragazza mentre aveva appena raggiunto il piano superiore con molta fatica. Osservò il corridoio: c’erano in totale quattro stanze. Senza sentire il bisogno di sapere cosa ci fosse dentro alle altre tre, si voltò a destra e percorse tutto il corridoio, anch’esso molto ampio, fino ad arrivare alla propria camera. Aperta la porta trovò un letto matrimoniale, una libreria vuota che prendeva mezzo muro, un grande armadio appoggiato al muro di fronte la libreria, una scrivania con specchio e, oltre che alla finestra, una porta finestra. Incuriosita da essa, Ria vi si avvicinò e l’aprì, scoprendo un balcone davvero gigantesco. Rimase estasiata nel vedere che nel giardino dell’abitazione vi era situato un grosso e vecchio salice piangente con ai piedi uno stagnetto; c’erano anche delle panchine in pietra e delle riproduzioni di statue di svariati scultori famosi. I cespugli di rose selvatiche descrivevano in modo definito il vialetto in ghiaia che portava anche negli angoli più scuri del giardino. Lei sorrise in modo spontaneo appoggiando i gomiti su quella specie di ringhiera di pietra che delimitava il balcone.
Dopo svariati istanti si voltò per iniziare a disfare la valigia, ma sobbalzò ancora una volta nel vedere il ragazzo proprio sulla porta finestra con le braccia conserte.
Questo qui mi farà prendere un infarto prima o poi…!”, commentò nella sua testa per cercare di non essere scortese.

«Mi sono dimenticato di dirti che, se hai fame, in frigo trovi qualcosa. Altrimenti ordina una pizza o che ti pare.»

Questa volta Ria lo batté sul tempo. Prima che lui potesse voltarsi, lei gli sorrise e si avvicinò a lui con la mano tesa.

«Non mi ha dato il tempo di presentarmi a dovere. Sono, Ria Jäger, molto piacere!»

Un po’ perplesso, decisamente svogliato e forse leggermente imbarazzato, il ragazzo le strinse la mano senza far trasparire alcuna emozione di piacere sul suo volto.

«Non darmi del “lei”, ho ventotto anni… e io sono Gerald Schmitz.»
 
[-ANGOLO DELL’AUTRICE-]
Non so se vi siete imbattuti nella mia storia per caso o perché interessati alla trama… in ogni caso, salve a tutti! ^.^ Sì, lo so; ha ben poco di “Introspettivo” ancora, ma pazientate, ok?
Scherzi a parte, non sono molto esperta del campo e vorrei sapere cosa ne pensate lasciandomi scritta una recensione, Positiva, Neutra o Negativa che sia! Spero comunque vivamente di poter rispettare i termini di scadenza che mi sono data già dalla trama, e spero anche che questa mia storia vi abbia incuriosito tanto da mandarvi a leggere i futuri capitoli!
Con questo vi saluto, ciaociao! ^.^

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Capitolo 2
*** Testa Rossa - Capitolo 2 ***


«Quindi…»
Ria si trovava in quella casa già da una settimana, ma non aveva ancora ben capito come rapportarsi con il proprio coinquilino e padrone di casa: Gerald. L’unica cosa che sapeva era che, se lei taceva, lui non diceva niente; tanto vale provare a fare conversazione.
«…vedendo il tuo tenore di vita, cosa ti spinge ad affittare una stanza a un prezzo così basso?»
Nessuna risposta. I due erano seduti l’uno di fronte all’altra al tavolo della cucina, intenti a consumare una colazione fin troppo arrangiata. La ragazza lo osservava mentre lui, con lo sguardo perennemente assonnato, affondava il cucchiaio nella tazza di latte dove galleggiava una porzione abbastanza generosa di Corn Flakes.
«Di cosa ti occupi nella vita?»
Ancora non rispose. Lei continuò, decisa a scoprire qualcosa di più. Portò un gomito sul tavolo e poggiò il mento sul palmo della mano; non la smetteva di guardarlo incuriosita. Le ricordava un gatto.
«E i tuoi Hobby, invece?»
Questa volta Gerald diede un segno di risposta. Sollevò lo sguardo sulla rossa sbuffando sonoramente.
«Tu parli troppo…»
Se ne uscì così, tra un sussurro e un tono molto innervosito. Si alzò da tavola portando con sé la tazza di latte con cereali e si dileguò in soggiorno.
«Mhm… che caratterino…!»
Commentò quasi ironica lei mentre tornava a gustarsi, per modo di dire, il contenuto della tazza per la colazione. Una volta finito, lasciò il tutto nel lavello e salì le scale, trascinandosi faticosamente verso il bagno, in fondo al corridoio a sinistra. Si spogliò del pigiama quando si accertò di aver chiuso la porta, fece scorrere l’acqua finché non fosse calda al punto giusto ed entrò in doccia. Visto che quella mattina era particolarmente in anticipo, decise di prendersela con comodo e con molta più calma. Mentre si insaponava i rossi capelli iniziò a canticchiare; la rilassava ancora di più cantare sotto a una bella doccia calda, con la consapevolezza che mai nessuno la avrebbe sentita.
Chiusa l’acqua, si strizzò appena i capelli per evitare di gocciolare e bagnare il pavimento del bagno; scostò la tendina ma, dopo quello che vide, indietreggiò subito coprendosi le parti intime e richiudendo ancora più velocemente la tenda della doccia. Il tutto era accompagnato da un grido di spavento.
«Ma si può sapere che hai tanto da urlare?!»
Iniziò Gerald decisamente irritato.
«Sei tu quello che è entrato in bagno mentre mi stavo facendo la doccia! È normale che urli! DEPRAVATO!»
«Guarda che la porta non era chiusa a chiave e sicuramente non ho alcun interesse verso di te. In ogni caso ci metti sempre delle ore tutte le volte che ti chiudi in bagno, e io adesso non potevo aspettare. Così sono entrato.»
Dopo aver realizzato che il biondo si trovava seduto sulla tazza, coraggiosamente Ria mise la testa fuori evitando di guardarlo troppo.
«E non potevi usare il bagno al piano di sotto?!»
«Lo scarico è andato, funziona solo questo.»
A quel punto la ragazza lo osservò malissimo.
«Senti, lascia perdere… passami un asciugamano.»
Con uno sbuffo il ragazzo allungò una mano e le passò quello che desiderava. Lei chiuse la tenda, come se fosse una specie di muro, si legò l’asciugamano lungo il corpo e uscì senza degnare di uno sguardo il coinquilino.
«Ah, dimenticavo…»
Anche se era strano sentirselo dire, la rossa si fermò sulla porta continuando a dargli le spalle.
«Belle tette, Testa Rossa.»
A Ria salì il nervoso, dalla punta delle dita dei piedi fino alle punte dei capelli. Strinse i pugni e si voltò per guardare Gerald; se il suo sguardo poteva uccidere, il ragazzo doveva essere morto una quindicina di volte.
«MAIALE!»
Con quell’appellativo la ragazza chiuse di botto la porta del bagno e si incamminò a passi pensati lungo il corridoio per dirigersi nella propria stanza.
Questo è pazzo!”, si disse nella testa mentre ripensava alla scena appena accaduta.
Devo trovarmi un’altra stanza in un’altra casa o appartamento…”, i suoi pensieri, però, vennero momentaneamente bloccati da qualcosa che attirò la sua attenzione: una porta che lei aveva sempre visto chiusa, situata proprio di fronte le scale. Stando attenta a essere da sola, portò una mano sulla maniglia e provò ad aprirla. Niente. Sapeva che non poteva essere la stanza del ragazzo, poiché essa era accanto a quella della ragazza. Inizialmente pensò che si trattasse di un’altra camera da letto, ma non aveva senso tenerla chiusa a chiave. In ogni caso decise di non darci troppo peso. Rigò dritta fin dentro la sua stanza e si vestì, pronta per il suo apprendistato in ospedale. Un giorno sarebbe voluta diventare medico legale, e si stava impegnando al massino per raggiungere quel suo sogno che tanto aveva bramato fin da quando scoprì l’esistenza di quella nobile professione.
 
[-ANGOLO DELL’AUTRICE-]
Ed eccoci ancora a noi. ^.^ Sì, capitoletto abbastanza scontato, ma ho voluto impostare tutta la storia tra il comico e la serietà… ma questa arriverà più avanti, se avrete voglia di sostenermi leggendo e recensendo i capitoli partoriti dalla mia mente malata…! ^.^”
Al prossimo capitolo! (Spero vivamente di riuscire a mantenere i tempi di aggiornamento accennati nella trama!)

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