Take a Chance on Me!

di Yoan Seiyryu
(/viewuser.php?uid=199900)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reika Oikawa ***
Capitolo 2: *** Dolce Cafè ***



Capitolo 1
*** Reika Oikawa ***


 

 





Take a Chance on Me!

 
 



Reika Oikawa

 




Non troverò mai più una donna come lei.
Per la prima volta Yamaken aveva imparato il significato del rifiuto. Mai, nella sua vita, gli era capitato di non ottenere ciò che desiderava e non perché fosse capriccioso, semplicemente era un dato di  fatto.
Cresciuto in una famiglia facoltosa aveva frequentato le migliori scuole della città e aveva raggiunto ottimi risultati, anche se non brillanti. Non gli era mai mancate le donne e tutt’ora non era un problema averne, ma il vuoto che Mizutani Shizuku gli aveva lasciato si faceva sentire, ogni tanto. Una donna come lei era più unica che rara: sincera, schietta e carina anche se totalmente assente di sex appeal.
Come si era infatuato di lei non se lo spiegava. Di certo non era capitato per primeggiare su Yoshida Haru e nemmeno perché lei era immune al suo fascino, tanto che spesso nemmeno lo prendeva in considerazione come possibile ragazzo con cui creare una relazione. Mizutani aveva quelle qualità che non aveva preso in considerazione e si detestava per essere caduto ai suoi piedi, una donna che non aveva mai considerato al suo pari. Yamaken, volendo, avrebbe potuto ottenere tutte le donne che desiderava, tranne lei. Doppiamente rifiutato si era alla fine tirato indietro, consapevole di non avere possibilità alcuna, persino con un  rivale come Haru.
Non fu facile accettare la realtà, all’inizio, perché per la prima volta aveva provato un sentimento vero, genuino e in quei pochi momenti passati con Mizutani era stato bene, si era sentito in maniera diversa da qualunque altra cosa.
Eppure aveva paura di ricadere, da quel momenti in avanti, nello stesso errore e sentirsi impotente. Dimenticare Mizutani fu un lavoro non troppo duro ma ci volle tempo ed imparò a convivere con quella realtà dei fatti. Di tanto in tanto si vedeva ancora con lei, Haru e il loro gruppo di amici, persino ora che frequentavano facoltà universitarie diverse e non provò più invidia né gelosia nel vedere come Haru e Mizutani erano riusciti a formare una coppia affiatata.
Cacciò via quei pensieri e tornò a concentrarsi sulla lezione di biologia che stava seguendo, si sistemò meglio gli occhiali da vista e riprese a prendere appunti. Aveva fatto conoscenza con diverse persone ma non reputava nessuno alla sua altezza, si divertiva a frequentare chi considerava al di sotto del suo livello, era un modo per svagarsi. Anche se era passato solo un mese dall’inizio delle lezioni si era già premurato di studiare per gli esami di fine corso. Guardò l’ora e sospirò: erano trascorsi appena venti minuti e la pausa era lontana. Detestava le lezioni pomeridiane, a quell’ora non era mai al massimo della concentrazione. Quando rialzò lo sguardo udì la porta dell’aula richiudersi e di conseguenza si fece avanti una ragazza che chiese scusa al professore per l’interruzione.
Yamaken la osservò un po’ irritato, detestava quando gli altri erano in ritardo anche se lui agli appuntamenti si permetteva di non arrivare quasi mai in orario.
Non aveva nulla di particolare o di diverso dalle altre ragazze del corso, capelli castani raccolti in una coda e occhi verdi piuttosto vivaci, inoltre si muoveva in maniera disinvolta nonostante si fosse trovata in difficoltà. Aveva le guance arrossate, di certo era arrivata di corsa.
Quando la vide sedersi al posto accanto al proprio, dopo esser salita sugli spalti, non le rivolse alcuna attenzione e tornò a prendere appunti. Possibile che non si ricordasse di lei nonostante un mese di lezioni? Non si preoccupò, inoltre ancora non riusciva a ricordarsi di tutti.
“Psst, Yamaguchi?”
Yamaken sollevò un sopracciglio e spostò lo sguardo alla sua destra dove era seduta la ragazza, era stata lei a chiamarlo. Le mostrò un’occhiata interrogativa, come conosceva la sua identità? Lei comprese e a quel punto indicò il nome di lui iscritto sul libro che aveva davanti.
“Ti chiami Yamaguchi, giusto?” sorrideva con facilità mentre sussurrava verso la sua direzione, facendo attenzione che il professore non se ne accorgesse.
“Sì” non rispose altro.
Solitamente Yamaken era gentile con le ragazze e con chi aveva appena conosciuto ma quella in particolare aveva modi troppo confidenziali per i suoi gusti. La confidenza non si regala così facilmente.
“Io sono Oikawa Reika. Scusami se ti distolgo dalla lezione ma sono mancata per due volte: ti dispiacerebbe prestarmi i tuoi appunti?”
Yamaken appoggiò le nocche della mano alla guancia come era solito fare e la osservò attentamente.
“Sì che mi dispiace. Invece di saltare le lezioni potresti fare come tutti gli altri e prendere da te i  tuoi appunti” non ebbe remore nel risponderle in quel modo.
Reika a quel punto non batté ciglio e gli mostrò uno sguardo ostinato ma non adirato, anche se poi si voltò dall’altra parte e aprì il proprio quaderno.
Il ragazzo accanto a Yamaken gli diede una leggera gomitata e gli sorrise.
“Sicuramente era un modo per attaccare bottone” gli sussurrò prima di ridacchiare tra sé e sé.
Yamaken lo osservò contrariato, era piuttosto certo che invece Reika avesse bisogno davvero degli appunti: non si ricordava il suo viso, era arrivata in ritardo e non aveva l’aria di essere una grande studiosa.
“Immagino che la schiettezza sia una tua qualità” intervenne di nuovo lei dopo qualche istante di silenzio.
Era forse un rimprovero? Yamaken non riusciva a crederci: da quando era entrata aveva perso il filo del discorso riguardo la lezione e la sua attenzione si era spostata su quella ragazza che aveva preso ad infastidirlo.
“Affatto” troncò nella speranza che la conversazione non avrebbe avuto alcun ampliamento.
Non era semplice mostrare i propri sentimenti agli altri con facilità e lui proprio non aveva mai dato a vedere una qualità come quella. Era sempre posato e misurato, controllato.
“Però non ti sei trattenuto dal dire quello che pensi. Sei stato molto scortese, sai? Così rischi di far rimanere male le persone” insistette Reika nonostante avesse compreso di risultare invadente.
Yamaken, arreso all’evidenza che quella sarebbe stata una lunga lezione, sospirò contrariato.
“Non avevo idea di avere un controllo emotivo così grande nei confronti degli altri” così facendo afferrò di nuovo la penna per catturare le poche parole che riusciva a sentire del professore.
Reika scrollò le spalle e si ostinò a guardarlo corrucciata.
“Ah, perciò la sensibilità altrui è un problema esclusivo del diretto interessato. Un bel ragionamento da perfetto egoista” rimbrottò prima di iniziare a sfogliare le pagine del suo quaderno che si alternavano a buchi completamente bianchi.
“Stai andando troppo oltre Oikawa Reika, giudicare qualcuno senza nemmeno conoscerlo denota un infantilismo di fondo e sono libero di scegliere di non dare i miei appunti agli scansafatiche” non riuscì più a trattenersi.
Lei rimase a guardarlo ancora con un’espressione corrugata e poco convinta, ma a quel punto evitò di parlare ancora visto che il professore aveva iniziato ad innervosirsi per il rumore che era creato sugli spalti più in alto dell’aula.
L’aveva chiamata scansafatiche, come si era permesso? Evitò di pensarci e iniziò seriamente a prestare attenzione alla lezione, anche se alla fine si lasciò andare e i pensieri vagarono altrove, tanto che il viso si trasformò in noia e prese a disegnare sui fogli qualcosa di incomprensibile.
Yamaken fu grato del rinnovato silenzio ma dopo un po’ non poté fare a meno di cedere e gettare un occhio verso di lei, visto che sembrava così concentrata ma si accorse che in realtà non faceva altro che disegnare qua e là sul foglio. Era davvero una scansafatiche.




 
*



La pausa per fortuna arrivò prima del previsto e Yamaken poté ritirarsi con i propri compagni fuori dall’aula, dimenticandosi di quel battibecco avuto con la ragazza arrivata in ritardo.
“E’ lei ad aver vinto la borsa di studio, eppure non la si vede spesso a lezione. Non dovrebbe stare attenta a superare gli esami in tempo per non perderla?” si domandò uno dei ragazzi.
Yamaken non riuscì a capire a chi si riferisse.
“Di chi stai parlando?”
“Oikawa, la ragazza vicino alla macchinetta del caffè” la indicò.
Yamaken non riuscì a crederci quando incrociò lo sguardo di Reika, ferma insieme ad un gruppo di ragazze intente a scherzare. Era proprio la ragazza con cui aveva discusso poco prima. Come poteva quella scansafatiche aver ottenuto una borsa di studio? Durante tutta la pausa non riuscì a seguire i discorsi degli altri compagni, riflettendo su quell’ipotesi così improbabile: doveva esserci stato uno scambio di identità, indubbiamente.
Per ricevere una borsa di studio era necessario superare un test di alto livello e mantenerla era altrettanto faticoso. Quella ragazza non aveva l’aria di voler studiare così tanto.
La pausa era quasi terminata e Yamaken prima di rientrare desiderava prendere una bibita gasata, così si scostò dal gruppo per raggiungere la macchinetta anche se la trovò occupata da Reika stessa. Ormai erano rimasti pochi studenti fuori con loro, tutti avevano iniziato a rientrare.
Reika iniziò a battere la mano sul vetro della macchinetta con fare indignato e poi incrociò le braccia con fare infastidito.
“Accidenti che sfortuna: avevo proprio sete”.
Yamaken si accorse, dietro di lei, che la bibita che aveva selezionato era rimasta incastrata e non era scivolata giù per essere presa.
“In questo caso non serve la violenza, basta avere un po’ di cervello” inserì una moneta e selezionò la sua stessa bevanda, così la lattina di cola scivolò giù e ne cadde anche un’altra.
Reika sorrise apertamente e le afferrò entrambe per poi porgerne una a lui.
“Anche se le tue parole sono state nuovamente scortesi, il tuo gesto non lo è stato. Ti ringrazio”.
Yamaken distolse lo sguardo quasi senza accorgersene. A dire il vero nemmeno voleva prendere quella lattina di cola ma si era sentito in dovere di darle una mano, le aveva letto sul viso un’espressione di profonda delusione.
“Non mi devi nulla” biascicò prima di prendersi la sua lattina ed aprirla “sarà meglio tornare in aula, non voglio passare per scansafatiche come te” rispose con sguardo serio.
Reika per poco non si strozzò dopo aver assaggiato un po’ di cola e gli piantò addosso uno sguardo adirato.
“Io non sono una scansafatiche!”
“Il tuo quaderno di appunti dice tutt’altro: non siamo in un istituto d’arte”.
“Che fai, invece di prestare attenzione alla lezione spii il mio quaderno?”
“Come se ci fosse qualcosa di interessante!” esclamò alla fine Yamaken esasperato.
A quel punto le diede le spalle e si ritirò per far ritorno in aula, non aveva intenzione di continuare quella conversazione. Tornò al suo posto e portò la mano a sorreggere la guancia, nella speranza di non essere più disturbato. Reika fu l’ultima ad entrare e con sua grande sorpresa si sedette a qualche posto davanti a lui. Ciò che non poteva proprio aspettarsi fu quando Reika si voltò dalla sua parte e sollevò il quaderno indicandogli un punto preciso.
Baka.
Aggrottò la fronte e lei tornò a guardare in avanti nascondendo un sorriso di soddisfazione. Strinse i pugni con fastidio: era finito in una scuola elementare?! 





Note: 

Prima di ogni cosa questa fanfiction è dedicata a Wilwarind86 che mi ha convinta a scrivere su Yamaken. Nel tredicesimo volume Iyo è convinta che prima o poi suo fratello si sarebbe innamorato di qualcuno perdutamente e in effetti mi sarebbe piaciuto saperne di più su di lui (è tra i miei preferiti, non c'è dubbio). Così ho voluto dare un volto a questo qualcuno. 
Solitamente io non scrivo storie romantiche e non sono molto brava nelle relazioni felici e gioiose, però per una volta vorrei divertirmi e scrivere qualcosa di leggero ma non troppo banale. 
Detto questo, spero che la storia possa interessare. 
Grazie a chi si fermerà a leggere e alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dolce Cafè ***


II

Dolce Cafè



 
Era un vero spreco trascorrere il tempo in biblioteca durante una giornata così bella. Aveva la matita appoggiata tra le labbra e le braccia stese sul libro che non era intenzionata a studiare. Lo sguardo assonnato vagava fuori dalla finestra alla ricerca di libertà, nonostante sapesse perfettamente che non poteva proprio permettersi il lusso di uscire da quella sala senza aver concluso nulla. Svogliatamente guardò l’ora e si rese conto di aver saltato il pranzo, ormai era tardi per uscire e rifocillarsi. Dopo un po’ che aveva deciso di lasciarsi andare alla fantasia, si risollevò in modo composto e riprese a leggere il capitolo del libro, in modo svogliato, alla ricerca di un modo per tenersi concentrata e non farsi distrarre dalla propria testa che insisteva nel condurla altrove.
Aveva ottenuto la borsa di studio e si era sentita soddisfatta poiché finalmente avrebbe potuto raggiungere il  suo obiettivo: una laurea di alto  livello in una buonissima Università nella città in cui abitava, così da non distaccarsi dalla famiglia. Aveva studiato così tanto fino ai tempi del liceo e solo per prepararsi ai test per superare l’esame da borsista: avere il massimo dei voti era indispensabile per rientrare tra i candidati.
Durante il liceo Reika si era impegnata quotidianamente, senza rinunciare a qualche uscita con gli amici, ma al contempo lo studio l’aveva richiamata soprattutto di notte per mantenersi sempre preparata. Adesso che era riuscita ad entrare all’Università aveva quasi perso il desiderio di studiare, preferiva uscire all’esterno e godersi buona parte di una vita dedicata troppo spesso ai libri.
“Non è possibile: rileggo di continuo la stessa frase senza leggerla davvero” a quel punto si accasciò stancamente sulla pagina del libro, imitando un piagnucolio fastidioso. Senza quasi rendersene conto si addormentò poco a poco, sprofondando in un sonno pesante.
Yamaken era appena entrato in biblioteca ed andò verso la sala che frequentava di solito dove vi erano i libri che era solito consultare per la preparazione agli esami, ma non trovò quello che stava cercando. Quando domandò alla bibliotecaria dove fosse finito, gli fu detto che era stato preso da una ragazza che si trovava nella sala affianco. Alzò gli occhi al cielo con fastidio e decise di recarsi da lei, aveva bisogno di consultarlo subito, magari gli avrebbe fatto il favore di lasciarglielo se si fosse dimostrato gentile nei suoi confronti.
Quando però entrò nella sala studio semi-deserta si accorse che il libro che stava cercando era diventato il cuscino non di una ragazza qualunque, ma di Oikawa Reika. Strinse i pugni e si avvicinò, sedendosi di fronte a lei, poi incrociò le mani e le usò per sorreggere il mento ed osservare quella scena assolutamente pietosa. Si rese conto che la ragazza si era addormentata e nonostante tentò più volte di schiarirsi la voce, lei non diede segni di vita. Doveva ammettere che in silenzio era più interessante e non poté evitare di notare la scia delle occhiaie coperte malamente dal trucco. Rimase ad osservarla per qualche tempo, indeciso sul da farsi, ma poi preferì non proseguire oltre e quindi svegliarla senza tante premure.
“Scansafatiche?” alzò di poco la voce, ma ancora nulla “Scansafatiche?” a quel punto, adirato, batté un pugno sul tavolo ed esclamò “Oikawa!”.
La ragazza appena avvertì la vibrazione del pugno spalancò gli occhi ed alzò la testa, costretta a ripulirsi le labbra per paura di essersi addormentata con la bocca aperta. Quando realizzò di non esser stata chiamata nel sogno ma che era stato Yamaguchi stesso a farlo in quel momento davanti a lei, sorrise appena.
“Smettila di darmi della scansafatiche, non è come credi” lo rimproverò bonariamente.
“Ah, no?” Yamaken sorrise quasi divertito, visto che l’aveva trovata in flagrante a dormire in biblioteca, ma poi si riprese immediatamente “ad ogni modo non sono qui per fare conversazione: devo studiare e mi serve il libro che hai tu. Tanto non ti serve, giusto?” senza nemmeno attendere una sua risposta avvicinò la mano per poterlo tirare verso di sé.
Reika aggrottò le sopracciglia e lo bloccò all’istante.
“Certo che mi serve! Sono qui per studiare anche io. Appena avrò finito te lo lascerò” così lo tirò verso di sé.
Yamaken si morse l’interno della guancia, non era abituato a trattare male una ragazza rispondendogli a tono, solitamente era gentile anche quando aveva deciso di scaricarle.
“Avresti potuto utilizzarlo fino ad ora invece di poltrire” la rimproverò portando una mano ad appoggiarsi sotto la guancia “a differenza tua ho intenzione di superare gli esami con dei buoni voti, quindi gradirei che non intralciassi il mio studio”.
Gli occhi di Reika che fino a quel momento si erano dipinti di forza poco a poco divennero meno vivaci e finì per inumidirsi le labbra con fare indeciso. Non aveva intenzione di discutere e non era nella sua natura litigare con chiunque, quindi preferì arrendersi, inoltre non era riuscita a concludere molto con quel libro visto che continuava a distrarsi.
“Anche io ho intenzione di superarli” disse prima di passargli il libro senza sentirsi sconfitta. A quel punto tirò fuori due quaderni dalla borsa e li aprì davanti a sé, iniziando a copiare ciò che vi era scritto su uno dei due.
Yamaken rimase leggermente stupito da quell’arresa, non se lo aspettava e per un attimo si sentì il carnefice della situazione. Rimosse subito quella sciocca idea dalla testa e scrollò le spalle, afferrando il libro e portandoselo davanti per dare inizio alla sessione di studio.
“Grazie” aggiunse dopo qualche istante.
“Figurati, Yamaguchi” rispose lei.
Piombarono nel silenzio quasi subito, ognuno intento a
concentrarsi sul proprio spazio ritagliato. Di tanto in tanto però Yamaken sollevava lo sguardo e si rendeva conto che Reika non era sempre intenta a copiare gli appunti, a volte girava la testa verso la finestra e prendeva a sospirare rumorosamente, cosa che lo distraeva abbastanza. Doveva aver trovato qualcuno molto gentile disposto a prestare i propri appunti, sicuramente Reika non trovava difficoltà nel risultare simpatica: alla fine della lezione in cui l’aveva incontrata era riuscito ad inquadrarla con un gruppo di studenti che si dirigeva insieme verso il cortile interno.
Quando Yamaken tornò ad osservare il libro udì un rumore provenire dalla parte di Reika e rimase stupito quanto si rese conto che si trattava del suo stomaco. Tornò a guardarla da sotto gli occhiali da vista e aggrottò le sopracciglia. Reika arrossì tutto d’un tratto.
“No-non è come credi!” balbettò in imbarazzo.
“L’ora di pranzo è passata solo da due ore…” le fece notare lui.
Reika abbassò gli occhi verdi nascondendoli sotto le ciglia lunghe “Peccato che io non abbia mangiato”.
“Non sarai una di quelle ragazze fissate con la linea” sorrise Yamaken a mezza bocca “e comunque mi stai distraendo, sarà meglio che tu vada a risolvere il problema”.
Reika sembrò non ascoltare minimamente le sue parole.
“Scusa, quanto hai detto che è passato dalla pausa pranzo?”
“Due ore” Yamaken sollevò le sopracciglia, non capiva.
“Oh, accidenti! Non me ne sono resa conto” si alzò di soprassalto e chiuse velocemente i quaderni per riporli nella borsa “domani quel libro sarà mio, quindi non pensare di arrivare prima di me” lo minacciò e senza dargli modo di rispondere volò via dalla sala.
Yamaken rimase interdetto di fronte a quella fuga improvvisa: che si fosse dimenticata del pranzo?



 
*

 

Il giorno dopo.

Yamaken aveva un appuntamento con una ragazza al ‘Dolce Cafè’ ed era arrivato in anticipo solo perché era uscito prima dalla biblioteca, stanco di studiare senza essersi concesso alcuna pausa. Si era seduto ai tavoli esterni e controllava il cellulare di tanto in tanto. Quel giorno non aveva incontrato Oikawa Reika, eppure lei  lo aveva minacciato di appropriarsi del libro che serviva ad entrambi. Scansafatiche, continuava a pensarlo e difficilmente avrebbe cambiato idea.
“Sei in anticipo!” fu distolto dai suoi pensieri dalla voce della ragazza che stava aspettando, era molto carina e notò subito che si era impegnato molto per mettere in risalto le sue qualità.
“La puntualità è ladra del tempo[1]” si alzò per aiutarla a farla sedere, come era solito fare. Per quanto si considerasse sempre e comunque sopra la media non rifiutava di comportarsi in modo educato come gli era stato insegnato con cura da sua madre, tranne per rare eccezioni.
Yamaken la guardò attentamente, ora che la rivedeva non ricordava molto più che la sua simpatia, non aveva idea del motivo profondo per cui l’avesse invitata ad uscire. Pensandoci, non aveva avuto alcun interesse profondo.
“Inizia a fare freddo, prenderò del tè. Tu cosa desideri?” le domandò.
La ragazza sorrise con entusiasmo: “Lo stesso”.
Yamaken a quel punto sollevò gli occhi e attese che una delle cameriere appena uscite dal Dolce Cafè si accorgesse dei clienti seduti all’esterno. Appena incrociò il suo sguardo la riconobbe e rimase stupito.
“Oikawa?” domandò quasi retoricamente.
Reika schiuse le labbra come per dire qualcosa, ma rimase ammutolita. Si ritrovò davanti al tavolo dei due senza sapere esattamente cosa dire. Guardò Yamaken e poi la ragazza di fronte.
“Buonasera! Cosa posso portarvi?” finse di non dare adito agli occhi di Yamaken che avevano improvvisamente acquistato una luce di curiosità.
“Due tazze di tè, grazie” a quel punto non poté che assecondare la sua volontà di fingere di non conoscersi.
 




Note: 

[1]  Cit. Wilde.
Probabilmente noterete l'elemento somigliate con Maid-Sama, visto che Reika lavora in un Cafè anche se non è una maid.




NdA: 

Salve a tutti! 
Ecco qui il secondo capitolo, ho preferito pubblicare subito perché non riuscirò ad aggiornare prima della prossima settimana, quindi ne ho approfittato. 
Spero che la storia vi abbia interessato ^^ a presto. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2908111