RED HEAD

di Botan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INTRODUZIONE ***
Capitolo 2: *** Non sottraetemi mai il dentifricio, per carità! ***
Capitolo 3: *** Le donne vanno sempre rispettate! ***
Capitolo 4: *** L'eleganza di un uomo, si vede dal nodo della cravatta ***
Capitolo 5: *** "Missione"? ***
Capitolo 6: *** Posso rifiutarmi proprio ora? ***
Capitolo 7: *** Giochi con me? ***
Capitolo 8: *** I bambini di oggi? Tutti viziati! ***
Capitolo 9: *** Questo è un anno da dimenticare, senza dubbio! ***
Capitolo 10: *** Come un fiore, come la danza di una farfalla ***
Capitolo 11: *** Olio di ricino ***
Capitolo 12: *** Sono un perfetto idiota ***
Capitolo 13: *** Sto toccando la luna con un dito! ***
Capitolo 14: *** A cuccia, bello! ***
Capitolo 15: *** Al diavolo te e il tuo protocollo! ***
Capitolo 16: *** Lo vuoi il bacio? ***
Capitolo 17: *** Un po’ di fair play, dai! ***
Capitolo 18: *** Da bambino odiavo le costruzioni ***
Capitolo 19: *** Mi sento un rifiuto! ***
Capitolo 20: *** Ecco qual è il problema: sono troppo geloso! ***
Capitolo 21: *** Dopotutto, è una bambina! ***
Capitolo 22: *** Vacci piano, demonio! O ti prendo a pugni nelle gengive! ***
Capitolo 23: *** Al diavolo la coscienza sporca! Dopotutto, c’è il sapone, no? ***
Capitolo 24: *** Che novelletta spiritosa! ***
Capitolo 25: *** Che concetto inappuntabile! ***
Capitolo 26: *** Il rosso sta per tornare in azione! ***



Capitolo 1
*** INTRODUZIONE ***


Introduzione:

Introduzione:

 

Questa fanfiction nasce all’incirca tre anni fa, dalla mia povera mente malata, dopo che quest’ultima ha avuto il piacere e il lieto onore di conoscere per la prima volta, in assoluto, quel tizio dall’aria scanzonata e dai capelli rossi, apparso nelle sequenze del Final Fantasy VII: Advent Children.

E’ proprio grazie a questo film, infatti, che mi sono avvicinata maggiormente alla saga di questo 7° capitolo della Square, e quindi a Reno stesso.

Ho cercato informazioni dappertutto, mi sono documentata tantissimo, qualsiasi cosa che potesse aiutarmi a comprendere meglio la trama del gioco ed i suoi personaggi, pur non avendoci mai giocato (alla fine però l’ho fatto, finendolo in un lampo! La curiosità a volte può essere micidiale… credetemi!), si è rivelata davvero preziosa.   

Fatto ciò, è iniziata la pacchia vera e propria! Già, perché incentrare la storia sotto il punto di vista di Reno, e fargli narrare tutti gli eventi e le sensazioni che essi gli provocano con l’avanzare di ogni capitolo, per me è davvero una gioia incommensurabile! Ho provato a calarmi nel ruolo di quel Turk strampalato e geniale, e in tutto ciò che lo circonda, senza stancarmi mai. Con lui scrivere non è mai diventato così facile e piacevole! Sarà per questo, che non mi decido a dare una fine al racconto?

 

Due paroline sul bizzarro protagonista:

 

Reno è un Turk, si sa, ma dal passato ignoto. Ragion per cui, sono stata costretta (ma non tanto) a plasmargliene uno in base a ciò che ho avuto modo di sapere. Dai vizi e gli eccessi, dal suo modo di agire e di comportarsi… insomma, tutto mi è stato davvero molto utile. E così, è nata un’ipotetica famiglia, un’ipotetica infanzia, degli ipotetici ricordi legati alla sua adolescenza… ogni istante della sua vita ha preso forma nella mia mente. Lui e la Shin-Ra. Un’alchimia perfetta, secondo me. Tutto ciò che gli ruota attorno, è magia. Scrivere pensando a lui, è una magia stessa. Ancora oggi sono convinta che in realtà siano le sue mani a guidare le mie, i suoi pensieri, la sua voce che mi sussurra all’orecchio cosa scrivere, il comportamento da fargli assumere in quella determinata scena, cosa direbbe o farebbe, lo scambio di idee, quelle piccole e pungenti frecciatine, come e quando spruzzare dell’ironia all’interno di una battuta e quando invece farle assumere un tono maturo.

Per me è un po’ come commentare le scene di un film che scorrono fluide davanti al mio sguardo attento. L’occhio recepisce l’immagine, il cervello la trasforma in testo e le dita completano il tutto!

Poter creare tutto ciò che gli scorre attorno, e dargli vita, anche se attraverso lettere e carta, mi fa stare bene!

Tutto sommato, penso a lui, e non posso fare a meno di invidiare la sua vita.

Invidio tanto questo Turk dall’aria scanzonata. Il suo lavoro gli piace, lo diverte perfino! Conduce una vita forse un po’ troppo pericolosa, ma piena di avventure e soddisfazioni. E la cosa più bella, secondo me, è proprio una vita vissuta. Che ti appaga, ti lascia qualcosa di forte dentro. E’ un mare immenso di ricordi, una miriade di spumeggianti sensazioni, dei sorrisi pieni e veri, e delle emozioni, le più importanti, che solo tu hai condiviso, e che ti fanno sentire speciale. Morire pensando alla bella vita che hai vissuto, è un dono speciale.

 

Voglio entrare anch’io nella prestigiosa elite della Shin-Ra, per la miseria!

 

Reno ed il suo “zo to”:

 

Lo “zo to” che usa quasi sempre alla fine di ogni parole o frase, lo si potrebbe definire come una specie di dialetto dal quale non se ne separa mai.

Tecnicamente, nella lingua giapponese la sillaba “zo” conferisce alla frase un tono di avvertimento, quasi di minaccia, tipico del dialetto maschile. Il “to” invece non ha nessun significato.

Non è facile, tuttavia, rendere alla meglio questo gergo nel nostro italiano. I giapponesi ne usano a quintali di queste particolari sillabe, tutte diverse, alcune perfino combinabili tra loro (come lo zo to, per l’appunto. Anche se viene considerata corretta solo la prima.), e tutte con un significato proprio.

E’ un po’ come se ognuno di noi ripetesse alla fine di ogni frase sempre lo stesso suono.

- Andiamo a mangiarci una pizza, ah?

- Per te va bene, ah?

- Che mal di testa, per la miseria! (in questo caso quell’ ”ah” ,con l’aggiunta di un’esclamazione, diventa “per la miseria”)

Purtroppo non riesco a dirvi di più, e meglio, su questo particolare idioma, perché le spiegazioni che i giapponesi ci offrono, sono limitate. Per loro è così, punto e basta!

Ad ogni modo, ho deciso di limitare l’uso del suo famosissimo “zo, to”, non tanto per la poca chiarezza del termine, ma per la scorrevolezza del racconto. Leggere la stessa cosa alla fine di ogni battuta, risulterebbe estremamente frustrante!

 

Parlando di Yuffie:

 

Questa nanerottola è davvero un portento!

Alla fine dell’Advent Children, non avevo dubbi: lei e Reno erano fatti l’uno per l’altra!

Mi scuso con tutti quelli che patteggiano per la coppia Yuffientine (YuffiexVincent), sarà perché Vincent lo vedo come uno di quei pochi uomini che amano in eterno la propria donna, anche se questa gli muore, ma io non riesco proprio a vederlo al fianco di una presenza femminile che non sia la sua bella Lucrecia. Mi fanno una tenerezza quei due piccoli bambini…!

 

Occhio (è proprio il caso di dirlo) ai suoi occhi:

 

Questo è un vero e proprio mistero. Dunque… Nel primissimo Final Fantasy VII, li ha castani, quel bel nocciola davvero intenso e scuro. E’ davvero il colore che più le si addice, non ci sono dubbi!

La scena però cambia totalmente non appena fa il suo arrivo l’Advent Children. Abito nuovo e… occhi nuovi! Lì ce li ha grigi, freddi ma comunque assai espressivi. Rimangono però pur sempre diversi dai suoi.

Arriva poi il turno del bellissimo Dirge of Cerberus e… la musica è sempre la stessa! Cambio d’abito, e cambio d’occhi! L’ho osservata attentamente in alcune scene che la riprendono in primo piano. Pare averceli violacei, a tratti sul grigio, e a volte perfino blu! Incredibile!

Un errorino ogni tanto tra la troupe della Square, ci può anche stare, no? Giusto ogni tanto, però. 

Pensavate che fosse finita qui? No! Certo che no!

La mazzata finale l’ho avuta con l’action figure di Yuffie, versione Advent Children!!

Ebbene sì, il colore cambia ancora una volta, addirittura in verde!!!

Ci sono rimasta di sasso, quando l’ho vista… Non volevo crederci! Mezz’ora a fissarla con un’espressione sconvolta e amareggiata però, non mi ha aiutato di certo. Una vera delusione.

Premetto che la figura che ho io, mi è stata recapitata a casa direttamente dal Giappone. Non si tratta dei soliti “made in china” che arrivano da noi e che vengono spesso spacciati per giapponesi, e che il più delle volte sono perfino colorati mali. Oltretutto è pure una limited edition…! Non si può confondere un particolare così importante!

Qui le cose sono due: o quelli della Square soffrono della perdita di memoria a breve termine, che, a quanto pare, ha effetto solo sulla nana ninja, oppure Yuffie porta le lentine a contatto. Per la mia fanfic, comunque, ho optato per la seconda delle ipotesi.

Se si pensa poi che nel Kingdom Hearts ce li ha sul blu bello deciso, la cosa si fa grave!

Nei Final Fantasy che ho avuto modo di conoscere e di giocare, non c’è mai stato un personaggio con qualche caratteristica riprodotta diversamente dall’originale. Rikku è rimasta la stessa, sia nelle illustration art che nei seguiti (FFX-2), comparse varie (Kingdom Hearts 2 e un altro giochino di cui adesso mi sfugge il nome), e nelle action figures e statue che la ritraggono, non cambia mai di una virgola. Lo stesso si può dire di Tifa, Aeris, Squall, Cloud e compagnia bella.

Comunque sia, per me il suo colore base rimane il castano scuro, o nocciola. E’ un classico, e non le guasta per niente!

Ah! Nel Before Crisis (il gioco dei Turks destinato però ai cellulari… se ci ripenso mi viene un nervoso…) li ha neri… ovviamente non potevano non cambiarglieli pure là! Certo che no! Fatto 30 si fa anche 31. Mi pare giusto!

Non so quanti di voi effettivamente se ne siano accorti, comunque mi è sembrato più che giusto farvi notare questa nota piuttosto bizzarra, che in qualche modo condiziona un pochino anche la mia fanfiction.

 

Tseng, Zeng o Shion?

 

Questo è un altro bel dilemma. Ad ogni modo, non è affatto complicato come lo zo to di Reno!

Dunque... Trasformato nella lingua giapponese, “Tseng” si scrive Tson, che successivamente si pronuncia “Shion”. Quest’ultimo lo si sente annunciare da Elena all’inizio dell’Advent Children, quando sono entrambi nel Northen Crater. In parole povere, si scrive Tson ma i giapponesi, per questioni di fonetica, lo pronunciano Shion. 

L’origine del nome però è cinese. InfattiZeng”, è la versione autentica delle tre.

In realtà tutte queste trasposizioni, se interpretate sotto diversi punti di vista, sono corrette.

Per la mia storia, comunque, ho utilizzato “Tseng”, la traduzione che un po’ tutti conosciamo, nonché quella del gioco.

Tuttavia, in una scena del Last Order è possibile leggere “Zeng” sulla firma di un documento che lui stesso sottoscrive.

Il problema è che la lingua cinese ha una pronuncia assai complessa e poco precisa da riportare in altre lingue. Soprattutto per il katakana dei giapponesi. 

 

Tutto ciò vale anche per Elena. Si scrive Iriina, ma si pronuncia a metà tra l’Elena e l’Iriina stessa.  

Comunque, la base e l’idea da dove è partito questo nome, rimane pur sempre Elena, o Erena. (per via di quella “L” che nell’alfabeto giapponese non c’è, ma che loro pronunciano ugualmente creando una sorta di ibrido tra la R e la L.)

 

Ancora una cosa:

 

La storia ripercorre alcuni momenti dell’Advent Children, per poi passare al Dirge of Cerberus (se non vi piacciono gli SPOILER, allora questa fic non fa per voi!), sempre e rigorosamente commentati e descritti sotto il punto di vista di Reno.

Si fa riferimento anche al Before Crisis, ma solo di poco. E’ un modo come un altro per tirare in ballo alcuni personaggi di quel gioco, Turks come lui, visti anche all’interno del Last Order.  

Infine… l’età dei Turks!

Su questi 4 loschi individui purtroppo non si sa granché, a parte il nome e qualche altra particolarità approssimativa.

Personalmente, mi son fatta un’idea generale sui loro anni aiutandomi attraverso immagini ed informazioni provenienti dal Before Crisis.

Non so alla fine se ci ho preso per davvero, vi avverto!

Nella tabellina qui in basso ci sono i vari FFVII con i relativi anni che dividono un capitolo dall’altro. Nello schema dopo, invece, ci sono i nomi dei Turks, e la loro rispettiva età, catalogate sempre in base al periodo di quel gioco. 

 

FFVII Before Crisis: Molti anni prima (non si specifica quanto, ma tutto ha inizio da qui)

FFVII: Passano 6 anni dal BC

FFVII Advent Children: Passano 2 anni dal FFVII

FFVII Dirge of Cerberus: Passa 1 anno dall’ AC

 

                  

                      BC                           FFVII                             AC                            DOC

RENO:          17                              23                                 25                              26

 

RUDE:          19                              25                                  27                             28

 

TSENG:        24                              30                                  32                              33

 

ELENA:        14                              20                                   22                             23

 

 

Cos’altro aggiungere?

Auguro a tutti voi una piacevole lettura, e vi saluto con la speranza che questa fanfiction vi faccia trascorrere momenti spensierati e sorridere!

Ve lo auguriamo sia io, che Reno!

Non prendetemi per matta, vi supplico! Se ho scritto quest’introduzione, è perché infondo volevo rendere partecipi tutti voi delle mie sensazioni, dei miei pensieri, di ogni mia piccola scoperta che magari per me può sembrare importante.

Ahimé non ho l’abilità di Reno nel colloquiare così limpidamente, non sono brava come lui ad esprimermi, a centrare il bersaglio alla prima scoccata di arco… malgrado tutto, mi arrampico.

O meglio, ci provo. E se poi dovessi cadere, pazienza.

Vorrà dire che me lo farò insegnare da quel Turk senza cravatta, e dalla testa rossa, zo to!

  

 

                                                                                                       

                                                                                                                      Botan

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Capitolo 2
*** Non sottraetemi mai il dentifricio, per carità! ***


RED HEAD

                       RED HEAD

 

 

 

 

Che palle le missioni!

Mi riferisco a quelle di poco conto.

Però, con un simile gioiellino, devo ammettere che la noia sparisce. In più s’intona perfettamente al colore dei miei capelli, rosso fuoco, proprio come gran parte dell’involucro di questa bomba.

Farà un bel botto, vedrete! Il cielo di Midgar sarà avvolto da fuochi d’artificio artigianali! Rude è davvero un esperto nel fabbricare questo genere di “giocattoli” come dire, scoppiettanti!

Mi volto verso di lui, dopo aver lanciato una voluttuosa occhiata all’ordigno che stringo tra le mani.

 

- Ehi, questa cosa è potente, zo to?! – che domanda priva di originalità, eh? Ma certo! 

 

- E’ un rudimentale perfezionamento della tecnologia Shin-Ra. Sulla potenza non garantisco, ma di sicuro non ne resterai deluso.

 

Lo guardo di sottecchi, abbozzando subito un lieve sorriso di trionfo:

- Oh, sul serio?- dico squadrando l’oggetto molto meticolosamente.  

 

- Ti piace, vero?- mi chiede il compare dalla testa pelata, con quegli occhialini neri sempre di ricambio, ben piantati sul naso.

Cosa rispondere? Ne vado pazzo, soprattutto se il risultato atteso darà i suoi frutti.

 

- Quei tre pagliacci voleranno come aquile, ci puoi contare!- Com’è che si chiamano? Kadaj, Yazoo e Loz. Kadaj, Yazoo e Loz?!! Ma che razza di nomi sono?! E dire che “Turk”, all’inizio della mia carriera, mi sembrava alquanto ridicolo. Ma questi tre le superano tutte! Beh, almeno se qualcuno si azzarda a prendermi in giro, mettendo in caricatura il nominativo della mia società lavorativa, lo risponderò con un bel: Kadaj, Yazoo e Loz secondo te sono meglio??

E se poi lo sfortunato beffeggiatore trova anche l’ardire di controbattere, vorrà dire che si dovrà fare il tragitto verso casa a gambe strette e bacino basso. Non so se rendo l’idea…

Sono un Turk, e non un fenomeno da baraccone, zo to!

 

Aguzzo lo sguardo in direzione della galleria.

Ecco il nostro caro protagonista, a bordo della sua attrezzatissima moto, con quei capelli biondi così ritti e in evidenza… forse anche troppo per un tipo scostante come lui, che tende a farsi notare sempre meno, ed agire in silenzio sempre più.  

- Sei pronto?- dico rivolgendomi a Rude e gettando un’occhiata al timer della bomba, che oramai conteggia alla rovescia già da 50 secondi. Me ne restano all’incirca 10 per scagliarla via. Saranno più che sufficienti.

 

Rude non si scompone affatto.

- Mh.- mi risponde mugugnando un ipotetico si. 

Come previsto da copione, ecco arrivare anche i due fratelli dalla mente inferma, a gran velocità sulle loro moto verdastre e davvero rètro. Oltre ai nomi, hanno pure un pessimo gusto nello scegliere.

 

L’angolo destro delle mie labbra si tira all’insù, in un ghigno.

Il bello sta per arrivare.

- GO!!!- esclamo con fiere movenze e una fanatica esaltazione.

 

Pochi attimi e tutto prende una piega più frizzante.

 

Nel cielo di Midgar s’ innalza una coltre nuvola di fumo, seguita da frammenti e schegge d’ogni tipo, oltre che ad un forte boato, naturalmente.

Mi godo tutta la scena sdraiato sul manto poco erboso e molto striminzito posto al di sotto del ponte autostradale dal quale io e Rude ci siamo lanciati, appena cinque secondi prima che avvenisse l’esplosione degli ordigni da noi scagliati.

Proprio due stuntman, io e lui! Atterrare perfettamente integri da un’altezza di circa dieci metri, non è cosa da poco. Dopotutto, i migliori della compagnia siamo noi!

 

- Caspita, che botto! – enfatizzo gioioso- Caro compare, complimenti per i tuoi piccoli giocattolini esplosivi!

 

- Avevi ragione su quei due.- mi dice inclinando la testa verso l’alto e scorgendo i fratelli dalla chioma argentea fluttuare in aria, proprio come delle aquile.

Li guardo divertito. Abbozzo qualche sana risata mentre mi godo la bella prospettiva, spaparanzato sull’erba.

Sembra di essere al drive-in. Mancano solo un sacchetto di popcorn e una lattina piena di un qualcosa da bere. In questo momento mi sta bene di tutto. Tranne del the.

Rude si rialza sistemandosi il suo completo blu notte, ricoperto da terriccio e un po’ di fanghiglia. Decido di seguirlo dopo poco, battendomi il retro del pantalone fino a farlo diventare un tamburo, per scrollarmi di dosso alcuni ciuffetti di erba, e ritornare ad assomigliare più a un Turk, che ad una nuova specie di vegetazione umana.

 

- Che si fa adesso?- reclamo al mio complice. Sto per proporre qualcosa di divertente, ma vengo preceduto da un altrettanto qualcosa tutt’altro che divertente. E’ l’inconfondibile ma poco sensazionale suono del mio cellulare, buttato nella tasca dei pantaloni, e occultato lì. Perché non me ne affibbiano uno nuovo? Almeno mi verrà più voglia di esibirlo, questo affare!

- Qui Reno!- esclamo con voce squillante, scandendo il mio nome con innata fierezza.

 

- Abbiamo visto l’esplosione. Ottimo lavoro, ma cercate di sbrigarvi, Tseng vi vuole qui… subito! - replica una voce femminile dall’altro capo.

Elena. Rompiscatole per vocazione, acida per natura e bionda naturale. Un capello posticcio e tinto, si vede. Soprattutto quello delle donne. Ne ho viste così tante nella mia luminosa carriera da libertino ragazzo, che la razza femminile per me non ha più segreti.

 

- Grazie per il complimento cara… peccato però per il pessimo tempismo… Stavamo giusto andando a fare un giro, se non fosse arrivata la tua telefonata a rompere questo splendido momento, ovviamente…! - dico facendole capire che non ho affatto apprezzato la sua sollecitudine.- Riferisci a Tseng che stiamo arrivando!- chiudo l’aggeggio nero, rigettandolo a casaccio nella tasca. Muovo il capo verso destra e faccio capire al mio socio che l’ora dei giochi è purtroppo terminata.  

 

Possibile che nel nostro gruppo debba esserci anche una donna? Per carità, non ho nulla in contrario, ma avrei preferito di gran lunga qualcuna con un carattere meno perfettino e soprattutto meno rompiscatole! In passato, agli inizi della mia carriera, nella nostra gang c’erano altre quattro ragazze, prima di Elena. Una “Tseng” al femminile ma piena di fascino, una giovane trovatella dal misterioso passato, nonché mia ex-fiamma, la sorella della bionda Elena, identica in tutto e per tutto a lei, e una stupida gallina nata in una ricca famiglia di Mideel, che amava starnazzare inutilmente e stuzzicarci uno per uno, me compreso, per indurci poi alla lite. Le piacevano i massacri, alla duchessina in divisa.

Come aspetto non era poi tanto male, aveva dei lunghi capelli sul biondo cenere che teneva sempre legati in una grossa coda, un fisico regolare ed un bel visino. Ma al diavolo la bellezza se poi non puoi nemmeno affrontarci un discorso decente…! Con Elena non è che cambi molto, ma almeno lei sembra essere sprovvista del cosiddetto “gene dell’ochetta”. Resta il fatto che io quelle così non le sopporto! Mi rubano la libertà, e per me significa tanto.

Sono nato per volare, non per restare chiuso in gabbia.

 

 

 

 

 

- Crema, o cioccolato?- dico altalenando le due scatole di preparato per torte che ho tra le mani.

 

Come mi sono ridotto…

 

- Fai tu.- al solito. Rude si sa, non è di certo famoso per la sua spiccata parlantina!

Storco le labbra in una smorfia di indecisione.

Siamo al grande supermarket di Midgar.

Una noia…

Sono trascorsi già 3 mesi dalla battaglia contro quei tizi in uniforme di pelle nera e capelli argentei. Per carità, non fatemi ripetere i loro nomi, altrimenti ricomincio a ridacchiare.

Il tutto si è concluso con un bel “ e vissero tutti felici e contenti”. Più o meno.

Per fortuna che il buon vecchio ragazzo dai capelli ritti e gli occhi azzurri, è riuscito a sconfiggerli. Altrimenti sarebbe toccato a noi Turks, sbrogliare la matassa. Non che abbia paura, intendiamoci. Però sarebbe stata davvero dura toglierli dal campo. E d’altronde si sa, meno lavoro, meno casini. E di casini ultimamente se ne vedono davvero pochissimi.    

La Shin-Ra Company, sta lentamente risorgendo. Ma più che lentamente, dovrei dire, sta “comodamente” preparandosi a risorgere. 

Comodamente perché… Perché l’intera Shin-Ra, per far ritorno ai suoi antichi albori, ha bisogno di serenità e grande preparazione. 

Il nostro Presidente, Rufus, guarito dall’oramai avanzato stato del Geostigma, è ritornato a casa dopo la lunga giacenza alla Healin Lodge. “Casa” si fa per dire, dato che la nostra base è ormai deceduta da anni.

In questi tre mesi, il Presidente si è dato da fare per rimettere le cose a posto, e riprendere possesso dei suoi numerosi beni. Tutto dovrebbe ritornare come prima, come tanti anni fa. Eeh…bei tempi quelli. Io e gli altri Turks, sempre in giro, sempre pronti alla lotta e a qualsiasi missione, senza tener conto minimamente dei rischi a cui ci si esponeva ogni volta, e che senza fallo non tardavano mai ad arrivare.

Quando ripenso alle ere andate, mi assale sempre una forte malinconia. Amavo quella vita, e continuerò ad amarla in eterno, fin quando io stesso non lascerò questo pianeta sotto forma di flusso vitale. Mi auguro il più tardi possibile, s’intende!

Come dicevo prima, non abbiamo più una fortezza. Dopo il crollo dell’imponente palazzo della Shin-Ra, avvenuto ai cosiddetti tempi di “Sephiroth”, ognuno di noi si è dovuto arrangiare. Come base provvisoria in attesa che quella principale venga ricostruita, ci siamo appropriati dell’intera struttura del Geostigma Sanatorium, oramai praticamente inutilizzabile data la sconfitta della malattia in questione. È un posto tranquillo, immerso nel verde, nella natura, negli insetti… Se fa caldo, mi tocca dormire con la finestra completamente sbarrata, altrimenti rischio di trovarmi qualche simpatico “inquilino” nel mio letto… Senza contare il bagno… Lì al contrario, non posso chiudere la finestra per via di un grosso ramo alberato che ha deciso di “accasarsi” proprio lì dentro. Taglialo, no? Suggerireste voi… Ma come si fa a mozzare un arto di quelle dimensioni, con tanto di nido gremito di piccoli volatili, che starnazzano da mattina a sera impazienti di rimpinzarsi lo stomaco?

Sono un Turk, ma dal cuore tenero.

Ed è proprio per questa mia debolezza, che ora mi ritrovo qui, a vagare tra i meandri di questo supermarket, alla ricerca di qualcosa che possa soddisfare le richieste del nostro leader, Tseng.

 

Domani è il compleanno di Elena.

Personalmente, la cosa non mi interessa più di tanto, ma gli ordini di Tseng, restano pur sempre ordini. E visto che di ordini se ne vedono davvero pochi, non mi resta altro che accontentarmi di quel poco che mi viene richiesto.

Per farla breve, dobbiamo comprare gli elementi adatti per preparare una torta.

- Non capisco perché mai si debba preparare una roba simile, quando poi esistono le pasticcerie… zo to!

 

- Tseng vuole così. Limitiamoci a farlo.- Per Rude è tutto più semplice, dato che sono io ad occuparmi di scegliere l’occorrente giusto.

È quasi mezz’ora che mi gingillo con queste due scatole di preparati. Sono anni che conosco Elena, ma non so quale prendere.

Se fosse dipeso da me, invece della classica imbottitura, avrei optato per qualcosa di ben più “pesante”.

Una torta al tritolo, non è una pessima idea!

 

- Basta! – dico spazientito- Prendiamo questa! – esclamo poi, riponendo la scatola del preparato alla crema nel suo scaffale. - La cioccolata piace a tutti, no? – Soprattutto a me.

 

Dopo l’estenuante fatica, mi accingo a racimolare il resto delle cose da prendere. Siamo qui anche per fare rifornimento, come accade puntualmente ogni due settimane. Purtroppo il Sanatorium è situato al di fuori di Midgar, ed in conseguenza di ciò, almeno due di noi sono costretti a rifornirsi puntualmente dei viveri necessari, qualora questi inizino a scarseggiare. Non vedo l’ora che il Presidente Rufus metta mano alla trattativa per acquistare un intero palazzo in disfacimento, e trasformarlo finalmente nella nostra base ufficiale. Almeno non sarò costretto a fare tutta questa bagattella inutile, diamine! 

Infilo la mano in tasca, frugando tra le varie cianfrusaglie al suo interno.

L’accendino, un pacchetto di chewing-gum a tavolette, molto probabilmente del 1830 data la scarsa conservazione dell’involucro, e un foglio. 

Afferro quest’ultimo, e lo infilo tra i denti.

 

- Ressci quesci, so to!- Mugugno una frase incomprensibile per via della carta che stringo tra i denti, mentre sparo sul petto del mio compare i prodotti alimentari che mi impediscono di usare entrambe le mani. - Vediamo… - faccio leggendo la lista della spesa- Questo c’è, questo anche, e anche questo. C’è tutto...o quasi… – esclamo sforzandomi di decifrare la calligrafia quasi del tutto illeggibile del sottoscritto. Purtroppo non ho avuto tempo di sfoderare la mia bella scrittura. Quando Rude chiama, ed esorta, devo sbrigarmi!- Il reparto dei casalinghi è di là.- dico rivolgendo il pollice alle mie spalle.

 

- Perché non hai preso un carrello?- mi domanda Rude, con il volto semi coperto da una pila di pacchetti vari.

 

- Perché pensavo non servisse, zo to! La volta scorsa non eravamo così carichi. E poi hai mai visto un Turk girare con un ridicolo carrellino?– sbotto crucciato, mentre mi divido gli oggetti da portare con il mio amico dalla testa pelata, trovando il tempo di sbuffare appena.- Però se vuoi ritornare indietro a prenderlo, io ti aspetto!- Rude non controbatte. E’ evidente che la mia proposta non gli interessi granché.

Faccio mezzo giro, e mi avvio all’altra corsia.

L’abbigliamento casual che mi ricopre, mi fa sembrare un comune ragazzo, magari uno studente o un semplice giovane pacato e poco incline all’azione. Eeeh…Se tutta questa gente sapesse…! Altro che ragazzo pacato! Ho affrontato più situazioni pericolose io, che questa mezza dozzina di esseri umani!

Un semplice jeans e una felpa con la zip, quest’ultima rigorosamente bianca per far spiccare il più possibile la mia lunga zazzera rossa, è il classico abbigliamento che adotto quando non sono costretto a vestirmi da Turk.

Come veste un Turk?

Sempre lo stesso completo blu notte, rigido e un po’ scomodo soprattutto quando capita di doversi lanciare da un’altezza di oltre 700 metri. Un vero supplizio.

Ad ogni modo, non mi dispiace apparire come una persona normale. Una volta ogni tanto, intendiamoci.

Dopotutto si sa, le cose banali e le solite tediosità non fanno di certo per me.   

 

 

Un Turk deve avere un bianco sorriso.

E per un bianco sorriso, ci vuole un buon dentifricio!

Proprio quello che mi serve per completare la lista e cestinarla alla prima occasione in qualche pattumiera nei paraggi.

Eccolo lì, il mio prediletto! Scorgo lo scatolino, ultimo esemplare tra una marea di marche praticamente di secondo scelta, e mi dirigo a grandi falcate per accaparrarmelo alla svelta.

Sogno già di trovarmi alle casse, quando il lungo rettangolo cartonato, mi viene sfilato furtivamente qualche frazione prima che io potessi sfiorarlo con i polpastrelli delle dita.

 

- Che…?!- pronuncio di botto e con l’aria tutt’altro che pacifica. Volto il capo seguendo la traiettoria del MIO dentifricio, e lo vedo finire dritto in un cestino di metallo. Faccio scorrere lo sguardo sulla figura che si è appena appropriata del MIO dentifricio, e storco gli occhi in una smorfia di perplessità.- Cosa ci fate voi qui?! ! E soprattutto… quello è MIO!- urlo di rimando, additando l’oggetto conteso.

 

Non sottraetemi mai il mio dentifricio, per carità!

 

Le due forme mi fissano quasi con sorpresa.

- Guarda guarda, due Turks!- replica la più bassina, nonché artefice del furto. Mi squadra da cima a piedi, e arrivata alle scarpe che indosso, sale su, rapidamente, incurvando poi il muso. – Mi correggo, due Turks, in borghese!- ride sommessamente, portandosi una mano alla bocca. Cosa c’è di strano a vestire così? Dopotutto siamo persone normali che hanno il diritto di vestire da persone normali!

 

- Lo trovi così divertente?!- replico infastidito da quel suo risolino poco garbato e tanto indisponente. Dirigo il mio sguardo verso Rude, alle mie spalle. Ha il capo chino, volto all’osservazione degli scaffali, e si sta sistemando gli occhialini scuri sul naso, con un dito.

Dimenticavo che lui ha una certa attrazione nei confronti di Tifa, l’amichetta d’infanzia del biondino scontroso, che si trova proprio davanti a noi.

In effetti, non è poi tanto male. Con quel suo visino dolce, la chioma ben ordinata, lunga e scura, alta, e le forme al punto giusto, farebbe avvampare chiunque.

A differenza dell’altra figura.

Praticamente l’opposto. Più bassa, come minimo una cinquantina di centimetri, dei capelli corti “incorniciati” da una fascetta verde con i bordini bianchi, e un fisico indubbiamente poco “rigoglioso”. 

La conosco. Eccome se la conosco! È quella con la fissa delle Materia, nonché abile ladruncola, ma non troppo. In più, fu rapita da Corneo insieme ad Elena… due seccature…!

 

Cerco di sforzarmi affinché mi ritorni alla mente il suo nome.

- Fuffi Kisaragi, giusto?

Mi sembra che avesse un nome abbastanza strano e buffo. A Wutai sono tutti così. 

 

La tipetta in questione, con maniere poco gentili, mi richiama alla correzione del suo nome con una semplice ma concisa espressione:

- YUFFIE!! IDIOTA!!!

Iniziamo bene!

Sorrido, divertito ma ancora perplesso:

- Pardon!- faccio in tono sfottitore, simulando anche un inchino-  Ma non è che cambi poi molto…- le rispondo abbozzando un altro risolino.

 

Lei sbuffa, in rilancio alla mia provocazione del tutto gradevole, e indispettita si porta le mani sui fianchi:

- E’ strano che i Turks siano semplicemente quattro…- espone tranquilla. Deduco subito che da lì a poco uscirà qualche offesa.

La guardo con sospetto mentre continua la sua presunta illazione:

- Nel mondo c’è tanta gente con poca intelligenza, e visto l’eccessivo aumento di stolti, voi Turks dovreste aver raggiunto un buon numero di iscritti! – conclude fiera, con perfetto sarcasmo. 

Hai capito la ragazzina?! E’ già passata agli insulti.

Naturalmente non posso non controbattere. Non ad una simile presunzione!

 

- Ora ricordo! – mi spiattello una mano sulla fronte, apposta- Tu sei quella che 3 mesi fa, per calarsi nella battaglia, è atterrata nella piazza di Midgar con un paracadute! Anche se stavo combattendo con uno di quegli spiriti dalla chioma argentea, sfuggire alla tua attenzione è stato praticamente impossibile! Una bella trovata, non c’è che dire! Forse troppo poco femminile, non credi? Ma visto il tuo modo di vestire, così selvaggio, non poteva essere altrimenti! – la fisso con presunzione, da capo a piedi. Indossa un paio di stivaletti beige che le arrivano al ginocchio, dei pantaloncini piuttosto corti, tendenti ad un grigio nocciola un po’ spento, una giacchetta striminzita molto più della canotta floreale che veste al disotto, ed un semplice polsino bianco sul braccio destro ad adornare il tutto. Vi sembra forse femminile?

È più femminile l’acida Elena, con la sua divisa da Turk!

Non ho nemmeno il tempo di intraprendere una fragorosa risata, che sento un forte dolore al piede sinistro.

 

- Ahi!- esclamo digrignando i denti, mentre quei quattro pacchi che reggo in mano mi finiscono a terra.

Per la cronaca, il suddetto maschiaccio mi ha appena pestato un piede. Per di più, con la suola dentellata degli stivali che indossa. Adesso so che oltre ad essere chilometrici, fanno anche un gran male.

- Yuffie!- la richiama Tifa, con un lieve imbarazzo.

 

La ragazzina wutaiana sbotta senza indugio, abbassando poi le palpebre e girando il capo verso sinistra, altezzosa come non mai:

- Non è colpa mia se questo losco individuo è uno zotico!

 

Zotico? Io, zotico? Ok, per il losco può anche passare, tutto sommato non mi dispiace, ma zotico… quello no!

- Sentimi un po’ principessina di Wutai...! - le urlo di rimando, piantandomi le mani sui fianchi e inclinando il viso in avanti, minaccioso verso di lei - Non posso certo ricordarmi i nomi di tutti quelli che incontro! A parte quei soliti, non riesco a memorizzare ogni faccia che mi passa davanti! Soprattutto la tua, così odiosa ed indisponente! – Sono pur sempre un essere umano! Diamine!

Scruto il suo faccino, in particolare le iridi. Grandi e di un color nocciola quasi da mangiare. Mi stanno fissando. Per l’esattezza si sono soffermati sulla parte alta del mio viso. Gli occhi. Effettivamente il contrasto che provoca la mia capigliatura rossa, con queste pupille verde azzurro, è assai particolare. Forse chissà, nessuno può resistere a questo forte accostamento di colore?

 

- Che c’è…? - le rispondo sgarbatamente, ma consapevole della forte attrazione che le sto provocando.

 

- Hai le lenti a contatto!- Cosa?!? Ma stiamo scherzando?!

 

- Hai preso un granchio, piccola! Sono tutto al naturale! Occhi compresi! – Figuriamoci se poi ricorro a questi stupidi mezzucci per cambiare il mio aspetto. E’ un insulto bello e buono! – E comunque, quello è mio, zo to!- Addito ancora una volta la scatola del dentifricio, posta nel cestino “nemico”, tagliando così a corto. Apro una mano, porgendola in avanti, per farmi restituire l’oggetto. - Sareste così gentile da ridarmelo?- chiedo molto galantemente, dandole addirittura del lei.

 

- Dobbiamo prendere lo zucchero, come on Tifa!- esclama la piccola ninja, escludendo la mia richiesta e dandomi le spalle in malo modo.

 

Grazie per la considerazione!

 

- Ehi!!- urlo guardandole andar via, mentre la brunetta alta, saluta cortesemente. Muovo la gamba destra, pronto a raggiungerle con una sola falcata, quando la possente mano di Rude mi agguanta la felpa, trattenendomi lì.

 

- Muoviamoci anche noi.- dichiara come se nulla fosse.

Nemmeno per sogno! Voglio il mio dentifricio!

 

- Nessuno può sottrarmi una cosa che stavo comprando io!- Nessuno, zo to! Nemmeno una mezza ninja come quella lì!

 

- Prendine un altro. Ce ne sono tanti.- mi consiglia l’amico, ma io imperterrito insisto sulla mia idea:

- Non è la stessa cosa! Sono anni che uso quello, e non sarà certo una stupida mocciosa alta quanto una chitarra, a farmi cambiare idea! No e poi no!- asserisco convinto. Lo voglio e basta!   

 

 

 

Ci avviamo alle casse, pronti a retribuire, mentre tento rabbiosamente di sistemare la scatola del nuovo dentifricio, in maniera più stabile sulla pila che porto. Anche i duri a volte cedono.

E alla fine ho dovuto accontentarmi di questa marca così sconosciuta, e poco convincente che mi ha consigliato una delle belle signorine addette alla vendita.

Fisso l’oggetto con sospetto. Il mio volto assume un’espressione di disgusto. Comincio inevitabilmente a pensare di dovermi fare una dentiera, dato che non ho molta fiducia verso questa roba, e poi sospiro sommessamente.

Quella mocciosa prima o poi me la pagherà, zo to! 

 

Rude è dietro di me, con quella sua stazza, portare un paio di roba in più non gli avrebbe fatto sicuramente male.

Preferisco però non rischiare, è un tipo alquanto suscettibile. Volto l’angolo, imprecando tra me e me a causa del notevole lavoraccio, e mi accingo a poggiare il carico sulla prima cassa disponibile.

- La prossima volta cedo il mio posto ad Elena… fare rifornimenti mi stressa parecchio.- dico leggermente affaticato, desiderando ardentemente una sigaretta.

 

 

 

Mi porto una bionda alla bocca, dopo averla estratta dal pacchetto, e l’accendo. Bionda perché bella ma letale.

Alzo gli occhi al cielo, espirando una fervida boccata di fumo.

Finalmente fuori da quel grosso caseggiato! 

Rude è qualche passo più avanti, lo seguo osservandolo mentre sorregge i tre sacchetti pieni zeppi di roba che abbiamo appena comprato.

Arrivati all’auto, una nera lucente e fiammante, parcheggiata poco distante dalla struttura, apro il cofano posteriore, permettendo così al mio compare di riporre le buste.

- Guida tu!- esclamo svogliatamente, lanciandogli contro le chiavi della vettura. Non ho la lucidità necessaria per mettermi al volante.

Non ora, per lo meno.

 

 

 

- Sai cucinare? – mi domanda Rude all’improvviso, mentre preme sull’acceleratore, al ritorno verso la base.

Mi stravacco in modo estremamente scomposto, affondando la testa sulla spalliera.

- No, perché? – replico svogliato, con il rocchetto della sigaretta che mi balla tra le labbra.

Una volta tentai di friggermi un uovo, ma la pentola andò improvvisamente a fuoco. Forse fu una semplice fatalità. Tuttavia, non ho mai avuto bisogno di prepararmi da mangiare, la Shin-Ra ha sempre fornito i pasti belli pronti, ai suoi dipendenti.

 

Cerco quindi di rilassarmi, ma qualcosa me lo impedisce.

E’ Rude. O meglio, la sua voce.

 

- Chi si occuperà della torta, allora?- dice il compare, con semplicità.

Già, la torta di Elena… Non ci pensavo manco più.

Sto per prendere la sigaretta tra le dita, quando la forza di quella domanda così semplice, mi blocca.

La torta di Elena?!

- La torta!!- esclamo sbattendomi una mano sulla fronte- E adesso come la mettiamo?! Non possiamo mica chiederlo a lei?! Che razza di sorpresa sarebbe?! – Ecco un altro bel problema. E non mi preoccupo nemmeno di fare a Rude la stessa domanda! Mi è già bastato vedere la sua faccia, per capire che purtroppo non sa cucinare e che quindi dovremo trovare alla svelta una soluzione.

- Tseng è da escludere, penso che sia nella nostra stessa situazione… e il Presidente, non se ne parla nemmeno!- Di certo non vado a chiedere al sommo Rufus, di mettersi ai fornelli! Sarebbe un oltraggio. Accavallo le gambe, disordinatamente, e incrocio le braccia.

E adesso come la mettiamo?

 

- Lo dicevo io, che avremmo fatto meglio a comprarla in pasticceria, zo to! - Faccio mente locale, ma mi serve a poco. Chiudo gli occhi, storcendo la bocca. Prima di farlo però butto via dal finestrino la sigaretta, ormai ridotta all’osso.

 

Sto pensando, quando il compagno di sedile mi fa sobbalzare con la sua assurda proposta:

- Perché non lo chiediamo alla Lockhart e a quella ninja?- Ma è impazzito?! Eppure mi sembra sobrio…!

 

- Ti sei forse bevuto il cervello, zo to?!- strillo fissandolo con un’espressione tra lo sconcertato e il colto alla sprovvista.

 

- Hai un’idea migliore?- mi ribatte, senza scomporsi.

Con tutta onestà, NO.

 

- No!- sbottò seccato. Volto il capo in direzione del finestrino, adagiandomi una mano sul mento- Questo significa che dovremo ritornare a Midgar? – Ancora? Che palle!- Proprio adesso che siamo quasi arrivati!- sbuffo decisamente poco contento. E lo si può intuire anche dal mio tono di voce. Non ho nessuna intenzione di rivedere colei che si è “fregata” il MIO dentifricio! E soprattutto, implorarle di farci un favore… Questo è troppo! Non voglio, non se ne parla, è da escludere nella maniera più rapida possibile!

Resta il fatto che dovremo trovare qualcun altro che ci aiuti nell’ardua impresa… già, ma chi?

 

Ok.

 

- Se speri che faccia la finta vittima davanti a quella mocciosa, ti sbagli di grosso, zo to!! Se non accettano, io vado via, zo to! Sei avvertito, zo to! – dico al socio, sbrigativo e tassativo come non mai.

Rude schernisce lievemente. Conosce alla perfezione il mio carattere. Siamo partner da molti anni. Praticamente da quando ho iniziato la mia fulgida carriera di agente speciale addetto al… -prendo fiato- “Settore Investigazioni del Dipartimento degli Affari Generali della Shin-Ra Electric Power Company”. Come sono modesti, vero zo to?! Ma io preferisco presentarmi semplicemente come Turk. Punto e basta.

Altrimenti finisco per dimenticare tutto, o mescolare le molteplici sigle fino a creare qualcosa di veramente incomprensibile. Già lo è di suo… figuriamoci con la mia mano d’opera.

Mi riallaccio la cintura, che avevo tolto in precedenza una volta arrivati in prossimità della base. Sono obbligato a sorbirmi di nuovo la stessa strada.

Osservo Rude portare a termine la manovra di retromarcia e imboccare la corsia per il ritorno a Midgar.

La dimora di Cloud e di tutta l’allegra compagnia è situata proprio lì, Tifa si occupa di gestire lo Strife Delivery Service, nonché di occuparsi anche dell’orfanotrofio.

I vecchi rapporti conflittuali tra il biondo e il nostro Presidente (biondo anche lui), si sono notevolmente allascati. Dopo la piccola alleanza formata con noi Turks, per sconfiggere il nuovo nemico, Rufus ha invitato molte volte l’ex-soldier ad unirsi al nostro gruppo, ottenendo però sempre risposte negative, tant’è che oramai ci siamo rassegnati. Davvero un peccato, sarebbe stato un ottimo agente. Nonostante tutto, tra noi e Cloud non c’è stato più nessun conflitto.

Personalmente non lo capisco. Si accontenta di fare il fattorino, di badare ai suoi amati marmocchietti senza famiglia, e di condurre una vita praticamente monotona, senza grandi divertimenti. Non si è nemmeno trovato una ragazza! Diamine, vive a contatto con quel popò di donna di nome Tifa, tutto il santo giorno, ma non sembra minimamente attratto dalla sua rigogliosa figura. Al posto suo, io avrei subito approfittato dell’occasione, all’istante!

 

A volte mi chiedo se il sottoscritto è troppo anormale, o se sono gli altri ad esserlo.

 

Eccoci nuovamente in città. La cara e vecchia Midgar. O dovrei dire, “nuova” Midgar. Sono state ristrutturate molte zone, praticamente distrutte dallo scontro con il possente Summon, Bahamut, e dalla furia di quei tre esaltati. Per il momento solo la piazza principale è stata ricostruita, ma anche se tutto è più nuovo, rimane pur sempre la vecchia “cittadella” di una volta.

Eccoci giunti a destinazione. Che stress.

E io che sognavo già di trovarmi sotto la doccia…! Temo che il mio corpo dovrà attendere.

- Vai tu, io ti aspetto in macchina!- Non ho voglia di scomodarmi per qualcosa di futile.

Rude apre lo sportello, uscendo dalla vettura. Mi distendo comodamente slacciando la fastidiosa cintura che a momenti mi soffoca, e mi preparo a godermi un po’ di calma. La sfortuna vuole però, che il mio breve riposino sia destinato a finire ancor prima di iniziare.

La portiera di fianco a me si apre di botto, e a momenti quasi finisco a terra.

Deduco che il mio socio non è d’accordo con me, e anche se a malavoglia, sono costretto a scendere. 

- Possibile che Tifa t’imbarazzi così tanto?- sbotto di rimando e centrando il problema alla perfezione. Rude quasi arrossisce, anche se non proprio visibilmente. Come lui conosce me, io conosco lui!

Suono il campanello, posto accanto all’ingresso principale fatto di vetri, e aspetto.

- Guarda che mi tocca fare…- parlotto sommessamente, mentre la mia immagine viene riflessa dalle ante di vetro, lucide e lustre, della porta. Mi do una sistematina agli occhialini che porto sulla fronte, mentre scorgo la sagoma di un bambino, che si accinge a venirci ad aprire.

 

- Tu sei Reno, giusto?- mi dice la piccola creatura, una volta uscita allo scoperto. Sono famoso!

 

- La figlia di quell’energumeno, Marlene, vero, zo to?- le chiedo.

 

- Vero, zo to! – risponde lei, quasi a farmi il verso. Ma che c’è di tanto strano nel mio modo di parlare? E’ normalissimo! 

 

Faccio finta di nulla, e proseguo:

- Cerchiamo Tifa, abbiamo bisogno di parlarle.- getto qualche occhiata all’interno. Ho visitato questo posto solo un paio di volte, e con tutta sincerità, non è che lo ricordi esattamente. È un orfanotrofio, quindi sarà gremito di bambinetti chiassosi che odorano ancora di latte… Che bella prospettiva! 

 

- Tifa non c’è, ma dovrebbe ritornare a momenti. Lei e Yuffie sono andate a fare la spesa, potete aspettarla qui, intanto che arriva! Prego!- Yuffie!! Non voglio che per nessuna ragione, mi si pronunci quel nome! Non ho ancora digerito quello che ha fatto al supermarket! Non così facilmente! Tento di controllare l’improvviso rossore che ha cominciato ad invadermi il viso, e ci riesco.

La piccola spalanca la grossa anta, facendoci cenno di entrare. Rivolgo un’occhiata al mio compare, che annuisce, dopodichè avanziamo nella struttura.

 

- Marlene!- Sento un’improvvisa voce provenire dalle scale abbastanza distanti dall’entrata. Dall’alto vedo spuntare un ragazzino, che subito dopo si precipita al piano di sotto con l’agilità di un gatto.

 

- Denzel! – esclama la bambina voltandosi verso di lui.

 

- Tutto bene?- le domanda. Ci ha presi forse per degli assassini??

 

- Immagino che tu debba essere Denzel, ho indovinato?- dico tanto per instaurare un dialogo, dato che ci ha già pensato Marlene ad illustrarci il nome.

 

- Che cosa fanno due Turks qui? – domanda- Se cercate Cloud, è fuori per una consegna.- replica il marmocchio guardandoci con sospetto.

Forse in passato ci saranno anche state delle scaramucce tra la compagnia Shin-Ra e il biondo soldier, ma tutta questa preoccupazione nel vederci, mi sembra troppo eccessiva!

 

- Cercano Tifa! Intanto gli ho detto di aspettarla qui!- replica la bimba dalla lunga treccia, sorridendo.

 

- Cosa volete da lei?!- sbotta il giovane gattino, tenace. Non ho nessuna voglia di litigare con questo marmocchio… ne ho già avuto abbastanza per oggi, perciò, infilo le mani in tasca, e decido di offrirgli un chewing-gum (per l’esattezza non quelli del 1830, ma un pacchetto nuovo, appena comprato).

Il tipetto mi rivolge lo sguardo, ancora sospettoso:

- Cloud dice che non si devono accettare cose dagli sconosciuti!- Che faccia tosta ‘sto qui!

 

- E io sarei uno sconosciuto, zo to?!- dico con un tono decisamente poco cordiale. 

 

- Denzel, sono amici, tranquillo! Lo ha detto Cloud, di questi due non dobbiamo temere!- Cosa?! Cos’è questa affermazione? Cosa ci vuole riferire la bimba tutta trecce? Ma soprattutto a cosa si riferiva Cloud con questa sua dichiarazione…!? Spero non significhi che siamo due babbei o mezze calzette…! Anzi, voglio proprio sperare che non sia così!

Non sono dell’umore adatto per dare battaglia.

Prima ancora, però, di farmi avanti per chiedere delucidazioni, il pacchetto di gomme mi viene letteralmente “sottratto” dalle dita.

 

- Ehi!!- esclamo furente, adocchiando il presunto ladruncolo sgattaiolare al piano di sopra.

 

- Daisy!- urla Marlene, correndole dietro.

 

- Aah… Lascia stare! – Le chewing-gum alla fragola non fanno per me. Però se sapevo che sarebbe andata così, avrei offerto il pacchetto del 1830… almeno la mia tasca sarebbe stata un po’ più pulita.

 

- Scusatela, è un po’ vivace!- Finalmente il ragazzino di poca fede, si è deciso a rivolgermi la parola con tono meno sospettoso. Avrà capito di che pasta siamo fatti, senz’altro! Però farsi derubare così, da una mocciosetta di tre o quattro anni, mi rovina la reputazione! E se penso che questa è già la seconda volta dopo il brutto episodio del supermarket…divento ancora più rabbioso.

 

- Beh, visto che Tifa non c’è, togliamo il disturbo! Ciao! – esclamo frettolosamente, voltando le spalle al giovane.

Una mano sulla spalla mi blocca.

È’ Rude.

Mi giro, fissandolo.

- No eh… zo to?- faccio quasi sconsolato. Do qualche passo nella sala, giusto per sgranchirmi un po’. Getto il capo fra le varie pareti, fermandomi ad osservare gli infantili disegni appesi qua e là sulle mura.

- Questo è sicuramente Cloud.- Lo si riconosce dai capelli. Così ritti che sembrano paglia. I poppanti hanno un’immaginazione assai sviluppata.

 

- Intanto che aspettiamo, vi và di giocare?- Il moccioso ha fatto un’offerta, ed io per educazione rispondo:

 

- Giocare? Ho smesso di giocare con le macchinine già da un bel po’…! – gli rispondo io, deridendolo. Peccato però che sono costretto a ricredermi, non appena il marmocchio estrae un mazzo di carte dalla tasca dei suoi pantaloncini, ed inizia a mischiarle con mano assai lesta e preparata. Hai capito il tipetto…!

 

- Penso… che ci divertiremo!- ghigno appena, immaginando già la faccia del piccolo moccioso, in lacrime, mentre m’implora una rivincita, dopo averlo pietosamente battuto.

È il caso di dirlo: sono un asso con le carte, zo to!

 

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Capitolo 3
*** Le donne vanno sempre rispettate! ***


CAPITOLO 2

                                                  CAPITOLO 2

 

 

 

 

Rude mi dà una pacca sulla spalla, mentre affogo il dispiacere scolandomi il quinto bicchiere di scotch whisky portatomi da Marlene, che mi osserva con viso impensierito:

- Non ti farà male? – Male? Bimba, ti va di scherzare forse? In passato ho fatto anche di peggio. L’alcool per me è acqua fresca!

 

- Ho uno stomaco d’acciaio!- le replico, mentre il viso mi s’ intinge completamente di rosso. Non per l’eccesso di spirito però.

Dove si è visto mai, uno sbarbatello di manco undici anni, capace di destreggiarsi maleficamente con le carte?!  

Sono a dir poco furioso quanto esterrefatto! Questa specie di mezzo omuncolo, ha osato battere il supremo Re dei giochi d’azzardo! Reno! Il sottoscritto!

Resto immobile, cercando di contenere il vulcano di rabbia racchiuso nel mio corpo.

L’unico capace di battermi finora, è stato Tseng, e lui di classe ne ha da vendere, eccome!

 

- Si può sapere chi diavolo ti ha insegnato a giocare così?!- urlo furioso, mentre inarco il sopracciglio sinistro e lo fisso agitato.

 

- Io! – risponde una vocina alle mie spalle. Sbando sobbalzando dalla sedia, fino a cascare quasi all’indietro. Mi afferro subito alla tavola, riuscendo a salvarmi così da una rovinosa caduta, e mi giro. 

 

- Tifa! Yuffie! Siete tornate!- Ho sentito bene? Rivolgo lo sguardo all’uscio della porta, e finisco ben presto facile preda dell’ansia.

Marlene si precipita da quelle due correndo con viso allegro. L’opposto di quello che ho assunto io in questo momento.

 

- Give me five, Denzel!- esclama la ninja battendo il cinque con il moccioso che mi ha appena vinto.

Tutto ciò può voler significare una sola cosa: la piccola principessina, ha assistito alla mia sconfitta!

 

- Da quanto tempo sei lì?!- replico scattando all’istante dalla sedia e lanciandole un’occhiataccia intimidatoria.

Yuffie assume una posa da snob, che mi irrita più del dovuto. Incrocia le braccia al petto e socchiude gli occhi con aria boriosa:

- Oh… non preoccuparti, non dirò a nessuno che sei stato battuto da un ragazzino con meno della metà dei tuoi anni!

 

Ok. Analizziamo un punto per volta:

O scendo a compromessi, oppure l’intero universo saprà della mia sconfitta!

 

- Quanto vuoi per tacere, nana?- le chiedo così, senza tanti preamboli. E’ inutile con lei.

Mi preparo di già ad una cifra esorbitante, quando qualcosa di inaspettato mi ferma:

- Con i bambini non te la cavi male… sei riuscito perfino a farti accettare da Denzel che non ha una buona simpatia verso voi Turks.- Ho sentito bene? È un complimento, o cosa? Forse la tipa non è poi tanto acida.- Resta il fatto però, che hai perso miseramente ad una banale partita di poker!- Ok, rimangio tutto ciò che ho detto! È acida!

Mi stizzisco all’istante. Non basta il dentifricio, adesso si mette anche ad offendere! Dovrei passare al contrattacco, ma qualcuno mi vieta di farlo. È Rude. Mi spintona leggermente, esortandomi a parlare.

 

- Ma non dovevi farlo tu?- chiedo parlottando a voce bassa. Dal suo silenzio, deduco di no.- Pupe, veniamo al dunque! Non siamo certo giunti fin qui, per niente!– mi porto le mani sui fianchi, e faccio qualche passo in avanti.- Ci serve qualcuno che prepari una torta.- dico tutto d’un fiato. Perché tocca sempre a me il lavoro duro? Dannazione!

La ninja inclina la testa, verso destra, e ci guarda di sottecchi:

- Fate un party?

Più o meno.

 

- Domani è il compleanno di Elena… ma ci serve qualcuno capace di cucinare…- E magari di farlo anche bene. Volto il capo lateralmente, fissando una parete- Tseng vuole che si prepari una torta, se fosse stato per me, avrei optato per quella di una pasticceria, anziché pasticciare tra i fornelli…però gli ordini vanno eseguiti e…- ritorno con gli occhi sulle due figure, trovando con mia sorpresa, l’assenza della mezza ninja.

Che fine ha fatto? Bella scostumata, io parlo e lei va via, ignorandomi completamente…! E’ davvero tosta questa ragazzina presuntuosa! 

 

- Se si tratta di questo, allora verrò io! Lo faccio con piacere!- dichiara Tifa poggiando le buste della spesa a terra. – Datemi il tempo di sistemare questa roba, e poi sarò libera!- Fossero tutte così, le donne! Belle, intelligenti e soprattutto, disponibili! Anche se io e Rude sappiamo benissimo di che pasta è fatta la Lockhart. Se penso a quante botte ho incassato negli scorsi anni dalla sottoscritta pantera, il dolore dei suoi pugni mi rispunta all’improvviso.

La brunetta si allontana, salendo così al piano di sopra. Percepisco una flebile allegria nell’espressione statica del mio socio.

Lo guardo di sottecchi, mentre la mia attenzione viene catturata dai sacchetti della spesa, lasciati incustoditi lì per terra.

Mi guardo attorno, furtivamente. Poi riprendo a fissare le buste. La scatola del dentifricio spunta maliziosa dal bordo di uno degli involucri.

L’ora della vendetta, è giunta.

Con scatto felino mi avvento sullo scatolo, facendolo magicamente sparire.

L’unico ad accorgersi della mia rapida azione, è Rude.

Scuote appena il capo, senza smuoversi troppo. Mi conosce bene, il socio. Gli lancio un sorriso, rizzando il pollice all’insù in segno di vittoria. A volte divento come un bambino, ma solo se mi fanno veramente arrabbiare. E la nanetta di Wutai, ci è riuscita in pieno.

 

 

 

Le donne vanno sempre fatte accomodare sul sedile anteriore. È una delle leggi del galateo.

Infatti, sono qui, che mi rilasso comodamente, sulla lunga poltrona posteriore della macchina, mentre scorgo il viso di Rude visibilmente teso e impacciato, effettuare una manovra di inversione.

Chissà perché, ma non gli è venuta tanto bene rispetto alle volte passate. La presenza di Tifa lo deve irrigidire parecchio.

Lancio un’occhiata posteriore alla casuccola di Cloud e compagnia bella.

Chissà che fine ha fatto la mocciosa di Wutai… e soprattutto, chissà che faccia farà non appena si renderà conto della scomparsa alquanto misteriosa del dentifricio…!

Me la rido di brutto, mentre lancio i miei occhi nello specchietto anteriore dell’auto.

Lenti a contatto…tsk!  Pensare che i miei iridi fossero coperti da delle semplici lentine colorate, è una follia! Se la gattina non può arrivare alla pappa, dice che non le piace. E’ così che funziona nella testolina malata di quel maschiaccio.

 

- Senti, ma tu e Cloud…- pronuncio rivolgendomi alla dolce donzella seduta davanti a me- Insomma, hai capito, no?- Vista la sua improvvisa reazione, penso proprio di sì.   

 

- Lui è il mio migliore amico!- replica istantaneamente. Si, come no, e io sono cappuccetto rosso, che del cappuccio ne può fare anche a meno, dato che il colore dei capelli può rimpiazzarlo anche fin troppo bene.

 

- Ok, ok, recepito!- dico scorgendo gli occhi di Rude, fissarmi minacciosamente nello specchietto di mezzo.

In genere sono un tipo che si fa gli affari suoi, ma io questi qui non li giustifico proprio…

Si conoscono da piccoli, dividono la stessa abitazione, sono entrambi single, e non succede nulla? Eppure l’interesse di Tifa nei riguardi dell’ex-soldier, è abbastanza evidente. In più lei non ha proprio nulla da invidiare alle altre ragazze. Ad ogni modo, lo sguardo fulmineo di Rude mi fa capire una cosa: è meglio tacere.

 

 

 

- Prego madame!- dico galantemente, allungando un braccio nell’ingresso principale del Sanatorium.

Tifa si guarda intorno, assai rapita dal posto. Ora che ci penso, non è mai stata qui a differenza di Cloud.

Faccio strada alla giovane ragazza, conducendola alla cucina, mentre Rude si accinge a portare la spesa dentro.

Il Sanatorium è diviso in tre livelli.

Piano terra, primo piano e secondo, o penultimo se contiamo il mezzo cupolino che funge da mezza terrazza e da mezza soffitta che c’è in cima.

Al piano terra, ci sono la sala delle cucine, la sala da pranzo abbastanza grande (forse anche troppo) e la hall principale, arredata da noi con tavolini e poltrone.

Il primo piano, lo si potrebbe intitolare “angolo notte”, visto che ci sono solo le camere da letto, ognuna di esse compresa di bagno. Io, Rude, Elena e Tseng, dormiamo lì, naturalmente ciascuno in camere separate e soprattutto molto distanti l’una dall’altra.

Voglio la mia privacy. Qualora una sera mi venisse lo schiribizzo di portare qualche bella presenza nella mia umile suite, desidero almeno tranquillità. E con Elena tra i piedi, non si riesce a concludere granché. Ha un udito impressionante quella donna.

Il Presidente, invece, dormiva al piano di sopra. Adesso a dirla tutta, nella sua nuova dimora non dorme quasi mai. E’ sempre fuori per i suoi “affari”.

Sopra ci sono degli uffici, per la maggior parte vuoti, dato che Rufus, quelle rare volte in cui viene a trovarci, ne utilizza soltanto uno. Un altro invece lo adopera il nostro capo, Tseng.

Infondo al corridoio dove sono situati gli uffici, invece, si trova una scaletta di ferro che usiamo per raggiungere la parte superiore dove risiede una bellissima loggia.

E quella, è la parte della struttura che amo di più. La notte, specialmente d’estate, si sta abbastanza bene. Il venticello notturno, il profumo dei boschi e dell’erba fresca, ti fanno tornare le forze, rimettendoti a nuovo. Quando non riesco a dormire per svariati motivi, me ne vado lì sopra, sgattaiolando come un gatto dalla sua calda cuccetta, per raggiungere il tetto e dialogare con mamma luna.

Ogni tanto vengo colto da questa vena di poesia, che il più delle volte mi imbarazza. Forse sono uguale a mia madre.

 

Sospiro malinconico, con lo sguardo un po’ perso.

 

Vorrei ricordarmi di lei, ma ogni anno il suo viso si fa sempre più sbiadito. Ne avevo sette, quando lei ritornò al flusso vitale.

L’unico ricordo che mi rimane di lei, è il profumo del suo shampoo alle more, e soprattutto… la lealtà. Spesso, anche troppo, penso che se avesse imparato ad infischiarsene di più degli altri, probabilmente sarebbe ancora qui, tra quegli stessi altri che lei rispettava così tanto.

Anche se io… beh, certo non posso dire di essere un tipo piuttosto indifferente agli eventi, anzi! Proprio per questo mio lato impulsivo, sono finito diverse volte all’ospedale, e in alcune di esse, c’è mancato davvero poco che io diventassi un flusso vitale.

In ogni caso, non mi è mai piaciuto farmi compatire, al contrario, preferisco fare l’eroe, almeno se devo morire, che sia in una maniera decente e soprattutto, nobile, come la mamma.

 

Tifa mi desta dagli improvvisi pensieri che mi hanno fatto per un attimo perdere la cognizione del tempo.

- Posso?- dice facendo un cenno alle cucine.

 

- Sono tutte tue!- esclamo gioiosamente. Prima prepara sta’ benedetta torta, e prima posso finalmente staccare la spina e magari farmi una doccia. Ho la felpa impregnata di fumo. Fumo troppo? No, solo quando sono stanco, nervoso, stressato, o mi rilasso. Praticamente sempre.

Mi infilo un chewing-gum a tavoletta, in bocca, per ammortizzare la voglia di sigarette. Non quelli del 1830, però! A meno che non decida di passare un’intera nottata a stretto contatto con la tazza del water… L’ultima volta che ho rimesso, è stato alla mia prima sbornia. Ricordo ancora la bottiglia di tequila vuota, causa del mio malore. Potrei scrivere un libro dal titolo: “Come farsi una bottiglia di tequila, in tre semplici mosse”. Stappare, tracannare e dar di stomaco.

 

Finalmente ecco sopraggiungere Rude.

Cammina normalmente, non risentendo affatto il peso di quelle pesanti buste. È veramente forzuto.

Le poggia sul lungo tavolo, mentre io resto con le spalle adagiate al ciglio della porta, a fissarlo.

 

- Avete preferenze, riguardo alla farcitura della torta?- domanda Tifa. Preferenze di che? Ci manca pure che Elena la voglia con le fragoline e la panna…!

 

- C’è il preparato alla cioccolata, lì da qualche parte. - Vado a rovistare nei sacchetti, con poco slancio, per trovare la scatola.- E’ questo. Tieni e buona fortuna!- Anche se non penso che ne avrai bisogno.

Tifa scruta attentamente la confezione, dopo aggiunge precisa:

- Però con della panna verrebbe molto meglio!

 

 Ok. Ho capito.

Le apro il frigo, e punto diretto l’indice sul contenuto.

 

- Fai come vuoi, per me puoi metterci anche le sardine…! La immagineresti la faccia di Elena, eh Rude?- mi rivolgo al compare, rappresentandomi la scena. Che spasso! Però ho come la vaga impressione che Tseng non sarebbe tanto d’accordo…

Il mio viso riprende serietà. Rude se ne sta lì, impalato come un bodyguard, senza fiatare.

 

- Ehi!- gli bisbiglio in sordina, senza che Tifa possa udirmi. Comincio a gesticolare facendogli capire di adottare una posa meno statica, e più di ogni altra cosa, di restare disteso, sereno e calmo. Nozione che in questo momento, sembra aver completamente dimenticato.

 

Fai come me, con le mani messe nelle tasche posteriori dei jeans, e il viso completamente spensierato, che con scioltezza mastucchio una gomma, rigirandomela poi tra la lingua.

Il socio cerca di darsi una scossa, assumendo un atteggiamento meno rigido.

Gli faccio l’Ok con il pollice e l’indice chiusi a cerchio. Così và un pochino meglio. E bravo Rude! Vedi cosa significa avere un grande maestro che ti insegni il savoir faire?

Sento un trillo. Il mio stramaledettissimo telefono, come sempre. Mi appiccico il chewing-gum sotto il palato, stendendolo bene con la lingua in modo che non mi impedisca di parlare liberamente.

 

- Reno, per servirla!- dico con galanteria.

Avverto il silenzio dall’altro filo. Seguito poi dal solito mugugno.

Indovinate un po’ chi si nasconde dal capo opposto?

- Non ti è piaciuto il mio annuncio, Elena? – finalmente c’è risposta:

 

- Preferisco sorvolare. – ti pareva… -  Le trattative per la costruzione della nuova Shin-Ra, sono appena terminate.

 

- Ah, allora com’è andata? Racconta!- chiedo curioso, tutto fremente.

 

- Correttamente. Il presidente Rufus ha appena dato il via ai lavori per la ricostruzione. Con dei calcoli approssimativi la struttura dovrebbe essere pronta tra un paio di mesi.- Un paio di mesi?! Questo vuol dire che per tutta l’estate dovrò restare nella mia stanza, con le finestre chiuse?! Comincio a detestare la mia sete di curiosità.

Si ode un tonfo dai suoni metallici, piuttosto pesante. Sbando, saettando la testa in avanti con fare confuso.

 

- Scusate! – esclama Tifa, chinandosi a terra per raccogliere la pentola che le è appena scivolata dalle mani.  

 

Prevedo… prevedo una domanda. Un’imminente domanda.

 

- Cosa state combinando?! E chi c’è lì con voi?!- Toh, sono un mago!

Lo avevo detto io, che la bionda Turk sente tutto.

Va beh che con un rumore del genere, un sordo non sarebbe da meno.

 

- Prima risposta: niente. Seconda risposta: nessuno. Contenta?- Secondo voi, mi crederà? Forse sono stato un po’ troppo vago…- Ok, abbiamo organizzato un party, e stiamo in compagnia di due belle fanciulle! Soddisfatta?

Sento l’acuto sconcertato di Elena fracassarmi la membrana dell'orecchio. Pudica e perfettina com’è, non poteva reagire diversamente. Ed io, d’altra parte, non potevo non cogliere al volo l’occasione di farle uno scherzetto!

 

- Scherzetto!- dico cacciando la lingua al telefono.

Si ode silenzio dall’altra parte. Segno che il mio happening non abbia riscosso così tanto successo.

 

Scuoto il capo:

- Elena, Elena… - replico sospirando- Possibile che ci reputi così sprovveduti? Se avessimo voluto divertirci, io e Rude sicuramente saremmo andati in uno dei locali di Midgar, a spassarcela. Portare delle ragazze qui, in questo posto così decadente, mi sembra il massimo dello squallore.- In più non c’è nemmeno un fottuto letto matrimoniale, nello stabile!- Poi, ricorda che stai parlando con il tuo vice capo!- dico in tono altero, da bravo superiore.

 

- S-si, ricevuto!- ribatte lei, tesa ed impacciata. Incredibile! Quella Elena è proprio una sempliciotta. Devota al suo lavoro, alla Shin-Ra, e in modo particolare, a Tseng.

 

- Quando torneranno?- mi domanda Rude, una volta finita la comunicazione.

Storco il muso, fissando il mio orologio da polso:

- Non prima delle sei, di domani mattina.

Rufus, Tseng, Elena, e una pattuglia di soldier, si trovano a Junon per concordare le ultime trattative affinché la costruzione della base venga finalmente avviata.

In questi ultimi mesi, la società dei Turks ha lavorato veramente poco. Come dire, la quiete dopo la tempesta, giusto?

Penso che quando la base sarà finalmente ultimata, avremo bisogno di reclutare nuovi soldier e principalmente, nuovi Turks.

Non vedo l’ora! Potrò comandare al fianco di Tseng, nella scelta. Sarà uno spasso, e in più, come prima regola, nessuna donna! Basta e avanza già la seccante Elena.

A meno che non si presenti una ragazza carina, gentile e disponibile. A quel punto forse dovrò ritrattare la mia decisione.

In cucina si avverte già un delizioso odore di cioccolato fuso… ed il mio stomaco si mette istantaneamente in movimento.

Non c’è che dire, l’amica di Cloud sa destreggiarsi abbastanza bene tra i fornelli, così come in battaglia.

È una donna completa, allora!

- Il biondo preferisce di più la tua cucina, oppure quella della nanetta di Wutai?- chiedo spinto da un’insaziabile forma di curiosità.

 

- Yuffie? Lei non sa cucinare, in casa chi prepara da mangiare sono io!

 

Non credo alle mie orecchie. Non so se ridere o divenire seriamente preoccupato. Tutte le donne in cucina pastrocchiano almeno qualcosa… Che la lei in questione sia in realtà un lui?

Sorrido.

Ecco che si scoprono le carte! Che scoop! La piccola non sa cucinare! Ora mi spiego il perché si è dileguata così all’improvviso, non appena ha sentito dell’aiuto che ci serviva in cucina! Dovevo immaginarmelo, da un simile soggetto, cosa potevi aspettarti?

Ecco la risposta che conferma la mia tesi:

E’ un maschiaccio!

Giro i tacchi, e mi avvio all’uscita.

 

- Se ti serve qualcosa, Rude sarà pienamente felice di procurartela, vero socio?!- Bella la mia trovata, eh? Con la scusa di farmi una doccia, li lascio soli soletti, per la gioia del compare!

Vedo il suo viso cadere in una smorfia di incertezza. Gli ammicco un sorriso, poi mi dileguo fra i meandri del Sanatorium, fischiettando allegramente il motivetto di una canzone che stonavo da piccolo.

Dopotutto, unisco l’utile al dilettevole. Cioè, fare un favore a me, lanciandomi sprofondare sotto l’acqua, e fare un favore al mio migliore amico, lasciandolo sprofondare tra le amorevoli braccia di una dolce compagnia. A volte sono così diabolico che quasi non mi riconosco.

Comincio ad abbassare la zip della felpa che vesto, man mano che salgo i gradini delle scale.

Mi dirigo dritto verso la mia camera, con la stanchezza dipinta sul volto.

Meglio lavarla via con un po’ d’acqua e sapone.

Getto la felpa sul letto, non prima di averle dato un’annusata. È senz’altro da lavare. Puzza di fumo… e di sconfitte! Sbottono il jeans, svogliato. Sono talmente stanco, che mi laverei vestito!

Sfilo anche quello, facendogli raggiungere la maglia, e mi avvio in bagno fischiettando alla leggera. Spalanco la porta con una punta di  fiacchezza, e per un attimo taccio.

Mi do una grattatina al capo, e resto fermo come un sasso d’innanzi alla soglia del tutto spalancata. Un po’ come le mie palpebre.

Un secondo dopo, la mia voce invade tutta la stanza con un urlo funesto.

 

Possibile?!

 

Sbotto colto alla sprovvista, e spalanco la bocca. Mi trovo tra l’inverosimile, e lo sconcertato!

 

Bene. Studiamo la situazione:

Vado in bagno con l’intento di farmi una doccia, apro la porta, e ci trovo un’estranea.

Yuffie, per l’appunto.  

 

YUFFIE?!?

 

Qualcuno mi dia un pizzico! Mi dia una botta sul viso!

Detto fatto. la mia richiesta non tarda molto ad essere accolta.

La tazza degli spazzolini, mi finisce presto in faccia. Un dolore…!

Ora sì, che sono sveglio.

Ora sì, che m’incazzo!!

- SEI IMPAZZITA?!- urlo come un matto massaggiandomi il naso che mi brucia ardentemente. Questa a momenti mi deturpa!- Che diavolo ci fai, TU qui?!- le punto un dito contro, mentre sento una forte voglia di scaraventarla di sotto. Non servirà a niente, data la sua scioltezza ed agilità. E’ un ninja, dopotutto. Un ninja fastidioso.

Non ottengo nessuna risposta, nessun chiarimento e cosa più importante, nessuna scusa! 

 

- Che educazione!- le esclamo borioso. La fisso con occhiata minatoria, aspettando una sua reazione. Incrocio le braccia, oramai spazientito. Tanto vale stuzzicarla un pochino affinché mi replichi. Inarco il sopracciglio destro all’insù:

- Vuoi fare la doccia con me?!

 

Certe frasi, se dette in un determinato tipo di contesto, funzionano.

E infatti, la pestifera bambina non impiega neppure un secondo a reagire.

Vedo le sue guance avvamparsi di botto, nonché le membrane oculari serrarsi di colpo tra i palmi tremolanti delle sue mani. Forse è a causa del mio inusuale “abbigliamento”?

Che ci sarà mai di tanto scandaloso, nel vedere un ragazzo in mutande…?! Per caso la novellina in questione gioca ancora con le bambole?

Sospiro, e per rispetto della mezza donna che mi sta davanti, cerco di fare il composto.

Sfilo un asciugamano dal suo appoggio avvolgendomelo alla vita come fosse un pareo.

 

Dopotutto, le donne vanno sempre rispettate, o no?

 

- Puoi guardare, se vuoi.- dico dopo, un po’ seccato dalla situazione. L’unica reazione che ricevo, è un urlo gracchiante. Mi volevi come prima, forse?!

 

- Depravato!!- Oh, si è decisa a parlare! Cominciando con un insulto, ovviamente.

 

- Tu lo chiameresti un “depravato” un povero uomo che dopo una pesante giornata di lavoro, torna a casa e ha il diritto di farsi una doccia ma scopre che non può perché nel suo cesso si annida un grosso parassita?!- Ho i nervi a fior di pelle. Chissà se Rude e la pantera hanno sentito le mie urla- Se sono un depravato, allora mi spieghi che diavolo ci fai nel MIO bagno?!- finisco la frase con un tono di voce ancora più elevato mentre comincio ad avanzare verso di lei, con aria minacciosa.

 

Esigo, anzi, pretendo un valido motivo affinché io non ti butti veramente di sotto!

 

- Per riprendermi ciò che mi appartiene! Ladro! – fa lei repentina, intrecciandosi le braccia al petto con aria di sfida.

 

Finalmente la situazione si fa chiara.

Adesso ho capito tutto! 

 

- Ti riferisci al dentifricio, eh piccola ladruncola di Wutai? Sei qui per quello?- Finalmente sto ottenendo la mia rivincita tanto bramata!

 

Lei mi guarda con un’aria saccente, ma indignata:

- Senti da che pulpito…! Io almeno mi limito a rubare oggetti importanti, come le Materia, e non un misero dentifricio! Mi sono imbattuta nel solito spiantato…!- parlotta con superiorità e volgendo lo sguardo al soffitto.

 

Adesso basta. La nana se l’è cercata.

- Vuoi proprio finire di sotto, eh? – mi sfrego le mani, inscenando una finta intenzione di acciuffarla, giusto per darle l’aggio di darsela a gambe. Come recita il famoso detto, “le donne non si picchiano nemmeno con un fiore”. Ed io detesto gli uomini che lo fanno anche con quello. Disgraziatamente però, nel mio lavoro se ti trovi a dover eseguire un certo tipo di ordini, e una carina quanto agguerrita fanciulla, è pronta a sbarrarti la strada con tutta l’intenzione di farti fuori, devi pur sempre difenderti! Però se posso, cerco sempre di evitarlo. Figuriamoci poi con una ragazzina del genere!

Anche se però l’ho vista lottare parecchie volte. Sono obbligato a sostenere che non và per nulla presa sotto gamba, al contrario, con la sua inaspettata velocità, sarebbe capace di farmi sparire dalla fronte il mio paio d’occhialetti, senza che io me ne accorga. E difatti, ecco il primo assaggio della sua destrezza. 

La vedo balzare all’indietro con la scioltezza di un gatto. E’ una rapida capriola eseguita piuttosto bene.

Eccola poi che salta per attraccare sul bordino della vasca, con braccia tese e una schiena ritta come una ginnasta che si allena sulle parallele. Molto coreografico, da parte sua.

Schiocco le mani, in un vigoroso applauso sarcastico. 

 

- Cerchi di metterti sempre in mostra, eh?!- Proprio come l’episodio del paracadute.

 

- Restituisci quello che hai rubato!- mi ringhia all’istante, avanzando sul lungo cornicione della conca.

Penso per un attimo alla mia felpa, messa sul letto, celante il conteso oggetto. Con la stanchezza che ho, mi sono scordato di toglierlo dalla tasca interna. 

Comunque non vedo perché io debba fare una simile cosa!

- Scordatelo!

 

- Ladro!- mi replica saltando ancora una volta in avanti.

 

- Grazie del complimento! Ma non credo di meritarmelo, non quanto te! – rido di brutto, punzecchiandola, poi aggiungo repentino -Quanto ti devo, piccola rompiscatole?!- Giusto per farti capire la mia onestà, intendiamoci!

 

Lei socchiude gli occhi, guardandomi furtivamente. Estrae una penna, dal taschino dei suoi pantaloncini, iniziando così a scarabocchiarsi il palmo della mano.

 

- Gradirei una risposta. Per i ghirigori c’è tempo…ma la mia doccia non aspetta!- In più non è piacevole starsene in mutande!

Mi rivolge il palmo della sua mano quasi subito, ficcandomelo sotto il naso.

Mi parte un sordo lamento non appena affino la vista. Deglutisco quasi strozzandomi con la mia stessa saliva. Avrei fatto meglio a non leggere.

- Ma sei forse impazzita? In matematica vali meno di zero!- Una cifra del genere, per una semplice pasta bianca? Con quei soldi potrei comprarmi un nuovo paio di occhialini da sole, all’ultima moda! – Anche stavolta, SCOR-DA-TE-LO!- sentenzio. Apro il rubinetto della doccia, immergendo la mano sotto la cascata d’acqua, per accertarmi della giusta temperatura. – Se non ti dispiace…-dico facendole capire di levarsi dalle scatole. Non ne posso più di aspettare! Se adesso non m’infilo in acqua, diventerò molto ma molto cattivo. Ti conviene farmi arrabbiare, eh bella bambina?

 

- Ok, ho capito!- mi fa lei, con una smorfietta strana. - Vorrà dire che Midgar avrà molto da parlare, in questi giorni!- Intuisco che c’è qualcosa di diabolico nelle sue parole sibilline. Le intimo di fermarsi con un “Alt!” non appena la vedo girare i tacchi, per spiccare il volo dalla finestra.  

 

- E’ una minaccia, ho indovinato?- Ma il cattivo in questione, non dovrei essere io?

 

- Chiamala così, se vuoi! Comunque, non voglio certo farti perdere altro tempo, oh no! Tu hai una doccia da fare, e di sicuro non sarai così interessato a sapere che tutta la città sparlerà di un membro dei Turks, che si è lasciato battere da un ragazzino mooolto più piccolo di lui! - Hai capito la baby-ninja…! Che organizzazione! Che piano spregevole!

Capisco di non avere scelta. Le parti s’invertono e in un lampo sono io a girare i tacchi per prelevare la somma richiesta.

 

- Ricattatrice!- sbotto subdolamente, mentre esco dal bagno.

 

- Hai forse detto qualcosa?- mi ribatte in tono derisorio e attizzando l’orecchio destro.

 

- Resta lì, e aspetta possibilmente senza spalancare quella tua stupida bocca!- Se ci riesci!

 

 

 

- Scommetto che l’importo è compreso d’ Iva, non è così?- le infilo la banconota di taglio grosso, tra l’indice e il medio, e la “dono” sgarbatamente alla piccola criminale.

 

- Grazie!- dice allungando un grosso sorriso. Una giornata niente male, non c’è che dire. Bene!- Comunque…-aggiunge in seguito, sventolando la cartamoneta- Questi gil serviranno per l’orfanotrofio… non sono avida come credi!

 

Cara la mia bimba, io non ho detto che sei avida, ma sicuramente insopportabile, quello sì!

Sta per avviarsi alla finestra, quando di lampo mi riaffiora qualcosa di assai importante, che per nessuna ragione posso lasciarmi scappare.

 

- Quando imparerai a cucinare, sarò il primo ad assaggiare i tuoi piatti, me lo prometti, zo to?!- le dico con un bel sorriso sulla faccia.

Vendetta! All’improvviso mi è tornata la carica! Dovrei farlo più spesso.

 

 

 

- Piccolo mostro…!- bofonchio davanti allo specchio, toccandomi poi il grosso livido situato su tutta la guancia sinistra.

Era proprio necessario tirarmi appresso la bottiglia del collutorio?!

Cos’è che l’avrà fatta tanto imbestialire, non so proprio. Forse si è sentita ferita nell’orgoglio per quel piccolo affare culinario?

Quel mostro è tutto strano.

- Ahi!- fa anche male, per giunta! E come se non bastasse, dovrò trovare un modo per occultarlo non appena diventerà più scuro… dubito fortemente che domani mattina cambierà in un colore chiaro .

L‘importante è che ho fatto la doccia!

Mi passo una mano tra i capelli, pettinandoli con le dita. Bagnata, la mia zazzera sembra ancora più rossa. Diversi ciuffi mi ricadono sulla faccia, regalandomi un aspetto buffo. Mi sorrido allo specchio, mettendo in mostra i miei denti bianchi.

Toh! Il chewing-gum che avevo iniziato a masticare più di un’ora fa, mi trotterella ancora nella bocca.

A furia di masticare, è diventato insipido e duro come un sasso. Caccio la lingua con la particella gommosa deposta su di essa. La guardo allo specchio. In questa poltiglia c’è tutto lo stress e la nervatura accumulata nell’arco di questa giornata.

La sputo senza tanti complimenti, nel gettacarte accanto all’armadio.        

Sono quasi le dieci di sera.

La brunetta avrà finito la sua opera culinaria, oppure no?

E soprattutto, Rude si sarà deciso a smuoversi un po’?

C’è un solo modo per saperlo:

Controllare di persona!
Sfilo l’asciugamano gettandolo sulla sedia, e mi vesto in fretta con gli indumenti che uso per dormire. Una giacca bianca con dei bottoni che non abbottono mai, e un pantalone con dei laccetti in vita, anch’esso bianco.

Afferro un nuovo asciugamano pulito dalla cassettiera vicino all’armadio, e me lo passo tra i capelli frizionandoli un po’ per asciugare l’acqua in eccesso.
Fatto questo, mi precipito di sotto.

 

- Ehilà tutto ok?- chiedo scherzosamente non appena il mio naso varca la soglia della cucina. Attizzo gli occhi aspettandomi di vedere il compare e la brava cuoca, ma apprendo di trovarmi in una stanza completamente vuota dove a farla da padrona, è una vistosa e magnifica torta tutta panna e cioccolato, posta sulla tavola. – Hai capito la Lockhart, eh?!- mi avvicino come un gatto in punta di zampe, presso il tavolo reggente il candido capolavoro. Saetto gli occhi da destra verso sinistra, accertandomi di essere veramente solo e poi…zaaak! Intingo un dito nella panna!

 

- Che stai facendo? - dice all’improvviso una voce. Sobbalzo come un felino girandomi immediatamente.

Si tratta di Rude.

 

- Niente!- rispondo alzando le mani.

 

Il compare mi squadra in silenzio dal retro delle sue lenti scure.

- Quella roba bianca sulle tue dita, è pittura?

 

- Ok, mi arrendo all’evidenza…- infilo l’indice in bocca assaporando quel piccolo candore di panna.- Mmh… però! Buono!- esclamo veramente sorpreso.- Dov’è la brunetta?- chiedo al socio, notando che Tifa non è con lui.

 

- E’ appena andata via.

 

- Da sola? A quest’ora?- Anche se la ragazza in quanto a cazzotti ci sa fare.

 

- No. L’ho accompagnata.

 

Una smorfia di stupore mi si dipinge sulla faccia:

- Voi due?! Da soli?!- dico con tono abbastanza chiaro e volutamente derisorio. Purtroppo però, e come sempre d’altronde, Rude si limita soltanto ad arrossire impercettibilmente.- Ok ok, ho capito. E bravo il mio compare!- esclamò andandogli incontro con una pacca sulla spalla.

 

- Prima ti ho sentito urlare.- enuncia lui, forse riferito all’episodio del bagno.

Faccio un bel sorriso, disteso e rilassato.

 

- Ho trovato un grosso parassita nel mio bagno!- un vero è proprio parassita a tutti gli effetti. – Piuttosto- continuo accingendomi a cambiare discorso. Faccio un cenno di capo all’indietro- Come la mettiamo con la bruna alla panna dietro di me? Elena tornerà domattina. Metterla in frigo non è rischioso? Quella la prima cosa che fa quando rientra da una missione, è spalancare il frigo e farsi un the…- e poi addio sorpresa. Dopo tutta questa fatica…

 

- Troviamo un modo per tenerla lontana dalla cucina.- Già, come sempre lui la fa alquanto semplice. Ho la strana sensazione che questa sera non andrò a letto presto. Chissà perché.

 

 

 

- Notte Rude! – Gli urlo sul pianerottolo del secondo piano. Lui mi saluta con un cenno di mano, sparendo poi nella sua camera. Alla fine dopo tanti inutili stratagemmi per trovare la giusta collocazione al dolce, abbiamo deciso semplicemente di metterlo nel frigo, chiudendo a chiave la porta della cucina. Tseng sicuramente capirà il perché, ma Elena no, ed è questo il bello!

Mi accingo a percorrere gli ultimi metri del corridoio, sbadigliando qua e là. Sono veramente stanco. Non mi sono mai sentito così. Di solito dopo una dura missione dovrei sentirmi in questo modo, però non succede. Tutto ciò mi capita quando sono “in vacanza”. Chiamiamola così. Fare la spesa mi fiacca più di una zuffa.

Non appena metto piede nella stanza, mi lascio cadere sul letto, e affondo la testa nel cuscino, sgattaiolando lentamente sotto le coperte. Tiro una fervida annusata al fresco pulito delle lenzuola. Quel delicato odore di bucato appena fatto, mi arriva subito al cervello. Ancora un’ ultimo sbadiglio, più lungo e profondo, e cado letteralmente addormentato come un ghiro al suo primo giorno di letargo.

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Per Youffie: INFINITAMENTE GRAZIE per la tua lunghissima e dettagliatissima recensione! Leggere quelle righe, mi ha fatto davvero, davvero, daverro piacere! ^___^

Grazie alle tue piccole “notarelle”, mi sono accorta dell’errore che c’era nell’introduzione (sono una persona molto –ahimé- pigra, e abbastanza –tanto- distratta… -___-,) e l’ho subito corretto. Sai qual è il mio problema? La fretta!

Ti spiego meglio…

Sono una persona che lavora e commette meno strafalcioni, se lasciata lì, in pace, sola soletta a “lavorare”! Ma non sempre mi capita tutto ciò che ti ho appena menzionato…

Sto “lavorando” a Red Head, dal 2005, e dopo l’ennesimo tergiversare, mi sono finalmente convinta a pubblicarla sull’EFP. Purtroppo però, ero talmente tesa quando l’ho messa in rete, che alla fine ho fatto solo inutili, quanto banali, casini!

Sono una catastrofe umana, io! Non c’è rimedio alla mia dabbenaggine… zo to!  -___-

Non credo di apportare modifiche dell’ultima ora alla storia, per il semplice fatto che ci saranno sì e no una ventina di capitoli, da rileggere come si deve, e senza contorcersi mai le budella! Ti assicuro che li avrò letti e riletti almeno una decina di volte…! Forse è per questo motivo, che ho aspettato così tanto prima di metterla on-line…?

“Piacerà o no, ai fan della serie?”  “Riusciranno a comprendere al meglio i dialoghi?” “Non sarà troppo confusionaria?”

Ecco… questi che vedi qui sopra, sono più o meno i quesiti che ogni benedetta volta, puntualmente, mi auto-facevo, fino allo svenimento!

Poi però, d’un tratto, c’è stata la svolta definitiva, ed ho capito! Per la mia Red Head, era finalmente arrivato il momento di spiccare il volo. E così, via! Le ho aperto la gabbia e… lei ha finalmente iniziato a vivere! Proprio come fa Reno!

Ah! Per quanto riguarda quest’ultimo, non preoccuparti! Ahimé, so benissimo che non sia il classico “ragazzetto” scanzonato e pacifico, tutto zo to e linguacce! Eh, no!

Però, analizzando meglio le cose, ed analizzando anche alcuni suoi punti relativi al carattere, io me lo immagino all’incirca come nella fic. Uno spietato Turk, ma dal cuore tenero! Anche perché il cattivo per eccellenza lo faceva molto di più nel Final Fantasy VII, che negli altri prequel e sequel! Vale anche per Rufus Shin-Ra, credimi! (‘sto qui è da galera, ma nel DoC ti fa riflettere un pochettino… prestami fede!)

In parole povere, Reno è un ragazzo che vorrebbe giocare al cattivo, ci riesce pure, sotto diversi punti di vista, e in alcuni momenti ma… non del tutto! C’è sempre un alone di “bianco” che, anche se flebilmente, lo avvolge. E lo si capisce proprio dall’Advent Children!

La famosa scena di quando salva il moccioso, e quest’ultimo gli infila le dita nel naso, per esempio! Lì dice già tutto, o quasi. E poi, ancora, quando lui e Rude combattono contro i due fratellini pazzoidi, nella piazza di Midgar, e ancora… verso la fine, quando lui e gli altri compagni se ne stanno attorno al Presidente Rufus, e lo osservano.

Il ruolo da cattivo, gli riesce, ma se lo guardi a fondo, e fai molta attenzione, capisci che in realtà lui lo è solo in parte.

 E’ un “cattivo a metà”, zo to!

 

Sai, mi fa piacere scambiare qualche parola, delle informazioni, o anche solo pareri, con una persona come te che ha dimostrato di avere un così grande interesse verso uno dei character meglio azzeccati della Square! 

Non capita spesso di trovare la persona che ti capisce al volo! ^___^  

 

Per Rena-ta:  Beccata in pieno, ‘ccidenti! E’ proprio la dolce Shisune! Comunque, quel rosso scalmanato ne parlerà più avanti…, tranquilla! Premetto però che all’interno della fic le avevo assegnato un altro nome semplicemente perché la Shisune che avevo visto io, era ancora quella del Before Crisis. E lì, il nome al character che ti scegli per giocare, glielo dai tu. (infatti, lei nel BC la chiamano semplicemente “Shuriken”, per via dell’arma che usa. La stessa regola vale anche per gli altri Turks!)

Ad ogni modo, ti devo proprio ringraziare per avermi fornito le giuste indicazioni! Non cercavo informazioni sul Crisis Core da un secolo e… zaaak! Ecco che ti compare una bella lista di personaggi inediti, tutta da imparare!

Guarda caso, poi, come ex-fiamma di Reno, io mi vado a scegliere proprio quella che viene presa come new entry del gioco per la PSP…! Tutto per complicarmi l’esistenza… naturalmente! Sono da ricovero… Pazzesco!

E Shisune, poi, è pure un po’ simile a Yuffie! (l’arma, il carattere, il modo di fare, ed entrambe di Wutai!)

Per le scenette hot, invece, non voglio anticiparti nulla ma… qualcosina ci può anche stare! ^___-

 

 

 

Cosa posso dire a tutti gli altri che hanno lasciato una graditissima recensione?

Semplicemente, ed umilmente, GRAZIE!!!!! ^_____^

Credo molto in questa storia, semplicemente perché mi ha regalato, e continua tutt’ora a farlo, delle bellissime sensazioni tutte positive!

 

Continuare a scriverla, mi fa stare bene, zo to!  

 

Ah! Dimenticavo una cosa importante! Per chi non avesse letto quello che ho scritto a Youffie in risposta alla sua recensione, vi comunico che i capitoli della mia fanfic, saranno all’incirca 20! (non sono ancora arrivata al finale, attualmente!)

Spero proprio di non annoiarvi…!

 

Vostra affezionatissima

  

                                                                                                        Botan

 

 

 

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Capitolo 4
*** L'eleganza di un uomo, si vede dal nodo della cravatta ***


CAPITOLO 3

                             CAPITOLO 3

 

 

 

 

 

Qualcuno sta bussando alla porta.

Sono appena le sei del mattino, ed io sto nel pieno del sonno. O forse dovrei dire, “stavo” nel pieno del sonno?

- Chi è?!- dico con sgarbo e voce impastata.

 

- Hai tu le chiavi della cucina?

 

- No. Sono nella libreria della hall. Prendile e lasciami dormire! – affondo la testa sotto il cuscino, senza rendermi conto dell’enorme pasticcio che ho appena commesso.

 

Cos’ho fatto?!?

 

 – ELENAAAAAASPETTAAA!!! – schizzo con un salto dal letto, gettandomi come un matto contro la porta. La spalanco di botto, proiettandomi in tutta fretta nel buio andito, e corro.

E’ troppo tardi per fermarla? No, non ancora!!

La vedo appena dileguarsi giù per le scale.

Un pensiero nella mente mi fa subito accapponare le gengive: questa volta, Tseng mi ammazza sul serio!!
Sono costretto a scrollarmi di dosso quel briciolo di sopore che mi era rimasto, per precipitarmi giù per le scale, fino a pararmi d’innanzi alla megera collega.

- Buon giorno Elena!- dico brioso, ma affannato.

 

Lei socchiude gli occhi, e mi scruta con perplessità:

 

- Stai bene, Reno?

 

A momenti mi prendeva un colpo! No che non sto bene!!

 

- Si, benissimo! Mai stato meglio!- dico allungando un mezzo sorriso. – Tu?

 

La bionda scuote il capo, con convinzione:

- Sicuro di stare bene? Se ti interessi così tanto alla mia salute, ho i miei dubbi.

 

Eccola lì… la donna dei Turks è tornata!

 

Sbuffo decisamente poco contento.

- Sono le sei del mattino!- le dico puntando un dito alle lancette dell’orologio che c’è sulla parete.- Potevi usare un po’ più di accortezza, e magari evitare di svegliarmi così di botto, ti pare?! – in questo momento non sono per niente felice…

Mi gratto il capo abbassando la testa sul pavimento. Tiro un grosso sbadiglio, talmente enorme che la bocca mi si spalanca come un elastico teso al massimo.

 

- Hai detto nella libreria, giusto?- urla Elena, giunta ormai alla fine delle scale, mentre il sottoscritto se ne sta ancora in cima alla gradinata.

Mai un attimo di tregua con lei!

 

- Aspetta un secondo! – bella maleducata… mi ha ignorato completamente!- E’ nella stanza del ciarpame! Sul tavolo in decomposizione!

Mi accingo a raggiungerla il prima possibile, evitando che raggiunga la hall.

- Ma non potevi restare a Junon per un’altra settimana? Questo posto ha bisogno di quiete!- il mio cervello ha bisogno di quiete!

 

- Negativo. Una volta conclusa la trattativa, non aveva alcun senso restare lì.

 

- Beh, una volta tanto potevi anche ragionare fuori dai tuoi soliti schemi, no? – il problema è che tu sei troppo formale!

- Ordini di Tseng.- mi risponde con tono secco. A proposito del resto della compagnia… dove sono?

Mi guardo attorno, proprio come se stessi cercando di vedere qualcuno:

- Non ti sarai mica mangiata il nostro capo, spero…- Da quando sono stato brutalmente svegliato, Elena è l’unica che ho rivisto qui dentro.

 

- Tseng e il presidente Rufus si sono recati al centro di Midgar per debellare alcuni problemi. Saranno qui a breve. Se fossi in te, andrei subito ad indossare la divisa. Non puoi presentarti davanti a loro in questo stato.

 

Cosa? In che stato sarei? C’è qualcosa di sbagliato nel mio abbigliamento? Mi do una rapida occhiata afferrando al volo le parole dell’acida donna. Quando dormo ho il vizio di togliermi inconsciamente la giacchetta del pigiama. Forse è per questo motivo, che non l’abbottono mai. Ma… temo che non sia questo il vero problema…
Vorrei sapere perché mi trovo in mutande. E cosa assai peggiore, in mutande davanti ad Elena! Ho toccato il fondo… per la miseria!
Mi sale un pizzico di imbarazzo, che fortunatamente riesco a contenere.

- Hey bionda! Ricorda che sono un umano, e come tutti gli umani, dormo, e come tutti gli umani quando dormo indosso il corredo adatto, ti è chiaro il concetto?- ciò che non è chiaro a me, è il perché mi trovo in questa ridicola situazione. Ho cominciato con il togliere la giacca, seguito adesso anche dai pantaloni… spero che questa strana “abitudine” si fermi qui e non vada oltre, altrimenti sarò costretto a chiudermi in camera e a gettare via la chiave, per evitare spiacevoli situazioni.
Elena si accinge a raggiungere la cosiddetta “stanza del ciarpame”, soprannominata così dal sottoscritto per via della robaccia antiquata e vecchia che l’affolla, intenta a recuperare la chiave. Perché ingannarla è così semplice? A volte non c’è gusto con lei.

Non appena il suo caschetto biondo, sparisce, mi fiondo immediatamente nella hall a recuperare la chiave.

- Meno male… questa volta è andata bene direi…- sibilo ancora assonnato, infilandomela tra l’elastico dei boxer, affinché non cada. Decido poco dopo di ritornare nella mia umile suite e quindi assumere una mise più presentabile, il tutto per dare inizio ad un’altra tremenda giornata da Turk inoccupato.

 

 

 

 

 

- Avanti il prossimo!- esclama il soldier posto a guardia del grande portone d’accesso della Healin Lodge, mentre se ne sta lì, impalato come un monumento di pasta di sale, a fare la muffa.

Siamo in pieno agosto. Ed io ho caldo.

Tento di allascare il nodo della cravatta che sono stato costretto ad indossare, e ci riesco. “Devi dare il buon esempio, non puoi presentarti in queste condizioni, altrimenti non ti prenderanno mai sul serio.” Queste, le parole di Elena. E di chi altri sennò?!
Mi stravacco sulla sedia, dondolandomi poi sui due gambi posteriori. Tseng, seduto di fianco a me, mi guarda con aria indifferente, ma propensa quasi a richiamarmi. Atterro sul pavimento con tutti e quattro i sostegni, e mi preparo ad analizzare il prossimo “aspirante Turk”. Già… il giorno del giudizio, è finalmente giunto!

La costruzione della nuova base è ormai arrivata al termine. Altre due settimane, e potremo stappare lo champagne dell’inaugurazione. Perciò, ci siamo smossi affinché partisse un concorso per il reclutamento dei nuovi membri che faranno parte della Shin-Ra, nonché soldati agli ordini della Compagnia stessa.
Finora non è che si sia visto granché… solo uomini rozzi e poco portati, o piccoli ometti che pur di racimolare un quattrino, si sono decisi a presentarsi qui, come dei bravi cadetti, senza neppure conoscere il significato della parola “Turk”.
In tutto abbiamo reclutato una cinquantina di soldier, scelti accuratamente da Rude e da altri militari, tutti addetti allo smistamento del settore prescelto.
Per i Turks, invece, il numero dei nuovi membri è pari a… 0.

E siamo qui dalle otto di questa mattina, eh!
Mi domando se ha senso continuare questa tortura. Il sole picchia forte, nonostante ci troviamo in una Healin Lodge in disfacimento e pronta alla pensione, e in più, tra non molto sarà anche ora di pranzo. Ma a dire il vero, il mio stomaco ha cominciato a lamentarsi ben due ore fa.

E io che speravo di reclutare nuove ed affascinati donzelle… Aah Reno Reno…! Illuso!

L’unica ragazza che si è presentata per la candidatura di Turk, era un travestito.
Inutile dirlo, è stato bocciato ancor prima che entrasse. Non per le sue, come dire, “attitudini diverse”… non giudichiamo le persone per quello che sono, ma non ci ha convinti nemmeno un pochino a causa della sua troppa fragilità emotiva. Si è mai vista una mezza donna che piange solo perché l’addetto alla sorveglianza l’ha scambiata per un uomo?

Il fatto è che diventare uno di noi, un Turk, non è facile come può sembrare.

Soprattutto ora che il presidente Rufus ha richiesto una maggiore attenzione per l’assoldo del personale.

Non possiamo permetterci spie delle fazioni opposte, o persone incompetenti che possano mettere a repentaglio il bene della Compagnia.

Malgrado il clima afoso, Tseng se ne sta immobile, fermo, senza scomporsi mai. E’ davvero un grande capo.

La sera del famoso compleanno di Elena, ha stupito tutti facendole recapitare direttamente in camera sua, un semplice biglietto di auguri, legato con un nastrino rosa ad una rosa anch’essa di colore… rosa. Pare sia uno dei colori prediletti dalla convenzionale bionda. Non racconto poi il suo viso al momento del dolce…! E’ diventato immediatamente rosso non appena ha saputo che l’idea della torta artigianale, era di Tseng! 

E lì, ho finalmente capito! Per una donna, ricevere un qualcosa preparato dalle sapienti mani di qualcuno che stima fortemente, è un segno di grande affetto e…perché no, amore. Peccato però che la torta l’abbia preparata Tifa, e non il suo idolatrato capo!

Che Elena sia follemente innamorata di lui, non ci sono dubbi… ma dire che il suo lui, sia follemente innamorato di lei, beh, il dubbio un pochino ci sta!

Un difetto delle donne è che aspettano sempre che sia la parte maschile a dichiararsi. Fatta eccezione per quella poca percentuale che non ha peli sulla lingua, e si lancia così, spudoratamente, sul boccone prescelto. Se quell’antipatica megera bionda continua a restarsene appollaiata sul suo confortevole ramo, il suo amore potrebbe rimanere soltanto un sogno! A meno che il capo, non faccia per primo il cosiddetto passo, ovviamente!

Ritornando al discorso Turks, se continua così, fingo un improvviso attacco di stomaco, e mi allontano per una buona mezz’ora con la scusa di visitare i bagni.

Il portone si apre, e vediamo una sagoma annerita dalla luce, che fa il suo ingresso.

- Un altro “rimandato a settembre”…- bisbiglio sommessamente, mentre tamburello le dita sul tavolo lungo davanti a me.

Sento la voce di Tseng, emettere un flebile suono. Mi volto verso di lui, come per dire “tutto ok capo?”, ma poi mi trattengo le parole in gola, quando la sagoma prende un suo colore. Per la maggioranza, rosso.
- Cosa sei venuto a fare qui?- dichiara il Turk dai capelli neri, all’individuo che l’osserva imperscrutabile.

 

Si tratta di Vincent Valentine.

 

Ex-Turk ribellatosi al progetto Jenova, fu usato da Hojo come cavia per i suoi esperimenti che trasformarono il suo organismo in quello di un mostro dalla potenza devastante. Molti della Shin-Ra, lo definiscono “il vampiro” forse a causa del suo aspetto, nonché carattere alquanto taciturno, solitario e misterioso. Dopo la sconfitta dei tre fratelli con manie di grandezza, è sparito dalla circolazione… come di consuetudine, d’altronde. 

Non lo conosco molto bene, so soltanto che ci ha causato non pochi problemi in passato.

Tseng, invece, sembra allietato quasi dalla sua presenza. Forse erano amici un tempo, chissà. E’ pur sempre un membro del party di Cloud, tuttavia. Lo stesso party che ha intralciato i piani del Presidente e di tutta la Shin-Ra.

E chiunque tenti di distruggere la Shin-Ra, si sa, dovrà fare una brutta fine.

Li osservo in silenzio. Capisco che forse almeno per il momento, è preferibile che io mi cucia la bocca.

All’improvviso Tseng si alza dalla sua sedia, aggiustandosi svelto il nodo della cravatta.

- Il reclutamento per oggi è concluso.- dice al soldato posto a guardia del portone. – Puoi andare anche tu,  Reno. – conclude poi, rivolgendosi a me.

In cuor mio, sento uno scoppio di gioia. Ho un piccolo omino che mi balla salsa e merengue nello stomaco, e una grande voglia di cestinare questa maledettissima cravatta.

 

- Agli ordini capo!-esclamo tutto contento. Mi accingo ad allontanare la sala, non prima però di aver lanciato un rapido sguardo al vampiro. E’ inutile nasconderlo… quei due hanno bisogno di parlare da soli. L’ho intuito subito dopo che si sono rivolti un’occhiata d’intesa. Devo forse preoccuparmi? Sarà successo qualcosa?
Mi stringo nelle spalle grattandomi un po’ la testa. Ho forse dimenticato quel piccolo omino racchiuso nel mio stomaco che sta dando vita ad una vera e propria gara di ballo? No, certo che no!

 

- Ciao ciao!- enuncio al soldier d’innanzi alla porta, sollevando la mano in segno di saluto. Quest’ultimo risponde con un bel “schiena ritta e braccia tese” manco fossi il suo comandante. In effetti, sono sicuramente ad un livello superiore, quindi è giusto che i soldier vengano addestrati anche a portare rispetto in maniera cos’ sublime ma, ogni tanto uscire dal protocollo non è un reato. Purché non si superi il limite, intendiamoci! Tutto sommato, non è male sentirsi al di sopra degli altri.

 

Respiro una bella boccata d’aria, non appena metto piede all’esterno. Se penso al povero Rude che sta’ ancora esaminando gli aspiranti soldati, mi si chiude quasi lo stomaco.

- Dieci minuti a mezzogiorno…-parlotto svogliato, guardando le lancette del mio orologio da polso.

Che fortuna. Grazie a Valentine, ho finito un’ora prima di lavorare.

Mi guardo intorno, ammirando il bel paesaggio. Quando ci trasferiremo vicino Midgar, non ci sarà tutto questo verde. Comincio a temere che la Healin Lodge mi mancherà abbastanza. Ma senza esagerare, eh!

La prima cosa che in questo momento ha la priorità su tutto, è togliere questo lungo pezzo di stoffa che mi sta strangolando.

Slaccio la cravatta inserendo l’indice nella fessura posteriore, e tirando.

Aaahhh! Sono libero!

Abbasso la zip della giacca, aprendola del tutto, e poi apro i primi tre bottoni della camicia.

Questo qui, è finalmente il vero Reno!
Il look da uomo raffinato non fa proprio per me. E’ un ruolo che non mi si addice.

Ora però, c’è una sola cosa da fare: pensare a riempirsi lo stomaco!

 

A quest’ora sicuramente i pasti non saranno ancora pronti… Decido quindi di raggiungere la città di Midgar. Come?

Uno dei pregi di essere Turk, è quello di frodare i passaggi altrui!

Scorgo una pattuglia di soldier nei pressi della via.

Mi avvicino al fuori strada, con disinvoltura e mani in tasca, pronto a colpire.

- Siete diretti a Midgar, giusto?- adesso mi faranno il solito saluto alla “soldier”. Infatti… I cinque soldati si drizzano le spalle, come tante belle pedine di una scacchiera. Uno di loro risponde alla mia domanda con un gesto secco del capo, e a quel punto, è fatta!

- Avete posto a bordo per un’altra persona?- sono così magro che potreste considerarmi come un bagaglio.

- Certo!- esclama uno di loro.

 

Durante il tragitto, mi godo il panorama comodamente seduto sul sedile posteriore della jeep. Il dolce venticello che mi scompiglia la mia folta zazzera rossa, è piacevole.

Arrivati in città, saluto poco formalmente i cinque soldati, lanciandomi come un falco che va a caccia, alla ricerca di qualche pub o locanda dove mangiare.

Tante persone affollano la piazza principale della città. C’è così tanta vita in questo posto, che quasi mi viene spontaneo pensare che la battaglia avvenuta cinque mesi fa, è stata solo il frutto di una pesante sbornia digerita male.

Lo stomaco comincia a cantare.

Mi addentro nelle vie più interne della metropoli. Di solito è lì che si trovano i migliori locali.

La gente di questo posto, malgrado sia passato tanto tempo, si dimostra sempre poco espansiva nei confronti di noi Turks e della Shin-Ra in generale.

L’idea di chiedere informazioni qui in giro, me la faccio passare alla svelta. Tanto so già che otterrei limitate e frettolose risposte.

Dopo tanto girovagare, ecco che le mie preghiere vengono finalmente accolte.

Scorgo un locale ad una trentina di metri poco più avanti, situato nell’angolo di una stradina buia e assai fatiscente.

Caschi il mondo, ma io devo nutrirmi! Qualcuno provi a fermarmi…! Non uscirà di certo vincitore!

 

- Tu vieni con me!!- sento una voce alle mie spalle che all’improvviso mi fa sobbalzare. Mi girò di scatto, spaventato, ma prima ancora di voltarmi del tutto, vengo letteralmente trascinato via dalla strana figura che mi afferra per un braccio quasi staccandomelo.

Oramai quando mi volto, capisco già sconsolato, di dover rinunciare al mio pranzo.

 

- Che stai facendo?! Giù le mani o mi rovinerai il completo!- sbotto completamente imbestialito.

Indovinate?

La nanetta di Wutai ha fatto una delle sue mirabolanti entrate di scena, avvinghiandosi al mio braccio!

E’ molto che non la vedo. Precisamente dal giorno in cui me la ritrovai in bagno… ricordo che andò via praticamente fuori di sé. Speravo che prima di rivederla, sarebbe passato più tempo, ma devo ricredermi.

 

- Hai deciso di dedicarti al furto dei Turks e abbandonare quello delle Materia?- le esclamo affannandomi a restare al passo. – Non penso che ti frutterà molto, però. Nessuno sarà disposto a pagarmi un riscatto!

Fortuna che ci troviamo in strade minori, poco trafficate, altrimenti sai che teatrino comico per la gente del posto…?

Tutto ciò è davvero imbarazzante.

 

- Prontooo?? C’è nessuno in quella piccola testolina tonda?- possibile che debba sempre ignorarmi in questo modo?

Finalmente però, dopo tanto incespicare, ottengo una risposta:

 

- Zitto!!- ah, grazie!

 

- Noto che sei dedita al comando! Ti manca solo una frusta e degli stivali neri di pelle lucida! – il bello di questa ragazzina è che posso insultarla quanto mi pare e piace senza stancarmi mai, perché trova sempre il modo di rimbeccarmi. E io adoro vedere le persone che reagiscono adirate alle mie provocazioni!

 

- Idiota!-

 

Ecco! Questo è ciò che si chiama “reagire”.

- Potresti dirmi gentilmente dove diavolo mi stai trascinando?!! – sbotto cominciando a sentirmi veramente nervoso.

 

- Se tu solo lo volessi, saresti capace di liberarti dalla mia stretta senza tante prefazioni!-

 

Beh? Cos’è quest’improvvisa dichiarazione?! E’ la prima volta nella mia vita che riesco a reagire solo con un:

- Eeh?!

 

- Hai capito bene! Non tergiversare! – ma chi tergiversa!?!

 

- Hai per caso fatto un corso di “calunnie” in questi mesi?- sono esterrefatto!

 

- Dico solo la verità! E non voltare discorso come fosse una frittata!

 

- Per carità! Non parlare di cibo in mia presenza!- il mio stomaco borbotta improvvisamente. Temo che l’omino ballerino si sia deciso a demolirmi la pancia. 
Sento Yuffie sghignazzare sommessamente.

- Hey, cosa ridi?! Per la cronaca se proprio vuoi saperlo, prima che arrivassi tu come un cavallo imbizzarrito, mi stavo recando in quel locale in fondo alla strada a riempirmi lo stomaco!- e se prima ho deciso di sopportare i tuoi giochetti, adesso non mi và più! – Mi hai arrestato, contenta? Ora però lasciami andare! Ne ho le scatole piene di giocare a guardia e ladri…!

Dopo il mio predicozzo, attendo fiducioso la “scarcerazione”.

 

- Ancora pochi metri e siamo arrivati!- esclama la ragazza.

 

- Arrivati dove??- perché è così imbarazzante venir trainato da una nana ninja? Preferivo starmene seduto a reclutare Turks, anziché una cosa simile!- Sei un castigo divino!

 

- Ecco! Così la pianti di frignare! – mi esclama lei.

 

Finalmente vengo mollato. Ma così di botto che a momenti casco a terra. Riesco a mantenere l’equilibro, sbilanciandomi di poco in avanti e aiutandomi con le braccia. Mi stiro la manica della giacca, ammaccando le piccole pieghe che si sono formate, e sollevo il capo davanti a me.

Si tratta dell’orfanotrofio di Cloud e Company.

- Che ci facciamo qui?- chiedo seccato mentre incrocio lentamente le braccia.

Yuffie mi allunga un sorriso poco rassicurante. Guai in vista?

 

- Vieni!- esclama. Fa per prendermi ancora una volta il braccio, ma con un rapido gesto di divincolamento, riesco ad evitare la presa.

 

- Eh no, bambina! Faccio da solo questa volta! Grazie!- dichiaro prendendola in giro.

 

- Come vuoi tu…- mi dice mogia.

La prima ad entrare è proprio lei. Mi sorregge la porta tenendola aperta, così capisco di dover affrettare il passo se non voglio che il mio naso venga spappolato dal pesante portone di vetro.

Quant’è che non metto piede qui dentro? Da quando venni a supplicare Tifa per preparare la torta…

Guardandomi in giro, mi sorge spontanea una domanda:  

 

- Non c’è nessuno qui?- non ho ancora sentito le urla dei mocciosi che popolano questo posto.

 

- No, i bambini sono fuori con Tifa, torneranno questo pomeriggio.

 

Mi infilo le mani in tasca, poggiando le spalle ad un muro limitrofo:

- Allora non c’è fretta, giusto?- dico allungando un piccolo sorriso.

La ragazzina storce le labbra, perplessa, poi si volta verso di me, incurvando la fronte che si fa piena di grinze:

- Per cosa?- domanda.

 

- Bimba bimba…- Yuffie è proprio una bimba.- Siamo soli in un posto così grande… è ovvio che se mi hai portato qui, può voler significare soltanto una cosa…dove sono le camere da letto? – le chiedo così, rapido.

 

- P-perché?- mi risponde lei, balbettando un po’, facendosi vedere agitata.

 

- Forse preferisci il divano, o ancora, il pavimento? E’ scomodo, ma se vuoi così, ti accontento!- scorgo il viso della ninja, diventare di un rosso amaranto. Rido di gusto per quella sua espressione che in fin dei conti fa tanta tenerezza, ma sono poi costretto a ricredermi non appena intravedo una pesante tazza, venirmi proprio addosso. Questa volta sono preparato. Non ho intenzione di ritornare a casa con un altro livido come quello lasciato dalla bottiglia del collutorio.

Alzo il braccio spalancando le dita, e la paro al volo.

 

- Come facevi a sapere che volevo bere?- rispondo prendendola in giro.

 

- Depravato!!- reagisce lei, prontamente.

 

La bimba si è forse offesa per via di quella “piccola” questione?

 

La guardo ridendo di gusto e sempre di più, fino a tenermi la pancia.

- Scusa ma, sei davvero buffa! Comunque riguardo a prima, scherzavo… sei così piccola che non mi permetterei mai e poi mai di toccarti! Anche perché da toccare non c’è nulla…!- rido ancora una volta, forse con troppa cattiveria. Inclino la schiena in avanti, portandomi le mani sulle ginocchia. Vedere quella sua espressione crucciata, mi fa divertire parecchio.

Non appena ritorno serio, Yuffie è sparita.

 

- Hey!- strillo. Saetto il capo in tutte le direzione, dopodichè mi passo una mano dietro la testa.- Dai, scherzavo! Sei davvero permalosa!- Chiamo la nana ancora una volta, ma non ottengo risposta. Mi stringo nelle spalle. Pazienza. – Ti saluto! – dico a voce alta mentre mi accingo ad uscire.

Volto le spalle e a momenti sbando.

- Ma da dove sbuchi?!- schiamazzo agitato, guardando la ninja proprio davanti a me.

 

- Non sei occhio di lince… Un’altro al posto tuo si sarebbe accorto del mio spostamento. – dice socchiudendo gli occhi con superiorità.

 

- Sentimi un po’ principessina!- rimbecco all’istante- Ho accettato di venire qui senza tante lamentele, ma visto il tuo comportamento, e vista la fame che ho, giro i tacchi e ti saluto!- Faccio per spostarmi verso sinistra in modo da aggirarla, ma improvvisamente mi viene messo un grosso piatto proprio sotto il mento.

 

- Prego! – dice la giovane con occhi decisi.

Il mio sguardo si sposta prima sulla portata, dopodichè passa al bianco faccino della rompiscatole.

 

- E’ avvelenato?- domando con poca fiducia e occhiata sospettosa. 

Yuffie abbassa il capo al pavimento, fissandosi la punta delle scarpe che storce in modo da congiungerle.

 

- L’ho fatto…io.- bisbiglia.

 

-Scusa puoi ripetere?- rispondo apposta, poggiandomi una mano sull’orecchio.

 

- L’ho fatto io!!!- urla.

 

- Ok ok calma! Non sono sordo…- come ha detto? L’ha preparato lei? Vuoi vedere che in questi mesi ha imparato a cucinare? Che brava bambina! Ma…devo fidarmi? Sto rischiando grosso…ho già visto una simile situazione…Lei che prepara per la sua prima volta un piatto, e lui che poveretto l’assaggia e poi finisce dritto all’ospedale.

- Al diavolo l’ospedale! Io ho fame!- afferro il tondo di corsa, e senza rifletterci troppo, mando giù il primo boccone.

Se sono ancora vivo, vuol dire che non è avvelenato.

Yuffie mi guarda speranzosa. E’ la prima volta che la vedo così. Evidentemente il fatto di non saper cucinare, la penalizza molto.

Mastico velocemente, e poi mando giù tutto di botto.

- Mmh…-mugugno.

 

- “Mmh” cosa?- ribatte la piccola, facendomi il verso.

 

- Mmh…buono!- devo ammetterlo, non è il massimo, però è buono. Sarà la fame che ho, sarà che mangerei anche una pezza bruciacchiata, ma mi piace.

Il viso di Yuffie prende colore.

 

- Davvero? – dice con occhi carichi di luce.

Le do un pizzicotto sulla guancia rosa e assai morbida.

 

- Certo bella bambina! Posso avere dell’acqua? – chiedo in seguito.

 

- Vieni con me! – ancora?! Ma l’ora dei giochi non era finita? Mi trascina nuovamente per il braccio, esortandomi a seguirla. Entriamo in una grande stanza, con un lungo tavolo.

 

- Puoi sederti qui e mangiare con calma, se vuoi!- dice facendomi accomodare.

Mi siedo silenziosamente. Poggio il piatto sul tavolo, fissandolo. Mi carezzo il mento con la mano.

 

- Cos’è tutta questa gentilezza? Non è che in cambio vuoi qualcosa?- le domando girandomi verso di lei.

 

- Pervertito!!- risponde subito a tono, dandomi le spalle.

 

- Hey bimba, non fraintendere! Non mi riferivo a quello…! La mia era una semplice domanda, pura ed innocente!- non mi avrà mica scambiato per un maniaco?

 

- Che ti possa andare storto!- urla irrigidendosi.

Mi sento soffocare. Non sarà mica una fattucchiera?

Tossicchio alla meno peggio, cercando di mandar giù il traverso boccone.

Sento la nana ninja sghignazzare di gusto.

- Io soffoco e tu ridi?!- dico a malapena e con le lacrime agli occhi che mi offuscano la vista.

Vedo un bicchiere colmo d’acqua, apparirmi di fronte all’improvviso. Lo afferro senza pensarci, e mando giù.

 

- Va meglio ora? – mi chiede.

Riprendo a respirare lentamente abbozzando in seguito un sì.

- Grazie per avermi soccorso quando oramai stavo già con un piede nella fossa!- dico con sarcasmo e poca cordialità.

Per tutta risposta, Yuffie si porta le mani sui fianchi:

- Oh beh…-esclama- Avrei anche potuto lasciarti soffocare!- che bel pensiero che mi dice!

 

- Avresti avuto il coraggio di lasciarmi morire in questo modo?- rispondo indispettito.

Mi scuote il capo con allegria.

 

- No, certo che no!

La fisso per qualche istante. A volte sa essere così dolce che quando fa la cattiva sembra un’altra persona.

 

- Adesso sì che va meglio!- mi carezzo la pancia, finalmente sazio. Una soddisfazione indescrivibile. Volto gli occhi in direzione di Yuffie. E’ seduta di fronte a me, dall’altra parte del tavolo. La becco in pieno mentre mi guarda con viso assorto.

 

- Che c’è? – esclamo ricambiando l’attenzione.

Lei tenta di abbassare lo sguardo. Ci riesce. Ma, ugualmente, vedo il suo viso imbarazzarsi un pochino.

Capisco la situazione, e così metto in scena qualcosa per deviare l’impaccio.

 

- Come mai non sei a Wutai? – chiedo curioso mentre mando giù un ultimo sorso di acqua.

 

Alza il capo, un po’ intimorita:

- Volevo aiutare Tifa con l’orfanotrofio. L’ho detto a mio padre, e anche se non era d’accordo, sono restata lo stesso.- si ferma per qualche istante, poggiando le braccia sulla tavola, poi continua- Tra qualche settimana, però, dovrò ritornare nel mio paese.- conclude con voce un po’ rattristata.

 

- Perché? Il periodo di vacanza è finito? – chiedo curioso.

 

Lei mi annuisce con un gesto del capo, dopodichè poggia la testa sulle braccia, quasi volesse addormentarsi.

Che immagine tenera.

Povera piccola…! Essendo una bambina è costretta ad ubbidire agli ordini del suo massiccio papà.

 

- Beh, puoi sempre ritornare.- Mi stravacco sulla sedia, distendendo le gambe. Alzo gli occhi al soffitto, ma il sospiro della ninja mi fa ritornare su di lei. – Non dirmi che tuo padre ti ha vietato di venire a Midgar…?- faccio sorpreso.

 

- No, non è questo.- risponde dondolando la testa.

 

- E allora?

Mi fissa per un breve attimo. Poi i suoi occhi ritornano ad osservare il vuoto.

Rimango un po’ dubbioso. Cos’è quest’improvviso atteggiamento?

Sono costretto a dimenticarmi di tutto, non appena sento l’interno della mia tasca vibrare.

Afferro il piccolo e nero aggeggio elettronico, accavallando le gambe, mentre tengo poggiato un braccio sulla spalliera della sedia.

- Qui Reno.- scandisco un po’ seccato. E’ Rude. Ascolto attentamente il mio compare che come sempre è di parole brevi ma concise, e mi appresto a concludere la conversazione- Ok, arrivo subito.

 

Yuffie guarda attenta, mentre mi accingo ad alzarmi. Solleva di scatto il capo.

- Vai via?- domanda.

 

- Si. Purtroppo sono in servizio, e non posso rifiutare gli ordini.- speravo almeno di digerire… Mi rimetto la giacca che avevo tolto durante il pasto, e mi appresto ad uscire.- Grazie del pranzo, piccola ninja! – enfatizzo sorridendo, mentre la saluto con un cenno di mano. Mi sento trattenere all’improvviso dalla sua voce.

 

- Questa è tua?- esclama.

Mi giro verso di lei, vedendola sorreggere la mia cravatta.

 

- Deve essermi caduta…- mi tocco le tasche, poi allungo un braccio per riprendermela, ma quando sono vicino a Yuffie, lei mi protende il lungo nastro attorno al collo e lo usa farmi abbassare. Rimango interdetto, tuttavia la lascio proseguire. Vedo le sue mani avvolgere la cravatta con molta pazienza, fino a terminare il tutto, con un nodo quasi perfetto. A dire il vero non avevo la minima intenzione di rimettermi questa perenne rottura di scatole, ma visto che ci siamo, beh, chi se ne frega.

Mi tocco l’annodamento, non è tanto stretto, direi la giusta misura per respirare.

Sollevo i miei occhi su Yuffie, e la colgo nuovamente in flagrante. 
Mi scruta con quei due grandi iridi color nocciola, grandi e pieni di purezza.

Mi sento un po’ in difficoltà. Odio chi mi osserva troppo. Mi mette a disagio.

 

- Ho l’impressione che tu debba dirmi qualcosa, non è così?- le domando nella speranza di comprendere quel suo strano atteggiamento.

 

Le sue esili gambe barcollano, sembra stia per cadere da un momento all’altro, faccio per sorreggerla ma lei mi si butto contro, avvolgendomi in un tenero abbraccio.

Sento la sua testa affondare nella mia camicia, un’ultima stretta, ancora più forte, e poi sparisce, balzando via con un salto.

 

 

 

 

 

Mentre percorro il lungo corridoio della nostra base provvisoria per raggiungere l’ufficio di Tseng, non riesco a smettere di pensare allo strano comportamento di Yuffie. Ho ancora l’impressione che sia avvinghiata a me, in quell’abbraccio.

Vengo fermato dai pensieri, non appena Rude mi domanda:

- Tutto ok?

L’ho detto ormai. Siamo un’unica persona io e lui.

Scrollo il capo.

 

- Ho digerito male.- gli dico nella speranza che si beva la mia frottola. 

Giunti a destinazione, Rude da un colpetto alla porta.

Ci viene aperta da Elena, che sicuramente si trova qui da una mezz’ora prima. Conoscendola, pur di non arrivare in ritardo, sarebbe capace di presentarsi ad un appuntamento anche il giorno prima.

Vediamo Tseng, seduto dietro la sua scrivania ricolma di fogli, finire una sigaretta e spegnerla nel posacenere.

Ci fa cenno di avanzare, poi, intrecciando le dita come pezzi di un puzzle, poggia le mani sul tavolo.

- Qualcuno sta tentando di sabotare la costruzione della nuova base.- dichiara con voce calma.

 

Scatto in avanti come un pazzo, entrando per prima nella stanza.

- Cosa?!- esclamo infuriato.

Anche Rude lo è. Ho sentito un sommesso lamento provenire dalla sua figura. Mi volto verso di lui. Ci scambiamo uno sguardo reciproco. Le nostre espressioni sono entrambe incredule.

 

- Ma è praticamente impossibile!- interviene Elena anch’essa assai sbigottita- La base è sorvegliata giorno e notte da più di venti soldier che la proteggono da ogni parte. Sarebbe una pazzia lanciarsi in un simile assalto!

 

- Andrebbero a morte certa!- aggiungo collegandomi alle parole della bionda che mi annuisce con un colpo secco di capo.

Tseng chiude gli occhi. Rimane così per qualche istante. Sento la mia rabbia salire vertiginosamente. Abbiamo lottato tanto per ricostruire la base, ci sono voluti degli anni per far sì che la Compagnia ritornasse agli albori di un tempo, e proprio adesso che siamo ad un passo dalla realizzazione di tanto impegno e fatica, un bastardo che gioca a fare il guastafeste, vuole rovinarci tutto? No, questo no. Può prenderci a calci, a pugni, può sfidarci in un duello all’ultimo sangue se vuole, gli do il permesso, ma mandare in frantumi il frutto di centinaia di persone che hanno e continuano a lavorare per quello in cui credono, non è leale.

Cerco di placarmi un attimo, giusto il tempo di trovare un po’ di lucidità.

 

- Chi è il bastardo che ha deciso di morire?- dico con la voce impregnata di astio e una gran voglia di fare a pezzi quella persona.

 

Finalmente Tseng riapre gli occhi.

- Per ora è tutto.- sentenzia.

 

Cos’è questo “per ora è tutto”? Osservo il Turk dai capelli neri e lucenti, e mi faccio avanti:

- Significa che noi dovremmo restarcene buoni finché la nostra nuova base non viene fatta a pezzi? – comincio ad avanzare verso la scrivania del capo. Lo guardo dritto negli occhi, fino a trasmettergli le mie sensazioni. Tseng è un tipo assai intelligente. Non per questo è diventato capo di noi Turks.

Capisce il mio sguardo istantaneamente. Ritira le mani dal tavolo prendendo un’altra sigaretta dal taschino interno della giacca e portandosela alla bocca.

 

- Ordini del presidente Rufus. – dichiara.

 

Qualcuno fermi le mie labbra.

- Ordini del Presidente?! Al Presidente non gli frega un cazzo se va in macerie il lavoro di oltre cento persone?!- Sbatto violentemente i pugni sull’asse di legno tanto da farlo lievemente tremare. La sigaretta di Tseng gli casca dal bordo della bocca, finendo dritta a terra. Rude è muto alle mie spalle, mentre Elena interviene richiamandomi all’istante:

 

- Reno!- ammonisce. Mi giro verso di lei, con fare sprezzante: 

- Hai lavorato anche tu al progetto! In quella costruzione c’è tutto il nostro impegno! Non t’importa nemmeno un po’ se l’affare va a monte?!- oramai mi sento esplodere.

La bionda mi fissa timidamente. Le sue guance si colorano, abbassa gli occhi col timore di darmi una risposta. Ma io la sua risposta la conosco già. E’ d’accordo con me, ma gli ordini per lei prevalgono su tutto.

Tseng si è alzato. Mi volto senza indugio. Preleva una nuova sigaretta dalla tasca, questa volta però, lasciandosela tra le dita.

 

- Se i cittadini di Midgar venissero a sapere della ricostruzione della Shin-Ra, scoppierebbe senza dubbio una rivolta. L’obbiettivo della Compagnia, è risorgere nella maniera più silenziosa possibile. In questo modo, l’ostilità andrebbe scemando.- il capo si porta la sigaretta alla bocca, mantenendo quel suo modo di fare composto ed elegante. Mi fissa in volto. Ricambio lo sguardo ma in cuor mio temo un rimprovero per il mio comportamento… troppo impulsivo. Lo ammetto.

Dopo aver espirato il fumo, riprende il discorso – Se cominciassimo una guerra con le fazioni opposte che sanno e vogliono ostacolare il nostro ritorno, sicuramente attireremmo l’attenzione da parte del popolo di questo territorio. Allora per noi sarebbe davvero la fine. Meglio perdere una base non ancora ultimata, che l’intera Compagnia.

Ascolto bene le sue parole. Ha ragione. Devo ammetterlo per l’ennesima volta. Ma come la mettiamo con le persone che hanno partecipato ai provini per diventare dei soldati o Turks, e sono stati scartati?

- E la gente che ha preso parte ai provini per lavorare nella Compagnia?- domando con perplessità.- Siamo già con un piede nella fossa!

 

- Loro non sono un pericolo. Si tratta di persone, la maggior parte delle quali ha studiato per molti anni nei nostri istituti. Ciò che gli interessa, è solo uno stipendio fisso. E comunque, coloro che non sono stati ammessi, subito dopo l’esame hanno subito un processo di perdita parziale della memoria. Ovvero, gli è stata completamente cancellata la parte relativa ai loro rapporti con la Shin-Ra. In questo modo non ricorderanno nulla di noi, né delle nostre future attività.

 

Scuoto il capo in segno di negazione.

- Mi chiedo se alla fine tutto il nostro impegno verrà finalmente premiato in qualche modo…-sbotto un po’ immusonito.

Sento i passi di Tseng, calmi e lenti, venirmi contro.

 

- C’è stato un tempo in cui la Shin-Ra era una tra le più forti ed efficienti potenze del pianeta. Quel tempo prima o poi ritornerà.- Sollevo il capo, guardandolo. Mi sta porgendo una delle sue sigarette. Gli abbozzo un sorriso, prendendo il bordo del rocchetto tra l’indice e il medio. Le sue parole mi hanno colto alla sprovvista. Sono costretto ad affermare una ferma convinzione che mi porto dentro da quando sono diventato un agente: è solo Tseng, il capo di noi Turks!

 

 

 

- Il signor Tseng voleva evitare di farci conoscere tutta la verità. Probabilmente sapeva fin dall’inizio la nostra e soprattutto la tua reazione.- assente Elena, mentre percorriamo il corridoio per giungere alle nostre camere.

Mi stringo nelle spalle.

- Avevo ragione ad arrabbiarmi, ti pare?- le rispondo.

 

- Lo eravamo tutti, ma questo non giustifica il tuo comportamento. Ti sei rivolto al presidente Rufus in maniera non proprio corretta.- mi rimbecca la collega.

 

- Perché secondo te, lui lo è? – con queste mie parole è bastato poco per metterla subito a tacere.

Preferisco non andare oltre, per non infuriarmi una seconda volta, e taglio a corto- Se il Presidente vuole mantenere il massimo silenzio sul nostro progetto di recupero, allora sarà accontentato.

 

Faccio parte della Shin-Ra. Sono obbligato a rispettare gli ordini, ma digerire questo sporco affare non è facile.

 

Rispetto Rufus, per lui ho rischiato molte volte la vita, e sarei pronto a farlo qualora fosse necessario, ma spesso e volentieri non condivido il suo modo di ragionare. Non posso non dire che forse, tutto sommato, ha ragione. Però se la base venisse distrutta sapendo che forse potevamo fare qualcosa per evitarlo, il nervoso mi viene lo stesso.

Continuo a chiedermi, tuttavia, chi possa essere così folle e soprattutto stupido, da mettersi contro la Shin-Ra. Voglio dire…ci sono centinaia di persone che vorrebbero linciarci, questo è risaputo, ma tra tutte queste, chi è che avrebbe davvero il coraggio di farlo?

- Solo un pazzo!- esclamo ad alta voce. Rude ed Elena si girano per guardarmi.

 

- Cosa hai detto?- domanda la bionda.

 

- Solo un pazzo potrebbe mettersi contro di noi…!- ribatto.

 

- Oppure qualcuno che ha fatto bene i suoi calcoli.- interviene Rude. Questa volta siamo io ed Elena a fissare lui.

 

Aggrotto la fronte, affrettando il passo per affiancarmi a lui.

- Dici che potrebbe trattarsi di un gruppo o un’alleanza che conosce la Shin-Ra, zo to?- Potrebbe anche essere così…tutto sommato è un’ipotesi da non scartare.

Rude abbozza un ipotetico sì con il capo. Mi poggio una mano sul mento, perplesso.

 

Sento Elena dietro di noi, emanare un lungo sospiro.

- Ragazzi…-esclama. Ci fermiamo un secondo, voltandoci verso di lei- Non dimenticate che siamo Turks.
E ti pareva! Pensavo che volesse una volta tanto, sparare qualche frase sensata ma, invece per l’ennesima volta, non è così. E’ un caso disperato…

 

Mi affianco mettendole un braccio attorno al collo, in segno di scherzo.

- E tu, dimenticati ogni tanto delle formalità, Turk biondo!

Rido un po’ per prenderla in giro. Conosco il suo carattere. Anche se non lo ammetterà mai, è preoccupata come noi per questa faccenda. Elena è un po’ la “mamma” di noi agenti. Sempre pronta al rimprovero e all’educazione dei suoi amati bambini vestiti di blu. Forse anche troppo.

La libero dalla mia dolce morsa quando arriviamo al piano di sotto e si congeda da noi, scomparendo poi nella penombra, non appena voltato l’angolo.
Sono ancora pensieroso.

Che ci volete fare, è il mio carattere.

 

- So che non seguirai il mio consiglio, ma prova a non pensarci.- pronuncia Rude, dandomi una bella pacca sulla spalla.

Sbando perché assolto nei miei pensieri. A momenti casco a terra, ma riesco a riprendermi all’istante.

- Un giorno o l’altro dovrai farmi conoscere la tua famiglia… sono curioso di vedere se tuo padre ha le mani più grandi delle tue, zo to!- non ne ho mai viste di così belle massicce e robuste.

 

- Vedi di riposare. Stanotte sarà lunga.- afferma il ragazzone. Mi batto una mano sul petto, come per fargli capire di non preoccuparsi. Lo saluto con un bel “stammi bene socio” ma, quando sono sul punto di girare i tacchi e andar via, lui mi dice:

- L’eleganza di un uomo, si vede dal nodo della cravatta.

Mi guardo confuso l’affare in questione, e poi replico:

- Stai forse dicendo che non sono capace di farmi un nodo così tanto elegante?!- balbetto sconcertato. Evidentemente sì, visto che il socio si è accorto subito dell’imbroglio.- Ma che cosa sei? Un chiaroveggente?!- alzo lo sguardo al soffitto, spalancando le sopracciglia quasi a dire “che ci vuoi fare”. Non sembra ma, sotto quel paio di occhialini scuri, non gli sfugge nulla.
In verità, la cravatta mi è stata annodata da Yuffie.
Per qualche istante mi ero completamente scordato di lei. La storia della base mi ha fatto dimenticare ogni cosa.
Speriamo che si risolva in fretta, altrimenti mi aspettano delle amare e poco gradite nottate in bianco!

 

 

 

 

La bambina di Wutai.

La mocciosa di Wutai.

La piccola ninja di Wutai.
Quale suona meglio?
Continuo a ripetere parole o frasi attigue, fissando il soffitto mentre me ne sto ben sdraiato sul lettino.
Comincio ad accarezzarmi la camicia che indosso.
Ma perché?
Yuffie non è qui. Il suo capo non è appoggiato qui.

Questa piccola ragazzina mi sta mandando letteralmente in tilt! E tutto perché non riesco a spiegare il suo stranissimo modo di comportarsi. Non si sarà mica invaghita di me?! Mi lancio una mano sulla faccia.
Sbatto la testa sotto il cuscino restando così fino al momento in cui sono costretto a riemergere per prendere ossigeno.
- Al diavolo le donne!- ho altro a cui pensare in questo momento. Una volta però risolti i problemi, è ovvio che mi darò alla pazza gioia. Dopotutto sono un libertino.

 


Mi sveglio in piena notte. Guardo l’orologio posto sul comodino affianco al letto.

Le 2 e 45.
Sono un po’ sudaticcio. Fa molto caldo da queste parti.
Mi alzo dal letto con l’intenzione di spalancare la finestra, ma è già aperta.
- Impossibile!- esclamo.    

- Se tu solo lo volessi, saresti capace di liberarti dalla mia stretta senza tante prefazioni.- Yuffie?!
Mi volto di balzo.

- Yuffie?!!- strepito.
La piccola ninja contorce il musino, dondolandosi con la testa che fa capolino dal bordo del letto.

- E’ la prima volta che ti sento pronunciare il mio nome come si deve.- sottolinea guardandomi di sottecchi.
Non faccio caso alle sue parole, e mi avvicino verso di lei piegandomi in avanti.

 

- Cosa ci fai sotto il mio letto?!- le dico allungando un mezzo sorrisino che non trasmette per niente nulla di buono.
Mi fa una linguaccia, e poi scompare inabissandosi tra un miscuglio di lenzuola finite a terra.
Non ho tempo di giocare a nascondino!

- Sei proprio una cattiva bambina!- Sollevo le coperte, scoprendola.- Ti ho trovato!

Rido di gusto mentre però la mia voce viene coperta da un singhiozzo strozzato.

- Ho l’impressione che qualcuno qui stia piangendo.- dico con tono un po’ ironico. Purtroppo c’è poco da ironizzare. Il singhiozzo aumenta. Mi inginocchio al pavimento, faccio per toccarle il capo, ma Yuffie mi sgattaiola come un micio al di sotto del letto. – Hey!- esclamo- Ma si può sapere che ti prende?!- mi sbatto entrambe le mani in faccia, fino a strofinarle su tutta la superficie. Perché questo genere di problemi capita soltanto a me? 
- Mi dici perché piangi? E’ successo qualcosa?- “e perché cavolo sei venuta proprio da me a farlo?!!” vorrei aggiungere, ma mi rendo conto che in questo momento non sarebbe tanto carino da parte mia. Non ottengo risposta, ma solo un continuo gemere che con tutta sincerità, mi provoca una forte stretta al cuore. – Vaaabene!- enfatizzo- Vorrà dire che quando ti sentirai pronta, mi farai un fischio. Intanto io mi stendo sul letto, e se dovessi prender sonno, ti do l’autorizzazione di svegliarmi.- faccio forza sulle mie ginocchia, sollevandomi da terra. Mi distendo sul lettino portandomi le mani sulla pancia ed intrecciando le dita come in segno di preghiera.

Fisso il soffitto.
Nel frattempo lo straziante pianto a singhiozzi, si è interrotto. Ha fatto presto la bambina a calmarsi, eh?
Mi giro su di un lato, affacciandomi al fianco destro del letto.

- Iuuuuuuuhuuuuuuu??? Sei ancora lì? – domando. Mi sporgo ancora di più, però molto silenziosamente, fino a strisciare sulle lenzuola. Ho tutta l’intenzione di coglierla alla sprovvista. O meglio…avevo tutta l’intenzione di farlo… Il mio lungo codino rosso, vola giù a penzoloni, arrivando a toccare il suolo. Porca…! Addio “effetto sorpresa”! Non mi scoraggio e tento di avanzare lo stesso, tirando a me le coperte e facendo irruzione lì sotto per farle lo stesso prendere un bello spavento. 
Incurvo le labbra per dire “cucù”, ma le sillabe mi rimangono dentro, come bloccate da qualcosa. Qualcosa di molto caldo che m’infiamma il viso facendolo diventare ancor più rosso di questa mia testa rossa.

Cos’è questa strana sensazione? Cos’è quest’improvviso calore che arde sul mio volto?

Faccio tardi ad accorgermene. Quel “cucù” è stato appena sigillato. Il sigillo di un bacio.
E’ un attimo. Pochi istanti e poi vedo Yuffie guizzare via, sparendo nel blu della notte. Faccio per parlare, per muovermi, ma mi riservo solamente una brutta e rovinosa caduta.

- Ahi!!!!!!!!!!- urlo di brutto e mi lamento, svegliandomi d’improvviso ai piedi del letto. Sono appena cascato a terra. E anche bene direi, vista la posizione. Ho le gambe in aria che si agitano fortemente per rimettersi in sesto, e la testa spiaccicata sul freddo pavimento.
Riesco finalmente a voltarmi e a stendere tutto il corpo a terra. Ricorro alla forza degli addominali per sollevarmi alla meno peggio, e mi aggrappo alle lenzuola per tirarmi su.
Era un sogno. Un banale sogno.

Ma possibile?

Sembrava tutto così reale. Ma proprio tutto. L’unica cosa che non ho gradito, è questa orrenda caduta. Ho preso proprio una bella botta.
Mi massaggio la nuca, bella dolorante.

- Ahi ahi ahi, zo to!- pigolo quasi con la lacrimuccia agli occhi.
Il dolore però ad un tratto sembra svanire. L’istinto prende possesso di tutto. Mi passo la lingua tra le labbra. Un bacio. Mi sembra di sentirne il sapore ancora impresso sulla sottile pelle di questa bocca. Ha un gusto un po’ dolciastro. Non ne ho mai sentiti di così zuccherini. Devo dire che…mi piace.

Ad un tratto mi scrollo i capelli con la mano. Sto veramente impazzendo.

Menomale che si tratta di un sogno. Già, menomale! Quella ragazzina è davvero insopportabile! Però…
Mi torna alla mente qualcosa. Nell’incubo, se così lo si può chiamare, mi è parso di aver sentito Yuffie ripetere una delle frasi dette da lei stessa mentre mi trascinava tutta febbricitante tra le stradine di Midgar.
Mi gratto la testa.
Dicono che se qualcosa ti rimane impressa nella mente per tutta la giornata, è probabile che si manifesti anche sottoforma di sogno. Sarà vero, oppure posso pensare che si tratti solamente di una coincidenza?
Di una cosa sono sicuro, e cioè che grazie al provvidenziale ruzzolone, non sarò costretto a beccarmi una bella ramanzina da parte di Rude.

Guardo l’orologio.

Le 23 e 28.
Tra esattamente dodici minuti, dovrò raggiungere la hall dello stabile.
Giusto il tempo di riprendermi, fare un doccia e naturalmente gettarmi dalle scale.

Un’impresa non proprio facile, ma tutt’altro che impossibile!

Pronti? Via!

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Per Youffie: Come prima cosa, grazie per la bella e lunghissima recensione! Non tutti le fanno così precise ed ampie…!  ;___;

Poi, mi tocca ahimé darti una cocente delusione per quanto riguarda le scenette che interessano Rude e Tifa… La storia è interamente incentrata su Reno, sulla sua vita, e su tutto ciò che gli ruota attorno… ovviamente c’è anche la sua piccola e pestifera ninja, a fargli un pochino compagnia ^___- però, sul pelatone e la moretta deliziosa, non ci sarà nulla di interessante… Rude è troppo timido per farsi avanti, e lo vedrai spesso sgattaiolare lontano dalla sua amata Tifa, lasciando solo quel povero diavolo di un Reno…! Comunque, la fanfiction non l’ho ancora finita… e non escludo certo la possibilità che tra i due timidoni ci possa essere qualcosa…! Almeno nel finale, eh!

Per le imprecisioni, no problem, zo to! Io ci sto! Qua la mano, socia! ^^, (quel dannato rosso mi attacca le lingue… ‘ccidenti a lui!!)        

Ti volevo chiedere un parere riguardo al colore dei capelli di Reno: secondo te, sono i suoi, oppure è tintura??

E’ davvero raro averceli di un rosso così vivo e all’apparenza artificiale…

Il dubbio mi è sorto l’altro giorno, mentre guardavo un’immagine di Rod, un character del Before Crisis, che ha i capelli rossi, ma più spenti… naturali ecco!

Va bene che in tutti gli FF tra capelli argentei, e occhi rossi, non ci si fa tanto caso, però quel ciuffo rosso, per la miseria! E’ davvero troppo rosso!

Detto questo… Aspetto una tua recensione! Mi raccomando!

 

Per Rena-ta: ho visto i filmati su you tube, e non vedo l’ora di giocare al Crisis Core!!! Accidentaccio!!! Se non arriva subito, mi piglio la versione jap! (pensa che non ho neppure la PSP… però intanto mi accaparro il gioco, dato che potrebbe finire da un momento all’altro…! Ma quant’è brutta la scritta sold out? ;___;) Non sai quanto ho pianto per il Before Crisis… ti giuro! Ero pure tentata di comprare un cellulare che andasse bene per giocarci…! Gia mi vedevo , lì, tutta contenta , a fare la turk! Avrei sicuramente scelto la dolce Shisune! Ah! Comunque non è questo il suo vero nome! Lo dice proprio lei, a Zack, in una scena del filmato che ho visto su you tube! Essendo la versione giapponese, senza sottotitoli subdoli (ogni tanto lo fanno, magari scrivendo cose che poi non sono vere… meschini!), te lo posso assicurare al 100%!

Quel personaggio nasconde un bel po’ di segreti, credimi…!

Oh! Per quanto riguarda quella stessa cosa che cerchiamo entrambe… beh, la cerchiamo entrambe!

Tu con la chioma argento, ed io con la rossa! Anche se non arriverà mai, perché forse troppo impensata, o difficile… io non mi abbatto! E sai perché? Perchè esistono sempre le tinture…! Ihihihihi ^,,^

Grazie ancora per l’aiuto!

 

 

 

Per tutti gli altri, come sempre, continuate a recensire! Sono così felice quando lo fate, che non riesco mai a trovare le parole adatte per ringraziare tutti come si deve…-___-,

Gomenasai… zo to!

 

Niko niko

 

                                                                                             Botan    

 

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Capitolo 5
*** "Missione"? ***


CAPITOLO 4

                                                 CAPITOLO 4

 

 

 

 

 

Sento un improvviso schiocco di mani.

- I miei complimenti, Reno!- esclama una voce femminile.

Non appena mi avvicino all’ingresso della hall, vedo l’intera banda al completo che non aspetta altro che partire.

Ah! Ovviamente, la suddetta voce femminile è quella di Elena!

 

- Sei in anticipo di ben 1 minuto. Da te non me lo sarei mai aspettato! – mi dice osservando il suo orologio da polso, con un cinturino nero lucente, come sempre sobrio e formale. Mi avvicino a lei con fare galante, avvolgendole poi un braccio attorno al collo.

 

- Dove vuoi andare di bello, piccola? – le dico sfoggiando una voce intensa.

La bianchissima pelle di Elena diventa improvvisamente rossiccia. Con dei timidi movimenti tenta di contorcersi dalla mia gentile stretta, ma io faccio in modo di non lasciarle il tempo necessario, e la avvinghio ancora di più con il braccio. – Hey, quanta fretta! Se sono in anticipo di ben 1 minuto, allora significa che ho ben 1 minuto per giocare con te, o no?- Rido di gusto osservando le guanciotte della mia collega, diventare sempre più fulve. Qualcosa o… per essere più corretti sarebbe meglio dire “qualcuno”, interrompe il simpatico giochetto attirando dispoticamente la mia attenzione:

Cloud Strife.

 

A momenti casco a terra dallo stupore! Mi sorreggo prontamente alla mia compagna di lavoro, che poverina, è costretta a tenere su il mio dolce fisico con quelle sue esili braccia che proprio non ce la fanno.

 

- Re-Reno!!- balbetta facendo fatica a sostenermi da sola. Mi riprendo senza tanti preamboli e… senza tanti preamboli, punto il mio teser verso il petto del biondo, evitando però di stordirlo con una bella scossa.

 

- Che ci fa lui qui?! – sbraito furente, additandolo con la mia arma.- Qualcuno per favore mi fornisca una spiegazione! E’ che sia valida! Mi raccomando! – puntualizzo. Sto sognando?! Prima Yuffie, e adesso anche lui?! Il prossimo chi sarà? Quella specie di gatto con la corona?

 

Cloud allunga il suo braccio per scostare lateralmente il bastone elettrico. Gli lancio un’occhiata non proprio cordiale, e ritraggo la mia arma come un perfetto spadaccino.

 

- Lui verrà con noi. Ci sarà d’aiuto. - Mi volto di scatto verso l’esterno. E’ Tseng.

 

- Dobbiamo andare!- esclama Elena facendoci cenno di lasciare lo stabile.

 

- C’è qualcosa che non so e che forse dovrei sapere?- domando avvicinandomi al mio amico Rude.

Il compare è accanto a me. Muto come un pesce. Forse avrei dovuto chiederlo ad Elena?

 

Mentre percorriamo il breve tragitto che va dallo stabile alla nostra auto, cado assorto dai pensieri.

Un momento. Facciamo mente locale in un attimo.

Nel pomeriggio Tseng ci comunica che qualcuno ha intenzione di sabotare il progetto di ricostruzione della nostra base, m’infurio come una bestia perché ho l’ordine tassativo di non intervenire su qualsiasi cosa succeda, ma taccio. Dopodichè, prima di uscire dall’ufficio del capo, lui ci comunica di dover effettuare un pattugliamento notturno nei pressi della base in costruzione, nella sera stessa. Cioè adesso.

Ok. Detto questo… si può mai sapere perchè Cloud debba venire con noi?! Non siamo abbastanza forti?

E poi… Lui non è un Turk!!

 

- Reno!- la voce di Elena mi fa ritornare alla realtà. Mi giro verso di lei per dirle in maniera sgarbata un bel “che c’è adesso?!” ma purtroppo vengo ostacolato dall’auto di noi Turks, che mi finisce contro. O meglio… sono io che prendo in pieno lei. La bionda scuote la testa, mentre mi lamento sommessamente tenendomi le parti basse assai doloranti, che bruciano come se fossero state appena messe a macerare nell’aceto.

 

- Maledetta carrozzeria di metallo!- dico con tono piuttosto incazzato.

Il mio amico pelato infila una mano in tasca prendendo le chiavi dell’auto e si avvia al posto di guida con fare silenzioso.

Rude, Elena, Cloud, Tseng ed io.

“Uno… due… tre…quattro e cinque.”- penso soffermandomi un po’ di più sul capo del quinto individuo.

Riconto il numero di persone con le dita. In seguito mi sposto sui posti a sedere della macchina.

Due davanti, due dietro.

Quattro in totale.

 

- Sono quattro!- esclamo a gran voce. – Quattro comodi!

Elena e Tseng si girano a fissarmi, e con aria assai dubbiosa esclamano in coro:

- Quattro?

 

- Mi riferisco all’auto! Ci sono quattro posti… e se ancora non l’avete notato, noi siamo cinque…-dico indicando con l’indice quel biondo intruso di nome Cloud. – Oltretutto, non vedo nemmeno la sua moto, qui nei dintorni. Deduco quindi che quel soldier mancato debba venire con noi. – sbuffo contrariato, e malcontento dalla ridicola situazione.

 

 

Elena rivolge uno sguardo al capo come per dire “Reno ha ragione”. Vorrei sapere perché non l’ha detto! Una volta tanto mi piacerebbe sentirle pronunciare una cosa simile.

Tseng si appresta a salire in auto, non prima però di aver esclamato:

- Il tragitto è breve.- Un attimo! Questo significa che tre di noi dovranno sedersi dietro?!

Io no di certo!

Mi guardo attorno. Ma se il capo e il mio compare Rude sono seduti comodamente davanti, e se la matematica non è una semplice opinione, questo dà ad intendere che il sottoscritto dovrà dividere il posto con i due biondi…?

 

NO!!!

 

 

 

- Elena, hai forse voglia di mangiare frittelle, stasera? – le dico con un leggero sarcasmo, intanto che mi trovo schiacciato tra la portiera dell’auto e la bionda Turk. Guardo Cloud di sottecchi. Sembra non scomporsi o lamentarsi per niente. Eppure si trova nella mia stessa situazione… - Hey, tu! Non potevi seguirci con la tua attrezzatissima moto?

 

Aspetto fiducioso una sua risposta, ma è Elena che discorre per lui:

- Meno ingombri, meno casini.

 

Accetto la risposta, e taccio paziente per poi tornare alla carica: - Ma non era breve il tragitto?- esclamo facendo riferimento alle parole di Tseng, dette prima di iniziare la traversata scomoda. E’ più di mezz’ora che stiamo viaggiando!

 

- Siamo quasi arrivati.- risponde acutamente Tseng.

Cerco di voltarmi per sbirciare fuori dal finestrino. Non vedo granché.

E’ tutto buio e poco illuminato. La macchina si ferma all’improvviso, tanto da farmi sbattere con metà faccia sulla lastra di vetro del finestrino, ed emettere un remissivo gridino.

 

Rude fa compiere un mezzo giro alla chiave d’accensione dell’auto, fino a spegnere del tutto il motore. Fatto ciò, solleva la leva del freno a mano che emettendo un gracchiante rumore, e sfila via le chiavi dal cruscotto.

 

- Scendiamo dall’auto. Vi spiegherò i dettagli della missione non appena saremo fuori.

 

- “Missione”?- esclamo prontamente, con orecchie tese e con voce un po’ acuta. Mi volto di scatto trucidando Elena con i miei profondi occhi acquamarina. – Tu lo sapevi, non è vero?!- le dico tutt’altro che pacato, e molto ma molto incazzato. Lei mi sorride appena, un po’ timidamente, come a voler nascondere il misfatto. 

Detesto chi mi nasconde le cose!

 

Ci sono due fattori contrastanti che mi attanagliano in questo momento.

Uno negativo, e l’altro piuttosto perbene.

Quello negativo è che tra una “missione” ed un semplice pattugliamento, c’è un abisso grande tanto quanto il Cratere Settentrionale di questo mondo. E tanto per puntualizzare, io non ne sono stato informato.

Mentre il perbene, è che finalmente smetterò di assomigliare sempre più ad una frittella, e riassumerò il mio aspetto longilineo e più umano, da perfetto Turk. Non ne posso più di questa fottutissima auto!

 

Non appena la suola delle mie scarpe viene a contatto con il terreno sottostante, sento un sordo “squash”, provenire dal suolo.

 

- Davvero un bel posto per parcheggiare, non trovi anche tu Rude?- dico facendogli notare la fanghiglia sotto i nostri piedi.

 

Seguiamo Tseng che si avvia verso una mezza boscaglia, con al seguito la bionda dei Turks che si trascina una piccola valigetta di pelle nera tra le braccia.

L’ex-soldier di Midgar si guarda attorno con aria circoscritta, mentre si accinge ad accodarsi alla nostra fila. Da quando siamo partiti, non l’ho sentito pronunciare nemmeno mezza sillaba.

Il capo si ferma ai piedi di un albero, e fa cenno ad Elena di adagiare la valigia sul terriccio.

Mi infilo le mani in tasca, e porgo il capo verso il suolo. Sono proprio curioso di sapere che c’è in quella borsa.

Nonostante la scarsa visibilità, adocchio la sagoma ben definita di un ricetrasmettitore piuttosto piccolo.

 

- Distribuiscili.- ordina il capo alla collega.

Mi vedo porgere uno di questi affari proprio sotto il mento, così lo afferro.

E’ piccolo, nero e rettangolare. Sulla cima c’è un’antenna estensibile e sottile, al centro ci sono due pulsanti, uno dei quali ha un colore tendente al rosso. Qualcosa che gli permetta di staccare dal resto dell’aggeggio e di essere notato con più facilità. Inoltre, poco sotto l’appendice, è situato uno schermo. Un monitor per identificare qualcosa, oppure un semplice radiolocalizzatore.

 

- Però!- esclamo di gusto - E’ uno dei nuovi giocattoli della Shin-Ra, zo to?

 

- Si tratta di un ricetrasmettitore munito di radar che consente mediante l’utilizzo di questi appositi bracciali, di identificare e rilevare la nostra posizione. Qualunque essa sia.- spiega Tseng. Elena mi consegna per l’appunto uno di questi “appositi bracciali”, in seguito se ne allaccia uno al polso destro.

Lo guardo meticolosamente. Ok, può andare. Dopotutto non è poi così male. Un cerchietto nero fatto forse di gomma, con una placchetta di metallo molto spessa sulla chiusura.

 

- Cercate di non perderli.- esclama Tseng mentre si appresta a chinarsi verso il suolo per posizionare una grossa cartina.

Mi accovaccio anche io gettando uno sguardo alla mappa e magari tentare di capirci qualcosa.

 

Il capo punta l’indice su una parte del foglio.

- Noi ci troviamo qui. La base in costruzione invece si trova da questo lato. In mezzo alla boscaglia.

 

Cosa?! In mezzo alla boscaglia?!

- Capo!- tuono fulmineo- Vuoi dire che abbandoneremo un’Healin Lodge immersa nel fogliame e negli insetti, per sistemarci in un posto praticamente simile?! – Pensavo che la nuova base fosse situata in un luogo un po’ più decente! Guardo Rude quasi con le lacrime agli occhi. Mi sono illuso per tutto questo tempo?

 

Tseng abbozza un qualcosa molto simile ad un sorriso.

- La boscaglia attorno alla base sarà in parte abbattuta. Il resto invece resterà tale per permetterci di avere un tipo di barriera naturale ed una più proficua copertura.- mi spiega in seguito.

Tiro quasi un sospiro di sollievo. Per un attimo mi sono visto barricato nella mia nuova camera, cotto come un pollo a causa dell’afa, a fissare centinaia di fastidiosi insetti spiaccicati sul vetro della finestra, in una calda giornata d’agosto. Uno scenario orribile.

Il capo riprende il suo discorso facendoci cenno di prestare maggiore attenzione alla cartina.

- Lo scopo della nostra missione è di piazzare il maggior numero di spie a largo campo d’azione, nella zona attorno alla base nemica.

Finisco dritto con la testa nel terreno, soffice ed impregnato di un odore simile alla muffa, non appena odo le parole del nostro capo.

Rude mi afferra per il colletto della giacca, tirandomi prontamente su.

 

- Capo! – tuono per l’ennesima volta fulmineo- Hai detto “base nemica”?!- gli domando con occhi spalancati intanto che il mio amico continua a reggermi per la giacca. Non so se urlare dalla gioia, oppure imbestialirmi per essere stato ingannato così subdolamente.

 

- Sono stato informato da Valentine, sui ribelli che intendono sabotare il piano di ricostruzione della nostra nuova base. – rivela alla fine Tseng.

 

Ahh! Adesso mi è chiaro il perché di quella sua visitina allo stabile, quando si tenevano le selezioni dei futuri cadetti…!

Sarà pure una notizia piuttosto attendibile, però si tratta sempre di un ex-Turk, e per di più, di un… nemico? Mi crogiolo un attimo nei dubbi. Ex-nemico? E poi, come mai il signor Valentine si interessa così tanto all’incolumità della nostra base? 

 

- E secondo te, possiamo fidarci di un mezzo vampiro come lui? E soprattutto di questo biondo?!- ribatto all’istante verso Tseng, mentre indico Cloud con l’indice ben teso della mano destra.

 

- Se nascesse una nuova fazione di ribelli molti più preparati militarmente, e pronti ad impadronirsi della Shin-Ra e di tutta la sua tecnologia segreta, per seguire e continuare l’operato di Sephiroth, mi vedrei costretto ad allearmi con voi per combattere una minaccia ancor più pericolosa di tutta la vostra Shin-Ra stessa.- risponde il biondino, senza tante pretese. – I segreti che custodite sul progetto Jenova, ora come ora sono più al sicuro nelle vostre casse, che i quelle di altri. – parlotta in seguito, con un filo accennato di voce.

 

- Finalmente sento la tua voce! – esclamo lieto, mettendo poi pensieroso - Quindi… tu e quel vampiro occhi rossi, sareste pronti a difendere addirittura la Shin-Ra, debole com’è in questo brutto e sventurato periodo, pur di scongiurare un disastro ancora più grande?

 

- Non ho mai parlato di difendere la Shin-Ra.- mi puntualizza all’istante. – Cerchiamo solo un modo per evitare catastrofi più grandi.

 

Mi sento quasi gelare soltanto guardando quei suoi occhi di ghiaccio. In un certo senso mette un po’ di paura… A momenti riesco quasi a vederci la mia sagoma riflessa, lì dentro.

Mi sento il dovere di difendermi meccanicamente da quegli occhi: -  Ok ok! Calma! Tutti noi sappiamo che sei un fattorino e non una guardia del corpo e che non alzeresti mai un dito per aiutare la nostra Compagnia, fatta eccezione se si trattasse di una buona causa. E questa lo è, giusto?- sibilo frettoloso, rabbonendolo con la mia furtiva replica. Mamma mia e quanto sei acido! Sarà perché il gene dei biondi è così? Dopotutto lui ed Elena sono un esempio. 

 

Vedo Tseng alzarsi in piedi e distribuire dei piccoli contenitori di plastica, stretti e lunghi come la custodia di una penna stilografica, ai miei compagni.

Faccio forza sulle ginocchia per portarmi in posizione alzata, e ricevo anche io uno di quegli astucci.

Lo scuoto come se fosse un piccolo uovo di cioccolato con tanto di sorpresa all’interno, ma ad un tratto Rude mi circonda il braccio con una delle sue grosse mani.

 

- Fa attenzione. Sono delicate.

Storco le sopracciglia mentre Tseng apre uno degli astucci per mostrarci il contenuto.

 

- Si tratta di potentissime spie elettroniche. Piccole nelle dimensioni, ma con un vastissimo campo d’azione. Il vostro compito sarà quello di avvicinarvi ai puntini lampeggianti che vedrete una volta acceso il trasmettitore, e posizionare ognuna di queste spie nel punto esatto indicato sullo schermo. Naturalmente ad ognuno di voi è stata assegnata una zona diversa per velocizzare le operazioni. Ovviamente- continua il capo richiudendo il contenitore con la massima cura - la missione dovrà svolgersi nel silenzio più assoluto. Evitate ogni sorta di problemi, e se doveste incontrare degli estranei, evitate anche loro, nascondendovi. Quest’incarico è segreto, e dovrà restare tale, a tutti i costi.- Tseng mi rivolge un’occhiata. Quasi a volermi raccomandare le sue parole più del dovuto, rispetto ai miei compari.   

Non so perché ma sento una forte scarica di adrenalina pura che mi sta salendo al cervello.

Sono elettrizzato! Mi piacciono questo tipo di missioni!

Mi infilo l’astuccio contenente le cinque spie, in tasca. Mi allaccio il braccialetto e afferro stretto il ricetrasmettitore. Direi che sono pronto all’azione.

 

- La missione avrà inizio non appena vi darò il segnale di accendere le vostre trasmittenti. Fatto ciò, comincerete. Per qualsiasi problema, premendo il pulsante nero, si attiverà un contatto con il membro della squadra più vicino a voi in quel momento, in modo tale da potervi permettere di comunicare tra voi in caso qualcosa andasse storto. Per maggiore sicurezza, formeremo delle squadre. Elena verrà con me, mentre Reno sarà con Rude.- Direi una scelta alquanto prevedibile. Sulla coppia Rude/Reno non ci piove! Io e il mio socio siamo come due compari! E la cosa fondamentale è che insieme si lavora benissimo. Però… adesso che ci penso, siamo in cinque. E ciò significa che…

 

- Lui sarà da solo?- domando divenendo perplesso, e facendo riferimento al biondino accanto a me.

 

- Non ho bisogno di una guardia del corpo.- mi risponde lui all’istante. Acido e sbrigativo come solo lui sa e può fare.

 

- Mi preoccupo per la tua incolumità, e tu mi ripaghi con un gesto così sgarbato?- gli canto un po’ stizzito.

 

- Ci sono domande?- chiede Tseng per rompere il nostro breve battibecco e per partire.

 

Mi faccio immediatamente avanti: - Sì, una! – dico facendo un sorrisino un po’ forzato ed evidente - Perché diavolo non sono stato informato di niente?!

Tseng s’incammina verso il lato est della boscaglia, con Elena al seguito.

 

- Dovevamo impedire che trapelassero delle voci riguardo questo incarico.

 

- Capo!- scatto all’istante- Vuoi forse dire che non hai fiducia in me?- mi fiondo nella sua direzione per avere una conferma.

 

- Non ho detto questo.

 

- Il capo si riferiva al tuo popolare vizio di parlare…troppo.- esclama Elena, sottolineando troppo quel “troppo”. Stringo le mani a pugno per la rabbia, ringhiandole contro.

Rude mi strattona per un braccio.

 

- Io sono stato avvertito del nuovo programma mezz’ora prima di partire. – mi rivela. Lo guardo nella speranza che mi dia un po’ di calma. Ma con quella stazza che si ritrova, difficilmente sarà così.

Decido di tacere e volto lo sguardo altrove.

E’ vero che parlo molto, ma non sono mica così stupido da farmi scappare una cosa tanto importante? Mi giocherei il mio tesserino da Turk se non fosse vero!

Mi sento ancora leggermente scioccato, ma Tseng è pronto. Solleva il suo trasmettitore portandolo quasi all’altezza del capo, e adagia il pollice sul pulsante rosso.

Tutti noi lo seguiamo a ruota.

Estraggo l’aggeggio nero con l’antenna, e lo porto sotto la vigile attenzione dei miei occhi.

Mi tremano quasi le mani per l’emozione.

 

- Iniziamo!- il capo pigia il bottone che emette un sordo click.

Io faccio altrettanto così come Rude che si trova accanto a me.

Il piccolo schermo si colora di una luce bluastra che si affievolisce un po’ subito dopo la comparsa di cinque puntini rossi, che iniziano a lampeggiare simultaneamente.

Uno ad uno, noi Turks, Cloud compreso, ci diramiamo in direzioni opposte, secondo le precisi indicazioni della trasmittente.

La mia prima missione dopo ben tanto tempo, è finalmente giunta. Ed io, sono fuori di me dalla gioia!

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

 

Per Youffie: La teoria del mako, non mi convince tanto, però se Reno avesse avuto i capelli un po’ più insipidi beh… non sarebbe di certo stato lui!

Per lo strano comportamento di Yuffie, lo capirai purtroppo più avanti. Molto ma molto più avanti. Comunque per non farti penare tanto, ti do giusto una piccola anticipazione:

Yuffie = Materia! Come sempre d'altronde…!

E poi… Reno conosce poco poco Yuffie, di vista ogni tanto, soprattutto in passato ma… per Yuffie non è proprio così…! ^,,^ Diavoletta fino in fondo, lei!

Tu continua a farmi notare gli errori, che io intanto prendo appunti! Grazie a te mi sto qua e là correggendo quel poco che riesco a correggere, nella storia! Sei davvero un aiuto prezioso!

 

Per Rena-ta: Recensione lunghissima la tua! Me tanto felice e commossa! ;___;

Devo però ahimé deluderti… non ci sarà nessun combattimento tra Reno e Yuffie, almeno in Red Head… Però sono sicura che forse la cosa non peserà poi tanto, dato che tra le liti e le marachelle che i due intraprendenti scalmanati si combinano a vicenda, c’è di che vivere!

Senti ma… davvero Crisis Core non arriverà mai in Italia? No perché la cosa è molto ma molto strana… Voglio dire, i giochi dei vari Final Fantasy, vendono un botto, ed è impensabile che un titolo come quello, oltretutto per una console della Sony che non sembra avere tanto successo (almeno agli inizi), mi sembra vitale! Hanno tradotto ed importato Chocobo Tales e Final Fantasy 3 per nintendo DS, figuriamoci il Crisis Core! Secondo me, prima o poi arriverà! Di solito ci mettono un annetto o poco più, dopo l’uscita ufficiale in jap, ad arrivare da noi! Teniamo incrociate le dita, sennò che me la compro a fare la PSP? Voglio collegare la mini console alla PS3 e vedere Reno in alta definizioneeeee sul televisore di casaaaaa!!!!! AAARRRRRGH!!! >___< Faccio il diavolo a dieci, sennò, zo to!

Yuffie comunque non è coinvolta con il risorgimento della Shin-Ra. C’è un altro personaggio, che conoscerai più in là, che vuole ostacolare la Compagnia!  

 

Per Sirene chan: Lietissima che la mia fic ti piaccia! Sono felicissima perché ci speravo tantissimo. Ho riposto tanta fiducia, nella mia Red Head, e leggere recensione come le tue, e quelle di molti altri, mi fa sentire appagatissima! Continua a leggere se vuoi, mi farebbe davvero piacere! E grazie!!!

 

Per tutti: AUGURISSIMI DI BUON NATALE, RAGAZZI!!! Trascorrete questa splendida festività nel migliore dei modi, e siate tanto ma tanto felici!

 

                                                                                                         Botan

 

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Capitolo 6
*** Posso rifiutarmi proprio ora? ***


CAPITOLO 5

                                CAPITOLO 5

 

 

 

 

 

Com’era? “Sono fuori di me dalla gioia”?

E’ mezz’ora che non faccio altro che sbadigliare.

Se penso a quando sono partito, e lo paragono all’attuale stato di noia che in questo momento mi sta tramortendo, noto che c’è un abisso ENORME.

Rude è poco distante da me. Sta attaccando la sua penultima spia al fusto di un grosso albero.

Lo fisso come se lui fosse l’unico divertimento di questa missione, dopodichè getto un’occhiata al mio ninnolo appendi-cimici della Shin-Ra, per individuare l’oramai ultimo puntino rosso che non aspetta altro di essere spento.

M’incammino per appendere l’unica spia rimasta all’interno dell’astuccio, non prima di aver fatto un cenno al compare dalla pelata bella lucida per avvisarlo del mio spostamento.

Ad ogni due passi mi parte uno sbadiglio. Non riesco proprio a trattenerli. E’ un po’ come quando ti becchi il raffreddore. Ti prendono una serie di starnuti uno dopo l’altro, e resti lì, ad imprecare e consumare decine e decine di fazzolettini dalla gracile consistenza, che si bucano divenendo inutilizzabili già dalla prima emissione di moccio.

 

Sono quasi giunto al punto indicatomi dal ricetrasmettitore. Mi guardo attorno con aria circoscritta. È facile perdersi in questa specie di foresta stregata. Ci sono centinaia di alberi, e tutto è così uguale… Se non fosse per questo tipo di bracciale che segnala la mia posizione agli altri compagni, non me ne starei così calmo e rilassato. Sollevo il polso per osservarmi il gingillo poc’anzi citato, e la mia bocca si spalanca in urlo di terrore.

 

Il fottuto cinturino non c’è più!!

 

- “Cercate di non perderli”. La raccomandazione del capo! E Reno che fa? Si va a perdere l’unica cosa che non si doveva perdere!- mi schiaffeggio una metà del viso e faccio immediatamente dietrofront. Dopotutto, non ho percorso molta strada, no?

Basterà ricordarsi il numero degli sbadigli che ho fatto ad ogni due passi, sommarli ad essi ed ottenere così la cifra esatta delle falcate che ho dato. Non sarebbe poi un’impresa difficile se non fosse per il fatto che ho smesso di sbadigliare un bel po’ di cammino addietro… Le cose vanno veramente bene!

Mi gratto il capo.

Suvvia! Non è poi la fine del mondo! Non devo dimenticarmi che infondo sono il vice capo dei Turks!

Ho affrontato e superato un sacco di situazioni ben più pesanti di questa. E poi, cosa mai mi potrà succedere di così grave?

Questo posto è deserto!

 

Qualcosa mette in moto le mie orecchie.

Come sempre, ho parlato troppo presto.

 

Sguaino all’istante il mio teser come se fosse una spada pronta a guerreggiare, e comincio a far oscillare gli occhi in tutte le possibili vie che mi circondano.

C’è una luce lì in mezzo, nella boscaglia più fitta. Un puntino luminoso che, poco alla volta diventa sempre più grande. Sintomo che qualcuno si sta avvicinando… a me.

 

Mi tornano alla mente le parole di Tseng.

 

“La missione dovrà svolgersi nel silenzio più assoluto. Evitate ogni sorta di problemi, e se doveste incontrare degli estranei, evitate anche loro, nascondendovi. Quest’incarico è segreto, e dovrà restare tale, a tutti i costi.”.

 

- A tutti i costi!- mi ripeto, con un guizzo caparbio negli occhi.

Stringo la mia arma e con un balzo scatto all’indietro fino a raggiungere l’albero che mi sta alle spalle.

Pochi istanti e sono già ben nascosto tra i folti rami dell’arbusto verdeggiante.

I minuti passano. Aspetto ansioso e trepidante che il nemico si riveli al più presto, quasi con l’acqua alla gola. Prima che ciò avvenga, però, passano una decina di minuti.

Le attese mi snervano. Le attese mi consumano. Le attese mi fanno riflettere. Ed io, in questo preciso istante, non ne ho propria nessuna voglia. O la va o la spacca!

Finalmente eccolo. Ecco la presenza ignota.

Si tratta di un uomo, sui trent’anni, con la chioma nera e ben ritta sulla testa. Ha una torcia nella mano destra che proietta costantemente sulle pareti degli alberi, nelle fronde ed in ogni piccola increspatura, per ispezionarli uno ad uno. Mi copro immediatamente con delle frasche per evitare che il fascio di luce possa rivelare la mia posizione, e per un attimo smetto anche di respirare. Il mio respiro si era fatto troppo affannoso, per non essere udito da qualcuno senza seri problemi d’udito.

Se questo tizio però non si sbriga, andrà a finire che muoio soffocato! Anche se non ho uno specchio, la mia faccia sarà sicuramente già diventata viola.

Dopo aver controllato le fronde del mio attuale nascondiglio, vedo quel tizio voltarmi le spalle, con il pieno intento forse di andar via, e grattarsi la testa.

Meno male!

Inspiro rapidamente tutta l’aria che i miei polmoni sono in grado di contenere, e poi la rilascio lentamente aiutandomi con la forza del diaframma. Ha un gusto decisamente frizzante ciò che sto inalando. Più desideri avere una cosa, e più questa assume un sapore diverso quando la ottieni. 

Mi riconcentro sul misterioso individuo. Ha qualcosa nella mano sinistra che mi coglie da subito impreparato.

Con questo buio non riuscirei a distinguere un elefante da una mosca. Accidenti! 

All’improvviso lo vedo sollevare il braccio per portarsi quell’affare all’orecchio.

E’ ovvio che l’arnese appena citato sia un cellulare. Ed è anche ovvio che quel tale stia chiamando qualcuno.

Resto in attesa di udire la sua voce, mentre nel frattempo mi sono fatto più avanti per cercare di carpire meglio la conversazione.

 

- Qui non c’è nessun intruso.- esclama all’improvviso, cogliendo me alla sprovvista e facendomi quasi sbilanciare troppo dal ramo che mi tiene su.

Comincio a sudare di brutto. Non si sarà mica accorto della presenza di noi Turks?! Sarebbe un disastro se fosse così! Faccio già cattivi pensieri, quando lo sconosciuto riprende la conversazione:

- Stiamo sprecando del tempo prezioso. Ritiriamoci. – E’ quel “ritiriamoci” che mi ha salvato da un forte attacco di disfacimento psicologico nonché nervoso. Ho la fronte gelata, e il cuore in tumulto. Cazzo! Non nascondo di aver avuto paura. Se ci penso… mi sono comportato come un perfetto moccioso al suo primo giorno di scuola. Adesso quasi mi vien da ridere. Qualcosa però mi trattiene dal farlo.

- Aspetta un attimo…!- esclama inaspettatamente il tizio. Ho come una paralisi improvvisa. Un sorriso appassito ancor prima di germogliare. I miei occhi lo seguono, minuziosamente, attentamente, scrupolosamente.  

Lo vedo chinarsi verso il suolo, mentre man mano che si piega lo illumina con la torcia, ed infine raccogliere qualcosa.

Nessuno indovina cosa?

Vi do un indizio. E’ tondo, nero e mi causerà un bel po’ di problemi.

Senza troppi giri di parole, la soluzione del giochino è ovviamente il bracciale iper tecnologico della Shin-Ra. Il mio, per l’esattezza.

 

 “Cercate di non perderli”.

Chissà perché ma mi è tornata alla mente questa frase.

Sarà perché gli ordini di Tseng, nel limite del possibile, cerco sempre di rispettarli, sarà perché è la seconda volta che mi torna alla mente, o sarà perché quel tizio ha appena trovato ciò che ben presto diventerà la mia rovina?

Mi rimangono solamente due opzioni da scegliere:

Lasciare che quel capellone dalla chioma ispida divulghi all’altro capo l’inatteso ritrovamento e quindi rovini la nostra missione, oppure… 

A questo punto il mio obbiettivo cambia radicalmente.

Devo fermare quel guastafeste. In che modo?

 

Tutto si svolge fulmineamente, e in un attimo sono già alle spalle dell’uomo istrice.

- Ooh! Ma che gentile che sei, zo to! Grazie per avermi riportato il bracciale! – esclamo con ironia, ed esibendo un impareggiabile effetto sorpresa, riuscito in pieno. 

 

Tseng ha detto niente scontri. Lo so benissimo. Stavolta però sarò costretto a trasgredire le regole, per tentare di salvare… il salvabile.

 

Con un colpetto del mio teser, faccio volare molto lontano il cellulare dello sconosciuto prima che lui si appresti a dare l’allarme. Osservo l’aggeggio finire dritto a terra e rompersi in mille pezzi non appena si scontra con il suolo sottostante.

 

- Consolati! Infondo non era di certo un modello costoso!- gli dico in tono sarcastico. Il tizio comincia ad agitarsi, come da copione – Sai… Non ti consiglio di voltarti… per te potrebbe essere uno shock!- Deduco da subito, non appena lo vedo scuotersi, che il tizio misterioso non ha sicuramente apprezzato la mia inattesa quanto sgradita visita, e così cerco di fargli capire le mie intenzioni strofinandogli il teser su tutta la guancia destra. L’obbiettivo è quello di stordirlo con una forte ma non troppo, scarica di elettricità, e portarlo poi dritto dal capo.

- Tranquillo, non farà male. Se non altro non morirai per mano della mia arma!- Rude e Tseng sicuramente non usano i guanti contro un rivoltoso che mira alla distruzione della nostra base! Sono pronto a tramortire il nemico con una possente scarica dell’electro-mag rod prima che lui possa giocarmi un brutto tiro e divincolarsi dalla mia trappola. La tengo ben stretta, la mia partner pericolosa ed elettrizzante. 

 

Tutto fila alla perfezione.   

 

Anche troppo, non credete?

 

 

Sullo sfondo di uno stormo di uccelli che si innalza in volo, si ode il rumore di uno sparo.

Quel suono mi rimbomba nella testa fino a farmi fracassare i timpani. Le orecchie mi fischiano. Fischiano e fanno male. E’ un dolore assordante, che ad un tratto sembra prender vita ed espandersi su tutta la spalla destra.

E’ come se quella zona stesse prendendo fuoco. Ma io non mi spiego il perché.

Poi, ad un tratto la mia arma elettrica finisce a terra. Il braccio trema, s’irrigidisce, e fa male.

Tanto male.

Pizzica, pulsa, ed infine arde.

Cerco di sollevarlo, ma lui non reagisce, o perlomeno lo fa con eccessivo sforzo.

Serro forte i denti dal latente dolore che pian pianino mi sta sopraffando.

- Che cazzo?!- esclamo appena. Non riesco nemmeno a capire, o perlomeno riflettere. Capisco però che in una situazione simile, non ci sia molto da riflettere. Non ho il tempo di fare tutto ciò, perché le gambe cominciano a tremarmi. Mi sento instabile. Ho un disperato bisogno di aggrapparmi a qualcosa che purtroppo non c’è, e che mi darebbe forse sollievo. Non posso fare nulla, purtroppo, e così finisco a terra.

 

- Tu… saresti un Turk? Un miserabile Turk? – domandano amare le parole di un secondo uomo.

 

Tento di sollevarmi dal terriccio per sfidare anche solo con lo sguardo il misterioso ed insolente interlocutore che ha osato infangare il nome della mia società, ma il tizio al quale ho fracassato il cellulare dalle fattezze di un mattone, mi strattona violentemente su, agguantandomi per la folta capigliatura rossastra:

 

- Ottimo tempismo, Zess! Senza il tuo aiuto questo sporco Turk ci avrebbe rovinato la sorpresa. – esclama fiero, con un sorriso perfido e prepotente che gli mette in evidenza dei denti davvero poco curati e ributtanti.

 

Mi sento sbatacchiare da destra verso sinistra come se fossi un giocattolo in procinto di essere distrutto, ed il dolore che sento dentro aumenta.

Lo stomaco si contorce facendo così partire un conato di vomito che però riesco a trattenere.

Il tizio con i capelli ispidi mi proietta il capo in avanti, a suon di spintarelle. Sollevo poco a poco lo sguardo, facendolo infine correre sulla figura che mi si para d’innanzi. La prima cosa che noto, è una grossa pistola di un grigio metallizzato, con tanto di Materia verde incastonata al suo interno. E’ una Materia con la potenza di una magia d’attacco. A giudicare dall’odore che emana, e che sa di bruciato, si direbbe una fire Materia.

 

Guardo il tizio immediatamente negli occhi. Il mio sguardo crudele lo ferisce.

 

- Bastardo!- esclamo senza preamboli, urlandogli contro con tutta la rabbia che ho in corpo.

Il forte dolore che attanaglia la spalla, accresce maggiormente al tono alto delle mie parole. Sempre di più, più violento.

Mi lascio sfuggire un flebile lamento, soffocato, mentre cerco di reprimere la rabbia in un pugno stretto. 

 

- Fa male, ragazzino? – replica lui, con una modulazione di voce molto irritante.

 

Zess, pare che questo sia il suo nome. I suoi occhi hanno il colore del petrolio più cupo che esista sul pianeta, e la sua pelle è pallida.

Probabilmente sulla trentina d’anni, o forse meno, indossa un’uniforme di pelle bluastra, un po’ sporca di terriccio, e i capelli biondi raccolti in una lunga coda di cavallo.

Non ha di certo un fascino particolare, almeno a mio avviso, ma dalla sua possiede una notevole altezza. Forse più di un metro e novanta.

C’è una cosa del suo aspetto che mi colpisce da subito. E’ una grossa cicatrice sul collo, che parte dal lato destro e si va ad infiltrare nel colletto della tuta, per continuare di chissà quanti centimetri più giù.

 

- Che ne facciamo di lui?

 

- Che ne facciamo? – l’arrogante Zess si prepara a darmi le spalle- Giocaci pure finché non si rompe! Dubito però che resisterà a lungo… la Shin-Ra ha sempre avuto soldatini dalle scarse capacità fisiche.

 

La mia rabbia scoppia all’improvviso arrivando perfino a superare ogni sorta di dolore. Quel suo lato sprezzante mi fa ribollire il sangue ed annebbiare il cervello.

 

A questo punto replicare per me diventa necessario:

- Sempre meglio avere scarse capacità fisiche, anziché essere un miserabile codardo capace soltanto di sparare alle spalle dei suoi avversi!

 

Questa affermazione purtroppo mi costerà cara.

Zess si volta di scatto con la rapidità di un falco, tirandomi improvviso un possente pugno nell’addome. Una percossa potentissima, a giudicare dal sangue che cola copioso dalla mia bocca. Non ricevevo un colpo così, dall’ultima volta in cui Kadaj fece irruzione nel Sanatorium e pestò a dovere sia me che Rude. 

Per alcuni istanti il mio respiro s’interrompe. Annaspo più volte. Mi sento soffocare, e il dolore del colpo che ho ricevuto alle spalle, prende nuovamente il sopravvento.

Il tizio con la chioma a punta mi lascia cadere al suolo, non prima però di avermi scrollato con violenza come un sacco di patate. Tossicchio affannosamente più e più volte. Mi raggomitolo al suolo tenendomi la pancia con le mani, ma il dolore che provo è talmente forte da impedirmi perfino di muovere le braccia a dovere.

 

- Apri bene le orecchie, ragazzino!-  Zess, chinandosi al suolo, avvicina la bocca al mio orecchio con fare minaccioso. Riesco a sentire il suo fiato, ghiacciato, che per un attimo mi fa raggelare - Tu per me… sei spazzatura!

Il suono di quelle parole, pungenti e amare, mi provoca un improvviso disgusto. Vengo preso presto da un’altra scarica di conati di vomito, in gran parte dovuti al terriccio che si è depositato nella mia bocca e mescolato col sangue. Resto inerme al suolo umidiccio, facendomi colpire dal suo tirapiedi con una serie di pedate, mentre lui si gode lo spettacolo squadrandomi dritto in faccia.

Tuttavia, è proprio grazie alle aspre parole di questo immondo individuo, che riesco a trovare un tantino di lucidità per contrattaccare a quella sua inespugnata voglia di fare il gradasso che si ritrova.  

Semplice e calmo, mi avvio a ridacchiare un po’ per il dolore e un po’ perché questa missione, seppur all’inizio noiosa e monotona, alla fine si sia dimostrata tutt’altro in seguito. Quasi a volermi punire per la mia sete d’avventura.

E poi, a conti fatti, questi due degenerati mi fanno proprio una gran pena!

Sollevo a fatica la testa, avverto un leggero capogiro, ma mi riprendo alla svelta per guardare la  brutta faccia di Zess. Gli abbozzo un sorriso di compiacimento, e anche se sul terreno polveroso, delle strisce di sangue fuoriescono copiose dalla mia bocca, Reno ha sempre trovato la forza necessaria per mettere a tacere le provocazioni di quelli che valgono la metà di ciò che vale lui stesso.

 

Posso rifiutarmi proprio ora?

 

- Io sono spazzatura ma… – replico a stento, tossicchiando più di una volta, e cercando di ripulirmi le labbra fatte di sangue, con il dorso della mano destra. - Ma mai quanto te! – pronuncio una buona volta, dandogli una meritata risposta, e sbattendogli su quel viso pallido, una clamorosa quanto veritiera realtà.

 

Forse… Tseng ha ragione. Forse parlo troppo, e a volte a vanvera. O semplicemente dico cose che farebbero meglio a restarsene chiuse nella mia cavità orale.

La vita ti potrebbe anche sorridere, se comprendi però quando agire e quando tacere.

 

In questo memento però lei ha deciso di non sorridermi, perché io non ho compreso, per l’appunto, quando tacere.   

 

Ho il cuore che va all’impazzata, per la sua via.

La canna della pistola di Zess e a pochi millimetri dal mio volto. E’ assai calda. Infondo, le fire Materia sono le più bollenti del mercato.

E’ una reazione scontata, la sua.

Anche questa me la sono proprio cercata. Sono così intorpidito che non ho nemmeno la forza di deglutire per… l’ultima volta?

Ho sempre pensato che forse sarei morto in battaglia, combattendo per la mia società, per proteggere il mio capo ma, cazzo! Ho ancora venticinque anni!!  

 

Il tizio dalle iridi petrolio sta per premere il grilletto. Non avrò nemmeno il tempo di chiudere gli occhi, più o meno.

Probabilmente per me è veramente arrivata la fine. Ma la cosa che mi fa più rabbia, è il fatto di non essermi battuto a dovere. Nelle condizioni in cui mi trovo, purtroppo non mi è possibile farlo. Sono tutto frastornato, sento a stento le loro perfide risate, e connetto il cervello sempre meno.

Merda! Non doveva andare così! La mia vita mi appaga, sono felice ma, io voglio continuare a fare il mio mestiere, a farlo bene! Voglio, un giorno o l’altro, sposarmi, avere una famiglia, dei figli, io voglio… vivere!

Tuttavia, in questo istante, la mia buona stella non c’è. Si sarà andata a fumare una sigaretta?

Vatti a fidare di loro, tsk!

Sono stato raggirato come un Turk novello. Per farvi comprendere meglio, come Elena. Avete idea di quanto sia facile raggirare una tipa come lei? L’ho fatto tante di quelle volte, che ormai non ci provo più gusto.

Pensare a lei, però, mi ha distolto per un attimo dalla tragica fine che starò per fare da qui a breve. Una bella pistola mi è stata poggiata sulla fronte. La cosa non mi rende particolarmente allegro.

Dopotutto sto per diventare parte del flusso vitale, no, zo to?

Sono così intontito che mi sembra addirittura di non vederla più, la pistola.

E… pensate che sono talmente frastornato che mi pare di vedere davanti a me, l’ex-Turk, Vincent Valentine, mettere in fuga i due assalitori con una delle sue metamorfosi spettacolari.

Possibile?

 

Forse mi sbaglio ma, quell’ex-Turk mi sta venendo incontro. Ma punta proprio me?

 

- Come ti senti? – mi domanda, chinandosi al suolo. Sì, puntava proprio me!

Le sue parole mi suonano confuse, distorte come se facesse tutto parte di un sogno. Andiamo bene! Adesso sento anche le voci!

L’uomo dal lungo mantello rosso fa passare la mano artigliata sotto le mie braccia, per poi sollevarmi dal suolo. Con quella poca forza che mi rimane, cerco di spingerlo via. Sono troppo orgoglioso per farmi sorreggere da un’altra persona. E poi… non sto così male, giusto?

 

- Sono capace di stare in piedi anche da solo!- sbotto secco, con orgoglio, ma frastornato come non mai. Detto questo, finisco all’istante con la faccia nel terreno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Dopo una lunga sosta pressoché forzata, eccomi qui con il nuovo capitolo!

Mi scuso per l’attesa, ma tempo di accedere alla rete ne ho avuto davvero poco… Tra sedute dal dentista (un maledetto molare dolorante) disegni e scansioni arretratissime da preparare (ho da poco comprato un nuovo scanner, e c’erano all’incirca una ventina di disegni da trasportare sul pc ed elaborare col photoshop che ci ho messo una settimana e passa a farli tutti…Lavorando ovviamente senza sosta davanti al maledettissimo schermo che poi s’è svampato… Poveri occhietti miei ;___;).

Oh! A proposito di disegni… dovete sapere che ne ho fatti alcuni ispirati alla mia Red Head! Ritraggono in particolare alcuni momenti della storia che però arriveranno più in là, tra un bel pezzo di capitoli. Ad ogni modo, quando li metto in rete, ve lo comunicherò tramite questo spazietto!

Ritornando al capitolo, vi informo che ho deciso di aggiornare la fiction ogni 5 del mese, con al massimo due chap al mese. (Per il secondo capitolo non ci sarà una data stabile)

E’ un modo come un altro per non farvi connettere inutilmente, e per darvi un appuntamento pressoché fisso. Imprevisti permettendo però…!    -___-,

 

Per Rena-ta: Ren-chan!!! Lo sai che un mesetto fa di ho sognata?! Eravamo nella mia camera, davanti al pc, e stavamo guardando delle immagini del Crisis Core e di Shisune, e parlando per l’appunto sia del gioco (la data d’uscita ecc) e sia della giovane Turk! Incredibile! Eppure io e te non ci conosciamo per niente…! Nel sogno avevi i capelli scuri e non troppo lunghi, diciamo appena sulle spalle… Chissà se ci ho preso…!

Ah! Grazie come sempre per la recensione! 

 

 

Ringrazio ancora tutti quelli che mi lasciano sempre e con affetto un gradito  commento, e vi do l’appuntamento al prossimo nuovo chap!

Niko niko

                                                                                                     Botan

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Capitolo 7
*** Giochi con me? ***


CAPITOLO 6

                              CAPITOLO 6

 

 

 

 

 

Mi sono da poco svegliato. Ho un forte cerchio alla testa, nonché un dolore sulla soglia media della sopportazione, che mi assedia la  spalla destra.

Mi guardo pian piano attorno. Faccio anche fatica a girare il collo, tant’è che mi sento rigido ed intorpidito.

A giudicare dalle dimensioni, non si direbbe proprio camera mia.

Guardo dalla grande finestra situata sul lato destro.

A giudicare dai palazzi che ci sono al di fuori, questo non è il Geostigma Sanatorium.

Un pensiero mi accarezza la mente all’improvviso. Forse… sono già diventato parte del flusso vitale?!

Scuoto il capo con dissenso. 

Faccio per portarmi la mano destra sulla fronte, ma il braccio non sembra rispondere al mio volere. Mi agito frettolosamente, e scopro le coperte aiutandomi con l’arto sinistro che ad un primo acchito sembra sano.

Mi osservo perplesso l’arto dolorante. Ho una sorta di fasciatura che parte dalla spalla fino ad arrivare poi a metà palmo della mano.

La rabbia mi sale alle stelle:

- Zess!- esclamo a voce alta. Adesso ricordo! Pian pianino mi sta ritornando la memoria.

Tanti pezzi di un puzzle, che finalmente si congiungono.

Ero in quel bosco per svolgere la missione, e mi sono imbattuto in quei due tipi dall’aria poco raccomandabile che volevano farmi la pelle e… poi…

 

Ad un tratto la porta si spalanca di colpo, costringendo me, seduta stante, a smettere di ricordare.

 

- Reno!- una voce squillante a momenti mi fracassa le orecchie.

 

- Che cavolo…?! - Mi sveglio dopo chissà quanto tempo, e chi vedo?- Elena!? – esclamo un po’ stizzito. - Ma sei matta?! Urlare in questa maniera nella stanza di un povero moribondo?!

 

La mia stizza finisce non appena osservo gli occhi lucidi della compagna. A dir la verità sono pure pentito di averle dato della matta. Infondo, sono sveglio da una decina di minuti e non so assolutamente niente di quanto mi è successo dopo che sono crollato a terra privo di sensi.

 

La giovane Turk corre all’istante verso di me per rimboccarmi prontamente le coperte.

- Non devi assolutamente scopriti! – Ecco il primo rimprovero della giornata! Fantastico!

 

- Ogni tanto, magari per hobby, potresti fare la gentile e dire qualcosa di carino?- dico sarcasticamente. Mentre sono impegnato a punzecchiare l’acida bionda, una grossa figura si appresta a fare il suo ingresso. – Rude! – strillo quasi dalla gioia. Il mio adorato compare si avvicina al letto, sfoggiando un piccolo e celato sorriso festoso. – Bene! Adesso che sono sveglio, e che voi siete qui, sareste così gentili da spiegarmi dove diavolo mi trovo e perché Elena mi si è fiondata addosso come una matta, accogliendomi con così tanto entusiasmo?! – Non capita tutti i giorni di vedere una tua amata/odiata compagna di lavoro che sta attenta a non farti prendere freddo! - Sono alquanto irritabile se non l’avete ancora capito! 

 

- E’ già tornato quello di sempre!- esclama la bionda verso Rude, e quest’ultimo acconsente.

 

- Reno!- mi sento nuovamente chiamato in causa da una terza voce. Questa volta però il suono è più delicato, gentile.

 

Osservo la sagoma, dopodichè faccio salire gli occhi al soffitto grigiastro ricoperto da grosse tubature che lo percorrono, e sospiro:

- Lasciatemi indovinare… mi trovo in una delle camere dell’orfanotrofio del biondo e della barista?- dico osservando la mora Tifa spuntare dal retro della porta con tanto di marmocchietta figlia di Barret alle costole.

 

Se tutti tacciono d’innanzi alla mia supposizione, allora mi sa di aver colpito nel segno.

- Ok ok…! – ripeto più volte, tentando di mantenere la calma- Appurata questa semplice curiosità, me ne sorge spontanea un’altra…- respiro profondamente, e parto all’attacco- Perché sono bendato come una mummia?!- Adesso che guardo bene, non è soltanto il braccio destro ad essere infagottato a dovere… ho una serie di bende che gira tutt’intorno al torace. Quei due degenerati mi hanno conciato proprio bene, dannazione!

 

Elena fa un passettino in avanti e si siede proprio ai piedi del letto.

- Hai trascorso una notte all’ospedale di Kalm, sotto la stretta osservazione di una buona equipe di medici che ti hanno curato le ferite sulla schiena e su gran parte del braccio. Sei stato fortunato, Reno! Non capita tutti i giorni di essere investito da una potente scarica di Materia, ed uscirne… diciamo vivi. Un altro al posto tuo sarebbe morto. – afferma spontanea, odiosa. Grazie per il sostegno che mi stai dando, maledetta bionda! Elena inoltre prosegue- Per di più, se si trovi qui è soltanto grazie a Cloud.

 

Cloud? Lui… io?! Sono stato salvato da lui?! Miseria! E’ una notizia da quarantena!

Sbotto quasi incredulo, dopodichè guardo Rude all’istante. Mi fa un cenno con il capo come per dirmi “è tutto vero, ha ragione”, così mi rassegno.

Il vice capo dei Turks che si fa salvare da un ex-soldier? Come sono finito in basso…! 

Ad un tratto, però, vengo afferrato da un fortissimo senso di colpa che mi induce a ricordare una cosa. Una cosa assai importante.

 

- La missione?! Che né stato della missione?!- emetto all’improvviso, agitato, preoccupato, con la pretesa di conoscere già la risposta. Sicuramente negativa. Questa è la seconda volta, in tutta la mia carriera da Turk, che mando a rotoli un incarico.

La prima avvenne nella chiesetta di Midgar. Ricevetti l’ordine da Tseng di catturare l’Antica e portarla da lui. Con me c’erano dei soldati pronti a fare fuoco e fiamme ad un mio preciso cenno. Arrivai in quel settore e la prima cosa che vidi, furono dei fiori. Una grande distesa di corolle dai delicati colori pastello. L’Antica fuggì con la sua guardia del corpo, il biondo ex-soldier, però prima di scappare, mi pregò insistentemente di non calpestare i suoi adorati fiori.

La morale di tutta la favola è che fui costretto a fare un giro lunghissimo, per accontentare la sua sdolcinata richiesta. Ah, naturalmente a causa di ciò, lei e il biondo la fecero franca, e naturalmente il sottoscritto ricevette un solenne predicozzo dal suo capo!

Questa volta però a farmi ricadere nello stesso errore di tre anni fa, non sono stati dei semplici fiori. Bensì due ignoranti bastardi, che hanno pensato bene di non farsi i cazzi loro, ecco!

 

Elena sogghigna tenendomi sulle spine.

 

- Ti sembra il momento di scherzare?!- faccio sul colmo dell’esasperazione. Ora che sono sveglio pretendo, anzi, esigo che mi venga raccontato tutto! Mi sono perso già abbastanza! Chiedo alla svelta delucidazioni a riguardo, e le ottengo.

 

- Ricordi il braccialetto che abbiamo indossato all’inizio dell’operazione?- La causa dei miei guai! Come potrei dimenticarmelo? Faccio sì con il capo, e lei prosegue – Uno dei tuoi assalitori è fuggito via portando con sé quello che il capo ti aveva consegnato.- Elena si ferma per un attimo, poi mi guarda con aria sospettosa- A proposito… Come mai non lo avevi al polso? Non è che ti sei perso l’unica cosa che non ti dovevi perdere?

Faccio un cenno improvviso e netto con la testa, per negare l’assurda accusa infondata.

Accidenti! Ha capito tutto! Ho ragione quando la chiamo “strega”, allora!

 

- Assolutamente no! Non trarre conclusioni affrettate! Non pensare sempre male, zo to!- cerco di difendermi continuando a negare l’evidenza, da bravo attore. Visto che la persona da ingannare è una certa Elena, il compito non è poi così arduo!

 

La bionda sembra arrendersi alla mia versione dei fatti, così, senza darsi troppa pena, prosegue dritta verso l’epilogo del racconto, facendo tirare a me un sospiro di sollievo.

- Alla fine è bastato seguire il segnale di quel braccialetto per arrivare a catturare i colpevoli del tuo pestaggio.

 

Una smorfia di riso mi si dipinge in volto.

- Quindi, avete conciato per le feste anche quel bastardo di Zess?! – sono talmente felice che quasi quasi quel povere degenerato dai capelli lunghi mi fa tenerezza.

Guardo Elena. La sua, è una smorfia di perplessità.

 

- Zess?- pronuncia aggrottando le sopracciglia in segno di confusione- Nessuno dei ventinove ribelli che abbiamo catturato si chiama così. – Ti prego bionda, dimmi che per la prima volta hai imparato a scherzare e che lo stai facendo proprio adesso!

  

- COSA?!?!?- le mie urla rimbombano tra le quattro mura della stanza. Denzel, il bambino che… che mi ha miseramente battuto ad una banale partita di poker, fa irruzione nella camera per controllare la situazione.

 

- Poverino… sta tanto male per via di quelle brutte ferite!- parlotta con aria affranta.

 

- Io vado di sotto a preparare l’infuso! – esclama Tifa, trovando così una scusa per lasciarci soli. – Marlene! Denzel!

I due ragazzini annuiscono all’istante seguendo la bella moretta, per lasciare poi silenziosamente la camera e chiudersi la porta alle spalle.

 

- Elena!- esclamo guardandola atroce in viso- E’ vero che sei una studiosa eccellente, conosci il protocollo a memoria ed impari molto in fretta…- beh più o meno…-  però, è altrettanto vero che la mente umana a volte può giocare brutti scherzi… soprattutto quando si avanza con gli anni…- cerco di punzecchiarla pur mantenendo un tono di voce alquanto serio, ma la mia provocazione non va oltre un suo banale: - “Ricordo alla perfezione tutti i ventinove nominativi della lista!”

 

Mi predispongo così ad adoperare un atteggiamento meno edificante e più conciso: - Voglio una copia di quella fottutissima lista! Adesso!- preciso senza macchia. Detto fatto. Ecco Rude che si avvicina tendendomi sotto il naso proprio una copia di quel foglio.

 

- Mi sono premunito. - afferma con semplicità.

Gli allungo un enorme sorriso di benevolenza per ringraziarlo della sua generosità ed in seguito agguanto senza tanti preamboli quel piccolo pezzo di carta.   

Faccio scorrere gli occhi sui “ventinove nominativi”, come direbbe la bionda, nella speranza che quella stessa bionda almeno per una volta abbia dimenticato qualcosa. Peccato solo che quella “volta” non sia adesso.

 

- Ok! Voglio il nome di chi ha scritto questa lista!- dichiaro sventolando in aria il foglietto.

 

Quell’idiota avrà SICURAMENTE dimenticato di scrivere il nome di Zess!

 

- E’ stato il capo. Qualcosa in contrario?

 

- Niente in contrario, Elena! E’ tutto apposto!- allungo un sorriso a quarantadue denti, anche se c’è poco da stare allegri.

Se Zess non è presente in questo foglietto, allora ciò significa che quel bastardo è ancora in libertà. Certo, questa volta da solo. O forse.

 

Che brutta gatta da pelare! Ma perché il destino mi riserva sempre cose così brutte e poco gradevoli?

 

Prendiamo la cosa dal verso giusto. La missione tutto sommato è andata alla grande. La base finalmente non rischia più di andare in frantumi, ed io non sono diventato parte del flusso vitale.

 

- Bene! Quando posso tornare all’azione?- esclamo tutto contento, con un grande sorriso sulla faccia.

 

Elena si solleva dal letto, portandosi di fianco al socio pelato. Rude tossicchia appena, ma fa fatica a trattenere lo sguardo sulla mia faccia sorridente e radiosa.

 

- C’è qualcosa che ancora non mi avete detto, vero?- L’ho capito dai movimenti contraddittori del mio compagno. Quando fa lo sfuggente, qualcosa non fila per il verso giusto.

 

- Vedi Reno…- Elena si prepara a darmi chiarimenti, ma ben presto una voce la sovrasta.

 

- Quattro settimane di sospensione saranno più che sufficienti. Due per rimetterti in sesto, e due per aver trasgredito diverse regole. – E’ Tseng quello a parlare.

 

- Capo!- ho le lacrime che mi offuscano la vista. Di solito Tseng non spreca mai il suo tempo per visitare un compagno ferito. Però, questa volta è riuscito a trovare un piccolo istante di libertà per venirmi a trovare. Questo suo gesto mi ha reso il Turk più felice di questo pianeta. A parte le quattro settimane di sospensione…ovvio. - Quattro settimane?!- questa volta piango davvero ma di certo non dalla gioia…- Se non avessi infranto la regola del “niente problemi con gli estranei” molto probabilmente a quest’ora della nuova base Shin-Ra ci sarebbero solo un mucchio di macerie! Io ho dovuto…

 

- Non serve che tu dica altro. So che hai agito per difendere la Compagnia, ed è anche vero che grazie al tuo intervento siamo riusciti a catturare i ribelli e ad evitare così inutili conflitti. – Tseng fa una breve pausa, poi percorre qualche passo fermandosi d’innanzi al finestrone della camera. – Tuttavia - premette- la base è stata soppressa ugualmente.

 

Ho quasi un blocco allo stomaco.

Il silenzio stagnante calato in camera è destinato a durare a lungo. Se il sottoscritto non si decide a spezzarlo, dubito che Rude o Elena lo facciano al posto mio.

Il problema è che in questo momento né io né i miei compagni abbiamo il coraggio di farci sentire.

Ma è Tseng a farlo per primo:

 

- Rufus ha ordinato di farla crollare questa mattina stessa, con una dose massiccia di esplosivo.- il capo si gira a guardarmi ed io mi sento tremendamente in colpa.- Tranquillo. Non è stato a causa tua.

 

Sembra quasi avermi letto nel pensiero.

Per un breve attimo ho provato il brivido della vergogna. Io che ho tanto lottato affinché la base restasse in piedi, ed io stesso che invece ne causo la sua distruzione. Che volta gabbana!

Tseng si avvicina al mio letto poggiando calmo una mano sulla spalliera: - Erano in troppi quelli a sapere del progetto. Troppi e, pericolosi. Evidentemente per la Shin-Ra il momento di risorgere non è ancora giunto.

 

- Ma signore…- si smuove Elena, anch’essa visibilmente rattristata.

 

Guardo il viso di Tseng che s’intristisce leggermente. A tutti noi dispiace, ma credo che quello a provare maggior dolore, sia proprio lui.

Tseng crede molto nella Compagnia. Crede che possa ancora servire al pianeta, questa volta però, non più con la supremazia di prima che ha causato non pochi problemi a tutta la popolazione. Lui darebbe la vita per vedere il mondo in perfetta sintonia con la Shin-Ra e coloro che la manovrano. Darebbe chissà cosa per girare tra le strade della città, fiero di portare sulla divisa blu notte la spilletta della compagnia, appuntata sul colletto, e senza trascinarsi lo sguardo sdegnoso della gente che ci reputa esseri capaci soltanto di tormentare il pianeta. E anche se non lo dichiarerà mai, penso che almeno lui, vorrebbe per una volta camminare in un bagno di folla e sentirsi un eroe.

 

- Capo, tu per me sarai sempre un eroe, zo to! – dichiaro con fierezza.

 

Elena mi fissa con approvazione. In qualche modo anche lei avrebbe voluto dirgli la stessa cosa, ma a causa della sua timidezza, non è riuscita ad aprir bocca. 

 

Qualcosa si posa sul mio capo. E’ la mano di Tseng, che alla sua maniera mi manifesta tutta la gratitudine che una persona come lui è in grado di dare.

In qualche modo, penso di avergli risollevato il morale. E anche se il problema persiste, sono più che sicuro che il capo ne uscirà a testa alta, come solo Tseng sa fare!

La Shin-Ra Company è in debito con il pianeta. E’ una frase che spesso ho sentito pronunciargli.

E questo debito, mi auguro che si estingua al più presto possibile, in modo che anche noi Turks, finalmente saremo liberi di vivere una vita piuttosto normale.

 

 

 

Sono cinque giorni che mi hanno parcheggiato in questa stanza. 

E per me, cinque giorni senza batter ciglio, pesano tantissimo.

Se non fosse per quella mezza calzetta di Denzel che mi tiene in allenamento giocando a carte, forse sarei evaso dalla finestra, legando le lenzuola del letto, come un detenuto pericoloso.

Naturalmente, il merito non va di certo tutto riconosciuto a quel piccolo moccioso…! E’ più che ovvio che anche l’esser curato da Tifa, ha la sua importanza.

Arriva puntualmente alle 15 e alle 20 per portarmi la solita brodaglia di infusi e medicine che mia ha prescritto il medico. Uno schifo senza pari…

Quando appoggio le labbra al bicchierozzo stracolmo, e ne pregusto il sapore, si avverte un flebile odore di amarena, che poi però una volta ingurgitato, mi fa capire che i pranzi bruciacchiati che prepara Elena, sono addirittura migliori! A volte mi capita anche di rimpiangerli!

In fin dei conti però, non sto tanto male in questa casupola.

Sono servito e riverito come un piccolo principe, e anche se tutto questo è possibile soltanto grazie alla mia convalescenza, devo ammettere che tutto ciò non mi dispiace.

Però, quanto mi manca la mia camera! Il mio territorio!

Questa in cui mi trovo non è di certo paragonabile alla mia!

E’ piccola, il bagno si trova fuori, e cosa più opprimente, è tappezzata di disegni e fotografie!

Ritratti del biondo, di Tifa, di quel micione troppo cresciuto che si fa chiamare Nanaki, ed altri scarabocchi completamente incomprensibili, tutti fatti dai mocciosi che popolano questo luogo. E’ bruttissimo svegliarsi in piena notte e ritrovarsi uno di questi scarabocchi davanti agli occhi.

Fatto sta però, che così immobilizzato, sono costretto a tutti i costi a farmi piacere questo luogo, dato che dovrò restarci per altri nove giorni. Il sol pensiero mi fa totalmente dimenticare questo fastidioso dolore che sento spesso quando muovo il braccio destro.

Il medico dice che riprenderò a muoverlo normalmente solo a distanza di un mese. In più mi ha aggiunto di passare un paio di volte all’ospedale di Kalm, per delle semplici visite mediche. Al massimo mi recherò lì solo per un piccolo controllo di normale routine. Giusto per accontentare la petulante Elena, e metterla a tacere. Tuttavia, sono costretto ad ammettere che sotto quella sua espressione formale e precisina, si celi un animo sensibile e protettivo. Non manca giorno in cui lei e Rude raggiungano Midgar per farmi visita. Oggi per esempio, sono arrivati questa mattina. Il mio compare mi ha consegnato una sacca con alcune delle mie cose, tra cui il completo da Turk nuovo di fabbrica che mi ha mandato Tseng, e naturalmente dei vestiti più comodi per trascorrere la convalescenza. Elena ha riposto la roba all’interno di una cassettiera di fronte al letto. Tutto come sempre in maniera ordinata, proprio come lei.

Sono andati via dopo un’oretta, non prima di avermi raccomandato di starmene tranquillo… e a letto.

 

Mi giro su di un lato, con molta goffaggine, e cerco di sbirciare al di fuori della finestra. C’è un’arsura pazzesca.

Sogno di starmene in piscina, a gongolare su di un bel materassino osservando Rude disteso sulla sdraio a gingillarsi con un libro, ed Elena in costume da bagno… intero.  

Ad un tratto sento la porta della stanza gracidare. Qualcuno sta bussando.

 

- Avanti!- esclamo un po’ svogliatamente.

Sono le 15 e Tifa arriva puntuale con il suo vassoietto di plastica, colorato, e naturalmente il bicchierozzo di poltiglia indigesta.

 

- E’ l’ora della medicina!- esclama con un dolce visino. La vedo appoggiare il vassoio sull’asse della cassettiera, e venirmi incontro per darmi una mano a sedere.- Stai comodo?- mi domanda dopo aver sbattuto il cuscino, sistemandomelo meglio dietro la schiena.

 

- Comodissimo, grazie! Dolore a parte…- mugugno, scocciato dal costante bruciore che non cessa mai di perseguitarmi, nemmeno per un istante.

 

Tifa mi allunga il bicchiere in modo che io possa afferrarlo. Corruccio la fronte e storco le labbra per farle capire la poca voglia che ho di trangugiare quello schifo color amaranto, ma le mie mosse da cattivo bambino, non portano a granché.  

 

- Se non segui la cura del medico, dubito fortemente che il dolore cesserà…!- esclama per convincermi ad ingurgitare quella roba. Ahimé, la sua espressione anche se molto persuasiva, su di me non ha nessun effetto.

Scuoto il capo con la bocca serrata per farle capire la mia insistenza. Non cederò tanto facilmente.

 

La bruna stringe le spalle, emanando un lungo sospiro:

- Se proprio non vuoi berla, d’accordo!- esclama. – Però sarò costretta ad utilizzare una terapia alternativa che comunque ti faccia stare bene! -Tutto ciò che vuoi! Sarà sicuramente meglio di questa roba!

 

La vedo frugare nella tasca centrale posta sulla sua gonna di pelle nera, ed estrarre uno di quei voluminosi arnesi a stantuffo, comunemente chiamati “siringhe”.

 

- Cos’è quello?!- sbotto all’istante, con sguardo sospettoso, e un pochino pochino sconvolto.

 

La mora mi sorride gentilmente, dopodichè dichiara:

- La tua terapia alternativa!

 

La mia bocca si spalanca in un urlo di terrore.

 

Non le lascio nemmeno il tempo di aggiungere altro. Afferro il bicchierozzo di roba amaranto e lo trangugio giù, in pochi secondi, rischiando a momenti anche di soffocare. Descrivere il sapore mi è impossibile. Potrei riassumerlo in una sola parola: orrendo.

 

- Com’è?- mi domanda lei, prontamente, rassicurandomi con uno dei suoi dolci sorrisi.

 

- Buonissima, zo to!- esclamo a denti stretti.

 

- Mi fa piacere!- ribatte subito, facendomi un furbastro sorrisino. Adorabile!

Sono pochi quelli a conoscere i miei punti deboli. Fortunatamente, sono anche pochi i punti deboli che ho.

Disgraziatamente però, uno di questi, sono le iniezioni e soprattutto i prelievi del sangue. La sensazione del sottile ago che si spinge nella tua pelle aspirando quel liquido rossastro direttamente dalle vene, non la sopporto! Mi vergogno a dirlo, ma una volta ho rischiato anche di svenire.

Fatto sta che se quella è la mia terapia alternativa, e se proprio non c’è altra alternativa, preferisco deliziarmi con l’intriso rossastro, piuttosto che farmi forare da quell’arnese bislungo, zo to!

 

L’amica del biondo recupera il bicchiere oramai vuoto e lo adagia sul vassoio.

Dandomi di spalle, dopo aver guardato la camera per controllare che tutto sia in perfetto ordine, solleva i tacchi e va via canticchiando un motivetto piuttosto gioioso, mentre io avrei voglia di vomitare.

Quando sei ammalato, la giornata è davvero lunga da passare. Oramai conosco a memoria ogni angolo e oggetto di questa stanza, tanto che per passare il tempo, ho dato i nomi ad ognuno di loro.

Così la cassettiera è diventata “Arturo”, il tappeto “Gilberto”, le tendine della finestra “Clementina e Clementina 2”, e così via.

Per fortuna che il sonno in questi giorni non mi manca per niente, anzi! Trascorro più ore a ronfare che a fissare il soffitto.

Tifa sostiene che in realtà sia quell’intruglio di medicine varie, che mi porta a dormire più del dovuto. Ci sono delle erbe che per alleviare il dolore, fungono da anestetico sulla parte infiammata, fino a stordirti completamente.

Un lato positivo, in tutta questa faccenda, però c’è. Non appena sarò completamente guarito, le mie batterie saranno così cariche da fornirmi energia tre volte più del dovuto! Magari chiederò a Tseng il permesso di ricostruire tutta la base Shin-Ra. Ovviamente, da solo!

 

 

 

Anche questa mattina è come le altre. Calda e asfissiante. L’unica cosa che la contraddistingue, è che a breve, io sarò libero!

E’ passata una settimana dall’infausto fattaccio, e tra non molto sarò libero di scorazzare tra i meandri di palazzo Strife e dintorni, e porre così fine alla mia opprimente reclusione.

Sono eccitatissimo all’idea! Tant’è che ieri sera mi ci è voluta un’eternità per cadere tra le braccia di Morfeo. Ora però che sono sveglio, niente e nessuno potrà impedirmi di lasciare “il nido”.

Mi tiro su facendo forza sull’addome un po’ fiacco e dolorante. In poche e semplici mosse riesco a poggiare i piedi dritti a terra, e questo, senza l’aiuto di nessuno. Detesto dipendere dagli altri.

So che dovrei chiamare la brunetta tutto fare e portavivande, ma sono da poco le otto, e con molta probabilità starà sicuramente dormendo.

Pochi attimi e sono già fuori dalla stanza, intento a raggiungere il bagno per farmi una meritata ed agognata doccia.

 

Non aspetto altro.

 

Mentre m’insapono minuziosamente, scorgo qua e la, sul mio corpo, dei profondi segni rossastri, tenutimi nascosti dalle bende che ho tolto poco prima di bagnarmi. In realtà, sono tutte le cicatrici che mi ha causato quel disgraziato di Zess, con tanto di scagnozzo al seguito, mentre mi pestava. Con qualche pomata o intruglio di Elena, dovrebbero sparire. Peccato che il ricordo di quel giorno, difficilmente andrà via. Soprattutto se quella canaglia di Zess, è ancora in libertà.

Spero che a Tifa non dispiaccia il fatto di averle consumato un intero bottiglione di bagnoschiuma. Al massimo, non appena metto il naso fuori di qui, corro a comprarglielo.

Il continuo getto dell’acqua mi rigenera totalmente. Adesso sì che sto davvero bene.

Inclino poco poco il corpo in avanti per afferrare l’ asciugamano adagiato sul lavabo di fronte, e me lo cinga in vita, per coprirmi.

Finalmente posso anche fissarmi allo specchio.

C’è né uno proprio sopra il lavello. Lo pulisco dal vapore che si è condensato sulla superficie, rendendola opaca, con il palmo della mano, e mi do una guardatina. Non ho un cattivo aspetto. Forse un po’ pallido e spossato, ma dopotutto è assai comprensibile. Adesso quello di cui ho veramente bisogno, è prendermi una boccata di aria fresca… ma calda. Anche oggi, infatti, il sole spacca le pietre.

Dopo avermi dato una frizionatina ai capelli bagnati, vado dritto in camera mia.

Apro il primo cassetto della cassettiera, e scelgo cosa indossare. Prendo una camicia bianca, di quelle fresche e leggere che non soffocano ulteriormente la ferita che ho sulla schiena, e un paio di jeans scuri, tendenti al nero e abbastanza elastici.

Mi vesto un po’ a fatica, soprattutto quando arriva il momento di infilarmi la blusa.

Il braccio destro non ha tanta intenzione di collaborare. M’impongo di muoverlo a dovere, e lo faccio con discreto successo.

Mi dirigo d’innanzi al lungo specchio situato accanto alla finestra, proprio nell’angolo, e do una rapida occhiata alla mia figura.

Qualche bottone slacciato qua e là, le maniche issate all’insù, una pettinatina ai rossi capelli, e Reno è pronto a ripartire!

 

Scendo le scale dell’abitazione che danno dritto nella grossa sala principale. Al mio passaggio tutto è immobile, quieto. C’è un silenzio quasi surreale se paragonato all’abituale trambusto che fanno i pargoli di questo posto, a tutte le ore del giorno e della notte.

Muovo giusto quattro passi nell’ampio salone ancora poco illuminato, e mi guardo attorno. Finalmente qualcosa di nuovo per rallegrare i miei occhi e staccarli un po’ dalla solita visuale che ero costretto a sorbirmi in quella ridicola camera!

Faccio il giro tra il bancone ed i tavoli di legno e metallo, osservo l’unico fascio di luce che filtra dallo spiraglio di una serranda abbassata, e in seguito mi dirigo in cucina. Non appena ne varco la soglia, il mio corpo meccanicamente si arresta. Questa è la seconda volta che vi entro. Osservo il tavolo, le poltrone, le sedie… e a tratti mi pare di scorgere la sagoma di qualcuno che conosco molto bene. Naturalmente è tutto frutto della mia fervida immaginazione, se l’immagine che mi è appena apparsa, era quella della principessina di Wutai.

Era da un po’ che non pensavo più a quel piccolo rospetto dispettoso. I problemi, le responsabilità, il lavoro e la malattia, mi hanno riempito il cervello.

Quando si dice il caso… Sul mobiletto accanto alla poltrona, c’è proprio una sua foto. Per la precisione è un ritratto di gruppo.

Afferro la cornice per osservare meglio l’immagine. La figlia di Godo Kisaragi se ne sta impalata come una statua sfoggiando una di quelle posa degna di un ninja, con il suo gigantesco shuriken a quattro punte accanto. Proprio affianco, c’è quel gatto con la corona, e più a lato, il tenebroso quanto inquietante ex-Turk, Vincent. Sollevo il capo, e sussulto all’istante:

- Valentine!- dico a voce alta.   

 

Colui che mi ha salvato la vita! Sono costretto ad accantonare nuovamente Yuffie per qualcosa di ben più importante che per giunta avevo completamente dimenticato!

Sono stato imbrogliato. Ecco cos’è che mi crea così tanto fastidio! Detesto chi mente. Detesto chi mi mente.

Perché nessuno mi ha detto la verità ? Perché non mi hanno detto che a salvarmi è stato proprio Valentine?  

Le mie perplessità vengono rotte da una voce.

E’ Tifa.

 

- Reno! Cosa fai qui?! Non dovresti essere a letto?

 

Balzo come un gatto per lo spavento:

- Hey, mora! Accidenti mi hai fatto prendere un colpo! – dico con tono piuttosto alterato.

La figlia dell’energumeno con la mitraglietta impiantata nel braccio e altri quattro marmocchietti, mi si precipitano addosso, saltellandomi attorno come un mucchio di cavallette.

 

- Sei guarito!- dice Marlene, con enfasi.

C’è poco da enfatizzare in questo momento!

 

- Buoni bimbi, buoni!- pronuncio per metterli a tacere- Adesso io e Tifa ci facciamo quattro chiacchiere, in santa pace, capito?- sottolineo, nella speranza che si allontanino lasciandoci soli.

Afferro la bruna a braccetto, che mi squadra con aria perplessa e poco decisa. Faccio per girare i tacchi, quando una marmocchietta, la più piccola, si aggrappa con forza al lembo della mia camicia:

- Giochi con me?- pigola, mostrandomi un candido faccino. Inutile mentire: mi sciolgo all’istante.

 

Quando fanno così, non so proprio che fare.

 

Mi arrendo, e sospiro:

- Dopo piccola, dopo!- le prometto frettolosamente.

 

I bimbi vanno via non appena Tifa ordina loro di lasciare la stanza.

- Devi dirmi qualcosa, giusto?- domanda, avendo forse intuito quel “qualcosa”.

 

Non indugio:

 

- Vincent Valentine! – esclamo, sbattendogli gentilmente la foto di gruppo davanti agli occhi.

 

- Vincent?- mormora Tifa, tentennante, mentre lo osserva in fotografia.

 

Ribatto all’istante:

- Si, Vincent Valentine! Da quanto tempo non lo vedi?

 

- Circa…-premette- quattro, cinque mesi… credo.- aggiunge poi. Successivamente si concentra sul mio volto, inarcando in su le sopracciglia con una smorfia strana. - Perché questa domanda?

 

Mi porto le braccia al petto, indispettito. In seguito le urlo in faccia:

- Ho visto il tuo amico colpire i miei assalitori proprio la notte in cui mi hanno sparato!

 

Il suo faccino si sorprende:

- Davvero? – articola meravigliata- Cloud non ha detto niente a riguardo… Quando lui ti ha tratto in salvo non…

 

La mia voce sovrasta immediatamente la sua, per farle capire con modi sbrigativi il punto della situazione:

- E’ stato occhi rossi a salvarmi la pellaccia, e non il biondo!!

 

La mora corruccia la fronte. Il suo faccino bello è assai perplesso. Non ne sapeva niente di tutto ciò?

 

- E’ stato Vincent… a salvarti?!- scandisce sorpresa. 

 

Abbozzo un sì bello conciso con la testa.

- Adesso non venirmi a dire che non ne sapevi niente, zo to! Ma perché diamine mi si nasconde sempre tutto, zo to?!- aggiungo, alzando gli occhi al soffitto con un pizzico di tolleranza. – Perché mi avete mentito?! A che scopo, poi…!?

 

Il capo di Tifa oscilla all’istante:

- E’ stato Cloud stesso a dirmi di averti tratto in salvo! Né io né i tuoi compagni sapevamo nulla a riguardo e… sono stupita quanto te, credimi! – ribatte con una certezza di ferro.

 

- Bell’amico che ti ritrovi! Un mentitore in erba, direi!

 

Tifa scuote nuovamente la testa:

- Se Cloud ha mentito, lo avrà fatto sicuramente per un valido motivo! E poi, lui non ama molto parlare.

La voce della ragazza è decisa. Anche i suoi occhi, scuri e profondi, mi trasmettono questa percezione.  

Sbuffo appena, le do di spalle e mi dirigo verso l’uscita.

Arrivato davanti all’uscio, mi sento improvvisamente chiamare:

- Dove stai andando?- formula la sua voce inquieta, preoccupata. 

 

Tra un passo e l’altro e senza voltarmi, le do una risposta:

- Dal biondo, a chiedere qual’è questo famoso e “valido motivo”, OVVIO, zo to!

 

La sento reagire di getto al mio responso, a quanto pare poco gradito, per ricordarmi delle mie condizioni ancora precarie. Oramai è troppo tardi per farmi cambiare idea: sono già d’innanzi all’ingresso principale che dà accesso alla strada.

Prima di andarmene odo uno scricchiolio proprio dal retro del divanetto posto alla mia destra.

- Sarai pure un asso con le carte, ma in quanto a nasconderti, sei davvero un disastro.

 

Dopo queste parole incitanti, il capo dell’essere da me appena citato, si mostra poco per volta, uscendo allo scoperto da uno dei lati più alti del sofà.

- Scusa…- mormora lo smascherato Denzel, visibilmente impacciato- Non volevo origliare.

 

Ad impatto mi sembra pentito della sua marachella, così, decido almeno per questa volta di assolverlo.

 

- Quando avevo la tua età, facevo anche di peggio…! – bofonchio con un ghigno poco raccomandabile- Ah!- compio mezzo giro con una breve torsione all’indietro del busto, e fisso il giovincello negli occhi- Sai dove posso trovare occhi di ghiaccio?

 

- Cloud? A quest’ora lo troverai sicuramente in giro a fare consegne…-  In pratica ciò equivale a: “se mi giro tutta la città a piedi, forse lo trovo”! Forse.

Alzo la mano in segno di riconoscenza, e quando sto per lasciare il locale, odo Denzel aggiungere:

- Prova alla chiesetta distrutta di Midgar. Di solito è lì.

 

- E’ un buon inizio!- assento con enfasi, sentendomi molto più sollevato di prima.  

Nell’uscire, un gruppo di bambini inferociti a momenti mi travolge con una delle loro corse forsennate.

- Andate giocare a moscacieca sull’autostrada!- gli grido, così, senza pormi troppi problemi. In un simile momento, la mia pazienza è una mordace latitante!  

Tra la folla di pargoli inferociti che si allontana, uno di loro inciampa goffo proprio davanti ai miei piedi.

E che cosa fa un moccioso, quando cade? Piange, naturalmente! Detto fatto: ecco il bimbo scoppiare in un fragoroso quanto fastidioso pianto.

Mi guardo attorno nella speranza che qualcuno lo soccorra, ma ahimé, l’imbarazzante lavoro tocca proprio al sottoscritto.

- Come primo giorno d’uscita, non c’è male!- esclamo volgendo gli occhi al cielo, in preda all’esasperazione.

Mi piego sulle ginocchia per chinarmi all’altezza del poppante: – Dai, non piangere! Se cadi, prima o poi ti rialzi! - cerco di afferrare il bimbo e quest’ultimo smette improvvisamente di frignare.

 

- Giochi con me?- pigola tutto d’un colpo, fissandomi con due occhietti lucidi. Scruto le sue fattezze che sicuramente ho già visto. Infine ricordo. Accidenti! E’ la mocciosa di prima!

 

- Veramente, adesso non posso…zo to…- Non posso proprio, giuro!

Quel tenero musetto continua imperterrito a fissarmi. Cerco di scostare lo sguardo dalla sua faccia, ma la bimba mi si aggrappa con fermezza alla camicia.

- O ti piace la mia blusa, oppure nella peggiore delle ipotesi, ti piaccio io!- Mi sbatto una mano dritta in viso, imprecando parole sconnesse. Con i bambini sono una catastrofe totale.

Ho un’idea improvvisa. Sollevandomi dal suolo, mi dirigo verso la porta di casa Strife.

- Adesso chiamo Tifa e le dico di venirti a prendere!- dichiaro con un bel sorrisino. Sento un singhiozzare. Un imminente preavviso che poi si tramuta nel rintronante pianto di prima.

- Che c’è adesso?!- sbotto allarmato, voltandomi di scatto verso di lei.

 

La mocciosa mi osserva con grondanti lacrimoni che le scendono sulle soffici e rosee guanciotte, per poi esclamare immutabile: - Giochi con me?

 

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Per Rena-ta: “Sorellina”… Che bello sentirsi chiamare così! Me tanto ma tanto felice! Ho gli occhi pieni di lacrime ;___; Mi sto per commuovere di brutto!! ;_________;

Ren-chan! GRAZIE!

Purtroppo come hai visto, non è Yuffie a curare Reno ma… tra qualche chap ci sarà una scena pressoché simile e poi… poi non dico più niente sennò addio suspense!

A quanto pare sei completamente diversa dal sogno…! Comunque a me farebbe un casino di piacere poterti conoscere e passare del tempo a parlare di Reno e compagnia bella! Miseria! Ma pecchè siamo tanto lontane…?! ;_____; Mi sta venendo ancora da piangere, zo to!!! >___<

Thank you so much per la tua bella recensione!

 

Per akami: Benvenuta anche a te! Spero tanto di farti divertire ed emozionare con la mia fiction! Grazie per averla recensita!

 

Per tutti: Anche se con netto anticipo, ho pubblicato i disegni che riguardano RED HEAD! Alla fine non ce l’ho fatta ad aspettare così tanto… abbiate pietà di me, vi prego! -___-

Il link del sito lo trovate cliccando sulla mia scheda, ed i nomi dei disegni in questione sono “Quiete” e “Shin-Ra’s Kawasaki?”. Ditemi SINCERAMENTE la vostra opinione, e non esitate a fare domande! Trattandosi di scene che giungeranno solo più in là (ma molto più in là), potreste avere dubbi o il desiderio di conoscere qualcosina in più riguardo il futuro della storia! Nei limiti del possibile, cercherò di placare la vostra sete di sapere!

 

Alla prossima!

                                                                                                        

                                                                                                            Botan    

 

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Capitolo 8
*** I bambini di oggi? Tutti viziati! ***


CAPITOLO 7

                              CAPITOLO 7

 

 

 

 

 

Sto camminando tra le strade di Midgar, alla ricerca del biondo.

Uscire di casa dopo una forzata prigionia, mi ha leggermente risollevato.

Certo è che se non fosse per la faccenda di Vincent, e per questo fagotto di bambina che ho sulle spalle e che si è stufata di camminare, forse sarei ancora più contento. Valle a spiegare che mi fa male la scapola destra, e che tenerla sulle spalle non è per niente una passeggiata…!

La piccola in questione, che ha detto di chiamarsi Ririn, dopo il mio ennesimo tentativo di corruzione andato a vuoto, mi ha costretto a portarmela appresso.

 

I bambini di oggi? Tutti viziati!

Se vogliono una cosa, la ottengono senza tanta fatica.

 

Io alla sua età se avessi fatto un capriccio del genere, mio padre sicuramente mi avrebbe accolto con un bel pugno in testa.

Poi però mi bastava correre dalla mamma, che mi metteva subito una patata proprio sul bernoccolo.

“E’ per evitare che cresca più della tua testa” mi diceva, ironizzando la situazione con quel suo tipico modo di fare così gentile e giocoso.  

 

Alzo gli occhi all’insù, verso il capo della bimba.

- Hey Ririn, quanti anni hai detto di avere?

 

- Ma io non te l’ho detto.- mi risponde secca la mocciosa.

 

- E’ solo un modo di dire…- replico a tono. Ah…questi bambini di oggi!

Vedo ad un tratto la sua piccola manina comparirmi davanti al naso. A differenza delle altre dita ben in vista, il pollice è ripiegato sul palmo.

- Significa che hai quattro anni?- le chiedo, intuendo al volo quel gesto.

 

- Quasi quattro. – puntualizza un po’ stizzita. Ah… questi bambini di oggi!

Me ne sto qui, a vagare tra i vicoli di questa città alla ricerca dell’ex-soldier, in compagnia di una poppante che si crede mia figlia. Se mi vedessero Elena e Rude! Ho una certa reputazione da difendere, io! Sono o non sono il vice capo dei Turks?

 

Per la strada incappiamo in diversi negozietti abbastanza piccoli ma pieni di oggetti che straripano un po’ ovunque.

Ce n’è uno di cianfrusaglie per la casa, uno di tappeti, un altro di vestiti, e così via. Osservando qua e là le varie botteghe, mi ritorna alla mente una cosa: risarcire Tifa del bagnoschiuma da me consumato, comprandone uno nuovo di zecca.

La strada da fare per raggiungere la chiesa diroccata è abbastanza lunga. Tutto sommato, una deviazione in questo momento è d’obbligo.

 

- Cambio di programma, piccola! Andiamo lì!- le dico, puntando l’indice verso l’ingresso di un negozio.

Allungo le mani sulla mia testa e le cingo attorno al minuscolo pancino della poppante, facendola scendere dalle mie spalle.

 

Ohi ohi, la mia povera schiena!

 

Ririn afferra di corsa la mia mano non appena tocca terra. Non avrà mica paura di essere lasciata qui? La vita dei piccoli senza famiglia non sarà certamente facile, però io non appartengo alla categoria delle persone che abbandonano i propri figli soltanto per la mancanza di denaro o perché frutto d’errori madornali e quindi considerati “sgraditi”!   

Non conosco la storia di Ririn, ma quasi sicuramente sono pronto a scommettere che sarà uguale a quella degli altri bambini che affollano lo stabile di Tifa.

Le cingo la manina infondendole rassicurazione, e così tutti e due, mano nella mano, ci accingiamo ad entrare.

L’antro è piuttosto piccolo e stretto. Illuminato abbastanza, è ricolmo di oggetti d’ogni tipo. Dai semplici prodotti per la casa, ai dolciumi. Come volevasi dimostrare, Ririn ne rimane da subito attratta.

Mi sento tirare un lembo della camicia. Chino il capo in giù e vedo il ditino della bimba indicarmi una specie di caramella piatta sostenuta da una stecca lunga. Un lecca lecca, insomma.

Capisco al volo le sue intenzioni, e così, allungo un braccio verso l’oggetto per prenderlo.

- Volevi questo, giusto?- le chiedo facendole un sorriso. Quasi certamente mi dirà di sì.

 

Annuisce, e io le consegno l’agognato premio tra le sue piccole e deliziose manine.

Il viso di Ririn si riaccende non appena quelle stesse piccole manine sfiorano il colorato dolciume. E’ incredibile quant’è che si può far felice un bambino, anche solo con un piccolo pensiero.

Dopo aver preso il bagnoschiuma e pagato, ci avviamo verso l’uscita.

Una volta fuori, aiuto la bimba a togliere l’involucro che copre la parte sovrastante del lecca lecca, e subito dopo lancio la carta all’interno di un piccolo getta rifiuti dietro le mie spalle.

Mi piego sulle ginocchia, per abbassarmi all’altezza della poppante, e le chiedo:

- Com’è?

 

Staccandosi il dolciume di bocca, Ririn lo infila di getto nella mia. E’ un attimo. Un gesto scaltro e repentino che mi fa inevitabilmente sprofondare nella vergogna.

La mia faccia si fa rossa all’improvviso davanti all’espressione della piccola dispettosa che mi fissa con aria tutta divertita.

Guardo velocemente nei paraggi nella speranza che qualcuno non abbia assistito alla scena, e gioisco nel vedere il viottolo quasi del tutto deserto.

Tolgo il dolciume dalla bocca, e sputacchiando appena sbotto:

- Ririn! Sono un Turk! Ho un nome da mantenere!- “E se sto con te, questo mio benedetto nome ho paura che vada completamente a farsi friggere!” vorrei aggiungere, ma taccio per non darle un doloroso dispiacere.- Però…!- esclamo in seguito, mettendo in funzione le papille gustative della mia bocca - Questo coso non è poi tanto male!

Riconsegno l’oggetto nelle mani della poppante, e riprendiamo il tragitto lungo una strada sempre più deserta e tranquilla.

 

Manca poco ormai.

Più mi avvicino alla parte bassa della città, e più qui non c’è vita. E’ tutto deserto, vuoto. Una donna avrebbe perfino paura a camminarci da sola, in un posto così sperduto.

La bimba impunta i piedi all’improvviso. Mi giro verso di lei un po’ seccato, poco dopo sospiro capendo il perché del suo gesto.

Le cingo le mani attorno alla vita, e la carico nuovamente sulle mie spalle.

La parte destra mi fa male, come sempre. Se ripenso alle raccomandazioni di Elena, e se la bionda stessa venisse a sapere che ho camminato per mezza Midgar con questo esserino sulle spalle, mi farebbe una di quelle ramanzina che iniziano con un “sei un’incosciente”, continuano con “non mi ascolti mai quando parlo” ed infine si concludono in un “se finisci nuovamente a letto, non dire che non ti avevo avvertito!”. Come se io stesso le avessi chiesto di farmi da balia! Pazzesco.

Vedo da lontano un edificio semidistrutto. La chiesa a questo punto è vicina.

Non appena imbocco la discesa che conduce di sotto, la barra della mia serenità, scende di colpo. La desolazione di questo posto fa una paura bestiale. Le macerie, le travi e i calcinacci sono ovunque. Se non presto attenzione a dove metto i piedi, potrei anche cadere o ferirmi con le putrelle che spuntano dal terreno. Speriamo solo che non venga tutto giù proprio adesso che ci sono io… Vista la sfiga che mi perseguita da un po’ di tempo a questa parte, comincio ad avere i brividi per davvero.

A vederla da fuori, anche la chiesa mette i brividi. Fortuna che siamo in pieno giorno.

E’ guardando tutto ciò, che mi rendo conto di quanto Midgar abbia sofferto negli ultimi anni. C’è ancora molto da fare per questa e per altre città che portano tuttora i segni indelebili della guerra. Sarà dura rimarginare certe ferite… molte delle quali non si chiuderanno mai.  

 

Mi accingo a raggiungere il luogo sacro, notando con piacere la possente moto del biondino, parcheggiata proprio accanto all’apertura. Entro.

Cloud si volta non appena ode il sordo rumore dei miei passi.

- Che ci fai qui?- esclama sorpreso di vedermi - Tifa…!

 

- Tifa sta bene. Stai tranquillo! – lo rassicuro all’istante.

Mi avvicino a lui facendo attenzione a non inciampare su una delle parti disconnesse del pavimento, e a non farmi male. Un raggio di sole che spunta da una grossa fenditura nel soffitto, a momenti mi acceca. Portandomi una mano poco sopra gli occhi, continuo ad avanzare lentamente. 

L’attenzione dell’ex-soldier si posa sul mio capo.

- Ririn!- esclama vedendo la bambina sulle mie spalle.

 

Faccio scendere la bimba a terra, e solo dopo mi passo una mano sulla parte lesa della spalla destra, che comincia improvvisamente a sbattermi forte.

- Non guardarmi con quella faccia, zo to!- gli ordino. – Mi si è incollata addosso, e ho dovuto portarmela dietro! Una seccatura…!

Cloud sorride di sottecchi. La cosa mi da alquanto fastidio, ma cerco di sorvolare. – Piuttosto- non indugio- non ho fatto di certo tutta questa strada solo per venirti a trovare! – Non lo faccio con mio padre che vive a Kalm Town, figuriamoci con un ex-soldier, per giunta avversario! O quasi.

Mi guardo attorno, rapito all’istante dal suggestivo scenario che mi attornia.

Adesso che ci penso, è passato davvero molto tempo dall’ultima volta in cui ho messo piede qui dentro. Anni direi.

Il posto non è cambiato affatto. Forse qualche maceria in più. I fiori sono sempre gli stessi, coloratissimi e molto rigogliosi.

- Sei tu che te ne occupi?- provo a domandare, rivolgendomi al biondo.

 

- Sei venuto qui per chiedermi dei fiori? – rinvia il signor “occhi di ghiaccio”, celando un po’ il viso, forse per l’imbarazzo.

 

- Guarda che non c’è nulla di cui vergognarsi, anzi!

La sua espressione mi fa intuire di tacere. E lo faccio senza farmi pregare.

 

- Allora?- Cloud si fa avanti a parole.

 

- Vincent Valentine. Questo nome ti ricorda qualcuno, zo to?- domando con un tono di voce gentile.

 

Cloud fissa il mio viso per pochi istanti. Sembra quasi stupito. In seguito, compiendo mezzo giro e dandomi di schiena, si avvicina al piccolo prato in fiore.

 

- Ero certo che alla fine ti saresti fatto avanti.- pronuncia semplicemente, come se sapesse già tutto.

 

Chiudo le mani a pugno, e scatto in avanti:

- Di sicuro! Sai che non sono il tipo da farmi fregare così facilmente! Ricordo benissimo che a salvarmi da quei due imbecilli, è stato il tuo ex-compagno d’avventura, e non tu come sostengo gli altri! Cos’è? Vuoi giocare a fare l’eroe? Colui che si becca la gloria che spetterebbe a un altro, e che salva il Turk? Non dirmi che hai deciso di fare bella figura sul Presidente…!? – La mia voce vola fino al soffitto della chiesa. Non ho di certo intenzione di adoperare un tono cordiale. I falsi paladini mi fanno schifo! – Cloud!- esclamo per ottenere la sua attenzione- Pretendo che tu mi dia una spiegazione! Non penso che tu sia il tipo da vantarti di qualcosa che non hai fatto… non è forse così?

 

- Se vuoi delle spiegazioni, chiedile a Vincent. Dopo averti consegnato a me, è andato via dicendomi di non farne parola con nessuno. Non è un tipo che ama molto le spiegazioni.

 

- Come te, d’altronde!- sussurro a voce bassa e denti stretti.

 

L’ex-soldier si appresta a condurre a termine il discorso:

- Preferisce vivere all’ombra del riflettore, anziché sotto la sua luce.- mi espone.

 

Come una molla, mi parte subito una sana risata.

- L’ho notato…!- dico tutto divertito. – Beh… se questo è quello che vuole il signor “occhi rossi”, non dirò nulla ai miei compagni. Tuttavia… - proseguo incrociando le mani al petto, mentre una perfida smorfia mi si dipinge in volto- reclamo ugualmente la mia spiegazione! Dove trovo Valentine?- faccio in tono cordiale, esortando il biondo a parlare.

Intravedo Cloud venirmi incontro.

 

- Di solito è lui che trova noi. E non il contrario. – Ovviamente non poteva non essere così!- Comunque… a volte è nei pressi della grotta sulla cascata di Nibelheim.

 

- Quasi non ci credo! Vive in una grotta o semplicemente fa speleologia nel tempo libero?- infilo le mani nelle tasche posteriori del jeans.- Infinitamente grazie, soldier Cloud! – esclamo dandogli poi una pacca sulla spalla, proprio come faccio con Rude.

 

- Non lo sono mai stato.- mormora seccato il burbero giovane. In seguito, sento da lui stesso propormi – Vi riporto a casa. La tua spalla non mi sembra del tutto guarita.

 

Rimango un attimo perplesso dalla sua proposta un po’ insolita, ma poi, senza riserbo e con molta spontaneità, mi lascio sfuggire un grosso sogghigno. Uno come, lui che si preoccupa della salute di un Turk? Ma questa è una barzelletta!

Pongo fine al mio divertimento proprio quando avverto il rombo della sua moto, davanti all’entrata della chiesa, pronta a partire.

 

- Hey, aspetta!

Chiamo a rapporto la piccola Ririn e l’afferro di corsa tra le braccia, dirigendomi poi svelto verso l’uscita.

 

Appena in tempo! 

 

 

 

Il vento che ti attraversa i capelli, accarezzandoti il viso, è una cosa stupenda per uno come me.

Chiudo gli occhi per un istante e mi sembra quasi di confondermi con quest’aria che mi circonda.

Tengo stretta a me Ririn, e quest’ultima sprofonda il capo nel mio torace, intimorita dall’alta velocità. 

Il tragitto se si fa con una moto simile, si accorcia notevolmente. Dato lo scarso confort, è una fortuna.

 

- In tre non è il massimo della comodità…- dichiaro risentendo abbastanza della posizione piuttosto scomoda e… delle buche e i fossi che mi tocca incassare.

 

Sento presto replicarmi:

- Se vuoi, puoi sempre scendere.- Sempre gentile tu, eh?

 

In pochi minuti, eccoci far ritorno a casa.

Sollevo la gamba e scendo dal velivolo che Cloud parcheggia poco lontano dall’ingresso. La faccia di Ririn sembrerebbe molto contenta di riabbracciare la terra ferma.

Chissà se a Tifa piacerà l’odore del bagnoschiuma che le ho comprato. Sa leggermente di violetta, ma è fresco e delicato. Mi è piaciuto così tanto che ne ho comprato uno anche per me, e mi tocca ammetterlo… per Elena. Spero solo che quell’ingrata di una bionda, ringrazi!

Nanaki, il bizzarro leone dal colore arancio, se ne sta spaparanzato su uno dei gradini che conducono all’entrata.

Si solleva dal suolo non appena ci vede arrivare, e con un balzo scattante mi si avvicina:

- Vedo che stai bene, Reno.- esclama cordialmente, guardando il sottoscritto con quegli occhi felini ed intensi.

 

Mi limito ad un semplice “già”, vista la poca confidenza che ho con quest’essere strano, e faccio rientro.

Le ventole attaccate al soffitto sono accese. Con questo caldo, un po’ di venticello artificiale è assai gradito dalla mia pelle sudaticcia e accaldata.

Tifa è in cucina a destreggiarsi tra i fornelli. E’ ora di pranzo.

Sentendo il campanellino, posto sopra la porta, tintinnare non appena quest’ultima lo sfiora, la vediamo far capolino ed uscire di fretta dalla camera.

 

- Siete tornati!- dice accogliendoci con un sorriso. Che brava mogliettina sarebbe!

Cloud la saluta con un cenno di mano, e gli occhi della ragazza si colorano di luce. L’ho sempre detto che la mora è follemente innamorata di lui. E la sua espressione me ne dà maggior conferma.

Fortuna che Rude non è qui. Ci rimarrebbe veramente male. Poveraccio!

 

- Ririn! Mi hai fatto prendere un bello spavento! Dov’eri finita?

 

- In realtà è solo colpa mia, mora! L’ho trovata a terra che piangeva, e così ho deciso di portarmela dietro... – mi giustifico.

 

La Lockheart si mostra sorpresa.

- Ririn… è venuta con te? – dice. Guarda che non sono mica un maniaco!

 

- Qualche problema, zo to?- rispondo seccato e ferito nell’orgoglio.

 

Mi scuote il capo.

- No, affatto! E’ solo che… da quando lei è qui, nessuno di noi è stato capace di convincerla a lasciare questo posto. - Ma se è stata lei a convincere me di portarmela appresso…!

 

A momenti mi lascio sfuggire uno spontaneo risolino come se le parole di Tifa fossero una battuta. Poi ritorno serio e la fisso perplesso in volto.

- Stiamo parlando della stessa persona?

 

- Leno mi ha comprato un lecca lecca!- esclama ad un tratto la bimba. Veramente, il mio nome è Reno.

 

Sento lo sguardo e l’attenzione della giovane amica di Cloud, su di me:

- Ti ha preso un lecca lecca?  Era buono?- domanda poi, rivolta alla piccola.

 

Ririn annuisce così decisa tanto che le due codine che ha sulla testa, ondeggiano lievemente come due campanule spinte dal vento.

- Sì!- pigola con una soffice voce.

Dopo averle accarezzato il capo, Tifa invita la bimba a raggiungere la cucina e a mettersi a tavola.

 

Quando la sagoma di Ririn sparisce, intravedo la ragazza avvicinarsi a me con un muso non proprio radioso.

- Ha perso i genitori tre anni fa, ai tempi di Sephiroth. – mi rivela con voce bassa e capo chino. Sicuramente avrà gli occhi lucidi.

Ho una brutta sensazione allo stomaco. Davvero, davvero brutta. Per un attimo il pensiero di mia madre si fa vivo in me. Ricordo ancora quando rientrai a casa dopo aver bigiato la scuola per l’ennesima volta, e mio padre mi disse che lei non c’era più. All’inizio fu come trovarsi nel bel mezzo di una visione onirica. Non riuscivo a capire. Poi, a distanza di settimane, quando la sua voce cominciò a mancarmi davvero, fui investito da un’improvvisa ondata di tristezza che molto probabilmente mi trascinò a prendere il vizio di scazzottarmi con chiunque. Con quelli che mi guardavano in malo modo, o con quelli che calpestavano i miei più orgogliosi ideali. Caddi vittima di un perenne stato vegetativo che mi fece odiare da tutti, parenti e amici compresi, ed era proprio da questi ultimi, che il più delle volte mi sentivo chiamare “fannullone”. In realtà nessuno ha mai saputo capirmi. Il periodo dell’adolescenza non fu certo roseo, per me! La proposta di entrare all’Accademia Militare Shin-Ra, fu la mia ancora salvezza. Decisi di abbandonare la scuola molto presto, all’età di quindici anni. Dopodichè, mi trasferii all’Accademia, per conseguire gli studi e diventare un dipendente Shin-Ra a tutti gli effetti. Ricordo che mio padre, poco prima della mia partenza, mi sbarrò la strada ordinandomi di non andare. Dopo la morte della mamma aveva iniziato ad odiare il presidente della compagnia e tutta la Shin-Ra stessa. Non voleva farmi diventare “uno di loro”. Ancora oggi si lamenta e mi obbliga a ritornare a casa. Dice che prima o poi, se non gli do retta, farò la stessa fine della mamma. E non gli ho ancora detto che ho già rischiato la vita per ben tre volte!

Penso che in pochi possano capire la sofferenza di Ririn. So cosa si prova a perdere chi si ama. Però tutto ciò è ingiusto. Infondo, Ririn è solo una bambina! Dovrebbe vivere con i suoi genitori, non in una città piena di brutti ricordi.

E’ molto meglio sentire il peso di un abbandono, piuttosto che assistere alla perdita dei propri cari, e sapere che essi non torneranno più.

Ririn ha paura della solitudine, e del mondo che la circonda.- Tifa prosegue- Grazie! – esclama in seguito, regalandomi uno dei suoi semplici sorrisi.

 

All’inizio mi mostro dubbioso.

Perché ringraziarmi? Non ho fatto niente!

 

- Lei si sente al sicuro con te!- mi dice ponendo fine ai miei dubbi.

 

Divento leggermente rosso.

- Beh…sono contento! – rispondo appena, esternando il mio imbarazzo con un tono vocale traditore.

 

Sento Cloud bisbigliare qualcosa alle mie spalle. Lui e Tifa si lanciano un’occhiata d’intesa piuttosto spiritosa. Li fisso entrambi, passando dalla ragazza e all’ex-soldier, in meno di un secondo. Non penseranno mica che io mi sia affezionato a quella piccola mocciosa?!

- Hey!- sbotto senza esitare - Anche se quella marmocchia mi fa pena, rimango pur sempre un Turk, non dimenticatelo, zo to! – puntualizzo. Faccio per girare i tacchi, ma mi sento chiamare.

 

- Ah, Reno!

 E’ la mora.

- Che c’è adesso? – mi volto sgarbatamente verso di lei, trasmettendole il mio malumore.

 

- Sono passati i tuoi compagni questa mattina!

 

La fisso perplessa come per dire “che vuoi che m’importi”, ma subito dopo mi trattengo. 

 

- Quando?!- domando fulmineamente avventandomi su di lei. 

 

- Verso le dieci. Tu era già uscito.- risponde tremante.

 

Divento pallido all’improvviso. 

In questo momento ciò che più mi preme sapere è soltanto una cosa:

- E’ venuta anche Elena?

 

La faccia di Tifa non garantisce nulla di buono. E’ forse un sì, quello?

Si fruga nelle tasche, ed estrae qualcosa. Un fogliettino di carta ripiegato su se stesso, che poi mi consegna.

- Ha lasciato questo per te!- dice sforzandosi di sorridere.

 

Sì, era un sì!

Mi faccio coraggio e decido di leggerlo senza però prima aver deglutito a fatica.

Il testo comincia con un “sei un’incosciente”, continua con “non mi ascolti mai quando parlo” ed infine si conclude in un “se finisci nuovamente a letto, non dire che non ti avevo avvertito!”. Quando dichiaro una cosa, è quella. Le mie profezie, ahimé, si sono avverate. Come sempre, a sfavore del sottoscritto.

Mi lascio sfuggire un singhiozzo strozzato, dopodichè straccio il foglio riducendolo a pezzetti.  

- Brutta strega! – Sempre a lamentarsi!

 

Vengo spintonato da Tifa.

- Su su! Andiamo a mangiare!- propone ponendo fine alla mia lunga serie di imprecazioni.

 

La storia di Elena è già roba vecchia. Davanti ad un piatto di appetitosi Takoyaki, le ramanzine di quella megera bionda, sono già un lontano ricordo del passato.

E’ la prima volta che pranzo seduto insieme a tutti gli altri. Il biondo dagli occhi di ghiaccio è dovuto ripartire per via di un’imminente consegna, privandomi della sua lieta compagnia. Che peccato! Non ho mai visto Cloud ingozzarsi. Sarà lo stesso perfettino e silenzioso, come lo è caratterialmente?

Conto mentalmente le teste di tutti gli individui accomodati a tavola.

Dodici persone in tutto. Due adulti e ben dieci mocciosi. Provate un po’ a mettervi nei panni dei miei poveri timpani…

C’è il pargolo che strilla perché il cibo gli ha ustionato la bocca, quello che piagnucola poiché il compagno di sedia gli ha fregato una polpetta, uno che si stava strozzando con dell’acqua e così via. A differenza dei suoi coetanei, Ririn è quella che dimostra più ordine a tavola.

Questa rospetta a volte mi sorprende sopra tutti i punti di vista.

C’è un ultimo Tako nel mio piatto. Mi sfrego le mani tutto contento, e mi preparo a farlo sparire nel mio stomaco.

Senza un perché, rivolgo uno sguardo alla piccola Ririn. Mi sta fissando con quei suoi occhioni color nocciola che per un certo senso mi ricordano quelli di Yuffie. Perfino le guanciotte sono le stesse. Fortuna che non ha il pessimo carattere della mocciosa Wutaiana…!  

 

- Tieni. – senza troppi giri di parole, regalo il mio ultimo Takoyaki alla bambina. Denzel mi osserva compiaciuto, così senza scompormi, decido di puntualizzare - Sono pieno!

E così, tra un vociare e l’altro, il confusionario pranzo volge al termine.

Arretro con la sedia, e mi alzo. Aiuto Tifa a sparecchiare per ricambiarla dell’ospitalità, e vengo altrettanto aiutato dagli altri bambini. Ognuno di loro ha il suo compito. Chi raccatta i bicchieri, chi i piatti… insomma, con una squadra così tutto diventa più semplice e perché no, divertente.

 

 

 

Le due settimane di cura in quest’alloggio, stanno per finire.

Sono qui davanti allo specchio un po’ ingrigito, nella camera che a breve ritornerà libera, a darmi un’ultima sistematina ai capelli.

Dopo averli pettinati con qualche rapido colpo di spazzola, mi accingo a legarli nella solita coda.

Rude arriverà a breve, per riportarmi finalmente a casa.

Mentre mi preparo a chiudere le valigie, getto un’ultima occhiata all’alloggio. Accanto ai disegni della mora e del biondo, ce né uno che mi ritrae. Davvero buffo, no?

Lo hanno fatto i bambini del posto, affinché questo simbolizzasse la mia permanenza in questa stanza. Non sarà un capolavoro, ma perlomeno è simpatico. Abbozzo qualche sghignazzata qua e là, e mi accomodo sul letto aspettando l’arrivo del socio. Do un’occhiata all’orologio da polso. E’ questione di minuti.  

Di fatto, ecco il roboante rumore della sua auto, giungere all’improvviso proprio qui sotto. Non ho nemmeno bisogno di affacciarmi per capire che sia lui. Il pelato ha un modo di guidare inconfondibile.

Afferro i bagagli di corsa, e scendo le scale a quattro gradini per volta.

Sono così euforico che a momenti mi dimentico di salutare. Lo faccio in maniera fuggevole, con uno svelto “arrivederci”, e mi appresto ad uscire.

 

- Reno ringrazia, ragazza mora!- dico infine con allegria, rivolgendomi a Tifa. La porta si spalanca di colpo e la grossa sagoma di Rude fa il suo ingresso. Mi lancio in uno sfavillante sorriso, salutandolo con la solita pacca sulla spalla, questa volta così forte da fargli scivolare gli occhialini sulla punta del naso.

Tifa assiste alla scena piuttosto divertita, e ride.

Scorgo il viso del mio socio accendersi d’un tratto dall’imbarazzo. Sogghigno anch’io, e per questo mi becco all’istante una sua gomitata.

Rude si fa carico delle valigie per metterle in auto, e con questa scusante lascia il locale. Rivolgo a tutti degli ultimi saluti con un cenno del braccio, dopo di che lo seguo a ruota.

Sono quasi fuori, quando mi sento fermare all’improvviso da qualcosa. La mia gamba sinistra si è appesantita di getto. A momenti rischio anche di cadere. Fortuna che le spalle di Rude, larghe e imponenti, mi fanno da appoggio.

 

- Che diavolo…!?- esclamo voltandomi verso il suolo. – Ririn?!

 

La bimba se ne sta accucciata a terra, stringendosi con tutte le sue forze alla mia gamba.

Alzo gli occhi al cielo. Benedetta bambina!

Sento Rude ghignare leggermente. Mi sta ripagando con la mia stessa moneta. Che gentile!

Lo fulmino con lo sguardo, e da parte mia gli rispondo senza tanti preamboli con una meritata gomitata.

- Pensa a portare le valige in auto, piuttosto, zo to!- sbraito.

Quando lo vedo inabissarsi tra la carrozzeria scura del veicolo, finalmente mi occupo della bambina.

 

 

Non è stato per niente facile, convincere la piccola Ririn ha mollare la mia gamba. Così, ho dovuto prometterle che sarei passato a trovarla ogni tanto. L’ho anche invitata a venire al Geostigma Sanatorium.

 

 

- L’hai invitata qui?!

La voce arcigna di Elena sovrasta la mia, mangiandosela in un sol boccone. Tutto ciò fa presupporre che la mia geniale idea ai suoi occhi non lo sia per niente.

Prima che la situazione degeneri, mi abbraccio a lei con maniere gentili e molto affettuose, infine le sussurro all’orecchio:

- Suvvia! E’ una mocciosa! Se ne sarà già dimenticata… E poi… se casomai dovesse venire, sarebbe un’ottima occasione sia per te che per Tseng! Al giorno d’oggi è importante fare pratica di poppanti, prima del matrimonio! – sottintendo allegro.   

Osservo la sua faccia passare da un candido pallore, ad un rosso deciso. Certamente le dona di più.

Si divincola alla svelta dalla mia amorevole stretta, uscendosene con uno dei suoi vocaboli ordinari:

- Idiota!

 

Sento l’obbligo di correggerla all’istante, mostrandomi infastidito. In realtà è tutta scena, la mia.

- Non si dà dell’idiota al proprio vice capo.- sottolineo. Adoro vedere il viso di Elena che s’intirizzisce quando non sa come rispondermi.

 

Imbarazzata, la vedo andar via lasciandomi solo in una cucina semideserta del Sanatorium. Sarà perché ho trascorso due settimane nella confusione e il trambusto di palazzo Strife, ma questo posto mi sembra ancora più deserto del solito.

Fortuna che il mio fidato Rude è qui con me.

Stiamo mangiando un panino, dopodichè tutti a nanna!

Di solito non vanno così le cose.

Quando Elena va a dormire, io e il mio socio, avviato il motore di una delle due moto che abbiamo a disposizione, raggiungiamo la metropoli più vicina per dedicare la serata all’insegna del divertimento. Pub, scorribande in autostrada e ahimé quasi mai donne. Il pelato è un moralista. Quando imparerà a lasciarsi andare, forse sarà troppo tardi.

Purtroppo questa sera passa così. Niente divertimento. Sto in convalescenza.

 

- Come ha detto il capo? Altre due settimane di riposo? – domando al compare, facendo riferimento alle parole di Tseng.

 

- Mh.- mi risponde.

 

- E se domani sera, io e te…

 

- E’ fuori discussione. – anticipa secco. Che tassativo!

 

Sospiro sconsolato, affogando la mia frustrazione nel terzo panino imbottito di sottaceti, che mi trangugio senza indugio.

 

Con moderatezza, il pelato mi osserva di sottecchi, esclamando poi:

- Non ti farà male?

 

Gli regalo istantaneamente un’aria minacciosa:

- Sono due settimane che mi nutro di brodaglie stomachevoli… Lasciami sfogare!- rispondo tra un boccone e l’altro.   

Rude stringe le spalle quasi a dirmi “fa come vuoi”, in seguito trascorriamo il resto della serata tra una conversazione e l’altra, sdraiati sul sofà della hall.

 

 

Sono le due di notte, e dormono tutti. Tutti tranne me, ovviamente.

Me ne sto con lo sguardo puntato al soffitto, e le mani coricate sullo stomaco.

Questa è la prima notte che passo in camera mia, dopo quel giorno. Devo solo riabituarmi alla calma di questa zona, tutto qui.

Ma sarà veramente questo, che mi sta facendo contorcere le budella come fossero stracci da strizzare?

Oppure… i cetrioli dei tre panini che mi sono mangiato, centrano qualcosa?

 

Sento un’improvvisa necessità di vomitare.

- Perché diavolo non ho dato ascolto a Rude?!- Quando mai l’ho fatto?!

Mi alzo dal letto con un balzo, e corro a rintanarmi in bagno.

Esco distrutto dopo ben un’ora.

 

Bandisco per sempre i sottaceti dai miei pasti serali!

 

Tra un dolore e l’altro, decido di scendere giù in cucina, a farmi una tazza calda di camomilla. In questi casi così estremi, è l’ideale.

 

- Spero solo di ricordarmi come si fa…-dico sbottando tra me e me, rammentandomi tutti i passaggi.

 

Da lontano intravedo un bagliore. La luce della cucina è accesa. Mi avvicino quasi con prudenza, stando molto attento a non far rumore, e getto un’occhiata furtiva all’interno.

Tiro un sospiro di sollievo non appena intravedo il famoso caschetto biondo di Elena, proprio nei pressi del tavolo.

 

- Non puoi dormire?- esclamo all’improvviso. Apposta per farle prendere uno spavento.

 

- Reno!- mi ribatte saltando quasi dalla sedia. – Che fai in piedi a quest’ora?- Sono appena le tre, non venirmi a dire che è tardi!- E’ tardi!- Devi sempre contraddirmi, eh?

 

- Tutta colpa dei sottaceti…!- affermo sbuffando, desideroso di ricevere una sua ramanzina. Stranamente però non mi fa il predicozzo sull’alimentazione. Proprio stavolta che ci tenevo così tanto!- E’ camomilla quella?- le domando in seguito, facendo riferimento alla tazza che stringe tra le mani.

 

- Ne vuoi?

 

- Certo!- ribatto felicemente.

 

Mi siedo proprio di fronte a lei, sorseggiandomi il rilassante infuso.

Inspiegabilmente, la mia collega è silenziosa. Non che Elena eccella in comunicazione, però a volte quando le và, qualche parola la scambia.

La guardo di sottecchi dal bordo della mia tazza, mentre mando giù un'altra goccia di camomilla.

- Hai fatto un incubo, bambina mia? – la sfotto.

 

Dopo le mie parole, la sua reazione è quasi istintiva. Uno sguardo trucido come al solito, che però stranamente si spegne all’improvviso, facendomi addirittura preoccupare.

L’Elena che conosco io a quest’ora mi avrebbe già ammonito.

 

- E’ per via di quella cosa che ho detto riguardo i bambini?- le chiedo, cercando di investigare su questo suo strano comportamento.

Questa volta con intenzioni più serie. La mia presunta apprensione però, non viene affatto ripagata. Ostinato, insisto con un altro argomento a lei ancora più caro:  - Riguarda… Tseng?

Al suono di quel nome giunto proprio tra una sorsata e l’altra, le gote di Elena si accendono intingendosi di viola.

- Hey, hey, respira!- le ordino iniziandomi ad agitare. Stai a vedere che ‘sta qui mi muore per soffocamento da camomilla?

Posso tirare un sospiro di sollievo soltanto quando la sua faccia ritorna di un bianco pallido, quel solito colore che si trascina dalla nascita e che le dona un candore ancora più intenso.   

Data la sua eccessiva reazione, è chiaro che il problema sia Tseng.

- Appurata la causa della tua stranissima poca voglia di farmi predicozzi, passiamo alla radice del problema. Mhh…-inizio a pensare mentre mi stravacco liberamente sulla sedia- Forse il capo ti ha sgridata? – Il caschetto di Elena ondeggia da destra verso sinistra, quasi a dirmi di no. – Ti ha consegnato un compito che a te non piace?- domando nuovamente. Ricevo un’altra negazione. – Ti ha forse fatto un complimento? – Decido di non indugiare all’ennesima negazione che ricevo, così vado dritto al punto- E allora? Si può sapere che diavolo ti è successo?!- Timida com’è, dubito che lo farà spontaneamente.

Quando tutto oramai sembra perduto, ho un’idea improvvisa. E sono più che sicuro che la convincerà a parlare con il minimo sforzo!

Metto in atto il piano alzandomi frettolosamente dalla sedia, in modo da attirare l’attenzione, e poi esclamo secco con elegante teatralità: - Lo chiederò a Tseng! A quest’ora sarà sicuramente sveglio!

 

- E’ mia sorella!

Sento improvvisamente proferire dalla sua boccuccia.

Arresto i piedi e guardo Elena, un po’ sconvolto:

- Tseng è tua sorella?!- le rinvio, riaccomodandomi un po’ alla rinfusa.

 

I suoi capelli ondeggiano nuovamente. Con decisione.

- Riguarda mia sorella. Il capo e … mia sorella!- puntualizza in seguito.

 

M’incrocio le mani al petto, e inclino appena appena la testa verso sinistra:

- Che cosa c’entra tua sorella con Tseng?- domando. Non sarà mica…

 

- Lei… lei era innamorata di lui!- afferma d’un botto.

 

La mia ipotesi trova presto conferma.

Scuoto la testa un po’ con rammarico, poi me ne faccio ben presto una ragione.

- Dopotutto…  siete sorelle. – enfatizzo sospirando. – A volte capita, sai?

 

Elena non sembra per nulla convinta, o addirittura rassicurata dalle mie parole. Ha qualcosa negli occhi che la rende diversa dalla solita rompiscatole che conosco.

Ad un tratto sento il tavolo della cucina, sussultare pesantemente. 

Il pugno della sua mano sembra sprizzare energia peggio di un pozzo di petrolio. Brutto segno.

I suoi occhi si serrano di botto, e con il capo tendente al basso, mi nasconde il suo sguardo tra le piastrelle lucide del pavimento.

La cosa è più grave di quanto pensassi.

 

- Lei è sempre stata più brava di me. In tutto e per tutto!- esclama nuovamente, con la voce che sembra sporca d’astio.

 

Mi do da fare, e le ribatto quasi repentinamente:

- Tu però non sei da meno, anzi! 

 

Ricevo un “no” bello conciso con la testa.

- Tu sai meglio di me che le sue capacità superano di gran lunga anche quelle di mio padre!

 

Ascolto attentamente le sue parole. In effetti, la mia compagna ha ragione.

Il maestro dell’Accademia Militare, nonché suo padre, ha ammesso più volte la sua inferiorità nei riguardi dell’amata primogenita, abilissima con le armi di piccola taglia, e precisa come un orologio nel tiro.

Ho lavorato con lei fino all’Agosto di otto anni fa, costatando di persona il talento e la bravura di quella donna. Abilissima sia con le Materia che nelle tattiche di guerra, era la prima della classe quando frequentava ancora l’Accademia Militare. La sua pistola non mancava nemmeno un bersaglio!

Se fossi nei panni di Elena, un po’ roderebbe anche a me. E poi si sa che la rivalità tra fratelli, è una delle cose più toste e difficili da superare, soprattutto quando uno dei due viene considerato il migliore dalle persone che ami.

Certo è che in questo momento non posso confermarle che sua sorella è migliore di lei! In questo stato chissà che mi farebbe…

Tuttavia… Non posso vedere Elena in queste condizioni così pietose! La situazione deve cambiare, anche a costo di ferirla un pochino, ma solo a fin di bene. Così, d’un botto le sbatto in faccia quello che io penso di lei:

- Tua sorella sarà pure più brava del paparino, è vero, ma non avrà certo la stessa devozione che lega te a Tseng!- faccio una pausa, in seguito riprendo- Con questo voglio farti capire che ognuna di voi si contraddistingue grazie ad un dettaglio che vi rende entrambe speciali!- “Speciali”? Reno vacci piano con i complimenti! Ricorda che lei è pur sempre Elena! Do un colpo di tosse alla voce- Comunque- proseguo facendo finta di niente- il problema che ti affligge sta nel fatto che tua sorella in passato si sia presa una sbandata per Tseng? Beh, e chi se ne frega! Tanto ormai ha intrapreso una sua strada lontano da qui, no? 

 

Le dita della mano di Elena si allentano poco alla volta. L’avrò rassicurata abbastanza? Se non basta, sono pronto anche a continuare! Vederla così fragile non è piacevole. In più non c’è nemmeno lo stimolo per prenderla in giro.

La osservo mentre accuccia la testa sul tavolo come un piccolo cagnolino inzuppato, poi pigola appena:

 

- Ho paura.

 

- Paura?

 

- Ho paura che il capo sia gentile con me solo perché gli ricordo mia sorella.

 

Squadro Elena senza farmi tanto notare. I suoi capelli corti… il suo caschetto! E’ identico a quello dell’odiata sorella! Vuoi vedere che se l’è fatto apposta per assomigliarle di più ed avere l’attenzione del suo amato capo? Quand’era ancora una matricola all’istituto della Shin-Ra, i capelli le arrivavano alle spalle… All’epoca la somiglianza tra le due, stava solo nel carattere puntiglioso e rompiscatole.

Ma con quel taglio così corto, effettivamente è quasi difficile distinguerla dall’altra. Se non fosse per la differenza d’età, e il colore degli occhi, sarebbero identiche in tutto.     

E poi… anche il carattere è lo stesso… Serio, preciso e poco propenso a prenderla alla leggera. Almeno su questo non c’è dubbio. Sono proprio identiche!

 

- Elena, Elena!- dico sospirando.- Sei proprio una sempliciotta, zo to! Oltretutto ti fai dei problemi anche quando questi non esistono. Ma quando imparerai, ingenua biondina?- le allungo una mano sul capo, e con molta dolcezza le scompiglio un po’ i capelli. – Tuttavia…- proseguo passando le mie dita tra i ciuffi della sua frangia - il capo ti stima proprio per questo tuo modo di essere che ti rende unica ai suoi occhi! Sorridi e non portare il broncio, non ne hai motivo! – dico alla fine, regalandole una bella espressione splendente.

 

Non so come, ma mi sa che grazie alle mie parole, qualcuno in questa stanza ha riacquistato fiducia in se stesso.

E’ una gran bella soddisfazione, vedere il volto della Turk, riapparire sereno.

Sarà tornata quella di sempre?

Decido subito di metterla alla prova con la scusa di avere un fortissimo mal di stomaco. Mi tengo l’addome per dare più attendibilità al tutto, ed insisto con la farsa finché non ricevo risposta:

 

- Non ci si ingozza a tarda sera come hai fatto tu!- sento replicarmi con durezza.

Adesso sì, che la riconosco!

Comincio a ridere così forte che ho quasi paura di svegliare qualcuno. Mi fingo ancora un po’ malaticcio, solo per il gusto di vedere l’espressione contrariata della mia compagna ma, ahimé, tra una farsa e l’altra, qualcosa di molto impellente mi costringe ad alzarmi di botto dalla sedia. Ho urgenza di raggiungere il bagno.

- Torno subito!- parlotto a denti stretti, reggendomi lo stomaco in preda ad una vera tempesta. Me la sono cercata. Così la prossima volta ci penserò due volte, prima di fingermi degente.

 

Esco dalla toilette del piano inferiore, dopo circa trenta minuti. Sono rinato!

 

Nel percorrere il tratto adiacente che va dall’androne alla cucina, nella penombra intravedo la sagoma di Tseng avviarsi su per le scale con tanto di Elena sul groppone. A stento riesco a trattenermi dal ridere. Vuoi vedere che quella bionda si è addormentata sulle assi del tavolo mentre aspettava il sottoscritto?  

Mi avvicino ai piedi del lungo scalone, per attirare l’attenzione del capo.

- Capo!- bisbiglio appena.

 

- Va a riposare, Reno.- replica lui, senza neanche voltarsi. L’avrò messo in difficoltà?

 

Se Elena fosse sveglia, si sentirebbe in tremendo imbarazzo. Però sono anche sicuro che le farebbe tanto piacere.

A momenti mi fa anche tenerezza vederla assopita sulla schiena della persona che ama.

Che Tseng abbia sentito la nostra conversazione?

Se così fosse, meglio! Almeno sentirebbe il dovere di rassicurarla, a suo modo, naturalmente. Ed Elena, dalla felicità, non stresserebbe più il sottoscritto. Anche se per quel tipino lì, niente fa differenza. Che sia raggiante o imbronciata, lei rimane senza eccezione la mia adorabile rompiscatole. 

 

Quando oramai tutto tace, decido di tornarmene a letto. Lo stomaco ha smesso di gorgogliare, ed io ho tremendamente sonno.

Entro nella mia camera e mi lascio cadere sul morbido giaciglio. Mi infilo poco alla volta sotto le coperte, affondando la testa nel cuscino, e cado in lungo sonno profondo.

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Lo so! Dovevo aggiornare il 5 (ovvero ieri)!!! Scusatemi tanto ragazzi! ;___;

Di chi è la colpa? Ma del divano, ovvio!

Che cosa centra un divano con il mio mancato aggiornamento? Centra, eccome se centra!

Dovete sapere che da manco una scarsa settimana, abbiamo comprato un divano nuovo da mettere nella mia camera. E’ uno di quei modelli belli comodi, a 3 posti più la penisola o “dormosa” (in effetti viene chiamata in tanti modi… Per farvi capire è una sporgenza, assai più lunga rispetto alle altre sedute, del terzo posto, ideale per distendersi e mettersi comodi.) Per farla breve, mi sono così innamorata di ‘sto sofà, che passo quasi mezza giornata là sopra. Ci scrivo, ci leggo, ci guardo la tv, ci gioco alla play, ci sento la musica, ci disegno, ci dormo… ed è per colpa di ‘sta vile ed ignobile cosa, se ieri non ho fatto l’aggiornamento! Da un po’ di tempo a questa parte, la notte faccio fatica a addormentarmi. La mattina ovviamente non ho proprio voglia di alzarmi… Ad un normale essere umano, bastano circa 8 ore di sonno, ma a me no!!! Io se non riposo almeno 9/10 ore, trascorro il resto della giornata vaneggiando in pieno! Comunque sia, avendo dormito poco durante la notte, ieri mi sono accoccolata sul divanetto nuovo (che tra l’altro puzza ancora di fabbrica… >-< Skikinai!) alle 14 e 30 circa, per poi riprendere conoscenza alle 18 passate! E vi assicuro che non avevo proprio voglia di collegarmi ad internet a quell’ora… (infatti la maggioranza di volte che entro in rete, è sempre intorno alle 15.)

Comunque, vi prometto che non mi farò più incantare da quel benedettissimo sofà! Anche se lo desideravo da tantissimo tempo… Oltretutto, è rigorosamente rosso! Tutto rosso! Na meraviglia! (Come i miei capelli, zo to! ‘Wnd Reno ) (Guarda che i miei lo sono molto di più dei tuoi quattro ciuffi spennacchiati. U_U nd HasH) ( Zo to?! o_O’ nd Reno)

 

Passando invece a TUTTI voi, come sempre vi ringrazio di cuore per le belle parole che mi scrivete nelle recensioni! Il vostro entusiasmo, mi permette di scrivere con una spensieratezza incredibile! Quando le dita scorrono veloci sulla tastiera, senza mai interrompersi, e con un susseguirsi di idee una dietro l’altra, è il massimo! Tutto ciò mi diverte un casino! XD

Volo via come il vento e… a presto!

Niko niko

                                                                                                      Botan

 

      

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Capitolo 9
*** Questo è un anno da dimenticare, senza dubbio! ***


CAPITOLO 8

                             CAPITOLO 8

 

 

 

 

 

Fuori c’è un temporale pazzesco.

Mi appoggio ai vetri della finestra, e resto lì immobile a fissare le goccioline d’acqua che s’infrangono sulle lastre.

Guardo il calendario appeso al muro. Oggi dovevamo andare alla fattoria dei Chocobo. Lei, vuole insegnarmi a cavalcarne uno. E’ bravissima. C’è cresciuta con quelle creature. Fatto sta però che la giornata di oggi andrà così. Con l’acquazzone che c’è, non si va da nessuna parte.

Sento ad un tratto una mano, calda e rassicurante, che mi consola accarezzandomi i capelli. Mi giro verso destra, e con un muso un po’ imbronciato osservo il suo raggiante sorriso.

 

- Andremo domani!- sussurra con un tono dolce e sereno.

 

- E se poi piove?- domando un po’ crucciato, da bravo bambino imbronciato.

 

- Vorrà dire che chiederò al signore dei fulmini di rinviare l’acquazzone! – mi ribatte con garbo. Ho sette anni, e non credo più a queste banali favolette per mocciosi! Tutto sommato però, le sue parole mi fanno tornare il sorriso.

 

- E’ una promessa?

 

- E’ una promessa!- esclama scompigliandomi la buffa zazzera rossa che mi porto in testa fin dalla nascita. 

 

Il giorno dopo il cielo era sereno, nemmeno una nuvola ad oscurare il bellissimo sole che irradiava l’intera cittadina di Kalm.

Quello stesso giorno però, la mamma non tenne fede alla promessa, e mi lasciò per sempre.

 

 

 

Riapro gli occhi all’improvviso. Ho il cuore che mi batte all’impazzata.

Era da tanto tempo che non rivivevo in sogno il giorno di quella promessa che purtroppo non tornerà più.

Forse mia madre voleva dirmi qualcosa?

No. Dubito che sia così. Sarà stato il discorso di ieri sulla piccola Ririn, a riaccendere i penosi ricordi legati a quel tempo lontano.

 

Do un’occhiata all’orologio.

Segna le nove.

Da oggi cominciano le mie due settimane di punizione e… monotonia.

Se non potrò indossare i panni da Turk, dovrò pur sempre cercare di dare un senso alle mie giornate, no?

Dopo essermi lavato e pettinato, scendo di sotto.

Do il buongiorno al mio amico pelato che se ne sta in cucina a fare colazione e che, con gran semplicità, mi esclama:

- Ne vuoi?

 

Lo fisso spiazzato, mentre mi punta contro due cetriolini infilzati dalla lama di un coltello.

Li guardo immediatamente con disgusto, ed indietreggio di qualche metro.

- Togli quei cosi dalla mia vista, zo to!- gli urlo come un pazzo.

 

- Qualche problema?

 

- No!- ribatto secco, cercando di essere credibile.

 

Il tempo di girarmi, e vedo venirmi contro un paio di arnesi. Secchio e scopa, per essere precisi.

Fisso Elena, che imperterrita, continua a premermeli sul petto affinché io li afferri. Lo faccio senza fiatare, gettandole però una rapida occhiataccia. Già in divisa, pettinata e profumata, come sempre in ordine. Mi ritorna alla mente il dialogo della notte che ci ha tenuto alzati fino alle tre e tre quarti. E pensare che in quel momento lei era così fragile… Adesso sembra essersi piuttosto ripresa. Forse anche troppo.

- Come fai ad essere impeccabile anche oggi, con questa tremenda arsura? E poi che ci faccio con questi?- domando cercando di essere gentile.

 

- Li usi per pulire i pavimenti, ovvio. – Che cosa?!

Mi volto verso Rude, cercando di non prestare attenzione al barattolo di sottaceti che c’è sul tavolo, e aspetto che lui dica qualcosa a mio favore.

Il suo volto è rigido, tanto da sembrare una statua di cera. 

Così non ci siamo!

 

- Non sono mica il vostro sguattero?!- Poi non dovrei essere in convalescenza? Ho pur sempre rischiato la vita per salvare quella benedetta missione, diamine! Un po’ di gratitudine! - Invece di onorare la mia impresa, voi che fate? Mi mettete a lustrare!?

 

- Dovrai pur sempre renderti utile alla Compagnia, in queste settimane.

 

- Pulendo i cessi, Elena?! Sono un Turk! I Turks svolgono compiti di un certo rango…! Questa è roba da lavapiatti! 

 

- Due settimane passano in fretta.

 

- Significa che mi stai scaricando anche tu, Rude? Roba da matti! Ma tu non puoi allearti con quella megera bionda! Mi hai sempre appoggiato in tutto, ricordi?!

 

- Avevamo pensato che farti restare con le mani in mano, non ti avrebbe fatto molto piacere. - Stavolta è Tseng a dire la sua. Mi giro verso di lui, e cerco almeno di esporgli la mia idea:

 

- Questo posto è enorme! Mi spaccherò la schiena che tra l’altro è già squarciata di suo…- Il taglio si sarà pure sanato, ma il dolore no!

 

- Hai due settimane a disposizione. Prenditi pure tutte le pause che reputi necessarie. – espone lui, bevendosi con calma una mezza tazzina di caffé.

Ho le mani legate. Se Tseng mi ordina di fare qualcosa, io devo obbedirgli. Gli ho giurato fedeltà in tutto e per tutto… anche nell’ambito domestico.

 

E così che inizia per me un periodo fatto di riposo e… pulizie.

 

Questo posto anche se non sembra, a momenti vien giù a pezzi. Ci sono crepe un po’ ovunque, inoltre la quantità di erbacce e di fogliame che ho raccatto da una stanza all’altra, è impressionante. Finora ho pulito quasi tutti i pavimenti della struttura, scale comprese. Ho rimosso le schifezze dal piazzale, e lucidato perfino le vetrate. Mi sono occupato anche delle moto parcheggiate nel garage qui affianco. Completamente imbrattate di polvere e un po’ sudice, dato che raramente vengono usate. Ho aiutato pure Rude a lavare la macchina. E’ venuta una bellezza. La carrozzeria nera non fa altro che risplendere accarezzata dai raggi del sole.

Oggi fa un caldo che non si respira. Infatti giro per casa indossando solamente un paio di jeans molto leggeri, che ho risvoltato fino all’altezza delle ginocchia, un po’ per praticità. Inutile dire che Elena ha criticato il mio abbigliamento dicendomi che sembravo uno scaricatore di porto. Ah, dimenticavo. Ha pure aggiunto con quell’aria saccente che si ritrova, “Non sei in spiaggia”.

 

E’ oramai tardo pomeriggio. Sono chiuso nello sgabuzzino del primo piano a fare un po’ d’ordine con un espressione alquanto esasperata. Ci sono quintali di oggetti praticamente inutili e malandati. Partendo dalle coperte, fino ad alcune borse di acqua calda di proprietà del Sanatorium. 

Mi accingo a gettare via tutto ciò che non serve, infilandolo all’interno di un grosso sacco nero. Sarà compito di Rude, buttarlo poi in qualche cassonetto lungo la strada per la città.

La polvere che si leva in volo al passaggio della scopa, è spaventosa. Mi faccio aria sventolando la mano davanti alla faccia, e continuo senza intervalli la mia traversata. Tolgo uno strato di polvere tra uno scaffale e l’altro, e sistemo alla meglio una pila di scatoloni accasciati a terra qua e là. E’ incredibile lo spazio che sono riuscito a ricavare. Il pavimento di questo sgabuzzino è così pulito che ci si può anche mangiare. I miei colleghi dovrebbero intitolarmi una via, per tutto il lavoro sporco che sono stato costretto a svolgere!

Nel frattempo in cui mi asciugo la fronte piena di sudore con un braccio, la porta alle mie spalle si spalanca di colpo.

 

- Eccoti, finalmente! Non hai sentito che ti chiamavo?

E’ appena arrivata Elena a rompere le scatole, come di consueto. In questa settimana non ha fatto altro.

 

Mi appoggio le mani sui fianchi, un po’ seccato dalla sua intrusione.

- Una volta tanto che riesco a trovarmi uno spaziettto che mi isoli completamente da te, tu vieni a farmi il predicozzo anche qui! Se questa non è una persecuzione…! – sbotto con lo sguardo al soffitto.

 

- Questo posto ha sicuramente un aspetto più decente, rispetto a prima.- emette. Rigida e formale come sempre. 

 

- L’hai notato, eh? Prostrati ai miei piedi, ed esprimimi riconoscenza! E’ il solo modo per compensare le mie fatiche.  

 

Figuriamo se poi questa mi ascolta.

 

- Sai per caso dove sono le mie valigie?- domanda, ignorando completamente le parole del sottoscritto.

 

- Hai intenzione di partire, zo to?- dico un po’ per gioco. Pensando che sia uno scherzo. 

 

- Andiamo alla Costa del Sol.

 

La fronte mi si riempie di grinze. Evidentemente la notizia mi ha scioccato.

- “Andiamo”?- scandisco con perplessità.

 

- Partiamo tra due ore.

 

Ancora una volta vengo colto alla sprovvista.

- Andiamo, partiamo… Si può sapere con chi ci vai e perché me lo vieni a dire proprio adesso?- replico con tono un po’ incazzato. ” Vuoi vedere che fugge con Tseng?”, penso. Poi ci rifletto su. Elena da sola con il capo? No, lo trovo alquanto improbabile! Ha problemi a restare da sola con me, figuriamo con la persona che ama!

 

- Il presidente Rufus ha ricevuto l’invito da parte di un amico del padre, che gli ha proposto di progettare personalmente la pianificazione della nuova base.- mi dice in un botto. Ho sentito bene?

 

- Hey, frena! – esclamo tutto frastornato- Significa che tra non molto partiremo per la Costa del Sol, zo to?- non so se eccitarmi all’idea del viaggio improvviso, oppure incazzarmi come al solito perché ho solamente due ore per prepararmi.- Corro immediatamente a darmi una ripulita!

Faccio per uscire, ma vengo subito bloccato.

 

- Quando ho detto “andiamo”…-premette Elena- non mi riferivo anche a te…-pronuncia appena, con palese timore.

 

Sono pronto a scagliargli un’occhiata sospetta:

- Puoi… ripetere?

 

Vedo i miei sogni finire letteralmente in frantumi.

 

 

Ecco, lo sapevo!

Questo è un anno da dimenticare, senza dubbio!

 

 

- Ma perché non posso venire anche io?!

La mia voce risuona per tutta la struttura.

Mi sto battendo come un matto per ottenere da Tseng il permesso di partire con loro.

Finora ho collezionato soltanto buchi nell’acqua.

 

- Sei stato temporaneamente dimesso dai tuoi incarichi da Turk. Non puoi venire con noi.

 

- Sarò il vostro facchino! Pulirò, laverò, asciugherò ed espierò i miei peccati, ma portatemi con voi! – supplico il capo congiungendo le mani come se stessi pregando. Capisco però dalla sua faccia che non ho nessuna speranza di partire per la Costa del Sol.

 

- Staremo via solo una settimana. Non ti perderai nulla. - esclama Rude, consolandomi con una pacca sulla spalla.

 

Lo guardo con gli occhi lucidi:

- Una settimana di sole, mare e belle ragazze! Ecco quello che mi perderò, zo to!

 

Inutile aggiungere altro.

 

Dopo l’ennesima raccomandazione da parte di Elena di non mandare a picco il Sanatorium, li osservo andarsene via a bordo dell’auto, e lasciarmi in completa solitudine.

Fare uno strappo alla regola ogni tanto non farebbe male. Tuttavia, mi rendo conto che il capo aveva le mani legate. Una sospensione è pur sempre una sospensione. E anche se Reno è quello che ci rimette, il codice va pur sempre rispettato.

 

Il sole ha lasciato spazio ad una luna grandissima. Dopo averle lanciato un saluto, mi accingo a rimettere piede in casa.

Per uno che ama la compagnia, non sarà facile trascorrere una settimana all’interno di un posto così grande e… isolato dal resto del mondo.

A pensarci mi deprimo.

Per cominciare penso proprio che una bella doccia sia l’ideale per farmi tornare il sorriso, e lavare via una giornata così orrenda.

Chiudo la porta alle mie spalle sbarrandola per bene, controllo che tutto sia in ordine e mi avvio su per le scale.

Proseguo lungo il corridoio che dà accesso alle nostre camere, e m’infilo nella mia. Tutto tace attorno a me. Tutto è quieto. Un po’ troppo per i miei gusti.

Una volta aperto il rubinetto della doccia, e gettato il jeans a casaccio sul letto, mi lascio avvolgere dal caldo tepore del getto d’acqua.

Tra una cosa e l’altra, ho dimenticato di sciogliermi i capelli. Tiro via l’elastico che li tiene legati, e nel frattempo me lo infilo tra i denti.

Se c’è una cosa che riesce davvero a calmarmi, è la sensazione dell’acqua che scorre sulla pelle, e ti filtra attraevo la chioma. Quando sono stanco o semplicemente nervoso, basta una semplice doccia, e tutto assume una piega sicuramente migliore. Non si può certo dire la stessa cosa per la bolletta…    

Mi lavo per bene col sapone comprato a Midgar, e successivamente, scavalcando lo scalino della conca e poggiando la gamba sinistra sul pavimento, mi spingo in avanti per afferrare un barattolo di crema per capelli dallo stipo di fronte. 

Senza un perché, sento l’istinto suggerirmi di voltare il capo sulla destra. Gli do retta quasi macchinalmente, ma qualcosa però va storto. Vedo un arnese abbastanza pesante, venirmi incontro. Non provo nemmeno a scansarlo. Oramai è tardi, e sono preso in pieno da quel coso. Portandomi d’istinto le mani al volto, le mie ugole iniziano a cantare dal dolore.

- Che cazzo?!

 

Scuoto il capo e tento di riprendermi, reprimendo per un attimo l’enorme fastidio che riconosco sul naso. Ho un minuto di smarrimento non appena i miei occhi si posano sulla finestra. Sono sempre più confuso, tant’è che tutto quanto mi sembra un sogno. Un incubo, direi!

Con il sangue che cola copioso dal naso, e in preda allo stupore, riesco a strillare a malapena l’unico nome della persona capace di compiere un simile gesto, e che mi sta proprio davanti:

- YUFFIEEEEE!!! – Che tu sia maledetta!!! - La finestra del mio bagno non è un portone!!!- esclamo scioccato, all’ancor più scioccata principessina di Wutai che mi fissa con un paio di occhietti allibiti. In seguito, i miei poveri timpani subiscono un violento shock dovuto ad uno dei suoi oramai celebri urli che mi scandiscono solamente un bel:

 

- MAIALE!!!!!

 

Con lo scatto di un felino, la vedo coprirsi il volto, rosso dalla vergogna, con gli avambracci.

Non sarà perché…

Abbasso lo sguardo sulle mie parti basse completamente sbandierate al vento, e quello ad urlare sono io.

 

- DIAMINE!!!!!

 

 

Esattamente sono seduto sul divanetto che c’è giù nel salone principale. Ho il capo all’insù e tento invano di arrestare l’afflusso di sangue che da venti minuti mi sta colando dal naso.

 

- Un altro fazzolettino?- esclama la timida vocina di Yuffie, intenta a sorreggerne una scatola.  

 

- No!- ribatto secco. – Piuttosto- cerco di squadrarla da capo a piedi continuando a non calare la testa, e con modi poco cordiali le domando- Che cavolo sei venuta a fare qui, zo to?! – e più di ogni altra cosa, per quale ragione ti catapulti sempre nel mio bagno, proprio quando ci sono io?! Ormai sta diventando un’abitudine!

 

- Volevo… vedere… come stavi.- dice sussurrando a tratti, cercando di nascondere lo sguardo qua e là.

 

- Puoi urlare un pochino? Sai, mi hanno appena tirato una bottiglia di collutorio in faccia…- E’ la seconda che rompi, piccola nana Wutaiana!

 

- Son passata a trovarti!- enuncia alzando la voce, tutta d’un fiato. – Tifa mi raccontato tutto e… e mi sono intrufolata qui!

 

- Entrando dalla finestra?- replico secco, inarcando di molto il sopracciglio sinistro - Sai a cosa serve una porta, vero, zo to? 

 

- Non volevo disturbare i tuoi colleghi… E poi un bravo ninja utilizza sempre le vie secondarie!

 

Mi stringo nelle spalle.

- In ogni caso, non avresti disturbato nessuno. Anche perché sono completamente… solo.

 

Vedo Yuffie sghignazzare.

- Sei stato ammutinato?!

 

- Più o meno

 

- Aah… capisco!- mi dice in seguito, tutta divertita.

 

Decido di tagliare questo ridicolo siparietto, e alla svelta.

- Senti…- riabbasso la testa pur continuando a tenere il fazzolettino di carta sotto il naso, e con decisione ribatto- Appurata questa tua curiosità, che ne diresti di alzare il sedere da questo divano e andartene via? Questa volta dalla porta d’ingresso, possibilmente!

Le indico l’uscita con un dito. – Vedi…? E’ quella!- concludo con un sorriso sbrigativo.

 

Yuffie d’un botto si rimette in piedi. Non sembra radiosa. Ho forse esagerato?

- Insensibile! Io ero davvero preoccupata per te! 

 

- La figlia del leader di Wutai, che si preoccupa di un Turk? Hai forse dimenticato tutto il male che la Shin-Ra a procurato alla tua coloratissima terra, zo to?! Non è che in realtà, sotto questo tuo comportamento tenero e carino, si nasconda dell’altro? Un doppio fine, per esempio!

 

- Mi ero sbagliata su di te! Devo ricredermi…! Sei uguale a tutti i cattivi della Shin-Ra!

 

Ok. Ho esagerato.

Vedo il ninja andar via con falcate spedite, e raggiungere l’ingresso.

Respiro lentamente, scuotendo la testa più volte. E’ inutile dirlo… Mi toccherà rimettere apposto la situazione. 

- Ok, ho esagerato, va bene così?- dico andandole amorevolmente incontro.

 

Ci fermiamo sull’uscio. Osservo i suoi occhi che mi stanno fissando.

- Stai sanguinando.- borbotta, indicando poi il rigoletto di sangue che vien giù dal mio naso.

Tocco le narici e accidentalmente m’imbratto le mani con il liquido rossastro.

 

- ccidenti! – impreco.

Sento ad un tratto qualcosa appoggiarmisi sul viso.

 

- Se ti abbassi un pochino, è meglio!- mormora la ninja, che si alza sulle punte tamponandomi la ferita con un fazzolettino.

Piegandomi leggermente sulle ginocchia, faccio in modo di portarmi alla sua altezza.

La osservo in silenzio mentre tutta occupata, mi pulisce gran parte di mento e labbra.     

Ho un sussulto improvviso.

Tuttavia, non riesco a capire il perché.

Sono spinto dalla curiosità di chiederle se un bel po’ di mesi fa, nel bel mezzo della notte, ha fatto irruzione in camera mia. Poi mi trattengo. Dopotutto, chissà cosa potrebbe pensare!

Malgrado ciò, non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Sono peggio di una calamita.

Forse perché il suo viso è troppo vicino al mio?

Inizio a sudare freddo, senza un motivo. La mia testa avanza verso la sua, avanza di tre, quattro, dieci centimetri alla volta.

Ma cosa sto facendo?! Non lo so nemmeno io. E’ questa la verità.

Mi do una scrollata, subito.

E’ pur sempre una ragazzina, diamine di un ragazzaccio!

 

- Va bene così, nanetta!- le dico frettolosamente, nella speranza di nascondere la mia espressione accalorata.

Tra di noi un velo gelido di silenzio è presto destinato a cadere. Entrambi ammutoliamo, immobili finché qualcosa non ci salva dalla ridicola situazione.

E’ il canto dei nostri stomaci che hanno iniziato a gorgogliare. Il volto della giovane Kisaragi s’infiamma. Io non posso fare altro che ridere divertito.

 

Per un Elena che va, c’è un Elena che viene!

 

Facciamo il punto della situazione.

I miei compagni sono partiti per la Costa del Sol, lasciandomi qui a fare la statua di cera.

Una compagnia mi farebbe effettivamente comodo. E in qualche modo, questa Yuffie arriva proprio al momento giusto.

Mi lancio in un sorriso diabolico, dopodichè le porgo una mano con modi galanti ma spontanei:

- Andiamo a mangiare, signorina?

 

 

 

Quant’è bello ingozzarsi in compagnia di qualcuno! Pure se questo “qualcuno” porta il nome di Yuffie.

C’ingoiamo all’unisono l’ultimo pezzetto di sandwich, accompagnandolo con un sorso d’acqua alla fine del pasto, e sempre all’unisono, accarezziamo infine le nostre pance abbastanza piene.

Sembra strano. Io e la piccola ninja che mangiamo insieme. E’ la prima volta che succede. Tutto sommato non mi dispiace per niente. E questo non va bene. Voglio dire… stiamo parlando di Yuffie, la ladruncola di Materia nonché abile lanciatrice di bottiglie di collutorio, e che per giunta è arrivata nel mio bagno nel bel mezzo di una doccia! Quell’episodio mi ha leggermente scombussolato. Mi ci è voluta mezz’ora per guardarle il visino come se nulla fosse successo. Una situazione veramente fastidiosa. 

 

- Quindi, se ho ben capito i tuoi colleghi sono partiti per la Costa del Sol, giusto?- mi domanda lei, pulendosi la bocca con un tovagliolo e i modi teneri.

 

Faccio più volte sì con la testa, assumendo un’aria sconsolata per farmi compatire.

- A quest’ora saranno già lì…- bofonchio osservando l’orologio. La figlia di Godo Kisaragi fa altrettanto.

 

- Suvvia! Non farne un dramma!

 

Le lancio all’istante un’occhiataccia:

- Non farne un dramma?! Loro si godono le bellezze di quel posto, e io sto qui a fare la muffa! Ti sembra giusto, zo to?- Oltretutto siamo nell’alta stagione! Sai che spettacolo quel luogo? -Comunque… parliamo d’altro! Quest’argomento mi mette di cattivo umore.

 

Non appena ritorno con lo sguardo sulla mia ospite, noto che quest’ultima non c’è più. Al suo posto, la sedia vuota mi fa stramazzare.

 

- Caspita! E’ bella grossa!- sento esclamare all’improvviso alle mie spalle. Sobbalzo dallo spavento. Accidenti! Me l’ha fatta di nuovo!

 

- Non farlo mai più! Mi hai fatto prendere un colpo! – dico con voce stridente e con l’espressione di chi non ha gradito lo scherzo.

 

Non avendo nessuna maglietta a coprirmi il torace, la ferita è pressoché scoperta.

 

- Ti fa male?- sento dirmi da lei, con una vocina tutta tenera.

 

- A volta sì, altre volte solo un pochino. In questo momento ad esempio, mi brucia.- ed è davvero insopportabile! Quanto vorrei qualcosa di fresco…!

Detto fatto. Qualche istante e una leggera arietta mi s’infrange sulla zona dolente. Faccio per girarmi, ma un paio di mani mi si poggiano sul dorso, per bloccarmi.

 

- Rilassati e stai fermo per un po’. Soffiando sulla ferita non risolverò di certo il problema, ma se non altro avvertirai un po’ di sollievo!- esclama la ninja impertinente, stavolta lasciandomi di stucco.

 

Decido di non ribattere, e la lascio fare.

Non so perché, ma mi sento inspiegabilmente disteso. Inoltre il peso delle sue mani sulla mia schiena, non mi dà per niente fastidio. Anzi, è addirittura piacevole. Sembra essere lo stesso di mia madre. Già, il calore è incredibilmente lo stesso.

A poco a poco sto lasciandomi andare coccolato dal soffio che fuoriesce dalla sua bocca. Cerco di non chiudere gli occhi, per paura di addormentarmi, ma sono così rilassato che non riesco ad evitare che si abbassino.

Sto talmente bene che decido di farla continuare lo stesso, nonostante il bruciore sia del tutto cessato.

Il piacevole momento prosegue finché il suono della sua voce non lo interrompe.

- Va meglio, vero?

 

Mi mostro un po’ disinteressato alla cosa, e per non darle troppa importanza le rispondo appena con un misero si.

 

- Bene! Allora sono 2000 gil!

Lo sapevo! E’ qui solo spillarmi gil! Altro che preoccupata…!

Parte un singhiozzo strozzato dritto dalla mia gola:

- Cosa?! 2000 gil?! Per un po’ di venticello? E poi non mi avevi detto che avrei dovuto pagarti!

 

- Oh beh, quello era un dettaglio!- Un “dettaglio” piuttosto costoso, direi…!

 

- Con 2000 gil mi ci compro la luna!

 

Yuffie mi squadra per un po’, in seguito esclama:

- Magari la si potesse comprare!

 

- Non dirmi che vorresti averla tutta per te…

 

Vedo il suo musino controbattere con un sorriso un po’ furbetto.

 

- Eh già!- esclama mostrandomi la punta della lingua con spiritosaggine.

 

Scommettiamo che riesco a stupirla, zo to?

Con grande baldanza le pronuncio:

- Io ce l’ho!

 

Osservo il viso della ninja contorcersi dallo stupore. Dopo avermi fissato con insistenza, si trascina irritata le mani sui fianchi.

- Figuriamoci se uno spiantato come te, possiede una cosa così irraggiungibile! Eccetto che la Shin-Ra non abbia deciso di comprarsela…!- sbotta crucciata e un po’ invidiosa.

 

Raccolgo la palla al balzo e replico all’istante. Lasciarsi sfuggire una simile occasione, sarebbe da idioti!

- Infatti appartiene alla Shin-Ra che se l’è comprata! – In realtà la Compagnia si è comprata questa struttura che affaccia sul romantico satellite, ma di sicuro non il satellite stesso…

Il volto di Yuffie è piuttosto perplesso. Si sarà bevuta la frottola??

Quante persone crederebbero a questa ridicola balla inventata di sana pianta? E’ vero, ciò che il presidente Rufus desidera, il presidente Rufus ottiene, ma da qui all’acquisto di un intero globo terrestre, ce ne vuole!

Sbando non appena sento pigolarmi all’improvviso:

- Dici sul serio?

Il faccino della principessa è sbiancato di colpo.

Per favore… non ditemi che questa sempliciotta ci è cascata sul serio?! La guardo ancora, e ancora. Se l’è bevuta!

Più la osservo e più l’idea di portare avanti questa commedia, si fissa nella mia mente. Dopotutto, con un soggetto simile sarà una piacevole passeggiata.     

 

A questo punto passiamo ai fatti!  Per stupirla di più, decido di portarla con me sulla loggia del palazzone.

Con un inchino le porgo galantemente una mano:

- Andiamo?

 

- Dove?- sento ribattere con tono indeciso.

 

- A vedere la luna!

 

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Oggi è il 5 e questa volta sono riuscita ad aggiornare regolarmente la mia fanfiction!

Purtroppo però vi devo dare una notizia che forse a molti di voi non piacerà granché… Per il prossimo mese molto probabilmente non potrò aggiornare perché da diverse settimane  mi sono successe un po’ di cose non tanto piacevoli che mi hanno completamente devitalizzato… In primis mio nonno è finito in ospedale ed è stato davvero molto male, e se a lui succede qualcosa di brutto, io non riesco a combinare un bel nulla. Mi passa la voglia di fare qualsiasi cosa… perfino cantare. E pensate che io adoro farlo! Lo faccio come minimo una volta al giorno, senza stancarmi mai… ma quando mio nonno è stato male, ho smesso di cantare per più di 15 giorni… Quell’uomo per me è TUTTO! In aggiunta, tra un mese dovrò affrontare degli esami scolastici e, con tutti questi problemi non sono neppure riuscita a studiare come si deve. Ecco perché mi sono imposta di farlo ora, restando tranquilla a casa, china sui libri come una perfetta secchiona. E poi, la mia salute sia psicologica che fisica, se n’è andata a quel paese…! Ah, ma poi, quando fa comodo a lei, torna, resta con me per tre o quattro giorni, e parte un’altra volta…! E’ un continuo andirivieni che mi sta veramente sfiancando…

Le uniche cose che ultimamente mi fanno ancora sorridere, sono mia madre, il mio piccolo HasH, la serie di Garo e naturalmente Reno e la mia Red Head! Se non fosse per quest’ultima, per le altre storie che sto scrivendo, e per tutto ciò che mi fa ridere, mi sentirei persa, smarrita ed abbattuta più che mai.

Ringrazio voi tutti per le recensioni che mi lasciate ad ogni capitolo, e che mi convincono a fare sempre di più e sempre meglio! Siete per me un gran, gran sostegno!

Spero di ritornare molto presto con un prossimo aggiornamento, e naturalmente spero anche di trovarvi tutti lì, in attesa di leggere nuovi capitoli della mia fanfiction!

Niko niko,

 

                                                                                                                    Botan    

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Capitolo 10
*** Come un fiore, come la danza di una farfalla ***


CAPITOLO 9

CAPITOLO 9

 

 

 

Yuffie è sicuramente dubbiosa. Mi sta fissando con aria infida, abbastanza sospetta e indecisa.  Saetta lo sguardo attorno al perimetro che la circonda, e dopo un attimo iniziale di tentennamento, si fa capace.

Con gli occhi di una bambina intimorita, mi protende la mano un po’ tremante e sudaticcia. La cingo all’istante nella mia, e il gioco è fatto!

Nel frattempo in cui ci avviamo su per le scale, di tanto in tanto le getto un’occhiata furtiva.

E’ tesa quasi quanto una corda di violino, ma curiosa. Si starà sentendo come una bambina che sa di aver disubbidito ai genitori accettando l’invito di uno sconosciuto, ma che allo stesso tempo freme dalla curiosità di sapere dov’è che la condurranno quelle scale.

Dopo diversi passi, ci fermiamo davanti alla porta della mia camera. La spalanco senza pormi tanti problemi, ed è il letto, la prima cosa a farci capolino dall’uscio. Odo qualcosa di molto simile ad un guaito sommesso. Proviene proprio da Yuffie.

 

- Non avevi detto la loggia? - mi sento domandare da lei, così, alla sprovvista.

 

- Prendo prima qualcosa da mettermi addosso. Non voglio di certo beccarmi un accidenti, lassù.- le mormoro sbrigativo, senza scompormi di una sola virgola. Infondo, non c'è nessun motivo di farlo. 

 

Sto per entrare, ma prima di farlo getto un’occhiata alle mie spalle: - Che fai, resti li?- domando alla nanetta che, immobile come una statua di cera, sosta sul ciglio della porta. La vedo arretrare di scatto, furtivamente, con aria tutt’altro amichevole non appena i miei occhi si posano su di lei. Alzo la testa al soffitto:

- Per carità!- esclamo- Non avrai mica pensato che io…- sibilo puntandomi un dito in faccia, con lo sguardo un po’ infastidito e allibito - Non sono il tipo di ragazzo che adesca usando il banale trucchetto della luna! Poi te l’ho già detto un centinaio di volte… Le ragazzine come te, non fanno per me! - Però, fa anche rima! Potrei adottarlo come mio slogan personale...!    

 

Mi avvio dritto per la mia strada, uscendo dalla stanza dopo un paio di minuti. Giusto il tempo di infilarmi una camicia bianca.

- Le scale che portano alla terrazza sono al secondo piano.- dico con voce fredda. Indico la fine del corridoio, e parto lasciandomi alle spalle la capricciosa ragazzinac. Soltanto dopo un po’, avverto il suono dei suoi passi farsi sempre più vicini e raggiungermi.

 

- Alla buon’ora, zo to! – borbotto con un pizzico di ironia pungente.

 

Siamo giunti ai piedi della scaletta di ferro che conduce in terrazzo.

Saliamo per l’ennesima volta un’altra rampa di gradini, e alla fine dell’ultimo, mi arresto proprio d’innanzi alla piccola porticina di metallo che conduce fuori. Giro il pomello arrugginito e spingo l’asse oramai deteriorato verso l’esterno. Il cigolio improvviso dei cardini arrugginiti ci fa sobbalzare. Inoltre, la puzza stagnante di ruggine e muffa che c’è qui, non è per niente piacevole. Lo scenario di decadenza cambia radicalmente quando il portone si spalanca del tutto e veniamo letteralmente folgorati da una magnifica luna incastonata in una cornice di stelle che ci lascia senza respiro.

 

- Wow! – esclama Yuffie, fermandosi di botto davanti a quel maestoso spettacolo.

Le osservo il faccino che sembra scoppiare di gioia da un momento all’altro, e sono fiero di me. Negli occhi della piccola Wutaiana si ergono uno sfavillio di stelle che rende quelle iridi color nocciola ancora più irresistibili. E quel nasino impertinente, poi… mi fa ribollire come un matto scalmanato!

Sento il cuore palpitarmi all’improvviso, seguito da una strana sensazione alle viscere che mi travolge completamente, mi appesantisce, mi graffia letteralmente la schiena, mi lascia di stucco. Di vero stucco. 

Dibatto il capo cercando di scrollarmi di dosso quest’anomalo sintomo, e con spavalderia m’impunto le mani sui fianchi:

- Che cosa ti avevo detto?- esclamo per pavoneggiarmi ai suoi occhi- Adesso mi credi, no?

 

In un attimo la vedo raggiungere il basso muretto del terrazzo che funge da balaustra, e sporgersi da esso tanto quasi da cadere di sotto.

La raggiungo senza tanti preamboli, afferrandola saldamente per un braccio affinché non cada.

- Hey! Attenta! Non vorrai mica spiaccicarti al suolo proprio davanti ai miei occhi? – Non ci tengo ad avere uno spiritello rabbioso che mi gironzola per casa!

I nostri sguardi s’incrociano fuggevolmente, ed io mi sento avvampare dentro come non mai. Le mollo l’arto quasi senza riflettere, come per proteggermi da lei, e da questa balorda sensazione che mi mette a disagio. Mi infilo le mani in tasca sforzando di reprime i folli pensieri che mi frullano in testa, e guardo su. Molto su.

 

Ma che cazzo mi è preso all’improvviso?!

 

Devo darmi una controllata, dannazione! E’ solo una ragazzetta!

Ed io… Io non so che fare.

Perché? È la prima volta che non so come agire, come comportarmi. Di solito per me è sempre la solita routine… Mi piace una ragazza? Mi attrae fisicamente? Bene! Che problema c’è? Le vado dritto incontro, me la prendo tra le braccia, e ci provo! 

Non è poi così difficile farla cadere nella mia pericolosa trappola. Alla fine raggiungo sempre i miei scopi.

Yuffie però mi fa incespicare maledettamente.

Sono interdetto. Dovrei rapirla, innescare proprio una di quelle trappole, avvicinarmi pericolosamente a lei, ma non mi viene! 

Forse perché all’interno della mia fervida menta, lei mi appare come una bambina? 

Non voglio assolutamente sentirmi il lupo cattivo della situazione…! E poi, siamo qui a goderci questo cielo. Punto. E solo una compagnia. Niente di più.

 

Mi accomodo sul muretto della balaustra, lasciandomi trasportare dalla luce magnetica del satellite luminoso.

E’ davvero una bella sensazione. Inoltre, adesso che ci penso, è la prima volta da quando sono qui, che condivido questo spettacolo con qualcuno. Nemmeno Rude, il mio migliore amico, è mai giunto fin quassù. Tanto meno Elena.

 

Resto ammutolito per un po’, e a quanto pare nemmenoYuffie ha intenzione di spezzare questo surreale clima fatato. Poi però, senza un perché, ad un tratto esclama:

 

- Tu sei diverso dagli altri!

 

Scatto con il capo verso di lei, allibito in pieno:

 

- Diverso?- replico fissandola con sorpresa.

 

- Con i tuoi capelli, ravvivi tutto il pianeta! 

 

Indirizzo un’occhiata alla mia zazzera ribelle.

Non sarà per questo, che continua a starmi dietro? 

Lì per lì non capisco il significato delle sue parole, poi in seguito mi viene spiegato.

 

- Nei viaggi che faccio, spesso mi soffermo ad osservare le persone, appollaiata su di un tetto o semplicemente su qualche muretto abbastanza alto.- mi rivela, dopo essersi seduta sul bordo del parapetto - Mi piace vedere la gente che passa di lì. Dopo un po’ però mi stanco, comincio ad immusonirmi e divento triste. – la ragazza si piega leggermente all’indietro, sollevando la testa all’insù. La fisso celatamente, un po’ per vergogna un po’ per orgoglio. Ha lo sguardo perso qua e la tra i meandri del cielo tinto di blu, per giunta con un’espressione davvero curiosa che però suscita in me una forte suggestione. Colpa di quel profilo che le mette in evidenza il naso, ovvio.

Per fortuna che le sue parole smorzano sul nascere una mia pericolosa voglia, e mi anticipano: – Le persone di questo posto sono tutte così uguali.- sospira appena- Ognuna sembra la copia dell’altra. La maggior parte indossa abiti scuri, e sono sempre di corsa! Mai scanzonate, e con il viso quasi spento. Sembra che nessuno si goda veramente la vita. Soprattutto qui a Midgar. – Yuffie mi si volta, con il capo leggermente curvato fa una faccia strana - Cos’hai? Non ti senti bene?

 

Su di me scende il gelo. Inizio a sudare freddo.

- P-perché ?- domando facendo finta di niente. E credetemi… non è facile.

 

La nana solleva le spalle.

- Non so, ma ti vedo strano.- bofonchia alzando lo sguardo alla volta celeste.

La seguo a ruota, tergiversando.

 

- Vuoi dire che io sono unico? Non sono uno dei tanti cloni che vedi nei tuoi viaggi? – le domando in seguito, giusto per cambiare argomento e trarmi dal brutto disagio. 

 

Peccato però che esplodo definitivamente non appena sento esclamare da lei: - Tu sei il colore di questa terra arida! 

 

Quanto mi sorprende ‘sta tipa qui…!

La botta peggiore  è vederla sorridermi con l’allegria di chi affronta la vita sempre con spensieratezza e buon umore.

Trabocco. Sono la goccia che trabocca dal vaso colmo d’acqua, e va giù, in picchiata.

“SPLASH” sento addirittura nella mia testa.

Non mi controllo più. Il mio cervello sta prendendo una strada tutta sua… che mi trascinerà nel baratro, sicuramente! 

Faccio qualcosa per salvarmi, alzandomi di botto e mostrandole le spalle. Se non la guardo, forse mi passa. Rido quasi a stento per non dare troppo nell’occhio, e ribatto a voce tesa:

- Sono il colore, zo to?

La voce mi avrà tradito? L’istinto mi urla di girarmi verso di lei, andarle incontro, e stringerla così tanto da trasferire l’odore della sua pelle sui tessuti della mia camicia. Tuttavia, la buona provvidenza mi salva ancora una volta. La sua risposta trattiene il mio spirito bollente tanto da non fargli  commettere nessun cattivo reato:

 

- Sarei in grado di riconoscerti tra mille, grazie al colore dei tuoi capelli! Sono in pochi ad averli così! Oltretutto, io amo il colore! Mi fa stare bene, mi rende allegra, mi fa ridere... Quando c'è colore in un luogo buio, l'oscurità non fa più tanta paura! 

 

Rimango interdetto. Le mie gambe vorrebbero muoversi, la mia testa al contrario gli ordina di non farlo.

 

- Non ti montare la testa, però! Rimani pur sempre un Turk! - sento esclamare in seguito. Questa frase mi stizzisce.

 

Me ne resto fermo, con i piedi impuntati al suolo, decisamente risentito.

- Con questo, cosa vorresti dire?- domando con una voce minacciosa.

Quando fa così, m’indispettisce terribilmente! Tanto che la voglia di stringerla a me, si è tramutata nella voglia di scricchiolarle le ossa con un solo colpo. Spazzo via i cattivi pensieri, ma da lei non ottengo risposta.

 

E tutti sanno, che questo proprio non lo sopporto!

 

Mi piego in avanti con l’intento di farle una sonora lavata di capo, ma un paio di ciuffi mi finiscono giù, a penzoloni lungo il collo e oltre, fino ad incorniciarmi il viso.

Tra una cosa e l’altra ho scordato di legare la zazzera nel solito codino che sfoggio.  

Decido di farlo adesso. Prendo un elastico dal taschino dei pantaloni, gli faccio compiere diversi giri attorno al lungo codino e…puff! La molla si spezza.

 

- Perfetto!- bofonchio alzando frustrato lo sguardo.

 

Sento afferrarmi da dietro, all’improvviso.

 

- Che succede?! - Sobbalzo per lo spavento e mi giro di scatto.

 

Yuffie è proprio d’innanzi a me. Alle sue spalle, una magnifica luna gli fa da sfondo, incorniciandola perfettamente.

Sento il suo respiro posarsi sulla pelle scoperta del mio torace, gentilmente. Proprio quando sto per abbracciarla, qualcosa di piccolo mi appare sotto il naso. E’ un elastico.

 

- Posso legarteli io, se vuoi!- propone la nana, spiazzandomi per la centesima volta. – Così avrò l’onore di toccarti la zazzera colorata!

 

Sospiro e osservo l’oggetto un po’ per capire se possa andar bene, e un po’ per capire se lo sguardo di Yuffie sia sincero.

A giudicare dall’espressione gentile, direi proprio di sì.    

 Non commento, e stringendomi con strafottenza nelle spalle le rispondo:

- Se ci tieni così tanto… prego.

 

Mi volto appena di schiena per darle l’aggio di legare a dovere la zazzera.

Sono salvo grazie a una molla. E’ vergognoso.

D’ora in poi devo stare più attento. Devo darmi una calmata, e subito! Sembro un treno impazzito, miseria!!!

Faccio finta di non pensare a quelle esili dita che mi attraversano i capelli come un pettine, solleticandomi piacevolmente la nuca, e a codino ultimato le domando:

- Devo pagarti anche per questo? Oppure lo considero come un regalo personale?

 

Yuffie si finge perplessa, poi con semplicità afferma:

- Consideralo un favore, e basta! Però per la compagnia che ti ho fatto, esigo almeno una Materia!- sbotta. Poi aggiunge - di quelle rare, s’intende!- S’intende!

 

Replico quasi all’istante:

- “Compagnia”?- Ma tu riesci sempre a trovare un motivo per scucirmi qualcosa? Dopotutto, rimani pur sempre una ladruncola.

 

Osservo Yuffie sedersi a cavalcioni sul muretto.

- Non era a questo che miravi, forse? Tutti sono via, tu sei solo e la cosa non ti fa piacere. Poi arrivo io, mi inviti a mangiare con te e t’inventi la storiella della luna! Semplice, vero? – Anche troppo per una furbastrella come te! Mi ha fregato anche questa volta. E’ inaccettabile! 

Mai sottovalutare un ninja che finge di essere tonto! L’ho imparato a mie spese, passando da cacciatore a preda in un istante. E non è di certo la prima volta che me lo fa sotto il naso. Ricordo ancora con rabbia l’episodio del supermarket.

 

- Sei proprio un rospetto dispettoso…- bofonchio guardandola in malo modo.

 

- Allora? Dov’è la mia Materia?- reclama incrociando le braccia al petto con un’aria insolente. – Ah- aggiunge con tono saputello- e non dirmi che non ne hai nemmeno una, perché sarebbe inutile! Voi della Shin-Ra ne siete pieni fino al collo! 

 

Lo ribadisco per l’ennesima volta: altro che preoccupata! Questa qui mi vuole soltanto ripulire!

Sollevo le braccia all’insù.

- Ok, ok! Ho capito, zo to!

 

Scendo le scale, per poi risalirle in seguito ancora una volta. Guarda caso ne ho proprio una in tasca. 

 

Arrivo davanti a lei con una punta di fiatone, e le metto tra le mani l’agognata sfera.

 

- Contenta adesso?

 

Il visino di Yuffie si storce all’istante non appena, schiudendo le mani, avvista l’oggetto.

- Avevo detto rara! Una Materia rara! Cosa me ne faccio di questa?– scandisce con voce delusa e adirata.- Una normalissima magic fire Materia, non mi fruttera un bel niente! Non ha nessun valore!

 

- Ma non ti piaceva il rosso del fuoco? Così quando la usi, lo vedi!– faccio scherzando- Se non altro ti ricorderai di me e della mia capigliatura! E poi le Materia fire hanno all’incirca un valore di 200 gil. – Buttali via!

 

Deduco la sua delusione dalla faccia amareggiata che mi sta sfoggiando di proposito.

Si comporta esattamente come una bimba a cui non l’è stato regalo ciò che voleva.

Per certi versi mi fa rabbia. Ma al tempo stesso mi piace.

Perché questo piccolo demonio, mi mette sempre confusione?

Inaspettatamente però, la smorfia crucciata che le marca la faccia, si affievolisce, lasciando così spazio a qualcosa di ben più dolce come un tenero sorriso.

- La conserverò gelosamente! Così quando osserverò il viavai della gente e mi verrà la malinconia, mi rallegrerò guardandola! – annuncia abbracciando a sé la piccola sfera.

Proprio un tenero quadretto, non c’è che dire. Tuttavia, io resto impassibile… a fatica.

Per certi versi le sue movenze mi ricordano quelle di Ririn e del suo lecca lecca. La differenza è che un lecca lecca costa molto meno di una Materia… In entrambi i casi, comunque, chi ci rimette sono sempre io.

 

Restiamo a parlare sotto il manto stellato fino a che non sopraggiunge l’ora dei saluti.

Per Yuffie è proprio giunto il momento di andar via. Vorrei che restasse ancora un po’. Il pensiero di saperla qua fuori chissà dove, mi terrorizza.

Ma perché? Mi chiedo perplesso.

Lei è sempre in viaggio, e a me, francamente, non mi è mai importato granché della sua vita. Con tutti i grattacapi che ho, ci mancherebbe! In ogni caso, non ho il diritto di trattenerla qui. Non dà ascolto a sua padre, figuriamoci a me che tra l’altro sono un “odioso” Turk, come direbbe lei stessa.

 

- Allora io vado!- assente, preparandosi a spiccare un salto nel vuoto da un momento all’altro. Non le propongo nemmeno di usare la porta d’ingresso. Ormai le sue spettacolari entrate ed uscite di scena, mi hanno fatto capire che lei è così. Un tipetto indemoniato e strano.

 

Soltanto dopo che la sua piccola figura longilinea sparisce dalla mia vista inabissandosi tra gli alberi, provo il rimpianto di non averla stretta a me, con tenerezza però.

 

Ho provato a non pensarci, ma la verità è che non voglio ammettere di stare bene in sua compagnia.

Lei mi fa divertire, tutto qui. Sento di poterci parlare liberamente, senza ansia, né remore. Tanto la nana capisce al volo. E’ distratta, ma non troppo. E’ innocente, ma pure selvaggia. E’ un’abile ninja, ma pur sempre una ragazzina. 

 

 

 

Sono le tre e non riesco a dormire. Quando sono sveglio mi vengono sempre tanti pensieri. Specialmente in questo momento.

Prima i colleghi che partono lasciandomi qui, poi il brusco arrivo della nana dispettosa ed infine la sua partenza.

L’ideale sarebbe farmi una camomilla, ma chi si alza a quest’ora sapendo che in casa non c’è nessuno? Non è paura la mia, precisiamo. Però il senso di vuoto, di solitudine mi mette ansia. Non vedo l’ora che sorga il sole. Almeno così la giornata avrà un senso.

Devo dormire, a tutti i costi!

Cerco di sgomberare la mente da qualsiasi pensiero. E’ dura cancellare il volto di Yuffie dalla mia mente. E’ dura cancellare il mio strano comportamento, e la tremenda fatica che ho fatto per trattenere i miei istinti. E’ dura cancellare… A furia di ripetere le stesse parole, a poco a poco le mie palpebre cominciano ad abbassarsi spontaneamente. Adesso sono tranquillo. Il sonno sta arrivando.

Squilla il cellulare. All’improvviso. Il suo suono non mi fa di certo fare i salti di gioia…!

 

- Cazzo! – Tre ore per addormentarmi, buttate al vento!

Piuttosto adirato afferro l’oggetto sul comodino con le movenze di un falco cacciatore.

 

- Sapevo che non dormivi.- enuncia una voce pimpante dall’altro lato.

 

- Il fuso orario, Elena! Il fuso orario, diamine! – strillo in tono tutt’altro che cordiale. – Cosa c’è?- domando in seguito, cercando di mantenere un minimo di controllo. Ma la voce mi tradisce.

 

- Volevo solo avvisarti che il viaggio è andato bene.

 

- Ah si? Grandioso! – esclamo con un finto sarcasmo. Dopodichè le riattacco il telefono in faccia senza inutili convenevoli.

 

Poso il dannato aggeggio sul ripiano, e mi rimetto seccato sotto le coperte, nonostante il corpo bollente che ho.

Altre tre ore per cadere tra le grinfie di Morfeo? Davvero fantastico! Merito di Elena, chiaramente.

Mi rigiro diverse volte tra le lenzuola oramai stropicciate, e sistemandomi su di un fianco, resto così ad osservare il buio della notte dai vetri della finestra di fronte.

 

- Cosa ci troverà di così entusiasmante nell’entrare da una finestra…?- mi chiedo, parlottando ed osservando la mia immagine riflessa nelle lastre. Ovviamente mi riferisco a Yuffie. La causa di questa fastidiosa insonnia. Forse.

Mi giro dal lato opposto, e seppellisco la testa sotto il cuscino.

 

- Per la miseria!- impreco a voce alta. Tanto nessuno può sentirmi.

 

Per un insolito caso del destino, le parole di una canzone che canticchiavo da adolescente, sembrano riaffiorare nella mia bocca all’improvviso.

Com’è che faceva?

 

Come un fiore, come la danza di una farfalla.

Come il cielo, come la danza di un uccellino.

Come il mare, come la forza delle onde.

Come il mare, come la forza del vento.

La notte è insopportabile. Voglio starti accanto, non voglio separarmi da te.

 

Yuffie è come la farfalla di quel fiore, che volteggia allegra e spensierata tra le tante corolle di un prato fiorito.

E’ come un fragile uccellino, libero, che vola nel suo cielo, ma al tempo stesso è forte come il vento che s’infrange sull’oceano.

Io invece sono quello che non sopporta il peso della notte… senza di lei.

Davvero buffo tutto ciò.

Ma perché lei mi attrae così tanto? Ha lo stesso effetto di una potente calamita.

Io il chiodo, e lei il magnete!

Quel fisico minuto, all’apparenza insipido, e quel nasino tutto sfrontato… Per tutte le Summon! Quanto mi fa impazzire quel suo benedettissimo naso!

 

A momenti mi vergogno per ciò che ho detto.

Striscio di botto sotto le lenzuola fino a coprirmi del tutto. Mi sento così imbarazzato…

Se mi sentisse Rude, chissà cosa penserebbe! Nonostante tutto non riesco a cancellare dalla mente quell’espressione assorta e quegli occhi caldi come il colore delle nocciole, che non smettono di tormentarmi. E’ così tremendamente terribile.

Quando il cuore di un uomo comincia a tingersi di miele alle quattro del mattino, qualcosa sicuramente non và. Specie se quest’uomo ha la fama di essere uno dei più grandi libertini di tutto il pianeta!

Ma possibile che Yuffie debba procurarmi sempre problemi? 

Mi consolo cercando di conciliare il sonno. Una bella dormita rigenera corpo e mente, no?

 

 

 

Sbadiglio di brutto d’innanzi a un bicchiere ricolmo di latte. Giro e rigiro il cucchiaino nella tazza, fino a creare un piccolo mulinello, una girandola che si dissolve non appena fermo il movimento ondulatorio della mano.

Mi sono alzato da poco, e sto facendo colazione in una cucina orrendamente deserta.

La giornata di oggi sembra non passare mai. E siamo solo all’inizio!

Quando ci si annoia, il tempo scorre sempre con lentezza. E questo mi mette davvero di malumore.

Dopo una notte passata in bianco poi… il mio umore non può far altro che precipitare inesorabilmente.

Tutta colpa di quell’antipatico rospo spilla soldi. E di chi sennò?

Ho delle occhiaie che sembrano due grossi solchi! Oltre che a un pessimo colorito. Già sono bianco di mio, figuriamoci adesso!

Giro per casa come uno spettro, annusandone ogni angolo. Tutto pulito, sistemato e in perfetto ordine. Dovrei essere contento, no? No, cazzo! Non và bene! Così non ho niente da fare, zo to! Penso al peggio, quando proprio sul divano intravedo qualcosa.

Degli indumenti sporchi, direi. E a giudicare dalle chiazze di terra e dal fetido odore che emanano, hanno proprio bisogno di una lavata. Li raccolgo e già che ci sono decido di mettere a mollo alcune cose che ho nell’armadio, e che non lavo da molto.

Passo a prenderle nella mia camera ed in seguito raggiungo il doppio servizio che di solito usiamo per sciacquare i capi sporchi.

Soltanto dopo che ho gettato i vestiti sconosciuti nell’acqua, mi rendo conto che essi non appartengono a nessuno degli inquilini che popola questa loggia.

 

- Elena non metterebbe mai un paio di pantaloncini ed una canotta così striminziti! E anche se volesse, non le entrerebbero in nessun caso! Quella megera ha come minimo due taglie in più!

 

Li tocco con diffidenza, maneggiandoli attentamente con la punta delle dita.

Potrebbero essere tossici o chissà cosa! Intento a fissare la fantasia floreale della canottina, qualcosa comincia a ribollire tra i meandri sperduti e oramai seppelliti dei miei ricordi.

Mi accarezzo il mento con una mano bagnata d’acqua.

Ma io ‘sta roba l’ho già vista!

Supermarket di Midgar. Reparto igiene e casalinghi. Corsia tre. Li indossava quella rapinatrice di Materia! Yuffie Kirasagi! Ancora lei!!! Sta diventando la mia seconda ossessione, al pari quasi di Elena!

Adesso devo farle anche da servo?? 

Tra un’imprecazione e l’altra, tiro con rapidità le somme.

Probabilmente, la mocciosa li avrà dimenticati qui durante il casino di ieri. Le saranno cascati da quella specie di sacca che si trascina dietro.

Sbuffo pesantemente, ma rassegnato al tempo stesso. Oramai questi stracci stanno a mollo. Tanto vale, lavarli.

Li ricopro con un abbondante getto d’acqua calda, in modo da sterilizzarli ancor meglio, e una pennellata di quel sapone alla violetta, comprato in quel vicolo di Midgar. A giudicare dalla montagna di schiuma che si è formata, ho l’impressione di aver calcato un po’ troppo la mano.   

Poco importa. Mi farò rimborsare da quella nanetta, non appena la vedo. Almeno per una volta sarò io a spillarle dei gil, e non il contrario.

 

- Che puzza…!- mi tappo il naso con pollice e indice, mentre faccio una smorfia disgustata.

Chissà da quanto tempo è che questa roba non viene pulita come si deve… A giudicare dal colore nerastro dell’acqua, come minimo un paio di mesi. Come minimo!

Dato che la mocciosa è sempre in viaggio, dubito fortemente che lavi spesso le sue cose. Anche se a prima vista possa sembrare un tipino ordinato, è l’esatto contrario. Indisciplinato, vagabondo e libertino.  

 

 

La conosco da quando aveva più o meno dieci anni, ed è sempre stata così.

“Conoscere”, forse è un termine alquanto erroneo. Diciamo che l’ho incontrata diverse volte, ai famosi tempi dell’ ”Avalanche”, il gruppo di ribelli che circa 8 anni fa, dava filo da torcere alla Shin-Ra.

Ad ogni modo, le nostre strade non si sono mai incrociate in maniera così esplicita, come accade ormai da un po’ di tempo a questa parte.

All’epoca Yuffie era più dispettosa del solito. Detestava sia la Shin-Ra, che quel gruppo di disgraziati rivoltosi. Li reputava entrambi la causa principale dell’impoverimento di Wutai. E non aveva di certo tutti i torti!

Elfé, il capo dell’Avalanche, e il presidente Shin-Ra, spesso e volentieri davano prova della loro forza mettendo a soqquadro intere città con enormi schieramenti di truppe, pronti a battersi l’uno con l’altro. Era come una grossa partita a scacchi, con tanto di pedine umane e consenzienti. La scacchiera stessa, era il più delle volte Midgar o Junon.

Una vera faticaccia per noi Turks, ristabilire l’ordine e contrastare i piani nemici nello stesso tempo.

Ricordo che quando mi proposero di entrare nel Reparto di Ricerca Amministrativa, accettai quasi subito. Di certo non credevo di dover adempiere a simili compiti! Amavo sì l’avventura, ma fino a un certo punto.

In ogni caso, dopo 8 anni di servizio, ci fai l’abitudine. Tant’è che adesso non posso più fare a meno di questo lavoro e di tutto ciò che esso mi offre. Quando sei un Turk, lo sei fino in fondo.

Ritornando a quella nanetta… posso dire di averla iniziata a conoscere meglio 3 anni fa, quando fregò delle Materia a tutta l’allegra combriccola di Cloud. Per la precisione, quando lei ed Elena furono rapite da quel porco di Corneo, proprio a Wutai.

Ero al bar insieme a Rude, a godermi la tanto attesa vacanza, quando all’improvviso arrivarono dei Soldier a rovinarmi la giornata.

Mi ricordo che lasciai un bicchiere pieno di whisky sul tavolo, e corsi via senza nemmeno finirlo.

Dopotutto si trattava di Elena, ed io rimanevo pur sempre il suo vice capo, in assenza di Tseng. Saperla tra le luride manacce di quel grassone tutto lardo e zero cervello, mi mandava in bestia.

Ovviamente anche Yuffie fu presa in ostaggio. Ma lei non era certo affar mio! Spettava a Cloud e compagni, trarla in salvo a qualsiasi costo. Perfino quello di allearsi con noi Turks. E fu proprio così che andò a finire. L’unione delle due fazioni alla fine riuscì nell’intento, e le due giovani donzelle furono tratte in salvo. Ovviamente, lasciai alla squadra di Cloud l’arduo compito di sterminare il mostro sguinzagliato dal ciccione. Non potevo certo permettere di mandare a puttane i preziosi minuti della mia  vacanza!

La sola cosa di quella giornata che rammendo con molto piacere, fu la solenne ramanzina che feci ad Elena non appena tornammo alla locanda. Dopo lo spavento e i problemi che ci aveva causato, non potevo buttarmi tutto alle spalle e far finta di niente.

Dopo quell’episodio, non vidi Yuffie per un bel po’.

Lasciammo Wutai a fine vacanza, e ritornammo alla base, in una Midgar sempre più desolata e… distrutta.

Incontrai la nanerottola dopo molto tempo, nei sotterranei proprio di Midgar, insieme a Cloud e alla sua amichetta d’infanzia.

Ingaggiammo una battaglia che… purtroppo andò male. Se non fosse stato per quel maledettissimo impegno a cui non potevamo per nulla mancare, avremmo vinto noi, zo to! E non c’è bisogno neppure di dirlo!

In ogni caso… lì sotto ho imparato che è molto meglio non imbattersi nello shuriken gigante di Yuffie, se non si vuole perdere qualche arto, o addirittura la testa!

E’ molto raro che quell’affare manchi il bersaglio…

 

 

Dopo aver lavato e strizzato tutti gli indumenti, li appendo uno ad uno alla corda che c’è in questo stanzino del doppio servizio, per farli asciugare.

Mi chino a terra per prendere la bacinella e riporla al suo posto, ma nel rialzarmi vengo colto da un inaspettato capogiro.

Fortuna che il muro alle mie spalle, mi tiene su prontamente.

Mi ci appoggio, di poco, passandomi poi una mano sulla fronte. E’ sudaticcia e lievemente accaldata. Non vorrei che fosse un accenno di febbre. Sono solo e oltretutto siamo in pieno Agosto! Se penso che a quest’ora dovrei essere sdraiato al sole sulla splendida spiaggia di Costa del Sol, magari a sorseggiarmi un tè in compagnia di qualche bella presenza, la temperatura mi sale di botto, ma per la rabbia! Altro che febbre. Sono chiuso in un cesso a lavare panni come uno schiavo, ecco cos’è che mi fa avvampare!

Mi lavo il viso con un po’ d’acqua che mi dà subito sollievo. Sarà stata la stanchezza, o l’aver dormito poco e male, a causarmi il fastidio passeggero. Tutto qui.

 

 

Tra un gironzolare e l’altro, s’è fatta già ora di cena.

Eppure il mio stomaco non sembra lamentarsi per niente. Veramente non ho fame. Avverto come un pesante senso di sazietà all’intestino, che mi dà anche fastidio. E’ da questa mattina che mi sento strano e frastornato. Oltretutto, mi è appena venuto un mal di testa insopportabile… 

Decido di andarmi a sdraiare sul divano nella hall, quando all’improvviso sento il campanello della porta gracchiare.

Giro d’istinto il capo verso l’orologio appeso a una delle pareti, e sbotto.

 

- Chi diavolo sarà a quest’ora? - Per di più è assai raro che il campanello del Sanatorium si metta a suonare. Qui non bussa mai nessuno. Che Tseng abbia forse chiesto a una pattuglia di soldier di passare da questi parti? Apro la porta di botto – Grazie ma non ho bisogno di una balia!- esclamo conciso, senza gettare uno sguardo al visitatore, e pronto a sbattergli il portone in faccia.

 

- Hey!- esclama la vocina dello sconosciuto, non proprio cordiale.

L’urletto mi ferma. Riapro l’uscio con un gesto secco e dirigo lo sguardo all’esterno, proprio davanti a me. La gola mi si fa improvvisamente asciutta.

- Tu?! – sbotto con un’espressione probabilmente incredula. - Che ci fai qui?! E soprattutto dalla porta…!

 

- Ma non eri stato tu, quello a dirmi di lasciare in pace la finestra del tuo bagno?

 

Yuffie Kisaragi è qui. Ancora.

Vedo la sua testolina, tentennante, protrarsi in avanti, oltre la soglia dell’entrata, ed osservare lo spazio vuoto alle mie spalle. – Sei… in dolce compagnia?- sibila con una beffa forzata.

 

Le porgo la mano sul capo, e la spingo leggermente all’indietro facendo in modo che arretri.

 

- Siamo spiritosi stasera?! – canticchio io, continuando a spingerla via. - E poi non condannarmi così ingiustamente! Sei odiosa!

 

La piccola ninja dall’insopportabile carattere, impunta saldamente i piedi sul selciato, opponendo una discreta resistenza.

- Rivoglio solo i miei vestiti! Ammesso che tu non li abbia venduti!- Quante offese! Da donnaiolo a straccivendolo, tutto in una sera!

Adirato ed indispettito allo stesso tempo, le mollo la testa all’istante, facendola cascare rovinosamente sull’asfalto.

 

- I tuoi stracci stanno di sopra.- dico a denti stretti, trattenendo a stento una risata. Quando cade è davvero goffa! 

 

Ci avviamo su per le scale con l’espressione e la voglia di due che vorrebbero farsi un reciproco sgambetto, ma tutto ciò, sfortunatamente, non si realizza.

 

- Eccoti la tua roba!- dichiaro mettendole tra le mani gli abiti stirati e odorosi come un campo di fiori.- Ma da quant’è che non gli fai una dignitosa lavata?

 

Vedo il nasino di Yuffie tuffarsi letteralmente sulla superficie morbida della canottina, e compiere ripetutamente delle sane e poderose aspirate.

- Profuma di violetta!- dice con enfasi, e molto soddisfatta - Yuffie ringrazia e toglie immediatamente il disturbo! – Stai scherzando?

Non crederà mica che un mediocre “grazie” possa ripagarmi di cotanta fatica?!

 

Le intralcio il cammino, con decisione, protraendo il braccio sinistro verso il muro adiacente a mo’ di sbarra.

Adesso si fa a modo mio.

 

L’astuto ladro di Materia si trattiene sussultando appena con il suo gracile corpicino, e mi fissa. 

- Vuoi che esca dalla finestra?- domanda con una timida vocina, mentre stringendosi i vestiti al petto con le movenze di una bambina, fa sollevare in me un turbine di emozioni infinite, che ahimé non riesco a gestire. 

 

Soltanto ora, analizzando il suo modo di fare così strampalato ma tenero, mi accorgo di non averla trattenuta per chiederle un semplice quanto inutile compenso. Tutto ciò è futile, troppo futile per me. 

Senza indugiare, e spinto dalla voglia di stringerla a me, mi faccio avanti con uno scatto inatteso. Ho trattenuto le mie emozioni per troppo tempo. Davvero troppo! Se ci fosse stata un’altra al posto di Yuffie, sarei già andato oltre da un pezzo!

La sento più vicina a me, sento il suo tremolio che aumenta vorticosamente non appena mi vede giungere verso di lei. Posso quasi sfiorarla, posso quasi sentire la sua paura che accresce ma… proprio quando il suo viso è sotto il mio, una mancanza delle mie gambe mi fa crollare. Sciogliendomi come la neve, precipito verso il suolo. La mia struttura corporea crolla come un palazzo in demolizione. Vedo confusamente il corpo di Yuffie avvicinarsi con un balzo, e sostenermi dolcemente, quasi a malapena. Poi, senza un perché, davanti ai miei occhi cala un pesante velo oscuro, e non assimilo più niente. 

 

 

Mi trovo in un luogo buio.

Temo di essere prigioniero di un sogno. Strappato dalla realtà.

Ci sono delle persone intorno a me. Gente comune, direi. Nessun viso conosciuto, a parte quello di una donna dal caschetto biondo che continua insistentemente a chiamare il mio nome. Altro che sogno! Quella rompiscatole di Elena, mi segue dappertutto!

A primo acchito sembra furiosa, poi però mi soffermo un po’ in più sulla sua espressione. E’ angosciata. Continua a chiamarmi insistentemente, a… scuotermi!

 

- Elena! Dannato il giorno in cui tuo padre ti ha fatta Turk! – urlo preso da uno scatto di collera, proprio nel momento in cui riapro gli occhi di botto.

 

- Sono Yuffie! Y-U-F-F-I-E! Mi riconosci?

 

Guardo il faccino dell’essere che ho di fronte. Non capisco più niente!

Sono tornato alla realtà? Oppure si tratta di un incubo molto peggiore del primo? Una cosa però è certa. L’ugola d’oro della ragazza, mi ha terribilmente irritato! 

 

- NON STRIL-LA-RE !!! – strillo io. Meritavo un risveglio migliore, cacchio!

 

Il ladruncolo si ritrae come un riccio, intimidito appena. Poi, dopo un attimo di smarrimento, torna subito alla carica.

- Bel ringraziamento per averti soccorso e trascinato in camera tua! Mi hai fatto prendere un’accidenti!– ribatte con gli occhioni nocciola piuttosto lucidi e scossi. Si stiracchia le palpebre a malapena con la punta delle dita, fino a nascondermi il suo sguardo.  – Mi sei crollato addosso all’improvviso! Non sapevo che fare! Eri pallidissimo! Non vedevo una pessima cera come la tua, da anni! Anzi… non ne ho mai viste di così pessime! – si agita tutta.  

 

- Evidentemente perché sto male, ti pare?- reagisco io, ancora un po’ intontito e disorientato. Mi guardo attorno. Sono nella mia camera, sul mio letto. – Ti sarà costato tanto, portarmi fino a qui…- sottolineo.

 

Yuffie si rianima come una marionetta assopita, e scuotendomi la testa tutta ciondolante, mi esclama:

- Un bravo ninja fa questo e altro per aiutare gli zotici in pericolo! E poi l’importante, per me, è sapere di poterti parlare ancora!

 

Storco le sopracciglia con l’espressione di uno un po’ disgustato.

 

- Che mi credevi? Morto?! – ribatto furioso- Figuriamoci! Il rosso Reno non lo atterra nessuno, zo to! – proferisco con fierezza ed ardore negli occhi. – E non chiamarmi zotico!

 

Yuffie viene spedita verso di me, gettandomi le braccia al collo e ammutolendo il sottoscritto che viene avvolto da un lungo e pesante brivido freddo.

La fiamma che mi percorre, vien presto domata da un tenero abbraccio che soffoca a stento le mie parole.

 

Questo mostriciattolo di bambina, non è poi tanto odiosa quanto sembri.

 

- Ti ho fatto preoccupare molto, eh?- domando dopo, riuscendo a sfiorare appena il capo della ragazza, che annuisce semplicemente.- Sai… non era mia intenzione fare la figura del debole davanti a un ninja come te!- ironizzo, giusto per sdrammatizzare il momento.

 

- A me importa solo che tu stia bene!

 

Queste parole mi atterriscono.

 

Sai Yuffie… è la prima volta che qualcuno s’interessa così tanto a me.

Dopo la morte di mia madre, era da tanto che non provavo la gioia di essere amato e di sentirmi dire “Hey Reno, come stai? Va tutto bene?”.  Perfino il mio papà smise di chiedermelo un bel pò di anni fa.

Andavo avanti a suon di rimproveri e predicozzi, senza che qualcuno si preoccupasse di sapere come stavo. Mi son sentito morto per un bel po’ di anni, vivevo ma era come se non fossi mai stato vivo. Vivevo a modo mio. Un modo sicuramente sbagliato, fatto di vizi ed eccessi, di troppa libertà, visto i tremendi postumi che adesso mi ritrovo a dover combattere a differenza di anni!

 

La mia mamma aveva ragione.

E’ proprio vero che si può vivere cent’anni senza aver vissuto neanche un giorno.

 

Vorrei dirti tutte queste cose, caro il mio dolce e a volte salato mostriciattolo. Ma per me, aprirmi così tanto, non è facile. Poi con te… Figuriamoci!

Forse non mi capiresti. Dopotutto, sei ancora una mocciosa che pensa solo alle sue amate Materia e ad essere libera.

Oppure, vista la tua innata furbizia, saresti in grado di afferrare al volo e con semplicità le mie parole, ma... forse sono io quello che non si sente ancora pronto a rivelarle agli altri. 

Ad ogni modo, per oggi mi hai già fatto abbastanza felice.

E sono contento così!

Mi accontento, ecco.

Naturalmente, solo per oggi, zo to!

 

_________________________________________________________________________________________

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Oggi non è il 5, ma siccome sono in ritardo con l'aggiornamento, ed avevo un pò di tempo libero a disposizione, ho deciso di mettere il nuovo chap!

Le persone che seguono la mia RED HEAD, sono notevolmente aumentate! Me allibita in pieno! Proprio così: x___x

E' opportuno che io faccia un ringraziamento speciale alla gentilissima Dastrea che mi ha aiutato molto con le sue parole per me piene di conforto e speranza, e a FlyGirl 92 e valepiry. Ragazze, grazie veramente di cuore! A tutte voi!

Mio nonno comunque è tornato a casa un mesetto fa, purtroppo non è più in grado di muoversi come prima, ma non importa, averlo qui con noi è già tantissimo! ^___^

Per quel che riguarda la mia salute... beh, qui posso tranquillamente stenderci su un gran bel velo pietoso... Ahimè, le cose non vanno proprio bene, diciamo appena benino, ma io però non demordo ma mordo e non mi arrendo! >,,< E poi, ci pensa Reno a non farmi cascare nel fango!

A proposito di lui... Sapete, ho comprato un deliziosissimo coniglietto nano! Come dite? Cosa centra un coniglio con il Turk senza cravatta? ^____________________________^ Entrambi hanno lo stesso nome! Eh, già! L'ho chiamato proprio Reno! Perchè?

Fattore numero 1: ha il pelo molto folto, soprattutto attorno alla testa, e mi ricorda molto la zazzera del Turk.

Fattore numero 2: il colore di tutta quella zazzera che si ritrova addosso, va dal rossiccio all'arancio, come quella dell' "originale".

Fattore numero 3: è spericolato al 100%! Mi fa diventare matta! Proprio come Reno...

Fattore numero 4: alterna momenti di pigrizia, a momenti di assoluta irrefrenabilità, esattamente come il nostro rosso.

Fattore numero 5: è molto, molto astuto e velocissimo! Come Reno! ^__^

 

Qui da noi si dice che di solito quando metti il nome di una persona a qualcuno (bimbo o animale), quel qualcuno assume le stesse caratteristiche di quella persona... Beh, ora posso dire che non è affatto una fandonia come pensavo che fosse...! 

Bene! Con questo è veramente tutto!

Ci sentiamo al prossimo aggiornamento!

 

                                                                                                                          Botan

 

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Capitolo 11
*** Olio di ricino ***


CAPITOLO 10

                             CAPITOLO 10

 

 

 

 

 

Alla fine, dopo un tira e molla di ben un’ora, riesco a farmi convincere e a prendere così un disgustoso intruglio per il mio febbrone estivo.

 

- Fai “aaah”- simula una Yuffie che s’improvvisa crocerossina per curarmi.

 

Faccio come dice, senza tante storie, e spalanco a malavoglia le mie fauci.

Se prima quella medicina giallastra riempiva il cucchiaio, ora riempie il mio stomaco. Con risultati davvero pessimi, affermerei.

 

- Credo… di avere appena ingoiato del bitume… – farfuglio a stento, con dei pesanti conati di vomito che mi danno la nausea. – Sicura che questo schifo farà effetto?- Sono notevolmente scettico a riguardo.

 

Yuffie mi fa un sorriso a trentadue denti e mezzo:

- Sicurissima!

 

- La tua faccia non promette nulla di buono… - e poi non ci s’improvvisa crocerossine se non lo si è per davvero!- Dov’è che hai detto di averla presa, la medicina?

 

- In cucina. Sulla mensola sopra al frigorifero.

 

Deglutisco di brutto. A momenti mi strozzo.

- Intendi… quella mensola piena di barattoli di vetro?- chiedo con uno strano presagio che mi comincia a solleticare la menta.

 

La figlia di Godo Kisaragi non perde tempo, e fa sì con la testa. – Esatto! Proprio quella!

 

- E… scommetto che quel barattolo era nascosto da una pila di lattine vuote, vero?

 

- Sì, lattine di birra tutte impolverate! Ma tu… come fai a…

 

Mi do un forzuto schiaffo sulla fronte, bollente e sudaticcia.

- Ce l’ho messo io, lì! Nella speranza di tenerlo lontano da Elena e dalle sue manie da crocerossina incallita! YUFFIE!!! - le urlo completamente furioso- Non posso perderti di vista nemmeno per un attimo, miseria!

 

- Che ho fatto di male?!- mi risponde repentina lei, un po’ infastidita dal mio modo di parlare.- Anziché urlarmi contro, dovresti ringraziarmi per averti curato!

 

- Purgato! Non curato! Altro che rimedio contro la febbre!

 

- Pu-purgato?

 

- Sai leggere? Non hai letto l’etichetta? C’era scritto a caratteri cubitali: OLIO DI RICINO! Grande così! – faccio sconvolto, indicando con le mani la grandezza della scritta.

 

- Ma l’olio di ricino non è un potente antibiotico?

 

Nego convinto con il capo.

- Casomai un potente lassativo! Fortuna che non c’era dell’arsenico, in quella boccetta…! Altrimenti sarei morto sul serio, zo to! Altro che crocerossina!

 

Yuffie fa scivolare lentamente il capo verso il basso, con la vergogna di chi ha fatto un grosso pasticcio e sa di aver sbagliato.

Mi si stringe il cuore a vederla così.

Ok.

Per questa volta passi. E’ raro per un Turk provare una simile sensazione.

 

- Tutto sommato…- premetto- sarà contento il mio intestino! – dico nella speranza di non farle pesare lo spiacevole accaduto.

 

- Scusami tanto.- pigola la sua flebile vocina da bambina, dispiaciuta come non mai.- Non l’ho fatto apposta.

 

- Lo so, lo so… Adesso è inutile piangere sul latte… sul lassativo versato. – mi correggo umoristicamente - Piuttosto… a giudicare dai dolori, credo che quel bitume stia iniziando a fare effetto…

 

- Adesso?!

 

Annuisco secco.

- Ho bisogno del bagno, zo to! E subito!!!

 

Yuffie si precipita verso di me, tutta agitata. Avvinghiandomi un braccio dietro la schiena, fa del suo meglio per tirarmi su. – Forza, forza! Stay up! Non vorrai fartela qui, spero…! – dice con un filo di ansia.

 

- Devo forse ricordarti che se mi trovo in questa ridicola situazione, è per merito tuo?-ccidenti!!

 

- Almeno riesci a reggerti? – domanda la giovane ninja, facendo leva sulle sue gambe affinché mi mantengano in piedi.

 

- Tu piuttosto, riesci a sostenere un ragazzo di un metro e settantotto centimetri, con febbre a 38 e mezzo?! – Si vede benissimo che non ce la fa.

 

- Se ci dovesse andar male, pazienza! Vorrà dire che cadremo insieme! – sento rispondermi, con una voce piena di vitalità nonostante la fatica.

Il mio cuore si scioglie come un cioccolatino al sole.

 

Che adorabile rospetto che sei, Yuffie Kisaragi!

 

 

 

Dopo l’ennesimo andirivieni fastidioso, dovuto al lassativo, finalmente il suo effetto purgante trova la fine al calar della notte.

Sono le ventiquattro passate, e io sto da schifo. Ma che novità, eh?

Ho la fronte infuocata, come un ferro da stiro, tre coperte che non migliorano di certo la situazione, ed un termometro in bocca che a momenti si spacca.  

 

Apro le labbra in modo da permettere a Yuffie di sfilare l’oggetto bislungo dalle mie fauci, e do qualche colpo di tosse subito dopo.

La giovane Kisaragi sgrana di botto le palpebre alla vista della temperatura. Quelle membrane si allargano così tanto da farmi per un attimo angustiare.

- Hai 40 di febbre! E’ altissima! – Lo dicevo io, che a momenti si spaccava…!

 

- In piena estate! Ti rendi conto? Sembra una barzelletta…Tsk! – sbotto fin troppo seccato. Ma non ho la forza di seccarmi ancora di più – Stamattina mi sentivo strano, ma da qui ad un attacco di febbre istantanea… Roba da matti! A quanto pare, è il mio anno sfortunato…

 

- Sfortuna o no, devi stare a riposo! Non possiamo permettere che la barra del termometro vada oltre. Quindi… diamo inizio alle 3 regole fondamentali per guarire dall’influenza! Prima regola: rimbocco delle coperte! – Detto fatto, la vedo sistemare come una piccola mammina farebbe con il proprio pargolo, i lembi della coperta fin sotto il mio naso. Chissà come mai, ma mi sento proprio come uno sformato di pasta più che condito, messo a cuocere in un forno rovente.

La seconda regola invece consiste nel mettere uno straccetto d’acqua sulla mia povera fronte bollente, in modo da abbassare la temperatura. Vedo Yuffie che lo adagia con delicatezza dopo avermi scostato all’indietro la frangia, e lo sistema dritto, puntigliosa come non mai.

Ora sono uno sformato di pasta annacquato.

Però, che sollievo!

 

- E la terza regola? Qual è?- chiedo un po’ per gioco, divertito da questo simpatico siparietto che la nana mi sta regalando.

 

La bimba si schiarisce le corde vocali con un colpetto di tosse.

- E’ questa…

Un bacio mi si posa sulla guancia destra, accaldata.

Resto per qualche istante spiazzato, teso ed incredulo allo stesso tempo.

E’ strano ma… adesso mi sento come uno sformato di pasta che sta in paradiso.

Quando le sue labbra si scostano, però, mi sento nuovamente all’inferno.

- Potrei avere un ripasso? Non l’ho capita tanto bene quest’ultima regola…- chiedo gentilmente, da bravo pargolo, con un languido sorriso.

 

Yuffie si fa rossa e frettolosa:

- A nanna, Turk! Devi dormire, se vuoi stare meglio!

 

Sbuffo un po’ contrariato. A me la regola del bacio non dispiaceva affatto.

Do uno sguardo all’orologio messo sul comodino. – Va a casa. E’ tardi. – dico a malapena. In realtà vorrei che restasse qui, accanto a me, per curarmi e coccolarmi come si deve. Sono egoista? No, solo desideroso di ricevere affetto.

 

Yuffie si stringe nelle spalle.

- E lasciarti qui da solo, tutto moribondo? Nemmeno per idea! E poi la sottoscritta abita a Wutai! La mia casa non è mica dietro l’angolo…!- illustra, rimbambendomi con uno dei suoi sorrisi spumeggianti.

 

Un ghigno di soddisfazione mi esce spontaneo. Lo nascondo con sapienza sotto un lembo di coperte, e cerco di starmene buono e godermi alla meglio questo delizioso momento. Dopotutto… fare il malato non è poi così male!

 

- Immagino che adesso dovrei dormire, giusto?

 

- Giusta osservazione!

 

- Però io non ho sonno! – bofonchio- …con tutte queste coperte poi…!

 

- Niente lamentele! Tu chiudi gli occhi e vedrai che il sonno arriverà da solo! E poi ci sono qui io, ad assisterti durante la notte, no?– Proprio perché sei qui, sarà ancora più difficile farmi dormire!

 

Crollo stremato dopo soli 10 minuti. Per essermi addormentato con così tanta rapidità, dovevo sentirmi davvero male…

La nottata non è poi delle migliori. Mi agito diverse volte, rigirandomi da un lato all’altro. Incubi di qualsiasi specie mi rendono il riposo ancor più complicato e pessimo. Ma tu guarda se in pieno agosto, mi dovevo beccare l’influenza…!

 

 

 

- ZESS!!!!! – grido agitato, svegliandomi di botto fino ad alzarmi. Ancora lui! Dannazione!! Questa storia prima o poi dovrà finire. Non posso più crogiolarmi in questo misero e patetico modo, a causa di un vile bastardo come lui. Non può farla franca! Avrà pure imbrogliato i miei compagni, ma di certo non me!

Chino la testa verso il basso, e portandomi una mano alla fronte me l’asciugo. E’ umida e sudaticcia, però mi sembra molto più fresca. Un panno semi inzuppato mi è caduto sulle coperte nell’istante in cui la mia schiena si è sollevata. Lo raccolgo. Guardo l’ora alla mia destra. Sono le otto del mattino. Il sole è già alto nel cielo, un po’ grigiastro e ricco di nuvole. Un acquazzone sarebbe l’ideale per questa calda giornata.

Scosto lo sguardo dai vetri della finestra, e la mia attenzione si stabilizza subito sulla poltroncina che sta in un angolo della stanza.

Yuffie si è raggomitolata proprio là sopra. Con la testa poggiata sul bracciolo destro, le gambe che penzolano da quello sinistro e la boccuccia semi aperta, e lì che dorme profondamente come se avesse passato un’intera nottata a vegliare un malato… immaginario…!

Eh già! Sono un attore con la A maiuscola! Ottima interpretazione, no?

Da bambino riuscivo ad ingannare perfino il medico che veniva a casa a visitarmi, fingendomi malatissimo, quasi moribondo! Tutto ciò per non andare a scuola, ovviamente! Alzare la temperatura del termometro accumulando aria calda fino a creare un forno nella bocca, è una cosa che mi riesce magnificamente!

E’ chiaro che la scuola questa volta non centri proprio nulla con tutta questa commedia…

Volevo soltanto farmi un po’ “coccolare” dopo un periodo così brutto ed ostile. Ah! Tanto per chiarire, lo svenimento era vero… Forse dovuto allo stress.

Beh, però mi sono proprio svagato! Lassativo a parte, naturalmente… E’ il prezzo che ho dovuto pagare per un po’ di sano divertimento.

Mi alzo dal letto liberandomi finalmente di tutte quelle coperte, e sbadiglio stiracchiandomi qua e là come un micio.

Guardo sul momento Yuffie, con tenerezza.

 

E’ giunto il momento che qualcuno riposi come si deve!

 

Mi avvicino a lei in punta di piedi, e sposto il mio corpo sul peso delle ginocchia che si chinano verso il basso, flettendosi.

- Così stiamo alla stessa altezza, piccolo mostro impetuoso! – bisbiglio, accarezzandole il capo e sorridendo con amorevolezza al suo bel faccino addormentato. Che capelli setosi! A vederli, non si direbbe, e invece… sono più curati di quelli di Elena!

- Bene! E’ giunto il momento di sistemarti meglio, zo to! – Questa volta mi sollevo. Faccio scorrere una mano dietro la nuca della mocciosa Wutaiana, mentre l’altra scivola via sotto le sue esili ginocchia. La sollevo con dolcezza, portandomela all’altezza del petto, e a piccoli passi mi dirigo verso il mio comodo giaciglio. Adagio il suo corpo sul morbido materasso, dopodichè la copro con un semplice lenzuolo per darle il giusto calore. Non sembra, ma questa mattina l’aria è un tantino fredda.   

- Perdonami se ti ho mentito, ma non potevo farne a meno!- le sussurro all’orecchio, con voce divertita. Poi, avvicinandomi ancora una volta a lei, aggiungo – Preparati, perché oggi finalmente riuscirò a strapparti qualcosa! Se non lo faccio in questo momento, è perché sei troppo indifesa per i miei gusti… sarebbe piuttosto sleale, zo to!  

 

 

Canticchiando e sogghignando gioiosamente un allegro motivetto, mi dirigo in bagno dando così inizio a questa fredda giornata d’Agosto.

 

 

 

Lavato, pulito, pettinato. Mi vesto con scioltezza, tanto il rospo è lì che russa flebilmente, rannicchiato nel lenzuolo.

Scendo di sotto dirigendomi in cucina per fare colazione. Una bella colazione abbondante, che mi dia la carica giusta per affrontare questa giornata.

Dopo aver trangugiato la solita tazza di caffé utile a tenermi sveglio, ed un paio di cornetti un po’ troppo rinsecchiti, mi avvio verso la hall dello stabile, e mi accomodo sul divano.

Con lo stomaco pieno si ragiona meglio. Su cosa dovrei ragionare?

C’è una cosa che proprio non riesco a togliermi dalla mente.

Il suo nome è Zess.

Da quel fatidico giorno, non ho avuto più sue notizie. Non posso credere che sia svanito nel nulla… Mi riesce alquanto difficile. Elena sostiene di essermelo immaginato, mentre Rude… beh, non sa cosa dire. Come sempre, non mi è di grande aiuto il pelato…

Quel nemico sembra essersi dissolto, eclissato. E‘ dal giorno dell’incidente che non metto più piede in quel bosco. Che sia ancora lì? E’ una probabilità da non scartare. Dopotutto, è l’unica connessione che mi lega a lui. E’ l’unico indizio che potrebbe rivelarmi qualcosa, un dettaglio importante, o anche solo una spiegazione valida a tutte le domande che mi tartassano ogni volta che penso alla sua brutta e pallida faccia. 

 

Il mio cervello continua a rimuginare incessantemente, fino al momento in cui qualcuno non grida il mio nome e non mi fa trasalire come un gatto. 

 

- E-ELENA?!? – balbetto dallo spavento e tutto agitato, dopo averla udito urlare. E’ di sicuro la sua voce!– Ma dove…?!?

La sento a raffica infilare un insulto dietro l’altro, destinato ovviamente al sottoscritto che sgrana gli occhi sempre più allibito e confuso. – Ma si può sapere dove diavolo sei?! – strillo stizzito, con il volto paonazzo e la pazienza che se n’è andata a fare un giro chissà dove.

 

- IDIOTA! Alla Costa del Sol! E dove sennò?! – risponde lei, tutta adirata.

 

Povero me. Soltanto ora mi accorgo che la voce strillante dell’odiosa Turk, proviene dall’altoparlante del mio cellulare. Soltanto ora, dopo essermi beccato un bel “idiota” di prima mattina.  

Un momento… Il mio cellulare?! Non sapevo che fosse in grado di volare, e di attaccarsi al mio orecchio!

Mi giro di botto con la rapidità di un fulmine.

- Yuffie?! – esclamo secco, vedendo la ragazzina già in piedi e con quel piccolo aggeggio in mano.

 

- E’ stato questo a svegliarmi… così, per farlo smettere, ho dovuto rispondere… E’ per te!- mi dice a denti stretti, e con un ghigno. Certo che è per me! E’ il mio aggeggio tascabile, figuriamoci se fosse per te!

 

- Un momento…TU, hai risposto?- domando tremante. L’ansia aumenta non appena mi sento rispondere con un sì.

Afferro di corsa l’aggeggio tra le mani, e me lo porto all’orecchio: - Elena! Non è come pensi! Sono pronto a giurartelo se vuoi! Basta dirlo!

 

La collega ribatte secca, senza lasciarmi nessuna via di fuga:

- Degenerato!

 

- Cosa?! Sei ingiusta, zo to! Ti ho appena detto che non è come pensi…! Cos’altro vuoi da me?! Che ti firmi una dichiarazione scritta?!

 

- E io che pensavo ti sentissi solo! Hai fatto presto a trovarti una compagnia, eh? Sei un incosciente! Noi partiamo, e tu riduci la nostra base in una casa di malaffare?

 

- Ma guarda che non è successo NIENTE! – alzo la voce- La persona che ha risposto è…la persona è…’ccidenti! Vai al diavolo, se proprio non mi credi!

 

La collega riattacca forse offesa dal suono delle mie parole. E lo fa con una rapidità tale, da non darmi neppure l’aggio di respirare. Ormai è tardi. Quando quella s’infuria, è inutile discutere. Tanto prima o poi si renderà conto dello sbaglio, e tornerà da me con la coda tra le gambe, pronta a chiedermi scusa, con tanto di inchino e mani giunte.  

 

- Avete litigato…?- chiede la ninja, dopo aver assistito al battibecco turbolento, mentre cerca di fare la dispiaciuta.

 

Scuoto la testa: - No. In realtà le nostre conversazioni sono pressappoco così…

 

- Se vuoi, la richiamo e le dico di non preoccuparsi… Sono sicura che si risolverà tutto, e farai pace con la tua ragazza!

 

A momenti mi prende un colpo.

- Quella megera non è la mia ragazza! Figuriamoci! Ha occhi solo per il capo…! Poi manco mi piace, zo to!

 

- E allora perché era così esasperata?

 

- Perché è una rompiscatole! Un vero cataclisma per la nostra squadra, e soprattutto per me! E’ fissata che io la sera porti ragazze sconosciute nella mia camera… Tsk! Figuriamoci! Sarà capitato sì e no un paio di volte… al massimo tre… o quattro… forse erano cinque… – mi lascio sfuggire, come un perfetto idiota.

E come un perfetto idiota, mi preparo a subire la dovuta punizione che, come previsto, arriva all’istante.  Forse… era molto meglio tralasciare alcuni piccoli particolari.

Lo “schiock” del ceffone di Yuffie, mi fa rimanere senza fiato.

 

- Hey! Non si picchiano i malati moribondi, lo sapevi?! – protesto, aizzandomi poi verso di lei con una mano sulla guancia destra dolorante.

 

Yuffie non si tira indietro, e contrattacca:

- Malato moribondo un corno! Ti vedo sveglio e pimpante questa mattina! Forse anche troppo, direi…! – Yuffie batte un piede per terra, di nuovo in preda alla collera.

 

Rispondo senza indugiare:

- Sono guarito, tutto qui! Ho delle ottime capacità di recupero, che altri non hanno! Sono un ragazzo raro, io! – sottolineo, dandomi importanza.  

 

- Ovvio! Con tutti gli “incontri” che fai… c’era da aspettarselo!

 

- E’ forse una scenata di gelosia, la tua?

 

- Io gelosa? E di chi? Di uno zotico come te che non ha nemmeno rispetto per una persona che ha passato la notte sveglia a preoccuparsi di lui e della sua influenza? – replica la ragazza, veramente stizzita.

 

Storco le labbra, e mi auto-ammutolisco. La febbre non c’era, però lei è anche vero che è rimasta lì a prestarmi soccorso per un’intera notte…

Stavolta la nana ha un po’ ragione! 

 

- Ok. Lo ammetto. – replico un po’ dispiaciuto. Ma solo un pochino.

 

- Ammetti cosa?

 

- Ammetto… ammetto e basta, insomma! – replico con l’orgoglio che sale su, fino al soffitto del Sanatorium. Incrocio le braccia al petto, storco le labbra ed aggrotto la fronte. Prendo fiato e in un sol colpo esclamo - Grazie! – Che fatica per me pronunciare una simile parola…! - Così va bene?

 

- Benissimo! – enfatizza la piccola ragazza, con il volto radioso e pieno d’energia, mentre ritorna quella di sempre.

 

Perché la do sempre vinta a lei?

 

Adesso che sto meglio, dubito che la signorina Kisaragi qui presente abbia intenzione di farmi compagnia ancora per un po’.

Non ho mai desiderato la sua presenza come in questo momento. In questo giorno, per essere più esatti.

 

- Diciotto anni fa, in questo preciso giorno, mia madre ritornò al flusso vitale. – dico così, all’improvviso, sorprendendo sia Yuffie che me stesso. Mi sono aperto con una scioltezza tale da farmi perfino dubitare di ciò che ho appena detto.

Quando si tratta della mamma, è raro che io ne parli con qualcuno. Sarà perché oggi è l’anniversario della sua scomparsa?

Guardo fuori dalla finestra, voltandomi di schiena. – Il giorno prima della sua morte, c’era una pioggia proprio come questa di adesso. Quando si dice il caso, eh? – faccio ordinario, sforzandomi di emettere un sorriso.   

 

Yuffie in qualche modo capisce al volo il tono falsetto della mia voce. Sento i suoi passi farsi sempre più vicini, finché due sottili braccia non mi cingono la vita con un rapido gesto, ma delicatamente. Mi irrigidisco all’istante, e provo un po’ di imbarazzo a sentirmela così vicino. Il capo della principessina si posa sulla mia schiena, mentre la stretta ai miei fianchi si fa sempre più calda e profonda.

Non volano parole nella hall. Per un po’ lo scroscio sempre più incessante dell’acquazzone, ci fa da sottofondo.

A volte un gesto affettuoso vale più di mille lemmi.

E non c’è cosa più bella, che provarlo sulla propria pelle.

 

- Sei libera di andare, se vuoi… non ti obbligo a restare.- trovo la forza di dire, dopo svariati minuti di silenzio.

 

Yuffie rifiuta.

- Resto qui! – pronuncia con un filo di voce allegra.- Con questa pioggia non vorrai mica mandarmi là fuori, spero!- scherza in seguito, sciogliendo la stretta gentile, e venendomi d’innanzi con un bel risolino tutto festoso. La osservo senza remore, proprio come fa lei. – Anche mia mamma non c’è più! – replica dopo poco, pur continuando a mantenere un viso sereno e tutt’altro che triste.

Sono spiazzato da questo suo comportamento. Non so cosa dire, o fare... per la prima volta, non sono in grado di risponderle a tono.

Nessun problema. La ragazza squadra i miei occhi confusi, e mi trae all’istante dall’impaccio prendendomi allegramente a braccetto.

 

- Cosa stai facendo?!- ribatto impacciato, preso alla sprovvista.

 

- Dai, vieni! Te la faccio conoscere! – esclama il rospetto, strattonandomi fino al divano. Sono titubante, ma mi faccio leggero per farmi trascinare con facilità da lei.

La nana afferra la sua saccoccia un po’ malandata, e dalla tasca anteriore estrae qualcosa. Porgendomi l’oggetto tra le mani, mi incita a guardarlo: - E’ la mia mamma! Bella, vero?

 

Osservo la foto con attenzione.

- Caspita s’è bella!

Il ritratto raffigura una donna, sui venti, massimo venticinque anni. Ha i capelli lunghi che le cadono sulle spalle, e scendono giù fin oltre i fianchi. Un cerchietto di perle bianche le adorna il capo, come fosse una semplice coroncina, mentre indosso ha un abito di seta molto pregiata, sui toni del verde pastello. Poso lo sguardo sul viso della donna, e subito dopo su quello di sua figlia. – Non hai ereditato per niente l’eleganza di tua madre!- sbotto schernendo la piccola giovincella davanti a me, che ben presto va su tutte le furie ed inizia ad agitarsi.

 

Mi arriva subito una pestata sulla testa. Decisa e dolorosa.

- Dà qua! – replica riprendendosi la foto con maniere poco cordiali.- Sei il solito zoticone!

 

- Hey! Ma guarda che scherzavo! Le assomigli moltissimo! – Le fattezze saranno pure le stesse, ma i modi regali di certo no!

 

- Ovvio! Sono sua figlia!- precisa Yuffie, con un’intonazione spocchiosa che poco le si addice. Ferita nell’orgoglio, la ninja si allontana da me sbraitando parole incomprensibili e sicuramente poco gentili. Il lembo del grosso tappeto che ricopre una parte del pavimento, è rovesciato verso l’alto. La giovane ragazza gli incontro senza accorgersene, e così, come da copione, inciampa rovinosamente dando vita ad una caduta veramente buffissima. 

 

Mi lascio sfuggire una piccola risata, che tento però di soffocare con l’ausilio delle mani.

 

- Hai intenzione di andare avanti a prendermi in giro per tutta la giornata?

 

- No, certo che no! Però, a volte hai dei modi così bizzarri, che proprio non riesco a trattenermi dal ridere! – replico tra una smorfia e l’altra. Le vado incontro offrendole una mano con un galante inchino. Yuffie la scaccia subito, colpendola con uno schiaffo furioso. – Che temperamento regale…! Per essere la principessina di Wutai, hai un modo di fare davvero iroso. Contegno Yuffie, ci vuole contegno!

 

Ad un tratto l’incessante pioggia si ferma. Se prima una miriade di gocce picchiava sulle finestre del Sanatorium, ora quel roboante brusio non c’è più.

Dai vetri si scorgono delle piccole goccioline che a poco a poco si asciugano, evaporando ai primi raggi di sole. Un sole che gioca ancora a nascondino tra una schiera di nuvole grigiastre che minacciano ancora pioggia.

Ci voltiamo entrambi verso le lastre appena bagnate, per guardare al di fuori.

La nostra immagine viene subito riflessa dalla superficie dei vetri che per qualche attimo assumono la funzione di uno specchio.

Vedo Yuffie arrossire in quell’immagine riflessa.

 

- Qualche problema?

 

- Nessuno, grazie. – sbotta seccata, la nanerottola Wutaiana, che non tarda a tirarsi su con un balzo degno di un felino.

 

- Non dirmi che adesso vai via…

 

- Certo! Ha smesso di piovere… non vedo perché dovrei restare…!

 

Scuoto la testa con dissenso.

- Ma perché ogni volta che ci incontriamo, tu prima o poi sei pronta a spiccare il volo? Guarda che non ti faccio niente…! Non sono lo spietato assassino che pensi!

 

- Il mio compito qui è finito. Non hai più la febbre, no? Quindi la mia presenza è a dir poco inutile!

 

- Fai l’offesa adesso, zo to? Guarda che prima scherzavo! Non era mia intenzione insultarti! Se sei ancora arrabbiata per quella questione della somiglianza tra te e tua madre, beh, puoi stare tranquilla. Voi due avete gli stessi occhi!

 

Prima il faccino della piccola non prometteva niente di buono, ma adesso… adesso la sua espressione crucciata, le grinze che marcavano la fronte, le guance tese e molto arrossate, paiono essersi disciolte.

- Cos’altro abbiamo, io e la mamma, di simile? – mi viene chiesto in un attimo, e senza un motivo per me valido.

 

Accarezzo il mento, e comincio a pensare.

- Mmh…vediamo…- richiamo alla mente il ritratto della signora Kisaragi, e poi lo confronto con quello della sua pestifera figlia- Oltre al luccichio e alla determinazione che c’è nei vostri occhi, azzarderei il colore dei capelli, quello della carnagione, e il sorriso! L’espressione che fai quando ridi, è la stessa di tua madre. Ah! Poi avete lo stesso naso…! E poi…- faccio per pensare ulteriormente ad un’altra caratteristica che possa richiamare i due visi, ma vengo interrotto da uno splendido sorriso che mi fa restare senza fiato.

 

- Grazie, Reno! – esclama Yuffie, facendomi a momenti svenire per l’incredulità. Il rospo che mi ringrazia? No, non è possibile!

Ci deve essere qualcosa che non , lo sento!

La mia malignità però è obbligata a crollare. La ragazza si dirige verso il finestrone posto sulla sua sinistra, e ne adagia una mano proprio sulla superficie gelida e trasparante dei vetri. – A differenza tua, io non ho mai conosciuto mia madre. – mi rivela. – E’ andata via quando avevo un paio di mesi. Di lei non so nulla. Né la voce, né il modo di muoversi, e neppure il carattere. Mio padre dice che era un tipo testardo, molto capriccioso ma tanto tanto gentile. Ogni volta che guardo la sua foto, non riesco mai a capire che tipo di somiglianza possa esserci tra me e lei. Ecco perché ho chiesto a te di dirmelo. Mi hai fatto un grossissimo favore, sai? – conclude con il timbro di voce che sembra fatto di gratitudine.   

Un po’ mi sento in imbarazzo. Infatti le mie gote si accendono lievemente di rosso.

Io dico quello che penso, e se quello che penso rende felice una persona, ben venga! Sono doppiamente contento!

Vorrei saperne di più su questa faccenda, vorrei chiederle qualcosa… Sua madre è andata via, ma in che senso?

Questa volta mi comporto da persona educata, e per rispetto della piccola, soffoco la mia sete di curiosità e mi getto alle spalle il problema.

So come ci si sente a sentirsi rivolgere delle domande di questo tipo.

 

“Reno, com’è morta tua madre?”

“Hey Reno, ma davvero non hai più la mamma?”

E come hai reagito alla sua scomparsa?”

Ogni volta che all’accademia della Shin-Ra, facevo amicizia con qualcuno, presto o tardi mi venivano rivolte le solite interrogazioni. Mi davano un nervoso

  

 

Raggiungo Yuffie. Mi vede venirle incontro dall’immagine riflessa sulla vetrata, che si fa sempre più vicina.

Con garbo e moderatezza, poso una mano su quella testolina orlata da capelli castani, e le faccio qualche carezzino amorevole per farle sentire una presenza amica.

Yuffie socchiude le palpebre dolcemente e si gira verso di me, per affondare il suo capo nella mia maglietta a zip bianca e senza maniche. In un modo o nell’altro, penso che mi stia chiedendo qualche carezza affettuosa.

 

- Mi stai chiedendo forse di farti qualche coccola in più, piccola ladruncola?

 

- No! Sto solo intascando la giusta ricompensa per averti curato la febbre! – Acc! Dannato mostriciattolo! Non te ne perdi una!- Sei irrecuperabile! Beh- mi stringo nelle spalle- almeno non si tratta di gil o peggio ancora… di Materia! Va bene qualche carezza in più sul capo, per farti restare ancora un pochino qui?

 

Yuffie si discosta leggermente da me:

- No! – ribatte secca- Pretendo delle carezzine sulla schiena, oppure niente!

 

- Carezzine… sulla schiena?!- faccio con un’espressione sconvolta. Che significa?!

 

Vengo trascinato come un sacco di patate verso il divano, e fatto sedere a furia di brusche tirate, su di esso. Quando il mio corpo affonda sul sedile, il mio cuore lo segue, incalzando in un battito rocambolesco. 

Le mani e la fronte cominciano a riempirsi di sudore, e l’emozione a pervadermi del tutto.

Penso di essere pressappoco alla stregua di un forno a microonde che sta per esplodere. Ah… Io sono sempre quel famoso sformato di pasta troppo condito…

 

Yuffie mi si accoccola nella stessa maniera in cui farebbe un micetto in cerca di gesti affettuosi. Un grosso micetto.

 

- Che razza di situazione…!- bofonchio teso, sentendomi sempre più in difficoltà.

 

- Forza? Che aspetti? Carezzine! Carezzine! – incalza la sua vocina, con l’insistenza assai più grossa di quella di una bimba capricciosa.

Sbuffo.

Con il braccio un po’ irrigidito, inizio a lisciarle la schiena. I miei movimenti sono goffi e sicuramente poco piacevoli.

Di sicuro mi dirà di smettere da un momento all’altro…

- Yuffie… non sono portato per queste…- finisco lì la frase non appena le mie orecchie odono un flebile respiro, provenire dalla boccuccia della giovane ninja. – Pazzesco! Si è addormentata! Con una nottata passata in bianco, c’era da aspettarselo.

I minuti transitano, ma nonostante tutto, io continuo a carezzarle dolcemente la schiena con meno difficoltà e più scioltezza di prima.

Tutto ciò però… mi piace! E’ assurdo che un Turk faccia simili cose? 

Se in questo momento entrassero Tseng e gli altri… addio reputazione! Ne sono convinto!

Meno male che c’è la Costa del Sol, a tenerli lontano da me. E pensare che fino a pochi attimi fa, l’ho maledetta all’infinito…

Com’è strana la vita, a volte.

La quiete di questi attimi, fa sprofondare anche me, così, dopo un po’, la mia testa è già sulla spalliera del sofà, pronta a rilassarsi.

C’è una serenità in questa stanza, che non c’è mai stata prima d’ora. La dolce compagnia di questo fagotto appisolatosi sul mio grembo, mi rasserena, e spegne allo stesso tempo i bollenti spiriti che prima avevo nel corpo. 

Il fatto è che quando sto con te, Yuffie, tutto sembra avere un senso. Ed io comincio a vivere a modo mio.

Un modo giusto, questa volta.

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

MEGA ritardo, lo so!!! Abbiate una pazienza infinita con me, vi prego…!!!

La mia esistenza ultimamente è un po’ troppo (un po’ troppo veramente è troppo poco…) incasinata…

Ad ogni modo, nuovo chap e nuove gag!

Con tutto cuore, ragazzi, spero proprio di farvi divertire e soprattutto emozionare con la mia RED HEAD!

Grazie di cuore a tutte le persone che continuano con gentilezza e garbo a lasciarmi una recensione e ad aggiungere la storia ai preferiti, non trovo più parole per potervi ringraziare come si deve!

Ah! Ho appena postato delle foto del mio piccolo e selvaggio Reno (il coniglietto, per precisare!). Se vi va, dateci un’occhiata! Le trovate nell’account che ho sul deviant art. Il link lo trovate nella pagina della mia scheda personale, che c’è nell’EFP.

Fatemi sapere!

 

Niko niko,

                                                                                                                   Botan

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Capitolo 12
*** Sono un perfetto idiota ***


CAPITOLO 11

                            CAPITOLO 11

 

 

 

 

 

- Ben svegliata, principessina di Wutai! – esclamo gioioso, non appena il faccino assonnato di Yuffie si desta dal lungo sonno. - Dormito bene?

 

La giovane annuisce stropicciandosi gli occhi con fare da bambina, e sbadigliando qua e là.

- Sono crollata come uno shuriken in caduta libera… Ho dormito molto?

 

- Un paio d’ore, credo.

 

La wutaiana inarca le sopracciglia:

- E tu sei stato qui seduto, per due ore?!

 

Annuisco con fierezza, e già che ci sono, inizio anche a pavoneggiarmi un pochino.

- Sono un gentiluomo, io! Una ragazza assopita così teneramente sulle mie ginocchia, non si rifiuta mai! E poi, alzandomi avrei rischiato di svegliarti… zo to!

 

- Allora non sei completamente zotico! 

 

- Come sarebbe a dire? Significa che lo sono per metà?! Bel ringraziamento per averti accarezzato la schiena tutto il tempo, zo to!

 

Yuffie mi fa una smorfia gioiosa:

- Guarda che scherzavo! Mi prendi in giro così tante volte tu… lasciamelo fare una volta anche a me, zo to!

 

Le lancio un’occhiataccia minacciosa:

- Adesso mi fai anche il verso? Che simpatica! – prendo le sue guanciotte tra le dita, e faccio una leggera pressione fino a tirarle giocosamente. – Andiamo a mangiare, dai! – ribatto afferrandola per un braccio, e trascinandola con me.

 

 

 

Trangugio l’ultima polpetta di polipo con una rapidità tale da fare invidia perfino alla moto ultra accessoriata di Cloud.

- Temo… di aver mangiato troppo… – bofonchio accarezzandomi lo stomaco, pieno e gonfio.

 

Yuffie mi segue a ruota:

- Già! Ci vorrebbe una bella passeggiata per smaltire il tutto.

 

Improvvisamente le mie cellule neurali si accendono.

- Hai detto “passeggiata”? – replico con l’espressione di chi sta sul punto di avere un’idea da un momento all’altro.

 

- Sì, perché c’è un posto in cui ti piacerebbe andare?

 

Annuisco secco. Un sorriso diabolico mi si disegna sul viso.

- Veramente… Un posto ci sarebbe…! 

 

 

 

Siamo fuori dal Sanatorium. L’aria è un tantino fresca, e il terreno bello umidiccio, ma non fangoso. Insomma, spruzzato d'acqua al punto giusto.

Mi dirigo al garage situato proprio affianco allo stabile, e tiro su la serranda con fare spedito. Premo l’interruttore sulla mia sinistra, e la luce si accende illuminando l’oscuro stanzino.

 

- Wow! – esclama Yuffie, facendosi avanti con un balzo– Sono moto quelle?

 

- Belle, vero?

 

- Sono le tue?

 

Sospiro un po’ sconsolato, facendo ciondolare la testa da destra a sinistra:

- Magari lo fossero…! Appartengono alla Shin-Ra. Ma le usiamo solo io e Rude per uscire la sera a bighellona…- do un colpetto di tosse deciso, e mi zittisco istantaneamente. Non ho intenzione di beccarmi un ennesimo scappellotto da questo tipino così violento e troppo manesco. – Dunque- faccio io, cambiando discorso al volo- vogliamo andare?

 

Yuffie si ritrae con un passetto all’indietro. - Con q-quella? – pigola con un filino di voce, indicando la moto con l’indice destro tremolante.

 

La fisso incerto: - Cos’è? Hai paura? Eppure mi era sembrato che ti piacessero… o no?

 

- Non è la moto che mi preoccupa… Bensì tu! La sai portare? O invece precipitiamo di sotto alla prima curva?!

 

- Ma per favore…! Sei paranoica tanto quanto Elena!

Mi infilo il casco e siedo a cavalcioni sul sedile della nera fiammante. Estraggo il mazzetto di chiavi dalla tasca anteriore del mio pantaloncino bianco, ed inserisco la chiave nella fessura dell’accensione. Apro il gas, a manetta, mantenendo la posizione da fermo. – Allora? Resti lì per tutta la serata, oppure preferisci salire? Sappi che non ho intenzione di aspettarti in eterno!

 

Faccio finta di partire giusto per velocizzare la decisione di Yuffie, e la mia tattica funziona.

Afferrato il casco, il nano di Wutai balza sul sedile posteriore della moto, e mi si aggrappa con tutte le forze alla vita.

 

- Non così forte, sennò non respiro!- strepito, soffocando a momenti.

Non appena la vigorosa stretta si allenta, e il mio respiro ritorna quello di sempre, spingo in avanti l’acceleratore e do il via alle danze!

Da 0 a 100 in 5 secondi. Non male, vero?

 

 

A soli 10 minuti dalla partenza, siamo già arrivati a destinazione. Con un’auto, o con una moto mediocre, ci sarebbero voluti una trentina di minuti. Strada sdrucciolevole permettendo.

 

Spengo il motore e parcheggio il grosso bolide proprio sotto i folti rami di un albero.

Sfilo il casco dalla mia testa, scuoto il capo dandomi una rapida aggiustatine alla zazzera un po’ a soqquadro, e scendo.

Yuffie è ancora ancorata saldamente alla carrozzeria della moto.

 

- Hey, tutto ok? – domando senza ottenere risposta. Do così qualche colpetto con il dorso della mano sul casco della nanerottola, giusto per farla parlare. – Ci sei? Guarda che siamo arrivati… - sbotto cominciando a perdere la pazienza.

 

Yuffie si rianima. – Siamo… arrivati? – pigola con voce roca. Non dirmi che il viaggio ti ha fatto un certo effetto…? A me ha tirato un po’ su il morale. Mi sono abbastanza divertito!

Incito la ninja a scendere, sfilandole il casco dalla testa. Le sistemo un po’ i capelli con delle carezze sul capo, ed infine la colpisco scherzosamente dietro la schiena.

 

- Forza, un po’ di grinta!

 

Yuffie finalmente si decide a venire giù.

- Ma… dove siamo? – domanda, guardandosi attorno con fare confuso e un po’ dispersivo.

 

Porto le mani sui fianchi, drizzando la schiena:

- Nel luogo in cui mi hanno ridotto uno straccio! Sappi che però ho combattuto dignitosamente fino alla fine! – preciso con orgoglio.

 

- Ahh… capisco.- dice Yuffie, con intonazione abbastanza canzonatoria. – Beh, a questo punto che si fa?

 

Sorrido con un ghigno che farebbe gelare il sangue a chiunque:

- Si a caccia di indizi!

 

 

Ci avviamo entrambi nell’oscuro boschetto, addentrandoci in una zona ricca di vegetazione e di alberi.

Il luogo è piuttosto buio, ed il clima nuvoloso non aiuta per niente la mia sete di curiosità. Fortuna che ho portato con me un paio di torce, altrimenti sarebbe stato un problema non indifferente, divincolarsi nel bel mezzo di questa radura.

 

Faccio roteare la pila elettrica lungo la parete di un arbusto.

La ragazza alle mie spalle, fa altrettanto, imitandomi.

- Ma di preciso, cosa dobbiamo cercare?

 

- Non lo so ancora. Ma quando lo troverò, te lo farò sapere! – le ribatto con fare frettoloso, ed addentrandomi sempre di più nell’oscura selva.

 

Yuffie fa di tutto per accodarsi a me, e restarmi appiccicata. Seppur non lo dia ad ammettere, in fondo credo che abbia paura.

Mi girò di scatto verso di lei, cogliendola alla sprovvista e puntandole la torcia in pieno viso:

- BUUU!

 

- AAAHHHHH!!!!! – grida lei, facendo un saltello e lasciando cadere la sua torcia a terra.

 

- Paura, eh?! – rido, beffeggiandola e piegandomi in seguito a raccogliere l’aggeggio.

 

- Niente affatto! Io non ho paura! Sono un ninja, ricordatelo! – mi risponde un po’ indignata, ma sempre tremante.

Il timbro di voce non mente. Traballa come un budino gelatinoso.

 

Yuffie s’impunta, portandosi le mani sui fianchi un po’ stizzita. La sua espressione è tutt’altro che amichevole.

 

- Dai, volevo solo farti rilassare! Mi sembravi così rigida…

 

- Mi hai fatto prendere un colpo! Altro che rilassare…! – strepita con lo sguardo infuriato, puntandomi come un falco farebbe con la sua preda.

 

- Allora lo ammetti, eh? Ti sei spaventata davvero, zo to! Perfino adesso il tuo viso mi sembra terrorizzato! Cos’è, hai visto un fantasma? – dico tanto per scherzare, mentre le punto la torcia in faccia.

 

L’indice della sua manina si solleva improvvisamente, indirizzandosi dritto dritto alle mie spalle. 

 

Inarco le sopracciglia, con aria di confusione, e mi volto, facendo luce con la torcia, dietro di me.

Deglutisco a stento quando il fascio luminoso va ad urtare qualcosa di molto, ma molto grosso.

 

- No, non è un fantasma…- balbetto con un accento roco e pietrificato. Ho davanti un Sea Worm dalle dimensioni mostruose. E a giudicare dall’espressione poco felice, dal carattere davvero, davvero intrattabile!

 

- Insetto? Insetto?! INSETTOOOOO!!!!!!!!!! – strilla Yuffie, a più non posso, cominciando a mettere in moto le gambe.

L’enorme vermaccio inizia ad agitarsi. Le sue intenzioni non sono affatto buone.

Meglio sparire… e alla svelta!

Faccio dietro front in un baleno, agguanto la ladruncola per un braccio e… inizio a correre!!

 

- C’era proprio bisogno di urlare così forte?! – dico adirato, mentre trascino la mocciosa in una corsa forsennata su per il sentiero che sta davanti alla mia visuale scossa.

 

- Detesto gli insetti!!! Li odio! E quello lì, è gigantesco!!! – continua a strepitare, disgustata più del più non posso, sovrastando perfino la mia voce.

 

- Vedi di strillare di meno, se non vuoi finire nel suo stomaco! – Non è piacevole divenire la cena di un enorme bacherozzo. Concepisco con la fantasia l’immagine della cartella clinica della mia dipartita. Sotto la voce “causa del decesso”, leggo a caratteri cubitali: Divorato da enorme bacherozzo. Non è forse imbarazzante? – Evidentemente saranno state le tue urla, a disturbarlo. Non dovevi reagire così, aizzandoti come una matta verso di me!

 

- Ma sei stato tu, a puntarmi la torcia in faccia, e a farmi prendere uno spavento! E’ colpa tua!

 

- Va bene, va bene! Non agitarti! Ne riparleremo dopo… Adesso pensiamo a tirarci fuori da questa scomoda situazione! Se non lo blocchiamo, sarà lui a bloccare noi!

 

Una scarica potentissima di Earthquake, uno dei suoi micidiali attacchi, fa tremare il terreno sotto i nostri piedi. Come previsto: Il vermone ha iniziato a reagire!

 

- Ci attacca?!

 

- Mi sembra ovvio! Tu cosa faresti al suo posto se due individui ti rompessero le scatole per poi fuggire via?

 

Yuffie n’è certa:

- Gli darei una bella lezione!

 

- Appunto! E’ proprio quello che vuole fare a noi!

 

Un secondo terremoto, questa volta più rabbioso di prima, ci fa cascare come due birilli. Yuffie viene sbalzata via, a qualche metro di distanza. Fortunatamente, grazie alla sua innata agilità, riesce a rimbalzare alla perfezione sul tronco di un albero, e a ridurre così l’impatto.

Quello ad avere più sfiga tra i due, come al solito, è il sottoscritto.

Sollevo poco a poco la testa, ed abbozzo un sorriso tirato.

- Buono cucciolo, sta buono! – dico, disteso, è il caso di dirlo, come un verme, alle zampe dell’altro verme. Il ruggito della bestia scuote l’intera boscaglia. Gli uccelli si alzano in volo, come uno sciame impazzito.

Possibile che ogni volta che metto piede in questo posto, debba sempre accadermi qualcosa di spiacevole?

Sbuffo adirato, e con la faccia di chi starebbe per contrattaccare da un momento all’altro.

Sguaino la mia arma verso il faccione molliccio e verdastro della creatura, mettendomi sulla difensiva.

- Vuoi giocare? Bene, ti accontento subito!

 

Rotolandomi su di un fianco, mi porto a distanza di sicurezza, schivando di tanto in tanto qualche attacco furioso dell’essere.

Carico il mio teser infondendogli il potere di una materia fire, e mi preparo all’attacco.

 

- Adesso ti arrostisco per benino! – Con un balzo felino tanto quanto fulmineo, gli affondo un colpo in pieno cranio. Il potere del fuoco si libera, una vampa s’innalza ed illumina mezzo territorio con la sua luce esplosiva. Una coltre di fumo si materializza con malgarbo. Forse è fatta? Sto per gioire ma… quando il folto strato di vapori si dissolve, la mia autostima scende ai massimi dei minimi livelli.

 

- Tutto fumo, e niente arrosto…- Questa volta l’ho fatto proprio arrabbiare.

Finirò mangiato vivo? Cibo per bacherozzi.

L’enorme vermaccio si scaglia verso di me con uno scatto impetuoso. Sto per essere colpito da un suo violento attacco che non mi darà di certo l’aggio per scappare, quando un bagliore inatteso mi salva.

 

E’ lo shuriken di Yuffie, che a lacerare i tessuti  mollicci della spaziosa e calva testa dell’essere, per, in seguito, ritornare alla base.

 

- Il Sea Worm è debole alla materia Ice! Gli attacchi delle fire sono praticamente inutili! – urla la ninja, mentre si adopera a recuperare la sua arma, che le ritorna perfetta tra le mani.

 

Grazie al suo tempestale intervento, la mia pellaccia può considerarsi salva. La solita fortuna di un Turk!

- Hey! Vuoi deciderti a rialzarti? Gli attacchi a base di ghiaccio non dureranno ancora a lungo! Tra poco si riprenderà, e sarà molto più infuriato di prima! Bada che non starò lì a salvarti ancora una volta!

 

Prendo alla lettera le sue parole, e mi sollevo alla svelta da terra. Raggiunta la ladruncola wutaiana, ci apprestiamo in fretta a scappare.

 

- Come facevi a sapere che quel vermaccio fosse debole al ghiaccio? – domando con voce affannata, continuando a correre come un matto.

 

- Semplice! Io detesto ogni sorta di insetto che possa esistere sulla faccia del pianeta, quindi, per sicurezza ho studiato a fondo ogni loro caratteristica, per potermi difendere come si deve in caso ce ne fosse bisogno!

 

- Sei davvero ingegnosa…! – “Nonché furbetta e un tantino diabolica”, vorrei aggiungere, ma le circostanze non me lo permettono.

 

 

Ci fermiamo dopo circa una decina di minuti, con il fiato cortissimo.

Il verme oramai è solo un lontano ricordo che mi ha lasciato senza torcia, e con una materia in meno.

Fortuna che la piccola wutaiana ha con sé la sua, di torcia.

 

Me la riprendo, strappandogliela dalle mani.

 

- Hey, che modi! – ribatte a tono, e ancora con il fiatone, ansimando qua e là.

 

Provo ad accenderla, ma il fascio di luce non si anima. Le do giusto qualche colpetto sbattendola sul palmo della mano, finché non torna in funzione.

 

Faccio per incamminarmi, creandomi strada con la torcia e lasciando Yuffie alle mie spalle, e successivamente mi fermo in mezzo alla via:  

- A proposito… grazie per avermi salvato…! – le esclamo con poco slancio, molto probabilmente troppo orgoglio mi impedisce di farlo come si deve. In seguito, la mia andatura riprende a muoversi normalmente, come se nulla fosse successo.

 

- Non c’è di che! – sento rispondermi, con un suono un po’ presuntuoso e pieno di trionfo.

 

Essere salvato da una mocciosa di Wutai…! Diamine! E’ il colmo! Forse preferivo di più la dicitura “Divorato da enorme bacherozzo” sulla cartella clinica del mio decesso?

Se solo anziché bigiare le lezioni sui mostri del professor Ito, le avessi seguite con molta attenzione… tutto ciò non sarebbe mai successo!

Inutile stare qui a rimuginare. Ciò che voglio in questo momento, è trovare una traccia!

Una traccia di Zess.

 

Quest’ultima non tarda molto a farsi vedere.

 

Qualcosa urta la mia scarpa. Anzi, sono io ad urtare questo qualcosa, calpestandolo.

Getto il fascio di luce ai miei piedi, per illuminare meglio la zona e l’oggetto in questione.

Alzo la gamba dal suolo, e faccio un passo indietro.

Yuffie si avvicina spedita, e mi si affianca per sbirciare.

- Cos’hai trovato?

 

- Una cosa molto interessante.- Mi chino verso il suolo e raccolgo l’oggetto.

E’ un coltello retrattile, che guarda caso conosco.

Sull’impugnatura vi è impresso un marchio. Si tratta del logo della “Giungla delle Pistole”. Un movimento anti Shin-Ra che in passato ci ha causato parecchi problemi.

Ma cosa ci fa qui, una roba del genere? Tutti i membri del gruppo furono catturati da noi Turks, e rinchiusi nelle prigioni della Shin-Ra, per poi essere trucidati.

Quel movimento è stato debellato, non esiste più, per fortuna. Inoltre, sono trascorsi otto, o nove anni da quell’episodio. Possibile che sia una reliquia di quel giorno?

La cosa non mi convince per niente.

Mi rigiro l’aggeggio tra le mani, e dall’altra faccia del manico, in piccolo, c’è scritto qualcosa. Illumino la dicitura, e leggo a voce bassa: - “Alla mia piccola e temeraria sorellina. – Le sopracciglia mi si piegano contorcendosi con movenze titubanti. Poco sotto la dedica sibillina, intravedo un mucchietto di lettere che formano una parola. La illumino con la complicità della torcia, portando quest’ultima proprio sopra lo scritto in questione, e quella movenza che sapeva tanto di titubanza delle mie sopracciglia, si tramuta in un gesto di sbigottimento autentico: - ZESS?! – esclamo, alzando di scatto la voce.

 

Yuffie sussulta: – Che succede?! C’è forse qualcuno?! – chiede trepidante, iniziando a guardarsi attorno.

 

Scuoto la testa.

- Niente, niente! Puoi abbassare la guardia. – le faccio, giusto per tenerla buona.

Ma che c’entra quel maledetto disgraziato, con la Giungla delle Pistole?

Che connessione c’è tra le due cose?

Che Zess sia un membro di quel gruppo?

- Ma no, impossibile! Sarà una semplice coincidenza! Oltretutto, mi ricorderei benissimo della sua brutta faccia! 

 

- Chi è che ha una brutta faccia? – mi domanda la ninja, con aria non proprio cordiale.

 

- Nessuno! Parlavo tra me e me, sta tranquilla! Non mi sognerei mai di dire una cosa simile! In tua presenza poi… figuriamoci! Mi faresti sicuramente a pezzi!

 

Yuffie sembra essersi adirata. Tuttavia, non ho il tempo per appurare alla meglio la situazione.

Un rombo improvviso squarcia il cielo, illuminandolo per pochi istanti. La saetta del lampo si dipinge lassù, in aria, nitida e chiara come non mai.

La ragazza salta in su dallo spavento, gettandosi poi a me come per trovare un riparo, una protezione.

L’accolgo disorientato, poi cerco con gli occhi il firmamento.

 

- E’ solo un tuono! Non dirmi che anche questo ti fa paura?

 

Yuffie scuote la testa, per dimostrare il suo coraggio, ma io non mordo per niente a quell'esca.

Nel frattempo, una leggera pioggerellina inizia a venir giù prima con gentilezza, e poi con incalzante grettezza, fino ad innaffiarci.

 

- Oh oh… temporale in vista! – esclamo volgendo un’occhiata al clima, con un’espressione poco radiosa.

 

Un secondo rumore, cupo e prolungato, si scaglia nel cielo, con una potenza più forte del suo predecessore.

Stringo a me, forte, la ragazza, dandole protezione e riparo con il mio corpo, istintivamente.

Yuffie si chiude a riccio dentro di me. La sento tremare come un pulcino annaffiato, mentre la pioggia si fa sempre più incessante.

I miei vestiti, di un colore bianco acceso, s’impregnano presto d’acqua. Il tessuto diventa semi trasparente, fino a lasciar intravedere la pelle al di sotto della stoffa.

Tolgo alla svelta la maglia, prima che questa si bagni del tutto, e la uso per avvolgere le spalle di Yuffie, e darle un po’ di calore.

 

Lo scroscio dell’acqua si fa sempre più incessante, oramai diluvia.

 

Afferro la giovane per mano, e la conduco al riparo, sotto le fronde di un grosso albero.

Sono del tutto fradicio. L’acqua mi cola copiosa ovunque. Un riparo a questo punto mi sembra inutile, ma almeno non saremo alla mercè dell’acquazzone.

Guardo Yuffie da cima a fondo. E’ zuppa un po’ meno di me. Tutto merito del riparo che le ho fornito stringendola tra le braccia.

Mi avvicino a lei per aggiustarle la maglia, ed avvolgerla a dovere.

- Copriti, o prenderai un malanno! – faccio in tono gentile. E se ti ammali, poi tocca a me prendermi cura di te… Ma solo per ricambiare il favore per avermi curato da febbre menzognera.

 

Yuffie arrossisce stranamente.

- Tu piuttosto, non hai freddo così?

 

Mi do una rapida occhiata. Ho addosso solo un pantaloncino bianco, che tra l’altro è completamente bagnato.

La mia maglietta è sulle spalle di Yuffie, a tenerle almeno un po’ di caldo.

Con il torace scoperto, e tutta l’acqua che mi sono preso, spero proprio che non mi venga la febbre... Questa volta per davvero!

 

- Io sono un tipo tosto! Resisterò! – faccio allungandole un goliardico sorriso.

 

Le gote della ninja diventano sempre più accese, a stento tenta di nascondere lo sguardo abbassandolo maldestramente sul terreno.

La squadro con attenzione, cercando di capire il perché di questo suo strano comportamento, ma più i miei occhi la fissano, e più non riesco a smettere di guardarla. Senza un motivo apparente, sento qualcosa in me prendere fuoco. 

Sto sistemando la maglia alla ragazzina, e le mie mani tremano. Non riesco quasi a controllarle.

Diverse goccioline d’acqua vengono giù lentamente, attraversando il viso della giovane ninja che appare tutto bagnato. Scendono giù, loro, lungo il collo, e poi oltre. Quel gesto mi fa rabbrividire.

Sì, rabbrividisco, ma non per il freddo.

La schiena della principessa Kisaragi, è puntellata al fusto dell’albero, grande e imponente.

Colpisco il tronco con una mano, poco sopra il capo della ragazza che trema subito dopo, atterrita dalla mia reazione così improvvisa e inspiegabile. La verità, e che l’ho fatto nella flebile speranza di reprimere i miei impulsi.

Il nasino le si arriccia. Quel nasino impertinente che mi piace tanto. Tantissimo. Quel nasino che ha una gocciolina proprio sulla curva. Discende giù, passando per la guancia, percorrendole le labbra. Poi si ferma nell’incavo del mento.

La fisso.

 

La verità è soltanto una:

Io, non riesco a controllare più il mio corpo.  

 

Accosto il mio viso a quello di Yuffie, e sotto il rumore imperioso di un terzo tuono, mi accanisco sulle sue labbra, mangiandomele con un bacio.

 

L’acqua vien giù, il temporale incalza, incalza, ed ancora, sempre di più, come il simbolo dell’infinito, un “otto rovesciato” impresso nel cielo, incalza a più non posso.

Ma su di me, tutto ciò non ha nessuna influenza.

Sento che la pioggia, proprio questa pioggia, tenta disperatamente di parlarmi. Questa bufera stessa, mi parla. Vorrebbe fermare una tempesta molto più forte di lei. Vorrebbe mettermi in catene. Scagliarmi via, facendomi afferrare dalla possente mano del vento, e farmi rinsavire. Lei mi sta mettendo in guardia. Mi sussurra ciò che forse non dovrei fare. Io sono sordo, però. Non sento più nulla, ma provo una miriade di sensazioni che quasi mi annientano, tant’è che sono forti e dettate dalla passione. 

Mi faccio in avanti, spingendomi sull’esile corporatura di Yuffie che sento tremare ancora più forte man mano che il mio corpo si avvicina al suo.

La spingo garbatamente, e poi, con dispotica insistenza, a quel solido arbusto. L’acqua che mi ricopre si trasferisce in parte sui suoi vestiti, sulla sua pelle. Continuo a sfiorarle le labbra con i miei baci, allo stesso ritmo incalzante di questa pioggia che bagna il terreno.

Oramai sono completamente andato. Ho perso ogni controllo. Ho smarrito il controllo di me stesso.

Frenetico, spingo la ragazza verso il suolo, con impudenza. In un primo momento Yuffie sembra opporre resistenza, ma poi si lascia ben presto governare.

Le prendo le mani, che hanno smesso di tremare, e la trascino giù con me. Strusciamo sul quel tronco, per poi finire a terra. Sul terreno umido e innaffiato. Il fango ci macchia. Le fronde del grande albero lasciano filtrare qualche schizzo di pioggia che ci bagna ancora una volta. Tutto sommato, questa infiltrazione è piacevole.

Lascio cadere la schiena di Yuffie sul terreno. Con modi delicati, anziché bruschi.

Percepisco ancora un lieve tremore da parte sua, sussurrato appena.

Mi appoggio a lei, ricoprendola con il mio peso, e facendo attenzione a non farle del male.

Faccio scorrere le labbra lungo tutto il collo, bagnato e zuppo di gocce, nel momento in cui la mia mano si posa con poca invadenza ed assai garbo, sul bottoncino dei suoi shorts. 

Inizio a slacciarlo. Questa volta con più slancio. Frettolosamente. Il suono del mio respiro si fa sempre più forte, tanto da coprire quasi lo scroscio dell’acqua.

Tiro giù la lampo dei pantaloncini, che non oppone resistenza. Al contrario invece della ragazza.

Yuffie si ritrae. Il suo corpo sembra divenire di pietra.

Mi blocco anch’io, brevemente.

Mi sollevo di non molto da quell’esile fisico, fino a cercare il suo sguardo. Finalmente lo trovo. 

Ciò che vedo, sono due occhi impauriti e persi.

La ninja ha paura. Ed io, sono un perfetto idiota.

Di quelli con la I maiuscola.

 

- Yuffie… – riesco solamente a dire. Dentro di me c’è la voglia di continuare, di riprendere, di cercare ancora quella bocca. Però se lo facessi, sarei doppiamente un idiota.

 

La piccola ragazza si rialza fulmineamente. Mi arriva uno schiaffo. Stavolta lo accetto e non ribatto.

Muto come non lo sono mai stato, la vedo fuggire sotto un acquazzone che in pochi istanti la inghiottisce, portandola via da me.

 

 

Resto sdraiato a terra, con lo sguardo rivolto verso l’alto.

Ogni tanto una gocciolina mi s’infrange sul volto, ma poco importa: Sono un perfetto idiota!

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

 

Dopo una lunga, interminabile ASSENZA, Botan ritorna finalmente ad aggiornare!

EVVIVA! Non ne potevo più di tenermi i capitoli di RED HEAD segregati nel pc

Contavo vivamente di aggiornare molto prima, nel periodo pre-natalizio, magari… Purtroppo però, per una serie di cose, e per la mancanza di tempo, non ci sono riuscita…

Ho intrapreso un nuovo lavoretto che me ne porta via tantissimo… La mia camera è diventata un campo di battaglia, per non parlare della scrivania…! Ci sono pezzi di stoffa e fili di cucirini dappertutto! Che lavoro faccio? Ovvero: Che cosa mi sono dovuta inventare per mandare un po’ avanti la baracca e -cosa più importante- tenere il mio povero ed intimorito cervellino ancora più impegnato? Ho messo su una fattispecie di botteguccia personale dove realizzo ufo doll, o più semplicemente plush stile manga/anime, su richiesta dell’acquirente! Vendo un po’ qui e un po’ là… Sia su ebay (che preferisco non utilizzare per via dei costi e delle percentuali troppo elevate che devi pagare per vendere qualcosa), sia nella mia città e dintorni, e sia in rete! Un po’ dove capita, diciamo!

Spesso faccio anche le 2 di notte per finire un lavoro… Il fatto è che sono troppo precisa. Non mi piace fare una cosa “approssimativa”, con colori e abiti che non rispecchiano quelli del personaggio originale. Anche per gli occhi e la bocca…Creo tutto io, secondo una mia logica e un mio gusto personale! Se l’espressione del volto non si sposa col character che devo realizzare, poi il risultato finale stona. D'altronde, com’è che si dice? Gli occhi sono lo specchio dell’anima, no? ^___^  Ah!

 

PUBBLICITA’ OCCULTA: Colgo la palla al balzo: se vi dovesse venire la voglia di avere una riproduzione di Reno o di qualsivoglia personaggio tratto da manga/anime/videogames/film/telefilm… sapete dove trovarmi!

 

Detto questo, passo a rispondere a tutti voi:

 

Per Flygirl 92: Concordo! La chiamata di Elena è stata davvero esilarante! Era un pezzo che sognavo di scrivere da diverso tempo. Mi sono divertita molto ad “assemblarlo”!

Reno ti ringrazia per i complimenti! ^___^

 

Per Dastrea: Le tue recensioni mi coinvolgono sempre di più! L’idea delle coccole…eeh! Per quella parte ho preso spunto da me stessa! Io adoro le carezzine sulla schiena! *___*

E poi, diciamolo: Yuffie ricorda un po’ un grosso micione, no?

Per la scena del bacio che aspettavi da tanto tempo… beh, spero di averti accontentata! Ovviamente, non sarà l’unica! Vedrai che ti combino la prossima volta! ^,,^

Sai una cosa, Dastrea? E’ proprio vero che con la calma le cose ti riescono quasi tutte bene! Io ci sto provando, sia ad avere calma, e sia ad avere pazienza, e la situazione che mi tiene ancora in una fase di stallo, sembra smuoversi un pochetto. Però, per adesso mi accontento di questo poco che ho, finché non sarò finalmente libera e pronta a spiccare una volta per tutte il mio volo!

Grazie grazie grazie!

 

Per Gioia 86: BENVENUTA!!! Sono iper mega super felice che la mia storia, e, soprattutto, il tanto discusso pairing Reno/Yuffie, piaccia pure a te!

Poi, tu che mi dici “stamattina mi sono svegliata presto solo per potermi leggere i capitoli tutti d’un fiato”, per me è stata una pesante mazzata di puro entusiasmo! E se poi vogliamo parlare delle altre cose che hai scritto riguardo il mio modo di scrivere… io non trovo parole per dirti… Sei sicura di non aver sbagliato persona? Magari non so, volevi scrivere la recensione a qualcun altro, e puff…! Per errore l’hai mandata a me! E’ fattibile, no? Te lo chiedo perché io non mi reputo affatto, per niente e minimamente così brava come hai scritto tu! Tutt’altro! Spesso mi vergogno di mostrare ciò che scrivo, perché ad ogni lettura mi sembra sempre che ci sia qualcosa di sbagliato o comunque di non “fluido” nelle parole… Perciò, quando ho letto “grammaticalmente e lessicalmente”, beh, mi sono super sorpresa!

La nota che riguardava l’aggiornamento ogni 5 del mese, con tutto ciò che mi è capitato purtroppo non sono riuscita a rispettarla come si deve… Quindi, alla fine posterò un nuovo chap quando mi rimarrà un pochino di tempo libero. Soprattutto, spero proprio di metterne uno al mese, e non ogni 3/4 mesi come sto facendo ultimamente…

Ad ogni modo, grazie del supporto e, più di ogni altra cosa, dei complimenti graditissimi! E non devi ringraziarmi: Io proprio come te amo follemente Reno e tutto il suo diabolico ed intricato universo! Mi sento un po’ parte di lui, e a volte ho l’impressione che a scrivere non ci sia io, ma il rosso in persona! Sembra strano, me ne rendo conto, però io sento che è così! Il fatto è che quando scrivo RED HEAD, dimentico tutte le cose antipatiche, e rientra in me il sorriso! E finché ne avrò la possibilità, io continuerò a sfornare capitoli, prequel e sequel uno dietro l’altro! Attualmente ne ho già fatti 23 di chap, più un prequel in lavorazione! Quindi, c’è di che leggere!

Un abbraccio forte forte!

 

Detto questo, che aggiungere?

Reno, il mio piccolo (ma non troppo…) coniglietto, ogni giorno che passa assomiglia sempre di più ad un giovane lupetto! Tant’è che mia madre l’ha soprannominato “coniglio mannaro”! La notte, vi giuro che si trasforma completamente! Ho letto in giro che i conigli nani sono animali notturni, però il mio lo è un po’ troppo… Ne combina di tutti i colori…! Ed io sto letteralmente impazzendo! L’ultima marachella? Pochi minuti fa: ha fatto la pipì sulla scrivania. L’ho sollevato appena in tempo prima che rendesse inutilizzabile tastiera, mouse e guida ufficiale di Resident Evil 4!!! (quest’ultima si è beccata solo qualche schizzo…)

Però, questo benedettissimo coniglio, è anche una delle creature più dolci e coccolone che esitano! Grazie a lui, al suo affetto ed alla sua compagnia che mi dimostra in qualsiasi momento seguendomi come un simpatico cagnolino, praticamente ovunque (è diventato la mia seconda ombra… Pensate che pur di starmi dietro, ha imparato ad aprire le porte…Se questo non è anomalo, ditemi voi!), sto scavalcando una marea di fastidiosissime difficoltà.

Eh, già! Proprio come il Reno che tutti noi conosciamo, lui per me è una manna dal cielo!

 

Alla prossima! ^___^

 

Botan

 

            

 

 

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Capitolo 13
*** Sto toccando la luna con un dito! ***


CAPITOLO 12

                             CAPITOLO 12

 

 

 

- Dammene un altro! - ordino tassativo al tizio del pub che sta dietro al bancone, e che mi fissa perplesso. Lo travolgo con un’occhiata minacciosa, poi aggiungo - E subito!  

Detto fatto. Mi viene servito il terzo bicchiere di un lercio liquore scuro e ghiacciato, senza esitazioni.

Lo afferro rapido, e mando giù alla svelta il suo contenuto come se fosse della semplice acqua. La condensa che si è formata sul bicchiere, mi fa ritornare alla mente quelle piccole goccioline che accarezzavano il collo dello scricciolo Wutaiano. Sbatto un pugno sul tavolo, preso da uno scatto d’ira – Che hai da guardare?! Non hai mai visto qualcuno incazzarsi e bere?! – strepito con aria rabbiosa al barman, che, poverino, mi fissa con una strana espressione angustiata.

 

- Problemi, amico? – ribatte quest’ultimo, cercando di mantenere un tono quieto e gentile.

 

- Impicciati degli affari tuoi, e non rompere! – reagisco, con maniere alquanto rozze. – E la prossima volta, prima di venire al lavoro, fatti la barba! E’ demodè! – aggiungo, ma potevo anche risparmiarmelo.

Il guaio è che sono fuori di me.

Ora che ci penso, è la prima volta che mi ubriaco per una donna. Starò diventando matto?

E pensare che ieri sera, non sono riuscito a chiudere occhio. Sai che novità…

 

- Mi sono comportato da perfetto idiota! Dannazione! – dico a voce alta, cogliendo la clientela del pub alla sprovvista.

 

- A me piacciono gli idioti! – ratifica ad un tratto una voce misteriosa.

 

Mi giro verso destra e fisso l’individuo con fare disinteressato.

- Non voglio mai più avere a che fare con una donna! Sparisci! – sbotto secco, ordinando alla ragazza che mi sta accanto di togliersi dalla mia traiettoria. Non sono dell’umore giusto, zo to!

 

Una tipa tutta minigonne e poco cervello, per intenderci.

 

- Delusione d’amore? – mi domanda quest’ultima, arricciandosi una ciocca di capelli, biondo tinto, con un dito.

 

- Più o meno

 

- Beviamoci su, dai!

Vedo porgermi un grosso bicchiere stracolmo di alcol, proprio sotto il naso. Lo guardo, ed andiamo subito d’accordo!

 

 

 

Sono ubriaco fradicio. Peggio di ieri sera, e peggio dell’acquazzone.

Non riconosco più la destra dalla sinistra, tant’è che sono sbronzo.

Le mie gambe mi reggono a malapena. Fortuna che ho trovato questa ragazza, così gentile, pronta ad accompagnarmi a casa. A dire il vero non so manco come ho fatto a portare la moto fino al Sanatorium. Sarà perché un po’ ci sono abituato a guidare alticcio?

Voi però non fatelo mai, chiaro, zo to?! Solo il sottoscritto ci riesce senza fracassarsi l’osso del collo.

Varchiamo entrambi la soglia dell’abitazione, e ci avviamo su per le scale.

 

- E’ questa la camera tua? – mi domanda la donnina, indicando la cosiddetta porta con l’indice di una mano ben curata e con le unghie laccate di un rosa confetto.

 

- Si, è proprio lei. – rispondo a stento, riuscendo tutto sommato a distinguere gli alloggi.

 

La nuova conoscenza mi sorride appena, piacevolmente direi. Ma è un sorriso che non prevede nulla di buono. Non faccio in tempo ad accorgermene e, in pochi secondi, la circe del nuovo millennio mi trascina sul letto.

Alticcio come sono, reagire per me è impossibile.

Senza remore, mi lascio andare stabilendo così di sfogare la rabbia repressa che mi sta facendo impazzire, sul nuovo acquisito giocattolo.

Sfilo via la maglia, e la getto a terra senza tanti preamboli, dove capita. Rimango con il torace scoperto, ad osservare le mani della giovane sconosciuta che si avventato sui due bottoni del mio pantalone. Inizia lei, imperterrita, a slacciare, baciandomi di tanto in tanto lungo tutto il collo. La sua bocca è calda, mordace, tutt’altro che dolce. Tra un bacio e l’altro, mi sento sempre più confuso, più… malinconico.

Sto tra le spire di una prorompente ragazza, c’è da starsene allegri, no?

Eppure… non sembro avere lo stesso trasporto che ha lei.

 

Il cigolio improvviso della porta del bagno, tutto sommato, ci interrompe.

Alzo lo sguardo su di essa, ed un lungo brivido freddo mi fa sbiancare di colpo. Le mie pupille si schiariscono, sgranandosi.

Ritorno alla realtà, riprendendo finalmente possesso delle mie azioni.

La sbornia sembra essermi cessata d’un colpo.

La minuta figura di Yuffie, è lì, immobile sull’uscio.

Faccio appena in tempo a vedere il nocciola delle sue iridi, intingersi di lacrime, e poi sparire.

Scappa via, di corsa, frettolosamente, con le mani sul volto forse bagnato.

Mi divincolo dalla stretta della sconosciuta, e senza pensarci nemmeno due volte, mi lancio nel folle inseguimento.

Entro in bagno con sveltezza, lo percorro e mi getto dalla finestra mantenendomi ancorato all’albero che mi fa lì per lì da scaletta. Non appena tocco terra, tutto intero, rincorro quella ragazza ferita correndo a più non posso.

Ci facciamo l’intero piazzale del Sanatorium, tutto di corsa.

Un inseguirsi continuo, incessante, turbolento.

 

- YUFFIE!!!!! – urlo poi, spolmonandomi come un matto. Do fondo a tutte le mie energie, e faccio muovere le gambe con una rapidità tale da raggiungere quella tenera bambina in pochi attimi.

Le afferro una mano, svelto, e la tiro a me. L’impatto ci fa cascare entrambi a terra. Impossibile da evitare.

Colgo al volo l’occasione, e me la stringo forte al petto per proteggerla dalla caduta. Una volta lì, riversi entrambi al suolo, la tengo a me e non la mollo più.

 

- Sei un MAIALE!– mi urla giustamente a squarciagola, con la voce sporcata dal pianto. Si agita, si muove come un demonietto infuriato ed imprigionato – Ero tornata per ridarti la maglia, ma tu ti stavi già consolando allegramente! MAIALE!!! 

 

- Non c’è bisogno che me lo urli! Lo so già! – replico alzando la voce, e poi, un attimo dopo, il mio sguardo diventa improvvisamente triste. – Ero… sbronzo. – dico appena, per giustificarmi.

 

- Già, come no! Quando si è sbronzi, si può fare qualsiasi cosa, vero? E’ davvero una buona giustificazione! 

 

Scuoto la testa, più forte che posso:

- Niente affatto! Mi sono ubriacato a causa di una nanetta impertinente! Mi sono ubriacato per colpa tua, Yuffie!

 

- Mia?! – ribatte meravigliata lei, con un’espressione di sgomento sulla faccia, che poi si affievolisce e diventa di colpo dura- La colpa è solo tua! Ti sei comportato come uno zotico, ieri sera!

 

- Per la miseria! Non era di certo mia intenzione saltarti addosso!

 

- Però lo hai fatto!

 

Taccio brevemente.

- Lo so. – ammetto soltanto. Dopotutto, è la verità. Yuffie ha nuovamente ragione. – Ma non volevo assolutamente portarmi a letto quella lì!

 

La piccola nana si fa triste. Malinconico è il suo viso. Malinconici sono quegli occhi color nocciola, che sembrano parlare al suo posto.

- Però… lo hai fatto. – mi replica ancora, stavolta flebile, appassita.

 

Scatto all’istante per giustificarmi prontamente.

- Non è successo un bel niente tra di noi! Non ci ho fatto proprio un bel niente! – dico più volte, sempre più onesto e serio.

Anche se sto dicendo la verità, dubito fortemente che lei creda alle mie parole. Al posto suo, io farei lo stesso.

 

- Raccontala a qualcun altro! Io non sono la bambina ingenua che pensi!

 

- Se fai così, allora significa che a me ci tieni! A differenza di tutte le altre volte in cui fai la spocchiosa…! Dì la verità una volta per tutte, miseria! – esclamo d’un fiato, spiattellandole ciò che penso su quel bel visino triste - Entri dalla finestra del mio bagno, impari a cucinare, vieni a farmi visita dopo l’incidente… Non sono uno stupido rosso scanzonato!

 

Yuffie smette per un breve istante di scalciare.

- Non è assolutamente vero! – si giustifica secca - Pensa a fare il Turk, anziché dire cose senza senso!

Le sue gambe riprendono a muoversi forsennatamente, subito dopo quelle parole.

E’ tesa. Il suo vocabolario sembra essersi inceppato. Non sa cosa dire, come giustificarsi. Ecco! Non riesce a trovare una giustificazione adatta alle mie esigenze. Sa bene di non potermi ingannare così miseramente.

 

La mia pazienza è giunta al limite.

- Stop! – blocco le sue braccia al suolo, con poche ma semplici mosse la inchiodo al terreno e mi porto sopra di lei. – Apri bene le orecchie, piccola mocciosa impertinente! Io per te sarò pure uno zotico, un Turk senza importanza, uno che in passato ti ha dato parecchi problemi, ma prima di tutto sono un essere umano come te! E prima di tutto ancora, io… - mi fermo, le mie mani allentano la presa, e il timbro della mia voce si abbassa.

Yuffie ha smesso di agitarsi. All’apparenza sembra più tranquilla, ma ho come la sensazione che lei si sia fermata per poter sentire meglio le mie parole.

Credo che sia giunto il momento, per me, di dirle la verità. 

Con le dita asciugo le sue lacrime che vengon giù dai lati degli occhi. La fisso in viso, con dolcezza.

- Non ti dico bugie, Yuffie. Non voglio che tu abbia una cattiva impressione di me. Avrò pure i miei difetti, non lo nego affatto… Bevo, fumo, mi piace bighellonare qua e là, ma esultare nel vederti così… no, non mi va. – le rivelo, e scuoto il capo- Sei entrata nella mia vita come una raffica di vento impetuosa, ma questa raffica, anziché scalfirmi, mi ha fatto bene. Sarò pure uno zotico, eppure… - prendo fiato, respiro piano, o almeno è ciò che vorrei, ma l’ansia mi blocca. - Questo zotico dalla testa rossa, che ti fa così tanto arrabbiare, deve dirti che si è preso proprio una bella sbandata per te!

 

Non posso crederci che alla fine, non con tanta facilità, io lo abbia ammesso. Era da un pezzo che ci giravo attorno, ma senza trovare mai la maniera o il modo più appropriato per parlare. Forse perché non lo volevo ammettere a me stesso?

E’ la seconda volta che mi dichiaro a una donna. La seconda volta che lo faccio seriamente.

 

Reno… sei sicuro di ciò che dici?

Naturale. Altrimenti non starei qui a domandarmelo… I dubbi servono a rafforzare i legami. E senza dubbi, forse anche il più solido dei legami prima o poi cederebbe per la troppa monotonia.

Avere dubbi, è la prova inconfutabile di quanto io tenga a te, dannato rospetto!

 

Gli occhi di Yuffie hanno smesso di lacrimare.

Le sue gote si sono riaccese, così come il sorriso. Appena appena pronunciato.

Le sue braccia si muovono fino a cingermi il collo e ad attirarmi verso di sé.

Stavolta è lei a sorprendermi, e non il contrario. Ci guardiamo entrambi, anche se non proprio con dolcezza. E infatti

- Sei uno zotico! – la nana mi tira uno scappellotto sulla nuca. Fa sì male, però ciò che mi preme di più, in questo istante, riesce a sommergere il dolore. Faccio un sorrisino come per dire “eh, già! Sono proprio uno zotico!” e mi faccio avanti.  Lentamente avvicino la mia testa alla sua. Il respiro di Yuffie, fragile come quello di un pulcino, mi s’infrange sulla pelle. Sorrido. Stavolta non ho doppi fini. 

La mia bocca si va a posare sulla sua, con gentilezza. E’ strano ma, la voglia che ho in questo momento, è solo quella di sfiorare un po’ quelle labbra e di sentirne il sapore. Niente più. Lo faccio con garbo, con tenerezza. Provando quasi la paura di cadere in atteggiamenti troppo rozzi o comunque bruschi. Mi avvicino alla bocca, piccola e rosa, una volta, due volte, la tocco appena nuovamente per la terza volta, ma con più intensità, fino a sigillarla del tutto.

 

Sto toccando la luna con un dito!

 

Restiamo a terra ancora un po’, senza dire nulla, uniti da un qualcosa di profondo che ci ha incatenato a vicenda. E’ piacevole rimanersene qui con l’erba e il terriccio che ti fanno da materasso, e coccolati entrambi l’uno dal calore dell’altro.

Non appena Yuffie mi discosta da lei, in me insorge l’ombra di un presentimento che si avvera dopo poco, senza tante pretese.

La mia piccola principessina poco regale sorride, poi va via, inabissandosi tra i folti rami della vegetazione.

Osservo la sua sagoma sparire dalla mia vista, nel momento in cui mi stringo al petto la maglia che in quella bufera l’aveva riparata dal freddo.

Lei è così. Viene e vola via. Autonomamente. Come se fosse un’adulta intrappolata nel corpo di una ragazzina.

Ciò che mi ha fatto perdere la testa per quella lì?

Il suo essere coraggiosa, indipendente, insolente, chiacchierona, buffa, vitale.

Il suo essere, tutto sommato, ancora una pestifera ma coccolabile bambina!

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

Ragazzi!!! Non dite nulla, ma vado di corsissima!!! Il tempo di postare il capitolo, e volare via!

Ciononostante, vi devo assolutamente ringraziare per le recensioni! Siete gentilissimi! E soprattutto, mi fate tanto ma tanto felice!

Un grosso saluto a tutti voi! ^_^

 

                                                                                                                    Botan

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** A cuccia, bello! ***


CAPITOLO 13

                               CAPITOLO 13

 

 

 

 

 

Da quel giorno non ho più rivisto Yuffie.

E sono già trascorsi diversi mesi. Ben 3. 

E’ davvero incredibile...! Come farà a non sentire la mia mancanza, questo proprio non lo riesco a comprendere. Prima mi illude, facendomi credere chissà cosa, e poi scompare come se nulla fosse mai successo... Non mi starà mica mettendo alla prova?

 

- Non la capirò mai, quella lì! – parlotto con l’espressione crucciata, mentre alcuni passanti mi osservano. Mi crederanno senz’altro un malato di mente…! Il fatto poi di avermi appena visto uscire dall’ospedale, non aiuta per niente! 

Vorrei urlargli senza tanti preamboli “ Hey! Ho solo fatto una visitina alla spalla, non al cervello!”, però lascio le cose così come stanno. Non ne vale la pena. Penserebbero comunque che sono un matto.

 

Mi trovo a Kalm. Kalm Town.

Un’allegra cittadina situata a non molti chilometri da Midgar.

La visita di controllo era fissata per oggi. Il medico mi ha dichiarato del tutto guarito. In sostanza, sono tornato come nuovo! Lo scapestrato di sempre, tanto per intenderci meglio.

A nulla sono servite le sue raccomandazioni sul fatto di fare attenzione, di restare calmo… Calmo? Ma chi, io? Tsk! Nemmeno una scatola di sedativi riuscirebbe a calmarmi! In battaglia cerco sempre di dare il meglio di me, a tutti i costi!

 

Dunque, vediamo… la casa di mio padre è quella con i mattoncini rosa.

Eccola lì, tutta messa a nuovo, che mi appare non appena svolto l’angolo.

L’ho telefonato ieri sera, per avvisarlo del mio arrivo. Dalla voce mi è sembrato tranquillo…Chissà se mi farà il solito predicozzo...? Sarà contento di vedermi dopo così tanto tempo?

C’è un solo modo per saperlo: suonare il campanello!

Spingo il bottoncino un paio di volte. Poggio la saccoccia con il cambio degli abiti a terra, e aspetto.

La porta si apre, poco per volta.

 

- Hey, vecchio! – esclamo con un sorriso smagliante, accogliendolo affettuosamente. Il contrario di ciò che fa lui.

 

- Razza di irresponsabile! – mi urla istantaneamente, con l’aria di chi non è per niente contento di vedermi. Altro che calmo! ‘sto qui ieri sera mentiva! Altrimenti col cavolo che sarei venuto a trovarlo!

Capovolgo in un lampo la situazione prima che degeneri del tutto, e lo prendo a braccetto con scioltezza.

 

- Non ci vediamo da circa 2 anni, e tu mi aggredisci in questo modo, zo to? Suvvia, rallegrati e sii felice!

 

Il babbo sembra calmarsi. Ma solo per poco.

Fidandomi del suo finto comportamento, abbasso la guardia e... poco dopo ricevo una solenne percossa sulla testa.

 

- Hey! Ti ricordo che sono il tuo unico figlio! Se mi ammazzi non ci sarà nessun altro che vorrà diventare il bastone della tua vecchiaia! – ribatto convinto, portandomi entrambe le mani sul capo dolorante.

 

- Il bastone dovrei dartelo a te, ma su quella zucca vuota che ti ritrovi al posto della testa! Come si fa a non venire a trovare un povero vecchio che ha bisogno di cure e attenzioni costanti? Sei un egoista!

 

- Hai cinquantuno anni, -preciso tutto perfettino- e non centocinquanta! Sei autosufficiente, no? – Raccolgo la saccoccia da terra, e mi avvio come se nulla fosse in casa. – Hai preparato lo stufato, vero? – annoto, dando qualche annusatina qua e là, e avviandomi in cucina. – Ma come…? Manco da casa da ben 2 anni, e tu cucini stufato? Roba da matti!

 

- Puoi sempre non mangiarlo, e restare a digiuno. Sei maggiorenne, ormai.- replica il babbo, andando a rigirare la zuppa nella pentola che borbotta… proprio come il mio stomaco.

 

- Vada per lo stufato! – Con la fame che ho, mi sembra il momento meno adatto per mettersi a fare gli schizzinosi.

Questa mattina per giunta, sono partito senza nemmeno fare colazione.

La causa?

Elena, ovviamente!

Ha iniziato a farmi le solite ramanzine di primo mattino, e per non sentirla, ho afferrato la valigia e sono corso via a stomaco vuoto.

“Chiama non appena arrivi!” “Non dimenticarti di ringraziare il dottore, mi raccomando!” “Non andartene in giro con la moto della Compagnia, intesi? Ti ricordo che se la dovessi romperla, sarai costretto a pagare i danni! Sei avvisato!”

Con una rompiscatole di questa portata, altro che colazione!

Il mio socio, invece, si è limitato soltanto a salutarmi con un gesto accennato del capo. Lui sì, che non rompe!

Per quel che riguarda Tseng, quando sono partito non c’era. Comunque, per venire a Kalm ho chiesto il permesso a lui due giorni prima.

 

Mi accomodo a tavola, d’innanzi ad un piatto fumante di zuppa acquosa. Sulla superficie si vedono chiaramente le macchie di olio che galleggiano. Di riflesso mi parte una smorfia schifata. Poi l’odore apparentemente appetitoso, mi fa tornare l’appetito.

Non c’è molto dialogo tra me e mio padre. E’ sempre stato così, dopo la morte della mamma. Ha iniziato a preoccuparsi per me in una maniera… ossessiva. A stento mi mandava a scuola. Nell’arco della giornata, poi… Peggio! Potevo uscire solo per una mezz’ora, ma davanti all’uscio di casa. Lì perdevo il tempo a contare i fili d’erba del selciato e a fare a botte con le mosche.

Siccome il giardinaggio non era proprio la mia passione, scappavo via come un lampo, non appena lui voltava subito lo sguardo dalla mia testona rossa.

Rientrare a casa, dopo tre ore, era abbastanza traumatico! Uno scappellotto, una ramanzina, e via! A letto senza cena!

Ricordo che questa storia andò avanti per diverso tempo, e poi

Cominciai a ribellarmi sul serio, a far valere le mie ragioni che, non portavano come sempre mai a nulla di concreto.

Comunque andassero le cose, facevo sempre a modo mio!

Sarà stato per via della sua troppa rigidità, se sono cresciuto in questo modo…

Con una voglia immensa di sentirmi libero.

Mi stringo nelle spalle, mandando giù un altro boccone di stufato. Il sapore non è dei migliori, però con l’appetito che ho, un’eccezione si può fare. 

 

- Come va con il lavoro? – mi viene chiesto all’improvviso. Così, su due piedi.

Per poco la cucchiaiata dello stufato non mi va di traverso.

Sputo il tutto nel piatto, e mi prendo a pugni sul petto.

 

Ho sentito bene? Il vecchio che si interessa al mio lavoro?

Ma s’è non gli è mai importato nulla né della Shin-Ra, né dei Turks!

 

- Sono otto anni che lavoro, e tu adesso vuoi sapere come va?!- strepito, con la voce ancora annacquata dallo stufato.

 

- C’è qualcosa di male a volerlo?

 

Scuoto il capo, mentre mando giù un bel sorso d’acqua.

- Affatto! Ma detto da te… è strano! Non è che stai invecchiando, zo to? – scruto il babbo fisso negli occhi. In seguito mi gratto la testa, e rispondo – Va bene, direi. Come sempre!

 

- Sei un Turk, se non sbaglio. E’ così?

 

- Mi stupisci, paparino! Ti ricordi addirittura il nome della mia onerosa banda?

 

- Ho sentito delle donne, l’altro ieri, che ne parlavano.

 

- Scommetto che dicevano che siamo dei mercenari senza scrupolo, che abbiamo affiancato la Shin-Ra durante le sue losche imprese, e che non ci importa di nulla e di nessuno… ho indovinato? – E’ come se le avessi sentite anch’io, quelle pettegole.

 

Il babbo fa ciondolare la testa, come a volermi dire di sì.

Ti pareva! Guai se non fosse stato il contrario!

 

- Io però mi sono avvicinato a loro due, e con modi garbati gli ho fatto capire che nei loro discorsi c’era qualcosa di sbagliato. - dichiara con voce calma, per poi rivelarmi in seguito le parole della conversazione – “Tra di loro c’è anche mio figlio. E’ uno scapestrato, sì, ma vi posso assicurare che le caratteristiche da voi citate, non gli appartengono per niente”.

 

Corruccio la fronte e il viso con un’espressione di sgomento. Non credo alle mie orecchie. Possibile che lui abbia detto proprio così?

- Non mi stai mentendo, vero?

 

Il vecchio dai capelli un po’ ingrigiti, e con qualche ruga dipinta sul viso, emette un sorriso pronunciato appena.

- Vallo a chiedere a quelle due megere, se non mi credi!

 

In questo istante non so se sentirmi allegro per via delle belle parole, oppure preoccuparmi per il suo stato di salute. Mio padre detesta la Compagnia, detesta i Turks, e detesta il Presidente Rufus!

O avrà fatto indigestione di miele, oppure sarà cambiato sul serio. Sarebbe bello se fosse veramente così. E qualcosa dentro di me, mi dice che lo è!

Sento che il babbo è sincero. Non si sta prendendo gioco di un ragazzaccio impertinente. Non lo vedevo così rilassato, dalla scomparsa della mamma. L’ultima volta che ci siamo rivisti, mi tirò una patata in testa. Ricordo ancora la sua espressione arcigna, e quel viso burbero. Dovetti darmela a gambe, altrimenti avrebbe dato fondo a tutte le provviste della casa, pur di tirarmi addosso qualcosa e farmi male veramente.

Sento che non c’è mai stata tanta sintonia, come in questo giorno.

Ed io non posso che esserne felice.

 

 

Dopo pranzo, lo aiuto a sparecchiare, sistemare la cucina e dare una pulita generale alla casa. Senza una donna che ti fa da guida, è davvero ostico svolgere tutte le faccende domestiche.

Il pomeriggio passa in fretta, tant’è che il sole lascia ben presto spazio alla luna, che sorge nel cielo maestosa ed imponente.

 

Ci accomodiamo sul divano, davanti al caminetto accesso, a fissare le fiamme che danzano. 

 

- Quando riparti? – domanda papà, reggendo tra le mani un calice colmo di vino rosso.

 

- Dopodomani. Resto con te ancora un altro giorno, contento? – esclamo sfoggiando uno smagliante sorriso, e cingendogli il collo con un braccio.

 

Papà mi discosta da lui, com’è suo solito fare, quando si sente troppo in imbarazzo, dopodichè, sorseggiato un goccio di vino, prosegue:

- Così potrai assistere alla festa.

 

- Festa? – replico un po’ incuriosito, con lo sguardo vispo e attento.

 

- La festa per celebrare la ricostruzione di Kalm, dopo gli innumerevoli danni che tre anni fa la danneggiarono.

 

- Adesso capisco tutto! – esclamo, come se in me si fosse appena accesa una lampadina- Ecco perché questa mattina la città mi era parsa diversa… come dire, più nuova! Beh, vista la fortuita coincidenza, sarò più che lieto di partecipare ai festeggiamenti. Un po’ di svago, tutto sommato, non guasta mai!   

 

 

La legna che ardeva nel caminetto, col passare dei minuti si è consumata.

Quel bontempone di mio padre ha finito di sorseggiarsi il suo solito bicchiere di vino, prima di andare a letto. Posa il calice su di un tavolino situato alla sua sinistra, e successivamente, da quel tavolo stesso, raccoglie un vecchio album di fotografie dalla copertina fatta di un tessuto a stampe floreali, oramai abbastanza consumato.

Osservo quell’oggetto, intensamente, e poi mi torna alla mente qualcosa. Un ricordo sbiadito della mia infanzia, legato proprio a quell’album.

Mi rivedo per un attimo, nelle vesti di un bambino di appena 3 anni, che attacco delle fotografie tra le pagine bianche di quei fogli.

 

- La sera, prima di andare a dormire, lo sfoglio. – rivela il babbo, cominciando a sollevare la copertina, con molta cura.

 

So già di che si tratta. L’istinto vorrebbe che io non guardassi. Non ho proprio voglia di rivedere la mamma. Oltretutto, in fotografia…! Saperla su di un pezzo di carta e non poterla abbracciare, mi fa star male.

Tuttavia, la voglia di rivedere la sua espressione serena ancora una volta, mi fa cambiare del tutto idea.

Eccola lì, immortalata ancor prima che io nascessi, in una posa molto sbarazzina, più o meno ventenne.

Ha un abito bianco a fiori rosa, con la gonna molto ampia. I capelli rossicci e mossi, raccolti qua è là, con ciuffi sbarazzini che cadono giù, e l’acqua che le arriva a sfiorare le caviglie. Già, perché questa foto è stata scattata al lago, durante una gita dei miei.

 

- Ancora due mesi, e poi saresti nato tu.- esclama mio padre, abbozzando un sorriso alla foto, come se lo stesse indirizzando in realtà alla sua cara moglie.

Osservo meglio l’immagine. L’abito che indossa nasconde abbondantemente le forme addolcite della gravidanza, ma se si presta maggiore attenzione, la pancia pronunciata si vede.

Accidenti! Io ero lì dentro? Ma non avevo caldo?

 

Qualcosa in seguito cattura la mia attenzione.

- Hey ma… la fantasia dell’abito che indossa la mamma, è identica a quella di questa copertina!

 

- In realtà, sono le stesse. Qualche settimana prima che tu nascessi, tua madre si mise all’opera per rivestire quest’album di fotografie con qualcosa che potesse ricordare i momenti felici della nostra vita. Così, scucì una parte del suo abito preferito, e ne ricavò una copertina.

 

Sfioro con le dita il tessuto che riveste l’album.

- E’ come se stessi accarezzando la mamma…- sussurro appena, con un leggero bruciore agli occhi troppo pungente per un tipo scanzonato come me.

 

Il resto dell’album è pieno zeppo di miei ritratti, da quando avevo un solo giorno di vita, fino al giorno del mio settimo compleanno. Poi i ricordi si interrompono, e le pagine si fanno bianche e vuote, così come il mio cuore.

 

- In clinica ti chiamavano “testa rossa”, per via della tua capigliatura accesa. Eri l’unico ad avere dei capelli così vispi e carichi di colore. Guai a non riconoscerti in mezzo a quelle culle piene zeppe di neonati!

 

Passandomi una mano tra i capelli, sorrido:

- In effetti, la mia zazzera mi ha reso molto popolare… e amato!- Le mie parole in realtà alludono a qualcuno. Qualcuno che per l’esattezza non vedo da ben 3 mesi.

 

Il vecchio mette a posto l’album, riponendolo su di una mensola, nella libreria di fronte al divano.

- Ti sei trovato la ragazza, allora…- chiede con tono indagatore e cogliendo il sottoscritto alla sprovvista.

 

In questo momento non so che dire. Poi, quasi forzatamente, replico con voce seccata:

- Più o meno

 

- Scommetto che questa volta è lei a dare del filo da torcere a te, anziché il contrario… non è così? – E’ così! Proprio così! Babbo, mi hai appena detto ciò che io non volevo per niente sentire!

E’ dura ammettere la sconfitta nei confronti del gentil sesso…

Sconfitta? Hey! Chi ha mai parlato di sconfitta?!

Reno non ci pensa neppure a farsi sbaragliare da quel ninja capriccioso ed insolente! Prima o poi riuscirò a spuntarla una volta per tutte!

 

Sono un uomo d’onore, io.

 

 

Ci stiamo avviando entrambi verso il piano superiore. E’ ora di andare a letto.

Salgo i gradini di legno con un po’ di svogliatezza, e sbadigliando di tanto in tanto man mano che mi avvicino alla stanza dove riposerò stanotte.

Do una pacca sulle spalle a mio padre, augurandogli la buona notte, e m’intrufolo in camera.

Sono anni che non passo più la notte a casa del vecchio.

L’aria familiare di questo posto, mi mancava. Ogni tanto è bello fare una rimpatriata, e ritornare anche se per poco, a fare il figlio di famiglia!

Prendo sonno senza troppe rinunce, il materasso è così comodo che perfino un malato di insonnia, cadrebbe in catalessi.

Sto quasi per lasciarmi andare, ma poi mi ricordo di qualcosa. 

Dovevo chiamare alla base, e fare rapporto.

Elena senz’altro mi lincerà, per non averlo ancora fatto. Guardo l’ora con un occhio semi aperto e l’altro chiuso. E tardi per le telefonate. Un ragazzo educato non chiamerebbe mai ad un simile orario. Lo farò domani. Non penso che fino ad allora caschi il mondo!

 

 

 

Cosa metto?

 

Cosa diavolo metto?!

 

E’ una festa di paese, la divisa da Turk è sprecata. Inoltre, la popolazione mi lincerebbe di sicuro. Dopotutto, se Kalm è stata distrutta, in parte è anche colpa della Shin-Ra Corporation, e questa festa è dedicata alla ricostruzione della cittadina… Se rivelassi a tutti la mia identità, sarei come una lepre in un covo di cacciatori.

 

Fortuna che ho dei vestiti di ricambio, nella saccoccia che mi sono portato da Midgar.

Un paio di jeans, e una felpa bianca con delle enormi tasche sul davanti.

Non mi sembra che faccia tanto freddo, fuori… Nonostante l’inverno impazzi, oggi il clima è mite. Ottimo per una festa di paese.

Dopo essermi ricomposto come si deve, lascio la stanza, avviandomi giù per le scale con aria scanzonata e mani in tasca.

Lancio un’occhiata all’orologio da polso. Segna le 19 e 05.

E’ ora di andare!

 

- Papà, non vieni?- gli domando, mentre do un’occhiata alla mia zazzera, nello specchio appeso alla parete dell’ingresso.

 

Il vecchio è in cucina. Al suono della mia voce, vien fuori uscendo allo scoperto.

 

- Le manifestazioni di piazza non fanno per me. C’è sempre tanta confusione… Va’ e divertiti. – dice. Alzo le mani come a dire “fa’ come vuoi”, e mi avvio all’uscita.

 

- Ci vediamo quando torno, allora!

Sto per richiudere la porta alle mie spalle, quando la sua voce si fa sentire appena in tempo:

- Comportati bene e non fare casini! – ribatte un po’ burbero, com’è suo solito fare. Cosa vuoi che faccia? E’ una festa, non una manifestazione di rivoltosi!   

 

Il portone si chiude, ed io m’incammino in direzione della piazza principale.

Avanzo ciondolando il capo da una parte all’altra, con aria festosa e allegra.

Poi i miei occhi si fissano in cielo.

 

- E’ gigantesca! – Una luna gigantesca che si erge tra i cieli di Kalm! Uno spettacolo che mette i brividi solo a guardarlo!

Un fremito percorre il mio corpo, facendomi rabbrividire. Fissare questa cosa da quaggiù, mi fa riflettere su quanto il sottoscritto possa essere minuscolo ed incalcolabile d’innanzi ad una meraviglia di queste dimensioni.

Se la vedesse Yuffie, sono sicuro che farebbe del tutto per spiccare il volo ed andarle incontro!

Già… Se solo quel dannato esserino fosse qui, accanto a me. Le stringerei la mano, e la porterei in piazza, in mezzo alla folla, per condividere insieme questo momento.

Inizio a scorgere dei festoni da qui, man mano che mi avvicino al punto d’arrivo.

La folla di persone è numerosa. Ogni sorta di divertimento ed allegria, si concentra nel centro della città, fino ad estendersi nei suoi molteplici vicoli che si diramano come fossero rami di un gigantesco albero

Giunto a destinazione, vengo letteralmente catturato da una miriade di palloncini che svolazzano a mezz’aria, per poi salire su nel cielo. Blu, rosso, verde… un arcobaleno di colori che va a rallegrare la volta celeste, dipingendola lietamente.

Provo a descrivere la situazione.

Gente che affolla le strade e guarda divertita gli innumerevoli banchetti stracolmi di roba d’ogni tipo, danzatrici in costume tipico che ballano nella piazza, piroettando vorticosamente fino a far girare l’ampio gonnellone che le adorna, come se fosse una ruota. La gente tiene il ritmo della musica, su cui danzano le giovani fanciulle, con le mani.

Curioso. C’è un pallone enorme che raffigura la catastrofe che fu fermata 3 anni fa, e che reca il nome di “Meteor”. Davvero buffo, oserei dire.

Striscioline di carta colorata attraversano da un capo all’altro i vicoli della cittadella festosa, fino a formare un ponte di colori sopra le teste dei cittadini.

Guardo le celebrazioni con molto interesse. Quest’aria briosa e frizzante mi ha già contagiato.

Faccio un giro qua e là, fermandomi di tanto in tanto ad osservare i banchetti che fiancheggiano i muri.

Un bambino fa i capricci. Vorrebbe un giocattolo, ma la madre non sente ragioni.

Un giovane della mia età, invece, tiene per mano la sua ragazza e allo scoccare del primo fuoco d’artificio, l’abbraccia affettuosamente.

Comincio a rodermi dentro dall’invidia.

E’ un momento da condividere sicuramente con qualcuno di molto ma molto speciale.

Ed io invece sono qui, solo come un cane, a stringere il nulla!

 

Tutti restano in silenzio, e si fermano ad osservare. I fiori formati dai fuochi d’artificio, sono spettacolari. Uno dopo l’altro, si aprono a ventaglio, fino a portare un po’ di luce nei cieli di Kalm e sopra le nostre teste rivolte al firmamento.

Dopo lo stupendo concerto di botti, la musica e l’allegria riprendono ad impazzare tra le vie, con più vigore.

Risalgo uno dei vicoli della città, dove c’è meno confusione, portandomi le mani in tasca, un po’ rattristato. Colpisco un sasso dandogli un calcetto

- Quando hai bisogno di quel rospo, non c’è mai!- sbotto con aria crucciata.

 

Agguanto il pacco delle sigarette dalla tasca, e me ne porto una alla bocca.

Cogliendomi alla sprovvista, il piccolo telefono nella stessa tasca si mette a suonare.

Lo afferro con pigrizia e poca voglia, poi rispondo:

- Qui Reno!- enuncio, con il suono della voce sporcato dal rocchetto che ho tra i denti.

 

- Reno, sono Elena! – sento appena.

Centro la mia fronte con una percossa. Cazzo! Ho scordato di fare rapporto!

 

Mi accingo con sveltezza a dare spiegazioni, prima che la bionda collega mi ammonisca con una delle sue parole poco alla mano.

 

- Non ho telefonato, lo so benissimo! Però c’è stato…

Faccio per proseguire, ma il tono della sua voce m’interrompe. Non è adirata, al contrario, sembra impaurita.

 

- Va’ via! Va’ via di li!- urla, incitandomi a scappare.

Una banda di musicisti copre per qualche attimo le sue parole. Mi allontano alla svelta per cercare un posto meno rumoroso. Faccio una piccola corsetta, poi mi fermo.

 

- Elena? Ci sei ancora? – replico affannato. – Puoi ripetere? Dei dannati concertisti hanno… - L’aggeggio attaccato all’orecchio emette un fischio. La linea sembra disturbata.- Elena, ci sei?

 

Si ode un colpo, un boato simile al ruggito di un leone. Mi scuoto. Alzo il capo con molto tremore, e la sigaretta mi scivola improvvisamente dalle labbra.

Un raggio di luce sembra tagliare il cielo in due. La scia luminosa si schianta sopra le mura di un palazzo. Lo distrugge in un sol colpo. C’è un esplosione e del fuoco che si divora tutto il caseggiato in un attimo.

Una coltre nube di fumo si leva in cielo. I festeggiamenti si interrompono, la popolazione si zittisce.

Trascorrono un paio di secondi, ed è il panico generale.

Il popolo comincia a scappare da ogni dove, come una mandria impazzita.

Appaiono dal nulla delle flotte di elicotteri che vanno ad illuminare la folla, con dei grossi fari.

Dalla struttura di questi ammassi volanti, dei tizi in tenuta da guerra blu, fanno irruzione sui cittadini, calandosi di sotto con l’ausilio di corde metalliche.

Armati di fucile, cominciano a sparare all’impazzata. Alcuni civili cadono a terra, feriti dai colpi di quelle pazze armi.

Nel frattempo, io me ne sto impalato come una statua di cera, confuso ed incredulo sullo scenario che si prostra davanti ai miei occhi, mentre ignaro del pericolo aspetto di fare da bersaglio ad una di queste furie omicide che mi punta la sua arma contro.

 

Ingoio a fatica.

L’uomo pazzoide fa partire un colpo.

Finalmente mi rendo conto della situazione, e mi lancio nel vicolo alla mia sinistra, per non lasciarci le penne.

Ok.

O questi matti scalmanati fanno parte della scenografia della festa, oppure c’è qualcosa che non va!

Una violenta esplosione fa saltare in aria delle bancarelle. I detriti volano via come uccelli. 

Senza dubbio, c’è qualcosa che non va!

 

Mi alzo fulmineamente da terra, ed inizio a correre verso la piazza principale.

Volo via a razzo, e non appena metto piede sul posto, le gambe si fermano, ed io arresto.

La piazza è invasa da grossi contenitori bianchi, e di ferro.

Dei tizi con il fucile, obbligano a suon di spinte diversi gruppi di civili a salire in quei larghi container, per poi chiuderli dentro.

 

Alcuni uomini vengono fucilati brutalmente. C’è sangue ovunque.

La ragazza di quella coppietta che prima amoreggiava d’innanzi ai fuochi d’artificio, viene fatta prigioniera e rinchiusa insieme agli altri. Il giovane si lancia all’inseguimento, nel tentativo di salvarla, ma viene fermato con diversi colpi di pistola che lo atterrano.

Le lacrime della giovane sono copiose. Il pianto si trasforma in una nenia davvero insostenibile.

La rabbia cresce in me.

 

Che cazzo sta succedendo qui?!             

 

Sento ringhiare alle mie spalle.

Mi giro con cautela, e poi sobbalzo.

Una bestia famelica a quattro zampe, mi sta puntando proprio come se fossi io il suo piatto preferito.

Le cose non si mettono per niente bene…

 

Il segugio scatta in avanti, pronta a farmi a brandelli senza tanti convenevoli. Mi abbasso facendo in modo che la belva finisca dall’altro lato, e poi comincio a scappare.

Raggiunto il vicolo d’innanzi a me, mi ci butto frettolosamente. L’animale feroce è alle mie spalle, che non molla.

Se non m’invento qualcosa, qui finisce male!

Sollevo gli occhi verso l’alto. Ho un’idea.

All’accademia ero il più veloce di tutti! Correre come un lampo è la mia specialità.

 

Accelero al massimo, per guadagnare un po’ di metri e mettere una certa distanza tra me e l’ animale, poi metto in atto il piano. Caricandomi come una molla, spicco un salto.

Propria sopra la mia testa c’è un ponte di metallo che collega due fabbricati.

Afferrandomi saldamente alle sue sbarre, attendo l’arrivo del segugio, che ben presto vedo venirmi dritto incontro. Dritto nella trappola.

 

- A cuccia, bello! – esclamo con tono ironico. In seguito, lo atterro con un calcio.

 

La bestia finisce a terra, guaendo e frignando come un cucciolo appena nato.

 

E’ stordito almeno quanto me, quando mi dissero che sarei divenuto un Turk.

 

Approfittando del momento favorevole, mi lascio cadere verso il suolo. Atterro su due gambe, prendo fiato… e corro!!! Corro, per la miseria!!!

 

 

Sono quasi arrivato a casa. Ho il fiatone, ma più di ogni altra cosa, sono preoccupato per mio padre.

La porta della casa è aperta. Le luci sono accese.

Un lungo brivido mi attanaglia.

- PAPA’!!! – urlo, varcando la soglia d’ingresso e mettendo a soqquadro la casa pur di trovarlo. – Papà, rispondimi!!! – replico ancora una volta, senza esiti positivi.

Do un calcio d’istinto alla parete accanto. – Cazzo!!!

Lascio cadere a terra il mio corpo, e mi siedo sul pavimento. Mi passo una mano tra i capelli.

Lo avranno rapito quei pazzoidi?

No… sarà senz’altro scappato. Non ci sono segni di aggressione, in casa.

E se l’avessero trovato mentre fuggiva?

Do un’altra percossa alla parete. Cade un po’ d’intonaco dal soffitto, a causa della vibrazione.

Suona l’affare tascabile.

Mi alzo di botto, e rispondo.

- Elena!!

 

- Reno! Stai bene? – chiede la collega, con voce preoccupata.

 

- No che non sto bene, maledizione! – grido. – Hanno distrutto mezza Kalm, sterminato e rapito gli abitanti, e mio padre è sparito! Si può sapere che cazzo sta succedendo qui?!

Sono adirato. Ma non con la bionda. Bensì mi fa rabbia tutto ciò che è nuovo e che non riesco a comprendere.

 

- Resta lì e non ti muovere! A momenti saremo da te! – Elena riattacca frettolosamente, ed io non posso far altro che attendere il loro imminente arrivo, pregando che facciano il prima possibile.

 

 

 

 

 

- Sono i Deepground.- esclama la donna bionda, fissandomi negli occhi, mentre dialoghiamo seduti al tavolo della cucina di casa mia.

 

La guardo frastornato, successivamente reagisco:

- Deep cosa?!

 

- Ma che cosa facevi all’accademia militare della Shin-Ra?!

 

- Bigiavo e di tanto in tanto studiavo qualcosa. Perché?

Elena sembra furiosa. Il mio amico pelato però prende in mano la situazione.

 

- Deepground era la struttura ospedaliera della Shin-Ra. – fa con il suo vocione imponente.

 

- E che diavolo c’entra un ospedale, con questo caos che regna qua fuori, zo to?!- faccio con tono incazzato, puntando un indice verso la finestra.

 

Elena si accinge a fare come sempre la perfettina, e a darmi la sua dimostrazione quotidiana di bravura.

- Deepgroundpremette, con un’intonazione da maestrina- era un impianto ospedaliero per le truppe di Soldier feriti. Il personale militare era mandato lì per le terapie e la riabilitazione. Tuttavia, con il tempo fu mutato in un laboratorio per psicopatici ignari di tutte le leggi umane e naturali. Venne così perso di mira dalla Compagnia, e lasciato al suo infausto destino. Questo è quanto risultato dai dati che ho recuperato dai documenti dell’ex Responsabile dello Sviluppo delle Armi, Scarlet.

 

- Riassumendo il tutto in poche parole, vuoi forse farmi credere che questi dementi che si fanno chiamare “Deepground”, sono quegli idioti che hanno invaso e seminato il panico in tutta Kalm? 

 

- Non solo Kalm, ma tutto il pianeta!- replica istintivamente la mia collega. Poi, con calma inizia a raccontare- A Junon, nel corso di una notte, sono sparite diverse persone senza lasciare traccia. A Midgar, invece, nei pressi dei reattori Mako, sono state inviate alcune truppe televisive per ottenere informazioni riguardo a delle urla che i cittadini di Edge sostenevano di udire ogni notte. Nessun gruppo di quegli inviati però è più tornato indietro. C’è da ammettere, che non è facile far sparire un consistente numero di civili… nel nulla.

 

- E’ opera di questo nuovo gruppo di ribelli?- chiedo, tanto per dimostrarmi partecipe all’argomento, pur conoscendo già la risposta.

 

La donna annuisce.

 

- Il capo n’era a conoscenza già da tempo. Una fonte sicura gli ha riferito qualcosa riguardo Deepground, tuttavia lui ha preferito aspettare che il nemico facesse la prima mossa, per mandarci allo scoperto.

 

Mi metto pensieroso.

- Noi Turks, ovviamente, centriamo qualcosa con questa brutta faccenda, ho indovinato?- Sento aria di guai. E dove ci sono guai, ci sono sempre i Turks!

 

- Deepground era di proprietà della Shin-Ra, così come i soldier che vi erano all’interno. Potrebbero voler distruggere la Compagnia, definitivamente, o dare inizio a chissà quale guerra, per vendicarsi dell’ammutinamento subito… Il Presidente teme per il futuro della società… se in questo momento così delicato, subissimo danni ingenti, la Compagnia si sfalderebbe del tutto. Ci sono troppe trattative importanti da portare a termine, non possiamo permetterci ulteriori problemi. A noi Turks hanno affidato il compito di raccogliere quante più informazioni possibili, per sapere i Deepground fin dove hanno intenzione di spingersi. Una volta conclusa la missione, torneremo alla base per ricevere nuovi ordini. Mi raccomando, Reno, cerchiamo solo informazioni. Niente di più.- sottolinea l’acida donna, quasi a volermi dire di starmene buono e di non combinare danni.

 

Scatto in piedi come una molla tanto da far crollare la sedia alle mie spalle:

- Ma mio padre è sparito! Potrebbe esserci anche lui tra i sequestrati! Non posso far finta di nulla, cerca di capirmi, dannazione!

 

Rude si solleva, con fare composto e silenzioso.

- Andrò io a cercarlo. – esclama con sicurezza.

 

Lo guardo senza esitare:

- Cosa?! 

 

- Mentre io mi occupo di tuo padre, voi due vi occuperete delle informazioni.

 

- Hey! Ma è mio padre! E’ una faccenda che riguarda soltanto me! Non posso permetterlo, spiacente socio! – La mia decisone è irrevocabile. Quando mi fisso su qualcosa, difficilmente trovo qualcuno abbastanza sveglio da farmi cambiare idea. Fatta eccezione per Rude. E proprio quest’ultimo, dandomi una pacca sulla spalla, esclama:

 

- Lo specialista nello scovare informazioni, sei tu.  

 

Restituisco la pacca:  - Apprezzo il tuo gesto, Rude, e ti ringrazio ma… non dovrebbe deciderlo il capo? – faccio una pausa, poi mi guardo intorno- Dov’è Tseng? Perché non è venuto?

 

- E’ con il presidente Rufus. Fino a quando le acque non si saranno calmate, e la situazione non diventerà più stabile, il capo resterà a guardia del Presidente.

 

Sbatto le mani sul tavolo con veemenza. Mi hanno incastrato, lo sapevo!

- Quando il capo non c’è, il capo sono io…- dico con un filo di rassegnazione, e chinando la testa verso il basso.

 

- Esatto. - Concorda Elena. Sempre pronta a darmi conforto!

Sa benissimo quanto io detesti prendere le veci di Tseng in situazioni così ingarbugliate e scomode!

Amo fare il capo del gruppo, però quando in gioco non c’è la salvezza dell’intero pianeta!

Sbuffo, e sospiro come un uomo rassegnato all’idea di prendere una decisone importante che forse gli cambierà la vita.

 

Mi rivolgo a Rude. Ci scambiamo uno sguardo d’intesa. Lui sì che mi capisce al volo!

- Presta attenzione, socio. Mi raccomando!

Quest’ultimo approva con un lieve sorriso, infine va via non prima di aversi sistemato la cravatta ed i suoi immancabili occhialini scuri.

 

- Ci terremo in contatto tramite collegamento telefonico! – gli urlo, poco prima che la sua sagoma si defili del tutto.

 

Anche questa è fatta, direi.

Passiamo all’altro problema.

Girandomi di scatto verso Elena, la guardo dritta negli occhi:

- Tocca a noi, adesso!

 

 

 

 

Messaggi da parte dell’autrice:

Nuovo chap, nuovo aggiornamento nuovo ritardo! E’ sempre la stessa storia, lo so… Senza stress la mia vita sarebbe vuota…

Se riesco, ragazzi, il prossimo lo inserisco tra 1 o al massimo 2 settimane! Speriamo!

Io nel frattempo sto scrivendo gli ultimi capitoli di Red Head, ma non è facile, credetemi!

Bene! Passiamo alle risposte:

 

 

Per Bel Oleander: ^///^ Dai dai, è andato tutto bene, no? Non sei morta, giusto? Non mi ammazzerai vero? é_è Ad ogni modo, grazie infinite per il commento! Ho gradito tanto!

 

Per stuck 93: O_O ODDIO!!! Che commentone!!!!!!!!!!!!! *mi strappo tutti i capelli e ci faccio una bandiera* * uso la bandiera per sventolarla in tuo onore* Bello, come piacciono a me! E sì, urla pure! Anzi, urliamo insieme, dai! ^O^ L’idea che mi seguirai dappertutto, poi, mi gasa da matti! A parte gli scherzi (che sono veri), con la tua recensione mi hai fatto la persona più felice del pianeta! Grazie di cuore! E continua a seguirmi ovunque! ^_^ 

Per Gioia86: Niente scuse! Anzi, sono io quella che dovrebbe scusarsi e anche vergognarsi… aggiorno praticamente ogni 5 mesi…! E così non va bene… Comunque, spero proprio che continuerai a seguirmi, perché la tua presenza ed il tuo appoggio mi fanno molto piacere! Reno forever!!! *^_^*

 

 

Per finire, ringrazio le persone che hanno inserito la fanfic tra i preferiti… Siete in tantissimi, ed io non riesco neppure a crederci! Grazie!

Alla prossima!

Niko niko

 

                                                                                                            Botan

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Capitolo 15
*** Al diavolo te e il tuo protocollo! ***


CAPITOLO 14

                             CAPITOLO 14

 

 

 

 

 

Mi viene spiegata la situazione. Annuisco e corro di sopra a cambiarmi.

Una volta indossata la divisa da Turk, io e la collega ci avviamo verso l’uscita, in prossimità della moto.

Saliamo alla svelta sull’abitacolo, con fare incalzante.

 

- Ci sei? – chiedo alla collega, seduta alle mie spalle, per ottenere l’ok e partire.

 

- Parti!

 

Non me lo faccio ripetere due volte. Spingo l’acceleratore al massimo, ed inforco subito una stradina secondaria, per non farci notare dai soldati Deepground.

Meno passiamo inosservati, meglio è.

Le ruote del veicolo sfrecciano scattanti sul terreno disconnesso e campestre. In mezzo alla vegetazione, non ci vedranno di sicuro.

 

- Quanto sono attrezzati questi soldati? – domando alla collega, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

 

- E’ questo che dobbiamo scoprire! 

 

Rido, tanto per stemperare la brutta situazione.

- Sembra facile a dirsi… -  Il quadro globale è piuttosto ingarbugliato. Non solo… sembra proprio che sia destinato a diventarlo ancora più, man mano che gli altarini saranno scoperti. 

Per questo è necessario conoscere in anticipo le carte che l’avversario ha nella sua mano. Una scala reale piazzata nel momento sbagliato, può essere fatale.

 

L’ex struttura ospedaliera dista alcuni chilometri da qui.

Con una moto come questa, ci si arriva in un attimo.

Per accorciare ulteriormente le distanze, decido di prendere una scorciatoia.

Elena non sarà tanto contenta, però.

- Non avrai mica intenzione di provare a saltare, spero! – replica immediatamente, non appena si accorge del lungo baratro davanti a noi.

 

- Tu che dici? – faccio tutt’altro che serio.

L’acceleratore è al massimo, una spinta… e via! L’abitacolo sembra volare.

Sento da dietro l’urlo soffocato della collega, che si stringe a me con tutte le sue forze.

La traversata dura poco.

Atterriamo sani e salvi con entrambe le ruote dall’altro lato della voragine, e l’impatto con il suolo ci fa traballare. Raddrizzo la moto, recuperandola al pelo, sgommo fino ad alzare un denso polverone, e la corsa riparte.

 

- Sei matto! Completamente matto! – ammonisce Elena, con cadenza stridula e terrorizzata.

 

- Vuoi raggiungere o no quel maledetto postaccio e chiamare il tuo Tseng? Allora sopporta! Di questo passo saremmo arrivati domani mattina! Le scorciatoie servono a questo, no? E poi in questo momento, sono io il capo!

 

Elena si zittisce. Sa di dovermi portare rispetto, in quanto suo superiore.

Da parte mia, ridacchio sommessamente, soddisfatto dei privilegi che un capo ha sui suoi subordinati. E’ una bella sensazione, non c’è che dire!

 

 

Ad un’ora e mezza dalla partenza, giungiamo a destinazione.

Parcheggio la moto nella sterpaglia, per nasconderla, frenando di traverso e frettolosamente.

Spengo il motore, prendo le chiavi e scendiamo.

C’è un bel tratto da fare prima di approdare alla sede.

 

Dopo svariati minuti di cammino, tra sterpaglie d’ogni genere, l’edificio è davanti a noi.

Solo l’elite della Shin-Ra e la Shin-Ra stessa, ne conoscono l’esatta ubicazione.

 

- “Benvenuti a villa Deepground!” Dovrebbero dire! Ma che razza di posto è mai questo?! E’ uno sfacelo!- Mi giro verso Elena che si guarda intorno un po’ disorientata- Sicura che qui dentro troveremo qualcosa di utile?

 

La ragazza n’è certa:

- Sicurissima! C’è una sala nascosta di cui solo la Shin-Ra ne conosce l’esistenza. Lì dentro troveremo un mucchio di informazioni.

 

- Se lo dici tu…- Mi stringo nelle spalle. Quando una donna è convinta di ciò che dice, meglio non contraddirla!

Ci incamminiamo furtivamente, verso l’ingresso sul retro.

Se questo posto fosse abitato da qualcuno, e questo qualcuno ci avesse visto arrivare così palesemente, saremmo già stati scoperti da un bel pezzo.

 

- Mi raccomando! Nessuno deve vederci, intesi?

 

Annuisco battendomi una mano sul petto:

- Intesi!

 

Sgattaioliamo di nascosto all’interno della struttura, come due perfetti agenti segreti.

In realtà, i Turks sono prima di tutto degli investigatori!

 

Lo scenario che ci si para d’innanzi, non appena tocchiamo il suolo interno dell’ospedale, è davvero lugubre.

Calcinacci riversi a terra, immondizia a non finire, e mura completamente sporche.

Mi tappo il naso con pollice ed indice. Che puzza!

Il posto sembrerebbe a prima vista disabitato.

Ovviamente, i Deepground avranno trasferito il loro covo da chissà quale altra parte…!

Tuttavia, avvertiamo un rumore improvviso, provenire dal fondo del corridoio.

Afferro alla svelta Elena, e la trascino giù con me per inabissarci dietro un cumulo di macerie proprio affianco a noi.

La donna, sentendosi trasportare all’improvviso, spalanca la bocca per strillare.

La precedo.

Le tappo il becco con una mano, e le faccio segno di zittire.

Non è il momento adatto per mettersi a fare i difficili!

 

Il frastuono si fa sempre più forte, man mano che il tempo aumenta.

Poi, ad un tratto, sentiamo una risata.

Cerco di dare una sbirciatina, sporgendomi appena da un lato del nascondiglio, e lo stupore mi fa cascare con il viso a terra.

 

- Reno! – mi chiama Elena, sibilando appena per non fare rumore.

 

Mi risollevo dal lurido pavimento, ed esco allo scoperto trascinando con me anche lei.

 

- Un luogo che non conosce nessuno?! – faccio, imitando la voce precisina della collega. Punto un braccio verso il fondo del corridoio. – Questo è un covo di coppiette che amoreggiano! Proprio come stanno facendo quei due laggiù!

 

Elena si volta a guardare.

Vedo il suo viso farsi paonazzo dalla vergogna. Con le mani si copre il volto all’istante, volto che oramai è diventato rosso come il fuoco. Una pudica di prima categoria, lei!

 

- La zona è protetta da alcuni cartelli che vietano l’ingresso! Com’è possibile che sia entrato qualcuno?!– balbetta pigolando con una vocina sempre più imbarazzata, e riparandosi dietro di me, dal disagio.    

 

- Forse c’è gente che ama le emozioni forti! – butto lì, giusto per fare un po’ di senso dell’umorismo. Sollevo gli occhi al soffitto, rassegnato - Elena, Elena! Qualche cartello non basta di certo a fermare la passione che lega due innamorati! Dovrei esserci io, al posto di quei due, a tubare con la mia Yuffie! Altro che missione…!

 

- Intendi la figlia del leader di Wutai?- Sento chiedermi da lei, all’improvviso.

Forse… ho parlato anche troppo.

 

- Tu cancella ciò che ho detto! – Non lo farà mai! Ne sono convinto…! Però forse, sottoforma di ordine…- E’ un ordine! – ribatto poi, con intonazione imperiosa.

 

Il Turk in gonnella rizza la schiena: - Ricevuto!

 

E’ troppo facile con te… Non c’è divertimento. Però almeno sono salvo.

Devo imparare a tenere a freno la mia linguaccia… zo to!

 

- Cosa facciamo, con quei due? – chiede la collega, facendomi riflette sul problema.

 

Faccio finta di pensare, portandomi una mano sul mento, ed assumendo un’aria seria.

- Vai laggiù e cacciali via! – ordino. Scherzando, ovviamente.

 

Il faccino della bionda diventa ancora più pallido e intimidito.

- I-io?

 

Trattengo un risolino di scherno.

Mi piacerebbe proprio, vederla alle prese con quei due. Sono sicuro che diventerebbe di pietra, a metà strada! Uno spettacolo che varrebbe la pena vedere, ma in un altro momento.

Che peccato!

 

- HEY, LAGGIU’!!! – grido, mettendo le mani ai lati della bocca, per fare rintrono. – QUESTA E’ PROPRIETA’ PRI-VA-TA! AVETE CAPITO? PER QUEL GENERE DI COSE, CI SONO ALTRI POSTI! MAGARI PIU’ COMODI!

 

Elena ormai è sul punto di diventare più rossa dei miei capelli, tant’è che sta nascondendo il suo imbarazzo con l’ausilio delle mani.

Patetica!

 

La coppietta raccatta alla svelta i vestiti, e corre via, chiappe all’aria, urlando un ipotetico “scusateci!”.

 

Scuoto la testa.

- Via libera! – mi giro verso di Elena, che sembra reprimere l’imbarazzo con tutte le sue forze, ma con scarsi risultati.- Vogliamo andare, o preferisci imitarli? Per me non ci sono problemi. Quando sto sul lavoro, mi diverto di più! Con una collega, poi… - fingo, recitando alla grande.

 

La donna si pietrifica. Poi mi pesta un piede, adirata come una furia.

- Maiale!

 

- Scherzavo Elena, scherzavo! Sei la solita permalosa!- sbotto secco, infilandomi due mani in tasca ed incamminandomi verso il corridoio. – Hai tu la cartina di questo bordello… per cui, a te l’onore! – mi scosto verso destra, per fiancheggiare la parete, e farla passare a capo della fila.

 

Il biondo Turk prende la mappa e comincia ad analizzarla meticolosamente.

 

- Dobbiamo passare per di qua.- replica con un cenno della mano.

La seguo senza discutere.

Passiamo lo stretto corridoio che conduce alla sala principale, e da lì ancora ci addentriamo in un andito nelle vicinanze.

C’è una tale confusione qui, che sembra esserci stato un terremoto.

Le piante, e dell’edera rampicante, hanno iniziato a ricoprire la struttura e il suo interno.

Del fogliame ricopre in parte la porta dell’ascensore e le tubature poste sopra il soffitto.

Ci sono delle scritte sulle pareti. Parole assurde, senza senso.

Dopotutto, questi Deepground sono dei matti!

 

Il pavimento poi, è tutto imbrattato di fango e di non so cosa. Una sostanza verdastra, molto scivolosa, che mi fa rivoltare lo stomaco.

Mi parte un conato di vomito.

 

Elena si volta, attirata dal rumore.

Sollevo un braccio per farle capire che sto bene, e quest’ultima prosegue il cammino.

 

I nostri passi riecheggiano tra le quattro pareti del corridoio deserto.

Questo posto mette davvero i brividi.

 

Ci fermiamo davanti ad una grossa porta. La donna la spalanca, ed entriamo.

E’ una sala dalle dimensioni enormi, con una piscina per la riabilitazione.

 

- Siamo arrivati.

 

Guardo Elena, poi successivamente il luogo circostante.

- Allora? Dov’è questa misteriosa entrata?

 

Il Turk punta un dito in direzione della piscina.

E’ lì? Caspita è che fantasia!

Faccio una smorfia di stupore. Poi di disgusto.

 

- Dobbiamo immergerci in quell’acqua fetida e stantia?! Stai scherzando!? – scuoto il capo più volte. – In quanto capo, ti ordino di andarci da sola, zo to!

 

- Negativo. Avrò bisogno del tuo aiuto, laggiù.

 

Mi porto le mani sui fianchi.

- Se proprio devo… Ok! Farò uno strappo alla regola…! Anche se controvoglia. – sottolineo.

 

Elena ripone la cartina in un sacchetto di plastica impermeabile, insieme al suo cellulare tutto sfavillante ed intatto. Se solo sapesse le innumerevoli botte che ha subito il mio, mi sgriderebbe di sicuro. Glielo consegno, e consegno poco dopo anche tutto ciò che possa deteriorarsi a contatto con l’acqua. Pacchetto di sigarette compreso.

 

Mi dirigo al bordo della piscina, stomacato da quell’acqua poco pulita.

Faccio un ultimo tentativo.

- Non c’è un altro modo per entrare?

 

- Negativo.

 

- Sai dire solo “negativo”, tu?! ccidenti! Quanto invidio Rude, in questo momento!

 

Chissà se è riuscito a trovare mio padre.

Per un attimo i pensieri mi distraggono, ma vengo subito richiamato dalla giovane bionda.

 

- Questo ti permetterà di respirare sott’acqua. – dice, consegnandomi una piccola bomboletta di ossigeno attacca ad un boccaglio. – C’è una grata, sul lato destro della vasca. Non appena saremo scesi infondo, dovremo cercare di aprirla. Infine, basterà seguire il condotto che ci porterà dritto alla sala sotterranea.  

 

Annuisco facendo finta di aver capito tutto, ma in realtà non è così. L’unica cosa che mi è chiara, è che a breve sarò ricoperto di… bitume!

 

- Prima le signore! – faccio in tono galante, con un bell’inchino.

 

Quando la testa bionda della collega, scompare tra le acque della piscina, è il mio turno.

Raccolgo anima e coraggio, e mi tuffo nella vasca, lasciandomi sprofondare verso il fondo.

L’acqua è calda e viscida. Un vero schifo!

 

Elena è già davanti alla griglia. La raggiungo alla svelta con qualche sgambettata veloce, dopodichè lei mi fa cenno di afferrare i ferri e tirare insieme.

Lo facciamo all’unisono, però il pesante reticolato sembra non volersi staccare.

E’ rimasto qui sotto per chissà quanti anni… rimuoverlo sarà dura.

Faccio passare le dita attraverso la griglia, e l’afferro con tutta la forza che ho in corpo. Quest’acqua sta iniziando a stufarmi davvero!

Faccio forza sulle gambe, che premo lungo la parete, e comincio a tirare.

 

Finalmente qualcosa si muove!

Do un ultimo strattone, e via! La cancellata si stacca, permettendoci così di entrare.

Nuotiamo nel cunicolo, come pesci. E’ stretto, tanto da poter passare una persona alla volta.

 

Sono trascorsi svariati minuti, da quando lo abbiamo iniziato a percorrere. Alla fine si intravede l’uscita.

Letteralmente, sfociamo in una vasca più piccola e risaliamo in superficie.

Tolgo il boccaglio ed esco alla svelta arrampicandomi sul bordo della conca, per portarmi all’asciutto.

 

- Dovrò portare la divisa in tintoria! Guarda che schifo! – mi scrollo la giacca di dosso, e la sbatto con una mano per ripulirla dal fogliame che la ricopre.

 

Elena è dietro di me, che fa la stessa cosa.

 

L’occhio mi cade involontariamente sulla sua camicia. L’acqua l’ha resa pericolosamente e divinamente trasparente.

Sono indeciso se farlo presente alla collega, oppure no. Mi darebbe sicuramente del “maniaco”.

Preferisco tacere.

 

Guardo attorno, cercando di sondare il terreno con lo sguardo, ma c’è poco da fare.

C’è una scrivania, un computer, delle cassettiere, uno stanzino del bagno, e uno schermo gigante.

Tutto qui.

 

- Sei sicura che troveremo davvero qualcosa?! – domando alla ragazza, iniziando ad avere delle serie perplessità sulla riuscita della missione. – Non vorrei avermi insudiciato per nulla…!

 

Come se tutto ciò non bastasse, Elena sembra non considerarmi nemmeno. Se ne sta lì, tutta occupata a frugare nei cassetti, mettendo a soqquadro l’intero covo nella speranza di trovare qualcosa di utile. 

Dei fogli volanti fluttuano per aria, smossi dalla furia esploratrice del Turk biondo. Con loro, anche la polvere, accumulata dovunque e a quintali, fa la sua comparsa levandosi in volo, ed investendomi in pieno.

Sventolo la mano per farmi aria, e tossicchio rumorosamente. C’è da morire intossicati qui dentro!

 

- Allora? Hai trovato qualcosa? – chiedo per l’ennesima volta, sentendo la mia smisurata pazienza, farsi sempre meno smisurata.

 

- Il computer.

 

- Il computer?

 

- Dobbiamo avviare il computer! Quello che cerchiamo è lì.

 

- Dobbiamo? – replico contrariato. - Ti ricordo che sei tu, l’esperta. Io con quelle macchine assurde e troppo sofisticate, non ho nulla a che fare!- Mi porto le braccia al petto, fingendomi disinteressato.

Elena non sente ragioni. Quando è concentrata su ciò che sta facendo, è pressoché inutile parlargli. Tanto non ti ascolta!

 

- Devi tenermi questo! – incalza lei. 

Mettendomi un grosso cavo tra le mani, la collega a posizionarsi davanti all’infernale aggeggio, e comincia ad ispezionarlo.

Faccio come dice, e me ne sto fermo, impalato come una statua, in mezzo allo sgabuzzino, a sorreggere l’enorme filo.

 

Fortuna che dovevo essere io, quello a dover supportare maggiormente Elena! Almeno così sosteneva Rude…

 

- Collegalo al pannello di controllo che c’è alle tue spalle. Dopodichè, all’unisono dobbiamo spingere in su un bottoncino verde, e aspettare che si avvii.

Sento una raffica di parole, una dietro l’altra, che mi dicono di fare qualcosa.

Dette così all’improvviso, è davvero sleale! Qualcosa però sono riuscito a capire. 

Faccio ancora una volta come dice.

Inserisco l’attaccatura del cavo nell’apposito vano sul pannello, dopodichè mi volto per  sincronizzare i movimenti della sua mano con la mia, ed aspetto il segnale.

Un cenno del capo, e via. All’unisono spingiamo i due pulsanti all’insù, che producono un rumore simile al ronzio di una zanzara gigantesca.

Adesso, non mi resta che aspettare che quel fottuto monitor parta.

 

 

Passano alcuni secondi, ma nulla si smuove. Eppure la procedura è stata eseguita alla perfezione, direi.

Cerco di mantenere la calma, mi appoggio per qualche istante con la schiena alla parete, e faccio appello a tutta la pazienza che ho in corpo.

Elena sta premendo dei bottoni accanto al pc, nella speranza di vederlo funzionare. Delle spie luminose sembrano accendersi per pochi attimi, ma poi tutto ritorna allo stato di prima. 

Intanto i secondi si trasformano in minuti, la situazione si fa insostenibile e la mia pazienza mi abbandona del tutto.

 

- Ci vorranno dei minuti, prima che si avvii. – sentenzia l’acida donna, sparandomi una verità che purtroppo non riesco ad accettare.

Ho i vestiti zuppi, sono fradicio e ricoperto di immondizia, e questo fottuto coso si concede il lusso di farmi aspettare?!

No, evidentemente non sa chi sono io!

 

- Minuti un corno! O si avvia all’istante, oppure lo trasformo in una lattina di birra, zo to! – Un po’ per rabbia e un po’ perchè sto avvizzendo, colpisco il pannello di controllo con un violento pugno. La lamiera che lo ricopre emette un tonfo piuttosto forte che rimbomba a sua volta tra le pareti nei paraggi.

Il ronzio fastidioso cessa, e come per magia il monitor del pc si colora di luce.

 

- Si è accesso! – esulta Elena, saltando quasi dalla sedia per la gioia.

 

- L’ho sempre detto che con le maniere forti si ottiene tutto. – dico con un sorriso appena pronunciato, e completamente fiero di me.

 

La bionda comincia a battere le dita sulla tastiera, ad un ritmo incalzante e frenetico. La guardo di sottecchi mentre lavora con dedizione ed impegno, poi nell’osservare quelle dita rapidissime, mi viene un gran mal di testa. Afferro una sedia nelle vicinanze, e la porto davanti a me, per poi stravaccarmi su di essa con il petto rivolto allo schienale. Porto le braccia sulla spalliera, e vi adagio la testa per rilassarmi.

 

La mia parte l’ho fatta. Adesso tocca alla bionda, entrare in scena.

- Di preciso, cos’è che speri di trovare all’interno di questa diavoleria meccanica? – domando un po’, tanto per farmi vedere interessato.

 

- Qui dentro sono registrati i dati di tutti i soldati che sono stati accolti nella struttura. Cartelle cliniche comprese. E’ un modo in più per conoscere meglio i nostri avversari, e i loro punti deboli. In questo modo potremo stilare una lista che ci permetterà di identificarli, qualora ce ne fosse bisogno.

 

- Oh… capisco!

In realtà non è che abbia capito molto.

E’ una sorta di censimento, giusto?

A cosa serve una lista di questi malati, se poi non sappiamo nemmeno dove andarli a pescare?

Infondo Elena ha detto “qualora ce ne fosse bisogno”. Ciò significa che potremmo anche scansarci la fatica di dover combattere contro di loro…

Se non vogliono minacciare la Compagnia, allora non è affar nostro. Se ne occuperà sicuramente Cloud che, prendendo a cuore il problema dei tizi scomparsi, riporterà il solito ordine.

Cazzo, però! Sterminare così decine e decine di cittadini di Kalm, e rapire donne e bambini davanti ai miei occhi, mi rode parecchio!

Sento ancora nella testa quelle urla strazianti di dolore…

Questi Deepground hanno iniziato a provocarmi un po’ troppo, per i miei gusti… E poi quella megera bionda mi viene a dire di stramene buono e di non superare i limiti! Tsk! Se Rude non trova mio padre, vedrà quanti limiti che infrangerò, pur di rintracciarlo!

 

Elena si solleva di botto dalla sedia. Io la seguo immediatamente a ruota, mettendomi in piedi con la schiena ritta, peggio di quella di un soldier.

 

- Fatto! Ho inviato i dati al capo tramite il terminale che ho collegato al telefono. Il nostro compito qui è finito.

 

Rimetto a posto la sedia, e tutto contento mi dirigo verso l’uscita. Non me ne frega un accidenti di dovermi rituffare in quel bitume d’acqua. Voglio uscire fuori da qui, e contattare il socio pelato!

Mio padre ha la precedenza su tutto! Perfino su questo schifo di liquame.

- Madamigella…- faccio con un soave inchino- Si accomodi pure nella vasca!

 

Elena non si scompone per niente. Il suo viso sembra essere addirittura radioso! Non c’è altra spiegazione: è contenta perché ha svolto bene il suo lavoro, e sa che Tseng la accoglierà con un complimento, non appena saremo da lui.

Ci tuffiamo in acqua facendo per l’ennesima volta il lungo percorso, questa volta a ritroso, e guadagniamo in fretta l’uscita.

Sfociamo nella piscina dell’ospedale. A primo impatto l’acqua sembrerebbe molto più calda di prima, ma in realtà è solo impressione.

Così come sono solo un’impressione quelle lunghe lingue di fuoco che volteggiano allegramente al di fuori dell’acqua, nell’ambiente attorno alla vasca.

Un brutto presentimento mi accarezza la mente. Nuoto alla svelta da Elena, e la trascino verso il basso afferrandola per la caviglia. La collega dapprima oppone resistenza, poi, successivamente, quando le faccio cenno di guardare verso l’alto, si ferma, come pietrificata.

Le intimo di restare sul fondo della piscina intanto che io risalgo a dare un occhiata.

La mia zazzera rossa riemerge dall’acqua come un sottomarino che risale in superficie. Non ho neppure il tempo di togliermi il boccaglio, né tanto meno di guardarmi attorno, che una scarica di pallottole viene scagliata violentemente sul pelo dell’acqua.

Guai in vista! Me ne rendo conto all’istante. Faccio appena in tempo a mettermi al sicuro sotto le tonnellate di liquido puzzolente, e a raggiungere la mia collega.

“La baracca sta andando a fuoco, e oltretutto se usciamo da qui ci sparano addosso!” vorrei dirle.

Tuttavia, con il boccaglio, mi riesce piuttosto difficile. Tento di descrivere la situazione improvvisandomi mimo. Elena fa cenno di no con la testa, mostrandosi sempre più tentennante.

Vista la situazione d’emergenza, sono obbligato a passare alle maniere drastiche.

L’agguanto per un braccio, e me la trascino in superficie per farle vedere la situazione con i suoi occhi. Quando le nostre teste spuntano fuori dall’acqua, tengo la ragazza forte a me, pronto a guizzare di sotto al primo colpo di pistola. E quest’ultimo, arriva in un lampo. Non uno, bensì una scarica impetuosa di proiettili, forse sparati da una decine di mitragliette, ci viene incontro. Stringo Elena a me, e mi spingo verso il basso, fino a raggiungere il fondo della piscina.

 

La situazione è altamente drammatica. Prima o poi le bombole d’ossigeno si svuoteranno, e l’aria finirà. Restare qui equivarrebbe a ritardare di qualche minuto la nostra morte… una prospettiva allettante, ma che mi mette in agitazione.

Non c’è altra scelta. Faccio cenno ad Elena di raggiungere il covo segreto. Ci immettiamo per l’ennesima volta nel cunicolo stretto, per poi spuntare dall’altro lato.

Una volta all’asciutto, sfilo il boccaglio dalla bocca, e per rabbia lo scaglio a terra. L’aggeggio rimbalza pesantemente sul pavimento, poi si rompe.

 

- Cazzo!!!

 

- Erano i Deepground! Sapevano della nostra presenza! – esclama Elena, infilando una parola dietro l’altra. E’ visibilmente agitata.

 

La rendo fissa nei miei occhi per brevi secondi, poi osservo il pc.

 

- Quel dannato aggeggio!!dico con tono furioso, additandolo minacciosamente.- E’ possibile che…

Non finisco neppure la frase, che la mia collega ha già capito tutto.

 

- Lo escludo! Non è stato lui a rilevare la nostra posizione! E’ un circuito telematico che può essere localizzato solamente dalla Shin-Ra.

 

Cado assorto nei pensieri. Se non è stato lui, allora

- Possibile che…

Una strana supposizione mi solletica la mente.

A quanto pare, vista la sua espressione allibita, anche Elena ha avuto lo stesso mio pensiero.

Ci fissiamo in faccia sconcertati, ed all’unisono esclamiamo:

 

- La coppietta!

 

Non so se sentirmi amareggiato, o soltanto prendermi a schiaffo per la mia negligenza.

Come ho fatto a non pensarci prima!

D’altronde lo facevo anch’io, quand’ero all’accademia militare della Shin-Ra.   

Stai con qualcuno dell’accademia, e sai che se vi vedrebbero amoreggiare, oltre ad una ammonizione da parte dei professori e dal regolamento, non troveresti più pace tra i compagni dell’istituto, quindi per stare un po’ da soli te la porti in un posto dove non ti verrebbe mai a cercare nessuno. Morale della favola: reputazione salva, e anche voto in condotta.

C’è una coppia tra i Deepground che si ama, e quindi, per evitare di esser vista, se ne nella vecchia base dove non li vedrebbe mai nessuno. A parte noi.

Sono stato davvero uno stupido a lasciarmi forviare così facilmente.

 

- Te lo avevo detto che c’erano i cartelli a guardia di questo posto! – rimbecca la voce acida della bionda, nei confronti del sottoscritto che non perde tempo a difendersi.

 

- Ed io ribadisco che al giorno d’oggi ci sono persone a cui piacciono le emozioni forti! Cosa potevo saperne di quei due sottrattisi all'obbligo militare per dedicarsi a tutt’altri obblighi!? – Vuoi forse che ti ricordi com’era il colore della tua faccia, alla loro vista?!

Guarda un po’ se la colpa di tutto, non doveva ricadere su di me! Quando Elena fa così, mi fa terribilmente imbestialire…! Tuttavia… - Non mi sembra il momento adatto per mettersi a litigare!

 

Mi avvicino in direzione della ragazza, che non appena mi vede sopraggiungere, inizia a fremere come una foglia. Ciò nonostante, le mie intenzioni sono ben altre.

- Non ho voglia di punzecchiarti, puoi abbassare la guardia. Mi interessa invece la grata che c’è alle tue spalle. – segnalo.

Mi dirigo verso di essa, e cerco in tutti i modi di farla saltare dai supporti che la tengono inchiodata al muro.

- Dammi una mano, piuttosto!

 

Elena scuote il capo, con un gesto secco. Ha già capito le mie intenzione, e a quanto pare non ne è per niente entusiasta.

- Non possiamo andarcene da lì! Quel condotto conduce dritto all’anfratto dell’ascensore. E’ una strada senza uscita! – sentenzia con quella sua voce da maestrina, che non fa altro che irritarmi.      

 

Sbatto un pugno sul muro. – Indietro non possiamo tornare, e moriremo senz’altro se restiamo qui! Questo posto sarà divorato dalle fiamme, lo capisci o no?!

 

Elena sembra impressionata dalla mia reazione così impulsiva e drastica. Con una voce flebile e appena sussurrata si limita a replicare: - Ma il protocollo dell’ospedale dice…

 

La precedo, tagliando corto:

- Al diavolo te e il tuo protocollo! – scuoto il capo come per scrollarmi di dosso le sue inutili contestazioni- Pensala come ti pare, ma io questo pertugio lo vedo come l’unica speranza di uscire indenni da qui!  

Il silenzio della dispotica Turk dal caschetto biondo mi fa riflettere. 

Sicuramente starà pensando che tutto sommato, io ho ragione. Io. 

 

- Perché non ammetti che infondo ho ragione?! Forse perché credi che io non sappia cosa significhi avere ragione?! Oppure perché mi reputi uno smidollato capace soltanto di trastullarsi e basta!?

 

- Ok! - Sento esclamare ad un tratto. – Ti aiuto!

 

- Alla buon ora! – replico fingendo di essere un po’ risentito. Infondo, non lo sono poi tanto. Conosco Elena, e sfortunatamente conosco anche il suo pessimo carattere. La cosa più importante è uscire da qui. Una volta salvata la pellaccia, penserò a darle una scrollata di capo che difficilmente dimenticherà!

 

- Allora… qual è il piano? – Perché, dovrei averne uno?

Sorrido per convincerla che ce l’ho, e invece non ho la benché minima idea di cosa fare una volta che saremo entrati nel cunicolo.

Tentiamo di sradicare la grata dalla parete, però non è un’impresa da tutti i giorni.

Comincio a guardarmi intorno, nella vaga speranza di trovare qualcosa che possa essermi utile, ai fini di smanterellare questi cardini mezzi arrugginiti.

Le pale metalliche del ventilatore appeso sopra le nostre teste, potrebbero fare la differenza.

 

- Scusi madame, ma la situazione lo richiede! - Prendo brutalmente Elena in braccio, e la convinco a farla salire sulle mie spalle. Non è che la collega sia proprio una piuma, però date le circostanze… non mi lamento. – Sfila via una di quelle pale! – le ordino. Proprio come un bravo cadetto, la bionda esegue gli ordini.

Una volta ottenuto il prezioso aggeggio, mi metto all’opera.

Faccio scorrere la sottile pala nella fessura che c’è tra la griglia e il muro. Facendo leva su di esso, cerco di allargare la griglia più che posso, in modo da allentare i cardini che la tengono inchiodata al muro, e sfilarla via. Con un po’ di sforzo e una punta di fatica, riesco a farcela.

 

- Siamo liberi! – esclamo gettando a terra la grata, come se stessi gettando alle spalle una valanga di fastidiosi problemi.

 

- Quasi liberi. – Elena è lì, pronta a sottolineare tutto ciò che per lei è da sottolineare. Vale a dire ogni parola che dico

 

- Che ottimismo…! – dico di rimando. Sollevandomi con la forza delle braccia, mi arrampico nel condotto.

La giovane è in netta difficoltà. Con quelle sue braccine sottili, dubito che riesca a sostenere il suo dolce peso. Da bravo ragazzo, le allungo una mano. Tiro su la collega, che si avvinghia al mio arto superiore con troppa forza. Sul mio viso si dipinge una smorfia di dolore che poi si tramuta in urla disumane. Tiro a me l’arto dolorante, ed Elena mi finisce a dosso a causa dello strattone. Metto le mani avanti, per istinto, ma per la bionda Turk, è come se lo avessi fatto per toccarle quello che in realtà non possiede.

Mi dà repentinamente uno schiaffo.

 

- Hey! – scatto adirato verso di lei - Ti pare che in una simile situazione, mi metta a fare il pervertito?!

Figuriamoci se questa matta paranoica mi ascolta…

Me la lascio alle spalle, e vado via per la mia strada, facendo da apri fila nel cunicolo.

Un posto alquanto spazioso, massimo tre persone in larghezza, ed un nano di 1 metro e 30 in altezza.

Non c’è nemmeno bisogno di starsene a gattoni, per camminare.

Assumendo la posizione di un gobbo, si riesce perfettamente a spostarsi su due gambe, anziché quattro.

Dopo un bel pezzo di tragitto, finalmente giungiamo all’uscita.

Da qui si intravedono appena i fili dell’ascensore, che penzolano verso il basso, e qualche filo di erbaccia che ha iniziato a ricoprire le pareti.

Elena sopraggiunge dopo poco.

 

- Dunque, qual è il piano?

 

Mi giro lentamente verso di lei.

- Già, il piano…- A questo punto dovrei averne uno… - deglutisco e sottolineo- Dovrei.

 

Mi gratto un po’ la testa, cercando di prendere tempo.

Sono un tipo abbastanza pigro, ma temo che sia arrivato il momento di far funzionare la mia materia grigia, e trovare alla svelta una soluzione.

Mi affaccio verso il baratro. E’ così profondo che da qui non si riesce a vedere la fine. Inoltre, non mi pare neppure di scorgere la cabina dell’ascensore, lassù in alto. Che sia finita di sotto? Senza nessun appiglio, sarà impossibile aprire quelle maledette porte automatiche… Che seccatura!

Un brivido gelido mi fa trasalire. Se cadessimo da quest’altezza, sarebbe un bel problema.

Beate queste piante, che sembrano starsene lì, a penzolare nel vuoto, senza nessuna paura di finire giù. Tanto, sono sorrette da chissà quale robusto arbusto che si trova là fuori.

 

Un momento.

 

Se ci sono delle piante, allora significa che una di quelle porte automatiche deve avere sicuramente qualche squarcio! Altrimenti com’è possibile che questo fogliame sia finito qui sotto? Gli arboscelli non forano l’acciaio, bensì vi si infiltrano se trovano un’apertura!

 

- Fatti da parte, donna!

Faccio indietreggiare Elena di alcuni metri, e mi preparo a prendere una bella rincorsa.

Infondo, devo solo centrare uno di quei fili, e sperare che mi sorregga. Facile, no?

 

- Cos’hai intenzione di fare? – chiede la bionda, con uno sguardo serio e preoccupato.

 

- Osserva e impara, perchè poi toccherà a te!

Dico la solita frase in maniera teatrale, e successivamente mi lancio in avanti spedito come un razzo verso l’obbiettivo.

Tengo fissa l’immagine della fune davanti a me, e non la mollo nemmeno quando i miei piedi si staccano dal pavimento, e mi lancio nel vuoto.

L’impatto della spinta, fa sì che il mio corpo attraversi con successo l’intero baratro. Senza pensarci due volte e alla svelta, acciuffo al volo la fune e mi tengo avvinghiato ad essa. La pressione mi fa dondolare vorticosamente, da un lato all’altro delle pareti, sbattendomi sui muri in maniera non proprio delicata. Nonostante tutto, non mollo. Al contrario, mi avvinghio ancora di più alla fune, e aspetto che il movimento ondulatorio finisca.

 

Quando penso di avere la situazione sotto controllo, chiamo Elena a rapporto.

 

- Adesso tocca a te! Avanti!

 

Il caschetto della collega ondeggia rapidamente. – Non ci penso nemmeno! E poi… quelle funi reggeranno un altro peso?

 

Osservo svogliato le corde, e poi do ad Elena la sua meritata risposta: - No.

Con una gamba, mi do una spinta facendo pressione sulla parete, e inizio a dondolare.

- Guarda che non mi sognerei per niente al mondo di farti cadere! Andiamo Elena, non abbiamo molto tempo! – la incito. Poi, trovo un metodo migliore per farla reagire- Fallo per Tseng! Pensa a quanto sarà contento di sapere che hai compiuto simili gesta!

La ragazza serra gli occhi, e si lancia nel vuoto.   

Accidenti! E’ il caso di dirlo: per quell’uomo,sta qui si getterebbe anche nel vuoto!

La prendo al volo tra le braccia, e le ordino di afferrarsi alle mie spalle con tutta la forza che le è rimasta dentro.

Risalgo a fatica la fune, con alcune gocce di sudore che mi attraversano le guance fino a percorrere il mento, e poi giù, lungo il collo e oltre.

Sento Elena muovere appena il capo.

L’ammonisco all’istante.

- Non guardare giù! – Oppure finirai per mettere anche me in agitazione! Come se non lo fossi già di mio

 

- L’uscita! Vedo l’uscita! – esclama la ragazza, a più non posso, urlandomi nelle orecchie.

 

La fune vibra.

- Sccc!!! Parla piano! Questa corda potrebbe venir giù da un momento all’altro! Hai intenzione di diventare una frittella? – Io no!

Però in un certo senso, le sue parole mi hanno messo di buon umore, dandomi lo sprint necessario per uscire da qui alla svelta.

Issandomi velocemente, e con un ultimo sforzo, guadagno la tanto agognata uscita.

Do l’aggio ad Elena di scendere dall’altro lato, dopodichè la seguo senza tanti preamboli, lanciandomi oltre la porta automatica e finendo rovinosamente a terra.

 

Prendo fiato per un attimo, poi, aiutato dalla mano della collega, mi tirò su.

 

- Tutto ok? – domanda lei.

 

- Starò meglio non appena saremo usciti da questo postaccio!

 

Elena mi sorride.

- Per una volta, sono d’accordo con te!

 

Corriamo fuori, verso l’uscita, aprendoci un varco tra le fiamme che avanzano minacciosamente minando la nostra incolumità.

Squilla il cellulare.

In un momento simile, non mi andrebbe affatto di rispondere. Tuttavia, incitato da Elena, sono costretta a farlo.

 

- Qui Reno! – scandisco, con il fiatone e i passi che incalzano.

 

Dall’altro capo la voce di Tseng mi segnala della presenza di un elicottero della Shin-Ra, proprio sopra l’uscita dell’ospedale.

 

- Ricevuto, capo! – esclamo riponendo in seguito l’aggeggio nella tasca.

Raggiungiamo la porta principale, e finalmente usciamo da quell’inferno di fiamme che si chiude alle nostre spalle e si divora tutto.

Mi aggrappo alla scaletta che pende dall’elicottero, e trascino con me anche Elena.

L’aeromobile si alza in volo smuovendo, con il roteare delle sue eliche, il fogliame nei dintorni, e quando l’ospedale in fiamme si fa sempre più piccino e lontano, finalmente posso tirare un lungo sospiro di sollievo e rilassarmi.

 

 

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Ragazzi scusate immensamente il ritardo, volevo aggiornare prima ma il lavoro di plush maker mi sta togliendo tantissimo tempo libero…
Spero di pubblicare il prossimo chap molto presto, e soprattutto di rispondere anche alle recensioni di coloro che continuano a lasciare commenti, tra l’altro mooolto graditi, alla mia, anzi, nostra Red Head! ^___^
Alla prossima!
Botan

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Capitolo 16
*** Lo vuoi il bacio? ***


CAPITOLO 15

                             CAPITOLO 15

 

 

 

 

 

Sono impegnato a dare sfogo a tutta la mia frustrazione, d’innanzi ad un pacchetto di patatine che divoro con modi scialbi e un po’ disordinati.

Lo “scrock” delle chips masticate dai miei denti, fa da accompagnamento musicale al frastuono della tv accesa che si trova nello sgabuzzino dove temporaneamente alloggiamo.

Si tratta pressappoco di un bunker sotterraneo, situato poco distante da Fort Condor.

Ci saranno all’incirca 30 metri di terra sopra le nostre teste. Si prova una certa inquietudine, a starsene rintanati in un luogo senza neppure una finestra o uno spiraglio di pertugio che ti permetta di osservare il cielo. Tuttavia, questo è il covo segreto di cui si avvale il Presidente Rufus, quando c’è “aria di tempesta”.

Ci rifugiammo qui anche 3 anni fa, dopo la distruzione della base, quando la popolazione ci voleva fare le scarpe.

Tseng è nella sala affianco, insieme al Presidente, intanto che noi Turks aspettiamo che venga a comunicarci le nuove direttive. Le informazioni che abbiamo raccolto, alla fine si sono rivelate davvero interessanti. In quella lista, sono comparsi molti nomi che conoscevo anche io. Inoltre, vi sono descritte tutte le patologie che affliggevano i malati soldier, e le cure somministrategli. La maggior parte di loro, è risultata essere irrecuperabile dal punto di vista neurologico. Ce n’erano anche un paio che venivano alimentati a colpi di energia mako. Davvero interessante!

Elena è assorta a seguire il telegiornale con le notizie di oggi, che per la maggior parte, parlano tutte delle continue sparizioni di civili. Io, invece, sono sdraiato comodamente sul bordo di un divanetto un po’ messo male, a sbafare patatine. Più che altro, la mia, è una fame nervosa anziché da stomaco vuoto.

Dall’altro capo dello stanzino, Rude se ne sta in piedi, con le spalle adagiate alla parete di cemento, e lo sguardo celato dai suoi insostituibili occhialini scuri.

Mio padre purtroppo è stato portato via da quei riprovevoli pazzoidi, e rinchiuso in un container insieme ad un gruppo di persone di Kalm. Rude ha fatto di tutto per forzare il portellone di quella scatola di ferro. Ma i Deepground nelle vicinanze, gli hanno reso il compito un po’ più difficile del previsto. Malgrado tutto, il mio adorabile socio è riuscito a piazzare una cimice su di un lato del container, in modo tale da poterlo individuare in men che non si dica.

Stando alle premesse di Tseng, quei folli non hanno intenzione di uccidere i loro prigionieri, almeno per ora. E tutto questo mi risolleva parecchio.

Infilo nuovamente la mano nel sacchetto di patatine, ma di queste ultime non n’è rimasta nemmeno una misera traccia. Lo accartoccio a mo’ di palla, e lo lancio nel cestino di immondizia, posto in un angolo del fioco stanzino.

La palla di carta centra il bersaglio non appena la porta di metallo, mezzo arrugginito, si apre.

Tseng fa il suo trionfale ingresso, con una mano in tasca ed un viso abbastanza pallido. Ci giriamo tutti e tre, mettendoci sull’attenti d’innanzi a lui.

 

- Il Presidente vi vuole tutti a rapporto. – esclama sbrigativo.

Ognuno di noi smette di fare ciò che stava facendo, e segue il capo, non prima di avergli risposto con un bel “sissignore”.

Seguiamo Tseng che ci conduce ai piedi di una porta, anch’essa di ferro e un po’ malandata, ed in seguito lo vediamo bussare con una botta del dorso della mano.

Veniamo accolti da Rufus, che ci fa cenno di entrare nel suo ufficio.

Uno di fianco all’altro, ci sistemiamo d’innanzi alla scrivania dell’uomo vestito di bianco, e attendiamo sull’attenti che questi ci dica qualcosa.

L’atmosfera del luogo non mi dà affatto sicurezza. La camera è illuminata da una forte luce al neon,  ma nonostante tutto, si respira un’aria di tensione e trepidazione. Il Presidente è una persona che incute timore solo a fissarlo negli occhi. Freddi e gelidi proprio come quelli di Cloud Strife.

L’attesa delle sue parole è tanta. A momenti mi vien quasi la pelle d’oca.

 

Poi, tutto ad un tratto, Rufus Shin-Ra si decide a parlare:

 

- Conoscete Omega? – ci domanda, squadrandoci uno ad uno, con il suo sguardo da gelido indagatore.

 

Elena si fa avanti, da brava scolaretta:

- Omega è lo stesso tipo di forma vitale delle Weapon che abbiamo incontrato 3 anni fa. Il pianeta darà origine all’arma Ultima, Omega, nel momento in cui la fine del mondo sarà imminente.

 

Rufus sorride rivolgendo uno sguardo compiaciuto nei riguardi di Tseng.

- Mi fa piacere che tra le fila dei Turks, ce ne sia uno così preparato culturalmente.

 

Do un’occhiatina di sottecchi al capo. A giudicare dall’espressione serena, sembra aver gradito di gusto il complimento fattogli dal Presidente.

Un punto a favore per l’odiosa Elena che starà sicuramente gongolando. Fisso anche il suo viso. E’ arrossito, come se non lo sapessi! Lo fa tutte le volte che si sente importante agli occhi di Tseng. E sicuramente in questo momento lo è.

 

Rufus Shin-Ra ritorna serio.

Getta uno sguardo ad alcune carte che si trovano sul piano della scrivania, e poi prosegue.

- Omega è una sorta di meccanismo di sicurezza elaborato solo per proteggere il flusso vitale del pianeta. Normalmente, Omega, non è una minaccia per noi e si manifesta solo quando il pianeta stesso rileva qualcosa che possa rappresentare un pericolo, come la fine della sua esistenza. – l’uomo dallo sguardo di ghiaccio fa una breve pausa, in seguito, dopo aver poggiato i gomiti sulla scrivania ed intrecciato le dita proprio sotto il mento, conclude- Tuttavia… Deepground sta cercando di risvegliare la “bestia”, molto prima del previsto.

 

Mi viene spontaneo chiedere maggiori spiegazioni, così, senza pensarci, replico svelto:

- “Risvegliare”? E in che modo, zo to?

La mia domanda capita proprio a fagiolo.

Il Presidente mi osserva dal retro della sua scrivania, finché il suo sguardo si abbassa proprio su di essa, e diventa malinconico, perso. Lasciandosi andare con le spalle allo schienale morbido della sua poltrona, sospira appena:

- Massacrando migliaia di anime pure ed innocenti.

 

Noi Turks ci guardiamo a vicenda, come confusi dalle sue parole sibilline.

Io per primo mi stupisco. Rufus è sempre stato un tipo machiavellico, un dittatore nato. Non gli è mai importato nulla né del pianeta, e né dei suoi abitanti. Il denaro, era la sola cosa che gli potesse interessare. Nulla più.

Il biondo Presidente ci osserva cadere nella confusione. Impassibile e calmo, finalmente si decide a spiegarci:

- Con il sacrificio di migliaia e migliaia di vite, Deepground vuole creare un flusso vitale puro per far sì che il pianeta pensi che la fine sia vicina.

 

- In questo modo interverrebbe Omega, a raccogliere il flusso vitale e a proteggerlo, distruggendo però l’intero globo, e privandolo fino all’ultimo di tutta la vita che lo riempie. – conclude Tseng.

 

Elena ed io ci voltiamo a guardarlo. In seguito, i nostri sguardi si incrociano, per poi comprendere la gravità della cosa.

Finalmente noi tre Turks, ci rendiamo conto di tutto ciò che ci è stato appena annunciato.

 

- Così facendo, morirebbero anche loro, i Deepground! – replica Elena, con convinzione.

 

- Dopotutto, sono pur sempre dei matti…- sussurro appena. – Cosa possiamo fare per fermarli?

 

Rufus mi lancia un’occhiata.

- Nulla. – replica secco.

Sulla mia faccia si dipinge una smorfia di sgomento. Nulla?? Il machiavellico uomo è forse ritornato?

Preferisce morire, anziché tentare una manovra di salvezza? Ma è matto anche lui, forse?!  

Sto per replicare, quando Tseng, accortosi delle mie intenzioni, mi ferma.

 

- Sarà la WRO a fronteggiare la minaccia. – rivela bloccandomi le parole in gola.

 

- WRO?

 

- World Regenesis Organization. Organizzazione della Rigenerazione Mondiale. Una sorta di movimento nato per far riprendere il pianeta dalla tragedia di Meteor. Sono loro che si occupano di proteggerlo da qualsiasi minaccia. – ci dice Rufus. – Vi ricordate di Reeve Tuesti?

 

- L’ex- Responsabile del Dipartimento di Sviluppo Urbano della Shin-Ra? – replica sapiente Elena.

 

- E’ attualmente un funzionario dell’organizzazione. Comanda i vertici più alti della WRO, e vanta

di già alle sue dipendenze una folta schiera di soldati e un quartier generale in piena attività, nei pressi di Nibelheim. Quasi al pari della Shin-Ra Corporation… - scherza Rufus, con un mezzo sorriso stampato sul volto. - Ciò nonostante, la WRO è cruciale per la sopravvivenza del pianeta. – sottolinea, tornando serio.

 

- Dove ha trovato, Reeve, il denaro per costruire un simile impero? – domando spinto dalla curiosità.

E’ risaputo ormai, che anche un solo mattone, al giorno d’oggi, si fa pagare caro. Non penso che l’ex- Responsabile dello Sviluppo Urbano, abbia guadagnato così tanto da permettersi di fare un simile investimento!

 

Rufus risistema un mucchietto di fogli riponendolo in un cassetto della scrivania.

- E’ la Shin-Ra che firma i suoi assegni. Anche se in modo anonimo. – esclama senza preavviso, come se nulla fosse.

 

Rude tossicchia appena, come colto anch’esso alla sprovvista. Tseng al contrario, non si scompone. Sicuramente sapeva già tutto. Elena è un po’ perplessa, e penso che in quella sua piccola testolina ingegnosa, abbia già dato il via a dei calcoli matematici, certamente complicatissimi e ricchi di percentuali.  Mentre io… io vorrei spaccargli la faccia! Ma come può finanziare il progetto della WRO, quando poi c’è una base della Shin-Ra da ricostruire?! Come può gettar via del denaro, regalandolo alla concorrenza?! Ne ha più bisogno la Compagnia, di quei gil, anziché il movimento creato da quel disertore di Tuesti!

Salvo che il Presidente, non possieda un’ingente somma di denaro, s’intende!

 

- Le informazioni che avete raccolto per noi, erano in realtà per la WRO. Loro sono solo al corrente che la Shin-Ra contribuisce a dare una mano, ma soltanto per il bene della Compagnia. Prima o poi anche noi potremmo aver bisogno di loro. – ci rivela Tseng.

 

Una mano lava l’altra, per intenderci!

 

Però… tutto ciò… Miseria!

 

- Questo significa che noi abbiamo rischiato la pelle e le palle, per la nostra antagonista?! – sbotto pieno di sorpresa, credendo a stento a tutta questa bizzarra situazione.

 

- Quelle informazioni servono più a loro che a noi. Deepground era di proprietà della Shin-Ra. Ma adesso che la base è stata distrutta, non è più affar nostro. Almeno per il momento. – conferma Rufus, facendomi sentire un perfetto idiota. Stavo per morire carbonizzato, ma pensavo di farlo per il bene della Shin-Ra, altro che WRO!  

 

Prima di lasciare la stanza, l’uomo dai capelli biondi ci fa un’ultima rivelazione. La più shockante:

- La vera dimora Deepground, in realtà, si trova sotto le fondamenta del complesso centrale della Shin-Ra. Quella che un tempo era la nostra base.

 

Guardo subito Tseng. Ma allora quell’ospedale… cosa diavolo era?!

Il capo intuisce i miei dubbi, e mi spiega:

- Quell’ospedale diroccato, è soltanto una vecchia succursale che fu creata per accogliere in superficie coloro che venivano considerati i “portatori di geni sani”. Il loro sangue, ritenuto una fonte preziosa di energia e resistente a qualsiasi forma di malattia, riforniva la vera Deepground e tutti i pazienti che lì sotto ne avevano bisogno per accrescere il loro potenziale e diventare degli esseri perfetti. Inoltre, quella succursale stessa, serviva a monitorare i soldier trasferiti nel complesso vero e proprio sotto la base Shin-Ra, e tenere sotto controllo alcuni di loro affetti da gravi patologie sia fisiche che mentali, ma con un alto rendimento delle capacità corporee.

 

- Quindi… la vera struttura ospedaliera, è quella sotto la base? – domanda Elena.

 

- Esatto. E lì, sotto quelle fondamenta, Omega sta per risvegliarsi.

Le parole del capo ci fanno salire i brividi.

 

Non faccio altro che pensare a mio padre. Sarà dato in sacrificio a quella bestia?

 

 

 

- Il Presidente Rufus, si sente in debito con il pianeta. Tutto qui. Se stai pensando alla costruzione della nuova base, tranquillo, i fondi monetari sono già stati stanziati e messi da parte da un bel pezzo. Non avere timore, Reno. – mi dice Tseng, dopo essere usciti dalla sala del Presidente, e aver fatto ritorno nella nostra.

Do ascolto alle parole del capo, e non mi preoccupo. Dopotutto, Tseng non ci ha mai detto una bugia, fatta eccezione per qualcosa di veramente top-secret. Adesso, la mia unica preoccupazione, è solo ed esclusivamente mio padre.

 

Se la WRO è destinata ad occuparsi della faccenda, e la Shin-Ra firma, anche se sotto falso nome, gli assegni, in un certo senso e come se partecipassimo anche noi, alla missione. Però mio padre lo dovrà pur sempre salvare qualcuno! Presto o tardi, quei maledetti container verranno distrutti, e con esso le centinaia di vite che racchiudono, papà compreso! Io sono suo figlio, per la miseria! Un membro d’elite della Shin-Ra! Non posso far finta che non sia successo un bel niente.

E soprattutto, non me ne starò con le mani in mano, come ci ha ordinato il Presidente.  

 

Sono alquanto inquieto, e Rude se ne accorge subito, guardandomi solo negli occhi.

Elena è assorta nei suoi pensieri, tanto da non farci caso, e per quel che riguarda il capo… beh, lui sta fumando una sigaretta, seduto silenziosamente sulla poltrona che c’è proprio di fronte al divano dove siamo sprofondati io e Rude.

 

- Omega sta per risvegliarsi nelle profondità di Midgar, nel reattore Mako 0, dal quale si ha accesso tramite l’entrata privata del Presidente, nel palazzo Shin-Ra. – ci fa sapere lui. Quasi a volerci informare del modo in cui poter accede a quel luogo. Attizzo al meglio le orecchie, per carpire qualcosina di più, pur fingendomi disinteressato alla cosa. Tseng abbocca, e prosegue – Per aumentare il rendimento del reattore 0, tutti gli altri reattori sono stati collegati al suo sistema centrale. L’obbiettivo della WRO è di distruggerli dall’1 all’8, per rallentare il processo di risveglio. Ovviamente noi Turks, siamo stati esonerati dal compito dal Presidente Rufus in persona. Tuttavia… - Tseng fa una breve pausa, poi, smettendo di fumare, alza lo sguardo su di me, e mi fissa - Qualora uno dei miei sottoposti dovesse sparire per recarsi a cercare qualcuno, io non farò rapporto.

La frase di Tseng è stata chiarissima. Si stava riferendo senza dubbio a me. I suoi occhi color petrolio, che continuano a fissarmi, mi hanno convinto. Il capo mi sta dando la possibilità di andare a recuperare mio padre!

Rude mi dà una gomitata, come segnale. Mi giro. Ci scambiamo una rapida occhiata. Anche lui ha afferrato il concetto sibillino che Tseng ha voluto esprimermi.

Mi sollevo dal divano in un attimo. Faccio un maestoso inchino al capo, e dopo avergli fatto un sorriso, lascio in fretta la camera.

Elena scende improvvisamente dalle nuvole: - Che cosa è successo?- chiede svelta, vedendomi andar via come un razzo.

Finalmente la principessina è scesa tra noi!

 

 

 

Il mio teser, una scatola di Materia tutte assortite, dei gil per fare rifornimento semmai la situazione lo dovesse richiedere, un pacchetto di sigarette, aggeggio telefonico e chiavi della moto.

Dopo aver preparato tutto il necessario per partire, tiro su la saccoccia sopra le spalle, e mi avvio lungo la scaletta che conduce in superficie.

 

- Sei sicuro di voler partire da solo? – esclama Elena, mostrandosi preoccupata.

Annuisco deciso. Non cambierò idea tanto facilmente. Sapere che mio padre potrebbe diventare parte del flusso vitale, mi fa accapponare la pelle.

- Hai preso il cellulare? – fa la collega, preparandosi alle sue solite raccomandazioni. – Mi raccomando…- inizia la frase, ma stavolta però le tappo la bocca con una mano. Non ho proprio intenzione di sorbirmi i suoi soliti predicozzi!

 

- Starò attento, e ci terremo in contatto, promesso, zo to!

 

Rude mi allunga il radar, un aggeggio grande quanto una mela, con il quale riuscirò a riconoscere il container dove si trova il babbo.

- Se dovessi aver bisogno d’aiuto… - premette lui, con quel vocione che a primo impatto può far paura, ma che poi si rivela buono e altruista.

 

- Lo so, correrai in mio soccorso! – proseguo io, finendo la frase.

 

Dalla schiena di Elena, vedo spuntare la canna di una pistola, nera e lucente.

- Prendi! – esclama con un po’ di timidezza. – Il teser è un’arma che ha effetto soltanto a distanze molto ravvicinate. Questa potrebbe proteggerti da qualche nemico lontano e…- fa per darmi spiegazioni, ma la blocco dandole un bacio carino sulla fronte, come segno di ringraziamento. Le sue gote si dipingono di rosso, un po’ come i miei capelli.

E’ bello sapere che hai dei compagni su cui poter contare!

 

Ci salutiamo un’ennesima volta, prima di sparire dalla loro vista e ritornare finalmente in superficie.

Non appena metto il naso fuori dal bunker, sento aria di tempesta.

Guardo il cielo, nuvoloso e davvero cupo, dopodichè mi dirigo alla svelta a recuperare la moto. Non prima di aver imprecato a dovere, ovvio.

 

Corro via, sfrecciando come il vento, tra le dune rocciose di Fort Condor. Il temporale sembra farsi sempre più vicino, alcuni lampi minacciano pioggia, ma io non mi lascio affatto scoraggiare.

Anche se le gomme montate sulla carena della moto, sono da asciutto, l’asfalto bagnato non mi spaventa. Ciò che mi preoccupa, invece, è arrivare alla svelta nella città di Midgar.

Le prime goccioline di pioggia cominciano ad infrangersi sul parabrezza della moto.

Ben presto, il terreno arido e roccioso di Fort Condor, diventa alquanto sdrucciolevole.

Raddrizzo la moto in diverse occasioni, salvandomi da brutti capitomboli, mentre osservo l’orizzonte farsi sempre più cupo e minaccioso. Faccio una brusca sterzata, ed imbocco la stradina erbosa alla mia destra. L’acqua si fa sempre più intensa, tanto da formare dei piccoli ruscelli che con l’aumentare della pioggia, si trasformano in veri e propri fiumiciattoli. La cosa più saggia da fare in questo momento, è raggiungere la fattoria dei Chocobo, per trovare riparo.

 

 

 

Sono passate appena tre ore dalla partenza, e questo brutto temporale non accenna a ridurre.

Fortuna che sono arrivato appena in tempo alla fattoria, altrimenti là fuori me la sarei vista veramente brutta. Perfino i vetri della finestra della camera che ho affittato, si sono appannati.

Li pulisco un po’ con il palmo della mano, poi, dopo aver gettato un’occhiata al di fuori, mi lascio sprofondare sul letto.

I pensieri scorrono via, come la pioggia che lava questi vetri.

Faccio un po’ d’ordine nella mente, e cerco di rammentare tutto ciò che ho imparato su Deepground, 30 minuti prima di partire.

Elena mi ha fatto in un certo senso da tutor, illustrandomi per filo e per segno tutto ciò che c’era da sapere sul misterioso segreto della Shin-Ra.

Per accedere a Deepground, devo attraversare l’intero complesso centrale, e giungere alle porte dello Shin-Ra building. Dopodichè, usufruisco dell’entrata privata del Presidente, e raggiungo l’elevatore. Scendo più in basso che posso, ed arrivo dritto dritto nella tana del nemico, la stazione sotterranea Deepground.

Elena mi ha anche illustrato coloro che comandano le truppe Deepground di soldier:

 

Azul il ceruleo.

Rosso cremisi.

Nero lo zibellino.

 

Sono i nomi degli Tsviet, squadra speciale che muove le fila nemiche, e detta legge tra i soldati di rango minore.

A giudicare dai video che abbiamo in possesso, sono piuttosto forti. Si muovono bene, sono rapidi come i fulmini, e spietati. Non si fermano d’innanzi a nulla. A quanto pare, alcune sorgenti sostengono che il loro dna sia stato modificato da diversi esperimenti condotti sui loro corpi, o addirittura creato in laboratorio. Una sorta di soldato perfetto alla Sephiroth. Fortuna che stavolta Jenova non centri un bel nulla! O almeno… credo.

 

Da parte mia, spero solo di non dovermi trovare faccia a faccia anche solo con uno di loro… sarebbe una gran bella seccatura, nonché perdita di minuti preziosi.

Tra un rimuginare e l’altro, finalmente mi addormento come un ghiro.

 

Il mattino seguente la temperatura del mio orologio da polso segna 18 gradi. L’acquazzone di ieri, ha decisamente rinfrescato il clima. Forse anche troppo per i miei gusti.

 

Pago il proprietario della fattoria, e dopo aver fatto colazione, inforco la moto e parto.

Nonostante tutto però, il terreno è un po’ fangoso. Merito dell’abbondante pioggia che non ha migliorato le cose!

Sono costretto a rallentare, per non ingolfare i circuiti elettronici della moto, e a fare attenzione al terreno sconnesso.

Mentre “cammino”, do uno sguardo a dei Chocobo che passeggiano nel loro grosso recinto, con quel piumaggio giallo accesso che illumina la grigia giornata di questa mattina.

 

Quel che non so ancora, e che a breve ci sarà un altro raggio di sole, a rendermi felice!

 

Mi fermo a fare una pausa, dopo due ore ininterrotte di viaggio, in una radura verdeggiante.

La moto ha iniziato a fare i capricci…!

Smonto la parte laterale della carenatura, e do un’occhiata ai circuiti. Completamente infangati.

 

- Tseng questa volta me la farà pagare! La moto, intendo! Ho come l’impressione di essermi giocato lo stipendio di ben due mesi… Accidenti! – sbotto alzando la voce, e colpendo il pezzo della carenatura con un calcio. Dopodichè, sul mio volto si dipinge una smorfia di dolore – Che botta!! Dimenticavo che sono rivestite di una lega più resistente dell’acciaio…!

 

Tra un lamento e l’altro, il fruscio inatteso di alcune fronde cattura velocemente la mia attenzione. Non c’è un alito di vento. Molto strano. Un rumore di passi, poi, mi mette subito in allerta. Sto per afferrare il teser, quando qualcuno mi si catapulta letteralmente alle spalle, saltandomi in groppa.

 

- Al galoppo cavallino, al galoppo! – replica la misteriosa figura, con tanto di tono allegro e squillante.

 

Ma io questa voce la conosco…!

- Yuffie!? – parlotto appena. Con un’aria sconvolta e sorpresa allo stesso tempo.

 

- Contento di vedermi, eh?

 

- Se scendessi dalla mia schiena, e la smettessi di avvinghiarti al mio collo, allora forse ti risponderei con un sì! – E poi, come faccio a vederti se mi sei sul groppone?! Non ho di certo gli occhi anche sulla nuca, io!

 

L’astuto ninja di Wutai si lascia cadere a terra, mollando finalmente la presa. Mi giro di scatto alle mie spalle, ma lei non c’è. – Yuffie! – esclamo un po’ spazientito, sentendomi preso pienamente in giro.

 

- Nervosetto oggi?

La ragazza è di nuovo alle mie spalle. Stavolta mi giro, e la trovo lì, immobile come una statua, che m’illumina il volto con uno dei suoi bei sorrisi.

 

- “Nervosetto”?! Sono tre mesi che non ci vediamo! Mi sembra il minimo…! – replico sconvolto. Poi mi soffermo a notare il suo abbigliamento. – Nuovo completino?

 

Lei mi annuisce.

- Ti piace? – chiede, compiendo un giro su se stessa e facendomi un sorriso.

 

Non è che sia pessimo. Una canottina viola, un pantaloncino giallo ocra, dei polsini annodati con delle lunghe stringhe qua è là, e un paio di stivaletti di gomma, in tinta. Ah! Senza contare le lunghe calze bianche che s’interrompono un po’ sopra le ginocchia, e la sua immancabile fascia sulla fronte!

- Non mi dispiace, ma…

 

- Ma? – fa nuovamente lei, un po’ ansiosa.

 

- Ma preferivo l’altro! – sentenzio, per non darle troppa soddisfazione. E’ il minimo! Dopo tanto tempo che non la vedo, una piccola lezioncina se la merita.

 

Yuffie si porta le braccia al petto, mostrandomi quel suo bel faccino tutto crucciato.

- Non ci vediamo da mesi, e tu mi accogli così? Cattivo!

 

- Appunto! Non ci vediamo da 3 mesi – puntualizzo io, mostrandole tre dita della mano- e TU mi accogli così?!

 

- Perché? Come avrei dovuto accoglierti?

 

Sorrido bonariamente, per poi avvicinarmi con una sola falcata all’ignara preda che mi sta davanti.

Me la prendo in braccio come se nulla fosse, proprio come una bambina, ed avvicino il mio viso al suo.

- Mettimi giù! Non sono una poppante! – ribatte all’istante, corrucciando ancor più quel musetto adorabile che si ritrova.

 

- Oh, ma davvero? E invece per me lo sei, zo to! – Porto ancora di più il viso in avanti, man mano che lei parlotta ansiosa infilando una parola dietro l’altra. E’ impacciata, altrimenti non balbetterebbe così tanto. Sfioro il suo piccolo nasino con il mio. – Di solito…- premetto con voce bassa, quasi sussurrando, mentre la mia bocca si sposta verso la sua- tra due giovani innamorati che non si vedono da tanto tempo, ci si saluta diversamente…- lascio che sia la fervida immaginazione della ragazzetta, ad afferrare il significato delle mie parole sibilline, e concludo così il discorso, restando con la faccia sospesa a metà tra la mia bocca e la sua, per negare quel bacio che forse la nana vorrebbe.

In realtà, questa qui è davvero furba! Aspetta che sia io a fare la prima mossa, per poi magari schiaffeggiarmi subito dopo, e accusarmi di essere un maniaco, quando poi è lei ad esserlo per davvero!

Questa volta no, però! Non sono disposto ad abboccare, anche se la voglia di sfiorarla sia tanta.

Opto per una via piuttosto divertente, che la farà senza dubbio imbestialire!

Mi avvicino appena appena alla sua boccuccia, quasi a volerla toccare con le mie labbra, ma non lo faccio.

La sua reazione è così terribilmente spontanea, che a stento trattengo un risolino di scherno.

 

- Mi prendi in giro?! – borbotta, con un visino sempre più corrucciato, mostrandosi tutta risentita.

 

- Dove sei stata in questi 3 mesi?- domando con furbizia, tenendola praticamente in pugno.

 

- In giro!

 

- In giro? Non è una risposta sufficiente, per un Turk. Comunque, se non vuoi dirmelo, non insisto! Ma scordati che sia io a baciarti!- sentenzio secco. Yuffie arrossisce di botto.

 

- Guarda che non ci tengo minimamente ai tuoi baci! Sappilo! – s’impunta lei, cercando giustificazioni assurde.

 

- Oh beh… se la metti così…- faccio per metterla a terra, facendomi credere un perfetto noncurante, ma Yuffie alla fine si decide a parlare. E lo fa anche alla svelta!

 

- Ti ho spiato! – rivela d’un botto, chiudendo gli occhi per la paura di una mia improvvisa reazione. – Volevo vedere se mi eri fedele.  

 

Finalmente tutto mi è più chiaro! E finalmente, posso tirare anch’io un sospiro di sollievo. Chissà che mi credevo…! Ho passato dei giorni interi a corrodermi dentro, immaginando tradimenti che in realtà non c’erano…! Una bella fregatura, soffrire inutilmente…!

- Hai giocato al “pedinatore in erba”, per tutto questo tempo?

 

Yuffie fa sì con la testa, con un cenno chiaro e deciso. Alla fine, il fuggiasco però è uscito allo scoperto!

Sospiro un po’ sconsolato. Lo sapevo! Questo rospetto non si fida di me!

- Ti sei convinta che sono un bravo ragazzo, in sostanza? – domando. In fin dei conti, la nana ha ragione. Farmi trovare con quella sconosciuta, è stata una pessima caduta di stile.

 

Ancora una volta, la ragazza annuisce.

- Mi sei stato fedele!

Per forza! Ho perso la testa per te, vorrei anche vedere…!

Anziché metterla giù, la tengo tra le braccia ancora più forte di prima.

 

- Lo vuoi il bacio?

 

- No! – mi esclama stizzita, cercando di fingersi decisa ed irremovibile. Ma allora perché, la sua voce trema così tanto?

 

Mi stringo nelle spalle.

 

- Pazienza! Io te lo do lo stesso!

Non le lascio neppure il tempo di pensare, che mi avvento su quella boccuccia dispotica come un falco che non mangia da mesi.

 

Mi sembra quasi di sentire le campane, tant’è che sono frastornato e confuso.

La gioia poi di costatare che Yuffie ricambia il mio pegno d’amore, mi rende ancora più raggiante.

- E tu, eri quella che non lo voleva, zo to?! – faccio staccandomi da lei, giusto il tempo di parlare.

La ninja mi osserva intimidita. Ha le guanciotte completamente arrossate e calde.

Le do un pizzicotto affettuoso proprio su una di quelle guance, mentre ritorno poi a sfiorarle le labbra con dolcezza, come se stessimo facendo un amoroso giochino.

Un tira e molla continuo, fatto di carezze, tocchi fuggevoli. Continuo a darle dei bacetti affettuosi spostandomi poi sulla gota, fin quando lei, come una bimba che ha sonno e vuole dormire, mi si accoccola sul petto.

 

- Vuoi fare la nanna, piccolina? – dico dolcemente, sussurrandole all’orecchio. Le accarezzo la testa, dandole infine un bacino sulla fronte, proprio come farebbe un affettuoso genitore con il suo piccolo pargolo.

 

- Mi sei tanto mancato! – pigola con un suono delizioso, e un po’ bambina.

 

Mi fingo sorpreso:

- Davvero?! Sono contento, zo to!

 

- Non prendermi in giro! Guarda che dico la verità!- asserisce, scandendo le parole con tono fermo e serio. E anche un po’ incazzato, direi.

La coccolo ancora un pochettino, tra baci e carezze, poi me la porto con me, ai piedi di un masso roccioso, per sederci a terra.

Continuo a carezzarle il capo e a riempirla di attenzioni, per colmare il vuoto di questi tre mesi, mentre lei, come un gattino bisognoso di carezze, se ne sta tranquilla tra le mie braccia.

Il tempo passa, e la temperatura sembra calare. La stringo forte, scaldandola con l’ausilio delle braccia, e proteggendola da qualche spiffero pepato.

Strano ma, dovrei sentire freddo anche io, data la temperatura che segna il mio orologio… Eppure, sto veramente bene. Sono tutto un fremito, altro che freddo!

 

- Ti sto rimpinzando di attenzioni, rospo! – dico scherzando affettuosamente, e solleticandole il pancino.

Yuffie si chiude a riccio, sentendosi prendere alla sprovvista dalle mie mosse. Inizia a ridacchiare e ad intimarmi di smettere, con una voce che a rigor di logica dovrebbe sembrare minacciosa, ma che per via del solletico, diventa un continuo e allegro singhiozzare.

Alla fine decido di arrendermi, per concedere un po’ di tregua al buffo ninja, e farla parlare.

Lo fa all’istante, lei, dopo però aver finito di ridere a dovere.

- E’ perché ti sono mancata anche io, tutto qui! – mi fa, con aria presuntuosa e sicura di sé.

 

- Tutto qui?! Ho fatto 3 mesi di astinenza forzata, mostriciattolo! – le schiocco un dito sulla fronte, così per punzecchiarla un po’. Come previsto, la deliziosa bambina abbocca alla provocazione e inizia a reagire, saltandomi indosso per picchiarmi. Riesce perfino a sferrarmi un pugno in pieno stomaco, proprio mentre abbasso la guardia. Attutisco il colpo, incassandolo solo con qualche sommesso lamento. Yuffie si prepara ad attaccare per una seconda volta, ma io non mi faccio cogliere impreparato: le blocco le braccia con un gesto rapido e diretto, e l’atterro.

 

- Hey! – controbatte sul momento- Sei sleale!   

 

Le regalo un sorriso diabolico.

- Sono un Turk, piccina! Faresti meglio a non provocarmi, ricordalo! – Per l’ennesima volta la ancoro al suolo, tenendola stretta per i polsi. Vista da questa prospettiva, il mostriciattolo è ancora più buffo di quanto non lo sia in realtà. Finalmente, dopo un’estenuante dibattersi, Yuffie cede e si lascia praticamente andare. Allento così la presa su quei polsi, e ancora una volta mi lascio cogliere alla sprovvista. Con un furtivo gesto, il ninja wutaiano mi sfila via dalla fronte gli occhiali da sole.

 

- Hey! – controbatto io, stavolta – Sei sleale!

 

Yuffie mi allunga un sorriso furbetto, grande quanto una casa. Poi, a sorpresa, mi accarezza la fronte con modi teneri e delicati.

Il suo gesto mi atterrisce.     

In questo istante mi sento come un bambino che riceve carezze dalla propria madre. Quanto vorrei lasciarmi andare completamente!

Purtroppo, a causa della situazione, sono obbligato a desistere, anche se di mala voglia.

- Yuffie…- prepongo, con un timbro vocale basso e nostalgico – Devo andare.

 

Il faccino fanciullesco della giovane shinobi, si annotta in un lampo.

Vederla così triste, mi fa sentire un verme!

 

- Vengo anche io, allora! Per il momento sono libera!- propone spedita, con il suo incredibile ottimismo, mentre il suo viso si ravviva festosamente.

Sorrido un pochino, catturato dalla sua inesauribile voglia di fare, ma dentro di me, il cuore mi si fa piccolo piccolo. Portare la mia ragazza in un covo di matti? No, grazie!

 

 

 

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Nuovo capitolo inserito questa volta con un pochino di ritardo in meno. Finalmente!

Grazie infine a FlyGirl 92 per la sua graditissima recensione! Concordo con te sul fatto che quando Reno ed Elena si ritrovano insieme, sono una coppia formidabile, in quanto praticamente esseri opposti! Mi diverto molto ad inventare questo tipo di siparietti!

 

Al prossimo aggiornamento! ^__^

Sempre con affetto,

Botan

 

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Capitolo 17
*** Un po’ di fair play, dai! ***


CAPITOLO 16

                                                  CAPITOLO 16

 

 

 

 

 

Mi rialzo alla svelta da terra, lasciandomi lei alle spalle.

- Non puoi venire!- assento sbrigativo.

 

Yuffie scatta mettendosi seduta sul selciato.

- Perché?! – replica incuriosita, ma con ostinazione.

 

- Perché non puoi! Fine del discorso!

Faccio per andar via, ma dietro di me odo una protesta bella e buona, provenire dal rospetto.

- Sei cattivo!

 

Sto per girarmi verso di lei, per dirle “Su, non fare i capricci”, ma non appena lo faccio, scorgo il suo viso inondato da grossi e traboccanti lacrimoni. Nel vederla così, provo un’improvvisa stretta al cuore. Mi porto una mano sul petto, e poi, con calma e dolcezza, vado verso di lei per flettermi sulle ginocchia e portarmi alla sua altezza.  

- Guarda che se fai così, a maggior ragione ho il diritto di pensare che tu sia una bambina!- dico con sapore dolce.

 

Tra un singhiozzare e l’altro, Yuffie trova la forza per replicare. A modo suo, naturalmente!

- Sei tu che mi istighi!

 

- Le persone adulte, non si lasciano istigare così facilmente!

 

- Non mi vuoi più bene, vero? – replica la ragazza, con un broncio lungo un chilometro.

 

Faccio la faccia crucciata:

- Ma che dicerie farfugli?! 

 

- Allora perché non vuoi portarmi con te?! – La ninja scatta in piedi di botto. Anziché piangere, ora sembra piuttosto adirata con questo povero Turk sventurato che gli sta d’innanzi.

La seguo a ruota, pur mantenendo un certo controllo, e dosando bene le parole.

 

- Perché temo per la tua incolumità!

 

- Sciocchezze! Posso difendermi anche da sola! Lo sai benissimo! Ti ho perfino salvato la vita… se ti ricordi!- sottolinea, facendo delle allusioni che mi provocano un certo effetto. Tutt’altro che calmante.

 

- Se proprio vuoi saperlo, vado in un covo di matti! Gente completamente schizzata e molto ma molto pericolosa! Altro che vermoni giganti… tsk! Deepground è la dimora degli esseri più potenti del pianeta!

 

Yuffie si mette in moto:

- Deepground?! – replica con forte stupore.

 

- E’ un battaglione di matti che vuole sterminare l’intero pianeta! Tutto qui! – butto giù, facendo un po’ di umorismo.

 

- Allora… mi raccomando! Stai attento agli Tsviet! In modo particolare, presta attenzione a Rosso! E quando dico “in modo particolare”, significa in modo particolare! Quella donna è così dannatamente sfrontata, che sarebbe capace di farti cadere tra le sue grinfie senza neppure batter ciglio! Non la sopporto proprio!- afferma, e sbatte un piede per terra.

 

Non so se restare esterrefatto da tutto ciò, oppure lanciarmi il tutto alle spalle, ed ignorare le parole della ragazza. Infondo, Yuffie è un tipo curioso…non le sfugge niente… Però, diamine! Per essere un tipetto curioso, sa un po’ troppi particolari!

 

- Frena! Frena un attimo! – reagisco all’istante, intimandole di non andar oltre- Da dove arrivano tutte queste informazioni, eh? 

 

- Naturale per un tipo che collabora con la WRO! – fa lei, tutta fiera di sé.

 

Per poco non vengo colto da un improvviso malessere. Troppe novità fanno male al mio cervello!   

Mi sbatto una mano sulla fronte, e poi scuoto forte la testa. Oh, no! Sento guai in vista!

Che seccatura!

- Lavori per quel traditore di Reeve, quindi…- faccio inaridito, e tutt’altro che felice.

 

La giovane reagisce in malo modo al suono della parola “traditore”.

 

- Il signor Tuesti, non è un traditore, anzi! Si sta dando da fare per curare il pianeta e proteggerlo dai cattivi!

 

- Il “signor” Reeve Tuesti, - puntualizzo tutto precisino- quando l’ormai deceduto Sephiroth mandò in frantumi la nostra imponente base, sparì completamente dalla circolazione, dileguandosi nel nulla e lasciando noi in un mare di guai! E’ un disertore! – Oltretutto in quel periodo si alleò con i presunti “buoni”, senza pensare al destino di noi poveri Turks che fummo preda dei capricci di “Scarlet l’odiosa”!

Altro che “signore”…!

 

Yuffie scuote il capo, imperturbabile come non mai, con decisione e rabbia:

- Non andò affatto così! Lui abbandonò la Shin-Ra non appena venne a sapere delle loro losche e disumane intenzioni! E’ stato uno dei pochi a preoccuparsi più dei cittadini, anziché del profitto! A differenza di voi altri…

 

Questa volta non ci sto. Che significa quel “voi altri” appena menzionato? Non starà forse alludendo… a me?!

E’ un’offesa bella e pesante! Sono un Turk che lavora per la Shin-Ra! Non può sputare nel piatto in cui mangio… per la miseria!

- Mi stai forse dando del “criminale”?

 

- No, però…

 

- Però è così, non è vero?

 

Yuffie non controbatte e si zittisce per la prima volta.

Al contrario, io zitto non ci sto.  

Mi gratto la testa, cercando di racimolare una punta di pazienza.

- Va bene! – ammetto poi- Reeve era diverso da quel ciccione di Palmer e da quella megera insopportabile di Scarlet, ma… non puoi accusarmi di aver pensato di più al guadagno, che al bene di tutti! I Turks sono una squadra speciale della Shin-Ra, e prendono gli ordini dai vertici più alti della gerarchia! Dovevo forse abbandonare la squadra, e mandare a puttane 3 anni di studi e scappelloti all’Accademia?! Oltretutto, non pensare che la paga da Turk sia una cosa eccezionale… Tutt’altro! – “E mi sono perfino giocato 2 mesi di stipendio!” dico tra me e me, gettando uno sguardo alla moto. Semi inutilizzabile. – E poi, tu ce l’hai con la Shin-Ra per via dell’impoverimento di Wutai! E’ questo il motivo principale del tuo odio.

 

- E l’impoverimento del mio paese, ti sembra poco?! La tua adorabile Compagnia, si è prosciugata tutto! Tutto! – fa lei, agitandosi a più non posso con le mani.

 

- All’epoca era differente! Tutti volevano di più, erano attratti dal potere, stregati dall’energia Mako! Ma ora… Ora la situazione è cambiata! Pensa che il Presidente Rufus, firma addirittura gli assegni per la W…- deglutisco e chiudo la bocca, mettendomi a tacere come un bravo soldato.

“Il misterioso benefattore che finanzia la WRO, deve restare tale, mi raccomando.

Queste, le parole del Presidente.

Ho rischiato di essere sbattuto fuori dalla Compagnia… in un momento di distrazione! Dannata boccaccia!

Non ho la benché minima intenzione, di farmi ammonire ancora una volta dal sommo Rufus.

Ricordo ancora quando, chiuso fuori da Cloud, ebbi la dabbenaggine di dire “Per favore, Cloud! Stiamo ricostruendo la Shin-Ra Company, zo to!”, e mandare all’aria i piani del Presidente.

Rufus non è come Tseng. Licenzia e basta. Senza sforzarsi nemmeno di capire le tue motivazioni.

 

- Pensala come vuoi, demonietto! – dico sbrigativo, nella speranza di porre fine alla questione.

Purtroppo oggi non è il mio giorno fortunato. Lei, non dimostra di cedere.

 

- Non ti importa niente di Wutai, eh?! Non ti interessa la sofferenza che ha dovuto subire la mia gente, e il peso che ha dovuto sopportare mio padre, in tutti questi anni?!

 

- Certo che mi importa! Io adoro Wutai! Ci ho passato perfino le vacanze, lì! – anche se con qualche clausola negativa alla fine di quei giorni…

 

- Lo dici solo per mettermi a tacere e farmi stare buona! – Yuffie s’impunta. Odio quando fa così.

 

M’impunto anche io. Non vedo perché non dovrei.

- Ti rendi conto che stiamo litigando?

 

- E’ chiaro che siamo su due piani completamente differenti! – dà in escandescenze lei, facendomi sentire di classe inferiore.

 

- La verità e che non siamo fatti l’uno per l’altra!- ribatto secco.

 

- Allora finiamola qui! Nemici come prima!

 

- Concordo pienamente! – confermo, tutto sicuro di me.

 

- Addio! – ci esclamiamo entrambi, voltandoci a vicenda, schiena a schiena.

 

Scorre il tempo. Poco poco.

 

Sempre a vicenda, dopo soli 5 secondi, ci avviciniamo in un lampo, stretti sul selciato erboso del posto, ed entrambi sprofondati nella più pericolosa delle passioni: quella dell’amore.

 

Ci lasciamo rapire, uno dalle labbra dell’altra, come non ci era mai successo prima.

Yuffie mi scioglie i capelli, molto frettolosamente, mentre io sfilo via la giacca, buttandola a casaccio da qualche parte, come un matto furioso.

Comincio a slacciare uno ad uno i bottoni della camicia. Le mie mani tremano, sono bollenti, così come quelle della giovane, inesperte e vacillanti.

 

Siamo soli, in mezzo a una radura, e ci amiamo. Che male c’è?

 

Faccio per sfilare via anche la camicia, e slegare i lacci che tengono annodata la cintura di Yuffie, quando all’improvviso mi fermo. Ho il respiro affannato, ma riesco a riprendere in mano le redini della situazione, e ad emettere qualcosa:

 

- Non ora! – dico incespicando qua e là, col respiro corto e bollente, mentre continuo imperterrito a baciare la mia ragazza. – Non posso…!

 

Yuffie si arresta, e diventa rossa come il fuoco.

- Io… no! Ecco… non…- fa per spiegarsi, pur ricambiando ed accogliendo i miei dolci baci, ma un tantino più restia di prima. Tutto sembra prendere quasi la piega di quella sera, sotto le fronde di quel grosso albero, al riparo dalla pioggia scrosciante.

Non voglio ricadere in quel brutto e schifoso errore.

 

- Lo so! Tranquilla! Entrambi… completamente andati! – continuo a parlare, ostinato a morderle le labbra con i denti, a sfiorarle il collo con la bocca. – Prometto che questo è l’ultimo bacio! Stavolta smetto, smetto davvero! – giuro, concedendole un ultimo schiocco delicato, a quelle labbra da bambina capricciosa e furbetta che mi mandano in delirio.     

Ancora scosso, e del tutto rincretinito, mi alzo da terra per andare a raccattare i vestiti sul selciato, e  ricompormi.

Rimetto giacca e camicia con la faccia di un perfetto individuo scombussolato che sta facendo del tutto per rallentare i battiti del suo cuore.

Yuffie si alza dal suolo, e portandosi le mani dietro la schiena, se ne sta ferma e impalata, muta come non mai a fissare la superficie del terreno.

Anche se per brevi attimi, i nostri sguardi s’incrociano. Divento rosso così come fa lei, e faccio uno sforzo sovraumano per sedarmi totalmente.

Ancora una volta, stavo per cedere a quel suo faccino arrossito e pieno di vergogna che mi fa perdere il controllo.

Metto il divieto a tutti i cattivi pensieri, con una bella scrollata di capo. Prima il dovere, e poi il piacere, Reno!

 

- Allora…- premetto io, con tono un po’ roco- lavori per la WRO? Cosa fai di preciso?

 

Yuffie annuisce. Entrambi facciamo in modo di non rivolgerci lo sguardo. Sarebbe la fine se ciò accadesse.

Lei sorride nervosamente. 

- Spionaggio e raccolta dati…!

 

- Ah, capisco! – rispondo io, rigido come un palo. Che situazione del cavolo…!

 

- E tu? Perché dai la caccia ai Deepground? – chiede, picchiettando la punta dello stivale sull’asfalto erboso, e torturandolo nervosamente. 

 

- Hanno portato via mio padre, e vado a riprendermelo!

 

Yuffie solleva istintivamente gli occhi, e mi fissa.

- Tuo padre? – dice sorpresa, sgranando anche lo sguardo.

 

- Già! E stato catturato insieme agli altri cittadini di Kalm. E se non lo recupero alla svelta, finirà parte del flusso vitale. Bella prospettiva, eh?

 

- Conta pure su di me, Reno! – sento dirmi all’improvviso- Se posso darti una mano, stai certo che lo farò! Li ridurrò in cenere, quei dannati cattivoni!

 

Sorrido amorevolmente alla benevolenza della ragazza. Così piccola, ma così piena di coraggio.

Le vado incontro, questa volta con buoni propositi, e le sconpiglio affettuosamente i capelli.

- Grazie rospetto! Ma ricorda che sono un Turk! Saprò cavarmela, vedrai! Tu piuttosto, sta attenta! Se torni da me anche solo con un graffio, sappi che me la prenderò con Reeve! Sei avvisata!

 

- So badare a me stessa, Turk! – sottolinea lei, con fare scherzoso. - Tu invece, tieniti alla larga da Rosso! Altrimenti…

Il faccino di Yuffie sta per corrucciarsi dalla rabbia, quando, cogliendola alla sprovvista, prendo e me la bacio.

Lei resta un attimo interdetta, ma poi si lascia subito andare.

Ad un tratto si ode uno strano rumore, un bip continuo che sembra provenire dagli shorts della ninja.

Percepisco le sue labbra allontanarsi dalle mie. Riapro gli occhi, un po’ seccato dalla situazione, e sbuffo.

 

- E’ il tuo cellulare? – domando, vedendola armeggiare con un aggeggio simile al mio.

 

- E’ il PHS che usiamo io e la banda di Cloud, per tenerci in continuo contatto! Ne hanno uno così anche alla WRO.

 

- Aah…- replico io, con l’intonazione di chi ha capito ma resta comunque indifferente alla cosa -   quindi vuol dire che in questo momento ti stanno cercando?

 

- Esatto! – scandisce lei, tutta allegra. Al contrario, io sono furioso! Non è bello essere interrotti così, da un aggeggio che ti fa distrarre la tua ragazza, e te la porta via!

 

Incrocio le braccia al petto, e mi faccio vedere un tantino geloso.

- Presumo… che adesso tu debba andare, vero?

 

Yuffie dice di sì con la testa. Poi si ferma per un attimo a scrutare il mio viso, con quel suo sguardo indagatore al quale non sfugge mai nulla:

- Tutto ok?

 

Sbuffo per poi replicare con una voce arrabbiata:

- Quel Reeve ti sta portando via da me! E’ tutto ok, no?! – scherzo nervosamente.

 

La ragazza storce il musetto, perplessa.

- Sei geloso?

 

- Di uno molto più vecchio di me? Mai, zo to!!!

 

- Orgoglioso! – La ninja sghignazza di gusto, mentre io provo sempre più imbarazzo. Non sono geloso! Ma preoccupato! La WRO è piena di soldati… la maggior parte di sesso maschile! Non toccano una donna da chissà quanto tempo… E quando ne vedono una che non abbia indosso una casta e soffocante divisa, perdono completamente la testa! I soldier della Shin-Ra, facevano così…

 

Yuffie si avvicina per sistemarmi il colletto della camicia, e darmi qualche riassettata alla giacca, un po’ sgualcita.

- Così sei a posto! Il Turk più bello del pianeta, e tutto mio!

La stringo forte forte a me. Non posso fare altro, in questo istante.

 

- Quando quei dannati Deepground saranno sconfitti, ti porto via dalla WRO!!! Contaci!– esclamo convinto.

 

- Vedremo… chi avrà la meglio! – fa lei, con sguardo furbetto, beffeggiandomi alla grande.- Ci vediamo, Turk! – Questo è il suo arrivederci, poco prima di prendere il volo in men che non si dica.

 

Abbozzo un sorriso e scuoto la testa simultaneamente, vedendola andar via tutta contenta e fiera di sé, come una soldatessa che serve la sua fedele patria.

Non appena mi giro, e vedo la sagoma della moto completamente andata, il mio viso si fa all'istante cupo.

 

E’ una bella gatta da pelare, questa!

 

Sono indeciso se chiamare Rude o meno. Da qui alla città di Midgar, ci sono un bel po’ di chilometri da percorrere... a piedi! Di questo passo, non arriverò mai in tempo, diamine!

C’è poco da fare, intanto. O faccio partire la moto, oppure dico a Rude di venirmi a prelevare, e mi becco qualche manata per il pasticcio che ho accidentalmente impastato.

Ci penso su solo due secondi, e poi sentenzio: Faccio partire quella stramaledetta moto!!! Ne và della mia vita!

 

 

Dopo un lungo ed estenuante intervento, alla fine ho il piacere di tornare a sentire il ruggito aggressivo del motore.

E’ stata dura ma, ci sono riuscito! Meglio un po’ di fatica, anziché la famosa lavata di capo di Rude…!

 

La necessità, aguzza l’ingegno!

 

Riparto immediatamente alla volta di Midgar, con i giri del motore spinti al massimo. 

Recuperare il tempo perduto, per me, sarà uno scherzo.

Taglio per i boschi e le radure, attraversando il più delle volte ruscelli e baratri alquanto profondi.

Le lancette del tempo scorrono inesorabilmente, e quasi al calar del sole, dalla sella della moto, riesco a scorgere i tetti delle prime abitazioni di Midgar. Finalmente! 

 

Ancor prima di varcare la soglia della città, da oltre la visiera del casco, i miei occhi vedono dei lampi di luce saltare in cielo. Niente pioggia, stavolta. Quello, è un conflitto a fuoco a tutti gli effetti!

 

- Una bella accoglienza! Non mi posso lamentare, zo to!

 

Scendo nei bassifondi della città, imboccando una strada tutta sconnessa ma ancora praticabile. Le ruote della moto si fermano poco dopo, sul suolo che ricopre lo spettrale Cimitero dei Treni.

Intravedo ergersi, dal retro di un cumulo di macerie, una parte della nostra vecchia base, completamente crollata. 

Le mie labbra si tirano in su, in un sorriso di soddisfazione. Ci siamo quasi! 

Giunti a questo punto, proseguire con la moto diventerebbe altamente rischioso. Ci sono troppe macerie ed impedimenti vari, qua attorno. Se cadessi in un momento così delicato, sarebbe un totale disastro!

Scendo dal velivolo che ho nascosto alla perfezione dietro un ammasso di casupole abbattute, e preparo il necessario. Teser a portata di mano, e radar per localizzare il paparino perduto. Porto con me anche la pistola che mi ha donato Elena, e un sacchetto di Materia che lego preventivamente alla cintura dei pantaloni.

Percorro i primi passi nello spettrale luogo, con calma e attenzione, senza essere avventato.

Ci sono due soldati Deepground, che pattugliano la zona.

All’improvviso, un fascio di luce illumina il posto dall’alto. Faccio appena in tempo a nascondermi in un vagone abbandonato, e ad osservare la scena dal finestrino di quest’ultimo.

Un gruppo di Deepground “volanti”, perlustrano la superficie, centimetro per centimetro, con delle luci montate sulla struttura metallica dell’endoreattore che li fa svolazzare nel cielo e al quale non sfugge nulla.   

Li vedo scambiarsi dei segnali reciproci, con dei gesti concisi del capo, come se stessero cercando qualcuno… Forse…me? No, lo escludo! Non è un “semplice” Turk, che cercano, bensì un pesce molto ma molto più grande. Altrimenti come si spiega un simile schieramento di forze? 

Non appena lo squadrone di pattugliamento si allontana, ne approfitto ed esco allo scoperto. Il campo è completamente libero, così, per accelerare i tempi, comincio a correre in direzione del Complesso Centrale. 

 

Gettatomi alle spalle il deposito dei treni abbandonati, percorro il largo spiazzale dell’intero complesso con lunghe e abbondanti falcate. La paura che mi scoprano, è tanta. Ho il cuore che mi batte all’impazzata, ma non per la corsa affannosa…!

Mi guardo repentinamente attorno. Che disastro qui! I turbini dell’energia distruttiva di Meteor, non hanno risparmiato proprio niente! La desolazione è ovunque. Quest’aria ne è satura.

Un luogo ricco di macerie, ferraglia di tutti i tipi e… guardie!

Due Deepground sostano davanti all’ingresso dello Shin-Ra Building. Ed io, guarda caso, devo passare proprio per di là!

Non ho altra scelta, se non quella di eliminare quei due impalati laggiù.

La pistola di Elena, a questo punto, mi torna davvero utile.

La carico a suon di Ice Materia, e vado incontro ai due soldati, avanzando rapidamente. Questi ultimi, vedendomi arrivare, inforcano il fucile e si preparano a farsi avanti per bombardarmi.

Non c’è storia! La mia velocità non si discute… e li freddo in un attimo.

Eliminate le guardie, l’ingresso è libero. Mi avvicino ad esso, ma nel varcare la soglia, il suono del mio apparecchio tascabile mi fa trasalire.

Tiro un sospiro di sollievo, poi rispondo:

 

- Qui Reno! – scandisco, guadagnando nel frattempo l’accesso al Palazzo Shin-Ra.

 

- Sono Elena. – replica la voce della bionda, dall’altra parte della cornetta. – Dove sei in questo momento?

 

Mi guardo attorno, un po’ confuso.

- Sono appena entrato nello Shin-Ra Building… o quello che ne rimane! – preciso sarcastico- E’ un disastro qui! E’ una fortuna che l’ascensore funzioni ancora. – dico non appena lo noto. Mi metto poi pensieroso - Non ti sembra strano?

 

- Sarà stato riattivato dalle forze Deepground. Fa attenzione, perché potrebbero esserci dei soldati.

 

Do un’occhiata alle mie spalle, in direzione dei due che ho appena fatto fuori e che, come due poveracci, se ne stanno accasciati a terra.

 

- Già… me ne sono accorto, zo to! – dico con un tirato sarcasmo.

 

- Reno! – Sento la voce di Elena, richiamarmi all’improvviso. A giudicare dal tono poco gaio, una brutta sensazione sembra farmi quasi l’occhiolino– Il nostro radar segnala che il container dov’è rinchiuso tuo padre, ha cominciato a muoversi!

 

Do alla svelta un’occhiata al mio, di radar. Il puntino luminoso, ora si sta spostando. E se penso che potrebbe spegnersi e svanire da un momento all’altro, la rabbia mi sale alle stelle!

 

- Elena, non c’è tempo! Devo andare! – riattacco frettolosamente, senza darle l’aggio almeno di replicare.

Non è il momento adatto per chiacchierare.

Inforco l’ascensore, e salgo su, verso i piani alti. L’attesa è lunga, estenuante. Durante la traversata, le mie gambe non hanno fatto altro che agitarsi dall’irrequietezza.

Sento degli spari provenire da fuori la cabina. Non sono solo, a quanto pare.

Arrivato a destinazione, esco alla svelta dall’ascensore, e prima di raggiungere il fondo del lungo corridoio, mi assicuro il libero passaggio colpendo tre soldati Deepground con una scarica di Electro-mag rod alla nuca.

Corro spedito come un razzo, gettando di tanto in tanto un’occhiata al puntino luminoso sul radar, che sembra essersi fermato. Tiro un lungo sospiro di sollievo. Per il momento, mio padre è ancora vivo. 

Usufruisco dell’entrata privata del Presidente, per accedere all’Ascensore C. Prima di raggiungerlo, però, sono obbligato ad attraversare il lungo ponte che collega una parte del palazzo, all’altra. In questo breve lasso di tempo, sarò allo scoperto, in balia dei soldati Deepground che pattugliano i cieli della città.

L’unica cosa da fare in questi casi è… correre, correre, correre, per la miseria!!!

 

Intreccio le dita e sfreccio via, come un lampo, nella speranza di uscirne illeso.

Sono così concentrato a correre, che non mi preoccupo neppure di guardarmi attorno! Sopra la mia testa, nei cieli, odo diverse esplosioni, seguite dal rumore dei velivoli alati Deepground. Corro ancora di più, e non appena intravedo il punto d’arrivo d’innanzi a me, mi ci butto dentro, senza pensare al violento ruzzolone che mi aspetta lì a braccia aperte.

Così… rotolo a terra, come se stessi affrontando una lunga discesa, fino a fermarmi ai piedi di una grata che mi puntella e blocca.

Sospiro.

- Che ruzzolone! – esclamo poi con enfasi, sollevandomi da terra un po’ frastornato.

C’è una piattaforma grande, davanti ai miei occhi. L’Ascensore C, per l’esattezza.

Salgo sull’elevatore, che in un primo momento scricchiola sinistramente, e lo faccio funzionare mediante l’apposito pannello situato su di una sporgenza, sopra la balaustra che fa da corrimano.  

 

“Ci sali sopra, e lo fai scendere più in basso che puoi. Così ha detto Elena.

 

Che stiamo aspettando? Vediamo se aveva ragione!

Spingo la leva verso il basso. La piattaforma inizia a tremare leggermente, poi si riassesta, e incomincia ad andare giù.

Questa volta mi tocca ammetterlo… Ho realmente toccato il fondo! E infatti, i metri che mi separano dalla superficie, accrescono smisuratamente non appena la piattaforma fa la sua trionfale scesa negli inferi.

Nel frattempo, ricarico la pistola con il potere di una Materia Lightning, e me la equipaggio. 

Faccio ancora mente locale, ritornando per un attimo alle parole di Elena riguardo il portone che separa l’anfratto sottostante con Deepground.

Ripeto ancora una volta i passaggi, ad alta voce, per memorizzarmeli meglio.

- Devo spingere il bottone verde sulla destra, tirare all’insù la leva, sganciare le sicure e… - sto per pronunciare proprio l’ultimo movimento, quando l’elevatore tocca finalmente il suolo e la mia bocca rimane sospesa a metà tra il chiuso e lo spalancato.

L’entrata è… è aperta!? Impossibile!

Poi, aguzzo meglio la vista, e mi improvviso detective. Qui c’è stato un combattimento, e bello pesante direi. Soltanto adesso, scrutando meglio la piattaforma C, intravedo delle bruciature e dei fori nella struttura portante. Li tocco appena con due dita. Sono caldi. Senz’altro opera di una pistola a tre canne. Le bruciature invece, saranno state causate dall’utilizzo di qualche Materia fire, o da qualche altra diavoleria simile.

Qualcun altro, è arrivato qui prima di me.

Mi metto pensieroso. Già, ma chi??

Do uno sguardo al radar. Poco importa! Devo raggiungere il puntino prima che si spenga. Non posso di certo preoccuparmi di una cosa così tanto futile…! Il matto che sarà entrato oltre la soglia, sarà certamente un matto!

 

Varco il portale, controllando a stento il fremito delle gambe.

Dopo tante peripezie, finalmente sto toccando il suolo nemico, e i miei occhi ancora non riescono a farsene una misera ragione.

Deepground, il grande segreto della Shin-Ra, è qui, d’innanzi alla mia faccia completamente allibita dallo stupore. Le pupille si sgranano fiondandosi in tutte le possibili direzioni, ma è semi impossibile. Questo posto è gigantesco! Una città nella città! Tutto ovviamente ridotto in uno stato pressoché pietoso. Le casupole sembrano venir giù da un momento all’altro, tanto che sono ridotte male.

Deglutisco a stento, grattandomi la testa con fare confuso.

E adesso… che faccio?!

Mi do uno sguardo in giro, poi di là, oltre l’orizzonte, adocchio la gigantesca struttura del Reattore Mako, massiccia e imponente come un impero.

Raggiungerla sarà un’impresa… impossibile!

Do un’occhiata al mio armamentario: una pistola e un teser non basteranno certo a fronteggiare le decine e decine di padroni di casa che mi si fionderanno contro, non appena scopriranno la presenza di un ospite poco gradito come me…!

Papà però ha bisogno del sottoscritto, come non ne ha mai avuto in tutti questi anni. Non posso tirarmi indietro… sono arrivato a questo punto, e non mi arrenderò proprio adesso!  

- Coraggio!

 

Mi do da fare per trovare un percorso meno irto di ostacoli, e quindi partire.

Scruto attentamente i vicoli presenti nelle vicinanze, e cerco di scovare la via più breve per attraversare la città sotterranea quando ad un tratto, un fetido odore proveniente dalla botola sotto i miei piedi, invade il mio naso e lo fa inorridire.

- Bleah! – sbotto disgustato dal fetore, tappandomi istantaneamente le narici. Deve essere sicuramente la fogna… per puzzare così!

Tra un conato di vomito e l’altro, mentre fisso la botola, qualcosa solletica la mia mente.  

E’ deciso!

In un batter d’occhio, il percorso mi si fa chiaro: la via più sicura per attraversare la città, sta proprio sotto i miei piedi!

Oltretutto, da quaggiù arriverò a destinazione in pochissimi minuti.

 

Sollevo la botola alla svelta, ed afferro saldamente la scala di ferro che c’è sul muro.

La prima cosa che noto, scendendo in basso, è il colore dell’acqua. Se così si può ancora chiamare

E’ verde, piena di schifezze e puzza che è un piacere!

Mi tappo naso e bocca. Credo… di vomitare da un momento all’altro!

Comincio a percorrere la stradina sotterrane, che seppur stomachevole, mi riparerà senz’altro dallo sguardo nemico, e seguo le tubature attaccate al lato destro della parete, che conducono al reattore.

“Mi compiaccio con te, Reno! Una strategia degna di un Turk, complimenti!” dico tra me e me. Poi mi gratto un orecchio, con aria stanca:  - Macchè… solo fortuna e basta! – asserisco affranto.

 

Sono passati una decina di minuti, da quando ho inforcato le fogne. Le tubature continuano si e no per un’altra decina di metri, e poi si interrompono. Sento ad un tratto delle forti vibrazioni provenire dall’alto. Il soffitto trema appena, scosso probabilmente da qualcosa. Mi aggrappo ad uno dei tubi, tempestivamente, per non finire in quella pozza d’acqua verdastra. Un altro conflitto?

Allora c’è veramente un intruso! Che sia

- Ma no, non lei! – dico a voce alta, nel momento in cui in me viene alla luce un brutto presentimento. – Yuffie non può essere arrivata fin qui! – scuoto la testa con decisione, quando mi blocco proprio sotto la presenza di una botola. Le tubature s’interrompono qui, quindi…

Raggiungo alla svelta la scala che porta dritto in superficie, e quando sollevo lo sportello, mi accorgo di essere proprio ai piedi dell’imponente reattore.

La struttura si erge a non molti metri da qui. La rendo fissa nei miei occhi che la riflettono perfettamente, e poi sorrido compiaciuto.

Sto arrivando, vecchio!

 

 

Faccio fuori due soldati, appena metto piede nel complesso, e mi avvio su, in direzione di una scala di ferro.

Venti metri più in là, cinque Deepground vigilano attenti. Faccio appena in tempo a nascondermi dietro una colonna, e ad evitare così di esser visto.

Altri cinque, invece, se ne stanno di guardia sulla piattaforma affianco, armati di mitra e fucili abbastanza minacciosi.

Mi accovaccio a terra, passandomi nervosamente una mano tra i capelli. Sono in troppi, per uno che può contare solo su stesso. 

Dieci contro uno, è sleale!

 

Un po’ di fair play, dai!

 

In pochi attimi, elaboro un modo che mi permetta di arrivare a destinazione, senza sprecare nemmeno un proiettile. Quale? Quello di nascondermi, ovviamente!

Questi grandi pilastri fanno proprio al caso mio. Sono grossi abbastanza da coprire uno come me. Gattonando di colonna in colonna, dovrei riuscire ad eludere la sorveglianza, e a farmi beffa di loro. Anche sé tra il dire e il fare, c’è una bella differenza!

Comincio ad avanzare stringendo tra i denti il manico della pistola, e a procedere silenziosamente.

Se resto incollato al suolo, non mi vedranno. Sono troppo distanti.

Continuo imperterrito a strisciare, giungendo poi all’altra colonna. Faccio una breve pausa, per riprender fiato, e riparto, non prima di aver gettato ancora un’occhiata alle guardie.

Beate e tranquille, stanno sulle loro piattaforme come tanti burattini ubbidienti, ignari che io sia lì a fargli compagnia.

A quanto pare, la mia strategia sta funzionando.

Sto per arrivare all’ultima delle tre colonne che fin ora mi hanno fatto da scudo, ed imboccare poi il condotto che si trova poco più in là, e che collega il reattore ad altre sale. I container dovrebbero essere lì, almeno stando alle informazioni di Elena.

Approfitto della distrazione momentanea dei soldati, e con uno stacco veloce, corro in direzione del passaggio, uscendo dal retro del terzo pilastro. Un colpo di pistola mi fa raggelare ed indietreggiare. Mi giro con molta cautela, con il cuore che ormai sembra essermi salito in gola.

Un Deepground dall’aria poco cordiale, è davanti a me. Con un fucile puntato contro, non posso far altro che sollevare le mani sopra la testa, in segno di resa.

- Sono un rappresentante, zo to! Vendo aspirapolveri! Qui c’è tanto di quello sporco, che mi è sembrato il luogo ideale in cui fare affari! Ne vuoi uno anche tu? – butto lì, cercando di fare un po’ di sarcasmo nella speranza che il soldato la beva. 

Quando però vedo il dito del nemico pronto a premere il grilletto, la voglia di scherzare mi passa del tutto.

Non è un tipo che ama la pulizia, evidentemente.

Posso solo deglutire, nient’altro. Ah, ovviamente chiudere gli occhi e sperare in un miracolo, s’intende!

Sento un colpo. Il cuore batte come un matto dentro il mio petto.  A quest’ora dovrei essere già morto, sbaglio? Eppure, sono più vivo che mai. Sbircio la situazione riaprendo appena l’occhio destro.

Vedo il soldato finire a terra, e cadere in una pozza di sangue. Alle sue spalle compare una figura dalle falde ampie e possenti.

 

- Serve una mano? – esclama il vocione di Rude, con la canna della pistola ancora fumante.

 

- Rude…?! – balbetto io, confuso ma felice allo stesso tempo di vederlo.

 

I Deepground delle piattaforme limitrofe sono attirati dagli spari. Il tempo di guardarsi attorno e capire, e fanno subito fuoco su noi due.

Vengo spinto da una manata di Rude verso il terzo pilastro che ci ripara repentinamente dal fuoco nemico.

Io e il compare ci accovacciamo a terra, aspettando il momento opportuno per contrattaccare.

 

- Che diavolo ci fai qui?! – chiedo con maniere poco gentili, mentre mi sporgo appena dalla colonna, per abbattere un nemico.

 

Rude fa lo stesso.

Ci fermiamo a ricaricare le pistole.

- Non si affronta una simile impresa, senza l’aiuto di nessuno. – esclama il Turk tutto d’un pezzo. – Gli amici vanno soccorsi nel momento del bisogno.

 

Sorrido alle parole buone del socio, che mi fanno commuovere. Questo omone dall’aspetto burbero e glaciale, in realtà mi vuole un gran bene! E’ una delle persone più care che ho. 

 

Carico le ultime munizioni che mi sono rimaste, e mi preparo a sparare. Rude mi blocca trattenendomi per la giacca.

- Sprechiamo solo munizioni. – annota.

 

Annuisco con sconforto. Ha ragione!

 

- Hai un piano più vantaggioso?- domando poi, fissandolo con un’espressione di speranza dipinta sul viso.

 

Sento prendermi all’improvviso per un braccio.

- Ti copro io. Tu vai! – Rude mi spintona via, esortandomi a correre in direzione del cunicolo.

Non mi va di lasciarlo solo e in un mare di guai… Tuttavia, comprendo che restare qui a consumare munizioni, non fermerà di certo quel groviglio di soldati che pian pianino sta accrescendo sempre di più.

Faccio un cenno di ringraziamento all’amico, e al suo segnale, scatto allo scoperto correndo a più non posso in direzione del tunnel.

Rude esegue esattamente il suo compito.

 

- Libero mio padre e torno! – gli urlo, mettendomi al sicuro dagli spari, nel condotto.

Percorro la stretta galleria, correndo a perdifiato, con il radar a portata di mano. Più mi avvicino ai container, e più quel punto luminoso si fa sempre più grande.

Finalmente sbuco dall’altro lato.

Dalla mia posizione, vedo i container che vengono trascinati via, marciando appesi ad un cavo, proprio sopra la mia testa. Corro immediatamente alla balaustra, e mi ci affaccio.

Un largo spiazzale è situato proprio quì sotto. Decine e decine di container sono lì che aspettano con palpitazione di essere prelevati da un momento all’altro.

Getto il capo da una parte all’altra, e davanti a me, vedo la scala che conduce sotto. Ci arrivo in due secondi netti. Faccio i gradini a tre per volta, e sono giù in un lampo.

Il radar comincia a suonare, all’improvviso. Il container con la cimice, è qui vicino.

Lo trovo senza tante difficoltà.

 

Finalmente!

 

 

 

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Aggiornamento lampo!

Ringrazio veramente di cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo.

Il vostro affetto mi commuove e mi spinge ad andare avanti.

Sul serio, grazie infinite!

 

A presto!

 

Botan

 

P.S. Me ne stavo quasi per dimenticare… Per Gioia86: La storia dei Deepground è la stessa che c’è nel Dirge of Cerberus, quindi non è farina del mio sacco! ^^,

Siccome Red Head segue il gioco in questione, ho dovuto inserire la faccenda legata ai Deepground per necessità, senza stravolgere la trama originale. Ho inventato solo quella parte legata all’ospedale, perché la fic ne aveva bisogno.

E poi… Grazie di cuore per la bellissima recensione, Gioia! Per me ha significato tanto, credimi! Ti abbraccio forte, e spero di sentirti presto! Un bacio!

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Capitolo 18
*** Da bambino odiavo le costruzioni ***


CAPITOLO 17

                               CAPITOLO 17

 

 

 

 

- PAPAAA’!!! – urlo a squarciagola, a più non posso, battendo le mani su di un portellone di ferro.

 

Si ode un rumore al suo interno. Poi, all’improvviso qualcuno grida il mio nome:

- RENO!!! 

 

Il suono della sua voce, mi fa diventare di botto le ginocchia molli come un budino che si sta sbrogliando.

- Dannato vecchio!!! Ma che mi combini, eh?! – faccio con una patina ombrosa che ben presto mi ricopre gli occhi. Sono lacrime di gioia, queste!

Mi scaglio da subito verso il pesante portellone, e cerco di sradicarlo con tutte le forze che mi rimangono in corpo. Nonostante tutto, non è sufficiente.

 

- E’ chiuso da un dispositivo elettronico che c’è sul pannello accanto alla porta! – dice il babbo, urlando per farsi sentire. 

Vedo il pannello, e tento di farlo funzionare, pur con pessimi risultati.

- Come si aziona questo coso?! – reclamo furioso, prendendolo poi a pugni.

 

-  Sei tu l’esperto! Sei un Turk, no? All’Accademia ti avranno insegnato pur qualcosa…!

 

Come dargli torto! Il babbo ha ragione… All’Accademia Shin-Ra si imparano tante cose... se si frequentassero le lezioni, però.

Sbuffo, e cerco di ragionare. E se sparassi allo sportello?

Non faccio passare altro tempo. Ordino agli “inquilini” del container di arretrare tutti sul fondo, dopodichè sparo al portellone tutti i proiettili che ho in canna, ottenendo una misera scalfittura che non serve proprio a un bel niente.

- Cazzo!!! – inveisco, prendendo a pugni il battente chiuso.

 

- Ci sono donne e bambini, qui con me! Non dire parolacce e sii educato! – mi ammonisce il babbo, senza perdere la sua eccessiva rigidità neppure in una simile situazione.

 

Faccio ancora un ultimo tentativo, e a mani nude, cerco di aprire la porta.

Mentre lo faccio, vedo venirmi in aiuto due mani, grandi e possenti.

Solo una persona le ha così:

- Rude! – pronuncio il nome del mio amico con immensa felicità. Ancora una volta, è venuto in mio soccorso. E’ proprio il migliore, lui!

 

- Con quattro mani si lavora meglio. – mi replica, senza scomporsi neanche di una virgola.

Annuisco, ed insieme facciamo muovere a strascico, un po’ alla volta, l’irremovibile anta che grazie al provvidenziale aiuto di Rude non lo è più così tanto.

Il portellone cede, e si dischiude. La fessura è sufficiente a far passare le persone intrappolate all’interno.

Escono alla svelta, accalcandosi all’uscita come una mandria di bestie che fugge via dal recinto.

Vedo mio padre uscire per ultimo. Restiamo zitti un attimo. Non lo vedo da alcuni giorni, ma sembra essere trascorsa un’eternità! E pensare che quando sono partito per Kalm, non lo vedevo da ben due anni!

Gli vado incontro stringendolo forte, in un grande abbraccio. L’abbraccio che lega il figlio irriflessivo, al proprio padre maturo.  

E’ un bel momento, questo. Sono secoli che non ci stringiamo così.

Il tossicchiare di Rude, comunque, fa sì che il lieto momento giunga al termine.

- Abbiamo compagnia. – mi sentenzia, invitandomi a guadare alle sue spalle.

Guardo oltre, sulla sua testa. Dalla balaustra decine e decine di soldati arrivano numerosi, a flotta, pronti a recuperare i fuggiaschi e a far fuori gli intrusi.

Mi do un’occhiata attorno. Ci sono un sacco di container pieni di persone, che strillano per ottenere la libertà, come posso ignorare le loro urla disperate?

Rude ha già capito tutto. Purtroppo scuote la testa, mettendomi alle strette.

I fucili sono ormai puntati sopra le nostre teste. L’unica cosa che ci è permessa di fare in questo istante, è proteggerci la pelle!

Rude ci salva attivando repentinamente una Barrier Materia che ci ripara per un breve lasso di tempo dal fuoco nemico.

- Per di là! – esclama in seguito il socio, facendo segno a una grossa piattaforma elevatrice.   

 

Saliamo sulla struttura tutti quanti, sparando di tanto in tanto qualche colpo, giusto per scoraggiare i nemici e tenerli buoni per un po’.

Ricarico la pistola con il caricatore che il socio mi consegna, e sono pronto a contrattaccare.

La piattaforma comincia a salire, accompagnata nell’ascesa dal fuoco nemico. Lancio a mio padre una seconda Barrier Materia, e gli intimo di usarla per creare una protezione sul gruppo di civili.

Rude ed io continuiamo imperterriti a respingere il fuoco dei Deepground, finché l’elevatore non scompare del tutto, riparato da un muro che ci fa da scudo. L’ultima cosa che riesco a scorgere, è il volo di uno Shuriken gigante che và a colpire alcuni soldati, e li atterra. Che sia… lei?!

L’oscillare della piattaforma mi fa perdere per un attimo l’equilibrio. Sto per finire a terra, quando il socio mi agguanta per la giacca.

- Dove stiamo andando?- chiedo in seguito al compare, volgendo lo sguardo verso l’alto.

 

- In superficie.

 

- In superficie? Intendi sopra Deepground?

 

Rude annuisce.

Meno male! Niente fogne per una seconda volta!

 

La piattaforma si arresta, stabilizzandosi. Siamo nella sala del generatore che una volta faceva funzionare questo edificio. Il folto gruppo di civili corre via, verso l’uscita, come uno sciame impazzito. Faccio per fermarli, con la paura che un esercito avverso possa sbucar fuori da un momento all’altro, ma è Rude a fermare me.

- Fuori lo Shin-Ra Building c’è la WRO.

 

Mi tranquillizzo, per poi zittirmi subito.

Se c’è la WRO, lasciamo che sia lei a sbolognarseli.

Tutti sono fuggiti via, eccetto uno. Adesso che ci penso, questo tipo mi è nuovo. Voglio dire, sono sicuro che all’interno del gruppo non ci fosse.

Un tipo come lui, difficilmente passa inosservato. Somiglia a Rude. Ha le spalle larghe, forse più di lui, e il fisico corpulento. Un omone tutto d’un pezzo, proprio come il mio socio preferito.

 

- Figlio mio, sei salvo! – fa il tizio misterioso, con un vocione che mette paura solo a sentirlo.

Sbaglio o… quel “figlio mio” era rivolto proprio a Rude…?

Fisso il socio in faccia, poi, subito dopo fisso l’uomo corpulento. Sono identici! Stessa testa pelata e lucida, stessa stazza e… stessi occhialini!!

 

- E’… è... tuo padre?! – replico intontito, additando il tizio con un dito tremolante.

Rude annuisce appena.

Mi parte un sorriso così grande da mostrare tutti i denti. – Finalmente ho il piacere di conoscerlo!

Vedo l’omone venirci incontro, per poi sorridere amichevolmente.

 

- Tu devi essere Reno, non è così? – chiede tutto contento.

 

- Esatto! Sono proprio io! Piacere di conoscerla, signore! – sorrido stringendogli la mano che mi viene letteralmente stritolata dalla sua, grande almeno due volte quella del figlio.

Trattengo a stento il dolore, e urlo sommessamente.

Accidenti! Quest’uomo ha due morse al posto delle mani!

Tiro pian piano la mia, e me la porto dietro la schiena. Le falangi mi fanno un male…!

Sorrido ancora, questa volta a stento, al faccione cordiale dell’uomo che non perde tempo, e mi rifila una forte pacca sulle spalle. Sento il respiro mozzarmisi di getto, per poi riaffiorare di colpo.

 

- Ho sentito tanto parlare di te, da mio figlio…! Sei davvero un bravo ragazzo! – esclama preparandosi a spararmi una seconda pacca. Stavolta mi scanso repentinamente, evitandola per un soffio.

 

- Andiamo via. – enuncia il figlio, restando serio e disciplinato. Come sempre.

 

Rude, suo padre e il mio, si avviano all’uscita, io invece resto fermo, immobile in mezzo alla sala.

Il mio socio si volta, per scrutarmi dal retro di quegli occhiali neri che indossa.

- Cosa c’è? – domanda.

 

Scuoto la testa.

- Niente! – replico all’istante, raggiungendo i tre.

 

Niente?

Non è proprio così.

Lei… potrebbe aver bisogno d’aiuto.

E quando dico “lei”, mi riferisco ad una sola persona.

 

Usciamo fuori dal capannone. Una pattuglia di soldati con il berretto rosso, sta girovagando nelle vicinanze, per perlustrare e tener d’occhio la zona.

Non sono i Deepground, bensì i sottoposti di Reeve.

 

- Mia figlia lavora nella WRO come soldato. Le ho detto io di portare qui questi militari. – rivela il padre di Rude, sorridendo molto probabilmente per l’impresa compiuta dalla ragazza. – Te la presento! – esclama ad un tratto. Portandosi due dita in bocca, comincia a fischiare come un treno in arrivo alla stazione. – Sharil, figlia mia! – si spolmona l’uomo, agitando come un matto le mani sopra la testa, per richiamare l’attenzione della figlia. Sarà come Rude? Una culturista con tanto di berretto rosso sulla testa rapata, e occhialini neri?

Mentre tento di darle un volto, una figura gracile e minuta si avvicina timidamente al nostro gruppo.

 

- Questa è la mia Sharil, Reno! – esclama l’omone dalla forte stazza.

 

La osservo facendomi vedere perplesso. E io che pensavo di vedere un Rude al femminile!

E’ alta almeno quanto Elena, ha una corporatura minuta, un paio di occhi azzurri e dei capelli castani che le cadono appena sulle spalle, legati da due piccole trecce. Sembra una ragazzina.

Le faccio un inchino per mostrarmi gentile, e la saluto come si deve.

 

- Piacere di fare la tua conoscenza! Il mio nome è Reno, e lavoro con tuo fratello!

 

- Sheril lo sa già, non è così figlia mia?- ribatte il padre, posando una mano sulla sua spalla. Delicatamente, però.

 

La sorellina di Rude annuisce.

- Piacere di fare la tua conoscenza! – pigola appena, con una voce timida ed impacciata, nascondendo lo sguardo verso il basso.

 

- Sheril è una brava ragazza, e sarà una moglie perfetta in futuro! Tutta uguale a sua madre! Beato colui che la prenderà in sposa!- dice il papà di Rude, con una leggera allusione che gli falsa la voce. Mi rivolge da subito un’occhiata. Non vorrà mica… farmi diventare suo genero?!

Guardo Rude, all’istante.

 

- Papà, finiamola qui. – sentenzia il mio amico, ponendo fine ai sogni del padre.

L’omone diventa rosso per l’imbarazzo. Poi, come se nulla fosse, prende a braccetto mio padre e lo fa accomodare sul vano da passeggero di un sidecar.

 

- Mi occupo io di lui, Reno! Tuo padre è in buone mani! – asserisce battendosi una mano sul torace, forte come la pietra.

 

- Tuo padre starà a casa dei miei, fintanto che la situazione a Kalm non ritoni quella di prima. – dice Rude, per poi aggiungere- Se per te va bene.

 

- Stai scherzando, amico?! Sapere che mio padre è al sicuro, tra la gente per bene, mi rende il figlio più rilassato del paese! Però… non vorrei arrecare disturbo…

 

Rude non si scompone.

- Nessun disturbo.- decreta.

 

Saluto il babbo con la promessa di andarmelo a prendere il prima possibile, e in un batter d’occhio, i due partono alla volta di Junon, dimora della famiglia di Rude.

 

Quando il sidecar è oramai partito, e la timida Sheril si riunisce ai suoi compagni di squadra, e suo fratello mi fa cenno di ritornare alla base.

Un qualcosa mi tiene inspiegabilmente ancorato al suolo.

 

Guardo la giovane ragazza dirigersi dai suoi compagni, che l’accolgono amorevolmente tra le loro fila.

Sheril ha qualcuno su cui contare se si dovesse trovare in difficoltà… ma lei no.

 

- Cosa c’è?- fa il vocione imponente del mio socio, che a questo punto sembra già aver capito le miei intenzioni.

 

- Non posso andarmene da qui! – replico secco, con una risposta decisa.

 

Lui mi fissa. Poi sorride appena. Impercettibilmente, oserei dire.

- Ho capito. Vengo con te.

 

Rivolgo a mia volta uno sguardo all’amico. Poi, rido a fior di labbra, e in un lampo ci avviamo verso il gruppo di soldati della WRO.

Sheril saprà senz’altro darmi una risposta. E infatti, la sorella minore di Rude mi indica l’altra facciata dello Shin-Ra Building. Con il dito fa cenno verso il basso. 

Ringrazio con un galante inchino la timida giovane che non perde tempo ed arrossisce in un lampo.

Ci congediamo dallo squadrone per spostarci più in là, a nord, quasi sul fondo di ciò che resta di Midgar e del reattore Mako numero 7.

 

Seppur Sheril sia stata chiara nell’avermi detto di non averne la piena certezza, io sono certo che lei ci sarà! Lo sento!

 

Mentre il reattore distrutto si fa sempre più vicino, mi pare di sentire la sua voce strillare parole udibili a malapena, perché coperte da un frastuono bestiale che solca il cielo. Alzo la testa verso il firmamento celeste.

Le mie ginocchia si irrigidiscono per lo sgomento. Rude mi segue a ruota, e a momenti, per guardare anch’egli l’orizzonte, non mi travolge con la sua stazza. Appena in tempo. Si ferma a pochi centimetri da me.

Restiamo immobili, come due perfetti imbecilli, con la bocca spalancata in una smorfia di sgomento.

Il mio socio arriva perfino a togliersi gli occhiali, pur di vederci meglio!

 

- Co-cos’è quello…zo to?!? – riesco solamente a dire.

 

Rude non è in grado di darmi una risposta.

 

Un’enorme mostro, grande quanto un grattacielo di 30.000 piani, partendo dai bassifondi di Midgar, ed ergendosi verso l’orizzonte imponente come un qualcosa di titanico, se ne sta li immobili davanti alla mia faccia sconcertata.

Non ho mai visto una roba simile prima d’ora!

Che sia…

 

- Omega?! – esclamiamo io e Rude, guardandoci reciprocamente in faccia.

 

- Deepground… Deepground, è riuscito a risvegliarlo?! – esclamo in seguito tutto farfugliante, con la confusione alle stelle. - Il pianeta perirà? Diventeremo una parte del flusso vitale? Non potrò sposarmi, e avere dei figli, dei nipotini, diventare bisnonno, tris…- La possente mano di Rude ad un tratto mi tappa la bocca. Vedo il suo indice, poi, additare qualcosa. Lo seguo con lo sguardo, fino a finire poi verso il cielo. C’è un puntino rosso che si sta battendo proprio lassù.

Sfortunatamente, siamo troppo distanti per vederlo bene.

 

La terra trema. Mi aggrappo a Rude, con tutte le mie forze, mentre Omega, l’Ultima arma, si leva in volo.

Vorrei parlare, ma la mano di Rude me lo impedisce. E’ ancora saldamente attaccata alla mia bocca. Per il momento non sembra avere nessuna voglia di staccarsi.

Non controbatto.

Ciò che più mi interessa in questo momento, è quel coso enorme che sta solcando i cieli di Midgar.

L’energia che lo irradia è potentissima. Rude si rimette gli occhiali da sole, mentre io mi riparo gli occhi facendomi ombra con il palmo della mano.

Omega è lassù, mostruosamente gigante. Noi, messi a confronto, siamo degli inutili bruscolini.

 

Sta davvero per finire tutto?

 

Quando la situazione sembra ormai delle più tragiche, il puntino rosso di poco fa diventa incandescente. Sfreccia via, in alto nei cieli, sprizzando ovunque scintille d’energia. Oltrepassa Omega, e gli si para d’innanzi.

 

- Vuole… vuole fermarlo?! – riesco finalmente a dire, non appena il socio molla la presa.

 

Rude annuisce.

 

- Ma… ma come…come?! Un gigante di quelle dimensioni, contro un misero puntino? E’ una partita persa!

 

Ho parlato troppo presto.

Quel puntino sfavillante raccoglie tutte le sue energie, e in un solo e preciso istante, si scaglia in direzione di Omega e lo colpisce con la furia del suo piccolo corpo incandescente.

 

Rude ed io restiamo con il fiato sospeso.

 

Ce l’ha fatta?

 

L’attesa è tanta. Tantissima. Le mie mani tremano, sto sudando di brutto. Sono un fremito!

Guardo ancora lassù, e poi capisco.

 

Sì, ce l’ha fatta!

 

- Omega… si sta sgretolando! – esulto dalla gioia, saltando in braccio al socio pelato, e stringendolo forte.

 

L’esplosione è catastrofica. Un boato da guinnes, direi.

Il cielo si riempie di luce, una luce nuova e piena di speranza, il flusso vitale ritorna al pianeta e il giorno viene coperto dalla notte. Sì, scende proprio la notte. Io e il compare ci guardiamo attorno, disorientati, spaesati. Un manto blu scuro è calato su Midgar, e molto probabilmente, su tutto il pianeta.

Poi, eccole spuntare dal nulla, dalla profondità della notte, una miriade di stelle, centinaia e centinaia.

Continuo a guardarmi attorno, nella speranza di capire almeno una parte di quanto stia accadendo. Tuttavia, c’è un’altra cosa che cattura ben presto la mia attenzione: la voce di Yuffie. Urla , grida, si spolmona.

Corro immediatamente come un matto verso quel suono che mi fa fremere come una foglia.

Se dovesse esserle successo qualcosa… io…

 

Le mie gambe si arrestano non appena il promontorio è davanti a me.

Yuffie è proprio lì, in piedi che saltella gioiosamente, urlando e salutando il cielo, avvolta da un oceano di stelle.

Al suo fianco, tre soldati della WRO si abbracciano allegramente, festeggiando il lieto evento. Subito dopo intravedo Reeve Tuesti, festeggiare anch’egli per la riuscita della missione, e una ragazzina dal taglio di capelli corto e sbarazzino, vestita però da Deepground, sorridere. Non do peso alla cosa. Quello che più mi ha fatto piacere, è stato poter constatare con i miei stessi occhi, che la ninja di Wutai stesse bene.

A giudicare da quanto saltella e da come si agita, benone direi! Finalmente posso sorridere ed esultare anche io.

 

Sento una mano che mi si posa sulla spalla.

Mi giro di scatto e vedo Rude, sorridere anch’egli, come se avesse già capito tutto fin dall’inizio.

 

- Mi sembra che stia bene. – si limita a dire.

 

- Adesso… possiamo andare socio! – dico a voce distesa, ma con un sorriso di rassegnazione stampato a caratteri cubitali sul volto.

 

- Non vuoi andare da lei? – mi replica, mettendomi tra le mani la possibilità di correre ad abbracciarla. Rinuncio, con un cenno di rifiuto del capo.

 

- Non ho voglia di rivedere Reeve… e poi sarei fuori luogo, in mezzo a quella massa di ambientalisti incalliti! Inoltre, puzzo troppo! Decisamente! – mi do appena un’annusata agli abiti. Bleah! Maledetta fogna Deepground!

Vedrò la mia Yuffie un’altra volta! E sarà ancora migliore di questa!

 

Raggiungiamo l’auto, risalendo gran parte di una stradina completamente distrutta e piena di macerie, di Midgar.

Giusto per precisare, la moto con la quale sono arrivato fin qui, è stata schiacciata dalla caduta di un masso gigante che l’ha travolta senza tanti convenevoli.

 

Morale della favola?

Due mesi di stipendio andati!

 

Sto camminando al fianco di Rude, quando ad un tratto qualcosa cattura la mia attenzione. E’ il luccichio di uno strano oggetto che penzola da un ferro sporgente conficcato nelle macerie. Da qui, sembra una collana.

- Aspetta un attimo, Rude! – gli dico per farlo fermare. In seguito, mi sposto verso quel ninnolo, facendomi letteralmente attrarre da esso.

Ci vado vicino, e lo osservo con attenzione. C’è una catenella non troppo lunga con una specie di pendaglio strano. E’ una sorta di bestia con le ali e tre teste. Un ninnolo misterioso, che tutto sommato mi piace. Lo raccolgo sfilandolo via da quell’appoggio, e ritorno da Rude.

 

- Cos’è?- chiede quest’ultimo, fissando il pendaglio tra le mie mani.

 

Faccio spallucce:

- Non so… forse è una sorta di collana, anche se il laccio è troppo corto.

 

- Si sarà spezzato.

 

Sbatacchio appena la testa.

- Non credo. Potrebbe anche essere uno di quei ninnoli portafortuna che ti sembrano magici, ma che poi, in realtà, non ti portano mai niente di propizio!

 

Rude abbozza un sorriso, ed io… lo seguo subito a ruota!

 

 

L’autovettura nera come il petrolio e lucida come la superficie di un lago accarezzato dai raggi di un intenso sole, si allontana da Midgar, inforcando la corsia autostradale che porta fuori dalla città.

Rude è al volante, calmo e tranquillo come sempre, con un viso privo di qualsiasi espressione.

Lo fisso apposta, nella speranza che lui se ne accorga e mi chieda il motivo.

Lo fa, distogliendo appena lo sguardo dalla retta via, e pronunciando un suono simile a un “che c’è?”, intuibile solo con una fervida immaginazione.

 

- Lo sai, che se sono riuscito a salvare mio padre, è anche per merito tuo? – esclamo sorridendo.

Vedo una parte del labbro di Rude, tirarsi all’insù, come se stesse per sorridere anch’egli. Peccato però che quel movimento si interrompe quasi subito. Anche se a me, è bastato un attimo per accorgermene e capire che il compare fosse pure lui contento.

 

Cominciamo così a parlare, riportando a galla i vecchi tempi, in particolar modo il primo giorno in cui ci siamo incontrati.

Io ero appena andato a ritirare il tesserino da Turk che mi avrebbe permesso così di entrare a far parte della Compagnia e di avere accesso a qualsiasi luogo o cosa che avesse a che fare con la Shin-Ra, quando all’improvviso, al ritorno, mi accorgo che non c’era più. Lo avevo riposto accuratamente nella tasca dei pantaloni, poi però, subito dopo, uno dei miei futuri colleghi mi era venuto addosso. Ci fu uno scontro piuttosto violento, ma nessuno dei due cadde.

Fu allora, che mi venne in mente di ritornare indietro, nella speranza di ritrovare il tesserino lì a terra, da qualche parte. E così feci.

Corsi come un matto, fino a raggiungere il corridoio con i pilastri, dove c’era stato lo scontro.

Frugai ovunque, come un forsennato, gattonando addirittura, ma l’unica cosa che ottenni, fu lucidare il pavimento con i miei pantaloni.

Sapevo bene che far ritorno da Veld, allora capo dei Turks, e comunicargli l’accaduto, mi sarebbe costato il posto. Chi non è neanche in grado di custodire il proprio tesserino, non può di certo aspirare a fare il Turk!

Ero confuso, non sapevo che fare. Diventare un membro dell’elite per me era il massimo, per un ragazzo di appena diciassette anni, poi...!

Stavo per rialzarmi da terra, con il morale sotto la suola delle scarpe, quando ecco apparirmi il tesserino proprio sotto il naso.

Lo fissai intensamente, c’era la mia foto là sopra. Il mio nome, e il numero di riconoscimento che mi era stato assegnato. Insomma, era proprio lui. Riuscii a stento a trattenere le lacrime. La mia carriera da Turk era salva. Già, ma grazie a chi?

Sollevai a poco a poco la testa, partendo da quella mano così grande che mi stava porgendo la scheda plastificata, fino a quando i miei occhi non incrociarono quelli di Rude, celati da un paio di lenti nere e affusolate.

La prima impressione che mi feci di lui, vedendolo così alla sprovvista, non fu certo delle migliori!

Il mio corpo divenne di ghiaccio, cercai a stento di sorridere e pregai affinché quell’omone dalla testa pelata non mi prendesse a pugni. Pensavo fosse un sottoposto di Veld, o un suo bodyguard. La mia paura è che gli andasse a spifferare tutto, o addirittura che fosse stato mandato da Veld stesso!

Trattenni il fiato per lo spavento. Ero atterrito.

Poi, tutte le mie paure si dissiparono alla svelta quando il pelatone disse appena: “Fa più attenzione, la prossima volta.”

Da quel giorno, io e Rude diventammo inseparabili.

 

 

- Ti ricordi quando mi riconsegnasti il tesserino? All’inizio pensai subito che tu mi volessi menare!

 

- Sul serio?- replica Rude, senza scomporsi di un solo millimetro.

 

Annuisco.

- Poi però ti saltai addosso per la felicità! Ricordo che non ti mollai più per una settimana…!

 

Rude sospira appena, rammentando anch’esso quel periodo oramai passato, che in un certo senso provoca anche a lui dei bei ricordi.

- Essere sbattuti fuori dall’Accademia per un motivo così banale, per te doveva essere frustrante.

 

- Eccome se lo era! Se sono diventato un Turk, è anche per merito tuo, zo to!

 

- Quanti meriti!- esclama il pelatone, questa volta facendomi un bel sorriso tutto contento.

 

La macchina sta facendo ritorno a Fort Condor.

L’unica cosa che odio di questo posto, è la polvere.

Il roteare delle ruote, fa sì che un fastidioso nuvolone di sabbia e terriccio si sollevi da terra. Sicuramente ci toccherà ripulire la carrozzeria della macchina, non appena ce ne sarà data l’opportunità.

Mi fisso a guadare il cielo dal finestrino accanto a me, poi ripenso a quella miriade di stelle che pochi attimi prima lo ricopriva.

 

- Chissà se ce l’ha fatta…- dico appena, continuando a fissare la volta celeste, con il pensiero rivolto a quel puntino rosso, luminoso come il sole, che ha sconfitto il grande Omega.

 

- Ha salvato il pianeta. E’ un eroe. – replica Rude con modi sbrigativi, portando a termine la manovra di parcheggio.

 

Guardo ancora una volta il cielo:

- Sì, un vero eroe.

 

 

 

- Si trattava di Chaos, il vassallo di Omega. – ci dice Tseng, dal retro della sua scrivania, intento a consumare la seconda sigaretta. La seconda da quando siamo rientrati alla base e abbiamo rimesso piede nel suo ufficio.

 

- Colui che nascerà prima che il pianeta perisca, e radunerà tutte le forme di vita per il viaggio di Omega, verso l’oceano di stelle. – ci illustra meglio Elena, mostrandosi sempre più ferrata in materia.

 

- Capo…! Ma lui è…

 

Tseng scuote la testa.

- Non è ritornato del tutto al pianeta.

 

Decido di farmi ancora avanti.

- “Del tutto”? Che significa?

 

- Solo il vero Chaos, ovvero la sua anima impregnata di terra corrotta, ha abbandonato definitivamente il corpo del suo detentore per riunirsi al flusso vitale.

 

- E’ chi è questo famigerato detentore? Lo conosciamo?

 

Tseng ci guarda uno ad uno. Poi, spegnendo l’ultima sigaretta nel posacenere oramai strapieno, esclama:

- Valentine.

 

Fisso il capo dritto negli occhi, diretto:

- Vincent Valentine?! – replico con abnorme stupore ed una smorfia di incredulità stampata sulla faccia. – Quel tizio ombroso, possedeva dentro di sé una tale arma?!

 

Tseng ci regala appena qualche risata. Non lo fa molto spesso.

- A dire il vero, perfino lui ignorava di avercela. – dice. In seguito ci rende partecipi di una sconvolgente rivelazione - Fu la dottoressa Crescent, a scoprire l’esistenza di Chaos, facendo in modo che egli smettesse di essere soltanto una vecchia leggenda. - Quando il capo tira in ballo il nome di quella donna, della dottoressa Crescent, automaticamente i suoi occhi mi fissano per un breve istante. Ed io so bene il perchè. Mi verrebbe l'istinto di chinare un pò i miei, di occhi, ma le parole del leader dei Turks, con il proseguimento del racconto, mi fermano- Successivamente, in base a degli avvenimenti che a noi non ci è dato conoscere, decise di unificare il dna di Vincent con quello di Chaos. Quando la dottoressa sparì, l’ex-Turk rimase assopito per trenta lunghi anni nei sotterranei del maniero Shin-Ra, a Nibelheim, ma poi, non appena riaprì gli occhi, da allora cominciò ad avere solo dubbi. Dubbi che solo la dottoressa avrebbe potuto placare.  

 

- E’ una di quelle storie strappalacrime... A me è venuta la pelle d’oca! – esclamo toccandomi la superficie delle braccia, raggrinzita dalla commozione. Ricevo prontamente una gomitata da Elena che mi fa cenno di ascoltare il capo.

 

- Vi ho chiamati a rapporto perché ho delle cose importanti da comunicare. Deepground è stata finalmente annientata. Il merito ovviamente và assegnato alla WRO. Tuttavia, anche a noi Turks, ora che la situazione sembra essersi risolta, spetta un compito alquanto impegnativo. Ci è stata affidata la funzione di spalleggiare il movimento di Reeve, per accelerare i tempi di ricostruzione delle città più devastate dalle forze Deepground. Kalm, Midgar e Junon. Reno!- esclama il capo, chiamando il mio nome- Tu e Rude andrete a Kalm, mentre Elena ed io ci occuperemo di Junon. Midgar è stata affidata all’ex-soldier Cloud, e ai suoi compagni.

 

La faccia di Elena la descriverei a metà tra l’incredulo e l’incantato.

Per lei, stare a stretto contatto con il suo amato Tseng, è ciò che più desidera al mondo.

Io, anziché imitare la mia collega e giocare a fare il felice e il raggiante, corruccio appena le labbra, decisamente insoddisfatto da tutto ciò che le mie orecchie hanno appena udito.

Non ho la benché minima intenzione di spalleggiare la WRO! Loro si sono divertiti a fare fuoco e fiamme tra una città e l’altra, e noi poi dobbiamo aiutarli a ricostruire? Da bambino odiavo le costruzioni. Non mi è mai piaciuto giocarci!

Che se la vedano da soli, se sono così decisi a far rinvigorire il pianeta come dicono!

Mi piacerebbe tanto replicare, magari dire a Tseng ciò che penso, tuttavia è Rude a farmi cambiare idea.

 

- Kalm è la città di tuo padre. – mi dice sbrigativo. E quella frase fa subito breccia nel mio cuore.

 

Rimango muto per qualche istante. Kalm è una graziosa cittadina, allegra e sorridente, a mio padre dispiacerà un casino vederla a pezzi e semi distrutta. E poi, dovremo solo dirigere le truppe dei nostri soldier nei lavori, perciò saranno loro a sgobbare. Quindi…

 

- Quando partite?- ci chiede il capo, intrecciando le dita sul piano della scrivania.

 

Non ho dubbi:

- Oggi stesso!

 

 

 

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Perdonatemi se non rispondo più alle vostre recensioni come facevo prima... A causa del lavoro e degli impegni sono sempre di corsa... é_è

Ad ogni modo, il tempo non mi impedisci di dirvi che Botan-tan non smetterà mai e poi mai di ringraziarvi!

Un bacio!

 

Botan

 

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Capitolo 19
*** Mi sento un rifiuto! ***


CAPITOLO 18

                             CAPITOLO 18

 

 

 

 

Siamo in cammino verso Kalm.

Il tempo di preparare il necessario per passare un po’ di tempo fuori casa, e poi via, pronti a partire. 

Ci siamo messi in viaggio già da un po’. A momenti dovremmo essere arrivati.

Prima di andare, Rude ha telefonato suo padre per accertarsi che tutto fosse andato bene. L’omone ha voluto a tutti i costi parlare anche con me. Mi ha fatto promettere che nel breve soggiorno a Kalm, io m’impegni a badare a sua figlia, anch’essa impegnata nella ricostruzione della città. Dopo averlo rassicurato a dovere, ho parlato con mio padre. Gli ho promesso che andrò a riprendermelo non appena Kalm sarà tornata quella di sempre. Spero il più presto possibile.

 

Giungiamo finalmente a Kalm Town, e lo scenario che ci si para davanti non appena Rude parcheggia l’auto nei pressi di uno spiazzale, è devastante.

Una pattuglia WRO sta tentando di domare un incendio, molto probabilmente causato ancora dagli scontri con le pattuglie Deepground.

Per strada, le macerie sono praticamente ovunque. Ci sono dei nastri colorati sparsi a terra. Ancora quelli della festa. Mi guardo attorno un po’ spaesato. Con tutta onestà, non so proprio da dove cominciare.

I soldier della Shin-Ra sono già qui. Uno squadrone di 30 soldati, tutti alle dipendenze del sottoscritto.

 

- Signore! – esclama uno di loro, facendosi avanti sull’attenti.- Attendiamo ordini!

 

Sorrido compiaciuto. Mi sento quasi un Re!

Rude mi dà una gomitata per farmi cascare dalle nuvole e per incitarmi a dire qualcosa.

 

- Bene…! Ecco… vediamo…- farfuglio a stento, con fare impacciato. E adesso che dico?! Mi guardo rapidamente attorno, e in un batter d’occhio pianifico tutto- Dieci di voi andranno ad aiutare quella pattuglia a spegnere le fiamme, mentre gli altri seguano me!

 

Rude mi guarda senza capire. Poi, osservando la traiettoria del mio sguardo, approva.

Ci dirigiamo verso un gruppo di soldati col berretto rosso, che se ne stanno immobili radunati attorno a un grosso veicolo massiccio.

C’è un uomo vestito di blu, in mezzo a loro. Il tizio si accorge subito di noi, tanto che sembra sapere perfino i nostri nomi

 

- Reno! Rude! – esclama, con estrema affabilità, venendoci incontro.

 

- Caro Reeve, quanto tempo! – replico io, sforzandomi di sorridere, e porgendo a stento la mano per stringerla al cosiddetto “capo della WRO”.

 

- Vi aspettavo! Tseng mi ha comunicato il vostro arrivo poche ore fa. A nome di tutta la WRO, vi ringrazio infinitamente per l’aiuto che ci state dando!

 

- Si, beh…in effetti…!- riesco solamente a dire. Non è che tra me e quest’uomo ci sia così tanta confidenza. Anche se un tempo, lo avevo collocato sul mio personale piedistallo idolatrale.

Quel tempo però, è finito già da un pezzo.

 

Reeve ci invita a raggiungere la vettura attorniata da un gruppo di militanti, e ci fa poi osservare uno schema adagiato sul cofano anteriore della macchina. Un grosso foglio, simile a una cartina.

- Questo, è il progetto di ricostruzione della città. In questo momento i miei soldati stanno ripulendo questa zona.- ci indica, puntando il dito sulla carta, per mostrare l’area dei vicoli di Kalm. – La piazza di Kalm è stata la zona maggiormente distrutta. E’ qui, che abbiamo bisogno d’aiuto. I miei soldati purtroppo non bastano, e gli altri sono impegnati a ricostruire Junon Town e Midgar.

 

Mi guardo rapidamente attorno. Poi fisso Reeve in faccia, e sorrido.

- Che siamo venuti a fare noi? A villeggiare? Tranquillo, zo to! Ci pensano i miei soldier a dare una mano e a ricostruire la baracca!

 

Reeve mi dà uno scappellotto gioioso sulla spalla.

- Sei cresciuto tanto, Reno. I miei complimenti! – esclama con un sorriso paterno e affettuoso, che per un attimo mi fa sciogliere l’astio che provo verso di lui.

 

Ci ero quasi cascato. Mi stavo perfino per commuovere! Ma io non mi lascio abbindolare.

- Non perdiamo tempo! Allora… cos’è che dobbiamo fare?

 

Tuesti ci spiega la situazione, con i suoi modi impeccabili e precisi che lo hanno sempre contraddistinto dall’altro sudiciume che affollava i piani alti della Shin-Ra.

 

Divido così i miei soldier in due squadre da quindici uomini ciascuno.

- Il gruppo A di voi, si unirà allo C della WRO, e lavorerete in piazza. Il gruppo B, invece, seguirà quello F della WRO, e ripulirete la zona. Voglio che questa città diventi uno specchio, intesi?

 

- Agli ordini, signore!- esclamano in coro le fila di soldier, a schiena ritta e sull’attenti.

 

I due gruppi eseguono alla bellezza le disposizioni. Quello B segue la fazione della WRO e si dirige sparpagliandosi nei vicoli della cittadina, a ripulire la zona e a raccattare materiale utile alla ricostruzione degli edifici. Io e Rude invece ci accodiamo al gruppo A, che s’incanala in piazza.

Saluto Reeve con un gesto accennato della mano, mentre mi allontano con il mio drappello.

Qui sì, che c’è tanto da fare.

Sospiro sconsolato, quando Rude ad un tratto mi dà una forte pacca sulla spalla.

- Sei stato bravo. – mi dice.

 

Lo guardo con aria confusa, poi replico:

- A fare cosa?

 

- A disporre le truppe. Hai bilanciato perfettamente i due gruppi, combinando al meglio le potenzialità dell’uno con le debolezze dell’altro.

 

- Ma dai! Non prendermi in giro! Chiunque ci sarebbe riuscito, zo to! – dico sconsolato, non sentendomi affatto fiero di ciò che ho fatto.

 

- In così poco tempo, non credo. – ribatte il pelato, per poi rimettersi a tacere.

 

E’ raro che il socio faccia un complimento. Quando lo fa, però, allora si può esser certi della sua sincerità.

 

Non so se gongolare ed abbracciarlo davanti a tutti, oppure contenere la gioia che sto provando, e farla esplodere dentro di me.

Se scegliessi la prima delle due opzioni, attirerei l’attenzione di tutta la squadra… guadagnando una fama tutt’altro che gloriosa…!

Perciò, scelgo di gioire sommessamente, anche se la mia espressione felicemente radiosa mi tradisce.

 

- C’è mia sorella. – sento enunciare dal vocione del Turk.

Alzo gli occhi, e vedo una minuta figura affannarsi a tirar su delle pesanti macerie. Ci allontaniamo dalla fila, non prima di aver dato l’ordine ad uno dei soldier di prendere in mano il comando della squadra.

 

- Sheril, ma che combini tutta da sola? Queste cose lasciale fare ai maschi! – esclamo venendo in soccorso della ragazza, e prendendole dalle mani un pesante masso. Lo consegno a Rude. Ci pensa lui a fare il resto, gettando il blocco sul rimorchio di un grosso camion pieno di detriti da portare via, che si trova nelle vicinanze.

 

- Re-Reno! – pigola timidamente Sheril, nascondendo lo sguardo a terra. – Grazie!- esclama in seguito, con le guance dipinte di rosso, e tutta imbarazzata.

 

Rude batte le mani per scrollarle dallo sporco e dalla polvere che si sono appiccicate sui suoi guanti di pelle.

- Papà non vuole che tu ti faccia male.- dice alla sorella, con un apparente tono che potrebbe sembrare severo.

 

Sheril annuisce, poi subito si adopera a chiedere scusa. Sembra quasi che voglia mettersi a piangere, tant’é che mi sembra mortificata.

 

Le accarezzo il capo con qualche colpetto affettuoso, poi faccio cenno a Rude di farsi avanti e dire qualcosa, affinché la sorella non si senta in colpa per l’accaduto.

 

- Adesso ci siamo noi. Ti aiuteremo. – annuncia con il suo vocione, che seppur un po’ impacciato, trasuda di tenerezza nei confronti della sorella.

 

Sheril gli si getta tra le braccia, stringendolo forte. Sono quasi commosso da questa tenera scenetta. Faccio un cenno d’ok al mio socio per complimentarmi con lui, e mi sento felice.

Rude liscia il capo della sorellina, con quella sua mano gigante e accogliente, dopodichè tossicchia, con un po’ di imbarazzo soprattutto nei riguardi del sottoscritto che non fa altro che fissarlo.

Tossicchio anch’io, cercando di spostare la mia attenzione sulle macerie che mi circondano, e lasciando ai due fratellini un attimo di intimità. Deve essere bello avere una sorella più piccola da coccolare e viziare.

Quanto ti invidio, pelatone mio!

 

Vedo Sheril poco dopo, venirmi incontro.

- E’ vero che tu e mio fratello resterete qui a dirigere le operazioni?

 

- Sì, così posso anche tenerti un po’ d’occhio! Ho promesso a tuo padre che avrei badato a te!

 

Il faccino di Sheril diventa paonazzo. La fronte, poi, improvvisamente le si riempie di una serie di grinze, segno sicuramente non positivo. La ragazzina prende fiato:

- Non sono più una bambina!- grida con tutta la voce che riesce a cacciare da quel suo esile corpicino, mentre le treccine dei capelli si scuotono appena in avanti.

Che sia un’altra Yuffie? Per carità! Ce ne sono fin troppe, per i miei gusti! Una è più che sufficiente!

 

Guardo Rude che mi fa cenno di sottecchi di lasciar scorrere. Annuisco senza farmi problemi. Infondo, si è trattato di un sfogo momentaneo. Probabilmente a Sheril dà fastidio che il padre la tratti ancora come una bambina, soprattutto in presenza degli amici del fratello.

Anche a me darebbe ugualmente noia.

 

 

Iniziano così le operazioni di ristrutturazione della cara e vecchia Kalm Town.

Per l’ennesima volta.

I cattivi disfano, e noi ricostruiamo. Non c’è problema!

La mattina, sveglia alle 8 in punto. Guai a fare un minuto di ritardo! Soprattutto per me, che ho il compito di gestire e dare ordini ai 30 soldier della Shin-Ra. Che figura ci farei, sennò?

Cinque minuti per prendere giusto un caffé, e si comincia la giornata.

Si effettua una pausa di circa 30 minuti, solo intorno alle 13 e 30, per pranzare. Poi si riparte.

I lavori terminano di solito intorno alle 18. Dopodichè, ai soldati viene concessa l’intera serata per divertirsi o semplicemente riposare.

Io e Rude alloggiamo in uno dei tre autocaravan gentilmente concessici da Reeve.

I letti sono a castello, molti comodi per la verità. Il sottoscritto purtroppo dorme di sopra. A nulla è servito il tentativo di convincere Rude a cedermi la cuccetta di terra.

Il bagno è l’unica pecca dell’autocaravan. Molto piccolo, con una finestrella grande quanto un piatto e uno sputo di doccia.

Normalmente la sera non c’è molto da fare. Verso le 21 io e il mio socio ci dirigiamo nell’unico pub di Kalm che non è stato danneggiato dalla battaglia.

Qualche volta portiamo con noi anche Sheril, che a quanto pare, sembra essersi innamorata di un suo “collega”. Un ragazzo di appena 23 anni, con un faccino calmo e pacato. Sembra un tipo apposto, anche se a Rude l’idea non è che vada tanto a genio… “Due fidanzati non possono lavorare insieme. mi dice. In parte ha ragione. Ma in realtà, la sua, è solo la paura di un fratello che vive nell’angoscia di perdere l’amata sorellina.

Sheril però non è più una bambina. E’ una donna!” gli ho risposto io. Dovrà pur sempre sposarsi, avere una vita sua… Non può giocare a fare la casta monaca!

E Reno ne sa qualcosa…

 

 

Questa mattina la temperatura è abbastanza bassa per i miei gusti.

Ho dovuto farmi prestare una sciarpa da un amico di Sheril, altrimenti rischiavo di congelare.

Rude al contrario, è fresco e pimpante come una rosa.

- Ma non hai freddo?- domando così, per curiosità.

 

Il pelatone scuote la testa.

 

- Beato te!- ribatto secco, e con un’invidia da fare schifo a chiunque.

Restiamo lì, nella piazza centrale, ad osservare i lavori. Tutto si svolge per il meglio. Ognuno fa la sua parte, soprattutto quelli della WRO, così diligenti ed attaccati al pianeta.

Mentre osservo un paio di soldier che stanno smuovendo un cumulo di terra con delle grosse pale, mi viene alla mente qualcosa.

 

- Rude… - Chiamo il compare per esortarlo a prestarmi attenzione, successivamente proseguo – I ribelli della Giungla delle Pistole, furono tutti trucidati, non è così?

 

L’uomo pelato mi fissa appena mezzo secondo, per poi annuire flemmatico.

- Perché questa domanda? – chiede perplesso. Avrà come al solito capito già tutto?

 

- Secondo te, è possibile che…

 

- Affatto. – mi anticipa al volo. – Nessun membro è più in vita.

 

-Ma se Zerydan si fosse sbagliato? Voglio dire… lui si è infiltrato in quel gruppo con la falsa intenzione di farne parte, si è fatto accettare dai ribelli che l’hanno bevuta, e alla fine li abbiamo incastrati grazie alle sue preziose informazioni, ma… se gli fosse scappato qualcosa? Se

 

- Troppi “se”. – Rude è sempre il solito. Sbrigativo, secco, conciso. E’ lui, insomma!    

Non ho neppure il tempo di controbattere. Qualcuno chiama il mio nome.

Faccio un mezzo giro per voltarmi, e vedo un sodato della WRO, venirmi incontro con qualcosa tra le mani.

 

- Cosa c’è?- domando perplesso.

 

Il berretto rosso mi porge gentilmente un telefono.

- E’ per lei, signore! – esclama, per poi congedarsi in un attimo.

 

Mi porto l’aggeggio all’ orecchio, mentre continuo a domandarmi chi è che possa aver chiesto di parlare con me. Dopotutto, è una linea privata della WRO. Appartiene a Reeve. Sarà senz’altro un suo contatto. E allora, io che c’entro?

 

- Pronto?- pronuncio soltanto.

 

Rude mi fissa in faccia, per poi stupirsi immediatamente non appena il pallore che avevo in viso, svanisce per lasciare posto a un colore più acceso.

Il socio comincia a grattarsi la testa, assumendo un’aria sempre più meravigliata. E non ha tutti i torti!

Sono meravigliato tanto quanto lui, di sapere che dall’altro capo c’è quella divoratrice impavida di Materia!

 

- Yuffie?!- rispondo a stento. Quasi non credo alle mie orecchie!

 

Il pelato finalmente si tranquillizza.

Mi allontano quatto quatto da lui, compiendo un passettino alla volta per non dare troppo nell’occhio, e mi apparto in un posticino isolato da sguardi e orecchie troppo invadenti.

 

- Dove sei? – le domando, con la vaga sensazione di vedermela dietro da un momento all’altro.

 

- A Midgar! Speravo proprio di vederti, ma quando Reeve mi ha detto che tu e il tuo socio eravate stati assegnati al progetto di Kalm, mi sono un po’ intristita… così gli ho detto se potevo parlare un attimo con te! – fa lei, tutta festosa, con la voce sempre allegra.

 

- Mi hai fatto prendere un colpo, sai?! Sentirti a telefono per me è una gran bella novità!

 

- Non è che ti sei stancato di me e che mi hai tradita con Rosso?

 

- Non dire dabbenaggini! Piuttosto, stai bene?

 

- Benone, direi! Sai, sono diventata una seguace di… Chaos!

 

Al suono di quel nome, sento il sangue gelarmisi completamente.

 

Chissà perché ma… ho una gran brutta, brutta sensazione.

 

Resto paralizzato, non so più cosa dire. E faccio bene! Yuffie mi rifila una parola dietro l’altra.

La sua, sembra la voce di chi si sia innamorata a prima vista di una cosa che praticamente non potrà mai avere!

La sua, sembra la voce di chi ha avuto un improvviso colpo di fulmine!

 

La conversazione si chiude dopo circa dieci minuti.

Riattacco con un indice che fa fatica a schiacciare il pulsantino di fine chiamata, e ritorno automaticamente da Rude che non appena mi vede arrivare, si sfila via gli occhialini per osservare meglio la mia faccia, come dire, distrutta.

 

Mi sento un rifiuto!

 

Poco dopo sopraggiunge Sheril.

Vedendomi giù, si fa avanti senza stare in attesa:

- Non ti senti bene? – mi domanda gentilmente. Con quei suoi modi garbati, da vera signorina per bene.

 

Guardo Rude, subito dopo la sorella.

- Per niente!!!

 

 

Spiego loro il perché di così tanto abbattimento. Racconto per filo e per segno tutte le parole che sono stato costretto a sorbirmi durante la conversazione con Yuffie. Ho fatto la figura dell’idiota, praticamente non ho replicato a nessuna delle sue provocazioni! Perché di provocazioni si trattava, no?

Non ditemi che Yuffie si è davvero innamorata di quell’essere immondo, che ha per giunta salvato il pianeta?!

 

E’ come se intorno a me si fossero rotti centinaia e centinaia di specchi.

Il fragore che c’è in me, è lo stesso. Sono tutto scombussolato!

 

Sentirsi dire “Chaos è proprio il massimo”, “Chaos è semplicemente stupendo” “I suoi occhi mi hanno letteralmente rapita”, dalla propria ragazza, mette indubbiamente di cattivo umore!

 

Rude e Sheril si scambiano un’occhiata d’intesa.

Dopodichè, mi sento puntare dai loro sguardi.

Rabbrividisco ancora di più, poi mi copro la bocca con la sciarpa verde, quasi a voler trovare un riparo da quelle occhiate così decise, che non premettono nulla di buono.

 

- Che… che c’è?- pigolo a stento.   

 

- Qui ci vuole un rimodernamento totale del tuo look! – esclama Sheril, con una fiamma improvvisa negli occhi.

Rude approva secco e deciso.

 

Ho l’impressione che per me sarà alquanto difficile declinare l’invito…!

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

 

 

 

Anche stavolta aggiorno con una certa fretta causa lavoro pressante!! TTvTT

Grazie di cuore a tutti voi per le recensioni! Le leggo con piacere e mi fate sempre sorridere! ^__^

Un abbraccio affettuoso!

 

Botan

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Capitolo 20
*** Ecco qual è il problema: sono troppo geloso! ***


CAPITOLO 19

                              CAPITOLO 19

 

 

 

 

Una giornata davvero graziosa, qui a Junon Town.

 

- Davvero un peccato restare in casa, non trovi anche tu, Sheril?- chiedo alla giovane, nella speranza che prima o poi mi lasci definitivamente andare.

 

La sorella di Rude non batte ciglio.

La sua decisione è irremovibile.

Dopotutto, il mio look va cambiato, no?

 

“Dobbiamo cambiare un po’ di cose, se vuoi che la tua ragazza si interessi nuovamente a te!” mi ha detto quando eravamo ancora a Kalm. “Quando torneremo a casa, tu verrai con noi!” aggiunse poi, con la piena approvazione del fratello.

E così è stato.

Abbiamo finito di risistemare Kalm due giorni fa.

Il padre di Rude si è poi offerto di accompagnare il mio, nella propria casa, e successivamente di portare noi tre a Junon.

Tseng è stato chiaro: 2 settimane di ferie per fare i nostri comodi!

Elena è tornata dai suoi genitori, ma sono più che certo che lei in quella casa non resisterà più di tre giorni.

Il capo penso che sia ritornato al Sanatorium, lasciando così definitivamente il bunker sotterraneo a Fort Condor, mentre Rude ed io ci siamo spostati a Junon. Premetto che è stato suo padre in persona a supplicarmi di venire. Quell’uomo deve volermi un gran bene… sarà perché sono il migliore amico di suo figlio?

 

La casa di Rude è davvero spettacolare. Due piani di incredibile raffinatezza, ed un arredamento impeccabile. Merito della mamma, una donna affabile e gentile, come Sheril.

 

- Sicuro di non volerla tagliare, questa coda? – mi chiede la ragazza, brandendo un paio di forbici, pronta a recidere qualsiasi punta fuori posto.

 

- No, grazie! Ci sono troppo affezionato! – replico repentinamente, con la paura di vederla cadere giù da un momento all’altro. I miei capelli sono sacri!

 

- Ok… Allora elimino giusto qualche ciuffo di troppo.

Sheril inizia a sfoltire la mia zazzera, ciuffo dopo ciuffo. Vedo cascare poco per volta una miriade di peletti rossicci, che poi si vanno a posare sul pavimento biancastro, spruzzandolo con un po’ di colore. 

Per me questo è uno scempio! Ci ho messo così tanto a fargli prendere la forma che più desideravo, e ora, per colpa di una ladruncola wutaiana, sta andando tutto in frantumi. Miseria…!

 

Dopo circa un quarto d’ora, Sheril riposa le forbici sulla superficie piatta di un tavolo, ed inizia accuratamente ad asciugarmi la zazzera.

Osservo Rude, dal retro della mia frangia che mi cela ampiamente gli occhi, e sbuffo appena nel vederlo così sereno e divertito.

 

- Guarda che non c’è niente da ridere! – replico un po’ spazientito. - Tu di questi problemi non ne hai!

La mia frecciatina lo colpisce in pieno. Rude si fa serio, come del resto lo è sempre stato, mentre riprende la lettura del libro che poco prima aveva accantonato.

La seduta di bellezza dura circa un paio d’ore. Al termine delle quali, Sharil mi mette tra le mani un telefono. Lo guardo, ma in quel momento non capisco il perché del suo gesto. Corruccio la fronte come per dire “che ci faccio con questo?”, quando la ragazza, tutta decisa esclama:

- Chiamala e chiedile un appuntamento!

 

Prima deglutisco, dopodichè cerco appoggio nello sguardo rassicurante di Rude che a causa della frecciatina di prima, non mi dimostra nessun interesse.

Prendo fiato, e sospiro. Ok! Ho deciso!

Afferro il telefono e compongo il numero del suo ricevitore, senza pensarci nemmeno un secondo.

 

E’ il momento di farsi valere!

 

 

 

- A Edge, domattina! – dico con enfasi, e voce tesa, non appena riattacco.  

Sheril fa un saltello per l’emozione, poi arrossendo cerca di contenersi.

Rude non fa altro che leggere. In realtà, anche lui vorrebbe saltare dalla gioia, proprio come me.

Chissà che dirà quel rospetto, non appena vedrà il mio nuovo look…

Ora che ci penso… non mi sono visto ancora allo specchio.

Faccio per alzarmi, ma Sheril mi precede.

- Ti ammirerai domattina. Porta pazienza ancora un po’! – fa con semplicità. Ancora un po’? Ma mancano 12 ore, prima che arrivi domani!

 

Questa notte la passerò sicuramente in bianco! E’ certo!

 

Vado a letto scortato da Rude che ha il compito di sorvegliarmi affinché io non mi specchi da qualche parte, e gli do la buona notte.

La camera in cui dormo,è così grande…! Altro che stanzino del Sanatorium

Il letto è morbido, e le lenzuola profumano di pulito. Sono così calde e accoglienti, che mi addormento in un batter d’occhio.

 

 

 

Qualcuno sta bussando alla mia porta.

Mi rintano sotto le coperte, nella speranza che prima o poi quel qualcuno si arrenda e mi lasci dormire ancora un po’.

 

- Sono le 7. – annuncia un vocione a me familiare. – Se non ti alzi, farai tardi. Edge non è dietro l’angolo.

 

Faccio capolino poco alla volta dalle coperte, e lancio un’occhiata alla sveglia.

Sono effettivamente le 7. Ed Edge non è dietro l’angolo. Cazzo! Rude ha ragione!!!

Salto giù dal letto in un lampo, e mi fiondo subito di fuori.

Non appena apro la porta, la mia faccia affonda nel torace di Rude che non si scosta neppure di un millimetro.

 

- Perché non mi hai svegliato prima?! – gli faccio, con una voce un po’ impastata ed incazzata e lo sguardo probabilmente un po’ assonnato ma altrettanto incazzato.

 

- E’ mezz’ora che ti chiamo. – risponde secco lui. ccidenti!!!

 

Poco dopo, Sheril fa la sua comparsa. E’ ancora in vestaglia, ha la faccia assonnata ma stringe qualcosa tra le braccia. Osservo il fagotto con insistenza e un po’ troppa curiosità, fin quando la sorella del mio amico non si fa avanti.

- E’ per te! Un piccolo pensiero. – dice timida.

 

Dapprima resto interdetto, fisso Rude, poi Sheril, e successivamente il sacchetto che la ragazza mi offre.

Lo prendo anche se con imbarazzo, ci do una sbirciatina, e poi inarco le sopracciglia.

- Sono vestiti?!

 

Sheril annuisce timidamente.

- Con questi sarai perfetto! – mi dice in seguito, con un bel sorrisino sulle labbra.

 

Non so se commuovermi… forse sarebbe troppo eccessivo… poi, finalmente mi decido.

Mi dirigo verso la giovane ragazza, e la stringo forte forte a me, sussurrandole un dolce “grazie” all’orecchio.

Dopodichè arriva il turno di Rude. Guardo l’amico pelato che intuisce subito le mie intenzione. Sto per abbracciarlo quando lui si difende mettendo le mani in avanti.

 

- Vestiti, o farai tardi. – dice sbrigativo, tirando in seguito un sospiro di sollievo, anche se sapientemente nascosto.

 

Corro come un lampo a prepararmi.

Faccio una doccia alla svelta, e poi subito a vestirmi.

Infilo prima il maglione, di un tessuto verde chiaro davvero brillante, e oltretutto soffice come una nuvola.

Afferro dopo il jeans, dal taglio classico e dal colore davvero insolito. Una sorta di beige tendente all’ocra. Un bel contrasto, non c’è che dire. Dopo aver infilato le scarpe da ginnastica, sto per lasciare la stanza quando all’improvviso vedo qualcosa sul comodino.

E’ quello strano ciondolo che ho trovato nei bassifondi di Midgar. Lo prendo, e così, per completare il look, e nella speranza che mi porti fortuna, me lo allaccio tra un passante e l’altro del jeans.

Lascio la stanza, e mi dirigo alla svelta di sotto.

Sheril e Rude sono lì che mi aspettano.

Prima di partire, la ragazza si offre gentilmente di darmi una sistematina ai capelli, pettinandoli a modo con le sue manine d’oro.

Non sto più nella pelle: voglio specchiarmi!

 

- Sheril, adesso posso guardarmi allo specchio? Per favore! – replico con una voce da bambino e tutta tenera.

 

- Manca ancora l’ultimo tocco! – con un rapido movimento, la giovane mi poggia un paio di occhialini verdi proprio sul naso. Resto interdetto per due secondi netti, poi però mi convinco: vedere tutto verde, non è così male!

 

Arrivo davanti allo specchio con gli occhi e il cuore in gola. E se il nuovo look non dovesse piacermi? Che faccio in quel caso? Le dico che non mi piace? Attirerei senz’altro le antipatie di Rude…

Tenterò di sorridere. E se poi non ci riesco? Devo almeno sforzarmi, diamine!

Riapro gli occhi nello stesso momento in cui la mia immagine viene riflessa dallo specchio.

Rimango a bocca aperta, sbalordito da ciò che vedo. 

 

- Ma… ma tu sei un mostro, Sheril! Dovresti aprirti un salone di bellezza! – Quello lì sono davvero io? Impossibile! Questo specchio è truccato, senz’altro! Io non sono così bello, andiamo! Sembro quasi uno studente universitario, ragazzo di buona famiglia che ha un carattere mite e tranquillo. Ma chi, io? – Scherziamo?!

 

- Prego…? – balbetta Sharil, guardandomi con aria confusa.

 

Scuoto la testa.

- Niente! Dicevo… è fenomenale! Sembro un’altra persona! Non sarò troppo bello, eh Rude?

 

Rude non batte ciglio, e resta lì, immobile a fissarmi.

 

- Pensa se mi vedesse Elena…! O addirittura Shisune!

 

- Shisune?- ribatte la ragazza, con tono curioso.

 

- Una mia vecchia fiamma… Comunque, penso che sia giunto il momento di andare! – dico furbo, per trarmi dall’impaccio.

 

 

Shisune.

La dolce ma difficile Shisune. E’ stata la mia prima ragazza. La prima che io abbia considerato come una vera fidanzata. Più o meno.

Con le altre, di solito, non durava più di una settimana.

Frequentava l’accademia Shin-Ra, aveva un annetto meno di me, e stava nella classe affianco alla mia.

La cosa buffa, è che anche lei veniva più o meno da Wutai.

Divenne anch’ella un membro dei Turks, il Turk più giovane della storia, ma poi ella venne affidata alla fazione di Mideel, mentre io fui inviato a Midgar. Ci lasciammo così, senza dire nemmeno una parola. In fin dei conti, io le volevo un gran bene, ma evidentemente non abbastanza da soffrire per lei, e per quell’allontanamento forzato. O forse, fu l’orgoglio a rendermi così cieco e così… stupido.

So che sta con Zerydan, l’ex bodyguard di Don Corneo, che poi decise di diventare anch’egli un nobile e valoroso Turk.

Lui? Un bravo ragazzo! Anche se ci ho litigato in più di un’occasione, Shisune non poteva sperare di meglio.

Tuttavia, ogni tanto mi capita di ricordarla con affetto, con nostalgia. Quello stramaledettissimo orgoglio…! E’ stato la rovina di tutto. Se non fosse successo quel casino, forse a quest’ora saremmo ancora insieme. Per la prima volta ne ho certezza. Io e Shisune.

La dolce e mai dimenticata Shisune.

 

 

 

- Pensi ancora a lei? – mi sento chiedere da Rude. La sua voce mi coglie alla sprovvista.

 

- Lei?

 

- Cissnei.

 

- Ah… Shisune. – rimando io, un po’ mogio, e con la voce che ha il sapore della nostalgia. Rude pronuncia il suo nome correttamente, mentre io mi limito a storpiarlo come ho sempre fatto, praticamente da quando io e lei ci siamo conosciuti. Perché lo faccio? Beh, per gioco!– Ogni tanto. Ma ormai è solo un ricordo.

 

- Non dovevi lasciarla andare.

 

- Lo penso anche io.

 

- Errori di gioventù.

 

- Già.

 

- O troppo orgoglio.

 

- Mi stai facendo il terzo grado, pelatone?! – incrocio le braccia al petto indispettito- Ti ho già detto che quella donna è ormai storia vecchia. Vecchissima! E’ così vecchia che la muffa fa a botte per accaparrarsi un angolino dove potersi sistemare!

 

Eppure, a distanza di anni, mi piacerebbe rivederla. Sono curioso di vedere la donna che è diventata.

 

Già. Rude ha ragione.

Orgoglio, errori di gioventù… Shisune fa ormai parte dei miei cari e vecchi giorni di gloria.

Sorrisi arroganti, il cielo di un pomeriggio di sabato, quelle stagioni che non ritorneranno mai. Ricordi da adolescente, giorni eterni che io non dimenticherò mai. Tuttavia… saranno per me sempre un semplice e caro ricordo, rivolto solo a strapparmi via una smorfia di riso, e nulla più.

E poi… sono più che sicuro che per me, ci saranno ancora un’infinità di giorni di gloria…!  

 

 

 

- Ti lascio qui, va bene? – risuona altisonante il vocione di Rude, che frena nei pressi di un viale di Edge.

 

Faccio di sì con la testa, poi tento di aprire lo sportello dell’auto, ma qualcosa va storto.

- Accidenti! Perché questo maledetto affare non si apre?!   

 

- Sei agitato. – sentenzia Rude, sicuro di ciò che ha appena detto.

 

- Eeeh? Io?- mi giro di scatto verso di lui, e lo fisso con due occhi sconvolti. – Come sarebbe a dire?

 

- C’è la sicura. Per questo non si apre. – mi rivela il socio, mettendo poi le mani sul volante, pronto a partire.

Giro lentamente il capo in direzione della portiera. La sicura è inserita.

Ha ragione Rude, a dire che sono agitato! Agitatissimo, ribadirei!

Tolgo la sicura con modi garbati, ed apro così la portiera dell’auto. Quando sto per uscire, ho un improvviso calo di fiducia che mi convince quasi a rinunciare:

- Ripensandoci bene… guarda che nuvole, zo to! – esclamo puntando un dito al cielo- Potrebbe piovere… o perfino diluviare!

 

Rude questa volta non mi sostiene. E così, sbattendomi un ombrello pieghevole tra le mani, mi spintona fuori con una delle sue violente manate dalla quale vi è impossibile tirarsi indietro.

 

L’auto nera e lucente dei Turks riparte, lasciando il sottoscritto solo come un cane, e in balia del suo inesorabile destino.

Volgo lo sguardo al cielo, e cerco di farmi forza inspirando lentamente e con fermezza. Sembro quasi una donna incinta.

 

Guardo l’ora sul quadrante del mio orologio da polso, le lancette segnano quasi le 11.

Temo che sia giunta la mia ora.

 

L’ora della verità!

 

Il luogo dell’appuntamento non è tanto distante da dove mi trovo. Così, mettendomi l’anima in pace, mi incammino silenziosamente tra le vie non proprio affollate di Edge, con in mano l’ombrellino prestatomi da Rude.

 

Durante il tragitto ho modo di incontrate con una frequenza assai assidua, orde di ragazze che parlano costantemente al cellulare, il più delle volte lo fanno scordandosi perfino di trovarsi in un ambiente pubblico. La cantilena è la stessa: tutte sembrano avere problemi d’amore!

C’è la ragazza che si sfoga con l’amica, dicendole che il suo “lui” non l’ha più telefonata da quella famosa sera in cui lei lo aveva beccato tra le braccia di un’altra. C’è l’isterica pazza che urla a squarciagola con il suo interlocutore, accusandolo di “troppa invadenza” e di non lasciarle mai i suoi spazi. E poi, c’è anche la tipa che decide di troncare i rapporti con il suo ragazzo mediante una semplice telefonata: “Mi dispiace ma… non sento più quello che sentivo all’inizio! Prendiamoci una pausa per riflettere…ti va? Magari…mi faccio sentire io!” Certo! Si fa sentire lei! Quel poveraccio diventerà vecchio se avrà l’ardire di attendere la sua telefonata!

Oh! Naturalmente, c’è anche chi tronca dicendo semplicemente “Mi sono innamorata di un altro!” !!! Bell’incoraggiamento per uno come me che ha il cuore in gola, i polpastrelli sudati e lo stomaco chiuso!

La testa mi si è riempita di cattivi propositi. Non la vedo più tanto rosa come la vedevo questa mattina, prima di partire da Junon.

I miei piedi si arrestano proprio d’innanzi al luogo dell’incontro.

E’ uno di quei parchi pubblici, con tanto verde, aiuole e fiorellini, panchine, cancelli e mocciosi che giocane a soldier e ladri, rincorrendosi a più non posso nei verdi prati.

- Non male come luogo per dirsi “addio”!- bofonchio tra me e me, mentre sento l’agitazione salire, salire, salire…!

Do giusto uno sguardo nei dintorni. Di Yuffie nemmeno l’ombra. Mi chiedo solo se conciato così, sarà in grado di riconoscermi… Forse dovrei girare con uno di quei cartelli che si usano all’aeroporto quando si va a prendere un viso nuovo… chissà!

Intanto, la mia vista cattura uno splendido posticino, perfetto per aspettare lontano dalla confusione di questi mocciosi rumorosi e fastidiosi come mosche impertinenti.

 

Vado dritto alla meta, tagliando per le aiuole, e mi accaparro il posto.

C’è uno sgabellino di legno fatto a misura di bambino, che sembra sussurrarmi “siediti”.

Se sento le voci, allora devo stare veramente male! 

Faccio come dice, e mi seggo. Proprio alle mie spalle, c’è una balaustra fatta ad aste che separa il parco da un laghetto artificiale ma ugualmente grazioso.

Edge è una città con pochissimo verde. Qui, quasi tutto è fittizio. Perché? Beh, perché Edge in realtà è Midgar! O perlomeno, a me piace chiamarla così. Lo fanno in molti. In realtà, per essere corretti, Edge è una città costruita attorno alla vecchia e completamente distrutta Midgar. I confini che le separano sono praticamente nulli. E’ come se la vecchia città si fosse allargata, espansa. E’ definita da molti un po’ come la “nuova Midgar”, un posto sorto per accogliere gli sfollati e le persone che hanno perso le loro case nella catastrofe di tre anni fa.

Non c’è verde perché anche le estremità che a quel tempo delimitavano Midgar, sono state “sterilizzate” dal caos di quei giorni.

Ad ogni modo, anche se si tratta di un’espansione di una metropoli in disuso, Edge per legge non ha niente a che vedere con Midgar. E’ solo una bella e costosissima città costruita dopo la scomparsa di Meteor.

Per me, comunque, rimane pur sempre Midgar!

    

 

Mi metto lì, buono buono, e aspetto.

Per ammazzare il tempo, estraggo dalla tasca dei pantaloni un libretto. Il titolo è “Turks”. Originale, vero?

Sulle sue pagine vi è descritta la storia di questo corpo speciale della Shin-Ra, e le basi su cui il movimento è fondato. Cosa fa un Turk, quali sono le sue mansioni, gli obblighi e i doveri, l’origine della divisa che siamo obbligati ad indossare… più altre nozioni utili ed una piccola sezione dedicata alle mappe del pianeta. In realtà, è questo il motivo del perché me lo sono portato appresso. Per avere una planimetria dei confini di Midgar, molto più dettagliata. A nessuno farebbe tanto piacere perdersi mentre la propria ragazza aspetta tutta speranzosa l’arrivo del suo bel cavaliere.

Alle donne non piacciono i ritardi.

A quanto pare però, quella ad essere in ritardo è proprio lei.

Comincio un po’ a fare brutti pensieri. Che la WRO le abbia affidato una missione “dell’ultimo minuto”? Ma perché allora non mi chiama?! Non è che c’è di mezzo quel “Chaos?! Forse non è ritornato al pianeta, e quella birichina gli è corsa dietro per stare al suo fianco! 

Mi do una scrollata. Sto lavorando troppo d’immaginazione.

 

Sento all’improvviso un chiacchiericcio nelle vicinanze. Mi volto come attirato, cogliendo in fragrante un gruppo di ragazze che mi stanno osservando con aria graziosa. Stai a vedere che ho fatto colpo su quelle là?

Una di loro mi sorride con dolcezza. Faccio finta di nulla, e mi rimetto a leggere.

Sto per voltare foglio, quando un’ombra mi si proietta sulle pagine del libro, togliendomi così luce alle righe.

 

Sollevo gli occhi di appena qualche centimetro.

La giovane donzella col sorriso dolce si è fatta avanti. Difatti, l’ombra è la sua.

 

- Ti serve qualcosa? – chiedo così, giusto per comunicare.

 

- Vai all’università di Edge?- Chi, io? Ma scherziamo, forse?! 

 

- Direi di no!- rispondo quasi con sarcasmo.

 

- Perdonami, ma… hai l’aria di essere uno studente modello!- fa lei timidamente, con le guance che iniziano a prendere colore. 

 

Sorrido, quasi divertito da quel complimento.

- L’abito non fa il monaco!

 

Mi sento poi osservare completamente da cima a fondo. Fisso la giovane quasi a volerle dire “che vuoi da me?” ma mi trattengo.

- Sto cercando qualcuno che può darmi una mano con gli studi. Mi servirebbero delle ripetizioni…- gli occhi della ragazza si fanno sempre più invadenti, così, per ovviare al problema porto lo sguardo altrove, e sbuffo sottovoce.

 

- Non guardare me, non posso darti quel genere di ripetizioni.- dico secco, avendo compreso appieno il significato di quelle sue allusioni.

 

- Hai la ragazza…?- replica lei, con un tono di voce mogio mogio, scoraggiato.

 

- Sì.- Anche se in questo momento, non so dove.

Getto uno sguardo all’orologio. Un’ora di ritardo sarà o non sarà da Yuffie?

Adesso che ci penso… questo è il nostro primo appuntamento. Potrebbe essere un suo difetto, quello di arrivare in ritardo. Altro che Chaos! Scommetto che sarà in giro a rubacchiare Materia, quella dannata ladruncola! La giovane nel frattempo è ancora lì, ferma come una statua di marmo, che non perde occasioni per fissarmi. – Se non ti dispiace…- faccio io, in modo da farle capire di spostarsi dalla mia traiettoria e di ridarmi la luce.

Sento i suoi passi allontanarsi appena. Per evitare fraintendimenti, decido di non guardare, fingendomi sempre più disinteressato alla cosa.

Alla fine si è arresa.

Tiro un sospiro di sollievo, e aspetto, forse in eterno, l’arrivo di quella sciagurata che mi ha lasciato qui, solo come un cane!

Avrei potuto benissimo tradirla con quella lì, che oltretutto non era per niente sgraziata.

Ma, se non l’amassi così tanto, forse non sarei nemmeno qui.

 

Continuo a leggere il libro, quando l’ombra inaspettata si rifà viva. Questa volta sbuffo pesantemente. O la ragazza è dura d'orecchi, oppure lo fa apposta per provocarmi.

A questo punto, resta una sola cosa da fare: usare le giuste parole!

Sicuramente andrà via stizzita e non si farà più viva! E’ collaudato.

- Se non vai via tu, ti prendo a calci nel sedere io! – annuncio con tono schernitore, ma duro e scortese allo stesso tempo.

 

Sento un “eeeh?!” bello arrabbiato e quasi meccanico. Avrà senz’altro capito che non sono il ragazzo studioso e gentile che si credeva lei.   

 

- Oh beh! Se la metti così, vado via io! E non scomodarti a mostrarmi la strada!

 

La voce imbestialita non era di certo quella dell’audace ragazza di poco fa! Il tono è diverso, la cadenza, poi! Wutaiana al cento per cento!

Alzo il capo di botto, e vedo la giovincella andar via con passo spedito e corrucciato.

Do un’occhiata al cielo, poi, sospirando parto in quarta e vado a raggiungere l’esserino offeso.

 

- Yuffie, per la miseria! Non pensavo che fossi tu!

 

La ladruncola si gira di scatto, come un felino, puntandomi addosso quel suo sguardo corrucciato.

- E chi, allora? – replica incrociando le braccia al petto.

 

- Un’altra persona, ovvio! – guardo Yuffie bene in viso, che non sembra per niente soddisfatta della mia risposta. Sospiro – Una ragazza. Pensavo fosse un’altra ragazza.

 

- Ah, meglio ancora! Ti sei preso la briga di gestire ben due appuntamenti, bravo! – ribatte secca, mettendosi le mani sui fianchi.

 

Metto da subito le mani avanti:

- Non è così! Lo sai benissimo! E poi, non mi sembra il caso di fare la risentita! Piuttosto, con un’ora di ritardo, il risentito dovrei essere io! Non ti pare?

 

La giovane di Wutai perde la parola e si guarda intorno con un faccino che seppur ingenuo e tutto tenero, ai miei occhi rimane pur sempre colpevole.

 

- Quest’espressione da pulcino non ti salverà di certo! – faccio tutt’altro che dolce, replicando a tono.

Yuffie ed io restiamo in silenzio per un po’, e alla fine, quello a cedere per primo è sempre e solo il sottoscritto.

E’ inutile. La sua espressione da bambina, quel nasino tutto tondo e simpatico, mi fregano sempre!

E così, le vado incontro senza tanti indugi, e me l’abbraccio.

 

- Come sei morbido!- sento esclamare dalla sua graziosa vocina, che mi fa subito tenerezza. Tutto merito del maglione! – Sai che da lontano non ti avevo riconosciuto? Ho faticato un bel po’ a capire che quel tipetto dall’aria elegante in realtà eri tu! Se non fosse stato per il colore dei tuoi capelli, addio appuntamento!

 

- Ma davvero sembro un tipo elegante, zo to?

 

Yuffi si discosta da me giusto il tempo di replicare secca:

- Per gli altri forse sì, ma per me rimani pur sempre il solito zotico! – conclude facendomi una linguaccia e nasconde la testa tra i ciuffi verdognoli del mio maglione.

 

Ma tu guarda! Io mi faccio bello per lei, e il mostro non sembra apprezzare per niente il look!

Mi sento un po’ ferito nei sentimenti. Pensavo di stupirla, ma in fin dei conti, la reazione che aspettavo non si è poi tanto verificata.

Allora è vera quella faccenda su “Chaos!? Yuffie ha davvero perso la testa per quel… mostro?!

Mi sento rabbrividire tutto d’un botto. Proprio come una lunga frustrata dietro la schiena, il brivido mi accerchia, mi ferisce, mi consuma.

 

Ecco qual è il problema: sono troppo geloso!

 

Allontano gentilmente Yuffie da me.

- Se trovi che quel “Chaos”, abbia molto più stile di me, allora perché non vai da lui?- Ammesso che sia ancora in vita, naturalmente.

 

- Chaos? Cosa c’entra Chaos, adesso? – replica all’istante, restando un attimo interdetta.

 

- Chaos. Il grande Chaos! Non ti eri presa una cotta per lui, o sbaglio? – dico con intonazione sostenuta, cercando a malapena di contenere una girandola di emozioni negative che vanno a zonzo nel mio povero cervello logorato dalla gelosia.

 

In un primo momento Yuffie mi fissa con perplessità, poi, subito dopo, scrutando a fondo nei miei occhi, sul suo splendido faccino appare un sorriso. La vedo a stento che tenta invano di trattenere un risolino di scherno. Io al contrario, muoio dalla voglia di farle un’isterica scenata di gelosia. Cerco di calmare i miei bollenti spiriti che non hanno la benché minima intenzione di starsene buoni, mi metto le mani in tasca come per sedarmi, nella speranza che il gesto mi infonda un po’ più di stabilità emotiva, e tutto sembra andar meglio.

Yuffie vorrebbe parlare, poi si trattiene. La vedo dischiudere quella sua boccuccia indisponente, per poi richiuderla ancora una volta. Cazzo! Lo fa apposta!! Sa che sto aspettando con molta impazienza un responso, ma lei no! Lo fa di proposito, per mantenermi ritto su di un piano di spine!

 

- Non ho voglia di giocare, Yuffie! Non ci trovo nulla di divertente! – replico a denti stretti, con la fronte piena zeppa di grinze e le sopracciglia aggrottate.

 

- Sei buffo! – sento dirmi all’improvviso, dalla sua voce ridente e gioiosa come non mai.

 

- Tu no!- dico sbrigativo.

 

- Scommetto che per tutto questo tempo, non hai fatto altro che pensare a Chaos! Non è così?- fa in seguito, con saccente ironia, incrociandosi le mani dietro la schiena ed inarcandola poco poco in avanti, verso di me. – Geloso?

Il suo tono non mi piace affatto. E mi ferisce.

 

- Non giocare con i miei sentimenti! Io sono stato male davvero! Credi che mi diverta a vederti sempre in giro, chissà dove e chissà con chi, mentre ti sposti da una parte all’altra senza fermarti mai?! Quando non ho tue notizie, mi il sangue alla testa! – emetto a voce chiara e con una serietà impassibile.

 

Yuffie si rimette composta, le sue labbra si sfioriscono, il sorriso si ritira come se lei stessa sentisse il dovere di occultarlo. Fa poi un piccolo passettino verso di me, e si lascia cadere sul mio torace, accoccolandoci la sua testolina.

 

Stavolta però, non cedo alle sue attenzioni, e resto fermo, immobile senza cingerla in un nessun stretto abbraccio. Non saranno di certo un paio di moine, a convincermi!

E’ ora che anche Yuffie si dia da fare per farsi volere bene, da me!

 

La ragazza si stringe con più forza, le sue esili braccia scendono giù, fino ad avvitarmi i fianchi. Per un attimo il mio cuore sussulta, rabbrividisco. Un brivido pungente che mi attanaglia lo stomaco, una sensazione forte che prende alle viscere, i suoi movimenti quasi mi fanno il solletico. Mi scuoto tutto, e a malapena trattengo il controllo.

 

- Ogni volta che ti vedo, mi faccio sempre la stessa domanda: Mi loderà? Mi accoglierà con una delle sue parole “gentili”? E tutte le volte, tu puntualmente lo fai. Non oggi, però. - mi dice quasi abbattuta, con un timbro nostalgico, attaccato ai ricordi del passato- E’ perché ti ho fatto arrabbiare così tanto, vero? Non c’è niente da lodare nel mio comportamento. E non c’è nessuna parola gentile per una come me, che non sta ferma un attimo! Lo capisco, sai? Fai bene a trattarmi così. Non posso sempre averla vinta. – rivela sembrandomi consapevole di tutto ciò- E’ ora che mi fermi un pochettino anch’io, e che impari a volerti bene. Anche se già te ne voglio tanto, Turk!

 

Sento la stretta di Yuffie farsi sempre più forte, più calda.

Per me è inutile anche solo provare a fare resistenza. Finalmente mi sciolgo anch’io. Merito di quelle parole che mi hanno scaldato il cuore, e fritto il cervello. Non capisco nulla, in questo preciso momento.

Le mie mani avvitano i suoi fianchi, morbidi e caldi, così come le sue che mi si cingono in vita sempre più forte, ma dolcemente.

Tengo stretto a me l’esserino, il piccolo scricciolo che si sente finalmente in colpa, che si è fermato per qualche attimo a pensare, e si è deciso a metter ordine nella sua vita sottosopra, che però le si addice a pennello. Yuffie è fatta così. Le voglio bene anche per questo.

 

- Sentiti libera di vivere come il vento, se ti fa piacere. – le sussurro all’orecchio, con estrema dolcezza, toccandole il capo che si affonda sempre più sul mio petto. – Basta che non mi trascuri, però! – enfatizzo infine, con un leggero scherno, scompigliandole tutti i capelli. 

 

- Lo farò!- mi pigola con un filino di voce sussurrata, e l’aspetto arruffato che fa subito tenerezza.

 

Schiocco un bacino sulla sua guancia, appena pronunciato. A giudicare dalla docilità, Yuffie se lo lascia dare senza tante proteste. Mi discosto appena appena, avvicinandomi alla sua bocca. Le prendo il viso tra le mani, sto quasi per sfiorare quelle labbra, quando la sua mano mi ferma, parandosi d’innanzi alla mia bocca.

 

- C’è… c’è gente! – fa balbettando, con gli occhietti che oscillano flebilmente e si vanno a posare verso il basso.

 

- Hai vergogna? – domando sorpreso, scrutandole quel visino arrossato. Mi annuisce. – Se vuoi, li mando tutti via, basta dirlo! – enfatizzo per tirarla fuori dall’impaccio.

 

- Reno! – replica lei, dandomi un colpetto gentile sul torace.

 

- Ok, ok!- faccio, prendendo la sua mano nella mia. – Allora, che si fa? Edge non è che offra molto… C’è qualche posto che vorresti visitare? Pensa… sono in ferie!

 

Yuffie d’improvviso si rianima tutta. Lo sguardo le si accende, il viso si colora di una luce nuova ed abbagliante.

- Andiamo ad Ajit! Andiamo ad Ajit! – dice di seguito, entusiasta come non mai.

 

Ajit?

- La Capitale Dimenticata? – faccio con una smorfia di sorpresa.

 

- Esatto! Ajit! Ajit! – continua imperterrita lei, facendo un saltello.

 

 

- Calma bimba! Sta buona! – replico quasi sorridendo.- Perché proprio li?

 

- C’è qualcosa che devi assolutamente vedere!

Le sue parole mi incuriosiscono abbastanza.

Va bene! Quand’è così, ci sto! Ti accontento!

 

Chiamo subito Rude che nel frattempo se ne sta in uno dei bar del quartiere, e gli dico in fretta e furia di aver bisogno dell’auto. Lui si farà riportare a casa da suo padre, che senz’altro non esiterà a venirlo a prendere. Non appena riattacco, guardo Yuffie che mi fissa speranzosa.

- Si ad Ajit! – esclamo con un sorriso di trionfo, mentre la ragazza fa un saltello di gioia.

 

 

Scorgo la sagoma di Rude, poco dopo, che si appresta a venirmi incontro. Yuffie si fa timida. Lo capisco dal fatto che, quasi repentinamente, scatta dietro la mia schiena per nascondersi.

- Non farti condizionare dal suo aspetto. Rude è una persona gentile. Un vero amico!- le faccio per rassicurarla. – Oltretutto, sa già di te!- esclamo compiaciuto.

 

- Eccoti le chiavi. – proclama il vocione inconfondibile del mio socio, porgendomi l’oggetto con due dita. Faccio per afferrare il portachiavi, ma mentre me lo tiro a me, il mio amico esclama:

- Trattala bene.

 

Tiro all’insù il pollice, e sorrido.

- Tranquillo, socio! Non gli farò nemmeno un graffio! Non ho intenzione di perdere altri mesi di stipendio…

 

Rude mi scruta con un’imperturbabilità che solo lui è in grado di sfoggiare:

- Non dicevo l’auto. – assente, per poi darmi di spalle e andar via nel più silenzioso dei modi.

 

Rimango un istante interdetto. Poi tutto mi è chiaro.

Si stava riferendo all’esserino che c’è dietro di me. Yuffie! Che non ha fatto altro che scrutarlo con timore, dal retro delle mie spalle.

Carezzo la testolina buffa della ragazza, non appena quest’ultima mi sbuca accanto.

La tratterò bene, socio, puoi giurarci!

 

 

 

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Botan si inchina e ringrazia sentitamente per i vostri splendidi commenti!

Tra un po’ vado in vacanza, e FINALMENTE potrò dedicarmi meglio alle mie amate fanfic e anche a voi cari lettori/lettrici! ^__^

Vi posto un link di un disegno che ho fatto anni orsono e che ritrae una scena della fanfic con il nuovo look di Reno:

http://2.bp.blogspot.com/_Y-wLnSbvRkk/S-RiXq75w2I/AAAAAAAAAMo/AU_9uTHcGrY/s1600/Botan+30.BMP

 

A presto!

 

Botan

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Capitolo 21
*** Dopotutto, è una bambina! ***


CAPITOLO 20

                            CAPITOLO 20

 

 

 

 

- Ti trovavi per caso all’interno del reattore Mako, quando c’è stato lo scontro con le truppe Deepground?- domando alla ragazza, seduta sul sedile dell’auto accanto a me, mentre mi immetto in una stradina esterna ad Edge che conduce dritta ad Ajit.

 

Yuffie tossicchia, ma sembra riprendersi dalla violenta espirazione d'aria anche troppo rapidamente:

- No, per niente! – replica senza esitare, facendosi vedere anche troppo motivata.

 

- Strano… - rimando io, storcendo di proposito le labbra, senza levare lo sguardo dalla strada- pensa che mi è perfino sembrato di vedere il tuo Shuriken gigante, lì sotto… Che immaginazione la mia, eh?

 

- Davvero fervida, direi!

 

Rido prima camuffando la voce, e poi di botto.

- Me l’ha detto Reeve, che eri là sotto. Il tuo adorato sovrintendente! Scommetto però che in questo momento lo stai odiando…!- sogghigno lieto.

 

La ninja abbassa di colpo il capo, provando un forte imbarazzo per essere stata così subdolamente scoperta.

- Ecco…- tenta alla svelta di giustificarsi, seppur con pessimi risultati.

 

- Non voglio giustificazioni, ma… perché non mi hai detto che mi stavi seguendo…?

 

- Ma io non ti stavo seguendo! – ribatte istintiva, voltandosi a guardarmi con decisione. – Stavo manomettendo il reattore, quando ti ho intravisto mentre correvi su quella piattaforma con tutti quei civili impauriti… Non potevo restarmene impalata e proseguire dritta per la mia strada, lasciando te in balia di quei mostri che ti potevano ridurre peggio di un colabrodo! Ad ogni modo…- prosegue lei, portandosi le braccia al petto- Non mi aspetto di certo, che uno zotico come te, mi ringrazi…!

 

- Quando guido, cerco sempre di mantenere il controllo. E’ per questo che non ti ringrazio come si deve, piccolo demonietto ruba Materia!

 

- Sì, l’ho notato!- replica lei, con gli zigomi tesi e a denti stretti. Sta forse prendendomi in giro?

 

Spingo in giù la frizione e poso un piede sulla leva del freno, per rallentare di poco l’auto.

Mi giro in direzione di Yuffie, per osservare meglio il suo delizioso faccino, e divento perplesso:

- Perché mi stai fissando in quel modo?- le domando curioso, per poi ritornare nuovamente con lo sguardo fisso sulla strada.

 

- Mi piace osservarti mentre guidi. Sei tutto attento e concentrato!

 

Un po’ le sue parole mi rendono felice. Ma sono davvero così interessante, quando guido?

Ci rifletto su, e mi viene da sorridere proprio quando mi preparo a sterzare il volante verso sinistra, e superare una curva.

 

- Sei davvero imprevedibile, nanetta! – le dico schernendola affettuosamente, mentre allungo il braccio destro verso il suo simpatico nasino, per schiacciarglielo tra l’indice e il pollice della mano.

 

- Hey, Turk! – ammonisce repentina lei- Pensa a guardare la strada, invece! Non vorrai di certo farci finire a fosso, spero!

 

- Per carità! Non vedo Elena da una settimana, è sto benissimo, direi! Non imitarla, te ne supplico! – spingo giusto di qualche millimetro l’acceleratore, per aumentare la velocità di marcia dell’auto, ed innesto una quarta con la leva del cambio manuale.

 

 

Passa il tempo, le ruote della macchina divorano l’asfalto che si fa sempre più caldo, e più scosceso.

Mancano ormai pochi chilometri ad Ajit.

In effetti, lì in realtà non c’è praticamente nulla. Dopotutto, se si chiama “Capitale Dimenticata”, ci sarà pur sempre un motivo, no?

Sono stato in quel posto al massimo due volte. La prima, in gita con l’Accademia Militare Shin-Ra, e la seconda, in missione.

 

Getto un’occhiata all’orologio digitale che sta impiantato nel cruscotto dell’auto. Segna le 14.

- E’ ora di pranzo. Hai fame?- dico a Yuffie, girando un attimo il capo verso di lei.

 

Il suo piccolo stomaco borbotta prontamente.

- Ehm… sì! – esclama timida, mettendosi le mani sul pancino.

 

- Ci fermiamo a mangiare qui da qualche parte? – Non penso che ad Ajit ci siano dei ristoranti!

 

- No, mangeremo lì, a casa! – replica convinta la baby ninja.

 

- “Casa”? – faccio io, cercando di mettere in moto la mia fervida immaginazione. Ajit è deserta! Ci sono sì delle casupole, ma tutte disabitate, e semi distrutte. E’ un luogo assai antico, quello. Una sorta di squarcio sul passato di questo pianeta.

 

Yuffie ridacchia mettendosi una mano davanti alla bocca.

 

- Nana… non è che in realtà mi stai tendendo una trappola, zo to? – le chiedo perplesso e preoccupato al tempo stesso da quelle sue strane movenze. Non ho intenzione di finire nella rete! tanto meno ci finirò! Non sono un novellino come quella bionda Turk, rompiscatole e precisina, che si chiama Elena!

 

- Rilassati, Turk! – sottolinea schernendomi per l’ennesima volta.

 

Una macabra sensazione mi colpisce in pieno:

- Non vorrai mica… mangiarmi vivo?!

 

Yuffie sogghigna di brutto al suono delle mie parole, senza neppure preoccuparsi tanto di occultare quella sana risata.

- Non sono un cannibale! Oltretutto… - mi precisa in seguito- non digerisco gli zotici! Mi rimangono proprio qui! – conclude sarcastica, additandosi con l’indice la gola.

 

- Non sei affatto spiritosa!- replico io a denti stretti, e all’improvviso mi viene un’idea. Perché non scherzare un po’, visto che a lei piace così tanto? Ghigno di sottecchi, allungo una mano sul cambio, e metto la quinta, premendo poi l’acceleratore quasi al massimo.

 

Yuffie finalmente smette di ridere. Su quel suo faccino, l’espressione furbetta e sorridente di poco fa, lascia spazio ad un viso tutt’altro che radioso:

- Che… che stai facendo?!

 

Mi stringo nelle spalle, come se nulla fosse:

- Niente! Perché? – dico fingendomi indifferente.

 

- Rallenta! E subito! – ordina tassativa, repentina e furente.

 

- Ma sto andando già lento, non vedi?

 

Yuffie scuote forte il capo, e trema:

- Niente affatto! Rallenta! – esorta ancora, mentre il faccino le diventa pallido come un cencio.

 

Sbuffo, ed accolgo al volo la sua richiesta.

- Come vuoi tu.

 

Faccio per alzare il piede dall’acceleratore, ma lo ripremo subito dopo, questa volta a manetta, e fino in fondo.

La ragazza si rianima, si scuote, si copre il viso tra le mani. E’ tutta un fremito, e si sente!

 

- IDIOTA! – strepita urlandomi contro, con la voce altisonante.

 

Comincio a ridacchiare, lasciando man mano il pedale dell’acceleratore, ed immettendo una terza come marcia.

Imbocco una strada che scende dritta verso destra, e proseguo. La Capitale Dimenticata, è ormai alle porte.

 

- Puoi riaprire gli occhi, piccola bambina pestifera!

 

Yuffie sfila lentamente le manine dal viso, e l’espressione sembra tornarle quella di sempre.

- Sei… sei…- replica a stento, presa da chissà quanta rabbia, e pronta senz’altro ad ingiuriarmi con una delle sue poco gentili paroline.

 

- Siamo arrivati, guarda! – esclamo mettendole una mano sulla testa, per poi farla girare in avanti.

 

Lei sgrana gli occhietti vispi, tutta entusiasta.

Parcheggio la macchina nera fiammante, ai lati di un enorme spiazzale completamente desolato, e spengo il motore.

La chiave gira, la estraggo rimettendomela in tasca, e slaccio la cintura di sicurezza che mi avvinghia la vita.

Osservo il rospetto di sottecchi, dimenarsi con l’attacco della sua cintura che proprio non vuole saperne di slacciarsi.

 

- Si fa così, osserva! – le dico allungandomi vicino a lei, e chinandomi appena per liberarla da quella fastidiosa fascia monella.   

 

Mi arriva svelto un furioso scappellotto proprio sulla nuca.

 

- Hey! – sbotto con una lacrimuccia all’occhio, portandomi poi a rivolgerle lo sguardo.

 

- Non si corre come un matto, quando si è al volante di un’auto! – mi sgrida subito, fissandomi caparbia, con un musetto tutto offeso.

 

Le caccio la lingua. Una bella linguaccia.

 

Yuffie s’imbroncia ancora di più, tanto da gonfiare quelle sue carnose gote, in un sol botto.

- Tirar fuori la lingua, è un tipico gesto di rifiuto! Sei uno zotico!

 

- Se non la smetti di chiamarmi così, ti lascio legata qui dentro! – le minaccio, rendendo le parole alquanto credibili.

 

- Non puoi farmi questo! – la nana replica all’istante, con il volto pieno di sgomento.

 

E’ proprio un’ingenua ma adorabile bambina!

 

- Certo che posso! La macchina è mia, e tu non sei in grado di slacciarti la cintura…! Semplice, vero? – le faccio contento, con un sorriso candido, tutt’altro che perfido. Adoro vederla in difficoltà, mentre s’intirizzisce sempre più davanti ai miei occhi divertiti ed attenti.

 

- Sei… sei…- cerca di replicare, sempre più incollerita e balbettante.

 

Anche stavolta la freno.

 

- Innamorato. – dichiaro solamente, per poi avvicinarmi al suo incredibile faccino e socchiudere quelle tenere labbra con le mie.

 

La bacio, e nello stesso tempo, le slaccio la cintura che finalmente si ritrae via.

Yuffie è libera, ma nonostante tutto, resta lì, trattenuta dalla mia bocca che non ci pensa neppure lontanamente un istante, a lasciarla libera.

 

Le labbra di un Turk, possono essere molto, molto ostinate!

 

A quanto pare, neanche la ragazza stessa è tanto decisa a staccarsi da me. Tuttavia, il suo rumoreggiante pancino vuoto, ci fa destare dal dolce istante.

Porto via le labbra dalla sua bocca, e tendo l’orecchio.

 

- Qui qualcuno sta proprio morendo di fame…! – Apro d’un botto la portiera dell’auto, e scendo precipitandomi a fare la stessa identica cosa con l’altra.

 

- Prego signorina! – le dico porgendole una mano con un inchino galante.

 

Yuffie si fa subito rossa.

Evidentemente, le mie movenze cerimoniose la mettono a disagio. Non ci sarà abituata?

Mi porge la mano, timida, ed io me la stringo con molta cura nella mia.

E’ un po’ sudaticcia, e trema lievemente. Faccio così tanta paura?

Richiudo lo sportello alle mie spalle, non appena la ragazza esce dall’auto.

Ci giriamo a guardare il bel paesaggio e… una landa sconfinata, desolata e piana, ci appare di fronte.

Ho quasi un mancamento. Va bene la calma ma… questa è davvero troppa! 

Il silenzio e la quiete regna sovrano, qui ad Ajit. Un ottimo posto per rilassarsi, e trascorrere un periodo di totale serenità, non c’è dubbio! Ma io non ho affatto intenzione di trascorrerne uno così, diamine! Eh no, zo to!

 

- Yuffie… - faccio io, cercando di mantenere un tono cordiale e pacifico – d’accordo che volevi stare da sola con me, ma… adesso non ti sembra un po’ troppo?

 

- Non ti piace, forse? – mi domanda lei, repentina, scrutandomi con due teneri occhioni carichi di speranza.

Come le si può dire di no?

 

- No! – replico all’istante- Per niente!

 

- Cattivo! – sento dirmi come risposta. Alquanto scontata, direi.

 

Sospiro con molta pazienza, per poi riguardare meglio la landa desolata che mi circonda.

Mi infilo una mano in tasca per afferrare il piccolo telefono, e mi parte spontaneo un ghigno.

Guarda caso, qui non c’è linea. Comunicazioni interrotte è uguale a: zero seccature! Soprattutto da parte di quella megera con caschetto!

Non è poi tanto male, dai!

 

- Tutto sommato… - premetto con un sorrisino di trionfo- non è tanto male, dai!

 

Yuffie mi si aggrappa alla svelta per un braccio, e comincia a spingermi via.

- Allora seguimi, seguimi, seguimi!

 

- Hey hey, tu! Calma! Ho detto che qui non è male ma... non ho neppure detto che mi piace, zo to!

 

- Non puoi proprio fartelo piacere, eh?

 

Osservo il suo tenero faccino corrucciarsi deliziosamente. Questa volta mi tocca proprio sciogliermi!

 

Storco la bocca. In un primo momento mi fingo scocciato, ma poi sorrido come rassegnato:

- Perché alla fine la do sempre vinta a te?

 

Yuffie n’è certa:

- Perché sei innamorato! Innamorato pazzo!

 

Odio doverlo ammettere ma, ahimé, è terribilmente, spregiudicatamente, crudelmente vero!

 

Se non ti amassi così tanto, piccola ninja, a quest’ora non sarei qui con te.

 

I periodi di vacanza li trascorro un po’ in giro, da solo, o con Rude, quando quest’ultimo non se ne va a Junon. Di solito ci mettiamo lì, in qualche bar, a bere… bere… bere…

Ah! Naturalmente non facciamo solo quello! Alla fine, però, si finisce col bere e basta! Quando c’è Elena, con noi, si beve poco però. Purtroppo. Lei l’alcol non lo può sopportare. E’ astemia. Anche se, una volta ricordo che si scolò due bicchieri interi di birra, solo ed esclusivamente per Tseng. Voleva fare colpo su di lui, mi disse ubriaca fradicia, non appena la caricai sulle spalle per portarmela via da quel pub.

 

La manina di Yuffie continua imperterrita a cingermi il braccio, e a portarmi via, in chissà quale posto.

Guardo attorno a me, tra un passo affannoso e l’altro, e mi deprimo. Nessuna voce, nessun clacson, nessuna insegna di pub… insomma! Niente di niente! Il nulla!

Ci vorrebbe qualcuno dotato di una fervida fantasia, per descrivere questo luogo!

Vedo davanti a me un crocevia. Yuffie si trascina, e mi trascina, verso sinistra, lungo una stradina in salita, e piuttosto stretta. Come sempre lo scenario è stesso: una landa desolata, e nient’altro.

A questo punto preferivo di gran lunga l’artificiale Edge.

 

Il diavoletto dal furbo sguardo si ferma girandosi poi a guardarmi:

- Adesso chiudi gli occhi!

 

La richiesta è sì strana, ma rimane pur sempre un classico, soprattutto tra gli innamorati. 

- Agli ordini principessina! – esclamo mettendomi sull’attenti, e serrando forte le palpebre. – Va bene così?

 

- Non sbirciare, mi raccomando! – Mi raccomando, eh! Tuttavia, anche se lo facessi, non credo proprio che vedrei qualcosa di interessante.

 

- Guai a te se mi fai un gavettone, pestifera di una mocciosa! Sei avvisata!

 

- Con i Turks non si scherza, lo so! – risponde quasi canzonatoria, e tutta allegra.

 

Vengo letteralmente trainato da lei, che mi fa in un certo senso da guida.

Quando non ci vedi, è davvero un problema riuscire ad orientarsi in un ambiente così sconfinato.

L’udito si affina per permetterti di sentire anche il più minuscolo dei rumori. Il mio, si è affinato altrettanto, per via della curiosità. L’unica cosa che sento, è il rumore ritmato dei passi, su questa stradina cosparsa qua e la da pietruzzole varie che ogni tanto mi finiscono sotto la suola delle scarpe.

L’olfatto, per far fronte alla mancanza della vista, si attiva ulteriormente.

Inspiro a fondo, per captare l’aria che mi circonda. C’è un piacevole odore di erba fresca, qui. L’aria, a differenza delle grandi città come Junon, o Midgar, è sana, pura, veramente nuova.  

Ajit è una città antichissima, ma l’ossigeno che si trova in questo luogo, no. Sembra fresco solo perché in realtà quasi nessuno lo respira. Non c’è aria viziata, non c’è fumo, smog, niente è malsano nella Capitale Dimenticata.

Perché no? Comincia davvero a piacermi!

 

Odo i passi leggeri di Yuffie, venir meno.

- Siamo arrivati! – enuncia il tono della sua voce, che a primo impatto mi pare ricolmo di gioia.

 

- Di già? – faccio io, facendomi sentire un po’ sorpreso. In realtà non è che lo sia tanto… anzi!

 

- Adesso puoi riaprire gli occhi!

 

- Mmh…- mugugno perplesso, mettendomi pensieroso- Non lo so.

 

- Come sarebbe “non lo so”?- ribatte all’istante la piccola ninja, mordendo l’esca con una voracità impressionante.

 

Respiro piano, in modo teatrale, cercando di fare il serio:

- Questo posto è così pieno di cose belle, e tutte diverse tra loro, che potrebbe venirmi anche uno shock! – la butto lì, con una classica battuta, mentre sogghignando spensieratamente, riapro gli occhi.

 

Sbatto una, due, tre volte le palpebre, fino a stancarmi, poi resto lì, fisso, sgranato su ciò che mi sta di fronte.

 

Lo shock, mi è venuto per davvero!

 

La colpa va attribuita ad una deliziosa, putrefatta casupola, che le mie pupille sembrano gradire molto.

Il motivo? Non c’è! Ecco il motivo!

Più la guardo, è più me ne innamoro! Non sarà mica una casa stregata?

 

- Non ti piace, eh?- domanda Yuffie, scrutando la mia espressione come si deve, e diventando un po’ mogia.

 

- Al contrario! – rispondo celere, senza distogliere mai lo sguardo dalla deliziosa casupola- E’… è… 

 

- Accogliente! – Yuffie risponde per me, strappandomi proprio le parole da bocca.

Annuisco senza batter ciglio, eclatante come non mai.

 

- Vogliamo entrare, principessina?- dico gentile, allungandole e piegando l’arto destro a mo’ di braccetto, affinché ci si attacchi.

 

Vista da fuori, la casupola appare un po’ come un gigantesco rettangolo di pietra bianco, con un ingresso senza l’anta che lo chiude, ed un’unica finestrella assai sopra l’entrata, che come questa, per l’appunto non ha né vetri e né ante. Per un ladro professionista, non ci sarebbe nessuna soddisfazione!

 

Varchiamo la soglia che porta all’interno, ed atterrisco.

Vista da dentro, è ancora più deliziosa.

Non pensavo che qui, ad Ajit, ci potessero essere delle casupole così semplici ma tanto accoglienti.

 

Gli occhi mi cadono sul pavimento. La suola delle scarpe, mi si è in qualche modo, “insabbiata”. Perché? Perché qui dentro, il pavimento è fatto proprio con la sabbia. O meglio… quasi sabbia.

Lo smuovo appena con la punta della scarpa, per analizzarlo meglio. E’ una sorta di terriccio finissimo, bianco, assai particolare. Tuttavia, osservo meglio, e noto dei pezzi piatti di pietra alquanto ruvida, appartenenti forse alla pavimentazione che un tempo rivestiva il suolo. Essendo scomposto, il tutto risulta a tratti mancante, tutt’altro che uniforme, e sprofondato in parte nella sabbia.

Più in là, ci sono delle conchiglie, dei ramoscelli rossi molto simili ai coralli, e perfino una bella stella marina! Sembra quasi di essere in fondo al mare!

C’è un tavolo, o quel che ne rimane, davanti all’entrata. E’ anch’esso di pietra, biancastro, con gli angoli smussati e corrosi forse dall’acqua.

Avanzo nella hall, chiamiamola così, della casupola, per trovarmi d’innanzi a una seconda uscita che dà sul retro dell’abitazione. Anche in questo caso, l’asse di legno che dovrebbe chiudere l’uscio, non c’è. Proprio sopra la mia testa, c’è un soppalco. Sotto di esso, una sedia molto vecchia e piuttosto deteriorata, sta lì, da chissà quanti anni. Di fronte si trova una sorta di tavolo lungo, completamente di pietra, e tutto impolverato. Esco da sotto il soppalco, e sulla sinistra della parete che mi sta accanto, scorgo una scala.

 

- Tutto di pietra qui dentro, eh? Che fantasia! – annoto adocchiando la gradinata rocciosa, che conduce al soppalco.

Una sorta di piano rialzato, che in realtà è un unico ambiente. Se mi porto d’innanzi all’entrata della casupola, riesco perfino a vederlo.

 

- Quello è il pezzo forte! Vieni! – mi incita Yuffie, corredo spedita su per le scale. La seguo a ruota, senza fiatare, e così… uno ad uno, percorro quei gradini biancastri, un po’ ingrigiti dallo scorrere del tempo, finché non giungo a destinazione.

 

- Avevo visto bene, allora. E’ un unico ambiente. – Mi guardo attorno. Non c’è in realtà tanto spazio, su questo soppalco. E’ un posto piccolo, stretto e lungo, e senza alcuna balaustrata. Non adatto ai distratti, azzarderei! Basta un attimo e… tac! Si finisce di sotto. L’altezza non è tanta ma, sul dolore non posso di certo confermare la stessa cosa…!

 

Quando si sale, proprio di fronte, c’è un vaso tutto scalfito, però perfettamente in piedi. Poco più in là, ecco il letto. A giudicare dalle dimensioni, un singolo direi. Tutto di legno, molto semplice, rivestito soltanto da un lenzuolo. Ai piedi c’è una coperta, gettata lì, con poca cura, frettolosamente.

 

- Scusa il disordine ma… sono sempre di corsa! – si giustifica prontamente Yuffie, correndo alla svelta in direzione della coperta.

“Gettata lì, con poca cura, frettolosamente”. Ho detto così, giusto?

Solo lei, la divoratrice di Materia, sarebbe capace di cotanto disordine!

 

Scuoto il capo, dopodichè rido di gusto.

- Tu sei un’esperta nel fare disordine! Specialmente nelle vite altrui, zo to!

 

Yuffie non si lascia sfuggire l’occasione, e ribatte immediatamente, come solo lei è in grado di fare:

- E tu sei uno zotico, zo to!

 

Sempre gentile, eh?

 

Smetto di ridere, e le vado incontro.

- Se non la finisci di chiamarmi così, ti butto di sotto! Lo giuro!

 

Adocchio l’astuto ninja schernire di sottecchi il sottoscritto.

- Sono la rosa bianca di Wutai, io! – mi sottolinea altezzosa, con quel nasino teso ben in vista.

 

- La rosa bianca di Wutai? Ma per favore, Yuffie! Della rosa hai solo le spine…!

 

La ragazzina pestifera risponde secca con una bella linguaccia. E’ sicuramente sfrontata, ma non sa come controbattere. 

E’ inutile competere con un Turk! Partita persa fin dal principio!

 

- Cambiando argomento… - mi giro ad osservare il piccolo ed accogliente soppalco – Se ho ben capito, tu dormi qui, giusto?

 

Yuffie è intenta a ripiegare la coperta, ma ugualmente annuisce:

- Già! Ma non sempre, però. Questa non è di certo casa mia!

 

- Cosa?! – esclamo con una smorfia allibita- Ti sei messa a rubare perfino gli appartamenti diroccati altrui?! – Non vorrei mai e poi mai che il proprietario tornasse da un momento all’altro, e ci trovasse qui, in una proprietà privata! Nella sua! Non voglio di certo passare anche per ladro! Uno spietato Turk, ignobile, zotico e pure mariolo! Sarebbe troppo. Decisamente troppo! – Si può sapere di chi è questa baracca?!

 

- Di nessuno! – sentenzia spontanea lei, come se nulla fosse.

 

Sollevo il sopracciglio sinistro, infine rifaccio:

- Nessuno…?

 

- Nes-su-no! Nessuno!

 

Mi stringo nelle spalle:

- Nessuno!

 

Yuffie mi si avvicina con passo lento. Ha un’aria strana. – In effetti…- la furbetta ragazzina esita, tergiversa, poi si lancia: - Un proprietario c’è.

 

La mia replica è istantanea:

- Lo sapevo, zo to! Io e te, soli in questo popò di casupola, lontano da tutti e da tutto ma… ladri! Ecco dov’era la fregatura!

 

- Hey hey, frena! – fa lei, tutta agitata, mettendo le mani avanti – “C’era” un proprietario, e non “c’è”! – sottolinea difendendosi alla svelta.

 

La scruto a fondo ancora una volta, più attento:

- C’era? Sicuro, rospetto diabolico?

 

Yuffie assente decisa:

- Sicuro, Turk diabolico! – canzona.

 

Faccio scorrere via le sue parole, e m’impegno a guardare meglio attorno.

Il lettino è attaccato al muro, proprio sotto una finestrella rettangolare, senza vetri né ante, dalla quale filtra una leggera luce che s’infrange sul lenzuolo del letto. Una conchiglia di un rosa antico molto pallido, è appesa alla parete, poco più in là del letto.

Non c’è altro qui sopra. E’ senza dubbio un ambiente semplice, ma dannatamente accogliente.

Per la miseria! E’ una baracca così scialba, eppure mi incanta!

Non sarà davvero una baracca stregata? Però quella megera di una bionda, non c’è! Sarà una baracca stregata senza la strega!

Nel momento in cui i pensieri mi assediano, si ode un rumore.

E’ lo stomaco di Yuffie che borbotta! 

Saranno all’incirca le quattro. Sarebbe in realtà l’ora della merenda ma, non avendo ancora pranzato, per noi non lo è affatto.  

 

- Non ci sono ristoranti in questo posto, eh? – dico così, tanto per replicare qualcosa, pur conoscendo esattamente la risposta.

 

Lo scricciolo dagli occhi nocciola si guarda per qualche istante il pancino, sicuramente vuoto, dopodichè esclama:

- Andiamo a mangiare!

 

Scendiamo giù, quegli scalini, uno alla volta, fino al pian terreno. Proprio sotto il soppalco c’è una cesta con l’apertura coperta da un canovaccio rattoppato che funge da coperchio.

Yuffie la scartoccia, scoperchiando così il celato contenuto.

Della frutta, un paio di bottiglie d’acqua, ed un grosso barattolo di sottaceti.

Lo stomaco mi si contorce senza nessun freno, alla sola vista del vasetto.

Ho giurato di non mangiare mai più neanche un solo sottaceto!

 

Un boato all’interno dello stomaco, fa sussultare Yuffie che si gira a fissarmi:

- Hai fame anche tu, eh?

 

Come darle torto! L’omino del merengue, è tornato!

Sta qui, dentro la mia pancia, a fare casino, ad urlare a squarciagola, a danzare come un forsennato con le scarpette da tip tap. Un male…! 

Maledetto lui, e la sua scuola di ballo!

Yuffie in un batter d’occhio ha messo il tutto sul tavolo.

Il barattolo è là, baldanzoso, che mi sfida con un’occhiata. Sta forse minacciando un Turk? Il sottoscritto, per l’appunto!

La fame incalza, così come incalza la gloriosa aria di sfida di un piccolo ma gagliardo sottaceto che mi manda interamente in bestia.

Mi fissa, con quella faccia inespressiva, ma carica di competizione. Ci guardiamo dritti negli occhi, come due cowboy nel bel mezzo di un duello.

 

In un attimo sono là, proprio accanto al tavolo, ad infilzare quel dispotico cetriolino con la punta affilata della mia arma: uno stuzzicadenti di appena cinque centimetri!

- Mai duellare con un Turk, mediocre cibo! – gli dico fiero, poco prima di portarmelo dritto alla bocca, per poi triturarlo con pochi azzanni.

 

Yuffie mi sta vicino, osservando la scena con fare dubbioso. Di sicuro non immagina neanche lontanamente, l’astio che le lega me, a questo ignobile cetriolo saturo d’aceto.

 

- Sai parlare anche con i sottaceti? – domanda scrutandomi confusa, ma con la voglia di deridermi.

 

- E’ un affare che riguarda solo me e lui, zo to!

 

- Oh… certo! – La ninja wutaiana sorride quasi a stento, la sua espressione non è delle migliori.

 

Non crederà che sono un matto, spero…!

 

- Non sono un matto! Credimi! Piuttosto…- taglio netto con la storia del sottaceto, cambiando completamente discordo – Racconta… come l’hai scovata? – chiedo guardandomi in giro, con la voce sporcata dal cibo- Questa casupola, intendo. – preciso in seguito.

 

- Ero in giro…- premette. E dove sennò? Tu sei perennemente in giro! – Ha iniziato a piovere, e, trovandomi da queste parti, mi sono ricordata di questa adorabile casetta che vidi all’incirca tre anni fa, quando con Cloud e gli altri passammo di qui per raggiungere Aeris.

 

- Ah… quell’Antica tutta trecce uccisa da Sephiroth, giusto?.

 

- Non dire così! – mi ammonisce selvaggia, con modi non proprio cordiali.

 

Faccio spallucce, e la incito a proseguire con un bel: - E poi?

 

- E poi… trovata la casa…

 

- Trovato il riparo!

 

Yuffie assente regalandomi uno dei suoi piccoli sorrisi: - Proprio così! Alla fine l’ho adottata come mia seconda casa! Per tornare a Wutai, nella mia, ci vuole un po’ troppo tempo!

 

Ad un tratto mi ricordo così, alla sprovvista, di un minuzioso quanto particolare ricordo, legato all’episodio di Midgar, quando la nana mi ha preso con insistenza e condotto nell’orfanotrofio.

- Tuo padre ti ordina spesso di tornare a Wutai, vero?

 

- Sì, ma io non gli do quasi mai retta!

 

- Eppure… quel giorno, quando mi hai offerto il pranzo, avevi un faccino così triste… Ricordi? Non ti andava di ritornare a Wutai.

 

Vedo Yuffie farsi un pochino rossa.

Piego leggermente il capo verso sinistra, poi, come se nulla fosse, glielo faccio notare:

- Sei… rossa. Tutta rossa, zo to! – Vederla reagire così meccanicamente, coprendosi le guance con le mani per occultare quell’imbarazzante rossore, mi piace da morire! – Hai allacciato la cravatta, e sei corsa via, non prima però di avermi abbracciato così amorevolmente! – le ricordo ancora, per farla intirizzire ancora di più. E’ tutta uno spasso questa pestifera ninja! – Dì la verità, principessina furbetta! Non volevi ritornare a Wutai solo perché temevi di staccarti da…

Vengo interrotto così, a metà tra una parola e l’altra, da un grosso sottaceto che la Yuffie qui presenta, m’infila in bocca. La forchetta rimane arpionata nella dura superficie dell’alimento, tanto che Yuffie se la ritira a forza indietro.

Davvero gentile, da parte sua, imboccarmi! Tuttavia… non sono un rimbambito poppante!

Mando giù alla svelta, senza neppure masticarlo a dovere, e ritorno alla carica:

- Non volevi staccarti da me! Ho indovinato!?

 

- Per niente!

 

- E invece sì! – prima di proseguire a parole, metto una mano sopra il barattolo dei sottaceti, assicurandomi così che la nana non me ne infili qualche altro per tapparmi la bocca, e riprendo:

- Avevi paura di staccarti da me! Non volevi lasciarmi solo o… più semplicemente, non mi volevi perdere d’occhio! Ti piacevo già all’epoca, non è forse così?

 

- Figuriamoci! – si limita solamente ad esclamare, seppur balbettando un pochino.

 

- Perché non la fai finita una volta per tutte, e ti arrendi all’evidenza, zo to? Io ti piacevo, e pure tanto!

 

Yuffie non ha l’ardire di aprir bocca. Niente. Nemmeno una sillaba, o anche mezza, perché no?

Nulla di nulla! Tuttavia, è la sua adorabile faccia, a parlare.

Invano lei, tenta di trovare rifugio osservandosi attorno. Invano lei, tenta di reprime quel rossore che, bollente ed arrogante, gli colora le guance di rosso. Invano io, tento di reprime l’incessante bisogno che mi spinge ad andarle vicino, e a prenderla tra le braccia, teneramente.

Faccio tutto ciò, posando infine il mento su quella testarda testa di bimbo che lei si ritrova.

- Guarda che non devi vergognartene! Sei la rosa di Wutai, o no? E poi… suvvia! Che male c’è? Infondo adesso siamo una coppia, zo to!

 

- Una coppia strana, direi! – sento replicare dalla ragazzina, che mi parla con la testa immersa comodamente nel tessuto verdognolo della mia maglia.

 

- Bimba…! Ti va forse di scherzare? Perché dici così?

 

- Tu sei un Turk, ed io la futura leader di Wutai! E ancora… tu stai con la Shin-Ra, ed io con la banda di Cloud! E poi… tu sei dei cattivi, ed io dei buoni!

 

Bella, questa dei paragoni! Mi piace! Ciò nondimeno, sono chiamato a rispondere:

- Gli opposti si attraggono, no? – Fatta eccezione tra me ed Elena, s’intende!

 

- Non è questo!

 

- E allora? Hai paura che a tuo padre non vada a genio un genero Turk? Oppure ti preoccupi del giudizio di quel soldier dal ciuffo color paglia, e degli altri?

 

- Tu cosa dici?

 

- Dico che è ora di finire il pranzo, zo to! – L’omino ballerino che abita nel mio stomaco, non si è ancora saziato.

 

- Tu non vuoi solo giocare con me, vero? – sento chiedermi all’improvviso, da una voce che trabocca insicurezza.

 

- Yuffie, bambina mia! Tu non ti fidi di me, è così? Perché sono un Turk, vero? Ma… se cambiassi mestiere? Mi crederesti?

 

La piccola ragazza si scuote, per poi sollevare quel capo dal mio petto, e bloccarmi con lo sguardo:

- Tu… faresti questo? Rinunceresti ad essere un Turk?

 

Giammai!

Che sia ben chiaro! Quel corpo per me, è tutto! E’ la mia seconda famiglia, un lavoro che amo, che mi dà soddisfazione, che mi fa sentire vivo. Non potrei abbandonare i Turks, per niente al mondo!

 

- Certo! – le rispondo cercando di essere credibile, ma in realtà non lo sono per niente.

 

- Potresti entrare nella WRO! Magari chiamo Reeve, e…- E lo sapevo! Mai dare corda ad un simile demonietto!

 

- Hey bimba, frena! Lo sai benissimo che la WRO, e quel Tuesti, non fanno per me! E poi…

 

- E poi, tu non lasceresti mai e poi mai quella benedettissima elite! – Colto in fragrante, direi. Stai a vedere che, la sua, era soltanto una subdola esca per farmi uscire allo scoperto?

 

- Ho abboccato come un perfetto idiota, zo to!

 

Yuffie sghignazza poco simpaticamente:

- Te l’ho fatta, ammettilo! – Mai! La soddisfazione non te la darò mai! – Però…- prosegue facendosi più seria- Chiederti di rinunciare a una cosa che ami così tanto, è davvero crudele da parte mia. Sono una che salva il mondo, io! Tienilo bene a mente! – fa, toccandomi scherzosa la fronte con la punta dell’indice.

 

Che tipetto indemoniato!

Stavolta sorrido: - Sei più machiavellica tu, che il presidente Rufus!

 

- Machimachille… – ripete con disordine, mettendosi poi pensierosa per appena due secondi. – Machivellica?

 

Mi viene spontaneo ridacchiare.

- Machiavellica! – le ripeto da bravo insegnante, nel momento in cui scompiglio affettuosamente i suoi capelli con una strigliata di mano. – Lo sai che cosa vuol dire?

 

Yuffie come previsto mi fa di no con la testa.

 

Dopotutto, è una bambina!

 

- Ha lo stesso significato di scaltra, subdola, opportunista… Cose così, insomma!

 

- Ma io non sono così, insomma!– si difende all’istante, dandomi un rapido schiaffetto sul torace. – Non mi piace questa parola! E comunque… L’opportunista sei tu!

 

E’ inutile: l’ultima parola deve essere sempre la sua!

 

 

 

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Finalmente riesco ad aggiornare… che fatica! E’ un “fuggi fuggi” generale!

Non so se da adesso in poi riuscirò più a scrivere queste già poche righe che ormai vi lasciavo qui già da un po’ di tempo, ad ogni modo sappiate in anticipo che non vi ringrazierò mai abbastanza per l’attenzione e l’affetto che ognuno di voi mi dimostra ogni volta che legge e commenta la Red Head!

Grazie di cuore!

 

Alla prossima!

Botan

 

P.S. La casetta della fic, esiste davvero! La potete trovare esplorando Ajit nel Final Fantasy VII. Non so spiegarvi bene il perché, ma a me ha colpito moltissimo. Mi infonde un forte senso di tranquillità ed accoglienza!

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Capitolo 22
*** Vacci piano, demonio! O ti prendo a pugni nelle gengive! ***


CAPITOLO 21

                            CAPITOLO 21

 

 

 

 

Alla fine del pranzo, mi sento decisamente meglio. L’omino e la sua scuola di ballo, hanno chiuso i battenti, per la gioia mia e del mio povero e tartassato pancino. 

Vado dritto in direzione dell’entrata principale, e mi soffermo sotto di essa, ad osservare meglio il panorama.

 

- Bel posto, eh? – domanda Yuffie, sopraggiungendo poco dopo, ed affiancandosi a me.

 

- L’aria pulita, niente traffico, nessun malvivente… Un posticino perfetto, per farci crescere i propri pargoli!

 

- Pargoli? Non venirmi a dire che, un criminale come te, vorrebbe averne…!

 

- L’idea mi mette i brividi solo a pensarci ma… anche i criminali incalliti, prima o poi decidono di mettere su famiglia.

 

La nana mi scruta dubbiosa: 

- Tu, che fai da balia a una mezza dozzina di marmocchi? Naaa! Impossibile!

 

- Chi ha mai parlato di una mezza dozzina?! – Mi vuoi vedere morto, forse?- Io detesto i mocciosi, zo to!

 

- Eppure… con la piccola Ririn

 

- Ferma lì, e non aggiungere altro! – Tappo repentinamente con il palmo della mano, quella sua candida ma loquace bocca, fino a zittirla del tutto. – E’ stata Ririn ad appiccicarsi a me, e non il contrario, zo to! Figuriamoci… zo to!

 

- Eppure…- incalza ancora una volta la pestifera e chiacchierona ragazzina, riuscendo a liberarsi il becco – Lei parla tanto di te!

 

La curiosa rivelazione m’incanta:

- Davvero?

 

Yuffie annuisce semplicemente. Torno alla carica: - E… cosa dice?

 

- Che sei divertente, gentile e buffo! Ma in senso positivo, però! – S’intende!

 

Mi tocco il mento, e rifletto. E’ una mocciosa, infondo. E si sa, i mocciosi sono alquanto volubili. Oggi gli piace il giallo, e domani il rosso. Vogliono a tutti i costi quel giocattolo, lo ottengono, e dopo diversi giorni non ci giocano più, e lo gettano via. E’ una mocciosa! Non devo illudermi! Prima o poi non si ricorderà neppure di me, sicuro!

 

- Non ti vedo convinto…- mormora Yuffie, con un’espressione perplessa.

 

Scuoto il capo: - E’ una mocciosa! Prima o poi mi cancellerà del tutto dalla sua piccola e fervida testolina. Funziona sempre così, in quei casi.

 

- Non credo, sai? Ririn è una bambina che non parla quasi mai con nessuno. Eccetto che te! Tu le hai in un certo senso ridato la parola, ecco!

 

- Ha fatto tutto da sola… io non ho alzato neanche un dito per spronarla…!

 

Ricordo ancora quel suo pianto fragoroso… Poveri timpani! Quanto ho patito, quel giorno!

Per non parlare delle mie povere spalle… e di quel lecca lecca… E poi… poi basta.

 

Ricordo ancora le parole della barista mora, la Lockheart.

 

“Ha perso i genitori tre anni fa, ai tempi di Sephiroth

 

Sephiroth. Il soldato perfetto.

Ne ha combinate davvero tante, quello sciagurato.

Voleva la sua mamma, ma alla fine di tutto, ha finito col privare a centinaia e centinaia di bambini, la loro.

Anche quella della piccola Ririn. E pensare che quell’essere così perfetto e potente, era di proprietà della Shin-Ra.

Adesso lo capisco, quel machiavellico del Presidente! Si sente in debito con il pianeta per tutto ciò che ha combinato, e cerca in qualche modo di riscattarsi finanziando la WRO.

I soldi però, non potranno di certo ridare la vita a tutte quelle migliaia di persone che l’hanno persa a causa degli strafalcioni commessi dagli Shin-Ra.

Guardo il paesaggio tranquillo e solitario davanti a me.

Ajit. Qui c’è tanta di quella storia, che vale la pena trascorrere del tempo in un simile luogo, e pensare. Pensare tanto.

Soprattutto per non dimenticare.

 

- Ririn è una mocciosa ma… non appena la rivedi, salutamela! – esclamo facendo un piccolo sorriso.

 

Sento una forte stretta che accerchia repentina il mio bacino.

- Lo sapevo che anche tu le vuoi tanto bene, Reno! – enuncia allegra la ninja di Wutai, stringendomi sempre più forte.

 

- Yuffie! – ammonisco io, cercando in tutti i modi di non arrossire. – Piuttosto… - mi guardo rapido attorno, teso ed impacciato come un misero novellino, e subito dopo replico- Ti va di mettere porte e finestre a questa baracca?

 

- E come?

 

Rido perfidamente in riposta alla sua domanda.     

 

Yuffie piega leggermente la testa. Mi fissa scettica: - Non abbiamo né attrezzi e né materiale… è impossibile!

 

Se un Turk vuole, automaticamente può!

Corro verso la cesta delle provviste, mi fletto appena sulle ginocchia, ed afferro il canovaccio rattoppato che, poco prima di pranzare, la ricopriva.

- Ne hai altri, di questi stracci? – domando sventolando l’oggetto in questione.

 

Le palpebre di Yuffie si infittiscono, come se stesse cercando di ricordare qualcosa.

- Mmh… - mugugna pensierosa- Aspetta qui! – esclama frettolosamente, correndo spedita su per le scale, verso il soppalco.

Io mi trovo proprio sotto di esso. Sento dei pesanti passi, scattare rapidi per poi fermarsi molto probabilmente nei pressi del letto.

 

- Trovati! – esclama il turbolento ninja, esultando.

 

Mi porto nel centro del piccolo foyer, e sollevo la testa in direzione del soppalco.

- Affacciati un po’, e fa vedere! – le ordino curioso, nella speranza di vedere l’oggetto. Yuffie non perde tempo e… tac! Eccola spuntare dal bordo di quel solaio senza parapetto, tutta raggiante.

 

- Eccoli qui! – dice sventolando un paio di canovacci piuttosto lunghi, di un colore giallastro, simile ad un ocra pastello, tutt’altro che carico.

 

- Perfetti! Lancia un po’ qua…!

 

Vedo le dita della mano di Yuffie, dischiudersi. I due pezzi di stoffa volano giù, verso terra, dritti dritti sulla mia testa.

Sollevo una mano sopra il capo, e lì blocco agguantandoli con una sola mossa.    

Al tatto, il tessuto è leggero, molto simile al cotone, ma leggermente trasparente. Ci passo una mano sotto, e vedo quest’ultima trasparire un pochino dall’altra parte.

Davvero perfetti!

- Ti occorre altro? – domanda Yuffie, sporgendosi da quel parapetto in maniera avventata.

La vedo, ed improvvisamente comincia a contorcersi lo stomaco.

 

- Sì! – dico deciso- Che tu scenda da lì!

 

- Agli ordini!

Detto fatto. L’abile ninja ritorna al pian terreno, rapida come un falco. Poi, portandosi le mani sui fianchi, esclama altezzosa: - Adesso tocca a te! Fammi vedere cosa sai fare, Turk!

 

Il “detto fatto”, adesso spetta a me! Posso, d’altronde, rifiutarmi?

 

L’onore dei Turks, va mantenuto alto!

 

Tutto ciò che mi occorre, è un coltellino e dei bastoni da usare come asticelle per sorreggere i canovacci colorati, come se fossero tendine.

Esco fuori, in perlustrazione. Per il coltello, nessun problema. Un pezzo di pietra piuttosto appuntito, andrà benone.

Percorro giusto una ventina di passi, e ne avvisto subito uno. Mi chino a raccoglierlo, e lo infilo poi nella tasca posteriore del jeans color ocra, quasi come le tendine.

Fin qui, tutto apposto. Il difficile però, viene adesso!

Occorrono due, o tre asticelle di legno, piuttosto solide, da infilare come sostengo, tra i passaggi dell’abitazione.

Mi do qualche occhiata in giro, ahimé, senza nessun risultato soddisfacente. L’ideale sarebbe cercare un albero, anche senza foglie, ma con i rami sani e resistenti.

Ancora una volta lo cerco con lo sguardo, in questa landa inabitata ma splendida.

Il tempo passa in fretta, minuto dopo minuto, quel sole che pochi attimi fa regnava alto nel cielo, sta calando. Un tramonto sensazionale. Ci sono sfumature qui, che incanterebbero un pittore a prima vista! Una miscela di tinte che va dall’arancio carico, al celestino tenue, passando poi per un timido blu, appena sbocciato.

 

Si perdono veramente un sacco di cose, quando il lavoro e le solite oziosità, ti tengono lontano dal resto del mondo.

La quiete contemplativa ci distoglie dal clamore di ogni giorno consentendoci di udire l’impercettibile che è nella nostra vita.

 

Quanto pagherebbe quell’acida di una Elena, per assistere a cotanta bellezza, in compagnia del suo amato Tseng?

E’ scientificamente provato: un capitale!   

 

Dopo un’incessante girovagare, adocchio un arbusto in lontananza, ai piedi di una parete rocciosa.

Corro spedito in quella direzione, e col fiatone che mi fa poi flettere appena sulle ginocchia, raccolgo ciò che mi serve. Tre stecchettini belli dritti e solidi. Che fortuna!

Ritorno alla deliziosa baracca, mettendomi poi subito all’opera.

Faccio cinque fori ad un’estremità del telo ocra pallido, facendo attenzione a non sfilacciarli troppo con la pietra tagliente. Chiedo in seguito alla scettica Yuffie, di passarmi uno di quei ramoscelli che ho raccattato poc’anzi, con estrema delicatezza. Non vorrei mai che si spezzassero! Sono sì robusti ma, tra le sue delicate manine, neppure il sottoscritto si sentirebbe al sicuro…!

La ninja ubbidisce senza neppure fiatare, pur continuando ad assumere un atteggiamento tutt’altro che ottimista.    

Afferro lo stecchino, e lo faccio passare tra un foro e l’altro del tessuto, finché non ottengo il risultato sperato. Una perfetta tendina, che può tranquillamente fungere anche da porta.

Vado ad incastrarla tra un pezzo e l’altro dei muri di pietra che formano l’apertura. Poco sotto il muro portante. Il canovaccio semi-trasparente scende dritto, fino a fermarsi appena dieci centimetri dal suolo. Una porta perfetta!

 

- Allora? – chiedo con un timbro fiero, volgendo l’attenzione su di Yuffie. – Non dici niente, scettica piccina?

 

Lei non ribatte, al contrario. Resta lì, impalata, a fissare di sottecchi quel drappo che sventola giusto un pochino, perché mosso dal vento.

 

- Non fermerà i ladri ma… è già qualcosa! – ribatte con una punta di invidia, giocando a fare l’indifferente. E’ proprio un tipetto dispettoso!

 

Mi stringo nelle spalle, dirigendomi poi in direzione dell’altra entrata, quella sul retro.

Stessa procedura. Foro le estremità del drappo, infilo lo stecchino di legno, e lo incastro tra le due pareti che compongono l’entrata.

 

I centimetri che separano il tessuto dal suolo, sono meno di dieci. Tutto sommato, il drappo trasparente cade dritto, perfetto come l’altro gemello.

Sorrido, e sono fiero di me.

Un ottimo lavoro, davvero!

Peccato solo che quella pestifera ninja, non mi dia la meritata soddisfazione!

 

Mi giro proprio verso di lei:

- Tu resta pure lì, a farti rosicare dall’invidia! Io intanto vado a coprire la finestra che c’è di sopra.

 

- Quella no! – sento dirmi all’improvviso da lei. Yuffie mi fissa tutta agiata.

 

- No? E perché? – domando così, reso curioso dal suo strano comportamento.

 

- Se la copri, poi non potrò più vedere le stelle! – si affanna a dirmi.

 

- Si vedono le stelle da lì?

 

- La sera, quando cala la notte, è uno spettacolo!

 

Resto lì, rimbambito come non lo sono mai stato in tutta la vita, a sciogliermi come un ghiacciolo sotto il caldo sole d’agosto.

Quelle stelle che lei stessa si affanna a decantare con talmente tanto impegno, hanno iniziato a riempirle gli occhi.

Più li osservo da dietro il verde delle lenti che porto, e più mi sento mancare. Si può vedere qualsiasi cosa, attraverso un paio di occhi così espressivi e limpidi. L’entusiasmo di Yuffie non ha eguali. E’ impareggiabile. Sono poche le persone che, dopo guerre e tremende battaglie, riescono ancora ad entusiasmarsi per qualcosa. E la principessina qui presente, è proprio una di queste.

Come si fa, per la miseria, a non perdere la testa per lei?!

Quasi mi vergogno, di ciò che in questo momento sto provando.

 

- In te rivedo la spensieratezza che avrei potuto vivere, e che invece non ho vissuto. – dico inaspettatamente, senza neppure rendermene conto.

 

Yuffie come sempre si dimostra adorabile, facendosi amare ancora di più grazie alla sua risposta spontanea: 

- Puoi sempre recuperare il terreno perduto, no? – fa con un grande sorriso, pieno, schietto, ma semplice. – Ahimé - prosegue dopo, con strana intonazione- per smettere di fare lo zotico, migliaia di miliardi di anni non basterebbero! 

 

Ok. E’ adorabile ma… se non la smette di chiamarmi in quel modo così orrendo e poco chic, la strozzo!

Faccio spallucce: - Te l’ho detto con le buone, ma evidentemente non ci siamo capiti, zo to… - dico sospirando. Un attimo dopo, le sono già addosso.

 

Yuffie si agitata, tenta di divincolarsi dalla mia stretta che la tiene ben ancorata al suolo, ma tutte le sue mosse sono praticamente inutili.

 

- Non vale! Io sono più piccola di te! – erompe corrucciando la fronte.

 

- Se ti riferisci all’età, sei anni di differenza non sono un distacco enorme…! Ma se si tratta della stazza… allora hai ragione! Ti supero di almeno un metro, zo to!

 

- Esagerato! Sono ancora in fase di crescita, io!

 

Vedo la ninja andare totalmente in collera. Le parte spontanea una linguaccia che la fa assomigliare in tutto e per tutto ad una pestifera poppante.

 

Rispondo a tono anch’io, con un’altrettanta linguaccia.

 

Yuffie s’intestardisce, impuntandosi:

- E’ inutile! Sarai sempre uno zotico!

 

- E tu una nanerottola machiavellica, e pure un po’ maschiaccia!

 

Parte la sua gamba destra, come una molla, in su, dritta come una freccia, in mezzo alle mie gambe. Una ginocchiata secca, che mi lascia senza fiato. L’espressione sorridente va via per lasciare posto ad una smorfia di dolore. Un dolore tremendo, ed atroce.

Arrossisco in un botto, cercando poi di reprimere la terribile sofferenza fisica, con un lamento sommesso. Non è per niente facile. Mi accascio su di un fianco, a terra, per poi contorcermi tutto.

 

- Piccolo… diavolo…! – cerco di mandar fuori a stento, con voce rauca e soffocata.

 

Yuffie nel frattempo sghignazza a più non posso, riversa anch’essa su di un fianco, a tenersi la pancia con le braccia.

 

- Un Turk messo K.O. da una semplice ginocchiata! Somiglia a una barzelletta! – strepita lei, ridendo a più riprese.

Vorrei rialzarmi, e fargliela pagare ma… il dolore pare quasi ammonirmi tassativo: “non ci provare!”, sembra che dica…!

 

- Vedo le stelle…- sibilo tra un lamento e l’altro, tenendomi le parti basse ed avvampando dal bruciore.

 

La fastidiosa risata di Yuffie, s’interrompe in un lampo.

- Che ore sono? – chiede tutta agitata, portandosi in posizione seduta, con un rapido scatto.

 

Io sto qui a soffrire come un facocero che è stato da poco castrato, e lei ha l’ardire di chiedermi l’ora? E’ il colmo, diamine!

 

Sospiro, e tento di scuotermi un po’. Racimolo un po’ di energia per allontanare momentaneamente il dolore, e guardare così l’orologio allacciato al polso. Adocchio appena le lancette.

- Le ventuno e dieci. – rispondo accidioso. – C’è un programma alla tv, forse? – dico successivamente ironico. Non c’è uno strabenedettissimo sputo di water, qui dentro, figuriamoci una televisione! E a dirla tutta, se pure ci fosse, non potrebbe mai e poi mai funzionare. Nella baracca, come molto probabilmente in tutto il ridente paesino dimenticato, la corrente non c’è.

Che mondo sarebbe, senza tv? 

Il pensiero mi fa rabbrividire in un nano secondo.

 

- Le stelle! Le stelle! – Il continuo dimenarsi di Yuffie, interrompe drasticamente tutte le riflessioni che si stanno manifestando all’interno della mia mente affaticata. – Andiamo, andiamo, poltrone! –

 

Poltrone? Se me ne sto qui, riverso al suolo, non è perché l’ho deciso io! Non sto facendo di certo una siesta…!

L’allegria e la foga della piccola Kisaragi, alla fine trascina anche me. Mi sollevo da terra, un po’ per volta, poi, subito su, rapidamente, grazie allo strattone brusco di una Yuffie burrascosa.

 

- Vacci piano, demonio! O ti prendo a pugni nelle gengive!

L’incendio nel bel mezzo delle gambe, non mi si è ancora del tutto spento!

Yuffie è distratta. Dannatamente distratta. E’ lì, tutta agitata come una tempesta di neve, che mi strascica a suon di spintoni su per le scale.

Un simile uragano, non lo ferma neppure l’intera Shin-Ra!

Accorriamo lesti, verso il confortevole giaciglio, saliamo e ci allunghiamo diretti verso la finestra.

La frenesia della giovane wutaiana, è al massimo. Volendoci scherzare su, direi alle stelle!

 

- Le stelle! – strepita estasiata, lasciandosi deliziare dalla volta celeste. La guardo, e successivamente, alzo anche io la testa all’insù.

Le mie sopracciglia si piegano ad arco, la bocca si spalanca. Levo gli occhialini dalle lenti verdi alla svelta.

 

- Wow! – riesco solamente ad esclamare.

Un oceano smisurato di tante piccole stelle, copre il cielo di Ajit e la sua landa sconfinata.

E’ una cupola punteggiata, un cappello che ricopre esattamente questo magico e misterioso luogo.

L’ultima volta che ho visto così tante stelle, è stato a Midgar. Subito dopo la disfatta di Omega.

E’ raro che se ne vedano in quantità così abnormi, nel resto del pianeta.

Che sia Kalm Town, Nibelheim, o ancora, Mideel… la volte celeste non cambia. Sono sempre poche, le stelle che rivestono i tetti di queste città.    

 

- Adesso capisco, dov’è che vanno a finire tutti i corpi celesti, non appena cala la sera! – esclamo senza distogliere lo sguardo dal firmamento.

 

- Dove? – domanda Yuffie, da brava bambina curiosa. Come lo sono anche io, del resto!

 

- Ad Ajit!

 

Si rifugiano tutte qui, nell’arcana capitale.

 

- Secondo te, lo fanno perché sono timide?

 

Alzo le spalle: - Chissà…

 

Un incantesimo pare avvolgere questo posto.

Tutta la magia sembra partire da qui. Perfino l’aria ne è satura.

 

L’atmosfera rilassante, questo tiepido e mite venticello che sfiora fuggevolmente la mia frangia, mi rasserena. Piego le braccia stendendole sul bordo della finestrella rettangolare, in seguito ci adagio il capo.

Osservo di sottecchi la piccola ragazzina fare altrettanto. I suoi occhi ad un tratto incrociano i miei.

Sbatto una, due, tre volte le palpebre. Poi me le stropiccio con le dita. Se non ho più quegli occhialini verdi, allora perché il colore degli occhi di Yuffie mi sembra così diverso?

 

- Che c’è? – mi domanda la ninja, perplessa nel vedermi più perplesso di lei.

 

Mi avvicino di più al suo viso con un rapido scatto, e sbatto ancora una volta le palpebre.

Non starò mica perdendo la vista? Ci tengo molto alle mie diottrie!

- I tuoi occhi… - pronuncio appena. Non so proprio cos’altro aggiungere.

 

- I miei occhi?

 

- Sì, sono… - faccio una pausa piccola, poi replico d’un botto – Sono diversi!

 

- Eeh?!

 

- Sono spenti! Sono… - mi faccio ancora più avanti. Pochi centimetri separano la mia fronte da quella di Yuffie. Sbatto sempre di più le palpebre, ed infine ho la conferma: - Grigi!

 

Yuffie storce sia muso che sopracciglia: - E con questo?

 

- Che fine ha fatto quel bel nocciola caldo ed intenso che avevi un paio di mesi fa?!

 

Lei fa spallucce.

- Mmh… Non so!

 

Retrocedo meccanicamente di mezzo metro:

- Non scherzare con me, mostro! Guarda che non sono un pivello…! Da quando in qua porti le lenti a contatto? E poi questo grigio così freddo non ti dona per niente, zo to! – commento sbuffando.

 

La pestifera ragazzetta fa la misteriosa.

- E se fosse questo il mio colore naturale?

 

Scuoto il capo. Questa volta non ci casco. Non posso cadere in una rete così evidente.

- Ti conosco da quando avevi dieci o forse undici anni. Me li ricordo bene, i tuoi occhietti vispi! – A dire il vero è una delle poche cose che ricordo di lei, quand’era ancora un’impertinente poppante.        

 

- Ho iniziato a mettere le lentine all’età di nove anni! – mi fa presto, allungandomi un sorriso superbo e soddisfatto, e sbigottendo me, ovviamente!

 

- Un momento… - prendo fiato e cerco di mantenere la calma. La guardo bene negli occhi. In effetti non si riesce a distinguere granché. Se Yuffie stesse davvero indossando delle lentine, allora sarebbero così perfette da sembrare naturali. Ammesso che non sia il grigio, il suo vero colore naturale! Detesto le situazioni complicate! Ho già perso la voglia di risolvere questo rompicapo, e così, proprio come farebbe un assiduo lettore di giornali enigmistici in difficoltà, mi appresto a guardare le soluzioni nelle ultime pagine – Allora si può sapere qual è il tuo colore? Il tuo vero colore, intendo. – preciso.

 

In quel momento però, capisco che Yuffie è uno di quei giornalini che riportano le soluzioni solo nel prossimo numero. La piccolina fa spallucce: - Chissà! – Si burla di me, in pratica.

 

Io però non cedo:

- Lo chiederò in giro, allora! Qualcuno saprà dirmelo, no?     

 

- Mah… io ne dubito. Sai…- comincia a premettermi. Chissà perché, ma rabbrividisco. - C’è chi sostiene che io li abbia viola, c’è chi dice blu, c’è chi dice verde… In pratica hanno tutti le idee un po’ confuse. Forse perché mi diverto sempre a cambiare!

 

Un macabro pensiero mi sfiora la mente.

Vorrei strozzarla e… cavarle gli occhi. Diventerei senz’altro il beniamino di tutti. Colui che ha scoperto il colore delle iridi di Yuffie!

Ovviamente, il mio è solo un macabro pensiero, eh!

Sospiro, faccio spallucce anche se la faccenda mi rode parecchio, e rimetto le braccia e il capo sul davanzale. Un giorno o l’altro dovrò pur coglierla in fragrante, no?

Spero solo che prima di quel giorno, io non le abbia veramente cavato già gli occhi…!       

 

Stiamo in quella posizione diversi minuti, finché le braccia non cominciano ad informicolirsi a causa della sistemazione non tanto consona. 

Osservo per l’ennesima volta Yuffie mentre si stacca dal bordo della finestra, per poi lasciarsi cadere sul soffice materasso del letto, e stendersi come un gatto si allunga sulla moquette.

Resta in silenzio per un po’, e poi eccola là, scattante, mettersi a pancia all’aria e fissare il vuoto, o fare finta di fissarlo. 

 

- Avevo paura di ritornare a Wutai, perché temevo che al mio ritorno Tifa mi dicesse che tu ti eri trovato una ragazza. – mi afferma spontanea, tutta franca.

 

Sono così sorpreso da queste parole, che la storia degli occhi passa in secondo piano. Infatti, la accantono in un nano secondo, e mi pizzico la guancia destra.

No, non sto dormendo.

 

- Non è che quella miriade di stelle, ha su di te uno strano effetto? – domando con una punta di scetticismo, che poi si tramuta in stupore vero e proprio. – Non posso crederci che tu alla fine ti sia arresa! Dunque… - proseguo completamente soddisfatto, con un atteggiamento stracolmo di baldanza – Avevo ragione, eh?

 

In fin dei conti, potevo non averne?

 

- E’ mostruoso convivere con l’ansia addosso! – mi dice lei, presa dall’argomento, intrecciando le mani sul pancino scoperto.

 

- Proprio a me lo vieni a dire?! Ti sei forse dimenticata di essere sparita per ben tre mesi, dopo quella fatidica sera alla Healin Lodge? Sapessi l’ansia che ho provato io, in quel periodo…! – Altro che queste tue ridicole paure infondate…! – E poi… non sono di certo il tipo che si mette così, seriamente, con una ragazza!

 

- Certo…! – sbotta lei, con una vocina acuta e sdegnosa che nasconde qualcosa di provocatorio.

 

Crucciato, la colpisco con uno sguardo:

- So a che cosa stai pensando, demonio di una ragazzina!

 

- Sentiamo… Turk! – mi incita furba, affinché io la risponda a tono.

 

Lo faccio al volo, senza futili indugi: - Non sono un’immorale donnaiolo, zo to!

 

- Ma io non l’ho detto!

 

- Però lo hai pensato! Come volevasi dimostrare… - dico sospirando e scuotendo la testa tutto affranto, preparandomi in seguito a gettare un portentoso amo – Sei machiavellica!   

 

Yuffie abbocca e cade vittima del subdolo inganno di un Turk.

 

Essere sleali, a volte, si può rivelare veramente interessante…!

 

- E tu sei uno zotico!

 

Proprio quello che volevo sentirmi dire!

 

Colgo la balla al balzo, e parto con una vivace controffensiva: - Tu continua pure imperterrita a darmi dello “zotico”, se ti rende la vita più rosea! Ma sappi che io farò altrettanto, con quella parolina che detesti con così tanto ardore…! - Devo ammetterlo: il machiavellico, in questo caso, sono io!

 

Incrocio le braccia al petto, con un sorriso di trionfo, fissando appagato come non mai, la collerica espressione di Yuffie.

 

- Mi stai forse chiedendo di scendere a compromessi? – replica lei, sollevando la schiena e mettendosi dritta, seduta sul letto.

 

- Perché no? Mi sembra equo da parte mia, non credi?

 

- Da parte di un Turk, anche troppo! – Yuffie fa come me, incrocia le sue esili braccine, e mi osserva diretta. – Qua la mano, allora! Ok? – esclama tendendomi un arto, abbindolata dalle mie movenze.

Lo sguardo mi si posa dapprima su quella mano, e subito dopo sulla sua faccina vispa ed attenta.

Il lato destro della mia bocca si leva all’insù, in una ghignata. 

Afferro alla svelta la mano della ninja curiosa, e la spingo a me come se fosse una graziosa bambolina. La chiudo forte tra le braccia, in una vivace stretta, passandole rapido una mano tra i capelli, fino a metterli in disordine.

 

- Ok, giovane ninja dal nasino buffo!

 

- Mi freghi sempre, tu! – borbotta, dimostrando però di gradire quelle dolci moine.

 

- Toglimi una curiosità…- chiedo tutto a un tratto - hai imparato a cucinare per farti bella ai miei occhi?

 

- Più o meno

 

- E’ più, o meno? Deciditi, zo to!

 

- Tutte e due! – replica furbetta, sorridendo gaia. – Sia più, che meno!

 

Divento tentennante:

- Niente più?

 

- I più lasciali a me, tu tieniti i meno! 

 

Ma davvero?

- E tu, invece, dividiti i pregi e moltiplicati i difetti! – butto lì, dimostrando ancora una volta un maggiore senso dell’humour. - E dopo aver parlato del più e del meno, dimmi, ma tu più o meno, sei un buon calcolatore, eh?

 

- Spiritoso! – schernisce stizzita, tirandomi il lungo codino di capelli, un po’ per gioco. 

 

Lascio in sospeso la questione dell’addizione e della sottrazione, e parto in quarta con un nuovissimo quesito: - Tornando a me… Dì la verita, tu mi hai seguito spesso in questi ultimi mesi, non è vero?

 

- Beh… a dirla tutta, è da quando avevo dieci anni che ti tallono! – Yuffie ha finalmente gettato la maschera, confessando così, come se nulla fosse, il misfatto. Per giunta con un sorriso a quarantadue denti, che non trasmette nulla di buono.

E infatti… dapprima sono scettico, dubbioso. Non reagisco subito alla sua improvvisa rivelazione. Prima ci rifletto su, rimugino. E poi… tutto cambia in appena due miseri secondi. Sulla mia faccia, appare un’espressione sconvolta. 

- CHE COSA?! – strillo sull’orlo di una crisi di nervi. Una crisi che mi sta lentamente asserragliando.

 

- Turk! – mi ammonisce repentina la ladruncola, tappandosi le orecchie con le mai – I miei timpani funzionano benissimo! E comunque… non ti stavo sempre e perennemente dietro… non t’illudere! – si tutela spocchiosa, sicura di sé. In seguito precisa più accuratamente - Ogni tanto, così, quando incrociavo per puro caso il cammino di voi agenti in divisa, finivo sempre per seguirvi di nascosto.

 

Cerco con tutta la buona volontà, di restare calmo, e magari di chiedere delucidazioni. Dopo una scottante rivelazione però, non è facile come pettinare una bambola!

- Potrei sapere il perché? Se non è troppo, ovvio!

 

- Vedevo la tua strana e coloratissima testa e… puff! Come per magia cominciavo a seguirti! Semplicemente mi incuriosivi. E poi ero una piccola bambina desiderosa di sapere!

 

- Come lo sei tuttora, zo to! In ogni caso… non ero solo io quello ad incuriosirti, vero?

 

- Eh? Cosa vorresti insinuare?

 

- Le Materia! Lo hai detto tu stessa… Noi Turks ne siamo pieni fino al collo!

 

- Oh beh… quello è un dettaglio trascurabile! Suvvia! – Yuffie sventola la mano, con un’andatura semplice, naturale.

 

Semplice un corno!

Naturale un corno!

 

- Dettaglio trascurabile un corno! Tu pensi solo ed esclusivamente alle tue amatissime Materia! Mi hai fatto compagnia e da crocerossina semina panico, solo per un tuo tornaconto generale! Confessa! – la sprono a dichiararsi colpevole, con un atteggiamento duro, deciso ed incalzante. Yuffie è incerta, titubante. Nessun problema! Un energico e serrato abbraccio, fa cantare anche un gallo con la raucedine!       

 

- Va bene va bene va bene va bene va bene! – reagisce celere, con la voce strozzata, fronte grinzosa, cercando di opporre resistenza allo stringimento soffocante, mentre la faccia le si tinge di viola. – Non era solo per il dentifricio, se mi sono introdotta nel tuo bagno! Cercavo le Materia di voi Turks!

 

Mollo la presa all’istante. Yuffie respira rilasciandosi tutta, il viso le ritorna normale, e la fronte si spiana.

L’argomento è interessante. Assai interessante. Se riguarda i Turks, poi, ancora meglio!

 

- Tana per Yuffie! – esclamo pienamente soddisfatto. – Come pensavo…! Dopotutto, sei pur sempre una ladra… - sospiro appena, ma appagato da quella rivelazione. Come un bravo detective che ha da poco scoperto colpevole e movente, in un sol botto, vado avanti – E’ per questo che mi venivi spesso a trovare?

 

- Speravo che tu ti tradissi, o più semplicemente mi dicessi qualcosa a riguardo… Però sei più furbo di mio padre e dei suoi Wusheng… accidenti! Con te non la si fa tanto franca! – sbotta mettendo il broncio. – Quando ti ho chiesto di avere una Materia… beh, in realtà l’ho fatto solo perché volevo seguirti di soppiatto per scoprire il vostro famoso forziere pieno di rare e costosissime sfere! Poi tu…

 

Comprendo al volo il significato delle sue parole, e così l’anticipo: - Poi io non te ne ho dato il tempo, vero?

 

- Già! Sei stato un falco!

 

- Ne avevo una in tasca. Guarda caso…!

 

- Fortunato di un Turk! – sbotta ancora la pestifera ninja, corrucciando la fronte. Tutta invidia, la sua!

 

- Rubare a noi Turks, è un reato grave. Lo sapevi questo, vero? – Certo che no! Ci ha derubati così tante volte, che alla fine ci si fa l’abitudine.

 

-Turks, Turks! Sempre voi Turks! Wutai si è impoverita…

 

- A causa nostra! Di noi subdoli Turks! Non serve che tu me lo ripeta ogni benedetto istante, zo to! 

 

- Così te lo ricorderai per tutta la vita, per sempre! Ogni istante, giorno, anno, secolo! Nel tempo! – La ragazzina chiacchierona, di chiacchiere ne ha da vendere! 

 

Tuttavia, quelle parole mi fanno ricordare qualcosa.

- A proposito di tempo… Si è fatto tardi… - annoto sconsolato, gettando un’occhiata al quadrante rotondo del mio orologio da polso.

 

- Dobbiamo andare? – replica la piccola Kisaragi, con voce mogia e spenta, staccandosi appena dal mio torace.

 

- Se partissimo a quest’ora, arriveremmo molto tardi a Midgar… Non posso suonare il campanello dell’orfanotrofio alle tre di notte, per riaccompagnarti lì! E comunque… io devo ritornare a Junon, e l’idea di svegliare Rude e famiglia, nel pieno del sonno, mi crea una certa agitazione…

 

Yuffie come sempre è scattante:

- Allora restiamo qui! Tanto sei in ferie, giusto? E poi… non vedo l’ora di vederti domattina, con la testa tutta arruffata!

 

- Eeh?! – sibilo io, a stento. Che significa adesso codesta cosa?! Cerco di ottenere una risposta, facendomi vedere con un espressione tutt’altro che serena.

 

- Mi piaci di più con la solita zazzera rabbuffata, che con questo liscio appiattito e serioso. Troppo ordinario per te! Troppo! – O forse lo è per te, piccolo diavolo?

 

- Se la metti così… - premetto al volo, senza lasciarmi sfuggire la preziosa occasione che mi è stata messa da poco tra le mani- Per vedermi arruffato, non ci sarà bisogno di aspettare domattina!

Mi stringo forte a Yuffie, e le schiocco un lungo quanto intenso bacino sulla guancia: - Puoi sempre ovviare tu, al problema! Ti do il permesso di scompigliarmi i capelli!

 

Yuffie si mette pensierosa: - Mmh… - mugugna corrucciando le labbra – L’effetto non sarebbe lo stesso… Preferisco aspettare domattina!

 

- Allora sei proprio decisa a voler restare? – domando, per ottenere una conferma definitiva.

 

- Perché? Tu no? – La figlia di Godo Kisaragi è in allarme. L’espressione tesa, gli occhi tremolanti, mi fissa piena di ansia e trepidazione, come se io non amassi stare con lei. Come se restare lì, in quella baracca senza wc, ma accogliente, mi facesse ribrezzo.  

 

- Non ho detto questo, bimba!

 

- Però lo hai pensato! Avevo ragione… - sospira tutta sconsolata, ma con un evidente tono da recita - Il machiavellico sei tu!

 

- Vuoi che ti dia della zotica, forse? – Non si saranno invertiti i ruoli?

 

Yuffie fa cenno di no scuotendo la testa buffa a più riprese.

- Comunque – riprende dopo poco, con il faccino affranto e svigorito – Se proprio dobbiamo andar via, facciamolo ora! Più tempo passa, e più si fa buio… E’ pericoloso guidare di notte, lo sai?

L’ingenuità della ragazzina dagli occhi nocciola, mi fa sorridere di gusto. – Cos’ho detto? – cerca presto di capire, vedendomi ridere soddisfatto.

 

- E’ inutile: sei proprio una bambina! E… tanto per precisare…- mi guardo attorno, in quel minuscolo e stretto soppalco, poi riprendo- non è che non voglia restare ma… tu, piuttosto?

 

- Io? – si domanda confusa, fissandomi con tenacia.

 

- Yuffie Yuffie…! – esclamo a più riprese, scuotendo la testa e sospirando bonariamente. – C’è un solo letto. – Ed io non mi sacrifico a dormire di sotto, per terra, su qualche sacco, o peggio ancora, in uno scomodo sedile ribaltabile!

 

La ninja mi osserva tutt’altro che convinta, per poi replicare all’istante:

- E allora?

 

E allora ?!

Ok.

Le cose qui sono due: o mi sta deliziosamente invitando a saltarle addosso, oppure è davvero un ingenuo diavoletto!

 

- E’ un invito bello e buono, il tuo, zo to? – domando così, sorridendoci nervosamente su. Sono un uomo, mica un innocuo coniglietto di peluche…?!

 

- Un… invito?

 

Annuisco secco, per poi replicare brutale:

- A salarti addosso, zo to!

 

Yuffie arrossisce all’istante, come previsto. Vedo il suo corpo minuto farsi indietro, molto indietro.

Mi mordicchio nervosamente il labbro, piegando poi leggermente la testa verso sinistra.

Prima tiri la pietra, e poi nascondi la mano?

Eh no! Non mi piacciono questi giochetti infantili!

 

- Allora? – La incito a darmi una risposta, mentre attendo con pazienza, seduto a gambe e braccia incrociate, sul comodo lettino.

 

Yuffie esita, solleva il capo all’insù dalla vergogna, e subito dopo il suono della sua flebile vocina, si appresta a venir fuori: - Anche se dormiamo entrambi qui, l’importante è avere la coscienza pulita!

 

- Che cosa ci restiamo a fare qui, se poi dobbiamo avere la coscienza pulita?! – Si è mai visto un Turk, che dorme con una donna e non ci combina niente? – Inoltre non penso che la mia coscienza voglia restare pulita stanotte… - alludo senza macchia, netto.

 

- Se dormiamo schiena a schiena, la tua coscienza resterà più che pulita! Sicuro! – Sicurissimo! – Tu ti giri verso il bordo del letto, ed io in direzione del muro! Semplice! – Semplicissimo!

 

- Tu… mi vuoi vedere morto! – esclamo al colmo dell’esasperazione, pur mantenendo tutto sommato una certa fermezza. – E poi… quella mattina, quando ti sei presentata da me dopo ben tre mesi di distanza, in quel prato, non mi era parso che tu facessi tanto la schizzinosa… o no?

 

Le mie parole mettono Yuffie in difficoltà. Il viso che si avvampa, le mani che stringono di nascosto un lembo della coperta, gli occhi abbassati proprio su essa, tutto ciò, mi fa sospirare.

Lei è la classica ragazzina che si lascia completamente catturare da un qualcosa di nuovo e che l’affascina, ma che poi finisce con lo spaventarla irrimediabilmente.

Lo stesso tira e molla me lo ha fatto anche la prima volta che l’ho baciata, sotto quel tremendo acquazzone. Dapprima era rigida, spaventata, poi, puff! Si è sciolta. Facendo me, illudere come un’idiota, ovvio! E poi, ancora rigida, peggio di prima.

L’ho detto io: è un tira e molla continuo!

Tuttavia… l’osservo in silenzio, rannicchiata in quella posizione ferma, a fissare il lenzuolo bianco, e sospiro.

Se lei non vuole, pazienza! Non posso di certo obbligarla… oltretutto, finirei per essere veramente uno zotico.

Sospiro, e poi esclamo sconsolato:

 

- Non posso di certo prometterti di starmene buono, ma… ci proverò, zo to!

 

 

 

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Capitolo 23
*** Al diavolo la coscienza sporca! Dopotutto, c’è il sapone, no? ***


CAPITOLO 22

                              CAPITOLO 22

 

 

 

 

Quanto può essere sincera, la parola di un Turk?

 

Molto?

Abbastanza?

Per niente?

Chi può dirlo… Dipende dai casi.

Ma in questo preciso ed insostenibile attimo, quanto può esserlo in realtà?

 

- Per niente! - Sbuffo seccato mentre me ne sto girato su di un fianco, sdraiato lungo il bordo del letto, a fissare lo spoglio pavimento del soppalco. Se non altro, mi aiuta a distrarmi.

 

- Hai detto qualcosa? – sento presto domandare da una vocina alle mie spalle. L’ingenua vocina di Yuffie, che divide incauta e beata il comodo giaciglio con il sottoscritto.

 

- Diamine bimba! Così mi deconcentri! – replico alquanto seccato, facendo del tutto per trattenere quei sette fottutissimi bollenti spiriti che mi riempiono la testa di immorali pensieri.

Starmene qui, immobile a fissare uno squallido pezzo di soppalco, non mi aiuta per niente! Anche perché la schiena di Yuffie è così dannatamente incollata alla mia, che a momenti mi sciolgo come un pupazzo di neve in una serra fiorita!

Datemi un sedativo…! Una scatola intera, per pietà!

 

Lo stretto letto, poi, non mi spalleggia per niente…

 

Cerco di staccarmi anche solo di mezzo centimetro, da quella schiena così calda ed accogliente, facendomi più avanti.

Davvero un’ottima idea, eh?

Striscio più in là, forse con un gesto troppo frettoloso e mal fatto, e ne pago senza indugi, le amare conseguenze. 

Davvero una pessima idea, eh?

Yuffie mi sente agitare, e si gira verso di me con uno scatto fulmineo: - Occhio, occhio, occhio!!- dice a più riprese, caotica come lo è sempre.

 

Lo spazio assai ristretto, e l’equilibro che viene meno, mi fanno cascare rovinosamente a terra.

Un capitombolo senza pari!

 

- Auch! – mi parte un lamento spontaneo ed acuto, non appena la mia povera schiena tocca il suolo. Duro come il cemento.  

 

- Tutto apposto? – Yuffie si sporge impensierita dal bordo del lettino, in tutta fretta. Ah, quella stramaledettissima fretta!

Un movimento fatto male, una mano messa lì, a casaccio e…

Vedo la ragazzina finirmi totalmente addosso. D’istinto serro le palpebre. L’unica cosa che mi viene spontanea in quel momento. 

 

- Auch! – mi parte un secondo lamento volontario ed acuto, assolutamente come primo.  

 

Il viso allibito ed allarmato di Yuffie, si precipita a sollevarsi per guardarmi dritto in faccia: - Tutto apposto?

 

- Per carità! Non chiedermelo più, zo to! L’ultima volta che lo hai fatto, è successo un patatrac catastrofico! Non vorrei che adesso mi crollasse addosso anche il soffitto…

 

- Se dovesse succedere, ci sono qua io a coprirti! - L’astuta ninja mi fissa diretta, per poi sorridermi zuccherina. Quella profondità negli occhi, la semplicità di quella bocca sorridente, ed il nasino tondo al quale non riesco minimamente a resistere, mi mettono in moto. Pericolosamente.

Afferro la ladra prendendola per quei polsi sottili e delicati, e in un batter d’occhio, la situazione si ribalta. Un giro rapido, e l’atterro.

La giovane Kisaragi, spalle al pavimento, mi scruta perentoria dalla sua posizione bassa. La sua espressione non è del tutto distesa.

 

Al diavolo la coscienza sporca! Dopotutto, c’è il sapone, no?

 

Porto le labbra su quelle di Yuffie, spalancate ed incerte, e le strappo un folle bacio. Un gesto avventato ed inatteso, che la fa sobbalzare.

Trascino la bocca ai lati del collo, la faccio scendere giù, lentamente, ma avventato, impulsivo, irragionevole. In una simile situazione, l’irragionevolezza è d’obbligo. Inevitabile, azzarderei.

Yuffie è muta, la sfavorita di turno. In un primo momento, ha l'aspetto di una sconvolta, incerta. Una persona che non sa se reagire, o lasciare che sia l’altro ad intercedere per lei. Non so se classificare questo suo atteggiamento come confuso, oppure, peggio ancora, impaurito.

Raffreddo per alcuni istanti i bollenti spiriti che mi stanno facendo del tutto ammattire, e mi faccio avanti:

- Insomma… ! Sei confusa, o spaventata?! – replico tutto scombussolato, mantenendo però sapientemente il controllo dei movimenti, e sedandomi solo un pochino.

 

- Tutte e due! – esclama senza nessun indugio l’interrogata, sforzandosi di emettere un loquace sorriso.

 

Non mi incanti, nanerottola wutaiana! 

 

Faccio spallucce: - Scelgo io per te, va bene?

 

Yuffie annuisce a stento, deglutendo inceppata.

 

Rido, e poco prima di sguinzagliare tutti e sette i bollenti spiriti, assento certo: - Nessuno dei due, zo to!

Riprendo ad appoggiarle le labbra lungo tutto il collo, tenendole i polsi ben piantati al suolo. Uno scomodo pavimento rugoso, rustico, senza mattonelle, gelido. Tuttavia, è così ardente questo mio corpo, che non ci faccio neppure caso.

 

- Cosa stiamo facendo…?! – reagisce incerta l’infantile monella, balbettando abbastanza, mentre fatica perfino a respirare.

 

- Non ti piacevano forse i bambini, zo to?

 

- Sì ma…

 

- Ne facciamo uno, contenta? – proseguo io, spezzandole le parole di bocca.

 

Yuffie emette un grido di protesta, con il fiato sempre più corto: - CO-COSA?!

 

- Per tutte le Summon di questo mondo…! – esclamo volgendo un istante gli occhi al soffitto- Sto scherzando! – Non sono così deficiente da crearmi una famiglia in un simile momento! - E poi, una pestifera bambina ce l’ho già…!

 

- E chi è? – domanda curiosa l’astuta ragazza, sfoggiandomi un’espressione allibita. – Ririn?

 

Rallento i battiti del mio cuore, e le emozioni, per poterle rispondere a tono:

- Piccola sciocchina…! Sei tu, ovviamente! – E’ proprio un’ingenua…! Inutile ripeterlo all’infinito.

La scena si ripete. Un’altra volta, mi chino su di lei alla svelta, senza darle l’aggio di replicare, avviandomi poi a slacciare il bottone del jeans color ocra che porto, con due dita della mano.

Un’altra mano, ma non la mia, gli si appoggia contro per fermarla.

 

- Non posso! – tenta di scusarsi Yuffie, sbrigativa, con un viso certamente imbarazzato, e tutto sconvolto. Il mio lo è altrettanto. Non me lo può dire ora, quando il fuoco che mi pervade dentro, si è già avviato da un pezzo! Per spegnerlo mi dovrei soltanto sparare.

 

- Non… puoi?! – replico io, nella speranza di aver capito male. Ma proprio male! – Non venirmi a dire che hai il ciclo, o peggio ancora, mal di testa!

 

- E invece è esattamente così! – spiega in un lampo, con una cadenza che sa di falso.

 

- E cosa delle due? – chiedo paziente, anche se non lo sono poi tanto.

 

- Tutte e due!

 

- Per carità! – alzo seccato lo sguardo all’insù- E’ vecchia, dai! Inventatene un’altra, almeno…! Faresti più bella figura.  

 

Sono veramente stufo di tutto ciò. Uno stufato di verdure, sarebbe meno stufo di me.

Va bene essere insicuri, timorosi… la prima volta per le mocciose è quasi sempre così, lo posso anche capire, ma… il tira e molla non mi facilita di certo le cose! O la si vede bianca, o nera. Non mi è mai piaciuto il grigio. O c’è il sole, o la pioggia. O fa caldo, oppure freddo. I mezzi termini fanno solo perdere tempo. E con tutto quello che c’è da fare, è una gran bella rottura di nacchere!

La lascio lì, a terra, e mi rialzo visibilmente infastidito. Yuffie se ne accorge, e cerca in tutti i modi di venirmi incontro con qualche parolina simpatica, o gesto affettuoso.

Le paro lesto una mano davanti alla faccia, per impedirle di avanzare.

- Per carità! Stammi lontano…! Vade retro, Satana!

 

Il mio organismo è già fin troppo ustionato, per poterti sopportare ancora una volta!

 

Altro che facocero castrato!

Mi sento come un treno che corre senza controllo, e che non vede l’ora di deragliare in qualche pertugio.

 

- Ma io…

 

- Niente ma! – dico esaustivo, girandomi di schiena con fare stizzito.

 

Come al solito lei non cede al divieto, ed incalza a parole: - Ho vergogna…!

 

La sua affermazione mi fa trasalire. Mi fa bollire come un bollito di carne. 

 

- Perdindirindina! La bimba ha vergogna! – canzono senza lasciarmi sfuggire la portentosa situazione, seppur adirato. – E di cosa, sentiamo…

 

Yuffie è ancora alle mie spalle, tacito è il suo sospiro. Probabilmente sapeva in cuor suo che presto o tardi, quest’attimo così faticoso, sarebbe toccato anche a lei.

A dire il vero, lo sapevo anche io. Tutto sommato, non credevo minimante che mi si potesse verificare una simile situazione! E poi… lei è Yuffie! Un tipino sveglio, attento, vispo, furbo, machiavellico… Una così, tutta pepe e niente rosmarino, non può avere vergogna!

 

Non ottengo risposta. Le sue labbra rimangono chiuse, forse piene di timori. Sospiro tutto sconsolato, e scuoto la testa. Non posso fare altrettanto.

- Vedi? Non sai neppure tu, cosa rispondere…! La tua non è semplice vergogna… Tu hai paura!

 

- E invece no! – sbotta subito lei, come per difendersi da qualcosa che la infastidisce parecchio. – Ho vergogna… di te. – pigola appena, con una vocina insicura e tentennante.

 

Questa volta non posso non replicare. Mi giro finalmente, e la fisso: - Non ti giudico mica, bimba! Anche se sei vestita, quegli abiti che indossi lasciano ugualmente afferrare tutto di te!

 

Le mie parole portano Yuffie a darsi una rapida occhiata, per poi arrossire sommessamente.

 

Avrà davvero vergogna?

 

Mi metto pensieroso, e rifletto.

Se anche io fossi una donna, ed il mio corpo assomigliasse più a un ramoscello mingherlino, che ad un arbusto fiero ed armonioso, di vergogna ne avrei, eccome!   

 

Con tutto ciò, se questo fragile uccellino ancora minuto, non si decide a spiccare il volo, resterà per sempre schiavo del suo nido.

 

Ad un tratto però, ho un inatteso flashback. Un ricordo che risale alla scena in cui sia io che Yuffie, eravamo decisi a troncare l’ancor nostro acerbo legame, nel bel mezzo di una lite furibonda.

Dopo soli pochi secondi, un inatteso giro di boa, aveva ribaltato completamente le carte. Stavamo lì, stretti l’uno all’altra, e gettati a terra, su quel prato, ognuno desideroso dell’altro.

 

Rifletto ancora una volta. Con più attenzione.

Stai a vedere che, se lei mi s’infuria, alla fine si scioglie?

Chissà. Potrebbe essere un’idea, perché no? Infondo, litigare con lei, mi diverte!

 

Se non le faccio spiccare io il volo, dubito che ci riuscirà qualcun altro.

Oltretutto, l’idea che ci possa riuscire proprio quel qualcun altro, mi manda in bestia!

 

Rido. Un riso sano e volutamente provocatorio.

Yuffie mi scruta, silenziosa ma perplessa.

- Che c’è? – chiede subito dopo, cominciando ad imbrunire quel suo infantile faccino.

 

E’ già con un piede nella tagliola!

 

Rido sempre più forte, fino a piegarmi perfino sulle ginocchia.

- Sei buffa! Troppo buffa!

 

- Eh? Dici a me? – fa lei, puntandosi un indice in pieno viso.

 

- Ovvio, zo to! E chi sennò? Vedi altre ladruncole, piatte come un ramoscello puerile, qui dentro? 

 

- Hey! – L’espressione perplessa della ninja, muta in un lampo. – Sei uno zotico! – mi risponde prontamente, nella speranza di ferirmi.

 

Ricrediti ninja, e stupisciti!

 

- Per piacere… dai! – faccio un cenno con la mano, sventolandola, come a dire “ è roba vecchia, ormai!” “lascia stare!” e poi riprendo- Sei machiavellica!

 

Yuffie s’intirizzisce al suono di quella parola. Le sue gote sono rosse, come il fuoco, la fronte piena di grinze, minacciose ed imponenti, e la boccuccia pronta a replicare: 

- Zotico!

 

Insisto senza scompormi: - Machiavellica!

 

- Zotico!

 

- Machiavellica!

 

E' completamente infuriata. Una belva senza guinzaglio, libera di attaccare chiunque, me compreso.

Da parte mia, invece, non c’è nessun problema. Anzi! Aspetto fiducioso, più machiavellico che mai, che si faccia valere.

Sta per replicare, per aprir bocca, ma ci ripensa. “Meglio fare a botte”, sembra che pensi. Meglio! Tanto meglio!

Continuo a portare avanti la farsa, serio ed attento, come mi riesce più adeguatamente.

La tagliola è scattata, chiudendosi così sulla povera preda. Yuffie mi viene contro, rapida stende una mano per afferrare il cuscino messo sul letto, e rifilarmelo in faccia.

Non sbotto. Resto muto, impassibile, mentre tutta irritata, lei, sta per colpirmi in pieno torace con uno schiaffetto impertinente.

 

Afferro dinamico il suo esile ma energico braccio, e la tiro a me, tutt’altro che garbato.

La principessina si dimena, scalpita, si scuote sdegnata, pur di liberarsi dalla mia scomoda ed opprimente stretta che proprio non gli va a genio.

Colgo l’occasione per farla arrabbiare ancora di più, e replico altezzoso:

- Non riesci ad avere la meglio con me, eh? Arrenditi nanerottola machiavellica!

 

L’intenzione di reagire, da parte sua, c’è. Quasi certamente con un insulto. A giudicare dalla posizione delle labbra, socchiuse e tonde, vorrà senz’altro darmi dello “zotico”. Come di consueto!

 

Non perdo tempo: l’anticipo.

Le afferro l’altro arto, e la tengo buona con un bacio.

In un primo momento Yuffie è restia, fa del tutto per respingermi, come una cattiva poppante disubbidiente.

Scorre il tempo, passano i secondi, veloci ed inesorabili, ed il quadro globale, cambia totalmente.

L’indisciplinata si lascia trascinare, risponde a quell’atto di affetto, e cessa di scuotersi. Sento le sue braccia farsi molli, cedere, la rabbia scemare, e la voglia di carezze aumentare febbrilmente. 

La sento appartenermi.

Si appresta spedita ad agguantarmi il soffice maglione, fino a tirarlo su. L’aiuto anche io, frettoloso ed incalzante, finché poi non resto a torace scoperto. Getto l’indumento verde a terra, chissà dove, e non perdo tempo. Spingo Yuffie facendola indietreggiare verso il letto, mentre veloce sciolgo il laccio che gli tiene legata la cintura in vita. slaccio il bottoncino dei suoi shorts elastici, con una sfrontata sfacciataggine, e tiro giù la lampo.   

Presi l’uno dall’altra, retrocediamo fino a giungere ai lati del giaciglio da me puntato. La faccio scendere giù, con eleganza, sul soffice materasso. Slaccio il bottone del mio jeans, stavolta, sfiorandolo con l’indice. Un movimento unico e diretto, che lo fa uscire dall’occhiello in una sola mossa. Yuffie vorrebbe aiutarmi, ma quelle mani capaci di rubare Materia, tremano timidamente. Sembra perfino avere fretta. Si sarà svegliata d’un botto?

 

- Adagio, bimba! – pronuncio con il respiro svelto, difficile da governare, ma al tempo stesso dolce, nel momento in cui con un bacio la spingo in giù, per stendersi.

Vorrei essere brutale, però con lei non ci riesco. O almeno, non subito.

E’ troppo impacciata, novellina. Una graziosa novellina che d’un tratto si sente la veterana del momento!

Aiuto Yuffie a sfilare via il corpino di stoffa colorata, attento a non farle involontariamente male nella troppa foga. Così novizia, quest’esserino mi fa provare un inteso sapore dolciastro in bocca.

Ci fermiamo entrambi, solo il tempo di cercarci con gli occhi. Ho i battiti del cuore in tremenda impennata, e decisi ad aumentare sempre di più.

Ognuno di noi sa ciò che vuole. Ne è convinto. Ci stringiamo forte, l’uno all’altra. Il suo sguardo timido ma profondo, la frangia che le ricade sulla fronte, e un ciuffo di capelli flesso sulla deliziosa curva del nasino. Questo è tutto ciò di cui ho bisogno.

 

Il resto viene da sé.

 

Indimenticabile.

 

Intenso.

 

 

 

Un cielo pieno di stelle, rende luminosa questa notte. La calda luce di una luna fanciullesca, fa capolino dalla finestrella rettangolare, per accarezzare il letto. E per accarezzare noi.

Come d’incanto, tutto sembra divenire magia. Un incantesimo completo, che pare vivere in noi.

Mi dimentico del mio lavoro, di quello stramaledettissimo Sanatorium, e cosa assai importante, di Elena! Finalmente! Non ne potevo più di quel caschetto biondo, perfettino e serioso. Una piaga terrificante, per il mio termometro interno di pazienza! 

  

E’ proprio una perfetta alchimia. Niente di meglio per la caotica quanto frenetica vita da Turk. 

 

E’ notte. Profonda notte. La brezza della tarda serata porta sia me che Yuffie a rabbrividire un pochino.

Prendo un lembo del lenzuolo, e lo tiro su, fino a coprirci. Abbraccio con modi calmi e gentili il piccolo scricciolo wutaiano che si accoccola con fare fanciullo tra le mie braccia. La sento respirare calma, tranquilla, per poi addormentarsi del tutto. La imito poco dopo, prima però mi avvio a carezzarle la schiena dalla pelle giovane, ma un po’ d’oca, per via della brezza che passa inesorabile accanto alla finestrella. Stringo di più la vispa fanciulla, le scaldo il dorso con lo sfrego del palmo della mano, e infine abbasso le palpebre, stanco e desideroso di dormire, mi lascio cadere tra le braccia quiete e ristoratrici di Morfeo.

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

 

 

 

 

Non aggiorno più praticamente da anni... Un po' per il lavoro, un po' perché sono accadute tante cose, ad ogni modo adesso son qui, e sono tornata per portare a termine una delle fic a cui sono maggiormente legata!

Grazie come sempre a tutti per il sostegno e, se siete ancora interessati alla mia storia, immergetevi in questi ultimi capitoli e buona lettura!

Botan

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Che novelletta spiritosa! ***


CAPITOLO 23

                             CAPITOLO 23

 

 

 

 

Come saranno le prime luci dell’alba, qui ad Ajit? Se la notte è piena di stelle, il cielo mattutino sarà calmo e sereno, senza nuvole? Oppure accadrà l’effetto contrario?

Tutto può essere, in un luogo magico come questo. Non mi resta che constatarlo personalmente.

Sto per riprendere coscienza, dopo una sana dormita. Le membrane oculari si schiudono. D’istinto sento la necessità di portarmi una mano sugli occhi, per ripararmi da un raggio di sole birichino che mi s’infrange sopra al viso.

Guardo il polso. C’è l’orologio con il cinturino di gomma nero, che ho scordato di slacciare nel trambusto della serata.

Affino la vista per osservare il quadrante, e mi gratto svogliato la fronte.

Sono da poco le 11. Altro che prime luci dell’alba! Il sole è sorto da ben 5 ore, qui ad Ajit!

Non mi capita spesso di dormire fino a tardi.

Quando non sono in vacanza, solitamente la sveglia è sempre alle 7 e 30, massimo 8 in punto. Tuttavia, perfino quando non sono costretto a lavorare, per abitudine mi alzo presto. Per abitudine, intendiamoci! Restare a letto e poltrire, fino a mezzogiorno, era una delle mie specialità, quand’ero un arzillo monello!

Resto ancora un po’ così, impastato da qualche sottile alito di sonno, e fisso il soffitto. Completamente bianco, privo di lampadario, con la superficie grezza, sporcata dal tempo.

Mi perdo letteralmente in quella vasta superficie, che mi dà lo stimolo di richiamare alla mente i vividi segni dei flashback della nottata.  

Chissà perché, ma sento l’impellente bisogno di gioire. Lo faccio con un piccolo riso, una smorfia piccina che racchiude una grande dose di appagamento.

Passo la mano tra la frangia, e me la tiro indietro. Non posso fare a meno di pensare. Non riesco a fermare i ricordi, che incalzano svelti, uno dopo l’altro, per non farmi smettere di sorridere, di sentirmi soddisfatto. Quei copiosi flashback, sfrontati, che raccontano minuziosi la notte.

Una nottata folle. Dapprima strana, lenta. Poi via, incalzante come non mai, un improrogabile turbine dalle mille facce. Sfaccettature d’ogni tipo. Dolci, amare, salate. Aromi particolari, intensi. Dal pungente rosmarino, al delicato basilico. Un cocktail esplosivo, al tritolo. Un contrasto strampalato, ma azzeccato fin nei minimi dettagli. La menta con il cioccolato, l’aceto con le fragole, la cannella con le mele.

Tutto questo, racchiuso in una sola, e probabilmente breve nottata. 

Ok, sono totalmente fuso, lo ammetto!

 

Non provavo una sensazione di questo genere, da quando stavo con Shisune.

Abitualmente, per me, è la solita monotonia. Tutto si consuma in una tarda serata, svelta, rapida e fredda, e al risveglio, la mattina, non ricordo più nulla semplicemente perché non ne ho voglia. E’ una notte come le altre, con una donna che ti attrae fisicamente, ti fa divertire quelle due o al massimo tre ore, e poi basta. La mattina ci si sveglia, ci si saluta come due perfetti estranei che hanno metaforicamente trascorso una serata a pettinare bambole, ad oziare, e via. Tu a casa tua, ed io alla mia. Come due perfetti estranei che, manco si ricordano di essere andati a letto insieme.

Come due perfetti estranei che non conservano talune emozioni.

Con la mia Shisune, non era così. Tutto aveva un senso. Anche le più piccole cose. Le redini dei miei sentimenti, lei se le teneva strette con illustre maestria. 

Ed ora… le briglie di questi miei bradi impulsi, sono finite in quelle manine abili nel rubare Materia ed afferrare shuriken giganti a destra e a manca. Pronte a schiaffeggiare chiunque, ma aperte anche alle carezze. Le mani decise di un tipetto machiavellico, ma solo per gioco! Quelle di Yuffie.  

Uno scricciolo di ninja, una ragazzina allegra, curiosa, amante dei colori e della libertà.

 

Lei, la futura leader di Wutai.

Io, un Turk.

Che novelletta spiritosa!

 

Giro il capo verso destra. In direzione della mia irrequieta ragazzina. Tanto irrequieta, in questo preciso istante, non lo è affatto!

E’ lì, beata, che dorme con il pancino in giù, ed il capo ruotato dalla mia parte. Il lenzuolo la ricopre a metà. La schiena, interamente scoperta, si lascia accarezzare dai raggi del sole che filtrano dalla finestrella rettangolare. Di sicuro le danno tepore.

Mi porto su di un fianco, e l’osservo con un sorriso stampato sulla faccia, dormire pacatamente.

Pacata lei?

Suvvia, non scherziamo!

Pensando a tutto ciò che ha combinato stanotte, mi viene proprio da ridere.

Un terremoto lo è di giorno, ed un terremoto lo è di notte!

E tutti quei capricci, quelle esitazioni infantili, e le paure… puff! Sparite nell’arco di dieci minuti.

Pestifera fino all’ultimo, lei!

Yuffie riapre gli occhi, sonnacchiosa, accompagnando il tutto con un grande sbadiglio.

Le ci vuole un po’, prima di accorgersi di me. Di me che la guardo, sereno e tutto sorridente.

Come previsto, le sue guanciotte, tutte da strizzare, si fanno rosse. Rapida, tenta di nascondere il viso affondandolo nel cuscino, come se provasse vergogna.

- Non guardarmi così! – replica senza perdere tempo, dopo un attimo però di totale smarrimento, con la voce soffocata dall’imbottitura spessa del guanciale.

 

Lì per lì non ribatto, non perché sorpreso, dopotutto la sua reazione era scontata, semplicemente non riesco a trovare la parola giusta per punzecchiarla a dovere.

Poi, l’illuminazione. Un lampo netto, nel mio cervello, lo mette in moto.

- Terremoto! Sei un piccolo terremoto!

La sua reazione è pressoché scontata. Spedita solleva di scatto quella sua testolina impertinente, e mi fissa impacciata.

 

- P-prego? – balbetta a stento, con gli occhi tremanti e le gote tutte arrossate.

 

- Sisma, scossa, movimento tellurico… Terremoto, insomma! – ribatto a tono, ridacchiando piacevolmente.

Quel nocciola degli occhi, il nasino tutt’altro che sfrontato, e lo sguardo pieno di vergogna, non mi danno l’aggio di smettere. Rido, ridacchio, la canzono. Vederla così, è come vedere un film drammaticamente comico!

Sa benissimo, lei, ciò che ha commesso. Sa benissimo, lei, quell’inutile polverone fatto di timori e disagi, che ha inutilmente sollevato. Sa benissimo, lei, di essersi poi lasciata addomesticare, da bravo gattino, e di essersi sciolta con la facilità che impiego io a sciogliere i lacci di una scarpa.

Ha la coscienza sporca. Gliela sporcata quel polverone inutile della sera!

Proprio questo suo atteggiamento, questi pensieri che si ergono a caratteri cubitali su quel faccino arrossato, non possono impedirmi di ridere.

 

- Smettila! – mi sgrida subito, rigida ed impacciata, per poi conficcare la testa sotto il cuscino.

 

Fingo di non ridere, e taccio.

In realtà, le mie intenzioni sono altre!

Piano, lentamente, agguanto uno spigolo del guanciale, e rapido lo sfilo via.

- Come struzzo vali meno di zero! – canzono senza lasciarmi sfuggire l’occasione.

La ladruncola si gira con un scatto, sorpresa, trovando me che lesto, la inchiodo sul morbido giaciglio. Con le mani asserragliate dalle mie, non potrà di sicuro coprirsi la faccia arrossata!

E’ proprio questo che mi diverte. Vederla lì, timida, farsi sempre più piccina, più rossa, impedita.

Piena di vergogna.

 

- Non mi guardare! – sentenzia da brava principessina rabbiosa. 

Quell’ordine per me, è solo una parola. Delle lettere senza significato, incatenate tra loro.

Continuo imperterrito a fissarla, con i ciuffi che mi pendono verso il basso, verso di lei. – Non mi guardare! – incalza ancora.

 

- Perché? – chiedo così, per il solo gusto di sentirla replicare stizzosa. Tanto la risposta che mi darà, la conosco a memoria.

 

- Ho vergogna! – Ecco! Lo sapevo! Una scontata risposta, no?

 

Stavolta faccio il sorpreso, quasi collerico: - Vergogna?! Ti stai forse prendendo gioco di me, bambina? Vuoi che ti ricordi quel popò di terremoto che hai creato stanotte, zo to? Nei minimi dettagli, s’intende!

 

Vedo divertito Yuffie che si adopera a cambiare notevolmente espressione. Dalla stizzita, alla paralizzata dal disagio.   

- Taci…! – pigola con un filino di voce, piena di ansia. Mi fingo dubbioso, l’incerto della situazione. Solo per tenerla sulle spine, eh!

 

- Mmh… non so…

 

- Ti supplico…! – ha l’ardire di esclamare, facendomi riaffiorare sulle labbra un grande ghigno.

 

- E’ buffo sentirtelo dire! Tuttavia… il Turk ha deciso di essere clemente con la sua piccola ladruncola piena di imbarazzo!

 

La sento tirare un sospiro bello pieno, di sollievo, insomma. Poco dopo, ancora lei, si fa avanti, cogliendo perfettamente la balla al balzo.

- Ti supplico anche di non guardarmi!

Eh no, furbetta nana! Troppi doni pretesi! Non sono di certo Babbo Natale…!

 

- Scordatelo. – sentenzio secco, e la sua espressione si fa subito tesa.

 

- Ma… ma… - balbetta la sua voce ballerina, senza concludere granché.

 

- Da Belzebù impertinente, a pudica convinta, in una sola notte! Che cambiamento!

 

Yuffie è ancora incerta, immobile con quegli occhi grandi e profondi, tutti da mangiare. Il suo nasino prende presto il colore delle guance, tant’è che il suo imbarazzo la sta lentamente divorando.

Come un ramoscello acerbo e striminzito che prende subito fuoco da una sola ed accennata scintilla.

 

- Non prendermi in giro! Tu sei più Belzebù di me, Turk! – replica così, su due piedi, finendo la frase con una dispettosa linguaccia. 

 

L’unico Re delle linguacce, sono io, zo to!

 

Rispondo alla sua netta provocazione, con un’altrettanto sberleffo. Siamo proprio come due bambini.

 

- Sono stato gentile… tutt’altro che rozzo. Ritieniti fortunata, ladruncola, perché io, sono peggio di Belzebù, zo to!

 

Yuffie mi osserva, scrupolosamente. Poi sulla sua faccia, si dipinge presto un ghigno fastidioso:

- Buffone!

 

- Buffone? – Dice a me? – Io, zo to?

 

- Vedi altri buffoni, che si pavoneggiano, qui dentro? Ti mancano solo le penne e la ruota, zo to!

 

- Mai provocare un Turk, appena sveglio! – enfatizzo sentendomi punzecchiato a dovere, per poi chinarmi rapido sulla boccuccia dispettosa del piccolo scricciolo.

Con un bacio la ammansisco, la tengo buona. Quello stesso bacio, poi, mi fa nuovamente perdere il controllo. Ancora una volta, sento dentro di me un rogo che vuole essere presto soppresso. E’ un incendio doloso, il mio.

 

- Reno! – La ninja riesce ad esclamare il mio nome, due semplici sillabe, dette con incaglio, perché coperte dalle mie pressanti labbra impazzite. – Rallenta! Decelera! Trattieniti! – strepita spedita, nel momento in cui la mia bocca le restituisce la piena parola. 

 

- Non dirmi che hai vergogna, Yuffie! Ti prego! La cosa è superata, no? Dopo stanotte, poi… sfido io chiunque a dire di no!

 

La wutaiana dal capello corto ma sbarazzino, si fa bollente:

- E’ giorno! C’è luce! Tanta luce…! – Esclama d’un fiato, cercando di reprimere l’imbarazzo puntando gli occhi di sguincio. La fronte piena di righe, le gambe tremolanti, quel viso teso… Ha vergogna!

Mi arrendo all’evidenza dei fatti, e la lascio subito andare. Cado lungo, di schiena e pancia all’aria, sul molle materasso, a fissare la quiete del soffitto, nella speranza che me ne dia un po’ anche a me.

Yuffie mi è accanto. Rapida, non appena i suoi polsi ritornano liberi, afferra un lembo del lenzuolo e si copre tutta, fin sotto il collo.

- Pudica… - sbotto svogliato, pur mantenendo l’attenzione viva su quel soffitto. Poi, qualcosa si muove in me. L’illuminazione. Un’altra. Mi metto subito a sedere, e fisso Yuffie, più che esaltato: - Se mettessi una tenda alla finestra? Non passerebbe tanta luce… Anzi! Se ci mettessi un sacco di quelli spessi almeno due centimetri, non filtrerebbe nulla di nulla! Tu che dici?

 

-  Scordatelo! – è l’unica risposta che ottengo.

 

Sbuffo pesantemente, gonfiando le guance come due piccoli palloncini, e mi lascio nuovamente cadere sul letto.

 

Yuffie è sempre lì, scaltra, che mi fissa di sottecchi. Sono così incavolato, che non le regalo neppure un’occhiata irritabile.

 

- Ti girano, eh? – chiede nella vaga speranza di farmi infuriare, di infierire. E stavolta ci riesce in pieno.

Senza osservarla, accidioso ma risentito, esclamo: - A centrifuga! 

 

Lei non può impedirsi di sorridere. Io, invece, non riesco a sopportarla! Girare il dito nella piaga, è una bruttissima cosa!

 

- Nervosetto? – domanda poco dopo, tornando alla carica.

 

- Fino a dieci minuti fa, no. Ma adesso ti consiglio caldamente di non chiedermelo più, zo to!

 

- Io invece sono felicissima!

 

- Ma davvero? – sbeffeggio all’istante- Sei felicissima quando ti prendi gioco di me?

 

- Affatto! Sono felicissima quando vedo la tua zazzera rabbuffata!

 

Mi giro poco a fissare Yuffie. Non ho neppure il tempo di replicare, che la monella ragazza si avvicina con uno scatto a me, e mi abbraccia.

 

- Già… - replico io, indirizzando un’occhiata all’insù, rivolta ai capelli – La zazzera rabbuffata… Era questa che volevi vedere, vero? E’ almeno rabbuffata abbastanza?

 

- Rabbuffatissima! La mia zazzera preferita! La tua! – Come sempre le parole di Yuffie, sono un turbine di allegria, di spensieratezza, un lieto fruscio per le mie orecchie.

Posso non sbrodolarmi in un simile momento?

Contraccambio l’abbraccio, prima con timidi ed orgogliosi movimenti, e poi via, con calde ed affettuose strette. La ragazzina non perde tempo. Mi si accoccola tra le braccia, e resta lì, a godersi quell’attimo, mentre dolce le passo una mano sulla schiena, per sfiorarla con una carezza.

Inavvertitamente, una sua gamba sfiora la mia. Non è pelle, ciò che sento.

 

- Hai le calze? – chiedo perplesso. Quelle calze bianche, lunghe fin sopra il ginocchio, e spesse. Ma non gliele avevo sfilate?

Faccio per sollevare un lembo del lenzuolo e sbirciare, ma il “no” di Yuffie è categorico.

 

- Non pensarci nemmeno!

 

- Non mi hai risposto, però… - mi incrocio le braccia al petto, costringendo la dispotica ragazza a scansarsi di qualche centimetro. La mia, è un’espressione di chi vuole e pretende una risposta.

 

- Le ho rimesse! – si appresta subito a rispondermi, con un atteggiamento alquanto sospetto.

 

Il sopracciglio destro mi si inarca all’insù: - Le hai… rimesse? Durante la notte… ti sei adoperata a rimetterle?- le vado subito incontro, con una sola mossa. I miei occhi, rapidi ed incalzanti, la tengono inchiodata in quell’angolo ristretto del lettino, terrorizzandola. Celere è la mia domanda: - Perché?!

 

- Perché… avevo freddo? – mi risponde con una vocina in falsetto, abbozzando un forzato sorrisino.

Qui le ipotesi sono due: ho si vergogna di mostrare le gambe, oppure quelle stesse gambe le stavano diventando due ghiaccioli.

- Vediamo se indovino, ok? – faccio il pensieroso, mentre rifletto davvero sullo strambo movente- Ti sei svegliata in piena notte, ti sei gurdata le gambe e… tac! In un lampo hai rimesso le calze per coprirle. Ricostruzione eccellente, non credi? – concludo con un sorriso beato, da bravo agente investigativo.

 

Yuffie corruccia le labbra. Non sembra per niente contenta, al contrario! Avrò fatto centro?

- Anche troppo perfetta… diabolico di un Turk!

 

Ho fatto centro!

 

Storco anche io le labbra, ma dal dubbio:

- Non avrai mica vergogna delle tue gambe, spero…! – Se sono storte, poco importa.

 

- Infatti non è così… - pigola timida Yuffie, chinando gli occhi verso il basso. – E’ per i piedi. Sono loro che mi mettono in imbarazzo. – rivela alla fine, molto probabilmente con uno sforzo esagerato.

Quante sciocchezze, monella!

Non la facevo così complessata. All’apparenza sembra un tipo sicuro di sé, una sfrontata e grintosa ladruncola, che non ha paura di nulla, a parte gli insetti.

 

- Piccolezze, bimba! Solo piccolezze, zo to! E poi un po’ tutti abbiamo lo stesso complesso…

 

- Per me invece è differente! – si adopera presto a rispondermi, con una carica fiamma in quel nocciola caldo degli occhi. – E’ da quando sono nata, che le porto! Mai una volta senza calze, calzerotti, o semplici calzini! - bofonchia tutta amareggiata, imbrunendo quel delizioso faccino da bambina adirata.

 

C’è chi nasce con la camicia, e chi con le calze!

 

Mi viene un’idea. Un pensiero che poi con la forza della volontà, faccio diventar vero.

- Vuoi scommettere?

 

- Cosa? – ribatte appena lei, senza avere neppure l’aggio, cinque secondi dopo, di urlare.

Acchiappo al volo un lembo di una delle due calze bianche, infilando una mano sotto il lenzuolo, con l’intenzione di sfilargliela via, una seconda volta. Dubito però che sarà altrettanto facile.

Yuffie è più sveglia che mai. La sua reazione, istintiva, è incombente. Si difende, si dimena, e poi strepita. Proprio accanto al mio povero udito stressato. Trattengo il dolore al timpano, ed imperterrito proseguo deciso a portare a termine la divertente missione.

Amo da morire litigare in questo modo! Litigare con lei, poi…! Una che ti tiene testa, che non demorde ma morde…! Eccome se morde, per la miseria!  

Una zannata indimenticabile sull’avambraccio. Di quelle che ti lasciano il segno. Sarò marchiato a vita, come un carcerato?

Stavolta non mi trattengo dal non urlare. Strillo rauco, la bocca spalancata a tutta birra, una voce strozzata dalla morsa del suo morso selvaggio. Un dolore lancinante.

 

- Cannibale! – riesco solo a pronunciare, sbraitando dal dolore. 

 

- Zotico! – ottengo come risposta. È da ieri sera, che non sento questa parola. Quasi cominciavo a preoccuparmi. Vabbè che tra me e la cosiddetta nanerottola, c’è stato un patto ma… si sa, Yuffie di patti non è che ne mantenga molti…!

Ciò nondimeno, la parolina poco chic, da tre sillabe, mi stimola a contrattaccare.

Mi lancio all’arrembaggio, come un vecchietto pirata che sta duellando con la seppia appena pescata, e che gli ha ghermito il braccio.

Stacco Yuffie, con gesti non proprio galanti, a suon di spintoni furenti. Lo scricciolo inferocito molla la presa, distratto dalla mia improvvisa controffensiva. Una fatale distrazione, per la solenne principessina!

Le afferro le spalle, e la spingo contro la parete che mi sta davanti. Yuffie ha un sussulto. Il gelido muro la fa rabbrividire un istante. Mi faccio sotto, strisciando lento sul materasso del letto, con una mano impegnata a sorreggere e tirare un lembo del lenzuolo bianco, per avvolgerci. Lo sistemo meglio, lo spingo in più verso di me, fino a fasciare anche il grazioso demonio.

Arrotolati tutte e due in quel pezzo di stoffa, mi accosto calmo per appoggiarle le labbra sul delizioso nasino. La schioccata di un bacio, lo sfiora teneramente. Lei diventa rossa, ma tutt’altro che tesa.

Muovo la mia bocca più giù, adagio. Lentamente la struscio su quella guancia carnosa, rosa, desiderabile. Un invito difficile da respingere. Ancora verso il basso, sulla sinistra, su quelle labbra graziose, semi dischiuse, febbricitanti. Le sfioro con due dita della mano, prima di lambirle con la mia bocca. Più che un bacio intenso, è un tocco fuggevole. Mi avvicino e mi allontano da quel becco chiacchierone, più di una volta. Sorrido appena, divertito dal simpatico e monello giochetto, per poi accanirmi una volta per tutte su quella bocca innocente.

Yuffie mi getta le braccia al collo, ricambia il gesto, impetuosa come una tempesta furente. Scivoliamo sotto il lenzuolo, a rilento. Sottile è quell’attimo. Pieno di tante sfumature tutte colorate. Quello stesso colore che piace tanto alla mia giovane donna.  

 

Il mio cellulare suona.

Non c'ho voglia di rispondere, anzi, vorrei prenderlo e poi scaraventarlo di sotto, così la smetterà di interrompermi nei momenti meno opportuni.

Ha un suono fastidioso, irritante. Un trillo che mi fa salire il sangue alla testa. Di certo non perché demodè!

Per quale ragione, mentre sto dipingendo uno dei miei quadri più belli, c'è sempre una macchia che cade e mi sporca il dipinto?

 

- Miseria! – impreco sollevando di poco la testa, sotto il cumulo delle coperte. 

 

Si ode un altro suono, brioso, in risposta a quello retrò del mio dannatissimo aggeggio tascabile.

 

- Per la miseria! – Stavolta è Yuffie ad imprecare. La causa? Il suo Phs, ovvio!

Usciamo entrambi dal groviglio di lenzuola, e ci fissiamo in faccia. Io sbuffo. Lei non è da meno.

 

- Riprendiamo dopo, ok?

 

- Ci sto! – assente la ninja furbetta, facendomi il segno dell’ok con le dita.

 

Mi abbasso sporgendomi da un lato del letto, per afferrare il jeans ocra che mi ha regalato Rude e famiglia. Sfilo dalla tasca, con appena due dita, il seccante oggetto, così come fa Yuffie, recuperando il suo da una piccola custodia di pelle attaccata alla cintura.

Premo il bottoncino, portandomi l’affare all’orecchio, ma prima mi schiarisco la voce con un colpo secco di tosse.

 

- Reno!

 

- Yuffie Kisaragi agli ordini!

 

Esclamiamo entrambi, all’unisono.

 

Dall’altra parte dell’immaginario filo, ottengo presto sentenza.

- Come mai ci hai messo così tanto a rispondere? – tuona una voce femminile. Precisa, meticolosa, pignola, diffidente, novellina… Elena! E chi altri sennò?

 

- Mia cara Elena! Che enorme piacere sentirti! – esclamo con un sorriso tiratissimo, voce serena ma, solo per poco. Poi smetto di ridere, e ribatto secco – Che diavolo vuoi?!

 

La replica della collega è quasi immediata, così come è immediata la mia, e anche quella di Yuffie:

 

- Bombe?!  - tuoniamo entrambi, guardandoci reciprocamente in viso, con la stessa espressione sbigottita.

Ahimé, sospiro avvertendo l’amaro in bocca e la pazienza venir sempre meno. Troppo meno!

Sono ancora in vacanza, a giocare al dottore e all’ammalata, con la mia ragazza, ma… il lavoro, in questo caso, viene prima di tutto.

Merda!

 

 

 

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Capitolo 25
*** Che concetto inappuntabile! ***


CAPITOLO 24

                              CAPITOLO 24

 

 

 

 

- Secondo te sospetteranno qualcosa nel vederci arrivare insieme? – chiede con dubbio Yuffie, mentre parcheggio la macchina della Compagnia in uno dei tanti posti auto situati nella super attrezzatissima base della WRO.

 

Faccio spallucce: - Non so i tuoi, ma… quella puntigliosa di una bionda della mia collega, si farà senz’altro avanti! –Tsk! Come se non lo sapessi… Sarà pure novellina, ma la curiosità è donna!

 

Le mie parole, come sempre, trovano alla svelta conferma.

Dopo essere entrati nella grandissima hall del quartier generale della WRO, e aver seguito Yuffie attraverso un lungo ed interminabile corridoio, accediamo alla sala di comando principale del cosiddetto accampamento.

Un ambiente dalle dimensioni esagerate con un monitor gigante alle spalle di un Reeve Tuesti che, non appena scorge l’asse della porta automatica aprirsi, e noi entrare, ci accoglie con un benevolo sorriso.

Yuffie si precipita rocambolesca verso la mora prosperosa, Tifa. La vedo di sottecchi, la nana, e senza dare troppo nell’occhio sussurrargli qualcosa all’orecchio.  La barista mi indirizza una breve occhiata. A giudicare dalle gote rosse e dall’espressione tutta sorpresa le avrà senza dubbio spiattellato il fattaccio.

E’ una bambina chiacchierona, dopotutto. Lasciamo che si sfoghi!

Dal mio canto, invece, non ci penso lontanamente a rivelare a qualcuno di essermela portata a letto. Fatta eccezione per Rude, eh!

Giro il capo, verso sinistra, e mi incammino in direzione dei miei compagni.

Saluto il pelato con una forte pacca sulla spalla, e sorrido gioioso. Lo sguardo acuto del compare mi scruta perentorio. Sulla sua bocca si abbozza una smorfia molto simile a un sorriso. Ha già capito tutto, lui!

Scuoto il capo, compiaciuto. La mia felicità cala non appena vedo comparire di fianco a me il caschetto biondo di Elena.

Ecco! E’ finita la pacchia, cribbio!

Muta la bionda, mi scruta attenta, come se stesse da un momento all’altro per chiedermi qualcosa. Lo so io, cosa!

Le lancio un’occhiataccia non proprio cordiale, mentre le accosto la bocca in prossimità dell’orecchio.

- Tanto per dissetare la tua sete di curiosità, ed in risposta a ciò che volevi sapere al telefono, non ho risposto all’istante perché stavo facendo ciò che tu molto probabilmente non hai mai fatto in vita tua. – butto lì, strusciando apposta il suo orecchio con le calde labbra della mia bocca. Eccessivamente provocatorio? Sì, però è divertente!

La reazione di Elena è immediata. Il suo pallido viso diventa rosso, trema appena, ha un sussulto che la costringe addirittura a fare un piccolo passettino più in là, giusto per staccarsi da me.

La prossima volta sono sicuro che ci rifletterà bene, prima di fare domande inopportune!

  

Tseng è accanto a Reeve. Insieme stanno esaminando un qualcosa che c’è su di un tavolo grande, al centro della sala. Da questa angolazione non è che veda granchè. Oltretutto, non siamo in pochi qui dentro.

Mi guardo un po’ attorno. Ci sono voci ovunque. Voci diverse, d’ogni tipo e cadenza.

L’ex-soldier, il biondo incallito, è affianco al signor Tuesti. La sua dolce mora, e la mia pestifera bambina,Yuffie, sono lì poco distanti. Un tizio con uno stuzzicadenti in bocca, e un paio di occhialini da pilota sulla fronte, e un altro “aviatore” come lui, stanno confabulando animatamente in un angolo della sala. Sono rispettivamente il proprietario della Shera, Cid, ed un suo stretto collaboratore, per l’appunto.

C’è anche quello zotico ed aitante omone dalla pelle scura, e padre della bimba tutta trecce Marlen, Barrett. Uno come lui, poteva non mancare all’appello? Che piaga!

Sbuffo di sottecchi poco contento, continuando a guardarmi attorno.

Una decina di soldati dal berretto rosso attorniano il tavolo e prestano cautamente attenzione al dibattito.

C’è anche una ragazza, in camicie bianco che partecipa alla discussione. Sarà una ricercatrice, o un medico.  

La guardo apposta, e mi ritorna il sorriso. Ha delle belle gambe, non c’è che dire!

La mia insolente attenzione, però, fa sì che quell’abile ladra di Materia mi colga in flagrante.

Beccato in pieno, direi. 

Mi lancia subito una gelida e spettrale occhiataccia. Deglutisco teso, grattandomi la guancia pian pianino, e cercando di rivolgere la mia attenzione altrove.

L’attesa si fa estenuante, davvero insostenibile. Tutti sembrano confabulare di svariate cose, ognuno per conto suo. Mi incrocio le braccia al petto, ed attendo paziente che qualcuno si decida una volta per tutte a parlare.

Eccolo, finalmente, quel qualcuno. E’ l’immancabile ed egregio Reeve, che ci invita con un gesto a farci avanti.

Mi incammino per primo, affiancato da Rude e da Elena che, a sua volta si mette accanto al capo.

Sul tavolo c’è una cartina che raffigura i fondali che costeggiano Midgar e Junon. Ci sono dei cerchi tracciati con un pennarello rosso. Li conto rapidi nella mente. Sono cinque.

- Cinque bombe. – deduco alla svelta, grattandomi la testa un po’ scocciato.

 

Reeve mi osserva. Al contrario di me, c’è preoccupazione nei suoi occhi scuri.

- Esatto. Cinque bombe, sotto il mare, piazzate con esattezza tra Midgar e Junon, con lo scopo di annientarle in una sola ed unica esplosione a catena. – Le sue parole, veritiere, non ci danno per niente conforto. Se queste due città venissero rase al suolo, addio base! Ed ovviamente, addio popolazione.

Senza contare poi il dissesto idrogeologico del pianeta, e delle città limitrofe. Kalm Town, e la bellissima Costa Del Sol, in primis.  

 

- Maledetti ribelli! – sbotta Cid il pilota, masticando con furia il povero stuzzicadenti che tiene in bocca.

 

- Ribelli? – ribatto all’istante.

 

- Abbiamo modo di credere che siano dei guerriglieri alquanto inesperti, decisi a seguire le gesta dei Deepground. – ci rivela Tseng, infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni della divisa blu notte.   

 

- Gli idioti di turno, zo to! – faccio in risposta a quelle parole. Mi sento di colpo osservato. Alzo gli occhi, davanti, e rabbrividisco. Yuffie è lì, che mi scruta secca e stizzita. Ci risiamo!

 

- Di idioti ce ne sono a migliaia! Tantissimi! – replica acida, con parole sottintese, mentre continua a fissarmi di proposito.

Giro lo sguardo altrove, messo in difficoltà da quella nanetta impertinente. Rude bofonchia un riso, poco accennato, ma pur sempre un riso! Niente gli sfugge!

Reeve si volta facendo cenno ad uno dei suoi sottoposti di far partire qualcosa. Un filmato, per la precisione.

Vediamo delle immagine affiorare sullo schermo gigante della sala, sotto il nostro attento sguardo. Non si vede granché, in quel video. Tutto è leggermente offuscato, buio.

Reeve in seguito ci rivela il perché:

- E’ un video registrato sotto il livello dell’acqua. A breve si vedrà meglio. – sentenzia senza staccare lo sguardo dal monitor. Eccole là, le immagini nitide! Un fascio di luce, di un qualche sottomarino, si proietta verso il fondo, per illuminare qualcosa di molto, ma molto pericoloso.

Una delle cinque bombe che minacciano mezzo emisfero, è stata appena piazzata mediante un braccio meccanico del suddetto sommergibile, sul fondale sabbioso del buio oceano. La bomba tocca terra, un polverone s’innalza, e le immagini si interrompono lì.

Il monitor si spegne, e noi tutti restiamo bloccati.

Non è bello sapere che sotto i tuoi piedi, a chissà quanti metri da te, un ordigno dalla grossa e smisurata potenza potrebbe farti saltare in aria da un momento all’altro.

 

- Questo è il filmato che mi è stato recapitato due ore fa. Naturalmente il mittente è anonimo! – si permette a stento di scherzare Reeve. – E questa, invece, è la missiva che lo accompagnava. – Il dirigente della WRO, ex-membro della Shin-Ra Corporation, raccoglie un foglietto dal tavolo dietro di esso, per mostrarcelo. – Costoro, mi invitano personalmente a rimuovere le cinque bombe che costeggiano i fondali delle zone da noi identificate con l’ausilio dei radar, prima che esse esplodano nel giro di poche ore.

 

- Quante, per l’esattezza? – domanda sbrigativo il gelido Cloud, con una faccia tesa ma nascosta con sapienza dalle sue movenze taciturne.

 

Tuesti non ha esitazioni:

- Cinque, a partire da adesso.   

 

- Un’ora per ogni bomba! Che farabutti! – brontola l’omone dalla pelle scura, guardando la mitraglietta possente al posto del braccio, con aria poco rassicurante.

 

- Farabutti fino in fondo, Barret! Facciamogli vedere chi siamo! – scalpita Yuffie, da bravo demonio, colpendo il palmo dell’altra mano con un forte pugno.

 

- Non ancora, Yuffie.  – sentenzia Reeve, mettendola buona. – Partiremo tra un’ora. Dobbiamo finire di organizzarci, e preparare a dovere i sottomarini. Le bombe ci sono ma… ci sarà anche qualcuno ad attenderci, là sotto.

 

- Nessuno ti invita a rimuovere degli ordigni da lui stesso piazziati, e a restarsene lì, in disparte, mentre tu gli mandi all’aria il suo operato! Abbiamo tempo, no? Adagio, bimba! – le canzono all’istante, rammentandole ciò che le ho detto durante la foga della notte. Yuffie si fa istantaneamente rossa. Tesa nasconde il suo sguardo sulla cartina che c’è sul tavolo, nella speranza che io non continui oltre. In verità, non è proprio quella la mia intenzione. Vorrei concludere con un’altra battuta, ma Reeve mi fa ricredere.

 

- La situazione è questa: partiremo con cinque sottomarini, uno per ogni ordigno, mentre altre tre flotte, faranno da chiudifila, per proteggere i sommergibili impegnati a rimuovere le bombe. Yuffie! – pronuncia lui, ad un tratto, facendo sì che la giovane monella scatti sull’attenti. Per gioco, naturalmente! – Tu verrai con me, nel primo sottomarino che rimuoverà la bomba dalle coste di Midgar. Cid ed alcuni membri della Shera, si occuperanno della seconda bomba, piazzata verso Junon. Cloud, Tifa e Barret, invece, avranno il compito di guidare uno dei tre sottomarini che ci faranno da guardia. Per quanto riguarda voi Turks…

 

- Reno e Rude nel sommergibile sentinella. – vocia Tseng, prendendo rapido la parola. – Elena verrà con me, per rimuovere uno degli ordigni di Junon.

 

- Ovviamente- continua Reeve- Ognuno avrà la possibilità di portare con sé sei soldati del proprio reggimento, addetti al mantenimento e all’assistenza di ciascun sottomarino. 

 

Mi guardo attorno. I soldier della Shin-Ra sono dietro di noi, sull’attenti, pronti a venire con noi Turks, ovvio!

Come dire… diamo ai buoni quelli che sono buoni e ai cattivi i cattivi!

Che concetto inappuntabile!

 

 

La missione “Rimuovi le bombe dal mar senza farti ammazzar”, così ribattezzata dal sottoscritto, comincerà tra un’ora.

Ci vengono quindi dati 45 minuti di assoluta libertà, da usare per prepararsi psicologicamente, oppure rifocillarsi a dovere senza esagerare per costoro che soffrissero di mal di mare, o magari per evitare che qualcuno ci dia una violenta percossa sul cranio, ovvio!

La ninja che in questo momento vorrebbe accanirsi contro il mio povero cranio, in realtà sembra attirata da ben altra questione. Tifa si appresta a lasciare la stanza, e con lei anche Yuffie.

Le seguo entrambe con lo sguardo, incuriosito dall’espressione sbigottita della mia piccola nanerottola, e curioso come non mai, raggiungo anche io l’uscita della sala per sbirciare quatto.

Sto per affacciarmi e lanciare un’occhiata alle due, quando, in quello stesso attimo, qualcuno dal senso opposto mi finisce contro. Afferro l’esserino prima che rimbalzi di getto all’indietro, e poi quello a fare la faccia sbigottita sono io.

 

- Ririn?! – esclamo, frastornato nel vedere la bimba che poi puntualmente mi si aggrappa alla gamba- Che diavolo ci fai qui?!

 

- Quando Denzel le ha detto che ci saresti stato anche tu, ha insistito in tutti i modi per venire. – confessa Tifa, venendoci incontro.

Maledetto moccioso che mi ha miseramente battuto ad una banale partita di poker!

 

- Dovevate legarla al gambo di un tavolo, anziché portarla qui! – sbotto repentino, forse un po’ brusco nella voce. Sarà perché in realtà sono preoccupato per la bambina?

 

- Sei il solito zotico! – ribatte fulminea Yuffie, incrociandosi le braccia al petto – Anziché lamentarti, dovresti essere contento! Questa è la prova che Ririn ci tiene molto a te!

 

- Ma portarla qui, al quartier generale della WRO, mi sembra eccessivo! E’ una bambina, Yuffie! Non un mini soldato! – “Oltretutto, chi baderà a lei quando noi saremo sommersi da tonnellate di acqua?” vorrei chiedere, solo che l’improvvisa risposta della bella e prosperosa mora, mi azzittisce.

 

- Questa è la prova che anche tu tieni a Ririn, Reno!

 

Divento improvvisamente ed inspiegabilmente rosso. Forse più della mia zazzera. “Non tengo a Ririn! Mi preoccupo solo per lei, tutto qui!” mi piacerebbe dirle, magari con tono pure alterato, per essere credibile, eppure non ci riesco. Le parole restano lì, dentro la mia gola arsa.

Il fatto è che forse, tutto sommato, quella bella pantera ha ragione. Ma solo un pochino, zo to!

 

In questo preciso attimo, c’è qualcos’altro che cattura la mia attenzione.

La piccola bimba, con tanto di codine belle tese e tintinnanti, mi sta sì stritolando una gamba ma, con delle manine completamente sporche di… marmellata?

Avevo indossato la nuova divisa da Turk, poco prima di partire da Ajit. Bene!

Noto con piacere che il suo tenero musetto da poppante, in quanto a residui gelatinosi ed appiccicosi, non è da meno! Raccolgo con la punta del dito qualche goccia di quella cosa colorata e gelatinosa, da un lato della piccola boccuccia, e poi avvicino il dito alla mia, con lo sfizio di assaggiare.

- Sì, è marmellata! Alla ciliegia, azzarderei.

 

La reazione di Yuffie è ultra rapida: - Reno! – mi ammonisce all’istante, però non capisco il perché. – Pervertito! – Oh, adesso sì che l’ho capito!

 

- Guarda che non ho fatto nulla di male! Anzi! Le ho anche pulito amorevolmente la boccuccia! Gelosa? – scherzo infine, concedendomi pure il lusso di abbozzare una risata. Una risata breve.

La nana batte un piede in terra, con rabbia, e corre a riprendersi Ririn, per portarla in bagno e farla pulire.

Mi do uno sguardo ai pantaloni blu notte che indosso, e poi sono costretto ad accodarmi anche io alle due pestifere bimbe.

Non posso di certo andare in giro con una chiazza di marmellata stampata sulla coscia, zo to!

 

- Che sei venuto a fare anche tu? – mi sbotta Yuffie, vedendomi entrare nel piccolo bagno.

 

- Sono venuto a controllare che le mie due piccole bambine non facciano casino nel bagno della WRO! 

 

- Spiritoso! – mi sbotta a denti stretti stretti, aggrottando fronte, sopracciglia e naso. Ah, quel nasino che s’arriccia! E’ irresistibile! Quella movenza mi cattura senza troppa fatica. Diciamo che per me, in questo istante, farmi catturare è un vero piacere. Sono assolutamente consenziente!

Vado verso di lei e la stringo con un abbraccio tirandola con uno sputo di sforzo a me.

Gli stivaletti di Yuffie s’impuntano appena. La suola di gomma stride e graffia il pavimento, ma poi si lascia andare. Yuffie stessa cede al mio volere, ma non del tutto. Ed io conosco fin troppo bene il perché.

 

- Guarda che quella donna di interessante aveva solo le gambe. – le confermo, sperando di acquietare il suo animo in fermento.

 

- Allora gliele stavi guardando! – esclama precipitosa, opponendomi una certa resistenza, e pestandomi pure un piede.

 

- Sei una selvaggia! – mi lamento all’istante, strizzando un po’ l’occhio per via del dolore che mi ha provocato la sua pestata inattesa. – Ti ricordo che sono pur sempre un uomo! E se l’occhio mi cade, non posso farci un bel niente…! Però, se continui a pestarmi così, con quei tuoi maledetti stivali corazzati, dovrò inventarmi un modo per non farmeli cadere, questi altrettanto miei maledettissimi occhi! – sbotto alla fine, arrabbiato quanto basta per darle impulsivamente le spalle.

Lei sghignazza. Se la ride, anche se con una certa moderatezza.

Perché ride?

Lo so io, perché!

Perché alla fine, il qui presente sottoscritto, dopo averci quasi rimesso un piede per colpa sua, è costretto anche a chiederle scusa…! O perlomeno, a fare la parte dell’ometto soggiogato, ridotto in schiavitù da una donnetta alta quanto una chitarra!  

    

- Beh, direi che è ora. – dice ad un tratto la signorina Kisaragi.

 

- Di già? – mi gratto la nuca con aria scocciata. Il tempo è proprio volato.

Usciamo dal bagno, nel corridoio c’è un via vai frenetico. I soldati si stanno già preparando, e dovremo farlo anche noi. Ad un tratto ci raggiunge Cid, l’esperto pilota di aeronavi.

 

- C’è stato un problema. – ci comunica. - Il sottomarino di Tuesti ha un guasto. Lo stanno riparando, nel frattempo tutti gli altri partiranno per primi ed inizieranno la missione.

 

- Quindi dovrò aspettare anche io? – sbotta Yuffie, storcendo il naso. So che non le piace aspettare. E’ una sua caratteristica, dopotutto, va sempre di corsa!

 

La guardo, poi le propongo quasi per gioco: - Ci scambiano i posti? – ricevo un’occhiataccia bieca da far accapponare la pelle.

 

- Faresti meglio a prepararti. Il tuo socio è già pronto a partire. – mi rivela il biondo Cid.

 

Anche Rude, proprio come Yuffie, va sempre di corsa.

Alzo le mani quasi in segno di resa. – E va bene, mi arrendo. Quale uscita devo prendere per arrivare ai sottomarini?

 

- Quei soldati laggiù sono diretti proprio lì. Aggregati a loro. Io adesso devo finire di sistemare le ultime cose con il resto del mio equipaggio.

 

Annuisco, e Cid si allontana. Yuffie sospira. – A quante pare, il dovere ti chiama.

 

- Sei un po’ invidiosetta, forse?

 

- Giammai.

 

- Raccontane un’altra! – Tanto lo so che vorrebbe partire anche lei. L’idea di restare indietro le mette agitazione. – Beh – faccio, con due mani sui fianchi – non mi auguri buona fortuna?

 

Lei si finge confusa. – E perché dovrei?

 

- Questa non è di certo una piacevole passeggiata. Si tratta pur sempre di bombe, potrei saltare in aria, e tu ti ritroveresti ad essere una giovane vedova.

 

- Ma se non siamo neppure sposati!

 

- Vorrà dire che al mio ritorno rimedierò a questa mancanza!

 

La faccia di Yuffie diventa quasi paonazza. – Co-cosa?!

 

Dapprima la guardo con aria seria, ma poi non riuscendomi a trattenere scoppio a ridere. – Te l’ho fatta!

 

- Stupido!

 

- Però ci sei cascata. La tua faccia era così… sconvolta! – rido ancora, ma Yuffie non ribatte. E’ troppo imbarazzata. – A proposito… ma chi si occuperà di Ririn?

 

- Tu preoccupati di raggiungere il sottomarino, che a lei ci penso io. E vedi anche di sbrigarti, altrimenti ti lasceranno qui.

 

Meglio! E’ proprio quello che voglio. Però so anche che il dovere mi chiama, ed io non posso ignorare la sua chiamata.

Non trovate che io sia un ragazzo diligente? No eh?

Sto per andarmene quando ad un tratto la voce di Yuffie mi fa voltare.

- Tieni gli occhi ben aperti e cerca di tornare tutto intero!

 

Strizzo l’occhio e con il pollice all’insù sorrido. Vorrei dirle la stessa cosa, ma ho paura che mi mandi a quel paese perché stando a ciò che dice, io la tratterei come una bambina.

 

Mi accodo ai soldati in divisa e finalmente raggiungo la sala. Rettifico, l’enorme sala. Faccio appena in tempo a scorgere i primi tre sottomarini inabissarsi nell’acqua e sparire, finendo dritti nell’oceano.

- Qual è il mio sottomarino? – chiedo rivolgendomi ad un soldato.

 

- Quello laggiù, signore. – mi risponde, indicando il fondo della sala. S’intravede un tatuaggio sul polso della mano. Pensavo che ai soldati fosse proibito farsi tatuare qualcosa. Potrei fare rapporto, ma d'altronde non mi sembra il momento giusto, e poi è una regola che personalmente non mi è mai piaciuta. Chissà perché, ma quel disegno mi suscita un certo sdegno. E più lo osservo, più qualcosa si colora nella mia mente.

Purtroppo il tempo stringe, lo ringrazio con un cenno della mano, e mi avvio.

Rude è li fermo che aspetta solo me.

 

- Sono tutti a bordo? – chiedo, il socio annuisce. Nella sala siamo rimasti soltanto noi. L’ultimo drappello di soldier è partito, più della metà dell’intero quartier generale è fuori in missione. Stanno evacuando la popolazione che abita sulle coste. Se una delle bombe dovesse esplodere, sarebbe un disastro per quella gente.

In tutta la base ci saranno si e no una decina di persone.

 

Una decina di persone, la base semi deserta, il sottomarino di Reeve che non funziona… Inizio a riflettere, ad un tratto la voce di Rude mi riporta sulla terra ferma.

 

- Dobbiamo andare. – dice, io annuisco, ma non so per quale oscura ragione, qualcosa mi trattiene ancora qui. – Cosa c’è? – sento chiedermi.

 

Forse sto immaginando tutto, forse sarà l'età che mi gioca brutti scherzi o forse sono semplicemente esaurito, però...

- E’ strano, non trovi?

 

- Cosa?

 

- Le bombe, e tutta questa situazione. – Proprio non riesco a capire, a comprendere, a… Forse, può darsi che... ma no, non può essere... o forse sì? Ma no, no... - Cazzo, sì!! - Guardo Rude dritto negli occhi. Lui sembra non capire, al contrario io ho capito ogni cosa. – Vogliono distruggere il quartier generale della WRO! – enuncio tutto d'un fiato, ma il socio sembra riluttante.

 

- Dobbiamo andare.

 

- Rude, sveglia! Ti dico che invece è meglio restare e avvertire gli altri. Lo so che ti può sembrare strano, ma devi credermi! – Inizio a guardarmi improvvisamente intorno. – Ma dove diavolo è finito?!

 

- Chi?

 

- Un tizio travestito da soldato della WRO. Aveva un tatuaggio sul polso.

 

- E con questo? Non vorrai mica fargli rapporto in una simile situazione?

 

- No, non è questo il punto! Per me può tatuarsi anche il sedere, ma quello che ho visto io era il logo che usavano i ribelli della Giungla delle Pistole!

 

Adesso Rude sembra farsi più cupo. – Ne sei sicuro? – mi domanda, e dal tono della voce sembrerebbe proprio allarmato.

Annuisco, ma non c’è tempo da perdere.

 

- Dobbiamo agire subito. Quanti soldati abbiamo a disposizione?

 

- Nel sottomarino ci sono cinque soldier.

 

- Solo cinque?! Accidenti! – impreco, e mi metto pensieroso. Cloud e gli altri sono impegnati nella missione delle bombe, il resto delle truppe è fuori, e non sappiamo quanti ribelli dovremo affrontare. – C’è bisogno di rinforzi. 

 

Vedo Rude afferrare il telefono e comporre un numero. – Abbiamo un problema. C’è bisogno del vostro aiuto.  – enuncia ad un tratto, parlando con chissà chi. – Ti mando le nostre coordinate. – Non appena riattacca si gira verso di me. – Mio padre arriverà a momenti con uno squadrone di soldati.

 

Finalmente una bella notizia. – Hey ma… tuo padre ha un esercito privato?

 

- Più o meno. – mi risponde sbrigativo il socio. – Ora cosa conti di fare?

 

Ovviamente, la decisione in quanto vice capo devo prenderla io. – Ordina a due soldier di immergersi con il sottomarino, e fai uscire tutti gli altri. Devono credere che siamo andati anche noi, così avremo dalla nostra l’effetto sorpresa.

 

- Tu che farai?

 

- Andrò in perlustrazione. Certamente è Reeve che vogliono. Altrimenti perché sabotare proprio il suo sottomarino? Qualcuno vuole vederlo morto, e con la base mezza deserta, non gli sarà tanto difficile portare a termine la sua missione. – Rude annuisce, io prendo il mio taser, controllo che il cellulare sia in tasca ed inizio la mia perlustrazione. – Ti chiamerò non appena li trovo. Tieni il telefono a portata di mano.

 

- Cerca di non cacciarti nei guai. – Il suo vuole essere quasi un ordine più che un semplice consiglio.

 

- Ci proverò! – O almeno, proverò a provarci!

 

 

 

Ok, analizziamo la questione.

Chi vorrebbe mai vedere Reeve Tuesti morto? Non ha mai fatto del male a nessuno, e come sempre ho ammesso più volte che lui tra tutti i dirigenti, capi e sottoposti della Shin-Ra era quello più onesto e rispettato.

Più passa il tempo, più ci ragiono su e più mi accorgo che ormai sono quasi arrivato al centro del complesso principale della struttura.

Intravedo due tizi che imbracciano dei fucili attraversare l’andito. Mi nascondo furtivamente dietro un enorme vaso, e non appena la strada è libera esco.

Certamente non erano dei nostri quei due loschi individui.

 

Continuo a camminare, mi muovo con cautela perché potrebbero vedermi, e non devo assolutamente farmi beccare.

Sarebbe la fine sia per me che per Reeve. E se i miei calcoli sono esatti, con lui dovrebbe trovarsi anche Yuffie.

La nana sa cavarsela benissimo da sola, ma i ribelli della Giungla delle Pistole sono esseri scaltri e molto ingegnosi. Già in passato noi Turks abbiamo avuto dei grossi problemi, perfino il sottoscritto è stato messe alle strette più di una volta. Anche se alla fine ero sempre io ad avere la meglio.

Sento ad un tratto una voce. Proviene dalla sala di controllo, ed è di Reeve.

Mi avvicino lentamente ma davanti alla porta due tizi armati la sorvegliano.

Impreco anche se a voce bassa, poi mi guardo intorno. Dovrò raggiungere quella sala in un altro modo, già, ma quale?

Mi gratto la testa, alzo gli occhi verso il soffitto e vedo una grata. Di sicuro quelle sono condotte che portano a qualsiasi camera dell’intera struttura, compresa quella della sala di controllo.

Salto, mi appendo al reticolato, lo tiro via e a questo punto il gioco è fatto!

Mi infilo nel cunicolo lungo e poco illuminato. Avanzo trascinandomi come meglio posso, e senza fare troppo rumore. Sembra quasi un’esercitazione militare.

Solo che qui c’è in gioco la vita di persone a me care.

Il mio senso dell’orientamento è molto limitato qui. Fa troppo caldo, e si vede poco. Fortuna che non ho mangiato pesante, altrimenti in caso di flatulenza improvvisa sai che puzza...!

Mi lascio guidare più che altro dalla voce di Tuesti e da quella di un altro tizio che di primo acchito mi sembra familiare.  I due discutono in modo acceso, quando ad un tratto si ode uno sparo improvviso. Mi si mozza il respiro e la tensione sale. Affretto il passo, se così si può chiamare finché non giungo dall’altra parte. Mi affaccio, sbirciando con attenzione. Un soldato della WRO è accasciato a terra. Si tiene un braccio dolorante, mentre un altro cerca di assisterlo come meglio sa fare.

Reeve è lì, e con lui in un angolo c’è anche Yuffie.

Vado nel panico, vorrei scendere da qui e correre da lei, ma manderei all’aria tutto. E’ tenuta sotto tiro da un paio di ribelli, se solo provasse a muoversi, loro premerebbero subito il grilletto. Prego affinché non decida di strafare, e quando il mio sguardo si sposta verso il basso, intravedo un’altra piccola sagoma proprio accanto a lei.

- Ririn?! – esclamo, poi mi porto le mani sulla bocca. Accidenti! Dovevo stare zitto! Però nessuno si è accorto della mia presenza.

Yuffie, Ririn… No, non mi piace questa storia. Ci sono troppe persone sotto tiro, e la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro.

 

Devo avvertire Rude. A quest’ora suo padre sarà arrivato.

Afferro il telefono, ma prima ancora di comporre il numero mi accorgo che non c’è campo.

Già, non c’è campo.

In un fottuto condotto può mai essercene?!

Dovevo pensarci prima, dannazione!

E desso che faccio?

Potrei tornare indietro, avvertire Rude e portarlo qui con il resto delle truppe. Ma ci vorrebbe troppo tempo, e ho come la netta sensazione che da qui a breve accadrà qualcosa. Non me la sento di rischiare.

 

Penso ad un’altra soluzione, ma di idee quando sono sotto pressione ne ho sempre poche. E quelle che mi vengono in mente non portano mai a nulla di buono.

Mentre rifletto, mi accorgo che Yuffie guarda da questa parte. Si è accorta di me, ma ovviamente non può parlare.

 

Le faccio cenno con le mani che tutto è ok, già, ma se solo lo fosse per davvero, mi sentirei più tranquillo.

Reeve cerca di far rilasciare Ririn e il soldato ferito, ma il tizio che lo tiene palesemente sotto tiro non cede. E’ di spalle, da qui non lo vedo bene, eppure la sua figura mi ricorda tanto quella di…

Capelli biondi, lunghi, raccolti in un codino, alto, sicuro di sé... Si gira di colpo, sgrano gli occhi, e stavolta la rabbia mi annebbia la vista. – Zess! – anche stavolta ho parlato a voce alta, ma è normale. Lo sapevo che era ancora vivo! Stava solamente aspettando il momento giusto per saltare fuori e farci fuori!

Perciò lui, è davvero un membro della Giungla delle Pistole? Le mie teorie erano esatte. Avevo ragione, l'ho sempre saputo, solo che Rude continuava a dirmi che la loro banda non esisteva più. Eppure, adesso i soliti conti cominciano a tornare. La Giungla delle Pistole era un'organizzazione composta da ribelli che ai tempi d'oro della Shin-Ra Company amava metterci più volte i bastoni tra le ruote, tutto questo finché, durante l'ennesimo blitz dei nostri uomini nel loro covicchiolo da quattro soldi, non furono sconfitti.

Una parte di loro fu rinchiusa nelle nostre prigioni e molto probabilmente usata da quel folle di Hojo in chissà quale esperimento. Molti altri invece divennero parte del flusso vitale.

Anche io partecipai alla battaglia, ma con tutta onestà non mi ricordavo affatto di Zess. Avrà cambiato aspetto, e su questo ne sono sicuro, quello non è un biondo naturale! 

Sono così furioso che mi piacerebbe uscire all’improvviso da qui e raparlo a zero! Dopo la solita  pestatina ti turno, s'intende.

Mentre ero impegnato a ricordare gli eventi del passato, mi accorgo solo ora che la situazione sta degenerando.

Zess sferra un pugno a Reeve. Il responsabile della WRO cade a terra, ma si rialza. Ririn scoppia in lacrime, ma il capo dei ribelli ordina tassativamente a Yuffie di farla smettere. La ninja cerca di calmarla, le promette che tutto andrà bene e che in realtà a breve sarà tutto finito.

La piccola allenta le lacrime, però sul viso di Yuffie appare una smorfia quasi di astio. Si rivolge a Zess quasi con un tono di sfida: – Perché non la lasci andare?! E’ solo una bambina, non lo vedi?!

 

- Io non faccio nessuna distinzione. – risponde gelido l’uomo.

Quella cadenza non mi convince. E’ meglio assecondarlo, anche se può risultare una cosa difficile. Faccio cenno a Yuffie di calmarsi, e in qualche modo riesco a rabbonirla.

Zess pare distrarsi, Reeve approfitta del momento per dirigersi verso il pannello di controllo e dare l’allarme. Il capo dei ribelli lo intravede e gli spara alla gamba destra. Tuesti cade a terra, il dolore gli fa strizzare gli occhi.

 

- Non lo dovevi fare, Reeve. – premette il finto biondo. Io a momenti me la faccio sotto, forse perché intuisco cosa farà da qui a breve. E no, non mi piace.  – Per punizione ordinerò che uno dei tuoi sottoposti venga eliminato. – Ecco, lo sapevo. Si inizia a guardare intorno, io ho un presentimento che dire catastrofico è dire poco. Quando quel suo sguardo gelido si sofferma sul visino di Yuffie ho un tuffo al cuore. – Lei ad esempio potrebbe andare bene, non credi anche tu?

 

- Non farlo, ti prego. – biascica il presidente della WRO, quasi supplicandolo – Tu vuoi me, gli altri non centrano.

 

Con lo sguardo Zess sembra ritornare al passato. – Anche lei non centrava nulla, eppure… - si sofferma, lo vedo incupirsi ma non capisco, poi all’improvviso ordina ad uno dei suoi uomini di procedere.

Carica la pistola, solleva il braccio, si avvicina a Yuffie.

No, non posso permetterlo.

Senza pensarci su neanche una volta, sfondo la grata con un pugno e mi lancio di sotto. Atterro dritto sul soldato, e lo metto k.o. in un secondo.

Ok, ho salvato la mia Yuffie, ma adesso chi salverà me?    

 

 

 

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Capitolo 26
*** Il rosso sta per tornare in azione! ***


                              CAPITOLO 25

 

 

 

 

A volte le mie trovate sono talmente geniali che non finisco mai di sorprendermi.

Altre invece, sono così stupide, ma così stupide che se potessi mi prenderei a calci in culo da solo.

Ma dico io, tra le tante idee che potevano capitombolarmi tra le mani, proprio quella di lanciarmi a capofitto nella tana del nemico dovevo decidere di mettere in atto?!

 

- Guarda un po' chi si rivede... il rosso mollaccione che credevo di aver sterminato durante lo scontro di quella sera. - Zess mi fissa e sorride. Non sembra particolarmente incazzato, quindi significa che non mi farà subito fuori. E' già un inizio! - E' proprio vero che voi Turks siete come gli scarafaggi... difficili da eliminare del tutto.

 

- Potrei dire la stessa cosa anche di te, visto che fai parte della Giungla delle Pistole. - sbotto inacidito. Reeve sembra sorpreso. Lo vedo contrarre il viso in una smorfia di dolore, la gamba deve fargli un gran male. - Durante quel blitz, non so come, ma sei riuscito a scappare... Poi vieni a dire a me che siamo come gli scarafaggi... tsk! Ah, e tanto per la cronaca, non è da veri uomini tingersi i capelli, zo to! - Ok, forse ho esagerato solo un pochino, ma non ho resistito. Dovevo farglielo notare. Cloud ed Elena sono biondi, lui no!

Mi becco un cazzotto in pieno viso. A momenti mi parte un dente. Fa male, vedo un rivolo di sangue scendermi dal labbro. Come inizio non c'è male! Ovviamente non faccio neppure in tempo a rispondere che Zess mi invita a non farlo, facendomi notare che Yuffie è ancora sotto tiro.

Sono costretto a gettare il mio taser. L'oggetto rotola a terra provocando un rumore metallico. Povero il mio gioiellino. Ma lo riprenderò presto, dovesse costarmi la zazzera!

 

- Perchè...? - chiede Reeve ad un tratto. Lo fissiamo tutti. - La WRO non è la Shin-Ra. Noi siamo qui per proteggere il pianeta, allora perché attaccarci?

 

- Non è la tua organizzazione da quattro soldi che mi interessa, ma tu, Reeve. - rivela Zess all'improvviso. La rivelazione dell'anno, vorrei biascicare, ma per il bene dei presenti taccio. - Proprio non riesci a ricordare, Tuesti? - il biondiccio posticcio si avvicina al capo della WRO con passo deciso, dandomi le spalle. Ho così il tempo di guardare Yuffie, ancora sottotiro. Dietro di lei la piccola Ririn che guarda con occhi impauriti. 

 

- Dimmi che hai un piano b... - bofonchia sottovoce la nanetta wutaiana. Sembra adirata, o forse è solo spaventata. Preferirei la seconda opzione, ma mi rendo conto che in questo momento, date le circostanze, non sono in grado di poter esprimere nessuna preferenza.

 

- "Grazie Reno, mi hai salvato la vita, sei il mio eroe!" no, eh? E comunque, non mi sembra un buon momento per mettersi a litigare. - le faccio notare. Yuffie a modo suo sembra condividere il mio pensiero. Menomale!

Intanto Zess ha raggiunto Tuesti.

 

- Leonor è morta per mano tua. Sei stato tu a portarmela via, quella notte. - Il suono della sua voce sembra tornare a quel giorno. E' basso, quasi roco. - E' diventata parte del flusso davanti ai miei occhi, senza che io potessi fare qualcosa. - Lo vedo chinarsi di botto e agguantare con rabbia un lembo della giacca di Reeve. Lo solleva, lo guarda negli occhi con disprezzo. - Dimmi Tuesti, aveva forse cercato di spararti? Stava per porre fine alla tua vita? - scuote la testa- Mia sorella era disarmata, eppure tu hai premuto il grilletto. L'hai uccisa! - Lo sbatte di peso contro la parete adiacente. Sentiamo Reeve mugugnare dal dolore, rantolare a terra e stringersi la gamba dolorante. Vedo Yuffie agitarsi, sono preoccupato perché potrebbe rischiare grosso. Zess è un uomo che probabilmente ha perso l'unica cosa che amava, perciò non si farebbe problemi a sparare ad una ragazzina.

Eppure, mi sembra strano... Reeve che fa fuoco su una donna sprovvista di armi?

Io ricordo poco di quella notte,  si udivano urla e revolverate ovunque. Molti di noi furono colpiti, altri non tornarono più a casa, ma nel complesso riuscimmo ad ottenere la meglio. Vincemmo per superiorità numerica, o perché semplicemente eravamo più preparati. 

Zess tira fuori una vecchia foto della sorella, e la mostra a Tuesti. Quest'ultimo finalmente ricorda. - Eri tu... - biascica - quello che mi sparò ferendomi al braccio. Ti puntai l'arma contro solo per difendermi, tu eri pronto a sparare per la seconda volta, ma una ragazza si frappose tra te e la mia pistola. - Reeve abbassa gli occhi. Vedere quella foto, e ricordare quell'attimo deve aver riaperto in lui vecchie ferite. - Fu solo... una fatalità.

 

So già che questa sua affermazione gli costerà cara.

 

Vedo il viso pallido del biondiccio mutare d'un tratto. Il capo della WRO sta per fare una brutta fine, questo è certo. Zess lo sta per crivellare di colpi, sotto lo sguardo attonito di Yuffie e della piccola Ririn. Dopo ovviamente toccherà anche a noi subire lo stesso fato.

Molti troverebbero romantico morire assieme alla propria ragazza, io invece preferisco di gran lunga morire nel vano tentativo di salvarla, questa benedetta ragazza!

 

Con uno scatto improvviso mi lancio a capofitto verso Zess, portando così scompiglio nella sala. La mia reazione inaspettata fa sì che il tizio che teneva sotto mira Yuffie si distragga. La nana gli assesta un calcio proprio lì, dove si presume che il sole non sbatta mai, e lo atterra. Io colpisco Zess in viso, restituendogli il cazzotto e distraendolo da Reeve.

Si odono degli spari a destra e a manca, nella sala accorrono altri ribelli, Yuffie prova a difendersi come può, cercando anche di mettere in salvo Ririn, ma essendo senza armi viene in un lampo circondata... insieme al sottoscritto. Alzo le mani in segno di resa, ok ci ho provato! 

 

- Se hai davvero un piano b, è arrivato il momento di usarlo. - mi sento dire da lei.

 

- Mi dispiace. - rispondo. Praticamente moriremo a breve, questione di attimi, e l'unica cosa che so dire è solo un misero "mi dispiace". Ma cos'altro posso fare? Siamo circondati, Zess è incazzato, e Reeve probabilmente sarà quello a spegnersi per primo. Ma Yuffie e Ririn... no, non ci sto. - Lascia andare le ragazze! - sbraito in direzione del biondiccio. Se devo passare a miglior vita ok, nessun problema, ma prima voglio almeno tentare di salvarle. - Loro non c'entrano nulla, non fanno parte della Shin-Ra!

 

- Nemmeno mia sorella meritava di morire. - risponde seccato l'altro.

 

Alzo gli occhi al cielo. Per tutte le Summon, quanto è ottuso!

- Lo vuoi capire che quella pallottola in realtà era destinata a te?! - Probabilmente ciò che sto per dire non gli piacerà affatto, ma... amen, fratello! Prendo fiato e poi urlo: -Sei stato tu ad ucciderla! Prenditela con te stesso, piuttosto, e smettila di fare il duro perché se ti accanisci con delle povere ragazzine non lo sei affatto!

 

Il braccio dell'uomo si solleva, nella mano stringe una pistola che vedo chiaramente finirmi in faccia. Sento Yuffie deglutire, a questo punto l'unica cosa che posso fare e chiudere gli occhi, dato che Zess non ha ancora premuto il grilletto. Giammai! La soddisfazione a quello lì non gliela do, è il caso di dirlo, manco morto! Preferisco ricongiungermi al flusso vitale con gli occhi ben aperti, guardando dritto in volto il mio assassino.

 

Mentre mi preparo psicologicamente a passare oltre, penso che, date le circostanze, solo un miracolo potrebbe salvarmi.

Non credo di essere un indovino, un veggente o mago Magò, sta di fatto che senza un perché va via la luce. L'interruzione dura pochi attimi, ma sono sufficienti a gettare i nemici nel panico. Si odono degli spari, cerco di capire da dove provengano, forse dall'alto, ma non ci metterei la mano sul fuoco.

Ritorna la luce, e c'è fumo ovunque. Quelli della Giungla delle Pistole scappano da ogni parte, intravedo Reeve in un angolo, ma non vedo Yuffie e Ririn. Il fumo sembra inghiottire tutto. Mi sposto, ed ecco che intravedo una sagoma svolazzante capitombolare dall'alto. Sarà Rude, il mio socio, che con gli scagnozzi del padre è arrivato in nostro soccorso. Poi ci rifletto meglio, guardo un'altra volta la silhouette misteriosa del tizio e no, Rude non indosserebbe mai un mantello rosso fuoco come quello, neppure alla più glamour delle feste in maschera! Oltretutto il mio socio è pelato, mentre quello lì ha capelli che gli crescono da ogni dove, e una chioma folta e fluente quasi quanto la mia.

-Valentine! - esclamo allibito. Per la miseria, che tu sia benedetto! Se esco vivo da qui ti faccio una statua d'oro, lo giuro!

Però diamine, è la seconda volta che mi faccio salvare dall' ex-Turk triste e solitario. Finirò senz'altro per fare la figura del mollaccione, proprio come Zess ha osato chiamarmi poc'anzi, ma in questo momento poco mi importa. Sembra esserci l'inferno attorno a me. Urla, spari, nebbiolina bianco-grigia... assomiglia al set di un film del terrore.

Qualcosa si avvinghia alla mia gamba. E morbida e calda. Se non fossi sulla terra ferma, direi senza ombra di dubbio che si tratti della piovra assassina, ma quando il fumo si dirada del tutto, scopro che il mollusco in realtà è una bambina. - Ririn...!? - Prendo la bimba e me la carico in braccio. Mi guardo attorno, ci sono i ribelli che combattono con un agilissimo Valentine, Reeve moribondo a terra che tenta di rimettersi in piedi e raggiungere il pannello dei comandi, probabilmente per chiamare soccorsi. All'appello manca Zess, il suo capello biondo posticcio non c'è. Sarà scappato durante il trambusto, penso. Ma c'è un altro particolare piuttosto inquietante che mi fa gelare il sangue.

 

Dov'è Yuffie?!

 

Non la vedo, è sparita nel nulla, proprio come quella nebbiolina che circondava l'ambiente.

Chiedo alla piccola, mentre in fretta raggiungo Tuesti. Lei scuote il capo, non ha visto nulla a causa del fumo. Mi avvicino al dirigente della WRO, che nel frattempo è riuscito ad allertare i suoi sottoposti.

- Dov'è andata Yuffie? - chiedo sbrigativo, sperando che almeno lui abbia visto qualcosa.

Tuesti parla. Sa bene dov'è, ma la sua risposta non è affatto incoraggiante. - Ho visto Zess che la trascinava via!

 

Questa deve proprio essere la giornata delle buone notizie.

Metto Ririn a terra. - Te l'affido. - dico sbrigativo, e la consegno nelle sue mani.

Vado a recuperare il mio taser che se ne sta a terra da un bel po' di tempo, e gli do una rapida controllata.

Vincent è occupato a fronteggiare altri due ribelli, ma trova ugualmente il tempo per lanciarmi un'occhiata. - Qui ci penso io - sibila sbrigativo - tu riportala indietro.

 

Sorrido. - Consideralo già fatto, zo to! - Corro in direzione dell'uscita, mi imbatto nello squadrone di Rude ma non ho tempo di spiegargli la situazione. - Lascio tutto a te! - gli urlo, il socio intuisce al volo che qualcosa non va, e si limita ad assentire.

 

Mentre corro come un matto per il lungo corridoio, rifletto.

Dov'è l'avrà portata quel biondiccio posticcio?

Fuori da qui senza dubbio, ma dove??

Nemmeno una traccia da seguire, nemmeno un segnale... nemmeno un... Urlo disumano?! Mi fermo e tendo l'orecchio. Qualcuno sta urlando. Riconoscerei quelle grida sempre e comunque. Mi ha urlato così tante volte nelle orecchie, che sarebbe impossibile non dare un volto a quel suono che proviene da fuori.

Mi rimetto in moto divorando il sentiero ad ogni falcata, sono quasi arrivato all'uscita, scendo le scale a tre gradini per volta rischiando anche di finire di sotto, ma non mi importa. Arrivo fuori e la vedo.

Yuffie sta opponendo resistenza. Zess la tiene ben ferma per un braccio, mentre la trascina via con una facilità impressionante. La ninja non riesce a fronteggiarlo, è troppo piccola per tenere testa ad una simile stazza.

Quando l'uomo mi vede arrivare, ecco però che la situazione cambia. Sfodera la pistola, blocca Yuffie in una morsa ancora più serrata e le poggia la canna sotto il mento. La vedo per un attimo rabbrividire.

Se preme il grilletto, sarà un uomo morto. Lo giuro!

 

- Detesto ripetere le cose, ma sarò costretto a ribadire il concetto, dato che non riesco a fartelo entrare in zucca... -  tengo il taser ben stretto nella mano, mentre avanzo lentamente - Non ci fai proprio la figura da duro se continui a prendertela con una ragazzina.

 

- Chi sarebbe la ragazzina?! - strepita di rimando la ninja scalmanata. Accidenti, io provo a salvarla e lei che fa? S'incazza!

 

- Se qualcuno ti portasse via la cosa a cui tieni di più, come reagiresti? - replica l'uomo.

 

- Probabilmente ammazzerei quel qualcuno, ma prima ancora cercherei di capire cosa è successo realmente.

 

- Non c'è nulla da capire.

 

- Dimmi, ci hai forse provato? Perché da come ti comporti, sembrerebbe di no. - So per certo che in determinati momenti, la lucidità di ogni individuo va a farsi benedire, quindi entrare nella testa di Zess per me non è così complicato. Quando perdi qualcuno che ami, il desiderio di vendetta può farti commettere qualsiasi cosa. A quel punto non ti importa più di nessuno, né tantomeno di te stesso.

Mi basterebbe almeno provare a fargli abbassare la pistola, non chiedo molto, infondo. Quasi senza volerlo mi salta in testa un'immagine, qualcosa che forse potrebbe rivoltare le sorti di questo assurdo contrasto.  

Il coltello che trovai la sera in cui decisi di ritornare sul luogo dell'aggressione... tra l'altro ero insieme a Yuffie, me lo ricordo benissimo. Dovrei averlo con me, qui nella tasca dei pantaloni. Muovo la mano verso di essa - Prendo una cosa dalla tasca - gli dico, così da evitare inutili spargimenti di sangue. Quando estraggo l'arnese e glielo lancio a terra, lui non ha esitazioni e lo riconosce all'istante.

 

Vedo il suo sguardo vacillare. - Dove l'hai trovato?!

 

- Nel luogo in cui tu e il tuo scagnozzo mi avete gonfiato di botte. - Non potevo dare risposta migliore, questo è certo!  

 

Prego affinché quel coltellino sblocchi la situazione, e dopo qualche istante che pare durare un'eternità, la scena inizia a mutare. Il braccio col quale Zess sta reggendo la pistola si abbassa leggermente. Sarò forse riuscito a farlo rinsavire? Onestamente, non me ne frega molto, anche perché è arrivato il momento di reagire. Carico tutto il mio peso sulla gamba destra, sto per scattare in avanti, ma a sorpresa Yuffie mi precede. Addenta l'avambraccio del suo rapitore, e come un'agile gatto un po' mattacchione riesce a liberarsi.

Scuoto la testa e alzo gli occhi al cielo. Solo una come Yuffie poteva fare una simile cosa!

Colgo la palla al balzo e, taser alla mano, mi scaglio contro il biondo. Essendo lui distratto, il mio affondo va subito a segno.

La scarica elettrica rilasciata dalla mia arma lo stordisce per qualche istante. Scuote il capo, mi fissa con uno sguardo malfermo che non mi piace, mentre si prepara al contrattacco.

 

- Ti ho già battuto una volta, rosso! - sibila, ed è più che arrabbiato. Furibondo, direi! - Cosa speri di ottenere adesso?

 

- Metterti a tacere una volta per tutte e sbatterti in una gabbia grande quanto una scatola di fiammiferi, ti va bene come risposta? - replico a tono, facendomi vedere piuttosto divertito, anche se so che questo lo farà incazzare di brutto. - E non chiamarmi rosso! - Mi fa imbestialire!

Carico ancora il mio taser, e lo colpisco mandandolo al suolo. Mi avvicino, lo afferro per il bavero della divisa, quanto mi piacerebbe dargli una testata proprio in questo momento! - Per la cronaca - continuo - se quella sera ho perso è stato solo perché tu non hai avuto il coraggio di uscire allo scoperto e di affrontarmi in modo leale, zo to!

 

Con sfacciataggine, lui mi guarda e sorride. Ho come l'impressione che non gliene freghi proprio nulla di tutto ciò. Né di essere malmenato, né degli insulti, e neppure di finire in una scatola di fiammiferi. Quest'uomo ha proprio l'aria di chi ormai non ha più nulla da perdere. Tipi del genere vanno tenuti d'occhio, perché sarebbero capaci di fare qualsiasi cosa.

Si fa un'altra risata, poi tossicchia e mi fissa. - E' molto più semplice mandare giù qualcuno, se lo si attacca alla spalle.

 

Beh, se la metti così...

Te la sei cercata.

 

- Allora manda giù questo! - Chiudo la mano a pugno, e lo colpisco in viso. Per una volta tanto pure io mi sono tolto lo sfizio.

L'ho colpito così forte, che ora le nocche della mano mi fanno male. La muovo un po', in modo da far passare il dolore.

Yuffie si trova poco più in là, osserva preoccupata la scena. Mi giro appena verso di lei, per dirle che ormai la situazione è sottocontrollo, ma quella distrazione mi costa molto caro. Il taser mi vola via dalle mani, Zess mi si lancia contro con una velocità sconvolgente.

E menomale che dovevo tenerlo d'occhio!

Per tutte le Summon! La scarica elettrica che lo ha investito poc'anzi avrebbe stordito perfino quel colosso di Bahamut!

Vorrei tanto poter fare un rapido sunto della situazione, adesso, ma temo che non mi servirà a molto.

Io sono senza armi, lui invece no.

Io sono a terra, lui invece sta avanzando lentamente verso di me.

Io non posso sparargli, perché non ho una pistola, ma lui a breve sparerà a me.

Poi dicono che noi Turks ci cacciamo costantemente nei guai, ci ficchiamo nelle situazioni più pericolose, ci facciamo quasi ammazzare nelle nostre missioni impossibili... Altro che dicerie, i pettegoli che mettono in giro queste voci per una volta tanto hanno ragione. E mi costa pure ammetterlo!

Un colpo improvviso parte dalla canna grigio metallizzata di una pistola. E' quella di Zess, ed il proiettile è destinato a me. Inutile evitarlo, ormai è troppo tardi.

Il botto inaspettato mi fa serrare di scatto le palpebre. Non ho modo di pensare o di agire perchè tutto è così istantaneo, e anche se il mio cervello in determinati contesti è in grado di correre più di un fulmine che si staglia a ciel sereno, ora è come bloccato.

Sento dei passi, seguiti poi da un tonfo. Sarà il mio corpo, che trafitto dal proiettile è finito in terra, penso in maniera alquanto confusa, eppure io non sento nessun dolore né tantomeno mi ritrovo riverso al suolo. Riapro gli occhi per cercare di capire cosa è successo, ho un po' paura di ritrovarmi con qualche pertugio situato nel petto o peggio ancora in mezzo alla fronte, poi penso che sarebbe impossibile, dato che sono ancora vivo e vegeto, non sto affogando in una pozza di sangue e non mi cola nessuna materia celebrale dalle orecchie. Quando riapro gli occhi, vedo Zess irto d'innanzi a me che abbassa lentamente il braccio. Nella mano destra la canna della sua pistola sta ancora fumando. Ha un'aria stranita, deve aver colpito qualcosa o qualcuno perchè io non ho fori, e palpitazioni a parte sto bene. Mi guardo intorno, chino il capo, lo sguardo mi corre sul terreno fertile che si erge davanti a me, finché non trovo quel qualcuno.  

Yuffie è riversa al suolo, c'è del sangue sui fili d'erba. Mi sollevo con gambe tremanti e le corro incontro. Cerco di girarla lentamente, nel farlo una mano mi si colora di rosso. Osservo quel sangue che la sporca, poi guardo Yuffie e tremo. Ha un foro poco sotto la clavicola, è profondo anche se coperto dal sangue che cola giù in maniera lenta e inesorabile.

- Yuffie! Yuffie! - la chiamo, una due, tre volte ma lei è immobile, non mi risponde. Le poggio due dita sul lato del collo, per fortuna è ancora viva. Mi passo una mano tra i capelli in preda alla disperazione. Sollevo il capo e fisso Zess con disprezzo. - Maledizione! - impreco - Guarda cosa hai fatto?!

 

- Non volevo colpirla, ma si è intromessa...! - biascica lui, con la voce tremolante quasi sull'urlo di una crisi isterica.

 

Abbasso il capo, ritorno a guardare questa ragazzina di Wutai che se ne sta immobile, spenta tra le mie braccia, priva di sensi. E il mio sguardo diventa improvvisamente triste. - Lo ha fatto per salvarmi... proprio come tua sorella. - replico a denti stretti, cercando di trattenere la rabbia che mi sta divorando.

Quel colpo era mio, solo mio, lei non centrava nulla, doveva starne fuori, dannazione! 

 

- Leonor si preoccupava sempre per me... - lo sento mormorare. Io ascolto ma non smetto di staccare gli occhi da Yuffie. Sinceramente, mi importa poco di lui adesso. D'un tratto inizia retrocedere, poi si ferma, e retrocedere ancora. - Eravamo una famiglia e lei mi ha protetto fino all'ultimo, ciò che forse avrei dovuto fare io.

Dopo questa affermazione, non rivedrò più Zess. Alzo di scatto il capo, appena in tempo per vedere un uomo dal capello biondo platino lasciarsi cadere nel vuoto, scivolando giù da una sporgenza non recintata che si affaccia verso un strapiombo senza fine. Rimango per un istante interdetto, mi sento come paralizzato. Per la miseria, che cazzo succede qui?!

So che devo darmi una calmata... è successo tutto troppo in fretta, ma non ho tempo da perdere. Non adesso.

Per lui non posso fare niente, ormai, e infondo penso che sia giusto così. Al contrario, per la mia Yuffie c'è ancora speranza.

 

- Questa proprio non dovevi farmela, nanetta. - Il suo viso è pallido, spento, la ferita peggiora ad ogni occhiata, e sempre più sangue si riversa al suolo. Prendo un fazzoletto dalla tasca e tento di tamponare come posso. La vedo contrarre il viso in una smorfia di dolore nel momento in cui le sfioro il taglio. Il respiro dapprima affannoso diventa di colpo flebile. Le appoggio nuovamente due dita sul collo, per sentire il battito, e sono costretto a fare più pressione del solito. E' flebile anch'esso. Vado nel panico, alzo gli occhi al cielo e li serro con rabbia. Dannazione, non puoi farmi questo, Yuffie!

Mi serve un dottore! E alla svelta!

Faccio leva sulle gambe, l'afferro con una stretta ferma ma delicata al tempo stesso e la sollevo. - Ti prometto che tra poco starai meglio, fidati di me e ti prego, resisti! - le sussurro all'orecchio.

 

- Ok... - sento biascicare con mio grande stupore. Il suono, flebile, proviene dalle sue labbra! - E già che ci sei... non chiamarmi più ragazzina. - Testarda fino alla fine, lei!

Le sorrido con dolcezza, vorrei aggiungere qualcosa ma le parole non mi escono dalla bocca.

Faccio per girarmi e mi imbatto in due figure grandi e grosse. Rude e suo padre. Poco più in là Reeve che si tiene in piedi sorretto da un soldato, ordina ad uno dei suoi uomini di allertare i soccorsi.

Un'auto arriva alla svelta, consegno Yuffie ad un paio di medici che si apprestano a somministrarle le prime cure, dopodiché un terzo la carica in macchina, lo sportello si chiude, e il veicolo parte di corsa verso l'ospedale più vicino.

Mi passo una mano tra i capelli, muovendomi avanti e indietro scuoto il capo in preda all'angoscia, e se ripenso allo stato in cui riversava la mia Yuffie poc'anzi mi sento ancora più male. Vorrei correre da lei, vorrei sapere come sta, vorrei vedere cosa le stanno facendo, forse solo così riuscirei a darmi una calmata. Rude mi posa una mano sulla spalla, successivamente tira fuori dalla tasca le chiavi dell'auto. - Vado a prendere la macchina - dice. Ancora una volta il mio socio ha capito tutto.   

- E' in ottime mani - mi rassicura Reeve - e poi, quella ragazzina è inaffondabile, non è così, Vincent? - si rivolge ad una figura vestita di rosso che gli sta dietro. Solo ora lo noto anch'io.

Mentre aspetto l'arrivo di Rude, mi avvicino all'ex-Turk dalla chioma nera e fluente. Era ormai da tempo che cercavo di parlargli, ma trovarlo non è mai stato facile, anche perché è sempre stato lui a trovare me.

 

- Ultimamente mi stai salvando la vita un po' troppo spesso - gli dico, lui non sembra scomporsi. - perciò ti devo un favore.

 

- Non chiederò mai favori ad un Turk, quindi non mi devi niente. - replica occhi rossi. Con quella sua voce roca e spettrale per un attimo mi si accappona la pelle.

 

- Un tempo anche tu lo eri, o sbaglio? - Questa mia domanda sembra suscitargli vecchi ricordi.

 

- Già, ma ora non più. - controbatte. L'argomento deve aver riaperto in lui una certa ferita, una di quelle che neanche il tempo è in grado di sanare, tant'é che con un rapido scatto si gira e prende il largo.

 

- E allora perché hai salvato la vita ad un Turk? - faccio appena in tempo a chiedergli.

 

- Perchè un tempo lo ero anch'io. - mi risponde, poco prima di sparire nel nulla.

 

 

 

 

 

Ho rischiato la vita più volte e ne sono sempre uscito ma non mi piace quando a rimetterci sono le persone che amo.  

Così come non mi piace starmene qui, nella saletta d'attesa di questo ospedale, mentre attendo che l'impiegata di turno addetta alla reception riagganci una volta per tutte quella fottuta cornetta e finalmente mi degni di uno sguardo.

Lo fa dopo ben venti minuti, dopo aver chiacchierato con chissà chi e di chissà cosa, ma non m'importa, sto in piedi da ore e mi fanno male gambe, per cui credo proprio che non l'aggredirò.  

- Mi scusi signora - faccio, rivolgendomi a lei con modi calmi e pacati. E' molto anziana, e non mi sembra il caso di spararle una ramanzina in pieno viso, non vorrei mai che le cascasse la dentiera. Sto per proseguire ma lei mi anticipa.

 

- Signorina - rettifica, trucidandomi con un occhiata bieca. Avrà l'età della nonna di mia nonna, o forse anche di più, e a giudicare dal tono della voce, capisco subito che si tratta della classica zitella stagionata e pure inacidita. Non potevo chiedere di meglio, oggi!

 

Con un colpetto di tosse mi schiarisco la voce, poi riprendo: - Ok, signorina - dico, tanto per compiacerla, ma a dirla tutta non me ne frega proprio niente se è o non è ammogliata - Sono qui per fare visita alla mia ragazza, è ricoverata da circa una settimana ma oggi ho trovato la stanza vuota. Un'infermiera mi ha chiesto di chiedere a lei, probabilmente le avranno cambiato camera oppure starà facendo una visita di controllo, può aiutarmi?

 

La donna mi fissa. - In che modo, scusi?

 

Io fisso lei, poi mi gratto la nuca. - A trovare la mia ragazza che sembra sparita nel nulla. - Mi sembra ovvio, no?

 

La donna mi fissa ancora. - In che modo scusi?

 

Io fisso lei ancora, mi gratto la nuca e sento che all'ennesimo "in che modo scusi" potrei perdere la pazienza. Le indico un pc. - Ad esempio, con quel terminale che sicuramente conterrà tutte le informazioni dei pazienti di questo ospedale, incluse quelle della mia ragazza. Basta fare una ricerca, e...

 

- Non sono autorizzata a fornire simili informazioni ad uno sconosciuto. - sentenzia. Sconosciuto? Io?

 

- Le ho appena detto che sono il suo ragazzo, zo to!

 

- Ha un documento?

 

- Documento?

 

- Come faccio a sapere se lei è veramente ciò chi dice di essere?

 

Ok. Adesso capisco perché questa vecchiaccia non ha ancora trovato marito.

Infilo una mano nella tasca, e le sbatto sul tavolo la mia tessera di riconoscimento. La "signorina" si sistema un paio di occhiali sul naso raggrinzito, al posto delle lenti due fondi di bottiglia in pratica. Sarà pure cieca come una talpa, penso mentre aspetto che si decida a fare il miracolo. - Che lavoro fa? - mi chiede.

 

- E a lei cosa importa? - rispondo.

 

- Potrebbe essere un nullafacente che va in giro ad importunare le persone.

 

- E invece sono un... - Turk, vorrei dirle, ma taccio all'istante. Se viene a sapere che lavoro per la Shin-Ra questa come minimo mi fa arrestare! - Sono un nullafacente che non va in giro ad importunare le persone.

 

- Conciato in quel modo non direi proprio.

 

Mi do una rapida occhiata. - In quale modo?! - E poi, io sto cercando una persona! Non mi serve un consulente d'immagine!

 

- Capelli spettinati, camicia sbottonata, abiti sgualciti... Chi le stira gli indumenti?

 

Beh, se proprio vuole una risposta, l'accontento subito.

- Elena, la mia domestica personale. - Lei è bionda, bassina, e tanto petulante, proprio come questa terribile vecchiaccia.

 

- Non capisco... un nullafacente come può permettersi di avere una domestica?

 

- Ha mai sentito parlare del pagamento in natura? - Ovviamente sto scherzando, fatto sta che la vecchiaccia sbianca e ammutolisce di colpo. Il clone di Elena, in pratica. - E comunque, se le danno così fastidio i miei abiti sgualciti, non oso immaginare cosa dirà quando le mostrerò le mie mutande ingrigite e mangiate dai tarli! - faccio per posare una mano sul bottone dei pantaloni, un po' per gioco, un po' perchè ne ho pieni i cosiddetti, ma la donna prende il largo, proprio sotto il mio nasino incredulo. - Hey, nonna! Stavo scherzando! - le urlo, per farla tornare indietro, ma ahimé vedo sfumare l'ultima chance che ho di rivedere la mia Yuffie, dato che della vecchia non c'è più traccia.

Potrei tornare stasera, non appena ci sarà il cambio della guardia, così non sarò costretto a rivedere la zitella inacidita, che ho scoperto essere pure pudica oltre che rincoglionita. Certo, la cosa mi scoccia, ma ho forse scelta? No. Tanto per cambiare, zo to!

Giro i tacchi e mi avvio verso l'uscita, con l'aria di chi è stato appena travolto da un tram guidato da un bisonte ubriaco. So che la cosa può non avere senso, dato che un bisonte non guiderebbe mai un tram, perlopiù completamente sbronzo, ma trovare una vecchiaccia completamente rincitrullita alla reception di un rinomato ospedale mi porta a credere che forse, dopotutto, anche gli asini volano.

Mi sento chiamare. Mi giro, ed è ancora lei, la vecchia!

Tutto ciò assomiglia molto alla scena di un film dell'orrore che ho visto con Rude l'altra sera... La risata gracidante di una vecchia pazza precede i titoli di coda. Per conoscere l'intera trama del film dovrei chiedere a Rude, io sono crollato dopo soli 5 minuti, per poi riaprire gli occhi verso la fine. Era di una noia... proprio come quest'assurda situazione.

Torno dalla donna perché sembra avere qualcosa per me. E' una lettera. Sul fronte c'è scritto a chiare lettere "Per Reno", sul retro invece un solo nome: "Yuffie". 

Guardo la donna, guardo la lettera, poi riguardo la donna. - Mi scusi, ma... questa da dove salta fuori? E soprattutto, non poteva darmela prima?! E cosa assai più importante, dov'è Yuffie?!

 

- La signorina Kisaragi è stata dimessa questa mattina.  

 

- Dimessa? Questa mattina? - scuoto il capo. Ma non dovevano dimetterla la settimana prossima? E poi, qualcuno può spiegarmi perché sono sempre l'ultimo a sapere le cose??

 

- Prima di partire mi ha chiesto se potevo consegnare questa lettera al suo ragazzo, uno zoticone dai capelli spettinati ha aggiunto. Osservandola, direi che la descrizione le calza a pennello.

Questo è proprio tipico di Yuffie, non c'è alcun dubbio. Decido di non replicare, tanto sarebbe inutile. Ero venuto qui per vedere una nanetta, e non una vecchietta. Ma visto che la nanetta non c'è, non vedo perché dovrei intrattenermi con la vecchietta.

Stringo a me la lettera e me ne vado. La questione della zitella inacidita me la getto alle spalle non appena apro la busta e sfilo via il foglio.

L'inizio non è dei migliori. "Caro zotico", ecco come comincia. Beh, se queste sono le premesse, non voglio neppure sapere cosa c'è dopo!

Sono quasi deciso a cestinarla alla prima occasione, tanto rivedrò la mia Yuffie non appena riuscirò a capire dove si è nascosta, o forse no...?

Riprendo a leggere la lettera, mosso dalla curiosità, parola dopo parola arrivo alla fine.

Alzo gli occhi al cielo, con una mano tra i capelli.

Che giornata di merda!

 

 

 

 

 

- Come mai sei già tornato? - farfuglia una voce. Rientro nel Sanatorium con il morale sotto le scarpe, e non c'ho proprio voglia di rispondere alle inutili domande di Elena. Ma lei ovviamente è intenzionata a continuare. - Come sta quella ragazza...? Yuffie, intendo. - Ti pareva! Ha subito toccato il tasto dolente, quel tasto dolente!

 

- Non c'è. - sbotto fiacco.

 

- In che senso?

 

- Lei... non è più qui. 

 

Elena sgrana gli occhi, poi si porta una mano alla bocca. - Vuoi dirmi che... lei è forse...

Mi sta fissando con un'aria allibita, pronta magari a consolarmi da un momento all'altro.

 

- Ma santo cielo, no! Non è diventata parte del flusso vitale, per la miseria! - Sempre la solita, lei. - E' dovuta partire per Wutai. Il padre ha un forte esaurimento nervoso, stress da super lavoro a quanto pare.

 

Sospira, poi si da una calmata. Il Turk ligio al dovere, la donna meticolosa, rompiscatole, insomma, la Elena di sempre! - Wutai non è su un altro pianeta. Prima o poi tornerà, vedrai.

 

- Perchè tu non conosci Yuffie. Per lei il poi viene sempre prima del... prima. - ribatto secco, poi mi avvio su per le scale. - Ah, dimenticavo... all'ospedale ho incontrato ciò che tu diventerai tra una cinquantina d'anni. - Ma volendo potresti arrivarci anche tra una settimana, basta solo un pizzico di impegno e una sana dose di invecchiamento precoce. Poi non ti serve altro, solo la pensione, così non ti avrò più tra i piedi. 

Sento la mia collega blaterare qualcosa, ma chissene! Io rivoglio la mia ninja nana!

 

 

 

 

 

Stiamo appena rientrando a casa, dopo aver portato a termine una pericolosissima missione intitolata "fare la spesa". Faticosissima, credetemi! Il parcheggio che non si trovava, la lista della spesa incomprensibile perché scritta da Elena, la lunga fila alle casse...

Da un po' di tempo a questa parte c'è una noia... Proteggiamo il presidente Rufus, teniamo in ordine il Sanatorium e facciamo la spesa. Sento tanto la mancanza di Sephiroth o di quei tre bamboccioni che gli assomigliavano. Ci vorrebbe un nuovo cattivo, qualcuno intenzionato a distruggere il pianeta, a provocare un'ecatombe, tanto poi ci pensa Cloud a rimettere a posto le cose. Noi Turks gli daremmo solo una mano, e la cosa non mi dispiacerebbe affatto. Come diceva mio nonno, in tempo di guerra ogni buco è trincea!

Nel tempo libero me ne vado all'orfanotrofio gestito dalla mora e dal biondo, mi diverto molto a farmi travolgere da una mandria di bambini inferociti. Ririn sta per essere adottata da una famiglia di Kalm, e sembra proprio che questa sia la volta buona. Le ho promesso che verrò a trovarla anche nella sua nuova casa, e lei mi è parsa molto entusiasta. Lo credo bene, sa che la riempio di caramelle e leccalecca tutte le volte che vado a farle visita!

Entrati nel Sanatorium, Rude poggia le buste della spesa sul tavolo. - Ci pensi tu a sistemare la roba? - gli dico, perché io sono esausto. Il pelato non sembra particolarmente entusiasta. Arriva Elena in suo soccorso, raggiante e seccante come sempre. - Ecco una volontaria! - esclamo andandole incontro.

 

- Volontaria? - mi balbetta, lasciandosi trascinare verso la cucina.

 

- Aiuterai Rude a sistemare la spesa, contenta? - E devi obbedire per forza, perché quando Tseng non c'è è Reno che passa al comando! La bionda si rende conto che non ha molta scelta, o esegue gli ordini o gli ordini esegue. E' semplice! Raggiunge il pelato, infila le manine nelle buste e...

 

- Ma qui mancano delle cose! - Ecco! La megera ha parlato!

 

- Colpa tua che scrivi come un caprone di montagna che ha subito una paralisi a tutte e quattro le zampe, zo to.

 

- Ti sei dimenticato di prendere la camomilla, e poi il detersivo per lavare i piatti, e lo smacchiatore...! Come faccio a pulire le camicie se non c'è? Non posso usare un altro prodotto, ci rovinerebbe le uniformi! - Vi prego, fatela smettere!

 

Scuoto il capo, mi passo una mano sul viso in preda alla disperazione. - Non muore nessuno se portiamo per due giorni di fila la stessa camicia, al massimo se hai problemi di sudorazione eccessiva puoi tranquillamente immergerti nella colonia e nessuno sentirà il tuo inconfondibile olezzo.

 

- E il detersivo? Senza piatti puliti come faremo a mangiare? L'alimentazione è importante!

 

- Vorrà dire che useremo le mani, come si faceva una volta, ai tempi degli avi degli avi dei nostri avi, hai presente?

 

- E per la camomilla? Io ne ho bisogno, senza non riesco a dormire.

 

La guardo, poi sorrido beatamente. - Cianuro Elena, puoi usare quello! Così farai un favore a tutti noi, credimi! - Povera la mia biondina... c'è rimasta male... sta facendo una faccia...! Sospiro, poi lancio un'occhiata a Rude insieme alle chiavi della macchina. - Accompagnala al supermarket, ed assicurati che prenda tutto. - Vedo la megera sprizzare felicità da ogni poro e venirmi incontro. Oddio, non vorrà mica abbracciarmi?! Faccio un passo indietro. No grazie, ho già dato per oggi!

Mi avvio al piano di sopra, vado a farmi un pisolino. Non appena scorgo il mio comodo giaciglio mi sento già meglio. Sto partendo per il mondo dei sogni, e devo ancora sdraiarmi! Prima però vado a trovare il signor water. Urge una svuotatina, sennò finirò col farla a letto.

Spalanco la porta del bagno, entro, raggiungo il vaso, poi afferro la lampo del jeans, la tiro giù e poi...

E poi in teoria dovrei procedere all'evacuazione, ma mi sento osservato. E quando ciò avviene, no, non la faccio. E' più forte di me, non ci riesco proprio!

Mi volto lentamente, ma non riesco a completare la rotazione perché un urlo mi tramortisce in pieno.

 

- Fermoooooooooo!! - sento strillarmi addosso - Non in presenza di una signora, zoticone!!

 

Nessuno mi chiama più in quel modo da almeno un paio di mesi. Per la precisione, da quando una certa nanetta alta quanto una chitarra mi ha piantato in asso per soccorrere il suo paparino affetto da esaurimento nervoso che vive in una terra lontana anni luce da quella dove risiedo io. E ora, quella stessa nanetta sta qui, in preda ad una crisi isterica armeggia vicino alla lampo dei miei pantaloni nel tentativo di richiuderla. Io la lascio fare, anche perché o sogno o son desto.

- No, non può essere - No, davvero non può essere! - tu non sei lei, certo, sei identica, ma no, non sei lei. Tu sei Elena travestita da lei, o peggio, sei la vecchiaccia che stava in quell'ospedale travestita da lei, o volendo proprio esagerare, sei sia Elena che la vecchiaccia!! - Due persone racchiuse in un involucro così minuto? Sì, la vecchia e la megera ne sarebbero capaci!    

 

Finalmente la lampo si chiude. L'essere che mi sta d'innanzi mi tocca la fronte con la mano. - Hai la febbre? Sei esaurito?

Prendo quella manina che mi sta premendo sulla fronte e gliela scanso via.

 

- Febbre? Febbre?!

 

- Ok, sei esaurito!

 

- Esaurito? Esaurito?!

 

- Ok, allora hai sia la febbre che l'esaurimento, non c'è dubbio!

 

- YUFFIE!! - le urlo in faccia - Cosa diavolo hai fatto in questi DUE mesi?! Non due giorni, non due settimane, bensì DUE fottutissimi mesi! - ho quasi le lacrime agli occhi tanto sto urlando. Avanzo minaccioso verso di lei. - Due mesi, due mesi! E senza dirmi qualcosa, senza farmi una telefonata...!

 

- Ma non è così...! Ti ho mandato delle lettere... con i piccioni viaggiatori... - balbetta. - Non le hai ricevute?

 

- Guardami bene, ho forse la faccia di uno che le ha ricevute?! - Mentre avanzo lei inizia ad arretrare.

 

- Forse hai ragione... Wutai è piena di gatti... poveri piccioni...

 

- Sai che esistono i telefoni, vero? Due mesi, due mesi, dannazione!

 

- Ma le lettere sono più romantiche...!

 

Ma le lettere sono più romantiche... certo, come no!

 

- E intanto io stavo qui a patire, patire e ancora a...

 

- Patire?

 

- No, a fare il cretino!! - A furia di avanzare e lei di retrocedere, siamo usciti dal bagno e ora ci troviamo in camera. - Facevo il cretino e nello stesso tempo aspettavo come un fesso una tua telefonata! Ho anche provato a chiamarti, ma il tuo aggeggio sembrava perennemente in ferie.

 

- Ehm... veramente mi è finito nel lago, mentre cercavo di soccorrere un povero micetto abbandonato.

 

- Lo stesso che si è mangiato il piccione?

 

- A dire il vero non lo so, però se vuoi la prossima glielo chiedo!

 

- YUFFIE! - le urlo ancora - Per la miseria, non scherzare! - Mi fermo quando lei si ritrova con le spalle puntellate al muro. Cerco di darmi un attimo una calmata, anche perché la vedo abbastanza scossa. - Come va con la ferita? - le domando, stavolta in maniera garbata. Sono molto preoccupato, e penso che lei se ne sia accorta.

 

- Oh, per quello direi che va benissimo! Sono completamente guarita, guarda! - Scostando una parte della canotta e mostrandomi la zona interessata mi fa capire che sta dicendo il vero. Poi con un paio di occhioni inizia a guardarmi. - Mi perdoni?

 

- Per essere sparita, e avermi lasciato solo come un cane per due lunghi ed interminabili mesi?

 

Lei assente tutta convinta. - E anche per aver permesso ai gatti di mangiare i piccioni!

 

- Ah beh, questa poi è la più grave di tutte...! - Ci guardiamo reciprocamente e poi via, scoppiamo a ridere subito. Ok dai, direi che a modo suo si è fatta perdonare. Dopotutto, Yuffie è così. O la si ama oppure niente, nemici come prima.

So che non le piace ritrovarsi con le spalle al muro, quindi di soppiatto cerca di aggirare l'ostacolo, che poi sarei io, che l'ha tiene incollata alla parete. - Non così in fretta! - esclamo, dopodiché la blocco con ambedue le mani.

 

- M-ma non era tutto risolto? - balbetta. E sta pure arrossendo!

 

- E tu credi che un "mi perdoni?" detto così con due occhioni grandi e lucidi possa bastare? - scuoto il capo. Eh no, bambina! Non è mica così che funziona, sai? - Voglio almeno un bacio!

 

- M-ma così, su due piedi?

 

- E perché non su quattro, tu che dici? O meglio ancora, perché non me lo dai su quel letto? - punto il mio comodissimo giaciglio poi mi arriva una sberla. - Hey!

 

- Ohy, e poi sarei io quella che scherza?

 

- Ma guarda che io sono serissimo! Sono due mesi esatti che non tocco una donna, e questa cara mia si chiama "astinenza forzata"! - ricevo un altra sberla, stavolta più forte. - Ma perché mi picchi?!

 

Yuffie sbatte un piede in terra. - Non ci credo...! No, no e poi no! Scommetto che mi hai tradito, e con chissà quante donnine! 

 

- Ma fammi il piacere...! Chiedilo a Rude se vuoi, lui potrà confermare tutto, così farai la figura della bambina gelosa. - Ma a me piace così, bambina e gelosa!

 

- Sei sincero? - chiede, ed io fissandola negli occhi assento. - E allora baciami, zotico! - Tralasciando quell'ultima parolina che non mi piace affatto, il resto della frase è musica per le mie orecchie. Sorrido e mentre lo faccio mi avvicino alla sua bocca. Se questo è un sogno per carità, niente secchiate d'acqua o rumori bruschi, non ho nessuna intenzione di svegliarmi!

La stanchezza mi passa non appena le mie labbra iniziano a sfiorare le sue. Anche lei si accoda al mio sorriso finché la passione non travolge entrambi.

Dalla parete ci spostiamo al centro della stanza, senza staccarci l'uno dall'altra arriviamo al bordo del letto, sto per spingerla giù ma lei si blocca. - A-aspetta un secondo!

 

Aspettare? Ma... Che? - Non c'è nessuno in casa, tranquilla. Ma se vuoi chiudo la porta a chiave. - rispondo frettolosamente, tra un bacio e l'altro.

 

- No, è che devo dirti una cosa!

Non potevi trovare momento migliore, guarda! - Ah sì? - replico, tuttavia di lucidità ne ho davvero poca in questo momento.

 

- Ho parlato di te a mio padre, e lui vorrebbe tanto conoscerti!

 

Le do un bacio sul collo, poi un altro e un altro ancora. - Mi sembra giusto. - rispondo, dicendo la prima cosa che mi passa per la testa. Con la mano sfioro il bottone che tiene chiuso i suoi shorts colorati e lo faccio scivolare fuori dall'asola.

 

- Ha anche detto che ti insegnerà a prenderti cura dell'enorme serra che abbiamo a Wutai. Gli dovrai annaffiare i fiori tutti i giorni, strappare via le erbacce, e concimare le piante.

 

Le tiro giù la lampo. - Mi sembra giusto.

 

- In più ha aggiunto che se mi farai soffrire, lui ti spezzerà le gambe!

 

Le sollevo con lentezza la canotta. - Mi sembra giusto.

 

- Hey, ma... mi stai ascoltando?

 

- Mi sembra giusto. - rispondo affannosamente anche stavolta. Sembro un disco rotto, ma ripeto, lei continua a parlare ad un cervello, il mio, che in questo momento è fuori servizio. Mentre continuo imperterrito ad assomigliare sempre di più ad una piovra con una testa enorme e completamente vacante, odo Yuffie mugugnare.

 

- C'è un'altra cosa che devo dirti, sai? - fa una pausa, mi fissa e poi come se nulla fosse esclama: - Sono incinta!

 

- Mi sembra giu... - All'improvviso non mi escono più le parole. Forse ho capito male? - S-scusa? - è tutto ciò che riesco a dire.

 

- Sono incinta! - ripete. E la frase è identica a quella articolata poc'anzi. Con la bocca aperta fisso Yuffie, mi sorreggo la mascella perché sento che potrebbe cascare da un secondo all'altro, anzi, sono talmente stranito che la vedo già a terra. Chissà perché, avverto la necessità di sdraiarmi. Manco il tempo di arrivare al bordo del letto che puff! Crollo a terra, facendo la figura della pera troppo matura che staccandosi dal ramo finisce spappolata sul terreno. 

Yuffie grida qualcosa, mi fa aria con le mani, mi percuote da cima a fondo finché non riapro gli occhi. - Dove... sono? - biascico infine.

 

La nana tira un sospiro di sollievo. - Non farlo mai più, ti prego! Mi hai fatto prendere un colpo!

 

- Cosa... è successo?

 

- Sei svenuto, dopo che ti ho detto quella cosa.

 

- Quale cosa...?

 

- Ehm... Che saresti diventato padre. - pigola, sottovoce.

 

Avverto un'altra volta un capogiro.

-  Oddio, reggimi... - Sto per svenire di nuovo!

 

-  Scherzavo! Scherzavo! - strepita a più riprese Yuffie, in preda al panico.

 

Mi rimetto subito in piedi. - Come scusa?

 

Con il faccino mesto lei abbassa gli occhi. - Sì, l'ho fatto per attirare la tua attenzione, dato che sembravi preso da ben altre cose...!

 

Mi siedo sul bordo del letto e tiro un lunghissimo sospiro di sollievo. Yuffie è seduta in terra, proprio davanti a me. - Sai che potevo restarci secco?

 

- Non ti andava proprio a genio l'idea di diventare padre, vero? - A giudicare dalla sua espressione mi sembra particolarmente abbattuta.

Le faccio cenno di venirsi a sedere in braccio a me, lei si alza, mi raggiunge dopodiché si accomoda sulle mie gambe. - Non mi ci vedo a cambiare pannolini, sai? Almeno, non ora, però...

 

- Però? - Mi sta fissando con due occhioni vividi, di quelli che non si dimenticano facilmente.

 

- Però so già che non dovrò cercare a lungo la madre dei mie futuri figli, perché almeno lei l'ho già trovata.

 

Yuffie mi punta con aria furbetta. - E chi sarebbe? - domanda, facendo finta di non sapere la risposta.

 

- Una certa nanetta che proviene da Wutai... è una ladruncola pestifera che si diverte a chiamarmi "zotico", un tipetto tutto pepe ma infondo tanto dolce, la conosci?

 

Mi fa una linguaccia, afferra un cuscino e me lo sbatte in faccia. - Certo, zotico!

Stavolta se l'è proprio cercata!

 

- Vuoi giocare, eh? Beh, sappi che nessuno ha mai battuto il re indiscusso della lotta a cuscinate in faccia!

In un lampo la stanza si trasforma in un campo di battaglia. Io prendo a cuscinate lei, lei prende a cuscinate me. Divertente, no?

Ci rincorriamo come due matti scalmanati, come due bambini che giocano all'aria aperta. Ridiamo, urliamo, mettiamo a soqquadro l'intera camera, Yuffie salta sul letto per sfuggire all'attacco del cuscino assassino, io la seguo a ruota e bang! Presa in piena faccia! Il tutto con delicatezza, s'intende.

Quasi senza volerlo ci lasciamo cadere sul morbido giaciglio, siamo stanchissimi ma felici e, tra un sorriso e l'altro, quella stessa stanchezza ci trascina nel mondo dei sogni, stretti in un magico abbraccio.

 

 

 

 

 

La mattina è ormai giunta. Un raggio di sole si posa sul letto, sopra la mia faccia ancora assonnata. Mi copro gli occhi con il dorso della mano, ho la bocca impastata, i capelli spettinati, uno sbadiglio e poi una rapida occhiata all'ambiente.

Santo cielo, che sfacelo!

Sono disordinato, ma non fino a questo punto! E infatti qui non c'è solo il mio zampino... La lotta a cuscinate di ieri sera ha fatto una strage! Io e Yuffie siamo come un mix di elementi esplosivi che se combinati insieme possono diventare tremendamente pericolosi. Altolà! Maneggiare con cura! 

 

Mi guardo attorno, ma lei non c'è. Sono un po' deluso, speravo di trovarla ancora qui, ma Yuffie è... semplicemente Yuffie. Sul comodino c'è un biglietto. Lo prendo, lo leggo, e sorrido. Mi da appuntamento a questa sera per il secondo round della famigerata "battaglia del cuscino assassino", e si raccomanda di non chiudere la finestra del bagno. Che tipo!  

Quando sto per alzarmi dal letto sento il telefono suonare. Lo prendo e rispondo. La voce dall'altro capo porta buone notizie. Finalmente il periodo di noia sta per finire. A quanto pare serve l'aiuto di noi Turks, e sapete cosa significa tutto ciò? Il rosso sta per tornare in azione!

Sorrido, mi sento al settimo cielo, non vedo l'ora di divertirmi un po', una nuova missione mi attende.

Che sia bella o brutta poco importa, ciò che conta è il sapore.

Ne voglio una saporita, nulla di scialbo o insipido, altrimenti sai che palle!    

 

 

 

 

 

                                                                                                                                                                                                         Fine, zo to!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo giunti alla fine! Ma niente fazzoletti, per favore...! Perché se uno di voi attacca a piangere io lo seguirò a ruota, e poi saranno affaracci vostri, credetemi!

Beh, cosa c'è da dire? Avevo lasciato questa storia in sospeso ormai da qualche tempo (anni, addirittura)... un po' il lavoro, un po' per mancanza di tempo libero, le tante cose da fare, i mie hobby, le mie passioni... insomma, l'ho pubblicata nel 2007 (iniziata a scrivere nel 2005!) su EFP e l'ho finita ora, nel 2014... un record!

Poi è successa una cosa l'anno scorso, e allora mi son detta "ok, la Red Head merita un finale". L'ho portata a termine per Reno. Ma non quello che tutti voi conoscete, bensì il mio Reno, meglio conosciuto come "coniglio nano maschio gagliardo e tosto", che il 13 Novembre del 2013, esattamente l'anno scorso, mi ha lasciato. Infatti è a lui che dedico con tutto il cuore questa fanfiction. E' stato, è e resterà sempre il mio migliore amico, il mio fratellino indiavolato, il mio compagno di vita... C'era un rapporto speciale tra me e lui, qualcosa che definire a parole non si può. Vorrei farvi entrare tutti nel mio cuore, solo così riuscireste a comprendere il significato di queste parole. Voglio un mondo di bene al Reno del videogioco, ma a quello peloso che mi è stato accanto per diversi anni gliene voglio molto, ma molto di più!

Grazie di cuore a tutti quelli che nonostante il ritardone smisurato, hanno continuato a seguire con molto affetto questa fic. Credevo che non interessasse più a nessuno, e invece...!  

Reno vi ringrazia e vi dice che forse lo rivedrete o forse no, in un'altra storia, chissà! Voi continuate a volergli bene, e ricordate... un Reno è per sempre!

Alla prossima avventura!

 

                                                                                                                                                                                                                          Botan

 

 

 

 

 

 

 

 

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