Three Cheers For The Sweet Revenge

di Bbpeki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. Drowning Lessons ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Silenzio. Solo il lieve frusciare delle gonne delle donne e il lieve rumore del respiro della moltitudine di persone radunate in una piazzetta. Davanti a tutti c’era un palchetto con sopra una catasta di legno e alcuni funzionari della chiesa locale e del tribunale.  

“Oggi, 5 Novembre 1413, la Corte e la Chiesa di San Benedetto dichiarano colpevole di stregoneria Helena Elizabeth Lee e la condannano al rogo. Che Dio ci liberi dal Demonio, Amen” Il silenzio fu rotto da queste orribili parole. 

Una ragazza coi neri capelli aggrovigliati e sudici, il vestito a brandelli, lo sguardo confuso e vuoto fu condotta malamente sul palco da un uomo col volto coperto da un cappuccio nero. La ragazza, Helena, si guardò intorno con sguardo perso e trasognato.

“Cos…Dove mi-“ La sua domanda fu interrotta da uno schiaffo dell’uomo dal volto coperto

“Zitta, strega! Non potrai usare i tuoi poteri malefici su noi, uomini di fede!” Disse superbamente l’uomo di prima. Helena lo guardò come sei il pazzo fosse lui

“Io non ca-“ Un altro schiaffo la interruppe, questa volta così forte che le fece voltare la testa e cadere a terra.

“Zitta ho detto!” Le urlò l’uomo. Lei chinò il capo, ubbidiente. L’uomo si ricompose

“Ora brucerai, strega, e tornerai all’Inferno” L’uomo col cappuccio la prese e la legò a un palo di legno. 

Helena non aveva opposto resistenza, non ne aveva la forza e poi a che pro? Il suo Amore non era li a incoraggiarla a lottare, il suo Amore era lontano…

Chiuse gli occhi, decise che il suo ultimo pensiero sarebbe stato suo, della sua Speranza. 

Era bellissimo ripensare ai loro piccoli momenti insieme, a quegli incontri segreti nel boschetto, alle ore fugaci passate insieme. Sì, la morte sarebbe stata più dolce così…

Si abbandonò al ricordo, mentre sentiva il calore dell’Inferno avvicinarsi, sempre di più, finché non tocco la sua pelle. Si sforzò di tenere l’immagine della sua Gioia nella mente, ma il dolore era immenso. Sentiva la pelle morbida, bruciare e bruciare finché non carbonizzava i nervi, allora non faceva più male. Ma le fiamme la corrodevano ovunque, i capelli andavano a fuoco e pian piano si avvicinava sempre di più alla sua testa. Gli occhi si stavano sciogliendo come neve al sole, era cieca ormai. Si stava corrodendo e liquefacendo come ghiaccio.

Ti ho amata, dolce Amor mio… Fu il suo ultimo pensiero logico. 

Lentamente il suo corpo disintegrava e diventava irriconoscibile. Poi, in suo aiuto, arrivò l’Angelo della Morte. La prese dolcemente, come per non svegliare la sua anima gentile, e la condusse verso la Pace Eterna.

 

 

****

Vays correva più veloce che poteva. Non ci voleva credere, non era possibile.

Spalancò il cancello di ferro del cimitero, corse tra le tombe nel silenzio della Notte Eterna di quel luogo misterioso. Passò irriverente tra il letti dei morti.

Non poteva essere vero! Si fermò davanti a una piccola tomba di pietra.

“No…” Disse flebilmente prima di accasciarsi al suolo. Bocconi. 

Si sentiva svuotata di ogni dolce emozione, tutto era rabbia e tristezza in lei. Sentiva il petto sfondato tanto era schiacciato da quel peso impalpabile. Era ferita, amputata di una parte la sua anima. Quella più bella e importante di se stessa.

Non seppe quanto tempo stette lì, difronte a quel pezzo di pietra levigato. Non le importava suo padre, sua madre, chiunque era meno importante di quella magnifica persona sottoterra, fredda e immobile.

Doveva fare qualcosa! Non poteva vivere senza lei…

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. Drowning Lessons ***


Capitolo 1.

Drowning Lessons

 

Vays non avrebbe saputo dire da quanto tempo era lì. Probabilmente non avrebbe neppure saputo dire se era notte o giorno. 

Sapeva solo che era ancora viva, perché se fosse morta avrebbe rivisto il suo angelo.

Non si mosse, con lo sguardo febbrile posato su quella tomba. 

Dopo ore (o erano solo pochi minuti?) congiunse le mani e alzò lo sguardo al cielo. Era sicura che Helena fosse un dolce angelo caduto per errore dal Paradiso nel corpo della sua cameriera. Ricordava il primo giorno in cui era annegata nelle diamantine iridi del suo Amore…

Era un afoso giorno estivo. Il sole spiccava lucente nel cielo azzurro, così azzurro da sembrare finto. Vays odiava profondamente l’azzurro, in particolare la tonalità del cielo di quel giorno. In particolare quella dei suoi occhi. 

Stava attendendo, leggendo in camera sua, che la nuova cameriera arrivasse. Quella prima, Martha, era fuggita con il garzone del fornaio. Un timido bussare interruppe i sui pensieri. Entrò una ragazza abbastanza alta, con la pelle bianca e i capelli color dell’ebano. Teneva il capo chino, sia per riverenza che per timidezza. Le sue gote si tinsero del vivace colore del sole al tramonto

“Milady, sono Helena Lee, la nuova cameriera. Mi è stato detto di salire subito” Vays aveva sorriso dolcemente. Non sembrava una figlia di contadini, le sue movenze erano aggraziate come quelle delle ballerine che aveva visto una volta alla La Scala di Milano. E non aveva la pelle brucata dal sole, al contrario, era bianca come neve

“Io sono la signorina Rush, per te. Per favore, prendimi il vestito di mussola bianca coi ricami azzurri nell’armadio” Helena ubbidì istantaneamente, trovando subito il vestito “Ora aiutami a indossarlo” Helena alzò la testa, permettendole di vedere i suoli bellissimi occhi, in sospeso tra l’azzurro e il verde, simili a pozze di idilliaci stagni cristallini. Si sentì completa, fusa in quello sguardo come due metalli quando formano una lega: una cosa sola.

Ma ora il Fato le aveva sottratto per sempre la possibilità di rivedere quegli occhi meravigliosi. Cominciò a pregare, sapendo che se Helena era un angelo, e di questo era certa, allora esisteva qualcosa in cui pregare. Pregò per ore e ore, senza nemmeno sapere a chi si stesse rivolgendo solo sperando nel Destino. 

Stette in ginocchio così tanto tempo da non sentire più le gambe. Finché non senti li lieve tocco di una mano calda sulla sua spalla. Era l’aiutante giardiniere del cimitero, si chiamava Bill o qualcosa del genere. Era un ragazzo massiccio, dai capelli di uno strano biondo/rossiccio e con due occhi azzurri, placidi ma intelligenti, forse anche un po’ misteriosi, come se nascondesse qualcosa…

“Milady! Che ci fate qui? Vostro padre vi starà cercando e vostra madre sarà in pensiero” La ragazza sgranò gli occhi, stupita che esistesse qualcuno che pensasse a lei, quando il più puro dei fiori era stato reciso. L’uomo era preoccupato per l’espressione stravolta e confusa di lady Rush, cercò di aiutarla ad alzarsi ma era immobile come una lapide

“Lady, si alzi, la accompagno a casa” Anche se riluttante Vays si alzò. Aveva un’ idea: non poteva aspettare che Dio o chiunque altro le restituisse il suo Amore, doveva trovare un modo da se, anche a costo di patteggiare col Diavolo.

Tornò a casa presa dai suoi pensieri. Ad accoglierla fu la madre sconvolta e preoccupata

“Vays! Angelo mio! Dove sei stata?! Appena arrivata eri così tranquilla, poi sei andata da Janette  e sei tornata tutta agitata. Sei sparita per ore! Dio mio ero così preoccupata!” Disse queste parole in tutta fretta e poi la strinse in un abbraccio soffocante. 

Era una bella donna, Emily Rush, con dolcissimi occhi castani che avevano fatto girare la testa a chissà quanti giovanotti. I tratti delicati e cesellati, insieme alla massa capelli oro, erano le uniche caratteristiche che aveva passato a Vays. Di suo padre non aveva molto: era alto e magro, con il naso aquilino e affilato come il becco di un falco. Con due pozzi blu scuro, profondi più dello stesso oceano al posto degli occhi. Da lui aveva preso le labbra sottili e lo sguardo freddo, spesso e volentieri ostile. Ma gli occhi di quel verde chiaro e trasparente, che non sembrava neanche un colore tanto era annacquato, erano di suo nonno. Nel complesso dicevano tutti che era carina ma quando si guardava allo specchio riusciva a scoprire mille piccoli difetti. Come la lieve spruzzata di lentiggini sul naso. O i denti, non troppo bianchi, e leggermente storti. O ancora lo strato di grasso in eccesso sullo stomaco. Ma non era colpa sua se Margaret, la cuoca, faceva delle torte al coccolato così buone. 

Si sforzò di sorridere per rassicurare la madre

“Non preoccupatevi, madre. Janette mi aveva informato della morte di Helena e ne sono rimasta un po’ sconvolta. Ora sono andata al camposanto per pregare per la sua anima. Sembrava una così brava ragazza” La donna batté le ciglia confusa.

“Vays, tesoro, di che parli? Helena è morta? Come è successo?” Granò gli occhi sorpresa. Ringraziò il ragazzo e si sedettero sul divanetto di broccato rosso, coi ricami d’oro.

“Madre, oggi hanno condannato Helena al rogo. Dicono fosse una strega! Non è terribile?” Fu il turno di sua madre sgranare gli occhi. Toccò un campanello d’argento e chiamò la cameriera.

“Jane, portaci qualcosa di forte. Dio mio non ho più l’età per certi colpi” Da parte sua Vays sentiva le lacrime chiedere il permesso di uscire, non vedeva a l’ora di potersi ritirare nelle sue stanze e dar libero sfogo alla sua anima mutilata e sanguinante. 

Jane tornò con un vassoio e due bicchieri colmi di un liquido ambrato che risultò essere whiskey.

Vays sentì la porta aprirsi e subito comparve suo padre. Come al solito elegantissimo in una giacca a due falde, aperta dietro, blu come i suoi occhi, ricamata d’argento e coi bottoni lustri. I pantaloni candidi non esibivano nemmeno l’ombra di una spiegazzatura e le scarpe erano lucide come uno specchio. 

Corrugò le folte sopracciglia argentee, come i capelli, tenuti dietro e dominati da un nastro blu, alla vista di sua moglie e sua figlia sedute su divano a sorseggiare whiskey con aria sconvolta.

“Vays! Dove sei stata? La signorina Wood era seccata per la fretta con cui ti sei congedata”

La ragazza si alzò in piedi

“Padre, vedete, Janette m-mi aveva appena i-informato che H-Helena, la signorina Lee, e-era stata condannata” Balbettò la ragazza con occhi lucidi di tristezza 

“La tua cameriera? Cosa ha fatto per meritare la condanna?” La figlia abbasso lo sguardo e ricacciò le lacrime indietro

“I-il parroco James l’ha c-condannata per s-stregoneria” Disse con voce sempre più tremula. L’espressine di suo padre divenne di pietra: era un uomo estremamente religioso e si fidava ciecamente della Chiesa. 

“Ebbene? Perché ti sei congedata con tanta fretta?” Chiese con voce un po’ più fredda. 

“S-sono andata al c-camposanto per p-pregare per la sua a-anima, padre” L’espressione di suo padre diventò ancora più severa

“Non vedo perché questo dovrebbe giustificare una tale maleducazione verso una tua amica, trattandosi di un semplice cameriera. In più essendo essa una strega, una strega Vays! Lo sai cosa sono quelle immonde creature! Esse non hanno un anima per cui pregare, avendola venduta al Diavolo in cambio di poteri diabolici! Quindi ritengo il tuo gesto sconveniente e stupido, domani ti scuserai con la signorina Wood e dimenticherai quella strega” Il tono di suo padre era gelido e duro come il marmo. Vays non poteva più trattenersi, si congedò dai genitori e corse nelle sue stanze.

Chiuse la porta a chiave e sdraiò, completamente vestita, sul letto scoppiando in lacrime e bagnando il cuscino.

Pensava che dare sfogo al suo dolore avrebbe alleviato il peso insopportabile che sentiva nel petto ma si accorse che più piangeva più il dolore cresceva.

Si addormentò sperando di annegare nelle sue stesse lacrime.

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