City of Angels

di B_Alive
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Cap. 1



Ho sempre odiato volare. Fare quelle file interminabili all'aeroporto e salire su un aereo per andare lontano. Eppure lo stavo facendo, stavo scappando da un luogo che non sentivo più mio, da qualcuno che non sentivo più mio.

Baltimora era sempre stata la mia città, lì avevo la mia casa, i miei amici, il mio lavoro. La mia fidanzata. Già, avevo. Fino a poche ore prima di salire sul volo B215 per Los Angeles, dall'altro lato del continente, seduta di fianco ad un uomo sulla cinquantina abbastanza in carne e un po' imbranato. Almeno, però, mi trovavo dal lato del finestrino, così potevo godere del panorama.

Il volo fu tranquillo, dormii per circa tre ore e passai il tempo a scorrere tracce sul mio iPod poco aggiornato, in cerca di qualche canzone che rispecchiasse il mio umore.

Atterrai nell'aeroporto di Los Angeles alle 11.20 di una notte di luglio. Era la città degli angeli, la città in cui tutto è possibile e, chissà, magari sarebbe stato possibile per me dimenticare la persona che mi aveva spezzato il cuore.

La sera prima della partenza avevo prenotato una stanza in un hotel nel cuore di Santa Monica. L'ironia della sorte volle che l'hotel si trovasse proprio sulla “mia” strada, l'Arizona Avenue*.

Così, uscita dall'aeroporto, mi diressi verso la stazione dei taxi lì vicino. Impiegai poco meno di un'ora per arrivare all'hotel. Avevo con me solo una valigia e uno zaino. Non avevo avuto né tempo né voglia di raccogliere tutti i miei averi, perciò portai con me solo l'indispensabile.

Pagai il tassista molto cortese e mi avviai all'ingresso dell'hotel. Porsi i documenti alla receptionist, la quale, subito dopo, mi consegnò la chiave della mia camera. Era una doppia al quarto piano, una delle poche rimaste libere, con un letto matrimoniale collocato sulla destra, il bagno e un armadio sulla sinistra e una grande finestra di fronte che si affacciava sulla città.

Era una camera abbastanza spaziosa ed ero certa che sarebbe stata anche luminosa con la luce del giorno.

Pur essendo tardi, paradossalmente non ero per niente stanca nonostante il pessimo umore e il lungo viaggio, così sistemai la valigia e lo zaino ai piedi del letto e decisi di farmi una doccia veloce e un breve giro della zona in cui era collocato l'hotel.

L'edificio in cui alloggiavo era situato all'angolo con la 3rd Street Promenade**, un lungo e largo viale pedonale pieno di negozi, locali e di gente che passeggiava chiacchierando e divertendosi.

Cominciai a camminare chiedendomi se davvero fossi l'unica in giro da sola per le vie della città. Mi guardai attorno: c'erano molti alberi sui lati del viale e delle strane fontane a forma di animali diversi al centro di esso. Mi sentii improvvisamente malinconica, quale ero in realtà. Mi venne, quindi, un'improvvisa voglia di bere qualcosa perché, in quel momento, vedevo in un po' d'alcool il mio migliore compagno per la serata.

Entrai in un pub a caso a quattro isolati dall'hotel. Non era molto luminoso, le luci erano soffuse, ma non era di certo un locale elegante. C'era la musica alta che pompava nelle casse appese agli angoli del soffitto e molti giovani seduti ai tavolini sulla destra che si perdevano in risate tra un drink e l'altro. Al centro della sala erano appesi dei teleschermi che trasmettevano una partita dei Dodgers. Alla mia sinistra, invece, c'era il bancone, molto lungo, al quale ci si poteva appoggiare sedendosi sugli sgabelli lungo il lato. Notai molte bottiglie di alcolici poste su una mensola dietro al bancone. Erano disposte per colore e ciò provocava un effetto affascinante. Si passava dal giallo del Limoncello, al rosso del Campari, al blu intenso del Curaçao, fino al marrone scuro delle bottiglie di vari amari.

Mi feci avanti e andai a sedermi su uno sgabello stranamente libero; il locale era molto affollato. Un giovane ragazzo dietro al bancone si avvicinò. Oltre alla musica assordante, c'era molto chiasso in quel momento perché un giocatore dei Dodgers stava velocemente avanzando sulle quattro basi del diamante in cerca di un ulteriore punto per la sua squadra.

Ciao, ti porto qualcosa?” urlò chinandosi verso di me.

Vorrei un Martini con la vodka, per favore!” con lo stesso tono.

Lui non fece in tempo a girarsi per prepararmi quello che avevo ordinato, che subito fu chiamato da un responsabile per andare nel magazzino a prendere un altro barile di birra, quasi esaurita.

Mi guardò dispiaciuto, “Scusami, ti faccio servire da lei!”, disse due parole ad una collega e corse via.

Lei si mise di fronte a me asciugando un bicchiere.

Ciao, hai ordinato un Martini?”

Con la vodka per favore” annuii.

Vodka eh? Ci andiamo giù pesante stasera” mi sorrise.

Ricambiai il sorriso, ma un po' forzatamente. Mi versò ciò che avevo richiesto, ma quei minuti sembrarono interminabili. In quegli attimi quasi infiniti mi soffermai a guardarla.

Aveva lunghi capelli neri, scuri, avvolti in una coda alta con due piccole ciocche fuori posto. Portava degli orecchini dorati a forma di cerchio e indossava una camicetta bianca a maniche corte, dietro ad un grembiule bordeaux che faceva intravedere l’importante scollatura.

“Ecco a te!” sollevò lo sguardo e mi sorrise.

I suoi occhi erano scuri, profondi, come non ne avevo mai visti prima. E aveva delle labbra carnose, e un sorriso splendido.

Afferrai il bicchiere e bevvi tutto d’un sorso. D’un tratto sussultai a causa delle esultanze degli altri clienti dovute alla vittoria del match da parte della squadra di casa.

“C’è sempre così tanta confusione qui?”

“Sempre. Ma quando c’è una partita ancora di più.”

Capii, quindi, che doveva essere un locale molto alla buona, uno in cui si andava per bere e divertirsi con gli amici per passare una piacevole serata in compagnia.

“Scusami ti devo lasciare, ci vediamo eh!” e si allontanò andando a servire una coppia di amici.

Le feci cenno di saluto con una mano, finii il mio drink, ma rimasi ugualmente seduta a guardarmi intorno.

Mi erano rimasti impressi i suoi occhi, il suo sguardo. E doveva essere di certo latina perché la sua carnagione era leggermente più scura della mia.

Dopo qualche minuto afferrai la borsa, pagai il conto, mi alzai e mi avviai verso l’uscita del locale. Feci pochi metri rendendomi conto solo dopo di non aver letto nemmeno il nome del bar in cui ero appena stata. Così tornai indietro, più che altro per curiosità. Sollevai la testa verso l’insegna e lessi “The Dark Brown Bar”***.

Come il colore dei suoi occhi. Rimasi un po’ spiazzata, ma feci un sorriso spontaneo, e lentamente mi incamminai facendo ritorno verso l’hotel.



to be continued…



*Arizona Avenue: per chi non lo sapesse esiste davvero a Santa Monica e l’ho scoperto per caso! Così l’ho fatta diventare pura coincidenza.

**3rd Street Promenade: anche questa esiste davvero ed è un viale perpendicolare all’Arizona Avenue. È esattamente come l’ho descritto. Se volete farvi un’idea dell’ambientazione della storia cercate queste due vie su Internet u.u

***“The Dark Brown Bar”: questo non esiste, me lo sono inventato u.u




Note dell’autrice:

Dunque, dunque, dunque.

È un po’ di giorni che mi frulla in testa questa idea, perciò ho deciso di farci una fanfiction :3

È la prima che scrivo e non so ancora bene come si concluderà, quanti capitoli saranno ecc.

Fino ad un certo punto della storia ho le idee chiare, poi…il vuoto! Non so ancora quando aggiornerò, ma avendo già idee per i prossimi, magari si scrivono in fretta e magari una volta alla settimana potrei essere con voi. Forse anche prima!

Ditemi se vi piace, se siete curiosi, se volete che continui, se vi fa schifo...magari tramite una recensione, insomma u.u

Detto ciò vi lascio e corro a scrivere il secondo *_* Alla prossima!



#acca#

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Cap. 2



Non avevo nessuna intenzione di andarmene da lì e tornare a casa.

Passeggiavo sulla spiaggia e pensavo ai recenti avvenimenti nella mia vita. Pensavo a Jenny, alla sua decisione di lasciarmi dopo tre anni di relazione. Pensavo alle nostre frequenti litigate in salotto e al lavoro, ai colleghi che si sentivano in obbligo di prendere le difese di una o dell’altra. Dovevano decidere da che parte stare e raramente io avevo la meglio perché, diciamolo, lei era un nostro superiore. Provate a mettervi contro un superiore.

Mi ricordo che quel mercoledì Jenny tornò a casa leggermente più tardi del solito. Mi disse che doveva parlarmi e ci sedemmo sul letto della nostra camera. Aveva deciso di rompere con me perché si erano venute a creare troppe situazioni scomode al lavoro e non le sembrava più il caso di fare brutte figure con gli altri. Ci teneva alla carriera e alla reputazione e lo sapevo. Il problema sorgeva quando metteva sempre il lavoro prima di me. Ero io il suo ostacolo, non le permettevo di realizzarsi come avrebbe voluto.

Ma ormai l’avevo capito. Non mi amava più come un tempo, come le prime volte che si sta insieme e si vede tutto rose e fiori. Non c’era più quella complicità che ci caratterizzava all’inizio e che ci aveva fatte cadere l’una nelle braccia dell’altra. Non ci guardavamo più come una volta da tanto tempo. Quando capitava, accadeva così, all’improvviso, che facevamo sesso per ore e io non sentivo assolutamente nulla, emotivamente parlando. Non c’era più sentimento né nel suo cuore né nel mio. Io, però, ci stavo male. Quando se ne andò, quella sera, mi resi improvvisamente conto di averlo sempre saputo, di essere stata insieme a lei perché era giusto, per abitudine, perché non volevo ferirla. A me andava bene così, o almeno credevo. Ma lei aveva ferito me, anche se non provavo più le stesse cose di tre anni prima.

Il mattino dopo non andai in ufficio. Chiamai Teddy in segreteria e la avvertii che non avrei più fatto ritorno. Quella sera prenotai un biglietto aereo di sola andata.

Ero ormai giunta sul molo. Il sole stava sorgendo e c’era ancora poca gente in giro. Mi appoggiai alla ringhiera sulla mia destra e guardai il mare all’orizzonte. Com’era bella l’alba lì: le prime ore del giorno, le prime luci del mattino, il blu del cielo che fa spazio alle sfumature arancione del sole.

Non avevo nessuna intenzione di andarmene da lì e tornare a casa.

Fissando un gabbiano in volo, arrivai, così, ad una semplice conclusione. Dovevo affittare un appartamento.

Erano solo le 7 del mattino, però. Avevo un leggero mal di testa, ma soprattutto avevo grande necessità di mettere qualcosa nello stomaco. Mi incamminai verso la spiaggia e mi diressi verso il locale che mi aveva accolta la sera prima.

Aprii la porta e notai subito, con grande sollievo per la mia testa, il suono di una musica leggera, a volume basso, molto diversa da quella mettevano la sera. Andai a sedermi ad un tavolino vicino alla vetrata che mi permetteva, così, di contemplare i passanti diretti al lavoro o alla spiaggia. Ero assorta nei miei pensieri, quando improvvisamente trasalii nell’udire una voce.

Buongiorno! Cosa ti porto?”

Mi voltai di scatto e non ci potevo credere. Era lei, la donna della sera prima, la stessa che mi aveva servito, la stessa che avevo scrutato dalla testa a…beh, alla pancia, essendo lei dietro al bancone. Ma adesso era lì di fronte a me, con un’espressione in volto alquanto accigliata, che aspettava una risposta alla sua domanda posta col sorriso sulle sue labbra carnose. E io le stavo fissando la scollatura.

Ehm…ciao! Si, dunque…oddio, non ho neanche guardato il menu della colazione” lo afferrai velocemente, imbarazzata.

Vuoi che ti lasci un minuto?” disse ridendo.

“No no. Ecco, vorrei un caffè doppio con panna e dei pancakes con i frutti di bosco.”

Prese nota sul suo blocchetto e si chinò verso di me.

“Ottima scelta, sono favolosi” sussurrò e se ne andò.

Potevo vederle. Anche sotto quei pantaloni scuri io potevo vederle, potevo immaginarle le sue gambe, lunghe, sexy .

Passarono pochi minuti e fece ritorno con ciò che avevo ordinato.

“Ecco a te, caffè doppio con panna e pancakes con frutti di bosco.”

Appoggiò il tutto sul tavolino, ma rimase lì a fissarmi in attesa di qualcosa.

“Oh, ti…ti devo pagare adesso? Pensavo che…”

“No no, paghi dopo alla cassa. Sto solo aspettando di vedere la tua faccia dopo aver assaggiato i pancakes più buoni di Santa Monica.”

"Ah." Un po’ perplessa dalla sua risposta, presi in mano le posate e ne assaggiai un pezzo.

“Cavolo, sono buonissimi! Devo venire più spesso a fare colazione qui allora.”

“Oh beh, mi farebbe piacere.”

Rimase lì a parlare con me perché era ancora presto e i clienti erano ancora pochi.

“Sei nuova della zona, vero? Non ti ho mai vista da queste parti.”

“Sì, in effetti sono arrivata proprio ieri sera da Baltimora. È la prima volta che vengo ad ovest.”

“E come ti sembra per ora?”

“Beh, finora ho visto l’aeroporto, una stanza d’hotel, il molo e questo bar. Direi che sono a buon punto” scherzai.

“Sai, quando sei in vacanza devi cercare di goderti tutto al meglio e visitare i luoghi migliori della zona.”

“Oh no, non è una vacanza. Era partita come tale, ma ho deciso di trasferirmi qui esattamente…quarantacinque minuti fa.”

“Fai bene. È un posto fantastico. Me ne sono innamorata subito quando mi sono trasferita qui.”

La guardai.

“Già, è bellissimo…”

Crollò un imbarazzante silenzio che lei si preoccupò di rompere pochi attimi dopo.

“Mi dispiace interrompere la chiacchierata, ma comincia ad arrivare gente…”

“Non ti preoccupare, anzi, scusami se ti ho trattenuta. Ci saranno sicuramente altre occasioni. Comunque mi chiamo Arizona, piacere.”

Allungò la sua mano per stringere la mia.

“Piacere Arizona, io sono Callie. E se ti servisse qualcosa, sai, tipo un consiglio su cosa visitare o dove andare, puoi sempre chiedermi.” mi avvertì.

“Ti ringrazio, sei la prima persona con cui ho instaurato una vera conversazione e a cui ho rivolto la parola da quando sono qui, se non contiamo il tassista, la signorina della reception e il tuo collega!” scherzai.

“Mi ha fatto piacere. Ai prossimi pancakes, Arizona” mi sorrise e si allontanò verso un altro tavolino.

Finii ciò che avevo nel piatto e andai a pagare il conto.

Uscii dal bar e tirai un respiro profondo. Mi incamminai lungo il viale e mi venne in mente che il mio cellulare era ancora spento dal giorno prima. Dovevo assolutamente fare sapere alla mia migliore amica dove fossi. Tornai, quindi, nella mia stanza d’hotel, mi sdraiai su quel letto davvero morbido e immediatamente composi un numero che conoscevo ormai a memoria.

“Che cavolo di fine hai fatto?!”

“Ciao anche a te, Teddy.”

“Al lavoro tutti chiedono di te, non si sparisce così! E non rispondevi neanche a quel cavolo di cellulare! Mi sono preoccupata da morire! Non farlo mai più!”

“L’ho tenuto spento perché non avevo voglia di sentire nessuno…”

“Non lo metto in dubbio, ma almeno un messaggio alla tua migliore amica potevi mandarlo! Stavo pure per chiamare tua madre!”

“No, per carità! Mia madre no! Se sa che ho lasciato il lavoro mi uccide! Comunque scusami dai, perdonami…”

“Si si…come stai? Ma soprattutto, dove sei?”

“Sono atterrata ieri sera a Los Angeles, ma ho una stanza in hotel a Santa Monica. E sto bene, non preoccuparti!”

“Los Angeles?! Ma è dall’altra parte del Paese!”

“Oh, lo so. Era proprio il mio scopo.”

“E conoscendoti, non hai molta intenzione di tornare indietro, vero?”

“Teddy, lo sai che non posso. Avevo davvero bisogno di staccare e di cambiare e qui mi sembra fantastico. C’è il mare, fa caldo, ci sono tante belle persone…”

“Oddio, chi è la poveretta che ti sei già portata a letto?”

“Non mi sono portata a letto nessuno, Teddy. Non ancora, per lo meno...”scherzai.

“Non cambi mai, eh?”

“Ehi, non ho più vent’anni e non ho più intenzione di andare a letto con la prima che passa. Non sono più come una volta, adesso che so cosa significa esseri lasciati…”

“Lo so, ti chiedo scusa. Comunque, senti, Jenny ha chiesto di te. È preoccupata anche lei…”

“Avrebbe dovuto preoccuparsi prima…”

“Le posso dire che stai bene, che non ti sei uccisa o che non sei saltata giù da un palazzo?”

“Forse dovresti invece, così almeno si sentirebbe un po’ in colpa…”

“Arizona…”

“Ok, va bene…”

“Ehi, ti lascio che se passa Jenny e capisce che sei tu magari ti vuole parlare e, visto che ti voglio bene, non lascerò che questo accada perché so che non lo vorresti.”

“Ti voglio bene anch’io, Teddy.”

“Fatti sentire!”

“Lo farò, promesso” e riagganciai.

Erano quasi le 9 del mattino e quel letto era talmente comodo che conciliava incredibilmente il sonno. Chiusi gli occhi con la speranza di trovare in fretta un’abitazione, dovuta ad un’assidua e accurata ricerca che sarebbe cominciata non appena mi fossi svegliata poche ore più tardi.



to be continued…



Note dell’autrice:

Eccomi tornata! Un giorno prima del previsto per la gioia (?) di chi segue e apprezza questa mia fanfiction.

Ed ecco un primo dialogo tra Arizona e Callie. Chissà se si conosceranno meglio…

Abbiamo conosciuto anche Teddy, immancabile sostegno per la sua migliore amica. Ci saranno altre telefonate interessanti?

E niente, come al solito, se volete chiedermi curiosità o darmi consigli o quello che vi pare, fatemelo sapere e io vi risponderò appena possibile.

Spero che questo secondo capitolo vi piaccia e che continuerete a seguirmi in attesa dei prossimi.

Ah, e se volete, vi lascio QUI il mio profilo Facebook (che trovate anche sul mio account qui su EFP), così possiamo romperci le scatole a vicenda :D

Vado a cominciare il terzo! Alla prossima!



#acca#

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Cap. 3


...e questa è la cucina, non molto grande, ma con tutti i comfort. Gli elettrodomestici sono in ottimo stato, perché, come le ho già detto, è un appartamento che possiede un arredo molto recente, dato che è stato restaurato da poco.”

Dopo cinque giorni di ricerca in cui non avevo trovato ciò che faceva al caso mio, mi accorsi di un annuncio sul giornale e decisi di fare una telefonata per ottenere un appuntamento.

Mi piaceva davvero tanto quell'appartamento al quinto piano. Aveva un salotto molto accogliente con una grande finestra da cui si intravedeva il mare. La camera da letto era spaziosa ed era comunicante col bagno. L’abitazione era molto luminosa e di giusta grandezza per una persona sola. Anche il prezzo era ragionevole, ma onestamente il denaro era l’ultimo dei miei problemi. Non ne andavo molto fiera, non volevo ostentarlo, ma non mi potevo certo lamentare della mia situazione economica, avendo lavorato in una delle più importanti e prestigiose banche del Paese. Preferivo, perciò, risparmiare per cose più importanti come viaggiare, visitare posti nuovi e investire per il mio futuro, piuttosto che acquistare una mega villa a Bel Air solo per me. Anche se, devo ammetterlo, avevo una gran voglia di togliermi un simpatico sfizio, una volta comprato l’appartamento.

Il proprietario era un tipo timido, oggettivamente un bell'uomo per la verità, ma impacciato e goffo. Possedeva tre appartamenti in quell'edificio sulla Seconda Strada. Se ne stava lì in piedi con la sua cartellina verde in mano contenente i documenti riguardanti l’appartamento in questione.

È molto carina, Sig. Shepherd. Sono molto interessata all'acquisto.”

“All'acquisto? Non…non voleva semplicemente affittarlo?”

“Oh si, all'inizio. Ma ora che ci penso, credo sia meglio avere un posto tutto mio, senza dover dipendere da nessuno, insomma. Le darò il 15 per cento in più del suo valore, se necessario.

“Il 15…il 15 per cento in più, ha detto?” Era sbalordito, non si aspettava una simile offerta da parte mia.

“Affare fatto, dunque?”

“Beh, benvenuta nella sua nuova casa, Signorina Robbins.”

Mi afferrò la mano e la strinse ripetutamente in maniera agitata.

“Ecco le chiavi dell’appartamento signorina. Sarà disponibile già da domani.”

Discutemmo gli ultimi dettagli dell’affare appena concluso e, mentre il Sig. Shepherd compilava alcune carte, mi soffermai a guardare la sala. Già me lo immaginavo lì, al centro: grande, imponente, meta di pomeriggi noiosi e piovosi. Sorrisi pensando da quanto tempo ne desiderassi uno.

Ci congedammo pochi minuti dopo con un’ulteriore stretta di mano.

Con impazienza, uscii dall'edificio in cerca di un negozio che fosse fornito di ciò di cui avevo bisogno.

Dopo circa un quarto d’ora di cammino e qualche richiesta di indicazioni, vidi un’insegna a pochi metri da me. Mi diressi verso il negozio interessato e parlai subito con un commesso, il quale si preoccupò di procurarmi uno degli articoli più belli in commercio. Ne ordinai uno, con la promessa di riceverlo direttamente a casa il pomeriggio seguente.

Uscii dal negozio felice ed euforica come una bambina di cinque anni che gusta un lecca-lecca.

Immediatamente realizzai, però, che non avevo con me nulla di mio, a parte qualche indumento. Avevo lasciato tutto nella casa di Jenny prima di partire.

“Ma guarda chi si risente!”

“Ciao, Teddy. Ti disturbo?”

“No, tranquilla. Sto per finire il turno. Come stai?”

“Alla grande! Ho appena comprato casa.”

“Hai appena comprato cosa?!”

“È un appartamentino vicino al mare, avevo bisogno di un luogo stabile. Non posso mica piantare le radici in quell'albergo!”

“Giusto anche questo. Avevi bisogno?”

“In effetti sì. Senti, ti va di fare un viaggio?”

“Vuoi che venga lì? Io devo lavorare, Arizona!”

“Il fine settimana no, però. Ti prego, ho bisogno di tutta la mia roba! ”

“E mi sfrutti così? Ma complimenti!”

“Dai, così cogli l’occasione per venirmi a trovare e vedere il mio nuovo appartamento!”

“E quando dovrei partire, vostra maestà?”

“Domani o sabato! E non prendermi in giro, non te lo chiederei se non fosse necessario.”

“E va bene! Cerco subito un volo disponibile. Ma sentiamo, come pensi di venire a prendermi in aeroporto?”

“Oh beh…potrei chiedere a Callie di accompagnarmi…”

“E chi sarebbe questa Callie?”

“Lavora in un bar del centro. È molto gentile e disponibile nel caso io avessi bisogno di qualcosa, visto che sono nuova del posto. Parole sue, lo giuro.”

“Già…e magari è anche bella, affascinante e tanto tanto lesbica come piace a te?”

“Non so se giochi nella mia squadra, ma su “bella e affascinante” non ci sono dubbi! Dovresti vederla, Teddy. Ha due occhi meravigliosi e quei capelli che-”

“Ho capito, ho capito. Sei cotta.”

“Ehi! Per quanto ne so potrebbe essere anche fidanzata! Ci ho parlato solo qualche volta questa settimana.”

“Cerca di scoprirlo, no? Fatti avanti!”

“Ci proverò. Fammi sapere per il volo, d’accordo?”

“Certo! A domani.”

“A domani, Teddy. E grazie” e riagganciai.

Era quasi ora di cena e decisi di andare al supermercato per cercare qualcosa di pronto da mangiare.

Presi un cestino e cominciai a guardarmi intorno in cerca di qualcosa che mi ispirasse. Arrivai nel reparto dei surgelati e mi venne una gran voglia di gelato. Certo, però, non potevo mangiare solo quello per cena. Presi una piccola vaschetta del mio gusto preferito e proseguii il giro. Ovviamente, non conoscendo per nulla quel posto, mi ritrovai all'improvviso sulla corsia degli alcolici. Non mi serviva nulla di quel reparto così mi girai per andarmene, ma sentii un tonfo proprio dietro di me e mi voltai. Vidi un pacco di biscotti a terra, mi chinai per raccoglierlo e porgerlo a chi l’aveva fatto cadere.

“Credo che questo sia…” sollevai lo sguardo e rimasi pietrificata quando, di fronte a me, trovai gli occhi più belli che avessi mai visto.

“Ciao Arizona! Grazie per i biscotti, mi sono scivolati dalle mani. Come stai? È un paio di giorni che non passi al bar.”

Lei era lì di fronte a me, che mi parlava disinvolta come se fossi una sua conoscente da tempo, un’amica come le altre, come se non avessi tanta importanza. E in fondo perché dovevo averne, non mi conosceva nemmeno. E neanch'io la conoscevo in fondo. Ma lei era già importante per me.

“Callie! Non ti avevo proprio vista. Comunque sto bene, sono stata impegnata con la ricerca della casa che ho finalmente trovato oggi pomeriggio.”

“Sono contenta che l’abbia trovata! Non è facile riuscire a trovare qualcosa in questa zona. Come mai in questa corsia? Vuoi darti all'alcool?” scherzò.

“Oddio no! In effetti giro a vuoto. Sto cercando qualcosa di pronto da mangiare. Tu non lavori stasera?”

“No, ho cambiato il turno. Oggi è il compleanno di un mio amico e questa sera dà una festa in piscina a casa sua. Perciò ero qui per prendere qualcosa da bere.”

“E porti anche i biscotti alla festa?” scherzai.

“Oh, assolutamente no. I biscotti sono per me, solo per me. Sai, ho questa strana mania per i biscotti, potrei mangiarne a quintali!” mi rispose, quasi sottovoce, sorridendo.

Poi proseguì.

“Senti, ti va di venire? Così non devi perdere tempo a cercare qualcosa da mangiare che poi quasi sicuramente non ti piacerà.”

Me lo stava chiedendo sul serio? Con quel sorriso. Come potevo dire di no a quel sorriso? Io e lei ad una festa in piscina? Nella mia testa era un appuntamento coi fiocchi, non poteva essere altrimenti. Rimasi calma e decisi, allora di buttarmi e “farmi avanti” come Teddy mi aveva consigliato.

“Oh, non…non ci vai con nessuno? Insomma, non hai nessun accompagnatore?”

“Momentaneamente no… Allora, che ne dici? Dai, ci divertiremo! Così conosci un po’ di gente e ti fai dei nuovi amici.”

Non aveva nessuno con cui andare e lo stava chiedendo a me. Tra quanto mi avrebbe chiesto di sposarla?

“Ma si, dai. Ci sto! Sarà divertente. Devo portare qualcosa?”

“Beh si. Il costume da bagno!” mi rispose, come se fosse ovvio.

Sgranai gli occhi, non mi aspettavo di sicuro una risposta del genere.

“Oh…ma…ma certo…il costume!” balbettai.

“Ok, allora facciamo all'incrocio della Terza per le 8?”

“Perfetto! Ti aspetto allora.”

“Bene, corro a prepararmi. A più tardi, Arizona” e corse via col carrello pieno di liquori e biscotti.

“A più tardi…” sussurrai.

Realizzai all'improvviso che erano passati anni dall’ultima volta che presenziai ad una festa in piscina. Avevo circa vent'anni e non ero abituata a stare insieme agli altri e a parlare con la gente. Diciamo che mi tenevo occupata a fare ben altro nelle stanze dei padroni di casa.

Corsi, quindi, a posare il gelato che, a quanto pare, quella sera non mi sarei gustata e filai dritta in albergo per darmi una sistemata veloce. Feci una doccia, la ceretta ovunque fosse possibile e cercai un vestitino leggero da mettermi sopra il costume verde acqua, il mio preferito. Infilai dentro una borsa un eventuale cambio, un asciugamano e un giacchetto, in caso si fosse alzata un po’ l’aria.

Scesi nella hall e la aspettai davanti alla porta d’ingresso. Passarono circa cinque minuti e vidi fermarsi davanti a me una Thunderbird coupè azzurra. Non scese dalla macchina, ma si allungò per aprirmi la portiera.

“Ciao! Sali.”

La salutai anch'io e mi sedetti al mio posto, appoggiando la borsa davanti ai miei piedi.

Cominciò a guidare e io inevitabilmente iniziai a studiarla dalla testa ai piedi. Aveva i capelli sciolti, mossi, che a causa del vento le svolazzavano quasi davanti agli occhi. Era poco truccata, ma il suo sorriso bastava per renderla ancora più bella. Indossava una camicia larga, con le maniche anch'esse larghe che le arrivavano fino ai gomiti. Era di un color beige, ma ravvivata da una fantasia a fiori. E ancora una volta potevo vederle le gambe. Erano proprio il mio punto debole. Mi sentii mancar l’aria pensando che da lì a poco l’avrei vista addirittura in costume da bagno.

Mi resi conto che stava battendo le mani sul volante a ritmo di musica e muoveva le labbra seguendo le parole della canzone. Sorrisi. Lei, però, se ne accorse.

“Non ti piace?”

“Che?!”

“Dico, la canzone. Se non ti piace cambio.”

“No, no, va benissimo” risposi un po’ imbarazzata.

Cercai immediatamente di cambiare discorso.

“Allora…fate spesso queste feste in piscina o solamente in occasioni speciali tipo il compleanno di qualcuno?”

“Beh, qui si vive di feste in piscina. Che sia la tua, dei tuoi amici o di perfetti sconosciuti.”

“Oh, quindi anche qui si usa imbucarsi alle feste?”

“È di rito! Almeno una volta nella vita bisogna farlo” scherzò.

“Però mi sento a disagio, non sto portando nulla per il tuo amico e non mi va di presentarmi a mani vuote.”

Parcheggiò la macchina sotto ad un portico enorme. La vidi sorridere per la frase che avevo appena pronunciato, ma non ne capii il motivo.

“Tranquilla. Non se ne accorgerà neanche.” sorrise maliziosamente senza capire cosa volesse dire e si avviò verso l’ingresso, salutando un certo Thomas che passava di lì, ovviamente a torso nudo.

Feci per seguirla, ma rimasi sbalordita dalla maestosità di quell'abitazione. Lungo una rampa di scale laterale, sulla destra, potevo già scrutare la zona in cui la festa si stava svolgendo. Una piscina enorme, grande quanto il mio nuovo appartamento. La musica era molto alta, ragazzi e ragazze che ballavano in costume in tutto il giardino, bevendo qualcosa da quei bicchieri di carta rossi che fanno vedere anche nei film. Mi resi conto solo in quel momento che non mi ero sbagliata quando poco prima, in macchina, intravidi il cartello con l’insegna “Beverly Hills”.

La sua voce mi riportò per un attimo alla realtà.

“Che fai? Vieni o resti lì impalata fino a domani mattina?” mi urlò.

La seguii un po’ titubante. Sarebbe stata una serata molto…interessante.



to be continued…





Note dell’autrice:

Ok ok, scusate il ritardo, ma ho avuto qualche impegno e non sono riuscita ad aggiornare prima.

Chissà cosa succederà a questa festa…

Se avete curiosità, consigli o anche brutte parole recensite e vi risponderò appena possibile, come sempre :3

Fatemi sapere se vi piace e cosa ne pensate, o cosa vi aspettate dai prossimi capitoli.

QUI trovate sempre il mio profilo Facebook in caso vi faccia piacere farci una chiacchierata :)

Vi lascio e corro a scrivere il prossimo!



#acca#

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Cap. 4


C’era davvero tanta confusione a quella festa. Ragazzi già ubriachi che barcollavano tra una persona e l’altra, sorretti dai loro amici, canzoni orribili a volume spropositato e ragazze in bikini che probabilmente non raggiungevano la maggiore età. Guardai Callie con un’aria un po’ preoccupata.

"Che c’è?! Pensavi forse che ti avrei portata ad una serata di gala? Andiamo, ti presento qualcuno.”

Proseguì davanti a me con passo deciso in direzione di una donna dai capelli rossi.

“Ehi Addie!”

“Oh bene, eccoti qui! Dov’eri finita? Ti stavo aspettando.”

“Perché, sono in ritardo?”

“Oh no, solo che non vedevo l’ora di bere qualcosa con la mia migliore amica! Allora, andiamo?”

“Scusami, è che sono passata a prendere lei” mi indicò.

“Sono Arizona, piacere” mi presentai porgendole la mano.

“Addison, piacere.”

“Arizona è nuova da queste parti. Si è trasferita da poco a Santa Monica.”

“Si, sono andata nel suo bar quando sono arrivata e ci siamo conosciute lì.”

“Beh, benvenuta a Los Angeles allora! Festeggiamo con un drink?”

“Certo, andiamo!”

Ci avvicinammo ad un lungo tavolo pieno di recipienti contenenti patatine di vari tipi e pop corn. Ovviamente non potevano mancare le bevande. Versai nel mio bicchiere qualcosa che riconobbi come alcolico, ma non meglio identificato. Sapevo solo che aveva un colore arancione ed era buono.

“Ehi, a chi va di fare un bagno?” esclamò Addison all’improvviso.

“Ci sto! Arizona?”

“No, beh…finisco il mio drink con calma, in caso vi raggiungo tra poco.”

“Sicura? Perché se vuoi, se ti senti a disagio possiamo-”

“Tranquilla Callie, sto seduta qui sul bordo…”

“Ok…allora, possiamo lasciarti i vestiti qui?”

“Certo, nessun problema.”

Improvvisamente credetti di essere in un film, uno di quelli con le scene a rallentatore che durano una vita. Lentamente, come se non avesse altro da fare per il resto dei suoi giorni, si sfilò la maglia da sopra la testa. Scoprì, così, quel corpo che mi fece rimanere a contemplarla a bocca aperta per svariati secondi. Indossava un costume rosso che, col colore della sua carnagione, si intonava perfettamente. Inoltre, aveva delle curve mozzafiato, fattore da non trascurare assolutamente. Mi ricordai di avere ancora il mio drink in mano e cominciai a bere nervosamente, tutto d’un fiato.

“Tienila d’occhio, ok?”

“Che?!”

“La nostra roba!”

“Oh, certo! Sono proprio qui.”

Ancora un po’ scossa dalla visione di poco prima, mi levai le scarpe e mi sedetti, quindi, lungo il bordo piscina, con le gambe penzoloni nell’acqua.

La guardavo e mi veniva da sorridere. Era così bella. Ballava e si divertiva dentro la piscina con Addison ed altri suoi amici, mentre sorseggiava ciò che aveva nel bicchiere.

“Tu non entri?”

“Come?”

Mi voltai all’improvviso. Un tipo a torso nudo mi si sedette accanto, alla mia destra.

“Non lo fai il bagno, tu?”

“Ehm, per ora no, magari più tardi.”

“Sei un’imbucata anche tu e ti ho appena beccata?” scherzò.

“Oh, no no! Sono qui con la mia amica Callie.”

“Ah, sei amica di Callie! Di solito le amiche di Callie si divertono tutte…Tu invece? Ti stai divertendo? Ti piace?”

“Beh, non è così male, in realtà.”

“Oh, grazie. Mi fa piacere.”

“Ti fa pia- Oddio, sei tu il festeggiato? È casa tua?” mi pietrificai.

“Eh già. Sono Alex, piacere.”

“Oddio, scusami, non avevo idea che fossi tu. Io sono Arizona. Sono nuova e Callie mi ha trascinata qui, ma non conosco nessuno. Beh, tanti auguri per il compleanno allora.”

Tutt’a un tratto, delle voci cominciarono a sollevarsi dall’altro lato della piscina, sull’altro bordo, esattamente di fronte a me. Sentii una strana conversazione.

“Dai, ci divertiamo un po’ come ai vecchi tempi, ti ricordi?”

“Steven, ti ho detto di allontanarti. Lo sai che non posso.”

“Non mi vuoi? Eh? Non ti piaccio più? Non ti dava così fastidio una volta…”

“Sei ubriaco e non provare a toccarmi.”

“Andiamo, non fare la difficile. Sappiamo tutti, qui, che è un termine che non ti si addice affatto.”

“Ti ho detto di non toccarmi, stronzo!” e lo schiaffeggiò.

La musica si spense improvvisamente. Afferrai immediatamente le nostre cose e le corsi incontro, mentre Addison si preoccupava di spingere il tizio in acqua. Alex mi seguì. Callie mi tolse dalle mani la sua maglia e si rivestì in fretta.

“Callie, tutto ok?!”

“Andiamo via, Arizona.”

“Che intendeva dire con-”

“Ho detto, andiamo via!”

Potevo vedere delle lacrime che scendevano piano sulle sue guance. Lei, però, si preoccupò di asciugarle velocemente col dorso della mano.

Alex le si avvicinò.

“Callie, mi dispiace tanto. Non sarebbe dovuta finire così.” le accarezzò un bracciò.

Lei si scostò di colpo.

“No! Tu e i tuoi amici pervertiti potete anche andare a farvi fottere. Sono stanca, Alex! Sono venuta stasera perché ci tenevo, anche se avevo paura che una cosa del genere potesse succedere! E indovina un po’? Io ho dimenticato, ma a quanto pare qualcun altro no. Ho chiuso. Con tutto questo," agitò le mani indicando il luogo in cui eravamo "ho chiuso. Buon compleanno.”

Salutò Addison con la promessa di chiamarla più tardi. Mi afferrò un braccio e mi trascinò alla macchina. Io non avevo idea di cosa stesse succedendo, ma mi faceva male vederla soffrire. Avrei voluto chiederle, parlarle, ma ritenni che non fosse il momento più adatto per tutto ciò.

Salimmo in macchina, mise in moto e ci dirigemmo verso l’hotel, dove avrei passato la mia ultima notte. Lungo tutto il tragitto nessuna delle due parlò, la radio rimase spenta e i sorrisi che erano presenti sul suo volto poche ore prima erano spariti.

La guardai di sottecchi per non sembrare invadente. Era triste. Avrei voluto abbracciarla forte, ma rimasi al mio posto.

Ci fermammo all’ingresso dell’hotel pochi minuti dopo.

“Mi dispiace…ti giuro che non sono sempre così le feste.”

“Ehi, non…non fa niente. È stato carino che tu abbia deciso di portarmi.”

“Non mi andava di lasciarti a casa da sola a strafogarti di gelato!” mi prese in giro.

“Già, probabilmente sarebbe finita così.”

Sorrise ed io feci lo stesso. Ci fu un breve momento di silenzio, poi proseguii.

“Ehi, senti…se ti serve qualcosa…lo so che hai Addison e non voglio sembrare invadente, ma…se ti va di fare due chiacchiere con qualcun altro…beh, io sono disponibile.”

“Grazie, lo apprezzo tanto.” si voltò verso di me e mi guardò.

“Ok, allora…scrivimi o chiamami se ti va. D’accordo?”

“Lo farei se sapessi il tuo numero…”

Un po’ imbarazzata da quella risposta, tirai fuori dalla borsa il mio portafoglio e le porsi un mio biglietto da visita con scritto il mio numero di cellulare.

“Ecco. Beh, non guardare il resto, considera solo l’ultimo numero.”

“Lavori in banca eh? Complimenti!” scherzò.

“Lavoravo. Mi sono licenziata prima di partire per Los Angeles. Ora vorrei fare un colloquio per la filiale della stessa banca che c’è qui in città.”

“Buona fortuna, allora.”

“Grazie. Ora è meglio che vada, da domani si comincia una nuova vita. Vai a riposare, mi raccomando.”

“Buonanotte Arizona.”

“Buonanotte anche a te.”

La vidi allontanarsi, diretta sulla strada che costeggiava il mare. Salìì in camera e mi infilai subito a letto dopo essermi fatta una doccia veloce, tralasciando i capelli. Ero tanto emozionata all’idea che avrebbe potuto chiamarmi o scrivermi o comunque, semplicemente, cercarmi. Fissai il soffitto e mi tornò alla mente l’episodio accaduto poco prima. Le mani di quel tizio sui suoi fianchi, lei decisa a respingerlo e tutti i discorsi che ne seguirono. Non capivo e non sapevo. Mi addormentai con la speranza di ricevere un suo messaggio.

La sveglia suonò presto, ma la mia voglia di alzarmi era molto scarsa. Mi venne in mente, però, che era il grande giorno. Il giorno in cui avrei cominciato la mia nuova vita nella mia nuova casa e il giorno in cui avrei ricevuto ciò che da tanto tempo desideravo.

Saltai giù dal letto e preparai tutte le mie cose. Le sistemai nella valigia e nello zaino e scesi al piano terra. Consegnai la chiave della mia camera e uscii dall’hotel dirigendomi a piedi verso il mio appartamento sulla Seconda Strada. Salìì con l’ascensore fino al quinto piano. La sensazione che provai inserendo per la prima volta la chiave nella serratura della porta d’ingresso fu unica ed elettrizzante.

Andai verso la camera ed appoggiai la valigia e lo zaino sul letto. Spalancai le finestre in modo da far entrare quanta più luce possibile. Mi sedetti sul divanoe impiegai il tempo a stilare una lista delle cose che avrei voluto cambiare di quella casa, a partire proprio da quel divano. Feci anche un’indispensabile lista della spesa. Un’ora più tardi, sentii suonare il citofono. Era arrivato. E lo stavo aspettando. Risposi dicendo ai fattorini di salire.

Aprii la porta e lo portarono dento. Pagai la somma necessaria, firmai la ricevuta e feci uscire i gentili signori dal mio appartamento.

Con cautela, aprii il grande scatolone. Scartai il contenuto, felice come un bambino la mattina di Natale. Montai i pezzi necessari e lo sistemai al centro della sala come avevo già prestabilito.

Finalmente, poteva considerarsi mio! Il mio bellissimo ed elegantissimo tavolo da biliardo.

Tirai fuori le due stecche dai loro involucri e le palline dalla loro scatola e le posizionai sul tavolo.

Avevo aspettato tanto quel momento, giocare a biliardo a casa mia e non in un bar pieno di gente. Ero in procinto di cominciare la mia prima partita quando mi vibrò brevemente il cellulare.

“L’offerta per la chiacchierata è ancora valida?
Se vieni al Dark Brown offro io :)
-Callie”



to be continued…





Note dell’autrice:

Chiedo umilmente scusa per il ritardo, ma sono stata via tre giorni e non ho potuto aggiornare.

Come vi sembra questo capitolo? Che ve ne pare?

Ma soprattutto, ve lo aspettavate un tavolo da biliardo da Arizona?! Ahahah Ho voluto aggiungere questa chicca perché, lo ammetto, vado pazza per il biliardo e ne vorrò uno a casa mia un giorno!

Cooomunque, come al solito fatemi sapere tramite le recensioni o per messaggi o con i piccioni ciò che pensate di questi primi capitoli, quali sono le vostre impressioni e se avete dei suggerimenti o consigli che vi va di condividere con me.

Intanto ringrazio tutti quelli che hanno recensito finora, tutti quelli che seguono la storia, che l’hanno messa tra i preferiti e anche i lettori silenziosi!

Alla prossima! :)



#acca#

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Cap. 5


La vidi da lontano. Era seduta ad uno di quei tavolini all’aperto e si stava rigirando un bicchiere tra le mani. Fissava i passanti e ogni tanto si portava il bicchiere alla bocca per bere un sorso. Mi avvicinai, lei mi vide e mi sorrise.

“Buongiorno.”

“Ehi, sei venuta…”

“Eccome! Devo ancora fare colazione. Ho una fame...”

“Ti ordino i pancakes! Ti vanno? ”

“Certo! È strano vederti ordinare al bar in cui generalmente lavori” scherzai.

“Beh, in effetti, sì, ci lavoro, ma…possiamo quasi dire che sia mio.”

“Tuo? Sul serio?”

“Sì, poi ti racconterò. Senti, ti va se, invece, prendiamo qualcosa e ci facciamo una passeggiata? Ho voglia di camminare…”

“D’accordo.”

Entrò nel bar e poco dopo ne uscì con una scatola piena di ciambelle.

“Spero che ti piacciano, le ho prese un po’ miste non conoscendo bene i tuoi gusti.”

“Non preoccuparti, vanno benissimo! Le mie preferite sono quelle con sopra lo zucchero a velo.”

“Perfetto, io invece preferisco quelle con la glassa, così non litigheremo.“

Ci incamminammo verso la spiaggia mentre ci gustavamo lentamente quelle paste così buone. Non ci dirigemmo verso il molo, ma andammo verso nord.

“C’è meno confusione da questo lato. Si concentrano quasi tutti verso il molo e si scordano il resto. Anche se può non sembrare, non mi è mai piaciuta la confusione.”

“In effetti, però, sembra che tu ci viva nella confusione. Insomma, lavori in un bar che è sempre strapieno di gente, hai molti amici, ti piacciono le feste...“

“Le feste mi piacciono, è vero. Ma generalmente ci vado se sono occasioni importanti come per esempio i compleanni o situazioni particolari. E per quanto riguarda gli amici, beh, non ne ho più molti da tempo. Ho imparato che prima di diventare amica di una persona è meglio conoscerla a fondo e capire a pelle se ci si può fidare o no. Se già al primo incontro hai qualche dubbio, allora non vale neanche la pena tentare.“

“Addison ti è molto amica mi è sembrato di capire.“

“È stata la prima persona con la quale ho parlato quando mi sono trasferita qui. Eravamo alla lavanderia insieme e non avevo spicci per i gettoni. Chiesi aiuto a lei e adesso condividiamo tutto.”

“Sembra proprio simpatica. Anch’io ho una migliore amica. Si chiama Teddy. Ci siamo conosciute al lavoro anni fa. La segreteria era vicina al mio ufficio perciò capitavano spesso chiacchierate durante la giornata.”

“Il tuo capo doveva essere felicissimo di questa cosa, allora” ironizzò.

“Beh, il mio capo era anche la mia fidanzata, perciò chiudeva un occhio e non dava molto peso alla cosa.”

“Fidanzata?”

“Si…è un problema per te?”

“Oh, certo che no, assolutamente. Come mai “era” ?”

“Non andavamo più molto d’accordo, ma nessuna lo faceva presente all’altra. Finchè lei mi ha lasciata il giorno prima che venissi qui. Non sentivamo più le stesse cose e lei era troppo impegnata a pensare alla carriera.”

“Mi dispiace...”

“Non devi. Ci sto ancora male perché, insomma, durava da tre anni, ma a questo punto, forse, è andata meglio così.”

“Direi che ti stai consolando in fretta con queste ciambelle.”

“Cavolo, le adoro!”

“Lo vedo!”

Ridemmo insieme, poi mi indicò un punto con il dito.

“Qui è dove venivo quando finivo le giornate al college. Anche d’inverno, non c’era mai molta gente. Mi portavo i libri e studiavo, o semplicemente guardavo il mare. Le ore del tramonto erano le mie preferite e lo sono tutt’ora, ma con il lavoro e la gestione del bar non ci vengo più molto spesso.”

Ci sedemmo su una torretta dei bagnini. Era mezza rotta e non più utilizzata da nessuno. Era bianca come le altre, ma più rovinata. Però era stabile, aveva delle travi cadute ai lati, ma di certo non sarebbe crollata in quel momento, essendo lì da anni, come mi disse Callie.

“Come mai lavori? Insomma, generalmente chi ha in gestione un locale si occupa solo della parte amministrativa o cose del genere, avendo del personale.”

“Perché mi piace. E perché voglio tenermi impegnata. Sto a contatto con le persone e conosco gente nuova. Mi piace avere la mente occupata e non pensare a nulla durante le ore di lavoro.”

“Se fossi al tuo posto non credo che lavorerei. Probabilmente me ne starei in spiaggia tutto il giorno, andrei al locale la sera per fare due conti e poi a casa.”

“E non ti annoieresti?”

“Passerei il tempo mangiando ciambelle. E giocando a biliardo.”

“A biliardo? Sul serio?”

“È la prima vera cosa che ho comprato per la casa. Ho una voglia matta di giocarci. Ho questa fissa, non so perché. Mi ricordo che quando ero più giovane, uscivo con mio fratello e i suoi amici. Andavano sempre nel solito bar a bere birra e a giocare a biliardo. Non mi faceva mai giocare perché “ero una femmina e il biliardo non è un gioco per femminucce.” Credo di averlo odiato per parecchio tempo. Adesso ne ho uno mio e guai a chi me lo tocca.”

Mi sorrise e poi tornò a guardare verso il mare. Era bellissima. Il suo profilo era perfetto e i capelli corvini le sventolavano davanti al viso. Con un gesto delicato li scostò all’indietro con la mano. Avrei tanto voluto farlo io.

“Non abbiamo mai chiacchierato a fondo. Non so molto di te. Da dove vieni?”

“Sono nata in Messico, i miei si trasferirono a Miami quando avevo 2 anni. Ho frequentato le scuole là e poi a 17 anni ci siamo trasferiti qui perché mio padre aveva ricevuto un’importante offerta di lavoro. Al college ho studiato letteratura. Volevo diventare un’insegnante, ma…negli anni successivi sono successe delle cose…che non mi hanno permesso di intraprendere questa strada. Adesso ho questo locale in gestione con un’altra persona e mi piace. Sono felice del mio lavoro. Che mi dici di te?”

“Sono nata e cresciuta a Baltimora, ho studiato per diventare avvocato e invece mi sono ritrovata a lavorare in banca. Una delle più importanti e redditizie del Paese, certo, ma non era quello il mio desiderio. Però mi è sempre piaciuto. Come ti ho detto, ho un fratello, Timothy, ha tre anni più di me ed è un militare. Vivo con l’angoscia e l’ansia ogni giorno sperando che sia sempre sano e salvo ovunque si trovi. E la mia amica Teddy, ti ho parlato di Teddy, vero? Ecco, è la persona più cara per me. Mi è sempre accanto e mi sostiene in tutte le mie scelte. E dovrebbe venire qui fra pochi giorni per portarmi il resto delle mie cose e per salutarmi decentemente. A proposito di questo, vorrei chiederti se potessi accompagnarmi in aeroporto non appena saprò il giorno del suo arrivo. Ancora devo organizzarmi per la macchina, ma ti prometto che non dovrai portarmi in giro per sempre.”

“Non c’è nessun problema. Quando hai bisogno, fammi sapere e ti accompagno. E comunque non mi pesa portarti in giro. Mi piace. E per la macchina ti consiglio di andare nella zona di West Hollywood. Il proprietario del concessionario più grande è un amico di famiglia e se gli dici che ti mando io magari ti fa anche qualche sconto.”

“Sei molto gentile, ti ringrazio.”

“Per così poco non è davvero necessario. Alla fine sei riuscita a visitare LA? È stupenda, non so davvero come tu faccia a non fremere per girarla.”

“Non vedo l’ora, davvero! È solo che, sai, avevo bisogno di occuparmi della casa, ora devo pensare alla macchina e al lavoro. Tanto ormai sono qui. Ho tutta la vita per visitarla, no?”

“Beh, ma prima cominci, più cose vedi. Che ne dici di…sabato? Ti va?”

“Mi faresti da guida? Sul serio?”

“Te l’avevo detto che sarei stata disponibile. Allora? Venice, Hollywood, gli Studios, la Walk Of Fame, Beverly Hills, le colline…e poi ci sono in giro dei ristorantini mica male!”

“Affare fatto, mi hai convinta! ”

“Perfetto, sabato è tutto nostro allora! Senti, io credo di dover tornare indietro, devo controllare che non mi abbiano mandato a fuoco il locale.”

Ci alzammo e scendemmo dalla torretta. Dopo pochi metri la vidi fermarsi e togliersi le scarpe.

“Ma che fai? Non dovevamo tornare?”

“L’ho sempre fatto e sempre lo farò, tranne d’inverno.”

Si avvicinò all’acqua e immerse i piedi nell’oceano. Chiuse gli occhi e rimase ferma immobile per pochi istanti, ascoltando il suono delle onde e il verso dei gabbiani. Io rimasi a guardarla. Indossava dei pantaloncini di jeans corti che mettevano in mostra le sue gambe e una maglia bianca con le maniche lunghe che le copriva perfino i pantaloncini. Mi piaceva studiarla, capire come si vestisse, quale fosse il suo stile. In realtà, però, non me ne fregava niente. Mi bastava guardare il suo viso e sapevo già di conoscere tutto ciò che volevo sapere.

“Non è fredda. Se avessi il costume mi farei volentieri un bagno.”

“Possiamo venirci quelche volta, se ti va. Una giornata al mare, ci prendiamo il sole, mangiamo qui…”

“Si, si può fare. Devo dire che abbiamo un sacco di appuntamenti io e te.”

Ed era vero. Non vedevo l’ora di uscire con lei, andare in giro insieme, vederla per tante ore. Mi piaceva. Tanto. E sapevo che prima o poi mi sarei fatta avanti, ma non era quello il momento.

Si rimise le scarpe e continuammo a camminare verso il suo locale. Io mi fermai un po’ prima per rientrare a casa.

“E così abiti qui.”

“Esatto. Al quinto piano. Ti inviterei a salire, ma non ho assolutamente nulla nel frigo. Infatti ho qui la lista della spesa. Credo che occuperò così queste ore prima di pranzo.

“Beh, quando avrai il frigo pieno, magari possiamo anche mangiare insieme così non sarai da sola. Ok, no. In realtà è una scusa per vedere il tavolo da biliardo” mi prese in giro.

“Aggiungiamo un appuntamento, allora. Comunque ti faccio sapere per la storia di Teddy, d’accordo?”

“Perfetto, nessun problema.”

“Buon lavoro allora.”

“Buona spesa, e…grazie della chiacchierata. Sono stata proprio bene, mi serviva proprio parlare con qualcun altro.”

“Mi ha fatto davvero piacere. E grazie a te per le ciambelle.”

“Figurati. Alla prossima, Arizona.”

“Ci vediamo.”

Si allontanò ancora col sorriso sulle labbra. Quella mattinata insieme, quella chiacchierata, mi permise di conoscerla meglio. Aveva qualcosa di misterioso, qualche segreto nascosto che prima o poi avrei scoperto. Mi intrigava questo suo lato indecifrabile. E i suoi occhi erano magici, così scuri, così profondi. Stare in sua compagnia mi faceva provare senzazioni uniche.

Pensai a tutto questo durante il tragitto verso il supermercato e, mentre facevo la spesa, avevo i pensieri occupati dalla nitida immagine del suo sorriso.

Quando tornai a casa, infatti, mi resi conto di aver dimenticato di prendere un sacco di altre cose.



to be continued…





Note dell’autrice:

Chiedo di nuovo scusa per il ritardo.

In questo capitolo si conoscono di più Callie e Arizona. E’ una conversazione molto semplice, ma si comincia ad intuire che Callie nasconde qualcosa.

Nei prossimi capitoli ci saranno degli avvenimenti più avvincenti che sono il momento top della storia. Quindi Stay Tuned perché ne succederanno delle belle.

Ringrazio ancora tutti quelli che recensiscono e anche i lettori silenziosi! Ma vorrei TANTO saper cosa ne pensate, se vi sta piacendo oppure no.

Quindi se vi va potete lasciarmi un commento nella zona delle recensioni. Ne sarei tanto felice!

Alla prossima, gente! :)



#acca#

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Cap. 6


Qualche sera dopo mi chiamò Teddy per avvisarmi che sarebbe venuta da me il giorno dopo. Non vedevo l’ora di riabbracciarla e parlare un po’ con la mia migliore amica.

Decisi, quindi, di andare al Dark Brown per informare Callie di tutti i dettagli.

Arrivai all’ingresso e notai che il locale era più pieno del solito essendo sabato sera e la porta era aperta per permettere alle persone di entrare ed uscire più liberamente. Mi avviai subito verso il bancone in cerca di Callie. La vidi, però, uscire dallo sgabuzzino senza il grembiule e la divisa del lavoro. Indossava, invece, un vestito corto nero che le fasciava perfettamente il corpo e risaltava le sue forme. Aveva i capelli sciolti, mossi, che le ricadevano sulle spalle e portava dei tacchi non molto alti. Rimasi senza fiato per qualche secondo, ammirando la sua bellezza, mentre lei salutava i colleghi con un cenno della mano e andava verso Addison, che intravidi a pochi metri da lei. Io, però, mi spostai velocemente tra la folla andandole incontro e bloccandole il passaggio.

“Ciao!”

“Ciao Arizona! Non ti avevo vista. Come mai qui?”

“Sono arrivata ora, in effetti. Volevo dirti che mi ha chiamata Teddy, arriva domani nel tardo pomeriggio e volevo sapere se eri ancora disponibile ad accompagnarmi.”

“Certo, non c’è nessun problema.”

“Sei molto gentile, ti ringrazio. Non lavori stasera?”

“Ho appena finito, in realtà. Adesso mi godo il sabato sera con Addison. Ti unisci a noi? E non dire di no perchè so che non hai nient’altro di meglio da fare…”

“Beccata… Mi unisco a voi volentieri.”

Salutai Addison e decidemmo di rimanere lì a bere qualcosa. Ci sedemmo ad un tavolino che l’amica di Callie aveva tenuto occupato poco prima.

“Stasera offre la casa! E bevete, mi raccomando, che altrimenti al karaoke fate una bella figura. E le belle figure non sono ammesse.”

“Karaoke?!”

“Si Arizona. Un sabato si e uno no fanno il karaoke qui e lasciami dire che Callie è la star delle serate!”

“Sei sempre la solita esagerata, Addie.”

“Beh io, però, non...non so cantare, ecco! Sono negata! Io non ci salgo lì sopra!”

“Oh, ma non devi per forza salire sulla pedana, puoi cantare anche dal posto! E fidati, Arizona, che dopo due o tre drink non ti accorgi neanche se hai in mano il microfono.”

Si avvicinò a noi un collega di Callie e ordinammo tutte qualcosa da bere e qualche stuzzichino per riempirci lo stomaco.

Il tempo trascorse e l’atmosfera cominciò a farsi divertente e amichevole. Sia ragazzi, sia adulti facevano a turno per aggiudicarsi il microfono per poter cantare la canzone che preferivano. La maggior parte di loro aveva abbondantemente superato il terzo drink, ma ciò rendeva la serata ancora più animata. Un signore di mezza età, sufficientemente brillo e stonato, era nel bel mezzo dell’esecuzione di un brano molto movimentato. Era simpatico da guardare, un po’ meno da ascoltare.

“Andiamo, Callie, sali lì sopra!”

“D’accordo Addie, d’accordo!”

Si alzò in piedi di scatto, finì in un sorso il suo secondo drink e si aggiustò il vestito forse un po’ troppo corto. Improvvisamente si alzò un boato nel locale. Partì un applauso di incoraggiamento rivolto a Callie e tutti la incitarono a dare il meglio di sé anche quella sera. Si avvicinò al dj e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio, poi prese in mano il microfono e la base di una hit del momento partì. Rimasi a bocca aperta non appena cominciò a cantare. Aveva una voce stupenda pur non essendo quella una canzone che richiedesse grandi doti vocali, ma lei la rese meravigliosa.

Addison, seduta accanto a me, vedendomi quasi incantata, mi si avvicinò.

“Ti piace, non è vero?”

“È bravissima, non me l’aspettavo! Ha una voce bellissima e la canzone è una delle mie preferite in questo periodo.”

“Non parlavo della canzone, Arizona…”

“Oh… Cosa?! No, no, ma che dici?” Ero imbarazzatissima. Come poteva averlo capito?

“Andiamo, lo vedo come la guardi. E poi so che a te piace…quel genere di persona, ecco. Quindi ho tratto le mie conclusioni…”

“Beh, le tue conclusioni sono...Aspetta, come fai a sapere certe cose?”

“Callie mi racconta delle cose. E mi ha raccontato anche di te, ma solo perché gliel’ho chiesto io, volevo sapere chi fossi, tutto qui. Non prendertela con lei.”

“È molto bella, ok? Ed è simpatica, divertente e- ”

“Arizona, prima di farti idee sbagliate credo sia meglio che tu sappia che-”

“Ehilà, che mi sono persa?” Fummo interrotte da Callie che nel frattempo aveva finito di cantare.

“Beh, stavo dicendo ad Addison quanto non mi aspettassi che fossi così brava.”

Cercai lo sguardo di Addison in segno di accordo sulla bugia che avevo appena detto.

“Si, esatto. Le stavo per dire che canti tutte le volte che c’è il karaoke e che sei un momento fisso della serata.”

“Si, Addie ha ragione. Mi piace molto. Ho studiato canto quando ero più giovane e mi diverto cantando così.”

“Complimenti, allora.”

“Ti ringrazio” mi appoggiò una mano sulla spalla prima di sedersi di nuovo e mi sorrise. Quel suo tocco fu così dolce che iniziò a battermi forte il cuore.

Passammo il resto della serata così, a ridere, a scherzare e a bere.

La mattinata seguente la passai a letto col mal di testa. Per l’ora di pranzo mangiai qualcosa veloce e poi andai a correre sulla spiaggia ascoltando le canzoni sul mio iPod. Mandai dei messaggi a Callie per farle sapere l’orario esatto per andare a prendere Teddy.

Nel tardo pomeriggio sentii suonare il campanello. Era Callie. Scesi con l’ascensore, salii sulla sua macchina e cominciò a guidare verso l’aeroporto di Los Angeles.

“Ehi, ti va se metto un po’ di musica?”

“Sì, assolutamente.”

“Ok, allora guarda nel cassettino sotto il sedile, ci sono un sacco di cd. Scegli quello che vuoi così vediamo cosa ti piace.”

“E se scelgo qualcosa che non ti piace?”

“Beh, in tal caso non saliresti più su questa macchina” scherzò.

“Oook, vediamo…uhm…questo!”

“Lady Gaga?! Sul serio, Arizona?”

“No eh? Dai, è allegra almeno! E poi scusa, se non ti piace perché ce l’hai?”

“È di Addison. Quando andiamo in giro insieme si porta un po’ dei suoi cd e poi li dimentica. Almeno quattro di quelli lì sono suoi.”

“Va bene. Allora…no, ti prego, Lorde?! Addison ha dei gusti orribili!”

“Già, peccato che quello sia mio...”

“Oh. Scusa, non pensavo. Beh, hai dei gusti orribili.”

“Sto per fermarmi e farti scendere...”

“Ok, d’accordo, la smetto. Senti, metti questo qui misto e non se ne parla più.”

Callie cominciò a cantare. Sorrisi nel sentire la sua voce così bella. Adoravo ascoltarla, mi rilassava e mi faceva provare delle sensazioni speciali, come se stesse cantando solo per me. Poi, non potei farne a meno. Cominciai a cantare anch’io, lei mi guardò e scoppiò a ridere. Non sapevo proprio cantare, ero negata, ma in quel momento non mi importava. Ero con lei, nella sua macchina ed ero felice. Dopo tanto tempo.

Arrivammo all’aeroporto in orario. Seguimmo le indicazioni sui tabelloni e ci dirigemmo nel posto in cui sarebbe arrivata Teddy.

“Allora…parlami un po’ di questa Teddy. Che tipa è?”

“Beh è una tipa un po’ strana in effetti. Come ti ho detto ci siamo conosciute al lavoro e adesso le voglio un gran bene. Cambia uomini come cambia le mutande, se capisci che intendo. Ma non per colpa sua, li trova tutti un po’ stronzi e poi soffre e si consola con un altro uomo stronzo che la fa soffrire e va avanti così, è un circolo vizioso! Però è adorabile, non so come farei se non ci fosse.”

“Quanto resta?”

“Non saprei, ma non credo molto. Jenny è molto esigente e non concede permessi molto spesso, ma l’avrà fatto perché Teddy le ha detto che era una situazione che riguardava me perciò…ha lasciato correre anche questa volta.”

“Non è così stronza allora.”

La guardai male, ma sapevo che stava scherzando.

“Scusa, non intendevo-”

“Non ti preoccupare, tranquilla. Oh, ecco che arriva!”

Vidi Teddy in lontananza chiacchierare con un bell’uomo. La stava aiutando a spingere il carrello con le mie tre enormi valigie. Prima di avvicinarsi a noi, lo salutò con un affettuoso abbraccio e un cenno della mano.

“Ehi! Eccoti qui, come stai? Com’è andato il volo? Abbracciami dai.”

“Ciao Arizona! Il volo è andato più che bene direi… Ho avuto un’ottima compagnia.”

“Ho notato! Vi siete conosciuti proprio bene eh?.”

“Smettila, è stato gentile. Abbiamo chiacchierato e mi ha aiutato col carrello.”

“Certo, come no.”

“Comunque, tu devi essere la famosa Callie immagino.” Si strinsero le mani.

“Così famosa? Addirittura? Si, sono io, piacere.”

“Oh beh, Arizona mi ha parlato molto di te e anche bene, molto bene e-.”

“Teddy! Basta, ti prego” le sussurrai per non farmi sentire da Callie.

“Scusa...”

“Allora, vogliamo andare? Immagino che sarai stanca, hai già mangiato?”

“No, Callie, ma mi piacerebbe mangiare tutte insieme se vi va.”

“Certo! Andiamo a casa, ci sistemiamo e poi usciamo. Per te va bene Callie? Avevi altri impegni?”

“No, assolutamente! Per me va benissimo.”

Ci incamminammo verso la macchina. Sistemammo le valigie come meglio potemmo e Callie guidò fino a casa.

Una volta arrivate, Callie ci aiutò con le valigie. Feci vedere a Teddy il mio appartamento e le mostrai con orgoglio il mio tavolo da biliardo. Lei aveva sempe odiato il biliardo, non la divertiva affatto.

Ci facemmo la doccia a turno e le parlai di Callie, di quanto mi piacesse, di quanto fosse brava a cantare, di quanto fosse sexy con quel grembiulino boreaux o con quel tubino nero molto scollato. Di quanto non mi avesse ancora detto di sé e di quanto già sapevo. Le parlai dei pancakes del suo bar, del suo posto sulla spiaggia e del suo volermi essere utile sempre. Avevo bisogno di Teddy per queste cose. E grazie al cielo era lì proprio per me.

Ci vestimmo in fretta, ma senza trascurare I dettagli. Non eravamo eleganti, indossavamo dei vestiti leggeri molto comodi. Callie, invece, era sempre bella, qualunque cosa si mettesse addosso. Andammo a mangiare in un locale italiano, la mia cucina preferita. Parlammo tutta la sera e ci divertimmo come se ci conoscessimo tutte e tre da una vita.

Pagammo il conto e risalimmo in macchina per tornare a casa. Teddy era davvero stanca a causa del viaggio.

“Buonanotte ragazze. Mi ha fatto davvero piacere conoscerti, Teddy.”

“Piacere mio Callie e grazie ancora.”

Si salutarono con un abbraccio. Teddy entrò nell’edifico e ci lasciò da sole.

“Ehi Callie, grazie davvero di tutto, non so come ricambiare, ma prometto che lo farò.”

“Non ti preoccupare, mi fa piacere altrimenti ti avrei lasciata a piedi quando hai insultato i miei cd.”

“Non lo faccio più, promesso.”

Si mise a ridere e ad un tratto si avvicinò a me. Mi strinse le braccia intorno alla vita e mi abbracciò, così, all’improvviso, dolcemente. E il mio cuore impazzì letteralmente perché mi resi conto che quello fu il nostro primo vero contatto. Ricambiai l’abbraccio. Potevo sentire il suo profumo, quello della sua pelle e dei suoi capelli. Andai completamente in estasi e non avevo la minima intenzione di staccarmi da suo corpo. Quella vicinanza non durò molto, ma mi sembrò una vita.

“Grazie ancora.”

Si staccò e si diresse verso la sua auto.

“Ah, Arizona...”

“Si?”

“Domani ti accompagno a scegliere la tua macchina così mi porterai in giro tu per un po’...”

Le sorrisi, le diedi la buonanotte ed entrai nell’edificio, felice come poche altre volte in vita mia.



to be continued…





Note dell’autrice:

Sono passate due settimane e non ho assolutamente idea di come farmi perdonare per il ritardo!

Ho avuto dei problemi e non sono riuscita ad aggiornare prima e, devo essere sincera, il tanto temuto “blocco dello scrittore” si è fatto vivo e mi dispiace.

Onestamente, però, questo capitolo non mi convince molto, sarà perché non c’era granché da scrivere, sarà perché il momento saliente arriverà a breve, non so.

Nonostante ciò, spero che apprezzerete lo stesso quanto ho scritto e di aver suscitato in voi qualche curiosità in più con il dialogo tra Arizona ed Addison.

Ringrazio chi continuerà a seguirmi in questa avventura e, se vi fa piacere, fatemi sapere che ne pensate e cosa vi aspettate dai prossimi, o se avete già un’idea del “segreto” che nasconde Callie!

Al prossimo capitolo, belli! :)



#acca#

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