I've never made a bet but we gamble with desire

di New Americana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The hills of Hollywood on fire are too bright ***
Capitolo 2: *** Where is the fun in doing what you're told? ***
Capitolo 3: *** Good girls are ba(n)d girls that haven't been caught ***
Capitolo 4: *** Never let them take the light behind your eyes ***
Capitolo 5: *** Blue jeans red shirt walked into the room you know you made my eyes burn ***
Capitolo 6: *** I don't care if people stare, 'cause I feel like dancin' tonight ***
Capitolo 7: *** Recently the flames are getting out of control ***
Capitolo 8: *** I met a girl at twenty-three Knew she meant the world to me, So I gave her everything, And she did the same for me ***



Capitolo 1
*** The hills of Hollywood on fire are too bright ***


Dopo essersi  autoanalizzata per anni per capire cosa avrebbe voluto fare dopo la scuola, Christiane riusciva solo a pensare che Jack Barakat e Zack Merrick erano ancora single e che l'antico mestiere di groupie andava riportato in vita.
Era una delle cose su cui scherzava ogni giorno, ma in cuor suo sperava che in qualche modo le sue fantasie si avverassero.
Il tempo scorreva, il momento di scegliere si avvcinava e lei era una di quelle persone senza nessun talento, senza caratteristiche particolari.
"I wish I was special, you're so very special, but I'm a creep, I'm a weirdo".
Non avrebbe neppure saputo esprimersi se non ci fosse stata la musica a farlo per lei.
Perciò la sua unica certezza era che se ne sarebbe andata dal suo triste paesino di periferia e avrebbe avuto a che fare con il mondo della musica, non importava in che modo; non riusciva a vedere un futuro privo della giusta colonna sonora.
Era approdata nel mondo del rock a sedici anni, e da allora non ne era mai uscita, perché la musica era quella brezza vitale che la sorreggeva quando gli schiaffi della vita erano così forti da buttarla a terra, che la rialzava quando si trovava con un piede nella fossa.
Aveva passato gli ultimi anni in uno stato di stallo, incapace di prendere in mano la sua vita e farla cominciare per davvero, chiusa nella sua stanza a cantare insieme alla voce di Jared Leto di una città degli angeli dalle colline infuocate e dai viali rigurgitanti di sogni e speranze, e l'idea di poterli percorrere un giorno, quei viali, era un'iniezione di vita.
Nonostante credeva che la California fosse la sua vera casa, a cui un destino distratto l'aveva strappata, dovette seguire il richiamo di un suono graffiante e ritmato, creato da una chitarra pervertita, una voce dalla sensibilità percepibile a miglia di distanza, un basso misterioso e una batteria dal sorriso abbagliante.
Quella piccola e fortunatamente non ancora famosissima band di Baltimore l'aveva catturata dal primo momento; li aveva odiati, poi amati, poi aveva tentato di cacciarli dalla sua vita, ma loro non accennavano ad andarsene, sia le poche volte che la vita le sorrideva, sia quando non aveva il coraggio di affondare la lama contro la pelle.
Messi da parte i soldi necessari durante il periodo dell'università, partì alla volta delle colline infuocate, facendo però immancabilmente tappa nella piccola Baltimore, e una volta giunta sulla costa ovest si rese conto che il suo istinto, di cui per anni si era fidata, aveva sbagliato.
Ora a Los Angeles aveva l'appartamento tanto desiderato che si affacciava sull'oceano, una carriera promettente nel giornalismo e una sfilza di star internazionali che le passavano davanti così velocemente da non darle il tempo di riconoscerli.
E troppo spaventata da tanta stabilità, cosciente che le cose belle non durano, Christiane capì che le luci di una città che non dorme mai erano state l'ennesimo tentativo di fuga da quel buco nero che aveva dentro, nascondiglio di quei demoni che aveva provato più volte a sopprimere senza successo e che ora la stavano inghiottendo nella loro oscurità.
Così come la ricerca dell'uomo di qualcosa che lo distolga dal pensiero della inconsistenza esistenziale è un continuo succedersi di sforzi vani, Christiane ripartì, alla ricerca di una cura infallibile contro ciò che la dilaniava, di una realtà che colmasse la voragine che elle stessa aveva creato dentro di se.

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Capitolo 2
*** Where is the fun in doing what you're told? ***


Era fuggita da un paesino fuori dal mondo per cercare "casa", credendo di trovarla in una metropoli al centro della scena mondiale; mai avrebbe creduto che Casa fosse una cittadina altrettanto piccola ed anonima come Baltimore, lei che per anni come unica certezza aveva avuto Los Angeles.
RIspetto al luogo in cui aveva abitato per diciannove anni, Baltimore era un altro pianeta; piccola si, ma così affasciante e pittoresca, discreta ma mai noiosa, con le onde che giocavano a rincorrersi contro le sue coste.
Lì aveva imparato a lasciarsi andare seduta sugli scogli a leggere con i piedi immersi nell'oceano senza pensare che quelle  acque fossero il gabinetto del mondo;  non che avesse smesso di pensare, anzi, ma non permetteva più ai mostri nella sua testa di avere la meglio.
 Era libera ed indipendente, non solo più dal punto di vista economico, ma stava migliorando anche da quello emozionale e mentale, e ciò che per anni le era sembrato un traguardo irraggiungibile ora si stava facendo più vicino, come lo era per tutto il resto del mondo.
Negli anni colmi di disillusione che le aveva causato chiunque le fosse attorno, aveva messo da parte alcuni dei suoi sogni, alcuni li aveva coltivati di nascosto, ma ora stava ricominciando a credere che forse anche lei avrebbe potuto non essere un totale fallimento, non ricadere nell'ordinarietà di una angosciante routine.
Aveva sempre amato la scrittura e la musica, e stava trovando il modo di unire le sue passioni in qualcosa di concreto, perché i sogni non si possono pagare con l'immaginazione, e di sicuro non sarebbe rimasta a tasche vuote proprio ora che stava cominciando a realizzare qualcosa che non solo dimostrasse a chi non le aveva mai creduto che era in grado di sopravvivere grazie alle sue forze, ma che convincesse anche se stessa delle sue potenzialità.
Nei due mesi successivi era riuscita a creare una situazione di vita stabile e soddisfacente, ma non aveva trovato il tempo per fare ciò che l'aveva portata a Baltimore.
In realtà s'era quasi scordata di quei quattro ragazzi che avevano cominciato a cantare con lo smalto nero sulle unghie, tagli di capelli a scopettone e ciuffi colorati; ovviamente non avrebbe mai potuto dimenticarsi di quella band e di ciò che significava per lei, ma era stata sopraffatta dall'istinto di sopravvivenza e non si era concessa svaghi, finché non vide l'insegna di un locale la quale ricordava che gli All Time Low stavano per finire il tour mondiale, che avrebbe visto Baltimore, casa, come ultima tappa.
La colpì  molto il fatto di non aver pensato, come prima cosa, appena giunta a Baltimore, alla band, a dove potesse trovarsi in quel momento, a quale fosse l'abitazione nel cui scantinato la band aveva passato ore e ore di prove agli esordi; erano domande che negli anni precedenti si era posta in continuazione, e ora non riusciva a capire se l'alzheimer stesse avanzando o se lei stesse crescendo e mettendo da parte certe cose.
Ma come al solito, anche quando non sapeva trovare risposte, le rimaneva sempre una certezza: non avrebbe messo da parte gli All Time Low, che l'avevano portata lì, facendole vedere Baltimore come la città dei sogni.
Lavorando per una rivista locale, riuscì a ottenere abbastanza facilemente gli ultimi biglietti e a raccattare un gruppetto di amici che la accompagnassero, anche loro appassionati di musica.
Da quando aveva diciassette anni, sognava di essere a Baltimore quando gli All Time Low fossero tornati a casa, per dare loro il benvenuto e vederli commuoversi sul palco;  e anche se aveva vissuto per anni dall'altra parte dell'oceano, non si sentiva un'estranea in quella città, come se ci avesse sempre vissuto.
Come era solita fare per ogni concerto a cui aveva partecipato, il giorno dell'evento, si piazzò  davanti al locale nelle prime ore del mattino, poiché il posto era piuttosto angusto e non poteva permettersi di ritrovarsi in fondo.
Tredici ore dopo circa, le porte si aprirono, la stanchezza svanì, e Christiane trascinò gli amici, ormai esasperati che le avevano rinfacciato per tutto il giorno di attesa che non era più una ragazzina ossessionata dalle band da dover sprecare un giorno in coda, di corsa attraversando il locale e si aggrappò alle transenne, spintonando qua e là per crearsi uno spazietto.
Era in prima fila al concerto dei suoi musicisti preferiti nella loro città natale, aveva in mano il cartello di "Welcome home" e non vedeva l'ora che le luci si spegnessero e loro entrassero sulle note della prima canzone.
Aveva sempre creduto che il primo loro concerto a cui aveva preso parte fosse stato il giorno più bello della sua vita, ma da quel momento seppe che non si ha idea di cosa voglia dire sentirsi vivi finché non si è parte di una folla che saltava, respirava, rideva, piangeva all'unisono come un unico grande corpo fatto d'emozione davanti alla propria band preferita che in ginocchio cercava di nascondere le lacrime di felicità e soddisfazione alla vista di cinquemila occhi tutti puntati su di loro, cinquemila cartelli di affetto e stima, cinquemila cuori che battevano solo per loro in quel momento.
E Christiane di colpo aveva di nuovo diciassette anni, uno zaino sulle spalle pieno di speranze e una banana schiacciata, e gli occhi tristi ma pieni di fiducia in quei quattro ragazzi che non avevano idea della sua esistenza, ma che per lei erano la chiave d'accesso alla felicità.
E allora capì che tutta la sua concretezza, precisione, stabilità ed organizzazione nelle quali aveva vissuto gli ultimi due mesi erano nulla in confronto al ritmo di una batteria che pulsava con il suo cuore.
Il concerto finì, e lei si ritrovò con un reggiseno in meno, perché non si poteva lasciare l'asta del microfono di Jack Barakat vuota, un plettro in più e una confusione in testa da post sbronza colossale.

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Capitolo 3
*** Good girls are ba(n)d girls that haven't been caught ***


Dormire sarebbe stato impensabile.
Lei era una pensatrice maniacale. Doveva riflettere su ogni minimo dettaglio della sua vita, e siccome il casino mentale che le avevano procurato quei quattro non era un dettaglio, ci avrebbe messo ore per uscirne.
Così decise di evitare di pensare, e dato che la sensazione di stordimento da trip potente ce l'aveva già, pensò di andare a bere qualcosa in un club dove sapeva che suonavano musica live, ma in cui non era mai stata.
I suoi accompagnatori non erano però della stessa idea, ben lontani dall'immaginare ciò che stava provando Christiane e decisi ad andare a letto, indifferenti a ciò che avevano appena vissuto.
Christiane non era mai stata coraggiosa o impulsiva, e si stupì di se stessa quando afferrò il braccio di una ragazza che lavorava con lei e con la quale aveva scambiato solo timidi convenevoli.
Si chiamava Annie, e Christiane sapeva, perché Christiane era una di quelle persone che dal suo piccolo squarcio di mondo osservava e memorizzava tutto, che aveva appena cominciato a lavorare per il suo stesso direttore nel settore del giornalismo musicale.
Le era piaciuta nel primo momento in cui aveva visto i suo capelli verdi sbucare dalla porta per chiederle se sapeva dove fosse la sala principale, aveva fatto definitivamente scattare in lei un certo interesse quando l'aveva vista nascondere furtivamente un articolo sui Green Day che stava leggendo di straforo all'entrata del capo con fare quasi scocciato, come se fossse stata interrotta dal suo vero lavoro, e l' aveva odiata perché le ricordava se stessa anni prima, con i capelli colorati, lo smalto nero, i jeans strappati, decisa a ribellarsi contro qualcosa di troppo grande, così illusa e fiduciosa.
Non era vero odio,era più una sensazione di empatia e compassione, perché credeva che prima o poi anche ad Annie avrebbero spento i sogni e fatto crollare il castello di speranze.
Ma ciò che non sapeva era che Annie era indistruttibile e determinata senza indossare corazze di protezione o maschere, era quella che vedevi; ci sono persone che adottano un certo stile o comportamento per nascondere le loro debolezze, ma Annie nascondeva tutt'altro.
Era inconsapevolmente due persone diverse: un'anima ancora un po' insicura ma vera conviveva con una grande intelligenza e curiosità; in fondo, era una sorta di alter ego al contrario di Christiane.
Mentre quest'ultima voleva mostrarsi dura fuori, racchiudendo dentro di se un mondo inesplorato di emozioni che si accalcavano contro le sue labbra per uscire sotto forma di parole mai dette, Annie era spontanea, tanto da sembrare troppo ingenua e spaventata, ma la sua naturalezza era una sorta di apparenza dietro alla quale la ragazza celava involontariamente una grande maturità e consapevolezza, insieme ad un grande amore per il rischio e l'avventura, caratteristiche che Christiane aveva avuto, ma che ora erano sommerse tra le bollette da pagare e gli scontrini delle sue spese veloci.
Annie era una di quelle anime così ricche di sfumature da sfuggire a qualsiasi definizione, da renderne difficile la comprensione nella sua totalità, così brillante, sprezzante e libera come una bambina, e contemporaneamente adulta, responsabile e capace.
Cò che Christiane avrebbe imparato col tempo era che la ragazza custodiva il segreto della felicità, celava nella sua semplicità la bellezza della vita, e un bagaglio di esperienze di cui i più avrebbero fatto vanto, ma delle quali lei non parlava mai, perché ad un mondo sempre impegnato in cose in apparenza fondamentali e complicate, sempre di fretta, non importavano le sciocchezze di una ventunenne con il trucco nero pesante e le borchie sulla cinta, la tipica ragazza che i genitori ti dicono di evitare.
Anche Annie aveva notato Christiane, e quest'ultima, pur imprimendo sempre nella memoria ogni cosa che le passava sotto gli occhi, non se ne era resa conto; poteva in una certa misura rispecchiarsi in quella ragazza così vuota e precisa: non in ciò che era ora, ma nel fanstama di ciò che era stata, nella passione per la vita che l'aveva contraddistinta.
Annie si era  promessa che non sarebbe mai diventata lo spettro di se stessa, e per quanto aveva intuito, anche Christiane anni prima doveva essersi giurata la stessa cosa, e non era riuscita a mantenerla.
Pensò che se avesse riportato in vita quella sconosciuta che ormai era solo più l'ombra delle sue passate speranze, il karma l'avrebbe ricompensata aiutandola a mantenere la promessa con se stessa, e cominciò cautamente  ad indagare su Christiane.
E i suoi sospetti divennero realtà quando quella sera, dopo il concerto degli All Time Low, si sentì afferrare il braccio sinistro da una presa debole e discreta, la stessa che le aveva stretto la mano in segno di benvenuto due settimane prima al giornale.



-spazio """autrice"""-

*Fa capolino da una nuvola di vergogna*
S-s-ssalve!
Ho cominciato ieri a scrivere questa.. cosa (?) di getto ispirandomi ad un'idea avuta in uno dei miei troppi trip mentali notturni e spero di svilupparla abbastanza in fretta.
Sicuramente ci saranno errori perché sono in preda all'entusiasmo di scrivere e alla voglia di pubblicare e sapere cosa ne pensate.
Sarei tipo tanto felice se mi lasciaste qualche piccola recensione, anche per dire che faccio schifo e che mi volete lanciare pomodori marci addosso, ma ho bisogno di sapere se quello che scrivo è accettabile o no.
Grazie a tutti per aver letto fino qui, siete spiriti intrepidi.
Vi prometto che tra pochi capitoli gli All Time Low saranno protagonisti delle vicende e scusate se per ora vi ho annoiati.

Alla prossima,
                        Me.

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Capitolo 4
*** Never let them take the light behind your eyes ***


Un secondo dopo aver allungato il braccio verso Annie, Christiane si stava già pentendo del suo gesto, pensando alle implicazioni  sociali che ciò avrebbe avuto, ed era pronta a scusarsi dicendo di aver sbagliato persona e facendo finta di niente.
"Stavo aspettando che facessi qualcosa per farti notareda due settimane " Annie si era avvicinata al suo orecchio perchè Christiane potesse sentire sopra il frastuono della folla che stava ormai abbandonando il locale.
Percependo la confusione sul volto di Christiane, la trascinò fuori.
"Tranquilla, non ti voglio rapire, molestare o derubare, a meno che tu non abbia una tinta verde nella borsa, perché i miei riflessi arancioni stanno tornando".
Come ho già detto, Annie era squisitamente spontanea.
"Com'è che al lavoro l'unica cosa che mi chiedi è dove sono i punti per la pinzatrice? Avrei potuto portartela giorni fa la tinta, ne ho diverse confezioni a casa; sono di qualche anno fa ,ma dovrebbero ancora andare" disse Christiane, che cominciava a rilassarsi.
"Non mi sembravi una da capelli verdi".
"Non mi conosci, come puoi sapere che capelli.."
"No, intendevo, mi sembravi più una da capelli blu".
Christiane abbozzò un sorriso, che si trasformò in una risata, come quelle di quando a sedici anni prendeva in giro l'eccesso di femminilità di Gerard Way.
"Sono stata un arcobaleno in passato, se ti serve una mano chiedi pure".
"Hai qualcosa da fare adesso?"
"Pensavo di andare ad ubriacarmi così tanto da non ricordarmi nemmeno quando sono arrivata in America e cosa ci faccio qui, ma sei hai qualche altra idea, proponi pure".
Dalla borse di Annie fece capolino una bottiglia di vodka a mezza piena.
"Io ho questa, tu hai le tinte. Che ne dici se ci ubriachiamo e vediamo di che colore far diventare i miei capelli questa volta? E' così che scelgo di solito".
In quel momento Christiane pensò che non odiava più Annie, nè provava per lei compassione; era si un riflesso di ciò che lei era stata, ma più forte e capace.
Capì che ciò che aveva provato non era odio, piuttosto quasi invidia per il fatto di aver perso la capacità di essere se stessa da tempo, ma ora vide che era stato stupido, che quella ragazzina era molto più sveglia di quanto lei fosse mai stata, e che forse avrebbe potuto aiutarla a riportare in vita quella parte che i suoi demoni interiori avevano ucciso.
Si diressero a casa di Christiane e ordinarono una pizza; il pavimento del bagno diventò il loro tavolo, e nonostante ci fosse tinta colorata dappertutto, che si confondeva con il colore della vodka, si sentivano come in un ristorante di gran classe.
Nonostante non fossero esattamente sobrie, la capigliatura di Annie assunse un discreto color acquamarina, che rese le ragazze molto fiere, e la ragazza, ancora con i capellli bagnati, si addormentò con la testa appoggiata sulle coscie di Christiane, mentre farfugliava di quanto Jack Barakat si fosse superato nell'essere imbarazzante poche ore prima.
Quando Christiane si svegliò il mattino dopo, Annie era già andata via, dopo aver rimesso a posto il caos della sera prima e averle lasciato un biglietto, il quale recitava "Never let them take the light behind your eyes" e un numero di telefono.
Allora Christiane capì che la sua presunzione di essere l'unica a saper leggere le persone era stata appena distrutta da una ragazza poco sobria dai capelli verde acqua, e nel suo disappunto non potè fare altro che sorridere.




Ciao pipol,
questo capitolo è corto, stupido e blah blah blah, ma mi serve come punto di partenza.
Il prossimo sarà più interessante spero.
Anche se non mi cagate continuo a supplicarvi di lasciare una recensioncina, non si sa mai (?)
Alla prossima,
                        Muffin.

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Capitolo 5
*** Blue jeans red shirt walked into the room you know you made my eyes burn ***


Christiane non aveva mai cercato nessuno in vita sua, se non costretta, ma il fatto che Annie le avesse lasciato il numero implicava che aspettasse di ricevere notizie della ragazza, e per quanto Christiane avrebbe preferito essere cercata, pensava anche che dopo che Annie le aveva ripulito casa dalla pizza sparsa ovunque, le doveva almeno la soddisfazione di un messaggio.
"Venerdì sera sei libera o hai intenzione di spalmarti altro colore in testa?".
Il meglio che Christiane sapeva fare era il peggio di chiunque altro.
Non aveva mai visto Annie con il cellulare in mano, e non le era sembrata una ragazza tecnologica, ma la risposta arrivò pochi minuti dopo, e Christiane assegnò come suoneria al suo numero Jack e Alex che cantavano e suonavano "It's a picture of my cock on your computer".
Per sdebitarsi del favore che Annie le aveva fatto, le propose di farle conoscere un locale in cui le band esordienti di Baltimore erano solite strimpellare, locale in cui probabilmente anni prima si erano trovati anche gli All Time Low e che Christiane non aveva ancora avuto il tempo di visitare.
Annie ovviamente non si lasciò sfuggire l'occasione di ascoltare un po' di buona musica, bere e conoscere qualche musicista appassionato ed amichevole, a patto che però Christiane ritornasse per una sera la diciassettenne ribelle e incasinata che era stata.
E così Christiane, fingendosi scocciata ma segretamente curiosa ed entusiasta, tirò fuori vestiti che non metteva da quando era partita dall'Italia, mai usciti dalla valigia, e non ancora pronta a ritornare ai suoi amati e temuti capelli blu che la facevano essere troppo al centro dell'attenzione, con l'aiuto di Annie scelse un vestito nero decisamente più aderente di quanto avrebbe voluto, collant strappati e pieni di smalto trasparente di due anni prima a bloccare i fili in modo da non ritrovarsi improvvisamente a gambe scoperte in pubblico, e le sue amate zeppe nere di gomma con i cinturini dorati che avrebbero messo k.o. con un solo colpo qualunque malintenzionato.
E fu solo quando, in una tasca quasi nascosta nel retro della valigia fucsia che aveva acquistato a quattordici anni e di cui si vergognava immensamente, trovò il bracciale nero in finta pelle, le sue collane a plettro con i simboli delle sue amate band, e per ultimo sfiorò le lettere in rilievo incise su un bracciale di gomma cucito a causa di uno strappo che, senza bisogno di tirarlo fuori, capì essere quello preso al suo primo concerto degli All Time Low, che sentì quanto quel mondo le fosse mancato e quanto fosse stata stupida a permettere a se stessa di alienarsi così da ciò che la rendeva felice, e pianse in ginocchio abbracciando le sue amate scarpe finché Annie non fece irruzione nella stanza per chiederle dove avesse messo la piastra.
Non ebbe bisogno di fare domande sul perché la sua nuova amica fosse in lacrime sul pavimento abbracciata a delle scarpe logore tra vecchi vestiti sparpagliati come una ragazzina appena stata lasciata dal ragazzo, perché vide quegli oggetti e i simboli che recavano, e capì, dal momento che anche per lei avevano lo stesso significato.
Si limitò ad abbracciarla, e rimaserò così finchè Christiane non smise di sussultare e si scusò per aver infradiciato Annie con le sue lacrime,  ricevendo in cambio un sorriso e una delicata pacca sui capelli, quasi una carezza, prima che la ragazza la aiutasse ad alzarsi e con un leggero calcio sul sedere la mandasse a farsi la doccia.
"Dovrebbe essere un reato nascondere tutta 'sta gnocchezza sotto dei jeans scialbi e una camicia banale" affermò Annie non appena ebbe finito di truccare l'amica.
In effetti Christiane non era affatto male, ora che si guardava allo specchio per davvero, non solo passandoci davanti velocemente.
Il suo viso non era particolare, gli occhi non erano verdi o azzurri o di un qualunque colore poetico ed affascinante, e i suoi capelli mossi e scuri che le arrivavano alla vita non erano nulla di fuori dall'ordinario, ma con quel vestito che aderiva perfettamente al suo fisico che da quando si era trasferita era diventato molto più magro e slanciato, e quel trucco nero e profondo, decise che per la prima volta in vita sua era fottutamente figa.
Non aveva detto molto dopo la scena che era accaduta poco prima; non sentiva il bisogno di dire nulla, perché Annie sapeva già, così le sussurrò solo un flebile grazie mentre la ragazza stava uscendo dallastanza, sperando che non l'avesse sentita.
Christiane aveva pensato di arrivare a piedi al locale, non tenendo in conto i tacchi che non indossava da almeno un anno, ma con molta forza di volontà arrivarono al luogo prescelto, e finalmente sentì una scintilla accendersi dentro di lei; sorrise di se stessa per quanto era stata stupida a privarsi delle emozioni che suscitavano piccole e stupide cose come l'entrare in un locale e ricevere qualche complimento.
Era più affollato di quanto Christiane avesse mai visto passandoci davanti la sera tornando da lavoro, e fecero un po' di fatica a raggiungere un tavolino libero.
Una volta ordinati due drink, scoprirono che quel subbuglio era causato dal fatto che quella sera avrebbero suonato i componenti di una band locale piuttosto conosciuta, e Christiane si scoprì a sperare che fossero gli All Time Low, ma non vedendoli, cominciò a bere e a fare conoscenza con dei ragazzi lì vicino che strimpellavano delle chitarre, senza esserne davvero interessata.
Ovviamente Annie l'aveva lasciata sola per scoprire che gusto avevano le labbra di un tipo davvero carino dai capelli lunghi e le bracci dalle vene quasi in rilievo sottopelle, e lei si era seduta al bancone per ordinare qualcosa che le permettesse di ingannare il tempo.
Ciò di cui subito non si rese conto fu che, mentre stava cercando di scoprire se era possibile avere un Apple Tiny, poiché era cresciuta con il mito di Scrubs e la curiosità di provarne uno, un ragazzo le chiese gentilmente con una voce bassa e tranquilla se il posto accanto a lei fosse libero.
Senza alzare lo sguardo dalla lista dei cocktail, annuì, e quando fu pronta ad ordinare notò in preda al panico e sconvolta che quello vicino a lei non era uno sconosciuto.
Il ragazzo dai capelli ricci non molto lunghi e scompigliati portava un anellino al naso, aveva una barba rada, un sorriso timido, una t-shirt rosso scuro che Christiane aveva già visto troppe volte e  che non riusciva a nascondere tutti i suoi muscoli e a coprire le braccia completamente tatuate, e la stava guardando dietro degli occhiali dalla montatura nera che nascondevano degli occhi stanchi ma felici.
In un breve momento di lucidità, Christiane si accorse che il bassista di cui era stata platonicamente innamorata per quattro anni era seduto vicino a lei e sembrava voler fare due chiacchiere.
Non solo aveva appena ignorato inavvertitamente Zack Merrick, ma ora tremante lo stava anche fissando con gli occhi spalancati e la bocca dischiusa sperando disperatamente di non star sbavando come un cane davanti ad una bistecca.
E nonostante le sue pupille stessero supplicando pietà a causa delle forti luci del locale, le lasciò bruciare, per non perdersi neanche un secondo di quello spettacolo.

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Capitolo 6
*** I don't care if people stare, 'cause I feel like dancin' tonight ***


Non aveva il coraggio di riaprire gli occhi e stava ignorando che la gente probabilmente la stesse fissando e si stesse chiedendo che tipo di droga avesse preso.
Avete presente quando strizzate gli occhi così forte da riuscire a vedere macchie colorate che si deformano progressivamente in base alla quantità di luce che filtra, come se vi foste calati un acido?
Christiane sapeva che se li avesse riaperti avrebbe scoperto che quello era un sogno, e non voleva abbandonare quella magnifica sensazione psichedelica di stordimento ed euforia.
A riportarla alla realtà furono le dita, appartenenti ad una mano enorme, ma dal tocco delicato, che le premevano sul braccio.
"Bevuto troppo?" il tono era quasi divertito, ma rassicurante.
Aveva sentito per la prima volta quella voce così bassa e dolce nelle interviste, l'aveva adorata nelle canzoni della sua band preferita, ma ora che quella voce si stava rivolgendo a lei dal vivo, era tutta un'altra storia.
Aveva aspettato quel momento da quattro anni, ed ora ovviamente avrebbe rovinato tutto restando muta o scappando.
Una volta riaperti gli occhi e sentito lo sguardo di Zack fisso su di lei, ora più preoccupato che altro, percepì che la sua faccia avvampava come tutte le volte che qualcuno le rivolgeva troppa attenzione, e seppe di aver assunto un color prugna.
Di tirare fuori le parole proprio non se ne parlava; così, tremante, allungò verso Zack il polso attorno al quale era chiuso il bracciale degli All Time Low e, stupendosi di se stessa, fece per stringergli la mano.
Sapeva che a nessuno piacevano le ragazzine ossessionate e in preda al panico, così cercò di comportarsi da ventunenne matura qual'era, in teoria.
Prima che il ragazzo le tendesse a sua volta la mano, Christiane sputò fuori incredula tutto d'un fiato "Ciao come vedi dal mio braccialetto sono una vostra fan da anni e anni e sono cresciuta con voi e mi avete letteralmente salvato la vita e lo so che in questo momento ti sembrerò una ragazzina invaghita e che tra poco ti alzerai terrorizzato e fuggirai da me ma prima che tu possa conoscermi devo avvertirti dei pericoli a cui vai incontro e no non sono rossa per l'alcol piuttosto perché Zack Merrick è seduto vicino a me e io mi sto rendendo ridicola e sprecando un'opportunità che aspetto da anni e ok me ne vado".
Non respirò, ne fece pause, letteralmente.
Finì la frase, prese la borsa e fece per andarsene, ma Zack la trattenne facendo passare un dito attorno al braccialetto.
Il bassista stava ridendo, anzi, si stava scompisciando dalle risate, e ciò non fece altro che accrescere l'evidente disagio di Christiane.
Asciugatosi le lacrime causate dalle risate Zack, che nel frattempo aveva invitato Christiane a sedersi di nuovo, biascicò "Guarda che mi fa piacere che mi si dicano queste cose; di solito gli unici a ricevere complimenti sono Jack e Alex, sei stata molto carina.
E tranquilla, non fuggirò, non puoi essere più strana dei miei amici.
Mi devo anche complimentare per la tua parlantina, ma per favore, la prossima volta prendi fiato, ho seriamente pensato di vederti soffocare.
Comunque, io sono Zack, anche se credo tu lo sappia, ma se dobbiamo fare conoscenza, è giusto che io lo dica. E tu sei..?"
La ragazza, che stava riprendendo un vago colorito roseo e stava lentamente smettendo di fissarlo attonita, lasciandosi andare davanti all'affabilità del ragazzo, rispose "Christiane, ma puoi chiamarmi Chris. E in realtà non sono logorroica, tutt'altro, solo che pensavo di doverti dire il più possibile prima che fuggissi da me".
Risero entrambi.
"Sono in una band con Jack Barakat, tu sei il ritratto della normalità.
Ti piace il ketchup? Non voglio essere discriminatorio, ma è fondamentale per essere amici" disse Zack annegando una porzione di patatine in quattro buste della sua amata salsa di pomodoro e offrendole alla ragazza.
"L'apparenza inganna: il mondo ti ritrae come un ragazzo timido e tranquillo, piuttosto normale e sulle sue, invece uno ti incontra il venerdì sera in un bar e tu gli offri patatine.
Vedi, un ragazzo normale mi avrebbe offerto da bere, tu invece ketchup. Ecco perché ho appena deciso che, se non hai nulla in contrario, passeremo la serata insieme".
Christiane non aveva idea di dove aveva trovato il coraggio di fare una simile affermazione.
Ora lui le avrebbe davvero riso in faccia e se ne sarebbe andato.
Che idiota; no fermi tutti, era colpa di Annie, che la stava trasformando in una persona troppo estroversa.
Al contrario, Zack sorrise, si sistemò gli occhiali e le allungò il piatto di patatine.
"Nulla in contrario!" affermò, prima di versarsi addosso il ketchup.

Mentre Christiane, dopo aver preso in giro a sufficienza il ragazzo, lo aiutava a togliersi il pomodoro dal braccio, vide Annie,che  non era proprio il ritratto della sobrietà, correre verso di lei con un ragazzo per mano, alto, con un ciuffo biondo e un'espressione da idiota.

"Chris, è Jack Barakat ci credi??! Ho trovato Jack Barakat! E' lui, è reale! Oh mio Dio, ti rendi conto? Cosa ridi, perché non stai urlando e saltando ovunque??!" Annie era come una bambina di cinque anni a cui avevano dato troppo zucchero.
Christiane scoppiò a ridere, un po' perché aveva incontrato due degli All Time Low quella sera, un po' perché Annie non aveva notato che Zack stava guardando la scena mordendosi la lingua per non ridere.
"Annie, fossi in te mi girerei.
Non sei la sola ad aver compagnia" disse Christiane indicando Zack.
La ragazza a bocca e occhi spalancati, gridando, si gettò letteralmente addosso al bassista seduto sullo sgabello malfermo, che riuscì a mantenere l'equilibro, ma non ad evitare che tutto ciò che rimaneva nel piatto gli si rovesciasse sui pantaloni.
Furono nuovamente risate generali, con Annie mortificata che si scusava, e Jack che, dopo essersi presentato a Christiane, fingeva di leccare via in modo sensule il pomodoro dai vestiti di Zack.
Dopo che Jack e Alex ebbero suonato sul piccolo palco del locale Time Bomb e Teenage Dream, mantenendo la promessa fatta al gestore del posto, che conoscevano dai tempi del liceo, Annie decise che voleva ballare, trascinado dietro di se Jack e tentando di convincere anche Zack e Chris, che erano però riluttanti.
"No, davvero, sono stanco, ho appena fatto il bagno in un piatto di pomodoro, e in più  non so ballare" farfugliò Zack quasi scusandosi.
"Lo sai che non vado in discoteca da almeno sei anni, non mi ricordo nemmeno come ci si muove!" supplicò Chris, ma non poterono resistere allo sguardo insistente di Annie, che voleva farli divertire, pensando che i due avessero molto in comune.
"Perfetto, allora sarete imbarazzanti insieme!".
E così l'assurdo gruppetto si avviò verso il centro della pista dove prima, Jack, constrinse Christiane a fargli provare le sue scarpe, poi, dopo essere caduto e gettato a terra altre due person, e le tolse e prese a fare balletti imbarazzanti scalzo.
Dal momento che ormai la situazione stava degenerando, presero tutti, anche Zack e Christiane, che si stavano chiedendo quanta gente in quel momento stesse ridendo di loro, ad imitare Jack Barakat, e chi entrò in quel momento nella sala, potè osservare un gruppo scombinato di idioti che, tra ragazze dai vestiti succinti che si struscivano su ragazzi dalle camicie macchiate di alcol e si arrampicavano sui cubi per mostrare il nuovo push up al mondo, si muoveva a ritmo di "I feel like dancin'".

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Capitolo 7
*** Recently the flames are getting out of control ***


Uscirono dal locale ancora scalzi, ancora ridendo, promettendo a se stessi che non ci sarebbero mai più entrati, ma sapendo che probabilmente, se la loro amicizia fosse continuata, un giorno avrebbero spezzato la promessa per rivedere il luogo in cui tutto era cominciato.
Comprate due bottiglie di vino dozzinale dall'unico supermarket aperto a quasiasi ora della notte in cui già da ragazzi andavano ogni weekend cercando di spacciare per veri i documenti contraffatti, si diressero verso la costa.
Christiane pensò che, nei due mesi che era stata a Baltimore, non aveva mai visto il mare di notte, e si sentì profondamente triste.
Camminando dietro a Jack ed Annie, si rese conto di quanto quei due si somigliassero e scommesse che non mancava molto prima che finissero a letto insieme; poi fissò lo sguardo su Zack, che nel frattempo le stava raccontando di qualcosa che gli era successo il giorno prima in palestra.
Christiane aveva smesso di ascoltarlo, pensando solo a quanto avesse sempre avuto ragione sul ragazzo: era bello, bello da morire,  con tutti quei muscoli che lo facevano sembrare un armadio, ma non solo esteriormente;  aveva quella scintilla che solo poche persone hanno, una brillantezza e una semplicità che lo rendevano speciale.
Era protettivo nel suo modo di fare, simpatico e divertente, non nel modo in cui lo era Jack, discretamente; era esattamente come Christiane lo aveva sempre immaginato, o forse anche migliore, più aperto ed amichevole di come le telecamere lo facevano sembrare, ma sempre tranquillo.
Immaginò che, nei rari casi in cui si arrabiava doveva davvero essere terrificante; era altrettanto inquietante che i due caratterialmente avessero così tanto in comune.
Giunsero ad un tratto di spiaggia quasi nascosto e sconosciuto ai più, che i ragazzi frequentavano da quando erano piccoli, e nel quale confessarono di aver portato diverse ragazze ai tempi delle superiori.
"Eravamo geniali, dai.
Guardate com'è romantico e suggestivo; non pensate che dovremmo sfruttarlo anche noi?".
Jack era esattemente come sembrava, nulla di più, nulla di meno, ovviamente a chi aveva un minimo di conoscenza degli All Time Low.
La prima cosa che aveva pensato Christiane quando ne aveva sentito parlare per la prima volta, era che si sottovalutasse troppo, che ci fosse molto di più sotto quella facciata da pervertito, e aveva ragione.
Ma Jack ne era quasi inconsapevole, era come un bambino da tenere d'occhio, che faceva ogni cosa con ingenuità e purezza, anche quando formulava ambigue proposte sessuali.
Dopo aver passato circa un'ora a parlare del più e del meno, dalle origini della band al perché le stelle non cadessero sulla terra, argomento che interessava molto al più che ubriaco Barakat, si separarono; Christiane aveva capito che Annie non aveva intenzione di lasciarsi scappare l'occasione di mettere le mani sul suo chitarrista preferito, e di certo lui non era contrario alla cosa, e così propose a Zack di fare una passeggiata.
Camminarono per dieci minuti circa, quasi sempre in silenzio, che non fu però imbarazzante, ma rilassato,  riempiendosi gli occhi del suggestivo paesaggio, finché Zack non se ne uscì con un  "Credo che siamo abbastanza lontani da non sentire ne vedere qualcosa che non vorremmo, e fidati, non lo vorresti", rise Zack, sedendosi sulla sabbia ancora tiepida del sole che l'aveva riscaldata fino a poche ore prima.
"Che cosa intendi?" chiese Chris, conoscendo già la risposta.
"Quando vivi con Jack Barakat, non passi molte notti senza sentirlo scopare con una ragazza dopo l'altra o entrare involontariamente in una stanza e vedere COSE.
Ma non preoccuparti per la tua amica, Jack non è un cattivo ragazzo, gli piace divertirsi, tutto qui, e semplicemente quel che vedi, e non farebbe male ad una mosca".
"Ero certa che almeno una volta nella tua vita avessi visto l'amico Bassam.
Comunque, lo avevo intuito; e Annie non è da meno, li vedo bene insieme" disse Christiane disegnando sulla sabbia con un dito.
Zack si sdraiò sulla sabbia, mentre Chris sedeva abbracciandosi le ginocchia.
"Scusa ma sono davvero distrutto, è stata una settimana abbastanza pesante tra le ultime date del tour troppo ravvicinate, un sacco di signing e interviste una di seguito all'altra e il mini show di sta sera; non mi lamento di certo della mia vita, è tutto ciò che ho sempre voluto, solo scusami se non sono di grande compagnia, sono esausto tutto qui.
Comunque da qui le stelle sono fantastiche, se ci fosse Alex avrebbe già buttato giù qualche verso per una nuova canzone; se vuoi sdraiarti fa pure, a cosa servono i miei muscoli se non come cuscino per le ragazze?" disse Zack, e vedendo l'espressione incerta di Christiane aggiunse "Non preoccuparti, non sono Jack, non farei mai assolutamente niente di spinto, anche se sei molto interessante".
Christiane aveva un sacco di cose da dire, ma tutto quello che le uscì fu "Come fai a dire che sono interessante? Non mi conosci".
"Istinto, credo; mi sembri una ragazza intelligente e che ha molto da offrire, ma ciò che mi attrae di te è che non riesco a capirti del tutto, c'è qualcosa che mi sfugge, come se nascondessi qualcosa".
Christiane allora si stese vicino a lui, e la sensazione della sabbia calda era un piacevole contrasto con i brividi che le percorrevano la schiena; prima appoggiò la testa sul braccio di Zack, poi, lentamente e in silenzio, la spostò sul petto del ragazzo, sfiorando con la punta del naso la sua t-shirt, che sapeva ancora di pomodoro, mentre lui, con la scusa di mettersi comodo, le faceva passare il braccio attorno alla vita.
"Anche a me sfugge qualcosa di me stessa, da sempre.
Sono letteralmente scappata di casa alla ricerca di quel qualcosa, ma continuo a non vedere la luce in fondo al tunnel.
Pensavo di sapere cosa volevo, e invece continuo a sbagliare".
"E cosa pensavi di volere?"
"Indipendenza, credo.
Avere la possibilità di fare le cose da sola.
Pensavo che questo mi sarebbe bastato. Ma mi sono incastrata in una vita asettica da cui mi è difficile uscire, anche se ora ci sto provando. In realtà tutto ciò che voglio è quello che vogliono gli altri miliardi di persone sulla terra, ovvero essere felici. Ma continuo a sbagliare strada per arrivarci".
"Te lo avevo detto che sei interessante.
Forse devi solo liberarti dalle catene che ti sei imposta; comincia una nuova vita, slegata da tutti i vincoli, vivi come viene. Ti ci dovrai abituare, certo, ma non è così male, almeno per me".
Non era proprio un sorriso, quello che faceva Zack, più una smorfia dolce in cui, insieme alla curva delle labbra, sorridevano anche gli occhi, e sembravano dirti "andrà tutto bene".
"Pensavo fosse facile vivere così, ma sono rimasta impigliata in me stessa, come al solito.
Ma proverò a seguire il tuo consiglio. Anche se non mi sembra che nemmeno tu sia molto a posto, e non usare la scusa della stanchezza".
"Risolviamo un problema alla volta, ok? I tuoi sono più importanti ora".
"Tu hai bisogno di rivedere le tue priorità".
"Ti piace Harry Potter per caso?"
"Chi ci dice che il cielo non cada perché è un incanto come il soffitto della Sala Grande di Hogwarts?".
"Non dirlo a Jack che poi lo confondi. A proposito, se fossi Jack, probabilmente ti avrei baciata immediatamente dopo che hai citato Harry Potter".
Ecco il viso di Christiane tornava a prendere fuoco. In una sera era passata dal conoscere due componenti della sua band preferita, ballare con loro, ripulire la maglia del bassista dal ketchup, e ora era sdraiata quasi su di lui, che a quanto pareva aveva la mezza intenzione di baciarla.
"Se fossi stato Jack, non ti saresti limitato ad un bacio".
"Ma io non sono Jack.
 E tu non sei una ragazza qualunque.
Perciò non ho intenzione di rovinare ciò che potrebbe crearsi fra noi soltanto per divertirci una notte. Vorrei conoscerti meglio, seriamente".
"Ma hai appena detto che devo imparare a vivere alla giornata" disse Christiane in tono di sfida.
"Va bene che non sono quel pervertito di Barakat, ma se mi tenti, la mia resistenza va a farsi fottere".
"Ma è il mio compito tentarti".
Zack la guardò sorpreso.
"Mi sembravi una ragazza timida e piuttosto seria, hai già subito l'influenza di Jack" rise Zack.
"No, ho solo deciso che è ora di fare quello che avevo deciso a sedici anni, così scoprirò se so vivere senza programmare precisamente ogni minuto e avere sempre tutto sotto controllo".
"E che cosa volevi fare?"
"La groupie.... Non provare a ridere. Zack! Idiota! Ti picchio, smett.."
Il ragazzo si prese una serie pugni ben assestati sul braccio, ma non riuscì a smettere di ridere.
"Tu.. hahahahahah.. una... hahhah... groupie?" farfugliò tra le risate e le lacrime.
Christiane lo stava guardando seduta a gambe e braccia incrociate, seria.
Ma non passò molto tempo prima che la risata di Zack contagiasse anche lei.
"Bene, se vuoi fare la groupie, io mi offro come prima vittima sacrificale".
"E io non ti voglio" finse Christiane.
"Davvero?" chiese Zack, tirandosi su la maglietta e tentando uno sguardo ammiccante, che non fece altro che aumentare le risate generali.
"Si. Ho un mio piano preciso e un programma da seguire".
"Allora vedi che non sei capace a lasciarti andare?"
"Un passo alla volta".
Zack non sembrara approvare.
"Quindi sai da chi cominciare?"
"Si"
"Lo conosci?"
"Si"
"E come fai a conoscerlo?"
"Segreto professionale".
"Come fai ad avere segreti professionali se la tua carriera inizia solo ora?"
"Merrick, la prossima volta la tua maglia la faccio lavare a Jack con la lingua" lo minacciò Christiane.
"Ok. Io ti lascio fare il tuo gioco, ma alle mie condizioni".
"Va avanti".
"Ti do un mese di tempo. Se entro trenta giorni non riuscirai a spuntare almeno il primo nome dalla tua lista, mi devi un bacio. Un bacio vero."
Christiane esitò, ma ormai non poteva tirarsi indietro; anzì, decise di alzare laposta in gioco, per dimostrare di saperci fare.
"Solo un bacio? Sicuro? Potresti chiedere di più. Dopo tutto sono una groupie".
"Te la sei cercata. Allora, invece che un bacio, il secondo punto della tua lista, se non rispetterai i termini della scommessa, sarò io".
Si strinsero la mano, così come avevano fatto poche ore prima quando si erano conosciuti.
Christiane si era appena messa in dei guai enormi.
La sua scommessa era persa in partenza, perché Zack Merrick era sempre stato il primo punto della sua lista.



Hey!
Ok, potete prendermi a bastonate dato che ci ho messo millemila capitoli per arrivare ad un punto vagamente interessante perché mi dilungo sempre troppo.
Anyway, spero che you'll enjoy it (in inglese rende meglio).

Alla prossima,
                        Muffin

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Capitolo 8
*** I met a girl at twenty-three Knew she meant the world to me, So I gave her everything, And she did the same for me ***


Una volta pattuita l'imabarazzante scommessa, erano rimasti in silenzio, sdraiati sulla sabbia dorata, mentre il riverbero delle onde li cullava come una colonna sonora smielata al punto giusto, e la luna li sorvegliava maestosa, custodendo i loro due destini che stavano da li in poi sarebbero stati incrociati per sempre.
Si erano addormentati quasi contemporaneamente, mentre Zack, rillassato, faceva scorrere le dita fra i lunghi capelli di Chris, e lei pensava a quanto tutto fosse surreale.
A svegliarli furono delle voci che si avvicinavano; la risata di Annie, che stava comodamente sulle spalle di Jack, era impossible da non riconoscere, e dopo che Christiane ebbe discretamente fatto notare a Annie, decisamente poco sobria, la camicia sbottonata, si diressero in centro.
Erano circa le quattro e un quarto della serata più bella della vita di Christiane, e siccome Jack e Zack da li a poche ore avrebbero dovuto prendere l'aereo, dovettero separarsi.
Incerta sul da farsi, Christiane tese timidamente la mano a Zack, che la prese e trascinò la ragazza verso di lui per stritolarla nell'abbraccio più gradito che lei avesse mai ricevuto, e che prima di lasciarla, le stampò un veloce bacio sullo zigomo, per poi sussurrarle all'orecchio "ricordati la scommessa" e salutarla definitivamente.


"Cosa avete fatto?? Su,Chris, racconta ti prego!"
Annie stava supplicando e saltellando allo stesso tempo.
"Niente. Piuttosto, voi che avete fatto?"
"Tu avevi Zachary Steven Merrick tra le mani e te lo sei lasciato sfuggire come se niente fosse?! Oh, no, non osare dire che non è vero, ho visto come non ti staccava un attimo gli occhi di dossa. Chris, Chris,Chris, carpe diem".
"Voi lo avete decisamente carpato il diem" rise Chris.
"Comunque è un bravo ragazzo, ci.. capiamo. Non voglio combinare un casino in partenza".
"Jack mi ucciderà per questo, ma.. si insomma, se può dare una mano.. no forse non dovrei.. ok, te lo dico, ma fanne parola con Zack e ti metto la testa nel cesso.
Io e Jack stavamo parlando, e mi ha confessato che da un sacco di tempo non vedeva Zack così.. sereno? Ha aggiunto che di solito è molto schivo e riservato anche con i suoi amici, figurati con i conoscenti, quindi deve essere particolarmente interessato a te per trattarti come se vi conosceste da sempre. Christiane, apri gli occhi. Tu e Zack non sarete mai solo amici".
Christiane, per quanto tentasse di negarlo a se stessa, sperava che Annie avesse ragione.
In quel caso però, sarebbe stata nella merda fino al collo.


Quando a casa Chris sfilò le scarpe, ne uscì un bigliettino.
"Non pensare che sia stato facile infilarti questo nella scarpa, ti muovi un sacco mentre dormi, e soprattutto stai sbavando e non sai quanto sia difficile trattenere le risate.
Sarò pazzo, ma mi fido di te, insomma, sei strana, ma sei una brava ragazza, quindi ti lascio il mio numero.
Ricordati che mal che vada ci vediamo TRA UN MESE, ma se per caso un giorno ti venisse voglia di parlare, beh..ecco, io sono qui.
Grazie per la serata, ti voglio bene.              
                                                                                   Zack"

Non solo Zack Merrick sapeva che Chris dormiva a bocca aperta sbavando, ma si fidava di lei, che non aveva fatto altro che mentirgli.



Erano passate quasi due settimane, e Christiane non aveva avuto il coraggio di raccontare nulla ad Annie, con la quale passava la maggior parte del suo tempo, ne aveva scritto a Zack, essendo pervasa dai sensi di colpa.
Il suo cervello sapeva quale fosse la cosa giusta da fare, ma la costringeva ad agire sempre nel modo opposto; di questo passo, Zack non avrebbe mai saputo che era con lui che avrebbe dovuto dare il via alla sua carriera di groupie, che se non avesse provato per lui sentimenti autentici da anni, avrebbero concluso quella sera, e che gli stava raccontando la verità perché il loro rapporto non avrebbe mai potuto crearsi sulla base di una bugia, ma era terrorizzata dal fatto che, una volta scoperta la verità, Zack l'avrebbe piantata in asso poiché si era comportata da bambina.
Perciò tutto ciò che riuscì a chiedergli fu se fosse già tornato dalla California e a ricordagli che l'ultima volta infine il ketchup non erano riusciti a mangiarlo, e che si doveva rimediare.
"Zack si fida di te" pensava con disgusto di se stessa mentre digitava il messaggio.
"Sono esattamente due settimane e tre giorni che tengo il cellulare in tasca anche mentre suono, e tu ti fai viva solo ora. Come minimo devi farti perdonare. Lasciami il tuo indirizzo, passo a prenderti domenica alle sette".
Continuarono a messaggiare anche nei giorni seguenti, finché giunse il giorno tanto temuto e desiderato, e circa un'ora prima dell'appuntamento, Zack la avvertì che sarebbero andati nel "ristorante più figo di Baltimore, sai, di quelli dove hai il cameriere personale, la musica di sottofondo e le tovaglie di lino con sopra le candele, e ciò presuppone che darò fuoco per sbaglio alla nostra cena un paio di volte almeno, ma con quello che costa posso permettermelo.
Sei autorizzata a vestirti in modo elegante, così facciamo finta di essere ricchi e di classe, sarà divertente".
"Per avermi dato un preavviso di un'ora, ti meriti che io mi presenti in pigiama".
Chris non era una di quelle ragazze che si fanno problemi per i vestiti, anzi odiava fare shopping e amava rubare i vestiti dagli armadi altrui, ma essere avvertita un'ora prima poteva essere un problema per una ragazza il quale armadio negli ultimi tempi sembrava quello di una diciassettenne emo.
Trovò in fondo all'armadio, ancora nel nylon, un abito color rosa cipria dal taglio greco che aveva comprato in Italia per un matrimonio a quanto ricordava, e lo indossò un attimo prima che Zack suonasse il campanello e che il suono la facesse sussultare proprio mentre tirava la linea di eyeliner.
Il bassista stava sulla porta con fare imbarazzato, guardandosi le scarpe di vernice rosso scuro, vestito in giacca a cravatta al posto della solita tuta, e arrossì quando vide quanto Christiane fosse femminile con un vestito addosso.
La sorpresa svanì però quando la ragazza, avviandosi verso la macchina, sollevò per non calpestarlo l'orlo del vestito, dal quale vide spuntare le converse di jeans logore e piene di scritte che Chris portava dal liceo.
"Era troppo sperare che facessi le cose per bene?"
"Mettiamola così, ti dò il diritto di essere imbarazzante quando saremo in pubblico senza rimproverarti, e in cambio, tu non commenti le mie scarpe alla Gerard Way" ammiccò Chris mentre chiudeva graziosamente lo sportello anteriore.
Zack non fece troppo caso alla proposta della ragazza, di cui si sarebbe pienamente reso conto poche ore dopo.



Il silenzio imbarazzante in macchina era stato coperto da Ed Sheeran che passava alla radio; dopo due settimane senza vedersi non sapevano bene da dove cominciare.
Arrivarono al ristorante, che già dall'esterno si prospettava particolarmente costoso, e Zack aprì la portiera a Christiane per farla scendere dalla macchina, cosa che gli fece guadagnare parecchie prese per il culo.
Ovviamente Chris era lusingata che quel ragazzo fosse così gentile con lei, ma ormai erano amici,e con i veri amici non si è mai gentili.
"Hai dimenticato il cappello a cilindro e il bastone da passeggio!"
"Al ritorno vai a piedi"
"Tanto ho le converse"
"Non credo che ti porteranno molto lontano. Le tieni insieme con lo sputo?"
"Si, lo stesso che tiene a posto i tuoi capelli".
Il battibecco venne interrotto dalle urla di un gruppo di ragazze che stava passando di li e che a quanto pare aveva riconosciuto Zack.
Il ragazzo intrecciò le sue dita fra quelle di Chris, che arrossì violentemente, e la trascinò su per le gradinate d'ingresso.
"Ma che cavolo stai facendo! Lo sai che tra venticinque secondi le foto che hanno fatto saranno su Twitter e tutto il mondo ti sputtanerà?"
"Almeno così sanno che sto con qualcuno e non mi perseguitano anche dentro, spero.
E allora, che c'è di male?"
In effetti Christiane non lo sapeva cosa c'era di male, ma era decisamente sconvolta.
"Beh, ma poi tutti penserebbero che stiamo insieme e insomma, cioè, sei famoso, poi tutti ne parleranno, e la band.. Non stai uscendo con una persona famosa o che appartiene al tuo mondo o figa o qualsiasi altra cosa una tua possibile ragazza deve essere, insomma sono solo io e sono imbarazzante e tu domani sarai imbarazzato e te ne pentirai e poi non ci parleremo mai più e..".
Christiane aveva cominciato a farfugliare come la prima volta in cui al bar aveva incontrato Zack, ma venne interrotta da qualcosa di inaspettato, morbido e pressante contro le sue labbra.
Con una mano ancora stretta a quella di Chris e l'altra sullo zigomo a sollevarle dolcemente il viso, Zack aveva appoggiato le sue labbra su quelle della ragazza per zittirla e le aveva lasciato un bacio appena accennato, quasi immobile, e prima che lei potesse fare qualcosa, si era allontanato dal suo viso, aveva aperto gli occhi, più verdi che mai, e li aveva piantati in quelli scuri della ragazza, come a comunicarle che era al sicuro con lui e che il mondo non avrebbe mai potuto intromettersi nel loro rapporto.
Entrarono e in silenzio si accomodarono sulla terrazza che dava sull'oceano, e Christiane pensò che non c'era posto peggiore in quel momento.
A Zack faceva ridere l'incredibile imbarazzo della ragazza, che ancora non osava alzare lo sguardo e avvampava ogni volta che sentiva gli occhi di Zack addosso.
Un momento prima lo stava prendendo in giro perché era stato gentile con lei, e il momento dopo non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia.
"Perché?"
"Cosa?"
"Lo sai".
Zack rise scuotendo i capelli.
"Mi andava".
"Di infilarti nella mia vita e scombussolarla?"
"Ti ho solo dato un bacio per farti stare zitta, non pensavo ti sarebbe importato.
Non eri una groupie?"
Zack era davvero poco credibile ma l'inesistente autostima di Chris le fece pensare che fosse vero.
"Io.. devo andare. Vado a provare quanto lontano possono andare queste scarpe".
"Ehi, ma io stavo scherzando! Torna qui nanetta iperattiva.. la cena.. Christiane!".
Poteva essersela presa per tante cose: non era la prima volta che la zittiva nel bel mezzo di un discorso, l'aveva chiamata nanetta iperattiva, lei, con il suo metro e settantacinque, e le aveva detto di averla baciata tanto per fare.
Doveva ammettere a se stessa che quell'affermazione l'aveva ferita.
A morte.
Le lacrime calde le scendevano sulle guance mentre tornava a casa a piedi attraverso le viuzze quasi buie della città sperando che nessuno incrociasse i suoi occhi, finché arrivò sul portone di casa.
"Avevi ragione, quelle scarpe sono parecchio resistenti".
Zack se ne stava appoggiato contro la macchina e la fissava con sguardo colpevole.
Chris fece per salire le scale di casa, ma Zack le afferrò il braccio, come quella sera al bar.
"Io non volevo dir- ehi ma stai piangendo.."
"No, mi è solo entrata la tua indifferenza in un occhio".
"Non sei poi così intelligente allora.
Pensavo capissi il sarcasmo; avremmo potuto passare una serata fighissima, ma tu hai deciso di fare la ragazzina mestruata".
"Io sono una ragazzina.
Si può sapere cosa vuoi da me?"
"Che la smetti di fare la misteriosa e mi dici cosa c'è che non va e perché sei scappata dopo che ti ho baciata".
"Hai detto che non ti importava".
"Mi hai preso in giro per i capelli".
Le passò la manica sulle guance per asciugarlele lacrime e la strinse a sè.
"Quindi ti piaccio?" accennò Zack.
"Non fai proprio schifo".
"Nemmeno tu.
E non ti ho baciata perché volevo zittirti o allontare quel gruppo di ragazze.
L'ho fatto perché mi piaci davvero tanto, e quando sei imbarazzata e in preda al panico, mi sento in dovere di proteggerti.
E non mi interessa se siamo in pubblico, in un cesso o su Marte, non capisco perché dovrei vergognarmi di stare con te, e non vedo perché il mondo non debba saperlo.
E ti bacerei anche ora con la scusa di farti smettere di piangere perché mi piace il sapore delle tue labbra, il profilo del tuo naso contro il mio, il calore delle tue guance che avvampano a ogni piccolo movimento, il modo in cui il respiro ti si spezza, e anche come ora stai sorridendo ad occhi bassi".
Christiane alzò la testa e portò le sue labbra verso la bocca di Zack, prima dolcemente, come a chiedere il permesso, e una  volta messa da parte l'insicurezza, schiuse le labbra, lasciandosi andare ad un lento bacio, con le mani poggiate sul collo del ragazzo, mentre sentiva il battito del  cuore accelerare, e non sapeva dire a chi dei due appartenesse.
Poi  si scostò, e strofinandosi le mani nervosamente salì verso casa, mentre il ragazzo se ne stava appoggiato sullo stipite del portone quasi ad ammirarla, come fossero due modelli in una lussuriosa pubblicità.
Christiane si voltò indietro solo una volta, pensando che Zack ormai se ne fosse andato; invece lo trovò lì, immobile e ancora leggermente confuso e sorridente, con le mani nelle tasche dei pantaloni del completo scuro.
Nessuno si era mai nemmeno scomodato ad accompagnarla a casa dopo un'uscita, figuariamoci a rincorrerla per mezza Baltimore e aspettarla davanti casa.
Si sentì come in un film degli anni '50, in cui il ragazzo innamorato insiegue la ragazzina che non sa quello che vuole, e la sensazione le piacque al punto che prima di aprire la porta fece una piroetta, che con quel vestito così stretto risultò soltanto uno movimento scoordinato, come le ragazze sessant'anni prima facevano per mostare le gonne dei loro ampi vestiti.

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