Aleph

di Cassie Forbes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


ANGOLO AUTRICE: Rieccomi con un nuovo tentativo per una nuova storia! Il capitolo è dedicato a Giulia Weasley per ringraziarla. Senza indugio e troppe chiacchiere, vi lascio alla lettura! C.


Dal momento in cui avevo aperto gli occhi quella mattina, sapevo che sarebbe successo qualcosa. Non sapevo esattamente cosa, ma la sensazione che avevo alla bocca dello stomaco non preannunciava nulla di buono. Tuttavia, sebbene sapessi che raramente il mio intuito sbagliava, feci due cose che mi avrebbero dato una risposta certa: pescai dal sacchetto di velluto rosso una runa e, contemporaneamente, mi specchiai. I miei occhi non mentivano mai e, quel giorno, recavano chiara traccia di una sciagura imminente. L’unico problema, come sempre, era che nemmeno la runa di dava un indizio più chiaro di cosa sarebbe accaduto, quando, come evitarlo. Avevo passato tutto il giorno lambiccandomi il cervello: cercavo indizi nei tarocchi, nelle foglie di the e addirittura nei fondi di caffè, ma nulla. Eppure, la runa della perdita continuava a saltarmi in mano ogni volta che infilavo le dita nel sacchetto per estrarne una che mi desse qualche informazione in più. Erano ormai quasi le dieci di sera quando mia madre venne a bussare alla mia porta.
«Stai bene? Non sei uscita da qui per tutto il giorno, non hai nemmeno mangiato ed è ora di andare. Vuoi che ti prepari un panino al volo? » - lei era sempre così: non importa quanto toste e agguerrite fossimo, era sempre la mia mamma.
 «No, grazie. – sorrisi scuotendo il capo – Sono a posto, davvero.»- ma lei ovviamente non si lasciò convincere così facilmente: anche se non la stavo guardando direttamente, sentivo i suoi occhi vagare sulla stanza e poi indugiare sui fondi di the e caffè, sui vari mazzi di carte e, da ultimo, sulle rune. Si avvicinò, prendendo in mano la ormai troppo nota runa della perdita per poi lasciarla cadere a terra con un gemito soffocato.
 «Mamma! Che succede?»- preoccupata, mi alzai di scatto e le presi la mano: al centro c’era una bruciatura grossa come la runa. Stranita, guardai la runa sul pavimento e, titubante, mi accovacciai a terra. Aspettati qualche secondo poi allungai le dita per toccarla. Boom.
 
Una lama penetrante la carne, dolore e poi freddo furono tutto ciò che sentii, insieme e a una voce che gridava a squarciagola un nome a me noto. Il nome di una persona cui ero sempre stata legata fin dall’infanzia. Allison.
 
«Tesoro, tesoro! »- sentivo mia madre chiamarmi, preoccupata, ma non potevo rispondere. Avevo appena visto mia cugina morire. Svenni, lasciandomi cadere a peso morto, e sarei caduta a terra se all’ultimo mio fratello non fosse arrivato a prendermi. Mi sentii avvolgere da delle braccia, certa che fossero le sue perché, negli ultimi anni, aveva ripetuto quel gesto molte infinite volte. L’ultima cosa che vidi fu Allison stesa tra le braccia di qualcuno e, mentre la sua mano cadeva a terra, la mia faceva lo stesso, aprendosi e rivelando la bruciatura sul palmo. La runa della perdita, ormai fredda, cadde a terra e si mise a girare, girare, girare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


ANGOLO AUTRICE: Grazie a Giulia per la presenza, il supporto e il parere che non mi fa mai mancare. Grazie a voi che leggete. Vi lascio al secondo capitolo e qualche stranezza in più! C.
 
 
«Mia, Mia mi senti?».
«Tesoro, è tutto a posto. Apri gli occhi. ».
«No.»-dico scuotendo il capo violentemente.
«Mia, andiamo. Aprili. Ed esci dal letto, sei lì da cinque giorni!».
«NO!»-tuono, tirandomi le coperte su fino a coprire la testa. Non volevo aprire gli occhi, non volevo vedere. Non volevo che nessuno vedesse. Sapevo cosa succedeva quando qualcuno moriva, soprattutto qualcuno che mi era vicino. Non che le altre morti non mi toccassero, questo non era mai successo. Ma questa volta era diverso, tutto era diverso. Allison era mia cugina e la mia migliore amica da sempre. Le nostre madri erano sorelle, siamo cresciute qui a Parigini insieme fin quando gli Argent non si sono trasferiti in America, nella cittadina di Beacon Hills. A quanto pare, c’è un gran bisogno di cacciatori al mondo. E così abbiamo continuato a crescere insieme ma a distanza, non che questo fosse un problema per noi: ci raccontavamo tutto delle nostre vite, di come le nostre vite avessero alti e bassi e, beh, le solite cose. Ally era più giovane di me di qualche anno, io ne ho 20,  ma quanto a dolori della vita, penso che fossimo quasi pari. Lei aveva perso sua madre e sua zia, io mio padre e mia sorella. E me stessa, ma questo lei non lo sapeva. Nessuno al di fuori del nostri circolo di cacciatori lo sapeva.
«La mamma è uscita. Hai intenzione di restare lì sotto per sempre?» - la voce di mio fratello Matt arriva al mio orecchio sinistro, segno che si è sdraiato al mio fianco.
«Forse.»- rispondo sussurrando- «Sarebbe così grave?».
«Forse.»- ride Matt al mio fianco. «In questo caso, dirò allo zio Chris che non vuoi parlare con nessuno…» - lo sento alzarsi ma in un frazione di secondo mi scopro e gli balzo addosso, lasciando scoperto il viso e, così, i miei occhi.
«Oh, Mia…»- la voce di mio fratello sembra non tradire eccessivo nervosismo, ma i suoi begli occhi verde scuro sì. Il viso con dipinta un’espressione di compassione si sposta alla porta della mia stanza, dove qualcuno sta bussando.
« Mia, posso entrare? Sono lo zio.»
« Certo.»– rispondo asciugandomi gli occhi e afferrando il mio fedele paio di occhiali da sole. – « Non è ancora pronto per vedere questo. » – spiego a Matt rispondendo alla sua occhiata interrogativa.
 


Zio Chris passa tre ore a riassumermi tutti i fatti che hanno portato alla morte di Allison cinque giorni fa. Nel frattempo riceve messaggi e un paio di chiamate da Scott, il primo grande amore di Ally, ma non risponde. Il ragazzo che è venuto qui con mio zio, Isaac, aveva iniziato a frequentare mia cugina poco prima della sua morte: il suo viso è distrutto, gli occhi perennemente lucidi. Ogni tanto interviene a colmare qualche vuoto nel racconto dello zio, ma per il resto parla pochissimo.
«Angela mi ha raccontato cosa ti è successo l’anno scorso. E cosa puoi fare da quando è successo.»- dice a un certo punto mio zio, dopo aver fatto uscire Isaac dalla mia stanza.
Sospiro. Ovviamente mia madre glielo ha raccontato, dopotutto è di famiglia, è un cacciatore e ha appena perso sua figlia. Probabilmente voleva confortarlo.
«Ti ha detto tutto? »- chiedo indicando gli occhiali. Ecco perché non era rimasto troppo stupito quando li avevo indossati.
«Quindi immagino che tu sia qui anche perché vuoi sapere qualcosa in più… Giusto?»- lui annuisce, gli occhi lucidi. Poi mi stringe la mano e mi guarda fisso negli occhiali.
«Se te la senti. Non voglio costringerti o forzarti. Solo io voglio sapere se… Se potesse avere una sorte diversa, ecco. Lei era la mia bambina…»- e poi, d’improvviso, le sue barriere crollano e scoppia in un pianto disperato. I ruoli si ribaltano: se quando sono morti mio padre e mia sorella ero io raggomitolata tra le sue braccia a piangere con singhiozzi spezzati, ora è lui, con la testa sulla mia spalla, a sfogare tutto il suo dolore.
 
 

«Ancora niente?»- la voce di Derek mi prende alla sprovvista, ero talmente concentrato a ripetere “rispondi rispondi” come un mantra che non me ne sono accorto.
«Nulla. Non risponde da una settimana. Dove sarà andato?».
«Parigi.»- Deaton ci illumina entrando all’improvviso nel loft di Derek.
«Parigi? Chris Argent a Parigi?»- sono sbigottito. E’ partito senza avvisare, portandosi dietro Isaac. Hanno lasciati tutti noi a navigare nel dolore dopo la morte di Allison e Aiden.
«Parigi…»-sussurra Lydia sognante, il viso rivolto alla finestra. Fuori piove a dirotto. E’ la prima parola che dice da cinque giorni. «Hanno dei parenti lì. Allison mi parla…»- si interrompe, mordendosi il labbro e scuotendo il capo. «Mi parlava. Mi parlava spesso di sua cugina, la figlia della sorella di sua madre. Probabilmente è andato da loro.»
«Ma certo, Mia Joly! E’ sua nipote. Ecco perché è andato lì.»- Deaton annuisce, ma lo sguardo è assente, come se stesse dialogando tra sé e sé.
«E quindi?»- chiede il padrone di casa, intuendo che sotto ci sia più di quanto il veterinario non dica. Come sempre del resto.
«Quindi… Devo andare. Ne riparleremo!»- e in un attimo, il caro dottore, svanisce.
 


«Non c’era altra possibilità, zio. Mi dispiace.»- rispondo, dandogli le spalle per asciugare la lacrima che scorre lungo la mia guancia. Guardo il fazzoletto e anche questa volta è tinto di rosso. Non so perché mi aspettassi un esito diverso. Mi volto di nuovo verso di lui e gli restituisco la collana di Ally, ma lui me la rimette in mano.
«Tienila. Sono certa che vorrebbe l’avessi tu.»- sorride triste. Mi addolora vederlo così a pezzi: la nostra famiglia ha perso così tanto in questi ultimi anni… Così decido di raccontargli anche l’altra metà di quello che ho appena visto.
«Zio… Ho detto che non c’era altra possibilità. Intendevo in questa vita. »- lascio galleggiare le parole per dargli il tempo di assorbire il colpo e capire. D’un tratto i suoi occhi si illuminano per un breve istante e si spalancano, diventando ancora più grandi e, se possibile, ancora più azzurri.
«Vuoi dire che…».
«Sì.»- annuisco con un lieve sorriso- «Voglio dire che in un’altra è felice. Sta bene. E’ al college, è innamorata… Ha una vita felice. So che è complicato. »- aggiungo - «Credimi, capisco la tua confusione meglio di chiunque altro»- sorrido davvero, alzando gli occhi al cielo. Mio zio, mia madre, Isaac e Matt restano tutti in silenzio per un po’. Nonostante la mamma e mio fratello siano abituati da un anno a questa “cosa”, so che anche per loro ogni volta è strano. Come per me. Solo che per me è anche doloroso, lacerante e stancante da morire.
«Sei stanca.»- afferma infatti Matt guardandomi negli occhi. Gli occhiali protettivi ormai non servono più, tutti qui ormai conoscono il mio segreto.
«E’ vero, perdonami, ti ho fatta stancare. Ti lascio riposare.»- zio Chris e il licantropo si alzano, ma, prima di uscire, mio zio si gira, mi guarda in modo strano e sorride. «Sei ancora una buona cacciatrice?»- mi chiede quasi divertito.
«Ehi, guarda che potrei offendermi!»- ribatto ridendo - «Dopotutto è una cosa di famiglia. Certo che sono ancora in gamba!».
«Allora cosa ne diresti di tornare con me a Beacon Hills, tra un po’, quando ripartirò? Abbiamo bisogno di molto aiuto, a quanto pare laggiù sta scoppiando l’inferno.»
«Tanto per cambiare»- ribattiamo all’unisono io e Isaac.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


ANGOLO AUTRICE: Gli aggiornamenti arrivano a rilento, ma arrivano, non vi preoccupate. Ci avviciniamo a scoprire il segreto di Mia, o almeno una parte. Curiosi? ;) Buona lettura! C.
 
 
Sono passate tre settimana dalla sua morte. Cioè quasi un mese. 21 giorni. 504 ore. E io non ho potuto fare nulla per impedirlo. Sono le tre di notte e riesco solo a rigirarmi nel letto. Irritata, accendo l’abat jour e mi metto a leggere il bestiario.
«Lydia, è tardi.»- la voce di mia madre sulla soglia della mia camera distoglie la mia attenzione dal libro. La guardo, apro la bocca per rispondere, ma tutto ciò che esce è un singhiozzo soffocato.
«Oh tesoro…ssshhh… Lo so, lo so. Vedrai che andrà meglio.»- mi sussurra stringendomi e accarezzandomi i capelli come quando ero bambina. Poi si sdraia nel letto accanto a me.
 
 
Dopo un viaggio in auto, 14 ore di volo, un altro viaggio in auto, arriviamo finalmente a casa Argent. Non ci ero mai stata, anche se avevo in programma una visita per quell’estate: Allison aveva già pensato a tutte le cose che avremmo potuto fare nelle mie due settimane di permanenza e avevamo stabilito che per Natale sarebbero venuti lei e Chris da noi. Già, progetti ormai andati in fumo. Mi accorgo di essere ancora ferma nell’ingresso solo quando mio zio mi spinge delicatamente in casa, dopo aver poggiato le mie valigie in corridoio.
«Ecco, ci ho pensato durante il viaggio, se vuoi puoi stare nella sua stanza, oppure…»
«Quella degli ospiti andrà benissimo zio.»- lo precedo sorridendo. Nessuno di noi è pronto a entrare nella sua stanza ogni giorno. «Però mi piacerebbe vedere la sua camera, se per te va bene.»- chiedo titubante.
«Certo. E’ la porta in fondo al corridoio»- sorride e mi fa un cenno con il capo - «Intanto io preparo la stanza per te e ti porto di là i bagagli. Oh, se vuoi puoi toglierli adesso, siamo solo noi qui.» - indica i miei occhiali da sole, poi prende la valigie e va nella stanza degli ospiti, due porte prima di quella di mia cugina.
In effetti, devo trovare una soluzione per questi maledetti occhi e occhiali. Al contrario di Parigi, qui piove, perciò non posso indossarli senza destare curiosità.
Tolgo gli occhiali e mi incammino nel corridoio piano, arrivo fino davanti alla porta indicata e trattengo il respiro. Non so se sono abbastanza forte per entrare. Non so se saprei gestire la situazione se dovessi vedere qualche altro frammento su di lei. Forse basterebbe non toccare nulla, ma la sua camera è colma della sua essenza, perciò tanto vale. Resto ferma per quella che sembra un’eternità davanti alla sua porta, quasi aspettandomi di vederla sbucare con il suo sorrisone e le sue fossette da un momento all’altro. Prendo in mano la sua collana, quella che zio Chris mi ha detto di tenere, la fisso per qualche istante e poi la indosso.
«Sarebbe felice di sapere che l’hai tenuta tu.»- mi sorride lo zio cogliendomi di sorpresa. Passiamo qualche secondo in silenzio davanti alla porta, poi mi rassicura con calma.
 «Nemmeno io ci sono ancora entrato Mia. Non temere, non c’è fretta.»- sorride stringendomi la spalla. Sto per rispondere quando bussano alla porta principale. Il mio panico momentaneo si placa subito quando indosso gli occhiali. Il cacciatore mi fa cenno di entrare nella mia stanza mentre lui procede guardingo fino alla porta di casa, guarda dallo spioncino e poi, ridendo, la apre.
 
 
«Credevamo fossi morto!»- entro come una furia in casa Argent fermandomi però subito nell’ingresso. C’è qualcosa di strano, un odore nuovo, mai sentito.
«Derek intendeva dire che eravamo preoccupati. Scott, entra.»- Deaton fa cenno al mio amico di entrare per poi chiudersi la porta alle spalle.
«Sto bene. Ero in Francia dalla mia famiglia. Isaac è rimasto là per qualche tempo con mia cognata e mio nipote, non si sentiva di tornare qui.»- sento Argent spiegare e poi tutti e tre si mettono a parlare, ma questo odore mi manda in tilt la concentrazione. E poi lo sento, un battito cardiaco! Mi fermo davanti alla porta da cui proviene annusando ossessivamente l’aria. E’ un odore buono e forte, ben distinguibile da tutto. Mi stupisco che Scott non se ne sia accorto, infatti lui e gli altri due si sono zittiti e mi fissano interrogativi. In realtà, Chris è più agitato, come se fosse titubante.
«Cosa c’è? Cosa non va?»- mi chiede infatti, vedendo che il mio sguardo punta in una direzione. Apro la bocca per rispondere quando la porta di casa Argent si apre di nuovo per fare un trafelato Stiles accompagnato da Malia e Lydia, pallida e stanca.
«Non ho dormito tutta la notte.»- afferma anticipando le domande «Continuavo a sognare Allison e poi sentivo qualcosa, come dei bisbigli, che mi dicevano di venire qui. A quanto pare non sbagliavo!»- annuisce compiaciuta, data la nostra presenza.
«E cosa dicevano le voci, Lydia?»- la voce di Deaton è nervosa, come al solito sa più di quanto dice.
«Era tutto molto confuso, ho capito solo una parola. In realtà non l’ho proprio capita, l’ho scritta.»
«Posso vedere?» - chiede il veterinario.
«Certo. »- annuisce la banshee rovistando nella borsa per poi estrarne un pezzo di carta su cui è scritta una parola in rosso vivo.
 
Ανασταλεί
 
Dalla mia nuova stanza sento solo un chiacchiericcio sommesso, così apro piano la porta e metto fuori la testa: sono arrivate un po’ di persone, alcune note, altre no. Riconosco il dottor Deaton che mi ha curata, Lydia e Scott perché visti tramite skype durante una chiamata con Ally. Gli altri me li aveva mostrati in foto, ma non li ho mai visti di persona. Aguzzo l’udito e li sento parlare di qualcosa che Lydia ha scritto: Allison mi aveva raccontato dei suoi talenti legati alla sua natura di banshee, perciò la cosa mi incuriosisce. Tolgo le scarpe ed esco dalla mia stanza, stando attenta a non fare rumore passo per la cucina e raggiungo il gruppo, ponendomi alle spalle di zio Chris e Deaton. Nessuno mi ha sentita, nemmeno i lupi, ma d’altronde sono addestrata per questo.
La parola scritta da Lydia brilla di rosso sangue sul foglio bianco, come una ferita su qualcosa di candido. Tutti allunghiamo il collo e il veterinario, dopo averlo esaminato per qualche secondo, fa passare il foglietto tra tutti perché possano vedere bene.
«Sai leggerlo, sai cosa significa? »- chiede poi nuovamente rivolto alla rossa, che annuisce.
«Che lingua è? »- domanda il ragazzo che mi pare di ricordare sia Stiles, curioso.
«E’ greco. »- rispondo rendendo così nota la mia presenza, resa ancora più strana dal fatto che porto gli occhiali scuri.
« Mia! »- zio Chris si porta una mano sul cuore, spaventato e preoccupato: probabilmente non aveva ancora pensato a come spiegare me, la mia presenza e i miei… “doni”.
«Scusa zio, ma ero curiosa. »- sollevo le spalle e gli sorrido, scrutando poi le persone davanti a me, ma Deaton riporta per il momento l’attenzione sul foglio.
«Non avevo alcun dubbio che avresti riconosciuto la lingua. Sai tradurlo? »- mi passa il foglio e, quando lo prendo in mano, una serie di dolorose visioni, affilate come lame, attraversano il mio cervello.
 
Ανασταλεί
 
Sento gli occhi bruciarmi così li chiudo per qualche secondo, mentre le fitte alla testa non accennano a diminuire. Quando il dolore si placa e riesco ad aprire gli occhi, fisso ancora la parola in rosso e prendo fiato prima di rispondere.
«C’è scritto “anastaleí”. Significa “sospesa”. »- riesco a mantenere la voce stabile ma mi accorgo che mi tremano le mani. Tutti mi fissano scioccati, ma quando vedo zio Chris tirare fuori velocemente un fazzoletto dalla tasca della giacca, capisco che non è per le mie mani tremanti. Porto la mano sinistra a toccarmi il viso, lungo la guancia e poi mi guardo le dita. Sono rosse.

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