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Buongiorno, come
preciserò in questa intro... non succede ASSOLUTAMENTE nulla in questa fic...
il colmo, lo so, per City Hunter. In “Soli”, una delle mie precedenti fic,
Kaori e Ryo erano gli unici “narratori” della storia. In questa, è peggio...
c’è solo Ryo...
Quest’ultimo deve prendere una decisione... E questo in qualche ora, avendo
cura di valutare tutte le varie possibilità quindi le relative conseguenze!
Questa, tuttavia, non è una questione di vita o di morte...
Perciò, per fare la sua scelta, si interroga... Io cercherò di descrivere i
pensieri di Ryo. Lui non è obbiettivo con se stesso. Si tratta di
un’introspezione ed raramente noi siamo obbiettivi con noi stessi in questi
casi! Abbiamo piuttosto la tendenza ad abbatterci... o perlomeno è cosi che io
la vedo.
Non si tratta che delle percezioni di Ryo... o di quello che io credo siano le
sue percezioni... non sempre esatte, e perfino francamente in malafede a
volte...
Lui cerca di analizzare ogni cosa per poter prendere la giusta decisione, questo
resta il suo modo di interpretare gli eventi e le proprie azioni.
Quando pensa, ho cercato di chiedermi «cosa direbbe lui?« e non è che questa
sia la verità o la realtà. Forse lo troverete un po’ troppo pessimista, un po’
troppo tetro. Ma questa resta necessariamente la mia visione delle cose.
Allo stesso modo certe sue azioni possono essere nobili, ma lui non le
considera tali. E non lo direbbe mai... Ma così è come la vedo io!
Che seccatura? Ve lo accordo, è possibile... D’altro canto, ci sono delle sere
in cui il mondo sembra schiacciarci, dove ci si sente minuscoli, persi, in cui
si valuta con più lucidità la propria vita, le proprie aspirazioni e i propri
desideri... Grazie a Dio, questi momenti sono abbastanza rari... e una nuova
alba ci permetterà di ridere dei propri fantasmi.... Non è sempre una buona
idea aprire le porte dei propri sogni...
In realtà, non meniamo il can per l’aia... Si tratta di una parte (una parte
solamente, ho volontariamente orientato questa fic in questa direzione) della
mia interpreazione attuale del signor Ryo Saeba... Sapendo che io ho in mio
possesso 11 dei 36 volumi, ho tratto le mie impressioni solo da quest’ultimi.
La fic sarà probabilmente divisa in tre parti. Prima parte: Ryo solo, un quasi
monologo, in modalità “riflessiva”. Seconda parte: Ryo in relazione con diversi
personaggi, in particolare Kaori (per quelli a cui interessa!). Ultima parte:
Ryo e la rivelazione (qualunque essa sia!). Questo annuncio non è niente di
definitivo! Potrebbero intervenire degli altri elementi e farmi così cambiare
il corso della storia.
Ecco, vi ho avvertiti! E’ un genere particolare perciò spero che vi attiri!! In
caso contrario, ditevi che si tratta di una fic parallela... (chissà da chi
avrà preso questa scusa l’autrice, eh?)
E’ la risposta ad una sfida, io ne ho seguito la trama...
Nella speranza di essere stata abbastanza chiara.
Dopo tutte queste precauzioni e queste misure di salvaguardia, buona lettura...
P.S. I commenti saranno sempre graditi! Se non altro per confrontare le nostre
diverse visioni dello sweeper N.1 del Giappone.
Ultima osservazione: è un testo abbastanza romantico (poiché io lo sono!) e
abbastanza incentrato sulle sue motivazioni nei confronti della sua socia.
Vista aerea. Tokyo, la
notte, la neve che cade silenziosa sopra i tetti. I neon dei magazzini e
l’illuminazione notturna che ridesta la vita degli isolati attorno di loro...
Luogo incantato...
L’inverno... La neve... Dicembre... Il Natale... “Pace in terra agli uomini di
buona volontà”... Gioia... Felicità... Amore...
Stupidaggini!
La neve non era immacolata... era grigia e sporca sulla strada e calpestata sui
marciapiedi, mescolata agli informi rifiuti che erano sparsi abitualmente lungo
le vie.
La gente si affrettava, spendendo i pochi soldi che possedeva, per offrire dei
doni a delle persone che in fondo non conoscevano veramente!... Semplicemente
per essere avvolti dall’atmosfera, per corrispondere all’idea che si facevano
del Natale.... Per rispecchiare l’immagine che la società dava
dell’avvenimento...
Imbacuccato in una giacca a vento blu notte, un uomo fendeva la folla,
indifferente, a prima vista, agli inconsapevoli che lo sfioravano per entrare
in un qualsiasi negozio smisuratamente illuminato, eccessivamente rumoroso...
Ieri o domani, quella stessa gente l’avrebbe evitato come la peste, come delle
prede che riconoscevano il loro predatore. Ma quella sera, per qualche ora lui
era ridiventato un uomo qualunque.
Non che non amasse il Natale.... Semplicemente tutta questa frenesia sciocca e
commerciale gli era estranea... Per lui, Natale era un giorno come gli altri...
insomma, non proprio, i locali erano chiusi in questo giorno, senza dubbio a
causa di una globalizzazione e di una europeizzazione... e quindi, alla fin
fine, era piuttosto una giornata nera...
Negli ultimi anni, il suo modo di festeggiare questo giorno era cambiato... non
proprio per mano sua... piuttosto per quella della sua socia.
Non meno di 10 anni fa, il Natale consisteva nel comperare delle lattine di
birra, nel noleggiare tre o quattro videocassette porno ed aspettare
pazientemente che arrivasse il 26, tempo che la vita dei bassi fondi
riprendesse il suo corso.
Non aveva dei parenti... Non aveva mai festeggiato il Natale... Allora perché
avrebbe dovuto sottomettersi a questo evento contraffatto?
Ma questo era prima... prima che diventasse il tutore di una ragazzina in cerca
d’affetto, prima che riacquistasse, contro la sua volontà, una ragazza
normale... ragazza diventata donna, che continuava a vivere con lui... e che
gli imponeva queste stupide tradizioni...
Bah, se questo poteva farle piacere? Dopo tutto, perché no? Cosa c’era di
pericoloso nel concederle questa giornata e fingere?
Di mangiare come un re, di credere che il mondo era bello, di credere che tutto
era normale, di raggiungere gli altri per divertirsi... Niente gli impediva di
nascondere abilmente che comunque restata all’erta... che sapeva di avere i
giorni contati...
Lei si dava da fare per fargli un regalo ogni anno... Tuttavia, fin dalla prima
volta lui era stato chiaro... “Non è nel mio stile... a meno che non debba
acquistare della biancheria eccitante... ma bè, per te, sarebbe denaro
sprecato...” Il messaggio era stato ricevuto, quantomeno così aveva capito
estirpandosi da sotto un martellone avvolto da dei rami di abete decorato, con
un’iscrizione a dir poco fuori luogo “Buon Natale... anche agli idioti”.
Allora aveva creduto che la faccenda fosse chiusa. Ma, annualmente, lei gli
offriva un dono, senza aspettarsi nulla in cambio, nemmeno un grazie...
Capitolo 3 *** Quando i pensieri si intrufolano... ***
”Quella stupida!!!
Ma chi è il più folle? Colei che lo è o colui che la segue in tutta cognizione
di causa?
Che diavolo ci faccio qui, io? Perché cammino lunga una via commerciale la sera
del 24 dicembre?
Lei mi ha davvero cambiato tanto?
Merda, dovrei essere a spassarmela con le donne più belle dei locali più
rinomati... a riempirmi d’alcool e di dolci volute femminili prima che venga
domani... il giorno in cui tutto sarà chiuso... E invece no, mi trovo qui, a
parlare con me stesso...
Ancora peggio!!! A pormi delle domande! Lo sweeper numero 1 del Giappone....
Presto! Una bottiglia di un alcolico dei più forti.... Del whisky puro per
cominciare...”
L’uomo iniziò a dirigersi verso il venditore d’alcolici più vicino. Gli conosceva
quasi tutti. Per tanto tempo era stato uno dei loro clienti più assidui, aveva
provato quasi tutti gli alcolici ma ne aveva trovati solo pochi che riuscivano
a sbronzarlo abbastanza...
Uscì da un negozio con due bottiglie accuratamente avvolte in carta da
pacchi...
Ora non gli restava che trovare un angolo tranquillo in cui regolare i conti
con loro. Non poteva certamente rientrare a casa. Giacché la sua socia non
amava vederlo rientrare con degli alcolici... anche se, poi, in questo
giorno... avrebbe potuto cercare di cavarsela dicendo che erano per il
cenone...
Allora lei avrebbe fatto finta di credergli o, con più probabilità, gli avrebbe
spiattellato un martellone in testa per precisargli che la stava trattando
ancora come un’imbecille... E poi, ci sarebbe stato quello sguardo... celato
dietro le sfuriate... uno sguardo triste, colmo di incomprensione e di
solitudine... Uno sguardo che lui conosceva da molto tempo ma che fingeva
sempre di ignorare...
”Mai rimettersi in discussione, mai riflettere troppo... Questa è la mia
linea di condotta generalmente...”
Finalmente trovò un vicolo buio ma soprattutto assolutamente deserto, pieno di
bidoni della spazzatura.
Scivolò a terra appoggiandosi contro un muro.
Un luogo in cui avrebbe potuto bere tranquillamente. Dove avrebbe potuto
tornare ad essere quello che era stato e affogare il filo dei suoi pensieri nei
suoi torcibudella...
Tirò fuori una bottiglia e svitò il tappo. L’odore, così abituale, stuzzicò le
sue narici.
Un po’ d’alcool per dimenticare ogni cosa...
Dimenticare chi era... dimenticare il suo passato... dimenticare quello che
aveva fatto... dimenticare il suo presente... dimenticare il suo futuro...
dimenticare la sua socia...
”Così non va... Ecco adesso che faccio, mi psicanalizzo da solo...! Porca
puttana! Bevi a sazietà, finché l’alcool non diventerà come acqua, finché non
avrai dimenticato l’universo che ti circonda...”
Già, ma ecco... Questa sera l’universo non voleva che lui dimenticasse...
l’universo voleva che lui pensasse...
Si trattava di un miracolo come per Scrooge? Avrebbe visto i fantasmi del
Natale passato, presente e futuro apparire a tempestarlo di immagini?
Rise amaramente...
”Già...
Il Fantasma del passato: un mercenario mezzo morto, sanguinolento, mi ricorda
le mie atrocità...
Il Fantasma del presente: una Kaori abbandonata il giorno di Natale, o in
qualunque altro momento d’altronde... sull’orlo delle lacrime che, sentendomi
rientrare, reindossa una facciata sorridente e vivace...
Il Fantasma del futuro: una Kaori in lutto chinata su una lapide dove
probabilmente non resterà niente di me... o peggio, io che contemplo la tomba
di Kaori, incolpandomi di non aver saputo proteggerla...
Che gioiosa prospettiva... Certo che questo rischia di rimettermi a posto le
idee.”
Si portò la bottiglia alla bocca...
”E’ meglio approfittare di questa buona bottiglia.... E’ più confortante...”
Ma prima che il liquido gli scendesse in bocca, un gatto attraverso il vicolo.
Più stupito che inquieto, guardò il felino intrufolarsi tra i rifiuti... Era
per questo che non era rimasto sorpreso di non aveva sentito alcun pericolo.
Involontariamente, i suoi occhi scrutarono la penombra della via, abituandosi a
poco a poco all’oscurità e scoprendo la spazzatura abbandonata al passaggio
dalla gente e che i netturbini non si prendevano nemmeno la pena di ripulire...
”Questo vicolo, sono io...”
Guardò, desolato, la bottiglia ancora intatta...
”Ecco che mi faccio io stesso delle personificazioni di cattivo gusto,
quando non ho neanche cominciato con questa piccola...
Patetico...”
Tuttavia, sapeva di non avere torto... Lui non era che un’ombra...
Indiscreta... che operava come gli era sempre stato insegnato...
City Hunter: il cacciatore della città... Mai un nome in codice gli era stato
più azzeccato... ad eccezione forse per quello di Stallone di Shinjuku... ma
quella era un’altra storia...
Lui non dominava i bassi fondi... Lui li ripuliva dalla feccia che appestava...
In nome di cosa? Della giustizia?
L’idea stessa lo faceva ridere...
”Io? La giustizia? Hideyuki lottava per la giustizia... Io, io non lotto che
per me stesso... Ci sono dei compiti cosi abietti che solo un uomo dei
bassifondi può svolgere. Io non ho paura di avere le mani sporche di sangue...
Non fa che coprire quello di crimini più vecchi...
La profondità delle tenebre mi chiama... Canti di sirene sempre più profondi,
sempre più seducenti...
Quando smetterò di lottare? Quando sprofonderò di nuovo? Quando abbandonerò
questa battaglia persa in partenza?
Gli occhi dell’uomo erano persi nella contemplazione dell’oscurità del
vicolo... ma i suoi sensi erano all’erta... come sempre... l’istinto di sopravivenza
era radicato in lui, più essenziale che il fatto stesso di respirare. Un tale
qualunque avrebbe potuto credere che lui fosse immerso nei suoi pensieri,
inconsapevole di quello che gli succedeva attorno... indubbiamente questo era
vero per una parte del suo cervello... ma l’altra era vigile... quella che non
si assopiva mai, quella dell’istinto... quella che gli ricordava che tutto
questo era solo un’illusione... al massimo qualche goccia di tempo sfuggita
all’ineluttabilità...
Scosse la testa
lentamente, volgendo lo sguardo, riportandolo sulla parte illuminata del
vicolo.
”Kaori... Non avrei mai dovuto cominciare con te.
Tu mi hai offerto quello che io non avevo mai avuto... Quello che io sapevo
essere una delle peggiori maledizioni che ci possa essere per un essere come
me: la speranza... La speranza di vedere il domani.
Le persone comuni sanno che il domani ci sarà. Non si pongono nemmeno delle
questioni... Ed è questo del resto che lentamente gli uccide... Il domani
simile all’oggi... simile all’ieri... Sorprendendosi quando la morte gli
sfiora...
Io, io scoprivo il domani quando arrivava... Certi giorni, la mia speranza di
vita raramente superava i cinque minuti... altre volte meno...
Non ci pensavo nemmeno... Ogni minuto era... Cosa? Un minuto guadagnato? No. Un
minuto vissuto? Ancora meno. .. Era semplicemente il tempo che scorre...
Restavo sorpreso ogni volta che aprivo gli occhi, sorpreso di essere ancora in
vita... sorpreso e un po’ triste...”
Sentendo quei propri pensieri, non riuscì ad evitare una risatina derisoria,
accompagnata da un aggrottamento delle ciglia.
”Guardati vecchio mio... Stai rimuginando come un martire... Stai cercando
forse di ispirarti pietà... Dovresti provare questa messinscena con le donne dei
locali, funzionerebbe a meraviglia...
Perché questa non è che una messinscena... Perché l’ho scelta io questa vita,
ho scelto io di comportarmi in questo modo con la mia socia... Allora
piantiamola di piagnucolare sulla mia sorte... Graziosa bottiglia, vieni più
vicina...”
Il suo istinto, d’altronde, gli consigliava fortemente di dimenticare questi
stupidi stati d’animo e di gustare, finalmente, quella bottiglia...
Cercando per l’ennesima volta di portarsi il whisky alle labbra, riuscì
finalmente ad assaporarne una sorsata. Questo non lo rese felice, e nemmeno
scacciò via i suoi pensieri cupi, ma, Dio, come lo distendeva e rimetteva tutto
in prospettiva.
”Già, è la vita che mi sono scelto... l’alcool, il sangue, la polvere da
sparo e le donne, adoro tutto questo... A chi far credere il contrario? Non
conoscevo che questo... E ci eccello... sono il migliore anzi... Se mi
risvegliavo il giorno dopo, allora tanto meglio, o tanto peggio! Questo mi
lasciava una nuova giornata per spassarmela nei locali, per sistemare due o tre
conti e per continuare a sbronzarmi tranquillamente... Ero quasi riuscito a
convincermi di essere felice... Dopo tutto, era decisamente meglio che
strisciare nelle paludi dell’America del Sud...
Finché i Makimura non mi hanno insegnato che si può sperare nel domani... E che
sapere che qualcuno conta su di te, aspettando il tuo ritorno è una motivazione
più forte della propria sopravvivenza...”
Arghhhhhhhhhh... sto diventando sentimentale... Se
questa è la malinconia del Natale, meglio andare a far arrabbiare ancora
Kaori...”
Ma sapeva esattamente da dove provenivano questi pensieri... Dal peso nella
tasca dei suoi pantaloni.
Stanco di questa
introspezione così poco abituale per lui, Ryo Saeba, sweeper numero 1 del
Giappone, l’uomo più temuto dalla malavita, si rimise in marcia sotto la luce
dei neon.
Se arrivava in ritardo a casa, quella sera, avrebbe avuto diritto ad una ramanzina
memorabile...
Si lasciò dietro una bottiglia completamente vuota e un'altra, intatta, regalo
di Natale a qualche povero diavolo che sarebbe passato, senza alcun dubbio, per
di lì...
Vagabondò un po’ in giro per le strade. Non aveva troppa voglia di ritrovarsi
faccia a faccia con Kaori. Preferiva rimandare quel momento.
Gettò pigramente qualche occhiata alle vetrine... ma era soprattutto sulle
donne che passano che si fermava il suo sguardo... Ne avrebbe trovata una per
consolarlo? Una graziosa signorina che volesse condividere il suo malessere?
Preferibilmente in un love hotel.
Prima ancora di vederlo, riconobbe un’aura particolare... Identica alla sua...
una presenza che emanava un miscuglio sapiente di pericolo e di fiducia in sé
che non svaniva mai, qualunque cosa facessero, qualunque cosa tentassero...
Vide avvicinarsi questa conoscenza.
Un americano a Tokyo, era abbastanza comune... Ma questo era un alto biondo
muscoloso che passeggiava per le strade di Shinjuku molto a suo agio... Le mani
nelle tasche, sembrava completamente sereno... Diverse donne lo osservavano con
interesse, già soggiogate dal fascino di questa presenza virile.
Un sorriso illuminò il suo viso quando si avvicinò a Ryo:
»Questa poi... Chi si aspettava di trovarti qui, in un giorno come questo...
Kaori ti ha messo alla porta?«
Mick! Amico mio! Compagno di bevute... Fratello di strada!... A patto che se
ne possa avere uno nei bassifondi...
Fino a poco tempo fa eravamo sul punto di ucciderci a vicenda... Impossibile,
francamente, dire oggi che dei due avrebbe avuto la meglio... a quel tempo tu
eri il migliore degli Stati Uniti... Sarebbe stata probabilmente una lotta
all’ultimo sangue... Era un incarico... e, in questi casi, l’amicizia non ha
allora più importanza...
Kaori ha evitato la strage...
Per lei, hai rinunciato al tuo orgoglio... E’ più di quello che io non sono mai
stato capace di fare in 10 anni...
Sapevi tuttavia che lasciandomi in vita, ti saresti condannato a morte ma l’hai
fatto, per sacrificio, per amore per lei... Seppur sapendo che avevi perso in
partenza...”
Lanciò un’occhiata al suo amico ed ai suoi guanti...
Se tu non avessi perso l’uso delle mani Mick, avresti abbandonato così
facilmente il duello per avere Kaori? Ed io, l’avrei lasciata partire? Nessuno
di noi lo saprà mai...
»No, ne avevo abbastanza di questi preparativi di Natale... Pensa che ha
cercato di trasformare l’appartamento in un albero di Natale a grandezza
naturale... E tu? Kazue ha capito che razza di perditempo sei?«
»Hum, paragonato a te, io sono un signore... No,
voleva preparasi tranquillamente, allora mi ha “gentilmente” chiesto di andare
a fare un giro... Credo piuttosto che non avesse finito di incartare i miei
regali...«
Kazue... E’ vero, dopotutto, lui ha Kazue... Chi non amerebbe avere quella
donna al suo fianco? Dopotutto, le scelte di Mick sono le sue ed è andata
così... Lui è andato con Kazue, io sono rimasto con Kaori...
Ma io non ho fatto niente a questo proposito... Né in un senso, né nell’altro...
Ho lasciato il destino a decidere per me... Non ho spinto Kaori verso di te
quando sapevo che tu la amavi... A quel tempo, tu avresti potuto proteggerla
così come me... e l’avresti fatta meno soffrire...
Ma io non volevo che lei restasse in questo ambiente, né tra le tue braccia del
resto... Ti ho minacciato, ma non ho detto niente a Kaori... Eppure era turbata
dalla tua presenza, lo sentivo... Lei avrebbe potuto amarti...
Credevo che fosse un accordo tra te e me... ma, in realtà, è stata una
preoccupazione... per lei... e una lotta tra la parte di me che voleva tenerla
con sé e quella che voleva allontanarla...
Ci saremmo uccisi a vicenda, tu e io, Mick... Ma io avrei vinto, lo sai... non
perché sono il migliore... nemmeno perché la amo... ma perché lei mi aspettava,
semplicemente...
La sorte, a quanto pare, mi è stata favorevole...
Tuttavia, una volta che Mick Angel, il killer americano era morto, non restava
che Mick Angel, il detective privato... avrei potuto lasciare che lo
raggiungesse... Avrei avuto quel coraggio? Avrei avuto quell’onestà?
Ma Kazue c’era già... Ha rapito il suo cuore? Oppure occupa semplicemente il
posto rifiutato da Kaori?”
»Ti ha fatto dei regali? Bè dimmi, vecchio mio...
Alla fine, ti sei accasato?«
L’americano accennò un sorriso.
»Come se Kaori non ti offrisse sempre qualcosa? Strano, tuttavia, come le donne
abbiano delle predisposizioni ad approfittare delle minime occasioni per fare
festa...«
»Già, non è che a noi non succeda...«
Si scambiarono uno sguardo di connivenza...
Che cos’era, se non un bisogno viscerale di sentirsi vivi, di passare le notti
nei locali e di ubriacarsi per dimenticare?
Ne abbiamo viste tante, tu e io... Negli USA, che lavorassimo assieme o in
competizione, ci capivamo... Questa stessa necessità di correre sempre più
veloce... di andare sempre più in alto, d’essere il più forte... di respirare
sempre più odori, di stordirsi di più effluvi... Così diversi eppure così
simili...
Sul campo di battaglia mi consideravano come un angelo invincibile,
inflessibile, spietato, un angelo con le ali nere. Non temevo niente e nessuno!
Come temere la morte? Io che non conoscevo la vita...”
Da qualche minuto, i due
uomini camminavano fianco a fianco, ognuno perso nei suoi pensieri. Il biondo e
il moro. Emanavano un fascino indiscutibile, una presenza sorprendente venata
di un pizzico di pericolo e di malinconia. Loro che adoravano affascinare le
donne, non si rendevano conto che, al loro passaggio, diverse donne si
voltavano, incantate da tanto carisma... fantasticando furtivamente su di loro.
Ryo si accorse che Mick gli gettava delle frequenti occhiate, in particolare
verso il suo basso ventre...
Infastidito, gli apostrofò:
»Hei! Che hai da guardarmi cosi?« Non potendo fare a meno di punzecchiare il
suo amico, continuò: »Fissi stranamente il mio Mokkori... Dati i tuoi continui
fallimenti con le donne, ti sei deciso a diventare gay? Ti avverto subito che
io non sono fatto di quella pasta...«
L’interpellato fece spallucce...
»Ti piacerebbe, ammettilo... No... in effetti, stavo notando che non sei molto
“equilibrato” da quella parte... Dì, non ti sarai beccato una malattia a forza
di passare le notti per le strade?«
Ryo lo guardò, molto indignato:
»Ma, sei fuori di testa o cosa??? Io sono perfettamente proporzionato...« Come
un gallo, gonfiò il petto più del necessario. »Anzi te lo proverò
immediatamente...«
Davanti l’espressione sbalordita, e leggermente inquieta di Mick, Ryo si
precipitò verso un’incantevole donna ingombra di pacchi. Avrebbe potuto far
parte di quelle che li fissavano un istante prima... prima che i tratti da
maniaco non apparissero sul volto del giapponese...
»Signorina, ho bisogno di voi!!! E’ una questione di vita o di morte... di
sicurezza nazionale...«
Sconcertata, la povera vittima rimase a bocca aperta...
»L’imbecille qui presente... « indicò vagamente l’angolo in cui si trovata Mick
»... osa affermare che io non sono perfetto... Che eresia, non è vero? Ho
bisogno di voi per provargli che ha torto. Seguitemi in quel hotel, per
favore... Mi spoglierò davanti a voi, faremo “crac-crac” e potrete confermagli
che i miei attributi sono perfettamente funzionali e normali... perfino più
grandi della media!!... Hei, non vada via!!!! Si tratta solo di un esperimento
scientifico... Niente di sessuale glielo assicuro...« concluse urlando...
Lasciando cadere i suoi pacchetti, la donna era già dall’altro lato della
strada, e gettava frequenti occhiate per assicurarsi che il maniaco non la
stesse seguendo.
Imbronciato, le mani nelle tasche (cosa che ebbe come conseguenza quella di
accentuare il suo leggero disequilibrio), Ryo tornò verso Mick...
»Bè, non sarà facile provarti le mie parole adesso... Incredibile, nessuna
donna vuole fare un bel gesto in questo periodo di Natale? E lo spirito di
condivisione allora?«
»Nel tuo caso, è piuttosto lo spirito di sacrificio che porterebbe una povera
disperata a occuparti del suo caso...«
»Parla per te, coyote!!!«
Ryo era già sul punto di scagliarsi su Mick. Ma questo, anticipando l’azione,
fece un passo di lato e il giapponese si ritrovò a strangolare un palo della
luce.
»Vedo che stai cercando di cambiare argomento... Non preoccuparti, non
divulgherò il tuo “piccolo” problema a nessuno... resterà tra noi...«
Ryo si era rialzato e si stava rispolverando la giacca.
»Ma sul serio, non capisci niente di niente... Non ho alcun problema, come ti
piace credere... Se do l’impressione di averne uno più grosso dell’altro, è
perché ho qualcosa in tasca, ecco, questo è tutto...«
Aspettandosi una replica da parte del suo amico, si voltò verso di lui. Mick
aveva le mani giunte, gli occhi a cuore e una lacrima lungo la guancia...
»Oh mio dio, è stupendo... Sei venuto a comperare un regalo per Kaori!!! Ti sei
deciso finalmente!!! Che cos’è? Che cos’è? A me lo puoi dire...« Si aggrappò
allora ai pantaloni di Ryo cercando di ficcare la mano nella sua tasca. L’altro
tentava di sfuggire a questa intrusione ed entrambi cominciarono a girare in
tondo nel centro della strada.
»Ma che ti inventi ancora? Un regalo? Per Kaori? Da parte mai? No, ma mi hai
guardato bene? Perché dovrei fare un regalo a quel demonio con il martello?«
Ryo fissava il suo compare con un’aria disgustata. Tuttavia...
”Sei dovuto essere rimasto sorpreso arrivando in Giappone, Mick... Come lo è
stata Mary... L’aura di morte che era stata la mia silenziosa compagna ha perso
poco a poco il suo ascendente su di me, a vantaggio di una nuova presenza...
più calda, più rassicurante... Non ho mai preso in considerazione che potesse
esistere altra cosa oltre la morte... che si potesse vivere diversamente...
Oggi, non sorrido spesso, ma la più piccola delle mie risate è mille volte più
sincera dell’allegria che fingevo di sentire nei bar, quando scoppiavo a ridere
alle avance di una qualunque donna ubriaca...”
»Trovo questa maniera di difenderti troppo sospetta...« Mick riprese la sua
espressione seria, il mento tra la mano. »Vediamo, cosa potresti averle
regalato? Hum, è troppo piccolo per essere un vibromassaggiatore... Inoltre,
non saresti così stupido da osare regalarle una cosa del genere per Natale...
hum...« Il suo sguardo si illuminò... »Ho trovato, lo so! Si tratta di biancheria
eccitante!!! Insomma, come se Kaori ne avesse bisogno per essere appetitosa...
Bene, dimmi un po’, vista la dimensione sarà coperta il minimo...« Gli occhi
persi nel vuoto, sembrò avere un idea sensazionale. »Dimmi, mi inviterai a
vederla?«
»No, questa poi!!! Hai veramente dei gusti discutibili, tu... Kaori mezza
nuda!! Bleauuuuuu, vuoi farmi vomitare per la vigilia, incredibile...«
Ed eccoci ancora, ci bisticciamo di nuovo!!! Lo facevamo così spesso in
passato, negli Stati Uniti!! Ma ora, è diverso! Un’atmosfera più distesa ci
avvolge... Prima era sempre un duello, una prova di forza, anche quando ci
facevamo una risata. Adesso non si tratta più di sapere chi dei due è il
migliore, il più forte... Non si tratta più di mostrare i muscoli come dei gorilla...
E’... strano... avere delle simili relazioni con delle altre persone...”
»E tu, cos’hai comperato a Kazue? Presumo che tu abbia progettato qualcosa.«
»Il mio regalo non sarà materiale! Grazie a me, Kazue
avrà un ricordo indimenticabile...«
»Sbruffone!!«
»Io, mai… « Gli occhi brillanti d’ironia, lanciò a Ryo » Del resto tu devi aver
pensato alla stessa cosa per Kaori... questo, almeno, sono sicuro che le farà
piacere...«
»Ma, come te le devo dire che non è un regalo per Kaori! Sei pesante insomma...
Si tratta di una pallottola speciale...«
»Hum... Di un calibro molto grosso allora...« Mick capì che non sarebbe mai
riuscito a sapere quello che il suo amico teneva nella sua tasca... Bah,
l’avrebbe scoperto per forza da Kazue, o Miki... forse addirittura da Kaori
stessa... a meno che non si trattasse veramente di biancheria eccitante...
Comunque conoscendo Ryo, dubitava che fosse della lingerie... Ryo avrebbe
potuto comprarne... ma mai l’avrebbe regalata a Kaori...
”Incredibile... Eccomi che sto parlando della vigilia di Natale, dei
regali... Se un giorno mi avessero detto che sarei stato capace di pensare a
degli avvenimenti tali, avrei senza dubbio fatto esplodere la testa del mio
interlocutore... Non conoscevo che il sangue, la legge del taglione... Tutto
questo non era che pura invenzione per la gente debole... Un inganno... Lo è
ancora del resto... ma, laggiù, una donna mi aspetta... Non chiede che la mia
presenza e desidera soltanto che io resti tranquillo per una sera... Lei mi ha
dato tanto... Come potrei rifiutaglielo? Tuttavia, è quello che faccio ogni
anno... Mi sforzo a trasformare una serata che lei desidera perfetta in un
litigio... Perché? Magari lo sapessi...
Forse semplicemente perché rifiuto di credere che la felicità possa raggiungermi...
Allora distruggo prima di essere distrutto... Oppure, più prosaicamente, non
riesco a controllare la mia natura d’egoista...
Tuttavia, io comincio finalmente a perdonarmi... Non credevo che questo sarebbe
stato così difficile... Ho nascosto a me stesso la verità per tanto tempo!
Ossia che ero io stesso il mio peggior nemico! Mi sono giudicato e il verdetto
non è stato in mio favore... Anche a costo di detestarsi, è meglio farlo per
bene...
Potrei parlartene Mick... Tu capiresti... Anche tu, hai queste morti che pesano
sulle tue spalle... Che, senza tregua, ti stregano, ti ricordano che sei già
loro compagno... che non fai altro che rimandare l’inevitabile...”
»Hai la testa un po’ tra le nuvole, Ryo... non è da te...« Mick aggrottò le
sopraciglia. »Fa attenzione, potrebbe costarti un brutto tiro...«
»Lo so...«
»Stai diventando vecchio?«
»Io, l’eterno allupato di 20 anni? E poi cosa ancora? Dimmi, è il regalo che ti
sei fatto? Rompermi le scatole? Non hai niente da fare? Kazue ti ha sbattuto
fuori casa sul serio? Se è così, dimmelo... andrò a confortarla...«
»Quando penso che tu hai Kaori a casa!« Mick lanciò un occhiata all’orologio.
»Oh, devo rientrare, Kazue mi ucciderà se arrivo in ritardo... Bene, allora ci
vediamo tra poco...«
Senza attendere una risposta, se ne andò di corsa.
Ryo rimase qualche istante interdetto...
”Come, si rivedevano? Quello scroccone ha deciso di autoinvitarsi da noi...
Dovrò fare attenzione... E’ fuori discussione ritrovarmelo appiccicato...
Altrimenti non c’è la farò mai...”
Lo stallone di Shinjuku
si ritrovò solo in strada... Le vie erano sempre così affollate se non di più.
I negozi iniziavano a chiudere un po’ alla volta e gli ultimi ritardatari
correvano freneticamente cercando di trovare il regalo perfetto in 60 secondi cronometrati.
Ormai era quasi un’ora che girovagava per le strade e non aveva ancora preso
alcuna decisione. Sospirò deluso... e un po’ frustrato.
”Pffffff... ecco come mi sono ridotto... No ma,
dico io... Si dice un povero uomo tormentato... Porsi degli interrogativi
simili non è virile!!! E se???... E se???... E se non
fosse Mick che ha cambiato sponda ma fossi io? Perché questo genere di stati
d’animo esistenziali, solo le donne possono averli... Non noi, uomini virili,
senza paura e senza rimorso... autentiche rocce nelle avversità... Non resta
che una sola cosa da fare in questi casi...”
Le donne sole, appartenenti alla fascia d’età target di Ryo non erano numerose
per la strada. Nonostante ciò, il suo radar libidinoso ne rintracciò una che
aspettava ad una fermata dell’autobus, infelice e più ingombra di borse che per
andare a sciare.
»Signorina, mi sembrate particolarmente sola questa
sera. Ricerca finita! Magia del Natale, eccomi qua! Pronto a soddisfare i vostri
più piccoli desideri...«
La donna guardò, incredula, quel sconsiderato che gesticolava davanti a lei.
Ma, già sfinita da quest’ultima giornata di compere dei regali, non riusciva a
capire cosa volesse.
Lui continuava la sua sceneggiata e lei lo guardava con aria stupida, un po’ a
disagio comunque.
Una vecchia signora, oltraggiosamente truccata apparse
come per incanto dietro la donna. Dettagliò ostentatamente Ryo dalla testa ai
piedi.
»Vogliate scusarmi... Ma chi siete? Cosa volete
esattamente da mia figlia?« Poi, di colpo, come sotto
lo choc di una rivelazione »Ho capito, vuoi siete l’autista che Ashio ci ha mandato... Finalmente, non vi aspettavamo
più...«
Liberandosi di quegli ingombranti pacchetti tra le braccia di Ryo, lanciò
diverse occhiate a destra ed a sinistra e riprese con una voce insolente:
»Dov’è parcheggiata la macchina? Siamo particolarmente
in ritardo...«
»Scusatemi, c’è un errore! Io non sono il vostro
autista...«
Ryo storse il naso, sbalordito dalla piega che aveva preso il suo tentativo di
abbordaggio.
»Non siete il nostro autista, ma allora chi siete?«
Piuttosto imbarazzato che la sua futura conquista non fosse tutta sola, ma per
niente impressionato e soprattutto sicuro del suo fascino...»Io
sono l’uomo che manderà vostra figlia al settimo cielo Signora... Io sono... lo
stallone di Shinjuku!!!«
La donna, diventata rossa come un peperone, strattonò la giacca di sua madre
mormorandole »Lascia stare Mamma, è un maniaco...
Sembra che c’è ne siano due che vanno su e giù per queste vie... Appiccicosi,
fastidiosi ma non pericolosi se corriamo abbastanza velocemente.«
»Ah figlia mia, non mi lascerò pestare i piedi da una specie di play boy.« Lanciò un’occhiata a Ryo. »Signore,
per essere uno stallone, bisogna essere perfetti. Io lo so, ho un allevamento
di cavalli... E posso dirvi che con la vostra malformazione, non verreste mai
selezionato come riproduttore » gli disse con tono
brusco indicando con un dito il cavallo dei pantaloni di Ryo.
Ryo cadde sulla schiena, mentre un’armata di corvetti
sfilava in parata dietro il lui.
Pensò che, per lui, non ci sarebbe stato alcun miracolo di Natale e soprattutto
nessuna coccola sotto le coperte!
Però, non voleva ancora rinunciare, tentò di giustificarsi.
»Ma no... Non si tratta di una malformazione. Ho
semplicemente un pacchetto nella tasca.« Desiderando
provare la sua buona fede, tirò fuori la scatolina, destreggiandosi con il
cumulo di borse che aveva ancora tra le braccia, e la porse alle due donne...
Questa volta, entrambe diventarono rosse... di rabbia.
»Cosa!!! Siete senza ritegno!!! Fare delle avance a
due donne quando avete questa nella tasca???«
»Un mostro... ecco cosa siete... E compatisco la sfortunata che deve
condividere la vostra vita.«
Senza attendere una qualunque reazione da parte sua, ciascuna gli tirò uno
schiaffo su una guancia. Indignate oltre ogni limite, strapparono dalle mani di
Ryo le loro borse, se ne andarono e lo lasciarono là, come un idiota con le
guancie segnate da due splendidi palmi...
Le guardò allontanarsi, per metà dispiaciuto, per metà indifferente.
”Tutte quelle donne che ho respinto... Non quelle con cui ci provo nella
speranza, un po’ vana, di vederle dirmi di si... ma
quelle che erano pronte a legarsi veramente a me. Clienti cadute sotto il
fascino dell’uomo misterioso... Ho sempre declinato le loro offerte... Per
paura di coinvolgere nella mia vita? Di metterle in pericolo? Perché c’eri tu e
il mio cuore non poteva che appartenere ad una sola? Cavaliere dal gran cuore?
Forse... Forse no...
Quelle donne erano innamorate di me. Io sapevo che acconsentendo al loro
desiderio, si sarebbero appiccicate a me... Non ho mai avuto bisogno di una
palla al piede...
Ma se, in quel momento, subito, una di loro mi proponesse di andare a letto con
lei, solamente per soddisfare il nostro desiderio, una sola notte di passione,
senza rischio di seccature il giorno dopo, direi di no?
Anche se so che questo ti farebbe soffrire, inevitabilmente...”
Facendo spallucce, si rimise la scatolina in tasca e si allontanò senza uno solo sguardo indietro.
Il tempo scorreva
inesorabile. Ryo sapeva di dover prendere, davvero, questa volta il cammino
verso il suo appartamento. Ma qualcosa glielo impediva. Non aveva ancora preso
alcuna decisione su cosa fare o cosa non fare quella sera...
Doveva decidersi prima di ritrovarsi faccia a faccia con Kaori. Dopo sapeva
bene che non avrebbe più avuto abbastanza tempo per riflettere obiettivamente.
L’uomo alzò lo sguardo al cielo, scrutando il cielo buio e stellato. La sera
della vigilia di Natale cominciava... Una serata in cui si stava in famiglia, o
tra gli amici... Era usanza in questa occasione riunire attorno a sé le persone
più care... Da quasi 10 anni ormai, in questa serata speciale, Ryo si ritrovava
immancabilmente di fronte a Kaori. Mai avrebbe ammesso quando questo lo facesse
star bene.
Bene si... Ma malgrado questo, niente l’aveva convinto a cambiare le cose! Che
forse quella sera...
Deciso a rientrare, si lasciò dietro di lui le vie commerciali, oramai vicine
alla chiusura totale...
Solamente le vetrine restavano illuminate.
Per quale motivo? Perché le persone infelici possano sognare davanti le
vetrine sgargianti dei negozi? Perché le luci gli ricordino non solamente la
loro miseria, ma allo stesso modo la loro solitudine? Per dare l’immagine di
una città ricca, prospera, solidale? Mentre milioni di persone anzidetti poveri
diavoli vivono sotto i ponti, mentre un’altra parte della popolazione è sotto
il controllo delle bande, mentre politici corrotti mettono in atto qualsiasi cosa
per soddisfare la loro sete di potere e denaro, mentre droga, sesso, alcool
sono diventati le nuove divinità, mentre ognuno nasconde le proprie
incrinature, chi sotto il trucco, chi sotto i tranquillanti...
E io, in tutto questo? Approfitto di questa situazione... Io adoro questa
situazione... Sesso, alcool, io sono l’acquirente... Allo stesso tempo,
combatto per cercare di ristabilire un equilibrio. Proteggo i più deboli,
offrendo loro le mie capacità singolari per permettergli di continuare. Questo mondo
è marcio, ma io sono sempre vissuto in questo marciume, so come canalizzarlo,
come domarlo per far uscire un barlume di luce. Senza dubbio ho l’animo e le
mani sporche, ma il fiore che, qualche volta, ho aiutato a sbocciare,
affrontando quelle paure e dominandole ha la purezza di una rinascita.”
Addentrandosi nella notte, l’uomo si avviò verso casa.
Casa! Persino utilizzare questo termine mi sembra fuori luogo... Avere una
casa... un posto in cui desidero tornare... Prima non si trattava che di un luogo
dove potevo dormire al riparo, relativamente al sicuro, dopo potevo ammucchiare
le mie armi ed allenarmi finché colpire il bersaglio diventava un riflesso,
soffocando la mia propria coscienza...
E adesso? Ora che ci penso, io vedo il mio appartamento come un faro nella
notte, un luogo dopo la sicurezza offerta non è quella del corpo ma quella
dello spirito... un riposo...
E una tortura... Un assaggio di quello che potrebbe essere se io accettassi
quella mano tesa... un supplizio di Tantalo... che amo e rifiuto allo stesso
tempo...
La mia casa!
Passò davanti il parco. Sempre aperto al pubblico, anche in questa vigilia di
Natale. All’interno, le luminarie tremolavano, come se cercassero di lottare
contro l’oscurità... Mentre osservava, lo sguardo perso, l’entrata aperta, una
lampada abbandonò la lotta, sconfitta dal velo della notte. Si spense dopo un
ultimo sussulto.
Questa sparizione improvvisa di luce lo tirò fuori dal suo immobilismo. Lasciò
la strada e entrò nel giardino.
Addentrandosi nella penombra, abbandonò dietro di lui le luci e i suoni della
città... Permaneva solo il lontano frastuono della tangenziale. Non restava
altro che uno strano silenzio... fatto dei mormorii incessanti di Tokyo e dei
trasformatori d’elettricità. Lo conosceva a memoria quel parco, ci passava
quasi tutti i giorni... Per andare al Cat’s Eye o, non appena tornavano le
belle giornate, per godersi la natura... Quella natura falsamente libera, ma
realmente domesticata.
Optò per una panchina immersa nella penombra. Lasciò che i suoi sensi
prendessero le misure di quel nuovo ambiente. I suoi occhi distinsero poco a
poco le forme degli alberi attorno a lui, il freddo cominciava a colpirlo, come
un predatore che reclamava il dovuto... Le sue orecchie udirono più
distintamente i suoni che credeva di aver abbandonato quando aveva lasciato la
via principale. Ma tutto gli appariva rassicurante. Il freddo gli provava di
essere ancora in vita, i suoi occhi di essere in tranquillità, le sue orecchie
di trovarsi nella città che lui aveva scelto...
Restò così qualche istante, senza pensare a niente, senza chiedere niente
all’universo...
Ma l’oggetto nella sua tasca irradiava un sordo calore. Sentiva come una
pulsazione a partire dalla coscia... Come un evidente richiamo.
Non era entrato in questo parco per riposarsi... C’era entrato per prendere una
decisione...
”Io che agisco solo d’istinto, eccomi qua a riflettere...”
Sorrise alla notte.
”Mi sono messo da solo in questa situazione. Nessuno mi ha costretto...
Allora tutto sembrava così chiaro... mentre adesso, ho l’impressione di
mettermi in gabbia da solo...”
Infine, estrasse la scatolina dalla tasca.
Un cofanetto nero. Semplice. Senza alcun ornamento.
Lo aprì.
Benché fosse notte, Ryo poté distinguere l’anello che conteneva. Ad ogni modo,
l’aveva esaminato talmente a lungo che lo conosceva già alla perfezione.
”Non avrei mai dovuto comperarti... Tu sei l’emblema del mio problema... e
della sua soluzione... Tusei come lei... sei
come Kaori.”
Quest’anello... L’aveva
comperato come regalo di Natale per Kaori! Uno stupido colpo di testa? O un
atto a lungo ponderato? Rimase in silenzio sul gesto dell’acquisto in sé...
Ma ora che non si trattava più di un’idea campata in aria, che teneva realmente
tra le dita quel pezzo di metallo pieno di così tanti significati, doveva
decidere se donarglielo oppure no.
”Offrirti quest’anello... A chi potrei far credere che si tratta solo di un
semplice dono?... Un perfetto regalo innocente... tra partner
di sventura, compagni di viaggio. Donare un anello ad una donna, significa
dirle qualcosa, anch’io lo so... Non è tanto l’oggetto quanto il suo simbolismo
profondo, quello che la gente ci associa...
E io ci associo esattamente la stessa cosa...
Regalartelo, significa chiaramente trasmettermi un messaggio.
Dopo, potrei fingere, farti arrabbiare, renderti pazza... o perfino ignorarti,
ma quest’anello sarà reale, ci unirà e ti svelerà quello che io ho sempre
taciuto...”
L’anello era molto semplice. In oro, ma senza quei fronzoli attualmente di
moda. La pietra non era molto grande, ma anche alla luce della luna poteva
vedere i riflessi. Una gemma insolita per una persona insolita. In effetti, la
pietruzza era divisa in due: mezza zaffiro, mezza granato.
Lo zaffiro, a seconda della sua inclinazione passava, a momenti, dal blu scuro
quasi nero opaco al turchese. Il granato manteneva sempre quel rosso caldo,
quasi vellutato. Era un anello per una donna, senza alcun possibile equivoco.
Lo fece giocherellare tra le dita, facendolo passare da un dito all’altro come
una comune monetina.
Forse è un buon modo dopotutto?
Non sono mai stato bravo a parlare... Non sono mai stato bravo a parlarti.
Tutti questi non-detti, questi silenzi tra di noi, queste frasi a doppio
senso... le ho provocate e amate...
E tu che non capisci... o che fingi di non capire, forse per proteggermi? Forse
per timidezza? Forse perché non ti senti sicura... Fingi distacco per
rispondere alla mia indifferenza... anche se questo ti
fa male.
Come fai a sopportare questo dolore? Io che l’ho ignorato per così a lungo,
adesso mi brucia dentro, come fuoco.
Ho conosciuto le peggiori torture, fisiche e mentali. Mi hanno insegnato ad
indurirmi per sopravvivere, a fare affidamento esclusivamente su me stesso, a
rifiutare quello di cui solo gli uomini deboli hanno bisogno: la fiducia,
l’amicizia, la solidarietà, l’amore. Ho accettato per molto tempo questo fatto.
I forti non avevano bisogno di tutto questo per esistere. Non erano che parole
usate per nascondere le carenze di un mondo in declino.
E poi, vi ho incontrato, tuo fratello e tu...
La mia percezione dei fatti era già evoluta... Credere che ci sia dell’umanità
in ognuno di noi...
Non ignoravo che ci fossero degli ideali più alti che vincere e dominare. Che
certe cose giuste dovevano essere fatte usando dei mezzi riprovevoli... Che il
“bene” non trionfava sempre e di rado nel mio ambiente.
Delle anime, non sempre innocenti, ma sicuramente non del tutto colpevoli erano
sprofondate nel mio mondo ed erano completamente indifese... alla mercé di
farabutti di una nefandezza irrecuperabile.
Io ero un killer. Utilizzavo il “male” contro il “male”. Certe cose non
potevano che essere risolte con la violenza... e c’era molto bisogno di uomini come
me, che conoscevano alla perfezione le tenebre dell’ambiente e la ferocia del
loro cuore per combattere... Perché io non sapevo fare nient’altro... e perché
questo mi piaceva...
Non pensavo alle spiegazioni, alle giustificazioni... Era necessario che qualcuno
lo facesse...
Quegli ideali che io non conoscevo, nessuno poteva inculcarmeli... li rasentavo
ogni tanto...
Uno solo era stato inciso nella mia memoria: la lealtà... Tuttavia, ho rotto
persino questo giuramento nei confronti di mio padre... probabilmente per delle
buone ragioni, ma che importa...
E poi voi mi avete aperto gli occhi su concetti che prima non mi avevano
sfiorato che da molto lontano... in particolare la vostra fiducia nell’essere
umano...
Hideyuki, nonostante la sua ribellione contro il sistema giudiziario aveva
ancora fede... Grazie a lui, ho appreso che quelle che mi avevano definito come
delle debolezze erano, al contrario, le più grandi forze che si potevano
possedere... Grazie a loro, con la propria volontà siamo in grado di compiere
dei miracoli... delle cose impossibili se non liberamente consentite...
E tu, tu mi hai insegnato che queste più grandi forze sono anche le più
dolorose... Che sono fonte di vita e fonte di
morte...”
Delle immagini di Hideyuki e lui assieme vennero a convalidare i suoi
pensieri... seguite da delle immagini di Kaori appesa al suo braccio...
offrendogli quel magnifico sorriso radioso... che illuminava il suo animo ed
offuscava il suo cuore.
”Ora che le conosco, mi chiedo ancora se si tratti di una benedizione o di
una maledizione... senza dubbio non avrò mai la risposta a questa domanda...”
Capitolo 10 *** Due anelli, doppio significato ***
Ryo fissava quel
particolare anello, senza vederlo veramente.
Attraverso il suo sguardo velato, un secondo anello si sovrappose a quello che
teneva tra le dita. Quel anello fantasma si trovava in questo momento sul
comodino di Kaori, o, forse, in questo giorno di Natale, così particolare per
lei, l’aveva infilato al dito...
Il fatto è che quell’anello era l’eco di un passato che condizionava fortemente
il presente. Simbolo di un doppio amore... amore fraterno e amore filiale...
Era stato lui che aveva dovuto, in delle circostanze dolorose, consegnarlo a
Kaori... Quel giorno, aveva suggellato il destino di entrambi.
”Non hai mai risposto alla mia domanda Maki: perché mi hai affidato la tua
preziosa sorellina? Perché ero lì? Perché vegli su di lei, proteggendola dal
pericolo che ti strappato da lei? Perché starebbe stata capace di gettarsi in
bocca al lupo per vendicarti ed io ero il solo che poteva frenarla? Perché
avevi capito che avevamo bisogno uno dell’altra? Perché?
La tua fiducia in me mi sembra, ancora oggi, mal riposta... Guarda cosa ho
fatto! L’ho tenuta al mio fianco invece che renderle una vita normale. Oh, sai,
lei non se ne sarebbe andata di sua volontà... Tua sorella è una testa dura!
Come hai potuto crescere un simile maschiaccio?
Quest’anello di cui è così fiera, spettava a te doverglielo donare per il suo
ventesimo compleanno... e non ad un quasi perfetto sconosciuto... Che pena ha
dovuto provare quando glielo consegnato... All’epoca non riuscivo a
comprendere... Il fatto di averti perso, tu, il mio migliore amico, mi aveva
scosso, lo riconosco, ma io ero sempre stato un sopravissuto... Oggi lo
capisco... Mi basta immaginare che me la portino via per provare questa
angoscia... “
La presenza di Kaori si impose a lui. Chiuse gli occhi ed accarezzò con il
pensiero il viso della giovane donna. Cosi lontana eppure così vicina...
“Intima estranea”
Ripensò ancora all’altro anello...
”Quel anello ti lega anche a Sayuri, tua sorella biologica. Contiene tutto
l’amore di una madre per il suo bambino. Il suo sogno di donarti una vita di
donna, semplice ma felice...
Alla morte di tuo fratello, non ho potuto fare nient’altro che prenderti tra le
braccia e giurare a me stesso di vegliare su di te... all’epoca credevo che
proteggerti fosse la sola cosa importante, che stupido sono stato!!!
Ma quanto Sayuri è venuta per incontrarti, quanto la possibilità d’appartenere
ad una vera famiglia si è presentata... Non ho potuto...
Lasciare che ti portasse via con lei sarebbe stato il modo più sicuro per
permetterti di ritrovare una vita normale... Ma io ancora una volta ho dato
prova di questa vigliaccheria che mi caratterizza cosi bene... Ti ho lasciato
nell’ignoranza. Se ti avessi amato, non avrei dovuto darti fiducia? Se avessi
veramente voluto quello che c’era di meglio per te, non avrei dovuto
convincerti a partire? Dirti chi era realmente Sayuri? Ci ho provato tuttavia.
Ma le parole non volevano uscire. Te lo affidata per farvi conoscere.
E soprattutto, quando mi sono accorto della vostra complicità, ho lottato
contro il mio impulso primario: aprirti il mio cuore per tenerti egoisticamente
al mio fianco.
Ho resistito... non perché desiderassi la tua felicità... Ma perché volevo,
dentro di me, che tu partissi... Quel sentimento, non era la prima volta che mi
attraversava il cuore. Si, volevo tu partissi... ma volevo, sopra ogni cosa,
che fossi tu a decidere di farlo! Che ti sbattessi la porta alle spalle dandomi
del mostro egoista e immondo. Che tu non desiderassi riaprila mia più. Che tu
non rimpiangessi mai la tua decisione. A costo persino di farmi odiare da te...
Se questo era il prezzo da pagare perché tu non avessi rimpianti, perché tu mi
dimenticassi e scoprissi la felicità... lo avrei accettato.
E poi, l’impossibile... Un’altra persona poteva allontanarti da me!! Senza che
io dovessi addossarmi il ruolo dell’abietto, alleviandomi di una buona parte
delle mie responsabilità riguardo la tua partenza... Molto meglio, riuscire a
giustificare nobilmente la nostra separazione e lasciarti una buona (se
possibile) immagine di me.
Allora, ho lasciato la scelta a Sayuri... per lei, per te, per noi... di
parlare o tacere... Ho lasciato fare a lei facendo in modo che i miei
sentimenti non potessero influenzare la sua decisione... Tutto quello che sentivo,
era rimasto sepolto nel più profondo di me... Ciononostante Sayuri ha decifrato
i miei segreti meglio di chiunque... Gli ha intuiti perché il suo amore per te
è così grande quanto il mio. Aveva sognato così spesso la sua sorellina
perduta... tanto, senza dubbio, quanto io ho sognato te.
Ma, ho compreso che mi sbagliavo... Non spettava a Sayuri la decisione, ma a te
di scegliere di voltare pagina nella tua vita. E tu dovevi farlo da sola... non
potevo confortarti dalla tua tristezza, indipendentemente dalla mia forza... e
tu sei riuscita a conciliare le due filiazioni del tuo anello nel tuo cuore:
tuo fratello e tua sorella.
Hai creato questa realtà come hai creato la nostra realtà, con la sola forza
della tua fede... La nostra realtà, il nostro mondo... Un po’ speciale? Te ne
rendi conto, spero?”
Un leggero sorriso venne a perdersi su quelle labbra.
”Una python e un martello... tuttavia, io mi ci sento stranamente in
pace...”
Sebbene il suo passato, il loro passato gli raggiungesse senza tregua, non se ne serviva per giustificare le sue azioni. Sarebbe
stato troppo semplice... sarebbe stato troppo vigliacco da parte sua.
Non si trovava lì per riflettere sui comportamenti del giorno prima o
rimuginare sulle azioni del passato, si trovava lì per decidere che fare oggi.
Utilizzare il passato come pretesto non era nelle sue abitudini. Lo faceva solo
per non pensare alla vera questione:
”Doveva o non doveva donarle quest’anello?”
Ma questa non era la giusta domanda! Non si trattava più di dovere, si trattava
di riconoscenza, di accettazione.
”Riconoscerei il legame che mi unisce a te?
Lo accetterei? Ed anche se lo accettassi, che dovrei fare allora?”
L’accenno di sorriso scomparve dal suo viso. Il suo sguardo si fece più duro,
più distante.
Il passato, malgrado tutto, influisce sempre sul presente...
”Questo sentimento imperioso, del quale non riesco a
sbarazzarmi nonostante tutta la mia forza di volontà, mi lega a te più
saldamente di una catena. Come può essere questo l’amore? E’ così
doloroso... così incontrollabile, così sconvolgente...
Le cose erano talmente più semplici quando dovevo unicamente pensare a me
stesso.”
Ebbe un leggero pizzico di nostalgia... della sua vita di un tempo, quando non
doveva preoccuparsi per nessuno, nemmeno per se stesso.
Emise un lungo sospiro. Un sospiro di frustrazione... frustrazione di non poter
optare per una linea di condotta chiara e netta nei confronti di Kaori.
Sentimenti contradditori lo tormentavo, così forti gli uni che gli altri.
Desiderio di averla completamente e necessità di allontanarla il più lontano
possibile, il più veloce possibile.
La voglia di allungare la mano e sfiorarti. Sai quanto volte ne ho avuto la
tentazione? Mandare a farsi benedire la tua sicurezza, la mia promessa, i
nostri dubbi, il mondo per averti finalmente... Quante volte ho stretto i pugni
maledicendo le circostanze e soprattutto la mia vigliaccheria?
Perché io ho paura Kaori... Ho paura che se ti sfiorassi, non possa più
fermarmi... Il bisogno della tua presenza diventerebbe allora ben più forte di qualsiasi alcolico, ben più forte della logica, della
prudenza...
Almeno, in teoria, in un livello del mio subconscio che so perfettamente
seppellito sotto 6 o 7 strati di libidine.
Ma in pratica, resto distante e freddo, impudente, seguo i miei principi di
vita...
Non legarsi... mai...
... e non essere l’uomo di una sola donna...”
Dimenticò per qualche istante le vere ragioni della sua indecisione e si
concentrò su questo mezzo-pretesto, non del tutto esatto, ma nemmeno del tutto
inesatto.
”Se ammettessi, anche solo per un infimo instante, che un
“tu e io” esiste, dimenticando tutto il resto, non sarebbe questo il miglior
modo per farti soffrire? Anche eliminando i pericoli mortali che
incombono su di te restandomi accanto, resterebbe sempre il più grande.
Come hai potuto innamorarti di me? Sono certamente un magnifico uomo, ma sono
anche un killer implacabile, un essere che tiene senza dubbio più alla sua
pistola che alla sua vita... e in più anche scansafatiche, un cafone che non ti
guarda nemmeno, un uomo pronto a tutto per qualche avventura di una notte e
andarsene poi nelle prime ore del mattino...
Come può nascere una coppia da un fissato del mokkori e una pazza furiosa
armata di martelli? Come può sopravvivere? In questo nostro schifoso mondo?
Anche se il mio cuore impazzisce in tua presenza, chi può affermare che io non
ti farei subire la peggiore delle situazioni? Io stesso, dubito.
Come posso sperare che l’amore sia più forte del desiderio, del soddisfacimento
dei bisogni primari che mi contorcono le budella diventando indispensabili,
vitali. Al di là persino dei sentimenti più profondi...
La necessità di rimorchiare, di farsi tutte le donne del mondo...
Sapevi che il dolore della colpa ha qualche volta il gusto dell’esistenza?
Io cercò già di giustificare quello che sono... E’ così semplice dire «non è
colpa mia»...
Forse non è di amare che ho così paura... ma di affezionarmi e provare dolore
quando tradisco...
Perché, grazie a te, io so che non è quello l’amore. L’amore è avere qualcuno
che ti aspetta, che è capace con una parola, un gesto o un silenzio di portare
sollievo alle tue ferite, di accettarti anche senza capirti... di darti fiducia
oltre le apparenze... l’amore è lo sguardo che posi su di me quando credi che
non ti veda...
Ed io cosa ti porterò? Il desiderio violento che tu mi appartieni? Lacrime e
dolore...
Malgrado tutte le azioni delle quali non vado fiero, è la prima volta che mi
succede di disgustarmi di me stesso...”
Capitolo 12 *** Intermezzo... Parte 1: Uno strano musetto ***
Una voce infantile lo
distolse dai suoi pensieri.
»Brompsy! Brompsy!«
Aggrottò le sopraciglia. Che stava succedendo?
»Brompsy, Brompsy? Dove sei ancora?« La
lieve punta di irritazione che proveniva dalla domanda lo fece sorridere.
Una leggera pressione sulla gamba gli fece abbassare la testa. Un cane lo stava
annusando con interesse. La coda scodinzolante, sembrava alla ricerca di un
compagno di giochi.
Alla sua sinistra, una bambina di 8 anni uscì dalla boscaglia ed osservò la
scena. Era pesantemente vestita ed un berrettino multicolore la proteggeva dal
vento. Le sue guancie ed il naso era rossi a causa del freddo.
Senza esitare un solo secondo, si avvicinò a Ryo. »Ah, avete ritrovato Brompsy!«
»Credo piuttosto sia lui che mi ha trovato.« Replicò un Ryo sorpreso da tanta
audacia.
»Si, lui è sempre alla ricerca di persone con cui giocare...«
Il silenzio si installò tra questa bizzarra coppia. Brompsy
sembrava aver trovato un odore allettante e persistente su Ryo. Non staccava il
naso dai pantaloni dell’uomo.
La ragazzina gli disse con sguardo curioso.
»Cosa fai lì? Tutto solo?«
Per lo meno, non aveva paura questa bimba, lei era quasi temeraria se non
addirittura sprezzante.
»Rifletto...«
»Strano! Tu non hai l’aria di uno che riflette spesso.«
Se non fosse stato seduto, Ryo sarebbe caduto all’indietro. Ma un corvetto
tutto imbacuccato passò dietro la sua testa per esprimere il suo sbalordimento
davanti una tale osservazione perspicace... tanto più che ci aveva preso
giusto... delle riflessioni come quelle che stava facendo da qualche tempo, le
aveva avute raramente.
Lui preferì eludere la questione.
»E tu? Cosa fai qui? Non sei sola, spero?«
Lei socchiuse gli occhi come se lo stesse giudicando.
»Certo che no! Papà è rimasto indietro... Mamma ci ha buttati fuori casa... Ha
detto che le eravamo tra i piedi... ma ti dirò un segreto... credo che volesse
che ce ne andassimo per poter tirare fuori i regali...«
A questa evocazione una scintilla di gioia illuminò le sue pupille marroni.
Gli piaceva questa ragazzina. Impossibile sapere perché. Ma la sua
determinazione mentre parlava, a lui, uno sconosciuto, gli ricordava un po’
Kaori.
»I regali? Non è Babbo Natale che dovrebbe portarli se ricordo bene?«
»Sei stupido o cosa? Babbo Natale non esiste... D’altronde è una festa
cattolica e noi siamo buddisti. Ma bè, è sempre
piacevole ricevere dei regali, no?«
Aveva una brillante intelligenza inoltre.
»Già, hai ragione... Fa sempre piacere quando ci viene
offerto qualcosa.« Ripensò a Kaori ed ai regali che lei gli faceva ritualmente
in questo periodo.
»E tu, cosa riceverai per Natale?«
»Hum, non ne so niente...«
»Cosa! Non hai cercato di scoprirlo? E’ per questo che sei qui, tutto triste su
questa panca?«
»No, semplicemente è un regalo a sorpresa...«
»E’ vero, anch’io, amo molto le sorprese...«
Ryo si chiese dove potesse essere il padre... Francamente lasciare una bambina
così, senza sorveglianza... Gli avrebbe chiesto quando...
Capitolo 13 *** Intermezzo... Parte 2: Chiaroveggenza ***
Ryo assunse l’aria
di uno che era stato preso alla sprovvista, gli occhi spalancati, le guance
gonfie. Che faccia tosta aveva questa bambina...
»Ma... hum... Chi ti dice che abbia
un’innamorata?«
»Non so... Tu sei qui... solo ma non veramente, triste ma non
totalmente... e poi... « disse gettando un’occhiata
all’anello che teneva ancora in mano, »... quello non è per
te!«
Lui rise.
»Che osservatrice signorina... Perché mi hai fatto quella domanda
se già sapevi quello che le regalerò?«
»Perché tu rispondessi...«
Lui rimase un attimo in silenzio... Lei aveva centrato il bersaglio. Questa
bambina era irriverente ma era veramente perspicace. Darle una risposta chiara
avrebbe significato scegliere.
»Io FORSE le regalerò questo anello...«
»Perché forte? Non sei sicuro?... Dovrai deciderti in fretta... Natale è
domani...«
Lui lo sapeva fin troppo bene che doveva sbrigarsi a prendere una decisione...
E decise di non rispondere a questa domanda. Ad ogni modo, non avrebbe saputo
cosa dire perché una bambina potesse capire...
»No, non ne sono sicuro... Ma dimmi, ce ne mette
di tempo tuo padre per ritrovarti. Non ha paura a lasciarti così tutta
sola, la notte in un parco...«
»Si è dovuto fermare per guardare una cosa..,
Papa a volte ha la testa tra le nuvole... E poi io non sono sola!
C’è Brompsy...«
Sentendo il suo nome, il cane alzò la testa, guardò la sua
padrona e abbaiò gioiosamente.
Ryo avvicinò la testa a quella della ragazzina e le sussurò
con tono confidenziale.
»Senza volerti offendere... ma Brompsy non
assomiglia veramente ad un cane pronto a proteggerti...«
Lei iniziò una risata cristallina.
»Oh, non preoccuparti, Brompsy
non sembra... ma può essere cattivo. Comunque lui si avvicina solo alle
persone degne di fiducia... Non si è mai sbagliato... Del resto è
per questo che io ti parlo... E poi, in caso ho ancora questo...«
Lei estrasse dalla sua tasca una bomboletta lacrimogena e la piazzò
davanti gli occhi di Ryo, il dito sullo spray.
Ryo indietreggiò rapidamente.
»Ehi ferma, è pericolosa quella cosa
lì... I tuoi genitori sono matti a lasciarti con un arnese del genere...
potresti fare del male a qualche passante con quello... o anche farti male tu
stessa.«
»Ma va, non ho quattro anni... Papa e Mamma mi hanno spiegato bene che
bisogna che ci faccia molta attenzione... che lo devo utilizzare solo se
c’è un pericolo qualunque per me... o per Brompsy...«
Hum, Ryo era dubbioso di fronte l’arma della
bimba. Ma alla fine, lui non era il padre di questa bambina... E poi, lei era
talmente intrepida e piena di fiducia nei confronti delle persone, che
c’era davvero bisogno di un’arma, per quanto irrisoria fosse
quella, per proteggerla nel caso c’è ne fosse bisogno...
Credendo che lui dubitasse ancora della sua capacità di difendersi, lei
lo guardò dritto negli occhi...
»Inoltre, io non ho mai seguito uno sconosciuto... Io ti parlo, ma tu non
ti muovi, rimani seduto... allora io non rischiò niente...«
L’argomentazione era stupida, ma di fronte alla sicurezza della
ragazzina, lui non poté dire niente.
»Comunque papa o mamma sono sempre con me... E comunque, io faccio molta
attenzione e perciò non rischiò niente...«
Prima che lui potesse replicare, lei cambiò argomento.
»Allora ti sei deciso? Glielo darai o no?«
Ryo ricollegò... Ah si, l’anello...
»Non lo so, vedi... Non è poi così semplice....«
»Pouf... è quello che dicono tutti gli adulti quando non riescono
a fare una scelta... Comunque io, spero che tu glielo dia...«
»Perché?«
»Perché qualche volta offrire è più importante che
ricevere... E poi, sono sicura che tu hai un sacco di
cose da dirle...«
Ryo rimase di stucco... Questa ragazzina faceva prova di una chiaroveggenza al
limite del sopranaturale. Era lei o tutti i ragazzini erano cosi? Questa
maniera di dire la verità a sproposito.
Ma non ebbe la possibilità di interrogarsi più nel dettaglio. Un
forte rumore arrivò dai cespugli e un uomo uscì a fatica dallo
stesso cammino che la ragazzina aveva preso per arrivare.
»Insomma, eccoti qua.... Eppure te lo detto di
non allontanarti da me, soprattutto la notte...«
Lui cercò di essere arrabbiato ma era più di ogni altra cosa
felice di essere con sua figlia. Inoltre, sembrava avere una grande fiducia in
lei.... ma non la fiducia di un padre per suo figlio,
piuttosto come se lui sapesse che lei non rischiava niente, in ogni caso, non
quella sera.
Voltandosi verso Ryo, si inchinò per scusarsi.
»Spero che mia figlia non vi abbia infastidito
signore! Lei ha la tendenza a parlare molto. Attacca bottone facilmente e non
riesce a fare a meno di avvicinare le persone!... E
diventa un vero mulino di parole...«
Lui posò la mano sulla testa della bambina. Mentre suo padre parlava,
questa si era abbassata ed aveva attaccato il guinzaglio al collare di Brompsy.
Ora, strattonava i pantaloni di suo padre.
»Bè, è tardi... Possiamo
rientrare credo... Mamma avrà finito quello che aveva da fare...
Andiamo, ho fame...«
E senza avere più alcuna considerazione, né per il suo cane,
né per suo padre, né per Ryo, lei cominciò a dirigersi
verso l’uscita del parco.
L’uomo si inchinò ancora una volta, prima di seguire sua figlia.
»Vogliate scusarci ancora di avervi disturbato.« Lui le corse dietro. »E aspettami...«
Prima che sparissero dopo una curva, la ragazzina si girò e gli disse:
»Spero che ci rivedremo... Altrimenti
pazienza... E’ molto bello il tuo anello. Sai, la vita è
COMPLICATA, ma di tanto in tanto, ci sono delle cose SEMPLICI da fare...«
E lei scomparve con suo padre e Brompsy.
Ryo rimase qualche istante senza alcuna reazione. Questo incontro era stato come
un’esplosione nella calma della notte. Quella bambina non aveva paura di
niente. Era adorabile.
Abbassò la testa ed i suoi occhi incontrarono di nuovo l’oggetto
dei suoi tormenti.
” Certo che alcuni gesti sono semplici, così ovvi come tendere
la mano, ma possono sconvolgere il corso di una o più vite...
Trascorse qualche minuto
in cui i soli compagni di Ryo furono il silenzio e l’oscurità.
Stava rimuginando incessantemente su quest’idea di fare un gesto semplice verso
di lei e trasformare così il loro quotidiano... e anche il loro futuro.
Un leggero rumore gli fece sollevare la testa.
In lontananza, sotto l’alone di luce di lampione, distinse una coppia che si
inoltrava nel parco. L’uomo aveva il braccio attorno alla vita della sua amica.
La testa di lei posava sulla spalla del suo compagno.
Probabilmente si stavano recando ad una cena ed avevano deciso di accorciare il
loro tragitto passando per il parco? O, più semplicemente, si concedevano una
piccola passeggiata romantica, soli, godendosi l’uno la presenza dell’altro?
Una volta immersi nell’oscurità, Ryo li perse di vista, non sentendo più altro
che il mormorio delle loro voci.
Non gli aveva lasciati con lo sguardo un istante mentre passavano nel suo campo
visivo. Senza far rumore, gli aveva osservati, leggermente invidioso, colmo di
incomprensione e molto distaccato.
”Tu vedi tutti gli altri assieme, uniti. Ti conosco abbastanza da sapere che
tu condividi la loro felicità e che gli invidi anche.
Ti piacerebbe molto che io ti prenda a braccetto e che ti lasci appoggiare la
testa sulla mia spalla... Per quanto tu possa negarlo e affermare che io
racconto assurdità, approfitti delle minime occasioni per avvicinarti a me,
anche a rischio di vederti respinta...
Conosci i rischi e tuttavia ti ostini!
Tu desidereresti che noi formassimo una coppia! Questa entità che, il più delle
volte, non dura che il tempo di una scoperta. Non capisci che lo siamo già? Che
quello che tu desideri, in realtà, è un incontro?
Ti piacerebbe sentire delle parole che io non saprò mai dirti.
Che idiota!"
Ripensò a quella coppia. L’uomo gli era apparso pieno di vita, la donna molto
bella, anche se, in tutta onestà, di lei non aveva distinto che la schiena ed i
capelli...
Questa serata era veramente rovinata, non riusciva neanche a dimenticare i suoi
stupidi interrogativi davanti la contemplazione di una giovane bellezza... Per
la miseria...
Suo malgrado, strinse i pugni.
”L’idea stessa di vederti con un altro uomo mi fa ribollire il sangue... mi
opprime, mi ferisce. Ma so anche che non ho alcun diritto di volerti impedire
di raggiungere la felicità. Se io non sono capace di procurartela, devo
tuttavia avere la nobiltà di lasciartela trovare... anche se questa è lontana
da me. Ma avrò la forza di ritirarmi nell’ombra per lasciarti alla luce?
Temo proprio di no.
Perché io non ho voglia che tu ti allontani. Tu illumini il mio orizzonte con
la tua sola presenza. Attraverso il tuo sguardo io riscopro le cose e le
persone. Non ero cieco prima, ma il mio mondo era solo nero e bianco. Ed allora
egoisticamente ti tengo al mio fianco.
Credo che, qualsiasi cosa io faccia, non potrei mai lasciarti andare via, senza
perdere una parte della mia umanità.
Quando penso a noi, mi capita di vedere un ponte, fragile, sottomesso al vento
tumultuoso. Noi siamo un ponte tra due mondi così diversi. Al di sotto di noi,
il vuoto incommensurabile non lascia alcuna possibilità di errore. Le raffiche
lo fanno oscillare pericolosamente, minaccia di rompersi ad ogni sbandata... E’
un miracolo inspiegabile che sia ancora in piedi.
Io lo vedo e, al di là del mio stupore per la sua resistenza, mi chiedo se io
non voglia che crolli. Che finalmente i legami tra di noi si spezzino per
sempre. Che io la smetta di farti soffrire, che la smetta di farmi soffrire.
Che tutto abbia fine...
Eppure, contraddittoriamente, al mio modo di fare maldestro, mi adopero per
mantenerlo in equilibrio. Rinuncio a fare un passo in avanti perché resti
sospeso. Ho talmente paura che crolli ad un minimo cambiamento del mio
comportamento, in un senso o nell’altro...
Lo distruggo e lo ricostruisco allo stesso tempo... quanta energia spesa per
combattere contro me stesso!!!
Ma io non voglio, non voglio più restare solo nella mia sponda. Mi sembra così
tetra, così abbandonata, infestata di demoni che mi assomigliano, mi incantano,
mi persuadono che io appartengo a quella terra di desolazione. Basterebbe che
mi giri per vederli in faccia e soccombere ai loro mormorii.
Il tuo mondo non è necessariamente luminoso, privo di zone oscure, né senza preoccupazioni
e tormenti. Non manca di zone torbide, di non detti, d’inquietudini... ma ci
sei tu e questo mi basta per volerti raggiungere.
Finché questo ponte mi unisce a te, mi resta una speranza. E questa speranza
vale tutte le certezze.”
Ryo aggrottò le sopraciglia. Ponte! Terra di desolazione! Speranza! Che cos’era
questo discorso d’operetta?
Tuttavia anche se le parole utilizzate erano leggermente romanzesche,
l’immagine era azzeccata.
Non aveva mai rinnegato la sua vita passata. Non aveva mai pensato che non
fosse apprezzabile per certi aspetti. Se, certe sere, un leggero velo scendeva
a ricoprire il suo spirito, se una stretta serrava il suo cuore, lui faceva
presto a dimenticarsene in un bar qualunque. Ma incontrando Kaori, aveva capito
che si trattava di una mancanza... Paradossalmente, lei lo aveva guarito e
aveva, allo stesso tempo, amplificato questa penosa sensazione.
Da allora in poi lui aveva saputo esattamente dare una spiegazione alla
sensazione che si impadroniva di lui nel più profondo della notte: la
sensazione di esistere.
Alcuni direbbero che conoscere il nome del malessere, significa già curarlo...
ma, al contrario, l’averlo isolato lo rendeva ancora più tenace... ora lui
sapeva che cos’era, sapeva che non gli sarebbe sfuggito e che non avrebbe mai
potuto appagarlo.
Volergli rispondere avrebbe significato trascinare Kaori con lui nella sua
caduta...
Eppure, lui, più di chiunque altro avrebbe dovuto sapere che privi di gesti, i
sentimenti non servono a niente.
Rinchiusi, ci logorano all’interno, tormenti senza fine, più dolorosi di
qualsiasi ferita.
Il peso dell’anello lo
riportò alla realtà. Lo osservò con un’espressione abbattuta.
“Ma se ho acquistato questo anello, non significa che la
mia decisione è stata già presa, e questo da molto tempo? Che ho
finalmente deciso di agire e che non faccio che interrogarmi per dissimulare il
mio gesto egoista?
No, l’atto sarà sigillato solo nel momento in cui tu prenderai in mano questo
anello, solo nel momento in cui io te lo donerò. Fino all’allora, tutto è
ancora possibile... tutto e niente...
Al momento di scegliere, saprò prendere la decisione giusta? Potrei dire che
questo è ovvio, ma non è vero... La mia logica mi detta una scelta... il mio
desiderio un'altra... So quello che tu vorresti, ma è la cosa migliore per te?
Io devo proteggerti da tutto, dal mio mondo, da me ma anche da te e dalle
sofferenze del tuo cuore...
Dopo un lungo dilemma ho già ceduto e ti ho offerto l’arma di tuo fratello
rimessa a punto. Ho giurato che tu non te ne saresti mai servita, ma io non ho
l’abitudine di non affrontare in faccia la verità nel lavoro... So che quando
si ha un’arma tra le mani si finisce sempre con il servirsene, soprattutto nel
nostro ambiente.
Tuttavia, in quel momento, io cercavo prima di tutto di farti comprendere quando
tu eri importante per City Hunter, a che punto tu appartenevi a questa entità.
Mi sono rifiutato, per qualche istante, di vedere tutto quello che il mio gesto
implicava... in male. A quell’epoca, ho agito un po’ con precipitazione, non
volevo perderti.
Ti conosco Kaori. Lasciarti togliere una vita, significherebbe distruggerti.
Devo fare qualsiasi cosa perché tu resti pulita. Non perché tu sei
immacolata... con i tuoi martelli sembri più ad una furia salita dall’inferno
che ad un angelo... Ma perché la tua onestà e la tua gentilezza fanno parte
integrante della tua personalità.
E perché uccidere non è facile... o, al contrario, troppo facile... E’ dopo che
bisogna essere forti...
So, tuttavia, che tu sei pronta a tutto, anche a corromperti ed a sprofondare
per essere al mio fianco...
Tu sei come sei... ed io ti apprezzo così. Tutto... I tuoi eccessi di rabbia,
la tua gelosia, la tua dolcezza, la tua timidezza, la tua compassione, la tua
maniera di insultarmi, i tuoi martelloni esplosivi, gli slanci del tuo cuore,
il tuo carattere testardo, il tuo modo sproporzionato di svegliarmi la mattina,
la tua leggera tendenza all’avarizia, il tuo bisogno viscerale di appartenere
ad un gruppo, il tuo desiderio di tranquillità, il modo che hai di dormire di
traverso nel tuo letto, di preoccuparti per niente, di adorare fare shopping,
di nascondere le tue angosce... le tue forze e le tue debolezze, le tue qualità
e i tuoi difetti, le tue verità e le tue menzogne, i tuoi accordi e le tue
malefedi... Tutto questo si unisce per formare questo essere unico: Kaori
Makimura.
Ben al di là la promessa che ho fatto a tuo fratello, io farei l’impossibile
perché tu possa conservare tutto questo... E conosco dal principio la sola
soluzione: separarti da me... ma è la sola alla quale non so decidermi...
perché ho troppo bisogno di te, perché, ora, senza di te, non andrei avanti.
Ricadrei nelle mie erranze...
All’inizio, tu e io non eravamo che due esseri solitari che si insultavano e si
consolavano nella notte. Adesso è un’altra cosa... una cosa che io non conosco,
che non posso conoscere... una cosa contro la quale mi voglio battere... perché
la prospettiva di esserne privato mi impedisce di agire onestamente nei tuoi
confronti.
Io sapevo stare da solo, non so stare in due.”
Un lampo di durezza attraversò i suoi occhi. Come un sobbalzo contro il suo
discorso da martire. Anche se era stato completamente onesto verso sé stesso,
non l’avrebbe riconosciuto.
Se questi grandi principi di sacrificio erano veramente radicati in lui, se la
volontà di garantire la felicità di Kaori occupava davvero una grossa parte dei
suoi pensieri, c’era sempre questa isoletta inaffondabile che gli garantiva che
lei avrebbe potuto essere felice... con lui.
E malgrado le certezze che lo accecavano, niente al
mondo poteva essere all’altezza di fronte alla pura fede, quella che ti esplode
nel spirito e nel cuore, quella che non rinuncia mai, quella che costituisce la
nostra essenza stessa...
”Il pericolo è là, nascosto. Si serve della
mia incapacità di fare quello che c’è da fare per avvicinarsi inesorabilmente a
te.”
Nel suo comportamento vedeva solo egoismo e pura voglia. Non riusciva a capire
perché con lei, non poteva lasciar perdere tutto ed andarsene. Perché non gli
bastava voltare la schiena e dimenticare... per ritornare nel suo universo dove
era stato così bene in passato.
”Ancora oggi, mi
capita di avercela con te Kaori... non ti ho mai odiata ma forse detestata.
Detestata per avermi fatto scoprire un mondo di possibilità che mi sfuggiranno
sempre... di avermi mostrato che il piacere di una sera è un insignificante
assaggio di quello che potrei conoscere con te.
Allora, io cerco di appagare tutte le mie voglie per provarmi che i tuoi
appelli silenziosi non sono che delle chimere...
Metto all’opera tutta la mia lussuria per convincermi che tu sei solo una
visione impalpabile, irreale... e proibita.
Per non pensare a quello che potrebbe essere, mi annego con diletto negli
effluvi dell’alcool e del sudore, mi stordisco di piaceri facili, accessibili,
privi di un futuro.
Le donne ci sono sempre state per me, per riempire temporaneamente il vuoto che
mi alberga... piacere dei sensi, abbandono del corpo... questo mi soddisfa...
questo mi soddisfava... godimento effimero, superficiale... ma immediato.
Scambio di favori fra adulti consenzienti. Ho sempre preso solo quello che mi veniva
offerto... In che cosa questo era spregevole?
Ma tu, tu mi hai donato talmente tante cose. Le tue offerte sono quello a cui
aspiro di più!
Tu non chiedi niente in cambio. Tu mi vedi come se fossi una persona perbene.
Io! Degno del tuo amore!
Allora io baro... baro con i tuoi sentimenti... ti mento, mi mento... Sprofondo
nei miei inganni fino a renderli reali. Fuggo ogni volta che le evidenze mi
raggiungono. Ogni volta che il tuo sguardo si attarda troppo a lungo su di
me... Credevo che più correvo veloce, più riuscivo a scappare.
Ma questo anello mi fa comprendere che non si può fuggire più rapidamente della
propria ombra. Per quanto lottiamo, ognuno si porta sempre con sé i suoi
tormenti... le sue paure, le sue ossessioni e le sue speranze.
Io non ho mai avuto il coraggio di fermarmi e guardare in fondo al mio cuore.
Cuore che speravo di non possedere. Mi sembrava che sarei sempre stato capace
d’agire per me e me soltanto, senza dovermi preoccupare degli altri... mai...
Riconoscerti come «mia» socia è stata la peggiore cantonata che ti riguarda. E’
stato per proteggerti da me? O per proteggermi da te? E perché? Perché temevo
quello che avrebbe potuto instaurarsi tra di noi o perché non volevo rinunciare
alla mia vita dissoluta senza costrizioni? Alla mia caverna di Platone? Io non
volevo aprire gli occhi e, adesso, non voglio chiuderli poiché l’oscurità mi
inghiottirebbe.
Quella vita di ieri che mi tentava così tanto, mi sembra oggi così priva
d’interesse... se non quello di riflettere un’ombra della tua luce...
Non prometterti nulla, questa è la più grande forma di onestà che possa
offrirti... non prometterti nulla... se non che tu sarai sempre al mio fianco,
dietro la mia spalla anche nei più profondi abissi della mia anima, anche se ti
respingo lontano... tu sarai sempre presente... con me... più che la mia
coscienza... sarai la mia speranza, la mia ultima carta... Qualsiasi cosa
faccia! Dovunque io sia! Qualunque siano le mie fatiche e le mie gioie!
Questa è l’unica verità che posso dirti, ma è la sola che non devo rivelarti.
Come si può avere talmente bisogno di qualcuno senza perdere se stessi?”
La schiena si era leggermente incurvata, come se il peso della sua decisione si
esprimesse fisicamente. I suoi occhi riflettevano una velata tristezza. Aveva
capito che, qualunque fosse stata la sua decisione, avrebbe dovuto vivere con
il senso di colpa.
Ed anche se non ignorava la soluzione più logica, tutto il suo essere si
rifiutava. Non poteva abbandonare Kaori.
”Non so che fare... Gettare i miei dubbi nella spazzatura? Ma non sarebbe la
prova più flagrante della mia debolezza, della mia incapacità, della mia
impossibilità a donarti quello che tu aspetti realmente da me...
Devo buttare questo maledetto anello il più lontano possibile... riprendere
come se niente fosse, come se questa parentesi non sia dovuta che all’atmosfera
del Natale. Ricominciare con Kaori come ieri. Qualche parola dolce per
scacciare di tanto in tanto questa oppressione che mi soffoca? Mitigare
centinaia di parole offensive... Perché no dopotutto?
È il mio comportamento naturale, non riesco a sbarazzarmene. Farti soffrire
sembra essere un componente del mio essere. Potrei dire che si tratta di una
corazza perche tu non mi raggiunga, ma questo è falso... sono semplicemente
io... uno povero sweeper, un assassino che conosce solo il dolore... un essere
umano che lotta contro le proprie contraddizioni per continuare ad andare
avanti, che esita tra la paura di soffrire e quella di essere solo!
Eh già, io non sono che un essere umano... malgrado quello che cerco di
dimostrare... un povero umano...
Non lo siamo tutti? Anche tu, non sei sballottata tra questi due scogli?”
”Ritorniamo sempre
allo stesso problema. Non faccio che girare in tondo per cercare di prendere
questa decisione.
Nessuna delle opzioni considerate è accettabile. So bene che nessuna scelta è
veramente soddisfacente nella vita. Qualunque cosa facciamo, tradiamo una parte
di noi, abbandoniamo una parte delle nostre illusioni dietro di noi, accettiamo
una parte d’indegnità. Più la decisione è importante, più la parte detestabile
è consistente e difficile da sopportare...
Ogni tappa superata ci chiude le porte delle possibilità.
Quel gusto amaro che ci prende anche dopo le gioie più grandi.
I fatti restano tuttavia incontestabili. Non si preoccupano né di quello che
potrebbe essere, né di quello che vorrebbe essere, ma di quello che è!
Un sorriso ironico prese forma sul suo viso.
”Guardate il killer numero 1 del Giappone, l’uomo più temuto dalla
malavita... colui che è capace di diffondere vita e morte come del volgare
sushi... Incapace di attenersi ad una decisione. Non è neanche patetico, questo
è ridicolo...
Ma di noi due Kaori, chi è il più forte? Quello che è impotente di fronte ad
una scelta, che non smette di tergiversare, di trovarsi delle buone scuse per
non cambiare niente, che si difende interpretando l’indifferente? O quella che
osa sfidare il destino per credere in noi e per continuare a lottare?
Se mi avvicinassi a te, io diventerei meno forte, allora come potrei mantenere
la mia promessa e proteggerti... Sarei responsabile della tua morte... Se ti
legassi a me, finirei per distruggerti... poco a poco...
Se resti in questo ambiente che ti disgusta, non è che per me e per me
soltanto. Lo so bene.
Allora tu morirai... morirai per colpa mia... Come potrei perdonarmelo? Come
potrei perdonarti di avermi abbandonato? Come non diventare un’anima colma di
amarezza e di vendetta contro tutti, contro me, contro te. Come non rinnegarti
persino nella morte?
Se mi allontano, ritroverei la mia serenità, la mia implacabilità, ma a cosa mi
servirà? Se non c’è nessuno per guidarmi. Ho bisogno di te, altrimenti non
sopravviverò a lungo. Io sono il miglior sweeper, è vero, ma il vuoto della mia
anima diventerebbe presto un handicap troppo considerevole.
Ad un certo punto, per vivere, bisogna più che non temere la morte... non
bisogna più temere la vita...”
Per Ryo, ammettere, anche solo a sé stesso quello che provava per Kaori,
significava indebolirsi. Ed indebolirsi nel suo mondo, significava morire...
”E se io cado, tu cadi...
Se tu resti al mio fianco, il bisogno di te mi è doloroso e la fine già
scritta... Niente la potrà cambiare, neppure le tue convinzioni e la tua
speranza.
Se riesco ad allontanarti, la tua assenza sarà sofferenza ma la fine diversa...
Non sarai più un bersaglio...
Quindi la decisione sembra essere già presa! Quest’anello non è che un inganno,
un’ultima illusione che ho desiderato nutrire... Non ci sono scelte da fare se
tengo tanto a te quanto voglio far credere!
Fin dal principio non c’èra che una sola opzione!
Eppure, non ci riesco! Perché???
Perché non sono un eroe... perché il mio piacere, il mio desiderio viene prima
della tua sopravvivenza. Perché non so prendere in conto la realtà. Perché non
sono che io...
Sollevo la testa e contemplò la volta celeste. Le nuvole si era un po’
disperse. Sopra di lui, qualche stella luccicava nel firmamento...
Si sorprese a pensare che la concretezza di queste straordinarie palline di
fuoco non occultava la loro poesia intrinseca e la
loro capacità di tranquillizzare lo spirito. Come in tutte le cose c’era una
parte illuminata ed un'altra nell’ombra... a dei livelli più bassi senza
dubbio, ma sempre presenti.
”Non posso dirlo Kaori, scusami.
Non posso neppure pensarlo.
Io ti amo... queste tre parole scorrono sotto la mia lingua... e non provocano
assolutamente niente... Non hanno alcun significato, salvo quello di essere un
tranello per le ragazze... Delle parole per me così banali quanto
“io mangio”... a maggior ragione perché non rappresentano niente... Se te le
mormorassi, non avrebbero lo stesso significato per te che per me. Donartele,
significherebbe ingannarci entrambi... perché non ci sarebbe nessuna sincerità...
Non è che l’amore non si possa esprimere a parole... E’ che io non sono sicuro
di quello che sento veramente...
Desiderio? Voglia? Bisogno? Sofferenza e rifiuto... L’amore non dovrebbe
sembrarmi così... Non dovrei pormi così tante domande... Non dovrei avere così
tanta paura per te... avere così tanta paura di te... La fiducia assoluta che
ho in te non ha che una sola restrizione: ti precludo i miei sentimenti. Quando
tu meriti l’amore più autentico...
No! Tu meriti semplicemente qualcuno capace di darti quello che tu aspetti e
temo che quel qualcuno non sia io...
Kaori, io non posso che donarti quello che sono...”
Nel vento, delle voci sembravano bisbigliargli all’orecchio: lei perirà.
”Già, queste parole mi evocano una realtà.
Neppure possibile; ineluttabile. Ogni volta che ho creduto di potermi
finalmente rivelare, sono venuti a imporsi a me dei tali bastioni. E sono
sempre riusciti a convincermi dell’ignominia dei miei gesti... ignobili perché
mettevo i miei desideri davanti la tua sicurezza... Eppure è l’unica cosa alla
quale io tengo...”
Ryo contemplò qualche istante le sue mani. Larghe, muscolose, forti...
”Queste mani che, tante volte, hanno applicato la sentenza
delle armi. Tante volte hanno fatto quello che doveva essere fatto
e tante volte hanno fatto quello che non doveva essere fatto...”
Strinse i pugni ed inveì a sé stesso:
”Sono un vigliacco... Un vigliacco a credere che faccio
tutto questo per te, quando invece lo faccio per me... perché ho semplicemente
paura... la paura più stupida dell’universo... la più comune... io, l’uomo
eccezionale, il killer senza pietà... la paura di tutti... di ognuno... quella
di condividere... Poiché ho sempre in me il desiderio di vivere come prima, non
voglio rinunciare a quello che ho, ecco tutto...
Rinunciare, credere e, alla fine, perdere tutto...”
Involontariamente, guardò l’ora...
21.30h
Si alzò di scatto.
Era rimasto su quella dannata panchina due ore e mezza... non c’era da stupirsi
che cominciasse ad avere freddo... Kaori lo avrebbe scannato. Le aveva detto
che sarebbe andato semplicemente a prendere un po’ d’aria ed era rimasto via
quasi tre ore a rimuginare come uno povero sventurato.
Rimise l’anello nella sua scatolina e richiuse il coperchio. Il rumore secco
che fece sbattendo suonò come una sentenza nel silenzio.
Ficcò il tutto in fondo alla sua tasca e filò a tutta velocità verso il loro
appartamento.
Bisognava che trovasse una buona scusa per giustificare la sua assenza! Ragazze
dei bar? Troppo facile... Giro dei suoi informatori? Non gli avrebbe creduto...
Tentativo di trovarsi un seno prosperoso compassionevole per Natale? Avrebbe
funzionato... ma non aveva voglia di cominciare la vigilia direttamente con un
attacco contro Kaori... Giro dei locali fra vecchi compagni di bar? Perfetto, a
questo avrebbe creduto senza problemi...
Quando aprì la porta del
loro appartamento, rimase sorpreso.
Niente! Nemmeno il buon profumino di cibo venne a stuzzicargli le narici!
Normalmente, a quest’ora tutto avrebbe dovuto essere pronto... Kaori adorava
cucinare e la vigilia di Natale era un’occasione da non perdere per esercitare
i suoi talenti in questo campo. Di solito cominciava relativamente presto e
preparava abbastanza piatti perché durassero fino al cenone dell’ultimo
dell’anno.... In quei momenti, l’eccellenza della sua
cucina era indubbia...
Riflettendoci più a lungo, Ryo si rese conto che non l’aveva mai vista
completamente assorta dai suoi libri di cucina quest’anno. Si preoccupò subito!
”Spero che non abbia deciso di seguire la moda delle rosticcerie!!! Adoro i piatti che prepara, io! Peuh,
mi meraviglio di lei... Ad ogni modo, ho speso il nostro ultimo compenso per
tirarmi su il morale per non avere potuto concludere con la cliente!!!”
Con passo rapido, si diresse in cucina. Doveva fare luce su questa faccenda.
Niente cibo per la vigilia! Che cos’era ancora questo brutto scherzo? Una
rivolta? Peggio una rivoluzione?
Nella stanza, notò che il tavolo era ricoperto di pietanze. Ma non si trattava
dei piatti tradizionali. In realtà, erano soprattutto tartine e dolci.... Come
se tutto fosse previsto per un dopo-cena ad una festa... Quanto tutti avevano
ben digerito e l’appetito ricompariva.
Aggrottò le sopraciglia.
Gli era sfuggito qualcosa?
E poi, dov’era Kaori?
Afferrando una dozzina di tartine che infilò in bocca con la grazia di un
ingordo sul punto di morire di fame, si diresse verso le scale, con lo scopo di
trovare la sua socia.
Tuttavia, non ebbe nemmeno da salire al primo piano. Quando mise il piede sul
primo scalino Kaori apparse in cima alle scale.
Questa avrebbe potuto passare per la scena di una commedia romantica. L’uomo ai
piedi della scala e la donna, graziosa, fiera in cima, superbamente vestita. Il
tempo che si ferma, gli occhi che si cercano, si incrociano e alla fine si
trovano!
Si, avrebbe potuto passare per questo! Dal momento che Kaori era in effetti
perfettamente vestita. Indossava un lungo abito da sera nero, con un generoso
spacco che risaliva fino in cima alla coscia. Il taglio era classico, ma il
velluto nero offriva dei riflessi argentati sotto la luce artificiale. La parte
alta del bustino si declinava in un’incantevole scollatura che lasciava le
spalle nude. Una sottile collana circondava il suo collo delicato. Si era
leggermente truccata, cancellando i suoi qualche difetti e valorizzando i suoi
numerosi atout, in particolare i suoi meravigliosi occhi.
L’abito aderiva alla perfezione alle sue forme e Ryo avrebbe avuto qualche
difficoltà ad avere da ridire sui suoi fianchi questa volta.
Lei non era splendida... Era una giovane donna certamente molto carina, con un
fascino assolutamente imprescindibile e tanto più incantevole degli abiti che
la valorizzavano, ma lei non era una dea scesa sulla terra per far girare la
testa degli uomini... Nonostante tutto, la persona che la contemplava, era un
innamorato che non sapeva di esserlo... E guardare l’oggetto dei suoi desideri
lo rendeva mille volte più attraente e perfetto.
”Magnifica!!! Kaori come puoi essere così bella?”
Il peso dell’anello nella sua tasca gli ricordò il suo benestare. Era
un’occasione da non perdere...
Deglutì con difficoltà e finì di inghiottire il resto delle tartine che aveva
in bocca... Questo o strozzarsi...
Stava finalmente per dire qualcosa... ma Kaori, cieca all’emozione che aveva
provocato, fu più rapida. Quegli occhi, un istante prima così dolci, si misero
a lanciare fulmini.
»E’ inutile fare quegli occhi... So bene che sembro ad un sacco di patate! Se
sapessi come mi sento a disagio vestita così! Non avrei mai dovuto lasciare a
Miki scegliere i miei abiti per questa sera!«
Ryo si riprese in extremis prima che delle parole troppo, davvero troppo
compromettenti gli sfuggissero di bocca!
L’istante magico stava per scomparire. Fu ferito nel sentire una vocina che gli
bisbigliò ”Salvato”. Ferito perché era proprio la sua...
»Un sacco della spazzatura piuttosto, visto che l’abito è nero...«
Un lampo di tristezza, che a lui non sfuggì, passò nello sguardo della sua
socia. Senza dubbio le sarebbe piaciuto che lui le dicesse “Ma no, sei
incantevole vestita così...” Anche se per lei, questa sarebbe stata una
menzogna... Avrebbe desiderato che Ryo, per questa volta, le mentisse....
”Avrei davvero voluto dirtelo Kaori... ma l’occasione era troppo
invitante... Ed io, troppo scombussolato dalla tua apparizione”
Non le lasciò il tempo di replicare e ne approfittò per chiedere dei
chiarimenti.
»Comunque, vuoi spiegarmi cosa ci fai infagottata così? Già accetto che
trascorriamo la vigilia assieme, che addobbi per l’occasione l’appartamento...
Ma non dirmi, che in più, questa volta dobbiamo travestirci? Scusami ma, questo
giro, ti ridicolizzerai senza di me!«
Sapeva bene che ognuna delle sue parole faceva soffrire la donna. Vedeva una
fredda collera invaderla poco a poco... Ma, grazie ad uno sforzo su sé stessa,
lei riusciva a mantenere la calma.
»Te ne sei dimenticato? Oh bene, sei già troppo ubriaco per ricordarti di
quello che dobbiamo fare questa sera?«
No, non lo sapeva. La guardò con un’aria attonita.
Lei riprese irritata.
»Quest’anno, Miki ha desiderato organizzare “qualcosa di nuovo” per Natale...
E’ riuscita a trovare per tutti noi un biglietto per la serata al “Spiritof Saint Louis”, il locale
più di classe della città... Hai accettato di venirci una settimana fa...«
Si ricordò più o meno dell’episodio... Sfortunatamente, aveva dimenticato a
quale scusa aveva pensato per sottrarsi a questo obbligo!
»Già, adesso mi ricordo... E allora, che cosa centra questo con dei costumi da
pinguini?«
»Questo centra perché è una serata “elegante”... e quando si dice “elegante”
questo non vuol dire che bisogna giusto avere della biancheria intima
adatta...«
L’allusione sarcastica non gli sfuggì... Si chiese, se, dopotutto, non avrebbe
dovuto dirle che era bella...
La sua collera contenuta lo preoccupava tuttavia... Ma in quel preciso istante
si ricordò della scusa che aveva messo a punto!
»Certo, certo! Ma, mi dispiace. Non posso venirci... Eh si, non ho lo
smoking... Ahh che peccato!!!!«
Si stava già chiedendo se avrebbe iniziato con il vedere “Giovani infermiere 3”
o “Sole in mare 8”... che il sorriso diabolico di Kaori gli sfuggì...
»Oh, non preoccuparti per questo!!! Ho previsto tutto, sono passata da Eriko
che ha accettato volentieri di prestarmi uno dei suoi modelli. Mi ha assicurato
che era della tua taglia.«
Maledizione! La sua via d’uscita si stava chiudendo proprio davanti al suo
naso. Lui che detestava questo genere di serate, avrebbe dovuto sciropparsene
una in pompa magna! Tutte le sue sciocche scuse stavano andando in fumo... e
questo non sistemava affatto la questione...
»Ascolta Kaori, sai molto bene che non posso... come dire... prendere una
serata di libertà così... Io sono lo sweeper n°1 del Giappone, lo sai... Gli
obblighi, i doveri... Devo sempre essere disponibile nel caso in cui mi si
presenti un incarico... Sempre pronto ad intervenire... Non è che perché è
Natale una bella cliente non possa venire a bussare alla porta affinché io la
protegga!«
Era relativamente fiero della sua nuova scappatoia. Sicuramente, su questo,
Kaori sarebbe rimasta in silenzio...
Purtroppo, lei lo conosceva troppo bene!
»Uno scout sempre pronto, a quanto vedo!«
Lei cominciò a scendere gli scalini, con una grazia che per poco non lo fece
venir meno. Passando al suo fianco, lo sfiorò senza nemmeno rendersene conto,
lasciando al suo passaggio il leggero sentore del suo dolce profumo.
”Anche il tuo odore comincia a farmi reagire... Questo profumo così
semplice... Un tocco di femminilità ma nessuna volontà di importi.... In
leggerezza...”
Senza guardarlo, la donna gli disse:
«Smettila di trovare delle scuse e va a vestirti... Arriveremo in ritardo! Miki
non c’è lo perdonerà...»
Si rese conto che lei non sarebbe ritornata sulla sua decisione. Sospirò...
Bah, tanto valeva fare buon viso a cattiva sorte...
»Dimmi almeno chi sarà presente?«
»Miki, Falcon, Kazue e Mick... Reika e Saeko hanno detto che passeranno forse a
fare un giro...«
Ci sarebbe stato dunque modo di tormentare questi signori e di rimorchiare le
due bellezze! In poche parole non sarebbe stata una così tanto brutta serata
questa... senza contare le altre invitate... tutte quelle donne che non
aspettavano che l’arrivo dello stallone di Natale!!! (ndA:
adatta il sopranome alle circostanze!).
Stimolato dalla prospettiva degli incontri amorosi, salì rapidamente gli
scalini. Arrivato in cima, senza voltarsi, interpellò la donna...
»Kaori, a proposito del tuo vestito, sai...«
Lei si girò, un’indefettibile speranza nelle sue pupille... Forse stava per
dirle che...
»Non fare dei passi così grandi, si vede tutta la coscia e non è proprio
gradevole da vedere. Se speri di trovare un uomo questa sera, cerca di
comportarti da donna...«
Lui chiuse gli occhi, maledicendosi di aver osato dirle una casa del genere. Ma
che volete? Non ci riusciva... Aveva talmente paura di quello che avrebbe
potuto dirle... talmente paura di non riuscire a fermarsi... talmente paura di
prendere la decisione sbagliata. Ma dall’altro lato, adorava farla infuriare.
Così, era sicuro che lei tenesse a lui.
Si diresse rapidamente verso la sua camera... ma, ricevette, tuttavia, una
piccola martellata in testa, accompagnata da una voce decisamente in collera...
»Ryo Saeba non sei che un porco... Ho cercato di trattenermi perché è Natale,
ma questo è troppo!!! Spero che le sole persone sulle quali farai colpo questa
sera siano dei grassi uomini calvi che ti scambino per un effeminato!!!«
Mentre il suo socio
“filava” a cambiarsi trascinando i piedi, Kaori si diresse verso il salone. Si
sarebbero ancora fatti notare arrivando in ritardo!
Indubbiamente, Ryo avrebbe affermato che la colpa spettava alla sua socia!
Era rimasta stupita del fatto che lui avesse dimenticato questa serata:
occasione ideale per rimorchiare. Gli era persino sembrato seccato di dover
uscire questa sera. Poteva darsi che avesse voglia di restare con lei per la
vigilia?
Di fronte l’incongruenza del suo pensiero, Kaori non riuscì ad impedirsi di
sorridere.
”Se questo fosse vero, allora potrei credere al miracolo di Natale... O c’è
qualcosa che deve farsi perdonare!!!”
Il delicato sorriso che aveva cominciato ad illuminare il suo volto si cancellò
rapidamente...
Quanto meno, le osservazioni che lei aveva appena dovuto subire!
Aveva talmente desiderato sentire una parola dolce... un complimento anche
minuscolo. Ma questo non era stato il caso. Del resto non era mai il caso... o
troppo raramente per i suoi gusti...
Eppure, anche se lei non era una splendente top model,
doveva proprio riconoscere che l’abito modellava perfettamente le sue forme.
Adepta di aerobica, la donna aveva un corpo magnifico. Contrariamente a quello
che poteva dire il suo socio, Kaori era bella, secondo i criteri attualmente in
voga... E perfettamente femminile. Il suo taglio di capelli corto ed spettinato
affinava il suo viso dai tratti così dolci.
Senza falsa modestia, Kaori sapeva di essere bella con quel abito, scelto con
l’aiuto di Miki. Per questa serata eccezionale, aveva desiderato vestirsi
diversamente, fare qualcosa di speciale, non necessariamente per Ryo, prima di
tutto per sé stessa. E l’ultima volta che si era guardata allo specchio, aveva
trovato il risultato piuttosto soddisfacente! Fino a quanto non si era
ritrovata faccia a faccia con Ryo sulle scale.
”Quest’uomo è incapace di esprimere la minima gentilezza nei miei
confronti!”
Kaori sapeva perfettamente che non credeva ad una sola parola di quello che
aveva appena affermato. Era arrabbiata, frustata che non succedesse mai niente
tra di loro... Ognuno doveva ritenersi felice delle mezze-parole scambiate,
degli sguardi furtivi, delle semi-dichiarazioni. La donna conosceva tutte le
“buone” ragioni che giustificavano questo comportamento. Dalle più nobili fino
alle più egoistiche... Ma certe sere il dubbio la prendeva alla gola,
soffocante molto più di una mano che ti strozza: la amava veramente?
Qualunque fosse la risposta, lei restava con lui, indubbiamente. Era più forte
di lei! Il suo attaccamento per lui andava ben oltre una semplice relazione di
cuore! Ne aveva talmente paura talvolta... Temeva di vivere attraverso lui...
Temeva di metterlo in pericolo a causa del suo amore...
Ma, nonostante i suoi dubbi, nonostante tutte le ragioni, lei sperava solo una
cosa: conoscere un giorno la felicità tra le sue braccia.
Ammetteva che questo era puerile, infantile e senza nessuna speranza, ma era
cosi!
Immersa nei suoi pensieri, Kaori fece il giro del salotto per la terza volta,
rimettendo apposto qui e là, qualche oggetto leggermente fuori posto. Detestava
aspettare... anche se questo era quello che faceva da 8 anni...
I suoi occhi lanciavano fulmini. Cominciava ad innervosirsi, tanto contro sé
stessa quanto contro lui.
”Innamorata di un donnaiolo, di un perverso il cui passatempo è derubare
culottes, il cui sogno “ultimo” è di “dare una botta” a tutte le donne del
Giappone, senza neanche pensare a tenere conto dei loro sentimenti! Devo
veramente essere stupida!”
Infastidita, si lasciò cadere sul divano. Incrociando e disincrociando le sue
lunghe gambe, gettava delle frequenti occhiate verso la porta!
”Ci mette un tempo pazzesco a cambiarsi! Senza dubbio vuole essere perfetto
per poter sedurre la nostra cameriera o la sua vicina di tavolo!”
Afferrò il telecomando e fece un giro completo dei canali. Ovviamente dopo due,
tre zapping completi, dovette arrendersi all’evidenza. In questa vigilia di
Natale, nessun programma televisivo valeva la pena. A rigor di logica, ognuno
doveva passare questa serata con quelli che amava. Insomma, in teoria, nei
film...
”Non devo arrabbiarmi questa sera. Devo restare calma. Devo passare una
bella serata con Miki, Mick e gli altri... Non se ne parla neanche di dare a
Ryo l’occasione di darmi dell’isterica! Però, se osa importunare una sola
donna, il martellone «speciale» sarà la sua unica ricompensa.”
Per stanchezza, spense il televisore. Non c’era proprio niente.
Con un gesto automatico, tese la mano e afferrò una rivista tra quelle che erano
sparpagliate sul tavolino del salotto.
Quale non fu la sua sorpresa quando scoprì che aveva tra le mani una delle
riviste porno di Ryo!
«Come è finita qui!? Non smetto di buttarle nella spazzatura. Controllo sempre
tutti gli angoli in cui lui potrebbe imboscarle! E tuttavia, inesorabilmente,
le ritrovo dappertutto per la casa.»
La guerra incessante che giocavano attorno alle riviste “maschili” di Ryo
volgeva d’altronde più verso la commedia che altro.
Logicamente, Kaori avrebbe dovuto gettare via con aria di disprezzo quello che
teneva tra le mani. Non era certamente scioccata dall’esistenza di simili
riviste... Semplicemente non capiva come potessero eccitare in quel modo gli
uomini con quelle foto, in particolare il suo socio. Senza contare che lei non
riusciva ad impedirsi di pensare che c’era qualcosa di avvilente in alcune di
quelle immagini...
Eppure, di fronte alla sua noia profonda mentre aspettava il benestare del suo
partner, aprì l’oggetto di tante attenzioni da parte di Ryo. Sfogliandolo,
senza veramente concedergli una grande attenzione, si fermò ugualmente sulla
pagina centrale. Fece ruotare la rivista per “contemplare” in grande la foto.
”Certo che questa ragazza è bellissima.”
Kaori gettò un’occhiata al proprio décolleté.
”Anche con un reggiseno imbottito al massimo, non potrei mai dare
l’illusione di avere un seno così prosperoso...”
Sospirò leggermente delusa di non essere all’altezza di quello che lei pensava
Ryo volesse. Dall’altro lato, poteva proprio andare al diavolo! Sembrava
obnubilato solo dal fisico! Come tutti gli uomini del resto, malgrado quello
che potevano lasciar credere.
”Quanto alla posizione che assume, è certamente sensuale... ma senza un buon
chiroterapeuta per sbloccarla dopo, c’è un ampio rischio che non possa
soddisfare la minima fantasia...”
Kaori si immaginò in una posizione simile. Un sorriso triste apparse sulla
commessura delle sue labbra.
”Assurdo! Ryo ha proprio ragione a prendersi gioco di me! Ridicola,
patetica...”
Innervosita, ben oltre la logica, contro gli uomini e le loro inclinazioni
perverse, chiuse la rivista, e la arrotolò.
Poi si alzò, ben decisa a spedire quella robaccia nel solo posto dove meritava
di presenziare: la pattumiera.
Passando davanti le scale, si fermò di colpo. In cima, c’era Ryo. Aveva appena
finito di vestirsi e si accingeva a raggiungerla in salotto.
Per la seconda volta nella serata, le scale furono il teatro di una scena delle
più poetiche. Ma questa volta i ruoli erano invertiti. Era Kaori che si trovava
in basso e Ryo che sovrastava la sua socia.
Aveva infilato lo smoking prestato da Eriko. La stilista non si era sbagliata.
Era proprio la sua taglia. Sembrava che l’avesse creato pensando a lui.
Kaori rimase ammutolita dallo stupore.
”Mio Dio, se non è bello.”
Sfoggiando un’espressione seria, Ryo avrebbe potuto far cedere chiunque in quel
momento. Kaori ignorava come alla sua amica fosse riuscita questa impresa, ma
lo smoking del suo socio sembrava emettere gli stessi riflessi scuri e
scintillanti degli occhi dell’uomo che la squadrava. Ma la donna lo conosceva
troppo bene. Nel suo sguardo, poteva ad ogni modo distinguere quel piccolo
bagliore di sofferenza, sempre presente, quello che lei avrebbe talmente
desiderato saper far scomparire.
Si emanava da quest’uomo, un fascino ed un carisma non molto frequente e un
piccolo qualcosa che solo Kaori poteva percepire. Quel piccolo “più” che lo
rendeva unico ai suoi occhi, che andava oltre le apparenze per incontrare il
vero Ryo Saeba.
Se non fosse già stata innamorata di lui, lo sarebbe stata istantaneamente.
Lei rimase così, sbalordita, incapace di staccare gli occhi da quell’immagine.
Tuttavia le sarebbe proprio piaciuto non restare così. Sapeva di esporsi ad
un’osservazione acerba da parte di Ryo. Era stupita che lui non avesse ancora
detto niente.
La mancanza di reattività di Ryo arrivava dal fatto che anche lui era sorpreso
allo stesso modo di vedere Kaori lì. La immaginava a pazientare – brontolando –
nel salotto. Lui aveva previsto di fare una breve paura prima di penetrare
nella stanza per riprendere contegno e prepararsi a rivederla vestita in quel
modo.
Ne rimase nuovamente affascinato.
”Non c’è niente da fare, c’è l’ho nel sangue... Eppure avrei talmente voluto
che questo non fosse il caso. Tutto sarebbe più semplice per tutti... E per me
per primo. Una partner... tutt’al più un’amica... Io sogno di gustare la sua
pelle... Ma cedere alla tentazione, significherebbe creare un sacco di problemi
insolubili e significherebbe farla soffrire.”
Anche se la trovava incantevole così vestita, si sorprese a pensare che
l’apprezzava ancora di più al naturale... in jeans con un maglietta... quella
era veramente la donna che conosceva. Così vestita, in abito da sera, era
egualmente spendente, ma era differente, come un costume, una maschera.
»Allora in ammirazione davanti questo splendido spettacolo della natura?
Confesso che stavo quasi per invaghirmi di me stesso se non fossi 100%
eterosessuale! Non sognare Kaori, mai potrai avere la mia classe!«
L’osservazione sarcastica scacciò il turbamento che si era impadronito della
donna. Lei allora allontanò rapidamente lo sguardo.
»Peuh! Meglio essere sorda che sentire questa
stupidaggine!!! No, in tutta onestà, stavo proprio notando che il nodo nel tuo
papillon non è dritto.«
Ci aveva preso giusto. Quel benedetto accessorio gli stava già bloccando la
circolazione al collo. Sognava già l’istante in cui avrebbe potuto toglierlo e
l’aveva già tirato tre volte per allentarlo. In ogni caso, vestito da sera o
no, non l’avrebbe tenuto addosso a lungo.
»Ovviamente, tu credi che sia facile mettere questo coso? Normalmente spetta ad
una donna passarlo attorno al collo dell’uomo! Ma dove vuoi che io trovi una
donna qui???«
»Imbecille!«
»Ah è vero... Ti avevo dimenticato... Che vuoi, assomigli talmente poco ad una
donna che questo qualche volta mi esce di mente. Vuoi cercare di sistemarmelo?«
Lui sorrise ironicamente alla propria battuta. Cercava di farla cedere.
Kaori si imporporò leggermente.
Non era particolarmente dotata per i nodi delle cravatte e dei papillon.
Hideyuki si vestiva raramente con degli accessori e, la maggior parte delle
volte, se la cavava abbastanza bene senza alcun aiuto... Perché le donne
dovevano sempre saper fare quei maledetti nodi? Era genetico?
Ma se gli rispondeva che non sapeva farli (cosa che lui non ignorava), avrebbe
colto al volo l’occasione per prendersi gioco di lei e mettere in dubbio la sua
femminilità.
»Non c’è ne motivo... Non avremo neanche il tempo di entrare nel ristorante che
tu l’avrai già tolto e ficcato in tasca...«
Lui fece una piccola smorfia. Aveva ragione ancora una volta. Per certi
aspetti, lo conosceva meglio di chiunque altro.... quasi meglio di sé stesso...
”Come una donna conosce l’uomo che ama?” Non ci voleva pensare... Questo
implicava troppo cose in merito al suo comportamento nei suoi confronti degli
ultimi anni.
»Confessa soprattutto che hai paura che ti faccia ombra... Sono talmente
irresistibile... Sento che Babbo Natale sarà molto generoso con il piccolo Ryo
quest’anno!!!!«
Dallo sguardo osceno, dalla bava che sgocciolava dalle sue labbra e soprattutto
dal mokkori che reagiva fieramente all’idea, Ryo non faceva certo riferimento
al cioccolato o alla pasta di mandorle.
»Maniaco!«
Kaori non trattenne più oltre la sua collera ed il suo disgusto. Gli lanciò la
prima cosa che trovò a portata di mano: il giornaletto porno. Rimbalzò sulla
testa di Ryo e quest’ultimo lo recuperò con una mano.
Guardando il titolo, esclamò: »L’hai ritrovato Kaori! Lo cercavo da due
giorni... Che fortuna!«
Deciso ad approfittare del suo ritrovamento, si allontanò dalle scale e
cominciò a dirigersi verso la sua camera.
Allarmata, Kaori gli rivolse la parola gesticolando per attirare la sua
attenzione.
»Ehi Ryo, ti ricordo che siamo già in ritardo... Ricordi? Vigilia di Natale? Il
Spirit? Miki e Falcon?... Questo ti rievoca
qualcosa?«
Senza rallentare e per metà già perso nella contemplazione di un articolo la
cui importanza non sfuggiva a nessuno, l’uomo borbottò.
»Bah, siamo già ben in ritardo... Lasciarmi cinque minuti... Gli diremo che ti
stavi truccando... E visto il lavoro, ci crederanno tutti...«
»Ryyyyyyyyyyyyo!!!!«
Questa esclamazione fu sottolineata da un rumore che fendeva l’aria.
L’uomo fu agguantato per il collo da un rampino lanciato dalla sua socia. Con
un gesto brusco, lo tirò verso di lei e Ryo scese di volata le scale sul
sedere... E terminò la sua corsa ai piedi di Kaori.
Si tirò su gemendo e strofinandosi il didietro...
»Non sei affatto dolce per essere una donna! Snif...«
Lei si chinò verso di lui e gli sussurrò senza tenerezza.
»Ah, sono una donna adesso... Dovresti deciderti alla fine... Ad ogni modo, tu,
preferisco avvisarti subito... Hai alquanto l’interesse a comportarti come si
deve questa sera... perché Spirit o no, porto con me
i martelli...«
»Perché sei sempre così con me? Non potresti essere gentile qualche volta...«
piagnucolò.
»Io sono come bisogna essere per calmare i tuoi ardori...« E aggiunse con una
voce triste e appena udibile. »E tu, non puoi dare prova di gentilezza verso di
me qualche volta?«
Ryo la sentì perfettamente. Ma che poteva rispondere?
Allora scelse un diversivo. La preferiva in collera piuttosto che triste.
Chiese con la sua aria da bambino piccolo:
»Ok, ok... Posso comunque portare la mia rivista nel caso in cui mi annoi?«
Lei sospirò lentamente...
»Smettila di provocarmi e va a prendere il tuo soprabito...«
Eriko le aveva fornito anche uno dei suoi ampi soprabiti neri che a Ryo
andavano molto bene. Fortunatamente! Altrimenti, senza dubbio, sarebbe stato
capace di indossare il suo sempiterno impermeabile grigiastro...
Da un certo punto di vista, ci aveva guadagnato. Poteva così nascondere la sua
rivista in una delle immense tasche interne.
Kaori, quanto a lei, indossò solo una leggera giacca attillata per coprire le
spalle durante il tragitto.
Finalmente pronti, scesero nel garage. Ryo si avvicinò alla mini.
»Vuoi guidare?« propose innocentemente.
»Con questo abito, tu scherzi spero?«
»Beh in realtà, speravo di poter approfittare del tragitto per portarmi avanti
nella mia lettura...«
»Dovrai rimandare questa appassionante occupazione a più tardi...«
Lei aprì la portiera del suo lato e gli lanciò le chiavi.
Ryo scivolò al posto del conducente... ma la sua socia non era al suo fianco.
»Kaori?«
Lei passò la testa per la portiera.
»Ho dimenticato di fare una cosa!« e ritornò correndo
verso l’appartamento.
»Sbrigati Kaori! Finiremo per essere veramente in
ritardo« le urlò lui.
Lei rispose senza neanche voltarsi.
»Oh va bene Signor lasciami-ancora-due-minuti-per-finire-il-mio-“articolo”« e sparì dietro il vano della porta.
Ryo borbottò: »Giuro è sempre la stessa storia... Non poteva fare la sua “cosa”
mentre io mi cambiavo... pfuit... Non riuscirò mai a
sedermi accanto a Miki se arriviamo per ultimi!«
Si apprestava a chiamare la donna, quando lei ricomparve e si sedette al suo
fianco. Era un po’ senza fiato e leggermente imporporata. Per aver fatto di
fretta o per un'altra ragione?
Il viaggio fino al “Saint Louis” si svolse in
silenzio... insomma, quasi...
Ad un incrocio, Kaori esclamò e strappò il volante dalle mani dello sweeper.
»Hai sbagliato strada, bisognava girare a destra!«
»Sei pazza a prendermi il volante così! E poi, sono
sicuro che questa è la via giusta!«
»No, ti dico che ti sei sbagliato!«
»Da quanto tu hai un buon senso dell’orientamento?«
»Forse non c’è l’ho, ma io so leggere un cartello stradale...«
E dopo un breve silenzio, continuò: »Senti, non lo fai apposta per arrivare in
ritardo, spero?«
»Ma che vai ad inventarti ancora! Certo che no!
Pensare a Miki e Kazue in abito da sera mi ha semplicemente fatto perdere la
concentrazione cinque minuti... Non preoccuparti, ritroveremo la strada...« e con una sterzata semi-padroneggiata ripartirono per
la giusta direzione.
”Come potrei dirle che per un istante ho voluto credere che noi fossimo una
coppia delle più normali che ci sono...
Nessuno che ci insegue... Per il momento, nessuno che ci minaccia... e
soprattutto non lei semplicemente perché è con me.
Ho approfittato di questo istante... un momento d’aberrazione... questa non è
che la sola cosa che mi resta... delle illusioni che costruisco tra due
combattimenti!
Fino a che l’illusione non prende il sopravento sulla realtà ed io metto il
piede in fallo...”
Ed aggiunse per fare una bella figura ed avere l’ultima parola.
»La mia strada era una scorciatoia!«
Di fronte a tanta malafede, Kaori non riuscì ad impedirsi di ridere di cuore.
Lui amava la sua risata.
Arrivati in prossimità del “Saint Louis”, dovettero arrendersi
all’evidenza. Nessun parcheggio! La serata della vigilia era già cominciata...
Dovettero posteggiare a cinque strade dall’ingresso. Ryo ritenne che avrebbero
fatto meglio a prendere la metro... Lei gli rispose che così vestiti avrebbero
fatto furore sui binari.
Uscendo dall’auto, la donna alzò gli occhi al cielo. Si accorse che aveva
ricominciato a nevicare! Un dolce sorriso venne a perdersi sulle sue labbra.
Amava veder cadere la neve in piena notte! Era magico come un miracolo!
Normalmente, sarebbe stata felicissima di camminare con il viso offerto al
vento. Ma si ricordò che non era vestita per una lunga passeggiata sotto la
neve.
Fece una piccola smorfia. Avrebbe dovuto avanzare così poco coperta, con una
giacca così leggera. Era perfetta per buscarsi l’influenza di Natale! Senza
contare che il leggero trucco che portava non avrebbe resistito per molto al
vento pungente! Che peccato, aveva pure ben seguito i consigli delle sue
amiche!
Improvvisamente, si sentì riparata. La neve non cadeva più sui suoi capelli.
Un’oasi asciutta si era richiusa attorno a lei.
Ryo si era tolto il suo ampio soprabito e l’aveva fatto passare sopra le loro
teste, proteggendoli dell’attacco della tramontana e della neve.
Le rivolse un tenero sorriso e con un soffio sussurrò:
»Ovviamente non hai previsto l’ombrello...«
Non era un rimprovero... non proprio. Piuttosto una constatazione, uno dei
dettagli che caratterizzavano Kaori. Lei, così spesso previdente, non aveva
semplicemente pensato a questo. Indubbiamente persa nell’anticipazione di una
serata da sogno...
Lei non rispose nulla e si incollò a lui per godere ancora di più della calda
protezione che lui le offriva. Si sentiva così bene. Non solamente protetta...
ugualmente accettata... completa... invincibile...
Questo rifugio sembrava impedire alla stessa realtà di raggiungerli.
Avanzarono assieme, in silenzio, creando, senza saperlo, il loro universo.
Per Kaori, era come se Ryo le stesse facendo un
regalo... Il più bel regalo di Natale che lei avesse mai ricevuto...
Stranamente, sentiva tutto il calore che si emanava da loro.
Non era un abraccio, ma significava talmente tanto. Era uno di quei momenti che
lei amava più di ogni altro al mondo. Quei momenti dove erano soli, dove le
possibilità tra di loro diventavano più numerose... dove comprendeva che non
avrebbe potuto lasciarlo, qualunque cosa lui dicesse, qualunque cosa lui
facesse.
Bisbigliò un debole grazie... ringraziava Ryo ma anche
la qualunque divinità che regolava l’universo per questo istante di pura
felicità.
Ryo fece finta di non aver sentito e represse la voglia di stringersi ancora di
più a lei.
”Ti dono dei souvenir Kaori...
Perché sono consapevole che non saranno mai dei momenti presenti?
Il romanticismo della situazione non sfugge a me come a te... ma sono allo
stesso modo cosciente che questi instanti sono sinonimo di tristezza... poiché
sono il limite massimo di quello che posso offrirti... la sola dolcezza
possibile...”
IlSpiritof Saint Louis era uno dei locali-ristoranti
all’occidentale che facevano furore in Giappone. Limitrofo al quartiere di
Shinjuku, la sua vicinanza permetteva agli abitanti di questo quartiere di
frequentarlo assiduamente durante le grandi occasioni.
Questo quartiere era un mondo a sè, una città propria
all’interno di Tokyo. Gli abitanti vivevano quasi in autarchia e destinavano un
culto ai loro bar, locali e love hotel...
Guardavano questi nuovi locali che tentavano di ricreare un’atmosfera scintillante
dei ricchi anni del ventesimo secolo come un divertimento nelle migliori delle
ipotesi e una curiosità nelle peggiori.
In questa vigilia di Natale, tutti i tavoli erano stati prenotati ben in
anticipo in occasione di questa serata eccezionale. Il ristorante era addobbato
con i più belli fronzoli e ospitava tra le sue mura una moltitudine di
ornamenti incantevoli. I lampadari illuminavano di mille luci un immenso salone
decorato in stile di fine diciannovesimo secolo. I tavoli era ricoperti con i più
belli ed i più completi servizi in cristallo. Il numero di forchette e coltelli
lasciavano presagire numerosi piatti. Gli invitati, tutti messi in ghingheri,
si preparavano a passare una serata senza tempo... un po’, artificiale
bisognava tuttavia ammetterlo...
Un’ampia frazione della sala era stata riservata alla pista da ballo. In questo
punto, la nostalgia lasciava spazio al modernismo ed al comfort. Le luci
illuminavano in modo abbagliante questa parte del salone e la musica
strabiliante che usciva dalle casse non aveva niente di classico. Si trattava
delle ultime hit del momento e delle immancabili nelle discoteche.
Miki aveva ottenuto gli inviti dall’intermediario di uno dei suoi vecchi
contatti. Come lui stesso gli avesse recuperati? Nessuno lo sapeva. Ma la donna
aveva trovato “piacevole” prendere in considerazione l’idea di passare così la
vigilia, tutti insieme al “Spiritof Saint Louis”.
Falcon aveva seguito sua moglie senza troppa riluttanza, anche se non
apprezzava questo genere di serate. Bisognava riconoscere che un gigante calvo
di due metri, soprattutto in smoking, sembrava leggermente buffo in quel posto
di bellezza standardizzata.
Mick e Kazue avevano accettato senza esitare un solo istante. Kaori era stata
un po’ più reticente. Giocare a “Sissi che va al ballo” le sembrava leggermente
stupido... senza contare che non ignorava che questo non sarebbe piaciuto al
suo socio e che aveva paura di essere fuori luogo in un posto simile...
Ma poi, Miki aveva argomentato: si trattava solo di una sera... Trasformarsi
come nel caso di Cenerentola non rimetteva in discussione quello che lei era in
fondo... bisognava prenderla come un’occasione per passare un bel momento
assieme. A forza di persuasione, lei aveva avuto ragione dei timori di Kaori...
Le due coppie amiche di City Hunter erano arrivate puntuali e avevano preso
posto al loro tavolo.
Si stavano interrogando sulle possibili ragioni del ritardo di Ryo e Kaori
quando sentirono due voci perfettamente riconoscibili, persino prima che i loro
proprietari si avviassero nell’atrio.
»Quindi è impossibile per te comportarti normalmente, razza di fissato del depravazione?« La voce non era solamente infastidita ma
allo stesso modo innervosita.
»Ma, Kaori! L’hai sentita anche tu, mi ha chiesto se
poteva “prendermi qualcosa?”«
»Era il guardaroba! Lei parlava del tuo soprabito,
imbecille!«
»Tu non hai visto lo sguardo che mi ha lanciato!«
»Si, ed era terrorizzato quando hai cominciato a...«
All’improvviso, la voce femminile tacque. Ryo e Kaori erano penetrati nella
sala da pranzo e rimasero impressionati da tanta vistosità e luminosità. Senza
contare che una parte dei commensali guardavano nella loro direzione. La loro
disputa non era sfuggita al gran mondo.
Imbarazzata, Kaori arrossì. Aveva sperato piuttosto di fare un’entrata
discreta. Ma, con Ryo, avrebbe dovuto sapere che questo sarebbe stato un
miracolo. D’altro canto, quest’ultimo non poté impedirsi di prendersi gioco
della situazione.
Esclamò con forza:
»Signore, signorine, eccomi qua! La serata può
cominciare... Se avete bisogno di qualsiasi cosa, io mi dedico interamente a
voi, questa sera... Non esitate, non cercate, venite a me e gettiamoci....arghhhhhh....«
Kaori aveva avvistato i suoi amici e si dirigeva verso di loro trascinando un
Ryo che aveva afferrato per il nodo del papillon, appena prima che la facesse
vergognare ancora di più.
Arrivati al tavolo, scivolarono al loro posto salutando Miki, Falcon, Mick e
Kazue. Per il gioco delle disposizioni, si trovarono sistemati ad una tavola
rotonda, Kaori aveva preso posto tra Miki e Mick e Ryo tra Falcon e Kazue. Non
appena seduto, quest’ultimo cercò di posare la sua mano innocente sulla
scollatura di Kazue, ma un calcio ben assestato e lo sguardo nero di Kaori
seduta di fronte a lui, lo fecero rimandare a più tardi il suo tentativo.
Allora decise di togliersi il papillon e di infilarlo nella tasca.
Fortunatamente, il completo prestato da Eriko manteneva la stessa classe anche
senza.
Tra i sei amici, l’atmosfera divenne rapidamente più gioiosa, più leggera.
Eppure, i tre uomini erano stati avversari, se non nemici in un passato non
così lontano ancora. E nonostante tutto, tra di loro non restava alcun odio.
Tutti sapevano che i loro confronti precedenti erano stati generati per dovere,
professionalità e non per sentimenti di vendetta, e nemmeno per un sentimento
di ostilità. Erano dei professionisti... venivano assunti per questo.
Oggi, le cose non erano più gli stesse... Non perché erano invecchiati, ma
perché erano completamente cambiati... E questo cambiamento era dovuto alla
gioia di vivere ed all’eclatante fiducia che una donna dai capelli corti
dimostrava loro.
Erano tutti delle vecchie conoscenze di Ryo, ma il cemento che legava queste
cinque persone era Kaori. Lei era l’amica di ognuno, gli aveva accettati con i
loro pregi e i loro difetti. E, nonostante tutto quello che aveva visto in quel
mondo di assassini, lei conservava quel bagliore di ingenuità, quella assoluta
certezza che non si lottava contro i propri amici. E nessuno avrebbe voluto
deluderla... Soprattutto non Ryo... soprattutto non Mick e Miki e
verosimilmente nemmeno Falcon e Kazue.
La serata trascorse tra risa ed una bella atmosfera. Il cibo era succulento,
ognuno ci aveva messo della buona volontà affinché tutto andasse bene. Kaori
dovette frenare due o tre volte gli ardori dei due maniaci... ma lo fece senza
estrarre i martelli. Una forchetta conficcata nella mano di Mick quando questo
cominciò a sfiorarle la coscia con un po’ troppa insistenza, e qualche calcio
ben assestato a Ryo quando assumeva il suo aspetto da perverso così come un
piatto che avrebbe conservato a vita l’effigie del volto del Giapponese, mentre
si lanciava, la bocca a cuore, su Miki e invece aveva incontrato gli avanzi del
pollo...
A mezzanotte, i piatti
principali erano appena terminati e, prima del dessert, i commensali erano
stati invitati ad occupare la pista da ballo. Mick invitò elegantemente la sua
compagna che accetto con sollecitudine. Miki tirò la mano di Falcon che scosse rapidamente
la testa in segno di diniego ma poi accettò controvoglia di fronte alla muta
supplica di sua moglie.
Intorno al tavolo, non rimasero allora che Ryo e Kaori. Quest’ultima tormentava
nervosamente il suo tovagliolo, sperando segretamente che il suo socio
l’invitasse, per una volta.
Ma, sfortunatamente questo non fu il caso.
Lui si alzò e saltò di tavolo in tavolo per invitare tutte le più belle giovani
donne presenti. Nonostante ciò, la sua arte oratoria non era all’altezza della
sua immagine. Riusciva solo a spaventarle. Molte voltavano la testa davanti una
tale cafonaggine, altre lo schiaffeggiavano violentemente ed altre gli
chiedevano perché non invitasse la bella donna che si trovava con lui.
Ed a ciò, lui rispondeva, il più seriamente al mondo:
»Non è una donna... E’ il mio fratellino che ancora cerca sé stesso... Questa
sera, è l’occasione giusta per lui...«
Le donne allora squadravano Kaori un po’ confuse, ma non rispendevano comunque
favorevolmente alle avance di Ryo.
Avendo setacciato tutti i tavoli del ristorante, decise di tentare la fortuna
presso le cameriere. Sfortunatamente per lui, intervennero le guardie e gli
ordinarono di non importunare più nessuno, commensali o personale, pena: essere
definitivamente sbattuto fuori dal ricevimento.
Ryo valutò qualche instante i pro ed i contro, poi, come rassegnato, accasciò
le spalle e ritornò, infelice, verso Kaori...
Si avvicinò a lei e le chiese, come annientato dai brutti scherzi del destino,
scoraggiato...
»Senti Kaori, vieni a ballare? Sai, fa dimagrire...«
La donna, per darsi qualche contegno, faceva finta di terminare il piatto.
Stava masticando un’enorme polpetta di riso.
Ma di fronte l’insulto, sputò, senza veramente volerlo, in faccia a Ryo quello
che aveva in bocca.
»Ti avevo detto ballare Kaori, non sputarmi addosso... un semplice no era
sufficiente...«
La donna afferrò un tovagliolo pulito ed asciugò rapidamente il viso del suo
socio. Ciononostante, in collera, lo fece senza alcuna dolcezza ed a Ryo sembrò
che gli venisse passata della paglietta di ferro. Ma ammise, dentro di sé, che
era stato perfido e crudele e che meritava quella punizione.
Si sedette accanto a lei.
»Per il ballo, è un no, allora?«
»Ballare con te? Scherzi, spero? Sono l’ultima scelta che ti resta?«
»Veramente era per farti un favore! Davvero, con tutto quello che hai
ingurgitato questa sera, non ti avrebbe fatto male...«
»Ryo, non sono io che mi gettavo su tutti i piatti come se non avessi mangiato
niente da sei mesi...«
»No, ma tu mi seguivi di poco, riconoscilo... Per me, è normale, sono un
giovane uomo in piena forma... ma tu quale scusante hai?«
»Il cibo era eccellente ed io avevo fame!«
»Non sai proprio comportarti come una donna... normalmente dovresti avere
l’appetito di un uccellino.«
»Puh!« Volse la testa, offesa. »Maschilista.«
Rimasero così in silenzio per qualche minuto. Poi Miki e Falcon gli raggiunsero
al tavolo. Miki si sistemò al fianco di Kaori e cominciarono a discutere.
Falcon prese posto a fianco di sua moglie, felice di essersi allontanato dalla
musica e dalle luci.
Kaori aveva dato le spalle al suo socio, fingendo d’ignorarlo totalmente per
essere stato così offensivo.
Le due donne ridevano piacevolmente. Ryo, stravaccato sulla sedia, osservava,
invidioso, le coppie sulla pista, i corpi femminili che sfioravano i corpi
maschili...
Una nuova canzone iniziò. Dopo le prime tre note, il volto del Giapponese si
chiuse.
Si raddrizzò ed afferrò la mano della sua socia...
»Che???«
Prima che avesse il tempo di riprendersi dalla sorpresa, Ryo la trascinò sulla
pista da ballo e la strinse tra le braccia per il lento che stava iniziando.
Più in collera che felice, Kaori cominciò a rimproverare Ryo.
»Ma, non è possibile... eppure ti ho...«
Ma il rimprovero le rimase bloccato in gola. Le prime parole della canzone si
stavano innalzando dagli altoparlanti... riempiendo tutta la sala...
”What’s the matter It’searlymorning”
Blue air message.
La canzone di suo fratello, la canzone di Hideyuki.
Un’immensa tristezza si impadronì di tutto il suo essere. La tristezza di aver
perso suo fratello... la tristezza di essere rimasta sola...
Questa melodia aveva questo potere su di lei. Risvegliava antichi ricordi... I
momenti di complicità tra un fratello ed una sorella... tutto quello che
avevano condiviso... L’amore fraterno che li legava... L’orrenda ferita di non
poterlo vedere mai più, di non poter più parlare con lui... Il dolore
irreparabile di non aver potuto dirgli “addio”.
L’immagine di una tomba, laggiù in quel cimitero...
”Nothing, I just called Tohearyour
voice”
Istintivamente, cercò di respingere Ryo. La testa bassa, non aveva neppure il
coraggio di guardarlo. Era il suo dolore...
Sapeva che le lacrime cominciavano a spuntare dai suoi occhi. Voleva restare
sola, scappare da quelle luci che l’aggredivano, poter respirare lentamente per
ricacciare questo dispiacere nel più profondo del suo essere... Sarebbe stato
sempre presente, ma lei lo avrebbe domato, come faceva abitualmente... Ma dovevano
lasciarle il tempo...
Perché Ryo l’aveva portata sulla pista da ballo? Era diventata il centro di
attenzione di tutti. La musica qui era più forte... Ogni parola era ancora più
dolorosa...
Perché era così crudele?
Perché non la lasciava sprofondare nell’ombra affinché riuscisse a
controllarsi, affinché potesse nascondere la sua sofferenza nel sentire questa
canzone?
Ma, contrariamente a quanto desiderava, Ryo la strinse ancora di più,
richiudendola completamente tra le sue braccia.
Lei cercò di dibattersi qualche secondo, poi abbandonò, sconfitta. Lui era
troppo forte e lei era svuotata di tutte le energie.
”Ancora un ulteriore prova da superare... Ancora un ulteriore ferita che tu
m’infliggi, perché?”
La musica continuava la sua dolce armonia.
”The songplayingreminds me Of the blue air messagefromyou”
Sentiva I battiti del cuore di Ryo, così calmi, così tranquillizzanti,
rispondere ai suoi impazziti, disorientati.
Sentiva il suo respiro scivolarle lungo i capelli e morire alla base del suo
collo.
Sentiva le braccia del suo socio attorno a lei.
Dolcemente, al ritmo dei loro passi, il dolore rifluì... molto più rapidamente
di quello che avrebbe creduto possibile, persino da sola. Solo qualche lacrima
fuoriuscì dai suoi occhi scivolando sulla camicia di Ryo.
E allora lei comprese...
Ryo non lo faceva per ferirla, al contrario... lo faceva per proteggerla.
L’aveva trascinata sulla pista da ballo per poterla prendere tra le braccia, e
confortarla, senza metterla ancora di più a disagio per il fatto di volerla
aiutare. Kaori era troppo orgogliosa per accettare un aiuto che avrebbe preso
senza dubbio per della pietà.
”Butit’snot goodbye Evenifwe’re
all alone”
Ma qui, tra quelle braccia, capiva il messaggio che lui desiderava
trasmetterle...
”Non sei più sola Kaori... Io sono qui... Puoi piangere se vuoi, non ti
lascerò... Non devi vergognarti delle lacrime che scendono... Dimostrano quanto
amavi tuo fratello... Quanto ti manca... Ma io, sono qui... non ti
abbandonerò...”
Le offriva di nuovo questo involucro protettivo, per sostenerla nei momenti
difficili, quando la speranza veniva meno...
Infatti, questo era quello che diceva l’abbraccio di Ryo... eppure diceva anche
dell’altro, ma Kaori non riusciva a percepirlo... Ryo nemmeno d’altronde...
Diceva...
”Piangi Kaori... Piangi tuo fratello che non c’è più, piangi il mio amico
che è scomparso... Piangi per me che sono stato incapace di versare delle
lacrime... Riscaldami con il tuo amore... Resta accanto a me per ricordarmi
quanto è importante essere vivi... e quanto sono calde le lacrime... perché io
non lo dimentichi...”
”There’s no end to us
You keep your future
I’ll keep my dreaming
There’s no turning back
Even if we’re all alone”
Il gruppo d’amici decise di scambiarsi i tradizionali regali. Rinchiusi nella
loro piccola bolla, non facevano più attenzione agli altri commensali.
La socia di City Hunter aveva previsto un regalo per ognuno. Si era presa cura di annotare, sulla carta, da parte di Ryo e Kaori,
ma nessuno si lasciò ingannare. Ryo che compra un qualunque regalo?
Semplicemente impensabile!
Mick d’altronde glielo fece notare.
»Andiamo Kaori, non cercare di coprire Ryo... Sappiamo tutti benissimo che lui
non può avere così buon gusto... Non sa neanche cosa significhi la parola
regalare!«
Si trattava in realtà di punzecchiare Ryo. L’americano sperava che offrisse
“Il” regalo a Kaori... e così tutti quanti avrebbero saputo che cos’era.
Il giapponese fu punto sul vivo, ma non cadde nel tranello del suo amico.
»Puh, sono solo delle cosette senza interesse. Io, Ryo Saeba, vi mostrerò cosa
vuol dire REGALO!«
Kaori aveva già estratto un martello per paura che decidesse di spogliarsi
davanti a tutti per “offrire il suo corpo”. Conosceva l’energumeno... Ne
sarebbe stato perfettamente capace.
Fortunatamente, invece di questo, saltò su Falcon ed iniziò a lucidargli il
cranio con un tovagliolo pulito.
»Primo servito: Umi. Così, sarai tutto bello! Potremmo rifletterci sulla tua
testa come in uno specchio. «
Il gigante non apprezzo molto di essere il centro delle attenzioni dello
sweeper. Lo afferrò per il collo della camicia e lo depose senza alcun riguardo
sulla sua sedia che scricchiolò, ma fortunatamente non si ruppe.
»Non puoi starne tranquillo per due minuti?« gli lanciò uno sguardo cattivo
attraverso i suoi occhiali da sole. »Sempre a volersi darsi delle arie in
pubblico! Passi ancora che il ridicolo non uccide, ma non è il caso di
trascinare gli altri nel tuo delirio!«
Ryo brontolò:
»Per una volta che lo faccio con il cuore... Se credi che mi faccia piacere
toccare quella testa unta...«
»Cosa? Com’è la mia testa? Ripeti un po’ se hai il coraggio!!!«
Falcon fumava di fronte l’insulto. Era già sul punto di alzare il pugno per
abbatterlo sulla testa di Ryo. Ma questo, vedendo la minaccia, si protesse con
entrambe le mani e piagnucolò...
»No, era solo per ridere... la tua testa è perfetta...« E vedendo il pugno
allontanarsi dal suo viso, non poté impedirsi di aggiungere al limite
dell’udibile. »La prossima volta, gli regalerò un gatto, così impara!« Poi più
forte »Andiamo avanti...«
Afferrò un tovagliolo, scrisse qualcosa freneticamente, poi tese la sua opera a
Kazue con un sorriso seducente.
»Per te, mia bella, un buono per una notte di follie tra le mie braccia! E’
valido in eterno, sai... Custodiscilo gelosamente... Quando ne avrai abbastanza
di sopportare questo macaco nel tuo letto, vieni a trovare un uomo, uno vero,
io!!!«
Kazue era leggermente arrossita! Kaori, lei, era rossa di rabbia ma Mick fu più
rapido di entrambe le donne. Si impadronì del pezzo di carta e lo piegò in
quattro.
»Non preoccuparti Ryo... è un’offerta generosa da parte tua, ma non credo che
Kazue avrà bisogna di questo per molto tempo, sai... Credo che preferisca un
macaco ad un rinoceronte che investe tutti al suo passaggio...«
»A chi osi dare del rinoceronte?!«
»A quello che osa darmi del macaco!!!«
Il tono di voce era salito. Entrambi si era alzati ed avevano messo un piede su
una sedia, pronti ad attacarbriga... e particolarmente ridicoli. Si
fronteggiavano come... due gorilla...
»BASTA!!!« Kaori aveva sventolato un martello tra i due. »Smettetela di dare
spettacolo o saggerete il mio martellone!!! Tu, Ryo, lascia perdere i tuoi
regali strambi che nessuno con più di un neurone accetterebbe! E tu Mick, non
cadere nel suo gioco... non questa sera ti prego... è Natale.«
»Certo Kaori! Scusami... ma mi da sui nervi... Cosa non farei per te?«
Smanceroso, Mick si era riseduto docilmente sulla sua sedia e indirizzò un
occhiolino malizioso a Ryo.
Questo fece finta di non sentito la sua socia e si girò verso Miki.
»Miki, regina delle regine! Il mio regalo sarà realizzare oggi la tua più
grande fantasia! Un bacio, uno vero, con la lingua e tutto il resto dal più bel
stallone del Giappone! Non dire niente, e vieni tra le mie braccia...«
La sua avanzata era minacciosa, specialmente con la bava alla bocca. Ma Miki fu
ancora più rapida e gli lanciò in faccia un bicchiere d’acqua gratificandolo di
un bellissimo sorriso:
»Grazie Ryo di avermi permesso di realizzare il mio più caro desiderio verso di
te! Rovesciarti un bicchiere d’acqua sulla testa per raffreddare il tuo
comportamento da maniaco!!!«
Fradicio, Ryo cercò di conservare un briciolo di dignità. Ma sembrava piuttosto
un cane bagnato.
Nella sua “distribuzione” dei regali, il giapponese aveva deliberatamente
ignorato Mick e Kaori. E se quest’ultima era troppo dolorosamente ferita
dall’atteggiamento del suo socio per osar fare l’osservazione, questo non era
il caso di Mick.
Ryo scostò leggermente la giacca dello smoking e scoprì per un istante il
calcio della pistola.
»Una sfida?«
Mick sorrise di gioia, Falcon e Miki aggrottarono le sopraciglia, interrogativi. Quanto a Kaori, lei esclamò:
»Cosa? Ma no! Sei pazzo, Ryo? Una sfida? Con Mick?
Questa sera? Ma insomma, dai i numeri... Eppure mi sembrava di aver controllato
quello che hai bevuto!... Non reggi più l’alcool adesso? Mick rifiuta!«
Ma quest’ultimo si accontentava di fissare Ryo sorridendo. Lentamente, annuì
con la testa per acconsentire alla strana proposta del giapponese.
Lo sguardo di Kaori passava da uno all’altro senza capire.
»Siete solo due imbecilli! Kazue, dì qualcosa!«
Ma Kazue non parlava.
L’idea di vedere Ryo e Mick che si affrontavano non le piaceva certamente. Ma
solo lei sapeva quanto Mick rimpiangesse le sue mani, la sua abilità nel
tiro...
Continuava ad allenarsi, sempre, con un’infima speranza. Ma era talmente
difficile! Talmente sconfortante!
La cosa peggiore, era quel sentimento, legittimo, di inferiorità rispetto a
Ryo! Di quanto era stato al suo pari, c’era ancora poco...
Certo, lui non ne parlava... Cosa avrebbe potuto dire? Ma lei lo percepiva
qualche volta quando risaliva dalla sua seduta d’allenamento (o piuttosto di
rieducazione). In quelle occasioni il suo sguardo si velava di una scoraggiata
tristezza.
Si, solo lei capiva quello che rappresentava l’offerta di Ryo... solo lei e
indubbiamente anche il giapponese.
Questa sfida, era un po’ un riconoscimento... un modo di dire “Sei sempre al
mio pari, ti riconosco come tale.” Anche se Mick non aveva nessun possibilità
di battere il suo avversario e tutti lo sapevano.
Kazue riteneva che questo fosse il più bel regalo che Ryo potesse offrire a
Mick. Per questo non disse niente.
Ma Kaori non la vedeva allo stesso modo.
»Sei in astinenza di sangue o cosa Ryo? Non affrontatevi in duello! Siete
amici!!«
»Absolutelynot, Kaori! E’
un duello amichevole. Isn’t it
Ryo?«
»Assolutamente! Semplicemente un modo di dimostrarti chi è il maestro qui!«
Ryo aveva pronunciato quelle parole senza prese in giro, il più seriamente
possibile.
»Bene allora, cosa aspetti? Andiamo subito?«
Un’eccitazione quasi infantile si era insinuata nello sguardo di Mick. Ancora
un po’ e si sarebbe messo a battere le mani come se avesse avuto quattro anni.
Miki e Falcon capivano l’importanza del “duello” per Mick. Rimasero in
silenzio, in disparte, aspettando di vedere come si sarebbero svolti i fatti.
Capivano che non avevano niente da dire. Non erano che dei muti spettatori.
Kazue sapeva perfettamente che non sarebbe riuscita a dissuadere nessuno dei
protagonisti. Mick ne aveva troppa voglia, forse troppo bisogno.
Solo la socia di City Hunter aveva ancora le sopraciglia aggrottate. Aveva
incrociato le braccia al petto e indirizzava uno sguardo furioso a Ryo.
Quest’ultimo era stranamente concentrato su una delle cameriere e la seguiva
con gli occhi, in particolare il suo didietro, mormorando quasi religiosamente,
a bassa voce: »Fa che cada, fa che cada...«
»Cosa fai ancora Ryo? Lanci delle proposte senza capo né coda e dopo te ne
dimentichi? Troppo occupato a fissare le povere cameriere sfinite?«
Senza perdere una briciola dello spettacolo della sfortunata donna che
spingeva, con un colpo di fianchi, la porta della cucina, replicò.
»No, preparo la nostra fuga...«
Kaori lanciò un’occhiata attorno a lei.
»Quale fuga? La maggior parte degli invitati sono troppo ubriachi per rendersi
conto di qualunque cosa e gli altri se ne sono andati da meno di un’ora. Ma
comunque piantala di spogliare con lo sguardo quella ragazza!!!«
Indifferente al tono di voce leggermente più smorzato della sua socia, tono che
si avvicinava pericolosamente al limite del “ti prenderai una martellata se
continui così”, si alzò all’improvviso.
»Ok Mick, andiamo!«
Mick aveva capito le intenzioni del suo ex-collega e si era alzato con lui
nello stesso momento.
Sbalorditi da questa brusca azione, gli altri quattro caddero dalle loro
sedie... Ma cosa avevano ancora in mente i due sweeper?
Ryo si girò; sorpreso di vederli a terra.
»Bè allora?! Che cavolo fate? Non è il momento di
lucidare il pavimento! Venite o no? Rischia di essere interessante! Kaori, ti
aspettiamo qui, va a prendere i soprabiti.«
Di fronte quest’ordine diretto, la donna si rialzò rapidamente e stava per
replicare freddamente al giapponese che non era la sua fattorina. Ma Kazue posò
la mano sulla spalla della sua amica per calmarla e le bisbigliò all’orecchio:
»Lascia perdere! Lo fa per distendere l’atmosfera. Andiamo a prendere queste
benedette giacche.«
Nessuno poteva dire se l’atmosfera si era distesa ma mentre Kazue trascinava
rapidamente una Kaori ancora innervosita verso il guardaroba, sentirono Mick
esclamare:
»Non hai veramente un minimo di buona educazione! Osare parlare così a Kaori?
Che cafone!«
»Io, un cafone????... Se fossi andato io, mi avrebbe accusato di voler provarci
con la receptionist!«
»E “Per favore”, la conosci questa parola?«
»E’ la mia socia, questo genere di considerazioni che fanno perdere del tempo
non hanno luogo di esserci... Un secondo può fare la differenza tra la vita e
la morte...«
»Ah perché la tua vita è in pericolo, qui, ora?« Se Falcon ci si metteva, il
povero Ryo non se la sarebbe cavata...
Si strinse la radice del naso tra due dita e assunse il tono di voce dotto
dell’adulto che deve spiegare tutto...
»Il pericolo sopraggiunge non appena Kaori crede che io voglia provarci...«
»Ma, non ha alcun senso quello che stai dicendo, te ne rendi conto?...« Ora era
il turno di Miki.
Vedendo la svolta che prendeva la conversazione, sicuramente a suo svantaggio,
Ryo sospirò di sollievo quando Kazue e Kaori riapparvero. Troppo felice di aver
trovato una scappatoia, saltò letteralmente sulla sua socia, afferrando il suo
soprabito:
»Ah eccovi finalmente! Andiamo, si parte«
Kaori iniziò a dirigersi nuovamente verso l’uscita, fulminando contro questo
uomo che la faceva ritornare in un posto per ripartire subito dopo. Ma lui la
afferrò per il braccio, le fece un occhiolino e spiegò:
Senza lasciare il tempo
alla sua povera socia di cercare di capire a cosa facesse allusione, Ryo la
trascinò verso le cucine, seguito dal resto del gruppo.
Tutti assieme, oltrepassarono le porte battenti ed entrarono in una cucina
sommersa di vapore caldo. Le numerose lavastoviglie professionali lavoravano a
pieno regime.
In questo giorno di Natale, a quest’ora tarda, non restava più molta gente.
Solo qualche cameriera e lavapiatti, malaugurati
sfruttati, terminavano il loro servizio.
In tempi normali, l’intrusione di sei persone così elegantemente vestite
avrebbe dovuto richiamare l’attenzione del personale presente. Ma in quel
momento, stremati dal loro lavoro, non avevano che un solo ed unico desiderio:
finire il più rapidamente possibile. Se dei furbastri decidevano di andare a
fare il giro delle cucine verso le 3.00 del mattino, buon pro gli faccia! Ad
ogni modo, le stoviglie di cristallo avevano da un bel po’ di tempo trovato
rifugio in delle grandi credenze ermeticamente chiuse, al riparo da qualsiasi
danno. Non restavano nient’altro che le posate tradizionali e gli avanzi.
Smarriti tra il calore soffocante, il gruppo sembrava leggermente
disorientato... eccetto Ryo e Mick. Il primo, che teneva sempre per il gomito
la sua socia, la guardava con aria canzonatoria, aspettando una replica che non
si sarebbe sicuramente fatta attendere... Il secondo si era già avvicinato ad
un enorme sacco della spazzatura.
Irritata di essere sballottata in questo modo senza una spiegazione e di
leggere quel sorriso beffardo sulle labbra del suo partner, Kaori esigette
qualche informazione:
»Che ci facciamo qui? Avete deciso di affrontarvi a
colpi di canovacci bagnati? O forse a colpi di sbucciature di porro?«
Mick tirò fuori il naso dal sacco.
»Certo che no! Però Ryo ed io dobbiamo essere alla
pari! Impossibile battersi contro la sua python!«
»Giusto... Stessi bersagli, stesse armi... Altrimenti non proverebbe niente...» Il giapponese aveva finalmente liberato la sua socia ed
ora apriva la lavastoviglie davanti a lui.
Mentre la ispezionava, si permise un commento.
»Insomma, non proverebbe niente... Se non che io sono meglio attrezzato di lui...«
L’americano fermò di colpo la sua ispezione dei rifiuti e si girò per
fronteggiare il giapponese.
»Come meglio “attrezzato”?«
Ryo lanciò uno sguardo leggermente più serio a Mick.
»Ovviamente tutti sanno che gli asiatici si prendono grande cura del loro
attrezzo.«
Prima che il suo interlocutore potesse dare il suo parere sulla questione,
Kaori tagliò corto a questa discussione.
»Sentite voi due, spero che parliate di armi e non di qualcos’altro...
Altrimenti tutto quello che rischiate, è di fare un duello di velocità in sedia
a rotelle.«
Di fronte la minaccia appena velata della donna, i due professionisti ripresero
la loro attività.
»Umi, dai, vieni a fare da fattorino...«
»Humpf, non sono mica il tuo servo, Ryo!«
»E’ semplicemente perché Miki e tu non vi sentiate troppo esclusi dai nostri
piccoli giochini da adulti... Anche se con Miki,
possiamo immaginare altri tipi di giochi...«
Il tono sognante e concupiscente scomparve davanti l’espressione furiosa di
Falcon e la sensazione di una Kaori sul punto di estrarre un martello dalla
borsetta. Ricondusse immediatamente la conversazione sul tema principale.
»Andiamo, vieni ad aiutarmi orsacchiottino adorato...
non fare quella brutta faccia.... altrimenti porto
Kaori nel tuo bar dopo una dei miei spettacoli speciali di rimorchio...
Immagina lo stato del Cat’sEyes...«
Di fronte una tale minaccia, Falcon si avvicinò ed afferrò il sacchetto di
plastica che gli porgeva Ryo. Lo aveva riempito di coltelli puliti. Mick aveva
le braccia cariche di altri sacchetti, contenenti, loro, delle bottiglie e
delle lattine vuote.
Facendo un rapido giro d’orizzonte, lanciò a Ryo:
»Abbiamo tutto! Possiamo andare!«
Passò il suo bottino a Falcon, afferrò la mano di Kazue e si diresse, gioioso,
verso la porta di servizio, ma fu fermato dalla voce di Ryo:
»Quasi! Manca qualcosa!«
Tutti si girarono ed osservarono Ryo che continuava ad avvicinarsi a Kaori:
»Tu non hai dimenticato niente Kaori?«
Quest’ultima fu, ancora una volta, presa alla sprovvista...
»Hem... Dimenticato cosa?
No, ho la borsa, la giacca...« Si tastò per vedere se
era pronta. »Per il vostro duello? Credo che abbiate preso
tutto, no?«
Si chiedeva proprio a cosa Ryo facesse allusione. Certo, adesso avrebbe visto
quello che avrebbero fatto di tutta quel armamentario, ma ignorava francamente
quello che poteva mancargli.
»Le mie scuuuuuuuuuuuse???!!!!!!«
Una povera libellula passò tra i due membri di City Hunter con un piccolo
cartello: tutte le occasioni sono buone per apparire in questa fic, altrimenti non uscirei mai dall’armadio!
»Delle scuse... Ma perché????«
»Mi hai accusato di guardare la cameriera mentre non facevo altro che
controllare se le cucine erano vuote e la lavastoviglie in funzione!!! Esigo immediatamente delle scuse sentite per questo
attacco perfettamente ingiustificato contro la mia integrità e il mio
autocontrollo!!«
Colta alla sprovvista, Kaori iniziò a farfugliare delle misere giustificazioni.
Come se fosse veramente determinante che lei si scusasse subito!
»Insomma... Hum... Mi dispiace... sono davvero
mortificata... d’aver creduto che tu... sbirciassi senza vergogna...« ma improvvisamente »Aspetta un po’! Se non fissavi
quella donna, a cosa facevi allusione con quei “fa che cada, fa che cada...”«
Ovviamente, Ryo non poteva ammettere che sperava che i piatti trasportati dalla
cameriera si infrangessero a terra e che lei fosse obbligata ad abbassarsi per
raccogliere tutto... Così, vista la ristrettezza della gonna, avrebbe forse avuto la possibilità di intravedere la
biancheria, senza dubbio eccitante della sua potenziale preda.
Decise quindi di concludere la conversazione prima che questa si inasprisse:
»Scuse accettate... Bene, possiamoandareadesso!« In qualche passo rapido, aveva varcato la porta sul retro,
lasciando tutti gli altri sbalorditi davanti a questo defilamento.
Kaori lo segui precipitosamente tanto per mettere le cose in chiaro. Iniziava
già a tirar fuori un martello. Questa volta,
non l’avrebbe schivato. Ma, quando si ritrovò all’aria aperta, tutta la sua
collera scomparve così come la temperatura del suo corpo... Si moriva dal
freddo. Letteralmente.
In effetti, solo il passaggio da una cucina immersa di vapore caldo ad una
viuzza ricoperta di neve dava quest’impressione di freddo intenso.
Uno ad uno, uscirono tutti e si trovarono di fronte in uno di quei piccoli
vialetti come c’e n’erano dietro quasi tutti i ristoranti. Esiguo, sinistro,
schiarito solamente da quattro lampade due delle quali fuori servizio, dei scatoloni ammucchiati alla bell’e meglio e dei cassoni
della spazzatura ad ogni lato degli alti muri di colore grigiastro.
»Bene, allora, ora che
siamo qui a congelarci sul posto, come vi affronterete???«
»Come al luna park!!!!!«
»Ma un po’ più difficile...«
»Ci avete fatto uscire in piena notte di Natale, per una banale partita di tiro
al bersaglio!!!!!«
»Andiamo Kaori, con noi due, anche il tiro al bersaglio diventa un’avventura
piena di fascino e di pericolo...« La voce
affascinante di Ryo non ebbe alcun impatto sulla sua compagna di squadra.
»Pppfff, a questa stregua, sarebbe stato meglio fare
una partita a monopoli al caldo...«
Questo scambio tra Kaori e i due futuri avversari era leggermente ai ferri
corti, indubbiamente dovuto al fatto che la donna cercava ancora di dissuaderli
dal affrontarsi. Non che avesse in qualche modo paura per le loro vite, ma lei
temeva il possibile esito del duello. Conosceva abbastanza bene i protagonisti
da sapere che si sarebbero lanciati pienamente nella battaglia e che non
avrebbero certamente trattenuto i loro colpi... Dal momento che Mick aveva
accettato, era una questione d’onore....
Se Ryo dava il meglio di sé stesso, come Mick non avrebbe mancato di fare, il
risultato sarebbe stato solo più denigrante per l’americano, che vincesse o che
perdesse! Kaori sapeva che il suo socio ne era consapevole e che non avrebbe
offeso il suo amico lasciandolo vincere, falsificando la partita, con qualche
stratagemma che fosse.
Nonostante tutto, la donna conosceva già il risultato del loro scontro. Mick
non era più all’altezza. La polvere degli angeli e la scossa elettrica sulla
nave di Kaibara avevano avuto la meglio sui suoi riflessi e sulla sua forza.
Riconoscerlo non significava sminuirlo, ma accettare un fatto, per quanto
doloroso fosse. Ryo, credendo di far piacere al suo amico, lo avrebbe solo
ferito. Senza neanche saperlo, gli avrebbe mostrato quello che aveva perso.
Avrebbe distrutto i sogni di Mick, le sue illusioni, le sue speranze. Come
incassare un colpo simile?
Kaori accettava la ragione di questo duello, ma non la approvava.
Tuttavia, lo avrebbe lasciato svolgersi. La scintilla negli occhi di Mick le
impediva di intervenire. Lui ne aveva bisogno. Anche se questa non era una
buona idea.
Quello che Kaori non poteva capire, era che Ryo e Mick sapevano esattamente
quello che stavano facendo
In effetti, il nome del vincitore era già noto! Ma, talvolta, non è la vittoria
che conta, è lo scontro.
Mick era felice. Era Ryo che gli aveva proposto di misurarsi... Il
riconoscimento era implicito. Il giapponese non poteva desiderare di
confrontarsi con qualcuno che sapeva di battere in anticipo. Non era nella sua
mentalità... “A battere senza rischio, si trionfa senza gloria”. Ryo amava la
competizione. Mick, invece, voleva capire a che punto era, quello che gli
restava da percorrere come cammino, dove l’avevano condotto i suoi progressi. Aveva
bisogno di questo confronto per continuare a progredire, per essere
galvanizzato.
Quanto a City Hunter, le diverse possibilità gli si presentavano chiaramente.
Affrontava un rischio. Quello di togliere una parte della motivazione di Mick
ostentando una superiorità evidente. Ma, era fuori questione mostrare una
qualunque pietà, questa sarebbe stata la cosa peggiore tra tutte. Con questo
duello, offriva a Mick qualcosa d’infinitamente più prezioso: un riconoscimento
e, ai loro occhi, questo era inestimabile...
Così nonostante le battute leggermente perfide di Kaori, il “duello” ebbe
inizio.
Tutti rimasero sorpresi della destrezza di Mick. Questo non era uno scontro
basato sulla forza, ma sulla prontezza, l’abilità, e la precisione. Nessuno era
abbastanza sciocco da sperare che l’americano avesse ritrovato tutti i suoi
muscoli, ma, dovevano ammettere che le sue sedute di rieducazione cominciavano
a portare i loro frutti.
Le prime sfide furono molto semplici. Dopo tutto,
anche se il significato del loro scontro era importante, non si trattava, nei
fatti, che di un gioco.
Impilando delle lattine, avevano formato una piramide che dovevano distruggere
facendo cadere alcuni degli elementi in un ordine molto preciso. Dopo qualche
tiro, fu evidente che questo metodo non avrebbe decretato un vincitore.
Dovevano trovare qualcosa di più difficile, più in accordo con le loro
capacità. Senza contare che Falcon li prendeva in giro entrambi, informandoli
che se non riuscivano a fare di meglio, avrebbero avuto tutto l’interesse a
rientrare per riscaldarsi e ad accettare l’idea di Kaori di affidarsi alla
sorte del Monopoli.
I due protagonisti decisero dunque di passare al livello superiore. Dovevano
colpire una lattina messa in posizione orizzontale e farla girare un numero
preciso di volte.
Ma anche così, sebbene l’azione richiedesse più precisione, finirono per
stancarsi, nessuno prendeva il sopravvento sull’altro.
Terminarono con quattro esercizi che, invece, richiedevano una grande abilità e
una grande precisione. Solo delle persone, aventi una grande esperienza
nell’uso delle armi, come i nostri due protagonisti, potevano vantarsi di
riuscire in simili cose, nonostante il lato comune se non addirittura stupido
dei gesti.
Le lattine erano nuovamente allestite a piramide: tre in basso, due in mezzo,
una in cima. Ma, ora, non si trattava di far cadere degli elementi ma di
lanciare un coltello nella fessura lasciata tra le due lattine di mezzo. La
piramide era situata a più di 30 metri da Mick e Ryo. Riuscire in questo tiro,
senza toccare nessuna lattina sopra, sotto e di lato, necessitava una grande
concentrazione e tantissima precisione. Ogni volta che i loro lanci avevano
successo, avvicinavano le due lattine laterali. Alla fine di questa manche, fu
Mick che prese vantaggio.
Continuarono con l’intrusione di un coltello in una delle bottiglie di birra
posate su uno scatolone. Ma questo giochetto gli sembrò troppo facile.
Riuscivano a tutti i lanci. Quindi complicarono la cosa.
Ora, un coltello, disteso sulla parte piatta, era in equilibrio di traverso di
un collo di una bottiglia. I due duellanti dovevano lanciare un altro coltello
e far volteggiare il primo sull’asse della bottiglia, senza farlo cadere, un
numero di volte preciso per l’appunto.
In questo, tutti rimasero sbalorditi per la precisione che i due “combattenti”
riuscirono ad ottenere.
Ma tutto questo rimaneva troppo facile per i due sweeper.
Il loro mondo era un mondo d’istinto, un mondo dove occorreva saper agire con
velocità, precisione ed efficacia per poterci sopravvivere. Volevano misurarsi
anche su questo campo.
Così, grazie al contributo, non del tutto volontario ed entusiasta di Falcon,
improvvisarono una partita di tiro al piattello con i mezzi a disposizione.
Ad una parola di Mick o di Ryo, Falcon lanciava in aria delle bottiglie. Poi i
due uomini dovevano riuscire ad introdurci un coltello in pieno volo.
Apparentemente, questo gioco li divertiva un po’.
Davanti tanta destrezza, le donne dimenticarono il freddo. Tranne forse
Kaori... Ma i due uomini davano prova d’abilità, se non addirittura di una tale
virtuosità che loro non riuscivano a non guardarli.
Kazue era fiera degli sforzi e dei risultati di Mick. Una fierezza che non
comprendeva particolarmente... Avrebbe dovuto trovare questo scontro puerile e
senza grande interesse... ma vedere Mick così combattivo, così felice, molto
più sereno che mai, la riempiva di uno strano sentimento di felicità e di
orgoglio.
Falcon e Miki valutavano il giusto valore dei due combattenti. Per loro, il disequilibrio
Ryo/Mick, se restava evidente, non era più così flagrante come lo era stato
all’inizio.
E certo Kaori era stupita dei progressi di Mick, ma restava convinta che tutto
questo sarebbe finito male. In disparte, lanciava delle frequenti occhiate a
Mick. Non poteva impedirsi di preoccuparsi per lui. Non si preoccupava per Ryo,
pensava che lui potesse incassare qualsiasi cosa. E quello che non riusciva a
superare, lo nascondeva agli occhi di tutti,anche ai suoi... Qualunque cosa facesse Ryo, lei sapeva di
non servirgli quasi a niente. Non poteva proteggerlo. Lui non l’avrebbe
accettato. Eppure, in questo preciso caso, se lei sosteneva Ryo per istinto e,
confessiamolo, per amore, voleva proteggere Mick per amicizia.
Era abbastanza. Mick aveva provato che meritava di affrontare Ryo. Ma i due
pensavano di non essersi spinti abbastanza oltre. Che tutto questo non provava,
in fin dei conti, quasi niente.
Erano ancora insoddisfatti. Come se avessero l’abitudine, quali dei corridori
di F1, di correre a 300 km/h e che qui, gli avessero tenuto a freno i motori
relegandoli a delle prove che non corrispondevano alle loro reali capacità.
Erano frustati di non potersi confrontare al loro giusto valore. Questi
giochini non sembravano all’altezza dei loro rispettivi talenti. Peggio ancora,
gli sembrava che non facessero altro che sfiorare la superficie di quello che
erano capaci di fare, di quello che erano.
»Troppo facile per noi!
Non riusciremo mai a decretare un vincitore così!!!«
»Si, c’è il rischio che ci voglia un eternità per provarti che sono il
migliore!«
»Dobbiamo trovare qualcosa di più difficile, non credi Ryo?«
»Qualcosa che non metta in gioco solo la nostra abilità... ma anche il nostro
modo di vivere, il nostro metodo di sopravivenza, la nostra visione del
mondo...«
»Non è facile trovarla...«
Un lungo silenzio pensoso s’installò.
”Per divertirmi, sfodero la mia arma... Vivo attraverso la morte,
istintivamente... Guardaci! Quattro persone che assistano ad un duello per
determinare il più abile... E questo è il più bel regalo che potessi fare a
Mick... E mi diverte allo stesso tempo. Sento l’eccitazione del momento... Amo
questa sensazione che procura il metallo freddo della mia arma contro il palmo
della mia mano. Questa adrenalina che mi scorre lungo le vene... Anche questo
coltello così irrisorio... Con me, qualsiasi cosa diventa un’arma potenziale...
Certo, questa sensazione è duplicata quando mi impossesso della mia python...
il calcio... il dito sul grilletto... il bersaglio che s’impone a me,
eliminando tutto il resto... la leggera pressione... quasi una carezza... la
pallottola espulsa... l’odore della polvere da sparo che aleggia... come un
profumo d’infanzia inciso nei miei geni...”
Ryo girò la testa e scorse Kaori. Notò una delle sue occhiate in direzione del
biondo.
In disparte, l’espressione del viso chiusa, immobile, osservava Mick. Ryo
sentiva che non apprezzava molto la scena, anche se, grazie alla sua empatia di
natura, lei aveva compreso tutta l’importanza di questo duello per
l’americano...
E mentre il giapponese osservava la sua socia, tutto si chiarì improvvisamente.
Quello sguardo... quella pena... quella comprensione...
Forse era pronta a vivere tra di loro? Indubbiamente era già cambiata! Non era
più così ingenua come all’inizio della loro collaborazione. Capiva meglio
l’ambiente nel quale evolvevano. Ma, a che prezzo? A costo della sua
personalità? Di quello che la costituiva?
”Accettare che tu cambi, che ti spergiuri per un amore che forse non
esisterà mai? Ed anche se oggi tengo a te, terrò ancora a te domani? Guardati,
qualunque sia la tua forza, non sei che una donna, conosci così poco delle
nostre vite...”
Lei non era al suo posto tra di loro... Non lo sarebbe mai stata... Come
avrebbe potuto? Lui avrebbe dovuto rendersene conto molto prima. Lei credeva di
aver scelto, in realtà, lui l’aveva obbligata...
Si, lui la amava. Si, lei lo amava... e allora?
Da quando il mondo si riduceva all’amore?
Da quando il suo mondo si riduceva all’amore?
A forza di credere che questo fosse la sola forza dell’universo, aveva
dimenticato la realtà... L’amore non era che un sentimento... passeggero per
lui... Tutto cambiava... Non c’erano che due dati di fatto indissolubili: la
vita e la morte. Lui aveva scelto la vita per lei.
Ci sono delle decisioni che bisogna prendere, a dispetto di tutti...
”Non ho niente da offrirti Kaori... Nient’altro che una cosa...”
Ryo cambiò impercettibilmente.
Non era più il Don Giovanni, il festaiolo che misurava la sua forza con un
vecchio amico, per distrarsi.
Le sue pupille divennero più cupe, il suo sguardo si fece più duro.
Gli era apparsa un’evidenza.
Non giocava più.
»Tirala fuori.« Una voce calma, imperativa.
»Scusa???«
»Sai molto bene di cosa parlo. E io so che l’hai con te. Allora tirala fuori.«
»...«
»La foto di Kaori.«
Tutti rimasero sbalorditi davanti questa rivelazione. Ma cosa voleva fare Ryo
di una foto di Kaori? Perché Mick ne aveva una con lui? E come faceva Ryo a
saperlo?
In ogni caso, la domanda non sembrò sorprendere l’americano. Estrasse il suo
portafoglio e lo aprì. Accanto alla foto di Kazue si trovava una foto di Kaori.
I due ritratti delle due donne della sua vita. Kaori era il suo primo amore, ed
era allo stesso modo la sua migliore amica. Non nascondeva a nessuno, e
soprattutto nemmeno a Kazue, che lei aveva ancora un posto nel suo cuore... e
nel suo portafoglio.
Ryo la prese, non la guardò nemmeno e la tese a Miki.
»Va a metterla in fondo alla strada.«
Miki lanciò uno sguardo verso Falcon che acconsentì. Guardò allo stesso modo
Kaori ma la donna sembrava paralizzata.
Decise quindi di ubbidire a Ryo e si allontanò per mettere la foto in
equilibrio sul muro opposto al punto in cui si trovavano. Quando tornò
indietro, nessuno si era mosso.
Stranamente, l’atmosfera era cambiata. Una serietà troppo profonda si emanava
tra queste persone.
In questo preciso istante, si svolgeva una scena capitale... tutti lo
sentivano... ma nessuno sapeva esattamente quello che stava succedendo...
Eccetto forse Ryo e Falcon.
Più pesante, più serio, l’istante tratteneva il fiato.
In lontananza la foto si scrollava leggermente al dolce movimento del vento
d’inverno. Ryo e Mick si fronteggiavano. Il resto del gruppo gli circondava in
un mezzo cerchio irregolare.
La foto... 300 metri... Ryo, Mick... Gli altri... attendendo che fosse spiegato
quello che stava succedendo davanti i loro occhi e in cui erano impotenti...
Ryo estrasse la sua python dalla fondina e ricominciò con la sua voce
terribilmente calma.
»Una prova di quello che siamo... sempre...«
»Non ho la pistola...« Mick tentava di smorzare la situazione, di evitare che
l’aria scherzosa della sfida terminasse.
»Non mentire. Che cos’è quella leggera bozza sotto la tua giacca?«
Guardando bene, era vero che c’era un’infima prominenza sotto l’ascella di
Mick. Ma talmente impercettibile che servivano gli occhi di un professionista
per poterla scoprire.
A malincuore, sapendo benissimo di non poter far credere a Ryo che si stava
sbagliando, Mick slacciò il suo soprabito ed estrasse molto lentamente la sua
arma da fuoco.
Quest’ultima era veramente particolare... Estremamente leggera, totalmente
bianca, sembrava fragile e precaria. Ma non era che un’illusione. Quest’arma
era stata appositamente fatta per l’americano, per rimediare ad una parte del
suo handicap attuale. Ci erano voluti dei mesi di ricerca prima di trovare un
armaiolo che potesse confezzionargli un simile apparecchio, seguiti da
settimane di prove e d’aggiustamenti. Ma il risultato ne valeva la pena.
Anche le pallottole erano più leggere delle solite. Infatti, il rivestimento
era fatto di una lega speciale e la polvere era una miscela innovativa. Una
volta tolta la sicura, era sufficiente una semplice e leggera pressione sul
grilletto perché partisse il colpo. Uno sfioramento che Mick era ancora in
grado di fare...
Per l’americano, la prima volta che aveva tenuto quest’arma tra le mani, aveva
avuto l’impressione di uscire da un tunnel. Non sarebbe mai più stato
all’altezza di Ryo, ma ritrovare quel contatto, ritrovare un’arma, la sua arma
capace di rispondere alla sua volontà, gli aveva permesso di avanzare. Ed era
anche grazie a (o a causa di) lei che continuava ad allenarsi, che quella
tristezza che Kazue poteva vedere qualche volta nel suo sguardo lo abitava solo
per un momento... Fino a che non riprendeva la sua arma... e si diceva “oggi sarà
quella buona”.
Certo, non avrebbe mai avuto la potenza nello sparo, né la precisione di quella
di Ryo, ma, tra le mani di un professionista, quest’arma era mortalmente
pericolosa. E Mick restava un professionista.
Quindi prese la “sua” arma senza però togliere la sicura. Tutti i suoi amici
potevano vedere come la sensazione del calcio nella sua mano gli faceva
piacere. Ma lui gettò un’occhiata verso la foto e abbassò la mano.
Il bersaglio non era così lontano, avrebbe potuto farcela senza troppa fatica...
Nonostante ciò, la cosa importante ora non era sapere, se fosse stato oppure
no, capace di colpirlo.
Ryo l’aveva detto. Non si parlava di provare una qualche superiorità
nell’agilità e nella precisione, ma provare l’essenza stessa di quello che erano...
di quello che la loro visione del mondo poteva portarli a fare, quali erano i
limiti che s’imponevano.
»Al tre, spariamo... Quello che ha la mira migliore vince! E’ semplice, no?»
Ryo guardava Mick, ma lo stava vedendo veramente?
»Io non sparo a Kaori.«
La risposta di Mick rifletteva la sua determinazione...
Ora, non poteva certamente più trattarsi della loro sfida amichevole... era
diventato un muto duello tra Ryo e Kaori... o molto semplicemente, una prova di
forza per il giapponese contro sé stesso.
»Non è che una foto. Uno!«
»E’ più di questo, lo sappiamo.«
»Ti tiri indietro? Ho vinto allora? Riconosci la mia superiorità? Due!«
Perentorio e distante.
Ryo tese la sua python in direzione del bersaglio. Armò il cane.
»Io non sparo a Kaori.« Categorico.
Un silenzio angosciante si abbatté sul gruppo.
I due uomini continuavano ad affrontarsi con lo sguardo.
In lontananza, il bersaglio sembra essere diventato invisibile.
»Tre!« Calmissimo, come apatico.
Senza neanche voltarsi per prendere la mira, Ryo sparò.
E nello stesso istante della detonazione, Kazue non riesci a trattenere un urlo
»No!!«
Miki si precipitò e ritornò con la foto. La pallottola aveva attraversato il
bersaglio... proprio accanto alla guancia di Kaori... a meno di un millimetro.
La donna era pallida come un morto. Per quanto si fosse ripetuta che era solo
una foto, una semplice foto, non vedeva dove fosse il gioco! Non comprendeva né
il gesto di Ryo, né la collera che l’invadeva, sorda e amara.
Ritrovò l’uso del suo corpo, il sangue ricominciò a scorrerle nelle vene. Si
avvicinò a Ryo e lo schiaffeggiò violentemente.
»Sei contento? Hai provato quello che volevi?«
Senza attendere una risposta che probabilmente non sarebbe arrivata, si girò e
se ne andò correndo.
Ryo la guardò fuggire... senza reagire... lo sguardo indifferente... rinchiuso
nel proprio spirito... inaccessibile.
”Il mio regalo, Kaori... Ho finalmentecapitocheiosono...
Il tuocarnefice...”
I passi di Kaori sul
marciapiede si perdevano nel silenzio della notte.
Nessuno si era mosso. Immobili come i personaggi di un quadro, incapaci
d’avanzare, e, alla fine, di cambiare.
»Che cos’era?«
Kazue aveva finalmente rotto il silenzio. Fissava stranamente Ryo ma questo non
aveva lasciato con gli occhi l’estremità della strada per la quale la sua socia
era scomparsa.
L’aveva guardata partire senza un gesto, sfoggiando quell’espressione
indifferente, così familiare, che non lasciava trasparire niente dei suoi reali
sentimenti.
Non si degnò nemmeno di girare la testa verso la donna che gli aveva posto
quella domanda.
Tutti restavano in silenzio, bloccati in quel vicolo diventato improvvisamente
troppo piccolo.
Kazue non era stupida. Per quanto non facesse parte del loro mondo,
frequentando di rado questa distruzione e questa nefandezza peculiare, più
abituata a salvare delle vite che a portare la morte, aveva percepito la
disperazione nello sguardo di Kaori, la determinazione offensiva in quello di
Ryo.
Come gli altri, evolveva nell’atmosfera pesante che la circondava...
Ciononostante né ignorava la spiegazione profonda. E, secondo lei, conoscere
era il miglior rimedio a questo stato di fatto. Voleva capire.
Non ricevendo alcuna risposta, lei persisté. Si voltò verso Mick poi verso
Miki.
»Che cos’era?«
Diventò più insistente. Non era della curiosità fuori luogo... era un bisogno
evidente di farli parlare, di rompere questo silenzio così sgradevole.
Nonostante la sua ostinazione, Mick e Miki distolsero lo sguardo. Quando a
Falcon... Come sapere quello che guardava, quello che vedeva? Sembrava fissare
Ryo. Ma non era forse cieco?
Che non aveva capito della scena precedente?
Perché Ryo aveva sparato alla foto di Kaori? In cosa questo caratterizzava il
suo modo di vivere? Perché il fatto di averla mancata sembrava ancora più
crudele? Perché la sua amica aveva reagito così violentemente e non con un
martello intitolato “CCC: crudele, cretino, cavernicolo... “
? Perché tutti, persino Mick, non volevano rispondere alla sua domanda?
Come se il gesto di Ryo trovasse un eco in ognuno di loro... anche se
inconfessabile. Come se... lo capissero... e, per questo, non potevano fare
altro che approvarlo...
Sola di fronte al muro di silenzi che le si opponeva, Kazue era arrivata a
tanto con le sue riflessioni... e si infuriava di non riuscire a smuoverli...
Ora, aveva voglia di picchiarli, di obbligarli a spiegarle quello che da sola
non riusciva ad interpretare.
Ma, prima che si decidesse a passare all’azione, Falcon si mosse. Si avvicinò a
sua moglie e le prese delicatamente la foto di Kaori dalle mani. Miki ne aveva
quasi dimenticato l’esistenza. Tuttavia era questa che aveva scatenato tutto.
Si avvicinò a Mick e gli tese la foto.
»Era...« Cominciò.
E Mick e Miki terminarono la sua frase con un soffio. Ognuno con la sua
espressione.
»... un’ammissione...«
»... una confessione...«
Questo strano scambio, rivolto a nessuno in particolare, al cielo, a loro
stessi, al nulla, ebbe l’effetto di far uscire Ryo dalla sua letargia.
Lentamente, girò la testa e contemplò qualche istante i suoi amici. Solo Kazue
lo guardò di rimando, gli altri sembravano molto a disagio di essere stati
presenti a quella scena.
Si avvicinò ai due uomini e scambiò con loro uno strano sguardo: un misto di
collera e di riconoscenza... poi ritrovò istantaneamente la sua facciata da
imbecille...
Afferrò la foto prima che passasse da Falcon a Mick.
»Un altro duello vinto dal maestro assoluto! Hai visto
americano, nessuno può battermi!... Non sei ancora
ritornato all’altezza del maestro, piccolo scarabeo...«
Gettò un’occhiata a Kazue...
»Ma sono già sorprendenti i progressi che hai fatto... la necessità di
proteggere qualcuno probabilmente...«
Fece scivolare con noncuranza la foto in una delle sue tasche.
»Credo che sia meglio che vada a recuperare Kaori! Dio
solo sa dove è capace di andare a cacciarsi, visto lo stato isterico nel quale
era... In ogni caso, questo prova che ha ancora qualche ormone femminile...«
Mick lo guardò attentamente.
»Credi che sia la cosa migliore da fare?«
Ryo alzò le spalle.
»Chissà... Giocare alla guardia del corpo, mi corrisponde piuttosto bene, no?«
Miki intervenne nella conversazione.
»Non è di un protettore che lei ha bisogno...«
»Io offro solo quello che posso offrire... Comunque, se preferisci che rientri
con te, nessuno problema, se la caverà da sola... « E a quel punto, le sue mani
viziose si avvicinarono pericolosamente al seno della donna.
Falcon girò lentamente la testa verso il giapponese. E si espresse con una voce
lontana e grave, dai toni sinceri.
»La tua stupidità è monumentale... Mi chiedo come faccia Kaori a sopportarti...«
Ryo ridiventò improvvisamente serio e fece un sorriso sciocco... sciocco ed
allo stesso tempo un po’ triste.
»Quella ragazza è pazza, lo sappiamo bene, no?«
Su questa strana dichiarazione, si allontanò dai suoi amici e si avviò lungo il
cammino che la sua compagna aveva imboccato qualche minuto prima.
Kazue non riuscì a trattenersi.
»Li lasciamo andare così?«
Anche questa volta non ricevette alcuna risposta. Ma, in questo preciso caso,
non se la aspettava nemmeno.
Non c’era niente da dire.
Come sapere se lasciarlo raggiungere la sua socia fosse un modo per sventare
quella situazione critica o inasprirla ancora di più... Stava a Ryo e Kaori deciderlo... Al massimo.... Era semplicemente
un modo per avanzare... in un senso o nell’altro...
Nella notte buia, percorrendo le strade di Shinjuku con indifferenza, l’uomo
seguiva la sua socia.
Nella sua mente, l’insieme di domande e i dubbi non avevano più alcun posto.
Solo qualche parola...
”La speranza di saperti amare, la speranza di
proteggerti... Illusioni coltivate troppo a lungo...
Occorre porci fine.
Questo non sono io. Io sono un cacciatore. Le mie uniche conoscenze sono
combattimenti e vittorie, solitudine e tenebre, depravazione e lussuria. La mia
vita è qui, il mio cuore non può amare... Non si cambia l’essenza profonda di
un predatore.
Sembra così facile da fare.
Di una logica talmente evidente da farlo diventare penosamente naturale.
So esattamente quello che voglio dire... Così semplice... Così chiaro...
Capitolo 30 *** Monologo interiore: corsa nella notte ***
Kaori correva...
Sapeva che era da stupidi correre cosi, che presto avrebbe dovuto fermarsi, il
respiro mozzato e riprendere fiato... Già una fitta al fianco si faceva sentire
ogni due falcate...
Avrebbe dovuto, perlomeno, preoccuparsi dei nomi delle
vie che aveva imboccato, per potersi orientare...
Lei sapeva quello che doveva fare... Comportarsi con calma, con logica, con
posatezza...
Ma non ci riusciva.
Correva...
Non avrebbe dovuto fuggire.
Ma voleva scappare...
Correva per mettere la distanza maggiore tra lei e Ryo...
Correva per non doverlo affrontare.
Correva per non perderlo.
Correva per evitare di pensare a quella pallottola che aveva sfiorato il suo
viso nella foto, al suo vero significato.
Correva per dimenticare il dolore...
Che altro fare?
Ma non serviva a niente... Questa fuga non le procurava alcun sollievo.
Una svolta! Destra? Sinistra? Presto! Optò per la destra, più lontano dal
centro...
Come aveva potuto sparare alla sua foto? Deliberatamente! Freddamente!
Il Ryo birichino, infantile, dagli occhi brillanti di malizia, quasi tranquillo
durante quelle poche ore, era stato rimpiazzato, spazzato via da questo essere
implacabile, pronto a sparare sulla foto della sua socia semplicemente per
tappare la bocca ad un avversario.
Certo quella non era che una misera foto, lo sapeva perfettamente... Ma aveva
quasi potuto toccare l’aura che emanava Ryo in quell’istante... Un pericolo,
una determinazione, un’implacabile indifferenza.
E quello che faceva così paura alla donna, era che sentiva che quel Ryo forse
era più simile al vero Ryo, più vicino alla sua natura profonda... uno sweeper,
un solitario, un predatore...
Ancora una svolta, una nuova viuzza ancora più buia della precedente...
La neve che cadeva...
Non correva per la foto, non proprio... Tutto sommato, il suo socio era
imprevedibile... Poteva compiere le azioni più nobili come le più stupide...
No, lei correva per quello che implicava, per scappare al messaggio che aveva
accompagnato l’atto.
Kaori aveva perfettamente percepito il cambiamento. Era successo quando Ryo
aveva portato il suo sguardo su di lei, durante il duello. Lei stava osservando
Mick, cercando di capire tutta l’importanza di quello scontro per lui... ma una
strana e diffusa sensazione di calore l’aveva allora avvolta, improvvisamente
rimpiazzata da un freddo gelido.
Semi-consapevole di questo turbamento, si ricordava di aver confusamente
pensato che avrebbe preso il raffreddore e che era stata un’idiota a non
vestirsi più pesantemente! Era il 25 dicembre comunque!
Se avesse saputo... ma che avrebbe potuto fare?... Girare la testa e, a sua
volta, fissarlo?
Cosa aveva potuto pensare vedendola... cosa aveva scoperto dall’atteggiamento
della sua socia? Lei lo ignorava... ma, dopo quel momento, la sua aura era
diventata cupa.
Lui le aveva inviato un tacito messaggio... Ma quale?
Che lei era solo la sua socia? Che doveva essere pronta a sacrificarsi? Che lui
lo avrebbe fatto senza esitazione se serviva ad adempiere alla sua missione?
Stremata, si fermò e si piegò per riprendere fiato. Aveva sempre avuto una
buona resistenza, ma, questa volta, aveva fatto una volata... E correre con i
tacchi non era mai consigliabile...
Le tempie che pulsavano a 100 all’ora, la gola secca, le guance rosse, si
sforzò di raddrizzarsi ed di respirare con calma... tanto per il suo cuore
quanto per la sua lucidità.
Era proprio questo il messaggio?
Impossibile...
Ryo sapeva già che lei era pronta a morire per lui... Semplicemente perché,
quando lo vedeva in pericolo, lei non sapeva come reagire altrimenti... Doveva
proteggerlo... egoisticamente... perché, se lui fosse morto, lei non avrebbe
avuto la forza di continuare...
In quei casi, non c’era mai altra scelta possibile che non quella
d’intervenire, a dispetto della prudenza, a dispetto della logica...
Non era né l’istinto, e non era né l’amore che la spingeva, era così inconscio
come respirare...
Non temeva la morte se era per salvarlo.
Temeva la vita se era senza di lui... più esattamente temeva di poter vivere
senza di lui.
E se il messaggio che lui aveva tentato di trasmettere era piuttosto: “Sei una
socia scadente. Attiri il pericolo come il miele attira le mosche.”
Dopo tutto, era talmente vero. Per quanto cercasse di migliorarsi, non avrebbe
mai raggiunto il livello di Falcon, di Miki e di Mick...
Aveva troppo da dare, da offrire per diffidare di tutto e di tutti.
Aveva troppo bisogno di vivere per accettare di immergersi in un mondo di
nefandezza, d’abbandono e di solitudine.
Aveva troppo bisogno di vivere se voleva evitare a Ryo di sprofondare.
La donna chiuse gli occhi.
Ora sapeva quello che il gesto del suo socio significava. Era per questo che si
era messa a correre. Il suo cuore glielo urlava dall’inizio della sua folle
corsa, ma si era rifiutata ostinatamente di ascoltarlo...
Aveva bisogno delle sue braccia attorno a lei, della sua forza quieta, dei suoi
silenzi ed persino di quelle scappatelle...
Aveva bisogno della sua presenza, anche indifferente.
Impossibile capirne il perché. Quasi si infuriava di questa necessità... Ma lui
c’era nei momenti di tristezza, di disperazione così come negli istanti di
gioia e di risate. Era presente e questo le bastava. Era stupido amare un uomo
al punto di accontentarsi unicamente della sua presenza... era stupido,
pericoloso e patetico, ma era così...
Improvvisamente, Kaori si girò e sganciò un violento calcio al bidone della
spazzatura. Il rumore sordo riecheggiò tra le mura dei palazzi per perdersi
nella notte silenziosa.
Adesso, si pentiva di aver reagito così, come una bambina... Avrebbe dovuto
costringerlo a parlare, a spiegarsi.
”Imbecille!!! Se credi di fregarmi in questo
modo!!... Io rifiuto di credere che sei solo uno sweeper senza anima...
Tu non sceglierai per me, sarebbe troppo facile.”
Tuttavia una mano adunca le serrava il cuore e lo stringeva per infrangerlo.
Questo gemeva e il lamento diventò così forte che Kaori non poté più
ignorarlo...
”E se il messaggio era solamente: La tua vita sarà
migliore lontano da me. Non ti amo abbastanza per
salvarti. Io non ho bisogno di nessuno nella mia vita...”
Cosa rispondere a questo?
Nel silenzio della notte, sentì il rumore di scarpe che scricchiolano sulla
neve avvicinarsi inesorabilmente. Tutti quegli anni in compagnia di Ryo non
erano stati così inutili come lui poteva credere, se non altro, il suo orecchio
era diventato molto più fine... Dentro di sé sperò di poter riconoscere sempre
quei passi tra mille...
Facendo qualche passo indietro, scivolò all’ombra di un portico.
Capitolo 31 *** Quello che ho nel cuore [1/2] - Una questione di verità ***
Ryo seguiva le tracce di
Kaori.
Il cacciatore seguiva la sua preda?... Innegabilmente,
c’era una parte di verità in quest’immagine.
Dopo aver percorso, per una decina di minuti, il dedalo delle viuzze oscure di
Shinjuku, arrivò in una piccola piazzola, incrocio tra quattro minuscole vie.
Le impronte dei passi si stavano ricoprendo già di un nuovo strato di neve
immacolata.
Si fermò al centro, immobile, diritto, in attesa.
Il silenzio lo circondava. Aveva perso le tracce della donna?
Il suo profilo si stagliava sotto la luna. Impassibile ed impenetrabile.
Trascorse qualche secondo, silenzioso e tranquillo.
»Fatti vedere!« Non era un ordine, piuttosto
un’evidenza.
Solo il fruscio del vento gli rispose.
»Fatti vedere!!!« La voce era più forte, più solenne
anche, portatrice di una minaccia nascosta.
Allora, un leggero rumore si fece sentire. Da un portone, immerso
nell’oscurità, un’ombra si materializzò e avanzò lentamente verso il pallido
chiarore della notte.
Le forme di una giovane donna in abito da sera si delinearono prima e si
confermarono poi.
Ryo conosceva abbastanza Kaori da sapere che quegli occhi stavano lanciando
strani fulmini.
»Ovviamente, il grande Ryo Saeba sa tutto, vede tutto!
Lo sweeper dalle molteplici qualità! Volevi assicurarti che non fosse successo
niente alla tua socia?«
Quel tono sarcastico, quasi astioso ma terribilmente distaccato, così poco
abituale da lei lo sconcertò, ma lui non lo diede a vedere.
»Ho io le chiavi e la macchina si trova dall’altra parte... La notte è
insidiosa...«
Nella sua sollecitudine a volersi allontanare da Ryo, Kaori aveva direttamente
preso la direzione del loro appartamento. La sua giacca leggera non l’avrebbe
protetta ancora dal freddo pungente di dicembre, ma la sua rabbia le teneva
caldo...
»Io non sono assieme a te! Dunque non rischio niente,
o sbaglio?«
Gli sputava addosso il suo disprezzo senza veramente
rendersene conto. Non era riuscita a nascondere a lungo la sua collera. Stava
esplodendo in tutta la sua ampiezza e il suo risentimento.
La giovane donna lo sfidò con lo sguardo.
»Volevi dimostrare che cosa, dimmi? Che io sono solo
una semplice socia? Sacrificabile? Quindi non hai capito niente? Sei così
rinchiuso nel tuo mondo egocentrico?
Se con la mia morte, io potessi assicurarti una possibilità di sopravivenza,
anche misera, accetterei con il sorriso sulle labbra... Del resto non l’avevo
già detto?»
Lui la fissava, imperturbabile. Alzò addirittura le spalle davanti a tali
assurdità.
»La morte resta la morte, nessuno la accetta con il
sorriso... Quindi smettila con questi discorsi assurdi. Non sei più una
bambina, comportati da adulta! Era solo una foto!«
»Una bambina? E’ tutto quello che hai trovato da dire?
Che mi comporto come una bambina? Io ho detto semplicemente quello che ho
capito dal tuo gesto!«
»No, tu non fai altro che congetturare! Fai un gran
baccano per poco e niente. Era solamente una stupida
foto... La mia vita si riduce ad uccidere per restare in vita e tu mi fai una
polemica perché ho sparato ad una foto? Sei fuggita come una mocciosa...»
»Mi prendi davvero per un’idiota?«
Lui sembrò valutare i pro e i contro di questa mezza-domanda.
Un corto silenzio gli separava.
Di fronte alla maniera che lui aveva di tergiversare, di evitare
volontariamente di parlare del vero problema, la collera di Kaori salì
d’intensità. Il dolore provato davanti al suo gesto si rifugiò momentaneamente
dietro la rabbia di vederlo squagliarsela con una tale sfacciataggine ed una
tale indifferenza. Ebbe improvvisamente la voglia di picchiarlo, fisicamente,
di dirgli quant’era stato spregevole a comportarsi in quel modo, che mai lei lo
avrebbe creduto capace di una tale ignominia...
Aveva un folle desiderio di agire... Ma, paradossalmente, una voce seppellita
in profondità le urlava di non ascoltarlo, di fermarsi, lei non era più una
bambina. Doveva affrontarlo. Anche se sentiva che lui avrebbe potuto essere
ancora più offensivo, per una ragione oscura che sembrava velare il suo cuore e
che, cosa ancora peggiore, lui avrebbe potuto portarla a dire quella cosa che
lei rifiutava di pronunciare ad alta voce.
Sapeva che era scappata e che non avrebbe dovuto farlo. Ma come spiegargli
l’imperiosa necessita che si era impadronita di lei?
Che, prima di tutto, era scappata per non perderlo?
Niente riuscì a superare la barriera delle sue labbra... Aveva tanto da dire e,
tuttavia, non ne era capace.
Lui proiettò lo sguardo in quello di lei, ritrovando una nuova determinazione.
»Hai pensato veramente che potessi spedirti una pallottola in mezzo alla testa?«
Lei allontanò lo sguardo da lui, inerme. Ma lui non mollò.
»Rispondi! Hai creduto che potessi spararti?«
Lei gli oppose un silenzio forzato ed una collera dolorosa,
quasi palpabile.
»Se l’hai creduto, anche solo per un istante, questo
fa di te una partner scadente. La fiducia che hai in me non è senza pecche come
ti piace affermare.«
La testa sempre bassa, lei indietreggiò sotto l’affronto.
Come poteva dirle questo quando sapeva quanto lei dubitasse delle proprie
capacità. Così freddamente. Così privo di calore.
Ritrovando improvvisamente il coraggio di guardarlo, la donna sollevò
finalmente la testa e lo fissò, cercando in quegli occhi scuri un rinnegamento
a quelle parole menzognere.
”Oh, no, non questo Ryo... Posso credere sul serio che tu non mi ami... Ma
osare mettere in dubbio la fiducia che io ho in te...”
Ma questa volta, fu lui a rifiutare quel contatto. Il suo sguardo scivolò via
da quello di lei, come se lui non la vedesse e andò a fissarsi su un punto,
dietro la spalla della donna.
»Ecco il vero significato del tuo schiaffo. Era più
rivolto contro te che contro di me. Un modo poco
professionale di gestire i tuoi problemi personali!!«
Questo era troppo!
Come osava indirizzare la conversazione sul suo schiaffo.
Non se l’era forse meritato?
Aveva sparato sulla sua foto come se si fosse trattato solo di un volgare
bersaglio di carta!!!
Ed ora eccolo che affermava che questo aveva semplicemente dimostrato che lei
non era degna di essere la sua socia. Che non aveva fede in lui... Che lo aveva
schiaffeggiato perché si rimproverava di aver osato dubitare di lui. Ma queste
erano soltanto menzogne!!! Una maniera fallace di
interpretare il suo gesto! Un modo che indubbiamente faceva molto comodo, a
lui!!!
Strinse i pugni più forte e sentì le unghie conficcarsi nel palmo. Mai
l’avrebbe caduto capace di cadere così in basso! Mentiva! Mentiva! E lo sapeva!
Che senso aveva? Dove voleva arrivare?
Improvvisamente, il dolore fu completamente rimpiazzato da una sorda collera.
Un modo di proteggersi, un modo per stare meno male, di impedire a quelle
parole offensive di toccarla.
Si chiuse agli attacchi verbali del suo socio. Non doveva cercare di capire le
ragioni di quelle parole! Forse il suo svago della serata era accanirsi in
questo modo su di lei, anche se non ne capiva il perché!
Ma, non lo avrebbe certamente lasciato fare! Ma chi si credeva di essere per
osare tirare fuori delle simili perfidie?
Lasciandosi completamente invadere dalla sua ira, si avvicinò a lui e lo prese
per il collo della camicia. Ciononostante, per quando fosse alta e avesse
abbastanza forza da maneggiare dei martelloni da più di 300 tonnellate senza
sforzo apparente, non riuscì a farlo spostare di un centimetro. In altre
circostante, si sarebbe resa conto del ridicolo della situazione... Stava
cercando di far piegare un uomo di più di 80 kg, con una muscolatura ben
sviluppata.
Lui si degnò di abbassare un pochino la testa verso di lei!
Kaori tremò, ma non era il freddo. Era la rabbia...
»Cosa! Osi deviare in questo modo la conversazione!
Credi veramente di cavartela così? Osi paragonare il mio schiaffo a quello che
hai fatto!«
»Io non paragono niente! Io ho sparato sulla tua foto
in tutta cognizione di causa! Invece, il tuo schiaffo era la reazione di
un’isterica che non sa controllarsi! Cosa vuoi rispondere a questo?«
Il suo sguardo non si attardò su di lei, tuttavia la donna cercava di
aggrapparlo.
»Niente, tu hai ragione! Hai sparato sulla mia foto come
se si trattasse di un semplice foglio di giornale! E per provare che cosa? Che
sei un tiratore migliore di Mick? Un professionista migliore? Perché ci
estasiassimo davanti le tue prodezze? E’ così?«
»No, semplicemente per dimostrare che io sono un assassino
migliore di lui.« Aveva lanciato questa affermazione con la sua voce da
professionista, quella voce fredda che non lasciava aleggiare alcun possibile
dubbio... »Io... sono... un... assassino...«
La donna socchiuse gli occhi davanti una tale dichiarazione. Malgrado
la durezza di una frase simile, le sembrò di sentirci una sorta di...
rammarico. Se l’era immaginato?
Tuttavia la sua collera diminuì leggermente... rimpiazzata da un sentimento più
diffuso... La tristezza? La compassione? L’empatia? Ad ogni modo, fu con un
tono leggermente meno forte che gli chiese:
»E’ solo questo quello a cui auspichi? Essere il
migliore sweeper della città?«
»Che altro vuoi che speri?« Sogghignò. »I miei altri
desideri come correre dietro le ragazze, e darmi alla pazza gioia nei locali,
tu ti diverti un mondo ad impedirmi di realizzarli!«
»Ovviamente, ritorniamo sempre lì! Hai sparato alla
mia foto per semplice capriccio, ed è colpa mia... perché non ti lascio uscire
la sera! Assolutamente logico!«
»Insomma piantala di parlarmi di quella foto! Non vedo
la ragione di questa stupida collera... tranne se, come ho già detto, è più in
relazione al tuo comportamento nei miei confronti...«
Contrariamente a lei, l’uomo sembrava perfettamente controllato. Il distacco
nel suo tono di voce dimostrava come conservava il suo sangue freddo, come
ognuna delle sue parole svelavano i suoi pensieri profondi.
Lui continuò a tempestarla servendosi di quel tono così spietato, così pieno di
distanza.
»Ti senti talmente sciocca a non aver avuto fiducia in
me... Eccola qua l’unica verità della serata... e non l’illusione di una cena
tra amici! Guarda che socia!« Il suo tono di scherno
non poté sfuggire a Kaori. »Sconvolta per una semplice foto, diffidente verso
il suo socio... e “questa” spera di sopravvivere nel nostro mondo?«
Lei non capiva perché non reagisse violentemente a questi attacchi, perché non
riuscisse a lasciarlo ed a materializzare un martellone gigante, proporzionale
al male che le stava affliggendo. Dio solo sapeva che mai era stata così in
collera con lui.
Però, stranamente, non riusciva a lasciarlo. Aveva bisogno di quel contatto con
Ryo, della sua mano che gli teneva il colletto della camicia. Come se questa
prossimità fisica potesse colmare il baratro che appariva tra di loro. Poiché
c’era solo collera e dolore... e c’era anche un dubbio. Quel dubbio che non se
ne andava mai, celato in lei come un’ombra sempre al limite della vista, sempre
sfuggente ma sempre presente... A Kaori, questo dubbio rimbalzava senza tregua
nella testa, più forte ad ogni rimbalzo: “E se fosse la verità...”
Lo teneva sempre per il colletto, ma non se ne rendeva conto. Le parole che lui
le aveva detto occupavano tutto il posto nei pensieri della donna. Nonostante
ciò, nonostante i dubbi, malgrado tutto, era cosciente che stava parlando a
Ryo, alla persona che condivideva la sua vita da otto anni, con la quale aveva
affrontato molti rischi, sormontato molte difficoltà.
Ascoltava ogni parola che lui pronunciava, ma non voleva crederci, aveva
bisogno di un minuscolo indizio per persuadersi che mentiva, anche se ancora né
ignorava la ragione. Aveva bisogno di aggrapparsi ad una speranza anche infima,
anche illusoria.
Lui non faceva che evitare il suo sguardo, lei credeva che avrebbe potuto trovarci
quella piccola fiammella di cui aveva tanto bisogno... solo per credere ancora.
Lo lasciò improvvisamente; realizzando che in ogni
caso non sarebbe arrivata a niente in questo modo, e gli urlò quasi...
»Guardami almeno quando mi parli! Osa darmi del “questa” ancora una volta, occhi negli occhi.«
Lentamente, lo sguardo di Ryo si spostò verso quella della sua socia ed
incontrò i suoi occhi. Ma lei non ci trovò quello che stava cercando, quello
che sperava... nessun bagliore. Unicamente uno sguardo cupo e duro,
un’indiscussa verità ed una volontà certa di non fare alcuna concessione, di
dire quello che doveva essere detto...
L’uomo sprofondò nello sguardo di Kaori e l’impatto di quello sguardo fece
tanto male alla donna quanto le parole che lui pronunciò:
»Se almeno tu compensassi essendo bella e
desiderabile, non ci avrei rimesso tutto.«
Le lanciò uno sguardo nero.
A sentire quelle parole dal tono disprezzante, la donna ebbe la nausea. Non
poteva credere alle sue orecchie... Perché tutto a un tratto tirava fuori i
suoi insulti? Perché si serviva di tanta crudeltà? Perché le diceva quello che
lei aveva così paura di sentire? Per quanto sopportasse tutto di lui, stava
oltrepassando il limite... lo stava abbattendo il limite e quello che faceva più
male era... che lui aveva ragione...
Stava distruggendo uno ad uno tutti i fulcri della donna... La sua fiducia in
lui prima di tutto, poi, adesso, rimetteva in discussione il suo posto al suo
fianco. Sembrava che lui volesse stroncare tutti i legami che li univano. E
Kaori non era in grado di capire. Come una serata cominciata in modo così
semplice, così naturale, era diventata un incubo?
Non c’era nessun pazzo che la prendeva in ostaggio, non c’era un incarico che
prendeva una svolta sbagliata, c’era di peggio... C’era Ryo, l’uomo che
rappresentava la parte più importante della sua esistenza, quella che lei aveva
scelto, che si sforzava di annientare tutte le sue speranze, tutto quello a cui
lei credeva.
Una parte di sé stessa era perfettamente a conoscenza di aver sempre saputo che
lui aveva ragione. Che un giorno o l’altro tutto sarebbe riemerso. Non era una
brava socia per lui. Quante volte aveva rischiato di morire per andarla a
cercare? Quante volte lei non aveva reagito da professionista? Troppe...
”Se almeno tu fossi bella e desiderabile...”
Anche su questo punto aveva ragione. Non era carina... Non era femminile.
Ma lei era convinta che tra di loro ci fosse dell’altro! Era stata troppo
idiota? Lui era soltanto quello che diceva di essere: un pervertito che pensava
solo a saltare addosso a tutte le belle donne? Aveva interpretato male tutti
quei segni di tenerezza? “Trascorreremo i nostri compleanni assieme?”
Sciocchezze? Fesserie? Parole vuote?
Era necessario che tutto finisse in una sera? In questa sera?
Perché lui aveva preso questa decisione oggi in questo giorno di Natale? E
perché no dopotutto? Avrebbe dovuto prenderla un giorno o l’altro, dal momento
che lei preferiva chiudere gli occhi!
Le domande turbinavano nel suo cervello, scaturendosi
in una frazione di secondo, ma nessuna era seguita da una risposta, soltanto da
nuove interrogazioni, da ferite più profonde.
Sentì la propria respirazione, il suo stomaco sollevarsi ad ogni boccata d’aria
che inspirava. Aveva un’acuta consapevolezza solo di sé stessa e di lui, a
qualche metro.
Il resto dell’universo le importava poco.
Ryo stava distruggendo tutto quello su cui si basava la sua vita.
Ma a conti fatti, persino queste evidenze non avevano alcun peso di fronte a
quello che lei sentiva per quest’uomo... Era l’amore! Stupido e cieco!
Questa non era la prima volta che lui la respingeva... anche
se non l’aveva mai stato fatto con tanta freddezza, distacco e
disprezzo. Questa non era la prima volta che lui era offensivo. Conosceva tutto
di lui.
Non aveva visto dell’amore in quegli occhi... e allora?
Tutto sommato, non si vede niente dagli occhi di un altro... Specchio
dell’anima, pouff... Sono solo semplici organi...
Soprattutto adesso non doveva fare affidamento a quello che leggeva in lui in
quel istante, ma piuttosto a tutti i momenti passati assieme, a tutta la loro
vita...
Non era uno sconosciuto quello che aveva di fronte a lei! Era Ryo... la persona
che amava ma soprattutto quella che conosceva meglio di chiunque altro... Era
il suo socio... Era suo... amico...
Doveva dirgli quello che rappresentava per lei, fargli comprendere... Non
doveva accettare questa conversazione ipocrita che lacerava il suo cuore,
minacciando di mandarlo in frantumi ad ogni parola di Ryo...
anche se per lei era difficile parlarne, confessare una cosa simile,
dichiararsi in delle circostanze simili.
Capitolo 32 *** Quello che ho nel cuore [2/2] - Una questione... di vittoria ***
Il silenzio s’installò
tra di loro. Ma la donna sentiva l’urgenza di non lasciarlo andare per le
lunghe.
Prese quindi un profondo respiro, cercando, nel più profondo di sé stessa,
abbastanza coraggio per continuare... per raggiungere
Ryo...
»Io ti accetto come sei Ryo... I tuoi pregi e i tuoi
difetti. I tuoi silenzi, le tue menzogne compensate dai tuoi sorrisi, le tue
azioni, la tua aura... Ma un giorno riuscirai ad allontanarmi da te...
definitivamente...
Hai talmente l’aria... di avere paura di me. Ho l’impressione di stancarti...
Un giorno, mi arrenderò. Non si può lottare contro dei mulini a vento... Ci si
sfinisce inevitabilmente.
E’ necessario che tu faccia una scelta... o perderemo, entrambi... e molto più
che un semplice partner...«
»Hai finito il tuo bel discorsetto? E’ lo champagne
che ti fa questo effetto?«
»Ma...«
»Hai voluto cambiarmi? E’ cosi?«
»Per niente!!! Lo sai che è falso! Ho creduto di poter
far uscire quella parte che nascondi dentro di te, cancellare un istante quel
dolore che si cela sempre dietro il tuo sguardo!«
»E cosa hai scoperto? Che non ti avevo mai mentito?
Che sono solo un festaiolo fannullone che si trasforma in predatore? Che
utilizzo il mio unico dono per assicurarmi il pasto? Che la mia python è la mia sola vera compagna? E’ questo
quello che hai scoperto? Sono questi i tuoi mulini a vento Kaori?«
»...«
»Allora stai tranquilla, non sono illusioni! E’ la
verità... Benvenuta nel mondo reale Kaori!«
»Perché mi dici questo?«
Lei aveva ritrovato la sua calma per contrastare quella di lui. Non gli avrebbe
dato la soddisfazione di farla arrabbiare, non questa volta!
Forse perché non ne aveva più la forza?
Ciò nonostante, dentro di lei c’era una vera tempesta, un esplosione
di sentimenti contradditori... ed un timore sempre più opprimente, che
minacciava di devastare ogni cosa al suo passaggio.
Comprese che qualsiasi cosa lei avesse detto, qualsiasi cosa lei avesse
confessato, lui non l’avrebbe ascoltata.
»Perché mi fa innervosire questo tuo idealizzarmi...«
Il sangue le salì alla testa. Lei stava cercando di raggiungerlo e lui osava
risponderle così? Non era un giocattolo!
»Perché io ti idealizzo? Tu, un pervertito senza
scrupoli? Un satiro degli spogliatoi femminili? Il cui l’unico neurone connesso
pensa solo a rubare biancheria?«
»Lo vedi che mi idealizzi...«
»Ma cosa vuoi, insomma!? Che me ne vada o che rimanga?
Che mi inchini davanti alla sua scelta? Quale scelta d’altronde? Sei patetico
nella tua incapacità ad assumerti...«
»Assumermi cosa? E tu allora?«
»Io... non sparo sulle foto!!!«
Lui ignorò questa affermazione ben giustificata. Sembrava infastidito dalla sua
presenza stessa, dal suo modo di ritornare sempre sullo stesso argomento.
»Quando capirai che ho scelto io stesso la mia vita?
Che non ho affatto bisogno di un cerbero per controllarmi? Di una coscienza del
bene e del male! Che non c’è niente da salvare in me! Che sono felice!«
Lei spazzò via con una mano queste affermazioni comuni.
»Felice? Quando ti svegli il mattino con l’unico
obbiettivo di soddisfare i tuoi desideri?
Felice? Quando ogni giorno assomiglia a quello precedente?
Quando flirti con la morte per dimenticare quello che sei?«
»Felice già! Lo adoro! Adoro le avventure di una
notte, senza seccature, il piacere effimero... Prendere, assaporare e
andarmene... Felice, si! Ad ogni modo, molto più di te! Molto più di una donna
incapace di riconoscere i suoi sentimenti! Che crede, alla sua età, che un uomo
possa amare unicamente una sola volta, che l’amore con la A
maiuscola esiste. Che stupidaggini! Che fesserie!! Si
tratta solo di ormoni! Istinto di riproduzione! Di sopravvivenza! E in questo,
io sono il maestro!«
La sua voce aveva un tono rauco, leggermente contrariato... Ma si riprese
subito e le disse con uno sguardo colmo di un profondo disprezzo:
»Del resto vuoi che te l’ho dimostri? Vuoi che ti
mandi al settimo cielo, alle porte della felicità. Vuoi conoscere il vero
piacere? Andiamo, vieni Kaori, troviamoci un angolo al caldo che ti mostro che
cos’è uno stallone! Questo sarà il tuo regalo, qui e ora! Almeno l’avrai
conosciuto una volta nella tua vita! E sforzandomi un po’, potrei anche
trovarlo piacevole...«
Le rivolse uno sguardo disincantato, senza anima, per niente interessato. Come
se la sua proposta fosse solo un sacrificio da parte sua. E nello stesso
momento, lui allungò la mano per afferrarle il braccio, ma lei si sottrasse con
un movimento brusco lanciandogli uno sguardo d’incomprensione e di dolore.
Che cosa le aveva proposto? Una notte di sesso? Nient’altro? L’appagamento del
loro desiderio? Aveva sentito bene?
Questo era lo stesso uomo che la prendeva tra le braccia per confortarla? Sul
quale aveva sempre potuto contare?
Questo era lo stesso allegro buontempone sempre con la battuta pronta e dalla
facile ironia?
Com’era potuto cambiare così velocemente?
Lei si trovava al di la’ di ogni tentativo di
spiegazione. Lui le aveva proposto di... “scopare”... E lei stava male. Non
vedeva altro che un bastardo... un infame bastardo, per di più...
»Sei solo un pietoso vigliacco!«
»Quando ti propongo ciò che tu desideri?« Sembrava
sorpreso... »Non è quello che hai sempre ardentemente voluto?« Fingeva quella
stupida innocenza. »Non sogni che la nostra relazione
evolva finalmente? E’ questo quello che ti ho
proposto. Molto semplicemente... Perché fare tante storie per così poco?«
Perché la umiliava in questo modo? Se aveva deciso di essere chiaro con lei
perché aveva scelto degli argomenti così vili, così offensivi?
Quel tono arrogante era in armonia con i propositi disprezzanti che lui stava
tenendo! Mai, avrebbe creduto che lui potesse prendessi gioco apertamente dei
sentimenti che lei provava così profondamente da così tanto tempo, che lui li
dirottasse per farla soffrire. Era ignobile!
Lui non vide lo schiaffo partire, ma sentì il violento scontro tra la sua
guancia e il palmo di Kaori. Abbastanza potente da fargli voltare la testa di
lato. Lui posò la mano sulla guancia, nascondendo un leggero sorriso che si
trasformò in un ghigno animale quando si rivoltò verso di lei e la sua socia
poté vederlo.
»Finalmente hai reagito. Anche se pensavo a dei
preliminari un po’ diversi tra te e me. Due schiaffi in meno di un’ora? Un po’
masochista, bella mia? Hai deciso di lasciar perdere i
martelli?«
Kaori rifiutava di lasciarlo prendere vantaggio. Rifiutava che la facesse
soffrire e soprattutto rifiutava di mostrargli a che punto il suo dolore morale
stava diventando fisico. Ma lui non si rese conto di niente e continuò nel suo
slancio...
»In fin dei conti, in quando ai nostri sentimenti,
solitamente tu non hai mai fatto niente... Tutti sostengono che tra di noi sono
forti, ma io non ti ho mai visto venirmi a dire in faccia quello che provi!
Resti lì! E’ più facile maledirmi, vero?«
Lei indietreggiò sotto l’impatto di quelle parole. Allora erano arrivati a quel
punto! Lui aveva deciso di parlare di questo così! E di fustigare il suo
comportamento come se fosse una delle innumerevoli cause delle loro liti, come
ragione dell’immobilità della loro relazione e persino come motivo delle loro
diversità!
»Dirti cosa? Che ti voglio? Che ti amo? Amare te? Che
mi tratti come una volgare assistente, come una misera segretaria che serve
solo a prendere contatto con i clienti. Tu che salti addosso a tutto quello si
muove! Tu che mi proponi di venire a letto con te per degnazione... No, per
carità! Come se fossi solo la ragazza di una notte? Non farmi ridere!«
Sapeva che lui la stava portando dove lui voleva arrivare! Ma le era
impossibile non replicare! Come le era impossibile rivelargli quello che
provava per lui... soprattutto se la respingeva. Specialmente in questo modo!
»Per l’appunto io non ti vedo ridere spesso, da quanto
sei con me! Diventi triste, spenta...«
»Sei davvero così cieco?«
Aveva lanciato questa replica con un ultimo appello. La voce di Kaori non era
più che un semplice sussurro.
Stava parlando a sé stessa?... Maledicendo la sua
incapacità di vedere Ryo sotto la sua vera luce, a forza di amarlo? O
rimproverandolo di screditarsi così facilmente, con tanta disinvoltura.
»E tu, troppo stupida per capire che non ci sarà mai niente di serio tra di
noi... Che io sono incapace di legarmi davvero a chiunque sia!«
»E allora?«
»E allora, se capisci che tra me e te, non ci sarà mai
niente, nemmeno un accenno di sentimento. Se la tua scelta è quella di restare
lì a ristagnare tutta la tua vita, a fantasticare come una donnicciola che non
ne ha più l’età, allora va bene... ma lascia che ti dica che non è in questo
modo che io intendo continuare, io...«
»...«
»Ci siamo?! Hai capito?«
»Tu vuoi che...« Impossibile, non riusciva a dirlo.
Lui rimase in silenzio.
»Tu vuoi che ci separiamo?«
»Beh separarsi è una parola grossa per noi due, non credi?«
Sogghignò con un tono amaro come per rispondere ad una barzelletta per nulla
divertente. »Dovremmo se non altro stare assieme!
Quello che voglio Kaori è che tu...«
Lei concluse la frase per lui, in un soffio. Dal principio, sentiva che la
conversazione sarebbe arrivata a quel punto, che tutto, dal duello fino a
quest’ultimo secondo era legato. Lui aveva condotto la conversazione
dall’inizio alla fine, per arrivare al punto che fosse lei a pronunciare quelle
cinque parole...
»Che io me ne vada...«
Tutto era detto. Tutto era confessato...
L’incomprensione più totale invase la donna. Mai... mai... avrebbe creduto di
dover pronunciare quella frase... La separazione possibile tra lei e Ryo aveva
sempre albergato nel suo spirito, certo, ma come un’ombra, presente e lontana
allo stesso tempo, che si defilava sempre... Immaginarla le dava una
consistenza che la spaventava... come l’uomo nero della sua infanzia.
Ed ora...
»Che io me ne vada...«
Nessuna parola poteva descrivere questa impressione di uno specchio che va in
frantumi, questo rumore così particolare, per un istante assordante seguito da
un silenzio così vuoto, così esasperante... E il tempo che non voleva fermarsi
ed anestetizzare il dolore...
Quello che faceva cosi male era comunque questa comprensione, che, malgrado
tutto, bisognava andare avanti, che doveva continuare, qualunque fosse il
prezzo...
Restava solo il vuoto tra di loro. Un abisso che non smetteva di allargarsi.
Ogni secondo, ogni loro respiro gli separava sempre un po’ di più... Come lo fa
il tempo, malgrado la volontà di mantenere dei
contatti...
Poteva sbraitare? Ancora e ancora? Farlo ritornare sulla sua decisione? A cosa
sarebbe servito? Tutto nel suo atteggiamento denotava la sua decisione.
Irrevocabilmente...
Tirargli un pugno? Una borsettata? Questo non le
avrebbe dato sollievo questo volta... L’indifferenza che lui mostrava ora nello
sguardo che posava su di lei, era più eloquente di
qualunque frase o di qualunque gesto... e la risposta ad un tale disprezzo non
poteva essere un gesto...
Quanto tutto era stato detto... Quanto il male era stato fatto... Questa frase
era stata lanciata... in un roco mormorio... come una voce del cuore... Di una
sincerità e di un’autenticità troppo dolorose per essere false... E queste
poche parole avevano dilaniato entrambi...
Chi aveva osato pronunciarle? Chi aveva espresso questa certezza troppo a lungo
nascosta... che gli uccideva lentamente così come gli permetteva di vivere?
In questo preciso istante, la rottura era stata effettiva...
Il veleno di quelle parole aveva percorso il cammino fino al loro cuore. Chi
poteva ora osare sostenere che Ryo non sapesse parlare? Aveva trovato
esattamente le parole che erano servite per distruggere la sua socia... molto
più efficaci di una pallottola!
Quanto si erano lasciati, non si trattava più di una separazione...
Erano diventati due esseri che non si conoscevano più. Dopo l’esplosione,
l’unico mezzo per soffocare il dolore era ignorare l’altro.
Lui non aveva fatto alcun gesto per trattenerla... l’aveva guardata
allontanarsi. Non era scappata questa volta. Non si era voltata per imploralo
un ultima volta. No, si era semplicemente dileguata nella notte, lentamente, la
sua sottile figura che lottava per non sprofondare, ma che, mai e poi mai,
avrebbe mostrato la sua ferita all’uomo che la rifiutava... Troppo fiera...
troppo forte per questo... O troppo debole...
Eppure, quel dolore non era sfuggito a Ryo... semplicemente perché lui lo
condivideva.
Una volta sicuro che lei non sarebbe tornata indietro, ”Ma quale ragione
avrebbe potuto spingerla a tornare adesso? Il mio attacco è perfettamente
riuscito. Oltre quello che speravo...”, si era voltato lentamente
dall’altra parta rispetto alla direzione che lei avevo preso. Il cammino della
donna non era più anche il suo... Doveva arrendersi a quest’evidenza.
Solo! ... Ancora una volta...
Sembrava che, qualunque cosa facesse, qualunque cosa sperasse, finisse sempre
per ritrovarsi solo, a contemplare un orizzonte vuoto, senza speranze. Una
solitudine che aveva lui stesso edificato, una solitudine che prediligeva la
maggior parte del tempo, come un ultimo scudo di fronte alla realtà di quello
che era.
Dopo tutto, se si trovava a quel punto, se l’era ben voluto, no? Era lui che
aveva detto quelle calunnie a Kaori, era lui che l’aveva respinta... Allora
perché si stupiva di essere solo, adesso? Perché questo sentimento d’abbandono
in un essere che si descriveva come uno senza legami?
”Perché, inconsciamente, volevo che tu continuassi a lottare... Volevo
credere che tu fossi capace di accettarmi in tutta la mia bassezza... anche
attraverso questo lato oscuro che mi impedisce di ammettere quello che siamo,
che mi costringe ad essere odioso per non svelarmi...
Ma come avresti potuto? Anch’io non sarei riuscito a guardami in faccia... Ho
appreso che hai molta più forza di me, che avevi fede in me, più di quanto sia
umanamente possibile, più di quanto io abbia fiducia in me stesso... Ma ho
anche appreso che la tua forza ha dei limiti... che il tuo amore ha dei
limiti...
Cosa credevo? Che tu potessi lottare contro tutto? Che non avessi un punto di
rottura? Che tu potessi lottare contro di me?
Fino a dove siamo pronti ad arrivare per proteggerci da quelli che amiamo?”
Domanda puramente teorica... Lui ne conosceva la risposta.
”Fino alla distruzione dei loro propri sogni...”
Quella sera... piuttosto quella mattina del resto, si era incamminato fino al
porto... nella sua parte più malfamata, straordinariamente calma. Era la tregua
del Natale?
Ringraziò il caso di questa opportunità. Non aveva bisogno di nessuno attorno a
lui. Né ieri, né oggi, né domani...
La rada era calma. Una leggera brezza faceva ondeggiare la superficie del mare.
Le enormi gru, che come delle sentinelle osservavano l’orizzonte, montavano di
guardia accanto a delle imponenti navi silenziose. Oggi, per qualche ora
ancora, quei mostri del mare sarebbero rimasti al porto. Alcune barche in
partenza e altre in fase di approdo. Un silenzio ingannevole forse. Senza luna,
senza stelle a portare della luce, le onde erano nere come l’inchiostro.
Qualche lampione illuminava di una luce smorta una remora d’acqua oleosa e
impenetrabile allo sguardo. L’acqua sembrava profonda e densa quanto il peso
che schiacciava il cuore di Ryo.
In effetti, nonostante l’aria tranquilla che ostentava contemplando le acque
torbide del porto industriale, lui non era sereno.
Com’era arrivato a quel punto?
Aveva seguito Kaori per mettere le cose in chiaro. Si era a poco a poco
convinto dell’assennatezza dei suoi gesti. Lo aveva fatto prima di tutto per
salvarla.
Quello sparo era il solo modo perché lei accettasse. Era il solo modo per
uscire finalmente da una situazione che logorava entrambi silenziosamente da
troppo tempo.
”Se resta con me, in un modo o nell’altro, un giorno prossimo, sarò
responsabile della sua morte...”
E non voleva che lei morisse, non voleva avere quel sangue sulle mani.
Qualsiasi altra considerazione pseudo filosofica non avrebbe dovuto essere
presa in considerazione. L’amore? L’affetto? Pouf! Parole inventate! Emozioni
vaghe! Nella migliore delle ipotesi nebulosi ricordi con i quali si imparava a
convivere.
Tuttavia, non poteva negare che la conversazione era volta allo scontro. E, la
cosa peggiore, era che non poteva sostenere che le cose che aveva pronunciato
gli fossero sfuggite.
Era sempre stato pienamente cosciente di quello che aveva detto... Ogni
parola... Ogni intonazione... ogni sguardo che le aveva rivolto... Sempre
padrone di sé stesso...
Tuttavia, quello che ignorava era la parte reale tra quello che aveva detto a
Kaori per obbligarla a capire e quello che aveva detto per ferirla. Poiché,
progressivamente, tutto era precipitato. Al desiderio sincero di allontanarla
per proteggerla, si era aggiunto quello di farla piegare... peggio ancora, di
stroncarla...
Da dove arrivava questo desiderio perverso? Questa era veramente una parte di
lui? Quella che lui temeva veramente? Il lato oscuro del suo cuore? Il suo
passato l’aveva forgiato in questo modo?
Non si impara a vivere nella violenza senza che questo non generi degli strani
postumi.
”E’ che ho veramente paura quindi? E’ che la amo abbastanza per non voler
farla soffrire? Per rifiutare di infliggerle tutte queste ferite di cui mi so
capace. O è il contrario? Non la amo abbastanza per accettare di farmi
soffrire? Per osare assumere un rischio conscio in una vita che è già una
successione di scherzi del destino?”
Lo sciabordio delle onde che moriva sul molo deserto e silenzioso non lo
calmava affatto.
Ora che era tutto finito, voleva solamente dimenticare. Perché non ci riusciva?
Era l’ora così tarda? Era il contraccolpo dello scontro con Kaori? O
addirittura il potere di questa notte di Natale?
Detestava il Natale. Detestava queste giornate in cui una forza invisibile ti
costringe a credere nella speranza, nella condivisione, in cui questi strani
sentimenti ti trapanano il cuore come dei virus privi di controllo che si diffondono
per forza di cose, impossibili da reprimere, e nelle quali, tuttavia, non puoi
dimenticare un solo istante che la solitudine è la sola realtà... e che
quest’ultima s’impone nell’istante stesso in cui crediamo di sfuggirle.
Lui, tuttavia così abituato a non riflettere, ad agire per istinto, a non
rimpiangere nulla, ad andare sempre avanti, a dispetto di tutti, non riusciva a
dimenticare quella conversazione... Gli tornava sempre in mente, come una
risacca.
Le ondate di ricordi non lo lasciavano in pace, tornando alla carica
instancabilmente. Pazienti, logoravano insidiosamente e con perseveranza la
diga delle convinzioni già vacillanti di Ryo.
”Si, tutto è cominciato come lo desideravo.... Ti ho portato esattamente
dovevo volevo, al momento in cui avresti ammesso quello che è la vita con me,
veramente... Una lotta senza speranza dove l’amore è solo un rischio
supplementare... In cui avresti riconosciuto che restare con me è stato un
errore.... In cui saresti stata tu a rinunciare... e in cui io mi sarei
liberato della mia colpa” di una parte almeno, Ryo... di una parte
solamente...
L’aveva costretta con le spalle al muro assillandola di rispondere alle sue
domande e finendo per rimproverarle la sua più grande paura: la sua pseudo
incompetenza come partner...
”Che importa se ho mentito in quell’istante... Dovevo essere meschino perché
tu rinunciassi...”
Lui aveva accumulato gli affronti. L’aveva sommersa, senza tregua, quanto lei
era già pesantemente scossa.
Eppure, invece di vedere la rassegnazione come si aspettava, gli occhi della
donna si erano riempiti di collera, di rabbia, d’impotenza... E allora lo aveva
colto di sorpresa afferandolo per il colletto della camicia.
”Ridicolo! Come credeva di farmi piagare? Sperava forse di farmi cedere? Che
cosa stupida Kaori...”
Indubbiamente la donna lo sapeva, eppure, lei non aveva rinunciato, al
contrario.
”Mi ha sfidato...” Era ancora stupefatto.
”Quella donna ha osato pararsi contro di me, City Hunter. Il mio nome è
sinonimo di terrore per i più grandi yakuza di Tokyo. La paura che esalo
attorno a me, la mia freddezza imperturbabile, la mia precisione nel tiro, il
mio istinto da cacciatore fanno tremare la peggior gentaglia che regna nei
bassi fondi... Io sono un assassino e tutti mi temono per delle ottime ragioni.
Io non sono capace né di pietà, e nemmeno di comprensione. Faccio quello per
cui sono pagato e lo faccio bene.
Ed ecco che mi faccio rimettere al mio posto da questa “ragazzina”, ignara di
tutto. Ho sentito perfettamente il suo dolore, e tuttavia lei era sempre di
fronte a me, non aveva rinunciato.”
La cosa peggiore era che non lottava per sé stessa, ma lei lottava per me!”
Lui che era solo un killer senza scrupoli per tutti, anche per alcuni dei suoi
amici, aveva di fronte a lui una persona che lo vedeva prima di tutto come un
uomo. Qualcuno che si riteneva al suo pari. Capace di contraddirlo, senza avere
paura di lui... né come un volgare assassino, né come un cavaliere bianco senza
macchia.
Kaori non aveva timore di lui come City Hunter, lei temeva che Ryo Saeba,
l’uomo del quale era innamorata, le spezzasse il cuore.
In quel momento aveva compreso istantaneamente di non aver vinto... e si era
chiesto, per una frazione di secondo, se avesse potuto spingersi oltre. Anche
se era per il bene di Kaori, temeva di non riuscirci. E una parte di lui
desiderava non riuscire.
Perché lei non cedeva dopo dei simili attacchi? Era stato consapevolmente
crudele, l’aveva respinta senza alcun riguardo eppure lei era rimasta di fronte
a lui!
Ma le sue esitanti interrogazioni erano state immediatamente spazzate vie da
una necessità imperiosa: farla finita il più rapidamente possibile.
”In quel momento ho voluto che tu cadessi in ginocchio. So che allora me ne
sarei andato senza voltarmi. Senza veramente pentirmene....”
Rifletté un istante su tutto quello che questo avrebbe implicato... E che
questo sentimento d’euforia non l’avrebbe accompagnato per molto tempo.
”Poiché ogni momento con te mi ha lasciato delle strane sensazioni...
Otto anni in cui mi sono sentito vivo, otto anni in cui ho imparato di nuovo a
vivere, in cui ho dimenticato di guardarmi continuamente dietro le spalle, otto
anni durante i quali ho scoperto la primavera dopo l’inverno, otto anni in cui
non mi sono più sentito solo....”
Otto anni in cui lei lo avevo domato...
Otto anni in cui lui aveva vissuto...
Un’eternità. Un intermezzo.
Il dolore era sempre presente, sordo e lancinante. Ma aveva saputo
fronteggiarlo.
Aveva fatto una scelta e ci si atteneva...
Nel più profondo di lui, aveva ugualmente trovato questa sorta di esaltazione,
questo piacere di vedersi liberato da questo orrendo senso di colpa di
incatenare a lui un essere che non avrebbe dovuto mai incontrare.
”Sono un assassino... Questo non è un mestiere... E’ il mio sangue che
parla! La mia ragion d’essere... Quello che mi permette di continuare quanto
non c’è più nulla.... Quanto le donne dei locali non mi rallegrano più, quando
l’alcool non mi ubriaca più, quando anche tu, sarai sparita, resterà solo
questa verità, questo legame che mi costituisce: Il richiamo del sangue. Io
sono un assassino.
Chiudo gli occhi e quello che vedo non è il tuo viso, sono tenebre da cui
nessuno scappa.”
Si ricordò, sempre a malincuore, la risoluzione indistruttibile negli occhi della
sua socia, e la sua decisione subdola di insistere, di premere sul punto che
faceva più male...
”In quel momento non avevo ancora deciso di distruggerti Kaori...
Ho utilizzato questa piccola ferita che senza essere necessariamente profonda
fa così male.... Quel dubbio che ti tormenta continuamente e di cui io so
prendermi gioco con ironia la maggior parte del tempo... Anziché dire la
verità, per una volta, ti ho accusato di non essere né bella, né
desiderabile.... dato che si presume che sia questo tutto quello che mi
interessa...
Ma sono solo menzogne... Tu sei bella... Tu sei desiderabile... Tu sei talmente
importante... Tu sei più di questo... Io mi prendo gioco dei tuoi difetti e
delle tue qualità... Tu sei semplicemente l’essere verso il quale ritorno, lo
sguardo verso il quale mi volto... E se occorre perdere tutto questo per
garantire la tua sopravvivenza... e va bene, pazienza...”
Ed era in quel momento che tutto era precipitato... Lei si era battuta ancora,
nonostante tutto. Cercava ancora di comunicare con lui, provava a raggiungerlo,
ad aprirgli una parte del suo cuore ed a rivelarsi mentre lui si rinchiudeva in
sé stesso.
»Io ti accetto come sei Ryo... I tuoi pregi e i tuoi difetti. I tuoi
silenzi, le tue menzogne compensate dai tuoi sorrisi, le tue azioni, la tua
aura...«
Ma non voleva che accettasse... Lei non aveva capito niente quindi?
Nella determinazione di Kaori, aveva allora trovato una nuova forza di farla
cedere!
Era fuori questione rinunciare, ma vincere... E la ragione di farlo era
diventata improvvisamente secondaria.... Il predatore aveva ripreso il
sopravento... ed era contro Kaori che si scagliava.
Si era servito allora dell’ultimo argomento....
”Quello di cui non ho mai osato servirmi.... perché non so se sarei stato capace
di trattenermi... Un precipizio nel quale rischio di precipitare così
facilmente con diletto. Soddisfare quel desiderio ardente e costringerti ad
odiarmi...
Non avrei vinto su entrambi i fronti, in questo modo?
Ti ho proposto di venire a letto con me, lì, subito...
La mia collera e il mio disgusto non era simulati... Ma erano rivolti a me
stesso. Mi sono rimproverato di avere dei simili pensieri.... E soprattutto di
esserne così tentato... Ma non sono io abituato ad ottenere quello che voglio?
Qualunque sia il prezzo? Soprattutto per gli altri?
Quanto ti ho offerto questa scelta, ho dovuto trovare un gesto che ti facesse
respingermi come sembravo respingerti io... Stupida donna piena di idee e di
amore!
Dunque ho dovuto scegliere un’opzione delle più vili... ed ho camminato sul
filo del rasoio.
Dovevo riuscire a farti credere che sarei stato capace di venire a letto con te
senza sentimento, senza perdermi in quel pensiero... Perché so di esserne
capace... ma so anche che farlo, significherebbe tradirti ancora di più,
significherebbe utilizzare quello che provi per me per distruggerti... Ho
veramente lottato Kaori... Ma tu non ne saprai mai niente... Adesso mi
considererai solo come il farabutto che sono.
Ho resistito all’appello dei sensi... Alla voglia di spingerti contro il muro e
obbedire al mio istinto... Una brama in opposizione a quello provavo
realmente... ma, una voglia in accordo con il mio corpo... con quello che
sono...
Nessuno sa quello che avrei fatto se tu avessi detto si... Forse avrei ceduto
alla tentazione?
Ma hai rifiutato... E io ho continuato, ancora e ancora... A ferirti, a farti
spezzare... evitando di pensare al disgusto verso me stesso continuando a
combattere... stupidamente...
Non ho capito perche tu resistevi... Eppure le mie intenzioni non erano
diventate perfettamente chiare?
Dannazione, lo so bene che ti rimetterai in sesto. Sei abbastanza in gamba
perché un bel uomo giovane ti renda felice!
Allora perché ti attacchi in questo modo a me, come se io fossi una quercia e
tu l’edera? Come se per sopravvivere tu avessi bisogno di avvolgerti attorno a
me?
Quando sono riuscito a mostrarti che razza di porco io sia! Cosa potevi ancora
percepire in me a cui aggrapparti?
Io sono incapace di soccorrerti, Kaori.... Io attiro gli squali peggiori... Ti
lascerei al primo vero problema che non saprei affrontare... allora rinuncio!
Basta!...”
La fiducia che lei gli aveva dimostrato era diventata sovrannaturale. Non le
restava più niente e tuttavia aveva continuato.
Da dove arrivava quella energia? Dalla forza della disperazione?
Lui le stava togliendo tutto quello a cui teneva, tutto quello a cui credeva. E
più di ogni altra cosa, quella fiducia cieca che lei continuava a riporre in
lui, quella forza che sembrava indistruttibile, gli facevano paura.
Lui era incapace di dare tanto... e incapace di ricevere tanto.
”Allora ti ho obbligato a dirlo...
Ti ho fatto credere di averne abbastanza di te, completamente... Che ti
disprezzavo per quello che eri e quello che pensavi della vita.
Quel ottimismo patetico, quelle speranze nelle quali credi così fortemente,
ideali illusori di una povera ragazza romantica... che ne avevo piene le
scatole del tuo comportamento...”
»Che tu te ne vada...«
Non aveva nemmeno avuto il coraggio, l’onestà di dirlo lui stesso. L’aveva
obbligata a pronunciarlo da lei... forse questa era l’ultima ingiuria che
voleva farle.
E tuttavia, alla fine dei conti, non era lui che aveva pronunciato quella
frase, era stata lei...
Se per lei era troppo difficile, doveva solo tacere, no? Lei aveva accettato,
dopo tutto... ed era talmente più semplice che questo fosse stata lei ad
esprimerlo...
Eppure...
”Ho vinto e mi sono sconfitto... Sono fuggito prima di distruggerti.”
Assieme a questo capitolo che è quello "ufficiale" ho postato anche
una variazione... che fa anche da possibile finale alla fanfiction "Un
Natale decisivo" Finale alternativo - Capitolo 33. Buonalettura!
Capitolo 34 *** Ritorno al punto di partenza? / Libertà ***
Forse era un po’ tardi
per avere dei simili pensieri?
Ryo stava rivivendo tutta la conversazione avuta con la sua socia, cercando
mentalmente di esaminare, senza trovare delle false scuse, le giustificazioni
alle sue parole.
Forse sperava che facendosi onestamente un rapido esame di coscienza, sarebbe
riuscito a liberarsi di quello che era successo? O peggio a lavarsene le mani?
No, lui sperava semplicemente di essere ancora capace di guardarsi allo
specchio... anche detestandosi.
Tuttavia, ogni cosa restava ancora dentro di lui. Riflettere era semplicemente
servito solo ad alimentare il suo senso di colpa. Quello di essersi spinto
troppo oltre... Con il solo scopo di fare male...
Il modo in cui Kaori si era staccata da lui, in cui lo spazio tra di loro si
era accentuato, inesorabilmente, l’impossibilità per la donna di trovare una
replica che non proveniva dal suo animo, l’impotenza a raggiungere il suo
socio, nonostante la sua volontà, nonostante il suo amore... Tutto questo era
la prova che lei era già annientata...
Tuttavia, non riuscì a reprimere un sorriso ironico, colmo di una tristezza
senza fondo...
”Che stupidaggini! Sono solo uno sweeper... Come si può credere che io possa
essere turbato dalla tua disperazione! Tu sei in vita! Non è questa la sola
verità? La sola realtà per la quale è necessario battersi?
Sono diventato debole... Troppo sensibile per sopravvivere nell’ambiente...
Sapere che la felicità può esistere non rende l’infelicità meno presente, al
contrario...”
Per quanto avesse cercato di convincersi, non poteva dimenticare quello sguardo
che lei gli aveva lanciato, appena prima di voltarsi e allontanarsi, animale
ferito a morte, essere umano che perde la fiamma della sua vita...
”Non la sua ragione di vita... So che è un istinto seppellito troppo
profondamente...”
Si sentiva ancora a disagio all’evocazione di questa separazione. E non
riusciva a decidere se questo turbamento era dovuto a quello che aveva fatto
subire a Kaori, al senso di perdita senza paragone che lo albergava o,
piuttosto, al disgusto che gli induceva il fatto di provare delle simili
emozioni.
Il grande City Hunter, abituato comunque a sopportare da solo il peso delle sue
azioni, stava ripiegando la colpa sull’altro...
”Ma, è colpa sua... Lei doveva capirlo... Io ho fatto solo quello che doveva
essere fatto... Lei non ha niente da dire a riguardo...
Che avrebbe detto altrimenti?”«
»Ho scelto da sola la mia vita!!!« Poteva immaginarla, lo sguardo omicida,
l’insolenza di osare replicare alla sua volontà, avvolta dall’amore che provava
per lui...
”Non in questo caso Kaori... Non avevi tutte le carte in mano per decidere
serenamente...
Era necessario comprendere che occorre restare in guardia, sempre e non credere
mai che l’altro possa essere un amico... un conforto... E’ la sola regola da
accettare... Il camerata cambia squadra e diventa nemico... il bersaglio da
abbattere...”
Cresciuto nella guerriglia, aveva così frequentato dei mercenari che
sceglievano il loro campo di battaglia in funzione del bottino che si potevano
assicurare: denaro o donne...
Liberi, spesso senza obblighi, gli importava solo della loro sopravvivenza. Non
si battevano mai per i loro ideali – per quanto pochi ne avessero – e potevano,
quando sentivano cambiare il vento, tradire i loro compagni del momento...
Durante quell’epoca, Ryo aveva compreso che non poteva riporre la sua fiducia
su nessuno... nessuno eccetto suo padre... E il tradimento di quest’ultimo era
stato ancora più doloroso... la lezione più dura da ammettere... tuttavia
necessaria. In quanto la conclusione era rimasta incisa nel suo animo...
Da allora, non aveva mai più avuto pienamente fiducia in nessuno... se non in
sé stesso e nelle sue capacità... tutt’al più... fino all’arrivo di Maki e
soprattutto di Kaori...
”Poco a poco, sono arrivato a darle tanta fiducia quanta ne dia a me
stesso.... In particolare su certi aspetti... Una fiducia talvolta cieca...
all’altezza di quella che lei aveva in me...
Certe sere, volevo talmente crederci... Credere che si potesse addormentarsi
senza paura sulla spalla di una persona e poi ritrovarla al proprio
risveglio... Volevo crederci perché lei ci credeva... Ma è stato solo un bel
sogno... una parola vana...
La prova: lei aveva fede in me e io l’ho tradita ignobilmente...”
Accese un fiammifero e si accese una sigaretta. La prima espirazione di fumo
gli fece un bene pazzesco. Era stata una buona idea quella di nasconderne un
pacchetto nel soprabito...
”Dannazione! E’ finita”
Queste due parole sembravano riassumere esattamente la situazione.
”Finalmente!!!”
Se ne vergognava ma non poteva ignorare questa sensazione di ritrovata
libertà... Unica...
”Di nuovo libero, libero di essere solo me stesso... Libero dei miei errori
e dei miei vagabondaggi... Più nessuno di cui preoccuparsi.... Libero di non
rispondere alle aspettative troppo forti di Kaori...
Libero!”
Questa sensazione ritrovata di non avere più nessuno che lo prendeva per quello
che non era... Un eroe dal grande cuore... Un giustiziere, un difensore di vedove
ed orfani...
Aveva ucciso degli innocenti, lo sapeva perfettamente. E la certezza che lui
fosse buono, l’assoluta fiducia che Kaori gli dimostrava sembravano un ultimo
oltraggio a questi torturati che gli mormoravano senza sosta i suoi crimini.
”Io non ho mai voluto espiare nulla. Ho sempre fatto quello che dovevo.”
Ma questi demoni interiori non erano dello stesso avviso... E lo facevanosentire...
La sua socia gli attenuava... e,
attenuandoli, paradossalmente, lei faceva di lui quello che non era, quello che
non doveva essere... Lo schiavo di questa pace interiore così serena.
Questo rimetteva allora tutto in discussione...
Lui aveva bisogno di questa libertà animalesca. Aveva bisogno di essere
spregevole, sbruffone, donnaiolo... Sprezzante verso l’amore che lei gli
rivolgeva... odioso da farla piangere... Questo era lui...
Ad ogni modo, non si riteneva in grado di rispondere alla fiducia di Kaori.
Peggio ancora, si giudicava incapace di essere alla sua altezza.
Ma, in quel porto, non c’era nessuna persona da ingannare se non sé stesso.
Allora perché questo dolore opprimente al cuore?
Nonostante tutto, rifiutava di ascoltarlo...
”Anche se sto a rimuginarci come un ossesso, ciò non toglierà niente a
quello che è successo...”
Ciò non toglierà niente al fatto che, per una volta, l’idea di essere solo un
infame farabutto gli dava la nausea.
”Maledizione, eppure ho fatto quello che dovevo... Se lei non è in grado di
capire che l’ho fatto per lei, per la sua sicurezza...”
Si chiese perché si prendeva tanta cura, ancora, a mentirsi con tanta fede...
”Perché, nonostante i miei bei discorsi, voglio ignorare che l’ho fatto per
me... L’ho fatto per non perdermi... L’ho fatto per liberarmi di te...”
Tuttavia, così veritiera quanto la precedente, una nuova riflessione lo investì
all’improvviso, respingendo di buon grado il pensiero precedente: lo aveva
fatto anche per lei... lo sapeva...
Che, per lui, nonostante tutto quello che si poteva dire, una vita non valeva
una vita... La sua vita non valeva quella di Kaori...
Certo era pronto a morire per lei. Non per onorare una qualunque promessa, ma
perché sentiva molto bene che aveva già perso... Che, se le apriva il suo cuore
e lei se ne andava prima di lui, il crollo sarebbe stato solo più duro.
Avrebbe continuato poiché lui era un sopravvissuto, ma sopravvivere era qualche
volta ancora più difficile che morire.
Ripensando allo sguardo ferito, oppresso della donna, un dubbio attraversò la
sua mente.
”Tuttavia avrei potuto essere meno duro, forse più sincero...
No, questo non avrebbe portato da nessuna parte... Sono stato umiliante e lei
ha tenuto duro... Se fossi stato onesto, lei avrebbe lottato con ancora più
forza...”
E la cosa peggiore fra tutte, era il sentimento di piacere che l’aveva invaso
quando lei aveva rinunciato, quella sensazione di vittoria assoluta che gli
faceva male e lo feriva.
Certo, un vortice di altre emozioni si era impadronito di lui:
L’immenso sentimento di perdita.
La colpevolezza di essere stato gratuitamente offensivo.
Il piacere di aver vinto.
La voglia di scusarsi.
La certezza di avere ragione.
Il disgusto di averla tradita.
La vergogna di non aver osato dire tutta la verità...
Delle sensazioni che non era abituato a gestire, non tutte assieme in ogni
caso...
E detestava tutto questo...
La maggior parte delle volte, c’era un solo sentimento per una sola persona a
seconda della sua categoria: nemico, amico, cliente, collega, ragazza carina...
Solo Kaori riusciva a scatenare in lui delle emozioni che non controllava e persino
che non conosceva...
E la mancanza di lei di già... o da sempre...
Inspirò una nuova boccata, trovando nella nicotina una parvenza di conforto.
”In effetti ho perso il controllo delle mie emozioni, eh Kaori?
Poco fa, come adesso, non so quello che devo provare quanto penso a te... E
questo mi turba... Poiché mi impedirà sempre di proteggerti come occorre...”
La frase rimase impressa
nel cervello di Ryo... e provocò la riapparizione di un ricordo a lungo
sepolto. Un ricordo lontano. Un ricordo di un'altra vita... ma di una vita che
l’aveva formato.
”... riprendere il controllo.”
Un ricordo di Kaibara, un ricordo felice... Una lezione di sopravvivenza e di
vita, semplicemente...
A quell’epoca, Ryo era ancora molto giovane. Non partiva ancora in missione,
per quanto l’avesse fortemente desiderato. Era solo un moccioso. Per lui, la morte
non esisteva... O, più precisamente, non poteva raggiungerlo. Tutto era solo un
gioco... con Kaibara come padre e Kenny come controllore. Ma un gioco che
prendeva sul serio, un gioco dove sconfiggere l’altro era una necessità vitale
e esaltante. Era maturato tra tutti quegli adulti, quei guerriglieri dalla
strana filosofia, degli uomini che andavano sempre al passo con la morte sopra
le loro spalle.
Tuttavia, durante certi allenamenti, preso nel vortice delle sue emozioni,
perdeva allora il controllo di quello che faceva.
Quel giorno, combattuto tra la sua volontà di vincere, la sua voglia di farla
finita rapidamente, e il suo desiderio di vanagloria, era stato sconfitto,
peggio ancora, umiliato. La rabbia di aver perso era stata terribile. C’è l’aveva
indistintamente con sé stesso tanto quanto c’è l’aveva con il suo avversario.
Appartato nella parte posteriore del suo campo base, nascosto da un boschetto
di alberi, sfogava la sua rabbia colpendo violentemente un tronco di un lapacho, ignorando volontariamente i passi che si
avvicinavano a lui.
”Chiunque sia un nemico io lo farò fuori... Lo dimostrerò e nessuno si
prenderà mai più gioco di me...”
»Basta figliolo.«
Ignorò il consiglio che si elevava dietro la sua schiena e continuò a colpire.
Le giunture cominciavano a dolergli molto ma lui accoglieva la sofferenza con
piacere.
Una mano salda gli afferrò la spalla.
»Basta Ryo!«
Questa volta, era un ordine. Quello di un capitano al suo soldato.
Con riluttanza, il bambino si fermò e si girò verso Kaibara. L’uomo riprese con
un po’ meno rudezza.
»Perché lo fai?«
Ryo rifiutò di rispondere. Volse la testa di lato e non vide il sorrisetto
passare sul volto di suo “padre”. Quest’ultimo si sedette appoggiando la
schiena contro un tronco e gli fece segno di avvicinarsi.
I pugni serrati, il ragazzino avanzò e si fermò a meno di un metro dall’uomo,
in tensione. I loro occhi erano allo stesso livello adesso. I loro guardi si
incrociarono.
Kaibara chiese:
»Cosa è successo laggiù, poco fa?«
Un altro avrebbe distolto lo sguardo per nascondere la vergogna di aver perso.
Ma non quel ragazzo, era già troppo fiero, era già un combattente.
»Sono stato battuto.«
»Non solamente battuto,« insisté il comandante, »annientato!«
Il bambino alzò le spalle. Anche davanti a Kaibara, non avrebbe mostrato quello
che sentiva veramente.
»Sai perché?«
Ryo socchiuse gli occhi. Era abbastanza evidente.
»Perché Joe è più forte di me.«
»Sai bene che questo non è vero. La forza fisica non è tutto. Joe non è più
forte di te. Ma oggi, contrariamente a te, lui aveva un solo obbiettivo:
sconfiggerti.«
Il bambino si arrabbiò.
»Anch’io volevo batterlo!«
»Forse si, ma non solo, o sbaglio?«
Questa risposta stuzzicò la curiosità del bimbo. Le lezioni di Kaibara erano
spesso dure ma lo arricchivano e gli permettevo di incrementare le sue
possibilità di sopravvivenza. E queste non sarebbero state accompagnate da una
nuotata controcorrente o un combattimento con i bastoni.
L’uomo continuò:
»Tu non volevi solamente batterlo! Volevi anche impressionare gli altri,
mostrare che, adesso, può partire in missione, farla finiva rapidamente per
riprendere i tuoi allenamenti di tiro... Non è così?«
»Un po’ forse...«
Kaibara sorrise.
»Forse? Ogni tuo gesto tradiva tutte le tue emozioni una dopo l’altra: la tua
precipitazione, la tua mancanza di concentrazione... Joe non ha avuto molto da
fare per farti mangiare la polvere.«
Il bambino aveva capito. Ma che poteva fare?
Suo padre gli diede la risposta.
»E’ tutta una questione di controllo Ryo... questo è l’importante... Avere
delle emozioni non è sempre un male... Ma lasciarsi sommergere da loro, al
contrario, può solo condurti alla perdita. Rinchiuderle funziona solo per poco
tempo... questi sono solo comportamenti da deboli. C’è una sola soluzione:
guardarle in faccia e dominarle tutte.
Se hai perso, è perché, non solo hai lasciato che ti guidassero, ma soprattutto
non le hai domante secondo la loro importanza.
Molti sentimenti ti attraverseranno, contemporaneamente, spesso contraddittori...
Sta a te sapere quali sono i più importanti... Durante il combattimento, gli
hai lasciati tutti liberi... Se tu ne avessi scelto uno, ti ci saresti attenuto
e avresti vinto... Poiché avresti scelto il più importante....«
»Vincere.«
»Esatto, o, nel caso di un vero combattimento...«
»Sopravvivere.«
»Perfetto, hai capito. Lezione conclusa.«
Kaibara si rialzò sorridendo e cominciò a dirigersi verso il centro del campo.
»Vincere e sopravvivere! Queste sono sempre le cose più importanti, non è
cosi?« gli urlò Ryo.
Il bambino non poneva una domanda. Lanciava un’affermazione e desiderava
rivedere una giusta conferma.
Kaibara si fermò ma non girò la testa.
»In regola generale sì, ma non sempre...«
Ed era ripartito lasciando il giovane ragazzo pensieroso di fronte una risposta
simile.
Ryo non aveva capito... Fino a quel giorno in cui Kaibara era venuto a cercarlo
invece di abbandonarlo ai loro nemici del momento.
All’inizio, Ryo aveva creduto che suo padre avesse fatto un errore di
giudizio... Un errore indegno di lui.
Eppure quel giorno, il giorno in cui, per suo figlio, aveva perso una gamba,
Kaibara aveva deciso che l’emozione più importante era l’amore che nutriva per
Ryo, più importante di vincere e sopravvivere.
Fu molto più tardi, dopo essere stato tradito da quello stesso padre, dopo aver
sfuggito la guerriglia e scoperto un altro mondo che tutta la portata di quel
gesto aveva colpito Ryo...
Ed oggi quel ricordo gli tornava alla mente... ”vincere e sopravvivere, è la
cosa più importante?” – “in regola generale sì, ma non sempre.”
Ryo aveva a lungo dimenticato la fine della risposta...
”Per me è sempre stata vincere e sopravvivere...
Forse ho la morte nel sangue, ma Kaibara mi ha donato anche una forma d’amore
paterno.”
Ed era questo quello che faceva sì che soffrisse così in questo momento. Lui
non era quel assassino senza cuore che gli piaceva credere...
Era stato allevato tra la guerra e la violenza, ma attorno a lui, delle persone
vegliavano sul suo benessere. Forse maldestramente, forse insegniandoli
a tenere ed a servirsi di tutte le armi possibili... Ma questo apprendimento
gli aveva permesso di adattarsi al suo nuovo ambiente, di vincere e di
sopravvivere.
Certo, era stato il testimone di orrori ineffabili prima ancora di poter dar
loro un nome. L’odore del sangue l’aveva seguito per giorni e giorni. Degli
incubi indescrivibili l’avevano tenuto sveglio delle settimane intere. Talmente
spesso, aveva sentito delle ossa rompersi o delle pallottole penetrare in dei
corpi che quel suono così particolare, preannunciatore di morte, era diventato
una dolce litania alle sue orecchie. Non aveva avuto altra scelta. Quello o
morire. Uccidere o essere uccisi. Era questo che gli aveva insegnato Kaibara.
Era questo che aveva creduto. Era questa la verità.
Non rimpiangeva niente tuttavia... Insomma non tutto. Nell’orrore di una guerra
senza nome e senza reale obbiettivo, vedere una nuova alba era la più bella
vittoria possibile. Voleva sopravvivere! Era questa l’unica realtà.
”Non sono stato infelice durante la guerra... In ogni caso, non fino a
quando Kaibara è diventato pazzo...
In quel posto si era scatenato l’inferno... fisicamente e psicologicamente...
Io sono diventato pazzo tanto quanto lui... tra la polvere degli angeli e quel
tradimento, cosa mi restava per non sprofondare?
”Finché
non vi ho incontrato, il fratello e la sorella... Finché non ti ho sfiorato
Kaori... Finché non ho compreso tutto quello che mi avete portato, quello che
avevo perso e imparato di nuovo ad accettare. E che ho ammesso che la tua perdita che già mi sarà
insormontabile, mi sarà in più fatale...
Il mio istinto di sopravvivenza mi protegge da tutte le ferite. Ho visto troppe
disgrazie per accettare di soffrire impegnandomi verso di te...
Spiacente Kaori, non sono più forte degli altri...
Se ho capito da tanto tempo la frase di Kaibara sulla l’esistenza di imperativi
più importanti che vincere e sopravvivere... questa è la prima volta che lo
sento nel più profondo di me... Vincere e sopravvivere vengono solo in secondo
luogo... Prima di tutto, ci sei tu... e, paradossalmente, tu mi rendi più forte
e mi indebolisci allo stesso tempo...”
Furioso, tuttavia, di sentirsi ancora obbligato a giustificarsi ai propri
occhi, tirò fuori la scatolina della sua tasca...
Mai l’anello l’aveva abbandonato. Né durante la cena, né in occasione del
duello, né nel corso del loro confronto. Era sempre stato contro la sua coscia,
oggetto di cui sentiva fin troppo bene la presenza.
Lo soppesò qualche istante.
Tutto era cominciato con lui.
Tutto poteva finire con lui.
Continuando a farlo saltellare sulla mano, si immaginò con il braccio alzato,
pronto a lanciare il cofanetto e il suo contenuto nelle acque profonde e
fangose del porto. I suoi occhi si spostarono sulla superficie scura che si
infrangeva sul molo.
Farlo scomparire dalla sua vita come aveva appena fatto sparire la donna alla
quale era destinato.
Tutto poteva finire con lui.
Tutto poteva finire con lui?
All’evocazione di quella scena degna di una commedia romantica – l’eroe che
getta via l’oggetto che lo lega ancora alla sua amata – seppe che avrebbe
fermato il suo gesto nel momento in cui le dita si fossero aperte. Non era da
lui.
”Che stupidaggine!
Forse potrei rivenderlo e andare poi a fare il giro dei locali?”
L’idea libidinosa e tentante fu immediatamente cacciata da una ragione più
profonda.
”Come posso credere un solo istante che tutto svanisca solo perché mi sono
sbarazzato di questo anello?”
Nonostante fosse immerso nei suoi pensieri, sentì distintamente i passi che si
avvicinavano a lui...
Dal rumore, erano in cinque e non cercano di passare inosservati.
»Allora, dandy, sogniamo davanti l’oceano?«
Quello che aveva appena parlato aveva la pronuncia pastosa di un uomo che aveva
bevuto troppo. Le risate che seguirono confermarono che questi erano
innegabilmente sbronzi.
Ryo non si girò... sebbene ne avesse estremamente voglia.
Senza dubbio erano dei piccoli malviventi ai quali l’alcool aveva dato
coraggio. Un uomo vestito nel modo in cui era lui, sul molo buio alla quattro
del mattino aveva il potere di attirare tutta la fauna che riusciva ancora a
reggersi in piedi.
Fingendo di non aver sentito niente, Ryo rimase di fronte all’oceano. Con un
gesto calmo fece scivolare la scatolina in profondità nella tasca dei
pantaloni. Con l’altra mano, prese la sigaretta espirando tutto il fumo
contenuto nell’ultima boccata e la gettò davanti a lui, con un buffetto, mezza
intera, ancora ardente. Galleggiò qualche istante sull’acqua poi fu ricoperta
da una piccola onda.
Nel giro di qualche secondo, tutto era finito. Un mini
evento senza alcun interesse nel cammino del mondo. Come il suo dolore... come
la loro storia...
La collera di Ryo allora montò improvvisamente d’intensità... Aveva voglia di
fare a botte, senza una ragione. Aveva voglia di sfogarsi, di purgarsi di tutta
questa vergogna, di questo odio che sentiva contro sé stesso. I pugni gli
prudevano... Quei poveri imbecilli non sapevano con chi avevano a che fare.
Tuttavia, mantenendo il controllo, lo sweeper rimase di fronte al mare,
sperando, per loro, che finissero lì il loro stupido giochetto... Purtroppo...
»Ehi! Mi senti!!! Un tipo
così ben vestito deve avere per forza qualche spicciolo per della gente come
noi.«
Di nuovo quelle risate stupide. Di nuovo quella voglia di girarsi e
massacrarli... Nel vero senso della parola.
»Non ci vuoi rispondere... E la tua bambola che ti ha messo in questo stato?... Già! Abbiamo assistito a tutta la scena... Aveva l’aria
di essere terribile... Povera gattina... Quando avremo finito con te, andremo a
confortarla.... Sembrava proprio carina...«
Improvvisamente, Ryo si girò. Ubriachi com’erano, gli uomini indietreggiarono
di un passo, inquieti, quasi spaventanti.
Ryo mostrava un’espressione completamente attonita, come se non riuscisse ad
afferrare quello che gli avevano detto!
»Siete veramente seri? Kaori vi interessa? Ma se avete
bevuto tanto, dovreste essere in coma etilico... Nemmeno io riesco ad
ubriacarmi abbastanza da trovarla bella... Mi addormento prima... Dio solo sa
tuttavia quanto io regga bene l’alcool.... Trovare
Kaori attraente... Bleah!!!!!«
Una truppa di libellule svolazzarono tra i cinque malviventi... Poi fuggirono
di corsa dinanzi il loro fiato appestato.
Quello che sembrava essere il capo riprese contegno
per primo.
»Ma che dici?! Sembrava carina... Insomma, comunque...« Si raddrizzò e riprese il suo aspetto maligno. »Non
siamo affatto qui per questo... Lei sarebbe stata la ciliegina sulla torta...
Quello che vogliamo, è il tuo portafoglio...«
Ryo assunse un’aria più seria e gli squadrò a sua volta. Non erano così
sbronzi... Facevano semplicemente finta, forse perché la loro preda potesse
credere di poter sopraffare senza problema cinque bravacci.
»Allora? Non vorrai che veniamo a prendercelo, no?
Rischiamo di macchiare il tuo bel completo con il tuo sangue... Sarebbe un
peccato...«
Ryo lasciò insediarsi il silenzio per qualche istante, poi finalmente si decise
a parlare.
»Si, precisamente... io voglio che veniate a
prenderlo.«
La violenza riprese possesso di lui, mascherando temporaneamente le
interrogazioni sterili, risvegliando i suoi nervi anestetizzati dalla strana
comprensione di tutto quello che aveva detto a Kaori, irrigando le sue arterie
di un’adrenalina che l’aiutò per un istante a dimenticare la sofferenza.
Gli altri respirarono allora più liberamente. Tutto si stava svolgendo secondo
i loro piani. Questa specie di borghese si credeva capace di batterli senza
problemi... Sarebbe rimasto di stucco, e loro lo avrebbero derubato senza
troppi rischi.
Si avvicinarono di comune accordo, lentamente... fingendo di non riuscire a
reggersi molto bene sulle loro gambe. In pochi secondi, l’avevano circondato.
Lo sweeper non si era mosso.
Avrebbe finalmente potuto sfogare tutta la tensione accumulata, tutto lo schifo
e la nausea che lo disgustavano di sé stesso.
L’uomo dietro di lui si scagliò in avanti, il pugno
diretto verso la nuca della sua vittima. Ma Ryo lo percepì non appena lui
incominciò il suo movimento. Senza fretta, si abbassò ed afferrò il braccio
dell’attaccante quando quest’ultimo mancò il suo bersaglio e che il suo slancio
gli impedì di fermarsi.
Servendosi della sua spalla destra come perno, Ryo fece ribaltare il suo
aggressore che crollò pesantemente davanti a lui sulla schiena con un sinistro
scricchiolio d’ossa. Approfittando del fatto che la loro “preda” si occupava di
uno dei loro compagni, uno degli assalitori sulla destra, corse verso di lui,
sperando di sferrargli un calcio prima che si rialzasse. Ma Ryo se n’era già
accorto. Prendendo appoggio sulla mano sinistra, intraprese un mezzo giro,
distendendo la gamba destra e falciando il suo avversario con un unico
movimento. Terminando il suo giro si risollevò rapidamente mentre l’altro
cadeva a terra, giusto in tempo per vedere arrivare due nuovi aggressori,
partiti dalla sua sinistra.
Ritenendo la loro vittima non abbastanza accondiscendente per i loro gusti e
persino pericolosa, avevano deciso di aumentare le loro possibilità di riuscita
attaccandolo in due.
Ryo aveva il tempo di schivarli. Ma non si mosse. Gli lasciò sferrargli due
violenti pugni. Uno allo stomaco e l’altro sul viso. Aveva bisogno di questo
dolore fisico per dimenticare quello che aveva fatto, per dimenticare la
sofferenza che il suo cuore che gli trasmetteva...
Ed aveva bisogno di questo pretesto per poterli fare a pezzi.
Mentre i suoi due aggressori preparavano il loro prossimo colpo, quasi sicuri della loro vittoria, lui ne approfittò per spedire un
violento uppercut nel torace dell’assalitore numero uno... Colpire per
sfogarsi. E, contrariamente a loro, lui sapeva dove colpire per immobilizzare
completamente il suo avversario. Questi erano solo dei piccoli furfanti che
speravano di approfittare della superiorità numerica per estorcere denaro ad un
passante assorto...
”Che idioti!!!”
Sorpreso dalla brusca replica dello sweeper, il secondo uomo mostrò un attimo
d’incomprensione. Ampiamente sufficiente perché Ryo ripetesse il suo gesto. Il
suo aggressore, senza fiato, si piegò in due. Il suo mento incontrò un
ginocchio ben piazzato che gli fece perdere i sensi.
In pochi minuti, quattro dei suoi avversari erano a terra... tutti tramortiti a
diversi livelli. Solo il capo era rimasti indietro, valutando la potenza di
Ryo. Certo, due dei suoi uomini si stavano già rialzando e sarebbero stati
pronti a ritentare l’assalto nel giro di qualche secondo. Ma lui preferiva
giocare sul sicuro. Tirò fuori un coltello dalla sua tasca posteriore.
»Ora, fine dei giochi... Dacci il tuo portafoglio!!! E
ritieniti felice se non ti sgozzo dopo quello che hai fatto ai miei uomini!«
Ryo sorrise sarcasticamente...
Quegli imbecilli... Ma erano i più pericolosi... Dei miseri mascalzoni che si
credevano intelligenti... dei vigliacchi che si rifugiavano dietro le loro armi... Pronti a tutto per recuperare 100 yen...
Anche ad uccidere...
Ryo trovò che lo scherzo fosse durato abbastanza. E
non l’aveva nemmeno alleviato... Tutto quello che ci aveva guadagnato era una
guancia indolenzita... e il dolore che albergava in lui non era diminuito per
niente...
»Non hai ancora capito che hai già perso? Andiamo,
raccatta i tuoi tirapiedi e toglietevi di torno prima che mi arrabbi... e sono
sicuro che tu non voglia che questo succeda...«
Detta da un altro, questa frase avrebbe provocato un sorriso. Ma qualcosa nel
tono di voce impedì all’assassino di farlo. Una sicurezza di sé senza
arroganza... una certezza di sapere che di avere già vinto.
L’uomo con il coltello rifletté un istante e osservò la persona che aveva di
fronte nel dettaglio. Fu allora che l’aura di Ryo lo colpì...
Quell’uomo non era del loro stesso ambiente... incontestabilmente...
Non era la sicurezza priva di calore che si emanava da lui che gli faceva dire
questo, neppure la paura che ti serra lo stomaco quando guardi i suoi occhi...
No, era la sensazione diffusa che quest’uomo sapeva uccidere senza pensarsi sù e senza alcun scrupolo, ma non senza motivo.
Contrariamente a lui ed ai suoi uomini, quello che lo fronteggiava e si
esprimeva cosi pacatamente, era un professionista, di quelli che non fallivano
un bersaglio qualunque fosse il prezzo, qualunque fossero i sacrifici per loro
o per gli altri.
Allora, il capo della banda indietreggiò di un passo... Forse per ridarsi
sicurezza. Ma questo fu un passo di troppo. Annunciava la sua disfatta più
chiaramente di qualunque parola. E lo comprese immediatamente. Ora, non avrebbe
più potuto avvicinarsi a quel cacciatore vestito in borghese. Non voleva
morire... e, in questo instante, quello che l’altro gli prometteva silenziosamente,
era semplicemente la morte.
Tutti i suoi tirapiedi si erano ora rialzati, sostenendosi reciprocamente.
Alcuni ne sostenevano altri. Anche loro erano consapevoli che stavano
provocando un avversario troppo forte... e che, adesso, non era solamente
qualche costola o un naso rotto che rischiavano, ma la loro vita.
Guardarono il loro capo, aspettando che lui prendesse una decisione.
Alcuna parola fu scambiata. Non ne valeva la pena. Filarono via come un solo
uomo, lasciando Ryo solo sul molo.
Quest’ultimo non sorrise nemmeno di fronte alla sua vittoria.
”Avrei potuto ucciderli tutti... talmente facilmente... Credo che non
l’avrei neppure rimpianto...”
Era questa un’espressione di quella debolezza così temuta sulla quale stava
riflettendo prima? Al fatto che lui non era più lo stesso? Pensava veramente
che non sterminare più i suoi avversari fosse una prova di inadempienza nel suo
lavoro?
Fintantoché è vivo, un nemico resta un nemico. Questa non è una regola
basilare qualunque sia la giungla nella quale ci troviamo?”
Dimenticò quasi subito la
disputa che si era appena svolta.
Qualche anno prima, questo genere di incontri gli erano famigliari. Alcune
delle sue clienti non avevano bisogno di una guardia del corpo ma di un
sicario. A quell’epoca, non si riteneva responsabile di quello che faceva. Non
faceva altro che “seguire gli ordini” delle sue clienti. S’interessava solo di
Kenny, Sonia, e poi di Mary... e di se stesso... Gli altri? Bah, se non gli
aveva uccisi lui, qualcun altro l’avrebbe sicuramente fatto.
Aveva bisogno di denaro. Aveva bisogno di adrenalina... A quel tempo...
Scacciava i dubbi con un manrovescio e una bottiglia di alcool. Finché Maki non
l’aveva costretto a guardarli in faccia e a comprenderli.
Gli sembrava che fosse passata un’eternità. Ma anche a distanza di anni luce,
quel Ryo esisteva sempre. Lo sapeva perfettamente. Non era una rivelazione...
Ritornò alla contemplazione del porto...
Perché era ancora li?
Perché, quando la sua relazione con Kaori era diventata troppo intima, quando
aveva compreso che non erano dei semplici soci come gli piaceva credere, non se
n’era andato?
”Non è quello che ho sempre fatto? Fuggire dai miei sentimenti, fuggire da
quello che potrebbe attaccarmi alla vita... Trovare un'altra città, perché no
un altro continente? Mettere della distanza, dimenticare?
Dopo l’episodio della polvere degli Angeli in Colombia e il mio tentativo
fallito di sconfiggere Kaibara, sono scappato dall’America latina in parte
anche, per non sprofondare nel mio odio. Mi sono costruito una finta
indifferenza a tutto quello che non ero io... Quando c’era un rischio, anche
minimo, che mi attaccava, io mi giravo dall’altra parte e me ne andavo...
Allora perché sono rimasto così a lungo al tuo fianco? Ogni giorno che passava
rendeva la separazione più difficile e tuttavia più inevitabile... Ho sempre
saputo che saremmo andati incontro ad un sicuro fallimento eppure sono rimasto
accanto a te... Perché continuare a credere quando non c’è più niente in cui
sperare... Non ho mai avuto la fede. Il mondo mi ha mostrato troppo spesso che
i miracoli non si realizzano... Perdiamo sempre... Ci illudiamo solo per un po’...”
Ma sapeva perché era rimasto...
”Perché tutti questi sentimenti che ci legano mi sono
preziosi. Mi rendono umano... anche se
alcuni mi disgustano di me stesso... In ogni caso, questa non è più quella
vuota indifferenza che mi trascinava sempre più in basso... che mi faceva
credere che l’unico scopo era quello di non soffrire, di sopravvivere senza
attaccarsi a niente...”
Poteva sopportare il disgusto verso sé stesso che lo impregnava... Poteva
sopportare il dolore di averla persa e il modo in cui aveva raggiunto i suoi
scopi... ma restava un sentimento che non accettava di provare... che voleva
rifiutare interamente... ma che non riusciva ad impedirsi di sentire...
”La delusione...
Sono deluso di vedere che tu hai rinunciato... Anche se
so di essermi spinto troppo oltre, troppo a lungo... Però mi sarebbe piaciuto
che tu mi accettassi anche nella mia nefandezza più abietta, anche nei miei
momenti più spregevoli...
Che tu perdonassi tutti i miei trascorsi.
Che tu perdonassi tutte le mie menzogne.
Che tu perdonassi tutte le sofferenze inflitte.
Che tu rimanessi accanto a me nonostante quello che sono...”
Mick l’aveva un giorno qualificato come “ambiguo” e aveva ragione, lui era
ambiguo.
”Amo Kaori al punto di sacrificarmi per lei e rifiutare di
trascinarla nell’oscurità del mio mondo. Dall’altro canto, io
l’ho messa con le spalle al muro, fino all’esaurimento delle sue ultime forze.
Per me, lei è andata al di là di quello che potevo chiedere, persino esigere,
al di là di quello che poteva donare, al di là di quello che chiunque poteva
offrire senza distruggersi completamente... e nonostante ciò, c’è l’ho con
lei...
C’è l’ho con lei d’essere più forte di me nella sua fiducia e più debole nella
menzogna... Poiché io ho mentito e l’ho convinta...
Cosa dimostra questo?”
“Sennonché lei non ti ama abbastanza... che il vero “te” non potrà mai
soddisfarla.” Mormorò una piccola vocina maligna...
E questo greve pensiero gli fece ancora più male dell’idea di perderla...
Perché questo era il vero Ryo Saeba. Un uomo che aveva annientato la donna che
amava, con una piccola briciola di piacere, di esultanza di vittoria e, per
finire, le rimproverava di aver rinunciato... Era ignobile.
C’è l’aveva con lei per aver resistito e poi ceduto... c’e l’aveva con lei di
essere umana quando la ringraziava di averlo umanizzato, di averlo tirato fuori
dal suo cerchio di sopravivenza.
La sua propria ipocrisia gli faceva paura. Si
disgustava di sé stesso...
Era lì, la motivazione dissimulata... La ragione nascosta della sua così lunga
indecisione... Ovviamente, c’era la paura spaventosa di perderla a causa della
malavita... di vederla morire o di traviare la particolare personalità che la
costituiva, miscuglio di calore e di innocenza, di ingenuità e di conoscenza
dell’animo umano...
”Ma c’è soprattutto il mostruoso terrore che lei si renda
conto della realtà... che a forza di frequentarmi, lei si accorga che non posso
meritarla... Che le permetta finalmente di penetrare nel mio cuore e che lei lo
disprezzi, con giusto titolo, d’altronde... Lei sarebbe la terza persona che mi
scopre. E la terza che mi abbandona...”
I suoi occhi si fecero duri. Senza volerlo, aveva finalmente messo il dito in
uno dei nodi del suo animo... probabilmente non il solo... Come sapere quanti
segreti nascondeva un uomo come lui? Con quante ferite conviveva? Persino lui
lo ignorava con esattezza... Ma queste gli impedivano realmente di lasciare una
possibilità a Kaori...
La sua propria ipocrisia lo nauseava...
Non sapeva nemmeno più chi voleva veramente proteggere... chi non voleva più
far soffrire... chi voleva accontentare...
”Tutti i miei segreti...
Strano, io non sono niente, non sono nessuno... Un’ombra fra le ombre... e
nonostante ciò, ho così tanto da nascondere...
Con te, mi sono sempre accontentato di silenzi... Tutto quello che non ti ho
mai detto... Su di noi ovviamente ma non solo...
Sul mio passato che ti ho sempre taciuto... finché non mi ha raggiunto. E anche
allora, è stato necessario che fossero Mary e Falcon a fare il primo passo, che
mi spingessero e mi impedissero di sottrarmi... Era la paura che tu ti accorgessi
di quanto non ti meritavo? Che per così tanto tempo io ti avevo ingannato?
Ho creduto che non dire niente avrebbe fatto sparire questi ricordi... Come
avevo creduto che cambiare continente mi avrebbe permesso di dimenticare chi
ero.
Ma ci sono anche tutti i momenti in cui fuggo. Non ti racconto le notti nei
locali, l’alcool che prendere il posto della ragione, il sesso che si
sostituisce all’amore...
Non ti racconto nemmeno i lunghi inseguimenti, il momento in cui ridivento il
predatore, in cui la mia umanità svanisce per la rabbia di uccidere. La
sensazione di potenza che mi invade quando il mio bersaglio ancora ignora di
essere già morto. Quando la pallottola sparata dalla mia
magnum parte in linea retta verso l’obbiettivo che gli ho assegnato.
Quando l’odore della polvere da sparo mi fa sentire così vivo come il sudore
delle donne...
Come potrei dirle questo?
Non si può raccontare tutto... giustificare tutto... sopportare tutto...
E’ più facile lasciare che siano i silenzi ad occupare lo spazio che ci
circonda.
Se alcuni sono riempiti di comunicazioni tra le persone, i miei sono dei muri
che erigo davanti a me. Per proteggere te così come per proteggere me.
Sono così numerosi che diventano tangibili. Immobili... tenaci... minacciosi...
Sempre più... sempre un po’ meno distruttibili...
E stupidamente, è stato quando ho deciso di venire verso di te, di lasciarti
una possibilità di conoscermi, a te che mi hai già accettato, che ho messo il
piede in fallo...
Ho aperto la bocca e, consciamente, ho distrutto tutto quello che avevi
impiegato così tanto tempo a costruire... tutto quello di cui io ti sono così
riconoscente...
L’alba iniziava a
spuntare su questo giorno di Natale, cercando senza vero successo di forare lo
strato tenace delle nuvole.
Ryo prese improvvisante coscienza della realtà del momento.
Aveva appena rotto con Kaori.
Tutti quei bei discorsi sulla libertà ritrovata, sul sacrificio di averla
salvata da se stessa e di averla lasciata prendere il volo... ed anche il
disgusto che provava per sé stesso, tutto questo scomparve immediatamente.
Fu raggiunto da un’unica evidenza.
Il vuoto.
Immenso.
Esasperante.
La solitudine senza pari.
Non l’avrebbe più vista.
Non l’avrebbe più svegliato in fanfara il mattino, dandogli dello
scansafatiche. Non l’avrebbe più costretto a cambiarsi la giacca. Non sarebbe
più rientrata scoraggiata o felice dal suo controllo mattutino della lavagna.
Non avrebbe più fischiettato preparando la cena. Non avrebbe più sbattuto le
porte facendole uscire dai cardini. Non avrebbe più cantato a squarciagola le
vecchie canzoni... Non gli avrebbe più dato dell’ingordo, del pervertito. Non gli
avrebbe più lanciato dei martelloni per impedirgli di toccare le donne. Non
avrebbe più sistemato delle trappole tanto complicate quanto efficaci per
evitare le visite notturne. Non l’avrebbe più trascinato per negozi. Non
avrebbe più dato la caccia ai suoi giornaletti porno... Non l’avrebbe più
guardato con quegli occhi colmi di collera mal contenuta. Non avrebbero più
passeggiato assieme nel parco in primavera. Non l’avrebbe più rimproverato per
aver lasciato i mozziconi sparsi per l’appartamento. Non avrebbe più potuto
girare la testa, la notte, guardare il muro e sapere che lei era là, che
dormiva, serena...
Non l’avrebbe più guardato con quel sorriso in tralice che diceva talmente
tante cose.
Non ci sarebbe più stata...
La libertà contro l’abbandono.
Il piacere contro l’amore.
La sicurezza contro l’incertezza.
Queste erano indubbiamente soltanto parole, ma le sensazioni fisiche che
facevano nascere erano ben reali... Il nodo in fondo allo stomaco, la voglia di
vomitare, il dolore intenso.
”Quel cuore in due*... L’ho infranto.”
L’aveva ammesso. Ed ora, non capiva più che cosa fare... Era stato...
abbandonato.
La gioia di essere libero, il peso della colpa, tutto questo non era niente...
Assolutamente niente...
Comprese che non avrebbe mai più avuto l’occasione di dirle quello che provava
veramente, di dirle quello che aveva fatto per lui, che l’aveva salvato...
Lei era sprofondata nella notte... irraggiungibile. Anche se l’avesse rivista
in quel’istante, tutto era finito... Le parole che avrebbe voluto dirle non avrebbero mai più potuto uscire dalla sua gola. Aveva fatto
troppo del male...
Una sirena della polizia risonò in lontananza. Il crimine non si fermava mai,
nemmeno in questo giorno di Natale. Il mondo continuava a girare. Degli omicidi
sarebbero stati ancora compiuti... delle vite stroncate...
Sentiva quel vuoto immenso, in un posto che non sapeva essere riempito in
precedenza. Aveva sempre creduto di essere solo, che la solitudine fosse
vincolata alla sua anima. Che l’amore fosse una cosa che lui ignorava
completamente.
Il freddo di una buia mattina d’inverno venne ad avvolgerlo.
”Se muori prima che ti possa dire quello che sento
veramente, mi sentirò meglio? Potrò, oltre alla sofferenza di
averti perso, aggiungere quella di non aver avuto il coraggio di parlare?
Forse, puerilmente, per me, rinviare a domani è un
assicurazione che il domani ci sarà, che tu ci sarai sempre?
Ed a cosa serve adesso pensare a questo?
Ho distrutto tutto... per garantirti un’esistenza che forse non avrai mai...
per non lasciarti scegliere e preservarmi dalla vita... “
Sapeva che parlare avrebbe potuto liberarle, ma certe parole restano sempre
impossibili da esprimere.
Non avrebbe fatto niente. Semplicemente, non avrebbe mai saputo aprire il suo
cuore. Per non dover affrontare ancora altre disgrazie, altre sofferenze
inutili, si celava agli altri. Rifiutava di impegnarsi. Rifiutava di giocare
quando la posta in gioco era importante. Si rinchiudeva in quest’immagine di
lui che gli conveniva perfettamente. Non cadeva dal momento che rifiutava con
disinvoltura, quasi con convinzione, di entrare nella danza, di mettersi in
pericolo un solo istante, un solo respiro. Lui recitava sempre... e quando non
recitava più, si rinchiudeva nell’idea di non farsi coinvolgere.
Ciò non impediva di divertirsi, ciò non impediva di stare bene. Approfittare
sempre, avanzare sempre.
“Il domani si prospetta ricco di nuovi frutti da
raccogliere”. Solo questa convinzione poteva scacciare le tenebre. Questo
perché il domani era ricco di promesse con la nuova alba che sorgeva.
La sirena si avvicinò a lui, poi finì per allontanarsi da Shinjuku...
Si rivide nella giungla. Si rivide in America. Gli anni di sopravivenza, gli
anni di dissolutezza, gli anni di eccessi, gli anni di morte... Vivo? Forse.
Felice? Perché no. Ma senza speranza.
Rivisse il suo incontro con Maki... con Saeko... I suoi primi incontri con
Kaori. La sua immagine, allora sfuocata, senza sostanza, prese più piede. Come
se, senza volerlo, lui avesse accettato di appartenere a questo mondo. Rivide
lo sguardo della donna durante la sua prima osservazione fuori luogo (e dio
solo sa se non c’è ne sono state altre in seguito). L’apparizione di quei
misteriosi martelloni e quel suo modo patetico di assicurarsi che lei tenesse a
lui.
Era questa la vita? Era questo quello che ricercava da
così tanto tempo e che, ora che l’aveva davanti agli occhi, rifiutava di
vedere?
Kaori... e lui... Quali ragioni di esistere hanno le “possibilità”?
Osservò il porto abbandonato di fronte a lui... le luci della città sulla sua
destra. Quanto tempo ancora, prima di...?
Perdersi di nuovo?
Rifiutare di avvicinare la vita sperando di essere perdonato da tutti? Da lei?
Da sé stesso?
Rifiutare la vita, semplicemente?
Come si misura la riuscita di una vita?
E allora?
”Che importanza ha?”
____________________
*Riferimento al titolo dell’episodio nel manga in cui
arriva Yuka.
Un’urgenza gli serrò improvvisamente lo stomaco, folgorante e inappagabile.
Vederla... ritrovarla... Al più presto possibile, assicurarsi che respirasse.
Nient’altro poteva contare!!!
La morte, l’amore, i segreti... erano solo delle sciocchezze...
C’era solo Kaori.
Un solo gesto contava: vederla. Un’ora, un minuto, un secondo! Che importava!
Assicurarsi semplicemente che fosse in vita...
Se non aveva mai sentito questo sentimento prima d’ora, questa esigenza
incomprensibile ma completamente incontrollabile e irrefrenabile... essenziale
e vitale... ora albergava in lui in tutta la sua forza.
Non aveva bisogno di comprendere “perché”.
Lo sguardo scuro che poco a poco si era offuscato, s’illuminò di una nuova
fiamma.... feroce...
Inestinguibile... Irragionevole... Incessante.
Ryo Saeba aveva appena trovato il suo punto di rottura. Abbandonare Kaori.
Quel limite da non oltrepassare di cui si prende coscienza solo nel momento
stesso in cui lo si supera. La frontiera che pochi conoscono, fortunatamente,
poiché essa è l’inizio della disgregazione dell’essere umano, irrimediabilmente.
Unico per ognuno, ma in ognuno di noi.
Abbandonare Kaori.
Questa donna così ordinaria, perfetta nelle sue imperfezioni, gli aveva
impedito di sprofondare. Non solo nell’alcool e nelle droghe. Era stato loro
schiavo una sola e unica volta; da allora, nonostante quello che lasciava
credere, sapeva esattamente come dominarli. Ciò nonostante ne faceva uso con
diletto, anche se, ingannevoli, non facevano che placare momentaneamente le
immagini che scorrevano qualche volta davanti ai suoi occhi. Solo Kaori l’aveva
salvato da una parte dei suoi tormenti interiori.
Certe sere, la voglia di distruggere e di distruggersi lo invadeva
improvvisamente. Distruggere per far indietreggiare questo intorpidimento che
seguiva inevitabilmente la sensazione di avere il diritto di vita e di morte su
tutto quel gregge che lo circondava... Una lenta asfissia, che lo rendeva
impermeabile all’umanità ed ai suoi problemi, indifferente a sé stesso ed ai
suoi tormenti, completamente isolato da una qualunque esistenza, da una qualunque
ragione di aprire ancora gli occhi, di respirare una nuova boccata d’aria.
Estraneo agli altri ed a sé stesso. Vuoto.
Senza saperlo, forse senza volerlo, la sua socia riusciva ad obbligarlo a
respirare, a riprendere il suo posto nella realtà... semplicemente per vederla.
Girò la testa in direzione di Shinjuku. Laggiù, da qualche parte, c’era
Kaori... Il vento glaciale si infilò tra i suoi capelli, soffiando a raffiche.
A vederlo, a volte, sembrava spingerlo sulla schiena, a volte, sembrava erigere
una barriera di forza di fronte a lui.
Lei era da qualche parte tra migliaia di sconosciuti di cui se ne infischiava
intensamente. Forse lo stava maledendo. Forse lo
stava implorando silenziosamente di capire... ma lui doveva vederla... doveva
vedere il suo petto sollevarsi ed abbassarsi, vedere il suo cuore battere...
Lei e solamente lei.
Non la sentiva più... e non era la distanza fisica che spiegava la scomparsa di
questo legame...
Fece un passo.
Sapeva quello che stava facendo. Stava ritornando sulla sua decisione... Stava
tradendo sé stesso... Rinunciava a comportarsi da martire... Sceglieva di
essere egoista. Quanti rimpianti ancora da sopportare? Quelli del presente
dovevano aggiungersi a quelli del passato?
Non sapeva quello che stava facendo. Non doveva rivederla, non subito, non ora.
Non avrebbe fatto altro che ferirla ancora un po’ di più. Era finita. Cosa
credeva? Un sorriso e tutto sarebbe ricominciato? Ogni passo la condannava.
Perché farne un altro, allora?
Avrebbe avuto la forza di vivere accettando che lei si spergiuri per lui?
Avrebbe potuto guardarla senza sentire la lama della colpa conficcarsi nel suo
cuore? Non avrebbe finito per detestarla? La sua presenza non sarebbe stata un
richiamo evidente della sua vigliaccheria? Preferiva la propria felicità
rispetto a quella di lei? Tenerla al suo fianco e continuare ad essere quello
che era? Farla soffrire accontentandosi di essere accanto a lei?
Non aveva nemmeno realmente compreso la profondità dei suoi sentimenti per lei!
Ma chi può farlo? Chi può affermare se ama per la vita o solo per un periodo?
Senza mentire? Sapeva che il suo amore era egoista... ma ne aveva talmente
bisogno... Vitale, incontenibile, imperioso, incontrollabile... l’amore era
solo una parola... “ti amo”, una menzogna facilmente utilizzabile... La voglia
di colmare una solitudine senza fine... naturale... istintiva... Ma Kaori,
era... l’indefinito, il rischio, la riconoscenza dell’altro, l’accettazione di
una verità senza compiacenza, la realtà di una vita.
Eppure, ancora più che a lei, aveva provato a sé stesso che non la meritava...
E quindi? Aveva deciso di non fare quello che doveva fare? Dopo tutte queste
indecisioni? Per arrivare a tanto, questo valeva la pena di attraversare tutti
questi tormenti? Le parole che aveva pronunciato sarebbero state così facili da
cancellare? Avevano così poco peso che sarebbe bastato scusarsi perché tutto
fosse dimenticato? Non le aveva dette con sincerità e convinzione?
“Mi dispiace” e tutto scompare?
Avrebbe potuto perdonarlo nonostante tutto... nonostante l’amore, nonostante la
collera, nonostante la ferita?
Avrebbe potuto chiederglielo lui? Ne avrebbe avuto il coraggio? Quel coraggio
che non gli era mancato per indebolire Kaori, per dirne sempre di più, per
distruggerla...
Cosciente che la scelta si imponeva nel giro di qualche instante, lui era
disorientato.
Proteggerla, era quello per cui lui era nato, (tanto quanto, forse, per
punzecchiarla...) Un senso alle sue due mani... Un obiettivo che gli permetteva
di alzarsi ogni mattina... inconsciamente nascosto, ma
indispensabile... una ragione d’esistere... silenziosa e necessaria.
E ciò nonostante... avrebbe dato qualsiasi cosa perché questo non fosse vero...
Qualsiasi cosa per non sentirla in lui, qualsiasi cosa per non essere un
assassino... qualsiasi cosa per rifiutare
l’evidenza... Per liberarsi dal dolore... Per continuare ad ignorare...
Aveva deciso di lanciarla in un mondo di follia, nel quale lui stesso non era
sicuro di sopravvivere. Era questo quello che lui
considerava come amore? Lei l’avrebbe accettato adesso? L’aveva insultata come
mai prima...
Kaori era tanto fiera quanto lui era ottuso. Lui lo
avrebbe accettato? Senza dubbio no. Ma lei non era mai stata lui.
Un altro passo in direzione del loro appartamento.
Forse non le avrebbe donato quello che lei aspettava... Ma le avrebbe donato di
più di ciò che poteva... Le avrebbe donato quello che era... senza maschere, né
menzogne... Detestava questo rischio! Moriva dalla voglia di voltarsi, di
andarsene...
Comprendere ed accettare. Impegnarsi semplicemente ad essere finalmente umano.
Era così difficile.
Ma non rivederla più... Mai....
Eppure sapeva perfettamente di aver preso la decisione giusta... La sola che un
uomo coraggioso poteva prendere... Lasciarla partire.
Però accettare di morire come un cane randagio... senza tenere a nessuno, senza
che nessuno tenga a te? Abbandonarla, sperando che la vita guarisca tutte le
ferite...
Un altro passo.
Assicurarsi del suo respiro... Era indispensabile... era animale... più che
dell’istinto, più che della sopravvivenza... Un riflesso... Come aspirare una
boccata d’aria fresca quando si risale in superficie dopo un’immersione al
limite della propria capacità polmonare... salvatrice...
Accelerò il passo in direzione del suo appartamento.
Tuttavia, non ignorava che se avesse riflettuto un solo secondo su quello che
sarebbe potuto accadere, avrebbe perso tutto la sua determinazione nel
rivederla. Cosa avrebbe fatto lui? Cosa avrebbe fatto lei?
Aveva superato il suo limite. L’aveva finalmente riconosciuto. Allo stesso modo
l’aveva portata a superare il suo?
Aveva bisogno di lei... ma Kaori avrebbe avuto bisogno di lui?
Nonostante tutto, aveva dolorosamente riesumato una verità che aveva
minuziosamente seppellito nei meandri della sua colpevolezza. Adesso pulsava
con un vigore e un ardore impossibili da ignorare.
Lampante.
Ma durante questo inverosimile istante, le domande, i dubbi e le paure non
avevano più corso.
Per prima cosa, ritrovarla... e poi... “Poi” non contava più...
La mente svuotata, Kaori
aveva vagato nel freddo di Shinjuku. Strade si era susseguite ad altre strade.
Tutto identiche... senza distinzione. Grigie. Smorte.
La donna non aveva prestato attenzione a niente. I rumori soffocati che
provenivano dagli appartamenti non riuscivano a lacerare il silenzio
angosciante di una città profondamente apatica.
Kaori camminava a caso, lottando per rifiutare qualsiasi forma di pensiero,
anche la più insignificante. Un istinto remoto la metteva in guardia che la
minima idea, anche banale, avrebbe liberato la marea di dolore che la
circondava e che sarebbe stata incapace di arginare, incapace di combattere,
che si sarebbe lasciata trascinare via senza la minima possibilità di non
sprofondare.
Quando, senza motivo, alzò il naso e posò degli occhi assenti su una facciata
di mattoni rossi, si rese conto che i suoi passi l’avevano condotta
meccanicamente fino al loro appartamento. Forse il residuo di un’abitudine così
a lungo seguita. Per tutto il tragitto tuttavia non aveva pensato a niente... e
sicuramente non a rientrare a casa loro. Era riuscita a non sentire dolore. Era
al di sopra ogni sensazione. Era semplicemente svuotata... un corpo vuoto...
un’anima perduta.
Prese il suo mazzo di chiavi e aprì la porta lentamente. Tralasciando di
accendere la luce, si diresse, come una sonnambula, verso la sua camera.
Il suo primo gesto fu quello di sbarazzarsi del suo abito. Lo stesso di cui era
stata così fiera all’inizio della serata... Quest’abito che, pensava, la
valorizzasse, e la faceva sentire un po’ più donna. Ora, era come se il suo
semplice contatto le trasmettesse un ribrezzo senza nome.
Rabbrividendo in questo appartamento gelido, la donna afferrò i primi vestiti
che trovò: un paio di ampi pantaloni di una tuta e una maglietta bianca a
maniche lunghe.
Una volta vestita ma sempre in questa specie di trance, in quella battaglia per
non pensare a niente, si diresse verso l’armadio e afferrò una valigia. La
depose sul suo letto ed iniziò ad ammassarci le sue cose, alla rinfusa, senza
ordine, senza scelta nemmeno. Prendeva quello che le capitava sotto mano e lo
gettava senza riflettere nella valigia.
Soprattutto per non pensare.
Soprattutto per non smettere di darsi da fare.
Soprattutto per far cessare il tremito delle sue mani.
Tutti i suoi ricordi sembravano essere fissati su dei brandelli della sua
conversazione di Ryo... E, istintivamente, sapeva di non dovercisi soffermare.
Era una questione di sopravvivenza.
Tuttavia nel giro di qualche minuto, il suo sguardo offuscato si posò sul suo
bagaglio. Fermò allora il suo accatastamento disordinato dove dei maglioni
invernali costeggiavano delle canottiere estive, dei libri senza interesse
fiancheggiavano dei soprammobili dal valore affettivo, dei prodotti d’igiene
ricoprivano dei cd musicali...
Fece qualche passo e si sedette lentamente accanto alla sua valigia.
E silenziosamente, le lacrime scesero giù lungo le sue guancie... senza che
potesse trattenerle...
Lacrime di dolore.
Lacrime di disperazione.
Lacrime indispensabili per non sprofondare, per espellere il male che la
logorava dall’interno, per ritrovare una fiducia nella vita che lei aveva
definitivamente perso.
Piangere faceva bene e, paradossalmente, la innervosiva poco a poco.
Si asciugò rabbiosamente gli occhi.
Come se piangere potesse sistemare le cose! Come se piangere facesse sparire lo
strazio nella testa, nel cuore, nell’anima... Come se piangere avesse provato a
Ryo che lui aveva torto...
Come si poteva distruggere un essere umano con delle semplici parole? In così
poco tempo. Con tanta freddezza?
Cosa ci si guadagnava?
Si alzò per continuare ad mettere in valigia le sue cose. Ma le gambe le
cedettero e lei ricadde nel letto... Era sfinita... Ne aveva ricevute troppe in
una sola volta...
“Io voglio che tu te ne vada...”
Come essere più chiari? A cosa poteva ancora aggrapparsi ora?
E perché?
Perché continuare la lotta? Perché non rimpiazzare l’amore con l’odio e poi con
l’indifferenza?
Lasciare la possibilità al tempo di lenire le ferite del cuore? Perché non
decidere di dimenticare? Perché non chiudere la porta e andarsene, senza uno
sguardo indietro?
Dichiararsi sconfitta e fare tabula rasa per non sprofondare.
Quelle frasi ignobili, Ryo le aveva ben pronunciate. Peggio, le aveva pensate...
Nessuna che non fosse il riflesso di quello che credeva, di quello che
voleva...
Chiunque, davanti a degli insulti simili, si sarebbe deciso a partire, a
rompere ogni legame.
Purtroppo, malgrado queste parole vili, malgrado il fatto che l’aveva ferita al
di là del descrivibile, che la voglia di piangere la torturava senza sosta,
Kaori lo amava ancora. Di quel amore unico e completo. Di quell’amore che le
persone razionali non potevano neanche immaginare...
”C’è l’ho con me stessa di continuare ad amarti Ryo. Mi comporto come tutte
quelle donne maltrattate che restano malgrado tutto... Ho sempre creduto che,
se mai mi fosse successo questo, avrei trovato la forza di andarmene. Che la
mia propria sopravivenza avrebbe prevalso sul mio amore... Quelle donne le
compativo per il male che si facevano, per la sofferenza che sopportavano
spesso in silenzio... ma più di ogni altra cosa, la mia compassione l’avevano
acquisita poiché continuavano ad amare il loro carnefice, malgrado tutto... La
maggior parte comprende quello che subiscono... ma il legame è più forte della
vita: si resta...
Ed io, mi ribellavo di fronte ad un simile comportamento. Non capivo proprio e
le compativo. Come si può restare con una persona che si ostina a maltrattarti?
Che ti picchia e poi si scusa, riconoscendo la sua debolezza, utilizzando il
tuo amore per convincerti che il suo è ancora presente? Così disorientato, così
confuso, così innamorato...
Tu non ti sei nemmeno scusato.
Mi hai lasciata partire alla deriva, mi hai lasciata andare a pezzi davanti a
te... senza fare un solo gesto, senza fermarti un solo instante nella tua
diatriba pestilenziale.”
Dopo tutto, anche se non l’aveva riempita di botte fisicamente, l’aveva ben
maltrattata psicologicamente.
”Come se non conoscesse i sentimenti che provo per lui. Era questo che lo
faceva gioire di potermi mandare in frantumi sempre un po’ di più?... Quando
ero a terra, perché ha continuato?
Ed io, stupida, che cercavo di capire, che avevo l’illusione che la mia verità
potesse ancora raggiungerlo.
Che scemenza!!! Che presa in giro!
Niente può toccarlo... Non ha cuore per nessuno. Lui è esattamente come si è
descritto ed io non volevo credergli... ed io che continuo ad amarlo nonostante
tutto...”
Dalla rabbia, conficcò il pugno nel materasso del suo letto.
”Perché Ryo? Se non mi ami, avresti dovuto dirmelo direttamente. Perché
continuare ad opprimermi, ancora e sempre... Perché rimproverarmi le mie
incompetenze? Perché propormi di venire a letto con te?”
Perché dirle tutto questo dopo tanti anni? Dopo tanti rischi affrontati
assieme? Dopo tanti ostacoli superati? Tutto quello che lei aveva impiegato
tanto tempo a costruire era stato spazzato via in una conversazione... Tutte le
loro confidenze, questa lunga e difficile scoperta dell’altro, l’animo che si
apre ed accetta di scoprirsi... di esporsi... di affrontare il rischio...
Tutto quello in cui lei credeva.
Questo interrogativo l’aveva già ossessionata mentre discutevano.
Perché si era deciso quella sera precisamente? Quando tutto cominciava a
diventare un po’ meno complicato... giusto un pochino... E la speranza sembrava
poter riemergere, illuminare con qualche raggio tremolante la strada davanti a
loro... Appena quel poco perché il cuore ricominciasse a battere all’unisono del
possibile.
Ma di fronte la violenza delle sue parole, non aveva potuto soffermarsi su
questa interrogazione. Tutta la sua forza si era concentrata sulla sua
difesa... e, ad ogni modo, sapeva che non avrebbe trovato risposta a questa
domanda.
E lui aveva continuato... Senza la minima traccia di esitazione nella sua
voce... Senza il minimo rimorso.
”Perché continuare a distruggermi, quando non mi restava più nulla? Volevi
anche prenderti la mia dignità di essere umano?”
In questo universo di disperazione, la sola cosa che illuminava il suo orgoglio
era che non aveva ceduto. Non aveva supplicato alla fine. Non le restava che
questo... Sarebbe dovuta ripartire da questo piccolo isolotto inaffondabile per
ricostruirsi... E imparare a vivere con questa ferita.
Sfortunatamente per lei, quella piccola scintilla che la costituiva, la sua
essenza profonda che le avrebbe permesso di imparare di nuovo a vivere era
strettamente legata ai sentimenti che lei provava per Ryo.
Chiuse gli occhi per cercare di far scomparire quello che sentiva per lui e per
impedire alle lacrime di ritornare.
Dal loro confronto, la collera si mescolava all’amore, la tenerezza si
contendeva all’odio.
Quelle frasi le ritornavano alla mente suo malgrado. Come dimenticarle? Come
non pensarci?
Improvvisamente, mossa dall’istinto più che dalla volontà, si alzò, dimentica
delle sue gambe tremanti. Doveva muoversi, non restare in questa immobilità
sorniona che la spingeva a riflettere.
Avrebbe potuto perdonare lo sparo alla sua foto. Sapeva che il gesto era
portatore di significato. Ma Ryo era così. Parlava solo raramente di quello che
aveva a cuore. Comunicare con le persone che lo toccavano assomigliava ad una
prova per lui, preferiva agire. E lei sentiva che quello che lui aveva fatto era
rivolto contro sé stesso. Combatteva continuamente perché nessuno si legasse a
lui. Non voleva che nessuno lo seguisse nel suo declino, nell’inferno dei suoi
incubi... Al rischio di morire, preferiva morire solo.
Ma ora... Aveva scagliato la sua socia nell’inferno personale della donna.
Vedersi respinta dall’unica persona che ti accetta per quello che sei... e che
tu accetti per quello che è.
E poi, voleva perdonarlo? Ci sarebbe riuscita? Era andato troppo oltre. Certi
gesti lasciano delle cicatrici per tutta la vita. Certe frasi distruggono gli
esseri umani.
Respirò lentamente. Il dolore era troppo presente perché lei si ravvivasse di
nuovo.
Malgrado le sue gambe ancora instabili, si diresse verso lo specchio... ed
osservò la sua immagine qualche istante... I capelli arruffati, gli occhi
arrossati, lo sguardo spento... quello che vedeva le faceva male... Le parole
dell’uomo le ritornarono alla memoria...
”Se almeno tu fossi bella e desiderabile”... “Dobbiamo solo andare a letto
assieme qui ora... forse potrei riuscire a trovarci piacere.”
La verità era sempre così umiliante?
I suoi occhi offuscati si accesero. Si allontanò dallo specchio e andò a
frugare con determinazione nel suo armadio.
Finì per estrarre il suo trofeo: il pupazzo di Ryo, gli assestò una serie di
colpi di una violenza sorprendente e finì per strangolarlo secondo le regole.
”Che genere di mostro sei per osare proferire delle simili ignominie ad una
donna? Credi veramente che io non abbia mai voglia di essere un po’ amata?
Desiderata? Giusto un secondo... giusto una tregua di Natale... giusto uno
sguardo... Quale uomo si comporta così? Senza cuore! Porco infame e crudele...”
La sua collera non era simulata, ma lei la alimentava per non sprofondare
completamente.
E stringeva... stringeva...
E finalmente, il collo del pupazzo di Ryo si ruppe sotto la pressione e tutta
l’imbottitura si disperse attorno a lei.
Sorpresa della propria forza, lasciò cadere il manichino divenuto
inutilizzabile così com’era e ritornò a sedersi sul suo letto.
Le cose erano chiare. Non solo non la amava, ma in più le aveva ordinato di
andarsene... L’aveva mandata a pezzi.
Allora perché non aveva già attraversato definitivamente la soglia del loro
appartamento?
Kaori guardò la sua valigia.
La sola possibilità che le restava era proprio partire... Ma partire? Per dove?
Al Cat’sEye? Ancora
rifugiarsi! Dover affrontare quegli sguardi compassionevoli, troppo affettuosi
per essere rifiutati, troppo dolorosi per essere accettati.
Andare a trovare sua sorella? Dall’altra parte del mondo?
Prendere semplicemente il primo treno. Partire dalla stazione di Shinjuku,
ironia della sorte, la stazione di partenza degli incarichi di City Hunter...
Sarebbe riuscita ad attraversarla senza cedere? Ricominciare una nuova vita in
un'altra città. Finire col dimenticare? Finire col dimenticarlo, lui?
Strizzò gli occhi!
Ancora scappare? Regalargli la vittoria totale? Lasciarlo sprofondare nel
circolo delle sue disgrazie? Sdoganarlo di qualsiasi colpevolezza? E poi cosa
ancora? Perché lui avrebbe dovuto cavarsela meglio di lei? Non sarebbe fuggita
più!
Era fuori questione!
Era fuori questione lasciarlo vincere...
Era fuori questione che lui se la cavasse meglio di lei.
In collera, prese tutte le sue cose e le ammassò nel suo armadio, poi spinse
con un piede il pupazzo di Ryo e la sua imbottitura sotto il letto. Avrebbe
fatto le pulizie un altro giorno...
Kaori si sedette sul letto e decise di attendere il ritorno di quel ignobile
individuo. Avrebbe visto che anche lei poteva fare male... Che lui era forse il
maestro, ma che lei non sarebbe stata una cattiva allieva...
Era strano per lei questo desiderio di vendetta... no, non strano... Era
sconosciuto...
La vendetta... Era un sentimento che non conosceva... malgrado tutte le
sfortune che l’avevano sfiorata, mai, aveva avuto il desiderio di rendere pan
per focaccia a qualcuno. Nemmeno contro l’UnionToepe che tuttavia le aveva strappato via Hideyuki e poi
Mick e che aveva trasformato la vita di Ryo in un inferno... Tutto quello che
aveva desiderato allora, era evitare che altri subissero le stesse perdite
insostituibili che erano toccate a lei.
Ma con Ryo, le sue reazioni erano diverse. Lui era unico per lei. Hideyuki e
Mick non avevano deciso di lasciarla, Ryo, lui, aveva deciso di abbatterla. Lei
e lui. Troppo legati...
Questa vendetta era il solo modo che lei aveva preso in considerazione per non
sprofondare completamente.
Perché lui capisse e perché il dolore diminuisse, non vedeva che una sola
scappatoia: l’attacco.
”Mi ha proposto di fare sesso... Semplicemente... senza alcuna altra forma
di emozione... Solamente un’indifferenza venata di disprezzo... senza alcuna
preoccupazione per me.”
Il nodo allo stomaco ritornò, mescolandosi alla sua rabbia.
Come se non sapesse quello che lei provava per lui. Come se la credesse capace
di una simile mortificazione? Non sapeva come per lei tutto era legato? Non
aveva nemmeno potuto baciare Mick qualche tempo prima... quindi andare a letto
con qualcuno senza amore? Anche con lui? Aveva davvero pensato un solo instante
che lei potesse rispondergli di si? La conosceva così poco?
”Un attimo...”
Malgrado la collera, una piccola scintilla di dubbio raggiunse la coscienza
bistrattata della giovane donna.
”Ryo è idiota... ma mi conosce molto bene... Di norma, sa prevedere una
buona parte delle mie reazioni... Non poteva assolutamente ignorare quale
sarebbe stata la mia risposta... Allora perché porre la domanda?”
Sentì un brusco brivido gelato che percorse tutto il suo corpo. Un vago
presentimento che la spiegazione a questo interrogativo non sarebbe andata
nello stesso senso della sua collera così necessaria.
Scivolò allora tra le lenzuola e tirò la coperta fin sopra la testa.
Aveva toccato un punto sensibile... Qualcosa che c’era sempre stato, ma che si
era ben presa la briga di occultare... ma ora che era ritornata in superficie
non poteva più ignorarla...
”Solamente per ferirmi?”
Anche se questo pensiero le avrebbe permesso di non interrogarsi, di mantenere
intatto il suo odio verso di lui, anche se aveva un’irrefrenabile voglia di
rispondere di si, anche sapendo che mentiva, non poté sottomettercisi.
”Ha posto la domanda perché prevedeva già la mia reazione... Sapeva
esattamente come avrei preso questa proposta... e quale sarebbe stato l’impatto
su di me.”
Ma allora perché? Perché voler fare così tanto male? A lei?... A... lui?
”Perché vuole che io lo detesti...”
Per questo, missione riuscita!”
Ma questo tentativo di ravvivare completamente la sua ira contro di lui fallì.
Al contrario, un’altra frase venne a riecheggiare nelle orecchie di Kaori...
Chiuse gli occhi per non lasciasi sommergere da questo sentimento sconosciuto
che lottava per mostrarsi.
Di tutte le calunnie che aveva pronunciato quella sera, una delle sue frasi
l’aveva toccata più delle altre. Non solo quell’odioso commento che le aveva
tanto fatto venire voglia di sparire dalla sua vita quanto di far sparire, lui,
dalla faccia della terra, ma quel «Che io sono incapace di legarmi realmente
a chiunque sia!« che tradiva i suoi pensieri più di qualsiasi altra cosa...
Non ci aveva prestato attenzione sul momento, ma ora tornava a tormentarla...
Come doveva essere triste il mondo se non si legava a nessuno. Che solitudine
smisurata... Che vita priva di calore, di vera passione, di tempo che passa ben
speso. Che mancanza di umanità.
Come si può vivere, ed anche sopravvivere, senza che il tuo cuore non batta per
altra cosa se non che per te stesso?
Come doveva essere vuota ogni cosa!
Una lamina di freddo la sommerse e, la donna si raggomitolò per rassicurarsi.
Tuttavia, questa volta, non riuscì a trattenere le sue lacrime.
L’aveva ferita perché lei lo respingesse...
Ogni lacrima ne richiamava una seguente, incontrollabile... Ogni volta che
cercava di calmarsi, comprendeva quale divario gli separava. Kaori pianse per
il destino di Ryo. Per le tenebre del suo cuore e la luce del suo animo. Per il
suo stupido spirito di sacrificio...
L’aveva fatto per lei... per farla uscire, suo malgrado, da un ambiente che lui
riteneva non essere il suo...
Ma nonostante la compassione e la tenerezza che l’uomo le ispirava, c’e l’aveva
ancora con lui. L’aveva ferita... al dì là del sopportabile, al dì là
dell’accettabile... forse al dì là del comprensibile... ed al dì là del
perdono.
Una parte della sua mente desiderava confortarlo, dirgli che lei capiva... e
l’altra parte voleva semplicemente che lui avesse male... Che soffrisse...
colpo per colpo... Dolore contro dolore.
Voleva che lui comprendesse il dolore che albergava in lei e, allo stesso
tempo, desiderava circondarlo con le sue braccia per tranquillizzarlo.
Eppure stava sempre cosi male... e sapere che lui forse aveva fatto tutto
questo per lei non la calmava, al contrario. C’è l’aveva ancora di più con lui
per aver osato fare una cosa simile!
C’è l’aveva con lui per avere scelto per lei... ancora una volta. Quelle parole
l’avevano annientata sicuramente più di qualsiasi colpo.
La sua collera ritornò, con ondate continue, imperiosa. Lo odiava per avere
saputo colpire nel punto in cui faceva più male, di conoscerla così bene da
poter manipolare i suoi sentimenti come delle volgari pedine sulla scacchiera
del corso della sua vita.
Che importava se le sue ragioni fossero state buone, molto buone... Lei non le
avrebbe ascoltate, avrebbe rifiutato di comprendere poiché queste non
alleviavano il suo dolore.
Si odiava di amarlo ancora, di trovargli così facilmente delle scusanti, di
aver bisogno della sua presenza nonostante tutto. E lui, che indubbiamente non
aveva bisogno di lei, dal momento che poteva così facilmente respingerla.
”L’ha fatto per me... e con quale diritto? Né l’amore che non prova per me,
né la pietà che gli ispiro gliene dà il diritto!!!”
E malgrado la sua rabbia, un pensiero aereo, leggero, senza sostanza le girò
attorno.
”E poi, che ne sarà della mia vita se rinuncio?”
Nel silenzio pesante dell’appartamento, Kaori sentì un cigolio da basso, alla
porta.
Seppe immediatamente che era rientrato.
L’occasione di dirgli quello che pensava di questa compassione si offriva a
lei. Ciò la fece prendere dal panico. Non aveva deciso se lo amava o se lo
odiava.
No, in realtà, dopo l’ingiurioso discorso dell’uomo, sapeva che i due
sentimenti esistevano entrambi nel suo cuore. Era inquietante, troppo inquietante
per avere una nuova conversazione con lui subito.
Sperò che lui pensasse d’aver raggiunto completamente il suo obbiettivo e che
la lasciasse tranquilla... finché non fosse stata in grado di confrontarsi con
lui.
Chiudendo gli occhi, si sforzò di controllare il suo respiro e finse il sonno.
E la sua indecisione lo faceva esasperare interiormente.
Era incapace di attenersi ad una linea chiara!
Già, mille volte, dal porto fino a casa, era stato sul punto di arrendersi. Si, arrendersi era la parola giusta. E non era l’idea di una
possibile sconfitta che l’aveva fatto continuare. Non era l’orgoglio. Era il
pensiero di aver ferito Kaori al di là dell’immaginabile. Era il pensiero di
abbandonarla. Era il dolore di non vederla più... e forse la vergogna per il
suo comportamento.
Ma non avrebbe mai osato ammetterlo.
Nel momento in cui la sua mano si era posata sulla maniglia, il legame così
prezioso che lo univa alla sua socia era ricomparso... ma differente. Si
trattava ora di un legame fisico e non di quello che li legava precedentemente,
quello dell’anima.
Lei era lì. Di fronte a questo fatto, ne era tanto sorpreso quanto questo gli
sembrava ovvio. Se i suoi passi l’avevano condotto qui, era perché lui sapeva
che l’avrebbe trovava a casa loro. Al tempo stesso, gli era impossibile non
stupirsene. Perché era rientrata? Qui dov’era, era sicura di rincontrarlo in un
momento o in un altro.
I dubbi lo assalirono ancora una volta. Immediatamente, ne riconobbe
l’imparabile esattezza, l’egoismo assoluto di cui dava prova. Voltava le spalle
ai principi che aveva giurato di servire.
Tuttavia, nell’instante in cui aveva sentito la sua presenza, il fuoco sacro si
era diffuso in tutto il suo corpo.
Insostituibile!
Ma se questo era mille volte meno intenso di prima,
ritrovarla oscurava tutto il resto.
Senza saperlo, aveva attraversato deserti, scalato montagne, percorso gli
inferni... ed era stata lei che gli aveva permesso di superare qualsiasi cosa e
di uscirne vivo e umano. E questo non era niente. Grazie a lei, aveva sconfitto
il nemico nell’ombra, tenace ed invincibile: lui stesso. Aveva deciso che,
malgrado tutto, vivere era bello.
L’appartamento era immerso nella penombra. Silenzioso. Gelido. I suoi occhi,
abituati all’oscurità osservavano il salotto. Niente era cambiato da quando
erano partiti! Eppure, dentro di lui, tutto si era ribaltato. Aveva scoperto
gli angoli oscuri del suo animo e aveva ammesso a sé stesso da dove proveniva
la sua luce.
Zigzagò tra i mobili per raggiungere le scale. Cautamente, per non far cigolare
gli scalini, salì al primo piano, si avviò lungo il corridoio e giunse alla
camera di Kaori.
Ancora una porta chiusa! E dietro questa, si trovava
la donna che aveva insultato e ferito.
Se fosse stata sveglia, che gli avrebbe detto? Sperava che leggesse nel suo
sguardo le sue scuse e tutto quello che voleva dirle? Ora che la sentiva di
nuovo in lui, non era meglio andare a dormire? Rimettere a posto le idee?
Aspettare che il giorno fosse completamente spuntato per tenere una discussione
tra adulti ragionevoli?
Ma, stranamente, nessuno di questi interrogativi lo assalì. Così vicino alla
meta, l’idea di non vederla non gli attraversò la mente un solo secondo.
Entrò.
Le tende completamente tirate rendevano la stanza ancora più oscura. Una forma
raggomitolata si teneva sotto il piumone. Ryo seppe immediatamente che non
dormiva ma lei non si mosse. Lui sentì che si era irrigidita alla sua entrata
ma il piumone non aveva fatto un solo movimento. Lentamente, lo sguardo
dell’uomo perlustrò la stanza per ritornare sulla forma nel letto.
Un essere umano. Simile a milioni... miliardi di altri... Che lottava sempre
per non sprofondare. Solo e in cerca di compagnia. Capace di donare il suo
cuore, senza ragione oltre ai battiti frenetici che l’accompagnavano. Oscuro e
luminoso... e questo essere umano era unico ai suoi occhi. Era il suo specchio.
Simile ma diverso. Qualche volta incomprensibile, qualche volta odiato ma comunque più forte del destino, più amato
dell’esistenza stessa.
Lei era lì. Era in vita. Queste due frasi gli provocarono un’ondata di piacere
indescrivibile accompagnata, paradossalmente, da una voglia di piangere.
Il suo petto si sollevò e, nello stesso respiro, si abbassò dalla tristezza.
Prese la scatolina della sua tasca e avanzò nella stanza. L’odore di Kaori
impregnò la sua pelle. Non soltanto il suo profumo e il suo deodorante, ma
l’odore del suo corpo, la sua essenza.
Essere lì valeva qualsiasi cosa. Essere lì lo redimeva da tutti i disonori, lo
rifondeva dell’energia.
Senza riflettere un solo secondo, si avvicinò al comò. Percepì, dato che non vedeva, la foto sorridente di Makimura e, davanti a lei, il
cofanetto dell’anello, il regalo per i 20 anni di Kaori.
Mosso da un improvviso impulso che aveva sempre portato in lui, depose il suo
anello accanto all’altro. Non aveva parlato di anelli gemelli?
Lentamente, si voltò e ripartì verso la porta. Al momento di varcarla, si
rigirò e contemplò la massa imbacuccata.
Non aprì la bocca per fare finta di parlare. Rimase lì immobile... I secondi si
scandivano e nessuno si muoveva. Ryo pensò che osservare così Kaori fosse la
sola cosa che poteva chiederle... L’unica ricompensa di cui aveva diritto.
E da qualche parte questo gli bastava.
Estirpandosi da questa contemplazione che l’aveva quietato per un momento, uscì
finalmente dalla stanza e si diresse verso la propria camera.
Niente era stato risolto, lo sapeva perfettamente. Peggio ancora, non sapeva
ancora cosa fare e ignorava la reazione di Kaori dopo tante ferite, attacchi e
contusioni.
Il giorno nascente di
dicembre filtrava nella stanza ed illuminava di grigio i mobili. Ma persino
quella luce pallida non riusciva ad oscurare un pacchetto avvolto con carta da
regalo che troneggiava sul letto.
Non riuscì ad impedirsi di sorridere.
”Piccola furbacchiona! Quindi è questo che
stavi facendo mentre ti aspettavo in macchina.”
Si sedette accanto al regalo ma non fece segno di aprirlo. In altre circostanze,
ci si sarebbe buttato sopra, strappando la carta, trepidando d’impazienza,
sempre sorpreso che Kaori potesse fargli un regalo.
”Ma, se tu avessi saputo tutto quello che ti avrei fatto
subire questa sera, mi avresti fatto questo regalo? Me lo merito?”
Ovviamente non se lo meritava. Aveva volontariamente trasformato una serata di
vigilia di Natale in un incubo. Riusciva a trasformare la sua vita in una
sequenza di speranze deluse...
Ma, se la si prendeva in questo modo, allora lui non meritava niente! E
soprattutto non che lei restasse accanto a lui.
E poi, dannazione, aveva bisogno che gli si risollevasse il morale. Aveva
bisogno di sapere che lei faceva attenzione a lui. Aveva bisogno di questa
sensazione di essere come tutti, dell’eccitazione di piaceri semplici. Ne aveva
ancora più bisogno a causa di quello che era e, quella sera, dopo questa
immersione nelle profondità delle sue tenebre interiori, era diventato persino
vitale.
E poi, che regalo aveva mai potuto trovare per un uomo come lui? Che non era
attaccato a niente se non alla sua pistola? Neppure alla sua vita.
Prese il suo regalo e, febbrilmente, strappò la carta come un bambino e scoprì
la scatola.
Una scatola in cartone...
Il dubbio si insinuò nella sua mente. Non aveva veramente...?
Meccanicamente, si guardò i piedi. Portava le scarpe che andavano con lo
smoking. Non erano le sue solite scarpe... Ma ad ogni modo, questo genere di
acquisto come regalo di Natale? C’era di meglio, no?
Alzò le spalle di fronte il suo comportamento puerile e sollevò il coperchio.
L’interno era costituito da due parti uguali separate da un sottile divisore in
cartone. In ciascuno degli spazi, era posato un oggetto, avvolto da quella
carta velina usata per proteggere gli oggetti fragili.
Incapace di capire cosa fosse, intrigato e stupito che Kaori potesse regalargli
delle cianfrusaglie in vetro, afferrò il primo oggetto e lo scartò cautamente.
Tolta la carta, scoprì una tazza a fantasia, con incollato un post-it giallo
dove c’era scritto: “La prossima ad essere rotta”.
Non poté impedirsi di sorridere a questa piccola frase che faceva riferimento
ad un aneddoto della loro vita.
Suo malgrado, nonostante tutto quello che era successo, non poté evitare una
reminescenza di questo ricordo.
* * *
Kaori aveva avuto la terrificante intenzione di farlo alzare all’alba perché la
accompagnasse alla stazione! Che idea stupida! Ad ognuno il suo ruolo no? Se
fosse andato alla stazione, sarebbe stato da solo, tanto per: in primo luogo
rimorchiare, in secondo luogo scegliere solo le clienti mokkorinesche...
Quindi questo risveglio troppo mattiniero alle 10.00 l’aveva più che irritato.
Senza contare che gli sembrava di avere l’inizio dei postumi di una sbornia. Da
quando non reggeva più le uscite con Mick?
Per farla breve, era terribilmente di cattivo umore e scricchiolando ovunque si
era recato in cucina, dove, colmo della tortura, la sua dinamica socia si
muoveva senza sosta e la radio, sintonizzata su una delle stazioni più in voga,
scandiva dei successi rock ad un volume superiore al rombo di un aereo
supersonico.
Grazie ad una forza sovraumana, Ryo riuscì a sistemarsi su una sedia ed ad
afferrare la tazza di Kaori, posata sul tavolo.
Un caffè ed il mondo avrebbe ripreso il suo normale corso... La tazza era
ancora piena... Sarebbe stato presto servito...
Ma, Dio, quella musica! E non poteva smettere di muoversi dappertutto così!
Erano solo le 10.00 dopotutto!
Insomma, invece di attenersi al suo piano iniziale: bere il caffè e DOPO
parlare, non aveva potuto evitare un’osservazione sarcastica.
»Sai, Kaori, non è svegliandomi di così buon mattino che riuscirai a stuzzicare
la mia libido... è sempre al massimo della sua forma... ma soltanto davanti a
delle sventole.«
Approfittò di questa occasione favorevole, non aveva nessuna ragione di
privarsene... Dopo tutto, lei lo aveva buttato giù dal
letto!
»Ma, sai pensavo, è perché sei in astinenza di sesso
che gesticoli tanto? Bisogno di attività? Per Pietà!«
Ovviamente, non aveva neppure ancora terminato la sua frase che sentì la
collera di Kaori e scorse l’ombra di un martellone che si ingrandiva troppo
velocemente per potervi sfuggire. Mise quindi come scudo, tra lui e la sua
punizione, la sola cosa che aveva tra le mani: la tazza del caffè.
Irrisorio! Una tazza di caffè mezza piena contro il martellone 100% di Kaori.
La donna volle bloccare il percorso inevitabile del missile, ma vinta dal suo
slancio, non riuscì a fermarlo del tutto. In un rumore cristallino il
martellone andò a picchiare delicatamente il suo obbiettivo.
Per due secondi, risuonò solo il tintinnio della tazza, i due soci rimasero in
silenzio... poi la tazza esplose in sette pezzi, disperdendo il suo liquido
marrone principalmente su Ryo.
Tuttavia ancora non del tutto sveglio quest’ultimo non fece che agitare
assiduamente le braccia e agitare il torso, bagnato e gocciolante.
Davanti una simile scena, la collera di Kaori sparì in un lampo, rimpiazzata da
una risata allegra e sonora.
»Così impari a servirti delle nostre tazze come scudo!
Ci penserai due volte prima di uscirtene di nuovo con un insulto simile...«
Non dandosi ancora per vinto, Ryo gesticolando ancora, utilizzò il suo ultimo
argomento:
»Era la TUA tazza, Kaori.«
Ma quest’ultimo fece ancora meno effetto di un petardo arrugginito.
»Nessun problema, userò la tua d’ora in poi...«
»Ed io allora, in cosa berrò quella bevanda schifosa che tu osi chiamare caffè?«
»Poveretto, disinfetteremo la mia con della
candeggina, se ci tieni. Forse così preferirai il gusto del caffè?«
L’aveva fregato. Gli aveva tappato la bocca. In più, era stato completamente
risvegliato da questa doccia calda un po’ speciale e non aveva potuto sottrarsi
al giro alla stazione con una Kaori appesa al suo braccio, tanto per impedirgli
di saltare su tutte le gonnelle che per semplice piacere.
* * *
Uscendo dalla sua fantasticheria, Ryo ritornò al suo regalo, a questa giornata
di Natale in cui aveva distrutto tutto per cercare di ricostruire.
Posò la tazza sul suo comodino.
Era anche questo la vita con Kaori. Era anche questo essere umano... Era anche
questo tutto quello che aveva perso e che reimparava poco a poco... dei
dettagli insignificanti... un respiro, un sorriso... un aneddoto.
Irrilevanti... Delle cose che si dimenticano in un attimo... irrisorie e, allo
stesso tempo importanti. Poteva vivere senza... ma, una volta assaporate,
facevano talmente tanto bene.
Si girò verso la scatola di cartone ed estrasse il secondo regalo di Kaori.
Togliendo anche qui la carta, scoprì una cornice ed una foto. La cornice era lì
solo per proteggere il contenuto, non aveva un sostegno né un appoggio per
permettergli di essere esposto su un tavolo o su un muro. Una semplice cornice
per una semplice foto.
Ma gli bastò solo un colpo d’occhio per riconoscerla.
”Come è riuscito il nonno a fare questa foto... e perché?
Non solo quel vecchio era un perverso confuso... (si prendeva la biancheria di
Kaori... Il che è tutto dire!!! Forse l’età???), ma in
più fa delle foto a sproposito... Avrei dovuto perquisirlo quel vecchietto...”
Osservò attentamente la foto.
”Che regalo stupido! Avrei preferito un
contenuto speciale di “False bionde / vere brune trovate la verità!”
Tuttavia, uno sguardo dolce smentiva quella dichiarazione libidinosa.
”Pouf, adesso che c’è l’ho, cosa posso farmene di questa roba?”
Leggermente imbarazzato di tenere una simile foto tra quelle mani, un regalo
che aveva importanza solo per quello che lo offriva e per quello che lo
riceveva e per nessun’altro, fece il giro della sua camera con gli occhi,
maneggiando la cornice in tutti i versi.
Era fuori questione metterla in vista.
”Vedere Kaori tutte le mattine al risveglio... No grazie...”
Sospirando di non sapere che fare di questo ingombrante regalo, lo guardò
nuovamente. Ma questa volta fu il retro della foto che contemplò. E,
contrariamente, a quello che credeva, non era il semplice verso bianco di un
pezzo di carta. C’era una nota manoscritta. Riconobbe la calligrafia della sua
socia.
Lentamente, come se queste fossero le ultime parole che avrebbe letto di lei,
come se tutta la sua persona fosse rinchiusa in quelle poche righe, lesse con
attenzione.
Poi, sollevò la testa, si diresse verso la sua libreria e si accovacciò davanti
a lei. Facendo azionare un meccanismo nascosto, fece emergere un’apertura segreta
alla base del mobile. Questo nascondiglio conteneva un solo altro oggetto: un
vecchio pallone da calcio logoro.
Senza uno sguardo per nessuno dei due oggetti, fece scivolare la cornice, la
foto e la sua iscrizione accanto al pallone e rimise la protezione a posto.
Ryo ficcò la carta regalo
dentro la scatola in cartone e buttò il tutto sotto il suo letto.
Si sbarazzò rapidamente del suo smoking, prestando attenzione a non lasciare,
come sua abitudine, i suoi abiti sparsi qua e là. Eriko lo avrebbe ucciso se
fosse successo qualcosa ai suoi preziosi vestiti. Al loro posto, infilò una
maglia ed un paio dei suoi inseparabili pantaloni. Infine, si distese sul
materasso. Le mani incrociate dietro la nuca, contemplava il soffitto.
Sapeva che non avrebbe dormito per quelle ore che mancano alla fine della notte
(o piuttosto all’inizio della mattinata). Non aveva fatto che giocare alla banderuola segnavento, incapace di scegliere una
direzione e di attenercisi, trascinando la donna che amava nel turbinio della
sua indecisione, nelle profondità del suo tormento.
Dopo essere riuscito così difficilmente a spezzare il legame che lo univa a
Kaori, era tornato a ricostruirlo... semplicemente perché abbandonare la sua
socia era al di sopra delle sue forze... al di sopra del suo essere... E ne
aveva preso coscienza al momento di perderla.
Ma la comprensione non era tutto. Erano in due in questo caso. E la reazione
della donna poteva essere sorprendente.
Comunque stavano le cose, avrebbe dovuto fare quello che si rifiutava di fare
da così tanto tempo... lasciarla scegliere e, qualunque fosse stata la sua
scelta, accettarla.
Il peso di decidere, era lui che l’aveva portato in precedenza. Ne conosceva la
difficoltà, il dolore, la sentenza vincolata tra quello che doveva essere fatto
e l’immorale speranza. Si sentiva vile e miserabile a riporre il peso sulle
spalle di Kaori... da un certo lato, rinunciava, si dichiarava sconfitto...
tutti questi anni a lottare, a credere che quello status quo fosse la soluzione
migliore, ad utilizzare dei secondi preziosi a sperare ciò che non sarebbe mai
stato... ad accontentarsi di chiudere gli occhi e sognare... prima che la
realtà non lo raggiungesse ancora, prima che il presente si imponesse a lui di
nuovo... e stare al gioco...
C’è l’aveva con sé stesso per aver riconosciuto che il suo bisogno di Kaori
cancellava via il suo passato, le sue paure, il suo cinismo abituale, la sua
volontà di non impegnarsi mai, il suo desiderio di trovare il piacere il più
veloce, il più forte...
E, cosa peggiore, c’è l’aveva con sé stesso di credere... ad ogni battito del
suo cuore... di fissare quel soffitto così vuoto... credere che la vita possa
finalmente essere generosa e clemente... Sapeva di essere cambiato... e questo
cambiamento lo spaventava... Appena un po’ meno dell’idea di perderla.
Ripensò furtivamente alla bottiglia d’alcool che aveva abbandonato, troppo
presto per la serata, nel vicolo... Che cazzata! Se l’avesse saputo, l’avrebbe
conservata...
Dato che tutto quello che aveva fatto stava volgendo in un disastro... sia per
lui che per Kaori... Sbronzo, gli sarebbe sembrato di aver commesso meno
cavolate...
Un sorriso disilluso venne a perdersi sulle sue labbra.
”Se è questo essere innamorati... Sicuro che non lo sono mai stato... e
preoccuparsi tanto per qualcun’altro... volere la sua felicità più che la
propria??? Mi chiedo se questo non sia contro produttivo per lo stallone di
Shinjuku???”
Un silenzio inquietante lo cullava in quel giorno nascente. Tutto era ancora
calmo, molto calmo. La vita sarebbe andata avanti al rallentatore ancora per
oggi.
Ritrovando la sua consueta filosofia, si disse che il mondo non avrebbe smesso
di girare se Kaori e lui avessero terminato oggi il loro paternariato. Che loro
erano troppo orgogliosi a credere che la relazione fosse tutt’altro che
insignificante...
Qualunque cosa lei avrebbe deciso, lui avrebbe accettato...
Anche se il suo viso, il suo sorriso, i suoi occhi sarebbero rimasti accanto a
lui tanto a lungo quanto il respiro l’avrebbe animato.
Una parte di Kaori si era persa in lui e lui l’avrebbe conservata
preziosamente, fiamma di vita in un mondo vuoto.
Non avrebbe mai creduto che sarebbe stato possibile per lui perdere la sua
anima per qualcuno... Sapeva che la morte era la sua più fedele compagna... che
aspettava che lui facesse un passo falso per trascinarlo via con lei. Aveva
imparato a vivere con questo rischio, l’aveva persino addomesticato, quasi
accettato... Cosi come per tutti la morte era una fatalità, per lui, sarebbe
stata anche una liberazione...
Ed ecco che, non soltanto, aveva promesso a Kaori di non farle un dispiacere
morendo troppo presto, ma, in più lui non voleva più morire... né fisicamente,
né vedersi prosciugare quella sorgente che lo abbeverava quando la donna era al
suo fianco...
Non era stupido. Se l’avesse persa, la sua vita certamente sarebbe continuata,
ma Ryo Saeba sarebbe stato solo un involucro privo di vita che finge... Una
marionetta messa a punto per il suo spettacolo. La morte sarebbe ridiventata
una liberazione... Tuttavia non sarebbe ritornato al punto di partenza... Aveva
appreso un sentimento che non si poteva dimenticare.
Era troppo doloroso immaginare di perderla e troppo doloroso immaginare di
incatenarla a lui.
Tuttavia l’acquisto dell’anello gli aveva aperto gli occhi... Non solo sul
legame che lo univa alla sua socia, ma sui danni che avrebbe causato presto o
tardi l’immobilismo della loro relazione. Se quello status quo l’aveva così a
lungo soddisfatto, doveva riconoscere che ora non era più il caso.
Le aveva detto che rifiutava di ristagnare ed era vero. Aveva improvvisamente
ammesso, come una certezza che gli era esplosa in faccia, che quei silenzi gli
avrebbero condotti presto o tardi a distruggersi reciprocamente.
Ma ogni passo era doloroso e lo allontanava di una possibilità. Tuttavia non
sapeva se si sarebbe allontanando dalla soluzione giusta per loro. Allora
rifaceva un passo indietro ed i non-detti, il passato, diventavano ancora più
pesanti, Kaori ancora più ferita e più fragile e lui anche più sdegnoso e
disgustato delle sue azioni.
Non avere il diritto di errore, lui conosceva e dominava... ma non optare
istintivamente per la migliore delle soluzioni, questo non era frequente in
lui.
Quando il suo cuore e la sua ragione erano in precedenza entrati in conflitto,
l’istinto aveva sempre scelto la ragione... e il cuore si rassegnava senza
soffrire troppo, ma in questo caso preciso... I suoi pensieri giravano
instancabilmente in tondo. Cuore, Ragione, Cuore, Ragione, Paura, Morte...
Di fronte il vuoto silenzioso del soffitto, si maledisse un ultima volta di
essere diventato umano, maledisse i suoi sentimenti che tuttavia amava.
Aveva creduto... no, era stato persuaso di aver preso la decisione giusta...
Prima di tutto sparando sulla sua foto... poi destabilizzandola perché fosse
lei a dire... per forza... che lui aveva ragione! Anche senza il suo mestiere,
nessuna donna meritava il dolore di vivere accanto a lui... lui sapeva solo
fare del male.
E poi la folgorante comprensione... Come dirle che preferiva che soffrisse al
suo fianco? Come riconoscere che aveva bisogno di lei... Come osare
confessarglielo?
Un leggere rumore lo fece immediatamente uscire dalla sua riflessione. Chiunque
non ci avrebbe prestato attenzione... un cigolio del parquet così debole, quasi
impercettibile. Ma lui non era uno chiunque. Nel secondo che segui, tutti i
suoi sensi erano di nuovo all’erta. Non aveva mosso un solo muscolo, ma i suoi
occhi non erano più ricoperti dal velo distante dell’introspezione. City Hunter
aveva preso il sopravvento su Ryo Saeba.
Eppure, non si lasciò andare ad una reazione istintiva, coltivata ed inasprita
da una vita di pericoli.
Alcuni anni fa, avrebbe afferrato la sua python e
avrebbe immediatamente assunto una posizione d’attacco. Non lasciare insediare
il dubbio, agire.
Ma, oggi, sapeva valutare la differenza tra un rumore sospetto che si poteva
lasciar passare e un rumore che annunciava il pericolo. Tra i due, il confine
era lievissimo... ma separava la preda dal cacciatore.
Attento al minimo suono, si concentrò.
Di nuovo un debole cigolio, più vicino, ma comunque soffocato...
E lui riconobbe l’aura che si stava avvicinando a lui, inebriante come un
profumo, desiderata come l’acqua per un assetato, detestata come l’alcool per
un alcolista.
Chiuse gli occhi.
Forse per la prima volta nella sua via di uomo, Ryo Saeba, l’uomo che non
credeva in niente, né in nessuno, neppure in sé stesso pregò perché gli fosse
concesso abbastanza coraggio.
Kaori entrò nella camera di Ryo, come il
toro penetra nell’arena.
Avanzò fino a fermarsi ai piedi del letto in un atteggiamento difensivo che
tradiva l’attesa dei colpi. Tuttavia, nella sua postura diritta, quasi rigida,
si poteva leggere una determinazione disperata.
La prima cosa di cui si accorse Ryo fu che si era cambiata d’abito. Niente
abito da cenerentola, niente scollatura eccitante... semplicemente i pantaloni
troppo larghi di una tuta e una semplice maglietta... E, in questo modo,
sembrava cento volte più attraente... soprattutto ora...
Questa era lei... Ma non fu il suo abbigliamento che attirò lo sguardo
dell’uomo.
Alla pallida luce di questo grigiastro giorno di dicembre, poté vedere che lei
aveva pianto. Lei che, tuttavia, faceva così spesso attenzione a non svelare i
suoi sentimenti, lei che aveva sempre preferito incassare i colpi piuttosto che
esporre il suo dolore. I suoi occhi erano rossi ma ormai asciutti. Qualunque
fosse la sofferenza che l’albergava, aveva deciso di non mostrargliela. La
tristezza era sempre presente ma il suo sguardo era brillante di una rabbia mal
contenuta, sostenuta dalla delusione e dal rifiuto di lasciare che lui se la
cavasse a così buon mercato.
A metà sorpreso di vederla apparire così nella sua camera, Ryo si sollevò per
metà appoggiandosi sui gomiti.
Non si aspettava di ritrovarsi di nuovo così velocemente di fronte a lei...
D’altra parte, che altro avrebbe dovuto aspettarsi? Depositando il suo regalo
nella camera di Kaori, lui aveva, senza saperlo, provocato il destino...
L’ultimo atto stava per andare in scena.
I due esseri umani si osservavano in un silenzio pesante d’apprensione e di
tensione.
Eppure i loro sguardi non si incrociarono.
La donna lo fissava intensamente, sembravano valutare le loro forze e la loro
rispettiva rabbia, alla maniera di un combattente nell’arena. Lei rimaneva ad
una buona distanza da lui, come se il coraggio che la alimentava rischiasse di
svanire ad un contatto troppo vicino di Ryo.
Prese un profondo respiro e gli apostrofò bruscamente, lanciando in questo modo
il primo attacco del duello.
»Che cos’è questo?«
Unendo i gesti alle parole, gli gettò un oggetto davanti agli occhi. Con una
mano, lo recuperò e si accorse di tenere in mano il cofanetto nero. Fu
momentaneamente turbato. Lei gli aveva ritornato l’anello. Era già troppo
tardi?
Ma, la donna non gli lasciò il tempo di rispondere e proseguì furiosa:
»Di cosa si tratta esattamente? Un regalo d’addio?«
Lei stava per proseguire, ma lui approfittò di un minimo instante in cui la sua
interlocutrice riprendeva fiato, per replicare, ironicamente, istintivamente,
come un riflesso di difesa.
»Sai, Kaori, a Natale, è traduzione offrire dei piccoli regali...«
Come al suo solito, se ne usciva con una battuta. Lei socchiuse gli occhi di
fronte alla sua risposta. Respirò nuovamente per calmarsi e gli rispose
seccamente:
»Penso che abbiamo oltrepassato la fase dei giochi, Ryo! Non puoi ferirmi più
di quanto non hai già fatto... Più di quanto non fai... Più di quanto non me ne
faccio io semplicemente stando qui... Voglio una risposta. Voglio la verità...
e la voglio ora!«
Lui rimase muto. La verità? Lui stesso la ignorava. E se l’avesse saputa,
probabilmente l’avrebbe taciuta nonostante tutto. La verità può far male. E
questa sarebbe stata pericolosa per entrambi.
Di fronte al suo silenzio che lei prese per un nuovo affronto, la donna avanzò
la propria conclusione, con una voce roca e delusa.
»Quindi ho ragione, è un regalo d’addio... Perché tutti gli uomini ai quali
tengo finiscono per abbandonarmi dopo avermi offerto un regalo... Dunque io
sono così... « Un singhiozzo aveva punteggiato la fine della sua frase.
Per un secondo, il suo sguardo si fece lontano. Senza dubbio lei stava
ricordando Hideyuki, e Mick, poco dopo che le aveva regalato quel proiettile
porta fortuna...
Ma immediatamente i suoi occhi ripresero i riflessi dell’odio, quando gli buttò
in faccia:
»O addirittura, è un modo per ringraziarmi? Grazie di tutto, ecco il tuo
pagamento... Ora non ne parliamo più! Hai avuto la tua parte! E’ questo, tu mi
paghi???? Come una semplice domestica? Non mi consideri neppure la tua partner.
Non credi dunque di avermi già insultato abbastanza oggi? Devi proprio
continuare finché non sia io a supplicarti di smetterla? Questo ti farebbe
piacere forse?«
Già nel tono ostile che lei utilizzava, lui sentì una leggera incrinatura.
Quest’odio, lei lo alimentava solo per non crollare.
Durante l’intero attacco di Kaori, Ryo non aveva fatto segno di volerla
interrompere una sola volta. Le opponeva un silenzio glaciale.
Che avrebbe potuto risponderle?
Sapeva di averla profondamente addolorata, ma lui si era inconsciamente
aggrappato alla speranza che lei fosse più forte di lui. Ed ora, di fronte a
lei, si rese conto che a volerla salvare, l’aveva rinchiusa in un’oscurità così
profonda che solo la potenza del suo dolore le permetteva di resistere.
Tuttavia, fu sorpreso. Come poteva lei credere questo? Come poteva immaginare
che lui le avesse donato questo anello solo come un volgare pagamento? Lei che
era la sua forza, lo considerava come un uomo che non faceva che
mercanteggiare, incapace di ringraziarla per tutto, unicamente adatto a
stabilire soltanto una relazione di soldi? E dolorosamente, si chiese se lei
avesse così tanto torto...
Davanti un tale scenario, rimase afasico... Si rese conto che le sue menzogne
era diventate la realtà per Kaori, una realtà profondamente radicata.
Nonostante ciò, involontariamente, la propria collera cresceva. Come poteva
vederlo in quel modo? Lei che, a dispetto di tutti, aveva sempre avuto fiducia
in lui, anche quando lui stesso non ci credeva più?
»Eccoti bello silenzioso tutto d’un colpo... Eri ampiamente più loquace in
quella strada, poco fa, quando mi hai proposto di venire a letto con te per
appagare i tuoi bisogni e le mie voglie!«
Ovviamente, lei non poteva sapere quanto ogni cosa era cambiata da quando si
erano lasciati. Non poteva sapere che lui aveva trovato e sfiorato il suo
limite. Nella sua solitudine, aveva avuto il coraggio di ammettere il suo
smarrimento. Aveva riconosciuto il suo egoismo ed era ritornato da lei,
incerto, da qualche parte controvoglia, ma irresistibilmente attratto.
Come dirglielo? Dopo tutto quello che aveva osato proferirle, come raggiungerla
di nuovo? Come infrangere la corazza che si era costruita per non essere ferita
ancora? Come farle comprendere senza che lo prendesse per un ulteriore colpo di
grazia?
Come?
Ma i suoi interrogativi rimasero lettere morte. Non cercò di giustificarsi. Non
accennò alcun gesto di conforto o di conciliazione verso la donna. Rimase lì,
immobile, mezzo seduto sul suo letto, una mano ricopriva il cofanetto nero, lo
sguardo, a quanto sembrava, senza espressione, come indifferente a questa scena
di cui lui era tuttavia uno dei principali attori.
Troppo nervosa, Kaori non riconobbe il silenzio di una persona che non sa cosa
dire, né come dirlo, o che vuole parlare ma non sa farlo. Lei lo interpretò
come un ennesimo insulto contro di sè.
Tuttavia, facendo un enorme sforzo su sé stessa, non lasciò esplodere la sua
aggressività direttamente. Il suo sguardo cadde malauguratamente sulla
scatolina nera che teneva ancora in mano Ryo, e riportò la sua collera
sull’elemento che l’aveva convinta, quasi obbligata, a reagire quella sera, senza
aspettare.
»E questo anello come devo considerarlo? Mi risponderai alla fine? Forse mi
sbaglio? Non si tratta di un pagamento...«
Lui rimase impassibile, nonostante il cambio di argomento. La donna continuò:
»Quindi non sai che offrire un gioiello simile significa voler solidificare i
legami tra due persone? Ma per te, forse non è così?« Lei sogghignò. »Non dirmi
che l’hai fatto per farti perdonare? Credi forse sul serio che sarebbe stato
così semplice! Un anello ed hop! Tutto finito! Diciamo pure che tutto va per il
meglio!« Schioccò le dita per sottolineare le sue parole. »”Tiene a me, mi ha
regalato un anello. Aspettavo solo questo.” E dovrei forse piangere dalla
riconoscenza, dimmi?«
Il veleno arrivò dritto al cuore di Ryo. Ascoltando quelle parole, si sorprese
a comprendere che, da qualche parte, in effetti, aveva creduto che donarle
l’anello avrebbe risolto ogni cosa. Che non avrebbe dovuto spiegarsi, che non
avrebbe più dovuto scusarsi. Per questa sera e per tutte le altre ferite. Un
modo per rinviare ancora un po’ la decisione. Una nuova fuga. Ma, purtroppo
aveva oltrepassato il punto in cui Kaori gli avrebbe facilitato il compito e
avrebbe accettato.
Questa inaspettata comprensione improvvisamente gli fece male.
Ebbe irresistibilmente voglia di muoversi e di prendere a pugni qualsiasi cosa
per verificare di non essere diventato sul serio quest’uomo che evitava
inconsciamente il confronto, questo vigliacco che se la squagliava solo per
paura di prendere una decisione. Lui che andava sempre incontro ai suoi nemici,
lui di cui l’onore e l’orgoglio sembravano incontrollabili... Mai era
fuggito... Mai... salvo davanti a lei. Era lei che faceva emergere i suoi
peggiori difetti?
Disprezzandosi per questo pensiero così detestabile e la facilità con la quale
trasponeva su di lei il suo lato oscuro, riportò la sua distratta attenzione su
Kaori.
La donna c’è l’aveva con lui per il fatto di tacere, ancora e sempre. Di non
provare nemmeno a giustificarsi. C’è l’aveva con lui per il fatto di restare
lì, senza muoversi, come se fosse solo un brutto momento da attraversare al
quale non si sarebbe sottratto prima di ritrovare la serenità della sua vita.
Una nuova maniera di sconfiggerla, senza rischio, cosi come il torero sa che il
suo avversario non lascerà l’arena vivo.
»Insomma ti vuoi spiegare? O resterai così finche io non me ne vado, rinchiuso
in questo mutismo... Anche se mi chiedo perché me ne stupisca dopotutto! Con
te, è sempre così... Non appena si tratta di svelarsi, non appena si tratta di
verità, tu ti rifuggi dietro le tue pagliacciate o i tuoi silenzi!
Sfortunatamente per te, non si risolve sempre tutto con un colpo di python ben
piazzato...«
Kaori sapeva di mentire. Lui utilizzava sempre meno la sua arma, dando prova di
più psicologia oggi che di cinque anni fa. Il Ryo Saeba che viveva per la legge
del taglione era stato progressivamente sostituito da un uomo sempre duro e
mortale ma ugualmente più sensibile alle relazioni tra esseri umani.
Ma davanti al suo silenzio ferente, tutto quello che lei voleva era farlo
reagire. Diceva delle cose che le pesavano da molto tempo, delle cose che due
giorni fa non avrebbe mai osato dire. Ma lui aveva distrutto il loro
paternariato! Cosa rischiava lei a spiattellargli in faccia il fatto suo?
E se mentiva, pazienza! Provava dolore, e voleva che anche lui provasse dolore,
voleva infrangere quel muro di indifferenza e di disprezzo... A rischio di
perdersi.
Con il suo semplice silenzio, interpretato dal suo avversario come del
disprezzo, Ryo feriva ancora più atrocemente Kaori. Lei soffriva, agonizzava...
ma non avrebbe esalato il suo ultimo respiro senza avergli, a sua volta
inflitto le peggiori ferite... magra consolazione...
Ryo uscì finalmente da quella che poteva apparire come un’inerzia. Non era
ancora così un fine conoscitore delle reazioni di Kaori come pensava, il suo
atteggiamento ne era la prova.
»Fatto, hai finito? Ti sei finalmente calmata adesso?«
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Kaori incrociò il suo sguardo e, se lei avesse potuto, lui sarebbe morto sul
posto.
Si allontanò rapidamente da lui e fece un gesto che sbalordì Ryo. Proiettò il
pugno dritto contro il muro con una violenza incredibile... Il muro non si
crepò ma del sangue le colò dalle nocche, scivolando lungo le dita e cadendo
dolcemente in grosse gocce rosse sul pavimento della camera.
Lei rimase un istante così. Ma Ryo, lui, si alzò immediatamente e si avvicinò a
lei.
»Ma sei pazza o cosa? Perché l’hai fatto? Non è da te. Maledizione bisogna
metterlo sotto l’acqua fredda immediatamente...«
Unendo i gesti alle parole, lui tese la mano per prendere la sua.
Fu come uno scatto.
La donna sembrò riscuotersi dal torpore del dolore ed indietreggiò
precipitosamente, portando la mano ferita contro il petto e ricoprendola con
l’altro palmo.
»Non mi toccare! Te lo proibisco...« Dopo un breve silenzio, lei riprese con un
piccolo sorrisino disilluso »Che cambiamento di situazione! Tu mi vuoi toccare
ed io mi rifiuto! Niente male, per una ragazza che pensa solo a venire a letto
con te, no?«
Infastidito, fece schioccare la lingua.
»Non essere stupida, non confondere ogni cosa. Bisogna medicare la mano...
Sarebbe assurdo che s’infetti semplicemente perche tu non hai voluto
curarla...«
»Oh no, il dolore è molto piacevole sai... Anestetizza tutto il resto...«
Lui sapeva di cosa parlava... ne aveva avuto l’esperienza qualche ora prima di
lei... e sapeva anche quanto questo fosse ingannevole.
Quando lui le rispose la sua voce si fece più calma, più tenue. Kaori era come
lui. Il suo alter ego.
»Solo per poco...«
Lei detestava questo tono dottorale, pieno d’esperienza.
»Che ne sai tu? Tu rifiuti tutto, salvo l’adrenalina di un combattimento e i
ferormoni di un atto sessuale.«
Lui rifletté qualche istante sulla complessità della frase e le chiese
candidamente:
»E’ spontanea?«
Lei si calmò involontariamente e sorrise anche...
»No! In tre ore, ho avuto il tempo di decidere quello che volevo dirti, e
questa frase mi era sembrata totalmente adatta... Ma non illuderti... E’ sincera.«
Kaori serrò la mascella, ritrovando tutta la sua collera nei confronti
dell’uomo.
»Maledizione, te la stai squagliando ancora mantenendo questa stoica calma,
accentato tutto quello che ti dico senza aprir bocca... Senza alcuna reazione.
Non ti faccio niente, eh? Né in un senso, né nell’altro. In tutti questi anni,
tu non hai fatto altro che recitare... Lasciarmi credere per non farmi
soffrire... Tutto questo sarebbe stato molto meno difficile se tu fossi stato
chiaro fin dall’inizio...«
Lui la guardò stupefatto. Ma cosa stava cercando di dirgli?
»Se è stato a causa di quella maledetta promessa, tu non avresti dovuto
farla... Avrei capito che tu avessi potuto dirlo a Hideyuki perché stava
morendo... anche se poi non l’avresti mantenuta... Questo sarebbe stato più
onesto di rinnegarla... Tutti avrebbero capito. Dopotutto, io sono troppo
sfalsata in questo ambiente, troppo stupida per sopravviverci senza la tua
presenza a salvarmi da tutti gli impacci... Allora quando ti sei reso conto che
mi stavo attaccando a te oltre il ragionevole, avresti dovuto dirmelo...
Avresti dovuto dirmelo di smetterla!!!! Spettava a te farlo...«
Ryo non capiva.
»Che stai facendo?«
»Non si vede? Perdo sangue e cerco di spiegarti che il tuo comportamento
disgustoso non giustifica il fatto che io pianga per me, per te, per noi...
Come al solito, hai presto la decisione giusta... Nella migliore delle ipotesi,
io sono una seconda scelta... Nella peggiore, una palla al piede... La
differenza è minima ad ogni modo, no? Un “tu e io”, non è mai esistito... Io ci
ho creduto perché avevo bisogno di credere in qualcosa... Questo è tutto... Ma
tu mi hai aperto gli occhi in quella strada... Fa un male cane, sai... Ma,...
tu non hai bisogno di essere salvato e te ne freghi che io abbia bisogno di
te...«
La sua mano sanguinava ancora. Il davanti del suo pigiama cominciava ad esserne
ben impregnato.
L’uomo fissò quel sangue. Il sangue di lei. E ne era lui il responsabile...
Lei aveva preso la sua decisione...
Era la fine di City Hunter. Si era ripromesso che avrebbe accettato la sua
scelta.... e sembrava che lei avesse deciso.
La fine di una speranza. La sua ultima fiamma di vita.
»Allora, hai deciso... E’ finita... Bene.«
La sua voce era stranamente tagliente, anche alle proprie orecchie. Non doveva
assolutamente mostrarle quando questo gli facesse male.
»Ah no!!! Troppo facile!!! Io non ho scelto niente!!!«
Non si controllava più. Lui aveva appena oltrepassato un altro limite.
Quanto dunque ci sarebbe voluto prima che...? Che lei abbandonasse? Che lei
rinunciasse? Che l’esplosione fosse senza un possibile ritorno?
Anche lui si rendeva conto che fintanto che parlavano, restava un legame tra di
loro.
»Così tutto questo sarebbe per colpa mia??? Cosa speravi dopo quello che mi hai
detto poco fa??? Che avrei accettato l’umiliazione? Ancora una volta? Fino alla
prossima? Questa situazione sei tu che l’hai voluta, perciò non invertire i
ruoli... sei tu che vuoi che io me ne vada!«
L’uomo decise di mantenere la sua calma olimpionica, innervosirsi non avrebbe
fatto che degenerare le cose tra di loro.
»Io voglio che tu possa vivere...«
»Io voglio che tu possa vivere...« lo scimmiottò lei con cattiveria. »Piantala
di mentire a te stesso Ryo, quello che tu vuoi, è poter vivere come desideri,
semplicemente... senza nessun obbligo... Tu vuoi che nessuno si leghi a te dal
momento che questo rimetterebbe in discussione il tuo comportamento, il tuo
tipico menefreghismo, il tuo bisogno di sfidare la morte. Non vuoi legarti a
nessuno dal momento che la tua piccola vita tranquilla sarebbe completamente
messa a soqquadro...«
Nell’attimo in cui quelle parole fuoriuscirono dalla sua bocca, lei si rese
conto di quanto era stata cattiva. Si stava comportando come lui...
Era davvero lei? Come poteva dirgli delle cose simili... Come poteva lei
tacciarlo di essere un così grande egoista? Se lui aveva deciso di rompere la
loro collaborazione, non era perché questa era la migliore delle decisioni?
Restare accanto a lui, significava, presto o tardi, incontrare la morte.
Ed era perché lei lo sapeva che reagiva con tanta foga?
Nonostante tutto, la donna non voleva vedere il dolore che si emanava da Ryo.
»Piantala con questo giochetto Kaori. Tu sola, sai quello che ho provato quando
Hideyuki è morto, quando Kaibara è morto...«
La risposta di Kaori si fece flebile.
»Io credevo di saperlo... Io non ho fatto altro che cercare di capirti,
offrirti le mie lacrime, ma tu sei rimasto muto... tanto dolore e tu l’hai
tenuto per te... Ti sei sentito meglio dopo?«
»No...«
»Perché non vuoi condividere?«
»Ci sono delle sofferenze che non si condividono...«
»Tu non condividi niente... con nessuno...«
La donna volse la testa dall’altra parte e trattenne le lacrime.
Era entrata infuriata ed ora provava solo vergogna, vergogna di aver voluto
farli tanto male quanto lui ne aveva fatto a lei, vergogna di aver consumato la
sua rabbia. Adesso era disperata. Disperata di dover rinunciare a lui,
disperata che lui non la amasse, disperata che lui la respingesse.
Perché non dirglielo allora? Probabilmente una semplice questione di
orgoglio...
»Perché siamo arrivati a questo punto?« Una domanda di pura retorica.
La donna si interrogava nervosamente. Perché l’amore così forte che provava per
lui non era riuscito a tenerli legati?
Lui avvicinò la sua mano alla guancia della donna, ma lei si allontanò
bruscamente.
Lui sorrise teneramente.
»Perché tu non hai niente a che fare con me...«
Il barlume di esasperazione si ravvivò immediatamente negli occhi di Kaori. Lei
si ostinava a rifiutare tutte le comprensioni, tulle le giustificazioni da
parte sua. Se il dolore fisico non riusciva a mascherare il dolore del suo
cuore, la rabbia, lei, ci riusciva. Voleva così tanto crederlo.
»Ancora una frase fatta! Ma chi sei tu per decidere chi deve essere o no al tuo
fianco?... Non ho niente a che fare con te? Che ne sai tu?... E poi, tutto
sommato... non è forse vero?«
Lo provocava. Perché spingerlo così? Perché dargli degli argomenti?
»Lo riconosci finalmente?« per metà sarcastico, per metà serio.
Senza riflettere, la replica scaturì duramente.
»Ti farebbe piacere, eh? Sarebbe talmente più semplice per te?«
Lei lasciò la sua mano sanguinante e avvicinò il palmo alla bocca, senza
toccarla. Cosa aveva detto? Certo, c’è l’aveva a morte con lui. L’aveva
respinta nella maniera più denigrante possibile e, tuttavia, con mezzi termini,
nascosta dietro delle parole taglienti, lei lo stava supplicando di ritornare
sulla sua decisione.
La sua rabbia volgeva contro sé stessa! Non aveva dunque alcun amor proprio?
Quest’uomo menava per il naso il suo cuore dall’inizio. E lei era rimasta con
lui... Era patetica ad aggrapparsi così a lui...
Tuttavia, non avrebbe mollato. Quella vocina minuscola non aveva cessato di
urlare nel profondo del suo cuore. Una voce che affermava, contro tutto e
tutti, che le apparenze erano ingannevoli, che abbandonare Ryo non era soltanto
una sciocchezza, ma un atto di disperazione, una condanna per entrambi.
Lo conosceva troppo bene. Forse non il suo passato, ma lei comprendeva i
tormenti della sua anima.
Perché lei? Perché lui? Lo ignorava. E non si interrogava spesso sulla
possibile ragione.
Era rimasta affascinata da lui fin dal loro primo incontro. Una presenza,
un’aura, una solitudine che rimbombavano in lei. Poco a poco, sentiva che
avevano creato qualcosa che nessuno dei due si aspettava... loro malgrado
probabilmente... ma troppo reale per essere confessata... E la vita era andata
avanti, tra martelli e sorrisi in tralice, tra pericoli e affetti, tra grida di
rabbia e slanci di tenerezza incontrollabili. Non immaginava un avvenire senza
di lui... tutto quello che vedeva a questo punto, era un cielo grigio, basso,
un orizzonte tetro e il gusto amaro del tempo che passa senza una ragione.
Lei non voleva soltanto sostenerlo, voleva anche che lui la aiutasse. Perché
non aveva mai visto che lei aveva tanto bisogno di lui quando lui aveva bisogno
di lei? Che tutto era reciproco... anche la paura di amare, anche la paura di
soffrire, anche la paura di distruggersi.
Lo detestava per quello che le aveva detto, ma tutto il suo essere si ribellava
all’idea di lasciarlo.
Di fronte a lui, nel suo cuore, la rabbia ora contendeva il posto alla
compassione ed alla comprensione. Persino lei non avrebbe saputo dire quello
che sentiva veramente per lui in questo instante.
L’uomo la distrasse dei suoi pensieri, cercando di farla ragionare.
»Tu meriti...«
Lei non lo lascio terminare la sua frase compassionevole.
»Io merito cosa? Andiamo, dillo! Merito che tu mi proponga di fare sesso con te
in un vicolo squallido in pieno Dicembre. E’ questo quello che merito da te?«
Lui storse il naso. In effetti, era proprio questo quello che le aveva
proposto. Adesso capiva tutto l’impatto di una tale proposta sulla donna, lei
che sapeva solo donarsi completamente, senza restrizione alcuna.
»Hai ben saputo dire di no.«
Lo sguardo che lei gli lanciò gli confermò, se c’è ne fosse stato bisogno, che
questa osservazione era del tutto inappropriata.
»Hai davvero creduto che potessi accettare? Sei talmente presuntuoso? Sicuro
del tuo fascino? Sicuro che io valga così poco? Così... niente?«
Quest’ultima parola era stata semplicemente bisbigliata come un timore che non
osiamo formulare temendo di dargli corpo.
»Non mi aspettavo nessuna risposta.« mezza menzogna, mezza verità.
Ma che altro dirle?
Era vero che la domanda non era stata fatta per ricevere una risposta, ma per
scuotere Kaori, per mostrarle fino a dove lui poteva arrivare... che lui era il
suo peggior nemico... Al tempo stesso, l’instante maledetto in cui aveva
sperato che lei gli dicesse di si... Come dimenticarlo?
»Naturalmente!«
L’uomo ebbe un lampo improvviso di comprensione sentendo il tono risoluto che
lei utilizzò.
»Allora hai capito! Lo sapevi!«
La precipitazione con la quale lei rispose «no» fu il segno più flagrante della
sua ammissione.
Se lei sapeva, allora tutto avrebbe dovuto essere più semplice. Se lei sapeva
che l’aveva fatto prima di tutto per lei... allora perché tanto astio, se non
addirittura odio nei suoi scambi di battute con lui?
”Perché mi sono spinto troppo oltre... con lei ogni cosa è
sproporzionata...”
La donna lo distrasse dalle sue riflessioni con un tono amaro. Non voleva, più
di ogni altra cosa, che lui potesse scagionarsi così facilmente...
»Tu hai bisogno solo di questo... una donna in ogni porto per appagare i tuoi
bisogni... E’ facile essere un bastardo, eh? Questo scusa tutto quando, no?
Nessun senso di colpa... io sono un bastardo... Faccio del male... ma è nella
mia natura, sono un bastardo... gli altri soffrono ma che posso farci io? Sono un bastardo... Nessuna rimessa in discussione...«
»Sei ingiusta...«
Lo sapeva molto bene. Ryo non era un bastardo... o si, lo era... ma con una
coscienza... ed era grazie a quest’ultima che lei poteva raggiungerlo, che lei
poteva sperare, senza crederci tuttavia un solo instante, che ferirlo avrebbe
alleviato la propria sofferenza.
»Le donne facili, l’alcool per dimenticare, l’arroganza verso gli altri... Il
disprezzo verso coloro che danno prova di sentimenti verso di te... il disgusto
per coloro che osano credere nella vita... la solitudine e la morte. Spero che
sia una vita che ne valga la pena! Che ti apporti quella pace alla quale tu
aspiri così tanto!«
Lui rimase in silenzio, incapace di spiegarsi, incapace forse di rispondere a
degli attacchi che avevano un così cattivo gusto di verità...
Decise allora di prendere il toro per le corna. Il dolore che lei esternava,
questa volontà indiretta di farlo portare a qualcun altro, lui la conosceva
bene.
»So che stai soffrendo, Kaori... ma...«
»Che ne sai? Andiamo, stupiscimi! Apriti un po’! Che ne sai tu del mio dolore?
Il dolore di essere respinta? Il dolore legato all’incomprensione di non
poterti raggiungere. L’idea di vedere andare alla deriva la sola persona
che...«
In extremis, rendendosi conto di quello che stava per dirgli sotto l’effetto di
quella collera che non voleva lasciar scomparire, lei richiuse la bocca.
Guardandosi attorno, si allontanò da lui e si diresse verso l’armadio. Lo aprì
e prese una delle magliette pulite dell’uomo. La avvolse attorno alla sua mano
sanguinante, più come protezione che come altra cosa. Le nocche sanguinavano
molto ma il sangue cominciava a seccarsi.
Dandogli la schiena, borbottò per non rimanere sulla sua ultima frase.
»Questo andrà bene per il momento...«
Il silenzio invase la stanza.
Ryo non sapeva che dire. Aveva voglia di prenderla tra le braccia e dirle che
tutto sarebbe andato bene. Ma non sapeva come fare e, peggio, trovava per di
più questo gesto inopportuno. Così falso. Così menzognero. In fondo, sapeva che
tutto non sarebbe andato bene!
Lei tuttavia sembrava così fragile in quel instante, come se si fosse scoperta
davanti a lui.
Una parte di lui gli urlava ”La perderò, di nuovo... se non è già troppo
tardi... devo andare verso di lei... tendere la mano... Lei saprà cosa fare...”
e un'altra parte di lui, altrettanto forte gli ripeteva: ”E se lei non la
prendesse? E se tendendole questa mano, io le imponessi ancora una scelta? Non
la forzerò! Non voglio che se ne vada... ma deve andarsene e io non devo
ostacolarla... C’è l’ho quasi fatta.”
Era il “quasi” che gli faceva così male.
Kaori, quanto a lei, si chiedeva ancora da dove le venisse ancora tutta questa
rabbia... Non pensava che sarebbe potuta essere così potente, così piena di
forza... così contraddittoria... durare così a lungo ed allo stesso tempo
essere così dolorosa.
Le parole le restarono bloccate in gola, formando una bolla di disperazione,
delle parole che avrebbe talmente voluto pronunciare ma temeva di sentire la
reazione di Ryo. Per quanto avesse cercato di dimenticare, le parole
devastatrici del suo socio rimanevano in lei, tra di loro.
Il sentimento insolito, tuttavia, che le faceva sapere di essere ad una svolta
e le dava la certezza che l’avrebbe mancata poiché era lei stessa ostacolata
tra la sua vigliaccheria e il suo orgoglio, la spingeva a reagire.
Si rese allora conto che in questo momento aveva soprattutto paura... paura di
voltarsi e di vedere nei suoi occhi un lampo di rassegnazione... peggio di
fredda indifferenza... che la rabbia era presente solo per mascherare la sua
angoscia, per restare in piedi, per continuare a lottare... semplicemente per
crederci ancora.
Quel silenzio divenne rapidamente così pesante che nessuno dei due osava
confessare quello che aveva nel cuore.
Parole rinchiuse che non si sono sapute dire... Equivalenti a mille rimpianti,
alla paura di vivere... Al tempo che scorre, indifferente, impercettibile,
ineluttabile.
Erano irrimediabilmente soli con i loro interrogativi, i loro rimpianti e le
loro pene.
Dov’erano andate insomma tutto quelle persone che facevano irruzione nella loro
vita quando non era il momento giusto? Ancora più che in precedenza, Ryo aveva
bisogno di loro... veramente bisogno... Quelli che aprivano la porta di volata
per dire “coucou, sono io” nel momento in cui l’attesa, la suspense erano al
culmine. Gli indesiderati della loro vita. Ora, sarebbe stato il momento
perfetto per questi fuori luogo che gli avrebbero permesso di riflettere su
quello che avrebbe detto, o meglio, che avrebbero rinviato la conversazione a
più tardi... forse a mai...
Ryo non voleva ammettere che spettava a lui ristabilire il contatto, che Kaori
non ne aveva più la forza questa volta.
Lui aveva cambiato le carte in gioco in quella strada.
Poteva lasciare questa distanza tra lei e lui. Poteva distruggersi assieme a
lei... ne aveva l’abitudine... ma... la sua ragion d’esistere era lei. Questo,
non poteva più negarlo.
Spettava a lui ristabilire l’equilibrio... la fiducia.
Ma come?
Come andare al di là di ciò che siamo, anche per amore?
A qualche metro da lui,
la donna gli dava ancora le spalle.
»Kaori, tu sei la mia sola famiglia. La sola famiglia
alla quale io tengo...« Lo sforzo che Ryo aveva fatto
per pronunciare quelle poche parole, allo stesso modo così innocue, traspariva
dal tono roco e cavernoso della sua voce. Avrebbe potuto fermarsi lì. Ma, senza
riflettere, la sua lingua lo tradì, confessando una verità che teneva da troppo
tempo nascosta. »...La sola a cui appartengo.«
Un soffio al limite della confessione vergognosa... Un prezzo esorbitante da
pagare per quelle quattro parole.
Una rinuncia. Un tradimento. Una liberazione.
Kaori si voltò immediatamente, sicura di avere sentito bene, ma incerta quanto
al significato di una simile frase... e si immerse ancora una volta nell’oscuro
abisso degli occhi di Ryo... Impenetrabile, profondo, senza limite.
Che differenza c’era rispetto a prima? Che messaggio c’era da cercare di
decifrare? Perché era così duro fare un passo avanti?
Un tacito scambio che può dire tutto... o niente...
Come se il cuore utilizzasse gli occhi per osare quello che la voce bandiva.
Ma Ryo non poteva, indipendentemente dalla sua necessità.
Le sorrise in modo strano.
»Sai bene, Kaori, come sono.«
La donna rimase interdetta. Incapace di scegliere una maniera adeguata di
reagire. Combattuta tra il desiderio di comprenderlo e, di conseguenza
perdonarlo, e quello di andare oltre.
La ragione sarebbe stata di accettare... e dunque di cedere. Ma dopo tanti
dolori, dubbi, angosce e incomprensioni, lei non desiderava più fare dei
compromessi. La razionalità perdeva la sua importanza.
Istintivamente, rifiutava la facilità. Appassionata, innamorata, ma ugualmente
in malafede, violenta e irascibile, lei si ribellava alla possibilità di
calmare le cose tra di loro. Anche se sapeva perfettamente quanto era costato a
Ryo pronunciare quella semplice frase. Anche se, in questo istante, condivideva
la stessa difficoltà ad esprimersi. Arrendersi ora, avrebbe significato
rimandare a più tardi un’esplosione che avrebbe fatto ancora più male ad
entrambi... Comunque non riusciva ad immaginare un solo istante come provare
più grande tormento di quello subito in quella strada.
»Si, so come sei, Ryo... ma dimmelo, ancora, una volta, provaci.«
»Io sono colui che ti porterà, un giorno o l’altro, l’infelicità...«
Kaori alzò gli occhi al cielo, poi gli riposò su si lui, esasperata.
»Ahhhh... Sempre lo stesso ritornello!«
»La stessa verità. Fingere di non vederla non la farà sparire!«
L’uomo tacque un momento. Non capiva cosa lo spingesse a cercare di convincerla
ancora a rinunciare a loro.
Da solo in quel porto, aveva ammesso il suo bisogno viscerale di lei, d’essere
accanto a lei, di averla. Era tornato per confessarlo davanti a lei, per farla
finita con questo stupido gioco che non portava da nessuna parte. E adesso,
tuttavia, continuava a presentare degli argomenti per farla andare via... E
tutto questo era più forte di lui.
Con il legame tra di loro che si rafforzava di secondo in secondo, l’idea di
farla allontanare da lui, così dolorosa precedentemente, così stupida neanche
un’ora fa, ridiventava più forte, più sensata.
Lui riprese, serio...
»Ci tieni così tanto a morire Kaori?«
Vedendola chiudere gli occhi e serrare la mascella, lui seppe che ancora una
volta stava facendo marcia indietro.
»No, io non voglio morire. Se ho imparato una cosa con te, questa è il prezzo
della vita...«
»Eppure, un giorno o l’altro, io non riuscirò a salvarti. Un tizio più giovane,
più rapido o più semplicemente uno con più fortuna... o peggio uno più folle...
E io sarò impotente... La tua vita si spegnerà tra le mie mani... Tu morirai.«
»O sarai tu, a morire.« Nessun isterismo nel tono di voce che adoperò la donna.
Lo stesso modo distaccato di nascondere il suo turbamento, la stessa sensata
riflessione.
»Si, io forse... Ma io...« Lui sorrise in tralice. »Io... questo è il prezzo da
pagare per la mia vita...«
La donna inarcò un sopraciglio, ma non replicò niente alla sua risposta.
»Insomma, tu preferisci farmi andare via... Respingermi, distruggermi,
dimenticarmi... E più comodo, no? Preferisci morire per me oggi, scomparendo
dalla mia vita! Che logica è, spiegamelo.«
»La logica di un assassino... Non dimenticare, ciò che sono, sempre...«
»La logica di un imbecille e di un vigliacco...«
»E allora? Tu confondi ogni cosa... Io non ti ho mai detto di essere
coraggioso. Preferisco saperti in vita... anche se sono un vigliacco, anche
lontano da me. Forse questo mi farà andare avanti...«
»Andare avanti per cosa?« La donna si avvicinò a lui e lo stupì con la sua
domanda. »Non è ancora chiaro?«
»Cosa?«
»Sono morta lontano da te.«
»Non dire questo...«
»Il mio cuore non batterà più...«
»Certo che sì. Io ti parlo di respirare, vedere una nuova alba, sentire un
nuovo profumo, ridere nuovamente ad una stupida barzelletta, cantare una nuova
canzone...«
»Io ti parlo di tempo senza ragione, giorni che si susseguono uno dopo l’altro
nel grigiore dell’indomani senza speranza, senza risate. Io ti parlo del dubbio
incessante del “Se avessi osato parlare”. Io ti parlo di pensieri
ossessionanti: “Dove sei?” “Sei ancora vivo?” “Cosa stai guardando in questo
momento”, “Hai così freddo quanto me?”«
L’uomo tacque. Non aveva niente da rispondere a questo. Lui parlava della vita
biologica. Lei parlava della vita dell’anima. Lui combatteva quando invece
voleva lasciarsi vincere. Lei era più forte di lui. Ora lo sapeva
perfettamente. Aveva solo tre parole da dire, un gesto da fare e lei lo avrebbe
perdonato. O per lo meno avrebbe fatto come se... gli avesse creduto...
La donna davanti a lui aveva gli occhi brillanti di una fiamma che non poteva
estinguersi. Di una fiamma che lo riscaldava e lo bruciava nello stesso atto.
Ma non sapeva cosa dire. Di fronte a lei, la sua indecisione riappariva.
»Quanto tempo, Ryo?«
»Quanto tempo cosa?«
»Quanto tempo prima che io muoia a causa di uno dei tuoi nemici?«
Una domanda diretta, senza false apparenze.
»Non lo so. 10 anni, 1 anno, 1 mese... domani forse... «Le ultime parole erano
fatte per riscuoterla, forse spaventarla... semplicemente sfidarla, vedere
quello che avrebbe risposto. Per essere cattivo anche. Volontariamente brusco e
provocatore.
Kaori diventò rossa e voltò la testa.
»Allora... allora mi resta ancora un giorno... E’ sufficiente...«
»Sufficiente per cosa?«
»Per avere un po’ meno rimpianti quanto me ne andrò...«
»Lontano da me, non ne avrai nessuno...«
»Lontano da te, ne avrò migliaia...«
Lui sapeva perfettamente di dover dire qualcosa... che l’istante preciso in cui
tutto poteva risolversi era arrivato... Che la svolta era precisamente lì... né
prima, né dopo. Quello che avrebbe detto gli avrebbe segnati entrambi per
sempre.
Le loro mezze-ammissioni gli erano costate fatica, ma non valevano niente se le
due persone non fossero state in grado di esprimere realmente quello che
avevano nel profondo dei loro cuori...
Kaori aspettava... aspettava che lui si decidesse finalmente... E lui non ci
riusciva.... La sua indecisione stava scegliendo per lui... Il suo silenzio
sarebbe stato come un diniego. E lui non poteva permetterlo.
Serrò i pugni. Effettivamente, lei sapeva. Lei sapeva il dolore di far soffrire
una persona che ci ama, il bisogno di proteggersi, le necessità evidenti e
viscerali che lo spingevano ad allontanarla. E malgrado tutto, lei perdonava.
Senza che lui avesse dovuto scusarsi veramente.
C’è l’aveva di nuovo con se stesso di infliggerle tutto questo, di essere
incapace di riconoscere che aveva mentito e di aprire il suo cuore alla sola
persona che lo meritava. Se Kaori perdonava, non abbandonava.
Il suo dolore si stava sfumando di fronte a quello dell’uomo. Lui aveva
mentito, ora non poteva più nasconderselo. Anche le ragioni delle sue menzogne
erano diventate evidenti. Ma, lei non voleva più rivivere delle conversazioni
simili, e allora doveva raggiungerlo, doveva penetrare sotto quell’armatura con
la forza, fare a pezzi quell’ indifferenza, quello sguardo freddo.
»Tu non sei Dio, Ryo...«
»Lo so bene Kaori... Ma non è giusto...«
»Cosa?«
Lui non voleva dirlo.
Abbassò la testa per sfuggire alla muta preghiera che lei gli rivolgeva.
Strinse talmente forte i pugni che le unghie cominciarono a lasciare il segno
sul palmo della mano. Se l’avesse detto, lei sarebbe rimasta. Non avrebbe mai
più potuto mandarla via, l’avrebbe incatenata a lui. La condannava per sempre.
Come aveva potuto lasciarsi rinchiudere in questa conversazione? C’era ancora
una via d’uscita che gli evitasse di doverlo dire?
La voce di Kaori si alzò nell’aria, debole come una supplica.
»Dillo.«
Lui la guardò negli occhi. Avrebbe voluto perdersi nel suo sguardo... ma non ci
riusciva. Accanto all’amore che la donna gli comunicava, vedeva anche il dolore
e la morte.
Contrasse la mascella involontariamente.
Ma Kaori voleva sentirlo. Per cancellare le ferite, quelle parole erano
necessarie.
Più debolmente, di nuovo, lei riprese.
»Dillo...«
»Ti amo.«
Provò una sensazione di nausea. Dirle questo ora era ancora più ignobile di
tutto quello che aveva potuto fare prima. Peggio di proporle di andare a letto
con lui. Peggio di mandarla via.
La donna indietreggiò di un passo, come se fosse stata colpita violentemente.
Il suo sguardo si fece ancora più triste.
»Bugiardo.«
»Ma cosa vuoi Kaori? Ti ho detto quello che volevi sentire, veramente questa
volta! Che posso fare di più?«
»Io voglio che tu lo pensi. Ho bisogno che tu abbia bisogno di me. Voglio
sentire il tuo respiro accanto a me. Sogno che tu sogni di me. Voglio che tu
ritorni da me... Che malgrado le sirene, che malgrado la follia che ci
circonda, io possa avere fiducia in te... voglio essere sicura che tu
ritornerai da me...«
»Non credi di chiedere un po’ troppo? «
Lei chiuse gli occhi e respirò profondamente. Senza riaprire gli occhi,
rispose:
»No, chiedo solo il minimo se voglio che tu sopravviva.«
Lui rimase interdetto. Lei voleva per lui, quello che lui voleva per lei.
Semplicemente, non avevano lo stesso modo di risolvere il loro dilemma. Lui
aveva scelto di sacrificare il suo amore. Lei aveva scelto di servirsene per
diventare più forte.
Ma se il modo dell’uomo poteva, doveva anche, realizzarsi da solo, quello di
Kaori necessitava di essere in due.
»Sopravvivere... Che strana parola nella tua bocca... Non è sopravvivere quello
che voglio per te...«
Ancora una frase a doppio senso... Di quale sopravvivenza parlava? Della sua
(di Ryo) per lei? O di quella di Kaori, lontano da lui?
»Allora cosa vuoi per me?«
La domanda lo destabilizzò più di quanto avrebbe creduto... Aveva sperato di
aver trovato una risposta a questa domanda in quel porto. Ma, ora che era Kaori
a porla, questa prendeva tutto un altro senso. Un senso che l’uomo non
desiderava davvero approfondire... Decise di cavarsela con una battuta.
»Non hai detto che non devo decidere per te?«
Chiaramente, Kaori non apprezzò questa schivata.
»Di che cosa hai paura?«
»Io, il grande City Hunter? Di niente, vediamo... forse di non poter soddisfare
tutto quelle donne...«
In altre circostanze, la libellula sarebbe senza dubbio arrivata a girare
attorno ad una Kaori ammutolita dal fatto che lui potesse tirare fuori questa
stupidaggine in un momento così serio.
Gli occhi vitrei, la donna era concentrata sulla ricerca di quella verità. Non
la vedeva più. La sua aria spavalda le nascondeva qualcosa, lo sapeva.
»Non hai paura di morire... questo è sicuro... Stupido, ma sicuro... Di non
esistere? Possibile!... Non hai paura della solitudine... o per lo meno tu sei
capace di continuare restando solo... Non hai paura di perdermi, né di farmi
soffrire, dato che l’hai già fatto...«
Se non fosse stata assorta dalla convalidazione delle sue ipotesi, Kaori
avrebbe potuto vedere un’ombra fugace attraversare il viso di Ryo mentre
pronunciava quelle ultime parole.
Riprendendosi da queste possibilità, la donna si concentrò sulla persona che le
stava di fronte e lo guardò dritto negli occhi.
»Di che cosa hai paura, Ryo Saeba? «
Il silenzio fu la sola risposta.
Ebbe improvvisamente paura di questa mancanza di risposta che suonava come una
sentenza, e non osò crescere oltre il suo vantaggio, ma non lo lasciò con gli
occhi.
Lui sostenne il suo sguardo, sempre silenzioso.
Ciononostante, vinta dal mutismo del suo socio, ebbe un balzo di orgoglio ed
una vaga comprensione che lui doveva parlare... altrimenti tutto questo sarebbe
servito soltanto a farsi del male, senza comunque avanzare.
»Hai paura di avere bisogno di qualcuno... o che qualcuno abbia bisogno di te?«
La donna sorrise di fronte l’incongruenza del pensiero seguente.
»Hai paura di volere qualcuno al punto di comprometterne la sua... no... la tua
sicurezza?«
Credeva di riuscire a farlo reagire. Ma niente. Lui continuava a guardarla...
come se fosse sordo... o come se acconsentisse silenziosamente...
E Kaori ebbe paura... improvvisamente sconvolta e in collera.
»Di che cosa hai paura?« ripeté. »Di provare delle emozioni?... D’essere
semplicemente umano?... Ma cosa ti resta se non accetti semplicemente di
vivere?... di lasciarti qualche volta sommergere da dei sentimenti più forti di
te?... Tutto questo ci succede... Così... senza preavviso... Impariamo
solamente a conviverci...«
Lui si decise finalmente a dire qualcosa.
»Come vuoi che qualcuno che non ha mai conosciuto l’amore di una madre, di una
famiglia possa solamente conoscere questo sentimento?«
Lei volse la testa, sentendo sempre il suo sguardo su di lei.
»Vigliacco! Non ha niente a che vedere... Questo non basta! E’ come se tu
dicessi che non sai respirare... Questo sentimento che spazza via ogni cosa,
anche la ragione, con quel subbuglio allo stomaco che non si può più
controllare... Che si desidererebbe veder sparire e che ci logora senza sapere
se è reciproco, senza che si osi parlarne... Tormentatore e allo stesso tempo
così liberatore... Nessuno può conoscerlo prima di averlo vissuto... No, tutte
queste sono solamente delle stupidaggini che ti facilitano la vita...«
»...«
»Hai voluto bene a Kaibara... Hai voluto bene a Kenny... Hai voluto bene a mio
fratello...«
»Guarda i risultati...«
Non aveva potuto nascondere una punta di amarezza nelle sue parole. E non
sfuggì a Kaori che riportò il suo sguardo sull’uomo.
Tese la mano sana ma fermò il suo gesto quando si accorse che lui non si
muoveva. Capì allora che questa era una nuova prova per lui... parlare di
queste persone che gli avevano insegnato tanto, parlare del suo passato.
»Tu non sei colpevole.«
Era la sola cosa di cui lei era persuasa, senza aver bisogno né di spiegazioni,
né di giustificazioni.
Rifiutava di lasciarlo solo con il senso di colpa del sopravvissuto.
Lo sguardo perso nel vuoto, l’uomo borbottò a questa affermazione.
»Certo che non sono colpevole,« ironizzò. »Il loro lavoro, come il mio,
significava morte. “Vittime del proprio destino”. E’ così che si dice, no?«
»Quello che hanno fatto, tutti, è stato con cognizione di causa.«
Ryo posò uno sguardo duro su Kaori. Anche se era riuscito ad ammettere molte
cose, ce n’erano ancora di troppo difficili.
Il suo tono si fece brusco quando replicò:
»Non ho bisogno di pietà.«
Il barlume di rabbia si ravvivò improvvisamente negli occhi della donna. Ma era
una rabbia talmente diversa dalla precedente.
Non c’è l’aveva con lui per il male che le aveva fatto, ma per il male che si
stava facendo da solo.
»Io non ti accordo nessuna pietà Ryo. Della compassione tutt’al più se tu
l’accetti. Semplicemente una condivisione.«
Sentendo quelle parole, il viso dell’uomo si addolcì. Lei gli offriva l’umanità
alla quale lui aspirava, senza disprezzo, senza condiscendenza. Lei lo
accettava per quello che era.
Lui sorrise tristemente.
»I fantasmi sono difficili da convincere, sai.«
La donna si rese conto che sarebbero rimaste sempre delle zone d’ombra nella
sua vita, nel suo passato. Forse sarebbero riuscito a portarle progressivamente
alla luce. Forse no. Però, in un certo senso, non era questa la cosa più
importante.
Lei chiuse gli occhi per un breve istante.
»Hai liberato Kaibara, hai salvato Sonia, mi hai protetto.«
Lui rispose sarcasticamente:
»Sono il bel cavaliere sul cavallo bianco!«
»No, non sei sicuramente questo. Non contarci proprio!«
»Guarda che dovresti confortarmi a questo punto...«
»Insomma smettila di cercare di svignartela Ryo... La conversazione sta
diventando troppo seria per te?«
»Lo è dall’inizio, Kaori...«
Kaori tacque.
Avevano parlato certo, ma niente era progredito. Alcune cose tuttavia erano
state dette.... ricostruendo poco a poco la loro fiducia reciproca... Ma questo
non bastava... Bastava per perdonare, ma non bastava per continuare a formare
City Hunter... e cosa peggiore, non bastava per sperare ancora.
»Io sono come sono... Te l’ho già detto...«
»Allora le cose non cambieranno...«
Lui sorrise...
»Sono già cambiate... Dal momento in cui sei piombata nella mia vita...«
Si allontanò da lei e si
avvicinò alla finestra. Oramai era completamente spuntato il giorno.
Indubbiamente, una giornata d’inverno restava sempre buia e fredda. Ma il vento
aveva cominciato a scacciare le nuvole da neve, lasciando dei varchi sempre più
grandi di cielo azzurro.
L’uomo si mise a guardare la città, sentendo la presenza di Kaori dietro la sua
schiena, ma incapace di fronteggiarla... non questa volta.
Lottava ancora interiormente... «Io sono come sono». Esatto ma ciò non
toglieva che qualche volta si detestava... quello che era... quello che
faceva... i suoi sentimenti... i suoi desideri... le sue menzogne... il suo
amore. E, abbagliante come un lampo in piena tempesta, la verità era riuscita
finalmente ad imporsi in lui, a uscire dalle sue viscere dove lui la teneva da
così tanto tempo prigioniera.
La decisione che aveva finito per lasciare a Kaori era
solo un’illusione.... Un’illusione poiché quella non era la giusta questione.
Per quanto la riguardava, Kaori aveva giù fatto la sua scelta... Che importava
se questa si era imposta fin dal loro primo incontro o se si era costruita nel
corso di quegli anni di vita comune. Lei aveva deciso e, niente l’avrebbe fatta
demordere. Era il suo modo di essere. Lo amava. Qualunque cosa lui avesse
deciso lei gli sarebbe rimasta fedele. Un angolo del suo cuore gli sarebbe
appartenuto per sempre... Avrebbe potuto chiamarla in qualunque momento, lei
avrebbe risposto presente... Inoppugnabilmente... Fino a quando il fiato le
avrebbe percorso il corpo...
Era riuscito a convincersi che doveva lasciarle la possibilità di scegliere...
ma era già successo. Non era questo che li bloccava. Kaori aveva fatto la sua
scelta... Però tutto questo era assoggettato ad un’altra cosa...
La questione non era sapere se lei sarebbe stata più felice con o senza di lui.
La questione era sapere se, lui, avrebbe accettato di affrontarne i rischi! Il
rischio di amarla, il rischio di perderla, il rischio di aumentare il suo senso
di colpa... Non si trattava, infatti, di acconsentire solamente ad amarla, si
trattava anche di accettare tutto quello che questo avrebbe comportato...
Sapere se sceglieva di vivere e, forse, di essere infelice come mai prima
d’ora. Il rischio di toccare la fiamma e rimanerne scottato...
L’uomo capace di sfidare tutto e tutti era rimasto atterrito all’idea di
affrontare questa semplice interrogazione, questa scelta che altri facevano sul
momento. Allora aveva tergiversato riportandola su Kaori, costruendo l’idea che
doveva fare una scelta per lei. Indubbiamente più facile che scrutare dentro al
proprio cuore.
L’origine di tutto questo, l’anello, significava “Accetto”, ma lui non si era
posto la vera domanda ed era questo che Kaori gli urlava silenziosamente
dall’inizio. Lei non poteva più andare oltre. Adesso lui doveva andare avanti
da solo.
Se la sua scelta definitiva fosse stata no, colorata di tanti rimorsi e
rimpianti quanto il si, lei ne sarebbe stata distrutta ma avrebbe accettato...
per lui. Così come aveva accettato questa semi-vita, semplicemente per stare
con lui!
Senza dubbio lo avrebbe lasciato un giorno. Sarebbe rimasta comunque sul filo
del rasoio... in equilibrio precario. Non avrebbe abbandonato probabilmente
quel mondo, malgrado tutto quello che lui poteva sperare... Questo lavoro era
diventato una parte di lei. Oggi, questo insolito mestiere le corrispondeva
completamente. Salvava delle vite. Con la sua presenza, con il suo coraggio.
No, lui parlava della loro coppia... questa strana associazione che sorprendeva
tutti.
Se avesse continuato a mentirsi, avrebbero girato in tondo ancora degli anni.
Lei avrebbe finito con il trovare il coraggio di andarsene per non distruggersi
restando accanto ad un uomo che era incapace di riconoscere i suoi sentimenti?...
Sarebbe rimasta al suo fianco per sempre, senza accontentarsi di quello che lui
le accordava, ma con la paura di perdere questi instanti di pienezza? Forse.
Ma lui avrebbe vissuto per metà... L’avrebbe fatta vivere per metà...
Sarebbe stato capace un giorno di dire “noi”?
Il dubbio sarebbe stato sempre presente... Il dubbio di aver fatto la scelta
sbagliata. Ma comprese di essere caduto in trappola e che avrebbe dovuto
conviverci... Che non sarebbe mai stato riscattato dal suo passato, non sarebbe
mai stato perdonato per i suoi gesti e che, qualunque cosa avrebbe fatto,
questa realtà sarebbe rimasta legata a lui...
Ma perché doveva intristirsi, sempre? Denigrare ogni forma di speranza?
Non avrebbe mai potuto essere sicuro che la speranza che lei gli offriva
spontaneamente non scomparisse improvvisamente, che sarebbe stato abbastanza
forte per conservare la scintilla e abbastanza coraggioso per alimentarla.
Nessuno poteva promettergli che amare sarebbe stato facile.
Aveva tanti desideri che gli sbattevano da una tempia all’altra. E il più forte
di tutti era prenderla tra quelle braccia e dimenticare il resto per un minuto
d’eternità...
Aveva scoperto la sua debolezza e la sua forza. Non poteva lasciarla partire.
Se fosse stato più emotivo, avrebbe provato rabbia... rabbia contro quello che
era... ed avrebbe allo stesso tempo riso di liberazione, d’accettazione...
Fissò lo sguardo sull’orizzonte, concentrandosi sugli odori che inondavano la
sua camera... I propri abiti, l’odore di tabacco e, ancora più profondo, che
impregnava ogni cosa, l’odore di Kaori. La sua presenza.
»Non andartene...«
La donna rimase in silenzio qualche minuto. Quelle parole, le aveva attese
troppo a lungo. Troppo a lungo per accettarle tali e quali. Respirò
profondamente per concentrare tutta la sua volontà sulla necessità, l’obbligo,
di forzarlo ancora.
»Perché? Perché tu ricominci alla tua prossima crisi d’incertezza? Per essere
sempre solo la tua “domestica”? Per mortificarci in questo modo, ancora e
sempre? Fino a quando Ryo?«
Lui non rispose alle sue domande. Non erano il cuore del problema. Ad ogni
modo, non aveva alcuna risposta da darle. Però lui sapeva una cosa, unica.
»Senza di te, City Hunter scomparirà...«
Guardando la schiena dell’uomo che amava, lei si sorprese a sorridere. Era
tutto... Così poco... e così tanto... Lui non avrebbe mai potuto dirle altra
cosa... o si, un giorno forse? Ma la palla era tornata in campo... Una palla di
piombo. Rilanciarla dall’altra parte necessitava di una forza fenomenale e la risposta
era un’attesa distruttrice. Dopo aver impazientemente e febbrilmente atteso che
lui finalmente ammettesse, ora spettava a lei decidere se accettare di dargli
fiducia, di nuovo, ancora con più forza di prima.
Un’immagine s’impose in lei all’improvviso: Ryo che dorme sulle sue
ginocchia... fiducioso, tranquillo, sereno... Lei e lui. City Hunter.
Un riconoscimento di quello che era... un’esistenza.
Non sentendo nessuna risposta da parte della sua socia, e tuttavia sempre
incapace di voltarsi, si spinse ancora più oltre... in uno spazio che non
sapeva neppure esistere.
»Ti faccio una promessa Kaori. Tra te e me, d’ora in avanti, ci sarà soltanto
la verità... anche se farà male... Non ti dirò proprio tutto... Certi fatti
dovranno ancora essere taciuti. Ma niente più menzogne... di nessun tipo...«
La donna comprese che lui aveva finalmente detto quello che lei stava
aspettando di sentire. Avere nuovamente fiducia in lui. Sapere che lui avrebbe
fatto di tutto per ritornare da lei.
Il silenzio che si era installato tra di loro fu immediatamente alleggerito,
purificato, come se una grossa nuvola che gli aveva sempre avvolti si fosse
finalmente dispersa.
Il sorriso di Kaori era sempre incerto, ma sembrava illuminare la stanza di una
nuova intensità.
»Lo spero bene... Altrimenti il mio martello sarà ancora più imponente!«
All’osservazione di Kaori che era il suo modo di dirgli “ho capito”, Ryo non
poté impedirsi di sorridere.
»Avevo sperato che dopo una dichiarazione simile, tu ti decidessi ad accantonare
definitivamente i tuoi martellloni...«
»Nei tuoi sogni, vecchio mio... Sono dei strumenti perfettamente adatti al tuo
caso! So bene che, non appena vedrai una sottana la tua volontà scomparirà.«
»Che vuoi farci, la carne è debole...«
Ovviamente avrebbe continuato ancora con i suoi tentativi di rimorchiare
falliti in partenza. Lo aveva sempre fatto... Ma per le discussioni serie, per
quello che tenevano veramente a cuore, non avrebbe mentito più.
»La carne è debole ed il legno è duro!«
Nessuno si muoveva, felice di aver trovato qualcosa di nuovo, di aver
finalmente risolto una questione che gli logorava da troppo tempo. Ora la
pressione si era dissipata, la vita riprendeva il suo corso... il dolore fisico
anche.
Liberata di una pesante tensione di cui tuttavia non aveva avuto realmente
coscienza, Kaori mosse le dita della sua mano destra.
»Ahi!!!! Che male...«
Ryo si girò ma non si avvicinò a lei. Osservò la mano della sua socia e
aggrottò le sopraciglia.
»Ti avevo detto di andare ad occupartene subito... Vedi quando non mi
ascolti...«
»A volte, è meglio non ascoltarti, non credi?«
»Hai bisogno di aiuto per medicarti?«
Lei esitò un istante... averlo vicino a lei, ora, sarebbe stato portatore di
altre cose, lo sapeva, ma...
»No, credo di potercela fare da sola. Grazie comunque per questa proposta
cavalleresca.«
Si diresse verso la porta. Aveva la mano sulla maniglia, quando la voce di Ryo
la trattenne.
»Accetto.«
Lei si voltò per fronteggiarlo. La fissava con un nuovo bagliore negli occhi...
più appassionato, più sincero...
»Scusa?«
»Accetto...«
»Accetti cosa?«
»Accetto tutto... qualunque cosa costi....«
Tutto... ”La paura di perderti, il rischio di essere responsabile della tua
morte... già... ma non solo... allo stesso modo la delusione di non essere
all’altezza, il tuo sguardo triste quando non mi capirai, quando vedrai che mi
allontano da te. Tutte quelle parole che cercherò di dire e che non riuscirò ad
esprimere, quelle emozioni che non amerò provare... Accetto di avanzare.
Accetto di fare degli errori... Accetto i rimorsi e il senso di colpa... e la
luce, e il calore...”
»Lo sopporterai?«
Un’ombra gelata passò davanti ai suoi occhi.
»No, ovviamente... e tu?«
Lei sorrise mestamente.
»Nemmeno...«
Lui ricambiò il suo sorriso.
»Non sarà facile, allora?«
»Niente è mai facile Ryo... Ma non lascerò mai che tu ti perda...«
Rimasero un momento in silenzio, fissandosi, come sorpresi di vedersi ancora,
di comprendersi ancora meglio di prima... in un altro modo.
Poi la donna gli fece un occhiolino ed il suo sorriso malizioso si accentuò.
»Andiamo Ryo, devi ancora andare a prendere la macchina.«
Su questo, si voltò ed uscì dalla camera per andare in bagno, mentre Ryo
brontolava sul fatto che la prossima volta, non avrebbe vuotato il sacco e che
sarebbero andati in metropolitana, abito da sera o non abito da sera, che era
sempre a lui che toccavano i compiti più impegnativi e ingrati, che la vita era
ingiusta, e che inoltre non avrebbe trovato alcuna sirena per le strade in
questa giornata.
Un’isola nella città.
Un luogo loro.
Un’oasi di pace.
E’ ormai mezzogiorno. Ma la tranquillità di quel giorno così speciale e la
pallida luminosità del sole potrebbe far credere che sia ancora mattino.
Nella camera di Kaori la calma è ancora più palpabile. Sul suo comò, davanti la
foto di suo fratello, due cofanetti sono posati, fianco a fianco.
Dopo questa angosciante notte, Kaori dorme. Di un sonno sereno, calmo,
tranquillo.
Una benda bianca che odora di arnica avvolge la sua mano, unico segno visibile
dei grandi cambiamenti che si sono svolti.
Distesa sulla schiena nel letto, la coperta tirata fin sopra le spalle, sembra
recuperare le forze dopo un viaggio stremante, ma felice di essere finalmente
arrivata sana e salva.
Addossato allo stipite della porta, Ryo la contempla, le braccia incrociate.
Un bagliore nel suo sguardo oscilla tra una foschia lontana e una calorosa
riconoscenza.
Un accenno di sorriso tenta di prendere forma sul suo viso... tra gioia e
tristezza.
Un'altra cosa anche... i battiti regolari del suo cuore... Un sentimento
strano... Che esplodeva con vampate d’euforia.
Dolorosamente piacevole.
Tra l’esterno sconosciuto e il turbamento interiore, ci sono questi due esseri.
Quella notte hanno sfiorato un precipizio senza fondo. Hanno rischiato di
perdersi. Ha rischiato di perderla perché non osava aprire gli occhi. Perché i
paraocchi che lui stesso si era imposto erano troppo comodi. Perché era sempre
più facile tirarsi indietro... Poiché questo ignoto aveva un gusto di felicità
che lo spaventava.
Tra qualche ora, sarebbe stato necessario riprendere il corso del tempo. Delle
nuove battaglie. Delle nuove paure. Delle nuove interrogazioni... Avrebbe
dovuto vivere con l’idea che il grigiore della vita è fatto da una parte
luminosa e da una parte d’ombra. Ed é così per tutti. E’ vero per lei. E’ vero
per lui.
Ma è rimandato a più tardi...
Per quel dopo che si teme e nel quale si spera. Ricco di promesse e di delusioni...
Gioia di non essere morto... Dolore di essere in vita... Sollievo di averla
ancora al suo fianco... Tristezza di non averla salvata da sé stessa...
Felicità quasi soffocante di continuare con lei... Piacere senza nome di sapere
che restava loro del tempo... ancora... un po’...
Ma è rimandato a più tardi... a domani o a mai...
Amore, Paura, Morte, Speranza.
In questo momento niente conta per Ryo se non questo preciso istante. Ascolta i
rumori dei silenzi di Kaori. E si rende conto di quanto siano unici. Di quanto
ne abbia bisogno.
Ma adesso... Adesso il legame reciproco tra di loro è saldo?
Non ne sa niente. Sa unicamente che quella donna addormentata in quel letto è
la sola persona di cui ha realmente bisogno. E’ spaventoso, è eccitante...
Ha paura di fallire... Ha paura di dover rinunciare ad una parte di quello che
è... Ha paura di metterla in pericolo. Una paura diversa da tutte le altre...
Inafferrabile...
Ha ancora voglia di fuggire... di non sapere... di proteggerla contro City
Hunter.
Ma desidera amarla.
Lei ha fiducia in loro.
Lui avrà fiducia in lei.
Respiro leggero... battito all’unisono.
La guarda dormire.
" Etmoi,
pendant quejeveille (Ed io, mentre veglio) Jesurveillevossommeils (Sorveglio i vostri sonni)
Si voussaviezcommevossommeils (Se voi sapeste come i vostri sonni) Veillentsurmestroplonguesveilles" (Vegliano sulle mie troppo lunghe veglie)JJG*
Passato, presente, futuro.
Niente è risolto, tutto ha inizio...
Nascosta accanto ad un vecchio pallone da calcio, una foto, con la sua
esistenza stessa, invoca con una preghiera senza parole l’avvenire. In due.
Assieme.
Ryo,
Il nostro passato costruisce
ciascuno di noi,
inevitabilmente... Stai
attento che ciò non
distrugga il nostro presente.
Natale 20XX. Kaori M.