L'amnesia del tenente Hawkeye di Rinalamisteriosa (/viewuser.php?uid=52428)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 : Lavori in corso ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 : Amnesia temporanea ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 : Col fuoco non si scherza! ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 : Favore ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 : Conosci te stessa ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 : Chi pedinerà il colonnello? ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 : Lavori in corso ***
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Capitolo
1: Lavori
in corso
*Ore
7.00 di mattina.
Appartamento
di Riza Hawkeye*
Puntuale
come un orologio svizzero, la donna aprì gli occhi al nuovo giorno.
Scostò
piano le coperte che le arrivavano fino al collo e stirò le braccia
sbadigliando.
Accucciato
ai piedi del letto stava il fedele Black Hayate, taciturno.
Si
alzò dal letto e gli diede una carezza sulla testolina, sorridendo.
“Andiamo
a fare colazione?” sussurrò appena.
Il
cagnolino sembrò capirla, perché con un piccolo balzo lasciò il letto e la seguì
dritto in cucina.
Riza
gli preparò una bella e abbondante ciotola di latte tiepido e la appoggiò per
terra. Prontamente, il suo adorabile sottoposto cominciò a leccarla con piacere,
il tutto senza che ci fosse
bisogno
di ordinarlo.
“Black
Hayate, tu sì che fai progressi! Magari fossero tutti come te…” sospirò,
rassegnata.
Per
sé preparò una tazza di cappuccino fumante, vi aggiunse un cucchiaino di
zucchero e la sorseggiò lentamente, per gustarne meglio
l’aroma.
Poi
buttò un occhio sull’orologio da tavolo.
Le sette
e mezza.
“E’
meglio che vada a prepararmi per il lavoro” si disse.
Dopo
avere fatto una doccia veloce, indossò la solita uniforme blu con le strisce
bianche e uscì di casa.
Il
quartier generale di Central City distava dieci minuti, quindi lo raggiunse
a piedi.
Mentre
percorreva il corridoio principale di questo immenso edificio, tutti coloro che
incontrava le rivolgevano il saluto militare. Lei ricambiava o allo stesso modo
oppure con un sorriso e un lieve cenno del capo.
Arrivata
davanti alla porta dell’ufficio del suo superiore, il colonnello Mustang, notò
una cosa strana.
C’era
silenzio. Troppo silenzio.
Possibile
che i ragazzi, una volta tanto, stavano lavorando sul serio, senza che lei li
esortasse a farlo?
Per
esserne davvero certa, appoggiò una mano sulla maniglia della porta e l’aprì di
scatto, circospetta.
All’interno
della stanza c'era solo lui, il colonnello, seduto con lo schienale rivolto tra
la scrivania e la finestra. Il suo sguardo era concentrato, intento a leggere un
foglio che teneva tra le mani: senza dubbio una lettera da parte di una delle
sue innumerevoli ammiratrici misteriose.
“Buongiorno,
colonnello!” esordì seria, chiudendosi la porta alle spalle.
“Buongiorno
anche a lei, tenente” rispose, senza distogliere minimamente l’attenzione da ciò
che stava leggendo.
“Signore...
dove sono tutti gli altri?” gli domandò, fingendo sorpresa.
“Uhm…
Fallman è stato richiesto al tribunale militare. A Fury, Breda e Armstrong è
stato ordinato di controllare la zona est di Central City, perché pare vi si
aggiri un pericoloso criminale. Havoc ha preso l’influenza e gli hanno dato un
permesso di tre giorni. Acciaio e suo fratello sono ancora in missione. A quanto
pare, gli unici rimasti qui siamo io e lei” elencò.
“Già…
ma immagino che invece di lavorare sia impegnato in ben altre faccende!”
puntualizzò. Ancora non si era degnato di guardarla in faccia mentre parlava:
per una donna come lei, equivaleva a una mancanza di rispetto. L’avrebbe punito
a modo suo.
“Che
seccatura” sospirò. “Mi hanno dato una marea di scartoffie da firmare. Come se
non bastasse, devo pure recarmi a ispezionare i lavori di un edificio statale in
costruzione. Che diavolo c’entro io con quei lavori, poi?”
“Capisco.
Allora facciamo così, signore. Permette?”
Riza
gli si avvicinò: con il suo spiccato senso del dovere, gli strappò di mano la
lettera con un gesto preciso e veloce.
Roy
sbuffò contrariato: gli mancavano le ultime cinque righe e avrebbe ultimato
la sua lettura.
Fingendo
di non aver sentito il superiore sbuffare di disappunto, riprese, calma come
sempre: “Lei adesso si occupa delle scartoffie, a ispezionare i lavori ci penso
io!”
“Ma
no, tenente, non c’è bisogno che-”
“Insisto!
E questa lettera…” con una mano gliela sventolò davanti al viso, “la porto con
me. Gliela restituirò dopo, ma solo se avrà svolto i suoi doveri, signore!”
“Ma…”
tentò lui.
“Niente
obiezioni! Ormai ho deciso così. Ci vediamo dopo, colonnello” detto questo, Riza
uscì dall’ufficio con un sorrisetto di soddisfazione dipinto sul volto.
Roy
si voltò verso la finestra, offeso come poteva esserlo un bambino delle
elementari. Ma allo stesso tempo apprezzava il fatto che quella donna, in un
modo suo tutto particolare, si preoccupasse per lui.
“Tenente…
cerchi di non cambiare mai” pensò, prima di girarsi e occuparsi della cosa che
odiava fare di più al mondo: riempire noiose scartoffie!
Dopo
aver chiesto in prestito le chiavi di un veicolo da un altro militare, Riza vi
salì e premette l’acceleratore.
In
mezz’ora, arrivò nel luogo dove parecchi operai stavano lavorando intorno allo
scheletro di quello che, a giudicare dall’altezza, sarebbe diventato un grande
palazzo.
Parcheggiò
e scese dalla macchina, proprio mentre una donna con il suo bambino, che doveva
avere all’incirca nove anni, entravano dentro il cantiere. La giovane signora
teneva un cestino del pranzo in una mano. Riza li seguì e il bambino, accortosi
della sua presenza, le sorrise gioviale e agitò la manina per salutarla.
“Che
simpatico…” pensò
lei, ricambiando con un dolce sorriso.
*Al
quartier generale*
“Pronto”.
“Parlo
con il colonnello Mustang?”
“Sì,
sono io”.
“Le
passo il sergente maggiore Fury, signore. Dice che è importante”.
“Va
bene. Passamelo”.
Rimase
in attesa.
“Pronto…”
“Sergente,
che cosa succede?”
“Signore,
volevo informarla che Prinstgral, il criminale che stavamo cercando, non si
trova più nella zona est come ci era stato detto…”
“Ah
no? E dove allora?”
“Un
informatore anonimo ci ha appena informati che si sta dirigendo nella zona sud.
Era sopra una macchina rubata e portava con sé una valigia alquanto sospetta”.
“Zona
sud? Aspetta! Vuoi vedere che…” Il colonnello appoggiò la cornetta del telefono
sulla scrivania, riflettendo. In quel momento, il tenente Hawkeye si trovava
proprio lì, ad ispezionare quei lavori al posto suo.
Dannazione!
“Pronto?
Colonnello? È ancora in linea?” soggiunse la voce cauta del sergente maggiore.
Roy
riprese il ricevitore in mano e lo appoggiò all'orecchio.
“Sì,
ascolta, correte a ispezionare tutta la zona sud. Io vi raggiungo… ma prima devo
fare una cosa!”
“D’accordo,
signore! Agli ordini!”
Roy
chiuse la comunicazione. Lasciò la scrivania con tutti i fogli che gli
rimanevano da firmare, prese il suo cappotto scuro e uscì dall’ufficio,
chiudendo la porta a chiave.
“Ho
un brutto presentimento. Il tenente è una donna che sa cavarsela in ogni
situazione ma… se dovesse succederle qualcosa, sarebbe colpa mia. Dovevo andare
io a fare quello che sta facendo lei!”
Prinstgral
si riteneva un tipo abbastanza furbo e diretto, un genio nel creare scompiglio e
panico tra i cittadini.
Sapeva
anche essere molto crudele e approfittatore.
Con
un ghigno perfido sul volto scavato e pieno di cicatrici, scese dalla macchina
che aveva sottratto sotto il naso ad un povero idiota, ma non prima di aver
recuperato dal sedile posteriore una valigia nera e pesante. Entrò anche lui nel
cantiere, proprio mentre si svolgeva una pausa, e si guardò intorno:
c’erano una coppia con il suo bambino, due operai che mangiavano un panino in
silenzio e una donna in divisa militare che parlava con un addetto ai lavori,
segnando ogni tanto qualcosa sul taccuino che teneva in mano. Senza farsi notare - o almeno, così
credeva - oltrepassò circospetto tutti e raggiunse le prime sbarre di ferro
che sorreggevano il complesso.
Proseguì
oltre, finché non si sentì tirare la mano. Era il bambino che, con tutta
probabilità, mentre i genitori erano distratti, lo aveva seguito curioso.
“Ehi,
signore, posso sapere che cosa contiene questa cosa? Un giocattolo?” domandò con
vocina molto curiosa.
“Uhm…
sì, certo! Diciamo che contiene un giocattolo molto interessante”.
“Wow!
Me lo fa vedere? La prego, mi sto annoiando, voglio giocare!”
L’uomo
si piegò sulle gambe fino a raggiungere l’altezza del piccolo interlocutore e
accennò un mezzo sorriso fintamente intenerito, scompigliandogli i capelli
castani con la mano.
“Presto
lo vedrai, piccolo... Presto lo vedrai…”
“Mio
figlio! Mio figlio è sparito!” strillò la giovane mamma, dopo essersi accorta
che suo figlio non era nei paraggi e attirando l’attenzione di tutti i presenti,
compresa Riza.
“Signora,
non si preoccupi, davvero. Lo cerco io” la rassicurò prontamente.
Si
fece strada tra i lavori senza indugio. Aveva notato, infatti, quell’uomo
sospetto… e anche il bambino che lo seguiva.
Aspettava
soltanto il momento buono per intervenire.
Momento
che era arrivato.
Riza
poteva vederlo: stava piazzando qualcosa per terra, sotto gli occhi ingenui di
quel bambino.
Pensò
subito a una bomba, data la sua forma strana.
“Fermo
lì! Non si azzardi ad attivarla o ne pagherà le conseguenze!” disse ad alta voce
all’uomo, spianando la sua calibro nove.
“Troppo
tardi, soldatessa” la informò irrisorio. “Il timer è già partito, tra cinque
minuti esatti salterà tutto in aria! Ahah!”
Scoppiò
a ridere come un pazzo, il volto una maschera inquietante.
“Che
significa? Salterà tutto in aria? È un nuovo
gioco?” chiese spontaneamente il bambino.
“No,
non è affatto un gioco! Piccolo, vieni qui! Forza! Stai vicino a me. Quell’uomo
è pazzo!” lo incitò Riza, alzando ancora il tono.
E
quando il bambino, ubbidiente, l’aveva ascoltata, lei sparò un colpo, sfiorando
la spalla al malintenzionato.
“EHI!”
“Disattivala
immediatamente, o con il prossimo colpo faccio centro!”
“Non
credo proprio, cara”.
L’uomo
serbava un’altra sgradevole sorpresa, oltre all'ordigno esplosivo. Estrasse
dalla tasca sinistra dei pantaloni un oggetto rotondo e lo gettò in un punto
vicino alla donna. Con un leggero pluff questo oggetto si ruppe, inalando
una sostanza soporifera.
Con
una mano, Riza si coprì velocemente la bocca e il naso, ma ormai aveva respirato
un po’ di quel gas e si sentì mancare. Lo stesso successe al bambino, mentre
quel criminale, indossata una mascherina, si avvicinò a loro. Riza, che non era
ancora svenuta del tutto, gli mollò un pugno sullo stomaco.
Nelle
sue attuali condizioni, però, non gli fece molto male. Lui invece, raccolta una
sbarra di ferro da terra, la colpì violentemente alla testa.
Da
quel momento tutto, intorno a lei, si fece nero.
Mentre
succedeva tutto questo, il colonnello arrivò al cantiere. Vedendolo entrare, la
mamma di quel bambino gli si avvicinò preoccupata.
“Lei
è un soldato, vero? Una sua collega è entrata lì dentro per cercare mio figlio,
ma non è ancora uscita” lo informò la stessa signora di prima, che mostrava gli
occhi lucidi e rossi.
“D’accordo.
Si calmi, vado a vedere!” rispose lui, prendendo la stessa strada.
Arrivato
a metà della costruzione, trovò sia la bomba che segnava due minuti
all’esplosione sia i due svenuti.
“Ma
cosa…? No, adesso non c’è tempo per chiedersi cosa sia successo. Devo portare
fuori di qui Riza e il bambino alla svelta!” pensò.
Prese
in braccio prima il bambino e lo allontanò. Poi tornò indietro a fare lo stesso
con la sua sottoposta. Mancavano trenta secondi all’esplosione. Con tutto
che la teneva in braccio, riuscì ad avanzare veloce. Li depositò in un posto
sicuro, tra delle lunghe sbarre di acciaio resistenti che aveva trovato. Se li
avesse portati direttamente fuori, non ce l’avrebbe fatta.
L’esplosione
avvenne.
Per
un caso fortuito, la bomba di quel pazzo, che in mezzo al trambusto era riuscito
a scappare, non era buona e non aveva provocato seri danni.
Il
boato, però, fece allarmare tutti quelli che stavano vicino al cantiere, che
subito si precipitarono con dei secchi d’acqua, pronti a spegnere il piccolo
incendio per evitare che divenisse più vasto.
Ma
se Riza e il bambino fossero rimasti là vicino… sarebbero
morti.
Roy
era intenzionato a fargliela pagare a quell’uomo. Come si era permesso ad
aggredire Riza?
Mentre
pensava a come incenerirlo meglio se l’avesse trovato, il bambino aprì gli
occhi.
“Che
cosa è successo?” chiese, confuso.
“Niente,
piccolo. Puoi tornare dalla tua mamma, sai? Sarà preoccupatissima per te!”
mormorò, per poi distogliere lo sguardo cupo.
“Okay!
Ma dov’è?”
“Proseguì
sempre dritto, verso la luce”.
“Va
bene! Grazie, signore!”
“Nessun
problema” disse il colonnello, sorridendo appena e guardandolo mentre si
allontanava. Poi tornò a fissare preoccupato il tenente. Provò persino a
scuoterla un poco dalle spalle, ma senza risultato. Decise che era meglio
portarla all’ospedale, la ferita alla testa sanguinava ancora e rischiava di
aggravare le sue condizioni.
Il
medico, dopo averla visitata, constatò che Riza non aveva alcun danno fisico.
Consigliò
ugualmente al colonnello di convincerla a farsi un controllo più approfondito
per vedere se non avesse subito danni al cervello.
Quando,
finalmente, lei riprese conoscenza, in un letto d’ospedale, era già sopraggiunta
la notte.
Eppure
Roy era rimasto lì, a vegliare in attesa del suo risveglio. Non sapeva perché,
ma ci teneva a chiederle scusa.
“Tenente…”
“Mhm…
che mal di testa!”
“Ci
credo. Doveva vedere che brutta ferita le ha causato quell’uomo. Con cosa l’ha
colpita? Perché se lo becco, io…”
Riza
spalancò gli occhi e mise a fuoco la camera. Non riusciva in nessun modo a
ricordare cosa era successo, neanche sforzandosi, constatò.
E
soprattutto… chi era l’uomo che le stava parlando?
Si
mise seduta per guardarlo attentamente.
E
dedusse che no… non l’aveva mai visto prima d'ora!
“Che
cosa c’è, tenente? Perché mi fissa in quel modo?” domandò con una certa
perplessità.
“Tenente?”
Pausa.
“Mi
scusi ma… lei chi è?”
Note
pre-revisione: Ecco
il primo capitolo!
Chiedo
umilmente scusa per l’errorre commesso a postare questa storia la settimana
scorsa e ringrazio Red Robin e Shatzy per avermelo fatto notare.
L’ho
scritta dopo essermi ripresa dall’influenza, dato che non riuscivo a combinare
nulla di buono.
Non
ho altro da dire…
le
spiegazioni al prossimo capitolo^^ aggiornerò appena posso.
Ciao
a tutti!
Rinalamisteriosa
Note
post-revisione: Per
quanto riguarda << L'amnesia del tenente Hawkeye >>, in realtà non
ci saranno cambiamenti importanti.
Ho
sistemato molte frasi, corretto la punteggiatura e farò lo stesso nei prossimi
capitoli, almeno resterà sul sito in una forma sì decente, ma con la semplicità
e la leggerezza dei primi tempi in cui scrivevo ^_^.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 : Amnesia temporanea ***
Capitolo
2: Amnesia
temporanea
Mai
semplice domanda fu capace di spiazzarlo completamente.
Non
se la sarebbe mai aspettato, in vita sua.
Le
cose erano tre: che Riza stesse recitando, dimostrando una bravura
impressionante; che stesse scherzando, ma non era una tipa con cui scherzare;
che la botta in testa ricevuta fosse stata talmente forte da causarle una
perdita della memoria.
“Eh?
C-cosa?!?”
Sul
momento non uscivano altre parole.
E
doveva avere assunto un'espressione sconvolta, con la bocca semiaperta e
incapace di proferire altro, perché Riza parlò di nuovo, a capo chino, come se
fosse colpa sua.
“Se
la cosa può consolarla, signore, non ricordo nemmeno il mio nome”.
“Non...
non ricorda niente?” riuscì poi a dire, trattenendo il fiato.
“Esatto!
Mi sento la testa completamente svuotata. Certo, fa anche male, però... però
devo ammettere che è piacevole. Non so come spiegarlo, ma... mi sento libera e
leggera come una farfalla”.
“Capisco...”
No,
in realtà Roy mentiva, non capiva affatto! Perché stava succedendo tutto questo?
Perché a lei?
“Ehm...
allora?” domandò all'improvviso la donna.
“Cosa?”
“Saprà
sicuramente come mi chiamo, dato che non mi sembra né un infermiere né un
dottore” continuò con calma.
“Certo
che non lo sono! Io sono un colonnello... e non uno qualunque, bensì Roy
Mustang, l'alchimista di fuoco!” precisò, alzandosi dalla sedia posta accanto al
letto e battendosi pomposamente il petto, fiero di sé.
Lei
lo guardò per un attimo seria, ma poi non poté fare a meno di coprirsi la bocca
per soffocare una risata. Quel gesto l'aveva fatta ridere: non sapeva spiegare
come mai, ma era così.
“Che
le prende?” chiese lui, confuso.
“Nulla,
nulla. Voglio fidarmi, sembra simpatico! Adesso, per favore, risponda alla mia
domanda: chi sono?”
Si
era ripresa, acquistando contegno e lo stesso tono autoritario di sempre.
Peccato
fosse solo un'illusione destinata a svanire: al momento lei non era più la Riza
che conosceva.
Si
rimise seduto, espirando e sperando, in cuor suo, che tornasse tutto alla
normalità. E presto anche.
“Si
chiama Riza Hawkeye. Davvero non ricorda?”
Ebbene
sì, Roy continuava a non crederci: e se si era addormentato mentre la vegliava?
E ciò che stava vivendo era solo un sogno?
“No.
Ma grazie lo stesso. Adesso lo so, se qualcuno me lo chiede posso rispondere
tranquillamente!”
Sorrise
compiaciuta. Possibile che si preoccupasse solo di questo?
No,
doveva essere per forza un brutto sogno. Anche se, in fondo, non lo era del
tutto: vederla in quel modo, con i lunghi capelli biondi che le ricadevano
sciolti e spettinati sul cuscino alle spalle, una larga vestaglia azzurra che le
aveva messo l'infermiera, quel sorriso radioso che difficilmente gli capitava di
vedere, tutte queste cose insieme la facevano sembrare più bella.
Più
femminile e più fragile di quanto fosse mai stata.
Per
quanto a Roy dispiacesse che il suo tenente avesse perso la memoria, non poté
fare a meno di ammirarla in questo suo aspetto dolce e sbarazzino.
Un
infermiere fece capolino nella stanza.
“Signore,
mi dispiace, l'orario delle visite è finito da un pezzo. Dobbiamo chiudere
l'ospedale al pubblico” disse.
“No,
ha ragione. Mi avete già concesso anche troppo tempo, sarà meglio che vada”
rispose comprensivo, lasciando la sedia.
Poi
si girò verso il suo tenente e le promise che il giorno dopo sarebbe tornato,
ricevendo solo un cenno positivo con la testa.
***
Si
impegnò a mantenere la parola data e ci riuscì solo nel pomeriggio, dopo aver
eluso abilmente le domande dei suoi sottoposti preoccupati per l'improvvisa
sparizione del tenente Hawkeye.
Raggiunse
l'immensa struttura ospedaliera di Central City e vi entrò. Si fece strada da
solo, senza chiedere indicazioni, poiché ricordava ancora il tragitto: su per le
scale fino al terzo piano, stanza 310.
Quando
si trovò in prossimità del corridoio adiacente la camera, però, lui dovette
fermarsi. Quello che vide lo lasciò di stucco.
Si
nascose dietro un pilastro angolare, per non farsi sorprendere.
C'era
Riza con la schiena appoggiata al muro, mentre conversava serenamente con quello
stesso infermiere che gli aveva chiesto di andarsene la notte precedente.
“Uhm...
come mai tutta questa confidenza? Non mi piace!” disse tra sé, sospettoso, gli
occhi ridotti a due cupe fessure.
Quel
tipo manco lo conosceva, eppure... stavano lì a parlare e a sorridersi come se
si conoscessero da sempre. Ma anche no!
Poi
entrarono nella stanza accanto, la 311.
Alimentato
da pensieri poco rassicuranti contro di lui, Roy avanzò deciso.
Doveva
accertarsene personalmente, giusto per non prendere un grosso abbaglio.
E
per fortuna si sbagliava.
Quando
varcò la soglia, Riza e quell'uomo stavano semplicemente aiutando una fragile
nonnina a spostarsi dal letto alla sedia a rotelle.
Troppo
presi dal nobile gesto, però, non si erano accorti dell'ingresso del colonnello,
il quale salutò come se fosse capitato lì per caso.
“Salve,
signore!”
Anche
se l'infermiere aveva ricambiato cordialmente, continuava a non piacergli
neanche un po'.
“E
questo bel giovanotto chi è?” si intromise la nonnina, con un'espressione
deliziosa sul viso. Figura esile nella sua camicia da notte rosa confetto,
avvolta da un grande scialle bianco, questa vecchia signora dai bianchi capelli
legati in un modesto chignon e gli occhi di un blu intenso e penetrante, guardò
prima l'infermiere e poi Riza. Fu proprio lei a risponderle, tranquilla.
“Credo
sia venuto a trovare me”.
“A
trovare te, mia cara? Ma che carino!”
“Ora
andate...” proseguì “dovete fare la vostra passeggiata quotidiana! Io, se posso,
vi raggiungo dopo”.
“Come?
Perché non venite anche voi due?” chiese la nonnina, speranzosa.
“Perché
ho bisogno di parlare da sola con lui. Ieri siamo stati interrotti” le comunicò
Riza con un sorriso di scuse.
“D'accordo.
Su, signora Stevington, lasciamoli soli” dichiarò l’infermiere, assecondandola.
E
se ne uscirono, con la vecchietta che aveva assunto un'aria un po' triste.
“Come
sta oggi?” cominciò Roy, dopo almeno due minuti di silenzio teso. Rimase in
piedi accanto alla finestra della camera, mentre Riza si accomodò sul letto
della signora.
“Io
sto bene, ma... non ricordo ancora nulla. Mi dispiace...” rispose Riza,
congiungendo le mani in grembo.
“Tranquilla.
Un giorno riacquisterà la memoria, ne sono più che sicuro!” le confidò, puntando
uno sguardo deciso fuori.
“Beh...
grazie”.
“Tenente
Ho-”
“Ma
lo ero davvero?” lo interruppe.
“Cosa?”
“Un
tenente dell'esercito?”
“Certo!”
“Tom
dice che è impossibile...”
“E
chi sarebbe questo Tom?”
“L'infermiere...”
“Tsk!
- spostò uno sguardo seccato nuovamente sulla donna - Che razza di biondino
impertinente! Non crederà a quello che dice lui, vero? Lei
è e rimarrà sempre un bravissimo tenente, com'è vero
che io mi chiamo Roy Mustang!” terminò, sottolineando risoluto le sue
convinzioni.
A
sentire di nuovo quel nome, Riza trattenne a stento una risata.
E
come la prima volta, non sapeva spiegarsi come mai succedeva.
“Che
cosa c'è?”
“No,
niente. Cambiando discorso, la signora Stevington fa molta tenerezza, non trova
anche lei, signore?”
“Sì...”
annuì distrattamente.
“L'ho
conosciuta stamattina. È
stata così gentile con me... povera donna, domani
dovrà subire un delicato intervento alla spina dorsale”.
“Ah...
mi dispiace”.
“Per
quanto riguarda me, invece, hanno detto che faranno degli accertamenti e poi mi
dimetteranno. Ma ho come l'impressione che non sarà facile tornare alla vita di
sempre... Se solo potessi ricordare com'era…”
“Tenente,
posso dirle una cosa?” si azzardò a chiedere.
“Certamente”.
Roy
fece un respiro profondo, prima di riprendere a parlare.
“Anche
se lei non lo ricorda, io non posso... dimenticare ciò che ha sempre fatto per
me. No, non posso. Perciò, se ha... bisogno, io l'aiuterò volentieri. Supereremo
insieme questo strano momento che, si spera, sia solo di passaggio”.
Non
guardava più fuori dalla finestra, il colonnello, non spostava più lo sguardo,
ma lo puntava unicamente verso colei che l'aveva sempre appoggiato e sostenuto.
Riza,
dal canto suo, sorrise grata.
Certo,
era sempre confusa per via dell'amnesia... ma sentiva che di lui poteva fidarsi
ciecamente.
Era
una sensazione a pelle, qualcosa di inspiegabile.
“Prima
di andarmene passerò dal dottore” la informò.
“Perché?”
domandò lei.
“Beh...
se devo darle una mano, chi meglio di lui può dirmi come fare?”
Il
dottore, un tale Patterson, era un signore di mezza età con gli occhiali e la
barbetta grigia, così come erano grigi i capelli corti.
Dopo
una stretta di mano, Roy fu invitato ad accomodarsi nello studio del medico.
“In
cosa posso esserle utile, colonnello?” disse, sistemandosi gli occhiali sul naso
adunco.
“Vorrei
essere informato in modo più dettagliato sulle condizioni del tenente, se
possibile” disse serio.
“Uhm...
sì. Riza Hawkeye. Ho proprio qui, a portata di mano, la cartella clinica della
suddetta. Ho riportato tutto ciò che abbiamo scoperto da una prima analisi
tenuta stamattina: trauma cranico con piccola emorragia esterna e amnesia
temporanea. La paziente ha una buona probabibilità di riprendersi dal trauma
entro una settimana. Ma per quanto riguarda l'amnesia, non so... dirle con
precisione quanto potrebbe durare” spiegò.
“Non
mi sa dire... però guarirà, vero?” chiese, ottimista.
“Certamente”.
Sospirò
di rimando. “E mi dica che cosa posso fare per... ecco, aumentare le possibilità
di ripresa della sua memoria?”
“Uhm...
l'unica cosa logica che le consiglio di fare è quella di procedere per gradi -
si schiarì la voce - mi spiego meglio: lei deve evitare alla signorina lunghi
discorsi sulla sua vita. Le faccia ricordare una cosa per volta. Ad esempio,
ieri ha fatto bene a dirle solo il nome, perché il suo cervello l'ha memorizzato
subito senza richiedere sforzi di memoria. Mi segue?”
“Sì...
questo è chiaro”.
“Bene.
Le dirò cosa non si deve MAI fare: darle un'altra botta in testa. Sa, molti
dicono che funziona, in realtà è pericoloso. E poi, la signorina non deve subire
altri traumi o shock, perché questi potrebbero soltanto sensibilizzarla ancora
di più e avere altre conseguenze spiacevoli che, di certo, non la aiuterebbero
nel recupero della memoria”.
“Tipo?”
“Svenimenti.
Dolori lancinanti al capo. A volte anche nausea e vertigini”.
“Capisco...”
mormorò, sollevato.
In
qualche modo il discorso del dottore era riuscito a farlo stare meglio.
Almeno,
era sicuro che sarebbe tornato a casa più tranquillo.
“Grazie
dottore! Continuate a occuparvi del tenente finché si trova qui. Quando uscirà,
ci penserò io” si raccomandò.
“Certamente”.
“Allora
io vado. Arrivederci!”
“Arrivederla!”
Si
salutarono con una stretta di mano e Roy si alzò, dirigendosi verso la porta.
Prima
di uscire, però, si ricordò di una cosa importante.
“Ah, dottore, le chiedo un ultimo favore. Controlli l’infermiere alto e biondo che lavora al terzo piano. Deve sapere che non mi fido di lui…”
“Non ne ha motivo, colonnello. È un bravo giovane” proferì con una certa perplessità.
“Sì,
come no! Va bene che Riza non è tipo da cadere ai piedi di un uomo facilmente.
Però…” pensò
lui, indispettito, mentre gli tornava in mente la scena inconsueta di quando era
arrivato.
Salutando
ancora una volta il dottor Patterson, chiuse la porta dietro di sé e lasciò
l’ospedale, meditando per un po’ di incenerire quel povero infermiere se solo
avesse avuto ancora tutta quella confidenza con il suo tenente.
Note:
Rieccomi!
Al
solito, chiudo lasciandovi in suspance (è più forte di me
XD)
Ammetto
di non essere bravissima, però sto cercando con tutte le mie forze di
migliorare.
Ed
è proprio per mettermi alla prova che ho deciso di dar vita a quest'idea che mi
frullava nella testa da quando questa coppia è diventata la mia preferita^^
(ossia, da quest'estate! XD)
Perché
trovate OOC nelle note? E' semplice: temo che, date le circostanze, non
rispecchierò sempre i personaggi per come sono davvero (questo capitolo ne è la
prova); e già me li immagino, con una falce in mano, pronti a tagliarmi la testa
per quanto li faccio sembrare strani (soprattutto
Riza).
Perché
lei si è fidata subito di lui? Perché una volta ho letto che, quando si perde la
memoria (ma non so se è vero), si tende a fidarsi della prima persona che si
vede al momento del risveglio.
Aspettatevi
tanti personaggi da questa fic, sia personaggi che non mi appartengono, sia
personaggi che ho dovuto inventare per la trama, e anche tanti
casini.
Continuate
a seguirmi, se ci riuscite.
Commenti,
opinioni e consigli sono molto graditi se mi aiutano ad andare
avanti.
A
questo proposito, ringrazio infinitamente shurei e Shatzy (anche se non è bello,
questo capitolo è per voi^^); vi chiedo umilmente di non abbandonarmi, please!
E
ringraziamenti vanno anche a chi ha solo letto o a chi ha aggiunto la fic tra i
preferiti.
Bacioni,
Rinalamisteriosa
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 : Col fuoco non si scherza! ***
Capitolo
3: Col fuoco non si scherza!
Era il terzo
giorno che Riza passava all’ospedale e Roy la andava puntualmente a trovare.
Stavolta, però,
con un piccolo pensierino per lei: un mazzo di fiorellini colorati.
Arrivato nella
sua camera, però, non vi trovò nessuno.
“Pazienza. Vorrà
dire che aspetterò qui...” pensò lui,
mentre riponeva i fiori sul comodino accanto al letto.
Doveva ammettere
che, così, quella grigia e spoglia stanza d’ospedale appariva diversa, appariva
più bella.
L’influenza che
emanava quella composizione floreale era positiva, mentre un buon profumo
aleggiava intorno.
Non dovette
aspettare molto, per fortuna.
Riza arrivò
presto, con un braccio piegato a toccare la testa ancora dolorante.
Lo
salutò cordiale, e accorgendosi del regalo aggiunse:
“Ma che bel
pensiero! Li ha portati lei?”
“Sì - annuì -
come mai ha una mano in testa?” chiese Roy.
“Mi hanno
cambiato la medicazione, mi fa male la botta! Ahi! Ma si può sapere che cosa mi
ha colpito?” domandò, ritenendo che lui lo sapesse, e quindi avrebbe potuto
darle una spiegazione plausibile.
Doveva dosare le
parole, perciò rispose: “Lei era in missione per conto mio, ha avuto una brutta
collisione con un criminale, ma non so dirle di più. Mi spiace, purtroppo non
ero presente quando è successo”.
Le aveva parlato
sinceramente e Riza, dato che si fidava, si accontentò di quella risposta senza
indagare oltre.
“D'accordo. Mi
scusi se le chiedo di andare via per oggi, ma sono davvero stanca! Stanotte non
ho dormito bene e vorrei riposare” lo pregò.
“Non ha dormito…
Come mai? Ha forse ricordato qualcosa?” domandò, sperandoci.
“No, tuttavia le
posso assicurare che ci ho provato” rispose con dispiacere, accennando comunque
un lieve sorriso.
Roy sbuffò. Poi
acconsentì a lasciarla sola, augurandole di riposare bene.
***
Quella mattina,
Roy si svegliò di buonumore, col sorriso sulle labbra.
Era contento,
perché si trattava del penultimo giorno che andava a trovare Riza all'ospedale
di Central City.
Il giorno dopo,
finalmente, l'avrebbe portata via di lì, soprattutto lontano da quell'infermiere
per il quale il colonnello nutriva un pizzico di gelosia.
Anche se
difficilmente lo avrebbe ammesso a se stesso.
Uscì di casa,
fischiettando e dirigendosi dritto dritto in quel luogo conosciuto.
“Per una volta
arriverò tardi al lavoro… ma poco importa!” pensò,
gongolante.
Arrivato nei
pressi dell'ospedale, però, vide una cosa che non gli piacque per niente.
Procedendo
cauto, si nascose.
Il suo umore era
appena cambiato e i suoi occhi neri, apparentemente normali, brillavano di uno
strano bagliore.
“Come mai Riza e
il damerino sono insieme?” si chiese, a dir
poco scocciato.
Riza e Tom
sedevano in una panchina nel piccolo parco dell'ospedale: il mattino dopo lei
sarebbe stata finalmente dimessa.
Dalle ultime
analisi compiute, infatti, risultava in ottime condizioni di salute; le rimaneva
solo il problema dell'amnesia da risolvere.
La signora
Stevington era da poco entrata in sala operatoria.
Era lei il
motivo per il quale la giovane donna aveva deciso di fermarsi in ospedale altri
cinque giorni, dopo la settimana già trascorsa.
Riza avrebbe
tanto voluto starle accanto anche in quel difficile frangente, perché si era
affezionata davvero a lei: farle compagnia durante la convalescenza, l'aveva
fatta sentire meglio.
Perciò non
poteva celare la preoccupazione e l'ansia nel suo volto, e la speranza di
rivedere ancora quell'adorabile nonnina era molto forte.
Almeno per
poterle dire un sentito grazie
un'ultima volta.
A questo
proposito, avrebbe voluto aspettarla nel corridoio ma l'infermiere, che al
momento le sedeva accanto, le aveva suggerito che era consigliabile uscire
fuori, trascinandola dal braccio.
Secondo lui,
scaricare la tensione all'aria aperta le avrebbe fatto solo bene.
“Mia cara, stia
tranquilla, andrà tutto bene” disse Tom, dopo attimi di silenzio.
“È
ciò che spero... Mi dispiacerebbe se qualcosa andasse storto, è stata tanto
gentile e disponibile con me. Non mi ha fatto mai pesare la permanenza qui!"
rispose Riza con urgenza e sincerità.
“Beh...
non è stata l'unica, se permette” replicò l'uomo, risentito.
“Ah, giusto.
Dimenticavo lui” ricordò.
“Lui chi?”
“Il
colonnello...” mormorò.
Del resto, aveva
sempre trovato il tempo per venire a farle visita. Come non ringraziarlo?
Cominciò a
chiedersi come mai non fosse ancora arrivato. Non sapeva che invece era già sul
posto.
Roy sostava
nelle vicinanze, nascosto abilmente dietro un cespuglio, poco distante dal punto
in cui si trovavano loro, ad origliare.
“Chi? Quello
spaccone? Di certo non posso darle torto. È vero che viene qui tutti i giorni...
ma non le sembra di aver dimenticato qualcun altro?” chiese, assumendo prima un
broncio, poi un'aria da cane bastonato, fatta apposta per attirare l'attenzione.
“Ha proprio ragione Tom! C'è il dottor Patterson, vostro zio. Così simpatico e garbato nel farmi le analisi, a spiegarmi la mia situazione con il giusto tatto...” ricordò ancora Riza, alzando gli occhi al cielo.
Infine aggiunse, come a voler cambiare discorso:
“Ha visto che bella giornata?”
“Sì, certo” la
assecondò con disinteresse, fino a cambiare atteggiamento.
“Peccato che non
sia... paragonabile alla tua bellezza” provò con voce suadente, prendendole le
mani, dato che non sembrava intenzionata a collaborare.
“Cosa?” domandò
con aria ingenua, senza capire.
Perché tutta
quella confidenza improvvisa?
“Riza cara... la
verità è che tu mi piaci molto! E lo dico senza inutili giri di parole,
smettiamola di essere formali e gentili” confessò, avvicinandosi di più.
Riza si ritrasse
giusto quel poco che la posizione da seduta le permise.
Istintivamente
portò una mano sul fianco, come a voler cercare qualcosa. Non c'era nulla che le
servisse, però.
“Tom, io... io
non me lo aspettavo...” le venne da dire, con evidente disagio.
Non aveva idea
di come comportarsi.
Fortuna che ci
fosse già qualcuno pronto ad aiutarla.
Il colonnello,
da dietro il cespuglio, appurò che era giunto il momento di intervenire.
Approfittando
della distrazione dei due, si alzò in piedi e fece partire una rapida scintilla
con il suo guanto alchemico, che andò a colpire proprio il lembo sinistro dei
pantaloni dell'infermiere, i quali iniziarono a prendere fuoco senza che quel
damerino ci avesse fatto caso.
Era
troppo preso a guardare la donna per accorgersene, finché Riza non si alzò dalla
panchina, indicando con incredulità e stupore il basso, senza dire una parola.
“Che cosa c'è?
Perché questo caldo improvvi...?”
Abbassò
finalmente lo sguardo e gettò un urlo.
Urlante e in
preda al panico e all'isterismo, Tom corse via, alla ricerca della fontana più
vicina, lasciando Riza scioccata e il colonnello, ancora nascosto, che
sghignazzava in silenzio e si congratulava mentalmente per l'ottimo lavoro.
Dopo aver
riacquistato il suo autocontrollo, Roy uscì finalmente allo scoperto.
Si avvicinò di
soppiatto a Riza, esclamando:
“Che idiota!
Bastava che si rotolasse per terra e avrebbe risolto il problema”.
“Salve,
colonnello! Ma come...?” domandò lei, ancora confusa.
“Sono arrivato
nel momento in cui quell'infermiere urlava” mentì spudoratamente, cercando di
trattenere un'altra risata.
“Ah...capisco...”
fece lei, chinando il capo.
“Tenente, si
sente bene? La vedo scossa” cambiò discorso, guardandola preoccupato. Eppure
aveva controllato la gettata della fiamma proprio per non sconvolgerla, come
aveva consigliato il medico.
“Sì... va tutto
bene” gli assicurò, poco convinta.
“Ne è sicura?
Non le ha detto o fatto niente quell'uomo?”
Per quanto si
sforzasse di non pensarci più, il pensiero di Roy tornava alla scena di prima.
Che sfrontato!
Lo sapeva che un giorno quel tipetto biondo ci avrebbe provato con lei, solo
che... che non si sarebbe mai aspettato di ingelosirsi in modo esagerato per il
tenente Hawkeye. Per via del lato debole e indifeso che aveva assunto da
smemorata.
Che cosa gli
prendeva ultimamente?
“Non si
preoccupi, stavamo solo... solo parlando, tutto qui”.
Stavolta fu lei
a mentire.
Lo sapeva bene,
Roy, aveva assistito a tutto.
“D'accordo...”
si limitò a dire, chinando il capo, proprio come lo aveva già abbassato lei,
dopo avergli detto quella piccola bugia.
Era vero che, in
quei giorni, Riza aveva imparato a fidarsi del colonnello Roy Mustang.
Però... era
davvero sicura di conoscerlo? Lui faceva veramente parte del passato che cercava
di ricordare?
Era un dubbio
abbastanza comune per chi si trova nella stessa condizione di Riza, ad essere
confusa e ad avere la mente svuotata.
“Tenente, posso
permettermi di dirle una cosa?” riprese lui, sicuro.
“Mi dica...”
disse lei, rialzando la testa.
“Vorrei
stringere un patto con lei. Almeno finché non riacquisterà la memoria”.
“Posso sapere
quale, signore?”
Con questa
domanda, a Roy sembrò che la vera Riza fosse appena tornata.
Continuò
ugualmente: “D'ora in avanti, mi dirà sempre
tutto. Qualsiasi cosa riguardi il passato che riaffiora, o tutto quello che le
succede giornalmente”.
“Ma...” tentennò
lei.
“Voglio la sua
parola tenente!” impose lui, categorico.
“Sì, signore”
rispose lei dopo qualche esitazione.
“Tenente, più
convinta!” insisté Roy.
Sussultò.
“Sì, signore!” esclamò.
“Più
forte!”
“Sì,
signore!!!” urlò, quasi.
Ecco che si
stava pentendo per tutto ciò che aveva pensato prima su di lui. Doveva
continuare a fidarsi.
Poi, senza
preavviso, come se fosse stato il suo corpo a muoversi meccanicamente in avanti,
lo abbracciò.
Lo strinse forte
a sé e scoppiò a piangere, chiedendo perdono.
Roy rimase
decisamente colpito da quel gesto fragile, così atipico del suo tenente.
Eppure non poté
fare a meno di ricambiare, visto e considerato che anche lui si era comportato
male nei suoi confronti.
Ed entrambi,
stretti in quell'abbraccio confortante, non si accorsero del ritorno
dell'infermiere, il quale li fissò col broncio tipico di chi era stato appena
scaricato.
Note:
Ho
finito il terzo capitolo e credo di aver fatto un
casino.
Ma
io vi avevo avvertito che questa mia storia era strana. XD
Piccola
precisazione: l'infermiere non è ancora uscito di scena, purtroppo! Aspettate di
vedere cosa combinerà nel prossimo capitolo (per adesso l'ho lasciato solo
imbronciato, ma non è tutto! XD)
Ribadisco
ancora una volta il concetto che non sono perfetta e che, se trovate qualche
errore nella lettura, lo devo al fatto che sto cercando di migliorare il mio
modo di scrivere.
Non
intendo cambiarlo, solo migliorarlo! ^_^
Vi
ringrazio tantissimo per i cinque incoraggianti commenti che mi avete lasciato
nello scorso capitolo.
Non
me lo aspettavo ^O^
In
quanto scrittori, sapete anche voi quanto sia importante un commento^^ GRAZIE
DAVVERO!
Poi,
voglio approfittare per fare dei ringraziamenti speciali: alla mia gemellina
shurei (che mi segue sempre^^); a Shatzy (spero di essere riuscita a seguire i
tuoi consigli. Ho persino dato una sistematina agli scorsi capitoli^^); a
evelyn_cla, SpadaccinodellaNebbia e valerya90 (tu mi hai commosso stasera su msn
ç_ç) e a quanti hanno messo la mia
ficcy tra i preferiti.
Prima
che mi dimentichi, voglio augurare buone feste a tutti
quanti!
E
cerchiamo di trascorrere un sereno Natale e un felice
Capodanno^_^
Spero
di riuscire a pubblicare qualcosa di nuovo in questo periodo... intanto vi
saluto!^^
Il
prossimo aggiornamento di questa sarà a gennaio!
Bacioni,
Rinalamisteriosa
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 : Favore ***
Nota
iniziale: Ho ipotizzato che
la “nonna” della storia avesse subito due interventi importanti, perché se ne
avesse fatto uno solo avrei commesso una svista ^^’
Meno male che me ne
sono accorta.
Comunque, se notate
qualcosa di strano anche voi, avvertitemi!
Non sono perfetta, ma
voglio migliorare.
E adesso… buona
lettura! ^_^
Capitolo
4: Favore
“Ehi, Tom, tutto
bene?”
“No, zio, per
niente!”
Il dottor
Patterson, intento a sfogliare il libro di ricette mediche con una mano e ad
annotare qualche appunto su un foglio con l'altra, dovette alzare lo sguardo
all'entrata piuttosto zoppicante e imbronciata del nipote, che portava buona
parte dei pantaloni bruciacchiati.
Mentre si
accomodava nella sedia di fronte, riuscì a trattenere a stento una risata.
E Tom lo guardò
torvo, incrociando le braccia al petto.
“È
stato un buco nell'acqua!” esclamò il giovane,
visibilmente irritato.
“Più
che un buco nell'acqua... direi un salto nel fuoco. Ecco perché ti dico sempre
di non importunare le belle signorine” lo
ammonì il medico, continuando a scrivere.
Evidentemente
gliene aveva fatto parola, giorni prima, perciò sapeva a chi si riferisse.
“Io non la stavo
importunando! Ho provato a dichiararmi e improvvisamente... anzi,
inspiegabilmente, mi sono ritrovato coi pantaloni in fiamme. E meno male
che l'ubicazione della fontana non era lontana: poteva andarmi peggio!” sbottò, guardandosi le gambe. Doveva andare a
cambiarsi.
“Capisco...”
“Come se ciò non
bastasse, quando sono tornato indietro, l'ho trovata in lacrime tra le braccia
di quel colonnello!”
“Capisco...” ripeté il dottore, distratto.
“Ma zio! Non sai
dire altro che capisco...?!”
“Vedi... - il dottore tornò a concentrarsi sul nipote,
aggiustandosi gli occhiali che sembravano scivolargli dal naso - talvolta è
meglio non impicciarsi dei fatti altrui, soprattutto se c'è di mezzo l'esercito.
Te lo dice uno che ha più esperienza di te” gli
consigliò di rimando.
“Ma zio... come
fai a essere sicuro di questo?”
“Di cosa?”
“Mi
riferisco al fatto che la
dolce Riza sia davvero un tenente. Abbiamo solo la parola del colonnello, e non
mi pare una prova sufficiente...” borbottò a braccia conserte.
Lo zio, invece,
sospirò. Mise mano nel secondo cassetto della scrivania dove sedeva e vi
estrasse una cartelletta nera.
“Vuoi la prova?
Allora leggi questa!” gli suggerì, porgendo
quel materiale ufficiale.
Tom lo prese e
cominciò a sfogliarlo, chiudendolo poi con un colpo secco e scocciato.
“Okay, questo
dimostra che mi sono sbagliato. Però tu non sei da meno, caro zio. Mi hai appena
dato prova che ti impicci. Che tu puoi e io no!” gli fece notare stizzito il nipote.
“Io posso perché
sono un dottore” si giustificò quello, senza
fare una piega.
“Sì, certo! Ogni
scusa è buona!”
Tom, se
possibile, si imbronciò ancora di più.
“Pensala come
vuoi, capriccioso di un nipote! Se in quella zucca avessi un briciolo di
cervello, capiresti che non ho tutti i torti. Prendi la bruciatura ai pantaloni,
per esempio. Sei stato fortunato solo perché qualcuno ti ha voluto dare
un avvertimento”.
“Eh?” fece lui, confuso, guardando lo zio come se fosse
uno che la sapesse lunga, per i suoi gusti.
Lo odiava quando
faceva così.
“Adesso non me
ne vado finché non mi spieghi chi ha voluto avvertirmi! Avvertirmi di cosa,
poi?” si impuntò, battendo un pugno sulla scrivania, vicino alla lampada che
oscillò pericolosamente, come a voler cascare per terra.
“Per quanto mi
riguarda ho finito. Pensaci bene...” tagliò corto il più grande, riprendendo ad
annotare le ricette, con noncuranza nei riguardi del più giovane.
Che tentò di
farlo parlare ancora, ma invano.
Lo zio
continuava a ignorarlo di proposito.
Così,
scoccandogli un'altra occhiata torva, Tom prese la cartelletta di Riza Hawkeye e
uscì dall'ufficio, promettendo di rimetterla a posto dopo averle dato un’attenta
occhiata.
***
Sheska era presa
dalla lettura interessante di un manuale intitolato “Mille modi per curare le
piante”, quando sentì suonare insistentemente il campanello del suo modesto
appartamento, situato nel cuore della città.
Lasciato il
libro aperto sul tavolino, fece a zigzag tra le innumerevoli torri di libri che
possedeva e aprì la porta, sorpresa per la persona che si trovò davanti.
Il colonnello
Roy Mustang in carne e ossa.
“Salve! Sono qui
per chiederle un favore urgente, assicuro che non ci metteremo più di venti
minuti” interloquì, come se avesse fretta.
“Ehm...
d'accordo. Vuole entrare?” lo invitò lei, scusandosi poi per il disordine.
“Ha presente il
tenente Riza Hawkeye?”
Lo fece
accomodare in una poltrona, mentre per lei riservò una comune sedia dopo aver
servito il tè.
“Beh... sì... mi
è capitato di veder-”
La interruppe.
“Bene. Purtroppo ha un problema. Ha da poco perso la memoria” la informò,
schietto e diretto.
“Veramente?”
“Sì. È
un'informazione riservata, non lo sa e non deve saperlo nessuno”.
“E allora perché
venire a dirlo proprio a me, scusi?!” si permise di domandare, perplessa.
“Il perché è
semplice. Sarà proprio lei ad ospitarla per qualche giorno”.
“Cooosa?”
“Non pretenderà
mica che la ospiti qualcuno dei miei sottoposti! Sono tutti uomini, non mi fido.
E se la ospitassi io, la cosa potrebbe sembrare sospetta...”
“Quindi l'unica
alternativa che le rimane sono io?”
“Esattamente”
fece Roy, portandosi alle labbra la tazza di tè che gli era stata offerta e
interrompendo così una conversazione veloce.
Sheska si chiese
con discreto scetticismo se fosse giusto essere usata come ultima carta.
Infatti, lei e
il signor Mustang si conoscevano appena, non si erano parlati prima d'ora, a
parte quando il signor Hughes l'aveva presentata come una specie di segretaria
al tribunale militare.
Perciò le sembrò
piuttosto strano il fatto che si fosse presentato a casa sua, durante il
pomeriggio libero che avrebbe voluto passare in compagnia dei suoi cari libri,
come faceva sempre.
Che cosa doveva
fare? Accettare o non accettare?
Nel primo caso,
avrebbe dovuto arrangiarle un letto da qualche parte, perché il suo appartamento
non era grande e adibito a due o più persone.
Nel secondo
caso, sarebbe andata contro Mustang, che era grande amico del signor Hughes, il
quale nel peggiore dei casi avrebbe potuto licenziarla in tronco.
Il caso più
conveniente e logico era, senza ombra di dubbio, il primo, ma...
“Io accetto,
però non capisco...” cominciò la ragazza, titubante.
Roy, vedendola
incerta, le spiegò meglio la situazione, per poi aggiungere:
“Sono il primo a
volere che il tenente riacquisti la memoria. A tal proposito, le garantisco che
la sua permanenza qui sarà breve e tranquilla”.
“Ho una domanda,
signore. Devo limitarmi a ospitarla o c'è altro che posso fare?” chiese,
sorseggiando un po’ di tè dalla tazza bianca.
“Vedo che
possiede tantissimi libri - notò - potrebbe farle leggere qualcosa che
riguardi il suo lavoro” suggerì, e Sheska sospirò con rassegnazione.
“Colonnello,
tutta questa situazione mi sembra sinceramente assurda, ma vedrò quello che
posso fare per mettere a suo agio il tenente!” promise con un sorriso di
circostanza.
“Ottimo! Allora,
se siamo d'accordo, io andrei, perché adesso ho un impegno” disse, alzandosi in
piedi.
Dato che Sheska
era totalmente indifferente a quell'uomo, non fece altre domande.
Si salutarono
con una stretta di mano, accordandosi per il giorno dopo, e lei, dopo aver
chiuso la porta, decise di riordinare un po’.
L'ultima volta
che l'aveva fatto era stato un mese prima, quando era venuta a trovarla sua
madre.
***
La prima cosa
che Riza vide la mattina, appena sveglia, fu il volto della signora Stevington
che, sebbene avesse subito ben due interventi in un mese, appariva sereno e
rassicurante.
Nonostante fosse
pieno di rughe, segnato dal passare del tempo, faceva tenerezza.
E i profondi
occhi azzurri rilucevano come l'oceano in una giornata di sole.
Come si faceva a
non affezionarsi a lei?
Mettendo la
stanza a fuoco, si accorse che la signora era distesa sul letto accanto al suo,
con una flebo attaccata al braccio sinistro.
“Buongiorno...”
la salutò Riza, stiracchiando le braccia intorpidite dal sonno.
“Buongiorno,
cara! Mi sono fatta mettere qui, dopo il mio risveglio, perché così ero sicura
di salutarti” le parlò la nonnina con tono dolce.
Riza gettò una
breve occhiata alla sveglia sul comodino: mancava un'ora esatta prima che il
colonnello venisse a prenderla, come d'accordo.
“Già... presto
andrò via” mormorò. “Non c'era bisogno che si disturbasse, signora, sarei
passata comunque a trovarla. Lei è stata veramente gentile con me, non avrei
lasciato l'ospedale senza prima accertarmi delle sue condizioni”.
Si mise a
sedere, poggiando le mani ai lati del letto.
“Non
preoccuparti per me! Sono vecchia, certo, ma non sono così debole come potrei
sembrare” la rassicurò.
Annuì, Riza,
contenta del buonumore che dimostrava la nonnina, nonostante tutto.
“Perché adesso
non vai a prepararti? Non vorrai mica uscire in camicia da notte” le fece
notare.
“Non ha tutti i
torti, in effetti devo farmi trovare pronta...” approvò.
Riza si alzò,
raccogliendo dalla sedia i vestiti che le aveva lasciato il colonnello il giorno
prima e osservando la divisa militare piegata nella borsa accanto.
Lui le aveva
anche domandato se se la sentiva di tornare al lavoro, cercando di tenere
nascosto il fatto che aveva perso la memoria e di seguire tutte le sue
istruzioni alla lettera.
Lei aveva
risposto che ci avrebbe provato.
E
ripensando al momento di fragilità del giorno prima, cosa che non sarebbe dovuta
succedere più, non se voleva ritrovare la vecchia se stessa, entrò in bagno,
chiudendosi la porta alle spalle.
Note: Questo
era un capitolo di transizione, non era importante, ma spero vi sia piaciuto
comunque.
Entra
in scena Sheska, un personaggio che ho inserito perché non la si trova nelle
altre fic (ultimamente sto dando spazio ai personaggi meno conosciuti^^: mi
sembra giusto!)
Sono
riuscita a pubblicarlo prima della fine di gennaio, perché vi avevo promesso
l’aggiornamento e io cerco sempre di mantenere la parola
data.
Il
prossimo avverrà appena mi libero dai miei mille impegni, perciò siate
pazienti^^
RINGRAZIAMENTI:
-
valerya90,
per il commento. La mia risposta è sì^^
-
shurei,
per il commento.
-
evelyn_cla,
per il commento e per aver aggiunto la fic tra i
preferiti^^
-
Shatzy,
per il commento. Più avanti ci saranno capitoli migliori!^^ Ah, dimenticavo:
sono onorata di averti come lettrice! ^O^
-
Swwtcicia,
per il commento. Ho capito chi sei… XD letto il mio commento alla tua
fic?
-
stuck93,
per il commento.
-
tomasdanis,
per il commento e per aver aggiunto la fic tra i
preferiti^^
Infine,
ringrazio chi si limita a leggere oppure chi ha messo la fic tra i preferiti
senza commentare, perché mi fa capire che l’idea piace XD wow! Non credevo
avesse questo successo: grazie davvero!
Bacioni,
Rinalamisteriosa
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 : Conosci te stessa ***
Capitolo
5: Conosci te stessa*
Candida camicia
color crema, bottoni neri.
Gonna beige
lunga fino alle ginocchia e scarpe nere con il tacco, non troppo alte.
Questo era
l'abbigliamento che si addiceva a una signora per bene, questi erano i vestiti
che le aveva lasciato Roy.
Si guardò allo
specchio un'ultima volta prima di uscire definitivamente da quel bagno.
Una donna acqua
e sapone, dalla bellezza delicata, dai lineamenti perfetti e dai lunghi capelli
biondi che le scendevano morbidi sul collo e nelle spalle.
Questa era Riza.
Questa era lei
in quel particolare momento, in quel frangente dai ricordi offuscati
dall'amnesia che l'aveva colpita.
Con un'ultima
occhiata seria voltò le spalle al proprio immutato riflesso.
“Sono pronta...”
sospirò, mentre si premurava di fermarsi vicino al letto della sua ospite, della
deliziosa vecchietta che presto - molto presto - avrebbe dovuto salutare.
Ma non era un
addio, no!
Era un
arrivederci perché lei sperava, in cuor suo, di poterla andare a trovare, di
poterla vedere nei giorni seguenti o in quelli che verranno.
“Bene... adesso
non rimane che aspettare il tuo accompagnatore” constatò lievemente divertita.
“Già...”
confermò a malincuore.
Non per il
colonnello, si intende.
Chi, al suo
posto, avrebbe voluto lasciare una nonnina così dolce?
“Suvvia, cara,
non fare quella faccia. Sono certa che, un giorno, tu e quell'uomo meraviglioso
deciderete di fare il grande passo e di sposarvi” affermò con occhi sognanti.
Riza trasalì.
Tutto si sarebbe
aspettata, tranne una simile ipotesi.
E in un momento
del genere, per giunta!
Era troppo
presto per dirlo, troppo presto perché si sentiva confusa, vuota, perché non era
ancora riuscita a riappropriarsi della propria memoria, di se stessa.
Però non voleva
deluderla, non si sentiva in grado. Quando vide quei speranzosi occhi azzurri
puntarsi nei suoi color ambra, le rispose con un sorriso sincero e con un “Tutto
può essere!” che le uscì spontaneo e naturale.
Una piccola
bugia a fin di bene perché, da quel poco che aveva capito sull'esercito, c'erano
delle inflessibili leggi che vietavano la fraternizzazione tra soldati, e in
modo ancora più rigido il matrimonio.
Il colonnello
era un bell'uomo, su questo non c'erano dubbi. Quale donna non avrebbe voluto
sposarlo?
All'apparenza
freddo e calcolatore, ma in fondo gentile e disponibile: un vero
gentiluomo.
Lei si fidava di
lui, si fidava molto, ne erano stati la prova quei giorni, specialmente il
giorno precedente.
E si sentiva
ricambiata da lui in ugual misura.
Ma la priorità
di Riza era ritrovare se stessa, adesso.
Solo questa.
Niente di più, niente di meno.
Smise di
pensarci, proprio mentre il diretto interessato si accingeva a parcheggiare e a
scendere dal veicolo.
Sempre in
divisa, sempre impeccabile nei modi e nei gesti che compiva, Roy avanzò deciso,
solcando il pavimento dell'ospedale con passi moderati.
Il dottor
Patterson e il nipote lo attendevano in prossimità della porta, al pari di due
guardie che difendono la principessa di turno e che avrebbero concesso il
passaggio solo al principe.
Lui sperò che
quella fosse l'ultima volta in cui li vedeva, soprattutto il biondino che, dopo
la sfacciata dichiarazione del giorno prima al suo tenente, lo irritava ancora
di più.
“Buongiorno...”
salutò serio, fermandosi e cacciando le mani nelle rispettive tasche dei
pantaloni.
“Buondì,
colonnello! Immagino sarà contento che il tenente Hawkeye stia per essere
dimessa” rispose Tom. Il tono piccato e le mani incrociate a forza sul petto lo
stavano tradendo, rivelando un'avversione malcelata dal sarcasmo.
“Sì. Sono
contento, a differenza di un certo infermiere”.
Se la sua
intenzione era quella di farlo irritare, stava sprecando il suo tempo.
Lui era felice,
felice che Riza venisse dimessa e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di
rovinargli la giornata.
Si rivolse
quindi al dottore, ignorando intenzionalmente il nipote che sembrava fumare di
rabbia repressa.
“Com'è la
situazione, dottore? Hawkeye è pronta?”
“Sì. Potete
andare tranquillamente” asserì.
“Bene. Non vi
ringrazierò mai abbastanza per il trattamento che le avete riservato in queste
due settimane” continuò.
“È
la parte migliore del nostro lavoro, colonnello” replicò, sorridendo appena.
Sorrise
anche lui.
Si strinsero la
mano in un tacito assenso.
Se la strinsero
anche i due contendenti, con Tom che avrebbe voluto stritolargliela, ma
per fortuna si trattenne.
Patterson bussò
alla porta che Riza aprì prontamente, la borsa contenente la divisa militare già
in mano.
Li aveva sentiti
parlare dall'interno.
“Sono pronta,
signori” esordì, serafica.
E prima di
andare via, volse la testa e lo sguardo in direzione della signora Stevington,
che la stava salutando con la mano che riusciva a muovere.
Deliziosa nella
sua semplicità.
Riza ricambiò il
saluto, mostrandole un lieve sorriso e gli occhi lucidi.
Ma non si
permise di piangere, non ne aveva motivo.
Fece l'inchino
ai due uomini, ringraziò anche lei il medico e si avvicinò al colonnello,
seguendolo nell'ultimo tragitto fino alla macchina.
Roy le aprì la
portiera, facendola accomodare nel posto accanto al guidatore, dove poi si
sarebbe seduto lui.
Strano.
Strano, perché
era sempre stata lei a voler guidare per lui, era lei a voler occupare quel
posto, anche se adesso non lo ricordava.
Mentre
partivano, Riza rivolse ancora una volta il suo sguardo nostalgico alla
struttura ospedaliera che l'aveva ospitata fino a pochi minuti prima.
“Come
si sente?” le chiese il colonnello, per rompere il ghiaccio.
“Sto bene…” rispose, assorta nei propri
pensieri. “Grazie”.
“D'accordo”.
“Signore?”
Adesso stavano
guardando entrambi la strada, l'uno per guidare, l'altra per distrarsi.
“Che c'è?”
“Dove mi sta
portando? A casa mia?” s’informò, per pura e ingenua curiosità.
Non avevano
ancora parlato dell'argomento.
Riza non sapeva
della sua decisione di trasferirla a casa di Sheska fino a tempo indeterminato.
S’incupì.
Non sapeva che
lui temeva che, se l'avesse portata nell'appartamento in cui lei alloggiava
prima dell'amnesia, con il piccolo Black Hayate del quale ormai si occupava
personalmente, il criminale avrebbe anche potuto cercarla e farle del male.
D'altronde si
erano perse le tracce di quell'uomo pericoloso, e questo non era affatto un
bene.
“No. Starà in un
altro posto, con una ragazza che ha accettato di condividere il suo appartamento
con lei” le spiegò.
Optò che dirle
direttamente ciò era la cosa migliore.
E Riza non si
fece problemi, accettò annuendo semplicemente con il capo: voleva fidarsi, di
nuovo.
“Si troverà
bene, ne sono sicuro”.
“Lo so,
signore”.
Fiducia e
rispetto sono ingredienti essenziali per un rapporto stabile, duraturo,
perfetto, da rafforzare e alimentare ogni giorno.
* Titolo
ispiratomi dal famoso detto del filosofo Socrate, che io ho reso al femminile.
Note: Ed
ecco che finalmente torno a dedicarmi al RoyAi! *_*
Ho
voluto essere introspettiva in questo particolare
capitolo.
Come
al solito, vi chiedo umilmente un parere (anche modesto va bene^^) sul capitolo,
se vi è tutto chiaro fin qui o se avete delle critiche da
fare.
Sono
qui apposta, per mettermi alla prova, migliorare e riportare per iscritto le mie
idee.
Ringraziamenti
speciali
1.
evelyn_cla
2. gaiaRB
3. Himitsu87
4. keyra89
5. NightAlchemist93
6. Rina07tz
7. Rory_Kaulitz
8.
SpadaccinodellaNebbia
9.
tipetta94
10.
tomasdanis
11.
_FaLLeD_aNGeL_
12. Swwtcicia
13. Red Robin
14. Shatzy
15. valerya90
16. nueblackcrowfriend
17.
shurei
Oltre
a questi meravigliosi lettori, ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi
seguono e che mi spronano a scrivere.
E'
una delle cose che amo di più al mondo, quindi
GRAZIE!!!
Bacioni,
Rinalamisteriosa
^^
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 : Chi pedinerà il colonnello? ***
Capitolo
6: Chi pedinerà il colonnello?
Il colonnello
Roy Mustang e il suo tenente Riza Hawkeye stavano raggiungendo in macchina
l'abitazione in cui avrebbe alloggiato lei, ignari che, dietro di loro, un'altra
vettura con un tizio sospetto li stesse seguendo di nascosto.
Chi sarà
costui?
*Quartier
generale di Central City - il giorno prima*
Il sottotenente
Breda si schiarì la voce prima di esporre lo stato di una questione della
massima urgenza.
Lui e altri tre
soldati, suoi colleghi, erano seduti in cerchio al centro dell'ufficio del loro
superiore, dopo aver spostato le scrivanie contro i muri di lato.
“Come tutti
sapete, io e il maresciallo Fallman abbiamo indetto questa riunione
straordinaria per mettere in chiaro due punti fondamentali: elenchi lei,
maresciallo!” concluse l'uomo più robusto del gruppo, sedendosi e lasciando
proseguire il collega che, come aveva fatto lui, si alzò in piedi.
“Il primo punto
- cominciò Fallman, alzando un dito per avvalorare le sue parole - è lo strano
comportamento del colonnello: si presenta quando vuole e non porta più a termine
i suoi doveri da circa due settimane. Come mai? E il secondo punto...”
Alzò un altro
dito, per poi proseguire prontamente: “è la misteriosa sparizione del tenente
Hawkeye. L'unica cosa che ci è stata riferita è che si trova in una missione
della massima riservatezza affidatale dal colonnello. Ma sarà davvero così?”
Calò un silenzio
totale.
“Ehm...
ragazzi...?” intervenne timidamente il sergente maggiore Fury, il più pacato del
gruppo.
Tutti lo
fissarono, esortandolo muti ad andare avanti.
“Ecco, io... io
mi fido del colonnello Mustang. Non potrebbe mai mentirci”.
“Ah, davvero?”
insinuò tale dubbio l'uomo accanto a lui.
“Sergente
maggiore, anche io mi fido del colonnello. Ma quando si tratta di nascondere
qualcosa, è molto furbo. Lo conosco bene” aggiunse il sottotenente Havoc,
estraendo poi dal pacchetto nel taschino della giacca militare una sigaretta,
che portò alle labbra e accese sotto gli occhi dubbiosi di tutti.
“E se lo sta
facendo per il nostro bene?” provò Fury.
“Naaa! Ci deve
essere sotto dell'altro!” esclamò Breda, mentre tutti gli altri annuivano e
riflettevano con calma.
“Allora forse
sta proteggendo il tenente... può essere questo?” riprovò il moretto con gli
occhiali dopo un po'.
“Beh, questa è
una possibilità da non trascurare” lo assecondò Fallman.
“Trovato!” saltò
su Breda, mandando la sedia a terra e complimentandosi da solo per la propria
sagacia.
“Sottotenente!”
trasalì Fury.
“Sei
impazzito?!” lo riprese Havoc.
“Potrebbe
renderci partecipi della sua trovata?” domandò Fallman.
“Pedineremo il
colonnello! È il modo migliore per scoprire se ci nasconde qualcosa, no?”
“Sì... certo. E
se ci becca, ci incenerisce seduta stante. Evviva!” convenne Havoc, sarcastico,
levandosi la sigaretta dalle labbra e aspirandone il fumo che aveva appena fatto
uscire.
“Non ci scoprirà
se uno di noi si offre volontario per questa missione segreta” ribatté in tono
ovvio.
“E lei che
proporrebbe, sottotenente Breda?”
“Io proporrei
un... sorteggio! Facile, no? Chi di noi uscirà, spierà il colonnello per tutta
la giornata di domani, finché non scopre qualcosa. Poi torna alla base e
riferisce tutto!” conferì.
“No, accidenti!
Con la sfiga che ho, uscirò sicuramente io... Non è giusto” si rabbuiò Fury,
chinando affranto il capo.
“Non è detto!
Potrei uscire anche io, o Breda, o Havoc. Sergente maggiore, stia tranquillo!”
lo consolò Fallman, mettendogli una mano sulla spalla.
“Perfetto!
Allora siamo tutti d'accordo, vero? Havoc?”
Sospirò. “Se non
ho altra scelta...” disse.
Il sottotenente
Breda ghignò, raggiante. Allo stesso modo in cui adorava fare scommesse, gli
piaceva da matti estrarre a sorte, soprattutto con il gioco delle cannucce.(*)
***
“Lo sapevo che
sarebbe finita così. Me lo sentivo!”
Il sorteggio
organizzato da Breda aveva decretato che fosse proprio lui, la spia.
Splendido, davvero.
Dopo essersi
svegliato prestissimo, aver indossato degli abiti normali con tanto di cappello
e sciarpa, essere quasi caduto dalle scale del palazzo e addosso alla portiera -
brutta e arcigna, tra l'altro - e aver tirato un calcio a un gatto spelacchiato
che per poco non lo fece inciampare, finalmente il sottotenente Havoc aveva
occupato la sua postazione.
Pazientò otto
minuti buoni prima di intravedere l'obiettivo uscire dal portone
dell'appartamento di fronte e dirigersi verso il veicolo che l'attendeva
parcheggiato dopo un cigolante cancelletto di ferro.
Prima di
salirci, però, Roy si guardò intorno, e Havoc dovette ritrarre la testa e
nascondersi meglio - per quanto l'albero gli concedesse uno spazio esiguo -
perché se l'alchimista di fuoco lo avesse sorpreso lì, non solo sarebbe fallito
il tentativo da parte sua e dei suoi colleghi di reperire maggiori informazioni
sui due superiori, ma la sola scoperta avrebbe decretato la sua fine.
Su questo, ci
metteva una mano sul fuoco!
Il colonnello
aveva fretta, perciò non perse tempo e partì subito dopo.
Fortuna che il
furbo Breda aveva pensato anche a questa eventualità, lasciandogli le chiavi di
una macchina situata proprio lì vicino.
Corse a
prenderla e avviò il motore, sbrigandosi a svoltare per non perdere di vista la
vettura che, suo malgrado, doveva seguire a distanza ragionevole, per non
sembrare troppo sospetto.
Si stupì non
poco nel vedere che sostava vicino all'ospedale di Central City.
Come mai?
Checché ne
sapesse, il colonnello non aveva parenti o amici ricoverati.
Un
attimo!
E se era questa
la cosa che stava nascondendo loro?
Probabilmente
non aveva detto nulla per non coinvolgerli nel dolore dell'uomo (o della
donna?) che si trovava in quella grande struttura bianca, con una vistosa
croce rossa sopra le finestre, in alto.
Magari lui (o
lei?) giaceva in un semplice letto in stato pietoso o moribondo, chi poteva
saperlo?
Attese senza
scendere dal veicolo, abbassando il finestrino e fumandosi una sigaretta.
Sigaretta che
gli cadde quasi dalle labbra nel vedere che l'obiettivo ritornava alla macchina
con una bella biondina al seguito.
E lei da dove
saltava fuori?
Non l’aveva mai
vista prima, o almeno questa era l’impressione che ne ebbe scrutandola da
lontano.
“Un momento!
Anche il tenente Hawkeye è bionda… e se fosse lei?!” ipotizzò poi,
avendo avuto un’illuminazione.
Questo
spiegherebbe il comportamento vago del colonnello nelle ultime due settimane, ma
perché nascondere loro un fatto così importante riguardante il tenente?
Che cosa le era
capitato?
“Questa missione
si sta rivelando più interessante del previsto!” si disse, mentre
osservava Roy chiuderle lo sportello e girare per salire nell’altro.
Aspettò che la
loro macchina partisse per riaccendere il motore e continuare con il pedinamento
stradale.
***
“Ragazzi, non vi
nascondo che sono un po’ preoccupato per il sottotenente Havoc. Credete che se
la caverà?” chiese Fury rivolto ai compagni, levando lo sguardo dal libro di
elettronica che stava sfogliando.
“Io penso di sì.
Non è la prima volta che si occupa di questo genere di lavoro. Andrà tutto
bene!” disse Fallman, che stava controllando dei documenti.
“Concordo in
pieno! Se non fa lo stupido, se la caverà benone” scherzò Breda, che teneva in
mano un tramezzino. Ne addentò un pezzo.
“Dubito che lo
faccia. Nessuno di noi vuole testare l’alchimia del colonnello…” continuò
Fallman.
“Già!” risposero
all’unisono gli altri due, deglutendo e rabbrividendo al solo pensiero.
Frattanto, in
un’altra parte della città, la macchina in cui sedevano Roy e Riza si fermò
nuovamente di fianco a una casetta con degli scalini laterali.
Havoc fece lo
stesso con la sua, poco distante.
“Ecco. Siamo arrivati” la informò Roy.
E dopo averle aperto la portiera, le tese galantemente una mano per farla scendere.
Lei la accettò di buon grado, per poi soffermarsi a osservare la piccola abitazione.
“È questa?”
“Sì”.
“Carina. Ha l’aria di essere ospitale e confortevole” fece la donna, tranquilla e rilassata.
“Vuole che le porti la borsa?” domandò Roy, indicando l’oggetto in questione, che Riza stringeva in mano.
“No. Non c’è biso-”
“Insisto! Io...”
Si guardarono negli occhi e bastò quel contatto visivo, quell'alchimia tra la perplessità degli occhi ambrati di lei e l’intensità di quelli scuri del colonnello a convincerla sempre più che ogni gesto, ogni parola celasse un sincero desiderio di aiutarla, di sostenerla.
Roy sembrava aver preso sul serio l’impegno di camminare insieme a lei nel percorso sfuocato e confuso che costituiva la sua attuale esistenza.
Da quel poco che le aveva detto, infatti, Riza aveva intuito che doveva conoscerla profondamente; senza dire nulla e chinando la testa, gli passò la borsa, e sotto gli occhi di un Havoc che cercava di capirci qualcosa, salirono lentamente le scale, entrambi assorti in pensieri più grandi di loro.
(*) Io lo immagino in questo modo: si prendono delle cannucce (quattro, nel loro caso) e se ne taglia una in modo che sia più corta delle altre. Si nascondono le estremità, così sembra che le cannucce siano tutte alla stessa altezza. Le pescano contemporaneamente e chi rimane con quella più corta fa la spia.
Note:
Lo so di non essere una grande scrittrice.
Lo
so che mi sfugge sempre qualche errore, mio malgrado.
Conosco
bene i miei limiti, eppure mi sto impegnando sempre di più e spero che questa
mia testardaggine, un giorno, venga premiata.
Per questo motivo, ho trovato stimolante (e incredibile O.O) sapere che la mia umile longfic RoyAi (dove i ruoli sono capovolti, sì! XD) sia così seguita e così commentata: addirittura mi sono ritrovata a passare da 23 commenti a 33 per un unico capitolo!!! *_*
Sono
davvero commossa! GRAZIE a tutti quanti, di cuore < 3
In questo capitolo, poi, mi cimento per la prima volta con la truppa Mustang. Evviva! (Prima erano solo accennati... XD)
In modo particolare con Havoc, un personaggio che adoro per la simpatia e la sfortuna in amore ( adesso anche nei sorteggi, per colpa mia! X°°D).
Non
so che altro dire...
Bacioni, Rinalamisteriosa ^^
Note post-revisione: È stato molto divertente rileggerla xD
A conti fatti, se mai l'ispirazione per continuare questa fanfiction dovesse bussare alla mia porta, prometto che ritorno =)
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