Back To The Express di SHUN DI ANDROMEDA (/viewuser.php?uid=19740)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** MAI DA SOLO ***
Capitolo 3: *** BACK TO THE EXPRESS ***
Capitolo 4: *** CHI NO TETSUDOU ***
Capitolo 5: *** FRAGILITÀ DI BAMBINO ***
Capitolo 6: *** VOGLIO AIUTARLA ***
Capitolo 7: *** FEIGNING DEATH ***
Capitolo 8: *** SULLE TRACCE DI CIÒ CHE AMA IL CUORE ***
Capitolo 9: *** FLAMES CAN'T STOP ME ***
Capitolo 10: *** WE WILL MEET AGAIN ***
Capitolo 11: *** DIMMI CHE MI AMI ***
Capitolo 12: *** KIMI MONOGATARI ***
Capitolo 13: *** THE LAST FIGHT BEGINS! ***
Capitolo 14: *** WAR IS OVER /EPILOGO (?) ***
Capitolo 15: *** OMAKE: HUGHES FAMILY ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
My Fic
**BACK TO THE
EXPRESS**
PROLOGO
Notte buia, senza
luna né stelle.
Nuvole oscure
gravide di pioggia lambivano il cielo notturno.
Il deposito
ferroviario di South City era immerso nel buio e nel
silenzio.
Rottami metallici
formavano grossi ammassi sparsi disordinatamente qua e là, vecchi tranci
arrugginiti di rotaie buttati alla rinfusa sul terreno duro e
ghiaioso.
Vecchi vagoni
ormai in disuso stavano ribaltati e semi distrutti qua e là, i vetri
distrutti.
Un ombra
scivolava silenziosamente tra i rottami, nascondendosi e mimetizzandosi nel
buio: era una figura agile e snella; un pallido raggio di luna, sbucato dalle
nubi nere, lo illuminò per un istante, mostrando una fluente capigliatura mora e
due profondi occhi di un lucente viola, in mano teneva una pistola, era solo un
ragazzo.
Stava nascosto
dietro un vagone, accoccolato tra le ruote, scrutando l’oscurità attorno a
lui.
Quel silenzio
innaturale non prometteva nulla di buono, se lo
sentiva.
Improvvisamente,
si udì una scarica di colpi di arma da fuoco risuonare sordamente nella notte, e
un urlo penetrante di dolore.
La figura
impallidì, cosa era successo?
Doveva
assolutamente scoprirlo.
Silenzioso e
quasi invisibile, scivolò in avanti con uno scatto fulmineo, degno di un gatto,
e si diresse spedito verso il punto da cui si era udito l’urlo e gli spari;
guardingo, scivolò lungo le zone d’ombra, evitando i punti scoperti, la pistola
saldamente nella sua mano, pronta a far fuoco.
In quel momento,
udì una serie di passi lontani in corsa.
Qualcuno stava
scappando.
Il giovane
misterioso allungò il passo, il cuore oppresso da una strana e orribile
sensazione di pericolo.
Svoltato di
scatto dietro a un cumulo di vecchi rottami meccanici, sbucò in uno spiazzo
debolmente illuminato da un lampioncino che spandeva una luce arancione
spettrale tutto intorno.
Riverso a terra,
un corpo.
Il ragazzo
impallidì vistosamente, e si guardò attorno, preoccupato, poi rinfoderò l’arma e
corse affianco al corpo a terra; la persona a terra non poteva avere più di 18
anni, era un ragazzo come lui, il viso a terra, i lunghi capelli biondi sporchi
di terra e fango.
Il moro sentiva
di conoscerla.
Delicatamente,
poggiò due dita sul collo del ferito: i leggeri battiti del cuore indicavano che
era ancora vivo.
Con sollievo, lo
sollevò piano, cercando di girarlo senza accentuarne le ferite già gravi;
vedendone il viso, però, ebbe un tuffo al
cuore.
Quei lineamenti
gli erano tremendamente familiari.
L’aveva
riconosciuto.
“EDWARD!!” urlò
con voce strozzata il ragazzo, “Edward, svegliati, ti prego!” implorò lui,
terrorizzato, ma l’amico non reagì minimamente.
Il giovanissimo
detective non ci pensò su due volte: lo prese delicatamente in braccio, cercando
di tamponare le ferite più gravi: “Sta tranquillo, amico mio, ora ti porto al
sicuro.” sussurrò Envy, sparendo nella notte.
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“Pronto, qui
Headquartier di Central City, cosa posso fare per
lei?”
“Buonasera, scusi
per l’ora, ma ha bisogno di parlare urgentemente col Furher Mustang, è una cosa
molto importante.”.
“Ok, un momento..
Chi è lei, mi scusi?”
“Dica che sono
Envy, capirà.”
“D’accordo…”.
Il ragazzo moro
cominciò a picchettare nervosamente le dita sul telefono a muro, lanciando di
quando in quando occhiate nervose al corridoio deserto; erano arrivati di corsa
all’ospedale militare, dove avevano ricoverato d’urgenza il suo
amico.
Dovevano
operarlo.
Erano passati
ormai molti mesi dal loro ultimo incontro, ai tempi del glorioso Amestris
Express: “Sono sempre pronto a salvarti la vita Ed, ma cerca di non mollare
proprio ora, fallo per chi ti aspetta e soffrirebbe della tua scomparsa. Fallo
per chi sto chiamando.. Ricordi quanto fosse disperato qualche mese fa? Ti
prego, combatti…” singhiozzò sommessamente il giovane, cercando conforto nel
pianto.
In quel momento,
il filo dei suoi pensieri fu interrotto da una voce profonda che risuonava nella
cornetta: “Envy, sei tu? Cosa succede?”, la voce del Fuhrer Mustang suonava
ansiosa, quasi preoccupata, “Buonasera signore, scusi per l’ora, sono proprio
io. L’ho chiamata perché deve assolutamente raggiungermi qui.” parlò lui
stancamente, cercando di ricacciare indietro le lacrime, “Dove sei?” domandò
lui, “Sono a South City.” rispose solo.
Cadde uno
spiacevole silenzio per parecchi minuti.
“Envy, cosa è
successo?” ripeté lapidario l’uomo all’altro capo del
telefono.
Il giovane
sospirò.
“Hanno sparato a
Edward.”.
Altro lunghissimo
e glaciale silenzio.
“Ero in missione
per conto del Tribunale Militare, l’ho trovato nel deposito ferroviario, era
malconcio, ma vivo. Adesso lo stanno operando.” interloquì esausto
lui.
“Prendo il primo
treno per South City, tra quattro ore sono
lì.”.
Dopo un lungo
silenzio, il Fuhrer aveva parlato, la sua voce sembrava quasi ridotta a un
sussurro: “Mi raccomando, non lasciarlo solo, per favore..” terminò con voce
strana, quasi lo stesse supplicando, “Non si preoccupi, non è nemmeno da
chiedere. La aspetto qui.” affermò il ragazzo con un pallido sorriso prima di
chiudere la comunicazione.
In quel momento,
la porta della sala operatoria si spalancò, e ne uscì un medico, seguito da un
gruppo di infermiere che portavano una barella.
Edward era
vivo.
Subito il moro
raggiunse l’amico e si mise a parlare col dottore, il giovane aveva ancora le
vesti sporche di sangue, non aveva potuto pulirsi: “Dottore, come sta?” domandò
il ragazzo, “Sta meglio, figliolo. Gli abbiamo estratto cinque pallottole,per
puro miracolo non hanno leso organi vitali. Ma se si è salvato, non è solo
merito nostro, è anche merito tuo, che lo hai portato qua di corsa.” gli sorrise
lui; Envy spostò lo sguardo sull’amico con una stretta al cuore, il viso pallido
e tirato, la maschera dell’ossigeno su bocca e naso, le labbra livide e
socchiuse.
“Comunque non si
sveglierà prima di qualche ora. È riuscito a contattare qualche familiare?”, la
voce del medico riportò l’investigatore alla
realtà.
“Si, il Fuhrer
arriverà tra qualche ora… Gli ho promesso che lo avrei tenuto d’occhio, posso
andare?” domandò stanco lui, “Certo, segui le infermiere, sono sicuro che la tua
presenza gli sarà di conforto, almeno finché non arriveranno i familiari.” Lo
rassicurò l’anziano dottore, “Grazie di cuore…” riuscì solo a rispondere, prima
di seguire la barella con il suo amico sopra.
Alcuni minuti
dopo, il ragazzo si trovava nella stanza assieme al suo amico che riposava
tranquillo.
Una stretta
fasciatura su tutto il busto era già macchiata di
sangue.
Con un sospiro,
il moro prese una sedia e l’avvicinò al letto, sedendosi: “Chi è stato, amico?
Non preoccuparti, presto arriverà il tuo Comandante, anche tuo fratello. Ma fino
ad allora, non ti lascerò solo.”.
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Tre ore dopo la
situazione era sempre la stessa.
Il dottore era
venuto un paio di volte a controllare la situazione e si era mostrato
decisamente ottimista.
Il moro si stava
ormai appisolando sulla sedia, quando un gentile tocco sulla sua spalla lo fece
sobbalzare; voltandosi, incrociò lo sguardo di un infermiera dal dolce sorriso:
“Scusami, ti ho spaventato.. Ti ho
portato del caffè caldo. Bevine un po’, ti farà bene.” affermò lei, passandogli
la tazza in plastica, “Grazie signorina…” ringraziò lui, stanco e assonnato,
“Non preoccuparti, il dottore ha detto che ormai è fuori pericolo, ha superato
brillantemente la notte, guarirà presto.” lo rincuorò, mentre cambiava la flebo
ormai terminata, “Ne sono certo, il mio amico non si fa certo abbattere da una
sciocchezza del genere.” Gli sorrise di rimando
lui.
La giovane donna,
con un leggero inchino, uscì, portando con sé la flebo
vuota.
In quel momento,
il giovane udì un rumore di passi frettolosi nel corridoio; istintivamente,
guardò l’orologio al polso.
Erano a malapena
le cinque del mattino.
Curioso per tutta
quella confusione, mise la testa fuori dalla stanza, e fu così che notò un
gruppo di divise blu militari in fondo al corridoio; sorridendo, rientrò, erano
finalmente arrivati.
Tranquillamente,
si risedette al suo posto: “Sono arrivati.” disse solo, guardando la porta. Un
minuto dopo, essa si aprì, facendo entrare un uomo dai corti capelli neri,
accompagnato da un gruppo di persone; tutti quanti portavano le divise
dell’Esercito: “Come sta?” domandò subito Roy Mustang, visibilmente preoccupato,
“Salve a tutti.. Sta meglio, il dottore ha detto che è ormai fuori pericolo, ma
non si è ancora svegliato.” parlò Envy, alzandosi in piedi, “Noi usciamo capo,
lei resti con Edward.” interloquì il tenente Havoc, conducendo i suoi colleghi
fuori dalla stanza.
Il Comandante
ringraziò mentalmente il suo sottoposto, sedendosi al posto poco prima occupato
dal suo giovane amico; poggiò il mantello sullo schienale della sedia e prese
tra le sue mani quelle minute del ragazzo disteso a letto; a quel contatto,
Edward si mosse leggermente, le palpebre fremettero per poi aprirsi, mostrando
al Comandante uno sguardo opaco, “Ehi, come stai? È mai possibile che ti cacci
sempre nei guai se non ci sono io?” sorrise sollevato, sporgendosi maggiormente
sul ragazzo; il biondo rise, ma la sua risata somigliò più a un raglio
strozzato, “Hai ragione.. Cough!!
Cough!!” tossì Ed, “Sto meglio, non preoccuparti, ne ho passate di peggiori…Come
sono arrivato qui?” chiese con un sussurrò, cercando di mettersi seduto, “Ti ha
portato Envy, ti ha trovato nel deposito ferroviario ferito e ti ha condotto
all’ospedale.” spiegò il moro aiutandolo, “è qui fuori, ci sono anche gli altri,
vuoi che entrino?” chiese poi, “Si, grazie..” gli sorrise lui; Roy gli diede un
casto bacio, coprendogli le spalle con il proprio mantello, poi si diresse alla
porta.
Tutta la squadra
era seduta sulle poltroncine fuori dalla stanza, in evidente attesa, non mancava
proprio nessuno: Riza e Jean erano seduti uno di fianco all’altro, Falman, Fury
e Breda sedevano accanto a Envy e al tenente colonnello
Hughes.
Tutti erano
lì.
“Ragazzi, Edward
si è svegliato.”.
La voce del loro
Comandante li riscosse dal torpore.
“Vorrebbe
salutarvi.” aggiunse il moro, invitandoli a seguirlo; il Mustang Team non se lo
fece ripetere due volte e seguì il proprio Comandante nella
stanza.
Fullmetal li
accolse con un sorriso stanco, le braccia e il busto fasciate e il manto di Roy
drappeggiato sulle spalle: “Salve a tutti.” salutò lui, “Ehilà! Ci hai fatto
preoccupare!” esclamò con un sorriso sornione Hughes, “Scusate, mi caccio sempre
nei guai..” interloquì imbarazzato, “Tanto poi intervengo sempre io a salvarti
la pellaccia!” esclamò Envy, sbucando alle spalle del tenente colonnello, “Ehi,
grazie. Roy mi ha detto che sei stato te a portarmi qui, sono in debito con te,
amico.” gli sorrise il biondo, “non dirlo neanche, non ti avrei mai potuto
lasciare lì!” esclamò Envy, poggiandosi alla parete, “Cosa ci facevi lì?”
proseguì poi Ed, “Stavo indagando su una banda di assaltatori di treni per
ordine del Tribunale Militare.
Il biondo scoppiò
a ridere.
“Anche io sono
stato mandato per la stessa ragione,a quanto pare c’è un alchimista e mi hanno
mandato a raccogliere informazioni.” spiegò il
biondo.
“Di nuovo assieme
come ai vecchi tempi, eh?” sorrise il
detective.
SALVE!
Shun è
tornata!!
Beh, coloro che hanno
seguito una mia vecchia fic sanno che mi era spiaciuto molto quando la
conclusi.
Ecco, ora la sottoscritta
si è imbarcata in una nuova avventura!
BACK TO THE EXPRESS è il
ricominciare del viaggio, del nostro viaggio.
Del viaggio dell’AMESTRIS
EXPRESS.
Questa storia è dedicata
a colei che mi ha fatto sorridere, che ha approvato la nascita di questo
seguito, che ha dato l’input per la storia.
È dedicata a
SHIKADANCE.
È solo merito suo se
questa storia ha visto la luce.
Beh, che dire,
divertitevi e godetevi questo nuovo viaggio!!!
UN
BACIO
SHUN
|
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Capitolo 2 *** MAI DA SOLO ***
My Fic
CAPITOLO
1
MAI
DA SOLO
Il
giorno dopo, Edward stava meglio.
Tutti
i suoi amici restavano sempre con lui in ospedale, Envy e Roy restavano a
dormire lì durante la notte.
Non
lo lasciavano mai da solo.
Il
Comandante non lasciava un momento la sua stanza, stava sempre con
lui.
E
il ragazzo di questo ne era felice.
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Il
rombo di un tuono fece vibrare pericolosamente i vetri delle finestre
dell’ospedale.
Edward,
a quel suono, alzò la testa dal libro che stava leggendo.
Pioveva
a dirotto.
Come
incantato, rimase per alcuni minuti a fissare la pioggia cadere aldilà del
vetro, picchettandolo leggera, era un suono così bello.
Il
giovane poggiò sul comodino il libro e scostò piano le lenzuola, per poi
alzarsi; nella stanza non c’era nessuno in quel momento, Envy era uscito un
istante a parlare con Roy e gli altri e lui si godeva un po’ di
tranquillità.
Con
passo malfermo, raggiunse l’ampia vetrata e poggiò la fronte sul vetro, fissando
le gocce che scivolavano davanti a lui; non capiva il perché, ma vedere il
rincorrersi di tutte quelle piccole goccioline gli strappò un
sorriso.
Con
un gesto lento, aprì la finestra, beandosi della fresca brezza e della
sensazione dell’acqua sul suo volto, non si era mai sentito così calmo e in pace
con sé stesso, per un istante aveva anche scordato chi fosse, tanto era perso
nella contemplazione di quel paesaggio che, seppur all’apparenza malinconico, lo
rasserenava.
Si
perse nel lento cadere ritmico della pioggia e del suo suono così piacevole,
poggiò mollemente i gomiti sul davanzale, fissando distratto il cortile
dell’ospedale, deserto e tranquillo.
Fu
richiamato alla realtà da due braccia che gli si erano allacciate alla vita e da
una voce divertita che gli soffiava all’orecchio: “Preferisci la pioggia al
sottoscritto? Dovrei ritenermi offeso.” lo canzonò quella voce conosciuta, che
strappò un sorriso al biondino; Ed si voltò, incrociando lo sguardo color onice
del suo Fuhrer, che lo abbracciava: “Nay, come potrei? Dove eri finito? Mi stavo
preoccupando.” rispose lui, ricambiando l’abbraccio, “Stavo parlando con gli
altri riguardo a quello che è successo, siamo piuttosto preoccupati, ma vedo che
non ti stai annoiando a restar da solo. Ero sicuro di trovarti a letto, che ci
fai in piedi? Dovresti riposare ancora…” interloquì il moro, carezzandogli
delicatamente i capelli, “mmmm, un tuono mi ha distratto…” mugolò lui, contento
di quelle attenzioni, “Mi piace la pioggia, anche da piccolo, mi rasserenava
ascoltare il suo lento picchettare sui vetri di casa, vorrei uscire e correre
sotto l’acqua come quando ero piccolo…” sospirò il biondo, scostandosi
leggermente e guardando nuovamente fuori dal vetro con aria
malinconica.
Il
moro gli diede un bacio sulla tempia: “Quando sarai guarito, potrai uscire,
adesso non mi sembra il caso, rischieresti di ammalarti.” osservò con aria
critica Roy, “Ma se vuoi, possiamo andare a fare un giro sotto il porticato.”
gli sorrise divertito; il viso, fino a pochi istanti prima triste, di Edward si
illuminò: “SI!” esclamò lui, abbracciandolo forte.
L’uomo
sorrise.
Adorava
vedere il suo compagno felice, adorava il suo sorriso solare, adorava tutto di
quel ragazzino indisciplinato che però amava più di sé stesso; istintivamente,
il suo sguardo cadde sulla fede sottile di oro bianco che portava all’anulare, e
non poté fare a meno di pensare a quel giorno lontano nel tempo in cui le loro
anime si erano legate per l’eternità.
“Forza,
andiamo!” esclamò il moro, sciogliendo l’abbraccio; senza tanti complimenti, lo
prese in braccio e se lo caricò in spalla, tra le urla di disappunto del minore,
che cercava di divincolarsi senza successo, per poi farlo sedere sulla sedia a
rotelle accanto al letto, e coprendolo con una coperta
militare.
Con
un gesto elegante, levò il freno e lo condusse fuori dalla stanza: “Io e
Fullmetal andiamo a fare un giro, torniamo presto!” aveva annunciato una volta
fuori a tutti i loro amici, “D’accordo, ma attento Roy, non stancarlo troppo, è
ancora convalescente, Non sarebbe saggio!” ridacchiò Hughes beffardo, facendo
arrossire i due, “HUGHES!!” ringhiò il Comandante, il viso che ormai aveva
superato tutte le possibili gradazioni di rosso, prima di portare via il
compagno.
Tutti
risero.
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Roy
spingeva piano la sedia a rotelle su cui era seduto il suo amato sotto l’ampio e
protetto porticato, sorridendo sornione all’espressione beata del ragazzino che
fissava rapito la pioggia.
Avrebbe
passato ore a fissarlo, avrebbe voluto proteggerlo, gli sembrava così fragile in
quel momento; il Fuhrer strinse i pugni, chi mai aveva potuto fare quello al suo
Edward?
L’avrebbe
pagata cara, molto cara.
Odiava
vedere il suo amore in quelle condizioni.
Con
un gesto dolce, cominciò a carezzargli piano i capelli.
Si
era spaventato troppo quando aveva ricevuto quella
telefonata.
Maledizione
a lui quando non si era imposto per la scorta!
Ora,
il suo Edward aveva rischiato di morire e tutto per un suo errore, per un suo
errore, aveva rischiato di perderlo.
Silenziosamente,
aveva cominciato a piangere, non se n’era neppure accorto, sentiva solo un gran
dolore, e voleva sfogarlo.
Sentiva
le lacrime bruciargli gli occhi e picchettargli sulla mano, che stringeva forte
la barra della carrozzella; cominciò a singhiozzare.
“Roy,
cos’hai?”.
La
voce preoccupata del suo Ed riscosse il moro dal suo dolore, che abbassò lo
sguardo, asciugandosi le lacrime: “N…Nulla, non preoccuparti..” singhiozzò lui,
carezzandogli i capelli e tentando di ricacciare le lacrime.
Si
erano fermati presso un chiostro, e ora osservavano la pioggia cadere
placida.
Edward
lo guardò fisso negli occhi, prendendogli la mano: “Roy, dimmi cos’hai.” affermò
il biondo, con un tono che non ammetteva repliche, “Se hai qualcosa, voglio
saperlo… Sto male a vederti così…” sussurrò lui, gli occhi lucidi, “Ti
prego..”.
Roy
si diede dello stupido.
Lo
aveva fatto preoccupare inutilmente.
E
dire che doveva riposare e non subire alcun tipo di stress, soprattutto
emotivo.
Il
Comandante affondò il viso nei capelli profumati del minore, stringendolo forte
a sé: “Roy, che ti prende?” interloquì preoccupato Ed, “è colpa mia… è colpa mia
se sei in queste condizioni…” singhiozzò lui, abbracciandolo forte,
“Perdonami…”.
Il
biondo ricambiò a fatica l’abbraccio, il moro gli stava facendo male al fianco
ferito.
“Per
cosa, scusa?” riuscì a dire con voce spezzata, “Se sei rimasto ferito è stata
colpa mia, io non ho insistito per la scorta, ti ho affidato l’incarico… Se non
ci fosse stato Envy, io ti avrei perso…” sussurrò stancamente lui; Edward sgranò
gli occhi, allora era quella la ragione: “Roy, ascoltami.” disse serio,
sollevandogli il viso, “Ti prego, abbracciami..” affermò solo, anche lui aveva
gli occhi lucidi.
Il
Fuhrer non se lo fece ripetere due volte.
Lo
sollevò piano, come se fosse un bambino, lo prese in braccio e lo abbracciò
forte.
Una
folata di vento gelido fece rabbrividire il minore, che si accoccolò
maggiormente al petto di Roy, in cerca di calore.
Il
maggiore afferrò la coperta e gliela drappeggiò addosso: “Va meglio?” chiese
lui, “Si, grazie…” sorrise lui, prima che le labbra del Fuhrer si posassero
leggere sulle sue; al lieve contatto, le sue si aprirono leggermente,
permettendo alla lingua dell’altro di farsi largo.
Si
scambiarono un lungo e desiderato bacio d’amore fino a che non poterono più
resistere e si staccarono piano, Edward sempre in braccio a Roy, le braccia
allacciate al suo collo: “Ti amo Roy…” sussurrò lui, accoccolandosi, “Anche io
Edward, anche io…”.
E
rimasero così a lungo, abbracciati, la pioggia era la loro colonna sonora, la
colonna sonora di un amore dolce e puro.
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La
notte era ormai calata su South City.
La
pioggia era cessata da alcune ore, e il cielo era tornato sereno e trapunto di
stelle.
Una
figura snella camminava per il cortile dell’Ospedale, dirigendosi a passo svelto
verso l’edifico principale.
La
Luna inargentava tutto, conferendo al luogo un atmosfera quasi
divina.
Aveva
appena imboccato il viale alberato che conduceva all’ingresso quando due figure
oscure sbucarono da dietro un albero, aggredendolo violentemente; per un pelo,
la figura li evitò: “Chi siete??” sbraitò, mettendosi in guardia e levandosi il
mantello; le due figure sghignazzarono, “è agile, Comandante, ma non abbastanza
per scappare in eterno.. Una persona la sta aspettando, non sarebbe carino farla
attendere, no?” ringhiò una delle due, con voce melliflua.
Improvvisamente,
qualcosa colpì il Fuhrer al capo.
In
un istante, sotto l’occhio vigile della Luna, il buio si impadronì di
lui.
I
due misteriosi nemici lo portarono via.
Sul
terreno rimasero il mantello e una busta.
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Edward
fu svegliato da uno strano ronzio.
Il
giovane aprì stancamente un occhio, mugolando, accorgendosi di essere ancora
nella sua stanza.
Ma
era da solo.
Il
ronzio veniva da fuori.
Stancamente,
il ragazzo si lasciò scivolare giù dal letto, la casacca del pigiama sopra le
ginocchia, e si aggrappò saldamente al reggi flebo; mosse qualche passo in
direzione della porta, sempre reggendosi al tubo metallico mobile e socchiuse la
porta, facendo entrare nella stanza un debole spiraglio di
luce.
Guardò
fuori, coprendosi gli occhi per proteggersi dalla luminosità: vide i suoi amici
discutere animatamente con Fury, che teneva in mano una
busta.
Si
guardò attorno.
Roy
non c’era.
“Ma
dov’è finito?” mormorò preoccupato, sfregandosi gli occhi e passandosi una mano
sulla fronte, “Dannazione, ho ancora la febbre, che seccatura..” sbuffò lui,
poggiando la mano sulla maniglia della porta, aprendola; uscì nel corridoio,
erano tutti lì.
“Cosa
sta succedendo qui? Che ore sono?” domandò con voce impastata di sonno ai suoi
compagni, “EDWARD! Che ci fai in piedi?” esclamò stupita Riza, accorgendosi
della presenza del più giovane tra loro, “Mi sono svegliato.. Che sta
succedendo? Dov’è Roy?” chiese lui, poggiandosi al muro.
La
squadra si paralizzò.
Havoc
lo guardò confuso, Riza giocherellava con la fede, Hughes teneva il capo
chino.
“Ragazzi,
ma che succede?” chiese ancora, con una punta di timore nella voce; Fury si alzò
in piedi, scambiandosi un occhiata con i suoi colleghi: “Edward, qualcuno ha
rapito il Fuhrer e… Hanno lasciato questa per te, assieme a questo..” sussurrò
il moretto occhialuto, dandogli la busta e il mantello.
Il
biondo sgranò gli occhi, boccheggiando, come era… Stringeva forte quel mantello,
sentiva ancora l’odore del suo Roy; con mano tremante, aprì la busta e spiegò la
lettera la suo interno.
“La
vendetta è un piatto che va gustato gelido.
Dopo
quattro anni, finalmente, avrò giustizia, e vendetta.
Edward
Elric, io ti lancio il guanto di sfida.
Ti
aspetto tra un mese alle rovine della Costa Ovest.
F.”
Il
biondo strinse convulsamente i pugni.
Il
viso spaventosamente pallido, contratto dalla rabbia.
Lentamente,
ripiegò il foglio sotto lo sguardo timoroso dei suoi compagni: “Edward scusaci,
è colpa nostra… Avremmo dovuto accompagnarlo” disse Riza ma il giovane scosse la
testa, “Non è colpa vostra, davvero, e poi, sapete benissimo che non ve lo
avrebbe mai permesso.” disse, alzando lo sguardo, “Non lascerò il Fuhrer nelle
loro mani, devo raggiungere questo bastardo e accettare la sua sfida!” esclamò
furibondo lui, mollando il reggi flebo, “Domattina mi farò dimettere,
ritorneremo a Central e poi partirò per l’Ovest.” affermò spaventosamente calmo,
reggendosi a fatica in piedi.
Havoc
balzò su: “è una follia, non ti reggi neppure in piedi, come pensi di affrontare
un viaggio simile?? Non te lo permetteremo mai!” urlò il tenente, “Jean ha
ragione, è troppo rischioso, non ce la faresti mai a raggiungerlo, non in queste
condizioni. E poi, avranno sicuramente approntato delle trappole lungo la
strada, questa gente ti vuole morto!” ribadì Riza, guardandolo preoccupata, “Lo
so, ma non posso tirarmi indietro… Hanno Roy, devo salvarlo…” mormorò lui, “Non
posso coinvolgere voi, non sarebbe giusto farvi rischiare così tanto, andrò da
solo.” boccheggiò lui.
“Ma..
Edward, non puoi dire una cosa simile..” fece per dire Falman, ma fu bloccato
dalle urla furibonde del biondo.
“ORA
BASTA!!! SONO IL VOSTRO SUPERIORE E VI ORDINO DI ESEGUIRE I MIEI COMANDI SENZA
DISCUTERE!!!” urlò Ed, il viso rosso e contratto, la voce dura e
aggressiva.
SCIAFF!!
Un
sonoro schiaffone si era abbattuto con violenza sulla guancia del
ragazzo.
Envy
aveva schiaffeggiato l’amico.
Calò
il silenzio: Edward si teneva la guancia pulsante e ferita, guardandolo con
sorpresa.
“Sei
uno stupido!”.
Envy
gli urlò contro, prendendolo per un braccio, “Sei davvero uno stupido!! Secondo
te potremmo mai lasciarti solo in un momento simile?? Siamo anche noi in
pensiero per il Fuhrer e anche per te, proprio per questo non ti lasceremo mai
partire da solo, su questo ci puoi giurare! Se vogliamo correre questi rischi, è
perché ti vogliamo bene. Ho fatto una promessa, e voglio mantenerla, ti
proteggerò!” urlò Envy, il volto contratto in una smorfia di rabbia e
frustrazione, “il nostro amico ha ragione, ci siamo trovati in situazioni molto
peggiori, e ne siamo usciti sempre, tutti insieme. Non vi abbandoneremo certo
ora.” asserì Hughes con un sorriso, “GIUSTO!!” ruggirono tutti gli altri,
alzando in aria i pugni.
Edward
si guardò attorno, stupito, poi scrollò le spalle con un sorriso rassegnato:
“Avete vinto voi…. Scusatemi, ho reagito male..” affermò con voce stanca,
coprendosi gli occhi con la mano e lasciandosi cadere contro la parete; fu preso
la volo da Riza: “Non preoccuparti, ora vieni, torniamo in camera, Jean,
aiutami, tenente colonnello, vada a cercare un infermiera.” ordinò Riza,
conducendo il superiore nella sua stanza, praticamente svenuto in braccio a lei,
mentre Hughes correva via.
Envy,
invece, si avvicinò al telefono.
Doveva
assolutamente parlare con una persona.
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Tre
giorni dopo, il gruppo si ritrovò alla stazione centrale di South
City.
Il
rivedere quel posto suscitò in loro una serie di splendidi e malinconici
ricordi.
Da
una di quelle banchine, pochi mesi prima, erano partiti, a bordo dell’Amestris
Express, ignari dell’avventura che avrebbero vissuto, mossi solo dalla
vendetta.
“Forza,
andiamo!! Ci stanno aspettando!!” aveva interloquito Envy, scuotendo tutti dal
loro torpore di ricordi, guidandoli verso una banchina poco
lontana.
Tre
persone stavano aspettando, ritte sul binario.
Accanto,
un treno.
Con
un balzo, il detective gli fu davanti, abbracciandoli: “NEESAN!!! NIISAN!!
NIISAN!!!” urlò lui.
Il
gruppo li ragggiunse, non credevano ai loro occhi: “Lust! Da quanto tempo!”
aveva esclamato sorpreso Ed, vedendo l’amica, “Salve a tutti! Ciao Edward, mio
fratello mi ha parlato di quello che è successo, non preoccuparti, non lasceremo
il Fuhrer in mano loro, siamo qui per aiutarvi! Questi sono Greed e Pride, sono
i miei gemelli, saranno anche loro dei nostri! Vedrete, sapranno rendersi
utili!” aveva esclamato radiosa, presentandoli.
I
due si fecero innanzi: “Piacere..” salutarono con un leggero
inchino.
Il
gruppo di militari guardò stupito il treno alla loro destra.
L’avevano
riconosciuto.
“Ma…
Ma questo…” boccheggiava Hughes, indicandolo con mano tremante, “Si, è proprio
lui, l’Amestris Express, Envy mi ha spiegato tutto, vi aiuterò volentieri!!!
FORZA, A BORDO!!” ordinò raggiante lei.
BUONANOTTE!!!
Eccomi
di nuovo qui!!!
Un
nuovo capitolo, tutto per voi!
Beh,
non ce la facevo a resistere!!!
Volevo
troppo postare questo capitolo, e devo solo ringraziare SHIKA se ha potuto
vedere la luce così presto, ed ELISETTA e PAPY e LIRIS, DEVO RINGRAZIARE TUTTI
VOI!!!
VI
ADORO!!!
GRAZIE
DI CUORE!!!
SIETE
I MIGLIORI!!
UN
BACIONE
SHUN
|
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Capitolo 3 *** BACK TO THE EXPRESS ***
My Fic
CAPITOLO 2
BACK
TO THE EXPRESS
Il gruppo di militari guardò stupito il treno alla loro
destra.
L’avevano riconosciuto.
“Ma… Ma questo…” boccheggiava Hughes, indicandolo con mano
tremante, “Si, è proprio lui, l’Amestris Express, Envy mi ha spiegato tutto, vi
aiuterò volentieri!!! FORZA, A BORDO!!” ordinò raggiante
lei.
Senza tante cerimonie, la giovane donna spinse a bordo i suoi
amici: “Forza, il Fuhrer ci aspetta!!” esclamò, facendo un cenno ai due gemelli,
“Voi salite davanti, mi fido di voi.”.
I due annuirono e si diressero di corsa verso la testa del treno;
dopo essersi guardata attorno dalla piattaforma,
rientrò.
Alcuni minuti dopo, un fischio penetrante e un getto di vapore
diedero il segnale della partenza.
Lentamente, il treno cominciò a muoversi, prima molto lentamente,
poi sempre più velocemente, sino a raggiungere una considerevole velocità, e
allontanarsi dalla stazione, per poi sparire nella campagna odorosa, diretto a
ovest.
Il viaggio era ricominciato.
Di nuovo assieme.
Di nuovo in viaggio per una nuova
avventura.
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“Allora, riepiloghiamo. Alcuni giorni fa, Envy ha ritrovato Edward
nel deposito ferroviario, ferito. Due giorni dopo, il Fuhrer viene rapito e vi
viene lanciata una sfida, ho capito bene?”.
“Si, a giudicare dal tono del messaggio, sono gli stessi che hanno
aggredito Ed.”.
“Allora dovremmo muoverci con cautela, se sono gli stessi banditi
che da un paio di mesi assaltano i treni merci, sicuramente ci daranno delle
rogne, e poi, se davvero vogliono vendicarsi di Ed, non ci lasceranno certamente
raggiungere il luogo dell’appuntamento senza lottare, dobbiamo prepararci al
peggio.”.
L’Amestris Express correva veloce nella campagna del Sud, tra i
campi di grano dorato, le spighe sospinte dalla brezza, il ceruleo cielo sopra
le loro teste che infonde gioia e tranquillità, il caldo sole che dona tepore, e
in lontananza, il blu intenso dell’Oceano.
Il paesaggio bucolico scorreva veloce sotto lo sguardo distratto
dei suoi passeggeri, riuniti tutti assieme nel vagone
ristorante.
Hughes e Lust discutevano animatamente con Riza e Jean sul da
farsi, Falman, Breda e Fury organizzavano i turni di
guardia.
Edward stava seduto su uno dei divanetti, lo sguardo perso nel
vuoto, avvolto da una pesante coperta militare, sembrava un vecchio bambolotto
abbandonato.
Da quando erano partiti, non si era più
mosso.
Lust scoccò un occhiata triste verso il ragazzino con un sospiro:
“Ragazzi, non dovremmo fare qualcosa per lui? Mi fa male vederlo così abbattuto…”
parlò a bassa voce la donna, poggiando la penna di cui si stava servendo per
organizzare un piano, “Non possiamo fare nulla… Tutto quello che noi siamo in
grado di fare è risolvere questa situazione il più presto possibile.” affermò
Hughes, levandosi gli occhiali con aria stanca, massaggiandosi le tempie,
sembrava improvvisamente più anziano di quello che era, “Ed è forte, al momento
opportuno si scuoterà dal suo torpore e sarà pronto a scendere in campo, so come
è fatto.” spiegò il tenente colonnello, pulendo le lenti con un lembo della
divisa, “E poi, non dimentichiamoci che noi saremo con
lui.”.
Riza e Jean lo
guardarono con un pallido sorriso: “Ha ragione, combatteremo assieme questa
volta, non lo lasceremo da solo.” sussurrò riconoscente Riza, tornando a
concentrarsi sulle carte.
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Una figuretta
rannicchiata a terra singhiozzava
sommessamente.
Il corridoio era
avvolto dalla semioscurità della sera che stava rapidamente calando, mentre
l’Amestris continuava la sua folle corse verso
ovest.
Le gambe ossute
erano coperte da uno spesso plaid, le sue membra rabbrividivano per il freddo,
malgrado la pesante coperta; sedeva in un angolo, abbandonato,
solo.
I suoi occhi, un
tempo allegri, erano colmi di lacrime.
Si lasciava
cullare senza reagire dal movimento del treno, piangendo
piano.
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“Ragazzi, dove è
finito Edward?”.
Breda era
impegnato a sistemare i fogli su cui avevano lavorato tutto il pomeriggio quando
si accorse che il divanetto su cui il più giovane tra loro stava era
vuoto.
Tutti i presenti,
che stavano rassettando al pari di lui, volsero in contemporanea le teste verso
il sottotenente dai capelli rossi; era vero, Edward non era più rannicchiato sul
soffice giaciglio.
Era
sparito.
La testolina
infarinata di Fury, gli occhiali di traverso, sbucò dalla porta della cucina:
“Cosa? Non era seduto sul divanetto?” interloquì, pulendosi le mani con uno
strofinaccio, “No, non c’è più.. Deve essere uscito mentre noi lavoravamo, per
questo non ce ne siamo accorti.” interloquì Havoc, fumando una delle sue solite
sigarette pestilenziali a braccia conserte, “Ok, vado io a cercarlo, è ancora
sotto anestetico, potrebbe aver bisogno di aiuto.” affermò Fury, levandosi il
grembiule sporco che indossava sopra la divisa e gettandolo in un angolo; uscito
il commilitone, Havoc si girò verso la cucina, spense la cicca sotto il tacco
dello stivaletto e afferrò il grembiulone sporco di sugo: “Beh, vorrà dire che,
se non vogliamo digiunare, ci penserò io ad aiutare Envy in cucina.” disse il
biondo raggiungendo il detective, seguito trotterellando da Black Hayate.
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Il moretto sbucò
nel corridoio oscuro e deserto, incamminandosi guardingo lungo le porte delle
loro cabine.
Sospirò
mestamente, scrollando la testolina.
“Tutta questa
storia è assurda, non possiamo dargliela vinta a questi criminali” pensò tra sé
e sé, allungando il passo, “Stiamo tutti malissimo, Edward sta soffrendo molto,
dobbiamo risolvere questa storia il più presto
possibile.”.
Improvvisamente,
il ragazzo udì qualcuno singhiozzare
Il moretto
trasalì.
Con attenzione
mosse qualche altro passo: alla candida luminescenza della luna che penetrava
nel treno dal finestrino, scorse una figuretta poggiata contro la parete, a
terra, avvolta dall’argentea luce lunare, inondando anche il
corridoio.
Edward era lì, le
ginocchia strette convulsamente al petto, la coperta drappeggiata
addosso.
Immobile.
Cercando di non
spaventarlo, Kain gli si avvicinò, inginocchiandosi dinanzi a lui: “Ed, dove eri
sparito? Ci siamo preoccupati.” parlò lui, guardandolo con un sorriso benevolo e
rassicurante.
Il viso tirato e
pallido era solcato di lucenti lacrime, i lunghi capelli dorati scarmigliati,
gli davano però un aria solenne, malgrado tutto, avevano tutta l’aria di una
corona.
Aveva un aria
triste e malinconica; guardava il firmamento trapunto di stelle come un naufrago
guarda il cielo pensando alla terra sua
lontana.
La voce ovattata
del sergente maggiore lo scosse dal suo torpore, si sentiva la testa pesante,
non si era neppure accorto che fosse arrivato.
Cosa gli stava
succedendo?
Con aria confusa,
puntò i suoi occhi sulla figura minuta di Fury, asciugandosi con un movimento
lento le lacrime: “Tutto bene?” gli chiese preoccupato il moro, inginocchiato
dinanzi a lui, ne poteva vedere il viso stanco.
Edward annuì
impercettibilmente, mentre cercava di restituire all’amico un sorriso, seppur
tirato, ma tutto quello che riuscì a fare fu una smorfia stanca: “S..Si, tutto
bene..” mormorò, scostando la coperta dalle gambe, “Sei sicuro? Comunque, mi
hanno mandato a cercarti, è quasi ora di cena.” Parlò lui, cercando di aiutarlo
ad alzarsi, “e poi, l’anestetico deve aver fatto ormai effetto.” parlò
lui.
Edward chinò il
capo: “Non ho fame, scusatemi…” sussurrò, stringendosi le gambe al petto, i
piedi nudi poggiati sul parquet freddo, il viso voltato verso la finestra, “Non
puoi non mangiare!!” esclamò stupito Kain, “Devi rimetterti in forze, sei ancora
convalescente! Se non mangi, non riuscirai mai a riprenderti, vuoi per caso
lasciarti morire?!” continuò il moro con voce incrinata, serrando con forza la
spalla del più giovane tra loro.
Il biondo alzò il
viso, puntando i suoi occhi dorati, opachi dalle lacrime, in quelli color onice
del commilitone: “Non mi importa.” mormorò, poggiando il capo sulle gambe, “Non
mi importa…” ripetè mesto, “Non voglio mangiare.” disse
lui.
Si sentiva
solo.
Aveva
paura.
Tutto era
accaduto troppo in fretta.
Voleva solo
dormire e dimenticare.
Dormire e
svegliarsi quando tutto fosse finito.
“Edward,
ascoltami.”.
Fury si era tolto
gli occhiali e lo guardava con aria seria: “Ed, quello che hai detto non è
giusto. Come pensi che ci sentissimo se tu ti lasciassi morire? Come pensi si
sentirebbe il Comandante? Non farti prendere dallo sconforto, ci siamo noi, non
ti lasceremo da solo. Ti vogliamo bene, e abbiamo promesso di proteggerti e
aiutarti. Non farlo, pensa al Fuhrer, che ci aspetta, non puoi mollare ora, lui
ti aspetta.” parlò lui con voce pacata, “Edward, mi senti?” interloquì lui,
vedendo la testa del Fullmetal ciondolare.
Il ragazzo si era
assopito, l’anestetico aveva fatto il suo
effetto.
Con delicatezza
lo sollevò, passando un braccio del biondo dietro la sua nuca, il ragazzino
dormiva tranquillo.
Con attenzione, i
due entrarono nel piccolo bagno, i piedi nudi del minore sollevati da terra,
sembrava un bambolotto.
Sempre tenendolo
sollevato, aprì il getto d’acqua fresca, facendolo zampillare per qualche
istante, prima di spruzzargli
sul viso qualche goccia d’acqua.
Bastò.
Edward si svegliò
con un mugolio seccato, e spalancò i suoi occhioni dorati, di nuovo limpidi:
“Ben svegliato, come stai ora? Ti sei ripreso?” gli chiese lui, poggiandolo coi
piedi per terra; il biondo lo guardò con un leggero sorriso riconoscente, “Si,
grazie… Hai ragione, sono stato stupido, non posso buttare via la mia vita così.
Grazie Kain.” E finalmente il giovane alchimista sorrise, un sorriso sereno e
colmo di speranza.
“Forza, torniamo
indietro, è ora di cena.” affermò Fury, accompagnandolo
fuori.
I due amici
rifecero il corridoio all’inverso
chiacchierando.
Improvvisamente,
udirono una serie di urla e risate concitate provenienti dalla sala da pranzo:
“Che diavolo stanno combinando di là?” interloquì dubbioso il moro, sistemandosi
gli occhiali, “Non lo so, ma ho intenzione di scoprirlo.” ghignò il biondino,
raggiungendo la sala.
I due misero la
testa nel vagone: “Che diavolo succede qua dentro? Avete organizzato una festa e
noi non ne sappiamo nulla??” sogghignò Ed; tutti i presenti si fermarono, Havoc
si tolse rapidamente il grembiulone e la cuffietta, Hayate venne richiamato da
Riza, permettendo così a Breda di scendere dal lampadario, Hughes riacchiappò
una foto fuggiasca di Elycia, Falman alzò la testa dal libro che stava leggendo,
Envy faceva l’equilibrista coi piatti e i
bicchieri.
Ed e Fury erano
senza parole; i due si guardarono negli occhi: “Sarà un lungo
viaggio.”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Ghh.”.
Con un gemito di
dolore, il Comandante Supremo cominciò a
riprendersi.
Si sentiva la
testa dolorante e confusa.
“Ghh, che
botta..” mormorò, mettendosi a fatica seduto e guardandosi attorno: tutto era
buio, e lui si trovava seduto su una superficie fredda e dura, l’aria attorno a
lui era fredda e umida; da qualche parte attorno a lui, si sentiva distintamente
l’ululare del vento.
A tentoni, riuscì
a mettersi in piedi, la testa gli girava terribilmente: “Dannazione, che male!
Cosa vorranno da me questi tizi, come starà Ed…?” si chiese, reggendosi a una
provvidenziale parete.
Improvvisamente,
l’ambiente fu inondato da una fredda luce asettica, rendendolo visibile;
abituatosi finalmente all’improvvisa luce, il Fuhrer potè guardarsi attorno
comodamente.
Era in una strana
stanza dai muri color verde acqua.
Il luogo era
gelido, il pavimento lercio; sul soffitto, le luci al neon ronzavano
insistenti.
Il tutto dava un
senso di desolazione e morte.
Macchinari di
ogni tipo erano accatastati qua e là, distrutti o inutilizzabili; una porta
grigiastra coronava lo squallore di quel luogo.
Dinanzi a lui vi
era una finestra dai vetri sporchi; con passo malfermo, il Comandante mosse
qualche passo verso di essa reggendosi alla parete sino a raggiungerla ed
aprirla: una folata di vento gelido lo fece
rabbrividire.
Alla finestra vi
erano delle spesse inferriate.
Il paesaggio
desolato che si scorgeva oltre era una brulla brughiera, nebbiosa e ventosa; il
cielo era solcato da nubi gravide di pioggia, il vento ululava violentemente tra
i rami degli alberi e, in lontananza, si scorgeva una
pianura.
Il cielo
minacciava tempesta.
Con un sospiro,
si richiuse la finestra alle spalle, doveva essere mattino
presto.
In quel momento,
udì il chiavistello della porta scorrere e il portone aprirsi con un cigolio
sinistro: “Oh, benvenuto, vedo che finalmente ha ripreso i sensi, mio caro
Fuhrer.”.
BUONASERA!
Rieccomi a voi col
secondo, atteso capitolo di BACK TO THE EXPRESS.
Lo so, sono un po’ in
ritardo ma questa volta mi sono fatta perdonare, no??
Specifico, KAIN E EDWARD
SONO SOLO AMICI, NON PENSATE MALE!!
Giusto per non fare
casini.
Questo capitolo è nato
ascoltando una vecchia sigla di Cristina D’Avena, CANTIAMO INSIEME, mi ha dato
una grossa mano.
Come sempre, Cristina
D’Avena salva la pellaccia alla sottoscritta.
Chi sarà mai quel
misterioso figuro a fine capitolo??
LO SCOPRIRETE NEL
PROSSIMO!!
RINGRAZIO:
SHIKADANCE, ti voglio
bene pazza collega!
ELISETTA, per la sua
continua azione di supporter!
MAMY E PAPY, ormai
indivisibili, vi adoro!!!
LIRIS, per la sua
pazzia!!!
GRAZIE A
TUTTE!!!
VI VOGLIO
BENE!!!
AL PROSSIMO CAPITOLO, UNO
DEI PIÙ IMPORTANTI!!
KISU!!!
SHUN
|
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Capitolo 4 *** CHI NO TETSUDOU ***
My Fic
CAPITOLO
3
CHI NO
TETSUDOU
Il paesaggio desolato che si scorgeva
oltre era una brulla brughiera, nebbiosa e ventosa; il cielo era solcato da nubi
gravide di pioggia, il vento ululava violentemente tra i rami degli alberi e, in
lontananza, si scorgeva una pianura.
Il cielo minacciava
tempesta.
Con un sospiro, si richiuse la finestra
alle spalle, doveva essere mattino presto.
In quel momento, udì il chiavistello della
porta scorrere e il portone aprirsi con un cigolio sinistro: “Oh, benvenuto,
vedo che finalmente ha ripreso i sensi, mio caro
Fuhrer.”.
Una voce metallica e stridula lo costrinse
a voltarsi, lentamente, il sangue improvvisamente raggelato nelle
vene.
Una figura incappucciata, avvolta da un
ampio e pesante mantello nero, era entrata silenziosamente nella stanza,
accompagnata da due loschi figuri dall’aria truce, armati di fucili a canne
mozze, lo sguardo di fuoco: il misterioso personaggio si muoveva
silenziosamente, quasi fosse sollevato da terra. L’unica cosa che si udiva era
come un rantolo, un sibilo.
La strana figura ammantata mosse qualche
passo verso il Comandante, il volto completamente nascosto dal nero tessuto,
quel penetrante sibilo che risuonava piano nell’aria.
Il moro si mise ritto dinanzi a lui,
guardandolo fisso: “Chi sei, cosa vuoi da me?” interloquì con voce dura,
cercando di mantenersi calmo; sentiva un sottile rivolo di sudore gelido
scorrergli lungo la schiena e non poté fare a meno di rabbrividire, chi mai
poteva essere? Perché provava una simile paura?
Il suo interlocutore lo fissò per un
istante scrutandolo da sotto il cappuccio, poi scoppiò a ridere sguaiatamente:
“Mio caro Fuhrer, o meglio, mio caro ex Taisa Mustang, ci sarà tempo per le
spiegazioni, volevo solo assicurarmi che l’alloggio fosse di suo gradimento…
Vedo che ha cominciato ad ambientarsi.” replicò quello con voce beffarda, “Non
si preoccupi, non rimarrà solo troppo a lungo, glielo assicuro. Presto anche il
Fullmetal Alchemist Edward Elric ci degnerà della sua quantomeno gradita
presenza e pure i suoi fidati sottoposti saranno della partita.” commentò
lascivo; il moro impallidì all’istante: “COSA VUOI FARE?? Non ti permetterò di
toccarli!!” urlò furibondo.
Senza pensarci due volte, si scagliò con
furia inaspettata sul nemico: “Chiunque tu sia, non ti permetterò di far del
male a Edward o a qualunque dei miei uomini, è una promessa!! Fosse l’ultima
cosa che faccio!”.
Il Comandante Supremo scattò in avanti;
evitando con un salto uno dei tirapiedi dell’avversario, si lanciò contro
l’antagonista, il suo pugno a pochi centimetri dal suo viso, un’espressione di
furia dipinta sul proprio volto scarno.
Fu questione di un
attimo.
Roy colpì in pieno viso l’avversario con
furia.
L’inaspettato colpo del Fuhrer sorprese il
nemico che fu scagliato lontano contro la parete; nella colluttazione, il
cappuccio scivolò giù dal capo, mettendolo a nudo.
Un silenzio irreale cadde nella stanza,
silenzio rotto da un sibilo furibondo, del tutto simile a quello di una caldaia
a vapore, rivolto al moro.
Il Comandante boccheggiò, non credeva a
quello che i suoi occhi gli mostravano, non voleva crederci, non poteva
crederci.
Non era
possibile.
“N..Non può essere…” mormorò scioccato,
puntando un dito tremante verso la figura nemica che stava rimettendo a posto il
cappuccio, “E invece si, mio caro Mustang.” rispose solo con voce divertita,
“Vedo che non è cambiato per nulla malgrado gli anni, mi fa piacere. Spero che
non si sia scordato di me.” ghignò lui; improvvisamente, il Fuhrer avvertì un
fortissimo dolore al capo, per poi cadere privo di sensi sul pavimento
lercio.
Dietro la sua figura esanime comparve uno
dei due tirapiedi, che brandiva il canne mozze come una mazza: “Così ti passa la
voglia di aggredire il capo.” disse con aria minacciosa, sputandogli addosso,
“Che ne facciamo di lui?” domandò poi, puntando l’arma verso il corpo esanime
del moro, “Portatelo nelle celle sotterranee e preparatevi a partire. Isaac e
gli altri sono già in posizione, dovete raggiungere i vostri posti in tempo,
sono stato chiaro? Dovete bloccare l’avanzata del treno.” ordinò lui, “Chiama
Marc e dagli ordine di condurre il nostro gentile ospite nel suo nuovo
alloggio.”.
Il sicario annuì e uscì di
corsa.
Lo strano figuro si inginocchiò accanto a
Roy e un sorrisino di scherno comparve sul suo viso nascosto dalla pesante
stoffa: “Vedrà che bell’accoglienza abbiamo preparato per i suoi salvatori, non
ne usciranno vivi.” ghignò prima di uscire, lasciando il Comandante riverso sul
freddo pavimento.
Fuori, lo stridere morente dei gufi
annunciò l’alba.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Allora, noi più o meno siamo in questa
zona: per raggiungere il luogo dell’appuntamento dovremmo valicare con l’Express
il passo Limes, percorrere una parte del territorio di Creta e infine rientrare
nel nostro territorio, attraversare questa zona e da lì costeggiare il confine
sino alle brughiere dell’Ovest e quindi le Rovine, è un brutto percorso,
soprattutto in questa stagione, sui monti comincia a nevicare molto presto e non
è detto che qualche fiocco raggiunga anche noi.”, “Sì, lo so che è rischioso, ma
è la nostra unica possibilità. Hai detto che è il percorso più veloce e sicuro,
giusto?”, “Si, in alternativa dovremmo costeggiare le montagne ed è un luogo
impervio e deserto, potremmo anche dover abbandonare
l’Express.”.
Edward si prese il mento con aria pensosa,
spostando leggermente le gambe dalla scomoda posizione in cui si trovava da
parecchio tempo: “Yawn …” sbadigliò profondamente il ragazzo, stiracchiandosi
come un gatto, gli occhi lucidi dal sonno: lui, Envy, Riza, Lust e Hughes
sedevano nella biblioteca illuminata dalle lampade sui tavolini, spulciando
volumi e volumi, consultando cartine per organizzare un
piano.
Era mattina
presto.
Avevano passato ore che studiavano
attentamente quelle carte, il pavimento era ingombro di volumi aperti, di
vecchie carte militari, di fogli fittamente scritti; Ed e Lust discutevano
animatamente sulla strada da percorrere, Riza e il tenente colonnello segnavano
i possibili percorsi su una carta della zona che avevano spiegato sull’ampio
tappeto. “Scusate, non potremmo passare attraverso questa linea
qui?”.
La voce di Riza richiamò l’attenzione dei
presenti: “Si potrebbe passare di qui, su questa vecchia carta militare è
segnata un tratto segreto di ferrovia, probabilmente era usato in casi
eccezionali. Potremmo seguire questo percorso, passeremo senz’altro inosservati,
non possono conoscerlo, e conquisteremo un considerevole vantaggio no? E
comunque ci risparmieremo il passo Limes, ho sentito che è molto impervio.”
interloquì la giovane donna, “Si, hai ragione… Per di più, questa è una zona del
tutto deserta, nella peggiore delle ipotesi incontreremo qualche carovana di
cacciatori. Che ne pensate voi?”, Lust si rivolse a Edward, che guardava
pensieroso dinanzi a sé, sembrava quasi non ascoltare.
La ragazza chiuse di scatto il libro,
facendo sobbalzare il minore: “Edward, a cosa stai pensando?” chiese lei con
tono indagatore, “N..No, nulla… Non preoccuparti Lust… Dicevi?” sorrise lui,
sfregandosi gli occhi, “Dovresti andare a dormire un po’, non ci siamo fermati
un istante da quando abbiamo iniziato.. Sei stravolto.” propose la ragazza con
tono materno, guardando con preoccupazione gli occhi segnati del più giovane,
“Ma io.. Sto benissimo, davvero…” provò a replicare lui, “Niente ma, fila nel
tuo scomparto, ti verremo a chiamare noi per pranzo.” intervenne Riza con
cipiglio severo, alzandosi in piedi; il biondo scrollò le spalle rassegnato e si
mise in piedi a fatica, stiracchiandosi, “D’accordo…” mugugnò, afferrando la sua
mantella, abbandonata in un angolo, “Se ci fossero novità, svegliatemi
assolutamente, d’accordo?” disse serio il ragazzo, prima di uscire dalla
biblioteca, le spalle coperte dal mantello.
Dopo qualche minuto, anche Lust si alzò:
“Io vado a comunicare a Greed-kun la variazione di percorso, torno subito.”
affermò lei, recuperando la mappa, “D’accordo! Noi intanto mettiamo
un po’ in ordine qui!” esclamò allegro Hughes, mettendosi alacremente
all’opera.
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“Ehi, guardate! Siamo vicini al confine
con Creta!”.
L’esclamazione di Kain richiamò
l’attenzione del gruppo, che si voltò in simultanea verso i finestrini: fuori
dal vetro scorreva un paesaggio selvaggio, alti alberi, una foresta che si
estendeva a perdita d’occhio.
Il cielo plumbeo minacciava
tempesta.
All’orizzonte si scorgevano alte
montagne.
“Ecco, quello è il passo Limes.” spiegò
Lust, indicando un punto in lontananza, “Avevi ragione Riza, non ricordavo fosse
così impervio, deve essere già caduta la prima neve, le rotaie devono essere
ormai coperte.” asserì la donna, “Per fortuna che abbiamo deciso di seguire
questo percorso.” replicò Riza.
Improvvisamente si udì uno schianto e il
treno cominciò a fermarsi con gran rumore di freni, facendo perdere l’equilibrio
ai passeggeri, che furono sbalzati via; il vagone si inclinò pericolosamente,
scivolando sulle rotaie con gran stridore metallico: “Che diavolo sta
succedendo??” sbraitò Ed, sovrastando il rumore, aggrappato al tavolo per non
cadere rovinosamente a terra, “Non so, non vedo nulla!! Greed, Pride!! Devo
raggiungerli!!” urlò Lust, pallida, cercando di tenersi dritta, “No, dobbiamo
restare uniti sorellina. Non preoccuparti per Greed-niisan e Pride-niisan, se la
sanno cavare!” replicò Envy, afferrandola per un polso prima che cadesse; la
folle corsa del vagone durò per alcuni angosciosi minuti poi tutto tornò
tranquillo, lasciando il gruppo di amici frastornato a terra, il vagone
raddrizzato.
A Edward non ci volle molto per
capire.
E la consapevolezza di quello che stava
per succedere lo colpì con la forza di un pugno.
“RAGAZZI! STATE BENE?” urlò lui,
mettendosi in piedi a fatica; Envy mugolò e alzò la testa: “Sono stato meglio…”
si lamentò, massaggiandosi la testa, “Qui tutto bene, nessun danno, siamo solo
frastornati.” assicurò Riza dal fondo della sala, Hughes, Kain, Falman, Breda e
Havoc erano con lei, “Che diavolo è successo??” esclamò pallida Lust, aiutata
dal fratello, “Non lo so, c’è qualcosa di strano.” asserì
Edward.
Improvvisamente si udì uno scalpiccio di
piedi e dalla porta entrarono, terrei in volto, Pride e Greed; con uno sguardo,
si assicurarono della situazione: “Ragazzi, come state?” chiese subito,
sollevata, Lust, “Noi bene sorellina, eravamo preoccupati per voi. Qualcuno ha
fatto saltare un pezzo di rotaia dinanzi a noi, per fortuna che ce ne siamo
accorti in tempo, altrimenti non ce la saremmo cavata così bene.” spiegò Pride,
“Saremmo anche potuti deragliare, andavamo troppo veloce, abbiamo dovuto tirare
il freno d’emergenza.” continuò Greed; i militari si guardarono negli occhi, poi
rivolsero uno sguardo al loro superiore, Edward tremava, i pugni
stretti.
Hughes si avvicinò al ragazzo: “Ed, a cosa
stai pensando?” provò a dire, ma il più giovane di loro si voltò repentinamente,
lo sguardo di fuoco, “HUGHES, HAVOC, BREDA! AI FINESTRINI DI DESTRA! KAIN,
FALMAN, RIZA, A QUELLI DI SINISTRA! LUST, METTITI AL SICURO! TRA POCO, QUI FARÀ
MOLTO CALDO. GREED, PRIDE, TORNATE IN SALA MACCHINE, ” urlò il giovane,
levandosi il mantello; tutti eseguirono senza fiatare, avevano capito. Edward
guardò fuori dal finestrino, la via era libera: con agilità, si issò fuori dal
vetro e si arrampicò sul tetto, sotto lo sguardo basito dei suoi
commilitoni.
“Si farà ammazzare!” commentò agghiacciata
Riza, distraendosi per un istante dalla sua postazione, “Non preoccuparti, ci
penso io!” rispose Envy, afferrando le sue due pistole e infilandole nella
fondina in vita, “Lo raggiungo, fate attenzione voi. Tenente, a lei il comando.
Sorellina, va a nasconderti.” istruì il moro, prima di seguire l’esempio
dell’amico.
I sei militari si guardarono in volto:
“Ecco che cominciano i guai.” commentò Havoc.
In quel momento, una gragnola di colpi
proveniente da un altura boscosa poco lontano da loro si abbattè con violenza
sul treno, mandando in frantumi alcuni finestrini; Riza si mise subito al
coperto, imitata dai suoi colleghi, “Non devono essere molto numerosi.” commentò
lei, “Kain, tu e Falman non scopritevi troppo, tenente colonnello, lei e Breda
copriteci. Jean, manovra di scudo 5, ok?” urlò lei, cominciando a rispondere al
fuoco; il tenente non rispose, annuì solo.
Sul tetto, Envy e Edward colpivano precisi
e implacabili tra gli alberi.
La battaglia era
cominciata.
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“Isaac, Marc! Manovra di accerchiamento,
dobbiamo fare come ci ha detto il capo, spaventarli, ma non
ucciderli.”.
Un uomo di mezza età, tarchiato, sedeva su
uno spunzone di roccia posto sulla collinetta, fumando una sigaretta, un fucile
ai suoi piedi; dopo aver aspirato una boccata di pestilenziale tabacco, si
rivolse a un giovane uomo in piedi accanto a lui, “Isaac, tu e Marc dovrete
accerchiarli, non fatevi notare, mi raccomando, e soprattutto, non uccideteli.
Ci sarà tempo più avanti, mi sono spiegato??” sbraitò col viso rosso; l’altro
non rispose, annuì solo e, sistemato il fucile sulla spalla, si apprestò a
scendere, seguito da un coetaneo dai lunghi capelli biondo
platino.
I due sparirono tra i rami, protetti da
una nebbiolina che a poco a poco stava calando su di
loro.
Dopo un ultima aspirata, l’uomo tarchiato
buttò a terra la cicca ancora accesa e la schiacciò col tacco dello stivaletto:
“Sospendete il fuoco.” ordinò.
Tutto cadde nel silenzio, nell’aria, solo
un odore penetrante di polvere da sparo.
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“Ehi, sbaglio o hanno smesso di
sparare?”.
Fury si rialzò dalla sua posizione,
scrutando con occhio critico l’ambiente circostante, sistemandosi gli occhiali
di traverso: “Hai ragione, hanno smesso, ma non possono essersene andati… C’è
qualcosa che non mi convince…” meditò Falman, rassettandosi la divisa, “Poche
chiacchere. Tenente colonnello, venga con me.” ordinò Riza, sistemandosi la
pistola nella fondina e sgattaiolando fuori dal finestrino, “Ragazzi, pregate
per noi.” bisbigliò il moro, seguendo la giovane donna fuori; la nebbia che era
calata repentinamente li celava alla vista di eventuali cecchini appostati, ma
nascondeva ai loro sguardi anche gli eventuali nemici.
I due commilitoni si muovevano guardinghi,
attenti e tesi a ogni rumore.
Improvvisamente, la giovane tenente
estrasse dalle fondine le sue pistole con la rapidità di un lampo e sparò alcuni
colpi verso la macchia.
Un istante dopo, un uomo rotolò giù dal
lieve pendio.
I due lo raggiunsero con prudenza, le
pistole pronte a far fuoco; il moro poggiò due dita sulla carotide del nemico,
mentre la cecchina esaminava il terreno.
Hughes rabbrividì: “è morto. L’hai colpito
in pieno petto.” constatò lui, “Ce n’era un altro.” replicò seria lei,
guardandosi attorno con aria attenta, “Ci sono le tracce di due paia di
stivali.”.
Un brivido freddo li colse, inaspettato e
feroce.
In un attimo,
capirono.
Si guardarono in viso e come un sol copro
spiccarono una corsa verso il treno: “EDWARD!!”
urlarono.
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“Ehi, secondo te se ne sono andati?”
interloquì a bassa voce Ed, rivolgendosi a Envy, pancia a terra sul tetto, “No,
devono essere ancora qua attorno..” soffiò l’investigatore, guardando
attentamente oltre la nebbia, gli pareva di scorgere
qualcosa…
Improvvisamente, udì come un rumore di
passi dietro di loro.
Si rizzò improvvisamente a sedere,
girandosi di scatto.
Una canna lucente sbucò repentina dalla
coltre nebbiosa, puntava su Edward.
Con un urlo, si gettò sul ragazzo,
facendogli scudo.
Si udirono due spari ravvicinati, quasi
contemporanei.
Ma non sentì alcun
dolore.
Confuso, si sporse dal
tetto.
Riverso a terra, vi era un uomo ormai
cadavere.
In ginocchio accanto a lui, Jean, il
braccio destro ferito.
Edward riuscì a liberarsi dalla presa
dell’amico e si sporse a sua volta; impallidì alla vista di quel cadavere e
della ferita del commilitone.
Con un urlo, cadde
svenuto.
SALVE A TUTTI!!
BUONASERA!
Anzi, direi più
buonanotte.
Sono tornata!!! Shun sta proseguendo
coraggiosamente la sua fic tra mille difficoltà.
Beh, che dire, sono iniziati i guai per i
nostri amici.
Primo agguato, primo di
tanti.
E cosa è successo a
Jean??
Lo so, è molto breve come capitolo, nemmeno
8 pagine, ma prometto che il prossimo verrà molto
presto!
Ho poco tempo, perciò vorrei ringraziare di
tutto cuore LIRIS, ELISETTA, SHIKADANCE, BG-OKAASAN per l’aiuto, AMBRITA per la
betatura (ormai è il suo lavoro, XD, è sempre molto gentile con me!) e tutti i
miei sostenitori. Grazie anche a nanachan per le letture in
notturna!
UN GRANDE GRAZIE ANCHE A ELY-OTOUSAN,
che ho bellamente scordato di includere per
disattenzione!!!
SPERO CHE VI SIA
PIACIUTO!!
UN BACIONE!
SHUN
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Capitolo 5 *** FRAGILITÀ DI BAMBINO ***
My Fic
CAPITOLO
4
FRAGILITÀ
DI BAMBINO
Riverso
a terra, vi era un uomo ormai cadavere.
In
ginocchio accanto a lui, Jean, il braccio destro ferito.
Edward
riuscì a liberarsi dalla presa dell’amico e si sporse a sua volta; impallidì
alla vista di quel cadavere e della ferita del commilitone.
Con
un urlo, cadde svenuto.
Riza
sbucò dal bosco seguita dal tenente colonnello; bastò uno sguardo per accorgersi
di quel che era successo e in un istante raggiunse il marito: “Jean, tutto a
posto?” chiese preoccupata lei, strappando un lembo della mantella che teneva
sulle spalle per medicarlo, inginocchiata davanti a lui, “Io sto bene, è solo un
graffio. Edward..? Non è stato preso, vero?” chiese, stringendo i denti per il
leggero dolore, cercando con lo sguardo l’antennina bionda del loro “superiore”.
Riza scrollò le spalle in un chiaro segno di inconsapevolezza, continuando a
medicarlo.
“Ehi,
Envy-chan, tutto ok lassù?” urlò Maes avvicinandosi al vagone, cercando di
distinguere le figure dei due amici tra la nebbia.
Envy
balzò giù dal tetto, recando in braccio Ed.
Havoc
ebbe un sussulto e si rizzò in piedi, malgrado il dolore al braccio, e così
anche Riza: “è stato colpito?” chiese lui preoccupato, ma Envy scosse il capo,
“Ti ha visto a terra.” spiegò semplicemente, il viso privo di espressione, gli
occhi lucidi, “Penso che ti abbia creduto ferito gravemente, se non morto.”
aggiunse, inginocchiandosi e poggiandolo a terra; il tenente si avvicinò al più
giovane tra loro, accorgendosi con stupore che una lacrimuccia lucente era
scivolata piano giù dalle palpebre chiuse del biondino, stava soffrendo
molto.
Ignorando
le proteste dell’arto offeso, scostò gentilmente il detective e prese
in braccio il ragazzino, portandolo al sicuro nel vagone; i tre erano senza
parole, come mai si comportava così?
“Jean
è cresciuto all’Est, durante la guerra civile, anche se era solo una recluta. Ha
visto morire tante persone a cui voleva bene, persone che aveva promesso di
proteggere. Deve essersi spaventato molto quando ha visto Ed svenuto. Cosa è
successo?”.
Hughes,
Riza e Envy si voltarono.
Falman
era sceso dal vagone e veniva verso di loro.
“Tutto
a posto dentro?” chiese subito Riza, “Si, stiamo tutti bene, non ci sono stati
grossi danni, in un paio di giorni dovremmo ripartire. E voi? Cosa vi è
accaduto?” domandò lui, rassettandosi un poco.
I
tre si guardarono: “Ve lo spiegheremo dopo, ora rientriamo, dobbiamo sistemarci.
Per stanotte, dormiremo qui.”.
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Quando
Roy riaprì gli occhi, si ritrovò in un posto bianco, illuminato di fredde luci
al neon: le mattonelle, i muri, tutto era di candido colore, e lo sentiva
tremendamente opprimente.
Era
solo.
Si
trovava sdraiato su una branda scomoda in metallo, la testa confusa e dolorante;
con un gemito, cercò di mettersi seduto, ma un improvviso capogiro lo fece
ricadere sullo scomodo giaciglio.
“Dannazione..
Dove diavolo mi hanno portato…?” mugolò, guardandosi attorno; in Accademia gli
avevano insegnato di fare sempre molta attenzione all’ambiente circostante in
caso di pericolo, perché poteva salvargli la vita.
E
lui aveva fatto proprio quell’insegnamento di vita.
Una
piccola finestrella che dava sull’esterno gli mostrò una porzione di cielo
plumbeo, gravido di pioggia.
Fuori,
sentiva il vento mugghiare e lamentarsi.
Dopo
qualche minuto, si sentì abbastanza in forze per ritentare di mettersi seduto;
riuscito a fatica nel suo intento, si mise a riflettere sulla sua
condizione.
Tutta
quella storia gli pareva così assurda.
“Non
è possibile, deve essere morto, come ha fatto a sopravvivere, come diavolo ha
fatto quell’essere?” si ripeteva come una cantilena, il viso coperto dalle mani
tremanti; il ricordo di ciò che era accaduto qualche ora prima era tornato
prepotentemente: “Chissà come stanno gli altri… Quel bastardo ha detto che
presto saranno qui, perciò sono ancora vivi. Ma in che condizioni? Sono liberi
oppure prigionieri?” si lambiccò preoccupato, “E se… No, non è possibile… E se
fosse così? Se stessero venendo qui di loro spontanea volontà, per salvarmi? Non
potranno mai farcela..” realizzò spaventato, torcendosi le mani, “Sicuramente è
così… Edward è troppo testardo per non fare un colpo di testa simile, e gli
altri lo avranno di sicuro seguito, per evitare che si cacciasse nei guai…
Diamine, devo impedire a questi pazzi di fargli del male!” risolvette,
mettendosi in piedi con un balzo.
“Già,
ma come?” pensò, grattandosi il mento pensieroso.
In
quel momento, qualcuno bussò alla porta.
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L’allegro
scoppiettio del fuoco rompeva il silenzio innaturale della fredda
notte.
Tutto
era tranquillo.
Di
tanto in tanto, l’ululato di qualche lupo affamato oppure il bubbolare di
qualche gufo risuonavano nella notte nera, rischiarata debolmente dalla luce del
bivacco.
Una
figura snella sedeva su un ceppo dinanzi al focolare, lo sguardo vacuo perso tra
le fiamme, le mani intrecciate tra loro e poggiate sulle ginocchia; sembrava
assorta nei propri pensieri, completamente fuori dalla realtà, persa in un sogno
a occhi aperti.
Sembrava
incantata dalla danza leggiadra delle fiamme.
Una
voce stanca incrinò la calma oscura della notte, sembrava quasi un sussurro:
“Edward, sei ancora qui? È tardi, dovresti essere a riposare già da
ore…”.
La
figura si girò di scatto.
Al
riverbero del fuoco, poggiata al vagone, scorse una figura alta dai folti
capelli sbarazzini: “Ci sono Riza e Envy di guardia, non è necessario che tu
resti qui.” continuò, avvicinandosi lentamente a lui; a mano a mano che si
accostava al focolare, riuscì a distinguerne il viso, “Dovrei dire la stessa
cosa io a te, Jean. Cosa ci fai in piedi?” interloquì Ed, tornando a fissare la
danza delle fiamme.
Il
biondo non rispose, si limitò a raggiungerlo e a sedersi sul tronco accanto a
lui, accendendosi una sigaretta. Il biondo lo guardò storto mentre aspirava una
boccata di fumo; i due amici rimasero in silenzio a lungo, persi ognuno nei loro
pensieri.
“Come
stai? Ti fa ancora male il braccio?”
A
sorpresa, fu Ed a rompere la calma della notte, la voce piccola e roca, le
braccia strette attorno alle ginocchia.
Havoc
lo guardò sorpreso ma non disse nulla, continuò a fumare per qualche istante
ancora; poi, sospirò: “Non è nulla, davvero, è solo un graffietto. La pallottola
mi ha preso di striscio.” rispose lui.
Altra
lunga pausa di silenzio da parte del più giovane.
“Scusami,
è solo colpa mia…” sussurrò con voce incrinata il Fullmetal, nascondendo il viso
tra le gambe, “Cosa stai dicendo?” pronunciò l’altro, inarcando dubbioso un
sopracciglio, “Se ti hanno ferito, è solo colpa mia, che vi ho trascinato in
questa assurdità, quanto tempo passerà prima che tutti finiate male, e solo per
seguire me. Avrei dovuto oppormi quando ne avevo la possibilità…” affermò duro
Ed, ma i suoi occhi tradivano il dolore e la tristezza che si celavano nel suo
animo di fragile bambino, bambino cresciuto troppo in
fretta.
Jean
si levò la sigaretta dalla bocca e la spense sotto il tacco: “Sono cresciuto in
un piccolo paesino dell’Est, martoriato dalle guerre. Fin da bambino, volevo
seguire la carriera militare, per poter proteggere i miei amici e le persone a
cui tenevo da quelle assurde battaglie; ma un giorno, mentre tornavo a casa,
scoprii che il mio paesino era stato messo a ferro e fuoco.” parlò piano il
tenente, aspirando una nuova boccata di fumo, “la mia famiglia fu spazzata via,
e così i miei amici. Mi ritrovai solo, e decisi così di perseguire il mio sogno
di diventare un militare, per avere la forza di proteggere chi mi sta a cuore.
Sapevo benissimo in che guai mi sarei ficcato nell’inseguire il mio obiettivo,
eppure, per quell’antico sogno, e quella promessa che mi feci, ora sono qui e la
manterrò, fosse l’ultima cosa che faccio.” pronunciò tranquillo, lo sguardo
rivolto al cielo trapunto di stelle. Edward, a quelle parole, si rizzò in piedi:
“è una follia, come puoi parlare con tanta leggerezza della tua vita?? Come
puoi??” urlò il ragazzo, le lacrime agli occhi.
Per
tutta risposta, il tenente si alzò a sua volta, guardandolo negli occhi con un
benevolo sorriso: “Perché non voglio perdere ancora la mia famiglia, non voglio
di nuovo restare da solo come un tempo. Voi siete la mia famiglia.” disse,
tornando a fissare incantato il cielo stellato, “E farei di tutto per non
lasciarvi.” disse semplicemente.
Il
corpo del più giovane, a quelle parole così dense di affetto disinteressato, fu
scosso da irrefrenabili singhiozzi, le lacrime che ormai scorrevano copiose; in
un istante, il ragazzo, tremando violentemente, lo abbracciò forte: “Sigh… M...
Mi dispiace…” riuscì a dire solo, stringendo l’amico più grande, che ricambiò la
stretta con un sorriso.
Restarono
così a lungo, i singhiozzi del biondino erano l’unico suono che rompeva la
quiete della notte.
Una
volta calmatosi Ed, il tenente riprese a parlare: “E ora, vediamo di salvare il
Comandante da questa manica di pazzi assassini, ok? E soprattutto, fila a
dormire, non si combatte mezzi addormentati!” esclamò lui, mettendosi in bocca
un’altra sigaretta.
Edward
scoppiò a ridere sollevato.
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Ben
presto la notte lasciò il posto all’alba e al giorno.
Un
suono cristallino risuonò limpido nell’aria pura e frizzante del mattino e
l’Amestris Express cominciò a risvegliarsi; i membri del Team uscirono fuori dal
vagone, dopo una lunga notte di dormiveglia.
Lust
era già fuori a preparare la colazione assieme a Riza, reduce dal turno di
guardia ma affatto stanca: “Buongiorno neesan! Riza-san!” salutò allegro Envy,
sbadigliando vistosamente, balzando giù dal vagone, “Buongiorno otooto-kun, la
colazione è quasi pronta, và a chiamare gli altri.” sorrise lei, terminando gli
ultimi preparativi, “Oggi sistemeremo l’Express e poi ripartiremo.” disse solo
Riza, sistemando le stoviglie su alcuni ceppi.
Qualche
minuto dopo, tutti gli occupanti del vagone scesero, più allegri e rincuorati
del giorno precedente e presero posto sui ceppi, chiacchierando e ridendo, anche
Jean, la cui ferita ormai era in via di guarigione, sedeva tra i suoi amici,
scherzando con Breda.
Tutti
erano più fiduciosi.
Pride
e Greed furono gli ultimi a sedersi; subito, cominciarono a guardarsi attorno
con aria perplessa: “Ragazzi, che succede?” chiese Kain, aiutando le due donne a
servire la colazione, “Non vi sembra manchi qualcuno?” interloquì Pride, “Già,
dov’è finito Edward?” continuò il fratello, scrutando tutti i presenti; solo in
quel momento si accorsero che effettivamente non si vedeva l’alchimista da
nessuna parte.
Improvvisamente
si udì un gran rumore di passi in corsa dal vagone e di volata uscì una saetta
bionda dallo svolazzante mantello; con una capriola rotolò sul terreno e si
rizzò di scatto in piedi, ansante e scarmigliata: “Scusate il ritardo, ero in
biblioteca.” si grattò la bionda testolina Ed, scatenando il riso generale, “Non
preoccuparti, vieni a sederti, forza!” lo invitò Maes, facendogli cenno di
raggiungerlo.
La
breve colazione si svolse in gran tranquillità, tra le chiacchiere piacevoli dei
commensali.
Una
volta finito di mangiare, Envy e Riza illustrarono ai compagni quello che c’era
da fare: “Bene, allora ci possiamo organizzare così, io, Lust, Pride e Greed ci
occuperemo di tracciare il nuovo percorso, il tenente colonnello e Envy si
occuperanno di sorvegliare la zona per evitare nuovi agguati, gli altri si
occuperanno di rimettere operativo il treno.” spiegò spiccia la ragazza,
ripiegando un foglio fittamente scritto, mentre il piccolo Black Hayate le
scodinzolava felice attorno; lei gli si inginocchiò davanti con un sorriso: “Tu
piccolo andrai con Envy-chan e lo aiuterai, d’accordo?” si raccomandò lei; il
cucciolo sollevò una zampetta e la poggiò sulle ginocchia della padroncina,
abbaiando e scodinzolando.
Ed
si levò il mantello, piegandolo con cura e poggiandolo sul ceppo lì vicino;
sogghignando, il ragazzino si scrocchiò le dita: “Forza,
cominciamo?”.
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In
quel momento, qualcuno bussò alla porta.
Roy
scattò istintivamente in piedi, guardando la porta; si mise in
guardia.
Quella
si aprì con un cigolio sinistro.
Il
Comandante si mise in guardia, pronto a reagire: “Eh no, se volete toccare i
miei uomini, prima dovrete passare sul mio cadavere, non vi farò fare quello che
volete!” riflettè, lo sguardo duro; ma da quella porta non entrò chi si
aspettava.
Anzi,
tutt’altro.
Dinanzi
a lui v’era un ragazzo, della medesima età circa di Edward, capelli bruni
spettinati; indossava una vecchia e logora divisa militare, troppo larga per
lui.
Il
suo viso aveva un espressione dura ma i suoi occhi erano colmi di malinconia e
tristezza.
I
loro sguardi si incrociarono per un istante, e per quel medesimo attimo, il viso di Ed
si sovrappose a quello del ragazzo davanti a lui, erano molto
simili.
Per
Roy, fu una nuova stilettata al cuore.
Il
ragazzo non disse nulla, si limitò ad avvicinarsi a lui con passo lento e
sguardo fisso sulla sua figura.
Roy
stava ritto in guardia, non si fidava: “Chi sei? Cosa volete da me?” ringhiò con
tono feroce, “non vi è bastato rapirmi?”, aveva riacquistato tutto il suo sangue
freddo e la sua autorevolezza.
Era
tornato il Fuhrer Mustang, la persona più potente di Amestris, il Flame
Alchemist che tutti ammirano per la sua
determinazione.
I
suoi occhi ardevano nuovamente di quella luce e quella forza che lo aveva
contraddistinto sui campi di battaglia di mezzo Paese, che gli aveva permesso di
diventare quel che era.
Quello
sguardo che aveva incantato tutti.
Quello
sguardo che apparteneva solo ed esclusivamente al Fullmetal
Alchemist.
Quello
sguardo la cui fiamma si sarebbe spenta solo con la morte e che sarebbe vissuta
in eterno.
I
due si trovarono uno dinanzi all’altro, la tensione nella stanza tangibile,
quasi palpabile; nessuno dei due voleva aprire bocca.
Era
una situazione di stallo, pericolosa.
Il
Fuhrer strinse i pugni, quel ragazzino aveva la stessa età del suo Edward, così
giovane e già asservito a un mondo di guerre e dolore: “Sei un bastardo…
Servirsi di un ragazzo per i tuoi progetti meschini è da barbari. Te le farò
scontare tutte le tue carognate, te lo giuro, anche a costo di rimetterci la
vita.” pensò furente, non potendo trattenere un moto di
stizza.
Quello
sguardo sofferente lui lo conosceva bene.
Tante
erano state le notti passate a fingere di dormire, per poi guardare il proprio
compagno far vagar lo sguardo fuori dalla finestra, rivolto al cielo, uno
sguardo malinconico e colmo di dolore.
Ma
senza una lacrima.
Sena
mai versar lacrime.
Solo
con il dolore nel cuore e negli occhi.
Il
brunetto si avvicinò ancora e tese una mano al Comandante: “Io sono Eric e sono
qui per aiutarla.”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“EHI,
ED! QUI ABBIAMO FINITO!!”.
“ANCHE
QUI, TUTTO OK! PUOI PROCEDERE!”.
“D’ACCORDO!
ALLORA ADESSO TOCCA A ME!! SPOSTATEVI!”.
Una
luce azzurra illuminò la foresta per qualche attimo, poi un gran fragore risuonò
nell’aria, seguito da urla di giubilo: “Evviva! Possiamo ripartire!!
Finalmente!!”.
Nella
radura, un ragazzo biondo ansimava, tutto sudato ma con un sorriso compiaciuto
dipinto sul viso sporco di grasso e olio di motore: “Pride, Greed, come
procede?” urlò.
In
lontananza si udirono delle voci: “Lavoro perfetto, possiamo ripartire anche
subito!”.
L’Amestris
Express fischiò gioioso, annunciando l’imminente
partenza.
La
locomotiva era sotto pressione, la caldaia era in pieno
regime.
Tutto
era pronto.
Riza
si affacciò dal finestrino: “FORZA! SALITE A BORDO, SI PARTE! IL COMANDANTE CI
STA ASPETTANDO!! NON VORREMMO FARLO ASPETTARE, NO?”.
Tutti
annuirono e salirono a bordo.
Con
un nuovo penetrante fischio il treno cominciò a
muoversi.
Edward
si affacciò al finestrino, guardando intensamente il cielo nuovamente azzurro:
“Resisti Roy, ti stiamo venendo a prendere. Aspettaci, arriveremo presto, è una
promessa.”.
Il
treno si allontanò a tutta velocità.
Erano
di nuovo in gioco.
Erano
di nuovo in viaggio.
BUONASERA!
RIECCOMI
A VOI!!
Sono
stata veloce a postare, vero??
Beh,
capitoletto corposo, no? E pieno di sorprese
interessanti!
Ci
ho messo molto a scriverlo, è stata una sofferenza
indicibile!
Però
sono qui, è questo quello che conta!
DEVO
RINGRAZIARE DI CUORE TUTTI I MIEI LETTORI, MI FA PIACERE CHE MI SIATE COSì
FEDELI!!
Grazie
a Liry-chan, che mi ha sopportato per lunghe serate, a Shikadance, che mi ha
“sgamato” e che mi aiuta sempre tanto, a ELISETTA, per essere fedele e per
supportarmi sempre!
E
NATURALMENTE GRAZIE A MAMY E PAPY, I VERI PROTAGONISTI DI QUESTA
STORIA!
GRAZIE
A PAPY ROY E MAMY ED!
CIAOOOOO
BUONANOTTE!!
UN
BACIONE E ALLA PROSSIMA!
SHUN
|
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Capitolo 6 *** VOGLIO AIUTARLA ***
CAPITOLO
5
VOGLIO
AIUTARLA
Il
treno si allontanò a tutta velocità.
Erano
di nuovo in gioco.
Erano
di nuovo in viaggio.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Il
brunetto si avvicinò ancora e tese una mano al Comandante: “Io sono Eric e sono
qui per aiutarla.”.
Roy
inarcò dubbioso un sopracciglio, guardando ora il ragazzo ora la mano tesa
dinanzi a lui, in silenzio; passarono lunghi istanti di angosciosa attesa poi il
Fuhrer alzò il braccio e strinse la mano del più giovane.
“Chi
sei? Perché vuoi aiutarmi?” gli domandò poi il moro, scrutandolo con occhio
critico; il giovane sospirò e gli fece cenno di risedersi sulla branda: “Non è
il caso che lo sappia adesso, presto le spiegherò tutto. Sappia solo una cosa,
io non sono contro di lei, e nemmeno contro la sua squadra, solo, non voglio
continuare a vivere in questo modo.. La prego, mi porti via con lei.. Voglio
tornare a Central City e ritrovare mia madre…” sospirò il ragazzo, con una voce
sottile e incrinata, il capo abbassato.
In
quel momento, a Roy pareva quasi di avere davanti Edward, il suo
Edward.
Il
cuore gli si strinse come in una morsa.
Non
capiva perché, ma sentiva di potersi fidare di quel ragazzino, c’era qualcosa di
familiare nel suo sguardo.
“D’accordo,
ma ti prego, non piangere… Scapperemo di qui assieme, e tu ritornerai a casa, è
una promessa.” sorrise intenerito il Fuhrer; il giovane sollevò il volto,
rincuorato, “Grazie… Senta, tra poco dovrò partire, il capo ha deciso di
attaccare personalmente. Mi ascolti attentamente, da quello che ho capito stanno
venendo qui a bordo di un treno, le dice nulla?” parlò febbrilmente il bruno;
Roy sgranò gli occhi e si rizzò in piedi: “L’Amestris Express.. Devono aver
preso quello! Dannazione! Se così fosse, saranno sicuramente passati dalla pista
militare che conduce a Creta, Riza la conosce; sicuramente Lust avrà evitato il
passo Limes e ora chissà dove sono, hai qualche altra informazione?” domandò
preoccupato lui, torcendosi le dita, “Si, una squadra di montanari li ha
attaccati all’altezza del passo ma sono riusciti a scappare. Ora, se tutto va
bene, saranno in piena Creta.” riferì lui, “Non si preoccupi, vado io. Tra due
giorni ci sarà l’attacco, farò di tutto per aiutare i suoi uomini.” aggiunse poi
con un sorriso.
Stava
per uscire quando la voce del Comandante lo fermò: “Aspetta un
attimo.”.
Il
bruno si girò, trovandosi a pochi centimetri dagli occhi penetranti del moro;
egli si tolse qualcosa dal dito e lo pose nel palmo della mano del ragazzo: “Ti
prego, cerca di dare questi al Fullmetal Alchemist, fagli sapere che sto bene.”
quasi lo supplicò l’uomo, sfilandosi anche uno dei guanti e
consegnandoglielo.
Alla
luce asettica del neon, la fede riluceva come un piccolo Sole.
Il
ragazzo strinse il pugno e fece poi scivolare l’anello nel taschino della divisa
con un sorriso: “Certo, farò il possibile.” lo rassicurò lui, “Fa attenzione.”
sussurrò il moro.
Eric
ridacchiò: “Non c’è problema.”.
E
il ragazzo uscì.
E
nel cuore del Fuhrer rinacque la speranza: “Edward, presto potrò riabbracciarti,
aspettami.”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“ETCHUM!!”
Un
sonoro starnuto scosse il gruppo di militari riuniti per cena nel vagone
ristorante.
Tutti
gli sguardi volarono a una figuretta dalla lunga treccia col naso gocciolante a
capotavola, che tossicchiava; Breda sghignazzò sotto i baffi, beccandosi un
occhiata di disappunto da parte del biondo superiore che tentava di asciugarsi
il naso arrossato.
Lust,
seduta affianco a lui, si sporse un poco, passandogli la mano sulla fronte: “Ed,
non ti sarai mica preso il raffreddore?” interloquì lei, “Sniff.. Forse..”
rispose lui, soffiandoselo, con un aria davvero tenera dipinta sul visetto
imbronciato, “Sei proprio un pasticcione!” rise Envy, trascinando tutti
quanti.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“ERIC!”.
La
voce metallica del capo tuonò nell’ingresso buio, rimbombando minacciosa
ovunque.
Il
ragazzo si fece subito avanti: “Eccomi capo.” disse solo, portandosi dinanzi
alla figura ammantata, “Tu sarai sulla camionetta di testa come vedetta,
chiaro??” ordinò duro, “Sissignore!”.
La
figura ammantata volse il viso.
“Andiamo.”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Due
giorni dopo, il treno si svegliò avvolto da una coltre di fitta
nebbia.
Erano
ormai tre giorni che viaggiavano nel territorio desolato di Creta, attraverso lo
stretto canyon che delimitava il confine con Amestris; attorno a loro, gli alti
pinnacoli di roccia granitica si chiudevano minacciosi su di loro.
Tutto
era avvolto in un irreale silenzio, rotto solo dal ritmico e continuo rumore
prodotto dal treno; anche nel vagone principale l’atmosfera non era delle più
allegre, tutti quanti erano silenziosi e abbacchiati, Hayate era parecchio
nervoso, ringhiava perfino a Kain.
Qualcosa
non andava.
Dal
finestrino, Ed e Envy scrutavano attentamente le rocce circostanti, era il posto
ideale per un agguato: “Non mi piace… Sono già cinque giorni che non si fanno
vivi, non è possibile che abbiano gettato la spugna.” ringhiò nervosamente il
biondo, stringendo il pugno dell’automail, “Non ci lasceranno superare questo
canyon indenni, dobbiamo tenerci pronti.” ordinò ai suoi uomini riuniti lì,
“Questa attesa è snervante, Ed... Quando pensi che attaccheranno?” domandò
Falman, avvicinandosi al finestrino, “Non lo so, ma sicuramente presto.” rispose
a mezza voce il biondo, afferrando le pistole che Riza gli passava; Envy
sospirò, “Edward ha ragione, attaccheranno. Guardate il cucciolotto come è
agitato, sente qualcosa.” constatò il detective, sporgendosi leggermente dal
finestrino.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Sheska-san,
qualche notizia?”
“No,
Al-kun, nessuna purtroppo… Ma continuo a cercare.”
“Ok,
tienimi informato, d’accordo?”
“Certo!”.
Un
ragazzo dai capelli biondi legati in una coda girellava nervosamente per
l’ufficio amministrativo del Team del Fuhrer Mustang, guardando ansiosamente la
porta appena richiusasi dietro la giovane dai capelli rossi.
Era
terribilmente preoccupato.
“Niisan,
che diavolo vi è successo? Dove siete finiti?” mormorò tra sé e sé, passandosi
una mano sul volto stanco e segnato da troppi giorni privi di
riposo.
Era
più di una settimana che il Fuhrer, il suo Team e il giovane Fullmetal Alchemist
erano spariti nel nulla; il Quartier Generale era nell’agitazione più totale,
nessuno aveva notizie.
Il
giovane Alphonse Elric era il responsabile delle ricerche.
Improvvisamente,
la porta si aprì nuovamente e nell’ufficio entrarono due soldati, una giovane
donna e un ragazzo; l’Elric minore gli andò incontro: “Sottotenente Ross,
qualche novità?” chiese alla donna, “Si, una centralinista ha ricevuto una
telefonata una settimana fa da South City a quanto pare era un ragazzo colui che
ha chiamato, cercava il Fuhrer e sembrava anche piuttosto agitato. Qualche
minuto dopo, lei ha visto il Comandante correre via con il Team al completo e
prendere le auto. Abbiamo controllato, sono nel parcheggio della stazione.”
narrò lei, lo sguardo ansioso, “Alphonse-kun, c’è un'altra cosa. Qualche giorno
prima della sparizione del Comandante, dal Tribunale è stato mandato un giovane
detective proprio a South City per indagare sugli assalti ai treni merci, ma
anche di lui non c’è più traccia.” continuò piatto il giovane.
Il
biondo alzò lo sguardo, incrociando quello del sottotenente Brosh: “Allora? Chi
è?” incalzò l’Elric, guardando alternativamente prima l’uno poi
l’altra.
“Envy-chan”.
Nell’ufficio
cadde un silenzio gelido.
“A
quanto pare, è stato proprio Envy a chiamare dall’ospedale di South City. Non è
chiaro il perché ma da quel momento in poi, le tracce di tutti sono sparite,
tutti coloro che hanno avuto a che fare con l’Amestris Express sono scomparsi
nel nulla.” aggiunse con voce tremula il sottotenente biondo, torcendosi le
dita.
Per
Al fu come se il mondo gli fosse crollato addosso.
Ebbe
un violento capogiro e una fitta al capo.
Udiva
le voci ovattate e la vista gli si annebbiava.
In
un istante, il buio lo avvolse.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Eric,
a te affido il comando della squadra d’attacco.”.
La
figura ammantata diede ordini al giovane brunetto seduto su una roccia accanto
allo strapiombo, che teneva d’occhio la sagoma fumosa e indistinta del treno che
si svolgeva nella nebbia; lui si rizzò in piedi: “Si, capo.” rispose solo, non
staccando lo sguardo dal mezzo che si muoveva leggiadro a qualche metro sotto di
loro, scoccando di quando in quando occhiate verso i suoi uomini.
Un
trucco vecchio ma efficace era quello che avrebbero impiegato.
Dovevano
bloccare il treno prima di tutto.
Una
frana era la soluzione migliore.
“Ragazzi,
quando vi do il segnale, cominciate a lanciare.” sussurrò il brunetto,
stringendo in una mano il kunai; in tasca, assieme alla piccola fede dorata,
aveva il guanto.
Avrebbe
mantenuto la sua parola a ogni costo.
Glielo
doveva a quell’uomo.
Non
si meritava di soffrire in quel modo.
Per
una stupida vendetta di un fantasma del passato.
Il
ragazzo sospirò impercettibilmente, socchiudendo per un istante gli
occhi.
Per
poi riaprirli, ora carichi di una nuova determinazione.
“ORA!”
ordinò.
Le
pietre cominciarono a rotolare giù dal pendio con gran fragore.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“CI
ATTACCANO!!”
Il
grido di paura di Lust scosse Edward dalle fila dei suoi pensieri; alzando il
capo, si ritrovò nel bel mezzo dell’inferno: le pietre piovevano da ogni parte,
il fragore era assordante.
“LUST!
AL RIPARO! RIZA, A TE IL COMANDO!” urlò furibondo il biondo, correndo al
finestrino.
Con
uno scatto, si arrampicò fuori, issandosi sul tetto.
Le
pietre rotolavano attorno a loro, mancandoli il più delle volte, la nebbia li
favoriva.
Provenivano
dalle rocce sopra di loro.
Con
un ghigno soddisfatto, il biondo batté le mani.
Una
luce azzurro intenso avvolse il treno, inglobandolo in una cupola protettiva; i
passeggeri del treno erano confusi e impauriti, cosa stava
accadendo?
Improvvisamente,
udirono il grido di dolore di Ed e la sua voce: “RAGAZZI!! USCITE DI
QUI!”.
Senza
farselo ripetere, il militari si lanciarono fuori dal vagone, le pistole
estratte.
Il
biondo balzò giù dal tetto, il viso pallido; tutti gli furono attorno: “Ed,
cos’era quella luce?” gli chiese subito Envy, “Cupola di protezione avanzata.
Aspettate.” Ansimò il giovane, avvicinandosi alla parete di roccia; trasmutò una
ampia caverna e fece segno ai due gemelli di entrare.
Conclusa
questa rapida azione, richiuse l’ingresso, sotto lo sguardo sorpreso dei suoi
uomini: “Greed e Pride sanno quel che devono fare, hanno i loro doveri, non
preoccupatevi, non c’è pericolo per loro. Andiamo, questa volta, li
affronteremo.” affermò deciso, levandosi il bianco guanto dalla mano di
carne.
Envy
gli poggiò una mano sulla spalla: “Ti seguiremo sempre, amico mio.” disse il
ragazzo, “Fino alla morte.” aggiunse Havoc, poggiando la mano sull’altra spalla;
gli altri annuirono, determinati.
Ed
si voltò verso di loro, con un sorriso gentile dipinto sul volto: “Grazie
ragazzi..” disse, gli zigomi leggermente imporporati; rimasero qualche minuto in
silenzio fino a che il biondo non si scostò leggermente dalla presa affettuosa
dei suoi amici, voltatosi e fissandoli con affetto uno per uno, “Grazie di
cuore..” continuò, stendendo la mano d’acciaio dinanzi a lui, “Uniti fino alla
morte.” sussurrò, mentre tutti, uno alla volta, stendevano la propria mano su
quella del piccolo alchimista.
Si,
uniti sino alla morte, in nome di un amicizia da difendere.
Sciolto
il breve legame di mani, Ed portò le mani alla lunga treccia,
rifacendola.
Erano
pronti a entrare in gioco.
La
caduta di massi era finita.
Tutto
era nel silenzio più assoluto.
L’urlo
di guerra del Fullmetal ruppe questo silenzio come un cristallo:
“ANDIAMO!!!”.
Si
lanciarono all’attacco.
SALVE
A TUTTI!
Shun
is back per l’ennesima volta!
Beh,
come vedete ho aggiornato! Capitolo 5 di questo parto assurdo.
Eric
ha cominciato a svelare le sue carte come avete visto.
Scusate
se il capitolo fa schifo….
Sono
troppo stanca per ringraziare ora, lo farò domani se riesco.
GRAZIE
A TUTTE VOI CHE RECENSITE E MI AIUTATE!!
UN
GRANDE ABBRACCIO!!
SHUN
EDIT:
Eccomi
qui!
Ora
vi ringrazio per bene!
ELISETTA:
Si, questa fic cambia impostazione a ogni mio respiro, viene tagluizzata,
re-incollata, mischiata e nascono sempre nuovi personaggi! Vedrai cosa combinerò
con Eric, sarà un comprimario importante! GRAZIE!!!
PAPY:
Ops... Scusa, non volevo far piangere mamma, ma è necessario un pochino... E
comunque, non hai ancora visto ulla, vedrai come ti farò piangere più avanti!!
Scusha, ma tra Eric e Luke, per il ruolo che deve avere, è meglio Eric, poi
capirai perchè. UN BACIONE!! TI VOGLIO BENE, E FATTI VIVO!!! SALUTA
MAMMY!!
SHIKA:
CIAO! Questa storia ho il vago sospetto che stia diventando un pò troppo
"dolce". Merito (o colpa?) di Liry che mi ha contagiato (quelle storie ti fanno
male, credi a me! NdRoy) (Tu pensa a salvarti dal cattivo incappucciato, che è
meglio per tutti. NdMe). Comunque, continuerò, ma solo se continui con gli
abbracci alla Armstrong! Ah, non riuscirai mai a sgamare Eric stavolta! Non hai
indizi!! UAUAUA, MI SON CAUTELATA!
LIRY-CHAN:
TATA!! Beh, pensicchia pensicchia, che tanto tu sai tutto!! Beh, povero Eric...
Certo che le bozze che ho preparato non è che siano molto positive, eh?? TU
PROSEGUI I VARI OMAKE, FAGIOLI ET SIMILIA, OPPURE VENGO A CERCARTI (o meglio, ti
mangio le orecchie!! XD). CIAO!!
Vedo
che il nostro Havoc riscuote successi!
E
vedrete ora cosa succederà a Falman!!
CIAOOOOOO
SHUN
|
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Capitolo 7 *** FEIGNING DEATH ***
CAPITOLO
6
FEIGNING
DEATH
La
caduta di massi era finita.
Tutto
era nel silenzio più assoluto.
L’urlo
di guerra del Fullmetal ruppe questo silenzio come un cristallo:
“ANDIAMO!!!”.
Si
lanciarono all’attacco.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
La figura ammantata guardò con un ghignò cattivo l’avanzata
furibonda del nemico nella pianura, tutto andava secondo i piani: “Eric, a te il
comando, spazzali via.” disse solo, rivolgendosi al ragazzo, “Sissignore!”
esclamò lui, guardandolo con malcelato odio mentre si sedeva su una roccia,
pronto a godersi lo spettacolo.
“Non andrà come vuole, glielo assicuro, questa storia finirà; non
permetterò che qualcuno ci vada di mezzo per la sua stupida vendetta. Non
permetterò che qualcun’altro soffra per causa sua, come ho sofferto io...”
riflettè il ragazzo, stringendo i pugni.
Si girò verso i suoi uomini, in attesa: “All’attacco!” urlò,
gettandosi giù per il pendio, seguito da una decina di persone; le altre si
disposero tra le rocce, i fucili puntati sulla
piana.
Puntati sulla squadra del
Comandante.
La figura ammantata li guardò divertita, una strana luce illuminò
i suoi occhi: “Non riuscirai a salvarti questa volta, Edward Elric. No, tu e
quel maledetto di Mustang farete la fine che meritate, e anche i vostri uomini,
pagherete per tutto quello che avete fatto.” ringhiò furibondo, stringendo i
pugni sotto il manto.
Un cigolio metallico risuonò a ogni suo
movimento.
“Pagherete per la mia
condizione.”.
Il suo urlo risuonò nella valle
desolata.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Edward alzò lo sguardo, pallido.
Quel grido era spaventoso.
Sull’altura, scorse la figura mascherata, gli uomini asserragliati
tra le rocce e un brivido corse lungo la sua schiena, non gli piaceva per nulla
quella situazione; con uno scatto, sbattè le mani e le poggiò a terra: una
crepitante luce azzurra illuminò il cielo e una enorme voragine si aprì,
raggiungendo in pochi istanti il basso colle, che si spaccò in
due.
Con urla, molti dei nemici caddero nel
crepaccio.
“Bel colpo Ed!” esclamò Breda.
Improvvisamente, si udì un gran fragore e un esplosione spaventosa
investì in pieno i nemici; tutti si voltarono istintivamente e scorsero Envy
sogghignare: “Cosa è stato?” chiese Hughes, sistemandosi gli occhiali,
“Carta-bombe alchemiche a innesco 10 secondi!” esclamò trionfante, ammirando il
risultato della sua opera.
Alcuni dei sopravvissuti continuarono l’avanzata, e i due gruppi
si scontrarono con furia tremenda.
Sul basso colle, intanto, gli uomini sopravvissuti cominciarono a
riorganizzarsi e ad asserragliarsi tra le
rocce.
Nel mezzo del clamore della battaglia, Eric e Ed si
fronteggiavano, fulminei e implacabili mentre attorno a loro si scatenava
l’inferno.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Al… Al… Alphonse… Mi senti?”.
Una voce gentile richiamo il giovane Elric alla luce dall’oscurità
in cui era precipitato; il biondo, cullato da quella voce, aprì piano gli occhi,
trovandosi dinanzi i visi preoccupati di Maria e Danny: “Meno male! Stai bene?”
gli chiese sollevato il biondo sottotenente, mentre la mora aiutava il più
giovane a mettersi seduto.
Era sdraiato su uno dei divanetti
dell’ufficio.
Si guardò spaesato attorno.
Fuori dalle finestre pioveva.
“S…Si.” rispose piano, sorridendo rassicurante, e fece per alzarsi
quando la porta si spalancò improvvisamente e due figure, una enorme e l’altra
mingherlina, fecero la loro comparsa nell’ufficio; Alphonse li guardò stupito,
alzandosi sulle sue gambe: “Sheska-san, Armstrong-dono… Che succede?” chiese
lui, con una nota di ansia nella voce, “Meno male che ti abbiamo trovato,
Al-kun. Abbiamo appena ricevuto un messaggio dal Comando di South City da parte
del Fullmetal Alchemist.” parlò trafelata la rossa, tormentando la busta bianca
che serrava tra le dita sottili, “Da parte di
Ed.”.
Il biondo riacquistò tutto il suo sangue freddo in un attimo:
“Dammelo, Sheska.” parlò duro lui, afferrando con malagrazia la busta che la
mano tremante della bibliotecaria gli porgeva; spiegato il foglietto, lesse il
breve messaggio.
Per un attimo, tutta la sua sicurezza faticosamente riacquistata
vacillò pericolosamente e sbiancò, barcollando; Danny lo sostenne per evitargli
di cadere rovinosamente a terra, Maria afferrò il
foglietto:
“Hanno rapito il Fuhrer.
Prendo comando della squadra per andarlo a
salvare.
Non fate trapelare la notizia, o il Paese andrà nel
panico.
Envy è con me.
EDWARD”
Poche, brevi e concise parole che ebbero l’effetto di scuotere
tremendamente la giovane mora; nell’ufficio cadde un silenzio gravido di paura e
ansia.
Silenzio rotto dalle parole incrinate dal pianto trattenuto della
donna: “Non possono farcela da soli… Dobbiamo intervenire!” esclamò, serrando
forte i pugni; con uno scatto fece per uscire.
“Ferma Maria!”
La voce chiara e risoluta di Alphonse bloccò la giovane ufficiale
seduta stante, che si voltò di scatto, il viso trasfigurato dalla frustrazione:
“PERCHÉ? LÀ FUORI CI SONO TUO FRATELLO, IL FUHRER E TUTTI GL IALTRI!! COME
POSSIAMO RESTAR QUI CON LE MANI IN MANO?” sbottò furibonda, tirando un pugno
alla parete, “Calmati, non possiamo muoverci, il niisan vuole che la notizia non
trapeli e poi, sono in grado di cavarsela da soli, ne hanno superate di peggio,
ce la faranno, ho grande fiducia in loro.” affermò il biondino con un pallido
sorriso rassicurante; la mora si voltò verso il collega biondo, ma anche lui
sorrise, “Sono d’accordo con Al, e poi c’è anche Envy con loro, tutto andrà
bene.”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
I due coetanei si fronteggiavano con furia e impeto sempre
maggiore, i colpi non si risparmiavano, le azioni rapide e precise, implacabili
e fulminee.
Edward sfruttava appieno la sua agilità, evitando abilmente ogni
attacco del suo avversario, era veloce, troppo
veloce.
Ma il bruno non sembrava dare segni di stanchezza fisica, mentre
invece il biondo Elric cominciava a dar segni di cedimento: “Dannazione!”
imprecò a mezza voce, evitando un nuovo calcio, “Non vorrei fargli male, ma non
posso nemmeno fare in modo che mi uccida, devo prendere una decisione in
fretta!” sbottò a mezza voce, non staccando un attimo gli occhi dal giovane
avversario.
Il bruno si sbilanciò, scivolando a terra, e il biondo ne
approfittò: si buttò su di lui, tenendolo fermo per i polsi, per un istante, i
loro occhi si incrociarono e in essi, verdi come il mare, Ed non lesse altro che
dolore, dolore profondo, era così simile a lui quel ragazzo, anche nelle
fattezze, oltre che nello sguardo.
Il giovane trasalì, quegli occhi gli erano così
familiari…
Quello sguardo l’aveva già visto, ne era
certo.
Si deconcentrò un istante, stupito, ma al giovane avversario
bastò: con un colpo di reni si tirò su, ribaltando le posizioni e buttando
Fullmetal nella sabbia; il biondo lo guardò con odio, maledicendosi per essersi
distratto: “E ora cosa vuoi fare, uccidermi?” ironizzò furibondo, stringendo i
pugni, non gli avrebbe dato la soddisfazione di implorare
pietà.
Il coetaneo scosse il capo: “No, voglio
aiutarvi.”.
Ed lo fissò stralunato, lo sguardo
confuso.
“Voglio aiutarvi…” ripetè il bruno, “Prendi l’oggetto che ho nella
tasca destra, sbrigati!” soffiò, “Forza!” lo esortò, vedendolo
titubante.
Il biondo annuì impercettibilmente e spostò lentamente il braccio,
infilando la mano di carne nella tasca.
Non capiva perché ma sentiva di potersi fidare di quel
ragazzo.
Le sue dita si strinsero attorno a un pezzo di stoffa morbida;
stupito, lo tirò fuori, trovandosi tra le mani un candido guanto, ne saggiò la
familiare consistenza, sfiorò con dita leggere il simbolo rosso brillante che
spiccava sul bianco dorso.
A quella vista, il biondo scattò e lo colpì violentemente allo
stomaco con l’automail, era furibondo; lo sbalzò ad alcuni metri di distanza e
si buttò su di lui con furia sempre maggiore, colpendolo ripetutamente al petto;
i due si rotolarono nella sabbia e nel fango, il biondo era a dir poco furioso:
“BRUTTO BASTARDO!! PERCHÉ HAI IL GUANTO DI ROY?? PERCHÉ?!?!” urlò, gli occhi
lucidi, mentre stava per sferrare un nuovo pugno, ma Eric lo bloccò, prendendolo
per i polsi, “Calmati! Me l’ha dato lui.” rispose, tenendogli le braccia ferme a
terra.
Il biondino si calmò a quelle parole, guardandolo con aria
dubbiosa: “Cosa intendi?” mormorò, “Il guanto me lo ha dato il Fuhrer Mustang,
per recapitartelo, per farvi sapere che sta bene, non dovete preoccuparvi, a lui
ci penso io. Ora ascolta bene, perché non ho tempo di ripeterlo due volte. A un
paio di giorni da qui c’è un vecchio manicomio abbandonato, lì troverete mie
notizie. Un avvertimento, state lontani dalle montagne per quanto possibile ed
evitate di fermarvi troppo a lungo, conoscono il vostro percorso.” spiegò a
mezza voce il bruno.
Per il Fullmetal Alchemist, quella rivelazione fu come una
mazzata.
Boccheggiò per diversi minuti, pallido come un
cencio.
“Ma come…?” riuscì a computare, una volta ripreso possesso delle
sue corde vocali, “l’ex tenente colonnello Frank Archer conosce questa vecchia
tratta militare, ha detto di averla usata molte volte. È lui che ha organizzato
tutto, è lui che vuole vendetta.” soffiò grave il
bruno.
A quel nome, Edward Elric sbiancò,
impaurito.
Improvvisamente, il messaggio gli era apparso chiarissimo, quella
F in firma…
Tutto acquistava un senso.
“Frank Archer… è ancora vivo…” mugolò lui, stringendo forte i
pugni, “Si.. Ora tutto è chiaro… Il perché di questo risentimento… Di questo
odio…”.
Si guardarono per qualche minuto.
Poi, Eric riprese a parlare: “Ho un piano, io aiuterò il Fuhrer a
scappare, ma tu devi farti colpire, d’accordo?” sussurrò lui, fissandolo; Ed si
guardò attorno spaesato, guardò i suoi uomini che lottavano attorno a loro,
pensò con dolore ai rischi che stavano correndo per aiutarlo, al pericolo che
stavano passando.
Per lui.
Doveva proteggerli.
Archer se la sarebbe presa anche con loro, non poteva
permetterlo.
Puntò il suo sguardo, deciso e duro come non mai, in quello di
Eric: “D’accordo, fai quello che devi fare, mi fido di te.” disse solo; il
giovane annuì e lo colpì con violenza al petto e al
collo.
Il Fullmetal sentì un gelo tremendo attanagliargli le gambe,
sentiva la vita scorrere via e il buio farsi strada sempre più, l’ultima cosa
che percepì fu che qualcuno gli infilava qualcosa in tasca e la voce ovattata di
Eric, ma era lontana, non capiva quello che
diceva.
Fino a che perse conoscenza.
Eric si rialzò, mentre il viso del biondo diventava rapidamente
alabastrino, il respiro farsi sempre più sottile fino a smettere quasi del tutto
e il battito del cuore fermarsi.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Envy si liberò degli ultimi avversari con discreta
facilità.
Asciugatosi rapidamente la fronte, il ragazzo si guardò attorno,
anche gli altri avevano terminato; “Ragazzi, dov’è Ed?” esclamò Breda, “Non lo
so, stava lottando con quel ragazzo e…” provò a dire Kain quando notò la
figuretta abbandonata per terra e quasi non svenne: “ED!!!!!!!!!!” urlò,
correndo verso di lui, seguito da Hayate, che abbaiava
disperato.
Il moro, in lontananza, scorse Eric che scappava; si paralizzò lì
per un istante, poi, i suoi occhi si colmarono di ira per la prima volta nella
sua vita: “ENVY, VOI STATE CON ED! IO VADO DIETRO A QUEL BASTARDO!” urlò
furibondo, correndogli dietro, il piccolo e fedele cagnolino che lo
seguiva.
“Vado con lui, potrebbe aver bisogno di aiuto, voi occupatevi di
Ed!” interloquì Falman, correndo dietro al commilitone già
lontano.
Tutti si guardarono negli occhi, poi raggiunsero di corsa il
giovane disteso; Envy gli si inginocchiò accanto, prendendolo delicatamente in
braccio, quel viso così pallido lo spaventava, quelle labbra bluastre semi
aperte non presagivano nulla di buono: “Ed, mi senti? Ed…” provò a rianimarlo,
scuotendolo, ma il giovane non reagiva a nessuno stimolo, restava fermo
immobile.
Il cuore non batteva più.
Non respirava.
“ENVY!! RAGAZZI!!”.
Improvvisamente, la voce sonora di Lust risuonò nella piana
silenziosa e ventosa e la ragazza li raggiunse di gran carriera, fermandosi non
appena vide il biondo disteso tra le braccia del fratellino: “Cosa è successo?”
chiese preoccupata, “Non lo sappiamo, non si muove più… Sembra morto… non
respira più…” mormorò il moro, tenendo il biondo stretto a sé, gli occhi lucidi;
“Dallo a me, ci penso io, salite tutti a bordo intanto.” affermò la ragazza,
coprendolo con lo scialle che teneva sulle
spalle.
In silenzio, tutti risalirono a
bordo.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Kain e Hayate erano ancora all’inseguimento del bruno, che si
stava inerpicando su di una pietraia ripida; abilmente, il moro andava dietro a
Eric, il cucciolo era rimasto a terra.
“Brutto bastardo! È inutile che scappi, pagherai per quello che
hai fatto a Edward!!” esclamò furibondo, continuando a inerpicarsi su per la
pietraia; improvvisamente, si udì un gran fragore e il sergente maggiore alzò il
capo; con orrore, si accorse di un enorme masso che stava precipitando verso di
lui.
Il moro urlò.
Per lui ormai era la fine.
All’improvviso, però, qualcosa lo afferrò per la vita, spostandolo
e conducendolo lontano dalla traiettoria dell’enorme
macigno.
Una saetta argentea.
“Razza di stupido! BAKA!! Volevi morire?? Perché diavolo non ti
sei spostato?” sbraitò il maresciallo, ansante, tenendolo ancora tra le braccia:
“Scusami, mi sono paralizzato… Mi è scappato…” ringhiò furibondo, serrando i
pugni, “Sarai molto più utile da vivo, dobbiamo correre al treno, Edward sembra
grave, ce la fai a muoverti?” gli chiese, mettendosi in piedi e dandogli una
mano, che il moro afferrò, “Si.. Andiamo!” annuì il sergente, seguendo l’amico
giù per pendio.
Il più giovane della squadra raggiunse il cucciolotto e tutti e
tre si diressero di corsa, i fucili sulle spalle verso i binari, fermandosi
proprio a ridosso: “E ora?” interloquì Fury, chiudendosi il cucciolo nella
giacca, “Sta arrivando il treno, tieniti pronto a saltare..” soffiò l’argenteo,
aguzzando la vista tra la nebbia che si faceva sempre più fitta: l’Amestris
Express stava passando davanti a loro.
Con uno scatto i tre si aggrapparono alle maniglie e si infilarono
nel vagone.
Con un fischio poderoso, il mezzo ripartì a tutta
velocità.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Quando Ed cominciò a riprendere conoscenza, la prima cosa che
pensò fu di essere morto.
Si ricredette però subito quando udì le voci sommesse e stanche di
Hughes e Havoc vicino a sé: “Come sta?” domandò il tenente, sottovoce, “Come
ieri, e l’altroieri, e l’altroieri ancora. Sempre uguale…” mormorò tristemente
il moro, “Speriamo si riprenda…
Chissà cosa è successo per averlo ridotto così…” mormorò, sfiorandogli
leggermente la fronte.
Ed fu preso dal panico dalle parole dei suoi sottoposti che udiva,
cosa significavano?
In quel momento, i ricordi della lotta, del guanto, di Eric
riaffiorarono e comprese.
A fatica, mosse una mano, era tremendamente indolenzito: “Jean..
Maes.. State bene voi?” riuscì a computare dopo qualche minuto; la sua voce,
roca e affaticata, scosse i due militari, che si voltarono in simultanea,
trovandosi davanti uno degli occhi dorati del più giovane tra loro: “ED!!! COME
STAI?? CI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO!” esclamarono
all’unisono.
In pochi istanti, la squadra intera si riversò nello scomparto,
era avvenuto un miracolo.
Il Fullmetal Alchemist era sopravvissuto ancora alla
morte.
BUONANOTTE!!!!
SALVE
A TUTTI!!
E
anche il capitolo 6 è terminato!
Beh,
non dite nulla?
Sconvolti?
Spero
di no!!
Anche
perché non avete visto ancora nulla!! Se vi sconvolgete per così poco, quando vi
spiegherò tutta la storia di Erii-kun come reagirete??
Male,
lo so già!!
Vabbè!
Spero
che questo capitolo sia venuto meglio degli altri!
GRAZIE,
GRAZIE DI CUORE A LIRIS, ELISETTA E SHIKADANCE, MIE
FEDELISSIME!!
VI
ADORO!!!
GRAZIE
A TUTTE!!!
UN
BACIONE! CI VEDIAMO AL SETTIMO!!!
SHUN
PS: DIMENTICAVO!! IL TITOLO TRADOTTO VUOL DIRE "MORTE APPARENTE",
non è necessario spiegare a cosa sia riferito, vero???
XD
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Capitolo 8 *** SULLE TRACCE DI CIÒ CHE AMA IL CUORE ***
CAPITOLO 7
SULLE TRACCE DI CIÒ CHE AMA IL
CUORE
Ed
fu preso dal panico dalle parole che udiva dai suoi sottoposti, cosa
significavano?
In
quel momento, i ricordi della lotta, del guanto, di Eric riaffiorarono, e
comprese.
A
fatica, mosse una mano, era tremendamente indolenzito: “Jean.. Maes.. State bene
voi?” riuscì a computare dopo qualche minuto; la sua voce, roca e affaticata,
scosse i due militari, che si voltarono in simultanea, trovandosi davanti uno
degli occhi dorati del più giovane tra loro: “ED!!! COME STAI?? CI HAI FATTO
PRENDERE UN COLPO!” esclamarono all’unisono.
In
pochi istanti, la squadra intera si riversò nello scomparto, era avvenuto un
miracolo.
Il Fullmetal Alchemist era sopravvissuto ancora alla
morte.
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Edward puntò i suoi occhi dorati su ciascuno di loro, confuso e
stupito: “Cosa è successo?” chiese lui, stringendo tra le dita la pesante stoffa
della coperta.
Hughes gli si avvicinò: “Durante la battaglia quel ragazzo ti ha
colpito violentemente ed è scappato lasciandoti lì, sembravi morto...” parlò il
moro, la voce incrinata, “Ci siamo spaventati da morire, sei stato incosciente
per quattro giorni, non sapevamo che fare…” disse, gli occhi
lucidi.
Il ragazzo si guardò le mani, tremavano; scostò la coperta e fece
per alzarsi ma una mano affusolata lo risospinse sul comodo giaciglio: “No mio
caro, tu te ne resti a riposo, e non voglio discussioni!” esclamò Envy con
espressione dura, “Sono stato chiaro??” disse con enfasi il ragazzo, “Ho
riposato abbastanza!! Quel ragazzo, Eric, non è un nemico! Sta aiutando Roy a
scappare! Dobbiamo far presto!” esclamò il biondo; “Su, Ed, sta calmo, vedrai
che...” cercò di tranquillizzarlo Havoc ma dovette zittirsi all’istante: il
Fullmetal Alchemist aveva preso qualcosa dalla
tasca.
Il guanto del Flame Alchemist.
“Questo me lo ha dato lui, ha detto che glielo ha consegnato Roy
per farci sapere che è vivo e sta bene, ne porta sempre due dal giorno della
nostra sfida in Piazza D’Armi, in caso di bisogno può usare l’altro, dobbiamo
far presto!” affermò Ed, agitato, non voleva perder la sua unica occasione per
ritrovarlo; il guanto passò di mano in mano ai suoi
sottoposti.
In quel momento, si udì la voce di Breda: “Ehi, ma qui dentro c’è
qualcosa...” affermò il rosso, esaminandolo.
Passò l’accessorio al loro capo e un anello lucente e un foglietto
rotolarono fuori; Ed prese tra le dita tremanti il gioiello, nella fascia interna vi era incisa una
frase a delicate lettere corsive: “Roy Mustang & Edward Elric, 10 NOV
1923.”.
Il biondo scrollò il capo, i ciuffi dorati che gli celavano la
fronte, stringeva tra le mani quel piccolo oggetto che recava ancora il profumo
delle mani del Comandante e ancora il suo calore; nello scomparto cadde il
silenzio. Havoc prese il biglietto che era scivolato fuori dal guanto e lo
spiegò, leggendo con attenzione il breve messaggio; lettolo, si voltò verso la
sorella di Envy: “Forza, andiamo di là, dobbiamo decidere cosa fare. Lust, va a
chiamare Greed e Pride, anche loro devono sapere.” disse serio lui, “Ok, vado
subito, ci vediamo di là.” rispose la mora,
uscendo.
Edward scostò le coperte e cercò di mettersi in piedi ma le gambe
non lo ressero e cadde rovinosamente a terra; Falman sospirò e gli si chinò
accanto, aiutandolo ad alzarsi: “Forza, ti accompagno io di là.” disse
l’argenteo, aiutato da Kain, “Grazie..” sbuffò il biondo, odiava sentirsi
indifeso, non riusciva a sopportarlo. Cionondimeno, accettò di buon grado
l’aiuto dei due commilitoni e tutti insieme si diressero verso la sala da
pranzo.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Un violento calcio si abbatté sul corpo assopito del Comandante,
strappandolo alle calde spiagge del sogno, unico rifugio dall’incubo che, da
sveglio, lo tormentava; con un gemito trattenuto a stento, aprì un occhio
velato, trovandosi dinanzi il ghigno sadico di uno dei suoi
aguzzini.
Questi, lo sollevò di peso, prendendolo per un polso: “Il capo la
aspetta.” disse solo, spingendolo in avanti, “una mossa falsa e sarà lei a
rimetterci.” sogghignò malevolo, puntandogli la canna del fucile contro la
schiena.
Lo spinse fuori dalla cella in malo modo, sbucando nel buio
corridoio roccioso, l’acqua sgocciolava piano dal soffitto; il Fuhrer cadde per
terra, sul pavimento umido e freddo.
“Cammina!” gli urlò l’uomo, punzecchiandolo con l’arma per farlo
rialzare.
Il moro si rialzò a fatica, guardandolo con odio poi si diresse a
testa alta lungo il corridoio.
Il luogo dove si trovava non gli era familiare ma doveva essere una
di quelle prigioni sotterranee di cui pullulava l’Ovest sin dalle prime guerre
con Creta: le chiamavano latomie ed erano scavate nella roccia viva, fredde e
anguste. Alcune fonti dicevano che erano ispirate a prigioni molto più
antiche.
Erano il luogo ideale per tenerlo
prigioniero.
Roy strinse furioso i pugni, in caso di assedio, i nemici sarebbero
stati in vantaggio e Edward e i suoi amici avrebbero avuto le mani legate:
“Maledetto Archer!” pensò, furibondo, camminando con la canna dell’arma puntata
contro la spina dorsale, “Se anche solo uno dei miei uomini si farà un graffio,
giuro che te la farò pagare! Bastardo!”; la voce roca del suo aguzzino lo
scosse, spingendolo a varcare la porta che gli si era materializzata
dinanzi.
Erano arrivati.
“VADA!” sbraitò il bandito, colpendolo al capo con il calcio del
fucile e facendolo cadere a terra con un tonfo sordo; la porta si spalancò
improvvisamente e una figura comparve sulla soglia, una figura familiare al
moro: “No, Ismael, non possiamo trattare il nostro ospite così. Tu resta qui, mi
occupo io di fare gli onori di casa.” disse mellifluo l’ex tenente colonnello,
prendendo il Fuhrer per le braccia e conducendolo
all’interno.
La porta si richiuse con un tonfo
sordo.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Ragazzi, sto bene, non preoccupatevi. Eric mi aiuterà a scappare,
vi prometto che presto ci rincontreremo, non correte rischi inutili, mi
raccomando. Edward, verrò a riprendermi il guanto e l’anello, non buttarli via,
fosse l’ultima cosa che faccio, ti ritroverò,
aspettami..”.
Edward rilesse per la centesima volta quel messaggio che avevano
ritrovato nel guanto, e nuove lacrime stillarono dalle sue pupille arrossate;
strinse al cuore quel piccolo brandello di carta, il frammento di una promessa
che lo legava a lui.
Il treno correva rapido verso il manicomio di cui Eric aveva
parlato al biondo alchimista; Pride e Greed sapevano bene dove si
trovasse.
FLASHBACK
“Allora non può essere altro che il sanatorio
Ikegumi.”.
Dopo le spiegazioni del Fullmetal, il maggiore dei gemelli si rizzò
in piedi: “Ricordi, Greed-kun? Era il sanatorio e manicomio di Kasumi City, la
città di Emily.” affermò serio il più grande, rivolgendosi al gemello minore,
“Si, adesso me lo ricordo.” rispose lui, pensieroso, “ma non era stata
abbandonato dopo la frana?” aggiunse il bruno, grattandosi il
mento.
Lust si fece innanzi: “Volete spiegare anche a noi, fratelloni?”
interloquì lei, piccata.
I due la fissarono: “Avete ragione, vi dobbiamo dei chiarimenti.”
parlò Greed, facendo loro cenno di sedersi; Envy si mise accanto a Ed, cercando
di tranquillizzarlo.
L’attenzione di tutti si fece
spasmodica.
I due gemelli sospirarono, poi cominciarono a raccontare: “Sino a
cinque anni fa, noi due eravamo commessi viaggiatori e, per lavoro, ci
trasferimmo in questa zona, a Kasumi City, assieme a una nostra collega, Emily,
nativa proprio di quella città. Eravamo molto amici e vi passammo alcuni anni,
Lust-chan, ricordi?” chiese Greed, rivoltosi alla sorella; la ragazza annuì,
“Certo, siete rimasti via per parecchio tempo, siete tornati giusto qualche mese
prima che io mi organizzassi con Ed per quella storia di Bradley, ero già una
spia.” rispose lei, guardando il collega
biondo.
Envy strinse la mano dell’amico, invitando il fratello a
continuare: “Ci fu una frana, e il vicino sanatorio fu sepolto da tonnellate di
macerie; la città fu a sua volta colpita da una epidemia dovuta alla fuga di
alcuni ospiti contagiosi. Noi eravamo già partiti da alcuni giorni, quando
ritornammo a Central City, ci dissero che Emily era morta e che nella città era
scoppiata una tremenda epidemia che aveva decimato la popolazione. Le forze
militari, qualche mese dopo, andarono a disinfettare la zona, c’era un cordone
sanitario ovunque.” spiegò Greed, incrociando le dita dinanzi al viso, rievocare
quei ricordi era tremendamente doloroso per
lui.
“Da quel momento in poi, la zona venne dichiarata inabitabile e
tutto fu abbandonato; la città divenne una “Ghost Town”, una città fantasma, e
noi non tornammo mai più lì: abbandonammo anche il nostro lavoro e raggiungemmo
Lust poco prima che partisse, da allora siamo sempre stati noi i macchinisti
dell’Amestris.” concluse il maggiore, socchiudendo gli
occhi.
FINE FLASHBACK
Il biondo sedeva nel suo scomparto, guardando la notte scivolare
fuori dal finestrino attraverso i territori di
Creta.
Il treno era molto tranquillo e silenzioso, ognuno degli occupanti
era impegnato nelle proprie faccende e preparativi, il giorno dopo avrebbero
raggiunto il sanatorio.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta, facendolo trasalire; il
ragazzo puntò uno sguardo indagatore sulla porta, chiedendosi chi mai ci fosse
dall’altra parte della lucida entrata: “EEEED!! SONO IO!! SONO MAES!! MI FAI
ENTRARE!?” esclamò allegro il tenente colonnello da dietro il pesante uscio in
legno.
Il giovanotto sospirò e si mise in piedi: “Si, entra pure, la porta
è aperta.” rispose lui; la porta si spalancò e il ciuffo ribelle dell’ufficiale
Hughes fece la sua comparsa, seguito dal viso, contratto in un espressione
buffissima e divertente: “CIAO! Ti disturbo?” chiese, entrando nella stanza,
“No, no, vieni pure..” replicò il ragazzino, abbandonandosi sul morbido sedile e
invitandolo a fare altrettanto; il moro sorrise felice, “Guarda qui!! Envy-chan
mi ha chiesto di tenerti compagnia mentre lui e i suoi fratelli sistemano la
rotta da seguire! Ho portato una scacchiera, l’ho sgraffignata a Kain per
l’occasione, tanto a lui non serve!! Se la sta ronfando alla grande!!”.
Ed sorrise piano, aiutandolo a sistemare i pezzi sul tabellone
bianco e nero.
“Forza! Inizia tu!”.
Ben presto, la partita si fece accesa e i brutti pensieri sparirono
dalla mente del biondino, concentrata a battere il tenente colonnello; la sfida
durò a lungo, tra le battute salaci dei due amici, le risate allegre e si
concluse in modo inaspettato: “Il mio alfiere ti ha bloccato!! SCACCO MATTO!”
esclamò Fullmetal, schioccando soddisfatto le dita, “HO VINTO!!” esultò
lui.
Il moro si passò una mano tra i capelli, guardando incredulo il
tabellone: “ Non è possibile… MI HAI BATTUTO!!! COME DIAVOLO HAI FATTO??”
esclamò basito, fissando i pezzi per poi spostare lo sguardo sul’amico
ridacchiante; “Kain e Breda, sono stati loro a insegnarmi a giocare!” rise
allegro, battendogli una mano sula spalla, “Prenditela con loro.”
aggiunse.
Maes si sistemò gli occhiali sul naso e sorrise, riprendendo a
chiacchierare; rimasero a ciarlare a lungo sino a quando Ed, con un sonoro
sbadiglio, non cadde lungo disteso sui soffici cuscini, profondamente
addormentato. Hughes sospirò intenerito e lo avvolse con una coperta, donandogli
un affettuoso bacio sulla fronte; il ragazzo mugolò nel sonno, muovendo la
testa: “Roy…” sussurrò, con voce impastata di sonno, agrappandosi al
cuscino.
L’ufficiale lo guardò malinconico, carezzandogli la testolina: “Sh…
Non preoccuparti, adesso ce lo andiamo a riprendere.” sussurrò, chiudendo la
luce e uscendo dallo scomparto.
Una volta fuori, quasi si scontrò con un assonnato Envy che
proveniva dal senso opposto: “Ah, scusami, non ti avevo visto…” sbadigliò il
ragazzo, sfregandosi gli occhi gonfi di sonno, “Fa piano, si è appena
addormentato… Cosa avete deciso di fare?” mormorò il soldato, “Scusami… Entro
domani raggiungeremo il sanatorio, ma dobbiamo fare attenzione, sta nevicando e
sicuramente sarà tutto ghiacciato, ci muoveremo lentamente.” Spiegò vago, “Ora
scusami, sto proprio crollando… Yawn… A domani..” salutò, con un nuovo
sbadiglio.
Il compagno gli fece un cenno di risposta e si diresse nella sua
stanza, dove sicuramente i suoi amici stavano già ronfando da
ore.
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Archer e Roy erano immobili, uno dinanzi all’altro, già da parecchi
minuti.
Nessuno dei due muoveva un solo muscolo, l’aria era permeata di
tensione.
Improvvisamente, le labbra dell’ex tenente colonnello si
dispiegarono in un sorriso sadico: “Sa, mio caro Fuhrer? È inutile che lei
mantenga quell’aria di superiorità, il coltello dalla parte del manico lo ho
io.” sussurrò mellifluo, avvicinandoglisi lascivo, la sua espressione non
prometteva nulla di buono, “E tu, che sei sempre stato l’eterno perdente,
vorresti sfidare me?” chiese sardonico il moro, squadrandolo con occhi di fuoco,
“Non ci riuscirai mai!” sbottò, guardandolo con odio
profondo.
Il cyborg lo guardò furibondo, la sua espressione indicava
chiaramente quanto rancore portasse per colui che aveva sostituito Bradley alla
guida del Paese.
Un momento dopo, però, il volto di Archer si tramutò in una smorfia
di trionfo; si scostò da lui, fissandolo nei profondi occhi d’onice: “Sai, mio
caro Roy, hai dimenticato un particolare importante, sono io il più forte qui, e
te lo dimostro subito. Ho saputo da fonti certe che tra te e quel mocciosetto di
Edward Elric, c’è qualcosa di più che un semplice rapporto superiore-sottoposto,
sai?” gli sussurrò, scivolandogli accanto all’orecchio; il moro tremò, sentiva
un brivido freddo corrergli lungo la schiena, il cuore in
gola.
“Mi dispiace per te… Ma il mocciosetto ha avuto un brutto
incidente, le mie ultime notizie lo danno sepolto nel canyon di Creta. Edward
Elric è morto.” affermò, assaporando quelle parole con un espressione di
vittoria dipinta sul viso pallido.
Quelle parole furono come una mazzata per
Roy.
In un istante, fu come se il mondo attorno a lui si
oscurasse.
Cadde a terra, silenziosamente, come una bambola
rotta.
“No… No… Edward… Perdonami… Non ti ho protetto…” mormorò, prima che
il buio lo riaccogliesse tra le sue amorevoli
braccia.
Buonasera!!
Rieccomi a voi, gentili lettori!!
Sconvolti?
Ormai dovreste aver capito che io, li faccio soffrire questi
qui!!!
MUAHAHAHAHAHAHAHA!!
No, a parte gli scherzi, sono piuttosto soddisfatta di questo
capitolo, anche se di transizione, perché prepara la strada a un capitolo duro e
crudo, che farà lievitare il rating, quindi…
ATTENZIONE!!
DEDICO IL CAPITOLO IN PRIMO LUOGO A LIRIS, perché… IERI ERA IL SUO
COMPLEANNO!!! AUGURI TATA MIA!!! E poi, a una nuovissima fan!!! Anzi, due!!!
Fly89 e emmy11, con cui ho chattato tutta la sera!!!! GRAZIE DI TUTTO!!!!
^*^
Voglio altresì ringraziare Elisetta e Shikadance per la loro
amicizia, vi adoro!!!
CI VEDIAMO NEL PROSSIMO CAPITOLO
CARISSIME!!
UN BACIONE!!
SHUN
|
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Capitolo 9 *** FLAMES CAN'T STOP ME ***
CAPITOLO
8
FLAMES
CAN’T STOP ME!!
“Mi
dispiace per te… Ma il mocciosetto ha avuto un brutto incidente, le mie ultime
notizie lo danno sepolto nel canyon di Creta. Edward Elric è morto.” affermò,
assaporando quelle parole con un espressione di vittoria dipinta sul viso
pallido.
Quelle
parole furono come una mazzata per Roy.
In
un istante, fu come se il mondo attorno a lui si
oscurasse.
Cadde
a terra, silenziosamente, come una bambola rotta.
“No…
No… Edward… Perdonami… Non ti ho protetto…” mormorò, prima che il buio lo
riaccogliesse tra le sue amorevoli braccia.
In
quello stesso momento, dall’altra parte del deserto di Creta, un ragazzo, nel
sonno, pianse.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
“Sei
sicuro che il luogo sia questo?”
“Certo,
ecco, per quella strada si giunge in città, quello laggiù, invece, è il
sanatorio.”.
La
testolina bionda del Fullmetal Alchemist sbucò da dietro una grossa roccia
mentre i folti capelli neri di Greed facevano capolino da un terrapieno lì
vicino.
A pochi
metri di distanza, sorgeva un lugubre palazzone, la facciata avvolta da
rampicanti e muschio; un leggero strato di neve ghiacciata copriva il terreno
duro, i lecci malati e sottili circondavano il complesso; abbandonati sul
terreno, macchinari distrutti e inservibili, lastroni di metallo ormai
arrugginiti e inservibili.
Tutto era
in evidente stato di abbandono.
Soffiava
un forte vento, foriero di tempesta.
Il cielo
non prometteva niente di buono, solcato da nubi nere e
inquietanti.
Il biondo
alchimista scoccò una rapida occhiata tutto attorno, poi si accucciò accanto a
Pride, dietro la roccia: “ Non sembra esserci anima viva…” sussurrò il giovane,
il ginocchio metallico poggiato sul terreno, “Conviene essere il più prudenti
possibile, è un ottimo posto per un agguato. Nel sanatorio ci sono cinque piani,
più due sotterranei per i casi più gravi, in tutto circa seicento stanze. Anche
se riuscissimo a entrare, non sappiamo cosa ci aspetta lì dentro, è come se ci
gettassimo nella bocca del leone.” affermò grave Greed, guardando fisso verso il
lugubre edificio.
Riza
gattonò sino a loro, seguita da Jean: “Ed, se vuoi possiamo andare in
avanscoperta.” propose la donna, estraendo la pistola; il ragazzo la guardò con
dolcezza e affetto, poggiandole la mano sulla sua per fargli abbassare l’arma,
“Non è necessario, chi vuole venire, mi segua, se per gli altri è troppo
pericoloso, ci aspetteranno qui.” parlò saggiamente il ragazzo, stupendo perfino
la tenente, “D’accordo, allora sento gli altri.” disse, per poi
voltarsi.
Si bloccò
un attimo, voltando il capo verso il suo superiore, che la guardò interrogativo;
lei rispose con un sorriso benevolo dipinto sulle labbra sottili: “Sei davvero
cresciuto, Edward.” disse solo, prima di allontanarsi definitivamente verso il
gruppetto di militari poco lontano.
Qualche
minuto dopo, tutta la squadra era pronta a
partire.
“Lust, tu
resterai qui con Greed-kun, basto io con loro.” affermò Pride, caricando la
pistola, “Non dovremmo metterci molto, e non fate quei musi lunghi! So badare a
me stesso.” li rassicurò il ragazzo, vedendo le loro facce
preoccupate.
Il
gemello minore si avvicinò a lui, serio in volto; gli poggiò una mano sulla sua,
fissandolo negli occhi scuri come la notte: “Fa attenzione, Jii-nii.. Mi
raccomando.” sussurrò, stringendogli convulsamente il polso; il maggiore scostò
la mano del fratello, stringendola piano nella sua, “Non preoccuparti, torneremo
presto. E poi, chi ti proteggerà, altrimenti?” sorrise, scompigliandogli
giocosamente i capelli.
Riza si
inginocchiò davanti al suo cucciolotto: “Ehi, piccolo, ti affido un compito
importante, proteggi Kain-kun e gli altri, d’accordo?” sussurrò la ragazza, il
cuccuolotto abbaiò, scodinzolando
ubbidiente.
La
squadra si riunì attorno a Ed: “Andiamo.” disse il ragazzo, cominciando a
correre lungo il sentiero che portava al palazzone, seguito a brevissima
distanza dai suoi compagni.
Stava
calando la notte.
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“Edward
Elric è morto.”.
Le parole
di Archer risuonarono a lungo nell’antro roccioso tremendamente silenzioso e
buio, un lento sgocciolio dal soffitto sembrava tenere il tempo, come un lugubre
orologio; una figura stava rannicchiata a terra, immobile, distesa sul freddo e
umido pavimento, lercio, pareva un pupazzo: la testa era infossata sotto il
braccio, nascosta, e solo la chioma color dell’ala di corvo si
scorgeva.
Il
Comandante piangeva.
Il suo
cuore doleva ancora per le parole dell’ex tenente colonnello e la consapevolezza
che quelle parole potevano essere vere lo tormentava; come un disco rotto,
continuava a ripetere la medesima frase, tra i singhiozzi disperati:
“Perdonami.. Perdonami... non ho saputo
proteggerti...”.
In quel
momento, la porta della cella si aprì silenziosamente e una voce spaventata
ruppe il silenzio, seguita da una pallida luce proveniente da una lanterna a
olio
La voce
di Eric.
“MUSTANG-SAMA!”.
La voce
colma di paura del ragazzino risuonò acuta e stridula nella cella silenziosa; in
un istante, il bruno gli fu accanto, cercando di scuoterlo: “Mustang-sama, si
riprenda, la prego…” sussurrò, gli occhi colmi di lacrime, ma il Comandante non
reagì, continuava a salmodiare quell’unica frase, colma del suo
dolore.
Eric
strinse i pugni, quella sofferenza non se la meritava, nessuno si meritava di
soffrire a quel modo, per puro sadismo.
Con un
sospirò, si accucciò accanto a lui, poi lo sollevò, facendolo sedere sul lurido
e umido pavimento della buia cella; poi lo scosse energicamente, prendendolo per
le spalle: “Mustang-sama, mi ascolti. Il Fullmetal Alchemist è vivo, non deve
preoccuparsi, sta bene!” esclamò il ragazzo, “Le ho fatto una promessa, no?”
aggiunse, chinandosi sino a raggiungere il suo
orecchio.
A quelle
parole, il moro sembrò riprendersi un poco e puntò le sue pozze di pallida
antracite in quelle color smeraldo del giovane, lo sguardo colmo di una nuova
speranza: “Si, è vivo, e sono anche riuscito a consegnargli il guanto.” rispose
alle inespresse domande dell’uomo con un pallido e stanco
sorriso.
Roy lo
guardò con gli occhi stanchi ma luminosi.
Il Fuhrer
si incurvò in avanti, sospirando di sollievo, sentiva come se un grande peso si
fosse dissolto come per incanto: “Grazie ragazzo, grazie davvero…”
mormorò.
Eric si
alzò: “Forza, non possiamo più stare qui, dobbiamo andarcene. Devono già essere
arrivati al sanatorio, a quest’ora, non posso permettere che il tenente
colonnello usi lei come ostaggio, deve riunirsi ai suoi uomini.” disse serio
lui, tendendogli una mano per aiutarlo a rialzarsi; il moro la afferrò,
tirandosi a fatica in piedi, barcollava vistosamente ma riuscì a reggersi più o
meno saldamente sulle gambe.
Improvvisamente, come se nulla fosse accaduto, riprese la
sua antica fierezza; il suo sguardo sembrava ardere delle stesse fiamme di cui
era il signore.
Trasse
dalla tasca l’altro guanto con un ghigno che non presagiva nulla di buono:
“Archer si pentirà di avermi sfidato, questa volta gli faccio pagare tutto.
Andiamo, questo posto comincia a starmi stretto!” esclamò deciso; il bruno lo
guardò con un pallido sorriso dipinto sul volto scavato e graffiato, ora
illuminato di speranza, “Allora mi aiuterà?” chiese lui, “Certamente.” rispose
solo, scompigliandogli paternamente i
capelli.
Gli occhi
del ragazzo divennero lucidi; lentamente fece un leggero inchino, poi si voltò
verso la porta: “Forza, andiamo.”.
Roy annuì
e lo seguì oltre la porta aperta.
Lasciarono lì la lanterna e si inoltrarono
nell’oscurità.
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Tutto era
avvolto nel silenzio più profondo, solo il rumore leggero dei passi dei militari
si udiva; una leggera luce indicava la loro
presenza.
Edward
era in testa al gruppo, accompagnato da Riza, Jean, Envy e
Pride.
Hughes e
Falman stavano in coda a tutti.
Erano
ormai un paio d’ore che vagavano per quei lunghi e cupi corridoi, senza però
aver concluso nulla, ormai il biondo aveva perso le speranze di ritrovare
qualsivoglia indizio.
“Ed, se
continuiamo a girare in branco non concluderemo mai nulla! Dobbiamo dividerci, è
l’unica strada che possiamo
intraprendere.”.
Fu Envy a
rompere l’imbarazzante silenzio che si era creato da quando aveva varcato il
pesante portone e si erano inoltrati nel
sanatorio.
Ed si
fermò, poggiando la lucerna a terra e tutti lo imitarono: “Forse hai ragione”
disse con voce affaticata, voltandosi verso di loro, aveva l’aria molto stanca,
ma si sforzava di non farlo vedere, “Dobbiamo dividerci. Jean, tu, Pride e Riza
andate assieme, non dovete separarvi per nessun motivo. Maes, lo stesso vale per
te e Vato. Chiunque trovi qualcosa mi contatti con queste.”, e passò a ogni
coppia un paio di strane cuffie.
“Sono
ricetrasmittenti, le abbiamo potenziate io e Kain per poter avere una maggiore
copertura, se trovate qualcosa, avvertitemi subito, chiaro?” ordinò deciso il
ragazzo, “YO!” esclamarono in coro i quattro, sparendo come saette nel
corridoio.
In
lontananza, si sentivano i loro passi
rapidi.
Envy
afferrò la lanterna poggiata a terra dal compagno: “Forza, andiamo anche noi,
dobbiamo darci da fare.”.
Ed annuì
e lo seguì nella leggera luce del lume.
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“Io non
riesco a stare fermo! Perché ci hanno lasciato qui fuori?” si lamentò Kain,
seduto nella neve, “Dobbiamo proteggere Greed e Lust in caso di pericolo...” gli
ricordò Breda sbuffando, “Anche se concordo con te, saremmo stati molto più
utili con loro.” disse lui, sfregandosi le mani per riscaldarle, “Che freddo
polare che c’è!!” rabbrividì il rosso, chiudendosi meglio la giacca e stringendo
il bavero.
Greed si
accosciò accanto a loro: “Siamo a ridosso dei monti, è naturale che faccia
freddo, e poi, questa è una zona continentale, d’estate c’è un caldo torrido,
d’inverno un freddo polare, è assolutamente normale per chi non v’è abituato.”
disse il ragazzo, “Io e Pride-niisan abbiamo abitato qui per parecchi anni,
siamo abituati al freddo.” affermò con voce
malinconica.
“Dovevate
essere ben affezionati a quella ragazza e a questo posto…” interloquì Kain con
voce triste, “Si, Emily era… Come posso spiegarlo…? Era una ragazza stupenda, io
la conobbi che ero ancora a scuola e diventammo presto amici. Era una ragazza
gentile e disponibile, ma molto fragile emotivamente, era facile ferirla. Io
l’avevo protetta molto spesso ed eravamo inseparabili. Pride stava volentieri
con lei, era l’unica persona, oltre a me e ai nostri fratellini, con cui aveva
un rapporto; vedi, mio fratello non ha mai superato la morte dei nostri
genitori, si è come chiuso in sé stesso, si era concentrato solo su me, Lust,
Envy e Sylvie, ma poi Sylvie è morta, e per lungo tempo si è crogiolato nel
dolore, malgrado le nostre suppliche. Envy era ancora troppo piccolo per poter
badare a sé stesso e lui e Lust si sono occupati di entrambi, malgrado io sia
loro gemello.” parlò sottovoce il moro, guardando fisso davanti a
sé.
“Beh, e
poi?” chiese Breda, incuriosito da quella storia, “Poi conobbi Emily, e Pride
sembrò aprirsi un po’. Tutti e tre ci diplomammo e poi anche Lust e Envy; per
motivi di lavoro, io e Pride ci trasferimmo qui con lei e restammo per parecchi
anni, una decina più o meno, abbiamo passato un sacco di tempo tutti assieme,
eravamo sempre i benvenuti dai suoi, ci consideravano come figli. Poi, però,
scoppiò quell’epidemia… Io e Pride eravamo ritornati da poche settimane a casa,
lei era rimasta coi suoi genitori, quando ricevemmo la notizia; chiamammo subito
da lei e scoprimmo, dalle parole della madre, la triste verità…” sussurrò il
moretto, stringendo i pugni, una lacrimuccia scivolò giù dai suoi
occhi.
Il viso
era celato dalla frangetta: “Quando ci eravamo lasciati, ci eravamo ripromessi
di vederci per il suo compleanno, eravamo felici…” terminò, tra i
singhiozzi.
I due
militari si guardarono, anche i loro occhi stavano piangendo, senza che se
fossero accorti.
In quel
momento, si udì un gran fragore.
Istintivamente, si voltarono verso il
palazzone.
Alte
lingue di fuoco lo avviluppavano.
Era
scoppiato un incendio.
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Roy e
Eric scappavano nella notte buia, attraverso la foresta cupa e
fredda.
In
lontananza, si udivano le grida e gli spari, uniti al fragore dei passi in corsa
e dei fari delle jeep che tentavano di
accerchiarli.
Sentivano
le grida sempre più vicine dei loro inseguitori, Eric aveva molta paura; il
Comandante, improvvisamente, si buttò tra gli arbusti, trascinando con sé anche
il suo giovane compagno; gli tappò repentinamente la bocca con una mano,
appiattendosi il più possibile a terra.
Eric
abbassò il più possibile il capo, socchiudendo gli occhi, il cuore gli batteva a
mille nel petto per la paura; vide le luci delle torce passare davanti al suo
naso, sentì le voci furibonde e concitate degli sgherri di Archer che li
cercavano.
Il
brunetto tremava dal terrore.
“Shh, se
ne stanno andando, sta tranquillo...”.
La voce
del Comandante lo rassicurò, le sue membra smisero un poco di
tremare.
Il rumore
si affievolì, fino a scomparire quasi del
tutto.
La
foresta era tornata tranquilla.
Erano al
sicuro, per ora.
Roy e
Eric si tirarono su, guardandosi con circospezione attorno: tutto era
tranquillo.
“Per
fortuna non ci hanno visto... Forza, dobbiamo andare! Ho lasciato un indizio al
sanatorio Ikegumi, dobbiamo raggiungere i suoi uomini, devono essere giù lì,
secondo i miei calcoli. Muoviamoci.” disse il ragazzo, cercando di regolarizzare
il tono di voce, “D’accordo, quanto dista da qui?” s’informò il colonnello,
cercando di non pensare al braccio dolorante, “Circa 40 km, chilometro più,
chilometro meno. Se tutto va bene, si sono fermati lì per la notte, se ci
sbrighiamo, per l’alba dovremmo raggiungerli.” Parlò Eric, riacquistando un poco
il suo sangue freddo.
Roy
sospirò, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli degli indici: “Ok,
andiamo…” sussurrò, incamminandosi nel folto della foresta dietro al
ragazzino.
Una volta
fuori, si ritrovarono in mezzo a una immensa
pianura.
Il cielo
era trapunto da migliaia di stelle.
Senza
dire una parola, cominciarono a correre.
“Edward,
sto arrivando…”.
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La
ricetrasmittente gracchiò rumorosamente.
Ed la
afferrò, fermandosi nel mezzo della stanza che stava esaminando: “Pronto?”
disse, “Ed, sono Jean, passo.”, la voce del tenente giungeva a lui alterata ma
udibilissima, “Jean, dimmi, passo.”, “Abbiamo trovato una mappa, ci sono delle
note, forse abbiamo trovato la traccia di cui Eric parlava,
passo.”.
Edward si
morse il labbro, forse ce l’avevano fatta.
“D’accordo, usciamo fuori di qui, avverti anche Maes e Vato, passo
e chiudo.”.
Envy lo
guardò con occhi speranzosi: “Hanno trovato qualcosa?” chiese lui, “Si, una
mappa, dobbiamo raggiungerli, andiamocene da questo postaccio.” affermò
fiducioso il biondo con uno spento sorriso dipinto sul volto pallido e stanco;
Envy stava male a vederlo così.
In un
moto di rabbia, strinse i pugni: gliela avrebbe fatta pagare a quel bastardo di
Archer.
Si era
affezionato troppo a Ed, e non sopportava di vederlo soffrire a quel modo,
pensava al Comandante notte e giorno, di questo era
certo.
In quel
momento, udirono uno scoppio assordante e l’edificio tremò pericolosamente,
gettando a terra i due amici: “ENVY, STAI BENE?” urlò Ed, rialzandosi di scatto,
“Si, tutto a posto, che diavolo succede?” esclamò stizzito il detective, “Non lo
so, ma faremmo meglio a uscire il più rapidamente possibile!” sbottò Ed,
afferrandolo per un polso e uscendo nel corridoio.
Fecero
per scendere le scale quando una violenta vampata di fuoco eruttò dalle stanze
da cui erano appena usciti; Envy si affacciò alla tromba delle scale, le fiamme
avviluppavano tutti i piani inferiori.
Erano
caduti nella trappola.
“Cazzo!!
Dobbiamo uscire di qui! HAVOC!! RIZA!! MAES!! VATO!! TUTTI FUORI, IL PALAZZO STA
ANDANDO A FUOCO!” urlò nel microfono, ma l’unica risposta che ricevette fu un
fastidioso gracchiare.
In un
moto di stizza, buttò le cuffie contro la parete, mandandole in mille pezzi:
“DANNAZIONE!! MALEDETTO ARCHER!!” urlò furibondo, dando pugni contro la parete,
“SE è ACCADUTO QUALCOSA AI MIEI UOMINI, LA PAGHERAI CARA!! ENVY, FORZA,
CERCHIAMO DI SALVARCI DA QUESTO INFERNO!” gridò, afferrando l’amico per il
polso, “E gli altri?” chiese con una punta d’ansia il moro, “Non lo so… Devo
portarti fuori di qui, poi verrò a cercarli…” sussurrò, cercando di trattenere
le lacrime, “Ti prometto che usciremo di qui… Scusami amico, scusami di averti
coinvolto…” mormorò con voce incrinata, “non dirlo nemmeno, non è il momento
delle scuse, queste cose ce le diremo quando saremo in salvo, ora pensiamo solo
a uscire, d’accordo?” affermò l’amico, cercando di essere
ottimista.
Ed
annuì.
In quel
momento, sotto il loro sguardo sconvolto, le fiamme li avvolsero con violenza e
furia.
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Lust,
Greed, Breda e Kain guardarono con orrore il rogo tremendo che in pochi minuti
aveva avvolto il sanatorio Ikegumi.
Era uno
spettacolo terribile.
La
ragazza era scivolata a terra, lo sguardo sbarrato dal
terrore.
Greed
stava ritto in piedi, gli occhi lucidi.
Breda e
Kain scattarono in avanti, dirigendosi verso l’accesso quando da questo ne
uscirono correndo i loro compagni, che si gettarono nella neve fresca,
rotolandosi per spegnere le fiamme che avviluppavano i loro
vestiti.
Erano
vivi.
In un
istante, i quattro gli furono vicino, tirandoli su dalla neve; a parte qualche
escoriazione, non sembravano messi troppo
male.
“Anf… Ed
e Envy-kun dove sono..?” riuscì a computare a fatica Pride, “Non erano con voi?”
chiesero agghiacciati Lust e Greed, “Ci.. anf… eravamo separati… per esplorare
meglio, quando è scoppiato tutto… anf…” intervenne Havoc, riprendendo
fiato.
Kain
guardò terrorizzato le alte fiamme avvolgere il complesso: “Sono ancora
dentro…?” mormorò con voce tremula.
In quel
momento, l’edificio esplose.
Istintivamente, si buttarono tutti a terra, coprendosi il capo con
le mani.
A Riza
scappò una lacrima, lo sconforto prese tutti i
militari.
Cosa
avrebbero detto al Comandante?
Come
avrebbero potuto spiegare?
Avevano
infranto la promessa.
Improvvisamente, Lust urlò: “GUARDATE! C’è QUALCUNO!” urlò la
ragazza, ancora sotto shock; il piccolo Hayate cominciò ad abbaiare come un
forsennato e Riza lo vide correre verso il rogo, abbaiando sempre più
forte.
Una
figura deforme comparve tra le fiamme, i giovani soldati si misero in piedi a
fatica, fissando spaventati quell’ombra.
Ma dal
rogo uscì di corsa Edward.
In
spalla, apparentemente svenuto, stava Envy; i due caddero nella neve, esausti e
feriti.
Greed e
Pride li raggiunsero spaventati: “Ragazzi, state bene?” chiese il minore dei
gemelli, cercando di rianimarli; Ed aprì stancamente un occhio, “I..Io si..
Pensa a Envy… Abbiamo preso in pieno le fiamme… Cough… Ho provato a proteggerci
con l’alchimia, ma è ferito…” tossì, alzandosi in
piedi.
Il biondo
barcollò pericolosamente per poi cadere a faccia in giù nella neve gelida, senza
forze; Pride lo tirò delicatamente su: “Sta fermo, pazzo…” soffiò, scambiandosi
un occhiata col gemello, “Tu occupati di Envy-kun, io di lui, sbrighiamoci..”
ordinò a mezza voce.
Greed
annuì, e sfiorò con le dita il viso cianotico del fratellino: una debole luce
azzurrina lo avvolse, lo stesso fece Pride col biondo
alchimista.
Qualche
minuto dopo, i due gemelli si tirarono su, portando in braccio i feriti:
“Torniamo al treno, forza.” Disse il maggiore, facendo
strada.
Maes si
avvicinò a fatica, sorretto da Kain: “Come stanno?” chiese
preoccupato.
Greed lo
guardò con un aria sollevata: “Stanno bene.” disse solo, seguendo
Pride.
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YUHUH!!
E indovinate chi
è tornata??
MA
SI!!
L’UNICA E
INIMITABILE SHUN!!
Sorpresi?
Ammettetelo,
ormai disperavate di rivedere la mia brutta faccia sul fandom,
vero??
E INVECE NON VI
LIBERERETE DI ME TANTO FACILMENTE!!!
MUAHAHAHAHAHAHAHA!!
Ok, basta con lo
sclero.
Beh, cosa
dite?
Il capitolo fa
schifo, lo so, ma è il meglio che il mio cervello ha saputo
sviluppare!!
Beh, tiriamo le
somme.
Ed e Co sono al
sanatorio, Eric e Roy sono in fuga e Al è al
Comando.
COME FINIRà
QUESTO SCLERO?!?!
Non lo so nemmeno
io, se vi può interessare… XD
Vi devo chiedere
scusa, è un tempo immemorabile che non aggiorno, ma ho avuto parecchie rogne a
scuola e tempo molto poco…
Ma ora sono
tornata e vi prometto che il prossimo capitolo arriverà molto presto… Anche
perché ci sarà una scena MOLTO importante!
È LA SCENA CLOU
DELLA MIA STORIA!!
Quindi, non
perdetevela!!
RINGRAZIO
VERAMENTE DI CUORE:
LIRY
SHIKADANCE
FLY89
MAMY
E PAPY
EMMY11
ELISETTA
Grazie a voi,
questa fic sta venendo veramente bene, grazie a
voi.
SPERO CHE VI
PIACCIA!
UN BACIONE
ENORME!!!
SHUN
|
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Capitolo 10 *** WE WILL MEET AGAIN ***
CAPITOLO
9
WE
WILL MEET AGAIN
Mezzanotte era
passata da un pezzo ma ciononostante, due ombre furtive continuavano a correre
attraverso le immense pianure dell’Ovest di
Amestris.
Il vento forte
spazzava tutto attorno, c’era freddo; malgrado ciò, non si fermavano, ma
continuavano la loro corsa.
Il cielo era
trapunto di migliaia di stelle lucentissime, di un blu così intenso che sembrava
quasi un oceano; in lontananza, si
scorgevano alte e massicce ombre oscure, montagne senza
dubbio.
Dalle vicine
foreste, si udivano rochi i lamenti degli animali e i ringhi dei loro predatori;
un lupo solitario fece udire la sua voce nel
buio.
Non c’era la luna
nel cielo, quella notte.
Era la notte
ideale per una fuga.
“Eric, quanto
manca?” chiese con voce profonda e un poco affaticata il Comandante, che correva
dietro all’agile ragazzo, “circa una ventina di chilometri, ma conviene
fermarci, non riesco più a correre…” ansimò il ragazzo con voce roca; per poco
non incespicò in un sasso affiorante dal terreno, ma fu afferrato al volo dal
Fuhrer: “Ehi, tutto bene?” chiese lui, “D’accordo, fermiamoci, ammetto che
nemmeno io riuscirei a muovermi più molto se continuassimo a correre così, e poi
dovremmo aver ormai seminato i cagnacci di Archer.” ridacchiò poi nervosamente,
lasciandosi cadere seduto sull’erba soffice e bagnata di rugiada mentre il bruno
si distendeva sulla nuda terra.
Era stanco, si
vedeva, e il braccio gli doleva più di prima.
Provò a muoverlo
piano, ma il dolore era davvero insopportabile; si lasciò scappare un gemito,
che fu subito udito dal suo giovane compagno: “Cosa ha?” chiese preoccupato lui,
rizzandosi seduto e avvicinandosi a gattoni, “N..Nulla..” riuscì a dire, tra le
scosse di dolore, tenendosi l’arto ferito al petto, “non dica cavolate e mi
faccia vedere.” affermò il giovane con voce
dura.
Riluttante, il
Comandante stese l’avambraccio, grugnendo dal dolore; il ragazzo prese da tasca
un accendino: una debole luce si diffuse attorno a loro, rischiarando il braccio
reso vermiglio dal sangue che scorreva piano ma continuamente dalla ferita sulla
spalla. Il ragazzo strabuzzò gli occhi, guardandolo poi severo: “Lei è pazzo!
Sarebbe arrivato morto dai suoi uomini!” sbottò furibondo Eric, strappandosi un
lembo della camicia e fasciandogli la ferita, “Fatto, ora il sangue non dovrebbe
più uscire, ma dobbiamo sbrigarci, se hanno liberato i molossi, sentiranno
l’odore del sangue da lontano e ci saranno addosso in un baleno.” affermò con
aria seria il bruno, rialzandosi, “Ce la fa?” chiese poi con tono preoccupato,
tendendogli una mano; Roy annuì e la afferrò, mettendosi in
piedi.
“Certo, che
credi? Non sono così debole, sai? E poi, se non tornassi indietro, un certo mio
sottoposto me la farebbe pagare una volta raggiuntomi nell’aldilà e non penso di
avere voglia di finire in un posto così poco salubre per la mia salute.”
ironizzò lui, scuotendosi la polvere dai
vestiti.
I due ripresero
la loro corsa verso Est, sicuri di giungere presto a
destinazione.
“Siamo quasi
arrivati… Kami, ti prego… Fammelo
rincontrare…”.
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Tutte le luci
erano accese sull’Amestris.
Il treno era
fermo presso l’immensa pianura, a poca distanza dal bosco; oltre di esso c’era
il sanatorio, ormai ridotto a un cumulo di macerie fumanti e
roventi.
Erano passate
ormai parecchie ore.
Dopo aver
condotto i due giovani a bordo e aver prestato loro le prime cure, un team
capitanato da Greed era tornato presso le rovine per spegnere l’immenso rogo e
impedire che pure la foresta si trasformasse in un
inferno.
Ora, Ed e Envy
riposavano tranquilli, sotto l’occhio vigile di Lust e Hughes, Pride e i pochi
rimasti a bordo erano nelle loro stanze a riposare mentre Riza, per nulla stanca
malgrado le ferite e le escoriazioni, montava la guardia fuori col piccolo
Hayate.
La notte era
tranquilla e silenziosa.
L’orologio a muro
segnava le tre.
I due amici erano
distesi sui divani, uno accanto all’altro; Lust sfiorò leggermente la fronte del
fratellino, trattenendo a stento un singhiozzo: “Si sono salvati per un pelo…”
constatò malinconicamente la mora, “Questa avventura sta logorando tremendamente
il loro fisico, sono esausti, non so quanto ancora potranno resistere.” disse
senza emozione, aveva lo sguardo triste e
stanco.
Il tenente
colonnello le fu accanto, cingendole le spalle con un braccio: “Fatti coraggio
Lust-chan, sono ragazzi forti e poi, non vorrebbero vederti piangere. Vedrai che
dopo una buona dormita staranno meglio.” la rassicurò fiducioso Maes,
sistemandosi gli occhiali, “Sono solo dei ragazzi… Chi può volere male in questo
modo a Ed e al Fuhrer…?” sussurrò la mora, carezzando le guance scarne del
Fullmetal, solcate da lacrime, “Chi può odiarli a tal punto?” si chiese lei,
stremata.
Maes non disse
nulla e spostò lo sguardo sui due giovani, mordendosi il labbro inferiore: Ed
aveva il corpo pieno di fasciature e bruciature sparse qua e là, ma non era in
pericolo e neppure Envy, benché le sue ferite fossero più numerose, ma tutti
loro temevano le conseguenze psicologiche, più che quelle fisiche, che
quell’avventura portava con sé.
I due erano
scampati alla morte troppe volte, i loro organismi erano troppo debilitati per
poter proseguire in quella maniera.
Il moro strinse i
pugni, voleva bene ai due ragazzi, come se fossero suoi figli, li adorava al
pari di Elycia e anche Al, il minore degli Elric, rimasto a Central City, ad
attendere il loro ritorno.
“Mi spieghi una
cosa?” chiese lui in quel momento, guardandola fisso, “Si, se posso..” replicò
la ragazza, asciugandosi gli occhi, “Quella luce che Pride e Greed hanno emanato
dalle mani, cosa era?” domandò serio, “Sembrava
alchimia.”.
Lust sorrise:
“Infatti È alchimia, alchimia medica per l’esattezza. Pride e Greed erano
alchimisti medici durante la
guerra, il loro operato era segreto, erano una specie di ombra delle truppe
d’assalto, all’occorrenza, sapevano impiegare l’alchimia anche in battaglia,
erano due alchimisti di stato-ombra, agivano di nascosto e sotto copertura… Dopo
il congedo, sono diventati commessi viaggiatori, avevano solo 19 anni quando
sono partiti per Ishbar, e Envy poco meno di 9, è stata davvero difficile per
me...” parlò la ragazza, “Ma scusa, quanti anni avete?” chiese stupito il
tenente colonnello, “Abbiamo 32 anni esatti, compiuti quest’estate, perché?”
chiese la ragazza, “Ve ne davo molto meno, almeno una decina!” esclamò
stupefatto Maes; Lust scoppiò a ridere, la sua risata era davvero incantevole,
“Davvero? Lo dicono tutti!” gioì allegra la
mora.
Maes chinò
nuovamente il capo, il suo sguardo si posò nuovamente sui due ragazzi e i sensi
di colpa lo attanagliarono nuovamente, avrebbe dovuto difenderli, impedire
quella situazione orrenda.
Era lui il più
alto in grado in quel momento, a lui toccava la difesa del gruppo e dei
feriti.
A lui toccava
mostrarsi forte e sicuro per tutti, per infondere loro
speranza.
Ma nemmeno lui,
ormai, aveva più la forza per farlo.
Era un debole, e
i deboli soccombono in battaglia.
Non sarebbe mai
riuscito a salvare Roy.
Non sarebbe mai
riuscito a ripagare il suo debito.
Il debito di
sangue che lo legava a Roy dai tempi di Ishbar.
FLASHBACK
Attorno a loro,
le bombe esplodevano feroci, la sabbia sembrava volerlo inghiottire a ogni
passo.
Ma ciononostante,
il soldato continuò ad avanzare, tenendo sulle spalle un
commilitone.
Erano entrambi
feriti, colui che camminava anche piuttosto
gravemente.
Traversò con
lentezza esasperante le trincee, cercando di tenersi il più basso possibile per
proteggere il compagno incosciente che teneva sulle
spalle.
Qualche istante
dopo, si fermò presso una rientranza abbastanza ampia da permettergli di star
seduto e protetto; poggiò il corpo esanime dell’altro soldato a terra e afferrò
la borraccia, cercando di fargli bere qualche sorso: “Su, Maes, non mi vorrai
morire qui, razza di idiota! Guarda che c’è Glacier che ti aspetta, non la vuoi
incontrare?” affermò, cercando di tenere un tono allegro il più possibile; il
ferito gorgogliò e ingoiò quelle poche stille d’acqua, puntando un occhio
furbetto ma stanco sull’amico: “F..Fossi scemo… Non P…Posso morire qui… Devo
mantenere la promessa, no?” sorrise lui, tossendo subito
dopo.
Il moro sorrise,
rimise via la borraccia e se lo ricaricò in spalla: “Allora sbrighiamoci,
dobbiamo fare ancora parecchia strada… Resisti, ti porto al
sicuro…”.
FINE FLASHBACK
Se non fosse
stato per Roy, quel giorno, lui sarebbe morto, fatto a pezzi da un Ishbariano
folle di rabbia.
Se non fosse
stato per Roy, che lo aveva seguito senza farsi notare, lui sarebbe morto in
quell’orrendo deserto, sommerso dalla sabbia senza
tempo.
Doveva solo
ringraziare il suo migliore amico.
Glielo doveva,
doveva fare l’impossibile per lui.
Dopotutto, era il
suo Fuhrer, no? Il suo pazzo migliore amico.
E
poi…
C’era
Ed.
Maes sapeva
quanto stava soffrendo, gli voleva bene e non sopportava di vederlo così; doveva
aiutarlo a ogni costo.
In
fondo…
Era o non era
come un figlio per lui?
Il moro era
talmente preso dai suoi pensieri che non si era nemmeno accorto del risveglio
dei due giovani, che lo fissavano confusi e
preoccupati.
Lust fece loro
segno di stare in silenzio: “Come state?” chiese lei, sollevata, “Meglio,
decisamente… Dove sono tutti??” chiese apprensivo il biondo, “Non preoccuparti,
stanno riposando, mentre Riza-san è qui fuori di guardia.” spiegò lei
pacatamente.
In quel momento,
si udì un abbaiare feroce e sommesso.
Ed assottigliò
gli occhi, cambiando improvvisamente
espressione.
Quell’abbaiare
non preannunciava nulla di buono.
“Lust… Chiudi le
luci, Envy, va a chiamare gli altri, svelto, qui fuori c’è qualcuno…” soffiò il
biondo, alzandosi in piedi e indossando il mantello che Maes, una volta
risvegliato da Envy, gli porgeva: “Chi pensi sia?” domandò il moro, estraendo
dalla fondina i kunai e sistemandosi gli occhiali, “non lo so, ma intendo
scoprirlo.” sussurrò lui.
In quel momento,
entrarono, silenziosi come gatti, tutti i membri del Mustang Team: “Tutti fuori,
dobbiamo prenderlo vivo.” disse solo, sicuro che i suoi uomini avrebbero
compreso le sue parole; come un sol uomo,
uscirono.
Silenziosamente,
raggiunsero Riza, appostata tra gli arbusti: “C’è qualcuno nella pianura, non ho
visto bene, ma sicuramente sono in due.” spiegò la tenente, sollevata per il
loro arrivo, “D’accordo, mancano ancora alcune ore all’alba, se ci muoviamo,
riusciremo a prenderli di sorpresa senza esporci troppo. Sbrighiamoci, si và
all’attacco!” ordinò il giovane alchimista.
Nessuno osò
contraddirlo.
Edward scoccò
loro un occhiata compiaciuta, poi scattò correndo verso la
piana.
Ognuno di loro lo
seguì, disponendosi poi a ventaglio e convergendo verso il
centro.
La trappola era
pronta.
Ora bisognava
solo aspettare.
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Eric e Roy
continuavano a correre attraverso l’immensa pianura che delimitava il confine
tra Creta e Amestris; mancavano ormai pochi chilometri al sanatorio ed entrambi,
malgrado la fatica, continuavano a correre, erano troppo vicini per potersi
fermare lì.
Eric tremava di
freddo, ma stringeva i denti, doveva condurre il Fuhrer dai suoi uomini, lo
aveva promesso.
Lui, era l’unico
che poteva aiutarlo.
Inconsciamente,
la sua mano si infilò in tasca e andò a stringersi attorno a un lembo di stoffa
vellutata; lo sfiorò coi polpastrelli, socchiudendo gli occhi: “Ti prego,
aspettami… Presto ti ritroverò…” mormorò il ragazzino, mentre una lacrimuccia
scivolava giù dagli occhi, andando a morire tra le labbra serrate, “Ritornerò a
Central, fosse l’ultima cosa che faccio.”.
Improvvisamente,
all’orizzonte, stagliato contro il cielo violetto, scorse una imponente figura
nera.
Erano
arrivati.
Le labbra del
ragazzo si distesero in un sorriso sollevato: “Mustang-sama! Siamo arrivati!”
esclamò lui, voltandosi indietro, “Siamo al sanatorio!” rimarcò; Roy sgranò gli
occhi, il respiro affannato, ma gli si leggeva chiaramente in viso la sua grande
gioia, “Muoviamoci allora!” esclamò lui, aumentando
l’andatura.
Improvvisamente,
Eric udì un gran abbaiare poi vide un gran numero di ombre correre verso di loro
nella pianura ventosa.
Il sangue gli si
gelò nelle vene.
Li avevano
trovati?
Non c’era tempo
per pensare.
Con uno scatto,
afferrò il polso del Comandante e si gettarono entrambi a terra: “Ehi! Che
diavolo fai?” esclamò altero Roy, “Shh, faccia silenzio, forse ci hanno
trovato…” disse con voce tremante, “Delle ombre stanno venendo da questa parte.”
aggiunse.
I pugni di Roy si
strinsero convulsamente, no, non era possibile, erano così
vicini.
“Dobbiamo
affrontarli, non possiamo fermarci. E se li avessero presi prigionieri?” chiese
ansiosamente, “Non lo so, potrebbe essere…” rifletté il giovane; Roy scrollò il
capo, scrutando tra i fili d’erba, si stavano
avvicinando.
Non poteva più
aspettare.
Si mise in
ginocchio, il guanto posto sula mano pronto ad attaccare: “Non voglio più
scappare, devo affrontarli, non posso lasciare i miei uomini nelle loro mani. Tu
aspettami qui, mi raccomando, resta nascosto.” affermò lui, guardando dinanzi a
sé, si stavano avvicinando, “Ma… La uccideranno!” bisbigliò il ragazzo,
spaventato, “Non preoccuparti, non moriremo qui, te lo giuro.” Lo rassicurò con
un leggero sorriso, mettendosi in piedi.
Si udì un gran
fragore di passi in corsa, in pochi attimi fu
circondato.
Il Fuhrer
sogghignò, mettendosi in guardia: “Vediamo quello che sapete fare…” mormorò tra
sé e sé.
Un attimo dopo,
scoppiò feroce la battaglia.
Mustang
fronteggiava gli avversari con notevole abilità, buttandoli a terra numerose
volte; questi, però, nonostante i colpi ricevuti, si rialzavano
continuamente.
“Mi stanno
davvero seccando… Non posso perdere tempo a uccidere dei pesci piccoli, devo
sapere come stanno gli altri…” pensò lui, continuando a difendersi;
improvvisamente, come se fosse stato dato un segnale, le ombre fermarono i loro
attacchi, scostandosi rapidamente, si disposero a cerchio attorno a
lui.
Roy si guardò
attorno, scrutandoli attentamente, sembravano in attesa di
qualcosa.
Come un lampo, si
buttò di lato a terra, giusto in tempo per evitare una lancia scagliata contro
di lui, che si infisse nel terreno a qualche millimetro dal suo viso,
graffiandogli leggermente una guancia; senza tanti complimenti, si asciugò il
sangue con la manica e si mise in piedi con agilità, mettendosi in guardia
subito dopo.
La pianura era
silenziosa, l’aria era colma di elettricità, solo il sibilo del vento si udiva,
col suo lento lamento notturno.
Tutto era
immobile, fermo nell’eternità.
All’improvviso,
l’avversario si mosse fulmineo e lo aggredì con rapidità e violenza, era diverso
dagli altri, era freddo e calcolatore, implacabile e preciso, una perfetta
macchina per uccidere. Roy cominciò a sudare freddo, quell’avversario gli stava
dando notevole filo da torcere, era pericoloso, molto pericoloso: “Dannazione,
non posso perdere qui, devo ritornare dai miei uomini, non posso mollare proprio
ora, non adesso che siamo così vicini…” pensò, stringendo i denti; un attimo
dopo, i suoi colpi ripresero vigore e la lotta riprese furibonda più di
prima.
Eric,
rannicchiato a terra, era terrorizzato.
Sentiva il rumore
della battaglia, i lamenti di dolore del Comandante, ma non poteva muoversi, era
circondato dalle misteriose ombre nemiche.
Il ragazzo era
confuso, non sapeva che fare: “Mustang-sama mi ha ordinato di restare qui, ma
non posso permettere che lo facciano a pezzi, è solo contro di loro…” riflettè,
cercando di riprendere il controllo del suo cuore
impazzito.
Lentamente,
strisciò sui gomiti, sino a giungere il più vicino possibile a una delle ombre;
prese un bel respiro, socchiudendo gli occhi, sentiva il suo cuore battergli
forsennatamente nel petto, sembrava dover uscire da un momento
all’altro.
Con uno scatto,
aggredì l’ombra più vicina, buttandola a terra e tramortendola; subito, tutti
gli furono addosso, ma lui riuscì a liberarsene piuttosto rapidamente, con gli
occhi colmi di lacrime, continuò a lottare, ma questi continuavano a rialzarsi e
ad attaccare; liberatosi nuovamente, seppur per pochi istanti, diede libero
sfogo al suo dolore e a tutte le emozioni che celava dentro di sé: “LASCIATE
STARE IL COMANDANTE MUSTANG E I SUOI UOMINI!!! NON VI PERMETTERÒ DI ROVINARE LE
LORO VITE COME AVETE ROVINATO LA MIA!” urlò, mollando un gancio poderoso
all’ombra che lo tratteneva per il colletto della
maglia.
A quell’urlo,
tutti si fermarono, come paralizzati.
Sulla pianura,
cadde un silenzio glaciale.
Roy, buttato a
terra dal suo avversario e rimasto supino e ansante sulla terra bagnata, fu
sollevato da braccia sconosciute, mentre, con la coda dell’occhio, vedeva il
misterioso sfidante accasciarsi a terra, subito soccorso da un altro compagno:
“Roy, sei proprio tu?” pigolò timidamente la voce, una voce terribilmente
familiare; il moro annuì e schioccò le dita, illuminando fiocamente tutto
attorno con il suo fuoco alchemico.
Il primo volto
che vide fu quello di Maes, che lo sorreggeva da terra, gli occhi stanchi e
lucidi.
Poi, spostò
l’attenzione sugli altri, vide Havoc, Kain, Falman, Breda… I suoi fedelissimi
compagni.
Vide Riza, che
teneva Eric in custodia, e due giovani che non aveva mai visto ma che
assomigliavano terribilmente a Envy e Lust.
Poi, si voltò
verso il suo avversario, il cuore gli batteva forte nel
petto.
E lo
vide.
Era tenuto
saldamente per la vita dal moro investigatore, le gambe gli tremavano, il viso
ferito e graffiato, gli occhi, prima stanchi e spenti, ora colmi di una nuova
luce e di speranza.
Restarono in
silenzio per qualche, lunghissimo istante.
“ROYYYYYYYYYYYYY!”
L’urlo di Edward
ruppe quel silenzio gravido di attesa, si divincolò dalla presa di Envy,
incespicando e rischiando di cadere; fu afferrato al volo dal moro ed entrambi
caddero all’indietro nell’erba, il minore che stringeva faticosamente le sue
braccia attorno alla vita del maggiore, piangendo irrefrenabilmente sul suo
petto: “Shh… Non piangere… va tutto bene, è tutto finito…” sussurrò,
carezzandogli la schiena per tranquillizzarlo, “Ehi, scusami, ti ho fatto tanto
male?” chiese dolce, godendosi quel contatto che gli era mancato così tanto,
“N..No.. Non importa… Sigh… Ho avuto paura, tanta paura di averti perso… Sigh…”
pianse, sempre accoccolato sul petto del maggiore, sembrava solo un bambino
bisognoso di affetto e certezze dopo un brutto incubo, stava sfogando tutto il
dolore che si era tenuto dentro per quei lunghi e tremendi giorni, “Mi sono
sentito morire, quando sei stato portato via… Non sapevo che fare… Volevo
ritrovarti a ogni costo… Mi sei mancato
tanto…”.
Roy lo strinse
maggiormente, trattenendo a stento una lacrima: “Anche io ho avuto paura… Archer
mi aveva detto che eri morto…” soffiò il moro, era un momento veramente magico,
un momento di parole non dette ma sempre sapute, un momento di affetto, un
momento di luce dopo tanti giorni di buio, “Non riuscivo a non pensarti, avevo
paura di quello che ti avrebbero fatto.”.
Attorno a loro, i
soldati del Team festeggiavano, e che risate e che pianti irrefrenabili di gioia
facevano, saltellavano abbracciati, il piccolo Hayate che correva
forsennatamente attorno a loro abbaiando felice: “Evviva!! Siamo di nuovo tutti
assieme, non ci credo, ditemi che non è un sogno…” piagnucolò Kain, a braccetto
con Breda che improvvisava una danza della vittoria, “Non è un sogno amico, è la
realtà, il nostro Colonnello è finalmente con noi!” esclamò il rosso amico,
abbracciandolo con trasporto.
Falman si
avvicinò ai due ancora distesi a terra e teneramente abbracciati, una lanterna
accesa tenuta saldamente in mano: “Conviene tornare indietro, comincia a esserci
freddo, e sicuramente sarete inseguiti capo, dobbiamo far perdere le vostre
tracce. E poi, quella ferita sul braccio non mi piace, dobbiamo farla vedere a
Lust.” disse con tono serio lui, riportando la calma nel gruppo dopo
quell’attimo di follia gioiosa; dicendo così, spostò la luce sul braccio
dell’uomo, la ferita aveva ripreso a
sanguinare.
Nel vederla, il
moro impallidì, si sentiva debole.
Lo sguardo
cominciò a vacillare e l’equilibrio cominciò a venir
meno.
Rischiò di
scivolare rovinosamente a terra, ma Ed riuscì a impedirlo e lo fece sedere sul
prato, scrutandolo con sguardo preoccupato: “Cosa ti è successo?” chiese
sottovoce, “Nulla di importante, ti spiegherò tutto, ma Vato ha ragione, siamo
inseguiti da parecchie ore… Non è saggio restare qui…” sussurrò debole Roy,
tutte le fatiche della fuga, il dolore della ferita, la perdita di sangue,
cominciavano a farsi sentire.
Ed annuì e,
aiutato da Envy, riuscì a tenerlo dritto: “Forza, torniamo indietro, qui non ti
lascio. Maes, occupati del ragazzo, Riza, tu va in testa. Si ritorna al treno.”
disse il biondo, muovendo passi decisi e
rapidi.
Il cielo
cominciava a farsi sempre più chiaro.
All’orizzonte,
cominciò ad albeggiare.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
WAAAAA!!! CI SONO
RIUSCITAAA!!!!
Ho aggiornato Back a
ridottissima distanza dal precedente aggiornamento!!
SONO UN
DRAGOOO!!!*_*
Ok, perdonatemi lo
sclero, ma ci voleva proprio!
Ahhh, ora mi sento molto
meglio!!
Beh, che dire… NON SONO
PUCCIOLI OLTRE MISURA???
Ok, forse avrei potuto
fare meglio, ma mi riservo alcune scene coccolose per i prossimi capitoli,
perché le coccole non sono finite qui!! (EVVIVA!!! *_* ndEd e
Roy)
Innanzitutto, voglio
dedicare il capitolo ad alcune persone.
A MAMY E PAPY, perché
sono loro i veri protagonisti di questa storia.
A Tata Liry per tutto
quello che ha fatto.
A EMMY, ora Mamechan11,
per il supporto.
A Shikadance, perché la
storia era dedicata a lei.
E VOGLIO ANCHE
RINGRAZIARE TUTTI I MIEI SUPPORTER!!!
ELISETTA, GRAZIE DI
CREDERE IN ME, GRAZIE DI SPRONARMI SEMPRE!.
FLY89, GRAZIE PER I
COMPLIMENTI, NON LI MERITO ^^’’!!
Beh, con ciò ho
concluso.
Back verrà aggiornata il
prima possibile, per un po’ mi dedicherò solo a Mugiwara e ai Figli, quindi Back
resterà per qualche tempo sospesa, ma tornerò!!
GRAZIE A TUTTI, VI
ADORO!!!
SHUN DI
ANDROMEDA
PS: IN CASO DI ERRORI,
CONTATTATEMI!!
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Capitolo 11 *** DIMMI CHE MI AMI ***
CAPITOLO 10
DIMMI CHE MI AMI
Ed annuì e,
aiutato da Envy, riuscì a tenerlo dritto: “Forza, torniamo indietro, qui non ti
lascio. Maes, occupati di Eric, Riza, tu va in testa. Si ritorna al treno.”
disse il biondo, muovendo passi decisi e
rapidi.
Il cielo
cominciava a farsi sempre più chiaro.
All’orizzonte,
cominciò ad albeggiare.
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“ALLORA?! LI AVETE
TROVATI?”.
La voce furibonda
di Archer riecheggiò minacciosa nella grande grotta debolmente
illuminata.
L’ex tenente
colonnello dell’Esercito di Amestris era
furioso.
Non solo un
prigioniero era riuscito a fuggire, ma uno dei suoi subalterni, uno dei suoi
uomini migliori, lo aveva aiutato.
Lo sguardo dell’ex
ufficiale si spostò sulla figura tremante ritta davanti a lui, uno dei capi
della squadra di ricognizione era venuto a fare rapporto: “M.. Mi dispiace, ma
ci sono sfuggiti, sono riusciti a
seminarci…” ammise con un filo di voce.
Un istante dopo,
un urlo disumano da far raggelare il sangue rimbombò tutto attorno, e l’uomo fu
avvolto da fiamme altissime, quasi non si distinguevano le sue membra,
avviluppato com’era dalle lingue di fuoco; la figura barcollò per un momento,
prima di cadere a terra, tra gli spasmi muscolari e i sommessi singhiozzi: “Sei
un incapace.” ringhiò Archer, col braccio destro teso in avanti, il busto ritto
e immobile, “Non mi servono nullità nella mia squadra.” concluse, voltando le
spalle al cadavere ormai carbonizzato.
Nell’antro, cadde
un gelido silenzio stupefatto, un silenzio colmo di
paura.
Un fruscio leggero
fece capire all’ex ufficiale che qualcuno stava portando via ciò che restava di
quello che, fino a qualche attimo prima, era uno dei suoi uomini migliori, così
si voltò, puntando i suoi occhi iniettati di sangue sugli individui che si
trovavano nell’antro: “VOGLIO CHE QUEI DUE VENGANO RIPRESI IL PRIMA POSSIBILE!”
sbraitò, liberandosi della pesante mantella che lo celava dagli sguardi
altrui.
Con un moto di
stizza, la gettò a terra, il sibilo dei cuscinetti a sfera si fece più sinistro
e la quantità di vapore che usciva dalle sue giunture non presagiva nulla di
buono.
Nella luce fioca,
i suoi sottoposti videro il suo vero aspetto.
“Questo orrendo
corpo… Sono costretto a vivere come una macchina per colpa di quel bastardo di
Mustang e dei suoi compagni, devono pagare per quello che mi hanno fatto… Devono
pagare.” disse, con voce spaventosamente calma, ritto in piedi in fondo alla
grotta.
“Vi ordino di
battere a tappeto la zona, dovete trovarli!” ordinò lui con voce
furiosa.
Un giovane ragazzo
si fece tremante avanti: “Mi scusi, ma abbiamo ricevuto un messaggio da Ismael,
dal sanatorio.” sussurrò a capo chino, “Cosa succede?” interloquì il capo,
fissandolo con espressione dura, “Ci ha riferito che i nostri nemici sono giunti
sin lì.” rispose lui; “E allora?” incalzò Archer, incrociando le braccia al
petto, “Sono entrati dentro, ma sono riusciti a evitare la trappola di fuoco che
avevamo preparato, a quanto pare si sono impadroniti di una mappa. Ma non è
tutto, Eric era d’accordo con il Fullmetal Alchemist, lui e il Comandante
Mustang hanno raggiunto il sanatorio e si sono ricongiunti agli altri, stanno
venendo qui.” concluse.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Il gruppo si
muoveva rapidamente attraverso l’erba alta, traversando il più rapidamente
possibile la pianura.
Il cielo si era
fatto sempre più chiaro, assumendo una delicata sfumatura rosata con pennellate
d’oro, una leggera brezza sfiorava i loro volti stanchi, all’orizzonte,
l’infuocato disco solare cominciava ad alzarsi superbo, scacciando il buio e
cominciando a dipingere la volta celeste con toni di azzurro intenso al suo
passaggio.
Le nuvole dalle
molteplici forme venivano sospinte dal vento leggiadro, simili a uccelli
eleganti e leggeri.
L’erba si tingeva
di riflessi dorati, e la natura cominciava finalmente a svegliarsi, i predatori
si ritiravano nelle loro tane, i piccoli animali tornavano alle loro
faccende.
Il canto delicato
e piacevole dei primi uccellini allietava il risveglio della vita attorno a
loro.
Roy era sorretto,
semisvenuto, da Edward e Envy, che si trovavano al centro della compatta
squadra, tutti gli altri facevano baluardo attorno a loro, le loro membra erano
tese a reagire a qualunque rumore sospetto; senza incidenti e senza dire una
parola, ormai allo scoperto, riuscirono a guadagnare il ridosso ombroso della
foresta.
Riza
fischiò.
Un istante dopo,
un fischio identico giunse in risposta: “è Lust, la via è libera. Andiamo.”
affermò Riza, facendo un cenno ai compagni; a poca distanza, videro l’Amestris,
coperto dalle fronde dei rami e la mora, che faceva segnali col faro
d’emergenza.
Erano in
salvo.
Il respiro di
tutti si fece più leggero: “Finalmente siamo arrivati…” sospirò sollevato Jean,
dando voce ai pensieri dei compagni, “Hai ragione, ma non possiamo abbassare la
guardia.” lo ammonì Falman, spegnendo la lanterna; il piccolo Hayate cominciò ad
abbaiare, avvertendo la giovane del loro arrivo. Ella li guardò, e il suo volto
si distese in un sorriso sollevato e un poco allegro nel vedere il Fuhrer che,
seppur ormai privo di sensi, era al sicuro accanto a Edward il cui viso tradiva
la gioia e la commozione.
“Sorellina,
parliamo dopo, ora dobbiamo portarlo dentro, è piuttosto malconcio.” intervenne
subito Envy, scorgendo negli occhi della maggiore curiosità e felicità,
“D’accordo, hai ragione tu, ti aiuto io.” annunciò con un sorriso lei; Envy
cercò di staccare delicatamente Roy dalla spalla di Ed, ma il ragazzino oppose
resistenza, puntando i suoi occhioni dorati e malinconici sul suo coetaneo, non
voleva separarsi da lui, “Calma, ci pensiamo noi, ti fidi di me, amico?” cercò
di tranquillizzarlo il moro, Ed annuì, lasciando la ferma presa che aveva sul
fianco del Comandante e fissandolo intensamente mentre veniva condotto da Lust e
dal fratellino a bordo del treno.
Un istante dopo si
sentì mancare la terra da sotto i piedi, la testa prese a girargli
vorticosamente; barcollando e incespicando, il ragazzo cadde all’indietro ma fu
prontamente preso al volo, mentre una voce preoccupata cercava di rianimarlo:
“Ehi, tutto bene?” gli chiese Jean inquieto, tenendolo praticamente in braccio,
“Coraggio, pure tu hai bisogno di cure e soprattutto di riposo. Saliamo tutti.”
ordinò il tenente, “Ce la faccio da solo…” provò a dire il biondo, “Lasciami..”
ma Jean gli tappò la bocca con la mano, “Non credo proprio.” replicò solo,
conducendolo a bordo e seguito dai colleghi.
Il verso morente
dei gufi annunciò l’arrivo della mattina.
Con gran chiasso e
vociare, i due fratelli distesero Roy sul divanetto, tra le coperte, Jean fece
sedere Ed sulla poltrona accanto; con mano leggera, Lust stracciò la stoffa
della manica della logora divisa che indossava il moro, mettendo a nudo la
ferita profonda e sporca di sangue secco: “Envy, prendi le garze e il
disinfettante. E anche un calmante per Ed, mi sembra parecchio agitato.” chiese
lei, tenendo fermo il braccio del Comandante, “Ok, arrivo.” replicò il
fratellino, dirigendosi verso l’armadietto dei medicinali nel’angolo della
stanzetta.
Nel frattempo, il
biondino si era un poco ripreso e, sportosi, carezzava il pallido viso del suo
ritrovato Fuhrer, nei suoi occhi si leggeva l’ansia: “Non preoccuparti, adesso
starà meglio.” lo rassicurò Lust con un sorriso incoraggiante, “Eccomi
sorellina!” annunciò Envy, consegnando alla ragazza ciò che aveva chiesto e
affidando, non visto, la corta siringa a Jean, “Ecco, questo lo terrà quieto per
un po’.” gli sussurrò il moro; il biondo alchimista, in quel momento, si lasciò
scivolare sulla poltrona, aveva il respiro corto e accelerato, gli occhi
socchiusi e la fronte imperlata di sudore.
Il tenente studiò
con occhio critico lo strumento consegnatogli, non era
sicuro.
“Non preoccuparti,
è un semplice calmante, lo rilasserà un poco, ne ha davvero bisogno.” spiegò
Envy, voltandosi verso la sorella e chinandosi sul braccio di Roy; con un
sospiro, Havoc fece un cenno a Kain, che tenne fermo il braccio del compagno
mentre la corta punta aguzza scomparve sotto la pelle del più giovane, che ebbe
un sussulto leggero: “Ecco, fatto, ora sta tranquillo per un po’, d’accordo?”
gli sussurrò l’amico, coprendolo con una delle pesante
coperte.
Ed annuì e si
appisolò un poco, gli occhi segnati da tanti giorni di paura e veglia si
chiusero, finalmente rilassati.
Hughes affidò Eric
a Riza e Falman, e si sedette sul bracciolo della poltrona, sorvegliando
attentamente ora il Fullmetal Alchemist ora il suo migliore amico, aveva gli
occhi lucidi, finalmente era tutto finito: la mora stava terminando in quel
momento di fasciare strettamente la spalla del ferito, “Ha un poco di febbre,
conviene lasciarlo riposare, come sta Edward?” domandò lei, asciugandosi le mani
con un canovaccio, “Abbastanza bene, e Roy?”, la voce stanca del giovane giunse
in risposta alla più anziana, “Adesso sta riposando, perché non dormi un po’
anche tu? Ti chiamo io quando si sveglia.” propose lei, ma l’alchimista scosse
il capo, “No, voglio stare con lui…” sussurrò con tono sofferente e con gli
occhi imploranti, cercando di alzarsi in piedi; Envy sospirò, e lo prese per la
vita, facendolo sedere sul divano e facendo poggiare la testa del Comandante
sulle sue gambe, “E ora, riposa un po’, sono stato chiaro?” interloquì
l’investigatore, “Altrimenti ti costringo a
letto.”.
Ed annuì e si
accoccolò maggiormente al moro, socchiudendo gli occhi e cadendo finalmente
addormentato.
In silenzio, Pride
e Greed si avvicinarono al fratello più giovane: “Che facciamo?” chiese il
maggiore sottovoce, “Nulla per ora. Sono ancora attivate le barriere, per oggi
resteremo qui; voi cosa ne dite?” si rivolse Envy ai militari, “Concordo con te,
siamo esausti e abbiamo bisogno di dormire, tutti quanti.” affermò autorevole
Hughes, esaminando poi Eric con occhio critico, “Direi che anche tu hai bisogno
di riposare, se vuoi puoi stare nella stanza di Ed, tanto lui ormai resta qui in
salotto.” sorrise il tenente colonnello, levandosi la giubba e buttandola in
malo modo sulla poltrona.
Eric annuì:
“Grazie... Vi fidate di me anche dopo quello che ho fatto?” chiese in un
sussurro appena udibile il ragazzo, “Se Ed si fida, perché noi non dovremmo? E
poi, hai riportato qui Roy e ci hai indicato la strada da seguire, direi che di
te ci si può fidare.” concluse il tenente colonnello, “Forza, fila a riposare,
ci sarà tempo per le spiegazioni che dovrete darci.”disse con decisione il moro,
spingendolo verso la porta, “Un attimo, e il Comandante?” intervenne il bruno,
“Non preoccuparti, Pride resterà di guardia, si occuperà lui dei nostri due
feriti!” lo tranquillizzò l’occhialuto.
Eric fece un cenno
di assenso, fissando intensamente Maes.
C’era qualcosa di
familiare nei suoi tratti.
Ne era
sicuro.
“Ehi, perché mi
guardi in quel modo? Ho qualcosa in faccia?”.
La voce curiosa
del tenente colonnello scosse il ragazzo, che chinò all’istante la testa,
imbarazzato, gli zigomi delicatamente imporporati: “N..No, non è nulla... Mi
scusi...” mormorò lui, inoltrandosi nel corridoio dietro a
Envy.
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Quando il
Fullmetal Alchemist cominciò a riprendersi, era ormai
sera.
Al suo risveglio,
si stupì di trovarsi al buio; frastornato, si mise seduto, udiva come un debole
ronzio proveniente da fuori.
Era da
solo.
Si trovava ancora
nel salottino.
I ricordi
dell’accaduto riaffiorarono prepotentemente, e anche il pensiero di Roy ferito e
svenuto, doveva sapere, doveva sapere se stava
bene.
Cercando di
mantenere l’equilibrio, si mise in piedi, muovendo qualche passo verso la porta,
la testa pulsava terribilmente; un brivido di freddo lo colse
improvvisamente.
Il ragazzo si
guardò attorno e, alla pallida luce della luna che pian piano si alzava nel
cielo, scorse una coperta buttata malamente a terra; la afferrò senza tanti
complimenti e se la drappeggiò addosso: a piedi nudi, aprì la porta e uscì nel
corridoio debolmente illuminato dalle lampade, tutta quella luce gli ferì gli
occhi, ma ciononostante proseguì deciso, seguendo quello strano ronzio che
proveniva dalla sala di pranzo, nessuno si vedeva in
giro.
Si guardò attorno
con aria circospetta e si accorse che il treno si stava
muovendo.
A passo lento e
cadenzato, si mosse lungo il corridoio, cercando di non rabbrividire per gli
spifferi che gli si insinuavano sin sotto la pesante coperta che aveva
drappeggiata sul corpo magro e semi nudo: “Dove sono tutti?” mormorò il ragazzo,
tossendo un poco e rabbrividendo; improvvisamente, una voce conosciuta e un poco
preoccupata giunse alle sue orecchie: “Ed, cosa fai in giro? Dovresti essere
ancora a letto.”.
Il ragazzo si
voltò, puntando uno sguardo stanco negli occhi velati di ansia del tenente
Havoc, che veniva dalla parte opposta del corridoio: “Mi sono svegliato e non ho
trovato nessuno... Cough...” si giustificò il ragazzo, stringendosi maggiormente
nella coperta, “Scusaci, hai ragione, ti abbiamo lasciato dormire un po’ di più,
eri veramente stravolto. Vieni di là, qui fa freddo, abbiamo acceso il
caminetto, c’è un bel tepore e Lust ha preparato da mangiare.” gli sorrise lui,
conducendolo verso la sala da pranzo.
Non parlarono
molto durante il breve tragitto, il biondo camminava piano accanto a lui,
tenendo il capo basso mentre Jean gli parlava.
Voleva solo sapere
dove fosse Roy, ma improvvisamente, le forze gli erano venute meno e riusciva a
malapena a tenersi dignitosamente in piedi.
Con malagrazia, il
tenente spalancò la porta della sala
e un piacevole tepore accolse il giovane appena svegliato, accompagnato
da un buon odore di stufato e anche pane appena sfornato; c’erano anche delle
tracce di biscotti nell’aria: “Ehi, ragazzi! Ed si è svegliato!!!” annunciò
trionfale, attirando l’attenzione dei presenti.
Kain e Falman si
rizzarono in piedi dal divano, Breda e Riza alzarono in simultanea la testa e
così Eric e Envy, impegnati in una accesa partita a scacchi mentre le testoline
di Lust, Greed e Pride uscirono dalla cucina: “CIAO AMICO!!! Come stai?” esclamò
il detective, correndogli incontro, “Hai dormito tutto il giorno, eravamo
preoccupati!” esclamò il moro, abbracciandolo; il biondo sorrise appena,
lasciandosi stringere dal coetaneo senza avere nemmeno le forze per ricambiare;
quando si staccò, Ed li guardò avvicinarsi a lui, “Dove è Roy?” chiese con voce
tremula lui, guardandosi attorno.
In quel momento,
qualcuno gli arrivò alle spalle, cingendogli la vita in una forte stretta mentre
i suoi amici intorno se la ghignavano allegramente: “Cercavi qualcuno,
mame-chan?” una voce conosciuta gli sussurrò dolcemente all’orecchio, mentre il
proprietario lo sollevava da terra e lo stringeva forte come un bambino; il
biondo si rigirò nell’abbraccio, incrociando le iridi color del corvo di Roy e
un tremulo sorriso andava a formarsi sul suo viso
pallido.
Il ragazzo affossò
il viso sulla sua spalla coperta da un pesante maglione di lana, picchettandolo
di leggere lacrime e beandosi del suo calore, il giorno prima non avevano potuto
parlare, chiarirsi, ma ora, ora che finalmente erano lì, assieme, non voleva
assolutamente più lasciarlo, voleva sincerarsi che non fosse semplicemente un
sogno.
“Ti prego...”
sussurrò, stringendosi a lui maggiormente, “Ti prego...” ripetè, mentre una
lacrimuccia scendeva lucente, “Parla piccolo..” sussurrò Roy, “Dimmi che mi
ami...” mormorò il biondo, stringendo con i pugni la ruvida stoffa calda
dell’indumento che teneva al caldo il Fuhrer; questo sospirò e lo strinse ancora
a sé, “Ti amo, Edward… Se tu non fossi stato ad aspettarmi, forse avrei mollato
molto prima… Ti amo piccolo…” gli sussurrò all’orecchio il moro,
inginocchiandosi a terra.
Restarono
abbracciati a lungo, beandosi della presenza reciproca, sotto lo sguardo
intenerito dei loro amici, con Ed, così simile a un bambino in quei lunghissimi
e dolci istanti, che cercava di trattenere a stento le lacrime e Roy che
sorrideva, tenendolo a sé.
Era così tenero
quel momento per tutti loro.
Dopo settimane
dure e tremende, finalmente si erano riuniti.
Sembrava come se
la tristezza e il dolore che per troppo avevano regnato incontrastati nel gruppo
non fossero mai esistiti.
“A..Anche io ti
amo… Mi sei mancato tanto, Roy…” mormorò con un pallido sorriso lui, scostandosi
piano e guardandolo dritto in quegli occhi che tanto aveva desiderato
rivedere.
Un leggero colpo
di tosse richiamò la loro attenzione e i loro sguardi si posarono sul viso
falsamente seccato di Maes, che teneva le braccia incrociate sul petto:
“Fidanzatini, non per rovinare questo momento, ma sarebbe pronto da mangiare. Se
volete guarire, vi conviene recuperare le forze, sono stato chiaro? Roy, tu da
chissà quanto non mangi decentemente, sei magro da far paura. O vieni a tavola
oppure ti prendo a calci nel sedere sino a quando non implori pietà!” esclamò
lui, prendendoli per i polsi senza troppe
cerimonie.
Ridendo, i due
finsero di protestare e si ritrovarono seduti a una grande tavolata, a capo
tavola, su un comodo e basso divanetto abbastanza ampio da poterci stare in due:
“È PRONTA LA PAPPA!!” esclamò Envy con un grande sorriso, entrando in quel
momento con una pesante pentola fumante colma di spezzatino e sugo, accompagnato da Lust che portava dei
grossi cesti colmi di pane fragrante e appena sfornato, “Opera del cuoco
indiscusso del gruppo, Envy-chan e del suo fido assistente Kain-kun!!” presentò
la giovane, portando tutto in tavola.
Il moretto
arrossì, chinando il capo e ridendo imbarazzato: “I..Io non ho fatto nulla…”
ridacchiò lui, guadagnandosi una decisa sfregata sul capo con le nocche da
Breda, “Sempre il solito timidone, eh??” lo schernì giocosamente il
rossino.
E così, tra risate
felici, la cena incominciò.
SALVE
A TUTTI!!!!
SHUN è
TORNATA!!!
NON
SIETE CONTENTI!!!??
Beh,
questo capitolo si commenta da sé, no?
Non
sono semplicemente teneri?
Roy e
Edward sono i migliori, li adoro!!!
Beh, è
tardi per me… VADO A NINNA!!!
RINGRAZIO DI CUORE TATA LIRY, MAMY, PAPY, FLY89, EMMY, ELISETTA E
SHIKADANCE!!
Ragazzi, tra poco il nostro viaggio giungerà al
termine..
Vi
mancherò??
UN
BACIONE
SHUN
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Capitolo 12 *** KIMI MONOGATARI ***
CAPITOLO
11
KIMI
MONOGATARI
“Ed, mi passi il pane?”
“Ecco!!”
“Envy-chan, sei un cuoco formidabile!! Kain, saresti da
sposare!!”
“Ma dai, Lust-chan.. non dirmi così, mi metti in
imbarazzo.”.
L’Amestris Express si era fermato presso una stazione di
rifornimento abbandonata lungo la via dell’Ovest così da permettere anche a
Greed e Pride di stare con gli altri.
Ed erano lì, seduti attorno al tavolo, a ridere e scherzare,
parlando del più e del meno, i visi finalmente distesi e fiduciosi, malgrado la
stanchezza e i graffi.
I tre gemelli sedevano al lato più estremo della tavolata, i due
maschi che facevano chiasso col fratellino, mentre la sorella rideva alle
battute di Jean; il resto della truppa faceva onore al capolaoro culinario che
era lo stufato di Envy e Kain, mentre Maes, seduto dall’altro lato della mensa,
cercava di strappare al migiore amico i dettagli
dell’accaduto.
Per tutta risposta, un Roy decisamente seccato, schioccò le dita,
mancandolo per un pelo: “E la prossima volta non sarò così clemente!” ghignò
sadico il Comandante; “Però, signore, dovrebbe comunque raccontare ai suoi
uomini ciò che le è accaduto, anche perchè, se dovrete affrontare il tenente
Archer, dovranno sapere ciò che li aspetta.” affermò Eric, prendendo la parola
per la prima volta quella sera.
“Non.. preoccuparti.. chomp.. chomp... ne parliamo dopo! Ora
godiamoci la cena!” esclamò Breda, con le labbra sporche di
sugo.
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“Ora però devi spiegarci tutto, Royuccio!” esclamò allegro Mes,
una volta terminata la cena e dopo aver
sparecchiato.
L’interpellato annuì e, tenendo Edward sulle gambe, si guardò
attorno, incrociando lo sguardo di Eric, che annuì: “D’accordo, vi racconterò
ogni cosa.” affermò, raccogliendo le idee per qualche istante, “Per
raggiungervi, Eric mi ha aiutato a scappare, abbiamo attraversato la brughera a
ovest e la pianura.” cominciò il militare.
Riza poggiò i gomiti sul tavolo: “Perchè lo hai aiutato? Dopotutto
sei uno degli uomini di Archer.” chiese lei,
seria.
Il ragazzo spostò lo sguardo sulla tenente: “Perchè io non sono
uno dei suoi fedeli cagnolini, io mi sono arruolato per crcare l’unica persona
più simile a un padre che abbia mai avuto, non sono nè mai sarò un suo
tirapiedi.” rispose impassibile, guadagnandosi l’attenzione di
tutti.
Come già era accaduto a Roy e Edward, gli occhi del ragazzo
colpirono molto i militari, così vuoti e
tristi.
“Voglio chiedervi scusa per l’agguato al canyon, non volevo farvi
del male, ma dovevo avvicinare il Fullmetal Alchemist senza che mi scoprissero,
altrimenti non sarei riuscito a far fuggire Mustang-sama.” aggiunse il ventenne;
Hughes si alzò: “ma non hai una famiglia? Qualcuno che si occupi di te?” chiese
il moro, levandosi gli occhiali.
Il bruno scosse il capo: “Mia madre e mio zio, ma non voglio
annoiarvi con la storia della mia vita.”; Jean si accese una sigaretta: “Non
preoccuparti, la notte è lunga. Forza, comincia, magari possiamo aiutarti, è il
minimo per quello che hai fatto.” affermò il
biondo.
Il ragazzo guardò attorno con aria confusa, poi scrollò il capo
con un sospiro: “D’accordo, ma mettetevi comodi, sarà una lunga
storia.”.
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“Sono di Central City, mia madre conobbe mio padre molto giovane,
ma io non lo ho mai conosciuto, perhè ci abbandonò quando scoprì che mia madre
era rimasta incinta. Crebbi con la mamma, che mi tirò su da sola, e mio zio, il
fratello della mamma, che fu come un padre per me. Ero molto piccolo, sì, ma ero
felice, malgrado tutto; volevo molto bene allo zio e volevo intraprendere la
carriera militare per seguire le sue orme, era il mio punto di riferimento, il
mio eroe. Ma poi, un giorno, lui e la mamma litigarono.” narrò
Eric.
“Perchè?” chiese Vato sorpreso, “Lo zio non aveva mai perdonato a
papà di averci abbandonato e voleva cercarlo per obbligarlo a prendersi le sue
responsabilità, ma mamma non voleva, diceva che ormai non aveva più nulla a che
fare con noi. E litigarono violentemente. Tre giorni dopo, ci trasferimmo a East
City, dove restai sino a due anni fa. Una volta raggiunti i diciotto, mi
arruolai, volevo ritrovare lo zio e farli riappacificare; ci affidarono però ad
Archer, che ci portò via come elementi da addestrare come forza speciale di
difesa, così almeno diceva lui, ma erano solo bugie. Ci hanno dati per dispersi
nella grande battaglia dell’Est, ma non abbiamo mai messo piede sul campo di
battaglia.” spiegò Eric, lo sguardo triste e
nostalgico.
Nel vagone c’era un grande silenzio carico di attesa e
domande.
“ Ho sentito parlare della vostra lotta contro Bradley, della
morte del Fullmetal Alchemist e del suo ritorno, Archer era furioso, voleva
vendetta; quando mi ordinò di prendere il comando della squadra per bloccarvi,
io decisi di reagire, non volevo più avere a che fare con lui, e così, aiutai il
Fuhrer a scappare. Ecco, questa è la mia storia.” affermò con tono malinconico
il ragazzo.
Hughes gli cinse le spalle con un braccio: “E tuo zio? Hai saputo
cosa gli sia successo?” chiese, stranamente agitato, “Purtroppo no. Una volta a
East City, chiesi ad alcuni superiori, ma non ricordandomi il nome, non mi hanno
potuto aiutare, e poi, forse è morto a Ishbar, mi sembra che sarebbe dovuto
partire giusto dopo la litigata...” singhiozzò lui, “Scusate, mi fa male
parlarne..” sussurrò, chinando la testa e cominciando a
piangere.
Alle tristi parole di Eric, il Team si zittì cupo, soprattutto Roy
e Riza, sapevano bene quello che significava perdere amici, compagni e anche
familiari sul campo di battaglia, avevano passato l’adolescenza a Ishbar, e le
ferite, a distanza di anni, continuavano a fare
male.
No, non le ferite del corpo, le cicatrici erano ormai guarite da
tempo, ma le ferite dell’animo, quelle non si sarebbero mai rimarginate, avevano
lasciato il loro cuore coi feriti e i morti, il ricordo di quel massacro non
sarebbe mai svanito.
Edward non disse nulla, lui e Eric erano molto simili, anche lui
era orfano, dopotutto, e sapeva cosa voleva dire quella sensazione di
solitudine, si rivedeva in quello sguardo vuoto, e portava anche lui nello
spirito le tracce della guerra, capiva bene quello che stavano provando: strinse
le braccia attorno alla vita del compagno.
Riza si alzò, guardando con affetto il bruno: “Su, non pensiamoci
più, ormai è passato. Ascolta, alcuni di noi erano di stanza a Ishbar in quel
periodo, magari lo abbiamo anche conosciuto, hai qualche elemento che ci
permetta di aiutarti? Che so, un soprannome, anche il cognome va bene.” chiese
accondiscente lei, guardando alternativamente ora Roy ora il tenente
colonnello.
Eric si asciugò le lacrime e i suoi occhi si riempirono di nuova
speranza: “Il nome non lo ricordo, ero troppo piccino, ma io porto lo stesso
cognome della mamma, che è anche quello dello zio.” rispose; Maes sgranò gli
occhi, sentiva lo stomaco in subbuglio, il cuore gli batteva forte. A Roy non
sfuggì lo strano comportamento dell’amico e intuì al volo ciò che stava per
accadere, “Come si chiama tua madre?” intervenne Edward, sporgendosi sul
tavolo.
Eric sorrise triste: “Saori, Saori
Hughes.”.
Un silenzio sbigottito cadde nella sala da pranzo, tutti erano
increduli e guardavano il ventenne con aria
stupefatta.
A quella reazione, il ragazzo fu preso dal panico; si ritrasse
all’indietro, gli occhi spalancati; “Ho detto qualcosa che non va?” chiese
agitato, ma un cenno del Fuhrer lo bloccò, “No, non preoccuparti... Maes...”
aggiunse con un sorriso tremulo.
L’amico annuì debolmente, e frugò febbrilmente tra le pieghe del
colletto della divisa, traendo fuori una sottile catenella d’oro che splendeva
alla luce delle lampade: era un ciondolo a forma di stella, alla chiara
luminescenza risaltava l’incisione in rilievo sulla
superficie.
“SAORI E MAES HUGHES”
Il bruno ebbe un sussulto e passò le dita sulla lucida superficie
metallica; da sotto il colletto trasse un sacchetto vermiglio di velluto e ne
trasse un ciondolo identico, mettendolo accanto all’altro: “La mamma, non ti ha
mai dimenticato... quando mi arruolai, me lo diede come portafortuna.” mormorò
commosso, sentendo le lacrime scivolare piano dagli occhi verdi come il
mare.
Roy finalmente capì, quegli occhi erano uguali a quelli del suo
migliore amico.
Hughes gli passò una mano sulla guancia calda per asciugargliela,
anche lui piangeva: “ora capisco... Tu sei il piccolo Erii... vi ho cercato
tanto, mi siete mancati..” disse con voce rotta, prima di abbracciarlo
forte.
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Un’ora dopo, erano di nuovo in viaggio e l’Amestris Express
correva veloce lungo la pianura.
“Dovremmo arrivare all’alba, noi abbiamo tagliato per il bosco,
quindi ci abbiamo messo meno tempo ma passando per la ferrovia ci vuole di più”
aveva spiegato Eric, quando Greed e Pride gli avevano chiesto delucidazioni sul
percorso da seguire; ora, i tre erano spariti nella locomotiva e il resto del
gruppo si preparava per andare a riposare.
“Envy-chan, ti dispiacerebbe trasferirti?” chiese Lust, con un
pacco di lenzuoli e coperte tra le braccia, “No, certo. Chiederò a Havoc se mi
ospita da lui!” esclamò allegro il ragazzo, già con la sua borsa sottobraccio,
“Sapevo che mi avresti capito, fratellino. Buonanotte!” lo salutò la ragazza,
sparendo nella stanza che divideva con Riza.
Il ragazzo entrò nello scomparto del tenente e lanciò la borsa sul
pavimento: “il vostro superiore mi ha sfrattato, chiedo ospitalità!” rise
lui.
I due occupanti stavano giocando a scacchi: “Fa pure, ti
aspettavamo.” replicò Breda, muovendo un pedone e mangiando la regina
dell’amico, “Scacco matto.”.
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Edward stava sdraiato sul letto, già in pigiama, raggomitolato con
le ginocchia al petto, gli occhi socchiusi e il respiro leggero; lo scomparto
era immerso nella semioscurità, c’era solo una lampada accesa sul
comodino.
Il ragazzo si era addormentato, un tremulo sorriso gli illuminava
il viso pallido e stanco.
In quel momento, la porta del piccolo bagno si aprì e Roy, vestito
con una tuta nera, entrò nella piccola stanza, asciugandosi energicamente i
capelli appena lavati con un canovaccio: “Ed, sei qui?” interloquì sottovoce,
trovandosi davanti il biondino profondamente addormentato; senza dire nulla, il
Comandante spense la luce, si sdraiò accanto a lui e coprì entrambi con una
calda trapunta per poi stringere le braccia attorno alla sua
vita.
Per tutta risposta, il ragazzo si mosse e aprì pigramente un
occhio: “Dormi, non sarà uno scherzo affrontare Archer.” affermò il moro, “Quel
bastardo si pentirà di avermi sfidato..” rise Edward tra gli sbadigli,
abbracciandolo a sua volta.
I due si addormentarono.
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Con uno sbadiglio, Kain mise la testa nel corridoio, tendendo un
orecchio, gli era parso di udire delle risate provenire dalla
biblioteca.
Guardò l’ora, era a malapena l’alba, chi era in piedi oltre a
lui?
Con la tazza del caffè in mano, uscì, muovendo qualche passo verso
la lucida porta rossa poco lontano, aveva ragione: le risate provenivano da lì
dentro.
Senza tante cerimonie, spalancò la porta: “Chi c’è qui?”
chiese.
Su un pavimento ingombro di carte e mappe, c’erano Envy, Ed e
Eric, intenti a giocare a carte.
“Ciao Kain! Vuoi unirti a noi?” propose il
detective.
Il sergente maggiore li guardò stupefatto, la tazza ancora tra le
mani; un istante dopo scoppiò in una sonora risata: “D’accordo ragazzi, ma vi
avverto, quando vincerò, non lamentatevi!!” affermò sornione, poggiandola sul
basso tavolino alla sua destra e accomodandosi sul
tappeto.
In breve, i quattro giovani furono assorbiti interamente dalla
sfida a carte, tra le imprecazioni un poco colorite di Edward quando sbagliava,
le battute di Envy, le litigate scherzose tra i
due.
“EVVIVA!! UN ALTRO PUNTO!!” esultò Eric, battendo il cinque con
Kain; Edward sbuffò seccato: “Uffa, non è giusto!!” brontolò, incrociando le
braccia al petto e buttando le carte per terra.
Il biondo mise su un adorabile broncio, come se fosse stato un
bimbo a cui un ragazzo più grande ha preso il giocattolo o a cui la madre non
vuole comprare il gelato.
Envy gli cinse le spalle con il braccio: “Su, non sei un bambino,
dovresti anche saper perdere!” esclamò l’investigatore sorridendo; per tutta
risposta, Acciaio si volse verso di lui, il viso mortalmente
serio.
Lo prese per il bavero del pigiama, guardandolo fisso negli occhi:
“Chi sarebbe il mocciosetto? Questa me la paghi Envy-chan!!! Oh, se me la
paghi!!!” sbottò, scagliandosi sull’amico con un urlo
belluino.
I due cominciarono a rotolarsi sul tappeto, ingaggiando una lotta
amichevole, come due cuccioli che si litigando un osso, tra le risate di Kain;
“Ehi, ma non dovremmo fermarli?” fece Eric, intimorito da quello scatto, “Non
preoccuparti, scherzano! Non si fanno nulla!” lo rassicurò
Kain.
“Tu sei il mocciosetto!!” continuò il moretto, bloccandolo a terra
per i polsi, “M-O-C-C-I-O-S-E-T-T-O!!” sillabò lentamente il coetaneo, un
ghignetto sadico dipinto sul viso pallido.
“AH SI!!?? ADESSO IL MOCCIOSETTO SI PRENDE UNA BELLA RIVINCITA!!!”
urlò il biondo, afferrando un cuscino dal divano e alzandosi in piedi:
“BANZAI!!” urlò, scagliandosi sull’amico e prendendolo a
cuscinate.
I due continuarono la loro lotta
imperterriti.
Erano talmente presi dalla loro sfida che nessuno dei quattro si
accorse di due sagome sulla soglia della porta, coperte dalla tenda rossa che
celava l’ingresso, poggiati mollemente contro la parete: “Sono due bambini…”
asserì Hughes, infilando le mani in tasca, “e gli altri due non son da meno,
visto che si godono lo spettacolo.” Rise divertito Roy, guardando con dolcezza i
quattro elementi più giovani di quel loro gruppo godersi spensierati quei
momenti di serenità.
Il Comandante si era preoccupato molto, non trovando il giovane
amante accanto a sé al risveglio, non capiva dove
fosse.
Uscito in fretta, si era incontrato, o meglio scontrato, con un
Maes che veniva dalla parte opposta, anche lui alla ricerca di
qualcuno.
Nella fattispecie, di Eric.
Quando però li avevano trovati, tutta l’ansia era scemata nel
vederli così tranquilli e allegri, era uno spettacolo davvero bello a
vedersi.
Maes sospirò e scoccò uno sguardo addolcito al proprio migliore
amico, sorrideva: “Forza! Andiamo a far colazione, quando avranno fame, ci
raggiungeranno.”
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Sotto una pioggia battente e un forte vento, mentre il cielo si
riempiva rapidamente di cupe nubi, l’Amestris si fermò a ridosso di una fitta
brughiera.
Era circa mezzogiorno.
“Ecco, siamo arrivati, oltre quegli alberi c’è l’accesso alle
prigioni sotterranee.” affermò Eric, affacciandosi dal
finestrino.
Roy annuì e si mise gli
stivaletti.
Si era cambiato poco dopo colazione, e aveva indossato una divisa
pulita tra quelle che aveva portato dietro
Jean.
La squadra era pronta a partire.
Edward sospirò: “Ok, io vado allora.” Affermò il biondo, già sulla
soglia della porta, pronto a scendere, “Voi aspettatemi qui, torno presto.”
aggiunse il ragazzo; Riza afferrò una pistola e gliela lanciò al volo,
“Prendila, ti servirà. Vedi di tornare tutto intero, d’accordo?” lo rimbeccò
lei, seduta sul divanetto con Hayate in grembo.
Ed soppesò l’arma tra le dita, li fissò con un sorriso e la mise
nella fondina: “Certo! Massimo un’ora e sono di nuovo qui! A dopo!” esclamò e si
gettò fuori dal treno.
Si stava ormai avviando verso la cupa brughiera quando una voce
divertita lo richiamò: “Non scordi nulla, mame-chan?” lo sfotté quella irritante
vocina; lui si voltò, trovandosi davanti Roy, sportosi dal finestrino, tra le
mani, teneva una giacca, “Mettiti questa, se non vuoi ammalarti.” disse,
squadrando con occhio critico la sua canotta nera e i suoi pantaloni di pelle;
senza attendere una risposta, gliela lanciò.
Acciaio la afferrò al volo indossandola, era piuttosto
pesante.
“Non sperare che ti ringrazi, colonnello di merda.” soffiò il più
giovane, incamminandosi nel folto della
foresta.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Quel luogo era cupo e spaventoso.
Buio, nonostante fosse giorno avanzato, la scarsa luce impediva a
Edward di avere un quadro completo della zona; camminava lentamente, la pistola
saldamente in mano e pronta a far fuoco.
Quel posto non gli piaceva per
niente.
Sentiva puzza di trappola lontano un
miglio.
“è da un pezzo che cammino, mi sembra strano che non ci siano
guardie..” sussurrò tra sé e sé, stringendo maggiormente il calcio
dell’arma.
Fruscii e strani rumori attorno a lui contribuivano a renderlo più
nervoso.
Improvvisamente, da dietro una grossa quercia, saltò fuori una
sagoma buia, che gli sbarrò la strada, gli puntava addosso una pistola a canna
lunga.
“Ma bene, allora il moccioso si è salvato!” esclamò con tono
cattivo, “Ma non per molto.” sogghignò.
Fu un attimo e nella foresta risuonarono due
spari.
SERA!!!
Come?
Sono cattiva?
LO
SO!!
E
certo, perché secondo voi non mi sarei fermata??
Eh
no, cari miei!
Visto
che il prossimo sarà l’ultimo capitolo, o almeno penso, voglio farvi penare fino
all’ultimo!!
Carogna
una volta, carogna per sempre!!
RINGRAZIO
DI CUORE MAMECHAN11, FLY89 E LIRY-CHAN!!!
RINGRAZIO
ANCHE LA MIA TSUKICHAN PER L’AIUTO E TUTTI COLORO CHE HANNO SOLO
LETTO.
UN
BACIONE
SHUN
|
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Capitolo 13 *** THE LAST FIGHT BEGINS! ***
CAPITOLO
12
THE
LAST FIGHT BEGINS!
Fu un attimo e nella
foresta risuonarono due spari.
Per un istante, cadde
un silenzio glaciale sull’Amestris.
Nessuno riusciva a
dire alcunchè.
Quei due spari erano
un cattivo presagio.
Un secondo dopo, Envy
si slanciò al finestrino, sbilanciandosi fuori, il suo sguardo era più che
eloquente.
“Hanno sparato a
Edward!!” urlò con voce incrinata, dando voce ai pensieri di
tutti.
Uno stormo di corvi si
levò gracchiando lugubramente, in lontananza si udirono dei
tuoni.
Il vento ululava
sempre più forte tra le fronde degli alberi, sembrava quasi che fossero gli
alberi stessi a lamentarsi, addolorati.
Nessuno
parlava.
Nessuno si
muoveva.
La pioggia picchettava
fastidiosamente sui vetri, ed era l’unico suono che sembrava alleggerire un poco
il repentino silenzio che era calato di colpo sul
treno.
Pride e Greed erano in
piedi, immobili come statue, stupefatti.
Improvvisamente, il
piccolo Hayate, che era rimasto sino a quel momento tra le braccia della bionda
tenente, balzò al suolo, abbaiando furiosamente; con agilità, balzò fuori dal
finestrino aperto.
L’abbaiare furioso del
cucciolo sembrò scuotere i membri del Mustang Team dal loro torpore; Maes scoccò
uno sguardo vacuo all’indirizzo del Comandante Supremo, l’uomo teneva gli occhi
chiusi, la testa mollemente poggiata sul palmo, puntellandosi sul bracciolo
della poltrona col gomito.
Non si era minimamente
mosso.
L’abbaiare del
cucciolo si fece più acuto, e il piccolo animale spiccò una corsa verso la
macchia oscura e tenebrosa; un rumore di passi veloci si avvicinava a
loro.
Non c’era tempo per
pensare.
I militari estrassero
le pistole e seguirono Envy, che si era già portato fuori, lo sguardo del moro
ragazzo era colmo di gelida furia, gli occhi ridotti come a
fessure.
Si disposero a
ventaglio, pronti a reagire a qualunque attacco.
Un rumore di rami
spezzati indicò loro la posizione del nemico: “è vicino...” soffiò Greed, gli
occhi neri saettavano all’impazzata qua e là, il cuore di tutti batteva
forsennatamente nel petto.
L’adrenalina scorreva
veloce nelle vene, mischiandosi al sangue.
Un fruscio di foglie
giunse alle loro orecchie, assieme a uno strano lamento e a una voce seccata:
“Piantala di lamentarti così, brutto bastardo. E ringrazia che non ti ho fatto
fuori perchè ci servi, altrimenti te l’avrei fatta pagare per tutto!” imprecò
qualcuno; il piccolo Black Hayate cominciò a scondinzolare e corse a ridosso
della foresta, saltellando gioioso attorno a una figura maschile dai lunghi
capelli biondi, che trascinava per una gamba un tipo dall’aria poco
raccomandabile strettamente legato e imbavagliato, gli occhi dorati attraversati
da un lampo di rabbia.
I lunghi pantaloni
neri erano stracciati all’altezza delle ginocchia, l’automail leggermente
graffiato, così come l’altro ginocchio e parte del braccio di
carne.
Un rivoletto di sangue
scendeva dallo zigomo, malgrado il ragazzo continuasse a pulirsi con la manica:
“Maledetto bastardo, ti insegno io a sparare a tradimento.” sbottò, lanciandolo
sul terreno davanti a lui come un sacco.
Il Mustang Team non
credeva ai propri occhi; ancora con le pistole puntate, assistettero increduli
alla scena, non sapendo assolutamente cosa pensare.
Sentimenti
contrastanti di gioia e preoccupazione albergavano in
loro.
“Ehi, Edward.
Finalmente, ce ne hai messo di tempo.”.
La voce divertita del
Comandante fece voltare in simultanea tutti quanti.
Roy era mollemente
poggiato allo stipite d’ingresso, le braccia incrociate al petto, lo stivale
sinistro poggiato contro il polpaccio destro, fissava con aria saputa il giovane
amante ritto davanti a lui; senza dire nulla, il biondo si avvicinò, levandosi
lentamente la giacca che indossava, un vistoso buco all’altezza del
cuore.
La pioggia gli
inzuppava ben bene i capelli, gocciolanti.
Senza tante cerimonie,
la gettò nella polvere, un ghignetto dipinto sul viso: “Sono incappato in un
imprevisto, ma ne sono uscito.” replicò lui, incrociando le braccia al petto, “E
ora, abbiamo anche un ostaggio.”.
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KNOCK
KNOCK.
Alphonse alzò la testa
dalla sua scrivania ingombra di carte: “Avanti!” esclamò, poggiando il pacco di
carte che stava consultando.
La porta dell’ufficio
si aprì cigolando e una ragazza dai folti capelli rosso brace un paio di spessi
occhiali fece il suo ingresso: “Ciao, Al-kun..” salutò debolmente lei,
chiudendosi la porta alle spalle, “Oh, ciao Sheska-san... Qualche notizia?”
chiese lui, sbadigliando, “Per ora ancora nulla. Una squadra è stata mandata
all’Ovest e all’Est, la guarnigione di stanza al Passo Limes ha effettivamente
registrato il passaggio di un treno sulla vecchia linea militare dell’Ovest, si
stavano dirigendo verso Creta, ma risale a circa tre settimane fa e ci vorrà
ancora del tempo prima che vi giungano.” parlò lei, tormentandosi le
dita.
Nell’ufficio cadde uno
spiacevole silenzio.
Al e la giovane si
guardavano negli occhi.
“Secondo te... Stanno
bene?” pigolò debolmente lei, tenendo lo sguardo improvvisamente
basso.
“Stanno bene, ne sono
sicuro. Il fratellone, il Comandante e gli altri sanno cavarsela in ogni
situazione, non dobbiamo preoccuparci. Piuttosto, dobbiamo capire chi diavolo ci
sia dietro a questa storia” affermò serio il biondo, tornando al lavoro,
“Sicuramente qualcuno che ce l’ha particolarmente con Ed e il Comandante.”
aggiunse Sheska, sedendosi accanto a lui e gettando un occhio sulle sue carte,
“Giusto, e deve essere una figura discretamente acuta, con un buon cervello.”
concluse il ragazzo, “se è riuscito a rapire il Comandante a South City, doveva
avere qualcuno che li spiava...” riflettè il ragazzo.
Le sue parole diedero
l’illuminazione alla ragazza: “Alphonse, sbaglio o Mustang-sama è stato rapito
mentre andava all’ospedale?” incalzò lei, “Si, andava a raggiungere gli altri
che erano lì col niisan ricoverato.” rispose il ragazzo, era confuso, non capiva
cosa volesse dire la collega.
La rossa sospirò,
ravvivandosi i capelli: “E perchè Edward era ricoverato all’ospedale militare di
South City?” continuò lei, le tremavano le mani, “Perchè era stato aggredito
da...” e Alphonse Elric, in quel momento, capì, comprese ciò che Sheska cercava
di dirgli.
Con gli occhi sgranati
dallo stupore, si rizzò in piedi: “Vuoi dire che Ed-niisan è stato ferito di
proposito per attirare il Fuhrer al Sud?!” interloquì il
biondo.
La ragazza annuì: “Ne
sono certa. Qualcuno sapeva che sia Envy che Ed erano a South City, e ne ha
approfittato per occuparsi di Ed e fare in modo che il nostro amico lo trovi! Fa
tutto parte del piano!!” concluse lei, stringendo i pugni, “Gli altri sono in
serio pericolo.” affermò, socchiudendo gli occhi.
Al si lasciò cadere
sulla sedia, abbandonandosi contro lo schienale.
Non riusciva a
crederci.
Chi mai poteva aver
architettato un piano così astuto e subdolo?
Chi mai poteva odiarli
a tal punto?
L’Elric minore
incrociò le mani davanti al volto, riflettendo sulle possibilità che gli si
prospettavano: “una persona di discreta intelligenza, che odia profondamente sia
il fratellone che Roy-san per
qualche ragione, deve anche avere qualche rapporto con l’Esercito, altrimenti
non avrebbe potuto architettare tutto questo.”.
Nell’ufficio regnava
un riflessivo silenzio.
Silenzio che venne
rotto dal rompersi di un posacenere di maiolica infrantosi sul
pavimento.
Al alzò di scatto la
testa, trovandosi davanti il viso di Sheska, trasfigurato in una smorfia di
orrore e meraviglia; la ragazza guardava fisso un foglio, le mani davanti alla
bocca semiaperta: “Al... Guarda qui...” sussurrò lei; lui prese in mano il
foglio e lo lesse rapidamente.
La medesima
espressione andò a formarsi sul suo viso.
Sbattè un pugno sulla
scrivania con violenza: “Bastardo...” mormorò il ragazzo, tremava, “Sheska, va a
chiamare Danny e Maria, e preparatevi a partire. Contatta Armstrong-dono e digli
di venire subito qui, è urgente!!” esclamò lui, afferrando il
telefono.
“Al-kun, hai capito?
Sai chi è stato?” chiese con voce sottile.
Al la guardò, gli
occhi colmi di furia e dolore: “Purtroppo si... è Archer, ho ragione? Quel
bastardo di Frank Archer...”.
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Edward era seduto sul
divano, gli stivali buttati malamente in un angolo, asciugandosi con forza i
capelli con uno strofinaccio; attorno a lui, tutti i suoi compagni, ancora
stupiti per l’accaduto, lo guardavano fisso, come se fosse un
fantasma.
“Roy, io non capisco
cosa tu abbia, noi siamo preoccupati per Ed e tu sei stranamente calmo.” sbottò
improvvisamente Maes, sbuffando seccato, “Abbiamo sentito tutti gli spari, Ed
aveva un vistoso buco sul petto quando è tornato, ma continua a muoversi come se
niente fosse, nemmeno una goccia di sangue!” saltò su Fury con gli occhi
lucidi.
Il Comandante
ridacchiò sommessamente: “Mica sono così scemo da mandarlo in missione senza
precauzioni, minimo lo avremmo trovato morto!” esclamò Roy, aprendo gli occhi
che teneva socchiusi, “Perciò mi sono preparato in precedenza.” ridacchiò il
Comandante.
L’asciugamano umido
sfrecciò attraverso la stanza e atterrò sul viso del moro, azzittendolo: “Il
giubbotto che mi ha dato era rinforzato in kevlar, era un giubbotto
antiproiettile.” disse semplicemente Ed, alzandosi dal divano e legandosi a
treccia i capelli mezzi umidi, “Il nostro amichetto di là era appostato per
intercettare chiunque si avvicinasse.” aggiunse.
Envy e Eric
sospirarono di sollievo: “Ci hai fatto spaventare, razza di stupido!” lo
rimbrottò il moro, “Già!!” esclamò l’altro.
Il Team sorrise: “Ok,
adesso che abbiamo appurato che tutto è a posto, preoccupiamoci di Archer,
d’accordo? Io propongo che Eric, Lust e Pride rimangano qui, a sorvegliare il
prigioniero.” affermò Hughes, sistemando la pistola nella fondina al
fianco.
Eric si alzò di
scatto: “No, zio, io voglio venire con voi!” esclamò il ragazzino, “Potrei
esservi utile!! Dopotutto, conosco molto bene la zona!” aggiunse lui, stringendo
i pugni, “non voglio che andiate da soli, potrebbero farvi molto male.” sussurrò
il ragazzo.
Una mano gli si poggiò
sulla spalla, e il giovane, alzati gli occhi, incrociò lo sguardo stanco dello
zio: “Ascolta, tu e Roy siete riusciti a evadere da sotto il suo naso, ma se tu
ritorni laggiù, Archer non te lo perdonerà, è meglio che tu resti qui, e poi,
qualcuno dovrà pur rimanere a sorvegliare l’Amestris, no?” spiegò il moro con un
sorrisino ironico.
Il nipote sbuffò,
incrociando le braccia al petto si lasciò cadere sul divano: “Tutte scuse..”
borbottò, imbronciato.
Edward sorrise,
allacciandosi nuovamente gli stivaletti.
Tutti quanti si
prepararono.
Qualche minuto dopo,
furono pronti a partire.
Eric, Lust e Pride
erano affacciati ai finestrini: “Fate attenzione, mi raccomando..” disse Lust,
“Vedete di tornare tutti interi indietro, d’accordo?” aggiunse Pride,
salutandoli, “Niichan, otooto, parlo soprattutto per voi, niente colpi di testa,
chiaro?” asserì severamente il maggiore dei gemelli.
I due sbuffarono:
“nessun problema, vedrai che tutto andrà bene.” conclusero,
salutandolo.
Il Team si inoltrò
nella foresta.
Era
ora.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
La pioggia aveva
smesso di cadere da qualche ora, ma il vento non accennava a smettere di
soffiare e ululare tra i rami degli alberi della brughiera; la pianura era
battuta dalla forte corrente e nulla sembrava turbarne lo spaventoso silenzio di
morte e attesa.
Il tempo sembrava
essersi fermato.
Le nubi nel cielo cupo
incombevano minacciose, nerastre; come bordate da un nastro color rame, erano
sintomo di una tempesta ormai prossima.
Dal bosco uscirono,
compatti come non mai, gli uomini del Comandante.
I visi determinati ben
si sposavano con le ferite e i graffi che solcavano la loro pelle, con le
cicatrici sulle braccia, con le vesti lacere.
Erano il ritratto
perfetto di un animo indomito.
Dai loro occhi
traspariva una strana luce magnetica, quasi aveva vita propria tanto era forte
la sua forza di attrazione.
Muovevano ampie
falciate sull’erba bagnata, dirigendosi a passo sostenuto e compatto verso il
centro della pianura.
Nessuno
parlava.
In qualche minuto,
raggiunsero il centro di quella cupa piana, i nervi tesi all’inverosimile, le
orecchie attente e gli sguardi saettanti.
Un istante dopo, un
fruscio attirò l’attenzione di Edward; con la coda dell’occhio, vide uno
scintillio alle sue spalle: “ATTENZIONE!!” urlò, rompendo quel silenzio fragile
come cristallo. Il gruppo balzò all’indietro, giusto in tempo per evitare un
kunai, sfrecciato da un punto imprecisato dietro di loro; Ed e Envy ruzzolarono
all’indietro sulla terra bagnata, accorgendosi con orrore di essere separati dai
compagni.
Il moro investigatore
fermò il compagno, che stava per scattare verso gli altri compagni, qualcosa non
andava, se lo sentiva: “Fermo Ed… Non muoverti..” soffiò Envy, bloccandolo; un
momento dopo, con un urlo di rabbia, infatti, dal bosco corsero fuori numerosi
nemici, che in un attimo circondarono ognuno di loro.
“MALEDIZIONE!” urlò
Jean, estraendo le pistole in contemporanea a Riza, “Bastardi…” ringhiò Maes,
che si trovava affianco a Roy, “Dobbiamo combattere, non abbiamo scelta..”
sussurrò Roy, estraendo la mano guantata dalla tasca, i suoi occhi mandavano
lampi terribili, non erano più occhi di uomo, ma occhi di
belva.
Lanciò uno sguardo
attorno, ai suoi uomini, minacciati dagli sgherri di Archer; istintivamente,
serrò forte i pugni, non avrebbe permesso a quel dannato di farla
franca.
Sul viso si dipinse un
ghigno, prima di portare la mano davanti agli occhi color onice: “Si comincia.”
ringhiò, schioccando le dita.
Una grande fiammata
colpì in pieno i nemici, liberando lui e Hughes
dall’accerchiamento.
Con un urlo belluino,
tutti scattarono all’attacco.
Quello fu l’inizio
dello scontro.
Quello, fu l’inizio
della fine.
“ARCHER!!!!!!!!”.
BUONASERA!!
E RIECCOMI QUI, A VOI,
FINALMENTE CON IL CAPITOLO 12 DI BACK!!
Ammetto che sia stato un
lungo capitolo questo e che non sia l’ultimo come avevo
promesso.
Ma, dopo un summit al
veritce con Tsuki-chan(Himitsu), hodeciso di spezzettarlo, troppe cose ci
aspettano.
Vi basti sapere che la
partita è ancora tutta da giocare, e potrebbero non essere i nostri militari a
uscirne vincitori.
Quindi, restate
sintonizzati!!
VOGLIO RINGRAZIARE TUTTI
COLORO CHE MI HANNO SEGUITO SIN QUI E CHE HANNO AVUTO FIDUCIA IN QUESTO PAZZO
PROGETTO, CHI CI HA ABBANDONATO A METà DELLA VIA, CHI SI è UNITO DA
POCO.
GRAZIE DI CUORE A TUTTI,
PASSATI, PRESENTI E FUTURI.
UN
BACIO
SHUN
|
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Capitolo 14 *** WAR IS OVER /EPILOGO (?) ***
CAPITOLO 13
WAR IS OVER
La battaglia
infuriava feroce nella pianura, tra urla e attacchi violenti da ambo le
parti.
Il gruppo di
militari, ormai separati, cercava per quanto possibile di difendersi, di
contrastare i nemici, troppo numerosi per loro, ma nulla li avrebbe
fermati.
I corpi degli
avversari cadevano impietosamente nella polvere ormai pregna di sangue, il
fragore delle armi e delle esplosioni non aveva tregua alcuna, ma nessuno pareva
essere in vantaggio, né i valorosi soldati né i nemici, era una pericolosa
situazione di stallo.
Il vento pareva
ululare più forte a ogni nemico che cadeva, come se protestasse, ma nessuno gli
prestava attenzione, la folle furia della guerra si era ormai impadronita di
loro ma se, da una parte, si cercava di limitare al minimo le morti, dall’altra
non si risparmiavano e anzi, a ogni compagno nella polvere, la rabbia di altri
dieci si riversava sul Comandante e sui suoi
uomini.
Ma questi, non si
lasciavano abbattere e, malgrado la netta inferiorità, continuavano a
combattere.
Nell’occhio del
ciclone, Kain e Vato, accompagnati da Jean e Riza, erano riusciti a trattenere
per un poco un discreto numero di nemici, la via era libera, almeno per il
momento: “EDWARD!! ENVY!!! ANDATE!!!” urlò il moro, con tutto il fiato che aveva
in gola, “Andate da Archer!!”
aggiunse, asciugandosi con la manica la fronte.
Il biondo
alchimista si voltò di scatto verso di lui, gli occhi arrossati per il vento e
la polvere: “Cosa stai dicendo??” urlò con voce stridula, in ginocchio a terra,
“Non ce ne andiamo lasciandovi qui, non possiamo farlo!” urlò di rimando Envy,
abbattendo con un calcio un incauto avversario troppo vicino a loro e cadendo
accanto all’amico con il fiato corto, “FATE COME VI DICIAMO!!” urlò Vato,
spingendo Kain a lato per prendere il suo posto, “Se continuiamo a perder tempo
qui non ce la faremo mai! Dovete raggiungere quel bastardo e mettere fine a
tutto questo.” esclamò l’argenteo, buttandosi nella mischia, seguito a breve
distanza dal sergente maggiore.
“FALMAN!” urlarono
i due al’unisono e fecero per corrergli dietro, quando qualcuno li afferrò per
le spalle, trascinandoli via; non lo videro, ma scorsero distintamente, da
lontano, i loro compagni combattere, schiena contro schiena, nel mezzo del
furore.
“GREED, LASCIAMI
SUBITO!!” urlò Ed, cercando di divincolarsi dalla presa del fratello di Envy,
“NON POSSIAMO LASCIARLI COMBATTERE DA SOLI!! DOBBIAMO AIUTARLI!!” continuò a
urlare il biondo, fermamente tenuto per le spalle dal ragazzo più grande, “MI
HAI SENTITO? DOBBIAMO..” continuò Acciaio, ma le sue parole gli morirono in
gola, quando si ritrovò schiena a terra, a guardare il cielo scuro e le nubi
gonfie di pioggia lambite di rosso.
Una mano premeva
sul suo collo tanto forte da impedirgli quasi di
respirare.
Sopra di lui,
c’era Greed.
“Ehi, ma...”
sussurrò, cercando di muoversi quando uno schiaffo gli piombò sul
viso.
Il moro piangeva,
tenendogli le spalle fermamente a terra.
Accanto a sè,
sentiva la presenza dell’amico investigatore.
“Siete degli
stupidi..” sussurrò tra le lacrime il macchinista, lo sguardo coperto dai
capelli, “Siete solo degli stupidi... Secondo voi, vi manderebbero da soli
contro Archer se non fosse strettamente necessario? Siete gli unici che potete
farlo e...” mugolò sommessamente lui, “Nessuno di noi vorrebbe mandarvi contro
di lui, ma siete gli unici in grado di potergli tener testa, almeno sino a
quando non riusciremo a liberarci dei suoi uomini...” sussurrò con voce triste,
mentre una lacrima solitaria scivolava dai suoi occhi, andando a morire sul viso
di Ed, ancora disteso a terra.
Envy voltò il capo
verso l’amico, poi spostò delicatamente il braccio di Greed, guardandolo negli
occhi: “D’accordo niisan, andiamo.” disse con un leggero sorriso, alzandosi in
piedi, “Se dobbiamo farlo, lo faremo.” aggiunse, risoluto, aiutando
Ed.
I tre si
guardarono per qualche istante, e parve quasi che il tempo si fosse fermato
attorno a loro.
Erano pronti a
reagire.
In quel momento,
l’aria si fece incandescente per poi esplodere con gran fragore; la terra tremò
pericolosamente sotto i loro piedi, facendoli cadere a terra, privi di sostegno,
pareva quasi come se l’intera pianura si stesse per aprire sotto di loro: Ed fu
il primo ad alzare il capo, accorgendosi troppo tardi del dramma che stava
accadendo.
Altissime fiamme
rosse danzavano al vento forte come un uragano, arrivando quasi a lambire i rami
più discosti dei primi alberi della brughiera, gettando tutto attorno una luce
rossastra; lapilli volteggiavano qua e là, bruciando silenziosamente tutto ciò
che trovavano sul loro cammino.
Una impenetrabile
muraglia di fiamme circondava il punto in cui, sino a qualche attimo prima, vi
erano i loro compagni: non li riusciva più a vedere, ma udiva ancora chiaramete
il fragore della battaglia, le loro grida.
Il cuore di
Acciaio perse un battito.
Sgranò gli occhi,
non si capacitava di quello che stava
accadendo.
Il respiro
tremendamente affannoso non ne voleva sapere di quietarsi, non riusciva quasi
più a ragionare: il mondo attorno a lui era sparito, c’erano solo fuoco e
fiamme.
Istintivamente,
sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena, un brivido come di paura; un
attimo dopo, la sua mente si annebbiò e la sua bocca si spalancò, muta
espressione di terrore.
E poi, l’urlo, un
urlo più forte di qualunque clamore guerresco, un urlo di belva ferita,
riecheggiò nella pianura, gelando l’aria per un istante:
“ROY!!!!”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Nell’ufficio
amministrativo, l’aria era pesante e tesa.
Alphonse sedeva
alla scrivania, i gomiti poggiati sul piano di lavoro con aria pensierosa e
preoccupata a un tempo, lo sguardo smarrito come di chi abbia subito da poco un
forte shock emotivo.
Da quando Sheska
era ritornata con le persone desiderate, il ragazzo non aveva più aperto bocca,
non si era mosso di un centimentro.
Semplicemente
stava immobile, lo sguardo fisso dinanzi a sè.
La rossa sedeva
accanto a lui, torcendosi nervosamente le mani piccole e curate, benchè sporche
in alcuni punti di inchiostro.
Davanti a loro,
stavano tre ufficiali, due uomini e una giovane donna; i loro sguardi tradivano
la preoccupazione e la curiosità per quella chiamata improvvisa in un momento di
simile gravità ed emergenza: come mai Alphonse, in quel momento colui che
deteneva il comando delle ricerche, li aveva convocati? E perchè non aveva
rivolto loro nemmeno un cenno in quei lunghi e interminabili
minuti?
C’era sotto
qualcosa.
Maria fissò per un
istante Danny, seduto affianco a lei, non appena i loro sguardi si incrociarono,
la mora ebbe la conferma ai suoi sospetti, qualcosa non
andava.
Ne era
certa.
Ma l’immobilità
innaturale di Alphonse la lasciava spiazzata.
Come faceva a
essere così tranquillo?
Tutta quella
situazione la faceva infuriare.
“ALLORA, ALPHONSE,
COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO?! STIAMO SOLO PERDENDO TEMPO QUI, DOVREMMO INVECE
IMPEGNARCI NELLA RICERCA DI EDWARD, DEL COMANDANTE E DEGLI ALTRI!!” urlò
esasperata la donna, battendo i pugni sul tavolo e alzandosi in piedi, “Sono
settimane ormai che sono spariti, non sappiamo più nulla di loro!” continuò con
aria furibonda, anche se, negli occhi, si poteva leggere molto di più,
preoccupazione e ansia.
Ma nemmeno quella
sfuriata sortì l’effetto sperato, Alphonse era ancora immobile nella medesima
posizione.
E adesso la
fissava, quegli occhi d’ambra cercavano di scrutarla fin nel
profondo.
La mora conosceva
quello sguardo.
Era lo sguardo di
Edward, lo sguardo determinato del Fullmetal
Alchemist.
Era la decisione e
la forza dei due fratelli Elric.
“Adesso calmati,
Maria. Vi spiegherò tutto.” disse, prendendo la parola per la prima volta in
quei minuti; senza aggiungere altro, si chinò leggermente di lato, prendendo
qualcosa da un cassetto e poggiando un sottile pacco di fogli dinanzi a loro,
“Abbiamo capito chi ha architettato tutto questo, e la cosa non vi piacerà.”
spiegò con tono tremante Sheska, torcendosi le dita, era sconvolta, le spalle
tremavano convulsamente, non la avevano mai vista
così.
Danny prese
delicatamente il plico, cominciando a sfogliare i documenti, i due colleghi
sbirciavano da dietro.
Non si udì nulla
per parecchi minuti, se non il fruscio delle
pagine.
“Sono passati con
l’Amestris dalla vecchia linea militare segreta dell’Ovest, nessuno ne era a
conoscenza, tranne quattro persone,” cominciò Armstrong, “Si, Bradley, Kimbley,
Hakuro e..” proseguì il biondo quando la consapevolezza dell’identità
dell’ultimo sospettato lo colpì con la forza di un pugno nello stomaco,
mozzandogli per un attimo il respiro.
Quelle grandi
gemme blu furono attraversate improvvisamente da un lampo di preoccupazione e
terrore.
Aveva
compreso.
Il Generale
incrociò gli sguardi dell’Elric e di Sheska.
“Si, Kimbley e
Bradley sono morti, di questo vi è la certezza, Kimbley è morto da tempo,
Bradley è stato giustiziato mesi fa, dopo il ritorno del Comandante con Edward.
Hakuro è stato trasferito al Nord, ho avuto la conferma che lui non può essere
da sua sorella in persona, Armstrong-dono, non può muoversi da Briggs per alcuna
ragione, è al confino da cinque anni ormai.” pigolò la rossa, sistemandosi
nervosamente i ciuffi dietro le orecchie piccole e lievemente appuntite,
“L’ultimo, invece, no. Il suo corpo non è mai stato trovato e quindi non vi è la
certezza che quell’.. quell’essere ignobile, che ha tentato di uccidere
Hughes-san sia morto.” concluse la ragazza, le lacrime che minacciavano di
straripare fuori.
“è stato Archer,
Frank Archer ha organizzato tutto questo e ora, gli altri sono in
pericolo.”.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Edward non si era
mai sentito così svuotato in vita sua.
Si era accasciato
a terra senza un moto, come se qualcuno gli avesse sparato a bruciapelo e gli
avesse trafitto il cuore.
Forse, avrebbe
sentito meno male.
Era inginocchiato
sulla nuda terra, i pugni stringevano tra le dita sottili fili d’erba ormai
avvizzita, secca come il suo cuore, ormai
distrutto.
Cosa avrebbe fatto
d’ora in poi?
Come avrebbe
potuto spiegare a Elycia, a Glacier…
A
Eric.
Ma
soprattutto…
Come avrebbe fatto
lui ad andare avanti?
Per un attimo, una
furia quasi animalesca prese possesso di lui, mettendo radici nel suo cuore
ormai inaridito; con uno scatto, alzò il capo.
Nei suoi occhi,
c’era la furia di una bestia priva di ragione e
controllo.
Batté con violenza
le mani, sotto lo sguardo allibito degli amici e creò una lunga lancia dal
terreno; la punta brillava sinistramente alla cupa luminescenza delle altissime
fiamme.
“Ed-nii…” sussurrò
sconvolto Envy, alzandosi a fatica in piedi, sorreggendosi al fratello
maggiore.
Allungò lentamente
la mano, cercando di sfiorargli la spalla, ma si ritrasse subito, come se si
fosse scottato.
Il vento termico
si era fatto più forte, i lapilli danzavano nell’aria attorno a loro, le nuvole
si erano fatte più scure e compatte.
L’unica luce era
quella dell’incendio.
Un brivido scosse
Greed, che stringeva a sé il corpo affaticato del fratellino, guardava il
compagno con occhi sbarrati, nelle sue pupille si leggeva chiaramente lo
sgomento per l’accaduto e la paura che provava.
Aveva
paura.
Edward gli faceva
paura in quelle condizioni.
La lunga mantella
ormai stracciata, sventolava superba sulla schiena del ragazzo, come se fosse
stata una bandiera, la sua bandiera.
La bandiera di un
vendicatore.
“Greed, ti affido
il resto. Io vado” sussurrò con voce profonda, colma di
odio.
“D..Dove?” riuscì
a chiedere, si sentiva la gola improvvisamente
riarsa.
“A uccidere quel
bastardo.” replicò semplicemente.
Un momento dopo,
era scomparso e nell’aria si udì il grido di guerra di uno spirito distrutto dal
dolore, uno spirito alla ricerca di vendetta.
“ARCHER!!!!”.
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Eric correva il
più velocemente possibile nella brughiera, cercando di concentrarsi sulla strada
da percorrere, ignorando il penetrante odore di bruciato che aleggiava nell’aria
e che sembrava quasi opprimergli i polmoni.
Un fumo acre e
pesante si stava diffondendo per il bosco, riducendo a poco a poco la
visibilità, il ragazzo si sentiva stanco e affaticato, ma non poteva fermarsi, o
tutto sarebbe stato vano.
Non poteva
abbandonare lo zio e i suoi nuovi amici.
Non se lo sarebbe
mai perdonato.
Un improvviso
colpo di tosse gli mozzò il respiro, costringendolo a sorreggersi a un tronco
per non cadere rovinosamente a terra, la gola gli bruciava terribilmente e gli
occhi pizzicavano per le lacrime.
Calmatosi un poco,
si asciugò la bocca con la manica lurida e si rimise in piedi a fatica,
ansimando: “Devo uscire di qui, oppure rischio di fare una brutta fine.” mormorò
tra sé e sé, deviando la sua strada; la via adesso era più nitida, il fumo si
era quasi del tutto diradato, segno che si era lasciato ormai alle spalle il
focolaio di incendio.
Qualcosa era
accaduto.
E non era sicuro
che fosse opera del Fuhrer.
Con sollievo, si
accorse di essere ormai alla fine di quel cupo bosco e uscì finalmente all’aria
aperta, respirando a pieni polmoni.
Ma si bloccò,
vedendo ciò che gli si parava davanti.
La pianura era
avvolta dalle fiamme che ormai avevano quasi del tutto carbonizzato la zona, ma
riuscì a distinguere, riversi a terra privi di sensi, lo zio e il
Fuhrer.
Poco lontano,
anche tutti gli altri.
Restò interdetto
per qualche secondo prima di realizzare cosa stava veramente accadendo lì; senza
pensarci due volte, scattò in avanti, raggiungendoli tra le
fiamme.
Si chinò sui due, sembravano quasi non
respirare.
Controllò
rapidamente le loro funzioni vitali.
Erano vivi, per
fortuna.
A fatica, riuscì a
portarli tutti via da quell’inferno di fuoco e fiamme; si guardò attorno, i
corpi dei nemici bruciavano nei roghi che aveva provocato il loro capo, nessuno
si era salvato.
Nessuno.
Eric stava in
piedi, come a difesa di quei compagni coraggiosi che avevano rischiato la vita
anche per lui, non voleva lasciarli, erano indifesi a qualunque attacco; i sensi
tesi a percepire il minimo rumore, gli occhi verdi come il mare saettavano qua e
là, nella vana ricerca dei tre compagni
mancanti.
Serrò forte i
pugni sino a farsi male.
Tutto quel
dolore…
Quella
sofferenza…
Cosa mai avevano
fatto per meritarsi tutto quello?
Ma il bruno non
seppe rispondersi.
Improvvisamente,
un gran tossire alle sue spalle lo fece voltare e la sua attenzione si spostò su
una figura, ancora rannicchiata a terra, che cercava però disperatamente di
mettersi seduta; i corti capelli neri, spettinati più del solito, la pelle
solcata di graffi e ferite varie e un braccio abbandonato lungo il
corpo.
Il Comandante era
messo piuttosto male.
Roy Mustang era
ancora vivo.
Altri sommessi
colpi di tosse fecero capire al ragazzo che anche gli altri stavano
bene.
Eric sospirò di
sollievo, accucciandosi accanto a loro: “Come state?” chiese con un debole
sorriso, “Avete rischiato grosso.” aggiunse con un risolino imbarazzato, nel
vano tentativo di stemperare la tensione che si era creata. Hughes alzò la
testa, incrociando le iridi gemelle del nipotino: “Tu cosa ci fai qui?” chiese
con cipiglio serio lui, mettendosi seduto, “Ti avevamo detto di restare al
treno, cough..” tossì ancora il tenente colonnello, piegandosi su sé
stesso.
Eric lo tenne
dritto: “Eravamo preoccupati per voi, ma Pride-san non voleva lasciare Lust-chan
da sola e così sono venuto solo io, per fortuna sono arrivato appena in tempo.
Come vi sentite?” ripetè il bruno, squadrandoli con occhio critico, “Tutto ok…
Grazie amico.” disse Jean, facendo sdraiare Riza sulle sue gambe, malgrado le
proteste di quest’ultima.
Tutti si
zittirono.
“Dov’è Ed?” riuscì
solo a chiedere Roy, accorgendosi della mancanza del piccolo
Alchimista.
L’onice si
specchiò nel verde, attraversato da un lampo di incertezza e dubbio: “Non lo so…
Quando sono arrivato, c’eravate solo voi qui e…” ma le sue spiegazioni furono
interrotte da una voce sollevata, “RAGAZZI! SIAMO QUI!” urlò Greed, comparendo
tra le fiamme.
Sulle spalle
portava qualcosa.
Qualcuno.
Subito, Roy si
rizzò in piedi, malgrado la stanchezza.
Greed trasportava
il fratellino semisvenuto sulle spalle.
“Ehi, ma tu cosa
fai qui??” esclamò, sorpreso nel vedere Eric accanto a loro, “Pride-san mi ha
mandato qui ad aiutarvi, dal treno abbiamo udito lo scoppio e visto le fiamme.”
disse solo, aiutandolo a distendere Envy sull’erba soffice; sin dal primo
momento, le condizioni del ragazzo apparivano piuttosto gravi, sembrava essere
passato attraverso chissà cosa.
Un taglio profondo
sul capo aveva smesso di sanguinare, lasciando però un profondo segno scarlatto
sulla cute pallida, un debole respiro esalava dalle sue labbra
livide.
“Edward è lassù,
contro Archer, non possiamo lasciarlo combattere da solo.” disse con voce
debole, stringendo forte la mano del minore dei suoi fratelli, sentendosi lo
sguardo indagatore e ferito del Fuhrer addosso; dopo averlo coperto con la
giacca, il gemello si alzò in piedi, muovendo qualche passo verso il campo di
battaglia: “Non muovetevi di qui, sono stato chiaro? Vado a recuperare Edward e
ritorneremo.” disse solo, facendo per correre
via.
“F..Fermo!”.
Una voce imperiosa
lo bloccò; Roy si era alzato, il braccio ferito legato al collo: “Vado io,” si
offrì lui, “è per me che quel bastardo ha scatenato questo inferno, per
vendicarsi, non è necessario che vada tu.” affermò serio, il viso solcato di
piccole stille di sudore freddo, gli mancava il respiro, non riusciva a
distinguere bene le forme.
Era
esausto.
Ma ciononostante,
doveva proteggere Edward e tutti loro.
Non riuscì però
nel suo intento perché un dolore lancinante al petto lo fece stramazzare a terra
e, un momento prima di cadere nuovamente nell’oblio, udì la voce addolorata di
Greed sussurrargli una mesta richiesta di scusa, prima di scappare verso il
campo.
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Edward sentiva
male dappertutto, come se centinaia e centinaia di spilli gli si conficcassero
nelle carni martoriate da fuoco, fiamme e tagli, rubandogli a poco a poco quella
esigua vita rimastagli.
Rannicchiato a
terra, il Fullmetal Alchemist non aveva quasi più la forza di lottare, i suoi
automail completamente distrutti.
E ora, Archer
sembrava trionfare su di lui, indifeso e incapace di reagire al minimo
attacco.
Che quella fosse
veramente la fine?
Fine ingloriosa
per un’Alchimista di Stato come lui, lui, che si era tirato fuori da situazioni
ben peggiori di quella, lui, che era sopravvissuto così tante volte alla morte,
lui, che aveva perso.
Perso.
Era un
perdente.
Questo si
ripeteva, mentre, con la coda dell’occhio, guardava la parte di carne del viso
del suo aguzzino contrarsi in una smorfia gioiosa di follia: “Tu, moccioso,
credevi veramente di potermi sconfiggere? Si, lo ammetto, sei stato proprio
bravo a giungere sin qui, un moccioso normale non sarebbe mai arrivato nemmeno a
metà del viaggio, ma ora, per te, è la fine.” sussurrò con tono cattivo,
chinandosi su di lui, “Tu e Mustang pagherete per quello che mi avete fatto.”
bisbigliò mellifluo, mollandogli un calcio sul fianco martoriato.
Edward
urlò.
E ancora calci si
abbattevano su di lui, e pugni, udiva il sibilo sinistro dei cuscinetti a sfera
mentre i colpi si abbattevano violentemente su di
lui.
Il biondo
credette, seriamente, per un attimo, di morire.
Il dolore era
troppo intenso, non avrebbe retto ancora a
lungo.
Inaspettatamente,
proprio mentre si stava per abbattere su di lui il colpo mortale, udì un sibilo
sfiorargli delicatamente l’udito e qualcosa si infisse nel terreno, davanti a
lui, come una difesa.
Aprì debolmente un
occhio.
Una figura snella
stava dinanzi a lui.
“Ed-kun, tutto
bene?” gli chiese Greed, seriamente preoccupato per lui, non allentando però
neppure di un secondo lo sguardo sull’avversario, “Alzati, non lasciarti
abbattere, dobbiamo farla finita con questa storia, ormai è finita, poi ce ne
torneremo a casa.” gli sorrise benevolo, tendendogli la
mano.
Il biondo sembrò
tornare per un attimo alla vita.
Si.
Dovevano porre
fine a tutto quello.
Radunò le ultime
forze rimastegli per mettersi in piedi, sorreggendosi all’amico per le cattive
condizioni in cui versava il suo arto meccanico; il suo cuore aveva ripreso a
pompare sangue a pieno ritmo, l’adrenalina in circolo si mischiava con il caldo
rosso liquido, rinvigorendolo.
“S..Si, hai
ragione,” asserì con voce tremante il biondo, “Devo porre fine a tutto questo.”
disse, e gli occhi si colmarono di nuova
decisione.
Durante tutto quel
tempo, però, Archer era rimasto completamente
paralizzato.
Paralizzato da
quell’arrivo repentino.
Paralizzato da
quel ragazzo coi capelli scuri che era venuto a proteggere il suo
nemico.
Qualcosa che il
suo cuore non riusciva ad accettare.
Come
mai…
Come
mai…
Come mai lo stava
proteggendo?
No, Acciaio e
Mustang dovevano morire.
Era colpa loro se
LUI era morto.
E
ora…
Perché LUI stava
proteggendo il SUO assassino?
“PERCHÉ!?!?!” urlò
furioso Archer, balzando come una tigre sui due giovani, “PERCHÉ LO STAI
PROTEGGENDO, KIMBLEY!?! LUI TI HA UCCISO!!” ululò l’ex tenente colonnello,
estraendo la sua spada, “MUORI, EDWARD ELRIC!”.
Il tempo parve
fermarsi per un attimo.
Una lama affilata
si infisse nel petto di carne dell’androide, strappandogli un’espressione ferita
e sorpresa, la macchina che ormai più nulla aveva di umano, fissò lo sguardo sul
giovane gemello, seduto come sconvolto sul terreno erboso, dietro la schiena del
biondo Elric; un fiotto si scuro sangue eruttò dalle labbra dell’ex ufficiale,
macchiando il terreno di cremisi.
Ma, prima di
accasciarsi a terra, ormai privo di vita, egli scoccò un’ultima occhiata a
Greed, un occhiata colma di dolcezza malcelata, colma di parole mai
dette.
Con un tonfo
sordo, quel corpo martoriato cadde a terra.
Edward, ansante,
si ergeva in piedi dinanzi a lui.
La lancia ancora
infissa nel petto dell’avversario.
Edward Elric aveva
vinto.
La battaglia era
finita.
Avevano
vinto.
Ce l’avevano
fatta.
“Ghh…”.
Privo ormai di
forze, Acciaio mugolò di dolore prima di lasciarsi cadere a terra; ma la sua
caduta rovinosa fu fermata dall’amico, che lo prese delicatamente al volo,
evitandogli il contatto col freddo suolo: “Ci sei riuscito..” sorrise il
gemello, “C..Ci siamo riusciti… N…Non avrei mai potuto.. Farcela…. Senza di
voi.. Grazie..” tossì, un rivoletto vermiglio scivolò giù dall’angolo della
bocca. Greed lo pulì velocemente: “Grazie a te,
Edward.”.
Una dolce brezza,
prese a soffiare.
Sotto il suo
leggero tocco, le nubi si diradarono, lasciando il posto a un velluto di
incredibile bellezza, trapunto di splendide
stelle.
Si, era
finita.
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La stanza era
nella penombra, tranne che per un piccolo abat-jour sul
comodino.
Un silenzio
delicato regnava nella stanza, rotto di quando in quando da un leggero
sospirare.
Sul letto a due
piazze, sedeva una figura umana, adagiata su soffici
cuscini.
Tra le braccia,
era sdraiato un ragazzo, i lunghi capelli biondi spettinati sparsi
disordinatamente sul braccio dell’altro, che li carezzava con delicatezza; lo
stringeva a sé, piano ma con amore, una calda coperta gli avvolgeva il busto
nudo e fittamente bendato.
Privo di un
braccio e di una gamba, sembrava una bambola
rotta.
Ormai da giorni,
Edward dormiva e il suo era un sonno molto profondo, il suo organismo, già in
precedenza fortemente debilitato, necessitava di un lungo e intenso
riposo.
Da giorni, Roy
passava le sue giornate in quella stanza, vegliando sul biondo e accudendolo
nelle minime cose; per i primi tempi, il giovane, roso dalla febbre, era
tormentato da ulteriori incubi, si agitava nel sonno e nelle sue condizioni, non
potendo muoversi da solo, sarebbe stato peggio.
Ma ora, che la
febbre era sparita, il ragazzo dormiva finalmente
tranquillo.
Ogni tanto si
svegliava e questa per il Comandante era una gioia, poteva rivedere, anche se
solo per pochi minuti, il sorriso del più giovane, quel sorriso che lo aveva
fatto innamorare come un ragazzino.
Una folata di
vento gelido penetrò dalla fessura lasciata dalla finestra semichiusa, facendo
rabbrividire il piccolo addormentato, che si strinse maggiormente a
lui.
A malincuore, il
Comandante lo poggiò sul materasso e si allungò verso la finestra per chiudere
l’anta; un soffio di vento si insinuò sotto il suo pigiama, strappandogli un
brivido, erano ancora in pieno Ovest, quel clima rigido non scherzava; si
attardò a guardare fuori dal vetro il paesaggio notturno scorrere dinanzi a sé,
la fronte calda poggiata contro la superficie fredda e liscia, non accorgendosi
di un leggero movimento alle sue spalle.
“Che ore sono..
Roy..?”
Una voce stanca
giunse alle orecchie dell’ex Taisa, che si girò di scatto nell’udirla: il
Fullmetal Alchemist era seduto davanti a lui, ravvolto nella pesante coperta; il
peso dei due arti ancora presenti lo sbilanciava non poco e questi cercava di
ovviare alle mancanze puntellandosi con il
ginocchio.
Gli occhioni
dorati ancora gonfi di sonno erano socchiusi leggermente, puntando su di lui con
curiosità.
L’altro non disse
nulla, si limitò a tendere le braccia, permettendogli di accoccolarsi: “Sono le
due di notte. Come stai?” gli chiese dopo qualche minuto di silenzio, “Sono
stato meglio, ma non mi posso lamentare.” replicò il più giovane,
rannicchiandosi maggiormente, “Mi sento strano senza entrambi gli automail.”
ammise lui, guardando con malinconia il vuoto lasciato dai due arti, “non posso
nemmeno muovermi come voglio.” sbuffò, portando il moncherino del suo sinistro
sotto la coperta; il moro scoppiò in una risata sommessa, “E pensare che tu odi
i tuoi automail.” scherzò lui, “Comunque, non è poi una tragedia, una volta a
casa vorrà dire che Winry avrà del lavoro in più!” esclamò allegro, “Non sei
contento?”.
Edward rabbrividì:
“Mi ucciderà… non solo ho distrutto gli automail, ma sono riuscito anche a
danneggiare l’aggancio, questa volta sono morto.” tremò il
biondino.
Due dita gli
sollevarono leggermente il mento, facendogli alzare lo sguardo; le labbra di Roy
si posarono sulle sue, avviluppandole in un dolce bacio. Edward era stato preso
alla sprovvista, ma si sarebbe vendicato, oh, se lo avrebbe fatto. Un leggero
morso al labbro inferiore gli portò la vendetta tanto
desiderata.
L’altro si
ritrasse con un risolino divertito: “Vedo con piacere che stai bene, se ti
diverti a fare questi scherzi stupidi.” fece, falsamente offeso, massaggiandosi
la parte lesa; Edward gli sorrise, prima di andare a stendersi nella sua parte
di letto, “Non è l’ora, io ho ancora sonno..” fece, sbadigliando
sonoramente.
Un attimo dopo, si
era nuovamente addormentato, i capelli sudati sparsi sul cuscino, in disordine,
il colorito del viso leggermente arrossato, e non per la
febbre.
Roy sospirò,
accomodandosi nella sua metà e coprendo entrambi con una pesante
trapunta.
Lo avvicinò
maggiormente alla propria metà letto, scoprendo leggermente il viso per
permettergli di respirare: “Sei un pazzo, mame-chan, sei proprio un pazzo.”
constatò semplicemente, baciandogli la fronte sudata e
calda.
La luce fu spenta
e la stanza ripiombò nell’oscurità.
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Finalmente Ed,
all’alba del quarto giorno dalla partenza, fece il suo ingresso nella sala da
pranzo per fare colazione con gli altri; aiutandosi con una stampella. Roy era
rimasto a letto, la sua gamba ferita era più grave della sua e il biondo non
voleva che la sforzasse inutilmente per portare lui in
spalla.
Diamine, non era
un bambino, dopotutto.
Era magro da far
paura quando lo rividero, quel mattino,dopo tanti giorni passati incosciente e
se, da una parte, c’era sollievo per la sua ripresa, dall’altra anche
preoccupazione.
“Ehi, Ed, non
pensi sia meglio restare a letto? Non mi sembra tu stia bene.” propose Pride,
divorando un biscotto; l’amico sorrise, sedendosi davanti a lui alla grande
tavolata comune, “Sto bene, ho solo fame.” lo rassicurò, versandosi una tazza di
caffè bollente per svegliarsi, “basta minestrine!” esclamò
esasperato.
Lust scoppiò a
ridere: “Tutta salute, dovevi rimetterti in sesto, moccioso! E non venire a
dirmi che le mie minestrine non sono buone perché stavolta la paghi cara!” saltò
su Envy.
L’intero vagone si
lasciò andare alle risate.
All'improvviso,
udirono come uno strano rumore; azzittendosi, si accorsero che qualcosa si stava
avvicinando a loro.
E poi, una voce
conosciuta, familiare: “Ehi!! Del treno!!”.
L’Amestris, fino a
un momento prima lanciato a gran velocità verso Central, rallentò a poco a poco
sino a fermarsi.
Tutti si
assieparono ai finestrini.
Erano ormai nelle
pianure della capitale, il Sole non era ancora del tutto sorto, ma il lieve
ceruleo del cielo e la luce rosata facevano presagire una bella
giornata.
Fuori, sulle
rotaie parallele alle loro, vi era un altro mezzo a vapore, recante le insegne
del Governo.
Un uomo robusto li
salutava dalla testa, il viso solcato da lacrime di
commozione.
“è il Generale
Armstrong!” esclamò felice Jean, battendo le mani, “E ci sono anche Sheska, Ross
e Brosh!” intervenne Falman, “sono venuti a recuperarci, ma come hanno fatto?”
si chiese Pride.
“non ha
importanza, siamo a casa, dopotutto!” gioì Hughes, abbracciando il
nipote.
Edward fissava
malinconicamente fuori dal finestrino, l’unica persona che voleva veramente
vedere non c’era.
Anche Roy rientrò
nel salotto, salutando allegramente gli amici riuniti fuori quando una voce di
ragazzo risuonò cristallina nell’aria:
“NIISAN!!!”.
Ed si voltò e
scorse la zazzera disordinata del fratellino e la sua sagoma asciutta
sbracciarsi verso di lui.
Un tremulo sorriso
si dipinse sul suo visetto stanco.
Erano tornati a
casa.
FINITO!!
Si,
miei cari, questo è l’ultimo capitolo!!
C-Cosa
sono quelle faccine tristi??
Su,
non piangete… Non è il caso, sapete? Sono tornati tutti, stanno
bene!!
Che
volete di più!?!
Vabbè,
se proprio vi fa stare meglio…
Forse
una sorpresa in serbo per voi la ho…
Ma
prima…
GRAZIE!
GRAZIE
DI CUORE A TUTTI VOI!
GRAZIE
PER AVERMI ACCOMPAGNATO IN QUESTO LUNGHISSIMO VIAGGIO ATTRAVERSO
AMESTRIS.
GRAZIE
DI TUTTO!
PER I
MOMENTI BELLI, PER QUELLI TRISTI.
GRAZIE
DAVVERO.
Sono
contenta di aver dato retta a Shika, grazie di cuore amica
mia!
Questo
capitolo, però, lo voglio dedicare a una persona speciale, una persona a cui
tengo tanto.
Himitsu-san, ti dedico l’epilogo, te lo avevo promesso,
no?
Beh,
mi spiace, ma dobbiamo salutarci.
Ma non
temete, presto avrete mie notizie.
UN
BACIONE
SHUN
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Capitolo 15 *** OMAKE: HUGHES FAMILY ***
OMAKE
HUGHES FAMILY
Il campanello suonava insistentemente quella
mattina.
“Eric-kun, andresti ad aprire per
favore?”
La voce di Glacier raggiunse il ragazzo un istante prima che la
porta si aprisse e due figure maschili, in divisa, facessero capolino sulla
soglia, salutandolo con calore: “Buongiorno amico!” esclamò Edward, sorreggendo
Roy, che ancora camminava con le stampelle; il moro si affrettò a farli passare,
“Buongiorno anche a voi! Vedo che ti hanno riparato.” constatò divertito il
ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle, “Eh già! Winry ha fatto proprio un
ottimo lavoro, non c’è che dire, solo che a un certo Comandante non ha fatto
molto piacere l’averla in giro per casa!” sogghignò il minore, lasciando la
presa sulle braccia dell’amante e sistemandosi la
treccia.
L’interessato sbuffò e volse il capo dall’altra parte, il viso
imbronciato: “Quella lì, ci provava spudoratamente!” si difese, poggiandosi alla
parete d’ingresso, “Non potevo permetterlo!” sbuffò, incrociando le braccia al
petto.
Eric scoppiò a ridere: “Qualcuno qui è geloso!” constatò, dando le
ciabatte a entrambi, “Molto geloso!” aggiunse il bruno, prendendo la cuginetta
in braccio, “Hai proprio ragione amico!” confermò Edward, aiutando il Comandante
a indossare le pantofole.
“Ehilà!! Buongiorno fidanzatini!! Aspettavamo solo
voi!”.
La voce allegra di Hughes risuonò potente nell’ingresso e il la
testolina mora del tenente colonnello fece capolino dalla porta del salotto, un
sorriso che andava da orecchio a orecchio illuminava il viso dell’ufficiale:
“Hughes, se non la pianti, giuro che ti spedisco a far compagnia ad Hakuro!”
esclamò Roy, “Tra i pinguini e gli orsi polari!” aggiunse con tono cattivo,
“Come sei permaloso! Problemi con la meccanica di Ed?” chiese l’amico con tono
mellifluo.
Il Fuhrer evitò di guardarlo, preferendo dedicarsi a prendere in
braccio la piccola Elycia: “Si, a quanto pare!” intervenne Eric, trattenendo a
stento un sorriso divertito, “Eh, brutta bestia la gelosia, caro il mio Roy!”
flautò Hughes, aiutandolo a muoversi lungo il
corridoio.
Nel salotto erano già tutti riuniti, Al, Envy, Lust, Pride e Greed
li raggiunsero subito dopo con Glacier.
“Ok, adesso che siamo tutti qui riuniti, possiamo anche andare.”
esclamò Maes, controllando che non mancasse nessuno, “Nemmeno tanto lontano, da
quello che ricordo io, abitavamo nel quartiere residenziale nord di Central
City, praticamente vicino a dove adesso abitano Edward e il Fuhrer!” spiegò il
ragazzo.
Roy sbuffò: “e allora che senso ha avuto farci venire qui!?!”
borbottò il Fuhrer buttandosi di peso sul divano, “Non potevate venire voi da
noi?” si lamentò il moro, guardando truce il proprio migliore
amico.
Per tutta risposta, questi scoppiò a ridere: “Non è più divertente
fare la strada tutti assieme?” replicò semplicemente, buttandosi sul divano
accanto a lui, “e poi, non dire che ti sei stancato, so per certo che Edward ti
ha accompagnato sin qua in macchina, quel ragazzo è un angelo!” esclamò il
tenente, sventolando con noncuranza un ventaglio afferrato dal tavolino basso
davanti a lui, “Il tenente colonnello ha ragione, signore. È senza dubbio più
divertente partire da qui tutti assieme a piedi, non è molto lontano,
dopotutto!”rise Fury.
In quel momento entrò Glacier, il grembiulone ancora sporco di sugo
sui vestiti da passeggio, in mano teneva un vassoio: “Ecco qua! Ho fatto il
caffè per tutti quanti!” esclamò lei, poggiandolo sul basso banchetto al centro
della sala, “Eric-kun, Elycia si è lavata i dentini?” chiese la donna al nipote,
“Certo zia, lavata e pettinata, me ne sono occupato personalmente!” la
rassicurò.
La piccolina, ancora in braccio al Fuhrer, si guardò attorno, i
grandi occhioni verdi puntati su ciascuno di loro, poi solo sul cugino:
“Eric-chan, ma oggi incontrerò la zia, vero?” chiese la piccolina con un leggero
sorriso.
Le chiacchiere si azzittirono all’istante, tutti guardarono la
deliziosa scenetta che gli si parava davanti.
L’adolescente tese le braccia in direzione della piccola, che fu
lesta a balzargli in grembo; il ragazzo la abbracciò forte: “Certo piccolina, e
vedrai che sarà molto contenta di conoscerti… Ha sempre desiderato una
nipotina…” sussurrò lui, una lacrimuccia solitaria scivolò birichina giù dagli
smeraldi sul suo viso, andando a morire tra i capelli della bimba; questa, alzò
il capo, “Ehi, perché piangi? Ho
detto qualcosa di sbagliato?” chiese con tono triste la
bambina.
L’ex soldato si asciugò in fretta gli occhi: “No, non ti
preoccupare.. mi è entrato un bruscolino nell’occhio…” sorrise lui,
scompigliandole la folta chioma chiara.
La piccola scoppiò a ridere, poi si riappropriò del suo posto sulle
ginocchia di Roy.
Per qualche minuto, il gruppo restò seduto sui divanetti, poi, come
se fosse stato dato un ordine silenzioso, tutti quanti si alzarono, presero
soprabiti ed effetti personali, e uscirono dalla graziosa
villetta.
La fresca brezza primaverile portava dolci fragranze di campi
fioriti lontani, gli insetti laboriosi ronzavano per ogni dove, il Sole
splendeva più superbo che mai.
Glacier, Hughes e i due giovanissimi stavano in testa al gruppo,
subito dietro venivano Riza, Havoc e tutta la compagnia di amici, in fondo
stavano i quattro fratelli con Edward e Roy.
Compatti e uniti, percorsero a passo spedito, per quanto le
condizioni del Fuhrer lo permettevano, la breve strada che li separava dalla
loro destinazione, ma si sentivano stranamente nervosi, quasi
tesi.
Diamine, eppure non si trattava di una missione e nemmeno di una
qualche grana da risolvere.
Ma uno strano nervosismo serpeggiava tra i presenti, Breda e Fury
ridacchiarono per tutto il viaggio, Riza dovette cercare più volte di tenere
fermo il proprio cucciolo, inquieto come non
mai.
Così, in un clima di grande tensione, giunsero a
destinazione.
Superarono casa di Ed e Roy piuttosto velocemente, come se avessero
timore di potersi far prendere da qualche atavica paura e
fermarsi.
A ogni passo, il battito del cuore si faceva sempre più forte e
intenso.
Giunsero infine presso un cortiletto ben curato, le margherite e le
primule coloravano le aiuole smeraldine, una piccola altalena ormai in disuso,
con le corde del tutto spezzate stava in un angolo, rendendo il tutto
stranamente malinconico.
La porta, dipinta di rosso fiammante, svettava sull’intonaco della
villetta, di un grazioso azzurro cielo.
Il cancelletto era solamente
accostato.
Alle finestre, candide tende di
pizzo.
Sembrava una semplice villetta, come tutte le altre, se non fosse
stato per il nome sulla cassetta delle lettere.
Saori Hughes.
Eric sospirò, improvvisamente nervoso: “Ecco, questa è la casa..”
sussurrò, torcendosi le dita.
Alle sue parole seguì un lungo istante di silenzio, rotto
dall’improvvisa esclamazione di Glacier: “Forza, non possiamo restare qui tutto
il giorno. Maes, Eric-kun, andiamo! Edward, potresti gentilmente spingere i tuoi
colleghi dentro, per favore?” sorrise la donna, aprendo il cancelletto con una
leggera spinta.
Afferrò il marito e il nipote per il polso, la piccola Elycia presa
in custodia da Al, e tutti assieme entrarono nel
cortile.
In silenzio, percorsero il breve vialetto di ghiaia, fermandosi
davanti all’ uscio.
Ed e Roy fecero segno ai due di prendere il loro posto e
affiancarono Glacier.
Il biondo bussò energicamente due
volte.
Udirono un leggero strascicare di passi, e poi una voce femminile
al di là della porta: “Si, chi è?” chiese
questa.
Hughes sobbalzò, stringendo forte il braccio di
Falman.
“Salve signora, sono il Comandante Roy Mustang, avrei bisogno di
parlarle un attimo, potrebbe aprirmi?” interloquì cordiale il moro,
sorreggendosi alla stampella.
Si udì un tramestio, e la porta si aprì, una giovane donna, di
circa trentacinque anni, dai lunghi capelli neri, lisci e luminosi che
incorniciavano un viso dai lineamenti ben delineati, ma delicati come quelli di
una bambola di porcellana, avvolta in una vestaglia color violetto pallido, fece
capolino dallo spiraglio, guardando dinanzi a sé con paura e sospetto, gli occhi
verdi, identici a quelli di Maes, erano velati, come se una nebbia fosse calata
su essi.
Roy si esibì nel suo più lucente sorriso, tendendole una mano:
“Buongiorno signora, scusi per l’ora. È lei Saori Hughes?” chiese gentile Roy,
sorreggendosi a Ed per non cadere rovinosamente a terra, “Scusi per le
condizioni con cui mi presento, ma nell’ultima missione ho avuto qualche piccolo
problema.” aggiunse, vedendo i suoi occhi colmarsi di preoccupazione nel vedere
quella stampella, “Mi dispiace… Si, sono io, perché? È successo qualcosa?”
replicò lei, la voce debole.
Edward si fece avanti: “No, non si preoccupi, non è successo nulla,
volevamo solo averne conferma. Piacere, Edward Elric, tenente colonnello.” si
presentò il biondo, “Non sono molto bravo con le parole, mi scusi.. Siamo qui
per accompagnare a casa una persona.” disse goffamente il ragazzo, facendo
spazio.
Lentamente, Eric fece capolino da dietro le spalle del superiore, i
corti capelli bruni spettinati, i grandi occhi verdi puntati su di lei: “Ciao,
mamma…” sussurrò nervosamente lui, tormentandosi le
mani.
La donna sgranò stupita gli occhi, lucidi per la commozione; la
piccola e affusolata mano si alzò tremante, accarezzando la guancia del ragazzo,
era calda e morbida, come quando se n’era andato, era
lui.
“Eric.. Mio piccolo Eric..” singhiozzò la donna, gettandogli le
braccia al collo, stringendolo forte a sé, le lacrime picchettavano sul maglione
che il giovanotto indossava, cercando di lenire quel gran dolore che aveva
provato nel corso di quei lunghi, strazianti anni di
solitudine.
Non c’era bisogno di parole.
Quando si staccarono, la donna aveva ancora gli occhi lucidi e,
sempre abbracciando il figlio, guardò con gran riconoscenza i militari: “Grazie,
grazie di cuore Mustang-sama.. La ringrazio davvero..” singhiozzò la donna, “non
sa quanto mi ha reso felice oggi, mi ha riportato il mio piccolo
Eric..”.
Roy sorrise, accennando un leggero inchino: “Si figuri signora, poi
le spiegheremo tutto, ha diritto di sapere. Ma prima, c’è ancora una persona per
lei.” aggiunse, scostandosi a sua volta e spingendo in avanti la persona dietro
di sé.
Smeraldo perso nello smeraldo, iridi uguali, separate in un lontano
passato e riunite, una dinanzi all’altra.
La donna sobbalzò, portandosi una mano alla bocca: “niisan..”
sussurrò, con le lacrime agli occhi.
Eric prese la mano della madre ancora stretta nella sua e la fece
congiungere con quella dello zio: “So che avete litigato, ma ormai, tutto
dovrebbe essere passato, no?” chiese il ragazzo, commosso a sua
volta.
Saori si guardò attorno, le lacrime oramai straripavano senza alcun
ritegno, non riusciva a frenarle, tutte quelle emozioni erano troppo
intense.
In quel momento, udì un leggero tirare della sua vestaglia;
abbassato lo sguardo, vide una bimba attaccata alle sue ginocchia che le
sorrideva: “Sei tu la mia zietta?” chiese Elycia, tendendole un mazzolino di
margherite tenute strette da un nastro di raso giallo come il
Sole.
Saori sgranò gli occhi, annuendo piano; con mano tremante prese
quel delicato mazzolino, mentre la bimba veniva presa in braccio da Eric:
“Mamma, lei è Elycia-chan, la mia cuginetta, la tua nipotina.” spiegò il
ragazzo.
Improvvisamente, Maes gettò le braccia al collo della sorella,
stringendola forte a sé: “Mi spiace, neechan, mi spiace tanto, non avrei dovuto
aggredirti così… Scusami.. Non sai quanto mi sei mancata in tutto questo
tempo..”, sussurrò, singhiozzando debolmente; la donna non riuscii a dire nulla,
si limitò a ricambiare, emozionata, quel dolce gesto affettuoso, gesto che
troppo gli era mancato in quegli anni.
“Anche tu mi sei mancato, fratellone..” riuscì solo a dire, e nel
suo cuore riprovò quella stessa gioia della sua infanzia, quella gioia che gli
era mancata in quei lunghissimi anni.
La gioia di avere accanto un
fratello.
ED ECCOCI ALFINE QUI, ALLA CONCLUSIONE ANCHE DEL VIAGGIO
DELL’AMESTRIS EXPRESS!!
Beh, che dire, come sempre mi spiace porre fine a una mia opera, ma
quando è necessario…
Comunque, desideravo ringraziare tutti i miei fedeli lettori,
Liris, Shika-chan, Fly-san e Himitsu-sama!! Grazie di cuore, senza di voi,
questo piccolo omake non avrebbe ragione di esistere!!
GRAZIE DI CUORE!!
VI VOGLIO BENE
SHUN
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