Mischief managed! - A Marauders Love Story

di ClaireTheSnitch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ai Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore ***
Capitolo 2: *** Grifondoro contro Serpeverde ***
Capitolo 3: *** Baci ***
Capitolo 4: *** Essenza di Purvincolo ***
Capitolo 5: *** Di testosterone e Pozioni ***



Capitolo 1
*** Ai Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore ***


- Uno -
Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore!


Anno 1971, 1 settembre
 
Dalla Sala Grande proveniva un chiacchiericcio rumoroso e pressante, che si tramutò all’improvviso in un silenzio surreale all’ingresso della professoressa McGranitt, i cui passi risuonavano come una marcia di guerra.
Avvolta in un mantello di seta e con i capelli strettamente raccolti, la strega capeggiava un folto gruppo di ragazzini spaventati e ammutoliti, che le trotterellavano dietro come figli disubbidienti. Un lieve mormorio si sollevò dalle quattro tavolate: gli studenti fissavano i nuovi arrivati con insistenza particolare, costringendoli a camminare a testa bassa, guardandosi le scarpe. Molti di loro avevano gli abiti zuppi, segno che probabilmente l’usuale traversata sul Lago Nero non era andata così bene.
Di fronte agli insegnanti – e di fronte a centinaia di ragazzi – stava uno sgabello vuoto. La McGranitt vi posò un cappello logoro, senza troppe cerimonie, e prese posto lì accanto con una lunga pergamena tra le mani.
Lo Smistamento iniziò.
 
Un ragazzino dai capelli lunghi teneva le mani affondate in tasca, stringendo la bacchetta nuova di zecca, e si guardava attorno con aria circospetta. Non gli importava granché dei suoi coetanei, che si limitavano a tacere o sussurrare o lasciar trapelare l’ansia dagli occhi sbarrati: quello che era veramente interessante si trovava vicino all’ingresso.
La tavolata dei Serpeverde era inconfondibile, almeno ai suoi occhi, con quei colori che tanto avevano dominato a Grimmauld Place, con quell’aria orgogliosa e superba che aveva iniziato a stargli stretta.
C’era qualcuno, tra quegli studenti, che lo osservava. Il ragazzino, di nome Sirius, maledisse il proprio cognome e si decise a fissarli di rimando.
Narcissa Black, sua cugina, sedeva accanto ad alcuni ragazzi più grandi. Era un’algida sedicenne col mento sempre all’insù, tanto diversa dalla sorella maggiore Andromeda, che per sfortuna di Sirius aveva già smesso di frequentare Hogwarts.
Le panche erano occupate da vecchie conoscenze di Sirius – Lucius Malfoy, Nott, Rosier, qualche altro parente della famiglia Black, un paio di Lestrange.
Con tutta probabilità, Sirius non avrebbe dovuto dividere la stanza con nessuno di loro.
Dementi, pensò, lasciandosi sfuggire un ringhio.
La professoressa McGranitt non impiegò molto tempo prima di arrivare a “Black, Sirius!”. Abbassò la pergamena e attese che il ragazzino, con passo sicuro, si sedesse sullo sgabello.
Fu questione di una frazione di secondo, e lo strappo sul Cappello Parlante esplose in un “Grifondoro!” che lasciò la tavolata dei Serpeverde in luttuoso silenzio, mentre i ragazzi all’estrema sinistra della Sala Grande festeggiavano il loro nuovo compagno con applausi, ululati e bicchieri sbattuti tra loro.
Sirius Black offrì loro il suo miglior ghigno beffardo, riempiendosi il calice di succo di zucca e brindando con James Potter, conosciuto in viaggio.
-Grifondoro, culla dei coraggiosi di cuore!
Guardarono una ragazzina dai capelli rossi (Evans, Lily!) sedersi pochi posti più a sinistra ed evitare a tutti i costi i loro sguardi.
Sirius si rivolse a James: -Le abbiamo dato un po’ fastidio sul treno, che dici?
Nel frattempo, un altro ragazzo dall’aria pallida e malaticcia prese posto accanto a loro, ancora un po’ spaventato dal Cappello Parlante e dalla folla schiamazzante di studenti.
James ridacchiò. –Forse, ma lei è a posto. La cosa è ben diversa per Mocciosus, laggiù.
Severus Piton, smilzo e untuoso, caracollava verso il tavolo dei Serpeverde, dove era appena stato Smistato.
-Non mi ero accorto di tutto quel sudiciume, in treno.- Sirius sghignazzò, -Un po’ più vicino ai candelabri, e Mocciosus inizierà a friggere.
Il ragazzino dall’aria malaticcia scoppiò a ridere e porse la mano ad entrambi. –Piacere, io sono Remus. Vi conoscete da prima, voi due?
 















 


Piccole note d’autore
Ciao a tutti!
Questo dovrebbe essere il primo capitolo di una long-fiction incentrata sulla coppia Remus/Sirius. Non volendo essere troppo banale, però, ho preferito partire dal primo giorno di Hogwarts e descrivere come dapprima la vicenda sia iniziata con una semplice amicizia tra compagni di Casa.
 
[ Faccio le prime precisazioni, quelle un pizzico più noiose: come potrete controllare anche voi sul Lexicon, Sirius Black sarebbe nato nel 1959 o nel 1960. Nel primo caso, avrebbe iniziato a frequentare Hogwarts un anno dopo, perché nato più tardi.
Facendo i dovuti calcoli, Bellatrix e Andromeda avevano già terminato il corso di studi, mentre Narcissa era al sesto anno (è infatti nata nel 1955). L’anno successivo Regulus raggiunse il fratello a scuola, benché a Serpeverde.
Lucius Malfoy è invece al settimo anno, perché è presumibilmente nato nel 1954.
Per quanto riguarda la cerimonia dello Smistamento, mi sono basata solamente sui ricordi di Piton ne I doni della morte e sull’ordine alfabetico dei cognomi, anche se ho lasciato Mocciosus un po’ vago per via della sfortunata traduzione italiana da Snape a Piton, che mi ha un po’ stravolto la successione.
Peter Minus non è ancora presente perché ho sempre pensato che si sia unito ai Malandrini più in là nella storia, una volta trovato il coraggio di farsi avanti.]

 
Ora, che ne dite? Dovrei lasciar perdere l’impresa? Per qualche tempo credo che l’aggiornamento sarà piuttosto regolare, visto che ho qualche capitolo già pronto, ma ovviamente non me la sento di andare avanti nel silenzio più totale.
Ci vogliono trenta secondi per lasciarmi una piccola recensione. Li sprecate per me?
 
Claire

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Capitolo 2
*** Grifondoro contro Serpeverde ***


- Due -
Grifondoro contro Serpeverde
 
 
Anno 1971, novembre
 
Sirius agitava la bacchetta con aria piuttosto svogliata, facendo levitare di fronte a sé le scarpe slacciate e la cravatta rosso e oro. Le lezioni sarebbero iniziate di lì a un’ora, e lui doveva ancora scendere nella Sala Grande per fare colazione. Insieme a James, ovviamente.
-Sirius, non puoi scendere scalzo.
-E tu non puoi scendere senza pantaloni, James. Voglio vedere cos’è più grave.
-Hai ragione. Hai già fatto il saggio sui bezoar per Lumacorno?
Sirius sghignazzò. –Ovviamente no, ma Pozioni è l’ultima lezione della giornata, quindi non è un problema.
-Ottimo. Copieremo durante la pausa pranzo.
-Dov’è Remus?
James diede una rapida risatina. –Ovviamente è già al piano di sotto. Spero solo che ci aspetti in Sala Comune prima di andare a colazione.
Sirius si allacciò le scarpe e rise di rimando. –Mi sembra un po’ giù di morale, ultimamente.
-Secondo me si è beccato un raffreddore.
Sirius fece spallucce, dubbioso, poi si rivolse ad un ragazzino paffuto, dagli occhi acquosi.
-Tu sei Peter, giusto? Sbrigati e vieni giù con noi, stiamo andando a mangiare qualcosa prima di ucciderci a Trasfigurazione.
Peter annuì, zelante, e li seguì fuori dal dormitorio. Come previsto, Remus li aspettava irrequieto.
 
-Mi fanno male le gambe, Merlino, sto per svenire.
Remus, di parecchi metri più indietro rispetto a James, Sirius e Peter, si scapicollava lungo il corridoio verso l’aula di Trasfigurazione: respirava rumorosamente e aveva un colorito poco rassicurante.
Dal canto loro, gli altri tre non riuscivano a capire come mai fosse così lento, dato che era il più alto dei tre e sembrava anche discretamente in forma.
-Avanti, mammoletta!- lo rimbeccò Sirius, correndo più veloce, -Cosa dirai alla McGranitt se entriamo dopo che la coda le è sparita?
Remus strinse i denti e accelerò; lo sforzo sembrò togliere ancora più colore dalle sue guance, ma continuò a correre imperterrito e raggiunse la porta dell’aula insieme agli altri.
-Avanti, siamo in tempo!
La McGranitt stava ancora zampettando sulla cattedra, e i quattro presero posto dietro Lily Evans e un paio di ragazzine Tassorosso, con cui condividevano alcune lezioni.
-Ehi, Evans!- sussurrò James.
-Potter.
-Evans, potresti per favore passarmi i compiti corretti?
Lily sbuffò rumorosamente e gettò dietro di sé un plico di fogli, senza troppe cerimonie.
-Evans, non è che potresti farmi anche un sorriso, eh?
-Taci, o ti trasfiguro in una teiera.
Sirius e Remus ridacchiarono tra loro.
-Ehi.- esordì il primo, rivolgendosi all’amico. –Ti sei beccato l’influenza per caso?
Remus fece una smorfia. –Ah. Sì, credo di sì. Qualcosa del genere.
-Non sarebbe meglio farti vedere da Madama Chips?
-Ma no, direi di no.- Forzò un occhiolino e ribatté: -Mica sono un mammoletta.
Durante tutta la lezione, tuttavia, Remus fu insolitamente taciturno e prese appunti con lentezza, senza mai sollevare la testa dal foglio per incrociare lo sguardo di Sirius.
 
Anno 1972, marzo
 
James e Sirius sedevano di fronte al fuoco in Sala Comune, giocando a Sparaschiocco con aria poco concentrata.
Sirius gettò la testa indietro ed espirò rumorosamente. -Non ho preso Eccezionale in tutte le materie per farmi prendere in giro da Remus.
-Ogni santa volta.
-E lui ha una stupida scusa per svicolare dalle nostre domande.
-Che diavolo gli prende.
-Mi domando se davvero non abbia una malattia grave.
James scosse la testa, scettico. Aveva passato gran parte del suo tempo libero a pensare che tipo di problema potesse avere Remus, ma una grave malattia non reggeva molto: non aveva sintomi particolari, nessun Medimago gli aveva mai fatto visita negli ultimi mesi e non si era mai assentato per andare al San Mungo.
Ora, non che i Malandrini dubitassero delle capacità di Madama Chips, ma nessun genitore sano di mente avrebbe lasciato un figlio molto malato a vivere da solo per un anno.
-Ascoltami, Sirius.- James tamburellò con le dita sul tavolo, -Dobbiamo scoprire che cosa ci sta nascondendo. Dov’è Peter?
-Di sopra, si esercita per Incantesimi.
-Ah. Perché noi non ci stiamo esercitando?
Sirius allargò le braccia con fare ammiccante e gli strizzò l’occhio. –Per favore, guardami. Ti pare che ne abbia bisogno?
 
Nel finesettimana si sarebbe giocata la partita di Quidditch più attesa del trimestre, un’infuocata Grifondoro contro Serpeverde che aveva trasformato il castello in una sorta di entità bivalente che cambiava pelle a seconda degli studenti che ne percorrevano i corridoi.
Alcuni ragazzi degli ultimi anni, più esperti di Trasfigurazione, avevano incantato alcune rampe di scale in modo che alla luce delle lanterne brillassero di rosso e oro, e ruggissero minacciose quando un Serpeverde decideva di salirle. Dal canto loro, i Serpeverde non erano da meno e avevano appeso ai soffitti del secondo piano degli stendardi verde e argento, che si aprivano come sipari sulle teste dei ragazzi, facendo emergere serpenti sibilanti e spaventosi.
La mattina della partita, James era terribilmente eccitato. Non faceva altro che leggere e rileggere il regolamento della scuola – sperando che, chissà come, fosse improvvisamente permesso giocare a Quidditch sin dal primo anno – e lanciare occhiate invidiose ai membri della squadra di Grifondoro, che in quei giorni sembravano persino meno vivi dei fantasmi.
-James.- esordì Remus, spazientito. –Datti una calmata. Non serve chiedere al Capitano se hanno provato la Finta Wronsky.
-Ma… io voglio solo sapere!
-L’hai già saputo. È la quarta volta che ti rispondono di no.- rimbeccò Sirius, ridendo. –Adesso muoviamoci, o gli spalti migliori saranno tutti occupati.
-I Tassorosso sono dalla nostra parte.- disse Peter, con un sorriso. –Che cosa si dice dei Corvonero?
James si passò una mano tra i capelli. – Molti di loro sono dei voltafaccia. Giurerei di aver visto Corner con una spilla Serpeverde.
Remus storse la bocca e gli altri ebbero l’impressione che non fosse per il disappunto.
 
Non appena misero piede sugli spalti, i quattro capirono cosa significasse effettivamente quella partita.
I Grifondoro, i Tassorosso e qualche Corvonero si sgolavano come degli ossessi, agitando enormi stendardi incantati che trasformavano l’aria in un turbinio di coriandoli dorati.
Un ragazzo del settimo anno, molto alto e muscoloso, reggeva un’orribile caricatura del Capitano dei Serpeverde, gridando: -Vi faremo le chiappe a strisce!
Sirius lo indicò e disse: -Quello è Pitch. Doveva giocare per noi come Cacciatore, ma all’ultimo allenamento i Serpeverde gli hanno amichevolmente distrutto la scopa.
James inorridì. –Con chi l’hanno sostituito?
In quel momento fece il suo ingresso trionfale la squadra dei Grifondoro, sfavillanti nelle loro uniformi nuove, e Remus indicò una ragazza con una treccia nera e lunghissima. –Con lei. Selma Florence. Si dice che abbia già un contratto per il prossimo campionato nazionale.
A James brillarono gli occhi. –Oh. Pagherei per essere lì.
La squadra di Serpeverde entrò, capeggiata da Emma Vane, una ragazza del quarto anno che giocava come Portiere e che si sussurrava avesse riflessi tali da acchiappare una mosca in volo. L’insieme era temibile: aveva gli occhi piccoli, infossati, e una fronte alta e lucida che le dava un’aria ancor più corrucciata.
Madama Bumb fischiò l’inizio della partita, e in un solo istante tutti i giocatori spiccarono il volo con una spinta sincronizzata delle gambe.
James sentiva l’elettricità scorrergli nelle vene al posto del sangue.
Dopo quasi un’ora, Serpeverde era in vantaggio di trenta punti, e James era così disperato che stava per strapparsi tutti i capelli.
-Florence ha la Pluffa. Mantiene il possesso, supera Gawley ed evita il Bolide di Malfoy…
-Schifoso! Verme! Metti giù quella mazza!- ululò Sirius, saltando e agitando le braccia. L’intero spalto dei Grifondoro ruggì insulti contro Lucius, che nel frattempo si era portato in prossimità di un altro Bolide, pronto a giocare il suo ruolo.
- Malfoy colpisce ancora, il gioco resta ai Grifondoro, Florence supera i Cacciatori avversari, Florence si avvicina agli anelli… Vane si tiene pronta! Florence si prepara all’attacco!
Un boato atroce. Gawley, uno dei Cacciatori Serpeverde, si era lanciato contro Selma Florence, colpendola con una traiettoria trasversale e con tanta violenza che la Pluffa era volata dalla parte opposta del campo. La Cacciatrice, invece, aveva ululato di dolore ed era rimasta appesa alla scopa con un solo braccio.
-Fallo!
-Questo è uno stramaledetto fallo!
-Schifosi bastardi!
Madama Bumb fischiò il fallo e decretò una breve interruzione, mentre Selma Florence riusciva ad issarsi sulla scopa con l’unico braccio sano e a gridare un insulto a Gawley.
Con un colpo di bacchetta, il braccio di Selma Florence fu risistemato e salì nuovamente a mezz’aria, accompagnata dal grido di Madama Bumb: -Punizione per Grifondoro!
James scosse per le spalle Sirius, gridando di felicità.
-Avanti, segna! Segna!
E Serpeverde incassò la Pluffa più rabbiosa che Hogwarts avesse mai visto. La palla fu recuperata con un incantesimo e Florence fece un giro lungo tutti gli spalti, incitando la folla ad acclamarla, nonostante Grifondoro fosse ancora venti punti indietro.
-Perkins ha la Pluffa, possesso Serpeverde! Perkins! Gawley! Gawley si dirige agli anelli, ma Bethan ha visto qualcosa…
Bethan, il Cercatore dei Serpeverde, sfrecciava più in alto del resto della squadra, evidentemente all’inseguimento del Boccino.
I tifosi erano in religioso silenzio.
James sentiva le budella sciogliersi lentamente.
Sirius teneva i pugni e i denti stretti.
Remus si reggeva al parapetto.
Peter osservava la scena con la testa piegata all’indietro e la bocca semiaperta.
-Anche Lorrain parte alla ricerca del Boccino! Lorrain è vicino! E Lorrain… Lorrain sfreccia sopra Bethan, evitandolo completamente!
Il commentatore tacque un istante: Lorrain si era alzato parecchi metri più in alto rispetto all’avversario, e lo seguiva da lì, a pari velocità.
Non aveva nessun senso. Il Boccino era sotto di lui, e decisamente alla portata dell’altro Cercatore.
-Bethan segue il Boccino, possesso Pluffa di Grifondoro! Vane para l’attacco di Florence! Bolide! Bethan sembra rallentare, Lorrain continua a salire! Lorrain! Lorrain è in picchiata! Lorrain! Lorrain! Lorrain prende il boccino sotto il maledetto naso di Bethan!
Un fischio e il mondo sembrò finire.
-Grifondoro prende il Boccino e vince!
 
Quella fu la prima, vera festa del loro primo anno. I ragazzi più grandi avevano introdotto illegalmente del Whisky Incendiario e Sirius si precipitò ad assaggiarne un bicchiere, per poi tornare metà disgustato e metà eccitato.
-Faceva schifo. Ne ho bevuto un sorso solo.
-Abbiamo vinto!- urlò James, in preda alla follia. Si era congratulato di persona con Selma Florence, Lorrain e tutti i giocatori che era riuscito a braccare, e poi aveva ballato un’imbarazzante danza della vittoria con Sirius, che si era divincolato cinque secondi dopo.
-Allora, Remus! Ti è piaciuta la partita? – esclamò, -E dai, sciogliti un po’!
Detto questo, Sirius sferrò una potente pacca sulla schiena a Remus, che per tutta risposta sgranò gli occhi e si piegò in due.
Afferrò un secchiello del ghiaccio e ci vomitò dentro.
 
-Non ha bevuto, vero?- domandò James, mentre trascinava Remus da Madama Chips.
Sirius issò una spalla dell’amico sulla propria. –Assolutamente no. Non ne sarebbe neanche capace.
-Grazie tante, eh. Sono qui.
-Lo so.
-Riesco a camminare da solo!
-Direi di no. – replicò Sirius, tenendolo più stretto. –Vuoi dirci che problemi ci sono, Remus?
-Infatti. Siamo stanchi di tirare ad indovinare.- lo incalzò James.
Peter era andato avanti ad avvertire Madama Chips dell’arrivo di Remus.
-Vomito. Sto male.
-Oh, Merlino, non siamo ciechi. Ma tu stai sempre male.
Madama Chips li aspettava fuori dall’infermeria. Sollevò Remus e lo stese su una branda, gettando un’occhiata preoccupata fuori dalla finestra. Il sole stava quasi calando e lei sembrava particolarmente affaccendata.
Pochi minuti dopo, Silente fece il suo ingresso in infermeria.
 
Sirius non poteva credere ai propri occhi. Perché mai il Preside stesso doveva prendere a cuore la salute di un ragazzino che vomitava in infermeria?
C’era decisamente qualcosa di strano negli sguardi preoccupati che Silente e Madama Chips si scambiavano osservando Remus sdraiato e scosso da brividi.
Le sue condizioni sembravano addirittura peggiorare e Sirius non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo. Non aveva mai tollerato di non essere al corrente dei fatti, ed era stanco.
Quando Silente se ne fu andato, non senza aver scoccato un’altra occhiata misteriosa ai presenti, Sirius si avvicinò al letto di Remus e lo fissò con rabbia.
-Non possiamo sopportare tutti questi segreti.
-Sirius
-Smettila con quel tono da lagna. Non mi fai pena.
-Andiamo, non trattarlo così.- lo trattenne James, posandogli una mano sulla spalla.
-Ah, ora fai finta che sia a posto, no? Non t’importa sapere perché sta male?
-Sì, Sirius, mi importa, ma se non vuole dircelo…
-…allora siamo veramente dei pessimi amici per lui, non è vero?
Peter taceva. Gli occhi erano ancora più acquosi del solito, quasi fosse spaventato.
Remus inspirò. Per un istante, sembrò rivolgere un sorriso strano a Sirius, poi si sollevò sulle braccia e si mise a sedere, faticando parecchio.
-Va bene, va bene.- esordì, torcendosi le mani. –Ma se ve ne andrete, io sarò da solo.
Sirius, James e Peter si strinsero attorno a lui.
-Come dire…
Sirius deglutì, in attesa.
-Veramente, è difficile.
James si ravviò i capelli.
-Be’, ecco, oggi c’è la luna piena.
-Mi stai prendendo in giro, Remus? Sei stupido come sembri?- esclamò Sirius. –Che diavolo vorrebbe dire?
-Se magari stai zitto, ci arrivi! - Remus si voltò verso la finestra e scrutò il cielo, ansioso. –Stanotte non dormirò con voi, come al solito. Come ho fatto una volta al mese da quando sono a scuola. Devo andare alla Stamberga Strillante.
-Ma è infestata!- protestò Peter, con la mano davanti alla bocca.
Remus sorrise. –No, non lo è. Sono io che la infesto.
James spalancò gli occhi e Sirius si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa. E una parolaccia, ma fu così bassa che nessuno la sentì.
-Remus…- mormorò Sirius, abbassando ancora la voce. – Stai dicendo che sei un licantropo?
Gli occhi di Remus si riempirono di lacrime e fu scosso da un singhiozzo. Madama Chips lasciò la stanza all’istante.
Non c’era niente che potesse essere risolto, in quella stanza così bianca, macchiata dalla luce del tramonto. Sirius seppe in quel momento che avevano soltanto dodici anni, che non erano affatto invincibili e che Remus aveva tutto il diritto di piangere con la testa fra le mani.
-Ehi, Remus.- gli sussurrò, stringendogli la spalla destra. – Remus, noi restiamo.
Alzò lo sguardo e incontrò quello di James, e poi quello di Peter.
Si strinsero ancora un po’ attorno all’amico e non tornarono alla Torre di Grifondoro finché non fu il momento di lasciarlo andare verso la Stamberga Strillante.
Sirius si morse l’interno della guancia per non piangere. Forse sembrava ancora un bambino, ma non aveva più voglia di esserlo. 












 

Cari lettori,
eccomi nuovamente qui con il secondo capitolo di questa storia che ha riscosso così tanto successo! Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, sperando che continuino a seguirmi, e tutti coloro che silenziosamente hanno messo questa sciocchezza tra i preferiti o le seguite.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto: ho fatto moltissime ricerche per descrivere al meglio la partita di Quidditch (non sembra, ma come tutti gli sport è terribilmente difficile da raccontare per iscritto). Prima che qualcuno mi si sollevi contro, ebbene sì: James Potter non era un Cercatore, ma un Cacciatore. Zia Jo l'ha detto chiaramente in una delle sue interviste: "...he was a Chaser". Che poi nei ricordi di Piton giocherellasse sempre con un Boccino, è attribuito al fatto che con una Pluffa sarebbe stato molto più complicato far colpo nei corridoi o nel parco.

Non so se vi è balzato all'occhio, ma qui già si sviluppano i primi virgulti di wolfstar - l'ammissione di Remus è guidata soprattutto da Sirius e, nonostante siano solo dei bambini, c'è già un legame speciale tra di loro.

Fatemi sapere cosa ne pensate! I prossimi capitoli sono già pronti!

Un bacio, 
Claire

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Capitolo 3
*** Baci ***


- Tre -
Baci
 
Anno 1973, settembre – Terzo anno
 
Sirius sventolava un foglio, correndo verso tutti gli altri ragazzi del terzo anno. - James! James! Ce l’hai?
-Che cosa?
-Il permesso per Hogsmeade!
-Il permesso…- James frugò nel baule. –Ah, sì, eccolo. Lo stavo dimenticando. Remus?
-Agli ordini!- rispose quello, con un sorrisino sghembo.
-Tutto bene? Ti sei ripreso, mezza calzetta?
-Sissignore. Sono pronto.
Sirius gli lanciò un’occhiata divertita. –Ottimo! Peter, tu vieni?
Peter annuì, allegro, e ripiegò il permesso firmato prima di riporlo nella giacca. La professoressa McGranitt li stava aspettando al portone d’ingresso per controllare le loro autorizzazioni e, finalmente, lasciarli liberi di vagabondare per la prima volta fuori dalla scuola.
I Malandrini, tuttavia, avevano scoperto con molto piacere che Hogwarts custodiva gelosamente alcuni segreti anche ai professori: molto lentamente, in quei tre anni, avevano rintracciato alcuni passaggi segreti ed erano già sgattaiolati fuori un paio di volte, tornando con sacchetti pieni di dolci e scherzi di Zonko.
Remus, che era particolarmente ansioso per natura, non riusciva ancora a capire come non fossero stati scoperti ed espulsi, ma bisognava anche notare che James e Sirius sembravano avere un fiuto particolare per i momenti da cogliere. E, soprattutto, sapevano come tenere occupata Mrs Purr, la gatta di Gazza.

Ben nascosto in un insospettabile cassetto dei calzini, Remus aveva ficcato un quaderno in cui aveva annotato tutti i passaggi segreti che avevano scoperto. Fino a quel momento, se non ricordava male, erano arrivati a diciotto e mezzo, in cui quella metà spuria stava in un cunicolo cieco che partiva da un’armatura del quarto piano.
-Certo che sarà strano, - esordì Sirius, - uscire dalla scuola attraverso il portone d’ingresso, per una volta.
Peter sgranò gli occhi. – Non farti sentire!
James scoppiò a ridere, senza ritegno, e saltò dal buco del ritratto. –Su, Remus, ora tocca a te rimproverarci.
-No, non lo farò. Sarebbe completamente inutile.
-Allora, adesso passiamo alle cose interessanti.- bisbigliò James, arruffando i capelli di Sirius. –Oggi qualcuno ha un appuntamento, non è vero?
Sirius fece schioccare la lingua. –James. Sarebbe carino se per una volta ti facessi gli affari tuoi. Comunque, , ho un appuntamento, mentre tu sei stato malamente rifiutato da…
-Non parliamone.- sbottò l’altro, pensando a Lily Evans.
Era stato particolarmente imbarazzante essere chiamato ‘viscido lumacone’ di fronte a decine di persone, ma forse non avrebbe dovuto affatturare le scarpe di Mocciosus prima di chiedere alla sua migliore amica di uscire. Forse.
 
Remus tenne la testa bassa e gli occhi fissi al suolo quando la McGranitt gli chiese l’autorizzazione per controllarla. L’ultimo plenilunio era passato da una settimana, e lui era certo che la professoressa ricordasse le condizioni pietose in cui versava. Era sempre umiliante guardare negli occhi qualcuno che ti aveva visto piangere dal dolore e quasi bagnare il letto, di notte.
Sorrise a Sirius, pensando che almeno qualcuno si sarebbe divertito veramente, quel giorno. Dal canto suo, non vedeva l’ora di entrare da Mielandia senza sotterfugi e poter comprare tutti i dolci che voleva. Peter l’avrebbe seguito volentieri, e James li avrebbe trascinati tutti ai Tre Manici di Scopa per una Burrobirra.
-Dicci, Sirius. È Molly Goldstein o Emmeline Vance, la fortunata?
Sirius gli lanciò uno sguardo furbesco e un po’ colpevole. –Nessuna delle due.
-Cosa?- sbottò Peter. – Le hai baciate entrambe nel giro di due settimane.
James sbuffò con aria di sufficienza. –Sì, certo. Sirius, quale delle due era il tuo primo bacio?
Lui arrossì violentemente. –Nessuna. Ho dato il mio primo bacio a… a… Rosie Dexter. Corvonero. Fine dello scorso anno.
-Ah, sì, ricordo.- sentenziò Remus, divertito. – Una cosa disgustosa a vedersi. Credo che tu le abbia staccato il palato.
-Bene, mister perfettino, il tuo primo bacio com’è stato?
Remus finse di pensarci su qualche istante. –Leggero. Direi quasi invisibile.
Con una risata generale, varcarono i cancelli della scuola e raggiunsero rapidamente Hogsmeade. Tutti e quattro gettarono un’occhiata densa di significato alla Stamberga Strillante, prima di fermarsi e dividersi, dato che Sirius era chiaramente in ritardo.
Remus lo guardò allontanarsi verso una ragazza dai lunghi capelli biondi e si sentì un po’ scombussolato nel momento in cui vide lei allungarsi verso il volto di Sirius, e scoccargli un bacio decisamente sfacciato in piena bocca. Distolse immediatamente lo sguardo, con lo stomaco che gorgogliava e l’umore che si sgonfiava pericolosamente. Era come se non volesse vederlo andare ad un appuntamento.
E perché mai, idiota?, pensò, scacciando i brutti pensieri. Questa è la prima uscita legale ad Hogsmeade, deve divertirsi.
 
Quella sera, con la pancia piena di Cioccorane, Remus finse di addormentarsi molto presto su una poltrona della Sala Comune, per evitare il dettagliato racconto di Sirius sul pomeriggio passato a pomiciare.
C’era qualcosa di sbagliato in tutto quell’astio. Avrebbe dovuto essere contento e invece Remus si sentiva invidioso. Si seppellì meglio sotto un cuscino e pensò che avrebbe dovuto dare anche lui il suo primo bacio, e il prima possibile, se non voleva rovinare un’amicizia.
 
Anno 1973, gennaio
 
Il vento gelido scuoteva le finestre dei corridoi, ululando minaccioso.
Nick-Quasi-Senza-Testa passò levitando accanto ad uno dei vetri e si tappò le orecchie, infastidito dal rumore. Ne approfittò per darsi una sistemata alla gorgiera.
-Buonasera, signor Black e signor Lupin!
-Ciao, Nick.- rispose Sirius, -Sai per caso come sta andando l’allenamento dei Grifondoro?
Il fantasma storse la bocca. –Non bene, temo. Il signor Potter non riesce a segnare quasi nulla, il vento è troppo forte.
-Prepariamoci ad una serata di lamentele, allora.- commentò Remus, guardando anche lui il tempaccio.
Sirius sbuffò. -Saranno di una noia mortale.
-Sarebbe opportuno più rispetto, Black!- esclamò Nick, indispettito. Volteggiò lontano nel giro di due secondi, lasciando un Sirius stranamente interdetto e Remus stravolto dalle risate.
-Accidenti, Sirius! – disse quello, con le lacrime agli occhi. –Sei veramente un idiota. Come ti viene in mente di dire mortale al fantasma più suscettibile del castello?
Sirius lo spinse contro un’armatura. -Stai zitto e andiamo a cena.
La Sala Grande era gremita di studenti e sui vassoi scintillavano montagne di salsicce, minestroni bollenti e quanto di più invernale potesse esistere. Sirius si servì di qualunque cosa riuscisse a vedere e Remus si gettò su un piatto di patate al forno.
-Remus, non mi hai detto poi com’è andata la lezione extra con Marchbanks
(*)?
-Abbastanza bene. – rispose lui, modesto. Aveva avuto l’occasione, grazie ai suoi voti alti, di partecipare ad una serie di lezioni speciali di Aritmanzia con il professor Marchbanks. –Eravamo solamente in tre. È stato carino, ma la cosa bella è successa dopo.
Accompagnò il discorso con un’espressione inequivocabilmente maliziosa.
Sirius soffocò sul pollo. –Cosa? Cosa mi hai tenuto nascosto, schifoso traditore?
-Io e Jane Flitwick ci siamo presi un po’ di confidenza.
-Voglio i dettagli.
-Baci.
-Questi non sono dettagli!
-Ehm…- Remus arrossì, ricordando con poco entusiasmo quel bacio tutto umido e insipido. –Fantastico. Saremo stati cinque minuti, in piedi contro una statua. Bacia bene e…
-Le hai toccato il sedere?
-Cosa? Che… io non…
Sirius sbuffò, annoiato. –Che rammollito.
-Tu hai toccato il sedere a Rosie, o Molly, o chiunque altro tu abbia pomiciato negli ultimi mesi?
-Ci ho provato. Ma con scarso successo. Devo dire che comunque non c'è ancora molta materia prima, dovrò aspettare i prossimi anni.
-Ecco.
-Almeno io ho tentato, lupetto.
Remus
era quasi imbarazzato dall’esuberante precocità di Sirius, ma lo giustificò dentro di sé pensando che comunque era sempre stato abituato ad avere tutto e subito. 
E poi lui voleva davvero dirle, quelle parole che gli si affollavano in gola. Non mi andava. Non m’interessava il suo corpo. È stato carino provare, ma aspetterò di crescere un po’. Magari, più avanti.
Invece rise e sbottò: -La prossima volta farò la Piovra Gigante anche io, allora.
Un grande sorriso a trentadue denti gli si aprì sul volto, quando Sirius gli passò un braccio attorno alle spalle decantando le sue lodi di baciatore. Come se le conoscesse.
 
Al ritorno di James e dopo aver recuperato Peter dalle ripetizioni, i quattro si diressero verso il Dormitorio prima di essere beccati da qualche Prefetto.
Stavano giusto imboccando l’ultima rampa di scale, quando videro Lily Evans e Severus Piton chiacchierare appoggiati ad una balaustra.
James si sprecò in un inchino da giullare. –Mocciosus, buonasera.
Si rivolse poi a Lily. –Evans, se fossi in te lascerei perdere. Non lo convincerai mai a farsi una doccia.
-Taci, Potter.- sibilò lei.
-Lavati la bocca prima di parlarle, che dici?- lo provocò Severus, con uno scatto della mascella.
-Tu parli a me di lavarsi?- James scoppiò a ridere.
Sirius fece altrettanto e scagliò una Fattura Gambemolli così rapida e disinvolta che Severus neanche si accorse di essere finito sul pavimento di marmo, finché non sentì il dolore lungo la schiena.
-Black!- sbraitò Lily, rossa in viso. Si guardò dallo sfoderare anche lei la bacchetta, ben conoscendo l'incredibile fortuna dei Malandrini e la precisione quasi militare delle magie scagliate da tutti loro, Black in particolare.
-Quali toni soavi, Evans. Stavamo soltanto augurando la buonanotte a Mocciosus.
James fece l’occhiolino a Lily - sempre più rossa - e i quattro entrarono dal buco del ritratto. Prima che si chiudesse, Remus sussurrò un Finite Incantatem e rimosse la fattura di James.
Lily gli rivolse un sorriso incerto e aiutò Severus ad alzarsi.
Remus non ebbe il coraggio di ammettere a se stesso che non l’aveva fatto per qualche scrupolo di coscienza, ma per semplice e puro egoismo. Annullare l’incantesimo di Sirius era una specie di grama rivincita contro quell’assurda rabbia che gli si agitava nel petto.
















 

Angolo dell'autore
Molto importante: ho cambiato nickname da ClaireTheSnitch a rondini

Ok, non fucilatemi per la brevità terribile di questo capitolo. Vi assicuro che i prossimi sono molto, molto più lunghi ed interessanti. Ho bisogno di questo intermezzo pre-slash per prepararmi il terreno: di certo non si salteranno addosso da un momento all'altro, ma già nei prossimi mesi vedremo uno sviluppo radicale e ben orientato del rapporto tra Remus e Sirius.
Nel frattempo, cerco di delineare bene l'ambientazione e il contesto generale, dato che Sirius e Remus sono diventati amici proprio perché nel gruppo dei Malandrini. In questo capitolo compaiono appositamente Hogsmeade, tutte le Donne di Sirius Black (i cui cognomi sono parzialmente inventati, e parzialmente derivanti da qualche personaggio della Rowling), Lily Evans arrabbiatissima e Severus Piton coi suoi capelli unticci.

Spero di non avervi deluso e di aver reso abbastanza bene lo strano conflitto che sta letteralmente divorando Remus. Già da qui s'inizia a capire come sia lui il primo a rendersi conto del legame speciale con Sirius (una cosa che ho sempre creduto abbastanza coerente col carattere di entrambi).

Mi lasciate un commento? Cosa vi aspettate dai prossimi capitoli? E soprattutto, come vedete il rapporto attuale tra i due?

Claire 

 

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Capitolo 4
*** Essenza di Purvincolo ***


- Quattro -
Essenza di Purvincolo
 



Anno 1973, Natale (Quarto anno)
 
Lily Evans era un tornado di capelli rossi nella Sala Comune: non faceva altro che salire e scendere le scale del dormitorio, in preda al panico del ritorno a casa, ricordandosi di qualcosa all’ultimo secondo. Aveva le guance porpora e il fiatone quando urtò Sirius e fece cadere a terra una scatoletta di latta piena di matite colorate.
-Sirius!
-Buon Natale, Lily! – Sirius raccolse le matite e con un colpo di bacchetta le risistemò al loro posto.
-Anche a te. Scusa, sono di fretta. Dimentico un sacco di cose.
Sirius sollevò le mani in segno di resa e, ridendo, s’incamminò lungo le scale che portavano al dormitorio maschile. Tutti sembravano eccitatissimi di tornare a casa propria – come ogni anno, del resto – e invece per lui era davvero la prima volta.
Al primo anno, era tornato a Grimmauld Place durante le vacanze soltanto per sentirsi chiamare “disonore” e “traditore del tuo sangue” da tutta la famiglia, fatte le dovute eccezioni, e quindi aveva volentieri declinato l’invito nei due anni successivi. Senza dimenticarsi di spedire a casa due o tre Caccabombe di Zonko.
Quel Natale, però, sarebbe stato molto diverso: James l’aveva invitato a passare tutte le vacanze a Godric’s Hollow e lui pregustava quei giorni già da parecchio tempo, sperando con tutto il cuore che Remus e Peter potessero raggiungerli almeno per qualche sera.
Il baule era pronto da un’intera settimana e Sirius si sforzava fin troppo per nascondere un entusiasmo che reputava infantile; tuttavia rivolse un sorriso gigantesco a James e a Remus, che stava ultimando i suoi preparativi.
-Ho delle idee fantastiche per i nostri pomeriggi, Sirius.
Remus ridacchiò. –Oh, i vostri pomeriggi. Abbiamo già raggiunto questo livello, ragazzi?
Sirius si lanciò addosso a James e gli rubò gli occhiali. –Ah, siamo anche peggio. Avanti, quattrocchi, prova a riprenderti i tuoi cosi adesso che non vedi ad un palmo dal tuo naso.
-Sirius! Sirius! RIDAMMELI.
La scena era particolarmente divertente – era come guardare Sirius tornare ad un’infanzia che forse non aveva mai vissuto completamente. Era come vederlo giocare con un fratello e ridere fino ad avere il mal di pancia, le lacrime, la stupidità nella voce.
Gli altri due, ancora impegnati coi bagagli, non riuscirono a fare a meno di fermarsi ad osservarli, sorridendo invidiosi. Remus strinse a sé una pila di libri e distolse lo sguardo – erano così felici, e lui non c’entrava niente.



 
***


 
Il pollo ripieno della signora Potter era una leggenda culinaria e, come ogni leggenda culinaria che si rispetti, ogni anno era più buono e abbondante. Sirius aveva seppellito la faccia nel piatto e aveva deciso che per un po’ avrebbe soltanto ascoltato, ma sembrava che non fosse necessario: gli unici rumori erano quelli di mandibole e forchette, intervallati dagli occasionali frulli d’ali dei gufi in gabbia.
Remus aveva convinto i genitori a passare il suo primo pranzo di Natale fuori casa. L’impresa si era rivelata un po’ più complicata del previsto, dato che solamente due giorni prima c’era stato il plenilunio, ma Sirius aveva scritto personalmente alla signora Lupin sperticandosi in lodi sulle doti di tutti i Malandrini come infermieri.
Alla fine di uno scambio epistolare intenso e ossessivo, Remus era arrivato a casa Potter qualche ora prima, con un dolce impacchettato tra le braccia e un sorriso stanco e… bellissimo.
Sirius soffocò con il pollo e allungò le dita verso il bicchiere, disperato. Bellissimo, sì, aveva pensato proprio questo. Avrebbe dovuto fare qualcosa per quegli impulsi da poeta. Eppure, guardando Remus trangugiare il pranzo come un vero animale selvatico, non poté fare a meno di pensare che era tremendamente bello.
Ancora?
Cercò di scacciare quello strano ronzio di parole assurde svuotando un bicchiere di gazzosa.
Il signor Potter fece l’occhiolino a Sirius e gli versò due dita di vino. –Non diremo alla signora Black di questo, vero?
Sirius deglutì in fretta e rispose: -Non che le importi molto. Ho il permesso di ubriacarmi?
-Temo di no. – rimbeccò la signora Potter, scoccando uno sguardo di rimprovero che, non troppo stranamente, comprendeva anche James e gli altri ragazzi.
Dopo una manciata di secondi, infatti, esordì: -Dunque, cari, io non ho ancora dimenticato la lettera della professoressa McGranitt riguardante il vostro comportamento durante…
-Mamma. Per favore. – gemette James, con la bocca piena. –È Natale.
-Stai tranquillo, James. Non ho intenzione di rimproverarvi, e poi con te ho perso tutte le speranze. Vorrei solo che non trascinassi i tuoi amici e…
Sirius scoppiò a ridere. –Signora Potter, trascinarmi? Provo un immenso affetto per lei e non voglio sminuire suo figlio, ma se qui c’è qualcuno che trascina, quello sono io.
La signora Potter arrossì lievemente. Non importava l’età della signora in questione – il fascino di Sirius Black, un ragazzino sin troppo consapevole, colpiva indistintamente chiunque.
-Signora Potter, non avevamo pianificato tutto quel trambusto. – la rassicurò Remus, con una voce calda e quasi adulta che Sirius non ricordava.
Ed ecco, la magia aveva funzionato: James e Sirius facevano esplodere la bacheca di Grifondoro in mille coriandoli, trasformandola in uno stormo di pappagalli tropicali e colibrì così piccoli che s’infilavano nelle pieghe dei jeans, e Remus Lupin interveniva con la sua aria da bravo ragazzo.
All’improvviso, un corridoio trasfigurato nella foresta pluviale diventava un trambusto non pianificato.
Sirius rise tra sé, ammirato, e si bruciò la gola con quel vino così forte per non pensare che Remus aveva davvero dei begli occhi.
 


 
***

 
Sirius gettò la Gazzetta del Profeta sulle altre già lette e si alzò dalla sedia, pigro. La sua vescica aveva bisogno di sollievo da più di mezz’ora, ma aveva sonnecchiato accanto alle tazze della colazione in attesa che il bagno si liberasse; non sapeva chi l’avesse occupato dei suoi amici, ma sperava che in ogni caso non fosse rimasta troppa puzza.
Bussò alla porta. –Avanti, me la sto facendo sotto! Ci muoviamo?
-Sì, sì, due secondi!- gli rispose la voce di Remus, ovattata dalla porta di legno massiccio.
Sirius sbuffò. –Sei tu, allora! In quel bagno si possono fare tre cose, e sei incredibilmente lento per ognuna di quelle tre.
Sì udì un grugnito di disappunto. –Ti ho detto che ho quasi finito!
Sirius sentì la vescica mandargli pungenti segnali di protesta. Stringendo i denti e odiandosi per quello che stava per fare, spalancò la porta e fece per correre dov’era il wc, ma qualcosa di strano lo bloccò.
Remus non era nudo, né si stava lavando, o pettinando, o asciugando, o facendo qualunque cosa che Sirius avrebbe ritenuto plausibile.
Era lì, in piedi, coi pantaloni calati e in mutande, e sul lavandino giaceva una camicia bianca completamente zuppa di sangue. Dall’ultima costa, voltandosi verso l’addome ad arrivare quasi all’ombelico, una ferita rosso vivo spiccava sulla pelle quasi bianca di Remus.
Sirius inorridì e dimenticò totalmente perché si trovava lì.
-Che sta succedendo.
Remus lo guardò con aria colpevole.
La spugna che aveva in mano era imbevuta di Purvincolo e di sangue, e lui fece per tamponare ancora un po’; il taglio non sembrava profondo, ma era così grande che Sirius non poté fare a meno di immaginare Remus aperto in due, squarciato dai suoi stessi artigli durante la luna piena.
Dovette scuotere la testa per allontanare l’immagine e la strana sensazione pungente di alcune lacrime agli angoli degli occhi.
-Oh. Io… mi dispiace. N-non sono guarito bene. Ho avuto dei problemi con le medicazioni e questo bruciava e poi ho sporcato i vestiti e…
La mano di Remus iniziò a tremare. Un rivolo di sangue scivolò dalla bordo più superiore della ferita, e Sirius lo guardò raccoglierlo piano, stringendo i denti mentre la spugna sfiorava la pelle slabbrata.
-Scusa, Moony.
-Non serve che ti scusi.
-No, intendo che devi spostarti. – Sirius lo superò e si voltò per fare pipì. –Voglio aiutarti, assolutamente, ma la disinfezione con l’urina è un metodo un po’ sorpassato.
Dopo aver finito, gli si avvicinò e afferrò la boccetta di Purvincolo dal lavello. Svitando il tappo, osservò meglio le condizioni di Remus, e non ci volle molto per capire che quella spugnetta da doccia era appena sufficiente a fermare l’emorragia.
Sospirò e lo guardò con aria esasperata.
-Perché non hai chiesto aiuto?
-Perché io ho sempre bisogno d’aiuto.
-Anche psichiatrico, a quanto vedo.
-Sirius, dai, non farmi la predica. Fa già abbastanza schifo così.
L’altro fece spallucce, senza togliere gli occhi dai suoi, e assunse improvvisamente un tono pratico ed esperto. –Entra nella doccia.
Remus avvampò nonostante il dolore mandasse fitte ad intervalli regolari. –Cosa?
-Puoi tenere le mutande, lupacchiotto. Dobbiamo soltanto lavare la ferita prima che l’infezione peggiori, e poi versarci sopra il Purvincolo. Brucerà un sacco e sarà meglio che ti regga a me.
 
A fatica, Remus camminò verso la doccia e s’infilò al suo interno, gemendo di dolore. Sirius aprì l’acqua e ne provò la temperatura, prima di dirigere un getto leggero ma deciso lungo tutto il margine della ferita. La mano di Remus strizzò la sua spalla con tanta forza che le unghie penetrarono nella carne, ma Sirius ignorò il dolore e sciacquò con attenzione il sangue secco e piccoli grumi neri dove la carne era più martoriata.
Lo guardò piegarsi in due, vide il suo sudore freddo, lo sentì imprecare e balbettare cose senza senso. Aveva gli occhi annebbiati.
-Ok, Remus. Ora mi fermo. Respira profondamente prima che riparta con questa. – sussurrò, agitando la bottiglietta piena di Purvincolo.
Moony cercava di nascondere il fiato corto e le lacrime trattenute a forza, ma era quasi impossibile. Il suo viso stanco diventava più pallido ad ogni secondo.
-Non svenire qui, per favore. – si raccomandò Sirius, passandogli un braccio attorno alle spalle ed entrando con un piede nella doccia. Remus era più alto e pesante di lui, e non sarebbe stato semplice sorreggerlo senza peggiorare la ferita.
-Allora,- esordì Remus con un tono forzatamente casuale, -Com’è che sai tutte queste cose sulle ferite?
-Ho letto dei libri in merito.
-Libri Babbani?
-Anche quelli. – Sirius vide Remus riprendere un po’ di colore, e continuò: -Cercavo un metodo efficace che mi permettesse di infastidire mia madre e contemporaneamente di aiutare un amico senza far magie illegali.
Remus si lasciò sfuggire una risatina un po’ tremolante. –Ah, capisco. Libri Babbani sotto il naso della signora Black in persona: il sogno di una vita.
-In realtà ero più interessato ai tuoi pleniluni violenti.
-Credevo che fossimo tutti d’accordo a chiamarlo piccolo problema peloso.
-Continua a parlare.
-Cosa?
Sirius iniziò a versare l’Essenza di Purvincolo e Remus emise un mezzo grido. –Continua a parlare, ho detto. Ti distrae.
Remus cercò di obbedire con tutta l’energia che gli era rimasta. Sentì vagamente il sapore del pranzo ritornargli in gola, ma lo ignorò e si frugò la mente alla ricerca di qualcosa che non fosse male, male, male, quanto fa male.
-So che l’hai fatto per me. So che dev’essere uno schifo avere un amico che diventa un mostro una volta al mese. Un mostro vero, intendo. Ma sembra che per tutti voi non sia un problema.
-Oh, sì che lo è.- ribatté Sirius, mentre il Purvincolo gli macchiava i vestiti. –Il piccolo problema peloso, si chiama così, giusto?
Remus si lasciò sfuggire uno sbuffo impaziente. –Dai, Black, sai che intendo.
-Ma certo, Lupin.
-Sono stato morso da bambino. Non ricordo nulla di quel giorno, se non tanti piccoli dormiveglia intervallati da momenti in cui desideravo morire.
Il volto di Sirius perse tutta l’aria allegra e spensierata. Tappò il flacone e iniziò a fasciare Remus con delle bende pulite, senza interromperlo.
-La prima trasformazione che ricordo è avvenuta in camera mia. Avevo visto mio padre barricare la porta con delle assi e alcuni incantesimi, come se fossi un mostro da imprigionare. Lo faceva per me, ora lo so, ma a quell’età capivo soltanto che non mi volevano. Ho distrutto l’armadio e ucciso il canarino. Avrebbero dovuto tenerlo lontano da me.
Il silenzio, nelle pause, era un’entità palpabile, squarciata dallo stillicidio del rubinetto.
-Ogni mese ho una nuova cicatrice. E sai qual è la cosa peggiore, Sirius? – gli domandò, buttando la camicia nei panni sporchi e infilandone una pulita.
Sirius non rispose e lo fissò di rimando.
-Sono sempre isolato, quando mi trasformo, in modo da non poter far del male a nessuno, e quindi finisco per farne a me stesso. Ma il disgusto, la mostruosità vera, è che quando sono il lupo io desidero avere qualcun altro a cui squarciare la pelle. Il lupo sono io. E non ferisco me stesso per qualche assurda forma di tormento interiore: vorrei davvero avere una vittima da uccidere.
Sirius non sapeva cosa dire e si limitò a toccare, tremante, una spalla di Remus. Lui si ritrasse dal contatto, improvvisamente sull’orlo delle lacrime e molto rabbioso.
-Sono stanco della pietà.
-Non ti sto compatendo.
-Hai paura di me?
-Sei pallido e ferito e leggi libri da femminuccia. Ho paura di te?
Remus non si curò della lacrima che, solitaria, scese lungo la guancia sinistra. –Sarebbe stato meglio morire dopo che quel licantropo mi…
Sirius afferrò Remus per la collottola e lo trasse a sé, furioso. –Non finire la frase, se non vuoi essere picchiato qui come un bambino. Non ho paura di farlo.
Remus gli era così vicino che riusciva a vedere ogni piccolo dettaglio sul suo volto, sulle sue labbra screpolate, e sentiva le guance inondate dal calore del respiro di Sirius. Trattenne il fiato, quasi spaventato da ciò che vedeva in quegli occhi.
Sirius lo lasciò andare bruscamente e aprì la porta del bagno per andarsene. –Vaffanculo, Remus. Davvero, vaffanculo.
 

 
***


Le vacanze di Natale terminarono in fretta – l’ultimo giorno fu tutto un copiare convulso di compiti e temi tra James e Sirius, sotto lo sguardo di disapprovazione della signora Potter, che continuava però a viziarli con biscotti e cioccolata a qualunque ora e a riempirli di complimenti.
-Mamma, io e Sirius stiamo cercando di parlare.
La signora Potter sorrise amabilmente. –Per questo vi ho portato il tè. Dovrei spolverare qui in camera tua, James, se solo…
-Domani riparto per Hogwarts. Potrai fare tutte le pulizie che vorrai.
Sua madre sbuffò e uscì dalla stanza, senza dimenticarsi di chiudere la porta alle proprie spalle. Era invadente come nemmeno la madre di Sirius era mai stata, ma non dimenticava mai nulla che riguardasse James. Probabilmente era uno dei vantaggi di essere figlio unico.
-Di cosa esattamente vorresti parlarmi, Sirius? – gli domandò James, scottandosi la lingua con il tè.
-Remus.
-Ho notato gli sguardi tra voi. È rimasto solo due giorni, ma sembrava che non vedesse l’ora di andarsene dopo la prima sera.
-Abbiamo avuto un piccolo scontro in bagno.
James crollò sul letto, sbadigliando. –Immaginavo. Non siete mai stati pacifici. Cioè, Moony lo è, e invece tu non lasci in pace nessuno.
Sirius scosse la testa come se quelle parole non avessero importanza. – Ascoltami, James. Ricordi quella cosa che avevamo provato lo scorso anno, con scarsi risultati?
-Entrare nell’ufficio di Lumacorno e rubargli i liquori?
Sirius tacque, esterrefatto da quell’improvvisa stupidità. –No, James, io mi riferisco a…
James scoppiò a ridere. –Sì, sì, ho capito. Stai tranquillo, stavo solo cercando di scherzare. È un po’ che ti vedo cupo.
Si risollevò a sedere e lo guardò fisso, sistemandosi gli occhiali sul naso. –Cosa ti fa credere che siamo in grado di diventare Animagi ora?
-Nulla. Non ora. Siamo dei ragazzini che non hanno ancora preso i G.U.F.O. E qui l’esperto di Trasfigurazione sei tu. Ma se solo continuassimo ad esercitarci, e studiare, magari ci riusciremmo prima di finire Hogwarts.
-Non lo so, Sirius. È magia complicata. Credi di avere le stesse capacità della McGranitt?
Sirius ghignò, nel tentativo di imitare in qualche modo il suo solito sorriso sprezzante. Tutto quello che James scorse, però, fu una smorfia di preoccupazione.
-Merlino, che succede? – lo rimbeccò, - Che cosa vi siete detti tu e Remus?
-Mi ha detto delle cose. Sui licantropi. Insomma, su quello che diventa quando si trasforma. – Sirius giocherellò con un buco nella maglietta, - Credo che abbia bisogno di compagnia durante la trasformazione. Si ferisce. Sempre peggio. E lo so che ci abbiamo già provato, lo so che abbiamo già fatto questo tentativo per lui, ma dovremmo impegnarci di più.
-Per me va bene. Sono io il migliore in Trasfigurazione, qui. Adesso levati dalla faccia quell’espressione da funerale, o ti affatturo.
 
Sirius si arrampicò sul gigantesco letto a baldacchino del dormitorio. La cena di ritorno a Hogwarts era stata un tripudio di cioccolata fusa e dolci stranieri, e la sua testa era quasi stordita dagli zuccheri.
Con gli occhi semichiusi e pesanti, aprì un cassetto del comodino e rovistò per qualche secondo, alla ricerca di un libretto dalle pagine vuote ma rovinate. Esattamente a metà, c’era un bigliettino tutto spiegazzato.
 
Sirius – Padfoot
James – Prongs
Peter – Wormtail
 
Accanto ad ogni soprannome – su cui avevano speso ore di incessanti cambiamenti – era disegnata piuttosto grossolanamente la forma di un animale. Sopra al nome di Sirius, c’era un cane, poi un grande cervo con delle corna ancor più estese sulla pagina – megalomane, James! – e un topolino con una coda troppo lunga per Peter.
Avevano usato mille formule di Aritmanzia per calcolare coordinate, ascendenti, probabilità su qualsiasi frangente potesse riguardare la loro nascita e avevano tutti individuato il loro animale ideale su un libro disgustoso e muffito intitolato Trasfigurazione umana: un’applicazione pratica; tuttavia, quando poi erano giunti al risultato giusto, era come se avessero sempre saputo la risposta dentro di loro. Nessun altro animale sarebbe mai stato più adatto a ciascuno dei tre, e Remus poteva anche tenersi quel suo stupido soprannome.
Moony, pensò Sirius, con lo stomaco stranamente stretto. Il mio nome resta sempre il migliore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 






 

"Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!"

Bene, eccomi qui con il quarto capitolo di questa long.
Spero di non avervi deluso, anche se l'ultimo capitolo non ha avuto poi così tanti riscontri positivi. 
Ringrazio tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, le seguite e le ricordate: se ognuno di voi lasciasse una recensione sareste il mio esercito privato!
*si sfrega le manine*
Oh, avanti, è quasi Natale, e far felice una testa vuota come me non è poi così difficile!

Nel prossimo capitolo avremo una vera e propria bomba, perciò continuate a seguirmi e non dimenticate di commentare!

Baci e buone feste,
Claire.

(avete fatto l'albero? cosa volete per Natale?)

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Di testosterone e Pozioni ***


- Cinque - 
Di testosterone e Pozioni
 

 
Anno 1974, febbraio (quarto anno)
 
Remus si svegliò col sole che pizzicava sotto le palpebre. Aveva le labbra così secche che respirare gli faceva male, e sentiva chiaramente una stretta fasciatura sopra il ginocchio.
Allungò la mano verso il comodino e lo tastò alla ricerca della brocca d’acqua che Madama Chips lasciava sempre accanto al letto. Ne bevve alcuni sorsi e collassò di nuovo sul cuscino.
Erano le sei del mattino e solo dieci minuti dopo Sirius, James e Peter fecero il loro ingresso in infermeria, sorridenti e assonnati.
-Buongiorno, signor Lupin. – esclamò James, scompigliandogli i capelli.
-Remus, ti abbiamo portato una frittella.- sussurrò Peter, allungandogli un pacchettino di stoffa.
-Grazie.- la posò sul comodino, -Non ho molta fame ora.
Remus guardò Sirius, che era rimasto in silenzio e si limitava a fissare il pavimento muovendo nervosamente i piedi; prima che potesse dire qualcosa, Madama Chips entrò di tutta fretta e si fermò immediatamente quando li vide.
-Tre visitatori! – scosse la testa ma non li cacciò via. –A voi ragazzi non piace più dormire?
-Ci sono così tante cose da fare al mattino! – la prese in giro James, con tono sognante.
-Ad esempio, il caro signor Lupin deve mandare giù tutto questo bicchiere di Pozione Rimpolpasangue. No, no, non si metta seduto o la legherò al letto.
Madama Chips tenne Remus fermo in posizione sdraiata e porse il bicchiere a Sirius, che era il più vicino al letto.
-Faccia lei, signor Black. Io devo dare un’occhiatina a queste ferite. – gli ordinò, sfoderando la bacchetta come se fosse una spada e alzando le lenzuola per scoprire la gamba di Remus.
Sirius si avvicinò all’amico reggendo la pozione tra le mani. Passò una mano dietro la nuca di Remus e lo sollevò lentamente, mentre lui si sporgeva per bere; quando ebbe finito, con un’espressione ancora disgustata, gli domandò: - Allora, Sirius, come mai sei così silenzioso oggi?
Sirius si schiarì la voce. –Niente. Ieri sera ero un po’ preoccupato.
James sospirò, visibilmente imbarazzato, e rivolse l’attenzione a Madama Chips, che con qualche colpo di bacchetta rimarginava i tagli rimasti sulla gamba di Remus, che nel frattempo fissava il bicchiere in mano a Sirius come se fosse la cosa più interessante della stanza.
-Preoccupato. – sbottò. –Preoccupato?
James cercava di toccare Sirius senza farsi vedere da Remus. Doveva avvertirlo. Forse Sirius non se n’era accorto, ma Remus aveva la radicata abitudine di squadrare chiunque dalla testa ai piedi e di sicuro aveva notato quel dettaglio.
Madama Chips sbuffò, sentendo guai nell’aria, e se ne andò borbottando qualcosa che somigliava fin troppo a “Drammi inutili”.
-Sirius, credo che dovresti sistemarti la camicia…- esordì James, titubante.
-E perché dovrebbe? – sibilò Remus, perfido. –Quel bellissimo succhiotto viola è un orgoglio, no? Lo indossi come una spilla, Sirius, non è vero?
Sirius avvampò e si alzò il collo della camicia più in fretta che poté. –Remus, questo non…
-Non dire che non c’entra. Eri preoccupato? Di solito vai in giro a pomiciare quando sei preoccupato?
-Andiamo, Remus, sono stati al massimo dieci minuti.
James intervenne prontamente. –Posso confermare, non è stato via molto con Susan.
-Dieci minuti. – ripeté Remus, freddamente. –Certo. Molto poco per i tuoi standard.
Sirius strinse i pugni. Remus lo stava provocando, glielo leggeva negli occhi, e per ragioni a lui sconosciute: era davvero così sbagliato lasciarsi baciare un po’, per dimenticare che era il plenilunio e che sarebbe potuto accadere il peggio a uno dei suoi migliori amici?
Remus capiva queste cose. Era il primo a scusarsi per la sua condizione, anche se non ne aveva bisogno, ed era il primo a protestare quando passavano troppo tempo in infermeria con lui.
Eppure adesso aveva i lineamenti duri, offesi, e fissava il collo di Sirius con aria disgustata.
-Moony…
-Stai zitto.
-Che ti prende? Non è la prima volta che vado in giro con un succhiotto. Non è che la vita degli altri semplicemente si ferma quando c’è la luna piena, smettila di pensare che il mondo giri attorno a te!
James gemette, disperato. –No, Remus, Sirius non intendeva dire questo.
-Invece sì! – rincarò Sirius, -Stiamo tutta la notte alzati a preoccuparci e a pensare che stavolta forse ti ferirai a morte, poi io esco dieci minuti per distrarmi e tu hai questa specie di attacco isterico.
-Delle volte penso che tu faccia finta, Sirius.
-Delle volte penso che tu sia un idiota, Moony. Torna pure sotto le coperte a pensare a quanto io sia brutto e cattivo. Mi hai stancato.
Se ne andò dall’infermeria in fretta e furia, lasciando James e Peter sgomenti e Remus ancora più furioso.
 
Sirius sbraitò la parola d’ordine alla Signora Grassa, che ruotò con un malcelato “piccolo ingrato capellone”, e si gettò su una poltrona della Sala Comune deciso a non presentarsi a lezione, quel giorno.
Voleva evitare gli sguardi di James, le domande quiete di Peter. Voleva evitare di accompagnarli in infermeria durante la pausa pranzo, solo per vedere Remus fissarlo ancora con quegli occhi di granito.
Sferrò un pugno all’imbottitura della poltrona e lanciò un urlo liberatorio.
Lo odiava per essersi comportato in quel modo. E odiava se stesso per avergli detto quelle cose orribili. Avrebbe voluto cancellare l’ultima mezz’ora, ma come sarebbe andata?
Non aveva nessuna intenzione di giustificare il suo succhiotto come avrebbe fatto con un genitore severo. Remus era suo amico e avrebbe dovuto semplicemente accettare il fatto che certe distrazioni gli fossero necessarie.
Non che avesse molta voglia di rivedere Susan, ad essere onesto. Sirius ne aveva avuto abbastanza di quei baci esagerati e famelici, e in quel momento aveva solo bisogno di pensare ad altro e di non vedere nessuno.
Appellò dal dormitorio tutti i libri che lui, James e Peter stavano usando per capire qualcosa di Animagi, e aprì il primo. Avevano provato molto, l’anno prima, purtroppo senza troppo successo: James era riuscito a trasformarsi le mani in zoccoli, Peter s’era fatto spuntare un nasino glabro e Sirius una coda nera.
Nonostante avessero continuato a tentare per molti mesi, non erano andati oltre quei miseri progressi, e avevano faticato altrettanto negli ultimi giorni per riuscire a farne ancora.
Quel giorno, Sirius Black saltò le lezioni per studiare su altri libri: la bravata gli valse tre giorni di punizione con Gazza, ma lui era pronto a giurare che il suo olfatto fosse incredibilmente migliorato.
E la sua coda era morbidissima.

 

 
***



Anno 1974, marzo
 
Remus e Sirius avevano semplicemente lasciato cadere l’argomento della loro ultima lite e, con gran sollievo di James e Peter, avevano seppellito l’ascia di guerra. Era molto più facile, ora, parlarsi durante le pause serali, e soprattutto James poteva ricominciare a blaterare di Lily Evans ogni volta che voleva.
-Continua a frequentare quel malato di Mocciosus, vi rendete conto? – disse, per quella che doveva essere la decimillesima volta. – Siate onesti con me. Secondo voi c’è qualcosa tra loro?
Sirius seppellì il viso in un cuscino. Erano tutti radunati sul letto di James e innumerevoli carte di Cioccorane e Zuccotti di Zucca erano sparse sul piumone.
-James, non c’è niente che lo farebbe supporre. – commentò Remus, placido. Voltò un’altra pagina del libro Babbano che stava leggendo e continuò: -Se fosse così, non ci sarebbe nessun problema a mostrarsi e a dirlo in giro, nessuno dei due è già impegnato.
-Logico. – concordò Peter. –Sono solo amici. Quando Lily stava con quel Battitore di Corvonero, un paio di mesi fa, si sbaciucchiavano dietro ogni statua.
James emise un lamento e scartò un’altra Cioccorana, ficcandosela in bocca con furia per compensare il suo cuore infranto. –Non riuscirò mai a conquistarla.
-Sei pietoso, James. – borbottò Sirius, la voce ovattata dal cuscino. –Smetti di passarti la mano tra i capelli e vedrai che le starai più simpatico.
-Lei vorrebbe che smettessimo con gli scherzi a Mocciosus.
-Fuori questione. – sentenziò Sirius, ricordando con un sorriso compiaciuto i capelli di Mocciosus, coperti di Puzzalinfa proprio mentre esponeva la sua relazione di Pozioni di fronte a Lumacorno.
-Anche per me. Come può non vedere che è un tale idiota.
-Forse, e dico forse, Lily vede in lui qualcosa in più. Noi non conosciamo Mocciosus. – Remus, poi, vedendo le facce disgustate degli amici, si affrettò ad aggiungere: -Insomma, James, potresti almeno evitare di abbassargli i pantaloni proprio mentre stai chiedendo a Lily di uscire.
-Già, piccolo James. Non è carino mostrare le mutande di un altro alla ragazza che dovrebbe vedere le tue. – Detto questo, Sirius scoppiò a ridere e lanciò una gelatina verso James.
Remus sospirò e voltò un’altra pagina.
-Ehi, Moony, quello è il libro che ti ha prestato Sirius? – domandò Peter, occhieggiando la copertina.
-Già. – confermò Sirius, orgoglioso. –Gli ho detto di iniziare con The Tell-tale heart, di Edgar Allan Poe. (*)
James inghiottì il resto delle gelatine. –Che roba è?
-Un racconto horror. Che voi non mi state facendo apprezzare.
-Scusi tanto, signor Moony. Vuole del tè, magari? Una copertina sulle gambe?
-Io non sono noioso!
Sirius ridacchiò. –Oh, no. Certo che no.
Prese tra le mani la testa di Remus e ficcò il naso tra i suoi capelli, sentenziando: -L’odore è proprio quello. Libri, polvere, noia.
-Sirius!
James scoppiò a ridere. –Oh, accidenti, mi sa che sei riuscito ad offendere Moony.
L’altro, per tutta risposta, chiuse il libro di scatto e incrociò le braccia. –Non mi sto offendendo. Vorrei riuscire a leggere in pace senza che questo animale mi annusi come se fossi un osso.
-Un ottimo osso. – aggiunse Sirius, scompigliandogli i capelli.
-A proposito di animali! – sbottò Peter. –Dobbiamo trovare una sera in cui siamo tutti liberi, per poterci esercitare ancora un po’.
James s’immobilizzò sul posto, gli occhiali in una mano e l’altra intenta a pulirli con un fazzoletto.
Sirius emise un gemito disperato, come un cane lasciato solo.
Remus lasciò cadere il libro di racconti sul pavimento. –Animali? Esercitarvi? State ancora sperando di riuscire in quella cosa assurda e illegale?
-Oh, no. – mormorò Peter, cercando qualche riparo dagli sguardi assassini di James e Sirius.
-Quella cosa illegale da cui io vi avevo indiscutibilmente – parole di Sirius Black, qui – distolto? Quella cosa illegale che mi avete promesso di non continuare?
-Andiamo, Remus. – tergiversò Sirius, tentando un sorriso. –Non è illegale finché non ci riusciamo. Gli Animagi devono tutti essere registrati, certo, ma nessuno di noi lo è ancora.
-NON FARE RETORICA CON ME, IDIOTA! SIETE PAZZI!
-Ah, Moony, ti prego, niente sbalzi di testosterone proprio ora. – lo implorò James, a metà tra il colpevole e il divertito.
Sirius colse la palla al balzo. -Già, James ha ragione, potrebbe crescerti la barba tutto d’un colpo e allora…
-NON E’ IL MOMENTO DI FARE BATTUTE, D’ACCORDO?
-Hmm.
James giocherellò con un buco nel pigiama. –Come vuoi. Continua pure a gridarci addosso. È eccitante.
Remus avvampò. –DOVREI UCCIDERVI TUTTI. PICCHIARVI.
-Moony… - sussurrò Peter, tremulo, toccandogli una spalla. –Noi vogliamo farlo per te.
Remus sbuffò, sentendosi terribilmente sfortunato ad avere come amici gli studenti più brillanti di Hogwarts. Avrebbe tanto voluto puntare la bacchetta su tutti e tre e Obliviarli per bene, ma sapeva che non aveva nessuna possibilità di batterli, anche se la sua natura di licantropo presupponeva una certa forza fisica che agli altri mancava.
-Ho bisogno di stare da solo. – sbottò, alzandosi dal letto. –Vado alla torre di Astronomia.
-No, Remus. – lo supplicò James. –Gazza sta ancora cercando i responsabili dell’incidente con i quadri dell’ultimo piano. Sta pattugliando come non mai.
-Be’, ma i responsabili siete voi.
Sirius roteò gli occhi. – Non ti è ancora chiara l’idea di innocenza fino a prova contraria, vero?
-Quello che mi è chiaro, Sirius Black, è che non voglio più sentire il tuo odore di cane bagnato finché non mi sarà passata la voglia di ucciderti con le mie stesse mani!- sbottò, e detto questo si chiuse la porta del bagno alle spalle, con un gran rumore di serrature cigolanti.
 


 
***


 
Qualche giorno dopo, in preda ad un ripasso di Pozioni per un compito particolarmente difficile, Madama Pince si trovò costretta a fronteggiare un sovraffollamento della biblioteca che mai aveva visto nella sua pluridecennale carriera.
Corvonero e Grifondoro, che condividevano le ore di Pozioni al quarto anno,  avevano letteralmente inondato i tavoli di appunti, libri, pergamene stropicciate e innumerevoli piume imbevute d’inchiostro che talvolta scrivevano da sole. In mezzo a tutto quel caos, tuttavia, Madama Pince manteneva il suo consueto occhio vigile: aveva già punito parecchi studenti sorpresi con panini e cibo di varie sorti – dieci, trenta, cinquanta punti in meno! – e sequestrato diversi libri che erano stati insozzati da appunti o sottolineature. Il suo lavoro era una vocazione.
Remus Lupin era chino su un lungo rotolo di pergamena che arrivava fino al pavimento e cercava di isolarsi, nonostante il suo tavolo fosse insolitamente pieno; aveva scritto quel saggio ad ottobre, e sapeva benissimo che gli sarebbe tornato utile alla fine di quel trimestre. Queste piccole accortezze, invece, sembravano sfuggire totalmente alle menti di James e Sirius, che si appollaiavano ogni santo pomeriggio in biblioteca soltanto perché ci andava anche Remus, ma passavano il tempo a scribacchiare svogliatamente e a passargli bigliettini di tutti i tipi.
 
Non ti fa male la schiena a star sempre chino?
- J. P.
 
Guarda verso di noi ogni tanto, potremmo aver dubbi sulla nostra effettiva concretezza ontologica.
- S. B.
 
Non pensavo conoscessi la parola “ontologica”.
- R. L.
 
Questo qui sei tu.
- J. P.
Poco sotto, il disegno semovente di un Remus stilizzato che sbatteva violentemente la testa sul tavolo fino a perderla completamente.
 
No, James, questo qui è Remus.
- S. B.
Il disegno di James era stato modificato con l’aggiunta di due enormi baffi e degli occhialetti a mezzaluna simili a quelli del professor Silente.
 
Remus alzò la testa dai libri, perplesso, e guardò i due amici che sghignazzavano tra loro. Aveva soltanto un paragrafo da rileggere: perché non potevano aspettare per altri cinque minuti e poi salire con lui nella Sala Comune, dove avrebbero potuto fargli tutte le battutine che volevano?
Sbuffò impercettibilmente, pensando a quello che James, Sirius e Peter combinavano di sera, quando lui studiava lontano dal dormitorio. Era quasi sicuro di aver visto una coda scura spuntare dal didietro di Sirius, ma non poteva esserne certo – era sempre così buio quando si metteva a letto.
Sottolineò una frase che gli sembrava importante ma che non aveva realmente letto, e si frugò le tasche alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. Sentì il familiare sfrigolio della confezione delle Cioccorane e, soddisfatto, prese a scartarne una, mentre la bocca gli si riempiva d’acquolina.
-SIGNOR LUPIN, CHE COSA STA FACENDO?
Remus rimase a bocca semiaperta, con la Cioccorana per metà morsa in mano, e fissò Madama Pince che si avvicinava a lui con la velocità di un fantasma. Sembrava non avesse le gambe.
-Merlino, mi dispiace! Mi sono dimenticato…
-Non chiedere scusa a Merlino, chiedi scusa a me e a queste povere pagine! – sibilò, sfilandogli da sotto le mani il libro che stava usando per approfondire. –Fuori di qui, se non vuoi che tolga punti alla tua Casa. Fuori con quella cioccolata!
James e Sirius fissavano la scena basiti. Non era mai accaduto che Remus dimenticasse una regola, e ora invece Madama Pince lo sgridava come una matricola del primo anno che credeva di farla franca.
Remus si alzò in fretta e uscì quasi correndo, rosso in viso e così pieno di vergogna che non riuscì neppure a chiudere la borsa, e un intero calamaio pieno d’inchiostro si rovesciò sul pavimento, inondando delle belle scarpe nere e lucide.
Remus sollevò il viso, terrorizzato.
Lily Evans lo fissò di rimando, i capelli rossi legati in una treccia. –Ehi, Remus! Reparo. – Con un colpo di bacchetta, il calamaio tornò integro. –Che succede?
Poi vide James e Sirius raggiungerli, e le scappò una smorfia infastidita.
-Finalmente anche tu scappi da Potter? – domandò, acida.
-No, in realtà Madama Pince mi ha cacciato. – Remus si grattò la testa, palesemente in imbarazzo. –Sai, cioccolata. La odia.
Lily scoppiò a ridere. –Il ripasso di Pozioni ti dà alla testa?
 
James diede una gomitata a Sirius e scandì, impercettibilmente: Ma da quanto tempo si parlano?
Sirius gli sussurrò: -Sono due secchioni. Da sempre, credo. Passano le pause a discutere di Pozioni e robaccia varia.
James deglutì pesantemente e fissò Lily con lo sguardo che chiunque avrebbe dedicato ad una gigantesca torta multipiano.
 
Remus fece spallucce. –Direi di sì, Lily. Sono nervosissimo.
-Lo stesso vale per me, sono esausta. – concordò, sorridendo in un modo che fece tremare le ginocchia di James. –Facciamo una cosa, allora. Io e te, domani, passeggiatina a Hogsmeade. Ci stai?
Sbattendo le palpebre in modo chiaramente idiota, Remus esalò: -Ma… intendi… cioè, come amici, giusto?
Lei rise, e scoccò un’occhiata di sfida a James. –Be’, Remus, si parte sempre solo come amici, no?
Entrò in biblioteca con i libri stretti al petto e un sorriso furbo che non accennava a sbiadire.
 


 
***
 


-Sarà meglio per te che non la baci. – sibilò James, prendendo Remus a braccetto e scortandolo verso la Sala Grande per la colazione.
-Rilassati, non succederà. – gli ripeté lui, per l’ennesima volta. –Ora, per favore, lasciami un po’ in pace. L’appuntamento è oggi pomeriggio.
-Ha! Vedi? Lo chiami appuntamento.
-Abbiamo fissato una data e un luogo per incontrarci. Come altro dovrei chiamarlo?
James rimase interdetto. –Io… insomma… Be’, è un’uscita senza impegno tra amici che resteranno tali.
Remus sbuffò e roteò gli occhi.
Sirius si fiondò su una sedia e si servì di uova al tegamino. –Allora, Moony, cosa indosserai alla tua Uscita Senza Impegno Tra Amici Che Resteranno Tali?
-Qualcosa di… amichevole?
-Niente che ti faccia sembrare sexy. – intervenne James.
-Allora dovrò dire addio al vestitino rosso, temo.
Sirius e Peter scoppiarono a ridere, mentre James forzò un sorrisetto teso.
La testa rossa di Lily Evans fece capolino proprio in quel momento dalla porta d’ingresso della Sala Grande: la ragazza rideva con altre due amiche, una Grifondoro con un caschetto cortissimo e una Corvonero piuttosto alta che probabilmente giocava a Quidditch.
Quando Lily vide Remus, lo salutò allegramente con la mano e si sedette a far colazione lontano dai Malandrini e versandosi un’immensa tazza di latte bollente.
-Ha salutato solo te. – sentenziò James, quasi stesse comunicando una condanna a morte.
-Tu le parli soltanto per ridicoli soprannomi, James, o insultando Piton.
-Ah, così ora sei tu quello che ci sa fare con lei? – sbottò. –A quanto pare è così, dato che ha scelto di uscire con te!
-James, io non provo niente per Lily.
-Ma forse Lily prova qualcosa per te!
Sirius lasciò perdere le sue uova per intervenire. –James, non fare l’idiota che già sei. È ovvio che Remus non toccherà, bacerà o palpeggerà Lily Evans, e…
-Nessuno ha mai parlato di palpeggiare. – disse Remus, molto calmo.
-…e sicuramente non la farà innamorare, ben sapendo che tu ti butteresti dalla Torre di Astronomia in caso lo facesse. – continuò Sirius.
James strinse gli occhi e lo fissò, truce. –Non prima di aver spinto giù lui.
Con una risata sommessa, Remus tornò alla colazione e al pensiero del compito imminente; in men che non si dica, i Malandrini e gli altri studenti interessati erano nei sotterranei a disporsi di fronte ai loro calderoni, mentre Lumacorno si strofinava le braccia in preda ai brividi.
-Questo postaccio… i miei reumatismi, le mie povere ossa… - agitò la bacchetta in aria e spedì ad ogni studente un foglio con alcune domande. –Questo compito si svolge in due parti: la prima è teorica, e serve a valutare quanto effettivamente abbiate appreso finora. La seconda, alla quale potete partecipare solamente se la prima è stata superata, consiste nella preparazione di una Pozione Invecchiante che testeremo su un girino.
Una ragazza Corvonero alzò la mano. –Che succede se non superiamo la prima parte?
-Avrete una prova supplementare lunedì prossimo, ma spero che nessuno sia tanto crudele da farmi alzare presto per venire quaggiù.
Dopo poche altre spiegazioni, il silenzio calò sulle loro teste e l’aria si riempì degli scricchiolii delle piume, finché il professor Lumacorno non esclamò: -Giù le piume!
Raccolse tutti i compiti e, nel giro di un paio di minuti, una manciata di piume al suo servizio corresse ogni domanda.
-D’accordo, Flitwick, come hai fatto a prendere di nuovo T?
Jane Flitwick, una Grifondoro dall’aria esausta, crollò sulla sedia con aria affranta e strinse il compito tra i pugni. Si alzò e salutò Lumacorno. –A lunedì. Sono desolata.
James e Sirius avevano entrambi preso Eccezionale e, incredibilmente, avevano fatto proprio lo stesso errore sulla domanda numero tre; Peter se l’era cavata con un Accettabile e anche Remus, con una grande ‘A’ stampata sulle prime due domande, poté ritenersi fortunato. Pozioni non era mai stata la materia giusta per lui.
-Gli ingredienti che vi serviranno per la Pozione Invecchiante sono già accanto al calderone. Buon lavoro!
 


 
***



James e Sirius uscirono dai sotterranei prima di Remus e Peter. Sirius aveva ottenuto una Pozione Invecchiante così potente che il suo girino era quasi un rospo in punto di morte, e anche James aveva passato brillantemente il compito, nonostante i suoi pensieri fossero orientati su ben altre preoccupazioni.
-Sirius, dobbiamo fare qualcosa. Per Lily e Remus, intendo.
-Non vorrai…
-Sì.
-James. Non credo che tuo padre voglia che tu usi così il suo regalo di Natale.
Lui fece spallucce. –Non è che sia proprio un regalo di Natale. È un’eredità, sarebbe stato mio comunque. Tarantallegra!
Alla parola d’ordine, la Signora Grassa roteò su se stessa e li lasciò entrare nella Sala Comune di Grifondoro, occupata dai ragazzi del quarto anno che avevano finito presto e che approfittavano della breve pausa prima delle altre lezioni.
-Andiamo a prenderlo. Dovrò averlo già con me prima che escano.
Sirius roteò gli occhi, esasperato dall’ossessione dell’amico; era certo che Remus non avrebbe mai combinato nulla con la Evans, ma c’era qualcosa di assopito nella sua mente che gli faceva comunque desiderare di dare un’occhiatina.
Allo scopo, James aveva deciso di usare lo straordinario regalo di Natale che aveva ricevuto da suo padre: un Mantello dell’Invisibilità a tutti gli effetti, dall’aspetto lucido e setoso, che non aveva ancora utilizzato per altri scopi se non quello di gironzolare per il castello a tarda notte.
Nel dormitorio, James lo provò un paio di volte per farsi ammirare da Sirius – che, a rigor di logica, non vedeva assolutamente niente da ammirare – e poi lo infilò nella tasca dell’uniforme con aria trionfante.
-Gli amici prima di tutto, no? – sussurrò James. –Controlliamo che anche per Remus sia così.
 







 

Buon pomeriggio a tutti, eccomi qui ad aggiornare puntuale!
Vi ringrazio per le recensioni  (risponderò più tardi, quando avrò finito di studiare biochimica) e vi svelo subito il mistero dell'asterisco.

*The Tell-tale heart, di Edgar Allan Poe.
Quasi tutti conosciamo questa storia - e se non sapete di cosa stia parlando, andatela a leggere, sicuramente c'è su internet! - ma la citazione è un tributo allo Shoebox Project di Jaida Jones e Rave, la più straordinaria fanfiction Remus/Sirius mai scritta a memoria d'uomo. Non scherzo.  
Credo non esista nessuna storia scritta da fan che abbia un'originalità così prorompente e allo stesso tempo una grande consapevolezza dell'opera e dei personaggi su cui si basa. E' talmente verosimile che tendo quasi a considerarla canon.


Ora, che ve ne pare del capitolo?
Nel prossimo, vedremo Remus alle prese con l'appuntamento e con la gelosia di James. 

Non mancate di lasciarmi una recensione, e buone feste a tutti!

Claire

(condoglianze sentite, invece, a quelli che come me stanno per addentrarsi nella selva oscura della sessione invernale)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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