Una lama nel cuore

di rowen91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primi passi. Parte1 ***
Capitolo 3: *** Primi passi. Parte 2 ***
Capitolo 4: *** I capricci del Concilio ***
Capitolo 5: *** Mr. Bat ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


25 Dicembre 2014
Tutto era immobile. La neve scendeva leggera tra gli alberi nel buio della notte. Canti natalizi e allegri chiacchiericci  riempivano tutta la valle intorno e le luci colorate degli addobbi illuminavano le candide colline. Ombre si scagliavano con violenza sulla neve fresca. Raffaello era in piedi, impugnando la sua pistola puntata verso in basso. L’uomo inginocchiato ai suoi piedi era bendato e imbavagliato, strette corde gli legavano polsi e caviglie e il suo respiro affannato era spezzato da silenziosi singhiozzi.  “Perché temporeggi Raffaello?” gli domandò una voce calma a pochi passi distante dalla tartaruga “ormai non ci può servire più a nulla”.
Il respiro di Raffaello era profondo, la mano gli tremava appena ma era fermo al suo posto, dritto come un albero. Come il suo vecchio maestro gli aveva insegnato. “Gli avevamo promesso di liberarlo se ci avesse dato tutte le informazioni che volevamo” gli rispose con la pistola puntata ancora verso l’uomo.
“Vero, ma prima di tutto la nostra incolumità. Ci ha visto in faccia. Va eliminato”
“Non firò ulla, o furo!” piagnucolò l’uomo sentendo quest’ultima frase “Fi frego, ascatemi anfare…”
“Fallo Raffaello, non puoi disobbedire agli ordini. Vogliono che tu lo uccida” la voce si avvicinava sempre più verso la tartaruga. Raffaelo non rispose, era impassibile. La neve scendeva sempre più veloce, candendo dolcemente sulle sue spalle e sul suo guscio “Starà zitto, è troppo spaventato per parlare. Ha una famiglia, io credo…”
“Se non lo farai, loro ce la faranno pagare “. Una piccola fiammella si accese per un istante e una lucina come un piccolo braciere ne fece posto, l’uomo ne trasse un profondo respiro e del fumo fuoriuscì dalla sua bocca .”Lo farei io ma...”
“fi frego ascatemi anf…”l’uomo si bloccò. Un boato spezzo il silenzio intorno a loro… Il proiettile gli aveva trafitto il petto dritto al cuore. L’uomo stette un attimo in ginocchio e si accasciò su di un lato privo di vita, fermo, sanguinante. Raffaello gli aveva sparato. I canti e le risate non cessarono.
“Era ora… pensiamo a bruciare il corpo”.  La voce si avvicinò e si affiancò a Raffaello. Un uomo magro e vestito di nero guardava con disgusto il corpo privo di vita in terra, i suo occhi neri come catrame lo squadravano dalla testa ai piedi “Sei stato bravo però, fino a qualche mese fa non l’avresti fatto con una tale facilità”. L’uomo si passò una mano sui capelli castani corti, che  davano un aspetto spietato a un viso già piacevole e dai lineamenti eleganti. “Prendigli la fede. Tienilo come trofeo, ormai ne hai fatti fuori già 7, dovresti fare come me” e mostrò un braccialetto con almeno venti ninnoli ognuno diversi tra loro “Se lo viene a sapere il capo che ho questo bracciale mi ucciderebbe”.
“Spero di essere io a farti fuori” rispose Raffaello mentre gli passa la pistola e si piegava verso l’uomo morto con un movimento lento delle gambe. Il suo viso continuava a non mutare, i suoi occhi verdi erano freddi come il ghiaccio. l’uomo posò la pistola nella custodia e ridacchiò a quella buffa immagine di lui assassinato da una enorme tartaruga armata. Raffaello era ancora piegato verso il corpo morto, incapace di distogliere lo sguardo dalla sua ultima vittima, era come stregato dalla rigidità del corpo. Poi gli tolse la benda dal viso e si soffermò soprattutto sugli occhi lucidi e senza vita che fissavano il vuoto.  Che cosa avrebbero detto i suoi famigliari alla mancata presenza del capo famiglia nel più bel giorno dell’anno… sicuramente la madre avrebbe rassicurato i suoi figli dicendogli che lo avrebbero riabbracciato l’indomani mattina, “Avrà avuto un contrattempo a lavoro” gli avrebbe detto; ma di sicuro il suo istinto di madre e di moglie  le avrebbe detto che qualcosa non quadrava in questa santa notte… Già, la sua famiglia…
“Kevin. l’hai finita quella dannata sigaretta?” Raffaello si rialzò e si diresse a passo spedito verso il bagagliaio del fuoristrada  “Voglio andarmene al più presto”.
“Cosa c’è? Fretta di aprire i regali sotto l’albero?” Rispose Kevin con un tono sarcastico. “Sei stato cattivo quest’anno, non credo che sei nella lista dei buoni” Diede un ultimo tiro alla sigaretta e gettò a lontano la cicca.
Raffaello già aveva svuotato metà tanica di benzina sul corpo morto. Kevin si avvicinò alla tartaruga e si appoggiò con il braccio sul guscio della tartaruga
“Lo accendo io o tu?” disse con non curanza Kevin.
“Tu” rispose Raffaello con freddezza.
“No… fallo tu, tu l’hai iniziato il lavoro e tu lo devi finire”  Kevin prese la tanica mezza vuota e gli porse l’accendino; Raffaello lo prese.
Kevin si stiracchiò e si diresse verso l’auto. Raffaelo rigirava l’accendino tra le mani. Accese la fiammella e si chinò, prese un profondo respirò e dette fuoco al corpo.       i vestiti furono i primi a bruciare e la carne incominciava a carbonizzarsi. Si godeva lo spettacolo anche se la luce delle fiamme illuminavano i suoi occhi disgustati.
Un rumore di clacson lo costrinse ad avvicinarsi alla macchina.
“Sali, muoviti, dobbiamo andare” Sbottò Kevin scocciato mentre riponeva il cellulare in tasca “Ti riporto a casa, devo fare un lavoretto e non devo dare nell’occhio”. “Che missione” domandò Raffaello. “Sai stavi meglio con la fascia sul viso”. Costatò Kevin mentre lo scrutava  “Comunque nulla che tu possa metterci mano, puoi immaginare lo scompiglio che può creare una tartaruga gigante assassina in una chiesa?” Raffaello salì sull’auto irritato e Kevin la accese e mentre partivano verso l’autostrada, Raffaello fissò il corpo bruciante fino a quando non scomparve allontanandosi.
La radio cantava allegra e i commentatori non chiedevano altro su cosa avevano mangiato e ricevuto per natale. Kevin canticchiava allegro ogni motivetto che trasmettevano e Raffaello fissava la neve scendere  nel buio. Di sicuro se si trovava nei tempi andati, avrebbe fatto di tutto per salvare persone innocenti come quell’uomo, ma ora… fa il sicario per uomini più potenti del dovuto... per Raffaello è stata un miracolo poter aver scelto tutto questo, non ha mai e non avrebbe mai avuto alcun ripensamento o alcun rimpianto per questa scelta, ma…
“Lo facevate l’albero?”.
“Cos, cosa?”.
“Si, l’albero di natale, nelle fogne, con i tuoi fratelli”. Gli chiese Kevin mentre guidava “ Da piccolo lo facevo sempre. Sai mi ricordo quando…”.
“Non sono affari tuoi” rispose Raffaello con freddezza, sfriggendo i pugni per il nervoso “e non voglio sapere cosa facevi da piccolo con la tua stupida famiglia”.
“Hey calma. D’accordo non sono affari miei”. Kevin non parlò più. Il silenzio calò per qualche minuto e la  radio mandava la pubblicità di un supermercato a prezzi stracciati. “Questo sarà un freddo natale!” Aggiunse Kevin, la tartaruga sospirò. “Soprattutto per i tuoi fratelli, già me li immagino tutti e tre da soli senza il loro fratellone rompi palle e senza… il vostro caro ratto ormai …” Kevin non riuscì a finire la frase. Lo sguardo di Raffaello si incupì e puntava il sai dritto alla gola del compagno. “Guida e stai zitto”.
“E dai!” ridacchiò Kevin nervoso “lo sai che mi diverto a punzecchiarti”.  Raffaello continuava a puntare il sai alla gola di Kevin. “Un'altra parola su di loro, Kevin, e ti sgozzo”. Kevin conosceva quello sguardo. Raffaello non scherzava.
Il viaggio proseguì con la sola voce della radio a rompere il silenzio dell’auto.
Si fermarono dopo circa un ora di viaggio. In un boschetto vicino alla città, Raffaello  scese dal fuoristrada e si addentrò nel fitto degl’alberi “allora alla prossima tartarugone “ disse Kevin. Raffaello non si girò e prosegui “E a proposito, buon natale a te e a famiglia” e con un ghigno Kevin accelerò di colpo e cose via.
Raffaello lo guardò mentre andava via e, con un rapito movimento del braccio, lanciò una stella contro la ruta dell’auto squarciandola. La macchia sbandò per qualche metro prima di frenare di colpo con un tremendo cigolio. Raffaello, sorridendo, stette qualche istante a godersi lo spettacolo di Kevin che imprecava scendendo dall’auto . “Buon natale anche a te coglione”, poi si voltò verso il fitto dell’bosco e proseguì.

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Capitolo 2
*** Primi passi. Parte1 ***


13 Gennaio 2015
Il celo era cupo. Tuoni in lontananza minacciavano di pioggia. La città che non dorme mai era nel pieno della sua vita. Il buio trascinava nelle sue strade ogni tipo di persona e le auto sfrecciavano veloci, illuminando i vicoli con le loro luci. I grattaceli sovrastavano ogni cosa. Sul tetto di un vecchio palazzo , tre figure immerse nell’ombra scrutavano le vie.
“è venerdì sera” disse Michelangelo, giocherellando con i suoi nunchaku “ il divertimento non dovrebbe mancare” concluse annoiato.  “Meglio così” rispose Donatello “vorrebbe dire che qualcosa questa città l’ha imparata, giusto Leonardo?”.
Leonardo stette in silenzio. Osservava ogni movimento sospetto sotto di lui. “Andiamo” disse con voce decisa e le tre tartarughe saltarono sul tetto successivo. Il temporale si avvicinava sempre più e i tre fratelli correvano verso il cuore della criminalità: Central park. “ Perché andiamo lì? ” domandò Donatello. “Andiamo a polverizzare qualche drogato?” continuò speranzoso Michelangelo “è da  una vita che non andiamo a picchiare dei brutti ceffi”. “Ho sentito dire che ultimamente è il ritrovo di molti criminali lì. C’è qualcosa che non mi convince, voglio saperne di più” rispose Leonardo . “Da chi l’hai sentito?” domandò Donatello a sua volta. Leonardo era a capo durante lo spostamento, si girò e guardò negli occhi il fratello; la benda blu di Leonardo  e i suoi occhi castani si illuminava a ogni lampo nel celo; il suo sguardo era indecifrabile. “Durante le pattuglie” rispose rigirandosi “ho spremuto qualche teppistello e ho ottenuto questa informazione”. Michelangelo e Donatello si guardarono in faccia aggrottando la fronte. Si fermarono su un palazzo che si affacciava su Central park; quello che di giorno sembrava un verde rifugio  dalla città, di notte era terra fertile per crimini e spacci.  “Da dove incominciamo?” domandò Michelangelo eccitato, i suoi occhi blu spiccavano sulla sua benda arancione che portava sul viso. Leonardo scrutava ogni ombra che si muoveva alle fievoli luci dei lampioni, era come alla ricerca di un indizio. “Facciamo attenzione” disse “restiamo uniti”, Michelangelo fu il primo a precipitarsi. Leonardo lo stava seguendo, ma fu bloccato da una mano ; quella di Donatello. Lo fissava preoccupato, la sua benda era di colore viola e i suoi occhi castani volevano dire molte cose, ma quello che volevano dire gli occhi non riuscì a dire la bocca. Donatello tolse la mano lentamente dalla spalla del fratello. “Dai muovetevi voi due!” bisbigliò urlando Michelangelo nascosto dietro un bidone della spazzatura. “Non preoccuparti” rassicurò Leonardo sorridendo a Donatello “per il momento prenderemo solo informazioni”. Donatello annuì soffermandosi per un istante su una delle due katana di Leonardo: quella con il manico rosso. Poi balzarono giù e tutti e due raggiunsero Michelangelo. “Era ora” esclamò “in meno di due minuti sono entrati e usciti almeno dieci ragazzi che, non per fare tutto un erba un fascio, avevano delle facce poco raccomandabili”.
“Entriamo” disse Leonardo e coperti dal buio entrarono senza essere visti o sentiti. Come i loro maestro gli aveva insegnato. Donatello si nascose su un albero e Leonardo e Michelangelo nel folto dei cespugli. All’apparenza il parco era deserto, alcuni lampioni era stati rotti da qualche giorno. Di tanto in tanto si vedeva qualcuno muoversi nella pallida luce dei lampioni superstiti; gli avvistamenti venivano tutti da una zona specifica. Le tartarughe si spostarono nel cuore dei movimenti, l’odore di pioggia aleggiava nell’aria. Nascosti, osservavano i ragazzi che si guardavano in giro sospettosi mentre si avviavano verso un grande albero vicino al lago e altri verso sud-ovest. Leonardo aveva una inspiegabile sensazione  “Dividiamoci, voi andate verso il lago, io vado verso il teatro delle marionette” impartì poi.
“Alla faccia del rimaniamo uniti…” lo beffeggiò Michelangelo.
“Non sappiamo cosa affronteremo, sei sicuro?” domandò Donatello.
“Ragazzi!” li guardò stupito “siamo ninja. Raccogliete informazioni. Ci  rivediamo a casa tra mezz’ora” e con un balzo si avviò a seguire i ragazzi.
Leonardo si sentiva in colpa per averli lasciati in quel modo, ma non poteva faglia da balia per sempre e poi il pensare a loro lo avrebbe rallentato. Giunto alla meta i ragazzi andavano sul retro di una casa con il tetto spiovente fatta interamente in legno; sembrava uscita d auna favola. Li seguì e si nascose.  C’era un ragazzo magrolino con un pesante e grosso giaccone addosso, dei ragazzi andavano da lui, gli davano del denaro e lui rendeva una bustina con della polverina bianca o con dell’erba. Era strano che era solo… infatti un uomo era nascosto a meno di due metri del ragazzo con il giaccone. Leonardo si avvicinò velocemente verso l’uomo nascosto; era alto e muscoloso e con se portava una pistola. Leonardo prese una fialetta dalla sua cintura e la tirò sui piedi. Appena la boccetta si ruppe, del fumo si formò e rapidamente raggiunse il viso del muscoloso che , appena la respirò, cadde a terra addormentato. Per fortuna mi è fratello, non lo vorrei mai come nemico a Donny, pensò con una nota d’orgoglio. Leonardo aveva una nuova prospettiva del ragazzo, anche se era incappucciato lo riconobbe subito. Sorrise per la fortuna che aveva. Aspettò circa una decina di minuti e i clienti venivano sempre più di rado.
“E anche oggi abbiamo incassato un bel gruzzoletto” disse il ragazzo contando i soldi mentre si avvicinava a Leonardo “Questo nuovo rifornitore vende roba da far paura! Tu l’hai provata Bob?... Cazzone mi sent..!?” e con un urlo deglutito, il ragazzo  si fermò davanti alla figura di Leonardo in piedi. “OH NO!” esclamò il ragazzo spaventato “lo psichiatra della prigione mi ha detto che tu sei frutto della mia immaginazione… tu non esisti!” ma appena terminò la frase, Leonardo scattò verso di lui e puntò la lama della katana alla sua gola. “Ora esisto abbastanza, Matt?” Matt deglutì e guardava terrorizzato la tartaruga. Leonardo rinfoderò la spada e anche lui fissava il ragazzo “che ci fai libero? Ti hanno dato la buona condotta o l’infermità mentale?” domandò con aria divertita, sapeva di avere Matt in pugno. “Buon… Buona condotta” disse Matt “ti prego non rimandarmi in galera, li mi farebbero il culo a strisce! Ecco tieni tutti l’incasso!” e con le mani tremanti tese un mucchietto di banconote. “Matt, quanti anni hai, 20 circa?” domandò Leonardo con uno sguardo serio “puoi fare qualunque mestiere, basta volerlo. Non immischiarti con questa merda, fidati. Conosco questi ambienti e primo poi ti faranno fuori”. “Hai… Hai ragione” assecondò Mat “Farò il bravo”. “Ecco cosi si fa, tu sei la dimostrazione vivente che non per forza si devono passare alle mani…” disse Leonardo con un sorriso tendendo la mano “Ora dammi tutta la droga che ti porti a presso e, dato che voglio credere a ciò che mi dici, ti porto alla polizia senza farti male”. “Non di nuovo” piagnucolò Matt “Se lo viene a sapere il nuovo capo, quello mi lincia!”. Leonardo fece per prendere le katana con aria minacciosa. “è va bene!” esclamò terrorizzato il ragazzo mentre frugava nelle sue tasche “questo è tutto quello che mi è rimasto, ma ti prego non ammazzarmi e non mi dare fuoco”. Leonardo a questa insolita supplica   aggrottò la fronte “Cosa?” . “Si come avete fatto al banchiere il giorno di natale” rispose Matt “ora ti prego lasc.. HEI!” Leonardo afferrò Mat per la giacca e lo sollevò da terra di qualche centimetro “Cosa- vuoi- dire” Domandò Leonardo con aria minacciosa, il suo sguardo era terrificante “Io.. Io ho sentito dire che è stato un tizio vestito da tartaruga gigante a uccidere e a dar fuoco a quell’uomo, aveva una specie di pugnali ai fianchi” rispose terrorizzato. “Chi te l’ha detto?” continuò a domandare a denti stretti. “Un mio amico, che l’ha saputo da un altro tizio. Sai come succede in questi cas..” Matt non ebbe il tempo di finire la frase che Leonardo lo colpì con il manico della katana lasciandolo a terra privo di sensi. Leonardo era confuso e il freddo incominciava a farsi sentire. La pioggia arrivò con uno scroscio violento. Non può essere; possibile che finalmente si stia muovendo? Pensò Leonardo incredulo. Gli ci volle qualche secondo per riprendersi dalla notizia, prese un profondo respiro, raccattò il denaro e le droghe che erano caduti in terra e si avviò al primo tombino coperto dalla pioggia fitta, lasciando Matt e il tipo muscoloso lì dov’erano. Avrebbe fatto poi una soffiata alla polizia, anche loro avrebbero dovuto fare la loro parte. 

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Capitolo 3
*** Primi passi. Parte 2 ***


“ È in ritardo!” Esclamò Donatello seduto su una poltrona in pelle logora, gettando un occhio all’orologio appeso al muro “doveva rientrare  già da un pezzo”. “Rilassati…” rispose Michelangelo con non curanza mentre contava una montagnola di soldi stropicciati “lo sai com’è fatto ultimamente; le fogne gli vanno strette e se può tardare, lo fa volentieri… Ma guarda; hanno persino pagato la droga con la fede di una poveretta… ha pure il brillante… quanto può valere al mercato nero?”
“Non lo so, e se è in pericolo?” continuò Donatello preoccupato. “Leo non è in pericolo…”  rispose ancora non curante Michelangelo, frugando con foga in una grande borsa marrone tappezzata di buchi e sporca di terriccio “stiamo parlando di Leonardo, il grande leader delle tartarughe” continuò con tono beffardo “anche se in questi mesi non si sta comportano come tale…” .
Donatello non rispose, ma guardava il fratello seduto sulla sedia con i gomiti appoggiati sul tavolo mentre sistemava le banconote in piccoli mazzetti. “Li vuoi davvero tenere quei soldi?”. “Perché non dovremmo” rispose Michelangelo riponendo con cura i soldi nella borsa “è un piccolo compenso per quello che abbiamo fatto in tutti questi anni`” poi si alzò, lasciando la borsa sul tavolo vicino a delle bustine colme di pillole bianche o con dell’erba sbriciolata. Si avvicinò al vecchio divano e si lasciò cadere “Sono più di duemila dollari… se ne fanno di soldi con quella rob. Ahi!!”. Michelangelo si alzò di scatto con la schiena, appoggiando la mano sul lato destro del carapace.
“Ti fa male ancora vero?” costatò Donatello dispiaciuto mentre guardava il fratello; sul lato destro del guscio c’era un solco lungo 20 cm e profondo 10 cm “Quando si sarà cicatrizzato del tutto, ti metterò una piastra d’acciaio sulla cicatrice”.
“Già…quando guarirà… bel regalo d’addio che mi ha lasciato Raphy vero?” Disse Michelangelo malinconico mentre si massaggiala la parte indolenzita. Donatello ancora una volta preferì stare zitto e non continuare il discorso Raffaello; un argomento che non veniva toccato da molti mesi ormai.
“Negl’ultimi tempi stanno girando strane voci tra la malavita ” Continuò Michelangelo osservando un punto impreciso del pavimento. Donatello lo fissava ascoltandolo “ sono spaventati. Dicono che un nuovo gruppo di criminali si sia formato nell’ombra, si dice che hanno strani mezzi per attuare i loro piani, alcuni dicono che hanno la magia e altri  che hanno potenti creature. Forse è per questo che il piede è fermo da mesi, di sicuro sanno qualcosa… Dovremmo cercare di chiarire questa situazione prima che diventi una minaccia concreta. Il 90% delle volte queste chiacchiere sono vere”. Michelangelo si  alzò e si avvicinò al frigo “Ci stiamo lasciando andare… Mi manca quell’euforia e quell’azione di un tempo”.“Bhè… credo che un periodo di calma ci fa solo del bene” rispose Donatello, guardando con ansia la porta “ è un brutto periodo, meglio stare tranquilli”.
“Da quando sei diventato così insicuro?” Michelangelo prese una bottiglia d’acqua e bevve un sorso “lo sai anche tu che dobbiamo andare a indagare, qualcosa non va li fuori Donnyi; io voglio indagare… anche se dovrei andare contro i voleri di Leonardo.” Donatello osservava il fratello con attenzione. Il suo viso era cambiato. Non aveva più quell’aspetto di un dodicenne solare, felice, spensierato e combina guai. Ora il suo volto era quello di un ventitreenne deluso è arrabbiato… ma non era solo il suo volto a essere cambiato.
La porta si aprì con forza e Leonardo era sull’uscio con delle bustine e del denaro stretti in mano. Era bagnato fradicio. “Leo!” esclamò Donatello vedendolo “Eravamo  in pensiero, ma dove diavolo sei stato?”. Michelangelo si girò verso la porta pigramente. Leonardo li guardava con sguardo deciso e ancora sconvolto. Il suo respiro era affannato. “Leo… va tutto bene?”
“Avete preso qualcosa di importante dagli spacciatori?” domandò Leonardo avvicinandosi a gran passi verso il tavolo e afferrando la borsa marrone.
“Perché?” chiese Donatello incuriosito “che intenzioni hai?”
 Leonardo non rispose, era impegnato a frugare nella borsa.
“Per fare cosa Leonardo!” insistette Donatello preoccupato alzandosi dalla poltrona  e avvicinandosi al fratello sconvolto  “ci vuoi spiegare?”.
“Raffaello… Raffaello si sta muovendo….”. Silenzio. Donatello lo guardava sorpreso, non poteva crederci, proprio come Michelangelo che era a bocca aperta incredulo. “Com, Come?” balbettò Donatello “Dove l’hai visto? Come lo sai?”. “Matt, lo spacciatore, mi ha detto che l’omicidio del banchiere, quello ammazzato il giorno di natale, è stata opera di un’enorme tartaruga con pugnali ai fianchi” spiegò Leonardo mentre si preparava per uscire nuovamente. “Come fai a sapere che non sia una balla?” insinuò Michelangelo con tono di sfida. “Michelangelo, nessuno, a parte Matt che mi crede un’allucinazione, ci ha mai visti senza che lo volessimo. E poi la descrizione è troppo specifica. È lui ragazzi!”.
“Quindi che cosa vuoi fare?” domandò Michelangelo.
“Andremo nei Sotterranei incrociati e cercheremo di chiarire.” spiegò Leonardo.
“E pensi che pochi spiccioli ci possono comprare delle informazioni o grande leader?” Domandò ancora beffeggiandolo. “Che c’è Michelangelo. Ultimante non fai altro che contrastare tutto ciò che dico. Dimmi, vuoi toglierti qualche peso dal guscio?”  chiese Leonardo fissando il fratello negl’occhi e incrociando le braccia “poi se vuoi litigare…”.  Michelangelo stava per scoppiare, ma uno sguardo di Donatello e richiuse la bocca. “Bene…” continuò Leonardo distogliendo l’attenzione dal fratello “innanzi tutto incominceremo dal luogo dove è stato visto l’ultima volta, nella speranza di trovare qualcosa che sia sfuggito alla polizia. Poi andremo a cercare informazioni nelle zone malfamate, incominceremo proprio nei Sotterranei ; magari potremmo chiedere a Mr.bat, lui e la sua cosca sapranno qualcosa di quell’omicidio. Questi soldi e questa merce ci faranno comodo per ottenere le giuste informazioni” .
“Stai scherzando vero?” intervenne Michelangelo, ma si interruppe ridacchiando e scuotendo la testa. Donatello sgranò gli occhi alle ultime parole del fratello in blu. “Non… non ti sembra esagerato?” intervenne cauto “ok utilizziamo i soldi ma le droghe…”. Leonardo li guardava increduli e con aria disgustata “è Raffaello ragazzi! Non ci deve sfuggire. Non questa volta”. “Ma falla finita” irruppe Michelangelo con tono sempre più crescente “ ma ti rendi conto di quello che dici?”. Leonardo lo fissò nuovamente in segno di sfida. “Smettila di fare l’eroe ferito e ritorna in te. Ti stai estraniando completamente dal mondo che ti circonda”. Michelangelo era infuriato.
“Quello che sta cercando di dire Michy e che…”
“È che devi stare zitto Donatello; non ti permetto più di giustificarlo” Interruppe Michelangelo con tono brusco. “Leo, ma non ti rendi conto che i tuoi atteggiamenti stanno distruggendo la nostra famiglia; o ti sei dimenticato tutti gli insegnati del maestro?”
“Non nominare il maestro Splinter” ringhiò Leonardo stringendo i pugni.
“Che cosa?” urlò Michelangelo avvicinandosi a gran passi verso Leonardo. Donatello cercava di trattenerlo mettendosi tra loro “Ma che cazzo credi! Che solo tu hai subito la perdita del mastro e il tradimento di un fratello? Anche a noi Raffaello ha ucciso un padre! Smettila di fare il figlio traumatizzato e cerca di reagire come fratello maggiore. Comportati come vorrebbe il maestro Splinter, comportati da capo!  Ritorna a essere il Leonardo di un tempo!” Leonardo lo fissava con rabbia “Ma non  ti rendi conto che ogni giorno che passa diventi sempre più simile a lui!” urlò a gran voce Michelangelo avvicinando la sua faccia a quella del fratello. Leonardo non rispose più del suo corpo. Scagliò un poderoso pugno sulla sua  guancia e lo scaraventò a terra. Donatello guardò Leonardo incredulo, incapace di muoversi.  Leonardo osserva dall’alto Michelangelo con rabbia; ma quando si rese conto di quello che fece afferrò la borsa e gli ficcò i restanti soldi e le varie bustine sparse per il tavolo. Si girò verso la porta e correndo a testa bassa, si allontanò dal rifugio e nonostante Donatello cercasse di richiamarlo a voce alta, lui non si fermò. In cuor suo sapeva di aver sbagliato e per quanto  volesse ritornare e chiedere scusa, un solo pensiero si formava nella sua testa; un solo unico grande desiderio opprimeva  il suo cuore: vendicarsi di Raffaello e trafiggergli il cuore con una delle sue katana; quella con manico rosso.

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Capitolo 4
*** I capricci del Concilio ***


10 Gennaio 2015
Tra i vecchi macchinai impolverati, aleggiava un’aria spetrale. Il buio stava ormai calando e piccole zampe incominciavano a muoversi tra il freddo pungente. I vetri incrostarti dell’ultimo piano dell’enorme fabbrica abbandonata, erano illuminati da una luce gialla. Raffaello era appoggiato al muro con le braccia incrociate e osserva pensieroso la pioggia cadere dalla finestra rotta. Kevin era seduto su un tavolo pericolante e puliva la sua pistola, ciondolando le gambe allegro. La stanza era ampia e poco illuminata: il pavimento era sudicio e pieno di cartacce e i muri erano imbrattati di vernice.
L’orologio segnava le 10:38 della sera. “Ne vuoi una?” domandò Kevin mentre prendeva una sigaretta dal pacchetto. Raffaello continuava a guardare furori dalla finestra. Kevin posò il pacchetto sul tavolo e accese la sigaretta che aveva in bocca.
“Non sei eccitato?” domandò ancora, assaporando una boccata di fumo “tra qualche giorno incominciamo a  muoverci”. Kevin si guardava il polso destro e ridacchiò “Angelo e Demone finalmente voglio agire. Ci sarà da divertirsi…”.  “ Ne manca ancora uno…” disse piano Raffaello; Kevin non rispose, continuò a fumare tranquillo. “Non ti dannare l’anima, Ralfuccio” Kevin osservava  il lavoro svolto con la pistola, putandola verso la porta.  Seguirono pochi attimi di silenzio. Raffaello si raddrizzò e si avvicinò alla porta. Kevin seguì Raffaello con lo sguardo, incuriosito “dove vai?”.      “ Muoviti, sono arrivati” rispose. Kevin prese la borsa ai piedi del tavolo e uscì insieme a Raffaello. Scesero due rampe di scale e andarono nella sala delle vecchie  macchine tessili. Rumori di passi pesanti echeggiavano nel silenzio e una figura ampia apparì alla fievole luce dei lampioni che filtravano dalle finestre sporche. L’uomo era alto e pelato, pesanti linimenti solcavano il suo viso che ,insieme alla sua corporatura ampia e muscolosa, gli donava un aspetto minaccioso. Indossava un ampio impermeabile nero; osservava Kevin e Raffaello con sguardo aggressivo con i suoi occhi castani. Kevin fumava tranquillo e fissava l’omone difronte “Idra, non credevo che era possibile che diventassi ancora più muscoloso, non è che poi ne risente il cervello?” costatò poi  ridacchiando “dai scherzo, che ci hai portato questa volta?”.
Idra li guardava dall’alto “ Vogliono che prendiate la sorella e la fate parlare” disse con voce profonda “Non era in casa sua”.
“D’accordo” assecondò Kevin “dove possiamo trovarla…”
“Perché non ci hanno chiamato loro” lo interruppe brusco Raffaello, appoggiato con il guscio a un macchinario a braccia incrociate poco più distante “credevo che era giunto per tutti il momento del congiungimento”.
“Calmati Fenice…” borbottò Kevin all’amico focoso. Idra non rispose, ma ancora continuava a fissare Raffaello; poi sposso lo sguardo su Kevin mentre frugava nella tasca interna della giacca. “Tieni questo Windigo, qui troverete tutte le informazioni che vi servono”  Idra estrasse una busta per lettere. Kevin la prese e ne lesse il contenuto. Più scorreva con lo sguardo e più sgranava gli occhi. Raffaello non distoglieva lo sguardo dalla montagna di muscoli. “Che vuol dire questo Idra” esclamò Kevin irritato, sventolando il foglio “Noi non partecipiamo al Blitz? E da 8 mesi che ci spacchiamo il culo io e Fenice a fare il lavoro sporco del concilio. E loro ci vogliono fuori?”. Raffaello contrasse il viso in una smorfia di rabbia e, per non reagire, stringeva i pugni con tata forza che le nocche gli diventarono bianche. Idra era fermo e indifferente alle loro proteste “Voi servite la nostra sesta causa” disse  “tutti noi puntiamo ad un unico risultato. Ognuno di noi ha il suo compito”. Kevin era pronto a prendere la sua pistola. Raffaello mise il braccio davanti a Kevin che lo guardò storto “d’accordo . Faremo ciò che vuole il concilio” fece senza distogliere lo sguardo da Idra, ma tremava ancora dalla rabbia. “Bene” disse idra e con passi lenti e sicuri si allontanò da Raffaello e Kevin. Prima di aprire bocca, aspettarono il rumore della macchina che si allontanava.
“Ma perché cavolo non hai reagito?” abbaiò Kevin “ci stanno usando come mastini da caccia o come spazzini pronti a ripulire i canini che loro lasciato; e tu non fai e non dici nulla!”.
“Dicerto non avremmo risolto qualcosa sparandogli a dosso” fece Raffaello “ purtroppo mi riesce difficile dirlo, ma ha ragione. Il bene comune innanzi tutto. Anche a me fa incazzare il fatto di non esserci al blitz e che i capi non ci hanno convocato di persona. Ma dobbiamo farci ancora più valere se vogliamo entrare nell’élite”. Kevin lo guardava storto e si sedette su una sedia li vicino. “Cosa c’è scritto sul foglio?” domandò Raffaello. Kevin gli passò il foglio con aria rassegnata e irritata.
Hai presenti Fenice e Windigo.
A causa di alcuni disagi che hanno creato alcuni problemi nella nostra organizzazione, il 15 Gennaio sarete desiderati in altre sedi ed effettuerete altre faccende. Verrete informati a tempo debito.
Per la missione di “Raccolta Informazioni o recupero cimeli” dovrete recarvi a  via Jacksonville RC n30; nell’abitazione di Barbara Weedin, sorella di Lucas Weedin. Giungono informazione che lei abbia informazioni o che abbi uno degl’ultimi Vasi marchiati. Dovrete raccogliere il manufatto o estorcere informazione sulla sua ubicazione. Attualmente Barbara non si trova nella sua abitazione. Una volta ottenuto ciò che si desidera e trovata il bersaglio: ELIMINARE OGNI TRACCIA DEL PASSAGGIO.
Tempo di scadenza: 07:00 am del 15 Gennaio. Il luogo dell’incontro sarà il porto Jersey blvd, container 56b.
Con i migliori auguri del Concilio –IL nuovo regno è alle porte-.
Raffaello rilesse la lettera e la passò a Kevin e le diede fuoco a un angolo del foglio con l’accendino. “Bella gatta da pelare…” fece Kevin mentre osservava il foglio bruciare lentamente, tenendolo con l’indice e pollice “da dove incominciamo?”. Raffaello si picchiettava le labbra con il pollice e camminava pensieroso. “Andremo a casa di Barbara” fece con tono deciso “li sicuramente troveremo indizi su dove trovarla, gli abbiamo fatto paura bruciando il corpo del fratello. Un animale ferito o spaventato va nelle zone che conosce. La troveremo nel tempo previsto e poi ci faremo dire tutto sull’ultimo vaso”.
“Una corsa contro il tempo…” sbuffò Kevin “cazzo…  spero che dopo questa bidonata ci diano  ciò che ci spetta.”
Raffaello guardò sul soffitto e il suo sguardo si fermò su un punto impreciso. Rifletteva, sembrava che molti pensieri turbinavano nella sua testa. Poi pensò… “Partiamo subito” fece brusco “ prima facciamo e meglio è” . Kevin non capiva. L’entusiasmo improvviso di Raffaello lo spiazzò.
“E dove vuoi andare?” domandò Kevin.
“A casa di Barbara. Voglio sbrigarmela subito”
Poi Kevin capì, quando Raffaello aveva un piano era meglio seguirlo. Non ci teneva a contradirlo; la prima , unica, volta che lo aveva fatto, si ritrovò con il naso sanguinante e con un dito del piede rotto. I due si avviarono all’uscita. La pioggia non cessava di smettere e  lampi illuminavano il celo. Corsero verso il furgone ed entrarono.  “ Sentito?” fece Kevin con aria di chi la sapeva lunga “te lo dicevo che un nuovo deodorante per l’auto avrebbe dato un tocco di classe. Muschio bianco! Lo adoro”. Raffaello lo guardò scuotendo la testa, rassegnato .Poi Kevin accese l’auto e si allontanarono dal vecchio edificio. Correvano spediti verso l’autostrada con la musica ad alto volume. “Da oggi ci chiameremo con i nostri altri nomi” disse serio Raffaello “da ora in poi le cose si metteranno sempre peggio. D’accordo Windigo?” Raffaello guardò Kevin. “Per me va bene, Fenice”.

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Capitolo 5
*** Mr. Bat ***


15 Gennaio 2015
Una figura ammantata di stracci, camminava cauto tra le vecchie galleria abbandonate di New York. Leonardo era attento a ogni rumore che sentiva e si stringeva sempre più trai i vestiti logori con il suo zaino in spalla. Il Sottosuolo cittadino era ricco di tunnel in disusi e di luride fogne; praticamente una città sotto la città . Ma lui e i suoi fratelli le conoscevano come il palmo delle loro mani. Man mano che avanzava, le luci diventavano sempre più forti. La galleria imboccata finì davanti a una porta blindata, illuminata da due lampadine ai lati delle mura. Leonardo bussò alla porta e si guadò indietro, sapeva in quale buco oscuro si stava per infilare e guadarsi le spalle era il minimo che poteva fare. Una piccola finestrella si aprì dal portone ad altezza viso. Un paio di occhi scuri con folte sopracciglia nere lo scrutavano. “Chi diavolo sei” ringhiò una voce profonda oltre la porta blindata. “Un visitatore” rispose calmo. “Sono venuto per Mr.Bat” concluse poi tirando fuori una banconota da 50 dollari dallo zaino e avvicinandola alla finestrella. i due occhi fissarono la banconota e una mano grossa e callosa l’afferrò. La finestrella si chiuse di scatto. Qualche istante dopo si sentirono rumori sechi di serratura e la porta si apri lentamente. “Dai muovi il culo ed entra”. Leonardo oltrepassò la porta, stando attento a coprirsi bene; un uomo grosso  e panciuto dall’aspetto minaccioso osservava l’enorme e gobbuta figura ammantata. Leonardo guardò esterrefatto la grande quantità di gente che camminava e discuteva in quell’incrocio di gallerie. L’enorme stanza  circolare era ben illuminata da molte fonti di luci, il soffitto era molto alto e riccamente decorato da affreschi orami logori. Enormi balconate in stile barocco si affacciavano direttamente sul cuore della stanza dal secondo piano; al centro della sala, un’enorme fontana di marmo nero e bianco zampillava. Bancarelle e piccole botteghe in legno erano sparse ovunque, creando uno schema a ragnatela, dove il centro era proprio la fontana di Nettuno. Leonardo si avvicina cauto verso quella che sembrava la strada principale. Le strade erano battute da molte persone  dall’aspetto più disparato, mote li loro erano attenti a mantenere il proprio anonimato. Leonardo si soffermò per un istante su una bancarella di una bella donna dai capelli neri. Vendeva armi  bianche di ogni genere e gusti, ma non molti acquirenti erano interessati a comprare: guardavano, tastavo, ammiravano e ,dopo aver contemplato per qualche istante il prezzo, lasciavano l’arma sdegnati.  Leonardo si avvicinò e le ammirava con l’acquolina. “Allora le piacciono?” esordì la bella ragazza  con un sorriso. Leonardo si rizzò sul posto e la guardò. “Mi sembra che lei se ne intende” proseguì prendendo un pugnale finemente decora in oro. “Questo è uno stiletto Fiorentino, il manico è originale del  1200. Ve lo posso fare a un ottimo prezzo”.
“Non sono interessato” rispose spicciolo Leonardo e, attento non incrociare il su sguardo, dando un ultima occhiata a una katana in particolare: era racchiusa nel suo fodere nero e il manico era di un bianco avorio. “Vedo che le interessa l’orientale” disse piano la ragazza con sguardo furbo. “Se attende un attimo vado nel retro e le prendo un pezzo di ottima fattura” e la ragazza si allontanò girandogli le spalle. Leonardo la volle aspettare, redendosi conto che l’insistenza e il bel faccino della ragazza  lo avevano in qualche modo inchiodato a terra.                                                        Un istante, un brivido dietro la nuca lo costrinsero a voltarsi. Tra la folla vivace in movimento, una solo attimo era fermo. Una figura nera era immobile li davanti; Leonardo aveva l’orrida sensazione che l’osservasse. “ Sei tu quello che cerca il capo?” . Una mamo si posò sulla spalla di Leonardo, lui si voltò. Un uomo tarchiato dai capelli folti e neri lo stava squadrando da capo a piedi. Leonardo spostò nuovamente lo sguardo verso la folla, ma non c’era altro che persone in movimento. “Allora? Sei tu che cerca Mr. Bat?”. Leonardo deglutì. “Si sono io”, rispose stringendo più a sé la borsa. “Bene seguimi”. L’uomo tarchiato faceva strada a passo sicuro tra la gente e Leonardo lo seguiva. “Hey! E la Katana?” esclamò la signorina della bancherella in modo stizzita mentre i due si allontanavano.
La gente era tanta e tutti erano indaffarati e laboriose come api frenetiche. I due camminarono tra la folla e dopo buoni 15 minuti di marcia arrivarono dinanzi a un’entrata riccamente decorata, sembrava quella di un vecchio teatro degl’anni 40 ormai abbandonato e due grossi uomini tutto muscoli erano alla guardi: i il loro sguardo era molto più che minaccioso. “Vieni entra…” disse l’uomo tarchiato entrando disinvolto, la porta si apriva su una piccola hall curata e con molte decorazioni in oro. Al bancone c’era una donna dai capelli biondi e di bell’aspetto. Gli occhiali gli cadevano sul naso e riflettevano la luce del pc che gli davano un aspetto molto professionale. Ai lati c’erano dei tavoli scompagnati e seduti c’erano alcuni uomini armati. “Miriam, bellissima, come stai?”, l’uomo tarchiato si avvicinò al bancone con aria maliziosa e con un sorrisino che voleva dire ben altro. “Tony, non chiamarmi più così… se ci tieni alla tua virilità”, Miriam era concentrata sul suo portatile e non distolse lo sguardo dalla schermata del computer. “Ragazzi perquisitelo” disse Tony con una risatina. Gli uomini si stavano per avvicinare, “Non c’è bisogno” li fermò Miriam, “ordini del capo; prego seguimi”. La ragazza si allontanò dal bancone e attese che Leonardo la seguisse. Leonardo, dopo qualche istante la tallonò. Salirono una rampa di scale e Leonardo notò la sua camminata sicura, di certo era una tipa che conosceva il fatto suo. Arrivarono davanti a una porta al secondo piano. Lei bussò. “Fallo entrare Miriam” rispose una voce tagliente e alquanto stridula. Miriam apri la porta e attese che entrasse l’ospite. Leonardo entrò e la donna chiuse la porta dietro di se. La stanza era riccamente decorata: verdeggianti piante addobbavano la stanza, enormi quadri erano affissi al muro, un tappeto persiano era ben sistemato a terra e una meravigliosa scrivania in legno scuro troneggiava su tutta la stanza e tre poltrone in pelle erano sistemata attorno a esso; il tutto illuminato da un lampadario in cristallo. Ma la vera attrazione era la figura china dietro la scrivania. Un enorme pipistrello nero era seduto su una bella poltrona in pelle marrone cuoio; era vestito in modo elegante e perfettamente in tono con l’ambiente, alle enormi orecchie erano appese orecchini e pendenti in oro e il viso, anche se insolito e spaventoso come quello di un vampiro, incuteva una sensazione di rispetto. Il pipistrello alzò i suoi occhi azzurro ghiaccio verso Leonardo. “Ho saputo che mi cercavi” disse con un tono ancora più tagliente “Cosa posso fare per te… prego accomodati” continuò mettendosi comodo sulla poltrona, “con chi ho il piacere di parlare?”. Leonardo non poteva credere a ciò che vedeva. Un altro mutante era nella stessa li davanti a lui, lo osservò a bocca aperta. Scrollo le spalle e rispose “Le-Leoonardo…” si avvicinò e si scoprì il viso e si allentò il lungo mantello logoro al collo. Il pipistrello non batté ciglio per la scoperta del suo sporco ospite, anzi sembrava quasi compiaciuto. Leonardo si sedette sulla poltrona davanti a lui.
 “E ho bisogno d’aiuto. Mr.Bat” chiese Leonardo senza staccare gli occhi da quelli del pipistrello, tremava dall’emozione.
“Che tipo di aiuto?” Rispose Mr.Bat  calmo, il suo accento non era nuovo alle orecchie di Leonardo.
“Informazioni”.
“Oooh… Quella è merche che scotta, ragazzino.” Le sue nere mani si spostarono su una cassettina in legno e ne tirò fuori un sigaro dall’odore agro, misto a vaniglia e cioccolato.
“Posso pagare” Leonardo tirò fuori un mazzetto ben sostanzioso di banconote e delle bustine di erba dal suo zaino e li mise sul tavolo. “Possono bastare?” Leonardo si sforzava di fare il duro, cercando di non far trasparire il suo disagio.
Mr. Bat contemplò per qualche attimo il denaro e la droga, tirando una bella boccata di fumo nei polmoni, e stese la mano verso le banconote. “Puoi tenerti l’erba” sibilò pino facendo frusciare le banconote tra le dita e stringendo tra i denti il sigaro “ mi sembri teso, può servire più a te… Comunque, chiamami Sandro”; si rimise nuovamente comodo e osservò incuriosito l’enorme tartaruga, sembrava divertirsi a formulare varie ipotesi su cosa lo avrebbe interrogato. Leonardo prese un profondo respiro… “Lei sa qualcosa riguardo un nuovo gruppo di criminali?”. Sandro stavolta lo stava scrutando molto attentamente. “Non so di cosa parli…” rispose evasivo il pipistrello continuando a fumare.
“Dicono che hanno strani poteri e creature demoniache” aggiunse la tartaruga, speranzoso di aver smosso le acque .“Sig. Sandro, Lei deve sapere qualcosa! La prego!”.
“Ti dico una cosa, e meglio che giri alla larga da loro. Non sono cose che ti possono riguardare ragazzo!” il tono di Sandro incominciava a irritarsi “riprenditi i tuoi soldi è vai via, credimi e meglio per te”. Leonardo si sentì offeso da quelle parole e il suo tono non alleggerivano affatto le sue parole. Sapeva che le informazioni di Sandro sarebbero state vitali per la ricerca di Raffaello. Infuriato, e senza rendersi conto, balzò dalla sedia e lo fissò truce. “Ho bisogno di sapere… mi dica tutto quello che sa o io…!”. Un salto, un fulmine nero lo aveva costretto a cadere all’indietro pesantemente. Molti sopramobili e alcune sedie in pelle caddero facendo un fracasso infernale. Leonardo non riusciva a respirare. Lunghe unghia affilate premevano sul suo collo e per un attimo credette di vedere nero. Sandro era in ginocchio sopra Leonardo disteso per terra. L’imponente e ampia figura del pipistrello soprastava  quella di Leonardo e copriva l’intero lampadario. “Con chi cazzo  credi di parlare moccioso!” ringhiò Sandro con voce tagliente e feroce. I suoi occhi erano ancora più spietati. Leonardo boccheggiava sotto il suo peso inaspettato. “Ho bisogno di saperlo!” balbettò Leonardo a fatica “E sono pronto anche a combattere per ottenere ciò che voglio!” Leonardo si sforzava di sostenere lo sguardo, facendogli capire chiaramente che non scherzava. Sandro lo osservava. Poi lasciò andare la presa e si mise in piedi. Leonardo si massaggiava il collo dolorante. Era incredibile quanto fosse ancora più spaventoso eretto in tutta la sua altezza. “Perché lo vuoi tanto sapere?”
“È  importante, io devo sapere la verità. Loro possono essere una valida traccia per scoprire dove si trova mio… fratello…!” Leonardo senza rendersi conto marcò con odio l’ultima parola. Sandro stava per aprire bocca ma poi la richiuse, rimise in piedi le poltrone e si sedette al suo posto. Leonardo si alzò in piedi, con il collo ancora dolorante e con ancore con i brividi freddi, e anche lui prese nuovamente posto.
“So poco di loro, so che si fanno chiamare “Il Concilio dei senza nome”. Si sono imposti da un giorno all’altro e hanno ottenuto potere in poco tempo. All’inizio non gli ho dato molto peso, ma quando hanno sconfinato ho preferito approfondire” Sandro prese un profondo respiro “ Sono una congrega di assassini, spacciatori e mercenari alla continua ricerca di potere. I pochi pedinatori che sono sopravvissuti dicono che si servono di creature oscure e di magie pericolose. Al dire il vero poco ci credo, ma c’è qualcosa di... inquietante nel loro modo di fare”.
“Lei crede che centrino qualcosa con l’omicidio del banchiere bruciato?” domandò Leonardo speranzoso.
“Già, Lucas Weedin. Il povero cristo ucciso a Natale. Dopo la soffiata sul suo probabile omicida…” Sandro guardò sott’occhio il suo ospite. Leonardo provò un attimo vergogna in quel breve istante; ma non gli importò, non aspettava altro che un appiglio sicuro per incominciare a cecare Raffaello. “ Ho cominciato a scavare sulla faccenda. E credo che sono arrivato a una provabile soluzione…”. Un trillo insistente dissolse quella cappa di attesa. Sandro si zittii all’istante. Leonardo  si rese conto che era il suo cellulare, lo artigliò e lesse il nome di April. Rifiutò la telefonata. “Allora? Stavi per dire che…” Ancora. Il telefono non voleva stare zitto. “Rispondi…” fece Sandra spazientito. Leonardo inforcò il cellulare “April, ciao! Senti ora non è il momento” rispose. “Non aspetta non riattaccare! Il palazzo di Shredder è in fiamme! Donatello e Michelangelo sono dentro!”.

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