please, don't shoot me down di Princess Leila (/viewuser.php?uid=756040)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Due giorni prima... ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Rebeka ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II: uno stratega di troppo ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III: Una trapunta di stelle ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: solo un'eco lontana... ***
Capitolo 1 *** Prologo: Due giorni prima... ***
PROLOGO:
Due giorni prima...
Faceva
caldo in quei giorni nel Distretto Sette. Legname.
Tris
era stesa su di un letto di aghi di pino a pancia all'aria nella
pineta; pensava sempre che non sarebbe potuta sopravvivere lontano da
quel posto. Caleb, suo fratello, invece non sopportava gli aghi nelle
scarpe e la moltitudine di insetti che vi si potevano trovare. A lui
gli insetti piacevano solo morti, su di un vetrino da laboratorio, in
attesa di essere esaminati.
Ogni
anno, ormai da quando ne aveva dodici, un po' prima della Mietitura
Tris andava nella pineta tentando di imprimersi nella mente ogni suo
più piccolo particolare per paura di dimenticarla se fosse
stata
estratta e non avesse avuto la possibilità di rivederla.
Mancavano
due giorni a quelli che sarebbero stati i ventinovesimi Hunger Games,
ma Tris non era preoccupata... Sua madre e suo padre non le avevano
mai permesso di attingere alle tessere anche nei periodi in cui non
avevano di che mangiare.
Sua
madre gestiva una piccola drogheria, mentre suo padre faceva il
taglialegna, così come Caleb, il quale però non
era affatto
contento del suo lavoro...
Tris
camminava mettendo un piede davanti all'altro come fosse su una fune
da equilibrista e tenendo le braccia in fuori. Mentre camminava a
testa bassa però notò qualcosa... A distanza
regolare fra loro
c'erano delle scie di un liquido denso e rosso. Sangue. Il suo cuore
perse un battito, alzò di scatto la testa per tentare di
scorgere un
eventuale animale ferito, ma nulla; iniziò a camminare
più
velocemente, fino a correre.
La
scia conduceva al limitare del Distretto e passava proprio attraverso
il buco nella recinzione; Tris c'era già stata e sapeva come
muoversi, come sapeva anche che non doveva essere vista.
Sentì
dei nitriti, così accelerò fino a quando non lo
vide: uno splendido
cavallo bianco con una zampa ferita. Trotterellava zoppicando
così
la ragazza decise di avvicinarsi per valutare gli eventuali danni.
Era a tre passi dall'animale quando un suono sordo risuonò
nell'aria
e qualcosa passò con un sibilo ad una spanna dalla sua
testa. Lei si
girò di scatto in tempo per vedere un Pacificatore che la
stava
mirando, e scansarsi. Il proiettile prese il cavallo.
Le
si poté leggere la disperazione negli occhi quando vide
l'animale
accasciarsi a terra; lei amava gli animali. Non ebbe il tempo
però
di soccorrerlo in alcun modo perché il Pacificatore aveva
già
sparato un altro proiettile nella sua direzione mancandola. Doveva
scappare.
Tris
zigzagava tra gli alberi correndo a capofitto, l'adrenalina le
scorreva nelle vene e si sentì come se non sapesse cosa
fosse la
stanchezza; corse più veloce che poté, ma anche
il suo inseguitore
non sembrava affatto affannato.
Non
si era mai allontanata così tanto dalla recinzione e tentava
di
correre trasversalmente a questa sperando di incrociarla.
Non
sapeva assolutamente dove stesse andando ma continuava a correre,
saltando radici e abbassandosi dove i rami più bassi la
sfioravano.
Il percorso si stava facendo ripido e Tris non sapeva dove portasse;
fece a gomitate in un groviglio di rovi che le lasciarono dei graffi
sul viso, ma oltrepassati questi si ritrovò davanti ad un
fiume, il
fiume che arrivava anche in città. L'altra sponda era
irraggiungibile con un salto e la corrente era molto forte in questo
punto, ma anche se avesse tentato di attraversarlo il Pacificatore
l'avrebbe raggiunta e sarebbe stata la fine.
Se
fosse andata verso sinistra sarebbe significato andare verso una
morte certa e ora il fiatone si faceva sentire; non sarebbe riuscita
a correre ancora per molto, per di più senza sapere dove
andare.
Così si fermò lì sulla sponda verde
del fiume, non pensò di
raccomandarsi o di fare le sue ultime preghiere, semplicemente
alzò
le mani e tutto ciò che riuscì a dire fu
«Ti prego fa' veloce»;
aveva gli occhi socchiusi quasi per timore di guardare in faccia
quello che sarebbe stato il suo carnefice, ma quando non
sentì il
colpo arrivare li aprì e lentamente fece ridiscendere le
braccia
lungo il corpo.
Davanti
a lei c'era un ragazzo sui diciotto anni, capelli neri e occhi blu,
una tonalità così scura di blu da sembrare quasi
neri; teneva il
braccio con la pistola steso davanti a se, puntato dritto al cuore di
Tris.
Erano
entrambi immobili e la ragazza aveva paura che anche solo respirando
troppo forte avrebbe fatto scattare il grilletto.
Un
suono di interferenza provenne dalla ricetrasmittente del
Pacificatore.
“Agente
Quattro, mi ricevi? Passo.”
“Roger,
lato ovest oltre la recinzione tutto tranquillo. Passo.”
“Ricevuto,
passo e chiudo”.
Tris
aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Il
ragazzo aveva abbassato la pistola e senza una parola si
girò e
ripercorse i suoi passi.
Alla
ragazza vollero un paio di minuti per metabolizzare il tutto.
Poi
si guardò intorno prima di iniziare a correre verso casa.
NOTE
DELL'AUTRICE
Salve
a tutti! L'idea di questo crossover è nata durante un ora di
greco
comparabile ad un'edizione degli Hunger Games, così io ed un
mia
amica abbiamo iniziato a fantasticare su come complicare la vita a
quei poverini di Tris e Quattro (perché giustamente senza di
noi non
avevano abbastanza guai).
Aspetto
con ansia delle vostre recensioni sia belle che brutte, e se vi
è
piaciuto fatevi sentire e ben presto arriverà il Capitolo I.
Grazie
per la vostra attenzione,
Princess
Leila.
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Capitolo 2 *** Capitolo I: Rebeka ***
CAPITOLO
I: Rebeka
Tris
rimirava la sua immagine nello specchio della sua stanza. Sin da
piccola amava quell'oggetto, la ritraeva in tutta la sua figura e
prima di ogni Mietitura passava qualche minuto lì davanti
con
indosso il vestito da cerimonia. Era grigio e molto semplice, lungo
fino alle caviglie e con un unico fiocco dietro la schiena.
«Beatrice
scendi giù!» era sua madre, la stava aspettando.
Con
una quantità di forcine abominevole la donna
riuscì a raccogliere i
suoi capelli in uno chignon.
«È
ora di andare»
«Sì...».
Caleb
e Tris si incamminarono verso la piazza del Distretto. Al centro
c'era un grande albero, il palco era posizionato ai piedi di questo;
dopo la registrazione si separarono.
Come
inviata di Capitol City quest'anno c'era un donna di nome Daphne.
Indossava i classici vestiti osceni e pomposi così di moda
nella
capitale. Era completamente vestita di verde mela, un vestito di
tulle enorme e un copricapo cilindrico ornato di foglie di edera.
«Felici
ventinovesimi Hunger Games! E possa la buona sorte sempre essere a
vostro favore!»
Come
ogni anno partì il video del discorso del presidente. Ripugnante.
«Emozionante!»
gridò Daphne «E adesso passiamo all'estrazione dei
Tributi che
avranno l'onore di rappresentare il Distretto Sette durante
quest'edizione degli Hunger Games! Come sempre, prima le
signore...»
Si
avvicinò alla boccia di vetro. La tensione era palpabile, i
nervi di
tutti erano a fior di pelle.
«Il
tributo femmina del Distretto Sette è... -Il cuore di Tris
perse un
battito- Beatrice Prior!».
Ad
attendere la ragazza sul palco c'erano svariati Pacificatori tra cui
il ragazzo che l'aveva risparmiata nella foresta, la sua mascella
ebbe uno spasmo.
Tris
era sotto shock e camminava contro la sua volontà tra le due
file di
persone che si erano separate per crearle un varco. Sentiva tutto in
maniera ovattata, non carpì neanche il nome del tributo
maschio e
non ne memorizzò il volto quando si strinsero la mano. O
meglio,
quando lui le strinse la mano, lei era completamente persa, sgomenta.
Si guardava intorno basita; cercava tra la folla un volto familiare,
ma non riusciva a scorgere né suo fratello Caleb,
né i suoi
genitori.
Un
Pacificatore la prese per un braccio e la condusse nel palazzo di
Giustizia. Era il ragazzo della foresta.
Quattro
tentava in tutti i modi di contenersi, ma doveva dirle addio. Doveva
farlo. Lei non lo conosceva, o quanto meno non se ne ricordava, ma
lui sì... L'aveva sempre guardata mentre andava a scuola e
quando il
pomeriggio andava alla drogheria per aiutare sua madre; l'aveva anche
seguita spesso nella pineta facendo bene attenzione a non farsi
vedere. Nella foresta, prima che lei si fermasse, non l'aveva
riconosciuta, in quel caso l'idea di inseguirla non gli sarebbe
passata nemmeno per l'anticamera del cervello. Per di più
lei era
stata amica di sua sorella Rebeka un tempo, anche se per molto
poco...
Era
una fredda giornata d'inverno e Rebeka correva veloce come una
scheggia sulla neve, saltando le pozzanghere ghiacciate per non
scivolare. Dietro di lei correva un'altra ragazza: Tris.
Rebeka
scappava dalla drogheria; aveva appena trafugato un sacchetto di
spezie.
«Fermati!
Ti prego! Puoi tenerlo! Ti supplico fermati!» gridava Tris.
La
ragazza continuò la sua corsa sfrenata ancora per qualche
metro, poi
si fermò e si girò, mentre la bionda la
raggiungeva.
Erano
arrivate in una piazza, la piazza del pozzo. Quando furono l'una di
fronte all'altra Rebeka si accasciò per terra e
scoppiò in un
pianto disperato. I capelli le ricadevano sul viso che si teneva tra
le mani in preda ai singhiozzi, erano corvini come quelli del
fratello, ma i suoi occhi erano verdi.
«Hey,
va tutto bene... Puoi tenerlo sai? Non c'è bisogno che tu
pianga.
Come ti chiami?»
Rebeka
era più piccola di Tris, forse non di molto, ma avevano la
stessa
stazza.
Il
suo pianto però non si fermava, così Tris si tolse
la sciarpa e
gliela avvolse intorno alle spalle; lei indossava un insulso
maglioncino verde con dei pantaloni e tremava. Non rispose
«Vuoi
che ti riaccompagni a casa?» la ragazza le fece cenno di no
con la
testa, beh in effetti non l'avrebbe potuta accompagnare da nessuna
parte... Suo padre, Marcus Eaton, l'aveva abbandonata e ora era il
capo Pacificatore del Distretto Due e viveva lì con sua
moglie; sua
madre, Evangeline Kenòbi, era morta tempo prima. Lei si
procurava il
cibo rubacchiando qui e là, oppure grazie a quei pochi che
ogni tanto
la aiutavano con piccoli gesti di carità.
«Okay...
Emmm... Se vuoi puoi tornare con me al negozio, mia madre non si
arrabbierà non preoccuparti» La ragazza aveva
smesso di piangere e
annuiva timidamente, si alzò in piedi e fece per seguire
Tris.
«Io
s-sono Rebeka»
«Eccola
è lei! La ladra che ha trafugato il mio negozio la scorsa
notte!»
era un uomo che gridava additando Rebeka; dietro di lui c'erano tre
Pacificatori. Quando la ragazza li vide sgranò gli occhi e
iniziò a
correre.
«No!»
gridò Tris vedendo il Pacificatore caricare il colpo, ma era
troppo
tardi. Il suono sordo del proiettile rimbombò nell'aria
fredda.
Era
rimasta paralizzata, non avrebbe mai pensato di assistere ad un
omicidio così brutale. L'aveva freddata senza
pietà.
L'uomo
e i Pacificatori si erano dileguati e Tris corse verso Rebeka.
Una
macchia rosso scuro si stava espandendo lentamente sul suo
maglioncino all'altezza dello stomaco.
«No...
No... Rebeka... Io...» fece un respiro profondo e gli occhi
le si
riempirono di lacrime.
«Va
tutto bene... È
tutto a posto...
Rilassati... Riposati...»
Tris
si guardava intorno in cerca d'aiuto ma non c'era nessuno.
Rebeka
gemette
«Shhh...
Dormi...» Iniziò a cantare:
Là
in fondo al prato, all'ombra del pino
c'è
un letto d'erba, un soffice cuscino
il
capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando
li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui
sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui
le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui
sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui
è il luogo in cui ti voglio amare.
Là
in fondo al prato, nel folto celato
c'è
un manto di foglie di luna illuminato.
Scorda
le angustie, le pene abbandona.
Quando
verrà mattina, spariranno a una a una.
Qui
sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui
le margherite ti proteggono da ogni cruccio.
Qui
sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui
è il luogo in cui ti voglio amare.
La
ragazza le cantò tutta la canzone che sua madre sempre le
ripeteva
quando era bambina. Rebeka aveva chiuso gli occhi. Per sempre.
Tris
cominciò a piangere con la testa della ragazza sulle gambe.
Ora le
sembrava così piccola... Piangeva, anche se non la conosceva
affatto, piangeva come se fosse stata la sua migliore amica.
Tris
sentì scalpiccio di passi che venivano nella sua direzione.
Si girò
e vide un Pacificatore. La rabbia montò dentro di lei e
stava per
sbraitargli contro senza curarsi del fatto che probabilmente dopo
l'avrebbe ammazzata, ma il ragazzo non la degnò neanche di un misero
sguardo. Si accasciò accanto al corpo di Rebeka e
iniziò a
piangere. Singhiozzi sommessi
«Non
ce l'ho fatta... Non ce l'ho fatta... Perdonami... Non sono arrivato
in tempo».
Tris
si era alzata in piedi e il Pacificatore solo ora l'aveva guardata
«Va
via. Torna a casa, e in fretta»
Lei
riluttante lo ascoltò, e dopo aver dato un ultimo sguardo
alla
triste scena tornò al negozio.
«Va
lì e vinci» disse Quattro a Tris mentre la
scortava lungo i
corridoi del palazzo di Giustizia. Lei lo guardò con sguardo
interdetto
«C-cosa?
Tu dovresti essere dalla parte di Capitol City!» erano
arrivati
nella stanza dove tra poco Tris avrebbe avuto l'ultima
possibilità
di dire addio alla sua famiglia
«Fallo
per Beka» la ragazza sgranò gli occhi. Ora lo
riconosceva... Lui
era il fratello di Rebeka. Finalmente capiva... Nella foresta il suo
gesto di pietà era stato dettato dal ricordo di sua sorella
che era stata uccisa da un pacificatore, completamente indifesa.
Probabilmente si ricordava di lei perché l'aveva trovata a
cantare vicino al corpo di sua sorella, che ormai era in un posto
migliore...
«...E
per me» Tris era ogni secondo più confusa. Le si
avvicinò e le
stampò un bacio sulle labbra.
Quattro
uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
NOTE
DELL'AUTRICE
_________________________________________________________________________________________________________
Eccomi qui
con il nuovo capitolo. La storia è appena cominciata e vi
attendono numerose sorprese... Ho voluto dedicare questo capitolo
(oltre che alla Mietitura e al bacio *^*) a Rebeka, la sorella di
Tobias, perché avrà e ha avuto un importanza
notevole nella storia.
Colgo l'occasione per ringraziare di nuovo tutti coloro che hanno
recensito questa storia e possa la buona sorte sempre essere a vostro
favore!
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Capitolo 3 *** CAPITOLO II: uno stratega di troppo ***
CAPITOLO
II: Uno stratega di troppo
Tris
aveva gli occhi sgranati e fissava ancora la porta di mogano dalla
quale era appena uscito il Pacificatore. Incondizionatamente si
portò
le dita alla bocca. Non aveva mai baciato un ragazzo prima d'ora.
Sentì
rumore di passi sulle assi di legno scricchiolante in corridoio e poi
delle voci che discutevano animatamente; la porta si aprì ed
entrò
sua madre con un espressione sconvolta impressa in volto, la
seguivano suo padre e suo fratello.
Con
sua grande sorpresa fu Caleb il primo a prenderla tra le braccia
«Io...Io
sono un idiota! Un idiota codardo! Dovevo offrirmi volontario al
posto di quel ragazzo! Io dovevo venire nell'arena con te!»
disse in
preda ai singhiozzi
«Non
lo dire nemmeno per scherzo Caleb» rispose Tris. Non aveva
intenzione di piangere; e neanche loro dovevano, ne avrebbero avuto
tutto il tempo dopo.
Sua
madre Nathalie la strinse forte al petto e la baciò sulla
testa
«Beatrice...
Beatrice guardami -le prese il viso tra le mani e si abbassò
leggermente per mettere gli occhi alla stessa altezza di quelli di
lei- sii forte perché so che lo sei. Quando sarai
lì dentro non
perdere mai la dignità, capito? Non diventare una pedina dei
loro
giochi, io so che tu puoi farcela»
«Sai
benissimo che non è così, io non ce la posso fare
mamma!»
«E
invece no. Se ti troverai in una foresta saprai come muoverti! Tu sei
veloce! Corri più veloce che puoi e trova un
riparo» gli occhi di
Tris si riempirono di lacrime ed iniziò a muovere la testa a
destra
e a sinistra
«Ti
supplico, non mentire a te stessa»
«Promettici
che non ti lascerai andare, che tenterai di combattere» era
suo
padre che le faceva questa richiesta
«Io...Io...Ve
lo prometto...» un sorriso troppo forzato apparve sul volto
di suo
padre che la prese e la tenne stretta al petto
«Tu
ce la farai, io scommetto su di te»
«Tu
non puoi scommettere e sai benissimo che perderesti» Tris non
lo
diceva per falsa modestia, lei sapeva di non avere speranze contro i
favoriti del Distretto Uno e Due.
«No
invece. Vinci per noi Beatrice»
«Tempo
scaduto» disse un Pacificatore entrando nella stanza
«Ti
vogliamo bene Tris» disse Caleb. Sua madre stava per
scoppiare in
uno dei suoi pianti irrefrenabili e non riuscì a dire nulla
«Ci
vediamo a casa» disse suo padre. Poi la porta si chiuse.
Nella
stanzetta c'era un divanetto, Tris vi si sedé sopra e si
premette i
palmi delle mani sugli occhi; non aveva dei veri amici lì al
Distretto Sette, nessuno sarebbe venuto a salutarla, per di
più non
aveva ancora idea di chi fosse il Tributo maschio del suo Distretto.
Proprio
in quel momento Quattro sbucò soltanto con la testa da
dietro alla
porta
«Tra
cinque minuti si va alla stazione, preparati»
Non
ebbe nemmeno il tempo di chiedergli spiegazioni per prima che lui
aveva chiuso la porta.
Quattro
guidava l'auto dei Pacificatori sul terreno sconnesso della strada
che portava alla stazione. L'aveva baciata, l'aveva fatto; le aveva
detto addio, ma non poteva concepire che Tris dovesse andare
nell'arena. L'aveva sempre vista come una ragazza fragile e facile da
ferire, pur sapendo bene che non era affatto così.
Ora
era lui a scortarla a Capitol City insieme a Josh, l'altro ragazzo
sorteggiato. Era alto e aveva capelli ed occhi castani, aveva una
muscolatura notevole; se fosse stato anche abile nella lotta sarebbe
stato un avversario temibile anche per i favoriti.
Erano
arrivati. Scese e aprì lo sportello posteriore per far
scendere
Tris; lei mise un piede sul gradino dell'auto e fece per scendere, ma
slittò, Quattro la sostenne per la vita e rimasero
così per qualche
secondo più del normale; poi lui si schiarì la
voce e la lasciò
dopo averla aiutata a scendere.
Tris
non era mai stata alla stazione, era utilizzata solo dai Pacificatori
e per i trasporti di merci ed era smorta e buia.
Al
binario il treno era già arrivato, così Tris
salì a bordo e venne
scortata da Quattro nella sua stanza.
«Questa
è la tua camera. Spero sia di tuo gradimento» era
una stanza dal
design moderno: letto futon in metallo, come i comodini sui quali
c'erano dei vasi con delle rose bianche all'interno; un unico
oblò
era posizionato sulla parete difronte e appeso al soffitto c'era un
lampadario in ferro battuto.
«È
molto bella. Grazie»
«Hai
bisogno di qualcosa?»
«No,
nulla» in realtà avrebbe tanto voluto rispondere
“un altro bacio”
ma sarebbe stato alquanto fuori luogo
«Okay,
comunque io sono Tobias, ma puoi chiamarmi Quattro» per la
prima
volta da quella mattina a Tris scappò un sorriso e anche
Tobias
sollevò un angolo della bocca.
«Quattro?
Come il numero?»
«Sì,
come il numero» disse sorridendo
«Ah.
Beh è... carino»
«Sei
molto gentile»
«Anche
tu. Mi hai salvato la vita già due volte»
«Una
sola»
«No,
se non mi avessi presa mentre scendevo dal Suv sarei caduta e avrei
potuto battere la testa»
Questa
volta Quattro fece una sonora risata «Io... Penso spesso a
Rebeka, e
mi spiace molto di non essere riuscita ad aiutarla»
Lui
si rabbuiò immediatamente
«Non
devi scusarti. Tu non dovevi fare nulla... Non era compito tuo, ma
mio e sono io a dovermi sentire in debito, lei era mia
sorella» rimase qualche secondo a fissarsi le punte delle
scarpe,
poi posò i suoi occhi blu su di Tris «Devo
andare»
«Sì...»
Il
ragazzo fece un passo e le accarezzò una guancia con le dita
ruvide;
il battito di Tris accelerò, ma la scena che la ragazza
aveva già
visto svariate volte si ripeté ancora, infatti Quattro si
girò e
uscì dalla stanza senza una parola, chiudendosi la porta
alle
spalle.
«Agente
Quattro?» era uno dei Pacificatori che erano sul palco
«Sì?»
«C'è
qualcuno di molto speciale che vuole immediatamente un colloquio con
lei»
«Chi?»
«La
presidentessa Jeanine Matthews. La sta aspettando in video conferenza
nella stanza numero diciassette».
Quattro
percorse a passo spedito il corridoio della carrozza fino alla cabina
diciassette. Dentro c'era una scrivania con sopra un telecomando, una
sedia e uno schermo montato al muro. Si sedette, prese il telecomando
e premette il tasto d'accensione. Comparve la presidentessa sullo
schermo e una voce fuori campo le comunicò che era in diretta
«Buongiorno
Agente Quattro, ho richiesto con urgenza questo colloquio con lei in
quanto c'è sopraggiunta la notizia che uno degli strateghi
inizialmente selezionati è morto. Quindi vorremmo proporle
di
rimpiazzarlo per questa edizione degli Hunger Games» Tobias
era
attonito, non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere
«Perché
io?»
«Beh
diciamo solo che la fama vi precede...»
«Ci
precede?»
«La
famiglia Eaton ovviamente»
«Com'è
morto? L'altro stratega intendo, com'è morto?»
«Prima
o poi tutti dobbiamo morire signor Eaton» Tobias sapeva bene
che
c'era qualcosa in più che la presidentessa stava omettendo.
«Allora?
È
intenzionato ad accettare?»
«Ho
bisogno di tempo per valutare la cosa»
«Le
do due giorni. Il tempo di arrivare a Capitol City»
«D'accordo»
«A
presto» lo schermo si spense e Tobaias poggiò la
fronte sulle mani.
Cosa stava succedendo? Perché? Come poteva essere stratega
proprio
in questa edizione degli Hunger Games?! Beh avrebbe potuto anche
reclinare l'offerta... Ma se fosse andato lui, Tris avrebbe avuto
più
possibilità di sopravvivere; vero anche che non poteva
favorirla
così esplicitamente e soprattutto lei non doveva sapere,
perché non
glielo avrebbe mai permesso; non avrebbe mai voluto che lui facesse
parte di un team che tentava di ucciderla, anche se sapeva che
avrebbe tentato di salvarla; in quel caso sarebbe stato lui in
pericolo, l'avrebbero preso come un gesto di ribellione e sarebbe
diventato un senza-voce o peggio... L'avrebbero ucciso.
Tris
non doveva sapere. Doveva diventare una pedina del suo
gioco;
un gioco che forse le avrebbe salvato la vita.
NOTE
DELL'AUTRICE
La
storia è ufficialmente cominciata. Quale modo migliore di
iniziare
se non con un colpo di scena? E bene sì, Tobias
farà parte degli
strateghi. Entrambi giocheranno col fuoco e proveranno sulla loro
pelle la sensazione di bruciature dovute a decisioni ardue da
prendere e negligenze che potevano essere risparmiate.
Recensioni
belle e brutte sono sempre gradite, e possa la buona sorte sempre
essere a vostro favore!
Princess
Leila.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO III: Una trapunta di stelle ***
CAPITOLO
III: Una trapunta di stelle.
Tris
si stese supina sul letto a fissare gli intricati nodi del lampadario
di metallo.
Tentava
in tutti modi di non pensare al destino che l'attendeva; prima ci
sarebbe stata la parata dei carri, il centro di addestramento,
l'intervista.
Magari
poteva uccidersi mentre era a Capitol City... No, non poteva, aveva
promesso.
Il
treno sobbalzava leggermente, ma le ci volle molto poco per
addormentarsi; voleva riposare prima di cena per prepararsi
psicologicamente all'incontro con il Tributo maschio e la loro
mentore. Il suo nome era Bethany e aveva vinto anni prima offrendosi
volontaria al posto di una ragazza disabile; Tris l'aveva sempre
ammirata e vista come una specie di eroina.
Poco
più tardi si svegliò e andò in bagno,
il quale era completamente
domotizzato e affatto semplice da utilizzare. Verso ora di cena
uscì
dalla stanza e andò nel vagone ristorante dove seduti a
tavola
c'erano già il Tributo maschio, Daphne e Bethany.
«Piacere
di conoscerti, tu devi essere Beatrice?» la accolse
quest'ultima
alzandosi in piedi
«Sì,
ma mi chiami Tris»
«Va
bene Tris, però dammi del tu ti prego» disse
ancora Bethany
sorridendo.
Tris
si sedette al tavolo e notò subito che l'altro Tributo non
l'aveva
degnata neanche di uno sguardo il che stava a significare
“stammi
alla larga e aspetterò l'arena per ucciderti”; la
ragazza non era
affatto affamata ma si costrinse a mandar giù qualche
boccone di
roastbeef e purè di patate.
«Come
procediamo?» chiese il ragazzo
«Intendi
da ora fino all'arena? Beh per prima cosa c'è la sfilata dei
carri,
poi si inizia subito con l'addestramento durante la cui ultima parte
potrete lavorare con me. Preferite lavorare insieme o...»
«Singolarmente»
rispose il Tributo; aveva una voce profonda e i muscoli delle braccia
erano perfettamente scolpiti, notò Tris, sarebbe stato un
avversario
da tenere a debita distanza
«Okay
Josh... Tris per te va bene no?» la ragazza annuì
«Perfetto. Vi
dicevo... Alla fine dell'addestramento ci sarà la prova di
valutazione. Stupiteli, è quello che cercano, semplicemente
spettacolo. Dopo l'intervista finale inizia la gara. Dovete farvi
desiderare da i Capitolini, fatevi amare e guadagnerete sponsor
cioè
sinonimo di cibo, acqua o medicinali»
Tris
guardava Bethany con aria incuriosita; era minuta e portava i capelli
color mogano tagliati corti in un ordinato carré, aveva un
viso
armonioso, rassicurante, e soprattutto lei aveva vinto... Ma come?
«Come
hai fatto a vincere? Cosa hai fatto per battere gli altri
Tributi?»
«Ho
trovato sponsor. Il fatto di essermi offerta volontaria al posto di
quella ragazza mi ha reso per così dire
“famosa”, quindi gli
sponsor hanno iniziato a mandarmi ciò di cui avevo
bisogno»
«Ma
non puoi non aver ucciso nessuno»
A
quell'osservazione la ragazza si rabbuiò; aveva intorno ai
trent'anni, ma aveva passato cose che in una vita intera non si
riesce a smaltire.
«Io
uccisi una ragazza... La sogno ancora a volte... La uccisi nel modo
peggiore che potessi trovare. La tradii. Ci eravamo alleate, o almeno
così le avevo fatto credere, poi una notte durante il mio
turno di
guardia la uccisi e presi il suo zaino. Il colpo di cannone
arrivò
subito quindi almeno credo di non averla fatta soffrire
troppo...»
Tris non se lo sarebbe mai aspettato... Tradire così
spudoratamente
la fiducia di qualcuno era da vigliacchi, probabilmente Bethany era
ancor più diversa da quello che sembrava rispetto a tutti
quei
Capitolini ipertruccati e con una seconda pelle di silicone.
«Io
torno in camera» aveva detto Tris alzandosi e raccogliendo il
tovagliolo cadutole dalle gambe.
Nessuno
la salutò, così si avviò verso la
porta della carrozza cinque dove
era ubicata la sua stanza; quando premette il bottone di apertura
porte si trovò davanti Quattro; il ragazzo aveva un
espressione
pensierosa ma quando la vide sorrise e le chiese a bassa
voce:«Vai a
letto?»
«Sì»
«Ti
raggiungo tra poco, dobbiamo parlare» Tris era contentissima
di
questa notizia, anche se non aveva idea di che cosa lui le dovesse
dire, era euforica all'idea di passare del tempo con lui; e magari
avrebbero parlato anche del bacio...
«A
dopo allora».
Mentre
lo aspettava, Tris iniziò a pensare a Josh... Sarebbe potuto
tranquillamente essere un assassino spietato, oppure una volta
nell'arena si sarebbe tenuto in disparte e poi solo alla fine avrebbe
ammazzato se necessario. Fatto stava che se si fossero affrontati in
un corpo a corpo sarebbe stata spacciata. Tris sperava che
l'assortimento di Tributi di quest'anno non comprendesse troppi
volontari dal Primo e dal Secondo Distretto o comunque persone abili
nel combattimento. Tuttavia quando ci sono i favoriti la maggior
parte dei Tributi viene uccisa da loro ed inoltre,
nell'eventualità
in cui non ci fossero, ci sarebbe stata maggiore probabilità
di trovare ragazzini di dodici o tredici anni il che avrebbe reso tutto
più complicato perché uccidere dei bambini era
una cosa così
deplorevole che chiunque avesse anche solo un briciolo di cuore, non
sarebbe riuscito a fare.
Più
tardi, come annunciato, Quattro entrò furtivamente nella
camera di
Tris; lei lo stava aspettando seduta con le gambe incrociate sul
letto, si avvicinò e le si sedette a fianco.
«Sono
qui per darti dei consigli»
«Aspetta
fammi indovinare... Trovare degli sposor?»
«Vedo
che sei già entrata nell'ottica»
«Sì,
ma non vedo come io possa
trovare degli sponsor»
«Dagli
una bella storia. Quando ci sarà l'intervista sfrutta quei
pochi
minuti per dare loro una buona ragione per farti tornare a
casa»
«Tipo
cosa? Sono una come tanti che ha soltanto la famiglia che l'aspetta a
casa. Io non ho una storia da raccontare!»
«Hai
una storia d'amore»
«Io?
Non ho nessuna storia d'amore...»
«Beh
grazie per la tua considerazione!» Tris lo guardò
con sguardo
sconcertato
«Io...Io
e te...Non possiamo stare insieme» lui era bello,
intelligente,
scaltro e anche famoso e l'attrazione che Tris provava per lui era
notevole; ma non potevano mettersi insieme proprio ora! Sarebbe
significato dover dire addio anche a lui e poi non poteva
spiattellare al mondo che stava con un Pacificatore.
«Perché
no?»
«Perché
io... Io non posso...»
«Non
capisco... Cos'è che non puoi?»
Nessuno
capiva che lei non ce l'avrebbe mai fatta, tutti le parlavano come se
lei avesse già vinto! Così stanca di tutto
sbraitò:«IO NON POSSO
STARE CON TE! SIGNIFICHEREBBE DOVERTI LASCIARE TRA MENO DI DUE
SETTIMANE E NON VOGLIO!»
«Tu
sottovaluti le tue capacità»
«No...No...
Io non mi sottovaluto, sei tu che riponi in me troppe aspettative che
io non potrò mai soddisfare, siamo ventiquattro e solo uno
sopravvive, le mie possibilità sono sotto zero. Per di
più non
posso andare in giro dicendo che sto con un Pacificatore!»
«Finora
non mi hai mai deluso, e poi non voglio che tu parli di noi due,
almeno non direttamente; inventa che sei innamorata di un ragazzo e
che devi sopravvivere per tornare da lui. Il che non è del
tutto una
fandonia»
Tris
aveva sempre immaginato che quando si fosse fidanzata ci sarebbe
stata una lunga fase preliminare prima di affrontare l'argomento
“fidanzamento” vero e proprio, per questo l'idea di
stare con
Quattro, per quanto allettante, le sembrava inverosimile. C'era da
ammettere però che ogni secondo che passava, l'avrebbe
voluto
trascorrere al suo fianco, quando stava con lui si sentiva a casa
anche se era distante chilometri e chilometri dal suo Distretto;
questo la riportava però sempre ad affrontare la
realtà che tra
poco lei non ci sarebbe stata più e lo avrebbe lasciato
ancor prima
quasi di esserci stata insieme davvero.
«Quattro
io...» lui non le lasciò terminare la frase, le
prese il viso tra
le mani e la baciò. Un bacio caldo ed intenso, le fece
correre le
dita tra i capelli ormai sciolti dallo chignon e poi scese con le
mani fino alla vita dove la mantenne per poggiarla al materasso; si
chinò sopra di lei e iniziò a baciarle il collo. Dei
brividi di piacere la percorrevano ogni volta che le succhiava la sua
pelle delicatamente; poi tornò sulle labbra, lui sapeva di
caffè e
di colonia.
Rimasero poi qualche secondo
fronte contro fronte respirando affannosamente; Quattro si
raddrizzò
e Tris fece lo stesso; si guardavano ancora negli occhi quando Tris
alzò lo sguardo e vide una telecamera. Ovviamente la stanza
era
videosorvegliata.
«Oh mio Dio! La
telecamera!»
«Calma, calma, ci ho
pensato io, l'ho spenta dal centralino prima di venire qui»
Tris fece un respiro di
sollievo.
«Ora devo andare» disse
Quattro «Inizia a pensare ad un discorso convincente riguardo
il tuo
innamorato che hai lasciato al Distretto» si alzò
e andò verso la
porta
«Vedrò di inventarmi
qualcosa».
Con quel bacio Tris si era
completamente sciolta, avevano oltrepassato il punto di non ritorno;
in quel modo Quattro aveva suggellato l'inizio della loro relazione e
ora stava a lei decidere. Tris sapeva bene che quando non ci sarebbe
stata più sarebbe stato lui a soffrire, ma tanto valeva
stare
insieme il poco tempo che era loro concesso.
Ora aveva qualcosa in più
per cui lottare: Tobias.
Quattro
stava tentando in
tutti i modi di convincerla a non lasciarsi andare, a combattere; lui
da stratega avrebbe potuto aiutarla, ma anche lei non doveva partire
già sventolando bandiera bianca. Doveva essere reattiva e
pronta
all'azione; scaltra nell'afferrare al volo le occasioni quando le si
presentavano; intelligente a non sprecare risorse ed energie
inutilmente; e benvoluta per tentare di accaparrarsi sponsors.
Insieme potevano farcela, la speranza li avrebbe aiutati a superare
la paura.
I
due giorni successivi
furono alquanto monotoni, se non fosse stato per i continui sguardi
proibiti che Tris e Quattro si scambiavano ogni volta che si
trovavano nella stessa stanza.
Daphne parlò della stilista
che avrebbe disegnato i loro abiti come si parla di una Dea, a quanto
pareva si chiamava Regina e faceva onore al suo nome per quanto
riguardava il campo della moda.
Bethany si faceva vedere
poco e niente; solo quando si riunivano nel vagone ristorante per i
pasti Tris e Josh avevano la possibilità di parlare con lei.
Quella sera però sembrava
particolarmente predisposta alla conversazione
«Non si accende il fuoco se
non in casi di stretta necessità e quando si è
certi di essere
lontani dagli altri Tributi» disse
«In quale ambiente è più
probabile che ci si trovi?» chiese Josh
«Potrebbe essere qualsiasi
cosa: da un paesaggio di montagna ad un deserto sterminato, oppure
una foresta, una distesa d'acqua... Sono capaci di inventarsi
qualsiasi cosa pur di complicarvi la vita»
«Bene...» disse Tris
ironica
«Quest'anno il capo
stratega è cambiato... Da quello che ho capito si chiama
Ezra Powell
ed è perennemente al fianco della presidentessa,
c'è chi dice che
tra loro ci sia addirittura qualcosa...» disse con un sorriso
malizioso
«Non sapevo che lei avesse
un cuore, wow...» intervenne Josh, ammonito subito da Daphne,
mentre
Tris e Bethany ridevano sotto i baffi.
«Tra poco ci fermeremo per
fare rifornimento» annunciò quest'ultima.
Erano ormai arrivati al
Distretto Quattro. Mancava poco.
Tris portava una collana
molto semplice: un cuoricino dorato attaccato ad una catenina d'oro.
Era stato il suo regalo per i dodici anni e non se ne separava mai, e
ora ci stava giocherellando avvolgendola attorno all'indice e poi
srotolandola.
Tris
passò praticamente
tutto il resto della giornata in camera a non fare assolutamente
nulla; beh una volta arrivata a Capitol City non avrebbe più
avuto tempo di rilassarsi anzi, non lo avrebbe avuto mai
più, quindi
meglio approfittare.
Non vide Quattro fino a
quella sera dopo cena. Il ragazzo busso delicatamente alla porta per
poi entrare
«Voglio farti vedere una
cosa, vieni» Tris si alzò e infilò le
scarpe, poi corse dietro
Tobias. Camminavano furtivamente per i corridoi del treno andando
verso la locomotiva. Le luci erano soffuse, erano le undici e non
avevano incontrato Pacificatori lungo il tragitto; arrivarono davanti
ad una porta di ferro oltre la quale si potevano sentire rumori di
macchinari in funzione. Quattro inserì un codice sulla
tastiera
posizionata sulla porta e questa si aprì rivelando il suo
interno:
l'aveva portata nella carrozza pilota.
Anche qui non c'era nessuno
«Ma chi sta guidando?!»
«Ho inserito il pilota
automatico, il tempo di venirti a chiamare. Stasera sono io il
macchinista! E ora guarda...»
La stanza era bene
illuminata ed era difficile vedere oltre il vetro in quanto i
riflessi delle luci alteravano la visuale; così Quattro le
spense e
tutto quello che Tris riuscì a dire fu
“Wow”. Era uno spettacolo
meraviglioso: erano su di una monorotaia che attraversava una distesa
d'acqua immensa, sia a destra che a sinistra non si riusciva a vedere
dove la terra ferma ricominciasse e soltanto difronte si poteva
scorgere l'altra sponda. Le stelle puntellavano il cielo riempiendone
ogni angolo con il loro bagliore che si rifletteva sull'acqua
sottostante, come su di una trapunta immensa che dall'alto sembrava
volerli proteggere, sebbene in quel momento nulla fosse a loro
favore; la luna era uno spicchio sottile paragonabile ad un sorriso.
Era una vista così confortante e nostalgica allo stesso
tempo . Tris
non aveva mai visto così tante stelle, se non nella pineta,
la sera
tardi quando litigava con Caleb e andava lì per schiarirsi
le
idee... Litigi che ora tanto rimpiangeva...
Mentre era ancora attaccata
col naso al vetro freddo del parabrezza
esclamò:«Guarda! Guarda!
Una stella cadente!»
Tobias le sorrise, ma il suo
sguardo era triste. Anche a lui quel cielo riportava alla mente dei
ricordi... Uno dei pochi regali che Marcus aveva mai fatto a Tobias
era stato un modellino della sfera celeste sulla quale erano segnate le
costellazioni dello zodiaco, i paralleli e i meridiani celesti, la
stella polare... Tobias aveva sempre custodito e conservato
quell'oggetto come un piccolo tesoro, come a sindacare che in fondo
suo padre un cuore ce l'aveva. Un giorno però, in preda
all'ira
dovuta ad un richiamo ricevuto da Quattro da parte di uno dei suoi
allenatori, Marcus prese il modellino e lo scagliò contro il muro
facendolo
andare in frantumi davanti agli occhi di suo figlio che tanto
premurosamente l'aveva preservato.
«Sai le stelle cadenti non
sono vere stelle... Sono dei meteoroidi che entrando in collisione
con l'atmosfera terrestre, si incendiano e noi possiamo vederli come
una scia luminosa prima che si consumino del tutto
spegnendosi»
«Wow... Io esprimo sempre
un desiderio quando ne vedo una»
«E che desiderio hai
espresso ora?»
Tris abbassò lo sguardo e
la sua voce s'intristì «Di tornare a
casa»
Quattro inserì di nuovo il
pilota automatico e si avvicinò alla ragazza. Un lacrima
silenziosa,
calda e salata le solcava una guancia, così lui la prese tra
le
braccia e la strinse forte a sé
«Tu tornerai a casa, Tris.
Fosse l'ultima cosa che faccio».
NOTE
DELL'AUTRICE
Salve
a tutti! Spero sia
valsa la pena aspettare per questo capitolo.
Pensavo (sotto consiglio
anche di una mia cara amica) di allungare, a partire da ora, i
capitoli; così da poter includere tutto senza
però spezzettarlo e
rendendo a voi lettori la lettura un po' meno frammentaria, sperando
però di non andare a finire nel noioso o nel prolisso.
Fatemi sapere
che cosa ne pensate.
Recensioni belle e brutte
sono sempre gradite! E possa la buona sorte sempre essere a vostro
favore!
Princess Leila.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo IV: solo un'eco lontana... ***
CAPITOLO
IV: Solo un'eco lontana...
Erano
ormai giunti alla stazione di Capitol City; Tobias guardava
attraverso i vetri la moltitudine di persone che si affollavano sulla
banchina in loro attesa. Erano tutti così stravaganti e
ridicoli, ma
la naturalezza con la quale indossavano quei vestiti era disarmante,
per loro quella era la normalità; per loro vedere
ventitré ragazzi
morire durante uno show televisivo era la normalità, per
loro
mangiare fino allo sfinimento e poi vomitare per ripetere
quest'operazione ancora era la normalità. Non avevano la
più
pallida idea della situazione del resto del paese, di coloro che non
avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia Capitolina e che
ogni anno avevano paura di dover abbandonare tutto,
anche se il loro tutto corrispondeva a molto poco, e di
essere
catapultati nell'arena; non avevano idea di come dovesse essere non
mangiare o dover sopravvivere con poco e niente, il giudizio critico
di tutta quella gente era scemato fino ad affievolirsi a tal punto
che era diventato inudibile, perché col tempo il progresso e
la
scoperta erano state capaci di soddisfare qualunque loro capriccio,
facendo si che i Capitolini si disinteressassero ancor più
di prima
a quelli che erano i problemi veri che la gente nei Distretti doveva
affrontare ogni giorno. I paraocchi da loro indossati si erano estesi
a tal punto da renderli ciechi difronte a tutto ciò,
trasformando
delle atrocità nella loro vita quotidiana.
Tobias
si morse l'interno della guancia per incanalare in quel gesto la sua
rabbia... Quelle atrocità presto sarebbero ricadute su Tris
e lui
doveva salvarla. Doveva farlo anche per Rebeka, con la quale non
c'era riuscito.
Aveva
sempre odiato Marcus, suo padre, per averla abbandonata e aveva
odiato ancor di più se stesso per non essere riuscito a
cambiare le
cose.
Sin
da piccolissimo suo padre l'aveva educato come un soldatino: non
aveva diritto di replica e il rispetto era alla base del suo
addestramento, perché solo così si poteva
chiamare; doveva
eccellere in qualunque cosa facesse, ubbidire a qualsiasi ordine gli
venisse impartito, acconsentire a qualunque decisione di un suo
superiore (primo tra tutti, Marcus); la punizione preferita di suo
padre in caso di trasgressione era la sua cara
cintura nera. Mai Tobias aveva superato la paura per quell'oggetto ai
suoi occhi macabro
“È
per il tuo bene” gli ripeteva suo padre... Fortunatamente col
tempo
Quattro aveva conservato solo il bene
degli insegnamenti ricevuti: la disciplina, il senso del dovere, la
strategia e la furbizia. La sua capacità di oratore
però lasciava
un tantino a desiderare; in compenso era capace, con un semplice
sguardo, di far trapelare quello che voleva.
Due
Pacificatori stavano già scortando Josh giù dal
treno; lui
raggiunse Tris per condurla, una volta scesi, alla macchina che li
attendeva.
Le
urla della folla rimbombavano nelle loro orecchie e Quattro teneva la
ragazza ben stretta per un braccio come se avesse paura di poterla
perdere in quella bolgia disumana.
Il
viaggio in macchina non durò molto, Tris e Bethany erano
nella
stessa auto, guidata da Quattro che ogni tanto lanciava uno sguardo
fugace a Beatrice dallo specchietto retrovisore.
Erano
arrivati al centro di addestramento. Mancava poco.
L'edifico
che avevano difronte era alto più di dieci piani, dal design
moderno, mai Tris aveva visto tanti grattacieli; in realtà
non ne
aveva mai visto nemmeno uno. Lo stupore per quella colossale opera
architettonica però faceva spazio un passo per volta,
all'ansia.
Ormai erano a Capitol City e la realtà non poteva essere
evitata
ancora per molto. Automaticamente Tris si portò le dita alla
bocca e
iniziò a mangiucchiarsi le unghie: lo faceva sempre quando
era
nervosa.
Il
loro piano era il settimo, come il numero del loro Distretto, e il
loro appartamento era immenso. Ad ogni angolo dell'enorme open-space
che comprendeva salone e sala da pranzo, c'erano dei Senza-Voce,
immobili come statue pronti a soddisfare qualunque loro desiderio. Il
bianco era il colore predominante, ma gran parte dei tappeti e dei
quadri era verde bosco; il tavolo in marmo bianco era lunghissimo ed
era quasi invisibile sotto una quantità abominevole di
pietanze di
qualsiasi genere. Mai Tris aveva visto tanto cibo tutto insieme e, a
quanto pareva dal suo sguardo, neanche Josh. Due sedie ricoperte di
velluto verde erano disposte a ognuno dei due lati lunghi del tavolo,
un grande schermo era posto dall'altro lato della stanza e davanti a
questo c'era un enorme divano ad elle bianco; sul tavolino da
caffè
di cristallo vi era un vaso del medesimo materiale con all'interno
svariate rose bianche. I quattro si separarono e scortati dai
rispettivi Pacificatori entrarono nella propria stanza. Quella di
Tris era molto simile alla sua cabina sul treno ma questa volta in
blu, un blu scurissimo quasi come gli occhi di Tobias, era solo
più
grande e con un armadio più grande e delle cassettiere. Tris
si
chiese il perché di quegli oggetti, in quanto chi alloggiava
lì ci
rimaneva per molto poco tempo e tutti i vestiti erano forniti da
Capitol City, non avevano senso quei mobili; era quasi come se la
capitale volesse indurli a pensare di essere dei privilegiati a
pernottare lì, a poter usufruire di tutti quegli aggeggi di
alta
tecnologia di cui la capitale disponeva.
«Io
devo andare, a domani Tris» la ragazza si era quasi
dimenticata che
ci fosse anche Quattro nella stanza. Quasi.
«Va
bene... A domani allora...»
Lui
la guardò con sguardo dolce e girando un po' la testa a
destra, poi
si avvicinò a Tris e la abbracciò con fare
protettivo. Lei nascose
il viso nell'incavo del suo collo e lo strinse forte a sé.
«Manca
poco, Tris... Sii coraggiosa»
Lei
in risposta lo strinse ancor più forte; rimasero
così per un'altra
manciata di secondi, poi Tobias uscì dalla stanza senza
guardarsi
indietro.
La
mattina dopo Tris venne buttata giù dal letto da Daphne
«Su,
sveglia! Oggi c'è la sfilata dei carri! Devi prepararti e
poi
incontrerai Regina per le prove dell'abito!»
Tris
mugugnò e si premette il guanciale sull'orecchio per non
udire i
lamenti della donna. Quando però divennero insopportabili la
ragazza
si alzò
«Okay,
okay... Due minuti e sono pronta».
Si
trovarono fuori all'appartamento poco dopo; non c'era traccia
né di
Josh né di Bethany «Dove sono gli altri?»
«Per
prepararsi un uomo impiega molto meno tempo rispetto a noi donne; lui
scenderà più tardi»
Una
volta scese giù, Tris incontrò il suo team di
preparatori. Gente
troppo stravagante per i suoi standard.
La
lunga e noiosa preparazione che precedeva la sfilata era estenuante.
Finalmente,
dopo quelle che sembrarono centinaia di maschere rigeneranti per il
viso, era arrivato il momento di incontrare Regina.
Tris
venne scortata in una piccola stanza quadrata nella quale
aspettò
per pochi minuti l'arrivo della stilista.
«Piacere
di conoscerti, io sono Regina»
«Piacere
io sono Tris»
Regina
era una donna alta e dai lunghi capelli rossi, lunghi fin sotto il
fondoschiena; occhi leggermente a mandorla e verdi, ciglia
lunghissime e un trucco molto pesante. Indossava un lungo abito beige
con dei disegni dorati visibili solo in controluce.
«Io
sono una persona molto pratica, quindi ti spiego subito cosa pensavo
di progettare: vedo che non sei particolarmente alta,
quindi
bocciamo immediatamente l'idea di scarpe col cinturino,
contribuirebbero solo a far risaltare la tua bassa statura. Delle
open-toe! Sì, perfette! Per quanto riguarda il vestito...
Ovviamente
dovremo evidenziare in qualche modo il fatto che vieni dal Distretto
Sette; ma non preoccuparti, non ti vestirò da taglialegna.
Avrei
un'altra idea... Non appena ho visto il cappello della vostra inviata
di Capitol City mi sono illuminata: un vestito di foglie di edera!
Non sarebbe fantastico?!»
Regina
era una persona molto espansiva ed enfatica e Tris sapeva che se
avesse contestato la sua idea probabilmente sarebbe stata la causa
del suo broncio per tutto il pomeriggio
«Beh
sì... Ma, cioè... Non dovrò indossare
foglie vere, giusto?»
Lei
scoppiò a ridere
«Ma
certo che no, sciocchina! Però dovranno
sembrarlo...»
prese
così un grosso blocco per gli schizzi dal tavolino alla sua
destra e
afferrò al volo la matita che ne stava cadendo fuori ed
iniziò con
una rapidità spaventosa a disegnare qualcosa; Tris si sporse
per
guardare: come in un filmato accelerato prendeva forma sul foglio un
manichino che portava indosso un tubino lungo fin sopra il ginocchio
completamente rivestito di foglie di edera; delle scarpe, come
preannunciato, delle open-toe spaventosamente alte ed in testa un
frontino sul quale era posizionata una piccola tiara. Regina prese i
colori ed iniziò a colorare con varie sfumature di verde il
vestito,
dal verde chiaro fino al verde bosco. Ogni tanto buttava un'occhiata
a Tris e poi tornava al disegno. Alla fine le scarpe erano state
colorate di un color bianco panna e la tiara era argentata;
direttamente con il pastello disegnò un bracciale di perle
al polso
sinistro e degli orecchini.
Una
volta terminato, Regina guardò Tris in cerca di un suo
commento
«Wow...
È davvero
bello» disse la ragazza
«E
tu sarai bellissima».
La
sera era ormai arrivata e i Tributi erano agli ultimi preparativi; il
trucco di Tris non era stato appesantito troppo e i capelli erano
stati arricciati e disposti in modo ad incorniciare il suo viso.
Aveva praticato parecchio sui tacchi, ma ancora aveva qualche
problemino... Tuttavia sarebbe dovuta soltanto rimanere ferma sul
carro, non ci voleva molto.
I
vestiti degli altri Tributi erano splendidi, eccezion fatta per
alcuni, come quelli del Dodici, che come al solito erano vestiti da
minatori; Tris però continuava a rimirarsi allo specchio con
quel
vestito indosso innamorandosene sempre di più.
«La
sfilata sta per cominciare! Tutti ai carri!» l'annuncio
arrivò
chiaro alle orecchie di tutti che si diressero ai rispettivi carri.
Il
vestito di Josh non era molto particolare: indossava una specie di
camicia abbottonata di lato marrone, sulla quale c'erano le classiche
venature della corteccia dei pini, e poi indossava un mantello di
foglie di edera come il vestito di Tris.
Lui
la aiutò a salire sul carro, ma solo per galanteria. Si
sentiva già
il rimbombare della voce del presentatore attraverso le pareti. Il
primo carro era partito. L'improvviso movimento dei cavalli che
scalavano di una posizione fece barcollare Tris, e Josh la
afferrò
appena in tempo
«Non
abbiamo neanche ancora iniziato. Stai attenta» il suo tono
non era
di rimprovero però, ma quasi di raccomandazione.
Ben
presto si ritrovarono all'imboccatura dell'uscita e quando la
varcarono Tris fu investita dalle urla delle migliaia di persone che
lì sugli spalti li acclamavano.
Si
guardava intorno intontita per il rumore assordante, della loro breve
presentazione, la ragazza carpì solo le parole
“Beatrice Prior,
Distretto Sette”. Il mantello di Josh svolazzava e questo li
distingueva dagli altri carri tutti molto statici; rose e altri fiori
piombavano loro addosso e la traversata del lungo viale che li
avrebbe portati poi davanti alla presidentessa sembrava non finire
più.
Tris
non poteva credere che tutta quella gente fosse lì per loro
e per un
attimo si sentì speciale, speciale come mai aveva avuto la
possibilità di sentirsi quando era a casa, anche se sapeva
che
quella sua gioia momentanea non aveva ragion d'essere, dato che ben
presto sarebbe stata catapultata nell'arena.
I
carri, trainati dai cavalli, si disposero davanti al padiglione dal
quale la presidentessa avrebbe a breve iniziato il suo discorso; ed
eccola lì, nel suo tailleur blu che si alzava per
avvicinarsi al
microfono con un sorriso tirato stampato sul volto
«Benvenuti!
Benvenuti Tributi! Felici ventinovesimi Hunger Games! E possa la
buona sorte sempre essere a vostro favore! Voi siete i prescelti che
avranno l'onore di rappresentare il proprio Distretto in
quest'edizione dei Giochi. Auguro a tutti voi una piacevole
permanenza, per quanto breve, qui a Capitol City. Voi siete qui in
funzione di rappresentanti della vostra gente, di modello di
ispirazione, siate quindi valorosi e portate la gloria, la pace e la
maestosità, che Capitol City vi offre la
possibilità di ottenere,
nelle vostre famiglie. A voi ventiquattro giovani uomini e giovani
donne auguro ancora felici Hunger Games e che la buona sorte possa
sempre essere a vostro favore»
La
falsità e l'ipocrisia del suo discorso era palpabile e la
difficoltà
con la quale si sforzava a denti stretti di continuare a sorridere
era visibile a sei anni luce, ma comunque un boato generale
seguì le
parole della presidentessa Jeanine Matthews.
I
carri ripresero a muoversi in fila indiana per ritornare all'interno
del centro di addestramento e un passo per volta le voci che pochi
minuti prima li stavano acclamando divennero delle eco lontane, come
le voci che Tris poteva ancora udire dei suoi parenti, oltre la porta
di mogano del palazzo di Giustizia al Distretto, che anche se in un
muto silenzio sembravano gridare come trucidate, perché
trucidate
erano, dentro, nell'anima.
La
mattina seguente i Tributi di tutti e dodici i Distretti si trovarono
fuori alle grandi porte di ingresso della sala di addestramento.
«Benvenuti
Tributi, il tempo è già abbastanza poco quindi vi
introdurrò le
modalità di addestramento senza troppi preamboli e daremo
inizio
all'allenamento subito» a parlare era una ragazza alta con
scuri
capelli da un taglio alquanto alternativo. Sulle sue braccia si
intravedevano oltre i bordi della manica della maglia dei tatuaggi e
sull'orecchio sinistro aveva una miriade di piercing «Io sono
Tori e
regolamenterò la vostra permanenza qui al centro e le
attività di
preparazione. L'addestramento
consiste in tre giorni di esercizio seguiti da un esame condotto
dagli strateghi su ogni tributo. Durante i tre giorni
d'addestramento, i Tributi possono passare per i vari stand ed
allenarsi in qualunque cosa possa rivelarsi loro utile, assistiti da
vari maestri. Sono presenti un gran numero di stand: corso sui nodi,
sulla costruzione di trappole, sull'uso delle armi. Durante l'esame
ognuno dei Tributi mostrerà agli strateghi cosa è
capace di fare.
Gli esami sono riservati, e gli Strateghi non possono rivelare cosa
succeda durante gli stessi. In base a ciò che il tributo ha
fatto
veder loro, gli strateghi gli assegneranno un punteggio, che va da
uno a dodici. Il punteggio, a differenza del resto, è
pubblico.
Vi
consiglio di non sottovalutare le attività di sopravvivenza
perché
la maggior parte di voi morirà per cause naturali. È
vietato scontrarsi con gli altri Tributi e ogni trasgressore
sarà
severamente punito; avrete tutto il tempo di farlo nell'arena. Ci
sono domande?»
Tutti
tacquero
«Benissimo,
possiamo iniziare» a quelle parole i due grandi battenti di
ferro si
aprirono e rivelarono il loro interno: un'enorme sala era suddivisa
in zone da carrelli e stand sui quali erano sistemate armi, pesi,
corde e arnesi vari; gli strateghi alloggiavano in una zona rialzata
dalla quale potevano supervisionare ogni cosa, anche se tutti
sapevano che loro poco importava assistere all'addestramento di
quelle ventitré bestie da macello delle quali loro stessi
sarebbero
stati i carnefici.
Con
un ampio gesto della mano Tori li invitò ad entrare. Ad ogni
postazione, come annunciato, c'erano dei maestri; tutti si
sparpagliarono dirigendosi in direzioni diverse mentre Tris era
ancora lì a decidere con quale attività iniziare.
«Muoviti
ragazzina! Se sarai così lenta anche nell'arena non durerai
neanche
dieci secondi!» era Tori che le rivolgeva queste parole, alle
quale
la maggior parte degli altri Tributi rise.
Tris
abbassò la testa e subito si diresse verso la prima
piattaforma alla
sua destra. Lì in fila c'erano Josh e un altro ragazzo
altrettanto
alto e con i capelli castano scuro, che sul volto aveva impresso un
ghigno orrendo e, quando la vide arrivare, scoppiò in una
fragorosa
risata, facendo girare così anche Josh
«Una
bambina che
viene a fare un corso di lotta corpo a corpo? Coraggiosa come
scelta...» disse il nuovo ragazzo alzando le sopracciglia in
aria di
sfida; la mascella di Josh invece ebbe uno spasmo, ma la sua
espressione rimase impassibile.
Tris
non sarebbe mai andata lì se non fosse stato per il commento
di
Tori, che l'aveva indotta a muoversi verso una qualsiasi delle
postazioni; non sarebbe potuto essere il corso di nodi?! Ora
però
era lì e non aveva alcuna intenzione di andarsene e
dargliela vinta.
L'espressione
del ragazzo era passata da “ti sfido” a
“ma fai sul serio?”
appena compreso che Tris non aveva alcuna intenzione di cambiare
stand.
«Bene
bene... Beh, prima le signore»
disse lui facendosi da parte con un ampio gesto della mano e
pronunciando l'ultima parola quasi fosse una barzelletta. Beatrice
strinse i denti e salì sulla pedana e subito un maestro la
raggiunse, il suo sguardo meravigliato le fece montare la rabbia; era
diventata una questione di principio: doveva dimostrare a
quell'idiota che non aveva nessun diritto di chiamarla bambina.
«Va
bene, iniziamo con qualcosa di semplice» disse il suo nuovo
maestro
«Prova a colpirmi e io parerò i tuoi colpi, dopo
invertiremo i
ruoli. Sta' tranquilla, ci andrò piano»
Tris
poté sentire gli occhi del ragazzo dai capelli castani
puntati su di
se come due calamite. Fece un respiro profondo e sferrò un
pugnò
all'altezza dello stomaco al suo maestro che ovviamente lo
parò con
disinvoltura «Prova ancora»
Beatrice
si concentrò, fece un passo e slanciandosi in avanti
tirò un pugno
alla gola, lui lo parò di nuovo. La ragazza si mosse di lato
e poi
colpì con un calcio lo stinco del maestro che
sembrò quasi non
accorgersene
«Dai,
sono sicuro che sai fare di meglio»
Tris
incanalò tutta la sua rabbia in un gancio che
però non andò a
segno; veloce come una scheggia, balzò dietro al ragazzo e
con il
vantaggio dell'effetto sorpresa riuscì a a trargli un calcio
dietro
la schiena che lo fece barcollare leggermente. Lui si girò
soddisfatto e trovò la ragazza già in posizione
di difesa; era
tutta sudata, nonostante stessero combattendo da meno di due minuti
«Come
inizio è più o meno mediocre, ora ti
darò una dimostrazione di
com'è che si combatte; non preoccuparti non ti
colpirò forte,
voglio che tu faccia caso e memorizzi i miei movimenti»
Tris
ancora con le braccia alte davanti alla faccia annuì
«Okay
allora, cominciamo»
Il
ragazzo le fu dietro immediatamente e non appena lei si girò
le
sferrò un pugno che si fermò appena sfiorata la
sua maglietta. Tris
spostò lo sguardo dalle sue dita fin su agli occhi per poi
vederlo
muovere di nuovo repentinamente e non avere il tempo di elaborare
neanche un pensiero che con un calcio, anche se molto leggero, la
fece barcollare e poi cadere carponi. A quel punto il ragazzo dai
capelli castani scoppiò in una fragorosa risata. Tris si
girò per
guardare di nuovo il suo avversario che ormai però la
guardava con
le braccia incrociate al petto «In questi casi con un
semplice
calcio di potenza sufficiente alla testa ti avrei uccisa. Alzati,
torna quando avrai riempito un po' quei muscoli, ti consiglio di
provare con i pesi. Ah, un'altra cosa: sii meno rigida,
i tuoi movimenti sono quasi meccanici, e tremendamente
prevedibili» Tris lo guardò con un espressione
seria e scendendo
dalla pedana non poté fare a meno di lanciare uno sguardo al
ragazzo
dai capelli castani. «Rigida»
le sibilò mentre passava.
Grande,
già fatto amicizia...
Pensò Tris mentre si dirigeva verso la postazione dei pesi.
Quattro
era arrivato dopo l'apertura del centro e aveva assistito allo
scontro tra Tris e il maestro di lotta corpo a corpo e non aveva
potuto fare a meno di chiedersi perché lei fosse andata
proprio lì.
Forse stava utilizzando la tecnica di apparire debole ed indifesa per
non essere considerata una minaccia iniziata la gara? Troppo
orgogliosa per farlo...
Aveva
anche notato che Peter, il ragazzo dell'Uno, l'aveva già
presa di
mira.
Tobias
tendeva a rimanere nella parte più interna e meno visibile
del
salottino degli Strateghi e ogni volta che poteva, con una scusa o
con un'altra, usciva fuori. Non poteva assolutamente rischiare di
essere visto da Tris, ma non poteva neanche essere perennemente
assente. Lei avrebbe saputo che lui faceva parte degli Strateghi solo
il giorno dell'esame, quando cioè sarebbe stato inevitabile
il
contrario...
«Signor
Eaton! Ben trovato, che piacere averla qui...» era stato il
Capo-Stratega a rivolgergli quelle parole, Eric.
«Il
piacere è tutto mio» aveva risposto lui senza
alcuna nota di gioia
nella voce. Non gliela contava giusta quel tipo, aveva una scintilla
macabra che gli illuminava gli occhi, dalla quale si poteva
chiaramente vedere come riflessa la sua spietatezza e la sua
crudeltà, quelle che solo un Capo-Stratega poteva avere.
Con
un sorriso tanto freddo quanto falso gli chiese:«Cose gliene
pare
dei Tributi di quest'anno?» diciamo che Quattro non era esattamente
preparato su questo argomento, con l'eccezione di Tris e
Josh,
così si limitò a rispondere:«Un
bell'assortimento...»
«Beh,
quest'anno solo un paio di bambini, il che renderà i giochi
ancor
più interessanti; non vedo l'ora di vedere quei ragazzi
all'opera
nell'arena» disse indicando con un cenno da dietro la
colonna, dove
Tobias si era appartato per non essere notato, Josh e Peter, il quale
stava combattendo con il maestro sulla pedana.
Quattro
mugugnò in segno di risposta.
«Suo
padre deve essere molto fiero di questo suo incarico temporaneo di
Stratega»
«Sì,
infatti» rispose secco
«Mi
fa' piacere, sono stato io stesso a proporre alla presidentessa di
scegliere lei sa'? Ero molto curioso di tastare io stesso le sue
capacità, magari potremmo tenerci in contatto anche per
ipotetici
progetti futuri...»
Tobias
avrebbe tanto voluto sputargli in faccia una miriade di parole di
ribrezzo: come poteva definire quello che era omicidio
“capacità”?!
E come poteva solo immaginare di poter intraprendere ipotetici
progetti futuri con lui?! Non avrebbe mai accettato, nemmeno
sotto tortura; Eric era solo uno spietato assassino senza alcuno
scrupolo.
«Ora
devo proprio andare, a presto» lo liquidò in
fretta Quattro, e
senza attendere una risposta o un cenno di saluto si diresse verso la
porta.
Dopo
una lunga ora di sollevamento pesi ed esercizi vari con la sua nuova
trainer, Tris si diresse verso la postazione di progettazione di
trappole. Lì, intento ad intricare del fil di ferro, c'era
un
ragazzo dalla pelle scura come i capelli tagliati corti. Beatrice con
un piede trascinò vicino a sé uno sgabello e
iniziò a guardare i
precisi e calcolati movimenti che il ragazzo compiva per annodare la
sua trappola
«Emmm...
Ciao, io sono Tris»
Lui
alzò lo sguardo puntandolo negli occhi della ragazza; la
fissò per
una manciata di secondi e poi tornò a guardare la sua
trappola per
poi risponderle:«Piacere, io sono Uriah»
Tris
quasi sospirò di sollievo, per un attimo aveva creduto che
Uriah non
l'avrebbe degnata neanche di un semplice saluto e, in tal caso, i
nemici che si era fatta già al primo giorno di addestramento
sarebbero saliti a quota due.
NOTE
DELL'AUTRICE
Salve
a tutti! So che mi odierete a morte per avervi fatto aspettare
così
tanto per questo capitolo, solo che tra una scappatella a Londra e il
liceo classico il tempo diciamo che non abbonda... Comunque, spero
davvero tanto che l'attesa ne sia valsa la pena e colgo l'occasione
per ringraziare tutti coloro che recensiscono le mie storie e in
particolare la mia carissimissima amica Lucrezia per accettare di
betare le mie storie anche a mezzanotte passata e per sopportarmi con
i miei scleri come compagna di banco.
Ricordo
che recensioni belle e brutte sono sempre gradite e possa la buona
sorte sempre essere a vostro favore!
Princess
Leila.
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