A human ghost - Un fantasma umano

di Occhi di ghiaccio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trasloco ***
Capitolo 2: *** Una visione? ***
Capitolo 3: *** Zio Edward aveva ragione ***



Capitolo 1
*** Trasloco ***


Note
Per questa mia seconda storia, farò l'angolo autrice sopra, per cambiare, per sperimentare un nuovo metodo.
Scusate se avevo detto che avrei aggiornato l'altra ff, ma questa notte ho fatto un sogno che mi ha ispirato a una nuova storia, questa.
La aggiornerò più raramente dell'altra, vi dico solo questo.
Spero vi possa piacere!
Buona lettura :)
-Occhi di ghiaccio


1. Trasloco

Maya viveva con la sua famiglia in un piccolo sobborgo  di Londra. Erano molto numerosi: senza contare la madre, morta per overdose dieci anni prima, erano in 9 più la nonna materna e un cane.

Il padre Jacob era un uomo molto vecchio e povero, che a stento portava avanti la famiglia aiutato da Anita e John, i due figli maggiori che avevano rispettivamente 24 e 29 anni. Anita non era ancora fidanzata, mentre John si sarebbe sposato di lì a due settimane.

La nonna materna era buona e severa, si occupava di fare da mangiare e tenere in ordine la piccola casa.

Poi c’erano quei mascalzoni di Dodo, Luke e Lucy. Avevano tra i 3 ai 6 anni e la confusione era il loro passatempo preferito. Ma dopotutto, erano bambini.

Nelson aveva 9 anni, pensava di essere un intellettuale e da grande non la smetteva di ripetere che sarebbe andato sulla Luna.

Ellie era la preferita di Anita. Stavano praticamente sempre insieme, si davano consigli su tutto e si aiutavano a studiare. Aveva 12 anni.

Ma torniamo a Maya. Lei era, come dire, la ragazza della famiglia che aveva più fascino. Quella che più aveva preso caratteristiche da sua madre. Occhi azzurri e capelli biondo cenere. Se solo si fosse curata di più il suo aspetto non si sarebbe ritrovata con solo un’amica e nemmeno un ammiratore, quando tutte le ragazze della sua classe avevano o un fidanzato, o ricevevano qualcosa a San Valentino. Lei mai, era una diciassettenne molto testarda, che a tutti i costi faceva quello che le pareva. E suo padre ogni tanto le diceva che proprio in tutto e per tutto assomigliava a sua madre.

 

Una giornata d’autunno, in cui il vento soffiava così forte da infastidire il cane abituato al gelo invernale, a pranzo il padre diede una notizia molto importante, che fece piacere a tutti.

«Traslochiamo!» urlò la voce possente di Jacob, spandendo un po’ di minestra sulla tovaglia muovendosi sulla sedia come un cavallino matto.

«Dici sul serio? Guarda che se è uno scherzo parto ora per andare sulla Luna» incrociò le braccia Nelson.

«No, davvero. Vi ricordate vostro zio Edward? Quello che ha una grande casa –che possiamo benissimo chiamare castello-?»

Ci fu un attimo di silenzio.

«Sì, ma papà, chi come zio Edward lascerebbe una dimora del genere? Glielo abbiamo chiesto mille volte di ospitarci, e lui ha sempre detto che voleva viverci solo con la sua famiglia, adesso non può aver cambiato idea di sana pianta e aver deciso di lasciarci una camera!» ragionò Maya.

«No, figliola! Lui ha voluto traslocare! Dice che in quella casa ci sono i fantasmi, ma per favore, non fatemi ridere! Sono andato io stesso a controllare questa mattina, ho girato tutte le stanze e non ci sono movimenti strani o rumori improvvisi… Ragazzi, questa è la nostra occasione!» ripeté l’ultima frase almeno dieci volte.

«E zio Edward dove andrà?» domandò la piccola Lucy.

«Lui verrà qui» rispose la nonna, che evidentemente sapeva già tutto.

«Qui? Io non ci credo ancora che lascia un castello con false leggende per un casa piccola e sporca come questa» disse Anita.

«Invece pare sia così» rispose John.

«E’ così, ragazzi. Quindi adesso finite di mangiare e mettete in questi sacchi che vi ha preparato la nonna tutti i vostri vestiti, i libri, tutto ciò che vi serve» ordinò il padre.

«Sacchi?» ripeté Maya.

«Sacchi della spazzatura?» anche Ellie ci teneva al pulito.

«Oh insomma, non fate tante storie. Non abbiamo le valigie che usano i ricconi per andare ad alberghi cinque stelle! Ora finite di mangiare senza farmi altre domande»

Ma nessuno finì di mangiare. Tutti si catapultarono felici in camera da letto con il proprio sacco e anche il cane sembrò aver capito, perché abbaiò gioviale e prese la sua pallina giocattolo infilandola nel sacco del piccolo Dodo, senza che se ne accorgesse.

 

Erano passate circa due ore. Poi l’antico telefono di Jacob prese a suonare.

«Pronto, casa Bruce»

Maya si era messa in ascolto. La voce dall’altra parte la recepiva con un brusìo.

«Sì, perfetto, noi abbiamo già sistemato tutte le cose nei sacchi, siamo pronti»

La ragazza sorrise.

«Sì sì, assolutamente.. Ti aspetto Edward» e riattaccò accorgendosi di Maya. Ne approfittò per andare ad abbracciarla, dato che lei era un po’ detestava il contatto umano.

«Grazie papà» disse sottovoce.

«Devi ringraziare zio Edward»

Sempre abbracciati, restarono in silenzio. Poi sorse un dubbio a Maya.

«Ma non pensavo che lo zio credesse ai fantasmi»

«Da piccolo era sempre così, un po’ credente» disse ridendo.

Qualcuno bussò alla porta e Nelson si mise a correre per aprire.

«Ciao zio! Ma davvero ci sono i fantasmi? Io li voglio vedere! Voglio parlarci! Che bello, grazie zio!»

«Ehi Nelson, calmati!» Edward sorrise, ma poi non rispose più al ragazzino.

Loro le hanno le valigie, pensò Maya. Che razza di fortunati.

In cinque minuti la famiglia Bruce montò sull’auto del padre e si avviarono alla loro nuova casa, con i sacchi che occupavano spazio e li stringevano.

«E’ molto lontano?» chiese Luke.

«No, no, solo è più vicino alla scuola, è più vicino al centro di Londra» rispose Jacob.

In dieci minuti erano arrivati. Maya scese dalla macchina e restò a bocca aperta. Non ci poteva credere. Non si ricordava fosse così grande, l’ultima volta che l’aveva vista aveva dieci anni. Certo, era un po’ vecchia, il colore era diventato un po’ rossastro, come quei vecchi castelli dei film, ma tutto sommato sarebbero stati più larghi. Edward aveva dato le chiavi al fratello, così andarono alla porta in legno, con un campanello simile a un fungo al centro.

La porta si aprì con un cigolio, e tutti entrarono a passo veloce, con la bocca aperta pe lo stupore.

Davanti a loro si trovava un tappeto intrecciato, e subito dopo delle scale. A sinistra c’era un lungo corridoio, mentre a destra finiva con una porta con le vetrate.

«Allora ragazzi, state tutti vicino a me. Ci si può perdere, fidatevi. Per i primi giorni non andate mai in giro soli, minimo in due, e meglio se accompagnati da me, la nonna, Anita o John» quella fu la premessa del padre.

Maya sbuffò. Una cosa che odiava era essere ritenuta tra i più piccoli della famiglia. Ma una cosa era certa. Lei sarebbe andata sempre in giro da sola, anche i primi giorni.

Il cane ululò contento, avventurandosi su per le scale.

«Perché il cane ci può andare?» domandò Dodo.

«Smoky ha un ottimo senso dell’orientamento, come tutti i cani» rispose Maya, impaziente. «Dai papà, facci vedere le nostre stanze che siamo stufi di aspettare»

Tutti furono d’accordo con lei.

«Giusto. Intanto vi avverto che ci sono tre bagni. Uno è al piano terra, in quella porta a destra, un altro è al primo piano, su per la prima gradinata di scale, è l’ultimo è al terzo piano, nonché l’ultimo di questo castello, senza contare la soffitta. Ma è troppo in alto, vi consigli di usare gli altri due»

Poi fece strada verso il corridoio a sinistra. La prima stanza a sinistra era la sala da pranzo, quella dall’altra parte era la cucina, poi si trovava il salotto –dove entrarono tutti per controllare quanto fosse bella e grande la nuova televisione- e iniziavano le stanze. Quella della nonna, che la divideva con Jacob e quella dei quattro bambini, Dodo, Luke, Lucy e Nelson.

E questo era ciò che c’era al piano terra.

Salirono le scale, e arrivarono al primo piano, dove trovarono Smoky ad annusare lo stipite di una porta. La prima stanza era una grande sala, arredata con mobili antichi, e poi c’era la stanza di Maya ed Ellie.

«Pensavo di avere una camera tutta sola» disse Maya al padre, sottovoce.

«Ellie non può restare sola» rispose lui comprensivo.

«Puoi mandarla benissimo con Anita, dato che loro sono le sorelle modello che si divertono sempre insieme» ribatté lei.

«Ti ho già spiegato che non sono sorelle modello, non hanno niente in più di te e magari ti relazioni di più con tua sorella Ellie. Chiuso il discorso, Maya»

La ragazza sbuffò ed entro nella sua camera con la sorella, mentre Jacob mostrava le ultime due camere, una per Anita e una per John, che quando si sarebbe sposato avrebbe potuto portare sua moglie in questa residenza, se solo avessero voluto.

«Bene, il secondo e il terzo piano sono un po’ vecchiotti, non molto gradevoli, ma se proprio volete farci un giro, mi raccomando mai soli, e tenete d’occhio i piccoli» ripeté per la centesima volta il padre, scendendo le scale per sistemare la sua camera.

«Aspetta papà!» lo rincorse Maya.

«Dimmi, figliola»

«E Smoky starà sempre in giardino? Non può dormire in camera mia?»

Il padre si morse il labbro inferiore, segno che stava pensando accuratamente a tutti i pro e i contro.

«D’accordo Maya, ma attenta che non faccia disastri. E ogni tanto lascialo andare fuori a respirare un po’ l’aria autunnale ed esplorare il giardino»

«Certo, grazie papà» così prese in braccio il cane e lo portò in camera.

 

Dopo quella lunga giornata stancante, tutti andarono a letto presto.

Maya non riusciva a chiudere occhio nonostante fosse davvero esausta, ma era troppo felice di essere in una nuova abitazione. Più grande, più moderna, più vicina alla scuola –quindi non avrebbe dovuto fare venti minuti a piedi correndo per non arrivare in ritardo-. In mezzo a quelle emozioni bellissime che aveva provato quel giorno non aveva nemmeno chiamato la sua migliore amica Margaret per avvertirla. Ma il giorno dopo a scuola, le avrebbe detto tutto.

Proprio quando i suoi occhi si stavano lentamente chiudendo, sentì dei passi nella stanza sopra di sé. Subito pensò di esserseli immaginati, ma poco dopo li sentì ancora. Guardò sua sorella Ellie, che dormiva beata.

Era proprio quello il momento di farsi un bel viaggetto sola soletta all’interno di quel castello.

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Capitolo 2
*** Una visione? ***


Note
Ehi, eccomi qui! 
Mi scuso per questo capitolo, corto e abbastanza noioso, senza una traccia di dialogo.
Però serviva, prima di tutto per far conoscere meglio la casa, e poi è un capitolo importante perché parte da qui tutto il fantasy e l'avventura "fantasmosa" :)
Spero lo stesso che con questo seguito non vi stufi e vi induca a non seguire più la storia. Prometto che i prossimi capitoli saranno più.. animati ecco.
Buona lettura, fatemi sapere che ne pensate :3
-Occhi di ghiaccio


2. Una visione?
Si alzò lentamente, prese le sue ballerine –uniche scarpe che aveva oltre a quelle da ginnastica- in mano, per poterle mettere una volta raggiunto il piano superiore, in cui non c’era nessuno.
Prima di uscire controllò che tutti stessero dormendo, compreso il cane.
Poi iniziò a salire le scale, con le scarpette in una mano e il golfino nell’altra, in caso avesse così freddo da iniziare a battere i denti. Una volta arrivata infilò le ballerine e il gilè, perché la temperatura si abbassava di brutto. L’unica cosa spiacevole della nuova casa era il freddo.
Si accorse solo in quel momento che l’unica luce era la lampadina nell’angolo delle scale. Ma quando sarebbe entrata nelle altre stanze non avrebbe visto nemmeno i suoi piedi. Così si tolse le scarpette per non far rumore e corse veloce in cucina, a prendere una candela e un fiammifero. In cinque minuti tornò di sopra, attrezzata di tutto.
Intanto quel rumore di passi non si sentiva più, quindi era già più serena per il fatto che non avrebbe trovato nulla di strano.
Entrò nella prima stanza nel corridoio a destra. Era molto grande, arredata con mobili antichi e tantissimi affreschi sulle pareti. Al centro c’era una poltrona con una scrivania piena di libri e fogli che fuoriuscivano dai cassetti. Maya si avvicinò al tavolo e avvicinò la candela ai libri, per leggere di cosa si trattavano. Trattavano tutti di cittadinanza, diritti umani, sui fogli c’erano scritti della Seconda Guerra Mondiale ma nulla che le interessava.
Uscì da quella stanza ed entrò in un quella accanto, che emanava un tanfo terribile. La ragazza si tappò il naso e guardò con disgusto il disordine e la polvere che copriva tutti gli scaffali. Ebbene, era una libreria. Cos’è un castello senza una biblioteca?
Probabilmente sarebbe stata la stanza preferita di Maya, lei amava leggere.
Si ripromise che il giorno dopo ci sarebbe tornata. Uscì anche di lì ed entrò nella stanza in fondo al corridoio. Era chiusa, così la spinse leggermente. La candela sembrò come affievolirsi un po’, il che fece suggestionare Maya, ma non si fermò.
Appena entrata vide un grande arazzo sulla destra. Ma non fu quello ad impressionarla. Fu invece uno specchio, sulla parete di sinistra. Era enorme, appoggiato su una scrivania con tanti cassetti stile medioevale. Per un attimo le sembrò di sentire qualcosa muoversi all’interno di quello specchio, ma di sicuro era qualcuno al piano di sotto che si rigirava nel letto e l’eco aveva rimbombato fin lì.
Stava per uscire quando uno scricchiolio ben forte la fermò.
Si girò lentamente verso la stanza e vide una figura indefinita uscire dallo specchio. Si portò le mani alla bocca per non urlare, arretrando all’indietro finché non fu in corridoio e quella figura non la vide più.
Una parte di lei diceva di correre a chiamare suo padre, oppure di tornare a dormire dimenticando tutto, e l’altra parte di lei insisteva nel tornare dentro quella stanza e controllare che non sia stata solo un’allucinazione.
Maya, ragazza testarda che era, sempre in cerca di guai, strinse la candela nella sua mano e fece sbucare la testa oltre la porta.
Non c’era più nessuna figura, così si disse che era solo stata un’ombra di qualche oggetto che non riusciva a vedere. Ma d’improvviso si sentirono ancora quei passi, stavolta capì bene da dove venivano.
Da dietro lo specchio.
Il suo cuore iniziò a martellare di nuovo, così forte che pensò di ritrovarselo in mano.
Si disse che per quella notte aveva finito. Sarebbe tornata il giorno dopo, magari con più attrezzi per difendersi se ci fosse stato veramente qualcosa di pericoloso.

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Capitolo 3
*** Zio Edward aveva ragione ***


Note
Buonasera, vi starete chiedendo perché aggiorno così in fretta.
Sicuramente non è per mettervi fretta, questo capitolo è lungo quindi sentitevi liberi di leggerlo e commentarlo anche con due settimane di ritardo. Il fatto è che fino a metà gennaio non potrò aggiornare causa studio e la piccola vacanza in montagna nelle vacanze di Natale. 
Comunque, di questo capitolo posso solo dirvi che.. ci ho messo impegno e molto tempo per scriverlo, ho cercato di fare meno errori possibili, speriamo in bene!
Come vi dicevo, ci sono molti più dialoghi e qui inizia il bello.
Fatemi sapere :)
Per chi segue l'altra mia storia: spero di riuscire a mettere il seguito nella prossima settimana, altrimenti avrete un bel po' da aspettare, mi dispiace.
A presto.
-Occhi di ghiaccio


3. Zio Edward aveva ragione
La mattina Maya fu svegliata dal padre che andava avanti e indietro nelle stanze per svegliare tutti.
Appena aprì gli occhi il suo pensiero andò immediatamente alla sua nuova casa. Aveva passato la sua prima notte nel castello e si sentiva come diversa, avendo passato la notte su un materasso diverso.
Si recò in bagno senza far caso alla sorella che si rigirava nel letto lamentandosi che non voleva svegliarsi, e del cane che cercava qualcosa sotto la sua nuova cuccia.
Una volta giunta in bagno, che le fu difficile trovare a primo impatto, si guardò al grande specchio posto sopra il lavello.
Aveva due occhiaie enormi, e subito si chiese come diamine era potuto succedere.
E fu lì che ricordò.
Ricordò di essere andata in giro per il castello, nel freddo delle stanze, arrivando poi in quella camera, con quell’arazzo e lo strano specchio. Le vennero i brividi nel pensare alla figura, che poi non vide più.
Si rese conto di essere immersa in mille pensieri quando suo fratello John aprì la porta del bagno.
«Tutti abbiamo bisogno di venirci, quindi o ti dai una mossa o vai a fantasticare sotto le coperte» disse lui, con un sorriso assonnato.
«Sai, mi piacerebbe davvero tanto, ma purtroppo non posso. Cerco di muovermi» e detto questo gli chiuse la porta in faccia.
Si lavò il viso, senza preoccuparsi delle occhiaie.
Tanto non aveva problemi a scuola: comunque non veniva considerata da praticamente nessuno, e nessuno quindi le avrebbe notate. Tranne la sua migliore amica, a cui voleva raccontare tutto ciò che aveva visto, che sia vero o no poi quello non era importante.
Uscì dal bagno ancora in pigiama, e si cambiò in camera per poi scendere in cucina.
«Ciao nonna, ciao papà, ciao Anita» salutò le uniche tre persone presenti in sala da pranzo e iniziò a fare colazione. Sorrise spontaneamente. Il tavolo era molto più grande, e non c’erano le solite fette biscottate e la mezza tazza di tè, quasi sempre freddo.
Si aveva una libera scelta tra cioccolata calda, tè e caffè. Biscotti con gocce di cioccolato, brioches alla marmellata e quant’altro.
«Papà, vedo che il lavoro sta migliorando ora che porti a casa tutte queste cose buone. Non ti converrebbe risparmiare un po’?» chiese Maya, distogliendo lo sguardo dal caffè che aveva deciso di bere.
«Beh, intanto avere una casa più spaziosa aiuta. Non sono più stressato come prima. Ho meno impegni e più lavoro, dato che il mio capo mi fa fare gli straordinari per le mie abilità» rispose lui, un po’ vantandosene. «So bene che conviene risparmiare, ma è stata una mia scelta. Per una volta voglio dare alla mia famiglia ciò che si meritano»
«Gentile da parte tua» intervenne Anita. «E questa casa gigantesca è veramente comoda»
Chiacchierarono per un'altra decina di minuti, mentre tutti gli altri scendevano e mangiavano.
Quando tutti ebbero finito, il padre si recò al lavoro, la nonna accompagnò i più piccoli alla scuola dell’infanzia o elementare e i più grandi si incamminarono da soli verso scuola.
 
Appena arrivati Maya corse dalla sua migliore amica, raccontando tutto. Da quando suo padre fece la richiesta del trasferimento alla notte dell’esplorazione.
Mentre raccontava Margaret cercava di seguirla, analizzando per bene le frasi frettolose, cercando di capire cosa era successo per filo e per segno.
Quando ebbe finito, la ragazza fece un sospiro di sollievo, guardando Maya con una faccia di sincera stanchezza.
«Perché non mi hai chiamato?» fu tutto quello che riuscì a dire Margaret, con una grande confusione in testa, e un leggero accenno di divertimento.
«Scusa, avrei voluto, ma non ho fatto in tempo. Come vedi sono qui a raccontartelo ora, ed è meglio farlo faccia a faccia»
«Sì, ok.. Beh, mi dovrai dire la tua nuova via, perché un giorno vengo a farti visita, e facciamo i compiti insieme. Poi andiamo in quella strana stanza ad esplorare»
Mentre lei diceva tutto questo, Maya si fermò a guardarla negli occhi.
In effetti anche la sua migliore amica era un po’ strana, stravagante, ma simpatica come lei. Sorrise al pensiero che non era l’unica al mondo ad avere bizzarri grilli per la testa, e forse era proprio per quello che avevano legato così tanto.
«Pensa se tuo zio Edward avesse ragione!» esclamò dopo un po’ Margaret.
«Frena, frena.. era nel pieno della notte, avevo solo una candela, e sai le ombre che crea.. Avrò di sicuro visto male» a un certo punto cercava di autoconvincersi da sola.
All’improvviso suonò la campanella, ed entrarono in classe per affrontare due noiose ore di matematica.
 
Quella sera finse di andare a dormire. Fece tutto regolarmente. Fece una doccia, lavò i denti, mise il pigiama e si infilò sotto le coperte dopo aver preparato lo zaino per il mattino dopo. Ebbe il tempo di prendere il suo cellulare e controllare quei pochi messaggi, rispondere e infine spegnerlo.
Mentre aspettava che tutti si addormentassero, Ellie la chiamò sottovoce.
Maya si puntellò su un gomito per guardarla meglio.
«Qualche problema?» chiese.
«So che è da bambini pensarlo.. però zio Edward sembrava convinto di quello che diceva sui fantasmi.. Non è che ha ragione? E poi ha dato la casa noi come se ci odiasse. O era così disperato da voler venderla a chiunque?»
Anche solo per un instante Maya provò compassione per la sorella minore, con la quale aveva molti battibecchi e andavano d’accordo solo se si trattava di libri, film e artisti musicali. Poi si rese conto di non sapere cosa risponderle, ma di sicuro non raccontarle i suoi sospetti, altrimenti le avrebbe messo ancora più paura.
«Ascolta Ellie, non credi che se lo zio avesse davvero ragione  papà non ci avrebbe lasciato venire?»
«Forse è il papà che non ci ha creduto»
Ci fu un attimo di silenzio, nel quale Maya si mise di nuovo stesa sul letto a fissare il soffitto.
Non parlò più nessuna, e per un’ora buona Maya aspettò il silenzio assoluto senza percepire una traccia di sonno.
Quando si rese conto che tutti erano persi nel loro sonno, lei prese la torcia che aveva preparato da sotto il letto, che avrebbe usato sia per fare luce che per difendersi. Se davvero lassù c’era qualcosa di pericoloso, lei lo avrebbe ammazzato con una botta di torcia in testa.
Sempre con il suo gilè e le ballerine salì sul piano successivo e si avviò verso l’ultima stanza. La porta era chiusa, come la scorsa notte, e già in quel momento provò un po’ di soggezione.
Spinse la porta e tutto era come la sera prima. Il grande arazzo, cianfrusaglie sparse e lo specchio.
«Ecco chi sono i miei nuovi coinquilini»
Maya si fermò.
Si era bloccata vicino all’arazzo, per osservarlo più attentamente, quando una voce, quasi sussurrata, era venuta da dietro di lei.
Maya pensò di poter svenire da un momento all’altro, la torcia le penzolava dalla mano destra fiacca.
Si girò così lentamente verso la voce che sembrarono passare due secoli, la sua mente non pensava più, aveva una paura tremenda e iniziò a pregare che fosse stato solo frutto della sua immaginazione.
Invece no.
Un ragazzo era appoggiato allo stipite della porta, comodo.
«Chi.. chi sei tu?» balbettò Maya, che si stupì nell’essersi controllata per non urlare. «Io sono Maximilian Hudson, per gli amici Max» disse con voce era sicura, ma sempre mantenendo un tono basso, porgendogli la mano.
Maya fece un passo indietro, diffidente. Non sapeva cosa pensare, ne tantomeno cosa dire.
«Sei un fantasma?» fu tutto quello riuscì a dire.
Max rise, e lei si sentì una bambina.
«In un certo senso lo sono. Anzi, mio padre lo era, io ho preso una forma leggermente diversa. Posso fare ciò che voglio. O mostrarmi invisibile o visibile, come in questo caso. Non posso fare brutti scherzi a una ragazza bella come te»
«Zio Edward non mentiva..» disse Maya, come parlando con sé stessa.
«Ah, si chiamava Edward il tizio che abitava qui prima con la moglie? Sai, mi ha rotto un bel po’. Mi spiace sia tuo zio»
Maya corrugò la fronte, scuotendo la testa un attimo dopo.
Era troppo. Era successo tutto in quanto? Un giorno?
Un fantasma che poteva avere sembianze umane. Un fantasma che aveva anche il coraggio di corteggiarla!
Doveva subito avvertire suo padre e andarsene da quel castello, dimenticando ogni singola cosa.
Appena Max vide che lei iniziò a muoversi per uscire, lui la prese per un braccio, tirandola indietro.
«No, carissima..» e fece un cenno interrogativo per domandare il suo nome.
«Maya» sbuffò lei.
«No, carissima Maya, tu non dirai niente a tuo padre»
Lei restò sbalordita.
«Come sai.. come..?»
«Posso leggere nel pensiero e so che mi trovi tremendamente affascinante» rispose lui, scompigliandosi un po’ i capelli corvini.
«Questo te lo sei inventato. Io ti trovo tremendamente.. antipatico. Lasciami andare, io faccio quello che voglio» lei cercò di scrollarsi di dosso la sua presa, ma non ci riuscì.
Lo guardò, notando nei suoi occhi neri un’improvvisa tristezza.
«Ti prego. Dammi il tempo di spiegarti tutto»
«Cosa mi dovresti spiegare, Maximilian?» chiese lei, marcando sul nome.
«Una lunga storia, nella quale tu, senza saperlo, ne sei coinvolta»
«Io non voglio essere coinvolta in nessuna storia. Mi sembra già strambo tutto questo»
«Lo so, è l’inizio. Ti ci abituerai. Torna domani, ti prego. Poi sceglierai tu cosa fare»
Max si era fatto supplichevole.
Maya sospirò, maledicendo il suo lato generoso.
«D’accordo, non dirò nulla e tornerò domani. Ora mollami»
Lui fece come appena ordinato e la ragazza, con il cuore a mille, fece la strada per il ritorno.
Ma prima di svoltare l’angolo si guardò alle spalle, e Max non c’era più.

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