Semel in anno licet insanire

di miss dark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa storica (2018 - 2093) ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo ***



Capitolo 1
*** Premessa storica (2018 - 2093) ***


Eccomi finalmente di ritorno!
Ho aspettato tanto prima di pubblicare questa storia, perché le sono molto affezionata,
l'ho scritta di getto, ma è stata partorita con tanta fatica,
la sua creazione è stata lunga e difficile, ma ora sono molto soddisfatta del risultato.
Spero che anche voi la apprezzerete quanto io l'ho apprezzata
e magari anche voi vi affezionerete.
Pubblicherò due capitoli a settimana, sono già pronti, quindi sarò regolare.
Buona lettura,
Miss
 
 
 
 


 
Premessa storica
(2018 - 2093)


 
 
 
Nel 2018 i rapporti internazionali iniziarono ad incrinarsi a causa del sempre crescente panico per la diminuzione di risorse petrolifere. Per circa due anni scienziati di ogni nazionalità si riunirono periodicamente in summit mondiali per poter giungere ad una soluzione conveniente per tutti. La via burocratica e scientifica, tuttavia, non ebbe successo e nel 2021 gli Stati Uniti, con l'appoggio tacito o espresso degli stati industrializzati più potenti (maggior parte degli stati europei, Cina, Giappone, Russia, Brasile, Argentina) invasero i paesi produttori di petrolio. Dopo i primi mesi di guerra all'ultimo sangue, il conflitto si spostò sul piano delle minacce atomiche: gli Stati Uniti fecero un apparente passo indietro e, dopo qualche giorno di silenzio aereo, un bombardamento di dimensioni apocalittiche rase al suolo la quasi totalità dei centri abitati di Arabia Saudita e di tutta l'Asia Minore. La minaccia della bomba atomica, pur essendo stato un bluff durato circa un lustro, aveva alla fine portato alla distruzione di una civiltà.
Nel gennaio del 2022 gli stati invasori crearono la cosiddetta Lega di Titanio, che prese il controllo sull'area petrolifera. Il petrolio venne subito razionato e inizialmente spartito equamente tra gli stati membri in base al livello di industrializzazione, ma ben presto fu evidente la necessità di una gestione più parsimoniosa. La tensione iniziò a salire durante le assemblee mensili fino a che non esplose in un terzo conflitto mondiale: Stati Uniti, Giappone e Cina si allearono (dandosi il nome di Salvatori) e dichiararono apertamente guerra al Vecchio Mondo. Era il 2023: per i due anni successivi l'ago della bilancia oscillò continuamente fino a pendere definitivamente per i Salvatori che, nel 2025, dopo aver dimezzato effettivamente la popolazione mondiale e dopo aver raso al suolo la maggior parte di Europa, Asia ed Africa, si autoproclamarono Dominatori. L'estrazione del petrolio venne affidata agli Stati Uniti, la sua spartizione alla Cina e la ricerca di nuove fonti energetiche al Giappone.
Mentre il resto del mondo languiva in una situazione disastrosa, i Dominatori riuscirono a trovare un nuovo assetto mondiale: i capi di stato sopravvissuti (e mai più eletti dallo scoppio della Terza Guerra Mondiale) presero il nome di Oligarchi e la loro sede venne posta a New York. La prima decisione presa dagli Oligarchi fu quella di una maggiore razionalizzazione dell'uso del petrolio, ormai a livelli estremamente bassi: nessuno avrebbe più utilizzato alcun mezzo di locomozione; le fabbriche meno utili come quelle di giocattoli e di automezzi (ormai inutilizzati) vennero definitivamente chiuse e rase al suolo per lasciare spazio all'agricoltura e all'allevamento, ributtati indietro di decenni a causa del divieto di utilizzare tecnologie che prevedessero l'uso di petrolio e di suoi derivati. La produzione di beni indispensabili non venne arrestata, ma ridotta drasticamente: ovviamente solo fabbriche americane, cinesi e giapponesi rimasero produttive.
Nel 2027 i ricercatori giapponesi, con l'aiuto (volontario o meno) delle menti più brillanti sopravvissute alla guerra, riuscirono a mettere a punto un sistema di sintesi del petrolio: grazie ad uno studio approfondito della sua composizione e alle tecnologie più avanzate riuscirono a creare un surrogato del petrolio, tre volte meno efficace, ma realizzabile infinite volte e ad una velocità sorprendente. Sembrava essere la fine dell'Oligarchia, una nuova possibilità per l'umanità, ma gli Stati Uniti vietarono di divulgare la notizia, contro il volere di Cina e Giappone. Gli Stati Uniti, ormai soddisfatti dei risultati ottenuti, smascherarono le loro reali intenzioni: durante l'Assemblea Generale fecero sterminare i capi di stato di Cina e Giappone. L'apparato politico sopravvissuto, troppo spaventato all'idea di un'ulteriore guerra, nonché in evidente inferiorità dal punto di vista militare, si arrese alla supremazia americana.
 
Fu così che, nel 2027 gli Oligarchi divennero sei: il Magistro della Guerra (o Primo Oligarca), quello della Giustizia, quello dell'Energia, quello dell'Agricoltura, quello della Sanità e quello dell'Istruzione e della Ricerca. Essi rinchiusero tutti gli scienziati che avevo preso parte al progetto in prigioni speciali, dotate di laboratori e di tecnologie avanzate, di modo che potessero continuare i loro studi in segretezza. Se la notizia della scoperta di un petrolio sintetico fosse stata divulgata, il potere degli Oligarchi sarebbe stato minato alle fondamenta: loro erano essenziali per la razionalizzazione del petrolio e senza di loro la Terra non aveva alcun futuro. Questa era sempre stata la loro propaganda e questo aveva frenato gli animi di coloro che, dopo una guerra disastrosa, avevano ancora la forza di pensare ad una ribellione. L'umore della popolazione, tuttavia, era tutt'altro che favorevole al Governo degli Oligarchi, specialmente dopo aver esperito gli effetti concreti della razionalizzazione: centinaia di migliaia di persone erano state convertite da operai ad agricoltori e allevatori, ma altri milioni e milioni di persone erano rimasti senza lavoro. La situazione peggiorò ulteriormente con la scomparsa delle fabbriche cinesi e giapponesi dopo la riduzione degli Oligarchi: gli Stati Uniti, che ormai avevano perso il loro nome, come tutti gli altri stati della terra, divenuti semplici Dipartimenti, avevano il monopolio totale su qualunque tipo di produzione. Per evitare una sollevazione popolare ormai imminente, nel 2029 il Governo degli Oligarchi diede il via ad una riorganizzazione mondiale che passò alla storia come Prima Rivoluzione Informatica. Essa durò per vent'anni circa e determinò un cambiamento radicale nella vita delle persone, nella geografia e nell'economia. Innanzitutto, gli Oligarchi, il cui motto fondamentale era quello di Razionare e Razionalizzare decisero di porre fine al caos creato dalla cancellazione di interi poli industriali e dal disorientamento di coloro che vi avevano lavorato: tutte le industrie superstiti vennero trasferite in Africa e la sua popolazione venne interamente votata al loro funzionamento e alla loro manutenzione. Fu così che si venne a creare un polo industriale nuovo e compatto, il NIP, New Industrial Pole, ribattezzato dalla popolazione Nigger Isolation Plan. Agricoltura e allevamento, attività più nobili e nobilitanti, invece, vennero concentrare in Sud America e in Europa, dove il clima era più favorevole.
Il resto della popolazione venne suddiviso in cinque categorie: Uomini e Donne della Provvidenza, impiegati nel settore sanitario, Uomini del Potere, impiegati nel settore dell'estrazione, della produzione e della distribuzione dell'energia, Uomini e Donne di Scienza, ovvero ricercatori, scienziati e professori, Internauti e Assistenti ai Server.
La novità fondamentale di questa Riorganizzazione, da cui il nome che poi le venne dato, fu infatti quella di una totale informatizzazione della vita. Al fine di creare impiego per tutti coloro che in realtà non erano necessari al sostentamento dell'Oligarchia, si decise di trasferire qualunque tipo di comunicazione o di attività in rete. Così facendo, si venne a creare un'enorme apparato informatico (gli Internauti) dedito a gestire lo scambio di informazioni, e non solo. Presto divenne chiaro agli Oligarchi che per indebolire ulteriormente la popolazione bisognava impedire il contatto tra le persone e quale modo migliore per farlo se non rinchiudendole nelle loro case e rendendo inutile uscirne? Fu così che anche lo scambio di merci venne totalmente spostato su internet. I negozi veri e propri, d'altronde, erano stati costretti per la maggior parte a chiudere a causa del monopolio della produzione e, così facendo, le fabbriche avrebbero spedito direttamente le merci dai loro magazzini alle case degli utenti. Presto venne vietato l'uso di denaro, ormai inservibile poiché non universale, che venne sostituito dalla Moneta Virtuale Internazionale (Virtual International Coin, VIC, veloce come un clic!).
Per la sopravvivenza di un sistema informatizzato di tale portata, fu subito necessaria la creazione di server di dimensioni enormi. Gli Oligarchi rifletterono a lungo su quale dovesse essere la loro posizione: essi avrebbero desiderato averne un controllo diretto, ma la loro grandezza rendeva impossibile collocarli a New York. La priorità era renderli inaccessibili al resto della popolazione: chiunque un po' esperto di informatica fosse riuscito a mettere le mani su uno di quei server aveva il potere di cambiare le sorti della Terra. Per questo, alla fine, decisero di sistemarli ai due poli. Artide e Antartide, infatti, si erano scongelati del tutto a causa dell'incuria ecologica causata dalla guerra e dalla ricerca disperata di petrolio. Fu così che, dove un tempo l'orizzonte era dominato da habitat incontaminati, nel 2035 sorsero i cosiddetti Server Sud e Server Nord.
La quarta categoria di lavoratori, gli Assistenti ai Server, era la più indispensabile, la più vicina al potere, ma allo stesso tempo la più svantaggiata. Gli Assistenti venivano scelti direttamente dagli Oligarchi, addestrati al silenzio e alla disciplina, prima ancora che all'assistenza vera e propria, e infine costretti ad una vita di isolamento all'interno dei Server stessi. Era loro impedito avere qualunque legame estraneo al lavoro, nonché creare una famiglia.
 
La Prima Rivoluzione Informatica terminò nel 2051, con la fine del Primo Governo degli Oligarchi, ovvero alla morte del Primo Oligarca. La sua carica venne provvisoriamente ricoperta dal Magistro della Giustizia, ma soltanto due anni dopo il suo incarico divenne ufficiale e il suo posto come Magistro della Giustizia venne preso da un uomo fidato dell'entourage politico, scelto tramite elezione unanime degli altri cinque Oligarchi. Questa divenne la prassi ordinaria di "Elezione" Oligarchica.
Nel 2053, quindi, il Secondo Governo degli Oligarchi s'impegnò nel migliorare la Riorganizzazione del Sistema (questo il nuovo nome dato alla Terra). I Dipartimenti vennero ridotti a sei, corrispondenti grosso modo alle antiche Europa, Asia, Africa, Nord America, Sud America, Artide e Antartide (considerate insieme, poiché entrambe sedi dei Server). Ciascuno di essi venne posto sotto il diretto controllo di uno dei Magistri. Ciò che però fece passare il Secondo Governo degli Oligarchi alla storia fu la creazione del Sistema Virtuale, ovvero il perfezionamento della rete informatica. Vennero creati negozi virtuali per ogni tipologia di merce scambiabile e luoghi di incontro virtuale, vista la mancanza di contatti umani reali. Infine, tutto il contenuto di Internet precedente al 2035 venne definitivamente cancellato e fu proibita la creazione di siti o di blog senza il permesso degli Oligarchi. Fu il Secondo Governo degli Oligarchi a creare la Legge Oligarchica, ovvero a modificare la legge preesistente secondo le necessità del Sistema.
 
Già nel 2069, tuttavia, morì il Primo Oligarca, già vecchio quando aveva assunto la carica, e fu così che ebbe inizio il tuttora reggente Terzo Governo degli Oligarchi, il più spietato e astuto, ricordato da tutti per la Seconda Rivoluzione Informatica. Iniziata nel 2072, portò alla totale distruzione della società preesistente e delle sue tradizioni.
Benché chiamata "Informatica", questa non ebbe niente a che fare con la precedente rivoluzione, i suoi obiettivi furono totalmente diversi. L'intento del nuovo Primo Oligarca era quello di creare una Sistema umano del tutto corrispondente ad un sistema inanimato, potremmo dire informatico (probabilmente da qui il nome), quindi privo di legami affettivi o di credenze trascendenti, di miti che lasciassero intravedere un mondo altro. L'intento secondario era quello di creare una macchina incapace di pensiero proprio, quindi incapace di ribellarsi. Si trattava di un piano crudele e geniale al tempo stesso, che gli Oligarchi accolsero con fervore.
I primi provvedimenti furono i più concreti: vennero vietate famiglie allargate, ovvero ciascun nucleo familiare doveva essere composto da un minimo di un'unità ad un massimo di quattro unità, tra genitori, figli e altri parenti; venne vietata la visita ad altri nuclei familiari: i contatti tra unità dovevano avvenire all'esterno e in orari ben precisi, dalle 16 alle 21 (chiunque fosse stato trovato fuori dalla propria unità abitativa al di fuori di questi orari sarebbe stato immediatamente arrestato per essere riprogrammato nei campi di Prigionia Informatica); tutti coloro che fossero incaricati di trasmettere conoscenza, per la maggior parte professori, furono sottoposti ad innumerevoli test da parte degli Oligarchi per assicurarsi della loro adesione al Sistema e all'Oligarchia (altrimenti sarebbero stati riprogrammati nei campi di Prigionia Informatica).
Il provvedimento di cui il Primo Oligarca fu più fiero e che intaccò profondamente la vita culturale della popolazione fu l'Estirpazione delle Minacce Estranee, ovvero di sei discipline ritenute dannose per il cervello del Sistema stesso: Religione, Filosofia, Storia, Linguistica, Filologia e Arte (2073).
La Seconda Rivoluzione Informatica fu più breve e si concluse nel 2080, quando anche il sistema scolastico ed educativo fu interamente trasferito sul Sistema Virtuale.
 
La nostra storia ha luogo nell'anno 2093, alla vigilia dei festeggiamenti per il venticinquennio del Terzo Governo degli Oligarchi, corrispondente all'ottantesimo anno d'età del Primo Oligarca.

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


16 Febbraio 2093 - Server Sud
 
Capitolo primo


 
 
 
Il piano era uno e semplice. Troppo semplice perché qualunque stupido potesse rovinarlo. Eppure, lei lo sapeva, di stupidi era sempre stato pieno il mondo e, sicuramente, ne era pieno anche il Sistema.
Yvonne, nella solitudine della sua postazione al Server Sud, indugiava spesso in pensieri di questo genere. I compagni le chiedevano sempre di prestare maggiore attenzione, dato che gli schermi di ultima generazione erano dotati di un sistema di riconoscimento delle espressioni, ma lei, 70 anni di buona vecchia scuola, non credeva a queste baggianate e nessuno schermo, effettivamente, l'aveva mai segnalata.
D'un tratto, da oltre il muro di cartongesso della postazione apparve un uomo alto e in divisa, evidentemente un Sorvegliante del Server.
- Madame Maquis, vuole seguirmi, prego? -
Nelle vene di Yvonne scorreva sangue freddo, anzi, gelato, e la voce boriosa dell'uomo non la spaventò minimamente. Eppure, mentre lo seguiva lungo il corridoio che portava verso l'ufficio del direttore del Server, si ritrovò a ripercorrere mentalmente il solito piano, unico e semplice, e subito si rese conto di quanto quell'unicità e quella semplicità lo rendessero allo stesso tempo estremamente fragile. Era stata lei ad idearlo e, assieme ai suoi compagni, aveva pensato che più il piano fosse stato elementare, più le possibilità di successo sarebbero aumentate. Tutti loro erano accomunati da una scarsissima fiducia nei computer e nella tecnologia in genere e credevano che oggetti così complicati e intricati si sarebbero lasciati sfuggire cose semplici e basilari. E in effetti così era stato: erano anni ormai che Yvonne e i suoi collaboratori apportavano piccoli danni al Sistema, talmente piccoli da farli apparire anomalie normali per tecnologie così sofisticate.
Tuttavia, sotto quelle luci fredde, la donna, sempre fiera e spavalda, iniziò a rendersi conto della loro presunzione. Dietro ad ogni computer, ad ogni macchina, c'era sempre un uomo, un Assistente, un Internauta o addirittura un Oligarca a controllare, ad osservare, ad interrogarsi e a migliorare il Sistema Virtuale. Ovviamente, abituata com'era a mantenere un'identità segreta e addestrata dal Sistema stesso ad atteggiamenti militari, Yvonne si era preparata una storia di copertura, ma ora si chiedeva se sarebbe bastata davvero a spiegare gli errori apparentemente casuali che lei aveva compiuto. Un numero al posto di un altro ed enormi traffici dati erano stati rimbalzati per anni da un server all'altro, rendendoli visibili anche a chi non avrebbe dovuto saperne niente.
Giunsero davanti alla porta in metallo pesante dell'ufficio del direttore. L'uomo in divisa digitò il codice segreto e la porta si spalancò.
Yvonne strinse i pugni ed entrò.








 
Questo capitolo è piuttosto breve, ma serve solo da introduzione.
I prossimi saranno più corposi, promesso!
Grazie a tutti quelli che hanno recensito e inserito tra le preferite / seguite e quant'altro ^-^
 A presto, col prossimo capitolo!

Miss


 

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


16 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 158, ex Londra
 
Capitolo secondo
 

 
Arrivederci, signora Sunfield, grazie per averci fatto visita anche questa settimana!, scandì con voce gracchiante la commessa del negozio di alimentari.
Il Negozio di Alimentari - o Al, per la ricerca veloce - era stato uno dei primi programmi ad essere inseriti in rete e per questo era uno dei peggio funzionanti; le voci metalliche e poco chiare delle Assistenti Online erano solo il minore dei difetti di quei servizi che, spesso e volentieri (se una macchina può mai voler qualcosa), ti lasciavano insoddisfatto. Per qualche periodo la Soft Inc. aveva testato un programma di "Soddisfatti o Rimborsati" per migliorare la qualità del servizio, ma quando la loro multinazionale aveva ottenuto il monopolio per lo scambio di prodotti alimentari, il programma era stato sospeso: se non ricevevi la scorta alimentare settimanale, rimanevi senza cibo e pregavi che la settimana successiva quella sorte toccasse a qualcun altro.
Matilde chiuse Al e impostò lo schermo della cucina sul programma di apprendimento. La donna, ancora snella e flessuosa nonostante i 38 anni che iniziavano a farla sentire vecchia, si spostò agilmente verso i fornelli e mise a scaldare nel pentolino l'ultima porzione di Latte+, multivitaminico, perfetto per gli Internauti di domani! recitava l'etichetta oleografica, nonché lo spot pubblicitario. Matilde era un'Internauta di seconda generazione, quindi, a suo tempo, aveva bevuto Latte+ e, benché lo avesse sempre odiato e si fosse ripromessa di non darlo mai ai propri figli ogni volta che la madre glielo serviva a colazione, purtroppo, anche in quel caso, non c'erano alternative. La Soft Inc. aveva il monopolio non solo nella vendita degli alimenti, ma anche nella loro produzione, per cui non aveva alcun bisogno di creare altre tipologie di latte: Latte+ è la scelta migliore per i vostri figli!
Quando Matilde pensava al proprio passato provava un senso di vertigine e di incredulità. Era nata sotto il Secondo Governo degli Oligarchi e aveva vissuto sulla propria pelle la Seconda Rivoluzione Informatica, aveva visto rinchiudere le persone nelle loro case perché non intrattenessero più alcun contatto con l'ambiente e con gli altri; era stata sconvolta dal silenzio delle strade diventate deserte. Prima del 2072, anche le persone più disperate e più colpite dalla Riorganizzazione del Sistema riuscivano a trovare conforto e speranza nelle voci dei ragazzini, che, anche se costretti a vivere in una realtà tutt'altro che gioiosa e allegra, continuavano a correre per le strade schiamazzando e vivacizzando la vita dei Centri Abitativi. Ora sua figlia non sapeva quasi cosa volesse dire correre, non era mai andata a scuola e non aveva amici.
Matilde, in un primo tempo, aveva cercato di fare in modo che Angelica trascorresse la maggior parte di tempo possibile all'aria aperta. Durante le ore di libertà la portava sempre al Parco Ricreativo, l'ultima frontiera dei parchi divertimenti!, ma dopo un po' di tempo aveva iniziato a domandarsi se fosse una buona idea. Ai genitori non era permesso assistere alla Ricreazione, i bambini entravano al parco allegri e ne uscivano sempre turbati, con espressioni di imbarazzo misto a tristezza. Aveva provato a chiedere spiegazioni ad Angelica, ma la bambina, più tempo passava con gli Educatori, più cambiava. Matilde, con grande coraggio, aveva quindi deciso di non portare più la figlia al Parco, correndo il grande pericolo che qualcuno degli Educatori Virtuali si accorgesse della sua assenza prolungata. Tuttavia, quella non fu la sola decisione difficile e pericolosa che Matilde prese in quel periodo così caotico e confuso della sua vita.
- Mamma... -
Una voce assonnata la riportò nel mondo reale (se di mondo e di realtà si poteva parlare).
- Tesoro, buongiorno! - squillò con voce eccessivamente allegra, per nascondere i pensieri che la turbavano. - Come ha dormito la mia principessa? -
Angelica si sedette sullo sgabello del tavolo e, stropicciandosi gli occhi, rispose convinta - Io non sono una principessa, mamma... Io sono un'Internauta! -
Matilde sorrise amaramente a quella creatura di soli otto anni, che ancora non conosceva niente del mondo in cui viveva e dal quale era già stata tanto influenzata.
- Va bene, tesoro... Però le Internaute non hanno nè corone nè vestiti colorati e sfarzosi. E non sposano i principi, non vivono avventure in mondi magici e non parlano con gli animali... -
Matilde cercava sempre, in qualunque occasione, di mantenere puro e limpido l'animo di quell'unica figlia che la vita aveva voluto concederle. Suo marito era morto poco dopo la nascita di Angelica. Nessuno aveva saputo spiegare come fosse successo, l'unica cosa di cui Matilde era sicura era l'implicazione degli Oligarchi e specialmente del Magistro della Ricerca: Henry aveva preso parte ad un progetto di sperimentazione umana su ordine del Magistro stesso e, dopo sole quattro settimane, non era più tornato a casa. La moglie non aveva neanche potuto dirgli addio.
- Allora posso essere una principessa delle Internaute, mamma? - chiese Angelica riportandola nuovamente al tempo presente.
- Penso di sì, scimmietta...!- Matilde era soddisfatta del proprio lavoro, aveva fatto breccia nell'involucro creato dal Sistema. Ti sconfiggerò, pensò trionfante e un po' ingenuamente.
- Ora fai colazione, amore, chè poi inizia la lezione! - si avvicinò alla bambina e le diede un sonoro bacio sulla fronte, poi uscì dalla cucina e andò a preparare i vestiti per la figlia.
Doceo era uno dei programmi più recenti, gli Oligarchi avevano titubato a lungo se portarlo a termine o meno, molti erano gli esperti pedagogisti che si erano opposti all'insegnamento online, ma dopo la Seconda Rivoluzione Informatica non si era più alzata alcuna voce di dissenso. Da circa dieci anni, quindi, il sistema educativo era stato totalmente trasferito sul Sistema Virtuale: tutti i bambini in età scolare, dai 6 ai 16 anni, erano obbligati a presentarsi davanti ad uno degli schermi della casa per assistere alla lezione virtuale, tenuta dal computer stesso. La lezione aveva durata di tre ore e aveva luogo tutti i giorni[1].
La seconda decisione radicale che Matilde aveva preso era stata quella di impartire personalmente l'educazione ad Angelica. Aveva conservato tutti i libri che aveva utilizzato lei a scuola, nei lontani anni '60, e, benchè conscia delle enormi lacune che anche questi presentavano, era sicura fossero più attendibili delle lezioni che venivano propinante da quei pappagalli elettronici.
Per non destare sospetti, Angelica sedeva davanti allo schermo, silenziato e quindi inutile: lei non ascoltava la voce addolcita di un simulatore elettronico, ma quella di sua madre, e ne rimaneva incantata.
Matilde adorava insegnare a sua figlia, sentiva di migliorare la sua vita, di sradicare tutte quelle credenze e quei miti che gli Educatori le avevano impartito, sentiva di renderla più umana ed era fiera di se stessa. Sapeva di cambiare il Sistema, piano piano, un mattoncino alla volta, una piccola creatura alla volta, dal basso, proprio come tutte le vere rivoluzionarie avevano sempre fatto.
E lei di rivoluzione se ne intendeva.
O, perlomeno, aveva imparato ad intendersene.
Se qualcuno, otto anni prima, le avesse chiesto cosa pensava del Sistema, lei avrebbe detto che non ne pensava niente di particolare. Matilde, per i primi trent'anni della sua vita, era stata l'esatto ritratto del cittadino medio del Sistema, nonostante fosse a conoscenza delle crudeltà del mondo in cui viveva, nonostante provasse un profondo e radicato ribrezzo per le definizioni stesse di Sistema umano e di Sistema Virtuale non si era mai chiesta cosa fosse giusto e cosa sbagliato.
Sua madre era nata in un mondo che potremmo definire ancora libero, benchè sull'orlo del collasso. Aveva conosciuto le città, aveva studiato cosa fossero le Nazioni, sapeva come avrebbe dovuto funzionare il mondo ed era rimasta sconvolta del capovolgimento totale che l'ordine delle cose aveva subito nel giro di meno di dieci anni. Era ancora una bambina, ma ricordava con chiarezza gli avvenimenti della Terza Guerra Mondiale, ricordava che suo padre era partito e non era più tornato, ricordava che accompagnava sua madre a fare lunghissime code per avere qualche pezzo di pane e ricordava soprattutto quello che era venuto dopo la guerra: la povertà non era finita e i sacrifici erano continuati per troppo tempo perché chiunque potesse avere la forza di sopportare. E tutto quello che ricordava, sua madre lo aveva raccontato a lei, ad una bambina di sette, otto anni, una bambina dell'età di Angelica, che non capiva, ma che veniva bombardata da immagini violente e incredibili. Per anni Matilde non aveva capito perché sua madre la sottoponesse a torture del genere, ma quando era nata Angelica, improvvisamente le era apparso tutto più chiaro: i figli sono la speranza, sono il futuro e solo loro possono ricordare e far sopravvivere il passato. Così, con il passare del tempo, aveva iniziato a ripercorrere tutte le storie che la madre le aveva raccontato molti anni prima e aveva iniziato a creare un quadro completo della storia del Sistema. Questa consapevolezza le aveva portato un infinito dolore e una rabbia sconfinata che lei non aveva saputo come sfogare, fino al giorno in cui all'uscita dal Parco Ricreativo non aveva incontrato una ragazza misteriosa, dai lunghi capelli neri e dagli occhi profondi, più profondi di quanto uno sguardo possa sopportare. L'aveva notata già qualche giorno prima, ma solo quel pomeriggio la ragazza le si era avvicinata sorridendo come se la conoscesse e, senza rivolgerle alcuna parola, le aveva consegnato una cartolina scritta al computer: Domani sera, 20.30, stesso posto, da sola. Bruciami.
Da quel giorno la vita di Matilde era cambiata. Otto parole e la sua vita aveva assunto un senso, un obiettivo. Quel domani sera in quello stesso posto, aveva capito perché, in quei trent'anni, non aveva dimenticato una parola di sua madre, perché era sempre stata così meticolosa nell'osservare le regole del Sistema e, allo stesso tempo, nell'infrangerle un poco alla volta: il suo inconscio aveva sempre saputo che, in un modo o nell'altro, lei era destinata ad entrare nella Cyber Resistenza.












 
[1] Le festività e le pause infrasettimanali erano state cancellate durante la Seconda Rivoluzione Informatica.
 

 
Grazie a tutti coloro che hanno iniziato a seguire questa storia: spero vi appassionerà quanto ha appassionato me!
Per ora c'è ben poco da commentare, sono capitoli introduttivi, ma inizia ad annusarsi qualche avvenimento, o sbaglio?
Un abbraccio a tutti voi,
Miss

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


16 Febbraio 2093 - Server Sud
 
Capitolo terzo
 

 
Yvonne era nata in Francia quando ancora si poteva parlare di Nazioni e di Continenti. Aveva avuto due fratelli, ma entrambi erano morti durante la guerra. Per la madre, ormai quarantacinquenne, la sua nascita era stata un miracolo, anche se allevarla aveva significato enormi sacrifici.
L'Europa, per anni dopo la fine della Terza Guerra Mondiale, aveva languito in una situazione disastrosa e solo nel 2029, con la divisione del Sistema in Dipartimenti, la situazione aveva iniziato a migliorare, anche se molto lentamente. La decisione di dare un'impronta agricola agli stati europei, poi, aveva fatto sì che nessuno si occupasse di ricostruire le città fino al 2053, momento della vera e propria Riorganizzazione. Yvonne aveva conosciuto la fame, la morte, la guerriglia, ma, più di tutto, aveva patito la mancanza di un'istruzione. Quando nel 2053 il Magistro dell'Agricoltura aveva preso diretto controllo sull'Europa, lei aveva accolto la notizia come una svolta che avrebbe cambiato in meglio la sua vita. Aveva fatto domanda per entrare nel programma di addestramento degli Assistenti al Server e, benchè fosse già vecchia per gli standard dell'Accademia, gli Oligarchi credevano che coinvolgere persone nate prima del 2027 fosse fondamentale per creare un legame solido di lealtà con la popolazione.
Yvonne aveva sempre amato i computer, ne era rimasta affascinata sin da bambina, quando, in uno dei rari schermi ancora funzionanti in Francia, aveva visto per caso le immagini dei nuovi Server Sud e Nord. Aveva imparato ad usarli entrando a far parte di un gruppo di guerriglieri che avevano bisogno di sempre più membri per contrastare i gruppi nemici. Lei era sempre stato un tipo sveglio, era subito piaciuta, aveva imparato in fretta i fondamenti del mestiere ed aveva poi creato diversi programmi che permettevano ai guerriglieri di sabotare le tecnologie avversarie.
Ovviamente aveva taciuto il proprio passato durante l'esercitazione: non avrebbero mai affidato ad un'ex-guerrigliera un compito così delicato come l'assistenza al cuore del Sistema Virtuale. Gli Oligarchi, d'altra parte, non avevano avuto modo di controllare il suo passato (l'Europa dagli anni '20 agli anni '50 era un enorme buco nero nei documenti del Sistema) e così nel 2055 era diventata Assistente al Server ed era stata trasferita al Server Sud.
In tanti anni di servizio non aveva mai più avuto contatti con un Oligarca dopo l'addestramento e mai aveva pensato di rischiare di averne. Aveva molta fiducia in se stessa e nella sua forza d'animo, nella sua capacità di nascondere i segreti più reconditi, eppure ora sedeva davanti al Magistro della Ricerca e davanti a quell'uomo imponente sentiva tutti i suoi settant'anni pesarle addosso e ricordarle quanti errori aveva potuto fare e quanti, vista la situazione, evidentemente aveva fatto.
- Madame Maquis, giusto? - chiese questi con voce profonda
Yvonne aggiustò la propria posizione sulla sedia e annuì.
- Lei non è sposata, giusto? -
- No, signore, il mio ruolo me lo impedisce -
- Già. Dev'essere stato un peso, immagino... - lasciò la frase in sospeso aspettando che fosse lei a completarla.
- No, signore, è il lavoro che io ho desiderato per metà della mia vita, che ho scelto, e che ho amato per l'altra metà - rispose lei prontamente, ma senza mentire. Benchè fossero anni che tramava contro il Sistema, non c'era stato minuto in cui avesse smesso di amare il proprio lavoro. A volte la vita porta ad odiare ciò che si ama e Yvonne lo sapeva fin troppo bene, ma questo dissidio interiore non l'aveva spinta ad abbandonare il ruolo di Assistente, al contrario. Quando aveva iniziato ad annusare la possibilità di erodere il Sistema dall'interno, era stata motivata ad impegnarsi ancora di più nel proprio lavoro, anche se in senso contrario: non difendere, ma attaccare.
- Saggia risposta, madame. Potrebbe quasi sembrare preparata - ribatté lui, con un accenno di furbizia nei vecchi occhi leggermente opachi.
- Le assicuro che non è così. Pensavo che non avrei mai avuto l'onore di rivedere uno dei nostri Salvatori. - Gli Oligarchi adoravano che la popolazione rivolgesse loro quell'appellativo, li faceva sentire buoni al di là delle crudeltà che avevano compiuto.
- Madame, lei è una persona estremamente intelligente e lucida, è un peccato che la sua carriera debba interrompersi così presto. -
Yvonne deglutì in silenzio e sbatté gli occhi parecchie volte prima di ritrovare una parvenza di tranquillità. Stava sudando freddo e il suo cuore impazziva sotto il vestito di flanella azzurra. Era stata un'ottima bugiarda e si sentiva sciocca a tradirsi così apertamente, ma i vent'anni della guerriglia erano passati da mezzo secolo e i suoi nervi non erano gli stessi.
Decise di aspettare che fosse l'uomo a riprendere la parola, per non tradirsi ulteriormente.
- Purtroppo, però - riprese il Magistro, - le regole sono regole e, se non mi sbaglio, quest'anno lei compirà settant'anni, giusto? - la falsa umiltà delle sue parole rincuorarono Yvonne. Nessun accusatore avrebbe mai chiesto all'accusato se si stesse sbagliando.
- Sì, signore, in aprile - rispose lei, riacquisendo il suo tono di voce abituale.
- E come lei sa, madame, gli Assistenti ai Server non possono lavorare oltre tale limite d'età. So che lei è una persona sopra la norma e per questo ho voluto aspettare fino ad adesso per comunicarle la notizia, ma ultimamente l'ho tenuta sotto controllo e ho notato che lei tende a commettere alcuni piccoli errori... -
Era la fine, Yvonne lo sapeva. Perché non aveva dato ascolto ai suoi compagni? Perché era stata tanto stupida da farsi scoprire, cos'aveva sbagliato? Il cuore riprese a sobbalzare nel suo petto e per un attimo temette di svenire.
- Non gliene faccio una colpa, madame, capisco che la sua età avanzata, se mi permette, ostacola alcune delle sue facoltà intellettive che, fino a qualche anno fa, l'hanno resa celebre all'interno di questo Server -
Non gliene faceva una colpa? Cosa significava? Era talmente subdolo da farle credere di essere salva quando invece stava per essere spedita in un campo di Prigionia Informatica?
- Perciò, scusi la franchezza, madame, ma mi vedo costretto a comunicarle che, tra un mese, lei dovrà ritirarsi dal suo incarico - concluse l'uomo con un mezzo sorriso.
Le stava dicendo che era il momento che andasse in pensione? Lei aveva sudato freddo perché quell'idiota aveva aspettato dieci minuti per dirle che lei era troppo vecchia per continuare quel lavoro? Sentì un'ondata di rabbia affiorare dall'interno, ma subito capì di essere stata graziata, di non essere stata scoperta e alla rabbia si sostituì un sentimento di grande sollievo.
- Lei non deve scusarsi, signore, sono io che probabilmente avrei dovuto rassegnare prima le mie dimissioni - disse lei, fingendo una modestia che non solo non le era propria, ma che riteneva sciocca: lei che aveva settant'anni era molto meglio di tanti bambocci ventenni che credevano di farle scuola ma che lei beccava sempre in castagna.
- Non si preoccupi, madame, ci sono i controlli proprio per questo. Ora torni pure alla sua postazione e si goda gli ultimi giorni che le rimangono qui al Server Sud. -
Yvonne improvvisamente fu fulminata: le rimaneva un mese. Questo significava che il loro piano non poteva attendere fino all'anno successivo, avrebbero dovuto agire in meno di un mese, per essere certi che tutto andasse per il meglio.
Si alzò titubante dalla sedia, salutò distrattamente il Magistro e fu riaccompagnata alla sua postazione. Lì si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e per una buona decina di minuti rimase a fissare lo schermo del suo computer. Cosa avrebbero dovuto fare? Lei non era certo nella posizione di prendere decisioni di questa portata: era sì l'ideatrice del piano, ma non la responsabile del suo gruppo. La vita delle altre Mine non era nelle sue mani.
Guardò l'orologio, erano le quattro e cinque, il suo orario di lavoro era finito già da cinque minuti. Raccolse le poche cose che aveva sulla scrivania e si diresse verso il dormitorio. Si rese conto di avere un atteggiamento sospetto con quell'espressione nauseata e preoccupata sul volto, perciò tentò di darsi un contegno, anche se non era certa di poterci riuscire. Fortunatamente raggiunse la propria stanza senza incontrare nessuno e, altrettanto fortunatamente, la sua età avanzata e la sua fama all'interno del Server le erano valse il privilegio di una stanza singola, senza il disturbo di coinquilini ficcanaso. Certo, lo schermo del computer del suo mini appartamento era in grado di riconoscere le sue espressioni e i suoi movimenti anche quando fosse stato spento, ma lei non si preoccupava di questo. Un computer di così avanzata tecnologia non era in grado di riconoscere una minaccia in un oggetto così antiquanto come quello che lei stava per usare.
Rovistò per qualche secondo nel cassetto della biancheria e infine ne estrasse una radiotrasmittente di dimensioni molto ridotte: l'aveva creata lei stessa, ormai cinquant'anni prima.
Si sedette sul bordo del letto e, dopo aver riflettuto per qualche secondo sul modo migliore di dare quella notizia ad Aileen, accese la sua piccola lampada magica.
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***




 
Eccoci qua, mes amis, finalmente un capitolo bello denso di informazioni e di novità, nonché di un nuovo personaggio, che è anche il mio preferito!
Le recensioni che sto ricevendo mi rendono molto felice e sono molto contenta anche di vedere la mia storia tra le seguite/preferite/quant'altro di tante persone. Se anche voi voleste lasciare un parere, un appunto, una critica, non stentate a farlo, mi farà molto piacere leggerla.
Ultima cosa, poi vi lascio al capitolo: ho letto sulla homepage che il 55% degli utenti naviga da cellulare e il 10% da tablet (incredibile!)
per cui volevo chiedervi se la lettura della storia sia resa difficile dal font piuttosto graqnde che ho scelto.
Nel caso, posso modificarlo.
Vi lascio al capitolo!
Miss

 






16 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 1, ex New York
 
Capitolo quarto
 

 
Oggi il servizio speciale tratterà dell'annuale Cyber Parata di Carnevale, che si terrà in tutti i centri abitativi del Sistema il giorno 22 Febbraio, tra meno di una settimana!.
Come ogni anno si prevedono migliaia di persone per le strade, pronte a festeggiare questo evento speciale e, chi lo sa, magari ci sarà qualche sorpresa in vista delle celebrazioni dell'anno prossimo in onore del nostro Primo Oligarca e, soprattutto, del nostro Terzo Governo degli Oligarchi!
Sentiamo ora quali sono le notizie dal Server Sud!
Sullo schermo iniziarono a scorrere le immagini di repertorio dei Carnevali passati.
Aileen disattivò il volume del computer del salotto e andò a sedersi sul divano. Erano le quattro e mezza del pomeriggio, il suo orario di lavoro era finito e il computer si era automaticamente disconnesso dalla sua Azienda Virtuale, per connettersi altrettanto automaticamente sul notiziario.
Lei odiava ascoltare la propaganda dell'Oligarchi anche quando non vi era forzata dai messaggi trasmessi dagli altoparlanti agli angoli delle strade. Avrebbe potuto uscire per incontrare amici o parenti, ma Aileen non aveva più alcun legame familiare, erano stati ingoiati tutti dal Sistema, e gli incontri con i suoi amici non potevano avvenire alla luce del sole o, meglio, sotto gli occhi delle telecamere di sicurezza.
Aileen aveva trentadue anni e da sedici faceva parte di uno di quei gruppi che la propaganda degli Oligarchi per qualche tempo aveva chiamato Cyber Resistenza, individui spregevoli intenzionati a minare il Sistema a cui dobbiamo la vita. Aileen trovava la definizione più che calzante: il suo obiettivo, che probabilmente era lo stesso delle altre centinaia di sovversivi, era quello di far saltare in aria l'intero Sistema, umano e virtuale, risvegliando la coscienza della popolazione.
Due anni prima era riuscita ad organizzare un proprio gruppo, che, in onore della splendida definizione degli Oligarchi, aveva chiamato le Mine.
In realtà non era stata sua l'idea di mettere in piedi un'organizzazione del tutto nuova, ma di un'anziana signora che era riuscita a mettersi in contatto con il suo gruppo precedente. Aileen ancora non sapeva come quella certa Madame Maquis fosse a conoscenza del fatto che la Cyber Resistenza, a dispetto del nome affibbiatogli, si tenesse in contatto tramite un sistema radio assai rudimentale. L'idea di base era che in un mondo in cui tutto era affidato alla fibra ottica, nessun Oligarca e tantomeno nessun Sorvegliante avrebbe mai pensato di controllare l'etere.
Dopo un primo momento di diffidenza, Aileen era rimasta affascinata e poi conquistata dall'idea di quella signora dalla voce tanto flebile quanto convinta. Si era lasciata convincere e, in un paio di mesi era riuscita a mettere insieme le persone necessarie per quel piano: poche e, soprattutto, senza alcun precedente. Ora i contatti con Madame avvenivano settimanalmente, ogni giovedì alle 19, quando la maggior parte dei Sorveglianti era impegnata per le strade durante le ore di libertà.
Aileen guardò nuovamente l'orologio al suo polso, le quattro e quarantacinque minuti. Mancavano ancora due ore e un quarto prima che Madame la chiamasse, ma lei non poteva più aspettare, aveva un presentimento che la faceva innervosire. Se fosse stata una donna qualunque del Sistema, non avrebbe dato ascolto a quegli istinti primitivi, ma lei non era affatto una donna qualunque e, soprattutto, non era mai stata una donna del Sistema. Per le altre persone l'istinto non esisteva praticamente più, soffocato dalla logica, dai calcoli minimali, dai codici e dagli schemi che tenevano in piedi quel mondo malato. Lei, invece, gli si affidava spesso e lui non l'aveva mai tradita.
Un dubbio poteva mettere in pericolo tutto il loro piano.
Decise di compiere una follia, ogni tanto si poteva fare uno strappo alla regola. Andò velocemente in cucina e sollevò una delle piastrelle rosso fiammanti. La sua era una delle poche case ante-guerra che, sopravvissute ai bombardamenti, non erano state rase al suolo dalla Riorganizzazione degli Oligarchi. Per questo i colori delle piastrelle e dei muri erano sgargianti e allegri, non grigi ed impersonali come quelli delle case-dormitorio costruite dal 2035 per ospitare principalmente gli Internauti. Proprio a causa di quella vecchiaia, la casa offriva ad Aileen una serie di nascondigli che lei aveva imparato ad apprezzare e a sfruttare al meglio. Al di sotto di quella piastrella rossa si nascondeva un piccolo vano nell'intercapedine tra il suo pavimento e il soffitto del piano inferiore. Da lì la ragazza estrasse una scatola grande quanto una cassetta del pronto soccorso, nera ed anonima; l'appoggiò sul tavolo e vi si sedette davanti.
Non erano nemmeno le cinque, eppure sentiva di essere in ritardo e si sentiva agitata. Scoperchiò la scatola e la debole luce del sole di febbraio ne illumino il contenuto: valvole, interruttori e lampadine, la sua radiotrasmittente. La impostò sulla ricezione e subito captò un segnale.
Chissà da quanto tempo starà trasmettendo!, improvvisamente si rese conto del pericolo di quello che stavano facendo. Una trasmissione prolungata poteva essere scoperta molto più facilmente che una di qualche minuto.
- Mi ricevi, Torre? Passo - gracchiò una voce all'altro capo della radio
- Sì, sono Torre, parla Regina? Passo - rispose Aileen angosciata.
- Sì sono Regina. Cielo a pecorelle... -
- ...pioggia a catinelle. -
Era la loro parola d'ordine.
Nessuno all'interno del Sistema era abbastanza vecchio o abbastanza colto per apprezzare o anche solo per ricordare gli antichi proverbi e modi di dire. Ovviamente era stata Yvonne a suggerire quello stratagemma per assicurare l'identità del trasmettitore e del ricevente.
- Torre, come mai ti sei collegata così presto? Passo. -
- Un presentimento che si è rivelato esatto. Piuttosto sei tu che non avresti dovuto restare collegata per tanto tempo. Passo - la voce di Aileen aveva assunto il tono consono al capo di un'operazione così pericolosa come quella che loro avevano messo in piedi.
- Mi sono connessa dieci minuti fa, Torre, non sono una pivellina. Passo - rispose Yvonne, risentita.
- D'accordo. Quali sono le notizie? Passo. -
- Oggi sono stata convocata dal Magistro in persona - Aileen sussultò all'altro capo della comunicazione. - Voleva dirmi lui stesso che sono troppo vecchia per continuare a svolgere il mio lavoro. Passo. -
Aileen riprese a respirare, ma improvvisamente colse la gravità della notizia.
Il loro piano era ben delineato, praticamente perfetto, ma si aspettavano di avere ancora un anno a disposizione per mettere a punto i dettagli. Inoltre, la sua messa in atto era strettamente legata alle celebrazioni per i venticinque anni dell'Oligarchia e per il compleanno del Primo Oligarca, non potevano certo decidere di attuarlo in un momento qualsiasi. Avevano bisogno di copertura e di visibilità allo stesso tempo.
La notizia non era solo grave, ma addirittura disastrosa.
- Come facevi a non aspettartelo? Passo - appena pronunciate quelle parole, Aileen si rese conto che la peggior cosa da fare era attaccare Madame. Era anziana, molto più esperta di lei e sicuramente si sentiva già abbastanza stupida senza che qualcuno sottolineasse la sua poca lungimiranza.
- Non sono andata a scuola, io. Nessuno mi ha insegnato a fare i conti. Passo - l'aveva ferita, era evidente.
- Ti chiedo scusa, Regina, non è tua la colpa. Ci rifletterò e ti farò sapere, diciamo domani sera, alla solita ora. Adesso è meglio chiudere, stiamo trasmettendo da fin troppo tempo. A domani, non ti angosciare. Passo e chiudo. -
Aileen spense la radiotrasmittente e si trattenne dallo scaraventarla per terra.
Cosa potevano fare, ora?
Si guardò attorno, all'interno della propria unità abitativa, e sentì improvvisamente il freddo della solitudine della vita che era costretta a vivere. Nessuno con cui discutere, nessuno con cui confrontarsi, nessuno che potesse consolarla in momenti di sconforto totale come quello che la stava sommergendo in quel momento.
Non riusciva a trovare una soluzione, in realtà non riusciva nemmeno a pensare.
Decise che aveva bisogno di prendere una boccata d'aria. Si alzò di scatto dalla sedia e fece per spegnere il computer, quando fu folgorata da un'idea.
Da trent'anni il governo degli Oligarchi aveva riscoperto il Carnevale. Questa festività non aveva avuto più nulla a che fare con la Pasqua (la Religione era stata estirpata dal Sistema insieme alle altre sei Minacce Estranee nel 2073), gli Oligarchi, anzi, si vantavano di aver riportato la tradizione alle sue radici pagane.
Il motivo politico che sottendeva a questa riscoperta era uno e alquanto semplice da intuire: dare la carota, ogni tanto, anziché il bastone. Autorizzare parate, feste in piazza e nelle strade, rappresentazioni proto-teatrali e qualunque altro genere di espressione di sé (per citare la propaganda dell'evento) illudeva tutti cittadini di avere ancora qualche potere creativo. Erano molte le persone che prendevano parte all'iniziativa, spesso erano troppe perché ognuno avesse il suo posto per le strade, ma le autorità non se ne curavano. Assai frequentemente, per non dire sempre, il Carnevale, in tutti i centri abitativi, finiva in una scazzottata generale, generata da litigi personali su chi dovesse stare dove a fare cosa. I cittadini finivano così per sfogare la propria violenza repressa, la rabbia, l'insoddisfazione, e se ne tornavano a casa soddisfatti degli occhi neri e degli arti fratturati. Il giorno dopo riprendevano i loro lavori dietro le loro scrivanie come se niente fosse successo: nessun computer si sarebbe mai lamentato per un aspetto poco decoroso sul luogo di lavoro.
Ovviamente, non tutto era lasciato al caso e all'inventiva personale, anche il Governo organizzava una propria sfilata, diventata poi celebre come Cyber Parata di Carnevale. Se ne teneva una uguale in ogni Centro Abitativo Centrale e non era altro se non una manifestazione del potere dell'esercito degli Oligarchi. Al posto dei carri carnevaleschi colorati e allegri a cui tutti fino a cent'anni prima erano abituati, sfilavano centinaia e centinaia di mezzi bellici: dai semplici carri armati, alle contraeree. Nel cielo sfrecciavano aeroplani militari e vibravano elicotteri carichi dei missili e delle bombe di ultima generazione. In mezzo all'artiglieria pesante, sfilavano poi i droni messi a punto nell'ultimo anno, nonché i soldati più attrezzati e dalle armature tecnologicamente più avanzate.
Infinti erano i fondi destinati alla ricerca militare, non a caso il Magistro della Guerra era chiamato Primo Oligarca.
Aileen sorrise vittoriosa, osservando quelle stesse immagini che prima le avevano causato ribrezzo.
La Cyber Parata di Carnevale. Quella era l'occasione perfetta, perché non ci avevano pensato prima? L'unica giornata in cui tutti, sulla Terra, erano liberi di fare quello che preferivano.
Semel in anno licet insanire. I gerarchi, dall'alto della loro boria, si gloriavano del latino: il fascino dell'Impero Romano per fingere una tradizione dietro un'ennesima autocelebrazione dittatoriale.
Eppure, almeno in apparenza, era davvero così: una volta all'anno era lecito impazzire, e nessuno si sarebbe accorto di qualche pazzo in più.
Aileen si congratulò con se stessa per aver trovato una soluzione: quello era il momento di agire. Non c'era tempo da perdere, bisognava definire tutti i dettagli entro una settimana, e Aileen lo sapeva: i dettagli sono tutto.








 

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


16 Febbraio 2093 - Server Nord
 
Capitolo quinto
 


 
La distesa di terra continuava a giacere deserta sotto il cielo cupo ma mai completamente nero della notte polare. Entro quattro settimane il sole avrebbe ripreso ad illuminare quello che una volta era stato il Polo Nord e gli animi di coloro che lavoravano nell'attuale Server Nord sarebbero stati rincuorati da quella presenza amica.
Aleksej era affacciato alla finestra della sua stanza e osservava l'orizzonte, pallidamente illuminato dalla luce delle stelle e dal riflesso del sole, nascosto da qualche parte al di là di quella linea sottile e indefinita. Stava fumando una sigaretta, cercando di liberare la mente.
Aveva ventiquattro anni e odiava il lavoro che era obbligato a svolgere. I suoi genitori erano stati deportati dopo la Seconda Rivoluzione Informatica, in quanto entrambi professori universitari, ritenuti non idonei al Sistema. La madre era stata professoressa di Filosofia, il padre di Storia. Prima di sparire dalla vita di Aleksej, avevano avuto il tempo di trasmettere al bambino un febbrile odio per il Sistema, odio che con gli anni non aveva fatto che aumentare sino a trasformarsi in rabbia cieca. Aveva vissuto nell'ombra fino ai vent'anni, unendosi a gruppi di ragazzi che, come lui, non avevano niente da perdere e tutto da distruggere. Veri e propri teppisti che avrebbero terrorizzato a morte i cittadini del Sistema, se non fosse stato che per le strade non circolava quasi nessuno. Aleksej e i suoi compagni passavano il proprio tempo scappando dai Sorveglianti durante le ore di coprifuoco e rubacchiando dai passanti durante le ore di libertà. Non avevano mai apportato alcun danno al Sistema, ma si ritenevano fieri della loro condizione di apolidi, senza una casa, senza una famiglia, senza un governo. Dei veri e propri cani sciolti, abbandonati a loro stessi, destinati a morire sotto le manganellate dei Sorveglianti prima di diventare maggiorenni. Eppure Aleksej non era mai stato beccato in flagrante e la sua fedina era immacolata, cosa di cui, ai tempi della macchia, non andava per niente fiero, ma che gli era valsa la possibilità di iniziare a colpire concretamente il Sistema che lui detestava dal profondo.
Due anni prima, infatti, Yvonne era riuscita ad intercettare i suoi movimenti e a mettersi in contatto con lui. Lo aveva notato mesi prima, quando, mentre tornava in stanza, era passata dalla sala delle videocamere del Centro Abitativo 370 (ex San Pietroburgo) e aveva sentito parlare di una banda di ragazzacci che sfuggiva continuamente ai sorveglianti. Si era infiltrata all'interno del sistema di telecamere e aveva iniziato a seguire i suoi movimenti fino a quando non aveva capito che era l'uomo che faceva per lei: pieno di risentimento e pronto a tutto, ma penalmente incontaminato ed estremamente acuto. Aveva comunicato la sua scoperta ad Aileen ed era stata lei a rintracciarlo, con l'aiuto del suo vecchio gruppo di resistenza, che aveva legami anche con la resistenza russa.
Ed ora Aleksej si trovava in quella landa desolata, in territorio nemico, a svolgere un lavoro di copertura che gli veniva maledettamente bene e che lui odiava profondamente. Pensare di aiutare il Sistema anche solo per finta e anche solo per poco tempo lo faceva sentire sporco, e non lo consolava l'idea che presto - ma un anno può dirsi presto? - avrebbe sabotato l'intero Server. Erano ormai dodici mesi che svolgeva le sue mansioni di Assistente e ancora non aveva avuto l'opportunità di apportare un qualunque minimo danno. Si sentiva inutile e questa era la cosa peggiore per lui.
Finita la sigaretta, gettò il mozzicone oltre la finestra e la richiuse, tornando a cercare calore all'interno del piccolissimo appartamento. Non era solo suo, lo divideva con altri due ragazzi che però, per fortuna, avevano il turno di notte, il che gli permetteva di agire inosservato per alcune ore.
Guardò l'orologio: le sette e mezza. Torre lo avrebbe contattato alle otto per riferirgli eventuali novità, che solitamente si limitavano a Bisogna continuare a pazientare, Re, mi dispiace. Alla faccia delle novità.
Decise che aveva tempo per una doccia e si diresse in bagno. Lasciò scorrere l'acqua finché non divenne calda abbastanza da ustionare qualunque persona tranne lui, che, con energia maniacale, sfregava braccia, gambe e corpo sperando di rimuovere ogni singolo batterio depositato dal Server sulla sua pelle. Il semplice contatto con quel luogo lo rendeva pazzo. Lui, che era abituato a correre da una parte all'altra della città per sfuggire alle ronde dei Sorveglianti, ora doveva stare tranquillo e mansueto a pochi metri di distanza da loro. Si sentiva una tigre in gabbia, costretta a girare in tondo all'interno della propria prigione pur di non sentire la mancanza di spazio[1].
Uscì dalla doccia più tranquillo rispetto a prima, anche se mai lo sarebbe stato completamente: non avere una casa a cui fare ritorno è come vivere una vita senza via d'uscita, nessuno mai ti verrà a salvare.
Guardò nuovamente l'orologio: le otto e cinque. Quella fissata di Aileen si sarebbe arrabbiata a morte con lui.
Aprì la finestra e si sporse fuori: nascondeva la propria radiotrasmittente sotto il davanzale esterno. Era convinto che nessuno dei suoi compagni di stanza sarebbe mai andato a mettere le mani proprio lì. Appena l'ebbe accesa sulla funzione di ricevitrice, la voce di Aileen prese a squillare.
- Mi ricevi, Re? Dove diavolo sei?! Passo. -
- Sì, ti ricevo Torre. Passo - rispose lui, evitando la seconda domanda, nella speranza che lei chiudesse un occhio.
- Cielo a pecorelle... -
- ...pioggia a catinelle. -
- Oggi avete deciso di farvi ammazzare tutti? Trasmettere via radio è più sicuro, ma non che lo è in assoluto. Chiunque potrebbe scoprirci e voi prendete la cosa troppo alla leggera! Passo. -
Aleksej non aveva niente da rispondere quindi si limitò a passare a lei la comunicazione.
- Il vostro atteggiamento ci farà ammazzare tutti. Passo. -
- Diciamo che le comunicazioni potrebbero anche essere interrotte, vista la loro inutilità. E forse sarà la tua smania di fare le ramanzine a farci ammazzare, hai già perso tre minuti preziosi. Passo - sbottò lui, infastidito dal tono di superiorità di quella donna.
Detestava essere comandato a bacchetta da una signora, anche se dal passato ammirevole. Era stata nella Cyber Resistenza per sedici anni e sapeva il fatto suo, ma questo non l'autorizzava a trattarlo come uno stupido.
- D'accordo. Questa non è la solita comunicazione, comunque. Ci sarà un cambio di programma. Regina dovrà lasciare il proprio posto entro un mese, dovremo anticipare. Tra meno di una settimana entreremo in azione, i dettagli non sono ancora definiti, te li comunicherò domani alla solita ora. Nel caso ci fosse qualche imprevisto, riceverò alle sette e quarantacinque. Qualche domanda? Passo. -
- Non ho molti elementi per fare qualunque domanda. Passo e chiudo. -
Nonostante fosse scontento di essere tagliato fuori dalle decisioni, fu scosso da un tremito di eccitazione che gli percorse tutta la spina dorsale. Balzò in piedi e si accese un'altra sigaretta, che fumò all'interno della stanza, fregandosene delle regole. Tra una settimana entreremo in azione, aveva detto Aileen. Sentì un moto di gratitudine verso di lei, e verso coloro che avevano licenziato Madame Maquis. Entrare in azione entro una settimana significava che una settimana dopo lui avrebbe smesso di lavorare in un quel posto orrendo, che lo stava contaminando con la sua cattiveria e malignità. Si sentì entusiasta, avrebbe avuto voglia di mettersi a correre e di andare a dirlo a qualcuno, ma, come sempre nella sua vita, era solo e nessuno lo avrebbe ascoltato. Rimpianse di aver interrotto la comunicazione con Aileen così presto, era l'unica voce amica che potesse sentire da due anni a quella parte, anche se durante l'addestramento le comunicazioni erano state molto più sporadiche. Non l'aveva mai vista, eppure pensava fosse una bella donna. La sua voce era intrigante e, nonostante i disturbi causati dalla scarsa qualità della comunicazione, ogni tanto gli era parso di sentire qualche nota sexy nelle sue parole. Forse lui era l'unico uomo con cui lei avesse contatti, forse anche lei aspettava il giovedì sera per sentire una voce forte e profonda che la facesse sentire un po' meno sola e un po' più donna. O forse era sposata e aveva anche dei figli.
Aleksej si accese un'altra sigaretta e si buttò sul divano.
Chissà perché non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero di che aspetto potesse avere quella donna. Che razza di nome era Aileen? Non riusciva nemmeno ad immaginare che discendenze avesse. Asiatiche? Magari era cinese e o giapponese. Non amava le asiatiche, erano minute e sembravano sempre indifese, lui preferiva le donne forti. Aileen però non era sicuramente indifesa, nè tantomeno minuta se era sopravvissuta a sedici anni di Cyber Resistenza.
Non riusciva a figurarsi nè il suo volto nè il suo corpo, ma era praticamente convinto che avesse i capelli neri.






 
 
[1] Cit. "Der Panther" di Rainer Maria Rilke
 


Che ve ne pare di Aleksej?
Premetto che quando scrivevo la storia ero letteralmente fissata con la Russia,
avevo anche iniziato a studiare il russo, poi mi sono resa conto che le lingue che già studio potevano bastare
e ho chiuso lì la mia avventura sovietica!
Lui rimane comunque uno dei personaggi che preferisco in questa storia,
ovviamente mi piacciono tutti, ma si sa, ci si deve sempre prendere una cotta per uno dei personaggi della storia.
Ecco, lui è la mia cotta post-apocalittica!
Ringrazio, come sempre, coloro che continuano ad appassionarsi alla storia,
mi fa piacere ricevere commenti di chi non aveva recensito prima, grazie grazie grazie!
Al prossimo capitolo,
Miss

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


17 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 1, ex New York
 
Capitolo sesto
 
 


Aileen non riusciva a prendere sonno. Si era detta che dopo qualche ora di sonno sarebbe stata più lucida per ragionare sui dettagli del nuovo piano, ma ora che si trovava a girarsi e rigirarsi nel letto le parve un'idea estremamente stupida. Perché perdere tempo a cercare di dormire se il suo cervello era evidentemente più interessato a lavorare?
Scese dal letto e appena toccò il pavimento di pietra con i piedi scalzi rabbrividì. Aveva solo la camicia da notte addosso e in casa faceva estremamente freddo: di notte il riscaldamento veniva sistematicamente spento, in modo da dissuadere chiunque dall'uscire dai propri letti per fare qualcosa di diverso dal dormire. Come se le persone fossero macchine a cui togliere la corrente di notte.
Aileen indossò un maglione pesante e dei pantaloni e si diresse in cucina. Scaldò dell'acqua in un pentolino e mise del tè in infusione: il culto del tè era qualcosa che era andato perso col tempo, come qualunque altro culto esistente sulla Terra prima del 2029. Era rimasto sconosciuto anche ad Aileen fino a quanto non aveva incontrato un membro della resistenza inglese, durante i suoi primi anni di appartenenza alla resistenza. Quell'uomo era estremamente vecchio e proprio per questo era il ribelle più testardo e motivato che avesse conosciuto. L'aveva ospitato lei, nella propria vecchia casa anteguerra, e lui aveva talmente apprezzato la sua gentilezza e la sua intelligenza che le aveva regalato una scatola piena di foglioline di tè tritate. L'uomo era morto durante una missione e a lei erano rimasti quella scatola e quel tè in memoria di una persona che aveva tanto ammirato.
Ora, in quella notte fredda, che era già la mattina di un nuovo giorno, Aileen sentiva di aver bisogno di ispirazione e il tè di George era il posto migliore in cui cercarla.
Sorseggiando la bevanda sentì il calore e la forza riprendere possesso del suo corpo e anche la sua mente ne fu avvantaggiata.
Inizialmente avrebbero dovuto agire durante le celebrazioni per il venticinquennio dell'Oligarchia. Era prevista un'intera settimana di festeggiamenti: le persone non avrebbero lavorato, ci sarebbero state sfilate pubbliche, gli Oligarchi, unici in possesso di una fonte di energia stabile, avrebbero fatto visita ai Centri Abitativi Centrali e avrebbero tenuto discorsi illuminanti sul futuro dell'Oligarchia. Erano ormai due anni che i notiziari non facevano che parlare di quei festeggiamenti, le cose si sarebbero svolte veramente in grande, l'attenzione sarebbe stata concentrata sulle celebrazioni e la tensione di Internauti, Assistenti e, presumibilmente, anche si Sorveglianti, si sarebbe sciolta. Yvonne aveva intuito che quello sarebbe stato il momento perfetto per colpire al cuore del Sistema. Durante il discorso del Primo Oligarca presso il Centro Abitativo 1, tutti sarebbero stati incollati agli schermi e nessuno avrebbe controllato cosa stava avvenendo ai Server. Una piccola distrazione non sarebbe stata punita in quell'occasione.
Lei e Aleksej, dunque, avrebbero contemporaneamente inserito un virus all'interno del Server Sud e del Server Nord, così da paralizzare tutto il Sistema. Matilde, responsabile della divulgazione dei notiziari su tutti gli schermi del Sistema, avrebbero esteso la sua trasmissione anche agli schermi di sorveglianza, che probabilmente sarebbero già stati collegati dai Sorveglianti stessi, ma una precauzione in più non avrebbe certo fatto male. Aileen, invece, sarebbe servita come punto di appoggio ai due veri sabotatori, che non avrebbero avuto tempo per controllare l'inizio e la fine del discorso e che si sarebbero affidati completamente ai suoi segnali via radio.
Ora, però, la situazione era diversa. La Cyber Parata di Carnevale era un momento di rilassamento e avrebbe convogliato l'attenzione della maggior parte delle persone sulla festa, ma non ai livelli sperati. Erano anni ormai che il Carnevale era stato reintrodotto e non tutti si facevano attrarre da quello specchietto per le allodole. Probabilmente i Sorveglianti avrebbero guardato la parata per qualche minuto e subito dopo avrebbero ripreso il loro lavoro.
Serviva, quindi, un diversivo ulteriore, qualcosa di talmente impressionante da tenere tutti incollati agli schermi.
Il piano iniziava a delinearsi nella testa di Aileen e assieme all'eccitazione e alla speranza, sentiva sorgere in lei anche una certa malinconia. Eppure, però, non le veniva in mente diversivo più efficace di quello.
Chiuse gli occhi e prese un bel respiro: la missione era più importante di qualunque altra cosa e lei doveva essere felice di poter contribuire al salvataggio del genere umano.
Iniziò addirittura a pensare che questo piano di riserva fosse migliore del primo: se lei fosse saltata sul palco degli Oligarchi durante la parata, magari avrebbe avuto il tempo di lanciare un messaggio, prima che i Sorveglianti le sparassero.










 
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So che il capitolo è piuttosto corto, ma è anche piuttosto importante, o no? ;)
Publicherò il prossimo al più presto, promesso!
Un abbraccio a tutti voi che arrivate fino a qui a leggere e che vi siete appassionati insieme a me.
Miss

 

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Ci siamo, è arrivato il nuovo capitolo!
E tratta anche di uno dei personaggi che, a quanto ho capito, preferite di più :)
Scusate l'attesa, ma a volte mi dimentico persino di avere un computer,
figuriamoci di quello che posso farci!
Buona lettura,
Miss

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17 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 158, ex Londra
 
Capitolo settimo
 
 


Matilde si svegliò di soprassalto nel bel mezzo della notte. Un ennesimo incubo aveva turbato il suo sonno e le aveva impedito di riposare la mente, anche quando tutti gli altri avevano la possibilità di farlo. Si chiese, tuttavia, quante persone riuscissero veramente a dormire in un mondo del genere e quante fossero tenute sveglie dall'angoscia e dalla tristezza. Erano domande troppo complesse per essere affrontate a quell'ora. Si voltò dall'altro lato e vide che la sveglia indicava le cinque e cinquanta. L'incubo non le aveva rubato poi tanto tempo di sonno, entro cinque minuti la sveglia sarebbe suonata per ricordarle che doveva collegarsi con la radiotrasmittente per ricevere le notizie da Aileen.
Si alzò e disfò completamente il letto. Ribaltò il materasso: nel centro era stata cucita una cerniera. Da essa Matilde estrasse la propria radiotrasmittente. Era troppo presto per accenderla, era meglio non rischiare ulteriormente di essere scoperti: lei era l'unico membro del gruppo ad essere contattato al di fuori delle ore di libertà e sapeva che questo rendeva la comunicazione ancora più rischiosa, ma non aveva altra scelta. Lei doveva stare con sua figlia durante quelle ore, non poteva certo nascondersi in camera a trasmettere mentre lei giocava nell'altra stanza: non voleva rischiare di essere scoperta da Angelica, coinvolgendola ancora di più di quanto già non fosse. Quanti rischi correva quella bambina solo essendo figlia sua.
Matilde si strinse nelle spalle per il freddo ed uscì dalla propria camera per dirigersi in quella di Angelica. Socchiuse la porta e vide la figlia dormire serenamente nel proprio letto, il respiro regolare e il viso leggermente contratto in un'espressione crucciata: forse si stava ancora chiedendo se esistessero le principesse delle Internaute e magari un qualche sogno stava rispondendo alla sua domanda. Matilde sorrise.
A volte si pentiva di aver accettato quel compito. Si sentiva egoista nei confronti di sua figlia, se fossero stati scoperti lei sarebbe stata marchiata a vita per i reati di sua madre e presumibilmente sarebbe stata rinchiusa in un campo di Prigionia Informatica solo per essere imparentata con un elemento sovversivo. Quando sorgevano in lei quei dubbi, l'unica cosa che riuscisse a tranquillizzarla era la fiducia nella riuscita del piano. Se tutto fosse andato come speravano, il mondo sarebbe cambiato, il Sistema sarebbe stato minato alle fondamenta e sua figlia non solo ne sarebbe uscita incensurata, ma magari sarebbe anche diventata un'eroina e un modello per le generazioni future.
Tornò nella propria camera e accese la radiotrasmittente.
Per alcuni minuti non giunse nessun suono dall'altra estremità dell'apparecchio, poi finalmente la voce di Aileen giunse alle orecchie di Matilde, con una punta di emozione.
- Alfiere, mi ricevi? Passo. -
- Sì, Torre, ti ricevo forte e chiaro. -
- Cielo a pecorelle... -
- ...pioggia a catinelle - rispose Matilde, - Quali sono le novità? Passo. -
- C'è stato un cambiamento di piano - la donna sussultò. Odiava gli imprevisti. - Non abbiamo tempo da perdere, entreremo in azione tra cinque giorni. Preferirei non divulgare i dettagli via radio, ma non mi viene in mente un altro modo per comunicarteli. Passo. -
Matilde conosceva la prudenza di Aileen. La prima e unica volta che l'aveva incontrata, lei aveva fatto personalmente un viaggio di molte ore, stipata in uno dei pochi aerei che ancora effettuavano dei voli, quelli per il trasporto delle provviste alimentari dall'Europa al resto del mondo. La sua missione era evidentemente un'altra, ma aveva colto al volo l'occasione di prendere contatto con lei, in modo da farsene un'idea ben precisa. Era una donna che sapeva correre rischi, ma che non avrebbe accettato di essere in pericolo per mancanza di controlli, specialmente sui suoi compagni.
- Sono tutta orecchi, Torre, e sono pronta ad entrare in azione. Passo. -
Non era affatto vero. Concretamente Matilde poteva avere tutte le carte pronte sul tavolo, ma psicologicamente non aveva ancora iniziato ad elaborare quello che avrebbe dovuto fare. Era sempre stata una donna generosa e solidale, pronta a dare tutta se stessa per gli altri, ma il suo punto debole era la paura. Quando doveva affrontare qualcosa di difficile o spaventoso perdeva qualunque interesse per gli altri e correva al riparo. Probabilmente nessuno avrebbe biasimato chi avesse deciso di abbandonare piuttosto che di mettere in pericolo la propria vita per una missione destinata al fallimento, ma Matilde non poteva venire meno alla parola data. In quel momento non pensava al mondo, alle persone, agli ideali, pensava soltanto che non poteva tradire chi aveva avuto fiducia in lei, ed Aileen aveva rischiato la vita pur di conoscerla: non poteva abbandonarla.
Prese fiato ed ascoltò attentamente le parole del suo capo.
- Fra cinque giorni, alle 15.30, ora di New York. Avrai dieci minuti di tempo per agire e dovrai mantenere la trasmissione per almeno due minuti. Credi di poterlo fare? Passo. -
Matilde rifletté. Cinque giorni, evidentemente si trattava di agire durante la Cyber Parata. Alle 15.30 era previsto il discorso del Primo Oligarca al Sistema, sarebbe durato dieci minuti come tutti gli anni. Sì, poteva farcela.
- Affermativo, Torre, sono pronta. Passo. -
All'altro capo della radiotrasmittente Aileen sorrise. Trovava buffo il modo di comunicare via radio di Matilde, le sembrava stereotipato e un po' sciocco, ma sapeva che per quella donna mantenere degli schemi fissi era fondamentale. Conosceva la sua storia e provava una forte pena per la sua perdita: allevare una figlia da sola, con il perpetuo ricordo dell'uomo che si è tanto amato e tanto pianto, era una sofferenza che lei non riusciva nemmeno ad immaginare. La stimava perché era una donna forte e si fidava di lei perché credeva nella lealtà.
- Perfetto. Allora ci sentiamo per eventuali comunicazioni mercoledì 22 all'una e mezza del mattino, ora di Londra. Va bene? Passo. -
Matilde sorrise: Aileen era una donna molto intelligente, nonché un capo fantastico. Si rendeva conto delle necessità altrui e cercava sempre di soddisfarle. Nonostante il fuso orario.
- Certo, Torre. E grazie di tutto. Passo. -
Aileen tacque per qualche secondo. Quella donna stava rischiando la propria vita per un piano che avevano partorito lei ed Yvonne, e non aveva mai fatto alcuna domanda nè si era mai lamentata di niente ed ora la stava addirittura ringraziando. Per cosa?
- Grazie a te, Alfiere, senza di te il piano non avrebbe chances. Passo e chiudo. -
Matilde spense la radiotrasmittente e rimase seduta sul letto per qualche secondo. Poi scoppiò a piangere al pensiero di perdere per sempre sua figlia, nel caso fosse andato tutto a rotoli, come da qualche giorno a quella parte aveva iniziato a pensare. All'improvviso, però, si rese conto che non tutto giocava a sfavore del loro piano: nessuno ne aveva sentore, i due Assistenti erano preparati e molto intelligenti, Aileen era un capo acuto e previdente. Forse sarebbe andato tutto bene.
Con gli occhi ancora bagnati, abbozzò un sorriso nell'oscurità. Si alzò dal letto ed andò a preparare la colazione per Angelica.
 
Intanto, a migliaia di chilometri, Aileen stava pensando a quanto le persone sapessero essere straordinarie, quando si ricordavano della loro natura umana.

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


Ecco uno dei miei capitoli preferiti, nonché quello che molti aspettavano:
il punto di vista al di là della barricata.
Mi sono innamorata del finale di questo capitolo,
spero mi vogliate far sapere cosa ne pensate voi!
Vi lascio alla lettura,
divertitevi!
Miss





 



17 Febbraio 2093 - Server Sud
 
Capitolo ottavo
 

 
Al primo piano di un edificio distaccato dal dormitorio per gli Assistenti, il Magistro della Ricerca si era svegliato da un pezzo e stava fissando il soffitto freddo della propria stanza. Raramente gli capitava di non riuscire a dormire, anzi, solitamente non si alzava dal letto fino alle dieci del mattino. Il suo lavoro, effettivamente, non prevedeva lo svolgimento di alcuna mansione particolare. Lui serviva a rappresentare qualcosa, niente di più, niente di meno. A volte si ritrovava a pensare che se fosse morto, nessuno avrebbe percepito il passaggio della sua carica ad un qualunque altro sconosciuto. Al di fuori degli altri Oligarchi, nessuno conosceva il suo nome, nessuno ricordava distintamente che faccia avesse e pochi erano quelli che l'avessero mai sentito parlare.
Gli Oligarchi, in effetti, non avevano molto peso nella loro Oligarchia.
Era il Primo Oligarca a prendere tutte le decisioni, senza consultare gli altri cinque, eccezion fatta per il Magistro della Giustizia, che lavorava a stretto contatto con il Primo Oligarca, ma che in realtà ne era solo il leccapiedi. Si riunivano due volte al mese per sottoscrivere i provvedimenti del Magistro della Guerra e basta. Le riunioni duravano dai cinque ai venti minuti, a seconda della quantità di documenti da firmare. Nessuno degli Oligarchi, però, si era e si sarebbe mai lamentato. A nessuno, in quel mondo, interessava davvero qualcosa, che fossero soldi, potere o politica. Tutti cercavano di sopravvivere al Sistema e chi poteva farlo meglio degli Oligarchi?
Non erano questi, tuttavia, i pensieri che funestavano la mente del signor Magistro.
Si era svegliato, nel mezzo della notte, con una frase in testa: Pensavo che non avrei mai avuto l'onore di rivedere uno dei nostri Salvatori. Nella sua mente aveva ripassato per decine e decine di volte l'incontro avuto con Madame Maquis e ora continuava a sentire la sua voce ripetere quella frase. Cosa c'era che non andava? Cos'avevano quelle poche parole da tenerlo sveglio per tutta la notte? La donna gli era parsa una semplice e banalissima signora di quasi settant'anni, dedita al suo lavoro, totalmente idonea al Sistema e anzi addirittura grata al Sistema stesso. D'altronde, di chiamava Maquis, no? Evidentemente era nata in Europa, probabilmente in Francia, aveva letto la sua scheda, ma ora non ricordava con precisione. Se si fosse ricordato di tutte le persone con cui aveva parlato nella sua vita, sarebbe stato un computer e non un essere umano. A volte invidiava quelle macchine, così sofisticate da non provare alcun sentimento. Le riteneva perfette, lui.
Si voltò dall'altro lato a fissare la porta di mogano scuro che dava sulla sua sala di lettura privata. Aveva perso il filo dei propri pensieri, ma una cosa era sicura: qualcosa in quella donna non lo convinceva.
Ma cosa poteva essere? Le aveva parlato per appena dieci minuti. Lei era sembrata un po' turbata, ma chi non lo sarebbe stato dalla notizia del proprio pensionamento? Poi una persona così felice del proprio lavoro! All'improvviso realizzò una cosa: Madame gli era parsa turbata prima della notizia, non dopo. Dopo, anzi, aveva tirato un sospiro ed era apparsa molto più rilassata. Un comportamento decisamente strano, pensò l'uomo. Certo, poteva spiegarselo con l'agitazione provocata dall'incontrare uno dei nostri Salvatori, ma proprio quelle parole ora suonavano false e forzate nei suoi ricordi. Si convinse che quella donna aveva qualcosa da nascondere. E lui avrebbe scoperto di cosa si trattava.
Balzò in piedi con uno scatto poco consono alla sua avanzata età. Premette il pulsante dell'interfono e ordinò al suo maggiordomo di recarsi immediatamente da lui.
Questi apparve sulla porta con un'espressione tra l'assonnato e il preoccupato: erano le cinque e mezzo del mattino, era abituato ad alzarsi almeno tre ore dopo, viste le abitudini del padrone.
- Hans, vai a chiamare il Sorvegliante numero 217, voglio vederlo immediatamente - gli ordinò il Magistro, ancora in tenuta da notte.
Il maggiordomo annuì, cambiando la propria espressione da preoccupata ad infastidita. Quell'uomo era odioso, non solo perché Magistro della Ricerca, ma anche per la sua presunzione e la sua boria. Si consolò pensando che qualunque padrone non sarebbe mai andato bene a qualunque maggiordomo.
 
 
Yvonne, contrariamente al solito, stava dormendo profondamente. La sera prima era rimasta sveglia fino a tardi per ripassare i dettagli del piano e si era ripromessa di farlo tutte le sere per non rischiare di dimenticare qualche passaggio nel momento cruciale. Aveva anche abbozzato qualche schema, ripromettendosi di bruciarli subito, poi il sonno aveva preso il sopravvento e aveva rimandato le precauzioni all'indomani.
Alle sei e mezza la sua sveglia, direttamente collegata al computer centrale del dormitorio, in cui erano immagazzinati tutti i dati riguardanti gli Assistenti, compresi i loro turni di lavoro, squillò rumorosamente. Lo squillo, nel sonno di Yvonne, si tramutò in un allarme: stava sognando il giorno della missione e, nel sogno, qualcosa era andato storto e lei era stata scoperta.
Dannati Sorveglianti! Lo sto facendo anche per voi! si ritrovò a pensare, mentre cercava la fuga nei corridoi del dormitorio. Poi, dopo qualche secondo, l'allarme ritornò ad essere il semplice richiamo della sveglia ed Yvonne si ritrovò sdraiata nel proprio letto.
- Che diamine di sogni, Yvo... - sussurrò mettendosi lentamente a sedere. Alzarsi, al mattino, stava diventando sempre più difficile, le gambe e soprattutto la schiena la facevano impazzire dal dolore. Sapeva che era a causa della vita che svolgeva: stare seduta per tutto il giorno davanti allo schermo di un computer non era certo ciò che i medici (se ne fossero ancora esistiti di onesti e fedeli al giuramento di Ippocrate) avrebbero consigliato ad una donna della sua età. Una vita sedentaria è il primo passo verso la vecchiaia! aveva letto una volta da qualche parte, su una vecchia rivista appartenuta a sua madre.
Finalmente si alzò e si diresse verso la cucina.
Lì, sparpagliati sul tavolo, trovò gli schemi del suo piano.
- Maledizione a me! - imprecò in un sussurro, appallottolandoli tra le mani rugose e preparandosi a bruciarli nel cestino.
In quel momento, però, qualcuno bussò alla porta.
- Madame Maquis? - chiese una voce maschile, attutita dallo spessore del metallo.
Yvonne si gelò sul posto. Nessuno, in trentotto anni, aveva mai bussato a quella porta.
- Madame? - ripeté la stessa voce, leggermente incrinata.
Yvonne non riusciva a muoversi, il sangue nelle vene si era ghiacciato. Tutto quello che riusciva a percepire erano la voce di quell'uomo e le pieghe della carta tra le sue mani.
- Madame, il Magistro la vuole vedere urgentemente - riprese la voce oltre la porta.
Era la fine. Yvonne lo sapeva. Fece uno sforzo disumano per sbloccarsi e riuscì a rispondere flebilmente: - Arrivo, mi devo vestire. -
- Faccia in fretta, allora. Non le gioverà far attendere il suo Salvatore - ironizzò la voce, con tono di disprezzo.
Era davvero la fine, ma Yvonne sapeva di non poter mollare. Doveva riflettere e in fretta. Una figlia della guerriglia poteva essere catturata ed ammazzata, ma non poteva certo mandare in fumo l'intera missione.
Prima di tutto, quei dannati schemi. Non aveva certo il tempo di bruciarli, l'odore avrebbe attraversato la porta e l'uomo se ne sarebbe accorto. Gettarli dalla finestra sarebbe stato stupido, chiunque fosse di ronda lungo il perimetro del dormitorio li avrebbe scoperti di lì a pochi minuti. L'unica cosa che potesse fare era tenerli su di sé, magari le si sarebbe presentata l'occasione per disfarsene.
Riflettere le aveva fatto ritrovare la sua calma abituale.
Si vestì come se fosse stata una giornata qualsiasi ed infilò i fogli sotto il vestito spesso.
Rimaneva una sola cosa da fare e per quella non c'era decisamente tempo: doveva contattare Aileen ed informarla di quello che le stava per succedere, anche se nemmeno lei sapeva cosa sarebbe accaduto di preciso.
Le venne improvvisamente un'idea.
Estrasse i fogli dal loro nascondiglio e li stiracchiò il più possibile. Poi prese una matita, (uno degli oggetti che aveva conservato con più cura[1]) e iniziò a scrivere qualcosa.
- Madame, non c'è più tempo da perdere. Esca subito fuori, anche se è nuda nessuno ci farà caso! - L'uomo aveva evidentemente perso la pazienza, ma non ebbe il tempo di finire la frase che Yvonne spalancò la porta e gli rispose: - Eccomi, signore. Non era certo il caso di fare tutto questo chiasso; se mi voleva vedere nuda, aveva solo da chiederlo. -
L'uomo, che si era rivelato essere lo stesso Sorvegliante del giorno prima, accennò un sorriso per nascondere l'offesa e la spinse in avanti lungo il corridoio. La strada le apparve tristemente familiare e Yvonne capì di non avere alcuna via di scampo. D'un tratto si sentì mancare e, nonostante la presa solida del Sorvegliante, cadde a terra con un tonfo sordo.
- Che cavolo combini, stupida di una vecchia? - inveì l'uomo gettandosi a terra per tirarla su.
- Mi scusi - tentò di giustificarsi lei, - credo che sia perché non ho fatto colazione... -
Il Sorvegliante non si degnò nemmeno di risponderle e la strattonò perché riprendesse a camminare. Poi, dopo pochi passi, si fermò, digitò un codice ed aprì una porta.
- Prego, Madame - sorrise malignamente il signor Magistro, - è un piacere rivederla. -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] Dopo il 2035 era stato vietato l'uso di mezzi di scrittura differenti dal computer.





 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


17 Febbraio - Server Sud
 
Capitolo nono
 


 
Richard era un uomo di sessantadue anni, nato in quella che si poteva ancora chiamare Inghilterra e cresciuto a pane e patate. Non aveva memoria della madre, morta per il crollo di un edificio: si era sgretolato all'improvviso, come molti altri in quel periodo di miseria, e lei aveva avuto la maledetta  sfortuna di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il piccolo era quindi stato allevato dal padre e dal fratello, inutile descrivere la difficoltà dei rapporti instauratisi tra tre uomini in un periodo che li costringeva in casa per la mancanza di qualunque impiego o passatempo. Appena compiuti diciassette anni, Richard aveva fatto domanda d'iscrizione all'Accademia per divenire Assistenti dei Server ed era stato accettato senza ripensamenti, vista la sua acuta intelligenza: se riusciremo a piegarla a nostro favore, sarà un Assistente prezioso, avevano probabilmente pensato gli Oligarchi. Tuttavia, vista la novità del progetto e la fiducia di quel Primo Governo nella benevolenza del popolo, non avevano mai avuto cura di verificare se i loro obiettivi fossero stati raggiunti o meno.
Richard, in realtà, non si era mai schierato apertamente nè contro il Sistema, nè a suo favore; in gioventù aveva catalizzato la propria rabbia contro il padre e invecchiando aveva smesso di pensare anche a lui. Certo era che la sua mente brillante non amava essere sottomessa ad un lavoro così ripetitivo e, dal suo punto di vista, poco stimolante, e non apprezzava nemmeno di rimanere imprigionata in una cella dove gli unici spunti di riflessione provenissero dai notiziari dell'Oligarchia.
Lui aveva spesso sognato di diventare un Oligarca, perché spesso si era fermato a pensare su cos'avrebbe fatto lui se avesse avuto il potere: non avrebbe distrutto l'ordine esistente delle cose, certamente lo avrebbe cambiato. A volte si era pentito di aver intrapreso quella strada, avrebbe tanto voluto avere qualche contatto con il mondo esterno, con altre persone, ma purtroppo chi entra nel Server è destinato a rimanervi, glielo avevano insegnato bene. Ciò che più avrebbe desiderato era confrontare le proprie idee con quelle di altre persone, ma nessuno degli Assistenti si era mai dimostrato all'altezza delle sue aspettative.
Con l'avanzare dell'età la situazione non era cambiata di molto, la sua mente era sempre rimasta attiva, ma Richard aveva imparato a tenere per sé le proprie opinioni e anche a discuterle con se stesso. Come un vero e proprio filosofo costruiva tesi e le smontava accuratamente, per poi metterne altre alla prova in una catena infinita di idee e delle loro gemelle contrarie. Se fosse nato al tempo giusto, avrebbe fatto impallidire un Platone o un Aristotele. Lui, fortunatamente o sfortunatamente, non aveva mai studiato chi fossero questi personaggi e non era consapevole del rischio che avrebbe corso se qualcuno fosse mai venuto a conoscenza di quelli che lui chiamava sconclusionati pensieri.
Quel mattino del 17 Febbraio anche la sua sveglia era suonata alle sei e trenta e anche lui aveva fatto un po' di fatica ad alzarsi dal letto.
Stava facendo colazione quando udì un rumore improvviso al di là della porta e vide una serie di fogli spuntare dalla fessura tra il metallo e il pavimento. Inizialmente pensò di restituirlo a chi l'aveva perso, evidentemente cadendo davanti alla sua porta, ma quando socchiuse l'uscio e si affacciò per scoprire chi fosse, vide allontanarsi una donna piuttosto anziana, trascinata da un Sorvegliante.
Rientrò immediatamente nella propria stanza ed ebbe come l'impressione che quei fogli non fossero scivolati accidentalmente sul suo pavimento. Si guardò attorno, come se avesse paura che qualcuno lo stesse spiando e poi, con le mani che tremavano per l'agitazione, diede un'occhiata a quei pezzi di carta. Se ne pentì subito dopo averlo fatto.
Lavorava con i computer da ormai quarantaquattro anni e non aveva bisogno di nessuno che gli spiegasse cosa fossero degli schemi di quel genere, ne vedeva a migliaia sulla sua scrivania ogni mattina, ordini di inserire o di cancellare dati, di creare sottosezioni all'interno del Server, di costruire firewall e cose simili.
Gli schemi che reggeva tra le mani, però, indicavano esattamente come fare il contrario, come distruggere il Server, demolendolo sezione dopo sezione.
Rabbrividì.
Chi aveva potuto partorire un'idea così sbagliata e così... complessa?
Ripensò alla scena vista in corridoio. Quella donna aveva un volto familiare, dove l'aveva vista prima? Sicuramente era un'Assistente, altrimenti non sarebbe neanche entrata nel loro dormitorio, eppure Richard aveva l'impressione di non averla vista solo accidentalmente per i corridoi. Si sforzò di ricordare, ma l'agitazione glielo impediva.
Gettò un'altra occhiata a quei fogli incredulo e spaventato allo stesso tempo.
Chiunque fosse, quella donna aveva voluto sbarazzarsene, perché sapeva benissimo quanto fossero pericolosi, e ora era lui a tenere in mano il biglietto di sola andata per la Prigione Informatica.
Si sentì mancare ed andò a sedersi al tavolo della cucina.
La prima idea utile che riuscì a formulare fu quella di disfarsi di quei fogli esattamente come aveva fatto quella donna. Ma quando si alzò per andare a bruciarli, un'altra idea spuntò nella sua mente, un'idea perversa, quasi malvagia, che avrebbe dovuto spaventarlo e che invece lo eccitava. Forse quella donna aveva scelto di passare quei fogli a lui, forse aveva pensato che lui, in tutto il Server, fosse l'unico in grado di portare avanti il suo piano e, in effetto, per lui sarebbe stato un giochetto da ragazzi.
Tentare, significa rischiare la vita, sicuramente ti scopriranno, diceva una parte di lui. Sei troppo intelligente perché ti scoprano, suggeriva l'altra.
Richard sentì la fronte imperlata di sudore e cercò di fare un lungo respiro.
Forse era tutto un sogno e lui presto si sarebbe svegliato.
Sfogliò nuovamente gli schemi, come se potesse trovarci scritto sopra cosa dovesse fare, ed effettivamente, in fondo ad una delle pagine, una grafia insicura aveva tracciato qualche riga: Ti chiedo scusa per averti coinvolto in questa storia, ma non posso mandare all'aria due anni di lavoro. Mi chiamo Yvonne Maquis, faccio parte di un gruppo di Cyber Resistenza e se ti dico queste cose è perché ho deciso di fidarmi di te, ti prego non deludermi. Se accetterai di prendere il mio posto, impara a memoria questi schemi e poi bruciali. Contatta Aleksej Sokolov, del Server Nord. Lui ti dirà cosa fare. Altrimenti bruciali e dimenticati di questa faccenda. Sei la nostra speranza.
Sotto c'erano una serie di numeri e lettere, delle coordinate per connettersi ad un Darknet[1].
Richard improvvisamente ricordò di aver parlato con quella certa Yvonne qualche volta durante le riunioni di aggiornamento degli Assistenti. Ricordò di aver pensato che in gioventù doveva essere stata molto bella, a giudicare dagli occhi e dai lineamenti ancora dolci del visto. Ricordò anche di aver avuto paura delle sue parole, troppo ardire, a suo giudizio, per essere pronunciate in una sala piena di Sorveglianti.
Ora che stringeva in mano i suoi schemi, però, invece di provare paura, sentiva una profonda ammirazione per quella donna. Doveva avere settant'anni o giù di lì, forse la stavano portando dal Magistro per comunicarle del suo pensionamento, eppure i modi del Sorvegliante suggerivano qualcosa di più grave.
Sei la nostra speranza. Nostra? Chi erano queste persone di cui lui non aveva mai nemmeno avuto sentore? Sicuramente era implicato anche quell'Aleksej e si sentì leggermente fiero del proprio intuito, che non aveva percepito alcun elemento della Cyber Resistenza attorno a lui, ma che lo aveva fatto sospettare di quel ragazzetto dal fare sbruffone e un po' sbrigativo.
Tutti, nel Server Sud, conoscevano Aleksej. Era stato uno dei loro insegnanti durante una riunione di aggiornamento di qualche anno prima. Era raro che fossero gli Assistenti stessi a tenere quelle lezioni, ma il Magistro aveva deciso di fare uno strappo alla regola in quell'occasione: Aleksej aveva messo a punto un nuovo sistema di firewall, ovvero di protezione al Server, che avrebbe impedito a chiunque di penetrare nel Sistema Virtuale.
Richard collegò i vari elementi del puzzle e rimase di stucco: come avevano fatto a persuadere gli Oligarchi? Come aveva potuto un manipolo di quante? venti, trenta persone al massimo, mettere a punto un piano così acuto?
E come avevano fatto gli Oligarchi ad essere così ciechi?
Avevano ordinato a tutti gli Assistenti di apportare le modifiche di Aleksej ai firewall di ogni sezione del Server, questo significava che quei sovversivi avevano in mano la chiave per entrare nel Sistema e per danneggiarlo profondamente.
Riguardò gli schemi che teneva ancora in mano, in una presa quasi ferrea, dettata dalla profonda tensione, e tutto gli fu più chiaro, limpido come il sole che non smetteva di illuminare quelle lande desolate.
Capì di tenere in mano il cuore della missione di quei ribelli ed iniziò a sudare freddo.
Ogni briciolo di ammirazione per quelle persone fu sovrastato da un sentimento di crescente panico.
 
 
 
 
 





 
[1] Una rete privata invisibile a chi non ne conosce le coordinate o non è invitato dal gestore stesso della rete. Esistono ai nostri tempi (2014) e ai tempi della storia (2093) ne è stata vietata la creazione durante il Secondo Governo degli Oligarchi. É il metodo di contatto più rischioso.

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


17 Febbraio 2093 - Server Sud

Capitolo decimo



Qualunque persona intelligente in grado di capire i suoi appunti avrebbe compreso anche la loro pericolosità e li avrebbe bruciati senza pensarci due volte. Yvonne ne era sempre più convinta e per questo sempre più scoraggiata.
- Allora, Madame - iniziò il Magistro della Ricerca, - lei ha qualche idea del motivo per cui si trova nuovamente su quella sedia? -
Yvonne represse un sorrido ironico. Riteneva quell'uomo talmente idiota da provare una certa compassione per lui. Le sue tattiche di interrogatorio erano quasi ridicole.
- No, signor Magistro, io... - finse di trattenere un singhiozzo, - io sono stata trascinata qui senza sapere il perché. Io stavo dormendo... -
Il Sorvegliante, dietro di lei, la interruppe: - Signor Magistro, con permesso... -
Il Magistro lo fulminò con lo sguardo e l'uomo tacque.
- Lo perdoni, Madame, per averla interrotta, e anche per averle causato dei danni mentre la scortava qui. Non era ovviamente mia intenzione che lei venisse trattata in malo modo. -
Yvonne annuì, tenendo gli occhi bassi. La sua maschera di umiltà e di umiliazione iniziava a pesarle sotto gli attacchi ipocriti di quell'uomo infimo.
- La ringrazio - sussurrò.
- Dunque, Madame, dicevamo... Ah, già. Lei sa perché è qui, vero? -
Yvonne scosse la testa ripetutamente.
- Ne è sicura? Le converrebbe confessare, dato che sappiamo entrambi come andrà a finire questa storia. Eviteremmo di perdere del tempo prezioso. -
- Signore, io glielo giuro sulla bontà del Sistema che amo e che servo, io non ho idea del perché mi trovi qui. Glielo giuro. -
La voce incrinata fece vacillare le sicurezze del Magistro. Che si trattasse solo di un errore? Quella donna forse era davvero innocente. In tutti quegli anni aveva servito in maniera impeccabile il Server. Gli errori commessi negli ultimi anni, però, non potevano passare inosservati ulteriormente.
- Madame. Io e il qui presente signor Shufford abbiamo controllato i suoi movimenti nel Server negli ultimi quattro anni ed abbiamo notato qualche anomalia - procedette il Magistro, mantenendo il tono inquisitorio.
- Anomalie, signore? - chiese Yvonne stupida.
- Sì, Madame, significa che c'è qualcosa che non va in quello che ha fatto - proseguì lui, con manifesta accondiscendenza.
- Oh... Io... - la voce le tremava, - io non so cosa dire... Io ho sempre pensato di... di fare le cose come si deve, se avessi sospettato di non essere più capace di fare il mio lavoro, sicuramente lo avrei detto a lei o a qualcuno dei Supervisori... -
I Supervisori. Dei Sorveglianti qualunque che fingevano di conoscere il lavoro degli Assistenti solo per torturarli con domande inutili sul loro lavoro. Yvonne li disprezzava quasi più dei Sorveglianti normali.
- Forse avrebbe dovuto, Madame - concluse lui.
Reclinò la testa all'indietro e iniziò a dondolare sulla sua poltrona di pelle.
Yvonne pensò che se fosse stata abbastanza agile da saltare la scrivania avrebbe potuto spezzargli il collo con un semplice movimento delle mani. Rimpianse i suoi vent'anni.
- Forse se lo avesse fatto non sarebbe qui oggi, forse nessuno avrebbe sospettato di lei - riprese il Magistro, riacquistando una posizione consona ad un uomo del suo calibro.
- Sospettano di me, signore? - chiese lei, riprendendo le redini del proprio personaggio. La sua voce forse suonò fin troppo angosciata.
- Sì, purtroppo - rispose lui laconicamente. Fece una lunga pausa e poi, guardandola fermamente negli occhi, confessò: - Ieri le ho espresso le mie congratulazioni per il suo ottimo lavoro svolto in Assistenza al Server, ed ero sincero mentre le esternavo il mio dispiacere per il suo pensionamento. Eppure qualcosa nella sua voce non mi ha convinto. Lei crede negli Oligarchi come Salvatori dell'umanità? - chiese lui a bruciapelo.
Yvonne rimase stupita dalla piega che stava prendendo quell'interrogatorio. Le parve che il Magistro fosse quasi dispiaciuto della sua colpevolezza.
- Mio venerabile Magistro, la mia unica fede è l'Oligarchia - affermò lei con convinzione e sottomissione.
L'uomo sbarrò gli occhi: - Come si permette di parlare di fede al mio cospetto? - urlò alzandosi dalla poltrona. - Fede, religione, venerazione, sono tutte porcherie morte decine di anni fa! La smetta di mentire, in ogni caso lei non uscirà da questa stanza se non in manette! -
Yvonne rimase in silenzio. Solo dopo una buona manciata di secondi smascherò il sorriso insolente che aveva tenuto celato fino ad allora.
- Dov'è che mi sono tradita? - chiese socchiudendo gli occhi.
Yvonne pareva ringiovanita di vent'anni almeno, con quel sorriso e con quello sguardo riottoso negli occhi, e il Magistro non poté non notarlo. Rimase stupido dalla calma di quella donna, provò quasi ammirazione per il suo carattere indomito e le sorrise di rimando. Il suo, però, era il sorriso di chi sa di non essere all'altezza del proprio sfidante, di chi prova quasi vergogna nell'essere superiore a causa di una carica e non per natura.
- Pensavo che non avrei mai avuto l'onore di rivedere uno dei nostri Salvatori, ha detto. Beh, a vederla ora, mi è molto più chiaro perché quella frase stonasse nella sua bocca. -
Yvonne accennò una risata e si alzò.
Il Sorvegliante si lasciò sfuggire un verso di stupore: nessuno aveva il diritto di alzarsi di fronte al Magistro, senza che fosse lui stesso a concederlo.
- Su, mettiamo fine a questa pagliacciata e portatemi nella mia Cella Informatica: quel cane del suo Sorvegliante non mi ha nemmeno lasciato il tempo di andare in bagno, prima di trascinarmi qui. -
Il Magistro rimase sconvolto da tante freddezza e da tanta sfacciataggine. D'altronde, si disse, non poteva certo aspettarsi altrimenti dalla donna che aveva quasi messo a repentaglio l'intero Sistema. Chissà che piani aveva in mente. Si sentì un vero salvatore, in quel momento.
Fece cenno al Sorvegliante 217, di cui ormai si era già dimenticato il nome, di portare via quella donna e, mentre la guardava uscire dal suo ufficio a testa alta, si chiese preoccupato se quella strega non avesse già calcolato tutto in anticipo.

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


17 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 1, ex New York
 
Capitolo undicesimo
 

 
Aileen chiuse gli occhi e fece un lungo respiro.
Erano già le sette e venti e Yvonne non si era ancora fatta viva. Lei aveva già acceso la sua radiotrasmittente da un pezzo e stava combattendo contro il suo istinto di sopravvivenza per tenerla accesa ancora dieci minuti, nella speranza che l'assenza di Madame fosse giustificata da uno straordinario al lavoro.
Era abituata al silenzio, nella solitudine della sua casa non si sentiva mai altro, eppure quel leggero gracchiare proveniente dalla radio rendeva l'atmosfera pesante e quasi surreale.
Aileen era talmente concentrata nell'ascoltare quei rumori di fondo che le era venuto il mal di testa.
Cosa stai facendo, Yvonne, dove sei?
- Torre, sono Re, mi ricevi? Passo. -
Aileen fu risvegliata da quella voce lontana. Finalmente.
- Sì, ti ricevo, Regina. Quali sono le notizie? Passo. -
Fu Aleksej a ricordarsi della parola d'ordine: - Cielo a pecorelle... -
Aileen si morse il labbro, vergognandosi di quella mancanza: - ...pioggia a catinelle. Ora dimmi tutto, Regina. Passo. -
- Non sono Regina, sono Re. Ed ho parecchie notizie da darti. Passo. -
Aileen riconobbe solo allora la voce e s'infuriò.
- Perché diavolo stai trasmettendo a quest'ora? Il contatto doveva avvenire tra tre quarti d'ora, non prima! Passo. -
Aleksej, all'altro capo della comunicazione, si sentì offeso da quel tono. Aileen non poteva permettersi di parlargli in quel mondo, voleva metterselo in testa?
- In realtà doveva avvenire tra dieci minuti. Ho provato a connettermi in anticipo e ho trovato la frequenza pronta per ricevere, per cui ho trasmesso. Passo. -
Aileen guardò l'orologio e capì che questa volta era stata lei a commettere l'errore più grosso, era rimasta connessa per trentacinque minuti. Quella pigrizia nel rispettare le regole, quella li avrebbe fatti scoprire e ammazzare, nient'altro.
- Hai ragione. Aspettavo che Regina mi trasmettesse le sue notizie ma evidentemente dev'essere successo qualcosa che glielo ha impedito. Cosa dovevi dirmi, tu? Passo. -
Aleksej captò una nota di timore e si sentì terribilmente male all'idea di dover essere lui a darle la notizia che avrebbe trasformato quel timore in terrore.
- C'entra con la Regina. L'hanno arrestata, credo. Passo. -
Aileen sentì la terra aprirsi sotto i suoi piedi.
- Arrestata? Com'è possibile? Come fai a saperlo? Passo. -
- Sono stato contattato da un certo Assistente che lavora al Server Sud. Regina gli ha passato i suoi schemi e gli ha detto di cercare me nel caso avesse accettato di collaborare. Lui l'ha vista mentre la portavano nell'ufficio del Magistro e dice che di lei non c'è traccia alla sua postazione. Non so cosa devo fare, Torre, quest'uomo io non lo conosco. Passo. -
Aileen rimase pietrificata dalla notizia. Yvonne era stata arrestata, il che significava che il Magistro aveva scoperto qualcosa. Probabilmente l'avrebbe torchiata per saperne di più. Forse l'intera missione era in pericolo. E chi era questo Assistente? Possibile che Yvonne fosse stata così sciocca da affidare i suoi appunti al primo che passava?
Si sforzò di fare ordine nella propria mente.
- Non lo conosci ma ci hai parlato, giusto? Passo. -
- No, mi ha contattato tramite Darknet, mi ha dato queste informazioni e mi ha chiesto cos'avrebbe dovuto fare. Gli ho detto di attendere, che avrei dovuto informare gli altri membri del gruppo. Non so chi sia, dice di aver seguito la mia lezione di aggiornamento. Cosa devo fare, Torre? Passo. -
Aileen iniziò a capire.
- Probabilmente Regina lo conosceva, devono essersi incontrati alla tua lezione. Non voglio fidarmi, comunque, potrebbe essere un fedele al Sistema che si spaccia per qualcuno che vuole aiutarci. Non dirgli niente fino ad una mia prossima comunicazione. Trasmetterò domani alle otto, non connetterti prima. Stiamo correndo troppi rischi. É tutto chiaro? Passo. -
- Cosa devo dire a questo tizio? Passo. -
- Non voglio che tu abbia contatti con lui fino a che non ti chiamerò io. Non voglio rischiare prima di essere sicura di non avere alternative. Altri dubbi? Passo. -
Aleksej in realtà era profondamente turbato dalla situazione. Non sopportava la possibilità di collaborare con un Assistente qualunque, che avrebbe potuto tradirli o, peggio, mandare all'aria tutto il piano. Lui e Yvonne avevano speso mesi e mesi per metterlo a punto.
Al ricordo della donna, probabilmente già uccisa da qualche Sorvegliante, sentì una fitta al cuore. Non l'aveva mai vista, perché ora ne sentiva la mancanza? Si rese conto che era a lei che doveva la vita. Probabilmente se fosse rimasto il teppista che era stato fino a due anni prima, non sarebbe arrivato ai ventiquattro anni.
- Credo che mi mancherà Regina... - ammise all'unica voce amica che gli restava, - Passo. -
Aileen sentì la tristezza nella voce di quel ragazzo e ne rimase stupita. Era sempre stato scontroso con lei e non aveva mai dimostrato un minimo di sensibilità.
- Anche a me, Re, ma non possiamo farci fermare da questo. Dobbiamo portare a termine la missione prima che sia troppo tardi per tutti noi. Piuttosto, tu rimani comunque incensurato, vero? Passo. -
Aleksej fu felice di quella domanda, avrebbe allungato la comunicazione di qualche secondo.
- Sì, non abbiamo mai avuto contatti reali, neanche radiofonici. Sentivo la sua presenza nel Server e viceversa, è difficile da spiegare... -
Il ragazzo smise si parlare improvvisamente. Aileen non poteva chiudere la comunicazione, era stato lui a chiamare, eppure il tempo scorreva, bisognava interrompere. Cos'aspettava quel pazzo?
- Torre, posso farti una domanda? Passo. -
- Certo Re, ma facciamo in fretta, ogni minuto in più non fa che aumentare il rischio. Passo. -
Aleksej esitò per un attimo poi chiese tutto d'un fiato: - Come sei fatta, Torre? Ci ho pensato a lungo, ma non riesco proprio ad immaginarti. Passo. -
Aileen rimase basita. Come poteva pensare a cose di quel genere quando in pericolo c'era la vita di tutti loro. Stava per mandarlo a quel paese quando si rese conto che anche lui doveva essere molto solo, esattamente come lei. Forse non era così stupida come domanda, sentirsi vicini poteva aiutarli più di qualunque altra cosa.
- Sono una piccoletta, bassa e magra, capelli lunghi e neri. Mi vedrai presto - si lasciò sfuggire, mordendosi immediatamente dopo le labbra. - A domani, Re. Passo e chiudo. -
Spense la radio e guardò l'orologio. Le otto meno dieci. Aveva trasmesso per quasi un'ora, non si sarebbe stupita se quella notte qualcuno avesse fatto irruzione nel suo appartamento e l'avesse trasferita in un campo di Prigionia Informatica senza neanche farla confessare.
 
 
Aleksej impiegò un po' di tempo prima di spegnere la sua radiotrasmittente.
Una piccoletta, non l'avrebbe mai pensato. Capelli lunghi e neri, sì, su quello non aveva mai avuto dubbi. Non riuscì a trattenere un brivido di eccitazione nell'immaginare di toccare quei capelli. Scacciò quel pensiero, odiava provare sentimenti di quel genere, lo facevano sentire ancora più solo.
Spense la radio e la ripose al suo posto.
Cos'aveva voluto dire Aileen con mi vedrai presto? Forse sperava che se la missione fosse andata a buon fine le circostanze le avrebbero permesso di riunire le Mine in un vero e proprio gruppo di Cyber Resistenza. Nessuno di loro era tanto ingenuo da sperare che il loro attacco al Sistema lo avrebbe raso al suolo, però tutti si immaginavano che qualcosa sarebbe cambiato, e in maniera radicale. Forse gli Oligarchi avrebbero concesso contatti tra le persone oltre il coprifuoco, forse li avrebbero addirittura permessi agli Assistenti. Questa era la speranza di Aleksej. Si rese conto di desiderare più di ogni altra cosa di incontrare quella donna, in qualunque frangente.
Decise si andare a dormire, nella speranza di sognare Aileen.
Invece sognò le torture di Yvonne.









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Questo capitolo mi piace moltissimo, per il finale soprattutto. Aleksej è così umano, nella sua solitudine e nel suo affetto, da far quasi male. Ho cercato di creare personaggi che riflettessero l'umanità perduta, ma devo ammettere che lui è probabilmente il mio preferito, con la sua forza fragile e la sua tristezza invincibile, scalfibile solo da un sentimento così imprevedibilmente umano per una persona appena immaginabile.
Eh, insomma, la Miss si è innamorata del suo personaggio!
Se vi facesse piacere lasciarmi un commento, a me sicuramente ne farebbe ancora di più ;)
A presto,
Miss

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


So che mi sono assentata per molto tempo, e questo perchè, oltre alle vacanze di mezzo,
mi sento piuttosto scoraggiata nel pubblicare questa storia,
mi sembra che non molti ne siano interessati e questo mi dispiace molto.
In ogni caso, una cosa iniziata non si può lasciare in sospeso,
anche perchè sono troppo affezionata a questa storia per lasciarla a metà.
Questo capitolo è molto particolare, completamente diverso rispetto a tutti gli altri,
per questo è stato un azzardo scriverlo, nonchè un'impresa piuttosto difficile:
armonizzare due cose diverse tra loro è sempre una sfida.
Ma ora bando alle ciance e buona lettura!





 



18 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 1, ex New York
 
Capitolo dodicesimo
 
 
La casa era di nuovo e come sempre immersa nel silenzio. Tuttavia, questa volta una differenza c'era: nessuna presenza umana disturbava quell'immobilità.
Aileen era uscita alle due e quindici, in piena notte. La ronda intorno al suo palazzo era appena passata davanti alla sua porta e lei conosceva alla perfezione gli orari di tutte le ronde del suo quartiere. Mentre si muoveva furtivamente tra i vicoli della città deserta, sperava profondamente di non avere compiuto un errore irreparabile. Pur di non fidarsi di uno sconosciuto, stava mettendo a rischio la sua stessa vita.
La sua idea era quella di recarsi al punto di incontro del suo vecchio gruppo di resistenza, nella speranza che questo esistesse ancora e che si riunisse sempre nello stesso posto: i tunnel della metropolitana, ormai in disuso. Il punto preciso cambiava di volta in volta, ma era sempre nei pressi di Wall Street, che già durante la Terza Guerra Mondiale era stato distrutto, per non essere mai più riedificato. Gli Oligarchi conoscevano bene il potere che i finanzieri avevano avuto sul mondo intero e non avrebbero mai commesso l'errore in cui erano caduti i governi precedenti al loro.
E così, quello che una volta era stato il quartiere più ricco di New York, ora era una zona disabitata e inutilizzata.
Aileen giunse all'imboccatura della metro alle tre precise. Gli incontri avevano luogo alle tre e mezza e lei doveva ancora trovare il punto preciso in quel dedalo sotterraneo. Scese attentamente le scale, bombardate durante la guerra, e non appena ebbe messo piede su quella che una volta era la banchina, subito percepì l'odore familiare della muffa e della polvere. Sapeva di non essere sola e, anzi, di correre un grande rischio a girovagare in quei luoghi da sola: molti dei ribelli come Aleksej vivevano in quel posto e non si sarebbero fatti scrupoli ad ucciderla solo perché aveva invaso il loro territorio. Solitamente, quando vi si recava, fino a due anni prima, lo faceva in compagnia di qualcun altro, ed entrambi erano armati. Ora, invece, avrebbe dovuto contare sull'oscurità, che era un fattore che più che avvantaggiarla la svantaggiava - sicuramente chi viveva lì sotto vi era più abituato di lei -, e sulla propria agilità.
Si diresse verso nord, giusto per avere un punto di riferimento. Inoltre, il suo istinto le consigliava di evitare di andare a sud, come se avesse percepito la presenza di qualcosa di malvagio e ancora più oscuro di quei luoghi. Non si soffermò a chiedersi cosa fosse e procedette lontano da quella direzione per qualche centinaio di metri. Ormai si era abituata alla mancanza luce e, dopo qualche altra decina di metri, si rese conto di essere giunta ad un bivio. Il luogo le era familiare, ricordava di esserci passata due o tre volte con Philip, anni prima, perciò imboccò il tunnel di sinistra: lui sceglieva sempre la sinistra. Dopo un'altra decina di metri, sentì dei rumori provenire dalla zona verso cui si stava dirigendo. Si arrestò immediatamente e si appiattì contro la parete: i rumori si muovevano verso di lei.
Saranno dei topi, pensò. Dopo qualche secondo, però, capì che non si trattava di zampe o di versi animali, quelle che sentiva erano parole, parole pronunciate da qualcuno che si stava muovendo verso di lei senza sospettare della sua presenza. Non riusciva a distinguere quante persone fossero, perciò non poteva nemmeno pensare di mettersi contro di loro, nel caso fossero stati dei teppisti. Decise di rimanere nascosta e di aspettare che quelle persone la superassero.
Improvvisamente, però, il suo cuore fece un sobbalzò: aveva riconosciuto la voce di Ellen.
- Ellen - gridò allora senza pensarci due volte, - sono Aileen! -
I rumori cessarono immediatamente e qualcuno accese una torcia, puntandogliela direttamente negli occhi.
- Aileen? - chiese Ellen stupita.
- Cosa ci fai qui? - chiese qualcun altro.
- E come hai fatto a trovarci? - chiese un'ultima voce, a lei sconosciuta.
- Conosco le vostre abitudini, vecchi miei, e avevo bisogno di parlarvi - spiegò lei, con una nota di allegria. Si sentiva a casa, in mezzo a quelle persone che erano state sue compagne per oltre dieci anni e alle quali era legata da esperienze indescrivibili.
Anche le altre due persone accesero le proprie torce.
Ellen fu la prima a muoversi verso Aileen. Le cinse le spalle con le braccia e la strinse forte a sé.
- É così bello rivederti, tesoro, mi sembra passata un'eternità! Come sta andando la tua missione? -
Aileen si sciolse dall'abbraccio e la guardò negli occhi, poi guardò anche gli altri due: uno era Andreas, l'altra era una donna che non conosceva.
L'uomo notò la sua perplessità ed intervenne: - Lei è Sophie, mia moglie - disse, prendendola per mano.
- Piacere - sussurrò la donna. A giudicare dall'aspetto possente, Aileen non avrebbe mai detto che fosse così timida.
- Piacere - ribatté senza troppa emozione, poi si rivolse nuovamente ad Ellen, l'unica fra i tre che ritenesse in grado di aiutarla: - Ho bisogno di parlare con Philip, perché non è con voi? -
Philip era stato il ragazzo di Aileen fino a due anni prima, poi lei aveva dovuto abbandonare il gruppo per intraprendere la coordinazione delle Mine. Eppure Aileen non aveva fatto che pensare a lui, in quei due anni. Quando i pensieri sulla missione le lasciavano un po' di tempo libero, subito s'intrufolava nella sua mente il ricordo di lui e, specialmente, della sua voce. Inizialmente Aileen era rimasta affascinata proprio da lei, da quella voce suadente e carismatica. Philip aveva già venticinque anni quando lei era entrata nel gruppo, avevano nove anni di differenza, ma lui l'aveva trattata come sua pari sin dall'inizio. Si erano amati e si amavano come nessun amante avrebbe potuto capire: la resistenza li teneva separati, ma loro sapevano di non essere mai davvero lontani.
La voce di Ellen la riportò alla realtà: - Non hai saputo niente, Lily? - chiese chiamandola con il soprannome che le aveva dato lui.
- No, come potrei? Non ho contatti con lui da quando ho lasciato il gruppo. -
Andreas si allontanò di qualche passo con Sophie.
- Ellen, cos'è successo? - chiese con una voce già preoccupata.
- L'hanno scoperto. Sei mesi fa il riconoscimento delle espressioni del suo schermo ha captato qualcosa di strano sul suo viso e ha allertato il Sistema. Stava lavorando al Negozio di Alimentari, volevamo sabotarlo dall'esterno ma poi, dopo quello che è successo, abbiamo rinunciato. -
Aileen sentì le gambe che le tremavano. Improvvisamente percepì la stanchezza causata dalle due notti insonni e desiderò ardentemente lasciarsi scivolare sui binari fuori uso, ma si trattenne.
- Cosa gli hanno fatto? - chiese cercando di mantenere calma almeno la voce.
- L'hanno deportato, cioè, - Ellen sapeva che Aileen odiava quella definizione e cercò di correggere il tiro, - l'hanno portato in uno dei loro campi di Prigionia... -
Aileen si convinse che non era il momento di abbandonarsi alle lacrime.
Si sarebbero sicuramente incontrati in un mondo migliore, senza Sistemi di alcun genere e senza bisogno di resistenze. Anche a lei non rimaneva molto da vivere, d'altronde.
Ora doveva pensare al completamento del piano.
- D'accordo - disse, - allora devo chiedere a te un favore. -
Ellen sapeva quanto dolore aveva causato in lei e sapeva anche che Aileen non l'avrebbe mai mostrato a nessuno, forse nemmeno a se stessa. Si limitò ad annuire.
- Hai contatti al Server Sud, qualcuno di fidato? -
- No, tesoro, non ne avevamo due anni fa e sicuramente non ne abbiamo ora... Con la scomparsa di Philip il gruppo si è quasi sciolto, siamo rimasti noi tre come appoggio per gli altri gruppi che hanno bisogno di coordinazione, ma noi non facciamo più niente... Mi dispiace. -
In un momento tanto drammatico, la mente di Aileen fu attraversata da un pensiero strano: com'era possibile che nessun Sorvegliante, che nessun collaboratore degli Oligarchi, che nessun Magistro si rendesse conto di quello che succedeva sotto i loro stessi occhi? Certo, i gruppi di resistenza vivevano nascosti e agivano nel buio, sabotavano segmenti del Sistema e non apportavano grandi danni, ma sicuramente qualcuno si doveva essere accorto di loro, esattamente come qualcuno si era accorto di Yvonne. Come mai, allora, non li distruggevano? Avrebbero potuto senza problemi. La Cyber Parata di Carnevale era una delle tante testimonianze della forza dell'esercito degli Oligarchi, perché, allora non lo sfruttavano?
Aileen si rese conto che Ellen la stava fissando con una certa insistenza, probabilmente interrogandosi sul perché di tanto silenzio.
- Non ti preoccupare, Elly, non devi scusarti - esordì improvvisamente. - Ora devo andare, mi ci vorrà almeno un'ora e mezza per tornare a casa e devo sfruttare l'oscurità il più possibile. In bocca al lupo, ragazzi, ci vediamo presto - e corse via, senza aspettare una loro risposta.
Aveva rischiato la vita per niente: senza Philip, i suoi vecchi compagni erano inutili esattamente quanto quei teppisti che bivaccavano nella metropolitana. Sentì il cuore stringersi in una morsa gelata. Philip era sicuramente morto. Non avrebbe mai più ascoltato le sue parole. Era stupido un pensiero del genere, presto sarebbe morta anche lei, non lo avrebbe più visto in alcun caso. Forse, si rese conto, nel profondo, lei sperava ancora di trovare una soluzione alternativa al proprio sacrificio, che le permettesse di sopravvivere e di sposare l'uomo che aveva amato.
Scacciò via quei pensieri quando si rese conto di essersi messa a piangere.
Non essere stupida, Lily, pensa alla missione, gli avrebbe detto lui.
E lei ci avrebbe pensato.
Mentre rallentava il passo avvicinandosi alla banchina, sentì rumori di passi che si sparpagliavano svelti in ogni direzione. In lontananza, le grida di qualche ragazzino e messaggi in codici per mettere in allerta gli altri. I Sorveglianti probabilmente avevano scoperto anche quel nascondiglio e loro avrebbero dovuto trovare un altro posto per dormire.
Fu allora che Aileen capì perché alla Cyber Resistenza era ancora permesso di sopravvivere. Non avevano ancora compiuto atti eclatanti, diversamente da quei gruppi di ragazzetti, che avevano iniziato a spaventare seriamente la popolazione; i cittadini non avevano mai avuto contatti con loro, quindi per loro potevano anche non esistere. Gli Oligarchi preferivano occuparsi di minacce piccole, ma concrete, piuttosto che di smascherare e sbaragliare una resistenza segreta. Così facendo, infatti, avrebbero anche potuto assecondare i loro piani, anziché fermarli: se i cittadini avessero preso coscienza del fatto che c'era qualcuno che si opponeva al Sistema, probabilmente in molti si sarebbero schierati al loro fianco.
Finché loro agivano nell'ombra, gli Oligarchi erano salvi.
Aileen sorrise: ancora per poco, signori, ancora per poco.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***


18 Febbraio 2093 - Server Sud
 
Capitolo tredicesimo
 

 
Richard digitò nuovamente le coordinate scritte sul foglio stropicciato e l'accesso gli fu negato, ancora. Tentò un'ultima volta, controllando attentamente lettere e numeri uno per uno, ma di nuovo non riuscì ad entrare. Le coordinate scritte sul foglio non potevano certo essere sbagliate, il giorno prima aveva comunicato con quel certo Aleksej, ora perché non riusciva a connettersi a quel Darknet?
Per qualche secondo fu assalito dal dubbio che la giornata precedente non fosse stato altro che un sogno. Eppure aveva in mano quegli schemi, quelli erano la prova che non si era immaginato tutto. Oppure era diventato schizofrenico? Effettivamente quei suoi discorsi tra sé e sé, quel creare e distruggere della sua mente non erano mai stati troppo normali, lui sapeva che nessun altro trascorreva le proprie giornate discutendo con se stesso. Non aveva letto libri, ma sapeva cosa significava essere pazzo, molti Assistenti erano stati trasferiti a causa di qualche comportamento inadeguato, inspiegabile. Richard ebbe paura di essere completamente impazzito, probabilmente avrebbe fatto la stessa fine di quei poveretti. Forse avrebbe dovuto costituirsi? si diceva così? o ci si costituisce solo alla polizia? Quella forse era più un'ammissione di follia, incapacità di intendere e di volere, ecco come si diceva. Forse doveva ammetterlo prima di causare danni seri al Server. Pensò che probabilmente stava iniziando a sentire le voci. Magari era solo la vecchiaia, magari gli Oligarchi lo sapevano e per quello obbligavano al pensionamento ad una certa età. Era già la sua ora?
Richard era decisamente confuso e, soprattutto, nervoso.
Il giorno prima Aleksej gli aveva detto di connettersi al rientro dalla sua postazione, verso le cinque del pomeriggio, per ricevere istruzioni su come comportarsi. Erano già le sei e mezza e nessuno si era fatto vivo, mentre lui aveva provato già una ventina di volte ad accedere a quel dannato Darknet.
Richard, preso da un attacco di rabbia mista ad ansia, spense il computer e diede un calcio alla scrivania di metallo, facendo cadere a terra tutto ciò che prima vi si trovava sopra, compresi i fogli di Yvonne. Non li aveva ancora bruciati e nemmeno imparati a memoria, in realtà non aveva nemmeno deciso consciamente di contattare quel tipo, lo aveva fatto perché gli era stato chiesto. Non era per niente sicuro di voler collaborare con quella gente. Diede un altro calcio alla scrivania e poi andò in cucina a preparare un po' di quel brodo liofilizzato che spacciavano per minestra.
Mentre guardava l'acqua scaldarsi nel pentolino, decise che era troppo vecchio per mettersi a fare cose di quel genere.
 
 
Aileen si svegliò di soprassalto, convinta di aver sentito la porta sbattere sul pavimento. Si girò di scatto verso l'ingresso del proprio appartamento: nessun segno di movimento nè di scasso.
Di questo passo ti ucciderai tu facendoti venire un infarto, cretina, pensò tirandosi a sedere sul divano del salotto.
Al ritorno dal suo stupido tentativo di contatto con il suo vecchio gruppo aveva sentito tutta la stanchezza dei giorni passati piombarle addosso: ansie, nervosismi e lunghe notti insonni trascorse a riflettere e a decidere della propria morte avevano provato il suo fisico. Si era trascinata alla scrivania perché non poteva certo permettersi un'assenza in quel momento. Non presentarsi davanti allo schermo durante l'orario di lavoro, infatti, implicava l'immediata visita di un Supervisore, incaricato di controllare lo stato di salute dell'assentato. Solo un moribondo sarebbe scampato alla sanzione disciplinare: un mese di paga sottratto senza troppi giri di parole per un solo giorno di malattia. Senza contare la perquisizione della casa (tanto per essere sicuri che tutto fosse regolare) e i controlli sistematici nei mesi successivi. Stare male era diventato un lusso nel Sistema.
Appena lo schermo si era spento, però, Aileen si era abbandonata quasi svenuta sul divano e si era risvegliata solo allora. Guardò l'orologio: le otto precise. Si chiese come fosse possibile che il suo istinto non sbagliasse un colpo, l'aveva svegliata esattamente quando doveva avvenire il contatto con Aleksej. Sorrise soddisfatta di sé stessa ed andò a prendere la radiotrasmittente. L'accese rapidamente e la risintonizzò sulla frequenza delle sue Mine. Aleksej era già in ascolto.
- Re, sono Torre, mi ricevi? Passo. -
- Ti ricevo, Torre, sono Re. Passo. -
- Cielo a pecorelle... - si affrettò a dire lei, memore della mancanza del giorno prima.
- ...pioggia a catinelle - rispose lui sorridendo. Non aveva ancora capito che cavolo volesse dire quella frase, eppure la trovava estremamente buffa.
- Credo che dovremo fidarci di questo nuovo Assistente, Re. Ieri notte ho cercato un contatto con i miei vecchi compagni e purtroppo il loro gruppo è praticamente morto. -
Aleksej percepì dolore nella voce fintamente pacata di Aileen. Chi era morto? Il gruppo o qualcuno dei suoi compagni? Si chiese se Aileen amasse qualcuno fra loro. É strano come le domande più strane vengano in mente nei momenti meno opportuni.
- Speravo potessero mettermi in contatto con qualcuno di fidato, ma purtroppo non rimane niente di loro. Dovremo sbrigarcela da soli. Io mi fido del tuo metro di giudizio, Re, se tu pensi che questo signore sia affidabile, allora istruiscilo. Hai il mio beneplacito. Passo. -
Aleksej si sentì onorato di quella responsabilità: finalmente Aileen iniziava a stimarlo per quello che era e non per un ragazzino incapace.
- D'accordo, Torre. Io ho evitato i contatti con lui per tutto il giorno, ma lui mi ha cercato per tutto il pomeriggio. Ormai sono quasi due ore che ha desistito. Spero ci riprovi almeno un'ultima volta. Questa insistenza mi fa ben sperare, però... Passo. -
Aileen scosse la testa e sospirò: - A me no, ma non credo abbiamo alternative. Mancano solo più tre giorni ormai. Io ho finito gli assi nella manica, se mai ne ho avuto davvero qualcuno, e tu pure. Passo. -
- Potremmo fare un ultimo tentativo con l'Alfiere. Magari conosce qualcuno che ci potrebbe essere utile. Passo. -
Aileen aveva già scartato quella possibilità. - Avrò contatti con l'Alfiere solo il 22 mattina molto presto, sarebbe troppo tardi per qualunque addestramento. Passo. -
Aleksej sbarrò gli occhi. Non aveva mai nemmeno parlato con questa Matilde, ma gli sembrava paradossale che un membro del gruppo tanto importante non avesse notizie in un momento così critico. - Com'è possibile? Vuoi dirmi che l'Alfiere non sa nemmeno che Regina è morta? Passo. -
- No, non ne ha idea ed è un bene che sia così. La sua paura potrebbe far uccidere te e il tuo nuovo compagno. E comunque Regina non è morta - ringhiò Aileen sulla difensiva, - camperà ancora cent'anni, quella donna. E ora smettiamo di parlare di lei, hai una nuova Regina. Invitala al ballo e insegnale a danzare, non mi interessa come nè quando. Se il contatto con lei salterà, ti riterrò responsabile e sarai tu a pagarne le conseguenze. Sono stata chiara? Passo. -
Aileen aveva di nuovo assunto quell'atteggiamento di superiorità tanto fastidioso per Aleksej. Lei ne era pienamente consapevole e non dosava a casaccio gentilezza e severità: conosceva il passato di quel ragazzo e sapeva quanto fosse importante tenerlo in riga.
- Chiarissimo - rispose lui laconico, evidentemente offeso, pensò Aileen, - anche se la mia Regina è un'altra e la inviterei volentieri a ballare. Ma in quel caso credo sarebbe lei ad insegnare qualcosa a me... Passo. -
Aileen colse al volo il riferimento a lei ed avvampò, ma non per l'imbarazzo o per la lusinga, quanto per la rabbia. - Smettila di dire scemenze, Re. Fatti una doccia fredda e pensa al tuo lavoro. Ci sentiamo domani, stessa ora, voglio sapere com'è andata con la nuova Regina. Passo e chiudo. -
Aileen spense la radiotrasmittente e si alzò di scatto in piedi. Quel ragazzo l'avrebbe fatta morire. Eppure, pensò, è dolce sapere che c'è ancora qualcuno che pensa a me.
 
 
Aleksej ascoltò per qualche secondo il rumore delle frequenze radio in sottofondo. Non si pentiva di aver detto quello che aveva detto, non gli importava niente del tatto, del corteggiamento, della sensibilità, lui non sapeva neanche cosa fossero quelle cose. Sapeva solo che non riusciva a smettere di pensare ad Aileen e questo lo infastidiva oltre ogni modo. Quel calore nello stomaco lo disorientava ed Aleksej voleva disorientare lei.
Spense la radio e la ripose al proprio posto, poi andò alla scrivania e tolse il blocco al proprio Darknet. Se Richard avesse tentato la connessione, ora ci sarebbe riuscito.
Alle nove di sera, tuttavia, Aleksej era ancora davanti allo schermo ad aspettare un qualche segno della sua presenza, senza però riceverne alcuno.
Forse avevano sbagliato a lasciarlo così sulle spine.












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Ragazzi miei, siamo agli sgoccioli, mancano quattro capitoli alla fine di questa storia, che ha ormai quasi un anno di vita.
La mia piccolina *-*
Come sempre, ogni commento è gradito e ben accetto.
Alla prossima,
Miss

 

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


18 Febbraio 2093 - Server Sud
 
Capitolo quattordicesimo
 
 

Richard, alle nove di sera, era già a letto da un pezzo. Aveva mandato giù il brodo senza nemmeno far caso al suo sapore - pessimo, per la cronaca - e si era infilato sotto le lenzuola ancora vestito. Era troppo nervoso per rendersi conto di quanto poco sensate fossero le sue azioni.
E così erano già due ore che girava e rigirava nel letto, cercando di non pensare ad Aleksej, ad Yvonne, a quel capo misterioso, agli schemi, al Sistema, alla rivoluzione, e fallendo miseramente in quel tentativo. Più evitava quei pensieri, più questi venivano a galla dalle profondità del suo inconscio, troppo scosso per abbandonarsi al sogno. La perpetua luce del sole, che colpiva incessantemente i suoi occhi da ormai cinque mesi, certo non era d'aiuto.
Alle nove e mezza, sbuffando, Richard si alzò dal letto, portandosi dietro lenzuola e coperte. Le appallottolò in malo modo e le gettò dall'altra parte della stanza. Era un uomo dai nervi estremamente fragili e quella situazione li stava mettendo a dura prova.
Accese il computer e si ripromise di digitare quelle coordinate solo per un'ultima volta: se nessuno avesse risposto, avrebbe dato tutti per morti e sarebbe tornato alla sua vita di prima.
Una vita tutta da desiderare.
Premette invio con una certa esitazione e quando vide che l'accesso gli veniva finalmente consentivo, si lasciò sfuggire un grido di sollievo. Perlomeno non era pazzo.
Le ormai odiate coordinate che Yvonne gli aveva lasciato in eredità erano quelle di una chat privata, creata da Aleksej come canale di comunicazione di emergenza. Lui ed Yvonne ne avevano sempre fatto a meno, ma per Richard era l'unico punto di contatto con le Mine.
Aleksej, dalla parte opposta della terra, esultò a sua volta quando vide comparire un'altra connessione nel proprio Darknet. Non tutto era perduto.
Immediatamente iniziò a digitare un messaggio per il suo nuovo compagno, ma prima che potesse completarlo fu Richard ad inviargliene uno.
- É tutto il giorno che aspetto, che cavolo combini? -
Aleksej sorrise. La grinta di quell'uomo gli piaceva e trovava esilarante il modo sconsiderato in cui ricorreva alla parola cavolo.
- Ti chiedo scusa, il mio capo mi aveva impedito le comunicazioni. -
Richard sospirò: gli ordini sono ordini, non poteva opporsi. Si limitò a scrivere: - Mi piacerebbe conoscerlo, questo capo. -
Aleksej pensò che anche a lui sarebbe piaciuto, e non poco.
- Senti, non c'è tempo da perdere - scrisse, - devo spiegarti i dettagli del piano e non posso farlo in chat. -
Richard effettivamente non sapeva nè come agire, nè quando farlo. Per lui la missione poteva essere portata a termine tra due mesi come tra due anni. Certo non immaginava che mancassero solo tre giorni.
- Allora come facciamo? Ci dobbiamo incontrare? - chiese Richard spaventato all'idea di dover uscire nei corridoi al di fuori del coprifuoco.
- No. Io sono dall'altra parte della Terra. Devi procurarti una radio. -
Richard scoppiò a ridere.
- Una radio? - chiese divertito.
- Sì, una radiotrasmittente - confermò Aleksej, comprendendo lo stupore dell'uomo.
Era ridicolo. La Cyber Resistenza comunicava via radio? Richard non poteva crederci, sembrava una barzelletta.
- Ammettendo che tu non mi stia prendendo in giro, in ogni caso io non possiedo alcuna radiotrasmittente. Certo non è in dotazione agli Assistenti. -
- Infatti ho detto che devi procurartela. -
Richard comprese finalmente che non si trattava di uno scherzo.
- Non ho idea di come potrei fare. -
Aleksej aveva già pensato a tutto. Non poteva dirgli di andare a cercare quella di Yvonne nella sua camera, perché sicuramente la stanza era stata perquisita e perché, nel caso in cui ciò non fosse avvenuto, Yvonne aveva certamente fatto in modo che quella radiotrasmittente non potesse essere trovata. La soluzione era una sola.
- Devi costruirla. -
Richard spalancò gli occhi.
- E come? Io non so nemmeno come sia fatta una radiotrasmittente, figuriamoci se so come costruirla! -
Aleksej sospirò. Non aveva idea di quanti anni avesse quel Richard, ma aveva sperato che Yvonne avesse scelto qualcuno della sua età, magari con la sua stessa esperienza, qualcuno, insomma, che ne sapesse qualcosa di guerriglia o, perlomeno, del mondo prima del Sistema. Evidentemente non era così.
- Ok. Te lo spiegherò io. Devi seguire le mie istruzioni passo passo. -
Richard era allibito. Perché quel ragazzo non gli spiegava semplicemente il piano via chat? Ci avrebbero messo molto meno tempo e lui sarebbe potuto andare a dormire in pace.
- Perché non mi dici qual è il piano e basta? - chiese seccato.
- Perché se anche fossimo abbastanza fortunati da non essere già stati scoperti mentre stiamo scrivendo, le conversazioni che avvengono via chat rimangono registrate nel Server per sempre, anche se si tratta di chat clandestine. Se siamo davvero fortunati, nessuno verrà a sapere che comunichiamo via radio prima dello svolgimento della missione. -
Richard capì di avere a che fare con una persona testarda, ma evidentemente capace nel proprio lavoro. Tentò un'ultima carta: - Non so se ho i materiali necessari. -
Aleksej si stava stancando di quel tipo. Voleva collaborare o voleva solo mettere i bastoni tra le ruote?
- So benissimo di che materiali disponi, vivo anch'io in un dormitorio. Adesso smettila di cercare scuse e segui le mie istruzioni. Non abbiamo tempo da perdere. -
Richard finalmente si arrese.
- D'accordo, ti ascolto. -
Aleksej non esultò: ora iniziava la parte difficile. Fece scroccare le dita delle mani e poi iniziò a scrivere: - Prima di tutto, devi smontare il tuo computer. -[1]

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] Mi sono informata e, a quanto ho capito, attualmente è impossibile costruire una radiotrasmittente con materiale di recupero, specialmente se si vuole evitare l'utilizzo del codice morse. Aleksej, tuttavia, vive nel 2093 ed è una delle menti più brillanti del suo secolo. Inoltre è stato addestrato da Yvonne, un'ex-guerrigliera, sopravvissuta dopo un disastro mondiale, nonché altra mente geniale, che era riuscita a creare da sé la propria radiotrasmittente. Non è così incredibile, quindi, che anche Richard riesca a costruirne una.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo ***


19 Febbraio 2093 - Server Nord
 
Capitolo quindicesimo
 

 
Alle tre del mattino Richard aveva costruito la propria radiotrasmittente.
Dopo un primo momento di diffidenza, Aleksej era rimasto colpito dalle capacità dell'uomo con cui aveva a che fare. Probabilmente aveva superato una prima fase di ansia e di imbarazzo, per poi dimostrarsi per quello che era: una persona veramente intelligente. Era dotato di un ottimo intuito e, a differenza di quello che aveva affermato all'inizio, aveva subito inquadrato il suo procedimento ed era riuscito a costruire lo strumento nella metà del tempo da lui pronosticato.
Al termine di quelle cinque ore, Aleksej aveva completamente cambiato idea in merito a Richard ed aveva capito perché Yvonne avesse scelto lui come proprio sostituto.
- Ora, Richard, distruggerò questa chat e questo Darknet. Sintonizza la radio sulla frequenza che ti ho detto e aspetta che io inizi a parlare. A tra poco. -
Da parte sua, Richard non si era mai sentito più vivo e più eccitato di allora. Stava per comunicare via radio con un ragazzo dall'altra parte della terra. Era quasi incredibile! Le persone non potevano spostarsi da un paese all'altro, ma le loro parole potevano solcare mari e sorvolare interi continenti per giungere alle orecchie di qualcun altro. Lui, dall'alto dei suoi sessantadue anni, non aveva mai immaginato qualcosa di simile. E pensare che quel ragazzo era nato sotto il Sistema fatto e finito, mentre lui poteva ancora ricordarsi di come fosse il mondo prima. Si rese conto di quanto tutti possano essere utili, indipendentemente dalla loro età e dal loro ruolo. Si sentiva ottimista e pieno di speranza.
Non appena ebbe acceso la radio, sentì un rumore molto fastidioso, come di passi pesanti sulla ghiaia. Le interferenze sul suo apparecchio erano molto amplificate.
- Richard, mi senti? Passo. -
Quella era la voce di Aleksej! Richard spalancò la bocca.
- Sì, ti sento Aleksej. Passo. -
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. Nonostante la fiducia acquistata in quell'uomo, aveva ancora paura che qualcosa potesse andare storto, un contatto fuori posto, una leva non inserita bene, qualunque cosa poteva rendere impossibile la comunicazione.
Fu felice di conoscere la voce di Richard, anche perché gli permetteva di farsi un'idea sulla sua età. Sicuramente aveva passato i cinquant'anni, quindi era abbastanza vecchio da aver visto sconvolgere il proprio mondo. Pensò che quello fosse un bene.
- D'ora in poi tu sarai Regina ed io sarò Re, d'accordo? Non possiamo usare i nostri veri nomi, nel caso qualcuno arrivasse ad ascoltarci. Hai capito, Regina? Passo. -
Aleksej attese per qualche secondo senza ricevere risposta. Aveva cantato vittoria troppo presto?
- Sì, ho capito, Re. Passo. -
Probabilmente Richard aveva ancora qualche problema con i vari pulsanti da premere e da rilasciare.
- Un'ultima cosa. Quando si avvia una comunicazione, prima di rivelare qualunque informazione, chi trasmette dice "cielo a pecorelle" e chi riceve risponde "pioggia a catinelle", capito? Passo. -
Richard, dall'altra parte, sorrise.
- Si, ho capito. É un vecchio modo di dire, non lo sentivo da un pezzo! Passo. -
Aleksej sorrise a sua volta.
- Davvero lo conosci? Sai cosa vuol dire? Passo. -
- Sì, certo ragazzo. Vuol dire che se il cielo è pieno di nuvole gonfie come il manto delle pecore, allora vuol dire che presto pioverà un sacco. Passo. -
Il tono di quell'uomo era paterno e confortante. Aleksej si sentì pervaso da un altro tipo di calore, diverso da quello che provava quando parlava con Aileen. Quello lo colpiva allo stomaco, quasi come una fitta, questo, invece, gli scaldava piacevolmente il cuore, come una coperta quando fa freddo.
- Grazie, Regina, mi sono sempre chiesto cosa significasse. Ora, però, parliamo di cose serie. Quando ti ho detto che non avevamo tempo da perdere ero molto serio. La missione avrà luogo tra tre giorni, il 22 Febbraio, alle 15.30. -
Richard collegò immediatamente data e ora con la Cyber Parata di Carnevale e con il discorso del Primo Oligarca. Non avrebbe mai pensato che i tempi fossero così serrati, ma l'ottimismo di prima non era ancora svanito ed accettò la notizia senza protestare.
- Sarai in collegamento radio con Torre, che è il nostro capo - proseguì Aleksej, - sarà lei a dirti quando iniziare ad agire sul Server e quando invece dovrai muoverti a finire. Sarà lei a trasmettere, tu non dovrai fare altro che sintonizzarti sulla stessa frequenza di oggi. É tutto chiaro? Passo. -
- Chiarissimo, Re. Passo. -
Aleksej si sentì fiero di se stesso: in quel momento era lui ad essere responsabile di Richard e in quella conversazione aveva il ruolo che Aileen di solito aveva nelle loro. Si sentì importante.
- Ok. Quello che devi fare tu, invece, ti è chiaro? Passo. -
- Sì. Ho letto attentamente gli schemi di... Ehm... Passo. -
Richard non conosceva in nome in codice di Yvonne e voleva evitare di pronunciare il suo vero nome, preferì lasciare in sospeso la frase piuttosto che far arrabbiare Aleksej.
- Sì, lei era la Regina prima di te. Perfetto, dunque. Spero che tu abbia già fatto sparire quei fogli. -
Richard guardò con vergogna gli appunti ancora sul suo pavimento. Si ripromise di bruciarli non appena avesse concluso la comunicazione.
- Se non hai altro da chiedermi, penso sia il caso si riposare un po'. Dobbiamo essere entrambi nella nostra postazione domani alle sette e mezzo, quindi è meglio chiudere qui. Passo. -
- No, nessun dubbio, Re. Passo. -
Aleksej fece mente locale per controllare di avergli detto tutto. Aveva deciso di non instaurare altri contatti prima del 22 mattino.
- Ah, sì. Io sarò dall'altra parte della Terra a fare la stessa cosa che fai tu. Giusto per informazione. Sintonizzati su questa frequenza il 22 alle due e mezza, ci scambieremo eventuali comunicazioni dell'ultimo minuto, d'accordo? Passo. -
- D'accordo. Ah, senti Re, volevo chiederti una cosa. Ma quanti sono i membri di questo gruppo? Passo. -
Aleksej esitò per qualche secondo: non sapeva se fosse cauto rivelargli in numero esatto dei componenti mentre qualcuno poteva  essere in ascolto. Decise di dirglielo, abbondando un pochino: - Siamo circa una decina. Passo e chiudo. -
Una decina?, si chiese Richard stupito. Soltanto dieci persone stavano mettendo a repentaglio la stabilità del Sistema? La situazione tornò ad apparirgli folle ed insensata.
Perse un po' della propria baldanza e decise che forse era meglio dormirci un po' su.
 
 
Aleksej chiuse la comunicazione e sfoderò uno dei più bei sorrisi di sempre. Se ci fosse stata qualunque donna in quella stanza, sarebbe svenuta ai suoi piedi, senza alcun dubbio. Si sentiva radioso: quella sera avrebbe detto ad Aileen che l'addestramento di Richard era andato a buon fine e che di lui ci si poteva fidare senza di timore.
Mancavano tre giorni e tutto sembrava andare bene.














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Mes amis et amies, ormai siamo proprio allo scadere degli eventi. Mancano due capitoli e la storia sarà conclusa.
Rileggendoli, mi vengono sempre le lacrimucce, non vedo l'ora di sapere quello che proverete voi.
Le visulizzazioni della storia non sono molte, siamo pochi, ma non è nella quantità che si misura la qualità.
Anche una storiellina come questa, che non ha avuto il seguito che speravo, per me rimane molto molto importante.
Le voglio tanto bene <3
Basta tenerezze, ci vediamo al prossimo capitolo, il penultimo, che pubblicherò sicuramente in settimana.
A presto,
Miss

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Capitolo 17
*** Capitolo sedicesimo ***


21 Febbraio 2093 - Centro Abitativo 1, ex New York
 
Capitolo sedicesimo
 

 
Aileen conosceva bene la sensazione della cosiddetta quiete prima della tempesta e non l'aveva mai sopportata. Avrebbe preferito darsi da fare fino al secondo prima dell'azione, ma, purtroppo, da fare non c'era più niente. Tutto era sistemato, tutto era appeso ad un filo, esattamente al confine tra vita e morte, tra vittoria e sconfitta. Ogni secondo che scorreva era come una lama che assottigliava quel filo e, immersa in quella quiete, Aileen poteva quasi ascoltare il rumore di quei tagli impercettibili.
Dopo la comunicazione con Aleksej avvenuta due giorni prima, tra lei e le sue Mine era calato il silenzio radio. Poteva essere successo loro di tutto e lei non lo avrebbe scoperto fino all'indomani o, al più presto, fino a quella sera, quando avrebbe avuto il contatto con Matilde.
Odiava l'attesa, specialmente se carica di dubbi e di pericoli, come in quel caso.
Niente o ben poco del piano originale era rimasto intatto ed ora che aveva avuto due interi giorni per rifletterci sopra si era resa conto che quello nuovo faceva acqua da tutte le parti. I Sorveglianti non avrebbero nemmeno acceso lo schermo per guardare la parata, che cosa poteva fregargliene? Ai Server non esistevano giorni liberi o feste, il Sistema doveva andare avanti sempre, anche e soprattutto durante il discorso del Primo Ministro. E questa era solo la minima delle preoccupazioni.
Continuava a non fidarsi di quel nuovo Assistente di cui nemmeno sapeva il nome e ancor meno si fidava del giudizio di Aleksej. Stai tranquilla, è uno in gamba! non era un'affermazione sufficiente per farla stare davvero tranquilla. Si mordeva le labbra chiedendosi perché avesse affidato a quel ragazzetto indisciplinato un compito tanto importante. Le venne in mente quello che le aveva detto, della Regina e del ballo, e sentì acuirsi un sentimento di malinconia. Non solo la solitudine, ma anche la certezza di non potervi rimediare. Sarebbe morta sola e forse nessuno l'avrebbe vista. Si chiese come stava Philip, se era morto o se sopravviveva in una Cella Informatica, e tra sé e sé pensò che preferiva non saperlo. Qualunque fine avesse fatto, sicuramente era la stessa che spettava anche a lei: era meglio essere ignoranti di fronte ad un pericolo del genere, anche la donna più forte avrebbe potuto cedere.
 
 
Matilde aveva raggiunto un livello di ansia tale da averla distaccata dal mondo. Dopo aver insegnato alla figlia per tutta la mattina, con il groppo in gola e le mani che sudavano, aveva passato il resto della giornata vagando per casa alla ricerca di una distrazione.
- Mamma, che cos'hai? - continuava a chiedere Angelica e Matilde prontamente rispondeva che stava cercando qualcosa che non riusciva più a trovare. Ed era proprio così: cercava il coraggio per fare quello che era di vitale importanza che facesse. Voleva solo che l'indomani arrivasse e passasse, come tutti gli altri giorni della sua vita. Ventiquattr'ore sono pur sempre solo ventiquattr'ore, millequattrocentoquaranta minuti. Un numero spropositato di secondi, ognuno dei quali poteva essere fatale.
Riuscì a resistere all'impulso di piangere fino all'ora in cui mise a letto sua figlia, poi fino a dopo la comunicazione con Aileen. Sperava che la voce del suo capo fosse in grado di calmarla, ma nessuna delle Mine era tranquillo, come avrebbe potuto esserlo lei?
Si infilò a letto meccanicamente: un'altra giornata del genere la stava aspettando oltre quella notte. Per gli altri sarebbero state le tre e mezza del pomeriggio, lei, invece, doveva aspettare fino alle otto e mezza di sera per liberarsi di quel macigno.
Si addormentò e sognò di scappare lontano con Angelica.
 
 
Nemmeno Aleksej, che eppure aspettava il momento dell'azione da un anno, che non desiderava altro se non distruggere quei maiali degli Oligarchi, nemmeno lui era in grado a mantenere la calma. Si diceva che non era paura, ma voglia di agire, ma non riusciva ad ingannare neppure se stesso. Non gli importava di morire o che morissero altre persone - anche se in realtà non si era soffermato ad analizzare questa possibilità -, l'unica cosa che lo preoccupasse era di svolgere bene il proprio compito. Se lui e Richard non avessero agito in maniera sincronizzata, tutto sarebbe stato più difficile e più lungo e quello che mancava loro era proprio il tempo.
Per qualche secondo trovò buffa l'idea che due singole persone, ai due capi opposti del pianeta, potessero fare le stesse cose nello stesso momento, scatenando un effetto domino incontenibile. Sarebbe stata una scena spettacolare, se qualcuno avesse avuto il privilegio di stare lì a godersela.
Invece lì non ci sarebbe stato nessuno, lui avrebbe agito da solo, anzi, peggio, affianco ai suoi colleghi del Server. Se a qualcuno fosse venuta la malaugurata idea di gettare un'occhiata sul suo schermo, era la fine.
Per fortuna aveva lavorato tutto il giorno e quando tornò nel suo appartamento non ebbe difficoltà ad addormentarsi. Inoltre, in quel momento, la paura fu vinta dall'attesa di sentire la voce di Aileen alla radio, di lì a poche ore.
Prima di chiudere gli occhi, espresse il desiderio che la missione riuscisse, solo per poterla vedere, dopo, e ricevere i suoi complimenti e le sue lusinghe per l'incredibile lavoro che aveva fatto.
Sorrise e dormì un sonno felice.
 
 
Colui che forse stava peggio, in quel momento, era il povero Richard.
Dopo una prima fase di confusione, causata soprattutto dalla costruzione di quella diavoleria e dalla comunicazione con quell'Aleksej, la sua mente aveva ripreso a funzionare e, siccome era il più intelligente delle Mine o, meglio, colui che più aveva allenato il cervello a trovare pro e contro di ogni teoria, se per gli altri l'ansia era data da qualche possibile imprevisto, per lui la disfatta della missione non solo era possibile, era certa. In due giorni - ed una notte insonne - aveva vagliato tutte le eventualità e quella storia, ne era convinto, non sarebbe finita bene in nessun caso.
Dopo quella seconda fase, che potremmo definire di catastrofismo assoluto, ne era subentrata una terza, altrettanto pessimista, ma allo stesso tempo molto filosofica: l'accettazione della morte imminente. Richard aveva impegnato le ultime ore ad esaminare gli aspetti negativi e quelli positivi della propria scomparsa dalla Terra e, con enorme stupore, si ritrovò addirittura a desiderare di morire: in effetti, vivere in quel modo, in quel posto ed in mezzo a quelle persone non gli era mai andato a genio e spesso aveva sperato di trovare un modo per andarsene. Quale modo migliore, dunque? Il suo fatalismo lo aveva portato ad una calma placida e serena. Che la missione fosse riuscita o meno, per lui era indifferente: vivere o morire si equivalevano nella sua scala di giudizio.
Forse, a ripensarci, il povero Richard, contro ogni aspettativa, era colui che stava meglio.



 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassettesimo ***


 
Sono emozionata, e non poco.
E' una vita che non pubblico una storia a capitoli ed arrivare all'ultimo è una soddisfazione malinconica di cui mi ero dimenticata.
Ho tentennato tanto prima di pubblicare, aspettando il momento adatto per dire "addio" alla mia "creatura"
e questo forse è il momento giusto, nel silenzio della notte, quando potrà risuonare nelle orecchie di chi vorrà leggerla.
Lascio qui le mie ultime parole a questa storia,
perchè voglio che la fine si commenti da sè.
Ringrazio chi ha recensito e chi lo farà, chi ha letto e chi a in programma di leggere,
chi, magari tra mesi o magari mai, arriverà e leggerà tutto d'un fiato:
grazie a tutti per aver dato un po' più di vita a questi personaggi,
che, altrimenti, sarebbero stati solo miei, poverini.
In questa storia ho descritto una parte di me che non mi lascerà mai
e spero che non sia una descrizione definitiva.
Ora vi lascio alla storia, godetevela, come io me la sono goduta.
Alla prossima,
vostra, Miss.


 









22 Febbraio 2093
 
Capitolo diciassettesimo
 
 

Migliaia e migliaia di persone continuavano a confluire nella via principale del Centro Abitativo 1, stipandosi dietro le transenne della Cyber Parata, sotto il controllo militare dei Sorveglianti, che, fucili alla mano, osservavano attentamente quella fiumana crescente e sempre più indistinta.
I carri avrebbero cominciato a sfilare soltanto da lì a due ore, eppure nessuno riusciva a contenere la propria emozione. I bambini si facevano strada in mezzo a quella giungla di gambe per trovare una via di fuga e mettersi a correre di qua e di là, giocando a fare la guerra, mentre, a qualche metro di distanza, i padri avevano già iniziato a farla davvero. Già dalle nove del mattino volavano per le strade grossi pugni ben assestati, calci, testate, schiaffi e addirittura sputi. Le donne si erano compostamente messe in fila dietro le transenne; gli uomini si ubriacavano e si picchiavano alle loro spalle. Sembrava ormai una tradizione ben consolidata.
Se qualche estraneo avesse potuto assistere a quella giornata, avrebbe probabilmente pensato che il giorno del giudizio non fosse poi troppo lontano. Purtroppo, però, nessuno, in nessun angolo della Terra, era più estraneo a scazzottate e sfilate militari. Tutti si erano adeguati e, forse, ne erano addirittura contenti: un giorno libero, passato interamente fuori casa era un miracolo, più che una punizione divina.
Alle due del pomeriggio la folla era diventata quasi incontenibile e i Sorveglianti al di qua delle transenne erano triplicati: di lì a poco, gli Oligarchi avrebbero fatto la loro comparsa trionfale.
 
 
Il Sorvegliante 217, o anche signor Shufford, sedeva scomposto sulla propria sedia, nella sala delle telecamere. Da qualche giorno a quella parte aveva iniziato ad odiare il proprio lavoro. Quel maleducato di un Magistro l'aveva trattato da vero stupido e lui si era sentito umiliato: nessuno avrebbe dovuto zittirlo in quel modo, specialmente davanti ad una vecchia traditrice come quella schifosa Madame Maquis.
Il signor Shufford era un uomo presuntuoso e permaloso, nonché incline a portare rancore . Quando era uscito dall'ufficio del Magistro della Ricerca, aveva sputato davanti alla sua porta e aveva giurato di fare di tutto per farsi licenziare. Se quello era il modo di dimostrare gratitudine a chi gli proteggeva il culo per tutto il giorno, allora di lui potevano farne anche a meno.
Perciò, approfittando del compito che gli era stato assegnato quel giorno, decise di prendersi una vera e propria vacanza, meritatissima, dal suo punto di vista. Aveva appoggiato i piedi alla scrivania ed aveva sintonizzato lo schermo sullo speciale di Carnevale del notiziario. Amava veder sfilare l'esercito, lo eccitava quasi.
Alle due del pomeriggio, quindi, schiacciava beatamente un pisolino, conciliato dal lauto pasto appena consumato, in attesa dell'inizio della Parata. Si era persino slacciato la cintura dei pantaloni.
 
 
Matilde aveva permesso alla figlia di andare a vedere la Parata a casa dei loro vicini di casa. Avevano una figlia, si chiamava Cindy, e Matilde sperava che le due bambine potessero andare d'accordo: quello era l'unico giorno in cui fosse consentito fare amicizia.
Erano già le tre del pomeriggio a New York, la Parata era iniziata da dieci minuti e lei era più impegnata che mai: sintonizzare tutti gli schermi del Sistema sul notiziario era impresa facile a dirsi, ma ben difficile a farsi. Stava trafficando con le immagini e con il suo Sistema di Lavoro quando, tra le persone affluite per godersi la Parata nel Centro Abitativo 1, notò un volto a lei conosciuto. Mandò indietro l'immagine e la fermò nel punto che le interessava: non c'erano dubbi, quella che aveva visto in mezzo alla strada era Aileen. Sapeva che lei era lì per comunicare con precisione ai due Assistenti quando iniziare e quando terminare il loro lavoro, ma l'espressione che aveva sul viso non convinceva Matilde. Certo, poteva sbagliarsi. L'immagine, ingrandita un po' di volte, era decisamente poco chiara, ma Aileen stessa le aveva insegnato a fidarsi del suo intuito e, in quel momento, proprio lui le suggeriva che qualcosa non andava.
- Cos'hai in mente, capo? - si chiese Matilde riprendendo il proprio lavoro.
 
 
Aileen era appena scesa in strada quando Matilde l'aveva notata tra le immagini del notiziario. Forse l'espressione strana che lei aveva notato era quella di una persona pronta al sacrificio, ma più probabilmente si trattava di disgusto. Aileen non aveva mai preso parte a quella pagliacciata oligarchica e nei giorni successivi aveva sempre cercato di evitare i notiziari, che non facevano altro che riproporre le stesse immagini senza interruzione: quant'è bello il Carnevale, viva gli Oligarchi, le persone erano proprio felici.
Ora che si trovava in mezzo a quella folla, ora che aveva visto la gente ubriaca, le risse, i bambini spaventati che correvano per le strade e le donne ammassate dietro le transenne, ora aveva ritrovato la motivazione per saltare sul palco. Non sarebbe esistita una cosa del genere in un mondo libero, ne era sicura. Erano ormai le tre e venti quando riuscì a raggiungere il palco destinato agli Oligarchi. Lì i controlli erano molto maggiori rispetto al resto della strada, ma Aileen aveva subito trovato un buco nella loro formazione.
L'acutezza dei Sorveglianti non la deludeva mai.
 
 
Aleksej e Richard, ognuno nelle rispettive postazioni al Server Nord e al Server Sud, fingevano di lavorare come se fosse un giorno qualunque. Si erano fatti assegnare il turno di giorno, anche se avrebbero potuto tranquillamente stare nelle loro stanze per godersi la Parata. Era un loro diritto, ma non certo un dovere, anzi, il Magistro apprezzava quel genere di iniziativa.
Le sale del Server erano praticamente vuote, a Sud come a Nord, tutti avevano deciso di staccare un po' la spina e probabilmente anche loro due l'avrebbero fatto volentieri, non fosse stato che c'era una missione da portare avanti.
Aleksej era eccitato. Non voleva altro che sentire il via di Aileen. Aveva nascosto la radiotrasmittente, già accesa, sotto la scrivania, nessuno sarebbe andato a controllare, specialmente quel giorno. Nel frattempo, apriva e chiudeva sottosezioni del Server, un po' per ingannare l'occhio di chi - ma chi? - fosse passato per caso, ma soprattutto per ricontrollare la quantità di materiale da distruggere. Non poteva minare il Server a caso, c'erano degli obiettivi ben precisi, elementi già infettati da Yvonne, che facevano la spola da un Server all'altro, portandosi dietro pacchetti di dati che, grazie all'azione di Aleksej e di Richard, avrebbero trasportato anche il loro virus. Che genio che eri, amica mia, pensò Aleksej con un sorriso. Avrebbe tanto voluto sapere che all'altro capo del mondo c'era lei ad agire e non quel Richard un po' balordo e poco affidabile.
Contrariamente alle aspettative di Aleksej, però, l'uomo, che non si era fatto sconfiggere del tutto dal fatalismo, attendeva con calma e concentrazione il momento decisivo. Anche lui si era portato dietro la radiotrasmittente e l'aveva nascosta nella propria postazione, già accesa e funzionante.
Aveva finalmente imparato a memoria gli schemi - li aveva bruciati quella mattina - e ora li ripassava mentalmente. Non capiva ancora perché dovesse colpire proprio determinate sottosezioni, ma Aleksej gli aveva intimato di attenersi pedestremente a quello che aveva letto e così lui avrebbe fatto. Sperò che nessuno arrivasse nel momento sbagliato, non tanto perché temeva lo scoprisse, quanto perché aveva paura che lo distraesse. Ci volevano due minuti esatti per portare a termine la missione: doveva mantenere alta l'attenzione e non pensare ad altro. Non era poi così difficile, no? Guardò l'orologio sul computer: le 15.25. Il discorso stava per iniziare.
 
 
- Su, dai, metti sulla Parata, Jin! -
- Ti ho detto che non mi va di fare male il mio lavoro. Siamo qui per controllare gli Assistenti, non per goderci uno spettacolo. -
I due Sorveglianti, designati alla sala telecamere del Server Nord, stavano litigando in quel modo già da dieci minuti.
- Senti, ascoltiamo solo il discorso del Primo Oligarca e poi spegniamo, ti va? - cercò di negoziare Carlos. Jin stava per cedere. - Dai, vedrai che non succederà niente, non c'è nessuno al Server, sono tutti a guardare la Parata nel dormitorio! -
Jin si lasciò convincere. Nei suoi geni non c'era alcuna inclinazione alla disobbedienza, ma quel Carlos, con la sua pigrizia, lo stava lentamente trascinando sulla strada sbagliata. Per una volta sola non morirà nessuno, pensò Jin sintonizzando lo schermo sul notiziario.
Adesso, cari cittadini di tutto il Sistema, il momento più atteso da tutti noi! Ecco il nostro Primo Oligarca!
 
 
La folla andò in visibilio.
Possibile che tutti fossero veramente eccitati dal discorso di quel mostro? Aileen non riusciva a farsene una ragione.
I sei Oligarchi salirono sul palco, salutarono il pubblico con un gesto della mano e si sedettero sui loro troni, disposti al centro della piattaforma. Il Primo Oligarca rimase in piedi e fece qualche passo verso la folla, alzò le braccia verso l'alto e quel movimento, così offensivo dal punto di vista di Aileen, così presuntuoso e così fuori luogo, parve accendere ulteriormente gli animi degli astanti. Se possibile, si misero a gridare ancora più forte, coprendo addirittura il rumore degli aeroplani, ancora in volo sopra le loro teste.
Poi l'uomo abbassò improvvisamente le braccia e la folla tacque.
- Miei cari cittadini, mie care cittadine, Uomini e Donne della Provvidenza - fece una pausa e un boato di sollevò dalla folla, - Uomini del Potere - altro boato, - Uomini e Donne di Scienza, Internauti e Assistenti ai Server, - per ogni categoria di lavoratori si erano sollevate grida di apprezzamento,  - grazie per aver preso parte alla Cyber Parata di quest'anno. -
Tutti, finalmente, tacquero. Il rispetto per quell'essere immondo era disgustoso.
- Torre, mi ricevi? Passo - gracchiò improvvisamente una voce nella borsa di Aileen.
Lei estrasse la radiotrasmittente e, chinandosi come se avesse perso qualcosa, la nascose con il proprio corpo.
- Ti ricevo, Alfiere. Passo. -
- Gli schermi sono sincronizzati. Passo. -
- Perfetto - fece Aileen, - addio, Alfiere. E grazie a te di tutto. Passo e chiudo. -
Scacciò ogni sentimentalismo, non aveva tempo per quelle cose.
Sintonizzò in fretta la radio sulla funzione di trasmittente.
- Re, Regina, è ora di iniziare. -
Non attese alcuna risposta, spense la radio, la rimise in borsa e si alzò.
Si fece un varco tra le persone che la dividevano dal palco, prese un profondo respiro e poi, a quattro zampe, si intrufolò tra i Sorveglianti, impegnati ad osservare la folla. Si rialzò alle loro spalle e, senza capacitarsi si come fosse stato possibile, salì sul palco.
 
 
- Jin, guarda quella! - esclamò Carlos.
Jin sbarrò gli occhi, incredulo.
- Ragazzi, venite a vedere! - urlò ancora Carlos, affacciandosi sul corridoio e richiamando l'attenzione della maggior parte dei Sorveglianti.
- Una ragazza è salita sul palco! -
 
 
- Impossibile! - sussurrò il signor Shufford tirandosi su a sedere con uno scatto.
- Impossibile - ripeté con maggior voce.
- Cosa è impossibile, Shufford? - chiese un Sorvegliante dal corridoio.
- Una ragazza... è salita sul palco! - esclamò incredulo.
Al Server Nord come al Server Sud tutti i Sorveglianti furono incollati allo schermo da quella scena veramente impossibile.
 
 
- Cosa starà succedendo di così incredibile? - si chiedeva Richard, senza però perdere la concentrazione. Le sue dita digitavano codici alla velocità della luce, senza fermarsi un attimo.
- Una ragazza è saltata sul palco! - gridò qualcuno all'ingresso dell'enorme stanza del Server.
I pochi presenti si alzarono rumorosamente dalla sedia e corsero a vedere.
-  Chi cavolo sarà? - si domandò Richard, senza nemmeno staccare lo sguardo dallo schermo.
 
 
- Aileen?! - esclamò Matilde, saltando in piedi. - Che diavolo vuoi fare, stupida pazza?! -
 
 
- Tra voi c'è chi resiste! Non dovete mollare! Ribellatevi al Sistema! Non siete soli! - gridò Aileen con tutto il fiato che aveva in gola.
Ce l'aveva fatta. Quello era il messaggio giusto, chiunque avrebbe capito. Sperò con tutto il cuore che almeno le prime file l'avessero sentita. Forse era meglio ripeterlo una seconda volta.
- Tra voi c'è chi resiste! - gridò di nuovo.
Poi, all'improvviso, si sentì colpire da qualcosa di bollente, dritto in mezzo al petto.
- Non dovete mollare! - riuscì ad urlare ancora.
Un secondo colpo la fece crollare a terra. Guardò dritto negli occhi di una donna che si trovava in prima fila: - Ribellatevi al Sistema - sussurrò, abbastanza forte per farsi capire da lei.
Una scarica di proiettili piovve su di lei dagli elicotteri.
- Non siete soli - mormorò con gli occhi che si offuscavano.
Non sono sola, pensò mentre sentiva le forze abbandonarle il corpo.
Davanti ai suoi occhi sfilarono i volti di tutte quelle persone che avevano resistito insieme a lei. Poi apparve Philip, luminoso come la speranza che ancora le riscaldava il cuore.
Non sei sola, si ripeté.
 
 
La folla, subito freddata da quella scena spaventosa, iniziò a vociare sempre più rumorosamente. Le persone che non erano riuscite a sentire, chiedevano alle file più avanti di riferire.
- Cittadini, cittadine, non spaventatevi - il Primo Oligarca, terreo in volto, cercò di richiamare la loro attenzione, ma invano. - Vi prego, state zitti, ascoltatemi - tentò nuovamente, alzando la voce nel microfono. Ma anche questa volta fu inutile.
La folla non tacque finché l'ultimo bambino, nell'ultima fila, a decine di metri di distanza, non seppe che no, non erano soli e che sì, era vero, c'era davvero una Cyber Resistenza. Solo allora, spaventati ed eccitati allo stesso tempo, stupiti e consolati, felici ed inquieti, tacquero per scoprire cos'avesse da dire loro quell'uomo vestito di bianco e con il volto seminato di rughe.
Il Primo Oligarca prese fiato e parlò nel microfono per buoni cinque minuti, prima di rendersi conto che nessuno riusciva a sentirlo. La corrente era saltata, i pannelli per il controllo dell'audio si erano improvvisamente spenti, le telecamere dei giornalisti erano morte. Gli schermi di ogni computer del Sistema erano spenti.
Nessuno seppe mai cos'aveva da dire il Primo Oligarca.
Tutti ricordano le parole di Aileen.





 

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